Made in the A.M.

di Demetria_
(/viewuser.php?uid=426595)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perfect ***
Capitolo 2: *** Wolves ***



Capitolo 1
*** Perfect ***


Perfect.


Harry era stanco di continuare a sorridere per i fotografi e di spostarsi velocemente senza potersi godere a pieno i negozi dalle vetrine natalizie. Harry era semplicemente stanco di quel mondo perfetto in cui tutti lo vedevano, proprio perché perfetto non era.
Decise che era arrivata l’ora di una pausa e si fece spazio tra i flash delle fotocamere in un bar poco affollato, per sua fortuna, dove un cameriere prese la sua ordinazione sorridendogli, ma senza chiedergli un autografo.
Si sedette a un tavolino per due e appoggiò su una sedia le buste contenenti i pochi acquisti e sull’altra vi sprofondò, immaginando per un secondo di poter veramente essere inghiottito da quel pavimento color mattone e di non poter più tornare su.
Il cameriere tornò con una tazza fumante di tè ai frutti di bosco e un piattino pieno di piccoli biscotti a forma di fiocco di neve; Harry lo congedò educatamente, ringraziandolo e lasciandogli una buona mancia, poi si concentrò sulla deliziosa merenda portatagli.

Mentre una giovane ragazza dall’altra parte della sala lo salutava timidamente con una mano e con l’altra teneva il cellulare dalla sfiziosa cover di brillantini, qualcuno all’altro lato del tavolo spostò la sedia e pose delicatamente le buste di Harry a terra.
«È libero?» chiese, dopo essersi già accomodata una ragazza. Harry annuì, leggermente infastidito per quella strana interruzione e annuì di nuovo quando questa gli indicò un biscotto. «Elle» disse lei, sgranocchiandoselo.
«Piacere» rispose lui, riscaldandosi le mani al tepore del tè. Si guardò per un attimo intorno, notando che altri posti erano liberi all’interno del locale e sperando per un attimo che la ragazza lo notasse e lo potesse lasciare da solo di nuovo.
«Non mi hai detto il tuo nome, non è molto carino da parte tua» intervenne ancora lei, guardandolo dritto negli occhi. Harry notò che li aveva di un piacevole color caffè.
«Harry» le disse allungando allora una mano verso di lei, la quale la strinse prontamente ed energicamente.
«Tranquillo, so chi sei»
«Bene, Elle, vuoi una foto per caso?» probabilmente dopo la giornata estenuante aveva perso un po’ delle sue caratteristiche buone maniere, ma era davvero stanco.
«Cosa? Oh no, assolutamente. Mi chiedevo cosa poteva fare uno come te questa sera» ad Harry non era mai capitata una cosa del genere, cioè, che una fan gli chiedesse di uscire, sì molte volte, ma mai in questo modo. «Tranquillo, non è che dobbiamo andare a chissà quale appuntamento segreto, solo che ti vedo un po’ fiacco Har»
Harry sbatté un paio di volte gli occhi, prima di constatare che fosse, davvero, tutto vero: una sconosciuta gli aveva chiesto di uscire, perché lo vedeva fiacco. Perfetto, immaginò Harry, pure la stramba di turno si era accorta del suo stato.
«Niente, non faccio niente stasera» aveva deciso di non mentire a quella strana creatura dai poteri sovrannaturali, forse per il timore di quella stessa voglia che aveva avuto pochi minuti prima, che la ragazza lo lasciasse solo. Lei gli sorrise e si alzò.
«Allora andiamo, abbiamo tempo fino all’alba» si riabbottonò la giacca fino al mento e si sistemò i capelli all’indietro.
«Fino all’alba?» chiese interdetto il cantante. Elle annuì e si voltò a guardare fuori dal locale, dove una piccola massa di persone, un misto tra fan e fotografi, si era radunata davanti all’entrata. Ad Harry venne voglia di vomitare, di sicuro la ragazza se ne sarebbe andata senza di lui, che avrebbe dovuto chiamare aiuto per uscire tranquillo dal bar.
«Che c’è? Hai paura dei fotografi?» Elle si era messa le mani in tasca, aspettando una qualche mossa di Harry, che, sorpreso dalla domanda, quasi scoppiò a ridergli in faccia. «Beh, allora che aspetti, scusa? Andiamo a fare le cose che non dovremmo fare» lo spronò lei, spazientita dall’attesa e dall’indecisione del cantante, che, a parere suo, avrebbe dovuto già alzare il suo sedere da quella sedia e correre con lei verso il vecchio furgoncino parcheggiato ad un isolato di distanza, pronto per quella folle impresa.

