La tigre e il mandorlo

di Kisa89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La tigre e il mandorlo

 

Buongiorno a tutti! Dopo il primo esperimento torno in questa sezione con il progetto di una Long. Come già detto in precedenza, io sono fan di quella che per me è l'unica vera coppia immaginabile in TMR, cioè Minho e Newt.

Sappiamo quello che Newt ha fatto o, meglio, cercato di fare nel Labirinto, ma non come sia andata di preciso. Io voglio raccontarvi la mia versione! Spero che apprezziate ^-^
 

Prologo

 

Contava le settimane.

Contava i giorni.

Contava le ore... i minuti... i secondi.

Ognuno identico al precedente.

Ognuno fastidiosamente monotono, ripetitivo e insopportabile.

Anche il tempo era sempre uguale, invariabile; quel cielo così azzurro gli dava la nausea, il sole gli bruciava gli occhi.

La routine di ogni momento era opprimente e irritante, il cibo senza sapore, i dialoghi avevano smesso di essere interessanti, anzi, non lo erano mai stati.

Correre.

Mangiare.

Correre.

Mangiare.

Dormire.

E poi da capo un'altra volta.

Alba.

Cielo azzurro.

Sole.
Tramonto.

Stelle.

E poi da capo un'altra inutile volta.

Nessuna via di fuga.

Nessuna spiegazione.

Nessun ricordo.

Niente.

Il Labirinto era una prigione e loro erano in trappola.

Anche se avesse corso per il resto della sua vita non sarebbe mai stato libero, non c'era uscita da quel luogo. Gli altri non avevano il coraggio di dirlo ad alta voce, ma lui sapeva che era così.

Non sopportava quella vita.

Non sopportava quel luogo.

Non sopportava quel mondo.

Odiava ogni secondo, ogni istante di lenta agonia rinchiuso in una gabbia.

Odiava la vita!

Se doveva essere così, non la voleva più...

Ma Newt era forte e coraggioso, abbastanza da dirle addio...

 

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Il Braciere delle Fate:

Piccole delucidazioni: ho già dei capitoli pronti, ma pubblicherò un capitolo a settimana per darmi un po' di vantaggio. Secondariamente, a differenza del solito (chi mi conosce lo sa) cercherò di scrivere capitoli piuttosto brevi.

Il titolo è ovviamente simbolico. (La storia della Tigre e il Mandorlo nell'introduzione non è copiata da nulla, ma di mia inventiva)

La tigre: sappiamo più o meno tutti quali sono i significati associati alla tigre. E' simbolo di forza e di coraggio. Per gli indiani d'America la tigre è il simbolo della forza sfrenata dell'istinto (vi ricorda qualcuno? XD), per i cinesi è simbolo di forza e coraggio coincidente con il concetto di giustizia. In Corea la tigre simboleggia un guardiano all'apparenza pericoloso, ma in realtà gentile e compassionevole capace di scacciare le disgrazie, tanto che i coreani la rappresentano come un animale docile e non come una bestia selvaggia.

Il mandorlo: non tutti sanno che il mandorlo è la prima pianta a fiorire a fine inverno. Anche se il clima non è ancora del tutto mite, inizia comunque le fioritura: il fiore del mandorlo simboleggia la rinascita, il ritorno alla vita dopo un periodo di morte (l'inverno). Ma i fiori del mandorlo sono anche simbolo di fragilità e precarietà perché la loro bellezza dura solo una settimana, dopo la quale da rosa diventano bianchi e cadono. Il mandorlo è una pianta rigogliosa e bellissima, all'apparenza forte perché sfida l'inverno, ma in realtà estremamente fragile (qualche somiglianza?)

Ultimo dettaglio, un mito greco (Acamante e Fillide) racconta perché i fiori del mandorlo nascono senza foglie. In breve..

I due si amavano di un amore travolgente, ma Acamante dovette partire per la guerra. Dopo dieci anni in cui Fillide lo aveva aspettato, credendo che ormai fosse morto, si lasciò consumare dal dolore e morì. Atena però la trasformò in un albero spoglio di mandorle. Quando Acamante tornò e seppe cosa era successo abbracciò l'albero e per ogni lacrima che cadeva sui rami nasceva un nuovo fiore.

Il mandorlo è un albero spoglio, ma pieno di fiori. Bè, per ora Newt è solo un alberello spoglio..

Ora la smetto di assillarvi, spero che seguirete questa mia piccola opera.

Grazie a tutti!

Baci
Fairy of fire

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 

Erano trascorsi cinque mesi, dieci giorni, diciassette ore, trenta minuti e quindici secondi dal suo primo ricordo: il cielo azzurro e il sole di mezzogiorno a picco sulla Radura.
Questo fu il primo pensiero di Newt al suo risveglio quella mattina, anche se, ad essere precisi, questo era il suo primo pensiero ogni mattina. Il suo orologio da polso indicava che erano le cinque e mezza, l'ora della sveglia per i Velocisti.
Si stiracchiò e appallottolò le sue cose come faceva ogni giorno: il clima era lo stesso mite di sempre, riusciva a sentire il respiro pesante dei Radurai ancora addormentati intorno a lui ed era ancora tutto buio, ma l'alba sarebbe arrivata in meno di un'ora come ogni altro dannato, dannatissimo giorno. Lo sapeva, anzi, avrebbe potuto sorprenderla e spaventarla con un “bu” da dietro le mura del Labirinto, da quanto era ormai abituato a quella innaturale routine.
Iniziava così ogni straziante giornata nel Labirinto, ma in quel momento Newt fece una cosa che non gli capitava da molto tempo: sorrise. Quel giorno non sarebbe stato uguale a tutti gli altri, quello era il giorno in cui finalmente sarebbe stato libero!
Era felice ed eccitato, l'agonia stava per volgere al termine, ancora qualche ora e non avrebbe più sentito niente se non l'eterna pace.

“Hey, guardate un po' chi è felice stamattina!” esordì scherzoso appena lo vide arrivare un ragazzo all'apparenza più giovane di Newt di un anno o due, con capelli castano chiaro corti e vagamente ricci.
“Attento a quello che dici Ben! Potrebbe spaventarsi e tornare nella sua tana” gli fece eco Minho mettendosi un dito davanti alla bocca.
Newt gli passò oltre dandogli una spallata “Siete due cacchio di teste vuote” disse mentre recuperava il proprio zaino e lo riempiva del necessario per la giornata: acqua, un paio dei famosi panini di Frypan, una mela verde, carta e penna e un asciugamano.
Scese nella botola, verso il sotterraneo del ripostiglio dei Velocisti per prendere un lungo coltello con il fodero connesso ad un'imbragatura da legare alla gamba e se lo sistemò addosso; poi tornò indietro a recuperare lo zaino.
“Ok brutti Pive, poche chiacchiere. Datevi una mossa!” Esordì allora Minho che era già pronto e aspettava davanti alla porta chiusa. Minho era poco più alto di Newt, ma molto più grosso: aveva spalle larghe, petto prominente e braccia muscolose, con bicipiti gonfi e possenti. Era asiatico con occhi a mandorla scuri e sottili, tratti morbidi e labbra piene; i suoi capelli neri tagliati corti se ne stavano sempre inspiegabilmente in una piega perfetta a qualunque ora del giorno e della notte e la sua pelle liscia aveva il colore del caramello. Newt aveva sempre pensato che Minho dovesse essere più giovane di lui, ma in realtà non aveva proprio idea di quanti anni potesse avere: con quei tratti non era facile da capire, avrebbe potuto benissimo avere sedici anni oppure venticinque. Su una cosa però, non aveva mai avuto dubbi: era bellissimo.
Newt distolse lo sguardo appena si rese conto che lo stava fissando e tornò a concentrarsi sul proprio zaino. Quando si erano risvegliati nella Radura senza sapere dove si trovassero e senza ricordi, Minho era stato il primo che avesse interagito con lui. Lo aveva aiutato ad alzarsi e gli aveva chiesto se stesse bene; non avrebbe mai dimenticato la sensazione di serenità e protezione che lo aveva attraversato appena aveva afferrato la mano di quel ragazzo sconosciuto. Minho gli era piaciuto subito: era simpatico, con la battuta sempre pronta, quel suo strambo modo di esprimersi e un sarcasmo pungente e instancabile. A volte diceva delle cose davvero stupide, ma era divertente ed era anche impulsivo e manesco e capitava che gli desse sui nervi. Ma era coraggioso e forte, era veloce e resistente, tanto che sembrava potesse correre per giorni senza essere mai stanco e non si arrendeva mai, mai.Minho era il migliore di loro, il meglio del meglio dei Velocisti e non a caso era stato nominato loro Intendente. Lui e Newt avevano legato parecchio in quei mesi ed erano diventati grandi amici.
Newt si sistemò lo zaino in spalla, assicurò le chiusure intorno al petto e addentò una mela, croccante e succosa, mentre si sistemava accanto alla porta seguito piano piano da tutti i Velocisti.
Minho diede uno sguardo al gruppo, si assicurò che fossero tutti pronti e aprì la porta. All'esterno l'aria si era fatta più chiara e il sole stava ormai sorgendo, puntuale come sempre; la Radura si cominciava lentamente ad animare, ognuno consumava la propria colazione per poi cominciare una giornata di lavoro. Newt camminava rapido dietro a Ben diretto verso la porta orientale, quella da cui usciva ogni mattina, e non poté non pensare che quella sarebbe stata l'ultima alba, l'ultima volta che rivedeva quella scena pietosa.
Forse avrebbe dovuto sentirsi triste e malinconico, ma in realtà era quasi euforico. Alzò un braccio in un gesto di saluto appena vide da lontano Alby fare lo stesso. Alby era a capo di tutto nella Radura: era quello che tra tutti pareva il più grande ed era senza dubbio il più saggio e il più indicato a guidare un gruppo.
Newt perse un po' di quell'euforia al pensiero di ciò che avrebbe provato Alby non vedendolo tornare quella sera: lui era probabilmente il suo migliore amico. I due ragazzi avevano un carattere molto affine e si erano trovati bene praticamente da subito. Gli dispiaceva molto per Alby, forse ci sarebbe rimasto male, ma non poteva farci molto.
Ben era già arrivato alla porta quando Newt si sentì toccare la spalla da dietro e si voltò.
“Che succede?” domandò sorpreso quando si rese conto che era stato Minho a chiamarlo.
“Stai bene?” chiese inarcando un sopracciglio. Il biondo si trovò momentaneamente spaesato da quell'insolita domanda “Sì, tutto bene!” rispose tirando un sorriso.
Minho lo squadrò incerto per un attimo “Sembri proprio uno stupido Pive con quel sorrisetto!” lo prese in giro. “Ok, ci vediamo stasera” salutò prima di voltarsi per dirigersi verso la porta occidentale.
“Certo” mentì. Stava per continuare sulla sua strada quando Minho si voltò e gli parlò di nuovo. “Newt!”
Proprio in quel momento il famigliare fracasso infernale delle quattro porte che si aprivano coprì totalmente la sua voce, ma il biondo riuscì chiaramente a leggere il labiale.
Stai attento.
Newt rimase fermo per un po', mentre guardava l'amico allontanarsi verso il lato opposto della Radura. Sarebbe stata l'ultima volta che lo guardava e, a questo pensiero si sentì triste e una morsa gli chiuse lo stomaco. Riprese a camminare verso il passaggio ormai quasi del tutto aperto, i muri esterni del Labirinto erano lì ad aspettarli come ogni mattina. Newt aveva preso la sua decisione definitiva e non avrebbe cambiato idea, ma per un attimo l'immagine di Minho che guardava speranzoso quello stesso passaggio solo qualche ora più tardi, gli fece venire la nausea. Avrebbe guardato quei corridoi fino all'ultimo secondo, fino al momento in cui le porte si sarebbero chiuse nuovamente portando via anche l'ultimo residuo di quella speranza.
Newt non sarebbe rientrato quella sera e, se i suoi calcoli erano esatti, nessuno avrebbe mai nemmeno trovato il suo cadavere, il che era un sollievo. Non voleva che Alby o, peggio ancora, Minho, lo vedessero morto, sarebbe stato un colpo troppo duro e crudele, no!
Deglutì a fatica respingendo il sapore aspro della bile e raggiunse Ben che stava facendo stretching sulla soglia dell'uscita.
“Pronto Newt?” chiese sciogliendo i muscoli in un paio di saltelli. Il biondo si tolse un elastico dal polso e si raccolse i capelli in una coda “Pronto!” sorrise.
Un ultimo sguardo alla Radura, a quella che per tutto il tempo che ricordava era stata la sua casa, un ultimo sguardo alle persone che erano state sue amiche e poi via, la sua ultima corsa ebbe inizio.

Newt e Ben scattarono rapidi fino alla prima svolta, poi a destra e di nuovo fino infondo prima di prendere un passaggio a sinistra e poi un altro a destra. Continuarono a correre per una ventina di minuti e, svolta dopo svolta, senza fermarsi, quasi fosse il gesto più naturale del mondo, Ben tagliava rapido un pezzo dell'edera che riempiva i muri e se lo gettava alle spalle per essere sicuro di segnare il percorso.
Destra, sinistra, poi di nuovo a sinistra e ancora a destra, la successione di svolte era così famigliare che Newt avrebbe potuto correre ad occhi chiusi. Si concentrava al massimo per controllare il respiro, ad ogni cambio di direzione stava attento a non sforzare troppo le ginocchia per evitare di farsi male, all'inizio doveva sempre ricordare tutte queste cose, adesso era così semplice che gli sembrava di non aver mai fatto altro per tutta la vita; anche se, in un certo senso, era così.
Dopo quasi un'ora di corsa finalmente i due ragazzi raggiunsero il passaggio che collegava la sezione più interna, quella intorno alla Radura, a quella esterna a loro assegnata. Ben accennò un gesto di saluto prima di proseguire lungo il corridoio di destra, carta e penna alla mano. Newt rispose al saluto con un cenno del capo e corse in direzione opposta; ogni giorno mappavano quella sezione, metà a testa per essere più rapidi e sicuri di poter tornare alla Radura verso metà pomeriggio.
Ma quella mattina Newt non avrebbe preso il suo taccuino e non avrebbe disegnato nessuna mappa. Continuò a correre, il vento gli asciugava le piccole gocce di sudore che gli colavano lungo il viso, il cuore aumentava i battiti ad ogni secondo, i suoi occhi scrutavano i vari passaggi in cerca di quello più adatto.
Svoltò un paio di volte e si allontanò il più possibile dal centro della sezione per essere certo che Ben non potesse trovarlo; per fortuna non c'erano tracce di Dolenti, quindi proseguì tranquillo.
Dopo un'altra mezz'ora di corsa sostenuta frenò strusciando le suole di gomma sul pavimento di pietra quando qualcosa suscitò il suo interesse: sulla sua destra si apriva un passaggio che terminava in un vicolo cieco. Vi entrò e diede uno sguardo all'edera sulle pareti, che cresceva folta e raggiungeva poco più di metà dell'altezza complessiva del muro. Sorrise, lo avrebbe fatto lì!
Recuperò la bottiglia dell'acqua, bevve un sorso e la rimise al suo posto, poi buttò lo zaino contro la parete e schioccò le nocche. Sospirò tre volte guardando fisso verso la cima dell'imponente parete che si ergeva ad un passo da lui, il suo stomaco si contorceva e il suo cuore sembrava impazzito. Doveva calmarsi.
Ci aveva pensato mille volte, era sicuro di volerlo fare, ma un po' di incertezza era compresa nel suo piano perfetto. Non aveva fretta, nessuno lo avrebbe trovato lì. Aveva trascorso molte delle ultime notti senza dormire continuando a pensare ad un piano perfetto e ogni giorno durante le corse nel Labirinto non aveva fatto altro che cercare i punti migliori in cui poteva mettere in atto il tutto.
Ora il momento era arrivato. Il piano era semplice: trovare un punto in cui l'edera salisse sul muro il più in alto possibile, arrampicarsi fino in cima e buttarsi di sotto. Splat! Fine dei giochi!
Un volo da quell'altezza gli sarebbe di certo stato fatale. Una morte rapida e sicura. Una volta calata la notte le porte della Radura si sarebbero chiuse e il Labirinto si sarebbe riempito di Dolenti che lo avrebbero trovato e probabilmente mangiato... o qualunque altra cacchio di cosa facessero i Dolenti ad un cadavere.. questa parte non gli era molto chiara, non che fosse importante, tanto lui sarebbe già stato morto a quel punto.
Niente più vita, niente più Radura, niente più Labirinto, Dolenti, prigioni, cielo insopportabilmente azzurro. Niente più routine. Niente di niente.
Silenzio.
Pace.
Libertà.
Per sempre.
Si sentì di nuovo pieno di coraggio, e si avvicinò alla parete. Non c'era altra soluzione, quella era l'unica via di uscita del Labirinto, solo quella...
Afferrò i tralci di edera con forza e si accertò che fossero abbastanza resistenti e spessi da sostenerlo. Si tirò su e posizionò i piedi per cominciare la scalata; una mano alla volta, un piede dietro l'altro, iniziò a salire in verticale lungo il muro assicurandosi sempre di non finire in fallo. Se fosse caduto troppo presto avrebbe rischiato di rompersi qualcosa e basta e non era ciò che voleva.
Salì ancora, sempre più in alto. Con le braccia faceva forza per issarsi e poi spingeva con le gambe, ancora e ancora, con movimenti ripetuti e controllati. Prestando la massima attenzione, gli ci volle quasi mezz'ora per raggiungere la cima, ma alla fine arrivò a stringere con le mani l'ultimo traliccio abbastanza spesso disponibile. Guardò in basso e per un attimo gli girò la testa: era terribilmente in alto e scoprì così di soffrire di vertigini. Fece dei lunghi respiri per cercare di calmarsi, non si sarebbe lasciato fermare da una stupida paura, non lui. Newt era coraggioso, ci voleva davvero del gran coraggio per fare ciò che stava facendo, se l'era ripetuto come un mantra per settimane.
Era il momento. Doveva solo saltare e dire addio per sempre a quello schifo insopportabile che aveva dovuto chiamare vita. La odiava! La detestava con ogni particella del suo animo.
Solo un salto e addio inutile vita! Addio schifoso Labirinto! Addio a tutto!
Addio... Minho...
La sua mente fu attraversata da un flash improvviso. Non ci aveva più pensato preso com'era stato dal suo piano, ma anche quello era un addio, forse l'unico che non voleva pronunciare. Ma era sufficiente?
Davvero bastava una sola cosa a fargli cambiare idea? Davvero bastava solo una persona, che, a dirla tutta, conosceva appena?
Era possibile che ci potesse essere anche solo una piccola, minuscola, insignificante cosa sufficiente a farlo restare aggrappato alla vita?
Valeva la pena continuare a soffrire in quel modo solo ed esclusivamente per quella cosa?
La risposta gli fu dolorosamente ovvia e una lacrima gli rigò il viso “Addio” sussurrò tra sé.
Un'ultima immagine gli attraversò la mente... e poi saltò...

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Il Braciere delle Fate:

Buon pomeriggio! ^-^

Ho deciso di pubblicare prima. Ecco il primo capitolo.

Dunque, potrebbero esserci delle inesattezze di qualche tipo, ma diciamo che certe cose le ho un po' rielaborate a modo mio XD

Scusate la digressione di tipo dieci righe sulla descrizione di Minho ma.. bé, non si capisce che lo adoro! Ma va! XD

Cmq, tornando alla storia, Newt è arrivato al momento della verità, ha fatto quel passo.. che gli accadrà ora, povero cuore? Scopritelo con me! ^-^

Grazie a tutti! Ogni recensione sarà super super gradita! Non siate timidi :D

Xo xo

Fairy

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Saltò.

Newt lasciò la presa sui tralci di edera, si diede una piccola spinta e saltò nel vuoto.
Per un breve istante pensò che doveva essere quella la sensazione che si prova a volare: un senso di totale libertà, l'aria fresca sul viso, il completo distacco da ogni costrizione. Ma la gravità interruppe quel momento bruscamente, senza pietà.
Dopo il saltò, Newt precipitò verso il suolo ad una velocità che non credeva possibile; nei suoi continui pensieri notturni la caduta durava molto di più di quanto non accadde realmente. Un'ondata di panico lo travolse alla vista del suolo che si avvicinava così rapido e l'inevitabile istinto di sopravvivenza fece il resto.
La sua picchiata verso la fine durò solo pochi secondi, dopo i quali impattò violentemente contro il suolo di pietra del Labirinto. L'istinto obbligò il suo corpo a tentare un atterraggio sicuro, cercò di cadere sulle gambe, ma era messo troppo storto rispetta al pavimento quindi atterrò solo sulla gamba destra che, in una scarica di dolori lancinanti, non resse l'impatto e si spezzò con uno scricchiolio agghiacciante. Un istante dopo tutto il resto del suo corpo si fracassò al suolo in un inferno di dolore e paura; rotolò scompostamente, con tutti gli arti in posizioni innaturali; sentì la pietra strappargli i vestiti e aprirgli la carne, il mondo intorno a lui vorticava come impazzito, un uragano di colori e dettagli tutto mischiato alla rinfusa come dentro una discarica, dolore, nausea.. poi tutto finì quando impattò con forza contro la parete opposta a quella da cui era saltato. Colpì il muro di testa, e fu come se qualcuno gli avesse spaccato in fronte una mazza di metallo.
Dolore...
Nausea...
Buio.

***
 

Si passò il dorso della mano sulla fronte per asciugare il sudore mentre correva, svolta dopo svolta. Aveva la maglietta zuppa e un caldo insopportabile, ma Minho non vedeva l'ora di arrivare alla Radura per potersi riposare un po'. Gli piaceva correre, era qualcosa che lo faceva sentire libero. Doveva correre! In un posto come il Labirinto era necessario avere bene in mente un obiettivo per essere certi di non perdere la testa e Minho aveva chiaro quale fosse il suo: trovare una caspio di uscita! E l'avrebbe trovata, c'era da scommetterci, c'era di sicuro un'uscita da qualche parte, doveva solo cercare meglio.
Svoltò a sinistra un paio di volte e poi a destra, superò un lungo corridoio, poi piegò leggermente a destra ancora e continuò così. Purtroppo anche quella giornata era stata infruttuosa: aveva disegnato la mappa, guardato e controllato ogni angolo, ma nulla, ancora nessuna uscita. Ad ogni modo non c'era da scoraggiarsi, l'indomani sarebbe stato un nuovo giorno e questo per Minho significava una nuova opportunità di trovare qualche passaggio aperto per andarsene da lì.
Guardò il suo orologio da polso, migliore amico di ogni Velocista, e accelerò il passo quando vide che erano già quasi le cinque di pomeriggio. Normalmente sarebbe rientrato prima, ma aveva perso un po' di tempo cercando di seminare un Dolente che pareva di guardia al passaggio tra le sezioni e non voleva saperne di levarsi da lì; aveva dovuto attirarlo facendosi vedere, ma quell'idea gli si era rivoltata decisamente contro. Gli ci era voluta quasi un'ora di corsa in più per seminarlo, i Dolenti erano sicuramente letali, ma non brillavano per intelligenza.
Un ultimo scatto e superò la soglia della porta occidentale entrando nella Radura. Si fermò lentamente e si piegò con le mani sulle ginocchia per riprendere un po' di fiato, non vedeva l'ora di farsi un bagno, bere dieci litri d'acqua e rilassarsi un po'.
Ma gli bastò una rapida occhiata intorno a sé per capire che il relax era ancora lontano.
Tutta la Radura sembrava in fermento: Minho vide gruppetti di ragazzi un po' ovunque che parlottavano tra loro, i campi e i recinti erano stranamente vuoti e l'aria era impregnata di un'insolita tensione. Era tutto molto strano e, la cosa sicuramente più curiosa, era il grosso gruppo di Radurai riuniti davanti alla porta orientale.
Che diavolo stava succedendo?
Minho si diresse velocemente verso quella grossa massa di persone e per qualche ragione lo stomaco gli si intrecciò appena capì chi gli stava correndo incontro in velocità: era Ben.
Sentì la sua voce chiamarlo ripetutamente e il gruppo di Radurai si voltò in blocco verso di lui, come se tutti lo stessero aspettando.
“Minhooo!!” urlò di nuovo con foga anche se ormai si erano quasi raggiunti.
“Che caspio succede?!” domandò il moro guardando l'altro dritto negli occhi, ma indicando la porta orientale con un cenno del capo.
“Io... Mi dispiace... L'ho aspettato, lo giuro, non so cosa sia successo!” Ben sembrava in preda al panico, parlava veloce, gesticolava troppo e si mangiava metà delle frasi.
Minho si mise le mani sui fianchi e aggrottò la fronte “Cosa? Non ho capito un caspio di un caspio! Datti una calmata...” cercò di tranquillizzarlo, ma non riuscì a smettere di sentirsi inquieto. Qualcosa non andava.
Ben deglutì a fatica e tirò su con il naso, sembrava sul punto di piangere “Mi dispiace..” ripeté ancora come se si sentisse colpevole “L'ho aspettato, giuro che l'ho fatto! Ma poi.. era tardi.. non arrivava.. ho pensato... forse era già qui... così sono tornato indietro.. mi dispiace”
Minho prestò la massima attenzione ai suoi farfugli, ancora non capiva cosa fosse successo, ma quel blocco allo stomaco divenne improvvisamente un orribile presentimento.
“Calmati pive! Di che stai parlando?” provò di nuovo e gli mise una mano sulla spalla.
Le lacrime rigarono il volto del ragazzo che gli stava difronte, sembrava si fosse trattenuto per troppo tempo e alla fine avesse ceduto. Sollevò il capo e guardò Minho con gli occhi arrossati “Newt” disse tra i singhiozzi “Non è ancora rientrato...”
L'inquietudine iniziale si spalancò nella mente di Minho come un buco nero di panico che in pochi secondi iniziò a risucchiare ogni sua sicurezza e pensiero razionale “Cosa...?” soffiò.
Non aspettò nessuna risposta, si lanciò di corsa verso la porta orientale sotto gli occhi di tutti i Radurai che lo fissavano. Il silenzio divenne spettrale, nessuno parlava più, la mente di Minho era completamente svuotata, non era più in grado di pensare, corse in preda all'istinto, completamente apatico ed insensibile.
Newt non è ancora rientrato.
Quelle parole gli risuonavano in testa come una cantilena sinistra, ancora e ancora, quasi avessero chiuso fuori qualunque altro pensiero eccetto quello. Aveva quasi raggiunto il gruppo quando si sentì trattenere per un braccio e fu obbligato a fermarsi. A malapena si accorse che ad afferrarlo era stato Frypan, il grosso cuoco dei Radurai, che ora gli stava parlando, ma Minho non capiva cosa stesse dicendo, le parole gli arrivavano distanti e ovattate coperte da quella continua cantilena.
Newt non è rientrato.
“Hey!! Minho, mi ascolti? Brutta faccia di sploff, mi senti o sei diventato sordo?” Frypan lo prese per le spalle e lo scosse violentemente e al Velocista sembrò di uscire di colpo da una prigione di gelatina: ogni suono tornò alla normalità e Minho si rese conto che non c'era affatto silenzio, al contrario era tutto un gran caos di chiacchiere e urla.
“Minho!” lo chiamò ancora il cuoco.
“Dov'è Alby?” riuscì a dire rendendosi conto del fatto che non fosse stato il loro capo a cercare di farlo tornare in sé.
“E' tutto un gran casino, amico” rispose Frypan “Alby è nel Labirinto”
Per la seconda volta in pochi minuti Minho rimase senza fiato, non poteva credere che quella situazione fosse reale. Ma non poteva continuare così, doveva recuperare la sua sanità mentale e reagire alla situazione, era bravo in questo.
“Fry, dimmi che è successo!” si rivolse all'amico facendo dei lunghi respiri per calmarsi, se Alby non era lì, toccava a lui prendere in mano la situazione.
“Quella testa di sploff di pive è tornato un'ora fa gridando come un matto!” indicò Ben che si era accasciato sulle ginocchia in mezzo alla Radura e piangeva con le mani sul viso “Pensavamo che fosse stato punto, invece sembrava che stesse cercando qualcuno. Ha chiesto ad Alby se Newt fosse già tornato, così si è sparsa la voce, ma nessuno lo aveva ancora visto rientrare.” Fece una pausa e incrociò le braccia pelose al petto. “Alby ha aspettato che Newt tornasse per un'ora davanti alla porta facendo avanti e indietro come un lupo. Aspettava anche te, ma poi ci ha detto di dirti delle cose quando saresti rientrato ed è partito di corsa prima che potessimo dire nulla”
Minho assorbì tutte quelle informazioni rapido come una spugna “Perché è andato lui?” fu la prima cosa che chiese, ma la sua mente si concentrò su quello che sembrava il punto più importante “Cose? Quali cose? Cosa voleva che mi diceste?”
Frypan storse la bocca, come se fosse poco convinto di ciò che stava per dire “Ha detto che sicuramente ti saresti lanciato come un pazzo oltre le porte per andare a cercarli, quindi ci ha dato istruzioni precise” disse incerto.
“Cioè?” Minho si stava alterando, la cosa non gli piaceva.
“Alby ha detto che avremmo dovuto fermarti a tutti i costi, ha detto di non lasciarti andare a cercarli. Ha detto anche che nel caso lui non fosse tornato, avresti dovuto prendere tu il suo posto” spiegò Frypan cercando di riportare in ordine le varie istruzioni.
“Cosa?! Non ci penso neanche, che caspio di caspiata sarebbe? Io vado!” sbottò il Velocista pronto a partire verso la porta.
“Non ho finito!” lo interruppe di nuovo il grosso cuoco.
Minho lo guardò con trepidazione pronto a mandarlo a quel paese e filare via, ma le sue successive parole lo fecero riflettere.
“Alby ha detto di dirti cosa fare!” iniziò, recitando a memoria “Dite a Minho di entrare nel Labirinto e piazzarsi poco lontano dalla porta, non più di un paio di corridoi, e di aspettarci lì, non un metro più avanti. Avrò bisogno di lui nel caso Newt non sia in grado di camminare, ma se le porte cominciano a chiudersi prima che mi veda arrivare...” Frypan fece una pausa e Minho sentì il mondo sgretolarsi sotto i piedi.
“...dite a Minho di tornare alla Radura e non guardarsi indietro..”

