Blame

di Aracne90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Seduto alla sua scrivania, gli occhi fissi sul computer portatile, il Signor Nate Meastre leggeva con attenzione il documento che gli era stato appena inviato dal suo superiore, con la mano destra sulle labbra e un'espressione appena corrucciata in viso. Ad un certo punto dovette aggiustarsi gli occhiali, che inesorabilmente stavano cadendo lungo tutto il suo naso aquilino; non appena ebbe terminato questa azione si posizionò con stanchezza sullo schienale della sua sedia girevole, sospirando rumorosamente e con stanchezza. Poco lontano, oltre un muro divisorio di plastica leggera, una testa bruna con piccoli boccoli si sporse con curiosità, mostrando poco dopo un paio di occhi castani ed una bocca finemente truccata allungata in un mezzo sorriso.
-Tutto bene Nate?- domandò la giovane donna, lanciando uno sguardo indagatorio verso l'uomo, la pelle bruna che sembrava opaca nella luce fissa del neon.
Nate alzò lo sguardo verso Joanne Michealis, togliendosi in un solo gesto gli occhiali per pulirli con un lembo della sua polo rossa. -Tutto ok Joanne... Il capo mi ha appena inviato un messaggio.
-Ah.- proferì la donna, senza entusiasmo. -E che vuole oggi il nostro Iceman?
Nate strinse la mascella, turbato dall'espressione appena usata dalla ragazza. -Non chiamarlo così Joanne. Ci sono orecchie dappertutto, se lo venisse a sapere...
-... non farebbe alcuna differenza, a lui non interessa minimamente quello che noi possiamo pensare di lui.- terminò Joanne, con un mezzo muguno finale. -Ci considera tutti come piccoli animaletti, può mai essere contrariato per le nostre idee?
-Pesci rossi.- rispose Nate.
-Come, scusa?
-Ci considera tutti pesci rossi.- ripetè l'uomo, rinforcando gli occhiali, e mettendoli in posizione sul suo lungo naso. -Ho sentito una volta che lo diceva a quel suo strano fratello...
-Ah, sì. Quello è strano forte.
-Già.- sospirando, Nate si alzò in piedi, spostando con le ginocchia la sedia, che però non fece alcun rumore grazie alle rotelle tattiche posizionate sotto di essa. -Caffè?
-Oh, sì, ne ho bisogno.- rispose la ragazza, affiancandosi a lui. -Stamattina questa dannatissima pioggia mi sta distruggendo... Ho un mal di testa da far paura.
-A chi lo dici...- biascicò l'uomo, incamminandosi a passo lento verso la macchinetta automatica che gli avrebbe fornito il nettare nero, non quella nella sala comune che era sempre piena di gente, ma quella nel corridoio al piano superiore, leggermente nascosta da sguardi indiscreti. -Ora sì che sono nei guai, Joanne.
Lei si voltò di scatto verso di lui, a metà rampa di scale, con il sopracciglio sinistro alzato. -Che è successo?
Scuotendo la testa, Nate fece con un salto gli ultimi due gradini, mettendosi in pari con la sua collega. -Devo trovargli un'altra segretaria.
-Ah.
-Capisci? Le ultime cinque persone che gli ho mandato non sono rimaste con lui più di un mese!- piagnucolò lui girando la maniglia della porta, per lasciare poi spazio alla ragazza, così da immettersi nel piano. -Se non trovo una persona che possa sopportarlo per più tempo, mi gioco il lavoro.
-Già... Bella grana.- disse lei stringendo la bocca, per portare la mano destra verso la tasca dove stava il portamonete, essendo ormai davanti la macchinetta del caffè. -Io invece devo stare dietro a quella nuova, quella un po' svampita... Sta combinando un casino dopo l'altro. Sembra quasi che cada dalle nuvole a volte, quella Jane Marple...
-Oh, beh, sicuramente è solo il periodo di prova.- disse il ragazzo muovendo la testa in senso di assenso, andando a pigiare il tasto corrispettivo al caffè lungo. -Insomma, non viene da quel paesino minuscolo di provincia? Quello che ha un nome buffo?
-St. Mary Mead, sì. Non ne avevo mai sentito parlare, prima di leggere il suo curriculum... Ma pare che non sia molto lontano da Londra, e un paio di amici di mio padre vanno lì d'estate per fare birdwatching.- Portandosi il bicchiere fumante alla bocca, Joanne allungò le labbra in un sorriso mellifluo. -Secondo me anche lei lo pratica, mi pare il tipo.
-Ma scusa, che problemi ha questa ragazza?- chiese Nate curioso. -Ho sentito dire che ha una parlantina veloce, sa trattare con tutti, è molto socievole...
-Fin troppo socievole, secondo me. Ha la brutta abitudine di parlare di persone che conosce, cercando di trovare collegamenti con la gente appena incontrata solo da un gesto. Figurati, ha detto che ho lo stesso carattere della sua panettiera!- esclamò la giovane, con una mezza risata, che risuonò nel corridoio vuoto. -Non è cattiva, sia ben chiaro, ma è un po' invadente... E alla gente con cui lavora la cosa non sta molto bene, ha dovuto cambiare gruppo tre volte l'ultimo mese. E ora non so dove metterla! Insomma, dovrebbe lavorare con qualcuno che non se la prende per le sue domande...
Nate quasi si soffocò con il caffè bollente, strabuzzando gli occhi. -Cosa hai detto?
Con una punta di imbarazzo, la giovane ripetè: -Dovrebbe lavorare con qualcuno che non se la prende per le sue domande. Perché?
Senza nemmeno dare il via, le rotelle all'interno del cervello di Nate Meastre cominciarono a girare. Ma sì, era un'idea! Possibile che nessuno ci avesse pensato prima? -Joanne, sei un genio.
Corrucciando le sopracciglia, la ragazza si sporse vesro il cestino, per buttare il bicchiere di plastica ormai vuoto. -Perché?- ripetè un'altra volta, mettendosi in attesa di una di lui risposta.
