e se dovessi ricordare qualcosa di importante?

di Luthien Culnamo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Un gocciolio. Una goccia, che continua a cadere. Mi sta facendo impazzire.
Buio. Così tanto buio… mi fa paura. Molta paura.
Perché fa così paura?
Un dondolio. Da dove arriva? Da me?
Mi sento… come se dovessi ricordare qualcosa… qualcosa… qualcosa di importante…
Sento una voce. Mi chiama. -Ehi, tutto bene? Ehi! Mi senti?-
Dove sei? Non ti vedo. Sei un fantasma? Ti prego, dimmi chi sei!
-Ehi! Riesci a camminare? Mi chiamo Anna, mia sorella Elsa ti aiuterà. Tu come ti chiami?-
Anna… Elsa… perché questi nomi non mi sono nuovi? Dove li ho già sentiti?
-A… A…- cerco di dire qualcosa, ma non ci riesco. Riesco a malapena a stare in piedi. -M… mi… ch… chi… chiamo… Al… Alic… Alice… c… credo… n… non… ri… ri… ricordo…- non riesco a parlare. Ho freddo, tanto freddo. Dove sono?
-Alice? Che bel nome! Anche se non ricordi, per ora ti chiamerò così, va bene? Ora vieni, hai bisogno di cure.-
Non vedo… non vedo nulla… chi sei? Da dove vieni? Dove siamo?
Sento un dolore fortissimo alla caviglia, al ginocchio e alla mano. Credo di essere inciampata.
-Ops. Tutto a posto, non preoccuparti. Vieni.- Non so dove sto andando. Mi lascio trasportare, tanto non riuscirei a correre, tantomeno a scappare. Voglio solo sapere dove sono...

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


I


Perché mi devo vestire così?- chiesi, osservando il vestito rosso sangue e gli stivali anch'essi rossi.
-Perché sei una bella ragazza, Alice. Devi pur mostrare la tua femminilità, ogni tanto.- disse Elsa, guardandomi con dolcezza.
-Sei bellissima, Alice.- disse Anna, entusiasta.
Mi guardai allo specchio, disgustata. Odiavo quel vestito, non mi permetteva di muovermi come volevo.
-Perché non posso andare avanti con i miei abiti maschili?- chiesi, guardando le due sorelle.
Ad Anna brillavano gli occhi dall'entusiasmo, mentre Elsa mi guardava quasi con orgoglio.
Quasi.
Sospirai. -Ok, ma solo per questa volta!- dissi e uscii dalla camera, diretta alla sala del trono.
Sono passati cinque anni da quando è successo tutto il casino (l'inverno eterno e cose del genere). Anna mi aveva trovato delirante e con un'amnesia temporanea due giorni dopo il ritorno di Elsa sul trono, sulla porta del castello. Anna mi raccontò poi che dicevo cose senza senso come “devo avvertirle… loro rischiano… devo dirlo alle mie sorelle…”. Anna chiese a Elsa se potevo restare con loro e bastò poco per convincerla. Così, da allora, abito nel castello di Anna e Elsa come se fossi una loro sorella. Se il mio passato era così terribile da dover essere dimenticato, non mi importa. Adesso, potrò godermi l'amore di due sorelle e so per certo di ricambiarlo.
Arrivai alla sala e rimasi in disparte, guardando i festeggiamenti. Era l'anniversario delle Porte Aperte: esattamente cinque anni fa, Elsa decise che non avrebbe mai chiuso le porte, così, ogni anno, il giorno viene festeggiato con danze, cene e altre cose noiosissime.
Sentii dei passi dietro di me e vidi Elsa e Anna che mi raggiungevano.
Sorrisi nel notare quanto differenziavano le due sorelle. Anna vestiva con un abito di vari colori e dava allegria solo guardandola. Elsa aveva l'abito azzurro ghiaccio che aveva quando era scappata e trasmetteva orgoglio e regalità. Come una vera regina.
Elsa mi mise una mano sulla spalla e Anna mi prese la mano. Sapevo perché lo facevano e le apprezzavo. Volevano tirarmi su, perché sapevano quanto mi spaventavano i balli. Era come se, nel mio passato, fosse successo qualcosa che mi faceva paura e aveva a che fare con i balli.
Sospirai, guardando la fila di gente che ballavano felici, senza pensiero alcuno, almeno apparentemente. Erano così felici… così… felici…
Del buio. Una roccia. Del sangue. Sangue.
Un odore acre mi riempì le narici, la testa mi girava, mi faceva male. Gli occhi mi bruciavano e mi aggrappai alle uniche cose concrete che sapevo erano tali: le mie sorelle Elsa e Anna.
Caddi all'indietro e le mie sorelle mi afferrarono prima che cada. -Alice, che hai?-
Non riuscivo a parlare. Mi sembrava di essere tornata a cinque anni fa, quando Anna mi aveva trovata. Come in quel momento, anche allora non riusciva a parlare. Avevo la gola secca, come se mi fosse congelata, e sentivo freddo ovunque. Avevo i brividi.
-Alice, tutto a posto?- mi chiesero Elsa e Anna, preoccupate.
-N… n… non… lo… so…- parlare mi costava una fatica enorme. -Non so… che cosa… mi… succede…- e caddi all'indietro di nuovo, mentre intorno a me si faceva sempre più buio. Sentii una sola cosa, prima di svenire: -ALICE!-



Note d'autore
Salve, sono Luthien e sono nuova su EFP.
Sì, lo so, è la seconda storia che pubblico e non mi sono ancora presentata, ma continuavo a dimenticarmi.
Vi prego non fucilatemi!
Perciò lo faccio adesso. Quindi... eccomi qui.
Probabilmente pubblicherò altro prima di finire questa storia, ma non finisco mai una storia...
Se non mi fucilate adesso siete dei santi.
Beh, mi sono presentata quindi... ciriciao, gente!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


II

 