 

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Il Braciere delle Fate:

Buonsalve a tutti!
Eccoci con il secondo capitolo. Avevamo lasciato Newt appeso a mezz'aria e adesso è definitivamente.. come dire.. caduto. Solo che l'atterraggio non è stato piacevole quanto probabilmente immaginava TT.TT Oh povero cuore <3
Ma lasciamolo lì per il momento e spostiamoci qualche ora più tardi. Minho è tornato alla base ma ha trovato una bella sorpresina ad aspettarlo.
Resisterà alla tentazione di correre in cerca di Newt? Vedremo :D
Piccola nota, mi piaceva l'idea di farvi vedere il diverso modo di pensare di Newt e Minho una volta cambiato POV. E' interessante descrivere due punti di vista così diversi di una stessa cosa, non trovate?
Spero che il capitolo vi piaccia e che mi continuerete a seguire. Recensite!! ...E grazie infinite ^-^
Xo xo
Fairy

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Buio.
Un'oscurità profonda e impalpabile.
Il nulla.
Era questa la sensazione che Newt avrebbe dovuto provare per il resto dell'eternità, una sensazione di pace che permeava tutto il non essere intorno a lui.
Buio.
Libertà.
Niente più Labirinto, niente più sofferenza, niente più vita. A questo aspirava, questo era stato il suo desiderio più profondo e credette di averlo al fine raggiunto.
Almeno fino a quando una spaventosa e insopportabile striscia di luce bianca non disturbò la sua quiete, tormentandolo.
Forse era semplicemente ciò che gli indicava la via da seguire: non aveva idea di dove avesse sentito questa cosa prima di allora, ma si diceva che in punto di morte si vedesse come un lungo tunnel buio con una luce infondo. Era così? Quella era la sua “luce infondo al tunnel”?
Se così era, allora non doveva far altro che seguirla e forse sarebbe finalmente arrivato in Paradiso o in qualunque altro posto si andasse una volta morti. Lo fece, seguì quella luce fastidiosa che gli martellava la mente, ma il luogo in cui arrivò non era affatto il Paradiso... era l'Inferno!
La luce si spalancò, bianca e infinita, riempì tutta la sua visuale accecandolo, ma ciò che seguì fu ancora peggio di quello.
Dolore.
Tanto, insopportabile, bruciante, inconcepibile dolore. Sentì di essersi trasformato in un ammasso informe di strazianti tormenti e ogni parte di quell'ammasso che ora era il suo corpo gli doleva tanto da farlo impazzire. Voleva urlare, ma non aveva la forza di farlo e il solo pensiero gli causò altro dolore. Più il tempo passava più notava nuovi dettagli: il suo corpo-ammasso sembrava giacere in qualcosa di bagnato, probabilmente acqua e tutta l'aria intorno a sé era appestata da un nauseante odore indefinibile, come di rame.
Cercò di muoversi, ma non riuscì a fare nulla, tranne procurarsi un'ulteriore scarica di sofferenze.
Non era così che si era aspettato fosse la morte, pensava che una volta trapassato tutto quello schifo sarebbe finito, invece era molto peggio dell'essere vivi. Newt si sentiva spaventato e arrabbiato, voleva urlare tutta la sua pena e tutti gli improperi che la sua mente fosse in grado di ideare contro chiunque si divertisse così tanto a giocare con la razza umana e con lui in particolare. Non aveva già sofferto abbastanza da vivo? Non poteva essere lasciato in pace e basta?
Voleva piangere, ma ogni singolo pensiero gli faceva troppo male.
Non trascorse molto altro tempo prima che la situazione subisse un ulteriore tracollo. Il dolore non fece che aumentare ad ogni secondo e tutto quel bianco che gli riempiva gli occhi piano piano cominciò ad affievolirsi e nuove forme e colori lo sostituirono gradualmente. Quello che riuscì infine a vedere non era affatto l'Inferno, era qualcosa di molto, molto peggio: una striscia di cielo azzurro senza nuvole lambita ai suoi lati da alte mura di pietra coperte di edera rampicante. Era il Labirinto.
Sbatté le palpebre procurandosi una fitta insopportabile alla testa e la visione divenne ancora più chiara, si sentì soffocare e cercò di inalare un po' d'aria, ma il dolore non glielo permise e un inquietante gorgoglio nella sua gola gli diede l'impulso di tossire.
La sua mente riprese a funzionare e con un altro spasmo di dolore tornò anche la consapevolezza: era ancora vivo.
Il panico lo travolse. Com'era possibile? Il suo piano era perfetto! Lo schianto avrebbe dovuto ucciderlo, che cosa era andato storto?
L'altezza non era abbastanza? Era caduto male? Cosa?!
Non riusciva a respirare, tossì di nuovo e della bava gli colò lungo i lati della bocca, doveva voltarsi o sarebbe morto così e, per qualche motivo, non voleva morire soffocato. Voleva morire, ma non così, voleva farlo come lo aveva pianificato! Perché era andato tutto a rotoli?
Cercò ancora di muoversi, ma il suo corpo non rispondeva ai comandi, il che gli fece pensare che la caduta lo avesse paralizzato. Grandioso! Se la caduta aveva danneggiato la sua spina dorsale tanto da paralizzarlo, ma non da ucciderlo c'era davvero qualcuno che si stava piegando in due dalle risate in quel momento.
Non sentiva nulla, come se non avesse più gambe e braccia, ma solo tentacoli fatti di dolore infinito. Provò comunque di nuovo a muovere qualcosa e si rese conto di poter sollevare le mani e piano piano anche le braccia, nonostante gli dolessero tremendamente. Il polso destro era un atrocità di bruciore e non riusciva a piegarlo del tutto, ad ogni tentativo un fulmine straziante gli attraversava tutto il braccio andandosi ad unire con altro strazio che partiva dal gomito fino alla spalla. Il braccio sinistro gli faceva male, ma in maniera molto minore. Tentò con le gambe, ma si pentì immediatamente di averci provato: la gamba destra era totalmente bloccata e gli faceva male da impazzire, non la sentiva nemmeno e temette che gli si fosse staccata dal corpo. Ma ricacciò indietro quell'idea all'istante: se non fosse più stata al suo posto non avrebbe potuto dolergli a quel modo, doveva essere rotta.
La sinistra invece si muoveva, ma è inutile dire quanto sforzo atroce gli costasse il minimo spostamento. Riuscì a piegare il ginocchio e fu quasi felice.
Newt era al limite massimo di apnea: non poteva girarsi verso sinistra per via della gamba, quindi mise tutto il suo sforzo in una sola spinta della gamba e del braccio sinistro per voltarsi sul lato destro. La testa gli esplose in una nuvola di luccichii che gli annebbiarono la vista e tutto il suo corpo fu pervaso da un fremito straziante prima che, con un violento colpo di tosse, sputasse fuori tutto ciò che gli intasava la gola: vomito e sangue.
Si portò una mano alla bocca e toccandosi i lati vide le sue dita coperte di rosso: non era bava quella di poco prima, era sangue. Sputò ancora, altro vomito ed altro sangue, la lingua sterilizzata dall'orrido sapore della bile e prese una lunga boccata d'aria che finalmente gli riempì i polmoni. Urlò per il dolore che gli costò quel gesto avventato, tutta la sua cassa toracica era un antro di tortura, ma di nuovo l'aria gli si incastrò in gola appena capì cos'era tutto quel bagnato che aveva sentito prima di svegliarsi: non era affatto acqua, era sangue e lui ci era praticamente immerso dentro.
La consapevolezza di quella situazione e l'odore insopportabile di rame gli diedero ancora la nausea. Come poteva essere ancora vivo dopo aver perso tutto quel sangue? Perché era ancora vivo?
Era tutto sbagliato, tutto!
Tornò a stendersi sulla schiena cercando di fare respiri lenti e di non gonfiare troppo i polmoni, che poteva fare? Si sentiva debole e probabilmente non gli restava molto da vivere. Alzò il braccio sinistro per guardare l'orologio che magicamente funzionava ancora; erano le tre del pomeriggio, mancavano poche ore al tramonto, poi le porte della Radura si sarebbe chiuse e lui sarebbe rimasto fuori. Questo era previsto dal suo piano, quello che invece era totalmente imprevisto era che Newt fosse ancora vivo. Non voleva che i Dolenti lo trovassero mentre era ancora vivo!
No no no, cacchio, no! Imprecò nella sua mente a quel pensiero. Cercò di guardarsi intorno e si toccò la fronte senza pensarci: un ciuffo dei suoi capelli si era impastato con il sangue di quella che era senz'altro una ferita in cima ad un enorme gonfiore. Ora capiva il perché di quel mal di testa lancinante.
Doveva fare qualcosa, ma cosa?
Alzarsi non se ne parlava, ma doveva nascondersi. Doveva trovare un angolino in cui nascondersi fino a quando la morte per dissanguamento lo avesse terminato. Ormai era quella l'unica speranza.
Certo non poteva tornare alla Radura in quello stato. Era a chilometri di distanza e l'unico modo di spostarsi che avrebbe potuto architettare era quello di strisciare e non era comunque certo di potercela fare.
Il piano era questo: si sarebbe voltato a pancia in giù e si sarebbe trascinato per un po' cercando un punto per nascondersi.
Che piano di sploff!
Ripeté il movimento di poco prima e si voltò sul lato destro urlando per i continui dolori che lo percuotevano in ogni centimetro del suo corpo. Abbassò lo sguardo per cercare di capire in quali condizioni fosse, ma quel poco che vide lo terrorizzò: la sua gamba destra se ne stava a terra in una posizione del tutto innaturale quasi fosse quella di un altra persona stesa sotto di lui. Quella parte dei pantaloni mezza lacerata era completamente zuppa di sangue e ciò che era peggio era che il coltello da difesa che si era portato dietro, ora, una volta sfondato il fodero, se ne stava ficcato nella sua coscia.
Un conato di vomito gli scosse il torace obbligandolo a guardare altrove, respirò e decise di dimenticarsi di quella gamba; finì di voltarsi con un altro sforzo sovrumano che gli costò dolore infinito e si ritrovò a faccia in giù ad un millimetro dalla pozza del suo sangue-vomito.
Fece forza con le braccia e cercò di trascinare il proprio peso verso l'imboccatura del corridoio, ma non riusciva più a sopportare tutta quell'agonia. La gamba gli andava a fuoco, non riusciva a respirare e quel movimento, anche se lieve, gli fece girare la testa come se avesse giocato a girotondo per un'ora di fila. Il suo stomaco si scosse e gli venne di nuovo la nausea, ma questa volta non riuscì a fermarla: un'altra ondata di bile gli bruciò la gola e vomitò un'altra volta prima che il buio lo inghiottisse, dandogli la pace.

 

Aveva sperato di essere finalmente morto, quando la realtà lo deluse per l'ennesima volta. Non aveva ancora riaperto gli occhi, ma in quel momento notò qualcosa di diverso: in primo luogo il dolore sembrava quasi peggiorato, se era possibile, secondariamente la gola gli bruciava terribilmente per il vomito e la sete lo stava divorando. Ma la cosa che gli parve più insolita era che si stesse muovendo.
Aprì le palpebre come se pesassero dieci chili l'una e, con la vista annebbiata, notò le pareti del Labirinto che scorrevano su entrambi i lati. Temette che a trascinarlo per le braccia fosse un Dolente, ma si rese conto che una voce riempiva l'aria intorno a sé. Non poteva essere un Dolente, mica parlavano quei cosi. Si guardò i polsi uno dopo l'altro e vide due mani che lo tenevano saldo, due mani dalla pelle scura come il carbone.
“...raggio... ni duro” alcune parole arrivarono alle sue orecchie come un eco, tutto sembrava lontano e distante “..oco... ci sia... asi...”
Newt lasciò ciondolare la testa all'indietro e, nonostante la vista appannata riconobbe il ragazzo che lo stava trascinando: Alby.
Sembrava che facesse davvero fatica, era completamente sudato e ogni strattone gli strappava un grugnito o un lamento.
Che ci faceva Alby nel Labirinto? Come caspio aveva fatto a trovarlo?
Non trovava risposte alle sue domande; forse stava sognando, ma l'ennesima fitta di atroce strazio gli disse che quello non era affatto un sogno. Sollevò la testa e guardò il passaggio che stavano percorrendo, il suo corpo disegnava una striscia di sangue come un pennello e quando svoltarono, Newt venne trascinato accanto ad un tralcio di edera tagliato. Non erano ancora arrivati alla sezione più interna del Labirinto, era stato Alby a tagliare quei rami? Possibile che fosse stato Newt quella mattina senza accorgersene? Non ricordava per niente se lo avesse fatto o meno, ma era un gesto talmente abitudinario che non si sarebbe meravigliato di farlo senza pensarci. Forse era così che Alby lo aveva trovato.
Non erano ancora alla sezione più interna.
Newt guardò il cielo che da azzurro stava lentamente cominciando ad assumere tonalità più rosate, era quasi il tramonto.
Alby non poteva farcela.
Erano ancora troppo lontani dalla Radura ed era troppo tardi. Erano spacciati, Alby era spacciato.
Non poteva permettere che il suo amico morisse così, per colpa sua; no, non era quello che voleva. Doveva urlare, digli di lasciarlo lì, di correre via e salvarsi, ma la voce non gli usciva e non poteva muoversi. Newt era nel pieno del panico quando Alby si fermò e lo stese a terra; avvertì il suo respiro affannato e lo vide chinarsi su di lui “Non preoccuparti, ce la faremo!” gli disse, forse notando l'espressione del suo viso.
Il suo amico gli prese le braccia e gli si accovacciò davanti, poi si tirò le braccia sulle spalle e se lo caricò addosso tenendolo per le gambe. Newt urlò per la scarica di dolore che l'operazione richiese, ma cercò di stringere le braccia abbastanza per tenersi.
“Mi dispiace, amico...” si scusò Alby prima di mettersi a correre portandoselo dietro.
Quel movimento faceva costantemente sobbalzare la sua caviglia destra facendogli venire le lacrime agli occhi per il troppo insopportabile strazio e spingendolo a sperare di svenire in quel momento e non sentire più nulla
La sua vista divenne sempre più opaca, l'aria intorno a sé sempre più rosso arancio; Alby cadde più volte, ma si rimise in piedi e continuò a correre, svoltando di continuo seguendo le tracce lasciate per ritrovare il percorso giusto.
Era tutto totalmente ovattato e lontano quando il suo amico cominciò ad urlare qualcosa che non gli arrivò con chiarezza. Urlò, urlò e urlò ancora lacerandosi la gola.
“...NHOOO”
“....HOOOOOO”
“...INHOOOOOOO”
“MINHOOOOOOOOOO!!!”
Quel nome gli riempì il cervello come una scarica elettrica e subito dopo arrivò l'ennesimo impatto con la dura roccia del pavimento. Alby era caduto ancora, ma si alzò rapido e ciò che accadde dopo fu un caos di figure e nebbia.
Vide dei movimenti concitati, udì parole che non comprese, Alby faceva cenni a qualcuno, altre voci, poi ancora Newt si sentì sollevare da terra, questa volta da braccia diverse, più forti e decise. Il suo viso poggiò su una schiena diversa da quella che aveva percepito fino a quel momento e un famigliare senso di sicurezza lo pervase in ogni fibra del suo essere.
“..già chiudendo!!”
Furono le ultime parole che sentì pronunciare prima di cadere in un abisso senza ritorno.
Conosceva quella voce...
Minho
“...Mi..n..ho...”

 

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Il Braciere Delle Fate:

Buon pomeriggio a tutti!
Eccomi tornata con il terzo capitolo! Newt si è risvegliato dopo quella brutta caduta e, come è normale che sia, è messo davvero di merda! (scusate il francesismo! XD)
Vorrei specificare che io personalmente ho fatto fatica a scrivere delle condizioni del povero Newt. Vi parla una persona che al solo pensiero di un taglietto si sente svenire, quindi immaginatemi a pensare a.. bé, questo!
Ma volevo davvero rendere la cosa realistica, insomma, Newt si è lanciato da un'altezza tale da essere certo di restarci secco, quindi non può essersi rotto solo una gamba e tanti saluti, vi pare?
Al contrario si è sfasciato per benino. Ma.. Alby è corso in suo aiuto e con la forza dell'amicizia (?) è riuscito a trascinarlo e trasportarlo fino ai pressi della Radura, tanto da trovare Minho.
Sarà troppo tardi per farcela? Lo scoprirete la prossima settimana! ^-^

Grazie a tutti quelli che silenziosamente leggono e grazie infinite alle persone che decidono di dedicare qualche secondo del loro tempo per lasciarmi le recensioni! Grazie!
A presto.
Baci
Fairy

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

L'orologio segnava le cinque e quarantatré minuti.
Minho aveva i nervi a fior di pelle: era la centesima volta che si guardava il polso negli ultimi dieci minuti, non riusciva a starsene fermo in un punto e gli prudevano le mani.
Percorse quel corridoio avanti e indietro così tante volte che il pavimento avrebbe potuto consumarsi e non faceva che domandarsi per quale motivo stesse ubbidendo a quell'insensato ordine di Alby invece di partire di corsa a cercarlo. Si ripeté ancora una volta che avrebbe aspettato lì, lo aveva giurato a Frypan ed era un ordine del capo, quindi..
“Vaffancaspio!!” imprecò svoltando dietro l'angolo per dare un'occhiata, ma tornò subito sui suoi passi, ancora in quel corridoio, sempre lo stesso.
Avanti e indietro. Una, due volte ancora. Poi si passò le mani tra i capelli e guardò l'orologio: cinque e quarantacinque.
Maledetto Alby!
Perché era andato lui? Non era un Velocista, ci avrebbe messo troppo tempo a trovare la strada. E inoltre non era veloce abbastanza, né forte abbastanza. Se Newt non poteva camminare non ce l'avrebbe fatta a portarlo di peso.
Newt.
Che fine aveva fatto? Perché non era ancora rientrato? Gli era successo qualcosa di male? Non voleva pensarci.
Fece ancora una volta avanti e indietro prima di fermarsi con le mani sui fianchi. Minho tornò veloce con il pensiero a quella mattina, allo strano sorrisetto che aveva Newt e alla brutta sensazione che gli aveva fatto provare. Scosse il capo, era solo una coincidenza.
Forse aveva trovato un Dolente e stava cercando di liberarsene, come era successo a lui poco prima, questo lo stava facendo ritardare così tanto. Se così era, gli avrebbe fatto un bel discorsetto appena fosse tornato alla Radura.
Il cielo era screziato di rosso e arancio e il tempo trascorreva inesorabile.
Le sei e otto minuti.
Le sei e dieci minuti.. Quindici minuti... Venti minuti.. Venticinque... Ventotto...
L'ansia gli artigliò lo stomaco “Forza.. Forza!!” disse tra i denti “Andiamo Alby!!”
Il tempo stava per scadere, il tramonto era troppo vicino e le porte si sarebbe chiuse entro breve.
Minho piantò un pugno nella parete, su uno di quegli strani cartelli metallici di cui era tappezzato il Labirinto: Catastrofe Attiva Totalmente: Test Indicizzati Violenza Ospiti.
Perché ci stava mettendo tanto? Se Newt poteva correre non ci avrebbe messo così tanto, era il più veloce dopo di lui. Alby non lo aveva ancora trovato? Lo stava portando di peso? Oppure...
Il rumore più sinistro e crudele che avesse mai sentito riempì di colpo l'aria con un fragore assordante troncando i suoi pensieri: le porte iniziavano a chiudersi.
“No!!” Imprecò, non poteva tornare alla Radura, non così; Minho non poteva abbandonare i suoi amici lì dentro, lo aveva promesso, ma non poteva mantenerlo.
“No, no, no!!”
Guardò rapido in entrambe le direzioni, una dopo l'altra: alla Radura quei pive se la sarebbero cavata bene anche senza di lui, ma Alby e Newt erano da soli nel Labirinto e non potevano farcela.
Avrebbe contato fino a tre e poi addio alla sua fedeltà e si sarebbe lanciato tra quei corridoi. Non fece nemmeno in tempo a cominciare il count down che un suono ancora più agghiacciante sovrastò il fracasso metallico delle gigantesche porte.
“MINHOOOOOO” urlò una voce non molto distante da dove si trovava il ragazzo.
“MINHOOOOOOOOOO” un altro urlo più forte del precedente, era la voce di Alby.
Minho scattò in quella direzione, corse più veloce di quanto non avesse mai fatto in tutta la sua vita mentre altri richiami fendevano l'aria squarciando la gola del suo amico.
“MINHOOOOOOOOOOOOOOOOOO”
Superò rapido tutti gli angoli avvicinandosi sempre di più, i secondi che scorrevano inesorabili. Qualcosa non andava, perché Alby non si stava avvicinando?
Ancora due svolte e la risposta a quella domanda gli frantumò il cuore in un mosaico di pezzi: il ragazzo dalla pelle scura era in ginocchio accanto al corpo immobile di Newt; i suoi vestiti erano strappati in più punti e zuppi di sangue, ogni parte scoperta del suo corpo era dilaniata di tagli, lividi e abrasioni e i suoi capelli biondi erano un grumo indistinto di sangue. Minho si coprì istintivamente la bocca con la mano “Che cavolo...” le parole gli morirono in gola, Newt era...
“E' vivo!!! Aiutami!! Dobbiamo portarlo dentro!!” Alby stava cercando di sollevare di nuovo il corpo di Newt, ma era troppo stanco e visibilmente scosso, le mani gli tremavano e cadde di nuovo.
Si rialzò svelto e fece cenno a Minho di aiutarlo “Minho!! Forza!!”
Il ragazzo reagì da quello stato di shock, si fiondò sull'amico ferito e si accovacciò per prenderlo in spalla. Alby lo aiutò e in pochi secondi era abbastanza stabile per potersi muovere senza farlo cadere di nuovo.
“Alby, caspio, corri, muoviti!! Le caspio di porte si stanno già chiudendo!!”
Il ragazzo di colore annuì senza rispondere e scattò più in fretta che poteva davanti a lui, Minho lo seguì spingendo i muscoli indolenziti delle sue gambe, forzandoli al massimo.
Il rumore delle porte non era ancora cessato, ce l'avrebbero fatta, dovevano farcela ad ogni costo.
Destra. Sinistra. Destra. Corridoio. Angolo. Corridoio. Ancora solo qualche metro.
Il peso del corpo di Newt non gli creava particolari problemi, ma le sue evidenti condizioni lo facevano sentire come se avesse ingoiato un mattone; avvertiva il sangue dell'amico attraversargli la maglietta e colargli lungo il collo. Non riusciva a capire come fosse possibile, ma Alby aveva detto che era vivo, doveva esserlo!
Stava superando uno degli ultimi rettilinei quando fu certo di sentirlo.
“Mi...n..ho..”
Niente più di un sospiro soffiato nel suo orecchio. Il frastuono delle porte era infernale, ma Newt aveva appena pronunciato il suo nome e questo lo caricò di adrenalina.
“Sono qui Newt! Ce la faremo!” disse sicuro di sé e accelerò il passo.
Ancora un'ultima svolta e arrivarono in vista della porta: le due sezioni avevano già superato la metà, mancava pochissimo.
Alby gridò, spingendosi in un ultimo slancio e superò la porta, Minho lo vide cadere a terra e rotolare sull'erba. I Radurai intorno all'ultimo spiraglio di salvezza urlavano il suo nome incitandolo al massimo, Frypan e Gally tenevano tutti indietro e gridavano più degli altri.
Ancora pochi metri, le gambe gli bruciavano, i polmoni stavano per scoppiargli nel petto, ma non si fermò, continuò a correre, strinse i denti e superò il varco.
Un tonfo tremendo indicò che il tempo era scaduto e la Radura, tinta dei toni del tramonto, si spalancò davanti ai suoi occhi.
Ce l'avevano fatta!


Minho si fermò lentamente e cercò di controllare quel poco fiato che gli era rimasto. Ora che il rumore metallico della porte era cessato, la Radura giaceva in un silenzio totale e inquietante; i Radurai avevano improvvisamente smesso di esultare e gli si raggrupparono intorno con espressioni scioccate e bocche spalancate.
Erano riusciti a tornare in tempo, ma Minho non si sentiva affatto sollevato, Newt aveva urgente bisogno di cure.
“Fry!” chiamò appena riuscì a scorgere il cuoco in mezzo agli altri ragazzi.
“Che...diavolo gli è successo?” domandò appena fu abbastanza vicino, i suoi occhi pieni di qualcosa che Minho identificò come terrore.
“Dove sono Jeff e Clint?” chiese senza prestare attenzione alla sua domanda “Trovali! Falli venire al Casolare. Adesso!!” concluse perentorio riprendendo a correre, questa volta verso l'angolo d'erba in cui era sistemato il Casolare.
Dietro di lui Alby riuscì a rimettersi in piedi e gli arrancò dietro fino a destinazione. Minho salì rapido al primo piano dell'edificio e raggiunse una delle piccole stanze; posò il corpo di Newt sul letto, facendo attenzione a non fargli troppo male e la gola gli si chiuse alla vista delle sue condizioni.
“Newt!” cercò di chiamarlo, ma il ragazzo non diede segni di vita e il panico lo travolse. Allungò una mano, gli tastò il collo e tornò a respirare appena avvertì le pulsazioni del suo cuore: era vivo.
“Newt! Hey, faccia di caspio, svegliati! Newt!” provò ancora a farlo tornare in sé, ma senza alcun risultato. Il giovane non poteva sentirlo, rimase immobile e privo di sensi. Un rumore improvviso di passi concitati attirò l'attenzione del moro che si voltò verso la porta da cui, qualche secondo dopo, i responsabili entrarono uno dopo l'altro: Alby varcò la soglia per primo, trascinandosi esausto, dopo di lui fu il turno di Gally e poi Frypan che fece rapido un gesto a coloro che entrarono poco dopo: i Medicali. Jeff e Clint raggiunsero i piedi del letto e si fermarono con quella stessa espressione che ormai Minho aveva visto sul volto di tutti.
“..Porco..”
“Oh merda!!”
Jeff si mise le mani nei capelli e Clint si coprì la bocca in una specie di crisi di panico.
Minho era stufo di tutte quelle inutili sceneggiate “Che sploff state aspettando? Dovete aiutarlo!” esordì guardando i due uno dopo l'altro.
“Amico, è messo uno schifo... Non credo che ci sia molto da fare. E' già un miracolo che sia ancora vivo...” rispose Clint indicando il letto. Stava per parlare di nuovo, ma Minho si mosse rapido e lo prese per la maglietta strattonandosela ad un centimetro di distanza “Senti razza di pive! Questo è il tuo caspio di lavoro qui dentro quindi datti una mossa e fa qualcosa!!” ringhiò.
“Minho!!” Alby parlò con un filo di voce “Basta così, lascialo!”
Il moro guardò il mal capitato un'ultima volta e poi allentò la presa, furioso. Non voleva fargli del male, ma si sentiva nervoso e agitato e faticava a controllarsi.
“Bene così” continuò il loro capo “Ora, Clint, esci, prendi una boccata d'aria e datti una calmata” A quel consiglio il Medicale girò sui tacchi e sparì oltre la porta.
Alby tossì per parlare di nuovo, urlare a quel modo nel Labirinto gli aveva fatto perdere la voce “Jeff, dovete fare qualcosa, in fretta!”
“Che cosa gli è successo?” domandò il Medicale squadrando Alby e Minho in attesa di risposte. Il Velocista fissò il loro capo che storse la bocca e scosse la testa “L'ho trovato così...”
Jeff girò intorno al letto un paio di volte guardando il corpo ferito di Newt, si grattò il mento con l'indice della mano destra e annuì tra sé “Ok!” disse e sembrò intento a riordinare le idee.
“Fry, portami dell'acqua calda, tanta, fatti aiutare da qualcuno.. e degli stracci!”
Il cuoco corse via velocemente e i suoi passi pesanti risuonarono lungo il corridoio.
“Gally” Jeff riprese a parlare e questa volta rivolse l'attenzione all'Intendente dei Costruttori “Raduna un po' di gente, andate al deposito e portatemi aghi, filo, tutte le bende e le erbe mediche che trovate, poi cerca qualcosa che possa usare per steccargli la gamba. Veloce, per favore!”
“Vado!” Gally scattò e Minho lo sentì parlare con qualcuno in corridoio prima che si allontanasse in gruppo. Ma la sua attenzione fu di nuovo attratta da Jeff “Voi, tutti fuori!”
“Che??” il Velocista stava di nuovo per dare di matto, ma Alby gli toccò una spalla.
“Andiamo Minho, non possiamo fare niente ora” disse con una voce triste a tal punto che il ragazzo sentì qualcosa spezzarsi.
“Ah, uno di voi potrebbe portarmi dell'acqua da fargli bere? E dite al quell'imbecille di Clint di riportare quel suo culo qui, subito!” concluse il Medicale, prima di prendere un coltello e cominciare a tagliare quello che restava dei vestiti di Newt.
Alby spinse letteralmente Minho fuori dalla porta e se la richiuse alle spalle.

 

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Il Braciere delle Fate:

Buonasera!
Anche se a quanto pare volete restare anonimi, so che siete in molti a seguire questa mia FF e per questo vi ringrazio molto!
Alby e Minho ce l'hanno infine fatta a tornare in tempo XD Ma le condizioni di Newt non sono molto buone. E' compito di Jeff e Clint ora salvare quel povero cuore T.T
Spero che apprezzerete anche questo capitolo e che vi ritroverò nel prossimo! Grazie a tutti!
Baci
Fairy

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Minho non poteva stare fermo ad aspettare, quindi lasciò Alby a riposarsi e uscì dal Casolare. Trovò Clint poco distante da lì e, anche se aveva una gran voglia di prenderlo a calci, si scusò con lui per come si era comportato poco prima e gli riferì che Jeff aveva assoluto bisogno di lui. Sembrò bastare quella semplice frase perché si riprendesse dallo stato di shock. Annuì deciso e corse verso il Casolare con ritrovato autocontrollo.
Il Velocista lo guardò allontanarsi e proseguì per la sua strada.
Il sole era calato ormai e l'oscurità iniziava a farsi largo lentamente, ma nonostante ciò, la Radura era attiva come un formicaio impazzito. Ovunque vide ragazzi intenti a trasportare cose verso il Casolare: pezzi di stoffa, barattoli, secchi pieni di acqua fumante.
Vide Gally dare ordini a voce alta, gesticolando in maniera esagerata, Frypan e Zart parlavano tra loro appena fuori dalla cucina e alcuni curiosi si erano avvicinati per sentire cosa si stessero dicendo. Altri piccoli gruppi di Radurai erano sparsi ovunque: discutevano animatamente o stavano in cerchio senza dire una sola parola, con sguardi vuoti, mangiandosi le unghie.
Minho raggiunse il ripostiglio, prese tutte le bottigliette d'acqua che riusciva a trasportare e tornò indietro per lo stesso percorso, di nuovo fino al Casolare. Salì le scale di corsa e percorse il corridoio fino alla stanza in cui si trovava Newt, la porta era accostata, così la spinse con una spalla ed entrò. Fu abbastanza stupito di vedere che, oltre ai Medicali c'erano altri tre ragazzi: due Spalatori e Winston. Non gli fu difficile capire perché Jeff e Clint avessero richiesto il loro aiuto; la stanza cominciava davvero a sembrare quella in cui venivano macellati gli animali. L'odore pungente e nauseante di sangue riempiva tutta l'aria e sia le lenzuola che il pavimento intorno al letto erano pieni di acqua insanguinata. Sembrava di esser appena stati catapultati sul set di un film dell'orrore e, chiunque non fosse abbastanza duro di stomaco, era meglio non si avvicinasse troppo. Nonostante tutto, Newt era ancora immobile, e non sembrava accorgersi di nulla. Doveva essere ancora privo di sensi e, in un certo senso, Minho fu felice che fosse così, almeno si stava risparmiando un bel po' di sofferenza. Ma vederlo in quello stato gli faceva male al cuore.
Appena Jeff alzò lo sguardo e si accorse della presenza di Minho si fiondò verso di lui, lo ringraziò per aver portato l'acqua, togliendogli dalle braccia tutte le bottigliette e lo sbatté fuori dalla porta senza fare complimenti.
“Hey!!” cercò di protestare il ragazzo, ma la porta gli fu sbattuta in faccia.
“Resta fuori!!” gli urlò una voce dall'interno.
Minho voleva buttare giù la porta così che la smettessero di continuare a buttarlo fuori, ma qualcosa lo distrasse: Alby.
Il ragazzo più grande se ne stava seduto per terra con le braccia attorno alle ginocchia e lo sguardo fisso. In tutta quella confusione Minho non aveva nemmeno avuto il tempo di parlare con lui, nonostante gli fosse sembrato completamente sconvolto fin da quando lo aveva visto tornare dal Labirinto. Il Velocista decise che forse era meglio assicurarsi che stesse bene, non che per lui fosse così, ma doveva cercare di mantenere quel poco di calma che ancora aveva.
“Alby” lo chiamò e gli si sedette accanto “Tutto bene?”
Il ragazzo non rispose, sembrava perso, sembrava che non lo avesse neppure sentito, stava immobile con lo sguardo fisso sulla parete.
“Alby” lo chiamò ancora, ma non ottenne risultati migliori. Decise di lasciar perdere per il momento, forse il suo amico aveva solo bisogno di un po' di tempo, così si appoggiò con la schiena alla parete e chiuse gli occhi per qualche minuto. Minho avrebbe voluto rilassarsi un po', ma lo escluse a priori; non riusciva a pensare ad altro che a Newt e il continuo andare e venire di gente dalla stanza non aiutava.
Fu solo circa un'ora più tardi che la situazione si tranquillizzò, quando, i due Spalatori che Minho aveva visto dentro la stanza, uscirono con un secchio a testa pieno di stracci insanguinati, si richiusero la porta alle spalle e sparirono oltre l'angolo del corridoio. Il silenzio cadde pesante come un sipario di velluto e Minho e Alby rimasero gli unici astanti di un macabro spettacolo ormai concluso. Ogni tanto giungevano alle orecchie del Velocista scambi di voci provenire dall'interno della stanza o in lontananza fuori dal Casolare, dove Frypan chiamava a raccolta i Radurai per la cena.
“Forse dovresti mangiare qualcosa” suggerì Minho all'amico che, in tutto quel tempo, non aveva ancora mosso un muscolo. Per quanto riguardava lui, aveva la netta impressione di essersi già mangiato una spalata di cemento a presa rapida che ora gli pesava nello stomaco come un macigno; non aveva nessuna intenzione di vedere del cibo neanche da lontano.
Per un attimo il giovane pensò che Alby non avrebbe risposto nemmeno quella volta, ma dovette ricredersi appena un filo di voce gli attraversò le labbra tremanti.
“Era... era riverso in una pozza di sangue...” disse mantenendo lo sguardo fisso alla parate.
Minho lo guardò con occhi sgranati, per nulla preparato ad ascoltare quel racconto.
“Io... credevo che fosse...” gli occhi gli si riempirono di lacrime e il cuore di Minho mancò un battito al solo pensiero di ciò che aveva visto “...credevo che fosse morto!” Alby concluse la frase con voce spezzata, si guardò le mani ancora sporche del sangue ormai secco di Newt, tremava “C'era così tanto sangue...così...tanto.. sangue”
Tutto il suo corpo era percorso da spasmi e singhiozzi, affondò il viso tra le braccia e pianse “Anche l'aria era piena di sangue.. Ho vomitato e.. pianto e...”
Minho sentì gli occhi pizzicare, ma strinse i denti “Basta così, Alby” disse piano, mettendogli una mano sul braccio. Deglutì a fatica e la saliva gli graffiò la gola come sabbia “Hey, sei stato grande!” cercò di consolarlo, anche se avrebbe solo voluto urlare, correre di nuovo in quel maledetto Labirinto e squartare con le proprie mani tutti i Dolenti per ciò che avevano fatto a Newt.
“Ce l'hai fatta, caspio! L'hai riportato qui ed è vivo! Lui.. guarirà, ok?” fu tutto quello che riuscì a dire e, anche se non era molto, Alby alzò il capo e lo guardò; aveva il viso rigato di lacrime e gli occhi arrossati, ma annuì e si asciugò con la manica della maglia.
“Newt è un Velocista. Ha le palle di ferro! Tornerà come nuovo...vedrai...” si morse l'interno del labbro e di nuovo la saliva gli tagliò la gola, ma il suo amico assentì con maggior decisione e sembrò tornare in sé.
Alby si alzò in piedi e tirò su con il naso “Ho bisogno di un po' d'aria, vieni?” chiese cercando di controllare la voce.
“Resto ancora un po'” fu l'unica risposta di Minho, prima che l'altro si allontanasse lentamente lungo il corridoio lasciandolo solo con il pesante fardello di quell'immagine davanti agli occhi. Le parole di Alby risuonavano nella sua mente come un eco senza fine; cercò di scacciarle e di aggrapparsi con tutte le forze al pensiero che Newt fosse ormai fuori pericolo, ma l'ansia e un continuo orribile presentimento lo stavano lentamente divorando, pezzo dopo pezzo.
Si mise in piedi e si appoggiò alla parete con le spalle, le braccia incrociate al petto e l'indice della mano destra che tamburellava frenetico sul bicipite rigonfio. Non poteva più sopportare quell'attesa e stava cominciando ad odiare a morte quella porta da cui ormai non sentiva provenire più alcun suono.
Che caspio stavano combinando là dentro? Possibile che ci volesse tutto quel tempo?
A Minho non sembrava un buon segno, e più i minuti passavano, più quest'idea gli si fossilizzava in testa.