-Perché mi hai appena detto che la tua persona invadente ha bisogno di lavorare con qualcuno che non se la prende per le sue domande.- rispose lui, ridacchiando piano. -E chi meglio di un uomo di ghiaccio come Mycroft Holmes può lavorare con la tua leggermente svampita Jane Marple?





Spazio Autrice:
Salve a tutti!!!
Ho ricacciato questa storia dal cassetto (l'avevo cominciata l'anno scorso, ma vuoi il poco tempo, vuoi la poca ispirazione, non sono mai riuscita a portarla avanti), ma ora ho decisamente intenzione di finirla!!
In ogni caso sono accetti commenti di qualunque genere, sia positivi che negativi!!!
Baciotti!!!!
Dia

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


La macchina nera si fermò dinanzi la grande casa vittoriana silenziosamente, accostandosi al marciapiede bagnato tanto vicino da lasciare qualche dubbio su dove terminasse l'uno e cominciasse l'altra. Con un solo scatto, la portiera posteriore si aprì velocemente, ed una sagoma completamente avvolta da abiti scuri fece la sua comparsa sulla strada, protetta dalla pioggia incessante dallo strato di stoffa pesante che offriva il suo ombrello grigio.
-Oh, cielo.- mormorò la giovane donna appena scesa, destreggiandosi con abilità con l'ombrello, la borsa di lana pesante che portava nell'incavo del gomito e la cartellina portadocumenti rossa che aveva in mano. Con eleganza, ruotò appena il busto per chiudere la portiera con la mano che teneva l'ombrello, cosa che la privò per qualche secondo dell'amata protezione, facendo cadere sulla testa priva di cappello un paio di goccioloni belli grandi.
-Diamine!- mormorò ancora lei, per mettersi a correre verso il portone di abete poco lontano, che appariva tanto invitante ai suoi occhi, ultima meta della giornata. Giunta sulla soglia, dopo aver chiuso l'ombrello fardicio, protetta ormai dalla balaustra di marmo posta sul colonnato neoclassico, si prese un paio di secondi per riaggiustarsi i vestiti, andando a spazzolare con la mano i punti più bagnati del soprabito, ed infilando la forcina che teneva sempre infilata nella manica del vestito nell'acconciatura, sistemandola con un paio di mosse. Terminato finalmente il ritocco all'abbigliamento e parrucco, riuscì con un'abile mossa a cacciare dalla borsa un piccolo portacipria di osso con lo specchio interno, con il quale andò a valutare lo stato del suo trucco, trovandolo ancora perfetto, semplice e non volgare.
Con un sorriso a mezza bocca, richiuse il portacipria, e con la mano libera andò a premere l'unico bottone sul citofono grigio, per poi mettersi sotto braccio l'ombrello per il manico, lasciando così abbastanza spazio tra l'oggetto e il soprabito appena spazzolato.
Una voce metallica accompagnata da una lucina nera provenne fuori dalle grate sotto il bottone, gracchiante e un poco roca. -Chi è?
La ragazza sussultò leggermente, stupita dalla luce bianca della telecamera che la stava riprendendo. Diamine, era davvero diverso qui a Londra rispetto a casa sua... Il capitano Howe glielo aveva sempre ripetuto, ma lei non gli aveva mai voluto credere, pensando che fosse una di quelle frasi preconfezionate che le persone più grandi tendevano a ripetere in continuazione per ottenere attenzione.
Scrollando la testa da tali pensieri, si schiarì la voce con un mezzo colpo di tosse, prima di andare a rispondere scandendo bene la voce: -Salve, sono stata inviata qui dall'ufficio centrale, ho un appuntamento col Signor... - Facendo una mezza torsione del busto per evitare di bagnarsi col suo stesso ombrello, andò ad aprire la cartellina rossa, per leggere qualcosa che evidentemente era sulla prima pagina. -Ecco, sì, col Signor Mycroft Holmes, per un colloquio.
Dove aveva già sentito quel cognome? Holmes, Holmes, Holmes... Era davvero convinta di averlo già sentito da qualche parte prima di allora. Ma dove? Diamine, come le dava fastidio non riuscire a ricordarsi le cose! Lei, che a scuola aveva sempre brillato per la sua memoria... No, nulla. Va bene, le sarebbe venuto in mente poi. Le venivano sempre in mente le cose, poi.
La voce metallica rimase in silenzio per qualche secondo, evidentemente per controllare se le informazioni da lei fornite erano giuste. La ragazza sorrise, immaginando la persona dall'altra parte del filo che terminava col citofono, sfogliare un enorme libro rilegato in pelle nera, controllando l'agenda settimanale... No, si riscosse lei; ormai nessuno usava più quei bei organizer rilegati; perfino nella piccola biblioteca dove lavorava la sua amica Delia avevano cominciato ad usare tutti quelle agende elettroniche, più maneggevoli e compatte sì, ma decisamente meno poetiche.
Con un mezzo sibilo, la voce metallica ricominciò a parlare, accompagnata da un tonfo che stava ad indicare l'apertura del pesante portone di abete. -Benvenuta, Signorina Marple. Il Signor Holmes l'attende nello studio in fondo al corridoio sulla destra.
-Oh...- mormorò piano Jane Marple, prima che il portone si aprisse e facesse vedere due uomini, un ragazzo dai lineamenti dolci vestito con uno smoking nero, che con un sorriso le prese dalle mani l'ombrello fradicio, ed un signore leggermente attempato anch'egli fasciato da uno smoking nero, che con l'indice destro premuto sulle labbra le indicò un paio di pattine di cotone bianco da mettere alle scarpe, e con un paio di movimenti veloci e silenziosi, l'aiutò a togliersi il soprabito, per consegnarlo al giovane che aveva ancora in custodia l'ombrello della ragazza. Jane seguì docilmente tutta la scena, come in trance, per poi risvegliarsi quando il maggiordomo attempato le sfiorò il braccio destro per intimarla di seguirlo, e stringendo al petto la cartellina rossa, con la borsa al gomito, ella si affrettò a stare al suo passo, sbirciando in ogni sala dove il corridoio che stava percorrendo si affacciasse.
