Tutta colpa del Whiskey (o era Weasley?)

di emptyhanded_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In viaggio verso Hogwarts ***
Capitolo 2: *** Il Torneo Tremaghi ***
Capitolo 3: *** Gufi, pozioni e Dissennatori ***
Capitolo 4: *** Lezioni di Astronomia ***
Capitolo 5: *** Silenzi di tomba ***
Capitolo 6: *** I Lupi di Paddington ***
Capitolo 7: *** Per Merlino, Morgana e Silente ***
Capitolo 8: *** La discesa negli Inferi ***
Capitolo 9: *** Confessioni, ricatti e Buon Compleanno! ***
Capitolo 10: *** Le delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons ***
Capitolo 11: *** Aaron Maximoff ***
Capitolo 12: *** Ossequi ai grandi campioni di Hogwarts! ***
Capitolo 13: *** Il giorno dopo ***
Capitolo 14: *** Se ti piace affatturare una strega o uno stregone, prima o poi ci lascerai il cuore senza esitazione! ***
Capitolo 15: *** In bocca al Drago ***
Capitolo 16: *** L'acqua del Lago Nero ***
Capitolo 17: *** Il piano di Gwen ***
Capitolo 18: *** L'ultimo Ballo ***



Capitolo 1
*** In viaggio verso Hogwarts ***


In viaggio verso Hogwarts
 
 
Quell’anno scolastico era già cominciato male. Tralasciando la terribile estate che lo aveva preceduto, ne ebbi la conferma alla stazione di King’s Cross, dove mia madre, in tutta la sua fastidiosità, non la smetteva di parlare, importunando me e mio fratello con le sue chiacchiere. Avvolta nel suo cappotto color prugna, ci stava raccontando quello che aveva fatto durante il suo sesto anno; un sorriso fiero sul volto.
<< Tutti dicono che è l’anno più difficile, ma per me non è stato così: ero sempre a qualche festa, ma ho superato gli esami finali con il massimo dei voti! >> disse, una nota di orgoglio nella voce. Feci una smorfia disgustata e impaziente di salire sul treno, cominciai a dondolarmi da un piede all’altro; non vedevo l’ora di allontanarmi da lei e dal suo ego esagerato. Elaine Diggory era la strega più irritante di tutti i tempi: irritante era il suo carattere presuntuoso, egocentrico e noioso; irritanti erano i suoi capelli castani sistemati sempre alla perfezione, irritante era il suo viso senza difetti ed era irritante il modo in cui parlava, con la bocca arricciata e la voce altezzosa. Mi continuavo a chiedere cosa fosse passato per la testa a mio padre quando le aveva chiesto di sposarlo; se io fossi stata al suo posto, avrei preferito accoppiarmi con un drago che con lei.
<< Ma’, posso andare al binario? >> domandai in un lamento.
In meno di un secondo, mia madre smise di parlare e mi ritrovai i suoi freddi occhi grigi addosso.
<< La tua maleducazione è sconvenevole, Cassidy >>
La sua voce uscì affilata e serpentina, ma non riuscii a trattenere uno sbuffo. Mia mamma serrò la mascella, gli occhi ridotte a due fessure. Non mi importava se si stesse arrabbiando, non riuscivo a sopportare i suoi commenti e non potevo continuare ad ascoltare le sue inutili storielle adolescenziali.
<< Mamma, in effetti Cassie non ha tutti i torti, dovremmo andare >> intervenne mio fratello. Sorrisi compiaciuta e incrociai le braccia al petto; adoravo quando Cedric mi dava ragione. Mia mamma si lasciò sfuggire una smorfia incredula, controllò l’orologio da taschino e solo dopo aver riletto l’ora più di dieci volte, si convinse.
I suoi occhi si velarono di lacrime sotto il mio sguardo perplesso. Se non la sopportavo quando era altezzosa, quando era sentimentale non potevo proprio reggerla.
<< Oh i miei bambini! >> esclamò, prendendo il viso di Cedric tra le mani << Non voglio lasciarvi per altri dieci mesi >>
Gli stampò un bacio sulla guancia e si asciugò gli occhi alzando il viso verso il soffitto. Mi morsi l’interno della guancia per non dire niente.
<< Divertiti, mio bellissimo Ced >>
<< Lo farò… >>
Cedric era in imbarazzo, ma si lasciò abbracciare un’altra volta. Approfittando del fatto che quei due avessero dato inizio agli addii stomachevoli, afferrai il carrello in cui avevo messo dentro il mio baule e senza dare nell’occhio, mi girai verso i binari.
Non vedevo l’ora di partire.
Era la prima volta in tutta la mia vita che volevo tornare a scuola. Non perché desideravo riprendere lo studio – affatto- ma perché quell’estate era giunta al termine e, finalmente, sarei potuta andare via di casa.
<< Cassidy, rimani qui >> disse austera mia madre.
Imprecai a bassa voce; non era possibile che si accorgesse sempre di tutto. Di malavoglia tornai a guardarla con la fronte aggrottata; le mie mani stringevano le maniglie del carrello con troppa forza, le nocche erano diventate bianche.
<< Vedi di impegnarti quest’anno >> cominciò << Come ho già detto, il sesto anno è quello più difficile, quindi scegli le lezioni giuste da frequentare, anche se a causa dei tuoi G.U.F.O. hai una scelta davvero limitata >> 
Notai il disprezzo con cui aveva detto l’ultima frase. Nel pronunciarla le sue labbra si erano increspate come se avesse bevuto del limone. Avrei dovuto aspettarmi una raccomandazione del genere: da quando i miei genitori avevano ricevuto i risultati dei nostri G.U.F.O., mia mamma aveva deciso di rendermi la vita un inferno. Secondo lei, essere stata promossa solo in cinque materie era da considerarsi una vergogna e per questo motivo, mi aveva segregata in casa per tutta la durata delle vacanze, proibendomi di andare alla finale della Coppa del Mondo di Quidditch insieme a mio padre e mio fratello. Inutile dire quanto fosse stata crudele quella punizione; amavo il Quidditch sin da quando ero bambina e avevo sempre desiderato andare a vedere una finale così importante.
Obbiettivamente, non era stata neanche colpa mia: se mia mamma aveva l’abitudine di confrontarmi con Cedric -il dio sceso in terra- il problema era suo, non mio. Io non ero come lui e non lo sarei mai stata; non trovavo eccitante avere una condotta e una media perfetta, mi bastava solo superare l’anno. Era anche vero che avrei potuto impegnarmi di più per gli esami, ma dopo la vittoria della Coppa delle Case dei Grifondoro, avevo sprecato tutte le mie energie per vendicare i Tassorosso.
Sospirai.
<< Okay>>
<< E comportati bene >> continuò impassibile. I suoi occhi mi stavano perforando la pelle << Se riceverò anche solo una lettera dalla professoressa Sprite, rimpiangerai di essere nata >>
In realtà, era già da luglio che rimpiangevo di essere nata, ma preferii non dirglielo. Mi limitai ad annuire, facendo comparire un sorriso sul suo volto. Non riuscii a evitare un abbraccio e, stordita dal suo profumo nauseante, mi beccai anche un bacio sulla guancia.
<< Potrò dormire o hai paura che distrugga la scuola nel sonno? >> dissi, pulendomi schifata il viso. Mia mamma mi ignorò e strinse ancora una volta Cedric.
<< Vi voglio bene, amori miei >>
Roteai gli occhi al cielo, se lo avesse detto un’altra volta, avrei potuto rimettere la colazione. Cedric le diede una risposta altrettanto melensa, mentre io alzai una mano in segno di saluto. Mia mamma non fece in tempo a dire altro: spinsi Cedric verso i binari nove e dieci e la sua figura sparì nell’orda di pendolari. Camminammo veloci, zigzagando tra i passanti con i nostri carrelli. Non appena fummo davanti alla barriera che divideva i due binari, Cedric mi toccò una spalla per intimarmi a passare per prima; eccitata, avanzai spedita. Davanti a me, un treno rosso lucente stava sbuffando impaziente di partire.
Le persone si aggiravano nella coltre di fumo come fantasmi cinerei; era quasi impossibile distinguere qualcuno attraverso quelle fitte nubi grigie.
<< Cassie, vuoi che ti aiuti a portare il baule sul treno? >> mi chiese Cedric una volta apparso al mio fianco. Scossi la testa, seccata.
<< Ced, anche se la mamma te lo ha ripetuto tutta l’estate, non devi farmi da balia >>
Lui si lasciò sfuggire una risata e scosse la testa, cingendomi le spalle con un braccio. Non mi dispiaceva quando si comportava da fratello maggiore, così mi lasciai abbracciare senza fare troppe storie.
<< Oh ma non avevo intenzione di ascoltare la mamma, streghetta>>
Sorrisi e passai un braccio attorno alla sua vita.
<< Vedo che ho una brutta influenza su di te >>
Cedric rise ancora una volta; delle piccole fossette apparvero accanto agli angoli della bocca. Mio fratello era l’unico membro della famiglia che evitava di giudicarmi in continuazione; nonostante i miei innumerevoli difetti, preferiva aiutarmi a capire i miei sbagli piuttosto che rinfacciarmeli in qualsiasi momento. Vederlo ridere a una mia battuta mi rendeva più tranquilla; l’idea di essere un completo disastro si affievoliva. Non glielo avevo mai detto, ma era una delle persone più importanti della mia vita.
Mi scoccò un bacio sulla fronte.
<< E pensare che Elaine Diggory vuole il contrario >>
Cedric imitò i modi altezzosi della mamma, sciogliendo l’abbraccio. Gli diedi una pacca sulla spalla.
<< Non hai degli amici secchioni da cui tornare, Mr. Prefetto? >> gli domandai.
Cedric fece una smorfia. Sapevo che stava facendo il finto offeso, ma ero abbastanza forte da non venire intaccata dalla sua espressione triste. Prese il suo carrello e si avviò verso il treno.
<< Non metterti già nei guai, streghetta! >> gridò.
Lo seguii con lo sguardo fino a quando non sparì, travolto da una nuvola di fumo.
Ora che ero finalmente sola, l’eccitazione tornò a prendere il sopravvento: da quel momento in poi non ci sarebbero più stati la mamma, con i suoi commenti taglienti e le sue ingiuste punizioni; e il papà, con la sua passione sconsiderata per Cedric.
Tirai un sospiro di sollievo e raggiunsi l’ultima panca della banchina. Lì sedute, due ragazze stavano discutendo; le loro urla facevano voltare i passanti verso di loro. Una signora tozza arrotolata in una pelliccia rosa le sgridò, le voci si ammutolirono. Scocciata, la ragazza con i capelli verdi fulminò con lo sguardo l’altra, un gatto nero tra le braccia e gli occhi scuri furenti; la seconda ragazza sembrava tranquilla: noncurante della reazione dell’amica, continuava a lisciarsi i capelli corvini con una mano.
Sorrisi.
<< Buongiorno! >> esclamai, contenta.
Al suono della mia voce, si voltarono verso di me. Gwen smise di pettinarsi i capelli e si alzò di scatto dalla panca; in meno di un secondo, mi ritrovai stretta nella sua morsa soffocante.
<< Cassie quanto mi sei mancata! >> ululò.
Ariel rimase seduta, un sopracciglio inarcato e il suo gatto Pellek che miagolava, in cerca di attenzioni.
<< Cass, sei una pirla >> disse secca << ti rendi conto che non ti sei fatta sentire decentemente per tutta l’estate? >>
Gwen sbuffò, ma io sorrisi. Conoscevo bene Ariel e sapevo che quello era il suo modo per dirmi che le ero mancata.
<< Ehi, si è trattato di forze maggiori! Casa mia era diventata Azkaban >>
L’ombra di un sorriso le attraversò il volto. Pellek soffiò, allungò una zampa verso sinistra e perse l’equilibrio cadendo nel carrello di Ariel; il muso schiacciato contro il baule.
<< Dato che siamo tutte qui è meglio salire sul treno! >> ci incitò Gwen, prima di raccogliere le sue cose.
Della stessa opinione, io e Ariel la seguimmo verso il treno. Riuscii a trasportare il mio baule senza causare troppi danni; l’unica vittima fu il ginocchio di Ariel, che venne colpito quando entrammo dentro il primo scompartimento vuoto.
Mi sistemai a lato del finestrino, le mie gambe distese lungo il sedile. Gwen e Ariel si sedettero davanti a me, ancora provate dalla discussione di prima.
<< Oh Cassie, quanto mi dispiace per la reazione di tua madre >> disse Gwen con uno sbuffo << Secondo me cinque G.U.F.O. non sono pochi! E poi li hai presi in materie importanti… >>
Scrollai le spalle. Apprezzavo il tentativo di Gwen di farmi sentire meglio – durante i mesi precedenti avevo avuto solo l’appoggio di Cedric, le quali doti mi erano state decantate per tutta l’estate -, ma non volevo tornare a parlare dei miei fallimenti scolastici. Non ora che mi trovavo insieme alle mie migliori amiche.
<< E poi non sei andata a vedere la finale della Coppa del Mondo! Proprio tu che… >>
Non finì di dire la frase: Ariel le aveva messo una mano sulla bocca, impedendole di continuare a parlare.
<< Serpe, sei proprio stupida >> disse. << Forse, ma forse dico, Cass potrebbe non gradire l'argomento...  >>
Mortificata, Gwen si mise le mani sul viso. Spalancò gli occhioni neri e boccheggiò alla ricerca di qualcosa da dire.
<< Non ti preoccupare! Volevi solo aiutarmi >> la rassicurai.
Gwen mi sorrise e si voltò verso Ariel per farle una linguaccia. Mi lasciai sfuggire una risata, ero davvero contenta di essere lì con loro; mi erano mancate.
Avevo l’impressione che tutto fosse diventato più semplice, il mio cuore era più leggero.
<< Cass, ti rendi conto che la Serpe aveva qualcosa da ridire sui miei capelli? >> disse Ariel. Dalla sua voce trapelava una forte irritazione, la fronte di Gwen si corrugò.
<< Ho molto altro da dire in verità >> ribatté lei, incrociando le braccia al petto.
<< Oh, ora sono curiosa! Dimmi tutto, Serpe >>
<< Sono troppo verdi e conoscendo i tuoi simpatici amichetti Grifondoro, ti odieranno per il resto della tua vita… sai, sembra che tu te li sia tinti in onore di noi Serpeverde >>
<< Ma loro sanno che preferirei bere dalla ciotola di Mrs. Purr piuttosto che fare qualcosa per voi! E poi anche se fosse, non mi importa di quello che dicono gli altri >>
Lasciai Ariel e Gwen alla loro conversazione e mi voltai verso il finestrino. Il treno era partito e la pioggia sbatteva violenta contro il vetro; non riuscivo a vedere niente, le sagome scure della città lasciavano posto alla campagna, sparendo sotto l’acqua.
Nel momento in cui mi accorsi di starmi allontanando da Londra, fui pervasa dalla malinconia; la distanza mi faceva vedere da un’altra prospettiva quello che era successo. Tutta l’euforia di prima mi aveva abbandonato, lasciandomi in balia dei miei pensieri. Forse non volevo rimanere davvero sola. Forse non volevo aver salutato mia madre in quel modo, dandole la conferma di avere una figlia infantile. Dopotutto, se quell’estate si era comportata da perfetta Mangiamorte, era solo perché mi voleva bene e voleva farmi capire che la scuola era importante. Le sue intenzioni era state buone, anche se i mezzi che aveva usato rasentavano le torture medievali. D’altro canto io avevo fatto di tutto per farla arrabbiare e sapevo bene che la mia reazione alle sue punizioni era stata esagerata: ero arrivata persino a legarmi a un albero del giardino in segno di protesta.
Un nodo alla gola stava premendo contro la laringe. Ero davvero la figlia peggiore del mondo.
<< Cass, chi ha ragione? >>
La domanda di Ariel mi fece tornare alla realtà; mi girai di scatto verso di loro e dopo aver realizzato che si stavano aspettando una risposta, mi schiarii la voce.
<< Non sta a me dirlo >> dissi con un sorriso serafico sul volto.
Ariel sbuffò e si accasciò sul sedile. Pellek approfittò della situazione per uscire dalla cuccia che Ariel aveva improvvisato con il suo mantello; saltò in grembo alla sua padrona e finì acciambellato sulla sua testa. Al mormorio di sconforto di Ariel, io e Gwen scoppiammo a ridere.
<< Ti sta bene, Ari >> biascicò Gwen tra le risate.
La ragazza non dava segno di vita, mentre il gatto ci guardava confuso, come se volesse sapere che cosa stesse succedendo.
Passammo le ore seguenti a parlare della nostra estate, evitando di nominare i G.U.F.O., il Quidditch e i capelli. Io e Gwen saccheggiammo il carrello dei dolciumi; così, una volta in preda alla noia, facemmo a gara a chi mangiava più Gelatine Tutti Gusti + 1 alla volta. Non fu una sorpresa la mia vittoria: quando si parlava di caramelle, era noto a chiunque che fossi la regina.
<< FONO LA CAMPIONESCIA DEL MONDO! >> urlai con la bocca piena di gelatine.
Mi alzai in piedi, un pugno in aria sollevato in segno di vittoria. Ariel mi lanciò addosso una caramella colpendomi sulla coscia.
<< Fai schifo, Cass >> disse ridendo.
<< Qualcuno ha appena detto che la nostra Diggory fa schifo? >>
All’improvviso mandai giù tutte le caramelle. Tra tutte le cose di Hogwarts che mi erano mancate durante le vacanze, quella voce non era tra quelle. Serrai la mascella, voltandomi verso la porta dello scompartimento. Due ragazzi completamente uguali dai capelli rossi ci stavano guardando, le labbra contorte in un sorriso sornione.
Inarcai un sopracciglio.
<< Che vuoi, Wesbley? >> sibilai.
I due gemelli entrarono nello scompartimento come se nulla fosse; presero posto a lato di Ariel e uno di loro, quello che non aveva parlato, si mise in bocca una quantità di gelatine che poteva far invidia a quella che avevo mangiato io.
<< Che disgusto >> commentò Gwen osservando George mangiare le caramelle.
Lui le sorrise mettendo in mostra quello che aveva in bocca e Gwen si girò di scatto, provocando le risate dei due gemelli.
<< In realtà eravamo di passaggio, ma quando ho sentito Ariel dire quella perla di saggezza, non ho potuto fare a meno di intervenire >> rispose Fred con nonchalance.
Troppo abituata alle sue frecciatine, mi limitai a sorridergli. Erano anni che quello che mi diceva mi scivolava addosso; ero arrivata al un punto in cui i suoi insulti non mi dispiacevano nemmeno, anzi, li trovavo piuttosto divertenti.
<< Adoro il fatto che tu mi pensi sempre >> dissi usando il suo stesso tono canzonatorio.
Gwen, Ariel e addirittura George, trattennero una risata, mentre Fred si accigliò. Continuai a guardarlo in attesa di una riposta, ma il suo gemello lo precedette.
<< Comunque ci chiedevamo perché non fossi venuta alla partita di Quidditch >>
<< In effetti, avevo paura che fossi morta. Come avrei fatto a divertirmi quest’anno senza di te? >> riprese Fred.
Incrociai le braccia al petto.
<< Sai, George, volevo stare lontana dal tuo gemello: la sua presenza mi fa venire il voltastomaco >>
Un ghigno malizioso comparì sul volto di George.
<< Ti capisco, a volte succede anche a me >>
Gli sorrisi compiaciuta. Se non fosse stato sempre appiccicato a Fred, George sarebbe potuto diventare benissimo mio amico: era simpatico e, sebbene ci avessi scambiato solo qualche parola, avevo trovato piacevole la sua compagnia. A volte, quando i suoi scherzi venivano resi noti per tutta Hogwarts, avevo l’impulso di andare da lui e conoscerlo; nutrivo lo strano desiderio di unire le nostre forze e vedere che cosa saremmo stati in grado di fare assieme. Lo avrei già fatto, se non fosse stato per Fred Weasley.
Il mio odio nei suoi confronti risaliva al secondo anno, quando eravamo entrati nelle squadre di Quidditch delle nostre case; entrambi battitori, avevamo aspettato la fine della prima partita per odiarci. Fred non aveva retto la sconfitta e aveva deciso di prendersela con me, così che divenni il bersaglio principale dei suoi scherzi. Ero convinta che mi avesse scelto perché ricoprivo il suo stesso ruolo e, a differenza di Anthony Rickett - l’altro battitore di Tassorosso- non ero un armadio muscoloso alto un metro e novanta.
Molto sportivo da parte sua, non è vero?
Io non mi ero lasciata intimorire: avevo passato la mia intera carriera scolastica a infastidire Fred, diventando la Tassorosso più punita della storia di Hogwarts.
<< Diggory, durante le vacanze hai ripassato il tuo repertorio di battute? >> disse Fred.
<< In realtà credo che il mio sia un dono di natura, Wembley >>
<< Allora credo che la natura sia stata ingiusta con te, perché fanno davvero pena >>
Prima che potessi avventarmi su di lui e strangolarlo, Ariel mi posò una mano sul ginocchio e mi intimò di stare calma. Eseguii scocciata i suoi ordini, anche se la voglia di sfregiare la faccia di Fred Weasley a suon di pugni mi stava facendo tremare le mani.
<< A proposito >>
La voce di Gwen ci fece girare tutti verso di lei.
<< Sapete che cosa succederà ad Hogwarts quest’anno? Mio padre era eccitato come un bambino quando mi ha detto che se ne vedranno delle belle >>
I volti di Fred e George si illuminarono.
<< Anche a noi lo hanno detto! >> esclamò Fred.
<< Ma non ci hanno voluto dire che cosa ci sarà >> continuò George contrariato.
<< Perché sono informazioni riservate >> finì Fred con una smorfia; il suo viso attraversato dalla stessa espressione che faceva mia madre ogni volta che nominava i miei G.U.F.O.
<< Io non ne so niente, i miei genitori sono babbani e a malapena sanno che cosa sia Hogwarts >> aggiunse Ariel, le mani alzate in segno di resa.
Aggrottai la fronte. Perché io non ero stata avvisata come Gwen e i Weasley? Mio padre lavorava al Ministero esattamente come i loro. Aprii la bocca per domandare da quanto tempo lo sapevano, ma le mie parole vennero coperte dal boato di un tuono.
<< Mi sa che siamo quasi arrivati >> disse Gwen guardando fuori dal finestrino.
La pioggia picchiava furiosa, luci di lampi rischiaravano a intermittenza il cielo nero.
<< Allora noi andiamo da Lee >> disse George, alzandosi dal sedile. Afferrò un’altra manciata di caramelle e qualche Cioccorana che avevamo avanzato, prima di aprire la porta del nostro scompartimento.
<< Ci vediamo dopo >>
<< Attenta a non cadere in una pozzanghera, Diggory >>
Fred mi fece l’occhiolino e uscì al seguito del gemello.
<< Baciami la bacchetta, Wosbly! >> gli gridai.
Scossi la testa. Era irritante quasi quanto mia madre.
Senza proferire parola, ci infilammo la divisa e sistemai le mie cose dentro il baule; il pensiero di una novità ad Hogwarts ancora nella mente. Mi domandavo perché mio padre fosse rimasto zitto: possibile che non fosse stato avvisato? Difficile. Non era una figura di rilievo al Ministero, ma se lo avevano detto a Weasley dovevano averlo detto anche a mio padre. E poi quei due erano amici, se era una cosa davvero importante dovevano per forza averne discusso insieme. Dovevo chiedere a Cedric: lui sapeva sempre tutto.
Dopo pochi minuti, il treno rallentò ed entrò nella stazione buia di Hogsmeade; le portiere si aprirono, l’eco di un altro tuono squartò l’aria.
Mi strinsi nel mantello e tenni saldo il baule tra le mani. La pioggia scendeva fitta; quando scesi, tenni gli occhi socchiusi e il capo chino per proteggermi.
<< Non pensavo di fare un bagno prima di arrivare al castello >> si lamentò Gwen, mentre avanzavamo lungo la banchina affollata. Ariel era intenta a calmare Pellek, che si muoveva spaventato dentro il suo trasportino.
Un centinaio di carrozze senza cavallo erano parcheggiate davanti alla stazione; attendevano gli studenti per portarli al castello. Mi feci largo tra la folla di ragazzi e raggiunsi una carrozza vuota, dove Gwen e Ariel salirono senza alcuna esitazione. Sollevai a fatica il mio baule; Ariel lo prese per infilarlo dentro. Diluviava troppo forte, getti di acqua ghiacciata mi stavano colpendo la testa e la schiena. Provai ad arrampicarmi sulla carrozza, quando il mio piede scivolò dal gradino; persi la presa sulla maniglia della porta e finii con il sedere a terra.
La mia imprecazione si levò alta tra la calca di studenti: ero davvero caduta in una pozzanghera.
 

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Capitolo 2
*** Il Torneo Tremaghi ***


Il torneo Tre Maghi
 
 
Durante tutto il tragitto verso Hogwarts, Ariel e Gwen non smisero di ridere. Le supplicai in tutti i modi per convincerle a non raccontare a Fred della mia caduta, ma i miei sforzi non servirono a niente. Ero sempre più convinta che, nonostante fossi felice di essere a scuola, l’anno scolastico fosse cominciato male.
La carrozza si fermò davanti al portone di quercia, ai piedi delle scale di pietra che portavano all’ingresso del castello.
Scesi con calma, facendo attenzione a dove mettevo i piedi per evitare di scivolare di nuovo, e dopo aver aspettato Gwen e Ariel, schizzai su per gli scalini impaziente di tornare al riparo dalla pioggia. Adunati nella Sala d’Ingresso del castello, i ragazzi aspettavano di cenare.
Mi tolsi in fretta il mantello; ormai era fradicio e macchiato di fango.
<< Sono combattuta tra andare a cena e stare con voi >> disse Gwen con un sospiro. Si strizzò i lunghi capelli neri per farli sgocciolare, mentre io appallottolai il mantello e lo infilai dentro il baule.
<< Salteresti la cena per stare con noi? Sta già per arrivare una tempesta, non far venire la fine del mondo >> celiai.
Gwen mi guardò pensosa per alcuni secondi.
<< Hai ragione: mangiare vince su tutto >>
Mi lasciai sfuggire una risata; non conoscevo nessuno che amasse il cibo come Gwen. A volte mangiava in continuazione, facendo arrabbiare Ariel che si chiedeva dove finissero tutte le calorie che ingurgitava. Gwen, oltre a essere bellissima, aveva anche la fortuna di non ingrassare mai.
Stavo per entrare dentro la Sala Grande, quando le porte si spalancarono con un colpo secco, facendomi arretrare. Ne uscì la professoressa McGranitt adirata; aveva la fronte corrugata e gli occhi scrutavano il soffitto.
<< Pix! >> gridò << Pix, vieni giù IMMEDIATAMENTE >>
Solo nel momento in cui la professoressa scivolò sul pavimento bagnato, mi accorsi che Pix il poltergeist stava lanciando dei palloncini rossi pieni d’acqua contro gli studenti. Si trovava a mezz’aria, sopra l’imponente scala di marmo, e guardava divertito i ragazzi scappare dalla sua traiettoria. Feci una smorfia: con la sfortuna che mi ritrovavo, sarei stata una delle sue vittime se mi fossi trattenuta a lungo nella Sala d’ingresso. Ariel doveva aver pensato la stessa cosa, perché mi afferrò una mano e mi trascinò a cena.
Non appena misi piede dentro la Sala Grande, mi sentii contenta. I miei occhi vagavano per la stanza; la sua familiarità e il suo calore mi stavano dando il bentornato.
La Sala Grande era già pronta per il bacchetto iniziale: piatti, posate e calici d’oro brillavano sui tavoli, illuminati dalle candele che volteggiavano in aria. I tavoli delle quattro case non erano ancora riempiti del tutto, ma il vociare degli studenti avvolgeva la stanza. I professori erano sistemati lungo il loro tavolo; alcuni di loro guardavano annoiati i ragazzi, altri, invece, parlavano concitati tra loro. Il mio sguardo si soffermò sul tavolo dei Tassorosso; riuscii a intravedere Cedric ridere insieme a un gruppetto di ragazze che gli si erano sedute accanto.
Scossi la testa. Non volevo tornare da loro.
<< Posso sedermi con te dai Grifondoro? >> chiesi ad Ariel.
Lei inarcò un sopracciglio.
<< Finiresti scuoiata viva, lo sai? >>
Lo sapevo benissimo. Ai suoi compagni, specialmente a quelli del suo stesso anno, non brillavo di simpatia. Ero convinta che non riuscivano ad accettare il fatto che la mia squadra vincesse sempre contro la loro; ma dovevo ammettere, che a volte mi divertivo a fare battute cattive sui Grifondoro in loro presenza e non era quello che si poteva considerare un gesto carino.  Nonostante questo insignificante dettaglio, avrei preferito mille volte andare incontro alla mia morte che tornare nel regno della gioia e della bontà della mia casa, dove Lord Cedric Diggory era il sovrano. Non volevo stare ancora in presenza di adulatori di mio fratello.
Con un sospiro, passammo oltre il tavolo dei Serpeverde - dove Gwen fu rapita dalle sue compagne di stanza-  e quello dei Corvonero. Guardai Ariel un’ultima volta; con un sospiro, mi decisi ad affrontare il mio destino.
<< CASSIDY! EHI CASSIDY! >>
Mi voltai in direzione della voce che mi aveva chiamato. Un ragazzone che sembrava un panda troppo cresciuto, si stava sbracciando dal tavolo per attirare la mia attenzione. Tra tutti i Tassorosso della scuola, Malcolm Preist era quello più buono e gentile. Con le guance perennemente rosse e il sorriso sempre sul volto, poteva benissimo essere il figlio di Babbo Natale.
<< EHI CASSIDY! TI HO TENUTO IL POSTO! >>
Gli sorrisi e mi affrettai a raggiungerlo per farlo stare zitto: alcuni ragazzi avevano cominciato a girarsi verso di noi; trattenevano le risate e mi squadravano con superiorità. Grazie a Malcolm, ora tutti sapevano che ero arrivata nella Sala Grande.
Il ragazzo batté una mano sulla panca, suggerendomi di sedermi.
<< Allora Cassie, come sono andate le vacanze? Ho saputo che non sei andata con Ced alla partita di Quidditch >> mi chiese non appena il mio sedere toccò la panca.
Ero appena arrivata al tavolo dei Tassorosso e avevo già voglia di andarmene.
<< Non sono state le vacanze più belle della mia vita e basta, direi che possiamo chiudere qui il discorso >> risposi.
Il sorriso di Malcolm sembrò scemare, ma la mia impressione durò solo un secondo; un attimo dopo continuò a parlare tutto allegro.
<< Non vedo l’ora delle lezioni! Farò Erbologia avanzata, non è entusiasmante? E poi quest’anno la Coppa delle Case sarà nostra, me lo sento! >>
Prima che potessi ferire i suoi sentimenti dicendogli qualcosa di cattivo su Erbologia – la materia più noiosa al mondo – Kate Macavoy apparì davanti a noi. A differenza di Malcolm, che sprizzava gioia da tutti i pori, Kate aveva l’aria di una che aveva appena ricevuto la notizia della morte di un parente. Essendo l’unica Tassorosso a starmi davvero simpatica, non faticai a mostrarmi preoccupata per lei.
<< Che succede? >> domandai.
Malcolm si era zittito e guardava Kate allarmato; una mano stretta in un pugno nascosta sotto il tavolo.
<< Ho saputo una cosa terribile >> sussurrò lei, marcando l’ultima parola.
In quel momento, ebbi paura che avesse davvero ricevuto la notizia della morte di un suo parete e maledissi i miei pensieri che si divertivano a presagire crudeltà.
<< Il professor Lupin non ci sarà quest’anno >> disse trattenendo un singhiozzo << Ha dato le dimissioni, capite? >>
Sia io che Malcolm la stavamo guardando sconcertati. Non riuscivo a interpretare la sua reazione; sapevo che lei adorava il professor Lupin, ma piangere per questo mi sembrava esagerato. Specialmente perché non avevamo mai avuto un professore di Difesa Contro le Arti Oscure che fosse durato più di due trimestri ed eravamo abituati a cambiarli.
<< Kate… >> provò a dire Malcolm.
<< Io ero innamorata, capite? Innamorata. E ora il mio cuore è ridotto a un ammasso di brandelli sanguinolenti, che sono alla disperata ricerca di un collante >>
Abbattuta, Kate buttò la testa sul tavolo. Mi morsi l’interno della guancia per non scoppiare a ridere. Le volevo bene, ma aveva la tendenza a essere troppo melodrammatica.
<< Magari quello di quest’anno sarà ancora più figo >> disse Malcolm. Posò una mano sulla sua spalla per darle conforto.
<< Beh… quello di quest’anno è Malocchio Moody… non è quel che si dice una bellezza sconvolgente >> intervenni. Malcolm mi fulminò con lo sguardo, mentre Kate riprese a singhiozzare << A meno che non ti piacciano i tipi che sembrano usciti da una nave di pirati babbani, ovvio! >>
I miei tentativi di migliorare la situazione ebbero l’effetto opposto; così decisi di rimanere zitta. Gettai un’occhiata al tavolo dei Grifondoro, dove Ariel stava ridendo accanto a Lee Jordan, George e, con mio disgusto, Fred Weasley. Avrei voluto provare dispiacere per lei, ma ero invidiosa del fatto che si stesse divertendo; la cosa più emozionante che fosse successa a me, era rendermi conto che Moody sembrava un pirata. Non mi trovavo più bene nella mia casa: da quando Cedric era diventato il capitano della squadra di Quidditch e il ragazzo più bello della scuola, i Tassorosso non avevano fatto altro che osannarlo come una divinità, facendomi sentire sempre più inutile. Non era facile essere la sorella della perfezione e io non reggevo il confronto.
<< Piccola, mi sei mancata >>
Un ragazzo troppo alto e troppo grosso, mi stava guardando con i suoi occhietti azzurri. Si era seduto accanto a me e la sua mano troppo grande era ferma sul mio ginocchio.
Socchiusi gli occhi.
<< Rickett, hai due secondi per togliermi la tua zampa sudicia di dosso >> sibilai.
Anthony si lasciò sfuggire una risata e continuò a fissarmi; un sorriso ebete era comparso sul suo volto.
<< Quando fai così, mi fai impazzire >> disse.
Alzai gli occhi al cielo. Anthony Rickett aveva una cotta per me dal terzo anno e, nonostante i numerosi rifiuti che aveva ricevuto, continuava a insistere che prima o poi mi sarei innamorata di lui. Dovevo ammettere che era un bel ragazzo, non come Cedric che incantava chiunque gli parlasse, ma Rickett era piacevole nei suoi occhi celesti, nei ricci biondi e nei suoi innumerevoli muscoli. L’unico difetto era il suo carattere. Troppo gentile per essere nei Serpeverde, troppo fifone per i Grifondoro e troppo stupido per i Corvonero, Anthony era finito nei Tassorosso senza un motivo preciso. Di certo, ero sicura che fosse qui solo per importunarmi: da quando gli piacevo, si era convinto che essendo i battitori della stessa squadra, eravamo predestinati a stare insieme.
<< E pensa se ti affatturassi con un incantesimo che ti rende un maiale con i capelli, come impazziresti >> risposi ironica.
Esattamente in quel momento, le porte della Sala Grande si aprirono e le voci degli studenti rimasero spezzate a metà. Era calato un silenzio quasi surreale tra i vari tavoli. La McGranitt fece strada a un gruppo di bambini del primo anno, che si fermarono spaventati e nervosi davanti al tavolo dei professori. I poveri novellini erano fradici; tremavano avvolti nei loro mantelli neri, mentre si guardavano agitati intorno. Uno di loro, che anziché aver paura come gli altri sussultava dall’eccitazione, era coperto dall’enorme pelliccia di Hagrid.
Sorrisi. Per alcuni versi ricordava me il giorno del mio smistamento: ero talmente eccitata di essere ad Hogwarts che inciampai nei miei stessi piedi per ben due volte quando dovetti provare il Capello Parlante.
La McGranitt sistemò il Cappello sopra uno sgabello e, dopo qualche secondo, la sua voce inondò tutta la sala con il suo canto.
 
Or son mille anni, o forse anche più, che l'ultimo punto cucito mi fu: vivevano allor quattro maghi di fama, che ancora oggi celebri ognuno qui chiama.
Il fier Grifondoro, di cupa brughiera, e Corvonero, beltà di scogliera, e poi Tassorosso, signor di vallata, e ancor Serpeverde, di tana infossata.
Un solo gran sogno li accomunava, un solo progetto quei quattro animava: creare una scuola, stregoni educare.
E Hogwarts insieme poteron fondare.
Ciascuno dei quattro una casa guidava, ciascuno valori diversi insegnava: ognuno stimava diverse virtù e quelle cercava di accrescer vieppiù.
E se Grifondoro il coraggio cercava e il giovane mago più audace premiava, per Corvonero una mente brillante fu tosto la cosa davvero importante.
Chi poi nell'impegno trovava diletto del buon Tassorosso vinceva il rispetto, e per Serpeverde la pura ambizione contava assai più di ogni nobile azione.
quattro, concordi, gli allievi diletti sceglievan secondo criteri corretti.
Ma un giorno si dissero: chi li spartirà quando ognuno di noi defunto sarà?
Così Grifondoro un modo trovava e me dal suo capo veloce sfilava: poi con i tre maghi una mente mi fece capace di scegliere in loro vece.
E se sulle orecchie mi avrete calato, voi state pur certi, non ho mai sbagliato: nelle vostre teste un occhiata darò e alla Casa giusta vi assegnerò!”
 
Quando il Capello Parlante smise di cantare, tutta la sala si esibì in un applauso. La McGranitt srotolò una pergamena e diede inizio alla processione dello Smistamento. A parer mio, dovevano trovare un modo per renderlo più veloce; mentre i ragazzini venivano smistati nelle case, il mio stomaco prese a borbottare e brontolare, invocando cibo.
La prima Tassorosso fu Eleanor Branstone e quando il Capello annunciò la sua scelta, io, Kate, Malcolm e Anthony ci alzammo in piedi per acclamare la bambina. Quello era uno dei pochi momenti in cui mi mostravo patriottica nei confronti di Tassorosso. Anche il successivo, Owen Caldwell, venne smistato nella nostra casa e Anthony, con il suo solito atteggiamento da energumeno, ululò qualcosa. Sfortunatamente, Dennis Canon venne mandato a Grifondoro e il tavolo di Ariel scoppiò in una serie di urla e acclamazioni; mi voltai a guardarli: Fred e George schiamazzavano e saltavano come scimmie in calore. Irritata, fulminai Fred con lo sguardo. Non lo sopportavo, riusciva a innervosirmi anche quando non mi parlava. Come se si fosse accorto dei miei pensieri, il ragazzo si voltò verso di me e mi fece l’occhiolino. Mi girai di scatto, il viso rosso dalla rabbia. Un giorno lo avrei ucciso.
Lo Smistamento finì con Kevin Witby che venne proclamato Tassorosso.
<< Ho solo una parola da dirvi >> esordì Silente dopo essersi alzato in piedi; i suoi occhi brillavano da dietro le lenti a mezzaluna degli occhiali << Abbuffatevi >>
<< Amen! >> esclamò Malcolm. Sul tavolo comparirono le portate; cibi dall’aspetto invitante mi urlavano di assaggiarli. Non me lo feci ripetere due volte e mi riempii il piatto di roastbeef, patate e salsicce. Dopo due mesi a ingurgitare la cucina biologica e dietetica di mia madre, mi sentii rinascere a ogni boccone.
<< Comunque quest’estate sono andata al mare dai miei zii babbani >> disse Kate tra una forchettata di pasticcio di pollo e l’altra << E c’era un bagnino davvero bellissimo >>
<< Quanti anni aveva? Quaranta? >> biascicai mentre finivo di masticare le patate.
Kate aveva la tendenza a guardare solo gli uomini attempati, oltre a quella di “innamorarsi” ogni cinque minuti di un uomo diverso. Da quando avevamo cominciato la scuola, si era infatuata di tre professori di Difesa Contro le Arti Oscure e del supplente di Madama Bumb, durante il secondo anno. Nessuno di loro, fatta eccezione del professor Lupin, aveva meno di quarant’anni.
Sentii Malcolm ridacchiare.
<< In realtà ne aveva cinquanta… >> rispose Kate diventando rossa in viso << Ma Cassie, era davvero un bell’uomo! Dovevi vederlo! >>
In quell’istante, sia io che Malcolm scoppiammo in una fragorosa risata; le sue guance andarono a fuoco.
<< Ci credo, Kate >> mormorai.
<< Alla nostra Cassidy non piacciono i bagnini vecchi rinsecchiti, lei punta ai giocatori di Quidditch di due anni più grandi, non è vero? >> disse Malcolm dandomi una gomitata.
Smisi di ridere e posai la forchetta sul piatto. Tutta la voglia di scherzare che avevo avuto un attimo prima, era sparita in un istante.
<< Il cui nome comincia per O e finisce con Liver Baston >>
<< No, non più >> dissi gelida.
Kate e Malcolm si lanciarono un’occhiata, ma io mi limitai a incrociare incupita le braccia al petto. Odiavo quando si parlava di Baston, odiavo quando si mettevano a nudo i miei sentimenti. Era una storia chiusa da quasi un anno e non volevo parlarne di nuovo, non ora che avevo smesso di pensare a lui.
La nostra relazione era cominciata come qualsiasi altra storia d’amore adolescenziale: da una parte c’era Oliver, più grande, bello e capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro; mentre dall’altra parte, quella patetica e senza speranza, c’ero io, una bambina che rappresentava il disagio della comunità dei maghi, la cui unica aspirazione era quella di diventare una campionessa indiscussa di Quidditch. Il primo anno, quando ancora non ero in nessuna squadra, mi nascondevo ogni pomeriggio sugli spalti del campo di Quidditch per assistere agli allenamenti delle varie case. Inutile dire che rimasi subito folgorata dalla bravura di Baston e dal modo in cui volava maestoso sulla scopa. Quando lo vedevo, mi perdevo a osservare i suoi capelli castani scompigliarsi al vento, ed ero affascinata dal modo in cui si concentrava per parare le pluffe. Dopo due anni in cui non avevo fatto nient’altro che sbavargli dietro in silenzio, un giorno Baston si era avvicinato a me e mi aveva fatto i complimenti per come giocavo; era rimasto stupito da come fossi una brava battitrice, nonostante la mia corporatura minuta. Io, che con il tempo avevo imparato a essere meno timida, gli avevo risposto con una battuta ironica e da quel momento avevamo cominciato a frequentarci come amici. Mi chiese di diventare la sua ragazza il primo settembre dell’anno dopo, quando stavo per cominciare il quarto anno. Non essendo del tutto stupida, gli risposi immediatamente di sì e così cominciò il periodo più bello della mia vita. Insomma, stavo con il ragazzo dei miei sogni, ero felice, avevo delle amiche fantastiche, Fred aveva attenuato la malvagità dei suoi scherzi e mi sembrava di essere in un sogno: cosa potevo volere di più? Per il primo anno andò tutto alla grande, infatti il sogno diventò incubo solo nell’autunno del mio quinto anno. Oliver voleva talmente tanto che i Grifondoro vincessero la Coppa delle Case, che aveva messo il Quidditch al primo posto in tutto. Cominciammo a vederci due volte a settimana e quando i Grifondoro persero la partita contro la mia squadra, Baston mi lasciò, spaccandomi il cuore in mille pezzi. Io, che ero convintissima di amarlo, uscii dalla nostra rottura distrutta. Non avevo le forze di reagire, ero rimasta chiusa in me stessa a crogiolarmi nel dolore, saltando addirittura la partita contro i Serpeverde. Da quel momento, avevo odiato Oliver Baston con tutta me stessa ed ero stata sempre più decisa a distruggere i Grifondoro una volta per tutte. Se ripensavo ancora a tutte le lacrime che avevo versato per lui, mi sentivo ribollire lo stomaco dalla rabbia.
<< Se posso dire il mio parere, Baston è sempre stato un coglione >> intervenne Anthony << Come dico sempre, date ai Grifondoro le Grifondoro e ai Tassorosso le Tassorosso >>
<< E’ meglio che tu, il tuo parere, lo tenga per te >> soffiai. Lo guardai in cagnesco, facendolo allontanare di qualche centimetro. Malcolm mi avvolse un braccione attorno alla vita e mi strinse a sé il più possibile.
<< Se ti consola, ti trovo la ragazza più interessante di tutta Hogwarts >> mi disse. Aumentò la stretta attorno al mio corpo; gesto che interpretai come tentato omicidio, considerando che non riuscivo più a respirare. Non capivo se dovevo essere contenta di quello che aveva detto: interessante era l’aggettivo che si affibbiava alle persone quando era impossibile definirle carine. E poi il parere di un mago che si divertiva con la sua bacchetta davanti alle foto di James Dean non valeva.
<< Mi dovrei ritenere offesa? >> chiese Kate prendendo una fetta di torta di melassa.
<< Ma come? Sono troppo giovane per te, Kathrine! >>
Malcolm fece finta di essere inorridito, ma quando i dolci comparvero sulla tavola i suoi occhi brillarono, smise di parlare e si concentrò sul cibo. Pensare a Oliver mi aveva chiuso lo stomaco, così mi limitai a guardare i miei compagni avventarsi sulle torte.
Nel momento in cui Kate mi stava per domandare qualcosa, Silente si alzò dalla sedia. Di nuovo, la Sala Grande fu pervasa dal silenzio; il ticchettio lontano della pioggia riecheggiava nella stanza.
<< Dunque >> esclamò, sorridente << Ora che siamo tutti sazi e dissetati, devo richiamare ancora una volta la vostra attenzione su alcuni avvisi >> E così dicendo, snocciolò tutta la lista di oggetti proibiti che Mastro Gazza aveva stilato per quell’anno. Lo ascoltai annoiata, mentre il mio corpo si rendeva conto di essere stanco. Per questo motivo, mi sentii libera di sbadigliare quando ripeté per la milionesima volta che era vietato andare nella Foresta Proibita.
<< È altresì mio doloroso dovere informarvi che la Coppa del Quidditch quest'anno non avrà luogo >>
Quelle parole mi colpirono in pieno petto come un bolide. Che cosa? Il Quidditch era cancellato? Era solo per la Coppa delle Case se mi disturbavo ogni anno a tornare ad Hogwarts!
Mi voltai verso Malcolm e Kate - anche loro nella squadra di Tassorosso - per trovare conforto; ma entrambi guardavano Silente sconvolti. Malcolm aveva persino le lacrime agli occhi.
Silente riprese: << Ciò è dovuto a un evento che prenderà il via in ottobre e continuerà per tutto l'anno scolastico, impegnando molto del tempo e delle energie degli insegnanti: ma sono certo che vi divertirete tutti enormemente... Ho l'immenso piacere di annunciare che quest'anno a Hogwarts... >>
Il preside venne interrotto dal rumore assordante di un tuono.
Sulla soglia della porta, un uomo avvolto in un mantello nero si stava reggendo a un bastone di legno. Avanzò zoppicando verso il tavolo dei professori; ogni suo passo venne scandito da un rumore metallico. Quando si sedette a lato di Silente, corrugai la fronte: l’uomo aveva il viso coperto di cicatrici, naso e bocca erano asimmetrici, ma l’elemento più inquietante del suo volto erano gli occhi. Uno era piccolo e nero; mentre l’altro, blu elettrico, era più grosso e roteava incessantemente, in completa autonomia.
Feci per parlare, ma la visione di quell’uomo mi aveva tolto le parole di bocca. Lui e Silente si strinsero la mano e dopodiché l’uomo cominciò a mangiare quello che sembrava essere un piatto di salsicce. L’occhio blu scrutava senza sosta gli studenti.
<< Vorrei presentarvi il nostro nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure >> disse allegro Silente, rompendo il silenzio << Malocchio Moody >>
Nessuno lo applaudì; la sala era rimasta nel silenzio più totale. Moody non sembrò preoccuparsene, continuò a mangiare apatico le sue salsicce.
<< Oddio! Ma è così… così affascinante >> sussurrò Kate.
La guardai esterrefatta: quella ragazza era davvero senza speranze. Io non mi fidavo di quell’uomo; ne avevo sentito parlare da papà e lo avevo visto qualche volta in foto, ma dal vivo era più sinistro del professor Piton. Per questo motivo, non riuscii a staccargli gli occhi di dosso.
Moody estrasse una fiaschetta da cui bevve un lungo sorso; la mia mascella cedette. Avevano permesso a un alcolizzato di diventare un professore? Va bene che la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure era aperta a tutti, ma così era decisamente troppo.
<< Come stavo dicendo >> disse Silente, dopo essersi schiarito la voce. Sorrise ai ragazzi, ancora intenti a fissare Moody << nei prossimi mesi avremo l'onore di ospitare un evento assai emozionante, un evento che non ha luogo da più di un secolo. E‘ con grandissimo piacere che vi informo che il Torneo Tremaghi quest'anno si terrà a Hogwarts >>.
<< sta SCHERZANDO! >> Urlai, alzandomi dalla sedia.
Ero troppo sorpresa ed euforica, per ricordarmi di essere ancora nella Sala Grande. Sentii gli altri ragazzi ridacchiare e solo in quel momento, mi accorsi di aver urlato all’unisono insieme a Fred Weasley. Lui mi scoccò un’occhiataccia, tornando seduto al suo posto. Rossa in viso lo imitai; cercando di nascondermi dietro ad Anthony a causa dell’imbarazzo.
<< Non sto scherzando, signor Weasley e signorina Diggory >> disse Silente. Era divertito anche lui e non si faceva problemi a darlo a vedere << anche se, ora che me l’avete ricordato, quest'estate me ne hanno raccontata una niente male su un troll, una megera e un Lepricano che vanno insieme al bar... >>
Smisi di ascoltare quello che stava dicendo. La mia mente cominciò a lavorare, dovevo ricordare tutte le informazioni. Mio padre, quando ero ancora piccola, una volta mi aveva detto che il Torneo Tremaghi era una competizione che un tempo si usava fare tra le scuole di magia di Hogwarts, Durmstrang e Beauxbatons. Non sapevo bene in che cosa consistesse, ma chi vinceva la gara veniva considerato un eroe e guadagnava una valanga di soldi. Mi ricordavo, inoltre, che il Torneo era stato cancellato a causa dell’elevato numero di morti, ma non mi importava. In quel momento riuscivo solo a vedermi immersa nei galeoni, mentre sfilavo per i corridoi della scuola ed esibivo il trofeo. Dovevo partecipare e dovevo vincere. Se avessi vinto, i miei genitori avrebbero smesso di trattarmi come se fossi la rovina della famiglia e i gli altri studenti di Hogwarts si sarebbero ricordati di me come “Cassidy Diggory: la vincitrice del Torneo Tremaghi” e non come “la sorella nevrotica Tassorosso di Cedric Diggory”. Avrei mostrato che ero più di una semplice giocatrice di Quidditch e avrei fatto vedere a tutti quanto valevo. 
Kate, Anthony e Malcolm stavano confabulando tra di loro.
<< I Presidi di Beauxbatons e di Durmstrang arriveranno in ottobre con la loro squadra scelta di campioni, e la selezione dei tre sfidanti avverrà a Halloween. >>
Sorrisi. Il piano era semplice: mi sarei dovuta iscrivere alla lista dei possibili sfidanti e, poi, avrei fatto in modo di venire scelta. Mi sembrava ottimo, finché Silente non decise di rovinarmi la serata.
<< Pur sapendo quanto ciascuno di voi sia desideroso di portare a Hogwarts la Coppa Tremaghi >> disse << i Presidi delle scuole partecipanti, assieme al Ministero della Magia, hanno convenuto di imporre un limite d'età per gli sfidanti di quest'anno. Solo gli studenti dell'età giusta - cioè da diciassette anni in su - potranno proporsi per la selezione. Questa è una misura che riteniamo necessaria, dal momento che le prove del Torneo saranno pur sempre difficili e pericolose, quali che siano le precauzioni che prenderemo, ed è altamente improbabile che gli studenti al di sotto del sesto e del settimo anno siano in grado di affrontarle >>
A quelle parole, scattai di nuovo in piedi urlando con tutto il fiato che avevo in gola. Quella volta, però, la mia voce venne coperta dalle lamentele di tutti gli altri studenti minorenni; anche loro si erano alzati dalle panche e inveivano contro i tre presidi. Non mi importava se avevo appena compiuto sedici anni, non mi importava se le prove erano pericolose, io volevo partecipare e vincere. Ne valeva della mia reputazione e della mia sanità mentale.
Le parole di Silente avevano avuto lo stesso effetto delle parole di Baston quando aveva deciso di lasciarmi: la speranza si era lacerata in mille pezzettini.
Silente continuò il discorso, fino a congedare tutti gli studenti. Io rimasi dov’ero, seduta immobile sulla panca, con le braccia incrociate e lo sguardo truce fisso sul tavolo. Lasciai che i miei compagni mi passassero accanto diretti verso i corridoi, il Torneo Tremaghi ancora sulle labbra.
In quel momento fu tutto più chiaro, e un tremore di rabbia mi percosse le mani: io, Cassidy Irma Diggory, avrei fatto tutto ciò che potevo per venire scelta come sfidante di Hogwarts.

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Capitolo 3
*** Gufi, pozioni e Dissennatori ***


Gufi, pozioni e Dissennatori
 
Se il buongiorno si vede dal mattino, quella giornata si preannunciava orribile. Mi ero svegliata cadendo giù dal letto, trascinata per le caviglie da Kate. Non volendo alzarmi, la mia amica aveva deciso di ricorrere alla violenza: mi aveva afferrato per le caviglie e mi aveva spinta sul pavimento, sotto lo sguardo allibito di Halinor e Kadma, le nostre compagne di stanza. Ancora sonnolenta, mi ero rinchiusa in bagno per prepararmi. Quella mattina mi ero ritrovata con una faccia che avrebbe fatto invidia a quella della piovra gigante del lago; gli occhi contornati da spesse occhiaie violacee e le labbra screpolate. Sospirai, cercando di sistemare in una coda i capelli arruffati. Se mi trovavo in quella condizione, era solo colpa mia: ero rimasta a rimuginare sotto le coperte sul Torneo Tremaghi - cercando una possibile scappatoia dal divieto che avevano imposto i presidi delle scuole – ed ero riuscita ad addormentarmi solo verso le cinque del mattino. Nonostante non fossi riuscita ad inventare nessun piano per partecipare alla gara, ero ancora decisa a trovare una soluzione.
Una volta presentabile, mi infilai la divisa della scuola e, insieme a Kate, andai nella Sala Grande. Malcolm era già seduto al tavolo dei Tassorosso e stava chiacchierando con Tamsin Appleby; davanti a lui un piatto colmo di uova e pancetta stava aspettando di essere mangiato.
<< Buongiorno, mie bellissime amiche >> disse allegro non appena ci vide. I suoi occhioni marroni si soffermarono su di me << Merlino, Cassie, hai un aspetto terribile >>
Gli sorrisi sarcastica, mentre presi posto davanti a lui.
<< E’ successo qualcosa? >> mi chiese. Aveva assunto il suo solito tono da madre preoccupata e dovetti contare sulla mia buona forza di volontà per non sbuffare e trattarlo male.
<< No, davvero. Soffro solo un po’ di insonnia >> risposi. Malcolm non sembrò convinto, ma decise di non indagare oltre ed addentò una forchettata di uova. Kate iniziò a parlare di quanto fosse eccitata all’idea di cominciare il sesto anno, catturando l’attenzione di Malcolm.  Finsi di ascoltarli interessata e nel frattempo, mi rizzai sulla panca e guardai verso il tavolo dei Grifondoro alla ricerca di Ariel. Per mia sfortuna, vidi solo Potter e i suoi amici e, qualche posto più in là, Lee Jordan, Fred e George. Serrai la mano in un pugno. Da quando ero arrivata ad Hogwarts, non avevo più avuto la possibilità di parlare con Gwen e Ariel. Appartenendo a tre case diverse, non passavamo mai tanto tempo assieme; infatti, a volte ci trovavamo di sera in qualche angolo sperduto del castello per stare un po’ da sole. Quell’anno speravo che i nostri orari coincidessero, in modo da vederle più facilmente.
<< Che fortuna che avete >> sospirò Tamsin << Io ho i G.U.F.O. quest’anno e ho già paura >>
Malcolm le mise una mano sulla spalla, dicendole qualche parola di conforto.
<< Mentre tu, Cassie, che M.A.G.O. vuoi prendere? >> mi chiese Kate.
<< Giusto, piccola. Che M.A.G.O. vuoi prendere? >> le fece eco Anthony. Mi girai verso di lui per guardarlo in tralice. Era appena arrivato; aveva la camicia della divisa quasi del tutto sbottonata e la cravatta con i colori di Tassorosso gli ricadeva sul petto.
<< Rickett, sei inguardabile >> dissi con una smorfia. Lui accennò una risata e si sedette accanto a me.
<< Lo so che stai mentendo >>
Anthony non aveva del tutto torto: non mi dispiaceva vedere dei bei pettorali ogni tanto, ma il fatto che fossero i suoi mi disgustava. Mi accorsi che Malcolm e Kate si guardarono ridacchiando. Aggrottai le sopracciglia, ma prima di poter dire qualcosa, un fruscio assordante annunciò l’arrivo dei gufi. Un bellissimo allocco planò davanti a me, lasciando accanto al mio piatto una busta rosa. Insospettita e piuttosto curiosa, mi rigirai la lettera tra le mani. Non ne avevo mai ricevuta una il primo giorno di scuola. Che cosa ci poteva essere scritto? Dopo alcuni secondi di esitazione, la aprii e la lessi.
 
