L'ombra del passato

di Maty66
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubi ***
Capitolo 2: *** Solo un ragazzo ***
Capitolo 3: *** La partita a scacchi ***
Capitolo 4: *** Incontri ***
Capitolo 5: *** Carestia ***
Capitolo 6: *** Decisioni necessarie ***
Capitolo 7: *** I più forti ***
Capitolo 8: *** Senza scampo ***
Capitolo 9: *** Per il bene di tutti ***
Capitolo 10: *** Conseguenze ***
Capitolo 11: *** In fuga ***
Capitolo 12: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 13: *** I nove ***
Capitolo 14: *** Tredici anni ***
Capitolo 15: *** Innocenza perduta ***
Capitolo 16: *** Tradimenti ***
Capitolo 17: *** Bentornato a casa ***
Capitolo 18: *** Madri e figli ***
Capitolo 19: *** Nemici ed alleati ***
Capitolo 20: *** Possibilità ***
Capitolo 21: *** Corri! ***
Capitolo 22: *** Fidati di Me ***
Capitolo 23: *** Tornerò fra le stelle ***
Capitolo 24: *** Quel che ci fa paura ***
Capitolo 25: *** Coraggio e fortuna ***
Capitolo 26: *** Una famiglia ***
Capitolo 27: *** Minacce ***
Capitolo 28: *** Perdonami se puoi ***
Capitolo 29: *** La giustizia dei vivi ***
Capitolo 30: *** La lunga strada verso casa ***



Capitolo 1
*** Incubi ***


 
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Capitolo 1

 Incubi

 

Il ragazzino dagli occhi blu guardò l’uomo che gli stava di fronte senza paura.

Almeno cercava di non mostrare paura  all’uomo che aveva ammirato come un maestro e che ora vedeva nella sua reale essenza.

“Sai James, sei una vera delusione per me… credevo che fossi abbastanza intelligente per comprendere  che  la decisione che ho preso era necessaria, oltre che l’unica possibile ed utile” disse l’uomo con voce calma, fissandolo senza mostrare alcuna emozione.

James cercò di  bloccare le lacrime che gli salivano agli occhi.

Le immagini di quello che era successo negli ultimi tre mesi gli tornarono prepotenti in mente:  gli spari, la gente che cadeva sotto i colpi delle guardie, le urla dei bambini, i pianti, le invocazioni degli adulti di salvare almeno i figli.

E sua zia che cercava comunque di consolarlo, anche subito prima di cadere a terra come un fantoccio cui hanno tagliato i fili, lo sguardo perso nel vuoto ed il petto insanguinato.

“Andrà tutto bene Jimmy…”  

“Ho davvero pensato che con la tua intelligenza e le tue capacità tu potessi essere il mio erede, ma mi sbagliavo evidentemente” continuò l’uomo avvicinandosi al ragazzino, bloccato per le braccia da una guardia  che gli stava alle spalle.

“Possiamo ancora rimediare. Io posso perdonare. Dimmi dove sono gli altri e tutto tornerà come prima” sibilò ancora con sguardo feroce, mentre gli carezzava il viso con il dorso della mano.

Il gesto fece cadere le ultime remore del ragazzino. Troppo intimo, troppo vicino, troppo…

“Fanculo…” urlò mentre gli sputava addosso.

L’uomo non si scompose, né si degnò di pulire il vestito.

“Come vuoi” disse piano e calmo, subito prima di colpirlo con pugno in pieno viso.

Il ragazzino sentì chiaramente le ossa del naso frantumarsi, ma riuscì comunque ad approfittare del momento di distrazione della guardia che lo teneva fermo per colpirlo con un calcio nello stinco.

La  guardia mollò la presa, ma poi ci mise un attimo a riprendere il controllo sul ragazzino, magro e debole come era.

L’uomo aveva assistito alla scena quasi divertito.

La guardia bestemmiò un paio di volte, mentre scuoteva violentemente il suo prigioniero.

“Governatore, lasciamelo cinque minuti e ti dirà tutto quello che vuoi sapere” fece con odio.

L’uomo sorrise ironico.

“So che non hai paura del dolore James, ci sei abituato vero?”

Il ragazzino lo guardò con la solita aria di sfida, con il sangue che gli colava dal naso rotto ed il terrore si era ormai impadronito del suo animo.

“Portalo giù, nella cantina” ordinò alla guardia.

 

 

Enterprise, data stellare 2261.5.19

 

Il trillo della sveglia  tirò Jim Kirk fuori dal suo incubo.

Trenta minuti all’inizio del turno alpha”  fece la voce suadente ed anonima del computer.

“Computer, luci al trenta per cento” ordinò Jim al sistema automatico, mettendo a fatica le gambe fuori dal letto.

Subito lo colse un dolore forte alla testa.

Chiuse gli occhi cercando di resistere alla tentazione di stendersi di nuovo sul letto.

Era la terza notte di seguito che dormiva pochissimo, più o meno due o tre ore e subito prima del risveglio.

E anche quelle poche ore erano tormentate dagli incubi.

Erano anni che non aveva più quel tipo di incubo.

Trascinando i piedi si diresse verso il bagno e si infilò nella doccia.

Una delle prime cose che aveva apprezzato della sua nomina a capitano erano i privilegi della sua cabina.

La doccia con acqua vera, ad esempio, al posto delle docce soniche a disposizione di tutti gli altri membri dell’equipaggio.

Ed il letto matrimoniale, peccato  non avesse nessuno con cui condividerlo.

Lasciò l’acqua calda scorrere sul corpo, sperando che portasse via con sé un po’ di tensione, ma quando uscì dalla doccia e si guardò allo specchio si accorse che la situazione non era cambiata molto.

Profonde occhiaie segnavano gli occhi blu, un tempo irresistibili per qualsiasi essere femminile nel raggio di un miglio.

Borbottando prese con le mani tremanti il rasoio e pensò che anche oggi doveva assolutamente evitare di farsi vedere da Bones.

Certo, probabilmente appena arrivato sul ponte anche Spock si sarebbe accorto che c’era qualcosa che non andava in lui, ma il vulcaniano era troppo discreto per andare oltre un timido suggerimento  a recarsi in infermeria.

Bones, no, lui non si sarebbe fermato sino a che non fosse riuscito a trascinarlo in infermeria e lì probabilmente l’avrebbe tormentato prima con  ripetute scansioni su tutto il corpo con il tricorder, per poi  divertirsi a pugnalarlo con almeno cinque hypospray, per finire con le solite raccomandazioni su cosa mangiare, quando farlo, quanto dormire ecc…ecc…

Il tutto condito con  imprecazioni varie su quanto fosse infantile  non curarsi della propria salute e con le solite invocazioni a confessare cosa lo tormentava.

Jim non aveva bisogno di tutto questo, almeno non ora.

 

“Ponte a capitano Kirk” la voce di Uhura arrivò all’interfono della cabina appena Jim aveva finito di radersi ed indossato l’uniforme.

“Qui Kirk”

“Comunicazione personale in arrivo da StarFleet, signore”

“Bene la passi nella mia cabina, tenente”

Appena si sedette alla sua scrivania lo schermo di fronte si illuminò, rivelando il volto sorridente dell’ammiraglio Archer.

“Buon giorno Jim” lo salutò l’uomo, ormai molto anziano, ma dagli occhi ancora vividi ed intelligenti.

“Buon giorno Ammiraglio” rispose Jim. Anche se tecnicamente non esisteva una “mattina” o una “sera” su di una nave spaziale, il tempo era per prassi regolato sul fuso orario di San Francisco, dove c’era  il comando StarFleet.