Mi svegliai nella mia stanza, con Anna che dormiva sulla sedia.
Mi misi seduta e guardai mia sorella con dolcezza. Mi sentivo come se non avessi mai avuto delle sorelle che si occupassero di me. Come se fossi sempre stata sola…
La testa mi faceva ancora male e delle immagini continuavano a passare davanti ai miei occhi, come se stessi cercando di ricordare qualcosa che ho dimenticato. Ma perché non ricordo? Cos'è successo, nel mio passato, di così terribile da poter essere dimenticato?
Una parola. Sentivo una parola insieme alle immagini, come se quella parolina di cinque lettere fosse collegato a quello che mi è successo. Alice… perché questo nome continua a venirmi in mente? Che cos'ho fatto? E poi, sarà davvero il nome di qualcuno? È il mio nome? Queste e altre domande mi vorticavano nella testa da cinque anni. Possibile che non mi ricordi nulla prima del mio ritrovamento, quando avevo sedici anni? Possibile che mi ricordi solo gli anni successivi? Perché?
Perché non ricordo?
Mi sembrava di impazzire. Mi misi la testa tra le mani, cercando di dare un senso alle immagini. Ma non riuscivo a trovare quel legame, quel piccolo filo logico che le legava tutte. Mi scompigliai i capelli rossi e mi ributtai giù. Cinque anni di amnesia temporanea. Alla faccia della temporanea! Sono cinque anni che cerco di ricordare qualcosa del mio passato e mi ritrovo solo delle immagini scollegate!
Sentii un flebile gemito alla mia destra. Mi girai e vidi che Anna si stava svegliando. Sorrisi e cercai di avvicinarmi a lei, restando però seduta sul letto. Mi accorsi solo in quel momento che avevo ancora il vestito rosso sangue di prima.
Anna aprì gli occhi, mi vide sveglia e sorrise. -Alice! Come stai?-
-Meglio, credo.- dissi. Non sapevo esattamente come mi sentivo. -Che è successo?-
-Sei svenuta. Nessuno ti ha vista, e sono stata bene attenta a non farmi vedere mentre ti portavo qui.- disse lei, osservandomi preoccupata.
-Per quanto ho dormito?- chiesi ancora, cercando di mettermi in piedi.
-Qualche oretta, credo. Elsa ci sta aspettando alla festa.- disse.
Mi misi in piedi e caddi sul letto. Normale, ormai ci ero abituata. Ci riprovai e stavolta riuscii a mantenermi in equilibrio. Anche Anna si alzò, pronta a riprendermi nel caso cadessi di nuovo. Le sorrisi, cercando di rassicurarla.
-Non preoccuparti. Sto bene.- dissi.
Anna rispose al mio sorriso, poi mi prese la mano e disse: -Vieni, ti porto in un posto.-

 

***


Il posto che diceva Anna era pieno di geyser che fuoriuscivano dal terreno. Sapevo bene dove mia sorella mi aveva portato: -Anna, ci avevamo già provato, ricordi? Non ci sono riusciti.- informai, seguendola comunque.
-Perché eri ancora sotto shock!- rispose Anna, sorridendo come se sapesse di avere ragione. -Sono passati cinque anni, magari adesso ci riusciranno.-
Non del tutto convinta, seguii Anna in una radura piena di apparenti rocce con del muschio sopra.
-Granpapà?- chiamò Anna.
All'improvviso, le rocce si mossero e dei piccoli esseri alti quanto la mia gamba comparvero e sorrisero quando ci videro.
-Anna! Alice!- disse uno dei troll più piccoli, uno dei bambini, venendoci incontro. Lo presi in braccio. Era abbastanza pesante, ma non mi importava. Era così bello essere lì, con i miei amici.
-Ciao! Come stai?- gli chiesi, tenendolo tra le braccia.
-Bene, Alice, grazie. E tu? Hai recuperato la tua memoria?- mi chiese, speranzoso.
-Non ancora, no.- ammisi.
-C'è Granpapà?- chiese Anna, sorridendo.
-Sono qui.-
Mi voltai e vidi Granpapà venire verso di noi. -So perché siete qui.-
Ero seria. Misi giù il piccolo troll e mi avvicinai a Granpapà, poi mi inginocchiai davanti a lui per essere alla sua stessa altezza (anche se era vagamente impossibile: ero comunque più alta di lui nonostante fossi in ginocchio). -Allora sai cosa sto per chiederti.-
I troll continuavano a passare lo sguardo da me a Granpapà, che mi guardava con una espressione indecifrabile. -Non posso, Alice, mi spiace.-
-Perché?- Ero disperata. Perché non mi poteva aiutare? Che cosa glielo impediva?
-Perché non posso ridarti dei ricordi rubati.- disse Granpapà.
-“Rubati”? Che intendi con “rubati”?- non capivo. Come si possono rubare dei ricordi?
-C'è una forza molto più grande di me, Alice. Per trovare i tuoi ricordi devi trovare chi te li ha rubati. Essa è una magia molto antica. Se vuoi ritrovare i tuoi ricordi, devi trovare colui che ha fatto l'incantesimo.-
-E non potevi dirmelo cinque anni fa, quando siamo venuti per i miei ricordi?- chiesi, la rabbia che cominciava a salire. Anna mi si avvicinò e mi mise una mano sulla schiena.
-Eri sotto shock, saresti stata molto più in pericolo che adesso.- rispose. Scusa banale, sta di fatto che mi aveva tenuto segreto un'informazione importante per me per cinque anni. Cinque anni! Cinque anni di amnesia “temporanea” e me lo dice solo DOPO!
Ero troppo arrabbiata per parlare. Probabilmente Anna lo sapeva, perché disse: -Grazie, Granpapà.- mi prese per le spalle e mi portò via di peso.



 

 

Note d'autore

E… rieccoci con un altro capitolo!
Sì, lo so, non ho detto molto, ma… non capirò mai
come funziona la mia testa!
Ora… beh, che dirvi? Solo che abbiamo appena scoperto che
Alice deve recuperare i ricordi rubati e, sì, sono molto
stronza.
Ciriciaoo!

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


III


Guardai Kristoff giocare con Anna in spiaggia, seduta in riva al mare un po' in disparte, ripensando a quello che mi aveva detto Granpapà.
Forse stavo diventando paranoica, ma non riuscivo a non sentirmi tradita.
Erano cinque anni che trovavo un modo per riavere i miei ricordi. Granpapà aveva la soluzione e non me l'aveva mai detto. Ha aspettato i miei ventidue anni prima di raccontarmelo.
E se mi avesse nascosto altro? E se avesse mentito anche quella volta?
Dell'acqua mi arrivò in viso, bagnandomi da capo a piedi.
-Ehi, Alice, non restare lì con quel muso lungo, vieni!- disse Kristoff, lanciando poi dell'acqua a Anna.
Sorrisi. Il mio primo vero sorriso da quando eravamo tornati dai troll.
-Alice? Che c'è, stai bene?- Olaf era appena tornato dai due piccioncini e mi guardava preoccupato.
La prima volta che l'avevo visto ne restai affascinata. Un pupazzo di neve che cammina e parla? Ma è fantastico! Poi mi abituai alla cosa.
-Tutto a posto, Olaf, non preoccuparti.- gli dissi. Non me la sentivo di ripetere quello che mi stavo già ripetendo nella mia testa.
-Sicura?- chiese ancora Olaf.
Scossi la testa. -No-. Non ero sicura di stare bene, né ero sicura di stare male. Era come se fossi in una sorta di limbo, da cui non vedevo via d'uscita.
-Allora parlami, ti posso aiutare.- disse Olaf. È mai possibile che un pupazzo di neve possa avere un cuore così tenero?
Gli rivolsi un piccolo sorriso triste. -Non credo che tu mi possa aiutare.-
C'era solo una cosa da fare: trovare i miei ricordi. Anche se non sapevo da dove iniziare, visto che le uniche cose che ho sono delle immagini sconnesse e il nome Alice.
-Aliiiice!- mi chiamò Anna. Stava correndo verso me e Olaf, con Kristoff alle calcagna. Anna si girò verso il fidanzato, gli spruzzò un po' d'acqua e corse a nascondersi dietro la mia schiena.
-Ma che…?-
-Shh!- disse Anna, ridendo. Prese un po' di sabbia, lo so perché la lanciò contro Kristoff non appena fu più vicino.
Continuando a ridere, Anna corse verso la città, inciampò e cadde, seguita dal fidanzato.
Marito. In realtà, si erano sposati qualche anno fa, stavolta con la benedizione di Elsa. Ma non riuscivo a immaginare la sorella più piccola sposata. Ma ci dovevo abituare.
-Olaf.- dissi a un certo punto. Avevo una domanda da fare, ma non sapevo come formularla. Posai lo sguardo sul pupazzo e lui mi guardava, forse speranzoso che mi confidassi con lui. Ma non era quello che volevo dirgli. Alla fine gli rivolsi un piccolo sorriso e dissi: -Non importa.-