 
“Cara Cassidy,
Spero che tu abbia dormito bene: devi essere in forma smagliante, questo è l’anno più difficile! Volevo scriverti per augurarti un buon anno scolastico e raccomandarti di scegliere le materie giuste. Spero che tutti i sacrifici che ti ho fatto fare quest’estate non siano stati vani.
Baci,
Tua mamma, Elaine Diggory
P.S.
Ti voglio bene, anche se non te lo dico troppo spesso”
 
Non riuscii a fare a meno di sorridere. Anche se la lettera aveva il profumo dolciastro e nauseante di mia madre ed era una delle sue solite raccomandazioni, mi faceva piacere che avesse pensato a me: di solito, scriveva a Cedric dicendogli di salutarmi al posto suo.
Piegai la lettera e la infilai sotto il mantello, prendendola come un ulteriore suggerimento a iscrivermi al Torneo Tremaghi: la prossima volta, quando sarei stata scelta come campionessa di Hogwarts, mia mamma mi avrebbe scritto per dirmi quanto fosse fiera di me.
Finimmo di fare la colazione con estrema calma; dovevamo aspettare che la professoressa Sprite ci raggiungesse per accettarsi che i M.A.G.O. che avevamo scelto corrispondessero ai voti che avevamo preso nei G.U.F.O. Malcolm fu il primo ad avere l’approvazione della professoressa e tutto contento, saltellò fuori dalla Sala Grande. Il secondo fu Cedric che non ebbe alcun problema, mentre Anthony rimase a discutere con la Sprite per diversi minuti. Io mi ero messa alla fine della fila, non volevo che tutti sapessero i miei risultati. Cinque G.U.F.O. erano davvero pochi e tutti i miei compagni, oltre a essere secchioni quanto i Corvonero, non avrebbero mai capito il perché delle mie ragioni: erano troppo buoni e onesti per comprendere la sete di vendetta che a giugno mi aveva impedito di studiare. In realtà, non volevo nemmeno sapere che cosa mi avrebbe detto la professoressa Sprite. Ero sicura che mi avrebbe ripreso per i voti che avevo preso e non avrei sopportato un’altra sgridata per i miei G.U.F.O.
Incrociai le braccia al petto e lasciai che i miei occhi vagassero per la sala, in cerca di una distrazione, ma a lato di ogni tavolo, i responsabili di ogni casa stavano consegnando gli orari a tutti gli studenti del sesto anno. Tra loro, la McGranitt stava riprendendo arrabbiata Fred e George, che la guardavano scocciati.
<< Non mi importa se non volete >> la sentii dire << farete come dico io >>
George disse qualcosa di enormemente sbagliato e stupido, perché la McGranitt contrasse le labbra e consegnò con un gesto brusco due pergamene ad entrambi i ragazzi; i suoi occhi erano socchiusi, la mascella serrata.
<< E’ stata solo colpa vostra >> continuò. La sua voce adirata si riusciva a sentire anche dal mio tavolo. << E se continuate così, avviserò vostra madre >>
Fred e George smisero di lamentarsi, presero le pergamene rassegnati ed uscirono in fretta dalla Sala Grande. La mia bocca si estese in un ghigno compiaciuto: qualsiasi cosa la McGranitt avesse imposto di fare a Fred, mi piaceva. Mi sentivo meglio ogni volta che lo vedevo arrabbiato.
<< Signorina Diggory? Mi sta ascoltando? >>
Presa dalle sventure di Fred Weasley, non mi ero accorta che era arrivato il mio turno. Guardai la professoressa Sprite e accennai un sorriso, porgendole la pergamena con il risultato dei miei G.U.F.O. La osservai leggere il foglio; una piccola ruga le era comparsa tra le sopracciglia.
<< Signorina Diggory, qua lei dice che vuole continuare Trasfigurazione, Incantesimi, Difesa Contro le Arti Oscure e Erbologia >> disse.
Annuii convinta, anche se le sue parole mi avevano fatto sorgere dei dubbi. Pensavo di aver preso i voti giusti per poter passare al livello M.A.G.O.
<< Non va bene? Ho preso ‘Oltre Ogni Previsione’ in tutte e quattro >>
<< Certo che va bene, almeno per le prime tre materie >> rispose << Ma lei ha preso un ‘Eccezionale’ in Astronomia e so per certo che la professoressa Sinistra è entusiasta di lei >>
I suoi occhi mi stavano scrutando, mettendomi in soggezione. << Perché ha preferito scegliere Erbologia, quando è chiaro che non le piace? >>
Strabuzzai gli occhi. Era davvero così evidente che Erbologia mi faceva schifo? Sentii le guance formicolare dall’imbarazzo e provai a dire qualcosa, ma le parole mi morirono in gola. Come potevo dirle che quella era la scelta che si aspettavano i miei genitori? Non importandomi molto della scuola, non mi dava fastidio studiare quello che volevano loro, ma sapevo che quella non era la giustificazione adatta da dire a una professoressa.
<< Mi dica: è quello che vuole sua madre? Perché io le proibirò di continuare la mia materia >> Senza darmi il tempo di replicare, la professoressa Sprite mi diede la pergamena con l’orario delle mie lezioni.
<< Sarà costretta a seguire Astronomia e se sua mamma avrà da ribattere, sarò lieta di invitarla a prendere una tisana nel mio ufficio per convincerla >>
L’idea di mia madre e la professoressa Sprite sedute allegre a chiacchierare sulla mia carriera scolastica, mi fece inorridire, così decisi che era meglio non discutere e la ringraziai.
<< Non c’è di che, cara. Spero che questo la spingerà a impegnarsi con lo studio: lei vale molto più di quello che crede >>
A quelle parole, sorrisi sincera. Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere e, di sicuro, non me lo sarei aspettata dalla professoressa che aveva capito quanto mi ripugnasse la sua materia. Con la pergamena stretta in mano, andai fuori dalla Sala Grande; il sorriso ancora sul volto e il cuore più leggero. Finalmente, l’incubo dei G.U.F.O. era finito.
Non feci in tempo a svoltare verso il corridoio, che due mani mi afferrarono per i polsi e mi trascinarono dietro un angolo. Davanti a me, Gwen e Ariel mi guardavano impazienti.
<< Allora? Com’è il tuo orario? >> disse la prima.
<< Noi abbiamo scoperto di avere una lezione e due pause in comune! >> finì l’altra.
Perplessa, consegnai il mio orario a Ariel. Sospettavo che avessero scelto almeno il doppio delle materie che frequentavo io e, in questo modo, le avrei viste molto meno di quanto sperassi. Ariel lesse la pergamena velocemente, prima di alzare lo sguardo verso di me e sorridere.
<< Frequentiamo la stessa ora di Difesa Contro le Arti Oscure e sei nella stessa classe di Incantesimi di Gwen >> esclamò contenta << Ma a parte l’intervallo e l’ora buca che abbiamo adesso, io e te non ci vediamo in nessuna pausa >>
Sospirai sollevata: era sempre meglio di quello che temevo. A quanto pare, Ariel aveva scelto di proseguire con sette materie, ponendo fine alla sua vita sociale; mentre Gwen si era limitata a proseguirne quattro e, in questo modo, avevamo in comune sia la pausa dopo il pranzo, che quella dopo Difesa Contro le Arti Oscure.
Aspettammo insieme le nove, quando Gwen dovette lasciarci per andare a Divinazione. Ariel, allibita per la scelta di Gwen, mi portò in giardino, dove ci sedemmo accanto a una betulla. Nonostante avesse smesso di piovere, il cielo era ancora oscurato da una coperta grigia; una brezza umida ci accarezzava la pelle.
Portai le ginocchia al petto; le braccia strette attorno alle gambe e la schiena contro il tronco dell’albero. Guardai Ariel sdraiarsi sull’erba, il suo sguardo puntato verso il Lago Nero. Avevo intenzione di dirle tutto quello che mi era passato per la testa durante la notte; forse un suo consiglio sarebbe stato d’aiuto.
<< Che ne pensi del Torneo Tremaghi? >> mi chiese, girandosi verso di me.
Rimasi in silenzio per alcuni secondi: mi aveva letto nella mente? Ancora in dubbio se volevo dirle il mio piano o meno, mi limitai a scrollare le spalle.
<< Non lo so… voglio dire: ieri ero eccitata e tutto, ma non so che pensare >> risposi vaga.
<< Io lo so: è solo una stupida gara che accresce la competizione tra le tre scuole! Non è affatto un modo per stabilire legami tra i maghi e le streghe di tutta Europa >> disse mettendosi a sedere. Come ogni volta in cui spiegava qualcosa, aveva cominciato a gesticolare come una pazza. << Conosco i miei coetanei, e so che saremo troppo impegnati a odiare quelli delle altre scuole per fare amicizia! E poi hai sentito del numero di morti che ci sono stati, no? E’ troppo pericoloso >>
Dopo quello che aveva detto, avevo capito che non potevo dirle niente. Se avesse saputo che volevo partecipare, mi avrebbe guardata male e poi avrebbe cercato di convincermi a cambiare idea, come suo solito; così la lasciai sfogare senza intervenire.
<< E non riesco a credere che Lee, Fred e George stiano cercando un modo per raggirare Silente solo perché vogliono partecipare a questo stupido Torneo! >> esclamò. Buttò le braccia in aria, prima di mettersi le mani tra i corti capelli verdi << Dicono che una pozione invecchiante basterà; non riesco a credere che siano così…. >>
<< Geniali! >> Mi lasciai sfuggire. Lo erano davvero: per la prima volta in tutta la mia vita, dovetti ammettere che Fred Weasley – colui che aveva il quoziente intellettivo pari ad uno Schiopodo mezzo morto - aveva avuto un’idea brillante. Non riuscivo a credere che dopo aver passato una notte insonne a trovare il modo perfetto per partecipare al Torneo, la soluzione mi era arrivata dal mio nemico numero uno. L’unico problema che dovevo affrontare, era scoprire come preparare la pozione.
Ariel mi fulminò con lo sguardo.
<< Che significa “geniali”? >> sibilò, inarcando un sopracciglio.
A causa del piano dei Weasley, mi ero dimenticata di essere insieme ad Ariel, che era nel bel mezzo della sua protesta contro il Torneo Tremaghi. Le sorrisi e mi sistemai la ciocca di capelli che erano scappati dalla coda.
<< Si, geniali! Sai, prima hai avuto un esempio di sarcasmo alla Cassidy >> risposi. Sperai con tutta me stessa di risultare convincente, ma Ariel non sembrò accettare la mia scusa.
<< Spero per te che tu sia sincera, perché se scopro che la mia migliore amica si mette a seguire quell’ammasso di idioti io… >>
<< Streghetta! Ti ho cercata dappertutto! >>
Cedric comparì di fronte a noi; il suo sorriso splendeva benché non ci fosse il sole. Se non fosse stato così bello, sarei stata felice di vederlo interrompere la minaccia di Ariel.
<< Oh mio dio, Ariel! >> dissi, dandole una gomitata << Ti rendi conto di chi abbiamo davanti? E’ Cedric Diggory! Il più perfetto tra i prefetti, il più intelligente tra gli intelligenti, il più bello tra i belli, il più Tassorosso tra i Tassorosso… non ti sembra di svenire? >>
Feci finta di avere un mancamento e posai una mano sulla mia fronte. Cedric rise, sedendosi sull’erba in modo da guardare entrambe.
<< Cassie, la tua simpatia mi colpisce ogni giorno >> rise divertito << Ciao, Ariel. Scusa se mia sorella è così fastidiosa >>
La mia amica scoppiò a ridere senza motivo; il viso scarlatto e la voce simile al grugnito di un maiale. La guardai incerta, mentre Cedric non si scompose. Ariel sarà stata una ragazza intelligente e matura, ma quando si trattava di mio fratello, riusciva a diventare peggio di Kate quando si trovava davanti a un sessantenne in costume.
<< Lo so che sono troppo simpatica. Come mai sei qui, Ced? >> gli domandai.
<< La mamma mi ha scritto che dovevo controllare le materie che dovevi scegliere >>
Alzai gli occhi al cielo. Dovevo immaginare che Elaine Diggory avesse fatto una cosa del genere: a quanto pare, non riusciva a distinguere il ruolo di un fratello da quello di una balia. Come se non fossi in grado di decidere da sola per me.
<< Con la vasta gamma di materie che avevo, avresti dovuto starmi con il fiato sul collo >> celiai seccata. << Perché non hai controllato quando eravamo nella Sala Grande? >>
<< Perché sei abbastanza grande per farlo da sola >> rispose con il suo solito sorriso. Quella volta, però, sorrisi anche io. Ero sollevata che pensasse questo di me << Ma sono qui, perché voglio sapere lo stesso che farai >>
<< Beh, le materie in cui sono stata promossa, compresa Astronomia. L’unica che ho deciso di abbandonare è Erbologia >>
Cedric si sporse verso di me e mi diede un bacio sulla fronte.
<< Vedi? Hai fatto esattamente quello che ti avrei detto di fare >> disse dolcemente.
In momenti come quelli, riuscivo a sorvolare sul fatto che Cedric fosse perfetto, ammettendo di essere contenta di averlo come fratello. Gli diedi una pacca sulla spalla.
<< Stai trasgredendo troppe regole della mamma ultimamente, Mr. Prefetto >>
Mio fratello scrollò le spalle e si passò ridendo una mano tra i capelli.
<< Ho deciso di provare l’ebrezza di essere un fuorilegge >>
<< Che monellone! >> intervenne Ariel con il solito grugnito.
Io e Cedric ci voltammo a guardarla: ero ancora più sconcertata di prima. Per sua fortuna, arrivò la fine della pausa e fummo costretti a raggiungere le nostre aule. L’ora di Incantesimi con i Serpeverde passò veloce; io e Gwen ci sedemmo accanto sotto gli sguardi sprezzanti dei suoi compagni. Ero felice di stare con lei, insieme era più facile ascoltare la lezione senza sprofondare nella noia. Passò anche l’ora di Trasfigurazione insieme ai Corvonero, dove Anthony approfittò del fatto che non ci fossero né Gwen, né Ariel per starmi appiccicato tutto il tempo. Mentre la McGranitt ci spiegava in che cosa consistesse il corso di Trasfigurazione Avanzata, io non smisi di pensare alla pozione invecchiante. Avevo realizzato che prepararla era un vero e proprio problema: in Pozioni non avevo mai preso più di Scadente e non potevo chiedere aiuto ad Ariel. A Gwen non avevo pensato nemmeno; le volevo bene, ma adorava chiacchierare e non avrei permesso che lo dicesse ai suoi amici Serpeverde. L’unica possibile soluzione era chiedere direttamente a Fred e George. Ma come potevo strisciare implorante dal mio nemico, se non avevo nemmeno la forza di dirgli ciao senza volerlo picchiare? Da qualche parte, dentro di me, si nascondeva dell’autocontrollo, ma ero certa che non fosse abbastanza per parlare civilmente a Fred. Avrei potuto mettermi d’accordo con George o con Lee, eppure ero convinta che il capo fosse Fred e se avessi avuto ragione, avrebbe saputo in ogni caso che avevo bisogno di lui.
Passai tutta la pausa pranzo e l’ora buca a far finta di ascoltare Malcolm e Kate parlare di quanto fosse interessante il programma di Erbologia, mentre guardavo da lontano Fred e George. Ero giunta alla conclusione che se volevo il loro aiuto, avrei dovuto obbligarli ad aver bisogno di me. Se mi avessero reputata indispensabile per il loro piano, avrei evitato di fargli capire che era esattamente il contrario. Ma come potevo fare?
<< Buongiorno >>
A quanto pare, qualcuno aveva deciso che quel giorno fosse la giornata “leggiamo nella mente di Cassidy”, perché mi ritrovai di fronte Fred e George con lo stesso ghigno arrogante sul volto.
<< Ciao a voi >> rispose Malcolm cordiale.
Fred gli sorrise e si appoggiò alla colonna di marmo, accanto agli scalini dove ci eravamo seduti.
<< Siete pronti per la prossima lezione? >> ci chiese.
<< Noi non stiamo nella pelle! >> continuò George.
Kate si illuminò e annuì estasiata.
<< Anche io sono felice di passare un’ora con Moody! >> esclamò.
Ebbi l’impressione che i suoi occhi verdi fossero diventati a forma di cuore; la voglia di rimettere il pranzo combatteva contro lo stomaco.
<< Quindi hai sentito le storie che dicono su di lui? >> Domandò George, avvicinandosi a Kate. Lei scosse la testa curiosa, mentre Fred si abbassò alla sua altezza, reggendosi su un ginocchio.
<< Dicono che Moody abbia perso l’occhio mentre cercava di scoprire che cosa fosse un Dissennatore >> disse.
<< Una volta, era riuscito a schiantarne uno con un incantesimo inventato da lui. Voleva dissezionarlo e così, si avvicinò al corpo inerme, steso a terra privo di sensi >> continuò George abbassando la voce. Inarcai un sopracciglio per niente colpita dalla storia che stavano raccontando.
<< Lo ispezionò da cima a fondo e nel momento in cui tentò di aprirgli la bocca, il Dissennatore si svegliò e gli risucchiò il bulbo oculare >> concluse Fred. Si alzò la palpebra dell’occhio sinistro con un dito, scoprendo la parte bianca.
Malcolm e Kate urlarono spaventati, mentre Fred e George si guardarono soddisfatti. Non riuscivo a credere che i miei amici avessero creduto alla loro ridicola storia.
<< Sono tutte idiozie >> sbottai << Lo sa mezzo mondo che Moody è un auror che ha spedito ad Azkaban la maggior parte dei Mangiamorte. Non ha mai cercato di dissezionare un Dissennatore >>
<< Diggory, hai paura che sia una storia vera? >> mi domandò Fred, voltandosi verso di me.
Incrociai le braccia al petto e socchiusi gli occhi.
<< Sono sicurissima che sia un’invenzione, Wosbliz. E io non ho paura >> soffiai.
Fred scoppiò a ridere e si alzò, tornando a lato del gemello.
<< Quando la smetterai di far finta di non sapere il mio cognome? >>
<< Ma io non mi sono mai disturbata a impararlo >>
Io e Fred ci guardammo in cagnesco per alcuni secondi, fino a quando Malcolm non mi prese per un braccio e mi fece cenno con il capo di rientrare nel castello per andare a lezione.
<< Ci vediamo in classe, Diggory >> disse Fred. Mi fece il suo solito ed irritante occhiolino << A proposito, bella la caduta di ieri: sei finita proprio dentro la pozzanghera >>
Kate e Malcolm mi portarono via prima che potessi reagire. Ero talmente furiosa, che mi conficcai le unghie nei palmi delle mani; sentivo le unghie penetrare nella carne, desirando ardentemente che quella fosse la faccia di Fred. 
Non sapevo come avrei preparato la pozione invecchiante – non sarei mai riuscita a collaborare con quello - ma una cosa era certa: Fred Weasley era più insopportabile di mia madre.

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Capitolo 4
*** Lezioni di Astronomia ***


Lezioni di Astronomia
 
Nella torre più alta del castello di Hogwarts, c’era una piccola classe circolare dalle numerose finestre. La prima volta che ci entrai, durante il mio primo anno, rimasi affascinata dagli strani marchingegni che si trovavano appesi al soffitto; erano per lo più di metallo e circolari, ruotavano senza sosta intorno a un mappamondo. Mi ricordo che andai da mio fratello e gli chiesi che cosa fossero. Lui mi rispose con un sorriso e indicò fuori, verso il cielo stellato.
<< Servono per studiare le stelle come te >> disse. Eccitata, superai la professoressa e i miei compagni per andare sul terrazzo a vedere la volta celeste. Rimasi stregata dai piccoli punti luminosi nel cielo; mi domandavo come facessero a non cadere e come potessero brillare così tanto nonostante fossero delle dimensioni di un granello di polvere.
In quel momento, decisi che sarei diventata la più brava della classe; volevo essere la prima a scoprire i misteri degli astri. Con mia sorpresa, riuscii nel mio intento e anche a distanza di anni, Astronomia era l’unica materia che non mi faceva venir voglia di scappare insieme a un esercito di Ghoul impazziti.
O almeno, così pensavo.
La rovina avvenne il cinque settembre 1994 alle ore 00.00 precise, quando varcai la soglia della classe di Astronomia. Non appena misi piede dentro l’aula, i miei occhi si soffermarono sul ragazzo nerboruto dai capelli biondi che mi stava salutando, sbracciandosi dal banco. Con tutta la sua indesiderata presenza, Anthony Rickett mi stava facendo segno di sedermi accanto a lui. In un primo momento decisi di scappare via; ero sicura di essere ancora in tempo per chiedere alla professoressa Sprite di poter seguire Erbologia. Non mi importava se si fosse arrabbiata: io non avrei frequentato neanche una lezione sola con Rickett. Poi, quando il desiderio di darmela a gambe si era affievolito, mi convinsi che si doveva trattare di uno scherzo: nessuno – secchioni compresi -sceglieva di prendere il M.A.G.O. in Astronomia, e Anthony, stupido come un molliccio, non poteva aver ottenuto un G.U.F.O. più alto di ‘Scadente’. Assottigliai lo sguardo e marciai a passo spedito verso Anthony, intenta a scoprire la verità.
<< Che cosa ci fai tu qui? >> sibilai a denti stretti.
Anthony sorrise; si portò le mani dietro la testa e distese le gambe sul tavolo.
<< Sapevo che saresti venuta >>
La sua voce piena di sé mi fece innervosire ancora di più. Incrociai le braccia al petto e strinsi le mani in due pugni.
<< Chi ti ha detto che ho deciso di frequentare Astronomia? >> gli domandai fredda.
Lui alzò le spalle << Nessuno. Solo una stella come te poteva trovarsi in un posto come questo >> rispose ammiccando.
Per poco non gli mollai un pugno in faccia. Le forze cosmiche dovevano essersi alleate contro di me, era l’unica soluzione possibile. Non potevo credere che Anthony avesse scelto di continuare l’unica materia che mi permetteva di stare lontana, anche se per poco, dai Tassorosso e dai Grifondoro.
Mi voltai dall’altra parte nella speranza che qualcuno mi venisse ad aiutare, ma gli altri tre presenti non mi stavano degnando di uno sguardo.
<< Piccola, cosa c’è di male? Se non passiamo insieme almeno un’ora alla settimana, come puoi innamorarti di me? >>
<< Non mi innamorerei di te nemmeno se passassimo tutta la vita assieme, Rickett >>
Lui scoppiò a ridere. Alzò le gambe per farmi passare e con riluttanza, mi sedetti al suo fianco.
Purtroppo, la lezione sarebbe iniziata a momenti.
Quella giornata stava andando di male in peggio: dopo la terribile ora di Difesa Contro le Arti Oscure di quel pomeriggio, volevo solo nascondermi nel disperato tentativo di dimenticare quello che era successo. Per la terza volta di fila il professore ci aveva fatto praticare gli incantesimi non-verbali e, ancora una volta, avevo fallito a ogni prova. Vedere gli altri non avere problemi, mi demoralizzava; specialmente, perché Fred non perdeva occasione di ridere dei miei sbagli. Quel giorno aveva riso talmente tanto da farsi venire le lacrime agli occhi, ma io avevo cercato di ignorarlo: non appena sarei stata in grado di scagliare un incantesimo non-verbale capace di diminuire le dimensioni del suo amichetto – sempre se ci fosse stato qualcosa tra le sue gambe – sarei stata io l’ultima a ridere. E ride bene chi ride ultimo, no? Di certo Silente non avrebbe riso, quando gli avrei tagliato la sua lunga barba in segno di vendetta per aver messo in classe insieme i Tassorosso e i Grifondoro. Più cercavo di non rimuginare su quello che era successo, più non riuscivo a smettere di pensare al modo scontroso con cui Moody mi aveva chiesto se avessi davvero preso un ‘Oltre Ogni Previsione’ nella sua materia, mettendomi in ridicolo davanti all’intera classe. Non ero mai stata così tanto imbarazzata in tutta la mia vita e vedere Anthony Rickett ad Astronomia era il colmo.
Sospirai appoggiando il mento sul palmo della mano; la mia sfortuna non aveva limiti.
In quel momento, un’alta donna di colore dai lunghi capelli neri entrò in classe. Indossava una veste color porpora, ricamata da numerose lune oro, e i suoi profondi occhi castani ci stavano scrutando curiosi. La professoressa si sedette alla cattedra, srotolò una pergamena ingiallita e fece l’appello. Ero sollevata dal fatto che fossimo solo in cinque; preferivo quando le classi non erano gremite di persone.
<< Prima di cominciare la lezione vera e propria, vorrei presentarvi il programma >> disse Sinistra tirando fuori la sua bacchetta. Si alzò dalla sedia e con un gesto della mano, il macchinario di metallo piantato nel pavimento prese a rotare. La stanza si oscurò all’improvviso e dal vortice creatosi dai cerchi dello strumento, comparirono delle galassie in miniatura. La classe fu inondata da fasci di luce argentei; tutt’intorno stelle e pianeti giravano in circolo.
<< Quest’anno parleremo di Saturno e dei suoi satelliti, soffermandoci su Titano, Iperione e Febo >> Così dicendo, il pianeta si ingrandì, spostandosi verso il centro. Gli altri corpi celesti svanirono nel nulla, lasciando Saturno in mezzo alla stanza. << Studieremo di cosa sono fatti i suoi anelli e… >>
La professoressa venne interrotta dal cigolio assordante della porta. Il macchinario si spense all’istante, facendo sparire Saturno dalla nostra vista. Tornò la luce e solo in quel momento, mi accorsi del braccio di Anthony attorno alle mie spalle.
<< Rickett, se non ti togli entro mezzo secondo, giuro che ti uccido! >> mormorai adirata.
Il ragazzo alzò le mani in segno di resa e fece come gli avevo ordinato. Sbuffai infastidita, quell’anno era decisamente iniziato male: appena arrivata a Hogwarts, avevo rischiato di prendermi una broncopolmonite; non ero ancora riuscita a trovare il modo per preparare da sola la pozione invecchiante; durante le lezioni faticavo a tenere il passo con quello che spiegavano i professori e, come se non bastasse, Anthony Il Maniaco Rickett aveva colpito ancora. Potevano andare peggio le cose?
<< Fred Weasley, sono contenta che alla fine abbia deciso di degnarci della sua presenza >>
A quanto pare le cose non solo potevano peggiorare, ma potevano diventare anche un ottimo motivo per commettere un suicidio.
Emisi un rantolo di sconforto. Non era giusto. Perché stava accadendo tutto questo a me? Pensavo di essere già stata punita durante l’estate. Non meritavo di soffrire ancora.
<< In realtà raggiungervi è stata una sorpresa anche per me: volevo saltare la lezione, ma dopo essermi accorto che non avevo niente di meglio da fare, sono venuto qui >>
Sul volto di Fred comparì un ghigno malizioso; con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni, si sedette su una delle sedie vuote nascoste in fondo all’aula.
<< Oh che gentile >> rispose la professoressa << E suppongo che la McGranitt si farà due risate domani, quando verrà a sapere del suo ritardo >>
Fred annuì senza smettere di sorridere serafico.
<< Non mi dispiacerebbe andare a trovarla >> disse << Sa, dobbiamo finire la partita di Spara Schiocco che abbiamo iniziato a giugno >>
Sperai che la professoressa lo cacciasse a vita dalla sua classe. Doveva farlo, era un suo diritto farlo e se non si fosse affrettata, sarei entrata in gioco io: la mattina seguente, sarei andata da Silente e lo avrei supplicato di allontanare Fred da Hogwarts per l’eternità.
Come potevo sopportare Anthony e Fred nella stessa classe senza il supporto morale di Malcolm e Kate o di Ariel e Gwen? Sarei morta entro la fine della lezione. Sicuro come l’oro.
<< Stavo dicendo >> riprese la professoressa, ignorando l’ultima battuta di Fred << oltre a Saturno studieremo i buchi neri e le supernove >>
I suoi occhi ripresero a scrutarci; notai che le era comparsa una fossetta sulla tempia come ogni volta in cui annunciava l’inizio delle interrogazioni. Mi sentii le mani formicolare; avevo un brutto presentimento.
<< Una delle cose che preferisco delle mie classi del sesto anno in poi >> disse facendo scroccare le mani << E’ il fatto che studenti di diverse case si mescolino tra loro, ma se rimanete come vi siete seduti oggi, questo non accadrà mai >>
Aggrottai la fronte. Io mi ero già mescolata con gli studenti delle altre case, non avevo bisogno dell’ora di Astronomia per farlo.
<< Perciò vi cambierò i posti, in modo da farvi stare vicini a un mago o una strega che non appartengano alla vostra casa >>
La classe mormorò qualcosa che la professoressa Sinistra interpretò come un segno di consenso.
 << Non mi allontanerò da te, piccola >> mi sussurrò Anthony.
Ero talmente spaventata, da non riuscire a trovare l’insulto adatto per rispondergli, così rimasi zitta in attesa che la professoressa decidesse i posti. Il mio cuore picchiava come un martello contro il petto; riuscivo a sentire il rumore dei suoi battiti.
<< Roger Davies e Nerissa Cook >>
No.
Roger si alzò dalla sua sedia e sorrise a Nerissa, che diventò rossa in viso. Quante storie, lo sapevano tutti che aveva una cotta per Roger da anni e di sicuro, non era venuta qui a causa del suo amore per l’Astronomia.
<< Hay Lin Chang e Anthony Rickett >>
No, no, no, no, assolutamente e infinitamente no!
Quando Anthony si alzò contrariato, gli afferrai il polso per non farlo andare via. Tra la possibilità di passare un anno vicino a lui e un anno accanto a Weasley, avrei scelto Anthony senza alcun dubbio. Lui sfoderò il suo solito sorriso ebete, ma quando la professoressa tossicchiò per richiamare la nostra attenzione, fu costretto a raggiungere Hay Lin.
<< E Cassidy Diggory e Fred Weasley >>
Dovevo intervenire: se avessi lasciato le cose com’erano, avrei rischiato di finire internata al San Mungo a causa di un esaurimento nervoso. Alzai la mano di scatto; la professoressa Sinistra fece un cenno con il capo per intimarmi a parlare.
<< Io avrei un problema >> dissi.
Fred, che si era appena seduto, si voltò verso di me. Mi stava guardando confuso; un sopracciglio inarcato e la fronte corrugata. La professoressa non sembrava altrettanto sorpresa, incrociò le braccia al petto e aspettò che continuassi.
<< Non posso stare vicino a lui: sono allergica ai ragazzi con le lentiggini >>
<< Confermo >> aggiunse Anthony dall’altra parte della classe.
La professoressa si alzò di scatto e mi puntò la bacchetta addosso. Una piccola vena le stava pulsando nel punto in cui prima era comparsa la fossetta.
<< Signorina Diggory, la smetta di comportarsi in questo modo infantile! Le voglio ricordare che ha sedici anni! Non mi importa se vuole stare insieme al suo fidanzatino, qui comando io e così ho deciso >> strillò << E lei, Signor Rickett, faccia meno lo spiritoso >>
Dovetti contare sul briciolo di forza di volontà che mi era rimasto per evitare di dirle che Anthony non era il mio ragazzo, così, rassegnata, mi ammutolii. Perché avevo rovinato una delle poche cose belle che avevo qui a Hogwarts?
La professoressa Sinistra si schiarì la voce per calmarsi e iniziò a spiegare. Ero troppo arrabbiata per seguire. In meno di un’ora, ero riuscita a mandare all’aria anche il proposito di stare attenta durante le lezioni.
<< Diggory, penso di averti sottovalutata >> mi bisbigliò Fred all’orecchio. Rabbrividii; dopo tutto quello che era successo, ero riuscita a dimenticarmi che fosse al mio fianco << Mai avrei scommesso che saresti stata tu la prima a farla arrabbiare >>
<< Smettila di importunarmi, Wesblee >> sussurrai abbastanza forte da farmi sentire dalla professoressa. Se avesse capito che Fred mi dava fastidio e non mi permetteva di ascoltare, mi avrebbe dovuto spostare per forza. Per mia sfortuna, continuò imperterrita a illustrarci come fosse nato Saturno; serrai la mascella sotto lo sguardo divertito di Fred.
<< Come sei scontrosa >> mormorò trattenendo una risata << Hai paura che il tuo fidanzato si ingelosisca? >>
<< Merlino, quanto sei simpatico, Whiskey. Lo sanno tutti che io e Anthony non stiamo insieme >>
<< Whiskey potrebbe piacermi, Diggory >>
Alzai gli occhi al cielo. Fred riusciva a portarmi al massimo livello di esasperazione; a parte mia madre, non avevo conosciuto nessuno che mi istigasse alla violenza come faceva lui. Per questo motivo, serrai la mano in un pugno e contai fino a dieci per evitare di mollargli uno schiaffo.
Il resto della lezione fu un’agonia: nonostante mi fossi imposta di ascoltare la professoressa, non riuscii a fare a meno di distrarmi dai commenti idioti di Fred e dagli occhi azzurri di Anthony, che non avevano smesso di fissarmi neanche per un secondo. All’una, fui la prima a uscire dalla classe; corsi giù per le scale evitando i richiami di Anthony e scesi in fretta verso le cucine. Mai fui più sollevata di trovarmi dentro la Sala Comune dei Tassorosso. Mi diressi nella mia stanza, dove le russa di Kadma scandivano il ritmo dei respiri di Halinor e Kate. Con un sospiro sollevato, mi spogliai e andai a dormire.
Speravo che la notte avrebbe cancellato quella giornata: se fossi stata fortunata, al mio risveglio avrei capito che si era trattato solo di un incubo. Ma se la fortuna era cieca, la sfortuna ci vedeva benissimo e il mattino seguente, prese la mira.
A colazione, infatti, sentii Anthony raccontare a Malcolm e Kate la lezione di Astronomia, confermando che ciò che era successo l’altra notte, fosse reale. Volendo evitare Rickett, afferrai due fette di pane tostato senza farmi vedere e uscii in giardino, dove Ariel mi avrebbe raggiunta per passare insieme l’ora buca.
Il cielo era nuvolo; i raggi del sole mi scaldavano debolmente la pelle. L’aria fresca settembrina annunciava l’imminente arrivo dell’autunno. Mi sedetti sull’erba, i miei gomiti premevano sulle cosce e posai lo guardo sulle fronde degli alberi della Foresta Oscura. Durante il secondo anno avevo provato ad avventurarmi al suo interno, ma dopo essermi imbattuta in un centauro dall’aria astiosa, avevo deciso che non ci sarei più tornata.
Sospirai. In quel momento desideravo che la stagione della Coppa delle Case fosse iniziata: solo gli allenamenti faticosi di Quidditch e l’eccitazione pre-partita erano in grado di farmi smettere di pensare a tutti i miei problemi. Mi mancava sabotare i capitani delle altre squadre per impedirgli di prenotare il campo quando lo volevamo noi; e mi mancava colpire Malcolm con i bolidi durante gli allenamenti. Giocare a Quidditch era l’unica cosa che riusciva a rendermi soddisfatta di me stessa.
<< Ehi, bella gente! >>
Ariel era comparsa davanti a me, sorrideva contenta e teneva Pellek stretto tra le braccia.
<< Sai che ci sono solo io, vero? >> domandai.
La mia amica alzò le spalle e si sedette accanto a me. La pupille nere di Pellek si dilatarono a causa del sobbalzo e rapido, nascose la testa sotto il braccio di Ariel.
<< E tu sei una bella persona >>
Storsi il naso.
<< Voi Grifondoro sì, che avete il coraggio di mentire >> 
Ariel scosse la testa ridendo e cominciò ad accarezzare Pellek. Spostai lo sguardo sul giardino; oltre a noi, c’erano solo un paio di ragazzi che stavano ripassando Trasfigurazione. Uno di loro era in piedi davanti all’altro, aveva il braccio teso e la mano impugnava salda la bacchetta; in un secondo, il naso dell’amico si trasformò in quello di un topo. Soffocai una risata: dovevo imparare quell’incantesimo.
<< Prima di venire qui la McGranitt mi ha convocata nel suo ufficio >> disse Ariel, voltandosi verso di me.
Inarcai un sopracciglio preoccupata.
<< E’ successo qualcosa? >>
<< No, affatto. Ma devo dare ripetizioni di Alchimia a uno dei due ragazzi del quarto anno che la studiano >> rispose. Pellek si era aggrappato con le zampe a un suo dito e saltellava ogni volta che Ariel alzava la mano << Devo prepararlo ai G.U.F.O. e in questo modo, otterrò dei crediti per i M.A.G.O. >>
Sorrisi dandole una gomitata amichevole.
<< Questo, mia cara Ariel, è il primo passo per diventare la professoressa di Alchimia più figa di tutta Hogwarts >>
<< Prima vediamo se riesco a insegnare qualcosa a una persona sola >>
Da quando aveva cominciato Alchimia, il suo sogno era quello di diventare la più grande alchimista dopo Nicolas Flamel. Nonostante lei non credesse nelle sua capacità, sia io che Gwen eravamo convinte che un giorno ci sarebbe riuscita: era intelligente, determinata e orgogliosa abbastanza per poter realizzare i suoi sogni.
<< E chi sarebbe il fortunato? >> chiesi con un sorriso.
<< Theodore Nott >>
<< Il Serpeverde per cui Gwen sarebbe pedofila? >>
Ariel annuì.
In lontananza, i due ragazzi che stavano studiando Trasfigurazione avevano cominciato una vera e propria battaglia: saette di luci colorate sfrecciavano fuori dalle loro bacchette, dritte verso i loro corpi. Sentivo le loro risate; i loro volti sorridenti si guardavano divertiti. A un certo punto, il naso di Piton fece capolino fuori dalla finestra di una delle classi e i due ragazzi si fermarono, sparendo dentro il castello.
<< Comunque tuo fratello mi ha deluso >>
Sorpresa, corrugai la fronte.
<< Che ha fatto? >>
Se Ariel, che poteva benissimo essere la presidentessa del club “Cedric Diggory è la creatura migliore degli ultimi secoli”, aveva detto una cosa simile, c’era davvero da preoccuparsi.
<< Vuole iscriversi al Torneo Tremaghi >>

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Capitolo 5
*** Silenzi di tomba ***


 Silenzi di Tomba
 
Nel corso della nostra vita, io e Cedric avevamo litigato solo tre volte. La prima avvenne per causa mia: quando avevo cinque anni, durante un pomeriggio autunnale, decisi di provare la sua scopa giocattolo– la cosa a cui teneva di più al mondo- per volare giù dal tetto di casa. A cinque anni non ero ancora abbastanza intelligente per capire che le scope giocattolo volano a un’altezza media di un metro, così mi lasciai cadere dal tetto senza alcuna esitazione. Per fortuna mio padre, che aveva visto in tempo il mio salto, riuscì a farmi levitare a terra, ma la scopa precipitò, schiantandosi contro l’erba del giardino. Quando Cedric vide ciò che era rimasto del suo gioco preferito, mi guardò ascetico e non disse niente; non pianse, non mi accusò di essere una disgrazia davanti ai nostri genitori e non si lamentò. Rimase nel silenzio più totale per una settimana. Io al contrario piansi. Ma non per la scopa o perché mio padre avesse deciso di chiudermi in camera per tutto il resto del weekend come punizione; ma perché venire ignorata da mio fratello era la cosa più orribile che potesse accadermi.
La seconda volta, invece, avvenne quando Cedric fu nominato capitano della squadra di Quidditch. Invidiosa, oltraggiata e delusa dai miei compagni – ero sicura di essere molto più brava di lui a giocare – sabotai la prima partita della stagione per far vedere a tutti che Cedric non era un buon capitano. Inutile dire che mio fratello lo scoprì a metà partita e, con uno scatto improvviso, prese il boccino portandoci alla vittoria. Ancora una volta fui fortunata: Cedric non disse a nessuno quello che avevo fatto, ma non mi fece giocare per un mese con la scusa di non fidarsi di me perché ero la fidanzata di Oliver Baston. Non mi parlò per tutta la durata della mia espulsione, facendomi sentire terribilmente in colpa.
Cedric era sempre stato così: non gli piaceva urlare e men che meno gli piaceva litigare. Preferiva il silenzio, obbligandoti a riflettere su quello che avevi fatto per farti capire i tuoi sbagli. Altro motivo che lo rendeva perfetto.
Io ero molto lontana dalla perfezione: litigavo, insultavo e quando ero arrabbiata, facevo la prima cosa che mi passava per la testa, non curandomi delle conseguenze.
Proprio come successe in quel fatidico giorno.
<< CEDRIC PHOBOS DIGGORY >>
I pochi Tassorosso presenti nella Sala Comune interruppero ciò che stavano facendo e si voltarono a guardarmi. Ero in piedi davanti alla porta; le braccia rigide lungo i fianchi e le mani strette in due pugni. Fissavo furiosa Cedric, il quale si osservava intorno confuso, mentre Herbert al suo fianco gli mise una mano sulla spalla. Voleva proteggere il suo migliore amico? Faceva bene, perché io ero sul punto di avada kedavrizzarlo.
<< VUOI PARTECIPARE AL TORNEO TREMAGHI? >> Gli chiesi.
Mi avvicinai al tavolo dove lui, Herbert e Halinor stavano studiando Erbologia; il rumore dei miei passi riecheggiava nella stanza.
<< Si, Cassie… è un problema? >>
Cedric sembrava disorientato; la sua fronte era corrugata e i suoi occhi grigi mi guardavano come se volessero sapere che cosa mi stesse passando per la testa. Appoggiai di scatto i palmi delle mani sul tavolo di legno, sporgendomi verso di lui.
<< SI CHE E’ UN PROBLEMA! PERCHE’ VUOI FARLO? PER OTTENERE LA GLORIA? >> ruggii. << L’HAI GIA’, MERLINO! E NON POSSO CREDERE CHE TU VOGLIA SEMPRE STARE AL CENTRO DELL’ATTEZIONE PER FAR VEDERE AL MONDO QUANTO TU SIA MAGNIFICO, INCREDIBILE E PERFETTO! >>
Halinor alzò gli occhi al cielo e sbuffò. Sia io che Cedric la ignorammo; lui si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia al petto.
<< Io non sono così e lo sai… Cassidy, non riesco a capire il punto >>
<< NON CAPISCI MAI IL PUNTO! NON CAPISCI MAI L’EFFETTO CHE HANNO LE TUE AZIONI SUGLI ALTRI E NON RIESCI MAI A CAPIRE COME MI SENTA IO >>
A differenza del mio viso, rosso dalla collera con gli occhi iniettati di sangue come un prigioniero di Azkaban ritratto sulla Gazzetta del Profeta, quello di Cedric si era addolcito, pieno di compassione.
<< Cassidy, sai che io voglio sapere come ti senti e… >>
Cedric tentò di stringermi una mano, ma la ritrassi, allontanandomi dal tavolo. Non volevo sentirlo preoccuparsi per me, non volevo che il suo dannato buonismo rovinasse il momento; se mi avesse chiesto spiegazioni, avrei ceduto e volevo continuare a essere convinta delle mie ragioni.
<< No, non capiresti >>
La mia voce si incrinò. Sentivo le lacrime pungermi gli occhi.
<< Merlino, Cassidy, sei una bambina >> disse Halinor con un altro sbuffo.
In procinto di piangere, uscii velocemente dalla Sala Comune, ignorando i numerosi richiami di mio fratello. Ero una bambina? Poteva essere, ma avevo raggiunto il limite. Non avrei lasciato che Cedric si prendesse anche il titolo di Campione del Torneo Tremaghi, non quando era quello che volevo ottenere io. Non riuscivo a credere che le cose andassero sempre allo stesso modo: quando volevo qualcosa, subentrava Cedric e se la prendeva. Era successo quando era diventato capitano, quando era diventato prefetto e stava per succedere di nuovo, perché se Cedric si fosse iscritto, sarebbe stato scelto di sicuro. Partendo dal fatto che mancava meno di un mese al suo diciassettesimo compleanno e non avrebbe dovuto imbrogliare, lui era talmente bravo in tutto e buono d’animo che la sua vittoria era inevitabile. In quel modo, avrei dovuto sopportare l’intera scuola acclamare Cedric, mentre io l’avrei visto ancora una volta superarmi, rendendomi più patetica e inferiore di quanto non fossi già.
Mi passai una mano sugli occhi per asciugarmi le lacrime. Odiavo piangere e in quel momento, stavo odiando anche me stessa per essere così debole. Come ogni volta in cui volevo stare da sola, raggiunsi la torre di Astronomia; il mio posto preferito in tutta Hogwarts.
Sollevata, aprii la porta della classe, ma quello che vidi mi fece venir voglia di tornare a piangere.
Fred e George erano seduti alla cattedra, entrambi chini su delle pergamene. Era strano vederli lavorare in silenzio; di solito, evitavano tutto ciò che riguardasse lo studio. Osservandoli meglio, però, notai che stavano facendo due cose differenti: George scriveva imperterrito, borbottando qualcosa tra sé e sé, mentre Fred aveva una mano tra i capelli e una che appuntava qualcosa su un libro. Senza pensarci due volte, mi feci avanti.
<< Che cosa ci fate voi due qui? >>
I due ragazzi alzarono le teste di scatto; George nascose in fretta la sua pergamena e Fred chiuse il libro. Quando si resero conto che fossi io, Fred roteò gli occhi, mentre il suo gemello cercò di trattenere una risata.
<< Perché sei sempre in mezzo alle bacchette, Diggory? >> mi chiese scocciato Fred.
Gli sorrisi di traverso e mi avvicinai.
<< Perché io amo le bacchette, Winzely >>
Il ragazzo si sporse sul tavolo per coprire il libro, i suoi occhi mi stavano guardando berci. George, al contrario, continuava a essere divertito.
<< Sai che stavamo parlando di te, Cassie? >> disse George con un ghigno << O meglio, il qui presente Fred stava parlando di te >>
Strabuzzai gli occhi, presa alla sprovvista. Il mio viso cominciò a formicolare; avevo paura di essere arrossita. Perché diamine avrebbe dovuto parlare di me? Se avessi scoperto che mi stava insultando, tutta la rabbia che avevo accumulato per Cedric si sarebbe riversata sulla sua faccia. Fred diede un pugno contro la spalla di George, che si ritrasse ridendo.
<< Gli ho detto che hai lo stesso effetto di una Caccabomba: sei asfissiante >>
Questa volta a sorridere fu Fred. Alzai gli occhi al cielo. Era la battuta peggiore che potesse fare.
<< A proposito di Caccabombe >> intervenne George << Non ti consiglio di andare nel corridoio del terzo piano, potrei averne messa una come saluto di “Ben Ritrovato” a Gazza >>
Accennai un sorriso. Quando la signora Weasley era rimasta incinta di Fred e George, i geni simpatici e intelligenti della famiglia si erano di sicuro concentrati solo su quest‘ultimo. Gli diedi una gomitata amichevole sul braccio.
<< Sei sempre geniale, Weasley >> dissi lasciandomi sfuggire una risata.
Lui si passò una mano tra i capelli rossi, sorridendo compiaciuto. Fred allargò le braccia esasperato.
<< Perché con lui azzecchi il cognome? Diggory, sei talmente stupida da non capire che siamo gemelli? >> mi domandò.
<< Forse è rimasta confusa dalla mia bellezza, si sa che il più figo tra i due sono io >> aggiunse George in mia difesa.
<< Frena, Gred. Questo è quello che ti dice la mamma per farti un piacere >>
<< Almeno me lo dice qualcuno, Forge >>
Trattenni una risata; anche Fred e George si stavano impegnando a rimanere seri. Nonostante Fred fosse in cima alla mia lista nera, avevo sempre invidiato il rapporto che aveva con George; un rapporto che io e Cedric non avremmo mai potuto avere. Amavo mio fratello, ma quello che era diventato mi impediva di comportarmi come se fosse uno dei miei migliori amici. In meno di un secondo, tornò tutta la tristezza che mi aveva spinta a nascondermi nella Torre di Astronomia; lo sguardo pietoso di Cedric nella mente. I due ragazzi se ne accorsero, perché rimasero zitti a guardare il tavolo. Come se non bastasse, farmi vedere abbattuta davanti a loro due – o meglio, davanti a Fred – peggiorava la situazione. Gonfiai le guance per dire qualcosa, ma il suono della campanella mi precedette, rompendo il silenzio.
George sbuffò e prese sotto braccio la pergamena.
<< Rimarrei con voi, ma se non sono in prima fila a Erbologia, la Sprite mi trasforma in pus di Bobotuberi >>
George mi sorrise, prima di guardare per diversi secondi Fred. Solo quando il suo gemello ebbe annuito, George ci salutò e uscì dalla classe.
Inarcai un sopracciglio. Da quando in qua i gemelli Weasley, che secondo me facevano insieme pure il bagno, non frequentavano le stesse lezioni? In effetti, anche Fred era solo durante Astronomia. Incuriosita e confusa, mi sedetti al posto di George per chiedere spiegazioni.
Fred mi fulminò con lo sguardo; il libro davanti a lui era ancora coperto dalle sue braccia.
<< Hai intenzione di stare qui per sempre? >> mi chiese con un sibilo << Non hai lezione? >>
Scossi la testa. In realtà avevo lezione, ma non sopportavo l’idea di stare in classe con Cedric; sapevo che mi avrebbe guardata tutto il tempo per cercare di parlarmi e non ero ancora pronta a farlo.
Fred sbuffò seccato; cominciò a picchiettare le dita sul tavolo. Non sapevo nemmeno io perché volessi rimanere lì, qualcosa mi teneva incollata alla sedia.
<< Perché non sei a Erbologia con George? >> domandai.
Fred corrugò la fronte.
<< Perché io non faccio Erbologia, Diggory >> rispose asciutto << Tu perché sei venuta qui, invece? >>
I suoi occhi marroni mi stavano fissando, aspettandosi delle spiegazioni. Mai avrei detto a Fred Weasley quello che era successo con mio fratello: di sicuro, per lui sarebbe stato solo un altro motivo per prendermi in giro. Alzai le spalle sistemandomi un ciuffo di capelli dietro le orecchie; mi sentivo a disagio.
Fred non smise di guardarmi; aveva la stessa espressione di Malcolm quando voleva sapere a tutti i costi cosa mi succedeva.
Irritata, inarcai un sopracciglio.
<< Lo so che sono irresistibile, ma mi stai consumando >> celiai << Piantala di fissarmi >>
<< Diggory, ma ti svegli così acida o ti fai il bagno nel limone? >>
Nel dire quelle parole, Fred si alzò dalla sedia dimenticandosi del libro che stava nascondendo. Con mia sorpresa, strabuzzai gli occhi; un debole sorriso comparve sul mio volto.
<< Stavi studiando Astronomia? >>
La mia voce doveva essere uscita più entusiasta del previsto, perché Fred, colto alla sprovvista, prese di scatto il libro e mi guardò truce.
<< Non sono affari tuoi >>
<< Guarda che non c’è niente di male… sei a scuola, dovresti studiare >> continuai con uno sbuffo innervosito.
Fred non parve rilassarsi; continuò a stare in piedi, con le braccia rigide strette al libro.
<< Allora dovremmo farlo tutti e due >>
Così dicendo, uscì dalla classe, lasciandomi sola.
Nonostante fossi rimasta interdetta dal suo comportamento, evitai di capire come mai stesse studiando Astronomia. Esclusi a priori il fatto che gli piacesse: che si stesse applicando in una materia o meno, rimaneva sempre Fred Weasley, colui che non si era mai impegnato a scuola.
Non parlai a nessuno di quell’episodio fino a domenica pomeriggio, quando Kate mi obbligò a seguirla in giro per la scuola. Lei e Malcolm mi avevano rapita da Gwen e Ariel per parlarmi e, non potendo replicare, mi ero ritrovata a girovagare per i corridoi del castello senza avere una meta precisa.
<< Non dico che hai fatto male ad arrabbiarti così con tuo fratello >> mi disse Malcolm, mentre tentava di stare al passo << Ma potresti tornare a parlargli. Ogni volta che siete insieme nella Sala Comune, fa talmente tanto freddo che sembra di essere al Circolo Polare Artico >>
Malcolm arrancava dietro Kate; il suo viso bonario era rosso e ogni sua parola veniva scandita da un respiro affannato. Sembrava un piccolo Panda stremato da una maratona lunga chilometri.
<< Mal, non puoi capire >>
Avrei dovuto immaginare che il loro rapimento era un pretesto per parlare di me e Cedric; ancora una volta si erano auto-proclamati miei psicologi. Era un mio problema se non rivolgevo la parola a mio fratello da quattro giorni e, di certo, non stava a loro sistemare le cose.
La mano paffuta di Malcolm mi strinse un braccio, costringendomi a guardarlo.
<< Hai ragione, non posso capire >> ansimò << Ma puoi dirmi perché ti comporti in maniera strana da quando siamo arrivati ad Hogwarts? >>
In quel momento Kate smise di guardarsi in torno e ci rivolse la sua attenzione; passò una mano tra i suoi riccioli biondi.
<< Malcolm ha ragione. Sei nostra amica e, anche se sembri perennemente mestruata, ti vogliamo bene >>
<< Siamo preoccupati per te e vogliamo aiutarti, Cassie >>
Sospirai. Benché non fossi entusiasta all’idea che qualcuno venisse a sapere cosa avevo, era inutile ignorare i continui tentativi di Malcolm e Kate di essere miei amici. Dopotutto, non avevo svelato ancora a nessuno il mio piano per partecipare al Torneo Tremaghi e avevo bisogno di una mano per preparare la pozione Invecchiante. Cercando di risultare meno patetica possibile, raccontai loro come mi sentivo ogni volta che Cedric veniva lodato o si mostrava migliore di tutti; aggiunsi anche quanto fossi stata male durante l’estate, chiusa in casa, mentre mio fratello veniva premiato dai miei parenti in tutti i modi possibili. Presi un respiro cercando di non badare ai loro sguardi pietosi e gli raccontai, infine, del Torneo Tremaghi.
Nel frattempo, eravamo giunti al terzo piano del castello; i corridoi erano immacolati: Gazza doveva averli puliti dalla Caccabomba di George.
<< Oh Cassie >> esclamò Malcolm stringendomi a sé << Non è vero che sei inferiore a Ced! Sei bella, intelligente, simpatica e noi sappiamo che vali tantissimo. Non sei la migliore a scuola e allora? Non devi fasciarti la testa per questo, sei bravissima in altre cose >>
Nonostante stessi morendo soffocata, mi sentii meglio ad aver vuotato il sacco. Il cuore era più leggero, la tristezza si era affievolita.
<< Esatto! >> confermò Kate. Aveva ripreso la sua ricerca; gli occhi verdi vagavano in giro senza sosta << Sei la migliore giocatrice di Quidditch della squadra, se non dell’intera scuola e hai due gambe che fanno invidia a quelle di Silente >>
Malcolm sciolse l’abbraccio e, insieme, guardammo senza parole Kate. La ragazza scrollò le spalle.
<< Che c’è? Sotto quel mantello ci devono essere due gambe da urlo >>
Scoppiai a ridere, mentre Malcolm si diede uno schiaffo sulla fronte. Mi sentivo decisamente molto meglio; seppur fossero due finti psicologi, erano i migliori che potessi desiderare.
<< A quanto pare i cinquantenni non sono più abbastanza; ho sempre detto che i centenari come Silente hanno più fascino >> commentai passando un braccio attorno alle spalle di Kate.
La mia amica ridacchiò, ma Malcolm interruppe il momento alzando una mano.
<< Aspetta, signorina Diggory >> disse austero << Non cambiare discorso. Secondo te, imbrogliare per partecipare al Torneo Tremaghi – cosa che potrebbe darti un biglietto di sola andata per casa tua –per provare a ottenere la fama e la gloria, ne vale la pena? >>
Mi ammutolii. Detto così, sembrava un gesto spregevole ed egoista; ma io non ero ancora disposta ad abbandonare il sogno di far vedere a tutti che non vivevo nell’ombra di mio fratello. Il desiderio di mostrare le mie capacità all’intera scuola mi stava consumando; non riuscivo a vedere nient’altro che la mia vittoria.
<< Ne vale la pena >> affermai decisa.
<< Anche se andrai contro le regole della scuola per iscriverti a un torneo in cui non è detto che verrai scelta come partecipante? >>
Annuii.
Malcolm e Kate si guardarono per alcuni secondi. 
<< Bene, domani andrò in biblioteca per vedere se c’è qualche libro che parla di una pianta che possa aiutarci a preparare la Pozione >> concluse Malcolm.
<< E io vedrò se nell’aula di Pozioni c’è qualcosa che possa fare al caso nostro >> disse Kate.
Incredula, spalancai la bocca. Volevo ringraziarli, ma non riuscivo a credere che Malcolm e Kate- i due ragazzi che per paura di finire in punizione quando avevamo fatto crescere una foresta nello spogliatoio di Corvonero, avevano pianto per tre ore consecutive- mi volevano aiutare davvero. Provai a dire qualcosa, ma la sorpresa era talmente tanta da lasciarmi senza parole.
<< Cassie, te lo ripeto: sei nostra amica e faremo di tutto per farti felice, quindi non dire niente. A meno che non sia una lode alle nostre impavide gesta, ovvio >>
Sorrisi e abbracciai di nuovo Malcolm. In quei giorni ero stata talmente tanto occupata a odiare il mondo, che mi ero dimenticata di quanto volessi bene ai miei amici.
Improvvisamente, Kate diede una sberla alla spalla di Malcolm e ci spinse contro il muro del corridoio. Dall’altra parte del piano, Moody stava zoppicando verso il suo ufficio.
<< Abbiamo fatto il giro del mondo solo per spiare il professor Moody?!>> sputò Malcolm cercando di non farsi sentire.
Kate annuì; i suoi occhi brillavano. La ragazza non riusciva a smettere di sorridere, saltellava sul posto eccitata, sotto il nostro sguardo perplesso.
<< Non è bellissimo? >> sussurrò.
<< A questo punto preferisco Piton >> dissi sarcastica.
Kate non smetteva di fissare Moody, il quale aveva appena estratto una delle sue fiaschette da cui bevve un sorso. Malcolm fece finta di vomitare.
<< Ma non vedete quanto è bello e tondo il suo sedere? Secondo me è stato scolpito dalle Veela >>
Kate ci guardò estasiata; ma prima che Malcolm potesse rimettere sul serio, un mano callosa e attraversata da una miriade di cicatrici, si posò sulla parete accanto a noi.
<< Vi ho sentiti >>
L’occhio blu di Moody saettò nella nostra direzione. Malcolm urlò, mentre Kate sbiancò dalla vergogna; senza pensarci due volte, afferrai i polsi dei miei amici e corsi via, il più lontano possibile dal professore.
Solo nel momento in cui arrivammo in giardino, scoppiai a ridere, cadendo in ginocchio sull’erba. In preda alle convulsioni, mi tenni le braccia strette attorno alla pancia. Anche Malcolm stava ridendo, le lacrime gli rigavano le guance arrossate. L’unica che non pareva divertirsi era Kate, che si era seduta a terra; il viso coperto dalle mani.
<< Non posso crederci! >> ululò disperata.
Malcolm si aggrappò alla sua spalla per dire qualcosa, ma le risate gli impedirono di parlare.
Passammo dieci minuti a rotolarci sull’erba, ripetendo quello che aveva detto Kate sul fondoschiena di Moody. Lei, invece, non smise di piagnucolare: le parole del professore non smettevano di tormentarla.
<< Ho deciso: porto un ragno gigante nel castello e mi faccio espellere a vita da Hogwarts >> stabilì Kate, dopo aver aspettato che ci calmassimo.
Malcolm si asciugò le lacrime e miei occhi si posarono su due ragazzi immersi nello studio; erano entrambi nascosti all’ombra di un albero, le teste rosse a un centimetro dai libri.
<< Bizzarro, vero? >> mi chiese Malcolm.
Lo guardai confusa, ma quando fece un cenno verso Fred e George, annuii.
<< Già, l’altro giorno ho beccato Fred studiare Astronomia. E’ stata la cosa più strana dopo Angelina Johnson vestita da ragazza al Ballo d’Autunno di due anni fa >> dissi.
<< Pensa che George fa Erbologia con me e Kate perché è stato obbligato a frequentare un corso in più. Ha preso solo tre G.U.F.O. e a fine Ottobre dovrà dare un esame di recupero >>
Come i tasselli del mio puzzle del Puddlemere United, tutte le cose strane a cui avevo assistito in quei giorni si unirono, diventando più chiare: il motivo per cui la McGranitt si era arrabbiata con Fred e George il primo giorno di scuola doveva per forza essere collegato al fatto che i due ragazzi stessero studiando; e se George era stato obbligato a prendere un M.A.G.O. in Erbologia, Fred era stato costretto a prenderne uno in Astronomia.
Tutto quadrava alla perfezione e in quel momento, ebbi l’idea più stupida della mia vita.

