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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le colpe dei padri ***
Capitolo 2: *** Avrò cura di te ***
Capitolo 3: *** Nuovi inizi ***
Capitolo 4: *** La storia si ripete ***
Capitolo 5: *** Lui vive in te ***
Capitolo 6: *** Legami famigliari ***
Capitolo 1 *** Le colpe dei padri ***
“Molte
fiate già pianser li figli
Per
la colpa del padre.”
Dante,
canto VI del Paradiso
Malfoy
Manor, agosto 2017
“Immagino
che vi starete chiedendo il motivo di questo invito
qui a Malfoy Manor.”
Lucius
Malfoy aveva ragione; suo figlio, sua nuora e suo
nipote avevano uno sguardo perplesso e incuriosito. Era raro che Lucius
li
invitasse nella sua dimora, da quando tre anni prima il Vaiolo di Drago
aveva
stroncato sua moglie Narcissa. Solitamente era lui a recarsi in visita
nella
loro casa di Diagon Alley. Un invito da parte sua era una circostanza
decisamente insolita, ed era evidente che non era dettato solo dal
semplice
desiderio di vederli, ma nascondeva un secondo fine.
“Di
rado siamo onorati dal piacere di un invito da parte tua,
padre mio.”
“Avverto
un tono di rimprovero nella tua voce, figlio mio. È
vero che non sono solito ospitarvi qui, del resto questa non
è una casa
qualsiasi. È importante preservare le roccaforti della magia
antica, e non
contaminarle frequentandole sovente.” Con
l’età, Lucius Malfoy era diventato
estremamente pedante. Draco, che stringeva il braccio di Astoria,
avvertì che
sua moglie era infastidita dal discorso. Era difficile biasimarla.
Prima che
Astoria aprisse la bocca per insinuare che Lucius avrebbe dovuto
lasciare
Malfoy Manor, per evitare di contaminarla con la sua presenza viscida,
Draco
intervenne.
“Come
desideri, padre. È evidente che c’è una
ragione di
grande importanza, se ci hai convocati qui. Non indugiare, dunque, e
spiegaci
il motivo di questo invito.”
“Benissimo,
non esiterò un solo istante. Desidero offrire a
mio nipote il regalo per il suo undicesimo compleanno.” Draco
parve perplesso,
si aspettava qualche questione di grande rilevanza, non il regalo per
il compleanno
di Scorpius, che avevano festeggiato due mesi prima.
Anche
Scorpius era sorpreso, non era abituato a tanta
considerazione da parte di suo nonno. Era sempre stata nonna Narcissa a
coccolarlo e vezzeggiarlo, ma da Lucius aveva sempre avuto poca
attenzione.
Un
Elfo domestico porse a Lucius un pacchetto rettangolare di
piccole dimensioni. Lucius lo prese in mano e, con fare solenne, lo
consegnò al
nipote. Scorpius lo prese e lo scartò, titubante.
All’interno trovò un
bracciale in argento decorato con piccole M di smeraldi verdi.
Provò a
infilarlo al polso, ma era un oggetto troppo pesante per il braccio di
un
bambino, e gli cadde. Astoria ne rallentò la caduta con un
colpo di bacchetta e
lo afferrò prima che toccasse terra, sotto lo sguardo colmo
di biasimo del
suocero.
“Forse
ho commesso un errore a pensare che tu fossi già degno
di questo dono, Scorpius Malfoy. Ti ricordo che sei l’ultimo
discendente di una
nobile stirpe Purosangue, e che quando arriverai a Hogwarts dovrai
difendere il
nostro onore, gravemente macchiato negli anni più
recenti.”
Era
quello il vero motivo per cui erano lì. Quel discorso era
la ragione che aveva spinto Lucius ad aprire le porte del suo maniero,
non il
regalo per Scorpius. Il bracciale era un mero pretesto per poter
rivolgere al
nipote quelle parole.
“Dovrai
applicarti molto, Scorpius, perché i Malfoy devono
avere risultati eccellenti in tutte le discipline. Inoltre,
sarà bene che tu
frequenti solo nobili Purosangue, e non ti mescoli con la feccia. Stai
lontano
da tutti i figli dei Weasley, quegli sporchi traditori del loro sangue
e la
loro progenie infestano la scuola, ma troverai il modo di selezionare
le tue
compagnie con cura.”
Scorpius
era sempre più attonito da quei discorsi, ormai
nessuno li faceva più. Nella società del
Dopoguerra in cui lui era nato, chi si
ostinava a tirare in ballo la Questione del Sangue veniva giudicato un
simpatizzante del vecchio regime, e si ritrovava quasi sempre isolato
dalla
società. Era ciò che era successo a quasi tutti i
vecchi Mangiamorte come
Lucius, che non se ne curavano e si chiudevano nelle loro dimore, come
reietti.
La generazione dei giovani, al contrario, era riuscita a svincolarsi
dai legami
con i Mangiamorte rinnegando ogni giuramento e mostrando devozione al
nuovo
regime del Ministero della Magia. Era ciò che aveva fatto
Draco, più che per un
desiderio di riuscita, per proteggere Astoria e Scorpius dalle
maldicenze della
società. Si era costruito una fama di onesto dipendente del
Ministero, e ora la
sua famiglia aveva la vita tranquilla a cui lui aveva anelato sin dalla
fine
della guerra. Non desiderava gli onori e la gloria di cui erano stati
investiti
Potter e i suoi. La sua famiglia li aveva ricercati per secoli, e i
risultati
erano stati disdicevoli. Ora lui, un Malfoy cambiato dalle circostanze
della
vita, rifiutava qualunque forma di notorietà. Tuttavia,
aveva il sospetto che
qualcosa sarebbe cambiato, una volta che i nati nel 2006 avessero fatto
il loro
ingresso a Hogwarts. Il suo mondo avrebbe potuto essere scosso di
nuovo.
Il
discorso di Lucius risultò quanto mai sgradito alle
orecchie del figlio, che decise di lasciare rapidamente Malfoy Manor,
per
tranquillizzare uno Scorpius agitatissimo. Una volta usciti dal
territorio di
pertinenza del maniero, i Malfoy si Smaterializzarono a Diagon Alley.
Era
ora di cena, così Astoria chiamò l’Elfa
Poppy, la quale
accorse quasi subito con una zuppiera. I tre sedettero a tavola, e
consumarono
il pasto in un silenzio quasi completo, perché ciascuno era
perso nei propri
pensieri. Draco e Astoria non amavano parlare tanto per fare
conversazione, di
solito se aprivano la bocca era per un motivo preciso. Sembravano aver
trasmesso questa caratteristica anche al loro Scorpius.
Poiché
la giornata era stata piuttosto stancante, dopo cena
Scorpius annunciò che sarebbe andato a letto. Mentre lui si
allontanava, Draco
si accorse che la moglie aveva qualcosa di cui parlargli, probabilmente
qualcosa che non voleva che Scorpius sapesse. Decise di aspettare il
momento
che lei avrebbe ritenuto più opportuno. I due coniugi erano
soliti trascorrere
le serate nel loro salotto, sul sofà, a conversare o
leggere. Quella sera,
Draco aveva già preso posto sul divano quando Astoria
comparve sulla soglia.
“Qualcosa
non va, mia cara?” le domandò.
“Tu
credi che andrà tutto bene?” il tono di Astoria
tradiva
una grande angoscia. Draco non era facile alla commozione, ma le
preoccupazioni
di sua moglie lo intenerivano, soprattutto perché erano
rare. Non era mai stata
il genere di donna che cova ansie inutili, quindi il fatto che fosse in
apprensione indicava che c’era seriamente qualcosa di cui
preoccuparsi.
“Credo
che Scorpius saprà agire molto meglio di quanto non
abbia fatto io. È estremamente più saggio,
rispetto a me alla sua età. Spero
che non si lascerà suggestionare dai discorsi di quel
vecchio folle di mio
padre.”
“Non prendiamoci in giro, Draco, quelli non sono i
vaneggiamenti di un vecchio
folle, sono gli stessi che hanno condotto tuo padre, e la tua famiglia
con lui,
a imbarcarsi in una guerra. Io non voglio che Scorpius sia coinvolto,
è un
ragazzino, solo un bambino. Ha diritto di trascorrere tranquillo i suoi
anni a
Hogwarts, non permetterò che facciano ricadere su di lui le
colpe di chi lo ha
preceduto.”
“Astoria,
ti prego, non parlarmi come se non me ne importasse
nulla. Sai, meglio di chiunque altro, che in tutti questi anni ho
lavorato per
riabilitare il nome della mia famiglia, che mio padre aveva gettato nel
fango.
Sai che non è stato facile, potresti enumerare tutte le
cattiverie che ho
dovuto subire, tutte le porte che mi hanno chiuso in faccia.
È inevitabile che
qualcuno farà commenti sgradevoli, ma devi fidarti di nostro
figlio. È un
ragazzino brillante, potrà anche assomigliarmi fisicamente,
ma ha ereditato
tutta la tua intelligenza, e saprà come
comportarsi.” Astoria sprofondò il viso
nell’incavo della spalla del marito.
“Ho
paura che succeda di nuovo, e che Scorpius sia coinvolto.”
Draco rabbrividì. Lui stesso avrebbe preferito morire,
piuttosto che assistere
di nuovo a una guerra, soprattutto ora conosceva la
paternità, e capiva cosa
dovevano aver provato i suoi genitori durante la sua adolescenza, ora
che la
paura che potesse succedere qualcosa a Scorpius non lo abbandonava mai.
“Farò
di tutto perché non accada.”
“E
quel vecchio pazzo che gli dice di non mischiarsi con i
Sanguesporco! Come se non dovessimo ringraziarli, i Sanguesporco, per
essere
stati clementi con noi.” Draco la strinse a sé,
per cercare di calmarla.
“Astoria,
stai tranquilla, ti prego. Scorpius non si fida di
mio padre, te ne sei accorta?” nel suo tono c’era
una grande amarezza per i
propri difficili rapporti con il genitore.
“Non
si fida, è vero. Probabilmente, se Narcissa fosse ancora
viva, la situazione sarebbe diversa, ma è evidente che
Scorpius non ama neppure
recarsi in visita a Malfoy Manor, perché associa la casa a
tuo padre. Il
problema è questo, Scorpius è un bambino chiuso e
conosce pochi coetanei, non
sappiamo come si comporterà a Hogwarts, e ho paura che
faccia qualche
sciocchezza. Basterebbe un passo falso per essere segnato a vita come
razzista
e disprezzatore di Mezzosangue, vista la fama che hanno i suoi
predecessori.
Sai che nel suo stesso anno ci sono Albus Potter e Rose Weasley, con
ogni
probabilità sarà Smistato in Serpeverde, e
scommetterei la bacchetta che il
figlio di Potter finirà in Grifondoro: un nome, una
garanzia! E tutti
penseranno che la storia si ripeta.”
“Un
nome, una garanzia, tu dici. E dici bene, mia cara.
Conosci il secondo nome di Albus Potter?”
“Ha
un secondo nome?”
“Severus.”
“Come
Piton? Per quella storia che è uscita sul Profeta dopo
la Battaglia di Hogwarts?”
“Esattamente.
Senza che Potter lo sapesse, per anni Piton è
stato il suo protettore. Non c’è strega o mago,
vivo o morto, a cui Harry
Potter sia debitore come a Severus Piton. Le persone cambiano, o
rivelano la
loro vera identità. Il nostro mondo non è
più quello che era prima della
guerra. Le nostre certezze sono crollate. È iniziata una
collaborazione nuova,
in una realtà in cui un Potter può portare il
nome di Severus Piton. Nulla
potrebbe davvero essere come prima, e dobbiamo tenerne conto.”
Finalmente
rassicurata, Astoria si abbandonò all’abbraccio
del
marito, alla meravigliosa sensazione di sicurezza che lui le dava.
Astoria,
spossata dalle preoccupazioni che l’avevano
attanagliata per tutta la giornata, era già andata a letto.
Draco, dopo essere
rimasto qualche tempo in salotto per occuparsi di alcune faccende
burocratiche,
decise di passare a controllare Scorpius prima di andare a dormire. Lo
trovò
sveglio, immerso nella lettura di uno dei libri scolastici che avevano
acquistato pochi giorni prima, al Ghirigoro. Sorrise, ricordando
l’abitudine di
Hermione Granger di leggere tutti i libri ancora prima
dell’inizio dell’anno
scolastico. Era strano, quel giorno non faceva altro che pensare alla
famiglia
Weasley. Si chiese se non ci fosse un significato, visto che succedeva
poco
prima dell’arrivo di Scorpius a Hogwarts.
“Scorpius,
è meglio se
spegni la luce, è tardi.”
“Lasciami
solo finire il
capitolo, papà, altrimenti perdo il filo.” La
somiglianza con Hermione Granger era
sempre più inquietante, ma era sciocco pensare a lei, quando
era evidente che
Scorpius aveva ereditato dalla madre la curiosità e
l’amore per la conoscenza.
“D’accordo,
d’accordo. Ma
tra dieci minuti voglio la luce spenta.”
“Ho
finito. Papà, posso
farti una domanda?”
“Certo,
Scorpius.” Draco
si augurò che non fosse una domanda di Trasfigurazione,
perché non ricordava
assolutamente nulla della teoria del primo anno.
“Chi
sono gli Weasley?”
Suo padre pensò che, tutto sommato, la Trasfigurazione del
primo anno non
sarebbe stata male, come domanda.
“Sono…una
famiglia di
maghi. Una famiglia molto numerosa, e hanno tutti, o quasi, i capelli
rossi.”
“Perché
il nonno dice che
sono traditori del loro sangue? Cosa significa essere un traditore del
proprio
sangue?”
“É
una vecchia diceria,
non è una cosa gradevole da dire su qualcuno.
C’è stato un tempo in cui queste
cose erano importanti, per alcuni lo erano più che per
altri. Prima che tu
nascessi, maghi e streghe hanno combattuto e sono morti, per colpa di
queste
farneticazioni. Molti hanno imparato dai propri errori che non si
giudica una
persona in base al suo sangue, ma in base alle scelte che fa. Tuo nonno
si
ostina a non capirlo, e probabilmente non lo capirà
mai.” Draco si chinò a
baciare il figlio sulla fronte, poi raggiunse la moglie nella camera da
letto.
Ω
In
Grimmauld Place 12, la
serata si stava svolgendo in maniera stranamente tranquilla. James, che
pochi
giorni dopo avrebbe cominciato il suo terzo anno a Hogwarts, si era
chiuso in
camera per finire i compiti, e i suoi fratelli, Albus in particolar
modo, non
sentivano la mancanza dei suoi continui scherzi e battute. Il
primogenito di
Harry e Ginny possedeva una lingua tagliente e una certa inventiva in
fatto di
scherzi che potessero mettere in difficoltà Lily e Albus,
quest’ultimo il suo
bersaglio preferito. Ginny ricordava che, sin dalla nascita di Al,
James aveva
mostrato una forte gelosia nei confronti del fratellino, probabilmente
una
conseguenza del suo costante bisogno di essere al centro
dell’attenzione. E
dire che Albus, come suo padre, non ricercava mai le luci della
ribalta, e se
si trovava ad essere oggetto d’interesse per qualche motivo,
era il primo a
stupirsene.
Harry
era seduto sul
divano, e leggeva la Gazzetta del Profeta. Era estremamente
concentrato, e
nessuno si sarebbe permesso d’interromperlo. Di tanto in
tanto sbuffava e
faceva leggere uno stralcio di articolo alla moglie. Ginny, nel
frattempo,
stava facendo ripetere le tabelline a Lily, che pochi giorni dopo
avrebbe ricominciato
le lezioni con un precettore. Albus si godeva la serata completamente
priva di
scherzi da parte di James, sfogliando il suo primo libro di
Trasfigurazione,
ereditato dal fratello, con quel misto di gioia e angoscia che
accompagna i
nuovi inizi.
All’improvviso
si udì
suonare alla porta, e Lily andò ad aprire. Harry era
piuttosto infastidito,
probabilmente lo disturbava l’interruzione della lettura del
giornale.
Dall’anticamera si udì Lily gridare:
“Teddy!”
Pochi secondi dopo, Teddy
Lupin, con l’inconfondibile
ciuffo azzurro, fece il suo ingresso nella sala, la bambina avvinghiata
a sé.
Il
disappunto di Harry
scomparve completamente: era sempre felice di vedere il suo figlioccio.
Teddy
rappresentava per il padrino il legame tra il passato e la nuova
generazione.
Era impossibile non pensare a Remus e Nimphadora ogni volta che lo si
guardava,
e ancora di più quando si conoscevano la sua
sensibilità e la sua simpatia, ma
era così giovane e brillante che infondeva negli adulti un
senso di fiducia nei
confronti della sua generazione, i figli della guerra, nati alla fine
di
un’era, a cavallo tra due epoche del mondo magico.
“Ted
Lupin! Sono contento
di vederti, come sempre.” Harry andò incontro al
ragazzo, sorridente.
“Ho
pensato di passare a
salutare i ragazzi, visto che per un po’ non li vedremo.
-Disse Teddy,
rivolgendo un sorriso ad Albus -Ma dov’è
James?”
In
quel momento, si udì
una serie di tonfi dalle scale, e poco dopo James aveva scalzato Lily
dal suo
posto in braccio a Teddy per scagliarsi contro il ragazzo con irruenza.
Lui non
parve scomporsi, dando segno di essere abituato a quel genere di
attacchi da
parte del figlio maggiore di Harry e Ginny.
“James!
Sei pronto per il
gran ritorno?”
“Ehm…quasi.”
Arrossì il
tredicenne.
“Diciamo
che qualcuno è
rimasto di nuovo indietro con i compiti di Trasfigurazione- intervenne
Ginny- e
ora farebbe bene a tornare a studiare!” James si fece mogio.
Nel
frattempo, Harry fece
segno a Teddy di seguirlo e gli offrì un calice di Whiskey
Incendiario Ogden
Stravecchio. Una volta che James fu tornato in camera sua, Lily ne
approfittò e
si sedette in braccio al giovane. Harry sospirò. I suoi
figli non avevano alcun
ritegno con quel povero ragazzo, che consideravano alla stregua di un
fratello
maggiore, e pretendevano da lui continue attenzioni, come quando era un
bambino
e giocava con loro. Ma Teddy non era più un bambino, aveva
diciannove anni ed
era al secondo anno del triennio di preparazione per
l’accesso alla carriera di
Auror. A Harry sarebbe piaciuto pensare di aver avuto
un’influenza sulla scelta
professionale del figlioccio, ma era chiaro che non ci si sarebbe
potuti
aspettare altro dal figlio di un professore di Difesa contro le Arti
Oscure e
un’Auror.
“Lily,
non infastidire
Teddy, non credo che sia venuto qui per lasciarsi funestare la serata
da te.
Non sei più una bimba piccola.” Dopo aver
pronunciato queste parole, Harry si
rese conto dell’errore commesso. L’occhiataccia che
ricevette da parte di Ginny
glielo confermò.
“Se
non sono più una
bambina piccola, perché non posso andare a Hogwarts?
Dovrò rimanere qui da
sola, mentre Albus e James saranno là a divertirsi con i
cappelli che parlano e
i carri senza cavalli.” Si ribellò Lily,
scoppiando a piangere.
“Ne
abbiamo già parlato,
Lily, quando sarà il momento ci andrai anche tu.”
“E
poi, dubito che io mi
divertirò, con James che mi prenderà in giro
continuamente.” Intervenne Albus,
per incoraggiare la sorella. Lily, però, era inconsolabile.
“Non
piangere, Lily.
Vedrai che io e te ci divertiremo un sacco, senza James tra i piedi.
Verrò a
trovarti spesso e, quando la mamma ti lascerà, andremo a
Diagon Alley a
prendere il gelato da Florian Fortebraccio.” Le sorrise
Teddy, stringendola a
sé. Come spesso succedeva quando stava con Lily, i suoi
capelli diventarono
rossi. I singhiozzi della bambina diminuirono.
“Sei
molto gentile, Teddy,
ma non devi sentirti obbligato.”
“Non
mi sento obbligato,
Harry. A volte penso di avere bisogno di Lily, Albus e James
più di quanto loro
ne abbiano di me.” Harry
capì a cosa si
riferisse il suo figlioccio. Lui, più di tutti, poteva
comprendere cosa
significasse non avere alcun ricordo dei propri genitori. Certo,
perlomeno
Teddy era stato cresciuto da una nonna amorevole, Andromeda, e non dai
Dursley.
Inoltre, non era il Prescelto, sempre nelle mire di un temibile mago
oscuro.
Tuttavia, padrino e figlioccio condividevano il senso di perdita,
mancanza,
assenza di chi ha perso i propri punti di riferimento. Negli ultimi
diciannove
anni, Harry aveva fatto tutto ciò che gli era possibile per
sopperire a
quell’assenza, memore di ciò che aveva significato
per lui Sirius Black. Teddy
aveva trovato in lui e Ginny una seconda famiglia, in James, Albus e
Lily i
fratelli che non avrebbe mai potuto avere.
“È
normale che tu senta il
bisogno di stare con loro, non c’è nulla di strano
in questo.” Disse Ginny a
Teddy, con dolcezza. Lui le rivolse un sorriso pieno di affetto.