Silenzio. Silenzio ovunque ci fosse ogni minimo angolo della costruzione, silenzio persino nei polmoni delle persone che placidamente stavano seduti nelle poltrone rivestite in pelle, sorseggiando cognac o leggendo il Times, naturalmente senza produrre alcun rumore nello sfogliarlo. Ogni tanto qualcuno, avvertendo il minimo tonfo prodotto dalle sue scarpe con mezzo tacco che le pattine non erano state capaci di nascondere (Dannazione, ma perché aveva scelto quel paio quella mattina?), alzava lo sguardo curioso, continuando a seguirla con gli occhi per quanto gli era possibile rimanendo adagiato nella sua seduta, per poi abbandonare il pensiero relativo alla sua presenza nel momento stesso in cui non era più visibile. Jane alzò il sopracciglio destro, continuando a camminare dietro al maggiordomo, senza proferir parola; la curiosità di sapere che razza di posto fosse quello la stava rodendo dall'interno, ma aveva il vago sospetto che modulare anche solo un suono con la voce equivalesse ad un cambiamento di trattamento nei suoi riguardi, e non voleva perdere il lavoro che Joanne le aveva offerto ancor prima di avere la possibilità di ottenerlo. Ah, Joanne... Somigliava così tanto alla sua panettiera Gwen! Lo stesso carattere, si somigliavano così tanto anche in viso... Insomma, Gwen aveva quel piccolo difettuccio di voler sempre parlare dei suoi problemi mentre qualcun'altro cominciava a raccontarle dei propri, cosa che aveva dato così fastidio ai suoi colleghi...
Finalmente erano arrivati, senza che nemmeno la giovane se ne accorgesse. Una grande porta nera, perfettamente in accordo con lo stile neoclassico della dimora, stava chiusa dinanzi lei e il maggiordomo, pronta ad aprirsi con un solo tocco. Senza nemmeno pensarci, Jane alzò le nocche della mano destra, pronta a bussare alla porta di chi avrebbe dovuto decretare il suo immediato futuro, ma a mezz'aria quel gesto spontaneo venne bloccato dal maggiordomo, che con un sorriso la bloccò per il polso con la sinistra, mentre la destra andava a premere un bottone poco dostante dal telaio della porta, sovrastato da una piccola lampadina rossa. Resasi conto del suo errore, la ragazza si portò la mano alla bocca in un gesto pieno di imbarazzo, mentre con la bocca andava a modulare due sole parole.
-Mi scusi.- disse senza che nulla uscisse dalla sua bocca verso il maggiordomo, che con un sorriso scrollò le spalle, facendole intendere che non era accaduto nulla.
La lucina rossa si accese ad intermittenza proprio mentre stava accadendo questa scena, indice che la porta poteva essere aperta, e l'uomo con un solo gesto la aprì, mettendosi di lato poi per lasciar passare la ragazza, ed infine richiudendola dietro le sue spalle.
-... Sì lo so che è complicato, ma dovremo trovare un punto d'accordo, non ti sembra?- disse la voce di un uomo che parlava al telefono seduto alla scrivania, voltandosi col collo verso Jane ed indicandole con un gesto la sedia di fronte alla sua seduta, dall'altra parte della superficie di legno laccata di nero. -Sì, d'accordo, hai ragione, ma un compromesso è necessario...- continuò l'uomo, ancora con lo sguardo rivolto verso il vuoto, mentre Jane si accomodava, riaggiustandosi il vestito di lana nero, lungo appena sopra il ginocchio con la gonna leggermente svasata, e posando la borsa appena accanto I suoi piedi, per mettere la cartellina sulle sue gambe. Posizionandosi poi perfettamente diritta, la ragazza alzò lo sguardo penetrante sull'uomo, cercando di studiarlo per quello che le fosse possibile; ad una prima occhiata le sembrava molto simile al vicario di St. Mary Mead, il caro vecchio Leonard Clement, così apparentemente burbero e distante, ma che era sempre disposto ad aiutare, soprattutto la giovane Adele Sigley... Chissà che stavano combinando quei due! Si ripromise che uscita da quel luogo avrebbe mandato un messaggio ad Agatha, la sua migliore amica, per avere novità. Chissà, magari ci aveva preso anche questa volta, quando le aveva detto dinanzi alla sua faccia scettica che probabilmente le campane quell'anno sarebbero suonate a nozze, e non per un funerale...
-Ehm.- Il piccolo colpo di tosse dell'uomo, ormai privo di cornetta, la fece tornare alla realtà, insieme al piccolo scossone che fecero le sue spalle. -Salve, lei deve essere La Signorina Jane Marple, vero?- chiese l'uomo, andando ad alternare gli occhi su di lei e sul foglio dinanzi al suo torace.
La ragazza annuì un paio di volte, andando ad allungare la mano verso l'uomo, che evidentemente rimase a mezz'aria, mentre lui continuava a guardare la pila di fogli sulla scrivania. Lasciata lì per un paio di secondi, la ritrasse velocemente, allungando il sorriso un pochino; oh, sì era davvero molto simile a Leonard! -Salve, Signor Holmes... Sì, sono Jane Marple. Stamattina...
-So che cosa è accaduto stamattina, Signorina Marple.- la interruppe Mycroft, posando il foglio sulla scrivania ed osservandola con attenzione. Una giovane con capelli biondi ed occhi azzurri, arrivata a Londra da non più di tre mesi, proveniente dalla campagna londinese, con due fratelli ed una sorella e che abitava con altri due coinquilini... Sì, i suoi informatori avevano fatto proprio un buon lavoro con lei, dopo nemmeno mezz'ora che Nate gli aveva inviato quel nome sapeva tutto di quella giovane dinanzi a lui, persino il numero di scarpe, il gruppo sanguigno e le intolleranze alimentari. -Allora, vediamo un po'... Il Signor Meastre è convinto che noi due potremmo lavorare bene insieme. Posso vedere le sue referenze?
