Under a Dark Spell di Little_GirlMoon005 (/viewuser.php?uid=569326)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XVI (Ending) ***
Capitolo 15: *** XVI (Good Ending) ***
Capitolo 1 *** I ***
The devil within
Piccola
premessa prima di iniziare;
vorrei ringraziare coloro che hanno letto e recensito le mie prime due
storie su LOTR, in particolare leila89
e evelyn80.
Se non fosse stato per le loro, non avrei mai passato
l'intera estate a sviluppare una fanfiction con un Legolas cattivello.
E si, mi sono divertita!
Quindi... Hannon le, ragazze.
Che il buon Tolkien mi perdoni...
I
Incontri
Il Principe di Bosco
Atro
arrivò a Gran Burrone il 24 ottobre 3018, anno della Terza
Era.
Aveva già visitato spesso il Reame di Sire Elrond, solo come
amico di passaggio.
Quando arrivò a destinazione,
la bella città elfica gli sembrò molto diversa;
quel
giorno il Principe non si presentava al Re come viaggiatore,
bensì come messaggero di Thranduil, signore di Bosco Atro,
nonchè suo padre. Doveva portare al Consiglio importanti
notizie
sulla creatura chiamata Gollum, ma sentiva che il suo compito non si
sarebbe fermato lì; era una sensazione che lo perseguitava
da molti
giorni.
Smontò dal suo cavallo guardandosi attorno estasiato;
nonostante
avesse più di duemila anni d'età, rimaneva sempre
a bocca
aperta davanti alla bellezza sublime e perfetta di Gran Burrone. Uno
scudiero prese le redini del suo cavallo e lo portò nelle
grandi
stalle reali. Un Elfo di poco più giovane si
avvicinò al
Principe, e s'inchinò profondamente.
''Benvenuto Legolas, Principe di Bosco Atro, permettetemi di farvi
strada.''
Lagolas annuì al giovane e iniziò a seguirlo per
le vie
di Gran Burrone. Mai quel regno aveva permesso a tanti individui di
razze
diverse e, talvolta, nemiche di incontrarsi pacificamente al suo
interno. Si fermò quando due personaggi attirarono la sua
attenzione.
Uno era un Uomo appena
giunto a cavallo da uno degli ingressi laterali.
Si guardava attorno con diffidenza e stupore. Dai suoi movimenti e dal
portamente sicuro Legolas capì che era un nobile.
Era di bell'aspetto; aveva lunghi capelli castani che gli scendevano
fino alle spalle. Un grande scudo circolare giganteggiava sulla sua
schiena.
''Chi è quell'Uomo?'' chiese l'elfo al suo accompagnatore.
''E'
Boromir, figlio del Sovrintendente di Gondor. E' qui in missione per
conto di suo padre Denethor.''
Legolas osservò ancora il cortile, e vide che era appena
giunta
anche una compagnia di Nani. Essa passò sotto l'arco
d'entrata e si
guardò attorno spaesata, e anche leggermente disgustata. Tra
di
loro vi era un Nano che sembrava più giovane degli altri, a
giudicare dal fatto che i suoi capelli e la sua barba non erano grigi
ma sul rosso.
Legolas lo indicò all'elfo che aveva accanto. ''Quello
più giovane è Gimli, e il Nano più
vicino a lui
è suo padre Gloin.'' gli rispose. ''Si dice che quest'ultimo
sia
un amico di Mithrandir. Vogliamo andare, adesso?''
Legolas riprese a seguirlo, ed egli lo condusse in un grande salone in
cui poteva rinfrescarsi e darsi una sistemata. C'era ancora un giorno
prima del Consiglio, e aveva saputo che il giovane Hobbit che aveva
portato l'Anello fin lì si era appena ripreso dall'attacco
di un
Nazgul. Si tolse il mantello e le protezioni di cuoio, restando con la
veste e i pantaloni. Era contento, in un certo senso, che l'Anello
fosse in mano a un
Hobbit. Sempre meglio di un Nano, e se fosse caduto nelle mani
dell'Uomo sbagliato non avrebbero avuto alcuna speranza di sconfiggere
Sauron.
Legolas aveva sempre pensato che un Elfo sarebbe stato il Portatore
ideale, ma il suo popolo era sempre più debole. Il loro
tempo
stava per arrivare, lo sapeva, e forse questa sarebbe stata l'ultima
missione in cui avrebbero partecipato.
''E così sei arrivato, alla fine. Speravo che tuo padre
mandasse te come suo araldo.''
Una voce, molto familiare, lo fece voltare di scatto. Un sorriso
radioso si dipinse sul viso dell'elfo. ''Aragorn!'' L'uomo
allargò le braccia e l'elfo non esitò ad andargli
incontro, buttandosi in un abbraccio fraterno. Restarono abbracciati
per
qualche istante, poi lui si allontanò. ''Legolas, amico
mio...
E' una gioia rivederti! Non sei cambiato per niente.'' disse l'uomo.
L'elfo gli
sorrise.
''Tu invece sei cambiato, Estel... sei più maturo,
più
robusto. Gli anni passati tra i Raminghi ti hanno reso più
forte, a quanto pare.'' gli fece notare Legolas. ''E tu invece sei
diventato troppo gentile.'' ribattè
Aragorn
strappando una risata all'amico. ''Sono passati anni.''
sospirò.
''Tanti Estel, sono passati tanti anni.''
''Per i Valar, quanto tempo... ma dimmi, come stai? E come sta tuo
padre?'' chiese poi Aragorn avvicinandosi al balcone del salone. ''Sta
bene, e ti porge i suoi saluti. Quanto a me... ci sono stati
tempi peggiori.'' gli rispose il Principe affiaccandosi a lui con le
mani dietro la schiena.
Aragorn sembrò guardarlo con fare interrogativo.
''Problemi?'' domandò.
''No, solo presagi... sento il pericolo aleggiare nell'aria, in ogni
albero, in ogni goccia d'acqua del fiume...'' disse
l'elfo con tono grave. ''Quest'ombra che viene dall'Est mi ha lasciato
confuso e disorientato.'' Aragorn sospirò; anche lui
avvertiva la minaccia di Sauron, era
impossibile non percepirla. Sorrise poggiando una mano sulla spalla
dell'amico.
''Non preoccupiamoci di questo, almeno non stasera,'' gli disse:
''Teniamo gli affanni lontani dai nostri cuori ancora fino a domani.
Riposati, vedo dai tuoi occhi che sei stanco, anche se so che non lo
ammetterai mai.'' concluse con fare ironico. ''No, infatti.''
ribattè l'elfo con lo stesso tono. L'altro sorrise. ''Ci
rivedremo domani mattina al Consiglio.''
''Buonanotte, Estel.'' disse, e lo vide allontanarsi.
Non avrebbe voluto che se ne andasse, ma dopotutto aveva ragione: il
viaggio da Bosco Atro a Gran Burrone non era cosa da poco, e l'elfo era
affaticato. Chiamò qualcuno perché lo conducesse
nella
camera preparata per lui, si infilò nel grande letto a
baldacchino e si addormentò.
Quando si svegliò il sole era appena sorto: il Consiglio si
sarebbe tenuto a breve. Si alzò mettendosi una lunga veste e
i
pantaloni, e scese per la colazione.
Subito dopo raggiunse il luogo in cui si sarebbe svolto il Consiglio.
Era uno dei primi, c'erano solo gli Elfi che insieme a lui
rappresentavano il suo popolo e gli Uomini di Gondor, Boromir compreso.
Le creature eterne si alzarono e si inchinarono al suo passaggio,
mentre gli
Uomini lo squadrarono da capo a piedi. Legolas non capì se
con
ammirazione o disprezzo.
Rivolse a loro un saluto veloce e si sedette sulla sedia che gli era
stata riservata, esattamente in mezzo ai suoi compagni. Poco dopo
arrivarono anche gli altri convocati; la compagnia dei Nani e, infine,
re Elrond insieme a Mithrandir, al giovane Hobbit di nome Frodo e ad
Aragorn.
Il Consiglio stava per cominciare:
''Stranieri di remoti paesi e amici di vecchia data...''
esordì
Elrond, al che ogni mormorio cessò e l'attenzione di tutti
si
catalizzò sul sovrano di Gran Burrone. ''Siete stati
convocati
per rispondere alla minaccia di Mordor. La Terra di Mezzo è
sull'orlo della distruzione, nessuno può sfuggire.'' Legolas
si
voltò verso Aragorn e incrociò il suo sguardo:
non
riusciva a capire cosa ci fosse nei suoi occhi. Malinconia, rabbia,
timore... non riusciva a leggere nei suoi pensieri, questo lo fece
preoccupare.
''O vi unirete, o crollerete.'' la voce di Sire Elrond lo
riportò alla realtà. ''Ogni razza è
obbligata a
questo fato, a questa sorte drammatica.'' Il Re si voltò
verso
l'Hobbit e, con gesto conciliante, gli chiese di portare l'Anello su
piedistallo di pietra posto al centro del cerchio di sedie. Frodo si
alzò
e obbedì. Gli invitati non poterono
trattenere commenti a mezza voce. Nessuno di loro aveva mai creduto che
quell'Hobbit avesse davvero l'Unico Anello in suo possesso. Legolas non
capì quello che veniva detto, le voci si sovrapponevano, ma
udì Boromir sussurrare quasi a se stesso, ''Allora
è
vero...''
Quando il momento di stupore passò, il figlio di Denethor si
alzò in piedi. Legolas vedeva nei suoi occhi che se l'Anello
fosse finito in mano sua, il mondo sarebbe caduto. Non avvertiva
malvagità nel suo cuore, ma i suoi pensieri lo inquietavano:
pensieri di guerra, di sangue e di morte.
''Questo è un dono...'' sibilò, attirando
l'attenzione di
tutti. ''Un dono ai nemici di Mordor. Perché non usare
l'Anello?
A lungo mio padre, Sovritendente di Gondor, ha tenuto le forze di
Mordor a bada! Grazie al sangue del nostro popolo, tutte le vostre
terre sono rimaste al sicuro! Date a Gondor l'arma del Nemico! Usiamola
contro di lui!''
Mentre Boromir era impegnato nel suo monologo, l'elfo fissava Aragorn,
curioso di vedere le sue reazioni al discorso dell'Uomo. Sembrava
spazientito, sospirò diverse volte, non riuscendo a
capire come
Boromir potesse anche solo pensare di poter usare l'Anello per i suoi
scopi. Poi il ramingo prese la parola; ''Non potete servirvene. Nessuno
di noi può. L'Unico Anello
risponde soltanto a Sauron: non ha altri padroni.'' scandì
bene
l'ultima frase per essere sicuro che tutti avessero capito. Boromir
ribatté con rabbia. ''E cosa ne sa un Ramingo di questa
faccenda?''
Legolas non pote' sopportarlo; era un assoluta mancanza di rispetto.
Aragorn era pur sempre l'erede al trono, Boromir avrebbe
dovuto
essere suo suddito. Come poteva Aragorn sopportare questo trattamento?
Balzò in piedi, pronto a difendere il suo amico. ''Non
è
un semplice ramingo!'' esclamò, e
percepì lo
sguardo dell'amico. Voleva che l'elfo si fermasse, che non rivelasse la
sua vera identità, ma Legolas non poteva permettere che
Boromir
lo trattasse come un'infima creatura. Era pur sempre un re, anche se
senza corona. ''Lui è Aragorn, figlio di Arathorn: si deve a
lui
la vostra alleanza!''
Molti degli invitati lo squadrarono come se avesse appena detto una
terribile eresia. Frodo fissò lo sguardo sorpreso
su Aragorn, e
lo stesso fece Boromir. ''Aragorn?'' nella sua voce erano evidenti il
disprezzo e l'incredulità. ''Questo è l'erede di
Isildur?''
''Ed erede al trono di Gondor.'' aggiunse l'elfo, voleva che fossero
chiari i ruoli: era Aragorn il legittimo re, non Boromir. Quest'ultimo
gli doveva rispetto. ''Havo
dad,
(Siediti) Legolas.'' gli disse Aragorn, fissandolo intensamente. Stava
per obbedire, quando sentì le ultime parole di Boromir;
parole
pronunciate con rabbia. Fissò prima l'elfo come se volesse
incenerirlo, poi postò lo sguardo su Aragorn.
''Gondor non ha un re... a Gondor non serve un re.'' Con questo
chiarì quali erano i suoi sentimenti verso il ramingo. ''Ha
ragione Aragorn; non possiamo servircene.'' Intervenne Gandalf, e
Legolas ne fu molto grato. Elrond riprese il controllo del Consiglio.
''Non esiste altra scelta: l'Anello deve essere distrutto!''
''Allora cos'aspettiamo?!'' l'attenzione di tutti fu attirata da uno
dei Nani, Gimli. Balzò in piedi, impugnando l'ascia che ogni
Nano teneva sempre a portata di mano. Si avvicinò all'Anello
e
lo colpì con forza.
Nel momento in cui l'ascia tocco il gioiello, un dolore lancinante
attraversò la testa dell'elfo, che dovette fare uno sforzo
sovrumano per non crollare in ginocchio urlando. C'era una
voce che dall'Anello si disperdeva nell'aria, e Legolas non era l'unico
a sentirla. Frodo era nelle sue stesse condizioni, forse stava anche
peggio. Uno degli elfi accanto a Legolas incrociò il suo
sguardo
e gli rivolse una muta domanda. Scosse la testa e riportò
l'attenzione sul Nano. L'ascia era andata in mille pezzi e Gimli era
stato sbalzato indietro da una forza misteriosa, ma l'Anello... era
ancora intatto.
Re Elrond non sembrava però sorpreso. ''L'Anello non
può essere distrutto qui, Gimli figlio di Gloin,
qualcunque sia l'Arte che noi possediamo. L'Anello fu forgiato tra le
fiamme del Monte Fato: solo lì può essere
annientato.''
disse. La voce dell'Anello era sempre più nitida nella mente
di
Legolas. Non si accorse nemmeno che le mani gli tremavano, e i
suoi occhi non riuscivano a staccarsi da
quell'oggetto.
''Deve essere condotto nel paese di Mordor e va ributtato nel baratro
infuocato da cui è venuto. Uno di voi deve farlo.''
Il silenzio calò sull'assemblea, finché Boromir,
sospirando, non prese nuovamente la parola. ''Non si entra con
facilità a Mordor. I suoi cancelli neri sono sorvegliati da
più che meri Orchi. Lì c'è il male che
non dorme
mai, e il Grande Occhio è sempre all'erta. E' una landa
desolata,
squassata da fiamme, cenere e polvere. L'aria stessa che si respira
è un'esalazione velenosa. Neanche con diecimila uomini
sarebbe
possibile, è una follia.''
Legolas balzò di nuovo in piedi. Sentì che le
parole
dell'Uomo avevano fatto breccia nel cuore dei presenti, ma sapeva che
qualcuno doveva prendersi quella responsabilità. ''Non avete
sentito ciò che ha detto Re Elrond?'' sbottò;
sembrava arrabbiato con
Boromir, ma in realtà ce l'aveva con l'apatia dei convocati,
con
la loro volontà di restarsene al sicuro nelle proprie terre,
aspettando che giungesse un salvatore chissà dove.
''L'Anello
deve essere distrutto!'' esclamò. Gli Elfi lo fissarono con
orgoglio. Aragorn cercava di incrociare il suo sguardo, ma Legolas lo
sfuggiva: sapeva che voleva farlo desistere dal suo proposito.
''E scommetto che pensi che sarai tu a farlo!'' esclamò
Gimli,
rivolto all'elfo. Quest'ultimo lo gelò con lo sguardo. ''Se
nessuno dei presenti avrà il coraggio di prendersi questa
responsabilità, ebbene sì, lo farò io.
Non posso
permettere che la Terra di Mezzo venga distrutta per la codardia di
alcuni uomini!'' disse, e alle orecchie dei convocati dovevano essere
sembrate dei pesanti insulti. ''E se falliamo cosa
accadrà?''
Boromir balzò in piedi, fronteggiando l'elfo. ''Cosa
accadrà quando Sauron si riprenderà
ciò che
è suo?'' gridò.
Anche Gimli si alzò in piedi. L'atmosfera si stava
scaldando.
''Sarò morto prima di vedere l'Anello nelle mani di un
Elfo!'' I
compatrioti dell'elfo persero la pazienza e aggredirono la compagnia
dei Nani con insulti e provocazioni. Legolas cercò di
fermali
mettendosi in mezzo, ma presto anche gli Uomini si unirono alla zuffa.
Gandalf lì raggiunse subito dopo, affermando che mentre loro
erano
impegnati a litigare, il potere di Sauron si accresceva. Elrond e
Aragorn osservarono la scena a debita distanza. Era prevedibile una
reazione del genere; i tre popoli della Terra di Mezzo non erano mai
stati particolari amici, specialmente Nani e Elfi.
La voce dell'Anello si fece nuovamente strada nella testa di Legolas.
Capì che l'Unico si stava beando di quella scena, amava
tutto
ciò che era odio e rancore, esattamente come il suo Signore.
Si
portò le mani alla testa... sentiva dei versi girare a
circolo
chiuso nel suo cervello, e sembravano tanti spilli arroventati...
'' Ash nazg durbatuluk, ash nazg
gimbatul, ash nazg durbatuluk, ash nazg gimbatul ''
No. Nessuno sembrava notare il dolore dell'elfo, nè quello
di Frodo.
Legolas posò di nuovo gli occhi sull'Anello, mentre quelle
parole si fecero più nitide, così forti da
sovrastare
quelle dei presenti. Serrò con forza le palpebre e nel
momento
in cui lo fece... gli apparve l'immagine di un grande Occhio, senza
palpebre, avvolto nelle fiamme. A stento riuscì a trattenere
un
sussulto. Sentì le gambe deboli, come se qualcosa gli stesse
succhiando via tutta la linfa vitale.
Elrond posò lo sguardo su Legolas, che sentì la
sua voce
dire qualcosa a qualcuno seduto accanto a lui. Un minuto dopo due
braccia robuste sorreggevano il corpo dell'elfo, e una voce
sussurrargli all'orecchio. ''Legolas! Coraggio, torna in te!''
Nell'udire quella voce Legolas sembrò ritrovare la pace. Si
aggrappò a lui con tutte le sue forze, e ben presto la voce
di
Aragorn prese il posto di quella dell'Anello. Sollevò piano
le
palpebre, trovandosi davanti il volto preoccupato di Estel. ''Come ti
senti?'' chiese quest'ultimo, guardandolo negli occhi.
L'elfo ci mise qualche secondo a ritrovare la voce. ''Sono stato
meglio...'' gli sussurrò, poi Aragorn lo aiutò ad
alzarsi.
Nessuno si era accorto di quello che era successo, solo Sire Elrond,
che fissava l'elfo preoccupato. Legolas annuì nella sua
direzione, e il re sembrò più sollevato.
''Cos'è successo?'' chiese Aragorn.
''L'Anello...'' bisbigliò Legolas, ancora scosso per quello
che
era appena successo. ''Ho sentito la sua voce nella mia testa...''
concluse guardando preoccupato gli occhi dell'amico. Aragorn sembrava
stupito. ''Che cosa ti ha detto...?'' domandò, cauto. ''Non
lo so, e... non voglio saperlo.'' disse Legolas abbassando lo sguardo
verso il pavimento. ''Comunque... sto bene, Estel.'' lo
rassicurò con un sorriso sforzato, cercando di fermare i
tremiti che aveva in corpo. Non gli disse niente dell'Occhio, non
volendo
farlo preoccupare ancora di più.
''Lo porterò io.''
Quella flebile voce... nessuno a parte Legolas sembrava averla udita.
''Lo porterò io!''
Adesso sì che l'avevano sentita. Era Frodo, lo sguardo
determinato e le mani strette a pugno. L'attenzione di tutti si
spostò su di
lui, e l'hobbit perse parte della sua baldanza.
''Porterò io l'Anello a Mordor.'' sembrava che lo ripetesse
per
se stesso, non per gli altri. ''Solo... non conosco la strada.''
ammise, quasi imbarazzato.
Gandalf sospirò: non avrebbe mai voluto che fosse il giovane
Baggins ad accollarsi quella responsabilità, ma ormai quel
che
era fatto era fatto. ''Ti aiuterò a portare questo fardello,
Frodo Baggins, finché dovrai portarlo.'' gli si
avvicinò
e gli mise le mani sulle spalle con fare protettivo, e l'hobbit gli
sorrise. Aragorn si voltò verso di lui, e parlò.
''Se con la mia vita o la mia
morte riuscirò a
proteggerti, io lo farò.'' Si inginocchiò davanti
a
Frodo, arrivando così alla sua altezza.
''Hai la mia spada.'' disse.
''E hai il mio arco.'' sarebbe partito anche Legolas.
''E la mia ascia!'' Gimli si affiancò all'elfo, anche se
controvoglia.
Boromir si fece strada tra gli invitati che li guardavano sbalorditi.
''Reggi il destino di tutti noi, piccoletto...'' disse rivolto a Frodo,
poi parlò a beneficio di tutti i presenti. ''Se questa
è
la volontà del Consiglio, allora Gondor la
seguirà.''
concluse con voce chiara. Elrond accennò a un leggero
sorriso.
''EHI!'' Una voce proveniente da dietro un cespuglio attirò
l'attenzione di tutti. ''Padron Frodo non si muoverà senza
di
me!'' Sam si affiancò a Frodo, impuntandosi sulla sua
decisione
di partire con lui. Elrond lo riprese amichevolmente. ''No, certo,
è quasi impossibile separarvi, anche quando lui viene
convocato
ad un Consiglio segreto e tu non lo sei.'' il povero giardiniere
abbassò lo sguardo imbarazzato.
''Ehi! Veniamo anche noi!'' udirono altre due voci; erano Merry e
Pipino.
Re Elrond non credeva ai suoi occhi, e si poteva immaginare cosa si
stesse ripetendo nella sua testa.
Fissò Legolas che sembrava divertito da quella scena.
''Dovete
mandarci a casa legati in un sacco per fermarci!'' esclamò
Merry deciso.
''Comunque, ci vogliono persone intelligenti per questo genere di...
missione!'' il termine a quanto pare non soddisfaceva Pipino.
''ricerca...'' ancora non gli piaceva. ''cosa!''
Merry lo guardò con un mezzo sorriso. ''Ma così
ti autoescludi, Pipino!''
Elrond ignorò il battibecco tra i due e li
squadrò uno per
uno. Era visibilmente soddisfatto; neanche nelle sue più
rosee
aspettative aveva immaginato tanti volontari per una missione che
appariva suicida. ''Nove compagni... E sia! Voi sarete la Compagnia
dell'Anello!'' dichiarò.
''Grandioso!'' esclamò Pipino agitandosi sul posto.
''Dov'è che
andiamo?'' chiese poi, lasciando alibito Merry. Qualcuno
scoppiò a ridere, e si udì la flebile
voce di Frodo dire qualcosa tipo ''Ma cos'ho fatto male?''
Il giorno dopo, la
Compagnia partì...
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Capitolo 2 *** II ***
The devil within (2)
II
L'Anello va a sud
E così la Compagnia
dell'Anello aveva lasciato Gran Burrone. Nove compagni, come aveva
detto
Elrond, più un decimo infiltrato: il pony Billy.
Non successe niente di
particolare
durante l'inizio del loro viaggio, nè i giorni che si
susseguirono. Un giorno decisero di accamparsi su un ammasso di rocce
ai
piedi del passo di Caradhras per riposare e recuperare le forze.
''Seguiremo questa direzione ad ovest
delle Montagne Nebbiose per
quaranta giorni... Se la fortuna ci assiste, la Breccia di Rohan
sarà ancora aperta, e da lì volteremo verso est,
per
Mordor.''
Gandalf aveva già pianificato tutto il viaggio, ma dalle sue
parole era evidente che avesse semplificato tutto. Non sarebbe stato
poi così semplice.
Merry e Pipino si erano messi in testa di imparare a combattere con la
spada, e avevano convinto Boromir a far loro da maestro. Era divertente
osservarli, e inoltre l'Uomo di Minas Tirith si era molto affezionato a
quei due hobbit nel corso del viaggio.
''Due, uno, cinque! Bene, molto bene!''
Merry aveva finito la sua sequenza ed era visibilmente soddisfatto,
così Boromir passò subito a Pipino. ''Muovi i
piedi!'' consigliò
Aragorn al giovane hobbit, mentre stava seduto su un masso con la pipa
accesa. ''Mmh, bravo Pipino!'' commentò Merry rivolto
all'amico. ''Grazie!'' disse, prima di riprendere l'addestramento.
''Più veloce! Più veloce!'' Boromir era
lanciatissimo, e
dovette ammettere che i suoi erano bravi allievi. Sam e Frodo sedevano
su un'altra roccia, intenti a mangiare qualcosa per riempire lo stomaco.
''Se qualcuno chiedesse la mia opinione, e noto che nessuno la chiede,
direi che abbiamo preso la strada più lunga.'' disse Gimli
avanzando verso lo Stregone. Egli si voltò verso il nano,
anche se sapeva quale sarebbe
stata la sua proposta; era dall'inizio del viaggio che non faceva
altro che esaltare i grandi pregi di Moria e di suo cugino.
''Potremmo attraversare le Miniere di Moria! Mio cugino Balin ci
darebbe un benvenuto regale!'' esclamò Gimli.
''No Gimli, non prenderei la strada attraverso Moria a meno che non
avessi altra scelta.'' rispose Gandalf, deciso. Legolas, che si trovava
sopra una roccia e fare la guardia, sospirò
sollevato; non era raggiante all'idea di attraversare bui e stretti
cunicoli sotterranei, da cui non poteva vedere il cielo e gli alberi.
Ad un tratto sentì una vibrazione strana nell'aria, e si
portò su una roccia più alta, guardando il cielo
in
lontananza. Sentiva che qualcosa, di non molto amichevole, stava
arrivando, ma era ancora troppo lontana perché lui potesse
riconoscerla. ''Per la Contea!'' Dietro di lui Merry, Pipino e Boromir
stavano litigando
scherzosamente tra loro, e le loro risate eccheggiavano nell'aria.
''Che cos'è?'' chiese Sam osservando il cielo. Anche lui ora
vedeva qualcosa
nell'aria. ''Niente, solo una nuvoletta.'' sbottò Gimli; era
ancora risentito
perché Gandalf aveva rifiutato la sua proposta di
attraversare
Moria.
''Si sposta velocemente,'' commentò Boromir guardando il
cielo, poi si rese conto
di un particolare che era sfuggito a tutti. ''E contro vento!'' Il quel
momento l'elfo capì di cosa si trattava. ''I Crebain da
Dunland!'' egli gridò per farsi sentire da tutti.
''Via, nascondetevi!'' gridò Aragorn, prendendo tutto
ciò che gli
capitava a tiro e nascondendolo tra i cespugli e sotto le rocce. Gli
altri lo imitarono, spegnendo il fuoco e togliendosi dalla vista dei
grandi corvi. Gli uccelli neri volarono velocemente sopra di loro e
passarono oltre. Legolas fu il primo ad uscire, poi Gandalf. ''Spie di
Saruman!'' disse quest'ultimo, nascondendo l'ira per il tradimento del
Bianco. ''Il passaggio a sud è sorvegliato.''
sospirò, voltandosi verso i monti. ''Dobbiamo prendere il
passo di Caradhras.''
Ben presto la neve prese il posto dell'erba verde, e dovettero
arrancare faticosamente. Aragorn chiudeva la fila, qualche metro dietro
Frodo. E improvvisamente vide l'hobbit mettere un piede in fallo e
scivolare.
Rotolò verso il ramingo che si affrettò a fermare
la sua
discesa. Era stanco, come tutti loro, e in più doveva
sopportare
il peso dell'Anello. ''Frodo.'' lo chiamò Aragorn, per
assicurarsi che stesse bene, poi lo aiutò ad alzarsi. Il
mezzuomo cercò freneticamente qualcosa sotto la camicia, ma
quando
alzò gli occhi vide che Boromir l'aveva trovata per primo.
Il gioiello giaceva in mezzo alla neve.
''Boromir...'' mormorò Aragorn, preoccupato. Il Gondoriano
era
quello che ne più era attratto; temeva che avrebbe
potuto fare qualcosa di pericoloso. Sollevò l'Anello da
terra,
afferrando la catenina che Frodo aveva legato al gioiello. Non lo
toccò, limitandosi solo a guardarlo. ''Che strano destino...
dobbiamo provare tanti timori e dubbi per una cosa così
piccola...'' Boromir sussurrò queste parole come se si
trovasse
in un altro mondo, in cui non esisteva nessun'altro. ''un
oggettino...'' fissava intensamente l'Anello, e fece per prenderlo in
mano.
Dietro il Gondoriano Legolas stava lentamente imbracciando l'arco,
pronto a scoccare la freccia. Aragorn afferrò l'impugnatura
della spada. ''Boromir!'' gridò con autorità.
L'uomo di
Minas Tirith sembrò risvegliarsi. ''Dà l'Anello a
Frodo!''
ordinò il ramingo. Il giovane hobbit guardava Boromir con
paura, e non
potevano biasimarlo. L'uomo si avvicinò a Frodo e gli porse
la
catenina. Egli l'afferrò in fretta e se la rimise al collo,
nascondendo il gioiello maledetto sotto i vestiti. ''Come desideri,''
disse Boromir. Si forzò a ridere per fingere che
ciò che
era successo per lui non aveva significato nulla, ''non mi
interessa.''
disse.
Scompigliò amichevolmente i capelli a Frodo, che si ritrasse
leggermente al suo tocco, poi riprese il cammino. L'uomo fece un cenno
in direzione dell'elfo, questo mise da
parte l'arco, e Aragorn lasciò l'elsa della sua spada.
Arrivarono presto al Passo di Caradhras, senza fermarsi; volevano
attraversare la montagna il prima possibile. Ma gli hobbit non erano
abbastanza alti per camminare nella neve alta circa un metro.
''Boromir!'' lo chiamò Aragorn. ''Prendi Merry e Pipino! Non
sono in grado di proseguire da soli!'' Boromir annuì, e i
due hobbit guardarono il ramingo con gratitudine. Aragorn si
avvicinò a Frodo e Sam e li sollevò di peso. Non
erano
particolarmente pesanti, ma l'aria era pungente e il freddo penetrante.
Faticava terribilmente. Legolas invece camminava leggiadro sulla neve,
senza lasciare nemmeno un'impronta. Aveva superato Gandalf portandosi
all'inizio della fila. Poi si fermò improvvisamente,
spingendo
lo sguardo fin dove poteva arrivare, mentre il vento e la neve gli
graffiavano la pelle del viso.
''C'è un'empia voce nell'aria!'' gridò per farsi
sentire
al dì sopra del rombo di vento. Anche Gandalf si
fermò ad
ascoltare. ''E' Saruman!'' gridò.
La neve sopra di loro si staccò all'improvviso, provocando
una
piccola valanga che lì mancò di poco. ''Vuole
buttare giù
la montagna!'' gridò Aragorn. ''Gandalf! Dobbiamo tornare
indietro!''
''No!'' ribattè lo stregone. Si portò sul ciglio
del
crepaccio che correva alla loro sinistra e pronunciò
mistiche
parole. ''Losto
Caradhras, sedho, hodo, nuitho i 'ruith!'' Non successe
nulla. Aragorn lasciò gli hobbit in
compagnia di Gimli, e si avvicinò a Gandalf. Sentiva
anche lui una voce profonda rimbombare tra le montagne e le valli, e
immaginava Saruman il Bianco, in cima alla torre a Orthanc che gridava
al vento incantesimi di morte.
Improvvisamente un sasso piuttosto grosso cadde dall'alto, dritto sulla
schiena di
Legolas. L'elfo perse conoscenza e crollò in ginocchio.
''Legolas!'' gridò Aragorn. Era terribilmente vicino al
crepaccio, e rischiava di cadere. Al suono della sua voce, tutti si
voltarono nella sua direzione, in tempo per vedere l'elfo sparire oltre
il bordo del crepaccio. ''NO!'' Aragorn si lanciò verso di
lui.
Lo raggiunse appena in tempo e gli afferrò una mano tesa
verso
l'alto. Era ancora svenuto. ''Legolas! Forza, svegliati!''
gridò Aragorn. Boromir
accorse in aiuto del ramingo, ma non riusciva a raggiungere Legolas. Il
ramingo aveva le mani bagnate a causa della neve, e sentiva la mano
dell'elfo scivolargli. Questo sembrò lentamente
riprendersi, e si rese subito conto della precaria situazione in cui si
trovava. Non fece movimenti bruschi, si limitò a guardare in
alto in direzione di Aragorn.
''Coraggio Legolas! Afferra la mia mano!'' gridò Boromir.
Aragorn fu lieto che si trovasse al suo fianco in quel momento. Legolas
fece qualche tentativo, ma non riuscì a raggiungere la mano
di
Boromir. Aragorn sentì quella dell'elfo allentare la presa
sulla sua. ''Lasciami Estel! Rischi di precipitare anche tu!''
gridò. ''No!'' rispose Aragorn.
Anche gli altri li avevano raggiunti e guardavano la scena col fiato
sospeso. La montagna poteva cadere da un momento all'altro. ''Non ti
lascio Legolas!'' In un impeto di rabbia, concentrò tutte le sue forze
sul
braccio che ancora sosteneva l'elfo nel vuoto, e lo tirò
verso
di sè. Riuscì a sollevarlo quel tanto che bastava
a
Boromir per afferarlo a sua volta.
Esausto, Aragorn si lasciò
cadere sulla neve. Legolas crollò al suo fianco, e
sembrò
cercare il suo sguardo. ''Aragorn!'' lo chiamò poggiandogli
le mani sulle spalle, l'uomo si sollevò su un
gomito per guardarlo in viso: aveva il respiro affannato per lo
spavento che si era preso, i capelli spettinati e coperti di neve, e
gli venne quasi da ridere. L'elfo si gettò tra le sue
braccia,
abbracciandolo con forza. ''Diamine Estel, non dovresti rischiare la vita per me!" gli disse sottovoce, "E che razza di amico sarei?" ribattè l'uomo, e ricambiò subito l'abbraccio, sotto gli sguardi
sorridenti di Frodo e gli
altri.
Ma quel momento di tranquillità durò per poco:
improvvisamente un fulmine
squarciò il cielo, colpendo la cima della montagna, e la
neve
cadde con forza addosso alla Compagnia. Legolas si staccò
dall'amico lanciandosi verso Gandalf, allontanandolo dal ciglio del
crepaccio. Aragorn e Boromir protessero gli Hobbit, e tutti si
avvicinarono al muro di rocce sulla loro sinistra. La neve
lì seppellì completamente.
Legolas fu il primo ad uscire dal cumolo di neve, e si
guardò
attorno alla ricerca degli altri. Gandalf spuntò vicino a
lui, Boromir e Aragorn liberarono gli hobbit e Gimli dalla neve, che
ora
arrivava ai loro petti. Quando furono tutti fuori dalla neve, l'uomo di
Gondor
gridò qualcosa verso Gandalf. Teneva tra le braccia Merry e
Pipino, sollenvandoli perché non rimanessero seppelliti
nella
neve. ''Dobbiamo abbandonare la montagna!'' disse. ''Verso la Breccia
di Rohan!
Prendete la via ovest per la mia città!'' Ma Aragorn non era
dello stesso avviso. ''La Breccia di Rohan ci porta troppo vicino a
Isengard!'' rispose ad alta voce. Gimli tornò all'attacco
con la solita proposta.
''Non possiamo passare sopra le montagne! Passiamoci sotto, attraverso
le miniere di Moria!''
Gandalf, questa volta, non rifiutò subito la proposta del
nano.
''Colui che porta l'Anello, decida.'' affermò infine.
Frodo lo guardò spaesato. Finora il fatto di essere il
Portatore
dell'Anello non aveva comportato il prendere decisioni così
importanti. Dalla sua risposta poteva dipendere il destino della
Compagnia e della Terra di Mezzo. Frodo lanciò uno sguardo a
Sam, quasi cercando il suo consiglio, ma sapeva che il povero
giardiniere non avrebbe potuto essergli di alcun aiuto.
Riportò
lo sguardo su Gandalf. ''Attraverseremo le Miniere.'' disse poi.
''Così sia fatto.'' sospirò Mithrandir.
Tornarono indietro; la montagna li aveva sconfitti.
Arrivarono di notte davanti a quella che sembrava un'immensa parete
rocciosa ben levigata. Gimli sembrava essere davanti alla cosa
più bella che avesse mai visto. Davanti a quel muro di
roccia
c'era un piccolo lago, e le sue acque erano scure e troppo tranquille.
''Oh! Le mure di Moria!'' esclamò il Nano con venerazione.
Gandalf lì condusse in un punto esatto delle mura e ne
esaminò
la superficie. ''Dunque, vediamo... Ithildel:
riflette solo i raggi del sole e della luna.'' non appena ebbe detto
queste parole, la nuvola nera che aveva coperto fin'ora la luna,
permise all'astro d'argento di apparire in tutto il suo splendore. I
raggi lunari si rifletterono sulla parete, creando il luminoso
disegno di una porta ben lavorata. C'erano delle iscrizioni sulla
sommità della porta, e Mithrandir le tradusse a beneficio di
tutti. Le indicò con il proprio bastone.
''C'è scritto: 'Le porte di Durin, signore di Moria: dite
amici ed entrate.''
''E che cosa vorrebbe dire?'' esclamò Merry, perplesso.
''Oh,
è semplice!'' ribattè Gandalf. ''Se uno
è amico
dice la parola magica e le porte si aprono.'' avvicinò il
proprio bastone e pronunciò le seguenti parole; 'Annon Edhellen edro hi ammen'!''
Non successe assolutamente nulla, e un silenzio imbarazzante
calò sulla Compagnia. Gandalf, interdetto, provò
a
spingere le porte con la forza, inutilmente. Passò diverso
tempo, e ancora lo stregone non era riuscito ad aprire le porte. Frodo
sedeva su una roccia, mentre Merry e Pipino giocavano tra loro. Gimli
si era acceso la pipa e Boromir misurava a grandi passi la striscia di
terra tra la parete rocciosa e il piccolo lago. Legolas se ne stava in
disparte. Aragorn e Sam stavano liberando il pony Billy. Il giovane
Gamgee sembrava sull'orlo delle lacrime. ''Le miniere non sono adatte a
un pony, anche se è coraggioso come Billy.''
sussurrò
Aragorn. ''Addio Billy.'' disse Sam, accarezzando l'animale con affetto.
''Vai Billy!'' Aragorn lo spronò ad andare, poi vedendo lo
sconforto dell'hobbit cercò di consolarlo. ''Non
preoccuparti
Sam; conosce la via di casa.'' Poi si avviò per raggiungere
l'elfo. Merry e Pipino cominciarono a lanciare sassolini nel lago, e
Aragorn fermò il braccio di Pipino a mezz'aria prima che
questo potesse lanciare l'ennesimo sasso. ''Non disturbate
l'acqua.'' sibilò. Infine si avvicinò a Legolas,
che lo
invitò a sedersi accanto a lui. ''Come ti senti?'' chiese
Aragorn. ''Bene, Estel.'' l'elfo gli rivolse un sorriso. ''Mi
dispiace...'' gli disse poi. ''per quello che è successo sul
Passo di Caradhras, non volevo farti spaventare. Dovevo essere
più prudente.''
Aragorn gli sorrise. ''Non è colpa tua. Era normale che
avessi
paura: temevo di perderti.'' gli circondò le spalle con un
braccio, e Legolas poggiò la testa sulla sua spalla, quasi
come
se fosse esausto. Restarono così per un po', e Legolas si
perse
nei suoi innomerevoli pensieri. Ripensò a ciò che
era
successo al Consiglio, e alla visione dell'Occhio.
Rabbrividì a
quel pensiero, e Aragorn si accorse del disagio dell'amico. ''Tutto
bene?'' chiese. Legolas rimase silenzioso; forse era giusto
parlargliene. ''Aragorn,'' lo chiamò a bassa voce.
''C'è
una cosa che ti devo dire, e riguarda il Consiglio di Erlond.'' l'altro
semplicemente annuì. L'elfo stava per parlare,
quando un
rumore assordante catturò la loro attenzione. Entrambi si
voltarono verso la parte
rocciosa; le porte si stavano aprendo. Frodo aveva risolto l'enigma
dell'iscrizione, pronunciando la parola 'amici' in elfico.
Mellon
''Bene, le porte sono aperte. Andiamo!'' Aragorn si
alzò
e Legolas fece per fermarlo, ma poi immediatamente si
bloccò.
''Oh, non importa.'' sussurrò quasi a se stesso, abbassando
lo sguardo. Riprese
il suo arco e fece per raggiungere gli altri, quando si
fermò
voltandosi di scatto, i biondi capelli mossi dall'improvviso movimento,
gli occhi colmi di stupore e paura. Aveva avuto l'impressione
di essere
osservato, e di aver udito all'orecchio un sibilo venefico da far
venire la pelle d'oca. Ma non vide nient'altro che il piccolo lago,
eppure
era davvero convinto che qualcuno lo avesse chiamato. Piano
indietreggiò guardandosi attorno, allarmato. Scosse il capo,
cercando di darsi una calmata e raggiunse il resto della Compagnia.
''Presto, Mastro elfo, gusterai la leggendaria ospitalità
dei
nani,'' disse Gimli mentre attraversarono le grandi porte. ''Grandi
falò, birra di malto, carne stagionata con l'osso. Questa,
amico
mio, è la casa di mio cugino Balin, e la chiamano una
miniera...
una miniera!'' Ma c'era qualcosa di strano in quella caverna, uno
strano
odore nell'aria... odore di... morte.
Centinaia di corpi in putrefazione giacevano in mezzo alla polvere e ai
ragni. Lo spettacolo era dir poco stomachevole. ''Non è una
miniera...'' mormorò Boromir, altrettanto scosso. ''E' una
tomba!'' Gimli urlò tutto il suo dolore, in quel momento
tutti
provarono pena per lui. Legolas si avvicinò al corpo di
quello
che doveva essere stato un nano. Era morto trafitto da una freccia
mortalmente precisa. Conosceva quella fattura, e immediatamente
comprese che cosa aveva
causato quel massacro. ''I goblin!'' gridò. Non appena anche
gli
altri realizzarono la situazione, estrassero le proprie armi. Legolas
prese il suo arco, pronto a colpire.
''Dirigiamoci alla Breccia di Rohan...'' disse Boromir. ''Non saremo
mai dovuti venire qui! E ora andiamocene! Fuori!'' sbottò.
Improvvisamente si sentirono gli hobbit urlare e chiamare aiuto.
Una creatura gigantesca e rivoltante era comparsa dalle
profonde
acque del lago. Aveva lunghi tentacoli robusti con cui frustava l'aria:
uno di questii aveva afferrato il Portatore per una gamba e ora
lo teneva sollevato a terra, sulla sua bocca spalancata. Legolas
scoccò una freccia colpendo la creatura, ma
ella non
sembrò risentirne. Presto anche Aragorn e Boromir si unirono
alla lotta, tagliando di netto i tentacoli che gli capitavano a tiro.
Aragorn tranciò quello che aveva afferrato Frodo, e
l'hobbit cadde tra le braccia del Gondoriano.
''Nelle miniere!'' gridò Gandalf. Gli hobbit e Gimli lo
seguirono. ''Legolas! Nella caverna!'' gridò Boromir nella
sua
direzione. L'elfo però continuò a colpire la
creatura
assicurandosi che Aragorn e gli altri fossero al sicuro. Quando tutti
furono entrati, l'elfo si voltò cominciando a correre. I
tentacoli della creatura colpirono la roccia e la fecero franare sopra
le loro teste. Legolas corse più veloce, i polmoni che
scoppiavano per lo sforzo, ma non cedette. Saltò evitando la
caduta di alcuni massi, e si lanciò in avanti, ritrovandosi
a
terra. La caduta dei massi cessò, e le porte erano ormai
bloccate.
''Legolas! Stai bene?'' chiese Aragorn avvicinandosi all'elfo. Gli tese
una mano e Legolas l'afferrò accettando il suo aiuto. ''Si,
sto
bene.'' rispose, pulendosi le vesti dalla polvere.
''Non abbiamo altra scelta.'' affermò Gandalf mentre
soffiava
sul suo bastone, accendendolo. ''Dobbiamo affrontare le lunghe tenebre
di Moria. State in guardia: ci sono cose antiche e più
malvagie
degli orchi nelle profondità della terra. Ora silenzio! E'
un
viaggio di quattro giorni fino all'altra parte, speriamo che la nostra
presenza passi inosservata.''
Quel viaggio sarebbe
stato terribilmente difficile per la Comapgnia...
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Capitolo 3 *** III ***
The devil within (3)
III
Un viaggio
nell'oscurità
Stavano camminando da
più di due giorni ormai, tra eterne scalinate e cunicoli bui.
Erano tutti desiosi di
terminare al più presto il viaggio
nell'oscurità, e disposti, stanchi com'erano, a continuare
ad
avanzare per molte altre ore. Gandalf camminava in testa come prima;
nella mano sinistra teneva levato il suo bastone luminoso, che
illuminava il terreno innanzi ai suoi piedi e nella destra teneva la
sua
spada. Lo seguiva Gimli, dietro di lui Frodo, con Pungolo sguainata.
Egli era seguito da Sam, e questi a sua volta da
Legolas, da Merry e Pipino e da Boromir. E Aragorn si trovava in
retroguardia.
L'aria si fece calda e soffocante, ma non malsana. Al pallido raggio
del bastone di Gandalf si intravedevano scale e archi, corridoi e
tunnel, che salivano verso l'alto, o verso il basso, o si aprivano nel
buio.
Erano alle prese con l'ennesima scalinata ripida e scivolosa. Moria era
in rovina, e le rocce si sgretolavano sotto il loro peso. Alcuni membri
della Compagnia misero un piede in fallo, rischiando di rovinare
giù per la scalinata. Pipino stava quasi per cadere addosso
a
Merry, ma entrambi si alzarono facendo meno rumore possibile e
proseguirono. L'unico che sembrava a suo agio era Gimli, ma le Miniere
di Moria erano vaste e intricate più di quanto egli non
potesse
immaginare, pur essendo figlio di Gloin.
Stavano camminando da parecchie ore, fino a quando la scalinata
terminò, e si ritrovarono davanti a tre porte perfettamente
uguali che portavano in tre direzioni diverse. ''Non ho memoria di
questo posto...'' disse Gandalf, esitando incerto
sotto l'arco.
La Compagnia allora si lasciò cadere su alcune rocce che
giacevano
lì intorno, in attesa che Gandalf ricordasse la strada da
seguire. Aragorn sedeva accanto a Legolas, che sembrava turbato; aveva
il respiro veloce, e i suoi occhi guardavano verso l'alto alla ricerca
di un cielo che non c'era. ''Odio questo posto, Estel...'' disse con
voce sottile ma sicura. Aragorn si voltò verso di lui,
ascoltandolo. ''E' così buio, stretto e chiuso.''
continuò l'elfo. ''Non posso vedere il
cielo, non posso udire il canto degli alberi, e non posso sentire il
profumo dei fiori...'' tremò leggermente. ''Come
può una
qualunque creatura vivente decidere di vivere per sempre lontano dalla
luce del sole e dalla bellezza della natura?''
Ascoltare un elfo parlare era una delle più grande
meraviglie
della Terra di Mezzo. Le parole del Principe, sebbene ricche di
tristezza mal celata, entravano nel cuore e lì restavano.
Aragorn si meravigliò per tali parole. ''Non temere questo
luogo, Legolas.'' disse, ''Esso è oscuro, questo
è vero, ma dopo la
notte nasce sempre un nuovo giorno. La luce tornerà presto a
baciare i nostri visi.'' Quelle parole sembrarono rincuorare l'animo
dell'elfo; sentì il proprio respiro tornare regolare, e i
brividi abbandonare il suo corpo.
''Ah! Quella è la via!'' esclamò lo stregone, e
tutti scattarono in piedi. ''Se
l'è ricordata!'' esclamò Merry felice. ''No, ma
laggiù l'aria non ha un odore così fetido.''
replicò Gandalf. ''Quando sei in dubbio, Meriadoc, segui
sempre il tuo naso!'' disse con fare amichevole al giovane hobbit.
Per otto buie ore continuarono la marcia. Non incontrarono pericoli,
non udirono nulla, e non videro altro che il pallido bagliore della
luce dello stregone che scintillava innanzi a loro come fuoco fatuo. Il
corridoio che avevano scelto serpeggiava deciso verso l'alto.
Più andavano avanti, più lo spazio si
allargava... e
improvvisamente le pareti sulla destra e sulla sinistra scomparvero.
''Voglio osare un po' più di luce...''
Gandalf alzò il suo bastone, e per un breve istante vi fu
una vampata
simile a un lampo. Delle grandi ombre spiccarono il volo, e per un
secondo essi scorsero un ampio soffitto sulle loro teste, sostenuto da
molte possenti colonne di pietra. Avanti a loro e da ambedue le parti,
si estendeva un immenso salone vuoto; le pareti nere, lucide e lisce
come il vetro, scintillarono e lampeggiarono. Mai i loro occhi avevano
visto tanta magnificenza nelle profondità della terra; le
gigantesche colonne e le grandi volte che sorreggevano il soffitto non
avevano l'eleganza e sinuosa grazia delle costruzioni elfiche, ma erano
così immense che quel luogo... ''Ti fa spalancare gli occhi,
è certo.'' commentò Sam.
Si incamminarono silenziosamente in quell'immensità,
rovinata
solo dall'odore di morte che ancora aleggiava nell'aria. Un odore che
aumentava man mano che si avvicinavano ad una stanza laterale, dove la
luce era più intensa. Gimli corse verso essa in preda
alla disperazione, e nessuno riuscì a fermarlo. Raggiunsero
il
nano in quella piccola sala, e si guardarono attorno; era in
rovina, e decine di corpi di nani e orchi giacevano a terra.
Esattamente nel mezzo, sotto l'unico raggio di luce che entrava
dall'esterno, c'era una tomba. Gimli era inginocchiato davanti a quel
sarcofago, in preda al dolore, e gridava per cercare di alleviare la
propria sofferenza. Gandalf si avvicinò alla tomba e ne
lesse le
incisioni.
BALIN FIGLIO
DI FUNDIN
SIGNORE DI MORIA
''E' come temevo.''
sospirò Gandalf. Legolas si avvicinò
ad Aragorn e gli sussurrò, ''Dobbiamo proseguire, non
possiamo
indugiare.'' disse.
Lo stregone raccolse un libro dalle braccia scheletriche di un nano, e
lo aprì per leggerne le ultime righe. Iniziò a
parlare ad alta voce, in modo che tutti potessero ascoltare;
''Hanno preso il ponte, e il secondo salone. Abbiamo sbarrato i
cancelli, ma non possiamo restare a lungo. La terra trema. Tamburi.
Tamburi negli abissi. Non possiamo più uscire. Un'ombra si
muove
nel buio. Non possiamo più uscire. Arrivano.''
Gandalf si sforzò di leggere mantenendo un tono di voce
piatto,
ma la disperazione che quelle poche frasi comunicavano
penetrò
nei cuori della Compagnia. Quei nani erano morti come topi in trappola,
non avevano potuto difendersi, non avevano avuto alcuna
possibilità di scampo.
Sobbalzarono tutti quando un improvviso rumore rimbombò per
tutta Moria. Si voltarono velocemente verso Pipino, che aveva
inavvertitamente fatto
cadere lo scheletro di un nano, un secchio e una catena all'interno di
un profondo pozzo. Il rumore tuonò per qualche istante, poi
svanì. Tutti si guardarono intorno, nervosi... poi
sospirarono
quando tutto tornò alla tranquillità. Gandalf si
voltò lentamente verso l'hobbit, con uno sguardo che non
prometteva niente di buono, e con un colpo secco chiuse il libro.
''Idiota di un Tuc! Gettati tu la prossima volta e liberaci della tua
stupidità!'' sbottò.
La sua reazione sembrava abbastanza esagerata, ma chi poteva
biasimarlo; quell'incidente che sembrava banale, poteva portare gravi
conseguenze alla Compagnia. E il povero hobbit ora aveva lo sguardo
triste, e rivolto verso il basso.
Dum, dum...
L'elfo percepì un lieve suono, e si
congelò sul
posto quando capì di cosa si trattava. Presto anche il
ramingo
percepì ciò che aveva terrorizzato il suo amico.
Tamburi.
Dum, dum,
continuava a
tuonare, come se immense mani avessero trasformato le caverne stesse di
Moria in un gigantesco tamburo. D'un tratto echeggiò uno
squillo: un grande corno suonò nel salone, mentre in
lontananza si
udivano rispondere altri corni, strilli acuti. Infine si udì
il rumore
frettoloso di molti piedi.
''Stanno venendo...'' sussurrò Legolas. Sam
guardò l'elsa
di Pungolo. ''Frodo!'' Quest'ultimo sguainò la spada
velocemente; splendeva di un'intesa luce azzurra. Boromir non perse
tempo e corse verso la porta di legno della stanza, alla ricerca
dell'origine di quel suono. ''Boromir! Indietro!'' gridò
Legolas
al Gondoriano. Fortunatamente ascoltò il suo avvertimento.
Un
secondo dopo, due frecce si conficcarono nel punto in cui lui si
trovava prima. ''Restate vicino a Gandalf!'' gridò Aragorn
impugnando l'arco. Boromir chiuse le pesanti porte, aiutato da Aragorn
e Legolas che gli lanciavano delle lunghe e robuste alabarde
perché potessero bloccare l'entrata. ''E' un Troll di
caverna!''
gridò Boromir.
Gimli salì sulla tomba di suo cugino per avere il favore
dell'altezza, mentre Aragorn, Boromir e Legolas si posizionarono
davanti. ''Che vengano pure! Troveranno che qui a Moria c'è
ancora un nano che respira!'' sbottò.
Aspettarono.
Quando le prime asce degli Orchi crearono delle brecce nelle porte,
Legolas e Aragorn scoccarono le loro frecce, cominciando a fare le
prima vittime. Ben presto però le porte cedettero e Aragorn
abbandonò l'arco per la spada. Legolas insistette ancora per
qualche istante con le frecce, ma presto gli orchi furono
così
vicini che non potè evitare il corpo a corpo.
Sfoderò le
daghe elfiche che portava alla cintura.
Boromir, Aragorn e Gimli si stavano battendo come leoni, e anche
Ganldaf e i giovani Hobbit si erano uniti al combattimento. Aragorn
tagliò la testa di un Orco, e poi si girò verso
la
porta con gli occhi spalancati. L'elfo seguì il suo sguardo,
e
lo vide; un gigantesco, ripugnate e maleodorante Troll di caverna.
Legolas riprese l'arco e lo colpì con una freccia, ma
sembrò non risentirne minimamente. Alzò la sua
pesante
arma -un martello di guerra- su Sam, che colto dal panico
saltò
in avanti e passò sotto le gambe del Troll. Aragorn e
Legolas
lottarono per un po' schiena contro schiena. ''Aragorn!'' lo
chiamò l'elfo. Lui annuì nella sua direazione,
per
fargli capire che lo stava ascoltando, senza distogliere l'attenzione
dal combattimento. ''Voglio provare a salire sulla schiena del Troll,
forse così riuscirò a metterlo fuori gioco.''
''Stai attento.''
''Stai attento anche tu, Estel.''
Il Troll calò la pesante arma sulla tomba di Balin con
l'intento
di colpire Gimli., ma egli saltò evitando il colpo. Non
c'era
grazia nei suoi movimenti e colpi, solo forza bruta, che era molto
utile
in questa situazione. Legolas scagliò due frecce contro il
Troll
cercando di distrarlo, poi sempre con l'arco tra le mani estrasse un
pugnale eliminando tre orchi che gli impedivano di salire su una roccia
abbastanza alta da saltare sulla bestia. I suoi occhi notarono un
particolare; il Troll aveva una catena al collo, che usava come frusta.
Una mezza idea gli balenò nella mente. La creatura
cominciò
ad attaccarlo con la catena. Evitò un paio di attacchi, e
poi
riuscì a bloccarla sotto il piede. Con un agile balzo,
l'elfo gli fu sopra la schiena. Strinse le gambe attorno al collo
taurino del Troll, e gli conficcò una freccia nella testa.
Iniziò a dimenarsi per il dolore, e l'elfo perse
l'equilibrio
cadendo a terra.
Il suo piano però aveva ottenuto l'effetto contrario; ora il
Troll era ancora più furioso. Decise di avventarsi contro il
gruppo formato da Frodo, Pipino e Merry. Gli hobbit saltarono e Frodo
si sitrovò separato dagli altri due. Aragorn e Legolas
cercarono
di raggiungerlo, ma degli orchi gli sbarrarono la strada. Una delle
freccie dell'elfo trafisse la gola di quelle creature. ''Vai da Frodo,
Aragorn! Qui ci penso io!'' gli gridò l'elfo, mentre il
Portatore veniva afferrato per la caviglia, e trascinato contro una
roccia.