“Santo cielo, ragazzo, hai un aspetto orribile, se non fossi sull’Enterprise penserei che sei  reduce da una notte folle in un bar cardassiano” cercò di scherzare l’anziano ufficiale.

Jim calcolò che ormai doveva avere più di centoventi anni.

Età da pensione, se non fosse stato Archer.

Il vecchio aveva un atteggiamento confidenziale, e Jim pensava che, avendo preso il posto di Pike, forse si sentiva in dovere di trattarlo come faceva Chris.

Solo che Archer non era Chris Pike.

“Sto bene signore, sono solo un po’ stanco” rispose il capitano, cercando di intuire cosa volesse l’Ammiraglio.

La missione quinquennale era ormai in corso da un anno e le rare volte in cui Archer, capo operazioni di StarFleet, aveva chiesto di comunicare  personalmente con lui non erano mai state occasioni favorevoli.

“Come posso aiutarla Ammiraglio?” chiese poi cercando di andare al sodo.

“So che la missione che sto per assegnarvi non è proprio usuale per una nave come la tua Jim, ma…”

Jim cerò di restare impassibile, pur sapendo dove stava andando a parare il discorso.

Sicuramente  si trattava di un’altra missione ad uso e consumo della stampa.

Perché James Tiberius Kirk, il più giovane e pluridecorato capitano della Flotta, e l’eroico equipaggio dell’Enterprise erano diventati una specie di trofeo da esibire ad uso e consumo di un’opinione pubblica sfiduciata ed affamata di eroi.

E cosa poteva volere di meglio l’opinione pubblica di un giovane e brillante capitano alla guida della più prestigiosa nave della Flotta? Del “Golden boy” dagli occhi blu ed il sorriso accattivante, che per due volte aveva salvato la Terra dalla distruzione totale,  quasi sacrificando anche la propria vita allo scopo?

“Tu sai che   fra due giorni è previsto l’insediamento del Presidente Roslin su Cerberus VI?” continuò Archer.

“Certo signore” si limitò a rispondere Jim.

Almeno ora li chiamavano ‘Presidenti’ e non ‘Governatori’ e venivano eletti, non semplicemente nominati. Ma continuavano ad essere i rappresentanti della Federazione,  e soprattutto della Flotta, sulle nuove colonie. E soprattutto erano i garanti degli interessi della Federazione sul pianeta cui erano assegnati.

Cerberus VI  non era un pianeta particolarmente ospitale, né particolarmente ricco, ma la colonia che si era insediata lì era  di vitale importanza vista la sua posizione a confine con la zona neutrale che divideva la Federazione dall’Impero Klingon.

“L’Enterprise è incaricata di presenziare alla cerimonia e tu Jim dovrai procedere, quale delegato del Presidente, all’investitura di Roslin”

Jim Kirk sospirò, annuendo.

Certo,  non era la più prestigiosa delle missioni, né la più eccitante, ma forse un po’ di riposo avrebbe fatto bene all’equipaggio.

Avevano passato sei mesi molto duri, in continua tensione, a pattugliare la zona neutrale nel quadrante beta. Il benessere del suo equipaggio valeva la pena di qualche fotografia e di un discorso pomposo.

“Capisco che non sei entusiasta Jim, ma la vostra presenza è fortemente simbolica…” cercò di scusarsi Archer.

“Gli ordini sono ordini, signore” replicò il giovane capitano.

Solo due anni prima una frase del genere non sarebbe mai uscita dalla sua bocca ribelle, ma ora era abbastanza maturo da capire le esigenze della catena di comando.

Archer sorrise soddisfatto.

“Bene, il  Comando vi manderà le istruzioni operative. Ah Jim… ho una buona notizia per te… alla cerimonia sarà presente anche l’ambasciatrice Hoshi Sato”

Il nome provocò in Jim un tumulto confuso di sentimenti.

Hoshi Sato… nostalgia, affetto…  ma anche paura e dolore.

Perché il fato non lasciava che i ricordi rimanessero chiusi nel cassetto chiuso a chiave che c’era nella sua testa?

“Bene, ne sono felice” si costrinse a dire, prima di chiudere la comunicazione.

 

Lo sguardo indagatore di Spock lo trapassò appena Jim uscì dal turboascensore.

“Capitano sul ponte” annunciò come al solito Chekov.

“Buongiorno signori” salutò Jim sfoderando il solito sorriso accattivante.

Ma se il trucco poteva funzionare sugli altri, su Spock non aveva alcun effetto.

“Allora signor Spock ha avuto i dettagli della nostra missione?”

“Sì capitano, e devo dire che la nuova destinazione ha destato in me  un certo sconcerto”

“Sconcerto Spock? In fondo  si tratta solo di presenziare ad una cerimonia di insediamento. E poi sarò io quello che sul palco deve pronunciare un discorso stupido…”

Jim cercò di imprimere alla conversazione un tono allegro, ma sentiva ancora gli occhi scuri di Spock indagarlo in ogni centimetro del suo corpo.

“Trovo solo illogico distogliere una nave come l’Enterprise dal servizio di pattugliamento per spedirla ad una semplice cerimonia di insediamento” rispose il vulcaniano con il solito tono calmo e monocorde.

“Beh, le ragioni della politica non sono sempre logiche, Spock. L’equipaggio avrà il tempo per tirare un po’ il fiato e questo non è un male”

Una giovane guardiamarina si avvicinò porgendogli la solita tazza di caffè e Jim non poté trattenere un leggero tremito alla mano mentre la prendeva.

Alzò gli occhi e si accorse che la cosa non era sfuggita al vulcaniano, il cui viso però era rimasto impassibile.

“Capitano… posso chiederle il livello attuale delle sue condizioni fisiche?” chiese Spock abbassando notevolmente il tono della voce.

“Il livello delle mie condizioni fisiche è buono grazie, signor Spock” rispose Jim cercando di nascondere il nervosismo.

  “Mi permetto di farle notare che alcuni segni depongono in senso contrario, signore” Il tono di Spock era assolutamente privo di emozione, ma Jim lo conosceva troppo bene per non notare la preoccupazione negli occhi scuri.

“Sto bene Spock, sono solo un po’ stanco”

  “Mi trovo costretto, quale suo XO e responsabile quindi anche della sua salute, di suggerirle…”

“Una visita in infermeria… lo so Spock” finì la frase Jim.

Spock si limitò a guardarlo con un muto sguardo di rimprovero.

“Ho solo qualche difficoltà a dormire, ultimamente. Se la cosa peggiora prometto che andrò di corsa dal dottor McCoy, contento?”

“Una tale assicurazione non può essere fatta solo per il mio piacere personale, capitano, ma esclusivamente nell’interesse  suo e dell’equipaggio di questa nave”

Jim rimase per un attimo spiazzato, ma era ancora un maestro nello sviare l’attenzione.

“Bene, credo che sia il caso che vada a controllare le riparazioni di Scotty. Se vogliamo essere puntuali su Cerberus VI dobbiamo avere i  motori a curvatura a piena potenza”  disse alzandosi dalla sedia in modo un po’ traballante.

E anche questo non sfuggì a Spock.

 

Arrivato alla sala macchine, quando le porte del turboascensore si aprirono, Jim Kirk capì che le cose potevano anche peggiorare.

Bones stava ad aspettarlo  vicino alle porte scorrevoli del reparto, come un falco.

Dopotutto Spock non era così discreto come lui credeva.

 

“Bones la vuoi finire?  Non davanti all’equipaggio” sibilò Jim furibondo, mentre il medico lo scannerizzava da capo a piedi con il suo tricorder agitando lo strumento come una specie di bastone voodoo.