***


-Elsa!-
Mia sorella era seduta sul trono, che parlava con una guardia e mia sorella Anna.
Non avevo mai visto il viso di Anna tanto serio come in quel momento.
Mi avvicinai lentamente, volendo sentire di cosa parlavano, ben sapendo che origliare non era esattamente un comportamento “regale”.
Ma non riuscii a capire quello che si dissero, visto che Elsa congedò la guardia prima che potessi sentire una parola.
Anna mi vide, mi sorrise e mi fece cenno di avvicinarmi, cosa che stavo già facendo. Quando fui abbastanza vicina, Elsa si alzò e disse: -Alice, Anna mi ha raccontato cosa ti ha detto Granpapà.-
-Bene.- dissi. Non ce l'avevo con Anna, visto che mi ha risparmiato il fattore: “Sono ancora arrabbiata con lui, non farmici pensare”. -Allora sai che volevo chiederti il permesso di andarmene da Arendelle per trovare la mia memoria.-
Elsa annuì e, prima che potesse dire una parola, Anna si intromise: -Vengo con te.- disse.
-No!- dicemmo io e Elsa contemporaneamente.
-L'ha detto anche Granpapà: è pericoloso, Anna.- dissi, storcendo lievemente il naso al nome del troll.
-Sì, ok, sarà pericoloso, ma non posso stare qui con le mani in mano!- Anna si avvicinò a me e mi prese un braccio: -E poi, può essere divertente!-
-Non è un gioco, Anna.- disse Elsa.
-Sì, beh, lo so.- disse Anna. -Ma se si tratta di aiutare Alice, che male c'è?-
Guardai Elsa, esasperata, poi posai lo sguardo su Anna e annuii: -Va bene. Ma solo se farai esattamente quello che ti dico, è chiaro?-
Lei annuì.



Note d'autore

E così, siamo giunti a un nuovo capitolo!
Eh sì, Alice sta per partire alla ricerca dei suoi ricordi. Ma dovrà
fare una scelta: ricordare o no? E se sì, vorrà davvero recuperare
la memoria?
Lo scoprirete. Per adesso… Ciriciaoo!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


IV


Un posto.
Un castello decadente.
Porta le avvisaglie di un'antica bellezza.
Anche se abbandonato, porta ancora quello splendore di
tanto tempo fa.
Di cinque anni fa.
Una persona. Non è reale, sembra più un fantasma.
Cammina. Attraversa il ponte del castello.
Ha lo sguardo assente. Cammina, ma è come se non
fosse presente.
Borbotta. Non si sa cosa dica. Muove a malapena le
labbra.
Una sola parola si sente.
Alice…”


Mi svegliai di soprassalto, mettendomi seduta sul mio letto. Ok, ho ricordato un posto. O forse no?
Non capivo e le immagini sconnesse continuavano a tartassarmi la mente, manco fosse un punchingball. Ero nella mia stanza, saremmo partiti la mattina dopo. Elsa voleva venire con noi, ma non si può lasciare un regno senza regina. Mi ributtai giù, cercando di dare un senso a quello che avevo appena sognato, ma era come cercare di trattenere l'acqua con le mani aperte. Impossibile.
Mi misi un braccio sugli occhi, come se questo mi aiutasse a pensare, e mi addormentai lì, con ancora l'immagine del castello decadente nella mente.
 

***



-Sai da dove iniziare?- mi chiese Anna.
Annuii. -Sì, ma non so dove si trovi, anche se immagino che non sia ad Arendelle.-
Anna era entusiasta: -Beh, è comunque un inizio!- esclamò.
Sorrisi.
Avevo raccontato a lei e Elsa del mio sogno, sperando che mi potessero dare qualche informazione, anche se in fondo sapevo che non sarebbe stato così. Infatti, ammisero di non conoscere il posto, ma Anna era entusiasta all'idea di trovare quel castello.
-È un po' come una caccia al tesoro!- aveva detto. Io e Elsa ci limitammo a sospirare rassegnate.
Granpapà ci aveva detto di andare in un isola, non troppo lontana da Arendelle, che faceva parte delle Isole del Sud. Anna era trasalita a quel nome e non capisco perché: a me sembra un nome normalissimo.
Anche se riluttante a seguire i consigli del troll, Anna mi convinse a imbarcarmi per le Isole del Sud, visto che non avevamo una pista. Alla fine accettai. In quel momento, eravamo in nave, diretti all'isola consigliata da Granpapà.
Non sapevo cosa pensare. Non sapevo nemmeno come mi sentivo. Felice, forse, che stessi andando a recuperare la mia memoria. Ma, allo stesso tempo, ne ero spaventata. No, terrorizzata. Ne ero terrorizzata.
Mi appoggiai al parapetto della nave, guardando il mare calmo e tranquillo. Anna mi mise una mano sulla spalla. -Li troveremo, non preoccuparti.- disse, fiduciosa.
Annuii, non del tutto rassicurata.
Non avevo idea di quanto sarebbe durato il viaggio, ma ero disposta a aspettare anche tre anni, pur di sapere la verità.
O, almeno, questo era quello che pensavo…

 

***



Come al solito quando salivo su una nave, stavo esplorando la stiva, quando un rumore mi fece voltare. Era caduto un piccolo bicchiere di legno, il che era strano: che ci faceva un bicchiere fuori dalla sua cassa?
Mi guardai intorno, cercando di capire da dove arrivasse, e sentii dai rumori provenire da una cassa non legata, altra cosa strana: ogni cosa, su una nave, doveva essere legata.
Mi avvicinai con cautela, cercando di capire con solo l'udito che cosa potesse esserci dentro. Alzai lievemente il coperchio e sobbalzai, sorpresa.

