Tu credi negli umani?

di nettie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Boris. (1) ***
Capitolo 2: *** April. (2) ***
Capitolo 3: *** Boris. (2) ***
Capitolo 4: *** April. (3) ***
Capitolo 5: *** Boris. (3) ***
Capitolo 6: *** April. (4) ***
Capitolo 7: *** Boris. (4) ***
Capitolo 8: *** April. (5) ***
Capitolo 9: *** Boris. (5) ***
Capitolo 10: *** April. (6) ***
Capitolo 11: *** Boris. (6) ***
Capitolo 12: *** April. (7) ***
Capitolo 13: *** Boris. (7) ***
Capitolo 14: *** April. (8) ***
Capitolo 15: *** Thomas. (9) ***



Capitolo 1
*** Boris. (1) ***


** 1 **

 

⇛ Boris  

 

Fin dalla tenera età, sono sempre stato soggetto a strane apparizioni. Fanno paura, e anche molto. Mi lasciano scosso ogni qualvolta che se ne presenta una, proprio non so dare una spiegazione.

Sento presenze, mi toccano, una volta mi sono svegliato nel cuore della notte e me ne sono trovato uno in bagno! Il colpo che mi è preso solo Dio lo sa.
Però, nonostante tutte le mie paure, mi astengo dal dirlo a qualcuno. Non voglio mica che mi prendano per pazzo, no, anche perché io sono perfettamente sano e quelle cose esistono. Le vedo io, con i miei due occhi, devi credermi. So che in questo mondo nessuno ci crede, tutti pensano che siano invenzioni delle religioni, che esistano solo nei libri, ma io posso dirti con certezza che non è così. Esistono, sono ovunque, e appaiono quando meno te lo aspetti. Potrebbero essere nell’armadio, sotto il letto, o magari accanto a te. In più occasioni mi hanno anche toccato, e la cosa mi ha irritato e non poco, ma devo dire che ne sono stato anche profondamente spaventato. Sono freddi, sono freddi come il ghiaccio e se un attimo prima li vedi, l’attimo dopo spariscono. E sai l’attimo dopo ancora che succede? Che vieni mangiato dalle paranoie, dai dubbi, e man mano che passano gli anni non riesci a fidarti neanche più di te stesso. Ho paura, ora. Ho paura come non l’ho mai avuta prima. Da qualche notte, sento una strana presenza che si fa viva solo quando mi metto a letto e riesco a rilassarmi. La sento sopra di me, è pesante, e quasi mi impedisce il respiro. Mia madre continua a tranquillizzarmi, mi ripete che si tratta semplicemente stress, ma io non ci credo. So quando si tratta di stress, e quando non si tratta di stress. Non so se queste apparizioni e sensazioni frequenti io possa definirle come un “potere speciale”, e l’unica cosa certa che so, è che vorrei esser nato normale come tutti gli altri.

Una volta giuro di averne visto uno piccolo, in fondo al corridoio nella penombra, sembrava stesse sbadigliando e non si accorgeva della mia presenza. L’attimo dopo, quando mi sono alzato, era sparito nel nulla. E dopo un po’, inizio anche ad arrabbiarmi, perché diamine, voglio vivere la mia vita in pace!

Da un altro po’ di tempo, invece, vedo una figura celestiale. Lei sembra non accorgersi di me, e ciò mi rende più facile osservarla in silenzio, quelle poche volte che ho la possibilità di vederla.

Ed ho sinceramente paura di dirlo ad un sensitivo o un qualcuno “esperto” in materia. Magari è solo la mia testa che ha qualcosa che non va e .. oh, non vorrei mai passare il resto della mia vita in una sudicia stanza d’ospedale.

Quando queste presenze strane si presentavano a me, da bambino, ero ingenuamente interessato a loro, ma come da copione, sparivano prima che io potessi rivolgere loro la parola. E ovviamente, per i miei cari, erano solo amici immaginari. Loro non capivano la gravità della situazione, e non potranno mai capirla. Solo quando sono finalmente cresciuto, ho iniziato a fare ricerche e a scoprire che non ero il solo. Eravamo in pochi, certo, ma almeno non ero il solo. Avevo la certezza che queste presenze tormentavano anche altre persone, a volte intere famiglie, per generazioni e generazioni. Mi hanno detto che molti occupano le case e fanno brutti scherzi ai proprietari, molti possono diventare violenti, e altri ancora rivelarsi delle vere e proprie entità maligne. Insomma, cose che non augureresti neanche al tuo peggior nemico. Altri ancora, invece, ti fanno visita solo la notte. E sai come si mostrano? Nel modo più crudele possibile! Non puoi capire amico mio, loro si fanno vedere sottoforma delle tue più grandi paure. Loro ti conoscono, e ti conoscono meglio di quanto tu possa pensare. Anche io all’inizio stentavo a crederci, ma poi mi sono visto costretto ad arrendermi, e a capire che sì, sto vivendo un incubo reale. Spero solo che queste cose mi lasceranno presto in pace, o davvero esploderò, sento di non poter reggere più tutto questo ancora a lungo. E’ tragico …

Però, non posso neanche dire che siano cose dell’ultimo momento. Nel senso, sono venuto a sapere di persone più vecchie di me che hanno i miei stessi “sintomi”, se così vogliamo chiamarli,  che probabilmente hanno ereditato dagli antenati. Mia nonna, per esempio, è sempre stata una donna molto religiosa, ma non credo che questo c’entri qualcosa con il mio essere “strano”.

Amico mio, penso proprio che tu sia riuscito a capire di chi - o di cosa - io stia parlando. E visto che so quanto la tua mente sia sveglia e quanto tu sia intuitivo, non mi resta che farti solo una domanda.

Tu credi negli umani?

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Capitolo 2
*** April. (2) ***


** 2 **

 

⇛ April

 

Non dormo bene da giorni, non mangio più, e ho chiuso i contatti con quei pochi amici che mi ero guadagnata durante questi quattro anni di liceo. Ma stasera avrò la risposta a tutti i miei problemi. Fin da piccola sono sempre stata fermamente convinta dell’esistenza di entità paranormali. E ne ho anche le prove, ho un motivo per credere in cose che non possiamo percepire. Loro ci guardano, loro ci toccano, ci fanno dispetti, loro .. loro possono essere molto pericolosi. Noi per loro siamo i fantasmi.  

Ma stasera, finalmente, contatterò quel fottuto spirito che mi tormenta da tutta la vita. Voglio sapere cosa vuole da me, perché .. perché mi cerca?

In molti mi avevano detto di stare lontano dalla tavola Ouija, ma questa volta proprio non ce l’ho fatta. Ho organizzato tutto nei minimi dettagli, e ora mi ritrovo con una rudimentale tavola Ouija sul tavolo e un bicchierino da liquore rovesciato su di essa. Le luci sono soffuse, ho acceso qualche candela per far sì che l’atmosfera si scaldi al punto giusto. Sono agitata, nervosa, desiderosa di conoscere il mio persecutore, ma allo stesso tempo vorrei tirarmi indietro. Sono sospesa su di un filo, e sento un macigno pesantissimo sullo stomaco.

Sono sempre stata una persona molto suscettibile ed emotiva, proprio per questo motivo alcune calde lacrime scendono sul mio viso a seduta appena iniziata. E sono lacrime colme di paura e desiderio, che ardono ustionando il mio viso. Guardo il foglio su cui sono scritte le lettere, guardo il bicchiere, e seguendo regole, ci poggio sopra un dito. Ora, la mia vita dipende interamente da quello stupido bicchierino rovesciato. Mi faccio forza, prendo un bel respiro, e con voce calma e decida chiedo.

 

« Chi sei? »

 

E non ricevo neanche un piccolo segnale. Aspetto qualche minuto, qualche segnale, fino a quando non sento la mia mano addormentarsi e l’aria farsi improvvisamente fredda. Rabbrividisco e stringo i denti, non ho la più pallida idea di cosa stia succedendo.

 

“ s o n o B o r i s ”

 

La mia mano è gelata, sembra muoversi da sola, e io non posso far altro che spalancare gli occhi, quasi terrorizzata da quello che sta succedendo. Non posso crederci, no, mi sento tremare, è tutto così surreale che vorrei lanciare un urlo di stupore. Ma non posso, devo mantenere la calma più assoluta. Eppure l’ho visto, ho visto la planchette muoversi da sola, lettera dopo lettera, con una decisione mai vista prima. E’ la mia prima seduta spiritica, la sto facendo da sola con l’intenzione di conoscere uno spirito che mi perseguita da anni, e neanche so se ho beccato quello giusto. Sono una stupida, e vorrei anche fare un’altra domanda, ma la voce mi si spezza in gola.

 

“Avanti, devi farti coraggio, April!”

 

Penso io, e subito, socchiudendo appena gli occhi, riesco a fare una seconda domanda. Quasi non mi sembra vero, ma la mia voce, questa volta, risulta titubante ed esitante. Ho domandato praticamente la prima cosa che mi è venuta in testa, e che infondo è una delle uniche domande che mi porto dietro da quando ho iniziato ad essere tormentata da .. questo spirito che sembra chiamarsi Boris. E così, le mie peggiori paure e i miei maggiori interessi ora hanno anche un nome. Un nome particolare. Boris.

 

« Che cosa vuoi da me? »

 

Ed ho paura di cosa io abbia appena domandato. Ho paura della risposta, ho paura che possa essere qualcosa di molto, molto brutto. Tipo una di quelle cose che non vorresti mai sapere in tutta la tua vita, quel genere di cose che fanno tanto male. E forse dovrei anche smettere di farmi così tante paranoie.

Però, al contrario delle mie aspettative, rimango minuti e minuti interi in attesa di una sola parola. Sono quasi sul punto di chiudere la seduta, quando “la cosa” mi risponde.

 

“ S e i b e l l a ”

 

Ah, questa è forte!
Un’entità di cui non conosco le origini mi fa i complimenti. Ma le sue parole, immediatamente, iniziano a farmi sentire i brividi. Proprio così, scariche e scariche di brividi scendono giù lungo la mia schiena, e posso benissimo avvertire le mie mani tremare. Tremare di cosa, poi non saprei. Di certo, quella che sto avvertendo dentro di me è tutto tranne che paura.

E’ qualcosa di molto simile alla paura, ma non paura.

All’improvviso, sento una fitta di gelo attraversare il mio corpo, e tutto si fa più tetro. Il bicchierino di vetro che mi fa da planchette schizza come un razzo sulla tavola, e l’unica cosa che riesco a cogliere, oltre che unica cosa risultata ovvia ai miei occhi pieni di terrore, è un numero.

 

0025

 

Sembra quasi un orario, a dirla tutta. Probabilmente un orario da rispettare, e solo a quest’idea rabbrividisco. Mezzanotte e venticinque. Spero che sia l’ora del prossimo millennio, stanotte non voglio che accada nulla di brutto.
… Oh mio Dio, perché non ho dato ascolto a cosa voleva dirmi prima? Dovevo mantenere la calma, diamine!

Purtroppo, non posso neanche chiedere a “Boris” di ripetere qualunque cosa avesse detto, che la planchette schizza sulla scritta “arrivederci” della tavola, e ogni mia speranza si incenerisce alla velocità della luce, si carbonizza davanti i miei occhi.

I miei occhi si riempiono di una certa rabbia, e li riduco a due fessure. Non ce la posso fare, sento una costante tensione crescere in me, e so che esploderò di qui a poco. E di qui a poco, è adesso.

Sbatto le mani sul tavolo e mi mordo con forza un labbro, prima di urlare il nome del mio maledetto persecutore, quello che sto imparando ad odiare.

 

« Boris! Boris! Chi cazzo sei? »

 

La rabbia ha la meglio su di me, e urlo con tutta la sua forza il suo nome. Per una delle poche volte che riesco a mettermi in contatto con una fottuta cosa che mi perseguita da anni, quest’ultima che fa? Mi saluta dopo neanche esserci scambiati due parole. Ma faccio schifo anche ai fantasmi o cosa? E non so proprio cosa pensare, in questo momento milioni di sensazioni ed emozioni mi stanno divorando l’anima …

Ma dopo aver chiamato il mio odioso persecutore, sempre a patto che questo “Boris” sia davvero lui, non ricevo nessuna risposta. O meglio, non ricevo nessuna risposta seria.

Posso sentire solo la temperatura scendere, e una forte folata di vento avvolgermi, scuotere l’atmosfera fino a romperla del tutto. Le candele si spengono, lasciandomi al buio e senza speranze, sì, ancora più di prima. Non posso far altro che rassegnarmi, alzarmi dal posto e andare ad accendere la luce, accogliendo un’apparente serenità in casa.

 

Solo dopo che il dispettoso Boris ha chiuso i contatti in tutti i sensi, posso benissimo notare che il mio piccolo Kira sta abbaiando con una certa foga contro una semplicissima parete. Non è la prima volta che lo fa, certo, ormai in famiglia siamo quasi tutti abituati alle stranezze di quel cane, ma non l’ho mai visto abbaiare contro un muro con così tanta rabbia e decisione.

Quasi quasi mi fa tenerezza, motivo per cui, una volta accese le luci e spente le candele, vado ad accoglierlo fra le mie braccia. Così, quella piccola peste sembra tranquillizzarsi immediatamente, nonostante mi sembri scosso da qualcosa che proprio non riesco a capire.

Solo quando mi libero del foglio di carta che ho ingenuamente convertito in uno degli oggetti più infernali dell’ultimo millennio, inizio a farmi le domande più strane, domande a cui ovviamente non so dare risposta, e che non fanno altro che aumentare l’alto tasso di paranoia che è in me.

 

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Capitolo 3
*** Boris. (2) ***


** 2 **

⇛ Boris

 

E così, lei ha cercato di mettersi in contatto con me. La sento, sento la sua paura, la vedo. Io non ho più paura, mi sono abituato. E’ passato così tanto tempo che ormai gli umani non mi fanno più così tanto effetto. Posso benissimo osservare quella luce che trema nei suoi occhi, quei due occhi che parlano da soli, ed il momento che tanto ho aspettato è finalmente arrivato.

Ho l’occasione di vederla da vicino. dopo tanto, tanto tempo.
I capelli neri le incorniciano il volto; una vera e propria delizia. I lunghi boccoli corvini le cadono lungo le spalle, ordinati e morbidi. Gli occhi verdi brillano, emanano più luce di quanto lei possa immaginare, quasi mi abbagliano. Le mani sono posate sul tavolo, posso vederla fissare quella maledetta tavola.
Solo Dio sa quante io ne abbia viste durante tutto il corso della mia esistenza, quante persone impertinenti mi abbiano invocato e quante poi se ne siano pentite, e solo ora arriva quella giusta, quella che ho puntato da sempre. Perché quello che voglio da lei è qualcosa che solo lei può darmi, è qualcosa di speciale.

 

« Chi sei? »

 

Mi domanda, e la sua voce è come il paradiso. La sua voce, per le mie orecchie, è la pace. E’ il silenzio dei silenzi, qualcosa che non si può spiegare. Vorrei tanto spiegarle tutto, ma non posso, non ora.
Dopotutto, chi sono io?
Sono tutto, come posso essere niente. Sono semplicemente l’essere che la perseguita da sempre, quell’essere che sembra essere tanto oscuro quanto interessante, e che alla fine non è tanto diverso da lei.