“Se tu fossi venuto in infermeria come ti avevo chiesto tre giorni fa, non avrei bisogno di farlo qui”

“Sto bene, quante volte lo devo ripetere?”

La voce del giovane era ora quasi isterica.

“Sì come no… da quanto tempo non mangi?” chiese il medico accigliato mentre continuava a guardare lo schermo del tricorder.

“Da ieri sera…” provò a mentire Jim.

“Idiota bugiardo. Non c’eri a cena. E nemmeno stamattina a colazione” sbottò il medico, subito prima che Jim sentisse il solito sibilo dell’hypospary sul collo, seguito da un bruciore intenso.

“Ouch, almeno avvertimi… che cavolo era?”

Ormai il ragazzo era quasi isterico.

“Vitamine. E se continui così ti darò anche un sedativo. Non dormi bene?”

“Non dormo bene da quando sono capitano di questa nave, anzi no da quando conosco te in realtà…” sbottò Jim.

“Non sto scherzando Jim. Hai un livello di stress estremo. Se non ti vedo a pranzo e non mangi un pasto completo, ti metto in congedo medico. E stasera avrai un sedativo per dormire, ti ho avvertito”

La voce del medico era dura ed esigente e quando faceva così non c’era da scherzare.

“Ok…” si limitò a dire Jim, cercando finalmente di sfuggire al suo migliore amico.

“Ci sarà anche Hoshi vero?” chiese all’improvviso Bones.

Non c’era bisogno di introdurre il discorso. McCoy era una delle poche persone che sapeva qualcosa del passato di Jim prima della sua entrata all’Accademia.

Molto poco in realtà, sul punto preciso solo che Jim aveva vissuto con Hoshi Sato per quasi un anno, quando aveva quattordici anni.

“Sì, del resto è stata una dei sottoscrittori della carta della Federazione” rispose Jim con aria mite.

“Quanti anni ha? Quasi centotrenta mi pare…”

“Centotrentadue” rispose Jim con precisione.

Le immagini di Hoshi che gli insegnava in vulcaniano i sonetti di Surak, seduta sulla sua sedia a dondolo sulla veranda della casa  su Tarsus gli vennero in mente, dolci e tristi al tempo stesso.

Ma subito quelle immagini pacifiche vennero  sostituite da quelle dei mesi successivi.

La notte che incombeva, la paura, la navetta che si alzava sollevando mulinelli di polvere.

“Non vi lascio, Jim, tornerò con gli aiuti. Dovete solo resistere…”

Perso nei suoi pensieri Jim quasi sussultò quando Bones gli mise una mano sulla spalla.

“Da quanto non la vedi?” chiese il medico.

“Dalla cerimonia in memoria delle vittime di Khan”

Bones si era sempre stupito del rapporto che Jim aveva con Hoshi.

Gli era affezionatissimo, ma nel contempo la evitava, come se la sua sola presenza gli evocasse ricordi insopportabili.

Ma non aveva mai chiesto la ragione di tale comportamento. Jim non ne voleva parlare e quando si chiudeva così, ogni tentativo di rompere il  muro che si era creato intorno si rivelava inutile.

“Se abbiamo finito con le analisi fisiche  e psicologiche ho un lavoro da fare” concluse Kirk avviandosi verso la sala macchine.

 

Ovviamente non possiedo Star Trek , né i suoi personaggi.

Questa è la mia prima ff sull’universo trek,  e anche se posso dire di essere una trekker sfegata, alcuni particolari possono essermi sfuggiti, me ne scuso in anticipo. Ho cercato di conservare i tratti originali dei personaggi, così come sono nel reboot, per questo questa è una storia NO  SLASH. Mi spiace per chi rimarrà deluso da questa caratteristica della storia. Le recensioni sono graditissime.

 
 

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Capitolo 2
*** Solo un ragazzo ***


Capitolo 2
Solo un ragazzo
 
ENTERPRISE
Data stellare 2261.5.20
 
“Ponte a Capitano Kirk”
La chiamata sull’interfono della cabina svegliò di soprassalto Kirk.
Leggermente intontito per il sedativo che Bones gli aveva iniettato a tradimento la sera prima, arrivò incespicando all’interruttore.
“Qui Kirk”
“Capitano siamo a circa due ore da Cerberus VI, ho chiamato come mi aveva chiesto”  nella voce di Uhura c’era una nota di rammarico per aver chiamato così presto.
Jim guardò l’orologio sulla parete.
Era vecchio stile, l’unica cosa che aveva portato sulla nave dalla fattoria in Iowa.
Le cinque.
“Bene, grazie tenente, sarò sul ponte fra venti minuti”
Mentre andava verso il bagno si accorse di essere effettivamente più rilassato, anche se aveva avuto di nuovo un incubo.
In fondo gli intrugli che Bones gli iniettava potevano avere aspetti positivi a volte.
Ma lui odiava medici e medicine. Aveva passato troppo del suo tempo di bambino in ospedale, toccato, manipolato senza che nessuno gli spiegasse nulla o gli chiedesse cosa voleva fare.
Odiava tutti i medici.
Tutti ad eccezione di Bones, ovviamente.
 
Prima di arrivare sul ponte fece una breve deviazione verso la mensa, con l’intento di recuperare una mela. Se  Bones non lo vedeva mangiare poteva andare di nuovo in paranoia, quindi meglio prevenire.
Entrò nella grande sala, a quell’ora quasi deserta e subito la sua attenzione fu attratta dal giovane seduto ad uno dei tavoli in fondo.
Prese una mela dal replicatore e si avvicinò.
“Kevin…” salutò sedendosi di fronte al giovane, alto e dai capelli rossi.
Kevin Riley era uno degli ingegneri della nave, forse il più brillante della squadra di Scotty, ma Jim lo conosceva da molto più tempo.
E quello che condividevano era molto più  del comune servizio nella Flotta.
“Giorno Jim. Ho visto che mi hai messo nella squadra di sbarco per la cerimonia di insediamento” disse il giovane fissando vacuo. 
“Credevo che anche tu volessi vedere Hoshi” rispose il capitano.
Kevin sospirò.
“Lei significa molto più per te che per me… in fondo per me era solo  una insegnante”
“E’ stata molto più di questo, lo sai bene. Ma se non vuoi scendere non ho nessuna intenzione di forzarti. Basta dirlo”
Kevin sospirò di nuovo.
“No, non è questo. E’ solo che… Jim sai bene che la Flotta non vuole che ci incontriamo fra di noi, già è una cosa incredibile che mi hanno lasciato qui sull’Enterprise con te…”
“Qui nessuno conosce la nostra storia Kevin, nessuno sa chi sei, neppure Bones”
Kevin sospirò.
“Ci pensi ancora? Io ogni giorno della mia vita…” borbottò alla fine Kevin guardandosi le mani posate sulle ginocchia.
Jim cercò di trattenersi dal rivelare all’amico che sì, ci pensava anche lui, e che negli ultimi tre giorni non aveva fatto altro che avere incubi sul passato che condividevano.
“Certo, anche io… ma non lascerò che la Flotta ci condizioni ancor più di quello che ha già fatto. Quindi se tu vuoi scendere su Cerberus e vedere Hoshi sei libero di farlo”
Finalmente Kevin sorrise.
“Ve bene, scendo…”
“Sarà contenta di rivederti”
“Signor Riley la smetta di importunare le sue compagne…” rise Kevin imitando la voce di Hoshi.
 