Successe una cosa molto strana: nel momento in cui trasalii, un piccolo proiettile bianco e blu uscì dalla mia mano, andando a colpire l'angolo del palo della stiva, rimbalzando e andando a prima colpire e poi rompere la cassa, che conteneva Kristoff, Sven e Olaf, tutti e tre stipati lì
dentro.
-E voi che ci fate qui?- sibilai, osservandoli rialzarsi. -Vi avverto, vi farò buttare fuori dalla nave a calci se non trovate una spiegazione decente!-.
Magari Sven non poteva rispondermi, ma Kristoff e Olaf di sicuro potevano!
-Beh… eravamo preoccupati.- disse Kristoff, osservando la mia espressione omicida.
-Non è una buona ragione per salire clandestinamente su una nave!- risposi. Chiusi gli occhi, contai fino a dieci per calmarmi e poi li riaprii.
-Vogliamo aiutarti.- disse Olaf. Sven aveva il capo chino, come se si aspettasse una punizione.
Sospirai. -Ok, non vi denuncerò. Ma state attenti, ok?- chiesi.
E io che speravo di andare dai miei ricordi da sola!
Passò quasi un mese e io rubavo dalle cucine, in modo che i miei amici non morissero di fame. Purtroppo (almeno per loro, io mi godevo la scena) Anna mi scoprì mentre portavo il cibo rubato da Kristoff, Sven e Olaf.
Per (loro) fortuna, era Anna e non Elsa, perché la sorella li avrebbe sicuramente congelati sul posto.
A parte la piccola sorpresa, il viaggio passò senza altre interruzioni e, dopo quasi un mese, arrivammo alla nostra destinazione.
La sensazione di inizio viaggio si ripresentò quando scendemmo dalla nave. Anche Anna sembrava nervosa, ma non ci feci molto caso, ero troppo occupata a cercare di riordinare il casino nella mia testa.
L'isola che diceva Granpapà si vedeva in lontananza e facemmo non poca fatica a trovare qualcuno che ci portasse lì. A quanto pare, correva voce che l'isola fosse maledetta.
Alla fine, dopo che io e Anna l'avemmo pagato profumatamente, trovammo un ragazzo piuttosto carino a portarci fin là, ma non sarebbe rimasto. Infatti, legò un'altra sua barca alla prima e la portò con noi, in modo che potessimo tornare anche senza di lui.
Mentre ci avvicinavamo, avvertii una strana sensazione, come se fosse nostalgica ma al contempo di puro terrore, come se volessi scappare a gambe levate. La ingoiai e mi sforzai di apparire normale.
Arrivammo all'isola che era notte fonda.




Note d'autore
E dopo mesi e mesi e mesi di attesa
rieccoci in un altro capitolo!
Spero non mi fuciliate per l'attesa.
Cooomunque... che dirvi? Ci sono tre clandestini
in questo viaggio e Alice ha fatto una magia senza volerlo,
anche se, a quanto pare, solo lei se ne è accorta.
Quindi, dopo avervi annoiato, ci vediamo la prossima volta!
Ciriciaoo!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


V


Il ragazzo legò la barca in più a una palma lì vicino e partì subito per il porto, dicendo che non voleva stare troppo tempo su un'isola maledetta. Noi, invece, ci accampammo in spiaggia, per essere più riposati la mattina dopo.
Ero inquieta. Tutti gli altri si addormentarono subito, mentre io rimasi a fissare le stelle.
Amavo immaginare le varie figure che quei puntini luminosi potevano disegnare. Per esempio, sette stelle mi sembravano un grosso carro, mentre altre tre sembravano una corda. Osservai la stella in cima al carro, la Stella del Nord. Mi sembrava una bella stella da usare come bussola. Un punto di riferimento fisso nel cielo. Quanto mi sarebbe piaciuto avere un punto di riferimento qui sulla terra. Mi sentivo persa, senza una bussola o una Stella del Nord a guidarmi.
Mi girai su un fianco, nel lato che guardava la foresta dell'isola, e vidi un lampo di luce. Ma solo per un attimo, poi il buio. Mi assicurai che i miei amici e mia sorella siano ancora addormentati e mi alzai, andando nel punto dove avevo visto il lampo. Non trovai nulla, ma mi sentii strana, come infastidita da qualcosa.
Sentii un calore partire dal polso e arrivare alle punta delle dita, come se un liquido caldo stesse scorrendo nella mia mano destra, ma solo in quel punto lì. La guardai e la vidi luminosa e calda. La dita si muovevano normalmente, così come il resto dell'arto. Sembrava tutto normale, se non si considerava il fatto che era luminosa. Il calore si concentrò sul palmo e una piccola pallina di luce rossa ne uscì, fluttuando davanti a me per qualche secondo, poi cominciò a girare intorno alla mia vita. Non capivo cosa stesse succedendo. Cercai di fermare la pallina, ma essa mi passò attraverso la mano. Girava come se mi volesse proteggere, come se stesse disegnando uno scudo intorno a me.
Indietreggiai di qualche passo e finii dentro una buca. Gridai, anche se ben consapevole che non sarebbe venuto nessuno…
 