Ho due occhi, una bocca, un naso, un corpo con quattro arti, due braccia e due gambe. Il mio nome è Boris. Sono quello che comunemente voi umani chiamate “entità paranormale”, ma per noi, gli errori siete voi. La mia gente non crede negli umani, siamo in pochi a credere nella vostra esistenza. E lei è semplicemente una dei tanti che ha occupato il nostro mondo, e una dei pochi che ha avuto il coraggio di chiedersi delle spiegazioni. Sorrido appena, so che non può vedermi, non ho neanche la minima intenzione di mostrarmi.
No, non ora. Non mi mostrerò ora, ma più in là. Non sono mai stato un tipo particolarmente frettoloso, preferirei fare le cose con calma. Entrare nel profondo delle sue paure, conoscerla come nessuno l’ha mai conosciuta, perché lei mi sembra così speciale.

Ma pensieri a parte, ora tutta la mia energia è concentrata su quel misero bicchierino convertito in planchette, e non posso far altro se non esaurire i desideri della mia vittima.

 

“ s o n o B o r i s ”

 

La planchette danza leggiadra sulla tavola, i miei movimenti sono lenti ma decisi, ed i suoi occhi sono pieni di stupore. Mi diverte ogni sua singola reazione, gli umani sono così buffi. E lei invece è così bella, così ingenua, così intrepida.

Posso respirare il suo coraggio a pieni polmoni.

Mi avvicino di più a lei, so che non può vedermi, mentre io posso vedere ogni dettaglio della sua espressione, ed’è così deliziosa che la immortalerei per sempre in una fotografia. Nel preciso istante in cui mi fermo a contemplarla, è come se il tempo si fermasse.

Le labbra piene, a cuore, sono semichiuse, e lasciano intravedere appena quella fila di denti bianchissimi. Le guance sono rosee, non troppo scarne, e con il loro leggero colorito sembrano dare vita a quel viso così pallido. Il naso è piccolo e le forme armoniose, un’unica linea curva, un delizioso nasino alla francese. E gli occhi, oh, gli occhi fanno tutta la loro scena. Sono due preziosi smeraldi incastonati nel bel mezzo del suo viso, e brillano, brillano da far invidia a qualsiasi altro gioiello, brillano da far invidia ad una stella. E brillano di stupore.

 

« Che cosa vuoi da me? »

 

Sinceramente, aspettavo che mi facesse una domanda del genere. Aspettavo solo questo, in verità. E stasera non riceverà una risposta.

E’ troppo spiegato spiegare cosa voglio da lei, è troppo pretenzioso il fatto che lei voglia saperlo solo al nostro primo incontro.

Io so con certezza che non sarà neanche l’ultimo, quando invece lei ha mille dubbi. Ed’è meglio che sia così, è meglio che viva con mille dubbi, almeno per ora. Perché non è il momento di scoprire la verità, una verità così macabra e brutta che non dovrebbe mai essere rivelata.

Io da lei voglio qualcosa che mai nessuno della mia razza ha osato pretendere dalla feccia di questo mondo, e voglio quel qualcosa solo perché sento che lei è l’unica ad essere in grado di soddisfare il mio desiderio.

L’unica mia possibilità di scamparmene da questo disastro che ho appena creato, è rispondere con un’ovvietà. Andiamo, lei è una donna, e a tutte le donne piacciono le ovvietà.

 

“ S e i b e l l a ”

 

Con quelle semplici parole sono riuscito a distrarla, proprio il mio intento. Non me ne rimango più in disparte, anzi, faccio schizzare con violenza la planchette sulla tavola. “Stanotte”, avrei voluto dire solo quello, ma ho talmente fretta che non sono sicuro di cosa io abbia scritto. Mi soffermo in particolar modo sulla sezione dei numeri, di cui ne scelgo quattro, in modo da formare “0025”. Oh, dannazione, sono così agitato.

Probabilmente non avrei dovuto mettermi in contatto con lei, probabilmente non ora. Ma andiamo, lei sembrava davvero disperata, e io avevo bisogno di allacciare un certo rapporto con lei. Solo quando si accorge di cosa stia succedendo, posso capire quanto si senta confusa.
Faccio schizzare nuovamente la planchette sulla tavola, ma stavolta decido di farla finire su “Arrivederci”, e chiudere definitivamente la seduta, salutando la mia nuova amica.

Quello che lei non sa, è che da ora in poi, sarò sempre al suo fianco. Oh no, non me ne andrò via un solo secondo.

 

« Boris! Boris! Chi cazzo sei? »

 

Neanche il tempo di realizzare cosa stia succedendo, che la sento urlare con tutte le sue forze. Se prima la sua voce sembrava un tenue miagolio, ora è un potente ruggito, ma non può spaventarmi.

Mi fa piacere che lei abbia imparato il mio nome così velocemente, che se lo sia ricordato al momento opportuno, e che l’abbia anche pronunciato anche in modo esatto. Le conviene imprimerlo bene nella mente, perché Boris diventerà il nome di ogni suo incubo, e di ogni sua paura, se non il nome di ogni suo pensiero. Diventerò il centro del suo mondo, da questa notte in poi, finché la morte non verrà ad unirci per sempre.

 

Accende la luce, e gli occhi iniziano a bruciare; davvero non ero pronto a quel cambio repentino d’atmosfera. Mi copro appena il viso con una mano, abbasso lo sguardo, e uno stupido animale mi sta abbaiando contro. E’ piccolo e sembra piuttosto indifeso, ma il suo verso squillante mi infastidisce, e non poco.

Per fortuna, la mia giovane April viene in mio soccorso, e allontana quel malefico esserino dalla mia presenza. Lui può vedermi, e può mettermi i bastoni fra le ruote, è meglio se non fosse presente ad intralciare il rapporto fra me e lei, ma purtroppo…

Ora, non mi resta altro che aspettare. Mi avvicino a lei, e in tutta tranquillità mi avvicino al suo orecchio con un sorrisino sornione stampato sul volto.

« Ci vediamo questa notte. »

 

Sussurro un’unica e semplice frase per il puro gusto di dirla, per il puro gusto di confermare ancora una volta la mia invisibilità, la mia apparente inesistenza ai suoi occhi, per il puro gusto di divertirmi un po’.

 

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Capitolo 4
*** April. (3) ***


** 3 **

⇛ April

 

Non riesco a dormire, è una vera tortura, vorrei imbottirmi di farmaci e non svegliarmi più. Sono giorni che non chiudo occhio, sono sempre più nervosa, arrrgh, mi sembra di impazzire. O probabilmente sono già diventata pazza, sì, solo che non lo voglio capire perché sono una brutta testa dura. “Sei bastarda, egoista e ti impunti sempre troppo … !” Ecco cosa è solito dirmi Thomas, quella sottospecie di essere unicellulare che io chiamo ingenuamente migliore amico. “... ma ti voglio bene, lo sai!” ed ogni volta che ricordo queste parole, mi scaldano il cuore. E ora sono qui, sola, nel letto, a girarmi e rigirarmi mentre cerco qualcosa da fare per ammazzare il tempo, o meglio, farmi venire sonno e finalmente addormentarmi. Ho bisogno di dormire, Cristo Santo, qualcuno mi aiuti. Ho ancora in mente le stupide parole di quel fottutissimo fantasma, ma più passano i giorni più mi rendo conto che quel “0025” non vuol dire proprio niente di niente. Sinceramente, ci sono rimasta male. Pensavo in una nuova avventura, in un qualcosa di estremamente intrigante e che mi avrebbe resa l’idolo di tutti una volta raccontata l’esperienza. E invece .. oh, dovrei davvero smetterla di farmi aspettative inutili e pretenziose, alla fine ricevo solo un mare di delusioni, delusioni da parte di cose che nemmeno esistono. E’ tutto così scoraggiante, a volte. Mentre vegeto nel letto a non fare proprio un bel niente, decido di prendere il cellulare ed inviare un messaggio a Thomas, sperando che non si sia addormentato.

 

A: Thomas

Da: April

19/05/2012 -  00:09

Ti prego, dimmi che sei ancora vivo!

 

Aspetto un paio di minuti sperando in una risposta veloce e diretta, mentre fisso con insistenza il cellulare fra le mie mani. E finalmente, dopo neanche tre minuti, la risposta tanto attesa arriva e mi colma di felicità, ora devo solo sperare che lui non abbia intenzione di andare a dormire proprio quando la sua migliore amica ha bisogno di aiuto!

 

A: April

Da: Thomas

19/05/2012 - 00:12

Ovviamente! Che succede?

 

A: Thomas

Da: April

19/05/2012 - 00:12

Non riesco a dormire, come sempre.

 

A: April

Da: Thomas

19/05/2012 - 00:14

Ma dai… hai provato a prendere una camomilla? :(

 

Aah, sempre con queste camomille! Ma non pensa mai ad altro? Faccio come per sbroccargli via chat, ma alla fine mi calmo, prendo un bel respiro, e rispondo con tranquillità. Forse, oltre ad essere bastarda ed egoista, sono anche abbastanza impulsiva. Ma ringrazio mamma per avermi insegnato ad avere autocontrollo. Il mio autocontrollo, però, se ne va a quel paese appena sento qualcosa di sinistro salire sul mio letto ed accoccolarsi accanto al mio piede destro. Inizio a sudare freddo e il cuore minaccia di uscire dalla cassa toracica, vorrei urlare e mandare via quel coso caldo che si sta avvicinando sempre di più a me, ma “devo mantenere la calma”. Solo quando mi ricordo di avere un cane, torno con i piedi per terra. Sobbalzo quando lo sento muoversi, ma continuo a ripetermi che in fondo è soltanto il mio cane, perciò non devo avere paura. Nonostante tutto, i miei occhi sono serrati e non intendo muovermi, a costo di rimanere così in eterno, mi sembra quasi di trattenere il respiro.

-- oh Dio, lo sto trattenendo per davvero. Il mondo ricomincia a girare quando sobbalzo prendendo la boccata d’aria che tanto mi sono meritata, e apro finalmente gli occhi. Guardo in basso, e vedo un piccolo ammasso di peli che mi sta guardando con i suoi due occhioni giganti.

 

“Kira, un giorno di questi mi farai prendere un colpo!”

 

Penso fra me e me, prima di prendere fra le braccia quel batuffolo di peli e stringerlo forte. Lui sembra ricambiare con piacere l’abbraccio, tanto che una volta accomodato chiude gli occhi, con la testa sulla mia pancia, e quando sono sicura al 100% che si sia addormentato, mi ricordo che ho praticamente appeso Thomas in chat.

 

A: Thomas

Da: April

19/05/2012 - 00:20

No, non la voglio la camomilla! Quella fottutissima tavola mi ha suggestionato fin troppo… >.<

 

Sospiro, e chiudo gli occhi per riposarli. Tanto non mi addormenterò, ne sono sicura. Sto semplicemente aspettando la notifica di Thomas, che non tarda ad arrivare.

 

A: April

Da: Thomas

19/05/2012 - 00:22

Ancora con quella storia?? Devi dimenticarla!

 

A: Thomas

Da: April

19/05/2012 - 00:22

No, non voglio dimenticarla! Secondo me c’è qualcosa sotto.

 

A: April

Da: Thomas

19/05/2012 - 00:23

Certo, sotto c’è solo la tua suggestione. Torna nel mondo degli adulti UMANI, April.

 

E le sue parole sono come una spada in pieno petto, e fanno male. Ancora non capisco perché il mio migliore amico di sempre non voglia credermi, anzi, che mi dia anche della pazza psicopatica sofferente di qualche patolog..

No, okay, forse sto esagerando, ma ci rimango male. E da lì, decido di non rispondergli e lasciarlo ad aspettare una mia risposta. Una risposta che non arriverà mai, ovviamente. Mi rifugio sotto le coperte e stringo il piccolo Kira a me, che nonostante sia solo un piccolo cagnolino, russa come un maledetto cinghiale! A volte, quel cane, mi fa seriamente paura.

Sì, più paura della cosa che non vuole lasciarmi in pace.

E’ .. strano, tutto questo. Troppo strano, ma allo stesso tempo così normale. E diventa tutto più strano quando mi trovo sul punto di dormire, in quell’angoscioso attimo che separa il sonno dalla veglia, quello che non vivevo da giorni interi. Quasi mi sembra di essere in paradiso, quando si fa tutto più orrendo. Il letto manca da sotto il mio corpo, non sento più niente, non sento gambe, piedi, braccia e mani, riesco solo a tenere gli occhi sbarrati e il mio fiato sospeso. Occhi sbarrati poi, non so neanche cosa io stia guardando. Non riesco a capire più niente.

Mi sento cadere, ecco, ma non cadere da un semplice letto, cadere da un fottutissimo palazzo, dal quindicesimo piano. Il panico si impossessa di me, provo ad urlare, ma le orecchie fischiano talmente forte che non riesco a sentire la mia stessa voce. E’ un Inferno, un maledettissimo Inferno, fino a quando atterro. Riesco di nuovo a sentire i miei stessi respiri, muovo gambe, piedi, braccia e mani, tiro un enorme sospiro di sollievo, anche se sono abbastanza irritata tanto quanto impaurita. Mi giro su di un fianco, e il mio piccolo batuffolo è ancora lì, a dormire beato come se nulla fosse successo.

Chiudo gli occhi e metto le mani sotto il cuscino, storcendo il naso. Sapevo che qualcosa sarebbe andato storto, e questa notte non dormirò di nuovo. Schiudo appena gli occhi, il buio non mi piace, non mi piace più. Al pallido bagliore di luna che riesce a penetrare dalle tapparelle appena alzate della mia finestra, riesco a scorgere una sagoma scura, che man mano si fa più nitida, e riesco a vedere ogni singolo suo dettaglio, mentre metto a fuoco con la vista.

Sono paralizzata, riesco a pensare solo una cosa.

 

“Dio mio, ti prego, dimmi che sto sognando.”

 

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Capitolo 5
*** Boris. (3) ***


** 3 **

⇛ Boris

 

La puntualità non è mai stata il mio forte, o meglio, a me piace far aspettare le persone. Mi piace portarle al limite dell’esasperazione, mi piace vederle soffrire, mi piace star vicino a loro senza che si accorgano di niente. Gli esseri umani sono così incredibilmente interessanti, sotto certi aspetti. La mia cara April ha passato giorni e giorni in attesa della mia venuta, ma non sa che le sono stato costantemente vicino, sempre, ogni ora, in ogni attimo della giornata. Sono stato lì, accanto a lei, e non l’ho lasciata neanche un secondo.

Le ho sempre tenuto compagnia durante le sue notti insonni, ho visto il suo stupido cane abbaiarmi contro e poi fuggire intimorito, l’ho vista angosciata a causa della mia comparsa, l’ho vista attendermi ogni singola notte, l’ho vista riflettere e disperarsi ripensando a quella sera e a quella maledetta tavola. Ma il suo sguardo in questo preciso momento è qualcosa di impagabile, qualcosa che mi delizia a tal punto di avvicinarmi a lei più di quanto io non abbia mai fatto.

La notte è la mia signora, una signora da portare al ballo, la stanza è immersa nel buio e le tenebre mi avvolgono in una frescura rilassante, sono vestito di sola oscurità. Le ombre volteggiano in modo confuso intorno a me, danzano in mio onore, io, che me ne rimango in disparte in un angolo della sua stanza. Solo un piccolo spiraglio di luce filtra dalle finestre serrate, dona atmosfera alla situazione, illumina il viso della ragazza che ho vegliato per così tanto tempo, un viso che ormai conosco così bene. Ma quando sento la piccola April rigirarsi nel letto e farsi da scudo con le coperte, la mia attenzione ritorna interamente su di lei.

