Hunger's Creed: I Giochi dell'Assassino

di EnderScribble
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Morte dell'anima ***
Capitolo 2: *** Il Vecchio della Collina ***
Capitolo 3: *** L'addestramento ***



Capitolo 1
*** Morte dell'anima ***


Oh, salve amico… immagino che tu sappia chi sono, cosa ho passato e voglia sapere la mia storia!
Molto bene, da dove comincio? Mi chiamo Aetius Miles… vengo dal Distretto 9. E che altro? Oh, certo. Sono un Assassino… non un pazzo che uccide gente a caso, però… ok, forse sono un po’ pazzo ma non uccido certamente a caso! Le mie prede sono i Templari: uomini dediti a raggiungere il totale controllo del mondo e degli uomini… be’, è una storia lunga quindi è meglio se vi sedete, bevete qualcosa e vi mettete l’anima in pace per avermi disturbato! Bene…
Tutto cominciò nella mia baracca, una piccola casa da povero in una fattoria del Distretto 9, stavo bevendo una bottiglia di vodka seduto ad un tavolo di legno, l’unico mobile della casa al momento, a parte la grossa falce appesa alla parete davanti a me. Staccai le labbra dalla bottiglia e mi studiai la mano sinistra completamente fasciata e sporca di sangue in corrispondenza dell’anulare. Qualcuno bussò alla mia porta ed entrò un ragazzo di colore –Abbiamo finito il trasloco, signore-  -Grazie… prendi pure!- gli lanciai un sacchetto pieno di soldi e mi guardò sorpreso –Che c’è? Non ti aspettavi il sacchetto? Apri pure… ci sono tutti!- alzando la bottiglia ormai vuota e la gettai a terra. Mi alzai, presi la falce dalla parete e uscii dalla baracca. Questa si trovava su una collina dentro ad una piccola fattoria circondata dai campi di grano. Mi avviai lungo un sentiero giù per la collina con la falce in spalla, intorno a me i lavoratori si voltavano a guardarmi. Non per il mio cappotto marrone scuro pieno di strappi e toppe, così come il resto dei miei vestiti, ne perché me ne andassi in giro con una falce, scendevo spesso da ragazzo per quella collina con la mia falce a mietere il grano… no. Mi guardavano perché ero un vincitore. Sopravvissuto all’Arena… la mano sinistra ne era la prova e questa volta non sarei tornato indietro per quel sentiero. Sarei andato al Villaggio dei Vincitori dove avrei vissuto con tutti gli agi che un contadino del Distretto 9 poteva sognare!
Arrivai dopo dieci minuti di cammino al cancello del Villaggio: una serie di case a due piani che davano su un viale principale. In giro non sembrava esserci nessuno a parte due Pacificatori all’entrata che mi aprirono il cancello. Entrai nella casa che mi era stata assegnata, posai la falce sul tavolo più vicino e mi gettai sulla poltrona in salotto massaggiandomi le tempie e accendendo la televisione. I giochi erano finiti soltanto l’altro ieri e mandavano in onda i momenti più salienti… io che rubo del cibo da un accampamento dei Favoriti e facendoli saltare in aria con l’esplosivo… io che uccido un ragazzino di tredici anni… uno dei Favoriti sopravvissuto che mi cattura e mi taglia un dito… io che mi libero e gli spezzo il collo… e gli spettatori che applaudono dopo la serie di immagini… spensi la tv. Mi tremavano le mani e sudavo freddo mentre il ricordo dell’Arena, una distesa di montagne e alberi di pino, s’insinuava nella mente. Mi calmai scolandomi qualche bottiglia di liquori vari in cucina. Qualcuno bussò di nuovo ed entrarono due signore, una giovane e vestita di bianco con una valigetta in mano e una fascia grigia attorno al braccio; l’altra invece più anziana, sulla cinquantina credo, tutta truccata e vestita di abiti eleganti: Illary White, la mia accompagnatrice. –Oh, caro… ma che cosa fai!?- tolse le bottiglie vuote dal tavolo –hai un aspetto orribile! Cerca di aspettare almeno che finisca il tour… la signorina Marsh ti controllerà quella brutta ferita!- indicò la ragazza e poi la mia mano sinistra. Marsh si sedette, prese un paio di forbici e tagliata una fascia cominciò a togliere le altre finché non arrivò alla mano, tutta rossa. Illary stava quasi per vomitare. Mi osservò l’anulare ormai ridotto ad un moncherino che non arrivava neanche alla prima falange. –La ferita si è quasi cicatrizzata… meglio tenere la fasciatura fino a domani mattina! Ripasserò allora a controllare- prese un rotolo di bende e ricominciò a fasciarmi la mano lasciandomi libere le altre dita. Una volta finito si alzò e se ne andò. Illary rimase insieme a me impedendomi di prendere altri alcolici. –Non hai ancora detto nulla… hai almeno letto il discorso che ti avevo preparato per il tour?-. Risposi prendendo una pallina di carta dalla tasca. Lei sbuffò e la aprì. –Sentì… lo so che sei stanco, spaventato e ti senti in colpa, ma…-  -No…- la interruppi -…non è questo… sono solo disgustato!-  -Da cosa…?-  -Dal mondo… come posso vivere in un luogo, dove la morte è proiettata sul grande schermo in HD? Dove giovani innocenti sono costretti a uccidersi a vicenda per il gusto di pochi!?- sbattei il pugno buono sul tavolo –E’ la prima volta che il Distretto 9 ha un vincitore in tanti anni… tu non hai mai visto un vincitore in questo stato, vero? Li vedi solo durante le interviste prima dei giochi e poi durante il tour…-  -Forse…- rispose -…però voglio lo stesso che tu sia pronto per settimana prossima!- tremava la voce anche a lei, si alzò ed uscì dalla cucina prendendo con se tutti gli alcolici e mettendoli in un sacchetto. La vidi uscire e consegnare il sacco ai pacificatori. Rientrai e appesi la falce ad un chiodo sopra al camino, poi salii di sopra e mi misi a letto. Per mia enorme fortuna, l’alcol tenne alla larga gli incubi. Mi svegliai la mattina dopo e per un attimo mi scordai di dov’ero, ricredendo di essere in quella vecchia fattoria. La dottoressa Marsh tornò un’ora dopo, il dito era completamente cicatrizzato quindi mi diede solo qualche medicina da prendere ogni tanto.