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Capitolo 6
*** I Lupi di Paddington ***


 I Lupi di Paddington
 
Il mio piano iniziò solo martedì pomeriggio, dopo l’ora di Difesa Contro le Arti Oscure. A differenza delle lezioni precedenti, il professor Moody aveva deciso di abbandonare la pratica degli incantesimi non-verbali per spiegarci cosa fossero le Veela e perché non fossero delle brave scultrici -a quanto pare la loro irascibilità e la loro impazienza causavano non pochi danni ai pezzi di marmo da scolpire-. Tra i miei compagni, gli unici a sapere il motivo di quella lezione eravamo Kate, Malcolm e io e per la prima volta in assoluto, Moody mi fece ridere, obbligandomi a cambiare l’idea che mi ero fatta su di lui.
Quando suonò la campanella, io e Kate, che aveva l’aria di qualcuno in procinto di commettere un suicidio, fummo le prime a uscire dalla classe. La salutai sforzandomi di non ridere e rimasi dietro la porta, pronta ad attaccare. Ignorai chiunque mi passasse accanto, la mia attenzione era rivolta a una persona in particolare e non appena la vidi, la presi per le maniche della camicia e la trascinai nel corridoio adiacente. Benché fossi più alta di un metro e settanta, dovetti alzarmi sulle punte dei piedi per bloccare con un braccio il busto di Fred contro il muro; l’altra mano gli teneva fermi i polsi e gli occhi erano fissi nei suoi.
Fred mi guardò sconvolto per alcuni secondi; aveva le labbra socchiuse con l’intento di dire qualcosa. Mi lasciai sfuggire un sorriso compiaciuto: ammutolire Fred era una delle cose che amavo fare di più al mondo.
<< Io e te stiamo per fare un accordo >> dissi asciutta senza smettere di guardarlo. Non mi ero mai accorta che le lentiggini gli arrivavano fino all’attaccatura dei capelli.
<< Diggory, sei per caso impazzita? >> mi chiese incredulo. Strattonò le braccia per liberare i polsi dalla mia stretta, invano: le mie dita non volevano cedere.
<< Non ti lascio andare finché non accetterai, Werberly >>
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e non disse niente. Mi schiarii la voce, aumentando la stretta per tenerlo fermo. Fece una smorfia.
<< So che sei obbligato a dare un esame di Astronomia perché non hai preso un G.U.F.O. sufficiente >>
Fred tornò a guardarmi; l’imbarazzo gli velò il viso come un ombra.
<< E io sono disposta a darti ripetizioni per farti prendere un ‘Eccellente’, in modo che la McGranitt ti tolga dal corso di Astronomia >> presi fiato. In quel momento non ero più sicura di quello che stavo facendo: volevo davvero dirgli che ero disposta a tutto pur di partecipare al Torneo Tremaghi? Nonostante lui avesse quello di cui avevo bisogno, rimaneva lo stesso il mio nemico numero uno e continuavo a non mi fidarmi di lui. Fred, però, sembrava interessato; sentivo il suo corpo rilassarsi sotto la mia presa. Essendo giunta a un punto di non ritorno, sospirai.
<< In cambio, mi darai una quantità di pozione Invecchiante sufficiente per iscrivermi al torneo Tremaghi >>
<< Aspetta, aspetta, aspetta... >>
Con un gesto inaspettato della mano, Fred rovesciò i ruoli, prendendomi il polso; si riuscì a liberare dalla stretta e con il braccio libero mi spinse contro il muro. Mi ritrovai schiacciata contro la parete; il corpo di Fred era a pochi centimetri dal mio. Strabuzzai gli occhi sorpresa: non mi ero resa conto di aver abbandonato la guardia, lasciando che prendesse il comando.
<< Come fai a sapere della pozione? E perché vuoi partecipare al Torneo? >>
I suoi occhi marroni mi scrutavano curiosi; era talmente vicino che riuscivo a sentire il suo respiro. Non capii se fosse stato a causa delle sue domande o della esagerata vicinanza, ma avvampai e in un secondo, temetti di aver disimparato a parlare. Provai a dire qualcosa, ma tutto quello che uscì dalla mia bocca fu un singhiozzo spaventato.
Fred inarcò un sopracciglio.
<< Allora, Diggory? >>
Chiusi gli occhi. Stavo facendo la figura dell’idiota e non potevo permettere che si accorgesse del mio disagio. Presi un respiro, ignorando il bruciore della mia pelle nei punti in cui mi stava toccando.
<< Ariel si è lasciata sfuggire che tu, George e Lee state preparando la pozione >> dissi tentando di mostrarmi sicura di me << E voglio partecipare per lo stesso motivo per cui vuoi partecipare tu >>
Sul volto di Fred comparve un ghigno.
<< E per quale motivo pensi che io voglia partecipare? >>
Ancora una volta, rimasi zitta. Avevo dato per scontato che si volesse iscrivere per la fama e la gloria come me – o come tutti gli altri intenzionati a diventare i campioni di Hogwarts, del resto – ma, in effetti, non sapevo niente su di lui. Voglio dire, se era sicuro di aver le mie stesse ragioni, non mi avrebbe fatto quella domanda, no? << Lo so che avermi così vicino ti toglie il fiato, ma non ho voglia di stare qui tutto il giorno >> sussurrò a un centimetro dal mio viso.
Pregai gli dei di non essere arrossita troppo; avevo la sensazione di andare a fuoco. Non riuscivo a capire perché mi stessi comportando così, ma una cosa era certa: dovevo smetterla.
Concentrai tutte le mie forze e gli tirai una gomitata nello stomaco; colto alla sprovvista, Fred mi lasciò andare. Mi allontanai abbastanza da smettere di formicolare tutta.
<< In realtà la tua brutta faccia mi distrae. Sai, mi chiedo come tu possa essere così brutto quando hai un gemello figo come George >> celiai.
Le mie parole risultarono false anche alle mie orecchie, così evitai di lamentarmi quando Fred scoppiò a ridere.
<< Diggory, mi fai morire >>
Sbuffai per nascondere l’imbarazzo. Fred mi aveva piantato ancora i suoi fastidiosi occhi addosso e solo dopo una serie di secondi, Sua Altezza decise che era giunto il momento di darmi una risposta.
<< Accetto, ma ti darò la pozione solo se Sinistra mi darà un ‘Eccellente’ >>
<< Lo farai a prescindere da qualsiasi voto ti dia. Non sprecherò delle ore importanti della mia vita per farti studiare senza ottenere niente in cambio >>
<< Prendila così: se non otterrò un ‘Eccellente’, avrai passato del tempo con Fred Weasley e potrai ritenerti fortunata. Non tutti hanno questo privilegio >>
Incrociai le braccia al petto per non tirargli un pugno. Odiavo la sua saccenteria, odiavo il mondo sarcastico cui mi parlava e odiavo lui e la sua brutta faccia.
<< Sappi che le ripetizioni te le darò solo mercoledì prima dell’ora di Astronomia e venerdì sera >>
Fred ci pensò su per alcuni minuti, poi annuì.
<< Ci vediamo, Wollensmirt >>
Senza dargli il tempo di replicare, sparii verso le cucine, diretta alla Sala Comune di Tassorosso.
Non riuscivo a credere che tutta questa storia mi avesse spinto a chiedere aiuto a Fred Weasley. Lo avevo fatto per evitare che Kate e Malcolm finissero nei guai per causa mia; ma non ero sicura che io e Fred avremmo collaborato veramente. Non avevo abbastanza pazienza per sopportarlo, figuriamoci per spiegargli qualcosa! E sapevo che al mio primo passo falso, Fred avrebbe disdetto l’accordo.
La Sala Comune era illuminata dalle numerose finestre rotonde; le foglie delle piante rampicanti snodate sui muri brillavano alla luce del sole, ma in centro alla stanza, c’era qualcosa di verde che brillava di più. Mi immobilizzai: quelli erano i capelli di Ariel. Che cosa ci faceva nella mia Sala Comune?
Stava parlando con Cedric; la risata pronta a ogni battuta e una mano che continuava a sistemarsi i capelli. Mi trattenni dall’impulso di vomitare.
Curiosa di sapere se stessero parlando di me, mi acquattai dietro a un divanetto giallo senza farmi vedere. Ero pronta a insultare entrambi non appena li avessi sentiti pronunciare il mio nome. Negli ultimi giorni anche Ariel e Gwen avevano iniziato a giocare alle aspiranti psicologhe, ma sapendo che avrebbero fatto di tutto per dissuadermi dal partecipare al Torneo, avevo evitato di informarle dei miei piani. Il mio comportamento le aveva obbligate a rinunciare a scoprire la verità, ma conoscendo Ariel e la sua ostinazione, non mi sarei stupita se avesse deciso di chiedere informazioni a mio fratello. Fortunatamente, la loro conversazione era ben lontana da tutto ciò che mi riguardava.
<< Quindi cosa farai al tuo compleanno? >> chiese Ariel con una voce più stridula del normale.
<< Penso che io, Herbert e Anthony organizzeremo qualcosa, ma non ne sono sicuro >>
Inorridii: l’idea di loro tre, chiusi nella loro camera a festeggiare Cedric, mi faceva pensare a ventimila modi diversi con cui potevano divertirsi usando le loro bacchette.
<< Una serata tra ragazzi? Scommetto che parlerete di Quidditch tutto il tempo >>
<< In realtà pensavo più ai Lupi di Paddington >> rise Cedric << Li hai mai sentiti? >>
<< Oh! Che squadra! Ma non saranno mai all’altezza dei Cannoni di Chudley >> disse Ariel.
<< In realtà i Lupi di Paddington sono una rock-band londinese di maghi… >>
<< Ah… >>
La loro imbarazzante conversazione venne interrotta da Herbert, che trascinò mio fratello a cena. Mi misi una mano sulla bocca per soffocare le risate e solo una volta sicura che mio fratello se ne fosse andato, apparii davanti alla mia amica sotto il suo sguardo stupefatto.
<< Da quanto tempo eri lì? >> mi chiese. Puntò un dito verso la poltrona e sorridendo mi avvicinai a lei. Mi appoggiai alla scrivania di legno; le braccia incrociate e gli occhi socchiusi.
<< Prima mi devi spiegare perché sei qui, lupa di Paddington >>
Ariel alzò gli occhi al cielo; il suo viso divenne dello stesso colore della cravatta dei Grifondoro.
<< Perché stasera vieni a cena con me e Gwen. Sono giorni che mi abbandonate per stare insieme ai vostri amici e se mi obbligate anche oggi a stare con la Johnson e la Spinnet vi crucio, e non sto scherzando >> disse tutto d’un fiato. Avevo l’impressione che si fosse preparata il discorso prima, come se si aspettasse un rifiuto. << Sono qui perché mi mancate e perché il ragazzo pandoso e simpatico con cui stai sempre mi ha fatta entrare >>
Prima che la mia amica potesse dire qualcos’altro, l’abbracciai.
<< E’ un sì, questo? >> mi chiese. La sua voce mi arrivava ovattata; aveva il viso nascosto dai miei capelli. Sciolsi l’abbraccio e la presi per mano, incominciando a incamminarmi fuori dalla Sala Comune.
<< Mi avevi già convinta quando mi hai ricordato che sei nella stessa casa di Angelina Johnson >> risposi, lasciandomi sfuggire una risata.
Ariel mi condusse verso il percorso lastricato che portava alla Rimessa, il piccolo porto di Hogwarts dove venivano ancorate le barche che trasportavano i ragazzini del primo anno. Una volta fuori dal castello, l’aria gelida autunnale mi costrinse a stringermi nel mantello; il cielo era già buio, le prime stelle brillavano deboli. Scendemmo fino a quando il tetto a punta della Rimessa comparì nero davanti a noi. Lasciai che Ariel entrasse per prima nella struttura di legno, il piccolo molo scricchiolava a ogni passo. Gwen era seduta nella barca dentro la quale aveva apparecchiato per la cena; stava leggendo un libro e delle piccole candele profumate volavano a mezz’aria, illuminando l’interno della Rimessa.
<< Serpe, siamo arrivate >>
Alle parole di Ariel, Gwen alzò gli occhi dal libro e ci sorrise.
<< E io che temevo mi aveste abbandonata! >>
Con una grazia elefantina, salii sulla barca, facendo attenzione a non sbilanciare il peso degli oggetti che c’erano al suo interno: un bagno nel Lago Nero era l’ultima cosa che volevo fare. Presi posto a lato di Gwen, che mi strinse un braccio attorno alle spalle. Ariel estrasse la sua bacchetta e con un gesto della mano, le scatole con dentro il cibo presero a riscaldarsi. Ne afferrai una con dentro dell’arrosto e del purè di patate; lo scontro con Fred mi aveva fatto venire fame. Aspettai che le mie amiche avessero scelto cosa mangiare, prima di avventarmi sul mio piatto.
<< Avete letto? >> disse all’improvviso Gwen << Il 30 ottobre arriveranno le delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons >>
Lei e Ariel si guardarono compiaciute, mentre io non riuscii a fare a meno di pensare a tutti i ragazzi di quelle scuole come possibili avversari. Quanti sarebbero stati? E quanto sarebbero stati forti? Dovevo assolutamente saperlo, perché se fossi stata scelta per partecipare al Torneo Tremaghi avrei dovuto competere contro due di loro. Avevo solo un mese di tempo per informarmi sulle due scuole e, di certo, non mi sarei fatta cogliere impreparata.
<< A proposito! Qualcuno ha obbligato Fred a collaborare; ho sentito George e Lee che si stavano lamentando >> Ariel addentò una forchettata di insalata << A quanto pare dovranno condividere la loro pozione Invecchiante >>
Prima che mi potessero chiedere un parere, bevvi il mio bicchiere di Burrobirra tutto d’un fiato. Fred aveva parlato di me ai suoi amici, era sicuro del nostro accordo. Un brivido mi percorse la schiena; non riuscii a nascondere un sorriso.
<< Non parlatemi di pozioni >> sospirò Gwen. Gettò un’occhiata sconsolata al libro che aveva accantonato ai suoi piedi << Piton quest’anno è diventato ancora più terribile. Sono passate solo due settimane dall’inizio della scuola e devo già sperare in un intervento divino per ottenere un misero ‘Accettabile’ >>
Scrollai le spalle.
<< Credo che sia a causa di Moody. Sai che Piton vuole diventare il professore di Difesa Contro le Arti Oscure, no? Questo è il quarto anno che non ottiene il posto >> risposi << Anche io sarei arrabbiata >>
Nonostante preferissi il professor Lupin, Moody era uno dei migliori professori di Difesa Contro le Arti Oscure che avessimo mai avuto; i miei compagni erano entusiasti delle sue lezioni: avendo passato tutta la vita a combattere contro i Mangiamorte e le Arti Oscure, Moody aveva davvero qualcosa da insegnarci.
 << Piton dovrebbe prendersi un anno sabbatico e farsi una bella vacanza >> disse Gwen.
<< Piton dovrebbe trovarsi una donna e sfogare la sua rabbia e la sua frustrazione nel sesso >> la corressi << Ma questo avrebbe dovuto farlo già da tempo >>
Le mie amiche scoppiarono a ridere; Gwen si coprì la bocca con una mano. Divertita, iniziai a imitare Piton alle prese con una fidanzata; facendo contorcere le due ragazze dalle risate. Quando Gwen per poco non cadde in acqua in preda alle convulsioni, iniziai a ridere anche io. Ariel aveva ragione: avevamo passato poco tempo insieme da quando era cominciata la scuola e solo in quel momento mi accorsi di quanto mi fossero mancate. Avevamo passato due settimane a recitare ruoli che non ci addicevano: io avevo preso la parte dell’adolescente depressa e ribelle, mentre Ariel e Gwen avevano deciso di fare i genitori preoccupati. Cieche, non avevamo visto che così facendo ci stavamo allontanando, dimenticandoci che prima di tutto eravamo amiche. Se io avessi smesso di nascondere le mie vere intenzioni e se loro avessero smesso di volermi psicoanalizzare, le cose si sarebbero sistemate.
<< ARIEL ASPETTA, COME VA CON NOTT? >> strillò Gwen riprendendosi dal ridere.
Ariel alzò gli occhi al cielo, ma si lasciò sfuggire un sorriso.
<< Va bene… E’ intelligente e, nonostante sia una serpe come te, è simpatico >> disse. << Ma no, cara Gwendoline Drake, non gli chiederò quale Serpeverde del sesto anno sia la più carina >>
Gwen assottigliò lo sguardo; posò una mano sulla spalla di Ariel e le diede una lieve spinta.
<< Me lo avevi promesso! >> piagnucolò.
<< Te lo avevo promesso prima di scoprire che ha un debole per le Corvonero bionde più piccole di lui >>
<< Dici che se mi tingessi i capelli di biondo, farei colpo? >> le chiese Gwen.
<< Digli che la tua squadra di Quidditch preferita sono i Lupi di Paddington >> intervenni con un ghigno divertito. Gli occhi di Ariel mi stavano fulminando. << Sai come farai colpo? >>
<< Ma i Lupi di Paddington non sono una rock-band inglese? >> mi domandò Gwen confusa.
Prima che la mia amica potesse cruciarmi davvero, raccontai a Gwen la conversazione che avevo origliato tra Cedric e Ariel, scoppiando a ridere. Passammo il resto della serata a cantare le nostre canzoni preferite dei Lupi di Paddington, cambiando le parole dei testi per renderli dei veri e propri inni al Quidditch. Alla terza canzone, Ariel smise di fare la sostenuta e rise anche lei, decidendo che si sarebbe fatta una cultura sulla musica magica.
<< Domani facciamo qualcosa? >> ci chiese, mentre finivamo di pulire la barca.
<< Io domani sono con Nerissa e Taranee >> rispose Gwen con una smorfia << Vogliono passare un pomeriggio tra “streghe” per prenderci una pausa dallo studio >>
Ariel sbuffò; raccolse l’ultima scatola di torta al cioccolato e la buttò dentro un sacco di plastica. La guardai afflitta. Come potevo dirle che le avrei dato buca per stare con Fred? Con un sospiro, decisi di mentirle un’ultima volta.
<< Mercoledì pomeriggio mi hanno messo dei recuperi, non ci sarò almeno per un mese >>
<< Recuperi? >> mi chiesero in coro.
Alzai le spalle.
<< La Sprite vuole che io faccia un esame di Erbologia e devo prendere lezioni private >> dissi con nonchalance << Sapete, glielo ha chiesto mia madre >>
Benché non sembrassero del tutto convinte, decisero di non fare ulteriori domande. Finimmo di sistemare la Rimessa e, a malincuore, ognuna di noi si avviò verso il proprio dormitorio.
Quando mi misi sotto le coperte, mi sorpresi a essere impaziente di dare ripetizioni a Fred; una volta chiusi gli occhi, i punti in cui mi aveva toccata cominciarono a bruciare di nuovo. 

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Capitolo 7
*** Per Merlino, Morgana e Silente ***


Per Merlino, Morgana e Silente
 
<< PER MERLINO, MORGANA E SILENTE! >>
Con un unico movimento, tutta la classe di Trasfigurazione si voltò a guardare me e Malcolm. Rimasi immobile nella speranza di non destare sospetti, lo sguardo abbassato sulla mia pergamena e la piuma stretta tra le dita della mano destra. Sentii la McGranitt dare un colpo di tosse, Malcolm avvicinò ammutolito la sedia al banco. Perché avevo deciso di riferire a quel pachiderma rumoroso i miei progetti? Aspettai che la professoressa continuò la spiegazione per guardare di sbieco il mio amico.
<< Mi raccomando, la prossima volta menziona anche Artù e tutti i cavalieri della tavola rotonda >> sibilai tentando di non farmi sentire.
Malcolm mi posò una mano sul braccio e avvicinò il più possibile il suo viso al mio orecchio.
<< Ti rendi conto che … >> si fermò un secondo, la McGranitt si era girata vigile nella nostra direzione << hai stretto un’alleanza con il nemico? >>
Alzai le spalle. Avrei dovuto immaginare che non sarebbe stato d’accordo con il mio piano: da quando Fred aveva approfittato del nostro allenamento quotidiano di Quidditch per mettere una tarantola nelle mutande di Malcolm, si era beccato il disprezzo del mio amico diventando l’unica persona che avesse mai odiato.
<< In questo modo impedisco a te e a Kate di mettervi nei guai a causa mia >> risposi con un sussurro << e lo terrò d’occhio nel caso faccia qualche passo falso >>
Malcolm scosse la testa.
<< Lui è Fred Weasley… non sai mai cosa gli passa per quella mente malefica >>
Mi trattenni dall’impulso di sbuffare; improvvisamente tutto l’astio che provava nei suoi confronti mi dava fastidio. Sebbene mi piacesse quando la gente stava dalla mia parte, in quel momento non trovavo necessaria tutta quella diffidenza; non mi era sembrato falso o malefico quando aveva accettato la mia proposta. E poi io ero Cassidy Diggory! Ero in grado di badare a me stessa contro qualsiasi imbroglio!
<< Ho tutto sotto controllo >>
I grandi occhi di Malcolm mi scrutarono per diversi secondi; finsi di aver perso interesse per la nostra conversazione e appuntai qualche scarabocchio sulla pergamena. Avevo davvero tutto sotto controllo? In quel momento, la mia sicurezza sembrò vacillare. Non avevo mai dato ripetizioni in vita mia, non sapevo nemmeno da dove cominciare; e se fossi stata troppo occupata a pensare all’Astronomia anziché controllare Fred? In questo modo gli avrei permesso di prendersi gioco di me. Malcolm aveva ragione: non conoscevo Fred e non sapevo come si sarebbe comportato. Eppure parte di me voleva credere che sarebbe andato tutto bene, nonostante i numerosi dubbi che mi stavano attanagliando la mente.
<< Signorina Diggory, che ne dice di trasformare quella piuma in pietra? >> La voce della McGranitt mi fece tornare alla realtà e a malincuore abbassai lo sguardo verso la piuma posta affianco al calamaio << Voglio vedere se ha capito la lezione >>
Deglutii. Non avevo ascoltato neanche per un secondo quello che aveva spiegato, non sapevo nemmeno che cosa dovevo fare! Perché queste cose succedevano soltanto a me? Rassegnata, le rivolsi un sorriso, impugnando talmente forte la bacchetta da farmi male alle dita; sentivo gli occhi di tutti i miei compagni di classe addosso, in attesa che io facessi qualcosa. Sospirai e puntai la bacchetta in direzione della piuma.
<< Lapidem >> dissi nella speranza che gli dei avessero ascoltato le mie preghiere. Un fascio di luce bluastra colpì la piuma, che si alzò di qualche centimetro dal banco. La guardai con gli occhi strabuzzati, sperando che l’incantesimo fosse quello giusto. Prima che la McGranitt potesse dire qualcosa, la piuma scoppiò in mille sassolini di pietra, che vennero scaraventati in ogni direzione. Un urlo impaurito si levò dalla classe; alcuni ragazzi si nascosero sotto il banco per evitare di venire colpiti, mentre altri si misero le mani sulla testa per proteggersi. Rimasi immobile a osservare i sassi atterrare rumorosi sui banchi e sul pavimento, incapace di fare qualcosa. Non avevo mai scatenato un pandemonio prima d’ora.
<< PROHIBERE! >> L’urlo della McGranitt fermò l’esplosione, riportando i miei compagni all’ordine. Mi appoggiai allo schienale della sedia e sperai che qualcuno mi scagliasse contro un incantesimo capace di farmi sparire nel nulla. Sentivo le guance formicolare per l’imbarazzo, l’aria nella stanza si fece più calda. I miei occhi incontrarono quelli furiosi della McGranitt, piccoli e carichi di rabbia.
<< Signorina Diggory, spero che dopo il tema sull’Incantesimo di pietrificazione che le assegnerò per domani, capirà che io odio essere presa in giro >> le parole uscirono dalla bocca della professoressa come un sibilo, tagliente e minaccioso; quella donna era in grado di incutere timore anche senza urlare.  << Inoltre, sarò ben lieta di chiedere a Gazza di darle consigli per sistemare la mia aula da questo macello senza usare la magia >>
Mortificata, passai il resto della lezione cercando di ascoltare le ultime indicazioni sull’Incantesimo, evitando lo sguardo compassionevole di Malcolm. Ci mancava solo sentirgli dire che gli dispiaceva per quello che era successo. L’importante era non essere finita in punizione: se lo avesse saputo mia madre, sarei morta all’istante. Quando l’ora di Trasfigurazione finì, la McGranitt mi diede la traccia dettagliata del tema e mi ricordò che durante il pomeriggio sarei dovuta tornare in classe per pulirla. L’unica cosa a cui stavo pensando era trovare il modo di evitare di pranzare nella Sala Grande; non volevo farmi vedere dai Corvonero e dai Tassorosso dopo quello che avevo combinato: da quel momento in poi sarei passata, di sicuro, per ‘Quella-che-ha-tentato-di-uccidere-i-suoi-compagni-di-classe’. Se mi fossi nascosta nella mia stanza, avrei evitato facce indesiderate. Non feci in tempo ad andare in direzione della cucina, che Kate e Malcolm mi bloccarono il passaggio.
<< Cass, mi devi delle spiegazioni >> disse Kate. Aveva la fronte corrugata e le braccia incrociate al petto; i suoi occhi verdi mi stavano squadrando adirati. Mi morsi l’interno della guancia per evitare di alzare gli occhi al cielo, venire sgridata da lei era l’ultima cosa che mi serviva.
<< Perché hai deciso di scendere a patti con Fred? >>
Fulminai Malcolm con lo sguardo. Dovevo immaginare che quel panda chiacchierone non si sarebbe fatto i fatti suoi. Delle chiazze rosse gli comparirono sul volto e, imbarazzato, si mise a sistemare il mantello della sua uniforme.
<< E’ una precauzione >> mentii << in caso voi non riusciste a creare la pozione! E se le cose si mettessero male, vi salverei da una possibile sospensione >>
Kate non sembrò essersi convinta; mi stava guardando pensierosa, la fronte corrugata e la mano stretta sulla cinghia della borsa. Sapevo che stava cercando di capire le mie intenzioni: ogni volta che voleva comprendermi, mi guardava come se volesse entrarmi nella testa.
<< E poi questo non significa che non voglia il vostro aiuto >> continuai, rivolgendole l’espressione più innocente che riuscissi a fare. Kate alzò un sopracciglio, confusa. << Avrò lo stesso bisogno della vostra pozione e poi non devo fidarmi di Fred, giusto? >>
I due ragazzi rimasero interdetti per qualche secondo, Malcolm impallidì. Era davvero così preoccupante quando organizzavo piani di questo genere? Feci un mezzo sorriso. << Avrò bisogno di qualcuno che segua ogni sua mossa per capire se sta giocando pulito >>
Sperai di essere stata abbastanza accattivante; dopo quello che era successo durante l’ora di Trasfigurazione, l’ultima cosa che volevo era far arrabbiare i miei amici.
<< Ma in classe avevi detto che hai tutto sotto controllo >> commentò Malcolm rompendo il silenzio. Evitai di darmi una sberla sulla fronte e annuii esasperata. Aveva ragione: non avevo davvero bisogno che Fred venisse spiato, ma quella era l’unica cosa che potevo chiedergli di fare. << Ed è così, ma la prudenza non è mai troppa! >>
Kate si sistemò la borsa sulla spalla e sospirò. << Ci sto solo se in cambio mi accompagnate a vedere la lezione speciale di Moody per quelli del settimo anno >> Mi fulminò con lo sguardo in attesa di una risposta. Sapendo che era capace di fare richieste peggiori, accettai immediatamente: sempre meglio seguire una lezione, che entrare di nascosto nella sua camera da letto alla ricerca di qualcosa da prendere come mi aveva obbligato a fare con il professor Lupin.
<< Non sarà male fingere di essere un agente segreto! >> esultò Malcolm circondandomi le spalle con un braccio. Scivolai via dalla sua presa e sorrisi a entrambi; a volte non mi rendevo conto di avere degli amici migliori di quanto avessi mai potuto sperare. Si congedarono per andare a pranzo e una volta sola, decisi di andare in biblioteca per cominciare il tema sull’Incantesimo di Pietrificazione. Il pensiero di dover impegnarmi a scrivere un saggio su come tramutare degli oggetti in pietra, mi faceva venire la nausea: non esisteva incantesimo più inutile a parer mio. E di certo, non potevo consegnare un compito alla McGranitt sul quale indicavo i motivi fondamentali per cui non avrei mai avuto bisogno di pietrificare qualcosa. Se avessi avuto abbastanza coraggio per farlo, lo avrebbe detto a mia madre e lei mi avrebbe trasfigurato in una statua fino a quando non avessi capito l’importanza dell’incantesimo. Lungi dal voler diventare un gabinetto per uccelli, mi sistemai in un banco isolato della biblioteca e tirai fuori il libro di Trasfigurazione. Rimasi a scrivere per due ore intere; la luce fioca della lampada illuminava debolmente la mia postazione, creando giochi di ombre lungo tutto il tavolo, mentre nella sala risuonavano i fruscii delle pagine dei libri e i rumori dei passi degli altri studenti. Sorpresa, mi ero accorta che concentrarmi sul compito, mi aveva aiutato a smettere di pensare al Torneo e a Fred. Mi sentivo ridicola ad aver trasformato in ossessione un evento a cui, con molte probabilità, non sarei mai riuscita a partecipare. Con un sospiro, mi alzai dalla sedia e sistemai le mie cose. La mia precaria sicurezza sul piano per ottenere la Pozione stava per abbandonarmi del tutto, ma sapevo che era troppo tardi per tirarsi indietro.
Uscii in fretta dalla biblioteca e mi obbligai ad andare alla lezione di Difesa Contro le Arti Oscure; sapevo che Ariel avrebbe colto l’occasione per chiedermi come mai non fossi andata a pranzo, ma doverle raccontare quello che era successo durante l’ora della McGranitt non rientrava nei miei progetti. Mi ero già sentita abbastanza ridicola davanti ai miei compagni. Non volevo vedere nemmeno Fred e George; ora che erano a conoscenza della mia smania di partecipare al Torneo sarei stata un bersaglio ancora più facile per i loro scherzi. Scossi la testa: se non mi fossi presentata, avrei solo dimostrato a Malcolm e Kate di essermi pentita del mio piano e non avevo intenzione di dargli ragione. Come ogni volta, mi sedetti accanto ad Ariel, nei banchi più nascosti della classe, e cercai di ascoltare ogni singola parola di Moody senza venire distratta dal suo occhio azzurro. Ignorai anche le occhiate di Fred e George, fingendo di non essermi accorta di avere avuto i loro sguardi addosso per tutto il tempo. Al termine dell’ora, non avevo prestato attenzione neanche per un secondo alla lezione.
Ero davvero senza speranze.
<< Ti aiuto io a sistemare la classe della McGranitt >> disse Ariel, una volta fuori dall’aula.
Come sospettavo, la figuraccia di quella mattina era diventata di dominio pubblico in meno di tre ore. Mi morsi il labbro per evitare di sbuffare.
<< Non ce n’è bisogno, tanto dopo non potrei nemmeno fermarmi per fare due chiacchiere >>
Il senso di colpa tornò a impossessarsi di me. Se Hogwarts avesse assegnato punti a chi mentiva di più, i Tassorosso avrebbero vinto ogni anno.
<< Per la lezione privata di Erbologia? >> mi chiese. Aggrottai la fronte; le sue parole vagavano confuse nella mia mente senza trovare una risposta. Lezione privata di Erbologia? Di cosa stava parlando? Rimasi in silenzio per qualche secondo con il disperato intento di ricordarmi cosa avessi detto per occultare le ripetizioni di Astronomia.
<< GIUSTO, LA LEZIONE PRIVATA DI ERBOLOGIA! >> esclamai con uno schiocco di dita << LA LEZIONE PER L’ESAME CHE DEVO FARE A CAUSA DI MIA MADRE! >> Gli altri ragazzi nel corridoio si voltarono a guardarmi, ma in quel momento non ci feci caso, ero troppo occupata a segnarmi mentalmente tutte le bugie che avevo detto. L’ultima cosa che mi serviva era crearmi ulteriori problemi da sola.
<< Vedo che sei entusiasta >>
La perplessità nella voce di Ariel era palpabile anche a chilometri di distanza, ma mi limitai a sorridere e le diedi una pacca sulla spalla.
<< Sai, voglio rendere solo mia madre fiera di me >>
Ariel alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, non disse niente fino a quando non ci trovammo davanti alla classe di Trasfigurazione. Non mi credeva e faceva bene: nemmeno io credevo alle mie stesse parole.
<< Buona Fortuna >> mi sorrise sincera << e fai in modo di prendere un Eccellente! >>
Prima di lasciarla andare verso la Sala Grande, la abbracciai. << Ti voglio bene, Cognata >> sussurrai. Ariel ricambiò goffamente la stretta e si lasciò sfuggire una risata.
<< Cass, stai solo andando a sistemare un’aula, non stai partendo per la guerra! >>
<< Io sono attanagliata da una guerra interiore! E magari queste pareti decidono di murarmi viva per punirmi per quello che ho fatto >> mi misi una mano sulla fronte per aggiungere teatralità a quello che avevo detto e Ariel continuò a ridere. Mi salutò un’ultima volta e io rimasi sola con una stanza mezza distrutta.
Appena varcai la soglia della porta, mi dissi che la situazione non era così terribile: alcune finestre erano rotte e i pezzi di vetro si riversavano sparpagliati sul pavimento, piccoli mucchietti di sassi giacevano negli angoli e la maggior parte dei libri erano caduti dagli scaffali. Almeno non dovevo pulire macchie strane. Appoggiai la borsa sulla cattedra e mi arrotolai le maniche della camicia; se dovevo passare tutta la sera in quel posto, tanto valeva cominciare subito. Decisi di partire sistemando i manuali nelle librerie; al primo impatto quello sembrava il minore dei mali. Passai la prima mezz’ora a raccogliere i grossi volumi polverosi, pentendomi di non aver accettato l’aiuto di Ariel. D’altronde se mi trovavo in questa situazione era solo colpa mia.
<< Se continui così, ci impiegherai delle ore >>
Sobbalzai spaventata e senza rendermene conto, mollai la presa dai libri che avevo in mano, facendoli cadere sui miei piedi. Cercai di evitarli con un balzo, ma lo scatto fu troppo lento.
Mi lasciai sfuggire un gemito di dolore.
<< Merlino, Diggory, sei un impiastro >>
Fred si spostò dallo stipite della porta e si avvicinò a me, il suo sorriso beffardo non accennò a voler sparire dal suo volto. Imbarazzata e con i piedi che pulsavano dal male, strinsi le mani in due pugni. Che cosa diamine ci faceva lì? Ignorai il formicolio sulle guance e mi decisi a parlare.
<< E’ la tua faccia che mi ha fatto venire un infarto, non ricordavo fossi così brutto >> lui non rispose, ma sembrava divertito << Perché sei qui? >> gli chiesi incrociando le braccia al petto. Fred scrollò le spalle e si passò una mano tra i capelli. Era abbastanza vicino a me da poter notare come le punte delle sue orecchie fossero diventate rosse.
<< Volevo controllare che non saresti arrivata in ritardo al nostro appuntamento >> rispose. I suoi occhi mi guardavano maliziosi e io non feci altro che sbuffare. << Manca ancora un’ora, Wilby e non è affatto un appuntamento! >>
Fred scoppiò a ridere, la mia voce era diventata più stridula di quanto pensassi. Non riuscivo a capire perché parlare con lui mi mettesse a disagio in quel modo; non era mai successo e questa mia impotenza mi irritava.
<< Oh, un giorno pregherai per uscire con me >>
<< Preferisco uscire con Piton e i suoi capelli unti, in realtà >>
<< Bugiarda >>
Lo fulminai con lo sguardo in attesa di trovare una risposta migliore di prenderlo a pugni, ma fortunatamente Fred cambiò discorso da solo.
<< Perché non usi la bacchetta? >> indicò la mia mano e, come se stessi facendo qualcosa di male, la nascosi dietro la gonna.
<< La McGranitt non vuole che usi la magia >> mi pentii subito di averglielo detto: se mi avesse preso in giro a causa della mia sfortuna, sarebbe stata la volta buona in cui avrei usato la violenza. Inaspettatamente, estrasse la bacchetta dal suo mantello e mi fece l’occhiolino. << Per mia fortuna non sono te >> con un movimento del polso, tutti gli oggetti in disordine cominciarono a volare a mezz’aria; galleggiarono incerti sulle nostre teste, prima di tornare al loro posto. Come saette, i libri si sistemarono sugli scaffali, mentre i cocci di vetro si unirono tra loro andando a tappare i buchi che si erano creati sulle finestre. Senza parole, rimasi a fissare quello che stava succedendo con gli occhi strabuzzati. In meno di un secondo, Fred mi aveva aiutato di sua spontanea volontà a pulire l’intera aula. Mai e poi mai- nemmeno nei miei sogni più assurdi- avrei immaginato che potesse fare una cosa del genere.
<< Attenta che se non chiudi la bocca entrano le mosche >> commentò con un ghigno compiaciuto. Roteai gli occhi al cielo e sbuffai seccata, cercando di nascondere il mio stupore. Stavo davvero odiando il modo in cui riusciva a essere imprevedibile.
<< Ti prego, Wizkly. La McGranitt capirà di sicuro che avrò usato la magia >>
Per tutta risposta, Fred mise la bacchetta dentro il mantello e mi posò le mani sulle spalle. Mi ritrassi di scatto infastidita da quel contatto.
<< La McGranitt stasera ha una riunione con il resto dei professori per organizzare il Torneo, non si libererà prima di mezzanotte e non ci farà caso >> rispose con fare pratico.
Inarcai un sopracciglio perplessa: era inquietante come sapesse questo genere di informazioni. Rimasi in silenzio, i miei occhi lo guardavano alla ricerca di risposte; non riuscivo a capire perché si stesse comportando così. Tutto questo era strano persino per lui.
<< No, non voglio sapere niente >> dissi, infine. Gli afferrai le dita e con un gesto secco, gli allontanai le mani dalle mie spalle << Hai intenzione di rimane qua a guardarmi con quell’aria da troll inebetito o vuoi andare a nella classe di Astronomia? >>
<< Diggory, così mi offendi >>
Fred rise e senza aggiungere altro, mi fece segno di uscire dalla classe. Camminammo verso la torre in totale silenzio, i rumori dei nostri passi riecheggiavano per i corridoi deserti di Hogwarts. Ero contenta che gli altri studenti fossero ancora a cena; non avrei sopportato l’idea che qualcuno mi avesse visto in compagnia di Fred Weasley.
Fui la prima a entrare nell’aula e per quanto avessi voluto salire al piano superiore per assistere al tramonto, mi sedetti alla cattedra e aspettai che il ragazzo fece lo stesso.
<< Allora, che cosa devi studiare? >> chiesi.
Fred mi passò un biglietto spiegazzato sul quale c’era scritto il programma del quinto anno. A stento trattenni una smorfia: tra tutte le cose interessanti che l’Astronomia poteva offrire, l’Unità Astronomica era l’unica cosa che mi faceva venir voglia di buttarmi giù dalla torre.
<< Vuoi ucciderti anche tu, non è vero? >> mi domandò Fred sporgendosi verso di me. Il suo sorriso irritante non aveva intenzione di abbandonarlo, così cominciai a spiegargli l’argomento senza ribattere. Prima cominciavo, prima avrei finito quella tortura.
Fred rimase attento per tutta la prima mezz’ora e io scoprii che non era per niente spiacevole aiutare qualcuno a capire le cose. Tutti i dubbi che avevo avuto quella mattina, svanirono all’istante. Non era difficile spiegare in maniera più semplice concetti che conoscevo a memoria. In quel momento, mi sentii forte come quando giocavo Quidditch; ero talmente entusiasta che non mi importò di risultare una secchiona nel raccontargli emozionata l’origine dei vari nomi delle stelle. E Fred non sembrava intenzionato a fare altro se non prendere appunti. La magia, però, fu interrotta quando il ragazzo smise di ascoltarmi e cominciò a guardarmi con insistenza. Non appena me ne accorsi, smisi di parlare e ricambiai lo sguardo.
<< Che c’è? >> chiesi acida.
Lui scosse la testa, le braccia incrociate al petto e la schiena appoggiata contro la sedia.
<< Posso farti una domanda? >>
Corrugai la fronte sospettosa: non mi fidavo di Fred. Sapevo che era in grado di estorcere informazioni attraverso le domande più stupide. E io non avevo intenzione di rivelargli cose che gli sarebbero potute tornare utili.
<< Perché? >>
<< Perché se dobbiamo fare squadra devo fidarmi di te. Come mai ci tieni così tanto a partecipare al Torneo? >>
Colta alla sprovvista, socchiusi le labbra per poter trovare qualcosa da dire. Non era stato così subdolo. O forse, mi ero talmente assorta nella spiegazione che avevo abbassato la guardia come temevo.
<< Credo sia per lo stesso motivo di tutti, no? Per la fama, per essere riconosciuta come una strega valida dagli altri studenti e dai professori … >> risposi cercando di essere il più generica possibile.
Fred continuò a guardarmi in silenzio; la sua espressione impassibile era indecifrabile.
<< Voglio dire … tu non lo fai per il successo? Non lo fai per diventare il Campione di Hogwarts? >>
<< Sinceramente, no >> rispose deciso.
Bene, davvero molto bene. Qualcuno aveva deciso che quella giornata fosse dedicata a Fred Weasley e ai suoi innumerevoli assi nella manica per lasciare le persone interdette. Ancora più confusa di prima, cercai di trovare altre motivazioni che lo avessero spinto a voler partecipare al Torneo; dovevano essere davvero valide se aveva intenzione di barare come me. Solo che in quel momento non mi veniva in mente nient’altro che un possibile scherzo che stava architettando con George. Forse anche loro due erano contro il Torneo come Ariel e volevano truccare il gioco in segno di protesta.
<< Cioè sì, lo faccio per i soldi. Ma perché i soldi mi servono per un’altra cosa >> aggiunse.
<< Ossia? >>
Fred sospirò, ma tornò a sorridere divertito come prima.
<< Se te lo dicessi, poi dovrei ucciderti >> sussurrò beffardo.
<< Tanto ci penseranno già queste ripetizioni >> sorrisi ironica << muoviti, Weslyn >>
Dopo averci pensato per qualche minuto, Fred scrollò le spalle e si passò una mano tra i capelli.
<< Io e George abbiamo questo sogno – lo abbiamo sin da quando eravamo piccoli, in realtà- di aprire un negozio di scherzi a Diagon Alley. Creare dolci, oggetti o vestiti che possono usare i ragazzi per fare le stesse cose che facciamo noi ora, sarebbe forte. Voglio dire, li stiamo già creando; abbiamo già la lista dei nostri prodotti. E poi con un negozio del genere, riusciremmo a strappare più risate, no? >> Il sorriso scemò, un’ombra scura gli incupì il volto << Ma non possiamo chiedere ai nostri genitori di comprarci un negozio, sai bene che non ne hanno la possibilità e poi non credo nemmeno che sarebbero d’accordo >>
Certo che lo sapevo bene. Mio padre aveva cercato spesso di aiutare Arthur economicamente. Si era proposto di pagargli alcune spese e la maggior parte delle volte che uscivano insieme, tentava di offrigli tutto lui. Solo che Arthur era ostinato come Fred e non accettava mai questo genere di aiuto. In quel momento, sentii una stretta premere contro il mio stomaco. A differenza mia, Fred aveva un sogno. Un sogno per cui era disposto ad andare contro le regole della scuola per realizzarlo. Mentre io ero solo egoista. La vergogna si impossessò di me; dovetti abbassare gli occhi sul tavolo, non riuscivo a guardarlo. Lui voleva aprire un negozio con suo fratello; io, invece, volevo battere il mio. Volevo solo dimostrare che Cassidy Diggory non era inferiore a Cedric. Ma era davvero così importante? Ariel, Gwen, Kate, Malcolm e persino Cedric sapevano che non ero inferiore a nessuno. E il loro giudizio era l’unico di cui mi importava davvero. Gli altri ragazzi di Hogwarts erano estranei - non sapevo nemmeno come si chiamassero- perché avrei dovuto preoccuparmi di quello che pensavano di me?
<< Che ne dici se mi finisci di spiegare la teoria di Tittus e poi andiamo a riposare prima della lezione? >>
Tornai a guardare Fred e, per la prima volta in tutta la giornata, sorrisi sincera.
<< E’ la teoria di Titius- Bode! E Merlino Whiskey, questo è un piano abbastanza convincente per essere frutto della tua mente >>
Fred fece finta di offendersi, ma si lasciò sfuggire una risata divertita.
<< Guarda che ti ho aiutato a pulire l’aula della McGranitt solo per finire in fretta >>
Scossi la testa senza smettere di sorridere. Di certo, questo spiegava il suo comportamento di prima.
Ripresi lo studio e dopo venti minuti finimmo le ripetizioni. Lo salutai e, stordita dalla piacevole serata, andai verso il dormitorio dei Tassorosso. Come prima volta non era stata orrenda: Fred era riuscito a risultare gradevole e avevo capito come gestire la faccenda del Torneo. Mi sentivo più leggera. 
Una volta arrivata nella mia camera, salutai Kate e mi distesi sul letto.
Forse la lezione di Astronomia non sarebbe andata poi così male.

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Capitolo 8
*** La discesa negli Inferi ***


La discesa negli Inferi
 
La settimana seguente fu l’inizio della discesa negli Inferi. Finiti i G.U.F.O. avevo pensato che il Sesto anno sarebbe stata una passeggiata: avrei frequentato meno lezioni e non avrei dovuto preparare i M.A.G.O.; nonostante le avvertenze di mia madre, ero convinta che mi sarei presa un anno di pausa. Elaine Diggory era nata con la predisposizione al dramma; ogni volta che raccontava storie o esprimeva la sua opinione, sapevo che dovevo filtrare le sue parole con la verità. Se lei aveva detto che il sesto anno era il più difficile, era solo una scusa per valorizzare i voti che aveva preso. Avevo passato la maggior parte della mia vita a non crederle ed ero sicura che anche Cedric avesse fatto lo stesso. Per questo motivo, quando i professori cominciarono a torturarci moltiplicando il numero dei compiti – secondo loro, questo era il miglior modo per abituarci al settimo anno- scrissi a mia madre una lettera di scuse. Non le spiegai il perché e non le diedi ulteriori dettagli, le mandai solo una pergamena con su scritto ‘Scusami’. Ero troppo allibita dal fatto che fosse stata sincera per dirle altro. Inutile dire che la sua risposta fu una Strillettera; martedì sera, a cena, un piccolo Gufo grigio posò una lettera rossa accanto al mio piatto. Rimasi interdetta, non capivo chi avesse potuto scrivermi: tutte le persone che conoscevo erano a Hogwarts con me e mio padre non si prendeva mai il disturbo di sentire i propri figli. Solo quando Malcolm emise un rantolo preoccupato, mi resi conto di ciò che stava succedendo. Prima che potessi prendere la lettera e scappare in corridoio, quest’ultima esplose nell’urlo infuriato di mia madre.
<< CASSIDY IRMA DIGGORY! >> aveva sbraitato << SIAMO SOLO A OTTOBRE E TU HAI GIA’ PRESO UN PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE? QUANDO TORNI A CASA TI PRENDO PER I CAPELLI E TI FACCIO CAPIRE QUALE STREGA COMANDA, SIGNORINELLA! RICORDA CHE COME IO TI HO CREATO, IO TI POSSO AVADAKEDAVRIZZARE! CHE COSA HO SBAGLIATO CON TE? TE LO DICO IO: TUTTO! >> mentre le parole di mia madre risuonavano ancora sospese nell’aria, la lettera si ridusse in brandelli di carta. L’intera Sala Grande aveva assistito in silenzio alla scena; gli sguardi allibiti degli studenti e dei professori che stavano cercando di trattenere le risate. Rimasi con gli occhi strabuzzati, un braccio proteso sul tavolo e la mano che impugnava la forchetta come se fosse la mia unica difesa contro le urla di mia madre. Solo dopo cominciai a sentire le prime risate provenire dal tavolo dei Grifondoro e umiliata, mi coprii il viso con le mani nel tentativo di nascondermi. Dovetti convincere la professoressa Sprite a scrivere una lettera a mia madre per tranquillizzarla, facendole capire che le mie scuse non avevano nulla a che fare con la mia condotta.
Il resto della settimana passò tranquillo; fui troppo occupata a studiare e farmi ripetere da Ariel tutte le lezioni di Moody che non capivo, per combinare qualcosa di losco. In quei sette giorni, la mia attenzione non si concentrò mai sul Torneo. Nemmeno quando ero con Fred ci pensavo: la mia unica preoccupazione era quella di fargli prendere un ‘Eccellente’ all’esame. Ammetto che ero anche troppo occupata a rivalutarlo per preoccuparmi dei nostri affari, era talmente gentile e simpatico che a stento mi ricordavo di aver a che fare con il mio nemico numero uno.
<< Quindi la cometa più luminosa dell’era moderna è stata Kirch >> ripeté Fred venerdì sera << perché è stata visibile, anche in pieno giorno, per ottanta giorni nel 1680 >>
Schioccai le dita in segno di assenso e chiusi il libro soddisfatta.
<< Direi che per oggi abbiamo finito il ripasso. Ottimo lavoro, Welsey >>
Fred si stiracchiò sulla sedia; le mani dietro la testa e le gambe distese sulla cattedra. Mi stava guardando contento, mentre liberavo il tavolo dai nostri manuali e dalle pergamene. Ci eravamo già visti tre volte e per mia fortuna, Fred non si era mostrato ingestibile come credevo. Mi ascoltava per la maggior parte del tempo e mi faceva domande intelligenti. Non avevo mai pensato che Fred Weasley potesse essere così brillante. Insomma, non mi sembrava fosse stupido allo stesso livello di Anthony Rickett, ma non pensavo che applicandosi potesse essere anche meglio di Cedric.
<< Sai, Diggory, non sei poi così malaccio a spiegare Astronomia >>
Mi misi la borsa sulla spalla e scossi la testa, avviandomi verso le scale della Torre. Mi sforzai a ignorare il mio stomaco; stava facendo le capriole, contorcendosi e premendosi contro la mia pancia. Fred si era precipitato al mio seguito e in meno di un secondo, me lo ritrovai al mio fianco.
<< Merlino, potrei commuovermi >> celiai alzando gli occhi al cielo.
Fred accennò una risata e mi superò; solo una volta ai piedi della rampa di scale, si girò nella mia direzione e mi sorrise.
<< Io, George e Lee abbiamo quasi finito la pozione. Attenta che possiamo ancora ritrattare! >> e così dicendo sparì in direzione della Torre dei Grifondoro. Rimasi immobile a fissare il punto in cui era svanito. Cosa mi stava succedendo? Perché la voglia di ammazzarlo si era affievolita drasticamente? E perché –frecciatine a parte- mi stava trattando come se fossi sua amica? Avevo sempre pensato che Fred fosse strano, ma mai strano fino a questo punto. Nessuno poteva cambiare atteggiamento nei confronti di una persona in questo modo; ma Fred non era l’unico. Gwen sembrava essere stata colpita dalla stessa malattia. Da quando avevamo cenato insieme alla Rimessa, io e Ariel non eravamo più riuscite a passare del tempo con lei. Ogni volta che le proponevamo di fare qualcosa, ci liquidava dicendo di essere impegnata e quando la incontravamo in giro per la scuola, sembrava essere sempre assorta nei suoi pensieri. Ariel non era preoccupata: per lei questa era la manifestazione più evidente del suo lato da serpe; era sempre stata convinta che prima o poi Gwen ci avrebbe ignorato per frequentare esclusivamente i ragazzi della sua stessa casa. Io, al contrario, non ero sicura che fosse questo il motivo per cui Gwen ci stesse ignorando. Essendo una bugiarda patologica, avevo sviluppato un sesto senso ed ero in grado di riconoscere quando qualcuno mentiva. Gwen ci stava nascondendo qualcosa e nonostante la mia curiosità, mi ero decisa a non cercare di scoprire quale fosse il suo segreto. Del resto, io non avevo detto niente su Fred e sul Torneo e non era giusto volere che le mie amiche mi confidassero tutto quando ero la prima a non farlo.
<< Giovedì è il compleanno di Cedric, hai intenzione di fargli gli auguri? >>
Ariel si rigirò sull’erba per potermi guardare, una mano sulla fronte per coprirsi dal sole e l’altra che accarezzava Pellek. Il gatto si era acciambellato sulla sua pancia e continuava a miagolare contento, con la testa intimava Ariel a non smettere di coccolarlo. Avevamo deciso di prenderci una pausa dallo studio e di rilassarci in giardino; il Lago Nero brillava davanti a noi, placido e sereno. Gonfiai le guance e rimasi a fissare il cielo; nonostante fossimo a metà Ottobre, il cielo brillava ancora caldo e tutti gli studenti di Hogwarts ne stavano approfittando per godersi gli ultimi giorni all’aperto.
<< Credo di si >> risposi buttando fuori tutta l’aria che avevo trattenuto nei polmoni. In realtà, non ci avevo pensato. Erano passate due settimane da quando avevo smesso di parlargli e non avevo ancora trovato il coraggio di scusarmi. Sapevo di aver esagerato, sapevo di essermi comportata come una bambina. Ma quello che gli avevo detto era vero: ero davvero convinta che facesse di tutto per mettersi al centro dell’attenzione ed era snervante essere sempre paragonata a lui. Per quanto mi mancasse, non ero sicura di voler tornare a parlargli. Almeno, non finché la questione del Torneo Tremaghi rimaneva aperta.
<< Cass, sai che ti voglio bene, ma stai sbagliando >> continuò Ariel; si mise a sedere lasciando che Pellek scivolasse sull’erba << Non ho ancora capito perché abbiate litigato, ma entrambi vi adorate alla follia ed è stupido ignorarsi in questo modo >>
Come se mi avesse letto nella mente, Pellek soffiò adirato contro Ariel; fece un balzo e rapido come una saetta, si mise al mio fianco. Accennai un sorriso e gli grattai la testolina.
<< Non lo sto ignorando, solo che non me la sento di fare l’amicona con lui >>
<< Cass, non si tratta di fare “l’amicona”, si tratta di comportarsi da sorella >>
Mi morsi l’interno della guancia per evitare di sbuffare. Odiavo quando cercava di imporre il suo parere; ero abbastanza certa delle mie azioni, non avevo bisogno di una seconda madre che mi dicesse cosa fare.
<< Esatto Ariel e non avendo fratelli, non potresti capire >>
Il tono della mia voce uscì più acido di quanto avessi voluto. Feci una smorfia e mi sedetti a gambe incrociate.
<< Scusami, so che stai facendo di tutto per aiutarmi >> sospirai. Gli occhi di Ariel mi stavano guardando adirati, ma la sua espressione cambiò di colpo e un sorriso affettuoso le addolcì il volto.
<< Non ti preoccupare, Cass. Hai ragione: non ho fratelli e non mi è mai capitato niente del genere >> la mia amica mi cinse la vita con un braccio per avvicinarmi a lei << ma vi conosco e so che questa è la scelta sbagliata per tutti e due >>
Appoggiai la testa sulla sua spalla e rimanemmo in silenzio, in quel goffo abbraccio, per una manciata di secondi. Stava calando la sera e il sole, rosso fuoco, era in procinto di sparire dietro la linea dell’orizzonte.
<< A proposito di fratelli! >> esclamò Ariel voltandosi verso di me all’improvviso. Colta alla sprovvista, sobbalzai e per poco non caddi sull’erba. Dovevo ricordarmi che Ariel aveva la tendenza a compiere movimenti avventati; sin dal primo momento in cui l’avevo vista, avevo pensato che un giorno avrebbe ammazzato qualcuno con le sue lunghe e scoordinate braccia. << Fred e George si stanno comportando in maniera stranissima, sembrerebbe che sia successo qualcosa con Lee >>
Al nome di Fred, il mio cuore fece un salto; lo strano fastidio alle guance tornò a tormentarmi. Strinsi la mano destra in un pugno, conficcandomi le unghie nella carne per evitare che questi fastidiosi sintomi continuassero. Se non avessi smesso di comportarmi in questo modo, mi sarei autoflagellata con i compiti di Pozioni di Kate.
<< In che senso? >> domandai tentando di risultare distaccata. Ariel scrollò le spalle; Pellek era tornato tra le sue ginocchia e stava strusciando la testa contro le sue gambe per catturare la sua attenzione.
<< Non lo so, ma sono sfuggenti e stanno sempre sulle loro. Non li ho mai visti così dediti a scrivere le loro cose come in questi giorni >>
<< E Lee cosa c’entra? >>
Ariel prese in braccio Pellek e lo rivoltò a pancia all’aria per fargli i grattini. Nonostante il gatto sembrò impaurito dalla velocità di quel movimento, cominciò subito a fare beato le fusa. Chissà che cosa gli passava per la testa. In quel momento, mi sentii invidiosa nei confronti di Pellek: la sua vita consisteva nel mangiare tutto il cibo che gli veniva dato, lasciarsi coccolare, farsi gli affari suoi e dormire. Non aveva nessuna madre filo-dittatoriale, nessun fratello perfetto e nessun nemico a cui pensare. Per Pellek tutto il mondo girava intorno a lui. Magari aveva una vita segreta di cui non eravamo a conoscenza –non si può mai sapere cosa tramino i gatti dei maghi- ma apparentemente, la sua vita sembrava facile come colpire un avversario con un bolide.
<< Lee è escluso da qualsiasi cosa stiano facendo e anche se quei due sono sempre le menti del trio, lui viene sempre messo in mezzo, quindi deve essere successo per forza qualcosa >> concluse Ariel.
Avrei voluto tanto trarre delle conclusioni da quello che mi aveva detto; da quando ero in combutta con loro tre, non riuscivo a fare a meno di sentirmi parte di ciò che gli stava succedendo, un po’ come se fossi una nuova giocatrice della loro squadra di Quidditch. Rimanemmo sdraiate sull’erba a guardare il Lago Nero fino a quando Ariel non tornò nel castello per andare a cena.
Per la prima volta da quando ero a Hogwarts, decisi di tardare il momento della cena per rimanere un po’ sola con me stessa. Dovevo riordinare il groviglio di pensieri che avevo nella testa; ero stufa di non riuscire a capire quello che mi stava succedendo e non essendo abituata a questa confusione, dovevo trovare un rimedio al più presto. Di solito, dovevo far fronte a un solo problema alla volta – che fosse Baston, Fred o gli schemi da usare per le partite non importava- mentre in quel momento ero costretta a riflettere sui miei problemi trovando una possibile soluzione. Perché ero così ostinata a stare lontana da Cedric? Era solo una questione di orgoglio o ero solamente stupida e non volevo chiedere scusa per evitare che gli altri capissero che mi ero resa conto di aver sbagliato? E Gwen? Volevo davvero lasciarla allontanarsi da noi senza fare niente per impedirlo? E Fred? Perché la situazione era diventata così strana? Per quanto volessi odiarlo ancora, sapevo che non era più così. L’unica cosa di cui ero certa era il Torneo Tremaghi: il tentennamento della settimana scorsa era completamente sparito dopo la Strillettera di mia madre; una volta campionessa di Hogwarts, Elaine si sarebbe ricreduta sulle mie capacità e avrebbe smesso di vedermi come un disastro. Nonostante la mia sicurezza, una parte di me –una parte infinitamente piccola e fastidiosa- era convinta che questa fosse una decisione sbagliata. Non era nemmeno detto che sarei stata scelta come rappresentante di Hogwarts.
Con un sospiro, appoggiai i gomiti sulle cosce e mi passai una mano sul volto; il prossimo anno avrei convinto i miei genitori a farmi diplomare da privatista. Ero stufa di questi drammi adolescenziali.
<< Guarda chi si vede >>
<< Il Calamaro Gigante si è arenato sulla riva del Lago >>
Aggrottai la fronte e alzai lo sguardo. Fred e George erano in piedi davanti a me e, con lo stesso ghigno e le braccia conserte, mi stavano guardando divertiti.
<< Whouffle, stai parlando di te? Perché mi sembri più una Mantide che un Calamaro >>
Fred fece una smorfia, mentre George gli posò una mano sulla spalla evitando di ridere. Sperando di non sembrare goffa come Hagrid sui tacchi, mi alzai dall’erba e mi spolverai i vestiti.
<< Che cosa volete? >> chiesi. Mi sforzai di rimanere scocciata, ma era impossibile nascondere un sorriso.
<< Ti abbiamo cercata ovunque >> disse George mettendomi un braccio attorno alle spalle.
<< In ogni aula e in ogni torre del castello >> continuò Fred imitando il gemello.
<< In ogni corridoio e in ogni cunicolo >>
<< Abbiamo affrontato professori in vestaglia e Gazza in accappatoio >>
George posò l’altra mano sulla fronte per dare enfasi a quello che stava per dire, ma stanca di sentirmi un hot dog, diedi una gomitata ad entrambi e mi allontanai dalla loro presa. I due gemelli si toccarono il punto in cui li avevo colpiti e indietreggiarono di qualche passo; un’espressione dolorante comparì sul loro volto.
<< Arrivate al punto che le lezioni di Piton sono meno noiose >>
I due gemelli si lanciarono un’occhiata; Fred scrollò le spalle e George tornò a sorridermi. Odiavo come riuscissero a leggersi nel pensiero; secondo me, avevano trovato un incantesimo in grado di farli comunicare telepaticamente perché non potevano essere così inquietanti di natura.
<< La pozione è finita e funziona! >> esclamò George fiero.
In quel momento, ogni mio tentativo di rimanere seria fallì miseramente: strabuzzai gli occhi contenta e aprii la bocca per congratularmi. Non riuscivo a credere che ci fossero riusciti. Ero a un passo dall’ottenere quello che volevo. Riuscivo già a vedermi cosparsa di galeoni, mentre Malcolm e Cedric mi tenevano sulle loro spalle; una folla adorante di studenti ci circondava urlando a squarciagola il mio nome. Avrei voluto gridare dalla gioia.
<< E il mio esame è il 29. Così se lo passo, avrai anche tu la tua chance >> concluse Fred.
<< Dopo tutte le ore che sto sprecando con te, mi darete anche solo una briciola di quella pozione >>
Fred socchiuse gli occhi fino a farli diventare due fessure; le labbra strette tra loro e la mascella contratta.
<< Non erano questi gli accordi >> sibilò.
George si lasciò sfuggire una risata e mi mise una mano sulla spalla << Tranquilla, Fred sa di passare l’esame >>
<< E so anche che le ‘ore che stai sprecando con me’ ti piacciono >>
Sbuffai irritata. Cambiato o meno, Fred rimaneva insopportabile.
<< Sapete, quando continuate uno il discorso dell’altro, mi fate venir voglia di scatenare la Seconda Guerra Magica >> celiai sperando di risultare acida. Non mi dispiaceva la loro compagnia e odiavo il fatto che Fred avesse ragione. A volte le ripetizioni con lui erano la parte migliore della giornata.
<< Oh, Diggory, quando sei violenta, risulti quasi eccitante >> sussurrò Fred avvicinandosi a me; i suoi occhi marroni non davano segno di spostarsi dal mio viso, una vampata di caldo mi fece venir voglia di buttarmi nel lago.
Accidenti, Cassidy, che cosa ti prende?
Mi sforzai a parlare, il silenzio che era calato tra noi – lo sguardo intenso di Fred e quello divertito di George – stava diventando insopportabile, ma accadde qualcosa. A volte, quando prendevo un voto superiore ad ‘Accettabile’ in qualsiasi materia non fosse Astronomia, mi convincevo che nel Cosmo, qualche entità benevola decidesse di darmi una mano a causa della mia pateticità. Forse, qualche essere fatto di pulviscolo lunare aveva assistito alla scena e, vedendomi a disagio, aveva deciso di cambiare le carte in tavola per inserire un quarto personaggio per potermi salvare da questa situazione.
Per la prima volta in tutta la mia vita, fui contenta di vedere Anthony Rickett.
<< Ehi, bambolina. Queste due carote ti stanno importunando? >>
La sua mano mi spinse dietro di lui; con il suo corpo, Anthony cercò di farmi da scudo contro Fred e George. Come se avessi bisogno di essere protetta da due stecchini troppo alti dai capelli rossi.
<< Carote? CAROTE? Fred, ci ha chiamati carote! >> George scoppiò a ridere; si avvolse un braccio attorno alla pancia, le lacrime agli occhi e la schiena piegata in due << Amico, dovresti impegnarti di più se sei intenzionato a risultare minaccioso >> ululò tra le risate.
Anthony fece una smorfia e si girò verso di me << Che cosa vogliono? >>
<< In realtà, stavamo parlando in tutta tranquillità >> risposi.
La faccia di Anthony assunse un’espressione di incredulità e stupore; mi ricordò mia madre quando aveva scoperto che Celestina Warbeck – suo idolo indiscusso- aveva inciso l’inno del Puddlemere United per beneficenza. Dovetti contare fino a dieci per non scoppiare a ridergli in faccia.
<< Cosa? E’ impossibile! >> balbettò.
Aprii la bocca per ribattere, ma Fred fu più veloce di me e coprì le mie parole.
<< Hai qualche problema, Rickett? Ti dà fastidio che la tua ragazza parli con altri ragazzi? >>
La voce di Fred uscì beffarda e velenosa, il viso di Anthony si colorì di rosso. Colto sul vivo, il ragazzo chiuse le mani in due pugni e marciò a passo spedito verso Fred.
<< Evita di prendermi in giro, non sai niente, Weasley! >>
<< Ah, Rickett, so abbastanza per poter dire che la tua bambolina preferisca la mia compagnia alla tua >>
Anthony emise un ringhio; erano talmente vicini che per un attimo pensai che i loro nasi si stessero sfiorando. Era come vedere un orso polare furioso fronteggiare una volpe del tutto rilassata. Senza essermene resa conto, George era al mio fianco e non aveva ancora smesso di ridere.
<< Non ti credo. Ti odiava fino a ieri >>
<< Si vede che non sei stato aggiornato. Io e lei passiamo un sacco di tempo insieme ultimamente >>
Le forze cosmiche non mi avevano mandato un aiuto. Avevano mandato Anthony per rendere la situazione ancora più imbarazzante.
<< Volete smetterla? Perché in tutta sincerità, preferirei di gran lunga la compagnia di Viktor Krum >> dissi.
Anthony e Fred non diedero segno di aver ascoltato le mie parole, rimasero a guardarsi in cagnesco per alcuni secondi, prima di tornare all’attacco.
<< Davvero credi che preferisca te a me? >> continuò Fred << Io sono più intelligente e simpatico >>
E infantile, avrei aggiunto.
<< E allora? >> Anthony si guardò in giro alla ricerca di argomenti validi a sostegno della sua tesi, ma non avendo trovato niente si limitò a scrollare le spalle << Io ho la bacchetta più grande >>
<< Di sicuro la so usare meglio io >>
<< Vuoi vedere, Weasley? >>
<< Non aspetto altro, Rickett >>
Con uno scatto fulmineo, mi contrapposi ai due ragazzi e li spinsi via per allontanarli.
<< PER MERLINO, MORGANA E SILENTE! NESSUNO VUOLE VEDERE LE VOSTRE BACCHETTE >> urlai.
Fred fece un ghigno compiaciuto e con un cenno della testa, intimò George a rientrare nel castello.
<< Ci vediamo mercoledì sera alla solita ora, bambolina >> disse prima di sparire insieme al gemello.
Sospirai passandomi una mano sul viso, quando mi accorsi che Anthony mi stava guardando in silenzio. Per la prima volta, aveva abbandonato la sua aria da spaccone, lasciando che il suo volto diventasse impassibile.
<< Da quando in qua frequenti i Weasley? >> mi chiese sprezzante.
Arrabbiata, lo fulminai con lo sguardo.
<< Sono affari miei >>
E così dicendo, mi allontanai in direzione del castello. Sperai con tutta me stessa che Anthony evitasse di raccontare l’accaduto a Cedric che, essendo un genio, avrebbe fatto due veloci calcoli e avrebbe scoperto la verità sul Torneo.
In quale momento la mia vita era diventata uno di quei telefilm babbani idioti che guardava Ariel?
 