''Aragorn!'' gridò Frodo.
Il ramingo si guardò attorno alla ricerca di qualcosa con
cui
colpire il Troll. ''Prendi!'' gridò Boromir lanciandogli una
lunga lancia dalla punta acuminata. Aragorn non perse tempo e si
lanciò davanti a Frodo per proteggerlo, trafiggendo la
bestia con
la lancia. Ma la pelle del mostro era troppo resistente.
Scaraventò Aragorn contro il muro, che perse conoscenza.
Usò la lancia come nuova arma, puntando dritto su Frodo. La
punta colpì il fianco destro dell'hobbit che
lanciò un grido, prima di cadere stremato sul pavimento.
Con un urlo, Merry e Pipino saltarono sulla schiena del Troll e Legolas
schioccò una freccia. Per sua grande fortuna, Pipino
riuscì a far aprire la bocca della bestia e l'elfo
colpì
di nuovo, e la freccia si conficcò nel palato della bestia,
che
non fu più in grado di respirare. Non si fermò a
qui;
spinto da una forza che non riusciva a capire, Legolas
continuò
a tempestarlo di dardi, finchè non sentì una mano
calda
poggiarsi sul suo braccio. L'elfo sembrò sussultare, come
appena
risvegliato da un incubo. ''Smettila, Legolas. E' morto.'' Era Boromir:
la sua voce era debole per via della stanchezza.
Legolas si calmò, avvicinandosi poi ad Aragorn che nel
frattempo
aveva ripreso conoscenza, mentre gli altri si assicuravano che Frodo
stesse bene. ''Sto bene,'' balbettò quest'ultimo. ''Non sono
ferito.''
Aragorn, quasi dalla sorpresa, esclamò. ''Credevo fossi
morto.
Quella lancia avrebbe ucciso un cinghiale.''
''In questo Hobbit c'è molto più di quanto
l'occhio non
possa vedere.'' commentò Gandalf, sollevato nel vedere il
mezzuomo sano e salvo. Frodo si portò le mani sulla camicia,
e
ciò
che tutti videro mandò un'esclamazione di stupore; sotto la
logora camicia una cotta d'argento scintillava innanzi ai loro occhi
come luce su di un mare increspato, le gemme in essa sfavillarono come
stelle.
'' Mithril... sei
sempre pieno di sorprese, Frodo Baggins.'' esclamò il nano
con stupore.
Il rumore degli Orchi interruppe quel momento.
''Al Ponte di Khazad-dum!'' disse Gandalf..
Corsero per interminabili minuti lungo l'immenso salone centrale. Lungo
i muri di pietra e le colonne, gli orchi correvano per raggiungerli,
aggrappandosi sia con i piedi che con le mani. E all'improvviso si
pararono davanti alla Compagnia, circondandoli. In trappola,
come topi. Sguainarono le loro armi. Se dovevano morire,
sarebbero
morti combattendo.
Poi un rumore spaventoso proveniente dalle profondità della
terra fece sobbalzare tutti, persino gli orchi che si guardarono
attorno, anche loro confusi e spaventati. E poi, tra i striduli acuti,
si dispersero. I membri della Compagnia abbassarono le loro armi mentre
li osservavano fuggire via. Poi in fondo al salone videro una
galleria illuminarsi di vivo fuoco. Nessuno riuscì a
staccare
gli occhi da quelle oscure fiamme. ''Cos'è questa nuova
diavoleria?'' balbettò Boromir avvicinandosi a Gandalf. ''Un
Barlog.'' egli rispose, ''Un demone del mondo antico. E' un nemico al
di
là delle vostre forze. Fuggiamo!''
Legolas ne aveva sentito parlare; erano flagelli infuocati, chiamati
anche Valaraukar, i demoni al servizio di Morgoth. Eppure credeva che
ormai non ne esistessero più.
Ripresero a correre senza voltarsi indietro. Ormai gli hobbit
sembravano sul punto di crollare, e anche Gimli non se la passava bene.
Legolas era ancora in forze, respirava solo più velocemente,
Boromir faceva fatica a portare il suo grande scudo circolare, Aragorn
era tremendamente stanco, e Gandalf spaventato per il nuovo orrore che
adesso li seguiva. Ma l'adrenalina nei loro corpi gli davano la forza
di andare avanti.
Arrivarono nei pressi di un arco di pietra, che un tempo doveva essere
stato una porta, e Gandalf si fermò aspettando che tutti lo
attraversassero. Quando fu il turno di Aragorn, egli sentì
la
mano di
Gandalf calare pesantemente sulla sua spalla. Si voltò verso
lo
stregone; non l'aveva mai visto tanto agitato e in preda al panico.
''Conducili fuori, Aragorn! Il ponte è vicino...''
Aragorn esitò; Gandalf stava affidando l'intera missione
nelle
sue mani, gli stava affidando la vita dei suoi Compagni.
Provò a
ribattere, ma l'altro lo interruppe spingendolo leggermente
perché
riprendesse la corsa. Il ramingo si voltò verso la grande
caverna che gli stava davanti. Riusciva, sforzando lo sguardo, a vedere
il ponte. ''Fà come ti dico! Ormai le spade non sono
più
utili!'' Scesero in fretta una stretta scala che portava dritta al
ponte. Ai lati non c'era nessun tipo di protezione; un passo farlso e
sarebbero precipitati nel vuoto. Boromir e Legolas, che aprivano la
fila, si fermarono di colpo; la scala era rotta. Legolas
saltò dall'altra parte. ''Gandalf!'' la sua voce
musicale
richiamò l'attenzione dello stregone, che saltò a
sua
volta finendo tra le braccia di Legolas.
Boromir prese Merry e Pipino per la vita sollenandoli di peso,
lanciandosi con loro dall'altra parte. Nello stesso momento in cui i
tre atterrarono, la roccia si sbriciolò, allungando il
salto. La
terra cominciò a tremare, segno che il Barlog era sempre
più vicino, e gli orchi tornarono all'attacco, bombardandoli
di
frecce che, fortunatamente, non colpivano i propri bersagli. Andavano
tutte a segno invece quelle scoccate da Legolas, non un dardo mancavano
il suo bersaglio, e gli orchi cominciarono a cadere come mosche.
Aragorn afferrò Sam lanciandolo dall'altra parte, dove
Boromir
era già pronto a prenderlo. Si voltò per fare la
stessa
cosa con Gimli, ma egli lo fermò. ''No, nessuno
può
lanciare un nano!'' Prese lo slancio e si gettò in avanti.
Il
nano toccò con i piedi la roccia, ma si sbilanciò
indietro rischiando di cadere. Legolas si accorse del pericolo e si
voltò in tempo per afferrare la barba rossa di Gimli e
trascinarlo in salvo. L'elfo non ascoltò la sua lamentera e
lo tirò a sè, poi riprese a decimare i nemici con
le sue
frecce. Ora rimanevano solo Frodo ed Aragorn. Sotto i loro piedi
sentirono la roccia cedere, e Aragorn spinse Frodo indietro per
metterlo in salvo. Il ramingo si ritrovò appeso nel vuoto,
con
le mani che cercavano disperatamente un appiglio. Il mezzuomo gli
afferrò un braccio e cominciò a tirare,
permettendogli di
risalire sulla scalinata. ''Grazie Frodo.'' annaspò in cerca
d'aria, poi sussultò quando un gigantesco masso
frantumò
la scalinata poco dietro di loro.
Saltare era diventato impossibile. Il frammento di roccia si cui
stavano Frodo ed Aragorn oscillava pericolosamente. Ma al ramingo venne
in mente un piano che, per quanto folle, avrebbe anche potuto
funzionare.
Gli altri si ritrovarono a fissare i due col fiato sospeso. Come un
lampo, si resero conto che i movimenti di Aragorn erano calcolati.
Legolas e
Boromir si mise in posizione, intanto il ramingo aveva iniziato a dare
disposizioni a Frodo. ''Chinati!'' fu l'ultima cosa che disse. L'hobbit
eseguì, e presto il frammento di scalinata
cominciò a
oscillare in avanti. Frodo saltò e Boromir lo
afferrò al volto. Aragorn fece
lo stesso, e Legolas lo prese tra le braccia. Ripresero a correre
mentre udivano il rumore della scalinata schiantarsi molti metri sotto
di loro. Ormai le fiamme crepitavano senza controllo in tutta la
caverna. Il Barlog era vicino.
Legolas si impietrì, voltandosi all'indietro quando
sentì
il tremendo ruggito del mostro di fiamma. Non riusciva a staccargli gli
occhi di dosso, quasi catturato dalla sua immagine letale. ''Legolas!
Andiamo!'' Aragorn gli afferrò un braccio e
cominciò a trascinarlo verso il ponte. L'elfo lo
lasciò
fare senza opporre resistenza, era completamente ammaliato da quel
demone di brace. Nella sua testa sentiva le sue urla, era una
sensazione strana ma... familiare.
L'Anello. Era la stessa sensazione della voce dell'Anello nella sua
mente. Lo spirito dell'Unico e quello del Barlog era affini,
perché
entrambi traevano i propri poteri da un'entità comune.
Sauron.
Si riprese dal suo stato di intontimento in tempo per rendersi conto
che
Aragorn era riuscito a portarlo con gli altri al di là del
ponte.''Attraversate il ponte!'' gridò Gandalf, radunando le
proprie forze. Lo stregone rimase da solo in mezzo al ponte, con la
mano sinistra si
appoggiava al bastone, mentre nella destra Glamdring scintillava,
fredda e bianca. Il nemico si arrestò, fronteggiandolo,
intorno
a esso l'ombra allungò due grandi ali. Del fuoco si
sprigionava
dalle sue narici: ma Gandalf rimase immobile, mentre Frodo lo chiamava
da lontano.
''Tu non puoi passare!'' gridò Gandalf.
''Sono un servitore del Fuoco Segreto, e reggo la fiamma di Anor. Il
fuoco oscuro non ti servirà a nulla, fiamma di Udun!''
Dall'ombra una spada rossa si rizzò fiammeggiante. Glambring
rispose col suo bagliore bianco, e la spada bel Barlog volò
in
mille frammenti.
''Ritorna nell'Ombra!'' Il Barlog scoccò la sua frusta di
fuoco, e
balzò in
pieno sul ponte. ''Tu non puoi passare!'' in quel momento Gandalf
rizzò il bastone, e gridando con voce possente
colpì il
ponte innanzi a sè. Questo scricchiolò; si ruppe
immediatamente sotto i piedi del Barlog, e la pietra sulla quale egli
si ergeva piombò nell'abisso, mentre il resto rimase
immobile.
Ma la frusta del Barlong si attorcigliò attorno alla
caviglia di
Gandalf, trascinandolo con sè nelle profondità di
Khazad-Dum. Lo Stregone si aggrappò ai resti del ponte, ma
non
era in grado di risalire.
Aragorn scattò in avanti per accorrere in suo aiuto. In quel
momento una voce esplose nella testa dell'elfo...
''
FERMALO ''
Spronato da una forza
che nemmeno
seppe spiegare, Legolas corse verso Aragorn afferrandolo per la vita e
bloccandolo con un braccio sul petto, impedendogli di proseguire. Lui
tentò di aggirarlo, addirittura spingerlo da parte, ma
l'elfo
non desistette e lo strinse in una morsa quasi violenta. Non ci stava
capendo niente, nella sua testa continuava a sentire quella voce -la
voce dell'Unico- echeggiare forte, sovrastando qualsiasi altro suono,
qualsiasi voce, anche quella di Aragorn che supplicava all'amico di
lasciarlo andare. L'elfo però la ignorava completamente.
E poi, la voce dell'Unico svanì, e ne riconobbre un'altra,
quella di Mithrandir...
Si irrigidì improvvisamente; i suoi occhi caddero sulla
figura
dello Stregone, incrociando il suo sguardo. Legolas non si
scordò mai le sue ultime parole.
''Fuggite, sciocchi!''
E si lasciò andare. Frodo lanciò un grido
disperato,
accorrendo verso il luogo in cui era caduto Gandalf, ma Boromir lo
fermò sollevandolo di peso, portandolo verso l'uscita.
''Aragorn!'' gridò il Gondoriano. Il ramingo si
liberò infine dalla presa
dell'elfo, e si voltò per guardarlo in viso. Gli Orchi erano
tornati all'attacco con le loro frecce, ma i due non li degnavano di
uno sguardo. Una freccia passò a qualche centimetro dal viso
dell'elfo, tracciandogli una linea vermiglia sulla guancia, ma non si
mosse. Non c'era nient'altro in quel momento; solo loro due.
''E' colpa tua!''
Quelle tre parole, dette con rancore e rabbia, erano pari a un pugnale
nel cuore.
''Avrei potuto salvarlo!''
In un attimo si rese conto di cosa aveva fatto. Le lacrime minacciarono
di rigargli le guance, ma lui le ricacciò indietro... per
difendere il proprio orgoglio.
''Se non mi avessi fermato, Gandalf sarebbe ancora vivo!''
C'era l'ira nella sua voce, così tanta che Legolas
rabbrividì.
''Tu... l'hai ucciso.''
Una freccia si piantò vicino al piede di Aragorn, che
voltò le spalle all'elfo e corse per raggiungere gli altri.
Legolas rimase immobile ancora per qualche attimo, e sperò
che
arrivasse qualcosa che portasse via il peso che sentiva nel suo cuore.
Si voltò lentamente poggiandosi contro una parete rocciosa,
setendosi mancare le forze.
Improvvisamente urlò; un urlo
straziante, colmo di un dolore,
angoscia e disperazione che lacerò l'improvviso silenzio. Le
ginocchia cedettero e si accasciò sul pavimento. I
singhiozzi a stento soffocati e le lacrime che scorrevano sul suo
volto dai suoi occhi profondi sembravano del tutto inappropriati alla
sua figura nobile. Gli sfuggì un gemito di dolore che poteva
essere o non essere il nome dello Stregone. La sua bocca si dischiuse
in un urlo silenzioso. Il dolore -qualcosa che credeva di non
conoscere- esplose nel petto di
Legolas con una violenza che minacciava di farlo impazzire.
Eppure si
sentiva... così felice. E allo stesso tempo sentiva una
strana
disperazione dentro di lui.
Le sue labbra screpolate si piegarono in un ghigno mentre le lacrime
continuavano a rigargli le guance. ''L'ho ucciso...''
allargò di
più il suo sorriso, e cominciò a ridere, ridere,
ridere a
crepapelle. ''L'ho ucciso!'' gridò nel buio. Poi il silenzio.
La Compagnia giunse infine insperatamente sotto il cielo libero, e
sentirono il vento sfiorar loro il viso. Sostarono soltando quando
furono fuori portata di freccia dalle mura di Moria. La Valle dei Rivi
Tenebrosi si estendeva ai loro piedi. Il sole brillava; le nubi
erano bianche e alte. Ma questo non rincuorò i
cuori della
Compagnia. Fu allora che sopraffatti dal dolore piansero; gli uni in
piedi e silenziosi, gli altri prostrati. Sam era seduto su un masso col
viso tra le mani, Frodo in piedi lontando da loro. Merry e Pipino,
insieme come sempre, si consolavano a vicenda, stretti in un abbraccio
disperato.
Aragorn era in piedi, stava ripulendo la spada; il volto impassibile.
Boromir, che era accanto a Gimli, diede un'occhiata veloce a ogni
membro della Compagnia.... ma non intravide la figura dell'elfo. Vide
Gimli alzarsi in piedi e affrettarsi verso la caverna. Il Gondoriano lo
fermò, afferrandogli il braccio, e sfuggendo al suo sguardo;
non
voleva che vedesse le lacrime sul suo volto.
''L'elfo non è uscito!'' esclamò Gimli
preoccupato. Boromir
ci mise qualche
secondo a realizzare le sue parole. ''Aragorn!'' gridò, in
preda al panico. ''Dobbiamo tornare indietro! Legolas è
ancora
dentro, probabilmente è ferito!''
L'erede di isildur lo guardò con aria spenta e tremendamente
triste. Nei suoi occhi c'era il vuoto più totale. ''...forse
morendo rimedierà al suo errore.'' mormorò, senza
guardarlo. Il Gondoriano sussultò a quelle parole; qualcosa
doveva essere successo tra i due...
Ricorse mentalmente le ultime vicende. Quando Gandalf stava per cadere,
Aragorn si era lnciato per aiutarlo, ma Legolas l'aveva
inspiegabilmente fermato. Doveva essere per quello. Eppure c'era una
spiegazione per il comportamento di Legolas; l'elfo non aveva mai fatto
avventatezze. Magari aveva sentito un pericolo iminente e aveva cercato
di limitare le perdite.
Afferrò saldamente il grande scudo circolare e si
precipitò all'interno di Moria. Scese la piccola scalinata e
raggiunse il ponte. E lo vide; accovacciato a terra come una bambola di
pezza, senza alcuna forza nei muscoli, senza alcuna luce nei splendidi
occhi azzurri. Lo raggiunse velocemente e cercò di scuoterlo
dal
suo tupore. ''Legolas! Legolas, per l'amor del cielo, rispondi!'' lo
sollevò facendogli poggiare la schiena contro il muro. E
vide le
palpebre dell'elfo tremare, come se si sforzassero di restare aperte.
''...cciso...'' Boromir percepì un lievissimo sussurro dalle
labbra di Legolas. Non capì cosa disse. ''Legolas? Ti hanno
colpito? Sei feri-''
''L'ho ucciso...'' sussurrò debolmente, ma quando Boromir
capì cosa aveva detto gli si gelò il sangue.
''L'ho
ucciso...'' sussurrò ancora, con lo sguardo perso nel vuoto,
come se stesse parlando da solo. ''L'ho... ucciso...'' e lo disse
ancora, la musica nella sua voce si era affievolita fino a sparire.
''Legolas!'' esclamò il Gondoriano alzando la voce e
scuotendogli le spalle. Lui sussultò, e finalmente
sembrò
rendersi conto della sua presenza. Lo trapassò con lo
sguardo.
''Boromir...'' disse con voce rotta, e fece qualche sospiro per poi
continuare, ''Mi odia... perché sei venuto? Lasciami
morire qui...'' e Boromir vide le lacrime pungergli gli occhi. In un
attimo
capì. Aragorn.
Stava parlando di lui, sicuramente. Il ramingo doveva averlo accusato
della morte di Gandalf, visto e considerato che l'aveva bloccato quando
aveva tentato di salvarlo.
Non sapeva cosa dirgli... ma sapeva che non poteva restare ancora
lì dentro. Era pur sempre un membro della Compagnia, non
doveva
essere escluso. Non poteva lasciarlo lì, in quel luogo
oscuro.
Passò un braccio sotto alla sua vita e lo
sollevò. Lui si
aggrappò saldamente, ma non contribuì quando
cominciarono
ad avviarsi verso l'uscita. Quando finalmente uscirono da
quell'inferno, Boromir poggiò delicatamente Legolas a terra,
contro una roccia, e lo osservò attentamente.
Sobbalzò
quando vide i suoi occhi immobili, fissi in un punto imprecisato.
Sembrava morto, eppure il suo cuore batteva e il suo petto si alzava e
abbassava ad ogni respiro.
Guardò ancora i suoi occhi; non c'era più niente,
solo...
dolore. Sembravano perdere il loro colore naturale, come se si stessero
consumando, come
una
luce che veniva inghiottita dalle tenebre. ''Che gli è
successo?''
la voce di Pipino alle sue spalle lo fece sussultare, e vide l'hobbit
avvicinarsi inginocchiandosi accanto a lui. Presto vennero anche Merry
e
Gimli. Sam faceva compagnia a Frodo, e Aragorn invece lì
guardava da lontano.
''E' per Gandalf che sta... così
male?'' chiese Pipino scioccato; gli sembrava di avere un morto
davanti a sè, non lo splendido e valoroso Elfo che aveva
conosciuto. ''Per i
Valar...'' commentò Gimli sottovoce. Boromir
accennò a un
sorriso quando vide il giovane Peregrino prendere la grande mano
dell'elfo con tanta gentilezza, come se fosse fragile. Le mani
dell'hobbit era davvero piccole rispetto a quella di Legolas.
''In piedi, dobbiamo andare!'' la voce di Aragorn era quasi irosa e
spiacevole. Quando Legolas sentì la sua voce
rabbrividì.
''Concedi loro un momento, te ne prego!'' replicò Boromir
voltandosi verso Aragorn. ''Stanotte queste colline brulicheranno di
Orchi!'' gli rispose quest'ultimo. ''Dobbiamo raggiungere i boschi di
Lothlorien. Andiamo!'' si avvicinò a Sam e lo
tirò in piedi
quasi con malgrazia, poi si guardò attorno alla ricerca di
Frodo. Quando incrociò gli occhi del Portatore, una grande
pena
crebbe nel suo cuore. Gandalf era sempre stato un grande amico per lui,
il suo punto di riferimento in quest'avventura terribile. E lui non
c'era più.
Boromir tornò a guadare l'elfo. ''Ce la fai ad alzarti?''
gli
chiese. Legolas annuì col capo, senza guardarlo in viso, e
lentamente si mise in piedi. Non appena fece un passo le sue gambe non
lo ressero, e barcollò pericolosamente. Il Gondoriano lo
afferrò. ''Sto bene, sto bene...'' si affrettò a
dire
l'elfo, ritirandosi dalle braccia di Boromir. ''E' solo un capogiro.''
disse, con tono gelido. Racchiuse tutte le forze che aveva in corpo,
alzò il capo fiero e questa volta riuscì ad
avanzare
senza guardare in faccia nessuno. Boromir incrociò il viso
dell'elfo solo per pochi secondi, ma ciò che vide lo fece
rabbrividire; aveva un espressione fredda come il ghiaccio, e gli occhi
spenti, vuoti.
La Compagnia si
lasciò le spalle l'oscurità di Moria, e
avanzarono verso i boschi di Lorien...
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Capitolo 4 *** IV ***
The devil within (4)
IV
Lothlorien
Camminarono per ore,
immersi nella natura selvaggia. Il vento
accarezzava dolcemente i loro visi e il profumo
dell'erba riempiva loro le narici. Più avanzavano,
più
gli alberi si facevano numerosi. Erano già lontani da Moria,
ma
non abbastanza vicini al cuore del Regno degli Elfi per essere
completamente al sicuro. Per Legolas era diventato difficile sopportare
gli sguardi rabbiosi di Aragorn, e nemmeno l'elfo gli offriva delle
occhiate amichevoli. Tutti gli altri percepirono una tensione tra i
due, e le occhiate che si lanciavano ogni tanto non promettevano nulla
di buono. Ma Boromir sembrava l'unico ad aver capito il motivo per cui
i due si ignoravano.
Legolas salì su una roccia leggermente sopraelevata e
guardò fin dove il suo sguardo poteva spingersi. ''Vedi
qualcosa?'' chiese Boromir. ''Non ne sono sicuro...''
mormorò
l'elfo, focalizzando su una linea verde all'orizzonte. ''Ma credo
proprio che entro un paio d'ore entreremo nel Reame di Lothlorien.''
scese dalla roccia, e inaspettatamente inciampò. Si
immobilizzò per
riprendere l'equilibrio e scacciare un fastidioso senso di vertigine
che lo aveva colto all'improvviso. Sospirò alzandosi, non
appena
si voltò il suo sguardo incrociò per un'attimo
quello di
Aragorn. Ma si apprestò a ignorarlo e continuare a camminare.
''Gli passerà, vedrai.'' gli disse Boromir.
Finalmente raggiunsero i famosi Boschi di Lothlorien, e vi entrarono
cautamente. Aragorn apriva la fila, e Legolas era subito dietro di lui.
Gimli si guardava attorno, quasi spaventato e agitato. ''State vicini,
giovani hobbit...'' l'elfo sentì nella voce del nano una
vena di
paura e tensione, e gli venne quasi da ridere. ''Dicono che una grande
fattucchiera viva in queste boschi. Una strega Elfo, con poteri
straordinari. Tutti quelli che la guardano, cadono sotto il suo
incantesimo, e non li si vede più...'' Legolas
osservò il
nano con la coda dell'occhio. ''Le tue parole non sono altro che
polvere.'' disse, poi si voltò verso di lui, fissandolo
con uno sguardo
che Gimli sentì il proprio stomaco restringersi nelle
dimensioni
di una ghianda. ''Non parlate della Dama di Lothlorien se non sapete
nulla.'' Gimli si sentì terribilmente a disagio.
Ma poi sembrò riprendersi. ''Be', uhm... ecco un nano che
lei
non intrappolerà così facilmente!'' Legolas
alzò
gli occhi al cielo, sbuffando. ''Ho gli occhi di un falco, e le
orecchie da volpe, io!'' Non aveva neanche avuto il tempo per finire la
frase che si ritrovarono puntate contro decine di frecce di fattura
elfica. Legolas aveva già estratto il suo arco, ma non si
sentiva minimamente minacciato. Si udì una voce ironica, e
alternata allo stesso tempo. ''Il nano respira così forte
che
potevamo colpirlo al buio...'' un'elfo si fece spazio tra gli altri,
avvicinandosi alla Compagnia senza staccare lo sguardo da Gimli.
''Haldir di Lorien...'' sussurrò Aragorn accennando a un
inchino.
''Siamo qui in cerca di aiuto. Ci occorre la tua protezione.''
''Aragorn! Questi boschi sono pericolosi. Torniamo indietro!'' Legolas
trattenne a stento un sorriso nel sentire il nano così
spaventato e confuso. Lui non avvertiva la pace che regnava su quei
luoghi. Il canto degli alberi di Lothlorien avevano il potere di
rinfrancare lo spirito e allontanare ogni tipo di turbamento.
''Siete entrati nel reame della Dama dei Boschi, non potete tornare
indietro. Venite... Lei vi aspetta.'' Disse Haldir squadrandoli uno a
uno per la prima volta, e solo allora sembrò rendersi conto
della presenza del Principe di Bosco Atro. I suoi occhi si allargarono
di stupore, e ordinò in elfico agli arcieri di allontanarsi
immediatamente. A quel punto anche Legolas ripose l'arco, accennando a
un sorrisetto. Haldir sembrava terribilmente imbarazzato.
''Legolas! E' sempre un piacere per noi accoglierti a Caras Galadhon.
Ti prego di perdonare la mia irruenza, ma non avevo notato la tua
presenza nella Compagnia.''
''E' passato molto tempo dalla mia ultima visita...'' tese la mano al
suo vecchio amico, che la strinse con vigore. ''Sono contento di
vederti, Haldir.''
Visto e considerato che la loro piccola conversazione stava avvenendo
in lingua elfica, tutti a parte Aragorn li squadravano come se stessero
dicendo chissà quali bestemmie. Una flebile risata
scappò
dalle labbra di Legolas. ''Seguitemi!'' disse poi Haldir in lingua
comune, e la Compagnia cominciò a seguire il sentiero che li
avrebbe condotti nel cuore del regno di Lothlorien; a Caras Galadhon,
dove risiedevano Sire Celeborn e Dama Galadriel. Legolas si
affiancò a Boromir, e lo guardò negli
occhi
scorgendo confusione, e turbamento.
''Non sembri molto felice di essere entrato a Lothlorien, amico
mio...'' gli disse, accennando a un sorriso. Il Gondoriano
sospirò, scuotendo la testa. ''Qualcosa non va?''
''In tutta onestà, non mi sento tranquillo,'' disse. ''da
quando
siamo entrati a Lorien, non faccio altro che sentire una presenza nella
mia testa. Dice che non devo cedere, che non devo ripetere l'errore che
porta ogni Uomo alla fine... ma non riesco a capire a cosa si
riferisce.''
Legolas lo guardò ancora per qualche istante, poi distolse
lo sguardo. Lui invece aveva capito, eccome se aveva capito...
''La voce che senti nella tua mente è Dama Galadriel...'' si
limitò a dire, non accennando a dirgli quello che il suo
cuore
suggeriva; sapeva che anche Galadriel aveva avvertito l'evidente
attrazione di Boromir per l'Anello. Per fortuna giunse l'esclamazione
dei giovani hobbit a interrompere la loro conversazione, e Legolas non
ci mise molto a capire cosa aveva catturato in tal modo l'attenzione
dei mezzuomini; erano finalmente arrivati a Caras Galadhon.
Camminarono in silenzio, immersi nell'atmosfera mistica della
città elfica. Bianche scale correvano tutt'attorno ai grandi
tronchi degli alberi, e su di esse luminosi Elfi si fermavano per
osservare la Compagnia, che ai loro occhi parevano dei pellegrini. Le
luci disposte lungo i rami degli alberi, come gocce di rugiada,
creavano nella cittadella un'intensa luminosità dai toni
lavanda, che contribuivano a rendere l'atmosfera più
spirituale.
Era una meraviglia, un'assoluta meraviglia.
Si fermarono ai piedi di una scalinata, e si voltarono tutti verso
l'alto quando un intensa luce colpì i loro occhi. Due
figure,
da prime distanti, si fecero più nitide man mano che
scendevano
lentamente le scale. Aragorn si inchinò davanti ai Signori
di
Lothlorien; erano molto alti, e la statura della Dama era pari a quella
del
Signore; i loro volti erano gravi e belli. Le vesti erano bianche, e i
capelli della Dama di un oro intenso, e quelli di Sire Celeborn
d'argento, lunghi e lucenti. I loro occhi erano penetranti come lance,
impenetrabili. Dama Galadriel era ciò che di più
bello
esistesse nella Terra di Mezzo.
Gli hobbit avevano gli occhi e la bocca spalancati, Gimli non credeva
ai suoi occhi. Boromir però sembrava spaventato.
''Otto sono qui, eppure nove si sono allontanati da Gran Burrone.
Dimmi,
dov'è Gandalf? Perché desidero parlare con
lui...'' disse
Sire Celeborn, e sembrava rivolgersi ad Aragorn. Galadriel
lì
guardo uno a uno, soffermandosi su ognuno di loro per qualche
istante. ''Egli è caduto nell'ombra...'' parlò la
Dama;
la sua voce era chiara e armoniosa ma più profonda del tono
solito di una donna. C'era tristezza nella sua voce. Ci fu un attimo di
silenzio.
Fu Legolas a parlare, l'unico che ne aveva il coraggio. ''E' stato
preso sia dall'ombra che dalle fiamme.
Un Barlog di Morgoth. Siamo finiti inutilmente nella rete di Moria.''
Parlò con assoluta calma, ma nel tono della sua
voce il tormento e
l'angoscia si mescolavano ad una sorta di fiducia nelle
capacità
di Gandalf. Aragorn lo guardò stupito, non l'aveva mai
sentito
parlare così. Lui ricambiò il suo sguardo, sicuro
di
sè.
La Dama parlò: ''Mai inutile è stata un azione di
Gandalf
nella vita. Ancora non conosciamo a pieno il suo scopo.'' i suoi occhi
si posarono sulla figura del nano, che teneva il capo basso. ''Non
lasciare che il vuoto d Khazad-Dum riempia il tuo cuore, Gimli figlio
di Gloin, perché il mondo è ormai colmo di
pericoli. E in
tutte le terre l'amore ora si mescola con l'angoscia.'' poi
passò sul Gondoriano, che sembrava ancora più
intimorito.
''Cosa avverrà a questa Compagnia?'' riprese Celeborn.
''Senza Gandalf non c'è speranza.''
''La vostra Missione è sulla lama di un coltello.'' disse la
Dama, posando lo sguardo sull'elfo, l'unico che riuscisse a
guardarla negli occhi. ''Una piccola
deviazione, ed essa fallirà trascinando tutti in rovina. Ma
vi è ancora speranza fin
quando la Compagnia sarà tutta fedele.'' E dicendo
così,
li liberò dai suoi occhi e sorrise.
''Che i vostri cuori non si turbino, perché siete logori dal
dolore e dalla molta fatica. Questa notte dormirete in pace...''
In
gwidh ristennin, i fae narchannen
I
lach Anor ed ardhon gwannen
Mithrandir,
A Randir Vithren
ù-reniathach i
amar galen
Da pochi minuti si erano
levati le
voci etere degli Elfi, inafferrabili, di una bellezza struggente. Gli
hobbit alzarono le loro teste guardando in alto, come per voler
scorgere chi stava cantando.
''Un lamento per Gandalf...'' Legolas si era cambiato d'abito, e ora
indossava una splendida tunica bianco-argentata che faceva risaltare i
suoi occhi, e i suoi capelli d'oro. E si era unito anche lui al canto.
I mezzuomini non l'avevano mai sentito cantare, e rimasero affascinati
dalla sua voce, armoniosa e dolce. ''Cosa significano queste parole?''
chiese Merry, rivolgendosi all'elfo. ''Non ho il cuore di dirtelo...''
si voltò lentamente verso il giovane hobbit. ''per me il
dolore
è ancora troppo vicino...''
Fino a poco tempo prima, udendo una frase simile lasciare le sue
labbra, Aragorn non si sarebbe trattenuto nell'aggredirlo. Infondo, se
Gandalf era ''caduto nell'ombra'', la colpa era quasi esclusivamente
sua. La sua voce era sì dolce, ma del tutto falsa. ''Ti
prego, Legolas. Cosa significa questo canto?'' lo
supplicò Pipino. Prima che Legolas potesse rispondere,
Aragorn
si alzò in piedi e lo raggiunse, iniziando a tradurre le
parole.
'' Il
legame interrotto, lo spirito infranto
La
Fiamma di Anor ha lasciato questo Mondo
Mithrandir,
il Grigio Pellegrino
Non vagherai
più per i verdi campi di questa terra ''
Poi si voltò
verso l'elfo.
''E' corretto?'' Legolas gli rivolse uno sguardo freddo, e anche
sospettoso. ''Ogni singola parola.'' disse, quasi in un sussurro. Lo
sguardo di Aragorn si rabbuiò, ma Legolas non
cambiò
espressione. ''Vieni con me, se hai qualcosa da dirmi.'' gli disse, per
poi voltarsi camminando rapidamente lungo un sentiero che risplendeva
d'argento. Gli hobbit distolsero lo sguardo, sentendo chiaramente la
tensione tra loro due.
Aragorn seguì i passi di Legolas, e lo raggiunse in una
piccola
radura poco distante, nel centro della quale luccicava uno specchio
d'acqua limpida e cristallina. L'elfo era seduto sul bordo, con una
mano immersa nell'acqua.
Aragorn si sedette al suo fianco, ma a debita distanza e senza mai
guardarlo. Nessuno dei due parlò per qualche minuto, poi a
rompere quel silenzio fu la voce dell'elfo, mescolandosi al canto degli
Elfi del Bosco. ''Davvero mi avresti lasciato morire, a Moria? Senza
rimpianti?'' la sua voce era flebile. ''In quel momento si.'' disse
Aragorn in un soffio. L'elfo chiuse gli occhi a quella rivelazione, e
strinse i pugni. ''Ma ora non ne sono più sicuro.''
proseguì il Ramingo. Legolas alzò lo sguardo per
incrociare il suo, e Aragorn vide nei suoi occhi confusione, e
curiosità anche.
''Perché?''
''Perché ho avuto tempo per riflettere.'' Legolas
sembrò trattenere per un attimo il respiro. ''E a che
conclusione sei arrivato?''
''Che niente al mondo è mai riuscito a farmi sentire confuso
e
amareggiato come ha fatto la tua indifferenza in queste ore.''
''Tu non mi hai permesso di avvicinarmi. I tuoi occhi mi hanno tenuto
lontano.'' gli disse abbassando il capo.
''Gandalf è morto...'' quella di Aragorn era una semplice
constatazione. Sebbene non lo ammettesse, voleva una spiegazione,
voleva sapere perché lo aveva fermato quando aveva tentato
di
correre in aiuto dello Stregone. ''Non è stata colpa
mia...''
replicò l'elfo. Non disse altro. L'altro lo
guardò
frustato. ''Come posso crederti, Legolas? Tu mi hai fermato. Mi hai
impedito di raggiungerlo! Se non ti fossi messo in mezzo, forse ora
Gandalf sarebbe ancora qui, vivo, a guidarci verso Mordor!''
L'elfo aprì leggermente la bocca, e strinse le mani sulle
ginocchia. ''Mi reputi un assassino, Aragorn?'' disse, la sua voce era
un debole sospiro, ma l'uomo lo udì perfettamente nel
silenzio
della notte. ''E' questo che mi stai cercando di dire?''
parlò
ancora l'elfo, voltandosi lentamente verso di lui. L'altro non gli
rispose, mentre l'elfo lo guardava negli occhi. Si lasciò
scappare un aspra risata. ''E' così, per te, la morte di
Gandalf
è avvenuta per causa mia. Hah! Bell'amico che sei!''
sbottò alzandosi improvvisamente con l'intento di
allontanarsi.
''Legolas!'' Aragorn immediatamente si rimise in piedi e gli
afferrò un polso. L'elfo si fermò, e non fece
nulla per
divincolarsi dalla sua presa. Il canto degli elfi si
era fermato. ''Voglio sapere solo... perché.''
sussurrò
Aragorn. Legolas non si voltò, e sentì la mano
dell'uomo
lasciare la sua. ''Non vedo perché t'interessi.'' disse
l'elfo,
con tono assente.
''Dannazione Legolas,'' urlò il ramingo, ''Ho tutto il
diritto
di sapere perché mi hai fermato, lasciando Gandalf nelle
braccia
della morte!'' subito l'elfo fu preso da un senso incontrollabile di
odio contro Aragorn. ''Credi che me ne importi qualcosa?! E' morto,
fine della discussione!''
gridò voltandosi di scatto verso l'uomo. Aragorn
ebbe un brivido lungo la
schiena. Rimasero silenziosi.
''Che cosa ti sta succedendo?'' fu l'uomo a rompere quel silenzio.
''Non lo so... dimmelo tu, Mellon.'' sibilò l'elfo. L'uomo scosse
il capo, come incredulo. ''Valar Aragorn, tu dovresti ringraziarmi per
averti fermato; se fossi caduto anche tu-''
''No, tu non meriti nessun ringraziamento!'' lo interruppe Aragorn. "Sei... cambiato, Legolas." disse, poi con voce
amara.
Legolas scosse la testa. ''No, forse sei tu che non mi conosci abbastanza bene.'' gli rispose secco. Aragorn non disse nulla, non
riuscì a dire nulla; era letteralmente scioccato dal suo
atteggiamento. Freddo. No, gelido; era l'aggettivo perfetto per
descrivere Legolas in quel momento.
Quest'ultimo rimase ancora a guardarlo per qualche istante. ''Sembra
che tu non abbia altro da dirmi. Allora
posso
tornare a riposare. Buonanotte, Estel.''
Si voltò e con passo
veloce
ma leggero ritornò al padiglione. Aragorn lo
guardò
allontanarsi, pietrificato. Insensibilità e
freddezza erano
sentimenti che non avevano mai fatto parte dell'animo di Legolas. Era
così diverso, e non riusciva a capirne il motivo...
''Eccoli che arrivano!'' sussurrò Pipino quando vide l'elfo
e il
Ramingo tornare insieme. I due si sistemarono nei loro rispettivi
giacigli, senza degnarsi di uno sguardo. I quattro hobbit si
scambiarono un'occhiata veloce; riuscirono a percepire una forte
tensione tra loro. ''Hanno litigato.'' sussurrò con tono
basso
Merry a Pipino. ''Come ne sei sicuro?'' chiese quest'ultimo. Meriadoc
osservò l'elfo, la testa bassa e la mano che si passava nervosamente tra i capelli biondi. ''Perché li ho sentiti urlare.''
rispose
guardando l'amico. "E io riesco a sentire voi." L'elfo si
voltò verso di loro, facendogli capire che dovevano chiudere la bocca. I due spalancarono gli occhi, e subito distolsero lo sguardo chinandosi suoi
loro materassi.
''Da quando gli elfi fanno così paura?''
bisbigliò Merry ancora più a bassa voce.
''Non lo so, ma cavolo... sembrava volesse bruciarmi vivo.''
borbottò Pipino, stringendosi nelle coperte. ''Credi che...
faranno pace?'' chiese all'amico. ''Spero di si, e presto anche. Questa
tensione non fa affatto bene alla compagnia.'' rispose Merry. Poi
sospirò. ''Non pensiamoci, e cerchiamo di dormire.'' Pipino
annuì, per poi sdraiarsi sul suo giaciglio e cadere in
un pacifico sonno. Gli altri lo seguirono, e il loro riposo non fu
turbato da sogni o da rumori. Legolas fu l'unico a rimanere ancora
sveglio, ma fu solo questione di pochi istanti prima di sentire le
palpebre pesanti. Chiuse gli occhi, e cadde tra le braccia di Morfeo...
Ciò
che l'elfo vide appena sollevò le palpebre... era
l'oscurità.
Tutto intorno a lui era
nero. Sentiva
il proprio corpo leggerissimo, senza penso, ma aveva ancora i piedi per
terra. I suoi occhi scrutarono il vuoto intorno a lui. Fu in quel
momento che il suo udito sensibilissimo udì qualcosa alle
sue
spalle, si immobilizzò; erano passi, leggeri ma veloci come
quelli di un elfo. Legolas rimase ancora immobile, trattenne il respiro
che nel silenzio sembrava un sibilo. Sentì un brivido
nella schiena, uno strano fremito gelido, eppure non si
trattava
di paura o di terrore. E immediatamente, come se si fosse spezzato un
incantesimo, Legolas si rilassò... e agì; si
voltò, tendendo il suo arco e stendendo una freccia con
movimenti così veloci che lo sguardo di qualsiasi uomo non
riusciva a seguirli.
Ma subito dopo si rese conto di star puntando una freccia contro... se
stesso.
Era come guardarsi allo specchio, ma il suo riflesso non teneva l'arco
tra le mani, e aveva le braccia lungo i fianchi. Il vero Legolas gli
stava ancora puntando la freccia contro, e quando vide che non
accennava a un singolo movimento, abbassò lentamente l'arco.
Inclinò leggermente il capo di lato, credendo
che il suo
riflesso avrebbe fatto lo stesso, ma non si mosse. Rimase a
fissare
Legolas, con una certa malizia nelle pupille scure come la notte, in
netto contrasto con quelle del vero Legolas, che erano blu come il
mare.
''Ma che diamine...?'' borbottò Legolas. Non sapeva neanche lui se era una
domanda, o un esclamazione. Il suo riflesso non interruppe il contatto visivo. ''Chi-cosa sei...?
chiese questa volta, alzando la voce. Il Legolas-non-Legolas lo
guardò ancora, gli occhi fiammeggianti colmi di malizia. E
quando parlò, la sua voce era un sibilo di ghiaccio che
proveniva da tutte le direzioni e da nessuna. ''Tu mi conosci, hai
già udito la mia voce più volte.''
rise, una risata che riecheggiò nell'oscurità
incalzante. Legolas aveva lasciato intanto cadere l'arco tra
le
mani, con le braccia tremanti lungo i fianchi, mentre i suoi occhi non
riuscivano a staccarsi da quelli senza fondo del non-Legolas.
E riconobbe la sua voce; l'aveva udita al Consiglio di Elrond, e a
Moria quando Gandalf era caduto nell'ombra.
''Io so chi sei...'' mormorò Legolas, con la voce che gli
tremava. ''Allora dillo.
Dì il mio nome!'' disse l'altro, con un sorriso
di scherno.
''L'Anello...''
''Si...''
''L'Unico Anello...''
''Siii...''
sussurrò, con un sibilo venefico.
Legolas arretrò di un passo, mentre l'elfo-Anello lo
chiamava.
''Che cosa vuoi da me...?'' di tutte le cose che voleva dirgli, gli era
uscita quella stupida domanda. L'altro proruppe in una risata
sibilante, mentre si avvicinava lentamente a Legolas. ''Io non voglio niente da te...''
la sua risposta lo lasciò perplesso. Ma prima che potesse
riprendere la parola, l'elfo-Anello parlò nuovamente. ''Sei tu che mi brami.''
Legolas si sentì mancare il respiro.
''No..!'' si affrettò a ribattere, con voce tremante.
''Si invece; da
quando mi hai visto non fai altro che pensare a me. Tu mi vuoi, Elfo...
'' e cominciò a girargli attorno molto lentamente. ''Lo so anche
che, invece del piccolo Mezzuomo, mi avresti portato tu stesso.''
si fermò, e Legolas sentì il suo respiro
sfiorargli
l'orecchio. ''Non sarei mai stato scelto come 'Portatore dell'Anello'.
Ormai, quel che è fatto, è
fatto. Sarà Frodo a distruggerti.'' affermò
cercando di apparire sicuro. ''Chi ha detto che
non ti avrei accettato, Elfo? Devi aver frainteso tutto al Consiglio di
Elrond.''
''Che cosa vuoi dire?'' balbettò Legolas, restando immobile.
''Ricorderai
perfettamente quando ti parlasti al Consiglio... le mie parole, le
ricordi?''
''Mi rifiuto di dirle, sono nella Lingua Nera di
Mordor.''
''Non dissi
solo quelle. Ti sono sfuggite le più importanti. E allora...
lascia che te le ripeta.''
l'elfo-Anello avvicinò la bocca all'orecchio di Legolas, e
schiuse le labbra in un sussurro che fece tremare l'elfo.
'' Portami con te ''
E Legolas perse un battito. ''Io potrei darti
quello che vuoi.''
cantilenò l'elfo-Anello.
La bocca di Legolas si era seccata improvvisamente, ed il cuore aveva
accelerato i battiti. Chiuse i pugni talmente forte che
sentì le
proprie unghie penetrare nei palmi. ''Puoi diventare molto di
più...''
sibilò l'elfo-Anello, e il suo respiro gli fece venire i
brividi. ''No!'' Legolas si allontananò da lui. Col respiro corto si voltò verso
l'Unico
Anello; il suo sguardo sembrava trattenerlo come catene di
Mithril. Avrebbe tanto voluto scappare, ma si sentiva come ipnotizzato.
''No, no, no, no...'' singhiozzò Legolas portandosi le mani
fra
i capelli mentre gli dava le spalle. Il desiderio che stava provando
era sbagliato, lo sapeva, lo sentiva; doveva resistere. Ma si rese
conto che... lo voleva. Si lasciò cadere in
ginocchio, quasi stremato, mentre si
stringeva le ciocche bionde tra le dita. Pianse silenziosamente.
''Perché mi tormenti? Che vuoi da me? Quale...
possibilità pensi di avere?'' riuscì a
dire con la
voce rotta dal pianto. Sentì due dita gelide come il marmo
alzargli il viso, e i suoi occhi lacrimosi incontrarono quelli senza
fondo dell'Unico. Sorrideva. ''Ho
bisogno di te, come tu hai bisogno di me. Ci completiamo, mio bel
Principe. Siamo come il giorno e la notte; nessuno dei due
può
fare a meno dell'altro.''
rispose,
mentre con le dita fredde gli asciugava le lacrime salate. Legolas
chiuse gli occhi, premendo la guancia contro la mano dell'altro per
assaporare quella carezza.
L'Unico Anello... la sua voce... il suo potere... l'incantesimo
estremo. Si stava perdendo completamente, stava cadendo
nell'oblio, e non riusciva a tornare indietro. Lui non voleva tornare
indietro. Le sue labbra si dischiusero in
un sospiro, ''Cosa vuoi in cambio?''
disse guardandolo negli occhi.
Il volto dell'altro si fece serio. ''Nessun prezzo.''
disse, sfiorando una ciocca dei capelli di Legolas. ''Cosa...?''
''Hai sentito.
Nessuno prezzo.'' ripetè, allontanando la mano
dal suo viso. Si rimise in piedi e arretrò di qualche passo.
''Solo, prendimi. E
tutto ciò che brami sarà tuo.'' l'Anello tese una
mano verso l'elfo... e attese.
''Ma mettiamo
caso che tu dica di no, posso tranquillamente trovare qualcun'altro da
usare.'' alzò gli occhi al cielo pichiettandosi
il mento con il dito. ''Mm, vediamo...'' fece pensieroso. ''Oh, ma certo! Il tuo caro
amico...'' si interruppe e fece un giro su se stesso. In
quel momento la sua forma cambiò, assumendo quella di... ''Ta-da! Aragorn!''
esclamò l'Unico allargando le braccia con fare teatrale.
''Estel!'' gridò il Principe allarmato. L'altro
scoppiò a ridere, e la cosa più disturbante
è che aveva la voce di Aragorn, ma era distorta e
innaturale. ''Non osare nemmeno!'' lo minacciò Legolas. ''Ma sentilo! 'Non osare',''
ripetè l'altro prendendolo in giro. ''Altrimenti che fai?''
''Non devi nemmeno
pensare di avvicinarti a lui-''
''Allora
accetta, e non lo farò.''
Gli accarezzò il viso con una mano e gli strinse il mento
con due dita. ''Avanti,
devi solo...'' di allontanò tendendo nuovamente
la mano. ''Dire di si.''
Sapeva di correre in grosso rischio, ma non poteva permettere a quel
mostro di far del male a Estel. Avrebbe fatto di tutto per lui. ''Va
bene.'' disse, e l'altro sorrise tornando di nuovo nella sua precedente
forma.
Lentamente, Legolas
allungò la mano poggiandola sul palmo dell'altro. Quando
intravide un luccichio sul suo anulare, il Principe chiuse gli occhi
mentre l'elfo-Anello tirò la testa
indietro
e rise. ''Hai
scelto... e allora PRENDIMI.''
L'oscurità si ammassò attorno al corpo dell'elfo,
che si
sentì quasi soffocare. La figura del non-Legolas stava
cambiando; improvvisamente si ingigantì e divenne
scura
come il Crepuscolo e i suoi occhi sembravano brillare
nell'oscurità livida. Le dita delle sue mani si
allungarono come viscidi tentacoli, e si avventarono sul corpo
dell'elfo, immobilizzandolo completamente. Allora Legolas
urlò,
senza rendersi nemmeno conto di urlare, nè delle parole che
gridava... e mentre si lasciava andare a quell'incantesimo maledetto,
sentì la voce dell'Unico sovrastare i suoi urli. Fredda e
tagliente come una lama di ghiaccio; il sibilo velenoso di un serpente.
'' Finché un
dì sarai crudele,
uno splendido
assassino! ''
...
Legolas sollevò
lentamente le palpebre, puntando lo sguardo verso il manto di cielo blu, il luccichio delle stelle
sembrava riflettere sulle sue iridi color pece, scure come due pozzi
senza fondo. Disteso su quel manto di
foglie, con un braccio sotto la testa e l'altro abbandonato sul ventre,
l'elfo sorrise;
sentì come se fosse subentrata un'altra natura in lui, un
altro istinto. Un istinto quasi feroce...
Improvvisamente il suo sorriso si tramutò in una risata
insana quando la sua mente cominciò a immaginare la
violenza, e la
morte che presto avrebbe portato, facendo tremare l'intera Terra di
Mezzo.
Sorrise ancora; il Suo momento era finalmente giunto.
E quella stessa
notte, qualcun'altro fu destato dal suo sonno pacifico...
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Capitolo 5 *** V ***
The devil within (5)
V
Lo Specchio
Frodo sobbalzò destandosi dal
suo sonno, e si guardò attorno sbattendo un paio di volte le
palpebre. Il giovane Mezzuomo sembrava in contemplazione di qualcosa
che si rivelò solo a lui, come se qualcuno gli stesse
parlando.
Nessun'altro sembrava sentirla, eppure era così chiara nella
testa dell'hobbit. Una voce chiara e morbida. Poi la riconobbe; era la
voce di Dama Galadriel che lo chiamava a sè. E poi, come se
giungesse in risposta alle sue domande, la vide; alta e bianca e
splendente avanzava fra gli alberi. Non disse parola, ma lo
chiamò a sè con un cenno.
Lo condusse lontano, dove attraversando una verde siepe
entrò in
un giardino. Non vi erano alberi, e si apriva al libero cielo.
Galadriel
osservava il Portatore avanzare verso di lei, i suoi passi risuonavano
leggeri contro i gradini di marmo. Frodo scese la lunga scalinata, e
mise piede in una profonda conca, attraversata dal mormorante
ruscello d'argento che sgorgava dalla fontana sulla collina. Sul fondo
una vasca d'argento bassa e poco profonda poggiava su un piccolo
piedistallo scolpito come un albero; accanto vi era una brocca
d'argento. ''Desideri guardare nello Specchio?'' domandò la
Dama
di Lothlorien. Le sue vesti bianche le aderivano all'esile corpo, e i
lunghi capelli biondi le incorniciavano il viso. Bellissima, luminosa e
tranquilla come ciò che si trovava in quel luogo.
Frodo la osservava incantato, e lei aspettava.
''Mi consigli tu di guardare?'' domandò Frodo restando
immobile.
Vide la donna sorridere. ''No,'' gli rispose. ''Io non consiglio. Lo
Specchio mostra molte cose;'' prese la brocca d'argento, e con l'acqua
del ruscello riempì la vasca sino all'orlo. ''Cose che
furono,
cose che sono... e alcune cose che devono ancora verificarsi.'' poi la
Dama vi soffiò, e l'acqua tornò nuovamente calma.
Frodo la
guardò con ancor più meraviglia.
Se voleva guardare? Si, avrebbe tanto voluto scorgere la bella Contea,
e vedere che cosa stava accadendo a Casa Baggins.
Lentamente avanzò
di qualche passo verso il catino d'acqua. Posò entrambe le
mani ai lati della vasca, salì sulla base del piedistallo e
si
sporse verso lo Specchio. L'acqua aveva un aspetto duro e cupo, e delle
stelle vi si specchiavano.
Poi le stelle si spensero; lo Specchio diventò grigio, come
se
fosse stato levato un oscuro velo, infine tornò limpido e
chiaro.
Sulla superficie dell'acqua apparve l'immagine di Legolas, voltato di
spalle. Poi la visione cambiò; Frodo intravide una piccola
radura, dove vi si era consumata una battaglia, e poco più
lontano c'era Boromir a terra, con la schiena poggiata contro un
albero; con orrore si accorse che il suo petto era trafitto da molte
frecce, e che era morto. L'immagine si mosse, e adesso Boromir non era
solo; accanto a lui c'era Aragorn, in ginocchio col volto insaguinato,
sofferente e velato da lacrime salate. Lo Specchio mostrò
nuovamente Legolas, ma questa volta egli si voltò lentamente
verso Frodo. Un ombra oscura pareva velare le
iridi del Principe, e prima che la sua immagine sparisse, l'hobbit
riuscì a scorgere l'ombra di un sorriso.
Un sorriso che per Frodo non vi era niente di tranquillo. Quel volto
perfetto e sereno sembrava invece urlargli che un'ombra terribile si
stava avvicinando.
Vi fu quindi una pausa, seguita da molte rapide scene che Frodo si
sforzò di comprendere; vide una vasta pianura e molti
cavalieri
che cavalcavano veloci sui loro possenti cavalli, che andavano incontro
a una mandria di grandi e feroci mannari guidati dagli Orchi.
Mentre l'esercito degli Uomini combatteva, dall'altra parte centinaia
di donne, bambini e anziani venivano condotti il più lontano
possibile dalla battaglia.
Ancora una volta il riflesso si mosse; mostrò Aragorn caduto
dal suo cavallo, ferito da una freccia dalla piuma rossa, e non ebbe il
tempo neanche di mettersi in piedi che
un mannaro gli andò contro. L'Orco che era in sella alla
bestia
afferrò il ramingo per un braccio e lo trascinò
pericolosamente vicino a un precipizio. Per quanto Aragorn
tentasse
di liberarsi fu tutto invano, poiché la creatura era
riuscito in
qualche modo a bloccargli il polso con le redini della sella.
L'Orco smontò da sopra la bestia prima che essa sparisse
oltre il precipizio insieme ad Aragorn.
L'immagine cambiò, mostrando Legolas che si avvicinava
all'estremità del dirupio. Con cautela si sporse per
guardare, per poter scorgere la figura del ramingo, ma non lo vide.
Rimase a fissare le acque sotto di lui con una
tale indifferenza che a Frodo vennero i brividi. Poi vide quel
sorriso comparire nuovamente sul suo volto.
Lo Specchio mostrò l'immagine del corpo di Aragorn
trascinato dalla
forte corrente del fiume, per poi fermarsi quasi dolcemente sulla riva.
La testa gli sanguinava per via di una ferita sulla tempia, e Frodo
sperò con tutto il cuore che non fosse morto. Un'altra
figura
fece la sua comparsa; in sella a un cavallo bianco, vi era un giovane
uomo. Aveva un lungo manto blu scuro, e il cappuccio gli copriva il
volto, ma l'hobbit riuscì a scorgere dei lunghi capelli
biondi. Lo
vide scendere dal suo destriero inginocchiandosi
velocemente accanto ad Aragorn.