E’ mezzanotte e venticinque minuti.

I suoi occhi puntano solo alla mia figura.

I miei occhi puntano solo alla sua figura.

Mi avvicino con estrema lentezza a lei, i passi pesanti riecheggiano per tutta la stanza e spezzano quel silenzio inverosimile, il mio respiro è terribilmente rumoroso tanto da darmi quasi fastidio, posso sentire i battiti del suo cuore farsi improvvisamente veloci, martellare contro il petto. Il piccolo cagnolino inizia a ringhiare pesando di minacciarmi, e scivola fuori dalle braccia della tanto cara padroncina, sostando in un angolo del letto. Quando mi ritrovo vicino a lei, posso studiare al meglio la sua espressione. E’ totalmente paralizzata, i suoi occhi verdi brillano al chiarore di luna e le labbra sono piegate in un’espressione terrorizzata. La cosa mi piace, mi piace a tal punto che non posso far a meno di sorriderle in faccia, un sorriso ampio, un ghigno, oserei dire.

Non può fare niente, è nelle mie mani, ora. E’ solo mia, almeno per questa notte. Mi siedo ai bordi del suo letto con una lentezza esasperante, voglio che lei noti ogni mio singolo movimento, voglio che le rimanga per sempre impressa questa notte nella mente, che il mio pensiero la perseguiti costantemente.

Poso una mano sul suo viso, lo carezzo con lentezza mentre i miei occhi di ghiaccio brillano nel buio. La vedo irrigidirsi più di quanto già non lo fosse, ma la cosa che mi rassicura è che non può scappare da me, non questa notte. Non ho intenzioni cattive, la violenza non è il mio esatto modo di agire, voglio solo rimanere lì con lei, che ora mi guarda come probabilmente non ha guardato nessun altro in tutta la sua vita.

Sono davvero così strano? Dopotutto, somiglio ad un umano qualsiasi.

 

« Ciao, April. »

 

Le sussurro, avvicinando il mio volto al suo. I miei occhi scrutano i suoi, grandi e luminosi, che in questo momento brillano di paura. La vedo aprire bocca e mostrare quella fila di denti bianchissimi, ma non produce alcun suono. Le labbra rimangono così, schiuse, mentre continuo a carezzarle con lentezza il volto. Il mio tocco è freddo ma gentile, delicato, pacato, e con il passare di minuti la vedo rilassarsi, distendere e socchiudere appena gli occhi, che nel giro di qualche secondo si chiudono definitivamente, oscurando quelle due perle, verdi e luminose.

Ma non faccio in tempo ad osservare la piccola April dormiente che un urlo traversa le mie orecchie come un fil di ferro da parte a parte, è un urlo acuto, di quelli pieni di terrore, che traboccano angoscia a non finire.

Lei sta urlando, sta urlando con tutte le sue forze, e lo sta facendo contro di me, come a volermi scacciare. La sua ingenuità mi fa solo allargare le labbra in un sorriso, un sorriso grande e malizioso. Il suo grido per me è pura energia, mi nutro della sua paura.

Le mie mani si serrano sulle sue spalle, immobilizzando quella povera creatura contro il materasso che le fa da rifugio. Le urla cessano, ora ci sono solo i nostri respiri a fondersi l’uno con l’altro, ed i miei occhi nei suoi. L’attimo di terrore svanisce facendo spazio alla perplessità, mentre osservo calde ed abbondanti lacrime rigare il suo viso di porcellana. Quelle lacrime, per me, sono nutrimento indispensabile per la mia sopravvivenza. Schiude le labbra da cui proviene un suono chiaro ma spezzato, soffocato dalla pesante atmosfera del momento.



 

« Chi sei…? »

 

E’ tutto quello che mi domanda, la sua vocina velata trabocca di paura, e mi nutro anche di quella. Sovrastandola inarco un sopracciglio, dubbioso e deluso dalle sue parole. Davvero non si ricorda del suo incubo peggiore?

Dovrebbe essere felice; ora può dare un volto al suo problema, oltre che un nome, e invece sembra non avere la più pallida idea di cosa stia succedendo.

Allungo il viso al suo, e tiro un lungo sospiro che la fa rabbrividire.

 

« Boris. »

 

Le mie parole sono secche e lasciano trasparire un certo astio nei suoi confronti. Questo sentimento amaro ed improvviso ora alimenta una lieve antipatia contro April, che proprio non si è accorta di avermi offeso. Ma forse - molto probabilmente - è troppo presa dall’elaborare la situazione, non posso pretendere troppo. E’ un misero essere umano, devo ricordarlo.

Passano i minuti, i suoi occhi persi nei miei, e nessun segno di voler rispondere, solo lunghi respiri da parte sua, e copiose lacrime a bagnare il suo viso, finendo il loro viaggio giù, sul cuscino.

Il mio respiro è pesante e si scontra con la sua pelle liscia, fino a quando non viene a mancare.

 

« .. perché? »

 

La sua domanda mi lascia senza fiato, ha appena detto l’unica cosa che non mi sarei mai aspettato.

Vuole sapere perché? E’ troppo complicato, tanto che non l’ho quasi capito neanche io. La triste verità è che un perché esatto non c’è, non esiste e basta, deve farsene una ragione. I suoi occhi fanno tremare le mie mani, allento la presa sulle sue spalle, e questo gesto le permette di ritrarsi in un angolo del letto. Mi lancia uno sguardo pieno di paura mentre prova a trattenere in ogni modo i singhiozzi che la fanno sussultare poco a poco, rendendola ancora più vulnerabile sotto il mio sguardo freddo e severo.

Tiro un lungo e pesante sospiro per intimorirla ulteriormente, il mio petto si alza e si abbassa con fare minaccioso, i miei pugni sono stretti e i miei occhi sono ridotti a due fessure da cui penetra un’ambigua ed ipnotizzante luce azzurra.

Mi sono spostato all’unisono delle ombre, trascinandomi dietro quel pesante mantello di oscurità che mi avvolge come se fossi il più potente dei Re. La mia voce risuona in quel tetro e curioso silenzio, spezzando quella sorta di tranquillità che si era creata. E’ fredda, cupa, terribilmente profonda, e la fa tremare per l’ennesima volta.

 

« Non puoi liberarti di me. »

 

Semplice e diretto, schietto, senza ripensamenti. Lei mi fissa ancora una volta, ma sul mio volto non c’è più il solito ghigno divertito, no, solo un espressione seria che non lascia traspirare niente di niente.

Vedo i suoi occhi scintillare in forte contrasto con il freddo buio che ci circonda; si stanno riempiendo di lacrime ancora una volta, e queste ultime iniziano a scorrere rapide sulle sue guance, rigandole - bruciandole di dolore.

La osservo in silenzio mentre sfoga il suo dolore e la sua angoscia, ritirandosi in un angolo del letto, allontanandosi dalla mia figura. Non scolla gli occhi da me, non muove un muscolo, rimane lì, inerme, e intanto io assorbo la sua paura pezzo dopo pezzo, ne faccio tesoro.

Quando sembra essersi addormentata ormai l’alba è alle porte e l’oscurità inizia a svanire, denudandomi e privandomi di ogni forma, portandomi via con sé. Non posso oppormi al suo volere, e mentre il sorgere del sole elimina la mia presenza riesco a dare solo un’ultima carezza a quei rossi capelli morbidi.

 

{ Angolo autrice:

 

okay, non potete capire quanto diamine è stato difficile scrivere questo capitolo. Roba che ci avrò messo .. non so, ma decisamente troppo tempo. La figura di Boris è abbastanza complicata da descrivere, ed io ho ripensamenti in continuazione. ; _ ;
Grazie comunque per aver letto queste righe, e ci vediamo al prossimo capitolo!

- nettie.

 

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Capitolo 6
*** April. (4) ***


** 4 **

⇛ April

 

Non mi stupirei se camminando per le strade di Brooklyn mi scambiassero per uno zombie: il mio aspetto stamattina è un fottutissimo disastro. Cammino a testa basta, lo sguardo stanco gettato al marciapiede, ed i capelli disordinatamente legati in una treccia che di treccia ha ben poco. Non ho chiuso occhio per tutta la notte - ancora una volta, sì. Stavolta sono stata perseguitata da mani, risate, occhi di ghiaccio che mi scrutavano attenti nella notte. Non so proprio cosa mi sia successo e ancora non riesco a capire se io abbia sognato o meno, tutto quello che so è che lui era lì, nella mia stanza, seduto sul mio letto, a pochi centimetri da me. E l’ho visto chiaramente, e non so dire se l’abbia trovato bello da morire o viscido e disgustoso. La mia testa era un viavai di pensieri, una specie di esplosione, e mi faceva male tutto, non riuscivo a capire: era come se avessi perso il controllo del mio corpo.

Finalmente, con la vista appannata dal sonno, e la mente annebbiata dai troppi pensieri, riesco a raggiungere la mia classe malconcia. Mi scappa un silenzioso “buongiorno” dalle labbra secche, flebile quanto basta per non far attirare l’attenzione su di me.

Al mio arrivo, Thomas sgrana gli occhi e fa spazio sul banco anche per me. E’ il mio vicino di banco dai tempi delle elementari, ed’è sempre stato un grande disordinato.

Senza proferire parola mi siedo poggiando - buttando - in modo brusco lo zaino per terra, suscitando l’attenzione e lo sguardo severo del professore della prima ora proprio su di me. Abbasso il capo, getto lo sguardo al pavimento e tiro un lungo paziente sospiro, mentre sento alcune risatine provenire dall’altra fila di banchi. “Non c’è niente di divertente in tutto questo”, mi affretto a pensare, storcendo la bocca in una smorfia che trabocca di fastidio e disgusto. Tiro fuori i libri, e poi incrocio lo sguardo di Thomas, i suoi occhi color nocciola si fondono con i miei.

 

« Scusa … cioè -- forse ieri sera sono stato un po’ troppo duro. »

 

Mi è sembrato per caso di udire delle scuse provenienti proprio dall’orgoglioso Thomas? Sì, mi ha chiesto scusa.

Evento! Evento!

Lo guardo abbastanza sbigottita ed inarco un sopracciglio, posando poi una mano sul suo braccio, a sua volta poggiato sul banco. Tiro un lungo sospiro - vorrei dirgliene di tutte i colori, ma mantengo la calma, e ancora una volta sento l’autocontrollo scorrermi nelle vene.

 

« Ehi, è tutto okay. Non fa niente, davvero. »

 

Increspo le labbra in un ampio sorriso tirando gli angoli da orecchio ad orecchio, per poi dargli un pugnetto abbastanza amichevole sulla spalla. Conosco bene Thomas, conosco ogni senso di colpa che lo affligge, ma purtroppo conosco anche il suo orgoglio sconfinato. E’ più che positivo il fatto che mi abbia chiesto scusa, non voglio fargli pesare la cosa neanche per sbaglio.

Lui ricambia il sorriso, per poi aprire il libro di Storia e gettare lo sguardo a quelle righe confuse, probabilmente non sa neanche cosa sta leggendo, lo fa per sviare l’imbarazzo. Conosco Thomas come le mie tasche, insomma, l’ho incontrato per la prima volta che portavo ancora il pannolino.

 

Durante le ore successive, la mia testa è piena di pensieri confusi che girano in ogni direzione, un grande, grandissimo nodo impossibile da sciogliere. E questo nodo mi da un fastidio tremendo, tanto che neanche riesco a seguire la lezione. Sono seduta in modo abbastanza scomposto sulla sedia, quasi come se fossi qualcosa di molle ed inconsistente che si poggia fra la sedia ed il banco. Sono una mozzarella, ecco. Una mozzarella zombie che sta per crollare di sonno e che tiene gli occhi semichiusi, guardo solo la cattedra. Le parole pesanti del professore giungono ovattate alle mie orecchie, fino a quando qualcosa non mi riporta alla realtà.

Una carezza, un solo tocco freddo e un po’ trascinato, incredibilmente rilassante tanto quanto scioccante.

Istintivamente sobbalzo e mi guardo indietro, ma essendo all’ultimo banco, non trovo nessuno dietro di me. Poi sposto lo guardo su Thomas allarmata, ma è assorto nella lettura. La voce del professore ora è fastidiosa, altisonante, così fastidiosa da volermi quasi tappare le orecchie, od urlare e spezzare quel fragore con qualcosa di più potente.

Do’ un’occhiata generale intorno; chi gioca al cellulare sapientemente nascosto dietro un astuccio, chi è nelle mie stesse condizioni di mozzarella - zombie, chi crea un altrettanto fastidioso brusio con chiacchiericci inutili, e quei pochi che danno attenzione a quella povera anima dietro la cattedra.

Sento un altro di quei tocchi, qualcosa di freddo affondare fra i miei capelli e pettinarli lentamente, rabbrividisco e mi viene da stringere gli occhi per qualche secondo. Mi sento confusa, stranita, mi sento male, e queste sensazioni orrende aumentano quando mi sento avvolta in un qualcosa di altrettanto freddo, di così .. poco umano. Tiro un lungo sospiro e alzo le braccia al cielo come per sgranchirmi, nella sola ed unica speranza di far cessare quel momento di panico. Ad un tratto è come se facessi fatica a respirare - diamine, sembra tutto così pesante, ogni movimento, ogni pensiero è come se mi lacerasse la testa.

Per distrarmi il più possibile decido di portare lo sguardo su Thomas; sta controllando un messaggio e stringe gli occhi per mettere a fuoco la vista. Dopo un po’ si accorge di me, si accorge dei miei occhi puntati su di lui, e tirando le labbra in un sorrisino si avvicina a me.

 

« Torno fra un po’. »

 

Mi dice, e poi lo vedo alzare la mano, alzandosi appena dalla sedia. Sembra come aspettare qualcosa, qualcuno, sembra nervoso ed agitato, nei suoi occhi nocciola brilla una strana luce mai vista prima. Quando il professore gli da la parola, chiede di andare al bagno, e quando viene assecondato si alza in fretta e scompare fuori dalla classe, sotto gli occhi di tutti, i miei inclusi.

Do’ un’occhiata all’orologio; sono le 12:45, poco meno di un’ora e sarò fuori da questa diamine di scuola, a casa, per disperarmi sui miei complessi impossibili.

 

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Capitolo 7
*** Boris. (4) ***


** 4 **

⇛ Boris

 

La lezione che sta “seguendo” è pesante, davvero noiosa tanto che neanche io presto attenzione. Sono dietro di lei e poggio le mani allo schienale della sua sedia, ogni tanto le dono qualche carezza ai capelli e la vedo agitarsi: la cosa mi piace, la sua paura è palpabile nell’aria e la respiro a pieni polmoni.

La avvolgo con fare paterno fra le mie braccia e la stringo, non può vedermi, sono invisibile. Può solo avvertire la mia presenza in modo vago e poco percettibile, può solo spaventarsi dinanzi a me. Deve spaventarsi dinanzi a me.

In queste ore ho avuto modo di osservare uno per uno i suoi inutili compagni di classe, e i volti anonimi di quei ragazzi mi hanno dato la conferma che sì, April è quello che sto cercando, quello che forse più si avvicina all’ideale di perfezione in campo di bellezza.

La stringo di più al mio corpo freddo e posso chiaramente vedere la sua agitazione che trabocca da tutti i pori, posso vedere i suoi occhi terrorizzati che cercano di nascondere la paura che sta provando in questo preciso momento: è tutto così elettrizzante.

L’unica persona che non ho osservato al meglio è il suo vicino di banco, oltre che migliore amico - da quanto ho potuto capire in questi anni.

