Melodia di Giustizia - A trip into madness

di Darth Ploly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Tic, toc... ***
Capitolo 2: *** Marciume ***
Capitolo 3: *** Jolly Roger ***
Capitolo 4: *** If you want peace... ***
Capitolo 5: *** ... Prepare for war ***
Capitolo 6: *** Melodia ***
Capitolo 7: *** Amiche ***
Capitolo 8: *** Il Gufo e l'unicorno ***
Capitolo 9: *** Richiesta di aiuto ***
Capitolo 10: *** La mossa di Fluttershy ***
Capitolo 11: *** Scoperte ***
Capitolo 12: *** Seguendo un libro ***
Capitolo 13: *** Una brutta storia ***
Capitolo 14: *** Incendio ***
Capitolo 15: *** Fidati di me ***
Capitolo 16: *** I mostri che abbiamo dentro ***
Capitolo 17: *** Ho rimandato troppo a lungo ***
Capitolo 18: *** Epilogo: I pezzi si muovono ***



Capitolo 1
*** Prologo - Tic, toc... ***


“Oooh … diavolo, la mia testa …” Un caleidoscopico insieme di luci e forme indistinte mi danza davanti agli occhi mentre riprendo lentamente coscienza. Ho sempre pensato che riprendersi da uno svenimento fosse simile allo svegliarsi da una dolce notte di sonno, invece mi rendo conto che mettere a fuoco quel che vedo è molto più complicato, forse è il rosso sole del tramonto che ho di fronte che rende il tutto più difficile. Ma mi basta abituarmi solo un poco per capire che avrei preferito non svegliarmi: sono legato a un’impalcatura del Celestia Tower, l’edificio in costruzione destinato a diventare il più alto di Ponyville. Sotto di me posso vedere estendersi l’intera città.
Sento nascere in me una paura mai provata, il cuore accelera costantemente i suoi battiti. Inizio a urlare: “Hey! Qualcuno riesce a sentirmi? Aiutatemi!”. Da quanto tempo sono qua? E come diamine ci sono arrivato? Ricordo solo che ero nella mia bottega e poi … il vuoto. Ma che cazzo sta succedendo?
“Hey! Heeey!!!”. Nessuna risposta. Dovrò cavarmela da solo. Provo a muovere una zampa per allentare le corde. Per Celestia, chi mi ha portato qui deve saperci fare con i nodi.
“Tic, toc …” … cosa?
“Tic, toc …”. Una voce, è davvero una voce!
“Hey, tu! Sei qui dietro, vero?” Aiutami, ti prego! Vieni a darmi uno zoccolo o … o chiama le forze dell’ordine!”
“Tic, toc, tic, toc …”. La sento meglio, è una voce femminile.
“Smettila di perdere tempo!”
“Sai, dovresti essere più gentile”.
Come come come? Non ci vede forse? Oppure mi sta prendendo in giro? E perché continua a fare quel maledetto ticchettio? Sembra una dannata sveglia!
Provo a risponderle ma all’improvviso una zampa mi strattona la criniera.
“Tic, toc …”. Il suo ticchettio continua, e un pensiero che avevo provato a tenere a bada fino ad ora mi travolge. Sento i battiti del cuore diventare ancora più rapidi. Provo a voltarmi ma la folle mi blocca e inizia a muovere un coltello davanti ai miei occhi, i raggi del sole fanno brillare la sua lama. Devo ammettere che è davvero di pregevole fattura, forse da collezione … ma che diavolo sto dicendo? Sto forse iniziando a delirare per la paura? Devo mantenere il controllo.
“Ascolta, sono sicuro che possiamo trovare una soluzione pacifica. Ti ho fatto qualche torto? Se sì, permettimi di rimediare. Buttiamo via coltello e corda e discutiamone.”
“Buttiamo via la corda!” grida gioiosamente, e il coltello scompare dalla mia vista. Non faccio in tempo a elaborare la sua risposta che subito inizio a sentire il rumore di funi che si spezzano, accompagnato dal dannato ticchettio.
“Basta! Smettila, ti prego! Aiutatemi! Qualcuno la fermi!”
“Tic, toc, tic … oh-oh! Si è rotto”. Sento un ultimo, forte rumore.
Qualcuno un giorno mi disse che mentre cadi da una grande altezza non puoi sentire le tue grida.
Beh, mentiva. 

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Capitolo 2
*** Marciume ***


Ponyville. Fetido e immondo buco di culo del regno di Equestria. I turisti la considerano una meta d’obbligo durante i loro viaggi: la cittadina dove tradizione e modernità si incontrano, dove puoi respirare di giorno l’aria fresca delle campagne e dei meleti vicini e vivere di notte la trasgressione dei numerosi bar e locali, non sempre puliti. Persino alcuni abitanti, troppo codardi o troppo stupidi, si ostinano a credere che questa sia la vera Ponyville. Ma la realtà è diversa. Infame tana di cupidigia e perversione, questa città è il luogo più marcio del regno della “cara e dolce” Celestia. Puah! Che possa affogare! Se ne sta chiusa nel suo castello, circondata da servitori eunuchi, nobili con la puzza sotto al naso e giovani cacciatrici di ricchezze che la darebbero anche a un orso-ape per un bracciale di smeraldi. Fanno finta che qui vada tutto bene, nascondendo la verità dietro grattacieli e belle luminarie. Oh, ma io la conosco bene questa città, ho visto il suo vero volto. Da una parte, ladri, assassini e spacciatori portano il terrore tra i civili, decidendo di volta in volta se allearsi a qualche boss della mafia sperando di ricevere lauti premi in cambio, oppure se mettersi in proprio per ritagliarsi una fetta di questa torta ormai andata a male. Dall’altra, individui dalla giacca firmata e dall’anima nera riescono a mettere gli zoccoli su appalti pubblici e incarichi politici con le classiche armi della corruzione o del ricatto, mentre quelli che dovrebbero proteggere gli innocenti, dal vigile urbano al vicesindaco, se la spassano tra puttane, alcol e soldi sporchi. Che poi, innocenti … esistono ancora innocenti a Ponyville? Hanno tutti piegato la testa di fronte a questo marciume. Si sono sentiti abbandonati, hanno avuto paura e piuttosto che prendere in zoccolo la situazione hanno preferito vedere i loro cuccioli imparare a usare delle pistole. Dei pochi pony davvero in gamba, una è venuta a mancare due settimane fa: il nostro sindaco, Mayor Mare, una delle più grandi puledre che questa città abbia conosciuto. Poveraccia, il suo cuore non ha più resistito di fronte a tutto questo.
Due turisti grifoni, una ragazza con il suo cucciolo, mi passano accanto, avanzando in direzione opposta alla mia. Il piccolo mi guarda con meraviglia, si volta verso la mamma e dice: “Guarda mamma! È quella lì famosa, detective Ottava!”
“Mi chiamo Octavia, microbo!” quasi gli urlo contro. Odio quando sbagliano il mio nome. Me li lascio alle spalle senza degnarli di uno sguardo, mi sembra di sentire la madre borbottare qualcosa sulla mia educazione.
Quando arrivo, la Celestia Tower è circondata dai nastri segnaletici della polizia e una decina di agenti sta compiendo un primo studio della scena del delitto. Mi avvicino a una di loro, inenta a prendere appunti su un block-notes. Non mi sembra di conoscerla: è una giovane pegaso dal manto giallo paglierino e la criniera rosa.
“Allora agente, cosa abbiamo qui?”. La ragazza fa quasi cadere il blocchetto per lo spavento. Si gira verso di me e inizia a blaterare qualcosa.
“Hem, ecco noi … io …” mi guarda come se fossi un fantasma.
“Ebbene? Non ho tutta la serata!” Continua a biascicare qualcosa, ma quel che sento sono soltanto gridolini acuti. Sto per perdere le speranze quando vedo un pegaso dall’inconfondibile chioma multicolore raggiungerci in volo.
“Ispettore Fluttershy, torna al tuo lavoro. Qui me ne occupo io”. La giovane arrossisce visibilmente e si allontana velocemente.
“Ispettore? QUELLA sarebbe un ispettore, Dash?”
“No, in realtà è solo una recluta. Tende a imbarazzarsi facilmente ed è molto timida. L’ho presa sotto la mia ala protettrice, sai, per farle fare esperienza … e ogni tanto la prendo un po’ in giro … si vergogna se la chiamo con un titolo ufficiale” mi spiega ridacchiando leggermente. Comportamento tipico di Rainbow Dash: nonostante sia stata nominata commissario non perde mai occasione per farsi una risata. Eppure non posso non chiederle una cosa: “Ma perché hai scelto proprio lei? Che ha di speciale?”
“Ha un forte senso di giustizia. Sai meglio di me quanto abbiamo bisogno di pony del genere”. Ha ragione, purtroppo. Scuoto la testa con rassegnazione e avanzo verso il cadavere, le sue zampe piegate in maniera irregolare e il suo manto bianco sporco di sangue e chissà quale altra porcheria.
“Cosa è successo qui?”
“Esattamente quello che vedi: il poveretto ha fatto un bel volo dall’ultimo piano della Celestia Tower. Nessuno ha visto o sentito nulla, naturalmente, solo un nostro agente che passava di là e l’ha visto cadere di fronte a lui.  Il corpo è in pessime condizioni ma abbiamo notato segni di corde: è stato assassinato. Stiamo cercando altri indizi in giro, ma per ora non abbiamo nulla”
“Lui chi era?”
“William Tokmane. Era un orologiaio, aveva una piccola bottega in città. Ho mandato alcuni agenti a chiedere informazioni agli amici, in quanto non sposato e senza figli. Data la situazione, potrebbe essere un regolamento di conti, magari per motivi economici. Non è un buon periodo per le piccole attività”. Non lo è da tempo, a dirla tutta: miss principessina ha bisogno di molto denaro per intrattenere adeguatamente i suoi ingordi ospiti.
“Quindi tu sospetti un omicidio di mafia o simili?”
“Beh, è un’ipotesi plausibile, non trovi?”. Dash non ha torto, eppure qualcosa non mi torna.
“Però rifletti, Dash: è appena calata la notte. Il tuo agente quando lo ha trovato?”
“All’ora del tramonto più o meno”
“Ciò vuol dire che killer e vittima erano sulla torre da quell’ora se non da prima. Adesso dimmi: quale boss farebbe assassinare qualcuno alla luce del sole e in un modo così plateale in uno dei punti più importanti della città? E solo per una questione di debiti per giunta”. Rainbow Dash fissa pensierosa il cadavere per un po’, poi risolleva lo sguardo su di me: “Credi ci sia altro dietro?”
“Non ne sono sicura, la mia era solo una supposizione. Le prime perizie sul corpo hanno trovato niente oltre ai segni delle corde?”
“Tsk, è già tanto aver trovato quelle. Come vedi non è rimasto granché di quel povero diavolo”. Già, è proprio vero … il mio lavoro qui è terminato. Ringrazio Dash di tutto, la saluto e mi incammino lentamente per la via da cui sono venuta, lasciandomi alle spalle la puledra dalla chioma multicolore, lo sfortunato orologiaio e quello schifoso grattacielo.
 
La guardo allontanarsi lentamente, una macchia grigia che si mimetizza perfettamente con i colori dell’anima di questa dannata città. Detective Octavia … una profonda tristezza mi assale con forza. Mi succede ogni volta che penso a quel che era, a quel che sarebbe potuta diventare. Ok Dashie, torna in te! Devi tornare al lavoro e non puoi apparire debole di fronte ai tuoi uomini: che cosa direbbero? Senza contare che molti di loro non aspettano altro che una stupida scusa per farti crollare …
Mi volto per cercare la mia pegaso preferita e la trovo ancora intenta a scribacchiare sul suo block-notes. Non posso crederci: sta ancora prendendo appunti? Mmmh, questo mi fa pensare … vediamo di divertirci un po’! Mi avvicino alle sue spalle silenziosa come un’ombra … non si è accorta di nulla … ok, adesso!
“Ispettore Fluttershy, mi dica subito che ha scoperto!” le urlo nell’orecchio. Nemmeno un secondo dopo, il block-notes è a terra mentre Fluttershy è volata più in alto possibile, totalmente terrorizzata. Quasi non riesco a trattenere le lacrime per il troppo divertimento.
“Allora quelle ali non le hai solo come ornamento” la schernisco ancora mentre lei torna a terra. Da quando la conosco, avrò visto Fluttershy volare solo due o tre volte e sempre per brevi distanze. Ma dove si è mai visto un pegaso che non vola? Credo sia quasi contro natura! Mi si avvicina guardandosi continuamente attorno, come se un’altra me possa spuntarle di nuovo alle spalle da un momento all’altro.
“Hey, riposo soldato. Ci sono solo io” le dico in tono gentile e lei sembra distendersi un po’.
“Avete trovato qualcosa di nuovo?”
“Nulla, commissario. Ecco … sembra che il killer sia svanito senza lasciare tracce”. Questo vuol dire che possiamo solo attendere notizie dagli agenti che si stanno occupando di raccogliere informazioni in giro.
“Va bene, Fluttershy! Seguimi, si torna in centrale”
“Sì, commissario!”. Sto per spiccare il volo quado penso che forse è meglio evitare e camminare semplicemente. Cerco di farla apparire una scelta naturale, come se l’idea del volo non mi fosse mai passata per la mente. Credo di essere stata brava, chiunque altro non avrebbe notato nulla, ma da un fugace sorriso di Fluttershy capisco di essere stata scoperta.
“Come l’hai capito?” le chiedo ridacchiando.
“Ha mosso le tre piume più esterne delle ali. Ho notato che lo fa sempre prima di spalancare le ali”. La sua capacità di analisi è affascinante, questa tipetta farà strada. Sto riflettendo su questo quando riprende a parlare, improvvisamente di nuovo timorosa: “Commissario, io … potrei farle una domanda?”
“Sentiamo, spara”
“Ecco, la pony di prima … noi, ehm … noi siamo poliziotti, forze civili. Non abbiamo il diritto di dare informazioni a investigatori privati, vero?”
“Immaginavo me l’avresti chiesto. Sì, effettivamente hai ragione, in genere è così”
“E lei … lei chi è?”
“Ecco … diciamo che lei è una speciale” rispondo, mentre la gola mi diventa improvvisamente secca.    
 

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Capitolo 3
*** Jolly Roger ***


Notte a Ponyville. La luna è ridotta a un sottile spicchio e le stelle non sono visibili per via dell’inquinamento luminoso. Un leggero e piacevole venticello mi ha accompagnato durante tutto il mio cammino, ma sembra abbandonarmi non appena svolto nel vicolo più temuto della città. Sono in pochi a ricordare il vero nome di questa strada, chiamata dai più “Bet Way” perché sai come la imbocchi ma non come ne esci. Nonostante la cattiva fama, sono in molti ad addentrarvisi per cercare di raggiungere quello che è il locale più celebre di Ponyville. E qui “celebre” fa spesso rima con “malfamato”. Purtroppo è anche il luogo dove una come me può trovare le informazioni più attendibili, specie se sei amica della proprietaria.
Sono quasi giunta di fronte al Jolly Roger quando mi fermo ed emetto un sospiro annoiato e ironico.
“Lo ammetto, sei stato abbastanza silenzioso. Credo però che adesso ti convenga fermarti prima di farti del male. Che ne dici?”. Non mi volto neanche, ma posso immaginare che il pony alle mie spalle sia davvero stupito. Decido di rincarare la dose: “Non ho sentito il rumore di una pistola che viene ricaricata ma sono sicura di aver intravisto un riflesso di luce per un istante. Una lama, non molto grande direi. Forse un piccolo coltellino. Volevi rapinarmi?”
“Sei una puledra intelligente” mi risponde. Vuol fare il duro ma la sua voce risuona incrinata: l’ho intimorito.
“Esatto, e voglio sperare lo sia anche tu. Dalla voce mi sembri molto giovane e non mi piace far del male ai ragazzini. Perché non torni sulle tue orme?”. Il giovane sputa a terra, deve essere infuriato. Lo sento avvicinarsi a me risolutamente: “A muso vuoto la muovi bene quella lingua. Vogliamo vedere che succede se ci infilo qualcosa dentro?”. Mi poggia una zampa sulla spalla.
Mi basta un attimo.
Con un rapido movimento ribalto il ragazzino, gli blocco la zampa colpevole e gliela torco fino a spezzarla. Il suo urlo è agghiacciante.
“Si può sapere che cazzo succede qui?”. Le porte del Jolly Roger si spalancano e ne spunta fuori la proprietaria, Rarity, armata con due pistole.
“Sta tranquilla, miss. Sto solo spiegando al mio amico chi comanda qui” le dico, mentre il pony sotto di me sta ormai piangendo implorando pietà.
“Oh, perdonalo cara: è un novellino. Lascialo andare e vieni dentro, ti offro un drink”. Sorrido e mi rivolgo un’ultima volta al criminale: “Sai, quando starai meglio dovresti venire a ringraziare miss Rarity”. Entriamo nel locale lasciandolo a terra.

Che sia la tua prima o centesima volta, entrare al Jolly Roger provoca sempre un’infinita serie di meravigliose sensazioni. Dopo un breve corridoio fiocamente illuminato, si giunge alle porte della maestosa sala centrale. Illuminata da luci molto chiare che si spezzano per azione di meravigliosi cristalli dando vita a effetti quasi onirici, la sala è occupata in gran parte da tavoli per il gioco d’azzardo. La decisione di Rarity è stata quella di abolire nel suo locale ogni macchina che spinga gli avventori a isolarsi: trovare una slot machine è praticamente impossibile, mentre le roulette, i tavoli dei dadi e soprattutto quelli del poker sono circondati da una folla festosa e brilla. Il lato sinistro del salone presenta un palco dove giovani e procaci puledre danzano accompagnate da musicisti veramente in gamba, intrattenendo così i clienti che non si accontentano del gioco o dell’alcol. Di fronte all’ingresso, dal lato opposto della sala, è situato il bancone del bar, realizzato interamente in cristallo blu notte intarsiato con la magia. Tra il palco e il bancone c’è una porta rossa oltre la quale si sviluppa un lungo corridoio con molte stanze dove gli avventori possono intrattenersi con le ballerine per tutto il tempo per cui sono disposti a pagare. Tutto è immerso nel dolce aroma rilasciato da polveri che bruciano e piante orientali. Sono entrata spesso in questo locale ma il profumo cambia sempre. Una volta Rarity mi disse che nei sotterranei conserva decine e decine di sacchi con polveri differenti e che, a seconda di come le mescola, riesce a ottenere diversi profumi. Solo lei può occuparsene perché una combinazione sbagliata potrebbe addirittura far saltare in aria il locale. Va detto che l’unicorno ha fegato! Eppure il motivo per cui questo locale è tanto apprezzato lo si scopre superando una piccola porta sulla sinistra del bancone e scendendo una breve scala a chiocciola: il Jolly Roger è considerato la migliore fumeria d’oppio di tutta Equestria! In molti hanno accusato Rarity di essere solo una puttana e una spacciatrice ma lei si è sempre comportata da signora, difendendosi con l’abilità dei migliori oratori. Stando alle sue parole, lei si limita a dare ai suoi clienti la possibilità di rilassarsi e di rendere realtà quei sogni che verrebbero giudicati immorali dai “fottuti perbenisti”, anche solo per una notte. Comunque, nessuno ha mai sporto una denuncia ufficiale alla polizia e Rarity ha continuato a far sognare e divertire i suoi fedeli clienti.
Nonostante questo posto puzzi di illecito in ogni angolo, è l’unico posto dove posso trovare informazioni attendibili rapidamente. Seguo Rarity al bancone, ci sediamo e ordiniamo due whisky on the rocks.
“Allora detective, cosa la porta in questo balordo tugurio?” mi prende in giro. Rarity sa bene la mia opinione sul suo locale ma è comunque sempre pronta ad aiutarmi quando ne ha la possibilità. Sembra essere immune a ogni tipo di offesa o ingiuria. La rispetto molto, e credo sia a conoscenza anche di questo.
“C’è stato un ponycidio. Abbiamo trovato il corpo di un orologiaio vicino alla Celestia Tower. Un certo William Tokmane, manto bianco e cutie mark a forma di orologio da taschino. Ti dice nulla?”
“Oh, certo che sì”. Beve un sorso di whisky visibilmente dispiaciuta, poi continua: “Era un cliente abituale, potevi trovarlo spesso qui al bancone a bere del rhum. Era un pony gentile e allegro ma non chiassoso: gli piaceva semplicemente bere parlando con me, gli altri bevitori o le mie ragazze, sulle quali però non ha mai alzato uno zoccolo. Come è morto?”
“Lanciato giù dalla torre. Non ha sofferto. Sai se aveva problemi economici? Che ne so, debiti di gioco?”
“Will non amava il gioco d’azzardo. Quando era un po’ più brillo del solito si limitava a seguire i turni ai dadi ridendo a ogni lancio. So che aveva chiesto un prestito ultimamente, ma non era il primo e gli altri erano stati tutti puntualmente saldati. Diceva sempre: “Un Tokmane paga sempre i suoi debiti”, o qualcosa del genere”. E con questo, tanti saluti alla teoria di Dash.
“Puoi quindi assicurarmi che nessuno aveva problemi con Tokmane?”
“Cara, potresti chiedere a chiunque in questo locale e non otterresti nulla”. Osservo pensierosa il mio bicchiere facendo ruotare il whisky al suo interno, poi lo bevo d’un fiato. Resto ancora un po’ a chiacchierare con Rarity, dopodiché decido di avviarmi verso casa. L’unicorno mi saluta calorosamente e mi giura di contattarmi se dovesse scoprire qualcosa. Quando esco dal locale noto le tracce lasciate dal pony di prima durante la fuga.
    

In breve tempo raggiungo Maner Street, supero il portone del palazzo dove abito e mi avvio verso il mio appartamento. Non amo questo posto ma almeno ho avuto fortuna a trovare l’unico appartamento all’ultimo piano, così posso dedicarmi a me stessa e al mio lavoro senza essere infastidita troppo dai vicini. Sto salendo l’ultima rampa di scale quando sento dei rumori strani sul piano. Mi sporgo con circospezione dal muro e noto una pegaso grigio con uno zaino che armeggia alla mia porta. Wow, oggi è il secondo pony con manie suicide che incontro! Rapida e silenziosa le arrivo alle spalle e le punto una pistola alla testa: “Dimmi cosa vuoi e forse oggi non morirai!”. Il pegaso urla terrorizzato e si gira verso di me. Nel farlo, lo zaino le cade maldestramente aprendosi e diffondendo la sua roba sul pavimento.
“Ti prego, non sparare! Prendi anche la borsa ma lasciami andare!”. Diamine, è una ragazzina! Sicuramente non ha neanche finito gli studi. Ha la criniera dorata e uno sguardo leggermente strabico. Con sé porta pochi oggetti e nulla di pericoloso. Abbasso l’arma sbuffando: “E tu chi saresti?”. È spaventata ma riesce a rispondere chiaramente: “Mi chiamo Derpy Hooves, Sono la nuova proprietaria di questo appartamento”. Cosa? Ma che dice?
“Scusami ragazzina, ma questa è casa mia”. Lei appare confusa: “Ma no, è impossibile! Ho appena ritirato le chiavi, guardi anche lei!” Me le passa e le guardo … sì, le guardo …
“Queste sono le chiavi dell’appartamento 6: questo è il 9”. Il volto del pegaso subisce una rapida metamorfosi passando dal grigio al rosso acceso.
“Oh no, che figura! Mi … mi dispiace terribilmente, ho confuso il numero della chiave!”. Le dico che non c’è problema mentre la guardo rimettere in tutta fretta i suoi oggetti nello zaino. Entro in casa mentre lei scende le scale continuando a parlare ma sento di nuovo il suo zaino cadere rovesciando il suo contenuto.  Che razza di maldestra!
Mi chiudo la porta alle spalle, poso la pistola e … lo vedo! Gli occhi mi brillano di gioia mentre mi avvicino: “Ciao, tesoro! Ti sono mancata?”. Accarezzo con amore il mio violoncello, posiziono l’archetto e inizio a suonare un’ode.
Il mondo mi sembra improvvisamente perfetto. 

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Capitolo 4
*** If you want peace... ***


È quasi l’alba e sono stesa sul letto a fissare il soffitto. Nonostante gli sforzi non sono riuscita a chiudere occhio tutta la notte. Sono passati sei giorni dal ponycidio del vecchio Tokmane. Le indagini, condotte da una testarda e spazientita Rainbow Dash, non hanno portato a nessun risultato: sembra quasi che non sia mai esistito nessun colpevole. Ho provato a fare delle congetture sull’ipotesi suicidio ma in nessun caso sono riuscita a spiegarmi e segni lasciati dalle corde sul corpo. I giornali hanno parlato poco del caso: a nessuno interessa la morte di un povero vecchio. Il vero problema per loro è stata “l’offesa mossa contro la Celestia Tower, simbolo della grandezza, del potere …” e bla bla bla, un mucchio di stronzate propagandistiche. E naturalmente tutti hanno approfittato della vicenda per cercare di ottenere consensi, dai politici ai pony di fede, mentre i giornalisti scrivevano articoli di parte per qualche spicciolo in più. E la puzza di marcio non fa che aumentare.
Nel frattempo si sono tenuti i funerali dell’orologiaio. Nessun parente si è fatto vivo, nessun amico. Io sono andata. Non so bene il perché, semplicemente credevo di dover andare. Ho incontrato Rarity con un paio di puledre del locale e una decina di altri clienti che lo conoscevano. Questi ultimi hanno cercato di mantenere un minimo di dignità non facendo trasparire troppo il dolore, mentre le due ballerine non riuscivano a trattenere le lacrime. Rarity ha poggiato dei fiori sulla tomba del vecchio. Indossava un elegante abito nero e appariva dispiaciuta ma forte. Saranno anche ubriaconi, prostitute e tagliaborse ma almeno erano lì a salutare il loro compagno di bevute, mentre la “società perbene” non si è quasi chiesta chi fosse.
Basta! Ho bisogno di evadere per un po’ da questo schifo. E so perfettamente dove andare.  

“Sorellona, sorellona! C’è Octavia!”. Mentre raggiungo la tenuta Apple lasciandomi il viale alberato alle spalle vedo la piccola Apple Bloom saltare e scalciare di gioia come solo i cuccioli sanno fare. Immerso nel verde di maestosi meli, Sweet Apple Acres è un piccolo angolo di paradiso, l’unico luogo in cui posso trovare riparo dalla follia di Ponyville. Vedo Applejack uscire di casa e venirmi incontro mentre la sorellina si unisce raggiante al fratello maggiore Big Machintosh e alla vecchia Granny Smith, fermi davanti la porta di casa.
“Chiedo scusa per non averti avvisata prima del mio arrivo. Spero di non disturbare” le dico, sentendomi effettivamente un po’ in colpa. Applejack mi sorride dolcemente e mi abbraccia con forza: “C’è sempre posto per te qui, zuccherino”. Basta questo per farmi scaricare lo stress e il malessere provocati da sei giorni di indagini e buchi nell’acqua e per farmi provare un caldo e una leggerezza che spero durino in eterno.
Trascorro una giornata magnifica. La mattinata è completamente dedicata al gioco: appena mi sono avvicinata al resto della famiglia, Apple Bloom mi è letteralmente saltata al collo chiedendomi di farle compagnia e giocare con lei, e io … io semplicemente non riesco a dire di no a quel soldo di cacio. Ci siamo date alla pazza gioia con gli animali della tenuta e la fedele Wynona, dopodiché mi ha raccontato delle nuove avventure che ha vissuto con le piccole Scootaloo e Sweetie Belle per cercare di ottenere i loro agognati Cutie Mark. Oh Apple Bloom, spero che tu non cresca mai.
Il pranzo è stato sontuoso, la vecchia Granny Smith riesce davvero a fare miracoli dietro i fornelli. Magari potrà sembrare poco detto da una abituata a cibi precotti ma, ci scommetto, Celestia stessa non mangia niente di più buono nella sua reggia a Canterlot. Mentre siamo a tavola, Applejack e Big Mac mi raccontano le ultime novità della tenuta. O meglio, Applejack racconta mentre il fratello si limita ad annuire o a rispondere brevemente a qualche domanda: Big Mac non è mai stato un pony molto loquace. Dopo pranzo, io e Applejack abbiamo legato un’amaca per la siesta accanto alla sua. Ne avevo davvero bisogno dopo intere nottate passate a rimuginare inutilmente. Dopo aver riposato abbiamo passeggiato tra i meleti fino all’ora di cena. Questa volta però il cibo non è stato il nostro maggiore interesse: Applejack ha infatti servito una delle migliori bottiglie di sidro della sua riserva personale, decisione che ha reso felice soprattutto Big Mac che, dopo poco tempo, era già partito di testa e ci ha deliziato con un gran numero di canzoni, metà delle queali probabilmente scritte da lui stesso. Devo ammettere che canta bene, lo stallone!

Abbiamo finito di cenare da trenta minuti circa e sono seduta con AJ in uno spiazzo erboso al buio a guardare le stelle. Il resto della famiglia si è già appisolato, un po’ per la stanchezza e un po’ per il sidro. Granny Smith è sulla sua sedia a dondolo preferita mentre Apple Bloom e Big Mac dormono sul prato. Sembra quasi che il fratellone vegli sulla puledrina anche nel sonno: è un’immagine bellissima. Vorrei che questa pace durasse per sempre.
“Spero tu abbia passato una buona giornata, zuccherino” esordisce Applejack mentre gioca con dei fili d’erba.
“La migliore dall’ultima volta che sono passata a trovarti, AJ” rispondo con sincerità “Mi piacerebbe se fossero sempre così”
“La situazione è così tragica in città?”
“Né più né meno del solito a dirla tutta. Bisogna farci il callo, tutto qui. Il problema è che sono alle prese con un caso che non mi fa dormire serena” sbuffo annoiata.
“Ti riferisci al caso dell’orologiaio?” Applejack non dimentica mai di leggere il giornale.
“Esatto. Nessuna traccia, nessun sospettato, nessun movente. Credimi, sto diventando matta!”. AJ lancia lontano i suoi fili d’erba: “E perché non lasci il caso alla polizia? Immagino che anche Dashie se ne stia occupando”
“Non posso, AJ, la situazione è particolare. Se non dovesse spuntare un indizio a breve, il caso verrebbe sicuramente archiviato. E io voglio che quel pony abbia giustizia o che almeno non venga dimenticato! Ha passato tutta la sua vita da solo, e …”
“… e tu sai cosa voglia dire restare soli” Applejack termina la frase al posto mio. Troppo tardi mi sono resa conto del mio errore. Che stupida!
Restiamo entrambe a fissare il cielo in silenzio per un po’, ma infine è Applejack a fare la prima mossa: “Da quanto tempo non vai a trovarla?”. Temevo che accadesse. Abbasso lo sguardo a terra: “Da troppo. Vorrei andare, giuro, lo vorrei tanto! Solo che … non ne ho il coraggio. Contatto l’infermiera quasi tutti i giorni sperando in novità che però non arrivano mai. Ma ad andare da lei … non ci riesco” ammetto tristemente. Applejack si accende una sigaretta e fa un primo tiro. Il successivo sbuffo di fumo rilascia un’aroma dolciastro, fruttato: ciliegia forse?
“Magari qualcosa in lei sta aspettando te per risvegliarsi. Forse prima i tempi non erano maturi, forse non era pronta …”
“Pronta? PRONTA? Pronta per cosa? Non stiamo parlando di una mela ancora acerba, AJ, stiamo parlando di una puledra che non è più se stessa! Io l’ho vista, AJ! Non si muove dal letto, non riesce neanche a fare un movimento con la zampa! Non parla, indossa sempre gli occhiali da sole e ascolta costantemente la musica con quelle dannate cuffie! Non vedo più i suoi occhi da due anni, AJ! Due anni! E tu mi parli di tempi maturi?” in un attimo tutta la mia rabbia esplode, tutta la mia disperazione … ma si scaglia contro il pony sbagliato. Applejack non si muove, rimane immobile a fissare il cielo, sembra quasi pietrificata. Non riesco a credere a quel che ho fatto.
“Perdonami, AJ, io … io sono una stupida …” le dico senza trovare il coraggio di guardarla negli occhi.
“Nessun problema, zuccherino. Non è un bel periodo”. No, non lo è. Non lo è da quando quella folle bastarda mi ha rovinato la vita due anni fa. Restiamo in silenzio per un po’, una coppia di pipistrelli danza nel buio sopra le nostre teste.  
“Grazie Applejack” le dico con sincerità “grazie per tutto quello che fai per me”. Sorride con dolcezza tenendo lo sguardo fisso di fronte a sé, scrutando i suoi meli come se li vedesse per la prima volta: “Che sia per scappare da un gruppo di criminali o per una semplice cena, casa mia è a tua disposizione”. Rimaniamo immerse silenziosamente in quella pace per altri dieci minuti, dopodiché riportiamo Apple Bloom e Granny Smith in casa facendo attenzione a non svegliarle. Di spostare Big Mac non se ne parla proprio, ma la notte è serena e calda e lui è uno stallone grande e forte: dormire fuori per una volta non gli farà male. Mi sistemo nella camera degli ospiti e cado rapidamente in un sonno senza sogni.  