TARSUS IV
Data stellare 2247.2.10
 
Il ragazzino dagli occhi blu  si mise in spalla il piccolo zaino che conteneva tutte le sue cose e si preparò a scendere alla navetta.
Finalmente erano arrivati.
La navetta trasporto era di vecchio tipo,  non dotata dei motori a curvatura di nuova generazione, per cui ci avevano messo più di due mesi per raggiungere Tarsus IV dalla Terra.
Mentre i portelloni si aprivano e la calda aria tropicale del pianeta arrivava alle sue narici il ragazzino sospirò di sollievo, sentendosi a casa.
La sensazione era strana ed inspiegabile: non era mai stato su Tarsus IV.
Non ricordava molto della zia Sarah, sorella di sua madre, né dello zio Alex o dei suoi cugini, ma aveva parlato più volte con loro in video dopo che era uscito dall’ospedale.
Pur se lontani gli zii avevano incaricato un  legale per ottenerne l’affido e portarlo a vivere con loro su Tarsus IV: Jimmy si  era sentito per la prima volta in vita sua accettato.
“Jimmy!” sentì una voce chiamare dalla folla di parenti e amici che erano venuti ad accogliere i passeggeri della navetta.
Una giovane donna bionda gli corse incontro.
“Finalmente…”
Zia Sarah lo abbracciò in modo travolgente.
“Ciao zia” balbettò il ragazzino.
“Gesù sei identico a tuo padre” esclamò la donna con le lacrime nei begli occhi verdi, mentre gli sollevava il viso.
Solo allora Jimmy si accorse che vicino alla zia c’era un uomo alto e robusto.
“Bene campione, benvenuto a casa” fece l’uomo stringendogli una spalla.
Quella semplice frase fece in modo di cancellare tutte le restanti sue paure di bambino.
“Salve zio Alex” salutò Jimmy.
“Andiamo, i tuoi cugini ti stanno aspettando. E  tua zia sta cucinando da una settimana. Abbiamo invitato qualche vicino per darti il benvenuto” sorrise zio Alex mentre lo conduceva all’esterno dell’hangar di attracco.
 
Nonostante i timori inziali la serata andò sorprendentemente bene.
I cugini di Jimmy, Max ed Allison, di otto e sei anni   l’avevano inizialmente guardato con un misto di stupore e ammirazione, ma i cuccioli di tutte le razze ci mettono poco a fare amicizia e  Jimmy era un leader nato, per cui alla fine della serata i due bambini più piccoli già seguivano il cugino dodicenne come piccoli soldati il loro comandante.
I vicini di casa degli zii erano  simpatici e cordiali, quasi tutti agricoltori come lo zio Alex, tranne una certa Hoshi Sato che era invece insegnante di xenolinguistica.
La donna, molto anziana, ma ancora in perfetta forma, si era mostrata subito molto interessata al nuovo arrivato.
“Mi hanno detto che frequenterai l’Accademia, quindi sarai mio allievo”
Jimmy si limitò ad annuire.
Aveva fatto i test  d’ingresso solo perché  la sua ammissione alla prestigiosa Accademia di Tarsus avrebbe facilitato il suo affidamento agli zii.
“Sai che sarai l’allievo più giovane? Hai dodici anni giusto?”
“Sì signora”
“E non ti spaventa stare in una classe di quindicenni?”
Jimmy la guardò con aria ironica.
Dopo quello che aveva passato in Iowa nulla poteva spaventarlo.
“No signora, so cavarmela” rispose.
“Già, così pare” sorrise Hoshi.
Jimmy sperò vivamente che lei e nessun altro oltre  gli zii fosse a conoscenza di quello che gli era successo, di quello che gli aveva fatto Frank.
“Allora ci vediamo a scuola” lo salutò Hoshi.
 
Jimmy non ci aveva messo molto a prendere sonno nella sua nuova camera, che divideva con Max.
Il bambino l’aveva tormentato per quasi un’ora facendosi raccontare tutte le cose che c’erano sulla Terra e che lui non aveva mai visto, essendo nato e vissuto nella colonia, ma poi aveva ceduto al sonno e si era addormentato nel letto di Jimmy.
Subito dopo anche Jimmy si era addormentato, salvo svegliarsi presto il mattino dopo.
Non aveva ancora perso l’abitudine di svegliarsi all’alba, così come faceva sulla terra, quando uscire di casa prima che Frank si svegliasse era una necessità se non voleva iniziare a prenderle di primo mattino.
Cercando di non fare rumore per non svegliare Max, Jimmy si alzò ed aprì l’armadio che sua zia gli aveva assegnato. Sorrise quando vide le fila ordinate di abiti che avevano comprato per lui e di nuovo provò quella calda sensazione di familiarità.
Scelse maglietta e pantaloni e si avviò verso il bagno.  
Le voci degli zii che discutevano al piano di sotto attirarono la sua attenzione.
Il ragazzino non voleva origliare, ma  quando sentì il nome di sua madre una forza irresistibile lo spinse a stare fermo immobile dietro ad un muro ad ascoltare.
“Hai sentito Winona?” chiese  Alex alla  moglie, intenta a preparare la colazione.
“No…” sospirò la donna.
“Cosa?? Vuoi dire che non ha neppure chiamato per sapere se il figlio è arrivato? Se sta bene?”
La voce dello zio era indignata.
“La conosci, lei è fatta così, non è mai stata molto espansiva…”
“Espansiva? E’ la madre, cazzo. Già l’ha lasciato con quel lurido figlio di puttana di Frank e se n’è andata in giro per lo spazio senza curarsi di quello che succedeva al ragazzino. Poi se n’è altamente fregata di lui anche dopo aver saputo quello che gli aveva fatto il suo secondo marito, l’uomo che lei ha deliberatamente portato nella vita di Jimmy e a cui lo aveva affidato … io sono… allibito”
“Abbassa la voce. Sveglierai i bambini! Comunque lei fidava sul fatto che ci fosse anche Sam” provò a giustificare Sarah.
“Oh giusto, tuo nipote Sam, quello che ha lasciato il fratellino in mano al patrigno psicopatico scappando chissà dove e facendo perdere le sue tracce. Identico a sua madre”
“Basta Alex, ti prego. Conosco anche io  come è fatta Winona e non voglio giustificarla. Ma devi capire che la morte di George l’ha sconvolta e ogni volta che guarda Jimmy lei rivede suo marito”
“Questo non significa nulla. E’ solo un ragazzino, maledizione, e ne ha già passate tante”
La voce di Alex ora si era fatta triste.
“L’importante è che ora è qui con noi. Noi siamo la sua famiglia e presto dimenticherà quello che gli ha fatto Frank. Spero solo che non facciano uscire quel bastardo di galera per molti anni”
Alex raggiunse la moglie e l’abbracciò da dietro, baciandole la spalla.
“Hai ragione. E’ un ragazzino bellissimo. E molto intelligente. Sai che ha il QI più alto fra gli alunni dell’Accademia? Ha un grande futuro davanti a sé”
Sarah si divincolò dall’abbraccio, innervosita.
“Sai bene che non sono d’accordo sul fatto che frequenti l’Accademia. E’ solo uno strumento nelle mani di Kodos”
“Non esagerare, Sarah,  è un grande onore per Jimmy entrare all’Accademia. Sarà il più giovane alunno della storia dell’istituto. Imparerà cose che in una scuola normale qui e anche sulla Terra non potrebbe mai imparare”
“Già, imparerà ad essere il perfetto cittadino, il prototipo perfetto per Kodos”
“No io spero che poi venga ammesso nella Flotta Stellare, come suo padre”
Sarah sorrise e continuò a preparare la colazione.
 