-Oh... Certo.- rispose lei, cacciando leggermente impacciata un foglio dalla cartellina rossa, per porgerlo a lui che lo prese dall'altro lembo. Non che ne avesse bisogno, sia chiaro; aveva avuto tutte le informazioni sui lavori precedenti di Jane Marple già da qualche ora, ma quella pantomima lo divertiva sempre.
-Uhm. Vedo che sa stenografare e parlare correntemente francese e tedesco.- lesse lui lentamente, tenendo il foglio a qualche centimetro dal naso. -Molto bene, Lord Kernel ha scritto un'ottima lettera su di lei... Posso sapere di cosa si occupava per Mark?
-Oh, nulla di che, lo aiutavo nella vita pubblica.- rispose di lei, sorridendo ancora di più, facendo comparire piccole fossette nelle guance leggermente paffute. -Sa, Lord Kernel ha sempre avuto problemi con le giovani segretarie... Lo ho aiutato per allontanarne una particolarmente fastidiosa.
Mycroft alzò lo sguardo su di lei, colpito. Come era stata schietta! Non che non sapesse della tresca di Mark Kernel con quella Emilie Dernaunt, ma non era riuscito a trovare alcuno pronto a parlarne in questi toni così familiari... Decise di continuare su questa scia, continuando con le domande. -Davvero? E come avrebbe fatto, se mi permette?
-Sa, le ho parlato molto francamente.- rispose lei, osservandolo attentamente con in suoi occhi azzurri. -Non so per quale motivo, ma mi ricordava così tanto la figlia dei miei vicini, i Meadowes... Forse per i capelli... Alla fine le ho solo raccontato la storia di quella ragazza, e dopo qualche tempo lei se ne è andata.
-Come andata? Senza chiedere nulla?
Jane scosse la testa, in segno di diniego. -Nulla. Ha preso un treno due sere dopo per Edimburgo, e da allora non abbiamo saputo più alcunché di lei.
-E questo dopo che lei le ha parlato? Nessun altro tipo di contatto?- chiese ancora lui, portandosi la mano destra alla mascella, andando a carezzare piano il mento appena velato da un osttile strato di barba. Era stupito, e la cosa non accadeva molto spesso; piccolo incoveniente del considerare tutto il resto delle persone come inferiori, non molti sono capaci di lasciarti a bocca aperta.
-No. Niente.- disse Jane semplicemente, scuotendo leggermente le spalle. Curioso, questo Signor Holmes... Holmes, Holmes, Holmes; avrebbe dovuto assolutamente ricordare dove aveva sentito quel nome. Lo annotò in un anfratto della sua mente, soppesando ancora per un paio di secondi l'uomo che le stava di fronte, il quale la fissava, in silenzio. Alla fine, con un mezzo colpo di tosse, prese in mano la borsa, per infilare dentro la cartellina rossa, in modo tale da poter accavallare le gambe in un gesto pratico, non sensuale. -Allora, quando posso cominciare?- domandò, ponendosi in attesa di una risposta, le dita intrecciate sul ginocchio destro.
Mycroft abbassò la mano sulla scrivania, andando a posarsi sullo schienale della sua seduta rivestita anche quella in pelle, con un mezzo sorriso sulla bocca. -Chi le dice che è assunta, Signorina Marple? Non abbiamo affatto accennato alla cosa.
Jane sorrise, placidamente. -Non negare equivale all'affermare, Signor Holmes. E non penso che mi avrebbe mai condotta in uno dei luoghi più esclusivi di Londra per non assumermi, no?
Mycroft abbassò le mani, aprendo la bocca stupita, rendendosi conto in un solo istante di aver perso il controllo del colloquio. -Ma... Ma come...
-Sono disponibile cinque giorni alla settimana, dalle 9.00 alle 19.00, non si preoccupi del trasporto, di quello me ne occuperò io.- rispose lei, districandosi dall'intreccio delle sue gambe ed alzandosi in piedi. -Preferirei avere il finesettimana libero, ma capisco che il Governo non può aspettare le richieste di una semplice ragazza, quindi per quello direi che ci possiamo accordare volta per volta, che ne dice?
-Il Governo? Ma come fa a sapere queste cose, Signorina?- chiese Mycroft, col viso sempre più stupefatto. Come aveva fatto a non accorgersi che quella ragazza non era chi diceva di essere? Che onta, aveva accolto in seno al Diogenes Club una spia... Ma no, non era possibile. Non poteva essere una spia, aveva l'aria troppo svampita. Ma allora chi era quella giovane Marple?
La ragazza si bloccò, osservandolo con gli occhi sgranati, lo stupore così palesemente dipinto sul suo viso. -Insomma, non è ovvio?- domandò lei, con infinito candore. -Nella mia vita ho visto solo due generi di persone che si rifugiano nel silenzio per piacere e non per obbligo: i preti e i politici. Non vedo alcun simbolo religioso al suo collo, quindi ho pensato che l'unica soluzione plausibile fosse la seconda... Non concorda con me, Signor Holmes?
Senza nemmeno farci caso, Mycroft si era alzato anche lui in piedi. Troppi pensieri affollavano la sua mente per seguirli tutti con attenzione, troppe connessioni stavano avvenendo all'interno della sua scatola cranica. Annuì senza convinzione, non avendo nemmeno ascoltato la domanda della giovane, troppo preso a guardarla, ad osservarla, a vederla davvero. Infine si decise, riscossosi come dopo un lungo letargo, ed allungò la mano destra verso di lei, nello stesso gesto che Jane aveva compiuto qualche minuto prima e che non aveva ricevuto alcuna risposta.
-Credo davvero che ci troveremo bene io e lei, Signorina Marple.-disse alla fine, quando lei avvicinò la propria destra alla sua, avvertendo le lunghe dita affusolate e fredde che gli toccavano il palmo nella sua stretta, gentile ma tenace.