La visione cambiò ancora, e adesso mostrava una Torre,
immersa
in un oscurità perenne e nebbiosa. Ai lati di un ponte che
conduceva al cancello della Torre si stendevano prati neri
costellati di fiori bianchi come ossa, emananti di un intenso fetore di
morte. E proprio davanti al bivio, oltre al ponte bianco vi era un
cancello, che dopo pochi secondi si spalancò come una bocca
dai
denti
scintillanti. Un esercito ne uscì.
Ogni soldato era vestito di nero, buio come la notte. Frodo vedeva
stagliarsi file di piccole figure dal passo silenzioso e
veloce,
che sgorgavano in un flusso interminabile. Eran precedute da un gran
numero di Uomini a cavallo, alla cui testa cavalcava il più
alto
di tutti; un Cavaliere interamente nero, che aveva però
sulla
testa incappucciata un elmo.
Poi tutto fu sommerso dall'oscurità, e si levò
una grande
tempesta. Gli apparve l'immagine di una bianca fortezza, e poi un
albero morto del medesimo colore, avvolto nelle fiamme. Vedeva una
città devastata dalla guerra, vi erano tante fiamme, e il
fumo
s'innalzava. Ancora una volta lo Specchio mostrò
immagini terribili,
riguardanti proprio colui che Frodo temeva di affrontare; Legolas era
inginocchiato a terra, con i vestiti lacerati e sporchi di sangue. Tra
le sue braccia vi era un uomo; era
vestito di nero con un lungo mantello rosso che gli ricadeva lungo le
spalle; gli
occhi chiusi, il corpo tremendamente immobile, e il sangue che gli
imbrattava il petto.
Frodo lo riconobbe; era Aragorn. Si trovava
tra le braccia dell'elfo. Ed era... morto.
Il Principe di Bosco Atro sembrava in preda alla disperazione e ai
sensi di colpa; piangeva, piangeva disperatsmente, gridando verso il
cielo il nome di Aragorn. Legolas continuò a
stringere a se' il corpo del ramingo,
e la visione poi cambiò. E fu proprio quest'ultima a turbare
l'hobbit più di ogni altra; Legolas prese uno dei suoi
pugnali e,
dopo averla osservata con la stessa espressione disperata, rivolse
l'acuminata punta verso di sè e spinse la lama nel suo
cuore,
crollando a terra in un lago di sangue.
Frodo non riuscì a trattenere un urlo, osservando le
immagini
terrorizzato. Avrebbe voluto allontanarsi e cancellarle dai
propri occhi e dalla propria mente
E poi la vide... la Contea. Ma era diversa.
I verdi prati ricoperti di fiori erano stati rasi al suolo, gli alberi
sdradicati e lasciati marcire, le case distrutte e date fuoco, tutto il
bestiame ucciso, e la maggior parte degli hobbit erano... morti.
Frodo aprì la bocca per urlare, ma lo Specchio aveva altro
da
mostrargli e dalle sue labbra non uscirono suoni, solo un breve gemito.
Divenne all'improvviso completamente buio, come se un abisso si fosse
aperto sotto la sua superficie e lui guardasse nel vuoto. Nel nero
baratro apparve un Occhio, che crebbe lentamente, invadendo quasi tutto
lo Specchio. Frodo ne fu paralizzato, incapace di gridare o
di distogliere lo sguardo. I contorni dell'Occhio erano di fuoco, la
fessura nera della pupilla si apriva come una finestra sul nulla.
Incominciò a vagare, e Frodo sapeva perfettemante che
cercava lui. L'Anello appeso alla catenella intorno al collo divenne
pesante, trascinando la sua testa verso il basso. Frodo si
sentì scivolare in avanti. Poggiò le mani sui
bordi di
marmo intarsiato, e con tutte le forze che aveva in corpo si diede una
spinta cadendo all'indietro sul terreno compatto. Si alzò
tremante e levò lo sguardo verso la Dama.
''Io so cos'è che hai visto,'' ella disse;
''perché
è anche nella mia mente.'' Poi Frodo udì la voce
della
Dama nella sua mente. ''E' ciò che si verificherà
se tu
dovessi fallire. La Compagnia si sta disperdendo, la cosa è
già cominciata. Vi tradirà e si
schiererà dalla parte
dell'Oscuro Signore, e incorrerete a una grande Guerra. Il destino
della Terra di Mezzo dipende dalla tua impresa; se fallirà
non
ci sarà più speranza. Uno a uno, vi
distruggerrà tutti.'' Frodo
rimase in silenzio, mentre le immagini di quella
visione scorrevano ancora davanti ai suoi occhi. La Terra di Mezzo
completamente distrutta... e per mano della persona più
improbabile che potesse immaginare. Perché proprio lui?
Perché Legolas...?
Frodo aveva sempre visto gli elfi come creature dal cuore puro e
sincero, che non avrebbero mai permesso al Male di consumarli...
E la Dama sorrise indovindando i pensieri
del Mezzuomo. ''Ci reputi creature Sagge e potenti, ma
purtroppo... anche gli elfi possono essere plagiati dal male. Non siamo
molto diversi dagli Uomini.'' ella
disse, e il suo sguardo penetrante tornò su Frodo,
osservando
l'Anello. ''E non nego che anche il mio cuore lo ha desiderato a
lungo.'' la Dama
avvicinò la mano verso il gioiello senza toccarlo, e
l'hobbit
notò che anche lei aveva un anello al dito. Galadriel rimase
ancora a fissare l'Unico. ''Al posto dell'Oscuro Signore tu
avresti una Regina!'' poi improvvisamente levò in alto le
mani,
e si irradiò una grande luce che illuminò solo
lei, lasciando
tutto il resto al buio. A Frodo parve immensamente alta,
potente, e la sua bellezza era insostenibile.
''Non oscura, ma bellissima e terribile come l'alba. Infida come il
Mare. Più forte delle fondamenta della terra. E tutti mi
ameranno, disperandosi!'' Ma poi lasciò ricadere le braccia,
e
la luce scomparve, e tornò a essere un'esile donna elfica
vestita di semplice bianco, dalla voce morbida. I capelli le ricaddero
dolcemente sulle spalle. ''Ho superato la prova,'' sospirò
socchiudendo gli occhi. ''Perderò i poteri, me ne
andrò
all'Ovest,'' e improvvisamente rise. ''e rimarrò
Galadriel.''
Calò un lungo in silenzio.
''Non posso farcela da solo.'' sussurrò l'hobbit. Il volto
della
Dama si fece serio. ''Sei il Portatore dell'Anello, Frodo. Portare
l'Anello del Potere vuol dire essere soli. Questo incarico è
stato affidato a te, e se tu non troverai il modo nessuno lo
potrà.''
''Allora io so cosa devo fare, solo...'' rimase per un attimo in
silenzio. ''solo che ho paura di farlo.''
''Anche la persona più piccola può cambiare il
corso del
futuro.'' Galadriel gli sorrise, e si abbassò arrivando
all'altezza dell'hobbit. ''Temi per la sorte dei tuoi Compagni. Sappi
che lo
Specchio è pericoloso; alcune immagini sono utili, altre
nefaste. Quello che tu hai visto è solo ciò che
deve
ancora accadere. C'è ancora speranza. E nel bene o nel male,
io
credo
che il Principe di Bosco Atro abbia ancora un compito da portare al
termine.''
Frodo tacque.
''E ora che tu vada a riposare.'' gli consigliò Dama
Galadriel.
Quando Frodo si allontanò, ella si voltò puntando
lo
sguardo su una figura che la osservava, lontano. Le iridi blu della
dama si velarono di tristezza.
'' Principe di Bosco Atro,
colui che ha visto l'Occhio,
non lasciare che il male
soprafagga il tuo nobile cuore... ''
Legolas rimase immobile,
nascosto nella penombra, i suoi occhi brillarono
nell'oscurità della notte.
'' Mia Signora, è
troppo tardi;
il Principe ha fatto la
sua scelta. ''
...
L'indomani mattina, quando stavano cominciando a imballare i
loro
esigui beni, apparvero degli Elfi carichi di provviste e di abiti in
dono per il viaggio. Gran parte del
cibo consisteva in dolci estremamente sottili, di farina infornata,
bruno all'esterno, e all'interno d'un bianco cremoso. In particolare vi
era il Lembas, molto
più nutriente di
qualsiasi cibo fatto dagli Uomini. E mangiarne una piccola dose sarebbe
stata sufficiente per un lungo giorno di marcia.
Gli Elfi diedero a ciascun membro della Compagnia ciò che
gli
era stato destinato; vi era per ognuno un manto con cappuccio, fatti su
misura, di un stoffa di seta leggera ma calda. Il colore sembrava sul
grigio, ogni cappa veniva chiusa al collo da una spilla simile a una
verde foglia venata d'argento.
Allora abbandonarono la città degli Elfi, andando verso le
sponde del Fiume. Innanzi a loro si stendeva un lungo prato di erba
luccicante, cosparsa di elanor che brillavano al sole. Sulla destra e a
ovest scorreva scintillante l'Argentaroccia, sulla riva vi era una
banchina in pietra e in legno bianchi, ove erano ormeggiante tre
piccole barche grigie, e in queste gli Elfi deposero il bagaglio.
''Prima che partiate, vi sono dei doni che il Signore e la Dama vi
offrono in memoria di Lothlorien.'' disse uno degli Elfi, mentre
Galadriel si avvicinava alla Compagnia. Si rivolse a Boromir, al quale
diede una cinta d'oro; a Merry e a Pipino donò piccole
cinture
d'argento a forma di fiore d'oro. A Legolas offrì un arco
come
quello dei Galadhrim, più lungo e più robusto
degli archi
di Bosco Atro.
A Sam diede una piccola scatoletta di semplice legno grigio, con
un'unica runa d'argento sul coperchio. ''La scatola contiene terra del
mio frutteto. Quando avrai sparso in terra il contenuto della scatola,
pochi giardini fioriranno come il tuo nella Terra di Mezzo. Quel giorno
ricorderai Galadriel, e ai tuoi occhi apparirà una lontana
visione di Lòrien.'' Sam strinse forte la scatoletta
cercando
di sfoggiare il suo più bell'inchino.
''E quale dono un Nano gradirebbe ricevere dagli Elfi?''
domandò
Galadriel rivolgendosi a Gimli, in quel momento aveva lo
sguardo
basso e sembrava esser imbarazzato. ''Non vi è
nulla ch'io
desideri.'' rispose poi Gimli. ''E' per me un regalo sufficiente
l'aver veduto la Dama dei Galadhrim, e udito le sue parole.'' e
la Dama gli sorrise, quasi stupita dalle parole del nano. Egli
accennò a un inchino e fece per andarsene, ma si
fermò.
''Ma forse, se mi è permesso, vorrei un capello
della tua chioma.''
''Cosa faresti di un tale dono?''
''Lo custodirei come tesoro, mia Dama.'' Galadriel allora
disfece
una delle sue lunghe trecce, e tagliò tre capelli d'oro che
pose
nella mano di Gimli.
Per ultimo si rivolse al Portatore dell'Anello, e gli mostrò
una
piccola fiala di cristallo, che sprigionava raggi di luce bianca. ''A
te, infine, dono la luce della stella di Earendil. Possano i suoi raggi
guidarti nei luoghi oscuri, ove tutte le altre luci si spegnessero.''
Frodo prese la fiala e fece un inchino.
Infine tutto fu pronto, e la Compagnia partì. Le acque
increspate
li trascinavano via dolcemente, allontanandosi da Lorien. I viaggiatori
sedevano immobili, e silenziosi. Dama Galadriel in piedi li
osservava, sola e muta. Frodo si voltò per guardarla e la
vedette alzare un braccio un segno di saluto. La sua figura divenne
presto piccola e distante.
Non scorsero alcuna traccia di nemici durante i giorni che seguirono, e
navigarono veloci tra le acque del fiume, verso sud. Le
monotone
ore grigie passavano senza che nulla accadesse. Il cielo era ancora
grigio e coperto, il vento soffiava da est, e la campagnia da ambedue i
lati cominciò a trasformarsi rapidamente. La Compagnia si
stava
avvicinando alle grigie colline dell'Emyn Muil, il confine sud delle
Terre Selvagge.
Frodo intravide, scrutando il fiume, due grandi scogli distanti che si
avvicinavano; parevano immensi pinacoli e pilastri. Alti e minacciosi
montavano la guardia ai due lati del letto. Tra essi vi era una stretta
breccia, ove la corrente sospinse le barche.
''Aragonath...'' mormorò Aragorn. ''Le Colonne dei Re!'' le
grandi colonne parevano egersi come torri incontro alla Compagnia.
Ebbero l'impressione di vedere dei giganti, grandi figure grigie,
silenti ma minacciose. Ma poi si accorsero che le rocce erano scolpite
e modellate; esse conservavano ancora, nonostante i lunghi anni, le
possenti sembianze che erano loro state date. Su grandi piedistalli
immersi nelle acque si ergevano due grandi re di pietra; immobili, con
gli occhi che fissavano il Nord. La loro mano sinistra era alzata, col
palmo rivolto verso l'esterno, in segno d'ammonimento; in testa
portavano un elmo e una corona ormai corrosa dal tempo. Erano rivestiti
ancora di una grande potenza e maestà.
L'ammirazione s'impadroni ben presto della Compagnia che si
ritrovò col naso all'insù, a osservare quei
silenziosi
guardiani di un regno scomparso da epoche immemorabili.
''Da tempo desideravo mirare gli antichi re della mia terra.'' disse
Aragorn, in quel momento una
luce brillava nei suoi occhi e pareva Aragorn figlio di Arathorn,
orgoglioso ed
eretto, e che con mano sicura conduceva la barca. Li condusse
al braccio destro del fiume. Sulla riva occidentale, un verde prato si
stendeva, all'ombra di Tol Brandir, dai piedi di Amon Hen sino al bordo
dell'acqua. Al di là, le prime pendici del colle erano
coperte
d'alberi, e altri alberi fiancheggiavano verso ovest le curve sponde
del lago. Tirarono a secco le barche sulle verdi rive, e decisero di
accamparsi.
Pipino e Merry con l'aiuto di Gimli accesero un fuoco con
legna d'abete e di cespugli, e si affretarono a preparare qualcosa da
mangiare. Sam riposava ai piedi di un albero, e Legolas sedeva
un po' in disparte su una pietra.
''Attraverseremo il lago al calar del sole,'' disse Aragorn,
rivolgendosi alla Compagnia. ''Nascondiamo le barche e andiamo avanti a
piedi. Raggiungiamo Mordor da nord.'' i suoi occhi caddero sulla figura
dell'elfo, seduto su una roccia, e osservava intensamente gli alberi
davanti a sè. L'uomo lo guardò con fare molto
sospettoso;
aveva
la sensazione che gli stesse nascondendo qualcosa. Dall'episodio che
era successo a Lorien non si erano rivolti nuovamente la parola fino ad
adesso. Più Aragorn ci pensava, più era convinto
che
Legolas fosse cambiato. Si rendeva conto che non era lo stesso elfo che
aveva conosciuto. Ma era davvero sicuro di conoscerlo bene? Non lo
sapeva neanche lui. Il suo istinto gli diceva di guardarsi le spalle,
di non abbassare la guardia, di stare attento. Come se Legolas potesse
essere pericoloso! Che stupidaggine, pensò Aragorn. Lui non
era... pericoloso. Eppure, si sentì il dovere di parlargli.
Era da parecchio che non gli rivolgeva la parola. Gli si
avvicinò, restando in piedi.
"Tutto bene?" chiese. L'altro non osò nemmeno guardarlo in
faccia. "Perchè me lo chedi?" replicò con
un'altra domanda l'elfo, e il suo tono pareva estremamente seccato.
Aragorn ispirò profondamente. "Perchè sembri
molto strano." disse. "Oh," fece Legolas fingendosi sorpreso. "Che
intendi dire?" chiese picchiettando le dita sul legno dell'arco.
"So che sei un tipo
silenzioso, e solitario per certi aspetti," fece l'uomo. "Ma questo
improvviso distacco dalla Compagnia non lo concepisco. Se sei ancora
turbato per quello che è successo a Lorien io-"
"Sei venuto per scusarti di avermi accusato di aver lasciato Gandalf
tra le braccia della morte nel tentativo di salvare te?" lo interruppe
Legolas voltandosi verso di lui. L'uomo non rispose, settendosi quasi a
disagio. Il bel Principe sorrise, un sorriso così angelico
quanto inquietante. "Oh amico mio, è acqua passata ormai!
Non ho motivo di essere in collera con te, e credo che tu pensi la
stessa cosa, vero?" gli domandò continuando a sorridere, e
ad Aragorn quel sorriso non gli piaceva.
"Legolas, sei sicuro di stare bene?" sussurrò. L'altro lo
guardò divertito. Poi si alzò lentamente. "Non
è di me che ti dovresti preoccupare." affermò.
Aragorn lo guardò confuso. "Che intendi dire?" gli disse, e
sembrò quasi in mincaccia. L'elfo non rispose rimanendo
impassibile. "Legolas!" l'uomo lo afferrò per le vesti
tirandolo verso di se con uno strattone. "Che cosa diavolo volevi
dire!? Se hai avvertito un pericolo dimmelo subito oppure-"
"A che scopo se i tuoi occhi sono talmente velati da non riuscire a
vederlo quando potrebbe essere sotto il tuo naso?"
La voce del giovane Peregrino li interruppe e Aragorn si
voltò verso l'hobbit evidentemente agitato.
''Dov'è Frodo?'' a quell'esclamazione, tutti balzarono in
piedi e lo cercarono con lo sguardo. Persino Sam che si stava quasi
appisolando ai piedi di un albero scattò subito in piedi, e
l'uomo raggiunse gli altri lasciando Legolas da solo, l'unico che non
sembrava sorpreso; da quando si erano fermati ai piedi di Amon Hen
infatti aveva seguito attentamente i movimenti dell'hobbit senza dare
nell'occhio. E non si stupì nemmeno quando vide la
postazione di Boromir vuota, e il suo scudo circolare abbandonato
contro un'albero.
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Capitolo 6 *** VI ***
The devil Within (6)
VI
La Compagnia si scioglie
Girovagando senza una
metà precisa, Frodo si accorse che i piedi
lo conducevano verso le pendici del colle. Incontrò un
sentiero,
le rovine cadenti di un'antica via; in alcuni punti vi erano state
intagliate scale nella roccia, ormai logore e crepate, spaccate dalle
radici degli alberi. Continuò a salire giungendo
così in
una radura erbosa, tutt'intorno crescevano sorbi. Frodo si
fermò, guardando fisso a oriente, ma vedendo ben poco con
gli
occhi. Nella sua mente tornò tutto ciò che era
accaduto
dopo la partenza da Lorien, e aveva riflettuto parecchio all'idea di
abbandonare la
Compagnia, di andarsene da solo per Mordor. Aveva riflettuto su come
l'avrebbero presa gli altri, specialmente Sam, l'unico che forse non
avrebbe capito. Portare
l'Anello del Potere vuol dire essere soli. E
quelle parole erano più vere che mai. La Compagnia non
sarebbe
stata ancora unita, e di questo se ne rendeva conto. Era vero che
fin'ora avevano viaggiato in buon accordo, ma sapeva che qualcosa
avrebbe diviso le loro strade. Gli uni avrebbero scelto una via, gli
altri la via opposta.
Frodo era il Portatore dell'Anello, solo lui doveva scegliere la sua
di strada. Sospirò, quanto avrebbe voluto che Gandalf
fosse
lì, a dargli consiglio. Ma lui non c'era più.
Improvvisamente qualcosa
lo
destò dai suoi pensieri; la strana sensazione di una
presenza
dietro di sé, come se due occhi ostili lo stessero fissando.
''Nessuno di noi dovrebbe girovagare da solo, e tu meno di tutti.'' con
grande sorpresa vide solo Boromir, intento a raccogliere della legna.
Rimase un attimo silenzioso. Il vento mormorava fra i rami.
''So perché cerchi la solitudine; soffri. Lo si vede ogni
giorno.'' sospirò Boromir, piazzandosi davanti al giovane
hobbit. Frodo rabbrividì. ''Sei certo di non soffrire
inutilmente?'' disse, ''Ci sono altri modi, Frodo. Altre vie che
possiamo prendere.''
''So già cosa mi diresti.'' disse l'altro interrompendolo.
''Sembrerebbe un consiglio saggio, ma il cuore mi mette in guardia.''
''In guardia?'' domandò brusco Boromir, e Frodo scorse una
strana luce nei suoi occhi. ''Chiedo solo di avere la forza per
difendere il mio popolo!'' gridò improvvisamente, lasciando
cadere la legna sull'erba. Era ancora convinto che quel piccolo oggetto
fosse un dono da parte dei nemici di Mordor, e voleva adoperarne il
potere contro il Nemico per lottare contro di lui. Non bramava il
potere dell'Anello, ma solo la forza necessaria per difendere Minas
Tirith.
L'hobbit fece un rapido passo indietro,
guardando allarmano l'Uomo che in quel momento sembrava spazientito.
''Se tu mi prestassi l'Anello...'' egli tentò di avvicinarsi
al
mezzuomo, ma questo indietreggiò. ''Perché
indietreggi?
Non sono un ladro.'' disse con tono più dolce.
''Non sei te stesso!'' gridò Frodo, fronteggiandolo. ''Il
Consiglio ha dato a me l'incarico di portarlo. Non c'è altro
modo!'' scandì bene l'ultima frase per essere sicuro che
l'altro
avesse compreso. Ma l'effetto che ottenne fu assai peggio; il ben viso
del Gondoriano venne deformato dalla rabbia, e un fuoco infuriava nei
suoi occhi.
Frodo gli diede le spalle cominciando ad allontanarsi. ''E'
tuo solo per un malaugurato caso. Avrebbe potuto essere mio. Doveva
essere mio!'' urlò Boromir accelerando il passo, poi d'un
tratto si
lanciò su Frodo che finì con la schiena a terra e
un
Uomo -alto quasi il doppio e infinitamente forte- sopra di lui.
Il mezzuomo cominciò a dimenarsi, opporre resistenza, mentre
Boromir tentava in tutti i modi di strappargli la catenina al collo. Vi
era una sola cosa che Frodo potesse fare; tirò fuori
l'Anello
appeso alla catenella e se l'infilò velocemente al dito,
proprio
nel momento in cui Boromir si lanciava nuovamente su di lui. L'Uomo
rimase come boccheggiante, con lo sguardo fisso sul punto ove prima
c'era il mezzuomo, poi si sentì colpire al viso e un fruscio
dietro di se, come qualcuno che stesse correndo. Si riprese subito dal
suo stato confusionale, e cominciò a gridare parole incise
di
odio, che sembrarono echeggiare per tutta la radura. ''Ora capisco le
tue intenzioni. Vuoi portare l'Anello a Sauron! Ci tradirai! Che tu sia
dannato alla morte e all'oscurità!''
Inciampò in un sasso, e cadde bocconi disteso per terra. E
rimase immobile per un certo colasso di tempo, come fulminato dalla
propria maledizione; poi si sollevò, e sentì le
lacrime
pungergli gli occhi. ''Che cosa ho fatto?'' sussurrò, con la
voce tremante. ''Che cosa ho fatto? Frodo, Frodo!'' chiamò
ripetutamente. ''Torna, ti prego!'' Ma non udì nessuna
risposta.
Le sue grida non erano nemmeno giunte alle orecchie del mezzuomo, che
era lontano. Correva, correva ciecamente su per il sentiero, con ancora
il ricordo del viso folle di Boromir. Non si accorse nemmeno di essere
arrivato sulla vetta di Amon Hen, e si fermò respirando
affannosamente. Non riusciva a distinguere granchè davanti a
sé, sembrava essere avvolto dalla nebbia; aveva ancora
l'Anello
al dito. Si poggiò su quella che doveva essere un'antica
costruzione, e guardò davanti a se. Gli sembrò
vedere una Torre completamente nera, più la
guardava
più essa sembrava avvicinarsi, e sulla cima della Torre
poteva
scorgere l'Occhio, avvolto nelle sue fiamme.
Il mezzuomo udì subito la voce dell'Unico farsi strada nella
sua
testa, e lo sguardo puntato su di lui. Come successe a Lorien,
Frodo si irrigidì dalla paura, incapace di fare qualsiasi
movimento o di emettere versi dalla bocca. Ma poi si fece coraggio,
cominciò ad indietreggiare velocemente mentre si
toglieva l'Anello e presto l'immagine del maledetto Occhio
sparì. Fece qualche passo indietro di troppo
perché si
sentì mancare il pavimento di marmo sotto i piedi, e
cadde ritrovandosi di nuovo sul terriccio compatto. Guardando
in
alto, vide un alto seggio sorretto da quattro colonne, a cui si
accedeva tramite una scala dai molti gradini. Non se ne era nemmeno
accorto di esserci salito.
''Frodo!'' una voce lo fece sobbalzare, subito si rimise in piedi e
vide che era Aragorn. ''Si è impossessato di Boromir!'' gli
uscirono di fretta le parole, sembrava di averle quasi urlate. Aragorn
avanzò verso di lui. ''Dov'è l'Anello?''
''Non ti avvicinare!'' gridò Frodo, sentendo la paura
scorrere
nuovamente nel suo cuore. ''Frodo!'' esclamò il ramingo
seguendo
l'hobbit, che stava tentando di scappare, ma poi
fermò la corsa. ''Ho giurato di proteggerti.'' disse
Aragorn, con tono
gentile e rassicurante. Ma Frodo non si sentì al sicuro,
aveva
ancora impressa nella mente gli occhi infuocati di Boromir.
Levò
lo sguardo verso il ramingo, e con voce quasi tremante disse. ''Puoi
proteggermi da te stesso?''
Quelle parole lo lasciarono confuso, e in un primo momento non
capì. Poi riflettè; Boromir doveva averlo
aggredito e
tentato di prendere l'Anello con la forza. Aragorn lo guardò
meglio negli occhi; era talmente spaventato che forse non riusciva a
fidarsi nemmeno di lui. Il ramingo lo vide prendere l'Anello tra le
mani. ''Tu lo distruggeresti?'' disse, alzando lo sguardo verso l'uomo.
Le iridi azzurre chiare di Aragorn fissarono il piccolo gioiello sul
palmo del mezzuomo, lentamente avanzò e
udì un
sibilo agghiacciante nella sua mente. Era l'Unico, che lo
stava chiamando a sé.
Alzò una mano per sfiorarlo, Frodo non si mosse. Aragorn si
fermò a pochissimi centimetri dall'oggetto, e con la propria
mano chiuse quella minuta del Mezzuomo in un pugno e la strinse. Si
inginocchiò incontrando lo sguardo lacrimoso di Frodo.
''Sarei
venuto con te
sino alla fine, tra le fiamme di Mordor.'' sussurrò,
lasciando
la sua mano. Ed era vero, l'avrebbe seguito nonostante tutto, gli
sarebbe rimasto fedele come aveva sempre fatto, però se il
Portatore voleva
proseguire il suo viaggio da solo lui non era nessuno per
impedirglielo. Ma Aragorn sperava in cuor suo che le loro strade si
sarebbero di nuovo incontrate.
''Lo so.'' disse Frodo. Non si sentì più
spaventato, ma
il cuore gli doleva poiché avrebbe presto abbandonato gli
altri,
e gli sarebbero mancati. Ma doveva farlo. ''Abbi cura degli altri,
specialmente di Sam... lui non capirà.'' Un sospiro
uscì
dalle labbra del ramingo, poi il suo sguardo cadde su Pungolo e il suo
viso divenne serio. Balzò in piedi sguainando la propria
spada.
Frodo, notando l'aria preoccupata di Aragorn, abbassò lo
sguardo
verso Pungolo; la lama brillava di blu intenso; c'erano Orchi nelle
vicinanze.
''Va' Frodo! Scappa!''
Frodo nascose l'Anello e iniziò a correre sparendo nella
boscaglia mentre giungevano, stridule e feroci, le urla degli Orchi.
Aragorn uscì allo scoperto, e dinanzi a lui gli si parava un
gruppo di Uruk-hai formato da una cinquantina di loro, forse anche di
più, ma questo non fece preoccupare minimamente il Ramingo.
Il primo gli si avventò contro e lui evitò il suo
fendente, colpendolo successivamente alle gambe e passò agli
altri. Colpì il successivo sulla lama facendo in modo che si
sbilanciasse, e lo finì con un colpo diretto al petto.
Scaraventò il terzo a terra colpendolo con l'impugnatura
della
spada. Era accerchiato, ma nessuno di loro sembrava voler attacare.
Esitarono, per un attimo intimoriti dalla forza di quel mortale.
Aragorn
saltò sulla scalinata dell'altare e lì
riuscì ad
affrontarli uno alla volta, ma il numero dei nemici cresceva e fu
costretto ad indietreggiare raggiungendo la cima. Continuò
combattere assestando colpi talmente forti da far cadere gli Orchi
dall'altare.
Uno di loro, che doveva essere sicuramente il loro capo,
gridò
con voce possente... ''Trovate il Mezzuomo! Trovate il Mezzuomo!'' e
alcuni Uruk-hai si divisero in diversi gruppi alla ricerca del
Portatore. Aragorn si lanciò immediatamente sopra di loro,
abbattendone il maggior numero possibile. Ma nonostante fosse molto
forte, non era semplice combattere contro una marea di Orchi da solo.
Infatti alcuni sfuggirono ai suoi colpi, e s'inoltrarono nella
boscaglia.
In aiuto del ramingo arrivò anche Gimli, che aveva udito i
rumori del combattimento, e subito iniziò a uccidere gli
Orchi
che circondavano il suo amico. Poi i due lanciarono
all'inseguimento degli
Uruk-hai riuscendo ad intercettarli quando avevano quasi raggiunto
Frodo. Ne uccisero quanti più potevano, e ciò
permise al mezzuomo di scappare e successivamente di nascondersi dietro
a un albero.
Per sua fortuna, gli Uruk oltrepassarono il suo nascondiglio e ne
persero le tracce. Frodo rimase immobile come una statua, aspettando
che tutti gli Orchi si fossero allontanati da lui, e potè
sospirare sollevato.
''Frodo!'' udì una voce chiamarlo. E quando volse lo sguardo
alla sua sinistra vide le teste di Merry e Pipino sbucare da dietro un
cespuglio. ''Nasconditi qui. Presto!'' disse Pipino a bassa voce,
assicurandosi che non ci fosse nessun'altro Orco nelle
vicinanze, e Merry fece cenno con la mano di raggiungerlo. Ma Frodo
indugiò, accennando a un 'no' col capo. Pipino lo
guardò
con fare interrogativo. ''Che cosa fa?'' chiese, rivolgendosi a Merry
che aveva capito il perché del cenno negativo di Frodo.
''Se ne va.'' rispose. Il giovane Tuc
sembrava però contrario alla scelta di Frodo, e
uscì
fuori dal suo nascondiglio con l'intento di raggiungerlo.
''Pipino!'' lo chiamò Merry uscendo allo scoperto e fermando
l'amico. In quel momento videro arrivare un gruppo di Uruk-hai, e un
idea balzò nella mente dei due hobbit.
''Ehi voi! Siamo qui! Siamo qui!'' cominciarono a gridare, agitando le
braccia verso l'alto, fino a quando non attirarono l'attenzione su di
loro. Merry si voltò per un ultima volta verso Frodo
muovendo le
labbra, e l'hobbit nel labiale comprese... ''Scappa.'' Merry e Pipino
iniziarono a dirigersi verso Nord attirando gli Orchi, permettendo a
Frodo di uscire dal suo nascondiglio e scappare verso Est.
''Funziona!'' esclamò Pipino voltandosi nella direzione
degli
Uruk-hai. ''Lo vedo che funziona, scappa!'' gridò Merry
trascinandolo quasi per un braccio. Continuarono a correre quando si
ritrovarono davanti un'altro gruppo di Orchi. Erano bloccati sia alle
spalle che davanti. Un Uruk-hai armato di una grande ascia si
precipitò contro di loro. E nell'istante in cui
abbassò
la pesante arma contro i due hobbit, Boromir arrivò
bloccando
l'attacco e uccidendo il loro aggressore. Merry e Pipino sguainarono le
loro spade e si unirono alla battaglia insieme al Gondoriano.
Intanto sulla cima di Hamon Hen lo scontro continuava. Aragorn perse
per un attimo la spada, evitò il colpo di un Orco e
sfoderò il pugnale colpendolo all'altezza dello stomaco.
''Dov'è Legolas!?'' gridò Aragorn riprendendo la
spada,
per poi tagliare la testa di un'altro Orco. Non l'aveva visto da quando
lui e Gimli avevano iniziato a combattere, si aspettava che arrivasse
in loro aiuto, ma di lui non vi era traccia.
''L'ho perso di vista mentre accorrevo in tuo aiuto! Potrebbe essere
stato circondato da altri Orchi. Ce ne sono fin
troppi!'' rispose
di fretta Gimli. ''Ci servirebbero le sue frecce in questo momento!''
sbottò, colpendo un'altro Orco. Intenti a uccidere gli
ultimi
rimasti, udirono il richiamo roco e profondo di un corno.
Gimli scattò improvvisamente. ''Cos'è stato?''
''Il corno di Boromir!'' gridò Aragorn. ''Chiede aiuto!'' e
si
precpitò giù lungo il sentiero, verso la base
della
collina.
Dall'altra parte, Legolas stava combattendo contro un gruppo di Orchi,
e appena il suo udito sensibile percepì il richiamo del
Corno di
Gondor, scattò subito verso la sua direzione. Sfoderando i
suoi
pugnali elfici, l'elfo abbatteva velocemente qualsiasi creatura che gli
si
parava davanti, senza mai fermare la sua corsa. E si fermò
solo
quando vide da lontano Boromir combattere contro una marea
di Orchi, e suonare disperatamente il corno. Un sorriso
piegò le
labbra dell'elfo; era il momento giusto. Si alzò il
cappuccio
nascondendo il viso, e senza farsi notare dal Gondoriano, troppo
impegnato a combattere per notare la presenza dell'elfo,
imbracciò l'arco, tese la corda... e poi scoccò.
La freccia colpì dritto in pieno nel petto dell'uomo; un
gemito
strozzato uscì dalla sua bocca socchiusa, gli occhi
spalancati e
lo sguardo perso in un punto non specifico, che poi andò a
posarsi su quella freccia conficcata nella sua spalla. Faceva male, e
poteva sentire il sangue iniziare a macchiargli i vestiti. I due hobbit
a quella vista improvvisamente si bloccarono; non si mossero, rigidi
come due pezzi di legno.
L'uomo di Minas Tirith cadde inginocchio, e dalle sue labbra
uscì un debole sospiro mentre la vista iniziava ad
annebbiarsi.
Da lontano Legolas sorrise, come compiaciuto della sua opera,
e
abbassò l'arco. Ma quel suo ghigno sparì
immediatamente;
Boromir si rialzò, in un impeto di rabbia, e
ricominciò a
combattere assestando un fendente mortale a un Orco, e colpito un'altro
con la spada che stringeva con entrambe le mani.
Il ghigno venne sostituito da un velo di stupore; lo aveva colpito al
petto, un colpo mortale persino per un elfo, sarebbe dovuto morire
all'istante, e invece sembrava avere più forza di prima.
Serrò la mascella, prese un'altra freccia e la
scoccò velocemente. Questa volta l'uomo venne colpito allo
stomaco, gemette portandosi istintivamente una mano in quel
punto. Le gambe gli cedettero nuovamente, barcollò
all'indietro e cadde di nuovo sul terreno. E Legolas attese, attese che
la morte lo prendesse con i suoi artigli e lo portasse via dal mondo
dei vivi. E Boromir la voleva, la morte, che gli avrebbe strappato quel
dolore insopportabile. Tossì, e vide il suo stesso sangue
macchiare il terriccio. Le forze lo abbandonarono, la vita scivolare
via lentamente. E sarebbe davvero morto lì, non
avrebbe mai
più rivisto la sua Minas Tirith, e non avrebbe rivisto mai
più suo fratello. Non ci sarebbe stata una tomba per lui.
Eppure c'era qualcosa che lo spingeva a non arrendersi, e quel qualcosa
era davanti a lui; nonostante la sua vista si annebbiasse,
nel suo campo visivo entrarono gli sguardi di Merry e Pipino, colmi di
paura, amarezza, stupore. Era per loro che era ancora in vita, per
quelle
due piccole pesti a cui Boromir si era affezionato durante il viaggio.
Erano loro a spingerlo a non arrendersi. Si rialzò ancora, e
ricominciò a combattere. Lo stupore, e anche la rabbia,
aumentarono nell'elfo; ne aveva tanta di forza, il mortale, ma non
avrebbe resistito ancora. Boromir uccise ancora, prima di essere ferito
nuovamente. E questa volta cadde definitivamente, enon ebbe
più
la forza di alzarsi.
E Legolas rise. Una risata carica di promesse, di perfidia.
Fu allora che gli hobbit trovarono un po' del loro coraggio e partirono
all'attacco, ma Boromir vide la loro mossa per ciò che era;
un
inutile tentativo. Furono catturati sotto i suoi occhi, senza che lui
potesse intervenire.
Gli Orchi ignorarono l'elfo, comprendendo che non era una minaccia per
loro, e se ne andarono. Solo uno gli si avvicinò, Lurtz. Ma
Legolas rimase impassibile. ''Io non perderei tempo se fossi in te. Il
ramingo ti cerca. Va', prima che lui ti tagli la testa.'' gli disse con
voce autorevole, poi la sua attenzione cadde sul Gondoriano. ''Ci penso
io a lui.'' sibilò. E Lurtz si allontanò,
lasciandolo
solo.
Legolas si fermò a pochi passi da lui, con l'arco in mano. E
Boromir trovò il coraggio di guardarlo negli occhi; aveva
uno
sguardo crudele, e un sorrisetto soddisfatto sul viso. Non c'era
più
bontà nei suoi occhi, prima di un blu mare, che ora
sembravano due
pozzi neri senza fondo. I tremori incontrollabili scuotevano il corpo
dell'uomo, ma
non accennò ad abbassare lo sguardo da quello dell'elfo.
Sarebbe
morto, sì, ma a testa alta e senza paura. Legolas lo
fissò a lungo. ''Dov'è Frodo?'' chiese infine.
L'uomo non rispose. Legolas sbuffò. ''Facciamo
così; tu rispondi e ti
risparmio altro dolore, che ne pensi?'' disse poi con evidente
sarcasmo.
''Che tu sia dannato, elfo...!'' sibilò l'uomo con una certa
ira. Legolas
lo fissò con un espressione interrogativa alzando un
sopracciglio. Poi rise, divertito da tale scena. Si
apprestò ad afferrare un'ultima freccia. ''Allora resta
in
pace, Figlio di Gondor.''
Boromir si preparò a ricevere l'ultimo colpo fatale; ma non
arrivò. Lo vide abbassare di colpo l'arco, allontanandosi
poi da
lui con passo veloce e leggero. E Boromir si lasciò cadere a
terra, ormai privo di forze.
Quando Aragorn raggiunse il campo di battaglia, trovò
Boromir...
immobile, stesso sul terreno. Il ramingo vide il suo
petto trafitto da molte frecce. Intorno a lui vi erano
ammucchiati
i corpi di molti Orchi. ''No...'' Aragorn gli si inginocchiò
accanto, lasciando cadere la propria spada. Boromir sollevò
di
poco le palpebre, e Aragorn gli strinse una mano;
aveva la pelle terribilmente gelida, il corpo scosso da forte tremiti e
il sangue usciva copioso dalle ferite.
''Hanno preso i piccoletti...'' riuscì a dire, e
sembrò
agitarsi al pensiero che quei mostri potessero far del male ai due
hobbit. ''Frodo... dov'è Frodo?'' gemette. Il ramingo lo
guardò
negli occhi. ''L'ho lasciato andare.'' disse, in un sussurro. ''Hai
fatto quello che io non ho potuto,'' s'interruppe, cercando di prendere
fiato, e poi continuò. ''Ho cercato di togliergli
l'Anello.''
una lacrima gli rigò lentamente la guancia.
''Perdonami. Vi
ho deluso tutti.''
''No Boromir!'' esclamò Aragorn, accarezzandogli il viso
freddo,
e asciugandogli quell'unica lacrima.''Hai dimostrato coraggio, e
conservato il tuo onore.'' disse. Quando tentò di rimuovere
le
frecce, sentì la mano del Gondoriano bloccare la sua.
''Lascia
stare. E' finita. Il mondo degli Uomini cadrà, su tutto
calerà il buio, e sulla mia città la rovina...''
s'interruppe nuovamente, facendo fatica a respirare.
''Io non so quanta forza c'è nel mio sangue,'' fece Aragorn.
''ma ti giuro, non lascierò che Minas Tirith cada.
Nè che
il nostro popolo fallisca.''
''Il nostro popolo...'' ripetè Boromir, in un sussurro
appena
percettibile. Aragorn annuì, sentendo i propri occhi lucidi.
Notò che cercava di impugnare la spada, che giaceva accanto
a
lui. Aragorn la prese poggiandola sul suo petto che si alzava e
abbassava lentamente, in direzione del cuore che ancora batteva.
Legolas aveva assistito alla scena dall'inizio, inginocchiato e
nascosto dietro un cespuglio, col cappuccio che ancora gli copriva il
volto. Ed era riuscito ad ascoltare anche la loro conversazione. Che scena toccante. Si
era detto, osservando divertito e anche incuriosito. Nel mentre, aveva
pensato all'idea di uccidere anche Aragorn, lasciarlo lì
insieme
al Gondoriano, e andare via immediatamente senza lasciare le sue
tracce.
Lentamente, uscì cautamente dal suo nascondiglio...
''Io ti avrei seguito Fratello mio. Mio Capitano. Mio
Re.'' udì le sue ultime parole, poi non
parlò
più. E il vero Re di Gondor pianse, pianse stringendo forte
la
mano del Gondoriano, rimanendo inginocchio. L'elfo si era avvicinato
silenzioso, lento, come un cane in aguato. ''Ahimè!''
sussurrò, in una finta espressione triste. ''E' scomparso
l'erede di Denethor. Sei accorso appena udito il corno... ma ormai
è troppo tardi, a quanto pare. E' una fine amara!''
continuò, impugnando lentamente il lungo pugnale.
Aragorn si rimise in piedi, e voltandosi finalmente lo vide; l'artefice di tutto questo. "Tu...!" Un impeto
di rabbia, lo prese per il colletto e lo sbattè contro il tronco di un albero. La sua mano calò sul pugnale attaccato alla cinta, sfilandola e puntandola contro la gola dell'elfo. Gli occhi chiari dell'uomo si velarono di rancore,
e anche tristezza.
Gimli intanto aveva raggiunto la radura, e si bloccò vedendo
la
scena che gli si parò davanti; Boromir steso a terra, morto,
e
Aragorn che puntava una lama contro Legolas. ''Per tutti i Durin,
Aragorn! Che cosa stai-''
''Ha ucciso Boromir!'' gridò il ramingo senza voltarsi,
continuando a puntargli l'arma alla gola. La sua mano che stringeva l'elsa gli tremava. L'elfo lo guardò in viso; aveva un espressione
seria,
dura, arrabbiata, ma riuscì a vedere dei piccoli dettagli;
il
respiro rapido e nervoso, gli occhi velati da un leggero strato di
lacrime, sembrava si stesse sforzando di non piangere.
A quella vista l'elfo sorrise divertito, cosa che fece infuriare ancor
di più il ramingo, poi assumendo un espressione angelica,
disse. ''Mi hai beccato, a quanto pare.'' Aragorn sembrò
trattenere il respiro per un attimo.
''Tu non sei Legolas.'' sussurrò, senza mai smettere di puntargli la lama alla gola.
''Certo che no!''
Legolas lo
guardò. ''Lui se n'è andato... e non
tornerà
più.'' Il ramingo sussultò, e l'altro
sembrò molto
divertito poiché cominciò a ridere. La rabbia
crebbe di
più nell'animo dell'uomo, e fece pressione con la lama.
Legolas
interruppe la sua risata, mantenendo però un ghigno beffardo.
''Perché, Mellon,
hai
permesso che ciò accadesse? Perché hai permesso a
Lui di
avvelenarti la mente? Non voglio sapere cosa ti
ha detto, nè di quando o dove sia successo, ma non
permettergli
di avere la meglio su di te. Ti
ha solo mentito; qualsiasi promessa ti abbia
fatto, Lui non
la
manterrà. Le sue parole sono bugie, false e sporche bugie.
Sarai
solo un'altra sua pedina, come Saruman. Un bottino di Guerra.
Guardati; hai ucciso Boromir, macchiandoti le mani del suo sangue. E
forse anche la morte di Gandalf è opera tua... non
è
così?'' c'era tristezza nella sua voce, ma questo non
sembrò smuovere l'elfo. Aveva ancora quel ghigno stampato in
faccia. ''Sei intelligente. mortale. Ebbene sì, è
stata
colpa mia. Avevi ragione ad accusarmi, a Lorien.'' Aragorn
avrebbe tanto
voluto togliergli quel sorrisetto dalla faccia.
''I tuoi occhi sono talmente velati che non riesci più a
distinguere gli amici dai nemici. Lui non ti darà niente,
Legolas, soltanto dolore. Ti prego, Mellon-''
''Io non sono tuo amico.'' lo interruppe bruscamente l'altro, e uno
strano ghigno soddisfatto comparì sul suo volto. Aragorn
sentì come un pugno nello stomaco, ''Non puoi dirlo
veramente...'' il suo era un flebile sospiro, e lentamente
abbassò la lama ma senza interrompere il contatto visivo,
incapace di muoversi. Dov'era andato a finire Legolas, l'elfo nobile e
leale? Dov'era andato a finire quell'amico conosciuto sessant'anni
fa, a cui avrebbe affidato la sua stessa vita? Dov'era?
Sentì la paura avvolgere il suo corpo.
''L'hai perso...'' mormorò l'elfo, leggendogli nel
pensiero, e guardandolo negli occhi. ''Non hai la forza di salvarlo,
mortale.'' Aragorn strinse i pugni.
''Ma...'' sussurrò l'elfo, attirando di nuovo l'attenzione
dell'uomo e del nano, che per tutto il tempo non aveva fatto altro che
osservare la scena col fiato sospeso, e stringendo l'ascia tra le mani.
''Io potrei ridarti il vero Legolas, oh si, il tuo migliore amico.''
L'uomo lo guardò confuso. L'altro lo guardò stupefatto;
stava
davvero trattando con lui? ''Spiegati meglio.'' chiese.
Legolas gli si
avvicinò, arrivando ad un soffio da lui. Sorrise divertito.
''Se tu diventassi Re, Re di tutta
la Terra di Mezzo, saresti amato, e acclamato. Avresti potere, ricchezza, e
l'amore di una splendida elfa solo per te. Ma sentirai come un vuoto
nel tuo cuore, un vuoto che poteva colmare solo una persona a te molto
cara. A quel punto non avrai mai pace con te stesso, la sua morte
graverà sulla tua coscienza, e ti porterà alla
pazzia.''
ridacchiò.
''Tu mi stai chiedendo di... arrendermi? Di rinunciare...?
''Ti sto chiedendo di non essere più la speranza per questa
bella Terra, di non essere la loro salvezza. Scegli Legolas, rinuncia
alla Corona, e lo
riavrai, ma su tutto calerà l'oscurità. Scegli
l'Onore, e
giuro che la sua casta e pura anima sarà tormentata; il suo
corpo marcirà nelle più profonde e oscure celle
di
Mordor, gli saranno inflitte le torture più crudeli, e il
suo
dolore sarà musica per le Sue orecchie. Quello
sarà il suo destino! Adesso, a voi la scelta,
Maestà.''
Da una parte, la caduta, il tradimento, e Legolas.
Dall'altra, la salvezza, l'onore, e il tormento.
Aragorn poteva ancora scegliere?
''Io... scelgo Legolas.'' disse in poco più di un sussurro. Ci
teneva a lui, come poteva non sceglierlo?
L'elfo sorrise, ma sussultò violentemente quando Aragorn lo
sbattè contro l'albero, stringendogli una mano intorno al
collo.
''Cosa stai...?'' annaspò. ''Cosa mi stai...?''
''Il vero Legolas.
Il mio
amico! Quello che mi odierebbe a morte se tradissi la mia causa!''
gridò il Ramingo, incapace di contenere la propria rabbia.
L'elfo tentò di liberarsi dalla sua presa, ma inutilmente, e
il
risultato fu che il ramingo gli strinse di più le dita
attorno
al collo.
''No! Aragorn no, no!'' gemette, e la sua voce era di nuovo quella di
Legolas. Un sussurro morbido, non più il sibilo venefico di
pochi istanti prima. Il ramingo strinse i denti, e avvicinò
il
volto a quello dell'elfo. ''Non avrai mai nulla da me, se non il mio
disprezzo. Io ti ripudio!'' sibilò, mentre una luce si
accese
nei suoi occhi.
''Aragorn... ti prego, no!'' implorò ancora, senza fiato,
guardandolo con occhi supplichevoli. Ma Aragorn non si
lasciò
ingannare, nemmeno quando vide le sue guance rigarsi di lacrime.
''Così mi ucciderai! Mi ucciderai!'' gridò, per
quanto
gli fosse possibile, poi dalle sua labbra scappò un
singhiozzo.
''Estel...''
Aragorn ansimava, la rabbia che ardeva dentro di lui. Alzò
l'altra mano, quella che ancora impugnava il pugnale e lo
sollevò
avvicinandolo pericolosamente al viso dell'elfo. ''Allora muori!''
disse, prima di rendersene conto. ''Aragorn no!'' fu Gimli a parlare
questa volta, che subito scattò verso il ramingo e lo
costrinse
ad allontanarsi, prima che potesse fare una mossa azzardata. ''No
Aragorn! E' quello che Lui vuole!'' gli gridò, stringendolo
in
una morsa fino a quando non lo sentì calmarsi, e abbassare
la
spada.
Intanto Legolas era caduto a terra, con una mano al collo e con l'altra
si reggeva sul terriccio. Cercava di recuperare aria, e tossiva
talmente forte da sentire la gola bruciare. Dopo qualche istante, che
sembrava eterno, Legolas alzò il capo verso il ramingo,
fulminandolo con lo sguardo. Lentamente, si rimise
in piedi, con un espressione truce negli occhi.
''Vattene.'' gli disse Aragorn, con evidente disprezzo. ''Sparisci
dalla mia vista. E non tentare di seguire Frodo.'' aggiunse infine,
stringendo l'arma. L'elfo inclinò la testa di lato, con
fare
curioso e, mentre scrollava le spalle, disse: ''Ai tuoi ordini, Sire. Non era
comunque mia intenzione.''
Aragorn non reagì, ignorando i sentimenti violenti che
stavano
implodendo in lui. L'elfo voltò le spalle e se ne
andò in
fretta.
''Aragorn...!'' lo chiamò Gimli, vedendo il ramingo
abbassare
il capo. Egli voltò il viso verso di lui e gli sorrise, un
sorriso
sforzato. ''Tutto bene?'' chiese il nano, cauto. Il sorriso di Aragorn
vacillò, scosse la testa e sentì gli occhi
riempirsi di
lacrime. Gimli sospirò, e gli poggiò una mano sul
braccio, in segno di conforto. ''Lo sai che non è del tutto
colpa
sua, Aragorn.'' disse. ''Lo so.'' riuscì a dire.
La loro attenzione cadde sul loro amico, e decisero di trasportarlo
sino
alla riva. Il percorso fu breve. Deposero
Boromir al centro di una delle imbarcazioni che l'avrebbe trasportato
via. Posarono la sua spada sul petto, e accanto a lui il corno
spaccato.
Slegarono l'imbarcazione funebre nelle quale giaceva Boromir, calmo,
sereno. Egli scivolò poi via in seno ai flutti. La corrente
lo
trascinò con sè, mentre i suoi compagni
osservavano la
barca allontanarsi, fino a diventare una macchia scura contro la luce
d'orata; poi scomparve. I due rimasero a lungo in silenzio, con lo
sguardo perduto
là dov'era scomparsa l'imbarcazione. Aragorn, in ricordo
dell'amico, aveva preso i suoi bracciali e li mise, per poi
dare
un'occhiata veloce sulla sponda orientale. ''Non intendi seguirlo,
vero?'' chiese Gimli. ''Il destino di Frodo non è
più
nelle nostre mani.'' rispose Aragorn.
''Allora è stato tutto vano.'' sussurrò,
abbassando il
capo e poggiando il braccio sull'ascia. ''La Compagnia ha fallito.'' Il
ramingo sospirò, avvicinandosi al nano poggiandogli una mano
sulla spalla. ''No, se siamo fedeli l'uno a l'altro. Non abbandoneremo
Merry e Pipino ai tormenti e alla morte. Non finché
ci
resterà forza. Lascia tutto ciò che non ti
occorre,
viaggeremo leggeri.'' esclamò, rifoderando il suo pugnale.
''Andiamo a caccia di Orchi!'' concluse deciso.
E i due scattarono come daini, saettando tra gli alberi. Andavano
veloci, lasciandosi finalmente alle spalle la foresta.
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Capitolo 7 *** VII ***
The devil within (8)
VII
Imboscata
Legolas si era lasciato indietro i boschi intorno al lago, andando
lontano, sempre più avanti, instancabile e rapido. Aveva
avanzato per due giorni di seguito quasi senza sosta nelle lunghe ore
nuvolose interrotte qua e là da un raggio di sole.
Attraversava
la vasta solitudine, e il suo mantello elfico si stemperava nello
sfondo delle pianure grigio-verdi. Il secondo giorno era già
sul
finire quando toccò lunghi pendii senza alberi che
conducevano
a una linea di bassi colli tondeggianti. Nulla si muoveva, non vi era
visibili segni di uomini o animale. Tutta la regione era vuota, ma il
silenzio che regnava non pareva la quiete della pace. Da quando era
giunto ai piedi dell'Emyn Muil, aveva avvertito un'oscura potenza che
sembrava man mano sembrava avvolgere le terre di Rohan. Davanti
a sè, a nord-ovest, vide la buia foresta di Fangorn; le sue
propaggini ombrose distavano ancora una decina di leghe. Dalla foresta
sbucava l'Entalluvio. La pista degli Orchi deviava dalle colline e si
dirigeva al fiume.
...
Era l'alba del terzo giorno quando aveva lasciato la pista degli Orchi
che erano stati brutalmente trucidati dai cavalieri di Rohan, alle
pendici della buia foresta di Fangorn. Cavalcava lungo le vaste
pianiure, lasciando che il vento gli sfiorasse il viso, godendo del
momento di tranquillità che aveva, e ascoltando il suono
degli
zoccoli che colpivano il terreno. Chiuse gli occhi, lasciandosi
accarezzare dal vento. E poi udì una voce. Sorrise; sapeva
perfettamente di chi si
trattasse.
Hai compiuto delle
grandi gesta... ne sono molto soddisfatto.
La Sua voce si fece chiara nella sua mente, e Legolas
rimase un
attimo silenzioso. Poi rispose, usando il pensiero:
Vi ringrazio, mio
Signore.
Ho un'altro compito per te,
ora che hai guadagnato la mia fiducia.
Che cosa?
Saruman
ha il controllo della mente di Re Theoden, Signore di Rohan. Ma temo
che non resisterà a lungo; qualcosa si avvicina, e
può
costituire una minaccia. Voglio che tu vada da lui, a Isengard, per
vedere se riuscirà l'ultimo dei suoi incarichi; distruggere
Rohan. Se
fallirà ancora una volta, non esitare ad ucciderlo. E' solo
un folle, accecato
dal potere, niente di più.
E
con quello, abbandonò la mente dell'elfo. Arod
nutrì,
spingendo la testa all'indietro e attirando l'attenzione di Legolas che
gli accarezzò il collo. Disse qualcosa in elfico, e il
cavallo
scattò subito al galoppo, cavalcando veloce come il vento.
Raggiunse Isengard due giorni dopo. Aveva cavalcato senza sosta, senza
guardarsi indietro, e mantenendo una velocità costante. E
dovette ammettere che Arod era un cavallo molto forte. Si
fermò ammirando i cancelli davanti a sè, e si
guardò attorno; gli alberi erano stati sradicati, fino alla
radice, lasciando posto a una landa desolata, e grigia. La torre di
Isengard si ergeva, in tutta la sua immensa grandezza, in mezzo a
quella terra spoglia.