***


Atterrai su una specie di materasso elastico, con la pallina di luce rossa che continuava a girarmi attorno. Dei rampicanti cercarono di circondarmi le braccia, ma la pallina le bruciò in un attimo. Mi alzai, mentre la pallina continuava a bruciare qualunque cosa cercasse di prendermi e immobilizzarmi. Scesi dal materasso e mi guardai intorno, cercando un modo di uscire da lì. Non sapevo dove fossi, non sapevo che fare, mi sembrava di essere in un incubo.
Sentii una voce, che mi chiamava. O, perlomeno, diceva il mio nome: -Alice… Alice…-
Seguii la voce, non avendo altro da fare. Mi sembrava stranamente familiare.
La seguii come se fossi in trance. La pallina girava sempre di più mano a mano che mi avvicinavo alla voce, che diventava sempre più forte.
Sbattei contro un muro, mentre la pallina girava a più non posso. Spinsi e il muro si aprì, rivelando una grande sala, molto luminosa nonostante fossi sottoterra. La stanza era circolare, con dei disegni che sembravano fatti da bambini piccoli. Una bambina dai capelli rossi e gli occhi rosso sangue giocava con le bambole insieme a una bambina bionda. La stessa bambina, solo un po' più cresciuta, correva incontro alla ragazza dai capelli biondi. Le stesse due ragazze, cresciute, tra i quindici e i sedici anni, scappavano da esseri mostruosi dal pelo nero.
Piangevo. Piangevo e non sapevo neanche perché. Avevo paura. Paura e nostalgia si mescolarono dentro di me. Sentivo delle risate dentro la mia testa. Erano senza allegria, malvagie.
-Belli, vero?-
Mi girai. Vidi uno specchio e vidi una ragazza dai capelli rossi, gli occhi rosso sangue, il naso lievemente all'insù e con la bocca piccola e rossa mi ricambiava lo sguardo. La me stessa nello specchio ricominciò a parlare. -Eri così felice, ai tempi.- Mi avvicinai lentamente, mentre il mio riflesso rimaneva fermo, senza ricopiare le mie azioni: -Che… che cosa sei?- chiesi, cauta.
Il mio riflesso ammiccò, un sorriso triste, freddo. -Sono i tuoi ricordi. Un riflesso di quello che avresti potuto essere se li avessi avuti in questi cinque anni.- rispose.
Toccai con una mano la superficie dello specchio, come se potessi entrarvi e riavere finalmente la mia memoria. -Quindi… è per questo che non ricordo? Perché qualcuno a rinchiuso i miei ricordi in uno specchio?- chiesi.
-Esatto.- rispose lo specchio.
-E chi è stato?- chiesi ancora.
-Io.-
Mi voltai di nuovo. Una ragazza bionda si avvicinava e aveva più o meno la mia età. A parte i capelli biondi e gli occhi azzurri, era identica a me.
-Ci rivediamo, sorellina.- disse.
Sorellina? Sorellina?!
La pallina era diventata indistinguibile, tanto era veloce. Notai che anche la mia “gemella” aveva una pallina, di un giallo quasi bianco. Feci rallentare la sferetta e quella si fermò sul mio palmo, come se aspettasse.
La ragazza fece la mia stessa azione e tenne la pallina gialla-bianca sulla mano. -Vuoi davvero ricordare?-
Ecco, quella sì che era una buona domanda. Volevo davvero ricordare il mio passato? Ne valeva davvero la pena?
Sì, rispose una vocina nella mia testa, non importa cosa vedrò, io non cambierò.
La vocina non mi aveva del tutto rassicurata. Avevo comunque paura di cosa avrei ricordato. Ma decisi che la memoria era la cosa più importante di una persona.
-Sì, ne sono sicura.- risposi.
Gli occhi azzurri e freddi della bionda passarono dallo specchio a me, come se stesse prendendo una decisione scomoda, il che era molto probabile.
-Bene- disse infine. Si avvicinò allo specchio, passò la pallina sul vetro e poi tese la mani libera verso di me, come se si aspettasse qualcosa.
Gli passai la pallina, unica cosa che avevo in mano, la ragazza la prese e passò la sferetta sulla superficie dello specchio, proprio come aveva fatto poco prima. Poi la spinse dentro lo specchio.
Un'improvvisa fitta alla testa e delle immagini, che fino a poco tempo prima erano piccoli spezzoni sconnessi, cominciarono ad avere un senso; mi vidi giocare con una bambina uguale a me tranne per i capelli e gli occhi; mi vidi correre insieme a lei, cresciute e felici; mi vidi scherzare con un ragazzo bruno e con della barbetta anch'essa bruna; mi vidi osservare da lontano una ragazza bionda che congelava il fiordo mentre scappava; mi vidi con un coltello in mano, pronta a colpire…
Caddi a terra, sconvolta da quello che avevo appena ricordato. Hans… ecco come si chiamava quel ragazzo. E Alice non era il mio vero nome… Alice non era un nome di una persona, ma…
-Di un oggetto, sì.- disse la ragazza. Lyjin, si chiamava. -Dell'oggetto più potente mai creato, che tu stessa hai creato, e io con te. Noi abbiamo creato un'arma, che qualcuno voleva usare…-
-… e noi eravamo d'accordo!- esclamai. Non potevo crederci, non volevo crederci! Io ero complice del traditore Hans. Io volevo uccidere Elsa e Anna! Io!
Avrò anche recuperato la memoria, ma non mi sentivo bene come avevo previsto. Anzi, mi fece sentire peggio.
Cercai di alzarmi, ma la fitta alla testa continuava. Lyjin si avvicinava, gli occhi inespressivi e la pallina gialla-bianca nella mano. Anche io feci comparire, con la poca forza che mi rimaneva, a creare la mia pallina di luce rossa.
-NON TI AVVICINARE!- ringhiai, riuscendo finalmente ad alzarmi. Puntai la mia sferetta contro la ragazza, certa che avrebbe funzionato. -Non ti avvicinare!-
Anche lei mi puntò contro la sua sferetta, il volto inespressivo.
Presi un pezzetto della pallina e la lanciai contro il pavimento, creando un fumo che mi nascose alla viste di Lyjin. Approfittando della momentanea distrazione della ragazza, corsi più che potei verso il luogo dove ero caduta, puntai la sferetta verso il basso e saltai uscendo dal buco, poi lo richiusi e ricominciai a correre, senza sapere dove stessi andando.
Ero sconvolta dai miei stessi ricordi. Ma sapevo che non era tutto lì, perché avevo recuperato al massimo la metà dei miei ricordi. Ma non ero sicura di voler sapere la metà mancante.






Note d'autore
Eeeee… rieccoci qua con un bel colpo di scena!
Alice complice di Hans! Ve lo sareste mai aspettato?
No? Nemmeno io!
Cooomunque, la nostra piccola, cara Alice è sconvolta
e non è sicura di voler recuperare il resto dei ricordi.
Che cosa deciderà?
Lo saprete al prossimo capitolo!
Ciriciaoo!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