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Capitolo 5
*** ... Prepare for war ***


Raggiungo casa mia verso le dieci e trenta del mattino. Ho salutato AJ e gli altri promettendo loro che sarei tornata subito dopo aver risolto il caso Tokmane e giuro che manterrò la promessa. Sto per aprire la porta di casa quando sento delle grida di rabbia salire dal piano di sotto. Decido di andare a vedere cosa succede. Scendo una rampa di scale e mi affaccio da quella successiva, riuscendo così a vedere la signorina Rottermare, dell’appartamento 7, urlare con foga contro la pegaso dell’altro giorno, quella Hooves … Bernie? Non ricordo bene. La puledrina tiene gli occhi fissi a terra e non sembra avere intenzione di reagire. Decido di farmi avanti: “Signorina Rottermare, si può sapere che cosa succede? Nemmeno Tirek il Demone urla tanto nel suo santuario infernale”. La pony di terra inizia a raccontare la vicenda con tono drammatico: “Oh, urlerebbe anche lei se questa mocciosa le avesse rotto la sua preziosa spilla con opale! Era un pezzo raro, proveniente addirittura dalle terre degli Yak”. La faccenda sembra seria, anche se non credo che urlerei tanto in ogni caso.
Mi volto verso la pegaso e lei cerca di difendersi: “Non l’ho fatto apposta, giuro! La stavo osservando e … mi è scivolata dagli zoccoli!”. La vicina torna a sbraitare: “Ah no, signorina! Ora lei dovrà ripagarmela!”
“Mi scusi, potrei vedere quel che resta della spilla?” la mia richiesta arriva improvvisa e le due mi osservano incuriosite, poi l’infuriata vicina mi passa l’oggetto della disputa. Sarà sicuramente costata un patrimonio, forse più dell’appartamento del pegaso. Eppure …
“La smetta con questa farsa, signorina Rottermare!”
“Mi scusi?” la pony ha un sussulto.
“Ricordo questa spilla, apparteneva alla precedente proprietaria dell’appartamento 6. Dopo aver traslocato nella nuova casa, la signora tornò qui pensando di averla dimenticata, ma non fu più trovata. Le ricerche non portarono a nulla, ma ora ci sono io. O la smette di importunare questa ragazzina o la denuncio per furto e tentata truffa!” Le due mi guardano con il muso spalancato, la ragazzina sembra aver appena scoperto il mondo dopo essere uscita dalla famosa grotta. L’irascibile vicina cerca di mantenere la calma: “Mia cara vicina, forse dovrebbe pensarci su due volte prima di accusare in questo modo qualcuno. Sa che potrei invece essere io a denunciarla per diffamazione?” Dubito perfino che sappia come fare.
“Lo faccia se vuole. In tal caso io mostrerò la foto in cui compariamo io e la signora, nella quale si vede chiaramente la spilla. Quel giorno la signora era mia ospite a casa e mi stava raccontando alcune celebri leggende Yak. Vede, io sono appassionata di mitologia. Magari potrebbe raccontarmene qualcuna lei! È stata nelle loro terre, sicuramente conoscerà qualche bella storia. Non ho forse ragione?”. La vicina non dice una parola, si limita a rientrare nel suo appartamento e a chiudere la porta. Sento però un chiaro rumore di vetri in frantumi, probabilmente un vaso. Boom, baby!
“Mitica …” la ragazzina mi fissa intensamente, i suoi occhi sembrano brillare.
“Ascoltami, tesoro, qualunque cosa succeda non devi mai apparire debole davanti a quella lì: se inizia a credere di avere un vantaggio su di te è capace di renderti la vita un inferno” le dico mentre inizio a risalire le scale “devi sempre farle credere di avere un asso nella manica … anche a costo di dire una piccola bugia” termino con un occhiolino. La pegaso mi segue confusa: “Una piccola bugia?”
Sogghigno divertita e le spiego: “Vedi, non ho mai avuto quella foto. Certo, sospettavo ci fosse lei dietro il furto, ma non ne avevo le prove. Devi saper fingere, è un trucchetto che ho imparato al lavoro”. La ragazzina sembra non credere alle sue orecchie: “Lei ha rischiato di essere denunciata per proteggere una che non conosce neanche?”
“Certo!” rispondo decisa “Non potevo mica lasciarmi scappare l’opportunità di far tacere quella vecchia zitella acida!”. La pegaso ride divertita: “Grazie davvero. Mi ha tirata fuori da un bel guaio. Grazie”
“Di nulla, Bernie”
“Ehm … è Derpy”. Diamine, sapevo che avrei sbagliato. Non faccio in tempo a scusarmi che la ragazzina scappa via nel suo appartamento senza dire una parola, non so bene per quale motivo. Rientro in casa confusa e decido di rilassarmi qualche minuto prima di rimettermi al lavoro.

Sono seduta a leggere un romanzo di Daring Do quando sento il suono del portale della posta, un piccolo strumento magico usato dalla polizia per contattare rapidamente e senza rischio di intercettazioni colleghi e informatori. Rainbow Dash lo usa per contattarmi solo nei casi più gravi. Raggiungo il portale e apro preoccupata la lettera. Sono solo poche frasi ma riescono a gelarmi il sangue.
“L’assassino di Tokmane è tornato.
Non ci troviamo di fronte a un pony normale.
Raggiungimi al lago il prima possibile”
Corro a prendere l’occorrente per una prima indagine mentre continuo a ripetere mentalmente quel che ho appena letto, più inquieta che mai.Tokmane è stato ucciso sette giorni fa da qualcuno che non ha lasciato indizi: perché Dash crede che il suo assassino sia tornato in azione? Al lago non vi sono alti palazzi, il modus operandi non può essere lo stesso. E poi perché colpire dopo tutto questo tempo? Sento bussare alla porta ma non mi interessa, vado di fretta. Riempio il caricatore della pistola pensando a tutte le mie indagini sul caso Tokmane, dopodiché faccio un respiro profondo e apro la porta. A terra vi è una scatola e un foglio con disegnato sopra il muso di un pony strabico e sorridente: è di Derpy! Deve essere stata lei a bussare. Una nuvoletta da fumetto dice: “Li ho fatti io!”. Sul retro del foglio ci sono altri ringraziamenti per quel che ho fatto e un invito a provare il suo regalo. Apro il pacchetto incuriosita e trovo dei muffin assortiti. Sono ancora caldi! Non riesco a trattenere un sorriso. Poso lettera e pacchetto sul tavolo in cucina, prendo un muffin al cioccolato e inizio a mangiarlo mentre mi metto in cammino per raggiungere il lago.

Situato nei pressi della Everfree Forest, il lago è senza dubbio il posto più frequentato durante le calde giornate estive, quando molti pony si organizzano per pic-nic, bagni o addirittura delle gite nella tenebrosa foresta. Al mio arrivo però trovo soltanto un numeroso gruppo di poliziotti molto indaffarati. Decido di non perdere tempo e mi dirigo subito verso Rainbow Dash, intenta a studiare con attenzione una scatola e una bottiglia insieme all’inseparabile Fluttershy. La cosa potrebbe sembrare divertente in un’altra occasione, ma mi rendo subito conto che la situazione è grave. Le raggiungo e chiedo subito spiegazioni.
“Un nuovo corpo, stavolta è una puledra. Si chiamava Candy Liddell. Una giovane unicorno di nome Lyra Heartstrings l’ha trovata mentre stava facendo un bagno. Dice di essersi immersa tranquillamente e di averla notata immobile. Le zampe erano legate e alle funi erano attaccate questa bottiglia piena di sabbia e questa scatolina piena di sassi, la quale si era incastrata sul fondo. L’ha liberata e l’ha trascinata a riva e, quando si è resa conto di non poter fare nulla, ha iniziato a chiedere aiuto a chiunque passasse. Il peso di bottiglia e scatola non è tale da far affogare subito un pony capace di nuotare bene, dunque ci sono due possibilità: o la poveretta non aveva un buon rapporto con l’acqua oppure è stata lì tanto a lungo da stancarsi troppo per continuare a lottare. In ogni caso, è stata una morte orrenda”.Nel dire questo, Dash sputa a terra e impreca “Probabilmente il killer ha colpito di notte così da non essere interrotto”. Rimango a fissare allibita i due oggetti usati dall’assassino, due oggetti normalissimi che si potrebbero trovare in ogni casa.
“Cosa significano secondo te, Dash?” le chiedo indicandoglieli. Lei scambia uno sguardo indeciso con la sua assistente, poi risponde a bassa voce: “Non lo so. Sappiamo solo che il colpevole è lo stesso che ha fatto fuori l’orologiaio”. A questo punto i miei dubbi tornano a farsi sentire con forza.
“Perdonami Dash, ma luogo, modus operandi e tipologia di vittima sono totalmente differenti nei due casi. Come puoi essere così certa di quel che dici?”
“Perché sette giorni fa non ti ho raccontato tutto” alza lo sguardo verso di me e mi parla guardandomi intensamente negli occhi “abbiamo trovato un altro indizio”. Non distolgo lo sguardo, ma Dash si accorge della mia sorpresa, e forse anche Fluttershy. La pegaso multicolore continua: “Torniamo in centrale, lì ti sarà tutto più chiaro. Fluttershy, vieni anche tu”. Affidiamo bottiglia e scatola a un pony della scientifica e ci mettiamo in marcia lasciandoci il lago alle spalle.

La centrale è quasi vuota, vi sono solo alcuni agenti indaffarati in certe noiose faccende burocratiche. Ci dirigiamo immediatamente nei sotterranei, dove sono situati i reparti della scientifica. Nel frattempo Dash inizia a spiegare: “Abbiamo pensato subito che nessun pony, per quanto forte, avrebbe potuto portare Tokmane sulla torre senza che questi si ribellasse o provasse a scappare. Ergo, le possibilità erano due: o il nostro orologiaio conosceva il suo assassino oppure era stato preventivamente sedato. Ci siamo concentrati su questa seconda ipotesi e la scientifica ha trovato una strana sostanza nel suo sangue”. Mentre la pegaso parla entriamo in una sala operatoria. L’odore di alcol sembra stordire leggermente la novellina mentre io e Dash quasi non ci facciamo caso. Su un freddo tavolo giace un corpo coperto da un telo verde, sicuramente quello della povera Candy. Due unicorni vengono prontamente fatti uscire mentre Fluttershy si reca verso un armadietto e prende due piccole fialette piene di sangue. Dash continua a spiegare: “Abbiamo provato a fare vari esperimenti e questo è quello che abbiamo ottenuto”. Nel dirlo mi passa una delle due fiale “Questo è il sangue di Tokmane”. Osservo la fiala senza trovarci nulla di strano. Ne prendo un po’ con un contagocce per analizzarlo ad un microscopio vicino ma la situazione non cambia. Sto per chiedere spiegazioni ma lei è più veloce: “La sostanza è svanita dopo alcune ore. Eppure quella stessa sostanza è stata ritrovata nel sangue di Liddell. Ho fatto portare via il corpo per analizzarlo e ti ho chiamata appena ho ottenuto esiti positivi. Guarda tu stessa”. Fluttershy mi allunga la seconda fiala ed esamino una goccia. Effettivamente si notano delle macchie verdastre.
“State facendo altre ricerche?” domando senza alzare lo sguardo dal microscopio.
“Sì, ma purtroppo non facciamo passi avanti, non sappiamo neanche come tale sostanza sia entrata in circolo. E per giunta, è probabile che anche stavolta la sostanza sia destinata a sparire”. A quelle parole mi volto con foga e le chiedo: “Se avete difficoltà, perché non ti rivolgi a …”
“NON PRONUNCIARE QUEL NOME, OCTAVIA!”. Il suo scoppio d’ira spaventa la pegaso paglierina, i suoi occhi sembrano tizzoni ardenti. Senza farmi intimidire provo a farla ragionare: “Dash, sai meglio di me che le sue conoscenze e abilità superano quelle di tutti i tuoi scienziati insieme! E lì fuori c’è un assassino a zoccolo libero! Non puoi pensare di catturarlo se non sai tutto di lui”
“L’unica cosa che so è che quella pazza non metterà zoccolo qui dentro finché ci sarò io al comando! La questione è chiusa!”
Ci guardiamo negli occhi lanciandoci saette, Fluttershy invece è volata a nascondersi sotto a un tavolo. Alla fine decido di andarmene per continuare il mio lavoro. Lascio la stanza senza dire una parola.

Ritorno a casa dopo aver passato le ultime tre ore a indagare senza sosta e senza risultati al lago. Sembra che gli agenti di Dash siano riusciti a trovare già tutti gli indizi. Quando rientro, la prima cosa che noto sono i muffin di Derpy e decido che devo ringraziarla alla sua maniera: prendo un foglio e provo a disegnare una mia caricatura, come se fosse un fumetto. Gosh, non sono mai stata brava con le matite! Alla fine ottengo un risultato accettabile e mi dirigo verso la porta quando noto una nuova lettera, stavolta nell’angolo della posta comune. La apro: Dash mi invita a bere qualcosa al Jolly Roger quando smonta da lavoro. Capisco che vuole scusarsi e decido di accettare: in fondo un bicchiere non si rifiuta mai. Esco di casa e raggiungo l’appartamento 6. Mi limito a lasciare il disegno per terra e a bussare, poi corro su per le scale e mi affaccio per vedere la reazione di Derpy. La visuale non è delle migliori, non posso vederla in faccia, ma riesco comunque a vederla raccogliere la lettera e a sentirla ridere. Quando prova a cercarmi sulle scale sono già rientrata in casa, con il solo desiderio di una doccia e di un muffin.

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Capitolo 6
*** Melodia ***


La sera è ormai calata da un pezzo su Ponyville, il sole è quasi completamente tramontato e lo spettro della luna è già visibile. So bene che a breve dovrei incontrare Dash al Jolly Roger ma adesso, mentre tra le pareti di questa casa risuonano solo le note del mio violoncello, mi chiedo se non potrei rimanere qui per tutta la notte, per tutta la vita, a suonare la mia musica preferita. Solo io e il mio violoncello, senza alcun assassino, senza alcuna Ponyville, senza tutti quei demoni che mi perseguitano notte dopo notte.
“Ma questa città ha bisogno di te” mi sussurra un voce nella testa “Ponyville ha bisogno della sua melodia”. Melodia. Così mi chiamano criminali, giornalisti, civili. Bah! Tutti dementi che non avrebbero neanche il diritto di chiamarmi così. Che ne sanno loro delle origini di questo nome, del significato che ha per me? Che ne sanno loro di me? Solo i miei amici più stretti evitano questo nomignolo, e Dash è riuscita persino a far sì che non lo usino neanche i suoi agenti. Per gli altri continuo a essere la “Melodia della Giustizia”. Certo, la voce non ha torto, ma in fondo perché dovrei aiutare Ponyville? Ho provato ad aiutarla per tutta la vita e che ho ricevuto in cambio? Un vicolo, un agguato e … due occhi viola. Due occhi viola che ogni notte guidano la schiera dei miei demoni.
Il mio inquieto flusso di pensieri viene interrotto da una serie di note stonate: ho perso totalmente la concentrazione. Resto in silenzio e a capo chino per un po’, con uno zoccolo appoggiato al violoncello e l’altro a mantenere l’archetto, quando improvviso sento un leggero starnuto provenire da fuori casa. Mi alzo e mi dirigo cautamente verso la porta. Ciò che vedo quando la apro mi lascia senza parole: Derpy sta dormendo placidamente sul pavimento davanti all’ingresso. Sorpresa, osservo per qualche minuto questo strano ma dolce spettacolo, non sapendo bene cosa fare. Mi chino e inizio a smuoverla leggermente: “Ehm … Derpy? Hey, su, svegliati. Che cosa ci fai qua?”. La ragazzina apre gli occhi e si guarda intorno intontita biascicando qualcosa, proprio come farebbe un cucciolo. Mentre si rende conto di quello che sta succedendo, vedo il suo manto ottenere la stessa tonalità rossiccia del nostro primo incontro. Non riesco a trattenere un sorrisetto. Mentre la vedo agitarsi per darmi una spiegazione.
“Oh, per Celestia! Io … le chiedo scusa, non intendevo disturbarla! Io … ecco …”
“Hey hey, calmati ragazzina!” sembra quasi che possa andare in iperventilazione da un momento all’altro “facciamo così: io e te adesso entriamo in casa e mi spieghi tutto mentre bevi qualcosa. Ti va bene un the?” Derpy annuisce. Entriamo in casa e lei inizia subito a guardarsi intorno con curiosità e interesse. In particolare sembra colpita dalla mia libreria, sui cui scaffali è possibile trovare, rigorosamente ordinati per genere, romanzi gialli, dell’orrore o di avventura e numerose raccolte di poesie. La sezione più ricca è però quella dedicata alla mitologia: possiedo raccolte di miti e leggende provenienti da ogni parte del mondo, dalle fredde terre degli yak del Nord alle variegate terre del Sud, attraversate da deserti e impenetrabili foreste e abitate da creature pericolose e inospitali; dalle vaste praterie occidentali percorse dai bisonti fino a superare i confini orientali di Equestria e attraversare il territorio degli amici grifoni per giungere alle mistiche terre dell’estremo Oriente, governate dai saggi panda ma dove risiedono anche alcuni gruppi di pony. Emigrati in tempi remoti, sono stati fondatori di villaggi e piccole città di agricoltori, ma sono conosciuti specialmente come grandi guerrieri e maestri di stili di lotta che uniscono in modo originale e letale la forza fisica a una speciale magia che può essere appresa anche da pegasi e pony di terra. Un’ultima sezione raccoglie invece i documenti relativi a tutti i casi su cui ho indagato. Articoli di giornale, fotografie di scene del crimine, appunti personali e disegni sostituiscono egregiamente i documenti ufficiali conservati negli archivi della polizia: quando sei una detective privata devi saperti arrangiare.
La spingo a curiosare tra i miei libri mentre le preparo il the, ma mi accorgo presto che i suoi pensieri ruotano intorno al mio violoncello: lo studia con attenzione, affascinata, ma nello steso tempo cerca di accertarsi del fatto che io non me ne accorga. Bel tentativo, ragazzina!
Dopo un po’ le porgo la tazza con zucchero e limone a parte e la invito a sedersi per spiegarmi tutto: “Scusami se non ti faccio compagnia con il the, ma devo andare a bere un bicchiere con un’amica dopo. Dimmi un po’ invece: è successo qualcosa? Nuovi problemi con la dolce Rottermare?”
“No no, le assicuro che non c’è nessun problema! Da quando lei mi ha aiutata quella volta non si è più fatta viva” sembra si stia tranquillizzando.
“Bene, mi fa piacere. Solo una richiesta prima che tu vada avanti: il “lei” usalo solo per quella vecchia acida, va bene?” le sorrido affabilmente “Mi chiamo Octavia. Octavia Melody”. Derpy sembra rallegrarsi per questo mio gesto e continua a spiegare: “Stavo innaffiando una pianta che ho sul pianerottolo quando ho sentito una musica provenire da sopra. Incuriosita sono salita e, quando ho sentito che eri tu, ho deciso di restare. Non volevo disturbare, davvero, ma … non ho avuto la forza di andarmene” nel pronunciare l’ultima frase, il tono della voce si abbassa, i suoi occhi iniziano a vagare lungo il pavimento e il suo zoccolo continua a far ruotare il cucchiaino nella tazzina. Conosco il suo sguardo: è lo stesso che avevo io durante la discussione con Applejack. Decido di darle il tempo che le serve. Qualche minuto dopo rialza gli e mi domanda: “Come mai il violoncello?”. Non riesco a capire se sia un tentativo per cambiare discorso.
“Perché è uno strumento atipico, non comune, eppure credo sia lo strumento capace di rappresentare meglio me e Ponyville. Non penso di riuscire a spiegarti il motivo, è semplicemente una sensazione che provo fin da quando ero piccola”. Sicuramente non può capire, a volte peso di non capire neanche io. La puledrina finisce di bere l’ultimo sorso di the e poggia la tazzina sul tavolino che ci separa, dopodiché inizia a guardarmi negli occhi. Ha uno sguardo nuovo, intenso e attento, uno sguardo che non le avevo ancora visto fare. Improvvisamente mi sento indifesa, ma non è una brutta sensazione: è come se qualcosa dentro di me stia cercando di contattare Derpy, di parlarle. La sensazione dura un attimo che sembra un secolo e termina appena lei distoglie i suoi occhi dai miei. Wow, Octavia! Che diamine è successo? Cerco di trovare una spiegazione a quanto è accaduto, quando Derpy ricomincia a parlare: “La tua musica è fantastica, Octavia. Mentre ero lì fuori riuscivo a pensare solo a questo. Le note che suonavi sono riuscite davvero a farmi dimenticare ogni cosa, le cose brutte ma anche quelle belle, facendomi sentire leggera, pura”. Il mio interesse verso questa strana pegaso aumenta di minuto in minuto.  
“Avrò passato almeno qualche ora a suonare. Vuoi dirmi che sei rimasta seduta qui fuori per tutto questo tempo?”. Si limita ad annuire silenziosamente. Ripercorro mentalmente l’intera discussione: se prima avevo il dubbio che mi nascondesse qualcosa, ora ne sono certa.
“Dovevi davvero voler cancellare tutto, vero? Insomma, non conosco ragazzine che sarebbero disposte a star da sole per tutto questo tempo soltanto per sentire qualcuno che suona dietro una porta”
“Non c’è molta differenza tra lo stare da sola fuori o dentro casa. Almeno fuori posso sentire della musica” Derpy è tornata a fissare il violoncello, non sembra essersi neanche accorta di quel che ha appena detto. Mi rendo conto di aver trovato la causa delle sue preoccupazioni: “Dove sono i tuoi genitori, Derpy?”
Passa qualche secondo prima che la pegaso capisca la mia domanda e in quel momento torna a prestare di nuovo a me la sua attenzione. Sospira tristemente e inizia a raccontare: “Ho perso mio padre quando ero piccola. Mia madre non ha mai voluto dirmi come, ma penso di aver letto che avesse dei rapporti con qualche criminale in città. Vivevamo a Cloudsdale allora, e siamo rimasti lì fino a un anno fa, quando mia madre ha conosciuto un nobile pegaso di Canterlot. Si sono frequentati e poi, quando è stata invitata ad andare a vivere a Canterlot con lui, non ci ha pensato due volte a scaricarmi. Non poteva mica portarmi tra la nobiltà, quindi mi ha trovato questo appartamento ed è partita con quel pegaso. Il tempo di organizzare il trasloco e mi sono ritrovata a vivere qui” non c’è dolore nelle sue parole, soltanto rassegnazione. Forse nel periodo del trasloco ha dato fondo a tutta la sofferenza che aveva … o forse ha semplicemente imparato a celarla davanti agli altri pony. Mentre la ascolto non riesco a togliermi dalla mente l’immagine della madre che ride, danza e spettegola a corte con quelle altre infami e stupide puledre, insieme alla nostra principessa, mentendo a se stessa e a chi le sta intorno riguardo la sua vita passata, riguardo la sua stessa figlia.
“Non hai nessun altro parente a Cloudsdale?”
“Chi ha potuto è andato a vivere lontano, molti dai grifoni. Gli altri non potrebbero permettersi di occuparsi anche di me oltre alla loro famiglia. E poi stare qui non è male, mi piace Ponyville”. È una puledrina forte, lo devo ammettere. Sbadata e pasticciona come ne ho viste ben poche, ma anche incredibilmente forte. Come me ha i suoi demoni, e come me fa di tutto per non soccombere davanti ai loro attacchi, con l’unica differenza che lei è ancora una ragazzina.
Oh, dannata me!
“Ascolta, Derpy: adesso devo incontrare quella mia amica di cui ho parlato prima. Dopo aver finito potresti passare qui la notte. Ho una stanza per gli ospiti che non usa da tanto: potresti dormire lì se ti fa piacere”. Derpy mi guarda come se non credesse alle sue orecchie, e infine sorride rispondendo: “Sì, ne sarei felice”
“Perfetto! Ti avviserò io quando sarò tornata”. La riaccompagno alla porta e ci salutiamo. Mentre la guardo allontanarsi, ripenso a quanto mi ha raccontato, ma soprattutto ripenso allo strano sguardo che aveva prima. È stato quasi come se stesse cercando di capire quel che pensavo, quel che provavo, e quel che è ancora più incredibile è che io sarei stata pronta a raccontarle qualunque cosa se solo me l’avesse chiesto. Non perché sarei stata obbligata, semplicemente perché avrei voluto.
Scuoto la testa e ritorno in me. Basta pensare a queste cose: Dash mi aspetta al Jolly Roger. 

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Capitolo 7
*** Amiche ***


“Era ora! Se fossi arrivata più tardi mi avresti trovata assiderata!” le dico appena la sua sagoma si palesa all’imbocco della Bet Way. La serata si è fatta inaspettatamente fredda, ma non mi andava di entrare nel locale senza di lei.
“Perdonami Dashie, ho avuto da fare a casa”
“Tsk, tranquilla. Un giro di sidro e sarò di nuovo in forma” rispondo mentre apro la porta di ingresso.
“Da quanto non vieni al Jolly?” mi domanda, la sua voce rimbomba nel corridoio.
“Troppo non è mai abbastanza, sai bene che odio questo posto. Eppure tu ci vieni spesso e non credo che lo faccia solo per lavoro. Mi auguro solo che l’alcol che vende sia buono come le informazioni che ottieni”. Nel dire questo, apro le porte della sala vedendomi apparire davanti un gruppo di manigoldi intenti a giocare, bere e divertirsi. Eppure, non appena si accorgono di noi, tutti si fermano iniziando a fissarci. Persino l’orchestra cessa di suonare, forse per timore che possa iniziare una rissa o una sparatoria.
“Bene bene, guardate un po’ chi è venuta a farci visita: il commissario Rainbow Dash. E con lei c’è la Melodia della Giustizia! Diteci un po’ cosa vi porta in questo luogo di perdizione. È forse una retata?”. Il pony che ci rivolge la parola è Albert Grifone, giovane figlio di uno dei più importanti boss della città. In poco tempo è riuscito a mettere in pratica tutti gli insegnamenti del padre dimostrando di essere un pony furbo e intraprendente. Rimane tuttavia un pony incapace di sottrarsi del tutto al controllo del padre. Tsk, queste nuove leve.
Lo vedo alle prese con altri tre giocatori di poker, mentre una puledra seduta al suo fianco cerca di compiacerlo baciandolo ovunque sia possibile. Quattro dei suoi pony sono seduti a bere al tavolo vicino. Albert ci osserva sorridendo compiaciuto: vuole provocarci. Se fossi in servizio gli farei rimpiangere di avermi anche solamente parlato.
“Tranquillo Grifone, siamo solo passate a bere qualcosa. Se non ci darai fastidio, noi non ne daremo a te”. Il mafioso irrompe in una risata acuta, più adatta a un ragazzino che a un aspirante boss: “Forse non hai capito in che situazione ti trovi: sei circondata dai miei pony! Basterebbe un cenno e ti ritroveresti a terra ad annaspare nel tuo stesso sangue. E questo vale anche per la tua dannata amica! Quindi voi adesso ve ne andate e …” un forte rumore accompagna il momento in cui Grifone, spinto in avanti dalla magia, sfonda con il muso il tavolo davanti a sé, spargendo carte ovunque e lasciando allibiti tutti gli avventori del locale. Rarity avanza in maniera elegante e decisa, il corno ancora splendente di potere magico, e si rivolge ad un infuriato Albert Grifone: “Non osare mai più minacciare i miei clienti! Sono stata chiara?”. Il mafioso cerca di riacquistare credibilità, missione difficile quando hai il muso sporco di sangue e l’espressione confusa. Brutalmente, inveisce contro l’unicorno: “Lurida puttana! Con quale coraggio ti schieri contro di me per aiutare due sbirri? Vuoi che dia fuoco al tuo bel locale, eh? Vuoi questo?”
“Tuo padre è mio cliente affezionato, ci conosciamo da quando eri ancora un puledrino, ci siamo scambiati innumerevoli favori, mi rispetta e io lo rispetto. Prova a bruciare il Jolly Roger e farò in modo che tu non possa mai ereditare il suo impero!”
Nella sala domina il silenzio. Ho paura possa iniziare una colluttazione da un momento all’altro e mi preparo a gettarmi nella mischia per aiutare Rarity e magari per menare quell’infame, ma Octavia mi ferma con uno zoccolo e mi invita a prestare attenzione. Quel che vedo è sconvolgente: tutti i pony presenti si schierano dalla parte di Rarity lasciando Grifone da solo con i suoi quattro scagnozzi. Il giovane si guarda intorno angosciato, dopodiché fa un cenno ai suoi tirapiedi ed esce dal locale senza dire una parola. Nessuno osa muoversi, sono tutti tesi dopo quanto appena successo, ma è di nuovo Rarity a prendere la parola: “Gentili ospiti, sono costernata per questo spiacevole contrattempo. Voglio però che sia chiaro che qui accettiamo chiunque, poliziotto, criminale o semplice passante che sia. E ora, per farsi perdonare, il Jolly Roger offre un giro di sidro a tutti!”. Tutti i clienti urlano di gioia per poi tornare ai loro divertimenti. Distendo nuovamente i nervi e mi avvio con Octavia verso Rarity, la quale è tornata dietro il bancone del bar per occuparsi del sidro.
“Eccezionale come sempre, Rarity” esordisce Octavia con disinvoltura.
“Oh, grazie cara. Quell’idiota si era spinto decisamente troppo oltre: minacciare qualcuno nel mio locale! Decisamente increscioso. Spero che un boccale di sidro possa riportare i nostri rapporti alla normalità”
“Ne sono convinta, ma andrebbe meglio se mi servissi il solito”. La barista sogghigna: “Sapevo che me l’avresti chiesto. Un whisky on the rock in arrivo!”. Dopo aver servito Octavia, Rarity si rivolge a me: “Buonasera, commissario Rainbow Dash. Che piacere rivederla qui al Jolly! Mi dica, posso tentarla con del sidro o non può bere mentre lavora?”
“Non sono venuta qui come commissario, miss Rarity, e anche se fosse non rifiuto mai del sidro” le rispondo allegramente “e poi devo farti anche io i complimenti per come hai gestito la situazione. Ammetto che non so come tu faccia a tenere a bada tutti questi pazzi da sola”. La barista scuote il capo divertita: “Oh no, commissario, lei è fuori strada: nel mio locale non vi è un solo pony che sia pazzo, e francamente spero di non avere mai a che fare con uno di loro. La maggior parte dei miei clienti ha una storia difficile alle spalle, un passato che li ha condotti sulla cattiva strada, ma nessuno ha mai compiuto un crimine perché folle. Ma d’altronde può capirlo anche solo guardandosi intorno: ai miei tavoli può trovare solo dei gentil pony”
“Sì, come il buon vecchio Grifone?” la punzecchio.
“So che a volte può sembrare un po’ rozzo, ma lo stesso Albert non ha mai provocato litigi qui dentro e anzi, si è sempre comportato da vero pony di classe. E poi perché non dovrebbe? Il mio Jolly Roger vuole essere la Canterlot di tutti noi abitanti di Ponyville. La “feccia di Questria”, questo ci ritengono quei damerini da quattro soldi. Che possano strozzarsi con quelle loro collane! Noi qui dentro ci divertiamo più di quanto loro non facciano alle feste e ai ricevimenti, ci conosciamo meglio di loro in quello splendente castello e soprattutto siamo più uniti e forti di quanto loro saranno mai!”
Incapace di formulare una qualunque frase, resto a fissare a occhi spalancati Rarity mentre si versa uno scotch e ne beve un sorso. Non mi sarei mai aspettata una forza simile: sapevo che non fosse un unicorno da sottovalutare, ma non avrei mai pensato provasse tanto astio nei confronti della corte di Canterlot, per giunta un astio alimentato da amore verso i cittadini di Ponyville.
“Vogliate perdonarmi, ma devo tornare al lavoro. Voi continuate tranquillamente la vostra serata e, se vi va di bere altro, chiedete anche alla cara Berry Punch lì in fondo” si congeda l’unicorno dopo aver finito il suo drink. Io e Octavia la salutiamo e la osserviamo dirigersi con eleganza verso una roulette dove giocatori festanti la richiamano a gran voce.
“È la prima volta che parli tanto con Rarity, vero?” Octavia interrompe il silenzio e richiama la mia attenzione.
“Beh, sì, almeno al di fuori del lavoro”
“Vedo che ti ha scioccata”. Ammetto di sì, forse avevo troppi pregiudizi su di lei. Guardo Octavia bere un altro sorso di whisky per poi ricominciare a parlare: “Vedi Dash, se io vengo qui non è solo per le informazioni o per l’alcol. Certo, odio il locale e tutti i suoi clienti abituali, eppure nutro un grande rispetto per Rarity. Così è nata la nostra amicizia”
“Beh, il rispetto lo capirei anche, soprattutto dopo quel che ho visto poco fa, ma addirittura l’amicizia? È una mezza criminale, Octavia!”. Verso giù con foga il mio sidro e faccio segno per un altro boccale alla barista, una giovane pony dal manto viola.
“Lo so, ma c’è di più: io quasi la ammiro. Io e lei siamo due studiose di Ponyville. Conosciamo ogni sua strada, ogni suo palazzo, vicolo, locale, conosciamo tutta la città. Il nostro scopo è però conoscerne gli abitanti, principalmente per lavoro ma ormai anche per pura curiosità. La differenza tra me e lei è il metodo di ricerca: io agisco con il favore delle tenebre, sono temuta e odiata dai più. Rarity invece ha provato ad avvicinarsi agli abitanti, siano essi criminali o civili, e se li è fatti amici. Io per scoprire qualcosa devo indagare, minacciare e talvolta far del male ad altri pony … a lei invee basta chiedere. Per questo la invidio un po’”
“Ricorda che svolgete due lavori differenti, che non potrebbero essere gestiti diversamente. E personalmente sono felice che tu mia dia uno zoccolo a tenere a bada questa città”. Il sidro mi riporta alla mente ricordi di giorni più felici, momenti precedenti ai terribili avvenimenti di due anni fa “la centrale non è più la stessa da quando hai mollato tutto”
Restiamo in silenzio per qualche secondo, incerte su cosa dire, poi lei prova a buttarla sul ridere: “Tsk, se fossi rimasta avrei potuto esserci io al tuo posto adesso, lo sai? Non so se ne saresti stata contenta: sanno tutti quanto tu sia competitiva”
“Al diavolo la competizione! Sarebbe stato uno sballo! Se tu fossi stata commissario e io avessi avuto un’altra squadra sarebbe stato comunque cool: io sempre in azione e tu pronta a guidare tutti quanti con forza e saggezza. Ora non so Spitfire chi avrebbe scelto come suo successore, ma anche se fossi stata tu non mi sarei mai infuriata perché so che Spitfire avrebbe preso la decisione giusta”. Mi rendo conto di aver alzato un po’ troppo la voce: Berry Punch mi osserva con aria confusa ma francamente non mi importa. Octavia sembra felice per quel che ho detto ed è la sola cosa che conta.
“Ascolta, Dash, se davvero mi reputi saggia come dici, allora segui il mio consiglio di oggi. Abbiamo bisogno del suo aiuto per  trovare quell’assassino”
Ed eccoci giunti al clou della serata! D’altronde dovevamo incontrarci per questo. Forse è meglio discuterne ora che siamo più tranquille, almeno non rischiamo di provocare nuovi contrattempi a Rarity.
“Octavia, sai che ha fatto quando era una nostra scienziata. Riconosco la sua genialità e ti chiedo scusa per il mio comportamento di prima, ma non posso rivolgermi a lei. Insomma, ha fatto esperimenti su dei carcerati! Ha drogato degli agenti per testare le sue maledette pozioni! Come puoi chiedermi di fare affidamento su di lei, di farla rientrare in centrale? Non si parla di Rarity che diventa amica dei criminali perché vede del buono in loro, si parla di una sadica che si diverte a tagliuzzare e testare strane sostanze su altri pony per puro divertimento. E poi io ho fiducia nei miei agenti, vedrai che capiranno tutto”
“E quanti pony dovranno morire ancora prima di ottenere dei risultati? Il nostro è un serial killer, segue di certo un disegno che ha ben chiaro in mente. Un disegno dannatamente bizzarro! Un morto per annegamento e uno buttato giù da una torre: dove vuole arrivare quel maledetto?” Octavia si ferma e finisce il suo whisky mentre resta a fissare il vuoto davanti a sé, dopodiché mi domanda: “E se non avesse uno scopo materiale? Se semplicemente si divertisse a fare qualcosa di assurdo? Mentre indagavo oggi riflettevo sui quattro elementi: acqua e aria sono comparsi. Credi sia possibile ragionare in tal modo?”
“Se lo penso?” finisco il mio secondo boccale e mi guardo intorno, soffermando il mio sguardo su tutti i presenti e chiedendomi che possa esserci di peggio “Penso che certe volte la ragione sia meno utile dell’istinto”.