Jimmy era stato a sentire tutto quasi senza respirare.
Sapeva che sua madre non lo amava.
Non lo aveva mai amato.
Nei pochi ricordi che aveva di sua madre Winona, lei non lo guardava mai.
Troppo simile a suo padre, stessi occhi, stesso carattere, stesso modo di muoversi.
E lui era nato nello stesso momento in cui suo padre moriva, eroico comandante che sacrifica se stesso per salvare altre 800 persone, fra cui sua moglie ed i suoi due figli. Perfidamente Frank ogni tanto gli ricordava che sua madre l’aveva  quasi lasciato morire di fame quando era neonato, perché si rifiutava sia di allattarlo che di nutrirlo con il latte artificiale.
Sua madre non lo  amava.
Ma ora la sua vita stava per cambiare.
Quel Jimmy non esisteva più.
Ora aveva una famiglia, era stato ammesso in una scuola prestigiosa ed un giorno sarebbe entrato nella Flotta Stellare.
 
“Zii, posso chiedervi un favore?” chiese il ragazzino mentre erano tutti seduti al tavolo della colazione.
“Certo…” fece Sarah perplessa.
“Non voglio più essere chiamato Jimmy. E’ un nome da bambino ed io non sono più un bambino” annunciò pomposamente.
I due adulti si guardarono fra loro sorpresi, ma anche un po’ divertiti.
“E come vuoi essere chiamato? Jim o James?” chiese zio Alex.
“JT… James Tiberius… JT” propose subito Max.
Il ragazzo ci pensò un attimo e poi concluse annuendo: “Sì JT, mi piace”
Sarah soffocò un sorriso.
“Non posso assicurarti che ci riuscirò all’inizio, ma proveremo a chiamarti JT se ti fa piacere”
 
“Signori vi presento il nuovo allevio. James T. Kirk”
 Hoshi Sato presentò agli alunni della classe, ordinatamente seduti nei loro banchi, il nuovo arrivato.
“Preferirei essere chiamato JT” disse subito il bambino.
“In questa scuola non si usano diminutivi. Puoi sederti lì” rispose la donna mostrandogli il posto libero in seconda fila, accanto ad un ragazzo dai capelli rossi.
JT si sedette obbediente.
“Ciao io sono Kevin Riley” si presentò il ragazzo dai capelli rossi.
JT diede un’occhiata in giro.
Aveva fatto lo spavaldo anche quella mattina con gli zii, mostrandosi sicuro di sé, ma ora  gli faceva un po’ di paura essere lì, in una classe dove tutti avevano almeno tre anni più di lui e tutti i maschi lo sorpassavano almeno di una spanna.
Mentre tirava fuori il suo PADD la ragazza del banco davanti si girò e gli rivolse un sorriso luminoso.
“Ciao, io mi chiamo Martha” sussurrò.
JT sorrise sentendo le guance diventare di fuoco.
“Maledizione… appena arrivato e già sei riuscito a farti notare da Martha” sbottò Kevin.
“Sono settimane che cerco di farmi almeno guardare, ed invece arriva un moccioso e lei si sdilinquisce” continuò con voce decisamente incazzata.
“Mi spiace io…”
“Ma no, non è colpa tua… però hai visto che gambe fenomenali ha?” sussurrò.
“Martha, ehi Martha  quale file dobbiamo aprire?” Kevin cercò di far girare la ragazza, senza risultato.
“Signor Riley la smetta di importunare le sue compagne” lo rimproverò dura l’insegnante.
 

Non possiedo Star Trek o i suoi personaggi e ovviamente scrivo solo per divertimento.
Per chi non l’avesse visto, la storia di Tarsus IV e della permanenza di  Jim su quel pianeta è ispirata ad un episodio della serie classica, ovviamente rivisto secondo la mia fantasia e adattato al reboot.
Il che implica anche la presenza di Archer e Hoshi, sulla cui età- avrete notato- non sono stata precisa, anche se nel futuro suppongo che si potrà tranquillamente arrivare a 130 anni e più. 
Mi farebbe piacere sapere  cosa ne pensate della storia.

Sin da ora ringrazio chi ha recensito, la mia beta ( che sta betando nonostante fino ad ora non fosse appassionata della serie ed immagino il sacrificio) e chi ha già messo la storia fra i preferiti,  nonchè chi ha letto silenziosamente.
Saluti a tutti.

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Capitolo 3
*** La partita a scacchi ***


ENTERPRISE
Data stellare 2261.5.20

“Capitano sul ponte” annunciò Chekov con la solita enfasi.
“Rapporto signor Sulu” disse Kirk entrando in plancia di comando.
“Entreremo nell’orbita di Cerberus VI fra meno di un’ora, capitano. Sul pianeta sono le ore 13.05 standard” relazionò l’asiatico, alzandosi subito dalla poltrona di comando.
“Bene, tenente Uhura contatti il Palazzo della Presidenza. Comunicazione diretta con il Presidente Roslin. La passi sullo schermo”
Passarono solo pochi minuti che sullo schermo della plancia comparve il viso di un uomo di mezza età capelli argentati ed aspetto autoritario.
“Capitano Kirk, è un onore averla qui” disse  l’uomo, con sin  troppo ossequio.
“L’onore è mio e del mio equipaggio  per essere presenti alla cerimonia di insediamento ufficiale” rispose Jim con tono altrettanto ossequioso.
Se aveva imparato qualcosa  nei due anni in cui era stato capitano dell’Enterprise era la diplomazia.
Aveva già conosciuto Roslin sulla terra, era stato un politico di spicco,  non gli stava simpatico,  ed era sicuro che l’antipatia era ricambiata.
“E’ stata una vera sorpresa scoprire che la Flotta mandava la sua nave ammiraglia ed il suo giovane ed eroico comandante per una semplice cerimonia d’insediamento”
Kirk  notò distintamente il sarcasmo nella voce di Roslin.
“La Flotta conosce benissimo l’importanza di Cerberus VI e del Presidente Roslin” rispose con la voce ostentatamente calma.
  L’uomo sorrise mellifluo.
“Faremo del nostro meglio per accogliervi degnamente. Stasera ci sarà una cena di gala e vi prego di essere miei ospiti, lei ed il suo staff di comando, ovviamente. Sarò presente anche l’ambasciatrice Sato. La sua navetta ha appena attraccato”
“Sarà un vero piacere partecipare”
“Ne sono lieto. Nel frattempo l’ufficio del cerimoniale manderà tutti i dettagli sia per la cena di stasera che per la cerimonia di domani”
Roslin chiuse la comunicazione senza troppe cerimonie e a Kirk sfuggì  uno sbotto di disapprovazione.
Quell’uomo era decisamente antipatico.
“Signor Sulu visto che rimarremo qui per  due giorni predisponga dei turni per le licenze a terra dell’equipaggio. Assicuri il servizio d’ordine, non voglio problemi con i coloni” ordinò Jim.
Lampi di soddisfazione attraversarono gli occhi di tutti.
Una licenza a terra, anche di poche ore era un evento raro.
“Sì signore”
“Io sarò nel mio alloggio. Devo scrivere un discorso molto retorico e molto noioso… mi chiami per qualsiasi novità”  Jim sorrise mentre si alzava di nuovo dalla poltrona.
“Bene tenente, tiri fuori l’uniforme di gala. Ha una cena stasera”  sussurrò  ad Uhura mentre si avviava verso il turboascensore.
Gli occhi di Nyota s’illuminarono. 
“Grazie capitano”
 