“In
realtà, salutare i
ragazzi non è l’unico motivo per cui sono venuto
qui, stasera. Ho delle domande
che vorrei porvi. Domande su mio padre.” I coniugi Potter si
scambiarono
un’occhiata, dopodiché invitarono i loro figli a
lasciare la stanza. Teddy
conosceva molte cose sui suoi genitori, ma c’era
un’informazione particolare
che Andromeda, Harry e Ginny, di comune accordo, avevano deciso di
tenere
nascosta finché il ragazzo non fosse stato adulto,
finché non fosse stato
pronto.
Una
volta che Albus e
Lily, di mala voglia, furono usciti, Harry e Ginny si sedettero di
fronte a
Teddy e, con sguardo preoccupato, attesero che parlasse.
Il
ragazzo sembrava
esitare, come se si stesse domandando se veramente voleva conoscere la
risposta
alla domanda che stava per porre. Harry, da parte sua, temeva il
momento di
comunicare al figlioccio l’ultimo segreto, il più
terribile. Ginny, che di
solito manteneva la calma anche nei momenti peggiori, dava segni di
agitazione,
graffiando la fodera del divano con le proprie unghie.
“Sin
da quando ero poco
più che un bambino, dal mio primo anno a Hogwarts, sono
venuto a sapere molte
cose sulla mia famiglia d’origine, abbastanza da giustificare
che la gente
s’interessasse a me più di quanto sarebbe stato
normale. Tra due genitori morti
nella Battaglia di Hogwarts, un nonno assassinato perché
Nato Babbano, una
nonna Black che è fuggita con lui rinnegando la famiglia e,
non ultimo, un
padrino come te, Harry, c’era abbastanza di cui parlare anche
se io fossi stato
un Magonò.” Harry sorrise, sapeva bene quanto
Teddy detestasse quelle
attenzioni, lui che preferiva sempre e comunque rimanere
nell’ombra.
“Aggiungici
i tuoi dodici
M.A.G.O., l’aspetto mutevole e la spilla da Caposcuola di
Tassorosso e c’è di
che parlare finché Fleur non perde l’accento
francese.” Commentò Ginny.
“Appunto.
Sin dallo
Smistamento sono stato al centro dell’attenzione, con
risultati non sempre
brillanti, data la mia tendenza
a…ehm…inciampare.” Arrossì
il giovane.
“Il
tuo padrino era
peggio, oltre ad attirare l’attenzione, attirava anche i guai
a ogni passo che
faceva.” Lo rincuorò Ginny, indicando il marito.
“Ginny,
ti prego.”
“Hai
ragione, hai ragione. Coraggio
Teddy, vai avanti.”
“In
sintesi, sono sempre
stato abituato alle persone che esitavano quando venivano a sapere come
mi
chiamo, ma al Ministero, l’altro giorno, è
successo qualcosa di diverso.”
“Ossia?”
“Stavamo
facendo
un’esercitazione pratica, quando è arrivato un
ospite, un famoso insegnante di
arti marziali giapponese, accompagnato da un’addetta del
Ministero. Abbiamo
interrotto l’esercitazione e ognuno si è
presentato al nuovo venuto. Quando io
ho detto il mio nome, l’addetta del Ministero ha avuto un
sussulto, poi ha
preso da parte il professor Johnson e hanno confabulato per qualche
minuto.
Poco dopo, Johnson mi ha chiesto di uscire dall’aula e mi ha
mandato a cercare
un impiegato di non so più quale ufficio. Io l’ho
cercato per un’ora, ma non
l’ho trovato, e quando sono tornato a lezione il corso di
arti marziali era
finito!”
Harry
capì quello che era
successo. Era fuori di sé, ma cercò di contenersi
per fare alcune domande a
Teddy prima di sganciare la bomba.
“Puoi
descriverci
l’addetta del Ministero che ha preso da parte
Johnson?”
“Poteva
avere la vostra
età, aveva i capelli neri e la faccia un po’ come
quella di un carlino.” Harry
trasalì, e poteva avvertire l’agitazione di Ginny,
a fianco a sé.
“Pansy
Parkinson” ringhiò
tra i denti la donna, in modo che solo Harry potesse sentire. Lui le
fece segno
di non perdere la calma, dovevano rimanere tranquilli per non
sconvolgere
Teddy.
“Quel
professore
giapponese chi era? Si trattava di una personalità
importante?”
“Piuttosto
importante, si.
Figurarsi che è arrivato a Londra con la scorta.”
“Quindi
qualcuno che il
Ministero non vorrebbe finisse in pericolo?”
“Direi
proprio di no.”
Harry
sospirò. Era giunto
il momento di rivelare la verità. Quella parola gli
ricordò una frase
pronunciata, molti anni prima, da un mago a cui lui aveva voluto molto
bene.
“La verità è una cosa meravigliosa e
terribile, e per questo deve essere
trattata con enorme cautela.”
“Teddy,
c’è una cosa che è
giunto il momento che tu venga a sapere.”
Il
ragazzo impallidì, ma
non disse nulla.
“In
questi anni io, Ginny
e Andromeda ti abbiamo raccontato molte cose sui tuoi genitori. Alcune
cose le
hai sempre sapute, altre te le abbiamo dette quando abbiamo pensato che
tu
fossi in grado di accettarle. Ti porti dietro una storia difficile, ma
hai
anche molto di cui andare fiero. I tuoi genitori erano maghi di
grandissimo
valore, non solo per quanto riguarda le arti magiche, ma soprattutto
come
esseri umani. Ti ho già raccontato dell’amicizia
che ha legato mio padre e il
tuo, del coraggio e della bontà che distinguevano tua madre.
Vorrei che quello
che sto per dirti non cambiasse l’immagine che tu hai di loro
perché, anche se
potrà sembrarti una cosa incredibile, era uno dei motivi per
cui volevo bene a
tuo padre.”
“Ti
prego, Harry, vai al
punto.”
“La
storia è questa.
Quando tuo padre era un bambino, prima che raggiungesse
l’età per andare a
Hogwarts, avvenne un fatto orribile. Fu morso da un Lupo Mannaro di
nome Fenrir
Greyback.”
“Un
Lupo Mannaro? Mio
padre era un Lupo Mannaro?” Teddy era addolorato e sconvolto.
Harry riconobbe
in quel tono di voce la disperazione di quando aveva visto suo padre
nei
ricordi di Piton, al quinto anno, e aveva scoperto che era uno spaccone
che
faceva il bullo coi compagni più deboli. Certo, per Teddy
quella sensazione era
amplificata.
“Com’è
possibile che io
abbia vissuto per diciannove anni senza sapere di essere figlio di un
reietto?
Come avete fatto a farmi trascorrere sette anni a Hogwarts senza che
nessuno si
sia mai lasciato sfuggire nulla?”
“Tuo
padre non era un
semplice selvaggio, come quelli che hai visto sul libro di Difesa
contro le
Arti Oscure. Grazie alla sua volontà e all’aiuto
di persone che gli volevano
bene, riuscì a prendere i M.A.G.O. e fu il nostro
insegnante, come ti abbiamo
raccontato. Ha incontrato molte difficoltà, ma è
riuscito a superarle, e a
dimostrare che il suo problema non cambiava il suo modo di
essere.”
“Harry,
io ho sempre avuto
una cieca fiducia in tutto ciò che mi hai raccontato sulla
mia famiglia. Perché
mi hai tenuto nascosto questo segreto? Sento che non potrò
più credere a nulla
di ciò che mi dirai.”
Harry
stava per
rispondere, ma Ginny lo fermò.
“Hai
ragione a essere
arrabbiato, ma noi abbiamo agito così per proteggerti. Non
sapevamo come
avresti potuto reagire a una notizia del genere, e non volevamo che il
peso di
questa informazione gravasse sulle tue spalle quando non eri abbastanza
forte
per sopportarlo.”
“Avrei
preferito
infinitamente saperlo.”
“Forse
sì, ma avresti
finito per non capire. Nessuno di noi voleva questo. Tenevamo troppo
alla
memoria di Remus per accettare che suo figlio non sapesse chi lui era
realmente.”
“Non
saprò mai chi lui
fosse realmente, perché è morto da diciannove
anni, e io non vedrò che meraviglioso
Lupo Mannaro fosse!” Teddy si era alzato e aveva indossato la
giacca.
“Teddy,
ti prego, non
andartene. Non avremmo dovuto tenerti nascosta la verità, ma
abbiamo cercato il
tuo bene, davvero.” Ginny provò a corrergli
incontro, ma lui si scansò e uscì
dalla stanza.
“Teddy!
Teddy! Torna qui!”
Udirono
il pop della Smaterializzazione.
Teddy se
n’era andato davvero.
Harry
si alzò e abbracciò
Ginny un attimo prima che la donna prorompesse in singhiozzi.
“Abbiamo
sbagliato tutto!
Tutto!”
“Non
è vero. Abbiamo
cercato di proteggerlo. È un ragazzo intelligente, ha
bisogno di rimuginarci
su. Se non accetterà quello che abbiamo fatto,
saprà che in ogni caso qui
troverà una famiglia che lo ama.”
Harry
strinse a sé la
moglie, lasciando che piangesse con il viso affondato nel suo petto. Si
augurava con tutto il cuore che quello che aveva appena detto
corrispondesse al
vero.
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Capitolo 2 *** Avrò cura di te ***
«Sei
un essere speciale, e io avrò cura di te»
Franco
Battiato, Avrò cura di te
31 agosto 2017
“Et
voilà, la bouillabaisse !” Fleur
comparve nella sala da
pranzo con una grossa pentola, contenente la tradizionale zuppa di
pesce
provenzale. Tutti i commensali applaudirono, e Victoire si
unì agli elogi,
anche se con poco entusiasmo. Le piaceva la bouillabaisse, ma trovava
seccante che
ogni volta che i nonni Delacour venivano a trovarli, affrontando il
viaggio da Marsiglia,
sua madre dovesse preparare quel piatto che loro erano abituati a
mangiare,
come se il cibo inglese non fosse degno di accostarsi ai palati
raffinati di
Apolline e Arnaud.
“Chérie,
je l’adore, elle est pareil à celle que
l’on mange chez nous !”
sentenziò Mme Delacour.
In
realtà, non era solo la bouillabaisse a irritare Victoire.
Da
quando, tre giorni prima, i Delacour erano arrivati Villa Conchiglia,
lei e
Dominique non avevano avuto un momento di pace. Apolline commentava
tutto ciò
che facevano, il loro modo di vestire e la loro pronuncia del francese,
rendendole estremamente impazienti di tornare a Hogwarts. Fleur, da
parte sua,
era sotto pressione: esigeva che ogni dettaglio fosse curato e
perfetto, ed era
sul punto di far perdere la calma al paziente Bill. Louis era stato
coinvolto
nelle pulizie generali antecedenti la visita dei nonni, e durante la
loro
permanenza aveva trascorso ore a sbucciare patate, esperienza che lo
aveva
indotto ad affermare che non avrebbe più mangiato tuberi in
vita sua.
Oltre
a tutta la tensione che si era diffusa tra i Weasley,
Victoire aveva un motivo in più per desiderare che il 1
settembre arrivasse
presto. C’era una domanda, una questione che, ne era certa,
Arnaud avrebbe
tirato fuori alla prima occasione, e fino a quel momento aveva fatto di
tutto
per svicolare. Tuttavia, quello era l’ultimo pranzo, e
c’era da scommettere che
il nonno avrebbe insistito, mettendola alle strette. Per questo motivo
Victoire
era tesa come una corda di violino, al punto che, quando dalla finestra
vide un
gufo che si avvicinava alla casa, si alzò per aprire la
persiana e inciampò,
trascinandosi dietro alcuni piatti, con grande ilarità di
Apolline, e
conseguente disappunto di Fleur.
Il
gufo le consegnò una busta che recava scritto “Victoire Weasley, Villa Conchiglia, Tinworth,
Cornovaglia” e riconobbe immediatamente la
calligrafia. Fu una fortuna,
perché le fece capire che non era il caso di aprire la
lettera durante il
pranzo, ma di aspettare. Allo stesso tempo, il desiderio di aprirla la
rese
ancora più impaziente di alzarsi da tavola, anche se sapeva
che era fuori discussione.
“Dominique,
questo sarà il tuo quinto anno a Hogwarts. Sei
pronta per i G.U.F.O.?” chiese Apolline alla secondogenita di
Bill e Fleur, la
quale trasalì.
“Si,
ecco, dovrò studiare molto…”
“Trovo
vraiment
inutile quest’idea degli esami al quinto anno. È
molto melio il méthode
che si
usa a Beauxbatons.” Sentenziò Mme Delacour.
“Ci
sono anche aspetti positivi, per esempio dopo i
G.U.F.O…”
“Hai
ragione, maman, è
veramente absurde.”
Chiosò Fleur, con uno sguardo eloquente a Dominique. La
ragazza tacque, con uno sguardo cupo.
“Anche
per te sarà tempo di
esami, non è vero, Victoire?” intervenne Arnaud.
“Proprio
così. Sosterrò i
M.A.G.O. in Aritmanzia, Babbanologia, Trasfigurazione, Difesa contro le
Arti
Oscure e Storia della Magia.”
“Che
strane materie! Né Pozioni,
né Erbologia! E dire che la nostra famiglia vanta una grande
tradizione di
pozionisti.” Era vero, nei secoli i Delacour si erano
contraddistinti per la
loro capacità nel campo delle Pozioni, tanto che una prozia
di Fleur, Elladora
Delacour, aveva scritto un trattato sulle pozioni a base di fiori, Miscele e giardini, che aveva riscosso
un grande successo ed era ancora utilizzato in alcuni corsi di pozioni.
Tuttavia, Victoire non aveva ereditato dai Delacour
quell’interesse, lei si
sentiva più simile agli Weasley, soprattutto a nonno Arthur.
“Sono
materie che non mi
appassionano. Ho intenzione di dedicarmi agli studi sociali, in
particolare ai
rapporti tra Maghi e Babbani.” Apolline sussultò,
ma non disse nulla.
“Immagino
che al Ministére de
la Magie potresti farti onore nel campo della sociologia magica, date
le tue
origini straniere.”
“Ministére
de la Magie?”
“Ma
certo, cara. Non hai sempre
detto che avresti voluto trasferirti en
France, dopo il diploma?”
Eccola,
la domanda che Victoire
voleva evitare. Da quando era piccola, e andava in vacanza in Francia
con i
genitori, il paese d’origine di sua madre aveva esercitato su
di lei un grande
fascino. La pace dell’Alsazia, la bellezza della Costa
Azzurra e l’incanto di
Parigi erano per lei il luogo ideale di tutti i suoi sogni e
fantasticherie. Per
questo, negli anni, aveva ribadito più volte il suo
desiderio di trasferirsi a
Marsiglia, presso i nonni materni, una volta terminati gli studi.
Adesso,
tuttavia, erano entrate in gioco nuove componenti, e Victoire non era
più così
sicura di voler lasciare l’Inghilterra.
“Può
darsi, non ho ancora
deciso. In questo momento penso che la priorità sia la
scuola, dopo gli esami
deciderò con calma.”
“Je comprends, anche se mi sembra
impossibile che si possa preferire
questo clima umido al sole della Provenza.” Disse Arnaud.
“Il
clima della Cornovaglia non
è così umido, papa.
Non ricordi
quanto freddo faceva in Scozia, al Torneo Tremaghi?”
intervenne Fleur.
Dal
momento che gli adulti
avevano indirizzato il discorso sul clima, argomento su cui non
avrebbero avuto
bisogno di interpellare Victoire, la giovane decise di defilarsi, per
poter
leggere in pace il messaggio che aveva ricevuto. Scelse la propria
camera come
nascondiglio, perché era l’unico luogo in cui
Dominique e Louis non l’avrebbero
scoperta. Chiuse la porta con un incantesimo, si sedette alla scrivania
e aprì
la busta. Dentro trovò un biglietto che sembrava scritto con
una grafia
frettolosa, seppur facilmente riconoscibile.
Cara
Victoire,
mi
dispiace disturbarti oggi, che è l’ultimo
giorno che puoi trascorrere con i tuoi genitori, ma ho bisogno di
parlarti di
una questione che è per me di vitale importanza.
Ti
aspetto da Haagen Dazs, in Leicester Square.
Spero che riuscirai a venire.
Teddy
Non
appena ebbe terminato di
leggere la lettera, Victoire fu colta da frenesia. Doveva trovare un
modo per
raggiungere Teddy il più presto possibile. Da quando, alcuni
mesi prima,
avevano cominciato a uscire insieme segretamente, Teddy si era sempre
dimostrato disponibile ad ascoltare tutto ciò che lei aveva
da dire, facendola
sentire apprezzata in modo completamente nuovo, ma non le aveva mai
manifestato
il proprio bisogno di stare con lei. Poteva sembrare stupido, ma
più di tutto a
Victoire importava potersi prendere cura di lui, e il fatto che lui non
glielo
permettesse la rattristava. Ora, quella lettera denotava chiaramente il
bisogno
di Ted Lupin di vedere lei, Victoire, e avrebbe fatto di tutto per
correre da
lui.
La
loro relazione era ancora
ignota a tutti i loro conoscenti, perché entrambi potevano
immaginare le
reazioni che la notizia avrebbe suscitato nelle loro famiglie, e non
avevano
fretta di verificare. Per questo motivo erano soliti incontrarsi in
locali per
adolescenti Babbani, dove nessuno li conosceva. Haagen Dazs era il
preferito di
Teddy, che aveva scoperto una passione per il gelato, mentre Victoire
prediligeva i Frappuccini di Starbucks.
Victoire
cercò alcuni vestiti
Babbani nell’armadio, e pescò una gonna blu e una
camicetta bianca, che coprì
con il suo cappottino grigio. Legò i capelli biondi in una
treccia e scese in salotto.
Quando Fleur la vide comparire vestita in quel modo, assunse
un’espressione
così arrabbiata che Victoire avrebbe giurato di aver visto
del fumo uscirle
dalle orecchie.
“Victoire,
qu’est-ce que tu fais ?”
“Je dois
sortir, c’est très
important. Au
revoir, les grandparents!”
Fleur
fece per alzarsi, ma
prima che la raggiungesse, sua figlia si era già
Smaterializzata.
Victoire
apparve in Leicester
Square, e si guardò intorno per controllare che nessuno
avesse notato la sua
comparsa. Era già abbastanza nei guai senza ricevere un
richiamo dal Ministero
a causa dello Statuto internazionale di Segretezza. I suoi,
specialmente sua
madre, si sarebbero infuriati quando fosse tornata, ma in quel momento
non era
la sua priorità. Individuò facilmente Haagen
Dasz, e vi si diresse a passo di
carica.
Appena
entrò, avvertì una
sensazione di disagio mista a interesse. La difficoltà era
data dalla sua
scarsa conoscenza diretta dei Babbani, sebbene avesse letto molti libri
su di
loro, l’interessamento era legato dal fascino che la
comunità non magica
esercitava su di lei. In particolare, i suoi coetanei Babbani erano per
Victoire oggetto di grande interesse, e si divertiva a studiarne i
comportamenti e le stranezze. Il loro rapporto con la tecnologia, per
esempio, la
stupiva, e avrebbe voluto saperne di più.
Si
guardò intorno. Nel mondo
magico, era semplice riconoscere Teddy dalla sua caratteristica
principale, la
chioma dal colore cangiante e sempre in disordine. Tra i Babbani, il
ragazzo si
adattava a trovare mille modi diversi di nascondere i capelli sotto
berretti e cappelli
di varie fogge, perché gli era impossibile controllarne i
cambiamenti: in
genere variavano con il suo umore o con la persona con cui si trovava.
Victoire,
tuttavia, aveva
trovato un altro espediente per individuare il ragazzo, anche in mezzo
a una
vasta folla. Infatti, Teddy non aveva il minimo gusto estetico, e in
ogni
occasione finiva per attirare l’attenzione con le sue mise
improponibili. Per
lei, che oltre ad essere un’appassionata di moda magica,
conosceva bene le
tendenze Babbane, era semplice riconoscerlo, anche se non esattamente
gradevole. Così, quando vide un ragazzo con un cappello
viola a pois gialli e
una sciarpa a quadretti blu elettrico e rossi, si avvicinò
al suo tavolo. Lui
la riconobbe quasi immediatamente.
“Victoire!”
dal suo tono si
deduceva grande agitazione, così la ragazza pensò
che non fosse il caso di
fargli notare l’improbabilità del suo abbinamento.
Teddy si alzò e le andò
incontro, e lei si strinse a lui.
“Cosa
succede?” sussurrò,
praticamente al petto del ragazzo, perché era molto
più alto di lei. Lui
sciolse l’abbraccio e le fece segno di sedersi.
“Ieri
sera sono stato dai
Potter, e sono venuto a conoscenza di un segreto.”
Esordì Teddy.
Victoire
sospirò. Era abituata
ai segreti che saltavano fuori all’improvviso, come tutti i
suoi cugini.
