Blood of Freedom

di Mary40
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Erano ormai secoli che Arcturus, capo degli Evgeni, era alla ricerca di Esilea. La dea della libertà, secondo una leggenda, era stata scacciata dalla sua dimora eterna per essersi innamorata di un essere non divino. Ella, dopo aver assistito alla morte del suo amato ed essere stata bandita dai suoi Fratelli, aveva proclamato che, chiunque avrebbe ritrovato la sua anima perduta e l'avrebbe riportata al fianco del suo amato, sarebbe diventato immortale e avrebbe regnato per l'eternità sul mondo. E sicuramente egli, a causa delle sue smanie di potere, voleva appropriarsi persino di questo. E del resto chiunque desiderava poter ricevere l'immortalità, dono di cui nemmeno la millenaria regina delle fate Ellena era provvista.
Naturalmente Arcturus non poteva certo prevedere che, mentre fate e vampiri combattevano sanguinosamente nei campi di battaglia, la soluzione ad ogni problema si trovava all'interno di una culla di betulla, fedelmente custodita dalle mura di pietre che formavano Astralia, il castello della famiglia reale delle fate. E mentre il sangue dei suoi simili e dei suoi nemici veniva inutilmente versato in battaglia, la piccola, amata e coccolata, passava le sue giornate a ridere e a gioire. Ad essere quel piccolo bozzolo che portava ovunque gioia e serenità. E ad essere semplicemente lei: Serena.

Innanzitutto volevo ringraziarvi se siete stati tanto intrepidi da leggere questo primo capitolo. È la mia primissima storia quindi non aspettatevi un gran che. Accetto volentieri commenti sia positivi che negativi, che possono solo aiutarmi a migliorare. E se vi aspettate una specie di favola cambierete presto idea: non avete idea delle genialate che mi frullano in testa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Non avevo voglia di alzarmi dal letto. Era inverno e la mia adorata coperta di lana azzurra era così calda, ma il lavoro chiamava e il mio stomaco reclamava cibo a gran voce. Avevo passato la scorsa notte su un bellissimo libro intitolato Jane Eyre, che parlava di una governante che si innamorata del suo padrone. E come sempre mi ero addormentata all'alba. Con la promessa di riposarmi nel pomeriggio, cosa che poi non avrei fatto, scivolati da sotto le coperte e infilando i piedi nelle pantofole mi diressi nel bagno. L'acqua era gelida e dopo aver passato mezz'ora a pettinare i miei lunghi capelli castano scuro e a raccoglierli in una treccia riuscì a infilarmi il mio adorato vestito di velluto rosso. Il profumo dei krapfen caldi riusciva ad arrivare fino alla mia stanza e naturalmente mi fiondai nelle cucine per divorare quella delizia che Annie sapeva cucinare benissimo. Anche se erano soltanto le 8 di mattina la cucina era già in subbuglio. Afferrando un krapfen bollente mi fiondai nelle biblioteche. Era meglio non disturbare la mattina:erano tutti molto nervosi perché se la colazione non era di buon gusto per re Kaius, egli sarebbe subito diventato di cattivo umore. E se Viola non avesse ricevuto le sue violette candite sarebbero stati guai per tutti. Quel pomeriggio io, Pira e le altre avremmo dovuto accompagnare Viola alla fonte in modo che lei potesse finalmente rivedere i suoi tanto amati cigni. E noi, seppur non avendo ricevuto alcuna nozione per quanto riguarda la difesa personale, avremmo dovuto scortarla. La verità era che, nel caso noi fossimo state assalite, avremmo dovuto distrarre gli assalitori per dare il tempo a miss simpatia di scappare. Bella vita. Ma finché potevo avere i miei libri io ero contenta. Essendo una Leganda, un particolare tipo