Finalmente fuori dal pesante portone di noce, Jane riaprì il grande ombrello grigio, pronta a ributtarsi nella pioggia londinese, accorgendosi solo dopo averlo aperto che ormai il temporale era finito, e dello scroscio precedente era rimasta solo l'umidità nell'aria. Con un sospiro, andò a chiudere l'ombrello, avvertendo in quel momento un rumore di campane provenire dalla sua borsa. Curiosa, vi frugò per un paio di minuti, per cacciare poco dopo un telefono mobile bianco, responsabile del segnale acustico appena prodotto.
“O Mio Dio Jane non puoi capire!!! Adele e Leonard si sposano!!!! Chiamami quando sei libera, dobbiamo parlare!!!!”
Ah, la cara Agatha... Sorridendo, la ragazza si incamminò lungo il marciapiede fuori dall'imponente palazzo bianco, volta verso la più vicina fermata della metropolitana, seguita senza saperlo dall'incessante sguardo dell'uomo che le aveva appena stretto la mano, il quale, ad una finestra del secondo piano, sorseggiava avidamente un bicchiere di whisky e soda.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Alla fine era arrivata. Aveva dovuto scapicollarsi la mattina per riuscire a prendere la metro delle 8.15, urtando un paio di passanti mentre correva come un'ossessa lungo tutta la stazione, e ricevendo in risposta esclamazioni poco gentili; poco male, effettivamente se le era meritate, svegliandosi così tardi da perdere il momento propizio per utilizzare il bagno per prima. Ma diamine, stava per fiorire il geranio! Il suo geranio, portato appositamente da St. Mary Mead, che lei aveva curato con pazienza e amore, e che, contrariamente a tutti i pronostici, germogliava e cresceva vigoroso nel piccolo balconcino su cui si affacciava la sua camera! Gonfiandosi il petto con orgoglio, Jane pensò che la vita di quella pianta valeva molto di più delle offese delle povere persone che aveva colpito, cercando di arrivare in orario a lavoro. Anche se si ripromise di non fare mai più così tardi, e di scusarsi, se mai avesse rincontrato quelle persone in mezzo alla strada.
Scuotendo leggermente la testa per allontanare quei pensieri, la ragazza avvicinò al viso il telefono mobile che aveva nella sinistra, per leggere qualcosa sullo schermo. Dopo aver confermato che l'indirizzo appena inviatole dal suo nuovo superiore fosse effettivamente quello in cui si trovava lei ('Le strade di Londra sono tantissime, mi ci sono persa solo tre giorni fa', fu il fulmineo pensiero che attraversò la sua mente in quell'istante), insomma, dopo essersi assicurata che quello fosse il posto giusto, fece un altro paio di passi per raggiungere il campanello, che premette con una leggera spinta del medio per un paio di secondi. Non dovette aspettare molto; un piccolo scatto seguì questa sua azione, indice che il piccolo cancelletto che si trovava a pochi centimetri dai suoi piedi si era districato dalla serratura che lo fermava, ed era ormai libero di essere ruotato a piacimento di ciunque avesse voluto attraversarlo.
Con un sospiro, la giovane andò a spingere il pezzo di ferro battuto, reimponendo la prigionia al cancelletto che in tutta risposta cigolò, evidentemente contrariato dal trattamento riservatogli; se solo avesse saputo a chi consigliare l'olio di suo zio per quei cardini, con quanto poco avrebbero risolto il problema! Solo un paio di gocce su ognuno, una destra ed una a sinistra...
-Ah, buongiorno Signorina Marple.
La voce dell'uomo che si era stagliato sulla soglia dell'edificio le fece fare un mezzo balzo; assorta come era nelle sue elucubrazioni sul cancelletto cigolante non si era minimamente accorta che il suo nuovo capo la stava aspettando sulla soglia, con l'ombrello nero nella sinistra, una cartellina di pelle ugualmente nera nella destra, il cappotto grigio scuro e la sciarpa intonata addosso. Jane si fermò, colpita. Da quanto stava lì a guardarla?
-Buongiorno a lei Signor Holmes.- rispose alla fine, alzando il sopracciglio destro alla vista del suo abbigliamento. -Ehm... Sta uscendo, Signor Holmes?
Mycroft allungò la bocca in una smorfia di compiacimento. Gli aveva chiesto se stava uscendo, non dove stava andando; questo era molto importante. -Noi stiamo uscendo, Signorina Marple- disse alla fine lui, scendendo i tre gradini che lo dividevano dal piano in cui era posizionata Jane. -Io e lei. Venga, ci sta aspettando la macchina.
Al suono di quelle parole, la ragazza alzò anche l'altro sopracciglio, sempre più stupita. -Noi, Signor Holmes? Ma credevo....
-Questo è solo un punto di partenza, Signorina Marple.- continuò Mycroft, superandola sul vialetto di ghiaia e costringendola a mettersi ad insegurlo. -Non si aspettava certamente di fare lavoro di ufficio, vero?
-Oh, beh, ecco... Io...- Jane balbettò qualcosa di incomprensibile, prima di rimanere in silenzio, turbata. Strano, pensò, mentre il cigolio del famoso cancelletto la accompaganava in queste sue elucubrazioni, segno che l'uomo davanti a lei era passato sul marciapiede. Avrei giurato che preferisse stare in un unico posto dalla mattina alla sera. Nemmeno nella sua testa riusciva a dargli l'unico aggettivo sotto il quale aveva categorizzato l'uomo, probabilmente colpita dall'idea che potesse sembrare troppo offensivo; pigro. Eppure quell'uomo aveva tutte le caratteristiche proprie dell'ozio... Non fisiche, quello no; una misera pancetta come la sua dimostrava una mirata attività fisica, eppure... Eppure... Eppure somigliava cosìtanto a Leonard! E il Signor Clement, sebbene fosse un ottimo uomo di chiesa, non aveva decisamente mostrato in tutti quegli anni alcun desiderio di partecipare alle varie scampagnate che le sue amate concittadine organizzavano annualmente, preferendo il movimento mentale a quello fisico. Scrollando leggermente le spalle, Jane si accinse a chiudere il cancelletto dietro di sé, avvicinandosi poi con velocità alla berlina nera che evidentemente la stava aspettando.