Legolas, continuando a stare su Arod, si avviò ai cancelli
che
si aprirono subito. Oltrepassato l'ingresso, gli Orchi indietreggiarono, intimoriti dallo sguardo severo e gelido dell'elfo, lasciando che
avanzasse. Legolas sorrise quasi compiaciuto; avevano ragione a temerlo.
Continuò a camminare verso la Torre, e guardandosi attorno
poteva scorgere molti Uruk-hai armati; sembravano prepararsi per una
grande battaglia. Molto probabilmente dopo uno o due giorni sarebbero
aumentati di numero, arrivando forse a diecimila.
Quando raggiunse le porte della Torre, Legolas scese dal cavallo e vide
alcuni Orchi avvicinarsi. ''Non vi avvicinate a lui!''
esclamò
l'elfo, con tono severo. ''Non si fa toccare da
nessun'altro, figuriamoci da voi.'' accarezzò
affettuosamente il muso dell'animale che spinse la testa verso il suo petto, a mo' di carezza. ''E non c'è bisogno
che lo
leghiate; non si muoverà da qui, e attenderà il
mio
ritorno.'' l'elfo gli sussurrò qualcosa nella sua
lingua, poi si diresse verso le porte ed entrò
salendo una
lunga scala a chiocciola. Si fermò appena raggiunse una
stanza, dove sembrava essere passata
una tempesta; il pavimento lucido era coperto di carte e libri, di
scaffali buttati sul pavimento, e l'unica fonte di luce era una misera
candela consumata lasciata su una scrivania di legno. Legolas
alzò un sopracciglio; aveva reputato Saruman un mago
ordinato.
Avanzò, stando attento a non incampare e salì
un'altra
rampa di scale.
Raggiunse un'altra stanza, molto più ampia, e fu
lì che
Legolas vide lo Stregone bianco. Era affacciato al proprio
balcone, e sembrò non accorgersi della presenza dell'elfo.
Quest'ultimo fece per avvicinarsi a lui, ma la
sua attenzione venne catturata da qualcosa coperto da un manto
nero, poggiato su un grande piedistallo di marmo. Legolas
lanciò
una veloce occhiata allo Stregone, lo vide ancora voltanto di spalle, e
incuriosito avvicinò la
mano per scoprire il misterioso oggetto. ''Non toccarlo.'' L'elfo
sussultò di colpo quando udì la voce chiara e
forte del Bianco. ''Mi hai... spaventato.'' ridacchiò
Legolas. ''Credevo non mi avessi sentito arrivare.''
Lo Stregone si voltò lentamente verso l'elfo, avanzando di
pochi passi. Legolas rimase immobile, e i due si guardarono per pochi
istanti. Saruman sembrava avere un espressione quasi furiosa, mentre
Legolas
sorrideva beffardo.
''Che cosa ci fai qui?'' sbottò lo
Stregone. Ma l'elfo non cambiò espressione. ''E' stato Lui a
mandarmi qui per vegliare su di te. Qualcuno deve pur assicurarsi che tu faccia bene il tuo lavoro.'' gli rispose semplicemente.
''Non ho bisogno di essere controllato da un Principino elfico dalle
orecchie a punta!'' ribattè Saruman. ''Sono un grado di
gestire
le cose da solo.'' a quel punto l'elfo gli
si avvicinò. ''E invece sembra proprio invece che tu non sia
riuscito nel tuo intento!'' gli disse beffardo. Il vecchio non rispose, e gli diede nuovamente le spalle.
Il Principe sospirò. ''E' successo, vero? Re Theoden
è stato
liberato dall'incantesimo. Ma com'è possibile? Chi altro
poteva tenerti testa?''
disse, col volto serio. ''Gandalf.'' rispose Saruman, e quando
l'elfo sentì quel nome si irrigidì, e
spalancò gli
occhi.''Gandalf?'' ripetè, in un sussurro. ''Ma lui
è-''
''No,'' lo interruppe il Bianco, voltandosi verso di lui. ''è
stato rimandato qui per terminare il suo compito, per guidare
ancora una volta i restanti membri della Compagnia.'' l'elfo
girò la testa di lato serrando le mani in pugni. ''Dovrebbe
essere morto!'' sibilò con rabbia, quasi urlando. ''Ma
invece
è vivo. Sembra che tu non sia riuscito nel tuo intento,
elfo.''
ribatte' Saruman, e Legolas lo fulminò con uno sguardo
gelido.
Poi sospirò, incrociando le braccia al petto. ''E dimmi,
adesso
che cosa hai intenzione di fare, Stregone?'' chiese, allontanandosi per
poggiarsi con le spalle contro il muro. Saruman rimase un momento
silenzioso, poi parlò;
''Re Theoden penserà al bene del suo popolo, e lo
condurrà al Fosso di Helm. Partiranno in fretta,
lasciando la città. E' una
strada difficoltosa, poichè si trova vicino ai Monti. E
porteranno
con sè donne, anziani, bambini e bestiame; per questo si
muoveranno
molto lentamente.''
''Momento!'' lo interruppe l'elfo, ''come fai ad esserne sicuro?''
''Ho le mie buone spie.'' l'altro rispose, quasi sorridendo.
''Ohhh... molto astuto.'' esclamò il Principe accennando a
un
sorriso. ''Ma ti ricordo che Theoden non sarà solo; ci
sarà anche Aragorn, il quale non si lascerà
intimorire di
certo da un gruppo di Orchi, e poi c'è Gimli che, nonostante
non
sia veloce, ha una forza brutale quando mette i piedi a terra. Non
sarà così
semplice.'' disse Legolas, con tono quasi assente senza degnarlo di uno
sguardo. Ma quando udì la sua risposta, alzò
velocemente
il capo.
''Per questo sarai tu a guidare quest'imboscata.'' gli aveva
detto,
lasciandolo per un attimo senza parole. L'elfo alzò un
sopracciglio, e una risata aspra uscì dalle sue labbra. ''Un
elfo che guida un branco di Orchi
senza cervello...?'' replicò, con un certo sarcasmo. Rise
ancora. ''Ma dici sul serio, vecchio?'' Poi, vedendo come Saruman lo
stesse guardando, smise di ridere immediatamente e si zittì.
''Sono serio.'' parlò lo Stregone. ''Ti sto offrendo la
possibilità di avere il controllo sugli eserciti di
Isengard, e
di essere il loro Capitano. Non sei costretto ad accettare sai? Puoi sempre fare per conto tuo, per non spocarti quelle belle manine di sangue.'' disse Saruman con una certa ironia.
''Sono disposto a macchiarmi del sangue di chiunque si metta contro la mia strada.'' sibilò l'elfo.
''E poi, noi due abbiamo lo stesso obbiettivo. Potremmo unire le nostre forze, e fare finta di essere dei buoni compagni.''
''Ci proverò allora." rispose il Bianco. L'altro sorrise e gli tese una mano. "Allora, compagni?" chiese. Il Bianco rimase un attimo silenzioso, e poi glie la strinse. "Va bene." disse, riluttante. L'elfo sorrise soddisfatto. "Allora, immagino che il nostro obbiettivo sia Aragorn, dico bene?" chiese. "Esatto." disse Saruman. "E spero sia vero che voi elfi abbiate una mira perfetta. Quel ramingo non deve salire al trono di Gondor."
Una strana luce si accese nelle iride scure dell'elfo, mentre le labbra
si piegarono in un sorriso perfido.
''Non avrà nemmeno il tempo di guardarmi che sarà
già morto.'' lo disse con un tono talmente venefico e
agghiacciante che Saruman ebbe un brivido lungo la schiena,
perché mai aveva sentito così tanto odio nella
voce di un
elfo. Si voltò e con un cenno del capo lo invitò
a
seguirlo.
I due uscirono dalla Torre e raggiunsero quella che per Legolas
sembrava una 'miniera'; intorno a lui numerosi Orchi lavoravano nella
forgatura di spade, lame, elmi, scudi... tutto ad un ritmo frenetico
che non aveva fine. Sembravano veramente un esercito che si prepava a
una grande battaglia. L'aria era soffocante e molto calda, e
Legolas si sentì la gola bruciare. Il suo udito, nonostante
la
lontananza, percepì dei rumori; erano feroci versi di
mannari.
Sembravano che si stessero scannando tra di loro. Poi Saruman si
fermò, e Legolas vide davanti a
sè una profonda
conca scavata nella terra, e dentro era pieno di quelle
bestie, grandi come orsi, dotati di
una lunga fila di denti affilati e con gli occhi innondati di odio.
L'elfo rimase immobile, osservandoli. ''Sei in grado di gestire un
gruppo di Orchi in sella a dei mannari selvaggi, elfo?'' chiese
Saruman.
''Non mi fanno paura, se è quello che pensi.''
esordì
Legolas accennando a un sorriso.
Allora Saruman si rivolse ad un Orco che si trovava accanto a lui.
''Preparate i mannari.'' ordinò, poi riportò
l'attenzione
su Legolas, ''E credo che sia meglio anche per te prepararti,''
gli
osservò per un attimo i vestiti. ''sicuramente abbiamo
qualcosa
di meglio di questi stracci.'' gli mosse il manto elfico col bastone.
''Molto premuroso da parte tua.'' commentò Legolas,
portandosi
una mano sulla spilla che chiudeva il mantello elfico, se la tolse
lasciandola poi cadere a terra. ''In effetti, non ne ho bisogno. Chiedo
solo di tenere le mie armi; sono le uniche cose che non voglio
cambiare.'' disse. Saruman annuì, per poi allontanarsi
seguito
dall'elfo. ''Ah, e non credere che io cavalchi una di quelle
orribili bestie. Preferisco usare il mio cavallo!'' chiarì
bene
quest'ultimo.
''Come desideri,'' rispose Saruman con disinteresse. Poi si
fermò, voltandosi di scatto verso di lui. ''Un momento; sei
venuto a cavallo?'' l'elfo incarnò un sopracciglio poggiando
le
mani sui fianchi. ''Perchè ovviamente sono arrivato qui in due giorni con la forza delle mie gambe! Oh, stregone, certo che no!"
sbottò.
''E dimmi, dove l'hai preso un cavallo? Non è sicuramente
sbucato dal nulla in mezzo a delle pianure desolate.''
''Posso dirti che è stato..." si fermò cercando la parola giusta. "un regalo?''
''Spiegati meglio.''
Legolas si schiarì la voce, e cominciò a
raccontare;
''Mi trovavo nelle pianure di Rohan e stavo seguendo le tracce
degli Uruk-hai. Fu allora che vidi degli Uomini a cavallo venirmi
incontro. Non potevo nascondermi, e in pochi istanti mi ritrovai
completamente circondato da questi Cavalieri. Io non feci nulla;
attaccarli era del tutto inutile e stupido, anche perché
erano in gran numero... e inoltre mi stavano puntando
delle lance contro. Un certo... Eomer di Rohan si fece avanti,
cominciando a pormi domande su domande, sospettando che fossi una delle
tue spie. Una vera seccatura! Comunque, lo assecondai raccontandogli
tutto ciò che era successo; della partenza da Gran Burrone, del viaggio a Moria e della perdita di Mithrandir, della sosta a Lorien,
dell'attacco a sorpresa su Amon-Hen, e infine del rapimento di due membri che
facevano parte della Compagnia. Sia chiaro, in parte ho dovuto mentire,
e gli ho fatto capire che non avevo cattive intenzioni. Infine, si
ritrovò a dover fare una scelta; rendermi un suo
prigioniero e portarmi a Edoras, o lasciarmi andare.''
''E che cosa ha scelto?'' chiese Saruman. L'altro piegò le
labbra in un sorrisetto. ''Secondo te?'' domandò. ''Ed ora
eccomi qua, ed ecco spiegato perché adesso ho un destriero;
sono stati loro a donarmelo. Direi che sono stato piuttosto convincente!'' disse, e lo superò. Poi si
voltò per guardarlo. ''Allora,
andiamo? Non indugiamo oltre.'' fece un cenno col capo prima di
riprendere a camminare. Saruman sospirò affiancandosi all'elfo.
...
Quando Aragorn e Gimli si addentrarono nella buia foresta di Fangorn
alla ricerca dei due giovani hobbit, incontrarono Mithrandir, tornato
per compiere la sua missione. Ed era conosciuto come Gandalf
il
Bianco, e non più Gandalf il Grigio. Aveva raccontato di
quello
che era successo a Moria, dello scontro contro il Barlog di fuoco, e di
aver incontrato Merry e Pipino, che ora erano sotto la protezione di un
Ent, un guardiano della Foresta, chiamato anche Balbalbero. Aragorn e
Gimli raccontarono le vicende dopo Moria; da quando avevano stostato a
Lothlorien, dall'attacco degli Uruk-hai a Hamon Hen, e infine parlarono
di Legolas, e di cosa gli fosse successo a causa dell'Anello.
Quando gli raccontarono dell'ultimo avvenimento, Gandalf non sembrava
sorpreso; ''Temevo che sarebbe accaduto,'' aveva detto. ''Avevo i miei
dubbi, dopo il suo comportamento al Consiglio di Erlond. Ma dopo quello
che è successo a Moria -e grazie al vostro racconto- i miei
sospetti ora sono chiari; Legolas è stato accecato dal
Potere
dell'Unico. Ormai è al servizio dell'Oscuro Signore.''
Aveva poi condotto Aragorn e Gimli a Edoras, la casa di Theoden,
Signore del Mark e di Rohan. Da molto tempo la mente del Re era stata
avvelenata dal potere di Saruman, e dalle parole velenose di
Vermilinguo, un uomo al servizio dello Stregone bianco. Ma Gandalf
riuscì a liberarlo dall'incatesimo oscuro, e ora Theoden
aveva
ordinato che la città fosse abbandonata, perché
avrebbe condotto il suo popolo al fosso di Helm. Tutto fu subito
pronto; donne, anziani e bambini abbandonarono le loro case, portandosi
solo il necessario per viaggare. L'unico a non partire insieme a
Theoden fu Gandalf; temeva per Rohan, e che il fosso di Helm poteva
divenire una trappola, e non più la loro salvezza. Per
questo
sarebbe partito alla ricerca di più uomini.
Confidò in
Aragorn che le difese della fortezza dovevano sorreggere, e che sarebbe
rimasto accanto a Theoden per aiutarlo.
All'alba del quinto
giorno, guarda ad est. Furono le sue ultime parole, prima
di partire.
Il Re cavalcava in testa, insieme ad
Aragorn e i suoi Uomini. Galopparono a velocità costante,
restando al passo con il popolo, e avanzarono per due giorni sostando
solo di notte, non accendendo fuochi essendo la situazione incerta; ma
tutt'intorno le sentinelle montarono la guardia. All'alba del terzo
giorno suonarono i corni, e in meno di un'ora erano di nuovo in
cammino.
In cielo non si scorsero nubi, e il sole sorgeva alto e
mancavano solo alcune leghe per raggiungere il fosso di Helm. Theoden e
il suo popolo avanzava lento nella vasta e verde pianura di Rohan, dove
un silenzio quasi tombale incombeva nell'aria. Due Cavalieri avanzarono
per controllare le zone più vicine, allontanandosi
così
dalla vista del Re. Ma non sfuggirono a quella di qualcun'altro;
infatti Legolas si trovava sopra una roccia e con il suo sguardo
seguiva
attentamente i movimenti dei due Cavalieri, dietro di se' aveva una
schiera di mannari. Gli Orchi che li cavalcavano brandivano asce e
spade, pronte a far cadere quante più teste possibili. Il
Principe
sentiva chiaramente che erano spazientiti, e udiva le loro aspre voci
che si lamentavano di continuo. ''Quando attacchiamo? Voglio infilare
la
mia spada nella loro carne!'' sbottò uno di loro che si
trovava
accanto all'elfo. Quest'ultimo non gli rispose subito, ma poi si
voltò
raggiungendo Arod. ''Stanno arrivando; mettetevi in posizione!'' disse,
rivolgendosi alla schiera di Orchi. ''Due cavalieri stanno ispezionando
le zone vicine...'' si rivolse poi all'orco che aveva accanto.
''occupati di loro.'' egli annuì balzando poi sul suo
mannaro,
allontanandosi veloce.
''Il resto con me! Attaccate solamente al mio segnale.'' gridò
Legolas salendo su Arod, si portò le mani dietro la schiena
alzandosi il cappuccio. Fece un fischio in direzione di uno degli Orchi vicino a lui. Questo gli si avvicinò. "Devi fare qualcosa per me.'' disse l'elfo
abbassando la voce. L'altro annuì, e a quel punto Legolas
continuò; ''Tra i Rohirrim c'è un Ramingo del
Nord,
nonché l'erede di Isildur...'' si fermò,
voltandosi verso
l'orco. ''Devi aiutarmi a ucciderlo.'' sibilò infine. Lo
vide
ghignare divertito. ''Come vuoi che lo uccida?'' gli disse.
Legolas rimase un attimo silenzioso, pensandoci bene. ''Fammi contento, fargli fare una bella caduta
giù
dal dirupo.'' rispose afferrando una delle sue frecce, ma rispetto
alle altre aveva le piume rosse, e un liquido nero
era stato versato sulla punta coprendola del tutto.
Dall'altra parte i due cavalieri continuarono a ispezionare le zone
circostanti, poi improvvisamente uno dei loro destrieri si
fermò senza che il suo padrone impartisse ordini.
''Hàma,
cosa c'è?'' chiese l'altro, fermandosi accanto a lui.
Notò che il suo cavallo era agitato, come se percepisse un
pericolo vicino. ''Non lo so...'' sussurrò,
guardandosi attorno allarmato, non riuscendo a vedere il mannaro che si
trovava sopra le loro teste, su per una collina. Poi la bestia
attaccò; balzò giù dal dirupo addosso
ai due
cavalieri, azzannandoli entrambi. Le loro grida di dolore si dispersero
nell'aria, arrivando alle orecchie di Aragorn. Rimase immobile per un
attimo, poi corse nella direzione dei cavalieri e gli si
mozzò
il fiato quando li vide entrambi feriti a morte.
Legolas si portò il corno alle labbra ed esso suonò chiaro e forte. Gli
Orchi scattarono veloci dividendosi in piccoli gruppi. In quel
momento Aragorn alzò lo sguardo e vide altri mannari venire
nella loro direzione. Davanti a loro cavalcava il più alto
di
tutti; alto e fiero, dai lunghi capelli biondi, e dallo sguardo
penetrante. ''Legolas...!'' Il Ramingo tornò sui
suoi passi, e Theoden gli andò
incontro a cavallo. ''Aragorn!'' lo chiamò. ''Cosa succede?
Cos'hai visto!?''
''I mannari! Ci attaccano!'' egli rispose, e subito il panico prese il
sopravvento tra le persone, che cominciarono a sparpagliarsi attorno,
rompendo quella fila che si era creata durante il viaggio. Le donne
gridarono impaurite, i bambini si strinsero contro le loro madri.
Nonostante l'attacco a sorpresa, Theoden non si lasciò
intimorire. ''Tutti i Cavalieri i testa alla coda!'' ordinò
voltandosi verso i suoi uomini, poi si avvicinò a una
giovane
fanciulla dai capelli biondi.''Eowyn, devi condurli al fosso di Helm.''
''Posso combattere!'' ribatte' la Dama di Rohan, ma venne interrotta
dal Re. ''No! Fallo per me.'' Egli la vide annuire, e poi riuscire a
condurre la popolazione il più lontano possibile. Aragorn
balzò su Hasufel con spada in pugno, affiancandosi poi al Re
e i magnifici destrieri di Rohan, pronti a dar battaglia. Le
lance scintillarono, e le chiome bionde dei cavalieri oscillarono
contro il vento. Gli occhi chiari del ramingo erano puntati su una
singola figura; Legolas, e non avrebbe mai pensato che un giorno
sarebbe andato contro di lui. Scacciò gli innumerevoli
pensieri
che gli occupavano la mente, e si concentrò sulla
battaglia; ormai Legolas era divenuto un loro nemico.
E poi fu battaglia.
I mannari piombarono feroci sui poveri uomini, ferendoli con i denti e
gli Orchi finivano il loro lavoro brandendo le loro asce e spade
ricurve, riuscendo a far cadere quanti più uomini possibili.
I
cavalieri combatterono con tutte le loro forze, come se non ci fosse
un domani, tentando di sfuggire ai denti affilati di quelle imponenti
bestie, permettendo alla carovana, sotto la guida della principessa di
Rohan, di arrivare a valle. Theoden fendeva l'aria con la sua
spada, assestando colpi mortali ai mannari, incoraggiando i suoi uomini
a combattere per proteggere la gente di Edoras. Aragorn abbatte' quanti
più nemici possibile e la terra venne imbrattata del loro
sangue
nero. Gimli combatteva a terra, e con l'ascia dalla lama nanina
troncava gambe e ginocchia con una forza a dir poco brutale. I
cavalieri scoccarono le loro frecce che, veloci come il vento, si
conficcavano
negli addomi e nelle fronti dei nemici.
Improvvisamente, una chioma bionda si stagliò contro il
sole, in
groppa ad un bianco destriero. Afferrando arco e frecce, Legolas
colpì abilmente con i suoi dardi che non mancarono nessun
bersaglio. Freccia dopo freccia scoccò, e molti dei
destrieri di
Rohan caddero al suolo come foglie d'inverno. Continuò ad assestare
dardi con una mira perfetta, schivando con agilità i colpi
di
freccia o spada dei cavalieri. E Arod cavalcava veloce, instancabile
come il suo padrone che ancora non si saziò di tutta quella
morte che stava spargendo; abbandonò l'arco ed impugnò la spada, assestando veloci
fendenti; il sangue degli uomini scorreva fresco sulla sua lama. Fu
allora che lo vide; il re senza corona, il
ramingo. Intorno a lui vi erano nemici che cadevano sotto i suoi colpi.
Ripose
immediatamente la spada, imbracciando l'arco e
afferrando quell'unica freccia che aveva lasciato soltanto per lui.
Arod continuava a cavalcare, senza fermarsi.
''Più a destra...'' sussurrò l'elfo. Arod
eseguì
il suo ordine. ''Più veloce...'' e gli zoccoli del cavallo
scalpitarono contro il terreno. ''Ancora un po' vicino...!'' Tese la
corda, e
fu in quel momento che Aragorn fece voltare Hasufel, e i suoi
occhi chiari incrociarono quelli scuri dell'elfo. Fu solo un attimo,
prima che Legolas scoccasse la freccia colpendolo poco sotto la spalla.
Un gridò di dolore uscì dalle labbra del ramingo,
ed egli
cadde dal suo destriero. Chiuse gli occhi, cercando di resistere al
dolore e con molta fatica tentò di rimettersi in piedi. Fu
allora che accadde; uno dei mannari si staccò dal gruppo
correndo in direzione del ramingo. L'orco che sedeva sopra la bestia
gli afferrò il braccio stringendolo in una morsa. Nonostante
il
dolore alla spalla, Aragorn tentò di dimenarsi colpendolo
con il
suo pugnale, e con orrore si accorse di avere un polso incastrato nei
legacci che
agganciavano la sella al dorso dell'animale. Il dirupo si avvicinava
sempre di più e il mannaro non pareva rendersene conto. Ma
Aragorn sì. Arrivati a pochi metri dal dirupo, l'orco
smontò da sopra la bestia che si lasciò cadere
verso il fiume sottostante, con ancora il ramingo agganciato al
fianco.
Legolas aveva assistito a tutta la scena, e sorrise soddisfatto nel vedere Aragorn precipitare giù dal
dirupo.
Ripose l'arco in spalla e spinse lo sguardo fin dove poteva, scrutando
il fiume. ''Sei stato bravo, Mellon
nin.''
sussurrò accarezzando il collo dell'animale, e si
ritirò dalla battaglia, ormai conclusa.
''Aragorn!'' Gimli si guardava attorno, per scorgere lo sguardo
dell'amico. Vide i cadaveri di molti caduti, e alcuni feriti che
venivano messi sopra i cavalli aiutati da altri del tutto illesi.
Cominciò a esaminare ogni corpo che incontrava nel suo
cammino,
ma non vide quello del ramingo. ''Aragorn!'' gridò ancora,
sperando con tutto il cuore che fosse ancora vivo. Un debole gemito
attirò la sua attenzione, e quando si voltò vide
un orco
steso a terra. Aveva molte ferite da pugnale sull'addome, e il sangue
nero usciva copioso, ma respirava ancora. Gimli gli si
avvicinò
puntandogli pericolosamente l'ascia alla gola. ''Dimmi che cosa
è successo, e ti faciliterò la cosa!'' disse con
rabbia,
ma l'orco ghignò divertito. ''Ha fatto... una piccola caduta
giù dal dirupo...'' riuscì a dire debolmente tra
le
risate, prima di emettere il suo ultimo respiro. Il nano rimase
immobile, incredulo alle parole dell'orco; chi diceva che in
realtà gli stesse mentendo? Intravide un luccichio nella sua
mano, e ne afferrò il contenuto; un ciondolo bianco.
Gli occhi del nano si spalancarono quando si rese conto che quella
collana era di Aragorn.
Quando alzò il capo vide un dirupo davanti a se, si
avvicinò guardando il fiume sottostante. ''Aragorn...''
sussurrò, con gli occhi lucidi, rendendosi conto della fine
amara dell'amico. Sentì dei passi alle sue spalle. ''I
feriti
sui cavalli. Lasciate i morti.'' Gimli si voltò di scatto
verso
il Re, aprì la bocca per dire qualcosa ma uscì
soltanto
un sospiro. Theoden gli mise una mano sulla spalla, e chinò
il
capo. ''Mi dispiace.'' Gimli osservò ancora una
volta il
fiume, e anch'egli abbassò la testa. ''Vieni.'' disse
l'altro,
per poi allontanarsi. Gimli si fece forza, impedendo alle lacrime di
uscire dagli occhi, e seguì il re. Due uomini lo sollevarono
posandolo sopra a uno dei cavalli, e nonostante fosse circondato da
molti cavalieri, non si sentì così solo in tutta
la sua
vita.
Ripresero la loro
marcia, e finalmente raggiunsero il Fosso di Helm...
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Capitolo 8 *** VIII ***
The devil within (9)
VIII
Un
nuovo alleato
Un cavallo bianco
correva veloce, splendente
sotto i raggi del sole. La sua bardatura scintillava e sfavillava come
gemme brillanti simili a stelle vive. La cappa scura del cavaliere
sventolava dietro, il cappuccio gli ricadeva sulle spalle, e i capelli
dorati ondeggiavano al vento. I suoi occhi color cielo
osservarono attentamente tutto ciò che lo circondava. Il
giovane continuò a cavalcare veloce, mentre la
paura si impadroniva di lui, e il suo cuore scalpitava contro il suo
petto.
Da molti giorni aveva
lasciato Gran Burrone per ordine di Re Elrond;
quest'ultimo aveva avuto una visione di un terribile episodio che
sarebbe
presto accaduto all'erede di Isildur, portandolo forse alla morte. E
lui sarebbe partito per impedire che ciò accadesse.
Raggiungere le pianure di Rohan aveva richiesto molti giorni di
viaggio, e quasi mai
si concesse una breve sosta, temendo di arrivare troppo tardi. E
adesso, mentre cavalcava tra gli alberi fitti, quel pensiero lo
tormentò nuovamente. Il suo cuore sembrava dirgli che
qualcosa di
terribile era successo. Il giovane elfo spronò il cavallo ad
andare più veloce. ''Avanti!'' egli gridò, ma
poco dopo
rallentò il destriero e si fermò, volgendo lo
sguardo
verso dei cespugli.
Vicino alla riva di un limpido fiume, giaceva immobile, piegato su un
fianco, l'erede di Isildur. Il giovane smontò subito da
cavallo avvicinandosi subito
al ramingo, e lo stese a pancia in su'. Aveva la pelle pallida, e il
respiro appena percettibile. Il suo sguardo cadde subito sulla ferita
alla spalla; la scoprì strappando un pezzo della sua veste e
la
sfiorò con la punta delle dita. L'espressione sul suo viso
si
fece grave. ''Spero di non essere arrivato troppo tardi...''
sussurrò. Lo guardò ancora in viso, e
capì che
doveva essere stato colpito da una freccia avvelenata, e ormai il
veleno scorreva già nel sangue. Ma Aragorn
fortunatamente
respirava ancora, anche se con molta fatica.
L'elfo sollevò il suo corpo sul dorso del suo
destriero, che si inginocchiò per permettere ad Aragorn di
poggiarsi contro il suo collo. L'altro balzò subito dietro
di
lui, stando attento che non cadesse. Lo sentì gemere di
dolore
mentre stringeva la criniera del destriero. ''Cerca di resistere. Ti
porteremo in salvo.'' gli sussurrò, e volgendosi al cavallo
disse con voce chiara nella lingua elfica; '' Noro lim, noro lim, Asfaloth!''
E il destriero balzò in avanti, veloce come il vento.
Il sole stava già tramontando, per lasciare spazio al dolce
crepuscolo, quando l'elfo giunse finalmente il fosso di Helm.
Sospirò, sollevato di essere giunto in fretta, e si
affrettò a raggiungere il cancello. I Cavalieri alla guardia
della porta osservarono lo sconosciuto, riconoscendo la figura
seduta davanti a lui; era Aragorn. Subito vennero aperte le porte e
l'elfo entrò, raggiungendo la cima del fosso. E lo stupore
si
sollevò tra la folla incredula.
''E' ancora vivo!''
''Come ha
fatto a sopravvivere?''
''Che siano
benedetti i
Valar!'' loro dicevano,
osservando il cavaliere misterioso. Dama Eowyn si fece spazio tra la
gente,
sentendo tutto quel trambusto. E appena lo vide, i suoi occhi divennero
lucidi. ''Aragorn!'' L'elfo smontò da cavallo, e
vide una
giovane fanciulla avvicinarsi a lui e prima che ella potesse dire una
parola, disse; ''E' stato colpito da una freccia Morgul. Ha il veleno
nel sangue!'' e la sua voce era una
melodia alle orecchie della dama. ''Portatelo in una stanza, e prendete
delle erbe curative. Presto!'' Eowyn annuì e alcuni
volontari
sollevarono il corpo del ramingo, portandolo subito dentro il palazzo.
Eowyn si rivolse al cavaliere con un sincero 'grazie'. Lui non le
rispose, si limitò a sorridere. ''Per tutti i Durin, che
cosa
sta succedendo!? Fatemi passare!'' l'elfo si voltò in
direzione
di quella voce profonda, e vide un giovane nano dalla barba rossa
avvicinarsi alla dama. ''Mia signora, è vero quel che
dicono?
Aragorn è sopravvissuto alla caduta, ed ora è
qui?''
chiese, con la speranza nel cuore. ''Si. Sire Aragorn è
qui.''
ella rispose. ''E tutto grazie a questo nobile cavaliere.'' e solo
allora Gimli sembrò accorgersi dell'individuo che era
accanto
alla dama. Aggrottò le sopracciglia, guardandolo in viso,
coperto però dall'ombra a causa del cappuccio.
L'elfo rimase a guardarlo ancora qualche istante. ''Siete voi Gimli,
figlio di Gloin?'' chiese poi. Il nano annuì, e stava per
chiedergli come sapesse il suo nome, ma l'altro non gli diede tempo per
replicare; si abbassò il cappuccio rivelando un viso
giovane,
incorniciato da una chioma di capelli biondi, un po' mossi, e non
perfettamente pettinata. I suoi occhi erano blu come il cielo, e la
pelle bianca come il latte. Le sue
labbra rosee si schiusero in un sussurro; ''Siete un membro della
Compagnia dell'Anello, allora. Conoscevate senza dubbio Legolas
Verdefoglia.''
A sentir quel nome, il nano strinse i denti e borbottò
qualcosa
nella sua lingua. Ma poi disse, nella lingua corrente. ''Si. Lo
consideravo un amico, almeno da parte mia.'' l'elfo annuì,
poi
si rivolse alla dama. ''Se posso chiedere, a chi devo affidare
la
custodia del mio amico?'' chiese, accarezzando il muso dell'animale.
''Lasciate che sia io a portarlo nelle stalle, ve ne prego.'' ella
rispose. Allora l'elfo lasciò l'animale alla dama, entrando
poi
nel palazzo e Gimli lo seguì. Chiese ad una donna di
passaggio
dove fossero le stanze per i feriti, e lei gli indicò la
strada.
''Qual'è il vostro nome, Mastro elfo? E vorrei sapere come
fate
a conoscere il mio.'' chiese Gimli. ''Voi vi fidate di me?'' chiese a
sua volta l'elfo. ''Non so più di chi fidarmi.'' rispose il
nano, e l'altro si fermò di colpo. ''Il mio nome
è
Glorfindel. E per ordine di Elrond sono stato mandato qui per
aiutarvi nella vostra impresa.'' si voltò verso il nano, e
gli
rivolse un sorriso. ''Di me potete fidarvi, Mastro Gimli. Ma
comunque... siete libero di non farlo.''
Raggiunsero infine la stanza dove Aragorn era stato steso su un letto,
con addosso solo i pantaloni, e tre persone tentavano di tenere fermo
il suo corpo scosso da movimenti erratici. Vi era una ciotola, delle
bende e varie erbe curative. Si tolse immediatamente il mantello
lanciandolo su una sedia presente nella stanza. ''Avete dell' Athelas?''
chiese, osservando il volto del ramingo che diveniva contratto
dalle smorfie di dolore a causa della ferita. Uno degli uomini
annuì, e andò alla ricerca di alcune Foglia di
Re.
''Tenetelo giù.'' ordinò prima di avvicinarsi.
Mise la mano sul suo petto e lo bloccò sul
letto, ripetendo di nuovo. ''Tenetelo giù!''
L'uomo tornò nella stanza con in mano l'erba curativa.
L'elfo la
prese e la impastò tra le dita, infine la posò
sulla ferita. Un urlo di dolore
uscì dalle labbra del ramingo, ma l'elfo riuscì a
tenere
ferma quella spalla e sussurrò una frase che sarebbe servita
a dare aiuto ai poteri dell'athelas.
''Menno o nin na hon... i eliad
annen annin... hon leitho o ngurth.''
(Fate
che la grazia che mi è stata concessa passi da me a lui...
fate che venga liberato dalla morte)
Sussurrò
quella cantilena nel silenzio, e i presenti nella stanza
rimasero affascinati
da quella voce armoniosa, e quasi magica. Glorfindel rialzava di tanto
in tanto le palpebre per guardare il volto sofferente del ramingo che
lentamente si distendeva, assumendo infine dei tratti rilassati. La sua
pelle riprese di nuovo colore, e il respiro tornò regolare.
Lo
vide muovere la testa e chiudere di nuovo gli occhi. ''Non temete,''
disse l'elfo, comprendendo la paura dei presenti. ''Ha solo perso i
sensi, ma sta bene. Si riprenderà.'' poi chiese
loro di lasciare la stanza, per permettere ad Aragorn di riposare, ma
lasciò che il nano rimanesse. Glorfindel si
ripulì le
mani, per poi fasciare la ferita dopo averla accuratamente pulita.
Gimli si era intanto avvicinato osservando ogni azione dell'elfo,
catturato da quelle mani curatrici.
''Ho sempre sentito parlare dell'abilità degli elfi nel
curare
le persone,'' sussurrò il nano. ''E' un privilegio aver
assistito a una tale scena.'' l'elfo lo guardò, sorpreso da
tali
parole. ''Quindi... ho guadagnato la vostra fiducia?''
esclamò sorridendo. L'altro emise una flebile risata.
''Credo di si.''
rispose poi, tornando serio. Il sorriso sul volto di Glorfindel
sparì, lasciando spazio a un'espressione quasi malinconica,
nel momento in cui tornò a osservare la figura dell'uomo
steso tra le coperte. Si sedette affianco a lui, su un piccolo sgabello
di legno, e abbassò il capo.
''Non posso credere lui l'abbia fatto davvero.'' con le dita
sfiorò la spalla del ramingo. "Se non fossi
arrivato in tempo," Gli spostò alcune ciocche di capelli
dalla fronte, e gli sfiorò una guancia. "Non me lo sarei mai
perdonato. Perchè lui-"
''E' l'Anello che l'ha ridotto così.'' esclamò il
nano, interrompendolo, capendo a chi si riferiva. Glorfindel si
voltò verso di lui, i tratti del viso contratti in un
espressione dura.
''Il Principe non ha avuto abbastanza forza di volontà per
resistere alla tentazione.'' disse, senza celare la rabbia che provava
verso Legolas. ''Questo prova
che ha un animo debole, e Lui ha colto l'occasione
per farlo
diventare il suo burattino.'' concluse senza esitare.
Il nano non rispose. Il giovane Vanya si alzò e si
avvicinò alla finestra, portandosi le mani al viso per poi
buttarsi i capelli all'indietro. Sospirò.
''Perché lo difendete, dopo
ciò che
ha fatto?'' sussurrò poi, con una certa
curiosità.
''Perché so che la colpa non è esclusivamente
sua. Era un
potere talmente grande perfino per lui.'' replicò Gimli.
Glorfindel
non rispose. Udì un debole sospiro e,
incuriosito, guardò il ramingo.
Lentamente Aragorn si mise seduto, e si
guardò attorno, quasi spaesato. ''Dove sono?'' chiese. ''Sei
al
fosso di Helm.'' gli rispose Gimli. L'altro si guardò ancora
intorno, mentre i ricordi dell'ultima battaglia gli tornarono alla
mente: il cammino verso il fosso; l'attacco dei mannari; e l'essere
precipitato da un dirupo a causa di un mannaro. Alzò una
mano
portandosela sulla spalla fasciata. ''Oh! Quasi me ne dimenticavo...''
borbottò Gimli, che poco dopo allungò una mano in
direzione di Aragorn. Questo lo guardò con fare
interrogativo,
ma poi vide che cosa conteneva la mano; la stella del Vespro. Il
ramingo la osservò, spalancando gli occhi; credeva di averla
persa.
La prese mettendosela al collo. ''Grazie Gimli.'' disse, e il nano gli
sorrise. ''Già sveglio, Estel? Mi
stupisci.''
Il ramingo alzò il capo in direzione di quella voce. I suoi
occhi si illuminarono di stupore. ''Glorfindel...!'' il re senza corona
portò la mano al cuore e la spinse in fuori; il classico
gesto
di saluto e rispetto usato dagli elfi. E Glorfindel ricambiò
accennando a un sorriso sincero, felice di vederlo sveglio. ''Sei stato
tu... a portarmi qui?'' chiese
Aragorn. ''Si.'' rispose l'altro. ''E fortunatamente sono arrivato in
tempo. Il veleno ti aveva quasi ucciso; poche ore e saresti morto.''
''Come facevi a sapere che-''
''Re Elrond l'aveva previsto.'' lo interruppe l'elfo. ''Per questo ora
sono qui per aiutarvi in questa guerra.'' il suo sguardo si volse verso
la finestra, e si accorse che il sole era già tramontato da
tempo. ''Mi duole dirlo, poiché il tuo corpo deve ancora
riprendere tutte le forze, ma ti chiedo di alzarti, perché
devi
portarmi dal Re di
Rohan. C'è qualcosa di importante di cui dobbiamo parlare, e
devi esserci anche tu.''
''Un grande esercito dici?'' disse Theoden, che camminava in mezzo alla
sala. ''Arriva da Isengard, mio Signore.'' rispose Glorfindel.
''Quanti ne sono?'' chiese il Re, continuando a dare le spalle
all'elfo. Quest'ultimo esitò per un attimo, poi rispose;
''Dieci
mila, almeno.'' Aragorn spalancò gli occhi
voltandosi verso
di lui. E anche il Re fece lo stesso. ''Dieci mila?!''
ripetè
quasi in un sussurro, e con lo stupore in volto. ''Forse anche di
più.'' aggiunse l'elfo. Vide Aragorn sospirare, e passarsi
una
mano sul mento, ispido per la barba.
Glorfindel riprese la parola; ''E non stiamo parlando di un esercito di
orchi comuni senza cervello, ma di un esercito di
Uruk-hai; sono
stati creati per un unico e solo scopo...'' Theoden si voltò
lentamente verso di lui, e lo stesso fece il ramingo. ''Distruggere
il mondo degli Uomini.'' concluse l'elfo con voce calma, ma nel suo
tono si mescolavano tormento e angoscia.
Quelle parole fecero breccia nel cuore del Re, e l'elfo
riuscì a
scorgere la paura nei suoi occhi. ''Comprendo i vostri timori, mio
Signore.'' disse, ''Ma non permettete a questo esercito di
sopraffare voi e i vostri uomini. Dovete combattere, e io
darò
il mio contributo.'' Il Re allora ordinò che tutti gli
uomini
fossero preparati per la battaglia, e le donne e i bambini venissero
condotte nelle caverne.
L'armeria era una piccola stanza ricavata in una grotta all'interno
della montagna, separata dal resto della fortezza. Era ben attrezzata,
con spade, archi, lance e scudi, tutti disposti ordinatamente sulle
grandi tavole di spesso legno, e lungo i muri. In un angolo vi erano
conservati gli elmi, le cotte di maglia e molte altre protezioni.
Aragorn si guardò in giro, mentre la popolazione di Rohan
prendeva quello che i soldati di Theoden porgevano loro. ''Stalieri,
maniscalchi, coltivatori... questi non sono soldati.''
commentò
Aragorn, osservando le persone con i suoi occhi azzurri. Gimli aveva
un'espressione scettica in viso. ''Molti di loro hanno visto troppi
inverni.'' disse.
''O troppo pochi...'' sussurrò Glorfindel con lo sguardo
basso
mentre si raccoglieva i lunghi capelli in una coda, lasciando libere
poche ciocche bionde che gli ricaddero dolcemente sulle spalle. Poi
proseguì, questa volta
alzando il capo. ''Lo sapevo... sono spaventati, lo vedo nei loro
occhi.'' la sua voce
attirò l'attenzione, e tutto sembrò essersi
fermato.
Guardò Aragorn e proseguì in lingua elfica, in
modo che
solo il ramingo potesse comprenderlo.
''Boe a hug: neled
herain den eaer meing!'' (E hanno ragione: trecento... contro
diecimila?)
''Si, beriathar hyn ammaeg na ned Edoras'' (Hanno più
speranza
di difendersi qui che ad Edoras) rispose
Aragorn con tono sicuro. Glorfindel aggrottò le
sopracciglia.
''.Nedin dagor hen u'eriri orcheri.'' (Non possono vincere
questa battaglia) disse, catturando
di nuovo la sua attenzione. ''Natha daged dhaer!'' (Moriranno tutti!)
pronunciò
quelle parole, per un attimo dubitando del valore e delle
capacità di Aragorn. Quest'ultimo gli si parò
improvvisamente davanti, arrivando ad un soffio da lui. ''E io
morirò come uno di loro!'' esclamò quasi
gridando.
Glorfindel rimase spiazzato da quella reazione. ''Aragorn, c'era un
motivo se parlavamo in elfico.'' commentò alzando un
sopracciglio, notando gli sguardi dei presenti. Senza guardare nessuno,
Aragorn si girò e lasciò l'armeria. Glorfindel
non lo
seguì, e riprese a sistemare le sue armi.
Il tramonto preannunciava l'arrivo di una sera di nubi, senza luna e
stelle. Aragorn era seduto sulle scale che portavano alla Sala del
Trono, osservando la gente che lentamente si recava nelle caverne, o
prendeva posto per la battaglia. E vide anche lui la paura nei loro
occhi. Sospirò; forse Glorfindel aveva ragione. Il suo
sguardo
vagava qua e là, perso in innumerevoli pensieri, fino a
quando
non vide un ragazzino; aveva all'incirca tredici anni. ''Dammi la tua
spada.'' Aragorn attirò la sua attenzione, e il giovane gli
si
avvicinò. ''Come ti chiami?'' chiese Aragorn, a bassa voce,
mentre prendeva dalle mani del giovane la spada che gli veniva posta.
''Haleth, figlio di Hàma, mio Signore.'' egli rispose. ''Gli
uomini dicono che non sopravviveremo alla notte. Dicono che non
c'è speranza.''
Erano parole vere le sue, ma Aragorn cercò di dargli
coraggio.
''E' un ottima spada, Haleth figlio di Hàma. C'è
sempre
speranza.'' E ne era davvero convinto. Improvvisamente, una nuova forza
si
accese dentro di lui. Si alzò dirigendosi a passo
spedito verso
l'armeria, ormai vuota. Infilò la cotta di maglia sopra la
tunica, cominciò ad annodare saldamente i vari lacci della
casacca di pelle, sistemò la cintura e si legò
alla vita
il pugnale. Cercò con lo sguardo la sua spada... e si
accorse
che era tra le mani di Glorfindel e glie la stava porgendo, quasi
sorridendo. ''Perdonami per quello che è successo prima.''
disse. ''Tutte
quelle persone si fidano di te, e anch'io lo farò.'' l'altro
lo
rassicurò con un sorriso. ''Non chiedere perdono. Infondo
forse
hai ragione; siamo pochissimi, ma non ci tireremo indietro.''
Le labbra dell'elfo si piegarono in uno strano sorriso. ''Si, siete
pochi... ma non per molto.'' Aragorn aggrottò le
sopracciglia mentre Glorfindel non smetteva di sorridere; sembrava
stesse nascondendo qualcosa. Stava per parlare, quando una voce alle
sue
spalle lo interruppe. ''Se ci fosse tempo la farei sistemare.'' era
Gimli, che aveva appena infilato una cotta di maglia che gli andasse
bene, una delle poche. Ma era talmente lunga che il resto della cotta
cadde a terra con un tonfo. Guardò le facce dei suoi
compagni,
in parte divertiti. ''E' un po' stretta sul torace.'' aggiunse il nano.
''A giudicare dalla lunghezza non ti farà di certo rimanere
in
piedi, Mastro Gimli.'' commentò l'elfo divertito.
Poi il suono di un corno lì distrasse.
''Sono arrivati. Venite, svelti!'' esclamò Glorfindel
uscendo
dall'armeria, seguito poi dal ramingo. E si ritrovarono davanti una
imponente schiera di elfi, armati di arco, altissimi e fieri. Theoden
scese dalle scale di una delle torri vedetta, e il suo volto era di
puro stupore. ''Com'è possibile?''
Davanti al Re si fece avanti, in tutto il suo splendore, il capo degli
arcieri elfici; Haldir di Lorien. Accennò a un inchino, per
poi
parlare; ''Porto notizie da Elrond di Gran Burrone. Un'alleanza,
esisteva
una volta tra Uomini ed Elfi. Molto tempo fa abbiamo combattuto e siamo
morti insieme. Siamo qui per onorare questa lealtà.'' il suo
sguardo era fiero e severo, ma le sue labbra si aprirono in un caldo
sorriso quando vide giungere Aragorn insieme a Glorfindel. ''Tu
sapevi?'' chiese il ramingo a Glorfindel. L'altro fece le spalluccie.
"Sorpresa." Esclamò sorridendo.
Aragorn si poggiò una mano sul petto, gesto per salutare gli
elfi, ma poi abbracciò fraternamente il nuovo arrivato. Egli
rimase per un attimo spiazzato, ma poi ricambiò l'abbraccio.
''Sei più che benvenuto.'' disse, e anche Glorfindel si
avvicinò
per i soliti convenevoli.
''Siamo orgogliosi di combattere al fianco degli Uomini, ancora una
volta.'' parlò ancora Haldir, e Theoden gli
illustrò
velocemente la situazione. Gli arcieri e gli Uomini di Rohan poi si
diressero verso la cinta muraria, pronti per cominciare la battaglia al
Fosso di Helm. E da lontano si udirono avvicinarsi i passi del nemico,
e la voce di Theoden sussurrare;
'' E così ha
inizio...''
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Capitolo 9 *** IX ***
The devil within (10)
IX
La Battaglia per il Fosso
di Helm
La calma che regnava nell'aria pesante era un presagio di tempesta. La
mezzanotte era già
passata, e le stelle erano velate da grosse nubi. Elfi e Uomini si
trovavano sulla cinta muraria della fortezza, silenziosi e immobili
attendevano.
Una brezza gelida colpì i loro visi pallidi, procurando dei
leggeri brividi. Le ciocche bionde di Glorfindel si mossero al vento, stagliandosi contro il cielo scuro. Le sue mani stringevano l'arco, una lunga spada d'oro legata ai fianchi, e gli occhi puntati sul nemico, che lentamente avanzava.
Aragorn era
accanto a lui, lo sguardo perso nell'orizzonte. E a
seguire c'era Gimli, con la sua affilata ascia.
Improvvisamente un lampo accecante squarciò le nubi, e per
un
attimo videro tutto lo spazio tra loro e la Diga illuminarsi di luce
bianca. E fu allora che tutti li videro; orde di creature sputate dalle
profondità dell'inferno, grandi e crudeli, con grossi elmi e
cupi scudi. Lunghe lance sorgevano dalle schiere come aste da
impalatore, e i fuochi delle fiaccole davano una chiara idea di quanto
l'esercito fosse numeroso.
''I tuoi amici sono con te, Aragorn.'' disse Glorfindel, senza
staccare gli occhi dai nemici.
''Fino alla fine di questa notte.'' disse Gimli. Aragorn
poggiò
le mani sulle spalle di entrambi, prima di allontanarsi e raggiungere
la sua
postazione. Un'altro lampo illuminò i volti dei combattenti,
e
le prime gocce di pioggia caddero dal cielo. Perfino i Valar piangevano
per il nefasto destino che li attendeva. Poco lontano si
intravedeva
Haldir, anche lui fermo a osservare la vallata, il viso ormai
bagnato dalla pioggia. E l'esercito nero
avanzava, passo dopo passo. I tuoni rimbombavano, la pioggia
scrosciava. Poi il nemico si fermò improvvisamente, a
qualche
centinaio di metro dalle mura della fortezza. Tutto taceva.
''A Eruchin, ù-dano i faelas a hyn an uben tanatha le
faeles!''
(Non mostrate loro pietà. Perché voi non ne
avrete!) Si avvertì la voce di Aragorn, le parole gridate in
elfico per guidare gli arcieri di Haldir. Poco dopo si
affiancò a quest'ultimo. ''Riesci a vederlo?'' chiese Aragorn. L'elfo
capì a chi si stava riferendo, e scrutò con lo
sguardo i
nemici davanti a se'; non ci mise molto tempo a intravedere la figura
di Legolas, che era in piedi sopra una roccia alta. Il volto perfetto
contratto in una espressione seria, gli occhi scuri come la
pece
illuminati però di una nuova forza, e i capelli sciolti
divenuti pesanti a causa della pioggia. L'arco dei
Galadhrim in spalla, i pugnali dietro la schiena e così
anche la
faretra, insieme a delle frecce con le piume nere. E una tunica scura
con disegnato sopra l'emblema rosso dell'Occhio gli fasciava il corpo
magro.
''Si... è qui.'' rispose Haldir, e allora anche Aragorn lo
vide;
bellissimo e letale. ''In
mezzo a quell'esercito sembra una piccola luce nel buio.''
sussurrò l'arciere di Lorien. Il ramingo non pote' che
essere
d'accordo con lui, ma solo un'unica cosa lo accomunava agli Uruk-hai;
l'odio e l'istinto omicida verso di loro. Lo sguardo del ramingo cadde
sulle mani di Haldir; stringevano talmente forte l'arco che le vide
tremare. Nonostante il volto sereno, Aragorn riuscì a
scorgere
della rabbia nei suoi occhi.
Dall'altra parte Legolas osservò la schiera di uomini ed
elfi; si
sorprese non poco quando vide Haldir con i suoi arcieri, e non
riuscì a trattenere un imprecazione quando vide Aragorn...
vivo.
Ancora una volta i loro sguardi si incrociarono. Era convinto di averlo
ucciso durante quell'imboscata, e si chiese come aveva fatto a
sopravvivere a una tale caduta e al veleno che aveva in corpo.
Sospirò; aveva davvero sottovalutato la forza di quel
mortale, e
per la seconda volta aveva fallito nell'ucciderlo. Poi vide anche lui,
Glorfindel; era accanto a Gimli che tentava di vedere la situazione
oltre le mura, ma l'altezza glie lo impediva. Perfetto. Pensò
Legolas. Non
sarà così semplice vincere.
Le creature iniziarono a grugnire, ringhiare, assaporando
il
sangue che avrebbero versato quella notte. ''Che cosa succede?''
domandò Gimli allarmato, saltando nel tentativo di scorgere
qualcosa oltre le mura. ''Procuratevi un
rialzo.'' rispose Glorfindel beffardo, e per tutta risposta Gimli rise.
Improvvisamente le lance e le spade dei nemici presero a battere al
suolo, sulle armature, procurando un martellare fragore di morte. Aragorn
lentamente sguainò la sua spada con un leggero rumore
metallico. Gli uomini incoccarono le loro frecce, puntandole verso i
nemici che continuarono a battere, sempre più forte. Alcuni
sentirono un groppo formarsi nelle loro gole, i loro corpo
pronti a scattare a qualunque segnale di pericolo. Molti sentirono il
coraggio abbandonarli, lasciando spazio alla paura.
''Quanti nemici riuscirà ad abbattere la vostra ascia?''
domandò Glorfindel a Gimli, con tono provocatorio. Il nano
lo
guardò sospettoso. ''Mi state sfidando?'' sbottò,
lo
vide sorridere. ''Mmh, può essere.''
''E sentiamo, quante frecce voi riuscirete a scoccare?''
''Quante bastano per abbattere molti più nemici di voi.'' i
due
si
guardarono per un attimo. ''Vi dispiace se vi do del 'tu'? Infondo,
vista la situazione, potrebbe essere la mia ultima battaglia
che affronto in compagnia di un nano.'' disse poi
l'elfo. ''Affatto! Infondo, questa potrebbe essere la mia ultima
battaglia che
affronto insieme a un elfo.'' esclamò il nano. ''E comunque,
accetto la sfida. Che vinca il migliore!''
I nemici continuarono con quel rumoroso fragore di metallo. Ancora,
ancora, e ancora...
Poi improvvisamente uno degli Uruk cadde a terra; una freccia lo aveva
colpito nel
punto in cui il collo rimaneva scoperto dall'armatura. Gli altri si
fermarono, dando fine a quel battere di lance e spade. ''Dartho!''
(Fermi!) Aragorn gridò, voltandosi verso uno degli uomini di
Rohan, anziano, che si guardava intorno, colpevole. Legolas non si
sorprese al gesto dell'uomo; era quello che sperava accadesse. Le grida
disumane degli Uruk risuonarono nell'aria, rompendo quel silenzio che
si era creato. E ricominciarono ad avanzare.
''Tangado a chadad!'' (Prepararsi ad attaccare!) all'ordine di Aragorn,
gli arcieri di Haldir incoccarono la prima freccia, accarezzandone
lentamente le piume e puntando gli occhi sugli Uruk. ''Faeg i-varv din
na lanc a nu ranc!'' (La loro armatura è debole al collo, e
sotto le braccia!) disse Glorfindel agli altri elfi.
''Hado i philinn!'' (Scoccate le frecce!) urlò Aragorn, e
una
tempesta di frecce accolsero i nemici. Molti di loro caddero, ma
continuarono ad avanzare; come l'alta marea guadagnavano
terreno. Elfi e uomini continuarono a scoccare frecce, una dopo
l'altra, instancabili. I nemici risposero anche loro con le
frecce,
e alcuni caddero sotto i loro dardi. ''Pendraith!'' (Scale!)
gridò il ramingo; gruppi di Uruk avanzarono con delle scale
di
legno, arrivarono alle mura e le sollevarono permettendo
così
agli orchi di raggiungere la cima della muraglia. A quel punto
gli
elfi abbandonarono gli archi e sguainarono le loro spade. Gli orchi
balzarono sulla muraria colpendo brutalmente chiunque si trovasse
davanti a loro. Le lame elfiche affondarono nei loro addomi, e i loro
corpi vennero buttati giù dalla muraria. Aragorn fece
vibrare la
sua spada come se fosse stata un'estensione del suo braccio. Tutti
combatterono come guidati dalla follia, abbatterono nemici su nemici,
perdendone il conto.
Gimli aveva appena ucciso un orco, colpendolo all'addome, quando si
voltò verso l'elfo; ''Elfo, sono già a
due!''
gridò. Vide due orchi andargli incontro, ma quest'ultimo
li colpì, conficcandogli due frecce alla tempia. I loro
corpi si
afflosciarono a terra. ''Diciassette!''
''Che cosa? Non permetterò che un'elfo mi batti!''
gridò Gimli, prima di assestare un colpo in mezzo alle gambe
di
un orco, e finirlo spaccandogli il cranio. L'elfo colpì
altri
due orchi che in quel momento stavano salendo la scala di legno.
''Diciannove!'' gridò in direzione del nano, che continuava
ad
assestare colpi mortali e contando i caduti. ''Diciassette...
diciotto... diciannove!''