di Luxa, i libri erano la mia vita. Avevo la capacità di creare un'illusione identica a ciò che leggevo. Diciamo che praticamente tutto ciò che leggevo diventava reale per chi mi ascoltava. "Hey"esclamò ad un certo punto qualcuno alle mie spalle. Alena, con un grosso cornetto e la bocca sporca di marmellata, era entrata di fretta nella stanza. I suoi capelli biondi, quasi bianchi, svolazzavano dietro di lei e davanti alla sua faccia incollandosi alle macchie di marmellata sulle guance. "Oh beh li laveró più tardi"disse poi lanciandosi sul divanetto sul quale ero seduta io, sparpagliando ovunque delle briciole. Io le lanciai una smorfia prima di tornare al mio libro. "Si è già svegliata la smorfiosetta? "Disse addentando un pezzo di cornetto e pulendosi le mani sul vestiti bianco. C'era un'unica regola che tutti dovevano rispettare quando io leggevo: non disturbare o fare rumore inutile. Ma c'erano solo due persone al mondo che non lo capivano ed erano mio fratello minore Victor e lei, Altea. Sollevando lo sguardo dal libro notai che lei aveva rivolto tutta la sua attenzione al suo indice sporco di marmellata e stava cercando di ripulirlo completamente. "No" le dissi brusca riportando lo sguardo sul mio libro. "Bene e a che ora dovremmo uscire oggi?" "Verso le tre? "Proposi innervosita. "No, no usciamo prima che non ho voglia di ritornare quando è buio" A quel punto chiudendo il libro pronta a darle una risposta sferzante sentii una risatina. "Piantatela di comportarvi da bambine e accompagnarmi in sala da pranzo" ci ordinò Viola con fare sprezzante. A questo punto abbandonando tutti i miei propositi riguardanti il mio nuovo libro, mi incamminai con Alena dietro a Miss antipatia. Non riesco a dormire e quindi perché non aggiornare?? Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo. E aspettavi un aggiornamento più tardi quest'oggi. XXX

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


La mattinata trascorse serenamente: passai la giornata insieme alle ragazze, discutendo del più e del meno ma soprattutto della cotta che Leana si era presa per uno dei membri della Corte. Noi ci divertivamo veramente a passare lunghi pomeriggi a poltrire sul divano nel salotto adiacente alla biblioteca. Poi, verso le tre, ci avviammo tutte verso le nostre stanze per prepararci al lungo pomeriggio che ci attendeva. Viola era veramente pesante a volte, soprattutto quando cominciava a parlare dei suoi corteggiatori e della sua grandissima bellezza. Aveva lunghi capelli dorati, raccolti sempre in acconciature eleganti e complicate ed Indossava le vesti più belle, adornate da piume e pietre preziose. I suoi genitori erano abituati a viziarla e naturalmente non negavano mai un suo desiderio. Io, invece, abituata a vivere nella semplicità avevo passato l'infanzia ad invidiare i privilegi che le erano concessi; per poi rendermi conto che quella vanitosa non meritava affatto la mia invidia. I miei genitori erano morti quando avevo tre anni, durante un'imboscata dei vampiri e da allora avevo imparato a cavarmela da sola. Vestita del mio semplice abito e di un leggero cappotto uscimmo in quel tiepido pomeriggio di Marzo. La fonte che visitavamo era un poco distante dal castello ma, in qualche minuto, la avremmo raggiunta. Viola ci stava già straziando con i suoi inutili discorsi, ma da brave ancelle stavamo zitte zitte a far finta di ascoltarla annuendo ogni tanto. Arrivate alla fonte ci accocolammo tutte e cinque sul prato mentre Viola cercava di attirare inutilmente l'attenzione di un pesce che nuotata tranquillo nell'acqua. Ad un certo punto però Leana, la più giovane di