D’altronde, la sua famiglia era troppo numerosa, ed era stata
coinvolta in
troppe avventure, perché lei e gli altri giovani Weasley
potessero scoprire
tutti i segreti contemporaneamente. C’era stata la storia di
zio Harry, quella
del torneo Tremaghi, si era scoperto che zio Percy aveva abbandonato la
famiglia per poi tornare solo alcuni anni dopo, che zia Hermione era
Nata
Babbana e Bill era stato morso da un Lupo Mannaro, e tutto
ciò non era nulla in
confronto a quando zio George aveva raccontato la storia del suo
gemello, Fred.
Per Victoire era normale che certe notizie potessero saltare fuori a
distanza
di anni, e sapeva che Teddy, che aveva perduto i genitori e il nonno
quando era
in culla, negli ultimi diciannove anni aveva ricevuto
un’ingente quantità
d’informazioni. Il fatto che quella notizia, in particolare,
fosse così
sconvolgente per lui, indicava che doveva essere una cosa della massima
gravità.
“Cosa
ti hanno detto?”
Teddy
esitò. Temeva che, una
volta scoperto il suo segreto, Victoire avrebbe avuto paura di lui. Non
l’avrebbe sopportato. Tuttavia, questo timore gli fece capire
quanta importanza
lei avesse per lui. Se teneva a lei, doveva rivelarle quel terribile
segreto.
Era necessario, sentiva che aveva bisogno di fidarsi della giovane
Weasley.
“Mi
hanno rivelato che, quando
era molto piccolo, mio padre fu morso da un Lupo Mannaro. Mio padre era
un Lupo
Mannaro.”
Victoire
tacque, per un istante
che per Teddy fu eterno. I suoi occhi si spalancarono a poco a poco,
illuminandolo con il loro azzurro, in un’espressione di
grande stupore, poi lei
si spinse in avanti e prese la sua mano fra le proprie.
“Quanta
paura avevi di
raccontarmi questa cosa?”
Aveva
capito tutto. Ogni
dubbio, ogni esitazione, ogni paura, lei li aveva colti. Ma
c’era una cosa
ancora più incredibile. Sembrava che le importasse
più di come lui stesse
vivendo quella notizia, che della notizia in sé.
“Beh,
parecchia. Non sapevo
come avresti potuto reagire. Io non so ancora come
accettarla.” Sussurrò il
ragazzo, giocherellando con i bottoni della sua camicia Babbana.
“Come
la vorresti accettare? Si
tratta di tuo padre, prima di tutto. Aveva un problema, ma non
determina chi
lui fosse veramente, lo dimostra il fatto che sia comunque riuscito a
fare cose
meravigliose.” Lo sguardo di Victoire si posò
fisso su di lui, e Teddy sentì un
brivido corrergli lungo la schiena. In quel momento raggiunse una
consapevolezza.
“Io la amo.”
“Teddy,
non giudicare tuo
padre. Non era qualcosa che dipendesse da lui, e sicuramente
avrà sofferto
molto. Vuoi che ti elenchi i motivi per cui puoi, e devi, essere
orgoglioso di
uno dei martiri della guerra, le cui gesta si studiano sui libri di
Storia
della Magia?”
“Lo
so, lo so. È solo che non
riesco ad associare l’immagine che ho sempre avuto di lui,
l’eroe della guerra,
con quella che ho adesso, un Lupo Mannaro, un reietto. È
come se fossero due
persone diverse.”
“Sono
la stessa persona. Se ci pensi,
è ancora più grandioso, ancora più
eroico, che sia riuscito a fare ciò che ha
fatto, essendo un Lupo Mannaro.”
“Forse
hai ragione. Poco fa, ho
pensato una cosa.”
“Cosa?”
“Se solo lui fosse ancora vivo, io non avrei scoperto questa
cosa a diciannove anni.
Probabilmente l’avrei sempre saputo. Invece non conosco
nulla, se non quello
che mi hanno raccontato, e ora mi sembra di non sapere nulla, e in
realtà io
vorrei solo poterlo conoscere, e…” Teddy non
riuscì a continuare, sentiva che
stava per scoppiare a piangere, e non voleva che lei lo vedesse.
Victoire
intuì la situazione, e
gli si avvicinò per stringerlo forte a sé,
nell’esatto momento in cui lui la
circondò con le proprie braccia e la baciò con
un’urgenza che tradiva tutto il
suo bisogno di certezze. Lei comprese quella necessità, e
l’assecondò
rispondendo delicatamente al bacio del ragazzo.
Ω
Era
una tranquilla sera di fine
estate, e le vie di Diagon Alley erano deserte, dopo giorni di
affollamento,
dovuto agli acquisti antecedenti il ritorno a scuola per tutti gli
studenti di
Hogwarts. Ron aveva chiuso il negozio, salutato George, e ora stava
rientrando
in casa, dove Hermione e i ragazzi lo aspettavano, per una cena molto
speciale.
Erano
giorni che Hermione, con
la precisione che la contraddistingueva da quando suo marito la
conosceva,
pianificava quella serata. Aveva preparato salsicce con purè
di patate, pie con
crema di pollo e funghi, Jacked potato e, per dessert, una Red velvet
cake. In
una parola, tutti i piatti preferiti da Rose, per celebrare degnamente
l’ultima
sera che la loro figlia maggiore avrebbe trascorso a casa.
L’indomani,
avrebbero dovuto accompagnarla a King’s Cross e guardarla
partire verso una
nuova avventura, senza di loro.
Quando
Ron aprì la porta, fu
accolto dal profumo di salsicce grigliate. Hermione gli venne incontro
con un
libro tra le mani, un’immagine consueta. Ron era abituato a
vedere la moglie
con un volume in mano, che si trattasse di tomi di diritto magico,
libri di
Storia della Magia o fiabe per bambini. Questa volta, il libro era un
ricettario che Hermione aveva ricevuto in dono da Molly, e che per
questo
conservava come un cimelio.
“Buonasera,
Hermione. Che
ottimo profumo!”
“Grazie,
Ron, sono arrivata
prima dal lavoro per preparare tutto. Spero che Rosie
apprezzerà.”
“Sono
certo di sì, e…” Ron non
poté terminare la propria frase incoraggiante,
perché fu interrotto dall’arrivo
di Hugo, che gli saltò al collo e iniziò a
frugargli nelle tasche, in cerca di
qualche nuovo scherzo messo a punto per i Tiri vispi Weasley. Il padre
lo
depose a terra, poi seguì la moglie in cucina, dove lei gli
fece assaggiare la gravy sauce che
aveva preparato per
accompagnare le salsicce.
“Ottima,
Hermione. Sembrerebbe perfino
meglio di quella di mia madre.” Si complimentò
lui, facendola arrossire.
“Non
dire sciocchezze,
piuttosto, hai preso il regalo?”
“Certo,
eccolo.” Rispose lui,
mostrando un pacchettino rosa incartato con cura.
Poco
dopo, Rose Weasley fece il
suo ingresso nella sala da pranzo, con un bel vestito blu notte che
creava uno
splendido contrasto con il rosso dei capelli, sciolti sulle spalle. Era
stata
un’idea di Hermione quella di festeggiare
quell’occasione, per esorcizzare la
tristezza della separazione dalla figlia.
La
serata trascorse
felicemente, tra le ottime portate cucinate da Hermione, le battute e
gli
scherzi di Ron e le prese in giro tra Rose e Hugo. Gli Weasley
consegnarono
alla figlia il pacchetto, contenente un piccolo ciondolo apribile, al
cui
interno si trovava una fotografia magica, che ritraeva Hermione e Ron
al loro
primo anno a Hogwarts, quando avevano la stessa età di Rose.
La ragazzina parve
apprezzare il pensiero, anche se lo accolse a modo proprio.
“Mamma,
ma avevi dei dentoni
enormi! E papà, che buffo taglio di capelli!”
Hermione alzò gli occhi al cielo
e rabbrividì, pensando ai dentoni che l’avevano
accompagnata fino al quarto
anno. Adesso, grazie a Madama Chips, sfoggiava una dentatura perfetta.
“Se
fossi al tuo posto non
riderei così tanto, Rose, perlomeno papà aveva
molte lentiggini in meno,
rispetto a te!” esclamò Hugo, facendo leva sul
rapporto complicato tra la
sorella e quella sua caratteristica fisica, chiaramente ereditata dalla
famiglia paterna.
“Se
non altro, io non ho i tuoi
denti da castoro, fratellino.”
“Basta
ragazzi, smettetela. Vi
suggerisco di andare a letto, domani sarà una giornata
campale, soprattutto per
te Rosie.” I due acconsentirono, e presero la direzione delle
loro camere,
mentre Hermione rassettava la cucina. Ron si alzò per
aiutarla e, mentre
trasportava la pila dei piatti sporchi nel lavello con la bacchetta, si
accorse
che la moglie si era asciugata una lacrima.
“Andrà
tutto bene.” Sentenziò
il mago.
Hermione
alzò gli occhi pieni
di lacrime verso il marito, e si sorprese che lui avesse capito
così in fretta
il suo malessere. Infatti, per quanto avesse scelto Ron e lo amasse,
non poteva
negare che lui fosse spesso insensibile alle manifestazioni di
tristezza
altrui, e non perché si disinteressasse degli altri,
semplicemente non le
coglieva. Questa volta, tuttavia, Ron aveva intuito con
facilità i sentimenti
della moglie, probabilmente perché, dopo tutti quegli anni
insieme, la
conosceva come il palmo della sua mano.
“Lo
so, è brava, intelligente,
non avrà problemi. Però mi
mancherà.”
“Certo
che ti mancherà,
Hermione. È normale, sei sua madre. È difficile,
però non spetta a noi
trattenerla. È cresciuta, e noi non possiamo, non dobbiamo
fare nulla per
impedirle di prendere la sua strada.” Le disse, avvicinandosi
a lei per
abbracciarla. Hermione si lasciò stringere dal marito, e non
trattenne più le
lacrime che aveva frenato durante tutta la giornata.
“Mi
ricordo com’ero io alla sua
età, vorrei impedirle di ripetere tutti i miei errori. Ti
ricordi che
incoscienti eravamo?”
“Non
si può, e non sarebbe
nemmeno giusto. Ha undici anni, ha il diritto di commettere degli
errori. Altrimenti
non crescerà mai.”
Hermione
non rispose, ma continuò
a piangere silenziosamente, asciugandosi di tanto in tanto gli occhi
nelle
maniche dell’abito da strega.
“Eddai,
Hermione, probabilmente
sarà l’unica studentessa di Hogwarts in grado di
battere il tuo record di
Eccezionale, non possiamo certo tenerla a casa!”
Hermione
ridacchiò, tra le lacrime,
e si avvicinò al marito per baciarlo su una guancia.
“Allora
c’è solo da sperare che
incontri un compagno di Casa impacciato e divertente che le sappia
tirare su il
morale.”
Angolo dell'autore
Eccomi con il secondo capitolo, che inquadra le due protagoniste
femminili di questa storia e il loro background famigliare. Victoire
è divisa tra due identità, mentre Rose
è alle prese con l'inizio del suo primo anno a Hogwarts.
Spero abbiate apprezzato!
Lucia
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Capitolo 3 *** Nuovi inizi ***
“And now we welcome the
new year, full of things that have never been”
― Rainer Maria Rilke
Il
viaggio verso Hogwarts era cominciato da qualche ora, e
Victoire guardava la campagna inglese scorrere accanto a sé,
mentre i suoi
amici, Charles e Isobel, chiacchieravano raccontandosi le vacanze e
pianificando il loro ultimo anno a Hogwarts, domandandosi
perché la loro amica
fosse così silenziosa. Victoire non era mai stata una
chiacchierona, ma di
solito era molto felice di condividere i racconti dell’estate
con loro due. Era
una specie di tradizione dei loro viaggi sull’Espresso per
Hogwarts, e
quell’anno era la loro ultima occasione.
“Ehi
Charlie, spero che tu ti sia
allenato quest’estate, non voglio un Battitore sotto tono. Ho
fatto un piano di
allenamenti che ci porterà senza dubbio a vincere il
campionato. Questa volta i
Serpeverde non ci batteranno.” Isobel era il Capitano della
squadra di
Quidditch di Grifondoro, una fortissima Cercatrice, grazie alla sua
taglia
minuta e al suo occhio di falco.
“Lo diciamo tutti gli anni, poi puntualmente prendiamo in
squadra Battitori che
si colpiscono da soli con la mazza, Portieri che incastrano la testa in
uno
degli anelli delle porte o Cacciatori che si fanno mettere in punizione
il
giorno prima della finale.” Si lamentò Charles.
“Poche
storie, quest’anno
vinceremo. La mia Nimbus 3000 non mi tradirà.”
“Certo,
certo. Ehi Vic, lo so che
il Quidditch non t’interessa, ma non tagliarti fuori
così! Che hai fatto
durante l’estate?”
Victoire
si chiese se fosse
giunto il momento di raccontare di Teddy. Sapeva che parlarne con i
suoi
fratelli era fuori questione. Dominique l’avrebbe
spiattellato ai genitori la
prossima volta che si fosse cacciata in qualche guaio, per sviare
l’attenzione
da sé, e Louis non rappresentava esattamente il suo
confidente ideale. Tra i
cugini, Fred probabilmente si sarebbe ingelosito, perché
Victoire era la sua
cugina preferita, Rose, Hugo, James, Lucy, Roxanne erano troppo piccoli
perché
lei potesse confidarsi con loro, e Molly sarebbe stata troppo occupata
a
studiare, come sempre. Le uniche persone con cui avrebbero potuto
confidarsi
erano proprio i suoi amici, ma per qualche motivo, forse per la
tristezza che
non l’abbandonava da quando aveva salutato Teddy a
King’s Cross, non riusciva a
parlarne.
“Sono
stata quasi sempre a
Tinworth, tranne per qualche visita ai miei cugini, a Londra e Ottery
St
Catchpole. Nell’ultima settimana di vacanze sono venuti i
miei nonni da
Marsiglia.” Scelse di raccontare. Al sentir nominare i
Delacour, Charles e
Isobel assunsero un’espressione eloquente.
“Divertente,
si è trattato di uno
stratagemma dei tuoi genitori per invogliarti a tornare a
scuola?” commentò
Charles. Suo malgrado, Victoire scoppiò a ridere.
“Non
sono sicura che il loro
intento fosse quello, ma è certo che ci sono
riusciti.”
“Povera
ragazza, com’è stato?”
“Entusiasmante,
come al solito.
Hanno cercato di convincermi a trasferirmi in Francia.”
“Cosa?”
Esclamarono i suoi amici,
all’unisono.
“Ricordate
che tempo fa, al
quinto anno, ripetevo che sognavo di trasferirmi
lì?”
“Vagamente”
rispose Isobel,
mentre Charles la guardava con espressione stupita.
“Ma
non te ne andrai, vero?”
Victoire
scosse la testa,
sentendo un’ondata di affetto nei confronti degli amici.
Contemporaneamente,
avvertiva un senso di colpevolezza nel tenerli all’oscuro del
proprio segreto,
escludendoli da qualcosa che la rendeva euforica. Sapeva che avrebbe
dovuto
dire loro di Teddy, perché era la cosa giusta da fare, ma
non riusciva a
trovare le parole. Era difficile, in effetti, scovare un modo per
parlare di
lui che non fosse banale, e che potesse rendere appieno la sua
felicità. Si
ripromise che nei giorni successivi lo avrebbe trovato.
“Piuttosto,
Charlie, come hai
passato la tua estate?” Victoire invidiava i Davies, la
famiglia dell’amico,
per i fantastici viaggi che intraprendevano ogni estate. Aveva
ascoltato,
estatica, il meraviglioso racconto sul viaggio in India
dell’estate precedente,
e ora era estremamente curiosa di sapere dove si fossero recati i
Davies
quell’anno.
“Siamo andati in Russia, mia madre voleva visitare l’archivio della Magicheskaya Shkola, nella steppa siberiana, per trovare notizie sulla Baba Jaga, su cui scriverà il suo prossimo libro.” Morag, la madre di Charles, era un’autorevole storica della Magia.
“Che
meraviglia! Fate sempre
viaggi talmente interessanti!”
“Parli
così perché non sai quanto
freddo faceva, in Russia. Però io e mio padre abbiamo fatto
alcune escursioni
nella steppa, nonostante la temperatura è stata
un’esperienza bellissima.” Disse
Charles, estraendo alcune foto per mostrarle alle amiche. Isobel e
Victoire
apprezzarono le immagini di San Pietroburgo e i panorami della steppa,
e
finirono per ridere come pazze quando videro una foto del loro amico
con un
colbacco.
“Come
ho detto, faceva piuttosto
freddo.” Si difese Charles, arrossendo. Ciononostante, le due
continuarono a
sghignazzare.
“Weasley,
Baston, smettetela
immediatamente, oppure non vi darò i vostri
regali.” Quell’ultima, perentoria,
affermazione sortì l’effetto desiderato. Le due
ragazze cessarono subito di
ridere.
“Ci
hai portato dei regali? -
Isobel assunse un’espressione angelica. - Grazie,
Charlie!”
Il
ragazzo aprì la borsa e tirò
fuori due pacchetti identici che, si scoprì, contenevano
altrettante matrioske.
Le sue amiche le osservarono estasiate, e lo guardarono aprirne una per
spiegare il motivo di quel regalo.
“Quando
ci siamo conosciuti
eravamo così-esordì, indicando una delle bambole
più piccole-ma adesso siamo al
settimo anno, e siamo diventati come questa- mostrò loro la
bambola seconda per
grandezza- e tra non molto saremo così- concluse, tenendo in
mano la bambola
più grande, che conteneva tutte le altre.”
“Oh,
Charlie, è un pensiero
davvero dolce.”
“Vedete,
la più grande contiene
anche tutte le più piccole. Spero che anche noi faremo
così, che non ci
dimenticheremo di quello che siamo stati, una volta che saremo
adulti.”
Aggiunse il ragazzo, prima di venire sommerso dall’abbraccio
di Victoire e Isobel.
“Dopo
questo momento di debolezza
iniziale, immagino che avrai esaurito le tue scorte di tenerezza per un
pezzo,
non è vero Charlie?” lo prese in giro bonariamente
Victoire, cogliendolo di
sorpresa, con un bacio sulla guancia che lo fece arrossire.
“Immagino
di sì, dev’essere stato
il clima gelido che mi ha reso un sentimentale.” Rispose lui.
Accorgendosi che
Isobel lo stava osservando con uno sguardo strano, si
affrettò a cambiare
argomento.
“Quest’anno
sarà particolarmente
difficile, dubito che potremo prenderci le ore libere che ci siamo
goduti
l’anno scorso.”
“La
signorina Victoire Eccezionale Weasley vorrà certo aiutare i
suoi amici in
difficoltà, non è vero, Vic?”
“Certo,
Isobel, anche se devo dirti che non mi dispererei se tu decidessi una
buona volta
di aprire il libro di Babbanologia. Credo che i tuoi non lo comprino
solo perché
tu lo usi per salirci sopra quando devi arrivare agli scaffali
più alti del tuo
armadio.”
“Sai
che
preferisco altre materie.” Ribatté Isobel, con un
sorriso smagliante.
“Questo
è
l’eufemismo del secolo.” Intervenne Charles.
“D’accordo,
sai che detesto la Babbanologia e non capisco perché debba
essere una materia
obbligatoria. Non siamo tutti come te, Vic.”
“Da
questo si capisce che non ami molto neanche Storia della Magia,
altrimenti
sapresti perché Babbanologia è tanto
importante.” Controbatté Victoire. Aveva
ragione, infatti alcuni anni prima il dipartimento per
l’istruzione magica del
Ministero della Magia aveva emesso un decreto didattico che rendeva
obbligatorio lo studio della Babbanologia a Hogwarts. Era una delle
tante
misure prese per scongiurare una nuova diffusione di ideologie
filo-Purosangue
e anti-Babbane, attuata al fine di mettere gli studenti di Hogwarts in
condizione di conoscere la comunità non magica,
perché si riteneva che la
conoscenza permettesse di capire, e che dalla comprensione non potesse
nascere
odio.
“Va
bene,
risparmiaci la lezione di Storia della Magia, ne ho avuto abbastanza,
durante
quest’estate con mia madre!” la implorò
Charles.
“D’accordo,
d’accordo, vi risparmierò la mia predica, ma non
crediate di scampare a quella
che ci farà il professor Paciock non appena faremo lezione
con lui.”
Ω
“Ti
dico
che era proprio lei, non mi sbaglio di certo!”
“Va
bene,
James, ti credo, ma penso che dovresti smetterla di spiare i nostri
cugini. Non
credo che lei sarebbe contenta, se lo sapesse.” Albus era
piuttosto infastidito
dall’abitudine di James di ficcanasare negli affari altrui.
“Poco
importa quello che ne pensa lei, è una notizia fenomenale!
Ti rendi conto?”
“Mi
sembra piuttosto normale che due ragazzi della loro età
s’innamorino, hanno
l’età giusta e sono due persone così
meravigliose che non potrebbe essere
diversamente.” Commentò Rose, sognante.
“Lascia
perdere le tue romanticherie, ragazzina, qui si parla di cose
serie.”
“Davvero?
A me sembri tu quello che non riesce a smettere di pensare a Teddy e
Victoire,
più che Rosie.” Intervenne Lucy, esasperata
dall’agitazione del cugino.
“Se
si
sposassero, lui diventerebbe nostro parente!”