 
“Andiamo Spock, non dirmi che non hai notato nulla”
“Dottor McCoy,  le ho già riferito che dalle mie osservazioni sulla persona del capitano non ho potuto evincere nulla di particolarmente allarmante”
“Ma se tu stesso ieri mi hai chiamato…”
“Solo perché avevo notato segni di stanchezza fisica nel capitano. Non è logico avere un capitano non in piena efficienza, quando si può ricorrere alle cure mediche. Stamattina ho incontrato il capitano che, grazie alle sue cure, mostrava netti segni di miglioramento”
“Andiamo folletto dalle orecchie a punta,  c’è qualcosa che non va in Jim e questo lo sai anche tu” incalzò McCoy.
“Dottore, mi spiace farle notare che la sua diagnosi ‘ c’è qualcosa che non va ’ è troppo generica affinché io possa esprimere un giudizio in merito”
“Parlare con te dà meno soddisfazioni  che rivolgersi ad un mulo”
“Non credo  si aspetti che l’animale terreste denominato volgarmente ‘mulo’ possa avere una conversazione con chiunque, dottore”
“Basta, mi arrendo me la cavo da solo”  sbottò McCoy. 
A volte pensava davvero che Spock fosse sull’Enterprise con il principale scopo di farlo innervosire.
“Lei reputa che il capitano sia turbato per la presenza sul pianeta dell’Ambasciatrice Sato? So che ha rapporti di familiarità con lei” disse però alla fine il Vulcaniano.
“Ecco finalmente” pensò McCoy “Si è deciso a far cadere la maschera di stronzo insensibile”
“Non lo so Spock, forse. Non so molto neppure io del passato di Jim, solo le cose che mi ha voluto dire o che ho evinto dalla sua cartella clinica. E ci sono due anni, subito prima che andasse a vivere per un breve periodo con la Sato sulla Terra, che sono segretati con un codice di massima sicurezza”
Spock alzò il sopracciglio senza però che la sua espressione mutasse di un millimetro.
“La sua deduzione che le attuali condizioni di disagio psicologico del capitano siano collegate a quel periodo mi sembra abbastanza  azzardata” fece con voce assolutamente atona.
“Già… ma ho una brutta sensazione”
“Sensazione dottore?”
“Lascia perdere, cosa ne vuoi sapere tu, folletto dal sangue verde e freddo”
In risposta McCoy ricevette solo un’altra alzata di sopracciglio.
“Sai perché Jim ha deciso di portare sul pianeta per la cerimonia d’insediamento anche Kevin Riley? E’ solo un ingegnere” chiese ancora McCoy.
“Il capitano ha compilato la lista del personale da far scendere per la cerimonia in piena autonomia, come sua prerogativa” 
“Già, so che sono amici da molto tempo, ma non mi ha mai detto come si sono conosciuti” continuò McCoy, parlando più che altro a se stesso.
“La sua continua aspettativa di conoscere o indagare su tutto ciò che riguarda il capitano Kirk  sta raggiungendo livelli illogici, dottore”
“E’ il capitano di questa nave e l’eroe della Federazione, Spock, ma è anche un ragazzo”
“Lei sta sottovalutando le risorse e le competenze del capitano, dottore”
“Sarà anche un perfetto ‘Guerriero Ninja’, una perfetta macchina da guerra, come dici tu, ma resta un ragazzo di ventotto anni, con un’anima incredibilmente segnata” concluse McCoy girando i tacchi e non lasciando a Spock il tempo di replicare.
 

TARSUS IV
Data Stellare 2247.6.10
 
JT era  sereno.
Per la prima volta nei suoi dodici anni di vita era sereno.
Aveva una famiglia, con due genitori che lo amavano davvero e due fratellini che lo adoravano e che lui adorava.
Sentiva come se la zia Sarah e lo zio Alex fossero sempre stati lì per lui, i ricordi di Frank, della fattoria in Iowa, di Sam e della mamma stavano svanendo, rinchiusi in un cassetto che non voleva più aprire.
E anche la scuola  andava alla grande.
Nessuno sapeva chi era, nessuno sapeva che era il bambino della Kelvin, e anche se lo sapevano non lo facevano notare.
Quella scuola non era noiosa come quella sulla Terra.
Lì non doveva far finta di non sapere le cose,  non doveva far finta di essere ‘stupidotto’ per  non attirare le attenzione dei vari bulletti.
Lì poteva essere se stesso, rispondere alle domande prima degli altri, fare domande ai professori, vincere il torneo di scacchi della scuola ed il premio per il miglior progetto di scienze, anche se era uno studente del primo anno e il più giovane della scuola.
Il fatto che fosse solo un dodicenne ed il migliore della classe non era valso ad attirare le attenzioni dei bulli, ma anzi ammirazione e rispetto.
Quello che gli piaceva di più erano le lunghe conversazioni che faceva con Hoshi, tornando dalla scuola o nei pomeriggi in cui i suoi zii erano al lavoro e Hoshi si offriva di stare con lui ed i suoi cuginetti.
Hoshi gli stava insegnando il vulcaniano, così JT poteva parlare con T’Por, il figlio dei due professori che lavoravano presso il Dipartimento delle Scienze.
Il ragazzino vulcaniano attirava JT più di una calamita, e anche se T’Por parlava perfettamente inglese standard, JT ne voleva sapere di più.
Hoshi era davvero fantastica, una vera nonna, gentile, premurosa e sempre allegra. Quando era fuori dell’Accademia però, perché quando era l’insegnante era severissima, anche e soprattutto con JT.
 
Quella mattina JT era ansioso.
Erano in attesa dei risultati del quadrimestre, e non riusciva a stare fermo sulla sedia, mentre aspettava che arrivassero i files sul PADD.
Sapeva di aver avuto buoni voti, ma  non vedeva l’ora di mostrare la pagella agli zii, per ricompensare i loro sforzi e far vedere che era un buon figlio.
“Sì!!!” sussurrò fra sé e sé quando vide i voti sullo schermo del suo PADD, cercando di non mostrare troppa esultanza.
Dieci in xenolinguistica, scienze, matematica e meccanica quantistica.
Ottimi voti anche nelle altre materie.
“Il solito secchione” sbottò sorridendo Kevin seduto accanto a lui.
Kevin era diventato il suo migliore amico, stavano quasi sempre insieme nelle ore libere, quando il ragazzone dai capelli rossi trascinava JT in esplorazioni delle zone  boscose circostanti alla  città.
Tarsus era un pianeta molto bello.
Grazie al clima molto caldo vi aveva attecchito la maggior parte delle piante tropicali portate dalla Terra, ma le coltivazioni restavano difficili.
Come gli aveva spiegato zio Alex tutte le colture alimentari che avevano cercato di piantare erano miseramente fallite a causa di un fungo, da cui sembrava immune il solo grano, che quindi era l’unica pianta commestibile, oltre a cocchi e platani, che riuscivano a produrre da soli.
Per il resto erano completamente dipendenti dalle forniture che arrivavano ogni tre mesi dalla Terra.
“Signor Kirk, può venire qui un attimo?” disse Hoshi Sato entrando in aula.
JT si alzò timoroso e andò verso la cattedra.
Non ricordava di aver fatto nulla di male.
“James, dopo la fine dell’orario dovresti trattenerti. Il Governatore manderà un’auto a prenderti, vuole conoscerti”  disse a bassa voce l’insegnante.
JT rimase sbalordito.
Il Governatore? Pochi su Tarsus potevano dire di averlo visto dal vivo.
Certo tutti lo conoscevano attraverso i telegiornali o le comunicazioni che venivano diffuse in città, ma appariva molto raramente in pubblico.
“B…bene” balbettò il ragazzino, cercando di nascondere la paura  e l’emozione.
Hoshi sorrise.
“Non c’è nulla di cui preoccuparsi James. E’ un grande onore  conoscere il Governatore. Ha molto sentito parlare di te, per questo vuole conoscerti. Avviserò io i tuoi zii, non ti preoccupare”
JT annuì e tornò, sempre preoccupato, al suo posto.
 