La settimana successiva passò lentamente… ovviamente il ricordo dell’Arena continuava a martellarmi continuamente… ovunque andassi mi sentivo come se chiunque cercasse di uccidermi fino al punto che uscivo sempre con la falce in spalla. Il giorno prima di partire per il tour ero allo strenuo… la mia casa era piena di bottiglie vuote di alcol, Illary mi costrinse a farmi una doccia e di buttare via i rifiuti, mi portò un abito nuovo, anche se decisi di tenermi il mio cappotto rovinato. Lei ci teneva che io apparissi al meglio. Io no. Ero in bagno a specchiarmi, i capelli marroni lunghi ancora bagnati e gli occhi castani rossi… mi massaggiai la faccia leggermente rotonda e mi accorsi solo al momento di avere una cicatrice che mi attraversava le labbra… ero arrivato fino a quel punto… avevo vinto, avevo un futuro certo, una casa bellissima nel mio distretto e i suoi abitanti mi guardavano con orgoglio… orgoglio… mia madre diceva sempre che non è il giudizio degli altri a determinare cosa sei o le tue azioni, un essere umano è tale quando riesce da solo a capire cosa è bene e cosa è male e a sapere se le sue azioni sono giuste o no… “Ricorda Aetius” diceva “solo quando l’uomo sarà capace di giudicare se stesso, il mondo sarà libero… quando il bene non sarà dettato dalle leggi… ma dal giudizio di se stesso! Perché anche la migliore e più giusta delle leggi è schiavitù”.
E io semplicemente non ci stavo.
Non sarei diventato un assassino per il divertimento dei ricchi e per il degrado dei poveri… giurai che se avessi ucciso di nuovo sarebbe stato in nome della libertà e della giustizia… forse non sarebbe stata la libertà che sognava mia madre, ma almeno Panem sarebbe stata più libera di quanto non fosse stata negli ultimi sessantaquattro anni! E se c’è una cosa di cui vado personalmente fiero, questa è la testardaggine nel portare a termine la cose… e il tour era l’occasione perfetta di parlare a tutto il popolo di Panem.
Mi misi una maglietta e scesi in cucina armato dii carta e penna. Mi sedetti e cominciai a pensare ad un bel discorso sulla libertà, i diritti, il futuro ed altra roba simile! Mi preparai un’abbondante scorta di caffè e mi misi a scrivere. Le ore passavano, le tazze di caffè si svuotavano e il pavimento si riempiva di palline di carta… non ricordo a che ora mi addormentai sul tavolo, mi ricordo solo che a un certo punto Illary mi svegliò:
-Tesoro, Aetius, sveglia… oggi comincia il tour! Devi prepararti al meglio…- sollevai il viso dal cumulo di carta scritta –Oh, si… mi preparo…- presi il discorso mezzo completato e mi alzai per andare in camera.
Decisi di indossare dei pantaloni neri e una camicia bianca, stavo cercando qualcosa da mettere sopra quando Illary bussò –Aetius, si può?-  -Si, entra pure…-  entrò con le mani dietro la schiena -Ho una sorpresa per te!- mi passò il mio cappotto marrone scuro tutto ripiegato ammodo, lo presi, lo aprii e vidi che era stato praticamente rimesso a nuovo: la pelle era lucida e pulita, i bordi erano lisci e senza strappi e le toppe erano state sostituite, non si vedevano neppure più e per finire c’erano di nuovo tutti i bottoni.
-Illary… grazie! Ma come hai fatto!-  -Conoscenze di Capitol City… ho pensato che se proprio dovevi mettertelo doveva essere almeno presentabile! Su, ora muoviti! Dobbiamo essere alla stazione tra dieci minuti!- indossai il cappotto e un paio di stivali e uscii.
Il treno era quasi più lussuoso di quanto ricordassi... stavo insieme ad Illary nell’ultimo vagone, seduto sul divano ad osservare il paesaggio e a bere.
La prima fermata sarebbe stata al Distretto 12, da li veniva il carbone, sapevo che era tra uno dei distretti più poveri e le mie aspettative… non furono deluse.
Il palco era stato adibito di fronte al municipio, perfettamente identico a quello del 9. I tetti e le strade erano pieni di Pacificatori armati di pistole e manganelli, tutti in fila a formare un muro tra gli abitanti e il palco.
Salii sopra seguito da Illary e presi posto davanti al microfono, presi il foglio del discorso dalla tasca del cappotto e cominciai a leggere: -Signore e signori… ehm… no, scusate…!- improvvisamente ciò che avevo scritto non andava più bene! Il momento migliore per un attacco di panico! Lessi e rilessi alla svelta e poi, tutto fu più chiaro… gettai il foglio e presi il microfono:
-Abitanti di Panem! Guardatemi! Cosa vi sembro!?- un brusio si diffuse per la piazza –Spoiler: non un vincitore! Io ho vinto… ma in nome di cosa? In nome di chi!? E per cosa sono morti i vostri figli!?- indicai le bare recanti le foto dei due tributi morti –Morti inutili… morti per far divertire la gente di Capitol City! Per ricordarci che noi non siamo niente in confronto a loro!? Cosa sono loro senza di noi? Niente! Ci opprimono con la forza e con la schiavitù! Potranno legare i nostri corpi! Lasciarci segni che ci ricorderanno il nostro “posto”!- alzai la mano sinistra mostrando il dito mancante –Ma la nostra voglia di libertà… è una cosa che non potranno mai portarci via come ci hanno portato via la libertà stessa!- un pacificatore salì sul palco –Ma verrà il giorno, Capitol City, che ci riprenderemo la libertà!- il pacificatore si avvicinò, sentii una forte scossa elettrica al fianco e tutto si fece buio.
Mi svegliai sul treno, sdraiato sul divano con Illary accanto che sudava –Ma cosa ti è saltato in mente!?- mi urlò appena alzai la testa –Un discorso simile! In diretta tv davanti a tutta Panem!-  -Ah… è andata bene…-  -Non scherzare Aetius! Se continui così potresti anche rimetterci la vita!-  -Ma io l’ho già fatto…- mi alzai e presi un pasticcino dal tavolo -…sono già morto nell’Arena… nessuno esce davvero da lì… e io non mi fermerò! Nessuno morirà più per mano di Capitol City negli Hunger Games!-.