“Lo
è già
praticamente, e tu parli di matrimonio quando li hai solo visti
scambiarsi un
bacio, James. Sii ragionevole.” Lo supplicò Louis.
“Non
vedo
l’ora di dirlo a tutti!”
“James
Sirius Potter, ti proibisco di dirlo a chicchessia. Se
l’hanno tenuto segreto,
avranno le loro ragioni.”
“Oltretutto,
non oso immaginare la reazione di Lily quando saprà che il
suo adorato Teddy ha
una ragazza, e non sono sicuro di volere assistere.” Aggiunse
Albus,
preoccupato.
“Ma
io
devo dirlo in giro! Tutti devono sapere che Teddy Lupin
diventerà mio parente.”
Si ribellò James.
“E
va bene
Potter, mi hai costretto tu. Louis, Lucy, Rose, Albus, mi siete
testimoni. Silencio.”
Roxanne intervenne per
tacitare James e indirizzare la conversazione del gruppo dei cugini
più giovani
su un argomento di maggior interesse. Il ragazzino provò a
ribellarsi, ma non
riuscì a impedire alla cugina di zittirlo, e si
accontentò di mettere il
broncio per il resto del viaggio.
“Allora, primini,
siete pronti per lo
Smistamento?” chiese Lucy a Rose e Albus. I due impallidirono.
“Non
mi
definirei pronto.” Rispose Albus, nervosamente.
“Hai
paura per quello che ti dice James? Non prestargli attenzione. In
qualunque
Casa tu sia, sarà quella giusta. Il Cappello non
sbaglia.” Lo rassicurò
Roxanne, accennando a James che, sentendosi chiamato in causa,
cominciò a farle
sberleffi.
“Lo
so,
me lo dicono tutti, ma temo che farebbe scalpore se il figlio di Harry
Potter
non finisse in Grifondoro, non trovi?”
“Albus,
hai notato come tutti noi siamo entusiasti di tornare a Hogwarts, anche
se ciò
significa lasciare le nostre famiglie e dover trascorrere molte ore a
studiare
o esercitarci?”
“Si,
l’ho
notato.” Rispose il ragazzino, spiazzato dal cambio di
argomento.
“A
Hogwarts puoi farti strada da solo, grazie ai tuoi meriti. Non dico che
i
professori si dimentichino di chi erano i tuoi genitori, se ne
ricordano
perfettamente, ma non è tutto. Potrai dimostrare chi sei
veramente, e questo
non dipenderà dal fatto che tuo padre sia il salvatore del
mondo magico. In
qualunque Casa sarai, le renderai onore, perché sei un
ragazzo intelligente e
dotato, e non per il nome di tuo padre.”
Albus
la
guardò con uno sguardo pieno di riconoscenza, quel discorso
lo aveva
tranquillizzato perfino più di quanto gli aveva detto suo
padre a King’s Cross,
perché ora non sentiva nemmeno il bisogno di chiedere al
Cappello Parlante di
Smistarlo in Grifondoro. Si sentiva molto più rilassato, e
s’immerse nella
conversazione tra le cugine, che ora era incentrata su un altro
argomento.
“Vedrai,
Lucy, Hogsmeade è semplicemente splendida. Non puoi
immaginare quanto è bello
bere una Burrobirra mentre fuori nevica, e Mielandia è un
paradiso.”
“Io
vi
invidio, non riesco a sopportare che debba trascorrere un intero anno,
prima
che io possa visitare Hogsmeade.” Sbuffò Louis,
che era solo al secondo anno.
“Non
vedo
l’ora che organizzino la prima gita!”
esclamò Lucy, entusiasta del racconto
della cugina. Anche James sembrava condividere la sua gioia, sebbene
non
potesse esprimerla a voce. Impietosita, Roxanne lo liberò
dagli effetti del
proprio incantesimo con un colpo di bacchetta.
“Io
voglio assolutamente andare a vedere l’Emporio di
Zonko!” esclamò il più grande
dei Potter, una volta riacquisita la propria voce.
“É
carino, ma niente di speciale una volta che sei stato da Tiri Vispi
Weasley.”
Affermò Roxanne, orgogliosa
dell’attività del padre. Lei e Rose si scambiarono
uno sguardo d’intesa.
“Mi
ha
detto papà che stanno mettendo a punto un nuovo modello di
Orecchie Oblunghe.
Avranno un campo uditivo più ampio e potranno diventare
invisibili.” Annunciò
Rose.
“Per
Godric, non vedo l’ora di usarle la prossima volta che
papà inviterà il
Ministro della Magia a cena!” Lucy era semplicemente
entusiasta. Più che a
Percy, suo padre, Sottosegretario Anziano del Ministro della Magia,
Lucy
sembrava assomigliare ai suoi zii, Fred e George.
“Peccato
che la mamma abbia vietato a papà di portarne anche un solo
paio in casa.”
Mormorò Rose, piuttosto afflitta.
“Che
problema c’è? Puoi chiedere a Lily di farne una
scorta, a lei zia Hermione non
può vietare nulla!” Le suggerì Albus.
“Lily
non
può andare al negozio da sola, papà non lo
permetterebbe mai, dopo quella volta
al Paiolo Magico.” James alludeva a un episodio di parecchi
anni prima, quando
Ginny, incinta di Lily, era stata attaccata da due nostalgici del
regime di
Voldemort mentre usciva dal Paiolo Magico per rientrare nella Londra
Babbana.
L’incidente si era risolto in fretta con
l’intervento di Ron e George, il cui
negozio non era lontano dal Paiolo Magico, ma Harry ne sentiva la
responsabilità, ed era consapevole del rischio a cui tutta
la famiglia era
esposta.
“Non
deve
per forza andarci da sola, può accompagnarla
Teddy.” Ribatté Albus.
“Immagino
che Teddy adesso abbia di meglio da fare.” Rise Roxanne,
prima di rendersi
conto dell’errore che stava commettendo.
“Certo,
non può perdere tempo con Lily, deve pensare a nostra
cugina! Anche perché se
la farà soffrire dovremo ucciderlo. E poi come faremmo,
senza di lui?”
“James,
non ricominciare.”
“Non
credo che potrei mai ucciderlo.” Rimuginò il
ragazzo.
“Appunto,
lascia perdere.”
“Però
se
fa soffrire Victoire…”
“Silencio”
“Grazie
al cielo, Roxanne, mi stavo domandando quanto ci avresti
messo.”
Ω
Quella
sera, Ginny si disse che avrebbe avuto bisogno di tutto il senso
dell’umorismo
di Fred e George, dell’istinto materno di sua madre Molly,
dell’impegno di
Percy e della semplicità di Ron per risollevare
l’umore del marito e della
figlia. Lily si era chiusa in camera non appena erano arrivati a casa,
mentre
Harry non aveva proferito parola dopo aver visto il treno partire.
Ginny sapeva
che avrebbe dovuto fare qualunque cosa per risollevare
l’umore della famiglia,
quella sera, e avrebbe dato la sua scopa da corsa per avere Teddy a
cena. Lui avrebbe
coccolato Lily, facendola sentire speciale, e avrebbe chiacchierato con
Harry.
Da quando Ginny lo conosceva, Teddy aveva sempre avuto quel potere su
tutta la
famiglia Potter, lei stessa sentiva la sua mancanza, ora che non lo
vedevano da
giorni.
“Lily,
scendi, è ora di cena!” la ragazzina si
trascinò fino alla sala da pranzo, dove
Ginny e Harry la stavano aspettando.
“Non
ho
molta fame, posso tornare in camera? Vorrei scrivere una lettera a
Rose.”
“Ma
Lily,
tesoro, ho preparato fish and chips, il tuo piatto preferito! Non ha
senso
scrivere a Rose adesso, sarà impegnata con lo Smistamento e
non potrebbe
comunque risponderti fino a domattina.”
Svogliata,
Lily si sedette a tavola, ma non riempì il proprio piatto.
“Spero
che Teddy venga presto a trovarmi per portarmi da Florian Fortebraccio.
Me l’ha
promesso, e lui mantiene sempre le sue promesse.”
Harry
sussultò, e rivolse a Ginny uno sguardo pieno di
preoccupazione. La moglie
cercò di mostrarsi tranquilla e non rivelare la segreta
disperazione che le
dava la lontananza di quel figlio maggiore, soprattutto ora che altri
due figli
erano separati da lei.
“Stai
tranquilla, Lily. Nel frattempo, perché non invitiamo Hugo a
trovarti?” suggerì
Harry.
Lily
alzò
le spalle, come a dire che le era indifferente.
“Domani
potremmo andare a fare un giro a Diagon Alley, magari passiamo da Tiri
Vispi
Weasley. Ron mi ha detto che hanno preparato alcuni nuovi
scherzi.” Propose
Ginny.
“Va
bene”
approvò Lily, ma il suo tono rimase piatto.
“Lils,
so
che sei triste e che la casa sembra vuota, senza i tuoi fratelli, ho
vissuto
anch’io questa situazione. Però tuo padre e io
abbiamo bisogno di te, della
nostra bambina, e tu non puoi scappare. Anche a me mancano Al e Jamie,
e non
sai quanto vorrei che Teddy venisse a trovarci tutti i giorni, ma
purtroppo
funziona così, quando vuoi bene a qualcuno. Devi lasciare
che prendano le loro
strade, che a volte li portano lontano, ma ciò non significa
che non ti
vogliano più bene. Vedrai, un giorno dovremo lasciare andare
anche te, e sarà
difficile, ma sarà la cosa più giusta per
te.” Disse Ginny stringendo a sé la
figlia che, tra le braccia della madre, si lasciò finalmente
andare ai
singhiozzi, com’era stata sul punto di fare per tutta la
giornata.
Harry
si
avvicinò loro e depositò un bacio sulle fronti di
entrambe. “Io non voglio che
quel giorno arrivi tanto presto- sussurrò
all’orecchio della figlia- ho bisogno
di godermi le mie streghe ancora per qualche tempo.”
Finalmente
rincuorata dall’affetto dei genitori, Lily si
avventò sul fish and chips con
foga. Ginny e Harry, tranquillizzati da quel ritorno alla
normalità, cercarono
di mantenere la conversazione su argomenti piacevoli, ma la
verità era che
c’era un quesito che assillava entrambi. Terminarono di
mangiare, Lily li
salutò per andare in camera sua, e Harry si alzò
per aiutare la moglie a
rigovernare. Mentre lavavano i piatti, uno accanto all’altra,
Ginny si rivolse
al marito.
“Harry?”
“Si,
Ginny?”
“Secondo
te, com’è andato lo Smistamento?”
Ω
Scorpius
fu molto felice di scendere dal treno e seguire il guardiacaccia Hagrid
che
chiamava “Primo anno! Primo anno, da questa
parte!”. Il viaggio verso la Scozia
gli era parso infinito, perché si era sentito molto solo. I
suoi genitori
avevano chiesto a Stephen Zabini, il figlio dei loro amici Blaise e
Frances,
che aveva due anni più di lui, di fargli compagnia durante
il tragitto, e
Stephen aveva acconsentito, per buona educazione. Tuttavia, sia lui che
Scorpius sapevano bene quanto sia fastidioso, quando si è
con i propri amici,
doversi tirare dietro un ragazzino più piccolo. Stephen
aveva presentato
Scorpius ai suoi compagni Serpeverde, e aveva cercato di coinvolgerlo
nella
conversazione, ma aveva finito per non prestargli attenzione e
chiacchierare con
i propri coetanei. Scorpius non lo biasimava, ma non desiderava altro
che
arrivare alla stazione di Hogsmeade e poter rimanere con i ragazzi del
primo
anno. Magari avrebbe trovato qualcuno sperduto come lui. Quando
finalmente il
treno si fermò, aveva già indossato la divisa.
Salutò Stephen, lieto di
liberarlo dalla responsabilità, infilò il
cappotto e scese.
Dopo
aver
seguito l’enorme guardiacaccia fino al Lago Nero, i ragazzini
del primo anno si
divisero in gruppi da quattro. Si ritrovò con tre ragazzi
che non aveva mai
visto, che dissero di chiamarsi Catherine Browne, Agnes
O’Reilly e Peter
Fields. Scorpius cercò di dire qualche parola, ma erano
tutti così agitati che
solo Catherine gli rispose, mentre gli altri si limitarono a
sorridergli
nervosamente.
Finalmente
ricevettero l’ordine di scendere dalle barche e seguire
Hagrid al castello, la
cui sagoma si stagliava davanti a loro, lasciandoli senza fiato.
Scorpius
sentiva l’emozione crescere dentro di sé e,
vedendo un ragazzino dai capelli neri
stringere la mano di una coetanea dalla chioma rossa,
desiderò avere qualcuno
con cui condividerla. Nel frattempo, erano arrivati in quella che
sembrava
essere una sala d’ingresso.
“Bene,
meglio che vado a sedermi. Ci vediamo allo Smistamento!” li
salutò Hagrid, per
poi sparire dietro una porta. I ragazzini rimasero lì, in
attesa. Non dovettero
aspettare a lungo, perché poco dopo da un’altra
porta entrò un uomo dai capelli
neri e l’espressione severa.
“Buonasera,
studenti del primo anno. Sono il professor Carmichael, insegnante di
Incantesimi e Vicepreside. Sono lieto di accogliervi al vostro arrivo
nella
nostra scuola, e di annunciarvi che tra poco procederemo con lo
Smistamento.”
Scorpius e i compagni lo ascoltarono illustrare le caratteristiche
delle
diverse Case e il regolamento della scuola, e il giovane Malfoy si rese
conto
di conoscere già quelle informazioni, era una fortuna che
sua mamma gli avesse
parlato a lungo di Hogwarts!
Quando
il
professor Carmichael ebbe terminato il proprio discorso, i ragazzini
del primo
anno lo seguirono attraverso la porta dietro cui era sparito Hagrid, e
improvvisamente si ritrovarono in un’immensa sala illuminata,
dove si resero
conto di essere osservati da centinaia di ragazzi e da un gruppo di
adulti che,
con ogni probabilità, costituiva il corpo docente.
Carmichael
estrasse un cappello piuttosto logoro e lo depose su uno sgabello.
Inaspettatamente,
il vecchio copricapo aprì quella che sembrava una scucitura
nella stoffa come
se fosse stata una bocca, e recitò una filastrocca in cui si
presentava e
descriveva le diverse Case. Quando ebbe terminato, fu il professor
Carmichael a
prendere nuovamente la parola.
“Ora
procederemo
con lo Smistamento, chiamerò ognuno di voi, uno alla volta,
e indosserete il
Cappello Parlante, che stabilirà in quale Casa
collocarvi.” Spiegò il professore.
Scorpius sentiva le gambe tremare. Sperava con tutte le sue forze che
sarebbe
stato in Serpeverde, la Casa dei suoi genitori.
Il
primo
a essere chiamato fu Abney John, che fu Smistato in Corvonero. Fu
seguito da
Alden Amanda, Grifondoro, e da Atwood Elizabeth, entrambe Grifondoro.
Dopo di
loro, Austin James e Banks Euan divennero Tassorosso, e
arrivò il turno di Browne
Catherine. Quel nome attirò l’attenzione di
Scorpius, essendo uno dei pochi che
conosceva. Il Cappello si posò sui riccioli neri di
Catherine, e vi rimase per
un’insolita quantità di tempo. Alla fine, si
decise per “Serpeverde!” e
Scorpius non poté fare a meno di esserne contento; Catherine
gli era sembrata
una persona gentile, c’era qualcosa nel suo sguardo che
glielo diceva.
L’ordine
alfabetico scorreva lentamente, Fields Peter, il ragazzo che aveva
conosciuto
in barca, fu Smistato in Corvonero, e poco dopo arrivò il
momento di “Malfoy,
Scorpius!”. Mentre si avvicinava allo sgabello, Scorpius
notò che la donna
anziana seduta al centro del tavolo degli insegnanti, verosimilmente la
Preside, lo guardava con interesse. Quando si fu seduto, il professor
Carmichael posò il Cappello sulla sua testa.
“Vediamo,
un altro Malfoy? Di solito non ho problemi con i membri della tua
famiglia, li
ho collocati tutti in Serpeverde, ma tu hai qualcosa di diverso.
Ricordo che
anche con tua madre ero indeciso, avrebbe potuto essere
un’eccellente
Corvonero, ma in fin dei conti ha dato lustro alla Casa di Salazar
Serpeverde. Forse
tu assomigli a lei? Si, seguirai le orme di tua madre.
SERPEVERDE!”
Scorpius
si alzò e raggiunse il tavolo di Serpeverde, dove fu accolto
dall’applauso dei
suoi nuovi compagni di Casa. Notò che Catherine era seduta
da sola, e si
sedette accanto a lei, che gli rivolse uno sguardo grato.
“Tu
sei
Scorpius, giusto? Merlino, sono felice di conoscere qualcuno della mia
Casa,
ora che Peter è in Corvonero. Spero che Agnes
sarà con noi!”
Poco
dopo
fu il turno di O’Reilly Agnes, la quale fu divenne una
Corvonero come Peter,
con gran disappunto di Catherine. Scorpius, nel frattempo,
cominciò a guardarsi
intorno. Si sentiva molto più rilassato, ora che era stato
Smistato. Notò che
era arrivato il turno del ragazzo dai capelli scuri che aveva notato
poco
prima, nell’ingresso.
“Potter,
Albus!”
Angolo
dell’autore
Ciao
a
tutti, rieccomi!
Questo
capitolo
tratta più temi degli altri, dato che i punti di vista sono
quattro, e non due
come nei precedenti. Victoire ha ritrovato i suoi amici, Isobel e
Charles, ma sente
molta nostalgia di Ted. Come lei, anche Lily sente la mancanza del suo
adorato
Teddy, e Ginny e Harry devono farsi in quattro per consolarla. Nel
frattempo,
ho cercato di mostrarvi le dinamiche dei rapporti tra i più
giovani dei cugini
Weasley. La più grande è Roxanne, al quarto anno,
ed è lei che gestisce quel
discolo di James. Lucy è la seconda figlia di Percy, e ha la
stessa età di
James. Louis ha un anno meno di loro, quindi uno in più
rispetto ad Albus e
Rose. Passando all’ultimo punto di vista, il primo giorno di
scuola di Scorpius
è molto diverso da quello vissuto da suo padre a suo tempo,
a partire dal fatto
che Scorpius è solo, non ha due equivalenti di Tiger e Goyle
a fargli da
scagnozzi. È un Serpeverde, come i suoi genitori si
aspettavano, e non conosce
Albus e Rose, ma loro hanno attirato la sua attenzione quasi per caso.
Al
prossimo
capitolo!
Lucia
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Capitolo 4 *** La storia si ripete ***
“Scusate,
non mi lego a questa schiera:
morrò pecora nera!”
Francesco
Guccini
Cari mamma e
papà,
questa è la
prima lettera che vi scrivo da
Hogwarts, e vi confesso che sono emozionato, perché non ho
mai avuto occasione
per inviare una lettera a qualcuno!
Il motivo per cui vi
scrivo è assicurarvi
che sto bene, e farvi sapere che sono stato Smistato in Serpeverde,
proprio
come voi! Sono molto contento di essere in questa Casa,
perché il Direttore, il
professor Tracey, che è l’insegnante di
Trasfigurazione, sembra una persona
simpatica, sicuramente meglio del professor Carmichael, il Vicepreside,
che ha
un’aria severissima ed è il Direttore di
Corvonero. Inoltre, un altro motivo
per cui sono soddisfatto della scelta del Cappello è il
fatto che ho conosciuto
alcuni ragazzi del mio anno che sembrano molto simpatici,
così non sarò più
costretto ad assillare Stephen, se vorrò compagnia. Si
tratta di una ragazza,
Catherine Browne, e un ragazzo, Albus Potter. Catherine viene
dall’Irlanda del
Nord e ha uno strano accento, invece Albus, che è in
dormitorio con me, quindi
abbiamo potuto parlare un sacco, viene da Londra e, non ci crederete,
sembra
che sia proprio figlio di quell’Harry Potter,
quell’Auror famoso, e quella
Weasley che giocava per le Holyhead Harpies qualche anno fa. Nonostante
sia
figlio di due persone così famose, non mi sembra uno
sbruffone. Insomma, sono
molto soddisfatto del mio primo giorno a Hogwarts, e spero che
continuerà così.
Tanti saluti,
vostro figlio Scorpius
Quando ebbe finito
di leggere la missiva del figlio, Draco posò la tazza di Breakfast tea con cui, come ogni mattina,
stava facendo colazione,
e suonò il campanello per chiamare Poppy, l’Elfa
domestica. La buffa creatura
comparve quasi subito.
“Buongiorno,
padrone. Cosa desiderare?”
“Poppy,
vorrei che
andassi a chiamare la signora Astoria, se dovesse dormire ancora ti
prego di
svegliarla.”
“Ma padrone,
voi
sapere che padrona Astoria detestano essere svegliate.”
“Hai
ragione, ma
questa volta non mi perdonerà se non le mostro subito questa
lettera.”
“Andare
bene, io
la chiama subito.”
Draco sorrise
divertito, alla vista dell’Elfa che saltellava su per le
scale fino al secondo
piano, dove si trovava la stanza da letto. In passato, quelle creature
gli
erano risultate molto irritanti, ma adesso le trovava più
che altro spassose.