Siamo uscite dal locale e abbiamo percorso la Bet Way insieme, dopodiché Dash ha preso il volo. Io sono ancora qui, immobile con le spalle verso il vicolo, a pensare a quanto ci siamo dette. Come immaginavo, Dash si è limitata a scusarsi ma non ha la minima intenzione di cambiare idea. È anche vero che lei è un commissario e in quanto tale ha dei vincoli … forse al suo posto avrei fatto lo stesso. Diamine, che situazione complicata! Sto per andarmene quando sento dei passi alle mie spalle. Sono passi leggeri e silenziosi, e il loro rumore non è quello provocato da zoccoli. Solo una creatura a Ponyville cammina in questo modo!
“Buonasera, lady Octavia. Perché non si ferma un po’ a parlare prima di avviarsi verso casa?”. Sento il mio interlocutore sedersi su un bidone chiuso. Mi giro ma il buio non mi consente di vederlo. Non importa: so con chi sto parlando.
“Da quanto mi stai aspettando?”
“Da poco dopo l’uscita di Grifone. I miei Gufi sono corsi a dirmi quel che è successo al Jolly e ho deciso di approfittarne”. I Gufi, la più grande organizzazione di spie di Equestria. Non cade foglia senza che i Gufi lo vengano a sapere e vadano poi a riferire al loro capo, colui con cui sto parlando in questo momento.
“Poche chiacchiere: perché sei qui?”
“La nostra comune amica avrebbe piacere nel discutere con lei in privato, lady Octavia. È naturalmente al corrente della faccenda del killer e ritiene la situazione pericolosa per tutti”. Non immaginavo si sarebbe fatta avanti lei, in genere preferisce non immischiarsi in queste faccende.
“Ha idea di chi ci sia dietro, per caso? Magari qualcuno che conosce?”
“Oh no, niente affatto. E la particolarità sta proprio in questo: neanche i miei Gufi riescono a trovare informazioni. State cercando un fantasma”. Rimango allibita nel sentire quelle parole: i Gufi non avevano mai fallito prima!
“Sono felice che voglia parlare con me e voglio che le dica che mi farò viva presto. Ogni aiuto è benvenuto in questo momento. Ci tengo però a precisare che io e lei non siamo amiche, solo alleate”
“Oh, questo la intristirà molto. Vede, lei crede davvero nella vostra amicizia. E ancor di più crede in lei, lady Octavia. In lei e nelle sue capacità”
“Già, per lei è facile parlare: se ne sta nel suo laboratorio senza curarsi minimamente di Ponyville e di tutti i suoi cittadini”
“Oh, questo non è vero” risponde, mentre inizia a picchiettare gli artigli contro il coperchio del bidone “Mi creda, lei è molto interessata a quel che accade in città, per questo mi ha sempre al suo fianco. Ponivylle è per lei un’enorme scacchiera e gli abitanti sono i suoi pezzi: i civili e i criminali semplici sono rispettivamente i pedoni bianchi e neri, il commissario Dash è la regina bianca, e così via. Ma i pezzi maggiori sono naturalmente i due re: per l’esattezza lei, lady Octavia, è il re bianco e il suo avversario è il re nero”. Ma che sta dicendo? Come può pensare di semplificare tutto in questo modo? È quasi offensivo!
“E lei chi sarebbe allora?” sbotto adirata “Colei che muove i pezzi?”
Dall’ombra giunge una risata divertita: “Oh, assolutamente no: lei è una del pubblico. Vede, io la definirei come la spettatrice che osserva la partita in silenzio mentre gli altri esultano o imprecano. Potrebbe sembrare la meno interessata ma in realtà sarà la prima a sapere chi vincerà la partita e con quale mossa” È davvero convinto di quel che dice. So bene che la sua fiducia in lei è incrollabile e che non la tradirebbe mai. Almeno devo riconoscere che sono una buona squadra. Gli racconto di aver provato a convincere Dash e lui sembra soddisfatto, infine decido di chiudere la discussione. Il Signore dei Gufi salta giù dal cassonetto e mi saluta con un inchino nell’ombra: “Au revoir, lady Octavia. E venga a trovarci quando vuole: la porta per lei è sempre aperta”. Mi volta le spalle e si incammina in direzione opposta alla mia. Nel cielo risuona il verso di un uccello notturno.  

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Capitolo 8
*** Il Gufo e l'unicorno ***


Quella sera, dopo essere tornata a casa dall’incontro con Dash, sono passata a chiamare Derpy per farla stare a dormire da me come le avevo promesso. In realtà abbiamo resistito al sonno fino a notte fonda: l’atmosfera infatti era nettamente più allegra rispetto a prima e lei sembrava davvero un’altra. Abbiamo giocato, riso e scherzato proprio come due puledrine, e le ore sono volate senza che ce ne accorgessimo. Da quella notte sono passati sei giorni, durante i quali Derpy mi è sempre venuta a trovare, in genere la sera. È piacevole stare in sua compagnia: è una pegaso svampita e pasticciona, ma anche incredibilmente dolce, e stare con lei mi calma dopo aver passata la giornata a lavorare.
Le indagini procedono a rilento: Dash mi ha avvisata che la sostanza rinvenuta nel sangue di Candy Liddell è scomparsa come già era successo per la prima vittima. Gli studi non hanno condotto a nulla. Beh, non che mi aspettassi risultati, a dire la verità. In ogni caso, ho preferito non discutere di nuovo con Dash di quella faccenda. Non le ho raccontato nulla neanche su quanto avvenuto alla Bet Way: ho intenzione di andare a trovare il Signore dei Gufi e la sua amica scienziata da sola, senza nessuna complicazione. Ho deciso che andrò domani mattina presto. Alcuni pegasi del tempo mi hanno detto che è in programma una giornata nebbiosa e potrei muovermi senza essere notata. Questo manto grigio almeno è utile per mimetizzarsi.
Anche oggi sto passando la serata con Derpy. È passata a salutarmi dopo cena e abbiamo passato il tempo raccontandoci un po’ di storie: lei mi ha parlato della sua infanzia a Cloudsdale e io le ho raccontato qualche mio vecchio caso. Adesso sta preparando del the mentre io la intrattengo suonando un po’. Le mie note vengono però interrotte da qualcuno che bussa alla porta. Poso l’archetto e, prima che possa controllare chi sia, sento una voce conosciuta anticiparmi: “Heylà, zuccherino! Non provare a scappare, ho sentito il tuo violoncello!”
“Allora adesso hai capito perché in questo condominio mi odiano tutti” rispondo, aprendo la porta ad Applejack e facendola accomodare “Cosa ci fai qui in città, AJ?”
“Sono venuta con Big Mac per delle vendite. Dopo aver finito, l’ho lasciato a bere qualcosa in un bar e ho deciso di venirti a trovare. Non ci siamo più sentite da quella sera, mi auguro vada tutto bene”. Sto per risponderle quando sentiamo qualcosa di vetro o ceramica rompersi in cucina.
“Hey! Che succede lì dentro?” domando a gran voce mentre osservo Applejack chiedersi chi altro ci sia.
“Scusami, Octavia! Ho fatto cadere la zuccheriera!”
“Non importa, ci serviremo direttamente dalla confezione. Piuttosto, prendi tre tazzine: abbiamo un ospite”. Torno allora a rivolgermi divertita ad Applejack: “Oh, non c’è male, AJ. La mia vita continua come al solito, anche se ultimamente è diventata un po’ più caotica, come puoi notare. Dai, sediamoci, così ti presento la misteriosa nemesi degli oggetti in ceramica”. Ci sistemiamo sul divano e nell’attesa mi faccio raccontare le ultime novità dalla tenuta.
Poco dopo, Derpy ci raggiunge porgendoci un vassoio con le tazzine. Prima di iniziare a bere, faccio le dovute presentazioni: “AJ, lei è Derpy. Si è trasferita da poco nell’appartamento al piano di sotto, ma ogni tanto passa da me per fare quattro chiacchiere. Derpy, lei invece è Applejack, una mia vecchia amica”. Le due si salutano mentre inizio a versare un po’ di zucchero nel mio the. Torniamo a parlare di Sweet Apple Acres suscitando l’interesse di Derpy, la quale inizia a tempestare Applejack di domande sulla vita in campagna. Dopo pochi minuti, le due parlano già come se si conoscessero da tutta la vita, e io rimango a godermi lo spettacolo compiaciuta. Potrebbe essere una buona idea portare anche Derpy con me alla tenuta quando le indagini si saranno chiuse. Scommetto che si divertirebbe tantissimo con la piccola Apple Bloom.
Dopo che tutte abbiamo finito il the, Derpy si offre per andare a mettere in ordine in cucina, lasciando me e Applejack in salotto. È proprio quest’ultima a parlare per prima: “È una ragazzina simpatica, sai? Sono felice che tu abbia trovato qualcuno con cui passare il tempo. Tra le novità politiche e il tuo caso che si ingarbuglia sempre di più, credo che distrarti un po’ possa solo aiutarti”. Annuisco silenziosamente. È vero, la compagnia di Derpy mi aiuta, ma non è solo questo: credo di stare iniziando davvero ad affezionarmi a questa puledrina.
E questo mi spaventa.
Mi spaventa terribilmente.
Nella mia mente, una serie di immagini vortica caoticamente mescolandosi a spezzoni di vicende diverse, vicende passate, finché il volto di Derpy non si affianca a quello di lei: Vinyl Scratch. Apprendista, socia ma, più di ogni altra cosa, amica. La migliore che un pony possa sperare di avere.
“Octavia, calmati! Che ti prende?” Applejack mi riporta alla realtà smuovendomi con fermezza, la sua espressione è preoccupata ma la voce è bassa, forse per non farsi sentire da Derpy, che effettivamente è ancora in cucina e non sembra essersi accorta di nulla. Mi rendo conto solo in quel momento di star tremando come una foglia. Cerco di calmarmi respirando profondamente, e infine mi rivolgo ad Appejack: “Scusami, AJ, è solo che … per un attimo ho avuto paura. Starò davvero facendo la cosa giusta?” Lei sembra non seguirmi.
“Intendo dire … non mi ero ancor resa conto di quanto mi stessi avvicinando a Derpy: non pensi possa essere pericoloso? Sono pur sempre una detective, ho a che fare con criminali ogni giorno. Che succederebbe se qualcuno venisse a sapere di lei? Che succederebbe se decidessero di usare lei per colpire me? È una ragazzina!”
“Nessun pony è un’isola, zuccherino, dovresti saperlo”
“Lo so, e infatti non lo sono! Io ho te, ho …”
 “Chi?” mi interrompe con forza “Dash è legata indissolubilmente al tuo lavoro, lo stesso vale per Rarity. Per quanto riguarda me, riusciamo a vederci solo in certe occasioni. Hai bisogno di qualcuno che ti aiuti a evadere dalla realtà come faceva Vinyl. E ora hai la fortuna di aver trovato questa pegaso che sembra volerti davvero bene. Non lasciare che il panico abbia la meglio su di te, Octavia”
Le sue parole non cancellano totalmente le mie preoccupazioni, ma la sicurezza con cui le pronuncia riescono almeno in parte a rincuorarmi. Dopo qualche attimo di silenzio, provo a cambiare argomento: “Ogni volta che parlo io finisco per tirar fuori un dramma, quindi parla un po’ tu: a quali novità politiche ti riferivi prima?”
“Davvero non lo sai?” AJ scoppia in una fragorosa risata, tale da richiamare l’attenzione della stessa Derpy “Allora adesso mi diverto: Filthy Rich ha annunciato di volersi candidare come sindaco!”
All’inizio credo mi stia prendendo in giro. Chiedo conferma a Derpy con lo sguardo e, quando lei annuisce, perdo totalmente le staffe: “Non è possibile! Non è assolutamente possibile! Ponyville non può passare da Mayor Mare a Filthy Rich!”
Filthy Rich, il più potente imprenditore di Ponyville. Proprietario di aziende, fabbriche e testate giornalistiche, è stato più volte indagato nell’ambito di numerosi illeciti, riuscendo però sempre a farla franca. Adesso che non possiamo più contare su Mayor sarà difficile trovare qualcuno che possa contrastarlo: con i suoi soldi infami potrebbe davvero controllare totalmente questa città. Cerco di mettere a tacere la rabbia che mi divora: “Immagino che i giornali abbiano già dato inizio a una vera e propria campagna elettorale”
“Tsk, sarebbe il male minore: non puoi neanche immaginare quanto stiano diffamando Mayor”. Rimango schifata da queste parole, ma in fondo dovevo aspettarmelo: Mayor rappresenta tutto quello che è sempre riuscito a tenere testa a Filthy, il passato che lui vorrebbe cancellare.
“Scusate, ma credete davvero ci sia bisogno di preoccuparsi tanto?” è Derpy a parlare stavolta “Ecco, io non conosco questo Rich, ma stando a quanto ho letto sui quotidiani deve essere un pony che ha avuto parecchi guai con la giustizia. Pensate davvero che i cittadini di Ponyville voterebbero per uno come lui? Per giunta è un imprenditore, non un politico”
“Non so a cosa credere, Derpy” le rispondo sinceramente “so soltanto che in questa città non c’è mai limite al peggio”. La discussione politica si chiude così. Dopo pochi minuti salutiamo definitivamente Applejack, intenzionata ad andare a recuperare il fratello e a tornare a casa. Prima che anche Derpy se ne vada, la invito a rimanere di nuovo a dormire da me. Forse Applejack ha ragione: potrei davvero aver bisogno di questa pegaso.

Mi sono messa in marcia ancor prima dell’alba. D’altronde questa notte non ho chiuso occhio, dunque a che pro aspettare? Ho lasciato un bigliettino attaccato alla porta della stanza dove dorme Derpy, anche se conto di rientrare prima che si risvegli. A dirla tutta, non ho la minima intenzione di restare in quel laboratorio più del necessario: quel posto mi da i brividi, e lo stesso vale per la proprietaria, nonostante cerchi di non farlo trasparire davanti ad altri. Ma ho bisogno di aiuto e lei è l’unica che possa darmelo. Percorro una serie di vicoli attraversati dalla nebbia, l’unico suono che mi accompagna è il rumore dei miei zoccoli sul selciato. Al contrario della Bet Way, questa zona non è mai frequentata da nessuno, per paura di diventare le cavie degli esperimenti dell’unicorno che effettivamente controlla queste strade. Certo, da quando è stata allontanata dalla polizia e dal suo periodo di incarcerazione non ha compiuto atti esecrabili ma, nonostante tutto, in città si continua a parlare di lei, ogni pony la teme, sebbene lei stessa si faccia vedere in giro molto di rado. Lo ammetto: un po’ sono curiosa di vedere che fa rinchiusa lì dentro tutti i giorni.
Giungo infine davanti alla sua abitazione. L’edificio è piccolo e inquietante, di certo non invita eventuali curiosi a fermarvisi davanti. La porta è totalmente rossa e presenta un piccolo batacchio. Busso con decisione e poco dopo la porta mi viene aperta proprio da colui che mi aveva recapitato l’invito fuori al Jolly: Spike, piccolo drago a capo dei Gufi. Per avere una vaga idea di chi sia l’unicorno che sto per incontrare, basterebbe pensare che è l’unico pony al mondo ad avere un drago come assistente.
“Le auguro un buongiorno, lady Octavia. La sua visita è motivo di gioia per noi tutti. Posso avere l’onore di condurla dalla mia signora?”. Ci siamo!
“Fammi strada, Spike”. Il drago mi accoglie con un inchino e richiude la porta alle nostre spalle.
L’abitazione ha poche stanze: una cucina, una stanza da letto, uno studio. Ciò che colpisce però sono i libri: un mare di libri! Dalla mia posizione riesco a vedere lo studio e l’immensa libreria al suo interno. Rispetto alla sua, la mia sembra quella di una puledrina che ha appena imparato a leggere. Altri libri sono posti sugli scaffali e i mobili in corridoio, altri ancora a terra.
Seguo Spike mentre scende delle scale alla nostra sinistra. Il laboratorio si trova nei sotterranei, ed è qui che la vedo: seduta a una scrivania illuminata solo da una fioca luce bianca, intenta ad armeggiare con provette, alambicchi e piccole bilance, Twilight Sparkle ci dà le spalle. Lascio vagare il mio sguardo nell’immensa sala. Un possente armadio sigillato con la magia contiene sostanze chimiche di ogni tipo e vari strumenti di ricerca. Su un tavolo alla nostra destra ci sono numerose gabbiette con topi, criceti e conigli, inconsapevoli cavie di chissà quali incomprensibili esperimenti. A sinistra invece è situato un tavolo in marmo più grande. In questo momento è totalmente sgombro, ma non è difficile immaginare quante operazioni chirurgiche e quanti studi anatomici siano stati compiuti lì sopra. Ovunque si trovano libri, enciclopedie e scartoffie varie; al muro sono appese tavole periodiche, raffigurazioni approfondite del corpo di pegasi, unicorni e pony di terra e, per chiudere in bellezza, uno scheletro fa compagnia a Twilight standole alla sua destra.
Non ho idea di come iniziare la discussione, ma fortunatamente è Spike a prendere l’iniziativa: “Dottoressa Twilight, lady Octavia è qui per parlarle”. Twilight non sembra comprendere quel che le succede intorno, troppo presa dal suo lavoro. Spike torna a rivolgersi a me: “Le chiedo scusa per l’attesa, lady Octavia. La dottoressa Twilight è alle prese con il suo lavoro da ormai 48 ore, ma sono convinto che ben presto la aiuterà a …”
“SPIKE! CAFFÈ!”. Il draghetto viola raccoglie un piccolo thermos posto ai piedi del tavolo di marmo e riempie una provetta alla sua amica. Ovvio, le tazzine sono troppo normali per la dottoressa! Mentre la sta servendo, le sussurra qualcosa all’orecchio e lei sembra cambiare atteggiamento: alza lo sguardo e lo mantiene fisso sulla parete, prende la fiala con il caffè e lo beve in un sorso, infine sospira sollevata. Improvvisamente, con una violenta zampata, scaraventa a terra tutto il suo lavoro! Fogli volano per la stanza, tutti gli oggetti presenti sulla scrivania si frantumano a terra o contro il muro. Osservo sconcertata la scena, mentre Spike raccoglie diligentemente i fogli caduti, come se ci fosse abituato.
“Octavia, tesoro! Oh, sono così felice di vederti” Twilight Sparkle si gira finalmente a guardarmi. La criniera è completamente spettinata e delle profonde occhiaie le donano un aspetto cadaverico. Nonostante ciò, sprizza energia da tutti i pori, anche se ha un sorriso un po’ inquietante.
“Mi dispiace disturbarla mentre è al lavoro, Twilight Sparkle”
“Ah, lavoro! Quella era una sciocchezza, giusto per passare il tempo. E, per favore, non essere così formale! Non accetterei mai di sentirmi dare del lei proprio da te”. L’unicorno mi parla con un timbro di voce alto e un ritmo veloce, il tutto mentre un nervoso tic all’occhio la rende ancora più bizzarra. Davvero è andata incontro a tutto questo solo per “passare il tempo”?
“Va bene, Twilight, andrò subito al punto: Spike mi ha detto che sei preoccupata per questo caso e che volevi parlarmi. Perché? Sai qualcosa?”
“Aaaassolutamente no!”. La scienziata salta giù dalla sedia e inizia a giocare con il suo scheletro: lo accarezza teneramente, gli solleva le zampe come se fosse una marionetta. Nel frattempo continua il discorso: “Anzi, speravo di avere notizie da te! I Gufi del caro Spike mi hanno riferito della sostanza ritrovata dalla polizia, ma loro non capiscono nulla di scienza, e quindi non hanno saputo spiegarmi la natura del composto. Non ho neanche una misera informazione. Dimmi come posso fare delle ricerche se non so neanche da dove partire!” urla infuriata, mentre un raggio di energia magica distrugge altri oggetti di vetro. Infine si accascia a terra sospirando: “Hai idea di quanto possa intristirsi uno scienziato quando non ha nulla da fare?”
“E tu mi avresti mandata a chiamare solo perché vuoi giocare a piccolo chimico?” sbotto irritata “Quando Spike mi ha detto che te ne stavi occupando, ho pensato che per una volta tu fossi preoccupata per Ponyville!”
“Oooh, ma io sono preoccupata” si lamenta l’unicorno mentre rotola sul pavimento, apparentemente incurante dei numerosi frammenti di vetro sparsi dappertutto “Sono preoccupata per tutte le occasioni di ricerca che questa storia mi offre ma che io non riesco a cogliere. Magari potresti portarmela tu! Che ne diresti di sottrarla alla polizia per me, eh?”
A queste parole decido di andarmene: non rimarrò da questa egoista un solo minuto di più.
“Dovrei diventare una ladra per te, Twilight? Beh, mi dispiace ma non lo farò. E comunque la sostanza è ormai scomparsa”. Le volto le spalle e mi dirigo verso le scale, ma la scienziata mi parla di nuovo: “Salutami Rainbow Dash ora che la vedi. Oooh, non sai che darei per essere lì con voi!”
“Lì dove?” non riesco a seguirla “Io e Dash non abbiamo alcun appuntamento”
“Ma sono passati sette giorni!”. Twilight si rialza, sul volto ha un’espressione seria “Io penso stia tornando, sai?”
Mi fermo. Me ne ero dimenticata: tra i due ponycidi avutisi finora sono passati esattamente sette giorni. Certo, potrebbe essersi trattato di un caso, ma …
“Prima ti ha fatto cadere giù giù giù, come un sasso” dice, gettandosi nuovamente a terra con un gran tonfo “e poi ti ha lasciata in acqua, e tu facevi blub blub blub. Ora che succederà? Aaah, quanto vorrei poter studiare quei cadaveri”
“I roditori e i pony che rapisci non ti bastano?” la sbeffeggio.
“Octavia, anche tu credi a queste storie? Lo so, ho fatto esperimenti su criminali e poliziotti quando lavoravo alla centrale, ma ne ho pagato il prezzo. Ho scontato la mia pena e da allora non ho più toccato neanche un pony. Non uno vivo, almeno”
Sarà vero? È la sua parola contro quella dei cittadini di Ponyville, e francamente non darei credito a nessuna delle due affermazioni.
Questa mattinata si è rivelata inutile, sono riuscita solo a ottenere la certezza del suo interesse verso il misterioso composto. Ora devo trovare un modo per procurarmelo: sicuramente non posso semplicemente chiederlo a Dash.
“Mi hai deluso, Twilight. In ogni caso, ho bisogno di te. Riposati e resta vigile: la prossima volta che ci vedremo avrai il tuo composto da studiare”
“Evviva! Evviva! Sei un’amica, Octavia!” risponde con gioia, dopodiché chiede a Spike di accompagnarmi alla porta. La lascio mentre “nuota” sul pavimento.

Ho percorso quanti più vicoli possibile per tornare a casa: non mi andava di trovare altri pony sulla mia strada. È un nuovo giorno a Ponyville, i flebili raggi del sole cercano di superare la densa coltre di nebbia. Mentre camminavo, ho riflettuto su quanto appena successo e su quel che ho promesso all’unicorno: come potrò portarle la sostanza? Quella che aveva la polizia è scomparsa, e Dash potrebbe procurarsene dell’altra solo in un modo. In un modo orribile.
Sono così presa dai miei pensieri che, arrivata davanti al mio appartamento, busso senza neanche ricordarmi che ho le chiavi. Non vorrei svegliare Derpy, è comunque mattino presto. Eppure la porta si spalanca con rapidità, aperta dalla giovane pegaso grigia. I suoi occhi esprimono preoccupazione, paura. Prima ancora che possa mettere zoccolo in casa mi dice: “Octavia, abbiamo un problema!”

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Capitolo 9
*** Richiesta di aiuto ***


Una giovane unicorno dal bel manto verde è seduta sul divano nel mio salone. La sua criniera è disordinata, le sue zampe tremano e i suoi occhi sono rossi: la ragazza deve aver pianto fino a poco prima. Resto a osservarla dall’ingresso, lei non sembra essersi accorta della mia presenza.
“Chi è, Derpy?”
“È venuta all’alba, dice di aver bisogno di aiuto, di essere nei guai. Si chiama Lyra Heartstrings”
Ricordo questo nome: è quello della pony che una settimana fa trovò il corpo della povera Candy Liddell. Se è qui, può essere solo per un motivo. Entro in salone e mi preparo al peggio: “Signorina Heartstrings? Sono la detective Octavia, mi dispiace di averla fatta attendere”
“Oh, per Celestia, meno male che è qui! Quando la sua assistente mi ha detto che non c’era mi sono agitata tantissimo. Non sapevo cosa fare, dove andare, a chi rivolgermi …”. La ragazza è decisamente scioccata, e il fatto che non abbia pensato alla polizia aumenta la mia preoccupazione. Cerco di farla rilassare: “Non si preoccupi signorina, adesso sono qui. Ci siamo solo io e lei, e le assicuro che farò di tutto per aiutarla. Ma adesso respiri e mi dica cosa le è successo”
L’unicorno fa quanto le viene detto, il tremito delle sue zampe diminuisce e, dopo circa un minuto, inizia a raccontare: “Fin da piccola ho sempre amato gli uccelli, dagli usignoli ai rapaci. Per questo a casa ne allevo un gran numero, mentre altri li aiuto quando sono in difficoltà. Non è un lavoro, è soltanto un hobby: curo gli uccellini feriti, aiuto i miei amici a prendersi cura dei loro, cose di questo genere. Per di più, io abito in una piccola villetta al di fuori di Ponyville, vicino alla zona del lago: quale ambiente migliore per loro? Ogni notte li lascio in delle apposite gabbiette in giardino per farli riposare al fresco e tenerli a bada, e così ho fatto anche ieri prima di andare a dormire. Oggi però, quando ancora il sole non era sorto, ho sentito del gran caos provenire dall’esterno. Mi sono svegliata e sono andata a controllare e … oh, per Celestia!” esclama, mentre trattiene un conato di vomito. Derpy si precipita ad aiutarla mentre io attendo che si riprenda. Poco dopo continua il racconto: “Sono uscita e, legato ad una sedia, c’era il cadavere di un grifone! Il corpo era coperto di tagli, come se fosse stato accoltellato più e più volte, e inoltre era bagnato fradicio. Attorno a lui correvano i miei uccellini, tutti bagnati e con le ali legate. Ero terrorizzata, non sapevo cosa fare. Per giunta ho avuto paura che, se la polizia mi avesse trovato lì, sarei stata indagata anche per gli altri ponycidi, dato che ho trovato anche la seconda vittima. La prego, detective Octavia, lei deve aiutarmi!”. L’unicorno scoppia di nuovo in lacrime. Sarei quasi tentata di fare lo stesso: Twilight aveva ragione. L’assassino è tornato, il suo modus operandi è cambiato di nuovo e stavolta non solo ha lasciato il corpo in un luogo frequentato, l’ha addirittura lasciato a casa di qualcuno. Certo, sarebbe così se non considerassi Lyra come sospettata. Ho bisogno di più informazioni: “Ha notato qualcosa di strano in casa? La porta di ingresso era aperta?”
“No, era chiusa come l’avevo lasciata la sera prima” risponde prontamente asciugandosi gli occhi “A casa era tutto normale”
“Per caso ha qualche vicino che potrebbe aver visto qualcosa nel suo giardino ieri notte?”
“Ho alcuni amici che abitano in zona, ma dalle loro case non è possibile vedere la mia”
Come pensavo: la ragazza non ha un alibi. E, a dire la verità, la sua storia è strana. L’idea dell’assassino che lega tutti gli uccelli è bizzarra, ma posso accettarla se considero quello a cui ci ha abituati. Quel che non mi torna è come abbia fatto Lyra a non sentirlo mentre realizzava il suo folle disegno: davvero gli uccellini non hanno fatto rumore mentre venivano legati? Non posso crederci. E dubito che la ragazza abbia il sonno pesante, dato che prima dell’alba si è svegliata senza problemi. Che abbia davvero a che fare con questa storia? Ma allora perché inscenare questa farsa? Mi manca un tassello, ma non lo troverò qui: devo andare a indagare sul posto.
“Mi ascolti attentamente, signorina Heartstrings: io …”
Toc toc toc!
“Octavia, se ci sei apri immediatamente!” La voce di Dash risuona con forza da fuori casa “Abbiamo un morto in una casa e la proprietaria non si trova da nessuna parte. Ti prego, dimmi che è con te”
Qualche passante deve aver visto il cadavere nel giardino di Lyra. Diamine, che sfortuna!
“Derpy, apri al commissario”
“No! La prego detective, non lo faccia! Se mi trovano qui …” il suo muso è contratto dalla paura, i suoi occhi implorano sostegno.
“Mi ascolti: il commissario Rainbow Dash è una mia cara amica. Le spiegherò la sua situazione e metterò una buona parola per lei, sono convinta che mi darà ascolto. Dovranno portarla in centrale per delle domande, ma lei stia tranquilla e si limiti a dir loro quel che ha raccontato a me. È tutto chiaro?” La giovane annuisce ma la sua espressione tradisce la sua confusione. Nel frattempo Dash entra in salone con Fluttershy. Dietro di loro, Derpy attende con altri due agenti.
“Lei è Lyra Heartstrings?” esordisce risoluta Dash. La giovane non risponde, i suoi occhi spenti sono fissi a terra.
“Sì, è lei. Immagino che i due bellimbusti là fuori debbano portarla in commissariato”
“Potrebbe essere implicata nel caso”
“Esatto Dash: potrebbe” sussurro a denti stretti, dopodiché mi rivolgo ai due agenti: “Fin quando non troverete prove o indizi, questa unicorno è una mia clientre, una giovane che mi ha chiesto aiuto. Se dovesse succederle qualcosa, ve la farò pagare!”
“Octavia!” Dash è stupefatta, ma sembra che la mia minaccia abbia avuto l’effetto sperato: i due agenti si scambiano un’occhiata preoccupata e si fanno da parte per lasciar passare Lyra. Non la sfiorano nemmeno. La giovane mi rivolge un ultimo sguardo inquieta, poi esce definitivamente. La porta sta per chiudersi, ma Dash la ferma con uno zoccolo. Sembra volermi rimproverare, ma poi ci ripensa: sa che non servirebbe a nulla. Si limita a dirmi, sbuffando: “Prendi quel che ti occorre per un’indagine, tra cinque minuti ci muoviamo. Ti aspetto giù. Vieni, Fluttershy”
Restiamo così solo io e Derpy, immobili, immerse nella quiete rimasta dopo il passaggio di questa tragica tempesta.
“La aiuterai, vero? Quella Lyra” mi domanda Derpy, gli occhi fissi sulla porta, come se aspettasse l’arrivo di altri pony.
“Farò il possibile, ma la sua posizione è difficile”
“Tu non le credi però. Non del tutto” Si gira verso di me e … me ne rendo conto solo adesso: il suo sguardo è lo stesso di quella sera. La sua espressione attenta, vigile, il mio essere paralizzata, incapace di compiere qualsiasi azione, è tutto come quella sera. Lei intanto continua: “Quell’unicorno è innocente. Non chiedermi come lo so, perché non ne ho idea. È solo che l’ho guardata e mi è sembrata sincera. Ti prego, Octavia: credimi”
Le credo.
In questo momento le crederei anche se mi dicesse che Lyra è una alicorno.