 
In ogni distretto in cui andai, la storia si ripeté: salivo sul palco, dicevo la verità sui giochi e poi portato via a forza dai Pacificatori… solo che ogni volta il discorso era sempre più breve e i pacificatori più brutali; il tocco di classe però l’ho dato nel Distretto 1, dando al Presidente Snow del vigliacco, che si nasconde nel suo palazzo come un burattinaio… solo che noi non siamo burattini, e presto… lo impiccheremo con gli stessi fili che ci controllano!
Il colpo consisté in un calcio di fucile in testa in mezzo alla folla. Davanti a tutti… da allora è cominciata la mia discesa nell’Inferno…
Questa volta non c’era Illary accanto a me… il vagone era vuoto, a eccezione del divano su cui ero steso… il treno procedeva, certo ma guardandomi intorno mi accorsi che il paesaggio andava sempre più lento, sempre di più fino a che non mi fermai su un ponte. Provai a uscire ma le porte erano bloccate.
Vagai per la stanza, e fu allora che la vidi. Una bomba. Posizionata in fondo al ponte e poi un bigliettino sul divano; lo lessi:
“Signor Aetius Miles, le sue parole stanno causando non pochi problemi a noi, gente onesta di Capitol City… la sua accompagnatrice aveva tentato di avvertirla ma lei ha continuato imperterrito a seminare il suo insensato odio per Capitol City sugli altri Distretti! Purtroppo non mi lascia altra scelta… suo, presidente Corolianus Snow”
L’esplosione arrivò dieci secondi dopo. Le prime due bombe esplosero ai lati del ponte e subito il treno cominciò a sprofondare! Ci furono altre esplosioni, queste vicino al treno ed un ultima grande esplosione sotto di esso…  quando il vagone esplose io mi stavo già lanciando dai finestrini, ormai a pezzi, ma non feci in tempo! Il fuoco mi spinse ancora più lontano mentre le gambe e il braccio destro mi facevano male da impazzire! Caddi in acqua e mi aggrappai con la mano sinistra ad un resto del ponte che galleggiava.
Sentii la corrente trasportarmi via mentre il respiro si faceva pesante e la vista veniva meno… le forze mi abbandonarono ed io mi abbandonai alla stanchezza e alla corrente… ma prima di svenire giurai a me stesso, giurai a mia madre, giurai a Panem! Che io non sarei morto… ma che sarei tornato e avrei combattuto!... poi… il buio 

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Capitolo 2
*** Il Vecchio della Collina ***


Non ricordo altro che buio… e silenzio… poi una voce. Una voce femminile. -Giovane…- una voce profonda e armoniosa che sentivo tutt’intorno a me. E poi apparì. Il busto di una donna fatta interamente di luce, il viso era pallido con i capelli raccolti in un copricapo di metallo da cui scendeva un lungo velo bianco, gli abiti, anch’essi bianchi, erano costituiti da una grossa tunica scollata con degli ornamenti di metallo sul petto e sotto i seni. La cosa che mi colpì di più erano gli occhi: argentati e luminosi come nessun essere umano avrebbe mai potuto avere. La donna irradiava potere. Un potere antico e, ormai, debole… mi guardai intorno ma c’era solo il nero e il busto della donna mi seguiva. Provai a guardarmi le mani e il corpo ma non c’erano… IO non c’ero… -Dove sono?- domandai –Ti trovi nella mia mente, giovane guerriero…- -Cosa… nella tua mente?- -Si… il mio nome è Giunone!- -Non mi sembri umana… o sbaglio?- la donna fece uno sguardo offeso –No! Io sono un membro della Prima Civilizzazione! Noi abbiamo creato voi… ma ottantamila anni fa’ una guerra tra noi e voi ci divise e il Sole ci annientò…!- -Aspetta… cosa c’entra il Sole?- -Saprai, giovane guerriero…- -Basta!- urlai, lei si fermò di colpo –Perché continui a chiamarmi “guerriero”? Per quanto ne so… sono morto…- -Infrangendo così il tuo giuramento? Io so tutto di te, Aetius Miles dal momento in cui ti sei “svegliato”, anche se non sei ancora sveglio, nella mia mente… i tuoi sogni, le tue delusioni… la promessa che hai fatto a tua madre… tua madre… nelle sue vene scorreva il nostro sangue… la tua famiglia ha un grande retaggio Aetius… tu hai il dono che il mio popolo ha dato a voi: i figli nostri e degli uomini… i tuoi antenati hanno fatto grandi cose nel corso della storia, ora tocca a te: c’è un luogo dove è racchiusa tutta la nostra conoscenza e il nostro sapere, l’unico modo di entrarci è grazie alla nostra stessa tecnologia. Coloro a cui ti unirai non sono interessati ad usarla ma i vostri nemici si- una croce teutonica rossa apparve accanto a Giunone –Loro non dovranno mai e poi mai scoprire i nostri segreti . Presto ti sveglierai. La tua mente si sta già riassestando, lo sento… quindi ti dirò più poche cose- divaricò le braccia e apparì un simbolo. Una goccia con le punte sulla parte arrotondata, quest’ultima era aperta e aveva un arco sotto di essa –Cerca questo simbolo… e unisciti a loro. Combatti con gli Assassini- il simbolo si dissolse, Giunone si dissolse, e una luce mi colpì agli occhi -Ah sei sveglio… bene!- ci misi un po’ a mettere a fuoco la vista ma in pochi secondi fui in grado di vedere di nuovo. Ero sdraiato su un letto in una stanza. Sulla porta c’era un vecchio, sulla settantina, la pelle scura e rugosa, i capelli neri con delle strisce grigie a cause dell’età, il naso adunco e gli occhi leggermente socchiusi; indossava una giacca marroncina con un maglione rosso, pantaloni marroni, scarpe nere e stava appoggiato su un bastone –Allora? Come stai?