Trascorse un'altra ora intera senza che nessuno entrasse o uscisse da quella stanza, Alby non era ancora tornato e nessun altro si era unito a lui, ma Minho pensò che i Radurai fossero tutti fuori in attesa di avere notizie.
Il Velocista era stufo di aspettare, si era seduto e rialzato almeno venti volte, aveva camminato avanti e indietro per minuti interi, era persino stato tentato di bussare o, peggio ancora, di entrare di soppiatto nella stanza, ma si era trattenuto dal fare entrambe le cose.
Era di nuovo seduto a terra, le gambe piegate e le braccia abbandonate sulle ginocchia, quando qualcuno svoltò l'angolo e lo raggiunse “Posso?” domandò Ben indicando il pavimento.
Minho gli fece cenno con il capo e il ragazzo gli si sedette accanto a gambe incrociate “Ancora niente?”
Il moro non rispose, era certo che non ce ne fosse alcun bisogno e inoltre non si sentiva affatto bene e non aveva voglia di parlare con nessuno. Ben abbassò lo sguardo e si torturò le mani pensieroso “Mi dispiace” disse poi “Avrei dovuto fare qualcosa...”
Il giovane sembrava sul punto di crollare di nuovo e Minho non aveva la forza di consolare qualcun altro quella sera “..Hai fatto quello che dovevi. Non è colpa tua, Ben” disse freddo, senza guardarlo. Non voleva sembrare arrabbiato con lui, non lo era, ma non riusciva a comportarsi diversamente “Scusa, ma non mi va di parlare”
“Ok, scusami...” Ben sembrava a disagio, come se non sapesse cosa fare “So quello che provi..”
A quelle parole l'Intendente dei Velocisti accennò una risata sarcastica; Ben non aveva la minima idea di quello che stava dicendo. Nessuno, nessuno, poteva sapere come si sentiva! Con quale coraggio aveva detto una cosa simile? Gli dava sui nervi il fatto che si stesse prendendo gioco di lui e di quella situazione.
“Credimi, non ne hai la minima idea...” disse tra i denti, trattenendosi dal prenderlo a botte. Ancora, non ce l'aveva con Ben, ma si sentiva arrabbiato e ferito e probabilmente vicino ad un esaurimento nervoso e ogni minima idiozia lo avrebbe fatto scattare come un pupazzo a molla dentro una scatola.
“Già..” il Velocista sembrò di colpo afflitto e Minho si sentì in colpa per avergli risposto a quel modo “.. ma se ci fossi..tu..al posto di Newt, io mi sentirei morire.. e credo che sia così che ti senti..” disse tutto d'un fiato, con lo sguardo puntato sul pavimento e il suo interlocutore rimase stranito da quelle parole e dal vago rossore sul suo viso.
Gli occhi azzurri di Ben incontrarono di colpo quelli a mandorla e la sua dita fecero appena in tempo a sfiorare la mano del suo Intendente, quando la porta difronte a loro si aprì.Minho balzò in piedi rapido come un gatto.
“Vai a chiamare Alby...” disse. La sua voce tremava.
 

 

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Il Braciere delle Fate:

Buonsalve! ^-^
Eccomi per un nuovo capitolo! Tutti si stanno dando un gran da fare per aiutare il povero Newt che per ora rimane privo di sensi.
Alby è sconvolto e tocca a Minho cercare di tirarlo su, ma quanto potrà reggere ancora questa situazione?
Per quanto riguarda Ben.. bé, valutate voi XD
Dopo ore di attesa pare che finalmente qualcuno stia uscendo dalla stanza di Newt, quali saranno le sue condizioni?
Seguitemi e lo saprete!
Grazie come sempre a tutti i miei amati lettori, vi adoro! ^-^
Baci
Fairy

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

Jeff e Clint uscirono dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle; entrambi avevano un aspetto terribile, maglietta a pantaloni pieni di macchie di sangue e l'espressione di chi si è appena risvegliato dal peggiore degli incubi. Jeff teneva in mano uno straccio insanguinato con cui si fregava le mani, Clint si appoggiò con la schiena al muro e incrociò le braccia.
“Quindi?! Come sta?!” Minho non ne poteva più di quell'insopportabile attesa cerimoniale, voleva delle risposte subito o sarebbe impazzito.
Jeff si guardò intorno “Aspettiamo Alby, così vi spiego tutto una volta soltanto...” sospirò, come se ogni parola fosse un fardello insostenibile.
Minho si morse il labbro a sangue, ma sapeva che il Medicale aveva ragione, sperò solo che Ben si sbrigasse e, per fortuna le sue speranze si avverarono.
Solo pochi minuti dopo ci fu un gran trambusto e il corridoio si riempì di gente: Alby arrivò di corsa al fianco di Ben, sembrava stare un po' meglio rispetto all'ultima volta che Minho lo aveva visto, ma il suo volto era terrorizzato. Espressioni simili dipingevano anche i volti di Frypan e Gally che giunsero dietro di loro pochi secondi più tardi e anche la consueta impassibilità di Zart sembrava compromessa.
Nessuno fece domande, restarono tutti in rispettoso e totale silenzio in attesa che qualcuno dicesse qualcosa e, dopo uno scambio di sguardi con Clint, fu Jeff a parlare.
“E' un gran casino, ragazzi...” disse passando gli occhi scuri su ognuno di loro e quelle parole riuscirono ad allargare ulteriormente l'abisso di disperazione che Minho sentiva dentro di sé.
“Non è... messo molto bene. Io e Clint abbiamo fatto quello che potevamo, ma non so se sarà abbastanza.” continuò e sospirò di nuovo lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
“Che vuoi dire?” domandò Minho in preda all'ansia.
“Spiegati” Alby si unì a lui e non era in condizioni migliori
Jeff sembrò incerto se continuare oppure no e ogni secondo che passava appariva sempre più stanco “Volete la lista completa?” chiese allora, facendo spallucce.
Nessuno rispose a quella domanda, i vari Intendenti si scambiarono occhiate tra loro, Minho guardò Alby che annuì.
“D'accordo” il Medicale si grattò la testa e iniziò a fare loro l'elenco dei danni, come se stesse leggendo un bollettino dei caduti in guerra, ma incerto, non sapendo da che parte cominciare. “Non c'è praticamente nessuna parte del corpo di Newt che sia rimasta illesa. E' pieno di lividi, graffi e abrasioni praticamente ovunque. In alcuni punti i lividi sono peggiori, se così si può dire, e la pelle gli si è spaccata. Sulla spalla destra, sul fianco, sulla schiena...” continuò l'elenco con lo sguardo perso e indicando mano a mano su se stesso ogni zona menzionata. “Poi ci sono altri tipi di danni, ha un grosso taglio sul braccio destro e un altro sul polpaccio sinistro e altre ferite simili di dimensione minore. Il polso destro è probabilmente slogato, ma credo sia intero. Ha dei lividi decisamente sospetti su tutto il torace, quindi penso che abbia delle costole rotte, non chiedetemi quante perché non ne ho idea. A destra forse anche tutte...”
Si schiarì la voce e pensò per qualche secondo, poi riprese “La cosa peggiore di tutte comunque è sicuramente la gamba destra” scosse il capo “La caviglia è spezzata di certo, ma non escludo che potrebbe essere rotta o fratturata anche in altri punti. Non bastasse questo, il coltello che portava legato alla coscia gli si è conficcato nella carne piuttosto in profondità. Non so quanto lo abbia realmente danneggiato...”
Jeff lanciò un'occhiata a Clint che gli fece cenno di proseguire e così fece “Credo sia tutto... Ah, dimenticavo. Ha un bernoccolo enorme compreso di ferita sulla fronte, il che mi fa pensare che abbia battuto la testa con una certa violenza. C'era del vomito sui suoi vestiti, per quel poco che ne so io, potrebbe essere segno di un trauma cranico.. di quale intensità però, non ve lo so dire. Comunque non si è né ripreso né mai mosso per tutto il tempo, io e Clint crediamo che sia in coma, per ora...”
Quando il ragazzo smise di parlare il silenzio riempì l'aria con violenza e nessuno ebbe il coraggio di aprire bocca; Minho dovette appoggiare la schiena alla parete per reggersi e annaspò quando si rese conto che non stava respirando. Ogni parola di Jeff lo aveva ferito, ogni dettaglio era stato una coltellata diretta al suo cuore, non poteva credere che fosse vero.
“Si.. si riprenderà, vero?” fu la voce di Ben a rompere il silenzio e questa volta fu Clint a rispondere.
“Mi dispiace, ragazzi....” disse abbassando lo sguardo “Le probabilità sono molto scarse. Gli abbiamo rimesso insieme la gamba e lo abbiamo ricucito e fasciato dove serviva. Ma io e Jeff possiamo occuparci solo dei danni esterni. Come ha detto lui, Newt ha delle costole rotte, se in qualche modo gli hanno ferito gli organi, noi non lo possiamo sapere. Aveva del sangue in bocca e da qualche parte deve pur essere arrivato... Spero di sbagliarmi.” si fermò, ma sembrava ancora desideroso di parlare, si passò una mano tra i ricci vagamente brizzolati e si allontanò dalla parete “E poi... Bé... Avete visto anche voi quanto caspio di sangue c'era. Ne ha perso davvero troppo e non possiamo fare niente per quello. Nessuno qui ha la minima idea di quale sia il suo gruppo sanguigno, se facessimo una trasfusione sbagliata rischieremmo di ammazzarlo.”
“Onestamente...” fu Jeff a riprendere e la sua voce aveva l'inflessione più triste che Minho avesse mai sentito “Non riusciamo nemmeno a spiegarci come faccia ad essere ancora vivo...”
Ben aveva gli occhi lucidi, girò sui tacchi e si allontanò, forse non volendo di nuovo mostrarsi in lacrime davanti a tutti; Gally e Frypan si guardarono senza dire nulla e Zart si masticava il labbro annuendo tra sé. Alby aveva abbassato gli occhi e si era coperto la bocca con la mano, troppo sconvolto per dire qualcosa. Minho lo capiva, non c'era nulla da dire. Tutta quella situazione era assurda e spaventosa: come era potuto accadere? Quella stessa mattina andava tutto bene, almeno per quanto quella situazione di essere rinchiusi in un gigantesco Labirinto poteva definirsi “buona”, e ora il suo mondo si stava lentamente sciogliendo come un castello di sabbia in balia delle onde.
“...Possiamo vederlo?” chiese, ma si stupì di se stesso quando sentì la propria voce tremare. Jeff lo guardò con compassione e assentì prima di aprire la porta e fargli segno di seguirlo.
Minho entrò subito dietro di lui, aveva il cuore in gola: la stanza era stata ripulita dall'ultima volta che vi era entrato, ma l'odore di sangue era ancora persistente. Appoggiato alla parete di fondo, accanto alla finestra notò Winston, teneva le mani ficcate nelle tasche e lanciò loro un'occhiata che sembrò minacciosa, anche se forse era solo triste, non era facile interpretare le sue emozioni per via di quel suo aspetto innaturalmente inquietante.
Lo sguardo del Velocista si posò poi sul letto, dove il corpo di Newt era adagiato e provò qualcosa che non aveva mai sentito prima: gli si spezzò il cuore.
L'esile corpo del giovane era coperto di bende e, dove non lo era, si vedevano lividi violacei e graffi leggeri. Gli Spalatori dovevano averlo lavato e per fortuna non era più incrostato di sangue, i sui capelli biondi ricadevano umidi sul cuscino ai lati della testa fasciata. Ma il particolare che spaventò Minho più di ogni altra cosa, fu l'innaturale pallore bluastro del suo viso e della sua pelle.
Se quello era un incubo era arrivato il momento in cui voleva svegliarsi.
“Gli avete somministrato il Siero? Secondo voi inizierà la Mutazione anche se è in coma?” fu Alby a porre quella domanda, la poca voce che gli era rimasta gli gracchiò in gola.
I Medicali si guardarono l'un l'altro per qualche secondo “Amico, è ridotto uno schifo, ma non è stato punto” spiegò Jeff lasciando tutti scioccati con sguardi interrogativi e sopracciglia aggrottate.
“Non l'hanno punto?” domandò Zart a nessuno in particolare
“Ma come..?” Gally era sorpreso.
“Vorresti dire che un caspio di Dolente lo ha maciullato come un frullatore e poi se ne è andato senza pungerlo?” Minho non riusciva a spigarsi quello che stava succedendo e quella strana sensazione che aveva alla bocca dello stomaco da quella mattina tornò a farsi sentire.
“Già, non ha senso! Non è mai successo. Chi è stato attaccato dai Dolenti fino ad oggi è sempre stato punto e non è mai stato ridotto in quello stato” Alby indicò Newt, in attesa di avere una spiegazione migliore.
Clint e Jeff si guardarono ancora tra loro, come se potessero capirsi solo dalla lettura delle proprie iridi e fu ancora Jeff a dare spiegazioni “Nessuno ha mai detto che sia stato attaccato. Non pensiamo che le ferite siano opera dei Dolenti... Clint ha una sua teoria” indicò l'amico, lasciando a lui la libertà di esporla.
Gli sguardi di tutti si spostarono sul secondo Medicale, Minho e Alby si scambiarono un'occhiata che fece capire ad entrambi che la cosa stava diventando sempre più assurda.
“Bé ecco...” Clint parve per un attimo in imbarazzo, ma si riprese subito “La maggior parte dei danni sembrano causati da un violento impatto. Guardate..” si spostò sul lato destro del corpo di Newt e indicò i vari punti “I danni peggiori sono tutti a destra, mentre il lato sinistro è meno grave..”
“Quindi?” fu Gally a porre quella domanda, ansioso di sapere quale fosse il punto.
“Quindi... Secondo me è caduto” disse infine Clint facendo spallucce.
Minho sgranò gli occhi “Ca-duto? Ma che caspiate vai dicendo? Non ci sono buchi nel Labirinto! Da dove cavolo sarebbe caduto esattamente?”
Clint sospirò “E' solo un'ipotesi, ok? Seguite il ragionamento: Newt corre nel Labirinto, incontra un Dolente e cerca di scappare. Scappa per un po' e riesce finalmente a seminarlo, ma quel mostro è ancora nei dintorni quindi, gli viene un'idea. Si infila in uno dei corridoi e si arrampica sull'edera per nascondersi. Rimane lì per un po' e intanto il Dolente se ne va da un'altra parte ma, due ipotesi. La prima, Newt inizia a scendere per tornare a terra e mette un piede in fallo. La seconda, mentre aspetta, l'edera si spezza e cade di sotto. Il risultato è quello che vedete. Cade sulla gamba destra che si rompe, la velocità è troppa, quindi continua a cadere, mette giù la mano e anche il polso non regge. Batte la testa, rotola... eccetera..” concluse quella spiegazione mettendosi le mani sui fianchi, evidentemente orgoglioso di sé.
Minho storse il naso “Questa è la caspiata più da testa puzzona, faccia di caspio che abbia mai sentito! Newt non l'avrebbe mai fatto! Quei caspio di cosi sanno risalire le pareti, se lo avessero visto sarebbe stato spacciato!”
“Forse era spaventato e l'ha fatto senza pensarci troppo. Forse gli è sembrato l'unico posto sicuro dove stare nonostante il rischio” Clint ci provò di nuovo, ma il suo tono era seccato.
“La tua intelligentissima ipotesi del caspio, presuppone che Newt sia un idiota! E non lo è! Non avrebbe fatto una cosa così stupida!” il Velocista sentiva il sangue ribollirgli nelle vene, odiava quella situazione e odiava quello stupido ragazzino che non sapeva di cosa stesse parlando.
“Allora, visto che sei intelligente solo tu, dimmi come ha fatto a rompersi la gamba in quel modo? Se lo avesse attaccato un Dolente, lo avrebbe punto oppure ucciso!” il Medicale gli rispose per le rime e l'aria della stanza si surriscaldò in pochi secondi. Minho era al limite di sopportazione e non poteva, né voleva trattenersi oltre. Si avventò su Clint e lo centrò con un pugno in pieno viso che lo avrebbe buttato a terra se Jeff non lo avesse tenuto.
“Ti spacco quella faccia di caspio in dieci secondi, poi lo vediamo chi è intelligente!” ringhiò il ragazzo tornando all'attacco, ma gli altri Intendenti si mossero in fretta e lo bloccarono.
“Hey, Minho, basta!” Frypan gli bloccò un braccio, ma ebbe bisogno dell'aiuto di Gally e Zart per evitare che riuscisse di nuovo a raggiungere il suo obiettivo.
“Fermati, amico!”
“Calmati, sei impazzito?!”
Minho mise tutta lo forza che aveva per tentare di respingerli, ma quelli erano in tre e tenevano duro e Winston si frappose fra lui e Clint “Lasciatemi, razza di pive! Lasciatemi!!”
“Adesso smettila, Minho!” la voce di Alby si levò su tutto quel fracasso “Ti stai comportando come un ragazzino! Sei patetico!”
Il loro capo si avvicinò al Medicale per assicurarsi che stesse bene, poi fulminò l'amico con lo sguardo. Gli occhi di Minho ardevano di rabbia e frustrazione, i denti serrati e i muscoli gonfi, tesi nella disperazione, come quelli di una tigre in trappola.
“Gally, Fry, Zart... portatelo via da qui.” l'ordine di Alby fu breve e perentorio, la sua voce atona.
“Mettetelo in Gattabuia e lasciatelo lì finché non si sarà dato una calmata!”
I tre annuirono e, nonostante la fatica, riuscirono a trascinarlo via, anche se il giovane non collaborava affatto “No!! Mollatemi subito! Alby sei un bastardo, non puoi dirmi cosa devo fare!! Brutti pive del caspio! Lasciatemi andare o ve la spacco a tutti quella vostra brutta testa di sploff!! Albyyyyy!!”
Scalciò, imprecò e tentò di combattere fino all'ultimo secondo, quando Frypan aprì la Gattabuia e Gally e Zart ce lo gettarono dentro di peso. Minho cadde a terra, ma si rialzò subito e si scaraventò contro le sbarre di legno “Fammi uscire!!” ringhiò contro il cuoco che stava assicurando la porta.
“Mi spiace Minho, è per il tuo bene... cerca di capire!” disse, poi storse la bocca e si allontanò lasciandolo solo in quella stanzetta ormai buia.
Il ragazzo batté contro le sbarre ancora una volta, poi camminò per la stanza furioso, urlò tra i denti e prese ripetutamente a pugni la parete, facendosi male; rovinò a terra e colpì il pavimento con le ginocchia, aveva le nocche insanguinate e il cuore fatto a pezzi e, con la disperazione quale ultima compagna rimastagli accanto, non poté più fingere di essere forte: le lacrime aprirono la pelle del suo viso bruciandola come lava e, all'ombra di quella pallida luce lunare, per la prima volta da quando riuscisse a ricordare, pianse...

 

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Il Braciere delle Fate:
Ok Ok... *si asciuga lacrimuccia*
Buongiorno a tutti. Eccomi a voi puntuale con il nuovo capitolo.
I Medicali hanno parlato e hanno fatto quello che potevano per il povero Newt, però, come tutti sappiamo, Jeff e Clint non sono il non plus ultra della medicina, quindi ho cercato di abbozzare la spiegazione medica in modo più o meno finto professionale diciamo XD
La situazione è parecchio brutta comunque e Newt rimane in coma mentre la situazione per gli altri si surriscalda un po'.
Minho è arrivato al punto di non ritorno e come mi sembrava più ovvio, ha reagito in maniera totalmente impulsiva saltando addosso al povero Clint.
Minho è stato rinchiuso e una volta rimasto solo è crollato del tutto.
Riuscirà a tirarsi su? E Newt riuscirà a riprendersi?
Seguitemi e lo saprete! Al prossimo capitolo e grazie a tutti come sempre.
Baci.
Fairy

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

La luce argentea della luna filtrava dalle sbarre illuminando appena quella minuscola stanza vuota e triste. Minho sedeva per terra in un angolo, lontano dalla seppur poca illuminazione e dallo sguardo di chiunque avrebbe potuto affacciarsi per guardavi dentro; il mormorio sommesso del suo singhiozzare lieve risuonava contro le pareti.
Tutta la rabbia che gli si era accumulata dentro era lentamente sparita lasciando spazio ad una immensa voragine di disperazione e solitudine in cui stava inesorabilmente sprofondando. Non avrebbe voluto piangere, non era da lui!
Era sempre stato forte, non aveva mai permesso a nulla di scoraggiarlo: ricordava il primo risveglio nella Radura, molti di quei ragazzini che ancora non conosceva si erano fatti prendere dal panico, ricordava pianti e sguardi terrorizzati. Ma lui non era stato uno di quelli! Minho si era guardato intorno e aveva cominciato a pensare a quello che avrebbero dovuto fare, non aveva ceduto mai, e nemmeno per un secondo si era lasciato sopraffare dal panico anche se non aveva idea né di dove si trovasse né di chi fosse. Era inutile stare a piangersi addosso, bisognava agire e basta. Era più forte di lui, faceva parte del suo carattere essere così: se qualcosa gli andava addosso lui la colpiva e passava oltre, sempre ottimista e pronto a rialzarsi.
Ma coma poteva rialzarsi questa volta?
Mai aveva provato nulla del genere, mai era stato buttato al tappeto con una violenza simile, mai era stato così spaventato da qualcosa.
L'immagine di Newt coperto di sangue e del suo viso livido, tormentavano la sua memoria come un incubo ad occhi aperti e un'altra lacrima gli sfuggì dalle ciglia. Avrebbe voluto sapere che cosa gli fosse davvero accaduto così da quietare quell'orribile sensazione che continuava a occludergli la bocca dello stomaco facendolo sentire stranamente colpevole. Non se ne spiegava il motivo, ma si sentiva responsabile di quell'incidente, era come se sapesse che la colpa era sua e non riusciva a darsi pace.
Anche Newt aveva quello sguardo, il primo giorno alla Radura: non aveva versato una lacrima, ma se ne stava per terra in ginocchio e i suoi occhi scuri erano pieni di orrore. Quel giorno si erano svegliati in trenta intorno alla Scatola, ma tra tutti, quel ragazzino biondo in ginocchio sul prato, aveva attirato Minho con una forza tale da non fargli vedere nient'altro; gli si era avvicinato e gli aveva offerto la sua mano per aiutarlo ad alzarsi, aveva dovuto farlo. Voleva assicurarsi che stesse bene, che non gli fosse accaduto nulla di male e, nel momento stesso in cui i loro sguardi si incontrarono, Minho fu certo che avrebbe protetto quel ragazzo ad ogni costo, contro qualunque cosa, per sempre. Non aveva nemmeno la minima idea di quale fosse il suo nome, ma avrebbe dato la vita per lui in quell'istante.
Si coprì il viso con una mano, non era stato in grado di proteggerlo, aveva miseramente fallito e si odiava per questo.
“Ti sei sfogato abbastanza?” la voce di Alby lo ridestò dai suoi pensieri e quasi lo spaventò. Minho si passò le mani sugli occhi velocemente per eliminare ogni traccia troppo vistosa di quel dolore e scrutò la porta della Gattabuia: il ragazzo dalla pelle scura si affacciò da un lato e lo squadrò con occhi stanchi.
“Da quanto sei lì...?” domandò il Velocista controllando la voce.
“Non molto...” mentì Alby, forse per non creare alcun tipo di imbarazzo, ma Minho sapeva che lo aveva sentito piangere, glielo leggeva i quello sguardo compassionevole.
“Mi dispiace di averlo colpito. Clint sta bene?” chiese allora cambiando rapidamente argomento.
Alby si accovacciò davanti alle sbarre “Domani avrà un occhio nero, ma nulla di grave” rispose.
“Non ce l'ha con te” disse poi anticipando l'amico “Non l'hai fatto per fargli del male, lo sappiamo tutti che sei sconvolto, Minho”
Il giovane abbassò lo sguardo a terra, vergognandosi un po' di se stesso.
“Non volevo arrivare al punto di rinchiuderti, ma lo hai reso necessario. Lo sai quanto me come funzionano le cose qui; la pace e l'equilibrio che abbiamo si reggono su un filo, non posso lasciarti andare in giro a prendere a botte tutti quei pive là fuori. Sei l'Intendente dei Velocisti, caspio, tu sei il migliore di tutti noi, tu sei la loro unica speranza, la nostra unica speranza di andarcene da qui. Non puoi metterti a fare certe sceneggiate da ragazzino! Hai la responsabilità più grande qua dentro e io mi devo poter fidare di te!”
Dopo quelle parole quella che inizialmente era “un po”, si trasformò in un'ondata di vergogna che lo travolse: c'era una ragione, in fondo, se il capo era Alby, e in quel momento stava dando fondo a tutta la sua autorità.
“Scusa, hai ragione. Mi dispiace” Minho tirò su con il naso e annuì, si era comportato da stupido e aveva perso di vista l'obiettivo finale.
“Minho...” riprese poi Alby con una tonalità di voce differente, più triste “Credimi quando ti dico che ti capisco. Sei a pezzi e lo sono anche io, nessuno tiene a Newt più di noi due e fa un male del caspio vederlo così. Ma devi controllarti o ti ci lascio a vita qua dentro!”
Il Velocista annuì, il suo amico aveva di nuovo ragione “Non perderò più la testa, te lo prometto”
“Bene così” assentì Alby e si mosse per aprire la porta e farlo uscire. Minho si tirò in piedi e lo raggiunse “Secondo te che cosa gli è successo?” quella domanda continuava a torturarlo.
Il suo capo la squadrò appena, sospirò e aprì la porta della Gattabuia “Non ne ho idea, ma forse Clint ha ragione. Non sembra opera di un Dolente, probabilmente stava scappando”
La sua risposta non fece altro che confondere Minho ancora di più e lo stomaco gli andò sotto sopra: di nuovo quel brutto presentimento. Annuì e lasciò perdere.
“Ora, datti una lavata, brucia quei vestiti, mangia qualcosa e cerca di dormire un po'. E' stata una giornata di sploff per tutti” Alby gli diede una pacca sulla spalla e sorrise.
“Grazie” rispose soltanto l'Intendente prima di salutare e allontanarsi.