Raggiungo la casa dell’unicorno con Dash e Fluttershy. Il cadavere è proprio come mi è stato descritto, perfino gli uccellini hanno ancora le ali legate: è probabile che i primi agenti arrivati li abbiano lasciati così per mostrarli a Dash. Il commissario è effettivamente confusa di fronte a un tale spettacolo, ma quella che mi stupisce di più è la timida Fluttershy: è infuriata, ha un’espressione minacciosa, sembra stia per esplodere.
“Calmati soldato!” esclama Dash “Conosco la tua passione per gli animali, ma questi non sembrano essere feriti. Non farti annebbiare la mente, abbiamo un caso da risolvere” La pegaso paglierina respira profondamente e cerca di mantenere il controllo. Ci avviciniamo a un pony della scientifica intento a esaminare il corpo.
“Allora? Avete scoperto qualcosa?” Il tono di Dash è deciso e risoluto. Il pony si volta e inizia a spiegare: “Sì, ci sono novità. Il grifone, come potete vedere, è morto per le numerose coltellate ricevute. Questi colpi però sono stati particolari: sembra che l’assassino abbia voluto simulare dei graffi. Non ci sono affondi diretti al cuore o ad altri organi vitali, bensì numerosi tagli non letali attuati prima della recisione finale alla carotide. Da questo abbiamo constatato che l’assassinio non è stato compiuto qui. Colpi del genere infatti possono provocare schizzi di sangue involontari o, in questo caso, caduta delle piume tagliate, ma il giardinetto non presenta tracce del genere. Il nostro amico ha ucciso la sua vittima chissà dove, poi lo ha portato qui, legato alla sedia e infine ha inscenato questo spettacolino con gli uccelli. Francamente, non ho idea di cosa voglia dire”
“Credi che il killer avrebbe potuto fare tutto ciò senza svegliare la proprietaria dell’abitazione?”
“Lo escludo, commissario. Vede, non stiamo parlando solo di pettirossi o altri uccelli piccoli: la ragazza ha tre rapaci! Non sarò un esperto ornitologo, ma le posso assicurare che urlano parecchio”
La versione di Lyra si fa sempre meno credibile, ma non posso stare qui senza fare nulla: “E se fosse stata sedata?”
“È un’ipotesi, ma irrealizzabile. Le finestre erano tutte chiuse, nessuno può essere entrato. La porta era aperta, ma non abbiamo trovato segni di forzature”
“E non ne troverete” sospiro tristemente “L’ha aperta Lyra stamattina e l’ha lasciata così quando è venuta da me”
Non posso arrendermi così. Coraggio, Octavia! Pensa a qualcosa!
“Dash, io faccio un controllo all’interno della casa! So che sembra assurdo, ma voglio essere sicura che Lyra non sia stata sedata. Dopo essersene andata, ha lasciato la porta aperta. Se il killer avesse fatto qualcosa ieri notte, oggi avrebbe potuto cancellare le sue tracce in tutta calma. Tu fai pure quello che vuoi, ma Lyra mi ha chiesto aiuto ed è mio dovere controllare ogni angolo di questa casa!” Mi volto prima di ricevere una risposta ma, mentre sto entrando nell’abitazione, la sento imprecare mentre mi raggiunge con Fluttershy.

Casa di Lyra è ampia e spaziosa, ma soprattutto è molto luminosa. L’arredamento, le stanze, la disposizione delle finestre aiutano a trasmettere una sensazione di calore che ti si aggrappa al cuore. Non è proprio il mio genere, ma ammetto che deve essere bello vivere qui, al di fuori dei confini di Ponyville. Mi dirigo immediatamente verso la camera da letto e inizio a dare un’occhiata in giro. Dash mi osserva pensierosa dal corridoio.
“Si può sapere cosa stai cercando, Octavia? I miei agenti hanno già fatto una prima perquisizione senza trovare nulla”
“Allora forse sarò io a trovare qualcosa” rispondo senza distrarmi “Tu vuoi darmi uno zoccolo o preferisci stare ferma lì a guardarmi?”
Alla fine decide di entrare e inizia a cercare qualche indizio sulla scrivania, posta di fronte all’ingresso, al lato sinistro della stanza, vicino a un grande armadio. Al lato destro si trova il letto, ancora sfatto da questa mattina, piacevolmente illuminato dai raggi del sole che entrano da una finestra alla parete a lato. Vicino alla testa del letto vi è un piccolo comodino, mentre dall’altro lato, in un angolo, è posta una meravigliosa lira su un ripiano apposito, con molti spartiti impilati al suo fianco.
Per quindici minuti mando avanti la mia incessante ricerca, per quindici minuti Dash scosta annoiata oggetti e quaderni maledicendo la mia testardaggine. Fluttershy invece rimane per un po’ a osservare il lato destro della stanza, il settore di cui mi sto occupando io. Inizialmente credo sia interessata al mio metodo di lavoro, ma poi mi accorgo che i suoi occhi passano ripetutamente dalla finestra al letto, più e più volte. Decido di non farci troppo caso, ma dopo qualche minuto si muove verso la finestra e inizia a osservare l’esterno: si vede il giardino dove sono stati trovati cadaveree uccellini.
“Preferiresti andare ad aiutare la scientifica là fuori, Fluttershy? Credo che possiamo cavarcela anche io e Dash da sole qui” le dico, attirando l’attenzione di Dash che solo ora si accorge di quel che sta succedendo.
“No, detective Octavia, tutt’altro” mi risponde, poi si rivolge al suo capo “Commissario, credo di aver trovato qualcosa”
Spalanco gli occhi per la sorpresa mentre Dash, altrettanto stupefatta, si avvicina alla finestra: “Ehm … cosa avresti trovato, scusa?”
“Sul vetro della finestra è presente un piccolo forellino. Intorno non ci sono crepe, ed è troppo piccolo e preciso per essere un danno accidentale. Controlli pure lei”
Passano quattro minuti prima che Dash si giri verso di me e mi dica, incredula: “È … è vero, Octavia. È un foro impercettibile, ma c’è”
Rimango senza parole. Io e Dash abbiamo controllato in ogni angolo della stanza senza trovare nulla, mentre lei …
“Come diamine hai fatto?” le domando.
“Cercavamo un modo che permettesse al killer di sedare qualcuno senza entrare in casa. La finestra era chiusa, ma era anche l’unico punto da cui avrebbe potuto colpire. Non posso averne la certezza, ma credo ci fosse un solo modo per sedare la Heartstrings ieri notte. Adesso le faccio vedere! Immaginate che la Heartstrings sia stesa a dormire” Detto questo, la pegaso esce dalla stanza e arriva in giardino. Dopo essersi posta di fronte alla finestra, dà un’occhiata all’interno, come se studiasse l’ambiente, per poi iniziare a soffiare davanti al foro. Dopo aver dato la dimostrazione, ci raggiunge dentro.
“Pensi che abbia fatto entrare del gas?” chiede Dash pensierosa.
“È inverosimile, Dashie” rispondo prima di Fluttershy “Anche supponendo che il killer abbia usato la magia per far entrare il gas, mi risulta che tutti i narcotici abbiano un odore particolarmente dolciastro”
“Esattamente” mi fa eco la pegaso paglierina “Ci sono state insegnate alla scuola di polizia le caratteristiche principali di tutti i gas soporiferi maggiori, e tutti hanno un odore particolarmente forte. Se la Heartstrings avesse avuto il sonno pesante avrebbe potuto non accorgersene, ma …”
“Ma abbiamo appurato che non ce l’ha! Tanti anni di lavoro con gli uccellini l’hanno abituata a svegliarsi per ogni minimo problema”
“Corretto, detective! Senza contare che gli animali sono particolarmente sensibili alla magia: se avessero avvertito un pericolo di questo genere, avrebbero iniziato a fare rumore”
“Frena un attimo, Fluttershy!” esclama Dash “Ma allora come …”
“Una cerbottana! È l’unica possibilità a cui riesco a pensare, commissario”
Una cerbottana? Impossibile!
“Perdonami Fluttershy, ma non ho mai visto un dardo tanto piccolo”
“Nemmeno io, detective, per questo non ci metterei lo zoccolo sul fuoco. Il nostro pony dovrebbe essere un cecchino formidabile, per giunta. Ma il foro punta perfettamente alla testa del letto, all’altezza dove si sarebbe trovato il collo della Heartstrings. Il dardo probabilmente presentava una quantità di sedativo tale da durare per qualche ora, e potrebbe essere stato recuperato questa mattina quando la porta è rimasta aperta. Commissario, credo che dovremmo controllare anche il sangue della Heartstrings. La presenza del composto potrebbe essere dovuto a un ingerimento da parte della ragazza stessa ma, in aggiunta al dardo o a qualsiasi altro indizio, potrebbe discolparla definitivamente”
Pondero in silenzio la teoria di Fluttershy. È un’idea assurda: il nostro killer è passato da “fantasma” a “fantasma-cecchino più letale di Equestria” nell’arco di una settimana! Eppure è l’unica pista che abbiamo, ed è anche l’unico modo per difendere Lyra: devo rischiare.
“Dashie, credo che tu ti sia trovata una partner eccezionale”
“Oh, puoi dirlo forte!” ribadisce la pegaso dalla criniera arcobaleno dando una pacca sulla spalla a Fluttershy che, come se si fosse improvvisamente ricordata la sua vera natura, arrossisce terribilmente sussurrando parole di ringraziamento.           

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Capitolo 10
*** La mossa di Fluttershy ***


Sono passate molte ore da quando Octavia è uscita con quelle due poliziotte, e ancora non ha fatto ritorno. Spero che le indagini stiano procedendo bene. Mi piacerebbe tanto darle uno zoccolo ma non so nulla di questo caso, se non ciò che è stato rivelato dai giornali. Non voglio neanche mettermi a curiosare tra i suoi fascicoli mentre lei non c’è: sembrerei una ficcanaso. Forse dovrei parlarle al suo ritorno, forse potrei aiutarla. Certo, so bene di non essere una detective o un’agente, e so anche che è una faccenda troppo grande per una ragazzina come me, ma ci sono state tre uccisioni e la povera Lyra adesso è rinchiusa in commissariato. L’avranno interrogata per delle ore: poverina, deve essere terrorizzata! Non mi interessa quel che pensano il commissario, gli agenti o la stessa Octavia: Lyra è innocente. I suoi occhi non erano quelli di un’assassina, e neanche quelli di una bugiarda. Era solo confusa e spaventata. Come vorrei avere la possibilità di far sentire a tutti quel che ho percepito io!

Quando Octavia rientra è ormai calata la sera. È stanca, con sé ha una busta con una bottiglia. La giornata deve essere stata dura. Eppure, appena mi vede, mi sorride trionfalmente. Posa la busta a terra, si getta sul divano a fissare il soffitto e, ridendo di gioia, esclama: “Avevi ragione, Derpy! Avevi ragione! Il sangue di Lyra conteneva i residui di una sostanza narcotica, e abbiamo anche trovato degli indizi che potrebbero dimostrare la sua innocenza. Dash l’ha fatta uscire, oggi dormirà da alcuni parenti perché casa sua è ancora oggetto di studi. La nostra amica unicorno dovrà essere disponibile in caso di chiamate dalla polizia, ma il peggio è passato. Ce l’abbiamo fatta, Derpy!” si solleva a sedere e mi fissa, il sorriso ancora più raggiante “Ce l’hai fatta”
Per tutto il tempo sono rimasta ammutolita, incapace di credere a quel che sentivo, a quel che vedevo. Provo a risponderle ma le parole mi si bloccano in gola: “Io … non so cosa dire … Lyra era … e io …”
“Tu, Derpy, sei una benedizione! Se non ci fossi stata tu, non so con che forza avrei difeso quella ragazza. La sua situazione era davvero complicata, e … e forse un po’ ci speravo” il suo tono di voce si abbassa “forse il pensiero di aver trovato una traccia, la speranza di fermare questa catena di morti, mi hanno fatto credere che Lyra fosse implicata nel caso. Invece tu le hai creduto e ti sei battuta per lei fino a convincermi. Per questo ti ringrazio. Grazie di cuore, Derpy”
Detto questo, salta giù dal divano e prende il contenuto della busta: una bottiglia di sidro!
“Sorpresa, eh? Stasera si festeggia! Sono riuscita a procurarmi una delle bottiglie vendute ieri da AJ. Vedrai che ti piacerà”
“Ecco, io … io in realtà non ho mai bevuto del sidro” le rivelo un po’ imbarazzata.
“Sul serio? Beh, allora direi che è il momento di iniziare! Aspettami qui” Va in cucina a prendere due bicchieri, li riempie fino all’orlo e, sollevandone uno, declama “A Derpy! Che impari a riconoscere un buon sidro come riesce a comprendere l’animo di ogni pony!”
Brindiamo e vuota il suo bicchiere avidamente. Il mio primo tentativo invece è penoso: dopo solo un sorso inizio a tossire, gli occhi mi lacrimano. Nella gola sento il fuoco.
Octavia ride sonoramente: “Siamo in difficoltà, eh? Dai, riprova! Il primo sorso è duro per tutti, ma dal secondo inizi a sentire il sapore fruttato e tutto va meglio”
Effettivamente è vero. L’effetto è quasi lo stesso di prima, ma adesso riesco almeno a sentire il sapore delle mele.
“Basta così adesso. È la tua prima volta, non vorrei che ti sentissi male” Riprende il bicchiere ora mezzo pieno e lo va a posare in cucina. Mentre è ancora lì mi domanda: “Derpy, conosci lo Sguardo?”
“Sì, ho letto qualcosa su un libro. È quel potere tramite cui riesci a far fare ad altri quel che vuoi con l’imposizione degli occhi, giusto?”
“Precisamente! Sai, ci riflettevo prima … io non so cosa sia successo oggi, eppure sei riuscita a convincermi riguardo Lyra. Mi sono sentita strana, e una cosa simile è successa anche la prima volta che sei venuta da me. Non è che …?”
“Non credo proprio, Octavia” rispondo con sincerità “Da quel che so, gli effetti di quel potere sono diversi da quelli da te descritti. Io non ti ho ordinato di credermi, ti ho solo detto quel che pensavo. Forse ho solo fatto nascere in te qualche dubbio, non credi?”
Octavia ci pensa un po’ su, poi annuisce e mi dice che potrei aver ragione: “Va bene, era solo un pensiero. Sappi che non avrei nulla in contrario comunque”
Ne sono sicura, non mi sembra una pony che dia credito a sciocche superstizioni. Certo, sarebbe bello avere un simile potere: chissà quante cose potrei fare! O quante avrei potuto farne in passato. Avrei potuto fermare l’arresto di Lyra, avrei potuto evitare la ramanzina della Rottermare …
Avrei potuto far rimanere mia madre con me.

“Sveglia, Fluttershy! Si torna al lavoro!”
“Oh, sì commis … yawn … commissario” Poche ore di sonno sono state concesse a me e ad alcuni altri agenti mentre il commissario Dash continuava a lavorare con il resto della squadra. Io ho continuato ad aiutarla fino a notte tarda, ma a un certo punto ho perso completamente le forze. Da quando è stato rinvenuto il terzo cadavere, il commissario ha deciso di fare tutto quel che è in suo potere per catturare quel bastardo, a costo di passare altri sette giorni senza chiudere occhio. Ammiro la sua forza, la sua caparbietà, il suo senso del dovere … eppure mi rendo conto che siamo in difficoltà. So perfettamente che i nostri passi avanti non sono dovuti alle nostre capacità ma alle decisioni dell’assassino: se abbiamo trovato quel foro alla finestra è solo perché lui non lo riteneva un pericolo. Non ha mai avuto intenzione di far ricadere la colpa sulla Heartstrings, quel foro gli serviva solo per raggiungere il suo scopo. E per giunta la scientifica non ha ancora identificato quella strana sostanza! Di sicuro non è un comune sedativo, ma non so di che altro potrebbe trattarsi.
Raggiungo il commissario nel suo ufficio. Seduta alla scrivania, è impegnata a rileggere per l’ennesima volta il fascicolo del caso, cercando delle somiglianze tra le vittime.
“Vuoi del caffè?” mi domanda.
“Ehm … no, grazie. Sto bene così” Il commissario fa spallucce, poi prende una tazzina sul tavolo e beve rumorosamente.
“Dannazione, Fluttershy! A questo caso, al killer e a me che non riesco a trovarlo! Sono tre settimane che va avanti questa storia e non abbiamo ancora risolto nulla. Sto impazzendo! E come se non bastasse, Ponyville oggi è più chiassosa del solito!”
Effettivamente è vero. Me ne rendo conto solo adesso, ma da fuori viene un forte brusio. Dalla finestra però non vedo nulla di strano. Sto per chiedere spiegazioni quando un agente allarmato irrompe nell’ufficio: “Commissario, venga a vedere! È un’emergenza!”
Il commissario si scaraventa fuori senza neanche aspettarmi e si dirige verso l’uscita. Quando la raggiungo mi trovo di fronte uno spettacolo inimmaginabile: una folla di pony e grifoni si è radunata davanti al commissariato. Tutti lanciano insulti o cantano cori, altri lanciano uova contro il palazzo. Rimango atterrita, completamente impreparata a tutto questo. Prestando maggiore attenzione riesco a distinguere meglio alcune frasi.
“Due pony e un grifone morti: chi sarà il prossimo?”
“Perché non riuscite a proteggerci?”
“Diteci la verità sulle indagini!”
Un gruppo di agenti si occupa di prevenire azioni violente, mentre il pony venuto a chiamarci cerca di riportare la calma fornendo varie spiegazioni. Ma d’improvviso avanza un pony che, a gran voce, afferma: “Io mi chiedo se il nostro commissario sia davvero in grado di far fronte a una tale situazione”
Prima che chiunque possa muovere uno zoccolo, il commissario plana verso la folla urlando: “TU! Filthy Rich, infame bastardo!”
Le vado dietro preoccupata. Quando atterriamo di fronte a lui, l’imprenditore le risponde: “Lo sono davvero, commissario Dash? So che tra noi non corre buon sangue, ma giungere addirittura all’insulto …”
“Sei anche fortunato se mi fermo a quello! Sei tu a capo di questa buffonata, vero?”
“Questa “buffonata”, come la chiami tu, è solo una dimostrazione del terrore e della preoccupazione degli onesti cittadini di Ponyville e dei turisti venuti a visitarla. Immagino tu sappia che il grifone ucciso era un semplice visitatore, vero? E per quanto riguarda me, non sono a capo di nulla. Sono solo un portavoce, nulla di più”
Il commissario sputa a terra: “Stai sfruttando la loro paura per la tua carriera politica” gli si avvicina maggiormente “Mi fai schifo” sussurra con disprezzo.
Rich sembra divertito: “Non pretendo di essere amato da tutti. Puoi insultarmi, criticarmi, accusarmi per qualsiasi ipotetico reato, ma ciò non cambierà la tua situazione” La sua voce si abbassa sempre più, la folla sembra scomparire, solo in tre restiamo a occupare la zona.
“Sei in difficoltà, Dash, lo so bene. Non sai che pesci prendere per questo caso, vero? Coraggio, ammettilo!”
Il commissario non parla ma le sue ali tremano. Fortunatamente è un movimento che noto solo io. Filthy Rich intanto continua a parlare, la sua voce ridotta quasi a un sussurro: “Non sai da quanto attendevo questo momento! Mayor è morta, la tua credibilità si affossa … stai per crollare, Dash, e dopo toccherà alla Melodia. Conquisterò questa città, e saranno i suoi stessi abitanti a consegnarmela. Voi non potete fare nulla per fermarmi”
“Io … io …” Il panico si impossessa del commissario. Abbassa lo sguardo mentre un ghigno soddisfatto compare sul muso dell’imprenditore.
“Ora basta!” La mia voce esplode rabbiosa, Rich mi guarda come se si fosse accorto solo ora della mia presenza.
“E tu chi saresti, mocciosa?”
“No signore, la domanda è chi è lei! Come si permette di organizzare una manifestazione per criticare l’operato della polizia senza sapere neanche quanto impegno stiamo mettendo per risolvere questo caso? Come osa minacciare il commissario? Crede forse di essere già sindaco? Beh, si sbaglia di grosso! E le assicuro che farò di tutto per impedire che lei venga eletto. E ora fermi subito questa messinscena!” Mi alzo in volo e mi rivolgo alla folla urlante “Il commissario Dash e la polizia tutta stanno facendo del loro meglio per risolvere il caso. Le indagini sono ancora in corso, ma vi assicuro che fermeremo quel criminale. Perciò tornate in casa, ponete freno a questa follia!”
“Ma con chi credi di avere a che fare, eh?” ruggisce Filthy Rich sotto di me “Che fai, alzi la voce contro di me, contro tutta Ponyville? Sei solo una mocciosa! Non hai alcun potere! Pensi di essere in grado di fermarci?”
“Forse lei no, ma io sì!”

La folla intera ammutolisce, solo Filthy Rich prova a balbettare qualcosa senza riuscire a formulare una frase di senso compiuto. Il commissario Dash, appena sente la nuova voce, solleva lentamente lo sguardo. Le pupille le si allargano, gli occhi le si riempiono di lacrime. Io invece rimango immobile, quasi dimenticandomi di sbattere le ali. Dall’alto scende una pegaso dal manto dorato e dalla criniera color fiamma.
Molte volte il commissario Dash mi ha mostrato le sue foto, molte volte mi ha raccontato le sue storie, ma oggi, per la prima volta, ho l’onore di vederla in carne e ossa, meravigliosa come il rosso sole al tramonto: la leggendaria Spitfire, commissario prima di Dash, icona della giustizia di Ponyville, prima e unica pegaso della città ad aver comandato il Corpo d’Aviazione Speciale di Canterlot seguendo le disposizioni della stessa Celestia. Mentre sono ancora incantata, Spitfire tocca terra e avanza verso Filthy Rich, il quale, atterrito, domanda: “Tu … che cosa ci fai tu qui?” Il fiato gli si blocca in gola, le parole escono con difficoltà.
“Ho sentito parlare del nuovo killer in città e ho chiesto alla principessa Celestia il permesso di recarmi qui per qualche giorno. Da quel che vedo, sono arrivata appena in tempo” Scosta Rich con uno zoccolo e avanza verso il centro della folla. Ogni pony si fa da parte creandole un passaggio. Arrivata nel mezzo, esclama: “Cittadini di Ponyville! Amici grifoni! Conosco bene la paura che provate: è la stessa che provavo io da puledrina quando camminavo da sola per le vie di questa città. Eppure non è scatenando la vostra ira contro gli altri che vincerete questa paura. Non la supererete prestando orecchio ai consigli di mercanti di fumo. Io vi chiedo di pazientare. Stringetevi ai vostri cari, portate conforto a chi è stato colpito da delle così gravi perdite! Io ho scelto Rainbow Dash come mio successore perché ero consapevole delle sue capacità, perché mi fidavo di lei … e continuo a fidarmi. Io non vengo a dirvi che dovete credere in me e non in Filthy Rich o in chiunque al posto suo, ka scekta è vostra. Ma vi chiedo, vi supplico, di lasciar indagare Dash e la sua squadra senza attacchi e interruzioni. Conoscono il loro lavoro e sanno come svolgerlo. Ve lo chiedo dal profondo del cuore” Detto questo, china la testa rispettosamente e resta in silente attesa.
Atterro lentamente, in attesa di sapere che accadrà.
Filthy Rich sembra ritrovare la sua sfrontatezza: “Dimmi, cosa speri di ottenere così? Non sei neanche più una cittadina di Ponyville, ormai non c’è niente che tu …” La frase non viene terminata. Silenziosamente cinque, dieci, venti pony si allontanano, dando le spalle a Spitfire , al commissario … a Rich.
“Dove andate? Tornate indietro!” urla l’imprenditore, ma tutto è inutile. Sempre più pony e grifoni abbandonano la protesta.
“Codardi! Vigliacchi! Traditori!”
“È finita, Rich” gli dico “Non sarà più una loro concittadina, ma gli abitanti di Ponyville rispettano ancora Spitfire. Torna a casa: sei stato sconfitto”
L’imprenditore mi guarda con occhi di fuoco: “No, ho solo perso una battaglia. Ma sarò io l’ultimo a ridere” Detto questo, si volta e scappa via.
Quando tutto è finito, Spitfire si risolleva e inizia ad avanzare. Ogni passo mostra la sua forza e la sua grinta. Mi raggiunge e mi domanda: “Qual è il tuo nome, agente?”
Deglutisco e rispondo mentre cerco di mantenere il controllo: “Fluttershy, signora!”
“Sei stata brava, agente Fluttershy. I miei più sinceri complimenti” Mi sorride e va avanti, lasciandomi annegare nella mia emozione.
“Lo spettacolo è finito, gente! Tornate tutti dentro!” la sento urlare. Mi volto e vedo tutti gli agenti tornare in centrale. Tutti tranne uno.
Il commissario Dash è immobile di fronte a Spitfire con un’espressione desolata.
“Spitfire, io … io non sono riuscita a fare nulla. Quel bastardo mi ha spaventata. Scusami per tutto e … grazie”
“Io sono un’esterna, Dash, non hai bisogno di scusarti con me. Forse dovresti farlo con i tuoi agenti. I tuoi ringraziamenti poi … credo ci sia una pegaso che li meriti maggiormente” Detto questo, entra in commissariato lasciandosela alle spalle.
Io e il commissario restiamo fuori, immerse nel silenzio. La città intorno a noi scompare, restiamo solo io e lei. Alla fine mi raggiunge e inizia a parlare: “Fluttershy … quel che hai fatto prima, quel che hai fatto per me, è stato … è stato bellissimo. Io …” Improvvisamente scatta verso di me e mi abbraccia! La sua testa è poggiata sulla mia spalla, il suo corpo trema. La sento piangere.
“Grazie Fluttershy. Grazie di tutto!
Resto totalmente spiazzata. Muovo timorosa una zampa verso la sua spalla: “Va tutto bene, commissario. È finita”
Dopo un po’ rientriamo in centrale. Qui il commissario tiene un breve discorso agli agenti, nel quale chiede scusa per non essere stata in grado di gestire la situazione e invita tutti a fare del loro meglio per risolvere il caso. Infine, a sorpresa, lascia un giorno di permesso a tutti: la squadra è stanca, ma lei più di tutti ha bisogno di riprendersi. Adesso non siamo in grado di portare avanti le indagini. Ci serve una pista, un passo avanti … e io so cosa fare.

“Fluttershy!” È quasi sera quando la pegaso dalla criniera rosa bussa alla mia porta.
“Chiedo scusa per il disturbo, detective Octavia, ma ho bisogno di parlarle. È urgente”
La faccio accomodare in salone, dove Derpy è intenta a leggere. Nel vederla entrare, si alza preoccupata e le dice: “Lei è una delle agenti di ieri! Avete scoperto qualcosa? O è successo qualcosa a Lyra?”
“Nulla di tutto questo, ma abbiamo un problema. Forse lei è l’unica che possa aiutarci, detective” Detto questo, mi racconta tutto quel che è successo in centrale. Ascolto sconcertata: la folla, Filthy Riche infine Spitfire. Non tornava a Ponyville dalla nomina a commissario di Dash. Ma è quando arriva alla fine che resto maggiormente sbigottita.
“Voglio aiutare il commissario e chiudere questo caso, ma per farlo bisogna scoprire la natura del composto. Le chiedo di aiutarmi con il pony di cui ha parlato quel giorno in centrale”
Mai mi sarei aspettata che una simile richiesta arrivasse da un agente, men che meno da Fluttershy.
“Rischi di metterti nei guai, hai visto la reazione di Dash l’ultima volta. Inoltre come pensi di rubare il composto?”
“Non ho intenzione di rubare nulla: sarete voi a entrare in centrale. Abbiamo avuto tutti un giorno libero, la centrale sarà vuota”
“Non del tutto: come supereremo la sorveglianza?”
“Di quello me ne occuperò io: ho un piano. Voi dovrete solo cercare di essere fuori alla centrale in orario. All’una di notte vi aprirò le porte. Lei crede di riuscire a convincere …” Si rende conto di non conoscere il nome.
“Twilight Sparkle. Sono sicura che non aspetti altro. La avviserò subito, ma sono convinta che già sospetti qualcosa” La guardo negli occhi “Sei sicura di quel che fai?”
“Come non lo sono mai stata!”
La ragazza è decisa. Potrebbe essere cacciata dalla polizia ma ha comunque intenzione di giocarsi il tutto per tutto. Ammiro il suo coraggio.
“Va bene: facciamolo!”  

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Capitolo 11
*** Scoperte ***


È mezzanotte e mezza e sono appostata in un vicolo in attesa di Twilight Sparkle. Sono corsa ad avvisarla non appena Fluttershy se ne è andata. Come immaginavo, la notizia l’ha riempita di gioia, al punto da non voler attendere  l’orario stabilito. Fortunatamente sono riuscita a convincerla: la situazione è già difficile senza che lei inizi a fare i capricci. Abbiamo deciso di non muoverci insieme ma di incontrarci direttamente davanti al commissariato, in modo da evitare di incuriosire eventuali nottambuli.
Ho deciso di arrivare in anticipo. Sono in attesa in questo vicolo da venti minuti, con la sola compagnia di un gatto spelacchiato che cerca del cibo tra i rifiuti. Immersa nel buio, sento il vento freddo giocare con la mia criniera. Davanti a me si staglia la centrale, unico edificio illuminato nella notte. Dalla mia posizione ho un’ottima visuale di quel che succede di fronte all’ingresso e lungo la strada principale, tale da consentirmi di individuare la scienziata avanzare con passo lento. Imito il verso di un gufo per richiamare la sua attenzione e lei mi raggiunge comportandosi con naturalezza. Una volta arrivata, noto che porta con sé uno zaino pieno di strumenti vari.
“Non ti fidi di quelli della scientifica?” domando indicandoglieli.
“Non si tratta di fiducia, sono solo affezionata ai miei”
“Curioso: l’ultima volta che ci siamo viste non facevi altro che distruggerli con i tuoi incantesimi”
“Fai sempre caso a dettagli inutili, tu?” ribatte stizzita. Non riesco a trattenere una risatina. L’unicorno continua: “Piuttosto, la tua amica è già arrivata?”
“No, da quando dono qui non è passata. Ma manca ancora mezz’ora all’appuntamento: ci sarà”
“Immagino tu non sappia come ci farà entrare”
“Immagini bene. Il mio unico indizio è questo” Tiro fuori dalla mia borsa ciò che mi ha lasciato prima Fluttershy: una carota! La scienziata è divertita, non vede l’ora di scoprire quale sia il piano della pegaso. Eppure, dopo trenta minuti, la mia fiducia inizia a vacillare: Fluttershy non si è fatta viva.
Che il suo piano sia fallito? Forse è stata scoperta! Incerta sul da farsi e totalmente presa dai miei pensieri, vengo richiamata all’attenzione da Twilight: “Hey detective, guarda lì: qualcosa inizia a muoversi”
Una finestra del commissariato si apre e ne esce un piccolo coniglio bianco, L’animaletto si guarda intorno annusando l’aria, per poi avanzare con decisione nella nostra direzione: avverte l’odore della carota. Quando ci raggiunge, ci accorgiamo che ha un foglio di carta legato alla zampa. Mentre il coniglio mangia i pezzettini di carota datigli da Twilight, leggo il messaggio: “La porta è aperta”
Ottimo lavoro, Fluttershy!
Raggiungiamo velocemente l’ingresso e, con due leggeri colpi di zoccolo, avvertiamo della nostra presenza. La pegaso apre e ci osserva studiando attentamente Twilight.
“È lei?” mi domanda.
“È lei”
“Bene, entrate allora! Non abbiamo tutta la notte”
Ci lascia passare per poi chiudere il portone il più delicatamente possibile.