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Capitolo 9
*** Confessioni, ricatti e Buon Compleanno! ***


Confessioni, Ricatti e Buon Compleanno
 
<< Allora, prima di darvi i compiti per la settimana prossima, voglio verificare che la scorsa lezione sia chiara a tutti: perché Saturno non ha una rotazione uniforme? >>
La professoressa Sinistra si sistemò le maniche viola del mantello; il silenzio che avvolgeva la classe era interrotto a intervalli regolari dal clangore metallico che proveniva dai marchingegni appesi al soffitto. Con il mento appoggiato al palmo della mano, feci scorrere lo sguardo sul resto dei miei compagni: facce insonnolite e occhi socchiusi tentavano di non addormentarsi all’improvviso. Nerissa era appoggiata alla spalla di Roger, il quale stava lottando contro il sonno, la testa che ciondolava in avanti e le palpebre pesanti. Hay Lin, invece, sfogliava il libro alla ricerca di una risposta, mentre al suo fianco, Anthony tentava di guardarmi senza essere scoperto.
Mi ricordavo quello che ci aveva spiegato Sinistra la volta precedente, ma all’una di notte la mia voglia di parlare rasentava il suolo.
<< Beh, dato che Saturno è gassoso, è dotato di una ‘rotazione differenziale’, no? Gli strati superiori equatoriali impiegano circa diecimila duecento ore a compiere un giro intorno al proprio asse mentre il nucleo e il mantello, invece, impiegano trecento ore in più >>
A quelle parole, la classe si immobilizzò; quattordici occhi erano rivolti verso la mia direzione, le bocche spalancate e i visi contratti in una smorfia di incredulità. La professoressa Sinistra si rizzò sulla sedia e, dopo un primo momento di stupore, la sua espressione severa si sciolse in un sorriso soddisfatto.
<< Weasley >> esclamò tentando di mantenere la calma; un lieve tremolio della voce la tradiva. << per tutti i satelliti di Giove, la tua risposta è esatta! >>
Mi voltai fiera verso Fred. Stavo lottando contro l’impulso di abbracciarlo; ero così felice che si stesse applicando davvero in Astronomia.
<< Prof, lei mi offende >> commentò lui. Stava sorridendo compiaciuto, le mani dietro la testa e le gambe distese sotto il tavolo << Mi parla come se non fosse possibile che le mie risposte siano giuste >>
La professoressa fece un risolino, si portò una mano alla bocca e poi si sistemò i capelli scuri << Che sciocco, non ho mai pensato questo! Sono solo contenta che lei abbia deciso di impegnarsi sul serio. Se continua così, Fred, giovedì prossimo non avrà problemi >> Sinistra concluse il suo monologo con un occhiolino. La voglia di vomitare stava lottando contro il senso del decoro. Non potevo credere che la professoressa si stesse atteggiando come una MILF solo perché Fred si era mostrato interessato a quello che aveva detto.
<< Prof, mi dispiace deluderla, ma il merito è solo di una persona >> disse Fred. Lui mi indicò con un cenno della testa e in quel momento, mi sentii sprofondare. Gli sguardi -ancora sconvolti- dei miei compagni si spostarono su di me; l’imbarazzo cominciò ad arrampicarsi sul mio collo, fino ad arrivare alle guance. La professoressa non smise di sorridere.
<< Qualsiasi cosa tu e la signorina Diggory stiate facendo insieme, non smettete. Spero solo che questa vostra collaborazione non scateni la fine del mondo magico! >> divertita dalla sua stessa battuta, la professoressa Sinistra si concesse un’altra risata prima di assegnarci i compiti per la settimana successiva.
Raccolsi in fretta le mie cose e, decisa a nascondermi da tutti quanti, fui la prima ad uscire dalla classe. Volevo evitare Anthony che – come suo solito- avrebbe insistito ad accompagnarmi fino al dormitorio (sia mai che una giovane strega incontri un mostro a quattro teste nei corridoi della scuola) e avrebbe sfruttato la situazione per poter interrogarmi sul mio rapporto con Fred. L’ultima cosa di cui avrei voluto parlare erano le ripetizioni e di certo ad Anthony non avrei detto niente.
Mi guardai dietro le spalle e, una volta certa che Anthony fosse ancora in classe a parlare con Hay Lin, mi precipitai giù per le scale. Non vedevo l’ora di avvolgermi sotto le coperte e dormire; un sorriso si dipinse sul mio volto, quando un mano mi afferrò un polso e mi trascinò in un angolo ai piedi della torre di Astronomia.
Gli occhi castani di Fred brillavano furbi al buio, riuscivo a distinguere il suo irritante sorriso e il suo ciuffo rosso perennemente pettinato all’insù.
<< Dimmi che non hai sonno, Diggory >> sussurrò. Lo guardai in silenzio per alcuni secondi, indecisa su cosa rispondergli. Qualsiasi cosa stesse tramando, non avevo voglia di prolungare ulteriormente la lontananza tra me e il mio letto; così non ci pensai due volte e risposi con la prima cosa che mi passò per la mente.
<< Non ho mai sonno, Whiskey >> Oh, accidenti.
Fred mi fece l’occhiolino e senza aggiungere altro, mi trascinò con lui nell’oscurità del castello. Sgattaiolava per i corridoio con me al suo seguito; i suoi piedi non facevano alcun rumore, come se non toccassero terra. Alcune volte si fermava in qualche angolo; il corpo nascosto dal muro e la faccia protesa in avanti per vedere se c’era Gazza o Pix. Mentre lo osservavo muoversi furtivo per la scuola, compresi che stare lì con lui era quello che volevo davvero. Andare a dormire era solo una scusa e non sapevo nemmeno il motivo per cui mi ero convinta di quello. Forse era il mio cervello che si ostinava a non voler passare del tempo con lui.
Senza essermene accorta mi ritrovai stretta nel mio mantello a combattere il freddo della notte; il tetto della rimessa si ergeva nero e minaccioso davanti a noi. Fred si voltò a sorridermi e, sempre con la mano stretta attorno al mio polso, cominciò a scendere gli scalini di pietra fino ad arrivare al piccolo porto.
L’acqua stagnante della rimessa era inchiostro; l’odore di legno bagnato permeava ogni singolo centimetro di quella struttura. Fred si infilò dentro una barca, costringendomi a imitarlo.
<< Ti piace? >> chiese incrociando le braccia al petto e stravaccandosi sul poco spazio disponibile.
<< Mi dispiace deluderti, Whiskey, ma io vengo sempre qui quando voglio stare sola con Ariel e Gwen >> gli diedi un piccolo pizzicotto sul braccio e mi lasciai sfuggire una risata divertita. Il sorriso di Fred non scemò.
<< A proposito, Diggory >> si mise a sedere; la schiena curva per potermi guardare in faccia e i gomiti appoggiati alle ginocchia << come avete fatto tu, la Serpe e la nostra piccola Ariel a diventare amiche? Voglio dire, siete di tre case diverse >>
Totalmente colta alla sprovvista da quella domanda, scrollai le spalle e incrociai le braccia al petto.
<< Si possono avere degli amici anche in case diverse dalla propria, Winzegamot >>
Fred alzò gli occhi al cielo, tornando ad appoggiarsi contro la barca. Non mi ero resa conto di essere risultata ostile. Ero talmente abituata all’irritazione che seguiva ogni domanda di Fred, che mi veniva naturale essere scontrosa. In realtà, a causa di Gwen e della piega che avevano preso gli eventi, la nostra amicizia non era il mio argomento preferito.
<< Sai, Diggory, a volte mi chiedo se sei davvero così scorbutica o t’impegni a esserlo ventiquattro ore su ventiquattro >> sbuffò Fred; distolse lo sguardo e si mise a fissare un punto indefinito della rimessa.
Perché tendevo a rispondere male a chiunque provasse a essermi amico? Con un sospiro, mi scroccai le dita e mi preparai a raccontare.
Successe tutto durante le vacanze di Natale del nostro secondo anno; io e Cedric eravamo rimasti a Hogwarts perché i miei genitori avevano preso un impegno importante e io e lui non potevamo raggiungerli –o per lo meno, io non volevo seguirli e Cedric non mi voleva lasciare sola-. La scuola era desolata; le innumerevoli sale del castello erano a nostra disposizione per fare quello che volevamo e per me si preannunciava già il Natale migliore della mia vita. Essendo stata da sempre in conflitto con mia madre, odiavo le riunioni di famiglia dove ero obbligata a sorridere e parlare con tutti i parenti. Parenti a cui Elaine aveva fatto il lavaggio del cervello e che mi credevano una causa persa, irresponsabile e inetta. Nella mia mente, quei quattordici giorni di libertà si prospettavano come una sessione di allenamento extra e io non vedevo l’ora di cogliere al volo quell’occasione per far vincere la Coppa delle Case alla mia squadra. Mi stavo già immaginando a cavallo della mia scopa; veloce e silenziosa come una saetta, gli occhi sui bolidi e le mani strette attorno alla mazza, mentre Cedric si esercitava a prendere il boccino. Sarebbe stato tutto perfetto, se Cedric non avesse avuto altri piani. Ad Hogwarts io e mio fratello non eravamo gli unici ragazzi intenzionati a passare le vacanze al castello; una serie di altri tre ragazzi del terzo e quarto anno, due ragazze del secondo e quattro bambini del primo occupavano con mio dispiacere i tavoli della Sala Grande. Cedric aveva deciso di non partecipare al mio progetto - che ci avrebbe condotti ad una vittoria certa- volendo approfittare della situazione per passare del tempo con i suoi amici più grandi.
<< Dai, streghetta, vedila in questo modo: puoi conoscere nuove persone >> mi aveva detto il secondo giorno. Mi stava guardando affettuoso, le mani sulle mie spalle e il suo solito sorriso bello e dolce che gli illuminava il viso.
<< Ma io non voglio conoscere nuove persone! A meno che non si offrano volontarie a farsi prendere a mazzate >> risposi incrociando le braccia al petto. Cedric si lasciò sfuggire una risata.
<< Se vuoi, puoi stare con me, Matt, Peter e Nigel >>
<< E far parte del quintetto ‘I Secchioni Cetrioloni’? Mai! >>
A quelle parole, Cedric si era allontanato e aveva scosso la testa affranto; l’immagine di mia madre delusa a causa delle mie pagelle si rifletteva sul suo volto.
<< Se continui così, rimarrai sempre sola >>
Colta sul vivo, strinsi i pugni e lo guardai uscire dal dormitorio. Non c’era alcuna possibilità che lo avrei lasciato crogiolarsi nelle sue convinzioni: Io, Cassidy Irma Diggory, avrei sfruttato quei giorni per diventare amica di qualcuno, fosse l’ultima cosa che avrei fatto.
Il giorno dopo, mi svegliai allegra e deposi la mia scopa e la mia mazza. Mi misi i miei vestiti più carini e lasciai i lunghi capelli castani sciolti. Dovevo avere l’aspetto di una ragazza in cerca di amiche e non quello di una battitrice arrabbiata con suo fratello. 
Arrivata alla Sala Grande, rimasi sulla soglia della porta a osservare chi il fato mi stava porgendo su un piatto d’argento. Esclusi a priori Cedric e il suo club degli aspiranti Prefetti, così come esclusi immediatamente i bambini del primo anno. Anche se erano solo un anno più piccoli di me, mi sarei sentita una baby-sitter al loro fianco. La scelta si ridusse alle due ragazze del secondo anno; la Grifondoro con i capelli arancione evidenziatore, che stava leggendo un libro grosso quanto la mia testa, e la Serpeverde che faceva strage di cuori, in apparenza più scema che bella. Presi un respiro profondo e mi diressi in direzione della Serpeverde.
<< Ehi, ciao. Posso fare colazione con te? >> chiesi con un sorriso. Lei alzò gli occhi dal suo piatto e, non appena mi vide, annuì contenta.
<< Si, grazie. Sì, sì, sì! Salvami da questa tortura, odio stare sola! Prendi pure posto! Come ti chiami? Sei una Tassorosso? Non ti giudico, tranquilla! Io sono Gwendoline, ma sei obbligata a chiamarmi Gwen! >>
Rimasi interdetta dalla raffica di parole che stavano uscendo dalla sua bocca, ma ero contenta che quella ragazza logorroica avesse voglia di stare con me. Mi feci forza e mi sedetti davanti a lei; i muscoli della faccia indolenziti a causa del sorriso forzato. Gwen mi porse la sua colazione dimenticandosi che ad Hogwarts i piatti e il cibo comparissero per magia e cominciò a spiegarmi perché fosse rimasta lì (i suoi genitori erano stati invitati a un mega matrimonio alle Hawaii). Con mia sorpresa, non mi dispiacque stare con Gwen; riuscivo a trovarla anche simpatica. Per tre giorni fummo inseparabili: mangiavamo insieme ad ogni pasto, passavamo i pomeriggi davanti a una tazza di cioccolata calda a chiacchierare, le insegnai le regole di base del Quidditch e in cambio, Gwen mi sistemò il taglio di capelli. Forse alcune volte il suo lato da Serpe emergeva con qualche frase, ma durante la maggior parte del tempo era meglio stare con lei che con tutte le mie compagne Tassorosso. Il quarto giorno, la Grifondoro si decise ad accantonare il libro e si avvicinò al tavolo dove stavamo pranzando.
<< Ehilà >> aveva detto con un sorriso abbozzato; la cordialità che Gwen aveva mostrato nei miei confronti sembrava restia a manifestarsi anche con quella ragazza, la stava guardando perplessa, gli occhi socchiusi e le labbra arricciate.
<< C’è un posto libero? >> chiese. Il suo disagio era palpabile in tutta la Sala Grande; il suo sguardo era basso sul tavolo e aveva una mano stretta sul braccio.
<< Certo! Io sono Cassidy! >>
Lei mi ringraziò con un cenno della testa e si sedette al mio fianco << Ariel >>
Lanciai un’occhiata in direzione di Gwen; la mia amica non dava segno di voler parlare. Mi morsi l’interno della guancia per evitare di alzare gli occhi al cielo; l’unica cosa che detestavo di Gwen era la sua avversione nei confronti dei Grifondoro –avversione che supponevo avesse anche Ariel per i Serpeverde-. Notando la mia espressione severa, Gwen sbuffò. << Io mi chiamo Gwendoline Drake >>
Nonostante quella colazione fu la colazione più bizzarra e imbarazzante della mia vita, nel pomeriggio le due ragazza cominciarono a piacersi e ad andare d’accordo. In cinque giorni, avevo trovato le migliori amiche che non avevo mai avuto.
<< Beh, sono contento che sia andata così. Prima di voi, Ariel non parlava nemmeno con noi >>
Fred mi sorrise dolcemente, un tipo di sorriso che mai avrei detto fosse in grado di fare. Alzai le spalle; ricordarmi come ci fossimo conosciute, mi aveva fatto capire che ero a un passo dal perdere l’amicizia di Gwen. Avrei voluto picchiare la testa contro qualcosa di contundente.
<< A proposito, Wibbly Wobbly, io ho svelato un mistero a te e tu ne devi svelare uno a me >>
Fred inarcò un sopracciglio, confuso.
<< Quale mistero, bambolina? >>
Adirata, incrociai le braccia al petto. Odiavo quel soprannome e odiavo di più il fatto che Fred mi chiamasse così per citare Rickett. Lui scoppiò a ridere e si di accomodò ulteriormente sulla barca; le braccia distese lungo la falchetta e i piedi appoggiati al banco di legno dove ero seduta. Sbuffai.
<< Cosa state combinando tu e George? A parte la questione del Torneo, ovvio >>
Fred si incupì. << Ah, quel mistero. E’ davvero evidente? >>
<< Così mi hanno detto >>
Si passò una mano tra i capelli, spettinandoli più di prima. << Non ha importanza, stiamo solo ricattando qualcuno >>
Gli diedi un pugno sul piede per intimarlo a continuare, odiavo la suspense e amavo le minacce. Ogni anno, quando beccavo Malcolm cantare le canzoni di Celestina Warbeck davanti allo specchio degli spogliatoi, partiva il ricatto: se non mi avesse fatto i compiti di Erbologia, avrei detto a tutti che il suo sogno proibito era quello di essere una delle Banshee, ossia le coriste, di Celestina.
<< Fred, muoviti >> sibilai guardandolo di sottecchi; per tutta risposta, lui sbuffò e si arrotolò le maniche della camicia.
<< Va bene, se proprio vuoi saperlo è Ludo Bagman >>
A quel nome strabuzzai gli occhi e socchiusi le labbra. Com’era possibile che lui e George stessero ricattando il capo dell’Ufficio dei Giochi e gli Sport Magici? E per di più il signor Bagman era anche un ex battitore delle Vespe di Winbourne! E Perché a me non capitavano mai queste occasioni? Sarebbe stato un bel traguardo ricattare un ex giocatore professionista di Quidditch.
<< Lo abbiamo incontrato alla Coppa del Mondo e io e George abbiamo scommesso con lui che avrebbe vinto l'Irlanda, ma Krum avrebbe preso il Boccino >>
<< Ma questo è ovvio: i cacciatori e i battitori dell’Irlanda sono molto più veloci e potenti di quelli bulgari; nessuno scemo avrebbe puntato sulla Bulgaria >>
Fred mi fulminò con lo sguardo; feci un mezzo sorriso per scusarmi e mi ammutolii.
<< Esatto, infatti Bagman è stato talmente idiota da aver scommesso sulla Bulgaria lasciando che io e George vincessimo la scommessa. Sai che ci servono i soldi per il negozio, no? Abbiamo partecipato più che altro per quello >> fece una piccola pausa << Beh, Bagman ci ha pagato il giorno dopo con l'oro dei Lepricani che aveva preso alle mascotte dell'Irlanda >>
Corrugai la fronte << Ma l’oro dei Lepricani non scompare dopo un po’? >>
<< E’ esattamente quello che è successo. Io e George speriamo si tratti di un errore; continuiamo a scrivergli lettere nella speranza che ci risponda e ci ridia il denaro >>
<< Non mi sembra proprio un ricatto >>
Fred alzò gli occhi al cielo, tese la mano verso di me e mi diede un pizzicotto sul braccio; una smorfia di dolore mi comparì sul volto.
<< Non lo è ancora, Diggory >>
Scossi la testa cercando di trattenere una risata; solo loro potevano cacciarsi in queste situazioni.
<< A proposito, domani è il compleanno del Diggorino >> disse con un ghigno. Quelle parole mi accigliarono; involontariamente incrociai le braccia al petto e abbassai lo sguardo sulla barca. Avrei dovuto immaginare che quell’argomento prima o poi sarebbe saltato fuori.
<< Eh già >> risposi in un sussurro. Fred mi guardò in silenzio per qualche secondo, il viso contorto dalla preoccupazione.
<< Sai, devo confidarti un altro segreto >> sorpresa, alzai gli occhi verso di lui. Era strano vedere come Fred si confidasse con me; non avrei mai immaginato che un giorno sarebbe potuta succede una cosa del genere. Questo cosa significava? Le ripetizioni e le lezioni di Astronomia ci avevano davvero fatto diventare amici? Se la Cassidy di qualche mese fa lo avesse saputo, sarebbe scoppiata a ridere rotolando per tutto il giardino di casa. Nella mia mente, Fred Weasley era sempre stato il mio nemico numero uno. Non ero mai riuscita a immaginare un futuro in cui io e lui avessimo deposto le asce di guerra e ora faticavo a ricordarmi com’era la mia vita prima che io e Fred andassimo d’accordo.
<< Ho sempre invidiato il rapporto che hai con Cedric. Insomma, non pensare a George- lui è il mio migliore amico-, ma a volte mi piacerebbe essere così unito con i miei altri fratelli. Tu riesci a essere sua amica anche quando tutti lo considerano perfetto e fantastico, cosa che io non riesco a fare >> Fred fece un mezzo sorriso; le mani congiunte tra la gambe e i gomiti appoggiati alle ginocchia << voglio dire, tutti i miei fratelli vengono ritenuti perfetti per qualcosa ‘Bill è così bravo in tutto’, ‘ Charlie è il miglior giocatore di Quidditch che la famiglia Weasley abbia mai avuto’, ‘ Percy è talmente bravo a scuola che ha trovato subito un lavoro al Ministero! ’ >> Nel dire quelle frasi, Fred imitò quella che intuii fosse essere la voce di sua madre; non riuscii a trattenere un sorriso divertito << Non fraintendermi, li voglio bene; ma non sono come te. Io non faccio altro che prenderli in giro e non mi sognerei mai di comportarmi come tu fai con Cedric. A parte alcune tue frecciatine, ogni volta che lo guardi quando fa qualcosa di importante, i tuoi occhi si illuminano e si capisce quanto lo ammiri. Magari non vuoi ammetterlo ma è così. E fidati, anche lui ti guarda allo stesso modo >>
Accidenti. Frederick Gideon Weasley aveva ragione. Io ammiravo quella testa castana dai capelli perfetti. Anche se facevo di tutto per sminuirlo, non potevo negare di essere sempre stata fiera di lui. Persino quando era diventato capitano della squadra di Quidditch, parte di me era stata contenta per lui. Inutile dire che mi mancava. Torneo o non torneo, Cedric era mio fratello, la persona a cui volevo più bene al mondo. E non riuscivo a credere che qualcuno ci invidiasse; mi ero sempre ritenuta l’unica cosa imperfetta della sua vita.
Guardai Fred in silenzio. A malapena non sapevo nemmeno chi fossero Bill, Charlie e Percy.
<< Wonzis, se ti più consolare, tu e George siete i più simpatici. Non tutti riescono a farmi ridere, mentre tu –quando non sono io la vittima dei tuoi scherzi- sei talmente divertente che mi fai morire. E per me è questa la cosa più importante >>
Senza aggiungere altro, Fred si sporse verso di me e mi abbracciò. Attonita, rimasi bloccata per qualche secondo; il mio cervello doveva rielaborare ciò che stava succedendo. Dove mi stava toccando, riuscivo a sentire la pelle bruciare e sperai vivamente che non si accorgesse del battito furioso del mio cuore. Mi feci forza a ricambiare il gesto; le braccia attorno al suo busto e il mento appoggiato alla sua spalla.
<< Grazie, Diggory >> sussurrò.
<< Sono che devo ringraziare te, Whiskey >>
Finalmente avevo capito quale sarebbe stata la mia prossima mossa e ancora una volta, l’illuminazione era arrivata da Fred.
Quella mattina mi svegliai di buon umore anche se avevo dormito solo cinque ore. Mi preparai canticchiando sotto gli sguardi esterrefatti di Kadma e Halinor e per sconvolgerle del tutto, le diedi anche il buongiorno. Mi lasciai i capelli sciolti, tirando indietro le ciocche che mi ricadevano sul viso con un cerchietto giallo Tassorosso e sorridente, scesi nella Sala Comune. Come sospettavo, Cedric era seduto su uno dei divanetti, circondato dai ragazzini più piccoli che gli stavano facendo gli auguri; in un angolo, Anthony e Herbert lo stavano aspettando per fare colazione.
Mi sistemai le pieghe della gonna e con passo deciso, mi feci largo tra gli adulatori di mio fratello.
<< Fate passare, marmocchi >> esclamai. La folla si diradò solo dopo aver schiacciato i piedi dei più insistenti ed aver fulminato con lo sguardo i restanti. Quando ottenni lo spazio necessario, mi inginocchiai ai piedi del divanetto e presi una mano di Cedric; una gamba piegata e l’altra mano sul cuore.
<< Cedric Phobos Diggory, accetteresti le scuse di una sorella infantile, egoista ed egocentrica? >>
Mio fratello rimase in silenzio per qualche secondo; un sopracciglio alzato e un’espressione indecifrabile sul volto. Voleva che continuassi a parlare e impotente, sospirai pronta a continuare.
<< Sono stata una stupida. Penso sempre a me stessa e non ho provato a supportare la tua scelta, non riesco a evitare di vedere qualsiasi cosa tu faccia come un affronto nei miei confronti, anche se so per certo che tu non fai mai niente con l’intento di farmi del male. La mia reazione è stata esagerata e so che comportandomi in questo modo, non otterrò mai il rispetto di tutti gli studenti di Hogwarts, anche se dovessi vincere il Torneo. Sei il fratello migliore del mondo e io ti voglio un bene talmente grande che non ci sta neanche nell’Universo. Potrai mai perdonarmi? Mi manca il suono fastidioso della tua voce >>
Ancora silenzio; Cedric non si era scomposto neanche per un secondo durante il mio discorso. Avevo forse dimenticato qualcosa?
<< Ah e auguri di buon compleanno! >> aggiunsi.
In quel momento, Cedric si sciolse in un sorriso. << E io che pensavo mi stessi per chiedere di sposarti! >>
Scoppiando a ridere, mi buttai su di lui; le braccia strette attorno alle sue spalle e il viso nascosto nell’incavo del suo collo.
<< Ti voglio bene >> mi sussurrò tenendomi stretta a sé << anche se non dovrei perdonarti per ripicca >>
Mi allontanai da lui per potergli dare una gomitata; colto di sorpresa, Cedric si lasciò sfuggire un gridolino di dolore.
<< Sappi che ho affermato quelle cose solo perché oggi è il tuo compleanno >> dissi asciutta. Mi rialzai spolverando la camicia e la gonna, sotto il suo sguardo divertito.
<< Ah se solo fosse il mio compleanno tutti i giorni! >>
Gli diedi un bacio sulla guancia e, dopo aver salutato Anthony ed Herbert, mi diressi verso la Sala Grande, dove sapevo che Kate e Malcolm mi stavano aspettando.
Presi quella mattina come l’inizio di una nuova fase: una volta ammessi i miei errori con Cedric, sarei stata in grado di lottare per l’amicizia di Gwen. Non avrei permesso ad Ariel di rinunciare al nostro trio; nessuno avrebbe dovuto separarci. Inoltre, mancava solo una settimana all’esame di Fred e dovevo far in modo di non perdere la sua amicizia. Volente o nolente, dovevo ammettere definitivamente che adoravo la sua compagnia.
Avevo trovato la rampa di scale che conduceva all’uscita dell’Inferno e non avrei permesso a nessuno di buttarmi giù.
 
 
 

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Capitolo 10
*** Le delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons ***


Le delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons
 
Seduta sul primo gradino della scalinata che conduceva alla classe di Astronomia, ai piedi della Torre, fissavo assente il muro che avevo davanti. La parete grigia sarebbe stata nera, se non fosse stata illuminata dalla luce fioca della torcia appesa al muro; intravedevo le crepe che si diramavano spigolose dal soffitto al pavimento, sottili ragnatele invadenti. Ormai era passata un’ora e mezza da quando Fred era sparito nell’aula a fare l’esame e io stavo morendo lentamente, divorata dall’ansia. Avevo le dita gelide, come i palmi sudati delle mani; la pancia dolente e il respiro corto. Cosa sarebbe successo se Fred non avesse passato l’esame? Si sarebbe arrabbiato con me? Non mi avrebbe dato la pozione? D’altronde mancava solo un giorno per scoprire chi fossero i partecipanti delle case. In realtà, mi importava di più che prendesse il G.U.F.O.; la pozione era solo un pretesto per potergli parlare ancora. E se avesse preso meno di ‘Eccellente’, avrei fatto irruzione nella classe per contestare il voto; Fred si meritava il massimo. Si era impegnato tanto, così come mi ero impegnata io. Non potevamo ottenere un risultato mediocre.
Il cigolio della porta dell’aula rimbombò per tutte le scale, arrivando acuto e stridulo fino a me. Mi alzai di scatto, impaziente di vedere Fred. Non ero così in ansia dal risultato –deludente- della nomina del capitano della squadra di Quidditch. Fred scese silenzioso le scale, il passo felpato e il viso incupito. Improvvisamente, mi sentii pesare una tonnellata; la nausea e un formicolio appuntito che mi ghiacciava tutte le vene. Non era possibile.
Fred posò triste lo sguardo verso di me.
<< Cito testuali parole: “Ti do ‘Eccellente’ perché non esiste un voto superiore” >>
Fred scoppiò in una fragorosa risata; era talmente contento che i suoi occhi stavano brillando. Non ci pensai due volte e corsi ad abbracciarlo, un sorriso sul volto che non dava segno di voler scomparire.
<< Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo >> continuai a farfugliare, avvinghiata a Fred. Lui non smetteva di ridere, sollevandomi dall’euforia. Ero davvero fiera di lui e non potevo credere di essere riuscita a fargli prendere quel voto, anche se avevo fatto davvero ben poco: Fred Weasley era uno dei ragazzi più intelligenti che avessi mai conosciuto.
Dopo diversi secondi, si liberò dalla mia presa e mi mise le mani sulle spalle; i suoi occhi erano fissi nei miei e quella volta, non mi sentii a disagio. Ricambiai lo sguardo senza smettere di sorridere.
<< Cassidy Diggory, sei fantastica >> disse. Le sue mani si spostarono sulle mie guance, avvicinò il suo viso al mio e mi lasciò un dolce bacio sulla fronte. Una scarica elettrica percorse tutta la mia spina dorsale, andò a convergere sul mio viso che cominciò a pizzicare all’impazzata. 
<< Ci hai impiegato sei anni per capirlo, Whiskey >> risposi. In quel momento fui contenta di essere parzialmente al buio; ero sicura al cento per cento di essere diventata più rossa dei suoi capelli.
Fred mi cinse le spalle con un braccio, stringendomi a sé. Da dove era uscita tutta questa voglia di avere un contatto fisico?
<< Ti accompagno fino al tuo dormitorio, vorrei restare, ma sto morendo di sonno. Domani ci aspetta una lunga giornata >> disse divertito.
Acconsentii sollevata; tutta questa ansia mi aveva stancato prima del previsto e non vedevo l’ora di andare a letto per ordinare i miei pensieri. Specialmente perché il giorno dopo sarebbero arrivate le delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons ed ero convinta che non ci sarebbe più stato spazio per stare in tranquillità. Fred passò tutto il tragitto a imitare i ragazzi di Durmstrang, dipingendoli come scimmioni incapaci a mettere insieme una frase completa, mentre io mi diedi alla recitazione fingendo di essere una studentessa di Beauxbatons; vanitosa, stupida ed egocentrica. Eravamo caduti negli stereotipi, ma loro rimanevano pur sempre i nostri avversari.
<< Quindi niente più ripetizioni >> disse Fred una volta arrivati davanti all’entrata segreta del dormitorio dei Tassorosso. Aveva un braccio appoggiato al muro e mi guardava divertito.
<< Direi che ho svolto il mio compito egregiamente >> risposi. Lui scosse la testa ridendo; sembrava fosse sul punto di dire qualcosa, ma rimase zitto.
Non volevo che le ripetizioni fossero finite. Quanto erano durate? Meno di tre settimane. A parer mio, era troppo poco; non mi sarebbe dispiaciuto continuare per un altro mese. Abbassai lo sguardo sul pavimento, il motivo che mi spingeva a volerlo era ridicolo e imbarazzante; premeva nella gola, pulsava contro il collo e faceva male.
<< Allora ci vediamo sabato mattina per la pozione? >>
La domanda di Fred mi colse alla sprovvista, avevo quasi dimenticato il nostro patto. Mi sistemai i capelli con una mano e annuii con la speranza di non risultare impacciata.
Tutto questo era a dir poco ridicolo: ero Cassidy Diggory – per Merlino- e Cassidy Diggory non si preoccupava di risultare goffa davanti ai ragazzi, specialmente se questi ragazzi erano Fred Weasley. Avrei voluto tanto che Ariel si fosse acquattata dietro una botte di legno; la mano pronta a darmi uno schiaffo capace di rimettermi in sesto il cervello.
<< Buonanotte, Wollaby >> dissi.
 << ‘Notte, Diggory >> Fred fece finta di togliersi un cappello dalla testa per salutarmi, dopodiché si diresse verso la torre dei Grifondoro.
Non appena entrai nella Sala Comune, capii che l’unico modo per evitare di impazzire era parlarne con qualcuno. Se avessi continuato a tenermi tutto dentro, il peso che mi gravava sul petto mi avrebbe lentamente uccisa ed ero ancora troppo giovane per morire.
Mi spogliai in fretta, buttai la divisa della scuola ai piedi del mio letto, e mi nascosi sotto le coperte. Non potevo chiedere consiglio ad Ariel, così come non potevo chiederlo a Cedric. Nessuno dei due era a conoscenza di ciò che avevo fatto per partecipare al Torneo e se lo avessero scoperto, avrebbero dato di matto; cosa che avrei voluto evitare ora che avevo recuperato i rapporti con mio fratello. L’unica possibilità da prendere in considerazione era quella di parlarne a Malcolm e Kate; sapevano già tutto e non avrei dovuto dargli ulteriori spiegazioni.
Il mio sospiro fu attutito dal cuscino.
Nonostante avessi preso una decisione abbastanza convincente, avevo l’impressione di essermi dimenticata qualcosa. Qualcosa che avrei dovuto ricordare, lontana sia da Fred che dal Torneo.
Mi convinsi a lasciar perdere e dopo qualche secondo, mi addormentai.
Tutti i progetti per chiacchierare a cuore aperto con Kate e Malcolm, vennero sventati il giorno dopo.
Nell’attimo in cui aprii gli occhi, i gridolini di tre ragazze impazzite mi fecero capire che quella giornata sarebbe stata dedicata soltanto all’arrivo degli studenti delle due scuole di magia. Mi preparai accigliata, sperando che le mie tre compagne di stanza perdessero la voce entro mezzogiorno. Se avessi sentito un altro urlo euforico, non mi sarei fatta alcun problema a scagliare qualche incantesimo in grado di metterle fuori gioco per tutto il tempo necessario a farle rinsavire.
In Sala Grande l’atmosfera era la stessa: ragazzi concitati saltellavano sulle panche di legno, il volume delle loro voci sovrastava qualsiasi altra cosa. Non riuscii a parlare con nessuno; gli unici argomenti sulle bocche dei miei compagni erano Durmstrang e Beauxbatons. Con le mani strette in due pugni e un sorriso forzato, riuscii ad arrivare indenne fino alla fine delle lezioni. Non feci in tempo a salutare Ariel che Kate mi trascinò fuori dall’aula di Difesa Contro le Arti Oscure e mi rinchiuse nella nostra camera per prepararsi all’arrivo delle delegazioni; lavò e stirò le nostre divise con un incantesimo, si sistemò i ricci biondi – mi obbligò a tenere i capelli sciolti contro la mia volontà-  e si truccò fino a sembrare una di quelle modelle sulle copertine delle riviste che leggeva Gwen. Una volta stufa di tutti gli impiastri appiccicosi che mi stava mettendo sul viso, mi alzai dal letto e la obbligai a infilarsi il mantello; se avesse continuato a dirmi che avevo bisogno del mascara per risaltare il colore dei miei occhi, le avrei spalmato sulla faccia il rossetto che aveva tentato di rifilarmi. Kate mi lanciò un’occhiata torva, ma senza dire altro, mi seguì fino alla Sala d’Ingresso, dove i Direttori delle Case stavano disponendo in fila i loro studenti.
La professoressa Sprite volteggiava tra i Tassorosso, i suoi occhi ispezionavano ogni singolo ragazzo alla ricerca di qualche elemento fuori posto.
<< Signorina Appleby, la sua cravatta è molto carina, ma è necessario che la metta sotto il maglione >> suggerì sventolando la bacchetta sotto lo sguardo di Tamsin. << E signor Rickett, i suoi pettorali non li vuole vedere nessuno! >>
Anthony si sforzò di non sbuffare e, contrariato, si allacciò tutti i bottoni della camicia. Io e Kate raggiungemmo Malcolm; gli sgattaiolai dietro nella speranza di risultare invisibile agli occhi della Sprite.
<< Orsù! >> esclamò facendoci segno di seguirla. In silenzio, tutti i Tassorosso scesero i gradini della scalinata d’ingresso e si disposero davanti al castello. Mi sporsi per controllare che Ariel e Gwen fossero già arrivate: oltre i Grifondoro del quinto anno, Ariel stava osservando assorta il Lago Nero; mentre dall’altra parte, Nerissa e Taranee stavano schiamazzando attorno a Gwen. Presi una lunga boccata d’aria, cominciavo a sentirmi euforica anche io; finalmente sarebbe successo qualcosa di diverso a Hogwarts.
L’aria di quella sera era fredda, ma il cielo terso era attraversato dai colori del crepuscolo. La luna brillava pallida e trasparente sopra le cime scure della Foresta Proibita.
<< Mi sento svenire >> sussurrò Malcolm tagliando il silenzio. Mi girai verso di lui, un sopracciglio alzato e la fronte corrugata.
<< Sono solo dei ragazzi, esattamente come lo sei tu. L’unica differenza è che parlano altre lingue >> la mia risposta fece innervosire Kate, che si limitò a sbuffare e incrociare le braccia al petto.
<< Oh, Cassie, perché non ti puoi godere mai niente? Io sono piuttosto certa che le due scuole faranno un ingresso trionfale >>
<< E allora? Servirà solo a dire che sono migliori di noi >>
Malcolm e Kate rimasero zitti, irritati dalle mie parole. Non potevo farci niente se detestavo l’esibizionismo dei maghi. Specialmente se questo serviva a sottolineare la grandezza di coloro che consideravo dei nemici. Infreddolita, mi strinsi nel mantello. Eppure qualcosa mi diceva che gli studenti di Durmstrang non erano da considerare solo degli avversari; parte di me mi stava urlando che dovevo essere contenta, ma –ancora una volta- non riuscivo a capirne il motivo.
<< Aha! O mi sbaglio di grosso, oppure sta arrivando la delegazione di Beauxbatons! >> L’urlo di Silente allarmò gli studenti, che cominciarono a muoversi agitati in direzioni diverse, alla ricerca di un segnale che potesse confermare le parole del Preside.
<< Laggiù! >> tuonò Malcolm indicando la Foresta. Con un unico movimento, tutti i ragazzi si voltarono; il dito di Malcolm stava puntando qualcosa di molto grosso che, una volta apparso dalle fronde nere degli alberi, si stava dirigendo a tutta velocità verso il castello; un’enorme macchia scura nell’azzurro cupo del cielo. Trattenni il fiato, mentre quella sagoma gigantesca si avvicinava sempre di più, prendendo le forme di una carrozza dalle dimensioni di un campo di Quidditch. La carrozza – che sembrava più una vasta dimora che un mezzo di trasporto- era trainata da una dozzina di cavalli alati ugualmente enormi.
All’abbassarsi della carrozza, le prime tre file di studenti si ritrassero lasciando lo spazio per l’atterraggio. I pegasi d’oro furono i primi a toccare terra, seguiti da un frastuono che fece gridare Anthony dalla sorpresa. Quando anche la carrozza rimbalzò sul terreno, tutti gli studenti di Hogwarts si ammutolirono. La porta della carrozza si aprì e un ragazzo vestito di azzurro balzò fuori, si chinò, estrasse degli scalini d’oro e, infine, si ritrasse con un inchino. Mi misi in punta di piedi, ignorando gli insulti delle due Tassorosso che avevo dietro. Non era colpa mia se ero alta.
In quel preciso istante, la donna più grande che avessi mai visto scese la scalinata d’oro. Un solo sguardo su di lei bastava per capire il motivo della taglia della carrozza e dei cavalli. La donna si trovò sotto il fascio di luce che proveniva dalla Sala d’Ingresso; i suoi occhi sgranati ci guardavano in attesa. Nonostante le sue mastodontiche dimensioni, aveva dei bei lineamenti, con la pelle olivastra e gli occhi neri, ed era molto elegante.
Silente applaudì, così come il resto degli studenti di Hogwarts. Io, invece, ero immobile, incapace di smettere di fissarla. Il volto della donna si sciolse in un sorriso cortese e avanzò verso Silente per stringergli la mano.
<< Mia cara Madame Maxime >> esclamò Silente << Benvenuta a Hogwarts >>
<< Mon cher Silonte! >> rispose lei con voce profonda << Voi sta bene, spero! >>
<< Sono in ottima forma, grazie >>
<< I miei studonti >> disse Madame Maxime, agitando noncurante una delle sue enormi mani e indicando alle sue spalle. Finalmente riuscii a distogliere lo sguardo dalla sua figura; dietro di lei, una dozzina di ragazzi vestiti con abiti leggeri azzurri, stavano contemplando preoccupati Hogwarts. Inarcai le sopracciglia: non mi sembrava che quegli stecchini tremanti brillassero di intelligenza. Insomma, quale persona normale indosserebbe abiti del genere in autunno? Non si erano informati sul clima scozzese prima di partire?
<< Oddio che classe! >> bisbigliò Halinor al mio fianco. Kadma rispose con un sospiro sognante. Alzai gli occhi al cielo; dovevo immaginare che quelle due galline trovassero affascinanti i ghiaccioli.
Madame Maxime acconsentì a entrare nel castello –al caldo- con i suoi studenti; così, ci ritrovammo di nuovo soli nel giardino della scuola. Intorno a me, si levò un mormorio deluso: i miei compagni avevano tutta l’intenzione di passare ogni singolo momento con gli studenti stranieri.
<< Ci sono ancora i ragazzi di Durmstrang >> disse Kate per incoraggiare gli altri.
Tornammo a guardare il cielo; il silenzio interrotto dagli sbuffi e dagli scalpiti dei cavalli di Beauxbatons. Cominciavo a spazientirmi; le braccia strette al petto e un piede che batteva nervoso a terra. Quanto ancora dovevamo aspettare lì fuori al freddo? Stavo cominciando ad aver fame.
Il tempo sembrò essersi fermato, secondi lunghi come ore scandivano quella sera infinita, fino a quando un rumore simile al rombo dell’aspirapolvere catturò la mia attenzione.
<< Il lago! >> urlò Lee Jordan indicandolo << Guardate il lago! >>
La superficie nera dell’acqua, che era rimasta calma e piatta per tutto il tempo, cominciò ad incresparsi. Al centro del lago, una strana turbolenza formava delle grosse bolle sulla superficie, lasciando che grosse onde si abbattessero sulle rive fangose.
<< Ma cosa diamine… >> non feci in tempo a finire la frase, che un vortice furioso comparì nel bel mezzo del lago. Da quel punto, quello che sembrava essere un lungo palo nero affiorì dall’acqua e una nave sorse davanti ai nostri occhi. Il lago si calmò di colpo, tornando placido sotto la luce lunare.
La nave aveva un’aria stranamente scheletrica e le fioche luci che brillavano dai boccaporti sembravano occhi spettrali. Storsi il naso; non era proprio una crociera di lusso. Una volta ancorata, si sentì il tonfo di una passerella che veniva abbassata sulla riva.
Gli studenti di Durmstrang scesero dalla nave; sagome scure di ragazzi nerboruti si avvicinavano marciando verso il castello.  Alla luce, notai che la loro esagerata stazza era dovuta alle pellicce pesanti e ispide che stavano indossando. Ma le persone provenienti dalle altre parti del mondo, avevano idea di come fosse il clima in Scozia? Non potevo credere che Beauxbatons e Durmstrang erano passati dal caldo della penisola del Mediterraneo al gelo del Circolo Polare Artico. Se mia madre gli avesse visti, avrebbe scosso la testa e – con la bocca arricciata- avrebbe detto che vestirsi a strati è l’unico modo per affrontare le temperature sconosciute.
Il preside della scuola – che intuii fosse Karkaroff-  salutò leziosamente Silente. Rispetto a Madame Maxime, sembrava falso; la voce unta e strascicata e lo sguardo freddo e penetrante.
<< Che bel pezzo di manzo >> sussurrò estasiata Kate.
<< Chi? >> domandai. Mi issai di nuovo sulle punte di piedi per osservare meglio i ragazzi di Durmstrang, ma la luce era troppo fioca per poterli vedere bene.
<< Lui >> rispose a bassa voce. Kate indicò qualcuno tra la folla di studenti e – sorpresa che non fosse Karkaroff- socchiusi gli occhi per poterlo distinguere meglio. Tutti i miei sforzi erano inutili; lì fuori sembravano tutti uguali, quando il mio sguardo cadde su un naso ricurvo e delle folte sopracciglia nere.
<< Per Merlino, Morgana e Silente >> esclamai con il respiro mozzato. La mia pancia fece una capriola, le gambe molli a stento mi reggevano in piedi.
<< Cosa succede Cassie? >> la manona di Malcolm si posò sulla mia spalla. Per un breve secondo pensai di cadere, ma fortunatamente non avevo perso del tutto il controllo del mio corpo. Il ragazzo camminò austero verso l’entrata del castello. Gli occhi di Malcolm e Kate mi guardavano preoccupati.
<< QUELLO E’ VIKTOR KRUM! >>

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Capitolo 11
*** Aaron Maximoff ***