L'oscurità e il silenzio erano ormai i sovrani incontrastati della Radura quando Minho guardò il suo orologio da polso e scoprì che erano le tre e mezza. Gli unici rumori che disturbavano quella quiete innaturale erano i lievi ronzii dei Radurai addormentati. Seguendo il consiglio di Alby, il Velocista si era lavato e cambiato e ora guardava bruciare gli ultimi rimasugli della sua maglietta insanguinata. Non si sentiva affatto meglio, ma almeno si era ripulito da una giornata intera di sudore e sangue; avrebbe cercato qualcosa da mangiare anche se, a forza di contorcersi, il suo stomaco aveva creato un bel nodo alla marinara con tutto l'intestino e la sola idea di introdurci dentro qualunque cosa gli dava il tormento.
Frypan dormiva, quindi si infilò di soppiatto in cucina, rovistò in giro e spizzicò qua e là quello che trovava; c'era un piatto pieno di una specie di stufato lasciato sul tavolo probabilmente per lui. Minho raccattò una forchetta e una bottiglietta d'acqua e si sedette al tavolo. Lo stufato era freddo e la carne si era indurita, ma non era così male e, nonostante tutto, il suo corpo sembrò ringraziarlo per quel cibo.
Una volta finito, svuotò la bottiglia, ne prese un'altra e uscì all'aperto.
Secondo il consiglio di Alby ora sarebbe dovuto andare a dormire, ma non era assolutamente sua intenzione e di sicuro non ci sarebbe mai riuscito. Camminò veloce attraverso la Radura e raggiunse il Casolare, che ora era così tranquillo da sembrare spettrale. Salì le scale e percorse i brevi corridoi senza incontrare anima viva e alla fine raggiunse la stanza dove si trovava Newt.
Minho aprì la porta e sbirciò dentro “Posso?” chiese in via preventiva. Winston si stiracchiò sulla sedia in cui stava accasciato “Hey, ti sono passati i cinque minuti?” chiese sorridendo in una specie di ghigno. Non faceva apposta ad essere inquietante, lo era e basta.
Il Velocista entrò e richiuse la porta “Sì. Ho fatto un casino” ammise avvicinandosi al letto. Newt era immobile, esattamente come ore e ore prima.
“E' stato divertente. Clint si è beccato un bel gancio, complimenti” ridacchiò lo Squartatore e sbadigliò.
“Grazie, credo...” Minho non era sicuro, ma quello gli era davvero parso un complimento “Come mai sei qui?”
Winston fece spallucce “Bisogna controllarlo a vista, amico. Se dovesse vomitare di nuovo o gli risalisse del sangue per la gola rischierebbe di soffocare” si indicò il collo e scosse il capo “Resto io per un'altra ora, poi viene Jeff” concluse.
“Vai pure a riposare, rimango io con lui. Tu hai già fatto tanto” disse allora Minho, ricordandosi che Winston era rimasto con i Medicali durante tutto il tempo in cui avevano curato Newt.
“Sicuro? Non sei stanco?” L'intendente degli Squartatori lo guardò quasi ammirato.
“No, sto bene. E comunque non riuscirei mai ad addormentarmi, quindi...”
“Allora è tutto tuo, grazie Minho!” Winston si alzò indicandogli la sedia e sparì oltre la porta un attimo dopo.
Minho rimase solo nella luce fioca della stanza. Si avvicinò a passi lenti alla sedia rimasta vuota e la trascinò più vicino al letto: i suoi occhi non lasciarono mai il viso pallido di Newt.
Una coperta copriva il suo corpo fino al busto e, chiunque gliela avesse messa, gli aveva sistemato le braccia fuori, abbandonate lungo i fianchi. Il ragazzo si accomodò: Newt sembrava semplicemente addormentato, il moro riusciva a vedere il movimento lento e ripetuto del respiro nel suo torace, ma il bluastro sul suo viso lo faceva stare male.
“Hey Newt...” disse e appoggiò una mano sul materasso accanto a quella dell'amico. Sentiva l'impulso irrefrenabile di toccarlo, ma per qualche motivo non riusciva a trovare il coraggio di farlo; nella sua mente continuava ad aggirarsi il timore che, una volta toccatolo, il corpo di Newt sarebbe stato gelido, morto. Quel pensiero gli mozzò il fiato e sentì lo stufato di Frypan tornargli su per la gola. Doveva allontanare certe idee, Newt era vivo!
Sì, lo era! Doveva aggrapparsi a quel pensiero e tenersi forte, doveva restare positivo. Era vivo, quindi si sarebbe ripreso, per forza!
“Chi ti ha fatto questo...?” parlò di nuovo al silenzio, sapeva che nessuno avrebbe risposto, anche se non smetteva di sperare che il biondo si sarebbe svegliato da un momento all'altro, ma quella domanda era come un rubinetto che sgocciolava nella sua testa, non lo lasciava in pace.
“...Newt...” raccolse il coraggio e allungò la mano verso quella esanime del ragazzino, ma la porta si aprì di colpo rischiando di fargli venire un infarto.
“Ok, Winston, vai pure a dormire tocca a.... me” Jeff entrò con una mela addentata in una mano e la bocca piena, ma si bloccò sulla porta appena lo vide.
“Tu non sei Winston” disse perplesso, continuando a masticare.
Minho inarcò le sopracciglia “Davvero?” disse ironico “No, sono io! E' che di notte divento così!”
Jeff deglutì e lo guardò stizzito “Vedo che il tuo sarcasmo non si arrende difronte a niente” rispose. Poi prese una sedia appoggiata sotto la finestra e la trascinò accanto a Minho. “Non stavi ringhiando in Gattabuia? Che ci fai qui?” domandò ricominciando a mangiare.
“Alby mi ha fatto uscire..Come sta Clint?” Minho si appoggiò allo schienale.
“Dorme. Domani sarà più brutto del solito, ma gli passerà. Tu hai smesso di prendere a pugni tutto quello che ti capita?” il Medicale indicò con un gesto rapido le sue mani dove una serie di graffi ed escoriazioni gli aprivano la pelle delle nocche.
Minho sospirò “Si, credo di sì. Non è niente, non preoccuparti”
Rimasero immobili per alcuni secondi in cui il Velocista riportò la sua attenzione su Newt e Jeff addentò la sua mela un paio di volte prima di riprendere a parlare.
“Senti, amico. Ho parlato con Clint, non è arrabbiato con te, lui... lui lo sa cosa ti frulla in testa...” gli lanciò un occhiata rapida, quasi imbarazzata che Minho non riuscì a decifrare, ma non fece comunque in tempo a chiedergli di spiegarsi meglio.
“E poi, io penso che abbia ragione su quello che è successo. Forse non è andata esattamente come te l'ha descritto lui. Però non c'è dubbio che Newt sia caduto da qualche parte.. E' l'unica spiegazione.”
Il Velocista non rispose, continuava a pensare che quella teoria della fuga acrobatica dal Dolente non fosse plausibile e più ancora, era convinto che non fosse la verità. Non riusciva a sbrogliare quel mix di pensieri accartocciati nella sua mente, ma era come se in qualche modo Minho sapesse già quale fosse la verità, ma gli mancasse qualcosa per metterla a fuoco. Sentiva di avere in mano i pezzi di un puzzle, ma non era in grado di rimetterli insieme nel modo corretto. Così decise che c'era solo un modo per sperare di trovare il tassello mancante...

 

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Il Braciere delle Fate:

Eccomi di nuovo, con il settimo capitolo. Minho si è ripreso dal momento di disperazione, ma qualcosa in lui si è come spezzato.
Non si arrenderà finché non riuscirà a trovare quel “tassello mancante”! Quale idea gli frullerà in testa?
Seguitemi! Grazie a tutti!
XX
Fairy

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

“No!”
Alby si sfregò gli occhi ancora assonnato, non aveva una bella cera e non sembrava per nulla contento di essere stato svegliato a quell'ora.
“Eddai, Alby!” Minho provò un'altra volta, nonostante l'innumerevole trafila di no in risposta alla sua richiesta, non avrebbe rinunciato così facilmente.
“Ho detto no, e vattene a dormire!”
“Devi solo accompagnarmi al punto in cui lo hai trovato, solo quello. Poi ce ne torniamo freschi freschi a casuccia. Ti prego!” insistette il Velocista, sorridendo in modo rassicurante, come se stesse proponendo all'amico di andare a farsi un picnic in riva ad un lago.
Alby sbuffò esasperato e si mise a sedere sul proprio giaciglio “Che cosa ho fatto di male nella vita io” borbottò mentre sbadigliava “Vediamo se così ti è più chiaro. Io non ci torno là fuori adesso! E poi il Labirinto sarà cambiato, come faccio a riportarti dove l'ho trovato?”
Minho buttò gli occhi al cielo “Questo lo so, basta che mi porti più o meno dove lo hai trovato, poi ci penso io..”
“Non se ne parla, Minho. Non oggi!” Alby era irremovibile sulla sua idea e il Velocista cominciava davvero a pensare che avesse paura; non che non lo capisse, il Labirinto era spaventoso per chi non era abituato ad andarci e in più il ragazzo aveva avuto lo shock di trovarsi di fronte Newt in quelle condizioni orribili. Non poteva biasimarlo se non era ancora pronto a portarlo laggiù. Ma Minho doveva assolutamente andarci e non avrebbe aspettato.
Ci pensò su e gli venne una nuova idea “Allora andrò da solo!” disse e Alby sospirò come se la sua pazienza si stesse per esaurire definitivamente.
“Ormai lo abbiamo capito che ogni mese i labirinti sono uguali, mi farai vedere più o meno il caspio di punto in cui hai trovato Newt sulla mappa del mese scorso e ci arriverò seguendo quella. Che ne dici?”
Il ragazzo di colore gli lanciò un'occhiata stanca “Tu sei pazzo. Hai almeno dormito?” gli domandò guardando l'orologio, erano le quattro e mezza.
Minho sorrise convinto “Certo!” rispose, ma era ovvio che il suo interlocutore non ci credesse affatto.
“Fai schifo a raccontare palle!” commentò.
“Ok, non ho dormito! Ma non importa, non sono stanco! E poi non posso dormire, non ci riesco. Fammi andare!” il giovane insistette con foga, doveva convincerlo ad ogni costo.
“Tu mi farai venire un esaurimento! D'accordo vai! Ma non sono sicuro di riuscire ad indicarti il punto preciso sulla mappa” si arrese il suo capo.
Minho si sentì invadere dall'eccitazione, era riuscito ad ottenere quello che voleva “Non importa, nessuno conosce il Labirinto meglio di me! Indicami la zona e troverò quel caspio di corridoio!” stava per correre alla Stanze delle Mappe quando Alby lo fermò di nuovo “Trovati qualcuno che vanga con te” disse prima di sdraiarsi di nuovo con una mano sugli occhi.
Minho corse via, felice di poter fare qualcosa di utile invece di rimanere bloccato alla Radura a farsi venire più ansia di quanta già non ne avesse. Avrebbe voluto restare con Newt, ma non poteva continuare ad avere quella sensazione nel petto. Trovò Ben ancora addormentato, lo svegliò e gli spiegò la situazione, poi insieme andarono alla Stanza delle Mappe e rovistarono nei bauli alla ricerca dei fogli giusti.
“Trovati!” esultò Ben con due fogli in mano.
Minho li prese e li guardò sorridendo “Bene così! Bravo Ben!” gli fece i complimenti e il ragazzo sembrò imbarazzato. Cercò di visualizzare i corridoi per mandarne un po' in memoria e velocizzare i tempi: Minho, quale Intendente dei Velocisti, in quei cinque mesi aveva già controllato personalmente quattro sezioni, una al mese da quando si erano decisi ad esplorare i corridoi fuori dalla Radura. Gli altri Velocisti rimanevano fissi per ogni sezione in modo da imparare a conoscerla sempre meglio fino a notare anche il più misero cambiamento da un mese all'altro. Minho invece aveva deciso di passare una sezione al mese, almeno all'inizio, per valutare se ci fosse qualcosa che agli altri sfuggiva. Non conosceva le proprie abilità avendo perduto la memoria, ma aveva velocemente scoperto di avere una capacità mnemonica eccezionale: imparava i percorsi del Labirinto con una velocità estrema e sapeva orientarsi là dentro come nessun altro.
Il suo sorriso sparì di colpo quando la sua attenzione fu attirata dal nome scritto in una calligrafia stretta e inclinata all'angolo del foglio. “Newt”
Minho passò appena il pollice sopra quella breve parola in una sorta di carezza e strinse i denti “Andiamo!” disse.
I due Velocisti tornarono di corsa da Alby, e Minho gli mostrò il foglio con la posizione dei muri uguale a quella del giorno precedente. Cercò di farlo orientare, indicandogli con il dito il percorso fino alla sezione e spiegandogli come capire i corridoi e le svolte dai segni che Newt aveva riportato su carta.
Il loro capo sembrò perplesso e dopo una serie di incomprensioni tracciò un cerchio immaginario con la punta del dito intorno ad una serie di corridoi sul lato più esterno di quella sezione “Non lo so Minho, era più o meno da queste parti, era un corridoio senza uscita, forse questo o quello” indicò due spazi tra le linee a poca distanza uno dall'altro.
“Sicuro?” L'intendente guardò attentamente la mappa per memorizzare la zona indicata.
“Sì, sono abbastanza sicuro che sia uno di quei due” decise infine il ragazzo di colore.
Minho ringraziò l'amico con un cenno del capo senza distogliere gli occhi dal foglio e fece per muoversi.
“Hey!” lo interruppe Alby “Ascoltatemi bene, tutti e due, ma sopratutto tu, Minho!” il tono della sua voce era di nuovo quello severo e autoritario che adottava per dare ordini.
“Vi voglio indietro per le due di questo pomeriggio al massimo! Non un minuto più tardi, sono stato chiaro?” li puntò entrambi con l'indice, ma i suoi occhi erano fissi su quelli a mandorla.
“Se per le due non ti vedo tornare, giuro che sbatto quel tuo bel culo in Gattabuia e butto la chiave giù dalla Scarpata!” concluse minaccioso tornando poi a stendersi.
Minho si mise scherzosamente sull'attenti “Agli ordini, ammiraglio!” disse sarcastico, prima di girare sui tacchi e raggiungere Ben. Sarebbe tornato una volta scoperto qualcosa, non gli importava affatto delle vuote minacce di Alby.
I due si diressero al deposito dei Velocisti, presero zaini e armi, mangiarono quello che Frypan aveva portato loro e Minho disegnò rapidamente dei punti di riferimento sul suo taccuino per ricordarsi dove doveva andare e come doveva essere cambiata quell'area secondo la mappa. Gli altri velocisti raggiunsero la stanza uno dopo l'altro pochi minuti dopo e in meno di mezz'ora furono tutti pronti.
Minho si fermò qualche istante prima di uscire e si voltò verso di loro “So che molti di voi sono spaventati all'idea di tornare nel Labirinto dopo aver visto le condizioni di Newt. E so anche che molti di voi probabilmente non vorrebbero nemmeno tornarci là fuori” fece una pausa e guardò tutti quei ragazzini negli occhi uno ad uno scorgendo in loro le reazioni alle sue parole. “Abbiamo tutti paura. Ma ci sono un mucchio di pive fuori da questa stanza che sono costretti a stare qui da delle maledette facce di caspio che si nascondono dietro queste mura. Tutti loro contano su di voi, voi siete i loro caspio di eroi, voi li porterete fuori da qui! Quindi dimenticatevi della paura e fatevi venire i gioiellini d'acciaio, perché noi non molliamo! Chiaro?!”
I Velocisti esultarono, alcuni alzarono i pugni, altri sorrisero riacquistando vigore.
“Allora muovete le chiappe e troviamo quella stracaspio di uscita!” concluse aprendo la porta in modo che tutti potessero correre davanti alle rispettive porte.
Ben rimase l'unico al suo fianco e lo guardò come se fosse una specie di Dio in terra, poi insieme raggiunsero la porta orientale.
Minho sciolse i muscoli pronto a partire quando le porte iniziarono ad aprirsi con il consueto frastuono.
“Avevamo tutti bisogno di quelle parole..” commentò Ben guardando a terra con un lieve sorriso.
“Quei pive si stavano sploffando nelle mutande, avevano solo bisogno di una sculacciata” rispose Minho, sorridendo all'amico che lo guardò di nuovo con quell'espressione ammirata.
“Sarai tu a portarci tutti fuori” disse poi, arrossendo appena e si lanciò di corsa oltre le porte.
Il moro rimase stranito per un secondo, ma poi partì rapido e gli andò dietro: Minho aveva già visto la sezione verso la quale si stavano dirigendo, ma decise di adattare il suo passo a quello di Ben e stargli dietro dato che lui percorreva quei corridoi ogni giorno da mesi, li conosceva di certo meglio di lui.
Si sentiva impaziente e preoccupato e non era certo del perché, inoltre, nonostante correre lo aiutasse a sfogarsi, il suo pensiero continuava ad andare a Newt, steso in quel letto privo di sensi. Cercò di non farsi troppo condizionare dai pensieri negativi e si concentrò su ciò che stava facendo: Ben correva a poca distanza davanti a lui e tagliava i rami di edera per segnare il percorso come avevano stabilito di fare fin dall'inizio. Anche se la sua andatura era un po' troppo lenta per i suoi gusti, Ben era un ottimo Velocista.
I due raggiunsero la porta tra la sezione intorno alla Radura e quelle più esterne in un'ora circa, dopo di che Minho superò Ben e tirò fuori il suo taccuino per cercare di orientarsi tra quei corridoi identici tra loro. L'area che Alby aveva segnato sulla mappa era proprio quella più esterna e lontana dalla porta. Con quella nuova disposizione delle mura, ci vollero più di quaranta minuti per raggiungere quella parte della sezione, ma alla fine la raggiunsero.
“Ok. Dovremmo esserci” sentenziò Minho guardandosi intorno, mentre Ben lo raggiungeva. Estrasse dallo zaino la mappa riportata da Newt un mese prima e la confrontò con quella del giorno precedente cercando di orientarsi: i due vicoli ciechi che aveva indicato Alby, sulla nuova mappa erano spariti. Uno dei due doveva essere diventato un corridoio aperto sul lato opposto mentre l'altro era interrotto da più muri perpendicolari nel mezzo.
L'intendente si spostò verso quei nuovi corridoi, ma qualcosa per terra attirò la sua attenzione: piegò i fogli e li rimise nello zaino avvicinandosi alla parete difronte a sé. Da sotto il muro si intravedeva una macchia scura e sbavata che attraversava quel corridoio perpendicolarmente. Minho si chinò e la toccò, ma era secca ormai.
“Che cos'è?” domandò Ben da sopra la sua spalla.
“Sangue” rispose con il cuore in gola “Alby deve aver trascinato Newt per quello che ieri era un corridoio, proprio qui. Vieni!”
Partì di nuovo in velocità e cercò di aggirare le pareti per ricostruire il percorso fatto dal suo amico il giorno prima seguendo le tracce di sangue che ogni tanto sbucavano da sotto i muri.
Girarono a vuoto e corsero per un'altra ora intera.
Il sole era già alto nel cielo azzurro quando si fermarono per bere e un improvviso flash attraversò la mente di Minho: era stato così ansioso di tornare nel Labirinto e scoprire cosa fosse successo a Newt che aveva totalmente omesso qualcosa che ora gli sembrava cruciale. Che cosa stava cercando esattamente?
Non ne aveva idea.
Era stato convinto che andare lì sarebbe bastato per capire quello che era successo, ma si rese conto che non era affatto così. Anche se avesse trovato il punto esatto in cui Alby aveva visto il corpo di Newt, cosa sperava di trovarci?
Si sentì un perfetto idiota e per un attimo perse quella convinzione di star facendo qualcosa di utile. Ma c'era qualcosa in lui, quel presentimento che gli divorava lo stomaco lo aveva portato lì, il suo istinto gli diceva che lì c'erano le risposte che cercava.
“Hey, Minho!” lo chiamò improvvisamente Ben che nel frattempo si era spostato due corridoi più a destra. L'Intendente lo raggiunse e notò subito quello che aveva trovato: nell'angolo tra due muri c'era parte di una grossa macchia nera a alcuni brandelli di stoffa incastrati tra le mattonelle del pavimento. Lo avevano trovato.
“Era qui.” disse Minho sentendo il cuore dolergli al solo pensiero di ciò che avrebbe provato se fosse stato lui a trovare Newt in quel lago di sangue, provò pena per Alby.
“Doveva essere aperto qui ieri” prese di nuovo la mappa e picchiettò su quel punto.
“Ora cosa cerchiamo?” chiese Ben, evidentemente resosi conto di ciò che anche Minho aveva capito poco prima
“Non lo so” rispose guardandosi intorno con le mani sui fianchi “Guarda qui in giro e vedi se noti qualcosa di strano. Qualunque cosa”
Ben annuì e si mise a battere ogni centimetro come una specie di segugio che insegue una preda. Minho invece rimase fermo difronte alla macchia e, ripensando alla folle teoria di Clint, alzò lo sguardo per controllare le pareti: non c'era alcun segno di edera rotta, ma qualcosa lo colpì comunque. La parete sopra di lui, quella che il giorno prima doveva costeggiare il corridoio aperto, era rivestita di una spessa coltre di edera, molto più fitta di quella che copriva la maggior parte delle pareti e anche almeno due o tre metri più alta. Se Newt stava scappando, forse aveva deciso di arrampicarsi lì perché sembrava più sicuro del normale.
Newt non sarebbe stato tanto stupido.
Non poteva essere così, se lo sentiva dentro. C'era qualcosa di peggio, ma ancora gli sfuggiva.
“Vieni da questa parte, ho trovato qualcosa” la voce di Ben echeggiò dall'altro lato del muro e Minho lo raggiunse in un lampo.
“Dove l'hai trovato?” chiese appena vide di cosa si trattava.
Ben indicò un punto in mezzo al corridoio “Era lì. Sembra intero, perché lo avrà abbandonato?”
Minho sentì quella terribile sensazione crescere ad una velocità tale da togliergli il fiato, afferrò lo zaino di Newt che Ben aveva recuperato e lo esaminò: non c'erano strappi, né segni che facessero pensare che fosse stato afferrato da un Dolente, e, cosa ancora più strana, era completamente pulito, neanche una goccia di sangue. Qualunque cosa gli fosse successa, era accaduta dopo che Newt aveva abbandonato il suo zaino. Perché lo aveva fatto?
Il Velocista aprì l'oggetto con mani tremanti e ne controllò il contenuto. La bottiglia d'acqua era praticamente piena, forse mancavano un sorso o due, non di più; i panini del pranzo erano ancora lì, intonsi; l'asciugamano era asciutto. Da quei pochi indizi sembrava che Newt non avesse corso molto prima di rimanere ferito, ma Minho sapeva come esserne certo.
In quell'istante un rumore sinistro strisciò fra i corridoi facendogli venire la pelle d'oca. Era come il lungo agghiacciante lamento di un moribondo, seguito dallo sferragliare metallico sulla roccia e da un ronzio come di un motore in funzione.
“Oh no” fu tutto ciò che Ben riuscì a dire con occhi pieni di orrore puro.
“Tsk! Dolenti del caspio!” inveì Minho, davvero poco contento di essere stato interrotto.
I rumori erano ancora piuttosto lontani così cacciò il braccio infondo allo zaino che teneva in mano, tirò fuori il taccuino di Newt e lo sfogliò fino all'ultima pagina.
Un brivido gelido gli si arrampicò su per la schiena: non c'era nessuna mappa, né alcun appunto riguardante i cambiamenti del Labirinto sotto l'indicazione del giorno, solo quella calligrafia stretta e inclinata che tracciava una semplice parola.
Fine”

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Il Braciere delle Fate:

Ed eccomi ancora una volta!
Mentre Newt fa il bello addormentato Minho non si lascia certo abbattere!
Ecco la sua idea! Andare nel Labirinto e cercare indizi sull'incidente di Newt e, incredibile ma vero, qualcosa ha trovato.
Che accadrà ora? Quel semplice indizio lo aiuterà a capirci qualcosa?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo!
Un bacione a tutti e come sempre ringrazio chi mi segue!
Fairy

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Minho rilesse quella parola altre infinite volte, controllò la pagine successive, ma non c'era niente e gli ultimi schemi dei muri riportati erano quelli della sera prima che sparisse.
Fine
Che senso aveva? Perché scrivere proprio quella parola? Quando l'aveva scritta? Perché?
“Minho, dobbiamo andare” gli sussurrò Ben alle spalle a bassissima voce, forse temendo che il Dolente potesse sentirli.
Il ronzio di motore era sempre più vicino e gli schiocchi metallici rimbombavano tra i corridoi. Minho rimise il taccuino nello zaino, lo chiuse e lo allargò quel tanto che bastava per poterselo mettere in spalla sopra al proprio.
Non era un buon momento per stare fermi lì in mezzo a pensare, dovevano muoversi e tornare alla Radura, una volta al sicuro, avrebbe cercato di capirci qualcosa.
“Sì, andiamocene da qui!” rispose avvicinandosi all'angolo del corridoio per controllare la situazione. Vide il disgustoso corpo gelatinoso rotolare circa dieci metri più avanti e fermarsi ad un incrocio, emise quell'orrido lamento e riprese a rotolare sparendo oltre l'angolo.
Minho fece segno a Ben di muoversi e insieme costeggiarono rapidi il muro nella direzione in cui era sparito il Dolente, lo intravidero di nuovo poi svoltò e loro scattarono. Giocarono a nascondino con quel mostro per una mezz'ora buona, dovendo allargare il giro per tornare verso la Radura, ma alla fine il Dolente proseguì verso la parte esterna opposta della sezione e loro poterono tagliare nel mezzo e correre veloci fino ai corridoio principali.
Fecero una breve pausa per bere e mangiare qualcosa quando ormai furono sicuri di aver scampato il pericolo e ripresero a correre sulla via di casa.
Varcarono le porte della Radura con due ore di anticipo rispetto al coprifuoco imposto da Alby e arrivarono mentre i Radurai erano tutti impegnati a mangiare e chiacchierare tra loro. Minho e Ben lasciarono armi e zaini nel deposito e si salutarono; una volta rimasto solo, prima di lasciare la stanza, l'Intendente prese il taccuino dallo zaino di Newt e se lo infilò nella tasca dei pantaloni, poi chiuse a chiave e uscì.
“Trovato niente?” domandò Alby che lo aspettava fuori con le braccia incrociate.
Minho annuì “Sì, abbiamo trovato il suo zaino. Non lo aveva addosso, giusto?”
Alby si accigliò pensieroso “Non ci ho fatto caso, ma direi di no. Io non glielo ho tolto. Dove l'avete trovato?”
I due si affiancarono e camminarono lentamente verso l'area intorno alla cucina, dove gli altri stavano pranzando.
“Era proprio lì, amico. I muri si erano spostati, ma lo zaino era lì. Solo che era intatto e pulito come il caspio” spiegò.
“Che vuol dire, che lo aveva già tolto prima?” chiese il ragazzo di colore.
“Credo di sì. Altrimenti sarebbe stato pieno di sangue”
“E perché caspio si è tolto lo zaino?” Alby pareva confuso quanto lui.
“Credi che io lo sappia? Mi sta per andare a fuoco il cervello a forza di pensarci” il Velocista scosse il capo e si fermò. “Era pieno. Newt non ha mangiato e a mala pena ha bevuto. Doveva essere parecchio che era lì, quando lo hai trovato”
Alby sospirò e fece spallucce “Forse l'ha buttato via prima di arrampicarsi sul muro. Avrà pensato che con un peso in meno sarebbe stato più sicuro. Non credo che sia importante”
Minho fu tentato di prendere ciò che teneva in tasca e di mostrare al suo amico quello che aveva trovato davvero, ma decise di non farlo e di tenersi per se quella scoperta, almeno per il momento. Voleva avere il tempo di rifletterci da solo, senza opinioni altrui. Quella sensazione gelida e opprimente stava prendendo forma in un pensiero concreto.
“Come sta?” domandò poi, dopo un breve istante di silenzio, ma Alby abbassò lo sguardo cambiando espressione.
“Come ieri. Non è cambiato nulla” rispose.

Un'ora e mezza più tardi Minho si era lavato e rifocillato e, senza poter più pensare ad altro, si fiondò al Casolare e diede il cambio a Zart nella stanza di Newt. Il ragazzo gli spiegò che Jeff e Clint avevano cambiato le bende a Newt e che, in qualche modo erano riusciti a farlo bere e a dargli qualcosa di liquido da mangiare, ma ancora non si era né svegliato né mosso. Si salutarono e Minho prese posto sulla sedia accanto al letto.
“Hey pive!” disse appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Newt era sempre immobile e pallido come un fantasma, ma respirava.
“Sono tornato, visto?” la stanza piombò nel silenzio, fatta eccezione per il vociare che arrivava dalla finestra aperta. Minho sapeva bene che Newt non poteva sentirlo, ma vederlo così lo faceva stare male e una parte di lui sperava che forse il suono della sua voce avrebbe potuto svegliarlo. Non fu così.
Sospirò e si accasciò sullo schienale della sedia: si sentiva il corpo pesante e indolenzito e gli venne da pensare che era già più di un giorno che correva come un matto senza aver dormito. Era stanco.
Allungò la mano nella sua tasca e prese il taccuino di Newt per dargli un'occhiata. Lo sfogliò una pagina alla volta dall'inizio: era più o meno sempre uguale, ogni pagina riportava alcune parole riguardo a punti di riferimento e gli schemi dei muri; poi procedendo più avanti nel tempo le parole svanivano e rimanevano solo i disegni degli spostamenti dei muri e qualche scarabocchio sugli angoli. Nelle ultime pagine gli schemi sembravano più piccoli, come se invece di fare una mappatura completa, Newt si concentrasse solo su alcune zone e c'era un altro svolazzo sull'angolo di un foglio, pareva una M, ma sopra era pasticciata. Infine quell'ultima pagina e quella parola: Fine.
Più avanti c'erano solo pagine bianche, non molte prima del fondo di cartone, ma abbastanza per almeno altre due settimane.
Perché fine? Fine di cosa?
Minho continuava a fissare quella pagina come se sperasse di poterne trarre altri indizi, ma non c'era altro. Si passò una mano tra i capelli e rimise quel blocchetto in tasca, ma non riuscì a smettere di pensarci e, sopratutto, non riuscì a calmare quell'ormai famigliare orribile presentimento che lo scuoteva dentro. Nessuna mappatura e la parola Fine scritta sulla pagina del giorno in cui non era rientrato alla Radura e Alby lo aveva trovato in quello stato. Poteva essere una coincidenza?
Il ragazzo sentì la testa scoppiargli. Allungò la mano e, con un lieve timore, afferrò piano quella dell'amico, abbandonata mollemente sul materasso. Era calda e sottile.
Minho incrociò le dita alle sue e si sentì un perfetto idiota quando avvertì il proprio cuore accelerare frenetico: Newt non poteva nemmeno sentirlo e sapeva bene che, se fosse stato sveglio, non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo, anche perché sarebbe stato insultato in tre secondi da quel suo accento fastidioso.
Dio quanto lo adorava quel suo accento fastidioso!
Avrebbe fatto qualunque cosa per poterlo sentire in quell'istante, gli mancava in maniera insopportabile.
Appoggiò la fronte sul dorso della mano di Newt e dovette lottare contro le lacrime che tornarono a minacciarlo, ma prima che potessero vincere il mondo sparì.

 

***

Buio.
Ancora e ancora.
Il buio era diventata la sua realtà.
Doveva essere morto o almeno questa era l'ipotesi più ovvia per spiegare quel mondo fatto di nulla continuo. A tratti era quasi bello galleggiare in quello stato apatico e non senziente, ma non era sempre così. C'erano momenti in cui Newt sentiva come di cadere, una sensazione orribile di precipitare sempre più veloce in un abisso infinito e voleva aggrapparsi a qualcosa per fermare la caduta, ma non c'era niente e lui non poteva muoversi.
Aveva creduto da vivo che con la morte sarebbe finito tutto, ma sembrava essersi terribilmente sbagliato: non era finito nulla, tutto era solo peggiorato. Viveva un oscuro incubo senza risveglio in cui quello che doveva essere il suo corpo era un ammasso perennemente immobile e a tratti lo faceva impazzire dal dolore. Poi svaniva tutto in una nube nera e ancora si sentiva cadere e tutto vorticava, ma era folle perché non c'era nulla che potesse realmente vorticare.
Quell'orrida realtà senza volto lo terrorizzava e Newt avrebbe voluto urlare e piangere, ma non poteva parlare e non sentiva le lacrime. Voleva chiamare aiuto, perché era solo e non voleva stare solo. Ma a spaventarlo più di ogni altra cosa era il buio. Tutto quel nero infinito, impenetrabile, immutabile che avvolgeva ogni cosa lo spaventava a morte. Ogni secondo sperava che tutto sparisse per sempre, sperava di non avvertire più niente, ma i suoi desideri non si avveravano mai.
C'erano anche momenti in cui gli sembrava di sentire delle voci: aveva paura perché non capiva da dove provenissero, ma gli parevano sempre delle voci famigliari. Non capiva cosa dicessero, talvolta gli arrivavano solo pezzi di parole o mugugni incomprensibili, ma era stato quasi certo di sentire la voce di Jeff e quella di Gally. Assurdo!
Lui era morto, non poteva sentirli realmente, forse erano solo i suoi ricordi che gli rimbalzavano nella memoria.
Newt non riusciva a capire quanto tempo fosse passato da quando era morto. Non aveva nessun riferimento in quel buio completo e non riusciva a percepire il tempo trascorrere tra i momenti in cui era in quello stato semi-pensante e quelli in cui c'era solo il vuoto completo, ma qualcosa di completamente nuovo accadde.
Un senso famigliare di tranquillità e sicurezza lo avvolse senza preavviso e il suo mondo oscuro si riempì di colpo di immagini.
Non erano immagini nitide, era tutto molto confuso, ma Newt riuscì a guardarsi intorno e ciò che vide furono delle pareti, ma non quelle del Labirinto, erano strane, non le aveva mai viste eppure sapeva di conoscerle. Era un ambiente monotono e ripetitivo, per nulla allegro e senza finestre. Le immagini si confusero ancora. Newt si sentiva preoccupato e in ansia, come se sapesse che qualcosa di importante stava per accadere e si trovava fermo ad aspettare appoggiato a una di quelle pareti. Poi la porta difronte a sé si aprì e l'ansia crebbe a dismisura, si staccò dal muro e andò incontro alla persona che stava varcando la soglia. Era un ragazzo, era l'unica figura davvero nitida in tutta quella strana visione.
Newt conosceva bene quel ragazzo, era lui che stava aspettando lì in quel corridoio. Era Minho.
Indossava gli abiti del primo giorno nella Radura e, appena lo vide gli sorrise. Newt sentiva il proprio corpo, ma non riusciva a controllarlo. Avvertì forte il desiderio di abbracciare Minho e inspiegabilmente lo fece. Il moro lo strinse tra le braccia e “Andrà tutto bene!” gli sussurrò all'orecchio prima di lasciarlo andare.
Un paio di figure sfocate e con indosso quelle che sembravano delle strambe tute verdi sbucarono da dietro la porta e fecero segno a Minho di muoversi lungo il corridoio.
“Ci vediamo dall'altra parte, faccia di caspio!” disse ancora con quel sorriso e facendogli l'occhiolino.
Una delle due strane sagome fece cenno a Newt di entrare nella stanza da cui erano appena uscite e lui si mosse. Aveva il cuore in gola, non voleva continuare quell'assurdità, avrebbe voluto correre via da lì e raggiungere Minho, non voleva dimenticarsi di lui!
Eppure c'era qualche ragione più profonda per cui sentiva che fosse suo dovere andare avanti per quella strada. Newt varcò la soglia e tutto si dissolse esattamente come era apparso, scaraventandolo di nuovo nell'oscurità totale.
Era stato solo un flash durato non più di qualche secondo, ma la sua intensità lo aveva travolto.
Cos'era stato?
Un sogno?
Un... ricordo?