Aragorn osservò il ponte, e vide una schiera di orchi,
armati di
scudi per proteggersi, avanzare verso il cancello. ''Mirate al ponte!
Mirate al ponte!'' gridò il ramingo, e gli arcieri
cominciarono
a colpire, mirando perfettamente ai loro punti deboli. La vittoria
sembrava vicina per il Re di Theoden, ma l'esercito doveva ancora
sfoderare la sua arma migliore.
Degli Uruk trasportarono qualcosa che Aragorn non
riuscì a
riconoscere verso un punto specifico delle mura. Poi vide un orco
correre verso quel punto con una fiaccola che faceva
scintille. ''Togo hon dad, Glorfindel!'' (Uccidilo,
Glorfindel!)
gridò Aragorn allarmato. Glorfindel prese l'arco e
mirò
all'orco; nonostante i colpi ben mirati, la creatura continuava a
correre. ''Dago hon! Dago hon!'' (Uccidilo!) continuava a gridare il
ramingo.
Freccia dopo freccia l'elfo scoccò, ma l'orco
continuò la
sua corsa. Glorfindel si fermò quando comprese
ciò che sarebbe
accaduto. ''Fuggite! Fuggite tutti!''
Di colpo, Aragorn sentì il terreno mancargli sotto i piedi;
un
boato si propagò nell'aria, mentre il fumo e la polvere si
dispersero nell'aria, riempendo i polmoni e accecando la vista.
L'ultima cosa che ricordò era solo di star cadendo; un
impatto
violento con il suolo... poi il buio.
''Aragorn! Aragorn!''
Quando udì qualcuno chiamarlo tentò di aprire gli
occhi;
non si rese subito conto di dove si trovasse, aveva la mente annebbiata
e tutto attorno a lui sembrava confuso. Sentì le
orecchie che ancora fischiavano, e un dolore su tutto il corpo. Vide un
ombra accanto a lui che tentava di farlo alzare, e un'altra alle sue
spalle che respingeva alcuni nemici. Riconobbe Gimli, alle sue spalle,
che lo stava difendendo dagli Uruk. E poi Glorfindel. ''Che
è
successo?'' gemette il ramingo, mentre lui lo aiutava ad alzarsi.
''Hanno aperto una breccia sul Trombatorrione; gli Urk stanno
conquistando la fortezza!'' rispose l'elfo con tono grave. ''Inoltre stanno
attaccando il cancello!'' Aragorn riuscì finalmente ad
alzarsi,
e guardandosi attorno capì la gravità della
situazione.
''Il Re ha dato la ritirata.'' concluse poi l'elfo.
''Va bene, tu avverti Haldir! E fai attenzione.'' rispose l'uomo. L'elfo annuì,
dirigendosi verso la
breccia, e udì la voce di Aragorn che gridava la ritirata.
Degli
Uruk si scagliarono su di loro, privi di protezione. L'elfo
lì
abbatte' velocemente, e cercò immediatamente con lo sguardo
l'arciere di Lorien; lo vide ancora sulla cima della muraglia, intento
a combattere. ''Haldir!'' lo chiamò, e una volta che si fu voltato disse; ''Dobbiamo ritirarci!'' l'altro annuì e
gridò ai suoi arcieri di ritirarsi. L'arciere di Lorien focalizzò la sua attenzione sugli orchi, permettendo a tutti gli altri di salvarsi all'interno del Fosso. Con la coda dell'occhio intravide il movimento di qualcuno che si stava per abbattere su di lui.
Riuscì a parare in tempo il colpo con la propria spada, ritrovandosi il volto del Principe di Bosco Atro a pochisdimi centimetri di distanza.
"Felice di vederti, Haldir." sussurrò il principe sorridendo beffardo.
"Tu, traditore!" Gli gridò l'arciere con disprezzo, e tra i due iniziò uno scontro serrato sotto la violenta pioggia.
Haldir si ritrovò più volte a parare i colpi fuoribondi di Legolas ritrovandosi quasi senza forse, e le braccia che gli dolevano.
Un gemito soffocato uscì dalla sua bocca quando si sentì ferire al fianco. Cominciò a indietreggiare cercando di riprendere le forze, mentre Legolas avanzava nuovamente verso di lui.
L'arciere di Lorien strinse i denti sopportando il dolore, e fece per colpirlo con la spada. Ma Legolas fu più veloce; evitò il colpo e, con altrettanta velocità, piantò letteralmente la lama del pugnale nella gola dell'arciere, trapassandola da intrambi i lati.
Del rosso cremisi fuoriuscì dalla bocca di Haldir insieme ai dei gemiti che sembravano più dei gorgoglii, come se stesse soffocando nel suo stesso sangue.
"Sembra che nessuno verrà a salvare te..." sibilò Legolas mentre lo costringeva indietreggiare fino a ritrovarsi con la schiena verso il vuoto, l'unica cosa che lo teneva sospeso era la daga ancora conficcata nella gola.
Con un calcio Legolas spinse il corpo privo di vita giù dalla muraglia, poi alzò il viso, incontrando lo sguardo sconvolto del giovane Vanya, che lo guardava da lontano. Gli sorrise, con tutta la naturalezza del mondo, e poi scappò via.
Glorfindel impiegò qualche istante per rendersi conto di cosa fosse
successo, poi le sue gambe si mossero da sole sino a giungere dove
l'elfo giaceva a terra. ''Haldir...!'' sussurrò, piegandosi
su di
lui. Gli spostò il capo, e la sua mano immediatamente si
macchiò di sangue, dalla gola lacerata continuò a uscire quel copioso liquido cremisi. Per la
prima volta vide una creatura come Haldir più come un essere
umano,
che essere eterno e immortale. Lo guardò ancora in viso, e con una mano gli abbassò le
palpebre, celando gli occhi privi di luce.
''Che tu possa trovare la pace dopo la morte.''
In mezzo al caos che lo circondava, Glorfindel si rimise in piedi estraendo la lunga spada, e con un grido che sovrastò lo
scrosciare dell'acqua tornò in battaglia. Evitò
l'ennesimo
attacco, conficcando la spada nella giugulare di un altro Uruk.
Osservò il mostro che si accasciava a terra, mentre le
gocce di
pioggia scivolavano dai capelli biondi. Udì dei rumori
per niente rassicuranti dal portone principale della fortezza;
capì che il duro legno stava per cedere sotto la potenza
dell'orda
nemica. Velocemente Glorfindel arrivò alla Sala del Trono,
dove
vi erano anche Aragorn, Gimli e Re Theoden, e molti dei suoi uomini
tentavano di sigillare la porta come meglio potevano.
''Glorfindel! Che è successo?'' lo chiamò il ramingo, allarmandosi quando lo vide sporco di sangue, pensando fosse suo. ''Aragorn... Haldir è morto...!" disse l'elfo con voce grave. "Mi dispiace...''
Aragorn non ebbe nemmeno il tempo di realizzare la cosa che un rumore attirò la loro attenzione; tutti si voltarono
verso la
porta, preoccupati; gli Uruk stavano cercando di sfondarla. ''La fortezza
è
stata conquistata. E' finita...'' disse Theoden, con tono grave. ''Hai
detto che avresti difeso questa fortezza! I tuoi uomini sono morti per
difenderla!'' gridò Aragorn, avvicinandosi al Re. ''Non
c'è un'altra via per le donne e i bambini per uscire dalle
grotte?'' domandò Aragorn, a uno degli generali del Re.
''C'è un passaggio; conduce alle montagne, ma non andranno
lontano. Gli Uruk-hai sono troppi!'' egli rispose. Un'altro colpo alla
porta
attirò la loro attenzione.
''Cosa possono gli uomini contro un odio così scellerato?''
sussurrò Theoden, voltandosi verso il ramingo. Egli rimase
silenzioso, mentre Gimli e Glorfindel aiutavano gli uomini a sigillare
il portone come meglio potevano. ''Vieni fuori con me. Affrontiamoli a cavallo.''
sussurrò poi.
''Per la morte e la gloria...'' fece Theoden.
''Per Rohan, per il tuo popolo.'' continuò il ramingo
avvicinandosi al re. ''Il sole sta sorgendo...'' osservò Gimli, con lo
sguardo rivolto sulla piccola finestra. Aragorn osservò le
prime
luci dell'alba, e nella sua mente riaffiorarono le parole di Gandalf.
Attendi il mio arrivo alla prima
luce del quinto giorno. All'alba... guarda ad est.
L'animo del re si accese
di una nuova
fiamma; una nuova forza prese possesso del suo corpo. Non
capì
da dove provenisse, ma non importava. Il coraggio prese il posto della
paura, del dolore, e della disperazione. ''Il corno di Helm Man di
martello suonerà nel Fosso... un ultima volta!'' disse il
Re.
Gimli esultò alzando l'ascia, prima di correre verso la
cima,
dove era situato il corno. Gli Uruk colpirono con maggior forza la
porta. Non avrebbe resistito ancora per molto.
Theoden si avvicinò al ramingo, posandogli una mano sulla
spalla. ''Fa che questo sia il giorno, in cui sguainiamo le spade
insieme.'' il Re balzò sul suo destriero, e lo stesso fecero
Aragorn e Glorfindel. Sguainarono le loro spade, mentre gli uomini si
allontanarono dal portone.
'' Feroci atti sveglia,
Non per
collera, non per rovina, o la rossa aurora.''
E il corno di Helm
risuonò possente e feroce nell'aria, e il portone
venne sfondato dalla forza dei Uruk.
''Forza Eorlingas!'' i cavalieri gridarono insieme al Re,
cavalcando fuori dalla sala travolgendo qualsiasi orco che gli si
parava davanti. Cavalcarono senza sosta, e gridavano perchè
il
giorno era ormai giunto recando terrore e meraviglia. La notte era
ormai scomparsa. Gli orchi cadevano sotto i colpi dei cavalieri, ma i
nemici sembravano esserci moltiplicati. E in quel momento, quando la
speranza e ogni vittoria sembrava persa, su una collina apparve il
Bianco Cavaliere, splendente nel sole appena nato. ''Gandalf...''
sussurrò Theoden con meraviglia. ''Theoden è
solo...''
sussurrò lo Stregone, ed Eomer gli si affiancò.
''Non
più...'' e dietro alle loro spalle comparvero mille
cavalieri che
brandivano le loro spade.
''Per il Re!'' E dall'alto l'esercito del Bianco cavaliere
piombò su quello di Isengard. Gli Orchi vacillarono e
urlando
abbandonarono spade e lance. L'esercito di Gandalf prevalse su quello
di Saruman, e si levarono canti di gioia mentre il sole sorgeva fiero
nel cielo. Gli Uomini avevano vinto.
Quella stessa mattina, Re Theoden e Gandalf si incontrarono
per
progettare i prossimi piani, e discutere delle azioni future. Alcuni
uomini si trovavano ancora al Fosso, occupandosi dei corpi dei caduti.
Gimli si trovava lì, intento a fumare la pipa approfittando
di
quel piccolo momento di tranquillità. Anche Glorfindel era
lì, intento però a raccogliere le frecce,
poiché
aveva finito le sue. Con la coda dell'occhio notò la figura
del
nano, intento a fumare. Gli si avvicinò, con l'aria di uno
che
aveva vinto una scommessa. ''Credo di aver vinto; quarantadue!''
disse vittorioso. Il nano cacciò fumo dalla bocca.
''Quarantadue? Oh...!'' esclamò, fingendo una nota di
stupore.
''Non male per un guerriero elfico dalle orecchie a punta.'' disse poi,
ridendo. Glorfindel lo guardò, interrogativo. ''Io
sono seduto comodamente sul numero quarantatré!'' scandì
bene
l'ultima parola prima di tornare a fumare la pipa. L'elfo
alzò
un sopracciglio, osservandolo con uno sguardo indecifrabile.
Poi, con movimenti talmente veloci che il nano nemmeno si accorse,
prese una freccia e mirò in mezzo alle sue gambe, colpendo
però il cadavere.
Gimli sobbalzò; guardò prima la freccia, e poi il
volto
dell'elfo. ''Quarantatré!'' esclamò Glorfindel, alzando il
mento
fiero. ''Questo era già morto.'' sbottò Gimli,
con ancora
il fumo che usciva dalla bocca. ''Ma... si contorceva.'' si
giustificò
l'elfo, con un espressione innocente.
''Si contorceva? Perché lui ha la mia ascia conficcata nel
suo
sistema nervoso!'' sbottò il nano stringendo agitando
l'ascia
che era letteralmente conficcata nella testa dell'orco. Le labbra di
Glorfindel si piegarono in un sorriso. ''Mi superi di un punto,
allora.'' disse riponendo l'arco. ''Va bene, accetto la
sconfitta con onore. Ma non provo rancore, anzi, sono felice
di
vederti vivo.'' disse, con tono sincero. Il nano si stupì di
certe parole. ''Ti ringrazio, è la prima volta che un elfo
mi
rivolge tali parole.'' disse, sorridendo. Glorfindel fece lo stesso, e
riprese a raccogliere frecce.
''Chissà se con
Legolas sarebbe stata la stessa cosa...'' sussurrò Gimli,
con ancora
la pipa tra le labbra. A sentir quel nome, Glorfindel, che si era
chinato per raccogliere l'ennesima freccia, si bloccò
e lentamente si rialzò.
''Che c'è...? Ho detto forse qualcosa che ti ha turbato?''
chiese Gimli preoccupato, vedendo lo sguardo cupo di lui. Glorfindel
non rispose subito, lentamente gli diede le spalle. Sospirò.
''Ha ucciso Haldir...'' disse, con un
groppo alla gola. Sentì il nano tossire; forse non si
aspettava
una tale notizia. ''Intendi l'arciere? È stato Legolas?"
chiese. ''Si.'' rispose l'elfo rabbrividendo. ''L'ho visto con i miei
occhi. Gli ha
strappato via la vita, ed è subito fuggito. Ho visto la luce
della vita spegnersi in una creatura eterna, e il suo sangue macchiare
le mie mani...'' sussurrò quasi sottovoce, e nella mente
ripercorrevano le immagini di quel momento. ''Non lo credevo capace di arrivare a... uccidere i suoi simili.'' chiuse gli occhi, e sospirò.
''Io... mi dispiace...'' disse Gimli, alzandosi dal
cadavere. ''Uhm, credo che adesso dobbiamo andare, non indugiamo oltre.''
Gli poggiò una
mano sul braccio, l'elfo si voltò verso di lui. ''Ti consiglio di berci sopra. L'amico alcool è sempre d'aiuto.'' consigliò il nano. L'elfo rise. "Forse... più tardi." E insieme a Gimli si allontanò dal
campo di battaglia raggiungendo il resto dei loro compagni.
-lo so, non è di certo lunghissimo, ma io sono parecchio negata a descrivere le battaglie :') ma spero comunque che sia di vostro gradimento! |
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Capitolo 10 *** X ***
The devil within (11)
X
La voce di Saruman
Theoden e Gandalf si
incontrarono di
nuovo sull'erba accanto al fiume Fossato. Vi erano anche Aragorn,
insieme
a Eomer e tutt'intorno erano radunati i Rohirrim.
''Salute, Sire del Mark!'' disse Gandalf, inchinandosi profondamente.
Il Re gli si avvicinò. ''Benvenuto, Gandalf il Bianco. Il
giorno
è tornato a risplendere, e di nuovo giungi inatteso
nell'ora del bisogno.'' disse Theoden.
''Dissi che sarei tornato e ci saremo incontrati qui.'' disse Gandalf.
''Anche se non dissi l'ora, nè il modo in cui sarei
giunto.''
aggiunse ridendo. In quel momento, Gimli e Glorfindel li
raggiunsero, e gli occhi dell'elfo si riempirono di stupore alla vista
dello Stregone. ''Mithrandir!'' esclamò, ed egli si
voltò. ''Oh! Glorfindel di Gran Burrone, è un
onore vederti
qui.'' esclamò Gandalf. ''Posso dire lo stesso.'' disse
l'elfo portandosi una mano sul cuore, per poi spingerla fuori.
''Possente è la tua arte di Stregone.''
''Ma finora ho solo dato Consigli,'' disse Gandalf.
''Il merito lo
hanno il vostro coraggio.'' Poi si rivolse nuovamente
al Re. ''Se desideri venire con me adesso, io ho intenzione
di
tornare a Isengard.''
''Isengard?'' esclamò il Re.
''Si.'' disse Gandalf. ''Voglio parlare con Saruman al più
presto, e potremmo vedere cose molto strane. Conviene che anche tu sia
presente, ma non farti scortare da molti uomini. Lascia che i feriti
riposano. Non andremo lì per combattere, ma per parlare.''
Il Re annuì, e scelse dei cavalieri illesi per mandarli in
ogni
vallata del Mark ad annunciare la vittoria. Ordinò che
feriti
tornassero a Edoras per riposare, lo stesso per la gente
dell'Ofestfalda. Come scorta per il suo viaggio a Isengard il Re scelse
Eomer e alcuni uomini del proprio seguito. Gandalf sarebbe stato
accompagnato da Aragorn, Glorfindel e Gimli. Tornarono nel
Trombatorrione, ove dormirono un sonno calmo e tranquillo, mentre gli
altri uomini continuarono ad occuparsi dei numerosi cadaveri al fosso
di Helm. I cadaveri degli Orchi furono ammucchiati, ma avevano poca
legna per il fuoco, e i corpi erano troppo grandi per la sepoltura. E
decisero di lasciarli lì. La scorta del Re
partì nel pomeriggio, quando il lavoro della
sepoltura era appena incominciato.
Infine Theoden, insieme a Gandalf e i loro compagni, galopparono
giù dalla Diga. Giunsero ai margini del bosco, ove gli
alberi
parevano grigi e minacciosi, e i lunghi rami pendevano come dita. Per
un
attimo i Cavalieri erano restìì ad entrare, ma
Gandalf
riuscì a condurre la compagnia. ''Questa foresta
è molto
vecchia,'' sussurrò Glorfindel che cavalcava
tenendosi vicino a Gandalf. ''Sento intorno a me una tremenda
collera.'' disse,
continuando a guardarsi attorno, e avrebbe voluto fermarsi per
ascoltare i rumori del bosco. Si udivano scricchiolii e gemiti di rami,
grida distanti, brusii di voci senza parole che mormoravano tra loro.
''Sono alberi strani, questi.''
''Non hai torto, Glorfindel.'' disse Gandalf. L'elfo
sospirò.
''Quanto vorrei comprendere i loro pensieri.'' disse. ''Io no.''
ribatte' Gimli, che era seduto dietro Glorfindel. ''E preferirei essere
molto lontano da questo posto, in questo momento.''
Giunsero nella Valle dello Stregone, un
tempo verde e rigoglioso. Ma adesso parte della valle era ormai
desolata, e al centro della pianura si ergeva una torre dalla forma
meravigliosa; era la fortezza di Saruman, un tempo creata dagli
antichi costruttori che avevano fabbricato il Cerchio di Isengard, ma
che Saruman aveva lentamente trasformato secondo i suoi scopi. Gandalf
avanzò e gli altri lo seguirono. Lungo la
strada grosse
pozzanghere d'acqua riempivano i fossi, e quando giunsero alle porte di
Isengard videro che giacevano in terra, travolte e contorte, e
tutt'intorno erano sparse pietre spaccate e infrante. Lo spazio
all'interno del cerchio era
inondato d'acqua, ove galleggiavano relitti di alberi e travi, di casse
e armature ormai distrutte. Il Re e i suoi compagni si guardarono
attorno mentre avanzavano verso una grossa roccia, ove potevano
scorgere due piccole figure comodamente coricate
sulla cima. Entrambi erano seduti a gambe incrociate, e dalla bocca
emettevano lunghe spirali e piccoli cerchi di fumo.
Il Re e i suoi rimasero immobili e stupefatti a guardarli. Uno dei due
si accorse improvvisamente della loro presenza, e balzò
immediatamente in piedi. Alto circa la metà di un uomo, la
sua
testa bruna e riccioluta era scoperta, e addosso portava un manto
logorato dal tempo.
''Benvenuti, signori, a Isengard!'' disse a voce alta, allargando le
braccia. ''Voi, teste di
legno! Che bell'inseguimento ci avete fatto fare!'' gridò
Gimli,
incapace di trattenersi. ''Duecento leghe attraverso paludi e foreste
soltanto per salvare voi! Ed ecco che vi troviamo intenti a...
fumare!''
un caldo sorriso piegò le labbra dei presenti. ''Circondati
inoltre di quello che si potrebbe definire un gran bottino, Gimli.''
disse ridendo Glorfindel. L'hobbit rizzò le
orecchie udendo una nuova voce, perfino il suo compagno
balzò in
piedi, e
allora Glorfindel si fece avanti. ''Allora, sono questi i famosi...
hobbit che stavate cercando!'' esclamò scrutandoli a lungo,
e
Merry e Pipino rimasero
silenziosi a osservare
l'affascinante creatura etera. ''E voi, di grazia, sareste?'' chiese
infine Pipino, ritrovando la voce.
''Glorfindel di Gran Burrone, al vostro servizio.'' disse. ''Voi
siete?''
domandò poi. ''Oh, il mio nome è Meriadoc, figlio
di
Saradoc,'' fece Merry. ''E il mio compagno è Peregrino,
figlio
di Paladino.'' Il
giovane Tuc accennò a un simpatico sorriso. ''E siamo qui
seduti
e vittoriosi in mezzo a un campo di battaglia, fra bottini ben
meritati!'' esclamò poi, rimettendosi la pipa in bocca. I
Cavalieri risero, mentre lo Stregone sospirò; ''Ah,
hobbit...''
''Ho un messaggio che mi è stato lasciato; se volete recarvi
alle mure settentrionali, troverete Barbalbero che sarà
molto
felice di accogliervi.'' disse Merry. ''Bene!'' esclamò
Gandalf.
''Allora, Théoden, vieni con me in cerca di Barbalbero.''
''Se permetti Gandalf,'' fece Aragorn scendendo dal proprio cavallo.
''Io, Gimli e Glorfindel vi aspetteremo qui insieme ai giovani
hobbit.'' concluse, osservando Merry e Pipino impegnati in una
conversazione con Glorfindel, il quale stava rispondendo a ogni singola
domanda che egli ponevano. Allora lo Stregone acconsentì con
un
caldo sorriso sulle labbra, e insieme a Theoden si incamminò
alla ricerca di
Balbarlbero mentre Aragorn, Glorfindel e Gimli si sedettero ove l'erba
era ancora alta iniziando a raccontare tutte le loro avventure agli
hobbit, ed egli fecero lo stesso.
Dopo aver discusso con Barbalbero e fatto qualche piano, Gandalf
raggiunsero gli altri e insieme poi ripresero il cammino. I Cavalieri
avanzarono con
cautela, avvicinandosi a Orthanc.Gandalf cavalcava in testa, con Pipino
seduto davanti a lui, e al suo fianco vi era Theoden. Poi dietro vi
erano Aragorn e Eomer, e Merry sedeva dietro quest'ultimo. E per ultimi
Glorfindel e Gimli, che sedeva dietro di lui. L'acqua era ormai
interamente assorbita, restavano soltanto poche pozzanghera qua e
là.
Si fermarono quando si trovarono innanzi alla Torre nera. Lanciarono
sguardi cupi nella sua direzione, alcuni Cavalieri sedevano
irrequieti sui loro cavalli. ''Mostra il tuo viso...''
sussurrò Aragorn,
alzando lo sguardo. ''State attenti.'' li avvertì Gandalf.
''Anche nella sconfitta, Saruman è pur sempre
pericoloso.''
''Prendiamoci la sua testa e facciamola finita!'' commentò
Gimli, con nonchalance. ''No.'' ribattè Gandalf. ''Ci
occorre
vivo. Ci occorre che parli.''
All'interno della Torre, Legolas lì stava osservando da
quando
erano entrati. Fortunatamente nessuno si era accorto della sua
presenza, si era nascosto abbastanza bene da non farsi notare. E quando
li vide avvicinarsi a Orthanc, riuscì a distinguerli
perfettamente; davanti a tutti si ergeva Gandalf, accompagnato da
Theoden che era di fianco a lui. Aragorn e Eomer, insieme ai due
Hobbit, erano dietro di loro. E infine Gimli, insieme a Glorfindel. Si
allontanò
immediatamente dalla finestra, e si poggiò contro il muro.
''Dannazione!'' imprecò a denti stretti. ''Non mi bastavano
solo
Gandalf e Aragorn, ma anche 'l'Ammazza Barlog'.'' disse, poggiando la
testa contro il muro. Chiuse gli occhi e fece un profondo sospiro,
cercando di calmarsi. ''Perché sono venuti qui!?
Perché...?!'' si interruppe, guardando verso l'alto.
''Saruman...!'' Con un gesto secco chiuse la finestra, e
velocemente si avviò verso il tetto.
Mentre osservava la torre, Aragorn notò una delle
finestre
-finora rimasta aperta- chiudersi di colpo. E di certo non per via del
vento. Strinse leggermente gli occhi, ma non vide nessuno nel buio
vano. Aspettarono ancora, e improvvisamente udirono una voce, il cui
suono pareva un incantesimo. ''Hai combattuto molte guerre e molti
nemici, Theoden...e ristabilito la pace.'' Essi levarono lo sguardo e
videro la figura di Saruman, che
li osservava dal tetto della torre. Il corpo era avviluppato in una
grande manto; i capelli e la barba erano bianchi, ma con ancora qualche
ciocca nera; gli occhi scuri parevano gravi, e un po' stanchi.
Glorfindel osservò sia Gandalf, che Saruman.
''Così
simili, eppur diversi.'' sussurrò.
Theoden non disse nulla, levando lo sguardo su Saruman che lo fissava
con i suoi occhi solenni. Gandalf non si mosse, immobile e silenzioso;
sembrava esitare. ''Non possiamo discuterne insieme come facemmo ai
vecchi tempi, mio buon amico?'' disse Saruman,
con voce meno soave, mentre una luce balenò nei suoi occhi.
''Non può esservi pace, tra me e te?''
Theoden continuò a tacere, come se stesse lottando contro la
collera e il dubbio. ''Tra noi vi sarà pace...'' disse
infine
con
voce sforzata. Aragorn lo guardò. ''Tra noi vi
sarà pace quando tu e tutte le tue opere
sarete distrutti, insieme a quelle del tuo Oscuro padrone.'' ma ora il
suo tono pareva chiaro e deciso. ''Quando tu risponderai all'incendio
dell'Ovesfalda, e dei bambini che giacciono morti lì! Tra
noi
vi
sarà pace quando la vita dei soldati fatti a pezzi
nonostante
giacessero morti davanti alle porte del Trombatorrione sarà
vendicata! Quando penzolerai da una forca, per lo spasso dei tuoi
stessi corvi... tra noi vi sarà pace!'' concluse, osservando
Saruman con con odio.
I Cavalieri fissarono Theoden stupefatti, e ad alcuni pareva di vedere
all'improvviso la collera accendersi nello sguardo di Saruman.
''Forche e cornacchie.'' un ombra passò sul volto dello
Stregone.
''Rimbambito!'' sibilò, e si stupirono del suo improvviso
cambiamento.
''Cosa vuoi, Gandalf il Grigio?'' gridò e la sua voce era
quasi
un urlo. ''Lasciami indovinare; la Chiave di Orthanc, o magari le
chiavi di Barad-dur stesse; insieme alle corone dei sette re e i
bastoni dei Cinque Stregoni!''
''Il tuo tradimento è costato già molte vite,''
disse
Gandalf. ''E altre migliaia sono ora rischio, ma tu puoi salvarle
Saruman. Tu eri addentro i disegni del nemico!''
''Così sei venuto per informazioni,'' disse Saruman, con
tono
beffardo. ''Ne ho alcune per te...'' da sotto il manto, Saruman prese
il Palantir mostrandolo a tutti.
Egli osservò la sfera attentamente, scrutandola a lungo.
''Qualcosa cresce nel cuore della Terra di Mezzo,'' disse
senza
staccare lo sguardo dal Palantir. ''Qualcosa che è sfuggito
alla tua vista...'' rimase un attimo silenzioso. ''Ma il grande Occhio
lo ha veduto.'' disse poi, riponendo la sfera nel manto. ''Perfino ora
Lui aumenta il suo vantaggio. Il suo attacco avverrà presto,
e
tutti voi morirete.'' I giovani hobbit rabbrividirono, e avrebbero
voluto rimanere ai cancelli poiché si sentivano poco utili e
poco sicuri. Gandalf non disse nulla, ma avanzò con cautela.
E
Saruman continuò; ''Ma tu questo lo sai bene, vero
Gandalf?'' il
suo sguardo truce passò su Aragorn. ''Non puoi pensare che
questo ramingo si siederà mai sul trono di Gondor. Questo
erede
di Isildur strisciato fuori dall'ombra non sarà mai
incoronato
Re!'' sibilò con voce fredda e stridula, guardandolo con
disprezzo. Aragorn rimase silenzioso, riuscendo a ignorare la rabbia
che implodeva in lui. ''Gandalf non esita a sacrificare quelli
più vicini a lui, quelli che egli professa di amare. Dimmi,
quali parole confortati hai avuto per il mezzuomo, prima di spedirlo
alla rovina?''
Gandalf aprì la bocca per parlare, ma da essa
uscì solo
un debole sospiro. Un ghigno compiaciuto comparì sul viso di
Saruman; evidentemente il ricordo di quando Frodo aveva preso
l'incarico di essere il Portatore aveva fatto breccia nel suo cuore. E
per un attimo Gandalf pensò a dove potesse essere il giovane
hobbit in
questo momento. E se era ancora vivo. ''La strada sulla quale lo hai
posto... può portare solo alla morte.'' disse Saruman.
Gandalf
abbassò lo sguardo, mentre un improvvisa angoscia lo
assalì.
Gimli non riuscì più a trattenersi. ''Ho sentito
abbastanza!'' sbottò, rompendo quell'improvviso silenzio.
Agitò il braccio di Glorfindel e disse; ''Finiscilo con una
freccia nel becco.'' ma l'elfo replicò, "No Gimli, un momento..." con grande sollievo di Gandalf. Egli guardò nuovamente Saruman.
''Vieni giù, Saruman! E' la tua vita verrà
risparmiata.''
gridò con voce chiara. L'orgoglio e il livore
ripresero il sopravvento in Saruman. ''Conserva pietà e
compassione! Non so che farmene!'' gridò, per poi muovere il
suo
bastone creando una palla di fuoco e lanciarla verso Gandalf. Esso non
si mosse, e venne completamente avvolto nelle fiamme. I Cavalli di
Theoden
e dei suoi uomini nutrirono di paura, mentre le fiamme si dissolsero
lentamente. Con grande stupore di tutti, Gandalf era totalmente
illeso. Per un attimo, Saruman si sentì con le spalle al
muro.
''Saruman!'' Gandalf levò la mano, e parlò con
voce
limpida e fredda. ''Il tuo bastone è rotto.'' Si
udì uno
schianto e il bastone si spezzò nella mano di Saruman. In
quel
momento dietro di lui apparve un altra figura, vestita di nero. Theoden
spalancò gli occhi appena lo riconobbe. ''Grima!'' lo
chiamò. ''Non sei obbligato a seguirlo. Non sei sempre stato
come sei ora! Una volta eri un uomo di Rohan; scendi!'' disse
speranzoso. Vermilinguo sembrò guardarlo con crescente
meraviglia, ma non appena fece per abbandonare definitivamente la
Torre, la voce di Saruman lo bloccò.
''Un uomo di Rohan? Cos'è la casa di Rohan se non una stalla
di
paglia dove i briganti bevono nel fetore, e i loro marmocchi rotolano a
terra insieme ai cani.'' sputò quelle a parole con evidente
disprezzo. ''La vittoria al Fosso di Helm non è opera tua,
Theoden Signore dei Cavalli! Tu sei il figlio minore dei grandi Re.''
Il Signore del Mark non diede peso alle parole di Saruman, e si rivolse
nuovamente a Vermilinguo. ''Grima, liberati di lui.''
''Libero?'' disse lo Stregone col viso contorno dalla rabbia. ''Lui non
sarà
mai libero.'' Grima lo guardò in silenzio, e ci mise qualche
stante per ritrovare la voce, per ritrovare la forza di opporsi a lui.
''No!'' riuscì a dire. Saruman si
voltò e l'uomo si
sentì lo stomaco diminuire alle dimensioni di una
nocciolina.
''A terra, carogna!'' Immediato, come un secchio d'acqua gelata
scaraventata sulla faccia, arrivò il suo schiaffo. Un colpo
netto e talmente forte da far cadere l'uomo all'indietro.
''Saruman!'' lo chiamò Gandalf. Ed egli si voltò
lentamente verso di lui. ''Tu eri addentro ai disegni del nemico. Dicci
quello che sai.'' il quel momento una strana luce balenò
negli
occhi di Grima, e lentamente estrasse un pugnale da sotto la sua veste.
Ma prima che potesse alzarsi, sentì una mano sul braccio e
girò il capo trovandosi Legolas inginocchiato accanto a lui.
L'elfo si poggiò un dito sulle labbra per fargli capire di
restare in silenzio. ''Vattene via. Scappa.'' gli disse a bassa voce.
Si rimise in piedi mentre Grima abbandonava per sempre la Torre. Lo
Stregone non si accorse della presenza dell'elfo. ''Ritirate le vostre
guardie, e io vi dirò dove il vostro
destino verrà deciso.'' parlò ancora Saruman.
''Non
sarò tenuto prigioniero qui!''
''No, certo che no.'' commentò Legolas, facendo voltare lo
Stregone.
Aragorn sussultò. ''Legolas...!'' e tutti gli altri
riuscirono a
vederlo.
''Che cosa ci fai qui? Sparisci! Non ho più
niente a che fare con un folle omicida come te.'' sbottò lo
Stregone, tornado poi
a guardare
Gandalf. Il volto dell'elfo divenne cupo, mentre una luce rossa gli
covava negli occhi. Improvvisamente rise. ''Ti avevo
già avvertito.''
Scattò verso Saruman, con il pugnale elfico stretto nella
mano.
L'altro ebbe il tempo solo per voltarsi che si ritrovò la
lama
dritta
nel cuore. Aragorn, Gandalf e tutti i presenti rimasero di sasso a
quella scena. Il Palantir cadde dal manto di Saruman e
rotolò
sul pavimento fino ad essere fermato prontamente dallo stivale
dell'elfo. Questo guardò lo Stregone dritto negli occhi
sussurrando, "Mi sarei macchiato del sangue di chiunque mi
ostacolasse."
Spinse il corpo di Saruman giù dalla Torre, esso
atterrò
violentemente su un arco di pietra, coperto di spine. Gli Hobbit
voltarono la testa di lato, inorriditi alla vista del petto dello
Stregone trafitto da una di quelle spine, mentre gli altri osservarono
l'elfo senza parlare. ''Legolas Verdefoglia!'' gridò
Gandalf, mentre passava uno
straccio
sulla lama del pugnale. ''Che cosa hai fatto!?'' disse lo Stregone. l'elfo
inclinò la testa di lato. ''L'avete visto con i vostri occhi, non è difficile da capire.'' rispose con tono indifferente. Ripose il
pugnale ormai pulito, e la sua attenzione cadde di nuovo sul Palantir.
Incuriosito lo raccolse per osservarlo meglio alla luce del sole. Poi
si sedette con le gambe a penzoloni, con ancora
il Palantir tra le mani.
Rise, notando come tutto lo stessero guardando. ''Suvvia,"
disse sorridendo spocchioso. ''non mi dite che siete dispiaciuti per
lui? Gli avreste risparmiato davvero la vita? Certo, forse da te me lo
sarei aspettato, Mithrandir. '' guardò lo Stregone, mentre
giocherellava col Palantir. ''Mm, tpico di Gandalf il Grigio, vero?''
''Perché l'hai ucciso?'' chiese Gimli. ''Credevo che tu-''
''Alt, Mastro nano.'' lo interruppe Legolas, mettendo una mano avanti.
''Non l'ho ucciso per fare un favore a voi. Anche se... un grazie non
mi farebbe dispiacere." replicò sempre sorridendo. Poi la sua espressione
divenne
seria. ''Saruman era un peso inutile
persino
per me. Insomma, tutti i suoi servitori sono stati distrutti e
dispersi; i suoi vicini sono diventati suoi nemici; infine ha ingannato
il suo nuovo padrone, o almeno ha tentato di farlo. E si da il caso che
il suo padrone sia anche il mio, quindi la cosa mi tocca
particolarmente.''
osservò il Palantir per qualche instante, rimanendo
silenzioso.
''Dovreste vederlo; il suo occhio è davvero rosso di collera!''
commentò per poi ridere divertito. ''Non per vantarmi, ma io
sono molto
più affidabile di quello stolto Stregone, per questo Lui ha
riposto tutta la sua fiducia in me... e non lo deluderò.''
concluse portandosi una mano al petto.
''Non ti darà niente, Legolas.'' esclamò Aragorn,
osservando l'elfo quasi con pietà. ''Lui non condivide il
Potere
con altri; ti darà solo sofferenza. Per lui non sei altro
che
una delle sue tante pedine in una grande scacchiera; un misero
giocattolo che butterà via quando non gli
sarà
più utile. Perché non riesci a comprenderlo?
Perchè-'' si fermò di botto, quando si rese conto
che
erano parole
sprecate. Alzò nuovamente lo sguardo verso l'elfo, che lo
guardava curioso.
In quel
momento una folata di vento mosse i suoi lunghi capelli biondi.
''Potere?'' sussurrò Legolas alzando un sopracciglio. ''Io
non lo faccio per quello. Lo faccio
perché vi odio.'' esclamò piegando le labbra in
un sorriso perfido. ''E perché vi voglio tutti morti. Nessuno escluso.''
precisò infine con un tono così glaciale da
var venire la pelle d'oca. ''Tu prima di tutti, Sire.''
cantilenò osservando Aragorn. ''Non diventerai mai Re! E su questa bella terra cadrà
l'ombra e
la rovina, e il ricordo delle vostre gesti eroiche si
affievolerà come una fiamma al vento; non ci saranno
canti, nessuno avrà motivo di festeggiare
perché non
ci sarà vittoria. Per voi non c'è alcuna
speranza! La stirpe dei Re verrà finalmente spezzata.''
''Questo è da vedere...'' sibilò Aragorn a denti
stretti.
''Arriverà il momento in cui il tuo Padrone
verrà
distrutto, e la sua feccia sparirà per sempre dalla Terra di
Mezzo. A quel punto non ci sarà vittoria per lui, e nemmeno
per
te.'' Legolas non sembrò intimorito da quelle parole, e
continuò a sorridere divertito. ''Stai sottovalutando il Suo
Potere, Aragorn!'' disse. ''E se questo vi consola, sappiate che il
giovane mezzuomo si avvicina sempre di più a Mordor.'' fece
una
pausa e sbuffò, come annoiato. ''Non credevo che Frodo
avesse
così tanta forza da riuscire a portare quel fardello
maledetto.
Mi ha sorpreso; lo credevo morto già da tempo!'' disse
poggiando
il braccio sulla gamba, e il mento sul palmo della mano. ''Ah! Quasi
mi dimenticavo,'' esclamò improvvisamente, ''Hai ripensato
alla
mia proposta, Aragorn?'' chiese.
''E' passato molto tempo da quella volta, ma sei ancora in tempo per
cambiare idea.''
''Ho fatto la mia scelta!'' ribattè il senza corona.
''...Bene. Vorrà dire che il destino del tuo Principino
Elfico
non sarà così roseo.'' commentò l'elfo
osservando
Aragorn.
Quest'ultimo rimase silenzioso, incatenato da quei occhi che sembravano
scrutarlo nell'anima. ''Lo sai, sono quasi tentato di lasciarti vivo,''
parlò ancora Legolas. ''Solo per vederti impazzire,
tormentandoti all'idea che non hai potuto fare niente per salvarlo.''
''Non hai ucciso me, e non ucciderai lui.'' ribatte' Aragorn,
ritrovando la voce. ''Non te lo permetterò. Se con la mia
vita o la mia morte riuscirò a proteggerlo, io lo
farò.''
esclamò, e l'elfo sembrò esitare. ''Tu non sai
con chi hai a che fare, insulso mortale!'' disse solamente
a denti stretti.
''Tieni quella lingua forcuta tra i denti, e scendi da lì!''
sbottò Gimli, che si
stava parecchio agitando. ''Sempre se hai ancora il coraggio di sfidare
un nano.'' Legolas strinse leggermente gli occhi,
lanciandogli un occhiata truce. ''Non credere che non ti
uccida, nano.
Sarebbe un piacere.'' sibilò.
''Egli non è solo!'' disse Glorfindel quasi in un urlo.
Con movimenti talmente veloci che lo sguardo non riusciva a seguire,
tese il suo arco stendendo una freccia e subito dopo la
scoccò in direzione di Legolas. Gli sfiorò di poco la guancia, ma il Principe non si smosse minimamente. "Ma guarda; un
elfo che difende un nano. Che
cosa curiosa!'' esclamò divertito, passandosi le dita sulla striscia di sangue sul viso. ''Così hanno mandato
l'Ammazza Balrog a prendere il mio posto. Spero che tu ti stia
divertendo allora! E, Gandalf, a quanto vedo non ha capito che siete
qui solamente
per parlare. Dovrebbe controllarsi.''
Gli occhi limpidi del giovane Vanya divennero due fessure.
''Parli di controllo quando tu stesso stai creando il caos.'' disse.
''Non sei una minaccia per me, ti conviene smetterla di giocare a fare
il cattivo.''
''Che paura, tremo come una foglia.'' commentò deridendolo. ''Vedi di non vantarti, Glorfindel. Tutto quello che hai di speciale
è uscito solo dalle mani dei Potenti. Tu nemmeno saresti qui, se non fosse per loro." Il Vanya
trasalì, tentò di ribattere ma ogni sua parola si
trasformò in qualche balbettio senza senso. Legolas sorrise.
''Ti sei per caso offeso? Mi dispiace.'' cinghuettò
sarcastico rimettendosi in piedi tenendo
il
Palantir stretto in una mano. ''Dove credi di
andare, Legolas?'' disse Gandalf. ''Non abbiamo finito con te.''
''Ma io si invece.'' ribattè il Principe.
''Non abbiamo
più niente da dirci. Andate via, ma se proprio volete
tornare
qui allora fatelo; le porte sono sempre aperte.'' aggiunse prima
lasciare la presa sul Palantir, e la sfera cadde
dall'alto con fracasso, finendo poi su una pozzanghera. ''Ci
vediamo presto.'' fece un inchino prima di allontanarsi e sparire dalla
vista.
Pipino corse a
raccogliere la sfera, e rimase a guardarlo per qualche istante vedendo
come una
fiamma incandescente nel globo del cristallo. Gandalf gli
andò
subito incontro. ''Dai qua, ragazzo, lo prenderò io.'' disse
togliendo velocemente il globo dalle mani dell'hobbit, avvolgendolo
nelle falde del proprio mantello. ''Di certo non è un
oggetto
che Saruman avrebbe desiderato gettare via.'' sussurrò
guardando
la Torre.
''La discussione è terminata,'' disse infine Gandalf.
''Andiamo.''
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Capitolo 11 *** XI ***
Under A Dark Spell (12)
XI
Ritorno a Edoras
Theoden e Gandalf,
insieme al resto
della compagnia, ritornarono a Edoras dove si era organizzata una festa
che si sarebbe tenuta la sera stessa. Durante il giorno si
svolsero i preparativi per l'occasione, festeggiando la vittoria al
Fosso di Helm onorando anche coloro che erano caduti in battaglia.
Inoltre era un modo per passare una serata per divertirsi, allontanando
per un attimo tutte le preoccupazioni, senza pensieri per la testa e
circondati dalle persone che amano. ''Una festa?'' chiese Glorfindel,
che si era cambiato d'abito mettendosi una leggera tunica argentata.
''Non mi
sembra il momento opportuno per... ubriacarsi e abbuffarsi,
sollazzandosi con musica e donne.'' disse con una certa ironia, mentre
si intrecciava i capelli selvaggi alla maniera elfica.
L'uomo accennò a un sorriso e si voltò verso di
lui mentre finiva di vestirsi. ''Dici
così perché non sei mai stato ad una festa di
uomini.''
ribatte' con la stessa ironia. ''No infatti. E sono un po'
spaventato.'' disse Glorfindel.
Aragorn rise. ''Allora cerca di non pensare a nulla, solo a divertirti.
Forse sarà l'ultima volta che passeremo del tempo con le
persone
che conosciamo.'' disse infine, e l'elfo percepì tristezza
nella
sua voce. Gli si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla.
''Ti proibisco di essere triste, Elessar!'' esclamò
facendolo ridere. ''Tu stesso hai detto di stare senza pensieri,
ebbene... divertiamoci. Oh!'' improvvisamente, Glorfindel si
ricordò di qualcosa che si era portato durante il viaggio, e
che poteva essere adatto per quell'occasione. ''Aspetta un momento.''
si allontanò, e frugò tra i suoi beni per poi
cacciare un oggetto avvolto in una stoffa blu.
''Speravo di poterla usare durante questo viaggio.''
esclamò osservandolo per un istante prima di scoprirlo. E
Aragorn vide una stupenda arpa dorata dalle piccole dimensione, adatte
per portarsela durante i viaggi. ''Molto bella.'' commentò
osservando lo strumento. ''Ma chissà se qualcuno
vorrà sentirti suonare durante la festa.'' disse
ironicamente. ''Qualche giovane donzella ci sarà
sicuramente. Adesso andiamo!''
Arrivarono nella sala del trono e, subito, si ritrovarono nel caos
completo. L'intera stanza era colma di decine e decine di uomini e
donne, che brindavano, danzavano e si divertivano nei più
svariati modi. Mangiavano e bevevano senza interruzione. La sala era
arredata con tavoli di
legno, e in un angolo un gruppo di musici con flauti suonava, ma era
impossibili sentirli data la confusione.
Aragorn e Glorfindel si fecero strada, dando di gomito più
volte
per farsi largo tra gli ospiti, stando attenti a coloro che si
spostavano con grossi calici stracolmi di vino. Stavano per raggiungere
Gandalf quando la voce di Gimli catturò la loro attenzione.
L'elfo si voltò e lo vide avvicinarsi a lui e dirgli
qualcosa che non riuscì a comprendere, per via della
confusione.
Stava per parlare quando il nano lo prese per il braccio trascinandolo
verso qualche tavolo più in là. Il ramingo non ci
fece
caso, e continuò ad avanzare.
''Gimli, si può sapere dove mi stai...'' esclamò
l'elfo,
fermandosi di colpo quando vide un tavolo davanti a se' colmo di
bicchieri e una botte di legno. Alzò un sopracciglio,
inizialmente non capendo perché si trovava lì,
circondato
da altri uomini. ''Ecco, mastro elfo. Unisciti a noi.''
esclamò
il nano mentre si accomodava a tavola, e vide Eomer porgergli una
brocca
di legno piena
sino all'orlo. L'uomo di Rohan sorrise, divertito dall'espressione
confusa
dell'elfo e da come si stringeva l'arpa al petto, e ne
riempì un'altra porgendola a lui. ''Nessuna
pausa.'' disse semplicemente, continuando a sorridere.
Glorfindel lo
afferrò con una mano, titubante, e spalancò gli
occhi quando
capì; si voltò nuovamente verso il nano. ''Mi hai
portato
qui per una gara di bevute...!'' chiese, aggrottando le sopracciglia,
osservando nuovamente l'uomo. ''E quale sarebbe lo scopo?''
chiese. ''L'ultimo che rimane in piedi, vince!'' rispose Gimli
scoppiando in una risata, mentre alcuni uomini
esultavano alzando i loro bicchieri.
Glorfindel deglutì
piano osservando il boccale che aveva in mano, mentre
Gimli stava
già svuotando il primo.
''Io... credo che posso anche lasciar perdere.'' declinò
Glorfindel. ''Andiamo!'' lo incitò Eomer. ''Non ti fa male.
Non
ti va di festeggiare con noi?''
''Non così. Grazie mille, ma davvero... non serve.''
rifiutò nuovamente, e fece per andarsene. ''Ah, allora
quelle
voci sugli elfi sono vere.'' lo stuzzicò Eomer. Glorfindel
si
fermò. ''Spiegati meglio.'' disse. ''Che siete troppo carini
per
bere e per sporcarvi le mani.'' continuò Eomer guardandosi
le
unghie. L'elfo si voltò lentamente e ritornò sui
suoi
passi, avvicinandosi al bordo del tavolo. ''Troppo carini per bere?''
ripetè osservando l'uomo stringendo lievemente gli occhi.
Posò l'arpa a terra poggiandola contro una colonna di legno,
e afferrò il bicchiere, ''Che sia
la prima e ultima volta!'' esclamò portandosi il boccale
vicino
alle labbra e
iniziando a bere lentamente, gustandosi il sapore forte della bibita.
Svuotò il primo boccale, e sentì una goccia
scivolargli
lungo il collo pallido. Si pulì col dorso della mano, e gli
venne dato un'altro bicchiere. Glorfindel lo prese in fretta, e bevve
tutto d'un sorso. E fece così con il terzo, poi il quarto, e
il
quinto...
Continuò così, riuscendo a svuotare un certo
numero
di boccali sotto gli sguardi meravigliati degli uomini, colpiti dal
fatto che l'elfo fosse ancora lucido di mente nonostante tutti quei
bicchieri che aveva bevuto. Persino Eomer si sorprese della resistenza
della creatura eterna, come se la loro bevanda non gli facesse
nessun effetto. E mentre Glorfindel pareva perfettamente savio, Gimli
cominciava a sentire l'effetto della bevanda. Davanti a lui si era
formata una montagna di boccali vuoti, e il povero nano a fatica
riusciva a svuotare un'altro bicchiere. Glorfindel si rigirò
tra le
mani l'ennesimo boccale di birra. E mentre il liquido, chiaro e fresco,
scendeva ancora una volta lungo la gola dell'elfo, esso improvvisamente
si fermò posando il bicchiere sul tavolo con un tonfo sordo.
Si passò la lingua sulle labbra, già umide a
causa della
birra, e si guardò la mano. ''Sento qualcosa...''
sussurrò confuso, mentre col pollice si sfiorò le dita e
sentì la pelle leggermente accaldata. Eomer lo
guardò con
fare curioso. ''Come un formicolio nelle mie dita... oh, per tutti Valar!''
esclamò mentre la sua espressione da confusa passò a spaventata. L'uomo di Rohan si lasciò
scappare
una flebile risata. ''Oh Valar, vuol dire che vedrò un elfo
ubriaco!'' esclamò con stupore poggiando una mano sul
tavolo.
Glorfindel posò lo sguardo sull'uomo alzando un sopracciglio
e
guardandolo con fare interrogativo.
La voce roca del nano
catturò la loro attenzione. ''Che cosa vi avevo detto?''
disse
ridendo. Glorfindel lo guardò, vide che gli era rimasta
della
schiuma nella folta barba e aveva il viso completamente arrossato.
Riuscì a trattenersi nel scoppiare a ridere. ''Lui non
regge...
questa bevanda...'' borbottò il nano, prima di cadere
all'indietro insieme allo sgabello. ''Ouch.'' sussurrò
l'elfo con un sorrisino divertito.
Si voltò nuovamente verso Eomer e gli altri uomini che lo
guardavano con stupore. ''Fine dei giochi!'' esclamò
vittorioso. Riprese l'arpa e si allontanò.
Poco lontano Merry e Pipino avevano iniziato a ballare a braccetto su
un tavolo, cantando a squarciagola una delle canzoni della Contea, ed
entrambi reggevano dei boccali di birra. Gli ospiti li osservarono
divertiti e battevano le mani al ritmo di musica, e persino Gandalf che
li guardava da lontano fece lo stesso, e le paure, i timori, e la
tensione accumulata durante la battaglia sembravano solo un ricordo
lontano. Alla fine della canto tutti
applaudirono ai due giovani hobbit, che chiusero la serata sorseggiando
la loro birra. In un angolo poco lontano vi era Glorfindel intento a
suonare per un gruppo di fanciulle che si erano avvicinate a lui e, anche
se non riusciva a sentirlo, capì che stava cantando. E le
giovani donne sembravano affascinate dalla figura elfica e
dalla sua voce angelica, poichè lo stavano guardando come se
si trovassero davanti alla cosa più bella che avevano mai
visto. Gandalf accennò a una flebile risata quando vide
Glorfindel prendere la mano di una delle ragazze posandogli
delicatamente le labbra sopra, ella sembrò
arrossire tutta in viso e lui le sorrise dolcemente.
Lo stregone si accorse poco dopo che Aragorn lo aveva raggiunto.
''Nessuna notizia di Frodo.'' disse, dopo un momento di silenzio.
Gandalf sospirò. ''Nessuna traccia. Nulla.'' disse con voce
grave.
''Abbiamo ancora tempo. Ogni giorno Frodo è sempre
più
vicino a Mordor.'' ribatte' Aragorn. ''Come sappiamo che non sia
morto?'' disse lo
Stregone. Quella poca calma e pace recuperata svanì ancora.
Il
ramingo sospirò a lungo. ''Che cosa ti dice il cuore?''
replicò. Gandalf si bloccò, rimanendo silenzioso,
poi si
voltò lentamente. Nei suoi occhi brillava la speranza. ''Che
è ancora vivo.''
La notte passò lenta, e la festa giunse al termine.
Lentamente
le persone abbandonarono il Palazzo di Meduseld ritornando nelle loro
case, e quando la sala si svuotò del tutto alcuni presenti
cominciarono a sistemarla e pulirla come meglio poterono.
A Gandalf e i suoi compagni venne concessa una stanza per riposare la
notte; era molto spaziosa nonostante le dimensioni ridotte. Si
avvolsero
nelle loro coperte e si misero a dormire. Aragorn invece, incapace di
prendere sonno, si alzò uscendo dal palazzo. Una leggera
brezza
fredda gli mosse i capelli mentre osservava il cielo notturno; il
chiarore della luna era l'unica luce in quella sera buia. Il ramingo
sentì che non era il solo a non riuscire a riposare quella
notte; alla sua sinistra vide una figura girata di spalle
avvolta
in un mantello scuro, il capo coperto dal cappuccio e con lo sguardo
fisso dinnanzi a se'. Con passo lento Aragorn lo raggiunse, mettendosi
al suo fianco.
Glorfindel non accennò a voltare il capo, osservando le
pianure
del paese. Il ramingo lo guardò per un attimo; aveva un
espressione seria, lo sguardo che vagava chissà
dove, le
braccia incrociate al petto e le labbra leggermente aperte. I due
rimasero in silenzio, non dicendosi nulla per un certo lasso di
tempo. Aragorn udì un sospiro uscire dalle labbra dell'elfo.
''Tu più di tutti dovresti restare dentro e riposare...''
egli disse, senza voltarsi. ''Non ho sonno.''
replicò
Aragorn con lo sguardo basso.
''Se qualcosa ti turba, con me puoi parlarne liberamente.'' disse Glorfindel voltandosi verso di
lui. L'uomo chiuse gli occhi, per poi riaprirli poco dopo puntando lo
sguardo verso il cielo. ''Tu credi...'' disse. Si fermò
deglutendo. ''che dopo la distruzione dell'Anello, Legolas
morirà?'' riuscì a dire. Era un pensiero che lo
tormentava da
quando erano tornati a Rohan, a cui non trovava risposta.
Glorfndel restò silenzioso. Nella sua mente ripercorrevano
le
immagini di ciò che era successo a Isengard, e
rammentò
le parole del Principe. ''Non so quanto siano veritiere le sue
parole.'' rispose. ''Forse era solo un modo per metterti timore. Insomma, è chiaro che ora sia un manipolatore, come il suo Padrone."
''E se fosse vero?'' lo interruppe Aragorn voltandosi verso di lui.
''Che cosa gli succederà?'' sussurrò, mentre
sentiva la paura
avvolgerlo completamente. L'elfo scorse angoscia e tristezza nelle
iridi chiare del ramingo, e anche timore per un amico a cui avrebbe
affidato la sua stessa vita. ''Quel che gli succederà dopo
la distruzione dell'Anello, lo
ignoro.'' disse l'elfo. ''Ma se il destino di Legolas è la
morte, non
c'è niente che tu possa fare.'' concluse, cercando di
avere un tono calmo e fermo. Vide i suoi occhi diventare lucidi e
abbassò
il capo, per nascondere il dolore e cacciare indietro le lacrime.
Glorfindel sospirò lasciando ricadere le braccia
lungo i fianchi. ''Comprendo che per te è difficile da
accettare, ma che scelta
abbiamo? L'Anello deve essere distrutto, Aragorn!'' esclamò.