Aaron Maximoff
 
Se non fosse stato per Malcolm e Kate, non sarei riuscita a salire le scale che portavano all’interno di Hogwarts. Come se fossero le mie guardie del corpo, mi avevano sorretta per le braccia aiutandomi a fare un gradino alla volta; gli occhi strabuzzati e la bocca semiaperta che boccheggiava nel tentativo di dire qualcosa di sensato.
Non mi importava che i miei compagni mi guardassero perplessi; per una volta, il loro giudizio era l’ultimo dei miei pensieri.
Mai avrei immaginato che uno dei miei idoli mi avrebbe fatto visita ad Hogwarts. Certo, Viktor non era lì per me e non si era fatto largo tra la folla per raggiungermi e proclamarmi il suo amore; ma era comunque nello stesso posto in cui ero io e qui avevo molte più probabilità di poterci scambiare qualche parola.
Malcolm e Kate mi trascinarono per il corridoio, diretti nella Sala Grande.
<< Kate >> dissi. Lei si voltò dubbiosa verso di me. << Dov’è il rossetto che volevi mettermi? Lo hai ancora nella tasca del mantello? >>
Malcolm le lanciò un’occhiata furtiva; mi mise una mano sulla fronte.
<< Cassie, sei sicura di stare bene? >>
<< Credi che mi firmerà il cappello con il rossetto? >>
Sollevato dalla mia risposta, Malcolm scoppiò a ridere e mi cinse le spalle con un braccio. Kate – che aveva osservato tutta la scena in silenzio- alzò gli occhi al cielo, serrando le mani in due pugni.
<< Non ti presterò il mio rossetto per farti autografare il cappello! >>
<< Ma è una questione vitale! Krum come può innamorarsi di me se non trovo un pretesto per parlargli?! >>
<< Cassidy domani troverai una penna! >>
<< Mi serve quell’autografo ora! >>
Un gruppetto di Grifondoro del quarto anno ci superò zittendoci. Kate stava continuando a guardarmi torva, ma, rassegnata, infilò una mano dentro il mantello ed estrasse il rossetto.
<< Tieni, Cassie, ma sappi che ora ti iscriverai con me al corso di Moody in preparazione ai M.A.G.O. >> disse con uno sbuffo. Senza dire niente, sorrisi e le strappai il rossetto dalle mani. Una volta che Krum mi avesse vista così volenterosa ad avere il suo autografo, si sarebbe sentito in dovere di passare del tempo con me. D’altronde, dovevo farlo innamorare in qualche modo, no?
Soddisfatta, presi a braccetto i miei amici ed entrammo nella Sala Grande, dove prendemmo posto al tavolo dei Tassorosso. Per mia sfortuna, i ragazzi di Durmstrang si erano già seduti al tavolo dei Serpeverde; spogliati dalle pellicce, stavano osservando il soffitto stellato in attesa.
Kate mi tirò la manica del mantello << Cassie, è lui quello che dicevo! Il ragazzo bello! Mi pare anche di averlo già visto! >>
Incuriosita, aggrottai la fronte e guardai nella direzione che stava indicando con foga. In disparte, un ragazzo di Durmstrang si era seduto sul bordo della panca e guardava annoiato un punto indefinito della sala. Rispetto ai suoi compagni, sembrava meno massiccio e più atletico; anche i lineamenti del suo viso parevano fuori contesto in confronto a quelli grossolani degli altri ragazzi. Incuriosita, mi voltai del tutto per guardarlo meglio. Perché mi sembrava tremendamente famigliare? Prima di riuscire a capirlo, i professori fecero il loro ingresso nella sala e si sedettero al loro tavolo.
<< Perché Gazza ha preparato quattro posti in più se ci sono solo Madame Maxime e Karkaroff? >> chiese Tamsin incuriosita. Alzai le spalle incapace di dare una risposta.
I presidi delle tre scuole furono gli ultimi a entrare e una volta raggiunta la propria postazione, Silente rimase in piedi. L’intera Sala Grande venne avvolta dal silenzio.
<< Buona sera, signore e signori, fantasmi e - soprattutto – ospiti >> disse Silente rivolgendo un gran sorriso agli studenti stranieri. << È un grande piacere per me darvi il benvenuto qui a Hogwarts. Spero e confido che la vostra permanenza qui sarà tanto comoda quanto piacevole >>
A quelle parole, una ragazza di Beauxbatons scoppiò a ridere altezzosamente. Roteai gli occhi.
<< Idiota >> mormorai. Tamsin annuì e incrociò le braccia al petto. 
<< Il Torneo verrà ufficialmente inaugurato alla fine del banchetto >> disse Silente. << Ora vi invito tutti a mangiare, bere e a fare come se foste a casa vostra! >>
Silente si sedette e i piatti si riempirono di cibo. Storsi il naso. Oltre a quelle normali, il tavolo era ricoperto di pietanze mai viste prima, dall’apparenza strane e troppo sofisticate. Davanti a me, Malcolm si passò la lingua sulle labbra e si riempì il piatto con uno stufato di crostacei.
<< Quanto amo il cibo francese >>
<< E’ il cibo degli sfigati >> intervenì disgustato Anthony << Non voglio mangiare come una femminuccia solo perché sono arrivati loro >> il ragazzo si avventò sul sanguinaccio, sotto lo sguardo irritato di Malcolm.
<< Anthony, tu sei già una femminuccia >>
La mia voce uscì velenosa, con un sibilo. Rickett abbassò la forchetta e si scusò con Malcolm. Quando Herbert cominciò a elencare tutte le ricette francesi che conosceva, mi voltai di nuovo verso il tavolo dei Serpeverde. L’inizio del Torneo mi aveva chiuso lo stomaco, l’ansia mi stava pizzicando le braccia e le guance. Tra poco avrei scoperto come si sarebbe conclusa quella storia ed era meglio trovare qualche distrazione, prima che tutto quel cibo e tutta la mia agitazione mi avessero fatto rimettere il pranzo.
Il ragazzo di prima stava mangiando in silenzio, mentre i suoi compagni divoravano rumorosamente tutto quello che avevano davanti agli occhi. Chissà perché rimaneva solo. Come se mi avesse letto nella mente, alzò lo sguardo dal piatto e lo spostò verso di me; con una mano alzata in segno di saluto, mi fece un mezzo sorriso.
Mi bloccai di colpo. Quel sorriso. Io conoscevo quel sorriso. Quello era…
<< Aaron Maximoff >> bisbigliai sconvolta.
<< Cosa? >> mi chiese Kate. Mi voltai di scatto verso il mio tavolo, incapace di formulare pensieri sensati. Non era possibile.
<< Hai presente il ragazzo di Durmstrang che ti piace? >> sussurrai; avevo l’impressione di aver visto un fantasma. Kate annuì perplessa. << Lo conosco, si chiama Aaron. Non lo vedevo da tre anni, almeno >>
<< Aaron? Non mi hai mai parlato di nessun Aaron >> disse, girandosi verso il tavolo dei Serpeverde.
In effetti non lo avevo mai fatto. Avevo conosciuto Aaron a otto anni, quando avevo passato la mia prima estate a ‘Il Boccino d’Oro’, un campo estivo dove i ragazzi imparavano a giocare a Quidditch. I miei genitori erano così entusiasti di quel posto, che decisero di mandarci lì ogni anno. Per me era bellissimo: potevo giocare a Quidditch dalla mattina alla sera e, essendo una delle più brave, ero nella cerchia dei più famosi del campo. Mi sentivo potente, non la solita schiappa che ero ad Hogwarts. Aaron era più grande di me di due anni e senza volerlo, ogni anno finivamo nella stessa squadra. Un po’ come ad Hogwarts, il campo divideva i ragazzi in sette squadre che si sfidavano per tutta l’estate. Non avevo mai trovato nessuno che capisse perfettamente tutti gli schemi di gioco che mi prefissavo nella mente come faceva lui; gli bastava un cenno per intuire tutte le mie mosse. E la stessa cosa mi succedeva con lui. Eravamo come una coppia di supereroi, pronti a proteggerci le spalle e a sconfiggere tutti i nostri nemici. A Hogwarts non ne avevo mai parlato a nessuno; il campo era il mio rifugio segreto, dove potevo essere me stessa senza alcun problema. Senza contare, che – come punizione a causa dei miei voti- a tredici anni mia mamma mi aveva obbligato a passare a casa le vacanze estive. Non potendo oppormi alla sua volontà, mi abbandonai alla sua scelta, dicendo addio a ‘Il Boccino d’Oro’ e decidendo di non pensarci mai più. Da quell’estate, persi completamente di vista Aaron; in tre anni, l’unica cosa che avevo saputo sul suo conto era che fosse diventato un cacciatore della nazionale Russa.
<< Dimmi qualcosa su di lui! >> esclamò Kate dandomi una gomitata. La guardai di traverso per alcuni secondi, la mano appoggiata sul punto del braccio in cui mi aveva colpita.
Sospirai.
<< Lo avrai visto di sicuro questa estate alla Coppa del Mondo di Quidditch, gioca per la Russia. Ha due anni in più di noi e suo padre è il Ministro della Magia russo >>
Kate strabuzzò gli occhi e si voltò ancora una volta verso di lui. << Merlino, ma è perfetto >>
Alzai le spalle; non sapevo bene che cosa dire sul suo conto. Lo avevo conosciuto solo nell’ambito sportivo e – per quanto mi trovassi bene insieme a lui sul campo - non avevo idea di che persona fosse al di fuori del Quidditch.
<< Se è russo, come mai si chiama Aaron? Non è un nome inglese? >> mi chiese Kate curiosa.
<< Sua mamma è una babbana inglese >> risposi.
Aaron era tornato a guardarmi, un sorriso divertito sul volto. Imbarazzata, ricambiai il gesto e lo salutai con la mano.
Vedere Aaron ad Hogwarts era ancora più strano che vedere Krum.
Distolsi lo sguardo da lui, non volevo che notasse il mio disagio. In quel momento, i due posti in più al tavolo dei professori vennero occupati da Ludo Bagman e da Barty Crouch. Gettai un’occhiata al tavolo dei Grifondoro: Fred e George fissavano Bagman impazienti, a stento riuscivano a rimanere seduti sulla panca.
<< Che RAZZA DI COSA E’ QUESTA? >> urlò all’improvviso Anthony indicando il dolce. Riprestando l’attenzione al mio tavolo, notai che una specie di budino pallido dall’aria malaticcia ci guardava in tutta la sue essenza gelatinosa e disgustosa.
Herbert, Cedric e Halinor scoppiarono a ridere.
<< Anthony, non pensavo che il cibo fosse così importante per te >> disse Cedric coprendosi la bocca con una mano per attutire le risate.
Quando tutti i piatti furono ripuliti, Silente si alzò di nuovo. L’agitazione di prima si impossessò di me; lo stomaco brontolava per la tensione. Il momento che stavo aspettando dall’inizio scolastico era arrivato.
Dietro di me, Fred e George erano tesi in avanti e stavano guardando Silente con grande concentrazione. Non mi ero accorta che si fossero sposati alle mie spalle.
Mi inclinai all’indietro per avvicinarmi a Fred.
<< A cosa devo questa visita? >> bisbigliai divertita.
Fred fece un ghigno, i suoi occhi marroni mi stavano guardando con la stessa concentrazione che aveva riservato a Silente.
<< Volevo condividere con lei questo momento, mia professoressa di Astronomia preferita >>
Gli diedi un buffetto sulla guancia, lasciandomi sfuggire una risata. L’ansia era completamente svanita nel nulla.
<< Il momento è giunto >> disse Silente, sorridendo al mare di visi rivolti verso il suo. Tornai a guardarlo, noncurante delle occhiate incerte che mi stavano rivolgendo i miei compagni << Il Torneo Tremaghi sta per cominciare. Vorrei dire qualche parola di presentazione prima di far entrare il forziere; giusto per chiarire la procedura che seguiremo quest'anno. Ma prima di tutto lasciate che vi presenti, per coloro che non li conoscono, il signor Bartemius Crouch, Direttore dell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale e il signor Ludo Bagman, Direttore dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici >>
Al nome di Bagman, l’intero corpo studentesco – per celebrare il suo passato da battitore-  si esibì in un applauso rumoroso. I fischi denigratori di Fred e George mi perforarono le orecchie.
<< Il signor Bagman e il signor Crouch hanno lavorato instancabilmente negli ultimi mesi per mettere a punto il Torneo Tremaghi >> proseguì Silente, << e si uniranno a me, al professor Karkaroff e a Madame Maxime nella giuria che valuterà gli sforzi dei campioni >>
Il mio cuore fece una capriola. Silente si accorse di aver ridestato l’attenzione degli studenti, così continuò con un sorriso: << Ora il forziere, prego. Mastro Gazza >>
Gazza lasciò l’angolo della sala in cui era nascosto e si avvicinò a Silente; tra le sue braccia, un forziere tempestato di pietre preziose gli stava coprendo il volto.
Sentii il mio tavolo trattenere il respiro; tutti i ragazzi non riuscivano a staccare gli occhi dal forziere, impazienti di scoprire il suo contenuto. 
<< Che emozione! >> disse Malcolm sporgendo la testa in avanti per farsi sentire da me e Kate.
<< Le istruzioni per le prove che i campioni affronteranno quest'anno sono già state prese in esame dal signor Crouch e dal signor Bagman >> disse Silente, mentre Gazza posava con cautela il baule sul tavolo davanti a lui << ed essi hanno preso i provvedimenti necessari. Le sfide saranno tre, distribuite nell'arco dell'anno scolastico, e metteranno alla prova i campioni in molti modi diversi... la loro perizia magica, la loro audacia, i loro poteri deduttivi e, naturalmente, la loro capacità di affrontare il pericolo >>
Un silenzio assoluto dominava l’intera stanza. << Come sapete, tre campioni gareggiano nel Torneo, uno per ogni scuola. Essi otterranno un punteggio in base all'abilità dimostrata in ciascuna delle prove e il campione che avrà totalizzato il punteggio più alto dopo la terza prova vincerà la Coppa Tremaghi. I campioni verranno designati da un selezionatore imparziale... il Calice di Fuoco >>
Con la bacchetta, Silente aprì il cofano del forziere. Infilò la mano al suo interno ed estrasse una coppa di legno intagliata. Corrugai la fronte: quella Coppa era ancora più decadente della nave di Durmstrang.
<< Chiunque desideri proporsi come campione deve scrivere a chiare lettere il suo nome e quello della sua scuola su un foglietto di pergamena e metterlo nel Calice >> disse Silente. << Gli aspiranti campioni hanno ventiquattr'ore per farsi avanti. Domani sera, la sera di Halloween, il Calice restituirà i nomi dei tre che avrà giudicato più meritevoli di rappresentare le loro scuole. Il Calice verrà esposto stasera nella Sala d'Ingresso, dove sarà liberamente raggiungibile per tutti coloro che desiderano gareggiare. Per garantire che nessuno studente di età inferiore a quanto richiesto cada in tentazione >> continuò << traccerò una Linea dell'Età attorno al Calice di Fuoco una volta che sarà stato posto all'Ingresso. Nessuno al di sotto dei diciassette anni potrà varcare questa linea. >>
A quelle parole, frenai a stento una risata. Una linea dell’età? Una pozione invecchiante era più che sufficiente per ingannarla. Non potevo credere che Silente avesse avuto un’idea così stupida. 
<< Indovina chi metterà il proprio nome nel Calice? >> mi sussurrò Fred all’orecchio.
Senza farmi vedere, gli battei il cinque dal basso. Eravamo a cavallo.
Non mi ero mai sentita così vicina alla vittoria come in quel momento. Ero pronta, vogliosa di cominciare a gareggiare. Niente e nessuno mi avrebbe fermata, nemmeno un’inutile Linea dell’Età.
 << Infine, vorrei ricordare a tutti coloro che desiderano partecipare che il Torneo non va affrontato con leggerezza. Una volta che un campione sarà stato scelto dal Calice di Fuoco, lui o lei sarà tenuto a partecipare al Torneo fino alla fine. Inserire il vostro nome nel Calice costituisce un contratto magico vincolante. Non è concesso di cambiare idea una volta diventati campioni. Vi prego dunque di essere molto sicuri di voler prendere parte alla gara, prima di mettere il vostro nome nel Calice. Ora, credo che sia il momento di andare a dormire. Buonanotte a voi tutti >>
A fine discorso, la Sala scoppiò nel caos più totale: eccitati, i ragazzi si alzarono dai propri posti, formando un corteo diretto all’uscita della stanza.
<< Ci vediamo domani mattina alle otto, Diggory >> mi disse George dall’altra parte del tavolo dei Grifondoro. Mi misi una mano sulla fronte in segno di saluto e mi voltai per uscire.
<< Cassidy, da quando in qua sei la migliore amica dei gemelli Weasley? >> mi chiese Cedric. Si stava sforzando di sorridere, ma i suoi occhi facevano intuire un accenno di preoccupazione.
<< Frequento Astronomia con Fred e questo mi ha fatto ricredere sul suo conto >> risposi sperando di risultare vaga. Non ero pronta a un interrogatorio, non ora che il Torneo era così vicino.
<< Streghetta, non la smetterai mai di stupirmi >> il sorriso di Cedric era diventato sincero. Lo spinsi piano per allontanarlo.
<< Vai a dormire che domani diventerai il Campione di Hogwarts! >>
Lui si limitò a ridere, raggiunse Herbert e Anthony e si diresse verso le cucine.
Diedi un’ultima occhiata al Calice di Fuoco e feci un lungo respiro. Solo un giorno alla resa dei conti.
Aspettai che la ressa si dileguasse prima di uscire dalla Sala Grande. Come ogni sera, non vedevo l’ora di andare a dormire; il consiglio che avevo dato a Cedric valeva anche per me.
<< Ma guarda chi si vede, la mia Battitrice preferita! >>
In piedi davanti alla scalinata che conduceva al primo piano, Aaron mi stava aspettando con le braccia conserte. Era rimasto come lo avevo visto l’ultima volta, a parte il fatto che si era alzato di venti centimetri, era diventato più muscoloso e i suoi capelli erano sistemati in un taglio improbabile. Il viso dolce era coperto da una corta barba scura, che –in qualche modo- faceva risaltare i suoi occhi azzurri. Sarebbe stato un bel ragazzo, se non avesse avuto quella pettinatura oscena. Come poteva essersi tinto di biondo platino lo strato superiore dei capelli? Sembrava fossero il risultato di un incantesimo andato a male, specialmente perché quelli inferiori erano ancora del suo castano naturale.
<< Aaron John Maximoff. Qual buon vento ti porta qui a Hogwarts? >> gli chiesi con un sorriso. Lui si passò una mano tra i capelli – per un secondo temetti che quelli biondi si sarebbero staccati- e poi mi abbracciò in una stretta soffocante. Colta alla sprovvista, ci impiegai un momento prima di ricambiare il gesto.
<< Non pensavo che fossi ancora a scuola >> dissi una volta libera dalla sua morsa.
<< Sai, a Durmstrang si va a scuola fino ai diciannove anni. Non siamo così pigri come voi inglesi >> rispose con una risata. Mi era mancato il suo accento russo. Aaron mi fece segno di andare verso il mio dormitorio; senza ribattere mi incamminai in direzione delle cucine.
<< Che tortura >> borbottai.
Divertito, scosse la testa << Sei sempre la solita, Cass >>
<< Intendi dire che continuo ad odiare la scuola? Si è così >> Aaron non smetteva di sorridere, così decisi di sfruttare il suo buon umore per porre fine ai dubbi che mi erano sorti durante la cena << Perché sei un lupo solitario? Insomma, anche io non sopporto la maggior parte dei miei compagni, ma almeno ci parlo >>
Aaron corrugò la fronte << Stalker >>
<< Hai sbagliato parola, volevi dire curiosa >>
Lui sospirò, si grattò la barba con una mano e poi si decise a parlare.
<< Diciamo che non sono visto di buon occhio dai miei compagni >> mi guardò; i suoi occhi azzurri erano tristi, il volto spento da un amaro sorriso << Presumo sia a causa dei miei genitori: sono un Mezzosangue e a Durmstrang vengono accettati solo i Purosangue. Direi di essere un’eccezione, a volte ai figli dei politici viene fatto qualche favore. Peccato che non abbia chiesto io di frequentare Durmstrang, a me sarebbe piaciuto venire ad Hogwarts >> rimase in silenzio per qualche secondo, il viso contratto in una smorfia concentrata. Quando eravamo piccoli faceva così ogni volta che doveva trovare le parole giuste da usare << ma non è l’unica cosa a cui danno il merito a mio padre: quando sono diventato un giocatore professionista, hanno incominciato ad accusarmi di essere un raccomandato. E ora sono convinti che diventerò il campione di Durmstrang per lo stesso motivo >>
Gonfiai le guance. << E io che pensavo che Halinor e Kadma fossero delle arpie >> commentai buttando fuori l’aria. << Ma tu vuoi partecipare al Torneo? >>
Aaron scosse la testa, le mani affondate nelle tasche della divisa rossa.
<< Assolutamente no, sono qua solo perché sono stato obbligato da Karkaroff. Secondo lui avere due ‘celebrità’ tra i possibili giocatori porta prestigio alla scuola. >>
<< Vuoi dirmi che non ti interessa essere riconosciuto come il mago più potente di tutti e fargli vedere che si sbagliano sul tuo conto? >> gli chiesi facendo un mezzo sorriso. Non riuscivo a capire la sua indifferenza nei confronti del Torneo. Se fossi stato in lui, non mi sarei mai lasciato scappare un’occasione del genere.
<< No >> rise lui << Io sto bene dove sono. Il mio allenatore sa quanto valgo e lo so pure io. Se loro non lo vedono non è colpa mia, non ti pare? Dovrebbero solo provare a conoscermi meglio. Inizialmente ci stavo male, ma ho capito che non ha senso perdere tempo a rincorrere persone che non hanno intenzione di scoprire chi sei >>
Pensosa, corrugai la fronte. Perché ero l’unica a dare così tanto peso alle opinioni degli altri? Guardai Aaron. Nonostante fosse in quella posizione scomoda, sembrava felice. Beh, sinceramente anche io sarei stata felice se fossi stata una giocatrice professionista di Quidditch, ma non era questo il punto. Il punto era che non bisognava avere una schiera di ammiratori per essere felici, bastava solo avere fiducia in sé stessi. Aaron ne era la prova vivente. Solo che io non riuscivo a credere nelle mie capacità; ero imprigionata in un circolo vizioso: se gli altri erano convinti che valevo qualcosa, allora mi convincevo pure io.
<< Hai ragione >> dissi in un sussurro. Aaron doveva essersi accorto del tono incerto della mia voce, perché rimase in silenzio fino a quando non ci trovammo davanti all’entrata del dormitorio.
<< Che ne dici se domenica ci vediamo da qualche parte per raccontarci cosa ci è successo in questi tre anni? >> chiesi. Averlo ritrovato ero stato come avere un’illuminazione a fine partita; l’ultima tattica che avrebbe condotto a una vittoria certa. Non avevo intenzione di perderlo di nuovo; il suo discorso mi aveva fatto capire qualcosa.
Il suo sorriso tornò a illuminargli il viso.
<< Ad una condizione >> disse divertito; gli occhi azzurri mi stavano guardando furbi << Devi farmi conoscere la tua amica riccia >>
Alzai gli occhi al cielo << Oh, Mr Loverboy, sei sempre lo stesso >> sospirai.
<< Come dite voi inglesi: il pelo perde il vizio ma non il lupo >> Aaron scoppiò a ridere come se avesse detto la battuta più divertente del mondo; gli misi una mano sulla spalla tentando di trattenere le risate. Non volevo rivelargli che aveva sbagliato completamente il detto.
<< Hai ragione di nuovo >>
Aaron si asciugò le lacrime e mi scompigliò i capelli in segno di saluto; un’abitudine che aveva preso durante le partite.
<< Mi è piaciuto rivederti, Battitrice >>
<< Lo stesso vale per me, Loverboy >>
Gli sorrisi un’ultima volta e sparii nel dormitorio.
Nella mia camera; Kate, Kadma e Halinor stavano già dormendo, le loro russa avvolgevano l’intera stanza. Mi cambiai in fretta e mi infilai sotto le coperte; la voglia di vivere il giorno dopo si era affievolita. L’irritante sensazione di star facendo la cosa sbagliata tornò a farmi visita.
 
 
 

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Capitolo 12
*** Ossequi ai grandi campioni di Hogwarts! ***


Ossequi ai grandi campioni di Hogwarts!
 
Avevo sette anni quando provai a volare per la prima volta. Era un pomeriggio di aprile; l’aria frizzante mi solleticava appena la pelle e il sole brillava nel cielo terso. Emozionata, saltellavo da una parte all’altra del giardino di casa in attesa che venisse mio padre a darmi la prima lezione. Mi ero preparata da giorni: avevo recuperato delle ginocchiere e un casco come mi aveva ordinato la mamma e avevo letto tutti i libri per bambini sulle scope che ero riuscita a trovare. In quel momento mi sentivo prontissima; niente e nessuno mi avrebbe impedito di dare il meglio di me.
Quando mio padre uscì di casa, i miei occhi si posarono eccitati sulla scopa che teneva salda in mano: era poco più lunga di quella giocattolo che avevo rotto a Cedric e non sembrava essere uno degli ultimi modelli usciti sul mercato. Per me era stupenda. Sarebbe stata la mia prima scopa e non vedevo l’ora di cavalcarla.
<< Ehi Cassie, ti piace questo gioiellino che ho trovato? >> disse mio papà con un sorriso. Mi avvicinai a lui correndo, le mani non smettevano di battere dalla gioia.
<< E’ bellissima! >> esclamai. Afferrai il manico; le dita scorsero su tutte le venature del legno per memorizzarne ogni singolo dettaglio. << Quando cominciamo, papi? Io sono pronta! >>
<< Oh lo so che sei pronta! >> le sue parole furono accompagnate da una sonora risata. Mi spettinò i capelli con un gesto affettuoso e poi posò i suoi occhi dolci su di me.
<< Che ne dici se andassimo prima a fare merenda? La mamma ha preparato una torta alla frutta che deve essere deliziosa >>
<< Papà! >> esclamai irritata. Non potevo credere di dover aspettare ancora prima di salire sulla mia scopa. << Non puoi cedere a queste tentazioni! >>
L’espressione divertita di mio padre non scemò, piegò le ginocchia per abbassarsi al mio livello e avvicinò il viso al mio orecchio. << Dicono che il segreto per volare meglio sia avere la pancia piena >> sussurrò.
Allora ero troppo piccola per capire che quella era una piccola bugia che serviva a mio padre per colmare la sua ingordigia. Se c’era una cosa che amava più di mia mamma, erano di sicuro le torte. Non ci pensai due volte e accettai la sua proposta; con passo deciso entrai in casa, la scopa al mio fianco come una fedele amica.
Ero intenzionata a raggiungere la perfezione, così mi sbaffai due fette di torta facendo attenzione a non far cadere i mirtilli e i lamponi della guarnizione.
<< Cassidy, non vorrai rovinarti l’appetito! Tra tre ore si cena >>
La voce di mia mamma mi impedì di prendere la terza fetta.
<< Non preoccuparti mami, papà dice che solo con la pancia piena si vola benissimo >>
Mio padre alzò gli occhi dalla torta, lo sguardo di mamma – freddo e penetrante- lo stava fulminando.
<< Oh Amos, mi ero scordata di quanto fossi saggio >>
Lui non rispose, si limitò a sorridere impacciato; i suoi occhi vagavano in ogni angolo della stanza alla ricerca di qualcosa su cui potesse spostare l’attenzione. Per mia fortuna, scelse la scopa.
<< Allora, Cassie: sei pronta a diventare la strega più brava di tutto il mondo magico? >> disse pulendosi la bocca con il tovagliolo. Con un balzo, scesi dalla sedia; le braccia protese all’insù.
<< SI! >>
Raccattai la scopa e ci precipitammo in giardino, la voce di mia madre che ci urlava di fare attenzione si dissolse nel nulla.
Finalmente era arrivato il momento! Mi vedevo saettare tra i tetti delle case, il vento che mi scompigliava i capelli e gli uccelli che mi facevano strada spaventati. Riuscivo a sentire la sensazione di vuoto sotto i piedi, un brivido che mi percorreva la schiena. Volevo andare in alto, tra le nuvole; sparire in un mondo bianco e lontano. Solo io e la mia scopa.
L’entusiasmo- sia mio che di mio padre- scemò subito: il cielo, dapprima limpido e sereno, era diventato una coltre di nubi grigie e basse.
<< Mi sa che qua scoppia un temporale >> commentò mio padre con uno sospiro.
Lasciai cadere la scopa, il tonfo attutito dall’erba. Non era possibile. Era una giornata perfetta! Perché doveva essersi rovinata in quel modo? Io volevo volare. Io dovevo volare. Non era affatto giusto. Era anche vero che non stava ancora piovendo; potevo fare qualche prova senza problemi. Ma se avesse cominciato a diluviare mentre ero in cielo? Non sapevo come far levitare una scopa, figuriamoci cavalcarla con la pioggia.
Mio padre si accorse subito della mia espressione triste; incurvò la schiena per potermi guardare negli occhi e posò entrambe le mani sulle mie spalle.
<< Ehi Cassie, possiamo sempre tentare. Non è detto che il temporale venga subito >> disse dolcemente. Abbassai lo sguardo sull’erba; avrei voluto accettare la sua proposta, ma parte di me non era sicura. Non volevo finire nei guai.
<< Se no, possiamo provarci appena torna il sole: prometto di portarti subito fuori a volare. Ma tu devi essere convinta Cassie. Ricordati che se qualcosa non ti sembra la cosa giusta da fare, allora non la devi fare. Nemmeno se ci tieni tanto >>
A quelle parole annuii, decisa. << il mondo non è ancora pronto per una Cassie volante >>
Mio padre scoppiò a ridere, mi prese il viso tra le mani e mi stampò un bacio sulla fronte.
Non appena tornammo dentro, il rombo violento di un tuono fece tremare le pareti di casa; il temporale imperversava tutt’intorno.
 
Se qualcosa non ti sembra la cosa giusta da fare, allora non la devi fare. Nemmeno se ci tieni tanto.
 
Sospirai; la porta della Sala d’Ingresso non era mai stata così minacciosa. Tutti i dubbi di un mese e mezzo stavano convergendo nella domanda finale: vuoi davvero partecipare al Torneo, Cassidy Diggory?
Avevo passato l’intera notte a cercare una risposta. Da una parte, vedevo Cedric vincere l’intero Torneo, tutta Hogwarts ai suoi piedi, la fama e la gloria che lo abbracciavano soddisfatte; dall’altra, pensavo a quello che mi aveva detto Aaron il giorno prima e le parole di mio padre mi erano tornate in mente come il testo di una ninna nanna che era riuscita ad addormentarmi.
Vuoi davvero partecipare al Torneo, Cassidy Diggory? Si o no. Accetta o rifiuta, provaci o ritirati. Vai contro le regole o seguile.
Trattenni il respiro ed entrai nella Sala d’Ingresso. Sullo sgabello dove era posto di solito il Cappello Parlante, il Calice di Fuoco – in tutta la sua fatiscenza- guardava impassibile i ragazzi che gli gironzolavano intorno. L’atmosfera nella stanza era elettrica; l’odore aspro dell’ansia avvolgeva ogni singola cosa. A qualche metro dallo sgabello, la Linea dell’Età brillava d’oro.
<< Diggory! >>
I miei pensieri furono interrotti bruscamente; mi voltai di scatto verso la voce. Fred, George e Lee stavano correndo giù dalle scale, la loro eccitazione ben visibile sui volti.
<< Sei pronta? >> mi chiese George raggiante. Senza pensarci due volte, mi circondò le spalle con un braccio e mi strinse a sé in un goffo abbraccio. Imbarazzata, provai a parlare, ma Fred si intromise.
<< Prima di avere la pozione, dovrai accettare un’ultima condizione >>
Irritata, inarcai un sopracciglio << un’altra condizione? Mi pare che il tuo Eccellente lo abbia già avuto >>
Fred mi premette un dito sulle labbra per zittirmi. << Diggory, ascolta. Se vince uno di noi quattro, ci divideremo i galeoni >>
Abbassai gli occhi sul suo dito, prima di fulminarlo con lo sguardo. Fred ritrasse subito la mano.
<< Potete tenerli tutti, per me >> dissi. Fred e George si lanciarono un’occhiata compiaciuta. Sospirai << Ecco, a questo punto devo dirvi una cosa. >>
Ancora una volta, Fred non mi permise di continuare; mi afferrò il polso e si avvicinò a un gruppo di Grifondoro del quarto anno.
<< L’abbiamo presa >> sussurrò trionfante ai tre ragazzini. Davanti a noi, Ron- il fratello di Fred e George- ci stava guardando confuso; la fronte aggrottata e le labbra schiuse alla ricerca di qualcosa da dire. Accanto a lui, il famoso Harry Potter rimaneva in silenzio, in attesa che Fred facesse qualcosa.
<< Cosa? >> chiese Ron infine.
Fred alzò gli occhi al cielo << La Pozione Invecchiante, cervellodicacca >>
<< Una goccia per uno >> spiegò George, sfregandosi le mani tutto allegro << Ci basta essere più grandi solo di pochi mesi >>
La ragazzina dai capelli ricci storse il naso << non credo che funzionerà, sapete >> intervenne cauta << Silente avrà pensato anche a questo >>
Il senso di colpa mi avvolgeva lo stomaco. Avevo preso la mia decisione. Prima che Fred potesse estrarre la pozione dal suo mantello, gli afferrai il braccio per bloccarlo. I suoi occhi si posarono incerti su di me; un’espressione perplessa gli attraversò il volto.
<< Ascoltami, Fred >> dissi. Mi formicolavano le mani; la pancia bruciava. Presi un lungo respiro << ho cambiato idea. Non credo di volerlo fare>>
In quel momento pensai a tutte le frecciatine che avrebbe potuto dirmi; non mi sarei stupita se avesse deciso di darmi della codarda. Non ci riuscivo, non me la sentivo di imbrogliare per prendere parte al Torneo. Era un evento troppo importante e prendere in giro Silente era l’ultima cosa che volevo fare.
Fred rimase a guardarmi per qualche secondo; al suo fianco, George e Lee non dissero niente. Aprii la bocca per giustificarmi – non sopportavo quella reazione apatica- ma quello che successe dopo, mi colse totalmente alla sprovvista: il viso di Fred si sciolse in un sorriso, mi prese il volto tra le mani e mi diede un bacio sulla fronte.
<< Perché? >> chiesi in un sussurro. Le risatine di George e Lee aumentarono il mio imbarazzo, la faccia bruciava e pizzicava.
<< Perché era quello che volevo sentirti dire >> rispose Fred. Senza darmi ulteriori spiegazioni, fece cenno a George di prepararsi; la boccetta della pozione brillava tra le sue dita.
<< Allora, Cassie, vuoi vedere il nostro trionfo? >> mi chiese George con un mezzo sorriso.
Ancora allibita, mi sforzai di scuotere la testa. << Credo che andrò a fare colazione. Aspetterò di sentire uno dei vostri nomi stasera >>
Ero sicura che se il loro piano fosse funzionato, mi sarei pentita della mia scelta e non avevo voglia di lasciarmi corrodere dal rimorso. I tre ragazzi ulularono in segno di vittoria. Li salutai con la mano e sparii dentro la Sala Grande. Le decorazioni di Halloween mi fecero sorridere; una nuvola di pipistrelli volava sul soffitto incantato e zucche intagliate sogghignavano da tutti gli angoli. Il peso che portavo da due mesi era scomparso.
A colazione, non mi stupii quando Malcolm mi disse che Cedric aveva messo il suo nome nel Calice. Mi chiese se fossi riuscita nel mio intento e con sua sorpresa, gli raccontai tutto quello che era accaduto. Non mi feci alcun problema a parlargli di Aaron, di mio padre e della reazione di Fred; un sorriso sollevato sul suo volto.
Non appena finimmo di mangiare, raggiungemmo Kate in giardino. Come al suo solito, si era sistemata accanto al Tasso situato in prossimità della riva del Lago Nero. Stretta nel suo mantello, era seduta sull’erba e stava chiacchierando con altri due maghi. L’aria autunnale era fredda; i piedi degli alberi erano nascosti da coperte rosse e arancioni di foglie.
<< Buongiorno, ragazzi! >> esclamò non appena ci vide. Al suo fianco, Ariel e Aaron ci salutarono sorridendo.
Sorpresa, mi sedetti davanti a loro. Come era possibile? Ariel non sapeva di Aaron e non l’avevo mai vista parlare con Kate.
<< Come mai tutti qui? >> domandò allegro Malcolm.
<< Ci stiamo rifugiando dai pazzi malati che vogliono partecipare al Torneo >> rispose Ariel con uno sbuffo.
Scossi la testa per darle ragione; se avesse saputo quello che avevo organizzato nell’ultimo mese, mi avrebbe ucciso all’istante.
<< A proposito, Miss ‘ Mi piace avere tanti segreti’, perché non mi hai mai parlato di lui? >>
La voce di Ariel si era alzata di qualche decibel, dura e acida; mi guardava con gli occhi ridotti a due fessure, la sua mano indicava stizzita Aaron. Lui si limitò a incrociare le braccia al petto, lo sguardo abbassato e l’imbarazzo palese sulle guance.
<< Già, Cassie, povero Aaron >> continuò Kate mettendogli una mano sulla spalla.
Storsi il naso; odiavo gli interrogatori. E odiavo ancora di più dover rivelare ai miei amici le volte in cui mia madre mi metteva in punizione. Ero certa che avessero un rapporto migliore con i loro genitori e non volevo che pensassero che fossi il disastro di figlia che ero. Sospirai. Non avevo più ragioni per mentire, specialmente ora che Aaron era lì vicino a loro; la possibilità di far finta di non conoscerlo era sfumata del tutto la sera prima.
<Boccino d’Oro, ho cercato di rimuovere tutti i ricordi legati al campo. Non volevo star ulteriormente male. E poi, quando lo frequentavo, noi non ci parlavamo nemmeno >>
Ariel sbuffò. << Cassie, sei senza speranza >>
Non dissi niente. Non sapevo cosa rispondere e ancora non riuscivo a capire come mai Ariel si fosse decisa a parlare con Kate. Di solito, consideravo Malcolm e Kate lontani da Ariel e Gwen; due pianeti appartenenti a galassie diverse destinati a non incontrarsi mai. Non mi dispiaceva vederla lì, seduta al suo fianco, la voglia di continuare la conversazione di prima ancora visibile sul volto.
<< Meglio così! Almeno ho fatto un’entrata ad effetto >> disse Aaron; allungò una mano verso di me per potermi dare una pacca sul ginocchio. Egocentrico.
<< Allora, di che cosa stavate parlando? >> chiese Malcolm curioso.
Kate alzò le spalle << Stavamo scegliendo il campione di Hogwarts e di Durmstrang >>
<< Ah, non sapevo che voi foste la mente dietro il Calice di Fuoco! Se lo avessi saputo prima, avrei pensato a un modo per corrompervi >> celiai con un mezzo sorriso. La gomitata di Malcolm arrivò all’improvviso; un avvertimento arrivato troppo tardi. Ariel mi stava guardando di traverso, il viso piegato da un lato e la bocca arricciata.
<< Corrompervi per cosa? >>
La sua domanda uscì come un sibilo, tagliente e glaciale.
<< Per non far diventare Cedric il campione, che pensavi? >>
Lei rimase a guardarmi ancora per qualche secondo; Kate e Malcolm rimasero immobili, mentre Aaron osservava confuso la scena.
<< Io lo spero invece; Angelina ha messo il suo nome e non voglio che quella rappresenti Hogwarts >> disse infine.
Non feci in tempo a rispondere che in entrambi i casi mi sarei buttata giù dalla torre di Astronomia, che Kate intervenne decisa.
<< I miei due favoriti sono Cedric e Finnegan Smith >>
Corrugai la fronte << Chi è Finnegan Smith? >>
<< Uno dell’ultimo anno di Corvonero >> rispose Malcolm << Era quello che dava ripetizioni di Erbologia l’anno scorso >>
<< Non ho mai sentito il suo nome durante le partite dei Corvonero >>
A quelle parole, Ariel mi pizzicò il braccio. << Solo perché non gioca a Quidditch non significa che non esista, Cassidy! >>
Gli altri scoppiarono a ridere; Kate si aggrappò al braccio di Aaron che stava cercando di non grugnire, mentre Malcolm mi stringeva a sé.
<< Ti adoro, Cass >>
Abbozzai un sorriso. Non era colpa mia se a scuola si menzionavano quasi sempre solo i giocatori di Quidditch. E poi dava ripetizioni di Erbologia; quest’informazione era sufficiente per ignorarlo e non volerlo come campione di Hogwarts. Anche se preferivo lui a Cedric. Avrei preferito chiunque rispetto a mio fratello. Era vero: gli volevo bene, avevo capito che la mia precedente reazione era stata esagerata, avevo approvato la sua scelta e avevo preso la mia; ma l’idea che venisse proclamato miglior studente di Hogwarts mi faceva contorcere le budella. Avrei avuto l’ennesima prova che Cedric fosse migliore di me.
In quel momento, le risate si interruppero; un silenzio singolare calò tra i quattro ragazzi. Perplessa, aggrottai la fronte e alzai lo sguardo per capire cosa stesse succedendo. In piedi accanto a Malcolm, un ragazzo alto dai capelli neri e dal naso aquilino stava guardando Aaron; un’espressione fiera e un sorriso cordiale sul volto.
Strabuzzai gli occhi; un migliaio di aghi mi stava pizzicando il cervello, avevo la gola secca e lo stomaco aveva ripreso a contorcersi su se stesso.
Affondai le unghie nel braccio di Malcolm.
<< Buona fortuna >> disse Krum porgendo la mano a Aaron. Il ragazzo gliela strinse con un sorriso << Buona fortuna >>
Krum si girò verso di noi e ci fece un cenno con la testa in segno di saluto. Ancora zitti, lo guardammo allontanarsi verso il vascello di Durmstrang. Solo una volta fuori dalla nostra visuale, l’incantesimo che ci aveva immobilizzati svanì.
Ariel fu la prima a parlare << Hai messo il nome nel calice? >>
Aaron scosse la testa; il viso girato verso il vascello << No, ho fatto finta. Non voglio partecipare al Torneo >>
<< Secondo me saresti diventato il campione >> disse Kate dolcemente. Lui si voltò per sorriderle. Dietro di loro, Ariel fece finta di avere un conato di vomito.
<< Per Merlino, Morgana, Silente, Artù e tutti i cavalieri della tavola rotonda >> sussurrai.
Otto occhi si posarono preoccupati su di me, le mie unghie erano ancora conficcate nella pelle di Malcolm. << mi ha guardata. Viktor Krum MI HA GUARDATA! >> esclamai. Con un balzo, mi alzai da terra e feci un giro su me stessa.
<< Il PIANO PER FARLO INNAMORARE DI ME E’ GIA’ INIZIATO! >> circondai le spalle di Ariel e le diedi un bacio sulla guancia << quanto è bello il nome Cassidy Krum? >>
Scoppiai a ridere e abbracciai uno a uno i miei amici. Mi sentivo euforica e contenta; il mio idolo mi aveva notata. Per una frazione di secondo, il suo sguardo si era posato su di me. Ora Viktor sapeva della mia esistenza!
Aaron mi afferrò il polso e mi spinse sull’erba; caddi al suo fianco senza smettere di ridere.
<< Battitrice, sei pazza >> rise dandomi un pizzicotto sulla guancia. Annuii contenta e lasciai che gli altri si unissero a noi.
Niente e nessuno avrebbe rovinato quella giornata.
Rimanemmo in giardino fino a quando la pioggia ci obbligò a metterci al riparo dentro il castello. Nella sala comune dei Tassorosso, continuammo a parlare al caldo davanti al camino; le nostre parole scandite dal ticchettio della pioggia contro le finestre. Solo verso le sei decidemmo di raggiungere la Sala Grande per la cena.
Prima di andare al nostro tavolo, Kate mi prese da parte per sapere se fossi riuscita a mettere il mio nome; come avevo fatto con Malcolm, le raccontai tutto per filo e per segno, un sospiro di sollievo commentò la mia storia. Kate mi abbracciò e senza aggiungere altro, ci sedemmo ai nostri soliti posti.
Quella sera, Anthony, Herbert e Cedric si erano messi vicino a noi; l’ansia palpabile sui loro visi. Ci sorrisero in segno di saluto, le loro mani toccavano nervose le posate.
<< State calmi, andrà tutto bene >> disse Malcolm.
Herbert provò a dire qualcosa, ma decise di rimanere zitto. Cedric ringraziò Malcolm e il cibo comparì sui nostri piatti.
Non potevo negare di essere in ansia anche io. Non riuscivo a tenere ferma la gamba sinistra; lo stomaco chiuso mi impediva di focalizzare la mia attenzione sul cibo.
La Sala Grande non era attraversata dal solito vocio assordante di sempre; colli allungati e volti impazienti continuavano a controllare che Silente finisse di mangiare.
Il Calice di Fuoco era stato spostato davanti al tavolo degli insegnanti, dove Madame Maxime e Karkaroff spiccavano per la loro eccentricità tra i professori di Hogwarts.
Una volta che i piatti si fossero svuotati, Anthony alzò il suo bicchiere verso di noi.
<< In bocca al lupo, Cedric. In bocca al lupo, Herbert >>
I due ragazzi lo imitarono e contro la mia volontà, fui costretta a prendere parte al brindisi. Sorrisi a Cedric e ancora una volta, sperai che non diventasse il campione di Hogwarts.
Per curiosità, mi issai sulle ginocchia per controllare il tavolo dei Corvonero. Sarei stata in grado di trovare quel Finnian?  Prima che potessi chiedere aiuto Malcolm, Silente cominciò il suo discorso.
<< Bene, il Calice è quasi pronto a prendere le sue decisioni >> annunciò << Ritengo che abbia bisogno di un altro minuto. Ora, prego i campioni che verranno chiamati di venire da questa parte della Sala, passare davanti al tavolo degli insegnanti ed entrare nella stanza accanto dove riceveranno le prime istruzioni >>
Dopo aver indicato la porta dietro il tavolo, Silente estrasse la sua bacchetta dal mantello. Con un gesto della mano, tutte le candele della sala si spensero, lasciando accese solo quelle dentro le zucche intagliate.
Deglutii. Era arrivato il momento.
Ai lati di Silente, anche Madame Maxime e Karkaroff erano ansiosi di sapere il risultato.
Il Calice di Fuoco sfavillò, le fiamme bianche e bluastre erano la cosa più luminosa dell’intera sala. Tutti lo fissavano in attesa; il silenzio appena calato dava l’impressione che il tempo si fosse fermato.
All’improvviso, le lingue di fuoco del Calice divennero rosse. Delle scintille scoppiettarono e una fiamma, la più alta di tutte, dardeggiò nell’aria lasciando posto a un pezzetto di pergamena bruciato.
Silente lo raccolse e lo avvicinò al Calice per poterlo leggere.
<< Il campione di Durmstrang >> lesse con voce forte e chiara << è Viktor Krum >>.
La sala scoppiò in una tempesta di applausi e grida. Senza darmi un contegno, mi alzai dalla panca e urlai in direzione del tavolo dei Serpeverde, dove i ragazzi di Durmstrang si stavano congratulando con il nuovo campione. Aaron diede una pacca sulla spalla a Viktor che gli sorrise cordiale.
<< Bravo Viktor! Sapevo che avevi la stoffa! >> Esclamò Karkaroff battendo le mani.
Viktor si alzò goffamente dal tavolo e camminò in direzione di Silente, prima di sparire dietro la porta.
Tornai a sedermi ignorando lo sguardo sprezzante di Anthony, quando le fiamme del Calice tornarono rosse. Un secondo foglietto si alzò dalle fiamme; Silente lo prese e si schiarì la voce.
<< Il Campione di Beauxbatons è Fleur Delacour! >>
Un’insignificante biondina si alzò dal tavolo dei Corvonero e dopo essersi sistemata i capelli, avanzò leggera verso la porta.
Malcolm mi strinse la mano, mancava solo Hogwarts. In quei brevi secondi, la mia mente fu attraversata da una serie infinita di domande. Fred e George ci erano riusciti? Dovevo sperare nei loro nomi? O dovevo continuare a sperare in quel Finnis che non aveva un volto? Cosa avrei fatto se Cedric fosse stato scelto campione? Prima di trovare almeno una risposta, il Calice sputò il terzo foglietto.
Sentivo il sangue scorrermi nelle vene, i miei occhi erano incollati su Silente. Eravamo arrivati alla fine.
<< Il campione di Hogwarts >> scandì Silente. Rimase zitto per quelle che mi sembrarono delle interminabili ore. Il cuore stava per esplodermi nel petto << è Cedric Diggory! >>
Non sentii più niente.
Non sentii il boato che esplose al mio tavolo.
Non sentii le braccia di Malcolm che mi strinsero a sé.
Non sentii mio fratello prendermi la mano.
Apatica, mi alzai dalla panca e camminai verso la porta. Non badai agli sguardi perplessi che alcuni studenti mi stavano dando; volevo solo andarmene.
Volevo uscire da quel posto.
I miei movimenti erano meccanici, le gambe mi stavano portando da sole da qualche parte.
Non m’importava.
Volevo solo che il ronzio nella mia testa cessasse; volevo vomitare, volevo urlare, volevo prendere la prima scopa e volare via.
Ma rimasi impassibile.
Non mi stupii nemmeno quando mi ritrovai dentro la classe di Astronomia.
Mi sedetti al mio posto e solo in quel momento, scoppiai a piangere.
Ogni volta che piangevo, mi ricordavo che nell’universo non potevo fare una cosa del genere. Le lacrime, in assenza di gravità, rimangono attaccate all’occhio e si condensano in palline dolorose da rimuovere. Per questo – quando sentivo l’urgenza di piangere- fingevo di trovarmi libera e fluttuante nel cosmo, dove una piccola lacrima sarebbe stata ancora più dolorosa di quello che mi faceva star male.
Quella volta avrei preferito staccarmi palline di acqua salata dagli occhi piuttosto che trattenermi.
Perché Cedric? Perché tra tutti gli studenti di diciassette anni di Hogwarts, il Calice aveva scelto proprio lui? Perché Cedric era così dannatamente perfetto?
Ero stufa di sentirmi inferiore a lui. Ero stufa di sentirmi ripetere che non sarei mai stata al suo livello. Non valevo niente e la sua presenza continuava a ricordarmelo. Ero anche sicura che se avessi avuto diciassette anni, il Calice non mi avrebbe mai scelto. Non ero abbastanza brava con la magia; confondevo incantesimi di difesa con gli incantesimi di trasfigurazione. Non mi interessavo a niente che non fosse Quidditch o Astronomia. Non ero nemmeno così tanto brava a Quidditch. Nel mondo esisteva una moltitudine di giocatori capaci e se anche ero tra loro, non ero un’eccezione. Non spiccavo in niente. Ero un sette, un discreto. Di persone come me ce n’erano a milioni.
Io riuscivo solo a farmi sgridare da mia madre e essere una delusione.
Ero patetica. Mentre Cedric aveva tutto: era bravo, si impegnava in qualsiasi cosa, era buono, era divertente, era bello. E non lo ostentava nemmeno.
Io ero troppo egoista, troppo infantile, troppo permalosa. Non mi dovevo stupire se mio fratello fosse migliore di me. Tutti valevano più di me.
E io non riuscivo a togliermi questo dannato pensiero dalla testa.
Le lacrime scorrevano imperterrite, mi rigavano le guance; strisce salate e secche che arrivavano fino al collo. Il mio corpo era percosso dai singhiozzi, mi faceva male la testa.
Mai avrei potuto immaginare quello che successe dopo.
Una mano si posò sulla mia spalla. Spaventata, mi girai di scatto.
Fred Weasley mi stava guardando; un sorriso abbozzato sul suo volto e la mano che mi accarezzava la schiena.
<< Non sei venuto qui per prendermi in giro, vero? >> balbettai; le parole interrotte dai singhiozzi. Lui scosse la testa e senza pensarci nemmeno, mi alzai dalla sedia per poterlo abbracciare.
Non mi ricordo quanto fossi rimasta tra le sue braccia a piangere; so solo che passarono alcuni minuti e lui non smise di stringermi.
Solo dopo essermi calmata, ci sedemmo sulla terrazza della torre; le schiene appoggiate al muro e gli sguardi rivolti verso il cielo stellato.
<< Ho fatto una figura di cacca >> dissi. La mia voce era roca; gli occhi gonfi e rossi a causa del pianto.
<< In realtà nessuno ci penserà; dopo che Cedric è stato scelto, il Calice ha fatto anche il nome di Harry Potter >>
Mi voltai per guardarlo; dalla sua espressione non riuscivo a capire se fosse serio o stesse scherzando.
<< Cosa? Come è possibile? Potter non è mica al quarto anno? >>
Fred si limitò ad alzare le spalle, con un braccio mi circondò la vita. Continuai a osservarlo in silenzio; il suo profilo era pallido alla luce della luna.
<< Tu e George siete riusciti a mettere il vostro nome nel Calice? >>
Sorrise, l’ombra di una risata sul suo volto. << Diciamo che non siamo stati furbi quanto pensavamo. Dopo aver varcato la Linea dell’Età, a me e George è cresciuta la barba. E che barba! Avresti dovuto vederla: più setosa e argentea di quella di Silente! >>
L’immagine di Fred e George barbuti, delusi dal loro fallimento, mi fece scoppiare a ridere. Mi coprii la bocca con la mano e cercai di attutire il suono della mia voce.
Fred sorrise.
<< Ridi pure, abbiamo riso anche noi >>
<< Dimmi che qualcuno ha immortalato il momento >> dissi tra le risate.
Fred – che si stava sforzando a non ridere- scosse la testa << vedo che ti sei ripresa >> divertito, mi diede un pizzicotto sul braccio.
<< Già >> bisbigliai. I suoi occhi brillavano quasi quanto le stelle, il suo sorriso non dava segno di voler scemare. In quel momento, mi resi conto di non aver ancora detto a Malcolm e Kate quello di cui mi ero accorta. Presa dagli eventi del giorno prima, mi ero dimenticata di confidarmi con loro. << come hai fatto a trovarmi? >> chiesi in un sussurro.
<< Sapevo che eri sconvolta per la notizia di Cedric e ho subito pensato che ti fossi nascosta qui. La prima volta che ci siamo visti in questa classe, stavi piangendo, quindi ho dato per scontato che questo sia il posto in cui vieni quando sei triste >>
Sorpresa dal suo spirito di osservazione, non trovai le parole adatte per rispondere. Lasciai che il silenzio prendesse il sopravvento. Ero contenta che Fred fosse qui con me; non avrei voluto vedere nessun altro.
<< Perché non riesco a essere felice per Cedric? >> domandai << dopo quello che mi avevi detto alla rimessa, pensavo che mi fosse passata. L’ho pensato anche stamattina quando ti ho detto che non volevo più partecipare al Torneo >> feci un sospiro << invece ci sono ricaduta dentro peggio di prima. Sono un disastro di sorella >>
<< Oh, Cassidy, smettila! >> sbottò. Mi mise le mani sulle spalle per farmi girare verso di lui. I suoi occhi marroni mi stavano perforando. << basta piangerti addosso in questo modo, va bene? Non è vero che sei un disastro! Sei l’unica a pensare questo! Ma non vedi quante persone ti vogliono bene e ti trovano fantastica esattamente per come sei? Non ti rendi conto di come i tuoi amici ti guardano? Nei loro sguardi c’è sempre ammirazione. E accidenti! Mi irrita il fatto che non tu non capisca quanto vali, a prescindere dalla scuola o dal Quidditch. Tu mi avevi detto che per te la cosa più importante è quando qualcuno ti fa ridere e vuoi sapere una cosa? Sei la persona che mi fa più ridere al mondo. Sin dal primo momento. Mi ricordo ancora, quando con un incantesimo ti eri trasfigurata i tuoi capelli in quelli di Piton e lo hai imitato in giardino. Avevo le lacrime >> Fred sorrise, le sue mani erano scivolate nelle mie << oppure quando avevi fatto un incantesimo sulle nostre divise di Quidditch e a metà partita erano diventate invisibili. Ti ho trovata geniale. Così come sei stata geniale a farmi capire Astronomia. Parli sempre di quanto sei affascinata dalle stelle e non hai ancora capito che sei luminosa quanto loro. Anche se sei piena zeppa di difetti; anzi! I tuoi difetti sono come le reazioni chimiche che avvengono nei corpi celesti: senza di loro non sprigioneresti la tua energia luminosa e ora aspetta che mi sto facendo venire la nausea da solo >>
La reazione fu semplice: dopo aver completamente dimenticato l’alfabeto, emanai una specie di singhiozzo sorpreso.
<< Diggory, stai bene? >>
Fred cercava di essere preoccupato, anche se l’immancabile ghigno divertito lo stava tradendo.
<< Weasley sei un’idiota >> esclamai.
Fred rise e in quel momento, era chiara la mia prossima mossa. Dimenticai la vergogna, la tristezza e il mio complesso di inferiorità. Mi concentrai sulle parole che mi aveva detto e quelle che volevo dire a Kate e Malcolm. Posai le mani sul suo viso, gli occhi di una erano fissi in quelli dell’altro.
<< Mi hai chiamato Weasley >> sussurrò. << Non mi avevi mai… >>
Non fece in tempo a finire la frase che premetti le mie labbra sulle sue e lo baciai. Lo baciai come se non avessi aspettato altro da mesi e per la prima volta, fui io a zittirlo.
 

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Capitolo 13
*** Il giorno dopo ***