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Il Braciere delle Fate:

Eccomi per un nuovo nuovo capitoletto! ^-^
Minho e Ben sono tornati sani e salvi e il nostro caro intendente sta cercando di arrovellarsi il cervello a capire gli indizi che ha trovato nel taccuino di Newt, è un po' stanco povero! Dategli tregua XD

Era un po' che non scrivevo dal POV di Newt e mi è sembrato giusto dargli un po' di spazio, anche se non è cosciente.
In tutta quella brutta situazione buia e spaventosa qualcosa ha smosso il suo cervellino scatenando qualcosa... o forse è stata solo quella botta in testa spaventosa?
Ringrazio come sempre tutti quanti voi che mi seguite!
Un bacio e alla prossima!
Fairy

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Fu il rumore delle porte che si chiudevano al tramonto a svegliarlo. Quando aprì gli occhi, la prima cosa che lo colpì fu una fitta di dolore alla schiena, poi si rese conto di stare ancora tenendo Newt per mano e di essergli rimasto appoggiato con la testa fino a quel momento.
“Buongiorno!” disse ironicamente una voce dall'altra parte della stanza.
Minho si sollevò in fretta provocandosi un'altra ondata di indolenzimento e capì che era stato Clint a parlare, era seduto su una sedia vicino ad un mobiletto e scriveva qualcosa su un foglio, aveva un evidente ematoma violaceo intorno all'occhio destro e sullo zigomo.
Minho riconobbe il rumore delle porte e comprese lentamente di essersi addormentato e in un orribile posizione a giudicare dai dolori che sentiva ovunque. Lanciò un'occhiata a Newt che ancora se ne stava fermo privo di sensi.
“Meno male che dopo Zart toccava a me. Fai schifo come osservatore!” lo rimproverò il Medicale.
Il Velocista sbadigliò e si sentì uno stupido, Clint aveva ragione.
“Scusa, non volevo addormentarmi” disse con la voce ancora impastata da sonno. “Che scrivi?”
Clint si grattò la testa con il fondo della penna “Una lista di cose da chiedere alla Scatola. Siamo a corto di bende a forza di mummificarlo e provo a chiedere se ci mandano qualcosa di decente tipo antidolorifici o simili. Se dovesse svegliarsi ora quella gamba lo ucciderebbe” parlò con un certo distacco che a Minho parve quasi professionale.
“Non credo che quei pive ci manderanno nulla comunque, ma tentare non nuoce”
“Credi che si sveglierà?” chiese allora il Velocista.
Clint guardò Newt come se con quell'occhiata potesse capirci qualcosa e scosse la testa “No” rispose semplicemente e il cuore di Minho si incrinò.
“Pensi... che non si sveglierà più?” gli costò uno sforzo enorme porre quella domanda, ma voleva sapere il perché di quella risposta.
“Minho” sospirò l'altro “E' messo davvero, davvero male. Cerchiamo di farlo bere e mangiare regolarmente, ma non è così semplice dato che è privo di sensi e non so per quanto resisterà in questo modo. E poi, l'ho già detto, ha perso troppo sangue.” Fece una breve pausa in cui abbassò lo sguardo “So che ora non riesci ad accettarlo, ma forse dovrai dirgli addio” la sua espressione si fece ancora più triste e pensierosa.
Minho si sentì mancare il fiato al solo pensiero di ciò che Clint stava insinuando “E' vivo! Non ho intenzione di dirgli addio finché respira ancora” Si alzò e uscì rapido dalla stanza, doveva mantenere il controllo, lo aveva promesso ad Alby.

I Radurai si stavano riunendo per la cena quando Minho passò davanti alla cucina per raggiungere le Faccemorte, il piccolo bosco che verdeggiava in uno degli angoli della Radura. Non aveva il minimo appetito dopo quel risveglio e non aveva intenzione di mangiare, per il momento. Si inoltrò tra gli alberi qual tanto che bastava per starsene nascosto per un po' e si sedette ai piedi di un grosso tronco. Non era da lui ricercare la solitudine, ma quegli ultimi due giorni avevano pericolosamente compromesso il suo normale modo di essere. Continuava a sentirsi confuso e preoccupato e, non lo avrebbe mai ammesso, ma si sentiva spaventato: pensare a Newt in quello stato lo faceva tremare. Nemmeno essere inseguito da un Dolente lo aveva mai spaventato in quel modo.
Rischiava davvero di perderlo e non poteva accettarlo e, per quanto forse poteva sembrare stupido, sentiva che non sarebbe mai più stato lo stesso senza quel ragazzino di cui non sapeva praticamente nulla.
Già, non sapeva nulla di lui, proprio come non sapeva nulla di se stesso; ma che importanza aveva?
Minho conosceva il suo esile profilo, le sue braccia secche, ma muscolose, i suoi capelli biondi sempre scompigliati; conosceva la sua voce, quel suo accento marcato e il suono della sua risata, anche se gli venne da pensare che era davvero molto tempo che non lo vedeva ridere o sorridere. Poi ripensò alla mattina precedente, quando il viso di Newt si era illuminato in quel modo e ci ragionò più a fondo: Newt non era mai stato socievole in maniera esagerata, era piuttosto tranquillo e stava spesso isolato, ma negli ultimi tempi aveva iniziato a comportarsi in modo strano. Aveva cominciato a stare da solo più spesso, sembrava sovra pensiero e non partecipava quasi più alle chiacchierate di gruppo che spesso facevano con gli altri Radurai prima di dormire. Ricordò che gli era sembrato triste e che più volte aveva provato ad avvicinarlo per parlarci, ma senza risultato; Newt aveva innalzato un muro da cui teneva tutti fuori.
Scavò in fretta nella tasca dei pantaloni e recuperò il taccuino: di nuovo quel presentimento.
Controllò meglio la parte in cui le mappe erano più ridotte, le sfogliò una ad una e si accorse con orrore che non erano delle parti diverse della sua sezione, era sempre la stessa. Sfogliò frenetico le pagine precedenti e confrontò le mappe semi complete con quelle più ridotte e trovò un dettaglio che prima non aveva notato, forse per la troppa stanchezza.
Il cuore gli batteva così forte che non riusciva a respirare: almeno un mese e mezzo prima Newt aveva iniziato a segnare una piccola “x” su uno dei muri, poi piano piano era passato a mappare solo la zona intorno a quel muro. Minho si mise una mano sulla bocca annaspando in cerca d'aria, mentre quel puzzle senza senso iniziava lentamente a formare un'immagine spaventosa dentro la sua testa. Quella zona era quella in cui Alby lo aveva trovato privo di sensi e quel muro era quello su cui Minho aveva notato quell'insolita coltre di edera fitta. Non aveva dubbi, era sicuro che fosse così. Newt stava tenendo d'occhio lo spostamento del muro e i cambiamenti di quella zona. Perché?
Quella parola, Fine, rimbombò nella sua memoria con violenza.
Newt sapeva quello che gli sarebbe successo? Sapeva che quel giorno, in quel punto, avrebbe messo la parola fine.
Minho si alzò in piedi e camminò nervoso avanti e indietro vagliando tutte quelle che gli potevano sembrare le spiegazioni più logiche a quella coincidenza, ma non riuscì a trovarne che una.
No!
Era assurda e spaventosa, non poteva essere vero. Era stupida e da codardi e Newt non era un codardo, e non era stupido.
No, Newt era intelligente, molto più di lui. Newt era il più intelligente tra i Radurai, non poteva aver fatto una cosa tanto riprovevole.
Si sentì crollare il mondo addosso, ogni cosa perse il suo senso, ogni sua sicurezza vacillò pericolosamente mentre la sua testa lottava furiosa contro quella orrenda certezza.
Clint aveva ragione, Newt si era davvero arrampicato su quella maledetta parete, ma non lo aveva fatto per salvarsi dai Dolenti.
Lo aveva fatto di proposito.
Newt non era caduto, si era lanciato.
Minho sentì mancare le forze, cadde con le ginocchia a terra e gli si appannò la vista: non poteva crederci, non poteva pensare che il suo amico fosse stato così disperato da volersi togliere la vita. Gli girò la testa, piantò le mani sul terreno per non cadere e vomitò, la bile gli bruciò la gola e le lacrime gli rigarono gli zigomi.
Sapeva che, dietro quella facciata da duro, Newt era un ragazzo fragile e anche se lo nascondeva, per Minho era evidente. Newt era sempre stato il primo a preoccuparsi per gli altri, ma non aveva mai fatto parola di quello che provasse dentro di sé. Come aveva potuto essere così cieco da non rendersi conto che il suo migliore amico stava morendo dentro?
Picchiò un pugno sul terriccio lasciandoci il segno, poi ancora e di nuovo. Si odiava, era colpa sua!
Era una persona orribile e un pessimo amico; aveva giurato a se stesso di proteggere Newt e non lo aveva fatto, non era altro che un inutile fallito, un ragazzino insignificante, un debole.
Era stato così concentrato sul suo scopo di trovare un'uscita da quel maledetto Labirinto da non rendersi conto che la persona che più di tutte avrebbe voluto salvare, stesse progettando il proprio suicidio. Newt aveva bisogno di lui e Minho non gli era stato vicino abbastanza, era colpa sua se ora rischiava di morire...

Quando Minho si decise ad uscire dalla Faccemorte, la luna era già alta in un cielo limpido e stellato. Camminò fino al Casolare in uno stato di totale apatia, ciò che aveva dolorosamente realizzato aveva spezzato qualcosa dentro di lui e ora si sentiva come se nulla avesse più alcuna importanza; la sua fiducia in se stesso e la sua continua voglia di ricominciare erano sparite, non aveva più nessun appiglio e stava precipitando sempre più in fondo a quel baratro di disperazione.
Raggiunse la stanza di Newt e ci entrò senza bussare. Alby era seduto accanto al letto con un'espressione stanca e triste.
“Hey, dove eri finito?” chiese appena vide Minho entrare “Che ti è successo? Hai un aspetto orrendo”
Il Velocista non rispose, chiuse la porta e si avvicinò all'amico ferito e addormentato, guardandolo fisso.
“Minho?” Alby cercò di nuovo di attirare la sua attenzione, si alzò e si avvicinò all'Intendente stringendogli una spalla “Hey amico, tutto bene?” era preoccupato.
Minho scosse piano il capo mentre lottava strenuamente contro le lacrime, aveva gli occhi arrossati e lucidi e un buco vuoto dove fino a poche ore prima si trovava il suo cuore.
“Che succede?” insistette il suo capo e il ragazzo si voltò verso di lui e gli posò la fronte sulla spalla lasciandolo allibito.
Trascorsero alcuni istanti avvolti dal silenzio poi Alby deglutì a fatica e strinse un braccio intorno al busto del suo amico più giovane “Minho, cerca di farti forza. Se crolli tu... è la fine per tutti!” la sua voce tremò.
Il Velocista rimase immobile, ma il suo orgoglio gli impedì di piangere sul serio; alzò il braccio e si aggrappò alla manica dell'altro stringendo forte. Si sentiva completamente perso e, per quanto gli fosse difficile ammetterlo con se stesso, non poteva farcela da solo, non questa volta.
“E' colpa mia” disse piano.
“Cosa?” Alby sembrava stranito e confuso da quell'improvvisa confessione.
“Sono un pessimo amico, non valgo niente. E' colpa mia se sta così” Minho cercò di controllare la voce, ma senza troppo successo.
“Wow, stop! Chi caspio sei tu, che ne hai fatto del mio amico?” chiese allora il ragazzo di colore afferrandogli le spalle e allontanandolo abbastanza da guardarlo negli occhi.
“Il Minho che conosco io non direbbe mai questa sploff. Reagirebbe e sarebbe convinto che Newt si riprenderà. Che fine ha fatto quel pive?”
Il Velocista si spostò vicino ad una delle due sedie e ci crollò sopra “Non lo so” rispose. “Credevo di essere davvero suo amico e invece non ho fatto niente per lui” guardò Newt e si morse l'interno del labbro per non cedere di nuovo.
Alby sembrava sempre più spaesato, gli si sedette accanto e cercò di capirci qualcosa “Non puoi fare niente per lui, nessuno di noi può” provò a consolarlo, ma Minho si comportava come se non gli importasse nulla di quello che diceva.
“E' colpa mia” ripeté ancora.
“Minho, darti la colpa non cambierà nulla. Come può essere colpa tua? E' stato un incidente!” Alby credeva di aver capito quale fosse il problema, ma la reazione dell'altro lo smentì.
“No!” ringhiò e guardò l'amico negli occhi “Non è stato un incidente!”
“Che diavolo vuol dire?”
Minho prese il blocchetto che teneva in tasca e lo pose ad Alby.
“Cos'è?” chiese mentre lo afferrava.
“E' il taccuino di Newt, era nel suo zaino. Vai all'ultima pagina, quella del giorno in cui lo hai trovato nel Labirinto” spiegò prima di puntare i gomiti sulle ginocchia e coprirsi la bocca.
Alby sospirò, non capendo dove quel discorso stesse andando a parare, ma la sua espressione cambiò definitivamente quando vide quello che Minho gli aveva indicato.
Fine” lesse ad alta voce “Che caspio significa?”
L'Intendente si sfregò rapidamente una mano sugli occhi per essere sicuro di non lasciare spazio a nessuna lacrima “Si è buttato, Alby”
Il ragazzo più grande sgranò gli occhi sconvolto “Che stai dicendo?!” non poteva crederci.
Minho riportò l'attenzione sull'amico privo di sensi davanti a lui e parlò con il tono più triste che avesse mai sentito uscire dalla propria bocca “Guarda le pagine prima. Era più di un mese che Newt mappava solo l'area dove lo hai trovato”
Alby sfogliò il taccuino e, pur non capendoci molto, si accorse di quello che l'altro gli stava spiegando e non trovò parole per rispondere, gli tremavano le mani.
“Ci ha pensato per più di un mese. Ha passato tutto quel tempo studiando un modo per farla finita e io non me ne sono mai accorto” la voce gli si spezzò in gola e il dolore lo travolse.
“Ha cercato di uccidersi! Quella mattina era felice, sorrideva.. stava per uccidersi e sorrideva...” pronunciare quelle parole ad alta voce fu troppo doloroso, era come se quella che fino a quel momento era stata solo una sua idea, fosse diventata di colpo reale.
Alby si lasciò andare contro lo schienale della sedia e abbandonò le braccia lungo i fianchi “Non può essere...” sospirò, cercando in vano una qualunque altra spiegazione per tutti quegli indizi così chiari.
“Si è sempre preso cura di tutti noi mentre questo posto lo stava consumando e io non l'ho capito. E' colpa mia...” Minho si sfregò di nuovo gli occhi.
“Non è colpa tua. Non potevi saperlo.. Ho cercato di parlare con lui molte volte e ho sempre pensato che stesse bene” gli occhi di Alby divennero lucidi “Non può essere...”
Il Velocista si coprì il viso con le mani e il maggiore lo guardò con il groppo alla gola. Nessuno aveva mai visto Minho in quello stato, sembrava aver perso tutto ciò che lo aveva sempre caratterizzato, aveva perso se stesso e stava andando alla deriva. Non era abituato a fallire, non in maniera così plateale e non era in grado di affrontare una situazione come quella; la sua forza e il suo sarcasmo non sarebbero bastati a tirarlo su.
“Non possiamo sapere se sia andata davvero così” disse allora Alby in un disperato tentativo di rimettere insieme i pezzi del suo amico. “Newt è ancora vivo! Si sveglierà, Minho, sei stato tu ad insistere su questo fino a qualche ora fa e a convincerci tutti! E quando si riprenderà sarà lui a dirci cosa è successo.”
Gli occhi a mandorla del Velocista si posarono su di lui e una vena di speranza li attraversò.
“Possiamo ancora rimediare entrambi! Qualcuno che conosco direbbe che non ci possiamo arrendere” Alby pensò che rimettergli in testa delle parole sue lo avrebbe aiutato a recuperare ciò che stava perdendo.
Minho annuì tra sé “Non possiamo, no...” disse tornando lentamente l'ombra di se stesso.
“Dobbiamo credere che andrà tutto bene, perché è l'unica cosa a cui possiamo aggrapparci. Devi essere forte, Minho. Questa situazione fa già abbastanza schifo così com'è! Se io e te crolliamo, quanto pensi dureranno quei pive?” il ragazzo più grande parlò con tutta la saggezza che aveva e quelle parole riuscirono a raggiungere la sicurezza di Minho e a tirarla fuori da quel precipizio senza fine.
“Ok...” disse, sapeva che Alby aveva ragione, come sempre. Decise di provare a fare come diceva lui, si aggrappò all'idea che Newt sarebbe stato presto fra loro di nuovo e si tenne saldo. Aveva fallito, ma non era finita: avrebbe raccattato i pezzi della propria disfatta e li avrebbe rimessi insieme per ricominciare ancora una volta.
Sarebbe rimasto accanto a Newt e avrebbe continuato a proteggerlo per sempre.
Lo aveva giurato.

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Il Braciere delle Fate:
 

Eccomi qui eccezionalmente di domenica! Buona domenica a tutti a proposito! ^-^
Minho ha scoperto quello che è successo a Newt e la conseguenza è stata devastante sul suo povero cuoricino. Non poteva tenersi dentro una cosa così grossa e l'unico con cui poteva confidarsi era Alby che, da buon capo, nonostante lo shock, ha trovato il modo di riaccendere nel povero Velocista una vena piccina picciò (?) di speranza.
Riuscirà a riprendersi o crollerà sempre più giù fino a schiantarsi?
Scopritelo nel prossimo capitolo in cui scorreremo avanti veloce per un piccolo salto temporale!
Bacioni e grazie a tutti!
Fairy

 

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

Il tempo trascorse inesorabilmente lento e monotono e ogni cosa nella Radura riprese a funzionare come sempre, come se nulla fosse accaduto, almeno per la maggior parte dei ragazzi. Per Minho ogni minuto in più che scattava sul suo orologio era come una scarica di dolore che gli fulminava il petto.
Nei giorni successivi riprese a fare quello che era il suo normale lavoro: correre nel Labirinto e mappare i cambiamenti dei muri, ma, per quanto si sforzasse di rimanere concentrato per non lasciarsi sfuggire nulla, la sua mente era sempre sospesa e il suo pensiero correva di continuo all'immagine di Newt in coma.
Cominciò a tornare alla Radura sempre più presto e trascorreva il resto del tempo nella stanza del suo amico, mangiava poco e dormiva appena.
Dopo un'intera settimana così, Minho cominciava a sentirsi stanco sul serio: il suo corpo era continuamente indolenzito e gli sembrava di essere dimagrito, aveva costantemente delle occhiaie pesanti e iniziava ad avere dei momenti di black out cerebrale. Doveva dormire o gli sarebbe venuto un esaurimento.
Tornò alla Radura intorno alle due del pomeriggio quel giorno e dovette fermarsi a riprendere fiato più a lungo del normale, era diventato più lento sia a correre che a recuperare.
Appena riuscì a muoversi di nuovo raggiunse il Casolare che sembrava deserto e fece quello che faceva ogni giorno. Si trascinò sulle scale e fece il percorso fino alla stanza di Newt.
Stava per svoltare l'angolo quando vide due persone davanti alla porta della stanza, erano i Medicali.
Jeff stava appoggiato con la schiena alla parete accanto alla porta, aveva in mano una ciotola vuota e un cucchiaio; Clint era in piedi difronte a lui e gli stava parlando. Minho non riuscì a sentire quello che si stavano dicendo, ma sembrava che Jeff fosse abbattuto e che l'altro cercasse di consolarlo, parlavano vicini e a voce bassa.
Il Velocista decise di proseguire quando ciò che accadde gli fece cambiare idea bloccandolo lì dove si trovava: Jeff annuì appena e, mezzo secondo dopo, Clint si chinò su di lui e lo baciò sulle labbra.
Minho sgranò gli occhi e si nascose rapido dietro l'angolo sperando con tutto se stesso che non lo avessero visto.
Che caspio...?
Pensò di andarsene e tornare più tardi, ma i due ragazzi comparvero davanti ai suoi occhi e non seppe casa dire.
“Hey, Minho” lo salutò Clint. Jeff gli fece un cenno e insieme gli passarono oltre e se ne andarono.
“Ciao” si affrettò allora a rispondere, anche se era ormai troppo tardi. Era stato tutto così rapido che si sentì uno stupido. Era ovvio che non lo avessero visto, scosse il capo e proseguì verso la stanza.
Newt era ancora lì, una settimana e due giorni dopo, nulla era cambiato; respirava ed era vivo, i graffi più superficiali non coperti dalle bende cominciavano a diminuire e a Minho sembrava che il suo viso avesse riacquistato un minimo di colore, anche se era ancora pallido come uno straccio. Una peluria rada biondo-rossiccia cominciava a crescergli sul mento e sopra al labbro.
Si sedette accanto al letto, come ogni giorno e gli sorrise “Hey, sgorbietto, sono qui” disse. Si chinò in avanti appoggiandosi alle ginocchia “Non crederai mai a quello che ho appena visto” ridacchiò tra sé e il pensiero di Jeff e Clint che si baciavano lo fece sentire a disagio e in imbarazzo; non aveva idea che ci fosse qualcosa del genere tra loro, in effetti non aveva mai nemmeno pensato che potessero esserci storie del genere anche fra gli altri Radurai.
Allungò una mano e, non senza un certo consueto timore, afferrò quella del suo amico; la cosa lo faceva sempre sentire stupido, ma tenerlo per mano gli dava un senso di pace che non riusciva a trovare in nessun altro modo. Non aveva mai provato nulla di simile almeno per quanto si ricordasse; Newt lo faceva sentire strano, confuso e a volte insicuro, ma nessuno lo faceva stare bene come lui, nessuno gli dava quelle sensazioni che non riusciva a spiegarsi.
“Newt...” chiamò piano, non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, quel ragazzino lo attirava come una calamita. Minho avvertì forte l'impulso di accarezzargli i capelli biondi e di stringerlo tra le braccia, l'immagine di quel bacio gli attraversò la memoria e si sentì andare a fuoco.
“Oh, caspio! Sto impazzendo...” si disse da solo mettendosi le mani nei capelli e abbandonandosi sullo schienale della sedia.
Doveva per forza dormire! Cominciare ad immaginare di baciare Newt era un segnale chiaro e forte dell'esaurimento che si avvicinava. Decise di restare ancora un po' e si promise di provare a fare un pisolino più tardi per togliersi certe idee dalla testa.

Due settimane e due giorni dopo la situazione non aveva subito alcun miglioramento.
Minho continuava a vivere in uno stato di agonia interiore che gli impediva di dormire bene e di mangiare decentemente. Tuttavia in quegli ultimi giorni era talmente stravolto dalla stanchezza che riusciva a dormire più a lungo; il problema era che dormire in quel modo non lo riposava abbastanza e rischiava di crollare ovunque e in qualunque momento. Tre giorni prima di quello, era riuscito addirittura ad addormentarsi seduto per terra in uno dei corridoi del Labirinto quando si era fermato per mangiare. Fortunatamente si era svegliato di colpo solo un'ora dopo ed era tornato alla Radura in tempo.
Newt continuava ad essere vivo, i Medicali gli davano da mangiare e le sue ferite più gravi iniziavano a rimarginarsi, ma non era mai uscito da quel coma e la speranza che potesse riprendersi si assottigliava ogni giorno di più.
Tra i Radurai cominciavano a circolare voci sul fatto che sarebbe rimasto così per sempre e molti tendevano a darlo già per morto. Minho cercava costantemente di ignorare ciò che sentiva e di fare come Alby gli aveva detto, ma la sua presa cominciava a cedere e rimanere aggrappati all'idea che Newt sarebbe guarito diventava sempre più difficile.
Anche il loro capo aveva iniziato a non credere più nelle proprie parole e non ne aveva avute di nuove per consolare il Velocista.
Minho trascorreva tutto il tempo alla Radura insieme a Newt nonostante i Medicali continuassero a dirgli quanto peggio fosse per lui restare lì, ma non poteva farne a meno. Non poteva accettare l'idea che il suo amico sarebbe rimasto in quello stato per sempre, non poteva e basta. Minho aveva bisogno di lui, gli mancava tanto da impazzire.
Erano le cinque del pomeriggio quando per l'ennesima volta, Minho prese la mano di Newt fra le sue e lottò per respingere le lacrime e quei pensieri orribili che gli attanagliavano la mente.
“Ti prego...” sussurrò piano con gli occhi chiusi “Newt, svegliati!”
“Andiamo, amico! Apri gli occhi!” sapeva che, come sempre, non poteva sentirlo, ma non riuscì a smettere. Minho non ce la faceva davvero più a sopportare quella situazione, vederlo steso in quel letto gli strappava il cuore come un artiglio di ghiaccio.
“Ti prego.. Torna da me! Ho bisogno di quella tua stupida testa di sploff!” ammise non potendo più trattenersi e una lacrima gli scivolò lungo il viso fino al mento e poi più giù, quella goccia di dolore cadde sulla mano inerte di Newt.
Il cuore di Minho sussultò: non lo aveva visto, ma era certo al cento per cento di averlo sentito. Era stato come un fremito, un tic, tra le sue mani.
Newt si era appena mosso.
“Newt..?” lo chiamò, il cuore gli rimbalzava in gola. Il corpo del suo amico rimase immobile e non diede alcun segno di vita.
Poteva esserselo immaginato?
La sua disperazione gli aveva teso uno scherzo sinistro e si era immaginato quel movimento?
Minho stava quasi per convincersene quando lo avvertì di nuovo e questa volta non poté avere dubbi. Saltò in piedi come un grillo, facendo cadere indietro la sedia “Newt! Mi senti?” disse alzando la voce “Newt! Svegliati amico!” la sua eccitazione si stava affievolendo.
“Forza! Newt! Newt!!” ci provò ancora e ancora, ma non ottenne nessuna risposta. Minho abbassò lo sguardo sconfitto e la speranza lo abbandonò, ma il suono più bello che avesse mai sentito in tutta la sua vita riempì di colpo la stanza.
“Smettila con tutto questo casino del cacchio!”
La sua voce era tenue e impastata, ma Minho avrebbe riconosciuto il suo tono e quel caspio di accento in mezzo a milioni di persone; alzò lo sguardo all'istante e il suo cuore esplose di gioia quando i suoi occhi incrociarono le iridi nocciola di Newt.
Era sveglio.
“..Newt...” riuscì a dire nonostante il fiato corto e il cuore che gli batteva all'impazzata.
Era sveglio!
“Hey amico, mi.. mi riconosci?” chiese allora in preda all'eccitazione più forte di tutta la sua vita.
Newt sbatté piano le palpebre e lo guardò accigliato “Come si fa a dimenticare... la tua brutta faccia da pive?” disse lieve, come se parlare gli costasse un enorme sforzo.
Poi sorrise “Ciao, Minho!”
Il Velocista ricambiò quel sorriso e si inginocchiò accanto al letto nascondendo il viso tra la mano del suo amico e le coperte: non aveva mai amato tanto il proprio nome come in quel momento in cui lo sentì pronunciare da Newt dopo due settimane di silenzio. Non aveva mai provato una gioia e un sollievo simili, gli veniva da piangere e da ridere insieme, voleva correre e saltare e urlare e stringere Newt con tutta la forza che aveva. Voleva parlare, ma non trovava le parole.
Era felice, inevitabilmente e irrimediabilmente felice!
Quando alzò lo sguardo, Minho aveva gli occhi lucidi e un sorriso che non sarebbe mai più stato in grado di togliersi “Sei sveglio. Sei sveglio davvero” ripeté ancora incredulo.
Newt distolse il suo sguardo con un'espressione triste e si guardò intorno “Da quanto sono qui?” chiese sollevando appena il braccio in uno sforzo sovrumano.
“Dalle due settimane e due giorni più orribili di tutta la mia vita...”