- –Dove… dove mi trovo…- mi massaggiai la testa, la mano era strana, mi sembrò di avere un guanto addosso, ma la verità era ben diversa. Osservai il braccio e… -AAAAAAHH!!!- al posto dell’avambraccio c’era una protesi di metallo meccanica grigia chiara con venature blu e la mano era anch’essa una protesi meccanica con il palmo della mano e delle dita foderata di nylon nero –Cos… cosa mi è successo?- il mio sguardo si spostava dal vecchio alla mano –Eri ridotto male quando ti hanno trovato… il braccio non è l’unica cosa che hai perso…- indicò le gambe sotto la coperta con il bastone. Tirai su le lenzuola e vidi come le metà della parte inferiore della gamba fossero attaccate a due protesi meccaniche. Mi misi a sedere e presi la testa tra le mani, il vecchio rimase sulla porta –Ti ricordi qualcosa di come hai perso le gambe e le braccia, o perché sei stato trovato in riva al mare, appeso ad un pezzo di legno?- sollevai la testa –Ero su un treno… da solo in un vagone, poi il vagone si è fermato, su un ponte e…- il ricordo dell’esplosione mi balenò nella mente -…è esploso tutto…! Mi sono lanciato fuori dal finestrino, ma l’esplosione mi ha preso lo stesso… sono finito in un fiume… e poi sono svenuto… non ricordo altro…- il vecchio annuì –Capisco… hai fatto qualcosa di sbagliato da dove provieni? Fatto arrabbiare qualcuno di MOLTO importante, forse?- ci pensai su prima di dire ciò che avevo fatto, per quel che ne sapevo, potevo essere nel centro di massima sicurezza di qualche prigione a Capitol City, anche se la stanza, arredata con mobili coloniali e quadri molto vecchi, mi faceva pensare al contrario, decisi comunque di andare sul sicuro –Prima voglio sapere dove mi trovo…- -Pragmatico…- osservò il vecchio -…mi piace il tuo stile, ragazzo! Benvenuto a Davenport, piccola comunità indipendente sulla costa orientale!- notò la mia faccia confusa –Non siamo a Panem!- semplificò e uscì dalla stanza. -Aspetta, come!?- saltai in piedi ma persi l’equilibrio e caddi sul pavimento di legno –Fai attenzione con quei cosi!- urlò –Mi rovini il pavimento!- mi appoggiai al comodino accanto al letto e mi misi in piedi a fatica. Ci misi un po’ a prendere mano con quelle nuove gambe, ogni passo mi sembrava di camminare nel vuoto, ma poi una volta preso il ritmo, era davvero facile… non fu lo stesso con le scale… arrivai di sotto rotolando dal primo scalino –Sei arrivato…- commentò sarcastico il vecchio seduto su una poltrona davanti al camino, mi rimisi di nuovo in piedi e andai a sedermi sulla poltrona accanto –Cosa significa che non siamo a Panem?- -Che siamo fuori dai confini di Panem! Non mi sembra difficile…- già… non era difficile… eppure non mi ero mai immaginato che Panem avesse un confine… -Quindi avanti! Cosa hai fatto?- -Io… ho sfidato il Presidente Snow…- il vecchio sembrò estremamente sorpreso –Eri tu, allora! Ah! Sapevo di averti visto da qualche parte! Tu… sei l’ultimo vincitore degli Hunger Games…- -Come fate a saperlo?- -Eeh, figliolo, non siamo mica in isolamento, qui… sappiamo connetterci alla rete televisiva di Capitol City e ogni anno guardiamo chi vengono scelti per l’Arena… in genere poi seguiamo il resto dei giochi solo se a essere scelto è un parente o un conoscente degli abitanti della comunità… io li seguo tutti… non perché mi diverta ovviamente, ma lo faccio solo per curiosità…- -Davvero…?- -Io… si, sono solo curioso! Ma ti ho visto anche durante il tour… tu sei solo, vero? Lo si capisce… nessuno osa fare discorsi simili se ha dei cari… e di solito… Capitol City non punisce il colpevole fisicamente… ma nell’anima!...- rimasi a fissare il pavimento. Quel vecchio parlava come se avesse provato sulla sua pelle ciò che diceva. -Senta… io, ho bisogno di cercare una cosa…- -Cosa, figliolo?- -Ehm… mi serve una penna…!- il vecchio mi passò la penna, io presi un foglio di carta dal tavolino e disegnai il simbolo che la donna mi aveva mostrato nel sogno –Ecco, questo- lo passai al vecchio. Appena vide il disegno il suo sguardò si fece preoccupato, spaventato e… arrabbiato: -Tu cosa sai di questo simbolo…!?- -N-non molto… mi è stato mostrato…- -Da chi?- -Da una donna… una certa Giunone…- la preoccupazione prevalse –Comunque… non è niente!- appallottolò il foglio e lo gettò sul tavolino, poi velocemente si mise qualcosa sotto la felpa, una catenella. Velocemente gliela sfilai da sotto la felpa. Era un ciondolo con lo stesso simbolo che avevo disegnato –Lei sa cosa vuol dire! La prego! Questa… questa Giunone mi ha detto di cercare questo simbolo!- presi la pallina di carta e la aprii mostrando il disegno –Ma non mi ha detto il perché!- il vecchio sembrava riluttante, ma alla fine parlò –Preparo il the… poi ti spiegherò tutto…-. Quando il the fu pronto, accese il camino e iniziò a raccontare -Vedi, figliolo… questo simbolo…- ed indicò la sua collana -…rappresenta una confraternita antica, le cui radici affondano da prima della più antica delle civiltà… la donna chiamata Giunone è un membro della Prima Civilizzazione, o come li chiamiamo noi, coloro-che-vennero-prima!