Non appena la giovane chiuse la portiera, Mycroft sorrise debolmente, compiaciuto di se stesso. Aveva fatto molte ricerche su Jane Marple la sera precedente, in maniera molto più approfondita di quanto avesse mai potuto immaginare solo due giorni prima; quella ragazza lo intrigava, e dopo qualche telefonata aveva compreso per quale motivo l'avesse colpito così tanto. Il suo paesino, St. Mary Mead, era famoso per quel che riguardava i vari fatti di cronaca nera; ogni giornaletto che si occupasse di questi scabrosi eventi aveva fatto almeno un servizio su ciò che accadeva in quelle zone, e qualche reporter un po' più sbilanciato aveva persino suggerito che la gente che entrava in quell'adorabile angolo di campagna inglese ci rimaneva, vivo o morto. Naturalmente, pensò Mycroft, era un'assurdità che si incolpasse quel piccolo paesino delle numerose tragedie che lo avevano colpito negli ultimi tempi, essendo le persone, non il luogo, il problema; eppure, in sordina, quasi invisibile ai suoi occhi attenti, aveva trovato il nome della ragazza seduta accanto a lui in ognuno degli articoli riguardanti quei curiosi eventi, e da lì aveva cominciato a fare i conti.
-Dove stiamo andando?- domandò semplice Jane. Mycroft si prese ancora qualche momento per pensare, soppesandola piano; come il genetista osserva con curiosità distaccata il filamento di Dna al microscopio, lui guardava la ragazza, interessato dall'evidente espressione di innocenza sul suo viso. Quante facce aveva visto che esprimevano quella forma di purezza? Colpito, l'uomo si accorse che pochissime persone, se non nessuna, gli aveva dato quella prima impressione. Eppure era bravo a dedurre, molto più bravo di Sherlock... Sapeva fin troppo bene che, se solo avesse voluto, avrebbe potuto battere in maniera schiacciante il fratello in quel giochino che lui amava tanto. E allora perché non riusciva a vedere nemmeno un accenno di malizia nella faccia di Jane Marple? Senza che se ne accorgesse, il sorriso leggero svanì velocemente dal suo viso, e gli angoli delle labbra si mantennero orizzontali, nella espressione di finta indifferenza che propinava a tutto il mondo circostante il più delle volte. Ma Diavolo, che cosa aveva quella ragazza? Perché non riusciva a leggere il suo volto come aveva sempre fatto con tutti?
Evidentemente inascoltata, Jane tossicchiò piano per richiamare l'attenzione dell'uomo, che si riscosse con un mezzo saltello sul posto. -Dove stiamo andando?- domandò nuovamente col tono più dolce che la sua voce potesse assumere, leggermente più acre del miele per intenderci, leggermente a voce più alta. Non intendeva minimamente fargli presente che aveva bellamente ignorato le sue precedenti parole, sia ben chiaro; tuttavia sapeva bene come gli uomini impegnati come il suo nuovo datore di lavoro fossero impegnati, e che bisognava ripetere loro molte volte le proprie parole per sottrarli dal loro mondo di preoccupazioni nel quale passavano evidentemente troppe ore al giorno. Storcendo leggermente la bocca, Jane rimase ancora in attesa di una risposta di lui, l'orecchio teso bramoso di avvertire le parole modulate dalla sua voce; qualcosa nell'idea che si era fatta di Mycroft Holmes strideva nettamente con l'uomo che aveva davanti, e, le dispiaceva immensamente ammetterlo, ma odiava terribilmente non avere ragione!
L'uomo volse la testa verso il finestrino alla sua destra, riflettendo piano alla strategia da adottare. -Gli affari del Governo non sempre sono controllabili da una stanza, Signorina Marple.- disse alla fine, ancora lo sguardo fisso verso l'ambiente esterno, evidentemente moltpo più interessante di tutto ciò che poteva essere all'interno dell'auto che continuava a muoversi fluida sull'asfalto delle strade londinesi. -Alle volte bisogna essere all'interno di una situazione per capire effettivamente cosa si può fare, e come si possono attuare le controindicazioni decise; il lavoro di mente non sempre riesce a fare tutto, ci sono troppi fattori che... non possono essere previsti dalla maggiorparte della gente.- terminò alla fine l'uomo, incespicando sulle ultime otto parole.
Sicura di non poter essere vista, Jane alzò il sopracciglio destro, sempre più stupita. Cosa era quell'incertezza nella sua ultima frase? Che fosse insicurezza? Oh, si era sbagliata eccome sul conto di quell'uomo, e anche di molto! Come aveva potuto prendere un granchio così grande? Aveva perso il tocco, questo era evidente; solo tre mesi a Londra avevano quasi completamente distrutto la sua vasta conoscenza dell'animo umano che in tutti gli anni di tedio durante la sua infanzia aveva così meticolosamente costruito. Con un mezzo sbuffo decise che avrebbe dovuto riguardare i suoi diari, appena rientrata a casa nel primo finesettimana disponibile; magari ne avrebbe portato anche qualcuno nella sua minuscola stanzetta londinese, come manuale pronto per ogni evenienza.
-Capisco.- disse alla fine la ragazza con una punta di dubbio, girando la testa anche lei verso il finestrino, cosa che fece voltare Mycroft in sua direzione. -E mi dica, verso che situazione stiamo viaggiando, Signor Holmes?