 

 

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Il Braciere delle Fate:

Buongiorno a tutti!
Sono tornata e avviso che d'ora in poi per questioni personali avrò meno tempo per scrivere e quindi aggiornerò la storia una volta a settimana invece che due come prima.
Ora... Gioia e gaudio!! Newt si è finalmente svegliato per la gioia di Minho che, povero cuore, non ne poteva proprio più.
Ora che la paura è sparita, cosa accadrà? Come reagirà Newt all'idea di essere ancora vivo?
Scopritelo con me!
Baci e grazie!
Fairy

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

 

“Dalle due settimane e due giorni più orribili di tutta la mia vita”

Minho pronunciò quelle parole con una tristezza a cui Newt non era preparato, non dopo quel risveglio assurdo e inaspettato. Aveva davvero creduto di essere morto e di essere per sempre condannato a quel luogo oscuro fatto di nulla in cui aveva sofferto dei peggiori incubi della sua vita, ma si era sbagliato. A quanto pareva erano passate solo due settimane anche se a lui era sembrata un'eternità intera di buio e paura, dopo la quale, qualcosa lo aveva afferrato e trascinato fuori da lì.
Ora capiva che cosa era stato a salvarlo da quell'incubo: Minho.
In tutta quella oscurità aveva sentito la sua voce e aveva cercato con tutte le forze di chiamare il suo nome, di muoversi e seguire quel suono. Ma, per quanti sforzi facesse, non riusciva a spostarsi né a parlare, fino a quando qualcosa di caldo e lieve aveva sfiorato la sua mano trasformando l'oscurità in luce e riportandolo nel mondo dei vivi.
Minho gli sorrise di nuovo, in quel modo allegro e spontaneo che lo caratterizzava così tanto “Come ti senti?” chiese.
Newt non era certo di come rispondere a quella domanda, si sentiva indolenzito e debole, come se non avesse più il totale controllo del proprio corpo; provò a muoversi per sollevarsi appena sul cuscino, ma gli fu subito chiaro che era stata una pessima idea. Fece una smorfia, gli faceva male tutto.
“Ho sete” disse infine ed era vero, gli sembrava di aver mangiato solo sabbia per giorni interi.
Minho si guardò intorno e recuperò una bottiglietta d'acqua dal tavolo difronte al letto “Tieni” gliela porse e gli rimase accanto “Ce la fai?”
Newt annuì, afferrò la bottiglia e provò a bere, ma l'arsura della sua gola era troppa e quel sorso esagerato gli tornò indietro. Tossì in cerca d'aria e cercò di voltarsi per non soffocare, ma questo gli provocò una scarica di dolori infernali a tutto il torso.
“Wooh! Ok, ok..” Minho gli prese la bottiglia “Aspetta, ti aiuto”
Il Velocista si sedette sul bordo del letto e sollevò appena il suo amico cingendogli la schiena con una braccio “Vacci piano o ci farai un'altra doccia” scherzò aiutandolo.Grazie all'aiuto del moro, Newt riuscì finalmente, a piccoli sorsi, a placare quell'insopportabile sete “G-grazie...” biascicò imbarazzato sia per la pessima figura che aveva appena fatto sputando acqua ovunque, sia per quel mezzo abbraccio in cui Minho lo stava tenendo.
Tornare in posizione orizzontale fu un vero sollievo per Newt che riuscì finalmente a respirare di nuovo. Minho mise la bottiglia sulla sedia e tornò a guardarlo, sembrava vagamente a disagio e continuava a sorridere nonostante fosse ovvio che cercasse di trattenersi.
“Piantala di guardarmi con quella faccia. Sembri un cacchio di imbecille” si accigliò Newt e buttò gli occhi al cielo.
“Scusa. E' che...” il Velocista si grattò dietro la nuca “Credo che dovrei chiamare gli altri e dirgli che sei sveglio, ma...” si interruppe incerto su come continuare.
Newt spostò l'attenzione altrove, l'idea di incontrare Alby e tutti gli altri Radurai dopo ciò che aveva fatto lo preoccupava, non voleva essere giudicato.
“Ma...?” chiese infine con aria distratta.
“...ma ho paura che, una volta tornato qui, tu sarai ancora immobile su quel letto e io mi sarò solo immaginato tutto” ammise l'altro attirando l'attenzione di Newt che, nel guardarlo, si accorse soltanto in quel momento di quanto Minho fosse diverso da come se lo ricordava e da come lo aveva visto in quello strano sogno-ricordo: il suo viso presentava diversi segni di un'evidente stanchezza, aveva occhiaie marcate sotto ai suoi occhi sottili e arrossati, la sua pelle normalmente olivastra era pallida e perfino la piega perfetta dei suoi capelli sembrava meno perfetta del normale. Al biondo sembrava anche che il suo amico fosse dimagrito, la maglietta che di solito gli stava pennellata su torace e braccia pareva diventata di colpo troppo grande per lui e cosa ancor peggiore, c'era qualcosa nel suo sguardo che lo fece sentire terribilmente in colpa. Sembrava che Minho avesse perso tutta la sua sicurezza e ora se ne stava lì come quel ragazzino che forse sarebbe stato se la vita non lo avesse costretto a tirare fuori gli artigli e a lottare contro qualcosa che, a quell'età, nessuno di loro avrebbe mai nemmeno dovuto immaginare. Era perduto e spaesato, a Newt venne in mente una sola parola per definire quello stato: indifeso.
Minho doveva davvero aver passato due settimane orribili e le sue condizioni ne erano la prova, il ragazzo che Newt conosceva non aveva mai perso la speranza e non si era mai lasciato abbattere da nulla, ma qualcosa lo aveva profondamente segnato; non riusciva nemmeno ad immaginare quale dolore incalcolabile avesse potuto trascinare l'Intendente dei Velocisti in una disperazione tale da cambiarlo dentro.
Era colpa sua, sapeva bene che era così, era stato lui a fargli del male.
Minho sembrò pensieroso poi guardò la finestra e una luce gli attraversò lo sguardo quando si alzò e corse ad affacciarsi. Newt si chiese che cavolo di idea gli fosse venuta e lo capì non appena lo vide alzare un braccio a agitarlo in aria “Alby!!” Chiamò a gran voce, probabilmente avendolo visto da qualche parte in mezzo alla Radura. Si agitò ancora un po' poi si voltò a guardarlo e sorrise “Problema risolto!”
Il biondo scosse il capo e un paio di minuti dopo si sentì un gran caos di passi avvicinarsi rapido alla porta che si aprì di colpo. “Minho! Che succede?!” Alby entrò di corsa con lo sguardo di chi si aspetta il peggio, dietro di lui comparvero Jeff e Clint, pronti ad intervenire e poi Frypan, Winston e Zart. Gally e Ben fecero irruzione poco dopo.
“Hey, Alby...” Salutò Newt lasciando tutti senza parole, come se avessero appena visto un fantasma.
“E' sveglio!” Minho era rimasto accanto al letto e guardò tutti con un sorriso commosso.
“Newt!” il viso di Alby si illuminò di gioia e così fu per tutti quanti gli altri. Ben sembrò felice e sollevato, Zart accennò un sorrisino e Winston fece quel suo ghigno caratteristico.
“Hey, amico!!” Frypan corse vicino al letto e parve sul punto di piangere.
“Bentornato, Newt!” Gally annuì tra sé sorridendogli.
I Medicali si guardarono l'uno l'altro con gioia, si diedero il cinque e una pacca sulla spalla, probabilmente orgogliosi di se stessi.
“Ci hai fatto venire un caspio di infarto, ragazzino!” Alby mise una mano sulla fronte di Newt e gli accarezzò i capelli con affetto. “Come stai?”
Il biondo rimase stordito e confuso da quell'improvvisa folla di gente che gli si aggirava intorno guardandolo e riversandogli addosso attenzioni. Annuì appena alla domanda, si sentiva colpevole: Alby aveva un aspetto sciupato anche se meno evidente rispetto a Minho e tutti gli altri intorno a lui sembravano finalmente felici, come se un incubo fosse appena finito.
Frypan si asciugò le lacrime e corse alla finestra “Heeeyyy!! Brutti pive, Newt è sveglio!! Sta bene!!” urlò con foga e, un attimo dopo dalla Radura si udirono urla di esultanza, fischi e applausi. Anche i ragazzi nella stanza presero ad urlare e applaudire, saltando uno sull'altro.
Newt sentì un brivido caldo attraversargli tutto il corpo, l'affetto che i suoi amici gli stavano dimostrando in quel momento gli fece battere il cuore e sentì gli occhi bruciare. Tutti quegli stupidi pive erano rimasti per due settimane con l'ansia a divorargli il petto e ora che si era svegliato, sembravano così felici da spingere Newt a pensare di essere stato un egoista e un ingrato a fare ciò che aveva fatto.
“Mi dispiace” disse solo e si morse il labbro a sangue per non scoppiare in lacrime. Tutti quei ragazzi gli volevano bene sul serio e lui li aveva fatti soffrire. Tutti ridevano e si abbracciavano tra loro, ma la sua attenzione, in quel caos, fu attratta da un unico movimento che lo fece sentire a tal punto colpevole da fargli del male: poco lontano dal letto, ma dietro alla folla dei Radurai raccolti intorno a lui, Minho si passò il dorso della mano sugli occhi e strinse i denti. Per la prima volta da quando lo conosceva, non gli avrebbe dato più di quindici anni.

L'euforia generale continuò per diversi minuti durante i quali Gally propose di organizzare una mega festa quella sera in onore di Newt e tutti esultarono, approvando l'idea. Frypan era partito subito in quarta pensando a cosa cucinare e Winston aveva cominciato a proporre di uccidere quel maiale di cui decantava le doti come una specie di giudice da fiera paesana del bestiame. Zart, con la sua solita apatia, propose di fare una torta con le pesche raccolte quella mattina e tutti si parlavano uno sull'altro completamente su di giri.
“Hey, massa di pive!” Intervenne Alby calmando la situazione. “Mi sta bene se volete fare una festa, basta che andate fuori di qui. Newt deve riposare”
Gli Intendenti, Frypan e Ben annuirono scusandosi e se ne andarono continuando la discussione in corridoio. Solo Alby, Minho e i Medicali rimasero nella stanza.
Newt sospirò, tutta quell'eccitazione gli aveva fatto venire un gran mal di testa.
“Newt” Jeff si avvicinò al letto e lo guardò serio “Sono contento che ti sei svegliato, cominciavamo a perdere le speranze”
Clint gli si avvicinò e assentì “Già, ormai credevamo che non ti saresti più ripreso”
“Riesci a dirci come ti senti?” gli chiese Jeff e questa volta la domanda richiedeva una risposta precisa.
Newt si inumidì le labbra screpolate e cercò di capire cosa potesse dire “Non lo so. Mi sento indolenzito e mi fa male tutto.” rispose generico.
“Bé è parecchio che non ti muovi, quindi credo che sia normale che ti senti così. Hai mal di testa? Nausea?” Clint provò a scavare più a fondo.
“Solo mal di testa. E il torace, mi fa male respirare”
“Pensiamo che tu abbia delle costole rotte” spiegò Jeff, poi indicò la sua gamba destra. “Come va la gamba?”
Newt non riusciva a muoverla per quanti sforzi facesse e, tra tutti i dolori che aveva, quello era di certo il peggiore. Scosse la testa “Fa un male infernale, caspio!”
I Medicali si scambiarono un'occhiata “E' messa male” disse Clint, poi inclinò il capo da un lato e si mise una mano sotto al mento “Come va la tua memoria? Ricordi tutto?” domandò.
Newt non era sicuro di aver capito la domanda “Quello che ricordate voi..” rispose e per un momento gli venne da pensare di nuovo a quello strano sogno.
Clint annuì pensieroso “Ricordi cosa ti è successo?”
A quella domanda Newt vide Minho e Alby scambiarsi un'occhiata rapida e il Velocista si staccò dalla parete a cui stava appoggiato, sembrava incuriosito.
Il biondo sentì montare il panico, ma una cosa gli fu subito chiara: aveva dato per scontato che tutti sapessero quello che aveva fatto, ma non era così.I Radurai non avevano idea di quello che era successo e lo stavano chiedendo a lui in quel momento. Newt si sentì di colpo sollevato, avrebbe mentito! Doveva farlo, i suoi amici avevano già sofferto abbastanza.
Fece finta di sforzare la memoria, nonostante ricordasse perfettamente ciò che era successo “No... Io, non lo so. Non ricordo molto”
I Medicali si guardarono di nuovo “Pensiamo che tu sia caduto” disse allora Clint “Non ti ricordi, non so, di esserti arrampicato sulla parete del Labirinto? Magari scappavi da un Dolente”
Newt si rese conto che la gamba rotta doveva avergli suggerito quell'ipotesi e forse poteva usarla a proprio vantaggio “Non mi ricordo un cacchio, Clint. Correvo nel Labirinto, poi non lo so, è tutto molto confuso...” mentì.
“Hai battuto la testa, probabilmente è per questo che non ti ricordi. Forse ti verrà in mente più avanti” suggerì Jeff e Newt annuì, ma non poté fare a meno di notare l'espressione sul viso di Minho: lo guardava fisso e accigliato, come se volesse dire qualcosa, ma non disse nulla.

 

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Il Braciere delle Fate:

Buon lunedì a tutti!
Eccomi tornata di nuovo. Come avete visto nello scorso capitolo, Newt si è finalmente svegliato per la gioia di tutti che ora possono rilassarsi un po', tanto da decidere di organizzare una festa per svagarsi XD
Ora però tutti vorrebbero sapere cosa sia successo a Newt, ma come ovvio che sia, ha deciso di mentire.
Che succederà con Minho e Alby che invece sospettano la verità? Seguitemi per scoprirlo XD
Piccola delucidazione: Non vorrei sembrarvi OOC con Frypan. Quando lo descrivo mi viene sempre forse un po' troppo sentimentale. Diciamo che ho deciso di dargli questa sfumatura fondendo il suo carattere da libro e quello da film, in cui mi piace molto tra l'altro. That's it!
Grazie a tutti i vecchi e i nuovi recensori e anche chi legge in silenzio!
Baci
Fairy

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

Non capitava quasi mai che i Radurai si impegnassero per organizzare una vera e propria festa, a volte, dopo la cena, si riunivano in un gruppo piuttosto ampio e chiacchieravano a lungo, fino a tardi. Quella sera invece, nonostante la decisione fosse stata presa ormai dopo il tramonto, la Radura fu teatro di una vera e autentica festa in grande stile, per quanto possibile, ovviamente.
Frypan aveva sgobbato come un pazzo per preparare tutta una serie di, a suo dire, manicaretti a base di maiale, pollo e verdure gentilmente procurati da Winston e Zart. Nonostante delle perplessità iniziali, il cuoco era riuscito persino a creare dei dolci e l'aria della Radura era satura del profumo delle pesche caramellate e della carne alla brace di cui si occupava Gally.
Qualcuno aveva abbozzato dei decori con fiori e rami e li aveva sparsi un po' ovunque per agghindare gli edifici, i Velocisti avevano attaccato insieme dei fogli e creato degli striscioni e dei cartelli con frasi bene augurali per Newt. Tutti erano stati più che d'accordo sul fatto che, dare fondo alla scorta del discutibile liquore creato da Frypan, fosse una buona idea e così la dispensa era stata quasi del tutto svuotata.
L'unico vero problema era che, siccome Newt si era appena ripreso da due settimane di coma e le sue ferite erano ancora gravi, Jeff e Clint avevano sconsigliato vivamente di spostarlo da dove si trovava e tanto meno di sovra eccitarlo troppo; di conseguenza Alby dichiarò l'inizio della festa dalla finestra della stanza nel Casolare e tutti i Radurai brindarono a Newt urlando abbastanza forte da farsi sentire.Erano le otto e mezza quando quella festa, più liberatoria che altro, ebbe inizio.
“E' veramente una cosa stupida!” disse Newt non riuscendo a mascherare un certo disagio “Che cacchio c'è da festeggiare?”
Minho avrebbe voluto rispondere, ma lasciò che a parlare fosse Alby “Lascia che si divertano. Siamo tutti felici e sollevati che tu ti sia svegliato finalmente. Lascia che quei pive si sfoghino un po'” disse seduto su una sedia acanto al letto.
Minho sorseggiò un po' del famoso liquore di Frypan e la gola gli andò a fuoco: non aveva idea di cosa ci fosse dentro, né di come il cuoco fosse riuscito a creare quella roba, ma ogni volta sembrava sempre peggio. Il sapore era vagamente fruttato e non era così orribile, ma l'effetto alcolico era fortissimo.
“Se sta roba dovesse prendere fuoco, verrebbe carbonizzato tutto il caspio di Labirinto” disse il Velocista con una smorfia.
Alby sorrise e allungò la sua tazza verso Minho “A Newt! Bentornato, amico!” guardò il biondo che buttò gli occhi al cielo.
“Alla tua brutta faccia di caspio!” il moro rispose al brindisi e i due ragazzi fecero tintinnare le tazze prima di bere di nuovo.
“Vado a vedere cosa si sono inventati là sotto” disse poi Alby, si alzò in piedi e scompigliò piano i capelli di Newt “Cerca di riposare un po'” la sua voce si fece dolce e lieve, carica di affetto. “E tu non stancarlo troppo” puntò il dito contro Minho, che fece spallucce, e proseguì poi verso la porta.
Il Velocista storse la bocca, c'era qualcosa nel modo in cui Alby si comportava con Newt che gli dava sui nervi, ma decise che doveva essere solo la stanchezza e allontanò quella sensazione.
“Non sembri stare molto bene” disse all'improvviso il biondo distraendolo dai suoi pensieri.
Minho inarcò le sopracciglia “Sto alla grande invece!” sorrise “Ho solo qualche ora di sonno arretrato, ma non è niente finché i Dolenti non mi trovano mentre dormo nel Labirinto” ridacchiò.
“Che?!” Newt si accigliò “Ti si è riempita la testa di sploff?”
“Hey, calmati, sto scherzando. E' successo solo una volta... credo” Minho ci pensò su un attimo, non era certo che quella fosse la verità, ma non era importante. “Io sto bene, Newt. Smettila di preoccuparti per gli altri e pensa a rimetterti tu” sorrise sincero. In quel momento gli passò per la mente quella scritta sul taccuino del suo amico e fu tentato di parlargli di quello che pensava di aver scoperto, ma il solo pensiero lo feriva dentro e sentiva la rabbia risalirgli le vene come un fiume in piena. Decise che non era il momento adatto per quel discorso, avrebbe aspettato di sentire quale spiegazione avrebbe dato Newt qualora la memoria gli fosse tornata.
Il biondo sospirò e fissò l'attenzione alla finestra “Come è andata mentre non c'ero? Avete trovato qualcosa di nuovo?” chiese poi, senza guardarlo.
Minho scosse la testa “No, non direi. Niente di nuovo” rispose e si sentì inutile. Non era quella la risposta che avrebbe voluto dare.
Sì certo, ho trovato un'uscita e ti porterò via da questo caspio di orribile posto.
Pensò che era quella la risposta che avrebbe voluto dargli, ma sarebbe stata una menzogna e lui non era bravo a mentire.
Gli passò per la testa l'immagine di Alby che accarezzava i capelli a Newt e fu tentato da una voglia assoluta di essere lui a farlo, ma il solo pensiero accelerò il suo battito cardiaco in maniera incontrollata; deglutì a fatica e, mentre il suo amico guardava altrove, e allungò una mano verso di lui.
La porta si aprì in quel momento e ci mancò poco che Minho saltasse via dalla sedia per lo spavento; con un movimento rapido riportò la mano verso di sé e finse di ravvivarsi il ciuffo con aria innocente.
“A quanto pare è ora della pappa!” disse poi vedendo Jeff che entrava dalla porta con una ciotola fumante in mano.
Newt lo fulminò con lo sguardo, ma non disse nulla, fu il Mediacale a parlare “Sì! E' ora di deliziarti con le specialità della casa!”
Jeff mise la ciotola sul piccolo tavolo accanto al letto e si sedette sul materasso “Visto che non riesci ancora a metterti seduto devo aiutarti io, ok?”
Minho si intromise d'istinto “Posso farlo io se per te non è un problema” disse.
“Per me è uguale...” Jeff stava per alzarsi, ma Newt lo fermò.
“No!” proruppe di colpo “Preferisco che lo faccia tu, Jeff” disse poi, senza guardare nessuno in particolare “Minho, dovresti andare...”
Quelle parole colpirono il Velocista come una freccia, cercò per qualche secondo di incrociare lo sguardo del suo amico, ma quello lo teneva basso e non gliene diede modo.
“Ok, come vuoi faccia di caspio. Ti lascio mangiare.” disse con aria tranquilla e un sorriso e salutò prima di uscire dalla stanza.
Solo allora si accorse di non stare del tutto bene, così si appoggiò contro la porta e sospirò: la testa cominciava a girargli per via di quel brindisi e, ancora peggio, Newt lo aveva appena cacciato...

La grande festa nella Radura si stava dimostrando un vero successo. Ovunque i Radurai mangiavano, bevevano e ridevano rumorosamente tra loro, qualcuno cantava e riceveva fischi e applausi, altri cominciavano ad essere talmente ubriachi da non reggersi più in piedi e stavano sdraiati in mezzo al prato a guardare il cielo.
Minho addentò un succulento pezzo di carne alla brace e gli sembrò che anche nel suo corpo fosse in corso una grande festa. Aveva l'impressione di non aver mangiato per settimane intere, anche se si era sempre costretto a mettere qualcosa sotto i denti e finalmente si sentiva bene, finalmente il cibo che mangiava aveva riacquistato sapore. Sapeva di aver perso qualcosa in quell'ultimo periodo, aveva perso il se stesso che aveva imparato piano piano a conoscere e ora lo stava ritrovando. Sapere che Newt era vivo, che era sveglio e stava relativamente bene, gli faceva venire voglia di ridere, di scherzare e di mangiare.
Pensare a Newt gli faceva venire voglia di vivere.
Gettò l'osso in un piatto insieme agli altri e si avvicinò al fuoco su cui Gally stava arrostendo dei grossi pezzi di manzo “Fammi il pieno, amico!” disse allungando il piatto vuoto verso di lui. L'Intendente dei Costruttori sembrò compiaciuto e prese un paio di grosse costine dalla griglia improvvisata per darle all'altro “Vedo che ti è tornato l'appetito!” disse asciugandosi il sudore con un asciugamano.
Minho sorrise, tornò a sedersi in mezzo agli altri e si fiondò sulla carne, la fame lo stava uccidendo nonostante avesse già mangiato di tutto. Intorno a lui Frypan raccontava barzellette che sembrava essersi inventato di sana pianta, ma che facevano ridere tutti come se fosse il miglior comico del mondo e Minho pensò che non sarebbe stato lo stesso senza tutto quell'alcool. Winston sembrava più ubriaco di tutti, rideva come un cane che latra e sbraitava ad un livello di voce decisamente esagerato. Zart ridacchiava con Alby e Clint raccontava qualcosa ad un gruppetto di ragazzi intorno a lui. Minho notò i Velocisti in un gruppo a parte, si tenevano le braccia intorno alle spalle gli uni gli altri e intonavano cori ogni volta prima di fare un nuovo brindisi casuale e buttare giù altro di quel liquore.
“Tieni, ne ho salvato un pezzo per te” Ben gli comparve accanto e allungò verso di lui un piatto con un'enorme fetta di torta che agli occhi affamati di Minho sembrava deliziosa.
“Sei l'eroe della mia torta!” scherzò l'Intendente, sorrise e mise il piatto da parte mentre finiva la carne.
Ben ridacchiò e si sedette sull'erba accanto a lui, la luce del fuoco che scoppiettava difronte a loro giocava con i suoi ricci e faceva brillare le sue iridi azzurre “Sono contento che Newt si sia svegliato, mi sento in colpa per quello che gli è successo” disse abbracciandosi le ginocchia.
Minho mangiò un altro pezzo di manzo e si passò il dorso della mano sulla bocca “Non è stata colpa tua Ben, è stato un incidente” cercò di tirarlo su di morale, ma ancora quella storia della caduta accidentale gli suonava come la peggiore delle idiozie. “Anzi, hai fatto bene a tornare qui in fretta e ad avvisare Alby. Se non l'avessi fatto, non avremmo potuto salvarlo, quindi è anche merito tuo se Newt sta bene.”
Il Velocista non sembrava convinto di quelle parole, ma annuì distrattamente e lanciò a Minho delle occhiate furtive mentre giocherellava con un filo d'erba.
“Sei un buon Velocista, Ben. Sono fiero di te” concluse poi dandogli una piccola pacca sulla spalla; quel ragazzino aveva bisogno di incoraggiamento, e nessuno più di Minho era bravo in questo.
Il Velocista sembrò di colpo più felice e rivolse all'altro un sorriso dolce “Grazie!” disse.
“Oh, caspio! Quel cuoco da strapazzo ha battuto se stesso con sta cosa!” Minho si infilò in bocca un altro pezzo della torta alle pesche di Frypan e la gustò in una specie di estasi: non aveva mai mangiato niente del genere, il fondo era un po' duro, ma le pesche caramellate erano dolcissime e succose e il risultato era strepitoso. Non aveva idea se fosse davvero così buona o fosse solo un effetto di quel troppo alcool assunto a stomaco vuoto che ora cominciava a farlo sentire alticcio. Ben ridacchiò guardandolo mangiare con gusto quel trofeo che aveva sottratto agli altri Radurai apposta per il suo Intendente.
Minho divorò l'ultimo boccone e si stiracchiò, sentendosi finalmente pieno e ristorato, quel pasto gli aveva ridato energia e buon umore e si sentiva euforico... o forse era l'alcool? Il Velocista seduto accanto a lui bevve una lunga sorsata da una tazza che teneva in mano e gliela porse, rimanendo fermo a fissarlo qualche secondo.
“Che c'è?” chiese Minho con la tazza a metà strada verso la propria bocca.
Ben si protese verso di lui e gli passò un paio di volte l'indice della mano sull'angolo della bocca, sfiorandogli le labbra e lasciandolo stranito. Gli occhi affusolati scrutarono quelli celesti del ragazzino più piccolo che arrossì e appoggiò l'altra mano sulla coscia di Minho, prima di ritrarsi vistosamente imbarazzato “S-scusa..” biascicò nervoso “Avevi delle..briciole..”
L'Intendente continuò a guardarlo e inarcò un sopracciglio. Che caspio era stato?
“Stai bene?” chiese, Ben si stava comportando in modo strano e non riusciva a capire che cosa gli passasse per la testa.
Il Velocista annuì rapidamente senza alzare lo sguardo “Mmm”, era molto a disagio e il suo viso era vistosamente arrossato; Minho pensò che potesse aver bevuto troppo e forse non si sentisse bene per via di quel maledetto liquore che ormai aveva già iniziato prepotentemente a far girare la testa anche a lui. Svuotò il contenuto della tazza, nonostante non fu certo che fosse una buona idea e la buttò sull'erba.
“Ben? Va tutto bene?” provò di nuovo, vagamente preoccupato per lui.
“S-sì, sto bene” rispose, ma non osò alzare il viso.
Fu Minho questa volta a spostarsi verso di lui, gli passo le dita tra i ricci tenendolo per la nuca e obbligandolo a guardarlo: non capiva più bene che cosa stesse facendo, era preoccupato per Ben, ma si sentiva strano, la testa gli girava rimescolandogli le idee in un caos.
Il più piccolo gli sfiorò il collo con le dita fino ad incontrare i muscoli tesi del suo petto, dandogli i brividi e facendolo sentire accaldato e confuso.
“E' solo che...” sibilò Ben a voce bassa e guardandolo in viso, mentre con la mano disegnava percorsi astratti sulla sua pelle appena sotto il collo della maglietta; Minho chiuse gli occhi e si rese conto di avere il respiro pesante “Che...?” ansimò appena.
Ben si inumidì le labbra e prese a carezzargli il braccio con la mano che aveva libera, gli graffiò appena il bicipite e raggiunse la sua spalla sollevandogli la manica “S-sei davvero molto bello, Minho” disse sempre con quel tono basso e innocente.
L'intendente riportò lo sguardo sul ragazzino e sui suoi occhi grandi colore del cielo; aveva davvero detto quello che lui aveva sentito? Ben aveva detto che lo trovava “molto bello”?
Minho si sentiva in uno stato sempre più assurdo, le cure del suo amico gli stavano dando uno strano senso di piacere e brividi in tutto il corpo. Fece scorrere la mano dalla sua nuca fino al suo viso e gli passò il pollice sullo zigomo: la pelle di Ben era liscia e bianca e le sue labbra sottili, non aveva nessun evidente difetto, ma c'erano delle piccole lentiggini qua e là sotto ai suoi begli occhi. Minho si ritrovò inaspettatamente a pensare che anche lui fosse davvero carino e lo lasciò fare quando gli si avvicinò ancora e gli posò le labbra sul collo.
Strinse i denti e rimase immobile permettendo a Ben di baciarlo appena sotto l'orecchio e sempre più giù fino alla spalla, teneva gli occhi fissi su un punto, ma era come se non vedesse. Tutto il suo corpo era in balia di calore e brividi e ogni cosa intorno a lui era confusa e sfocata.
Che gli era successo? Che stava facendo?
Fu quando Ben arrivò a sfiorargli la mascella con le labbra che un lampo lo riportò alla realtà: in tutto quel caos di pensieri Minho ricordò di quando aveva sentito l'impulso di baciare Newt e si sentì inspiegabilmente colpevole e un idiota. Afferrò Ben per le spalle e lo allontanò da sé, aveva il fiato tagliato, si guardò intorno cercando di recuperare la ragione e notò che Alby se ne stava in piedi vicino alla cucina e lo fissava con un evidente cipiglio.
“Devo andare... in bagno, scusa.. io..” scosse il capo confuso e si alzò. Era la scusa più stupida che potesse inventarsi, prima di rendersi conto che non era del tutto una scusa. Doveva allontanarsi da Ben, doveva pensare e riprendersi, così attraversò la Radura fino alle Faccemorte.
Che caspio gli era appena successo?

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Il Braciere delle Fate:

*scava trincea e si nasconde dentro* Salve! *sbuca*
So che volete linciarmi dopo questo capitolo, sì, ne sono consapevole! Ma come dire, Minho era un po' ubriaco e le cose gli sono un pochino sfuggite di mano, ma.. che questo episodio possa smuovere qualcosa nella sua testolina?
Chissà...
Alla prossima settimana! Grazie a tutti voi che mi seguite!
Kisses
Fairy

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

Minho si inoltrò nel piccolo bosco e si appoggiò con la spalla ad un albero mentre tentava di svuotarsi la vescica, cosa che si dimostrò particolarmente ardua, dal momento che il riflesso fisico della sua eccitazione non lo aiutava affatto. Cercò di concentrarsi maggiormente e alla fine riuscì nel suo intento; si sollevò la zip dei pantaloni, troppo stretti, e si spostò da lì, doveva camminare un po' e riprendersi da quello stato confusionale.
Si maledisse per aver bevuto tutto quel maledetto alcool a stomaco vuoto, non lo avrebbe mai detto, ma si era preso una sbronza colossale.
Camminò ancora un po', la testa gli girava pericolosamente e così, poco prima di arrivare al cimitero nel folto del bosco, si fermò e si sedette sotto ad un albero. Non riusciva a credere a quello che era appena successo con Ben, ma che caspio passava per la testa di quel pive?
Perché si era comportato in quel modo assurdo? E sopratutto, perché lui lo aveva lasciato fare?
Incrociò le gambe e si strinse la testa fra le mani in un tentativo vano di fermare il mondo che gli ruotava intorno come impazzito. Era stato uno stupido a bere così tanto: erano giorni che mangiava poco e male e dormiva meno, era normale che quel maledetto liquore facesse quell'effetto al suo fisico indebolito. Come se non bastasse continuava a sentirsi accaldato e strano, non aveva mai provato niente del genere, non che riuscisse a ricordare, almeno.
Fece un paio di lunghi respiri e decise che doveva calmarsi e tornare in sé, quella strana sensazione doveva essere colpa della sbronza, non c'era altra spiegazione. Piegò la testa all'indietro e poggiò la nuca contro la corteccia dell'albero; tra i rami e le foglie, proprio sopra di lui si apriva un varco, una finestra che dava sull'immensità di quel cielo stellato e una lieve brezza gli accarezzò il viso dandogli sollievo.
Un brivido gli attraversò la schiena quando la sensazione delle labbra di Ben sul proprio collo tornò a torturarlo e Minho scosse piano la testa per eliminare quel pensiero.
Ben doveva essere ubriaco quanto lui, per questo aveva cercato di... di fare cosa esattamente?
Al Velocista tornò in mente il momento in cui aveva visto Clint e Jeff scambiarsi quel bacio e si sentì ancora a disagio: era quello che Ben aveva cercato di fare? Voleva baciarlo?
Per quale caspio di motivo? Era tutto assurdo!
Sospirò e chiuse gli occhi, ma anche il buio gli volteggiava intorno dandogli la nausea. Si portò una mano al collo senza pensarci, e strinse appena dove continuava a sentire quella sensazione calda e piacevole: avvertiva di voler provare ancora quel brivido, sentiva di averne un assoluto e indispensabile bisogno, ma, quando immaginava di sentirlo di nuovo, le labbra che assaggiavano la sua pelle non erano quelle di Ben...