- -Questo me l’ha detto…- -Bene, così risparmiamo parecchio tempo… questa prima civilizzazione era artefice di artefatti che potremmo definire magici, anche se poi diversi studiosi hanno affermato che i poteri di quei manufatti non siano magici ma puramente tecnologici… comunque, la nostra razza da sempre ha bisogno di qualcuno che la comandi… e i Templari, i nostri nemici millenari, aspirano a questo, a dominare sul mondo… a proteggerlo, dicono loro… ma per farlo sono disposti a sacrificare la libertà e il libero arbitrio dell’intera umanità! E noi, gli Assassini, così ci chiamiamo, li combattiamo nel nome della libertà del genere umano e del libero arbitrio- quel discorso mi portò alla mente la frase di mia madre –Solo quando l’uomo sarà capace di giudicare se stesso, il mondo sarà libero… quando il bene non sarà dettato dalle leggi… ma dal giudizio di ogni persona…!- -Dove hai sentito questa frase…?- chiese incredulo –La diceva spesso mia madre… perché?- -E’ un vecchio detto degli Assassini… come ti chiami?- -Aetius… Aetius Miles…- il suo sguardo era ancora più incredulo –Miles? Tu… sei il nipote di Micheal Miles...- -Chi?- scattò in piedi e si diresse verso il corridoio –Seguimi…!- mi condusse dietro le scale da cui ero caduto. -Cosa ci facciamo qui?- il vecchio afferrò uno dei vecchi candelabri alle pareti e lo tirò. Subito una porta si aprì sul muro –Vieni… ti spiegherò tutto qui dentro…- scese per una rampa di scale fino ad arrivare in una grande stanza sotterranea. Era rivestita in legno, doveva avere parecchi anni sulle spalle, all’interno c’erano però diverse apparecchiature elettroniche come radio, computer e schermi tutti polverosi. Dall’altra parte c’era una seconda stanza, questa in pietra e piena di armi come spade, pistole e fucili. -Che posto è questo?- il vecchio premette un pulsante sul muro. Dal pavimento polveroso si alzò un grosso cilindro di vetro con estremità in metallo. All’interno c’era una divisa. Un cappotto militare di cuoio marrone molto scuro che arrivava fino a metà della parte inferiore delle gambe con doppia fila di bottoni argentati e rinforzi da combattimento sulle spalle, guanti neri lunghi fino al gomito a punta rinforzati e muniti di placche di metallo sulle nocche, da sotto l’orlo si vedevano i pantaloni marroni e stivali lunghi neri in pelle con tre chiusure, sulla schiena aveva due fasce parallele di cuoio, probabilmente per portare un’arma, e alla vita aveva un grosso cinturone pieno di tasche, piccoli zaini e una fondina per pistola, davanti aveva il simbolo degli Assassini chiuso in un anello fatto d’argento e per finire aveva un cappuccio simile al becco di un rapace. L’intera divisa era stupenda. -Micheal Miles, era il nostro capo durante la guerra di sessantaquattro anni fa… morì durante l’ultimo assalto a Capitol City… indossava questa divisa durante la battaglia… io ero giovane, non partecipai quel giorno ma conoscevo Michael… era un guerriero leale e coraggioso… aveva una figlia, tua madre, era molto piccola quando successe… ma personalmente, non so come fosse finita a Panem visto che gli Assassini furono reclusi tutti qui a Davenport…- mi avvicinai alla teca –Cosa fai?- -Li indosso, no?- -E per cosa?- -Io voglio combattere! Tornare a Panem e innalzare il popolo alla rivoluzione! Rendere il regno libero come voleva mia madre!- -Allora lascia perdere, Aetius… ormai non possiamo più fare nulla… i Templari governano Panem guidato dal loro granmaestro: Coriolanus Snow…! Quindi ti consiglio di restare qui… potrai vivere nella mia tenuta, se vuoi!- -No!- ribadii –non resterò qui mentre il popolo di Panem rimarrà schiavo di Capitol City!- -Ragiona Aetius! L’intera Confraternita non è riuscita a sconfiggere Capitol durante i Giorni Bui, decine di Assassini con anni di addestramento e i tredici distretti dalla loro parte! Cosa ti farà pensare che un solo Assassino possa cambiare le cose?- era vero… come potevo io, un semplice ragazzo del distretto 9, a cambiare le sorti di una nazione? Ma d’altro canto, non volevo starmene con le mani in mano! -Allora partirò domani!- risalii su per le scale –Aetius!- il vecchio mi seguì –non essere avventato!- -Non importa! Farò i bagagli oggi stesso e domani tornerò a Panem!- il vecchio zoppicando mi superò e mi puntò il bastone al petto per fermarmi –E poi? Cosa farai poi? Mmh? Tu non sai niente su come lavorano i Templari… andare la così, sarebbe solo un suicidio…!- -Allora istruiscimi… ti prego…- il vecchio ci pensò su –Tu mi ricordi così tanto tuo nonno… anche lui voleva solo il bene di Panem e salvare gli innocenti… va bene!- si mise dritto sul bastone –ti addestrerò a diventare un Assassino! Imparerai le nostre tecniche, la nostra storia, tradizioni e segreti! Ti avverto però che non sarà facile ne veloce!- -Sono disposto a tutto…- -Bene! Ora però si è fatto tardi, inizieremo domani mattina!- -Eh… maestro!- -Si?- -Non so ancora il tuo nome…- -Mi chiamo Yoskeha, figliolo...- e detto ciò si voltò andò verso le scale. Feci lo stesso e andai nella stanza in cui mi ero svegliato l’ora prima. Mi sdraiai sul letto chiedendomi cosa stesse succedendo a Panem, se la notizia della mia morte fosse stata divulgata e cosa pensassero gli abitanti del Distretto 9… mi sforzai di scacciare questi pensieri dalla mente e poco dopo mi addormentai.