noi, si girò verso un lontano albero. Agitata aveva cominciato a tirare insistentemente la manica di Alena che era girata verso Viola. "Dobbiamo andarcene"disse improvvisamente rivolta verso me e Pira"Adesso". Io mi alzai dall'erba, lasciando la coroncina di rami e foglie che stavo intrecciando, sulla riva del laghetto. Nel momento stesso in cui mi girai per richiamare l'attenzione di Viola sentii un urlo. Pira era stata ferita da un lungo coltello dal manico nero e il sangue usciva a fiotti dal suo braccio. Senza girarmi cercai di afferrare Viola, che era rimasta pietrificata a guardare la piccola Fotia che tentava disperatamente di estrarre il coltello dal suo avambraccio. Lanciando uno sguardo ad Alena cominciai a correre a perdifiato tirando Viola dietro di me ma un'ombra stava cominciando a formarsi sul nostro percorso. Vampiri. Come potevano essere entrati nel nostro territorio senza essere visti? Indietreggiando con la mano di Viola stretta nella mia andai a sbattere contro qualcosa. Il cuore mi scoppiava mentre incontravo lo sguardo di due occhi ferini. Ed affamati. Dovevo ricominciare a correre, dovevo scappare ma i vampiri ci avevano circondate. Scivolando a terra sfinita, trascinai con me Viola che, pallida e tremante, si era aggrappata al mio braccio. Erano lei che volevano e questo, Viola, lo sapeva. A che cosa gli sarei servita io? Poi il cerchio di vampiri si aprì facendo passare un creatura completamente avvolta in un mantello di velluto nero. "Quale di voi due è l'erede al trono dell'Astralia? "chiese lui con voce suadente. Ma com'era possibile?! Avevano organizzato il rapimento di una principessa e non sapevano neanche che faccia avesse. Viola si strinse di più al mio braccio con gli occhi abbassati al suolo. Grosse lacrime scendevano sulle sue guance e dalla sua bocca uscivano lievi singhiozzi. Mi fece pietà. Solitamente appariva superba anche in situazioni di pericolo ma in quel momento sembrava così vulnerabile. E mi venne un'idea: i nostri vestiti erano sporchi di terra e avevamo il viso sporco dalla pioggia che stava iniziando a cadere. Se lei si fosse fatta avanti la avrebbero sicuramente torturata e uccisa, bevendo il suo sangue. Ma se mi fossi fatta avanti io? Non avrebbero potuto uccidermi:secondo delle dicerie il sangue di Luxa era estremamente velenoso per i vampiri e ,se uno mi avesse morsa, sarebbe ,probabilmente, morto. Non potevo permettere che la uccidessero. Anche se la odiavo era pur sempre la mia principessa e io avrei dovuto proteggerla. Lui intanto si era avvicinato e si era tolto il mantello. Indossava vesti eleganti e sul fianco destro portava una cintura con dei pugnali. Uno dei quali mancava. Aveva il viso pallido, gli occhi scuri e le labbra violacee e carnose. Aveva capelli neri, tagliati corti, ed un fisico atletico. Era bello da togliere il fiato. "Sono io" dissi sentendo gli occhi di Viola su di me. Lui sorrise rivelandomi una cosa che avrei preferito non sapere:aveva un canino scheggiato. Era lui, il vampiro maledetto, il principe vampiro, colui che macchiandosi di tracotanza aveva attirato su di sé l'ira degli Dei. Era Arcturus. Fotia:fata che custodisce l'arte del fuoco. Ed eccoci qua con un nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto. Baci a tutte