***

Non aveva idea di che ore fossero, ma si sentiva stanco, così stanco che avrebbe dovuto crollare nel sonno da un momento all'altro, eppure era ancora lì, immobile a fissare quel cacchio di soffitto. Lo odiava!
C'erano dodici macchie di uno strano colore, ognuna di dimensione e forma diversa dall'altra e lui le conosceva già tutte a memoria, come se non avesse visto altro per tutta la vita e le odiava, tutte quante indistintamente, per qualche motivo gli davano fastidio.
Newt sospirò tra sé e spostò lo sguardo verso la finestra, consapevole che quelle stupide macchioline sarebbero state ancora lì appena avesse guardato di nuovo il soffitto; fuori era buio e il cielo era pieno di stelle, sentiva il rumore del fuoco e ancora qualche voce, ma le risate sguaiate e le grida ubriache erano cessate da almeno un'ora, o così gli sembrava dato che non aveva più il suo orologio al polso.
Dopo che Jeff lo aveva aiutato a mangiare, lui e Clint erano rimasti nella stanza per un po' a spiegargli dove e come era ferito e gli avevano fatto una serie di domande alle quali aveva risposto senza troppa convinzione. Poi, quando i Medicali se ne erano andati, si erano susseguite una serie di visite da parte di un numero imprecisato di ragazzi che gli avevano chiesto a ripetizione le stesse cose ogni volta fino a fargli sperare che la piantassero con quella processione insensata.
Newt aveva dovuto continuare a mentire.
Ogni volta che qualcuno gli domandava come si sentiva era stato costretto a dire di stare bene, ma non era la verità, mai una volta era stata la verità.
Bene? Perché mai avrebbe dovuto stare bene?
Non solo si trovava ancora prigioniero di quel maledettissimo Labirinto, ma, peggio ancora, era bloccato in un letto, con tutto il corpo che lo faceva impazzire dal dolore ad ogni minimo movimento.
Era tutto sbagliato!
Lui voleva solo morire, perché doveva essere così difficile ottenere una cosa che era così ovvia e così continuamente presente nella sua vita? Aveva visto morire dei ragazzi da quando erano arrivati alla Radura, perché non poteva semplicemente morire anche lui? Perché?
Perché?
Era così arrabbiato da voler piangere!
Non gli importava di niente e di nessuno, voleva solo morire una volta per tutte!
Un rumore fuori dalla porta della stanza attirò la sua attenzione.
“Vaffancaspio!” sussurrò tra sé; non aveva nessuna intenzione di rispondere ancora all'ennesima domanda già sentita mille volte, non aveva voglia di vedere nessuno. Stava per dire a chiunque fosse di andarsene, ma gli venne un'idea migliore: avrebbe finto di dormire, così non avrebbero potuto fargli nessuna domanda.
Voltò la testa dal lato opposto rispetto alla porta e chiuse gli occhi appena la sentì aprirsi.
Chiunque fosse, sembrò indugiare qualche istante prima di richiudere l'uscio, facendo ripiombare la stanza nell'oscurità interrotta solo dalla pallida luce astrale, poi si avvicinò al letto e si sedette sulla sedia, o almeno fu quello che sembrò a Newt dai rumori che sentiva.
Rimasero immobili entrambi per un tempo così lungo che Newt si sarebbe aspettato di vedere sorgere il sole; ebbe la tentazione di voltarsi e sbirciare per capire chi fosse la figura che gli sedeva accanto, ma temeva che, se lo avesse fatto, avrebbe dimostrato di non stare dormendo.
Trascorsero altri interminabili minuti senza che nulla accadesse e il torpore del sonno cominciò ad appesantire i sensi di Newt che piano piano, si sentiva trascinare via.
Era ormai in uno strano stato di trance tra la veglia e il sonno quando la figura che gli sedeva accanto gli afferrò la mano carezzandogli piano il dorso con il pollice, cullandolo con quel gesto dolce e continuo.
Chi era?
Newt avrebbe voluto scoprirlo, ma era così stanco da sentire appena quel contatto e, non seppe mai dire se era stato reale o solo un sogno quando aveva avvertito una mano insinuarsi piano tra i suoi capelli e labbra calde e morbide sfiorargli lo zigomo, calmando tutta quella rabbia che si sentiva dentro. Fu allora che una luce accecante riempì la sua vista.
Newt fu scaraventato di nuovo in un mondo di immagini sfocate e confuse, si trovava seduto in una stanza bianca su quello che gli sembrava un lettino da visita medica e aveva un cerotto colorato sul braccio. Non riusciva a distinguere bene il resto del paesaggio, ma c'era una strana figura verde difronte a lui che svuotava una siringa con del sangue e ne prelevava un campione per analizzarlo. Non aveva la minima idea di che posto fosse quello in cui si trovava, ma al contempo, si sentiva stufo di tutti quegli esami che continuavano a fargli. Sbuffò, non voleva stare lì, sentiva di voler tornare dai suoi amici.
“Quand'è che posso tornare a giocare con gli altri?” chiese dondolando i piedi e rendendosi conto di avere una voce molto più cristallina della propria.
“Molto presto piccolo. Lo sai che dobbiamo fare dei controlli” rispose la persona con la tuta verde e la sua voce rimbombò strana, come la sua figura sfocata.
“Sì sì...” il bambino sembrava sapere perfettamente cosa stesse accadendo e, pur sentendosi lui, Newt non riusciva ad afferrare la questione. Sapeva perché solo a lui facevano continuamente tutti quei test e prelievi, ma in realtà non lo sapeva affatto. Era surreale!
“Ok piccolo, tutto a posto. Sei sano come un pesciolino! Puoi tornare dai tuoi amici ora” spiegò poi la figura difronte a lui e la sua voce a Newt parve quella di una donna. Era gentile e Newt sorrise. “Evviva!” esultò prima di correre via.
La scena si contorse in un susseguirsi di Flash di cui non capì assolutamente nulla, ma all'improvviso ebbe paura e si trovò riverso a terra in una stanza completamente diversa da quella precedente: i contorni di quegli ambienti non erano mai definiti, ma a Newt sembrava una specie di palestra.
Si rese conto che si stava tenendo un fianco e gli faceva molto male, sopra di lui torreggiavano due figure enormi, senza quella strana tutta verde, questa volta. Erano due uomini e uno di loro stringeva un bastone di legno in una mano. Stava urlando, ma non lo sentiva, era tutto troppo contorto.
“...ccato!! Alzati se non ne vuoi ancora!” la voce dell'uomo irrompé nella sua testa all'improvviso.
“Hey, hey... Vacci piano!” Ridacchiò l'altro. “E' sano, per ora” rise ancora.
“Già, per ora! Ma prima o poi lo diventerà! O forse morirà prima, visto che non vale niente!”
L'uomo alzò il bastone e colpì Newt al braccio “Alzati!!” gridò.
Il ragazzino avvertì il colpo e urlò per il dolore, era terrorizzato, gli occhi gli si riempirono di lacrime e cercò di alzarsi, ma il fianco gli faceva troppo male.
L'uomo cattivo caricò ancora il colpo e Newt sentì un'altra scarica di dolore quando il legno impattò contro la sua schiena. Urlò.
“Non credo che il vostro superiore sarà contento di sapere che picchiate i suoi preziosi animaletti” disse una voce che proveniva dalle spalle dei due uomini. Si sentì la schiocco di una gomma da masticare e i due si voltarono.
Newt aveva la vista offuscata da tutto quello scenario fumoso, ma la voce che aveva sentito gli era parsa famigliare, anche se era un po' diversa dal normale.
Guardò infondo alla stanza e, appoggiato alla porta di quella strana palestra, c'era un ragazzino con le breccia conserte: era asiatico, era più basso, la sua pelle aveva una tonalità vagamente più chiara, i suoi lineamenti erano più tondi e paffuti e i suoi occhi appena più grandi, ma era Minho. Non doveva avere più di undici o dodici anni.
“Che diavolo ci fai tu qui, vedi di andartene e fatti i fatti tuoi!” gli disse l'uomo cattivo con il bastone e riportò l'attenzione su Newt ancora a terra tremante.
Minho si mosse veloce, corse verso di loro e colpì l'uomo con una spallata destabilizzandolo; poi si mise davanti a Newt e allargò le braccia.
L'individuo colpito fu aiutato dall'altro a tirarsi su “Come ti permetti, moccioso!” inveì.
“Lasciatelo stare! Prendetevela con me se ne avete il coraggio” ringhiò Minho e strinse i pugni.
Newt cercò ancora di alzarsi, ma senza successo. Che stava succedendo?
I due uomini risero, Minho si lanciò contro quello col bastone, ma l'altro lo prese alla sprovvista e gli bloccò le braccia.
“Lasciami!! Ti concio per le feste stup--” il legno colpì il ragazzino in pancia mozzandogli le parole in bocca.
Newt urlò e pianse, mentre quell'uomo cattivo bastonava il suo amico che stringeva i denti e cercava di imprecare tra un colpo e l'altro.
Quando fu lasciato libero, Minho si strinse la pancia tra le braccia e sputò sangue.
“Accidenti, ragazzino. Sei proprio una spina nel fianco” si lamentò l'uomo disarmato “Se non facciamo crescere le palle al tuo amichetto, morirà nel Labirinto”
Minho tossì un paio di volte, poi si trascinò fino a Newt e gli si mise davanti di nuovo “N-non morirà, invece...” biascicò pulendosi il sangue dalla bocca. “Lo difenderò io!” gridò mettendosi una mano sul petto.
I due uomini si guardarono e scoppiarono a ridere “Sì, certo!”
“Salva la tua amata, superuomo!” si sbellicò quello armato.
“Ti si è fritto il cervello, deficiente?” sbottò Minho “E' un ragazzo, nel caso fossi troppo stupido da vederlo da solo ed è mio amico! E io non lascio morire i miei amici!”
“Senti un po' mocciosetto!” l'uomo gli puntò contro il bastone “Chi ti credi di essere per metterti contro di noi! Levati! Perdi il tuo tempo con questo qui. E' solo uno schifoso S--”
“NON LO DIRE!!” Minho urlò all'improvviso, la sua voce rimbalzò con violenza contro le pareti, era furioso e fece schioccare i denti “NON OSARE!”
Scostò il bastone con un braccio e si lanciò contro l'uomo armato assestandogli un pugno nello stomaco che lo piegò in due. L'altro cercò di afferrarlo, ma il ragazzino fu più veloce e gli fece uno sgambetto che lo buttò a terra.
L'uomo armato attaccò di nuovo, ma Minho riuscì a schivare e il bastone colpì il pavimento spezzandosi in due in un'esplosione di schegge. Il secondo si alzò e prese il giovane da dietro, ma quello era carico di adrenalina e gli assestò una testata che gli fece scricchiolare il setto nasale in modo agghiacciante; l'uomo cadde a terra urlando di dolore e stringendosi il viso.
“Vediamo se così ti dai una calmata!!” urlò l'uomo armato caricando il colpo verso Newt che, ancora inerme a terra, non riuscì ad essere abbastanza veloce per reagire. Chiuse gli occhi aspettando di essere colpito, ma li riaprì immediatamente quando si sentì stringere da qualcuno.
Sgranò gli occhi sotto shock: Minho lo stava abbracciando, facendogli da scudo con il proprio corpo, il colpo dell'uomo impattò contro il suo amico e la parte spaccata del bastone strappò parte della sua maglietta e gli squarciò la pelle. Una nuvola di sangue riempì la sua visuale.
“MINHOOO!!” Newt gridò non credendo ai propri occhi mentre il suo amico lo teneva stretto e gemeva per il dolore.
“Minho.. Minho!!” lo chiamò in preda al panico, non sapendo che fare. Il moro alzò lo sguardo verso di lui e sorrise, anche se Newt riusciva chiaramente a vedere la sofferenza nei suoi occhi troppo giovani.
“Stai bene, Newt?” chiese lasciandolo senza parole. Come poteva chiedergli una cosa simile?
“S-sei ferito! Devi andare da un medico, subito...” la voce gli tremava e anche le mani, strinse il suo corpo e sentì il calore viscido del sangue che gli colava lungo la schiena.
“Non preoccuparti, sto bene” disse e sorrise di più “Se tu stai bene, allora... va tutto bene!” la sua voce era così dolce che a Newt si incendiò il cuore. Perché quello stupido si era messo in mezzo? Ora era ferito a causa sua! Era vero che non valeva niente, quei due uomini avevano ragione.
“Che diavolo sta succedendo qui?” una nuova voce squarciò l'aria, ma le immagini si confusero e tutto ciò che c'era attorno svanì in una nuvola. Newt fece appena in tempo a vedere dove Minho era stato colpito, una lunga ferita gli apriva la pelle dalla spalla destra fino a metà delle schiena, poi anche il suo amico svanì nel nulla e quando aprì gli occhi le dodici macchioline del soffitto erano lì ad aspettarlo.

 

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Il Braciere delle Fate:

Buonasera a tutti! Chiedo scusa se sono un po' in ritardo, ma ho avuto da fare in questi giorni.
Detto questo, ecco a voi il nuovo capitolo. Minho sembra cominciare a realizzare qualcosa, che dite? XD
Non so bene da dove mi è venuta fuori la seconda parte, quella del sogno, non so è una cosa che mi sono sempre immaginata per qualche motivo. In ogni caso, che ripercussioni avrà sul povero e infelice Newt questo nuovo sogno?
Scopritelo nei prossimi capitoli!
Baci e grazie a tutti!
Fairy

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

La stanza era completamente illuminata dalla luce dell'alba e Newt si rese conto lentamente di aver dormito. Si sentiva confuso e intontito, e nella sua mente si ripetevano immagini continue di quello strano sogno.
Era già la seconda volta che faceva un sogno così strano, anche se non si ricordava molto. Ricordava di aver sognato di essere piccolo in una specie di ospedale mentre faceva dei prelievi di sangue e poi di essere leggermente più grande e due uomini che lo pestavano per qualche ragione. Non aveva senso, forse erano solo immagini create dalla sua mente a causa del trauma subito per la caduta e dell'essere bloccato in un letto come se fosse in ospedale.
Però ricordava che c'era anche Minho in quel sogno: sì, lo difendeva da quegli uomini e poi..
Il cuore gli si congelò, aveva bene in mente l'immagine del suo amico che gli faceva da scudo e veniva gravemente ferito a causa sua. Perché aveva fatto quel sogno orribile? Si sentiva male al solo pensiero.
Cercò di muovere la mano destra per sfregarsi gli occhi, ma si accorse in quell'istante che non era solo nella stanza e che la sua mano era bloccata.
Il cuore gli mancò un battito: Minho era seduto sulla sedia e stava con la schiena piegata in avanti e le braccia incrociate come un cuscino sotto la testa; gli stringeva la mano nella propria e respirava tranquillo.
Newt rimase qualche secondo immobile a fissarlo e alla fine arrossì.
Come si fa a dormire in quel cacchio di modo? Pensò tra sé e non riuscì a non sorridere guardando la mano del ragazzo che stringeva la sua; gli piaceva quel contatto, le dita di Minho erano calde sulla sua pelle.
Una folata di vento entrò dalla finestra aperta e Newt respirò un po' più a fondo, anche se il petto gli faceva ancora male. Si sentiva stranamente meglio rispetto alla notte appena passata in cui era arrivato al punto di fingere di dormire per evitare stupide domande.
Una scarica elettrica gli attraversò la memoria.
Gli ultimi ricordi che aveva della sera precedente erano legati a qualcuno che era entrato nella stanza e si era seduto accanto a lui, qualcuno che lo aveva preso per mano e poi...
Si toccò lo zigomo destro con la mano libera e avvampò.
Minho?
Era stato lui a... baciarlo?
Newt guardò il suo amico che, così addormentato, sembrava un angioletto. Era davvero simile eppure così diverso da quel ragazzino che aveva appena sognato: i suoi lineamenti erano molto più netti e marcati, le sue labbra appena più sottili e la sua pelle, colorata dal sole, aveva la tonalità del caramello. La cosa che più di tutte era cambiata però, era il suo corpo, che ora non era più quello di un bambino, ma quello più alto e tonico di un uomo. Poi c'erano i suoi occhi... molto più affusolati e profondi di quelli del ragazzino nel suo sogno.
Newt sospirò e guardò fuori dalla finestra, doveva smetterla. Ogni volta che non riusciva a togliere gli occhi da lui, ogni volta che lo assaliva la certezza di trovarlo irrimediabilmente bellissimo, si sentiva strano e fuori posto.
Non era lui ad essere strano, Minho era davvero un bel ragazzo, chi cacchio avrebbe potuto negarlo? E che c'era di male nel pensare una cosa ovvia?
Newt cercò di sollevarsi appena sul cuscino per star più comodo, ma il suo corpo era totalmente indolenzito e dolorante e, come se non bastasse, quel suo lieve movimento fece mugugnare Minho che aprì gli occhi.
Il biondo si sentì di colpo a disagio, ma cercò di comportarsi normalmente anche se la sua mano era ancora stretta in quella del suo amico.
“Ti sei svegliato finalmente” disse .
Minho si sollevò sulla sedia e si sfregò gli occhi gonfi di sonno con la mano libera, sembrava disorientato e, per qualche ragione, a Newt venne da sorridere.
“Buongiorno...” biascicò sbadigliando, ma sembrò riprendersi in fretta appena si rese conto di stare tenendo il suo amico per mano: lo lasciò andare subito e distolse lo sguardo grattandosi la nuca “S-scusa!” disse, arrossendo appena.
Newt indicò fuori dalla finestra dove il sole sembrava già alto “Non sei in ritardo?” disse. Il moro storse la bocca, apparentemente ancora in una situazione di imbarazzo e l'aria si riempì di colpo dell'assordante nonché famigliare frastuono delle porte che si aprivano.
Quando il rumore cessò, Minho fece spallucce e sbadigliò di nuovo “Non credo proprio che quell'asilo di pive oggi sia in condizioni di uscire là fuori a correre, senza il rischio di vomitarsi addosso” spiegò appoggiandosi allo schienale della sedia.
Newt buttò gli occhi al cielo “Vi siete dati alla cacchio di pazza gioia stanotte” disse “Devi aver bevuto parecchio anche tu. Ecco perché ti sei addormentato in quella stupida posizione”
Ed ecco il perché di quel bacio.
“Sì, forse ho esagerato un pochino!” ridacchiò l'altro “Ma non devi preoccuparti, ho dormito così per due settimane, sono già gobbo ormai”
Il biondo trasalì. Come poteva dire una cosa simile con tanta naturalezza?
“Ora capisco perché hai quell'aspetto da schifo” disse stizzito.
Minho incrociò le braccia al petto “Che? Sarai bello tu!” gli rispose per le rime.
“Sembri una sploff dopo aver mangiato un chilo della salsina di Frypan!” Newt rincarò la dose e lo squadrò con un sorrisetto.
“Ha parlato quello con la faccia da capra!” il Velocista si indicò il viso e inarcò un sopracciglio “Sembri una capretta del caspio con quella cosa che ti cresce sul mento!”
Il biondo sembrò stupito, si toccò il viso e avvertì il lieve strato di barba biondo-rossiccia che aveva cominciato a crescergli sotto al mento e in altri punti in maniera sparsa.
“Chiudi quella caspio di fogna! Ti sei sgonfiato come un palloncino sgonfio!” tentò di difendersi di nuovo il biondo, questa volta sentendosi offeso.
“Hey, hey! Come caspio fate ad avere tutta questa energia a quest'ora?” Clint entrò nella stanza sbadigliando, seguito da Jeff che sembrava stare ancora dormendo.
“Il signorino deve recuperare due settimane di simpatia arretrata a quanto pare!” commentò Minho sorridendo.
“Tu la simpatia non la perdi mai invece!” continuò Newt fulminandolo con lo sguardo.
“Ok, ok! Siamo tutti simpatici qui! Fine primo round!” Clint si mise in mezzo a quella specie di litigio senza senso “Jeff, porta qui le bende che vediamo come sta Newt”
Nessuno rispose e Newt rivolse lo sguardo alla sedia sistemata contro il muro infondo alla stanza dove il Medicale stava seduto e pareva sul serio essersi addormentato.
“Oh caspio! JEFF!” Clint batté le mani due volte e il ragazzino saltò in piedi all'istante.
“Sì! Sono sveglio...” disse rischiando di cadere dalla sedia e si avvicinò al letto sbadigliando vistosamente.
“Te lo avevo detto di andare a dormire!” si lamentò Clint.
“Non è quello che ricordo io...” Jeff squadrò l'altro con una specie di occhiata d'intesa e cominciò ad occuparsi delle bende di Newt.
Il ragazzino gli tolse la fasciatura che aveva in testa e sorrise compiaciuto “Questo ormai è a posto!” disse. Il biondo sollevò una mano e si tastò la fronte trovando solo un piccolo rigonfiamento e una crosticina, ormai non sentiva quasi più nulla in quel punto; non poteva dire lo stesso del resto: il polso destro gli faceva ancora male, ma riusciva a muoverlo meglio e il lungo taglio che gli apriva il braccio sembrava in condizioni migliori, tanto che i Medicali furono d'accordo sul fatto di togliergli i punti. La maggior parte delle fasciature gli vennero tolte e Newt si sentì meglio senza tutta quella stoffa stretta addosso.
“Come va la gamba?” chiese poi Clint tirando indietro la coperta.
Newt provò a muoverla, ma non ci riuscì, gli faceva troppo male.
“Non bene direi...” fu il commento di Jeff nel vedere la smorfia di dolore sul viso del paziente.
I due gli cambiarono la fasciatura stando attenti a non fargli troppo male e Clint gli mise una specie di strano impasto sul grosso taglio che gli apriva la coscia e gli disse che non era ancora il caso di togliere i punti da quello perché era molto più profondo degli altri e c'era il rischio che si aprisse di nuovo.
“Proviamo a metterti seduto, ok?” lo informò poi Jeff.
Newt non era convinto che fosse una buona idea, ma si limitò ad annuire.
“Hey, Minho!” chiamò allora Clint “Dammi una mano!”
Il Velocista si avvicinò senza dire nulla e il biondo pensò che fosse rimasto ammutolito per via di ciò che aveva appena visto; si sentì in colpa, non voleva che Minho soffrisse a causa sua e, vedere il suo corpo pieno di ferite, lo faceva soffrire di certo.
Il ragazzo si chinò su di lui e Newt sentì il cuore impazzirgli nel petto appena le braccia del suo amico lo afferrarono da sotto spalle e gambe e lo sollevarono quel tanto che bastava per sistemarlo di nuovo sul materasso due secondi dopo, seduto e con la schiena appoggiata alla parete dove Clint gli aveva sistemato il cuscino.
“Sei troppo leggero” Minho lo guardò, ancora chinato su di lui, con il viso a pochi centimetri dal suo e Newt non riuscì più a respirare: i suoi occhi sottili erano velati da un'ombra di tristezza che li rendeva, se possibile, ancora più intensi.
Era troppo vicino! Pericolosamente troppo vicino, e il biondo non riusciva a calmare il caos che gli si agitava nel petto.
Perché gli aveva permesso di avvicinarsi tanto? Non avrebbe mai dovuto! Doveva allontanarlo subito!
Senza pensarci troppo alzò le braccia di scatto e spintonò Minho lontano da lui “Bene così!” disse con una foga esagerata e annaspò cercando di respirare. Quando riaprì gli occhi, l'Intendente lo stava guardando con un'espressione scioccata, aggrappato alla sedia per non cadere.
Newt si sentì uno schifo, voleva solo allontanarlo, ma aveva esagerato.
Anche i Medicali si erano bloccati difronte a quella sua pessima figura e si scambiarono un'occhiata tra loro, poi Clint si avvicinò a Minho e allungò una mano per aiutarlo ad alzarsi “Tutto bene, amico?”
Il Velocista abbassò lo sguardo e si rimise in piedi “Ti ho fatto male..?” chiese atono.
Newt strinse i denti pentendosi di aver agito d'istinto senza pensarci “Un po'...” rispose, anche se non era vero.
“Scusa” Minho tornò a sedersi e non incrociò più il suo sguardo, facendolo sentire sempre peggio.
“Mm?? Che cos'hai qui?” Clint stava per tornare a fare il suo lavoro quando abbassò appena il colletto della maglia di Minho, attirando l'attenzione di tutti.
Il Velocista si toccò il collo “Qui dove?” chiese disinteressato tastandosi la pelle.
Clint indicò il punto preciso e anche Newt lo vide: fu come se un vento gelido gli attraversasse il cuore da parte a parte.
“Qui! Hai un segno rosso” spiegò il Medicale.
“Già!” Anche Jeff si era avvicinato e lo stava osservando “Sembra quasi...”
Newt vide Minho inorridire e coprirsi quel punto con il palmo della mano e quella sua espressione colpevole fu abbastanza per confermare che quel segno era esattamente quello che sembrava.
“...Sembra un succhiotto!” ridacchiò Clint.

 

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Il Braciere delle Fate:

Eccomi eccomi! Buon Natale, buon Anno e buona Epifania tutti in super ritardo X°D
Scusate se aggiorno solo ora, ma come sempre sono stata impegnata!
Ringrazio sempre tutti quelli che mi seguono!
Detto questo...
Il breve idillio dei nostri piccioncini sembra nuovamente messo in pericolo! Che effetto farà a Newt aver visto quel simpatico ricordino sul collo di Minho? XD
Scopritelo nei prossimi capitoli!
Baci
Fairy

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

Fu come se un gigantesco masso da mille chili gli fosse appena caduto addosso.
Minho strinse più forte la presa sul proprio collo “Ma che caspio andate blaterando?!” cercò di difendersi disperatamente “Sono rimasto addormentato appoggiato alle braccia, sarà un segno del sonno!”
Clint rise di nuovo “Ah sì? Perché a me pare proprio un succhiotto con i fiocchi!”
Jeff cercò di trattenersi, ma scoppiò anche lui in una risata “Clint ha ragione, è proprio un succhiotto”
“Non lo è! Piantatela stupide facce di caspio!” inveì di nuovo il Velocista.
“Allora perché sei diventato tutto rosso?” domandò Clint con fare ammiccante.
Minho fu preso alla sprovvista. Era davvero arrossito?
Che caspio!
“Non sono affatto rosso! Sarà peggio per voi se non la finite subito!” Non avrebbe dovuto alterarsi, perdere le staffe lo avrebbe solo fatto passare per colpevole, ma era troppo agitato e non riusciva a calmarsi.
Perché era così agitato?
Istintivamente spostò la sua attenzione su Newt che lo guardava inespressivo, come se fosse spettatore di qualcosa di cui non gli importava.
I Medicali risero ancora un po' prima di ricomporsi “Ok, ok. Non ti scaldare” Jeff fece un lungo respiro e tornò ad ammassare le bende da buttare.
“Dicevamo... Come ti senti così, Newt? Le tue costole vanno meglio” chiese allora Clint tornando serio.
Il biondo distolse lo sguardo da Minho e assentì “Credo di sì, sto abbastanza comodo” rispose.
Il Velocista non ebbe il coraggio di togliersi la mano dal collo, era rimasto paralizzato da quello sguardo assente che Newt gli aveva appena rivolto, non lo aveva mai guardato in quel modo.
Continuava a sentirsi agitato e colpevole, come se avesse fatto qualcosa di assolutamente sbagliato e stupido e si maledisse ancora altre cento volte.
Non aveva la minima idea che Ben gli avesse lasciato quel segno, che razza di stupido era stato a lasciarlo fare!
Doveva spiegarsi, subito, o sentiva che le cose sarebbero peggiorate ancora.
Doveva parlare, subito, non c'era tempo da perdere!
“Newt, io.. Non è come sembra...” si incartò, non sapeva che dire e si sentiva in imbarazzo, oltretutto Jeff e Clint erano ancora lì.
Il biondo si voltò verso di lui con espressione interrogativa, ma non disse nulla, così Minho si costrinse a proseguire.
“Non è come sembra! N-non è successo niente.. è stato solo--”
“Perché mi stai dicendo queste cose? Non so di cosa stai parlando...” lo interruppe l'altro, la sua voce era ghiaccio.
Minho cercò di tornare in sé e sostenne il suo sguardo “Parlo di questo” disse togliendo la mano dal collo e rivelando di nuovo quel segno che non riusciva a vedersi e nemmeno sapeva quanto fosse evidente.
“Non ti ho chiesto né cosa sia né come te lo sei fatto. Quindi, perché cerchi di darmi delle cacchio di spiegazioni?” chiese, di nuovo con quel tono e quell'espressione disinteressata.
Già, perché?
Quello che stava facendo non aveva il minimo senso, perché cercava di giustificarsi? Quello che era successo con Ben non aveva nulla a che vedere con Newt, quindi perché si sentiva in colpa nei suoi confronti?
“Non lo so. Pensavo che...” non sapeva che dire, ma il biondo non gli permise comunque di proseguire.
“Quello che fai non mi riguarda!” disse acido “Se ti sei divertito, hai fatto solo bene! Non mi devi nessuna spiegazione e sopratutto...Non me ne frega un cacchio!”
Ogni parola trafisse Minho al petto come una pioggia di spilli di ghiaccio; per qualche ragione aveva pensato che lasciarsi toccare da Ben avrebbe fatto del male a Newt, ma in quel momento capì quanto si fosse sbagliato. Infondo loro due erano amici e questo non aveva niente a che vedere con ciò che era successo con Ben la sera prima. Aveva creduto che Newt si sarebbe sentito ferito, invece quello ferito era lui.
“Già, hai ragione!” disse sicuro di sé “Perché dovrei stare qui a dare delle spiegazione a quella tua testa vuota, quando potrei andare a divertirmi?”
“Allora perché non te ne vai?” Newt sfidò ancora il suo sguardo, un'ultima volta prima di voltarsi.
Minho fu colpito di nuovo, ma non si lasciò atterrare “Quel colpo alla testa ti ha reso un idiota!” concluse prima di uscire e sbattere la porta.
Non avrebbe voluto dire quelle parole, non le pensava sul serio, ma non riusciva a capire che diavolo stesse succedendo: da quando si era svegliato, Newt non faceva che comportarsi in modo strano.
Poteva essere che risvegliarsi dopo due settimane di coma fosse stato inaspettato e destabilizzante per lui, ma questo non giustificava il fatto che continuasse a comportarsi da stupida testa di sploff.
Sospirò e uscì dal Casolare con l'intento di trovare qualcosa da fare per distrarsi da quella situazione contorta.

Il sole era già alto quando la maggior parte dei Radurai cominciò a farsi vedere, vagando qua e là con un aspetto devastato. Frypan e Gally avevano ripreso i rispettivi lavori e parevano in piena forma, ma non si poteva dire lo stesso di Winston che sedeva tenendosi la testa tra le mani e pareva non aver fatto altro che vomitare per tutta la sua vita. Altri si tenevano un braccio sugli occhi a coprire la luce o barcollavano qualche metro prima di sedersi.
Minho bevve un sorso d'acqua e si passò il dorso della mano sulla fronte per eliminare alcune gocce di sudore, mentre osservava quella scena pietosa. Quella caspio di festa aveva fatto più danni che altro, ma per un certo verso era meglio così, era contento che si fossero tutti sfogati e divertiti, anche se quelle erano le conseguenze. Per quando riguardava lui, nonostante la sera prima si sentisse un vero schifo a causa dell'alcool, si era ripreso velocemente e ne fu sollevato.
Buttò la bottiglietta d'acqua sull'erba e si sgranchì le spalle prima di tornare a terra e cominciare un'altra serie di flessioni: doveva recuperare quello che aveva perso in quelle ultime settimane e Newt aveva ragione sul fatto che si fosse sgonfiato. Storse la bocca, la cosa non gli piaceva affatto!
Dato che quel giorno avevano deciso di lasciar perdere l'uscita nel Labirinto, considerate le pessime condizioni dei Velocisti, Minho aveva stabilito un piano di allenamento intensivo che lo avrebbe aiutato a rilassarsi e a tornare in forma.
Gli ultimi avvenimenti lo avevano destabilizzato totalmente e ogni volta che ripensava a ciò che era successo a Newt lo assaliva il panico: non poteva permettere che una cosa come quella accadesse di nuovo, sarebbe diventato più forte e avrebbe mantenuto quello che aveva promesso a se stesso.
Minho avrebbe protetto Newt a ogni costo, che lui lo avesse voluto o meno, questo non aveva molta importanza.
Cambiò posizione e alternò le flessioni con svariate serie di addominali; da quando si era svegliato, Newt non aveva mai voluto il suo aiuto, sembrava, anzi, che la sua sola presenza gli desse fastidio e non riusciva a capirne il motivo.
Si alzò per bere di nuovo e si toccò il collo, sperando che quel segno se ne andasse in fretta, non poteva sopportarlo, lo faceva sentire un traditore, anche se non aveva senso.
Si mise le mani nei capelli: come poteva essere tutto così rincaspiato? Ogni singola cosa si era complicata e ricomplicata e non aveva idea di come fare a sciogliere quel gigantesco nodo che si era creato nella sua vita. Era tutto un gran caos, non c'era più nulla che andasse bene e, come se quello non bastasse, non riusciva più nemmeno a pensare in maniera intelligente perché qualcosa continuava costantemente ad invadere la sua mente e a fargli perdere il filo.
Newt.
Quel nome riempiva la sua mente, occupandola totalmente e facendogli scordare tutto il resto; non era una novità, aveva pensato spesso a lui fin dal primo giorno, ma ora era diverso, quello che sentiva era diverso: più intenso, più complesso, più urgente...
Minho non aveva idea del perché, ma sentiva ancora la sua mancanza, avrebbe voluto vederlo felice, avrebbe voluto vederlo sorridere e invece non glielo aveva ancora visto fare da quando...
Da quel sorriso quella mattina.
Un brivido gli corse lungo le ossa, avrebbe dovuto essere felice di essersi svegliato, di essere vivo e invece non aveva mai dimostrato di esserlo. Da quando si era ripreso era sempre sembrato arrabbiato e infelice.
Cominciava a capire il perché di quel suo strano comportamento, anche se continuava a sperare di sbagliarsi: Newt si stava comportando esattamente come gli ultimi tempi prima del suo fantomatico “incidente”.
Minho strinse la bottiglietta nella mano fino ad accartocciarla mentre quel pensiero gli si disegnava in testa.
Newt non era felice di essere vivo.