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Capitolo 3
*** L'addestramento ***


E così il mio addestramento ebbe inizio. Iniziammo dalla teoria, la storia della Confraternita nel corso della storia e di come l’abbia cambiata, le sue tradizioni e , soprattutto, il Credo: -Gli Assassini- iniziò Yoskeha –hanno da sempre agito nell’ombra così come i Templari. Non troverai mai traccia degli Assassini nei libri di storia, e neppure dei Templari… a differenza loro però, che comandano il popolo, noi non miriamo a guidare, noi mettiamo il destino dell’umanità nelle mani del popolo…- prese un grosso libro rilegato in pelle scura con il simbolo degli Assassini sopra -…questa è la nostra storia…- Vedendo quel libro, all’inizio mi preparai psicologicamente ad ore di noia seduto sul tavolo di cucina a prendere appunti, invece scoprii che la storia era appassionante… il mondo, millenni e millenni prima era davvero bello. Yoskeha inoltre, prendeva anche altri libri con dentro immagini di siti storici collocati fuori da Panem. La storia degli Assassini si univa alla storia dell’umanità in modo impressionante… nel libro spiccavano diversi nomi: Altair Ibn la ahad, Ezio Auditore da Firenze, la famiglia Kenway, i gemelli Frye e… Desmond Miles. –Maestro…- dissi leggendo quel nome -…questo Desmond, era un mio antenato?- -Non proprio… quando mi hai detto il tuo nome, ho fatto delle ricerche, ho trovato un libro con l’albero genealogico di tutta la tua famiglia…- prese un altro libro -…ho scoperto che tu discendi dal fratello di William Miles, padre di Desmond… siete cugini alla lontana, si può dire!- richiuse il libro e lo rimise a posto –Qui dice che… Desmond ha dato la sua vita per salvare il mondo… è vero?- -Oh, certo… 2012, il mondo era ormai sull’orlo dell’apocalisse, come successe ottantamila anni fa a Coloro-che-vennero-prima, solo che, questa volta eravamo pronti! I Precursori ci avevano lasciato una macchina, custodita in antico tempio, capace di difendere la Terra dalla tempesta solare imminente… c’era un problema: serviva il dna dei Precursori per attivare la macchina. Desmond era l’unico ad averne sufficiente quantità nel suo sangue e lo attivò… purtroppo, era anche troppo umano, e la potenza del macchinario lo uccise. Sacrificò se stesso, per salvare questo mondo…- si guardò intorno -…e noi siamo stati così sciocchi da ridurlo così… mmph… ma ora avanti, riprendiamo! Dobbiamo iniziare la storia di questo… oh si! Dario Hiddenblade…- Tempo dopo, quando imparai bene la storia, passammo al Credo: -Ricordati Aetius, un Assassino segue sempre il Credo… è il Credo a renderci quel che siamo, il Credo guida la nostra lama e il Credo ci unisce noi Assassini nel mondo… il Credo è il seguente: Trattenere la lama dalla carne innocente, il significato immagino ti sia ovvio, no?-. Annuii. –Molto bene, poi… agire sempre nascosti in piena vista. Un Assassino deve saper uccidere restando nascosto e saper nascondersi tra la folla e infine, il più importante: non compromettere mai la Confraternita.- ripresi a scrivere quando Yoskeha mi mise una mano sulla spalla –E di questo te ne prego, Aetius… non dire al nemico di questo posto… Snow non sa’ dell’esistenza di questa comunità…- guardò oltre la finestra e feci lo stesso. Sotto la collina su cui sorge la casa, c’era una piccola città di case in legno, botteghe, negozi… di tutto! -Gli abitanti, sono innocenti… molti sono fuggiti da Panem in cerca di una vita tranquilla, hanno rischiato molto…- -Io ve lo prometto maestro… mai rivelerò l’esistenza di Davenport…!- -Bene… ora, pensiamo alle cose serie: armi e combattimento- Scendemmo nell’armeria sotto le scale. -Vediamo…- disse il maestro guardandosi attorno nella stanza -…si, questo può andare bene…- prese una spessa corda di nylon terminante in un piccolo coltello –Dardo da corda! Veniva usato dalle nostre forze, sia come arma silenziosa, se miri bene e lanci con abbastanza forza puoi uccidere un pacificatore armato silenziosamente e a distanza, ma anche come rampino, dovrebbe esserci un lanciatore qui da qualche parte, mi dai una mano?- iniziammo a cercare tra le casse nella stanza e sulle mensole. Lo trovai sotto ad uno scatolone rovesciato: una pistola con canna larga e un cilindro sopra l’impugnatura –L’ho trovato!- -Bene! Bene…- osservò l’arma -…non bene… si è danneggiato, e il tempo gli ha dato il colpo di grazia… ma forse Josh può ripararlo…- -Chi?- -Josh Beckendork, è il fabbro della città, è molto bravo, si occupa di molte cose: armi, pistole, oggetti ornamentali in metallo e anche di robotica, è lui che ti ha costruito quelle protesi…- -Vado subito allora…- -No aspetta! Prima pensiamo a quali armi usare. Dimmi… c’è un’arma con cui ti trovi a tuo agio?- ci riflettei –Be’… so usare bene la falce…- -Una falce? Be’, non è facile da nascondere, ma Beckendork è sempre pieno di idee, sono certo che s’inventerà qualcosa…- -Molto bene…- -Ah, Aetius, un’ultima cosa… quando vai da lui, digli di darti “l’arma nascosta”, lui capirà…- confuso feci cenno di si e salii le scale diretto alla porta. Fuori era una bella giornata estiva. La città sorgeva lungo il fiume e in mezzo alla foresta, fuori i ragazzi giocavano tra di loro e tutti erano indaffarati nei propri lavori: lungo il fiume c’era una piccola segheria dove lavoravano il legno, poco più avanti una specie di locanda dove un gruppo di uomini stava bevendo boccali di sidro appoggiati alla staccionata, mi avvicinai a chiedere informazioni. -Scusate…- -Cosa c’è ragazzo?- disse un omone con un grembiule verde e una folta barba nera riccioluta -…sto cercando un certo Josh Beckendork, sa dov’è casa tua?- -Ah… cerchi mio fratello maggiore! Abita laggiù- indicò una casa in fondo alla strada con un grosso camino di metallo da cui usciva una colonna di fumo –Ehm… grazie- -Non c’è di che! Tu… sei quello che hanno ritrovato nel fiume, giusto?- -Si…- -Dicono che hai fatto incazzare parecchio qualcuno di importante a Capitol City, se sei finito in quelle condizioni, e credimi… ti abbiamo visto parecchio male!