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Arcturus, conosciuto da tutti come il Maledetto, era uno dei sette capostipiti della stirpe vampira. I suoi fratelli minori Dabih, Tarazed, Sirius, Phakt, Alhena e Hatysa avevano dato origine alle altre sei tribù di cui Arcturus era il sovrano. Ma, da quando Arcturus era diventato un traditore degli Dei, sul trono non vi era più il Guardiano ma Alcor, un vampiro fedele alle divinità. Gli Dei inoltre per punirlo del suo mancato rispetto lo avevano torturato per giorni per poi impedirgli di bere dal canino destro, il quale era provvisto di una grande crepa. Nessuno sapeva la colpa che Arcturus aveva compiuto per attirare su di sé la vendetta degli Dei e quasi nessuno era mai riuscito a vedere di persona il capo degli Evgeni. Eppure in quel momento quella creatura tanto leggendaria si trovava davanti a me e mentre si piegava per avvicinare i nostri volti un sorriso maligno gli distorceva le labbra. Afferrandomi il mento cominciò ad osservare con i suoi occhi attenti e vermigli il mio viso. Facendo poi un gesto ad uno dei suoi uomini disse "Mikael, prendi la ragazza e portala al Castello. Quello per cui sono venuto lo ho trovato." Mentre una guardia cominciava a trascinare Viola via dal bosco, Arcturus con le mani avvolte in guanti di pelle mi coprì il naso e la bocca con un fazzoletto dall'odore forte e pungente. E prima di essere trascinata nell'oblio sentii la sua voce dolce e suadente dire "Con te mi divertirò parecchio". Gli avvenimenti delle ore precedenti erano impressi nella mia mente quando mi risvegliai in un enorme baldacchino avvolta in coperte di velluto nero. La stanza, grande e spaziosa, era illuminata dalla luce del caminetto e di qualche candelabro, mentre alcuni bagliori lunari penetravano nella stanza da una grande vetrata che si affacciava su un giardino quasi in rovina. Nella stanza vi era anche un divano rosso affiancato da due poltrone e da un tavolino rotondo. In un angolo della stanza c'era una scrivania ed un piccola libreria. Vicino alla libreria vi erano due porte: una si apriva su un bagno dalle pareti in marmo nero, l'altra su una grandissima cabina armadio. I miei vestiti sporchi erano stati cambiati con una lunga camicia da notte in seta e pizzo che mi arrivava fino ai piedi. Entrata in bagno cominciai a riempire la vasca, che assomigliava di più ad una piscina, di acqua calda e una volta riempita scivolai nuda nell'acqua bollente. I capelli ondulati mi arrivavano fino ai fianchi e il mio corpo bianco pallido era ricoperto di lividi. Mi lavai i capelli e li raccolsi in un asciugamano. Una volta asciutta ritornati in camera dove ritrovai un carrello con dei coperchi. Avvicinandomi e alzandone uno trovai un piatto pieno di brodo caldo e ravioli e del brasato condito con olio e sale. Sotto l'altro invece c'era del pane integrale, del formaggio e delle calde arroste. Affamata cominciai a mangiare e soltanto quando ebbi finito bevvi un goccio di acqua dalla grossa brocca che si trovava sul ripiano più basso del carrello. Ora che avevo lo stomaco pieno potevo ragionare più facilmente. Provai ad aprire la porta e senza grande sorpresa la trovai chiusa. Pensai di rompere una vetrata con qualcosa ma poi non sarei potuta scendere poiché non avevo abbastanza coperte. Passai in rassegna almeno altri venti modi per uscire da lì ma nessuno pareva funzionare. Alla fine sconsolata, andai a prendere un libro e mi sedetti tranquilla sul divano. Dopo qualche minuto sentii bussare alla porta e una ragazza dai capelli castano chiaro e vestita da cameriera entrò. Afferrò il carrello e prima che potessi fermarla per chiedere qualcosa uscì dalla stanza. Dimenticandomi di lei dedicai tutta la mia attenzione al libro che avevo preso dalla libreria. La pelle con cui era stato rilegato era rovinata e le pagine erano ingiallite. Il titolo era "Vampiri". "Nullo padre di tutti gli Dei diede origine insieme a Larta, Deofene il primo uomo. Deofene, uomo