***

“Ho detto che sto bene, smettila di farmi da babysitter, Alby!” Newt lanciò un'occhiata sbieca all'amico seduto accanto a lui. Per fortuna quella giornata era stata piuttosto tranquilla e, a parte i Medicali e Alby, nessuno era andato a fargli visita.
“Voglio solo essere sicuro che tu ti riprenda come si deve” sorrise il moro.
Era già la seconda volta che Alby lo andava a trovare quel giorno e ogni volta pareva sempre preoccupato che Newt potesse avere una ricaduta.
“Hai visto Minho oggi?” chiese poi il ragazzo più grande, mentre i colori del tramonto giocavano con i tratti del suo viso.
Newt fu colto alla sprovvista da quella domanda: non voleva parlarne, si sentiva ancora male per quello che era accaduto. “Solo stamattina...” rispose distaccato, sperando che l'altro non insistesse più su quel punto.
Alby sospirò “Dovresti essere un po' meno faccia di caspio con lui” disse in un tono quasi da rimprovero. Il biondo abbassò lo sguardo e non rispose, non gli andava una ramanzina delle solite.
“Dico sul serio Newt! Sai quanto è cocciuto e orgoglioso, probabilmente non lo ammetterà mai, ma ha sofferto davvero tanto per quello che ti è successo” Alby incrociò il suo sguardo “Ti sembrerà difficile da credere, ma anche se due settimane sono poche, a noi sono sembrate un'eternità” i suoi occhi si riempirono di tristezza e Newt avvertì il peso della colpa su di sé.
“Io l'ho visto crollare” disse poi il maggiore con voce afflitta “Non pensavo nemmeno che potesse succedergli una cosa simile, ma ho visto Minho crollare e perdere del tutto se stesso”
Newt fu ferito a fondo da quelle parole e sperò che Alby la smettesse subito; sentì la nausea salirgli in gola e la colpa pesare come un masso.
Fu in quel momento che la porta si aprì e Minho entrò nella stanza con qualcosa stretto nella mano destra e un'espressione che il biondo non avrebbe mai voluto vedergli in viso.
“Hey, Minho! Parlavamo di te” lo salutò Alby appena si avvicinò al letto.
Il Velocista continuò a fissare Newt con occhi severi “Davvero?” il suo tono contrastò completamente con quello sguardo e al biondo vennero i brividi.
“Più o meno” rispose allora cercando di prestare la sua attenzione a qualunque altra cosa.
“Perché non parliamo di te invece?” Minho sembrava tranquillo, quasi allegro, ma per qualche ragione Newt sentiva di essere spaventato “Parliamo di quello che ti passa in quella testa di sploff!”
Alby rimase immobile e dalla sua espressione sembrava non capire esattamente quello che stava accadendo davanti ai suoi occhi.
Newt fece spallucce “Che vuoi sapere?” chiese mantenendo una certa sicurezza.
“Non lo so, per esempio potresti cominciare raccontandoci come hai fatto a finire mezzo monco” disse con la sua consueta mancanza di tatto.
Alby stava per intervenire, ma Minho fece un gesto con la mano e lo zittì.
Il biondo si sentì assalire dal panico, doveva cercare di stare tranquillo: avrebbe mentito, come aveva già deciso di fare.
“Te l'ho detto, non me lo ricordo!” rispose secco.
“Scappavi da un Dolente?” continuò Minho praticamente ignorando la sua risposta.
Newt sospirò e si sfregò la fronte “Ho detto che non ricordo. Forse sì...” il cuore prese a battergli troppo velocemente, non poteva mentire in maniera convincente in quello stato.
“Ben ha detto di non aver visto nessun Dolente quel giorno, e nemmeno di averne sentiti” Minho incrociò le braccia al petto gonfiando i muscoli e lo guardò in attesa.
“Forse Ben non l'ha semplicemente incontrato! Quella cacchio di sezione è enorme” non avrebbe voluto sputare il nome di Ben in quel modo acido, ma per qualche ragione lo infastidiva troppo. Conoscendolo, era quasi certo che ci fosse lui dietro quel segno rosso sul collo del suo amico e la cosa lo mandava in bestia.
“Quei cosi disgustosi fanno un frastuono del caspio e tu sei rimasto ferito di mattina, se ci fosse stato un Dolente in quella sezione l'avrebbe girata probabilmente tutta e Ben lo avrebbe almeno sentito!” Il Velocista continuò con quella tonalità tranquilla, come se stesse raccontando una storia, ma il suo viso era spaventosamente serio.
“Tu non lo puoi sapere! E poi chi cacchio ha detto che qualunque cosa mi sia successa, sia accaduta di mattina?” gli diede contro il biondo.
“Minho, smettila. Che caspio--” Alby cercò di mettersi in mezzo, ma l'Intendente lo fermò di nuovo.
“Zitto Alby!” la sua voce si fece più feroce “Me lo ha detto un uccellino, nel tuo zaino” spiego con un mezzo ghigno e Newt trasalì.
“Che c'entra il mio zaino?” doveva calmarsi, di quel passo sarebbe finita male.
“Io e Ben siamo tornati nel Labirinto il giorno dopo e, indovina? Vicino alla tua bella pozzanghera di sangue abbiamo ritrovato il tuo zaino, intero e pulito come il caspio! Senza contare che era pieno! Era mattina quando lo hai tolto e lasciato lì! Perché lo hai fatto?” quella che era cominciata apparentemente come una chiacchierata era diventato di colpo un interrogatorio in piena regola.
Newt si sentì uno stupido; si era tolto lo zaino senza nemmeno pensarci. Era così convinto del successo del suo piano che non si era preoccupato di dover spiegare a qualcuno quel gesto.
“Io, non me lo ricordo. Dico davvero, Minho...” la sua sicurezza cominciava a vacillare.
“Minho, basta! Ora stai esagerando” Alby si alzò in piedi e sfidò il Velocista, ma questo lo ignorò totalmente è buttò sulle gambe di Newt quello che teneva in mano “Forse questo ti rinfrescherà la memoria!” disse.
Newt sgranò gli occhi prendendo tra le mani quello che riconobbe subito come il proprio taccuino per gli appunti.
Come poteva essere stato così incosciente?
Come avrebbe potuto giustificarsi per quello?

 

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Il Braciere delle Fate:

Ecco il nuovo capitolo.
Purtroppo questi due pive non hanno un attimo di pace! Prima Minho che si fa fregare da un succhiotto e ora Newt è stato messo alle strette. Come ne uscirà?
Si scatenerà un vero tifone oppure Minho sarà comprensivo? (se, come no XD)
Scopritelo nel prossimo capitolo!
Baci
Fairy

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

Un silenzio carico di tensione cadde sulla stanza come un grosso telo di velluto, mentre il rumore metallico delle porte della Radura che si chiudevano al tramonto scandiva il tempo.
Minho rimase immobile, con le braccia conserte e gli occhi sottili fissi su Newt, mentre Alby si faceva da parte, anche lui in attesa di una risposta.
Newt percorse con le dita i bordi dell'oggetto che teneva in mano, sentiva di avere il cuore in gola e le spalle al muro; ora era chiaro perché Minho lo stesse torchiando in quel modo. Per qualcuno che conosceva il Labirinto come lui sarebbe stato un gioco da ragazzi interpretare i suoi schizzi e non ci sarebbe voluto molto a fare due più due a quel punto.
Minho lo sapeva e realizzarlo lo fece stare male. Alby gli aveva appena detto di averlo visto crollare, cosa che non era nemmeno facile da immaginare, trattandosi dell'Intendente dei Velocisti e Newt riuscì a rimettere insieme le informazioni con un senso logico.
Che cosa avrebbe dovuto fare?
Non voleva confermare ciò per cui il suo amico aveva sofferto tanto, non voleva ferirlo ancora.
Odiava quella situazione, lui non doveva nemmeno essere lì!
“Che cosa hai fatto, Newt?” la voce di Minho ruppe il silenzio e lo fece sobbalzare.
“Mi spiace, non ricordo...” rispose il biondo, ma non sembrò per nulla convincente.
Lo sa!
“Sei un bugiardo e un vigliacco!” le parole del Velocista furono dure e affilate “Lascia che sia io allora a dirti quello che hai fatto, vediamo se ti torna la memoria”
“Minho...” Alby provò ancora a rimettere in sesto quella nave che stava inesorabilmente calando a picco, ma si bloccò, forse curioso anche lui di conoscere la verità
“Sei solo un moccioso del caspio e un maledetto egoista! Tu dovevi aiutare tutti quei pive a trovare un modo per andarsene da questo schifo di posto e invece ti sei sploffato nelle mutande e hai deciso per la strada più facile” Minho additò Newt, la sua voce era piena di rabbia malcelata.
“Pensavo di potermi fidare di te, invece ti sei arreso e hai abbandonato tutti a marcire qui dentro. Che schifo!”
Newt subì ogni parola senza dire nulla, non avrebbe mai voluto affrontare quella situazione, Minho aveva ragione: si era arreso.
“Non siamo tutti superuomini del cacchio come te, qui!” fu quello che uscì dalla sua bocca quando parlò, continuare a negare era inutile.
“Pensi che io non odi questo posto quanto te? Lo detesto e vorrei che potessimo andarcene tutti! Per questo non mi arrendo!”
“Sei soltanto un cavolo di illuso! Corri pure in quel Labirinto come un topo quanto ti pare, non troverai mai niente! E lo sai perché? Perché non c'è un cacchio di niente da trovare!” Newt alzò lo sguardo verso il suo interlocutore, gli occhi pieni d'ira di entrambi si scontrarono.
“Quindi è giusto arrendersi? E' questo che stai dicendo?”
“Sto dicendo che tu puoi fare come vuoi, ma questa è la mia cacchio vita e decido io!” il biondo strinse i denti “Dovevate farvi il caspio di cavoli vostri! Quello che faccio sono affari miei, dovevate starne fuori!”
“Newt, ma che stai dicendo?” Alby sembrava scioccato da quella scena.
“Non doveva andare così! E' tutto sbagliato!” Il biondo si mise le mani nei capelli “Io non dovrei essere qui!”
Voleva urlare e piangere, voleva morire!
“Speravi di sparire nel nulla senza che facessimo niente? Speravi che i Dolenti ti facessero sparire una volta chiuse le porte e noi ce ne stessimo qui a farci un tè?” inveì Minho perdendo parte di quella rabbia, la sua voce ora sembrava sofferente.
“Sì!” confermò Newt “Era proprio quello che dovevate fare! Starvene buoni al vostro posto! E invece no, dovete sempre fare i super eroi del cacchio voi due! Volevo solo una maledetta cosa e voi avete rovinato tutto! Siete voi ad essere degli schifosi egoisti!” ormai non aveva più importanza nulla, Newt avrebbe dato il peggio di sé, avrebbe sfogato tutto quello che aveva dentro e sarebbe rimasto solo. Era meglio così.
“Bene, allora aspetta che vado a farmi dare un bel coltello da Winston e ti aiuto io a suicidarti questa volta!” lo provocò il Velocista.
“Non ti ho mai chiesto di farlo! Avrei fatto tutto da solo, voi dovevate soltanto non immischiarvi nei fatti miei! Se pensate di avermi salvato, bé, vi sbaglia--” Newt urlò fuori quelle parole con rabbia, ma, prima che potesse finire, Minho lo colpì con uno schiaffo in pieno viso, costringendolo a piegarsi da un lato. Lo zigomo gli andò in fiamme e una scarica di dolore gli attraversò il busto.
Un secondo dopo il suo amico lo afferrò per la maglietta e lo sollevò obbligandolo a guardarlo: il volto di Minho era una maschera di rabbia e dolore, lo strattonò facendogli male “Noi siamo tuoi amici! Come hai potuto farci questo? Alby ha dato tutto se stesso per riportarti qui, per salvarti la vita! Non ti importa nulla di questo? Cosa credi che si provi a trovare il proprio migliore amico disteso in una pozza di sangue? Cosa credi che si provi a crederlo morto?!”
Alby abbassò lo sguardo e Newt si sentì di nuovo divorato dalla colpa, ma ormai era troppo tardi “Mi dispiace, non sarebbe successo se fosse rimasto qui” eliminò ogni sentimento dalla propria voce.
“Se stavi così male perché non ce ne hai mai parlato?” fu inaspettatamente Alby a porre quella domanda e Minho attese.
“Perché avrei dovuto? Non potevate fare un cacchio per me, nessuno poteva!” fu la sola risposta che Newt avrebbe mai potuto dare.
“Ti sbagli!” Minho abbassò appena lo sguardo, ma continuò a tenerlo per la maglietta “Avrei fatto qualunque cosa per te! Ti avrei aiutato, ti avrei protetto...” la sua voce si increspò e, quando alzò il capo, aveva gli occhi lucidi.
Newt pensò che erano finalmente giunti al punto in cui tutto si rompeva definitivamente: vedere Minho ad un passo dalle lacrime, con tutta quella rabbia e quel dolore nelle iridi fu abbastanza. Avrebbe messo fine a tutta quell'assurdità in un istante.
Ormai non c'era più pericolo di peggiorare le cose, Minho lo odiava per essere stato così vigliacco e debole.
Bene così.
Afferrò le braccia del Velocista e se le tolse di dosso “Falla finita con questa cacchio di storia!” disse gelido.
Avrebbe messo fine a tutto, sì, era la cosa migliore.
Guardò Minho con lo sguardo più carico d'odio che riuscì a fare “Non ho bisogno di aiuto!”
Non avrebbe più rovinato niente.
“Non ho bisogno di essere protetto!”
Avrebbe messo fine a quel dolore e a quella sua stupida fissazione.
“Non ho bisogno di te!!”
Mi dispiace...

“Ti odio! Ti odio, vattene!!” Newt gridò quell'ultima frase e picchiò un pugno sul materasso, non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo su Minho, non poteva guardarlo in faccia, non più.
Seguirono alcuni istanti di silenzio in cui nessuno disse nulla. Poi sentì il rumore dei passi del Velocista sul pavimento e la porta che si richiudeva qualche istante più tardi. Gli occhi gli si riempirono di lacrime, gli faceva male il cuore.
Chissà perché, in quel momento, gli tornò in mente quello strano sogno...

***

I giorni successivi Newt non vide più Minho nemmeno una volta.
Jeff gli disse di averlo visto più volte fuori dalla stanza, seduto per terra o appoggiato alla parete e Clint gli rivelò di averlo visto entrare qualche volta mentre lui era addormentato.
Non sapeva perché tutti fossero così fissati con il volergli a tutti i costi parlare di Minho, non gli interessava sapere niente. Newt era riuscito ad allontanarlo e la cosa gli stava benissimo così.
Era davvero un bugiardo!
Quello stupido gli mancava, ma questo non aveva nessuna importanza. Ciò che contava davvero era averlo allontanato da lui e da tutto quel dolore che gli girava intorno come un'aura malefica.
Minho sarebbe stato più felice senza quell'inutile zavorra sulle spalle, avrebbe pensato maggiormente a se stesso e agli altri invece che fissarsi su di lui.
Alby invece continuava ad andare a trovarlo, ma, dopo quell'episodio, passavano molto tempo in silenzio, come se non ci fosse nulla di cui parlare.
Più il tempo passava, più le sue ferite miglioravano. Dopo un'altra settimana Jeff gli tolse i punti da quel taglio sulla gamba dicendogli che andava molto meglio, le bende diminuirono sempre di più e, trascorse altre due settimane, cominciava a non sentire più tutto quel dolore al petto e poté iniziare a mettersi seduto da solo.
Il suo corpo riacquistava forza a mano a mano che i giorni passavano, ma Newt non poteva smettere di domandarsi a quale scopo avrebbe dovuto tornare in forma. Anche se fosse guarito del tutto, la situazione non era cambiata, era sempre in trappola e senza speranze.
Il suo corpo era un involucro vuoto ormai...

“Ah, è qui che ti eri cacciato!” Il ragazzino asiatico si sedette accanto a lui su quella che sembrava una scala di emergenza “Lo sai che non dovresti stare qui...”
“Sì, lo so...” il biondino si strinse le ginocchia con le braccia.
“Che ci fai qui? Ti nascondi?” Minho si piegò in avanti per guardarlo, dal colletto della sua maglietta si intravedeva la pesante fasciatura sotto di essa.
Newt scosse la testa e si sfregò le mani “Stavo solo pensando..” disse, la sua voce era cristallina.
Il moretto allungò le gambe e si mise a fare nuvolette con il fiato “Secondo me pensi troppo tu! Ti verrà mal di testa se continui così” ridacchiò allegro.
Il ragazzino più esile strinse i pugni “Perché l'hai fatto?” disse all'improvviso e Minho rimase stupito.
“Di che parli?” chiese tornando a giocare con la condensa.
“Perché ti sei messo in mezzo?”
“Aaah...” il moro sorrise “Ma che domande stupide mi fai? Quei due vigliacchi se la stavano prendendo con te! Che avrei dovuto fare?”
Newt strinse i denti e sentì le lacrime scorrergli sulle guance “Ma così ti hanno fatto del male e adesso sei ferito!”
“Non devi piangere! Guarda che io sto bene!” si prese la spalla e fece roteare il braccio “Vedi? E' tutto a posto!” disse, sempre con quel sorrisetto.
“Smettila, si apriranno i punti sei fai così, ma sei scemo?” Newt gli afferrò il braccio e glielo tenne fermo, ma così facendo il suo viso finì a pochi centimetri da quello di Minho.
“Ti fa ancora male dove quella stupida faccia di caspio ti ha colpito?” gli chiese dolce guardandolo negli occhi e facendolo arrossire.
“N-no. Sto bene...” rispose Newt e tornò ad abbracciarsi le ginocchia, imbarazzato.
“Meno male! Sono felice” Minho gli mise il braccio sano intorno alle spalle e se lo tirò più vicino.
Il suo corpo era caldo e il suo profumo fece sentire il biondino in uno strano stato di pace, appoggiò la testa alla spalla del suo amico e chiuse gli occhi.
“Non avere paura. Se qualcuno sarà cattivo con te, ci sarò sempre qui io a proteggerti, te lo prometto!” la voce dolce di Minho gli riempì la mente e le sue labbra gli posarono un bacio leggero fra i capelli dorati.
“Rientriamo adesso! E' pericoloso per te stare qui e poi... brrr... si gela!!” il moretto lo prese per mano e lo aiutò ad alzarsi.
“Guarda, Minho! Nevica...”

La stanza era avvolta nell'ombra, una figura era chinata su di lui, gli baciò i capelli e si allontanò.
Quando la porta si chiuse il sonno lo inghiottì di nuovo...

 

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Il Braciere delle fate:

Buonasera e ben trovati! Scusate il ritardo ma sono un po' presa. Scusate anche se non rispondo più alle recensioni! Ricomincerò di certo a farlo, promesso!
I nostri poveri pive sono arrivati al top del disastro... come dire, peggio di così non potrebbe andare XD
Che accadrà ora? Cosa li farà riunire?
Scopritelo nei prossimi capitoli!
Baci
Fairy

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

Era trascorso ormai un mese e mezzo da quel giorno, il giorno in cui Newt aveva detto a Minho di odiarlo, e da allora non lo aveva più visto.
Le sue condizioni fisiche erano molto migliorate in quel periodo: il polso destro era guarito del tutto, le ferite si erano rimarginate e gli ematomi spariti. Non sentiva più alcun dolore al petto, solo una sensazione di indolenzimento e, secondo Jeff, questo era segno che le costole erano tornate a posto. L'unico grosso problema rimaneva la gamba destra: i Medicali avevano iniziato a fargli provare a piegare il ginocchio e, nonostante gli facesse male, ci riusciva. Jeff e Clint ne furono felici e gli spiegarono quanto fosse stato dannatamente fortunato che il coltello, penetrandogli la carne, non avesse reciso nessun nervo o tendine. Ci sarebbe voluto del tempo prima che l'osso tornasse a posto, ma i Medicali erano dell'idea che, contro ogni aspettativa, sarebbe probabilmente tornato a camminare, forse non come prima, ma senza grossi problemi.
Nonostante tutte le buone notizie e il suo fisico che si riprendeva ogni giorno di più, Newt non era più stato lo stesso: mangiava quel tanto che gli bastava per rimanere in vita, o meglio, mangiava perché lo obbligavano a farlo; non parlava realmente quasi più con nessuno e trascorreva le giornate fissando fuori dalla finestra o, per lo più, dormendo.
Aveva lasciato andare tutto quello che aveva dentro, sentiva che non c'era più nessuna cosa al mondo di cui gli importasse e avvertiva costantemente il richiamo soave della morte.
L'unica pace che riuscisse a trovare era nel sonno e in quegli strani sogni che sapeva di fare, ma che non era in grado di ricordare al suo risveglio. Vivere così era inutile e frustrante, il suo cuore, o quello che ne restava, gli faceva male ogni secondo e quel senso di mancanza lo stritolava.
Minho.
Voleva morire.
Ogni istante di quell'inutile vita, Newt avrebbe voluto morire.

Un'altra giornata stava volgendo al termine ormai e per l'ennesima volta Alby sedeva su quella sedia senza dire una parola; era stupido e imbarazzante stare seduti nella stessa stanza e non dirsi nulla e Newt continuava a chiedersi per quanto sarebbe durata quella patetica routine.
Dopo il giorno in cui aveva assistito al suo litigio con Minho, Alby aveva cercato di parlare con lui e di farsi spiegare che cosa gli fosse successo, aveva cercato di adempiere al suo ruolo di “capo” facendogli una serie infinita di ramanzine su ciò che aveva fatto, come se potesse fregargliene qualcosa. Ad ogni modo, ad un certo punto anche Alby pareva aver gettato la spugna con lui: era arrabbiato e indignato, si vergognava di lui e Newt lo capiva, ma era stanco di vedersi addosso quello sguardo accusatorio.
Nonostante i sentimenti di Alby fossero questi, non aveva smesso di andare da lui e di trascorrere lì il suo tempo.
Minho invece non si era più fatto vivo e Newt sapeva perché: Minho lo odiava ora.
Lo odiava perché aveva capito che genere di persona fosse, era debole e patetico, un codardo e Minho odiava i codardi più di ogni cosa.
Newt trascorreva intere giornate a ripetersi quanto fosse meglio così. Era giusto che il suo ex amico se ne fosse andato via in quel modo ed era giusto che non fosse più tornato.
Ma aveva pianto quella volta.
Newt aveva pianto un sacco di volte, solo, in quella stanza, con quel nome sulle labbra. Ma era meglio così, era meglio se Minho gli stava lontano, continuava a pensarci e ogni volta gli tornava in mente quel sogno, l'ultimo che riusciva a ricordare.
Il rumore della sedia trascinata sul pavimento attirò la sua attenzione, rompendo il filo dei suoi pensieri. Alby si era alzato, gli affondò le dita tra i capelli come faceva sempre, in una specie di carezza e si diresse alla porta.
Newt strinse i denti “...Alby!” chiamò, la voce bassa e incerta.
Il ragazzo più grande sembrò sorpreso di sentire quel suono e si voltò a guardarlo “Che c'è?” rispose.
Il biondo guardò fuori dalla finestra, conosceva ogni dettaglio del paesaggio che riusciva a scorgere.
“Sta bene?” Non voleva sembrare interessato, non voleva che si sapesse che gli importava, ma gli mancava così tanto che avrebbe voluto strapparsi il cuore per non sentire più niente.
Alby tornò sui suoi passi e si mise le mani nelle tasche “Perché non glielo chiedi tu stesso?” fu la risposta che diede. Non c'era bisogno di fare nomi, sapevano entrambi chi era il soggetto di quel discorso.
Newt si torturò le dita “Non è più venuto qui” disse, la tristezza lo tradì e si maledisse.
Il moro scosse il capo lentamente e sospirò “Viene sempre qui!” il suo tono sembrava sottolineare quanto fosse ovvia quell'affermazione e il biondo lo guardò confuso.
“Minho viene qui ogni caspio di giorno” specificò “il fatto che tu non lo abbia più visto, non vuol dire che non sia più venuto”
Newt rimase scioccato da quella notizia, gli avevano detto che qualche volta Minho era passato mentre lui dormiva ma... Ogni giorno?
“Newt” la voce del capo si fece più dolce “Credi davvero che Minho si sia arreso così? Pensi che, solo perché gli hai detto quelle cose, lui non ti starà più accanto? Credevo che lo conoscessi meglio di così...”
“Digli di non venire più qui!” sputò fuori il biondo con poca convinzione, sentiva le lacrime minacciargli gli occhi.
Alby ridacchiò “Quando mai quel pive ubbidisce ad un mio ordine? Anche se glielo dicessi verrebbe lo stesso”
“Non deve! Non voglio...” strinse la coperta tra le dita cercando di trattenersi il più possibile.
“Si può sapere che ti ha fatto? Perché ti comporti così con lui? Si preoccupa solo che tu stia bene” il moro era esasperato da quella situazione assurda.
“Non voglio...” ripeté, la sua voce divenne un sussurro e il suo viso si rigò di lacrime.
Le immagini di quel sogno gli passarono davanti agli occhi come un disco incantato che continua a saltare. L'uomo che tiene bloccato Minho per le braccia mentre l'altro lo pesta a sangue con quel bastone.
“Perché si è fissato con me?” gemette con voce spezzata.
La lotta furiosa con quei due individui, il suo amico che viene colpito ancora.
“S-se continua così...”
Il corpo di Minho che gli fa da scudo. Il suono raccapricciante dell'impatto che gli lacera la carne. La nuvola di sangue davanti ai suoi occhi...
“S-se continua a proteggermi...”
Si farà del male!
La mano di Alby afferrò di colpo la sua riportandolo alla realtà “Ma che caspio stai dicendo?” disse scuotendolo. “Sei proprio una testa di sploff! Non è questione di essere fissato, ma non capisci proprio niente?”
Sospirò rumorosamente, non potendone più e Newt rimase bloccato a guardarlo.
“A voi stupidi pive bisogna sempre spiegare tutto!” ricominciò “Apri bene le orecchie, Newt! Puoi cacciare Minho fuori da qui quante volte ti pare, puoi offenderlo, dirgli che non ti importa di lui e tutte queste caspiate, ma non potrai mai cambiare le cose. Lui continuerà a venire qui, continuerà a starti vicino, anche se tu non te ne accorgerai, anche se tu non lo vorrai e continuerà a proteggerti e a rischiare le chiappe per te perché è una maledetta, cocciuta, bacata testa di sploff! Quindi dacci un taglio con questa storia! Parla con lui e spiegatevi una buona volta! E smettila di comportarti da idiota, sono stufo di dover sempre fare l'agenzia dei caspio di cuori infranti! Mi hai capito bene?”
Newt rimase a bocca aperta difronte a quelle parole e al fatto che Alby avesse perso le staffe in quel modo. Non aveva capito molto di quel discorso, ma per qualche ragione lo colpì in pieno. Era probabile che Alby avesse ragione: Minho aveva continuato a stargli vicino anche dopo ciò che gli aveva detto e avrebbe continuato a farlo, quel suo approccio non aveva funzionato.
Non voleva che Minho si facesse male per colpa sua, ma forse doveva trovare un altro modo per impedirlo...

***

Trascorse così un'altra settimana.
Fu praticamente identica alle precedenti, fatta eccezione per il fatto che Alby riprese a parlargli e Newt dovette ammettere con se stesso che parlare con lui lo faceva sentire un po' meglio: tutto sommato era bello non essere solo, almeno apparentemente, perché dentro si sentiva molto peggio che solo. Quella continua sensazione di malinconia non lo lasciava mai e il senso di colpa che lo divorava non gli dava pace.
Quello era un giorno uguale agli altri, era pomeriggio inoltrato e Newt se ne stava seduto su quel letto con l'aria che gli accarezzava i capelli dorati ormai lunghi fino oltre le spalle; era solo nella stanza e pensava a come sarebbe stato uscire finalmente da lì e tornare in mezzo agli altri. Era agitato, non sapeva se qualcuno avesse idea di quello che gli era davvero accaduto, fatta eccezione per Minho e Alby, ma avere addosso tutti quegli sguardi lo avrebbe fatto sentire colpevole.
Non era molto d'accordo con l'idea di tornare in mezzo alla Radura, ma i Medicali gli avevano detto che ormai era abbastanza guarito da poterlo spostare da lì e che gli avrebbe fatto bene stare un po' con gli altri e prendere un po' d'aria.
Newt aveva cercato di dissuaderli da quell'idea, ma non c'era stato verso e quindi si ritrovava ad aspettare che qualcuno lo accompagnasse giù: ancora non era il caso che si spostasse da solo, secondo Clint, quindi qualcuno lo avrebbe trasportato, probabilmente Gally, pensò Newt.
Stava giocherellando con la stoffa della coperta quando qualcuno bussò alla porta della stanza, cosa strana, nessuno di quei pive bussava mai.
“Avanti” disse buttando un'occhiata alla porta, che, dopo alcuni istanti di esitazione, si aprì. La figura che superò la soglia congelò Newt come si trovava, togliendogli il fiato e ferendogli il cuore.
“Posso?” Era Minho.
Il biondo deglutì, cercando di respirare: non si aspettava affatto di vederlo e il panico lo travolse, senza parlare del tracollo cardiaco che stava subendo.
“S-sì” rispose solo, in un vano tentativo di calmarsi.
Minho si avvicinò al letto di qualche passo, sembrava stare cercando le parole giuste da dire “Clint ha mandato me a prenderti per portarti giù” disse, sembrava stranamente insicuro “Se tu vuoi” aggiunse prima di fermarsi a circa un metro e mezzo dal suo interlocutore.
Newt strinse la coperta e abbassò lo sguardo: doveva dirgli di no e mandarlo via?
Imprecò tra sé, non era affatto preparato a quell'improvvisa entrata in scena. Perché quell'idiota di Clint aveva chiesto a Minho?
Non disse nulla, temporeggiò, le sue mani tremavano. Come doveva comportarsi dopo quello che aveva fatto? Probabilmente, anzi no, sicuramente Minho lo odiava.
Non se ne rese conto, ma trascorse forse troppo tempo perché il Velocista ad un certo punto sospirò “Ok! Vado a cercare Gally...” disse, sembrava triste e si voltò.
Newt ebbe un altro tracollo cardiaco, il panico lo attanagliò di nuovo come una morsa: Minho se ne stava di nuovo per andare, sarebbe uscito da quella porta e non sarebbe tornato, di nuovo.
“No!” proruppe, stupendosi di se stesso e il Velocista si fermò e tornò a guardarlo.
“Puoi... farlo tu? Per favore...” disse piano, sforzandosi di ricambiare quello sguardo e, quando un sorriso famigliare comparve sul volto del moro, avvertì il proprio cuore tornare a battere davvero, come non faceva più da troppo tempo...

 

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Il Braciere delle Fate:
Buonsalve a tutti! Scusate il ritardo mostruoso e di nuova la mancanza di risposte alle recensioni! Sono un disastro lo so, ma sono davvero molto impegnata in questo periodo.
Ad ogni modo ringrazio tutti coloro che mi seguono!
Nuovo capitolo!
Dunque, ormai la situazione tra Minho e Newt si è schiantata con una violenza inaudita ma chissà se forse questa è finalmente l'occasione in cui riprenderanno in mano la situazione?
Forse Newt con l'aiuto di Alby comincerà a capire qualcosa e cosa sarà successo a Minho in tutto il periodo in cui lui e Newt non si sono visti?
Scopritelo nel prossimo capitolo!
Grazie mille a tutti!
Bacioni!
Fairy

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