''E'... Legolas...?'' la voce del ramingo era un sussurro, e
sentiva un tremendo nodo alla gola. Glorfindel aprì
la
bocca per parlare, ma non uscì alcun suono. ''Mi
dispiace.'' riuscì a dire. L'uomo ebbe la sensazione di aver
ricevuto un pugno al cuore; non riusciva a realizzare che il suo amico
sarebbe morto, e lui non poteva fare niente per impedirlo. Si
voltò nuovamente, rompendo il contatto visivo con
Glorfindel.
Questo fece lo stesso, tornando a guardare davanti a se'.
''Molto viene rischiato in guerra, persino le persone che ami.'' disse
l'elfo, una brezza d'aria mosse
alcune sue ciocche bionde, procurandogli un leggero brivido freddo.
''Eppure... ci deve essere un modo... non è tutto
perduto...'' sussurrò Aragorn chiudendo i pugni, strinse
talmente forte le mani da far sbiancare le nocche.
''Non credo che per lui ci sia più speranza.'' e
Glorfindel lo disse così, senza esitazione. Aragorn si
voltò di scatto verso di lui. ''Che vuoi dire?'' chiese.
''Sai cosa intendo; il male ha prevalso sul Principe, non
c'è più bontà in lui!'' rispose
Glorfindel. ''No, non è così!'' lo interruppe
Aragorn. ''C'è ancora del buono in lui, io... io lo so. So
che è così!'' esclamò. Glorfindel
alzò un sopracciglio. ''Non credo proprio, vista la
situazione.'' ribattè. ''Ora come ora, non riuscirei a perdonarlo per questa sua debolezza, per avergli permesso di avere la
meglio su di lui! Capisco che è colpa dell'Anello, ma in
parte lo è stata anche di Legolas, e lo sai bene. Metti da
parte i sentimenti Aragorn; Legolas ormai è divenuto un
nostro nemico. E se non lo fermiamo continuerà con questo
spargimento di sangue. Ne ho viste fin troppe nella mia lunga vita.'' gridò l'elfo, perdendo
completamente la calma.
''E che cosa vuoi fare? Vuoi ucciderlo!?'' esclamò Aragorn
quasi urlando. ''Lo farò se mi costringerà a
farlo. Se prima, a Isengard, quella freccia fosse andata a segno ci
saremo tolti un gran peso dalle spalle!'' sussultò
violentemente quando lui lo afferrò per gli abiti, e si
ritrovò il volto di Aragorn ad un soffio dal suo. ''Non
osare nemmeno, Glorfindel! Non deve nemmeno sfiorarti la mente l'idea
di ammazzarlo!!'' urlò l'uomo completamente accecato dalla
furia.
Il giovane Vanya esitò, intimorito dalla rabbia dell'uomo.
Poi si riprese, poggiò le mani su quelle di Aragorn e lo
costrinse a lasciarlo. Indietreggiò di un passo. ''Vuoi
lasciarlo continuare tutto questo, Aragorn?'' chiese, e si
portò una mano sui fianchi dove teneva il pugnale. Temeva
una reazione eccessiva da parte sua. ''Non si fermerà se non
lo fermiamo noi. Ha giurato di ucciderti, Aragorn!''
''Non lo farà...'' sussurrò l'uomo. ''Mi vuoi far
credere che davanti a te esiterà nell'affondare la lama nel
tuo cuore!?'' sbottò Glorfindel. ''No Aragorn. Ha ucciso
Haldir, ha ucciso perfino Saruman... e farà lo stesso con
te, quando ne avrà l'occasione.'' il suo tono di voce era
triste, quasi angosciato.
Nessuno due parlò per qualche istante, e all'elfo parve che
Aragorn fosse più rilassato adesso. Allontanò
così la mano dal pugnale. ''Aragorn, sono partito
da Gran Burrone perché... si, sono stato incaricato di
aiutarvi, ma anche per proteggerti.'' disse con tono più
calmo. ''Ha già tentato di ucciderti, e non ci è
riuscito per tua fortuna. Ma se dovesse succedere... non potrei
perdonarmelo.'' Rimasero ancora in silenzio, e il Vanya lo vide
abbassare il capo. ''Aragorn?''
lo chiamò, pacato, avvicinandosi a lui.
Udì un singhiozzo fuoriuscire dalle sue labbra. ''Oh
Glorfindel...'' sussurrò Aragorn guardandolo con gli occhi
lucidi. L'elfo sussultò. ''Se solo avessi capito,''
parlò ancora l'uomo. ''avrei potuto impedire che gli
accadesse
questo.'' e sentì una lacrima rigargli lentamente la
guancia, ma si apprestò subito ad asciugarla con il dorso
della mano. ''Mi manca, Glorfindel. Mi chiedo... se per
lui è lo stesso.''
Il Vanya abbassò lo sguardo sentendo un improvvisa angoscia
dentro di se. Posò una mano sulla spalla dell'uomo. ''Sono
sicuro che sia così.'' sussurrò dolcemente, e gli
sorrise. L'altro lo guardò sorpreso. ''Forse è
vero... che una parte dell'animo nobile del Principe non è
del
tutto perduta, e che ci sia ancora del buono in lui. Non credo tu sia nel torto.''
''Se solo fosse veramente così.''
''Non eri tu quello a dire che vi era sempre speranza?'' disse
Glorfindel, e vide Aragorn sorridere. ''Ci credi ancora,
Aragorn?'' chiese l'elfo. ''Si, credo ci sia speranza.'' rispose
l'uomo, sembrò trovare un po' di sollievo e la
sensazione
di pesantezza che sentiva nel cuore svanì.
''Perdonami, per prima.'' disse il Vanya chinando il capo, visibilmente
in colpa. ''Non avrei dovuto lasciare che la rabbia prendesse il
sopravvento. E non avrei dovuto dire quelle cose su Legolas. So quanto
tu ci tieni a lui, e... che faresti di tutto per salvarlo, e-'' Aragorn
lo interruppe poggiando due dita sul suo mento e alzandogli il viso.
''Non importa, davvero. Non c'è nulla da perdonare.'' disse,
e l'elfo gli sorrise.
Non si dissero nient'altro, e il silenzio calò nuovamente
tra
loro. Le iridi azzurre dell'elfo tornarono a scrutare l'orizzonte. Poi
alzò lo sguardo verso il cielo, e parlò
nuovamente; ''Le
stelle sono velate. Qualcosa si muove a Oriente; un insonne malanimo.
L'Occhio del nemico si sta muovendo.'' qualcosa dentro di lui gli
diceva che c'era un pericolo serio all'orizzonte. Qualcosa da non
prendere alla leggera. Sentì improvvisamente un boato nella
sua
mente che lo fece quasi urlare. Si piegò in due, le mani
alla
tempia. ''Aragorn...!'' boccheggiò sofferente. Aragorn si
chinò velocemente sorreggendolo con le braccia. ''Che
succede?'' chiese evidentemente preoccupato.
Il corpo dell'elfo si irrigidì improvvisamente,
voltò il
capo verso Aragorn e lo fissò disperato. ''Lui... Lui
è
qui!'' riuscì a dire.
Si udì un urlo stridulo provenire dall'edificio. ''Pipino!''
esclamarono all'unisono Glorfindel e Aragorn, e rientrarono velocemente
all'interno del palazzo. Il ramingo spalancò la porta,
facendo
irruzione nella stanza; vide Pipino a terra, il corpo scosso da
improvvisi tremiti, come se cercava di divincolarsi a qualcosa che
Aragorn non riusciva a vedere, e tra le mani aveva il Palantir. Pareva
incandescente, e al centro del globo delle luci giravano vorticosamente
su se stesse.
Aragorn si affrettò a strappare la sfera dalle mani del
mezzuomo. Appena le sue dita toccarono la superficie del cristallo le
forze gli venero a mancare, come se gli fosse stata risucchiata tutta
la linfa vitale. Il suo corpo si afflosciò a terra, ma a
pochissi centimetri dall'imminente impatto col pavimento Glorfindel lo
afferrò in tempo, posandolo dolcemente a terra.
''Aragorn!'' Lo chiamò. Quando però vide che teneva gli occhi
chiusi
sentì il proprio respiro venirgli a mancare. ''No... no
Aragorn! Apri
gli occhi. Svegliati!'' gli accarezzò la fronte, e
percepì la pelle
fredda del viso contro il palmo, e sentì una morsa di
terrore e
impotenza dentro di se'.
Senza pensarci, lo strinse a se,
condividendo con lui quel legame con il signore di Mordor. ''Torna alla
luce! Non cedere, Estel!'' Recitò una preghiera in elfico,
scongiurando
che il male se ne andasse. Poi, quelle mani mortali, prima abbandonate
come senza vita sul pavimento, vennero percorse da una nuova forza e si
rialzarono sulle spalle dell'elfo. E le strinsero forte, come per
evitare di allontanare quella figura che gli stava donando vigore.
Glorfindel
lo sentì muoversi tra le braccia, e lo vide aprire
finalmente gli
occhi. ''Stai bene?'' gli sussurrò. Aragorn lo
osservò silenzioso,
ancora scosso da quel che era successo. ''Io... sto bene.''
disse. Il
Vanya allora sospirò sollevato, e sorrise. ''Bene.''
sussurrò.
Udendo tutto quel trambusto e la voce di Merry chiedere aiuto, Gandalf
scattò subito in piedi e
come vide la sfera rotolare a terra, si apprestò subito a
coprirla gettandoci sopra il proprio manto. ''Idiota di un Tuc!''
esclamò pronto a dare l'ennesima predica al mezzuomo, ma
quando
lo vide a terra, pallido e rigido che fissava il soffitto con gli occhi
sbarrati la sua rabbia si tramutò subito in paura. Gli si
inginocchiò accanto e prendendogli la mano si
curvò sul
suo viso ascoltandone il respiro. Posò una mano sulla sua
fronte, sussurrando un incantesimo a voce bassa. Gli occhi del
mezzuomo si chiusero, poi li riaprì fissando attonito i visi
preoccupati intorno a lui. ''Gandalf! Gandalf, perdonami, ti prego.''
sussurrò Pipino, sopraffatto dai sensi di colpa.
''Guardami.''
ordinò lo Stregone. ''Che cosa hai visto?'' disse
severamente.
Il mezzuomo si fece coraggio, e dopo aver preso un profondo sospiro
iniziò a parlare;
''Un albero, c'era un albero bianco in un cortile di pietra. Era morto,
e la città era in fiamme.'' si fermò per un
attimo,
respirando rapidamente con i residui di quella visione ancora davanti
agli occhi. E Gandalf riuscì a vederlo; l'albero bianco di
Minas
Tirith avvolto nelle fiamme, e il fumo che si innalzava nel cielo
coperto da nubi scure. ''Cos'altro hai visto?'' disse Gandalf, pacato.
Pipino esitò, mentre il suo petto si alzava e si abbassava
al
ritmo frenetico dei polmoni. ''Ho visto... ho visto Lui.'' disse, con
voce sforzata. A quelle parole tutti i presenti ebbero un brivido lungo
la schiena. ''Ho sentito la sua voce nella mia testa. Mi ha chiesto il
mio nome; non ho risposto. Mi ha fatto male. E... non ricordo
più nulla.''
''Che cosa gli hai detto di Frodo e dell'Anello?'' disse Gandalf
guardandolo dritto negli occhi. Pipino fece lo stesso, ma non
parlò. Lo stregone lo fissò per un momento in
silenzio,
poi il suo viso si addolcì e apparve l'ombra di un sorriso.
''Va
bene, non ti domando altro.'' disse, sollevando con
delicatezza
Pipino e riportandolo a letto. Merry lo seguì e si sedette
accanto al compagnio. ''Ora vi lascerò soli, voi due, per
qualche minuto.''
Detto ciò Gandalf si accostò agli
altri, e si ritrovarono poco dopo nella sala del Re.
Gimli sedeva su un tavolo poco distante, mentre Aragorn e Glorfindel
erano in piedi l'uno accanto all'altro. Pipino aveva un aria davvero
dispiaciuta e Merry lo fissava come se volesse prenderlo a schiaffi da
un momento all'altro. Gandalf stava mettendo Theoden al corrente di
ciò che era successo. ''Siamo stati fortunati.'' aveva
detto.
''Non c'era menzogna nei suoi occhi, e non ha rivelato nulla di Frodo e
dell'Anello. Inoltre è riuscito a scorgere una parte dei
suoi
piani futuri.'' Tutti trattennero il fiato per qualche secondo,
aspettando la sua rivelazione. L'elfo e l'uomo si guardarono, temendo
quel che pensavano. ''Sauron attaccherà Minas Tirith.''
l'unico
a non essere colpito da quelle parole era Theoden. E Gandalf si rivolse
a lui dicendo; ''Devi offrire il tuo aiuto alla città dei
Re.''
''Ma loro non si sono mai degnati di aiutarci.'' lo interruppe Theoden,
con aria noncurante. ''Sono troppo orgogliosi perfino per chiedere
aiuto, e moriranno da soli.''
''Io non starò a guardare.'' s'intromise Aragorn.
''Andrò a Minas Tirith.''
''E ci andrai, ma per un'altra strada.'' disse Gandalf. Gli si
avvicinò sussurrandogli all'orecchio; ''Segui il fiume, e
cerca le
navi nere.'' Aragorn annuì.
E lo stregone si rivolse nuovamente a Theoden. ''Io parto oggi stesso.
Devono essere avvertiti del pericolo.'' Si voltò verso
Pipino,
osservandolo con un piccolo sorriso.
''E non ci andrò da solo.''
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Capitolo 12 *** XII ***
Under a Dark Spell (13)
XII
I Campi di Pelennor
Erano passati quattro
giorni da
quando Gandalf era partito con Pipino a Minas Tirith; Ombromanto doveva
aver dato tutto sè stesso per coprire quella distanza in
così poco tempo. E inaspettatamente i fuochi di segnalazione
si
erano accesi nella città dei Re; una chiara richiesta di
aiuto
che Theoden aveva accolto quasi con gioia. Quello stesso giorno il Re
insieme ai Rohirrim partirono a cavallo da Edoras per raggiungere il
grande accampamento sulle montagne, dove si sarebbero uniti con gli
eserciti delle altre città. Dopo ore di viaggio arrivarono
agli
accampamenti, iniziando a montare le tende per il soggiorno che si
prevedeva più lungo del previsto. In tutto gli uomini erano
almeno 6000, meno della metà che Theoden e Aragorn
speravano. Il
ramingo sapeva che non erano abbastanza da spezzare le forze di Mordor,
ma il Re era fiducioso e sicuro che altri uomini sarebbero arrivati.
Glorfindel si guardò attorno, distogliendo per un attimo
l'attenzione dal suo lavoro, e notò un grigio sentiero poco
lontano dall'accampamento. I cavalli si agitavano ogni
volta che si avvicinavano a quella strada, come se vi fosse una
presenza maligna che alimentavano la loro paura. Con passo lento si
avvicinò al sentiero. ''I cavalli
sono irrequieti, e gli uomini silenziosi.'' disse, ascoltando i nitrii
degli animali impauriti. Anche il nano osservò, seppur con
un
leggero timore, la cupa strada. ''Quel sentiero, dove conduce?''
chiese, vedendo Eomer avvicinarsi a loro. ''Quella strada conduce ai
Sentieri dei Morti.'' rispose l'uomo lanciando un occhiata alla
montagna. ''Il loro cancello si trova a Dunclivo, ma nessun uomo lo
può varcare. Nessuno è mai tornato indietro...
vivo.''
disse, prima di allontanarsi.
Glorfindel e Gimli rimasero ancora a osservare il sentiero, e l'unico
cuore a non tremare di paura era quello dell'elfo. ''Spero di non
intraprendere quella strada.'' sussurrò il nano. ''Credo
invece
che presto o tardi succederà.'' disse
Glorfindel. Il nano alzò lo sguardo verso di lui.
''Scommettiamo?'' chiese. L'elfo piegò le labbra in un
ghigno. ''Vuoi per caso un'altra sconfitta?'' esclamò,
ritornando a montare la tenda. ''Non questa volta, elfo!''
sbottò il nano. Glorfindel rise. ''Vedremo. Dai, vieni ad aiutarmi con queste tende! ''
Più tardi, quando il sole lasciò spazio al dolce
crepuscolo, una figura avvolta in un mantello scuro si stava dirigendo
verso l'accampamento scalando la montagna in sella a un destriero
bianco. Con una mano teneva le redini e l'altra una lunga spada
custodita in un fodero. Una delle sentinelle corse ad avvertire il Re,
mentre l'altra si parò davanti allo sconosciuto appena
questo
ebbe raggiunto l'accampamento. ''Mostrate il vostro volto.'' egli
disse, lanciando occhiate nervose verso l'arma che l'altro
possedeva. La figura avvolta nel manto sorrise da sotto il cappuccio.
Poi senza dire nulla lo lasciò cadere sulle spalle,
mostrandosi
alla luce dei fuochi accesi. Il soldato impallidì
riconoscendolo. Accennò a un inchino. ''Perdonatemi, non vi
avevo riconosciuto.'' disse. L'altro scese dal suo destriero. ''Lascia
stare le giustificazioni. Devo parlare con il Re, e con Aragorn.''
ordinò, tagliando corto. L'uomo annuì guidandolo
poi alla
tenda del Re.
Aragorn si era appena alzato dal giaciglio sul quale si era brevemente
addormentato quando una delle sentinelle entrò
nella
tenda. ''Mio signore.'' a quel richiamo, l'uomo si
voltò verso di lui. ''Re Theoden vi attende, mio signore.''
disse la sentinella prima di allontanarsi. Aragorn
uscì e
raggiunse l'accampamento di Theoden. Superò la tenda e lo
vide parlare con una figura
completamente coperta da un manto scuro, seduta su una piccola
poltrona. Quando notò la presenza del ramingo Theoden
lasciò la tenda, e i due rimasero da soli. Aragorn
osservò lo sconosciuto, domandandosi chi
ci fosse sotto quel cappuccio, e se era un amico o un nemico.
La risposta fu immediata; l'altro si mise in piedi voltandosi verso
l'uomo, e si abbassò il cappuccio rivelando la sua
identità. Aragorn si paralizzò nel vedere il
Signore di
Gran Burrone lì, davanti a lui. ''Mio Signore Elrond.''
disse,
abbassando il capo in un cenno d'inchino. ''Vengo da parte di colei che
io amo.'' sussurrò l'elfo, e la
sua voce era bellissima e soave come la pioggia d'autunno.
L'uomo
alzò nuovamente lo sguardo. ''Arwen sta morendo.'' disse
lentamente l'elfo. Su di loro calò per un attimo il
silenzio. ''Non
sopravviverà a lungo al male che ora si sparge da Mordor.''
parlò ancora. Per istinto Aragorn si portò la
mano
all'altezza del ciondolo sfiorandolo con le dita, ascoltando
attentamente le parole dell'elfo. ''La luce della Stella del Vespro si
affievolisce. Mentre il potere di Sauron aumenta, le sue forze
diminuiscono. La vita di Arwen ora è legata al destino
dell'Anello. L'Ombra è su di noi, Aragorn. La fine
è
giunta.'' Aragorn cercò di non trasalire, ma quelle
parole
risultavano pesanti da accettare.
''Non sarà la nostra fine ma la Sua.'' ribattè.
''Tu vai verso
la guerra ma non verso la vittoria.'' replicò Elrond.
Aragorn gli
lanciò uno sguardo piuttosto scettico. ''Gli eserciti di
Sauron
avanzano su Minas Tirith, e questo lo sai... ma in segreto egli invia
un'altra forza che attaccherà
dal fiume; una flotta di navi dei Corsari veleggia dal sud. Entreranno
nella città tra due giorni. Siete numericamente inferiori;
vi
occorrono più uomini!'' esclamò infine. ''Non ce
ne
sono.'' rispose Aragorn con voce grave. Elrond sembrò
esitare sulle sue prossime parole. Poi con
voce
quasi forzata, sussurrò; ''Ci sono coloro che
dimorano
nella
Montagna.'' un vento gelido da far accapponare la pelle mosse le tende,
e Aragorn sembrò udire per un attimo delle voci, voci che
gli
vorticavano attorno come fantasmi sospesi a mezz'aria nel crepuscolo.
''Assassini, traditori...'' le parole gli uscirono con evidente
disprezzo. ''Dovrei chiamarli a combattere? Non credono in nulla! Non
rispondono a nessuno.'' esclamò con rabbia.
''Risponderanno al Re di Gondor!'' Come disse queste parole, Elrond
estrasse da sotto la stoffa un fodero di pelle scura, dal quale
spuntava un'elsa inconfondibile, e con voce chiara esclamò;
''Anduril, Fiamma dell'Occidente, forgiata dai frammenti di Narsil!''
Aragorn fece un passo avanti, osservando l'arma affascinato. Lentamente
ne afferrò il manico, ''Sauron non avrà
dimenticato la
spada di Elendil.'' e poi la svelò dalla sua protezione, in
tutta la sua suprema bellezza. Osservò la lama lucete e
abbagliante, illuminata dal fuoco delle torce. ''La lama che fu
spezzata farà ritorno a Minas Tirith.'' disse mentre una
nuova luce si accendeva nei suoi occhi.
''L'uomo che può brandire il potere di questa spada
può
chiamare a sé un esercito più micidiale di
qualunque
altro su questa terra! Metti da parte il ramingo; divento
ciò
che sei nato per essere. Prendi la via del Dimult.'' disse Elrond.
''Onen i-Estel Edain.'' (Io do speranza agli uomini.)
sussurrò poi in elfico. ''ù-chebin estel anim.''
(Ma
non ne ho per me.) replicò l'uomo con lo sguardo basso,
prima di
riporre la spada nel fodero di pelle.
L'elfo prese congedo, e
fece per andarsene. Ma la voce di Aragorn lo
fermò; ''Ho bisogno di sapere una cosa.'' egli disse, e il
signore di Gran Burrone si voltò verso di lui che gli dava
le
spalle. ''Che cosa c'è nel futuro di Legolas?'' chiese
l'uomo.
Elrond sospirò, e con voce decisa disse, ''Ho visto nel suo
futuro, e ho visto morte.'' Aragorn strinse forte i pugni. ''Ma con
essa riaffiorerà la vita.'' concluse poi, e Aragorn
corrucciò la fronte pensieroso a quelle frasi. Si
voltò
immediatamente per chiedergli spiegazioni, ma l'elfo era sparito...
Poco tempo dopo uscì dalla tenda, predisponendosi a
preparare i
bagagli ficcandoli nelle sacche del suo cavallo. Si fermò
notando una figura avvicinarsi a lui; Eowyn. Aragorn si
voltò e
la vide come una luce nella notte. ''Aragorn, perché
fai questo?'' ella disse, e i suoi occhi erano infocati. ''La guerra
è
vicina,
non puoi andare via alla vigilia di una battaglia. Abbiamo bisogno di
te.'' Aragorn si voltò, distogliendo l'attenzione dai suoi
bagagli, e la guardò negli occhi; scorse rabbia, ma anche
una
tremenda tristezza. ''Perché sei venuta?'' fu la risposta
dell'uomo. La dama rimase per qualche attimo silenziosa, poi disse;
''Non
lo sai?'' Aragorn non rispose subito, come intento a soppesare il
significato
delle sue parole. Infine si voltò e sussurrò:
''E' solo
di un ombra e un pensiero che sei innamorata. Non posso darti quello
che cerchi.''
A quelle parole, il mondo le era diventato silenzioso.
Incrociò gli
occhi chiari del ramingo, in cui poteva leggere 'mi dispiace'. Ella
sentì
tutto il suo corpo pesante, e l'aria che faticava ad arrivare ai
polmoni. Tentò di tornare in possesso del suo corpo e delle
sue
emozioni, ma era difficile... e doloroso. Riuscì a
recuperare
quelle poche forze per indietreggiare mentre i cristallini occhi si
velarono di amare lacrime. Aragorn alzò una mano sfiorandole
dolcemente una guancia con la punta delle dita. ''Addio, Dama di
Rohan.'' non disse altro, semplicemente afferrò le redini
del
suo destriero e si allontanò lasciandola da sola. E lei
rimase
immobile come una statua, con le mani strette sui fianchi a osservarlo
mentre svaniva nelle tenebre.
Aragorn raggiunse con passo lento il sentiero grigio, lasciandosi
alle spalle l'accampamento. Aveva appena oltrepassato l'ennesima tenda
quando udì una voce. ''Dove credi di andare, giovanotto?''
Si voltò; era Gimli, che se ne stava seduto fuori a
fumare. ''Non questa volta,'' disse Aragorn deciso. ''Devo
andare da solo, Gimli.'' il nano non rispose, spense la pipa e si mise
in piedi. Il ramingo udì dei passi alle proprie spalle, e il
rumore di zoccoli. ''Non credo proprio.'' si voltò
e
vide Glorfindel insieme al suo destriero.
''Verremo con te, che ti
piaccia o no;
fin'ora ti abbiamo sempre seguito, e lo faremo anche stavolta.'' disse
il giovane Vanya.
''Concordo con il guerriero dalle orecchie a punta.''
ribattè il nano.
Aragorn guardò i due compagni con un caldo
sorriso sulle labbra; era davvero grato di averli affianco, ancora una
volta. ''Ah, sai,'' fece l'elfo mentre avanzavano. ''io e
Gimli prima abbiamo fatto una piccola scommessa; se avremmo
intrapreso il Sentieri dei Morti, oppure no.''
''Ah, e chi ha vinto?'' chiese Aragorn. In quel momento Gimli
lanciò un piccolo sacchetto marrone verso Glorfindel, che lo
prese al volo. "Ho un sesto senso per le persone che si buttano in
situazioni pericolose. È la mia specialità."
esclamò ironico. Il ramingo lo osservò divertito.
Aragorn salì su Hazufel, Glorfindel e Gimli su Asfaloth, e
insieme intrapresero la via del Dimult.
Poco prima dell'alba i Rohirrim giunsero alla Città Bianca,
che era
ormai sull'orlo della distruzione. Guidati da Thèoden e
Eomer,
attaccarono con la cavalleria gli orchi distruggendo i soldati di Rhun
e Knand. La cavalleria nemica venne abbattuta e gli orchi
calpestati, alcuni invece di combattere si diedero alla fuga alla
vista dell'esercito di Rohan che cavalcava verso Minas Tirith. A
migliaia i nemici furono schiacciati dalla potente carica dei Rohirrim
e i pochi superstiti erano terrorizzati e isolati, senza
possibilità di
ricevere comandi o rinforzi. Quando sembrava la fine di Mordor e la
vittoria vicina, fu allora che dal Sud giunse una nuova
minaccia, del tutto inaspettata.
La terra tremò, e da
lontano
apparvero i titanici Olifanti da combattimento, dotati di zanne spinose
con numerosi guerrieri sul dorso; si trattava dell'esercito degli
Haradrim. Con uno squillo di tromba, Legolas lo fece avanzare contro la
cavalleria di Rohan. Gli Olifanti si aprirono la strada a suon di
colpi delle loro zanne, e l'esercito dei Rohirrim iniziò a
subire molte
perdite.
Thèoden provò a contrastarli, ma le enormi bestie
spaventarono i cavalli col solo odore e la cavalleria venne resa
inutilizzabile. Molti però tentarono di ucciderli colpendoli
alle
zampe, ma gli procurarono solo dei graffi poichè erano
grosse come
tronchi d'albero. Gli Haradrim scoccarono le loro frecce contro la
Cavalleria, e molti di loro caddero al suolo come mosche.
''Bene, divertiamoci un po'.'' sibilò Legolas estraendo la
spada incitando il suo destriero a cavalcare più veloce. Il
cavallo nitrì e si lanciò
nella
mischia, e l'elfo cominciò a combattere. Munilò
la
lama a destra
e sinistra, menando fendenti e tagliando teste, abbattendo molti
Rohirrim. E anche Arod, con i suoi calci e morsi, combatteva aiutandolo
nella lotta. Legolas galoppava a destra e sinistra, passando sotto gli
Olifanti,
e evitando i colpi nemici.
Improvvisamente, delle frecce vennero
scagliate contro di lui, ma colpirono il suo destriero alla base collo.
L'animale
nutrì di dolore e cadde rovinosamente sul terreno, e Legolas
fu
sbalzato in avanti rotolando a qualche metro di distanza.
Sbattè
la
testa contro una roccia e la vista gli si annebbiò per
qualche
istante.
Si costrinse a riprendersi velocemente, e come si voltò vide
Arod steso di
fianco mentre il sangue usciva dalle ferite. ''Arod!'' per un
attimo si dimenticò di tutto ciò che lo
circondava e
si buttò sull'animale cingendogli il collo con le braccia.
''No, no, Arod!'' Nitrì
debolmente di dolore mentre Legolas osservava gli occhi dell'animale,
e riuscì a percepire la sua vita che lentamente scivolava
via. Gli accarezzò
il muso dolcemente, e sussurrò: ''Sei stato un bravo
combattente, e un grande
compagno. Namarie,
Mellon nin.''
gli diede un'ultima carezza, e lentamente si rimise in piedi
allontanandosi con passo calmo intorno a quella mischia. Vide un
cavaliere andargli incontro con la
spada alzata verso l'alto, e l'elfo sentì quasi un istinto
omicida
fremergli il corpo. Lo colpì brutalmente, e continuando a
camminare
abbattè senza nessuna difficoltà i nemici
intorno a lui.
Fu allora che accadde qualcosa che egli non aveva previsto; con
orrore vide i Signori delle Montagne cavalcare lungo le terre di Minas
Tirith, facendo piazza pulita, spazzando via qualsiasi
orco che calcasse quelle terre semplicemente con il loro
passaggio. La scena era qualcosa di impressionante, da lasciar a bocca
aperta. Chi combatteva si era fermato per osservare, meravigliato e
terrorizzato allo stesso tempo, con quanta disinvoltura le anime
scorressero fra le file dei loro nemici. Ma Legolas non si
lasciò incantare da quella visione e continuò a
combattere instancabile. Non voleva arrendersi, non doveva arrendersi.
Aveva appena lacerato la gola a un uomo quando udì
una voce roca e profonda alle proprie spalle. ''Maledetto orecchie a
punta!'' Gimli alzò la sua ascia per colpirlo alla schiena,
ma l'elfo
riuscì a bloccarla con la propria spada.
''Mi sei mancato.'' ridacchiò Legolas. Il nano e l'elfo
cominciarono a
combattere,
Gimli assestava colpi forti e decisi, ma Legolas riusciva ad evitarli
agilmente senza subire danni. Gimli allora abbassò la sua
difesa
lanciandosi contro di lui. Legolas sorrise. ''Pessima scelta!''
riuscì
a colpirlo e il nano si ritrovò a terra, con una ferita
sulla
tempia.
L'elfo intanto si stava avvicinando,
pronto ad assestare il colpo di grazia.
Nel momento in cui
abbassò la spada contro di lui, arrivò
Glorfindel, bloccando il suo attacco e riuscì ad
allontanarlo da Gimli. ''Non osare.'' lo minacciò. "Togliti di mezzo!''
gli ringhiò contro Legolas. Ma Glofindel non si mosse. "Bene, sarò felice di tagliarti la gola." sibilò Legolas.
Estrasse la spada puntandola verso il Principe. ''Provaci." replicò Glorfindel. Legolas si morse con forza il labbro tra i
denti, ma non interruppe il contatto visivo con l'elfo. Si
ritrovò a
ridere amaramente.
''Davvero
mi uccideresti?'' domandò ironico. ''Si. Siamo al punto di
non
ritorno.'' gli disse il giovane Vanya con voce dura. ''Gimli vattene"
esclamò appena lo sentì rialzarsi alle sue
spalle. ''Ci penso io qui.''
disse, e sembrò quasi un ordine. Quando il nano
tentò di ribattere,
Glorfindel ripetè con tono più alto. ''Me ne
occupo io. Vai via da
qui!'' e il nano, sepur con leggero timore, lo lasciò da
solo insieme
al Principe. Questo sentì un ghigno di sfida dipingersi sul
proprio
volto. ''Molto bene, se è questo ciò che
vuoi...'' il Principe estrasse
la spada e con un gesto della mano lo incitò a combatterlo.
''Così
sia!''
Il giovane Vanya gli si scagliò contro e il Principe fece
appena in tempo a parare il colpo di spada, la vibrazione scaturita
dall'incrociarsi delle lame gli risalì il braccio come una
scossa.
Glorfindel era forte quanto lui, magari anche di più. Era
l'unico in
grado di affrontarlo ad armi pari.
Glorfindel lo costrinse ad un
combattimento serrato, fatto di continui attacchi e parate ma nessuno
dei due riusciva a portare un vero colpo a segno, solo qualche graffio
su gambe, braccia e viso. Ma nessuno dei due demorse.
La lotta
li portò lontani dalla calca della mischia, più
isolati dagli altri.
Con un attacco a sorpresa Glorfindel riuscì a fargli volare
via la
spada, Legolas cadde di schiena sul terreno. ''Arrenditi, è
l'unica
cosa che dovresti fare!'' gli disse Glorfindel puntandogli la lama alla
gola, aveva il fiatone e parlava prendendo grosse boccate d'aria,
affannato. Legolas scosse leggermente il capo. ''Mi devo per caso
inginocchiare e implorare pietà? No, ci si diverte di
meno!'' finito di
parlare gli diede un calcio alle gambe facendogli perdere l'equilibrio
e mollare la spada. Quando Glorfindel fu a terra il Principe gli si
scagliò e iniziarono a lottare corpo a corpo.
Scansandosi a
vicenda con uno spintone si divisero dandosi una tregua per poter
respirare. Si rialzarono entrambi, Glorfindel si pulì il
rivolo di
sangue che gli stava colando dal naso, Legolas sputò sangue
misto alla
saliva per terra, e grunì nello scaraventarsi contro di lui.
Caddero di
nuovo a terra rotolando tra gomitate e ginocchiate. Erano un groviglio
di corpi in una lotta disperata senza esclusione di colpi. Due cani
randagi che si azzuffavano per la strada stanchi, ma non intenzionati a
demordere.
Con un urlo Glorfindel si liberò dalla sua presa
sferrandogli un calcio in pieno stomaco, che lo fece allontanare da
lui, e ne approfittò per riprendere la sua spada. Legolas
tentò di fare
lo stesso, ma si ritrovò a urlare di dolore quando
Glorfindel gli
schiacciò con il piede il braccio sul terreno, impedendogli
di
raggiungere la sua arma.
Alzò lo sguardo verso il giovane Vanya che lo sovrastava,
gli occhi chiari che lo guardavano con tutto il disprezzo
che poteva provare, e la mano che stringeva forte l'elsa dalla spada.
Legolas deglutì piano e gli sorrise. ''Tanto lo so... '
gli disse con l'affanno. ''Lo so... che tu non vuoi uccidermi. Perché non sai a come pitrebbe reagire Aragorn-''
''Al
diavolo Aragorn. Tu ti sei venduto l'anima nel momento in cui hai
posato gli occhi su quel maledetto Anello!!'' gridò il Vanya
interrompendolo, e Legolas
non
sorrise più. ''Mi ringrazierà per questo!''
alzò lentamente, con
entrambe le mani, la spada sopra la testa, apprestandosi a colpirlo.
''No... no, no, no, stai commettendo un grosso
errore!'' iniziò a farfugliare Legolas sorridendo
nervosamente, ma la
rabbia aveva accecato completamente il giovane Vanya. Strinse
più forte
l'elsa della spada e la abbassò, ma a pochissima distanza
dall'emmintente colpo mortale, Legolas gridò; ''TI PREGO
'FIN!''
Il
Vanya si bloccò sul posto, con la lama vicinissima al viso
del
Principe, che aveva chiuso gli occhi. Ciò che fece
pietrificare
Glorfindel
non fu solo la disperazione che percepì il quel grido, ma il
fatto che
lui l'avesse chiamato con quel nomignolo. 'Fin. Solo il vero Legolas lo
chiamava così per prenderlo in giro. ''Ti prego...''
ripetè il
Principe, aprendo di nuovo gli occhi. Glorfindel
sussultò sul
posto; c'era qualcosa di diverso nel suo sguardo, come una muta
implorazione di aiuto. E la sua voce non era più crudele, ma
flebile e
strozzata dal dolore. Un dolore che Glorfindel non capì. In
quel
momento non vide il mostro che aveva causato tutta quella morte, rivide
il Principe di Bosco Atro. Che cos'era quell'improvviso cambiamento?
Che cosa gli stava mostrando l'Unico? Glorfindel allontanò
lentamente
la lama dal suo viso, e lo guardò ancora. Era davvero
rimasto un
barlume di speranza di lui? Poteva davvero...?
Non riuscì a
completare il pensiero... che Legolas, con una velocità che
nemmeno lo
sguardo poteva seguire, estrasse un pugnale nascosto nello stivale e lo
colpì, affondando la lama nella gamba
di Glorfindel, che cacciò un urlo di dolore barcollando
all'indietro. Il Principe scoppiò in una fragorosa risata,
per poi buttarsi su di lui cadendo così insieme sul
terreno. Il Vanya continuava a gemere di dolore poichè
quella lama era ancora conficcata nelle sue carni. Il Principe ne
afferrò il manico e girò la lama più
volte, da un verso all'altro, godendosi le sue grida di dolore come se
fossero musica per le sue orecchie. E mentre sorrideva maligno a quel
gesto, Glorfindel sotto di lui urlava, tremando, mentre lacrime di
dolore scorrevano dai suoi occhi chiari.
Con un sorriso macabro sulle labbra, Legolas strappò via il
pugnale dalla sua gamba, e ne osservò la lama imbrattata di
rosso. Glorfindel respirava affannosamente, con le guance umide dalle
lacrime, e poteva sentire il sangue fluire dalla ferita. Legolas, senza
interrompere il contatto visivo con il Vanya, cacciò fuori
la lingua percorrendo tutta la linea della lama leccando via il suo
sangue. Glorfindel non seppe nemmeno con quale coraggio
riuscì a guardarlo mentre lo faceva.
''Valar, sei proprio idiota...'' gli
sputò
Legolas con la lama a pochissima distanza dal suo collo. Glorfindel lo
guardò negli occhi lasciandosi scappare un insulto in elfico.
''Se me lo concedi, prima di uccideti, voglio
che tu
assista alla sconfitta definitiva di Gondor.'' ridacchiò il
Principe, e con la mano gli voltò con forza il viso, costrigendolo a guardare la propria fazione che abbatteva quella di Aragorn.
Glorfindel non disse nulla, con una guancia schiacciata contro il terreno... sorrise. Legolas
aggrottò le
sopracciglia. ''Io non sarei così sereno se fossi in te!''
sbottò. ''Non
cantare subito vittoria. Non è ancora la
fine.'' disse l'altro. ''Ti sbagli; ormai con l'ascesa del
Re dei
Nazgul non vi è
alcuna speranza. Nessun uomo può ucciderlo!'' ribatte'
Legolas. ''Ma egli non
cadrà per mano di un uomo!'' esclamò
Glorfindel.
Legolas
sembrò vacillare. ''Che cosa vuoi dire?'' chiese. ''Voltati,
e guarda
con i tuoi stessi occhi.''
disse l'altro. Il Principe si
voltò lentamente e riuscì a vedere la cavalcatura
del
Signore dei
Nazgul ucciso dalla Dama Bianca di Rohan, e con l'aiuto di Meriadoc che
colpì la schiena del nemico Eowyn si apprestò a
dargli il
colpo di
grazia affondando la lama fra la corona e il manto del nemico, mettendo
fine alla sua esistenza. Glorfindel approfittò del momento
di
distrazione del Principe. Gli sferrò un pugno in pieno viso
togliendoselo da dosso e subito si trascinò lontano da lui,
resistendo al dolore alla gamba. Legolas lo osservò con un
mezzo sorriso,
mentre si
rialzava. ''Tu, maledetto Ammazza Balrog!'' disse con tono minaccioso, ma sussultò quando sentì qualcuno afferrargli il polso in una morsa ferrea piegandogli il braccio dietro la schiena. Si ritrovò con una spada puntata sua gola, ''Io non mi
muoverei se fossi in te.''
sibilò
Aragorn alle sue spalle, puntandogli Anduril contro.
''Non
osare sfidarci, non vinceresti'' parlò ancora l'uomo.
Legolas non disse
nulla, e con riluttanza si arrese. Non oppose
resistenza, e subito si ritrovò con i polsi legati dietro la schiena. Si
voltò
verso il ramingo, riservandogli uno sguardo carico d'odio. ''Hai perso,
Legolas.'' egli disse riponendo Anduril. Il principe lo
guardò ancora,
prima di spostare lo sguardo verso Eomer che con uno strattone lo
costrinse a camminnare. ''Ehy uomo di Rohan, vacci piano! So usare le
mie gambe.'' si lamentò il Principe prima di essere
allontananto dagli
altri.
Aragorn si chinò immediatamente accanto all'elfo e,
strappandosi un pezzo della sua tunica, tentò di fasciargli
la ferita. ''Stringerà un po'.'' lo avvertì
l'uomo. Glorfindel gemette nel momento in cui Aragorn strinse la
fasciatura intorno alla sua gamba. E poi lo aiutò ad
alzarsi. ''Che cosa vuoi fare con lui?'' chiese Glorfindel riferendosi
a Legolas. ''Lo teniamo nelle prigioni.'' rispose
Aragorn. ''Rimarrà qui a Gondor
fino al terminare della Guerra dell'Anello. Forse con la Sua
distruzione, tornerà alla normalità.'' disse
Aragorm.
''Come fai a saperlo?'' chiese Glorfindel. ''Io non lo so. Io ci
spero.'' rispose Aragorn.
La battaglia era stata infine vinta. E le anime dei morti erano state
liberate, andando finalmente in pace.
...
Freddo e umidità, e sussurri che echeggiavano tra le pareti
di
roccia; ecco che cosa sentiva Legolas mentre si guardava attorno.
Si trovava in una delle tante celle del Palazzo, la stanza era piccola
e vuota, ad eccezione per un vecchio materasso buttato lì in
un
angolo e delle vecchie catene arrugginite dal tempo appese al muro. E
se
non fosse stato per alcune torce appese ai muri il buio sarebbe stato
totale. L'elfo era seduto sul materasso, la schiena poggiata
contro il muro, con le mani incatenate da bracciali di ferro davanti al
ventre, la gamba destra era distesa mentre l'altra era piegata.
L'unico
rumore percettibile era il suo stesso respiro che sembrava un sibilo
nel silenzio quasi tombale. Da lontano il suo udito percepì
dei rumori, sembravano dei
passi. Non si voltò, continuando a tenere lo sguardo rivolto
verso il muro. Poi i passi si fermarono, e con la coda dell'occhio
intravide la figura di Aragorn, in piedi davanti alle sbarre della
cella.
''Ciao Aragorn...'' sibilò l'elfo, la voce appena
percettibile a
causa della gola secca, e si voltò verso di lui. Egli non
rispose, continuando a fissarlo. ''Dopo tutto questo tempo vieni ora a
farmi visita. Quanto tempo è passato da quando mi avete
chiuso
qui dentro?'' parlò ancora Legolas, mentre si metteva in
piedi.
''Perché sai, è noioso fissare un maledetto
muro.'' lentamente si avvicinò ad Aragorn
poggiando le mani sulle sbarre, unico elemento che lo separava
a
pochissima distanza da lui.
''Precisamente sono passate cinque ore, se
vuoi saperlo. Il sole
è ancora alto nel cielo.'' rispose Aragorn, puntando lo
sguardo
nei suoi occhi scuri. L'elfo fece scorrere lentamente le dita sulle
sbarre. ''Perché sei qui?'' chiese con voce roca. ''Ho
pensato
che forse avevi bisogno di riempire lo stomaco.'' rispose
l'uomo, solo
allora Legolas si accorse che aveva tra le mani una brocca
d'argento abbastanza sottile da poter passare attraverso le sbarre, e
un vassoio con della frutta fresca.
L'uomo gli porse prima la brocca, e l'elfo la prese iniziando a bere
con voracità. Si fermò appena la ebbe svuotata,
osservando
l'uomo che intanto aveva poggiato il vassoio
a terra, oltre le sbarre e vicino al materasso. In quel momento Aragorn
si accorse di quanto fosse pallido in viso, e a giudicare dai
movimenti lenti che faceva sembrava quasi stremato, privo di forze.
''Che c'è?'' sbottò l'elfo, notando come egli lo
stesse
guardando. Lasciò la brocca a terra e tornò a
sedersi sul
materasso, abbandonando il capo contro il muro sospirando
rumorosamente, e prese una fragola portandosela alla bocca. ''Nulla,
solo che sembri... così...'' fece Aragorn.
''Così come?'' borbottò l'elfo, intento a
masticare.
''Così... esausto.'' concluse l'uomo. L'elfo
deglutì, ed
emise una flebile
risata. ''Dimentichi che sono pur sempre un elfo e ho i miei
svantaggi.'' disse, ''Dannati elfi, sono così abituati a
stare
all'aria aperta che a malapena reggono i posti chiusi e bui.'' si
fermò sospirando
profondamente, mentre afferrava un'altra fragola. ''E pensare che
potrebbero morire se li lasci da soli, al buio, mentre
l'oscurità risucchia le loro energie.''
ridacchiò prima di addentarla. ''Comunque ti ringrazio per
l'acqua e tutto il resto, non credevo ci
tenessi a me.''
''Io tengo a Legolas, non a te.''
lo interruppe Aragorn. ''Sai che non permetterei a nessuno di fargli
del male.'' sibilò con rabbia. Legolas prese una ciliegia
vermiglia
e se la portò alle labbra sottili, addentandola. Si
leccò
le labbra, e sorrise. ''I miei complimenti; ora che hai catturato il
cattivo che cosa vuoi fare? Torturarmi? Uccidermi?''
prese un piccolo grappo d'uva, rigirandoselo tra le dita. ''Fallo,
tanto non cambierà nulla. Sai che morirà
comunque.'' sibilò. ''No, tu menti! C'è ancora
speranza
per Legolas!'' disse Aragorn quasi in un urlo stringendo una delle
sbarre. ''Ne sei davvero così convinto?'' chiese l'elfo
mentre strappava ogni uva dal grappolo. ''Si.'' rispose l'altro. Una
risata agghiacciante proruppe dalle labbra dell'elfo,
lentamente si rimise in piedi avvicinandosi nuovamente ad Aragorn.
Rimase silenzioso per qualche istante, poi d'un tratto
sbattè le
mani contro le sbarre, procurando un rumore assordante che
rimbombò nel silenzio. Legolas strinse le dita sulle
sbarre, osservando il volto del
ramingo con uno sguardo truce negli occhi. Poi sorrise. ''Vuoi vedere
il destino del tuo Principino? Vuoi vedere ciò che gli
accadrà?'' disse, mentre avvicinava il viso
alle sbarre provocatoriamente. ''Stanotte, se il sonno non ti coglie,
osserva nel Palantir e Lui rivelerà l'amara
verità
davanti ai tuoi occhi.''
''E dovrei crederti?!'' sbottò il senza corona, che venne
interrotto violentemente quando le mani dell'elfo lo afferrarono per i
vestiti, bastendolo con forza contro le sbarre. Serrò le
palpebre reprimendo un gemito di dolore, il viso schiacciato sul ferro
arrugginito, e quello del Principe ad in soffio dal suo. ''Non
continuare con questa lagna, Aragorn.'' sibilò con tono
crudele quest'ultimo. "Smettila di vedere speranza là dove
non c'è. Sei solo un patetico mortale. Non l'erede di
Isildur, non la speranza degli uomini... soltanto un miserabile uomo!"
A quest'ultima parola lo spinse via facendolo barcollare all'indietro.
L'uomo si dovette poggiare contro il muro per non perdere l'equilibrio,
e solo allora incrociò lo sguardo di colui che un tempo era
il Principe di Bosco Atro.
Un sorriso spuntò sul viso di Legolas. "Le mie parole
sembrano ferire il tuo animo..." allargò ancora di
più quel ghigno. "O devo constatare che ti ferisce di
più sentirle con la sua voce, mentre ti guarda con i suoi
occhi..." Quando Aragorn provò a ribattere,
l'altro lo interruppe. "Non mentire ai tuoi stessi pensieri! Lo sai
anche tu, non sei forte abbastanza da salvarlo, insulso erede
strisciato fuori dall'ombra."
"Sarò anche solo un uomo," ammise Aragon "ma l'amicizia che
mi lega a Legolas è ciò che mi da la forza di
andare avanti. Non cambierai questo sentimento che c'e tra noi. Sei in
svantaggio su questo." Il viso dell'altro si indurì. "Voi
uomini siete così patetici da aggrapparvi a sentimenti come
l'amicizia, la lealtà, e l'amore. Ma guardiamo in faccia la
realtà; siete allo stremo delle forze. E credimi,
arriverà l'ora in cui vi farò a pezzi."
"Sarà difficile rinchiuso la dentro. E ci dovrai rimanere
per un bel po'." ribattè Aragorn, sentì l'altro
ringhiare di rabbia prima di sferrare un pugno contro le sbarre.
Sospirò. "Mi dispiace Legolas." sussurrò
tristemente, prima di voltarsi per abbandonare le prigioni. E
potè sentire dietro di sé le grida disumane
dell'elfo. Tra le urla ricolme di odio, rancore e insulti, aveva
iniziato battere i pugni contro le sbarre, sferrare calci, tirare con
insistenza il ferro corroso dal tempo con una forza pari a quella di
una preda che tenta di fuggire dalle fauci del predatore.
Continuò così per un'ora, ininterrottamente. E le
guardie, quando dopo un'altra mezz'ora l'elfo non accennava a smettere
di gridare, tentarono di farlo calmare in tutti i modi. Ma tutto
ciò che ne ricavarono erano dei graffi sul viso causati
dall'elfo stesso che aveva tentato di ferirgli gli occhi. Si
ritrovarono costretti a fargli bere dell'acqua con una dose di
sonnifero, e fasciargli la bocca per farlo tacere.
Si ritrovò di nuovo da solo, seduto dul pavimento, con ai
polsi manette ancora più strette, un bavaglio di stoffa blu
che gli cingeva le labbra mentre il sonnifero faceva lentamente il suo
effetto. Tentò di rimanere sveglio, ma le palpebre gli
divennero pesanti, le ciglia tremavano per lo sforzo di tenerle aperte.
Debolmente si poggiò contro il muro e la testa
ciondolò cadendo pigramente contro la fredda pietra. Tutto
si fece indistinto. Poi il buio.
La notte sopraggiunse in fretta, a Gandalf e i suoi
compagni
vennero date delle camere da letto, e dormirono un sonno tranquillo non
tormentato da incubi. L'unico che non riuscì a trovar pace
era
Aragorn. Se ne stava seduto sul letto, le mani poggiate sul materasso e
lo sguardo rivolto verso la finestra. La luce pallida della luna
illuminava la sua camera, e le stelle sembravano riflettersi sul catino
d'acqua. Il senza corona non riusciva a riposare, o precisamente non
voleva; aveva deciso di aspettare il calar della notte, che tutti nel
palazzo
andassero a dormire, avendo la possibilità di fare quello
che
Legolas gli aveva detto di fare.
Una parte di lui era decisa a scorgere
il destino del proprio amico, abbandonando così ogni
incertezza,
ma dall'altra aveva paura di affrontare la verità. Si era
aggrappato all'idea che ci fosse ancora salvezza per Legolas, che c'era
ancora speranza, ma col passare del tempo si era affievolita fino a
scomparire. Si passò una mano sul viso sospirando, e il suo
sguardo cadde su
Anduril, poggiata su un tavolo di legno presente nella stanza. Si
alzò avanzando lentamente verso l'arma, la prese
osservandola a
lungo. Infine, decise.
''Che ci fate qui?'' chiese l'uomo che stava di guardia alle prigioni.
''Dovreste riposare, sire.''
''Al dire il vero,'' fece Glorfindel. ''non riesco a prendere
sonno, ero un po' in pensiero per il Principe, e... volevo solo vedere
come sta.'' l'uomo lo guardò per qualche istante. Poi si
soffermò su un oggetto che l'elfo aveva in mano. Egli se ne
accorse, ''Oh...'' si affrettò ad aggiungere; ''Ho pensato
che... lì sotto potesse gelare; insomma, le prigioni sono
sempre
umide e fredde.'' disse, guardando per attimo la coperta che reggeva
tra le mani. ''Fate in fretta.'' disse poi l'uomo porgendogli
le chiavi. L'elfo le
prese, aprì la porta chiudendosela poi alle spalle. Scese
silenziosamente la scalinata e lentamente avanzò verso la
cella
di Legolas. Lo trovò a terra, accovacciato su se stesso con
una
spalla poggiata al muro di pietra, lo stesso per il capo. Sembrava
dormire.
Rimase immobile osservandolo, e per un attimo provò quasi un
senso di pietà nei suoi confronti. Nonostante tutto, era pur
sempre Legolas, era il Principe di Bosco Atro... traviato da un potere
oscuro e maligno. Ma continuava a provare rabbia, rabbia per aver
mostrato debolezza, per nulla degno alla sua figura nobile.
Rammentò le parole di Gimli, la prima volta che si sono
conosciuti. Era un
potere talmente grande perfino per lui.
E forse non aveva tutti i torti. Nessun'altro sarebbe riuscito a
resistergli, forse nemmeno lui stesso. Glorfindel
rabbrividì all'idea di vedere quel gioiello
maledetto, di
lasciarsi andare al Suo incantesimo cadendo così nell'oblio
più profondo, e permettere all'oscurità di
afferrarlo,
divorare la sua anima, privandole della bontà, della
gentilezza,
lasciando spazio all'odio. Solamente al puro odio. Glorfindel ebbe
un'altro brivido lungo la
schiena; non avrebbe mai voluto essere la suo posto.
Aprì la cella e cauto
si avvicinò a Legolas, inginocchiandosi. Cercando di non
svegliarlo lo coprì con la coperta, assicurandosi che lo
coprisse fino al collo, e senza volerlo gli sfiorò la
guancia
con le dita; aveva la pelle fredda. Lo osservò ancora per
qualche istante, allungò le mani abbassandogli la stoffa
sulla bocca. Infine si alzò e fece per andarsene; un
improvviso fruscio
però lo bloccò. Non ebbe il tempo di voltarsi che
Legolas
gli andò contro cingendogli il collo con il braccio, e
iniziò a stringere. Glorfindel buttò il
capo
all'indietro
colpendo la fronte del Principe, e come sentì la pressione sul collo diminuire sgusciò dalla sua presa. "Dove credi di andare!?" Ma il Principe lo
afferrò per i capelli e senza
esitazione lo sbattè violentemente contro il muro.
Con quello stesso pezzo di stoffa che gli avevano messo sulla bocca afferrò i
polsi del vanya legandoglieli velocemente dietro la schiena. Glorfindel
tentò di liberarsi dalla sua presa, ma
inutilmente.
Tentò di urlare per chiedere aiuto, ma Legolas lo
schiacciò talmente forte contro il muro privandolo
dell'ossigeno. ''Silenzio Glorfindel...'' gli sussurrò
sfiorandogli provocatoriamente
l'orecchio con le labbra. ''A quest'ora di notte stanno tutti
riposando.''
Glorfindel sussultò, e Legolas sorrise nel sentirlo tremare
contro il suo corpo. ''Fai il bravo, e resta fermo.''
sibilò, minaccioso. Glorfindel non disse nulla,
faticava a respirare. ''Dimmi una cosa,'' gli disse. ''Tutte quelle
cose che mi avevi
detto prima, nei campi di Pelennor, le pensi ancora?'' chiese,
inclinando il capo di lato con
fare quasi curioso. L'altro ringhiò di rabbia tentando
nuovamente di liberarsi, e sentì la mano del Principe
schiacciargli il viso contro il muro. ''Quale parte di 'resta fermo'
non hai compreso?'' gli ringhiò contro.
''Lo sai, tutto quello che posso fare è solamente
aspettare... aspettare che l'Anello venga distrutto,''
riuscì a
dire Glorfindel. ''e vedere la tua feccia scomparire per
sempre dalla Terra di Mezzo. Sarai solo un brutto ricordo, e finalmente
il vero Legolas troverà la pace. Sei solo un folle se pensi
di farla franca!" Un ringhio animalesco
uscì
dalla bocca di Legolas, prima di afferrare l'elfo per i capelli e voltarlo verso di
sè per guardarlo negli occhi. ''Valar, perchè lo fai? Perchè...?" Le parole lasciarono la bocca di Glorfindel ancor prima di pensarle. L'altro schioccò la lingua.
"Cosa?" Legolas gli rise quasi in faccia. "Spezzare il collo di un uomo a mani nude? Fare a pezzi quelli che tu chiami innocenti? Per una sola ragione..."