Anche lui è una persona che passa facilmente inosservata davanti gli occhi della gente, non ci trovo niente di diverso dagli altri. Sembrano tutti così uguali, delle fotocopie, moltitudini di umani tutti fottutamente uguali. Ma quello a cui mi interesso maggiormente non è lui, bensì i messaggi che sta inviando sul suo cellulare sapientemente nascosto sotto il banco.

Mi sporgo il più possibile, e metto a fuoco la vista.

 

A: John

Da: Thomas

20/05/2012 - 12:30

 

Ci sei?

 

A: Thomas

Da: John

20/05/2012 - 12:32

 

Sì, ci sono. Che facciamo?

 

A: Thomas

Da: John

20/05/2012 - 12:34

 

Non lo so. Ci incontriamo in bagno?

 

A: John

Da: Thomas

20/05/2012 - 12.35

 

Mhhh .. boh.

 

A: Thomas

Da: John

20/05/2012 - 12. 40

 

E dai, stiamo un po’ insieme, che oggi non ci sono.

 

A: John

Da: Thomas

20/05/2012 - 12:42

 

Va bene, ci vediamo in bagno.

 

E dopo questo rapido scambio di messaggi, posso chiaramente vederlo alzare la mano e chiedere nel modo più gentile possibile al professore di poter andare al bagno. Cosa andrà mai a fare?

La curiosità mi pervade e mi vedo costretto a separarmi dalla mia dolce April, seguendo Thomas fino al bagno passo dopo passo, trotterellandogli dietro. Con la coda dell’occhio posso benissimo vedere April rilassarsi immediatamente e sprofondare al suo posto, quasi tirando un sospiro di sollievo. Non sa che tornerò.

Questa situazione è fin troppo eccitante, ecco perché mi sono allontanato da lei: sto per scoprire un “segreto”, da quanto ho potuto capire grazie a quei pochi scambi di messaggi che ci sono stati fra i due. Ho sempre avuto un debole per i segreti, mi è sempre piaciuto farmi i fatti degli altri, e non voglio di certo trascurare gli altri miei passatempi per stare sempre dietro a lei.

Tanto, tornerò sempre e comunque.

Sempre e comunque.

 

Una volta fuori dall’aula seguo il giovane Thomas a ruota, ogni tanto scontrandomi bruscamente con persone dall’aspetto severo ed irritato che non conosco. Mi diverte vedere mentre si voltano con fare dubbioso ed interrogativo, mi diverte scherzare con gli umani, mi diverte vedere mentre si scervellano alla ricerca di un motivo, quando il motivo è proprio lì, accanto a loro. Basta avere un punto di vista differente.

Finalmente il ragazzo scompare dentro il bagno, ed io con lui. Il luogo è abbastanza malconcio e trasandato, un cattivo odore aleggia nell’aria, ma la cosa che più colpisce è il ragazzo che sta accogliendo a braccia aperte il migliore amico di April. Il più silenziosamente possibile indietreggio di qualche passo fino a fermarmi contro il muro.

Chiudo gli occhi riducendoli a due sottili fessure, nel tentativo di mettere a fuoco quella scena tanto nuova quanto curiosa.

 

« John, mi sei mancato così tanto -- »

 

Thomas affonda la testa sul petto dell’altro, mentre sembra farsi piccolo piccolo fra le sue braccia robuste. Io, inarco un sopracciglio piuttosto turbato - non riesco proprio a capire che diamine stia succedendo.

 

« Ora sono qui, sono qui. »

 

E quelle parole sembrano tranquillizzare il giovane Thomas che si scioglie fra le braccia del suo presunto John, perso nella smielata dolcezza di quell’attimo tanto interminabile.

Si scambiano baci fugaci, sguardi, carezze, il tutto sotto i miei occhi sconvolti. E non perché sembrano essere una coppia a tutti gli effetti, ma perché da quel ragazzo così anonimo proprio non me lo sarei aspettato. I tratti quasi androgini di Thomas accanto a quelli così spigolosi dell’altro ragazzo danno quasi una sensazione strana e disturbante, non so spiegare la sensazione che sto provando in questo preciso istante.

E’ un misto fra sgomento, tenerezza, non saprei.

Non posso neanche permettermi di avvicinarmi di un solo passo: non vorrei mai rovinare la magia del momento, sarebbe un vero peccato. E mentre davanti i miei occhi sfila quella scena che trasuda romanticismo da tutti i lati, i miei pensieri vanno tutti rivolti ad April. Lo sa? Sa quello che il suo migliore amico sta nascondendo al mondo? E se non lo sa?

Vengo mangiato dalle paranoie, dai dubbi, dalle milioni e milioni di domande che si impicciano tutte nella mia mente formando un grande, enorme nodo impossibile da sciogliere. E la cosa inizia quasi a farmi paura.

Nonostante Thomas mi avesse dato fin da sempre una certa sensazione, non avrei mai sospettato sul serio che fosse davvero gay, ed invece ora le mie ipotesi vengono confermate.

… ma perché mi sto preoccupando di lui? Neanche dovrei essere qui, dopotutto.

 

« Thom, qualcuno potrebbe vederci -- »

 

Esclama poi il ragazzo con un filo di voce, allontanando con fare dispiaciuto Thomas. Quest’ultimo lo guarda con occhi supplichevoli e grandi, brillanti, quei due occhi stanno ardendo di desiderio e io lo posso vedere, il suo sentimento è alimentato con così tanta forza che quasi mi riesce difficile non commuovermi.

Ma in fondo, cosa sto dicendo? Io non piango mai. Non posso piegarmi in due davanti a questa pietosa scena d’amore, su, è a dir poco ridicolo e insensato.

Così, con un ghigno soddisfatto dipinto sul volto, do un colpo secco e violento  alla porta che tira con i piedi sulla terra entrambi i ragazzi. Thomas si volta, allarmato e terrorizzato allo stesso tempo, ma davanti a lui non vede nient’altro che il vuoto più totale, e posso sentire l’angoscia salire e farsi rifugio nel suo stomaco.

 

« Dobbiamo andare. »

 

John è tornato freddo, severo, ma posso sentire i battiti accellerati del suo cuore che martellano con insistenza e violenza nel petto. Ha paura anche lui, e gliene sono grato. Quell’ultimo bacio fugace che i due si stampano sulle labbra sembra durare quasi un’eternità, fino a quando Thomas non si sposta in modo poco delicato dalle braccia di John, che lo guarda dispiaciuto e dubbioso.

Quella scenetta “d’addio” sta durando fin troppo per i miei gusti, motivo per cui mi affretto ad assestare un altro forte colpo contro la porta, e quest’ultimo fa sobbalzare di sorpresa - o paura? - entrambi, in modo decisamente particolare John, che corre a gambe levate fuori dal bagno, lasciando solo e al freddo il piccolo povero Thomas.

Lo vedo appiattirsi contro il muro e portare le braccia conserte al petto, a sguardo basso, il ciuffo gli ricade davanti gli occhi, ma è scosso da un singhiozzo e posso confermare il suo pianto.

Ma quanto deve essere debole? E’ scoppiato a piangere senza pensarci due volte, stupido umano.

 

{ Angolo autrice:

 

Okay, ormai è più di un mese che mando avanti questa storia e non posso fare a meno di esserne felice, ho fatto proprio la cosa giusta!

Vorrei ringraziare in modo veramente speciale l’utente FRAMAR che recensisce quasi ogni mia storia rendendomi tanto tanto felice, e vorrei ringraziare Fabula Nera che ha seguito la storia con tanto di recensioni fino .. all’ultimo capitolo. Fabula Nera, dove sei? :’)


- nettie.

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Capitolo 8
*** April. (5) ***


** 5 **

⇛ April

 

« Ora capisci, Thomas? »

 

I miei occhi puntano speranzosi i suoi, profondi e color nocciola.

 

« No, non capisco. E’ tutto troppo assurdo! »

 

Dice serio, quasi mi sbotta in faccia.

Siamo entrambi seduti sul mio letto, uno di fronte all’altro, a gambe incrociate. Sento il suo sguardo addosso a me, ma so benissimo che non è il solo ad osservarmi.

Dei brividi percorrono la mia schiena, le sue parole sono come l’inizio della fine. Come può il mio migliore amico non credermi? Come può prendermi per una pazza? Abbasso lo sguardo e cerco di mantenere la calma, stringendo con forza i pugni.

 

« Ogni fottuta notte quei suoi cazzo di occhi celesti mi guardano! E mi stanno guardando anche ora! »

 

Forse alzo un po’ troppo il tono della voce, dato che vedo Thomas indietreggiare appena col busto e guardarmi sbigottito. Perché non vuole capirlo? Lui d e v e capirlo! Altrimenti non avrò davvero più nessuno con cui sfogarmi, è l’unico che mi rimane ancora accanto.

Scosto il viso che nascondo fra le mie mani, tirando quello che forse è il sospiro più lungo della mia vita.

Sento una mano posare sulla mia testa, severa ma delicata, ma non è quella di Thomas. E piano mi ritorna in mente tutto; quella figura nera che vedo ogni singola notte, avvolto in quel cappotto sontuoso come un principe maledetto, posso ricordare il rumore disturbante del suo passo pesante, posso ricordare il suo ghigno e quella fila di denti bianchissimi, le due labbra sottili, la carnagione pallida, la forma spigolosa del suo viso, la decisione e la freddezza del suo tocco, quei capelli così corvini che si confondo insieme alle ombre. Mi torna tutto in mente e scende giù come una pugnalata nel petto, i suoi occhi sottili di un azzurro così freddo che quasi mi fa paura, quello sguardo così particolare che non riesco a sostenere, ed una fila di brividi mi percorre il corpo, scuote la spina dorsale. Sento gli occhi inumidirsi, quei ricordi scorrono veloci davanti il mio sguardo coperto, sono incastonati dentro di me e non riesco a liberarmene, non riesco a liberarmene perché so che tutte queste cose le vivrò ancora.

Notte dopo notte, notte dopo notte…

 

« April... »

 

La voce del mio amico sembra quasi strozzata, ma non lo è quanto la mia quando mi decido a rispondergli, dopo altri minuti di silenzio, un silenzio quasi imbarazzante.

 

« Ho paura .. »

 

Dico in unico sussurro, stringendo i denti. E ho paura, ho paura davvero, ho paura che tutto questo possa degenerare e che io non possa più essere me stessa.

Ho paura che questa esperienza possa cambiarmi radicalmente …

Ho paura di Boris, ne sono terrorizzata, ma per qualche strano motivo ogni sera aspetto la sua comparsa, e mi lascio tirare via ogni singola energia che mi rimane in corpo.

Mi sento improvvisamente trascinata fra le calde braccia di Thomas, stretta dalle sue mani, un calore così diverso da quello che sono stata costretta a sopportare fino ad ora.

Mi abbandono fra le sue braccia ed improvvisamente mi rilasso, non c’è niente di meglio del suo abbraccio, dell’abbraccio del mio migliore amico, della persona che mi è stata accanto per così tanto tempo.

In quel dolce abbraccio pieno di complicità mi sento amata ed apprezzata, mi sento protetta da tutto e da tutti. Cingo il suo busto con le mie braccia ed improvvisamente nient’altro ha importanza, solo noi due. Affondo il mio viso sul suo petto e sento le lacrime scendere giù, sul mio viso, una ad una. Ma non bruciano, non fanno male, non sono lacrime di sofferenza. Sono lacrime di felicità, per il non sentirmi più tanto sola a questo mondo.

 

« Sta iniziando a fare freddo…  »

 

Lo sento dire, ed alzo lentamente lo sguardo, poggiando il mento sul suo petto, rifugiata fra quelle braccia che tanto mi consolano. Il mio sguardo si incrocia al suo, i miei occhi verdi si perdono nei suoi, nocciola e così profondi, il mio respiro si fonde insieme al suo. Sento il cuore mancare un battito.

 

« Ah sì?  »

 

Chiedo, inarcando un sopracciglio sottile. Strano, lui non ha quasi mai freddo, ed io fra le sue braccia sento troppo caldo per gelare.

Al momento, poi, i miei occhi sono semplicemente persi nei suoi, siamo così vicini che .. non so, non so, sono emozionata. C’è silenzio, e in questo silenzio posso sentire il suo respiro, posso osservarlo meglio. Non ho mai visto il mio migliore amico sotto questo punto di vista, ma in questo momento le sue labbra rosee sembrano così invitanti. Siamo così vicini che quasi si sfiorano, come se fosse un divertente gioco di baci fugaci pieno di complicità, e più le guardo più mi sembrano così invitanti che perdo la percezione dello spazio e del tempo, così invitanti che una mano va a finire dietro la sua nuca, e ci poggio sopra le mie solo per il puro piacere di sentirne il gusto.

Ho il fiato sospeso e sembra come se il mio povero cuore abbia smesso di battere, non so proprio cosa io stia facendo, so solo che sento di star facendo la cosa giusta. Forse è un modo per smaltire lo stress, forse è un modo per scordarmi tutto, per scordare Boris, non lo so, non lo so.

So solo che ora ci stiamo scambiando baci fugaci e distratti, le nostre labbra si toccano, giocano fra di loro, ed io sono tutta un fuoco, mi sento ardere e per la prima volta dopo tanto tempo mi sento viva, viva per davvero.

Le sue mani scorrono con lentezza sui miei fianchi, delicati. Non posso sapere quello che ora gli frulla per la testa, non posso sapere un bel niente, né tantomeno posso capire quello che sto provando e pensando io in questo preciso momento.

Carezzo lentamente i suoi capelli mentre socchiudo gli occhi, lasciandomi trasportare dalla magia del momento, posso respirare il suo profumo a pieni polmoni, è buonissimo, e lui, oh, lui è così bello …

 

Crash.

 

Si sposta, e sento una fitta di gelo invadermi lo stomaco e chiuderlo in una potente morsa. La magia è durata troppo, o troppo poco? Cosa ho fatto? Oh Dio.

 

Oh mio Dio.

 

Ti prego, no. No, NO!

 

Tutto ricomincia improvvisamente a vivere, incluso il cuore che martella con violenza nel petto, sembra urlare, sembra gridare “Liberami, liberami, voglio uscire fuori!”. Ho gli occhi sgranati, le mani mi tremano e vanno a posarsi piano sopra la bocca che poco prima era posaa su quelle due fottutissime labbra.

Le labbra del mio migliore amico.  

Che cazzo ho fatto?

E cos’era quel rumore di cocci infrangersi al suolo?

Mi volto sbigottita e sento che lo sguardo di Thomas sta puntando terrorizzato allo stesso punto che ora sto guardando io, sbigottito, sconvolto, terrorizzato e chi più ne ha più ne metta. Le sue braccia non sono più intorno al mio corpo e mi hanno lasciata al freddo, quanti diamine di gradi faranno in questa stanza?

Ma ora, l’unica cosa a cui riesco a pensare è lo spettacolo davanti i miei poveri occhi.

Una piccola bambolina di porcellana che tenevo custodita con tanta cura e gelosia su una mensola più in alto è frantumata lì, al suolo, la testa fracassata ed i piccoli abitini dai colori pastello intrisi dai cocci, cocci che poco prima formavano il suo corpicino delicato, il suo sorriso dipinto ora sembra uno dei ricordi più lontani. Poco accanto a lei giacciono dei pezzi di vetro, una cornice ed una foto malmessa, quasi sgualcita. Cerco di mettere a fuoco la vista sulla foto, eravamo io e Thomas da bambini, sorridenti nel giardino di casa sua. Sembrava quasi una giornata di primavera, e noi eravamo così giovani. Schiudo appena le labbra mentre le carezzo piano con la mano, non riesco a capire cosa sia successo, sento solo la voce ovattata di Thomas che esclama un velocissimo “devo andare via” quasi terrorizzato, e poi più niente, se non dei passi farsi sempre più lontani. Non capisco più niente, ma dove sono? Cosa sto facendo?