Da quando la politica ministeriale aveva avviato una riforma
riguardante il
trattamento riservato agli Elfi domestici, in seguito alla nomina di
Hermione
Granger a capo dell’Ufficio per la regolazione e il controllo
delle creature
magiche, coloro che godevano dei servigi degli Elfi avevano dovuto
adattarsi a
una serie di norme che tutelavano la dignità di quelle
creature, il che gli
aveva permesso di scoprirne più a fondo la natura e
sviluppare una simpatia nei
loro confronti.
Quando
l’Elfa fu
sparita, Draco riprese a sorseggiare il proprio tè,
riflettendo sul contenuto
della lettera di Scorpius. Essa gli aveva confermato, se mai ce ne
fosse stato
bisogno, il fatto che suo figlio non avesse ereditato da lui altro che
l’aspetto
esteriore. Il suo carattere era molto più simile a quello di
Astoria, e Draco
riteneva che fosse una fortuna, perché ciò gli
avrebbe permesso di evitare di
cacciarsi in tutti i guai in cui si era infilato lui. Scorpius era
completamente diverso da lui, lo dimostrava il fatto che il suo primo
amico a
Hogwarts fosse un Potter, quando lui e Harry si erano odiati
reciprocamente sin
dal primo giorno di scuola.
Naturalmente era
felice
che Scorpius fosse stato Smistato in Serpeverde, soprattutto
perché sapeva che
suo figlio ci teneva molto, un fatto che lo inorgogliva. Scorpius
sarebbe stato
un allievo di Salazar, avrebbe imparato a coltivare lo spirito
d’osservazione,
l’astuzia e la determinazione, le doti fondamentali di ogni
vero Serpeverde.
Mentre lui
rimuginava, udì la porta aprirsi e rivelare sua moglie, in
vestaglia e con i
capelli legati in una treccia. A giudicare dalla sua espressione,
Astoria era
furente, probabilmente a causa dell’inconsueto risveglio che
lui le aveva riservato,
insolito soprattutto per un giorno come quello, un sabato.
“Draco,
caro,
siamo sposati da quindici anni, credevo che tu avessi capito che a me
non piace
essere svegliata così presto, soprattutto di sabato, per
Salazar!”
“Lo so bene,
mia
cara, ma credevo che non mi avresti perdonato se ti avessi privato
anche per un
solo istante più del necessario del piacere di leggere
questa lettera, arrivata
stamattina da Hogwarts.” Spiegò Draco, mostrando
la lettera di Scorpius.
Non appena
udì
quelle parole, l’espressione di Astoria cambiò, e
lei strappò la lettera dalle
mani del marito, con un’urgenza che tradiva l’ansia
materna per il figlio
lontano. Divertito, Draco la osservò mentre leggeva,
cogliendo tutti i
cambiamenti nella sua espressione mano a mano che procedeva nella
lettura. Da
ansioso, il volto di Astoria si fece dapprima rilassato, poi
decisamente
soddisfatto, per arrivare a essere assolutamente sbalordito quando la
donna
arrivò all’ultima parte. Non appena ebbe
terminato, sprofondò in un lungo
silenzio.
“Astoria?”
“Si?”
“Cosa ne
pensi?”
“Ecco…sono
felicissima che sia un Serpeverde, di certo renderà onore
alla Casa di Salazar.
Mi rallegro che il Direttore sia Tracey, me lo ricordo dai tempi della
scuola,
è un mago intelligente e dotato. Mi fa piacere che abbia
già fatto amicizia,
sai quanto mi turbava la sua timidezza, ma non avrei scommesso mezzo
Zellino su
Albus Potter. Sembra uno scherzo del destino, dopo tutti questi anni.
Ma tu,
piuttosto, cosa ne pensi?”
“Penso che
Scorpius non ripeterà i miei sbagli, e me ne
rallegro.”
“Non puoi
continuare a punirti per errori che sei stato costretto a commettere,
per di
più molto tempo fa. Se Scorpius non sbaglierà,
sarà soprattutto perché è stato
tenuto lontano dalla possibilità di farlo.”
“Se non
sbaglierà,
sarà perché non mi assomiglia, se non
esteriormente, esattamente come il figlio
di Potter, che pure è il suo ritratto, ed è
finito in Serpeverde.”
“Questa cosa
ha
dell’incredibile. Avevi ragione tu, l’altro
giorno.”
“Mi lusinga
che tu
ritenga incredibile la possibilità che io abbia ragione in
merito a qualcosa,
mia cara.” Scherzò Draco.
“Non
intendevo
dire ciò, e lo sai benissimo. Dico solo che stiamo parlando
di un ragazzo che
discende, oltre che dai Potter, da una famiglia i cui membri sono
sempre
appartenuti a Grifondoro. Dev’essere l’unico
discendente dei Weasley da
generazioni a non essere collocato in una Casa che non sia
Grifondoro.”
“Il
professor
Piton sarebbe sconvolto. I colori di Serpeverde portati da un Potter!
Lui che
odiava così tanto il padre di Harry.”
“Povero
ragazzino,
ha solo undici anni e il suo Smistamento crea un tale scompiglio. Non
è proprio
quello che ci vuole, soprattutto all’inizio della
scuola.”
“No,
davvero. Vuoi un po’ di latte nel tuo tè,
Astoria?”
“Volentieri.”
Lo ringraziò la moglie, servendosi una fetta di torta.
Ω
“Io pensavo
di
aver visto tutto, dopo due guerre magiche e due settennati di
insegnamento a
James Potter, Sirius Black e ai gemelli Weasley, ma onestamente questo
non
l’avrei mai previsto, Albus.” La professoressa Mc
Granitt camminava avanti e
indietro nel suo studio, conversando con l’anziano mago il
cui ritratto era
appeso proprio dietro la sua poltrona.
“Minerva,
non mi
sembra il caso di scuotersi tanto. Quante volte il Cappello Parlante si
è
rivelato imprevedibile?” la interrogò Silente,
calmo, accarezzandosi la folta
barba bianca.
“Imprevedibile,
d’accordo, ma c’è un limite a tutto!
Potrei ancora capire se avesse collocato
Scorpius Malfoy in Grifondoro, o peggio, in Tassorosso, ma Albus, siamo
seri,
si parla del figlio di Harry Potter e Ginny Weasley!”
“Proprio
perché è
il figlio di Harry, io mi preoccuperei per lui se fosse nella stessa
Casa di
suo fratello, invece, stando in Serpeverde, il mite Albus non
sarà assoggettato
a quell’uragano di James.”
“Su questo
sono
d’accordo con te, tuttavia sarebbe stato lo stesso se fosse
stato Smistato in
Corvonero o Tassorosso. Ma Serpeverde! È l’ultima
cosa che mi sarei potuta
aspettare.”
“Minerva, ti
saresti mai aspettata che il primogenito di Orion e Walburga Black
sarebbe
stato un fiero Grifondoro?”
“Ma si parla
di
più di quarant’anni fa, c’era la guerra,
c’era Voldemort, per la bacchetta di
Godric Grifondoro!”
“Allora
tieni gli
occhi bene aperti, Minerva. Quando la storia si ripete, è
importante non
lasciarsi sfuggire nessun elemento. Un Potter in Serpeverde potrebbe
indicarci
che qualcosa di rilevante sta per succedere.”
“Un Potter
in
Serpeverde?” intervenne l’uomo nel ritratto accanto
a quello di Silente.
“Si,
Severus, hai
sentito bene. Albus Potter è un Serpeverde.”
“Chissà
perché, la
cosa non mi stupisce minimamente. Probabilmente, è
perché il nome di quel suino
è destinato a perseguitarmi in eterno, e ora ha deciso di
infangare anche la
mia Casa con la sua repellente presenza.”
“Severus,
sii
ragionevole.”
“Dopo tutta
la sofferenza
che Potter mi ha inflitto in vita, non si potrebbe porre fine ai miei
tormenti?
Ritengo che per il Cappello Parlante sia giunta
l’età della pensione.”
“Non so
perché,
Severus, ma ho l’impressione che, se il giovane Albus Potter
è un Serpeverde,
il motivo sia da ricercarsi nel secondo nome che suo padre gli ha dato,
riconoscente all’uomo che per tutta la vita ha cercato di
proteggerlo.”
“Albus ha
ragione,
Severus. Albus Severus Potter non assomiglia a suo nonno, nemmeno la
metà di
quanto gli assomiglia suo fratello maggiore, James. Albus ricorda Harry
alla
sua età, soprattutto a causa degli occhi…gli
occhi di Lily.”
“Albus…Severus
Potter? Gli occhi di Lily?”
“Harry me lo
scrisse via gufo il giorno della sua nascita, e dopo averlo visto con i
miei occhi
posso confermartelo. Sono proprio come i suoi.” Minerva
sentiva le lacrime
scorrerle sulle guance, e notò che anche Albus sembrava
commosso.
Improvvisamente, si rese conto che un altro dei presidi ritratti sulle
pareti
di quell’ufficio stava ascoltando la loro conversazione, e
sembrava desideroso
di aggiungervisi.
“Severus, io
conosco quel ragazzo da quando è nato, lo vedo grazie al mio
ritratto in
Grimmauld Place 12, è lì che abita con la sua
famiglia. Fidati del tuo
predecessore, ti posso assicurare che sarà un grande allievo
di Salazar, così
come lo sei stato tu. Non preoccuparti per la tua Casa, è in
ottime mani.”
Affermò Phineas Nigellus.
Minerva non era
mai stata una persona facile alla commozione, ma in quel momento
sentì un
groppo in gola e, sapendo che non sarebbe più riuscita a
contenersi, prese
congedo dai tre ritratti e uscì dall’ufficio. Come
insegnante, era abituata a
mantenere un distacco professionale dai propri alunni, era
l’unico modo per
mantenere la propria autorevolezza. Tuttavia, c’erano
studenti che la
commuovevano profondamente, sebbene di rado se ne accorgessero,
perché lei
celava molto bene quelle emozioni. Tra essi c’erano Severus
Piton e Harry
Potter, e Minerva aveva la sensazione che anche Albus Severus Potter
avrebbe
avuto le carte in regola per entrare a far parte del gruppo.
Ω
Gli eventi delle
ultime ore avevano, agli occhi di Albus, i contorni sfocati di un
sogno. Non
riusciva a dare ad essi un ordine cronologico chiaro, continuava a
rivederli in
sequenze casuali, e la cosa lo stava facendo impazzire.
Alla fine, aveva
deciso di non influenzare la scelta del Cappello. Forse
l’aveva convinto il
discorso di Roxanne in treno, forse la consapevolezza di essere diverso
dai
cugini e da James, o semplicemente la fiducia che riponeva nel
Cappello, come
in tutti i metodi scelti da Hogwarts. Era terrorizzato, ma al contempo
c’era
una voce, dentro di lui, che gli diceva che aveva fatto la scelta
giusta.
Aveva mandato un
gufo ai suoi genitori appena era finita la cena. Di ritorno dalla
Guferia,
aveva seguito Liam Gerrard, uno dei Prefetti di Serpeverde, nel
dormitorio del
primo anno, dove aveva trovato Scorpius, nervoso ed eccitato
esattamente come
lui, e avevano trascorso la serata chiacchierando delle rispettive
famiglie,
del Quidditch e delle aspettative sulla scuola, finché
Scorpius non si era
assopito, lasciandolo solo con i propri pensieri. Albus aveva impiegato
molto
tempo ad addormentarsi, a causa dei pensieri che affollavano la sua
mente, ma
alla fine era piombato in un sonno profondo.
La mattina
successiva, scese di buon’ora, perché aveva un
certo appetito, dal momento che
la sera precedente lo stomaco chiuso gli aveva impedito di mangiare. Il
tavolo
di Serpeverde non era molto affollato, essendo sabato la maggior parte
degli
studenti aveva preferito dormire fino a tardi. Scrutò il
tavolo di Grifondoro,
ma notò che nessuno dei suoi parenti era ancora sceso, e se
ne rammaricò. Aveva
un gran bisogno di parlare con loro.
Mentre si serviva
un piatto di uova col bacon, un gufo atterrò vicino al suo
piatto, e Albus si
stupì nello scoprire che non era il gufo di famiglia, ma un
animale a lui
sconosciuto. Incuriosito, slegò in fretta la busta dalla
zampa a cui era
legata, l’aprì e lesse la lettera contenuta
all’interno.
Caro Albus,
scriverti la mia prima
lettera è molto
emozionante, significa che ormai non sei più un bambino, sei
uno studente di
Hogwarts che tra non molto non avrà più voglia di
giocare con me. Spero che il
tuo viaggio sia stato piacevole, e che il Lago Nero non fosse troppo
agitato
quando l’avete attraversato.
Il motivo principale
di questa lettera, è
che sono stato informato in tempo reale del tuo Smistamento, e avevo
voglia di
scriverti quattro righe in merito, in attesa di vederti personalmente.
Sono certo che i tuoi
genitori ti abbiano
saputo spiegare nel modo migliore che le scelte del Cappello non sono
sempre
facili da accettare, ma che finiscono in ogni caso per rivelarsi le
più
azzeccate. Ti avranno spiegato che, qualunque sarà la tua
Casa, essa ti guiderà
verso grandi successi, verso il meraviglioso mago che sarai. Non
permettere che
nessuno metta in dubbio le tue qualità, e se dovessi
incontrare difficoltà,
rivolgiti a Fred o a Victoire, loro sapranno aiutarti.
Per qualunque
necessità, non esitare a
scrivermi. Il tuo gufo saprà come trovarmi.
Il tuo amico,
Teddy Lupin
Quando Albus ebbe
terminato di leggere, si porto la pergamena al cuore. A distanza di
chilometri,
Teddy aveva capito quello che lui stava provando in quel momento.
Sorrise
leggendo della fonte che aveva informato Teddy in
tempo reale. Victoire doveva essere preoccupata per lui,
d’altronde era la più anziana dei cugini e sentiva
la responsabilità
dell’intera nidiata Weasley-Potter. Il pensiero dei cugini lo
rattristò,
oscurando la felicità generata dall’arrivo della
lettera di Teddy. In quel
momento, loro erano tutti insieme nella Torre di Grifondoro, e lui era
solo.
Cosa avrebbero detto, quando lo avrebbero visto con la cravatta di
Serpeverde?
Ai suoi occhi, lo Smistamento aveva un carattere definitivo e
determinante. Da
quel momento in avanti, per tutta la vita, lui sarebbe stato un
Serpeverde, e
loro dei Grifondoro. Sarebbe stato la pecora nera della famiglia, non
c’era
alcun rimedio.
Avvilito da quei
tristi pensieri, riprese a mangiare il bacon, ma senza trovarvi alcun
piacere.
Pochi minuti dopo, una voce familiare lo distrasse dal proprio piatto.
Si
trattava di suo cugino Fred.
“Toh, chi si
vede!
Una piccola Serpe! Come stai, cugino?” scherzò il
maggiore dei figli di George
e Angelina, avvicinandosi al tavolo di Serpeverde. Albus
sprofondò la faccia
nel piatto.
“Ho toccato
un
tasto dolente? Scusami, è solo che su alla Torre sono tutti
molto preoccupati
per te, e stavo cercando di sdrammatizzare.”
“Sono
preoccupati?”
“Preoccupati
è
dire poco. Ieri sera, dopo che tutti erano andati a letto, Victoire ci
ha
convocati tutti in Sala Comune per parlare della situazione.
È molto impensierita
per te.”
Albus non ebbe
difficoltà ad immaginare la riunione dei cugini. Sicuramente
Victoire aveva
tenuto in pugno la situazione, mentre Louis e Fred avevano fatto di
tutto pur
di tornare a letto. Con ogni probabilità, James aveva fatto
uno scherzo a
Molly, che si era offesa e se n’era andata in dormitorio,
facendo imbestialire
Victoire. Provò un grande senso d’invidia e di
frustrazione per non poter
trascorrere il tempo con il gruppo dei cugini.
“Comunque,
io
penso che tu sia un mago in gamba, non un attaccabrighe come tuo
fratello e
neppure un rompiscatole come Molly, e ho piena fiducia in te. So che te
la
caverai, in Serpeverde. Se non fossi in grado di farcela, il Cappello
ti
avrebbe collocato altrove.”
“Grazie,
Fred. Per
me è difficile, ho paura di essere solo, e che James mi
prenderà in giro.”
“A James
penserò
io, a costo di far intervenire le autorità supreme: Teddy,
la Mc Granitt, tuo
padre o, in casi estremi, tua madre.”
“Mi sento
già più
tranquillo.” Rise Albus. In quel momento, notò che
Scorpius era sopraggiunto in
Sala Grande, e gli fece cenno di accomodarsi accanto a sé.
“Guarda il
lato
positivo, almeno tu non sarai costantemente controllato da Victoire,
potrai
sfuggirle. Non tutti siamo così fortunati.”
Sogghignò Fred. In effetti,
dall’altra parte della Sala, la bionda Weasley aveva appena
fatto il suo
ingresso.
“Dai, Fred,
non
parlare così di Victoire. So che, in fondo, vi volete
bene.” Era vero: Fred e
Victoire avevano un rapporto molto stretto, ma trascorrevano gran parte
del
tempo che passavano insieme a punzecchiarsi.
“Ad ogni
modo, lui
è Scorpius, un mio compagno di Casa e dormitorio. Scorpius,
questo è mio cugino
Fred, e la ragazza che sta arrivando è Victoire,
un’altra cugina.” Fred strinse
la mano di Scorpius, mentre Victoire si avvicinava a loro.
“Albus, va
tutto
bene? Ero così in pensiero!” fu
l’esordio della ragazza.
“Vi presento
Mamma
Chioccia o, in alternativa, Nonna Weasley!” la prese in giro
Fred.
“Non fare il
furbo, Fred. Ti ricordo che sono la tua cugina maggiore.”
Ribatté Victoire,
sorridente.
“Come
dicevo,
nonna Weasley.”
Scorpius sembrava
sorpreso e al contempo divertito da quello scambio di battute.
“Victoire
è la più
grande di tutti noi cugini, per questo si preoccupa per noi.”
spiegò Albus a Scorpius.
“Tutti voi cugini? Quanti siete?”
“Dunque, ci
sono
Victoire e i suoi fratelli, Louis e Dominique, poi Fred e Roxanne,
Molly e
Lucy, io e i miei fratelli James e Lily e infine Hugo e
Rose.”
“E siete
tutti a
Hogwarts?” domandò Scorpius. Sembrava molto
incuriosito da quella numerosa
famiglia.
“Non tutti,
Lily e
Hugo sono ancora troppo piccoli. E la tua famiglia?”
“Non
è così
numerosa, io sono figlio unico, e anche mio padre, così non
ho nemmeno dei
cugini.” Scorpius sembrava leggermente intristito
dall’argomento, come se
avesse la sensazione di essersi perso qualcosa.
“Anche mio
padre è
figlio unico, i miei cugini sono i figli dei fratelli di mia mamma,
infatti
hanno tutti alcuni tratti in comune. Quasi tutti hanno i capelli rossi,
per
esempio, e a nessuno mancano le lentiggini.”
“Mia mamma
aveva
una sorella, ma è morta tempo fa, durante la guerra,
credo.”
“Davvero? Mi
dispiace molto.”
“Anche uno
dei
nostri zii è morto durante la guerra.” Intervenne
Fred. Scorpius parve molto
stupito. Probabilmente, per lui, quella famiglia numerosa era quanto di
più
distante potesse immaginare dal modello famigliare a cui era abituato,
ma ne
era affascinato.
“Ti chiami
Scorpius, ho capito bene? Sei un compagno di Albus? Come ti trovi ad
Hogwarts?”
Gli si rivolse Victoire.
“Ed ecco il
ritorno alla riscossa di nonna Weasley!” bisbigliò
Fred, a beneficio dei due
undicenni.
“Sì,
sono in
Serpeverde come Albus, e per il momento mi trovo bene, anche se non
sono
abituato ad avere così tanta gente intorno, come avrete
capito non sono spesso
circondato da tanti ragazzi.” Rispose Scorpius, nervosamente.
Infatti, mentre
parlavano, la Sala Grande aveva cominciato a riempirsi.
Presto sarebbero
giunti i cugini più giovani, e Albus non riusciva a
scacciare il timore per
l’arrivo del fratello. Sapeva che James avrebbe fatto qualche
battuta sui
Serpeverde, e temeva che non avrebbe potuto accettarlo. Era abituato ai
dispetti di suo fratello da quando era nato, lo avevano accompagnato
lungo la
crescita ed era cosciente del fatto che essi rappresentassero il modo
di James
di relazionarsi con lui. In quel momento, però, avrebbe
avuto bisogno del suo
fratello maggiore, il suo punto di riferimento in assenza di Harry e
Ginny, e
se James se ne fosse uscito con qualche battuta sgradevole sulla sua
Casa,
soprattutto in presenza di Scorpius, ne avrebbe sofferto molto.
Frattanto, James
non si vedeva, e lui e Scorpius continuarono la colazione, mentre
Victoire e
Fred tornarono al loro tavolo, dove nel frattempo si erano radunati
Rose, Louis
e Molly. Rose mandò un bacio da lontano al cugino, e lui fu
costretto a
spiegare a Scorpius chi fossero le nuove teste rosse comparse al tavolo
di
Grifondoro. Albus spiegò che Louis aveva un anno
più di loro, mentre Molly era
al sesto anno, come Fred, e Rose era al primo, esattamente come loro.