“Oh, era da tempo che non venivo qui” Twilight si guarda attorno con un’espressione felice stampata sul muso, neanche fosse in gita scolastica. Io invece sono tesa come una corda di violino e decisamente più consapevole dei rischi che stiamo correndo. E in più mi piacerebbe avere delle risposte: “Come hai messo fuori gioco le guardie, Fluttershy? Non ti ho neanche vista arrivare alla centrale, nonostante io sia stata fuori per almeno un’ora. Eri già qui?”
“Sì detective, sono venuta poco dopo aver finito la nostra discussione. Ho detto loro di voler lavorare un po’ dato che a casa non pensavo ad altro che alla giornata di oggi. Mi hanno creduto e, dopo qualche ora, ho attuato il piano”
“Di cui conosco solo la fase finale, a dirla tutta. Ammetto che il coniglio messaggero mi ha stupita”
La pegaso ridacchia: “Lui è Angel. Lo uso spesso per recapitare messaggi rapidamente”
“E prima di inviare Angel che hai fatto?” la incalzo “Dove sono le guardie?”
“Nello studio del commissario, occupate a leggere un libro sulla storia di Equestria. Non ci disturberanno, ma vi chiedo di non fare rumori troppo forti o potrebbero accorgersi di noi”
Mi fermo all’improvviso ed elaboro quel che mi ha detto: “La sicurezza è sveglia? Fluttershy, ma cosa …”
“Io possiedo lo Sguardo”
Silenzio. Non riesco a muovere un muscolo. Persino Twilight torna a interessarsi a noi: vedo i suoi occhi brillare.
“Non … non avrei mai immaginato. Qui in centrale lo sanno?”
“No, nessuno. Neanche il commissario”
“Oh, tesoro! Sei una ragazza piena di sorprese, eh?” Twilight avanza verso Fluttershy “Non pensavo ci fossero pony con questo potere in città. Nella mia vita ho incontrato un possessore dell Sguardo solo una volta, da puledrina, e da allora ho potuto trovare solo vaghe informazioni sui miei libri. Mi piacerebbe davvero tanto approfondire l’argomento! Non potresti parlarmene un po’?” La sua voce è quella di una puledrina che chiede alla madre di prenderle un gelato.
“Preferirei evitare: non è un lato di me che amo”
“Ma perché? È un potere magnifico, utile e anche molto raro. Sei fortunata”
“Fortunata?” sbotta Fluttershy furibonda “Certo, ho un potere strano di cui si sa ancora molto poco, ma glielo donerei senza pensarci due volte se solo ci fosse un modo! Lei può anche aver letto ogni libro di Equestria, ma non sa che significa essere guardata con paura e sospetto da chi le sta intorno! Non sa cosa vuol dire essere costantemente presa in giro da tutti i tuoi coetanei quando sei una puledrina! Non sa che vuol dire … essere chiamata mostro”
Mostro, demone, abominio. Sono solo alcuni degli insulti scagliati in genere contro i possessori dello Sguardo. Considerato un dono da alcuni, rischia in realtà di divenire una maledizione che costringe chi lo ottiene a essere evitato, deriso, ripudiato. Nessuno sa da cosa nasca questo potere, anche se le storie al riguardo sono tante, spesso poco credibili, ma in molti continuano a essere spaventati da questa specie di “magia nera”. Bah, tutte idiozie!
“Sei convinta che io non possa conoscere nulla di tutto ciò?” Vengo scossa dai miei pensieri dalle parole di Twilight. La sua voce è seria, quasi non sembra la stessa di prima.
“Vengo considerata un mostro da quando lavoravo qui in polizia, ma deduco che tu non mi conosca. Ho fatto molte cose sbagliate nella mia vita, ho compiuto azioni di cui mi pento. Adesso sono diversa ma, nonostante abbia messo la testa a posto, tutti mi temono, tutti mi odiano. L’unico vero amico che ho è un drago che mi ha aperto le porte di casa sua per ospitarmi quando ero in difficoltà, per darmi un tetto sopra la testa, un posto dove poter continuare i miei studi e dove sentirmi al sicuro mentre tutta la città mi detestava. Ero appena uscita dal carcere e mi avevano sottratto ogni mio bene. Persino il proprietario dell’appartamento in cui abitavo decise di cacciarmi. Spike mi salvò la vita. È stato l’unico ad avermi trattato con dolcezza da allora, l’unico che non mi abbia considerata un mostro. Oltre a lui non ho nessuno. Tu sei un demonio, mia piccola pegaso, io sono una psicopatica, anche Spike è considerato pericoloso, sebbene sia stato allontanato dal suo stesso nido perché destinato a non crescere e dunque giudicato come un “errore”. Siamo tutti mostri. Eppure lui mi disse che ogni creatura considera mostri gli dei che incontra sula sua strada ma di cui non riesce a comprendere la grandezza. Ricorda queste parole, piccola pegaso, e forse inizierai ad avere una nuova considerazione di te e del tuo potere. E ora sbrighiamoci! Raggiungiamo il reparto della scientifica” Detto questo, si dirige verso i sotterranei. Fluttershy guarda a terra, incapace di fare alcunché. Non avrei mai voluto che succedesse tutto questo. Rimango in attesa, Twilight conosce la strada.
“Lei chi è?” domanda Fluttershy con voce flebile.
“Lavorava per la scientifica ma venne radiata e incarcerata per una serie di crimini. Adesso è una semplice scienziata, ma nessuno l’ha mai perdonata per quel che ha fatto, nemmeno Dash. A dirla tutta, nemmeno io. Ma se c’è qualcuno in grado di capirti, quella è Twilight Sparkle” Mi avvicino e le poggio uno zoccolo sulla spalla “Credi di essere in grado di continuare? Se la raggiungiamo, non si torna più indietro”
Deglutisce, la sento tremare. Poi solleva gli occhi e mi dice: “La missione ha la precedenza. Andiamo!”
Le sorrido soddisfatta: “Brava, soldato”

Troviamo Twilight in un laboratorio, intenta a tirar fuori dalla borsa l’occorrente per le indagini. Senza sollevare lo sguardo, ci dice: “Mi piace questa stanza, vorrei lavorare qui. È possibile avere quel composto ora?
Fluttershy si reca nella stanza accanto e, quando torna, ha con sé una fialetta di sangue. Sul vetro, un adesivo presenta la scritta “Lyra”.
“Ecco, il suo lavoro inizia da qui”
“Molto bene” Twilight sorride avidamente, la scienziata che è in lei freme “Da questo momento non voglio essere disturbata. Non parlatemi, non toccatemi, non distraetemi in alcun modo. Ho i miei strumenti ma potrei chiedervi qualche informazione oppure aiuto: rispondete e agite velocemente. Piccola pegaso, avete modo di fare del caffè qui in centrale?”
“Sì, abbiamo un cucinino più avanti”
“Preparamene un po’, per favore. Sarà una lunga notte” Dopo aver dato disposizioni, preleva una goccia di sangue e si mette all’opera. Fluttershy va a fare quel che le è stato chiesto mentre io mi siedo su uno sgabello all’angolo della stanza per non essere d’impiccio a Twilight. L’unicorno studia con un microscopio la goccia prelevata, ingobbita sulla scrivania. Al suo fianco sono impilati alcuni libri portati da casa, alle sue spalle fluttuano i suoi strumenti. Ogni tanto uno di questi viene richiamato sulla scrivania, altre volte Twilight sfoglia con foga i suoi libri alla ricerca di informazioni.
Dopo un po’, le sue azioni cambiano: messo da parte il sangue, inizia a creare nuovi composti. Mescola polveri e liquidi, mette a bollire alcune miscele, altre le riscalda appena. Vederla al lavoro è affascinante, sebbene quel che fa sia totalmente incomprensibile. Ogni sua azione è attenta e precisa nonostante lei divenga sempre più iperattiva man mano che beve il suo caffè.
Passano quattro ore, forse di più. Io e Fluttershy ci siamo scambiate appena qualche occhiata per tutta la notte, eppure so che entrambe temiamo di non farcela. Ormai manca poco all’alba e qualcuno potrebbe arrivare in anticipo al lavoro, magari la stessa Dash. Eppure, quando sto per perdere le speranze, Twilight esulta: “È fatta!”
Subito corriamo verso la scienziata che sta agitando al cielo una provetta con un liquido di color blu elettrico.
“Hai risolto il mistero del composto, Twilight?”
“Sì Octavia, e devo ammettere che non è stato per niente facile. Chiunque sia il vostro assassino, sicuramente è un pony molto intelligente e acculturato. Riesco a capire perché non siate riusciti a comprendere la natura del composto: non solo non è una sostanza reperibile nel regno di Equestria, ma solitamente non è nemmeno usata come sedativo”
“Spiegati meglio” Sono decisamente interessata.
“Nelle terre dell’Estremo Oriente non si praticano solo arti magiche e fisiche uniche al mondo, ma anche una medicina qui da noi quasi totalmente sconosciuta. Una sostanza molto usata permette di rilassare i muscoli di un individuo e di porlo in una situazione di pace, quasi di stasi, durante la quale si possono compiere molte operazioni con maggior sicurezza. Questa sostanza si ottiene lavorando le foglie di una ben precisa pianta, pestandole e mescolandone i frammenti a dei liquidi di vario tipo. Tuttavia la preparazione è molto complessa e, se le proporzioni non sono corrette, si può creare un sedativo o addirittura un veleno. Le sostanze verdi contenute nel sangue si vengono a formare quando il medicinale entra in circolo e restano lì per un periodo massimo di due giorni. Wow! Immaginavo che non sarebbe stato un lavoro facile, ma addirittura una sostanza così rara! Wow!”
È incredibile, tutto dannatamente incredibile! Con chi abbiamo a che fare?
“E questa pianta cresce solo in quelle zone?” domanda Fluttershy “Non potrebbe essere coltivata in casa?”
“Lo escludo, il nostro clima non glielo permetterebbe. Ha bisogno di condizioni climatiche particolari che neanche le serre tradizionali possono garantire”
Serre … tradizione … piante esotiche … clima …
“Che mi dici di un orto botanico?”
Le due si girano a guardarmi. Twilight ci pensa su e poi risponde: “Non sono mai stata all’orto botanico di Ponyville, ma se avesse delle sale dedicate a quelle terre … sì, potrebbe”
Bingo! Abbiamo una pista! Quasi non ci credo.
Adesso dobbiamo capire come agisce l’assassino, anche se Fluttershy ha già avuto l’intuizione corretta qualche giorno fa.
“È necessaria un’iniezione per far entrare in circolo il sedativo?”
“Sarebbe il metodo più sicuro, ma in realtà basterebbe anche che sole poche gocce entrassero in contatto con il sangue”
“Ottimo! Allora devi aiutarci un’ultima volta” Il tempo sta per scadere, ma non avremo più un’occasione del genere “Fluttershy, possiamo esaminare i corpi?”
La pegaso annuisce e ci dirigiamo subito all’obitorio, una stanza situata pochi metri più avanti. Su un tavolo, in una busta verde, è posto il cadavere del grifone. Mentre lo tiriamo fuori, Fluttershy spiega la situazione a Twilight: “La scientifica non è mai riuscita a capire come sia entrata in circolo la sostanza. Non sapendo nemmeno cosa fosse, abbiamo ritenuto plausibile che fosse stata respirata o ingerita … beh, questo fino al caso Heartstrings”
Lyra. Il suo destino dipende da questa verifica.
“Lasciate fare a me. Non è semplice studiare il corpo di un grifone senza rimuovere le piume, ma forse conosco l’incantesimo adatto” Il suo corno si illumina e lei inizia a osservare il corpo. Controlla le zampe, i fianchi, il collo.
Dopo qualche minuto annuncia il suo successo: “C’è un buco sul collo. Sembrerebbe provocato dall’ago di una siringa ma, se possibile, è ancora più piccolo”
“Come riesci a vederlo?” domando incuriosita.
“Ho scritto un incantesimo che rende i miei occhi simili a dei potenti microscopi. Nessuna lente può superarmi”
Notevole. Davvero notevole.
“E allora cosa pensi abbia usato il killer?”
Restando in ambito Estremo Oriente, ci sono degli aghi estremamente sottili usati sia per la medicina sia per le uccisioni. Ritengo che il killer ne possegga qualcuno”
Ho letto anche io qualcosa su questi aghi. Normalmente non si potrebbe uccidere qualcuno usandoli ma, essndo molto sottili, possono centrare con precisione le vene. Bagnandoli con del veleno, si possono rendere armi letali. L’assassino deve averli usati con il sedativo. Dovrò capire come possa esserseli procurati, ma non adesso: è tardi ormai. Rimettiamo ogni cosa al suo posto, recuperiamo gli strumenti di Twilight e ritorniamo al piano di sopra. Nello studio di Dash, i pony della sorveglianza sono ancora intenti a leggere. Giunti davanti all’uscita sul retro, Fluttershy ci informa: “Mi occuperò io delle guardie, non ricorderanno nulla di questa notte” dopodiché si rivolge rispettosamente a Twilight “Dottoressa Sparkle, io … la ringrazio per quel che ha fatto … e per quel che ha detto”
Twilight sorride premurosa. La sua espressione dolce suscita però una strana sensazione per via degli occhi vispi che si guardano attorno con rapidità. Troppo caffè, senz’altro.
“Dammi del tu, piccola pegaso. Mi auguro ci rivedremo presto. Se ti va, passa a trovarmi: ti presenterò Spike”
La scienziata ci lascia due fogli con su scritto il nome della pianta orientale. Dopo che anche io ho salutato Fluttershy, usciamo dal commissariato. Di fronte a noi risplende una nuova alba.

Dopo aver finito il lavoro, siamo andate al lago. Pensavo che Octavia volesse andare a casa a riposarsi dopo questa lunga notte, ma ha detto di aver bisogno di aria fresca. Dal canto mio, io non riuscirei a chiudere occhio dopo tutta quella caffeina, quindi tanto vale consumare un po’ di energia. Siamo sedute sulla riva a guardare la città che si estende davanti a noi. Con la mia magia, mi intrattengo creando dei giochi d’acqua. Nel frattempo penso a quanto abbiamo scoperto oggi: armi orientali, medicinali e sedativi misteriosi, e poi quella pegaso con lo Sguardo … è tutto così eccitante! Sapevo che questo caso mi avrebbe fatta divertire. Eppure Octavia sembra così seria! Capisco che sia stanca e che questo caso sia importante per lei, ma suvvia: un po’ di vita!
“Heeey! Dai Octavia, perché questo muso lungo? Non sei soddisfatta dei risultati?”
La detective sospira: “Non è questo, Twilight, anzi sono molto felice. Stavo solo riflettendo”
“Qualunque cosa tu stia facendo, la fai in maniera totalmente diversa da me. Ma guardaci! Abbiamo fatto enormi passi avanti stasera e abbiamo scoperto tante cose. E nonostante questo, ora sono ancora più curiosa. Potrei … esplodere!” Mentre lo dico, perdo il controllo su una sfera d’acqua che va a colpire e bagnare due scoiattoli spaventati. Ops!
“Per non parlare della piccola pegaso. Ma ti rendi conto? Un pony con lo Sguardo qui a Ponyville!” Sono euforica.
“Già, è strano che ultimamente mi capiti di parlarne tanto spesso”
“Che vorresti dire?”
Octavia si morde la lingua. Pensa a qualcosa, si guarda intorno con circospezione e poi mi dice: “Voglio domandarti una cosa, ma deve restare una discussione privata”
“Lo sai che non parlo con molti pony, cara. Dimmi tutto”
E quel “tutto” è davvero interessante. Strane vicende legate a discussioni tenute con un’altra pony e il suo sospetto possesso dello Sguardo.
“Mi dispiace, da quel che so lo Sguardo non si manifesta in questo modo. Magari se la incontrassi potrei …”
“No! Teniamola fuori da tutto questo! Io ti ho solo espresso un mio dubbio, nulla di più e nulla di meno”
“Va bene, va bene. Sei tu il capo” Eppure ora la vita a Ponyville sembra addirittura più divertente di prima. Aaah, io amo questa città!

Una volta tornata a casa, ho dormito tutto il giorno. Quando mi sono svegliata era già sera. Dopo aver mangiato qualcosa, ho chiamato Derpy per raccontarle quel che era successo e per spiegarle le nostre scoperte mentre prendiamo un the. Per tutto il tempo mi ha fissata curiosa, desiderosa di sapere. Sicuramente sarà stata in pensiero per tutto il giorno. Quando finisco il racconto, inizia a fare una lunga serie di complimenti elogiando il coraggio di Fluttershy, la mia perspicacia e l’intelligenza e la saggezza di Twilight. Ammetto che fa piacere ricevere complimenti di tanto in tanto.
“Quindi adesso Lyra è ufficialmente fuori indagine?”
“Non ufficialmente, perché la nostra azione non è stata proprio … regolare, per così dire. Di sicuro però noi possiamo smettere di preoccuparci”
“Ne sono davvero felice” risponde con uno splendente sorriso “Quindi pensate di aver quasi risolto il caso?”
Scuoto la testa: “No. Sicuramente abbiamo fatto dei passi avanti, ma è ancora tutto molto ingarbugliato. In particolare mi sarebbe d’aiuto capire che disegno segue l’assassino”
“I giornali dicono che i ponycidi non sembrano avere punti in comune”
“Esattamente. Prima c’è stato l’orologiaio Tokmane, lanciato giù dalla Celestia Tower; sette giorni dopo abbiamo trovato la Liddell affogata. E adesso c’è il grifone con quei maledetti uccelli. Giuro, non riesco a togliermeli dalla testa: tutti con le ali legate, bagnati, che si muovono in quella specie di corsa confusa …”
CRASH!
La tazzina di Derpy cade a terra. Lei è sbiancata, le sue pupille incredibilmente dilatate. Quasi in stato di choc mi chiede: “Cosa hai detto?”
Non capisco che stia succedendo, ho paura che si senta male. La mia voce esprime la mia preoccupazione: “Derpy, stai bene? Ti serve aiuto?”
Mi ripete la domanda. Posso solo rispondere: “Gli uccelli … legati … bagnati … corsa confusa …”
Derpy balza in avanti: “Potrei vedere i tuoi documenti sul caso?”
Continuando a osservarla, mi avvicino alla libreria e afferro il fascicolo, facendone cadere altri a terra.
“Ecco, è tutto qui dentro”
Derpy inizia a studiare appunti, disegni, fotografie scattate di nascosto. Dalla fronte le scendono gocce di sudore. Mentre sfoglia più volte il fascicolo la sento sussurrare: “Ma no, non può essere così facile …”

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Capitolo 12
*** Seguendo un libro ***


“Ma no, non può essere così facile …” non faccio altro che ripetermi. Eppure è tutto davanti ai miei occhi. Queste fotografie, questi appunti, tutto combacia perfettamente. Sia Octavia che la polizia hanno cercato di trovare delle somiglianze tra i due casi, delle caratteristiche uguali, ma così facendo hanno sbagliato metodo d’indagine. Le tre uccisioni non hanno nulla in comune, nulla che le renda simili tra loro, ma prese nell’insieme formano un disegno chiaro e preciso.
“Ho capito, Octavia. Ho capito qual è il progetto dell’assassino”
La sento avvicinarsi rapidamente a me, avverto il suo sguardo fisso su di me, ma non riesco a staccare gli occhi dai documenti. Non riesco a credere che questa sia la risposta.
“Che hai scoperto, Derpy? Cosa hai trovato?”
“La tana. Ho trovato la tana dell’assassino” senza accorgermene sto di nuovo sussurrando.
Octavia mi prende la testa tra gli zoccoli e me la solleva richiamando la mia attenzione. Scandendo chiaramente ogni parola, ripete: “Che hai scoperto, Derpy?”
Faccio un respiro profondo e inizio a spiegare: “Il killer sta seguendo un libro, ogni vittima è collegabile a un capitolo. Si chiama “Alice nel paese delle meraviglie” ed è stato scritto da Lewis Mareoll. Lo conosci?”
Lei scuote il capo.
“Guarda qui!” Prendo le foto delle tre scene del delitto e gliele mostro “La prima vittima è stato Tokmane, gettato giù dalla Celestia Tower. Un pony dal manto bianco e dal cutie mark a forma di orologio è morto cadendo da una elevata altezza. Nel primo capitolo del libro abbiamo una puledra che, mentre segue un bizzarro coniglio, cade nella sua tana, un lungo e interminabile tunnel. Il coniglio è bianco e ha con sé un orologio da taschino. Ma non è tutto” cambio foto “Nel secondo capitolo la protagonista, dopo essere finita in una stanza da cui si può uscire solo attraverso una minuscola porta, diventa per magia enorme e inizia a piangere allagando l’intera stanza. L’elemento magico è dato da una bottiglia contenente una bevanda miracolosa e da alcuni dolci contenuti in una scatolina. Gli stessi oggetti che erano legati alle zampe di Candy Liddell! E per finire abbiamo il grifone con gli uccelli. Alice incontra degli uccelli che erano finiti nel suo lago. Questi, per asciugarsi, iniziano a correre dando inizio a una “corsa confusa”, la stessa da te notata a casa di Lyra. I tagli sul corpo del grifone rappresentano i graffi di un gatto, il più grande terrore di quegli uccelli. Non può essere un caso, Octavia! Tre ponycidi ricollegabili a tre capitoli di un libro non possono essere un caso!”
Octavia prende le foto e le osserva attentamente. Non dice alcuna parola ma il suo corpo è in tensione. Mantiene le foto con la punta degli zoccoli, i suoi occhi saettano da un dettaglio all’altro. Mi rendo conto della sua incredulità, persino io che ho letto il libro non mi capacito dei collegamenti che ho trovato. Eppure so che è così. È vero, non lo leggo da tempo e molti particolari non li ricordo, ma almeno i capitoli iniziali sì. La tana del Bianconiglio e il lago di lacrime combaciano, e c’è anche la corsa confusa. Se solo ricordassi cosa succede dopo …
“Hai questo libro a casa?” mi domanda improvvisamente Octavia.
“No, purtroppo. Me lo prestò un’amica quando abitavo a Cloudsdale”
“Ho capito, non è un problema. Domani mattina correrò in biblioteca a prenderlo. Se quel che dici è corretto, abbiamo ancora qualche giorno per anticipare quel bastardo”
“Esatto!” Sono felice che mi creda, spero solo di aver ragione e di non rallentare il suo lavoro per delle astruse teorie.
“Credi che dovremmo avvisare la polizia?” le chiedo.
“Non ancora, voglio prima leggere il libro, perlomeno i primi capitoli. Nel frattempo Dash sarà alle prese con le informazioni datele da Fluttershy, quindi le sue indagini proseguiranno”
Decisione saggia: non servirebbe fornire informazioni non accertate. Ma da domani le cose potrebbero cambiare. Domani Octavia potrebbe fare un nuovo passo verso la cattura dell’assassino.

“Pinkie! Potresti aiutare questa puledra a trovare il libro che cerca? Sono un po’ impegnata”
“Okie dokie lokie!” Una pony dal manto e dalla criniera totalmente rosa intenta a ordinare alcuni scaffali mi raggiunge velocemente. Appena mi vede, urla: “Ma lei è la detective Octavia!” venendo messa immediatamente a tacere da un gruppo di unicorni. Trattengo una risatina e rispondo: Sì, sono io. Tu invece devi essere Pinkie. Senza dubbio un nome appropriato”
“Sissignora! Pinkie Pie, al suo servizio! Come posso aiutarla?” mi domanda con voce incredibilmente acuta.
Tiro fuori dalla borsa un bigliettino con il nome del libro, anche se lei mi guarda come se si aspettasse una pistola.
“Sto cercando questo libro” dico, porgendole il foglietto “Credi di potermi aiutare, Pinkie?”
“Certamente, lo conosco bene. Prego, mi segua”
Ci incamminiamo lungo i corridoi della biblioteca. O meglio, io cammino: Pinkie avanza saltellando. Una pony bizzarra. Nel frattempo mi spiega: “Lo sa, io la ammiro tantissimo. Ha grinta, coraggio, quel che fa per la città è straordinario. E adesso la sto aiutando. Epico!”
Rido divertita mentre la guardo sprizzare gioia da tutti i pori.
“Così mi lusinghi, Pinkie” la prendo in giro “Sei una ragazza simpatica però” per lo meno mi chiama per nome.
Superiamo una zona lettura piena di studenti di ogni età, tutti in religioso silenzio, e raggiungiamo il settore della letteratura fantastica. Pinkie inizia a cercare il romanzo. Intanto mi domanda: “È la prima volta che lo legge?”
“Sì. Un’amica me ne ha parlato ieri sera e mi ha incuriosita. Dice sia un vero capolavoro”
“Oh, può dirlo forte” replica Pinkie mentre, alzandosi sulle zampe posteriori, cerca di guardare negli scaffali più alti “È un racconto che ho sempre adorato, pieno di creature strane e vicende meravigliastiche”
“Meravigli-che?”
“Meravigliastiche: meravigliose e fantastiche. Sono sicura che si divertirà molto. Ah, eccolo lì!” dice, indicandomi un libro dalla copertina blu posto molto in alto. Prima che possa muovere un muscolo, Pinkie si lancia contro gli scaffali facendo cadere un gran numero di libri, compreso quello che cerco. Incredibilmente però riesce ad afferrarli tutti prima che tocchino terra.
“Wow, sei incredibile! Come hai fatto?”
“Parla dei libri? Sapevo dove sarebbero caduti. Ho una specie di potere della percezione, se vuole chiamarlo così. Io lo chiamo solo Pinkie-Senso. Comunque cercava questo, giusto?”
In copertina, sotto al titolo, è disegnata una puledrina che prende il the con una lepre e un pegaso con un buffo cappello. Annuisco soddisfatta: “È proprio questo”
“Perfetto!” esclama con un sorriso raggiante “Vuole iniziare a leggerlo qui?”
“Oh, no grazie. Ho degli altri impegni. Lo prenderò in prestito”
“Va bene, allora può andare dal pegaso all’ingresso e firmare sul registro. Io resto a mettere in ordine qui. È stato un piacere conoscerla, detective”
“Anche per me, Pinkie. E sei stata molto gentile. Spero ci rincontreremo presto” Detto questo, mi avvio verso i corridoi da cui siamo venuti. Con la coda dell’occhio, vedo Pinkie lanciare i libri sugli scaffali facendoli tornare perfettamente al loro posto. Sì, una pony bizzarra.
Raggiungo il pegaso indicatomi, un giovane dal manto nero con una fascia sulla testa, e inizio a registrare il prestito. Mentre lavora, il ragazzo dice: “Ho visto che l’ha aiutata Pinkie. Mi fa piacere: quella ragazza la adora”
“Sì, me l’ha detto” rispondo mentre firmo “È una ragazza simpatica, molto fuori dagli schemi. La sua camminata, il Pinkie-Senso …”
Il ragazzo scoppia a ridere: “L’ha visto all’opera, quindi. Sì, è una capacità allucinante, non avevo mai visto una cosa del genere. Però, a parte le sue stranezze, è una pony dolce e di buon cuore, pronta ad aiutare chiunque. Pensi che lei non lavora nemmeno qui: è un’assistente allo Sugarcube Corner, la pasticceria in centro. Eppure, nel tempo libero, viene ad aiutare qui e in altri posti, come il museo, l’orto botanico e l’asilo”
“Una ragazza davvero lodevole. Ponyville sarebbe migliore se ci fossero più pony come lei” Prendo il libro e lo infilo in borsa “Senta, spero di riportarlo entro due settimane, ma potrei doverlo tenere più a lungo. È un problema?”
“Per lei nessun problema, detective” mi assicura.
Lo ringrazio ed esco dalla biblioteca, pronta a correre a casa per scoprire il segreto dell’assassino.

Anche oggi il commissariato è in fermento. Tutta la squadra sembra aver ritrovato la sua energia, non so se per via di quel che è successo l’altro giorno o solo per il riposo concesso dal commissario. Spitfire è ancora qui a Ponyville e aiuta un gruppo di agenti a raccogliere informazioni da parenti e conoscenti delle vittime. La speranza è che la sua presenza possa spingere altri pony a rivelare qualcosa che magari avevano tenuto nascosto in precedenza. Mi piacerebbe assistere alle sue indagini, vedere come lavora una leggenda vivente, ma il mio compito è un altro. Ho fatto passare un giorno da quella sera con Octavia e la dottoressa Sparkle per evitare di incuriosire troppo gli altri agenti e far nascere in loro dubbi sul perché mi trovassi in centrale quella notte, ma ora è tempo di parlare con il commissario. Devo riferirle quel che abbiamo scoperto, altrimenti il nostro lavoro sarà stato inutile. Spero solo che mi dia ascolto.
La trovo intenta a dare direttive a una coppia di agenti. Quando questi si allontanano, la raggiungo e le dico risolutamente: “Commissario, avrei bisogno di parlarle in privato”
Sembra stia per rispondermi ma poi ci ripensa. Mi fissa intensamente negli occhi e io sto bene attenta a non far cadere lo sguardo. Infine mi dice semplicemente: “Andiamo in ufficio”
Dà disposizioni di non essere assolutamente disturbata ed entriamo nello studio. Dopo aver chiuso la porta, domanda: “Cosa devi dirmi di tanto segreto, Fluttershy?”
Sospiro silenziosamente e mi faccio forza. Le mostro il foglio consegnatomi dalla dottoressa Sparkle e le spiego tutto quel che so sulla pianta, dal luogo di provenienza ai suoi modi d’uso. Il commissario mi ascolta interessata. Non mi interrompe mai e attende che io concluda il mio discorso. Quando termino, inizia a camminare in tondo mentre io resto ferma in piedi, indecisa su cosa fare, cosa dire. Mi limito ad attendere una sua mossa.
Dopo un tempo che pare interminabile, il commissario dice: “Questa scoperta è preziosa, Fluttershy. Andrò subito ad avvisare gli altri. Ma prima dimmi: come ci sei arrivata?”
Ho pensato a lungo su come rispondere a questa inevitabile domanda, eppure mi sembra di aver dimenticato tutto. Deglutisco e rispondo con finta sicurezza: “Due giorni fa, quando lei ci ha concesso di smontare prima, sono andata dalla detective Octavia per organizzare un incontro con la dottoressa Sparkle. Quella notte sono tornata in centrale con una scusa e ho prelevato un campione del sangue della Heartstrings da portare il giorno dopo all’appuntamento dalla detective”
“Vi siete viste da lei? Perché non da Twilight?”
“Pensavamo che una poliziotta che si dirige nel quartiere della dottoressa con la detective Octavia avrebbe potuto attirare l’attenzione di curiosi. La dottoressa Sparkle invece è temuta, specialmente di notte. È stato facile per lei raggiungerci” Mi dispiace dover mentire al commissario, ma non posso permettere che in centrale si sappia del mio potere. Fortunatamente lei sembra credermi, sebbene appaia irritata. Eppure cerca di trattenersi. Mi aspettavo una ramanzina, uno scoppio d’ira come successo con la detective, invece non succede nulla. E questo mi fa stare male.
“Sono davvero desolata, commissario. Ho pensato che fosse l’unica possibilità per portare avanti le indagini, per …”
“Hai fatto bene, Fluttershy. Sono fiera di te”
Non riesco a credere a quel che sento. Deve essere uno scherzo, oppure un modo per licenziarmi gentilmente. Invece lei continua: “Sapevo perfettamente che avevamo bisogno dell’aiuto di Twilight Sparkle, ma non ho avuto la forza di ammetterlo. Volevo dimostrare che la polizia poteva farcela, e così ho messo a rischio l’intera operazione. Octavia aveva ragione, ha sempre avuto ragione: sono troppo competitiva. E anche provandoci non potrò mai superarla”
“Commissario, cosa dice? Lei è fantastica! È un’icona per tutti noi!” Non avrei mai pensato di sentirle dire certe cose.
“No Fluttershy: fantastico è il gruppo che dirigo. La polizia funziona perché ogni pony ragiona con la propria testa nelle situazioni più complesse, proprio come hai fatto tu. Lo spirito d’iniziativa è necessario a ogni buon agente e tu hai dimostrato di possederlo. Se non fossi andata da Octavia, adesso avremmo perso anche la sostanza del terzo caso, e questo solo perché non volevo chiedere aiuto a una puledra che non riesco a perdonare. È questo lato del mio carattere a rendermi inferiore a Octavia. Non potrei mai lavorare da sola: ho bisogno di una squadra. E ho bisogno di te e dei tuoi colpi di testa”
Alla fine si siede e si mette a guardare fuori dalla finestra con espressione malinconica. Resto silenziosa, colpita da queste sue ammissioni. La forza d’animo del commissario è presa come esempio da ogni agente, eppure, vedendola adesso, sembra un’altra. I suoi occhi scrutano il vuoto mentre lei vaga con la sua mente, incurante di tutto. A cosa starà pensando? A quanto ha appena detto? O forse al suo rapporto con Octavia, un legame d’amicizia e rivalità che va avanti fin dai primi anni di accademia? Quante indagini avranno condotto insieme? Quanto si saranno supportate, quanto si saranno sfidate per ottenere il posto di commissario?
Osservo una vecchia foto sulla scrivania. Vi è raffigurata la vecchia squadra del commissario, quando lei era ancora un’agente semplice. La vedo sorridente al fianco di Octavia. Riconosco alcuni agenti mentre altri non li ho mai visti.
“È una foto di tre anni fa” dice il commissario “Avevamo iniziato da due anni circa la nostra carriera da poliziotte. Mi fa piacere ricordare quel periodo, quando tutto andava bene”
“Lei e la detective sembrate molto felici”
“E perché non avremmo dovuto esserlo? Eravamo la punta di diamante della squadra! Ben presto il nostro nome iniziò a essere conosciuto in tutta Ponyville. Ma della fama ci interessava poco … più o meno. L’importante comunque era fare il nostro lavoro … e decretare chi fosse la migliore! In cuor nostro sapevamo che una delle due sarebbe diventata commissario dopo Spitfire. Certo, non ci aspettavamo che sarebbe successo così” Il suo tono si abbassa.
Forse non dovrei fare domande, ma adesso voglio andare fino in fondo. Voglio conoscere la storia del commissario, i suoi demoni. E poi voglio conoscere Octavia. Voglio sapere perché un’agente del suo calibro, destinata a fare carriera, sia diventata una detective privata.
“Poi cosa è cambiato?”
Il commissario sospira, poi mi dice: “Siediti, Fluttershy. Ti racconterò tutta la storia”

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Capitolo 13
*** Una brutta storia ***


Derpy è seduta davanti a me e mi guarda con espressione mortificata. Non fa altro che ripetere che non era sua intenzione spiare i miei documenti, che non voleva provocare disturbi, che è terribilmente dispiaciuta. Mi chiede scusa a ripetizione. Scusa, scusa, scusa! Ma poi, in fondo … scusa per cosa? Non ha fatto nulla di sbagliato. Ha trovato una foto a terra sotto la libreria e ha deciso di riporla in un album. Nell’unico album diverso dagli altri: non numerato, non nominato, solo una rigida copertina rossa. Deve essermi caduto ieri quando ho preso il fascicolo del caso. Ricordo di aver posato alcuni album senza badare molto a ciò che facevo, forse la foto si è staccata senza che me ne accorgessi. E così oggi Derpy l’ha trovata, ha visto l’album e …
E adesso sono qui, seduta, gli occhi fissi su quella foto. Se penso che ero così allegra prima, pronta a far vedere a Derpy il libro preso in prestito. Magari le avrei chiesto di leggerlo insieme, di aiutarmi a scoprire il nuovo piano dell’assassino. Lavorare come detective: wow, non avrebbe creduto alle sue orecchie!
Invece la situazione adesso è totalmente diversa, non ricordo neanche dove ho poggiato il libro. Per quel che ne so potrebbe anche essere caduto a terra. Riesco a pensare solo a questa foto.
È bella, è una delle mie preferite: in un bar, io e alcuni agenti stiamo brindando dopo aver risolto un difficile caso. Dash è di fronte a me, con una zampa sul tavolo e con l’altra alzata per scambiare un brindisi con me. Sta sorridendo con aria di sfida: probabilmente era in corso una qualche gara di bevute, o magari si parlava di scommesse. Al mio fianco c’è Vinyl che beve tranquillamente il suo sidro. Non ha cuffie alle orecchie, non indossa occhiali da sole.
Da allora sono passati tre anni.
“Non è colpa tua, Derpy. Hai fatto quel che avrebbe fatto chiunque” provo a tranquillizzarla “Non è colpa tua”
Lei annuisce ma non sembra convinta. Rimetto la foto al suo posto e mi alzo per posare di nuovo l’album sulla libreria. Poi però ci ripenso. Non è la cosa giusta da fare, non farebbe del bene né a me né a Derpy. E poi lei si è confidata con me senza neanche conoscermi. Non posso tradire la sua fiducia. Mi volto verso di lei e le dico: “Ti andrebbe di ascoltare la mia storia?”
Derpy risolleva il capo e mi rivolge uno sguardo stupito. Non attendo una risposta e mi siedo al suo fianco. Mente comincio il mio racconto, ricordi di vicende passate iniziano a danzare nella mia mente.