Harry non sapeva rispondere alle migliaia di domande che gli travolsero la mente, mentre, circa cinque minuti dopo, stava correndo mano nella mano con Elle per le strade bagnate e umide di Los Angeles il 21 dicembre, ridendo a crepa pelle, con i polmoni che scoppiavano per lo sforzo.
Una volta saliti sul furgoncino di Elle, quest’ultima abbassò i finestrini del veicolo, nonostante fuori facesse piuttosto fresco e, dopo aver messo in moto, sintonizzò la radio su una stazione, che a detta sua mandava “vecchi cimeli storici” e partì verso un dove non del tutto specifico.
E, nonostante la corsa scatenata, Harry non si sentiva più così stanco e non vedeva l’ora di fare le cose che non avrebbe dovuto fare insieme ad Elle, pensando che, alla fine, era ciò che riteneva più perfetto, al momento.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Wolves ***


Wolves.

Harry ed Elle erano entrambi distesi sul divano della hall dell’albergo in cui alloggiavano, distrutti e completamente esausti, dopo la giornata passata sulla neve.

Erano passati quasi tre mesi dalla loro prima uscita, quando la ragazza selvaggia si era avvicinata al giovane cantante in un bar di Los Angeles. Avevano fatto amicizia velocemente ed Harry avrebbe davvero voluto chiederle di uscire, una sera, per un vero appuntamento. Ma, una sera, Elle lo aveva invitato a cena da lei e gli aveva presentato il suo fidanzato; avevano bevuto una birra, mangiato cheeseburger e guardato un vecchio film di Clint Eastwood. Ad Harry piaceva Jonathan ed Elle era entusiasta, perché era finalmente riuscita a trovare qualcuno che fosse disponibile ad accompagnarla alla cena data dai genitori del futuro sposo, in onore della coppia.

Perciò due settimane dopo, eccoli stravaccati, troppo sfiniti persino per continuare a respirare regolarmente o per alzarsi e andare in camera a cambiarsi.
«Harry?» il vento ululava stridulo ogni volta che un nuovo ospite varcava la soglia dell’albergo.
«Si, Elle?» volse il viso verso la ragazza e si addentrò in quel magico posto sperduto nella propria immaginazione.
«Pensavo che a pranzo dovresti sederti accanto a me» non che ad Harry dispiacesse, ma era sicuro che i parenti dello sposo non avrebbero apprezzato la loro costante vicinanza, fin troppo estranea persino agli occhi del futuro marito. Il cantante continuava a tenere duro, giorno dopo giorno, tentando in qualsiasi modo di non pensare alla nuova amica, come qualcosa in più di un’amica. Ma accettò, annuendo e, una volta alzatosi in piedi, porse una mano ad Elle, che l’afferrò sorridente e si tirò su, stiracchiandosi.
Jonathan apparve sulla soglia della sala da pranzo, si schiarì la voce e allargò le braccia, per accogliere la fidanzata con un abbraccio, fin troppo dimostrativo, secondo Harry, ora leggermente arrossito.
«Possiamo accomodarci, se volete» il ragazzo sorrise, ancora, mostrando quei tremendi denti bianchi e perfetti: si potevano contare le file ordinate e specchiarcisi sulla superficie liscia e lucida.