Perché diamine sento un buonissimo sapore sulle mie labbra?

E’ il sapore del mio migliore amico.

Perché diamine ci sono oggetti frantumati al suolo quando stavano su una mensola che non veniva toccata da anni?

Non lo so, non lo so ..

Ma sento ancora quella morsa di gelo che mi stringe, mi stringe con forza ed in modo quasi possessivo, ora avvolge tutto il mio corpo, entra fra le labbra come l’aria, la sento in gola, e giù, giù, è una sensazione orribile.

I miei occhi sono immobilizzati su quelli che erano i due più cari ricordi della mia infanzia, sono confusa, il mio migliore amico se l’è data a gambe levate e io non so il motivo.

 

Oh, ma io l’ho baciato.

 

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Capitolo 9
*** Boris. (5) ***


** 5 **

⇛ Boris

 

Silenzio. E’ tutta la serata che stiamo in silenzio, non piange, non parla, non fa niente. Rimane lì a dondolarsi nel letto con le gambe al petto, neanche sembra accorgersi di me.

Provo a carezzarle i capelli per farle dire qualcosa, provo a fissarla insistentemente, ma niente, sembra così strana. Ormai la luna è alta nel cielo, e lei ancora non ha chiuso occhio. Da una parte mi dispiace, ma dall’altra la vedo come la perfetta punizione per aver baciato quel coglione di Thomas.
Come ha potuto? Non ha pensato alle conseguenze? E a me? Non ha pensato?

Per fortuna, sono riuscito a gestire la rabbia e a rompere solo piccole cose senza importanza, ma a quanto pare, per lei importavano fin troppo.

Non so neanche se abbia realizzato che sono stato io a romperle.

Il mio sguardo punta pensieroso fuori dalla finestra, guardo oltre i palazzi in fondo, cerco di guardare oltre la luna, quando sento una vocina flebile e un po’ tremolante chiamare il mio nome.

 

« Boris …  »

 

Quasi non mi sembra vero, sgrano gli occhi chiari e mi volto con fare stupito verso la piccola April. E’ stata lei a chiamarmi?

 

« Perché l’hai fatto? »

 

Dice ancora una volta, schiudendo quelle labbra tanto rosee e belle. La luce nei suoi occhi trema, mi sta guardando come se stesse chiedendo pietà, forse ha paura di una mia risposta e di una mia reazione inaspettata.

Tiro un lunghissimo sospiro e chiudo gli occhi, respirando il profumo di bambina che c’è in quella sua stanza. Porto ancora una mano fredda al suo capo, e la vedo rabbrividire, continuando a puntare gli occhi verdi e stanchi su di me.

 

« Dovrei essere io a chiedertelo. »

 

Rispondo con voce calma e fredda, sostenuta, anche se vorrei spaccare tutto ancora una volta.

 

« Tu sei mia. »

 

Aggiungo subito dopo, facendo scivolare la mano dal suo capo al suo volto, carezzando la guancia che subito si infiamma, colorandosi di un simpatico color porpora che quasi riesce a scaldare il mio cuore di ghiaccio.

Non so proprio dove lei abbia trovato il coraggio di farmi una domanda simile.

Perché l’ho fatto? Perché l’ho fatto?

... Ma stiamo scherzando?

Mi sembra ovvio il perché, April è roba mia, e nessuno può toccarla, né tantomeno lei può toccare qualcuno. Il suo gesto mi ha fatto arrabbiare di brutto, è giusto che ne lei ne paghi le conseguenze.

 

« Non voglio …  »

 

E ferma la frase a metà, perché i miei occhi severi incontrano di nuovo i suoi e la costringono a rimanere zitta. Infondo, sa che le sue parole non porteranno niente di buono, non in un momento come questo.

Fra noi si crea un silenzio quasi imbarazzante, quel tipo di silenzio che ti fa fischiare le orecchie e martellare il cuore, quel tipo di silenzio che le fa abbassare lo sguardo dalla tensione, quel tipo di silenzio che mi fa tornare alla realtà, alla mia realtà.

Ho sempre avuto tanti di quei ripensamenti, insomma, non sono umano, non potrò mai farmi amare, perché la sto cercando? Perché devo farmi male?

 

« Non ti azzardare più a baciare quel frocetto di Thomas. »

 

Replico stizzito, e quell’etichetta così sgradevole vola via dalle mie labbra come se fosse niente. Sgrano gli occhi e mi porto una mano alla bocca, cosa ho appena detto?

Cosa mi sta succedendo?

Non era mia intenzione offendere Thomas, perché?

Ma non ho tempo di pensare a questo mio errore, che April sembra più che irritata.

 

« … Come l’hai chiamato, scusa? »

 

Si alza appena con il busto e ci ritroviamo faccia a faccia, il suo sguardo corrucciato urta con potenza il mio, e la cosa mi da non poco fastidio.

 

« Ha baciato un uomo, l’ho visto io. »

 

Replico freddamente. Vuole litigare ancora? Bene, io non ho problemi, le farò capire una volta per tutte di cosa sono capace.

 

« Tutte cazzate. »

 

Mi ringhia quasi contro, mentre la vedo stringere i pugni e ridurre gli occhi a due fessure. Perché non crede alla semplice verità? Io l’ho vista, l’espressione contrariata e sconvolta di Thomas mentre la baciava, io l’ho vista pure troppo bene. Ho visto quando era più scioccato per il bacio che per la bambola frantumata al suolo, ho visto il modo in cui si è pulito schifato quella sua bocca peccaminosa con la manica della felpa, e non mi è piaciuto, anche se allo stesso tempo mi ha dato un grande senso di libertà. Io l’ho visto, il povero coglione mentre al bagno piangeva per l’amato, e so per certo che April è l’ultimo dei suoi problemi amorosi. L’ho visto fra le braccia di quello lì, l’ho visto mentre lo guardava con occhi sognanti, quelli che non aveva dopo aver toccato le labbra della mia April.

 

E come se non bastasse, le sibilo tutto in faccia, le vomito tutte queste parole addosso, le sputo tutto questo veleno, fino a quando non la vedo cedere ed indietreggiare, farsi piccola in un angolo del letto e chiudere gli occhi. Sembra avere il fiato pesante, ha le mani sulla pancia, non vuole ancora crederci.

 

« Boris .. da quanto lo sai? »

 

La sua flebile voce appare quasi strozzata, e non me lo faccio ripetere due volte prima di risponderle.

 

« Un po’. »

 

Nonostante ormai i sussurri per non farci sentire sono a portata della notte, la mia voce sembra più cupa e tetra del solito, più forte, più roca. Sono a testa bassa, a pugni stretti e con gli occhi ridotti a due mezzelune rabbiose.

Posso percepire ogni suo singolo sentimento e sensazione, i suoi pensieri sono così forti che quasi posso addirittura vederli. Si sente stanca, spossata, tradita dal suo unico migliore amico. E posso ben capirla, mi sto nutrendo di ogni sua paura e mi sento ogni secondo più potente.

Mi siedo accanto a lei e guardo il suo volto di profilo, con un sorriso abbozzato sulle labbra. Le ho detto la verità, sì, ma a lei la verità non sembra piacere e io ne sono preoccupato. Poi, fa un gesto che mai mi sarei aspettato. Con uno scatto veloce allunga il busto al comodino, oltre il mio corpo, ed afferra il cellulare che era abbandonato lì. La vedo digitare con rabbia e con velocità su quel povero touch screen, e posso afferrare le parole che sta digitando solo con la coda dell’occhio.

 

A: Thomas

Da: April

31/05/2012 - 03:23

 

Stronzo, conosco il tuo segreto, perché me l’hai nascosto? Torna a prenderlo in culo, e ringrazia Boris.

 

Rimango semplicemente sconvolto. Non pensavo che la mia piccola April fosse capace di tanta cattiveria, e invece ho dovuto ben ricredermi.

Ma fino a questo punto … Oh, perfetto.

Lancia di nuovo il cellulare che atterra malamente sul comodino, e la vedo girarsi di schiena, dandomi le spalle. Non pensavo che le mie parole potessero creare tanto sgomento nel suo piccolo animo, quasi ci rimango male.

Proprio non posso vederla così, nonostante la sua angoscia mi gratifichi in un modo assurdo. E così, per la prima volta realizzo quando sia brutto non vedere quel bel sorriso sulle sue belle labbra. L’alba è ormai alle porte e voglio che si addormenti con il più dolce dei ricordi, o il più macabro, faccia pure come pensa meglio.

Lentamente le mie braccia grandi e fredde avvolgono il suo esile busto che mi trasmette un calore assurdo, quasi brucia e fa male, un corpo così freddo a contatto con un corpo così caldo non è mai una buona cosa. Lei non fa una piega, si limita a rabbrividire sotto i miei tocchi congelati, posso sentire i suoi battiti martellare furiosamente nel petto, ma non c’è alcun segno di timore, di paura, quasi sembra rilassata.

Così, con delicatezza le lussuriose labbra del demonio si posano sul suo capo, lasciando un unico semplice bacio come si fa per le benedizioni. Lei stringe i pugni, sembra irrigidirsi, ma appena viene stretta ancora una volta nella mia morsa torna tutto alla normalità, si scioglie come una mozzarellina mentre il respiro si alleggerisce e si abbandona a me.

Il meccanismo è semplice: più la allontano da Thomas più lei si avvicina a me, e a quest’idea mi scappa un ghigno malefico che illumina questa notte senza stelle.

 

Bip.

 

{ Angolo Autrice:

ringrazio davvero tutti, sia per le visualizzazioni che non deludono affatto, sia per le recensioni che mi rendono la persona più felice e motivata del mondo!
Un grazie davvero grande e speciale a FRAMAR, che sta consigliando questa storia ai suoi amici che a loro volta recensiscono, e come (quasi) sempre invito anche voi a lasciare un commento. :)

Fra gli altri ringraziamenti inserisco Fabula Nera, che nonostante le poche recensioni sa sempre come motivarmi, poi i nuovi arrivati Stevan e Lisitella.

-nettie.

 

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Capitolo 10
*** April. (6) ***


** 6 **

⇛ April

 

Sono passati due giorni, e ancora non posso crederci. Mi sento tradita, mi sento come un’estranea agli occhi di Thomas. Pensavo seriamente che fra noi due non ci fossero segreti, e invece mi sbagliavo.

 

A: April

Da: Thomas

31/05/2012 - 03:25

 

.. sei una cogliona. Potevamo parlare civilmente, dovevi proprio attaccarmi? Non farti più vedere.

 

Non è più venuto a scuola, non l’ho visto. L’anno scolastico sta per finire, e io non ho il mio migliore amico accanto. Ma dopotutto, siamo davvero sicuri che sia il mio migliore amico? Sto avendo un sacco di dubbi, un sacco di ripensamenti, sono confusa e stanca. A volte vorrei solo sparire, ma quando le sue braccia fredde e forti mi avvolgono nella notte, sembra andare tutto meglio. E io che pensavo che non l’avrei mai più rivisto.

Invece, quando mi ritrovo da sola in camera, ogni notte, col calare delle tenebre lui si manifesta a me, ed’è bello, tanto. Posso quasi ritenermi fortunata, all’inizio lo temevo, ma ora aspetto con ansia la sua venuta, mi sento protetta solo fra le sue braccia. Cerco sempre di parlargli con il tono di voce più flebile che ci sia, non deve scoprirci nessuno o saranno guai seri. Io non voglio far scoprire alla gente questo segreto, io non voglio che le persone si allontanino da me … come ha fatto Thomas. Con il passare dei giorni mi sono convinta che lui si sarebbe allontanato da me in un modo o nell’altro, e forse, gli ho solo fatto un favore a mandargli quel messaggio. Forse si è già scordato di me, sarà con qualcun altro da qualche altra parte. Sento ancora il sapore e la consistenza delle sue labbra sulle mie, e me ne vergogno. Me ne vergogno perché non so cosa ho fatto, non sono attratta da lui, e dopo quello che ho scoperto non so cosa pensare di lui, di me, di noi.

Passo circa mezz’ora a fissare il contatto di Thomas sul display del cellulare, fino a quando non sento l’ultima luce in casa spegnersi: anche papà è andato a dormire. Sento il cuore tremare, e volto lo sguardo. Vedo due punti azzurri brillare nel buio, e due labbra stendersi lentamente in un sorriso. Mi alzo con il busto e ricambio l’enorme sorriso, vorrei gridare dalla gioia e saltargli addosso, ma il contatto con lui è fastidioso. O meglio, sento fastidio solo quando lo tocco. E’ freddo, ha la pelle incredibilmente fredda, sembra un blocco di ghiaccio ma non gli ho mai chiesto perché. Dopotutto non è umano, ma davo per scontato il fatto che avesse una temperatura “normale”.

 

« Buonasera, April.  »

 

La sua voce baritonale sembra rimbombare nella notte, ma so fin troppo bene che posso sentirla solo io, e la cosa mi fa sentire abbastanza speciale, come desiderata. I miei occhi si sono abituati al buio e riesco a scorgere ogni suo lineamento, sembra quasi più bello delle altre volte, ma talmente bello che ho paura di aprire bocca e non riuscire a dire una frase di senso compiuto. Perché mi fa questo effetto?

 

« -- Boris .. buonasera!  »

 

Rispondo cinguettando, con gli occhi che brillano dall’emozione. Neanche il tempo di accorgermi dei suoi movimenti che me lo ritrovo accanto, una mano fredda a carezzarmi il capo come è solito fare, sempre, costantemente durante tutta la giornata. Ormai mi sono abituata a questo tocco, è rilassante, rassicurante, mi fa capire che lui è con me e che non può succedermi niente di male, e mi capita spesso di allammarmi quando si allontana, distratto da altro. Non so come definirla questo rapporto fra me e .. lui, qualcosa che per la mia gente non esiste, ma so che mi fa stare bene, che mi prendano anche per pazza.

 

« Come stai? »

 

Ma perché mi fa queste domande di cui sa già la risposta? Io so che può leggere ogni mia emozione, lo fa forse per sembrare un umano, o altro? Tuttavia, le sue parole riescono a tirarmi un tenero sorriso abbozzato che si distende sulle labbra, lascio andare il cellulare in un angolo del letto con il display spento, e non mi rimane altro da fare se non abbandonarmi fra le sue braccia. Con la coda dell’occhio riesco a vedere il mio piccolo Kira ranicchiato in un angolo, quasi rassegnato, e mi dispiace per lui.

 

« Ora sto bene.  »

 

Le parole mi volano via dalle labbra come se fosse la cosa più normale del mondo, e solo ora mi rendo conto di star dicendo queste cose a Boris, l’essere che qualche settimana fa temevo più di ogni altra cosa. Oh Buon Dio, salvami tu, cosa diavolo sto facendo? In testa ho solo una grandissima confusione, spero che lui non se ne accorga.