- -Ti abbiamo salvato noi, dopotutto!- gridò un altro tipo –Già… Drake Beckendork, capo carpentiere giù al porto, piacere di conoscerti!- mi strinse la mano artificiale –Be’, immagino di dovervi qualcosa allora…- dissi –Nah, non serve…- -Si invece…- insistei -…sentite, ora sono a corto di soldi, ma vi prometto, che la prossima volta che v’incontro vi offro da bere! Che ne dite?- -Direi che a noi va benissimo, straniero! Qual è il tuo nome?- -Aetius Mile…- -Piacere di averti conosciuto Aetius- ci stringemmo ancora la mano e mi congedai da loro alla casa. Arrivato davanti alla porta, mi aspettavo un gigante! Dopo aver visto il fratello minore, credevo che Josh fosse una specie di Efesto, grosso, brutto, con la barba bruciata e il sudore sulla fronte… le mie aspettative vennero puntualmente deluse. Mi venne ad aprire questo tipo magro, i capelli marroni erano scompigliati e il viso sottile –Si?- indossava un paio di occhialetti protettivi da saldatore e due guanti da lavoro, stivali di gomma sopra pantaloni marroni e un grembiule da meccanico –Ehm, Josh Beckendork?- -In persona! Piacere di conoscerti… Aetius, Aetius Miles, vero?- -Come…- -Lo so? Riconosco le tue protesi… le ho costruite io stesso! Un lavoro sublime! Come ti ci trovi?- -Bene… ma, mi manda Yoskeha, vuole che mi prepari delle armi e aggiusti delle cose…- -Ah! Quel caro, vecchio irochese… cos’ha di bello per me?- -Diche che puoi costruirmi un’arma…- -Certo, certo… parliamone nella mia officina… ehm, puoi aspettare un attimo nel salotto di casa? Do una risistemata e poi torno!-. Mi sedetti sul divano guardandomi attorno. La casa era carina. Semplice e arredata con gusto. Le pareti erano piene di quadri e progetti dall’aria antica, davanti al divano c’era un televisore e sul muro alla mia destra un caminetto di mattoni su cui c’erano diversi libri e foto di Josh insieme ad una donna, alta e con i capelli biondi corti, gli occhi azzurri e il viso un po’ squadrato e molto chiaro; era il giorno del loro matrimonio a giudicare dagli abiti. La porta alla mia sinistra si aprì ed entrò la donna con in mano un vassoio di biscotti –Salve!- mi salutò –Mio marito la sta facendo aspettare?- -Oh, no no no! Sono appena arrivato…- -Non l’ho mai vista da queste parti… è nuovo per caso?- -Si, io… vengo da Panem…- -Ah… Distretto 12?- -9… perché?- -Ehm, niente… è che, ho dei parenti in quel distretto… mia sorella con i suoi tre figli… hanno una panetteria che ci tramandiamo di famiglia… oh, dove ho lasciato le buone maniere, mi chiamo Sally Mellark, piacere- -Piacere mio… scusi la domanda, ma, lei è in contatto con la sua famiglia?- -Be’, ogni tanto qualche corriere è così coraggioso da consegnare messaggi ai distretti più vicini… il dodici è il secondo più vicino a Davenport… io sono fuggita quand’ero giovane… è stata una fortuna che nessuno a parte la mia famiglia se ne sia accorto in tempo…- si asciugò una lacrima –Non era mia intenzione farvi piangere…- dissi –Non dispiacerti… a volte fa bene scaricare un po’ lo stress… e piangere è il modo migliore secondo me…!- poi si guardò intorno e scattò in piedi –Ma dov’è finito quel confusionario di mio marito? Ti sta facendo aspettare! Prendi pure qualche biscotto intanto…- indicò il vassoio e uscì dalla stanza. Poco dopo Josh entrò di corsa seguito da Sally –Allora… se vuoi seguirmi, l’officina è pronta!- guardò ansioso la moglie –Dai vieni!- mi condusse in un edificio di ferro dietro la casa e vidi che il fumo usciva da quella struttura. -In realtà non è pronta un cavolo… ma mia moglie ha insistito per non farti aspettare. Allora…- si sedette accanto al forno -…cosa ti serve?- -Una falce…- -Una falce?- -Si… Yoskeha dice che tu puoi farne una che possa nascondersi… che ne pensi?- -Josh si grattò il mento –Mmh… potrei creare una lama retrattile che fuoriesce da… ci sono!- si mise a rovistare in un mucchio di ciarpame metalli e tirò fuori un lungo bastone da passeggio con un pomello di metallo sopra –Un bastone da passeggio?- -Si! Posso creare un meccanismo che, premendo sul pomello, faccia fuoriuscire la lama retrattile dal fondo!- appoggiò l’attrezzo sul banco da lavoro e cominciò a disegnare il progetto –C’è altro? Prima avevi accennato a qualcosa da riparare…- -Oh, si…- tirai fuori la pistola spara dardi -…questo- -Oooh…- Josh distolse lo sguardo dal progetto -…interessante… un lancia rampino, ho indovinato?- -Si, lo puoi aggiustare?- osservò l’oggetto e improvvisamente gli venne lo stesso tremolio di quando mi aveva mostrato il bastone –Idea! Perché non te lo attacco al braccio?- -Cosa?- -Ma si! Due lanciatori… uno che va dietro e l’altro davanti, per esempio, se devi salire in verticale o lanciare un dardo contro un nemico usi quello principale, se invece devi spostarti in orizzontale li usi entrambi in modo da formare una teleferica e il dispositivo attaccato al braccio fungerà da carrucola retrattile! Semplice! E il tutto controllato dalla tua mente!- -Puoi farlo davvero?- -Ma certo! Che inventore sarei se non mi spingessi al limite!? C’è però un lato negativo…- -E ti pareva… quale?- -Mi devi lasciare il tuo braccio per lavorare al rampino…-. Così aspettai per circa tre ore sul divano dei Beckendork a mangiare biscotti e ad ascoltare le storie del Distretto 12 da Sally, il tutto con il braccio destro mezzo meccanizzato. Infatti le protesi si dividono in due parti: l’attacco e l’arto. L’attacco è un componente attaccato all’osso e al sistema nervoso dell’arto mozzato, è la parte più delicata che serve a connettere il cervello alla protesi, l’arto, che viene poi semplicemente collegato all’attacco in modo da poter essere sostituito in caso di bisogno… come adesso. Alla fine mi addormentai sul divano e venni svegliato da Josh. -Hey!- mi batté il pomello del bastone sulle gambe –E’ tutto pronto!- riattaccò la protesi al mio braccio e mi passò il bastone –Provalo!