“Iniziammo la nostra carriera in polizia poco meno di cinque anni fa, dopo una lunga gavetta a scuola. Inizialmente ci furono affidati solo incarichi minori, ma ben presto ci mettemmo in luce partecipando a una retata. Da allora fu tutto in discesa: i criminali iniziarono a temerci, i giornalisti raccontavano le nostre gesta e Spitfire iniziò a fare sempre più affidamento su di noi. Conducemmo importanti indagini, arrestammo pericolosi mafiosi … per Celestia, eravamo forti!
Nel frattempo iniziò a raccogliersi attorno a noi un piccolo circolo di ammiratori formato da agenti e novellini che volevano diventare come noi. Naturalmente le nostre reazioni furono diverse: a me piaceva stare al centro dell’attenzione, essere ammirata e adorata; Octavia invece era diversa. Evitava il più possibile il contatto con questi “esaltati” continuando a dedicarsi con passione al suo lavoro. La situazione cambiò con l’arrivo di Vinyl Scratch. Era una novellina atipica: molto silenziosa, ma non per timidezza. Puoi vederla nella foto, ha il manto bianco e la criniera blu. In realtà io e molti altri la consideravamo un po’ snob: andava sempre in giro con delle cuffie, ascoltando musica, ma capimmo presto che era in grado di leggere il movimento delle labbra, così la lasciammo fare quel che preferiva. D’altronde perché ci saremmo dovuti arrabbiare? Svolgeva il suo lavoro alla perfezione! Sebbene non le venissero affidate missioni particolarmente pericolose o difficili, lei riusciva comunque a dimostrare le sue abilità.
Octavia fu la prima a rendersi conto del suo valore e decise di prenderla come assistente. Riesci a immaginare la scena? Decine di agenti incapaci di credere alla scelta del loro mito morivano di invidia ogni volta che vedevano Vinyl! Neanche io ho mai capito perché abbia scelto proprio lei, ma sinceramente non mi importa: ben presto ci rendemmo conto che quelle due erano un team perfetto. Nessuno che non fosse Octavia sarebbe mai riuscito a fare squadra con Vinyl e, d’altra parte, Octavia voleva solo lei come spalla. E il loro rapporto non si limitava al solo ambito lavorativo: le due divennero amiche inseparabili. Pensa che fu Vinyl stessa a inventare il soprannome “Melodia della Giustizia”, nome che aumentò ulteriormente la fama di Octavia. Insomma, le cose sembravano andare per il meglio.
Ma d’improvviso tutto cambiò.
Erano passati un paio di mesi dallo scatto di quella foto quando sentimmo parlare per la prima volta di Trixie. Nulla si sa della sua vita prima che arrivasse a Ponyville. Non sappiamo da dove sia venuta e nemmeno se Trixie sia effettivamente il suo vero nome. In ogni caso, questa unicorno dal manto azzurro riuscì in pochissimo tempo a dominare su tutta la feccia della città. Istituì una potentissima organizzazione mafiosa riuscendo a portare dalla sua parte molte tra le maggiori famiglie criminali di Ponyville. Dei boss che si mantennero indipendenti, solo Grifone oggi conserva ancora il suo potere. I pochi sopravvissuti alle epurazioni di Trixie sono ormai in carcere e i loro clan sono completamente annientati. Trixie controllava tutto, dalla politica all’economia passando per la sanità. Era intelligente, carismatica e incredibilmente potente. Se Twilight è uno dei più potenti unicorni di Equestria, Trixie era al suo stesso livello. A quei tempi tremavo al solo pensiero di un loro scontro. Dato il ruolo di Twilight, sicuramente non sarebbe mai potuta avvenire una simile battaglia ma diamine se ne ero terrorizzata!
Per cercare di fermarla, Spitfire organizzò una speciale unità operativa della quale facevamo parte, tra gli altri, anche io, Octavia e Vinyl. Nostro unico scopo era quello di limitare l’azione e lo sviluppo della Illusion, la rete criminale di Trixie. La nostra guerra durò un anno se non più, costò la vita a molti agenti ma, dopo lunghe ed estenuanti indagini, scoprimmo che Trixie avrebbe tenuto una riunione con altri boss in uno dei locali più malfamati della città. Dato che avevamo tutte le prove necessarie per incriminarla, decidemmo di non lasciarci sfuggire l’occasione. Organizzammo una retata, la maggiore della storia della polizia di Ponyville. Attendemmo che tutti si riunissero all’interno del locale e, al segnale di Spitfire, irrompemmo. La lotta che ne seguì fu terribile: proiettili sibilavano nell’aria, potenti incantesimi venivano scagliati dagli unicorni di entrambe le fazioni, alcuni pony iniziarono perfino delle risse. Troppi furono i pony che morirono quella notte.
Vedendosi accerchiata, Trixie approfittò del caos per fuggire dal retro ma Octavia, Vinyl e alcuni altri agenti le corsero dietro. Fu allora che capimmo il nostro sbaglio: il retro del locale portava a un intricato labirinto di vicoli. Avevamo pensato che sarebbe bastato lasciare qualche poliziotto alla fine di quelle stradine, casomai qualche fuggitivo avesse provato a raggiungere la via principale. Ma Trixie era diversa. Trixie non ci avrebbe mai permesso di passarla liscia dopo un attacco così diretto nei suoi confronti. In quei vicoli che conosceva perfettamente decise di dare la caccia a tutti i nostri agenti, divisi a coppie nel tentativo di tagliarle la strada.
Fu un massacro.  
Nessuno era in grado di contrastare la potente magia di Trixie. Quando io, Spitfire e gli altri riuscimmo a fermare i criminali nel locale e a entrare nei vicoli ci trovammo davanti uno spettacolo spaventoso. Ma non potevamo fermarci: altri suoni di lotta provenivano da più avanti. Quando arrivammo era troppo tardi. Octavia era a terra, cosciente ma ferita e incapace di fare alcunché, mentre Vinyl, davanti a lei, cercava di proteggerla dagli attacchi di Trixie con una barriera. Nonostante la sua abilità, Vinyl non poteva nulla contro l’altra unicorno: la barriera si frantumò, l’incantesimo di Trixie la colpì alla testa … Vinyl cadde davanti agli occhi di Octavia.
Alla fine riuscimmo a catturare Trixie che in nessun modo poté difendersi da sola contro tanti agenti. La arrestammo e corremmo ad aiutare le nostre amiche. Octavia era ferita ma si sarebbe ripresa.
Per Vinyl fu diverso.
Non sappiamo se sia stata la barriera a indebolire il colpo o se sia stata una precisa scelta di Trixie, desiderosa magari di vedere la disperazione nei nostri occhi prima di essere portata via, ma l’incantesimo non la uccise. I medici le riscontrarono gravissimi danni al cervello, quasi incurabili. Da quel giorno Vinyl è ridotta a un vegetale. Non parla, non si muove, ha un costante bisogno di aiuto da parte di un’infermiera. Nel frattempo noi non potemmo fare altro che piangere i nostri caduti in attesa del processo finale. Speravamo di ottenere giustizia ma fu Trixie l’ultima a ridere. Ci aveva preparato un ultimo scherzo, il peggiore di tutti.
La giuria e il giudice condannarono tutti gli arrestati. Tutti tranne lei. Con l’aiuto dei suoi avvocati e di pony che erano in debito con lei, riuscì a corrompere i giurati e a farsi riconoscere come malata mentale. Quel giorno, mentre veniva condotta alla carrozza diretta al manicomio di Arkhay, lei rideva. Non ho mai incontrato in tutta la mia vita un pony più felice di lei.
Quello fu il più grande fallimento della polizia di Ponyville.
Il giorno dopo Octavia si licenziò. Il suo disgusto nei confronti di una giustizia incapace e corrotta, il suo disprezzo verso quei pony che avevano tradito la nostra fiducia e la memoria dei nostri morti, quei pony che avevano dimenticato Vinyl la resero quella che è adesso. La Melodia di Ponyville era cambiata per sempre”

Octavia ripone con cura l’album di fotografie dopo aver terminato il suo racconto. Un po’ in disparte, io mi asciugo le lacrime che non sono riuscita a trattenere. Non avevo idea che Octavia racchiudesse un tale dolore dentro di sé. Dolore e rabbia, rabbia che non è riuscita a tenere a freno mentre parlava di Trixie.
Trixie.
Quale pony può essere tanto spietato? Come può qualcuno provare un tale piacere nell’uccidere e nel far soffrire altri pony? Ho visto la sua foto segnaletica, l’ultima foto dell’album. Stando a quanto dice Octavia, è da due anni che quegli occhi viola le compaiono in sogno. Eppure, vedendola così, non mi verrebbe mai da dire che quell’unicorno sia stata in passato la peggior criminale della città. Sembrerebbe, anzi, una puledra molto affascinante.
“È ancora rinchiusa in manicomio?” domando a Octavia.
“Sì, e se è furba come in passato non ne uscirà. Non sono la stessa di due anni fa: allora la volevo viva”
Un brivido mi corre lungo la schiena. No, di sicuro non lo è. In questo momento non è neanche la Octavia che conosco io. Sarebbe pronta a uccidere quell’unicorno senza pensarci due volte. Nei suoi occhi di ghiaccio leggo solo odio.
“Senti Derpy, mi andresti a prendere del sidro di là? Vorrei bere qualcosa”
Un po’ contrariata faccio quanto mi chiede. Meglio controllare che non esageri però.
Mentre beve seduta di fronte a me non dice una parola, immersa nel flusso di pensieri e ricordi alimentato dall’alcol. Sono io a chiedere ancora: “E Vinyl invece?”
Octavia si ferma prima di bere un altro sorso e, dopo averci pensato, posa il bicchiere. Che io sia stata troppo diretta?
“Se non vuoi parlarne lo capisco, non preoccuparti …”
“No, non c’è problema. Il fatto è che non c’è molto da dire: durante questi due anni non ci sono stati miglioramenti e io ho perso le speranze. È da tempo che non vado più a trovarla, anche se vorrei. Non ne ho la forza, Derpy. Non da sola. È buffo, non trovi?” aggiunge con una risatina “Sarei disposta a combattere da sola contro l’intera città ma non riesco ad andare a salutare la mia migliore amica. Sono patetica, vero?”
“Assolutamente no!” le dico con convinzione, poi aggiungo “Quando finirà questa storia ti accompagnerò io, se ne avrai voglia. Lascia che ti aiuti come tu hai fatto con me”
Octavia mi guarda incredula, poi mi ringrazia. La sua voce è flebile, quasi un sussurro. Mi accorgo che sta tremando, così mi siedo al suo fianco e la abbraccio. Restiamo così a lungo: due pony sole in lotta contro il buio. 

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Capitolo 14
*** Incendio ***


Ho letto i primi quattro capitoli del libro. Fortunatamente sono brevi, così ho potuto studiarli con attenzione. La teoria di Derpy potrebbe essere corretta: capitoli e ponycidi sembrano corrispondere. Questo solleva però una serie di interrogativi. In primo luogo, come dovrei cercare l’assassino? Sarebbe impossibile sapere in quanti abbiano letto il libro. E inoltre non è facile anticipare le sue prossime mosse, dato che ogni evento narrato è totalmente assurdo. Potrei anche capire come intende colpire ma non saprei come identificare il nuovo obiettivo. Una cosa è sicura: il killer conosce bene Ponyville e i suoi abitanti. La scelta delle vittime è precisa e meticolosa e spesso le vittime sono ricollegabili ai personaggi del racconto, lo provano il grifone e l’orologiaio. Difficile credere che l’assassino fosse loro legato in qualche modo però, se si considera che Tokmane era un solitario e l’altro un semplice turista. Ergo, il filo che collega le vittime deve essere incredibilmente sottile, tanto più che Candy Liddell non mi ricorda nessun personaggio finora incontrato. In ogni caso l’assassino deve averli conosciuti almeno una volta oppure ha trovato informazioni su di loro. Potrebbe essere qualcuno che lavori a stretto contatto con altri pony, magari in qualche esercizio commerciale, o ancora qualcuno che abbia facilmente accesso alle informazioni riguardanti tutti gli abitanti, magari qualcuno vicino alle alte cariche politiche o alle forze dell’ordine.
Bah, lasciamo perdere! Ho ancora tre giorni per pensarci prima che quel bastardo colpisca di nuovo. Adesso devo concentrarmi sugli strumenti che usa: le piante e gli aghi. Forse potrei scoprire qualcosa indagando in merito. In particolare credo ci sia un pony che potrebbe aiutarmi, anche se le sue informazioni sono sempre molto care. Meglio tirar fuori i risparmi d’emergenza.
“Derpy, io esco!” Le urlo mentre mi avvio verso la porta “Tu resti qui?”
“Sì, continuo la lettura di Alice”
Due teste sono meglio di una!

Il campanellino alla porta suona mentre entro nel negozio. Il “Dungeon di Sekhmet” è una piccola e buia bottega situata in un vicolo di Ponyville. Legato al mondo criminale, il negozio viene evitato dalla maggior parte dei pony della città, o almeno così si dice. In realtà sono in molti quelli che ci vengono in segreto per non compromettere la loro rispettabilità all’interno della società. Il Dungeon è un negozio specializzato nella vendita di oggetti rari e preziosi, talvolta antichi, spesso magici e pericolosi. Beh, naturalmente i prodotti più compromettenti non sono qui, sarebbe troppo rischioso. Il proprietario nasconde tutto da qualche parte nella Everfree Forest. Si dice che l’unico pony che abbia scoperto la caverna delle meraviglie sia stato ritrovato morto vicino al lago con lingua e occhi strappati. Un semplice avvertimento per altri curiosi.
Molti criminali si procurano qui armi o prodotti di contrabbando, ma nemmeno i pony più ricchi e famosi rifiutano di comprare qualche gioiello o opera d’arte rubata, o magari qualche droga. Non tutti si accontentano dei piaceri del Jolly Roger.
“Un attimo e sono da lei, signore!” La voce del proprietario giunge dal magazzino sul retro. A giudicare dai rumori, sembra stia riordinando.
“Qualche problema lì, Ren Maa?” Mentre parlo, qualcosa di vetro cade per terra. Ho decisamente attirato la sua attenzione.
“Ma dimmi se non è proprio la Melodia della Giustizia! Che strano averla qui” Esclama superando una tenda di perline e posizionandosi dietro la cassa “Cosa posso fare per lei?”
Ren Maa è un anziano pony molto particolare. Ha il manto grigio e la sua criniera viola è raccolta in una lunga treccia. Sul muso porta un paio di piccoli occhiali tondi e indossa sempre una tunica orientale e un curioso berretto. I suoi occhi gialli sono vispi e sembrano voler studiare l’animo del suo interlocutore.
Mi faccio avanti con disinvoltura: “Mi servono delle informazioni. Un assassino colpisce usando armi molto bizzarre, degli aghi orientali. Tu sei l’unico che potrebbe averglieli venduti. La prima vittima è stata rinvenuta tre settimane fa: ricordi di averli venduti allora?”
Sul suo muso si delinea un sorriso ironico e detestabile. Mentre appende degli acchiappasogni sugli scaffali dietro di lui spiega: “Tre settimane … certo che è davvero tanto tempo. Non è facile dirlo così, su quattro zampe … e poi incontro sempre così tanta gente. Forse lei potrebbe aiutarmi a ricordare. Magari con un piccolo incentivo”
Tsk, vecchio avido! Gli lancio alcune monete sul bancone: “Questo è un acconto, il resto a dopo. Ora sputa il rospo!”
Il negoziante agguanta famelico il denaro e lo ripone in una tasca dell’abito. Poi, soddisfatto del mio atteggiamento, comincia: “Sì, è venuto qualcuno.  Circa un mese fa, qualche giorno prima del ponycidio dell’orologiaio. Lo ricordo bene perché non sono in molti a richiedere quelle armi, e comunque mai in gran quantità. Lei invece me ne chiese una decina”
“Aspetta! Lei?”
“Sì, era una puledra. Non se lo aspettava, eh?” Gli occhi gli brillano mentre pensa a quanto si farà pagare “Non saprei descrivergliela perché indossava un mantello con cappuccio. Inoltre cercava di camuffare la voce, ma si sentiva che non era quella di un maschio”
Una puledra! Una ragazza ha ucciso tre innocenti in tre settimane senza lasciare neanche una traccia! E quel che ha ancora più dell’incredibile è che neanche i Gufi sono mai riusciti a individuarla. O almeno così dice Spike. Che mi stia nascondendo qualcosa? No, non avrebbe senso la collaborazione di Twilight. Ma è possibile che sia tanto abile? In città non esiste nessuna criminale in grado di compiere azioni tanto precise quanto quella attuata contro Lyra. Potrebbe essere un’assassina proveniente da un’altra città, effettivamente conosco alcune mercenarie straordinariamente capaci. Ma chi assolderebbe un mercenario per colpire obiettivi così anonimi? E poi, se così fosse, che senso avrebbe la storia di Alice? Sto andando fuori strada.
“Non sai dirmi altro? Aveva qualche segno particolare?”
“Gliel’ho detto: non so che aspetto avesse!” risponde, annoiato dalla mia insistenza “Cappuccio e mantello rendevano impossibile riconoscerla. E comunque non mi interessava: viene un sacco di gente strana qui e ho imparato a guadagnarmi la loro fiducia non facendo domande. La curiosità non giova agli affari, mia cara”
“Ma è necessaria per il mio lavoro!” Urlo sbattendo uno zoccolo sul bancone “Sto perdendo la pazienza! Io non sono una poliziotta, Ren Maa. Io non ho regole! E ora vedi di darmi altre informazioni o quelle monete te le incastro tra i denti!”
“Va bene, va bene! Che modi!” Il vecchio pony si siede a pensare in silenzio. Sembra estraniarsi dal mondo assumendo una posa e un atteggiamento quasi mistici.
Poco dopo riapre lentamente gli occhi e dice: “Sì, qualcosa ricordo. Zoppicava. In realtà non so se sia il termine più adatto. Vede, non camminava come se avesse dei problemi alle zampe: sembrava che si stesse trattenendo. Mi ha dato l’impressione di essere combattuta, quasi come se qualcosa la spingesse a camminare in qualche altro modo e lei cercasse di impedirlo. So che può sembrare strano ma le assicuro che non sto mentendo”
Gli credo. Ren Maa non è uno stupido, sa che ha solo da guadagnarci nel dirmi la verità. Questo caso non lo riguarda, nessuno si vendicherebbe se sapesse che ha parlato. L’unico pericolo per lui sono io.
“Può bastare. Tieni, ecco il tuo denaro” Dico prendendo un sacchettino dalla borsa. Il vecchio si lecca le labbra sogghignando mentre accetta il pagamento.
“Torni pure quando vuole!” Mi saluta, indossando il più falso tra i sorrisi da mercante. Lascio il negozio senza dire una parola, disgustata.

È quasi ora di pranzo ma sembra che oggi dovrò posticiparlo: Octavia si è presentata in commissariato con delle interessanti novità. Non sono molte ma almeno ci aiutano a restringere ulteriormente il campo delle ricerche.
“È una scoperta importante, Octavia. Ti ringrazio per avermi avvisata”
“Dobbiamo aiutarci a vicenda, Dash, o non la troveremo mai. Il tuo lavoro come procede?” Domanda mentre sfoglia dei fascicoli sulla mia scrivania.
“Oggi ho incontrato la direttrice dell’orto botanico. Una schizzata di nome Tree Hugger, completamente svitata. Comunque mi ha assicurato che in una sala è presente proprio la pianta che cercavamo. Ma il bello arriva adesso: Tree Hugger gestisce anche un negozio di piante a due passi dall’orto botanico! Sembra che quella che ci interessa non sia in catalogo ma ho deciso di tenere ancora d’occhio la nostra “figlia dei fiori””
Octavia però la vede diversamente: “Inutile: quella pianta non sopravvivrebbe qui in città. Controlla invece se ne vende le foglie e, se non lo fa, concentrati solo sull’orto botanico” C’è una nota autoritaria nel tono della sua voce e questo mi fa impazzire.
“Stai provando a insegnarmi come fare il mio lavoro, Octavia?”
“No Dash, semplicemente non voglio che si perda tempo! Conosciamo le caratteristiche di questa pianta, quindi soffermiamoci solo su ciò che potrebbe aiutarci: le sue foglie. Non possiamo permetterci altri errori, né tu né io”
Subisco in silenzio la sua frecciatina: il ritardo nelle indagini è stato dovuto alla mia testardaggine, quindi non posso che accettare le sue critiche. A pensarci bene, non abbiamo ancora avuto modo di discutere di quel che hanno fatto lei e Fluttershy. So che parlarne infastidirebbe entrambe ma non posso fingere che non sia successo nulla. Vorrei almeno ringraziarla.
“Sì Octavia, lo so. Hai ragione tu, perdona la mia aggressività” Dico sospirando “Senti, ti andrebbe di venire a mangiare qualcosa con me? Ho bisogno di uscire un po’”
Octavia sorride e accetta l’invito dicendo di essere affamata.
Nell’uscire dal commissariato, lascio disposizioni agli agenti affinché verifichino si sono state vendute recentemente alcune foglie di quella strana pianta.

È stato un bel pomeriggio. Spinte dalla nostalgia, abbiamo mangiato in un locale che frequentavamo ai tempi della scuola di polizia. Dopo dei rapidi ma sinceri ringraziamenti di Dash per quel che ho fatto alcune notti fa, l’intero pranzo è stato un dolce modo per evadere un’ora dalla realtà rifugiandoci in gioie passate. Ora sto riaccompagnando Rainbow Dash al commissariato, dopodiché continuerò lungo la strada per raggiungere l’orto botanico. Vorrei parlare anche io con questa Tree Hugger, non ho intenzione di lasciarmi sfuggire nemmeno un dettaglio. Se riuscissi a …
“Octavia, guarda lì!” Rainbow Dash mi richiama improvvisamente all’attenzione indicando qualcosa con lo zoccolo. Guardo in quella direzione e noto una colonna di fumo che si alza tra palazzi lontani.
Immediatamente Dash si alza in volo e scatta in avanti. Senza perdere tempo inizio a correre in mezzo alla folla cercando di raggiungerla. Alcuni pony, accorgendosi del fumo che va rapidamente aumentando, si fermano impietriti, altri fuggono via urlando; pochi coraggiosi invece iniziano a seguirmi per capire che succeda. Basta percorrere un paio di isolati per ritrovarsi immersi nel caos più totale: una palazzina è divorata dalle fiamme, l’aria è rovente e molti pony sono radunati sulla strada intenti a fissare l’edificio. Tra questi, un piccolo gruppo è raccolto in disparte. Le famiglie si abbracciano per farsi coraggio, alcuni puledrini piangono terrorizzati. Cercando di farsi sentire nonostante le urla disperate, Dash invita alla calma mentre, volando alta, tenta di individuare le nuvole cariche di pioggia portate dai pegasi del fuoco.
Mi avvicino a un giovane pony che più degli altri sembra mantenere il controllo e domando cosa sia successo.
“Non lo so!” Mi risponde “Abbiamo sentito qualcuno nel palazzo urlare che era scoppiato un incendio. Non so da dove nascessero, ma le fiamme si sono propagate in maniera rapidissima! Abbiamo fatto appena in tempo a uscire” Mente spiega, il giovane inizia a tremare come se abbia appena realizzato cosa stia accadendo intorno a lui.
“Adesso ci siete tutti? Non è rimasto nessuno dentro?”
“No, io … io non credo … non so … “ Sta crollando.
“Eris!” Un anziano unicorno si avvicina barcollando “Eris non c’è! È una ragazzina che abita al terzo piano!”
E allora capisco.
Senza pensare a quel che sto per fare, corro verso il palazzo in fiamme ma vengo atterrata violentemente da Dash. Provo a rialzarmi ma lei mi tiene bloccata con la schiena a terra.
“Si può sapere che credi di fare? Non vorrai mica entrare lì dentro?”
“Dash, lì c’è una ragazza! Dobbiamo fare qualcosa!” Mentre parlo, una finestra esplode generando ulteriore spavento tra la folla.
Dash continua a trattenermi saldamente: “Non puoi entrare in quell’inferno! Ascoltami: ho visto le nuvole! I pegasi del fuoco stanno arrivando! Non fare pazzie!”
“Commissario!” Un agente ci raggiunge trafelato “Siamo stati avvisati di quel che sta succedendo poco fa. Fluttershy sta arrivando con un paio di altri agenti per riportare la situazione alla normalità”
“Hey tu!” Urlo prima che possa dire altro “Corri in centrale e fai venire un’intera squadra! Quanti più agenti possibile!”
“Octavia, ma che … ?” Dash non capisce. Come potrebbe?
“È lei! Ha colpito di nuovo!”
Dash sussulta, i suoi occhi si dilatano.
“Ma come … ? No, è assurdo! Non è ancora passata una settimana!”
È vero ma so di aver ragione. Lei era qui, in questo palazzo. Ha bloccato quella ragazza, ha appiccato l’incendio ed è fuggita prima che arrivassero i soccorsi. Ha avvisato lei tutti i pony nel palazzo.
Mi tornano alla mente le parole del Coniglio Bianco nel quarto capitolo. Risuonano dure come una sentenza.
“Dobbiamo bruciare la casa!”

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Capitolo 15
*** Fidati di me ***


L’incendio è spento. I pegasi del fuoco sono riusciti a domare le fiamme poco prima che si propagassero ai palazzi vicini: è tutto finito. I presenti applaudono, commossi e stremati, mentre i poliziotti accorsi si occupano di prestare soccorso a chi ne ha più bisogno. Vedo una puledrina non più grande di Applebloom ringraziare sorridente dei pegasi imbarazzati. Sono giovani, forse alla loro prima missione. È tutto finito.
Quanto vorrei che fosse vero.
Ma il vecchio di prima aveva ragione: all’appello dei residenti manca una pony. La giovane Eris Liz non è presente. Spero con tutta me stessa che la ragazza stia passeggiando inconsapevolmente da qualche parte o che stia bevendo un caffè con delle amiche. Eppure in cuor mio sento che non è così. La lugubre figura dell’edificio annerito nasconde un segreto che ho paura di svelare. Ma devo farlo, è il mio compito. Davanti a me si erge una montagna di cadaveri e sulla sua cima è rintanato il mostro che devo fermare. Eppure continuo a sperare di essermi sbagliata, almeno questa volta.
Prima di seguire Dash, Fluttershy e il resto della squadra nel palazzo, raggiungo il vecchio di prima. Ha un graffio alla testa ma sembra star bene. Quando mi vede, domanda: “State andando a cercarla, vero? Andate a cercare Eris?”
“Sì. Lei la conosce?”
“Tutti nel palazzo la conoscono. È l’unicorno più gentile che io abbia mai incontrato, ha il manto bianco panna e la criniera rosso acceso” Sposta lo sguardo verso il palazzo e continua “Ha trovato un lavoro a Canterlot, il suo treno parte domani. L’ultima volta che l’ho vista mi ha detto che oggi sarebbe stata a casa a preparare le valigie. Questo lavoro potrebbe essere un modo per cambiare vita, per non rimanere bloccata in questo sputo di città. La prego, detective: la riporti indietro”
Sa che sarebbe un miracolo se fosse sopravvissuta, glielo leggo negli occhi. Nonostante la paura e la preoccupazione, cerca di mantenere un atteggiamento distaccato, come di chi ne abbia già viste tante nella vita.
Lo supero senza parlare e raggiungo Dash sull’uscio del portone.

Le scale sono quasi impraticabili, riusciamo a salire solo grazie alla magia degli agenti unicorni. Mentre avanziamo, capiamo come sia scoppiato l’incendio: alcol. Ce ne sono tracce su tutto il piano e scommetto che tutto è partito dall’appartamento di Eris. Dash entra per prima mentre io resto indietro con Fluttershy. Lì dentro lo spettacolo è desolante: vetri infranti, mobili distrutti, stoffe e libri ridotti in cenere. Pochi oggetti si sono salvati.
Purtroppo il nostro lavoro non dura a lungo: l’appartamento è piccolo e nel salone Dash pone fine alla ricerca.
“Oh, Celestia … Octavia, vieni qui! Fluttershy, tu invece resta indietro”
Nella stanza c’è un grande baule. È chiuso ma ai suoi lati sono stati realizzati dei buchi da cui escono quattro zampe bruciate; dei forellini per l’aria sono presenti anche sul coperchio. Tutto è stato preparato in modo che le fiamme non danneggiassero troppo la bara improvvisata: la povera Eris è morta per asfissia. Un unicorno apre il baule mostrandoci l’orrore: il muso è contratto in una terribile smorfia e ha un innaturale colorito violaceo; gli occhi sono spalancati e bianchi. Fluttershy lancia un terribile urlo mentre un altro agente vomita. La ragazza sembra poco più grande di Derpy, due o tre anni al massimo. Mossa da non so quale forza, riesco ad avvicinarmi e a calarle le palpebre in un ultimo, pietoso gesto.
“Dash, tirala fuori da lì, ti prego. Io cerco qualche traccia di quell’infame in giro”
“Va bene, ma porta Fluttershy con te”
La pegaso piange silenziosamente e appare più fragile del solito. Le passo un fazzoletto e aspetto che finisca per poi dirigerci verso le altre stanze. Un agente si ferma in cucina mentre io e Fluttershy entriamo nella camera da letto, la stanza che sembra essere stata meno danneggiata dalle fiamme. Fluttershy si dirige verso un mucchio di abiti bruciati posti a terra vicino a una valigia ormai inutilizzabile. Li smuove con delicatezza, come se volesse preservarli il più possibile nonostante tutto. Intanto io mi siedo accanto al letto e inizio a cercare nei cassetti del comodino. A dire la verità, non so bene cosa cercare. L’assassina non ha mai lasciato indizi utili nei precedenti luoghi del delitto e, anche se avesse commesso uno sbaglio adesso, il fuoco avrebbe potuto distruggerli facilmente.
“Sarebbe dovuta partire domani … “ Fluttershy ha aperto la valigia e stringe tra gli zoccoli un foglio accartocciato e bruciacchiato.
“È un biglietto … del treno …” sussurra tra i singhiozzi “Sarebbe dovuta partire domani …”
“Lo so, Fluttershy. Lo so” Non credo mi abbia sentito, non sembra prestarmi attenzione. Apro il cassetto centrale e vedo un libro al suo interno, scampato alla distruzione per puro miracolo. I bordi sono stati leggermente rovinati dalle fiamme ma è ancora in condizioni accettabili, tranne per qualche pagina che si stacca mentre lo sfoglio. È una guida su Canterlot: la ragazza voleva essere pronta a tutto. Raggiungo il punto dove aveva interrotto la lettura e trovo una foto. Lei è al centro, sorridente, e al suo fianco ci sono i genitori e un puledrino, sicuramente il fratello minore. Poggio la foto sul letto per non vederla di nuovo e … c’è un foglio. Sembra sia stato strappato da un block-notes o da una piccola agenda. Nel leggerlo mi rendo conto di aver trovato quel che cercavo, l’indizio decisivo. Metto il libro e il foglio in borsa approfittando della distrazione di Fluttershy e prendo la foto. Mi avvicino alla pegaso e la invito ad alzarsi: “Andiamo, qui non c’è niente”
Torniamo da Dash e, mentre la scientifica continua i suoi accertamenti, usciamo dalla palazzina. In molti sono ancora radunati lì fuori ma a me interessa solo il vecchio. Quando ci vede uscire avanza preoccupato, ma poi si ferma di colpo quando mi dirigo verso di lui. Mi rendo conto che già ha compreso la verità. Lo raggiungo e, senza alzare lo sguardo, gli passo la foto sussurrando: “La faccia avere ai suoi genitori”
I suoi zoccoli tremano ma accettano il fardello. Mentre prende la foto mi risponde: “Grazie”
Non riesco a sopportare quell’unica parola pronunciata con tante sincerità. Senza dire più nulla, inizio a correre. Fuggo via da quell’incubo mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime. Vado a sbattere contro alcuni pony ma non mi importa, voglio solo raggiungere Maner Street. Nella testa sento echeggiare senza fine quella parola: grazie … grazie … grazie!
Basta! Vi prego, basta! Non l’ho salvata, non ci sono riuscita! State zitti … state zitti!  
Arrivo a casa e, appena la vedo, mi lancio contro Derpy e la abbraccio più forte che posso, nella mente ho ancora l’immagine della giovane Eris. Derpy mi sente tremare; ha paura; mi chiede cosa sia successo. Non riesco a parlarne, non ne ho la forza. Senza alcuna spiegazione dico: “Fermiamo quella bastarda, Derpy! Io e te! Chiudiamo questa faccenda”

“Oh, salve detective!” Mi saluta il pegaso con la fascia mentre lo raggiungo alla sua postazione “Non mi aspettavo di rivederla tanto presto. Ha già finito Alice? Posso consigliarle qualcosa se le fa piacere”
“Purtroppo non sono qui per divertirmi, ma penso tu possa aiutarmi lo stesso” Mi avvicino di più a lui appoggiandomi alla scrivania “Questa discussione dovrà restare privata. Intesi? Non una parola con nessuno” 
Il pegaso sorride nervoso: “È … è successo qualcosa?”
Voglio evitare di preoccuparlo troppo, quindi mi allontano. Mentre cammino avanti e indietro organizzando le idee, domando: “Conosci Eris Liz? Una giovane unicorno, manto bianco e criniera rossa”
Il ragazzo non ci pensa due volte: “Certo che la conosco! O meglio, l’ho incontrata una volta: è venuta a prendere un libro qualche giorno fa, non ricordo precisamente quando. Era una giovane molto graziosa …”
“Era è il verbo giusto” Dico freddamente “È venuta quattro giorni fa e ha preso in prestito una guida su Canterlot”
“Sì … sì, è proprio così. Ma lei come lo sa?”
Senza farmi notare da nessuno, gli passo il foglio ritrovato nel libro. È una sorta di promemoria con su scritte la data in cui ha preso il libro e la sua volontà di restituirlo oggi.
“Eris Liz non tornerà: è morta poche ore fa”
Il foglietto gli sfugge dagli zoccoli, per poco non urla.
“Morta?” domanda incredulo respirando affannosamente “Ma come … come?”
“Non ti piacerebbe saperlo, credimi. Ma adesso ascoltami: sospetto che la sua morte abbia a che fare con questa biblioteca. Non posso spiegarti i dettagli, ma il fatto che abbia preso il libro proprio il giorno in cui è stato trovato il grifone non riesco a considerarlo una coincidenza. Devo fugare ogni dubbio e per farlo ho bisogno di te”
“Ma perché … pe-perché proprio io?” Balbetta in preda al panico “Io non ho fatto nulla!”
“Lo so!” Devo rincuorarlo o non otterrò alcun aiuto . Poggio uno zoccolo sul suo e spiego con tranquillità: “Sarò sincera: non sono una di quelle detective che giudica qualcuno basandosi solo sull’istinto. Prima di venire da te ho chiesto in giro se oggi hai lavorato tutto il giorno. Non offenderti, non sospettavo di te, ma avevo bisogno di essere certa di potermi fidare. Come ti chiami, ragazzo?”
“Cloud … Cloud Chaser”
“Cloud, sei l’unico su cui possa contare. Tre pony e un grifone sono stati uccisi e altri faranno la loro stessa fine se non fermo il responsabile. Per farlo ho bisogno che tu mi dia delle informazioni. Pensi di poterlo fare?”
Cloud Chaser è confuso ma sembra capire la gravità della situazione. Si fa coraggio e risponde: “Conti su di me!”
“Ho bisogno di sapere se quei pony sono venuti in biblioteca in queste ultime settimane” Dico indicandogli il suo registro “Devi cercare William Tokmane e Candy Liddell”
“Lo consideri già fatto!” Il giovane pegaso inizia il suo lavoro con una nuova grinta mentre io mi guardo attorno. Oggi la biblioteca è quasi deserta, ci sono solo alcune coppie di studenti. La luce che entra dalle vetrate si è fatta più tenue per via di alcune nuvole che si stanno pian piano ammassando nel cielo. C’è pace qui dentro, più del solito.
“Trovato!” Esclama il pegaso “William Tokmane ha restituito un libro circa tre settimane fa. Su Candy Liddell non c’è nulla invece”
Pochi giorni prima che fosse ucciso. La mia supposizione era corretta: non è una coincidenza. Adesso devo trovare Candy Liddell.
“Ti ringrazio, Cloud. Non sprecherò queste informazioni”
“Lieto di averla aiutata. Spero che riesca a chiudere presto le indagini”
Ci salutiamo ed esco dalla biblioteca. Fuori vedo Derpy seduta su una panchina, intenta a mangiare un cupcake. La raggiungo e lei mi sorride.
“Hai fatto quel che ti ho chiesto?” Le domando facendole cenno di seguirmi. Lei finisce il dolce e si alza: “Sì, è andato tutto perfettamente”
“Bene, mi spiegherai strada facendo. Sei mai stata all’orto botanico?”