Il giorno dopo


<< BUONGIORNO! >> esclamai scostando le tende del baldacchino. Con un balzo, scesi giù dal letto; le labbra dispiegate in un sorriso e la maglietta del pigiama tutta stropicciata.
Halinor, che era l’unica in camera, mi guardò perplessa.
<< Cassie, stai bene? >> mi chiese; un sopracciglio alzato e la fronte corrugata. Piegò la sua divisa e la sistemò sulla poltroncina che aveva affianco. Senza smettere di sorridere, saltellai nella sua direzione e le diedi un bacio sulla guancia.
<< Benissimissimo! >>
Gli occhi azzurri di Halinor si allargarono; il viso contratto in una smorfia e le labbra increspate. Cercai di trattenere una risata: era da almeno un anno e mezzo che non mi svegliavo così contenta.
<< Suvvia, Halinor, non fare quella faccia! >> dissi. Le diedi una leggera gomitata sul braccio e tornai nella mia parte di stanza, alla ricerca di qualche vestito da indossare.
<< Sicura che sia tutto a posto? Ieri a cena sei scomparsa nel nulla e né io né Kadma ti abbiamo sentita tornare >>
Il tono scettico della sua voce celava della preoccupazione; sorpresa, mi voltai verso di lei. In sei anni, Halinor era sempre stata fredda nei miei confronti. Non eravamo mai andate davvero d’accordo; le nostre conversazioni si erano sempre limitate a saluti o a considerazioni sulle lezioni. Solo rare volte Halinor si decideva – di sua spontanea volontà- a rivolgermi la parola per rimproverarmi. Con il viso corrucciato e le braccia incrociate al petto, mi indicava stizzita e sibilava: << Cassidy, smettila di fare la bambina! >>
In lei, nei suoi lunghi e mossi capelli biondi e nel suo bel viso candido, rivedevo una giovane Elaine Diggory. Avevo avuto questa impressione la prima volta che l’avevo vista, sul treno diretto ad Hogwarts. Era seduta in uno scompartimento insieme a Kadma e altre due ragazze di Corvonero; allora solo bambine, si stavano vantando di tutte le cose che avevano nel loro baule: vestiti, trucchi e gioielli ricoprivano il pavimento tra i sedili. Non appena le vidi attraverso il vetro della porta, storsi il naso: non volevo stare nella stessa Casa di quelle bamboline. L’idea di dover condividere la camera con delle aspiranti adolescenti dedite alla moda e alla bellezza, mi faceva venire la nausea. Inutile dire quanto mi arrabbiai quando il Cappello Parlante mi smistò nei Tassorosso; Halinor si era appena seduta al nostro tavolo -l’eccitazione le illuminava il volto- e io fui costretta a seguirla. Seccata, mi sforzai di non rovinare tutto: avevo aspettato da anni quel momento, dopo tutte le storie che avevo sentito dai miei genitori, finalmente anche io ero diventata una studentessa di Hogwarts. Strinsi i denti anche quando Kadma prese posto vicino a noi. In quel momento, decisi di ignorarle: non valeva la pena rovinarsi la permanenza a Hogwarts ascoltando le loro inutili chiacchiere -i ragazzi e la moda non mi interessavano- e se non avevano altri argomenti di conversazione, non avrei sprecato tempo a sforzarmi di farmele piacere. Con il passare degli anni, vedere Halinor diventare sempre più come mia madre, mi convinse di aver fatto la scelta giusta.
<< Fidati che sto a meraviglia >> dissi con un sorriso.
Halinor mi guardò perplessa per qualche secondo; una piccola fossetta era comparsa sulla fronte. Sospirò e si sedette sul letto.
<< Lo spero, non voglio altri drammi tra i fratelli Diggory >> la sua voce uscì con uno sbuffo, i suoi occhi stavano guardando fuori dalla finestra della camera.
<< In realtà, è la tua preoccupazione a essere più allarmante >>
La ragazza si voltò verso di me; la bocca contratta in una smorfia dava segno di star trattenendo una risata.
<< Cosa stai insinuando, Cassidy? >> chiese divertita.
<< Mia cara, so che ogni volta che c’è una partita, fai sacrifici agli dei per far in modo che mi facciano cadere dalla scopa >> dissi sedendomi al suo fianco.
A quelle parole, Halinor scoppiò a ridere; prese un cuscino e me lo buttò in faccia.
<< Hai ragione >> gracchiò tra le risate.
Sorrisi e le diedi un pizzicotto sul fianco. Halinor fece un gridolino di sorpresa, ma contrariamente a quello che mi sarei aspettata, mi cinse le spalle con un braccio per stringermi a sé. Quando mollò la presa, mi alzai imbarazzata dal suo letto e cominciai a vestirmi. Dovevo parlare urgentemente con Kate e Malcolm e questa volta, nessuno mi avrebbe impedito di farlo. Anche Halinor tornò alle sue cose. Nessuna delle due parlò fino a quando non aprii la porta per andare nella Sala Comune.
<< Cassie? >> disse alzando gli occhi dal cassetto che stava sistemando.
<< Si? >>
<< Qualsiasi cosa ti sia successa ieri, ti ha fatto bene. Sei più simpatica quando sei felice >> Halinor mi rivolse un sorriso sincero e quando si alzò per sistemare la sua parte dell’armadio, capii di essere stata congedata.
Presi un respiro e contenta, scesi le scale per raggiungere gli altri.
Halinor – per quanto fosse stata inquietante a mostrarsi così affettuosa nei miei confronti- aveva ragione: stavo bene. Eccome se stavo bene! Se non avessi avuto dei freni inibitori, avrei cominciato a cantare per tutti i corridoi del castello.
Ero felice, felicissima, più che felicissima!
Le immagini della sera prima mi balenavano nella mente; le parole di Fred riecheggiavano intorno a me dolci come la melodia di una canzone. Dopo il bacio, eravamo rimasti a parlare con lo sguardo fisso sulle stelle; le spalle che si toccavano e le dita delle nostre mani intrecciate. Mi aveva raccontato quello che era successo dopo che lui e George avevano preso la pozione: superata la Linea dell’Età, era cresciuta a entrambi una lunga e liscia barba bianca. Trattenni a stento le risate; la visione di loro due barbuti e sconfitti mi era apparsa talmente tanto ben delineata in testa, che avevo avuto l’impressione di aver assistito alla scena. Riuscivo a vedere i loro occhi marroni colmi di stupore e le labbra socchiuse a causa di quello che era successo; la consapevolezza di essere stati scoperti era una smorfia sul loro viso.
Io, invece, gli spiegai perché avessi cambiato idea sul Torneo. Non mi imbarazzai a raccontargli di mio padre e a svelargli le mie preoccupazioni: Fred ascoltava senza giudicare e sembrava davvero interessato a quello che avevo da dirgli. Quando finii, si limitò a scherzarci sopra; il suono della sua risata mi fece sorridere.
Fred aveva ragione: dovevo smetterla di piangermi addosso. Nessuna forza cosmica aveva obbligato il Calice di Fuoco a fare il nome di Cedric. Era successo e basta. E io dovevo essere orgogliosa di mio fratello. Tra tutti gli studenti di Hogwarts, lui era stato ritenuto degno di rappresentare la scuola al Torneo. Era un evento più unico che raro e Cedric – il mio meraviglioso Cedric- si meritava tutta la gloria che la competizione gli avrebbe portato.
Avevo sempre sostenuto che mio fratello era la persona a cui volevo più bene al mondo ed era giunto il momento di dimostrarlo anche con i fatti.
Dopo che George e Lee irruppero nella Torre di Astronomia (una vera e propria invasione con tanto di risatine e allusioni maliziose) e trascinarono Fred alla festa per Harry Potter, rimasi sola a riflettere. La prossima mossa era semplice: avrei aiutato Cedric con tutte le mie forze a diventare il vincitore.
Per la prima volta – forse in assoluto- avevo un piano che non vedeva me come protagonista.
<< Cassidy! >>
I miei pensieri furono un incantesimo di appello; non appena arrivai nella Sala Comune, Cedric si precipitò verso di me; gli occhi strabuzzati e il viso preoccupato.
<< Va tutto bene? Quando ieri sei scomparsa, mi è venuto un tuffo al cuore; ti giuro che se stai male per questa storia del Torneo, dico a Silente che mi ritiro e …>>
Le sue parole blaterate vennero interrotte dal mio abbraccio. Confuso, Cedric ci impiegò qualche secondo prima di realizzare quello che stavo facendo. Con un movimento impacciato, ricambiò la mia stretta.
<< Cassie…? >>
<< Si? >> risposi staccandomi da lui; gli occhi fissi nei suoi e un sorriso sul volto.
Cedric mi mise una mano sulla fronte, la preoccupazione non dava segno di volerlo abbandonare.
<< Tu decisamente non stai bene! >> esclamò.
I suoi occhi vagarono per la stanza in cerca di aiuto, il collo allungato in avanti per vedere meglio. Gli diedi uno schiaffo sul braccio per farlo smettere; se avesse continuato a fare così, non mi sarei fatta problemi a diventare violenta.
<< Cedric, smettila! Sto alla grande! >> protestai. << okay, ieri non avrò reagito nei migliore dei modi, ma è passato tutto. Sono davvero felice che sia tu il campione, lo giuro. Non avrei mai voluto nessuno al tuo posto >>
Gli occhi di Cedric si addolcirono, il viso si rilassò. << Davvero? Perché ti conosco e so quello che pensi >>
Alzai gli occhi al cielo. Sarà stato il prefetto perfetto neo campione di Hogwarts, ma era davvero duro di comprendonio.
<< E allora ti ricorderai quello che ti ho detto quando mi sono scusata. Sono davvero felice, Ced >> gli sorrisi, le mie guance cominciarono a formicolare << talmente felice che potrei mettermi a cantare l’inno del Puddlemere United in cinque dialetti diversi >> 
La fronte di Cedric si corrugò; un sopracciglio inarcato esprimeva la sua perplessità << Cassidy, che cosa è successo ieri sera? >> domandò dubbioso.
Alzai le spalle divertita e gli misi una mano sulla spalla << Finalmente gli alieni mi hanno resettato il cervello. Dove sono Malcolm e Kate? >>
<< A colazione >>
Alla sua risposta, mi alzai sulle punte dei piedi per dargli un bacio sulla fronte. Cedric non disse nient’altro, ma il suo volto era una maschera di stupore, confusione e paura. Mi morsi l’interno della guancia per non ridere.
<< Ah, Mr Prefetto >> dissi; un mezzo sorriso era comparso sul mio volto << ti toccherà allenarti con me fino a che non vincerai >>
Senza dargli il tempo di replicare, lo salutai sorridendo e saltellai verso l’uscita. Non vedevo l’ora di parlare con Kate e Malcolm; avevo l’urgente bisogno di dire a qualcuno cosa fosse successo la sera prima.
Pronta ad andare verso la Sala Grande, mi lisciai la maglietta e presi un respiro profondo, ma quello che vidi mi bloccò sul posto, lasciandomi totalmente spiazzata.
Gwen era seduta a gambe incrociate davanti alle botti di legno; la schiena appoggiata contro il muro e le dita che giocherellavano con i lacci dei suoi stivali. Era in ansia: i suoi denti stavano martoriando il labbro inferiore come ogni volta che aveva un esame. Che cosa ci faceva qui? Ormai era un mese e mezzo che non ci sentivamo.
Perplessa, mi avvicinai a lei.
<< Ehi! >>
Al suono della mia voce, Gwen alzò lo sguardo verso di me; un sorriso le illuminò il volto.
<< Cassie! >> esclamò, alzandosi da terra. Incerta su cosa fare, si limitò a salutarmi con un cenno della mano << ti stavo aspettando! >>
Per quanto volessi tornare a parlare con Gwen, quel comportamento non mi convinceva: nessuno – neanche la persona più lunatica del mondo- avrebbe ignorato i suoi amici senza motivo come aveva fatto lei; e ancora nessuno, avrebbe fatto finta di niente due mesi dopo. Se Ariel fosse stata lì, mi avrebbe sibilato all’orecchio di non fidarmi; per lei, quello sarebbe stato solo una scusa per chiedermi qualcosa. ‘Mai dimenticare quanto i Serpeverde possano essere opportunisti’. Però conoscevo Gwen e sapevo che era ben lontana dall’ essere una serpe opportunista come credevano gli altri.
<< Ieri sera, dopo che il Calice ha fatto il nome di Cedric, ti ho vista uscire dalla Sala Grande e volevo sapere se stessi bene. Sai, so cosa pensi del fatto che tuo fratello ottenga tutto quello che vuole >>
Sospirai: avrei dovuto immaginarlo. Avevo la netta sensazione che quel giorno nessuno mi avrebbe dato tregua; come madri assillanti, i miei amici mi avrebbero chiesto come mi sentissi. Uno a uno mi avrebbero rivolto la fatidica domanda, una processione infinita e inutile.
<< Sto benissimo, Gwen. Non è successo niente >>
Il mio tono acido la fece rabbuiare; abbassò lo sguardo a terra, la mano destra stringeva con forza l’avambraccio sinistro.
<< Senti, Cassie, lo so che sono sparita per un sacco di tempo, ma… >> i suoi occhi neri erano tornati a guardarmi; profondi pozzi scuri e dispiaciuti << ma non riesco a dirvi il motivo e non so perché >> 
Inarcai un sopracciglio; un’espressione seccata e le braccia incrociate premute con forza contro il petto. Ero irritata da questa situazione; non potevo credere che la mia migliore amica non volesse darmi spiegazioni. Non dopo aver passato anni a doverle dare a lei. I ricordi di tutte le volte che l’avevo delusa a causa delle mie bugie, mi attaccarono scontrosi e violenti.
<< Oh, Cassie, io voglio che lo sappiate! Ma qualcosa mi blocca >> Gwen aveva posato le sue mani sulle mie braccia, la voce disperata tremolava << ma ho bisogno di liberarmi da questo peso ed è questo il vero motivo per cui sono qui >>
Aprii la bocca per rispondere, ma Gwen fu pronta a stringermi più forte le braccia per intimarmi a stare zitta.
<< Ti è mai successo di avere un segreto? Un segreto innocente e stupido, che - nonostante tutto-  ti vergogni a dire ad alta voce? >>
Storsi il naso. Beh, se la metteva su questo piano, sarei stata ipocrita ad arrabbiarmi con lei. La mia vita era composta da segreti di quel genere. Per non parlare del fatto che né lei né Ariel sapevano quello che avevo fatto per partecipare al Torneo; anzi, non sapevano nemmeno che fossi stata interessata a prenderne parte.
Sospirai. Se Gwen mi avesse detto la verità, avrei dovuto svuotare il sacco pure io: non sarebbe stato giusto nei confronti delle mie amiche continuare a mentire.
<< Ecco, è per questo che vi ho evitate: non volevo stare con voi sapendo di dovervi dire delle bugie >>
Le sue parole furono lame di coltelli; il senso di colpa s’impossessò di me. Chi avrebbe mai detto che tra la Serpeverde e la Tassorosso, la bugiarda patologica era quella che dovrebbe essere buona e giusta per definizione? Gwen non stava con noi per non mentirci. E io che avevo fatto? Avevo mentito per la maggior parte del tempo senza problemi. Avrei voluto darmi uno schiaffo; non mi ero mai sentita così egoista. Anche in quel momento, la mia attenzione era posta sul mio essere viscida e non sul segreto di Gwen. Che cosa poteva averla obbligata a reagire così? Gwen aveva detto che era un segreto innocente e stupido. La mia mente cercò di trovare una possibile risposta, ma tra tutte le opzioni, niente mi sembrava così imbarazzante da diventare un segreto terribile.
Non feci in tempo a chiederle di che cosa trattasse, quando delle braccione morbide e forti mi soffocarono; l’ululato di Malcolm mi raggiunse ovattato e stridulo.
<< Merlino, Cassie quanto siamo stati preoccupati per te! >> Malcolm sciolse l’abbraccio e mi mise le mani sulle spalle; i suoi occhi azzurri scintillavano angosciati << perché non sei tornata nella Sala Comune? Dove sei stata? Perché non ci hai avvisati? Potevi mandarci un fantasma! >>
Sorrisi.
<< Mamma! Che cosa ci fai qui? Sei diventata molto più uomo dall’ultima volta che ti ho visto! >> celiai con un sorriso.
Malcolm fece un sospiro. Al suo fianco, Kate alzò gli occhi al cielo; le mani sui fianchi e un piede sbattuto contro il pavimento.
<< Scusaci se ci preoccupiamo per te! >> disse. Mi fulminò con lo sguardo, Malcolm lasciò la presa dalle mie spalle.
Per quanto avessi voluto essere seccata, mi sentivo lusingata che gli importasse quello che mi era successo. Senza ribattere, tornai ad abbracciare Malcolm.
<< Vi fidate di me se vi dico che è tutto okay? >> sussurrai; le mie parole vennero attutite dalla maglietta bianca del ragazzo. Dietro di lui, Kate strabuzzò gli occhi, la sua bocca spalancata non voleva chiudersi. Malcolm indietreggiò di qualche passo, sorpreso, si mise una mano sul petto.
<< Non mi hai mai abbracciato di tua spontanea volontà >>
<< Cassie, non stai bene! Che cosa ti è successo? >> continuò Kate; i suoi occhi verdi strabuzzati e le braccia pesanti lungo i fianchi.
Corrugai la fronte; era davvero così strano che fossi amorevole nei confronti dei miei amici? Prima di rispondere, Gwen tossicchiò per richiamare l’attenzione. Tutti e tre ci voltammo verso di lei.
<< Io, uhm, non voglio essere di troppo perciò… Cassie, possiamo vederci stasera? Verso le sei e mezza, tipo >> balbettò imbarazzata.
<< Certo, mia bellissima Gwen >>
Ricambiò il mio sorriso, ci salutò impacciata e s’incamminò verso il suo dormitorio. La guardai sparire nel corridoio; il buio la travolse con sé. Quella sera anche io le avrei detto la verità.
<< Allora, Diggory. Ci puoi dire che è successo? >> mi chiese austera Kate; mi voltai verso di lei.
<< Subito >>
Feci segno a entrambi di seguirmi, dopo una breve sosta nelle cucine per prendere la colazione – il mio stomaco aveva indetto un concerto per ricordarmi che era dal pranzo del giorno prima che non vedeva cibo- li portai fuori dal castello. Percorremmo il giardino in direzione del Lago, l’aria di quella mattina era gelida e affilata; come spilli appuntiti, pizzicava la pelle. La nave di Durmstrang si rifletteva nera sull’acqua; una macchia d’inchiostro che si propagava su tutta la superficie. Mi sistemai vicino alla riva del Lago, dove l’erba lasciava posto a una stretta spiaggia di sassolini scuri. Malcolm e Kate si misero al mio fianco.
<< Allora?>> chiese Kate una volta seduta. Diedi un morso alla fetta di torta di mele che avevo preso, e dopo aver deglutito, li guardai sorridendo.
<< Fred mi ha baciata! >>
Un urlo si levò in aria, alcuni uccelli che stavano beccando tra i sassi alla ricerca di cibo, volarono via spaventati.
<< CASSIDY IRMA DIGORRY CHE HAI DETTO? >> gridò Malcolm; il viso rosso e una mano aggrappata al mantello di Kate.
Mi lasciai sfuggire una risata, le briciole della torta mi caddero in grembo. Con gli occhi fuori dalle orbite e le bocche spalancate, i loro visi erano più sconvolti di prima.
<< Fred ti ha baciata? >> mormorò Kate; la voce un debole sussurro disperso nell’aria. Diedi a entrambi una pacca sulle cosce e cominciai a spiegargli come fosse successo. Mi ripromisi di non tralasciare alcun dettaglio; più parlavo, più i loro volti si rilassavano, lasciando spazio all’euforia.
<< Eh beh, ve lo volevo dire da tipo quattro giorni, ma con tutta questa storia del Torneo e degli studenti stranieri non ho avuto tempo… >> presi un respiro; curiosi, Malcolm e Kate mi guardavano con gli occhi sgranati, stavano pendendo dalle mie labbra << ho realizzato che Fred mi piace e molto anche. Sapete, neanche con Oliver stavo così bene come sto con Fred e … >>
Non ebbi il tempo di finire la frase: i gridolini acuti dei due ragazzi mi impedirono di continuare. Kate si buttò sopra di me; con le mani strette attorno al mio collo, le sue risate mi perforarono i timpani.
<< MI HAI FATTO VINCERE LA SCOMMESSA! >> urlò contenta. A quelle parole, mi divincolai dalla sua presa e rotolai da un lato per allontanarmi.
<< Che cosa? Una scommessa? >> chiesi allibita.
Kate alzò le spalle, la bocca si allargò in un sorriso malizioso.
<< Sai, sapevamo che prima o poi tu e Fred avreste aperto gli occhi e vi sareste resi conti di essere pazzi l’uno per l’altra >> spiegò in tono pratico << nessuno passa la vita a tormentare un’altra persona senza provare qualcosa di forte per lei … >>
<< Così abbiamo aperto una scommessa: secondo Kate, vi sareste dichiarati dopo l’annuncio dei campioni delle tre scuole, mentre io puntavo più a qualcosa di romantico, come la sera del Ballo del Ceppo >> continuò Malcolm.
Inorridita, socchiusi le labbra per dire qualcosa, le parole mi erano morte in gola. Mi avevano lasciato spiazzata: qualcuno pensava davvero che io e Fred saremmo finiti insieme? E da quando in qua la mia vita amorosa era soggetta a scommesse? E perché Malcolm e Kate si continuavano le frasi a vicenda con la stessa inquietante telepatia di Fred e George?
Un brivido di disgusto mi percorse la schiena; non ci potevo credere. Anche se era abbastanza prevedibile come storia: due ragazzi che non si sono mai sopportati, vengono obbligati a passare del tempo assieme e capiscono di piacersi. Era la trama di una moltitudine esagerata di libri e film babbani che mi aveva prestato Ariel.
Sospirai.
<< Siete scemi >> la mia voce uscì con uno sbuffo; Kate non aveva smesso di compiacersi e Malcolm stava trattenendo a stento le risate << ma non è che gli ho detto ‘ Fred, sai che mi piaci? ’, abbiamo parlato di tutto tranne che di questo. Magari il suo è stato solo un bacio di compassione, può succedere >>
La manona di Malcolm mi diede una sberla sul braccio; sul mio viso si dipinse una smorfia di dolore.
<< Cassidy! Secondo te, uno che ti dice tutte quelle cose non prova niente per te? Ti prego, non esiste. E poi, sei tu che lo hai baciato, non il contrario >> disse austero.
Aveva ragione. Allora perché Fred non mi aveva detto apertamente che gli piacevo? Forse non era nel suo stile. E a pensarci bene, non era nemmeno nel mio. Non lasciavo spesso i miei sentimenti parlare al mio posto.
<< Comunque, quando lo rivedrai la prossima volta? >> chiese Kate.
<< Oggi, passiamo il pomeriggio ad Hogsmeade >>
I due ragazzi si lanciarono un’occhiata compiaciuta; dovetti contare sulle forze cosmiche per non insultarli. Avevo fatto lo sforzo di raccontargli tutto e non avrei retto risatine e occhiate maliziose ogni volta in cui avrei parlato di Fred.
<< Bene – ignorando il fatto che andrete ad Hogsmeade di nascosto- ti sistemerò io per l’appuntamento >> decise Kate scrocchiandosi le dita << e gli dirai che ti piace >>
A quelle parole, provai a ribattere, ma lo sguardo duro e ammonitorio dei due ragazzi mi fece rimanere zitta. Me l’ero proprio cercata.
Spostai lo sguardo sulle sponde de lago; a qualche chilometro da noi, Harry Potter stava chiacchierando con la sua amica riccia. Strano che l’altro Weasley non fosse lì con loro. Con il mento appoggiato al palmo della mia mano, osservai ciò che accadeva dall’altra parte: un gruppo di Serpeverde del settimo anno ci stava provando con un paio di ragazze di Beauxbatons. Feci una smorfia di disgusto; riuscivo a sentire i feromoni che stavano emettendo fino a qua.
Il pensiero che quel pomeriggio avrei visto Fred, tornò a rallegrarmi. Non vedevo l’ora di sfuggire da questi pazzi e scoprire dove mi avrebbe portato. In realtà, finché Fred fosse stato con me, mi sarei rinchiusa pure nella classe di Erbologia.
<< Guarda Cassie, sta sorridendo. Secondo me sta pensando a Fred >> esclamò Malcolm sognante. Senza pensarci due volte, gli rifilai un pugno sulla spalla.
<< Zitto, Preist! >> sibilai.
<< Già, zitto Preist >>
Tutti e tre, ci voltammo con un unico movimento nella direzione di chi aveva parlato. Il gruppo dei tre Serpeverde si era spostato vicino a noi; le loro facce beffarde erano puntate su Malcolm.
<< Che vuoi, Uriah? >> chiese lui pacato.
Il ragazzo dai capelli rossi – che soffriva di un’acne acuta- fece un mezzo sorriso; le braccia conserte nascoste sotto il mantello.
<< Mi chiedevo se tutto il lardo che ti porti appresso è tuo o l’hai rubato da Hagrid >>
Malcolm divenne tutto rosso; l’umiliazione si era condensata in lacrime.
<< Oh, guarda. Al ciccione viene da piangere >>
Uriah e gli altri due energumeni scoppiarono a ridere. Kate strinse il braccio di Malcolm, il quale stava cercando di non scoppiare sul serio. Per un secondo, mi parve di assistere alla scena in lontananza; non riuscivo a credere che quello che avevo visto fosse successo davvero. Malcolm non poteva essere stato soggetto a tutta questa cattiveria gratuita. Lui era l’essere più dolce e buono dell’intero pianeta!
<< Allora, palla di lardo? Hai provato a partecipare al Torneo? Scommetto che la Sprite te lo ha impedito, nessuno vuole vedere un ciccione morire d’infarto durante una gara >> continuò Uriah pizzicandogli una guancia.
Avvenne tutto in fretta: mi alzai di scatto da terra e il mio pugno finì sulla faccia brufolosa di quell’idiota. Sentii Kate sussultare, Malcolm si stava coprendo il viso con le mani. Anche gli amici di Uriah erano rimasti sorpresi dalla mia reazione.
<< Merlino, mi avevano detto che fossi pazza, ma non pazza fino a questo punto >> sputò il ragazzo toccandosi il naso. Senza staccargli gli occhi di dosso, indietreggiai verso i miei amici; la mano destra ancora chiusa in un pugno e le nocche dolenti. Nessuno poteva pensare di insultare Malcolm e passarla liscia; non finché c’ero io al suo fianco.
<< Vedremo di sistemare anche te >>
A quelle parole, i due tirapiedi di Uriah si avventarono su Malcolm per immobilizzarlo a terra; uno per ogni braccio del ragazzo. Nel frattempo, Uriah mi aveva afferrato i polsi e i suoi occhietti verdi stavano minacciando Kate di stare zitta. Non feci in tempo a capire come mollargli un calcio sugli stinchi per liberarmi, quando due mani forti lo presero per le spalle e lo allontanarono. Libera, corsi da Kate e l’alzai da terra; al mio fianco, il nostro salvatore spinse i due ceffi lontano da Malcolm. Il ragazzo indossava i vestiti celesti di Beauxbatons, che ricadevano aggraziatamente sul suo fisico longilineo.
<< Dovete smeterla di importunore le persons >> disse rivolto a Uriah e i suoi amici. La voce uscì dura e fiera; il suo viso, squadrato e molto bello, gli conferiva un’aria regale. Con i capelli castani pettinati di lato e gli abiti celesti, sembrava un principe uscito da un libro di fiabe.
I tre ragazzi guardarono in silenzio lo studente di Beauxbatons – che supposi fosse amico delle ragazze con cui stavano parlando prima-; dopo alcuni secondi, Uriah fece segno agli altri di andare via.
<< Non è finita qui, Diggory >> urlò. La sua figura gobba e magrolina sparì in direzione del castello.
<< Tu stai bien? >> chiese il principe con un sorriso; i suoi occhi azzurri guardavano Malcolm. Gli sporse una mano per aiutarlo ad alzare; le guance di Malcolm si tinsero di rosso, l’umiliazione di prima aveva lasciato posto all’ammirazione.
<< Muy bien >> rispose in un sussurro.
Kate aggrottò la fronte; le braccia incrociate al petto e lo sguardo fisso sui due ragazzi.
<< E’ francese, mica spagnolo >>
<< Mal! Che cosa voleva da te? Perché ti ha aggredito in quel modo? >> sbottai avvicinandomi a lui.
Malcom, che ora era in piedi e si stava sistemando la maglietta, alzò le spalle e scosse la testa.
<< E’ da quando ho segnato il punto decisivo nella partita contro i Serpeverde dell’anno scorso, che Uriah non perde l’occasione di torturarmi >> rispose, la sua voce velata dall’amarezza << sei stata forte con quel pugno >>
Gli sorrisi. << Ma mai forte quanto il nostro amico francese, come ti chiami? >>
Il ragazzo spostò lo sguardo cristallino su di me, quando mi sorrise, due fossette comparvero accanto agli angoli della bocca. Merlino, era anche più bello di Cedric.
<< Je m’apelle Jerome, Miss >> Jerome mi porse la mano. Non feci in tempo a stringerla che Malcolm si tuffò in avanti per afferrarla per primo.
<< ICH BIN MALCOLM! >>
Kate alzò gli occhi al cielo; nonostante stesse cercando di rimanere seria, l’ombra di una risata le attraversava il volto. << Quello è tedesco! >>
Scoppiai a ridere; una mano appoggiata alla spalla di Kate e l’altra posata sulla pancia. Era la prima volta che vedevo Malcolm così interessato a qualcuno. Lui fece finta di non aver sentito, ignorò le mie risate e continuò a prestare attenzione a Jerome.
<< Ti andrebbe di fare una visita guidata del castello? >> chiese dolcemente. Il ragazzo rimase qualche secondo a pensare, il viso concentrato e una piccola fossetta in mezzo alla fronte.
<< Prendila come un modo per sdebitarmi per quello che hai fatto! Mi hai letteralmente salvato la vie >>
Alle parole di Malcolm, Jerome tornò a sorridere e accettò l’invito. Senza voltarsi verso di noi, Malcolm gli fece segno di procedere verso Hogwarts; in un attimo, Jerome fu trascinato via da un contento ed euforico panda.
Rimasi a osservarli scuotendo la testa, il mio sorriso non voleva andare via. Chissà se Malcolm si sarebbe divertito; sperai con tutta me stessa che Jerome non scappasse a gambe levate dopo pochi minuti.
<< Siamo rimaste solo io e te >> dissi a Kate. La ragazza mi guardò con un mezzo sorriso; i suoi occhi furbi davano l’impressione di star tramando qualcosa. Deglutii. Non poteva davvero avere l’intenzione di prepararmi per l’uscita con Fred!
<< Oh sì, e non sai da quanto tempo stavo aspettando questo momento! >>
Senza aver avuto il tempo per replicare, Kate mi prese per mano e cominciò a correre verso il castello; la risata che aveva trattenuto prima si liberò nell’aria.
Non avevo temuto così tanto per la mia incolumità come in quel momento, nemmeno le minacce di Uriah erano riuscite ad impaurirmi in quel modo. Il sol pensiero di finire sotto le grinfie di Kate mi faceva accapponare la pelle. Mi avrebbe trasformato in una versione più goffa e allampanata di Halinor e Kadma.
<< Sai, non sono mai stata così tanto felice per te, Cassie >> disse senza smettere di ridere. Le strinsi la mano e aumentai il passo per mettermi al suo fianco.
Nemmeno io ero mai stata così tanto felice per me.


 
​Spazio autrice:
Okay non so cosa pensare, non sono molto soddisfatta del capitolo. In realtà doveva comprendere quello che succederà nel prossimo, ma mi stavo davvero dilungando troppo e ho preferito tagliare. E lo so, non è il massimo come continuo di quello che è successo nel dodicesimo capitolo. Però volevo mostrare come Cassidy si sentisse, non limitare tutto alla storia romantica ( anche perchè ora mi ritrovo davanti alla consapevolezza di non essere in grado di scrivere cose romantiche .. oops). Ho fatto una difficoltà assurda a scriverlo - il mio tempo libero è finto, sigh- e spero che lo troviate quanto meno piacevole.
Alla prossima - e si, prometto che ci sarà Fred-
Baci, Becky
 
p.s.
se non avete visto Humans, ve lo consiglio vivamente!

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Capitolo 14
*** Se ti piace affatturare una strega o uno stregone, prima o poi ci lascerai il cuore senza esitazione! ***


Se ti piace affatturare una strega o uno stregone, prima o poi ci lascerai il cuore senza esitazione!
 
Quando vidi il mio riflesso attraverso lo specchio situato ai piedi della torre dei Grifondoro, decisi che Kate Macavoy non sarebbe arrivata al giorno dopo. Non appena fossi tornata dall’appuntamento, mi sarei intrufolata nella nostra camera e le avrei cosparso il letto di polvere pruriginosa. A costo di finire vittima della mia stessa vendetta.
Sembravo un clown. Anzi, un clown era meno truccato di me.
Mi sfiorai la guancia fucsia con le dita; la polvere del phard mi era rimasta sui polpastrelli. Sospirai: non potevo farmi vedere da Fred conciata in quel modo; con gli occhi bordeaux e le ciglia brillantate. Ero inguardabile.
Intenta a togliermi tutto quel trucco, mi coprii la mano con la manica del maglioncino e me la passai sul viso. Volevo solo risultare guardabile, non m’interessava apparire bella; non se questo comportava sembrare un’esplosione di colori e brillantini. La mia speranza si affievolì non appena i miei occhi tornarono a guardare il mio riflesso: tutto quello che Kate mi aveva messo in faccia si era sbavato, lunghi segni scuri mi colavano dagli occhi fino alla mascella e il phard fucsia mi arrivava alle orecchie.
La mia imprecazione fece voltare verso di me tutti i personaggi dei ritratti appesi alle pareti.
Maledetta Kate e maledetta Cassidy che aveva accettato il suo aiuto!
Dovevo scappare via. A Fred avrei detto di essermi ammalata: fuori si gelava ed essendo sempre in giardino con Kate e Malcolm, la bugia poteva benissimo passare per verità. Annuii decisa; mai e poi mai Fred mi avrebbe visto conciata in quel modo. Nemmeno se Lord Voldemort in persona fosse tornato e mi avesse minacciata.
<< Diggory! >>
Nel sentire quella voce, un brivido mi percorse la spina dorsale. Accidenti.
Mi coprii istintivamente il viso con le mani; i passi di Fred diventavano sempre più vicini, il mio cuore rischiava di uscirmi dal petto. Non potevo credere che tutto questo stesse succedendo davvero.
<< Cassidy? >> disse Fred confuso.
Rimasi immobile ed emisi un gemito sommesso.
Fred mi prese i polsi, facendomi sobbalzare dalla sorpresa; senza opporre alcuna resistenza, lasciai che mi abbassasse le mani dal viso. Mi stava guardando divertito, gli occhi fissi su di me e la bocca contorta in una smorfia per non ridere. L’imbarazzo si arrampicò dal collo alle guance; la mia pelle formicolava al suo passaggio.
<< Weslink, se non ridi finirai per esplodere >> soffiai tentando di ignorare la vergogna.
A quelle parole, Fred scoppiò a ridere; allentò la presa sui miei polsi e mi accarezzò una guancia con le dita, prima di scostarmi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
<< Diggory, sei un impiastro >> disse Fred dolcemente, un sorriso sincero era comparso sulle sue labbra.
Sentii il mio cuore fare una capriola; i punti in cui Fred mi aveva toccato stavano andando a fuoco.
<< Uhm… che ne dici di andare? Sai, non vorrei che si facesse domani >> farfugliai.
Il mio intento di rimanere composta fallì miseramente: ero diventata dello stesso bordeaux del maglione che avevo indosso, la voce ridotta a un sussurro.
Fred alzò gli occhi al cielo senza smettere di sorridere, si sistemò la sciarpa dei Grifondoro attorno al collo e aspettò che mi infilassi il cappotto nero.
<< Sei pronta a diventare una fuori legge? >> mi chiese ammiccante; una mano protesa verso di me e un mezzo sorriso sul volto.
<< Oh, Whiskey >> risposi con lo stesso tono << io lo sono già >> gli presi la mano e gli toccai la punta del naso con un dito; immediatamente, Fred aumentò la stretta e mi trascinò lungo la scalinata che portava al terzo piano. Agili e attenti, balzavamo da un gradino all’altro evitando di imboccare scale in procinto di cambiare direzione. Ancora una volta, Fred si muoveva silenzioso e rapido per la scuola; a volte mi chiedevo come facesse a conoscere così bene il castello: nonostante ci avessi vissuto dentro per sei anni, non avevo la minima idea di dove portassero i vari corridoi di Hogwarts. Le uniche stanze che sapevo raggiungere erano le classi, la Sala Grande, la Sala Comune dei Tassorosso e un paio di altri posti che io e Kate avevamo scoperto durante il secondo anno; mentre Fred si orientava in quel labirinto di pietra come se fosse stato lui ad averlo costruito.
Una volta arrivati al terzo piano, Fred si fermò davanti alla statua di una strega gobba. Lo guardai dubbiosa; se voleva farmi vedere la scultura, sarebbe rimasto deluso nel sapere che era una delle statue più brutte che avessi mai visto.
Fred si accorse della mia perplessità; le sue labbra si incrinarono in un sorriso soddisfatto.
<< Come non saprai >> disse enfatizzando il più possibile il ‘non’ << all’interno della scuola ci sono ben sette passaggi segreti che portano a Hogsmeade. Io e George ne siamo a conoscenza dal primo anno, ma purtroppo anche Gazza sa della loro esistenza. Bhe… sa dell’esistenza di quattro passaggi, ma comunque ha limitato le nostre possibilità di fuggire via da questo posto >>
Fred rimase in silenzio per qualche secondo; il mio sguardo ancora incerto e le braccia incrociate al petto.
<< Sai, senza George che ti finisce le frasi, perdi metà del tuo charme >>
Fred fece una smorfia, estrasse la sua bacchetta dal giubbotto e la puntò verso la statua. Mi morsi l’interno della guancia per non scoppiare a ridergli in faccia.
<< Posso finire di spiegare? >> mi chiese stizzito; le nocche della mano che impugnava la bacchetta erano diventate bianche.
<< O provo a indovinare io >> con un sorriso malizioso sul volto, mi avvicinai a lui; il braccio appoggiato alla sua spalla e la mano che toccava la gobba di pietra. << i passaggi che Gazza non conosce sono quello davanti al Platano Picchiatore, quello dietro allo specchio del quarto piano e credo questo >> dissi picchiando la mano sulla statua.
Fred strabuzzò gli occhi; le labbra socchiuse e la bacchetta che per poco non cadde a terra.
<< E tu come fai a saperlo? >> sussurrò, la voce acuta e sconcertata.
Scrollai le spalle << Malcolm ha scoperto quello del Platano Picchiatore a sue spese durante il primo anno, questo della statua l’ho provato a indovinare e la frana che ha bloccato l’ultimo passaggio non è stata … beh non è stata una frana naturale >>
Prima che potessi spiegargli come avevo fatto crollare le pareti del tunnel che portava a Hogsmeade; Fred mi afferrò per il colletto del cappotto e mi baciò. Quel gesto avventato scatenò una guerra nel mio stomaco, le gambe molli e le guance in fiamme.
Quando si staccò, i suoi occhi marroni brillavano fissi nei miei << non smetterai mai di stupirmi >>
Abbozzai un sorriso, non ero abituata a questo atteggiamento nei miei confronti. Mi schiarii la voce e mi allontanai di un passo, il rossore cominciò ad affievolirsi.
<< Davvero pensavi che tu, George e Lee foste gli unici a essere andati in perlustrazione del castello? >>
Fred fece una smorfia e alzò le spalle << non si sa mai, questo posto è pieno di zucche vuote >>
Scossi la testa divertita. << Allora, Mr Hogwarts, vogliamo o non vogliamo uscire di qui? >>
Lui mi diede un pizzicotto ridendo e pronunciò l’incantesimo per aprire il passaggio segreto. La gobba della statua si spostò quel tanto che bastava a far passare una persona; Fred mi fece segno di entrare per prima. Con l’adrenalina che mi pulsava nelle vene, non me lo feci ripetere due volte e m’infilai nel buco. Sdrucciolai lungo uno scivolo di pietra, fino a quando non atterrai su un pavimento freddo e umido.
Curiosa, strabuzzai gli occhi per riuscire a vedere qualcosa; la stanza era talmente buia da risultare soffocante. Estrassi la bacchetta dallo stivale e mormorai: << Lumos! >>
Non appena il fascio di luce bluastra colpì una delle pareti, Fred ruzzolò al mio fianco.
<< Accidenti, dovremmo mettere dei materassi per attutire la caduta >>
Spostai gli occhi da lui e mi guardai intorno: eravamo dentro un cunicolo basso e stretto, scavato nel terriccio. Non era diverso dal passaggio segreto che avevo chiuso.
Fred intrecciò le sue dita con le mie e mi fece strada lungo il corridoio arzigogolato; dovetti reggermi a lui un paio di volte per non cadere a causa del terreno sconnesso. Alla fine del cunicolo, dovemmo arrampicarci su una scalinata di pietra; la sua cima coperta dall’oscurità totale. Fred avanzò per primo, la sua mano non si staccò dalla mia, e una volta arrivato alla fine, aprì quella che sembrò essere una botola.  
La luce della cantina di Mielandia ci colpì con violenza: socchiusi di scatto gli occhi per proteggermi, ma qualche secondo dopo riuscii a mettere a fuoco le casse e le scatole di legno che occupavano la stanza. Fred si guardò intorno per controllare che la via fosse libera; una volta sicuro che fossimo soli, mi fece cenno di seguirlo sull’ultima rampa di scale che ci separava dal negozio vero e proprio. Fuori dalla cantina, ci ritrovammo dietro il bancone; Fred mi tirò la manica per intimarmi a strisciare di lato. Eravamo arrivati.
Con nonchalance, ci alzammo da terra; mi spolverai e mi sistemai i lembi della gonna che uscivano fuori dal bordo del cappotto.
Intorno a me, c’era il paradiso: gli innumerevoli scaffali del negozio erano colmi di caramelle colorate, divise in contenitori rotondi di vetro. I miei occhi scorrevano da dolce in dolce, si soffermarono sulle caramelle Effetti Speciali, sui blocchi di cioccolato e sui bonbon esplosivi, fino a finire sulle piume di zucchero filato. Se c’era una cosa che amavo più del Quidditch e dell’Astronomia, erano le caramelle.
<< Dimmi che cosa vuoi >> mi sussurrò Fred con ghigno. La sua voce mi fece tornare alla realtà.
<< Sai che potrei finire tutto quello che c’è qui dentro in meno di un’ora? >> risposi divertita.
<< Meglio >>
Dopo averlo convinto a dividere il costo dei dolciumi, prendemmo un po’ di tutto. Ero talmente eccitata, che mi sentivo mia madre dentro un negozio di vestiti. Da piccola, i miei genitori dovevano minacciarmi per impedirmi di esagerare con le caramelle. Ma io non potevo farci niente se amavo quei dolci morbidi e colorati; amavo le stringhe di liquirizia rossa e gli orsetti azzurri, le Api Frizzole e i Topoghiaccio. La cosa migliore era che, nonostante la mia dipendenza da zucchero, non mi era mai venuta una carie.
Una volta usciti da Mielandia, girovagammo per le strade sdrucciolate di Hogsmeade, le dita intrecciate e le mani libere che si rifornivano di caramelle. Mentre raccontavo a Fred di come io e Kate avevamo scoperto il passaggio segreto – in seconda il nostro professore di Difesa Contro le Arti Oscure era stato un cinquantenne ben piantato dai capelli brizzolati, che aveva avuto l’abitudine di bazzicare il quarto piano- camminavamo tra i cottage dai tetti di paglia, l’aria ghiacciata colorava di rosso i nostri nasi. Entrammo da Stratchy & Sons, Abbagliamento per Maghi, dove comprai delle calze urlanti per fare uno scherzo a Rickett; passeggiammo attorno alla Stamberga Strillante e Fred mi disse che l’anno prima suo fratello Ron era riuscito a visitarla insieme ai suoi amici. Ci fermammo solo una volta davanti alla vetrina del negozio di scherzi di Zonko, dove Fred sospirò soddisfatto.
<< Un giorno io e George avremo un negozio simile >> disse, una nota di orgoglio nella sua voce. Lo guardai sorridendo, la mia mano strinse più forte la sua. La sua determinazione era una delle cose che amavo di più di lui.
<< Vuoi entrare? >> mi chiese.
Gli diedi un lieve pizzicotto sulla guancia e sorrisi << il mio negozio di scherzi preferito deve ancora aprire >>
Premetti dolcemente le mie labbra sulle sue; Fred mi avvolse la vita con le braccia e io mi alzai in punta di piedi per riuscire a baciarlo meglio. Ci staccammo solo dopo qualche secondo, quando le dita si erano congelate talmente tanto da aver perso la sensibilità. Era buffo: io non mi ero mai sentita così bollente.
Proposi di andare a prendere qualcosa di caldo, così Fred mi portò da Madama Piediburro. La strega ci salutò raggiante e ci scortò al nostro tavolo. L’intero locale era avvolto da una luce soffusa, era accogliente con i suoi tavoli rotondi ricoperti da merletti color pastello. Io e Fred non eravamo gli unici: altre tre coppiette stavano occupando dei tavoli posti in angoli diversi della stanza.
<< Strano che non ci chiedano come mai non siamo a Hogwarts >> dissi sorseggiando il mio thè alle violette. Fred fece il solito sorriso soddisfatto. 
<< Bhe, io, George e Lee ormai siamo delle facce conosciute qui ad Hogsmeade >>
Alzai gli occhi al cielo.
<< Mi dimentico sempre che la tua fama non si limita solo al castello >>
Fred ridacchiò, spezzettò un croissant e ne mise un pezzo in bocca.
<< Sai, a me non dispiacerebbe lasciare la scuola come una Leggenda >> disse dopo aver deglutito << essere ricordato da tutte le generazioni future >>
<< Questo ti rende il Serpeverde più serpentoso di tutte le serpi >> risi lanciandogli un pezzo di pasticcino addosso. Fred fece una smorfia divertita.
<< Però non sarebbe male lasciare il segno, no? >>
<< No >> ammisi << Ho sempre desiderato diventare importante per qualcosa ed è uno dei motivi per cui volevo partecipare al torneo >> feci una pausa, le mie dita tamburellavano sulla tazza bollente di ceramica << ma non ho mai fatto niente per meritarmi una cosa del genere e la colpa è solo mia. Non di Cedric, come pensavo. Grazie per avermi fatto aprire gli occhi >>
Fred abbozzò un sorriso; per la prima volta in tutta la mia vita ero riuscita a farlo arrossire.
<< E, se non posso diventare la studentessa più importante di tutta Hogwarts, farò in modo che Cedric lo diventi, perché se lo merita. Se lo merita davvero >>
La mano di Fred si posò sulla mia, i suoi occhi mi guardavano contenti.
<< Questo ti rende la Tassorosso più tassosa di tutti i tassi >>
A quelle parole, scoppiai a ridere. Accidenti, lo adoravo davvero quel Fred Weasley. Perché non ero diventata sua amica molto tempo prima? Perché non mi ero decisa a conoscerlo, anziché passare tutto il mio tempo a sabotarlo?
Non feci in tempo a trovare una risposta, che il mio sguardo si soffermò sulla coppia che si trovava al tavolo vicino a una delle finestre. Una ragazza dalla pelle diafana e i lunghi capelli neri era avvinghiata a un ragazzo dalla pelle scura. Il mio sorriso scemò.
<< Diggory, cosa succede? >> mi chiese Fred preoccupato; si voltò per capire cosa stavo osservando.
La ragazza si era staccata dal ragazzo e mi guardava, gli occhi strabuzzati e una mano che le copriva la bocca.
<< LEE? >> esclamò Fred sconvolto.
<< CASSIDY? >> disse Gwen.
<< GWEN? >> 
<< GERONIMO! >>
Gwen si girò a dare uno schiaffo alla spalla di Lee. Non ci potevo credere. Gwen… insieme a Lee Jordan?! DA QUANDO IN QUA LA MIA GWENDOLINE USCIVA CON LEE JORDAN? E perché non me lo aveva detto? Poteva essere questo il segreto di cui si vergognava?
Madama Piediburro si era girata a guardarci, le guance rosse e un sorriso divertito sul volto.
Solo in quel momento notai che Gwen stava fissando la mia mano nascosta sotto quella di Fred.
<< Cosa… uhm… ci fate qui? >> chiesi, incrociando di scatto le braccia al petto.
Lee e Gwen si alzarono dalle loro sedie per raggiungerci. << Potrei chiedere la stessa cosa di voi due >> disse Gwen.
Totalmente paonazza, guardai Fred nella speranza che dicesse qualcosa; ma lui rimase in silenzio, lo sguardo sospettoso fisso su Lee.
<< Da quando in qua mangi la faccia di Lee? >> chiesi con falsa disinvoltura. Gwen aggrottò la fronte perplessa.
<< Mangi? Cosa? Senti, Cassie, possiamo parlare in privato? >>
Non feci in tempo a rispondere che Fred si mosse, finalmente libero dalla maledizione che lo aveva paralizzato.
<< E’ questo il motivo per cui sparivi nel nulla senza dire niente a me e George? >> domandò curioso. L’espressione sconvolta era diventata maliziosa, lo stesso ghigno che aveva fatto George la sera prima nell’aula di Astronomia.
Lee batté un pugno sulla spalla di Fred. << Non fare così, che almeno non hai perso due galeoni per una stupida scommessa! >> i due ragazzi scoppiarono a ridere, come se nulla fosse. Perché c’erano sempre di mezzo delle scommesse? Gwen mi afferrò per il polso e mi obbligò a seguirla fuori dal locale.
Il freddo autunnale ci investì tagliente, rabbrividii: mi ero dimenticata il cappotto sulla sedia.
<< Cassidy era questo che cercavo di dirti questa mattina >> sospirò Gwen << Lee è il mio segreto >>
<< E perché ti vergogni? Non c’è niente di male se stai con lui >> bisbigliai sfregandomi una mano sul braccio per riscaldarmi.
Gwen si sedette su uno dei gradini che portavano all’ingresso del locale. << Perché sono stupida. Se le mie compagne scoprissero che sto insieme a un Grifondoro mi prenderebbero in giro a vita e non volevo che lo faceste anche voi >>
Con un mezzo sorriso, mi sedetti al suo fianco; il mio braccio le circondò le spalle. << Capisco perfettamente la situazione. E so per certo che né io né Ariel ti avremmo preso in giro… okay forse io lo avrei fatto, ma poi avrei realizzato che l’unico ragazzo che abbia mai avuto è stato un Grifondoro e avrei cominciato a sclerare per il fatto che tu fossi fidanzata >>
Gwen scosse la testa trattenendo una risata << Lo so, me lo sono sempre detta. E sono stata una stupida a non capire prima che avrei dovuto dirvelo già da giugno >>
A quelle parole, inarcai un sopracciglio e mi spostai leggermente << giugno? >>
<< Ehm… diciamo che io e Lee abbiamo preso insieme lezioni extra di Pozioni per i G.U.F.O. e verso la fine della scuola mi ha baciata. Poi al mare, quest’estate, mi sono ritrovata nella stessa spiaggia che frequenta lui e la cosa è diventata seria >>
Parte di me avrebbe voluto arrabbiarsi, ma sapevo che avevo fatto la stessa cosa. Non avevo il diritto di prendermela solo perché lei aveva mantenuto il suo segreto più a lungo di quanto avessi fatto con il mio.
<< E Lee ti piace tanto? >>
Gwen annuì; i denti che mordevano il labbro inferiore e gli occhi posati sulla finestra che dava all’interno della sala del locale. << Penso anche di starmi innamorando. Lee è meraviglioso, mi rende tanto felice >>
Sorrisi. Non potevo arrabbiarmi di fronte al vero amore! E poi, Gwen era la mia migliore amica: se qualcosa la rendeva contenta, ero contenta pure io.
<< E allora fregatene se le tue compagne ti prenderanno in giro. Se lo fanno è perché sono solo invidiose. Non lasciare che questa stupida paura ti impedisca di vivere serenamente la tua relazione >>
Gwen soffocò una risata, era tornata a guardarmi.
<< Wow, Cassie, che consiglio molto Tassorosso! Che fine ha fatto la mia amica anticonformista specializzata in vendette? >>
Sbuffai dandole una gomitata divertita.
<< Si tratta di Fred, vero? >> mi chiese ammiccante.
A quelle parole, le mie guance cominciarono a formicolare; di istinto mi coprii il viso con le mani.
<< Oh Merlino >> biascicai << E’ tanto evidente? >>
Gwen scoppiò a ridere << Vi stavate tenendo per mano! E poi ti sei truccata, non lo fai mai se non per le occasioni speciali >>
Accidenti, vedere Fred mi aveva fatto dimenticare che avevo la faccia simile a un quadro di Kandinskij.
<< Mi vuoi raccontare come è successo? Anche se era abbastanza ovvio che prima o poi vi sareste messi insieme. Come dicono tutti i maghi dall’inizio dei tempi: se ti piace affatturare una strega o uno stregone, prima o poi ci lascerai il cuore senza esitazione >>
Mi morsi la lingua per non ridere. Aprii le dita e guardai Gwen attraverso le fessure. Era arrivato il momento di dirle la verità.
Presi un respiro e raccontai per filo e per segno tutto quello che mi era successo: il mio proposito di partecipare al Torneo, la McGranitt che aveva punito Fred e George per il loro scarso numero di G.U.F.O., le ripetizioni di Astronomia, la litigata con Cedric, la pozione e il bacio. Gwen mi ascoltò senza fiatare, la testa che annuiva e un sorrisetto che spuntava ogni volta che nominavo Fred. Alla fine, mi cinse la vita con le braccia e mi strinse a sé.
<< Sono contenta che sia andata a finire così >> mi bisbigliò tra i capelli.
<< Già. Anche Fred mi rende felice >> continuai ricambiando la stretta.
Rimanemmo abbracciate per qualche minuto; lo stesso pensiero che ci martellava nella testa.
<< Ariel ci ammazzerà quando scoprirà la cosa >> sospirò Gwen staccandosi.
Con le mani tra le ginocchia per riscaldarle, abbassai lo sguardo sulla strada di ciottoli. Gwen aveva ragione: se Ariel avesse scoperto che sia io che lei le stavamo mentendo, ci avrebbe fatte baciare da un Dissennatore. Però non era detto che lo avrebbe saputo: potevamo inventarci un'altra storia che coprisse la verità! Mentire per fare del bene non era sbagliato, giusto?
Come se mi avesse letto nel pensiero, Gwen mi diede uno scappellotto sul braccio.
<< Non continueremo a mentire, Cassie >>
<< Lo immaginavo >>
Ci rialzammo dal gradino e tornammo al caldo, dentro il locale. Fred e Lee stavano ridendo; seduti al nostro tavolo, avevano spazzolato tutto quello che Madama Piediburro ci aveva portato.
Gwen e Lee ci salutarono e andarono a pagare il conto, lasciando di nuovo me e Fred soli.
<< Lo avresti mai detto? >> mi chiese Fred indicandoli, mentre passavano davanti a una delle finestre. Lee aveva circondato le spalle di Gwen con un braccio e lei stava ridendo per una battuta che uno dei due aveva fatto.
<< No >> risposi, sorridendo. Fred mi stava osservando insistentemente, dovetti abbassare lo sguardo per evitare di arrossire << E tu lo avresti mai detto di noi due? >>
<< No >> rispose << Però ci ho sempre sperato >>



 

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Capitolo 15
*** In bocca al Drago ***