giusto e saggio, amava follemente due donne: Lux e Tenebra sue sorelle. Sposandole entrambe diede alla luce due figli Kaius con Lux e Arcturus con Tenebra. I due fratelli erano sempre in guerra fra loro ed erano molto diversi: mentre uno passava le sue giornate alla luce del sole, l'altro preferiva rimanere nell'ombra. Deofene vedendo la rivalità dei figli decise di affidare a Kaius il regno della madre Lux e ad Arcturus l'altro regno. Fu così che i figli di Lux divennero le fate e i figli di Tenebra divennero i vampiri. Tenebra ebbe altri sei figli ognuno dei quali diede origine ad una fazione: Dabih I Massacratori, Tarazed I Falchi, Sirius Gli Scottati, Phakt Le Colombe, Alhena I Marchiatori e Hatysa Gli Spadaccini. Arcturus essendo il Guardiano inizialmente non aveva una vera e propria fazione ma col passare del tempo si formò la fazione degli Evgeni ovvero dei nobili." Nel momento in cui stavo per girare la pagina la porta sbatté facendomi urlare. Arcturus era infuriato e avanzando verso di me, chiese "Dimmi il tuo nome!" Non era possibile che mi avesse già scoperta. Mi avrebbe torturata? Uccisa? Violentata? Non lo sapevo e non ci tenevo a saperlo. "Viola" risposi con voce tremante. Mi afferrò la gola e mi spinse contro il muro. "Non mentirmi" mi sbraitó in faccia. Aveva il viso sudato e il respiro pesante. "Non mentirmi o sarà anche peggio quando mi risveglierò" disse stringendo la presa sul mio collo. L'aria mi mancava e cominciavo a vedere sfocato. "Dimmelo!" urlò spingendomi contro il muro. E in un attimo di debolezza lo dissi con un fil di voce. "Serena. Il mio nome è Serena" E mi accasciai a terra. Sì lo so è tardi e vorrete uccidermi. Scusate se troverete qualche errore ma sono veramente distrutta ed è probabile che qualcosa mi sia sfuggito. Notte XXX

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Arcturus, grande ex-sovrano dei vampiri, era ormai bloccato a letto da quasi tre giorni. E quando si svegliò la situazione non migliorò affatto: la febbre alta non accennava a scendere, i muscoli erano percossi da violenti spasmi ed era ancora in preda al delirio. Avevo dormito sul divano, svegliata almeno ogni due ore dalle sue grida di dolore. Non mi era permesso uscire dalla stanza e l'unica cosa che potevo fare era cambiare la pezza di acqua fredda che aveva sul viso. Avevo ancora i segni delle sue mani sul collo e mi stavano venendo fuori grossi segni violacei. Continuai a leggere il libro che avevo trovato dove venivano narrati alcuni miti dei vampiri. Quello che mi aveva più interessata era la leggenda che narrava di una bellissima fanciulla umana che si innamorava di un vampiro. Dopo averla quasi uccisa il vampiro le aveva promesso eterno amore per poi tradirla, spezzandole il cuore. Giurando vendetta all'amato e alla sua amante morì suicidandosi. Il suo spirito perseguito i due spingendoli alla pazzia. Vendicatasi l'anima della ragazza poté finalmente riposare in pace. Da allora chiunque avrebbe commesso un'adulterio avrebbe dovuto passare la vita in prigione fino alla morte del compagno. Sotto questo aspetto preferivo assolutamente i vampiri: noi non avevamo leggi a cui sottostare e perciò venivamo considerati quasi dei barbari dai succhiasangue. Guarda caso da un po' di tempo avevano cominciato a girare delle voci riguardanti una presunta relazione del nostro sovrano con un' altra donna. Ogni tanto la cameriera del primo giorno veniva a cambiare la pezza sulla fronte di Arcturus e a dedicargli tutte le sue amorevoli attenzioni. Finché il quinto giorno Arcturus, dopo una lunga dormita, si risvegliò e furioso scacció la ragazza per poi avventarsi