Sebbene non sia uno dei più famosi di Equestria, l’orto botanico di Ponyville attira comunque un buon numero di turisti ogni anno. Non è molto grande ma contiene lo stesso delle piante rare e un giardino esterno ben curato. Non sono mai stata particolarmente interessata alla botanica, e quando ho voglia di stare a contatto con la natura preferisco andare da Applejack, quindi non lo visito spesso se non in situazioni particolari. Non avrei mai pensato che un’indagine mi avrebbe portata qui.
Raggiungo la biglietteria con Derpy e una pony visibilmente annoiata, mentre legge un giornale, ci domanda: “Un’adulta e un ridotto?”
“In realtà vorremmo parlare con la direttrice, se non le dispiace”
“Per richieste o lamentele è pregata di rivolgersi al banco informazioni, signora” Il suo tono uniforme e il suo ignorarci totalmente mi infastidiscono oltre ogni limite. Butto a terra con lo zoccolo la targhetta con il nome posta sul tavolo. La ragazza alza finalmente il muso irritata ma, appena mi vede, riesce solo a emettere uno squittio di sorpresa.
“Glielo chiedo di nuovo: dove posso trovare la direttrice Tree Hugger?”
“Nella … nella sala delle piante del Sud. Vi ci porto io” Risponde sbiancando per la paura.
La seguiamo fino alla sala indicataci. Dentro, all’ombra di un maestoso albero, c’è solo una pony dal manto verde chiaro e dalla criniera di varie sfumature rossastre raccolta in un’acconciatura rasta. Immersa in una quiete assoluta, la pony sta seduta a terra a intonare una strana litania dal suono simile al ronzio degli insetti. Appoggiata al tronco dell’albero c’è una borsa.
“Signora Hugger, c’è qui la detective Octavia Melody. Desidera parlarle”
“Falla accomodare, dolcezza”
Mentre la pony sgarbata scappa via senza incrociare il mio sguardo, io e Derpy raggiungiamo la direttrice e lei ci invita a sederci. Derpy è incantata da questa strana pony ma io cerco di non farmi distrarre.
“Personi il disturbo, signorina Tree Hugger, ma avrei bisogno di farle alcune domande”
“Sarà una gioia aiutarla, detective. Ma gradisce qualcosa prima? Un the, una tisana di fiori?” Ha una voce pacata e cantilenante.
“La ringrazio ma avrei fretta. Immagino che lei sappia perché sono qui, so che ha parlato anche con la polizia recentemente. Per caso conosceva qualcuno dei pony uccisi in queste ultime settimane? In particolare, ha mai incontrato Candy Liddell?”
“Oh sì, la povera Candy. Era una cliente abituale del mio negozio, la sua scomparsa mi ha fatto soffrire terribilmente” Chissà perché ma mi aspettavo una risposta simile.
“Mi saprebbe dire quando l’ha vista l’ultima volta?”
“Oh, mi faccia pensare … quando sarà state, ragazze?” Domanda a qualcuno che io e Derpy non riusciamo a identificare. Prima che io possa fare domande, mi risponde: “Sì, giusto! Venne qui all’orto botanico due settimane fa. Le piaceva passare un po’ di tempo nei giardini”
È chiaro come l’assassina scelga la vittima in un arco di sette giorni, l’unica eccezione sembra essere proprio Eris. Forse l’assassina sapeva che sarebbe dovuta partire domani? Non mi stupirebbe.
“Cambiamo argomento: so che la polizia le ha parlato di una pianta che tiene nella sala dell’Oriente. Vorrei sapere se ne vende le foglie in negozio”
“Ha bisogno di un calmante, detective?”
“Ho bisogno di risposte”
“Oooh … comunque sì, le vendo. In negozio ne ho un barattolo pieno e, quando finiscono, vengo a prenderne altre qui”
“Sarebbe possibile per qualcuno rubarne un po?”
“No, questo è da escludere” Risponde sicura “I barattoli sono sempre sigillati proprio perché conosco la pericolosità del contenuto. Quando il negozio è aperto, solo io e alcuni aiutanti di fiducia possiamo usarle. Per quanto riguarda l’orto botanico, sarebbe ancora più difficile: la sorveglianza è instancabile”
Io e Derpy ci guardiamo dubbiose, poi la pegaso chiede: “Avete dei guardiani?”
La direttrice sorride dolcemente: “I migliori! Guardati intorno” Allora muove uno zoccolo con eleganza indicando gli alberi che ci circondano “Loro vedono e mi raccontano tutto. Sono l’unica a poter prendere i loro fiori, i loro frutti, le loro foglie”
Dash aveva ragione. Che altro ci farà con le foglie questa? Vedo Derpy cercare di trattenere le risate mentre Tree Hugger non sembra accorgersene. Dopo aver preso un profondo respiro, continuo: “Mi sarebbe utile avere i nomi di questi suoi aiutanti e quelli dei pony che hanno comprato qualcosa in negozio o fatto delle ordinazioni negli ultimi sette giorni. Se fosse possibile, vorrei avere anche i dati relativi agli ingressi all’orto botanico”
“Questo violerebbe la privacy dei miei clienti”
“Ma potrebbe salvare le loro vite” Replico decisa. Tree Hugger ci pensa un po’ facendo vagare lo sguardo nella sala. Alla fine tira fuori dalla borsa un quaderno e mi dice: “Non prendiamo il nome dei visitatori dell’orto botanico, ma qui troverà tutte le altre informazioni che mi ha chiesto”
“Le sono davvero grata” Ringrazio sorridente “Derpy, prendimi l’agenda dalla borsa” Inizio a sfogliare il quaderno e trovo l’elenco degli aiutanti. Nel leggere i nomi mi sfugge un sorriso. Vado oltre e raggiungo le pagine dove sono state segnate le ultime ordinazioni. Tra queste, una mi colpisce particolarmente. Mi rivolgo di nuovo alla direttrice passandole il quaderno: “Questa pony viene spesso da lei?”
“Oh sì, dice che i miei prodotti rendono magica l’atmosfera lì dove lavora”
Già, lei non sa quanto.
“Verrà lei stessa a ritirare l’ordinazione?”
“No, il trasporto è compreso nel servizio. La consegnerà un mio dipendente tra quattro giorni. È uno dei pony di cui le ho parlato, un ragazzo molto robusto”
“Hai scoperto qualcosa?” Mi sussurra intanto Derpy.
“Ho paura di sì. So quale sarà la prossima mossa della nostra amica” Rispondo mentre penso al quinto capitolo di “Alice nel paese delle meraviglie”.
Il capitolo del Brucaliffo.

“Vengo con te!” Octavia non sembra volermi ascoltare e continua solo a preparare l’occorrente per la missione.
“Hai bisogno di qualcuno che ti guardi le spalle, Octavia. Non puoi andare da sola! È troppo pericoloso!”
“Esatto: è pericoloso. Quindi tu resti a casa” Mi risponde superandomi per uscire dalla sua stanza. Avanza verso la porta di ingresso ma io le blocco di nuovo la strada con aria decisa.
Lei sospira: “Fammi passare, Derpy”
“No!”
“Fammi. Passare” Tenta di spostarmi con la forza.
“No! Non andrai lì da sola!”
“Ma chi ti credi di essere, ragazzina? Spitfire, forse?”
“Sono tua amica!”
Octavia si blocca, colpita. Restiamo a guardarci negli occhi per qualche secondo. So bene che è preoccupata per me quanto io lo sono per lei, ma non posso tirarmi indietro.
“Non vuoi nemmeno avvisare il commissario Dash. Stai andando da sola a fermare un’assassina che ha ucciso quattro pony”
“Quattro civili, Derpy. Io non sono come loro. E poi questa è una faccenda personale”
“No, è una faccenda che riguarda tutta Ponyville. Non puoi farti carico di un peso così grande da sola. Se qualcosa dovesse … dovesse andare storto …”
“Allora tu avviseresti Dash e le diresti tutto quel che sappiamo. Non ci metterà molto a ricomporre il puzzle. Questo è il mio lavoro, non il tuo”
“Non mi importa!” Urlo facendola indietreggiare “Stammi a sentire, Octavia: questa notte verrò con te, che tu lo voglia o no! Abbiamo indagato insieme fino ad ora e non ti permetterò di affrontare la colpevole da sola. Io posso aiutarti! Fidati di me, Octavia”
È combattuta, tiene lo sguardo fisso a terra. È difficile per lei prendere questa decisione, forse più di quanto lo sarebbe per chiunque altro qui a Ponyville. Ma non posso tirarmi indietro, è troppo importante.
Ancora senza guardarmi, mi chiede retorica: “Anche se dicessi di no, verresti comunque, giusto?” Sorride silenziosamente e torna a guardarmi con un’aria da sorella maggiore. Sto per sorridere a mia volta quando mi anticipa. Con tono ammonitore, mentre lo sguardo si fa più severo, dice: “Puoi venire con me, ma voglio che tu faccia esattamente quello che ti dico. Chiaro?”
Rispondo con un saluto militare e la lascio passare.

Oggi la notte è fredda. Il vento soffia forte e sta per scatenarsi una tempesta, ma io qui dentro non ho nulla di cui preoccuparmi. Tutto sta procedendo alla perfezione. Alla luce di queste candele sto portando avanti il mio lavoro: presto il quinto capitolo sarà completo.
“Ti … ti prego … ti …” L’affascinante pony dalla criniera viola non mi stacca gli occhi di dosso, in un disperato quanto inutile tentativo di capire chi si nasconda sotto cappuccio e mantello. Sono stupita di quanto riesca a resistere al sedativo: perfino il grifone aveva perso i sensi prima. Ma immagino che la paura riesca a far fare cose incredibili.
“Su, su, non piangere: presto finirà tutto” La rassicuro mentre finisco di preparare il composto e lo inserisco nella siringa. Prima di andare dalla pony legata al lettino, mi avvicino alle candele e inspiro l’aroma di incenso. Oooh, quanto amo questa fragranza! Ma adesso è ora di dare il via alle danze! Mi giro di nuovo verso di lei e la vedo cercare di usare pateticamente la sua magia. È tutto inutile, il suo corno si illumina a stento. Certo che è demotivante rendersi conto di quanto questa città non apprezzi l’arte: perché nessuno capisce che il mio è un capolavoro?
“Dai, non fare così, per favore” Sbuffo, quasi dispiaciuta. Poi mi viene un’idea improvvisa: “Vuoi che ti reciti “Caro papà Guglielmo” prima di farla finita? Dai, ascoltami!
Caro papà Guglielmo, hai i capelli tutti bianchi,
Giovane non sei più,
Sono certo che ti stanchi
Se cammini a testa in giù…” 

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Capitolo 16
*** I mostri che abbiamo dentro ***


Hai fatto tre domande, ed è abbastanza,
Concluse il padre, il mio tempo oro vale.
Non attacca con me la tracotanza.
Fuori di qui, o rotolar ti faccio per le scale.
Finita! Bella, vero? Ti è piaciuta? Sono stata brava?” Ma l’unicorno non risponde, sembra aver perso totalmente le forze. Gli occhi le si sono chiusi e le sue labbra si muovono con lentezza formulando una silenziosa preghiera. Siamo ormai all’atto finale.
“Beh, è stato un piacere conoscerti, miss Rarity. Sei fortunata ad andartene senza soffrire” La saluto mentre avvicino inesorabilmente l’ago al suo collo.
“Metti giù quella siringa”
Vengo fermata da una voce alle mie spalle. Dall’ingresso, sugli ultimi gradini della scala a chiocciola, qualcuno mi osserva.
“Mi fa piacere che tu non abbia ucciso l’addetto alle consegne che hai sedato fuori al locale. Hai anche fatto evacuare tutti i pony della palazzina in fiamme, devo rendertene atto. Eppure rimani un’assassina. Non voglio che altri pony si facciano del male, perciò posa la siringa a terra e voltati lentamente”
E così è arrivata …
“La Melodia della Giustizia! Sei riuscita a trovarmi, alla fine” Le dico rimanendo ferma.
“Non è stato difficile seguire le tue tracce dopo aver letto Alice. Ogni vittima era riconducibile al libro: l’orologiaio, il grifone e gli uccelli, e poi Candy Liddell. Anche la puledrina a cui Mareoll dedicò il libro si chiamava Liddell”
“Una bella fortuna, eh?”
“E perché hai scelto Eris Liz?”
“Perché aveva seguito un corso di formazione per cameriere: il Coniglio Bianco avrebbe avuto finalmente la sua Marianna”
“Avevi calcolato tutto, dunque” La sento borbottare “Nel corso delle indagini mi sono resa conto che Rarity, la proprietaria della fumeria d’oppio, era la più adatta per rappresentare il quinto capitolo. Perché è così che hai sempre ragionato, no?”
“Già! Il mio lavoro è stato incredibile, non trovi? Ogni capitolo è stato riprodotto fedelmente. Sono fiera di me!”
“Hai ucciso degli innocenti”
“Ho realizzato delle opere d’arte!” Non capiscono, non capisce neanche lei. Perché tutti si ostinano a non vedere la grandezza del mio lavoro? Perché non capiscono?
“Come hai fatto a scoprire chi sarebbe stata la prossima?” Le domando mentre continuo a guardare l’unicorno bianco.
“Non è stato facile, restringere un campo vasto quanto Ponyville era quasi impossibile. Mi sei stata un passo avanti fino al ponycidio di Eris Liz. Immagino che tu non abbia avuto tempo di studiare bene la scena del delitto, in fondo avevi solo un’ora. Se lo avessi fatto, avresti trovato un libro che era stato preso in prestito dalla biblioteca. Quel libro ha segnato la tua fine”
“La biblioteca …”
“Sì, la biblioteca! Dove ci siamo incontrate la prima volta! La biblioteca dove hai visto Eris Liz e William Tokmane! Mi sono insospettita per via del tuo amore per la storia di Alice e ho indagato negli altri posti dove lavori. Il tuo nome rientrava tra quelli degli aiutanti principali di Tree Hugger. Immagino che per una come te non sia stato difficile procurarsi qualche foglia per il composto in negozio o all’orto botanico”
“Ah-ah! Errore!” La correggo “Soltanto in negozio. Ti ricordo che Tree Hugger parla con gli alberi” Segue un breve silenzio a cui riesco a dare una spiegazione solo dopo qualche secondo “Tu non ci credi, vero? È un peccato. Spesso il vero è invisibile agli occhi” Accompagno l’ultima frase con una risatina.
La detective continua: “Tutti i ponycidi sono avvenuti nel tuo solo giorno privo di impegni, a distanza di una settimana l’uno dall’altro. Tutti tranne l’ultimo. Perché hai anticipato i tempi? Sapevi che Eris sarebbe partita?”
“Onestamente no, ma il problema era un altro: ti eri avvicinata a me! Quando quella stupida ti ha dato il libro, ho capito che dovevo accelerare i tempi. Se solo l’avessi fermata …”
“Smettila di nasconderti!” Urla con tono minaccioso. Resto ad ascoltarla silenziosa “Non puoi più scappare, ormai ti ho presa. Girati e levati il cappuccio! È finita, Pinkie Pie”
Nel sentire quel nome non riesco a trattenere le risate. Si propagano per tutti i sotterranei diventando sempre più acute e dando origine a una musica celestiale. Quando finisco di ridere, poso la siringa a terra e dico: “Sei stata brava, Melodia della Giustizia, ma su questo ti sbagli. Oh, non prendertela, non potevi sapere” Mi giro e le mostro la mia vera identità.
“Io non sono Pinkie Pie”

All’inizio penso che si tratti di una scherzo. La puledra che ho di fronte è chiaramente Pinkie Pie, non posso sbagliarmi. Eppure è diversa dall’ultima volta: la sua criniera non è più folta e vaporosa, ma totalmente liscia, e anche il suo sguardo e la sua  espressione sono diversi.
Sono cattivi.
“Pinkie Pie …” Provo a sussurrare.
“Pinkie Pie! Pinkie Pie!” Mi imita la pony rosa deridendomi “Non capisci proprio? Io non sono lei! La simpatica Pinkie Pie ti darebbe mai del tu? Si rivolgerebbe mai a te, il suo idolo, chiamandoti “Melodia della Giustizia”?”
Ha ragione. Tra le cose che mi colpirono di lei c’era anche il rispetto che mi mostrava chiamandomi soltanto per nome. Eppure sono davvero due gocce ‘acqua.
“Chi sei tu?”
La sconosciuta sembra soddisfatta. Si siede a terra appoggiandosi al lettino su cui è stesa la povera Rarity e inizia a spiegare: “La mia è una storia che ha inizio anni fa. In una fattoria di rocce nacque una puledrina, terza di quattro sorelle, che fu chiamata Pinkie Pie per via del suo manto dal particolare colore.
La piccola cresceva sana e con una gran voglia di vivere: era sempre allegra, amava far feste e trasmetteva gioia a chiunque la incontrasse. Come molti puledrini della sua età, anche Pinkie Pie aveva un’amica immaginaria, di nome Pinkamena. Pinkamena però esisteva veramente: era nata con lei, aveva vissuto da sempre nella sua testa. All’inizio però era debole, fragile e invisibile alla stessa Pinkie. Ottenne più forza con il passare degli anni, finché non si sentì in grado di manifestarsi a Pinkie sotto forma, appunto, di compagna di giochi immaginaria.
Però Pinkamena era triste. Con la sua intelligenza, più sviluppata di quella dell’infante, si rese conto che lei era schiava. Schiava di Pinkie perché costretta a vivere soltanto dentro di lei mentre la sua carceriera aveva un corpo che usava per interagire con il mondo intorno a lei. La situazione peggiorò quando Pinkamena capì che non poteva più manifestarsi nemmeno a Pinkie stessa. La puledrina stava crescendo: che sarebbe successo se avesse continuato a parlare con una creatura immaginaria anche da adolescente o da adulta? Così, non trovando alcuna soluzione, Pinkamena dovette sparire.
Eppure non poteva finire così. Pinkamena non poteva restare per sempre nell’ombra perché lei c’era, lei era viva. Così prese una decisione: avrebbe sostituito Pinkie Pie. Avrebbe accresciuto ancora e ancora il suo potere finché non fosse riuscita a controllare il corpo. Certo, non fu un’impresa facile. Dovette iniziare con gesti semplici e rapidi che né Pinkie né nessun altro avrebbe considerato, come ad esempio il battito delle ciglia. Doveva anche imparare a dosare la sua forza: se da un lato doveva essere in grado di chiuderle, dall’altro lato non doveva tenerle chiuse troppo a lungo, altrimenti Pinkie si sarebbe accorta della sua presenza. Con il passare del tempo riuscì a causare starnuti, colpi di tosse, sbadigli e singhiozzo finché, dopo un lunghissimo allenamento, non riuscì a muovere una zampa per la prima volta. La gioia di Pinkamena era incontenibile: presto sarebbe stata libera!
Ma adesso il problema era un altro: come prendere il sopravvento su Pinkie? A stento riusciva a muovere una zampa e il legame che la mente di Pinkie aveva con il corpo era infinitamente più forte del suo. Come fare allora? La risposta venne spontanea: doveva attendere il sonno. Da addormentata, non solo Pinkie non era in grado di percepirla, ma la stessa Pinkamena riusciva a tenere più sotto controllo la mente avversaria. Ogni notte Pinkamena si allenava disperatamente per controllare totalmente il corpo. Questo sforzo durato anni provocò una specie di corto circuito nel cervello sviluppando il Pinkie-Senso. Incredibile, eh? Non era controllabile ma funzionava autonomamente sia per Pinkie che per Pinkamena. Fu una sorpresa davvero gradita.
Beh, da qui in poi tutto divenne più semplice: Pinkamena riuscì a controllare perfettamente il corpo di Pinkie. Quando una dormiva, l’altra comandava. E Pinkamena si era spinta perfino oltre, riuscendo a provocare il sonno stesso di Pinkie! Per farlo dovette rivelarsi, certo, ma ormai non conta più. Pinkamena è libera, ha ottenuto quel che voleva e anche di più. E adesso guardami, Melodia di Ponyville! Guarda la mia forma perfetta! Io sono più di quanto quell’inetta di Pinkie Pie potrà mai essere! Io sono Pinkamena! Ahahahahahahahahahahahah ….”

La sua acutissima risata rimbomba sulle pareti e sembra circondarmi. Mi sento come risucchiata in un vortice da cui non posso sfuggire e, nonostante sia armata, ho paura di lei. Ho paura di quella giovane pony rosa. Era da due anni che non provavo una simile sensazione. Trixie mi insegnò cosa fosse il vero terrore, cosa si provi quando si è del tutto impotenti di fronte a qualcuno che vuole uccidere te e i pony che ami. Ma allora avevo paura perché conoscevo la sua forza; adesso è l’ignoto a gelarmi il sangue nelle vene, il mistero che avvolge Pinkie Pie. Due anime in un solo corpo? Impossibile! È una ragazza bizzarra ma è comunque una pony come me. Eppure il suo comportamento, il suo modo di parlare, perfino alcuni elementi del suo aspetto sono diversi da quando l’ho incontrata in biblioteca. Che si tratti di magia? Ma Pinkie … o Pinkamena, che dir si voglia, non ha parlato di alcun incantesimo. E se non sapesse nemmeno di esserne vittima?
Lei è ancora seduta lì, appoggiata allo stesso lettino. Sollevo lo sguardo e, mentre osservo l’unicorno sopra di lei, mi torna alla mente quel che disse quando venni qui al Jolly Roger con Dash: il Jolly Roger non è frequentato da pazzi.
Aveva ragione. Ancora una volta la barista aveva compreso la natura di Ponyville meglio della detective. In tanti anni di indagini non mi sono mai scontrata con pony dagli evidenti disturbi mentali. Oggi invece, per la prima volta, ho di fronte a me una pazza.
“Ascoltami, Pinkie …”
“PINKAMENA!”
“Pinkamena, va bene … ascolyami, hai bisogno di aiuto, di qualcuno che ti stia vicino. Io posso aiutarti! Potrei contattare la tua famiglia, cercare una soluzione … io posso …”
Un rapido e inaspettato movimento della pony mi spinge a tuffarmi di lato. Quando rialzo lo sguardo mi accorgo che, precisamente dove mi trovavo, ci sono due aghi a terra. Deve averli presi dal mantello mentre ero distratta.
“Non penserai mica che mi lasci fermare da qualcuno dopo tutta la fatica che ho fatto per arrivare a questo punto?” Dice la criminale alzandosi di nuovo “La minaccia maggiore per me era Pinkie ma, per quanto ci provi, ormai nemmeno lei riesce più a trattenermi. E pensi che sarai tu a farlo? Povera idiota! Ti ucciderò e porterò a termine indisturbata il mio progetto”
“Non sottovalutarmi!” Sparo un colpo mirando alle zampe ma lei lo schiva con grazia compiendo un salto all’indietro. Prima di toccare terra lancia altri due aghi, ma questa volta sono pronta: scatto in avanti e tento di colpirla al fianco mentre è scoperta. Con un nuovo movimento fluido, la mia avversaria mi afferra lo zoccolo e mi riblata gettandomi violentemente con la schiena a terra. Mentre accuso il colpo, la vedo afferrare altri due aghi e puntare ai miei occhi; riesco a liberarmi facendola cadere con una spazzata rasoterra ma si rialza rapidamente. Stavolta è lei a partire alla carica: mentre corre verso di me, lancia altri tre aghi che riesco a intercettare con un cuscino sul lettino alla mia destra, ma questo movimento mi apre un varco di cui lei approfitta colpendomi con un potente calcio al petto. Un mio sputo di saliva e sangue va a macchiarle la criniera; lei sorride. Senza darmi per vinta provo a colpirla ancora e ancora, ma ogni attacco va a vuoto. I suoi movimenti sono rapidi e istintivi, riesce a evitare e a parare i miei colpi con stupefacente semplicità.
Non ho mai incontrato nessuno tanto abile nel combattimento corpo a corpo: se da questo scontro non dipendessero la mia vita e quella di Rarity, osserverei il suo stile con l’entusiasmo di una puledrina.
D’improvviso afferra con una zampa qualcosa dietro la sua schiena, nascosto sotto il mantello. La fiamma di una candela si riflette sull’oggetto e io riesco a spostare all’indietro il muso un istante prima che la lama di un coltello mi tagli la gola.
“Non avrai pensato che andassi in giro solo con quei miseri aghi, vero?” Mi domanda mentre cerco di riprendere fiato “Ponyville è una città così pericolosa … Comunque, permettimi di farti i complimenti: te la cavi nonostante il tuo svantaggio”
“Di che cosa parli?” Che abbia scoperto tutto?
“È chiaro che il mio Pinkie-Senso mi renda più facile capire da dove verranno i tuoi colpi. Ti credevo più attenta ai dettagli”
In questo momento non riesco minimamente a concentrarmi sui dettagli. Però è vero, mi ero totalmente dimenticata del suo potere. Non solo ha una tecnica e un’agilità invidiabili, ma riesce anche a prevedere i miei attacchi. Come posso sconfiggerla? Non ne ho idea, ma a zoccoli nudi non ho possibilità: devo ricorrere al piano B.
“Ti stai distraendo di nuovo?” La folle pony avanza urlando e alternando fendenti e affondi assetata di sangue. Riesco appena a evitarli e a proteggermi afferrando un piccolo candeliere vicino. È un assurdo gioco del gatto e del topo di cui non riesco a invertire le parti. Salto su un lettino cercando di ottenere una posizione favorevole, ma è tutto inutile. Decido di cambiare strategia: cerco di interporre una maggiore distanza tra me e lei spostandomi lateralmente e faccio partire altri colpi dalla pistola. Pinkie, non volendo rinunciare al vantaggio del corpo a corpo, evita i proiettili avvicinandosi a me con una scivolata e, da terra, mi colpisce con un terribile calcio alla mascella. Il colpo mi fa vacillare confusa all’indietro finché non vado a sbattere contro il lettino su cui è legata Rarity addormentata. Osservo per un istante la sua espressione, una smorfia di paura e dolore, come se stesse avendo un incubo. Salto oltre il lettino dandomi la spinta con le zampe anteriori mentre Pinkie prova un affondo dall’alto mancandomi per un soffio. Il coltello va a piantarsi nel materasso a un centimetro dal muso di Rarity. Osservo con terrore la scena e capisco di non poter più perdere tempo.
“Non qui!” Urlo mentre le volto le spalle e inizio a correre verso la scala a chiocciola, intenzionata a raggiungere il salone principale.
“Adesso che fai: scappi?” La pony rosa è infuriata ma fortunatamente decide di seguirmi.
Il combattimento prosegue al piano superiore. Supero con un salto gli ultimi due scalini e aspetto la mia avversaria che, correndo, inciampa nella mia trappola: un filo da me teso precedentemente fa cadere da uno scaffale laterale alcune bottiglie. Pinkie riesce a evitarle e queste si schiantano contro il muro, ma io approfitto della sua sorpresa per portare a segno i miei primi colpi: dopo averla colpita più volte al muso, riesco a sollevarla e a sbatterla con la schiena su un tavolo. Nonostante tutto, continua a impugnare saldamente il coltello e sono costretta a indietreggiare per evitare due pericolosi fendenti. Per non restare del tutto scoperta, afferro una stecca da biliardo e cerco di usarla come se fosse una lancia. Pinkie ridacchia divertita: effettivamente devo sembrare ridicola.
Ma in quel momento un rumore proveniente dai sotterranei ci interrompe.
Pinkie si guarda attorno senza capire, ma un’espressione nuova inizia a comparire sul suo muso. Abbasso la stecca e scoppio a ridere senza dire una parola, consapevole di aver vinto. La letale pony scende di corsa le scale a chiocciola e, quando raggiunge la sala di prima, grida disperata.
Quando la raggiungo, la trovo vicino al letto dove fino a pochi minuti fa si trovava Rarity. Sconvolta, regge le corde spezzate che prima la tenevano legata.
“Non sei andata a visitare il resto dei sotterranei, vero? Avresti potuto vedere cose interessanti: riserve di oppio, alcol, le polveri di Rarty … un ingresso dal retro”
La pony rosa trema e sussurra: “Non sei venuta sola. Non sei mai stata sola. Avevi qualcuno che ti aiutava, sia ora che durante l’indagine, vero?”
Io rimango in silenzio.
“Ma sì, certo! Hai chiesto informazioni su di me in biblioteca, ma lì non conoscono perfettamente gli orari di lavoro di Pinkie. Eppure tu sapevi dell’ora di spacco durante la quale ho ucciso Eris Liz nonostante tu non fossi mai venuta allo Sugarcube Corner. Pensavo che avessi parlato con la proprietaria quando Pinkie non era al lavoro, invece hai semplicemente inviato un altro pony. E adesso mi ha portato via la mia preda! Ma quell’idiota non sa con chi ha a che fare: lo troverò e …”
“Non potrai fare nulla se prima non mi sconfiggi” Mi avvicino a lei puntandole la pistola contro, ma …
“Sei mia!”
Pinkie salta oltre il letto compiendo lo stesso mio movimento di prima e, mentre è in aria, mi lancia un ago raccolto da terra. L’attacco è improvviso ma manca di precisione e si limita a graffiarmi il muso. La inseguo ma, dopo un lungo corridoio, lei si ferma nel magazzino finale dei sotterranei, il magazzino delle polveri. Potrebbe raggiungere l’uscita, ma invece resta a guardarmi e a ridere.
“Che c’è di così divertente?” Le domando.
“La tua preoccupazione ti fa perdere di vista le cose importanti, detective? Rifletti: che particolarità hanno i miei aghi?”
Lentamente muovo lo zoccolo verso il muso e lo passo sula ferita. Osservo il sangue e capisco.
“La sostanza”
“Precisamente! Hai detto che per catturare il tuo aiutante devo prima sonfiggerti, vero? Bene, è quel che intendo fare! Ormai il sedativo è entrato in circolo e tra meno di dieci minuti farà effetto. Domani mattina questa città vedrà la testa della sua Melodia conficcata sull’asta della bandiera del municipio!”
“Hai finito?” La interrompo bruscamente “Ho ancora dieci minuti, vero?”
Pinkie sembra infastidita: “Sì, ma credi forse che …”
“Basteranno? Certo!”

Assaporo la dolcezza di quel momento con tutta me stessa: il rumore delle due lame che si sfilano dai foderi nascosti dietro alle zampe posteriori, l’espressione incredula di Pinkie e il suo urlo: “Sai! Sono pugnali Sai!”
Comprai i due Sai da Ren Maa due anni fa, quando capii di non voler essere mai più difesa da nessuno. Non so cosa mi colpì, se la loro elegante forma, il loro essere piccoli e maneggevoli, o forse l’abilità con cui li usava il mercante. Mi innamorai perdutamente di loro e, da quel momento, mi allenai senza sosta, consapevole di non voler vedere mai più una seconda Vinyl.
“Chiedo scusa per non averteli presentati prima. Li avevo lasciati nascosti dietro alcune bottiglie al piano di sopra: volevo sembrarti inerme così che mi seguissi in caso di necessità. Direi che ha funzionato, no?”
Lei digrigna i denti rabbiosa. Le sorrido e continuo: “Quello a sinistra, con l’impugnatura rossa, è Pëtr, mentre quello con l’impugnatura nera è Ludwig”
“Sembra interessante” La rabbia scompare velocemente dal suo muso per far spazio a un grande sorriso: è estasiata dall’idea di un simile scontro. Mi metto in posa d’attacco e lo stesso fa lei con il suo coltello. Ci osserviamo negli occhi e il nostro respiro si fa sempre più lento e silenzioso.