“Quindi
seguiremo
dei corsi insieme.” Commentò Scorpius.
“Immagino di
sì.”
“E Victoire,
quindi, è al settimo anno?”
“Esatto,
è la più grande.”
“Sembra
carina.” Disse Scorpius, arrossendo.
“Ma
è vecchia! Ha diciassette anni.” Si
stupì Albus, il quale
non era mai stato sfiorato dal pensiero che sua cugina potesse essere
carina.
Furono interrotti dal
sopraggiungere di James, che si avvicinò
al tavolo di Serpeverde con il suo famoso ghigno.
“Eccolo qui,
la Serpe in seno! Come si dorme nei sotterranei,
fratellino?” fu l’approccio scelto dal tredicenne.
“Ciao,
James.” Borbottò, per tutta risposta, Albus.
“Per Godric,
come sei freddo, piccolo Albus! Ti sei già
dimenticato del tuo fratellone?”
“È
difficile dimenticarsi di te, James.” Rispose Albus, con un
tono che non lasciava intendere se quella frase indicasse
l’affetto nei
confronti del fratello o la difficoltà nel perdonargli tutti
i dispetti che
Albus aveva dovuto subire.
“E dire che
io sono venuto a salutarti fin qui, in mezzo a
queste serpi velenose!”
“Serpi
velenose?” intervenne una voce femminile. A parlare era
stata Catherine, arrivata in quell’istante. Né
Scorpius, né Albus l’avevano
vista arrivare, agli occhi di James era passata completamente
inosservata.
“E tu chi
saresti?” le chiese James, sospettoso.
“Una serpe
velenosa, suppongo.” Ribatté Catherine, scuotendo
i
ricci neri con fare sprezzante.
“Albus, hai
chiamato la retroguardia a difenderti?”
“Veramente
no, anche perché non c’è bisogno che
qualcuno mi
chiami, quando tu attiri l’attenzione su di te insultando i
Serpeverde ad alta
voce è piuttosto facile trovarti, ne converrai.”
“Sai,
sembreresti perfino simpatica, l’unico problema è
la
cravatta che porti addosso.”
“Pensa che
fortuna, tu invece saresti antipatico anche se non
fossi un Grifondoro, non è da tutti.”
“Non
perderò altro tempo con dei Serpeverde del primo anno, me
ne torno al mio tavolo. Ciao Albus.” Si congedò
bruscamente il giovane
Grifondoro, voltando le spalle al terzetto.
“Che razza
di sbruffone! Aveva ragione mio padre, i Grifondoro
non valgono niente.” Sentenziò Catherine,
accomodandosi accanto a Scorpius. Lui
le diede una gomitata, ma lei non parve cogliere il segnale.
“Cosa voleva
da noi, comunque?” Albus non la stava ascoltando,
concentrato com’era sulla figura del fratello, che si
allontanava da lui. Fu
Scorpius a rispondere alla domanda di Catherine.
“Si tratta
di James, il fratello di Albus.” Replicò il
ragazzo, con tono eloquente.
“Davvero?
Scusami tanto, Albus, mi dispiace. Non lo sapevo.”
Si scusò Catherine, che adesso appariva dispiaciuta.
Albus continuava a
non dare segno di aver recepito le parole dei compagni.
“Albus?”
lo
richiamò Scorpius.
Il giovane Potter
sembrò riscuotersi dal torpore, e si girò verso
Catherine e Scorpius, i quali
sembravano sinceramente impensieriti.
“Non
preoccuparti,
Catherine. Non è colpa tua.” Rispose, rivolto alla
ragazza, con voce piatta.
Appoggiò la sua forchetta sul piatto, lasciò il
bacon non ancora terminato, si
alzò e se ne andò, sotto lo sguardo turbato dei
due compagni di Casa.
Angolo
dell’autore
Ciao a tutti!
So che questo
capitolo sarà un po’ difficile da digerire, tra lo
Smistamento di Albus e la
lite con James, però spero che seguendo il filo della storia
riuscirete a
perdonarmi. Ma andiamo con ordine.
È stato
Scorpius
ad annunciare che Albus è stato Smistato in Serpeverde per
diversi motivi:
innanzitutto, i Malfoy erano un po’ usciti di scena, dopo il
primo capitolo, e
ho voluto proporvi la reazione di una famiglia Serpeverde alla notizia,
anche
perché quale fosse l’opinione di Harry in merito
lo sapevamo già, ce lo ha
detto la Rowling.
Per quanto
riguarda la seconda parte, il confronto tra i presidi sta a ricordarci
il
legame con il passato, anche perché, come giustamente ci
dice Silente, quando
la storia si ripete è bene prestare attenzione.
L’ultima
scena. È
la più lunga, anche perché sono parecchie le
persone che, in modi diversi,
intervengono. Primo fra tutti, Teddy, che continua a prendersi cura dei
suoi
“fratelli minori” anche se ha litigato con Harry.
Intervengono poi altre due
figure di riferimento per Albus: Fred e Victoire, che si preoccupano
per il
cuginetto e introducono Scorpius alla loro strana famiglia. Scorpius e
Albus sembrano
andare d’accordo e capirsi, anche se ovviamente si conoscono
da un giorno,
quindi il povero Malfoy non sa bene come comportarsi quando Albus
litiga col
fratello, anche se cerca di aiutarlo. Catherine ci mostra un
po’ del suo
caratterino, anche se poi si pente di aver esagerato.
James è il cattivo della situazione, in
effetti mi sono accorta di aver dato di lui solo immagini negative,
avrà
bisogno di una buona occasione per redimersi, ma per il momento Albus
sembra
poco disposto a perdonarlo.
Alla prossima!
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Capitolo 5 *** Lui vive in te ***
“He lives in you, he lives in me
He watches over everything we see
Into the water, into the truth
In your reflection; he lives in you”
He lives in you, The Lion king
Il
vento di novembre gli
sferzava le guance e scompigliava i suoi capelli. Si strinse nel suo
mantello e
cominciò a camminare tra le tombe, cercando quella di cui
aveva un disperato
bisogno. Non era la prima volta che si recava lì, ma non ci
era mai stato da
solo. In quel momento, la compagnia di chiunque altro, perfino
dell’unica
persona che lo faceva sentire al sicuro, sarebbe stata superflua. Era
una
questione che doveva affrontare per conto suo. Molti dei nomi sulle
tombe di
quel cimitero li conosceva. Alcuni erano grandi eroi della Storia della
Magia
contemporanea.
Malocchio
Moody, Emmeline Vance, Amelia Bones, Edgar Bones, Marlene McKinnon,
Dorcas
Meadows, Fabian e Gideon Prewett.
Altri,
invece, erano i
personaggi dei racconti che lo avevano accompagnato sin
dall’infanzia.
Ted Tonks, Severus Piton, Fred Weasley.
Una
lapide, in memoria di un
uomo il cui corpo non era mai stato ritrovato.
Sirius
Black
In
mezzo alla lapide di Sirius
e alla tomba di Ted Tonks, finalmente trovò quello che
cercava.
Nimphadora
Tonks, Remus Lupin.
Teddy
s’inginocchiò davanti
alle tombe dei suoi genitori. Osservò il volto sorridente di
sua madre, con i
capelli che continuavano a cambiare colore anche nella foto.
Riguardò, forse
per la millesima volta, le date di nascita e di morte.
1973-1998
Nimphadora
aveva venticinque
anni quando era morta. Era appena diventata madre, e Ted aveva dovuto
faticare
molto, da bambino, per accettare che lei lo avesse abbandonato per
andare a
combattere. Adesso era fiero di sua madre, ma non era stato semplice
convivere
con la convinzione di essere stato ritenuto meno importante della
guerra da
vincere. Solo durante gli anni di Hogwarts aveva capito pienamente che
lei
aveva scelto di lottare perché lui potesse vivere in un
mondo di pace, ed era
riuscito a perdonarla per non essere rimasta presso la sua culla, quel
2 maggio
1998.
Ted
detestava sapere che l’anno
in cui era venuto al mondo era lo stesso in cui i suoi genitori se
n’erano
andati. Nonna Andromeda sosteneva che quella coincidenza aveva un
valore
positivo: era nato nell’anno della sconfitta delle tenebre,
della vittoria della
luce. A lui sarebbe piaciuto riuscire a vederla in questo modo.
Ted
amava la foto che era stata
posta sulla tomba di Nimphadora. Sua madre era serena, con i capelli
dal colore
cangiante che le cadevano sugli occhi, e un sorriso che le si allargava
sul
volto. La nonna gli aveva detto che quella foto era stata scattata
durante gli
ultimi giorni di gravidanza di Dora. Era uno dei motivi per cui Ted era
così
affezionato a quell’istantanea, forse l’ultima che
fosse stata fatta a sua
madre, tanto da soffrire ogni volta che doveva distogliere lo sguardo
da essa.
Quel
giorno, però, era
necessario farlo. Quel giorno non era lì per salutare sua
madre, o tutti gli
altri martiri della Seconda Guerra Magica. Quel giorno, era
lì per un motivo
preciso. C’era qualcuno a cui doveva fare delle domande.
Distolse
faticosamente lo
sguardo dal volto di Nimphadora, e si rivolse verso la lapide adiacente.
Remus
John
Lupin
1960-1998
Si
aspettava che il volto di
suo padre gli sarebbe sembrato diverso, una volta scoperta la
verità sul suo
conto. Aveva temuto che gli sarebbe parso meno umano, quasi animalesco,
invece
Remus era sempre lo stesso, con l’espressione stanca ma
felice che caratterizzava
le foto del suo ultimo periodo. Teddy rimase a lungo in contemplazione
del
volto di suo padre, come se quella foto contenesse le risposte a tutte
le sue
domande.
Al
primo anno del triennio di
formazione per Auror, Ted aveva sostenuto un esame sulle creature
oscure. Aveva
studiato per mesi le caratteristiche di ogni creatura mai impiegata da
un Mago
Oscuro per gli scopi più disparati, perché un
Auror non deve mai farsi prendere
di sorpresa. Di conseguenza, Teddy possedeva un bagaglio di conoscenze
sulle
creature oscure che non era comune a molti altri maghi. Dei Lupi
Mannari, poi,
conosceva a menadito le caratteristiche fisiche, le tendenze
comportamentali,
le abitudini alimentari. Ciononostante, Teddy non poteva fare a meno di
sentirsi ignorante in materia, adesso che sapeva la verità.
Prima a Hogwarts,
poi al Ministero, aveva approfondito la sua conoscenza dei Lupi
Mannari, e in
tutto quel tempo non era riuscito a comprendere
l’umanità che ancora permaneva
in quelle creature maledette. Conosceva la loro natura di lupo, ma
nessuno
aveva mai ritenuto necessario spiegargli che essa era affiancata
dall’essenza
umana, sempre presente in loro.
Era
chiaro che le sue
conoscenze erano lacunose. Le creature dei suoi libri di testo erano
orrende,
ripugnanti, terrificanti.
“Chi
eri veramente?”
Chi
era l’uomo che aveva fatto
convivere una seconda natura così scellerata con una vita
normale, una vita di
amici, lavoro, amore? Poteva davvero lui, Teddy, essere orgoglioso di
suo
padre? Era uno degli aspetti che più gli stavano a cuore.
“Come
è
possibile che la mamma ti amasse?”
Quale
donna avrebbe accettato
di unirsi, di concepire un figlio con un individuo così
aberrante? Non poteva
essere. Doveva esserci qualche dettaglio che gli sfuggiva.
Adesso
non contemplava più solo
il volto di Remus, perché intuiva che la soluzione del
mistero si celava nei
suoi occhi e anche in quelli di Nimphadora, la persona che aveva amato
l’umanità del Lupo Mannaro. I suoi genitori,
però, sembravano sorridergli
sornioni, come se non volessero svelargli la verità, forse
perché sapevano che
lui la conosceva già, e avrebbe dovuto cercarla dentro di
sé.
Improvvisamente,
fu raggiunto
da una consapevolezza. Prima di morire, i suoi genitori avevano scelto
una
persona che riempisse il vuoto lasciato da loro. Adesso che Remus e
Nimphadora
erano impossibilitati a dargli le risposte di cui aveva bisogno, era
evidente
che solo quella persona avrebbe potuto fornirgliele. Sebbene
l’orgoglio, con
ogni probabilità ereditato dalla nonna Serpeverde, lo
trattenesse, Teddy decise
che a prevalere sarebbero stati la sua essenza Tassorosso e il coraggio
Grifondoro ereditato da suo padre. Si allontanò penosamente
dalle tombe dei
suoi genitori, e uscì dal cimitero.
“Grimmauld
Place 12.”
Il
crac della Materializzazione
risuonò nell’aria, e Teddy sparì.
Ω
In
molti sostenevano che
scegliere di studiare in Biblioteca fosse molto più proficuo
che optare per
qualunque altro posto, a Hogwarts. Lì si potevano trovare i
libri per gli
approfondimenti, e la presenza costante di Madama Pince garantiva il
silenzio necessario
alla concentrazione. Per Albus e Scorpius, tuttavia, la Biblioteca era
deprimente, e preferivano di gran lunga studiare in sala comune.
L’unico
problema era Rose, la cugina di Albus, che insisteva perché
loro la seguissero
in Biblioteca, un’evenienza a cui spesso non riuscivano a
sfuggire.
Quel
giorno, i due stavano
rientrando nei sotterranei dopo un pomeriggio di studio che era parso
loro
infinito.
“Proprio
non capisco perché tu
ci tenga tanto a studiare con quella secchiona Grifondoro di
Rose.” Si
lamentava Scorpius.
“Lo
so che è noioso, ma lei è
la più brava del nostro anno e ci aiuta a prepararci meglio.
E poi è mia
cugina, non posso lasciarla sola!” Argomentò Albus.
“Non
è neanche giusto che
lasciamo sola Catherine.” Ribattè Scorpius. La
loro amica non amava molto
studiare con Rose. Scorpius non ne capiva il perché, mentre
Albus, che era
cresciuto circondato dalle cugine e da sua sorella e conosceva le
dinamiche
femminili, aveva formulato delle ipotesi piuttosto fondate.
“Hai
ragione, andiamo da lei.”
Annuì Albus, accelerando il passo.
Trovarono
Catherine immersa
nella lettura di un manuale di Trasfigurazione, seduta su una delle
poltrone
della sala comune.
“Eccovi
qua! Mi chiedevo quando
sareste arrivati. Sempre a mescolarvi con i Grifondoro?” li
accolse la piccola
Serpeverde.
“Con
i Grifondoro simpatici.” Puntualizzò
Albus, mentre dietro di lui Scorpius faceva una smorfia.
“Giurerei
che siano una razza
in estinzione, se non già scomparsa.”
“Dai
Catherine, non fare così,
i Grifondoro non sono mica tutti come James Potter!”
intervenne Scorpius, il
quale non vedeva di buon occhio le frequenti battute che Catherine
faceva sulla
Casa di Grifondoro. Era normale che ci fosse competizione tra le Case,
ma era
altrettanto naturale che Albus fosse legato ai propri famigliari.
Insultare la
famiglia di un Serpeverde, pensava Scorpius, non era un gesto adatto ai
seguaci
di Salazar, tra di loro esisteva un forte cameratismo, determinato
dalla
volontà di primeggiare sulle altre Case.
All’udire
il nome del fratello
maggiore, con il quale non si era ancora riappacificato, Albus
sussultò.
“Come
va con Trasfigurazione,
Catherine?” domandò il giovane Potter
all’amica, cercando di sviare la
conversazione.
“Non
molto bene, non riesco a
eseguire correttamente il movimento della bacchetta, devo essermi persa
qualcosa della spiegazione di Tracey.” Si lamentò
lei.
“Ti
aiuterò io, a me è venuto
bene, anche se effettivamente richiede un po’ di
esercitazione.” Si offrì il
ragazzo, omettendo il fatto che l’unico motivo per cui era
riuscito a
padroneggiare l’esecuzione del gesto era che Rose
gliel’aveva spiegata
pazientemente per tutto il pomeriggio.
“Lo
faresti? Salazar, ti
ringrazio, Albus, non avrei saputo come fare.” Sorrise
Catherine. Albus
arrossì.
“Ma
certo! Ricorda che la cosa
più importante è il movimento secco del
polso.” Spiegò, mostrando il gesto con
il proprio polso.
Mentre
i due parlavano,
Scorpius si era seduto nei pressi di un tavolino, e si era immerso
nella
lettura di una copia della Gazzetta del
Profeta.
“Ragazzi,
smettetela di parlare
di Trasfigurazione, venite a leggere.”
I
due gli si avvicinarono, e
lui mostrò loro il giornale. Sulla prima pagina del Profeta compariva una foto di Kingsley
Shacklebolt, ex Ministro
della Magia e attuale Auror, col volto tumefatto. Come se la foto non
fosse
abbastanza eloquente, il giornale titolava:
FAMOSO
AUROR AGGREDITO
Ω
James
entrò correndo nella sala
comune di Grifondoro. Si guardò intorno e poi, individuata
la persona che stava
cercando, le si diresse incontro a passo di carica. Tra le mani,
stringeva un
pezzo di pergamena molto consumato.
“Victoire!”
esclamò. La cugina,
che era immersa nella lettura di un libro, sobbalzò,
spaventata.
“James,
ma che maniere! Ti sembra
il caso di strillare in questo modo?” per tutta risposta, il
ragazzo le
sventolò sotto il naso la pergamena.
“Vieni
con me, dobbiamo parlare
in un posto sicuro.” Spiegò James, serio, con un
tono più basso. Victoire
sembrò capire che la situazione era grave, e lo
seguì nel corridoio antistante
il ritratto della Signora Grassa, che era deserto.
“Ho
appena ricevuto una lettera
da Lily.”
“Tu
tieni una corrispondenza
con la tua sorellina?” Si stupì Victoire.
“Non
dire sciocchezze,
Victoire, quella è una rompiscatole, e poi ha appena nove
anni! Si tratta di
un’emergenza.”
“Per
Godric, spiegami perché
sei così preoccupato.”
“Lily
scrive che stamattina,
quando si è svegliata, papà non era in casa come
al solito, era uscito prima, e
la mamma era preoccupata. Durante la mattinata è arrivato un
Patronus da papà,
che diceva che Kingsley è stato aggredito.” Il
tono di James si faceva più
concitato ad ogni parola.
Victoire
non perse la calma, il
che costituiva uno dei motivi per cui James si era rivolto a lei per
quella
confidenza.
“È
successo mentre era in
missione o a riposo?” fu la prima domanda.
“Credo
che fosse a riposo,
altrimenti non sarebbe stato così sconvolgente, non ti pare?
È un Auror.” Le
fece notare James, senza accorgersi che ribadire alla cugina che un
Auror è
soggetto a molti rischi avrebbe potuto turbarla.
“Abbiamo
un’idea di chi
potrebbe essere stato?” chiese allora Victoire, controllando
il proprio tono di
voce per non tradire la minima emozione.
“Lily
non lo sapeva, penso che
la mamma glielo abbia tenuto nascosto.”
“Immagino
lo scopriremo con la
prossima Gazzetta del Profeta.”
suppose Victoire.
“Credi
che sarebbe una notizia
da diffondere in tutto il mondo magico?”
“Prego?”
“Mi
sembra chiaro che l’unico
modo per saperlo sarà usufruire di un canale preferenziale,
per esempio
chiedendo a qualcuno dell’Ufficio Auror, non ti
pare?”
“Tuo
padre non te lo dirà mai.”
“Appunto
per questo, è
necessario che lo chiediamo a qualcun altro.”
“Che
intendi dire?”
“Non
è ovvio? Teddy!” Esclamò
James.
“Perché
mai Teddy dovrebbe
cedere un’informazione del genere a te?”
“Non
la dovrebbe cedere a me,
Vic.”
“Cosa
stai insinuando?”
“Non
insinuo nulla,
semplicemente dico che Teddy potrebbe rivelare questo genere di segreto
alla
sua ragazza.” Rispose James, con tranquillità.
“E
tu la conosci?” ribatté lei,
noncurante.
“Credo
proprio di sì, dal
momento che l’ho vista baciarlo al binario 9 e
¾”
“Se
fossi in te, io non andrei
a dirlo in giro, o lei penserà che tu sia un inguaribile
spione, e anche un po’
pettegolo.” Osservò Victoire, piccata, per poi
girare i tacchi e andarsene.
James
rimase solo a osservare
il passo veloce della cugina, augurandosi che il suo piano avrebbe
funzionato.
Ω
La
mattina seguente, Victoire
si alzò presto. Era il giorno del primo sabato a Hogsmeade,
e lei aveva
intenzione di sfruttare appieno quella giornata di riposo, visto che le
prime
settimane di scuola erano state piuttosto faticose. Si
preparò con insolita
cura, indossando un bel maglione blu che valorizzava i suoi occhi e una
gonna
grigia, coprendosi poi con il mantello che aveva comprato il Natale
precedente
a Parigi. Legò i capelli in una treccia, per impedire che il
vento li
scompigliasse, e scese a fare colazione. Al tavolo di Grifondoro,
l’attendevano
Charlie e Isobel.