Mycroft aggrottò le sopracciglia, lo sguardo che vagava libero ora all'interno dell'abitacolo della berlina nera. Possibile che lei avesse capito che davvero dovevano fare qualcosa? Che lui effettivamente si sarebbe dovuto muovere? No, non era possibile, decise alla fine. Non poteva aver davvero immaginato... No, no, assolutamente no. -Noi, Signorina Marple, ci stiamo avvicinando ad una velocità di...- con un gesto fluido cacciò da una tasca interna della sua giacca l'orologio da taschino placcato in argento, aprendolo poi con un gesto secco e fissandolo per qualche secondo, rapito. -... circa 25 chilometri all'ora verso Baker Street, dove abita la persona che effettivamente... - qui aggiunse un colpo di tosse, enfatizzando l'ultima parola.- … si addentrerà nella situazione.
Jane riportò la testa verso l'uomo con uno scatto, gli occhi pieni di meraviglia ed un enorme sorriso che si aprì velocemente sul suo viso, cosa che evidentemente imbarazzò Mycroft, costringendolo a spostare lo sguardo. Che ragazza particolare, si ritrovò a pensare il più grande dei fratelli Holmes. Devo assolutamente capire cosa le frulla in quella svampita testolina bionda.
Dal canto suo, la giovane avvertiva qualcosa alla base allo stomaco, qualcosa che sapeva che non avrebbe dovuto provare per il senso di pudore che la sua educazione le aveva inculcato nella testa, ma che, diamine, le faceva gonfiare il petto ogni volta, qualcosa che assomigliava terribilmente ad un misto di esaltazione ed orgoglio amalgamati insieme, e che all'interno del cervello era capace di crearle un unico pensiero.
Evviva!!! Sì!!! Avevo ragione!!!

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Capitolo 4
*** 4 ***


La macchina parcheggiò esattamente di fronte al portone nero su cui spiccava la targa 221B, eseguendo la manovra silenziosamente e perfettamente. Jane scorse un piccolo ristorante, proprio vicino alla soglia scura, con una grande insegna che recava scritto SPEEDY'S SANDWICH BAR & CAFE, e strinse appena gli occhi quando distolse finalmente lo sguardo dalla strada, rifocalizzando l'attenzione all'interno dell'abitacolo della vettura. Non capiva ancora come mai il suo datore di lavoro l'aveva portata in quel luogo, ma si sentiva terribilmente osservata e studiata nei minimi particolari. Tentò di sopprimere quella forma di disagio tossicchiando un paio di volte ed afferrando una ciocca dei suoi ricci biondi con due dita della mano destra, giochicciandoci un pochino. Non erano neanche le nove, ma la vita di quella stradina era già in attività; un paio di persone sorpassarono la macchina facendo footing senza smettere di parlare tra loro, e una signora poco più vecchia Jane si avvicinò lungo il marciapiede spingendo una carrozzina blu, nelle orecchie un paio di cuffiette che mandavano evidentemente un pezzo che le piaceva particolarmente, dato che stava canticchiando piano il ritornello. Incerta la ragazza andò con la mano libera verso la portiera, in attesa che Mycroft le desse il via per poter scendere.
Dal canto suo l'uomo, nonstante avesse il naso appicicato ai fogli che stava controllando con falsa attenzione, stava minuziosamente valutando tutte le mosse della giovane, soppesandone ogni movimento. Aveva persino cominciato a toccarsi i capelli… Tipico, pensò Mycroft, lasciandosi sfuggire un minimo sospiro. Eppure mi sembra così strana… Devo tenerla più d'occhio. Mettendosi diritto aggiustò tutte le carte in una cartelletta marrone, richiudendola poi con un minuscolo click.
-Bene, Signorina Marple… Siamo arrivati.- esclamò alla fine verso di lei, infilandosi la cartelletta sotto il braccio destro ed afferrando il suo immancabile ombrello nero. -Prego, scenda per favore…- cominciò verso di lei, accorgendosi a metà della frase che lei aveva già aperto la portiera ed aveva abbandonato l'abitacolo, stiracchiandosi appena quando aveva posato i suoi tacchetti neri sull'asfalto; aggrottando appena la fronte Mycroft si accinse ad uscire, chiudendo con un rumore secco la macchina che partì silenziosamente.
-Cosa ci facciamo qui, Signor Holmes?
La domanda era lecita; nessuno l'aveva informata sul motivo per cui si erano dovuti recare con quella fretta in Baker Street, ma Mycroft sapeva bene che non poteva assolutamente discutere di quelle faccende in mezzo ad una strada, in quanto le orecchie indiscrete si trovavano in ogni angolo del mondo. Si costrinse di rivolgere a Jane un mezzo sorrisetto allungato, facendo un passo verso la porta nera. -Saprà tutto quando saremo dentro, Signorina Marple.- disse con calma ora premendo sul citofono il tasto corrispondente al campanello dell'appartamento del fratello, lasciando la pressione poco dopo.
La ragazza alzò il sopracciglio destro ma non disse nulla, limitandosi a fissarlo con i suoi grandi occhi blu.
Una voce gracchiante e roca provenne dalla grata di metallo dell'apparecchio. -Chi è?
-John, sono io.- rispose appena Mycroft, senza neanche presentarsi. Uhm, pensò Jane stringendo appena le labbra, questo sì che è interessante. Aveva visto molte persone come il suo attuale datore di lavoro, ed aveva la più forte convinzione che una persona del genere non si sarebbe mai introdotta a qualcuno dicendo semplicemente ciò che l'uomo aveva appena pronunciato. Questo significava che la persona che aveva risposto, quel John, doveva conoscerlo molto bene, e la ragazza si perse per un momento nei suoi pensieri, fantasticando su che genere di essere umano le si sarebbe presentato appena oltre quel battente nero. Che tipo di individuo poteva riuscire ad avere quel genere di intimità con quel Signor Holmes? Non aveva mai dato credito ai pettegolezzi che giravano attorno al famoso Iceman quando ancora non aveva ottenuto quel genere di impiego, ma da quel poco che era riuscita a vedere non è che quelle persone si fossero sbagliate più di tanto.