In bocca al drago
 
 
Il giorno della prima prova arrivò in una fredda giornata di fine novembre. Seduti ai piedi della scalinata che portava al castello, io e Cedric guardavamo il giardino di Hogwarts estendersi fino a sparire, risucchiato dalla Foresta Nera. Un lieve strato di ghiaccio copriva il prato; fili d’erba grigi illuminati dalla luce fioca del sole. Intorno a noi, l’atmosfera era tesa, l’aria ronzante come se fosse impregnata di elettricità.
Cedric era in ansia: il colorito della sua pelle era leggermente verdognolo; le sue dita tamburellavano nervose sul ginocchio. Abbozzai un sorriso e gli strinsi la mano, Cedric smise di muoversi.
<< Farai il botto >> dissi. Il suono della mia voce tagliò il silenzio, una piccola nuvoletta di condensa uscì dalla mia bocca.
<< Non vedo l’ora di finire arrostito da un drago >>
Il tono di Cedric era divertito, lo sguardo ostentava una falsa sicurezza. Nonostante stesse cercando di apparire forte, la sua preoccupazione era tangibile. Da quando Harry Potter gli aveva svelato in che cosa sarebbe consistita la prima prova, Cedric aveva cominciato a manifestare i primi segni di nervosismo: la pelle intorno alle sue unghie era diventata rossa e smangiucchiata, lo sguardo assente, perso nei suoi pensieri e l’attenzione durante le lezioni era diminuita drasticamente. I professori non gli davano colpe; capivano a quale stress fosse sottoposto e cercavano di sostenerlo in tutti i modi possibili, battute scherzose o permessi per saltare qualche ora. L’unico che lo trattava con indifferenza era il professor Moody; a volte sembrava persino compiaciuto dell’effetto che il Torneo aveva su di lui. Sebbene Moody non avesse intenzione di aiutare Cedric, il resto della scuola si era rivelato essere interamente dalla sua parte: studenti e studentesse di qualsiasi anno avevano preso l’abitudine di salutarlo e sorridergli ogni volta che si trovavano vicino a lui; i Tassorosso – aiutati dai Serpeverde che volevano fare un torto a Potter- avevano realizzato spille e cartelloni che incitavano Cedric a vincere il Torneo. I Tassorosso più piccoli si divertivano a distribuire le spille davanti alle classi; il loro tifo era entusiasta e orgoglioso, uguale in tutto e per tutto a quello riservato al Quidditch. Anche i Corvonero erano dalla parte di Cedric; come i Serpeverde, erano convinti che Potter avesse barato perché assetato di fama e successo.
I Grifondoro, invece, si erano montati la testa. Per loro era d’obbligo che un ragazzo della loro Casa fosse uno dei Campioni, non gli importava che fosse andato contro il regolamento del Torneo. Fred e George avevano addirittura creato un giro segreto di scommesse, puntando tutto quello che avevano su Potter.
<< Se è riuscito in quello in cui io e George abbiamo fallito >> mi aveva detto una volta Fred, riferendosi alla Pozione Invecchiante << è sicuro che la vittoria sarà sua >>
A quelle parole, gli avevo dato un pugno sulla spalla ed ero andata via. Non avevo idea di come Harry Potter fosse riuscito a mettere il suo nome nel Calice, ma una cosa era certa: se avesse vinto al posto di Cedric, avrei scatenato la Seconda Guerra Magica.
L’ultima cosa di cui Hogwarts aveva bisogno, era aumentare ancora di più l’ego dei Grifondoro. A parte Silente, a nessuno piaceva l’idea che vincessero sempre loro. Se fossero stati anche i campioni del Torneo, chi li avrebbe più sopportati? Io no di certo: nel caso in cui Potter avesse ottenuto la vittoria, avevo già pronto il discorso da fare ai miei genitori per farmi passare il mio ultimo anno in un’altra scuola di magia. E nel caso non fossero esistiti scambi culturali nel sistema scolastico dei maghi, li avrei inventati io.
<< Zitto che andrai bene! Sono stata io la tua allenatrice, come minimo sarai talmente tanto bravo che decideranno di finire il Torneo dopo la tua performance >>
Cedric si lasciò sfuggire una risata e scosse la testa.
<< In effetti, da quando hai deciso che devo vincere, non sto facendo altro che prepararmi per il Torneo >>
Mi diede una lieve gomitata tra le costole; misi istintivamente la mano sul punto in cui mi aveva colpita. Non potevo negare quello che aveva detto: da brava sorella rompiscatole, lo avevo obbligato ad allenarsi almeno tre volte a settimana. Il lunedì, il mercoledì e il giovedì sera, lo trascinavo nel campo di Quidditch e gli facevo provare tutti gli incantesimi che conosceva. A volte, passavamo interi pomeriggi rinchiusi in biblioteca per studiare fatture che i professori non ci avevano ancora spiegato; il volto chino sui libri e la mano pronta ad annotare informazioni utili.
<< Però è bello passare del tempo con te, streghetta >> continuò, un sorriso era comparso sul suo volto << ultimamente sei sempre contenta e ridi spesso, tutta colpa del Whiskey, non è vero? >>
Arrossii di colpo; gli occhi spalancati dalla sorpresa. Per un momento temetti di strozzarmi con la saliva, la gola mi prudeva e avevo bisogno di tossire.
<< O forse era Weasley? Non saprei dire >>
Le mie mani circondarono il collo, le guance scottavano come tizzoni ardenti. Provai ad aprire la bocca per rispondere, ma ero spiazzata da quello che aveva detto.
Notando la mia espressione sconvolta, Cedric scoppiò a ridere e mi strinse a sé.
<< Dovresti vedere la tua faccia, sei rossa come un Grifondoro! >> farfugliò tra le risate << beh, non è un problema, tanto hai una passione smisurata per loro >>
<< CEDRIC! >> urlai. Premetti le mani sul suo petto per spingerlo via; una volta libera dalla sua presa, mi alzai in piedi << che cosa stai blaterando? >>
Cercai di rimanere calma, ma la voce stridula tradiva il mio intento.
<< Davvero credevi di potermi nascondere quello che c’è tra te e Fred? >> Cedric non smetteva di ridere, il suo bel viso arrossato e gli occhi lucidi.
Irritata, incrociai le braccia al petto e sbuffai. << E allora? Stiamo insieme, sei contento? >> risposi acida << e non posso credere che tu sia uno stalker! Come lo hai scoperto? >>
 Cedric alzò le spalle << L’ho notato dai vostri sguardi, quando siamo nella Sala Grande vi cercate sempre. Per non parlare della tua aria sognante e di come sorridi quando qualcuno lo nomina >>
Inarcai un sopracciglio e lo fulminai con lo sguardo. << E allora? Quello che hai detto non vale niente, la tua è solo un’ipotesi! Mancano le prove, Sherlock Holmes >>
L’espressione di Cedric si contorse dalla confusione << Sherlock Chi? >> domandò << ad ogni modo, vi ho beccati baciarvi in giardino >>
A quelle parole, mi coprii il volto con le mani. Non potevo crederci, non era possibile. Non potevo essere stata colta in flagrante da mio fratello! L’idea di Cedric compiaciuto dalla visione di me e Fred, mi fece rivoltare lo stomaco dall’imbarazzo.
<< Merlino! >> mi lasciai sfuggire sconsolata.
<< Ma non è niente di cui vergognarsi! Io sono contento che tu sia felice >>
E io felice lo ero davvero. Ero arrivata a sentirmi così bene solo le prime estati che avevo passato al Boccino d’Oro, quando Hogwarts e i Tassorosso erano ancora un pensiero lontano. Avevo tutto quello che desideravo ed ero soddisfatta. Durante i primi giorni, avevo faticato a credere che quello che stesse succedendo fosse reale: mai prima d’ora mi era capitato di essere in pace con me stessa come lo ero in quel periodo. E la cosa migliore era che tutte le persone a cui volevo bene sembravano essere felici: Malcolm era riuscito, in qualche modo, a non spaventare Jerome, il quale aveva preso l’abitudine di passare con noi tutti i momenti liberi che aveva. Kate si era decisa a lasciare in pace Moody, concentrando tutte le sue abilità da pedinatrice per spiare Aaron ovunque lui andasse. Ariel aveva deciso di unirsi a Hermione Granger – l’amica riccia di Potter- per sostenere la CREPA, un’associazione che rivendicava i diritti degli Elfi Domestici ed era soddisfatta delle lezioni di Alchimia che stava dando a Nott. Gwen si era decisa a dire la verità alle sue compagne di stanza e, sebbene la loro reazione fu prevedibile, aveva capito che la sua felicità non dipendeva dal loro consenso.
E poi c’era Fred. Il mio Fred. Fred, che mi faceva ridere anche quando tentava di essere serio, che mi rendeva vulnerabile e ingenua. Mi ritrovavo a pensarlo in continuazione, anche quando erano passati pochi minuti dall’ultima volta che gli avevo parlato. Ovunque andavo, continuavo a vedere i suoi occhi brillare; il suo sorriso si nascondeva in ogni angolo. Non vedevo l’ora di tornare a baciarlo. Volevo stare stretta tra le sue braccia tutto il tempo; al pensiero di vederlo, il mio stomaco bruciava, una voragine che urlava, impaziente di essere colmata.
Oh, Merlino. Avevo bisogno di un aiuto.
Ero cosciente di star esagerando; ma per me, tutta quella situazione era una novità. Non che Oliver non mi avesse resa felice – affatto-, ma con Fred era diverso. Con Oliver mi ero sempre sentita inferiore; lo guardavo con ammirazione, come un dio che si fosse deciso a degnarmi la sua attenzione. Durante la nostra relazione, non avevo mai smesso di chiedermi cosa ci facesse con me. A volte, pensavo che mi avesse chiesto di diventare la sua ragazza solo perché doveva averne una.
Mentre Fred… beh Fred era stupido, irritante e imprevedibile; non sapevo mai da che lato prenderlo e per la maggior parte del tempo avevo voglia di picchiarlo. Eppure, mi erano servite poche ore insieme a lui per capire di essere cotta. Non so da quanto tempo lo fossi - magari da qualche settimana o forse, addirittura, da anni- ma senza alcun dubbio, stare con lui era la cosa migliore che mi fosse accaduta da tanto tempo.
Cedric rise un’ultima volta e mi prese una mano per tornare al castello. A scuola l’atmosfera era di grande tensione ed eccitazione; tutti i ragazzi che avevano preso le spille di Cedric, le sfoggiavano fieri sopra la loro divisa e nessuno dava segno di voler prestare attenzione alle parole dei professori, i quali sembravano impazienti di assistere alla prima prova. Per fortuna, le lezioni terminarono a mezzogiorno, in modo che tutti gli studenti riuscissero a raggiungere il recinto dei draghi in tempo per l’inizio del Torneo.
Dopo pranzo, i Tassorosso del mio anno si riunirono nella Sala Comune per fare gli auguri a Cedric. Sistemati in un semicerchio ordinato, mio fratello ci guardava sorridendo; gli occhi quasi commossi.
<< Amico, devi spaccare, okay? >> disse Rickett per primo << nessuno si merita di vincere quanto te >>
Un mormorio di consenso si levò nella stanza, Herbert annuiva fiero al fianco di Anthony.
<< Sei il migliore. Siamo orgogliosi di te >> aggiunse lui con la voce spezzata dall’emozione.
Halinor si sedette su un divanetto giallo e alzò gli occhi al cielo << lo state mettendo sotto pressione, stupidi! >>
<< Sei una lagna, Clarkson. Lo stiamo solo incoraggiando >> abbaiò Rickett, lo sguardo bercio rivolto verso la ragazza. Halinor aggrottò la fronte, per niente scossa dalla sua risposta.
<< Comunque >> proseguì Herbert sorridente << qualsiasi sarà il risultato, l’orgoglio Tassorosso non è mai stato così alto come in questo momento >>
<< E tutto grazie a te, Ced! >> trillò Kadma con un battito di mani.
Cedric aveva il viso paonazzo, gli occhi imbarazzati a stento riuscivano a ricambiare i nostri sguardi.
<< Vi ringrazio, sul serio. Mentirei se vi dicessi che sono calmo e tranquillo, la realtà è che me la sto facendo sotto >> disse, un sorriso sincero gli illuminava il viso << ma farò di tutto, per rappresentare ognuno di voi e far vedere a Hogwarts e alle altre scuole che i Tassorosso non sono deboli e sfigati come credono >>
Alle sue parole, i nostri compagni scoppiarono in una serie di applausi e fischi di incitamento; mi sedetti su un bracciolo del divano e incrociai le braccia al petto.
<< Oh, Mr Prefetto, saresti un ottimo cavaliere della Tavola Rotonda >> celiai divertita. Lui mi fece l’occhiolino e si sistemò la cravatta della sua uniforme.
<< Streghetta, io sono re Artù >>
Cercai di sbuffare, ma mi lasciai sfuggire una risata.
Senza ulteriori commenti, Kate abbracciò Cedric e gli augurò buona fortuna. Anthony e Herbert gli diedero una pacca sulla spalla, i loro sguardi erano fieri come quelli di due genitori. In segno di buon auspicio, Kadma e Halinor gli diedero un bacio sulla guancia; mentre Malcolm lo avvinghiò a sé ululando commosso << Il nostro Ced andrà a fare il culo agli altri tre partecipanti e vincerà la sfida! >>
Kate gli afferrò un braccione e lo allontanò da Ced, il quale si stava riprendendo dall’abbraccio pachidermico di Malcolm.
<< Mal, non essere così scurrile! >> lo rimproverò lei ridendo.
Lui si asciugò le lacrime con un lembo della camicia. << Prima di andare, io e il corso avanzato di Erbologia vogliamo darti un regalo>> disse lui tornando a sorridere.
Cedric strabuzzò gli occhi sorpreso << No, Mal, non dovevate farmi un regalo >>
Malcolm lo ammutolì con un gesto della mano e in quel momento qualcuno bussò alla porta del nostro dormitorio.
<< Cassie, mi aiuti? >> mi chiese indicando la porta. Incuriosita dalla sorpresa che avevano preparato per Cedric – di cui io non ero a conoscenza – mi avviai verso la porta e l’aprii, Malcolm era alle mie spalle che trepidava dall’eccitazione. Non appena la porta si spalancò sul corridoio buio che portava alle cucine, una pianta dai rami nodosi e bianchi comparve davanti ai miei occhi.
<< Ehm, Malcolm, sei tu? >> chiese una voce dall’accento londinese.
Solo in quel momento mi accorsi che da sotto il vaso, spuntavano due lunghe gambe.
<< Si, Finn, sono io! >> esclamò Malcolm. Il ragazzo si avventò sulla pianta e la alzò in alto in modo da portarla trionfante nella Sala Comune << Cassie, fai strada a Finn che vuole dire due paroline a Ced >>
Irritata, mi morsi l’interno della guancia per non sbuffare. Potevo essere la ragazza più felice del mondo, ma odiavo il fatto che nessuno mi avesse detto niente di quel regalo. Insomma, io ero la sorella di Cedric! Perché non mi avevano avvisata? Era vero che prima di Halloween non ero mai stata entusiasta all’idea che Cedric potesse diventare il Campione del Torneo, ma avevo cambiato idea e se ne erano accorti tutti. Non avevo mai fatto nessuna scenata e non avevo mai detto niente di cattivo quando le ragazzine si fermavano davanti a Cedric per chiedergli gli autografi e lo avevo supportato prima di ogni intervista che aveva rilasciato a Rita Skeeter. Perché nessuno mi aveva dato un po’ di fiducia?
Seccata, feci segno a Finn di seguirmi.
Nella Sala Comune, Cedric stava ammirando commosso la pianta che, con i suoi rami e le sue foglie colorate, creava il suo nome.
Finn salutò imbarazzato il resto dei miei compagni; un sorriso abbozzato e una mano che si scompigliava i folti ricci scuri.
<< Uhm, Cedric. Voglio dirti, da parte mia e di tutti i Corvonero, in bocca al drago >>
A quelle parole, il viso di Cedric impallidì, gli occhi grigi si spalancarono.
<< Grazie, Jinn, i tuoi auguri sono stati molto apprezzati. Fai i complimenti al tuo club di giardinieri >> risposi con un sibilo. Il ragazzo mi guardò confuso, poi rivolse un’occhiata a Malcolm che stava scuotendo la testa. Senza badare a quello che stavano dicendo gli altri, mi avvicinai a Cedric e gli sorrisi.
<< Tutto okay? >>
Lui annuì ancora scosso, la consapevolezza che la prova era imminente si rifletteva nei suoi occhi.
<< Vuoi che ti accompagni? >> chiesi prendendogli una mano.
In un primo momento, Cedric rimase zitto, poi si sciolse in un sorriso e mi strinse.
<< Vado da solo, però voglio vederti in prima fila, okay? >> sussurrò dolcemente. Ricambiai la stretta e poi gli stampai un bacio sulla fronte.
<< Vai, Mr Prefetto e vinci >>
Lui mi sorrise e ci salutò; con il volto fiero, sparì incontro al suo destino.
Finn lo seguì poco dopo, così come Herbert e Anthony; le loro grida da gorilla impazziti rimbombavano sui muri di pietra.
Kate mi prese per mano e, con Malcolm al nostro fiano, raggiungemmo il punto del giardino in cui era stata allestita la tenda per i Campioni e gli spalti circolari per il pubblico. Gli studenti delle tre scuole si stavano arrampicando sui gradini per raggiungere i loro posti, un cicaleccio concitato avvolgeva l’intero posto.
Sforzandomi di ignorare le voci nella mia testa che avevano paura per Cedric, adocchiai Aaron e Ariel che ci stavano aspettando sotto le gradinate. Kate, un sorriso felice, corse nella loro direzione; il mantello che svolazzava al suo seguito. Malcolm si guardò intorno, un’espressione delusa gli incupì il volto << Chissà dov’è Jerome >>
Gli strinsi un braccio per confortarlo, i miei occhi si posarono su Ariel che mi stava salutando da lontano. Con le lezioni di Alchimia e la CREPA, io e Gwen non avevamo avuto modo di rivelare ad Ariel quello che ci era successo. Era buffo come il fato non volesse vederci assieme. Quel giorno mi ero ripromessa di dirle verità, avevo smesso di mentire e non volevo che lei continuasse a ignorare la realtà.
Feci un respiro profondo per scacciare i timori per Cedric e Ariel – parte di me era convinta che mi avrebbe cruciato – e feci per raggiungerla, quando due mani mi coprirono gli occhi.
<< Indovina chi sono? >>
Incrociai le braccia al petto e mi lasciai sfuggire un sorriso divertito.
<< Vediamo… >> risposi << la tua voce mi fa prudere le mani, ho voglia di schiaffeggiarti e sento che nelle tue tasche stanno tintinnando dei galeoni illegali… sarai mica Piton? >>
Fred rise e mi fece voltare verso di sé, le sue mani scivolarono sui miei fianchi.
<< Solo perché sono illegali, non significa che non siano sudati. Non dovresti essere così contrariata >> disse sornione, i suoi occhi marroni brillavano.
<< Sono galeoni sudati? Allora è davvero un duro lavoro il business delle scommesse! >>
Non riuscendo a essere seria, gli afferrai i polsi e tolsi le sue mani dal mio corpo. Gli diedi un pizzicotto sulla guancia e cominciai ad avviarmi verso le scale degli spalti.
<< Ah-ah, la tua mancanza di fiducia nei confronti del mio lavoro e di quello di George, mi scalda il cuore >> celiò fingendo di essersi offeso.
Strinsi le labbra e gli scompigliai i capelli << povero Whiskey >>
Fred scoppiò a ridere e mi afferrò le mani, le sue dita si intrecciarono alle mie. << Mi irriti Diggory, mi irriti sul serio >>
<< Irritare è la mia specialità, me lo dice sempre anche mia madre >>
Lui si limitò ad alzare gli occhi al cielo e mi mise una mano sulla fronte per spingermi leggermente all’indietro.
<< Sei esasperante >> i suoi occhi finirono nei miei, le sue labbra dispiegate in un dolce sorriso << ci vediamo stasera? Dopo cena, nella Torre di Astronomia? >>
Annuii contenta, non vedevo l’ora di passare del tempo con lui. Dopo essermi assicurata che Ariel non stesse guardando – era già seduta al suo posto vicino a Kate- baciai Fred sulle labbra.
<< Spero che il Diggorino non finisca arrosto >> mi disse prima di andare a sedersi vicino al suo gemello.
<< Sparisci prima che ti abbrustolisca io >>
Fred mi salutò portandosi una mano sulla fronte come un militare e andò da George.
Lo guardai allontanarsi e mi sedetti affianco ad Ariel, la quale si stava torturando nervosa le mani. Una grossa spilla con un su scritto ‘ CEDRC DIGGORY DONAMI LA TUA BACCHETTA’ brillava sul suo mantello nero.
<< Se gli succede qualcosa giuro che uccido chi ha organizzato questa impresa suicida >> mormorò, osservando il recinto dentro il quale era rinchiuso un drago blu-grigio. Alla vista di quell’animale, il mio cuore cominciò a battere all’impazzata, il sangue scorreva tagliente e gelido nelle vene.
<< Tranquilla, Cedric si è allenato duramente. Andrà tutto bene >> risposi. La mia frase era più una rassicurazione per me stessa, ma Ariel annuì e mi prese per mano.
<< I Diggory possono affrontare questo e altro >> continuò sforzando un sorriso.
<< Hai ragione, nostra madre è già un campo di battaglia di per sé >>
Non feci in tempo a continuare, che Silente annunciò l’inizio del Torneo. Accanto a lui, Karkaroff e la professoressa Maxime guardavano solenni gli studenti. Mentre Silente parlava e ci raccontava qualche aneddoto divertente sulle edizioni precedenti, la folla si era parzialmente zittita, la calma prima della tempesta. Mi voltai per cercare il resto dei miei compagni: Anthony e Herbert erano seduti una fila più in alto e ridevano a ogni battuta che faceva Silente; Halinor e Kadma si tenevano per mano e guardavano impaurite il drago.
<< Ragazzi, fate un bell’applauso per il nostro primo Campione >> disse Silente, la tensione lasciava i ragazzi con il fiato sospeso << CEDRIC DIGGORY >>
A quel punto gli spalti esplosero in un boato, mio fratello comparì verdognolo nell’arena. La mia mano strinse quella di Ariel, Cedric aveva tirato fuori la sua bacchetta e guardava il drago.
La prima prova era cominciata.
Tutto divenne un ricordo confuso: Cedric che trasfigurò una roccia in un cane, il drago che si lasciò distrarre dall’animale, Cedric che venne abbrustolito sul serio e l’uovo oro nelle sue mani. Le grida del pubblico erano ingarbugliate e assordanti, mi sembrava di essere in un’altra dimensione; io spettatrice di un mondo lontano e intangibile.
Cedric non arrivò primo, Krum e Potter lo superarono. Dovetti ammettere che se l’erano meritato, anche se il risentimento che provavo nei confronti dei Grifondoro mi impedì di realizzare appieno quanto fosse stata incredibile la prova di Harry.
Una volta che la gara terminò, io, Ariel e gli altri Tassorosso raggiungemmo Cedric fuori dalla tenda. Il suo viso era parzialmente coperto da una densa pasta arancione che serviva per lenire le bruciature. Non appena vidi mio fratello, mi catapultai tra le sue braccia. Solo in quel momento mi accorsi di quanta paura avessi avuto.
<< Ehi, hai deciso di uccidermi tu, dato che il drago non ci è riuscito? >> rise accarezzandomi i capelli.
<< Senti, Mandarino, lasciati abbracciare e stai zitto >>
Alle mie parole, Ariel si fece largo e gli gettò le braccia al collo. Cedric, come il resto dei presenti, rimase stupito da quel gesto; un sorriso sul volto e le cinse i fianchi.
<< Ottimo lavoro >> disse Ariel una volta staccatasi dal suo abbraccio. Le sue guance erano tinte di rosso, gli occhi guardavano in basso. Divertito, Cedric si avvicinò a lei e le diede un bacio sulla guancia. << Grazie, Ariel >> mormorò dolcemente << bella spilla >>
Lo sguardo di Ariel cadde sulla spilla che aveva addosso; in meno di un secondo, le sue mani la strapparono via dal mantello. Bordeaux dalla vergogna, la mia amica scappò via senza dire niente.
Per poco non urlai dal ridere.
Questa volta fu il turno di Herbert e Anthony che abbracciarono goffi Cedric.
<< Oh, alla fine sei davvero andato nella bocca del drago >> ragliò Anthony continuando a battere la mano sulla schiena di Cedric.
Dopo che Halinor e Kadma lo ebbero sbaciucchiato ancora, lo portammo nella nostra Sala Comune per festeggiare. Malcolm lo issò sulle sue spalle, aiutato da Herbert; Jerome rideva in lontananza. Aaron si unì ai festeggiamenti per la gioia di Kate e fino alle cinque, il dormitorio dei Tassorosso esultò per Cedric e per la sua sfida. D’altronde, mancavano altre due prove, la strada per la vittoria era ancora lunga.
Ero felice per lui; in mezzo a una cinquantina di persone, il suo sorriso brillava felice. Quando la situazione si calmò, mi congedai per andare a cercare Ariel. Volevo vedere se stava bene e mi ero ripromessa di raccontarle delle ripetizioni di Astronomia e della Pozione Invecchiante.
Mentre camminavo verso la Torre dei Grifondoro, mi ritrovai a pensare a Fred. Ero convinta che in quel momento si stesse beando tra i galeoni che aveva vinto grazie alle sue stupide scommesse; la loro Sala Comune colma del cibo che lui e George avevano rubato dalle cucine in onore di Harry.
Non appena salii le scale che portavano al corridoio dove si trovava il quadro della Signora Grassa, la porta per accedere ai dormitori dei Grifondoro, la mia attenzione fu catturata da una voce femminile, irritante e famigliare.
<< Meno male che Diggory non è arrivato primo, chi avrebbe sopportato poi i Tassorosso? >>
Strinsi la mano in un pugno, quella Johnson era peggio di uno Schiopodo.
<< Merlino, da quando Cedric è stato nominato campione di Hogwarts, quelli si credono i migliori del mondo >> continuò quella che sembrò essere Alicia Spinnet.
Incuriosita dalla piega che aveva preso quella conversazione, rimasi nascosta in quell’angolo, decisa a origliare fino in fondo.
<< Eddai, non vi sembra di esagerare? Sono simpatici >>
La voce di George arrivò decisa, mi scappò un sorriso. Insieme ad Ariel, era sempre stato il Grifondoro per cui nutrivo maggior rispetto.
<< Tantissimo, la sorella di Cedric poi… quella Cassandra, Cassiopea? >>
<< Si chiama Cassidy, Angelina >>
Alla voce ferma di Fred, il mio sorriso si allargò; la mia mano strinse il braccio sinistro. Oltre essere un manico di scopa divertente, era anche un cavaliere senza macchia e senza paura!
<< Oh, Cassidy >> rispose risentita la Johnson << tieni alto l’onore della tua fidanzatina? >>
Fidanzatina? Aveva osato chiamarmi fidanzatina? Non avevo paura a sfigurarle la faccia da mantide che si ritrovava. Ero sul punto di uscire allo scoperto per ribaltarla, quando qualcosa mi bloccò.
<< Ti prego, fidanzatina. Le piacerebbe >>
Il tono di Fred era diventato sarcastico, sentii il mio cuore sprofondarmi nel petto.
Cosa?
<< Cosa? >> chiese la Johnson come se mi avesse letto nel pensiero. << che cosa stai dicendo, Freddie? >>
<< Che la Diggory è cotta marcia del sottoscritto >>
<< E vuoi dirmi che per te non è così? >> intervenne Alicia con una risatina << la guardi esattamente come la sua amica svalvolata guardava Lupin l’anno scorso >>
Fred e Angelina scoppiarono a ridere, qualcuno entrò nel dormitorio.
<< Si chiama recitazione! Devo farle credere di essere ricambiata, questo fa tutto parte di un piano >>
<< E quale sarebbe? >> domandò Angelina.
<< Io e George abbiamo bisogno dei soldi di Cedric nel caso in cui vinca il Torneo. Devo farle promettere che me li darà >>
Non continuai ad ascoltare. Le mie gambe cominciarono scendere le scale; lo sguardo vuoto, perso nei corridoio colmi di quadri e i movimenti meccanici.
Stavo provando la stessa sensazione di prima, l’alienazione sconfortante che mi rendeva spettatrice di un mondo non mio. Quello che avevo sentito non poteva essere vero. Quello non era Fred, quella non poteva essere la verità. Nessuno avrebbe potuto fare una cosa simile.
Non potevo accettarlo.
La nausea mi travolse lo stomaco, per poco non vomitai nel corridoio diretto alla Torre di Astronomia.
Tutte le cose che mi aveva detto… i suoi baci… era tutto falso. Una rivoltante bugia. E io, come una stupida idiota, ci ero cascata. Avevo abboccato all’amo, ero caduta nella trappola; come una cimice cade nella ragnatela di uno schifoso ragno.
Non appena varcai la soglia della classe di Astronomia, buttai una sedia a terra con tutte le mie forze; un ringhio feroce uscì roco e disperato dalla mia bocca. Un fantasma uscì impaurito da un armadio e sparì fuori dal balcone, verso la notte stellata.
Fanculo a Fred Weasley e a quel suo ghigno stupido! Lui e le sue parole ipocrite e viscide.
La rabbia mi pizzicava i polpastrelli delle dita, premeva con forza contro la laringe e pungeva i miei occhi.
Tutto quello che avevo vissuto nell’ultimo mese era una menzogna.
La collera si trasformò in dolore, si riversò in lacrime calde e salate che presero a scorrermi appiccicose sulle guance. Volevo urlare per liberarmi da quella sofferenza, un macigno insopportabile che mi soffocava.
Mi rannicchiai contro un angolo della stanza e piansi. Piansi finché la testa non iniziò a pulsarmi dal male.
Non riuscivo a credere che nonostante tutti i miei avvertimenti o quelli di Malcolm e Kate, ero riuscita davvero a credere a Fred.
 
<< Lui è Fred Weasley… non sai mai cosa gli passa per quella mente malefica >>
 
Il mio cervello urlava quelle parole; il consiglio di Malcolm che avevo deciso di ignorare.
A mie spese, ora sapevo che cosa gli passava per quella mente malefica.
Mi asciugai il viso, lo sterno scosso dai singhiozzi.
Se mi fosse capitato qualche mese fa, non mi sarei fatta problemi a fargliela pagare. Lo avrei fatto soffrire fisicamente, fino a fargli implorare di smettere. Avrei voluto vedere le lacrime rigargli il viso, sentire il dolore trapelare dalle sue parole. Ma in quell’ultimo periodo avevo raggiunto tanti obbiettivi, ero cambiata. Non ero sicura che fosse un bene, ma ero felice e le persone a cui volevo bene erano felici con me. Non potevo mandare all’aria tutto per causa sua.
Dovevo evitare di tornare a essere infantile, volevo agire come una ragazza matura; mostrargli la mia superiorità e farlo sentire in colpa.
<< Diggory, sei qui? >> la voce di Fred mi fece sobbalzare, mi sistemai in fretta il viso e mi alzai da terra per farmi vedere.
<< Meno male, ho dovuto fare il giro del mondo per evitare Mrs. Purr e Gazza >>
La sua espressione divertita cambiò non appena mi vide. La preoccupazione gli attraversò il volto.
<< E’ tutto okay? >> disse avvicinandosi. Evitai la sua mano per un soffio, mi spostai di lato per non permettergli di toccarmi.
<< Eccome se è okay, sto benissimo >>
Quelle parole risultarono false persino alle mie orecchie, la voce roca peggiorò la situazione.
Fred corrugò la fronte, la mano che voleva posarmi sulla spalla era ancora sollevata a mezz’aria.
<< Perché sembra che tu abbia pianto per ore? >>
<< Krum oggi mi ha guardata, saranno state lacrime di gioia >>
Le sue dita si chiusero in un pugno, il braccio tornato lungo il fianco.
<< Dai, non scherzare. Sono preoccupato >>
Sbuffai; mi passai le mani sul viso e mi tirai indietro i capelli. Perché era così difficile fare la cosa giusta?
I miei occhi tornarono a guardare Fred, un sorriso amaro comparve sul mio volto.
<< Fred, smettila. Sappiamo entrambi che è una finizione e io sono stanca. Sono stanca di mentire, stanca di sentire bugie… voglio solo che tutto questo finisca >>
Fred si appoggiò al tavolo più vicino, le braccia conserte. << che cosa significa? >> sussurrò confuso.
<< Significa che sei libero, puoi andare. Se volevi così tanto i soldi del Campione del Torneo, potevi dirmelo, non credo che a Cedric avrebbe dato fastidio condividerli >>
Rimase zitto, il senso di colpa lo costringeva a tenere basso lo sguardo. Lame di coltelli affilati mi trapassarono il torace; presi un respiro per continuare.
<< Anche quando pensavo di odiarti, non avrei mai immaginato che fossi in grado di fare una cosa del genere. Complimenti >> continuai. Il mio tono era calmo e pacato, non c’era né rabbia, né risentimento. Fred tornò a guardarmi, un’espressione indecifrabile sul suo volto.
Mi spolverai il mantello e la gonna e mi avviai verso la porta.
<< Volevo solo dirti di riflettere su quello che hai fatto, perché è davvero orrendo >> presi un respiro, le lacrime stavano tornando << e voglio anche ringraziarti. Avevo bisogno di innamorarmi di te, per capire come voler bene a me stessa >>
Feci per uscire, il viso di nuovo bagnato. Fred mi afferrò il polso e mi obbligò a voltarmi verso di lui.
<< Cassidy, io … >>
Rimase in silenzio, i suoi occhi mi guardavano tristi. Scossi la testa e feci un sorriso, la mia mano scivolò via dalla sua presa.
<< Ci vediamo e non parlarmi più, per favore >>
Con queste parole, mi congedai e sparii verso il mio dormitorio. Forse era così che ci si sentiva dentro la bocca di un drago.
 

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Capitolo 16
*** L'acqua del Lago Nero ***


L’acqua del Lago Nero
 
<< Ragazzi, vorrei del silenzio per favore >>
La voce della professoressa Sprite si perdeva nella serra di Erbologia, dove una ventina di ragazzi la guardavano annoiati tra le piante di Mandragore e Grinzafichi.
Dalle pareti trasparenti della classe, si riusciva a vedere lo strato sottile di neve che copriva l’erba del giardino; la natura addormentata in vista dell’inverno. Era strano essere circondati da fiori giganti e arbusti rigogliosi, lì dentro sembrava che tutto stesse scoppiando di vita, che il tempo si fosse fermato in una perenne primavera.
Avvolta nella sua tunica sporca di terra, la professoressa sorrideva maliziosa; i suoi occhi brillavano come foglie verdi illuminate dal sole.
Non sapevo perché ci avesse convocati: era quasi ora di cena e c’erano tutti i Tassorosso del sesto e del settimo anno. Kate pensava che stesse per farci un discorso che ci esortasse a tener duro per il resto dell’anno scolastico, mentre Malcolm sperava in un progetto di Erbologia da mostrare agli studenti delle altre scuole prima delle vacanze di Natale.
Qualsiasi cosa fosse, volevo andarmene da quella classe. Odiavo l’aria umida e l’odore di concime che mi penetrava con violenza nelle narici; odiavo gli insetti che comparivano strisciando sulle piante e odiavo essere rinchiusa insieme a così tanta gente.
Quando tutti gli studenti si zittirono, la Sprite si scrocchiò le dita delle mani e le posò sui fianchi.
<< Vi starete chiedendo perché vi abbia riuniti qui >> disse; uno strano luccichio le attraversò gli occhi. Qualcosa, nella sua espressione compiaciuta e nel suo tono allusivo, mi rendeva irrequieta. Il ricordo delle sue interrogazioni faceva ruggire il mio stomaco impaurito. << A differenza dei ragazzi degli altri anni, voi non frequentate tutti il corso di Erbologia e per questo non ho potuto dirvi a lezione quello che vi sto per annunciare >>
Malcolm inclinò confuso il viso da un lato.
<< Dovete sapere che il Torneo Tremaghi porta con sé una piacevolissima tradizione >>
A quelle parole, tutti i miei compagni si voltarono a guardare Cedric come se sapesse a cosa si stesse riferendo. Lui si limitò a scuotere la testa, il viso concentrato tentava di ricordarsi qualcosa.
<< Lasciate stare il povero Cedric! >> esclamò la Sprite; la sua voce nascondeva una risata << si tratta del Ballo del Ceppo! Un’occasione per divertirsi e socializzare con gli studenti delle altre scuole! E’ aperto solo ai ragazzi dal quarto anno in su, quindi voi non avrete alcun problema >>
Kate, Halinor e un altro paio di ragazze del settimo anno, lanciarono un gridolino; la classe si animò euforica. Se non mi fossi trovata in mezzo a escrementi concimati di animali e piante pericolose, molto probabilmente mi sarei accasciata a terra dallo sconforto. Perché tutti i progetti scolastici culminavano in un noioso e inutilissimo ballo? Io non avevo nulla da festeggiare e non avevo alcuna intenzione di vestirmi come una stupida principessa per ballare della musica oscena insieme a un tizio qualunque. Intorno a me, nessuno sembrava del mio stesso parere: le ragazze bisbigliavano tra loro contente, i visi arrossati e le mani che pettinavano i capelli, mentre i ragazzi ghignavano confabulando qualcosa, l’entusiasmo visibile nei loro occhi.
<< Merlino, devo convincere Aaron a invitarmi al ballo! >> sussurrò Kate, la voce stridula dall’ansia.
<< Pensa che io non ho ancora capito se Jerome preferisce le bacchette ai calderoni! >>
<< Malcolm, si vede che Jerome è dell’altro manico di scopa! Piuttosto: se fingessi di essere disperata, Aaron mi inviterebbe per pietà? >>
<< Tu sei disperata, Kate >>
In un’altra occasione, le parole di Malcolm avrebbero potuto strapparmi un sorriso. Era quasi comica come situazione: Hogwarts mi suggeriva di darmi alla pazza gioia, quando era l’ultima cosa che volevo fare. Nonostante fossero passate un paio di settimane da quando avevo scoperto la verità su Fred, non ero pronta a lasciarmi tutto definitivamente alle spalle. Ci stavo ancora male, le parole velenose che aveva detto ad Angelina si insinuavano spesso tra i miei pensieri; il suo viso mortificato e lo sguardo rabbuiato dal senso di colpa insistevano sulla ferita ancora aperta.
Kate e Malcolm lo avevano saputo subito: una volta tornata dalla Torre di Astronomia, li avevo presi da parte per raccontargli tutto; le mie parole rotte dal pianto e gli occhi gonfi. Parte di me odiava mostrarsi così debole, ma che senso avrebbe avuto mentirgli quando avevo bisogno di conforto? Quando finii, non riuscii a evitare l’abbraccio di Malcolm. Rimasi stretta a lui per minuti, era troppo scioccato per parlare. Kate, invece, esibì un repertorio di insulti – sia babbani che del nostro mondo- che non sapevo conoscesse; con i denti digrignati e le mani strette ai braccioli della poltroncina gialla, sembrava stesse scagliando chissà quale maledizione contro Fred. Per poco non si strozzò con la sua stessa saliva e solo in quel momento smisi di compiangermi e scoppiai a ridere.
<< Il ballo comincerà alle otto della sera di Natale e si svolgerà nella Sala Grande. Mi raccomando: è obbligatorio indossare l’abito da cerimonia >>
Così dicendo, la professoressa ci congedò; il suo sorriso non voleva scemare. I ragazzi uscirono dalla serra chiacchierando, le parole accompagnate dallo scricchiolio delle scarpe contro la neve. Stretta nel mio mantello, seguii Kate e Malcolm in silenzio. Non avevo voglia di andarci. Non avevo voglia di chiedere a qualcuno di accompagnarmi e non avevo voglia di divertirmi. Perché doveva esserci un ballo? E che senso aveva farlo a Natale? Maghi intelligenti lo avrebbero messo a fine Torneo, non qualche settimana dopo la Prima Prova. Se avessi incontrato chi aveva creato quella stupida competizione, non mi sarei fatta problemi a cruciarlo. Nefasto stregone dalle ancora più nefaste idee.
L’unica mia speranza era Ariel: si opponeva sempre a qualsiasi cosa le venisse detto di fare e contavo che fosse così anche questa volta. Insomma, non riuscivo a vederla dimenarsi nella Sala Grande con indosso un abito da sera: le sue braccia e le sue gambe avrebbero potuto uccidere più maghi di quelli che aveva assassinato Voldemort durante la Guerra Magica. Non mi dispiaceva l’idea di passare con lei la sera di Natale; riuscivo a vederci sedute davanti al camino della Sala Comune dei Tassorosso, i corpi avvolti da morbide coperte rosse e tazze fumanti di cioccolata calda strette tra le mani. Per mia fortuna, quella sera avevo un appuntamento con Ariel e Gwen e avrei approfittato della situazione per organizzare il ‘non-ballo’ mio e di Ariel.
Arrivati dentro il castello, salutai Malcolm e Kate; la loro conversazione rimase spezzata a metà. Kate mi lanciò un’occhiata dubbiosa, ma quando notò che le stavo sorridendo evitò di farmi domande; era dalla Prima Prova che avevo ripreso a cenare frequentemente con le mie amiche e loro due si erano abituati a vedermi sparire.
Mi augurarono buon appetito e una volta travolti dall’orda di studenti che si stavano recando nella Sala Grande, percorsi in fretta i corridoi della scuola per raggiungere l’uscita che dava alla rimessa. Ero contenta di passare la serata con Ariel e Gwen: lontana da tutti non avrei dovuto fingermi entusiasta per qualsiasi cosa mi venisse detta.
La neve copriva il tetto della rimessa; al buio, le forme appuntite della struttura non erano più minacciose. Scesi i gradini di pietra ed entrai, lasciando che il famigliare odore di legno bagnato mi desse il benvenuto. L’umidità che ristagnava nella rimessa la rendeva quasi calda, una volta al suo interno, smisi di coprirmi con il mantello e percorsi il molo fino ad arrivare alla barchetta dove Gwen stava facendo volare delle candele.
<< Bonsoir, mademoiselle >> mi disse sorridendo. Scivolò sulla panchina di legno per farmi spazio e con un gesto della mano, mi fece segno di sedermi al suo fianco.
<< Guten Abend, Madchen >> risposi.
Gwen scoppiò a ridere e scosse la testa, una mano si spostò alcune ciocche scure dal viso.
<< Stiamo passando troppo tempo con gli studenti stranieri >> rise; si aggrappò a un mio braccio e lo strinse, la testa posata sulla mia spalla. Mi lasciai sfuggire un sorriso.
<< Non dirlo a me, ho più amici a Beauxbatons e a Durmstrang che qui ad Hogwarts >>
Gwen si ritrasse di scatto e si mise le mani sui fianchi; il suo sguardo minaccioso mi stava perforando.
<< Amici come quel gran figone di Aaron, che ci hai tenuto nascosto per anni e anni? >>
Mi morsi l’interno della guancia per non ridere. Da quando Gwen lo aveva conosciuto, non aveva fatto altro che ripetermi quanto fosse bello. ‘Il ragazzo più focoso che abbia mai visto ’ detto a parole sue. E non le andava giù il fatto che non ne avessi mai parlato.
<< Cassie, è talmente bello che avrei dovuto avere anni di preparamento psicologico prima di parlargli! >> aveva esclamato una volta, le braccia in aria per accentuare il tono drammatico della sua voce. A quelle parole, ero scoppiata a ridere, mentre Ariel aveva tentato di buttarla dentro il Lago Nero.
<< Quando ero piccola non mi sembrava un gran figone >> dissi con un’alzata di spalle.
Gwen sbuffò e incrociò le braccia al petto << beh, fidati di me: da grande lo è diventato >> borbottò. Per un breve istante i suoi occhi incontrarono i miei, la domanda che voleva farmi si leggeva sul suo viso. Da quando mi ero allontanata da Fred, ogni volta che parlavamo di ragazzi Gwen si interrompeva bruscamente; aveva paura di farmi stare male e non voleva che pensassi di nuovo a lui. Ma quella sera la curiosità era troppa, i suoi denti stavano mangiucchiando le pellicine del labbro inferiore come ogni volta in cui si stava tenendo dentro qualcosa. Voleva domandarmi la stessa cosa che Malcolm e Kate non avevano avuto il coraggio di chiedermi. Lo avevo letto negli sguardi che mi avevano lanciato mentre stavamo tornando dentro il castello; i visi preoccupati e la voglia di entrare dentro la mia testa.
<< Gwen, non voglio andare al ballo >> la anticipai << avevo intenzione di chiedere ad Ariel di passare la sera di Natale con me >>
Gwen inarcò un sopracciglio << Perché Ariel? >>
<< Perché a lei non piacciono queste cose e potremmo stare insieme, non che non voglia stare con te, ma tu andrai sicuramente con Lee e… >>
La sua espressione confusa mi bloccò; sembrava le stessi parlando in una lingua sconosciuta.
<< Ma Ariel non vede l’ora di andare al Ballo del Ceppo >>
Se non avessi avuto un minimo di controllo, molto probabilmente mi sarei buttata nel lago, nella speranza che la Piovra Gigante mi strangolasse con uno dei suoi tentacoli.
Ariel non vedeva l’ora di andare a un ballo? Un ballo con la gente che avrebbe ballato?
Forse non avevo davvero quel minimo di controllo che speravo avessi; mi sporsi dal bordo della barca per guardare la superfice del lago: nera e piatta, l’acqua sembrava liquame. Non mi sembrava l’ideale per farsi un tuffo.
<< Da quando in qua ad Ariel piacciono i balli? >> esclamai; il tono della mia voce si incrinò verso l’alto, un grido quasi soffocato.
Gwen scosse la testa, un sorriso malizioso le comparve sul viso << da quando spera che il suo principe l’accompagni >>
Mi accasciai in un angolo della barca. Non potevo crederci! Io ero pronta a uno sproloquio che avrebbe fatto aizzare i ragazzi contro il ballo, e invece, Ariel mi aveva stravolto i piani senza saperlo.
<< Cassie, non fare così! Secondo me dovresti venire anche tu >>
Le parole di Gwen erano dolci; mi posò una mano sulla schiena e cominciò ad accarezzarmi.
Accidenti, mi sentivo una stupida. Dovevo essere felice per Ariel; insomma, vederla ballare e divertirsi con un ragazzo sarebbe stato divertente. Chissà chi voleva la accompagnasse. E poi, volevo davvero privarmi di uno dei piaceri fondamentali dell’essere adolescente? Non era l’età in cui ci si dimenava come animali durante le feste? Non riuscivo a trovare una risposta. Le parole ‘divertimento’ e ‘Hogwarts’ erano due note stonate se pronunciate nella stessa frase. Però non era quello il vero motivo per cui stavo provando tutto quel rifiuto; la verità era scomoda e insopportabile, non riuscivo nemmeno a formularla in un pensiero coerente.
<< Non avrebbe senso un ballo senza di te >> continuò Gwen. Mi mise le mani sulle spalle e mi guardò negli occhi; sapeva qual era il problema. D’altronde, quello era il problema di qualsiasi cosa mi succedesse.
<< Sai che odio parlarne, ma non devi rinunciare a qualcosa solo per colpa di Fred >>
Quella affermazione mi fece riconsiderare il tuffo nel lago; dopo tutto l’acqua nera era perfetta per una morte disperata.
<< Cassidy, smettila di pensare alla Piovra del Lago >>
<< Stavo meditando più sull’affogare >>
<< Cassidy! >>
<< Guardando quest’acqua, potrei morire direttamente per le radiazioni chimiche, come fa a essere così nera? >>
<< CASSIDY! >>
Mi ammutolii; le mani nascoste tra le ginocchia. Non volevo continuare quel discorso, non mi sentivo pronta a una lavata di capo. Sospirai sconsolata: la vecchia Cassidy non voleva abbandonarmi del tutto.
<< Lo so, va bene? Non dovrei lasciarmi influenzare da quel tizio, so perfettamente che non ne vale la pena >>
Gwen inarcò un sopracciglio; accavallò le gambe e mi intimò a continuare con un cenno della testa. Sbuffai.
<< Allora, parte di me vorrebbe andarci e fargli vedere che sto benissimo senza di lui, giusto per fargli capire che non sono più interessata >> presi un respiro, lo sguardo di Gwen non si staccava dal mio << ma l’altra parte sa che questa è una bugia e non vuole più mentire, specialmente perché se andassi e lo vedessi con un’altra ragazza, morirei dentro >>
Gwen mi prese una mano.
<< Lo so che è dura, Cassie. E so quanto sia difficile per te ammettere queste cose, ma fidati: scappare da un problema non ti porta alla soluzione >>
Inutile dire che avesse ragione. Evitare qualcosa non serviva mai a niente e io avevo passato due settimane a evitare Fred: non ero più andata a lezione di Astronomia e durante quelle di Difesa Contro le Arti Oscure, avevo obbligato Ariel a sederci davanti, in modo da non vedere la sua testa rossa. Lui mi aveva facilitato il compito mantenendo la promessa di non parlarmi più.
Niente di tutto quello che avevo fatto mi aveva aiutata a stare meglio. E non mi aveva nemmeno fatta sentire ‘matura’; avevo avuto l’impressione di avere lo stesso atteggiamento che avevo adottato quando Oliver mi aveva lasciata ed ero stufa di sentirmi subordinata a uno stupido ragazzo. Dovevo uscire da questa situazione da romanzo rosa.
<< E cosa mi consiglieresti di fare, Miss Drake? >> chiesi decisa.
A quelle parole, Gwen sorrise << direi di metterti giù da battaglia e far vedere a quel Weasley che il capitolo della tua vita dove lui era il co-protagonista si è concluso >>
Inarcai un sopracciglio << quindi devo andare al ballo? >>
Scoraggiata, Gwen si mise una mano sul viso << si, Cassie, devi andare al ballo >>
<< Bene >> risposi soddisfatta << ma voglio essere io a invitare qualcuno, non il contrario >>
Gwen mi diede una pacca sulla spalla; il suo sorriso era diventato un ghigno malefico << allora ho il candidato perfetto per te >>
Se avessi saputo prima le vere intenzioni di Gwen, mai avrei accettato la sua proposta. Alle sue parole, mi sarei dovuta alzare in piedi e avrei dovuto urlare che da brava donna indipendente, non avevo bisogno di un accompagnatore per divertirmi. In quel momento, però, ero troppo occupata a pensare alla faccia che avrebbe fatto Fred una volta capito che lui non era indispensabile nelle vite degli altri, per preoccuparmi di cosa stesse escogitando la mia amica. Quando arrivò Ariel, l’argomento del ballo passò in secondo piano: nonostante mancassero un paio di mesi prima della Seconda Prova, lei non aveva passato nemmeno un attimo senza pensare al mistero dell’uovo d’oro. Vedere Cedric combattere contro un drago, aveva cancellato la repulsione che provava nei confronti del Torneo e l’aveva convinta ad aiutarlo con tutti i mezzi di cui disponeva. L’ultima cosa che voleva – e che volevo anche io- era vedere Cedric rischiare un’altra volta la sua vita. Passammo tutta la cena a teorizzare una possibile soluzione che spiegasse il fischio assordante che fuoriusciva dall’uovo una volta aperto; estenuate e annoiate, io e Gwen non riuscimmo a distogliere l’attenzione di Ariel su altro. Presa dalla risoluzione di quell’enigma, dimenticai quello che voleva propormi Gwen riguardo al ballo fino alla mattina dopo, quando vidi le mie amiche sedute al tavolo dei Tassorosso durante la colazione. Assorte in una conversazione con Kate e Malcolm, le loro figure spiccavano tra i miei compagni ancora assonati.
Sospettosa, incrociai le braccia al petto e avanzai lentamente verso il mio tavolo. Cosa ci facevano lì? Di solito, se volevano parlarmi, aspettavano che uscissi dalla Sala Grande. Preferivamo chiacchierare lontane dal marasma di studenti; il loro cicaleggio a volte era talmente chiassoso da impedire di ascoltare i propri pensieri. Non riuscivo, quindi, a capire cosa ci fosse di così urgente da rompere quella tradizione che avevamo creato. E poi, vederle parlare con Kate e Malcolm, mi faceva contorcere le budella, era come assistere a un colloquio genitori-insegnanti. Non appena si accorse di me, Kate fece un cenno con la testa e tutti e quattro si zittirono.
Non avevo la minima idea che il piano di Gwen fosse appena iniziato.

Angolo dell'autrice:
Scusatemi per il ritardo, ma è un periodo davvero davvero intenso e non ho tempo per scrivere. Inoltre, ho avuto anche problemi di lunghezza e ho dovuto dividere il capitolo in due parti; se lo avessi scritto per intero, mi sarebbe venuto una schifezza troppo lunga.
Ci sentiamo la prossima volta - che spero arrivi più velocemente possibile-
Baci,
Becky

P.S.
sono completamente innamorata di Penny Dreadful e tra tutti i personaggi ho una cotta per Sir Malcolm ( oltre che per Victor)
I need help
!

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Capitolo 17
*** Il piano di Gwen ***


Il piano di Gwen

Le sagome scure di Kate e Aaron mi stavano guardando minacciose; rigide e austere, l’ombra del castello le avvolgeva rendendole imponenti e inquietanti. Stavano tenendo entrambi le braccia incrociate contro il petto, i capelli scossi dalle raffiche di vento - ciuffi neri che incorniciavano i loro visi come criniere- e il corpo avvolto da mantelli scuri.
Ero quasi certa che quella fosse l’immagine del Tristo Mietitore; se Kate mi avesse indicato il Lago con un dito, sottile e leggermente incurvato, per esortarmi a tuffarmici dentro, ne avrei avuto la conferma.
Io, senza alcuna ombra di dubbio, stavo già andando incontro alla mia morte.
Non potevo credere di essermi davvero cacciata in quella situazione. Da quando in qua Gwen si era proclamata Cupido? Quando era impazzita totalmente? E cosa le era passato per la testa quando aveva pensato di farmi compiere quel gesto funesto? Beh, io mi ero affidata al suo piano senza sapere di cosa si trattasse, ma non era questo il punto. Il punto era che due miei amici mi stavano controllando perché sapevano cosa ero obbligata a fare e non avevano la minima intenzione di risparmiarmi da quel suicidio.
Sospirai. L’Universo doveva starsi sbellicando dalle risate vedendomi in piedi davanti al Lago Nero, impalata come uno stoccafisso. Sapevo che mi trovavo lì per colpa sua: quale modo migliore per farmi capire cosa avevano provato i miei amici quando li avevo coinvolti contro la loro volontà in piani assurdi mirati al mio puro piacere personale?
Merlino, nessuno mi aveva costretta a fare niente, lo avevo voluto io. Era proprio vero che siamo noi i nemici di noi stessi.
I miei occhi si spostarono sul Lago; la sua superficie nera cozzava contro il candore della neve che copriva l’erba e i rami degli alberi. A qualche metro da me, la mia preda stava passeggiando intorno alla riva; noncurante di quello che stava per accadere, camminava lenta e pensierosa, le mani congiunte dietro la schiena e lo sguardo basso.
Aaron tossicchiò per richiamare la mia attenzione, il suo braccio proteso verso il ragazzo. Non riuscendo a vederlo in volto, capii che quello era il modo per sollecitarmi ad agire. Alzai gli occhi al cielo. Se non avessi affrontato in fretta quello che mi aspettava, sarei rimasta lì per tutto il giorno.
Presi un respiro e mi sistemai i capelli. Avevo affrontato cose ben più terribili che chiedere a un ragazzo di accompagnarmi a un ballo. E non importava che quella fosse stata una mia idea o che Gwen avesse scelto l’unica persona che mi metteva in soggezione. Dovevo smetterla di rimuginare e passare all’azione; d’altronde cosa sarebbe potuto succedere di male?
A quella domanda, il mio cervello cominciò a stilare una lista di possibili catastrofi dovute al fallimento della mia impresa; con i denti stretti, serrai le mani in due pugni e camminai spedita verso il ragazzo. Ignorai il battito cardiaco che aumentava a ogni passo, il mio stomaco che cadeva nel vuoto a mano a mano che la distanza tra noi due diminuiva; cancellai i pensieri negativi e mi focalizzai sul mio scopo: come potevo risultare desiderabile e accattivante? Non ero un esperta in questo campo, ma potevo imitare Halinor e Kadma quando parlavano con i ragazzi. Non sarebbe stato un problema sbattere le ciglia e toccarmi i capelli in modo civettuolo; quello che mi risultava difficile era ridacchiare per qualsiasi cosa mi venisse detta.
E poi dovevo calmarmi: Viktor Krum sarà stato un giocatore di Quidditch in gamba e famoso, ma rimaneva pur sempre un ragazzo come me e questo lo avevo appurato durante le interviste ai Campioni del Torneo, quando Cedric mi aveva obbligata ad accompagnarlo.
Arrivata alla meta, mi schiarii la voce: era ora di entrare in scena.
<< Ehilà! >> esclamai con un sorriso; il ragazzo spostò il suo sguardo verso di me, ma quando mi vide, le sue folte sopracciglia si incurvarono verso il basso. Era un buon segno? Non lo so, non lo conoscevo; non sapevo come reagisse quando il gentil sesso lo approcciava.
<< Cos’è quella fronte corrucciata? Sei diventato un gufo o sei solo felice di vedermi? >> continuai dandogli un pugno amichevole sulla spalla. Krum si spostò indietro sorpreso dal mio tocco; la sua faccia si contorse in una smorfia confusa.
<< Tu stare bene? >> si sforzò a rispondere; i suoi occhi scuri erano fissi nei miei nella speranza di capire cosa stesse succedendo. Oh, Viktor: anche io volevo sapere che cosa stessi facendo. Cercando di mostrarmi disinvolta, annuii posando una mano sul fianco; un battito di ciglia e un sorriso.
<< Sto come il Cacciatore di una squadra che ha appena preso il boccino vincendo la finale di un mondiale >> dissi con una risata. Solo quando il volto di Krum si rabbuiò, mi ricordai come erano andati a finire i mondiali di quell’estate; il mio cuore fece un tuffo, le guance cominciarono a bruciare dalla vergogna. Perché avevo detto quella cosa? Potevo usare un numero infinito di similitudini e, invece, avevo beccato l’unica inappropriata. Ero un disastro! Sapevo che chiedere a Viktor Krum di venire al ballo con me avrebbe causato solo dolore e sofferenza. Strinsi una mano in un pugno; le unghie premute con forza sul palmo per evitare di gemere dallo sconforto. Dovevo recuperare.
Viktor aprì la bocca; non gli diedi il tempo di replicare che continuai a parlare, cercando di salvarmi dalla situazione spinosa in cui mi ero cacciata. << Non sto dicendo che prendere il boccino a fine mondiale e perdere lo stesso sia una cosa che faccia stare male, anche se non credo nemmeno che renda felici, ma quello che voglio dire è che tu sei stato bravo! Non mi stavo riferendo in nessun modo a quello che hai fatto durante la finale – se vuoi saperlo io non ci sono andata nemmeno, ma questa è un’altra storia- volevo solo trovare qualcosa che ci accomunasse per fare conversazione! Oltre al Quidditch non so cosa ti piace e io… >>
La risata di Krum fece morire le mie parole in gola. Il ragazzo aveva buttato la testa all’indietro e continuava a ridere di puro gusto, mentre allibita lo guardavo con gli occhi strabuzzati. Il pizzicorio che mi attraversò il viso mi fece intuire che con ottime probabilità, avevo assunto lo stesso colorito scarlatto della divisa di Durmstrang. La professoressa Sprite ci aveva insegnato qualche incantesimo in grado di creare voragini nel terreno? Non mi sarebbe dispiaciuto sprofondare fino al centro della terra. Tutto era meglio che rendermi ridicola in quel modo.
<< Tu essere buffa! Diggory ha ragione >> Krum mi sorrise << è divertente sentirti parlare. Tu sembrare un lemming rabbioso >>
Aggrottai la fronte. Non capivo se quello che mi avesse appena detto fosse un complimento o un insulto, ma di sicuro, non avevo la minima idea di cosa fosse un lemming. I suoi occhi mi stavano guardando divertiti; il sorriso sulle sue labbra non era ancora scomparso. Era il momento.
Imbarazzata, mi sistemai i capelli da un lato e sbattei di nuovo le ciglia nell’intento di risultare carina.
<< Ehm… Viktor, senti, voglio chiederti una cosa >> dissi dopo essermi schiarita la gola. Lui incrociò le braccia al petto curioso, con un cenno del capo mi intimò a proseguire. Presi un respiro. << Vorresti venire al ballo con me? >>
Krum si sciolse in sorriso, la sua mano si posò sulla mia spalla. << Io essere impegnato ma felice di tua proposta >>
Contro ogni previsione, mi sentii sollevata. Dovevo ammettere che mi sarebbe piaciuto andare al ballo con un Campione e un giocatore di Quidditch professionista, ma tenendo conto di quanta fatica avessi fatto a parlargli, non c’erano possibilità che sarei riuscita a sopravvivere a un’intera serata passata in sua compagnia. Gwen voleva che Fred si ingelosisse nel vedermi radiosa tra le braccia di Krum; ma così mi sarei allontanata dal mio scopo principale: come avrei potuto divertirmi, se avessi passato tutto il tempo ad aver paura di dire la cosa sbagliata per evitare di mettermi in ridicolo?
Nonostante mi sentissi ancora in imbarazzo, il mio cuore si rilassò e le guance tornarono al loro colore naturale.
<< Va benissimo lo stesso. Scusa se ti ho disturbato >> dissi.
Krum mi salutò con un cenno della testa. << Grazie di afermi fato ridere >>
Ricambiai il saluto e scappai nella direzione di Kate e Aaron. La tortura era finita.
Non appena mi videro, i miei amici si avventarono su di me; mi riempirono di domande, impazienti di sapere il risultato.
<< Ha detto di no >> risposi eloquente entrando nel castello.
Kate e Aaron si lanciarono un’occhiata preoccupata.
<< Ha detto proprio ‘no’? >> mi domandò Kate; i suoi occhi mi guardavano allarmati.
Alzai le spalle. << Ha detto proprio no, ma va bene così >>
Per niente convinta delle mie parole, Kate inarcò un sopracciglio; aprì la bocca per parlare, ma Aaron fu più veloce e la interruppe.
<< Lo immaginavo, i miei compagni credono si sia innamorato di una ragazza di Hogwarts >> disse cingendomi le spalle con un braccio << sono convinti che passi tutto il suo tempo libero in biblioteca per questo >> mi toccò una guancia con un dito per farmi sorridere e grata che non avesse avuto la stessa reazione di Kate, mi strinsi a lui.
<< Cioè… tu lo sapevi ma non ce lo hai detto? >> sbottò quest’ultima; una luce omicida le attraversò le pupille degli occhi, le sue mani stringevano con forza la cinghia della borsa a tracolla. Aaron non sembrò scomporsi.
<< Non ero certo che avessero ragione >> rispose stringendosi nelle spalle << e poi tentar non nuoce, no? >>
<< Potevamo passare direttamente al Candidato Numero Due, invece ci hai fatto perdere tempo! >> il viso di Kate era paonazzo, le guance gonfie sul punto di esplodere. Corrugai la fronte; non mi sembrava una questione così importante per arrabbiarsi in quel modo. Mancavano ancora quindici giorni al Ballo del Ceppo, avevo tutto il tempo necessario per trovare un Cavaliere. Kate, però, non sembrava voler sentire ragioni: camminava stizzita verso l’aula di Trasfigurazione, i suoi insulti acidi accompagnavano il nostro passaggio, facendo voltare il resto degli studenti verso di noi.
<< Sei un incompetente! >> continuò girandosi nella direzione di Aaron, ritta in piedi sul primo gradino della scalinata che portava al primo piano << solo perché non ti piacciono i tuoi compagni di scuola, non significa che quello che dicono non sia vero! Una cosa dovevi fare: assicurarci che Krum fosse un possibile cavaliere! Sei uno scimmione senza cervello! >>
Solo in quel momento, con la voce di Kate incrinata in un grido furioso che riecheggiava per tutto il piano, mi resi conto di cosa potesse averla irritata così tanto. Da quando la Sprite ci aveva annunciato il ballo, Kate non aveva fatto altro che passare ogni singolo momento insieme ad Aaron, nella speranza che lui le chiedesse di diventare la sua damigella. A quanto pareva, lui non aveva ancora colto tutte le allusioni che Kate aveva fatto a proposito e la speranza di lei si stava affievolendo.
<< Ora Cassidy non ha nessuno con cui andare, e tutto a causa tua! Spero tu ti senta in colpa >>
Quello che successe dopo, mi lasciò spiazzata: Aaron afferrò il viso di Kate tra le mani e la zittì con un bacio; gli occhi della mia amica strabuzzarono scioccati.
<< Kate Macavoy, vorresti venire al ballo con me ed essere la mia principessa danzante? >> disse Aaron dopo essersi staccato dolcemente da lei. L’espressione allibita di Kate si sciolse in un sorriso, le sue labbra si avventarono di nuovo su quelle del ragazzo.
Nel vederli felici, sorrisi anch’io, ignorando il disagio che stava crescendo dentro di me. Riuscii a non correggere Aaron – nessuno usava dire ‘principessa danzante’-  e a ricordare loro che l’aula di Trasfigurazione era al piano terra.
Sospirai soddisfatta e li abbandonai, lasciandoli soli con tutto quello che avevano da dirsi.
Kate non fu l’unica ad aver trovato un accompagnatore: due giorni dopo, in vista dell’ultima settimana del trimestre, Lee aveva organizzato un piccolo spettacolo di fuochi d’artificio Filibuster in giardino per fare la stessa proposta a Gwen, che aveva accettato contenta sotto lo sguardo invidioso delle sue compagne di stanza. Anche Malcolm, dopo essersi sorbito un lungo discorso di incitamento che io, Kate, Halinor e Kadma gli avevamo fatto, aveva trovato il coraggio necessario per chiedere a Jerome di essere il suo cavaliere. Come da copione, il bellissimo studente di Beauxbatons – senza macchia e senza paura- si era rivelato essere davvero dell’altro manico di scopa.
I giorni passavano e dappertutto non si faceva altro che parlare del Ballo: voci di corridoio incredibili ed eccezionali non facevano altro che fomentare l’entusiasmo dei ragazzi; tutta l’euforia che mi circondava, dagli studenti che si nascondevano nelle stanze vuote del castello per provare i passi di danza, alle ragazzine dei primi anni che cercavano di farsi invitare dai ragazzi più grandi per poter partecipare, mi aveva coinvolta e non riuscivo a pensare ad altro. Chissà se Silente avesse davvero acquistato ottocento barili di idromele aromatico da Madama Rosmerta o se avesse ingaggiato le Sorelle Stravagarie. Anche l’entusiasmo di Ariel non era da meno: la scusa del ballo, le aveva dato il pretesto di riesumare la sua passione per il cucito e dopo averci preso le misure in lungo e in largo, si era gettata a capofitto nei progetti dei nostri abiti.
Era una nuova sensazione per Hogwarts; dopo tutti gli avvenimenti degli anni prima che avevano disturbato la quiete del castello, una festa era quello che serviva per risollevare il morale della scuola.
L’unica cosa che sembrava non avere speranze, era la ricerca del mio cavaliere. Con il passare del tempo, la lista che Gwen, Ariel, Kate e Malcolm avevano preparato inserendo i nomi dei miei candidati perfetti, era diminuita fino a finire del tutto. Uno a uno, i ragazzi che avevo invitato, si erano trovati costretti a dirmi di no. Alcuni di loro, come Roger Davies, il capitano carino della squadra di Quidditch di Corvonero, erano già impegnati, mentre altri non volevano avere niente a che fare con me. Non era colpa mia se non erano ancora riusciti a dimenticare le vendette che avevo escogitato contro di loro durante la Coppa delle Case. Prendendo atto delle mie azioni passate, mi ero messa il cuore in pace: con o senza cavaliere, sarei riuscita a divertirmi lo stesso. D’altronde, era meglio essere sole che accompagnate da persone che non ti trovavano simpatica. E io mi ero stufata di rincorrere ragazzi a cui non piacevo. D’altronde nemmeno Ariel aveva un cavaliere; io e lei saremmo potute stare insieme e avremmo passato ugualmente una bellissima serata.
Peccato che Ariel non fosse della stessa opinione.
Pochi giorni prima del Ballo del Ceppo, quando la tortura delle lezioni era finita, lei e Malcolm mi trascinarono davanti la serra di Erbologia decisi a portare avanti il famelico piano di Gwen.
<< Ripetetemi chi volete propinarmi questa volta >> sbuffai continuando a sbattere nervosa un piede a terra. La sola idea che quel qualcuno potesse trovarsi dentro la serra, mi pizzicava il palato dal disgusto.
Ariel alzò gli occhi al cielo, mentre Malcolm – paziente e gentile- posò le sue manone sulle mie spalle e mi guardò negli occhi.
<< E’ Finnegan Smith, il mio amico Finn, quello che ha portato nella nostra Sala Comune la pianta per Cedric prima che cominciasse la Prima Prova >> rispose lentamente, le parole scandite una a una per aiutarmi a capire.
Si, Finnegan Smith. Lo stupido che aveva fatto la ancora più stupida battuta sulla bocca del drago. Il Corvonero che non giocava a Quidditch e che dava ripetizioni di Erbologia.
Ovvio, perché non ci avevo pensato prima io?
<< Volete davvero che io vada al Ballo con un amante delle piante? >>
Alla mia domanda retorica, Malcolm si ritrasse esasperato.
<< Basta con queste battute sul fatto che gli piaccia Erbologia! >> esclamò allargando le braccia in segno di resa.
<< Cassidy, rispondimi: vuoi o non vuoi avere un cavaliere per il ballo? >> mi chiese Ariel, la sua voce ridotta a un sibilo stridente e velenoso. Irritata, la fulminai con lo sguardo.
<< Sinceramente? No. Pensate davvero che far vedere a Fred che io riesca a divertimi con un ragazzo al mio fianco, sia la mossa giusta? Per me è stupido. Significherebbe che per stare bene, ho bisogno di avere per forza qualcuno al mio fianco, quando non è così >>
Malcolm serrò la mascella imbarazzato; gli occhi fissi sulle sue scarpe.
Sapevo di avere ragione.
La ‘Caccia Al Cavaliere’ mi aveva solamente mostrato quanto fossi una causa persa. Se ero rimasta sola, doveva esserci un motivo: avevo passato tutta la mia carriera scolastica a prendere in giro qualsiasi studente di Hogwarts e non potevo pretendere che ora tutti fossero ai miei piedi. Non quando i miei atteggiamenti erano stati motivati da argomenti stupidi e infantili. Non era giusto.
Senza contare che i miei amici e mio fratello mi stavano già dando l’amore di cui avevo bisogno; ero sempre nei loro pensieri e nonostante fossi una persona difficile, non mi avevano mai smesso di aiutare.
Con il senno di poi, ero anche giunta alla conclusione che l’atteggiamento di Fred – per quanto infido e orribile potesse essere stato- era il modo in cui l’Universo aveva deciso di ripagarmi per tutto quello che avevo combinato. Le vendette che avevo progettato contro i giocatori delle altre case di Quidditch, gli scherzi che avevo fatto a Piton dopo le insufficienze che mi aveva dato e tutte le volte che avevo trattato male Rickett quando la sua unica colpa era quella di essersi preso una cotta per me…
Ariel corrugò la fronte. << Ricordati che mi hai tenuto segreto quello che hai combinato negli ultimi tre mesi e che sono venuta a sapere la verità solo perché George Weasley mi ha chiesto di te e di come stessi >>
Beh, anche lei non aveva del tutto torto. Due giorni dopo la Prima Prova, Ariel aveva fatto irruzione nella Sala Comune dei Tassorosso per insultarmi. Con gli occhi iniettati di sangue e le vene pulsanti sul collo, mi aveva urlato contro quanto fossi stata stupida e idiota. Non si era arrabbiata per il Torneo e non si era arrabbiata neanche per i metodi che avevo adottato per riuscire a partecipare; le cose che l’avevano fatta davvero infuriare erano state le mie bugie. Si era sentita tradita e offesa; l’unica persona ignara di quello che aveva fatto la sua migliore amica. Mi aveva perdonata solo perché Fred mi aveva già fatta soffrire abbastanza.
<< O vai a chiedere a Finn di essere il tuo cavaliere o ti crucio seduta stante >> continuò, gli occhi ridotti a due fessure nere e glaciali.
Vorrei poter dire che opposi resistenza, ma dopo aver visto l’abisso profondo e mortale nel suo sguardo, corsi dentro la serra di Erbologia.
Il calore che alleggiava nella stanza spazzò via tutto il freddo che avevo sentito stando in giardino; la natura mi diede il benvenuto con i petali colorati dei fiori giganti.
Dietro un lungo tavolo di legno coperto di terriccio e vasi rossastri, un ragazzo allampanato dalla folta chioma riccia e scura stava tagliando delle radici bitorzolute di qualche pianta.
<< Uhm, ciao >> dissi in imbarazzo.
Finn alzò di scatto lo sguardo verso di me; il volto si contorse dallo stupore.
<< Stai cercando qualcosa? >> rispose lui. << O ti sei persa? >>
Con un panno che aveva attaccato alla cinta dei pantaloni si pulì le mani dalla terra; la fronte aggrottata e gli occhi azzurri confusi.
Ignorai il tono ironico delle sue parole e mi avvicinai a lui.
<< Cosa stai facendo? >>
Finn socchiuse le labbra per rispondermi, ma la mia domanda lo aveva preso in contro piede. O Malcolm gli aveva raccontato della mia avversione nei confronti di Erbologia o era in grado di leggere nella mente. In entrambi casi, era meglio procedere con cautela.
<< Cosa vuoi? >> disse una volta che gli tornarono le parole.
Mi sforzai di non alzare gli occhi al cielo. Perché doveva essere così scontroso?
<< I miei amici mi hanno obbligata a chiederti se vuoi essere il mio cavaliere >>
Finn si concesse un sorriso; il suo sguardo si abbassò sulla pianta che stava potando.
<< Sono lusingato, ma no, grazie >> rispose riprendendo le forbici in mano e tornando a tagliare i rami.
<< Okay, perfetto >>
Irritata, mi voltai per uscire dalla serra. Sapevo che non sarebbe voluto venire al ballo con me, avrei potuto benissimo risparmiarmi l’ennesima umiliazione.
<< Non è che non voglia venire con te, ma la mia migliore amica ha finalmente accettato di accompagnarmi >> le sue parole ruppero il silenzio che si era creato. Mi voltai verso di lui.
<< Se mi avesse detto di no, mi sarebbe piaciuto essere il tuo cavaliere. Magari ti avrei mostrato che io e il mio club di giardinieri non siamo così male come credi >>
Per quanto volessi rimanere impassibile, un piccolo sorriso mi scappò dalle labbra.
Almeno sapevo che era in grado di leggermi nella mente.
<< Spero che ti diverta con la tua migliore amica >> risposi. Finn ricambiò il mio sorriso e si congedò alzando una mano in segno di saluto.
Una volta fuori, il gelo invernale mi avvolse tra le sue braccia ghiacciate. Liquidai i miei amici riportandogli in fretta la risposta di Finn e mi avviai verso la Sala Comune. Per quanto fossi impaziente, il Ballo del Ceppo mi aveva stremata ancor prima di cominciare; forse era stato a causa di tutte le figure imbarazzanti che avevo fatto e tutti i rifiuti che avevo preso, ma ero stanca come se avessi già ballato per ore senza mai fermarmi. E quella giornata non aveva fatto altro che mettermi il mal umore.
Inutile dire quale fosse la causa.
Con il passare del tempo, non solo mi ero resa conto di quanto fossi stata incapace a relazionarmi con le persone (ancora non avevo compreso perché i miei amici avessero messo nella lista solo ragazzi che avevo trattato male), ma avevo capito che non avevo mai smesso di provare qualcosa per quel dannato Weasley. Vedere Finn arrossire mentre parlava della sua migliore amica, mi aveva fatto aprire gli occhi.
Il vero motivo per cui mi ero sentita sollevata a ogni respinta, era il fatto che non sarei mai andata al ballo con qualcuno che non fosse stato Fred.
In cuor mio, speravo che durante la sera del Ballo, sarebbe venuto da me e mi avrebbe rivelato il suo amore, come se fossimo stati un film. Per quanto potesse essere stato infido come una serpe, cattivo ed egoista, tutti i momenti belli passati insieme - i suoi baci, le sue battute divertenti e le sue parole di conforto- non potevano essere stati solo finzione. Nessuno era così bravo a recitare. O almeno, questa era la convinzione a cui mi ero aggrappata.
Peccato che niente sarebbe tornato come prima.
La Sala Comune era vuota. Mi sedetti su uno dei divanetti gialli, un cuscino stretto al petto e lo sguardo perso fuori dalla finestra.
Da quando avevo saputo che Fred aveva chiesto ad Angelina di essere la sua Dama, non avevo fatto altro che immaginarmi sullo sfondo, mentre li guardavo danzare al centro della Sala Grande.
Il mio stomaco ruggì dalla nausea, la voglia di andare al ballo si stava affievolendo.
<< Bambolina cos’è quel muso lungo? Se è a causa del ballo, stai tranquilla: anche l’uomo dei tuoi sogni è solo >>
La voce di Anthony Rickett mi portò al presente, dove Fred e Angelina erano solo un pensiero spinoso e doloroso. Che cosa avevo fatto di male per trovarmi sola con lui? Questa tortura non aveva fine.
<< L’uomo dei miei sogni si chiama Timothy Dalton ed è un attore inglese babbano >>
Lui strinse le labbra; le mie parole erano uscite più cattive e taglienti del previsto.
<< Scusami, non volevo essere scontrosa >>
Anthony inclinò il viso da un lato e si sedette dall’altro capo del divano; i suoi occhi azzurri mi stavano guardando preoccupati.
<< Che cosa succede? >>
In un primo momento, pensai di cedere e di raccontargli tutto. Avevo bisogno di confidarmi con qualcuno che non fosse coinvolto in quello che era successo; forse, una volta esternati tutti i miei problemi, sarei riuscita a sentirmi meglio. Magari avevo solo bisogno di sentire ad alta voce quello che, provavo per capire quale poteva essere la mia prossima mossa. Forse ricevere consiglio da qualcuno che sentiva quella storia per la prima volta mi avrebbe fatto venire in mente un’idea.
Era anche vero che il ‘qualcuno’ a cui mi stavo riferendo era Anthony Rickett e in sei anni non mi era mai sembrato un esperto di sentimenti, specialmente di quelli amorosi. Non dopo tutti i tentativi disastrosi che aveva fatto con me.
Era davvero il caso di rivelargli tutti i miei dubbi?
Anthony fece un mezzo sorriso e ammiccò << tra noi battitori non ci devono essere segreti >>
In quel momento mi resi conto che non lo conoscevo affatto. Lo avevo sempre giudicato un energumeno con il cervello di un uccello, ma non gli avevo mai parlato davvero. Mi ero limitata a giudicarlo dalla prima impressione che mi aveva suscitato, negandogli la possibilità di essermi amico.
Corrugai la fronte: forse avevo trovato quale sarebbe stato il mio nuovo piano.
<< Rickett >> risposi. Anthony annuì curioso, la voglia di sapere quello che mi passava per la testa si rifletteva sul suo volto << vorresti venire al ballo con me? >>