La sala da pranzo era in stile chalet, con mobili in legno e anche un po’ consumati, ma tutto pulito e in gran stile per l’evento.
Harry, come promesso, si era seduto accanto ad Elle, comunque vicina al futuro marito, seduto capotavola.
Ad un certo punto, Elle gli tirò un calcetto sotto il tavolo e con il viso gli indicò un quadro, Harry lo esaminò bene: c’erano un paio di lupi con la testa ed il muso alzati in direzione di una grande luna piena; alle loro spalle un dirupo, che si perdeva in colori scuri e, in prospettiva, una bambina appena accennata con colori tenui e opachi. Sicuramente un’opera interessante, ma Harry non capì perché l’amica stesse ridendo finché il rumore della porta d’ingresso non glielo fece intendere: il vento si era alzato e adesso ululava più intensamente.
«Hai paura della notte?» gli chiese lei, continuando a ridacchiare. Lui scosse la testa, prendendo un sorso d’acqua. «E che mi dici dei lupi? Io ho paura dei lupi, credi ce ne siano qua nei dintorni?» Harry non era mai stato in Canada, ma aveva sempre sentito parlare di orsi canadesi, non di lupi.
Furono distratti da una donna corpulenta, intenta a picchiare la forchetta sul bordo di un bicchiere, per annunciare l’ennesimo brindisi della giornata. Tutti alzarono i bicchieri, tutti tranne i due amici troppo presi dalle risatine, che si beccarono una serie di occhiatacce infinite da tutta la tavolata.
«Scusatemi» si alzò in piedi Elle, per curvarsi poco dopo sulla figura dell’amico, ancora impegnato a digerire il vino bianco del brindisi. «Mi salveresti da un branco di lupi nel mezzo della notte, Harry?»

La ragazza ringraziò tutti i presenti, il cantante compreso, ormai troppo perso nei propri pensieri per partecipare ai commiati. Gli invitati continuavano a chiamarla, per avvicinarla e abbracciarla, per farle i complimenti, per scambiarci una battuta ed Elle si sentiva sopraffatta dai parenti del futuro marito, che continuava a non prestarle completamente attenzione, pavoneggiandosi con gli amici, stringendo in mano l’ennesimo bicchiere di spumante.
Ad Harry sembrava di vivere una scena parallela, irreale. Gli pareva di vedere il branco di lupi ululanti accerchiare la giovane fanciulla spaventata, pronti per dilaniarla. Nessuno di loro però, sarebbe riuscito a prenderle il cuore, lui l’avrebbe protetta.
Si fece spazio tra la folla di lupi, chiedendo permesso ad alcuni e togliendo di mezzo altri, raggiunse Elle.
«Ti stanno facendo a pezzi, piccola» la bionda gli sorrise annuendo. «Voglio salvarti. Ti salverei, ora e sempre.» confessò Harry.
«Come?» lei non comprese immediatamente. Lui si avvicinò il più possibile al suo orecchio.
«Potresti fingere un malore, oppure prendi la mia mano e seguimi.» Elle poteva vedere la stessa scintilla del loro primo incontro negli occhi verdi del suo compagno di avventure e decise di fidarsi del giovane uomo e si aggrappò senza timori alla sua mano. Corsero entrambi verso la hall, ripercorsero la strada al contrario, lasciandosi gli ululati alle spalle e presero i giubbotti all’attaccapanni, indossandoli velocemente.

E, ancora in preda alle risate, uscirono vincitori dall’albergo, respirando l’aria dal freddo pungente e gustandosi quella momentanea felice pazzia, entrambi euforici  consapevoli dei guai i cui si stavano cacciando.





Spazio Autrice..

Wow, voglio dire, mi faccio viva solo a questo secondo capitolo, perchè hey, sono di poche parole e non sapevo che dire la prima volta, ma eccomi qua! Sono contenta delle visualizzazioni ricevute, sul serio, grazie mille! Spero che anche questo secondo capitolo possa piacere e spero di essere riuscita a mantenere un filo logico nella storia, nonostante non sia una vera e propria storia, ma vabbè!
Se vi va, lasciate pure un commento di qualsiasi genere (intendo anche critiche, purchè siano costruttive, perchè sono sicura che a nessuno faccia piacere ricevre critiche infondate o senza senso, giusto?). Mi piacerebbe conoscere qualche parere, così per capire se vado nella strada giusta.. Okay mi sto dilungando, quindi mi dileguo..

A presto, Demetria.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3346300