 

« Mi fa piacere, bimba. »

 

E a questa etichetta sento le guance tingersi di rosso, mentre le sue mani fredde scorrono lungo i miei fianchi, facendomi rabbrividire carezza dopo carezza. E’ freddo, tanto, quanti gradi misurerà la sua temperatura corporea? Ma in quel gelo continuo a cercare calore, il suo calore, e mi rifugio fra le sue braccia grandi e forti. In quel momento, più niente ha importanza, né Thomas, né mia madre, mio padre, la scuola, Kira, gli amici, niente. In quel momento esistiamo solo noi.

 

« Cosa ho fatto per meritare la tua venuta … ? »

 

Sussurro lentamente sottovoce, quasi come fosse un pensiero scappato via dalle labbra per puro sbaglio. Spero che la mia domanda quasi insensata non venga udita, ma a quanto pare le mie speranze sono tutte inutili, dato che appena sposto lo sguardo, qualcosa mi attrae a lui. I suoi occhi celesti sono persi nei miei, grandi e verdi. In questo momento posso rendermi conto del vero colore dei suoi occhi, che non è un vero e proprio celeste, ma qualcosa di particolare e bellissimo allo stesso tempo. Il ghiaccio, ecco, hanno il colore del ghiaccio e quasi sembrano trasparenti, un colore vivido ma che trasmette tranquillità, protezione. Potrei annegarci in quegli occhi di ghiaccio, in quello sguardo che sento addosso, e mi sta davvero a pennello. Sento il suo sguardo disegnare linee immaginare sul mio corpo, coperto solo da un pigiama a maniche e pantaloncini corti, la pelle candida e senza imperfezioni. Lui come fa a stare col cappotto anche in Estate? Solo a guardarlo mi fa venire caldo, caldissimo. Sembra venire direttamente da qualche paese nordico, o magari da un altro mondo. Ma probabilmente, viene solo da un’altra dimensione. Potrebbe essere anche un semplice frutto della mia mente contort -- ma che dico, non sono pazza!

 

« Assolutamente niente, sono io che ti ho cercata. »

 

« Perché? »

 

« Puoi darmi qualcosa che gli altri non possono darmi. Devi solo aspettare. »

 

E sembra sereno, non sembra teso ed agitato come le prime volte che me lo ritrovavo lì, i ricci neri illuminati dal chiaro di luna. Non sembra aver più bisogno della mia paura, ma nonostante tutto continuo a non capire le sue parole. Cosa vuole dire? Cosa devo dargli? Dovrebbe seriamente smetterla di essere così misterioso. Ma non mi da neanche il tempo di prendere parola per rispondergli e replicare, che inizia a parlare ancora, la voce bassa ma pulita, sembra venire direttamente dal sottosuolo.

 

« C’è un’altra dimensione, in questo mondo. Siamo qui da sempre, ma non siamo quelli che voi chiamate comunemente “fantasmi”. Sono semplicemente un accumulo di energia, un essere che vive e che non muore. Quando la morte arriverà per me, sarà già arrivata. Ecco perché sono freddo. »

 

Penso che si stia sforzando per spiegare un concetto così con parole più semplici possibili, ma mi rimane comunque difficile capire. Non so se sia per colpa della situazione così insolita, se sia perché mi ritrovo fra le braccia di un non - morto .. o di un mai - morto?

Abbasso appena lo sguardo e arriccio le labbra, come sono solita fare quando ho la testa carica di pensieri. Quindi, lui, esiste, ma … non fa parte di questo mondo, quindi per me non dovrebbe esistere. Alzo ancora una volta il capo e lo guardo di nuovo, i miei occhi nei suoi, i nostri visi ora a pochi centimetri l’uno dall’altro. Solo ora mi accorgo delle belle labbra che si ritrova, sembra quasi un angelo. I nostri nasi si sfiorano ed il mio cuore trema, salta qualche battito, sembra star diventando matto ed inizia a battere con furia nel petto. Solo ora mi accorgo di aver legato le braccia al suo collo, e che siamo più vicini di quanto avessi mai potuto pensare. Lo sento respirare in modo lento e pesante, sento il fiato freddo sulla pelle, ma il petto non compie alcun tipo di movimento, è immobile, composto, e penso che la cosa sia ambigua tanto quanto interessante. Ma dopotutto, lui è tutto interessante. Sento le guance andare a fuoco, le labbra raffreddarsi improvvisamente. E’ un freddo così intenso che quasi brucia da morire, quello delle sue labbra. Si stanno sfiorando.

Mi scosto, nascondo il volto sul suo petto e sento le sue mani sul mio capo, a carezzarmi lentamente i capelli e a pettinarli con le mani. Il mio respiro è lento e silenzioso, caldo, le mie piccole mani scivolano lungo il suo busto, stringendolo un po’ di più a me. Lui non dice niente, rimane in silenzio, ma so che probabilmente ha un ghigno dipinto sul volto. Perché per quanto possa sembrare gentile, dolce, premuroso, protettivo, sento che c’è qualcosa che non quadra nel suo modo di agire. Il cuore batte con forza nel petto che quasi minaccia di uscire; io non voglio baciare qualcosa che non esiste.

Ma se non esiste, perché lo sto toccando, perché lo sto abbracciando, perché mi parla?

 

{ Angolo Autrice:

 

grazie a tutti, piselletti! (è il vostro nuovo nome, ah.)

ringrazio in particolare ogni persona che spende preziosi minuti del suo tempo per leggere i miei scritti, questa storia e non, e ringrazio particolarmente Framar e tutti i suoi amici (stevan, plaunac, lisitella) che recensiscono questa mia storia, motivandomi a scrivere di più, ad andare avanti e fare sempre di meglio. Ringrazio poi ovviamente Fabula Nera che è un po’ in ritardo nella lettura, e ringrazio Har0ld e Rystie_00.

E ringrazio anche tutta quella gente che legge e apprezza comunque, e quelli che hanno messo la storia fra i preferiti.

Davvero, vi ringrazio, mi fate provare qualcosa che si avvicina molto alla felicità.


-nettie.

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Capitolo 11
*** Boris. (6) ***


** 6 **

 

⇛ Boris

 

E’ mattina, non troppo presto, saranno all’incirca le dieci e mezza. Abbiamo passato una notte fantastica, siamo rimasti a parlare fino alle prime luci dell’alba, e lei era così rilassata, il sorriso le è rimasto per tutto il tempo sulle labbra. Già, proprio su quelle labbra che tanto bramo ma non sono riuscito ad ottenere. Credo che lei mi veda come un rimpiazzo di Thomas, un passatempo, o qualcosa del genere…

Ora lei è seduta a tavola con i suoi genitori, stanno consumando la colazione, e io me ne sto in piedi dietro la sua sedia. I suoi movimenti sono stanchi, la vedo, posso capirla, se non si sentisse stanca ci sarebbe qualcosa a non andare.

La madre sembra guardarla con la coda dell’occhio, il padre nasconde il volto dietro il grande quotidiano che tiene spiegato fra le mani, nell’aria c’è talmente tanta tensione che si potrebbe benissimo prendere un coltello e farla a fettine, per poi servirla su un piatto.

Vorrei carezzare i capelli di April, ma so che la metterei in soggezione e non voglio peggiorare la situazione. Non riesco davvero a capire cosa stia succedendo, il padre la guarda di sottecchi e la madre non sembra avere una bella espressione, gli occhi grandi della giovane ragazza saettano dal volto del padre a quello della madre, posso percepire la tensione che cresce dentro di lei. E’ frustrante.

 

« Vuoi invitare Thomas a cena, stasera? »

 

Chiede la donna seduta di fronte a lei. La madre non dimostra più di una cinquantina d’anni, è una donna di grande classe, nonostante somigli davvero poco alla figlia e non abbia nemmeno un briciolo del suo fascino imparagonabile. E’ semplicemente il perfetto stereotipo di impiegata e madre, che prima di tutto è Donna. Gli occhi severi hanno un taglio sottile, il trucco molto sobrio mette in risalto il color nocciola dell’iride, un naso abbastanza dritto e fine - si può dire che la punta formi uno degli angoli più belli che io abbia mai visto, al contrario del nasino arrotondato di April. Le labbra sottili sono sempre accentuate da un rossetto dal colore rosso, mi è capitato più volte di vederla sorridere guardando la figlia assorta a far qualcosa, in ogni tipo di situazione.

 

« -- no, mamma. Ha da fare, stasera.  »

 

Risponde April, quasi sobbalzando sul posto. Nei suoi occhi c’è una strana luce che non trasmette altro se non malinconia, malinconia e rimpianto.

 

« Oh, te l’ha detto ieri sera al telefono? »

 

Domanda la donna, e a queste parole sento un grande vuoto aprirsi nello stomaco della piccola April. Quindi, da quanto posso capire, loro non sanno niente. Beh, dopotutto, come potrebbero sapere qualcosa? “Ehi, mamma, papà, ho litigato con Thomas perché lui non vuole credere a Boris. Ah, lo sapete chi è Boris? E’ l’essere che voi non potete vedere, e che mi sta tutto il giorno accanto!” Ah, me la immagino proprio a dire queste parole ai suoi nella disinvoltura più completa, e penso di riuscire ad immaginare le loro facce scandalizzate davanti alla dichiarazione della figlia. Ma per ora, pensieri a parte, voglio solo che le cose si mettano a posto, e che tutto possa filare liscio.

 

« .. Telefono -- ?  »

 

Chiede la giovane, le labbra semichiuse e gli occhi sgranati, quasi tremanti. Il padre e la madre si scambiano quello che sembra essere uno sguardo di intesa, o comunque qualcosa del genere, e l’uomo prende un bel respiro. Posso chiaramente sentire i battiti di April accelerare ed iniziare a martellare con furia nel petto.

 

« Ti abbiamo sentita parlare con qualcuno, ieri sera. »

 

Sbianca, e cerca in tutti i modi di trovare una risposta che la aiuti a sviare il discorso.

 

« .. oh -- beh .. cioè --  »

 

Balbetta, dalle sue labbra escono solo frasi sconnesse e parole senza un significato preciso: dannazione, non può cadere nel panico proprio ora, non può farlo. Improvvisamente, sento crescere dentro di me un senso nuovo, o meglio, familiare, qualcosa che non provavo da veramente tanti tanti anni. Credo si chiami nervosismo, ma non ne sono sicuro al 100%.

 

« Amanda! Era Amanda, aveva .. beh, aveva alcuni problemi e -- voleva sfogarsi con me... »

 

Tira fuori la balla meno credibile di tutte, ma so che sta sperando che i suoi la credano: lo sto sperando anche io. La vedo abbassare lo sguardo e stringere i pugni sotto il tavolo, gettando gli occhi al pavimento, magari alla ricerca di qualcosa che la possa distrarre, e non farle pensare alla risposta dei suoi che sta tardando ad arrivare.

 

« .. Oh, mi dispiace per lei. Che è successo? »

 

Improvvisamente la madre sembra interessata dalle false parole della figlia, e la cosa mi stupisce alquanto. Ha posato sul tavolo la tazza di thè fumante che stringeva fra le mani, e ora, sta guardando April con le labbra appena schiuse e i sottili occhi nocciola sgranati.

 

« Sai, si è recentemente lasciata col ragazzo .. hm .. convivevano. »

 

Ma cosa diamine sta dicendo? Non so se stia dicendo più cose possibili per far sembrare il tutto più credibile, o se non sappia cosa sta facendo in tutti i sensi. Il padre guarda la madre, poi i suoi occhi saettano al volto di April: anche lei sembra realmente dispiaciuta per questa sua “amica”, un’amica della quale sinceramente neanche sapevo l’esistenza.

 

« Oh, April, mi dispiace tanto ... »

 

Interviene il padre, inarcando un sopracciglio. Questa situazione è talmente stramba che non so se scoppiare a ridere o altro. Qualsiasi cosa sia, però, posso farla in totale tranquillità: non possono avvertire la mia presenza. Decido tuttavia di rimanere impassibile dietro la sedia di April, il fiato sospeso, e il cane che sembra guardarmi con occhi arrabbiati, accucciato in un angolo del tavolo.

 

« Già, dispiace anche a me .. invitala a dormire da noi, qualche volta. Deve essere brutto sentirsi sole. Le manderò un messaggio prossimamente, povera ragazza. »

 

Continua poi la donna, abbassando lo sguardo, come se fosse pentita di aver pensato male della figlia. Non so se definire l’idea di April fottutamente geniale, o terribilmente rovinosa. E penso di aver paura delle conseguenze, seriamente paura. Non so se quello che abbia detto April sia vero o falso - probabilmente falso, di questa Amanda io non ne ho neanche mai sentito parlare! Penso che quella stupida ragazzina si sia cacciata in un bel guaio, ma prima di tutto, ci ha messo in mezzo me, inconsciamente o meno. E ora dovrò trovare un modo per svignarmela il più presto possibile.

 

***

 

A: Amanda

Da: April

19/06/2012 -  14:34

Amanda, è successo un casino! Ti prego, vieni a casa mia, il più presto possibile! E se mia madre ti manda un messaggio, dimmelo prima di rispondere!

 

Ecco cosa la mia principessa ha digitato con fretta sul display, prima di posare il cellulare sul comodino e sedersi sul letto, con la testa fra le mani e gli occhi chiusi. Io la guardo con occhi severi, sono davanti a lei, e poche volte mi è capitato di essere così .. arrabbiato. Nervoso per noi, più che arrabbiato.

 

« … Scusa, scusa. »

 

Continua a ripetere a bassa voce, come se avesse paura che qualcun altro la potesse sentire. I genitori non sono in casa, ma sembra che stia ancora tremando. Non vuole essere scoperta, e non lo voglio neanche io.

« Ho fatto un casino, lo so … Ti prego, dimmi che tutto andrà bene. »

 

La sua vocina flebile trema, è evidente il modo in cui si sta trattenendo dal piangere. Quasi mi viene da stringerla fra le mie braccia ed accontentarla, ma ha fatto un errore, ed’è giusto che lo capisca. Mi sento quasi come un padre nei suoi confronti, qualcuno che la sta aiutando a distinguere il bene dal male in modo del tutto nuovo, almeno credo. Non capisco proprio cosa mi stia succedendo, o molto probabilmente non voglio capirlo. Sono qui con lei per un solo obiettivo, perché perdermi in futili preoccupazioni?

 

« Devi riconoscere i tuoi errori. Ora vedi di risolvere tutto. »

 

Dico, freddo, impassibile. I suoi grandi occhioni verdi mi scrutano impauriti, la stanza è interamente immersa nel buio, così da permetterle di vedermi, di osservare il mio volto pallido e i miei occhi di ghiaccio. Non capisco cosa ci trovi di così tanto bello, fatto sta che ho sentito più volte il suo sguardo addosso a me nella notte.

{ Angolo Autrice:


okay, ho impiegato un mese circa per partorire questo benedettissimo capitolo!
Possiamo dire che da qui in poi la storia vera e propria ha inizio ( finalmente! ), quindi, incoraggio tutti ad aspettare un nuovo aggiornamento che probabilmente verrà prima di metà Luglio!
Grazie a tutti quelli che sono arrivati a questo punto della storia, grazie a chi continuerà, e a chi lascerà un commento.

-nettie.

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Capitolo 12
*** April. (7) ***


** 7 **

 

⇛ April

 

Cosa diamine ho fatto? No, no, no, ti prego: dimmi che non è reale. Ditemi che non è reale, ditemelo! Ora!

 

… oh, e invece è tutto reale. Ho paura che mia madre possa capire di più, è una donna così intelligente e astuta che a volte sento di aver paura di lei, e del suo tremendo sesto senso che mi ha sempre fottuta nei momenti meno opportuni.