Finalmente un rumore sordo li avvisò che il John dentro aveva deciso di concedere loro l'ingresso, e con un mezzo balzetto Mycroft spinse la porta verso l'interno, seguito a ruota dalla giovane che studiava minuziosamente ogni cosa. Il piccolo atrio che le si parò davanti non aveva assolutamente nulla di eccezionale, se non una luce particolarmente cupa e una carta da parati orrenda, lascito putroppo fin troppo presente negli appartamenti di quella zona di Londra; nonostante tutti fossero stati recentemente rinnovati e riarredati, nessun padrone aveva cuore di cambiare intonaco o anche solo il colore delle pareti, lasciando quegli obbrobri di fine Ottocento che invece di valorizzare la casa la rendevano infinitamente meno appetibile. Che poi basterebbe solo una mandata di colore, pensò tristemente la ragazza facendo richiudere la porta dietro le sue spalle pronta a seguire il Signor Holmes lungo le scale che si paravano davanti ai loro occhi ad un paio di metri di distanza. Un bel giallo, o azzurro, e questa casa sarebbe stupenda!
-Mycroft?- la voce maschile che aveva sentito distrorta dal citofono si fece udire nuovamente, questa volta accompagnata da una persona che si stava avvicinando scendendo le scale.
-Buongiorno, John.- rispose con un mezzo sorrisetto mellifluo l'interpellato, afferrando più saldamente il suo ombrello, ora in palese attesa dell'uomo che stava arrivando. -Spero di non disturbare…
-Oh, no, no.- rispose l'altro aggiustandosi con un movimento secco il bavero della giacca beige. -È solo che è molto presto… Tutto bene?- domandò verso Mycroft, accorgendosi solo in quell'istante di Jane. -Ehm…
-Oh, sì.- lo interruppe Mycroft, indicando Jane con un mezzo movimento della mano. -John, ti presento la mia nuova segretaria, la Signorina Jane Marple. Signorina Marple…- riprese verso di lei, in un movimento opposto indicando ora l'uomo. -… lui è il Dottor John Watson.
Un dottore. Ovvio.
La ragazza sorrise ampiamente, porgendo la mano verso il nuovo arrivato. -Piacere, Dottor Watson.
John parve stupito nel guardare la ragazza, stringendo con poca convinzione la mano della giovane e lanciando occhiate fuggitive tra i due. Sembrava stranamente a disagio, e Jane osservò la regolarità con cui scambiava soggetto della sua attenzione, prima di lasciare la presa dell'uomo che finalmente la guardò, lanciandole un incerto sorriso.
-Il piacere è mio, Signorina… Marple, ha detto? Mi scusi, ma non sono abituato a vedere Mycroft in compagnia.
Lo aveva chiamato per nome due volte. Deve essere molto intimo con il Signor Holmes. Un attimo, Holmes e Watson? Improvvisamente la ragazza fu colta da un pensiero velocissimo che scomparve con la stessa rapidità con cui era arrivato. -Marple, esattamente Dottor Watson.- rispose piano Jane, scuotendo appena la testa con un sorrisetto semplice sul viso.
-Beh, benvenuta!- esclamò l'uomo facendo un passo in avanti, completamente dimentico della fretta che aveva mostrato qualche attimo prima. -Posso offrirle qualcosa, Signorina Marple? Un thé, un caffè, un su…
-Non siamo qui per fare colazione, John.- lo interruppe Mycroft, facendo appena un passo per salire sul primo gradino della scalinata che lo avrebbe portato al piano superiore. -Mio fratello è presentabile?
L'altro lo fissò con la bocca aperta in un'espressione di pura stizza, e Jane ebbe la conferma che, nonostante il suo datore di lavoro avesse una forma di intimità col dottore, i rapporti non erano esattamente di pura e semplice amicizia. -Sherlock è rinchiuso in camera sua da ieri pomeriggio, sinceramente non so neanche se sia sveglio o no. Ha blaterato qualcosa sulle formiche e i piccioni viaggiatori e si è rintanato in quella stanza.
-Bene.- rispose appena Mycroft, facendo un altro scalino. -Allora vado a prepararlo… Signorina Marple? Sarebbe così gentile da chiedere alla Signora Hudson di preparare un thé?
Jane non smise di sorridere guardando l'uomo dopo aver spostato lo sguardo su di lui. -Ma certo, Signor Holmes.
Mycroft abbassò appena la testa, in un gesto di compiacimento. Quella svampitina era insondabile, ma almeno sapeva svolgere bene il suo lavoro. -Benissimo, ora scusatemi…- Non terminò neanche la frase, lasciandoli da soli sul pianerottolo e sparendo subito nelle scale.
Jane sospirò, volgendo di nuovo il viso verso John. -Allora, Dottor Watson… Potrebbe portarmi dalla padrona di casa, la Signora Hudson?
L'uomo la fissò con la bocca aperta e gli occhi sgranati per la sorpresa, lasciandole un sorriso che le increspò appena le labbra. -Come…? Come fa...?
-Dottor Watson, questa casa è palesemente di una donna.- cominciò la donna, rimettendosi diritta per girarsi nel corridioio a destra dove in lontananza si vedeva una porta bordata da inserti in vetro. -E, nonostante lei sia sposato…- continuò toccandosi l'anulare sinistro, dove sulla mano di lui stava placida la fede d'oro. -… è altrettanto chiaro che non è casa sua, dato che palesemente non mostra alcun interesse verso il piccolo problema che ha l'ultimo scalino.- terminò, indicando un punto della scalinata scheggiato dove mancava un piccolo pezzo intonaco. -Quindi se per favore mi potrebbe portare dalla Signora, credo che lei abbia bisogno di un caffè. Doppio. E credo con il latte a parte… Una zolletta di zucchero, vero?- domandò posandosi sul mento l'indice destro e picchettandolo piano mentre continuava a sondarlo. -Altrimenti come farà ad arrivare a stasera, dato che deve attaccare alle sei in Ospedale?
John la contemplò ancora un paio di secondi, prima di girarsi ed indicarle la porta dove si trovava la padrona di casa senza dire nulla, la mente proiettata ad un solo pensiero.
Oh, no, ce n'è un'altra!

 

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