VI



-Alice! Alice!-
Sapevo che Anna e gli altri mi stavano cercando, ma non mi mossi.
Ero seduta su un ramo di un un albero, le braccia che circondavano le gambe. Non volevo raccontata dove fossi stata, né quello che avevo scoperto, o meglio, ricordato. Vidi Anna passare sotto di me e sperai che lei non alzasse lo sguardo. Purtroppo per me, lo fece e vide i miei vani tentativi di nascondermi.
-Alice! Che ci fai lì? Scendi giù.- disse. Vidi lo sguardo preoccupato di mia sorella, ma non avevo intenzione di scendere.
No. Lei non era mia sorella. Lo era della persona che Hans voleva uccidere. Che io volevo uccidere. Ma non potevo stare su quell'albero per sempre, così scesi.
-Eccoti! Eravamo così preoccupati…- la sua voce venne meno quando notò la mia faccia. La pallina rossa era sparita. -Alice, che succede?-
-Non mi chiamo Alice.- dissi, le lacrime che premevano per uscire. Ma non volevo piangere, non in quel momento. Dovevo prima spiegare la situazione ad Anna: -Ho… ho recuperato una parte dei miei ricordi, ieri sera.- dissi, a malincuore.
-Davvero? Che hai scoperto?- chiese entusiasta Anna, ma le si congelò il sorriso sulle labbra. -Alice?-
Non riuscivo a parlare e nemmeno a guardarla, infatti tenevo gli occhi bassi. Non volevo vedere il viso di Anna dopo aver scoperto le mie intenzioni di cinque anni fa. Combattendo contro la necessità di scoppiare di nuovo a piangere, gridare e vomitare, raccontai i miei ricordi a colei che era stata mia sorella per cinque anni. Non volendo vederle il viso, le parlai guardando per terra o per aria, insomma, ovunque tranne verso di lei.
Restammo in silenzio per un po', senza avere il coraggio di romperlo. Alla fine, Anna mi mise una mano sulla spalla, poi mi abbracciò.
Ero stupita. Non risposi all'abbraccio, perché non sapevo che cosa Anna pensava di me. Ma la mia lacuna si riempì subito: -Non preoccuparti.-
Sciolsi l'abbraccio e guardai sconvolta il viso di Anna. Lo vidi sorridente, un sorriso di quelli consolatori. Sapere che Anna mi perdonava nonostante il mio passato era più di quanto potessi sopportare. Sapere che mia sorella mi perdonava mi donava di una felicità immensa, che non poteva essere espressa a parole.
Stavolta non impedii alle lacrime di uscire e mi buttai su Anna, abbracciandola. -Anna, oh Anna…- Come riusciva Anna a perdonarmi quando neanch'io riuscivo a farlo? Non ne avevo idea, ma, per il momento, mi bastava.
Non so per quanto restammo lì, in silenzio, abbracciate l'un l'altra, so solo che sciogliemmo l'abbraccio quando sentimmo Kristoff chiamarci. -Alice, Anna!-.
Guardai Anna e scossi la testa. Non me la sentivo di raccontare di nuovo i miei ricordi e lei capì. Sorrise e mi prese la mano, poi andammo dai
tre.
 

***



Non raccontammo i miei ricordi a Kristoff, Olaf e Sven. Non che non mi fidassi di loro, è chiaro. Ma non riuscivo a raccontarlo. Era già tanto che l'avessi detto ad Anna.
Nella mia testa infuriava una bella battaglia: cosa faccio con gli altri ricordi rubati?
Voglio andare a recuperarli!
E se fossero ancora peggiori?
Non m'importa. Voglio ricordare!
E se in realtà non volessi?
Voglio ricordare!
Non voglio ricordare!
Voglio ricordare…!
Era tutto così. Non sapevo cosa pensare, così restai seduta accanto al fuoco, con uno sguardo vacuo che non sfuggì a Olaf.
-Va tutto bene?- mi chiese, avvicinandosi.
Lo guardai e sorrisi. -Più o meno.- risposi. Non lo convinsi, ma qualcosa nella mia voce lo fece desistere. Sapevo che mi avrebbe tenuta d'occhio.
Il fuoco piano piano si spense e tutti noi andammo a dormire.


Un castello, abbandonato.
Porta le avvisaglie di un'antica bellezza.
Una persona, una ragazza. Ha i capelli rossi.
Una pallina, rossa.
Vola sul castello e si espande, coprendolo, nascondendolo.

La ragazza si volta, evoca un'altra pallina rossa.
Segna un albero con la pallina, il segno si illumina.
Lei si volta e scappa.

Mi svegliai di soprassalto, ansimando. Avevo appena ricordato dove si trovava quel castello e qualcosa mi diceva che conteneva i tasselli mancanti.





Note d'autore
E rieccoci qui con la nostra piccola Alice!
Sì, lo so, adesso volete sapere il vero nome
della nostra piccola smemorata, ma abbiate
pazienza. Arriverà, il suo vero nome.
Beh, oltre a questo mi scuso per il ritardo
e… Ciriciaoo!

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


VII


Guardai gli altri di fianco a me e il mio sguardo si soffermò su Anna.
Non avrei voluto svegliarla, ma glielo dovevo.
Così mi avvicinai a lei, cercando di non svegliare gli altri, e la scossi un po', chiamandola lievemente: -Anna! Anna!-
Un lieve gemito. Anna aprì gli occhi e mi guardò, lo sguardo assonnato. -Che c'è, Alice?-
Alice. Nonostante sapessi che Alice era il nome di un arma, non avevo ancora scoperto il mio e questo mi turbava molto. Speravo che quel castello poteva darmi le informazioni che avevo bisogno di sapere.
Così, dopo aver cercato di svegliare Anna altre cinque volte, le raccontai il mio sogno e il mio desiderio di andare in quel castello.
Anna era spaventata, lo sentivo anche se non lo dava a vedere. Quando finii il mio racconto, uscì dal sacco a pelo e mi chiese in che direzione fosse.
Sorrisi: -Vieni, ti faccio strada.-
 

***



Arrivammo in una grande pianura, coperta dalla nebbia. Non sapevo perché, ma ero convinta che fosse il posto giusto.
Anna mi guardò. Crescere con una sorella con il potere del ghiaccio doveva averla abituata alle stranezze, ma io sapevo a cosa stava
pensando: “Qui non c'è nessun castello”.
-Invece c'è! Deve esserci!- esclamai. Mi diressi verso un albero lì vicino e lo guardai attentamente. C'erano delle piccole striscioline rosee,
come una ferita guarita da tempo sulla pelle di qualcuno, che formavano una piccola x sul tronco. Aprii la mano con il palmo rivolto verso l'alto e la piccola pallina rossa si creò e volò verso le striscioline, per poi fondersi con esse.
La croce si illuminò e il terreno cominciò a tremare. Presi la mano di Anna e guardai la radura, che si stava spaccando come se qualcuno stesse tagliando la parte non coperta dagli alberi, il che voleva dire che anche la parte dove eravamo io e mia sorella stava per staccarsi.
Io e Anna saltammo appena in tempo. Infatti, la radura era scomparsa e al suo posto ne emerse un bellissimo castello. Era abbandonato, e si vedeva, ma portava ancora quella bellezza di tanto tempo fa.
Tanto tempo fa…
Era quello il castello. Era quello che avevo visto nei miei sogni.
Io e Anna ci avvicinammo con cautela, tenendoci per mano. Arrivate al portone, spingemmo e quello si aprì. Entrammo in quello che doveva essere la sala da ballo. Le ragnatele erano ovunque, ragni e topi regnavano sovrani in quello che un tempo doveva essere la dimora di un re.
Avanzammo lentamente. Davanti a noi una grande scalinata di marmo sovrastava la sala, una volta doveva essere bianca, ma in quel momento era coperta di polvere e ragnatele.
Ci avvicinammo alla scalinata, pronte a scattare al minimo rumore.
Quel castello mi terrorizzava e mi affascinava a un tempo. Era come se avessi paura di come fosse cambiato. Senza accorgercene, arrivammo alla scalinata e cominciammo a salirla, osservando l'inquietante posto in cui eravamo.
Arrivammo in un pianerottolo, con molte porte che avevano davanti ognuna un simbolo diverso, che io mi sorpresi a capire. Era una sorta di linguaggio, un qualche codice segreto che io capivo come se fosse la mia lingua natale.
Una porta portava il simbolo che stava a significare “vita”, un'altra “limbo”, un'altra “ricordi” e l'ultima “morte”
Non avevo idea di quel che io e Anna dovevamo fare, ma una cosa era certa.
Le porte erano un enigma. E noi dovevamo risolverlo.