Era in assoluto la macchina più grande e lussuosa che JT avesse mai visto in vita sua.
Certo l’aveva già notata qualche volta, parcheggiata all’esterno del Palazzo del Governatore, ma solo da lontano, nessuno poteva avvicinarsi al Palazzo, protetto da grandi cancellate.
All’interno era assolutamente spettacolare, degna di una nave stellare.
Kevin l’aveva guardato salire sull’auto con un misto d’invidia e preoccupazione, e JT avrebbe dato chissà che cosa perché fosse lì con lui a guardare quella meraviglia. Soprattutto la presenza di qualcun altro non l’avrebbe fatto sembrare così piccolo, lì dentro.
La giovane donna che gli sedeva sul divano di fronte era bella e sembrava cordiale.
“Mi raccomando James, quando ti rivolgi al Governatore chiamalo sempre ‘signor governatore’, oppure solo  ‘signore’, e cerca di non parlare se lui non ti fa domande” gli ripeté per l’ennesima volta.
Anche se intimorito la mente  ancora ribelle di JT vagava con domande che non aveva il coraggio di porre.
“Che razza di nome è Kodos? E’ un terrestre, nessuno si chiama solo Kodos sulla Terra. E poi perché ci si deve rivolgere a lui come  se si stesse parlando ad un ammiraglio? E’ un civile, come me…”
Neppure si accorse che erano arrivati.
“Eccoci, scendi James” lo esortò la donna che poi lo condusse  per l’atrio gigantesco.
Il palazzo era ancora più grande e lussuoso di quanto JT avesse immaginato  dall’esterno, il soffitto a cupola dell’ingresso era altissimo e dappertutto c’erano statue simili a quelle greche o romane che JT aveva visto in foto sul PADD.
La magnificenza di quel posto diede fastidio a JT.
Tarsus VI era una colonia stabilitasi  da meno di venti anni, con notevoli difficoltà  a diventare autonoma dal punto di vista dei rifornimenti e gli abitanti conducevano una vita dignitosa, ma senza nessuno spreco.
JT stava attentissimo a riciclare, come gli avevano insegnato gli zii, qualsiasi cosa, dall’acqua alla plastica.
“Aspetta qui” le disse la donna mentre bussava all’interfono di una grande porta in mogano.
“Signore è arrivato il bambino che voleva vedere” disse la donna.
Subito dopo la serratura a scatto della grande porta si aprì e JT fu quasi spinto a forza dentro.
Inizialmente  il ragazzino non lo individuò nella stanza enorme.
Non  c’era  nessuno seduto dietro l’enorme scrivania che stava di fronte alla finestra, ma poi quasi subito JT scorse una figura alta che , in una sorta di abito militare, stava annaffiando alcune piante fiorite.
JT si bloccò indeciso sul da farsi.
“Vieni avvicinati” disse l’uomo continuando a curare le piante.
JT si avvicinò. Kodos era molto alto, con i capelli brizzolati. Anche  di spalle si poteva percepire l’autorità che emanava anche con la sola presenza.
“E’ bella vero? Così delicata e perfetta…” disse guardando la pianta e accarezzandone le foglie.
Effettivamente era una pianta bellissima, dai delicati fiori rosa, con i petali così leggeri che sembrava bastasse un colpo di vento a portarli via.
“Ma anche le cose all’apparenza fragili nascondo sorprese” fece Kodos mentre prendeva un piccolo insetto da una scatolina e lo infilzava su di uno stecchino.
Appena avvicinò l’insetto al fiore questo scattò in una mossa fulminea, facendolo sparire dalla punta dello stecchino, salvo poi riaprirsi delicato.
Kodos sorrise mentre girandosi guardava gli occhi blu, meravigliati, di JT.
“E’ una piana carnivora originaria di Andor. Più grande può arrivare a staccare una mano ad un uomo” disse sempre sorridendo.
JT non diede un fiato.
Kodos lo squadrò da capo a piedi con i  suoi penetranti occhi grigi.
“James Tiberius Kirk, il bambino della Kelvin”
JT si limitò ad annuire. Era tanto tempo che qualcuno non gli ricordava chi era… il bambino nato nello spazio, mentre suo padre moriva per salvare gli altri.
“Mi hanno detto grandi cose di te. Hoshi Sato è entusiasta, vuol fare di te uno xenolinguista, ma io e te sappiamo che saresti sprecato in quella carriera, giusto?”
Kodos si sedette sul divano ed indicò a JT la poltrona davanti a lui.
JT interpretò la frase come una domanda e quindi si sentì autorizzato a rispondere mentre si sedeva.
“In realtà la mia aspirazione è quella di entrare nella Flotta Stellare”
“Signore” aggiunse subito dopo ricordandosi le istruzioni.
“Certo, come tuo padre” la voce di Kodos era calma.
“Ti trovi bene qui? La scuola ti piace?” chiese il Governatore guardandolo negli occhi.
“Sì signore, molto”
“Mi hanno detto che hai vinto il torneo di scacchi e che in finale hai battuto un ragazzo dell’ultimo anno che era stato campione nelle ultime tre edizioni”
“E’ stata una partita molto combattuta, signore”
Kodos sorrise di nuovo.
“Vediamo cosa sai fare” disse mentre premeva alcuni tasti sul tavolino facendo comparire l’immagine olografica di una scacchiera  3D.
JT sentì una morsa gelata allo stomaco.
Giocare a scacchi con il Governatore, una cosa impensabile.
“A te la prima mossa” fece Kodos  mettendosi comodo sul divano.
 
“Regina in a4” disse JT, a metà partita, dopo aver scrutato la tastiera e subito il pezzo si mosse.
Kodos lo  guardò divertito.
“James… mi stai facendo vincere”
JT lo guardò arrossendo: era vero, lo stava facendo vincere, ma come poteva un ragazzino giocare davvero a scacchi con il Governatore?
“Gioca come sai fare o torna a casa” ordinò l’uomo con un lampo di furore negli occhi.
E JT giocò come sapeva fare.
E vinse.
 
Kodos guardò l’ologramma dell’orologio sulla parete.
“Si è fatto tardi  James, devi tornare a casa”
JT si alzò dalla poltrona sollevato. Il Governatore non pareva turbato dal fatto di aver perso la partita. Era un buon giocatore di scacchi, ma non al livello di JT.
“E’ stato un piacere giocare con te James”
“Anche per me signore” rispose il ragazzo.
“L’autista ti riaccompagnerà a casa. Iniziano le vacanze di metà anno domani”
“Sì signore”
“Quindi sarai libero per un po’…  verrai qui a fare colazione ogni mattina” disse Kodos con tono che non ammetteva repliche.
JT lo guardò allibito.
“I tuoi zii saranno informati dalla mia segreteria. E non ti preoccupare, non giocheremo solo a scacchi”
Kodos lasciò la stanza senza neppure salutare.
 