Poi rimase spiazzato quando in un momento di lucidità Legolas lo prende per il collo e lo attirò a sé in un bacio violento. Quando il Principe si allontanò, Glorfindel lo guardò orripilato, ma non per il bacio. Cio' che lo sconvolse fu la realizzazione che l'elfo davanti a lui sia pienamente consapevole delle sue azioni, senza provare ribrezzo per quanto crudeli siano. Improvvisamente Legolas gli
sbatte' la
testa contro il muro, tanto forte da farlo quasi gridare di dolore.
''Perchè no?" e
lo
fece un'altra volta, e ancora,
e ancora, beandosi dei gemiti di dolore dell'altro che tentava in tutti i
modi di liberarsi dalla sia presa. Più Glorfindel si
sforzava, più Legolas aumentava la stretta ai capelli. Il giovane Vanya
cominciò a sentire un dolore lancinante al capo, ma si
costrinse
a resistere. Non doveva perdere i sensi.
Legolas poi lo scaraventò dall'altra parte, contro le sbarre e lo
vide crollare a terra. "Non dovevi immischiarti, Glorfindel." Preso da
un improvviso attacco d'ira gli sferrò il calcio in
pieno di viso. "Non saresti dovuto entrare nella compagnia,
era meglio per te." si interruppe solo per colpirlo allo stomaco,
sorrise nel vederlo contorcersi dal dolore. E Glorfindel
sentì il sapore metallico del sangue in bocca.
''Perché ogni
volta
che ti vedo," lo afferrò nuovamente per la chioma d'orata,
costringendolo ancora una volta ad alzare il viso. "ho voglia di
spaccarti questo..." con le dita dell'altra mano gli percorse le labbra
sporche di sangue. "bel viso delicato che ti ritrovi." disse con voce
bassa, passando la lingua su un lato della sua bocca leccando via il
sangue. Questo gesto scosse violentemente il Vanya, che si
ritrovò di nuovo scaraventato a terra mentre il Principe si
lasciò scappare una risata insana, ma Glorfindel non lo
sentì. Tutto si fece indistinto, e poi perse sensi. Quando
Legolas si accorse che era svenuto, si
chinò su di lui e afferrò le chiavi liberandosi
dalle
catene.
Si
alzò massaggiandosi i polsi doloranti, e si voltò
di
scatto quando udì dei passi alle sua spalle; era la guardia
della prigione che osservava paralizzato
la
scena. Come lo vide tentare di scappare, Legolas scattò
verso di
lui cingendogli il collo con il braccio, trattenendolo contro di se'
fino a quando l'uomo smise di dimenarsi, e allora l'elfo
lasciò
cadere il
corpo a terra. Afferrò la spada che teneva legata ai
fianchi, e
uscì dalle prigioni...
Silenziosamente Aragorn aveva raggiunto la grande sala del Castello. I
suoi
passi rimbombarono tra le grandi mura di marmo, e i raggi lunari
penetravano lungo le finestre. Al centro giganteggiava il trono,
accanto vi era un piedistallo e su di esso vi era il Palantir, coperto
da un manto nero. Il ramingo avanzò e senza esitazione
scoprì il cristallo maledetto; in quel momento all'interno
del
globo si udì un sibilo venefico. Esitò per un
attimo; era
ancora in tempo per tornare indietro e lasciar perdere. Ma forse ne
valeva la pena. Deciso avvicinò la mano verso la sfera e la
prese; in quel momento apparvero delle luci girando vorticosamente
su se stesse. Per tutto il tempo tenne serrate le palpebre, poi si fece
coraggio e riaprì gli occhi; vide per la prima volta
l'Occhio.
Mentre l'Oscuro Signore parlava nella lingua nera, Aragorn con voce
chiara e decisa parlò; ''A lungo mi hai dato la caccia,''
disse,
''A lungo sono stato nell'ombra; adesso non più!'' E
alzò
Anduril, in tutta la magnificenza. ''Ammira la lama di Elendil!'' egli
gridò. Allora l'Occhio gli mostrò l'immagine
della Stella del Vespro,
morente, stesa su una panca di legno ricoperta di cuscini morbidi. La
maestosità e la sicurezza di Aragorn figlio di Arathorn
vacillarono. La visione cambiò in un istante, e stavolta
vide
il
suo amico, Legolas, steso a terra... e sotto di lui si estendeva una
pozza di
sangue.
Aragorn non riuscì a
sopportale tali visioni. Strozzò in un gemito di terrore
barcollando all'indietro, il Palantir cadde a terra con un tonfo
rotolando sul pavimento e il senza corona cadde in ginocchio, stremato,
ferito nell'anima. Vedere Arwen sul punto di morte gli
spezzò il
cuore, e Legolas... oh, adesso si pentì amaramente di aver
osato
guardare nel Palantir. Improvvisamente spalancò gli occhi.
''Oh
no... Legolas...'' velocemente si rialzò, e corse
immediatamente
verso le prigioni.
Quando arrivò vide la porta spalancata, e
dell'uomo che
faceva
la guardia non ve ne era traccia. Scese immediatamente la scalinata, e
lo vide a terra, immobile. Alzò lo sguardo verso la
cella; era aperta e in terra giaceva Glorfindel, privo di sensi.
Aragorn
lo raggiunse in fretta e lo prese tra le braccia. Aveva il labbro
spaccato, sanguinava dal naso e dalla testa. L'elfo
aprì
piano gli occhi, ''Se
n'è andato...'' sussurrò. ''Aragorn va'...
non pensare a me...'' gemette nuovamente mentre le palpebre gli
calarono pesantemente sugli occhi. L'uomo
però lo
prese in braccio facendogli poggiare il capo sul petto.
''Lasciami, Aragorn... ti farò perdere tempo...''
''Dannazione, sei ferito! Non posso lasciarti qui.''
ribattè l'uomo uscendo in fretta dalle prigioni. Passando
tra i
corridoi del palazzo vide un gruppo di cavalieri venirgli incontro.
''Sire, il prigioniero è fuggito, e abbiamo incontrato dei
feriti lungo la strada!'' disse uno di loro. ''Che alcuni di voi si
occupino di loro,'' egli ordinò. ''Voi altri date l'allarme;
fermatelo a
qualsiasi costo, ma fate in fretta, potrebbe essere molto lontano. E
non fategli del male!'' disse Aragorn. Gli uomini
obbedirono. Venne dato l'allarme, tutti nel palazzo si svegliarono, e
subito una schiera di cavalieri a cavallo era già
all'inseguimento del Principe.
Quest'ultimo era riuscito a raggiungere le stalle dove vi erano i
cavalli, e ora cavalcava veloce tra le vie della cittadella bianca.
Legolas si voltò un istante a guardare; i Cavalieri alle sue
spalle erano alle calcagne, e li vedeva avvicinarsi sempre di
più. L'elfo si rivolse al cavallo gridando, ''Cavalca!''
l'animale nitrì e balzò in avanti, volando come
il vento
sul tratto di strada. Si accorse che avevano cominciato a scoccargli
delle frecce contro, e una di queste gli ferì il braccio
tracciando una linea vermiglia sulla pelle, ma non ne diede peso.
Continuò a cavalcare tra le vie dove la gente si
dava da
fare per rimettere in ordine i danni causati dalla battaglia, e molti
furono costretti a scansarsi al suo passaggio e a quello dei cavalieri.
Si avvicinò ai cancelli distrutti, sigillati momentaneamente
con
delle semplici assi di legno. Gli uomini che erano intenti a ripararli
interruppero il lavoro appena videro il Principe andargli contro.
Immediatamente si pararono davanti al cancello sguainando le loro
spade. Il panico si impadronì di Legolas; era
bloccato da
entrambi i lati, non aveva via di fuga. Il cavallo non fermò
la
sua corsa, continuò a cavalcare avvicinandosi sempre di
più al cancello. Legolas non pensò più
a nulla.
Chiuse gli occhi e si avvinghiò al collo dell'animale.
Quando quelli intimarono l'alt il cavallo si limitò a
superarli
con un salto, volando letteralmente sopra le loro teste, atterrando
agilmente dall'altra parte e sfondando le travi di legno con un colpo
di testa, e rapido uscì dalle mura di Minas Tirith.
Legolas,
sentendo l'animale rallentare un poco il passo, riaprì gli
occhi
e volgendo lo sguardo all'indietro non vide più i cavalieri
seguirlo. Osservò il proprio destriero e una mezza risata
uscì dalle sue labbra. ''Sei... sei stato...
fantastico...!''
esclamò, tra le risate. Il cavallo nitrì
spingendo la sua
lunga criniera nera all'indietro. L'elfo lo osservò per
qualche
istante per poi esclamare; ''Ma sei una femmina!'' Ella
nitrì
nuovamente, e lui rise. ''Sei possente quanto
lo era Arod, ma testiamo anche la tua resistenza.'' esclamò,
poi
volse lo sguardo verso l'orizzonte, notando i primi raggi di sole
illuminare ciò che lo circondava. ''Credo che ti
chiamerò
Haita, si addice a te. Che ne pensi?'' l'animale nitrì. ''E
allora, Haita, cavalca veloce come il vento!'' La cavalla
obbedì, allontanandosi verso
est, in direzione di Mordor.
Era appena sorta l'alba quando Legolas Verdefoglia evase dalle prigioni
di Gondor. Quella stessa mattina, i feriti vennero portati alle case di
Guarigione, e la compagnia si era
riunita nella sala del Castello dove Gandalf li aveva convocati. Vi
erano Gimli, Aragorn, Eomer, il Principe Faramir, e dei
generali dell'esercito. Glorfindel aveva insistito di partecipare alla
riunione. Dopo essersi medicato le ferite, raggiunse
gli altri trascinandosi una sedia e un sacchetto pieno di ghiaccio da
mettere sul capo ancora dolorante.
''Siamo davvero pochi...'' sussurrò Gimli. Gandalf
annuì. ''Purtroppo si, poiché Re Theoden
è deceduto durante lo
scontro.'' disse. Si susseguì un momento di silenzio, carico
di
sofferenza per la grave perdita. ''Ma Rohan ha già il suo
nuovo
monarca.'' parlò ancora Gandalf, e lanciò un
occhiata a
Eomer. ''E in più l'erede al trono di Gondor è
finalmente
giunto.'' guardò Aragorn che si limitò ad annuire
sotto
gli sguardi sorpresi e incuriositi di chi non lo conosceva. ''Per
quanto riguarda Denethor,'' continuò lo Stregone. ''la sua
follia ha preso il sopravvento, portandolo a dare fuoco il suo stesso
figlio.'' il giovane Principe sorrise amaramente mentre i ricordi si
fecero nitidi nella sua mente. ''e infine se stesso, crollando dalle
mure in un mare di fiamme.''
''Come stanno gli Hobbit?'' chiese Glorfindel. ''Merry è
stato
ferito durante la battaglia, ma ora sta bene e il giovane Peregrino se
ne sta occupando amorevolmente.'' rispose Gandalf. ''Ma ora ci attende
un'altra missione, l'ultima per nostra fortuna... o sfortuna.''
Tutti tacquero, rimanendo in ascolto alle sue parole.
''Sauron ha
subito una sconfitta, è vero. Ma dietro le mura di Mordor il
nemico si sta riorganizzando. Inoltre, la fuga di Legolas è
un'altro svantaggio da parte nostra, e adesso potrebbe essere molto
vicino a Mordor.''
''Che rimanga lì. Che marcisca!'' sbottò Gimli,
seduto
sul trono a fumare. ''Perché interessarci?'' Gandalf si
voltò verso di lui. ''Perché diecimila orchi ora
si
trovano tra Frodo e il Monte Fato.'' rispose, i suoi occhi si velarono
di tristezza. ''L'ho mandato... alla morte.'' sussurrò con
tono
grave. ''No. C'è ancora speranza per Frodo.''
ribattè Aragorn, i
muscoli contratti e lo sguardo determinato. ''Ha bisogno di tempo, e
questo possiamo darglielo noi.''
''Come?'' chiese Gimli. ''Attiriamo gli eserciti di Sauron, svuotiamo
le sue terre, raduniamo
le nostre truppe e marciamo verso il Nero Cancello.'' rispose, e Gimli
per poco non soffocò a causa del fumo. ''Ma non possiamo
ottenere la vittoria con la forza delle armi.'' intervenne Eomer. ''Non
per noi stessi. Ma possiamo dare a
Frodo una possibilità se teniamo l'Occhio di Sauron fisso su
di
noi. Renderlo cieco ad ogni altra cosa che si muova.'' disse Aragorn
osservando i visi degli altri. ''Che intendi fare?'' esclamò
improvvisamente Glorfindel. Aragorn si voltò verso di lui.
''Affrontare un
perfido Principe soggiogato dall'Unico Anello, e il
suo esercito?!'' sbottò
l'elfo. L'uomo fece le spallucce. ''Si, più o meno.''
Il giovane Vanya lo
fissò stupito. ''Sai che non potremmo mai vincere-'' un
gemito
lo
interruppe, e si poggiò nuovamente la borsa di ghiaccio sul
capo. ''Non dobbiamo per forza vincerla, questa battaglia,''
ribattè Aragorn. ''Dobbiamo soltanto cercare di resistere
finché l'Anello non sarà distrutto.''
''Stai dicendo che dovremmo lanciarci in un'impresa suicida!''
gridò Glorfindel. ''Quanti altri uomini vuoi perdere,
Aragorn?
Non ne sono morti già abbastanza? Numericamente non potremmo
resistere nemmeno un'ora, non contro un esercito del genere.''
''Ma dobbiamo almeno tentare! Non c'è altro modo, se
vogliamo
aiutare Frodo!'' gridò Aragorn, sostenendo il suo sguardo.
''Quella piccola botta in testa ti ha reso parecchio nervoso.''
commentò
Gimli, guardando l'elfo. Glorfindel spalancò la bocca.
''Voleva uccidermi quel maledetto-!''
''Ehy, vacci piano con le parole!'' lo interruppe Aragorn. ''No
Aragorn.'' ribattè l'elfo alzandosi di scatto. ''Ha tentato
di spaccarmi il cranio... e... io...'' si interruppe, lasciandosi
cadere sulla sedia. ''Mi dispiace.'' sussurrò. L'uomo lo
guardò sorpreso. ''E' stata colpa mia. Davvero, io... non
sarei dovuto andare da lui.''
''Nessuno avrebbe previsto che sarebbe accaduto questo.'' disse Aragorn
poggiandogli le mani sulle spalle. ''Vi ho solo creato problemi!''
sospirò frustato l'elfo chinando il capo. ''No, non
è vero. Non fartene una colpa.'' lo rassicurò,
l'altro alzò lentamente lo sguardo su di lui. ''E chiamala
fortuna o... ringrazia i Valar, perché tu sei ancora qui con
noi.'' concluse serio. Glorfindel
sospirò, accennando a un sorriso. ''Si be', uhm... mi ha
comunque lasciato qualche livido come ricordo.'' rise, come per
alleviare la tensione, e l'uomo fece lo stesso. ''Ma ti
seguirò lo stesso, e non saranno un paio di lividi
a
impedirmelo!''
''Hai ritrovato lo spirito, orecchie a punta!'' esclamò il
nano. L'elfo gli sorrise, ''Non voglio più dubitare di te,
Aragorn. Quindi... si, facciamo questa cosa.'' si interruppe, e
deglutì prima di continuare. ''Ma non farti uccidere. Ti
prego, si prudente Estel. Sai di cos'è capace.'' disse, e
Aragorn lesse
preoccupazione dei suoi occhi. ''Non gli darò questa
soddisfazione.'' ribattè
l'uomo
poggiandogli una mano sulla spalla, e l'altro sorrise ricambiando il
gesto. Il nano parlò nuovamente a voce alta.
''Quindi,
analizziamo la situazione; certezza di morte; scarse
probabilità
di successo! Che cosa
aspettiamo?''
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Capitolo 13 *** XIII ***
Under a Dark Spell (??)
XIII
Luce e polvere
Tre giorni dopo partirono con settemila uomini, mettendosi in marcia
verso oriente lasciandosi la città dei Re alle spalle.
L'ultimo
scintillare del sole del mattino su lance e scudi svanì.
L'esercito arrivò a Osgiliath a mezzogiorno, e lì
operai
e artigiani erano intenti a rinforzare i traghetti e i pontili che il
nemico aveva distrutti e in parte costruiti. Oltrepassarono le rovine
dell'antico Gondor, fermandosi cinque leghe dopo Osgiliath e
concludendo il primo giorno di marcia. Continuarono ad avanzare
giungendo al Crocevia la sera stessa, e per loro fortuna non vi erano
tracce di nemici.
La marcia verso la loro metà durò altri tre
giorni durante i
quali, ogni tre ore, gli araldi annunciavano l'arrivo di Re Elessar.
Benchè marciassero in un'apparente pace, i cuori dei soldati
erano abbattuti e più si avvicinavano al Nord,
più una
sensazione di iniquità diventava opprimente.
Giunsero finalmente al Nero Cancello di Mordor all'alba del quinto
giorno. La struttura enorme era composta da due possenti porte di
ferro, e sulle mura non vi era anima viva. I soldati rimasero immobili
alla vista del Morannon, osservandolo con il cuore che tremava di
paura. L'esercito si schierò sulle cime di due collinette,
suddividendosi in due ali; la prima al comando di Eomer e Imrahil,
l'altra da Aragorn stesso.
Il futuro Re cavalcò verso il Cancello accompagnato da
Gandalf,
Eomer, Imrahil, Glorfindel e Gimli, insieme ai due hobbit. Gli araldi
squillarono le loro trombe, annunciando l'arrivo del Re. Egli si
fece avanti e spinse la sua voce oltre le mura di Mordor. ''Che il
Signore della Terra nera venga avanti. Che giustizia sia fatta su di
lui!'' egli gridò. Seguì un lungo silenzio, dalle
mura
non risposero nè grida nè rumori, e niente si
mosse. E
proprio nel momento in cui i Capitani stavano per allontanarsi, il
silenzio fu improvvisamente interrotto; la porta del Cancello fu
spalancata con fragore,
accompagnato da un sinistro cigolio, e apparve un'alta figura su di un
cavallo nero.
Il cavaliere era interamente vestito di nero, arco e faretra
in
spalla, le daghe elfiche dietro la schiena, e una lunga spada attaccata
alla vita. I capelli lunghi, un
tempo biondi e chiari come la luce del sole sulla neve, erano ora
striati di bianco, e la sua pelle era più pallida del latte.
Ciò che fece spaventare di più Aragorn era il
vuoto che
mostravano i suoi occhi.
Tutti si lasciarono scappare un gemito di sorpresa. ''Oh, Legolas...''
riuscì a dire Glorfindel, osservando il Principe dalla testa
ai
piedi. Fece del suo meglio per sopprimere l'orrore che lo pervase, nel
vedere la sua bellezza eterna quasi soffocata dal potere dell'Unico.
Alle spalle di Legolas vi era una piccola compagnia di soldati dalle
armature nere e da un unico vessillo, nero con l'emblema rosso
dell'Occhio Malefico.
Arrestandosi a pochi passi dai Capitani, egli
parlò: ''Il mio padrone, Sauron il Grande, vi porge il
benvenuto.'' piegò le labbra in un sorriso, mentre alcuni lo
fissarono con sdegno. Nessuno osò parlare. Legolas li
guardò dalla testa ai piedi, e poi rise. ''Qualcuno
tra di voi ha l'autorità di trattare con me, o che
abbia anche il cervello per capirmi?'' domandò. ''Di sicuro tu.'' disse con tono sarcastico deridendo Aragorn.
Egli non rispose fissandolo negli occhi, trattenendolo con lo sguardo,
e lottarono così per un momento. Poi il Principe volse lo
sguardo verso il giovane Vanya. "Ripreso in fretta da quella piccola scaramuccia, Glorfindel? Valar, che brutto aspetto!" Lo derise, beffardo. Glorfindel lo guardò gelido. D'un tratto
gli occhi
dell'elfo
caddero su Anduril. ''Ohh...'' esclamò, inclinando la testa
di lato. ''Sai che per fare di te un Re non basta semplicemente
un pezzo di vetro elfico come quella?''
''Non veniamo per trattare con Sauron,'' parlò Gandalf,
riportando la sua attenzione su di lui. Legolas si voltò
verso lo Stregone. ''Infedele e maledetto!'' egli concluse.
Un sospiro fuoriuscì dalle labbra
dell'elfo.
''È quasi un peccato che tu sia qui, e non a vagare nell'Oscurità di Moria senza ritorno.''
disse, poi con uno schiocco di dita fece chiamò una delle guardie e questi si
avvicinò con un fagotto avvolto in un panno nero. ''Mi
è stato ordinato di mostrarvi... questi.'' disse sorridendo,
e
mostrò degli oggetti; la mithril di Frodo, la spada di Sam e
un manto elfico.
In
quel momento di silenzio il mondo pareva fosse immobile, e nei loro
cuori era svanita anche l'ultima speranza. Pipino e Merry si lasciarono
scappare un'esclamazione di sgomento. ''Frodo, no!''
''Silenzio!'' disse Gandalf severo, ma si potè percepire una
nota di
angoscia nella sua voce. ''Vi portate ancora dietro
questi mocciosi?" esclamò Legolas, fissando crudelmente i
due
hobbit. Loro sembrarono rabbrividire dalla paura, e distolsero subito
lo sguardo. L'elfo ghignò divertito. ''A
che cosa vi servono queste creature inutili? Oh, ma certo; inviarli a Mordor! Questa sì che è una buona
idea.''
esclamò allargando di più il suo sorriso
sollevando la cotta
di Mithril per guardarla meglio. La fece tintinnare prima di
lanciarla in direzione di Aragorn che
la afferrò al volo. La osservò a lungo, senza
parlare.
''Perché... li hai portati qui?''
chiese poi, senza distogliere gli occhi dall'oggetto.
''Segni di cospirazione, Maestà.'' rispose Legolas.
Afferrò la spada di Sam,
''Magari...'' cominciò a percorrere con le dita tutta la
linea
della lama, ''coloro che portavano questi oggetti non vi davano
dispiacere... '' poi si fermò, e li guardò negli
occhi.
''o
forse sì?''
Nessuno gli rispose, ma egli vide gli occhi dei giovani hobbit
riempirsi di lacrime, mentre gli altri lo guardavano con tristezza
mista a rabbia. E
rise di nuovo beandosi di quella scena. ''Vi erano cari i mezzuomini,
nevvero? O molto di
più la loro missione? Ebbene, sappiate che è
fallita.''
si
fermò osservandoli con una certa malizia negli occhi. Alcuni
di
loro abbassarono lo sguardo.
''E che devono sopportare una lunga agonia per mano di chi lo ha
ospitato.'' aggiunse con un tono di falsa tristezza. ''Delle
creature così
piccole... che
devono sopportare tanto
dolore.''
cantilenò
osservando lo Stregone, e rise notando i suoi occhi lucidi. Meriadoc lo
guardò con infinita rabbia, Pipino era in lacrime, Aragorn
aveva
lo sguardo basso puntato sulla cotta, Glorfindel lo
osservò
con gli occhi colmi di tristezza e paura, mentre Gimli dietro di lui
ringhiò di rabbia, lasciandosi scappare qualche insulto in
nanesco. ''Quello
è il loro destino, a meno che accettiate le condizioni del
mio
Signore. Non ho tutto il tempo, decidete!''
concluse Legolas, e attese.
''...Ti ascoltiamo.'' disse Aragorn con voce ferma, ma sembrava
distrutto sino in fondo. Legolas incrociò il suo sguardo, e
dopo
essersi schiarito la voce parlò;
''Ritiratevi insieme ai vostri
alleati,
giurando di non assalire mai più Sauron con le armi, in
segreto
o apertamente. I territori dell'Anduin sino alle Montagne Nebbiose e
alla Breccia di Rohan saranno sotto il Suo controllo. Isengard
verrà ricostruita, dove risiederà il suo
luogotenente, ovvero qualcuno più degno di fiducia. Vi invito a
indovinare chi sarà.'' disse poi spocchioso,
e tutti capirono che sarebbe divenuto lui il luogotenente, e sarebbe
stato il loro tiranno che avrebbe dominato su tutto
l'Occidente. Aragorn si accostò al luogotenente dell'Oscuro
Signore, con Anduril stretta nella mano. ''Non ci credo!''
sibilò, fremente di rabbia, strappandogli di mano gli
oggetti
restanti. ''E mai ci crederò! Rigettiamo le tue
condizioni, non vogliamo sprecare altre parole con te... e ora
vattene.''
Legolas non rise più. Il suo viso si contorse dalla rabbia,
rassomigliando a quello di un animale selvaggio che era appena stato
colpito al muso. "Come volete."
Sussurrò qualcosa in elfico e
galoppò verso il Cancello che si spalancò
lentamente,
mostrando un esercito immenso che si estendeva a perdita d'occhio per
le pianure di Mordor. Un fremito di terrore percosse tutta la piccola
armata. Il futuro Re
tornò indietro, enunciando parole di incoraggiamento
ai suoi uomini.
''...Figli di Gondor, di Rohan, fratelli miei. Vedo nei vostri occhi la
stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore.Ci sarà un
giorno, in cui il coraggio degli uomini cederà, in cui
abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ma non
è questo il giorno! Ci sarà l'ora dei lupi e
degli scudi
frantumati quando l'era degli uomini arriverà al crollo, ma
non
è questo il giorno! Quest'oggi combattiamo! Per tutto
ciò
che
ritenete caro su questa bella terra, vi invito a resistere, Uomini
dell'Ovest!'' levò la spada in alto con un grido che infuse
coraggio e forza.
Rivolse lo sguardo verso i loro nemici, tutti schierati come un mare di
nero tormento. Glorfindel sospirò profondamente stringendo
l'elsa della spada nella mano. Al suo fianco vi era Gimli, che
impugnava l'ascia. Sospirò prima di esclamare, ''Non avrei
mai pensato di morire fianco a fianco ad
un elfo.'' quella voce di solito sempre con una nota di umorismo, in
quel momento era seria e profonda.
Glorfindel
si voltò verso di lui. ''Che ne dici di 'fianco a fianco...
ad un amico'?''
replicò. Gimli lo guardò.
''Suona meglio, non credi?'' disse Glorfindel. Il nano gli sorrise. ''Niente sembra abbatterti di spirito.'' disse. Gli
occhi
dell'elfo si focalizzarono sui nemici. ''Quell'esercito però
si.'' rispose. Gimli poggiò una mano sul braccio dell'elfo,
ed
egli poggiò la propria sulla spalla del nano. "Se questo ti consola," parlò ancora Glorfindel, "sappi che la morte non è così terribile come pensi." disse. "Ne sembri così sicuro." rispose il nano. "Lo sono." ribattè l'altro con tono serio, prima di concentrarsi sull'esercito nemico.
Aragorn
puntò il suo sguardo verso Legolas, che lo guardava
con gli occhi brucianti di vendetta; un fuoco che nessuno sarebbe stato
in grado di spegnere. Chinò la testa sospirando,
promettendogli che l'avrebbe
portato via da quell'inferno, che avrebbe fatto in modo di farlo
tornare nel suo paradiso.
Per te, Legolas.
Legolas estrasse la spada, respirando a pieni
polmoni. Sentì i
suoi sensi prepararsi alla battaglia, stirandosi, vibrando,
avviluppandosi strettamente al suo petto per poi esplodere
tutt'intorno. ''Riempite l'aria col pianto degli Uomini e la terra col
loro sangue.'' egli gridò levando in alto la
spada, guidando la carica di orchi.
''Per Frodo!'' Aragorn si lanciò in avanti con
un grido,
guidando i suoi uomini contro la schiera nemica che si infranse contro
la barriera di uomini. E fu battaglia.
Iniziarono a combattere; i loro nemici erano fin troppi, gli Uruk
sembravano aumentare sempre di più nonostante il loro sangue
scuro scorresse a fiumi sul terreno secco e spoglio. I soldati
combatterono valorosamente come se non ci fosse un domani, e molti
caddero come foglie al vento. Aragorn sentì le braccia
stanche
per il troppo colpire; la spada divenuta troppo pesante perfino per
lui, le vesti lacerate, il respiro affannato, i capelli umidi ed
appiccicosi per il sudore.
I mostri da uccidere erano davvero troppi,
ma si diede forza. Guidato dalla follia continuò a
combattere;
il sangue del nemico schizzò sul suo viso, molte di quelle
creature immonde caddero sotto i suoi colpi ben assestati. Da molto
tempo non vedeva i suoi compagni; nè Glorfindel
nè Gandalf, nemmeno i due hobbit e Gimli. Si sentiva solo, a
combattere
contro una marea di orchi. Aveva perso di vista Legolas, e iniziava a
preoccuparsi. Si fece strada tra i corpi ammassati pur di trovarlo,
sperando con tutto il cuore di non trovarlo morto. Improvvisamente,
udì alle proprie spalle un urlo, una voce che stava gridando il suo nome.
Prima che potesse completare il pensiero, Legolas
si lanciò
verso di lui. Aragorn parò il colpo ad
un
soffio dal torace, poi un altro, ed un altro ancora. Fu costretto ad
indietreggiare sotto gli attacchi furibondi dell'elfo, i suoi colpi si
susseguivano inarrestabili senza lasciare ad Aragorn il tempo di
colpire a sua volta. Ma questo era l'ultimo dei suoi pensieri. Non gli
avrebbe fatto del male. Doveva solo resistere, fino a quando
l'Anello non sarebbe stato distrutto, e tutto sarebbe finito.
''Hai
ucciso tanti nemici lungo la tua strada,'' ansimò l'elfo con
voce roca. ''Adesso fai lo stesso con me!!'' Aragorn
barcollò e
Legolas ne approfittò per sferrare una stoccata diretta alla
sua
gola. Il ramingo gettò il busto all'indietro, la lama
sferzò l'aria a pochi centimetri sopra il suo petto. ''Se
non ti
fermerai, Mellon, mi costringerai a farlo!'' gridò.
Scattò in avanti,
menando a due mani un fendente dall'alto verso la sua testa. Scorse i
suoi occhi scuri lampeggiare mentre parava, la spada di traverso a
pochi centimetri dal suo viso. Legolas abbassò di colpo la
lama,
mirando al suo fianco. Aragorn parò. Rovesciò la
spada
dell'altro, le due lame cozzarono di nuovo, scintillando.
''Fallo, che cosa stai aspettando!? Guardami! Sono quello che ha ucciso Boromir, quello che sta portando rovina e morte. Non sono più tuo amico.'' sibilò l'elfo. Aragorn riuscì a
schivare un
affondo. Le spade si incrociarono a mezz'aria e lì rimasero,
sospese in un gioco di forze. ''Ti prego Mellon! Questa è una
pazzia. Se sei ancora lì, ascoltami. Possiamo mettere fine a tutto questo, insieme!''
lo implorò Aragorn. ''Troppo tardi!"
gli
sputò l'elfo. ''E sai, andare in guerra con un esercito che non
supera
nemmeno la metà del mio... è proprio una pazzia!''
Improvvisamente dal cielo gli otto Nazgùl superstiti
piombarono
su di loro.
Gli uomini si fecero prendere dalla paura e dallo sgomento.
Le formazioni si dispersero, e altri persero la vita. Legolas
rise, mentre il ramingo osservò impotente i Nazgul volare
nel
cielo, e avrebbe tanto voluto tapparsi le orecchie per non udire le
loro grida. ''Ti sei imbattuto nella tua condanna a morte!'' ridacchio
l'elfo, e ricominciò con i suoi attacchi incalzanti,
richiamandolo allo scontro. Aragorn fece un mezzo giro su sè
stesso, schivando l'ennesimo attacco, e con la propria lama
riuscì a colpire il braccio di Legolas. Questi si
tirò
indietro soffocando un ruggito di dolore, e dal taglio della manica
sbocciò una linea rossa.
Re e Principe si guardarono per pochi attimi, e quest'ultimo
sentì la furia che aumentava sempre di più, come
una
belva ferita. ''Muori!!'' egli gridò, scagliandosi verso di
lui.
Aragorn arretrò, sentì il calore diffondersi sul
suo
viso, scorrendo nelle sue vene. Egli però riuscì
a disarmare l'elfo, la spada cadde lontano, e allora Legolas
sfoderò entrambi i pugnali. Aragorn sbattè gli
occhi,
e riuscì appena in tempo a evitare di essere trafitto.
Brandì la sua lama alla cieca, cercando di parare i colpi
dell'elfo. I suoi movimenti rallentarono, e tutt'intorno si fece
indistinto. Lo sentì gridare, ''Quando avrò
finito con te, riserverò lo
stesso trattamento anche alla tua splendida elfa!'' poi fu
ferito. Gridò di dolore, mentre i fiotti di
sangue fuoriuscivano dall'arteria recisa, e si portò una
mano sulla ferita alla coscia.
Legolas poi lo colpì
facendogli perdere l'equilibrio, e Anduril cadde sotto i suoi piedi,
lontano dal suo padrone. Aragorn sbattè la testa contro la
dura
pietra, e quando sollevò le palpebre vide la propria spada
scintillare debolmente a terra, ai piedi di Legolas.
''Aragorn!!'' Glorfindel gridò il suo nome, lasciando cadere
la
spada tra le mani scattò verso di lui, spingendo via a mani
nude
chiunque gli si parasse davanti. Ma i nemici erano troppi, e si
ritrovò bloccato nella foga della battaglia.
Allungò una
mano verso di lui, come per raggiungerlo, ma non pote' fare
altro che guardare impotente.
Legolas lo inchiodò al suolo, artigliandogli il petto con le
cosce. Aragorn alzò gli occhi ad incrociare quelli
del Principe, e sentì una lama d'acciaio sulla sua gola,
lucida
di sudore dove il pomo d'Adamo si muoveva rapidamente. Comprese che
ormai era sconfitto. Sconfitto equivaleva a morto.
Il Principe avvicinò il proprio volto a pochi centimetri
dalla
sua faccia. ''Come potevi sperare tu, sporco umano, di
battermi?''
sibilò, e il suo respiro si confuse con quello dell'altro.
''Cosa credevi? Avanti, dimmelo! Credevi che fossimo amici? Io ti odio!''
Aragorn deglutì, senza
distogliere gli occhi da quelli dell'altro. Aveva da sempre immaginato
com'era morire, nelle sue fantasie, ma non pensava che l'avrebbe
scoperto in quel momento.
''È stato divertente, estremamente
divertente. Ma ora basta. Ho vinto io, Aragorn.'' Vide Legolas
sorridere mentre alzava il pugnale. Aragorn attese,
impietrito, quel colpo fatale. E le lacrime iniziarono a
rigargli
lentamente le guance, prima che se ne rendesse conto. ''Mi dispiace
Legolas...'' sussurrò, tristemente. L'altro
continuò a
tenere in alto il pugnale. ''Non sono riuscito a salvarti...''
continuò a parlare l'uomo. ''Perdonami...'' chiuse gli
occhi, e si preparò al peggio.
Legolas sembrò vacillare per un momento, e la sua
espressione,
da arrabbiata, passò a confusa. Il sorriso svanì,
la mano con cui stringeva il pugnale iniziò a tremare, e i
suoi
occhi brillarono di una strana luce.
Aragorn sollevò piano le palpebre, chiedendosi
perché
quel colpo non fosse ancora arrivato, e lo guardò in viso.
Trattenne il fiato; che cos'era quell'improvviso cambiamento?
Perché si era fermato? Che cosa gli stava mostrando
l'Anello? Il
tempo pareva essersi fermato.
Il futuro Re continuò a guardarlo in viso, e lo rivide;
Legolas,
il suo amico, era ancora lì. La speranza in Aragorn
sembrò ritornare; forse Elrond si era sbagliato, forse le
visioni che aveva visto nel Palantir non erano vere! Il male non aveva
prevalso del tutto su Legolas, c'era ancora del buono in lui!
Ma improvvisamente, quando Aragorn stava per gridare il suo nome con
tutta la gioia di cui era capace, la luce nei suoi occhi
svanì,
come velata da un manto nero, le sue labbra si piegarono di nuovo in
quel ghigno agghiacciante, crudele. L'uomo sgranò gli occhi
sentendo altre due lacrime
rigargli le guance. E fu colto alla sprovvista quando Legolas gli
strinse improvvisamente la gola, affondando le unghie nella sua carne,
impedendogli di respirare regolarmente. "Non farti strani pensieri
Aragorn," disse lui freddamente. "Ho permesso al tuo Principe di
guardarti negli occhi," e sorrise ancora, in un modo quasi grottesco. "Un ultima volta." Poi dischiuse
le labbra in un agghiacciante sibilo. ''Namarie, Elessar.''
La carne cominciò a lacerarsi, pressata da quella lama
elfica.
Il dolore fisico era asfissiante, buttò la testa
all'indietro
gridando di dolore sentendo la lama affondare di più nel suo
petto. Un peso immaginario si posò sul suo corpo
inerme, e si
sentì trascinare. Non c'era più dolore, non c'era
guerra,
e non c'era rumore.
Improvvisamente, la voce di Gandalf arrivò
alle sue orecchie; ''Le aquile! Arrivano le aquile!'' gridò
con
voce chiara.
Aragorn riuscì a sollevare le palpebre quanto bastava per
riuscire a scorgere il Re dei Venti, Gwaihir, lanciarsi contro uno dei
Nazgul, seguito da altre decine di aquile. E poi accadde; la torre di
Barad-Dur iniziò a crollare lentamente su se stessa.
L'esercito
di Mordor si fermò, e i Nazgul volarono rapidi verso il
Monte
Fato. Legolas si rimise in piedi lentamente, e mentre gli orchi si
diedero alla fuga lui rimase immobile, a osservare la Torre crollare
come un castello di carte, e l'Occhio spegnersi lentamente. L'Anello
era stato distrutto. Frodo aveva portato a termine il suo
incarico.
Eppure questo non sembrò turbarlo più di tanto. E
cominciò a ridere, ridere talmente forte da farsi mancare il
fiato. Poi si voltò lentamente verso Aragorn e
cominciò a
ridere ancora più forte alla vista del corpo inerme che
aveva
dinnanzi, per fargli capire che era contento di ciò che
aveva
fatto, che era contento di vederlo morire prima che tutto finisse. Si
strinse la tempia con entrambe le mani
piegandosi in avanti quando sentì un forte boato nella sua
testa. E si rese conto che era arrivata anche la sua ora.
Alzò il capo al cielo, e lanciò un urlo disumano,
che si
disperse nell'aria, accompagnato da quello di Sauron. E come la Torre
cadde definitivamente a terra, le gambe dell'elfo cedettero ed egli si
afflosciò a terra, privo di forze.
Fu l'ultima cosa che Aragorn vide, prima di chiudere gli occhi. La
morte, tanto temuta, lo stava raggiungendo.
...
Legolas aprì
gli occhi. Le
palpebre erano stranamente pesanti, e si costrinse di nuovo a chiuderle
per via delle luce del sole. Gli doleva tutto, gli scoppiava la testa,
e le orecchie fischiavano. Tentò nuovamente di aprire gli
occhi,
questa volta lentamente abituandosi man mano alla luce.
Cercò di
alzarsi, ma una forte sensazione di vertigine lo costrinse ad
abbandonare il capo sul suolo.
Ogni arto del corpo gli doleva, le gambe
stranamente pesanti come due grossi macigni di pietra, e quasi non si
sentiva più le braccia. Aspettò che la sensazione
di
vertigine svanisse, poi con un enorme sforzo si
puntellò coi
gomiti, sollevando il busto. Ispirò profondamente, con
fatica;
gli sembrò di avere un peso attaccato al petto.
Alzò
piano il capo, la vista sfocata. Sbattè più volte
le
iridi azzurre, e una volta inquadrato il campo visivo davanti a lui, i
suoi occhi sgranarono dall'orrore.
Davanti a lui vi era una distesa di uomini morti, uccisi brutalmente,
le loro armi abbandonate al suolo, e il loro sangue macchiava la landa
desolata. A quella vista l'elfo sentì quasi i conati di
vomito
salirgli lungo la gola. Si portò una mano al viso, e la
sentì sporca. Quando la guardò la vide sporca di
terreno
e sangue, e dei calli si erano formati sulle dita. Perché si
trovava lì? Tentò di ripercorrere gli ultimi
istanti
prima di perdere i sensi; stava combattendo uccidendo chiunque gli si
trovasse davanti, senza nessuna pietà.
Si era scontrato con
Aragorn, e infine...
Il suo corpo si irrigidì. Una profonda ondata di terrore
pervase
le sue membra dure come la pietra viva. Scosse il capo, tremante. No,
non poteva essere successo. Una parte di sè si stava
psicologicamente preparando al peggio, ma era deciso a non cedere, a
sperare. ''Estel...?'' esclamò. La sua voce si perse nel
vento.
Lentamente si voltò, e i suoi occhi si velarono di un
sottile
strato acquoso, prima di strozzare un gemito di terrore.
Lo vide; figura alta, slanciata. Capelli scuri, lunghi fino alle
spalle. Una veste nera, lacerata e sporca, con lo stemma dell'albero di
Gondor, gli fasciava il corpo. Anduril giaceva lontano dal suo padrone.
Gli si bloccò il fiato; Aragorn era lì, fermo.
Tetramente
fermo. Il sangue denso e scuro che gli imbrattava il petto. I suoi
occhi erano chiusi.
Si paralizzò. Tutto il mondo attorno a lui si spense.
C'erano
solo lui, e quella dannata tempesta interiore; tristezza, paura,
angoscia, malinconia. Era intrappolato in questa devastante tenaglia, e
non aveva la forza di uscirne. Alcune lacrime di disperazione gli
rigarono il viso tetro dalla paura.
''No, Aragorn no... Ti prego... NO!'' le sue gambe si mossero da sole,
e con le poche forze che
aveva si trascinò verso il suo corpo. Era terribilmente
pallido.
Schiaffeggiò ripetutamente il suo viso. ''No, no, no,
Aragorn!''
Lacrime amare rigavano il suo volto angosciato, mentre le sue labbra si
schiudevano nervose, sussurrando ripetutamente il suo nome. Vide le sue
palpebre tremare, e aprirsi di poco. ''Guardami, guardami Aragorn, sono
qui! Non
te ne andare, resta con me!'' Un debolissimo gemito uscì
dalla sua bocca. Legolas gli accarezzò il viso dolcemente,
mentre lui lo guardava perdendosi nel blu mare dei suoi occhi, tornati
com'erano una volta. Un debole sorriso piegò le sue labbra;
era
lì. Lui era lì. E si rese conto che tutto
ciò che
aveva fatto non era stato una perdita di tempo, perché
Legolas
era finalmente lì.
''Ben tornato...'' riuscì a dire, prima di sputare sangue. E
Legolas gli sorrise, tra le lacrime, accarezzandogli il viso. Con le
poche forze che aveva, Aragorn alzò una mano e con le dita
gli sfiorò una guancia, asciugando le sue lacrime. ''Alla
fine, tutto questo... è valsa la pena." riuscì a
dire prima di essere interrotto da un colpo di tosse. Fece dei sospiri
prima di continuare a parlare. "Perchè adesso sei veramente
qui." Il Principe si morse con forza il labbro inferiore, percepì il sapore
delle sue stesse lacrime. "Mi dispiace Estel," singhiozzò.
"Non sarei dovuto venire con voi. Niente di tutto questo sarebbe
accaduto!"
"No..." lo interruppe l'altro con flebile voce. "Non è colpa
tua."
"Come puoi dirlo!? Per colpa mia stai... morendo-" l'ultima parola gli
uscì a stento a causa dei singhiozzi che avevano
ricominciato a scuotergli il corpo. "Ti prego, non andartene!"
gridò stringendoselo al petto. "Non lasciarmi, non
ora che è tutto finito, non ora che mi rendo conto di tutti
gli sbagli che ho fatto! Ti prego, non lasciarmi solo... ti prego!"
Il Re di Gondor mosse debolmente una mano verso di lui, poggiandola sul
suo petto in direzione del cuore. "Non sei mai solo..." poi quella mano
cadde priva di forze sul terreno, e i suoi occhi si chiusero, per
sempre.
Legolas
sentì una sensazione lacerante al petto, un dolore
straziante e soffocante. E pianse, pianse come non aveva mai fatto
nella sua lunga
vita. Sentì delle
gocce d'acqua ghiacciata calare sul suo corpo, alzò lo
sguardo; pioveva. Oh, anche i
Valar piangevano per la scomparsa del Re. Lo strinse a se, nel
vago tentativo di trasmettergli calore. Le sue lacrime salate bagnarono
i suoi capelli, le dita dell'elfo affondarono in questi attraendo il
suo corpo spento ancora più a sè. ''Estel, ti
prego,
svegliati...'' continuò a dire, in modo frenetico. Nulla.
Un'ondata di disgusto pervase il suo corpo singhiozzante.
Cominciò a tremare, a rendersi conto che lui se n'era
andato. Aragorn era morto, e la colpa era soltanto sua. I suoi
singhiozzi si dispersero dall'aria, mentre si dondolava in avanti e
indietro, gridando in preda alla totale disperazione, come per
alleviare il proprio
dolore,
ma invano. I suoi urli erano talmente forti da sovrastare lo scrosciare
dell'acqua, e chiunque ebbe l'impressione che prima o poi gli si
sarebbero spezzate le corde vocali.
Poggiò la fronte contro la quella di Aragorn, e
iniziò a recitare delle
preghiere
in elfico con tutta la forza che aveva in corpo, scongiurando che la
morte se ne andasse, che prendesse la sua di anima e non quella di
Aragorn. ''Sarà il mio tempo a finire, non il tuo.''
singhiozzò prima di lasciarlo andare.
Fissò ancora il suo corpo, steso, privo di vita
sul freddo e bagnato terreno, mentre la pioggia continuava a cadere.
Poco
lontano giaceva il suo pugnale, complice della sua morte.
Lo prese,
con mano tremante, e lo strinse forte osservandone la punta tagliante,
e chiudendo gli occhi puntò la lama contro il petto.
"Legolas!!" Udì
qualcuno chiamarlo; era Glorfindel, che lo guardava con il terrore negli occhi,
pregandolo con lo sguardo di non fare ciò che stava per
fare.
''Legolas... non farlo! Abbassa quel pugnale...''
disse allarmato, avanzando cauto. L'altro lo fissò disperato, con la punta della lama pericolosamente vicina al cuore. Un colpo, non bastava altro.
Senza esitazione colpì il
petto con il
pugnale, e le sue labbra si
ricoprirono subito di sangue. Si
lasciò cadere a terra
portandosi le mani al petto, premendo sulla ferita. Glorfindel
scattò immediatamente verso di lui prendendolo
tra le braccia, mentre Gandalf e alcuni uomini si
preoccuparono di Aragorn. ''Legolas! Legolas, guardami!''
Glorfindel poggiò una mano sulla
nuca del Principe, facendogli voltare il viso verso di lui.
''Mi
dispiace,'' gemette Legolas, il corpo scosso da forti brividi, e gelido a causa della pioggia. ''Mi
dispiace, mi dispiace...'' sussurrò ancora, in modo
frenetico,
con le lacrime agli occhi. L'altro gli posò una mano sul
viso. ''Va tutto bene,
Legolas. Va tutto bene.'' disse dolcemente. "Mi dispiace... mi dispiace
per-" il principe tossì e un rivolo di sangue gli
colò dalla bocca. "Boromir, Haldir... ed Estel. Io... io non
volevo!"
"Lo so, lo so Legolas." sussurrò Glorfindel. "Non mi odiare... 'Finn, non mi odiare." gemette ancora il Principe, e il Vanya ebbe un tuffo al cuore. Lo strinse delicatamente a se. Un braccio gli cingeva le spalle, l'altra mano che gli accarezzava i capelli, mentre gli sussurrava parole confortanti nella sua lingua. Sapeva che stava morendo, ma voleva che il suo spirito non fosse tormentato dai sensi di colpa. Lo sentì calmarsi un poco tra le
proprie
braccia.
''Perché
l'hai fatto?'' sussurrò il Vanya, incrociando il suo sguardo. Legolas,
semplicemente, gli
sorrise. Non ebbe paura
della morte. Perché era proprio tra le sue ombre fitte e
scure,
che avrebbe ritrovato la pace. ''L'ho fatto per lui...''
riuscì
a dire, con la voce ridotta a un soffio. ''L'ho fatto... per...
lui...'' ripete', mentre le palpebre divennero pesanti, e si
abbassarono lentamente fino a coprire il blu mare dei suoi occhi.
Poi vide finalmente la luce...
''Legolas?'' lo chiamò il Vanya, ma non ottenne nessuna
risposta. ''Legolas!?'' ripetè, e lo scosse leggermente, ma
non si mosse. Poggiò il proprio orecchio sul petto del
Principe, ma il suo cuore che per più di duemila anni aveva
battuto, ora era fermo. Glorfindel sentì come un freddo
intenso avvolgerlo, e lentamente sollevò il viso
incontrando quello del Principe. La sua espressione era
così rilassata, e tranquilla. A cosa stava pensando, prima
di morire? Quel
sorriso era così beffardo, così in contrasto con
l'intera situazione. Non c'era nulla per cui sorridere!
Come la vita del Principe si spensi, la pioggia cessò improvvisamente
lasciando spazio a delle raffiche di vento.
Il bell'elfo alzò gli occhi velati da un leggero strato di
lacrime, e vide le nuvole correre velocemente nel cielo. Il vento era
più impetuoso del solito...
Spalancò gli occhi stringendo ancora tra le braccia il corpo
privo di vita di Legolas, mentre il vento gli asciugava il viso e i
capelli bagnati a causa della pioggia di prima. Quelle raffiche non
erano normali.
Il Vanya capì che qualcosa stava accadendo nelle Dimore dei
Potenti, percepiva una forte e chiara voce nell'aria. Infine comprese;
era già successo, l'aveva provato lui stesso, dopo lo
scontro con il Balrog di Fuoco. I suoi pensieri vennero interrotti
quando vide Gandalf inginocchiarsi davanti a lui, esaminando il corpo
del Principe. ''Sta accadendo...'' sussurrò Glorfindel,
attirando l'attenzione dello Stregone. ''La stessa cosa che
è successa a me e Echtelion. Entrambi sono caduti, insieme,
ma... chi? Chi dei due tornerà?''
Gandalf poggiò delicatamente una mano sulla fronte del
Principe. ''Possiamo solo attendere.'' disse infine, pacato.
Glorfindel non si era sbagliato; i Valar
avevano convocato un concillio per decidere su qualcosa che avrebbe
cambiato le sorti di un uomo e di un elfo. Di due compagni, caduti
insieme. E solo ad uno sarebbe stato concesso il ritorno...
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Capitolo 14 *** XVI (Ending) ***
Under a Dark Spell 15
XIV
N a m a r i e
'' Questi
ricordi li tratterrò,
Con la tua benedizione andrò,
Per giungere finalmente ai sentieri che portano a casa.
Anche se non so dove la strada mi porti. Non so dirlo.
Abbiamo fatto tutta questa strada,
Ma ora è arrivato il giorno di dirti addio.
Ti saluto dal più profondo del cuore ''
...
Una voce
calda e morbida lo chiamò a se. Una melodia elfica,
dolce, confortante, che l'avvolse in un piacevole tepore. Quell'incanto
lo stava salvando dall'oblio, e si sentì trascinare da quel
dolce canto. Una
luce abbagliante e forte colpì i suoi occhi addormentati. Li
aprì lentamente, rivelando il loro azzurro intenso. Un
bianco
accecante
colpì il suo sguardo stanco, poi quella luce
diminuì di
più, sempre di più, fino a quando non vide sopra
di
sè un soffitto bianco.
Era forse
in una sorta di universo parallelo, riservato alle anime sole?
Dischiuse
le labbra in un sospiro e
sbattè le palpebre. Si guardò ancora intorno, e
vide che
era in un immenso salone, vuoto, fatta eccezione per alcune colonne
bianche ed un grande specchio argentato su una parete. Si mise seduto,
o almeno, gli sembrò di farlo; non sentiva nulla,
nè il
proprio corpo, nè il proprio respiro, nemmeno il battito del
suo
cuore. Un pensiero gli
balenò nella mente, un pensiero che nessun'uomo dovrebbe mai
farsi; sono davvero morto?
Focalizzò lo sguardo sulla superficie dello specchio, ma non
c'era nessun riflesso su di esso. Poi iniziò a vedere
qualcosa;
dei contorni pallidi e indefiniti ma che presto si trasformarono nella
propria immagine; non portava stivali, solo candidi abiti che lo
facevano sembrare irreale.
Sullo specchio, come prima, vide formarsi un'altra immagine alle sue
spalle. Era
forse un angelo quello che era in piedi dietro di lui, con una lunga
cascata di capelli biondi, e dalla pelle chiara? Aragorn lo
guardò, con occhi quasi sognanti, e l'immagine si fece
più chiara; due pezzi di cielo erano incastonati nei suoi
occhi. Una lunga veste bianca ricopriva il
suo corpo, e una sottile corona di Mithirl vi era sul suo capo.
Aragorn
ispirò lentamente. ''Legolas?'' bisbigliò
sfiorando la
superficie dello specchio. ''Non è possibile, deve essere un
sogno...'' sussurrò ancora con voce appena udibile, fissando
come ipnotizzato la sua immagine. Legolas
rise. Il suono della sua risata era
soave, un qualcosa di puro che riusciva a scogliere il cuore. L'uomo
spalancò gli occhi quando lo sentì ridere,
e
lentamente si voltò.
E lo vide, ora inginocchiato davanti a sè, luminoso e
splendido come avvolto da un'aura di luce.
L'uomo puntò
lo sguardo sull'elfo, e non provò nessuna emozione
definibile.
Sentì solo che era giusto così, che tutto quello
che era
successo non era privo di senso, se Legolas era di nuovo lì
nulla contava più. Nè Sauron, nè
l'Anello, nè tutto quello che era appena accaduto,
perchè Legolas era lì.
''Legolas.''
L'elfo sorrise, non
riuscì a definire quello che provò in
quel momento; forse gioia, commozione, e ringraziò dentro di
sè i Valar di avergli concesso questo loro, ed ultimo
momento
insieme. ''Ehi, Estel.'' sussurrò l'elfo. Aragorn lo
guardò, sentendo i propri occhi
riempirsi di lacrime.
Legolas mosse appena le
palpebre, come se anche lui dovesse scacciare le lacrime. ''Mi sei
mancato.'' disse.
Aragorn si
guardò la mano, e
lentamente la mosse in direzione di
Legolas. Egli sembrò voler arretrare. ''No Aragorn...''
sussurrò, tristemente.
''Non puoi toccarmi qui... Non
puoi-''
s'interruppe, e qualcosa si contrasse dolorosamente dentro di lui
quando egli riuscì a toccargli la spalla.
I due si guardarono negli occhi, muti. ''Aragorn...!''
sospirò Legolas, alzando una mano poggiandola su
quella dell'uomo.
''Legolas...!'' l'uomo ripete' il suo nome, e strinse forte la sua mano.
Entrambi rimasero immobili, e
poi,
di scatto, Aragorn si buttò tra le braccia dell'elfo,
aggrappandosi
alle
sue spalle con la stessa disperazione di un naufrago.
''Mi dispiace, mi
dispiace.'' singhiozzò l'elfo, affondando il viso sul suo
collo.
''Perdonami, perdonami. Non
volevo che accadesse questo.'' l'uomo sentì le sue
lacrime bagnare la sua pelle, lo
strinse più forte e senza rendersene conto iniziò
a
piangere anche lui.
''Lo so, lo
so,
Legolas. Ma non è stata colpa tua.'' rispose Aragorn,
accarezzandogli la schiena. ''Ma Estel, ho fatto del male, ho
portato morte e distruzione...'' sussurrò ancora Legolas. Si
allontanò improvvisamente, quanto bastava per guardarlo in
viso.
Aragorn incrociò il suo sguardo lacrimoso. ''E' stata colpa
mia,
tutta colpa mia.'' singhiozzò l'elfo. ''Ti prego, Estel,
perdonami...''
''Ehi, Legolas guardami.'' sussurrò l'uomo accarezzandogli
gli
zigomi coi pollici. ''ù-moe edaved, Legolas.'' (Non
c'è nulla da perdonare) disse asciugandogli le lacrime.
''Non è mai stata colpa tua.'' Gli sorrise
dolcemente, e con grande sollievo vide l'altro fare lo stesso. Poi
Legolas si
levò in piedi e tendendo una mano verso l'uomo lo
aiutò
ad alzarsi. Si guardarono ancora negli occhi. ''Dove siamo?'' chiese
Aragorn guardandosi attorno.
Sulle labbra
di Legolas si disegnò un sorriso triste. ''Siamo nella aule
di
Mandos,'' spiegò. ''Adesso, gli spiriti degli Uomini e degli
elfi potranno perdurare insieme nelle stesse Aule, in onore
dell'Alleanza che li ha uniti da sempre; così hanno deciso i
Valar, nella loro saggezza.''