Note d'autore
E siamo di nuovo qui! Spero non mi fuciliate
per l'attesa, ma l'ispirazione non si fa comandare.
Alloooora, che dirvi? Alice e Anna sono
in guai grossi, più grossi di quanto possano
immaginare. Una mossa sbagliata e…
Addio ragazze!
Ma non vi anticipo nulla. So che voi state
aspettando il vero nome di Alice, ma abbiate
pazienza. Presto scoprirete ogni cosa.
Ciriciaoo!

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


VIII


Ebbi un senso di deja-vouz. Mi sembrava di aver già visto quelle porte e di aver già fatto quell'enigma, ma senza ricordare la soluzione.
Avevo un dolore acuto alla testa, ma non era certo quello il momento per stare male. Dovevamo capire quale porta aprire. Toccai con una mano la porta con la scritta: “ricordi”. Qualcosa mi diceva che fosse troppo semplice. Come se ci fosse qualcosa che mi sfuggiva. Guardai Anna, che passava lo sguardo dalla porta a me. Prendendo coraggio, poggiai la mano sulla maniglia e la aprii.
Era una stanza. Una piccola camera, con un letto spoglio da una parte e degli specchi come pareti. Gli specchi mostravano delle bambine che correvano, ridevano, giocavano tra loro. Erano in tre.
-Forza, venite a prendermi!- disse la bambina mora.
-Lyry, corri troppo veloce! Rallenta!- disse la bambina rossa che mi somigliava.
-Aspettatemi!- disse la bambina bionda.
Tutte e tre passavano da uno specchio all'altro, correndo. La prima stava ridendo, mentre le altre cercavano di prenderla per rallentarla.
Poi la mora gridò. Era un urlo di paura, dolore. Le altre bambine la chiamavano, cercavano di aiutarla, ma lei si allontanava sempre di più, sempre di più…
-Alice! Alice!-
Neanche mi ero resa conto di essere caduta. Anna cercava di svegliarmi, preoccupata. -Alice!-
-Sto bene, credo- risposi, mettendomi seduta.
Anna tirò un sospiro di sollievo. -Per fortuna stai bene! Sei caduta a terra e continuavi a urlare, tenendoti la testa.- mi informò.
Annuii. Mi alzai con l'aiuto di Anna e mi guardai intorno. Ero vicina alla porta aperta della stanza, uguale a quella che avevo visto, ma senza le immagini. Entrai e la porta si chiuse con uno scatto, lasciando Anna chiusa fuori.
-Anna!-
Corsi verso la porta, cercando di aprirla, ma senza successo. Allora evocai la pallina rossa e provai a bruciare la porta, ma quella rimase intatta.
Cominciai ad avere paura. -Anna, tutto a posto lì?-
-Sì, non preoccuparti.- rispose la voce di Anna.
Sospirai di sollievo. Avevo paura e un bruttissimo presentimento, non volevo lasciare Anna da sola in un castello potenzialmente pericoloso: -Anna, riusciresti a fare la strada per arrivare qui al contrario da sola?- chiesi.
-Io non me ne vado, Alice!- protestò Anna.
-Anna, è pericoloso. Non permetterò che ti succeda qualcosa. Vai da Kristoff e aspettatemi. Se tra cinque ore non sarò di ritorno, prendete la barca e fuggite. È chiaro, Anna?-
-Io…-
-Anna, hai promesso che avresti fatto tutto quello che ti dicevo.-
-Sì, lo so, però…-
-Anna-
Ci fu un silenzio carico di tensione. Aspettavo la risposta di mia sorella, una risposta affermativa. -Ti prego…- sussurrai, appoggiata alla porta.
Dovetti aspettare un po', prima di sentire un flebile -Ok- da Anna e sentirla allontanarsi dalla porta. -Ma torna, va bene?-
Sorrisi, nonostante non ci fosse nulla da ridere. Sapevo che entrambe ci stavamo chiedendo la stessa cosa. -Tornerò, Anna, te lo prometto.-
Mantenevo sempre una promessa, anche se quella volta temevo che l'avrei infranta. Avevo paura.
Paura di non tornare, di non poter rivedere mai più i visi di Elsa, Anna, Kristoff, Olaf e Sven. Avevo paura di non poter più tornare dai miei amici troll. Avevo paura di quello che avrei visto. Avevo paura, e tanta.
Sentii i passi di mia sorella allontanarsi e io mi staccai dalla porta, avvicinandomi a uno degli specchi che formavano la stanza.
Lo toccai con la punta delle dita e quello diventò liquido, per poi tornare solido appena staccai le mani dallo specchio.
Lo toccai di nuovo e affondai le dita nel liquido, per poi entrarci con tutto il corpo.






Note d'autore
Buonsalve! Spero non vi siate annoiati nell'attesa.
Non sto propriamente bene in questo periodo,
quindi scusatemi se ci metterò un po' di più rispetto
alle altre volte. Cooomunque, cosa dirvi?
La nostra piccola Alice sembra molto
spaventata e non possiamo certo darle torto. Cosa
succederà ora che la nostra ragazza è dentro uno
specchio?
Ora, un'ultima cosa: so che siete impazienti
di sapere il vero nome di Alice, ma abbiate
pazienza. Andando avanti si capiranno un paio
di cose, tra cui questa.
Ora vi lascio. Ciriciaoo!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