 

E ora cosa diamine posso fare? Niente, niente, assolutamente niente! E come se non bastasse, Boris sembra essersi freddato tutto d’un colpo. Già, proprio freddato: anche il suo tocco è più gelido del normale, così gelido che quando lo sento carezzarmi la guancia non posso far altro che ritrarmi infastidita. Si è rinchiuso in un fastidioso mutismo che sinceramente inizio ad odiare un casino, inizio ad odiarlo quasi più della cazzata che ho fatto pochi giorni fa. Ora me ne sto qui, sul letto, la faccia affondata sul cuscino e lui accanto a me, in piedi ai bordi del letto, alto e bello come forse lo è stato poche volte.

Perché penso tutto questo di lui?

Non devo.

 

« Ti prego, Boris, non guardarmi così… »

 

Lo supplico, facendomi piccola piccola sotto i suoi occhi di ghiaccio. La mia voce è flebile e quasi spezzata, mi vergogno di mostrarmi così indifesa ai suoi occhi, mi vergogno come mi sono vergognata come poche volte, mi vergogno. Non voglio che lui mi veda vulnerabile, dove diamine è finita l’April guerriera di un tempo?

Stringo il piccolo Kira fra le mie braccia e gli carezzo la testolina, è beatamente addormentato ed invece io sono qui, mangiata dalle mie stesse ansie e paranaoie, con un non-so-cosa-sia a fissarmi ai bordi del letto.

E ho paura, ho paura che i miei possano scoprire il mio insano segreto e che possano trovare qualche modo per portare Boris via da me, anche se so che lui si ostinerebbe a rimanere qui, affianco alla mia figura pure per tutta la vita. Ho paura di star diventando pazza, ho paura di esserlo già diventata, e ho paura di trascorrere i miei ultimi giorni in uno squallido ospedale psichiatrico.

Ma lui è così dannatamente reale, così reale che non distinguo più il sogno dalla realtà .. Che non distinguo più la notte dal giorno, che non distinguo più quando è lui a toccarmi e quando è altro. E’ così reale che mi sento come alienata in un modo estremamente positivo, sento di non aver bisogno di nulla semplicemente perché dipendo da lui.

Sento la sua mano carezzarmi lentamente i capelli come è solito fare, il suo tocco ormai per me è una dolce abitudine della quale non potrei più fare a meno, sto male se non lo sento accanto a me. Mi fa sentire bene il fatto che ci sia qualcuno sempre pronto a proteggermi, qualcuno tutto mio, qualcuno disposto a fare qualsiasi cosa per me. Afferro la sua gelida mano e lo tiro a me con tutte le forze possibili, stringo le mani piccole intorno al suo braccio e quasi cerco di costringerlo a starmi vicino, ma lui è troppo robusto, troppo forte: alla fine è lui che tira me a sé. Non posso far altro se non piegare le labbra in un enorme sorriso solare, lasciandomi accogliere dalle sue braccia, e una volta costretta ad alzarmi e a lasciare Kira addormentato sul letto mi avvinghio al suo corpo robusto e slanciato. I suoi tratti sono così ben definiti al buio che quasi ho i brividi, non ho mai visto persona più bella di lui, ma forse per il semplice fatto che lui non è una persona. Non gli ho neanche mai chiesto l’età: non penso sappia rispondermi, ma la sua figura non dimostra più di vent’anni. Mi sento quasi inferiore davanti a tanta bellezza, mi sento come se non meritassi quello che mi sta dando, come se non l’avessi mai meritato. Mi sento stringere fra le sue braccia e non c’è nient’altra cosa che potrei lontanamente desiderare, mi chiedo solo come diamine riesca a farmi sentire così bene.

Solo, mi fa stare male il fatto che lui si limiti a sospirare e non mi dica quasi più nulla, comunica solo con gesti e sguardi, sembra più impaurito di me. Non so cosa gli sia preso, non so cosa mi sia preso, è più di una notte che va avanti così. Nessuno dei due ha più il coraggio di parlare, o semplicemente non rimangono più parole da dire, ma solo abbracci, sguardi, sorrisi? Troppe domande fanno male, l’ho sempre saputo, ma non posso far altro che tempestarmi di questioni e dubbi, avvelenandomi giorno dopo giorno. Non penso sia giusto, ma è una cosa che sento di dover fare per rimanere ancora a vivere in quel brandello di realtà che mi rimane.

Come se non bastasse, fra qualche sera dovrà venire Amanda a casa mia, le ho anche spiegato tutto il maledetto casino e lei sembra incredula, ho paura che mi abbia preso per pazza … Ma dai, come non si può prendermi per pazza? Mi ha sicuramente presa per pazza! Dopotutto non ci sentivamo da mesi interi, io e lei, e tornare con una delle storie più assurde e surreali del mondo non mi sembra proprio il modo giusto di salutare una persona. E mentre sono persa nei suoi occhi e mi lascio cullare dal suo abbraccio, non mi sfuggono certo le parole che sento più che chiaramente.

 

« April... »

 

E’ il mio nome, il mio fottutissimo nome. Sgrano gli occhi e inclino la testa in segno di domanda, so benissimo che non devo parlare, e lui si limita a guardarmi, sfogliandomi l’anima piano piano, pagina dopo pagina. La sua voce è così dannatamente profonda tanto quanto bella, sembra provenire davvero da un altro mondo, un mondo lontano ma che io sento molto, molto vicino.

Sembra scrutare il mio volto millimetro dopo millimetro, e sembra farlo come se fosse la prima volta, nonostante ormai io sia abituata a sentirmi osservata in modo così intimo.

Poi, un gesto più che inaspettato fa tremare il mio cuore di un’emozione tutta nuova.

Non avevo mai pensato a come potessero essere le sue fredde labbra premute contro le mie, ma ora non ho nient’altro in mente.

Lui mi stringe a sé con fare possessivo e ricambio quel bacio improvviso con il cuore in gola, sinceramente sto capendo poco di quello che sta succedendo, so solo che va fatto perché mi fa stare bene. E il silenzio ci circonda, è come se fossi stata direttamente catapultata in un’altra dimensione comunemente chiamata Paradiso. Sento le sue mani carezzare delicatamente la mia schiena, lego le mie braccia al suo collo e mi alzo in punta dei piedi, piano, silenziosamente.

E’ un bacio, un vero bacio al quale non voglio credere perché troppo agitata.

Un bacio al quale non posso credere.

Un bacio vero, non di quelli dati alle medie per gioco, non una di quelle scappatelle di una notte, non uno sconosciuto in discoteca, è un bacio ed’è terribilmente speciale. Un bacio che fa mancare un battito al cuore, un bacio che davvero non mi aspettavo, ma che è stato accolto più che bene.

Le sue labbra sono fredde all’inverosimile, ma sono morbide e carnose, accoglienti - invitanti, oserei dire. Non hanno sapore, ma l’emozione nel poterle toccare è davvero incontenebile. Non avrei mai pensato che Boris avesse questo desiderio -- non avrei mai pensato che Boris avesse desideri di questo tipo in generale, ma mi sta facendo sentire particolarmente apprezzata, quasi una regina. Le nostre labbra giocano le une con le altre, sento un grande vuoto nello stomaco che si fa via via più grande, alcuni dicono si chiami agitazione. Mi stringo un po’ di più a lui, e lo sento cingere i miei fianchi con le sue braccia forti. Non mi staccherei mai dalle sue labbra, non spezzerei mai questa magia, ma è lui a farlo per primo. Lentamente mi scosta da sé, togliendo le sue braccia intorno al mio busto, abbassando lo sguardo come se avesse fatto qualcosa che mai sarebbe dovuta accadere.

 

« -- Ehi ..  »

 

Sussurro il più piano possibile, come per chiamarlo a me, per attirare nuovamente la sua attenzione. Lui mi guarda, e un sorrisino si dipinge sulle sue labbra. Io mi porto le mani alle guance che probabilmente saranno rosse come lo sono state poche volte, e a quanto pare le mie ipotesi sono corrette: sono bollenti al tatto, ciò contribuisce solo ad aumentare l’imbarazzo che sembra mangiarmi viva, quella fiamma che sta corrodendo il mio stomaco secondo dopo secondo. Dio Santo, tutto questo sembra l’Inferno, ma se sembra l’Inferno allora perché mi ci trovo così bene?

Abbasso lo sguardo con gli occhi pieni di emozione, lui non ci pensa due volte a fare lo stesso e mi prende le mani, le stringe nelle sue, grandi e rassicuranti, come a volermi fare una promessa che non può essere sciolta. Mi lascio scappare un piccolo sospiro accompagnato da un sorriso, ma non faccio in tempo a dire altro che sento trillare il campanello in modo a dir poco irritante. Kira non ci pensa due volte a svegliarsi di soprassalto e balzare giù dal letto, zompettando con fare veloce ed abbaiando verso la porta di camera mia come se ci fosse qualcosa di terribilmente pericoloso da temere. Salta e mi guarda terrorizzato, disturbato dal campanello che continua a trillare.

Inutile dirlo; sussulto dalla paura anche io e alzo lo sguardo, incontro gli occhi di Boris: mi sento come intrappolata. Cosa diamine dovrei fare?

Non ho il tempo di pensare né di fare altro, il campanello trilla ancora un’ennesima volta e mi ritrovo costretta a dover lasciare la mia stanza, aprendo la porta di camera mia. Inutile dire che Kira saetta via da quella stanza buia così velocemente che quasi mi rimane difficile seguirlo con lo sguardo, ma posso sentirlo benissimo abbaiare, e subito dopo la voce di mamma che urla cose incomprensibili al mio povero cane.. A piedi scalzi e ancora in pigiama corro alla porta, dove già mia madre e mio padre mi hanno preceduta, forse di solo qualche secondo. C’è tanta tensione nell’aria, mamma e papà si scambiano uno sguardo preoccupato, subito dopo guardanndo anche me, e io non so proprio che dire.

 

« Aprite quella porta, cazzo!  »

 

Sbraito battendo i piedi a terra. Il trillo del campanello mi da alla testa come poche cose, davvero non lo sopporto - chi cazzo è che suona a casa mia a quest’ora, e in modo così insistente? Papà mi lancia un’occhiataccia che per poco non mi fa rabbrividire, ma alla fine è lui quello ad aprire per primo la porta, la sua mano forte stringe con sicurezza la maniglia, la abbassa, e la porta si apre cigolando, quel cigolio che tanto mi sa di casa.

Nello stesso momento sento due mani grandi che mi stringono i fianchi, e di nessun altro si può trattare se non di Boris. Rimango ferma per non destare sospetti, ma so con certezza che lui può avvertire tutta la gioia mista a preoccupazione che ho dentro.

Rimango di stucco quando la porta si apre.


 

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Capitolo 13
*** Boris. (7) ***


** 7 **

 

⇛ Boris

 

Sono intorpidito, dannatamente scosso, confuso.

Sono troppo confuso, non capisco cosa stia succedendo, la testa gira e la cosa mi rende irritato, fin troppo.

L’ho baciata -- sì, l’ho baciata e non posso crederci. E lei? Lei sembra aver addirittura ricambiato, non posso davvero crederci. Cosa ho combinato? Cosa, perché, perché non mi so mai stare fermo? E ora, ora mi ritrovo davanti .. Thomas, sì, Thomas. L’ultima persona che mai avrei immaginato potesse spuntare in una situazione come questa.

Dopo così tanti mesi di assenza, poi. Così tanti che a momenti avrei quasi rischiato di rimuoverlo dalla mia mente.

Thomas è sull’uscio di casa, ma non sono sicuro che sia proprio lui. O meglio: non sembra lui. Posso quasi dirmi turbato, disturbato da quello che sto vedendo.             

Aspetto che April faccia un passo avanti per mettere a fuoco la vista sul ragazzo, e la sento lanciare un urlo di terrore che in un istante si congela nella mia mente diventando il peggiore dei suoi mai uditi, ma allo stesso tempo, regalandomi una sensazione deliziosa che sento nascere in fondo allo stomaco: nonostante tutto, mi nutro ancora di paura e terrore. Vedo i suoi occhi spalancarsi e le mani serrarsi in due pugni, posso notare lo sguardo sbigottito della madre e il padre, che sostano silenziosi dietro di lei, come fossero davanti ad un quadro di categorico orrore ma, allo stesso tempo, di straordinaria bellezza. Thomas abbassa lo sguardo e non apre bocca, poi vedo due lacrime cadere sul pavimento, seguite da altre, calde, copiose, come un fiume in piena. Mi si stringe il cuore, mentre il grido della piccola April ancora echeggia nella mia povera mente. Serro le mani sui suoi fianchi e mi stringo a lei senza dire niente, nel silenzio più totale, facendola rabbrividire in modo più che evidente - di paura o di freddo certo non lo so.

Vederla così spaventata e totalmente immersa nel panico suscita in me una sensazione tutta nuova alla quale ancora non so dare nome. E’ quel sapore dolce-amaro che scende giù per la mia gola e quel soave dolore che si diffonde per tutto il mio stomaco raggiungendo parti del corpo mai raggiunte prima. Quella sofferenza e angoscia che provo nel vedere una tale creatura, la mia creatura, spaventata ed indifesa, si mischia al piacere donato dalla stessa fonte per motivi a me oscuri.  

Thomas non è cosa che mi riguarda, e il resto della situazione non può interessarmi più di tanto: il mio mondo gira intorno ad April ed intorno ad April continuerà a girare, sempre, costantemente, senza fermarsi mai. Mi sento malvagio e sporco a pensare queste cose, mi vien quasi da crogiolarmi nella mia stessa insofferenza, ma subito mi rinsavisco e mi ripeto che è giusto così, punto.

La vedo portare le mani al viso di Thomas e alzarlo, solo grazie al suo gesto posso comprendere appieno tutto il suo spavento, il suo scuotimento. Quello che sto vedendo è ai limiti dell’orrido, ma ha un non so cosa di idilliaco che sembra catturarmi del tutto, ne sono altamente affascinato, quasi pericolosamente - oserei dire. Gli occhi del ragazzo sono gonfi di lacrime, chiaramente arrossati, le labbra gonfie, le mani tremanti. Guarda April come se fosse l’unica sua ancora di salvezza, e lei, lei non riesce a far altro se non affondare il volto sul suo petto, probabilmente non riuscendo a sostenere quella visione così cruda. La vedo stringersi al corpo gracile del ragazzo, e lui porta una mano al suo capo, carezzandole lentamente i capelli con fare esitante. Sembra che qualcuno abbia affondato più volte con forza le unghie nella carne dei suoi polsi, stringendoli, forse per trattenerlo e non lasciarlo andare via in un improvviso impeto d’ira. Ci sono i segni, lì, chiari come mai li avevo visti prima.

Chiude gli occhi e poggia il mento sul capo di April, cercando di riprendere tutto il fiato perso. Dal sopracciglio destro cola una linea di sangue che gli percorre tutto il viso, scarlatto e denso, disegnando le sue guance pallide e finendo fra le sue labbra tremanti.

 

 


 

 

« Allora, mi spieghi cosa diamine è successo? »

 

Lo rimprovera quasi, con voce preoccupata, mentre seduta sul letto tampona con cura il taglio che solca il suo volto. Thomas sembra restio a parlare, rimane lì, immobile, a dir poco paralizzato. Osservo quella scena tanto curiosa appoggiato al muro, in un angolo della stanza.