“Buongiorno
Vic, sei pronta per
una giornata a Hogsmeade?” l’accolse Charlie.
“Prontissima.
Non vedo l’ora di
svaligiare Mielandia.” Affermò lei, servendosi un
toast con la marmellata.
“Charlie,
ti ricordo che
dovremo rientrare entro le tre, perché ho fissato
l’allenamento di Quidditch.”
Intervenne Isobel.
“L’allenamento?
Il sabato di
Hogsmeade? Sei senza cuore.” Sentenziò Charles.
“Non
capisci la strategia? Ci
alleneremo oggi proprio perché tutti gli altri non ci
saranno!”
“La
tua strategia sarebbe
quella di farti odiare da tutta la squadra? Gli altri saranno a
divertirsi e
noi dovremo rimanere con quelli del primo e del secondo
anno.”
“Così
si vincono le coppe del
Quidditch.” Tagliò corto Isobel, perentoria.
Charles sbuffò, ma non disse
nulla. In fin dei conti, era lei il Capitano, e sarebbe stato sleale
disobbedirle.
“Cercheremo
di concentrare
tutto il divertimento nelle prime ore, ma sarà meglio
sbrigarsi, così avremo
più tempo per stare là.”
Suggerì Victoire.
I
tre si diressero verso
l’uscita del castello, e riuscirono a salire su uno dei primi
carri per
Hogsmeade. Mano a mano che si avvicinavano al paese, Victoire si
sentiva sempre
più nervosa, giocherellava con la treccia e con i nastri del
mantello,
augurandosi di essere in ordine.
I
tre passarono una piacevole
mattinata a Hogsmeade. La prima tappa fu, come al solito, Mielandia,
perché era
l’unico negozio a mettere d’accordo i tre amici,
mentre per le tappe successive
era necessario scendere a compromessi. Victoire acconsentì a
rimandare la
visita a Scrivenshaft, il negozio
di
piume che tanto apprezzava, perché avrebbe potuto andarci
nel pomeriggio quando
Charlie ed Isobel sarebbero rientrati al castello, e i tre si diressero
verso Stratchy and Sons, il negozio
di
abbigliamento per maghi, dove Charlie doveva comprare dei nuovi
calzini. Subito
dopo fu la volta di Mondomago,
perché
Isobel doveva far riparare il suo porta-bacchette da Quidditch,
danneggiato da
un bolide che l’aveva colpita durante la prima partita del
campionato, contro
Tassorosso.
Affamati,
decisero di pranzare ai
Tre manici di scopa. Come sempre, il
pub di Madama Rosmerta era molto affollato, e nel tentativo di
raggiungere il
bancone per ordinare il pranzo, Charlie pestò
inavvertitamente il piede di
Ethan Brocklehurst, un Serpeverde del settimo anno.
“Guarda,
guarda: un Grifondoro
che non sa tenere i piedi al loro posto.” Commentò
questi, con tono sarcastico.
Charlie
alzò gli occhi al cielo.
“Guarda,
guarda: un Serpeverde
con i piedi delicati.” Ribatté. Victoire
sospirò: Charlie raccoglieva sempre le
provocazioni, per quanto lei gli ripetesse che era più
conveniente lasciar
perdere.
“I
miei piedi non sono
delicati, però trovo estremamente seccante essere costretto
a ripulire le mie
scarpe dopo che i piedi di uno schifoso Grifondoro ci sono finiti
sopra.”
“Interessante,
perciò se ti
prendessi a calci potrei finalmente convincerti a lavarti?”
ribatté Charlie.
Brocklehurst fece un passo verso di lui, gli puntò la
bacchetta sul petto e,
con uno sguardo minaccioso, dichiarò:
“Quelli
come te, Davies, non
sono nemmeno degni di rivolgermi la parola. Stai pur tranquillo: presto
qualcuno
ti rimetterà al tuo posto.” Un attimo dopo, il
Serpeverde sparì, in un turbine
di abiti neri. Victoire rabbrividì.
“Quel
tizio è pazzo.” Sentenziò
Charlie, senza dare l’impressione di essere molto colpito.
Anche Isobel
sembrava dello stesso avviso.
“Io
farei attenzione se fossi
in te, Charlie. È vero che è folle, ma
è proprio questo a renderlo più
pericoloso. Non mi piace quando i Serpeverde si comportano
così.”
“Secondo
me è solo un
cialtrone, non è abbastanza coraggioso per fare veramente
qualcosa di
spregiudicato. E poi è un Serpeverde, che cosa ti aspetti da
gente così?”
“Anche
se non avesse il
coraggio di farci del male, non credo che sia saggio metterlo alla
prova per
vedere fino a che punto può arrivare, Charlie. In secondo
luogo, mio cugino è
un Serpeverde, quindi ti sarei grata se non insultassi lui e la sua
Casa. Discorsi
di questo tipo non provocano altro che guerre, e basterebbe studiare un
po’ di
Storia della Magia per capire che ho ragione.”
Replicò Victoire, con la voce
tremante.
Qualcosa
nel suo sguardo
convinse i suoi amici che ribattere non sarebbe stato saggio. I tre
consumarono
il pranzo in silenzio, ognuno concentrato sui propri pensieri.
Terminato che
ebbero di mangiare, Isobel e Charlie si congedarono
dall’amica, per tornare al
castello e prepararsi all’allenamento di Quidditch che
avrebbe avuto luogo quel
pomeriggio.
Rimasta
per conto proprio,
Victoire non rimase a lungo ai Tre manici
di scopa. Pagò il conto, indossò il
mantello e uscì. Le vie di Hogsmeade
erano ancora molto affollate, ma lei notava come la folla si diradasse
mano a
mano che si avvicinava alla sua destinazione. Quando ormai era in
prossimità
della Stamberga strillante, era
completamente sola.
Scelse
una delle panchine nei
pressi della Stamberga, la
ripulì
dalle foglie secche che ci erano cadute sopra e si accomodò.
Aprì la borsa,
tirò fuori il libro di Babbanologia e s’immerse
nella lettura. Amava la
tranquillità di quel luogo, sempre così
silenzioso e deserto. Quel
giorno, però, non si era recata lì per
ricercare la solitudine.
Pochi
minuti dopo, la placidità
della sua lettura fu interrotta dal familiare pop
della Materializzazione, e Victoire alzò lo sguardo, ansiosa
e
al contempo emozionata. Ciò che comparve davanti ai suoi
occhi le regalò una
felicità che non aveva provato per molte settimane. A pochi
metri da lei, con
capelli di un improbabile verde pisello e sorriso smagliante, stava Ted
Lupin.
“Teddy!”
esclamò la giovane,
prima di lanciarsi tra le braccia del ragazzo.
“Mi
sei mancata.” Le sussurrò
lui, stringendola a sé.
Era
meraviglioso essere di
nuovo insieme, in quel posto lontano da tutto e da tutti. Avvertire il
contatto
con Teddy, il suo profumo, la sua voce, i suoi movimenti. Sapere che
lui aveva
bisogno di vederla con la stessa urgenza con cui lei sentiva la sua
mancanza,
sentirsi amata, cercata, preziosa. Le loro labbra si trovarono, ansiose
di
colmare il vuoto di quei mesi di lontananza.
Sarebbe
potuta rimanere lì per
sempre, a godere semplicemente della compagnia di Teddy, ma era
consapevole, e
sapeva che anche lui lo era, che c’erano questioni importanti
da affrontare
insieme. Victoire aveva bisogno di sostegno e consigli sui problemi che
le si
presentavano in quei giorni, e desiderava sapere come Teddy stesse
vivendo la
scoperta su suo padre e la lite con i Potter.
“Come
stai?” fu la domanda che
gli rivolse quando le loro labbra si separarono. Teddy le rivolse uno
sguardo sarcastico.
“Come
stai tu, piuttosto. Dagli
ultimi gufi si capiva che c’era qualcosa che non andava, e
ora che ti ho visto
ne ho la conferma.”
Victoire
lo mise a parte delle
proprie preoccupazioni per lo Smistamento di Albus e la lite tra lui e
James.
Sapeva che lui voleva sinceramente bene ai due fratelli Potter, e
riponeva una
grande fiducia nel suo giudizio.
“Non
ci si potrebbe aspettare
nulla di diverso da quei due, ma questa volta James ha davvero
esagerato. – fu
il commento di Teddy- hai parlato con loro?”
“Naturalmente.
James è molto
sfuggente, non gli va di parlarne e cerca di sviare
l’argomento. Chi mi
spaventa di più è Albus, perché dei
due è il più risoluto a non parlare con suo
fratello, è straordinariamente tranquillo sulla sua
decisione. Ad ogni modo, io
e Fred parliamo molto con loro e cerchiamo di aiutarli a ragionare,
anche se
entrambi sembrano davvero sicuri sulle loro posizioni. È
inquietante,
soprattutto perché sono così giovani.”
Dal tono di Victoire trapelava tutta la
preoccupazione che non aveva potuto condividere con nessuno fino a quel
momento, perché lei era la cugina maggiore, quella
responsabile, e se avesse
dato segni di agitazione tutti gli altri sarebbero andati nel panico.
Teddy la
strinse a sé, per confortarla.
“Proverò
ad aiutarli anch’io
via gufo e personalmente, a Natale. Ma dimmi, Vic, tu e Fred ne avete
parlato
con Harry e Ginny? Loro hanno sempre saputo gestire i rapporti tra
James e
Albus, infatti la bomba è scoppiata proprio ora che sono
entrambi a Hogwarts.
Magari potranno intervenire, e darvi consigli utili.”
“Ho
scritto a zio Harry e zia
Ginny il giorno stesso della lite. Loro mi hanno risposto con la posta
del
mattino dopo, e ho avuto come l’impressione che si
aspettassero che succedesse
qualcosa del genere. D’altronde, quei due litigano
continuamente. Ciò che
nessuno di noi si aspettava, però, era che Albus venisse
Smistato in un’altra
Casa, Serpeverde per giunta! Adesso possono fare a meno di vedersi
anche per
settimane intere, non puoi immaginare quanto sia doloroso.”
Sussurrò Victoire,
con la voce rotta, interrompendosi un attimo prima di iniziare a
piangere.
Teddy
l’abbracciò, mentre
rifletteva su quello che avrebbe dovuto fare per aiutare i due fratelli
Potter.
L’amara verità era che né Victoire
né lui avrebbero potuto fare la differenza,
in quel frangente. Potevano aiutare e consigliare Albus e James, ma
avrebbero
dovuto essere loro due a decidere, e loro, come tutto il resto della
famiglia,
non avrebbero potuto fare altro che aspettare. Non poter agire era
frustrante,
ma era giusto che fosse così, per quanto doloroso potesse
essere. C’erano
vicende in cui loro non potevano intervenire, ma c’erano
anche fatti che
riguardavano loro due, di cui loro dovevano occuparsi, non potevano
scegliere.
“I
legami famigliari sono qualcosa
di misterioso e di difficile comprensione.”
Commentò il ragazzo. Lo sguardo di
Victoire cambiò, si fece serio ma più tranquillo.
L’argomento, adesso, era
diverso.
“Riguardo
alle famiglie, hai
fatto ricerche su tuo padre?”
Teddy
aveva aspettato a lungo
quel momento, perché desiderava mettere a parte Victoire di
tutte le
riflessioni che aveva fatto. Aveva bisogno di coinvolgerla in quella
vicenda,
di ascoltare le sue opinioni e i suoi consigli e prendere con lei le
decisioni
importanti.
“Ho
parlato con la nonna, che
mi ha raccontato alcune cose sui miei genitori, fondamentalmente
sull’anno che
ha preceduto la mia nascita. Lei ha conosciuto mio padre solo quando
lui e mia
madre hanno deciso di sposarsi, poi è scoppiata la guerra e
lui è stato
latitante per un periodo, insomma, la nonna aveva poche informazioni, e
ho
capito che era molto doloroso per lei parlare di mia madre, quindi ho
lasciato
cadere il discorso.”
“Povera
Andromeda.” Sospirò
Victoire, continuando a guardarlo attentamente.
“Comunque,
la nonna mi ha dato
un’informazione importante: mio padre faceva uso della
pozione Antilupo, che
gli permetteva di comportarsi come un lupo normale durante le notti di
luna
piena, anche se alcuni membri del vecchio Ordine della Fenice mi hanno
rivelato
che in certi periodi ne interrompeva l’uso per mescolarsi tra
i Lupi Mannari,
come spia.”
“Tra
i Lupi Mannari? Che
coraggio!” esclamò la ragazza.
“Era
uno di loro, che prova di
coraggio sarebbe? Che cosa avrebbe avuto da temere?”
Domandò Teddy, duro.
“Era
comunque un Mago abituato
a vivere nel nostro mondo, per lui sarà stato spaventoso
come potrebbe esserlo
per chiunque di noi.” Argomentò Victoire. Teddy
non fece commenti, e proseguì
il suo racconto.
“Ad
ogni modo, parlando con i
vecchi membri dell’Ordine ho ricevuto molte informazioni
interessanti, ma
quello di cui avevo veramente bisogno era parlare faccia a faccia con
lui, per
quanto mi era possibile. Sai, per mettere insieme i pezzi. Allora sono
andato
al Memoriale dei Caduti della Seconda guerra magica, a
Londra.”
Il
fatto che Victoire non
facesse commenti sulla possibilità di “parlare
faccia a faccia” con un uomo
morto da diciannove anni era uno dei motivi per cui si era innamorato
di lei.
“Li
ho guardati in faccia per
un pezzo, lui e la mamma. E mi è stato utile,
perché lì, all’improvviso, ho
visto tutto sotto una luce diversa, e tutti i pezzi sono andati al loro
posto.
I racconti di mia nonna e quelli della vecchia guardia
dell’Ordine della
Fenice, le cose che già sapevo su mio padre, alcuni dettagli
della mia vita.
Tutto aveva un senso, tutto quadrava. E ho capito cosa dovevo
fare.”
Victoire
lo guardava,
interrogativa.
“Ci
sono molte cose che non
conoscerò mai di mio padre. Qual era il suo piatto
preferito, in quale
posizione gli piaceva dormire, con quale mano teneva la bacchetta. Non
conoscerò mai il timbro della sua voce, anche se dicono che
la mia ha un suono
simile. Però so ciò che fa la differenza. So che
era un Lupo Mannaro, e che era
abbastanza coraggioso e folle da non permettere che questo aspetto
della sua
natura gli impedisse di vivere e lottare per ciò che valeva
la pena. So che mia
madre doveva amarlo molto, probabilmente era un po’ folle
anche lei, per
decidere di sposarlo e avere un bambino con lui, nonostante la
licantropia. E
so che lui e mia madre, non molto prima di morire, hanno scelto
qualcuno che mi
spiegasse queste cose se loro non avessero potuto farlo.
Così ho deciso, e ti
assicuro che non è stato facile, ma mi sono Smaterializzato
in Grimmauld Place
12 e ho parlato con Harry.”
Sul
volto di Victoire si
allargò un largo sorriso, e lei tirò un sospiro
di sollievo, prima di
abbracciarlo, esultante.
“Ma
è meraviglioso! Ero così
preoccupata per te!”
“Perché
eri preoccupata?”
Domandò Teddy, che non aveva mai sopportato che le persone
che aveva intorno
s’impensierissero per lui. “Povero
ragazzino, senza genitori, chissà com’è
triste!” Che bisogno c’era di
agitarsi? Lui sapeva cavarsela benissimo.
“Temevo
che facessi qualche
sciocchezza, Harry è molto importante per te e sapevo che
rifiutare di
parlargli non poteva avere risvolti positivi.”
Spiegò la ragazza.
“Ora
capisco perché Fred ti
chiama Nonna Weasley, mi sembra di sentire parlare nonna Andromeda,
l’unica
differenza è che lei ha sessantaquattro anni, mentre tu ne
hai appena diciassette.”
La prese in giro lui.
“A
Fred piace fare lo
spiritoso, ma non è colpa mia se i miei cugini sono una
banda di scapestrati,
qualcuno li deve tenere a bada, e lui farebbe bene a non sputare nel
piatto in
cui mangia, visto che quando ha bisogno di buoni consigli divento la
sua
confidente preferita.” Esclamò Victoire,
leggermente irritata dal fatto che la
sua preoccupazione per Teddy, determinata dall’amore nei suoi
confronti,
venisse accostata alla sua tendenza a preoccuparsi per i cugini
più piccoli.
“Dai
Vic, non ti arrabbiare. Ti
assicuro che nemmeno in un milione di anni ti si potrebbe confondere
con mia
nonna Andromeda.” Da ironico, il tono di Teddy si era fatto
più tenero.
Victoire, però, era ancora offesa.
“Per
Godric, grazie Teddy, tu
sì che sai fare i complimenti a una ragazza.”
“Sei
in cerca di complimenti?
Hai veramente bisogno di qualcuno che ti ricordi quanto sei
bella?” Le
sussurrò, prendendo il suo viso tra le mani, e osservandola
con lo sguardo
fisso e penetrante che assumeva quando parlava di un argomento che gli
stava a
cuore.
“Ho
bisogno che sia tu a dirmelo,
è molto diverso. In ogni caso, mi piacerebbe sapere
com’è andata dai Potter.” Rispose
Victoire, più tranquilla, riportando il discorso sul tema
che maggiormente le
stava a cuore. Lo sguardo di Teddy parve turbato, certamente quello non
era un
discorso facile.
“Sono
arrivato lì nel
pomeriggio, quindi non c’erano né Ginny,
né Lily. Tua zia era impegnata perché
in questo periodo c’è il mercato del campionato di
Quidditch e doveva
intervistare i Battitori del Puddlemere United perché sembra
che stiano
discutendo con la squadra un aumento
dell’ingaggio…”
“Avvincente.”
Commentò
Victoire, che non era una grande appassionata di Quidditch.
“Sì,
beh, invece Lily era a
scuola, così c’era solo Harry, che stava lavorando
a qualche protocollo
dell’ufficio Auror. Era quello che speravo, perché
era soprattutto con lui che
volevo confrontarmi, e temevo che se fossero presenti tua zia o Lily mi
sarei
lasciato influenzare dalla tenerezza nei loro confronti, avrei fatto in
modo di
non ferirle, e così facendo avrei rischiato di non riuscire
a parlare con Harry
come desideravo. Ero ancora arrabbiato con lui, così non
avevo paura di
offenderlo, volevo solo che mi dicesse la verità.”
Le parole di Teddy erano
dure, ma sincere.
“Il
mio atteggiamento era
abbastanza ostile, ma Harry sembrava non accorgersene, o non darci
peso. Il
risultato era che io era ancora più infuriato, ma sospetto
che lo facesse
apposta. Comunque, mi ha fatto accomodare, mi ha versato del Vino
Elfico e si è
seduto di fronte a me, ad aspettare che io parlassi. In quel momento
è successo
qualcosa di strano. Mentre andavo lì, mi ero prefigurato un
discorso preciso,
gli avrei chiesto spiegazioni e contemporaneamente gli avrei fatto
capire
quanto fosse in torto per non avermele date per diciannove anni,
perché mi
spettavano di diritto. Una volta che mi sono ritrovato lì,
in silenzio nel
soggiorno dei Potter, nessuna delle parole che mi ero prefissato mi
è tornata
alla mente. C’erano troppe cose che volevo sapere, e mi sono
reso conto che non
volevo più inquinare ciò che per me rappresenta
mio padre con la rabbia e il
rancore. Credo di aver farfugliato qualche parola senza senso logico,
ma non ha
importanza, perché lui ha capito. Mi ha raccontato di quando
mio padre era
giovane, conosce molte storie che risalgono a prima della sua nascita,
le ha
ascoltate da mio padre e dal suo padrino, Sirius, che erano i migliori
amici di
suo padre, James. Mi ha spiegato come Albus Silente riuscì a
rendere possibile
che mio padre frequentasse Hogwarts, e mi ha raccontato la storia del
gruppo di
amici, i Malandrini, a cui mio padre apparteneva. Molte cose sui
rapporti tra
Harry e mio padre le conoscevo già, però ora
credo di capire meglio il mio
padrino e la sua scelta.” Spiegò Teddy.
Victoire
faticava a trattenere
il proprio entusiasmo, e Teddy non poteva fare a meno di pensare a
quanto fosse
meraviglioso avere al proprio fianco una persona che avverte la tua
gioia come
se fosse la sua. Quella consapevolezza aveva un sapore dolce e amaro
insieme, perché
avrebbe reso ancora più difficile il momento della
separazione, che entrambi
sapevano essere sempre più vicino. Il pomeriggio, infatti,
si avviava alla sua
conclusione. Il cielo si faceva sempre più scuro, e la
temperatura cominciava a
scendere. Era giunto il momento di salutarsi. Fu Teddy il primo ad
alzarsi
dalla panchina, seppur riluttante.
“Non
è ora di tornare al
castello?” Victoire sussultò e si alzò
in piedi, rendendosi conto solo in quel
momento di quanto fosse tardi.
“Hai
ragione! Devo tornare a
scuola per cena.” Esclamò Victoire, triste. Teddy
le rivolse uno sguardo malinconico,
e si chinò su di lei per baciarla un’ultima volta.