Spazio autrice:
Okay, ho aggiornato più in fretta che potevo, infatti credo si veda dal risultato. Comunque è inutile dire quanto io non sia soddisfatta del capitolo, forse con il tempo lo rivedrò e lo cambierò, ma ora ....ta ta ta taaaaaan.
FINALMENTE IL PROSSIMO E' L'ULTIMO!
E non vedo l'ora perchè ho voglia di scrivere qualcosa di tutto mio.
Spero che a voi non faccia così schifo,
Baci,
Becky

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Capitolo 18
*** L'ultimo Ballo ***


L’ultimo ballo
 
Quel ballo scolastico era già cominciato male. Tralasciando la terribile giornata che lo aveva preceduto, ne ebbi la conferma nella Sala Comune di Tassorosso, dove io, in tutta la mia fastidiosità, non la smettevo di importunare il mio riflesso, mentre aspettavo l’arrivo del mio cavaliere. A lato di una delle botole di legno intagliate nelle pareti della stanza, qualche Tassorosso aveva appeso un lungo specchio dalla cornice gialla e quella sera, stavo facendo di tutto per specchiarmi senza farmi vedere dal resto dei miei compagni che non vedevano l’ora di andare nella Sala Grande.
Era difficile camminare avanti e dietro lo specchio senza dare nell’occhio, non quando la maggior parte delle ragazze volevano controllare i loro abiti e le loro acconciature per dare gli ultimi ritocchi. Ogni volta che una di loro si piantava davanti lo specchio, mi allontanavo di qualche centimetro per lasciarle il posto; la mascella contratta per evitare di ridere a causa delle smorfie che facevano mentre si guardavano. Labbra protese in avanti e guance risucchiate in dentro come pesci boccheggianti sul pelo dell’acqua.
Non che io fossi da meno. La mia marcia davanti allo specchio era intralciata dai tacchi che portavo ai piedi; sebbene il mio vestito terminasse un pelo sotto la caviglia, mi ostinavo a tenere le mani aggrappate alla gonna per alzarne l’orlo in modo da tornare a camminare come una strega normale. Peccato che le streghe normali non sembravano un orco ubriaco che cercava di reggersi in piedi su un paio di trampoli. E di certo, non guardavano impaurite la propria immagine riflessa con la coda dell’occhio: si fermavano davanti allo specchio e contemplavano la figura che avevano davanti. Bella o brutta che fosse. Non avevano paura – a differenza della sottoscritta-  che la loro visione agghindata per il ballo potesse avadakedavrizzarle. Ero al corrente di stare esagerando e sapevo che i miei timori erano infondati. D’altronde se mi fossi guardata allo specchio, che cosa mai mi sarebbe potuto succedere? Assolutamente niente. L’ipotesi peggiore era quella di non piacermi, ma dopo tutta l’attenzione che aveva posto Ariel nel confezionarmi il vestito (la scelta dell’Abito da Sera Perfetto era risultata molto più complicata di quanto pensassi) era quasi impossibile che non stessi bene con quello che avevo addosso.
<< Per tutti i maghi dell’Ordine di Merlino, Cassidy, vuoi darci un taglio? Fermati che mi stai facendo venire l’emicrania >>
Le parole di Halinor mi fecero bloccare di colpo; il rossore sulle guance attenuato dal fondotinta che Kate mi aveva spalmato in faccia.
Ero stata scoperta.
Ignorando l’imbarazzo che mi faceva prudere il viso, appoggiai con nonchalance una mano sul bracciolo del divano più vicino; la sensazione di essere fissata da tutti i ragazzi nella stanza era un brivido freddo sulla nuca. Mi costrinsi a guardare le fiamme scoppiettanti nel camino, la loro luce contrastava il buio che si rifletteva dalle finestre. E ora come potevo controllarmi? L’ultima volta che avevo provato a essere elegante, ero finita per sembrare un quadro cubista.
Halinor avanzò sospettosa verso di me; la gonna di tulle del suo abito turchese strascicava sul parquet.
<< Sai, non stai poi così male >> disse sistemandosi la composizione di lillà che aveva tra i capelli. Alla mia espressione perplessa, Halinor inarcò un sopracciglio. << Guarda che stai davvero bene. Mi piace il colore >>
Si diede un’ultima occhiata allo specchio e dopo aver sorriso soddisfatta tornò a parlare con Kadma e Herbert. Se non avessi approfittato del briciolo di coraggio che Halinor aveva instillato dentro di me con le sue parole, avrei perso l’occasione per constatare se quello che aveva detto fosse vero.
Chiusi gli occhi. Feci due passi verso sinistra. Lasciai cadere la gonna. Trattenni il respiro. Aprii gli occhi.
Si, il colore era bello. Forse fin troppo bello per essere accostato alla mia faccia sconvolta. E dovevo ammettere che Ariel si era davvero superata; dopo avermi spiegato più volte come fare a risaltare gli occhi grigi – a quanto pare, il grigio può avere in sé qualsiasi colore e l’unico modo per valorizzarlo è quello di richiamarlo- ero quasi sicura che al Ballo sarei andata vestita con una delle tuniche di Silente. Non avrei mai pensato che, invece, Silente avrebbe pagato fior di galeoni per avere una tunica come il mio vestito. La linea dell’abito era semplice: aveva due lunghe maniche fluttuanti che si stringevano sul polso, le spalle e le braccia scoperte da un ritaglio; il profondo scollo a V (che mostrava quanto il mio petto fosse piatto quanto un astrolabio) terminava nel punto in cui iniziava la gonna, che cadeva morbida e ampia. Ariel aveva deciso di farlo interamente di raso, così che il grigio antracite fosse illuminato. Ben lontana dal sembrare una bomboniera, ero grata che non fosse un pomposo abito dalle fattezze principesche. Il problema fondamentale era dato dagli alti sandali neri che portavo ai piedi; macchine da tortura che Kate mi aveva rifilato senza che potessi ribattere.
<< Oh, qualcuno qui vuole vincere il premio per la ragazza più sexy della scuola >>
Il gomito di Cedric mi spinse via dalla visuale dello specchio, la sua figura tirata a lucido nello smoking nero mi guardava ammiccante.
<< Zitto, che sembro solo fuori posto >> risposi secca; incrociai le braccia nell’intento di nascondere il petto e lanciai un’occhiata dietro le sue spalle, in direzione del corridoio che portava ai dormitori maschili. << Rickett ha trovato Narnia nell’armadio o sta arrivando? >>
Cedric scosse la testa, un lieve sorriso nascondeva le risate.
<< Si sta finendo di sistemare i capelli, tra poco sarà qui >> i suoi occhi avevano una luce strana, la malizia gli trasudava dalla voce << sei impaziente di andare al ballo con lui? >>
Sbuffai. Ci mancavano solo le battute di mio fratello. Da quando avevo invitato Anthony al Ballo del Ceppo, i miei amici non avevano fatto altro che prendermi in giro: Kate e Malcolm si erano strozzati dalle risate e non avevano smesso di tirarmi frecciatine, mentre Gwen e Ariel si erano sforzate a mantenere il contegno, anche se avevano continuato a chiedermi se fossi sicura della mia scelta. Ovvio che non ero sicura della mia scelta, ma era quello che avevo deciso e non potevo cambiare le carte in tavola solo perché Anthony Rickett era il peggior cavaliere che potessi trovare. Mi ero ripromessa di cancellare tutti i pregiudizi che avevo nei suoi confronti ed era giunto il momento di mantenere questi propositi. Qualsiasi cosa Malcolm, Kate, Ariel, Gwen e Cedric mi avessero detto.
<< Senti, Ced, vai dalla tua Cho Chang, che è un’altra scelta discutibile, e lasciami in pace >>
Al sibilo della mia voce, il sorriso di Cedric scemò.
<< Sai che faccio così solo perché ho il timore che questa sera tu non ti diverta >>
Scocciata, alzai le spalle, la sua mano si posò sulla mia guancia.
<< Hai passato un brutto momento - e non sto parlando solo di Fred- mi riferisco a Oliver, ai G.U.F.O. e al Torneo. Continui a soffrire perché sei arrabbiata con te stessa. Va bene, con questo non dico che è stata solo colpa degli altri se le cose sono andate in questo modo, ma devi darti una tregua. Questa notte hai la possibilità di divertirti e di dimenticare tutto quello che ti ha fatto male; ho paura che passare il tempo con un ragazzo che non sopporti ti faccia perdere questa occasione >> Cedric prese un respiro. I suoi occhi non si staccavano dai miei. Io faticavo a sostenere il suo sguardo, la verità delle sue parole era un peso soffocante nella gola.
<< Lo so, un ballo non ti cambia la vita. Ma un bel momento può aiutarti a capire come uscire da una brutta situazione >>
Odiavo il fatto che avesse sempre ragione. L’unico periodo in cui mi ero sentita davvero meglio, era stato il mese in cui ero uscita con Fred e non facevo altro che detestarmi per questo. Perché tutto ciò che mi veniva detto ricadeva sempre su di lui?
<< E detto questo, sappiamo cosa ti faccia stare davvero male >>
Strabuzzai gli occhi. Non era possibile che oltre a essere il detentore della verità più assoluta, Cedric fosse anche un telepate. Mi passai la lingua sulle labbra cercando di trovare un modo perfetto per ribattere, ma mi aveva lasciato spiazzata. Strano ma vero, il mio cervello era andato in tilt.
<< Streghetta, tu sei ancora innamorata di Fred. Ora, io non so quello che sia successo tra voi due, ma constatando quanto tu stia male adesso, mi viene da chiedermi una cosa. Sei sicura di non voler parlare con lui per sistemare le cose? >>
Abbassai lo sguardo; una maledizione Cruciatus avrebbe fatto meno male. Le sue parole erano l’eco del discorso che George Weasley mi aveva fatto la sera precedente.
Come consuetudine di ogni Vigilia di Natale, io, Ariel e Gwen, avevamo cenato insieme per raccontarci i desideri che volevamo si realizzassero per il futuro. Dopo aver mangiato quello che ero riuscita a rubare dalle cucine e aver cantato le nostre canzoni natalizie preferite, ci eravamo salutate per andare a dormire; l’impazienza che arrivasse il giorno dopo aveva scandito ogni momento.
Mi ero incamminata verso la Tana dei Tassorosso curiosa di scoprire come fosse il vestito che Ariel aveva realizzato per me; l’adrenalina che mi aveva accompagnato durante le notti di Natale in cui avevo aspettato Babbo Natale era tornata, la speranza che tutto fosse stato perfetto era un fremito nel mio corpo. Ma le aspettative vennero deluse ancor prima che fosse giorno.
Il mio sorriso si spense non appena vidi un ciuffo di capelli rossi appoggiato alle botti che nascondevano la Sala Comune. In un primo momento, ebbi l’impulso di scappare; il cuore era un martello, il sangue un fiume tagliente che mi congelava la testa. Fred non poteva essere lì, quale motivo avrebbe avuto? Nessuno. Infatti il ragazzo seduto sul pavimento di pietra – per mia fortuna - era George.
Mi avvicinai a lui con la fronte aggrottata, una mano protesa in avanti per picchiettargli un dito sulla spalla. George sussultò e aprì gli occhi, un’espressione confusa gli annebbiava il viso.
<< Che cosa ci fai qui? >> chiesi sprezzante senza dargli il tempo di capire cosa stesse succedendo. George si alzò di scatto da terra, una mano corse a sistemare i capelli arruffati.
<< Ciao, Cassidy, stavo cercando proprio te >>
Mi trattenni dall’impulso di dargli uno schiaffo. Forse non era tanto più intelligente di suo fratello.
<< Non ne avevo idea >> sibilai.
George non sembrò notare il tono sarcastico della mia voce, incrociò le braccia al petto e mi guardò serio.
<< Dobbiamo parlare di una cosa >>
<< In realtà non abbiamo niente da dirci >>
George arricciò le labbra pensoso, poi scrollò le spalle << so che cosa hai sentito. So che tu credi che io e Fred avessimo progettato una falsa storia d’amore per prenderci i soldi di Cedric, ma fidati che… >> non ebbe il tempo di continuare: assottigliai lo sguardo e gli puntai un dito contro.
<< No, che non mi fido. Non voglio sentire quello che hai da dire e non ho visto nessuna storia d’amore. Siete stati infidi e ho imparato che è meglio non aver niente a che fare con voi >> sputai. Avanzai verso l’entrata, intenta a non ascoltare una parola di più. Se la mia voce non fosse stata così carica di risentimento e George non mi avesse preso per le spalle per fermarmi, avrei potuto dire di aver fatto un’uscita trionfale.
<< Cassie, ma non è vero! Fred ha detto quelle cose solo per far star zitta Angelina! Okay, ammetto che si vergognasse di uscire con una Tassorosso, ma non aveva alcuna intenzione di ferirti. Sono la persona che lo conosce meglio al mondo, e posso confermare che ha sempre avuto una cotta per te e quando stavate insieme era sempre felice. Da quando vi siete lasciati è perso, si comporta come al solito ma capisco che gli manca qualcosa >>
Per un momento temetti di perdere la calma; non era così che avevo sperato che mi venissero dette le parole che aspettavo di sentire da settimane.
<< Non ti credo >>
George serrò la mascella; il volto contratto dal nervoso.
<< Cassidy, ascoltami >> rimase zitto per un secondo, i nostri sguardi si stavano sfidando spazientiti << Fred è innamorato di te e tu sei innamorata di lui. Quando stavate insieme eravate entrambi contenti e stavate bene. E’ davvero il caso di lasciar perdere quello che avevate? Cassie, prova almeno a parlargli. Purtroppo lui è troppo testardo e per quanto voglia chiarire con te, non lo farà mai per primo >>
Inutile dire che il mio cuore riprese a battere all’impazzata, ma la rabbia che avevo tenuto dentro per un mese e mezzo si era appena liberata. Non riuscivo a cedere.
<< Forse non te lo ha detto, ma sono testarda pure io >>
Così dicendo, mi liberai dalla sua presa ed entrai nella Sala Comune. A causa di George e delle sue rivelazioni- che avrebbero potuto aspettare almeno Santo Stefano-, la gioia che precedeva il Natale era svanita, così come la voglia di festeggiare.
Gli occhi di Cedric erano ancora fissi nei miei. Non avevo idea se stesse aspettando una riposta, ma di fatto l’arrivo di Anthony mi salvò da un altro discorso spinoso.
<< Bambolina, sei bellissima stasera >>
Non ebbi il tempo di girarmi verso di lui per salutarlo: mi afferrò una mano e ne baciò il dorso facendo schioccare le labbra. Arricciai il naso; Cedric soffocò una risata.
<< Davvero, sei da togliere il fiato >> continuò con un sorriso.
Incapace di trovare un complimento da fargli, mi sforzai di sorridere. Non ero in grado di dire a un ragazzo che stava bene, quando la sua camicia era quasi più scollata del mio vestito.
Notando che Cedric stava per scoppiare a ridere, mi voltai verso di lui; gli occhi ridotti a due fessure.
<< Non hai una damigella secchiona da raccattare, Mr Prefetto? >>
Cedric fece una smorfia e questa volta la carta del finto offeso funzionò: pentita di come gli avevo parlato, lo abbracciai. Lui ricambiò dolcemente la stretta; le sue mani presero il mio volto e mi diede un bacio sulla fronte.
<< Non metterti già nei guai, streghetta! >> sussurrò. Rivolse un sorriso ad Anthony e uscì dalla Sala Comune, diretto verso la torre dei Corvonero.
Una volta sola, guardai rassegnata Anthony. << Andiamo? >>
Anthony mi fece l’occhiolino e mi porse un braccio che afferrai imbarazzata. Volente o nolente, era ora di entrare in scena. Camminammo in silenzio, il rumore dei miei tacchi rimbombava tra le pareti di pietra. Ero visibilmente a disagio, ma vedere Anthony continuare a sorridere attenuò tutta la rabbia che avevo provato nell’ultimo giorno. Forse non avevo fatto una scelta completamente sbagliata.
Una volta arrivati nella Sala d’Ingresso, rimasi sorpresa nel vedere che la stanza era stipata di studenti che aspettavano con impazienza il momento in cui le porte della Sala Grande si sarebbero aperte. I ragazzi che avevano accompagnatori di case diverse si cercavano tra la folla; l’emozione e l’ansia erano riflesse nei loro occhi. Mi guardai intorno nella speranza di adocchiare qualche faccia amica; ma l’unica cosa che catturò il mio sguardo fu l’accompagnatrice di Finnegan Harries che salutava contenta nella nostra direzione.
<< Hey, c’è Hay Lin! >> Esclamò Rickett alzando un braccio per farle segno di raggiungerci.
Il sorriso della ragazza aumentò e dopo essersi alzata la gonna del suo vestito lilla, si fece largo tra l’orda di studenti per venirci a salutare; al suo seguito, il povero Finnegan cercava di tenere il suo passo senza inciampare.
<< Ciao Tony, ciao Cassidy >> disse contenta. Era molto carina con i capelli corvini legati in una complicata composizione di trecce.
<< Vedo che la mia bambolina non è l’unico schianto stasera >> ammiccò Anthony in direzione della ragazza. Lei arrossì sul colpo, mentre Finnegan lo fulminò con lo sguardo.
<< Non hai freddo? >> chiese a Rickett indicandogli lo scollo della camicia. Mi morsi il labbro per evitare di ridere.
<< Le basse temperature non sono mai state un problema per la mia anima calorosa >>
Hay Lin ridacchiò, una mano nascondeva le labbra. Rassegnati, io e Finn ci scambiammo un’occhiata divertita; mi sentivo sollevata sapendo che non ero l’unica a considerare Anthony un energumeno senza cervello.
In quel momento, il portone di quercia si aprì, e tutti ci voltammo a guardare l’ingresso degli studenti di Durmstrang scortati dal professor Karkaroff.
Krum era in testa alla fila, accompagnato dall’amica del fratello di Fred e George. Non riuscivo a credere che fosse lei la fantomatica ragazza di cui si era innamorato. In fondo al gruppo Aaron e Kate brillavano radiosi. Kate era bellissima nel suo vestito floreale rosa pallido e con i capelli biondi sciolti in una cascata di ricci sulla schiena. Una volta sistemati nella stanza, la professoressa McGranitt gridò: << I campioni qui, per favore! >>
Riuscii a distinguere Cedric e Cho raggiungerla, seguiti dagli altri ragazzi. Il professor Piton, dalla parte opposta, ci spiegò che i Campioni dovevano essere gli ultimi a entrare nella Sala Grande, così ci ordinò di prendere posto ai tavoli.
La calca di studenti cominciò a muoversi rumorosa dentro la Sala, dovetti aggrapparmi a Anthony per evitare di cadere.
<< Buon Ballo >> dissi a Finn prima di perdere lui e Hay Lin di vista.
Con il cuore in gola e i piedi dolenti, entrai nella Sala Grande. Lo spettacolo che mi si palesò davanti agli occhi fu incredibile: le pareti della stanza erano tutte coperte di brina d’argento scintillante; il soffitto nero stellato era attraversato da ghirlande di edera e vischio intrecciate. I tavoli delle case erano spariti per lasciare posto a una serie di tavoli più piccoli illuminati da lanterne volanti.
Senza fiato, feci scorrere gli occhi per tutta la sala, fino a quando non notai con orrore che l’accompagnatore di Ariel era George Weasley. Era stata davvero così disperata da aver scelto il nemico come cavaliere? Beh almeno era riuscita a trovare qualcuno. Al suo fianco, Gwen guardava sognante Lee. Ariel non si era risparmiata nemmeno per lei: il busto dell’abito rosso sangue di chiffon era di più scuro e aveva uno scollo a cuore, mentre la gonna maestosa cadeva ampia e imponente. La pelle chiara di Gwen risaltava a contrasto con il colore del vestito, così come le labbra rosse e i capelli neri. Anche Ariel era bellissima. Il suo abito era bianco, mentre la parte superiore era ricamata da disegni di pizzo neri, la gonna era una cascata di tulle più corta sulla parte anteriore. Aveva una sola manica e le mani erano coperte da due guanti da motociclista neri; sui capelli fucsia, invece, troneggiava un cappello a cilindro. Sembrava uscita dal libro babbano ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’. Seduta al loro stesso tavolo, Angelina non reggeva il confronto: era insulsa nel suo vestito color pesca. Fred, invece, era irritantemente affascinante nel suo completo da cerimonia. Non feci in tempo a distogliere lo sguardo dal suo viso sorridente, che i suoi occhi si soffermarono su di me; il mio cuore perse un battito. Certa di essere diventata rossa, strinsi il braccio di Anthony e mi voltai.
<< Dove ci sediamo? >> chiesi sperando che il mio imbarazzo passasse inosservato.
Lui non rispose, si limitò a indicare il tavolo dove un ragazzone troppo cresciuto si sbracciava cercando di attirare la nostra attenzione.
<< EHI CASSIDY! VI HO TENUTO IL POSTO! >>
Tra tutti i Tassorosso della scuola, Malcolm Preist era senza dubbio il più bello quella sera. In uno smoking delicato color panna e con un sorriso più luminoso che mai, i suoi occhi brillavano dalla felicità.
D’istinto ricambiai il sorriso e lo raggiunsi in fretta, seguita da Anthony che non mi aveva lasciata un attimo.
<< Allora, Cassie? Sei pronta per scatenarti sulla pista da ballo? >> mi domandò una volta che mi sedetti al suo lato. Jerome si sporse in avanti per salutarmi, interrompendo la conversazione che stava facendo con Kate.
<< Wow, Cassidy, non ti ho mai vista così bella >> esclamò Aaron. Feci un mezzo sorriso e mi sistemai il tovagliolo in grembo. << Vorrei poter dire lo stesso di te, ma hai ancora i capelli che mi ricordano un budino alla vaniglia con macchie al cioccolato >>
<< Buono! >> esultò Malcolm facendoci scoppiare a ridere.
Un istante dopo, la nostra attenzione fu catturata dalla professoressa McGranitt che fece il suo ingresso nella Sala Grande seguita dai campioni. Accompagnati dallo scroscio di applausi degli studenti, i campioni si muovevano trionfanti verso il tavolo dei giudici, dove Silente li guardava allegro.
Presa dalla solennità del momento, non mi ero accorta che i piatti d’oro erano ancora vuoti e che davanti a ogni postazione c’era un menù. Presi il mio e lo lessi concentrata, cercando di capire cosa avrei voluto mangiare.
<< Oh ragazzi, è tutto magnifico >> sussurrò Kate, marcando l’ultima parola.
Alzai lo sguardo dal menù, undici paia di occhi erano rivolti verso di lei.
<< La Sala Grande? >> domandai.
Malcolm la stava guardando curioso; la gamba destra si muoveva velocemente sotto il tavolo.
<< No, Moody >> disse lasciandosi scappare un singhiozzo dall’emozione << non trovate che sia sexy? >>
Io e Malcolm ci scambiammo un’occhiata sconcertati. Ma grazie ad Aaron la scandalosa passione per Moody non le era passata? E, poi, di sexy continuava a non aver proprio niente. Nemmeno il sedere ‘scolpito’ dalle Veela.
<< A me non hai mai fatto un complimento del genere >> ribatté Aaron accigliato << devo ritenermi offeso? >>
Kate fece una smorfia compassionevole e sfiorò con le dita la mano del ragazzo. Mi morsi l’interno della guancia per non scoppiare a ridere. Kate era davvero irrecuperabile. E l’adoravo per questo.
Una volta che Silente mostrò all’intera Sala Grande come ordinare il cibo, feci apparire del polpettone e delle patate schiacciate.
Scherzammo quasi tutto il tempo, i ricordi più buffi degli anni passati furono i protagonisti della nostra cena. Kate raccontò a Jerome, Aaron e Anthony il giorno in cui Malcolm si travestì da ragazza per distrarre l’ex cercatore dei Serpeverde in modo da far occupare alla nostra squadra il campo di Quidditch per un allenamento extra; mentre io mi divertii a ricordare come Aaron si era fatto venire un terribile eritema sul sedere un’estate in cui avevo dirottato la sua scopa contro un cespuglio di edera velenosa.
La serata fu più piacevole del previsto; anche Anthony riuscì a farmi ridere e riuscii a spiare il tavolo di Fred solo una volta.
Quando tutti i piatti furono puliti, Silente si alzò e ci chiese di seguirlo; con un colpo di bacchetta, i tavoli si disposero lungo i muri lasciando il pavimento libero per le danze. Silente fece apparire un palco appoggiato alla parete di destra, dove le Sorelle Stravagarie salirono poco dopo. Il boato che esplose al loro arrivo era paragonabile solo allo scoppio causato da un potente incantesimo esplosivo. La band si dispose sul palco; con i loro capelli lunghi e le lunghe vesti strappate avevano catturato l’intera attenzione di tutta la sala.
Dovevo ammettere che avrei preferito i Lupi di Paddington – da quando Ariel aveva deciso di ascoltarli, avevamo sviluppato una vera e propria passione per loro-, ma la musica delle Sorelle Stravagarie riusciva a entrare nelle vene fino a muovere gli arti. Non appena cominciarono a suonare, la stanza fu avvolta da una melodia lenta e lugubre.
<< Ehi, bambolina, vuoi concedermi l’onore? >> mi chiese Anthony una volta che i nostri amici si erano buttati in pista. Riluttante, corrugai la fronte: non me la sentivo di iniziare le danze con un lento. Non quando avevo il senso del ritmo uguale a quello di un palo. E Hogwarts non era ancora pronta per le mie movenze da Erumpent impagliato.
Aprii la bocca per rispondergli, quando otto mani mi rapirono. Con i piedi che sbattevano per terra, e le braccia tirate in avanti, venni trascinata da Lee e George in un angolo della Sala Grande, mentre Gwen e Ariel mi seguivano dicendo frasi confuse e sconnesse tra loro.
<< CHE COSA STATE FACENDO? >> Urlai non appena mi lasciarono andare.
Ariel mi mise una mano sulla spalla << ti vogliamo aiutare, quindi devi prestarci un paio di minuti per lasciarci spiegare>>
Il mio viso si contorse in una smorfia confusa << aiutarmi a fare cosa, scusa? >>
<< A fare pace con Fred! >> intervenne Gwen.
Per poco non le lanciai un sandalo addosso. Non era possibile che mi avessero trascinata lì per insistere ancora su questo argomento.
<< Lo sappiamo che non vuoi >> continuò George << ma ne avete bisogno, tutti e due >>
<< E non vogliamo che vi perdiate così, senza averci nemmeno provato >> aggiunse Lee.
Mi allontanai di qualche passo; tutti e quattro non mi erano mai sembrati così stupidi. In quel momento sperai davvero che scherzassero, che avessero architettato tutto questo perché stavano passando un momento masochista di gruppo e volevano essere insultati pesantemente.
<< Ma siete seri? >>
Ariel affilò lo sguardo, le mani posate sui fianchi e la bocca ridotta a due sottili linee rosa << no >>
<< Voi siete completamente pazzi! >> sbottai allargando le braccia esasperata << credete davvero, che dopo tutto quello che Fred ha detto, io accetti di abbandonare il ragazzo con cui sono venuta al ballo per strisciare come un verme da colui che mi ha ferita senza un motivo? >>
I quattro ragazzi rimasero zitti, i loro visi rabbuiati dal senso di colpa. Delusa dalle mie stesse migliori amiche, li lasciai e tornai da Anthony che stava parlando con Hay Lin accanto al tavolo del rinfresco.
<< Scusami, Rickett, non sapevo di essere stata presa di mira da un gruppo di mollicci senza cervello >>
Alle mie parole, il volto di Anthony si illuminò. << Bambolina, temevo di averti perso >>
<< Abbi fede, mio cavaliere! >> risposi con un sorriso. Gli porsi la mano e spostai il mio sguardo sul suo << Mi concederesti l’onore, anima calorosa? >>
Anthony si lasciò sfuggire una risata e mi accompagnò sulla pista, dove passammo il resto della canzone a dondolare impacciati. Per mia fortuna – non ero molto sciolta tra le braccia muscolose di un ragazzo alto quasi due metri- la seconda canzone fu molto più veloce.
Decisi di adottare ancora la strategia del dondolio, mentre Anthony aveva preso a ballare muovendo le braccia in aria, come una mosca che si strofina le antenne. Cercando di ignorare quella situazione imbarazzante, provai a controllare come stessero danzando gli altri ragazzi. Con sollievo, constatai che la maggior parte di loro dava l’idea di non sapere quello che stava facendo; piedi fuori tempo e braccia agitate come spaghetti troppo cotti. L’unica coppia a destare davvero l’attenzione erano Fred e Angelina, talmente tanto scatenati da spaventare chiunque si trovasse al loro fianco. Era come se la mia paura fosse diventata realtà: loro due al centro della sala e io ai margini, triste e scoraggiata.
Un paio di occhi castani mi trovarono, distolsi lo sguardo.
<< Lo stai facendo ancora >>
La voce di Anthony mi fece sobbalzare; non avevo idea che mi stesse guardando.
<< Facendo cosa? >> borbottai con le guance in fiamme.
Rickett mi posò una mano su un fianco e mi fece girare dall’altra parte in modo da invertire le posizioni.
<< Lo stai guardando >> rispose indicando dietro di me. Non mi dovetti voltare per capire che si stesse riferendo a Fred << quando lo fai, ti compare una fossetta in mezzo alle sopracciglia, come ogni volta che sei triste >>
Guardai Anthony. Per la prima volta in tutta la mia vita, lo stavo vedendo serio; senza l’aria da spaccone che tentava di ostentare in continuazione << E’ tanto evidente? >>
Lui alzò le spalle << solo per chi ci tiene a te >>
<< Oh >>
Avrei potuto rispondere con qualcosa di più arguto, ma questo lato del suo carattere – quello premuroso e, si, persino dolce- era una sorpresa.
<< Sai, quando ti ho notata la prima volta, avevi appena convinto Malcolm che Mrs. Purr era una studentessa bocciata, trasformata in gatto per punizione. Mi hai fatto morire dal ridere, e quando ho scoperto che amavi anche il Quidditch, ho capito di avere una cotta per te >> gli occhi di Anthony erano fissi nei miei, le sue labbra dispiegate in un dolce sorriso << hai sempre avuto una luce unica, una cosa che ti ha sempre differenziata da tutte le altre. Credo sia questo il motivo per cui continuo a insistere con te. Sei la persona più speciale che conosca >>
Incredula, socchiusi le labbra. Boccheggiai alla ricerca di qualcosa da dire; mai avrei pensato che Anthony Rickett – l’energumeno più ottuso di tutto il mondo magico- fosse in grado di lasciarmi senza parole. Rickett mi posò un dito sulle labbra.
<< Fammi finire >> disse autoritario << Sei speciale perché sei brava in tutte le cose che la gente ignora: è grazie a te, per la passione che hai sempre mostrato, che mi hai fatto innamorare di Astronomia. Il mio piano era di continuare i M.A.G.O. sin dal primo anno, trovarti in classe è stata quasi una sorpresa. Ma, devo ammettere, che è da settimane che non vedo più la luce di Cassidy, è come se tutto quello che sei, tu lo abbia nascosto da qualche parte. E so che è colpa di quello che è successo con Fred; riuscirei a percepire quanto lo ami anche a chilometri di distanza. E so anche che vorresti essere con lui questa sera >> Anthony fece un sospiro << e se questo ti aiutasse a tornare felice, sarei più che contento di aiutarti, non voglio costringerti a stare con me >>
Mi gettai tra le sue braccia, la bocca chiusa per timore di smuovere il groppo che avevo in gola. Chi lo avrebbe mai detto Anthony Rickett si sarebbe rivelato più ragionevole di Gwen e Ariel? << Ma non mi stai costringendo, Rickett >> sussurrai sciogliendo l’abbraccio.
Lui si lasciò sfuggire un sorriso << Cassie, vai da Fred e sistema tutto. So che è quello che vuoi e so anche che è quello che devi fare >>
Impedendogli di continuare a parlare, posai le mie labbra sulla sua guancia e gli scoccai un bacio.
<< Rickett, sei un ragazzo fantastico e sono fantastiche anche le tue mosse da ballerino >> ridacchiai << promettimi di non passare da solo il resto della serata >> Anthony annuì con un sorriso. Lo salutai e uscii dalla Sala Grande.
Prima di fare qualsiasi cosa dovevo schiarirmi le idee e capire cosa volevo davvero. Ero pronta a parlare con Fred? Non ne avevo idea. Volevo porre fine a quella storia melensa, ma non credevo di averne il coraggio. Sospirai: forse sarebbe stato meglio rimanere a ballare con Anthony.
Avevo bisogno di prendermi qualche minuto per riflettere sulla mia prossima mossa.
Scesi i gradini dell’Ingresso e mi addentrai nel giardino delle rose, dove le luci danzanti delle fatine baluginavano tutt’intorno. Camminai tra cespugli e imponenti statue, fino ad arrivare alla serie di panchine che costeggiavano la grande fontana. Adocchiai un posto libero e mi sedetti, intenta a riordinare i pensieri che avevo nella testa. Il ragazzo che avevo al mio fianco sembrava distrutto; il capo chino in avanti e il viso nascosto dai ricci scuri.
Inarcai un sopracciglio.
<< Finn? >>
Al mio richiamo, il ragazzo alzò la testa di scatto; il viso contorto dalla sorpresa.
<< Cassidy, cosa ci fai qui? >> mi chiese. La sua voce era spenta, anche il suo sguardo era privo di qualsiasi emozione.
<< Avevo bisogno di una boccata d’aria >> risposi con un fil di voce << ma a te cosa è successo? >>
La mia preoccupazione gli arricciò le labbra; piantò i gomiti sulle cosce e tornò a guardare per terra.
<< Hai presente che ero venuto con Hay Lin, la mia migliore amica? >> mormorò.
<< Si >>
<< Ecco, sono innamorato di lei da anni, ma lei è completamente persa per quell’armadio di muscoli biondo del tuo amico >> sospirò sconsolato << e stasera mi ha rivelato di volersi dichiarare a lui >>
Non sapendo se essere felice per Anthony o sentirmi male per Finnegan o rimanere sconvolta dal fatto che Rickett aveva fatto colpo senza rivelare il suo animo romantico (o fare tutte e tre le cose), cercai di consolare Finn; una mano sulla sua schiena e il tono di voce più dolce possibile.
<< Lo so che ti può sembrare la fine del mondo, ma non è così. Stando a quello che dice Malcolm, e da quel poco che ho visto io, sembri un ragazzo meraviglioso e se Hay Lin stravede per gli armadi muscolosi biondi e non per i ragazzi ricci intelligenti e divertenti, non puoi farci niente. Non puoi ostacolare i sentimenti di una persona. Troverai di sicuro qualcuno che si innamorerà perdutamente di te >>
Finn sospirò di nuovo, i suoi occhi azzurri mi guardarono sconsolati << Lo so, ma grazie di avermi dato del ragazzo meraviglioso >> rispose accennando un sorriso << Hai ragione, lo sono >>
Mi lasciai sfuggire una risata e gli diedi una gomitata amichevole. << Prima ho mancato l’aggettivo modesto, a quanto pare >>
Finn mi diede un piccolo pizzicotto sulla guancia; un timido sorriso gli comparì sul volto << Perché avevi bisogno di una boccata d’aria? >> mi chiese curioso. Alzai le spalle.
<< Devo decidere se vale la pena andare a parlare al ragazzo di cui sono innamorata per sistemare il casino che ha causato lui >>
Lui continuò a sorridermi << Lo hai detto tu: sei innamorata. Ne vale sicuramente la pena >>
Aveva ragione: ne valeva la pena. E se fosse andata male, mi sarei tolta lo stesso un peso. Almeno avrei capito se quello che mi aveva detto George fosse vero e mi sarei messa il cuore in pace una volta per tutte.
In quel momento, il professor Piton comparì davanti a noi. << Dieci punti in meno a Tassorosso! >> urlò. Trattenni a stento uno strillo spaventato; la mia mano strinse il polso di Finn dalla paura. Solo quando capii che lo scatto d’ira del professore era rivolto al cespuglio vicino alla nostra panchina, mi calmai e lasciai andare la presa. Una ragazza strillò e uscì dall’arbusto, correndo veloce verso il castello. << E dieci punti in meno per Corvonero! >> continuò Piton contro un ragazzo che seguì la poveretta.
Io e Finn ci guardammo allibiti per un secondo, poi scoppiammo a ridere e iniziammo a inveire contro i malcapitati delle nostre case. << SIETE DEGLI SCHIOPODI MARCI>>
<< NEANCHE I BUNDIMUN SONO COSI’ AMMUFFITI! SE PERDIAMO LA COPPA DELLE CASE E’ SOLO PER COLPA VOSTRA! >>
<< SUDICI DALEK! >>
Al grido di Finn, inclinai il viso da un lato << sudici Dalek? >>
Finn mi diede una pacca sulla spalla e, senza darmi alcuna spiegazione, cambiò argomento << tu non devi andare da quel ragazzo? >>
Al sol pensiero di dover parlare a Fred, il mio stomaco cominciò a ruggire spaventato. << Devo? >> chiesi impaurita.
Finn mi indico severo il castello << forza >>
Sospirai e gli diedi un veloce abbraccio. << Grazie, ancora >> gli dissi alzandomi dalla panchina; sospirai provando a farmi forza, ad ogni passo verso la scuola, il mio cuore faceva un tuffo.
<< Grazie a te per avermi fatto ridere >>
L’urlo di Finn mi accompagnò fino alla scalinata; la sua sagoma divenne nera nella notte.
Salii di fretta le scale e una volta dentro il castello venni avvolta dal calore delle candele che illuminavano la Sala d’Ingresso. Non mi ero accorta di quanto fosse fredda la temperatura in giardino. La Sala Grande era ancora travolta dalla musica delle Sorelle Stravagarie e dai cicloni formati dagli studenti; all’idea di dover addentrarmi in quella calca confusionaria, i miei piedi cominciarono a piangere. Con l’intento di cercare prima le mie amiche, mi tolsi i sandali e li lasciai fuori dalla porta della sala; i miei piedi si rilassarono a contatto con il pavimento ghiacciato. Impaziente di raggiungere le ragazze, mi feci largo tra la folla e sgomitai fino a quando i capelli fucsia di Ariel comparirono davanti ai miei occhi. Per mia fortuna, Gwen si trovava lì vicino e non ci impiegai molto ad afferrarle per i polsi e a trascinarle nello stesso angolo in cui mi avevano rapita poco prima.
<< Ho cambiato idea >> dissi alzando la voce, nell’intento di farmi sentire sopra tutto quel rumore << raccontatemi questo piano >>
Gwen mi strinse nella sua morsa soffocante << Oh Cassie, ho avuto paura che ci odiassi >> ululò aumentando la stretta.
Ariel rimase a qualche passo da noi, le braccia conserte e un sopracciglio alzato.
<< Cass, sei una pirla >> disse secca << non puoi dirci quelle cose che ci fanno sentire delle brutte persone e poi cambiare idea così >>
Mi liberai dall’abbraccio di Gwen e misi a entrambe una mano sulla spalla << in realtà quelle cose le penso ancora, ma le cose sono andate diversamente. Avete ragione: ho bisogno di chiarire questa storia e sono pronta ad ascoltarvi. Dopo tutto quello che fate per me, fidarmi di voi è il minimo che possa fare >>
Gwen e Ariel si lanciarono un’occhiata di intesa; Gwen annuì e Ariel si schiarì la voce pronta a raccontare << Se la metti così, questo è stato il piano: io e Gwen abbiamo deciso di approfittare del Ballo del Ceppo per farvi fare pace, così lei ti ha proposto di invitare uno dei ragazzi della lista, lista che avrebbe dovuto farti capire quanto tu amassi ancora Fred. Sapevamo che tutti quei ragazzi ti avrebbero respinta – scusa- >>
Ariel abbozzò un sorriso; la mia mascella si contrasse innervosita.
<< Di certo, non avevamo idea che alla fine avresti chiesto a Rickett di farti da accompagnatore! >> aggiunse Gwen; le braccia alzate per enfatizzare le sue parole.
 << Comunque>> riprese Ariel << il nostro scopo era quello di farti venire al Ballo da sola, così che George, il mio accompagnatore, avrebbe sostituito Fred con Angelina, nel momento in cui tu e Fred vi foste rimessi insieme >> concluse.
<< Tu guardi troppi film, Ariel >> risposi sconcertata.
Se non fossi stata troppo sconvolta, mi sarei inchinata davanti alla grandezza della sua mente maleficamente ingegnosa. Dove trovava il tempo di architettare quelle trame complesse e impossibili?
In quel momento le guardai; le mie labbra si allargarono in un sorriso. Ariel e Gwen erano tutto ciò che avrei continuato a desiderare ogni Natale. Non riuscivo a immaginare un futuro senza avere loro due, le mie migliori amiche, al mio fianco. Chi mi avrebbe mostrato la retta via? Di sicuro non l’Amante del Vecchiume. E chi mi avrebbe fatta sentire sempre a casa? Non la Donna Arcigna che chiamavo madre.
<< Ma è per la vostra pazzia che vi adoro così tanto >> conclusi.
Ariel alzò gli occhi al cielo << Non fare la spina nel fianco e vai da Fred >>
Gwen sbuffò, ma io sapevo che quello era il modo per Ariel di dirmi che mi voleva bene.
<< Ti adoriamo anche noi, Cassie >> così dicendo, Gwen coinvolse me e Ariel in un grosso e goffo abbraccio.
<< Okay, bando alle smancerie >> mugolò Ariel sgusciando via dalla nostra presa << George e Fred hanno passato tutta la sera a rincorrere Ludo Bagman; ora che lui è sparito, hai l’occasione per andare a parlargli >>
Mi indicò il tavolo a cui Fred e George erano seduti; con la stessa espressione corrucciata, stavano borbottando qualcosa tra di loro.
<< Buona fortuna >> mi disse Ariel sorridendo.
<< Si, e in bocca al drago! >> aggiunse Gwen dandomi un bacio sulla guancia.
Con le mani strette in due pugni, avanzai verso il tavolo. Non mi importava se il mio cuore mi stesse minacciando di farmi morire d’infarto o se il mio viso accaldato mi stesse avvertendo che ero a rischio iperventilazione, volevo chiudere quella storia per sempre.
Non appena George mi vide, sfoggiò un sorriso ebete e si allontanò dal fratello con una scusa.
Confuso da quello che gli aveva detto il gemello, Fred aggrottò la fronte, ma quando i suoi occhi si posarono su di me, il suo viso si indurì in un’espressione impassibile.
<< Quale onore >> disse; la voce colma di sarcasmo.
Mi era mancato il modo in cui mi istigava alla violenza. Mi morsi l’interno della guancia per non insultarlo e presi un respiro.
<< Sappi che se sono qui, non è certo per merito tuo. Sono stati un paio di amici a convincermi che questa sia la cosa giusta da fare e non voglio pentirmene >> iniziai, espirando l’aria che avevo trattenuto nei polmoni. Fred si alzò dalla sedia e incrociò le braccia al petto; un sopracciglio alzato e un dito che tamburellava su un avambraccio. << sentiamo allora >>
<< Ieri sera, George mi ha rivelato che quello che hai detto ad Angelina era una bugia, che non è vero che il vostro intento era quello di usarmi per ottenere i soldi di Cedric >>
Fred annuì << Beh, sì. E’ vero >>
<< Bene, ora voglio sentirlo da te >> continuai secca << perché voglio mettere a tacere tutti i dubbi che mi rimangono e voglio smettere di stare male per te, non posso continuare a rovinarmi l’esistenza a causa tua >>
Il volto di Fred si addolcì; con uno sbuffo, si passò una mano tra i capelli, i suoi occhi marroni erano fissi sul tavolo << Ho inventato quella menzogna perché mi imbarazzava l’idea che qualcuno ti potesse definire la mia ragazza. Ma non perché tu fossi tu, ma perché non sono mai stato impegnato con nessuno e ho sempre considerato l’essere fidanzati come una debolezza. Così ho detto quella cosa per far ricredere le mie compagne e mi dispiace. Se avessi saputo che tu fossi lì, che poi ti avrei persa, non lo avrei mai fatto >> Fred alzò il viso, i suoi occhi mi guardavano con insistenza << Quando mi sono ritrovato a Lezione di Astronomia, non avrei mai detto che quella sarebbe diventata la mia materia preferita. E tutto questo a causa tua. Ho sempre avuto un debole per te, ma mi sono reso conto di essere innamorato quando mi hai spiegato l’Unità Astronomica. Anche se non ti piaceva l’argomento, il tuo viso si è illuminato lo stesso e attraverso le tue parole, è stato come viaggiare nello spazio. Diggory, io ti amo e sono stato l’idiota più idiotoso del mondo; persino il parrucchiere di Piton è secondo a me >>
Non riuscii a trattenere un sorriso. Era inutile cercare di essere seria quando l’unica cosa che volevo fare era baciarlo, non potevo più negare che l’unica cosa che volevo davvero era stare insieme a lui. Le mie braccia scivolarono lungo i fianchi, il mio viso si rilassò. Ero pronta a cedere.
<< Ti perdono solo perché quello che hai detto è stato molto carino >> risposi con un’alzata di spalle.
Fred strabuzzò gli occhi << Carino? Carino? Tu chiami questa dichiarazione degna del miglior libro d’amore, solo carina? >>
Mi lasciai sfuggire una risata, gli presi le braccia e me le avvolsi attorno alla vita. Fred si sciolse in sorriso; aumentò la stretta e appoggiò la fronte alla mia.
<< Mi perdoni davvero? Non credo di meritarmelo >> mi sussurrò.
Le farfalle del mio stomaco si risvegliarono e tornarono a frullare le ali contente.
<< Non te lo meriti, infatti. Ti perdono solo perché sono pazzamente innamorata di te, della tua irritante faccia, della tua irritante voce e della tua irritante personalità, Whiskey >>
Gli toccai la punta del naso con un dito e in quel momento fu lui a ridere.
<< Credo tu sia un po’ masochista >>
Mi alzai in punta di piedi; i nostri visi sempre più vicini e i nostri sguardi incastrati. Finalmente mi sentivo felice come non lo ero da tempo.
<< MA QUESTI SONO I LUPI DI PADDINGTON! >>
La voce di Ariel ci fece voltare verso la sua direzione; con le mani tremanti dall’emozione, la ragazza stava reggendo il suo cappello a cilindro, mentre la cover che stavano suonando le Sorelle Stravagarie rimbombava per tutta la sala.
Cedric comparve al suo fianco, lo sguardo rapito dalla band << Sai che questa è la mia loro canzone preferita? >>
<< Io credo che sia la loro canzone peggiore >> rispose lei. Cedric buttò la testa all’indietro e rise di puro gusto.
<< Allora non credo che tu voglia ballarla con me >>
Ariel gli diede una lieve spinta all’indietro << Senti, Spaccone, non ho detto questo. Fammi sognare! >>
Cedric la prese per mano e la condusse sulla pista, dove i suoi capelli fucsia ondeggiarono tra la folla scatenata. Colta alla sprovvista, trattenni un urlo di gioia. Era davvero possibile che un giorno Ariel sarebbe potuta diventare mia cognata? Non ebbi il tempo di fare un calcolo delle probabilità, che George si materializzò trafelato al nostro fianco.
<< Mi dispiace interrompere il vostro idilliaco momento, ma Bagman è tornato e questa, Fred, potrebbe essere la nostra ultima chance per riscattare i nostri soldi >>
Fred guardò il Ministro che stava bevendo qualcosa al tavolo del rinfresco e poi spostò gli occhi su di me. Il mio sguardo assassino lo fece deglutire.
<< Georgie, non credo che ora sia una buona idea. Devo a Diggory almeno un bacio, non puoi tenerlo occupato? >>
George sbuffò e si allontanò imprecando qualcosa contro l’amore. Sorrisi a Fred e tornai in punta di piedi << Hai messo gli affari al secondo posto? Sono quasi commossa >>
Lui alzò gli occhi al cielo, ma prima che potesse replicare, le mie labbra si posarono sulle sue e continuarono a baciarlo fino alla fine del nostro ultimo ballo.
***
Bhe, la nostra storia si conclude qua. Certo, voi vi starete chiedendo un sacco di cose: cosa avrà fatto la nostra bellissima e simpaticissima protagonista quando suo fratello è morto a fine anno? E come ha reagito alla morte di Fred? E Malcolm? A distanza di ventidue anni è rimasto ancora pandoso e meraviglioso? Ariel sarà riuscita a diventare un’alchimista importante? Quanti figli avranno Lee e Gwen? La McGranitt ha davvero la sindrome da ‘entrata da star’ a tutte le cene importanti? E molto altro ancora.  Potrei scrivere intere pagine per raccontare quello che è successo, ma non voglio farlo.
Una volta ho incontrato un uomo buffo senza sopracciglia che – dopo essersi sistemato il papillon rosso- mi ha rivelato di strappare l’ultima pagina di ogni libro che legge perché odia i finali. Io voglio lasciarvi l’ebrezza dell’ignoto, voglio che immaginiate voi come si concluda la storia. D’altronde, non è questo uno degli aspetti più belli dei libri? Non sono mai davvero finiti; ci sono mille modi per sviluppare i racconti e renderli più belli. Potete solcare i mari della vostra fantasia e continuare a fantasticare su quello che può essere successo.
Per Merlino, Morgana e Silente, il ritratto che mi ha commissionato questa storia (provate a indovinare chi è la persona che riesce a irritarmi anche una volta morta, funesta l’’idea di appendere un suo quadro nella mia classe) mi sta obbligando a dire almeno due frasi per ogni personaggio, giusto perché non vuole che io finisca di scrivere. Okay, proviamo a vedere cosa riesco a dire senza dilungarmi troppo.
Iniziamo con le cose semplici: Gwen e Lee hanno tre bambini e Malcolm è il Guaritore più pandoso del mondo magico. Abbastanza prevedibile, no?
Passando alle cose più inaspettate, o almeno, alle cose che si pensassero superate una volta per tutte, Kate non è riuscita a farsi piacere il freddo russo della patria di Aaron. Ancora oggi passa da sessantenne a settantenne senza il minimo senso del pudore, ma almeno è felice come Ufficio per i Gioghi e Gli Sport Magici.
Ariel è la professoressa di Alchimia migliore che Hogwarts abbia mai avuto e sono fiera di chiamarla mia collega. Già, perché io e la scuola siamo legate da una maledizione incollante: non riusciamo a staccarci l’una dall’altra. Almeno insegnare Astronomia mi diverte.
E volete sapere un segreto? Da quell’assurdo anno scolastico, il mio sogno di diventare una giocatrice di Quidditch professionista scemò fino a scomparire del tutto. Non pensate, però, che la mia passione sia svanita: la squadra di Quidditch dei miei amati Tassorosso non ha mai sudato così tanto da quando sono diventata loro allenatrice. Pensate che mia madre ha preso anche a darmi consigli su come allenare una squadra di Quidditch.
Ah, e Anthony e Hay Lin sono felicemente sposati. Certo, lui non smette di fare lo spaccone, ma lei si è innamorata di lui anche per questo. Non temete per Finnegan Harries, anche lui è contento con sua moglie. E detto tra noi, sebbene lei da ragazza lo avesse preso in giro perché faceva parte del Club di Erbologia e non giocava a Quidditch, ha sempre avuto un debole per i ragazzi ricci intelligenti e amanti del giardinaggio.
Il ritratto si è arrabbiato, ora pensa che io abbia detto troppo – chissà come mai- e mi ricorda che il mio tempo è terminato. L’ultima cosa che posso dirvi è quella di credere in voi stessi e di non sentirvi mai inferiori a nessuno.
Credo sia questa la morale della storia – oltre al fatto che da sedicenne ero davvero in una perenne fase pre-mestruale- e ora che l’ho chiarita sono pronta a salutarvi.
Addio,
Vostra (per sempre)
Cassidy

Ringraziamenti:
Vorrei ringraziare tutti, ma proprio Tutti con la T maiuscola. Non ho mai scitto niente di così lungo ( mi scuso anche per le proporzioni esagerate dell'ultimo capitolo) e questo anno insieme a Cassidy, seppur sia stato snervante, mi ha aiutato a capire cosa fare della mia vita. Strano, vero?
Comunque, vorrei cominciare a dire grazie a Elena e Valentina, le mie migliori amiche, che sono state le modelle per Ariel e Gwen. Se sono riuscita a trovare il vestito del ballo per Cassidy, il merito è solo delle abilità da costumista della mia Ele! Mi hanno sostenuto davvero tanto e mi hanno sentito parlare di questa fan fiction ancora di più, perciò meritano di avere un ringraziamento pubblico.
Ringrazio anche la mia Giorgia, la mia controparte fantastica, che ha letto tutto e mi ha sempre incitata aumentando il mio ego; la ragazza per cui mi diverto a scrivere tutti i miei riferimenti su Doctor Who. Merita anche lei un grosso riconoscimento.
Ringrazio anche la mia compare, la mia Mar che nonostante non conosca Harry Potter è sempre stata la mia recensitrice numero uno e con il suo entusiasmo, mi ha sempre fatta sentire brava.
Ringrazio, infine, tutti quelli che mi hanno recensito, chi ha messo tra i seguiti, chi tra i preferiti e chi tra le ricordate. Ringrazio anche chi ha solamente visualizzato e chi è rimasto fino alla fine. Davvero, come avete fatto a seguire una fan fiction che ha i tempi di pubblicazione uguali a quelli tra una stagione e l'altra di Sherlock? Vi adoro.
Grazie per aver accompagnato me e Cassidy in questa avventura!
Alla prossima,
baci,
Becky
P.s.
Ho sempre sognato scrivere dei ringraziamenti seri come questi HAHAHHAHAHA

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