 

« Oh, ma vuoi parlare?! »

Alza il tono della voce con un’espressione corrucciata in volto, stringe la garza bagnata di sangue nel pugno, cerca un contatto visivo con Thomas ma lui non sembra essere d’accordo. Sento l’irritazione crescere forte e veloce in April, mentre il povero ragazzo si fa piccolo sotto lo sguardo accusatorio di quella che una volta era sua amica, e fra le braccia di quest’ultima si sta rifugiando ancora una volta. Questa situazione la turba e lo sento, lo vedo nei suoi gesti tremanti e negli occhi che sembrano sul punto di gonfiarsi di lacrime, da un secondo all’altro.

 

« Non c’è assolutamente niente da dire. »

 

Prende parola con voce ferma e fredda, ma si vede benissimo che sta usando ogni forza in corpo nel tentativo disperato di mascherare tutto il dolore che sente crescere nel petto, forse un dolore ritenuto troppo intimo per essere espresso, per essere mostrato al pubblico. Abbassa il capo, chiude gli occhi, stringe i pugni.

 

« E allora perché sei ridotto così? »

 

Risponde a tono tirando fuori una certa vena di fastidio nella voce che si fa man mano più alta, forse quella rabbia nei confronti del ragazzo che ha tenuto nascosta e repressa per troppo tempo.

 

« Lo vuoi proprio sapere? »

 

Lo dice con un filo di voce, come se stesse per svelarle il più grande segreto di tutta la sua vita. Non riesce a guardare in faccia April, forse per vergogna o per troppo orgoglio - non so, fatto sta che posso solo notare quanto la mia principessa sia irritata da questa insolita situazione. Lei annuisce quasi con tono di sfida, un sopracciglio inarcato e gli occhi sul volto livido di quello che era stato il suo migliore amico per tanto di quel tempo.

 

« John. »

 

Una sola ed unica parola, anzi, un nome, un nome che April sembra apparentemente non conoscere, un nome che appartiene ad un ragazzo visto fin troppe volte fra i corridoi della scuola, quel ragazzo tanto alto e robusto con due occhi scuri come due pozzi di petrolio. Quel ragazzo che troppe volte ha visto di sfuggita, magari urtando contro la sua spalla e ignorandolo come se fosse invisibile. Quel ragazzo che, invece, ha un ruolo quasi fondamentale in una delle persone più vicine a lei.

Me lo ricordo, io.

Mi ricordo più o meno tutti i dettagli più succulenti di quella scena tanto particolare che vidi tempo prima, me lo ricordo Thomas fra le braccia di quel tipo dall’aspetto non proprio rassicurante. Vedo gli occhi di April sgranarsi e le pupille restringersi, la boccuccia rosea schiudersi in un’espressione di pura sorpresa - incredulità.

 

« John... stai parlando del ragazzo nel 5° CL? »

 

Thomas, tremante, annuì. Fu un solo cenno del capo a confermare tutti i miei sospetti, e probabilmente, anche quelli di April. La vidi mordersi il labbro e tirare forse uno dei sospiri più lunghi mai fatti, a volto basso. Il ragazzo di fronte a lei, nel frattempo ne approfittò per distogliere lo sguardo e sfuggire a quel contatto visivo che, in quella particolare situazione, tanto lo metteva a disagio.

 

« … non pensavo lo conoscessi. »

 

Risponde, più perplessa che seccata. Dopo questa confessione riesco a mettere insieme tassello dopo tassello come le lettere di un puzzle, e tutto sorge più chiaro alla mia mente.

 

{ Angolo Autrice:

 

Perdonatemi per la mia lunga assenza e per la fase di stallo a tempo indeterminato nella quale ho dovuto - purtroppo - mettere la storia. Avevo questo capitolo pronto da chissà quanto, ma non so per quale motivo, non mi sentivo “pronta” a pubblicarlo. Oggi, cinque Novembre 2015, a distanza di tre mesi, ho deciso di pubblicarlo dandogli qualche sistematina. E’ leggermente più corto rispetto alla lunghezza media di un capitolo base, ma ne sentivo la necessità. Mi scuso ancora con tutta la gente che ha seguito la storia per tanto e poi mi ha vista “sparire” così, non aggiornando più. Ho passato questo periodo a dedicarmi ad altri progetti, essendo questo un momento delicato della mia vita.

Ho deciso che aggiornerò questa storia una volta al mese, due in casi speciali, e ringrazio tutti quelli che, con tantissima pazienza, sono arrivati fino a qui, magari spendendo due minuti anche per recensire.

Signori e signore, sono lieta di annunciarvi che nettie è tornata e con lei Boris ed April.

 

-nettie.

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Capitolo 14
*** April. (8) ***


** 8 **

 

⇛ April

 

A: Thomas

Da: April

21/08/2012 - 00:57


Ciao, Thomas. Forse non è proprio il momento esatto per scriverti, ma volevo dirti una cosa.

Ora sei a casa, al caldo, al dormire, e io sto qui sveglia a pensare a te.

Non posso assolutamente capire tutto ciò che tu abbia mai potuto subire da quel verme; non riesco a concepirlo. E quando ieri, dopo tanti mesi di silenzio, ti sei fatto vivo alla mia porta in quelle condizioni, mi si è gelato il sangue nelle vene.

Non so se essere arrabbiata, se essere triste e addolorata per te, o se ignorarti come tu hai fatto con me in questi ultimi mesi. Ma non ci riesco. Quello che ora arde nel mio cuore è un misto fra rabbia e delusione, delusione perché non mi hai confessato un segreto così grande, io; che credevo di essere la tua amica più fidata.

So che tu ti ostini a non voler credere all’esistenza di questo fantomatico Boris, ma posso assicurarti che è reale, almeno in parte. Non è semplice frutto della mia testa, ti prego di capirlo, o almeno accettarlo parzialmente. Mi ferisce il fatto che tu non mi creda, quando mai, e dico mai in vita mia potrei mentirti.

Non sono di certo una ragazza solita a scrivere papiri enormi come questo, ma non riuscivo ad esprimermi a te in altri modi; solo così, penso di riuscire a dirti tutto ciò che mi sono sempre tenuta nello stomaco.

Io non voglio perderti.

Non ho mai voluto perderti.

 

Digito veloce sullo schermo del cellulare mentre Boris siede ai piedi del mio letto. Io sono stesa su di un fianco, Kira appollaiato contro la mia pancia e il ventilatore puntato sul volto: il caldo è soffocante, nonostante sia quasi Settembre.

Controllo le prime righe, i miei occhi grandi scorrono veloci sul piccolo schermo che mi illumina il viso in modo fastidioso, e mi sento osservata da Boris. Mi chiedo se sappia che sto scrivendo anche di lui, in tutto ciò. Ma forse - anzi, quasi sicuramente - lo sospetta di gran lunga: ormai lui è diventato la mia ossessione, e io la sua. E’ un rapporto abbastanza malato fra un’umana e un non-ho-ancora-capito-cosa-sia, ma non posso di certo lamentarmi.

Mi piace, mi piace incredibilmente tanto questo rapporto di intensa complicità che si è andato a creare fra noi due. Mi sento protetta tanto quanto minacciata, perché per quanto io possa passarci tempo insieme, mai mi rivelerà la sua vera identità, e forse, il suo vero scopo.

Tutto quello che so è che Boris è un essere potente, più potente di quanto io e tutti noi possiamo immaginare. Lui è capace di fare cose che io non saprei neanche come cominciare, cose per le quali non ho mai elaborato una vaghissima idea nella mia testa. E’ per questo, che mi sento in dovere di stare sempre sull’attenti: potrebbe stravolgermi e io potrei non accorgermene assolutamente.

Vedo i suoi occhi di ghiaccio sbucare nella penombra nella quale la mia stanza è immersa, rabbrividisco, e una sua grande mano ossuta e pallida si va a poggiare sulla mia spalla minuta. Sono indecisa se respingerlo o lasciarlo fare, tanto è la confusione che si cela in me.

Cerco di tranquillizzarmi, “tranquilla April, è tutto okay”, tiro un lunghissimo sospiro e continuo a digitare il resto che ho da dire.

 

Io ho bisogno di te, e in fondo, so che anche tu hai bisogno di me. Devi solo dimostrarlo, trovare un modo, farmelo capire in modo più intenso: non ho mai voluto allontanarmi né allontanarti. Forse ritornare come prima non sarà possibile da un giorno all’altro, forse non riesci proprio a mandare giù quest’amaro boccone che porta il nome di Boris, ma lascia che io te ne parli con più chiarezza, magari faccia a faccia: prenderò coraggio, promesso.

Dammi solo un’altra possibilità, so che in questo periodo, tu, così indifeso, hai bisogno di me, e lo avrai ancora. Siamo stati uniti per anni, dammi un solo motivo valido per separarci ora: io non riesco a trovarne.

Fra un po’ la scuola ricomincerà e avremo la possibilità di fare davvero luce sui fatti, che ne dici?

Mi manchi, Thom.

 

E senza indugio chiudo gli occhi, e in uno scatto repentino mi fiondo a cliccare il tasto “invia”. Sbarro i miei occhi smeraldini che puntano quasi con orrore tutte quelle righe ormai inviate al destinatario, senza alcuna possibilità di tornare indietro.

Incontro ancora una volta gli occhi di Boris, d’un azzurro troppo chiaro e a dir poco ipnotizzante.

 

« Inviato? »

 

Mi chiede.

La sua voce vellutata e profonda risuona nelle mie orecchie come un pugno, ho una morsa violenta che mi stringe il cuore e sembra non voler lasciarlo andare. Nonostante tutte le emozioni contrastanti e la voglia di urlare, rimango in silenzio ed annuisco come una bambina.

 

« Sì, l’ho inviato. »

 

Rispondo poi prendendo un lungo respiro, la mia voce esce tenue e delicata, ma così tanto che a stento credo sia la mia. Abbasso lo sguardo e distolgo i miei occhi dai suoi: posso piacevolmente osservare come quel dormiglione di Kira sia praticamente crollato acciambellato affianco a me. Se non ci fosse questo cane a tenermi con i piedi per terra, penso che Boris avrebbe già preso il totale controllo su di me una volta per tutte.

In questo periodo, i rapporti fra noi due si sono un po’ freddati, e dopo quel bacio lui è diventato sempre più possessivo, a tal punto che mi sento pizzicare se anche solo scambio qualche parola di troppo con mio padre.

La cosa mi spaventa, e mi chiedo dove mai voglia arrivare con tutto ciò.

Ricordo costantemente quel giorno di troppi mesi fa, quando incontrai il mio incubo per la prima e vera volta. Da lì, non mi ha mai lasciata sola.

 

« Che hai?  »

 

Domanda, e ora, tutto d’un tratto, sembra premuroso e veramente preoccupato nei miei confronti! Ah, sembra quasi un paradosso! Avevo imparato a non aver timore di lui, ma ora? Ora cosa diamine devo fare? Mi può proteggere, come può farmi del male.

La sua mano è ancora sulla mia spalla, è talmente fredda che quasi brucia, mi irrita, mi fa male. Mi fa terribilmente male. Mi stringe e mi scuote appena, serra le dita scheletriche intorno alla mia spalla: so che se continua così mi rimarranno i lividi per settimane intere.

 

« Boris, tutto questo è impossibile. »

 

Rispondo, boccheggiando per il lancinante dolore che mi sta causando.

 

« Lo so, ma non ti piaceva trasgredire le regole? »

 

Si avvicina al mio volto e mi respira sulla pelle, rabbrividisco ancor di più e mi irrigidisco come se fossi un pezzo di legno.

 

« Ora non più, sta andando troppo oltre, non riesco più a distinguere il sogno dalla realtà. »

 

Sputo la verità come fosse veleno nella mia gola, chiudo gli occhi per non far sì che i suoi occhi incontrino di nuovo i miei; per non far sì che lui riesca a rendermi sua ancora una volta. Mette l’altra sua mano sulla mia coscia, ed eccolo che questa specie d’uomo tre volte me mi sovrasta, e io, piccola, sto annegando nella mia stessa paura.

 

« Ti prego, lasciami and -- »

 

Balbetto con le lacrime che salgono copiose agli occhi una dopo l’altra, e che invano cerco di ricacciare per non mostrarmi debole davanti a lui.

 

« Sto rischiando la vita per te, ti prego, lasciati amare. »

 

Sussurra ancora, stavolta  al mio orecchio, mentre la mano che prima era sulla mia coscia scivola silenziosamente sotto la maglietta del mio leggero pigiama. Impallidisco e irrigidisco inutilmente i muscoli, iniziando pian piano a dimenarmi per sgusciare da sotto la sua presa.

Mi mordo con forza il labbro e serro i pugni: questo lo chiama amare?

 

« Piccola mia, lo so che lo vuoi anche tu... »

 

E continua a carezzarmi lentamente con quella mano viscida, fino a quando non prendo pieno possesso delle mie forze e riesco a scostarmelo da dosso, lanciando uno degli urli più strazianti mai sentiti in tutta la mia breve vita.

 

« Boris, tu non sei reale per la mia gente. Tu non dovresti esistere. Vattene! »

 

Poco più di un secondo di silenzio nel quale provo una sensazione di disgusto mista a terrore, apro gli occhi, e lo trovo ancora lì a fissarmi. Lentamente muove le labbra pallide, carnose e invitanti, dalle quali esce una frase sulla già so che sopra dubiterò a lungo.

Una semplicissima frase, che forse è sempre stata la radice di tutti i miei problemi.

 

« April, tu credi negli umani? »

 

{ Angolo Autrice.

 

Capitolo a dir poco essenziale per far andare avanti la storia: ormai siamo agli sgoccioli, e io sono terribilmente indecisa su come farla finire, dato che ho in mente due finali.

Ci penserò sopra: ancora qualche capitolo ed è fatta.

Ringrazio tutti i lettori.

 

-nettie.

 

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Capitolo 15
*** Thomas. (9) ***


** 9 **

 

Thomas

 

08/12/2036

 

“Sembra quasi - anzi, del tutto impossibile. Sto scrivendo questa lettera al me stesso di vent’anni fa, per esorcizzare almeno una parte dei rimorsi che mi tengo dentro. Quel me stesso che s’è fatto scappare dalle mani una ragazza fantastica, solo perché non ha mai voluto credere a tutto quello che affermava. Un finale pietoso e non degno di tutto ciò che è stata.

Ricordo quella sera di Dicembre come fosse ieri; ricordo la telefonata e ricordo le lacrime che iniziarono a scorrere fredde e violente sul mio volto. Non volli più rivedere il suo corpo, ma tutt’ora, ogni sera, tengo la sua foto stretta al petto.

E oggi più degli altri giorni m’è tornata in mente; girando per le grandi strade di quella che una volta era la nostra fredda città, ho visto una ragazza. Una ragazza dai ricci rossi e dagli occhi verdi come due smeraldi preziosi, il volto di porcellana e le guance rosee. Le somigliava incredibilmente tanto, e ho sentito il cuore mancare un battito.

E’ stata una fine misera.

Sola, poggiata al muro della sua stanza con un coltello nel petto. Completamente avvolta dal freddo, e con i capelli appiccicati sul viso bagnato. Lo sgomento è stato tanto, e per anni m’ha tormentato standomi con il fiato sul collo. In lei c’era qualcosa che non andava.

Non ho mai capito perché l’abbia fatto, non ho mai compreso i motivi perché non ho mai potuto provare ciò che provava lei.

Ti prego, se in un modo o nell’altro, tu, giovane Thomas, potrai leggere questa lettera: tienila stretta e non lasciarla sola, qualsiasi cosa lei dica.”

 

{ scusate.


-nettie.

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