su di me tempestandomi di calci e pugni. Dopo avermi colpita più e più volte mi lasciò cadere sul pavimento. Mi aveva spaccato il labbro e non ci vedevo da un occhio. Quando mi afferrò per i capelli gli sputai addosso e lui, in risposta, mi colpì di nuovo. Aprendo la porta cominciò a correre lungo scale e corridoi fino ad arrivare davanti ad un piccola porta nel piano più basso della residenza. "Non hai idea" aveva detto guardandomi negli occhi "di quello che ti aspetta". Mi aveva scaraventata nella stanza e legandomi le mani con una catena, l'aveva poi attaccata al soffitto. Lo sentii armeggiare con qualcosa per poi sentire lo schiocco di una frusta dietro di me. Urlai. Aveva intenzione di frustarmi. Grosse lacrime cominciarono a scendermi sulle guance, offuscandomi la vista. Schioccó nuovamente la frusta e questo bastò a farmi cedere le gambe: l'unica cosa che mi permetteva di non cadere era la catena che mi legava le mani. Tossii di una tosse secca e convulsa, spuntando grossi grumi di sangue. Nel momento stesso in cui la frusta mi toccò la schiena, svenni scivolando nel silenzio. Mi risvegliai qualche ora dopo e riconoscendo le lenzuola di seta del letto a baldacchino mi rilassai sul materasso. Non ero più in quella maledetta stanza e lui, qui, non avrebbe potuto torturarmi. Forse. Facendo leva sulle braccia mi tirai su: avevo il torace avvolto in una stretta fasciatura e sul petto si stavano formando dei lividi rossastri. Arcturus, seduto in poltrona, stava leggendo un libro e in mano teneva un calice. Improvvisamente appoggiò il bicchiere sul tavolo e si voltò a guardarmi. "Quindi, tu sei Serena" disse con un sorriso malizioso sul volto "e l'altra era Viola, giusto?" Mentre annuivo, lui si avvicinò a me scostando lo coperte che mi coprivano. "Oh beh," disse afferrandomi il fianco "vedrò di accontarmi". Cominciò a leccarmi la morbida pelle tra l'orecchio e il collo avvicinandomi a sé. Io, opponendogli resistenza, lo spinsi via, ricevendo come punizione un morso sul collo. Dalla ferita scesero alcune gocce di sangue che lui con occhi furenti seguì fino a quando queste non vennero asciugate dal cotone della fasciatura. Poi infuriato, ritornò sui suoi passi sedendosi sulla poltrona a pensare. Dopo alcuni minuti scivolai sul pavimento dirigendomi verso il bagno. Chiudendo la porta a chiave mi sedetti nella vasca aspettando che l'acqua bollente la riempisse. La schiena mi doleva terribilmente e avevo le labbra secche. Rimasi più di mezz'ora nell'acqua strofinando il mio corpo con una saponetta. Una volta uscita mi guardai allo specchio e notai sulla schiena un grosso segno rosso che era quasi completamente guarito. Uscendo dal bagno trovai il mio aguzzino che chiacchierava a bassa voce con un'altra cameriera. Fiondandomi sul vassoio che lei aveva portato cominciai a riempirmi lo stomaco. Solo quando ebbi finito lei afferrò il vassoio e uscendo dalla porta mi rivolse un sorriso sconsolato. Qualche minuto dopo Arcturus cominciò a parlare : "Per punirti dei problemi che mi hai causato con la tua bricconata, ho deciso che d'ora in poi tu sarai la mia schiava sessuale. Dovrai riferirti a me soltanto con il titolo di "Padrone" ed esigo che tu mi porti rispetto. Da ora hai il permesso di uscire da questa camera ma tutte le sere alle nove in punto dovrai trovarti qui. Dovrai vestirsi con gli abiti che ti farò recapitare, qui, ogni mattina e Becka" disse indicando la porta da cui era uscita poco fa la cameriera "sarà la tua cameriera personale. Tutto chiaro?". Annui lievemente. Arcturus però continuò a guardarmi e subito mi ricordai di quello che mi aveva appena