“Ci
vediamo presto.” Le sussurrò
all’orecchio, prima di Smaterializzarsi.
Angolo
dell’autore
Ciao
a tutti!
Questo
capitolo è stato un
parto, visto che l’ho scritto nelle pause dallo studio per la
maturità, ma ora
è finito e spero che vi sia piaciuto. Vi sarete accorti che
c’è una
sproporzione tra le varie scene, ho dedicato molto più
spazio a Victoire e
Teddy. perché c’erano diverse questioni in ballo;
innanzitutto la loro
relazione, che sta evolvendo, poi la difficile situazione dei fratelli
Potter e
i problemi personali di Teddy. Per quanto riguarda, invece, i tre
giovani
Serpeverde, in questa scena riusciamo a cogliere le dinamiche del
gruppetto. James
ci dà l’informazione dell’attacco a
Kingsley e non perde l’occasione per
molestare sua cugina, che non sembra gradire molto e, prima di esibirsi
in
smancerie con il suo Teddy, va a Hogsmeade con i suoi amici. Scopriamo
qualcosa
di più del carattere di Isobel e Charlie, e assistiamo a una
scena di tensione
ai Tre Manici di Scopa.
Spero
che il capitolo vi abbia
fatto venire voglia di sapere cosa succederà dopo!
Alla
prossima,
Lucia
|
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Capitolo 6 *** Legami famigliari ***
“Family
ties are precious threads,
no
matter where we roam,
they
draw us close to those we love,
and
pull our hearts toward home.”
Harry
si Smaterializzò in
Grimmauld Place, e si diresse a grandi falcate in direzione del numero
12. Era
tarda notte, perciò fece molta attenzione ad aprire il
portone senza fare
rumore, e a evitare di accendere la luce per non svegliare Ginny o
Lily. Tuttavia,
quando si trovò nell’ingresso, notò che
la luce nel salotto era accesa.
Allarmato, estrasse la bacchetta e avanzò in direzione della
luce, temendo che
fosse entrato qualcuno in casa. Quando entrò nel salotto,
vide che l’unica
presenza insolita sembrava essere una figura addormentata su una delle
poltrone, che constatò essere Ginny. Sua moglie doveva
essere rimasta sveglia
ad aspettare il suo rientro, ma probabilmente aveva ceduto alla
sonnolenza.
“Ginny?”
la chiamò. La donna
aprì gli occhi intontiti dal sonno, e le ci volle qualche
istante per
riconoscere il marito.
“Harry,
sei tornato! Volevo
aspettarti sveglia per sapere come sta Kingsley, ma è stata
una giornata
pesante in ufficio…- spiegò Ginny, alzandosi in
piedi e dirigendosi verso la
cucina- ti va un tè?” propose al marito, che
l’aveva seguita.
“Va
bene, immagino che tu non
voglia andare a letto, ora.” Acconsentì Harry.
“Assolutamente
no, voglio
sapere come procede la situazione. In che condizioni è
Kingsley?” gli chiese
lei, mettendo dell’acqua nel bollitore e accendendo il fuoco
con un colpo di
bacchetta.
“Stazionarie,
dopo
l’operazione, ma ti posso assicurare che ha accusato il
colpo. Non è più un
giovane mago, e una vita passata a combattere maghi oscuri ti fa
invecchiare
presto, anche se sei forte come Kingsley.” Rispose Harry.
“Pover’uomo!
Se riesco, domani
passerò con Lily a salutarlo e portargli qualche
Cioccocalderone. Ma, dimmi,
avete aperto un dossier per l’attentato?”
s’informò Ginny.
“Naturalmente.
Un Auror del
calibro di Kingsley, uno che ha fatto due mandati da Ministro della
Magia, che
subisce un attentato in casa propria non è un caso adatto
all’Ufficio della
Magica Sicurezza. È compito nostro occuparcene, e credo
proprio che dovrò
impiegare i miei Auror migliori per questo caso.”
Affermò Harry, serio.
“Avete
dei sospetti?”
“Sì,
e molto preoccupanti. Come
tu ben sai, le tendenze filo-Mangiamorte non sono mai state del tutto
sopite.
Ogni tanto salta fuori qualche caso, semplici crimini minori che spesso
non
vengono nemmeno associati alle ideologie Purosangue e sono classificati
come
delitti comuni. Aggressioni, furti di oggetti preziosi, cose di questo
tipo.
Secondo me l’attacco a Kingsley è da associarsi a
questo genere di reati, e
sarebbe bene poter approfondire la questione, analizzare caso per caso
e
trovare gli elementi comuni, i nomi ricorrenti. Il problema
è che non sarà così
semplice, perché questi crimini sono divisi tra il mio
ufficio, quello della
Magica sicurezza e quello dell’Uso improprio della magia, e
sarà difficile
recuperare informazioni.” Spiegò Harry.
“Pensi
davvero che potrebbe
trattarsi di questo? Neo-Mangiamorte?” chiese Ginny,
preoccupata perché non
aveva dimenticato l’attacco che aveva subito diversi anni
prima.
“Il
nome di Kingsley è
indissolubilmente legato a quello dell’Ordine della Fenice, e
credo che la
scelta di un bersaglio simile non sia casuale.”
“Se
i tuoi sospetti sono
fondati, sai cosa dobbiamo aspettarci, vero?” lo
interrogò Ginny, porgendogli
una tazza di tè fumante.
“Che
intendi dire?”
“Harry,
se un gruppo di
neo-Mangiamorte entra in attività e decide di colpire
Kingsley Shacklebolt, non
è ovvio chi sarà il prossimo
obbiettivo?” improvvisamente, Harry realizzò
ciò
che la moglie intendeva dire, e impallidì.
“Sarò
io, o peggio…”
“I
bambini.” Concluse Ginny.
Entrambi
sapevano di aver avuto
lo stesso pensiero nel medesimo momento, perché la
preoccupazione che li
accompagnava da quando Albus e James erano saliti
sull’Espresso per Hogwarts
stava diventando spaventosamente reale. Era difficile averli
così lontani, ma
adesso che li sospettavano in pericolo la distanza era semplicemente
insopportabile. James, così impetuoso e al tempo stesso
fragile, con la sua
innata tendenza a ficcarsi nei pasticci. Albus, che in quel momento era
nel
dormitorio di Serpeverde, insieme al suo amico Scorpius Malfoy.
Quell’amicizia,
che a loro era parsa di buon auspicio, il segnale che il mondo stava
cambiando,
poteva diventare un pericolo per Albus?
“Ora
come ora, non è il caso di
farsi prendere dal panico.” Affermò Harry,
più per convincere sé stesso che per
reale necessità di dirlo a Ginny.
“Manteniamo
la calma, ma sarà
necessario prendere alcune precauzioni. Avvisare Ron e Hermione, per
esempio, e
riprendere i contatti con i vecchi membri dell’Ordine della
Fenice e
dell’Esercito di Silente, senza specificare i nostri
sospetti, almeno per il
momento.” propose Ginny.
“Credo
che sarebbe opportuno
informarne la McGranitt. È la preside di Hogwarts, e se
c’è qualcuno che può
assicurarsi che James e Al siano al sicuro, è proprio
lei.” Suggerì
Harry, facendo apparire della carta
da lettere. Ginny annuì, senza dire nulla. Nel suo sguardo,
tuttavia, Harry
lesse la stessa paura che si stava impadronendo del suo cuore. Stava
davvero
ricominciando tutto? La guerra, la segretezza, avere dei nemici? Il
mondo
magico non ne aveva avuto abbastanza?
Ω
Fred
entrò, circospetto, nella
Biblioteca. Non si poteva dire che ne fosse un frequentatore abituale,
e
infatti nemmeno quel giorno era lì per studiare. Tuttavia,
quello era il luogo
in cui più facilmente avrebbe potuto incontrare la persona
che stava cercando,
e aveva dovuto fare uno sforzo. Dopo alcuni minuti di ricerca,
individuò un
tavolo che era occupato da una sola persona, e vi si diresse.
Molly
Weasley era china su un
libro di Antiche Rune, con i ricci neri legati in una treccia severa e
la
spilla da Prefetto di Grifondoro che le brillava sul petto. Concentrata
com’era, non si accorse della presenza del cugino
finché lui non si sedette
accanto a lei, e tossicchiò per attirare la sua attenzione.
“Ehi,
Molly, come stai?” esordì
Fred, fingendo di non notare il fastidio ostentato dalla cugina per
l’interruzione dello studio.
“Non
molto bene, a dire il
vero, la settimana prossima devo consegnare tre rotoli di pergamena di
traduzione runica, e non ho ancora finito il secondo.”
Sbuffò Molly.
“Ti
serve una mano?”
“Da
uno che non è riuscito a
prendere il G.U.F.O. in Antiche Rune? No, grazie.”
Rifiutò Molly, asciutta.
“Potrei…non
so, aiutarti a
copiare in bella.” Propose Fred, notando che la traduzione
della cugina
presentava molti scarabocchi e cancellature.
“Fred,
di cosa hai bisogno? Non
mi servono le tue offerte, è evidente che ti occorre un
favore.” Gli chiese
Molly, tagliente. Di tutti i cugini, la primogenita di Percy era la
più riservata,
non ricercava la compagnia se non le era strettamente necessaria, e
questo
atteggiamento risultava spesso e volentieri antipatico. In parte, era
sempre
stato il suo modo per sottolineare la distanza da Victoire, la cugina
maggiore
che sembrava essere un modello di dolcezza e affabilità.
“Sei
sempre così gentile,
Molly.” Fred si trattenne dal dirle tutto ciò che
pensava di lei, perché in
quel momento aveva davvero bisogno del suo aiuto.
“È
il mio marchio di fabbrica.
Cosa ti serve?”
“Hai
parlato con James o Albus
recentemente?” le chiese Fred.
“Faccio
un punto d’onore del
parlare con James il meno possibile, quel ragazzo è
irritante, maleducato e
infantile.” Affermò Molly, seccata. Fred
alzò gli occhi al cielo, ma non disse
nulla.
“Per
quanto riguarda Albus,
l’ho incontrato la settimana scorsa, e mi ha chiesto di
prestargli un libro di
Pozioni.” Riprese la ragazza. Albus sembrava rientrare nelle
sue simpatie,
forse perché era uno dei cugini più taciturni e
meno fastidiosi.
“Albus
ti ha accennato alla lite?”
S’informò Fred.
“Né
io né lui siamo inclini di
parlare di vicende private con chicchessia, quindi no, non mi ha detto
nulla in
merito, né io avrei voluto saperlo.” Molly aveva
una capacità non comune di
disinteressarsi degli affari altrui, perché era il modo
migliore per difendere
anche le proprie faccende, che lei non sentiva il bisogno di
condividere con
nessuno.
“Mi
dispiace costringerti a
uscire dal tuo isolamento, ma in questa circostanza abbiamo bisogno del
tuo
aiuto.” Dichiarò Fred.
“Vorresti
dirmi che l’intero
gruppo di cugini non ha trovato una soluzione al problema, e ha bisogno
del mio intervento?” rise
Molly, per
sottolineare la sua esclusione dal gruppo. Fred era infastidito dal
fatto che
lei cercasse di farlo sentire a disagio in quel modo. In fin dei conti,
era lei
a evitare loro. Tuttavia, cercò di calmarsi e riprendere la
conversazione con
un tono normale.
“Sì,
Molly, perché fai parte
della famiglia come tutti noi, e temo che tu non possa continuare a
fingere che
non sia così. Albus e James hanno litigato, non si parlano
da mesi, e stiamo
cercando in tutti i modi una soluzione a questo problema.” Il
tono di Fred si
era fatto così grave, così diverso dal suo solito
modo di fare, che Molly non
osò continuare con i suoi commenti sarcastici, e lo
ascoltò.
Fred
le narrò tutta la storia, dallo
Smistamento di Albus al silenzio glaciale che regnava tra i due
fratelli in
quel momento. Molly non sembrò particolarmente colpita dal
racconto, d’altronde
era allenata a non mostrare i propri sentimenti, ma non interruppe mai
il
cugino, e quando Fred ebbe finito di parlare sospirò.
“Capisco.
Una cosa, però, mi
sfugge. Tu hai detto che avete bisogno del mio aiuto. Tuttavia, non
comprendo
quale possa essere il mio ruolo in questa vicenda, e soprattutto
perché non
possa essere ricoperto da nessun altro.”
“Ecco,
ne abbiamo parlato a
lungo, e siamo tutti concordi nell’affermare che, dal momento
che non è una
questione che ci riguarda in prima persona, non possiamo essere noi ad
agire e
prendere le decisioni. Però siamo i loro cugini maggiori,
possiamo consigliarli
e metterli sulla strada giusta.”
“Credi
che io potrei
consigliarli? Non mi ascolterebbero mai. Non ti sembra che sia Victoire
la più
adatta a questo incarico?” Interloquì Molly, e il
tono della sua voce sembrava
tradire l’invidia nei confronti della cugina.
“Sono
d’accordo con te, e
infatti Victoire ci ha provato, ma non è riuscita a
risolvere molto. Sono
sfuggenti, entrambi si sono intestarditi sulle loro posizioni. La
verità è che
a volte ho l’impressione che non ricordino nemmeno
più il motivo per cui hanno
litigato, e che la discussione non sia stata altro che un pretesto per
cominciare a evitarsi.”
“Se
a loro va bene così, perché
intervenire?” chiese Molly, probabilmente pensando a Lucy, la
sorella minore,
con cui parlava di rado. Lucy era in buoni rapporti con James, che era
del suo
anno, e Roxanne, di un anno più grande, e non aveva mai
mostrato segni di trovare
sgradevole la distanza che la sorella maggiore aveva frapposto fra loro
due.
“Perché
sono fratelli, e non
possono far finta di non esserlo, né convincersi che questo
non significhi
nulla.” Le fece notare Fred, sempre tranquillo, e Molly ebbe
l’impressione che
non si riferisse solo a Albus e James.
“Molly,
tu sei la più brava del
nostro anno, e…”
“Lusingarmi
non ti servirà per
ottenere ciò che vuoi.” Lo interruppe lei.
“Non
è mia intenzione farlo, ti
conosco meglio di quanto tu conosca me. - Insinuò Fred.
– ciò
che intendo dire è che dal momento che
sei la più brava del nostro anno, e la tua cultura magica
è superiore a quella
di chiunque tra noi cugini, dovresti conoscere il potere magico dei
legami di
sangue.”
“Sono
teorie molto antiche e
non fondate su esperimenti. Ad ogni modo, continuo a non capire cosa
volete da
me.” Molly era visibilmente innervosita, perché
sentiva che in qualche modo
Fred stava avendo la meglio nella discussione.
“Vogliamo
capire come possiamo
usare il legame di sangue, l’unica cosa che in questo momento
continua a unire
Albus e James, per trovare una soluzione a questa situazione. Si tratta
di
magia antica, e tu meglio di tutti puoi fare le ricerche necessarie,
conosci i
libri e hai la capacità analitica per trovare le
informazioni utili.” Concluse
Fred, che finalmente era riuscito a esporre ciò di cui aveva
bisogno. Molly non
rispose, rimanendo impassibile come al solito, ma suo cugino avrebbe
giurato
che stesse riflettendo. Dopo alcuni minuti, infatti, la ragazza
parlò.
“Mi
sembra un tentativo
disperato, ma forse si può provare a cercare qualcosa.
-acconsentì Molly-
Chiederò a Madama Pince di consigliarmi i libri antichi per
cominciare le
ricerche, però dovete garantirmi che mi fornirete tutto il
materiale di cui
potrei aver bisogno per filtri e incantesimi.” In quel
momento, era il talento
da ricercatrice a prevalere sulla sua personalità chiusa.
“Grazie
Molly. Ti procureremo
ciò di cui avrai bisogno, basterà che tu ce lo
dica.”
“Di
nulla, Fred. E ora, se non
ti dispiace, vorrei tornare alle Antiche Rune.”
Ω
In
quei giorni di novembre,
l’usuale buonumore di Victoire era messo a dura prova. Il
carico di studio
diventava ogni giorno più pesante, e le preoccupazioni le
impedivano di dormire
tranquilla. La nostalgia di Teddy, l’inquietudine per Albus e
James, lo
sconvolgimento per la notizia dell’aggressione a Kingsley,
tutto contribuiva ad
appesantire il carico che già gravava sulle spalle della
più anziana dei
Weasley. Un carico che lei doveva, per forza di cose, portare da sola.
Non
poteva condividere le sue preoccupazioni con i cugini, lei era la
maggiore, se
avesse dato segno di non saper gestire quella situazione li avrebbe
gettati
tutti nel panico. Le costava fatica continuare a mantenere Charlie e
Isobel
all’oscuro della sua storia con Ted, ma sapeva bene di dover
continuare a
tenere il segreto. Loro non erano coinvolti nelle sue vicende
famigliari, ma i
tre condividevano la medesima preoccupazione per i fatti di cronaca,
che
seguivano con attenzione sulla Gazzetta
del Profeta. Era naturale che fossero loro, studenti del
settimo anno in
procinto di incominciare la loro vita nella società magica,
a essere
maggiormente angosciati per quella vicenda. Victoire era troppo
appassionata di
Storia della Magia per non rendersi conto del significato simbolico
dell’aggressione a Kingsley Shacklebolt, e non poteva evitare
di mettere in
relazione l’evento con i fatti degli anni che avevano
preceduto la Seconda
Guerra Magica. Sperava di non essere l’unica a riconoscere i
segnali, si augurava
che coloro che non avevano studiato la guerra sui libri,
perché l’avevano
vissuta in prima persona, avrebbero fatto altrettanto.
Quel
pomeriggio, Victoire era
seduta a uno dei tavoli della Sala Comune, con una tazza di
tè e il libro di
Babbanologia aperto davanti a sé. Poco distante da lei, Rose
era concentrata
sul libro di Storia della Magia. Notando la dedizione della cugina
verso lo
studio, Victoire non poté fare a meno di provare
un’ondata di affetto per lei.
Durante i mesi precedenti l’aveva osservata a lungo. Era
preoccupata anche per
lei, perché lo Smistamento di Albus aveva avuto
inevitabilmente alcune
conseguenze sul rapporto con Rosie. La primogenita di Ron e Hermione si
era
ritrovata ad affrontare i suoi primi mesi a Hogwarts senza il supporto
della
persona con cui aveva condiviso ogni evento importante della sua vita,
suo
cugino Albus. A Victoire era sembrato di notare che lei ne fosse
rimasta
amareggiata, ma che avesse compreso che affliggersi sarebbe stato
inutile, e
avesse quindi deciso di dedicarsi ad altro. Ciò che
preoccupava Victoire era il
fatto che Rose aveva evidentemente avuto difficoltà a fare
amicizia, perché
aveva finito per trascorrere la gran parte del tempo da sola, e
dedicarsi anima
e corpo allo studio. Pensando al legame che la univa ai suoi amici,
Victoire si
diceva che era importante che Rosie ne trovasse al più
presto. Anche in quel
caso, però, come per la lite tra James e Albus, non
c’era molto che lei potesse
fare. Quel senso d’impotenza la turbava più di
tutto il resto.
“Ehi,
Rosie. Come va con la
Storia della Magia?” le si rivolse. Si rimproverava di non
dedicare sufficienti
attenzioni alla giovane cugina.
“Ciao
Victoire. Molto bene,
sono tutta presa dalle rivolte dei Goblin nel decimo secolo!”
esclamò Rosie, di
rimando.
“Ma
certo! Alaric l’Astuto e
Golfric il Sanguinario! Molto interessante.” Sorrise
Victoire, ricordando il
programma del primo anno.
“Già.
Scusa Victoire, mi spiace
essere scortese, ma ho proprio bisogno di finire questo capitolo entro
oggi.” Disse
Rose, con tono di scuse. Victoire intese che la cugina non voleva
essere
disturbata durante lo studio. In fin dei conti, forse Rose se la
sarebbe cavata
da sola. Possedeva tutte le caratteristiche necessarie per farcela,
anche senza
l’aiuto dei cugini più grandi.
Salve
a
tutti! Sono tornata! So di essere sparita per un po’, ma gli
ultimi mesi sono
stati ricchi di novità, e non ho avuto il tempo di dedicarmi
alla scrittura
quanto avrei voluto.
La
prima
parte di questo capitolo ci mostra il punto di vista di Harry e Ginny,
l’ansia
di due genitori per i figli lontani e la preoccupazione di chi ha
vissuto una
guerra e riconosce le avvisaglie del ritorno della tensione.
Nella
seconda parte abbiamo modo di conoscere più
approfonditamente la personalità di
Fred Weasley e per la prima volta conosciamo il punto di vista
dell’altezzosa
Molly. Chissà se riuscirà a trovare
l’espediente adatto alla situazione di
Albus e James?
Infine,
nell’ultima parte troviamo la mia prediletta Victoire,
oberata da un carico di
preoccupazioni davvero inusuali per una ragazza della sua
età. Fortunatamente,
anche lei inizia a rendersi conto che non deve “portare il
mondo sulle spalle”.
Non è necessario che si preoccupi per Rose, sua cugina
saprà cavarsela!
Spero
che
abbiate apprezzato!
A
presto,
Lucia
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