''Però tu... Legolas tu...'' susssurrò Aragorn.
''Tu... non dovresti
essere qui. Tu non sei morto.''
Legolas non disse nulla. ''Sei solo un illusione?'' parlò
ancora l'uomo.
''No Aragorn,'' rispose l'elfo. ''Tu sei morto, e io anche. Ma solo tu
hai la possibilità di fare ritorno. Ho
pregato ai Valar
affinchè loro potessero strapparti via dalla morte,
perché tu avevi ancora tanto da dare... mentre io... non
avrei
fatto altro che annegare nel tormento. Loro, vedendo togliermi la vita
con la speranza di salvare la tua, hanno ascoltando la mia richiesta, e
nonostante tutte le cose orribili che ho fatto... mi hanno perdonato. Il mio sacrificio ti ha donato
nuovamente la vita. I Potenti ti
permetteranno di vivere ancora, in onore delle tue gesta, fino alla
fine del tuo tempo.''
Aragorn lo
guardò sconvolto. ''Che cosa? Che cosa hai fatto?''
sussurrò,
incredulo. L'elfo semplicemente gli sorrise, prendendogli una mano.
''L'ho fatto
per
te.'' disse semplicemente. Aragorn continuò ad agitare il
capo, le lacrime che ricominciarono a pungergli gli occhi. ''Tu
meritavi la vita, Aragorn. La Terra di Mezzo ha bisogno di te, della
tua guida; la stirpe dei Re deve continuare.'' parlò ancora
Legolas.
''Volevo
solamente rimediare ai miei errori, volevo che tu
fossi vivo.'' una lacrima solitaria gli rigò
lentamente una guancia. Aragorn non si accorse nemmeno di aver
ricominciato a piangere. ''Tu eri vivo, Legolas.
Nonostante
l'Anello fosse stato distrutto, eri vivo! Perché l'hai
fatto?''
''Perché
sei mio
amico, e ti voglio bene.'' rispose il Principe, lo
sguardo carico di tenerezza.
''Per me non ci sarebbe
stato nessun
conforto per alleviare il dolore
della tua scomparsa. Sarei stato trascinato nell'oscurità e
nel
dubbio. Quella sarebbe stata la mia dimora, e avrei consumato i miei
lunghi anni nel mio dolore nascosto da tutto e da tutti. Ma non poteva
finire così, non in quel modo, perché era quello
che Lui
voleva. E lì, davanti al Morannon oramai distrutto, con il
tuo
corpo privo di vita tra le mie braccia, ho tentato il tutto per tutto.
Ti prego, non tormentarti per me, io non valgo nulla.''
Aragorn
avvolse la sua mano con
le
proprie. ''Invece
vali molto. '' disse. ''Sei un fratello, e un amico. Tutto
ciò
che è successo ci ha allontanati per molto tempo, ma non
dubitare mai dell'affetto che provo per te.'' Legolas semplicemente rise, una
risata sforzata.
''Io... non
posso farcela senza di te, Legolas.''
''Puoi invece.''
ribattè l'altro, con decisione. ''Non sei solo.
Hai Arwen, l'affetto del tuo popolo e dei tuoi cari, e avrai l'amore
del tuo
futuro figlio. Tu hai la forza per andare avanti!''
intrecciò le
proprie mani sul cuore di Aragorn. ''Io ci sarò... sempre.''
L'uomo non
aveva la forza per parlare.
''Ma che
senso avrà
avuto tutto questo...
se mi lascerai?'' sussurrò poi. ''Tutto ciò che
ho fatto,
l'ho fatto per te, per salvare la tua vita! Ma ho fallito.''
''No,'' replicò Legolas dolcemente, ma deciso. ''Non darti
colpe, perché finalmente la sento, Estel...''
''Che cosa?''
''La Pace, mi sento in pace con me stesso.'' esclamò
Legolas, quasi con gioia.
''Tu mi hai salvato e io voglio ricambiare. Se era destino che dovessi
morire, bene, allora che le Aule di Mandos accolgano il mio spirito!''
Aragorn, continuando a stringere la mano dell'elfo, la portò
vicino al viso e le sue lacrime andarono a bagnare la candida pelle di
Legolas. ''Ti prego,'' implorò l'uomo. ''Non lasciarmi,
Legolas.
Non posso sopportarlo.''
''Io non ti
lascerò mai,
Estel.'' ribattè Legolas con
dolcezza. Delicatamente prese la mano dell'uomo portandola al proprio
petto, in direzione del cuore. Poi fece la stessa cosa con la propria
mano, poggiandola però sul petto dell'uomo. ''Sono sempre
qui.''
sussurrò. ''A occupare una piccolissima parte del tuo
cuore.''
''Credimi,'' fece Aragorn. ''Non è poi così
piccola.''
E allora Legolas sorrise, sorrise come non faceva da tempo.
Un sorriso dolce accompagnato da una risata pura e innocente.
Una luce
bianca e pura
sembrò
avvolgere il corpo di Aragorn. E Legolas si girò, dandogli
le
spalle. ''Devi andare.'' sussurrò.
Ma si sentì afferrare per un braccio, e si
ritrovò nuovamente tra le braccia di Aragorn, che lo strinse
forte a se'.
Legolas ricambiò l'abbraccio, e
rimasero uniti ancora per qualche istante, un ultima volta. ''Hannon le.'' disse Aragorn.
Tante erano le parole che avrebbe voluto
pronunciare, ma sentì che quel grazie sincero era abbastanza.
Poi
si staccarono
lentamente, Aragorn continuava però a stringergli la mano.
''Promettimi che quando
tuo figlio
sarà grande, gli insegnerai ad usare l'arco per me.
Promettimi che dirai a mio padre che l'ho voluto bene.''
disse Legolas., e si
allontanò. Aragorn
tenne ancora la sua mano, ma poi la distanza lo costrinse ad allentare
la presa.
''E prometti, prometti che andrai avanti!''
Aragorn rimase immobile, lentamente la luce acquistò
maggiore
intensità fino a diventare quasi accecante ma non chiuse gli
occhi.
La voce di Legolas divenne via via più lontana,
indistinta, poi quella luce lo pervase e la sentì entrare
dentro
di sè, e portarlo via, lontano...
E Legolas lo vide
sparire nella luce.
''Namarie, mellon nin.''
...
Il sole della sera
illuminava dolcemente una tranquilla camera della Casa di Guarigione a
Gondor. Aragorn si svegliò di
soprassalto, sbarrando gli occhi, il cuore che dava l'impressione di
voler uscire dal suo petto. Si accorse di essere disteso sopra un
soffice letto, e di trovarsi in una stanza dalle proporzioni enormi; le
colonne di marmo sfilavano come soldati lungo le pareti; il cielo
notturno si
apriva in una voragine azzurra aldilà di bianchi archi.
La luce
della luna scorreva dentro la sala, riflettendosi nel pavimento
lucidato, un catino d'acqua chiara stava in un angolo. Una smorfia di
dolore si dipinse sulle sue labbra, scosso da un dolore al petto. Si
accorse solo in quel momento essere a petto nudo, e delle bende bianche
gli fasciavano la ferita. Le sfiorò con le dita, e
capì
che dovevano essere state cambiate da poco. Lentamente si mise seduto,
e notò una piccola figura accanto a lui; bassa di statura
aveva
la testa riccioluta poggiata sul materasso, e Aragorn udì il
suo
lieve russare.
Avvicinò una mano alla sua spalla, e lo scosse dolcemente.
''Pipino?'' come disse il suo nome, il giovane hobbit alzò
il
capo, svegliandosi di botto. Aprì la bocca da cui
uscì un
gran sbadiglio. ''Ah, quanto tempo devo aver dormito!'' si disse,
strofinandosi gli occhi, e
nel momento in cui si accorse che Aragorn era sveglio,
spalancò occhi e bocca. Non gli diede il
tempo di dire qualcosa che si
alzò immediatamente correndo fuori dalla stanza con aria
gioiosa. Aragorn lo sentì gridare; ''E' sveglio! Aragorn
è
sveglio!''
Dopo pochi istanti, i restanti membri della compagnia entrarono
nella stanza; Gandalf apparve innanzi a lui, vestito di bianco,
Glorfindel accompagnato da Gimli, e i quattro giovani
hobbit si
avvicinarono subito a lui. Pipino balzò sul letto e si
strinse
forte a lui, piangendo e ridendo allo stesso tempo. Merry
tentò inutilmente di staccarlo da
Aragorn. E Sam e Frodo, affianco come sempre, si limitarono a sedersi
sul bordo del letto.
Aragorn strinse a se i giovani hobbit, passando una mano fra i loro
capelli riccioluti. Gandalf lo osservò sorridente, Gimli
piangeva di gioia e Glorfindel cercava di consolarlo.
''Come ti senti, Signor Grampasso?'' chiese Sam sorridente. L'uomo
rimase
un attimo silenzioso. ''Non ci credo, state tutti bene...''
riuscì a dire dalla gioia. Li osservò uno per
uno; erano
tutti vivi, eppure
aveva la sensazione che mancasse qualcosa. O meglio, qualcuno. Gli
hobbit capirono che qualcosa non andava. ''Aragorn, va tutto bene?''
chiese Frodo, vedendo il suo sguardo perdersi in un punto non preciso
della stanza. Aragorn sussultò e guardò lo
Stregone. Le
parole gli uscirono lente; ''Dov'è Legolas?'' chiese.
Gli hobbit abbassarono lo sguardo; Gimli sentì i propri
occhi
riempirsi nuovamente di lacrime; Gandalf sembrò esitare.
Nessuno parlò. Aragorn li guardò ancora,
aspettando una
qualsiasi risposta. Ma temeva il peggio. L'unico che non
abbassò
lo sguardo fu Glorfindel.
Egli fece un profondo sospiro e, con la
voce soffocata
dall'angoscia, disse; ''Mi dispiace,
Aragorn.''
...
A
ogni passo che fa il Sovrano di Bosco Atro si avvicina sempre di
più
alla consapevolezza di ciò che già sa, ogni passo
lo porta verso
l'orrida realtà, e ogni passo è un dolore che non
lo lascerà guardare
oltre. Il vento gli accarezza le pelle mentre avanza tra i giardini
reali di Minas Tirith, un unico pensiero lo fa sentire in
colpa, un
unico pensiero gli sporca la coscienza. Continua sui suoi passi
mentre il tramonto
infuoca la cittadella bianca e ciò per cui Thranduil
è
venuto, lasciando il suo Regno.
Rimane lì, immobile, a contemplare la pietra tombale che
recitava il nome di suo figlio.
Dei piccoli fiori bianchi e dorati erano stati adagiati sopra la sua
tomba, insieme al suo arco, simbolo della sua forza.
Come
legge il suo nome sente formarsi un nodo alla gola e un gonfiore agli
occhi.
Questo vento, a lui così gelido lo costringe a
stringersi
il busto con le braccia e cadere in ginocchio.
Riesce a
raccogliere del coraggio, quanto basta per allungare una mano e toccare
la lapide; un brivido gli percorre il corpo. Quella pietra era
così
fredda...
Sfrega il palmo contro quella lapide, come se volesse
accarezzarla. Era ruvida, le parti scheggiante tagliavano, ma Thranduil
non se ne curava.
Voleva accarezzarlo. Voleva accarezzare i capelli
biondi di suo figlio almeno un'ultima volta, ma si doveva accontentare
della gelida pietra.
La morte di Legolas è un suo personale fallimento. Non come
Re, ma come padre.
Si stringe di più nelle braccia e chiede perdono, perdono
per
non essere stato il padre che Legolas avrebbe sempre voluto.
Il
dolore sembra lacerargli il petto, e il Re mostra le sue lacrime,
quelle lacrime che aveva tenuto nascosto per molto tempo.
La
disperazione apre la pelle del suo volto, mostrando l'orrida cicatrice
che lo sfigura.
Non c'è nessuna magia che possa cancellare questo
dolore.
E adesso non era più il gelido Sovrano di Bosco Atro.
Era Thranduil, che piangeva
davanti alla tomba del proprio figlio.
Sente dei passi avvicinarsi, e i suoi singhiozzi cessano mentre il
vento gli asciuga le lacrime che restano sulla sua pelle.
Re
Elessar si inginocchia accanto a lui, e sembra cercare il suo sguardo.
''E' colpa mia...'' dice semplicemente Thranduil, osservando la fredda
lapide.
''Sono io che lo mandato a quella missione. L'ho mandato io
alla morte.''
L'uomo, di slancio ma con delicatezza, lo abbraccia, stringendo
l'antico elfo a sè. E lui si lascia andare tra le sue
braccia.
''Thranduil,'' l'uomo sussurra il suo nome con dolcezza. ''Non
è colpa tua.''
L'elfo
ricomincia a piangere, singhiozzare, aggrappandosi alle spalle del Re
degli Uomini. Quest'ultimo lo stringe a se, quasi cullandolo.
''Io ti devo ringraziare, Sire,'' dice Aragorn sforzandosi di
sorridere. La sua voce tremava.
''Per che cosa?''
''per aver permesso che le nostre strade si incontrassero.''
I due Re si lasciano andare a un pianto libero, davanti a quella fredda
lapide.
Su di essa vi erano incise, nella lingua Sindarin, le seguenti frasi;
L E G O L A S V E
R D E F O G L I A,
F I G L I O D I T H R A N D U I L
C O L U
I C H E E' S T A T O U N
P R I N C I P E,
U N G U E R R I E R O,
U N E L F O V A L O R O S O,
U N
A
M I C O,
Q U I D O R M E A V V O L T O N E L
S U O S O N N O D I P A C E
Così, trapassa
Legolas Verdefoglia, distrutto dal male e
dall'oscurità di Sauron.
E tutti lo ricordano così,
negli anni a venire.
...
Ma Aragorn lo ricorda come colui che morì solamente per
amicizia.
-angolino autrice.
Ebbene... siamo giunti alla fine.
Questo è un capitolo a cui ci tengo particolarmente.
Perché è dedicato a loro due, Aragorn e
Legolas, i miei personaggi preferiti in assoluto della Terra di Mezzo.
Forse leggendo avete notato dei leggerissimi accenni di Aralas (non
proprio leggerissimi ma meh credo di essermi presa fin troppa
libertà per
quest'ultimo capitolo!)
L'ho modificato talmente tante volte che ne sono usciti due di finali;
un
Good
Ending dove
tutti sarebbero sopravvissuti, compreso Legolas. E poi... questo che
avete appena letto.
Non so se definirlo un Bad ending, alla fine è un finale
abbastanza semplice; si è salvato chi si doveva salvare, ed
è morto chi doveva morire. Aragorn riporterà la
pace
nella Terra di Mezzo mentre Legolas ci dice bye bye.
Sapete, ancora non ci credo di averla scritta! Ero davvero
restìì a pubblicarla e tenermela invece come
progetto personale, perché non ne vedevo nessun potenziale
-soprattutto dal fatto che è nata da una oneshot scritta
completamente di getto- ma alla fine l'ho fatto, volevo proporre
qualcosa di innovativo, per quanto lo può essere.
Io spero vivamente che l'idea sia stata apprezzata da voi, e che
abbiate trovato la storia piacevole da leggere. Non sarà la
più bella che abbiate mai letto,
ma spero sia stata un qualcosa che vi abbia appassionato fin dal primo
capitolo. E se siete arrivati fin qui... direi che sono riuscita a
creare qualcosa di buono.
Io ringrazio in particolare coloro che hanno recensito la storia,
ovvero...
evelyn80 (grazie per la fiducia che hai avuto per questa
fic :'')
Kishin Shruikan (grazie per le recensioni che mi hanno
fatto scompisciar dal ridere),
Thranduil_Oropherion (grazie mille, my dear),
e... anche dragonwolf
(ok, ne hai lasciata solo una XD ma ti ringrazio lo stesso!)
Ringrazio
anche quelle poche persone che l'hanno aggiunta tra le
seguite, o anche tra i preferiti.
Ma se permettete, vorrei chiedere una recensione anche da parte di
color che si sono limitati a leggerla, senza però esprimere
la
loro opinione -dai, dai, lo so che siete lì ;) ammesso che
ci siano altri, e non i soliti che ho appena citato, che hanno seguito
la storia-
Nel caso dovessero esserci, ve lo chiedo col cuore in mano; almeno per
questo ultimo capitolo, fateme' sta'
pietà. E
non chiederò altro. Perché senza di voi non sarei
mai
andata avanti. Ultima cosa, poi ho finito, giuro; le parole a
inizio capitolo sono tratte dalla canzone The Last Goodbye,
del nostro amato Billy Boyd, conosciuto da tutti come Peregrino Tuc!
Hannon le,
... e vissero
tutti felici e contenti, dopo tutto.
Un abbraccio,
GirlMoon :)
...
ah, NON ho finito; per questo capitolo mi aspetto recensioni che
superino le 15 righe ;)
Quindi... dite tutto quello che volete dire. Le voglio belle lunghe ;))
Chiedo forse troppo? ;D
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Capitolo 15 *** XVI (Good Ending) ***
under a dark spell (alternative ending)
Avevo detto che la storia
era finita.
Be', si, effettivamente
è così, ma come ho detto all'ultimo capitolo
c'era anche un Good Ending, che ho deciso di postare per collegarlo
alla storia.
Dato che questo capitolo è identico al capitolo finale, ho
voluto cominciare dal momento in cui la battaglia ha inizio, giusto per
non darvi noia.
L'inizio è uguale, ma verso la fine le cose tenderanno a
prendere una piega diversa.
Buona lettura!
XVI
Rise Above
(...)
Aragorn puntò i suoi occhi verso Legolas, che lo guardava
con gli occhi brucianti di vendetta; un fuoco che nessuno sarebbe stato
in grado di spegnere. Chinò la testa sospirando,
promettendogli che l'avrebbe
portato via da quell'inferno, che avrebbe fatto in modo di farlo
tornare nel suo paradiso.
Per te, Legolas.
Legolas
sguainò la spada, respirando a pieni polmoni.
Sentì i
suoi sensi prepararsi alla battaglia, stirandosi, vibrando,
avviluppandosi strettamente al suo petto per poi esplodere
tutt'intorno. ''Riempite l'aria col pianto degli Uomini e la terra col
loro sangue.'' egli gridò levando in alto la
spada, guidando la carica di orchi.
''Per
Frodo!'' Aragorn si lanciò in avanti con un grido,
guidando i suoi uomini contro la schiera nemica che si infranse contro
la barriera di uomini.
E fu battaglia.
Iniziarono a combattere;
i loro nemici erano fin troppi, gli Uruk
sembravano aumentare sempre di più nonostante il loro sangue
scuro scorresse a fiumi sul terreno secco e spoglio. I soldati
combatterono valorosamente come se non ci fosse un domani, e molti
caddero come foglie al vento. Aragorn sentì le braccia
stanche
per il troppo colpire; la spada divenuta troppo pesante perfino per
lui, le vesti lacerate, il respiro affannato, i capelli umidi ed
appiccicosi per il sudore.
I mostri da uccidere erano davvero troppi,
ma si diede forza. Guidato dalla follia continuò a
combattere;
il sangue del nemico schizzò sul suo viso, molte di quelle
creature immonde caddero sotto i suoi colpi ben assestati. Da molto
tempo non vedeva i suoi compagni; nè Glorfindel
nè Gandalf, nemmeno i due hobbit e Gimli. Si sentiva solo, a
combattere
contro una marea di orchi. Aveva perso di vista Legolas, e iniziava a
preoccuparsi. Si fece strada tra i corpi ammassati pur di trovarlo,
sperando con tutto il cuore di non trovarlo morto. Improvvisamente,
udì alle proprie spalle un urlo, una voce a lui molto
familiare.
Prima che potesse completare il pensiero, Legolas
si lanciò
verso di lui, sguainando la spada. Aragorn parò il colpo ad
un
soffio dal torace, poi un altro, ed un altro ancora. Fu costretto ad
indietreggiare sotto gli attacchi furibondi dell'elfo, i suoi colpi si
susseguivano inarrestabili senza lasciare ad Aragorn il tempo di
colpire a sua volta. Ma questo era l'ultimo dei suoi pensieri. Non gli
avrebbe fatto del male, mai. Doveva solo resistere, fino a quando
l'Anello non sarebbe stato distrutto, e tutto sarebbe tornato alla
normalità.
''Hai
ucciso tanti nemici lungo la tua strada, adesso fai lo stesso con
me!!'' ansimò l'elfo con voce roca. Aragorn
barcollò e
Legolas ne approfittò per sferrare una stoccata diretta alla
sua
gola. Il ramingo gettò il busto all'indietro, la lama
sferzò l'aria a pochi centimetri sopra il suo petto. ''Se
non ti
fermerai, Mellon, mi costringerai a farlo!'' gridò.
Scattò in avanti,
menando a due mani un fendente dall'alto verso la sua testa. Scorse i
suoi occhi scuri lampeggiare mentre parava, la spada di traverso a
pochi centimetri dal suo viso. Legolas abbassò di colpo la
lama,
mirando al suo fianco. Aragorn parò. Rovesciò la
spada
dell'altro, le due lame cozzarono di nuovo, scintillando.
''Perché non comprendi?! Il Principe che conoscevi, non
esiste
più.'' sibilò l'elfo. Aragorn riuscì a
schivare un
affondo. Le spade si incrociarono a mezz'aria e lì rimasero,
sospese in un gioco di forze. ''Legolas, questa è una
pazzia. Fermati prima che sia troppo tardi!''
gridò ancora Aragorn. ''No, Aragorn, non lo è!!''
gli
sputò l'elfo. ''Andare in guerra con un esercito che non
supera
nemmeno la metà del mio; questa si, che è
pazzia!''
Improvvisamente dal cielo gli otto Nazgùl superstiti
piombarono
su di loro.
Gli uomini si fecero prendere dalla paura e dallo sgomento.
Le formazioni si dispersero, e altri persero la vita. Legolas
rise, mentre il ramingo osservò impotente i Nazgul volare
nel
cielo, e avrebbe tanto voluto tapparsi le orecchie per non udire le
loro grida. ''Ti sei imbattuto nella tua condanna a morte!'' ridacchio
l'elfo, e ricominciò con i suoi attacchi incalzanti,
richiamandolo allo scontro. Aragorn fece un mezzo giro su sè
stesso, schivando l'ennesimo attacco, e con la propria lama
riuscì a colpire il braccio di Legolas. Questi si
tirò
indietro soffocando un ruggito di dolore, e dal taglio della manica
sbocciò una linea rossa.
Re e Principe si guardarono per pochi attimi, e quest'ultimo
sentì la furia che aumentava sempre di più, come
una
belva ferita. ''Muori!!'' egli gridò, scagliandosi verso di
lui.
Aragorn arretrò, sentì il calore diffondersi sul
suo
viso, scorrendo nelle sue vene. Egli però riuscì
a
disarmare l'elfo, la spada cadde lontano, e allora Legolas
sfoderò entrambi i pugnali. Aragorn sbattè gli
occhi,
e riuscì appena in tempo a evitare di essere trafitto.
Brandì la sua lama alla cieca, cercando di parare i colpi
dell'elfo. I suoi movimenti rallentarono, e tutt'intorno si fece
indistinto. Lo sentì gridare, ''Quando avrò
finito con
te, riserverò lo
stesso trattamento anche alla tua splendida elfa!'' e poi Aragorn fu
ferito. Gridò di dolore mentre i fiotti di
sangue fuoriuscivano dall'arteria recisa, e si portò una
mano
sulla ferita alla coscia.
Legolas poi lo colpì
facendogli perdere l'equilibrio, e Anduril cadde sotto i suoi piedi,
lontano dal suo padrone. Aragorn sbattè la testa contro la
dura
pietra, e quando sollevò le palpebre vide la propria spada
scintillare debolmente a terra, ai piedi di Legolas.
Egli lo inchiodò al suolo, artigliandogli il petto con le
cosce. Aragorn alzò gli occhi ad incrociare quelli
del Principe, e sentì una lama d'acciaio sulla sua gola,
lucida
di sudore dove il pomo d'Adamo si muoveva rapidamente. Comprese che
ormai era sconfitto. Sconfitto equivaleva a... morto.
Il Principe avvicinò il proprio volto a pochi centimetri
dalla
sua faccia. ''Come potevi sperare tu, sporco umano, di
battermi?''
sibilò, e il suo respiro si confuse con quello dell'altro.
''Cosa credevi? Avanti, dimmelo! Credevi che fossimo amici? Io ti odio!''
Aragorn deglutì, senza
distogliere gli occhi da quelli dell'altro. Aveva da sempre immaginato
com'era morire, nelle sue fantasie, ma non pensava che l'avrebbe
scoperto in quel momento.
''Lo ammetto, è stato divertente, estremamente
divertente. Ma ora basta. Ho vinto io, Aragorn.'' Vide Legolas
sorridere mentre alzava il secondo pugnale. Aragorn attese,
impietrito, quel colpo fatale. E le lacrime iniziarono a
rigargli
lentamente le guance, prima che se ne rendesse conto. ''Mi dispiace
Legolas...'' sussurrò, tristemente. L'altro
continuò a
tenere in alto il pugnale. ''Non sono riuscito a salvarti...''
continuò a parlare l'uomo. ''Perdonami...'' chiuse gli
occhi, e si preparò al peggio.
Legolas sembrò vacillare per un momento, e la sua
espressione,
da arrabbiata, passò a confusa. Il sorriso crudele
svanì e i suoi
occhi brillarono di una strana luce.
Aragorn sollevò piano le palpebre, chiedendosi
perché
quel colpo non fosse ancora arrivato, e lo guardò in viso.
Trattenne il fiato; che cos'era quell'improvviso cambiamento?
Perché si era fermato? Che cosa gli stava mostrando
l'Anello? Lo guardò, c'era qualcosa che non andava in
Legolas;
tremava. Gli fremevano le mani e sembrò lottare in tutti
modi
contro se stesso per non colpirlo con quella affilata lama.
Il futuro Re continuò a guardarlo in viso, e... e lo rivide;
Legolas,
il suo amico, era lì. ''Legolas?'' disse appena in un
sussurro. La speranza in Aragorn
sembrò ritornare; forse Elrond si era sbagliato, forse le
visioni che aveva visto nel Palantir non erano vere! Il male non aveva
prevalso del tutto su Legolas, c'era ancora del buono in lui!
''Legolas! Sono io, il tuo amico, il tuo Estel.'' disse dolce, ma
deciso. E qualcosa scattò in Legolas; con un ringhio di
rabbia
premette ancor di più la lama sul suo collo. ''Sta zitto.
Sta
zitto!'' gridò, assumendo la
stessa espressione crudele di prima. Aragorn lo guardò
affranto.
Capì che l'avrebbe fatto. Un colpo solo, al cuore, non gli
bastava altro.
Con una buona dose di coraggio alzò la mano verso di lui,
per
portargli una ciocca dei suoi sottili capelli dietro l'orecchio, per
poi
sentire la sua pelle fredda contro il palmo, carezzandogli una guancia.
Il tocco di quella mano calda era quasi impercettibile, ma fu come un
pugno allo stomaco per Legolas. Come poteva Aragorn rimanere
così sereno quando lo stava per uccidere?
''Io sono qui, Legolas.'' sussurrò l'uomo. L'elfo
vacillò, facendo cadere il pugnale a terra il cui rumore fu
attutito dal terreno. No, non poteva ucciderlo, non ci riusciva.
Lentamente, quasi tremante, si allontanò alzandosi dal suo
corpo. Per tutto quel tempo non distolse lo
sguardo dall'uomo. Egli sospirò appena sentì la
lama
allontanarsi dal suo collo, e subito si mise seduto incrociando gli
occhi colmi di paura dell'elfo.
Poi dal cielo, come un segno divino, arrivò il Re dei Venti,
Gwaihir, che si lanciò contro uno dei
Nazgul, seguito da altre decine di aquile. E la torre di
Barad-Dur iniziò a crollare lentamente su se stessa.
L'esercito
di Mordor si fermò, e i Nazgul volarono rapidi verso il
Monte
Fato. Gli orchi si
diedero alla fuga, ma Legolas rimase immobile, mentre alle sue spalle
la Torre crollò
come un castello di carte.
Tutti compresero che l'Anello
era stato distrutto, e che Frodo aveva portato a termine il suo
incarico.
Legolas portò gli occhi all'indietro e cadde a terra, privo
di
forze, come una marionetta a cui gli sono stati tagliati i fili che la
tenevano in piedi. Aragorn ignorò completamente il dolore
alla
gamba, e subito si lanciò verso di lui mentre i cancelli
crollavano sotto gli sguardi degli uomini che si fermarono, oramai
avendo compreso che la battaglia era terminata. E la Terra smise di
tremare.
''Legolas!'' l'uomo lo prese tra le proprie braccia sollevandolo da
terra, e lo scosse tentando di svegliarlo. Ma non successe nulla. Il
panico si impadronì di Aragorn, il cui viso era deformato
dalla
tetra paura. ''Legolas... Legolas! Andiamo! Svegliati!!''
gridò
continuando a scuoterlo, iniziando a dare dei piccoli schiaffi sulla
sua guancia. Ma non diede ancora segni di vita. ''No... no,
ti prego...'' implorò Aragorn scuotendo il capo. Gli mise
una
mano sulla schiena sollevandogli il busto e poi poggiò un
orecchio sul suo petto, in direzione del cuore. Rimase
immobile per qualche istante, silenzioso. Non percepì nulla.
Il suo cuore era fermo.
Tetramente fermo.
Dagli occhi chiari del futuro Re sgorgarono lacrime, e pianse in
silenzio come non aveva mai fatto prima di allora affondando il viso
sul petto dell'elfo. Gli uomini che lo
circondavano osservarono la scena, muti. Alcuni di loro, come Gandalf,
Glorfindel, Gimli e i due hobbit, che avevano imparato a non odiare il
Principe, chinarono il capo. Tutti gli altri li imitarono, come una
catena, e si susseguì un momento carico di sofferenza.
E Aragorn rimase così, immobile, a singhiozzare contro il
petto
dell'amico, bagnandogli la tunica nera con le sue lacrime.
Improvvisamente, a interrompere il suo pianto disperato, fu uno strano
rumore che arrivò alle sue orecchie. Un rumore
così
sottile, eppure riuscì a percepirlo.
Tum...
Che cosa poteva essere quel rumore?
Tum tum...
Altri due. Più rumorosi. Poi altri due.
E altri due ancora. Sempre più forti.
Quel suono era familiare, Aragorn lo aveva già sentito.
Sembrava
un... cuore. Ed un cuore che pulsa è un
cuore... vivo. L'uomo, con gli occhi colmi di meraviglia,
alzò
lo sguardo verso il viso di Legolas. Speranzoso, poggiò
nuovamente l'orecchio sul suo petto. Il rumore veniva da lì,
era
il cuore di Legolas. Stava battendo!
Il corpo dell'elfo si mosse appena appena, accompagnato da un lieve
sospiro. Il futuro Re alzò ancora il capo, vide le sue
palpebre
aprirsi lentamente rivelando il loro vero colore naturale; un azzurro
intenso paragonabile al cielo di una giornata di primavera.
''Legolas...!'' sussurrò Aragorn, un po' titubante... ma
felice.
L'elfo ci mise qualche istante a ritrovare la voce. ''Ti ha fatto del
male...?'' chiese in un sussurro appena percettibile, mentre alzava una
mano verso il suo viso. L'uomo scosse il capo. ''No, sto bene. Tu... tu
stai bene?'' chiese. Vide i suoi occhi diventare lucidi. ''A chi
importa oramai...?'' disse quasi tristemente, mentre una lacrima gli
rigò lentamente la guancia pallida. Aragorn gli strinse la
mano,
ricominciando a singhiozzare. ''A me
importa.'' riuscì a dire, con le labbra che gli tremavano.
Legolas scoppiò letteralmente in lacrime e Aragorn lo
strinse
subito tra le braccia, accarezzandogli la schiena
con una mano mentre l'altra la passava tra i suoi lunghi capelli ormai
divenuti bianchi. L'elfo affondò il viso nella sua spalla,
bagnandola con le sue lacrime, aggrappandosi a lui disperatamente. Non
voleva incrociare il suo sguardo,
non voleva farsi odiare ancora... non da lui. ''Ti prego, non mi
odiare... non anche tu...'' singhiozzò, con la voce
soffocata
dalla spalla. ''Oh, Legolas,'' gli sussurrò Aragorn
dolcemente.
E sorrise, tra le lacrime, anche se Legolas non lo vide. ''Io non ti
potrei mai odiare, fratello mio.'' disse.
''Ma... Estel,'' lo chiamò Legolas, ''ho fatto tante cose
orribili...''
sussurrò, trovando il coraggio di guardarlo negli occhi.
Il suo sguardo sembrò rassicurarlo. ''Non è stata
colpa
tua, Mellon.'' disse l'altro asciugandogli le guance.
''E' finita adesso. Non devi più temerlo.''
''Vuoi dire... che Lui... non c'è più?'' chiese
Legolas con la stessa innocenza di un fanciullo. Aragorn rise, di
gioia. ''Esatto. E' tutto finito.''
''...Allora hai vinto, Aragorn-''
'' Abbiamo
vinto.'' lo corresse
subito l'altro stringendolo di nuovo a se. Gli diede un dolce bacio
sulla fronte, e rimasero ancora abbracciati, uniti come non lo erano
stati da
molto tempo.
Gli uomini erano rimasti a osservare l'intera scena; molti
meravigliati, altri con un caldo sorriso sulle labbra, e altri
iniziarono a gridare al cielo, gioiosi, annunciando la loro
vittoria. Pipino e Merry, tra le lacrime, alzarono le spade al cielo
gridando; ''Lunga vita al Re!'' e così fecero Gimli,
Gandalf, e
tutta la schiera di uomini si ritrovò a gridare quella
frase.
Glorfindel, sguainando la propria lama, la sollevò e con
voce
possente, gridò;
'' Lunga vita al Re... e
al Principe!''
(...)
Dopo aver salvato Sam e Frodo dall'inferno di Mordor grazie
all'intervento delle Aquile, l'esercito tornò a Minas
Tirith. I
feriti vennero portati alle Case di Guarigione, così anche i
due
hobbit che vennero curati amorevolmente nei giorni a seguire. E anche
Legolas si trovava lì; con la distruzione dell'Anello erano
sparite anche gran parte delle sue energie, e Aragorn voleva che si
riposasse e recuperasse le forze. Sul calar della sera Glorfindel gli
fece visita -si era preso la responsabilità di prendersi
cura di
lui- con in mano il solito vassoio contenente il cibo. Solo che, in
quei giorni, Legolas non toccò cibo se
non solamente l'acqua, e il Vanya lo riportava indietro così
come lo aveva lasciato.
Aprì piano la porta della sua camera, e lo trovò
seduto a
gambe incrociate al centro di materasso. Si era avvolto nella coperta,
e osservava il cielo stellato dalla finestra. Gli dava le spalle.
''Ehi,'' fece Glorfindel chiudendo la porta. Legolas non
si mosse. Il Vanya si avvicinò sedendosi accanto a lui.
''Come
stai oggi?'' chiese, cercando il suo sguardo. Il Principe
chinò
il capo. ''Meglio.'' fu la sua risposta. Il Vanya annuì. ''E
il
sonno?'' chiese poi. ''...Ah, meglio.'' rispose Legolas, un po'
titubante. Glorfindel
annuì, e gli porse il vassoio. Solo in quel momento Legolas
si
voltò verso di lui. Guardò prima il suo viso, poi
il
cibo. ''...Non mi va.'' disse, distogliendogli subito lo sguardo.
''Legolas,'' tentò il Vanya. ''So che noi elfi non abbiamo
bisogno di mangiare come gli Uomini ma, almeno tu, ne hai bisogno.''
disse. Lo vide sospirare. ''Fallo per me,'' parlò ancora
Glorfindel. ''Sai com'è, non vorrei che Aragorn mi prendesse
a
schiaffi sapendo che non riesco a farti mangiare nemmeno oggi. E'
capace di spezzarmi in due.'' concluse guardando il cielo insieme al
Principe. E lui rise, una piccola risata, ma era pur sempre una risata.
Buon segno! Non sorrideva da quando erano tornati a Minas Tirith.
''Quindi... non te ne andrai? E resterai qui fin quando non
avrò
svuotato l'intero vassoio.'' chiese il Principe giocherellando con i
lembi del lenzuolo. ''Esatto.'' fu la risposta del Vanya, e dopo che
Legolas si mise con la schiena poggiata allo schienale del letto, gli
mise il vassoio sulle ginocchia. Il Principe iniziò a
mangiare,
prima lentamente, poi velocemente, sentendo la fame crescere
improvvisamente. E il Vanya lo osservò, quasi divertito.
Sorrise
soddisfatto quando vide che aveva svuotato tutto il vassoio.
Legolas si pulì la bocca con la manica della tunica, appena
finì di mangiare. ''Grazie.'' disse poi al Vanya, posando il
vassoio sul comodino di lato. Glorfindel sorrise, e i suoi
occhi caddero sui suoi capelli. ''Posso pulirteli?''
chiese sfiorandoli con le dita. Appena ebbe un cenno dal Principe si
alzò andando nella stanza da bagno, collegata a quella, e
prese
una brocca d'argento riempiendola con acqua calda, e un pezzo di stoffa
pulito. Poi si sedette accanto a Legolas e, dopo aver bagnato la
stoffa, prese a pulirgli i capelli. Nessuno dei due parlò, e
un
silenzio quasi imbarazzante riempì la stanza.
''Sai, anche se non torneranno più come prima,'' fece
Glorfindel
pulendo l'ennesima ciocca, bianca come la neve. ''Ti donano.''
concluse. ''Mmh,'' fece Legolas, e non dissero nient'altro e Glorfindel
finì di pulirgli i capelli. Li intrecciò poi alla
maniera
elfica, e si alzò dal letto posando la brocca e il pezzo di
stoffa.
''Se vuoi,'' fece asciugandosi le mani passandole sui propri vestiti.
''posso farti compagnia per questa notte.'' chiese poi, voltandosi
verso di lui. Aveva già capito che Legolas non stava per
niente
bene, come egli voleva far credere. Si era chiuso in se stesso, come un
riccio, e adesso che lo guardava non aveva un bell'aspetto; il volto
sembrava affaticato, e le mani gli tremavano visibilmente.
Intuì
che la causa del suo malessere erano gli incubi che egli faceva di
notte. Legolas glie ne aveva parlato, qualche giorno fa, ma non era
entrato nei dettagli affermando che erano solo incubi, e alla fine
riusciva a riposare nuovamente. Glorfindel non gli credette, ma non lo
fece notare.
Dovevano essere dei sogni davvero terribili se lo abbattevano in quel
modo, rifiutando perfino di mangiare, rimanendo sempre chiuso nella sua
camera. E si rifiutava di uscire nelle giornate quando il sole
splendeva sulla cittadella bianca. E non era normale, per un elfo,
stare lontano dall'aria aperta per tanti giorni.
Quando Legolas si voltò Glorfindel potè vedere
nei suoi
occhi azzurri una profonda stanchezza e un enorme sconforto. ''Grazie,
ma no, non ti disturbare.'' rispose cercando di mantenere un tono
calmo. L'altro sospirò, un po' sconsolato, ma non poteva
costringerlo. Gli sorrise, e si avviò verso la porta. ''Se
hai
bisogno di qualcosa, sai dove trovarmi.'' disse prima di uscire dalla
stanza e raggiungere la propria, distante di pochi passi da quella del
Principe. Si chiuse la porta alle spalle, si tolse la tunica
sostituendola con una leggera veste per la notte. Siccome non aveva
voglia di riposare accese la candela che era poggiata accanto al letto,
si stese su quest'ultimo dopo aver preso un libro e iniziò a
leggere.
Dall'altra parte, Legolas era steso a letto, con lo sguardo rivolto
verso il soffitto, e rimase così per svariati minuti. Poi
chiuse
gli occhi e si addormentò.
E sognò; sogni confusi, impossibili da comprendere.
Sognò di essere davanti al Morannon, e vide i corpi privi di
vita -sia di uomini e orchi- stesi sul terreno intriso di sangue scuro.
Vide Aragorn in piedi, davanti a se, che lo guardava. E quella visione
si trasformò poi in una scena orripilante: adesso era steso
a
terra, immobile. I suoi occhi erano bianchi, vuoti come fogli senza
scritte, come i pozzi più desolati, il sangue colava
dappertutto, inzuppando i suoi vestiti, i suoi capelli, e il
suo
viso. E Legolas urlò, portandosi le mani al viso, e
sentì
qualcosa di viscido sulla sua pelle. Se le guardò, e le vide
macchiate di sangue...
Si svegliò all'improvviso, urlando e coperto di sudore
freddo,
incapace di controllare il tremito incontrollabile che gli aveva
pervaso le membra. Sentiva ancora la sensazione del viscido sangue
sopra di sè, vedeva ancora gli vuoti, morti, di Aragorn. Si
strinse nelle braccia, nascondendo il viso dietro le ginocchia piegate
verso il petto. Serrò forte le palpebre, ma non
riuscì a
scacciare i residui di quell'incubo che lo tormentava da più
di
una notte. La paura cominciò a prendere il sopravvento, il
cuore prese a
battere fortissimo, il respiro divenne quasi affannoso.
Tentò di
calmarsi, a concentrare la propria mente su qualsiasi pensiero che non
fosse quell'incubo, ma invano. Una folata di vento
oltrepassò la
tenda della finestra, sfiorando il corpo dell'elfo, e questo rabbrividì.
La sua mente cominciò ad immaginare viscide Ombre
raggiungerlo
lentamente nel letto, e sfiorarlo con dita scure, lunghe come artigli.
E sentì delle voci, sussurri incompressibili,
poiché
erano mormorati tutti all'unisono. Tra tutti però ne
riconobbe
uno, di colui che ha tormentato a lungo la sua mente. Lo
sentì
pronunciare il suo nome, lentamente, in modo insistente, opprimente. E
Legolas si sentì piccolo, debole, indifeso...
Poi quei mormorì cessarono, e udì invece il
rumore di
nocche che battevano sulla porta di legno. Lievi colpi, che
però
lo fecero trasalire.
''Legolas? Posso entrare?'' domandò Glorfindel a voce bassa.
Quando non sentì risposta dall'esterno, aprì le
dita
serrate a pugno e posò il palmo della mano al legno
istoriato
che lo divideva da quella stanza. ''Legolas? Ti ho sentito urlare, va
tutto bene?'' ancora niente. ''Legolas, di qualcosa!'' disse a voce
alta, ma controllata. Nessuna risposta.
Sospirò e, incurante delle buone maniere e sapendo che la
porta
non era chiusa a chiave, abbassò la maniglia e la
spalancò, sbattendosela poi alle spalle dopo averla
oltrepassata. E vide il Principe rannicchiato sul letto, le braccia
che avvolgevano le ginocchia, e il viso nascosto dietro quest'ultime.
''Legolas...'' sussurrò, quasi sconvolto.
Il Principe si strinse ancor di più nelle braccia tanto che
le
unghie affondarono nei vestiti. ''Vattene...'' disse tormentato, e
Glorfindel si sorprese da quella richiesta. Il Vanya però si
avvicinò, e Legolas sentì il materasso muoversi,
segno
che l'altro elfo si era seduto accanto a lui. Glorfindel gli
poggiò una mano sulla spalla, e lo chiamò ancora,
con
fare cauto. Improvvisamente il Principe si buttò addosso a
lui,
rannicchiandosi sul suo corpo, e Glorfindel portò la testa
di
lui dolcemente contro il suo petto, stringendolo poi a se cingendogli
le spalle con l'altro braccio. ''Glorfidel io... io... mi dispiace, mi
dispiace tanto...'' disse il Principe tra un singhiozzo e l'altro, e
iniziò a piangere così forte fino a
farsi
mancare il respiro.
''Ssh, va tutto bene,'' sussurrò il Vanya, tento di
calmarlo. ''Sei al sicuro, sei al sicuro.'' ripetè. Era
vero, era al sicuro tra le mura della Casa di Guarigione, ma non dai
suoi incubi e paure. Glorfindel passò una mano fra i suoi
capelli un'ultima volta. ''Tutto bene?'' chiese alzandogli il viso,
appena lo sentì calmarsi. Lo
vide annuire e allora si staccò leggermente da lui. Ci fu un
momento di silenzio tombale tra i due, tanto da riuscire a sentire il
respiro dell'altro. Legolas non sapeva che cosa dire, perché
ogni cosa gli sembrava fuori luogo e cominciò a guardare
l'interno della stanza.
''Legolas...'' mormorò sommessamente Glorfindel. ''Ma che
cosa
sogni da farti svegliare così? Perché non me ne
hai
parlato?'' chiese. Vide che aveva ancora gli occhi lucidi, in quel
momento sembrava davvero un bambino indifeso. Il Principe si
asciugò le guance con la manica della propria tunica,
''Faccio
lo stesso sogno da quando siamo tornati qui,'' riuscì a
dire.
''Sogno il Morannon... la battaglia si è appena conclusa...
Estel è davanti a me, e mi guarda...'' si fermò e
dovette
fare qualche sospiro prima di continuare; ''E poi... lo vedo morto...''
tremò leggermente. ''E quando mi sveglio... lui... mi chiama, e
la sua voce... è così profonda... riempie tutta
la stanza, e la mia testa,''
Glorfindel ebbe un brivido su tutto il corpo. ''Oh Valar, sto
impazzendo!!'' esclamò Legolas portandosi le mani alla
tempia.
E allora Glorfindel lo abbracciò di nuovo, e rimasero
così fino a quando Legolas si calmò del tutto, e
i
brividi che scuotevano il suo corpo cessarono. ''So cosa stai provando,
anche se... la mia situazione era un po' diversa, da allora...'' fece
il Vanya, e il
Principe lo ascoltò;
''Gondolin era stata distrutta, e a me era stato concesso il ritorno da
parte dei Potenti... ma i giorni che ne seguirono furono orribili; i
miei sogni erano tormentati dai ricordi della battaglia; la mia mente
veniva assalita dalle immagini delle fiamme, ardenti, rosse e vivide,
stagliate contro un cielo nero come disegnate sulla superficie scura
della volta celeste dalla mano di un pittore. Le stesse fiamme che
avevano arso Gondolin fino a raderla al suolo, le stesse che avevano
danzato tra le case e sulle mura. Le stesse fiamme che avevano portato
via... il mio compagno di battaglia, ma anche di vita. Rivedevo lo
scintillio di Orcrist che fendeva l'aria cercando di colpire il nemico,
e il suo ultimo sguardo disperato prima di sprofondare nelle acque
della Fonte, annegando assieme alle fiamme. Rivedevo me precipitare
insieme al demone di fuoco in basso, giù, sulle affilate
rocce
del Passo delle Aquile. E l'immagine di Echtelion, sfregato e
sfigurato dalle ferite che aveva ricevuto al momento della sua morte,
tormentava il mio sonno... e non riuscivo a fare altro che chiudermi in
me stesso, e disperarmi...'' rise amaramente. ''Che crudele destino!
Entrambi caduti, ma solo a me è stato concesso il ritorno...
quando desideravo ardentemente restare accanto a lui.''
E quando Legolas alzò lo sguardo verso il suo viso, vide i
suoi
occhi fieri e valorosi velati di lacrime che non accennarono a
scendere, e stranamente sorrideva. ''Ma forse quel sogno mi imponeva di
fare una scelta,'' parlò ancora il Vanya. ''Continuare ad
annegare nel dolore e nei ricordi, oppure andare avanti e cercare di
lasciarmi tutto alle spalle.'' poi guardò il Principe.
''Forse
anche a te spetta fare una scelta.'' disse, e lo vide sospirare. ''Ma
è così... difficile.'' sussurrò.
''Ci sono cicatrici che porteremo con noi per tutta la vita, ma bisogna
avere la forza di andare avanti.'' disse il Vanya.
''Non sono sicuro se io ne ho abbastanza.'' disse Legolas.
''Io credo di si.'' ribattè l'altro e fece
per andarsene, ma la voce di Legolas lo fermò.
''Glorfindel,''
l'altro si voltò. ''Puoi restare...ancora un po'?'' chiese
con
la stessa innocenza di un fanciullo. Il Vanya sorrise e
tornò a
sedersi accanto a lui, e Legolas si stese completamente tirandosi
le coperte al petto. ''Non credo che riuscirei a riaddormentarmi.''
disse, un po' sconsolato. ''E se,'' iniziò Glorfindel,
esitante.
''provassi a cantare una canzone, per farti rilassare?''
Una ninna nanna? Pensò Legolas, aggrottando le sopracciglia.
Era un po' imbarazzante, ma
alla fine, spinto da un disperato bisogno di chiudere la mente da
qualsiasi pensiero, si convinse e annuì. Glorfindel allora
poggiò la
schiena contro la tastiera, distese le gambe, ed intonò una
dolce melodia, che pervase la stanza, ed ebbe un effetto benefico sulla
mente di Legolas. Riuscì lentamente a calmarsi e a smettere
di
pensare, e finalmente si addormentò, cadendo in un sonno
senza
incubi.
(...)
''Ma perché
ci mette tanto?'' continuò a sussurrare Glorfindel
agitandosi leggermente sul posto.
Finalmente il giorno dell'Incoronazione di Aragorn era venuto, e tutta
la città era pronta ad acclamare il loro nuovo Re.
Glorfindel si
trovava insieme ad un gruppo di elfi, compreso il Signore di
Gran
Burrone, all'interno del palazzo, venuti per assistere
all'incoronazione. Tutti erano pronti, tranne una persona. Infatti
l'unico a non essersi presentato era il Principe di Bosco Atro.
Glorfindel sospirò frustato, passandosi una mano sul viso.
Certo, mancava ancora un po' all'evento, ma si aspettava di vederlo al
più presto. Una voce dietro di lui lo fece voltare. Si
voltò; era Mithrandir, vestito di bianco candido. ''Sei
preoccupato per il Principe?'' chiese. L'altro annuì.
''Prima o
poi arriverà.'' disse. ''Non credo che vorrà
perdersi il
giorno più importante per Aragorn.''
Legolas Verdefoglia osservava la folla sottostante dalla finestra di
una piccola camera da letto. Sul letto c'erano una tunica argentata, e
una sottile corona di Mithirl poggiata su quest'ultima.
Avrebbe
dovuto essere lì, insieme agli altri elfi, ma qualcosa lo
teneva
bloccato lì. Aveva paura, paura di affrontare tutte quelle
persone; la stessa gente che, un tempo, aveva tentato di distruggere.
Perché nonostante tutto, molti provavano rancore, rabbia, e
disprezzo nei suoi confronti, ma non poteva biasimarli, non dopo quello
che aveva fatto, non dopo tutte le vittime che aveva causato. L'odio
era ancora rimasto.
Sospirò chiudendo gli occhi. No, non poteva andare
lì.
Non voleva farsi odiare ancora. Nessuno l'avrebbe difeso, e sarebbe
stato reputato il cattivo. Improvvisamente riaprì di colpo
gli
occhi. Ma che cosa stava facendo? Era il giorno dell'Incoronazione di
Estel, il più importante di tutta la sua lunga vita, e lui
se ne
stava lì, chiuso in quella stanza, nascosto da tutti,
scappando
dalle sue responsibilità. Non era mai scappato, non si era
mai
tirato indietro, perché l'avrebbe dovuto fare proprio ora,
in
quel giorno, dove la sua presenza era importante per Aragorn?
Si voltò osservando la sua veste argentata. Poi
guardò
nuovamente la folla. Deglutì; forse se ne sarebbe pentito,
ma
doveva tentare; doveva far capire a tutta quella gente che ora era
diverso, doveva avere il loro perdono. Si cambiò
immediatamente
d'abito, e si allacciò la tunica argentata lavorata con fini
tessuti del suo Popolo, e si guardò allo specchio. Il suo
sguardo si soffermò sui suoi capelli sciolti; erano
così
bianchi e lunghi, gli ricordavano troppo lui...
Scosse il capo. Basta, non doveva pensarci. Quello era il passato,
doveva guardare al futuro.
Su un tavolo vi erano poggiati il suo arco, e i pugnali custoditi
nei loro rispettivi foderi di pelle. Ne prese uno e tornò a
guardarsi allo specchio. Veloce lo estrasse gettando il fodero a
terra, il suo viso riflettè sull'acciaio della
lama, e i
suoi occhi brillarono di una luce che credeva ormai perduta. Guardando
il suo riflesso nello specchio avvicinò la lama ai propri
capelli, dopo averli raccolti tutti in una mano. Un gesto fluido,
veloce, e gran parte della sua chioma cadde dolcemente sul pavimento
lucido. Riuscì a legarseli con una sottile treccia dietro la
testa, e si portò la corona sul capo. Ispirò a
pieni
polmoni, e sorrise; era pronto.
Glorfindel sospirò sollevato appena udì il rumore
di
passi frettolosi. Si voltò, per chiedergli
perché ci
avesse messo così tanto tempo, ma gli morirono le
parole
in gola quando lo vide. Lo stesso accadde per gli altri elfi, che
rimasero a bocca aperta. ''Perdonate,'' fece Legolas chinando
leggermente il capo. Poi lo rialzò, e i capelli che non gli
arrivarono nemmeno alle spalle si mossero leggermente. ''Spero di non
essere in
ritardo.'' disse. Glorfindel sorrise. ''Non lo sei.''
ribattè.
Il Principe ricambiò il sorriso, e seguì
Glorfindel che
lo condusse verso il grande portone che dava sulla scalinata e sul
giardino del palazzo. Legolas avrebbe dovuto aspettare lì
dietro,
e uscire soltanto dopo l'incoronazione. ''Sei agitato?'' chiese
Glorfindel osservandolo. Aveva una postura dritta e fiera, e lo sguardo
intenso. ''Si.'' rispose sincero. ''Ma qualsiasi cosa succeda, la
affronterò.'' concluse.
''Come sto?'' chiese poi, lo sguardo fisso dinnanzi a se. Il Vanya
lanciò un'occhiata al servitore, accennando una risata.
''Come
un Principe.'' rispose. Sentirono le trombe degli Uomini suonare, e la
voce di Gandalf suggellare definitivamente l'incoronazione del nuovo Re
di Gondor. ''E'
ora.'' gli ricordò Glorfindel. ''Buona fortuna.'' gli disse,
prima di allontanarsi. Legolas sentì gli applausi, e la voce
chiara e decisa di Aragorn; ''Questo giorno non appartiene ad
un Uomo solo, ma a tutti. Insieme ricostruiamo questo mondo da poter
condividere nei giorni di pace.'' egli disse. E Legolas lo
sentì cantare,
'' Et Earello,
Endorenna
utùlien.
Sinome maruvan
ar Hildinyar,
tenn' Ambar-metta, ''
Poi le porte si aprirono e la luce del sole colpì i suoi
occhi
chiari. Li serrò per pochi istanti per poi riaprirli,
iniziò poi a scendere le scale e lentamente raggiunse
Aragorn.
Sentì chiaramente gli sguardi della gente addosso; alcuni lo
fissarono con gli occhi sgranati, molti con paura, altri con disprezzo,
e
cominciò a sentire mormorìì e i
commenti. Ma
cercò di rimanere il più calmo possibile, e si
fermò quando si ritrovò davanti la figura
maestosa e
regale di Aragorn, che lo guardava quasi stupito. Si
inchinò davanti a lui. ''Salute, Re Elessar.'' disse
semplicemente. Aragorn però gli fece cenno con la mano di
rialzarsi, Legolas obbedì e quando
incrociò il suo
sguardo lo vide sorridere. E sorrise anche lui. ''Da te voglio essere
chiamato semplicemente Aragorn, o Estel, amico mio.'' disse il Re di
Gondor poggiandogli una mano sulla spalla.
Legolas fece lo stesso, e poi improvvisamente si buttò tra
le
sue braccia, tra gli sguardi stupiti del popolo e di Aragorn stesso. Ma
quest'ultimo ricambiò immediatamente l'abbraccio, e su
alcuni volti della folla si formano dei sorrisi. Molti sembrarono
guardare l'elfo con meno disprezzo, e meno paura.
''Hannon le, Estel.'' sussurrò Legolas, continuando ad
abbracciarlo. E tutti, tutti quanti, sorrisero, e Legolas
capì che
erano sinceri. Non vi era oscurità nei loro sguardi.
Capì
che loro lo avevano accettato, e perdonato. Udì uno scroscio
di applausi, che man mano
diventarono sempre più forti.
''Perché ti sei tagliato i capelli?'' domandò
Aragorn nel momento in cui si staccò da lui.
Legolas sorrise a quella semplice domanda. Poi, con gli occhi lucidi,
rispose;
''Per non dimenticare
mai.''
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