E infine danziamo.

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Capitolo 17
*** Ho rimandato troppo a lungo ***


La sinfonia si apre con un Allegro con Brio. Tenendo gli occhi chiusi, ascolto quella musica meravigliosa e mi ci affido completamente. Il mio corpo cessa di essere solo un ammasso di carne e diventa un’orchestra: il movimento di muscoli e tendini ricalca quello degli archetti sugli strumenti a corda, dai polmoni provengono i fiati, il battito del cuore dà il tempo alle percussioni. E io sono qui, marionetta guidata da due tre i più grandi compositori mai nati, stretti nei miei zoccoli. Dimentico dove sono e quel che devo fare, perdo la cognizione del tempo che passa. Sono nel pieno di una danza che nessuno può fermare, immersa in una musica che nessuno può ascoltare.
Ma aspetta! Qualcuno c’è! Un pony che non riconosco mi accompagna. Ne avverto i passi … è bravo, molto passionale.
La melodia cambia, diventa un valzer. Sulla pista da ballo, io e il mio compagno ci parliamo senza dire una parola: bastano il suono dei nostri strumenti che si incontrano e creano delle note particolari, di cui i più non sanno neanche l’esistenza. Note da sogno che si uniscono in maniera seducente alla melodia principale.
I nostri movimenti sono eleganti e precisi: un arabesque, un avant, un grand jeté, un casqué. È un peccato che una tale meraviglia sia riservata soltanto a due pony.
Ma purtroppo niente dura per sempre, e le cose più belle sono spesso le più fugaci.
La sinfonia cala gradualmente d’intensità e, uno alla volta, tutti gli strumenti dell’orchestra smettono di suonare. I miei sensi si risvegliano.
La prima cosa che avverto è un nauseante profumo dolciastro; poi è l’udito a tornare: qualcuno respira in maniera affannata; un oggetto metallico cade a terra.
Apro gli occhi lentamente.

Davanti a me c’è Pinkie, disarmata e atterrita, coperta di lividi e tagli. Le mie ferite sono fortunatamente limitate alle sole zampe. Entrambi i miei Sai sono puntati contro di lei, a un pelo dalla sua gola. L’aria è irrespirabile a causa dell’enorme quantità di polveri fuoriuscite dai sacchi squarciati.
“Come … come ci sei riuscita?” Mi domanda la mia avversaria, con un misto di terrore e sconcerto “Perché il Pinkie-Senso non ha funzionato? Che magia hai usato?”
“Nessuna magia, ho soltanto seguito le regole del tuo gioco: ho combattuto d’istinto e sono riuscita a superare quella tua incredibile capacità di percezione. È stata una scommessa rischiosa, lo so: chi avesse avuto meno confidenza con se stessa sarebbe stata sconfitta. Diciamo che confidavo sulla tua incapacità di gestire del tutto il tuo corpo”
“Di che parli? Io riesco a controllarlo perfettamente!”
“Il vecchio Ren Maa non sarebbe d’accordo. Tu sai a cosa mi riferisco, vero?”
La puledra digrigna i denti mentre un rivolo di sudore le corre sul muso.
“Arrenditi e seguimi dalla polizia. È finita, Pinkie”
“Io … mi chiamo … Pinkamena!”
Con un urlo innaturale si lancia contro di me in un disperato ultimo placcaggio. La anticipo bloccandola e, con un rapido gesto, le infilzo Ludwig tra collo e schiena. Resto in silenzio mentre lei tossisce e sputa sangue sulla mia criniera. La sento indebolirsi e accompagno tristemente il suo accasciarsi a terra. Non resto neanche a guardarla: la sostanza inizia ad annebbiarmi la vista e la mancanza di aria non fa che peggiorare la mia condizione.
Restando poggiata al muro, raggiungo l’uscita dopo un tempo che mi sembra infinito. La porta è davanti a me, sopra un’ultima rampa di scale. Ogni passo mi provoca dolori dappertutto e un paio di volte rischio di cadere all’indietro ma, alla fine, apro la porta.

“Ferma!” Urla Pinkie dietro di me.
Mi giro stanca dicendo: “Certo che tu non ti arrendi … mai …”
Pinkie, ancora a terra, regge la mia pistola con due zoccoli e mi guarda furiosa, piangendo incessantemente. Deve avermela sottratta con quel suo ultimo attacco.
“Tu … tu hai rovinato la mia opera!” Urla ancora mentre carica un colpo “Hai distrutto il mio capolavoro!”
La folle sta per sparare in una stanza piena di polveri altamente infiammabili!
“Tu … tu non sai quel che fai!” Sono terrorizzata “Pinkie, devi …”
“PINKAMENA!”
“Pinkamena … va bene, va bene … Pinkamena, devi fermarti! Getta via quella pistola! La polizia arriverà presto e ti aiuterà … io ti aiuterò! Ti prego, devi ascoltarmi!”
Pinkie sembra valutare per un istante la cosa, ma alla fine si forma di nuovo quello spaventoso ghigno e Pinkamena torna a dominare. Nel frattempo io ho già aperto la porta dietro di me.
Prima di andarmene la saluto: “È stato un piacere conoscerti, Pinkie”
“Anche per me, detective. Spero ci rincontreremo presto”
E allora corro via. Lei lo farà, premerà quel grilletto nonostante non possa colpirmi. La mia unica speranza è essere lontana quando il Jolly Roger salterà in aria. Incurante della stanchezza e della confusione, corro lungo la Bet Way mentre violente raffiche di vento mi sferzano il muso. Una pegaso grigia mi corre incontro urlando il mio nome.
“Giù! Giù!” Mi lancio contro di lei e la butto a terra un istante prima della fragorosa esplosione. Copro Derpy con il mio corpo sussurrandole che andrà tutto bene. Chissà se riesce a sentirmi!
Il letale mix di polveri e alcol alimenta le fiamme oltre ogni misura provocando esplosioni a ripetizione. Per quanto riguarda me, quella sostanza mi sta uccidendo. Mi gira la testa, mi lacrimano gli occhi e nelle orecchie sento soltanto un terribile fischio, acuto e doloroso. La sola cosa che riesco a percepire, l’unica che mi permette di non perdere il controllo, è Derpy che trema terrorizzata nascosta sotto di me. La sua paura e la sua fragilità riescono a tenermi vigile. La stringo a me più forte che posso e faccio l’unica cosa a cui riesco a pensare: canto.
La melodia è la stessa che suonavo quando trovai Derpy addormentata fuori la porta di casa, quando iniziammo a conoscerci sul serio. Chi l’avrebbe mai detto che quella giovane pegaso, tanto distratta e tanto maldestra, mi avrebbe aiutato a risolvere questo caso e a salvare Rarity?
Chi avrebbe mai detto che mi sarei affezionata a lei così tanto?
Quella sera, il suono del mio violoncello l’aveva fatta addormentare per terra sul pianerottolo. E allora canto, sperando di tranquillizzarla. Voglio che non si senta più sola. Mai più.
Restiamo lì per un minuto, o forse per qualche ora, non so. Quando le esplosioni finiscono, sollevo timorosa lo sguardo. Le fiamme continuano a divampare ma il vento le tiene lontane da noi. Alzo il muso e vedo un lampo squarciare il cielo.
“Octavia …” Derpy ritrova un po’ di coraggio “Stai … stai …”
“Stai bene, Derpy?” La anticipo.
Lei annuisce e continua: “Ho nascosto Rarity ma poi … non ti ho più vista arrivare, e …”
“Sì, lo so. Scusami se ho fatto tardi” Una forte pioggia inizia a cadere su di noi e a liberarmi di ogni preoccupazione.
Accarezzo Derpy sulla testa e la rassicuro: “Adesso va tutto bene”
Cado sfinita a terra, desiderosa di abbandonarmi del tutto all’azione del sedativo. Derpy mi richiama preoccupata, ma la sua non è l’unica voce che sento.
“È Octavia! È laggiù!”
Rainbow Dash e un gruppo di agenti entra nella Bet Way mentre altri richiedono rinforzi dalla strada principale.
“Derpy … sei stata tu?”
“No! Io ho seguito solo le tue direttive, giuro!”
“Ma allora chi …” Guardando in alto sopra di me scorgo una piccola figura sul tetto del palazzo di fronte. Ha una coda e si regge su soltanto due zampe. La vedo salutarmi con un rapido gesto e le sorrido di rimando, riconoscente.
Dopodiché tutto diventa buio.

Vengo svegliata da una fastidiosa mosca che mi ronza attorno al muso. Mi trovo in una stanza da ospedale completamente bianca, stesa su un lettino tanto scomodo da farmi rimpiangere il freddo asfalto della Bet Way, ma almeno l’aria è pervasa da un buon profumo di fiori. Tutto però passa in secondo piano quando mi accorgo di Derpy che dorme seduta affianco al mio lettino, con la testa poggiata sulle mie zampe. Mi chiedo da quanto tempo io sia qui e se lei sia rimasta sempre con me. Le accarezzo gentilmente la criniera e lei, pian piano, riapre gli occhi.
“Ben svegliata” La accolgo sorridente.
Lei spalanca il muso, poi si alza di soprassalto e urla: “Octavia! Octavia, sei sveglia! Stai bene? Ti fa male qualcosa?” Vorrei rispondere ma il respiro mi si blocca in gola quando Derpy si getta su di me abbracciandomi.
Tra un colpo di tosse e l’altro riesco a dire: “Sì … sì, sto bene … e anche tu, sembrerebbe. Ma da quanto sono qui? Cos’è successo?”
“Hai dormito per ventiquattro ore. Non male, quella sostanza” Una voce amica accompagna l’ingresso nella stanza di Rainbow Dash. Alle sue spalle ci sono Rarity, un po’ malconcia ma comunque grintosa, e l’immancabile Fluttershy che, appena entrata, corre verso di me per abbracciarmi a sua volta. Mi sento un po’ in imbarazzo per questa dimostrazione di affetto da parte delle due pegaso, soprattutto quando vedo Dash trattenere una risatina.
“Hey soldato, così me la ammazzi! E, se permetti, è un piacere che spetta a me” Il suo muso si fa improvvisamente serio “Perché non mi hai avvisata, stupida? Cosa ti è saltato in testa? Se non ci fosse giunta quella segnalazione, avresti potuto … stupida!” Si avvicina e mi colpisce leggermente alla testa. Dubito che si sarebbe trattenuta in circostanze naturali. Ma da un certo punto di vista il colpo fa male comunque.
“Lo so, avrei dovuto dirtelo. Derpy me lo ha ripetuto in continuazione, ma sembra che stavolta la più testarda sia stata proprio io. Perdonami, Dash”
Lei si limita ad annuire e a borbottare ancora: “Stupida …”
Io intanto ricordo tutto quel che è successo in quegli ultimi, tremendi istanti: l’esplosione, la pioggia, la sagoma di Spike che mi saluta. Ma soprattutto ricordo lei.
“Dash, siete entrati nel locale? Avete trovato l’assassina?” O almeno quel che ne resta.
“I pegasi del fuoco sono arrivati presto e così siamo riusciti a entrare, ma …” Si ferma, titubante.
“Ma …” la incalzo. Intanto Fluttershy si è alzata mettendosi affianco al commissario.
“Ma non c’era nessuno. La colpevole è come … scomparsa”    
Cala il silenzio. Forse dovrei essere stupita, ma delle cinque io sono l’unica consapevole delle vere capacità della pony rosa,  quindi una sua fuga non mi sembra così impossibile. Certo, era ferita ed è stata coinvolta in un’esplosione, però …
“Ho piazzato dei posti di blocco e i miei agenti pattugliano la città: se è ancora a Ponyville, non ne uscirà”
“Inutile: lei non è più qui. E poi, se anche lo fosse, dei comuni poliziotti non potrebbero fermarla”
“È davvero così terribile?”
Non rispondo, e questo sembra preoccupare Dash.
Timorosa, Fluttershy domanda: “Chi … chi era?”
Vorrei rispondere, ma ho l’impressione che ogni mia spiegazione sarebbe errata o quantomeno incompleta. Cos’era Pinkie Pie? Era davvero solo una pazza lunatica? So di averlo pensato per quasi tutta la durata dello scontro, ma alla fine credo di aver visto qualcosa nel suo sguardo. Per un attimo ho rivisto la luce degli occhi della Pinkie che avevo conosciuto prima.
“Io … devo riflettere” Rispondo sconfortata “Un giorno vi dirò tutto”
Dash annuisce e io mi rivolgo a Rarity: “Tu come stai, Rar?”
“Bene, mi sto riprendendo. I medici vorrebbero tenermi qui per delle analisi un altro paio di giorni ma io non amo perdere tempo, come ben sai” Risponde con tono altezzoso.
Sorrido divertita: tipico di Rarity.
“Mi dispiace che tu sia stata coinvolta, Rar. E mi dispiace anche per il Jolly”
“Oh tesoro, ma cosa dici?” Esclama sconcertata “Parli come se fosse colpa tua! Del locale non devi preoccuparti: risorgerà più grande e più bello! Pensa che il caro Grifone mi ha già spedito dei fiori e una lettera in cui mi garantisce il suo aiuto per la ricostruzione. Non è un tesoro?”
Dash emette un verso di disgusto ma Rarity non ci fa caso e continua: “In quanto a me, dovrei solo ringraziarti” E la sua voce si raddolcisce “Mi hai salvato la vita, Octavia. Grazie di cuore”
Allora scuoto la testa e dico: “Sai, non è me che dovresti ringraziare” Con una leggera spinta faccio alzare Derpy e la presento: “Rarity, lei è la pegaso che ti ha portato via dal Jolly. Si chiama Derpy … è la mia socia”
Derpy sta per allungare lo zoccolo verso l’unicorno ma, nel sentirmi, si gira di nuovo verso di me. La vedo arrossire mentre sussurra: “La tua …”
“Cool!” Esclama Dash mentre Fluttershy si fionda su Derpy per congratularsi con lei.
“Allora dobbiamo festeggiare! Appena ti dimettono, offro un giro di sidro a tutte!”
“D’accordo Dash, ma lascia che sia io a decidere quando” Dico con tono serio. Sposto lo sguardo alla finestra e lo lascio vagare nel cielo limpido.
“Prima di festeggiare, dovrei sbrigare una faccenda importante. Mi dispiace fare la guastafeste, ma non posso attendere di più. Ho rimandato troppo a lungo”

Sono seduta ad aspettare che Octavia finisca di parlare con l’infermiera. La pony non si aspettava di rivedere la detective dopo tanto tempo, e di certo non dopo appena due giorni dalla risoluzione del caso. I giornali non parlano d’altro, ne sto sfogliando un proprio ora. Per non scatenare il panico, i reporter hanno scritto che il killer è morto nell’esplosione del Jolly Roger. Beh, forse è meglio così: per un po’ di tempo Ponyville sarà tranquilla.
“Problemi, Derpy?” Octavia mi guarda da fuori la stanza. Scuoto la testa e la raggiungo dopo aver posato la rivista.
Raggiungiamo in silenzio la porta chiusa della camera di Vinyl. Un po’ insicura chiedo a Octavia: “Sei sicura di volere che venga anche io? Insomma, è da tanto che non la vedi. Non vorrei essere di troppo”
Octavia resta ferma e si limita a dire: “No. Vieni” Poi muove uno zoccolo verso la porta e la vedo tremare.
“Derpy … ho una paura fottuta!”
Essere di troppo? Sono una sciocca!
Poggio il mio zoccolo sul suo e apriamo insieme la porta.
Circondata da pareti azzurre, la stanza emana una dolce sensazione di tepore. Situata alla nostra destra, di fronte al letto, c’è una postazione da DJ ricoperta di polvere. Chissà che non possa avere un effetto benefico su Vinyl!
L’unicorno è lì, sul letto. Indossa un paio di occhiali da sole e delle cuffie. Mentre entriamo non fa un movimento, né una smorfia. È da due anni che Octavia la trova in quello stato … solo ora capisco quel che continua a provare giorno dopo giorno.
“Ciao, Vinyl ...” Esordisce la detective “Posso … posso sedermi un po’ vicino a te?” Prende l’unica sedia e la sistema di fianco all’amica, mentre io mi mantengo in disparte vicino alla postazione da DJ.
“Lo sai, ho passato giorni interi a pensare a come avrei potuto parlarti di nuovo dopo tutto questo tempo, cosa avrei potuto raccontarti … eppure adesso sono molto confusa. Ah, che sbadata! Prima le presentazioni: Vinyl, quella pegaso è Derpy. Si è trasferita da circa un mese nel mio condominio. Te lo ricordi?”
L’unicorno rimane immobile. Mi domando se riesca a sentire Octavia nonostante le cuffie: la musica non glielo impedisce? O forse non riesce a sentire neanche quella.
“Ponyville è sempre la stessa, sai come la penso su questa città. Qualche giorno fa abbiamo risolto un importante caso. Io sto bene, non preoccuparti. È stata dura però, pensa che è dovuta intervenire perfino Spitfire. Spitfire, capisci? Non si faceva vedere da … no, nulla. Lascia stare. In ogni caso, Dash è stata felicissima, come puoi immaginare. Ah, ora ha un’assistente! Si chiama Fluttershy, è molto abile, avresti dovuto vederla!” Octavia parla con rapidità e a volte tossisce per non aver dosato bene il respiro. Poi si ferma e resta a guardare il muso inespressivo di Vinyl, e il suo sorriso, forzato fino al limite, lascia il posto all’amarezza.
“E io … io avrei dovuto essere qui con te. E invece mi sono tirata indietro. Ti ho lasciato sola … per così tanto tempo” Le accarezza il muso in un gesto disperato “Avevo perso ogni speranza, Vinyl. Vederti sempre lì, senza che ci fosse neanche il minimo miglioramento … non ce l’ho più fatta! Perdonami, Vinyl! Ti prego, perdonami!” Dice allungandosi verso di lei, poggiando il muso e le zampe sul letto, a pochi centimetri da quella dell’amica.
Nella stanza scende il silenzio, non si sente nemmeno il respiro di Octavia. Abbasso lo sguardo, consapevole di non poter essere d’aiuto, e una lacrima mi corre sul muso. Ma quando lo risollevo …
Octavia ha gli occhi spalancati, sbigottita; la sua testa è di nuovo alta. L’unicorno invece è nella stessa posizione di prima, ma il suo zoccolo ha raggiunto quello di Octavia.
Lo ha toccato.
Il movimento c’è stato, senza dubbio. Forse non se n’è accorta nemmeno lei stessa.
“Vinyl, tu …” Octavia non riesce a terminare la frase. Inizia a singhiozzare.
“Applejack aveva ragione. Tu mi stavi aspettando, vero?”
Dall’altra non giunge risposta, ma questo non importa. Qualcosa in Vinyl si è mosso, ha avvertito la presenza amica e ha voluto inviare una risposta.
Octavia le stringe lo zoccolo tra le zampe e … piange. A dirotto. È la prima volta che la vedo sfogarsi in questo modo; perfino quando mi raccontò il suo passato cercò di trattenersi e di controllare le emozioni. Adesso invece sta piangendo.
È un pianto liberatorio, caldo e dolce come l’abbraccio di una sorella maggiore che ti difende dal buio quando sei spaventato.
Mentre lei sussurra qualcosa a Vinyl, esco dalla stanza senza farmi notare, con le lacrime agli occhi.

“Ah-ah! Non mi prendi! Non mi prendi!”
Mentre cammino lungo il sentiero alberato sento la voce squillante di una puledrina poco lontana. A quanto pare la strada era giusta. Meglio così: sarebbe stato seccante perdersi nella campagna. Avanzo ancora un po’ quand’ecco che una piccola pony dalla criniera rossa sbuca fuori dagli alberi scontrandosi con me.
“Oh, diamine … chiedo scusa, mi dispiace tanto” Esclama mortificata.
“Non preoccuparti, va tutto bene. Senti, posso farti una domanda?”
“Certo!”
“Hai per caso visto passare una pony dal manto grigio? Si chiama Octavia”
La puledrina si fa pensierosa e sembra improvvisamente intimorita.
“Beh, io …”
“Chi lo vuole sapere?” Domanda una voce cavernosa alle mie spalle.
“Oh wow! Che fusto!” Girandomi vedo un enorme stallone rosso con un filo di paglia in bocca “Uno come lei sarebbe perfetto per le mie ricerche, lo sa?”
“Chi lo vuole sapere?” Ripete il colosso incattivendo un po’ il tono.
“Un’amica che vorrebbe salutarla. Sono Twilight Sparkle”
“Ah! Io la conosco!” Questa volta è una pegaso grigia a parlare. Ci raggiunge dal cielo mentre si toglie alcune foglie dalla criniera dorata. Questa zona si sta facendo un po’ troppo affollata.
“Lei è la scienziata che ha aiutato Octavia, vero?”
“Esatto, dolcezza. Vorrei scambiare due paroline con lei. Tu sai dov’è?”
“Certo! Big Mac, possiamo portarla alla tenuta? È un’amica”
Il gigante annuisce ma si vede che ancora non si fida. Beh, non importa. In ogni caso, decide di farmi strada.
Nel frattempo mi rivolgo alla pegaso: “Grazie dell’aiuto, dolcezza”
“Si figuri, è stato un piacere. Octavia mi ha parlato molto di lei”
“Sarebbe la prima volta. Tu invece come ti chiami?”
“Derpy Hooves. Sono un’amica”
Un’amica, eh? Interessante.
Raggiungiamo la tenuta e, dopo aver incontrato Octavia, riesco a convincere gli altri a lasciarci soli. Andiamo a sederci un po’ in disparte, all’ombra di un grande melo. Da qui si vede tutto quel che succede alla tenuta.
“E così alla fine hai vinto la partita, eh? Complimenti! Sapevo che ce l’avresti fatta!”
“Questo perché non hai conosciuto la mia avversaria. Ma dimmi: come mai sei qui? Ti conosco, non saresti mai venuta fin qui solo per complimentarti”
“Oh, vedo che non perdi tempo”
“No, infatti. Sono venuta qui per rilassarmi, se non ti dispiace”
“Sì, effettivamente te lo meriti”
Restiamo in silenzio per un po’ e osservo Derpy e l’altra puledrina giocare a nascondino.
“Dunque … è lei, vero? La puledra di cui mi hai parlato quel giorno”
Lei non mi risponde.
“Incredibile … lo Sguardo …”
“Cosa diavolo vuoi, Twilight? Credi che ti permetterò di trasformare Derpy nel tuo giocattolino?” Sbotta infuriata.
“No, tranquilla. Ho capito quanto tieni a lei. Però … non posso far finta che non mi interessi”
“Perché? Hai detto che lo Sguardo non si manifesta nel modo che ti ho descritto”
“Tu mi hai descritto il modo tradizionale. Ma pensaci: potrebbe essere un nuovo tipo di Sguardo! Una sua evoluzione! E potrei scoprirlo io!”
La guardo correre e scherzare, innocente e inconsapevole delle sue potenzialità.
Oh, sì … osserverò la crescita di quella ragazza con grande interesse.   

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Capitolo 18
*** Epilogo: I pezzi si muovono ***


“Prego, signor Rich: il nostro agente le farà da guida”
“La ringrazio. Scusi ancora per il disturbo”
Raggiungo la guardia, un enorme stallone con occhiali scuri e divisa nera, e ci mettiamo in marcia per raggiungere il piano sotterraneo più basso del tetro edificio.
Quanto più scendiamo, tanto più aumenta la sorveglianza. Ogni guardiano indossa la stessa divisa della mia guida ed è bene armato. Alcuni di loro parlano con dei medici o danno ordini a dei subordinati; ne vedo uno sbattere con forza un manganello sulle sbarre di una cella per far cessare il delirio insensato di un carcerato. Ovunque si sentono urla, pianti e un incomprensibile biascicare. Qualcuno dei reclusi fa anche alcuni commenti lascivi e disgustosi su un’infermiera di passaggio, la quale sembra però abituata a certi fastidi e lascia correre.
Giungiamo infine all’ultimo piano, il sesto. Davanti a noi, due unicorni sorvegliano un enorme portone rinforzato.
Il pony nero mostra il documento di permesso rilasciato all’ingresso e spiega: “Il signor Rich vorrebbe parlare con il detenuto 517”
Senza scomporsi, i due aprono il portone con la magia e ci permettono di accedere al lungo corridoio di detenzione dove sono segregati gli elementi più pericolosi.
La strada è illuminata con degli alti bracieri su cui risplendono fiamme verdi. Due cose rendono questo corridoio diverso dagli altri. In primo luogo, le celle non hanno sbarre ma massicce porte con solo un piccolo spazio quadrato per guardare all’interno. L’altra caratteristica di questo piano è il silenzio: se prima, ovunque andassi, ero costretto a sentire i versi assurdi di quelle bestie, ora sento soltanto il rumore dei nostri zoccoli sul pavimento. L’atmosfera è da brividi.
Raggiungiamo la cella e, prima di entrare, prendo un rotolo di banconote dalla tasca e lo mostro alla guida.
“Naturalmente tu non sentirai nulla di quel che verrà detto qui dentro”
Lo stallone sorride furbescamente e afferra il denaro chiedendomi: “Come ha detto, signore?” Poi apre la porta e mi introduce alla detenuta: “C’è una visita per te”
“Wow, erano anni che qualcuno non passava a salutarmi! A saperlo, mi sarei data una sistemata”
Trixie è seduta su una piccola branda. Il suo manto, un tempo di una meravigliosa tonalità blu, è sudicio e la criniera e la coda sono arruffate e rovinate; il corno è inserito in un cono di contenimento magico che le impedisce ogni tipo di incantamento.
“La trovo più incantevole che mai, signorina Trixie”
“Non tirarla per le lunghe, dongiovanni: conosco il mio aspetto. Dimmi invece: cosa ci fa uno dei pony più ricchi di Equestria nell’oscuro manicomio di Arkhay?”
“Ah, quindi lei mi conosce? Eppure due anni fa non ero ancora diventato quel che sono oggi”
“Le notizie arrivano anche qui, cosa credi? Ho un buon rapporto con i secondini”
“Ottimo, allora sarà tutto più semplice” Replico soddisfatto “Vede, mi sto lanciando in politica. Mayor Mare è morta e Ponyville ha bisogno di un sindaco forte”
“Tanti auguri per le elezioni. Ma io cosa ho a che fare con tutto questo?”
“Vede, non tutti i cittadini mi sostengono e vincere potrebbe non essere tanto scontato. Ma ho elaborato un piano vincente e per metterlo in pratica ho bisogno di lei. Le piacerebbe tornare alla luce del sole, signorina Trixie? Io potrei aiutarla”
“Oh, che gentile” Dice con un tono canzonatorio che non apprezzo. Ma non voglio pensare che lei …
“No”
“Prego?”
“Non ci senti? Ho detto no”
Sta scherzando, sta sicuramente scherzando. Vorrà mettermi alla prova.
“Signorina Trixie, capisce quel che dico? Le sto offrendo la libertà!”
“Mi credi una stupida, Rich? Non sono interessata a uscire da qui, tantomeno per aiutare una iena che ha spolpato il mio impero dopo la mia caduta. E poi io sto bene qui: tutte le guardie hanno un debole per me, i detenuti mi temono, il cibo è buono e vengo a sapere tutto ciò che accade a Ponyville. Perché dovrei diventare tua alleata?”
“Per essere libera!” Sbraito furioso “Per tornare potente come un tempo!”
“No, il potere andrebbe a te. Io sarei solo un tuo strumento. La mia risposta è no. Guardia, qui abbiamo finito!”
La porta della cella si riapre e l’agente cerca di tirarmi fuori invitandomi al buon senso. Provo ad aggrapparmi alla porta e a puntare gli zoccoli a terra ma il bestione è molto più forte di me. Non posso far altro che urlare.
“Sta sprecando un’occasione, Trixie! Posso darle quel che vuole: potere, soldi, qualunque cosa!”
“Noioso! Sei no-io-so!” Sono ormai fuori dalla cella e la porta sta per chiudersi.
“Posso darle Octavia Melody!”
“Fermo!”
La guardia obbedisce prontamente e riapre la porta ubbidendo alla richiesta di Trixie. Lei mi domanda seria: “Lo faresti davvero?”
Mi rimetto in sesto e rispondo sicuro: “Certamente!”
Un lampo attraversa i suoi occhi che ritrovano la vitalità di un tempo. Inizia a ridere in estasi. Il corridoio trasmette un’eco spaventosa, il cono di contenimento brilla di un’intensa luce rossa che spaventa anche la guardia. Prova a correre per chiamare i rinforzi ma non c’è niente di cui preoccuparsi: Trixie non farà passi falsi.
Neanche l’oggetto magico riesce a contenere totalmente l’enorme potere di Trixie e tutti i bracieri del corridoio si spengono.
Cala l’oscurità.
Scende il freddo.
Ho vinto.

Manehattan, capitale della moda e dello spettacolo del regno di Equestria. Oh, io adoro questa città! È sempre così movimentata, così piena di vita! È una delle poche città in cui per divertirmi mi basta osservare la vita quotidiana degli abitanti. Possono esserci liti tra negozianti e clienti, incidenti tra calessi oppure le magnifiche feste e fiere famose in tutta Equestria. Non sai mai cosa possa accadere da un momento all’altro! Certo, questa situazione potrebbe non piacere a tutti, ma a me che importa? Resti a casa chi non ce la fa a buttare all’aria la città!
Ma credo sia arrivata l’ora di andare: rischio di fare tardi.
Afferro il fagottino al mio fianco e mi incammino verso la periferia. Impiego circa mezz’ora per raggiungere la zona del vecchio ponte in disuso e non vengo visto da nessuno, tranne che da un vecchio barbone ubriaco che entro domattina mi avrà già dimenticato. In questa discarica, tra rifiuti di ogni tipo, vedo lei, impegnata in una disperata ricerca di un po’ di cibo.
L’ho cercata per così tanto tempo che non mi sembra vero di averla qui, davanti a me. Nemmeno il cappuccio può oscurare la sua bellezza.
“Chi va là?” Urla la pony sollevando gli zoccoli in posa difensiva.
“Bonsoir, mademoiselle! La prego, non si agiti, non voglio farle del male” Mi siedo su una cassa di legno e la invito a fare altrettanto, ma lei continua a osservarmi e mantiene alta la guardia. Beh, posso capirla.
“Chi sei?”
“Potresti definirmi il tuo ammiratore numero uno. Posso darti del tu, vero? Ho seguito le tue vicende a Ponyville dai giornali. Avrei tanto voluto incontrarti ma ero davvero molto impegnato con un certo progetto, e poi ho pensato che sarebbe stato meglio non disturbarti. Ma poi un mese fa ho letto che eri stata fermata e … oh, è stato terribile! Dopo aver capito che eri ancora viva, ti ho cercata ovunque, rinunciando a ogni altro mio compito. E ora ti ho finalmente trovata, Pinkamena!”
Lei però scuote la testa e spiega: “Pinkamena? Noi non siamo più né Pinkie Pie né Pinkamena. Nessuno riesce a prendere il sopravvento sull’altra, ci muoviamo solo per soddisfare gli istinti primari. Noi siamo vuote! Guardaci!” E si abbassa il cappuccio mostrandomi la criniera, la metà sul lato sinistro totalmente liscia e quella sul lato destro vaporosa e ricciuta. La sua espressione è allo stesso tempo assente e gioiosa e riesce a farmi correre un brivido lungo la schiena.
A me!
È davvero meravigliosa!
Cerco di rincuorarla: “Non abbatterti, povera cara. Vedrai che riuscirò ad aiutarti. E pensa: so anche come iniziare” E le mostro il mio fagottino “Qui dentro ho un regalo per te! Oggi è il tuo non-compleanno, vero?”
Lei si scuote come attraversata da una scarica elettrica.
“Il … mio …”
“Sì, lo è! E quindi ti ho fatto un regalo. Ma non è questo il posto adatto ad aprirlo, in mezzo a tutta questa immondizia. Ho prenotato un posticino tranquillo solo per noi due. Ti fidi di me?” Le dico porgendole una zampa.
Lei allunga la sua, timorosa ma incuriosita, e risponde: “Sì …”
La porto in uno degli alberghi più esclusivi della città. Superiamo la porta girevole dell’ingresso e, camminando sul tappeto rosso, raggiungiamo la reception.
“Salve, Alfred! Bella serata oggi, nevvero?”
“Woof woof!”
“Sì, è quel che dico anch’io. Potrei avere la chiave per il tetto?”
L’elegante pony mi passa una piccola chiave dorata e io gli lancio un osso come ricompensa. Prima di salire, domando alla mia ospite se non preferirebbe levarsi il mantello.
“Non c’è nessuno che possa trovarti qui, credimi. Posalo anche lì sull’appendiabiti” Un po’ titubante, Pinkamena appende il mantello al corno dell’unicorno bianco vicino all’ingresso e poi mi segue.
Raggiungiamo il tetto. La vista è magnifica, tutta Manehattan è alle nostre zampe. L’inquinamento luminoso rende impossibile vedere il cielo stellato, ma fortunatamente l’astro più splendente cammina al mio fianco.
“Non c’è posto migliore dove festeggiare. Bene, è tempo di regali! Buon non-compleanno, Pinkamena”
Il fagottino è avvolto in una mantellina con cappuccio e racchiude un minuscolo puledrino, avrà al massimo qualche giorno di vita. I disegni sulla mantellina la fanno somigliare a un uovo.
“Ricordi la storia di Humpty Dumpty, cara?”
Pinkamena annuisce e lentamente, con grande sforzo, riesce a sorridere.
Un sorriso bellissimo.
Poggia il cucciolo sul bordo del tetto e quello inizia a piangere, forse per il freddo. Lei si volta un’ultima volta verso di me, per essere sicura.
“Coraggio …” Sussurro.
E lei agisce.
Con un rapido gesto spinge giù il cucciolo. Il suo pianto si affievolisce e viene sostituito dall’esplosione di una risata troppo a lungo trattenuta.
Amore, amore! Quali atti io compio per amore! 

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