detto. "Sì, Padrone". "Almeno impari in fretta" disse dandomi un buffetto sulla guancia. Poi dirigendosi verso la cabina armadio in fondo alla stanza ne uscì con il suo lungo mantello di velluto nero e un bastone da passeggio. Al cui fondo c'era una lama. Prima di uscire mi afferrò il mento e aggiunse:" Da questo momento non dovrai più provare sentimenti: non mi piace condividere le mie cose con altri. Se tu ti innamorassi voglio soltanto dirti una cosa: Lo uccideró davanti ai tuoi occhi e, ti assicuro, non sarà una cosa lenta" Dandomi un leggero bacio sulla guancia uscì dalla porta con il cappuccio del mantello alzato e il bastone nella mano guantata. Rimasi imbambolata a guardare la porta mentre scivolano, con le lacrime agli occhi, sul pavimento. La mia vita era appena diventata un' inferno.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Passai la notte in bianco. Avvolta in una pesante coperta sul divano, passai ore ed ore a pensare a cosa sarebbe successo quando lui sarebbe tornato. Le fate venivano considerate adulte una volta compiuti i 20 anni. Ed era allora che venivamo completamente istruite in materia sessuale: prima non ci era permesso avere rapporti e le poche che lo facevano, e venivano scoperte, venivano considerate quasi come delle criminali. E io di anni ne avevo solo 16. Quando le prime luci dell'alba cominciarono a sorgere, mi alzai e rinchiudendomi nel bagno cominciai a lavarmi. Impiegai più di mezz'ora a pettinarmi i capelli e avevo profonde occhiaie. Ero pallidissima e le mie labbra, di solito tendenti al rosso, ora sembravano quasi viola. Ritornando nella stanza trovai un grosso sacco di stoffa attaccato alla maniglia della porta. Lo afferrai e appoggiandolo sul letto, lo aprii. Un lungo vestito bianco ne uscì, rivelandosi in tutto il suo splendore. La stoffa era trasparente e tempestata di ricami floreali lungo tutta la sua lunghezza. Era bellissimo ma mi ricordò di quello che ormai ero diventata. Una schiava. Scacciando le lacrime me lo infilai. Imdossandolo, uscii dalla porta per avventurarmi nella residenza. Ogni tanto incontravo qualche cameriera che, interrompendo il suo lavoro, si fermava a guardarmi. Imbarazzata cercavo di coprirmi con le braccia ma era tutto inutile. Girai per ore ed ore nel castello, curiosando in ogni stanza, prima di arrivare alla biblioteca che era sicuramente la più grande che avessi mai visto. Libri su libri erano impilati negli scaffali che ricoprivano tutte le pareti e al centro della stanza vi era un grandissimo tappeto circolare. Cominciai a correre da uno scaffale all'altro finché una voce, proveniente dalla porta, mi fece girare. "Eccoti qui" disse quella che doveva essere Becka, la mia cameriera"non potevi aspettarmi prima di uscire". Afferrandomi per un braccio cominciò a camminare. Aveva i capelli biondi legati a crocchia e indossava la stessa divisa del giorno prima. Aveva il viso stanco e le mani callose. Il suo lavoro la doveva prendere molto. Mi trainó fino alla cucina dove in tutta fretta afferrò un carrello. Tutte le persone nella stanza cominciarono a guardarmi. Incrociando le braccia sulla pancia abbassati gli occhi mentre Becka intimava a tutti di riprendere il lavoro. Mi accompagnò fino alla mia camera dove mi servì sul tavolino vicino al caminetto. Lei, mentre mangiavo, riordinó la stanza, per poi fermarsi davanti a me quando ebbi finito. "Allora mettiamo bene in chiaro una cosa"disse appoggiando le mani sulle mie"quando ti svegli la mattina devi aspettarmi prima di uscire perché io non ho voglia di passare tre ore a cercarti qui dentro". Annuii guardandola negli occhi. Lei si