IX


Finii in un posto stranissimo. Era buio e molti oggetti tipo orologi, sedie, vasi e altro mi passavano davanti come se stessi correndo, nonostante fossi ferma.
Sentivo delle voci, molte. Risate di bambine, urli di divertimento, urli di paura…
-Lyry! Lyry, dove sei? Lyry!
-Sorellina, è…-
-Non è morta, ne sono sicura! È viva, me lo sento!-
-Ma, sorellina, come puoi esserne sicura? Se fosse viva sarebbe già tornata!-
-A meno che qualcuno non la stia trattenendo! Hai mai visto il suo corpo senza vita, Lyjin?-
-N-no…-
-Allora è viva e qualcuno le sta impedendo di tornare! Lyry! Lyry!-
Mi asciugai una lacrima, nonostante non ricordassi. Forse, nel mio inconscio, sapevo chi fosse quella ragazzina scomparsa, Lyry, solo che non potevo ricordarla.
Le voci continuavano a chiamare Lyry e io ero ormai lontana dallo specchio da cui ero entrata. In lontananza, una luce bianca cominciò a rischiarare il posto intorno a me e io entrai in quella luce, timorosa di vedere cosa avrei trovato.
Finii in una grande sala, che una volta doveva essere una sala da ballo. Ad aspettarmi c'era la mia gemella bionda Lyjin, in compagnia dell'ultima persona che avrei voluto vedere.
-Che ci fa lui qui?- chiesi, guardando l'uomo moro e con gli occhi verde-giallo.
-Speravo ti facesse recuperare il resto dei tuoi ricordi.- disse Lyjin.
Avrei voluto uccidere Hans lì sul posto, ma non mi sembrava il caso. Chiusi gli occhi, presi un bel respiro e li riaprii.
-Mandalo via o potrebbe fare una brutta fine.- la pallina era riapparsa e volò sulla mia mano aperta, dove diventò un bel fuocherello.
-Mi spiace, temo che dovrai sopportarmi per un po'.- disse Hans.
Alzai la mano e la sua spalla prese fuoco, dove lui, con molta noncuranza, si spazzò via il fuoco, come se fosse polvere.
-Dammi una sola ragione per cui non debba ucciderti adesso!- sibilai, ricolma di rabbia e disgusto.
-E dire che una volta eravamo amici.- disse lui, osservandomi con un ghigno stampato in faccia.
-Hai detto bene, Hans, un tempo. Adesso, devi fare una piccola e facilissima cosa per me.- aprii la mano e la palla di fuoco ricomparve, la fiamma che bruciava sul mio palmo. -Muori.- dissi e lanciai.
Stavolta, la fiamma si espanse non lasciando a Hans via di scampo. Morì, bruciato vivo dalla mia fiamma. Hans urlò, allontanandosi, cercando di spegnere il fuoco con le mani, ma senza successo.
Di lui, rimase solo cenere.
Lyjin schioccò le dita e il fuoco si spense, rivelando la cenere. -L'avrei fatto io più tardi, ma grazie per avermi dispensato dall'incarico.-
-Con piacere, anche se non l'ho fatto per te.- risposi. Apparentemente ero tranquilla, ma nella mia testa era un continuo: Ho ucciso una persona ho ucciso una persona ho ucciso una persona… non avrei dovuto… non avrei dovuto…
-Sorella.- la voce della mia gemella mi arrivò come se fosse lontana almeno un chilometro. -Forse è ora che tu recuperi la tua memoria.-
Non mi ero nemmeno resa conto che si era avvicinata. Cercando di non guardare la cenere che era Hans, osservai cosa mi stava porgendo Lyjin.
Era una piccola gemma blu mare, con un piccolo buco per far passare la corda di pelle.
-Questo ciondolo contiene i tuoi ricordi, amica mia.- disse la mia gemella. -Devi solo metterlo al collo.-
Lo presi. Era stranamente pesante per essere una semplice pietra, ma non in senso fisico. Era come se avesse una gran magia dentro di sé, come se fosse piena di qualcosa che la rendeva leggera e pesante allo stesso tempo.
La misi al collo.Immagini veloci mi passarono davanti: io e le mie sorelle piccole che giocavamo, mia sorella che cadeva, io e la mia gemella che la cercavamo…
Io, cresciuta, che chiacchieravo con un ragazzo, io e la mia gemella che litigavamo, lei che liberava i suoi poteri senza volerlo, io che mi riparavo, lei che scappava, io che la cercavo…
Improvvisamente, capii perché ero andata da Elsa e Anna, capii perché il castello mi era così familiare, capii perché avevo creato un oggetto fin troppo potente…
Mi tolsi il ciondolo lo lanciai, ma quello non si ruppe.
-Quel ciondolo… quel ciondolo è…-
-Quel ciondolo è Alice.- disse Lyjin. -Quel ciondolo è la nostra sorella scomparsa.-
Annuii. -Avevamo trovato il suo corpo al castello di ghiaccio…-
-Il castello che aveva costruito Elsa, esatto. Il suo corpo era senza vita, ma la sua anima…-
-Era ancora lì.-
Io non ero Alice. E nemmeno quel ciondolo era Alice. Era quello che c'era dentro Alice.
Io sono Lyry. Io ero colei che aveva imprigionato la propria sorella in una pietra per mantenerla in vita. Io avevo imprigionato mia sorella, la persona più potente dell'universo.
-Hans lo sapeva…-
-E voleva rubarla, esatto.- completò Lyjin. Raccolse il ciondolo e lo guardò con dolcezza. -Una volta che diventa un oggetto, la coscienza di una persona viene sotterrata, ma non il suo potenziale magico. Hans voleva rubare nostra sorella per uccidere Anna e Elsa. Ma tu l'hai scoperto…-
-E stavo venendo a avvertirvi…- sussurrai. Era incredibile cosa avevo appena ricordato. Non volevo credere di aver imprigionato mia sorella in una pietra. Mia sorella!
-Perché sono finita da Anna e Elsa?- chiesi. Quello continuavo a non ricordarlo. Speravo che Lyjin mi desse qualche chiarimento. Ma avevo i miei sospetti per quello che era successo.
-Hans cercò di impedirlo. Arrivò qui prima di te e prese Alice. Quando arrivasti era troppo tardi. Hans mi aveva colpita con un incantesimo evocato dalla Pietra e io svenni. Quando mi risvegliai, il castello era già così.- rispose, senza staccare gli occhi dal ciondolo. -Anche tu eri svenuta e, quando ti risvegliasti, non ricordavi nulla. Avevi il ciondolo in mano, però, così immaginai che avesse i tuoi ricordi.-
La interruppi: -E allora, perché non l'hai usato subito?- chiesi, rialzandomi.
Lei staccò finalmente gli occhi dal ciondolo e posò lo sguardo su di me, le lacrime agli occhi. -Cerca di capirmi, sorellina. Hans mi aveva minacciato di farvi del male se avessi usato la magia per farti recuperare la memoria. A te e a lei.- disse, indicando la collana. -Non potevo perdervi. Non dopo quello che avevamo passato insieme.-
Mi avvicinai a lei. La prima volta che la vidi dopo aver perso la memoria, pensavo che Lyjin fosse una persona fredda, dura, senza cuore. Una persona a cui importava solo di sé stessa.
Poi avevo capito che non era così. Un cuore l'aveva ed era probabilmente il più grande tra noi tre.
Mi avvicinai a lei e le chiusi la mano sul ciondolo, stringendola poi tra le mie.
-Dobbiamo lasciarla andare.- dissi, guardandola negli occhi. Volevo che capisse che io avevo capito. Volevo che sapesse che l'avevo perdonata. -Ma prima, devo fare una cosa.-




Note d'autore
E rieccoci al penultimo capitolo!
Eh sì, avete capito bene. Il prossimo sarà l'ultimo.
Mi scuso ancora per i ritardi, ma, come ho
già detto, non sto molto bene in questo periodo,
faccio molta fatica a stare al pc.
Coooomunque, spero che anche questo capitolo
vi sia piaciuto e ci vediamo all'ultimo.
Ciriciaoo!

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