- presi il bastone al contrario, era nero con un impugnatura dorata sotto al pomello e una punta d’oro alla fine, premetti il pomello sulla mia coscia e dalla punta fuoriuscì una lama ricurva che si allungò in varie placche sottili in una robusta lama lunga venticinque centimetri –Wow!- notai un pulsante sull’impugnatura –A cosa serve?- lo indicai –E’ una mia piccola aggiunta! Se lo premi, quella piccola puntina sopra il pomello si elettrificherà, lo puoi usare per stordire gli avversari… ora, seguimi fuori, ho allestito dei manichini per allenarti con il dardo da corda!-. Nel giardino sul retro c’era un manichino con indosso una rozza armatura bianca e dei finti caschi con visiera nera –Hai davvero fatto un manichino di un pacificatore?- -Lo uso per testare le mie armi… ora avanti!- mi prese il braccio e lo puntò verso il manichino –concentrati… è tutta questione di mente! Questa non è più un’arma Aetius, ma una tua appendice! Controllala come controlli le dita della protesi…!-. Mi concentrai su quella parte del corpo. Subito una piccola macchinetta esagonale con i lati paralleli allungati uscì dal braccio e il dardo partì colpendo la testa del manichino –Bravissimo! Ora richiamalo!- mi concentrai e la corda si tese rientrando velocemente nel meccanismo, il quale si richiuse nel braccio. -Molto bene… prova a salire sulla casa, fai come hai fatto adesso, spara e poi raccogli la corda! Ricorda, decidi tu la forza che vuoi imprimere al dardo!- Sparai al tetto con tutta la forza (mentale) che potei e cominciai a richiamare la corda, solo che questa volta venni trascinato io dalla corda. Purtroppo non avevo pensato a come atterrare. -Usa le gambe Aetius! Portati in avanti con le gambe- -Si, certo… così me le rompo di nuovo!- purtroppo il mio subconscio aveva ascoltato l’inventore e le gambe, a quanto pare, attutirono completamente l’impatto –Ti ho modificato gli ammortizzatori delle gambe mentre dormivi! Ora dovresti essere capace di resistere a qualsiasi tipo di caduta… sempre che tu atterri sulle gambe! Dai prova!-. Mi lanciai dalla casa e atterrai senza farmi niente, a parte un gran fiatone… -Tu…- mi appoggiai alla sua spalla -…sei un grande inventore! Però dimmelo se fai qualche altra modifica… promesso?- -Promesso!-. Poco dopo presi la mia roba e me ne andai –Ah! Yoskeha mi ha detto di dirti di dargli “l’arma nascosta”… sai cosa vuol dire?- -Ehm… certo…!- prese una grossa scatola di legno lavorata a mano e me la consegnò –Mi raccomando…- disse serio -…quando quel vecchio mi ha consegnato questa scatola… mia ha dato istruzioni che solo lui la possa aprire, se ci provi… non ricordo più cosa succede però non aprire!- -Va bene… lo prometto…- -Bene… buona fortuna Aetius Miles… Yoskeha ha visto qualcosa in te se ha deciso di istruirti… buona fortuna!- -E porta questi biscotti a quel vecchio!- Sally mi mise in mano un cestino di biscotti –Grazie!- feci un leggero inchino di ringraziamento e tornai alla tenuta. -Sei tornato!- mi salutò il vecchio leggendo il giornale –Già… quel tipo è davvero strano! Simpatico però…- -Com’è andata?- presi il bastone e attivai la lama –Bella… ooh! Vedo che Sally ti ha dato anche qualche biscotto! La pistola invece?- sparai un dardo contro la ringhiera in legno della scala –Ah… inaspettato…- commentò guardando il braccio –Ora avanti! Torniamo al lavoro!-. Il mio addestramento durò molto tempo. Mi allenai nella corsa e nell’arrampicata. Ogni giorno correvo tra gli alberi del bosco e salivo sopra di essi per poi saltare da un ramo all’altro. Feci anche pratica con il rampino imparando a sapermi bilanciare, ad usarlo per raggiungere sporgenze lontane mentre correvo e ad atterrare sempre in piedi Il combattimento prevedeva il corpo a corpo tramite l’uso di guanti con nocche rinforzate e la pratica con la falce. Imparai ad alternare colpi di lama con deviate, blocchi e contrattacchi con il resto del bastone come il pomello elettrificato. Feci pratica anche nelle pratiche dettate dal Credo. A sapermi nascondere velocemente e in qualunque posto, feci modificare a Josh le suole delle mie scarpe in modo da non essere udite quando cammino e feci pratica con i manichini a come uccidere restando nascosto. -Concentrati Aetius!- un giorno Yoskeha mi portò in riva alla scogliera dietro alla casa –Ci sto provando!- ero seduto con le gambe incrociate e gli occhi chiusi sul bordo della scogliera –Il sangue dei Precursori, ti rende diverso da qualunque altro essere umano! E’ questa l’eredità della tua famiglia… l’occhio dell’aquila! Devi sentire il mondo attorno a te! Unire tutti i tuoi sensi!- mi concentrai il più possibile. Gli occhi bruciavano. La testa mi faceva male. Ma continuai. La sensazione che ebbi dopo… non riesco ancora a descriverla… so solo che gli occhi mi si spalancarono e vidi il mondo. Il mondo delle ombre. Il mondo della luce. Tutto in un unico mondo… gli alberi, la terra, il mare e le case erano grigi e immobili. Io invece brillavo di luce argentea. Yoskeha invece era di un blu luminoso, non so perché ma quel colore mi diede una sensazione di sicurezza e conforto –L’occhio dell’aquila è un dono degli antichi, Aetius… pochi sono coloro che lo sanno usare, ti permette di vedere la vera essenza del mondo, è il tuo migliore alleato per trovare i tuoi bersagli! Ti dice di chi fidarti e di chi non fidarti…-. E così gli anni passarono. Dieci anni di addestramento, di meditazione e di apprendistato! Alla fine, le cose cambiarono con la fine dei settantaquattresimi Hunger Games. -Entrambi…- disse Yoskeha spegnendo la tv -…mai successo, Aetius, mai successo! E hai visto in che modo hanno fatto?- -Morsi della notte… o loro due o nessuno…- -Questo è il momento che aspettavamo Aetius!- Yoskeha provò ad alzarsi, lo aiutai a mettersi in piedi sul suo bastone –Grazie… sto diventando vecchio ormai! Eh…- -Dove andate maestro?- -E’ giunto il momento, figliolo… sei pronto ormai… quei due, agli Hunger Games hanno appena acceso la scintilla… ho visto guerre scatenarsi per molto meno! Un nuovo capitolo della storia sta per essere scritto! E la lama degli Assassini, guiderà la penna…!-

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