alzò e dandomi un buffetto sulla testa mi rivolse un sorriso. "Pranzeremo tra un'oretta. Tu che vorresti fare intanto? " Becka che aveva cinque anni in più di me era la figlia di un nobile umano che però, impoverendosi a causa delle sue manie riguardanti l'alcol e il gioco, si era ritrovato costretto a vendere la figlia in cambio di qualche scellino. Scoprì di avere molte cose in comune con lei e ci divertiamo molto insieme. Passiamo il pomeriggio a chiacchierare mentre le mi acconciava i capelli con dei fiori e dei nastri. Poi all'ora di cena mi fece compagnia mentre mangiavo, cercando di calmare il violento attacco di panico che mi stava assalendo. Mi aveva detto che Arcturus era uscito a cacciare e che sarebbe tornato alle nove. Mi aveva poi aiutato a lavarmi e a pettinarmi i capelli. Io non ci riuscivo perché tremanvo talmente forte che non riuscivo a tenere niente in mano. Mi aveva detto di aspettarlo, vestita al centro della stanza e poi aveva passato il resto del tempo a coccolarmi e tranquillozarmi. Quando suonarono le nove mi diede un forte abbraccio e poi uscì dalla stanza. Rimasi quasi mezz'ora ad aspettare in ansia che lui tornasse e pregai con tutta me stessa gli Dei affinché mi aiutassero in questo momento di difficoltà. Poi la maniglia della porta della porta si abbassò e lui entrò, più bello che mai. Aveva il cappuccio abbassato e in mano portava ancora il suo bastone che però, ora, era imbrattato di sangue. Lasciando cadere il mantello per terra si avvicinò a me mentre una gocciolina d'acqua gli scese sulla fronte. Cingendomi la vita con un braccio mi catturó le labbra in un bacio, staccandosi subito dopo. "Dei! "Aveva esclamato facendo un passo indietro "Sei bellissima". Mi bació di nuovo aprendomi la bocca e infilandoci la lingua. Le sue mani, una nei capelli, una sulla schiena, mi stringevano al suo petto con forza. Una sua mano salì a slacciare i bottoni del vestito mentre l'altra mi teneva ferma la testa. Mi sfilò l'abito lasciandolo cadere per terra. Guardò il mio corpo nudo per qualche secondo prima di prendermi in braccio abbassandomi lentamente sul letto. Si sfilò la camicia e la cintura dei pantaloni per poi sdraiarsi su di me, baciandomi lo stomaco. Mi strinse con le mani i seni mentre leccava il mio ombelico. Il suo respiro mi sollevava la pelle e il mio corpo cominciò ad eccitarsi. Io distolsi gli occhi quando lui alzò i suoi a guardarmi. E poi arrivó il panico. Mentre lui si slacciava i pantaloni il mio cuore cominciò a battere fortissimo e fiotti di lacrime mi uscirono dagli occhi. Il mio respiro si fece pesante e affannato mentre stringevo le coperte con le mani tanto da farmi venire le nocche bianche. Nel momento in cui le sue mani mi toccarono i fianchi cominciai ad urlare raggomitolandomi su me stessa come un riccio. Lui rimase qualche secondo a guardarmi prima di abbracciarmi. Mi accarezzó la schiena e i capelli mentre mi asciugava le lacrime con la sua camicia. Si allontanò un attimo ed entrò nel bagno. Ritornò poi a letto con un bicchiere d'acqua fresca in mano e appoggiandomi la testa nell'incavo del gomito mi aiutò a bere. Dopo qualche minuto si sfilò i pantaloni entrando poi nel letto. Mi appoggiò delicatamente la testa sulla sua spalla e mi strinse a sé con entrambe le braccia. Poi dopo avermi augurato "Buonanotte" si addormentó. Io no. Non pensate per un attimo che adesso cominceranno a comportarsi in modo puccioso perché si stanno formulando tante idee nella mia mente contorta. Ho già iniziato l'altro capitolo ma penso di pubblicarlo domani pomeriggio. Notte XXX

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