Appena entrato in casa per poco zia Sarah non lo buttò a terra abbracciandolo  in un pianto isterico.
“Dio ti ringrazio…” fece controllandolo come se fosse uscito da un ospedale.
“Ma zia credevo che la professoressa Sato ti avesse avvertita…”
“Sì, ma ti rendi conto di che ore sono? Cosa hai fatto? Perché Kodos ti ha voluto vedere?” chiese terrorizzata.
“Sarah, smettila, non esagerare. Stai spaventando i bambini” Zio Alex tirò indietro la moglie.
Max e Ally stavano a guardare impietriti la scena.
“Abbiamo giocato a scacchi” fece timido JT sentendosi in colpa.
“Giocato a scacchi??” Sarah ormai era irrefrenabile.
“Sì, niente di speciale” balbettò JT
“JT ha giocato a scacchi con il Governatore… yayaya” canzonò la piccola Ally.
“Direi che ci dovremmo dare tutti una calmata…” intervenne zio Alex.
JT rimase immobile e sconcertato.
Davvero non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere da parte della zia.
 Il Governatore gli era sembrato un po’ strano, autoritario ed amante del lusso, ma non pericoloso.
“Come faccio a calmarmi? Hai letto questo?” continuò zia Sarah mostrando il PADD personale su cui aveva appena ricevuto un messaggio.
Stavolta anche zio Alex  rimase senza parole.
“JT perché il Governatore vuole che tu vada lì tutte le mattine alle otto?” chiese stupefatto.
“Per… fare colazione” confessò candidamente il bambino.
Gli zii si guardarono fra loro senza dire nulla.
“Sarà meglio mettersi a tavola. La cena si sta freddando” concluse Sarah dando al marito uno sguardo d’intesa.
Era evidente che non volevano discutere della cosa davanti ai bambini.
 
  JT lasciò passare una mezz’ora da quando era andato a letto prima di alzarsi silenziosamente.
Sapeva che era una cosa sbagliata origliare quello che dicevano gli zii, ma il comportamento  l’aveva sconvolto al punto che si era persino dimenticato di mostrare loro la pagella, anche se doveva comunque essere arrivata anche sui loro PADD.
“Hai intenzione di lasciarglielo fare?” lo vece di zia Sarah era di nuovo tesa.
“Sarah… chiunque nella nostra posizione sarebbe orgoglioso” rispose il marito.
“Certo, orgogliosi di consegnare il proprio figlio ad un…”
“Non glielo stiamo consegnando, ci va solo a fare colazione”
“A che scopo? Perché il Governatore vuole fare colazione tutti i giorni con un bambino di dodici anni?”
“Sarah quello che gli successo non deve indurci a pensare che qualsiasi adulto abbia a che fare con JT gli voglia fare del male”
JT dalla sua posizione dietro al muro sentì distintamente la zia singhiozzare.
“Cara… non penso che ci possiamo opporre in ogni caso” la voce di zio Alex era dolce, ma ferma.
“Perché?”
“Sappiamo bene quanto è potente il Governatore, anche sulla Terra. E noi non siamo i genitori di JT, l’abbiamo solo in affido. Cosa succede se alla prossima visita i servizi sociali ci giudicano inadatti? Ce lo possono togliere Sarah…”
“Arriverebbe a questo?”
“Non lo so cara, ma vuoi correre il rischio?”
Nella stanza di sotto regnò il silenzio per alcuni secondi.
“E’ un ragazzino così intelligente… hai visto la pagella?” chiese zio Alex.
“Sì e non gli abbiamo neppure fatto i complimenti”
“Rimedieremo domani. Non ti preoccupare Sarah,  terrò la situazione d’occhio e se mi accorgo di qualcosa che non va lo porto via.  A costo di lasciare con tutti voi il pianeta”
JT tornò silenziosamente a letto con il cuore pensante.
Le preoccupazioni degli zii gli dispiacevano, continuava a credere che Kodos non fosse pericoloso più di tanto.
Ma una parte della sua mente continuava a suggerirgli l’idea che forse sarebbe stato meglio perdere quella partita a scacchi.
 
 
Non possiedo Star Trek o i suoi personaggi e mi piacciono molto le recensioni ;)
Un grazie a tutti:a chi ha letto, recensito, messo fra i preferiti ecc ecc.
 

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Capitolo 4
*** Incontri ***



Capitolo 4
Incontri
 
 
ENTERPRISE
Data stellare 2261.5.20
 
“Stai benissimo” disse sorridendo Nyota mentre aggiustava il colletto dell’uniforme di gala a Spock.
Non si aspettava che il complimento fosse ricambiato, Spock era un vulcaniano e lei aveva imparato a leggere i complimenti in frasi inaspettate o completamente neutre.
“L’uniforme si adatta perfettamente anche alla tua struttura fisica” rispose infatti Spock.
“Sono emozionata sai, sto per conoscere la mia eroina”
Si aspettava che Spock le facesse notare quanto fosse illogica un’emozione del genere, ma il vulcaniano rimase invece in silenzio mentre Nyota finiva di sistemargli la giacca.
“Sai come fa Kirk a conoscere Hoshi Sato così bene?” chiese ancora la ragazza incuriosita.
“Non credo di poter condividere con te informazioni riservate sulla vita del capitano”
La ragazza rimase un po’ male, ma in fondo sapeva che Spock aveva ragione.
“Dobbiamo affrettarci, ci staranno già aspettando” concluse il primo ufficiale con aria ‘quasi’ spazientita.
Quando era solo Spock non era mai in ritardo.
 
McCoy stava aspettando che Riley arrivasse nella sala teletrasporto.
Appena il giovane dai capelli rossi varcò le porte automatiche si precipitò verso di lui, prima che arrivasse anche Kirk.
“Tenente Riley, è una sorpresa vederla qui” esordì.
Immediatamente il giovane si mise sulla difensiva.
“E’ stata una sorpresa anche per me” rispose semplicemente.
“Conosce bene il capitano Kirk, giusto?” incalzò McCoy.
Riley lo guardò con aria indifferente,  anche se McCoy capiva  che il suo gioco era facilmente intuibile.
“Sì siamo amici dai tempi della scuola” si limitò a rispondere.
“Della scuola? Ma lei non è nato in Iowa…”
Kevin venne salvato dall’entrata di Jim nella sala.
McCoy non poté fare a meno di sorridere fra sé e sé vedendo lo sguardo di ammirazione che la giovane guardiamarina addetta alla sala lanciava verso il capitano.
Nella sua uniforme grigia, le scarpe lucidate, ed i capelli finalmente pettinati Kirk era semplicemente… bello. 
Giovane e bello.
“Spero di arrivare a fine serata senza strozzarmi” borbottò  toccandosi il colletto con la stessa aria di chi cerca di sfuggire alla morsa di un boa.
“Mi raccomando Jim non assaggiare nulla di cui non sei sicuro, ricordati le tue allergie” bisbigliò McCoy beccandosi immediatamente uno sguardo furibondo da parte del giovane capitano.
Jim non amava  che gli si ricordassero le sue allergie,  anche se erano  praticamente infinite.
“Spock e Uhura non sono ancora arrivati?” chiese impaziente, subito prima che i due comparissero come per magia sulla soglia.
“Penso che possiamo andare” sorrise Kirk nel guardare la sua squadra, tutti tirati a lucido.
Erano la perfetta incarnazione degli ideali della Federazione e della Flotta.
Il pensiero sollevò il suo animo per un attimo, ma già mentre saliva sulla piattaforma del teletrasporto il senso di angoscia che lo stava attagliando da più di quattro giorni tornò prepotente  a tormentargli la mente e lo stomaco.
 
“Capitano Kirk, benvenuti su Cerberus VI. Io sono Samantha Riker, segretaria personale del Presidente Roslin. Vi sta aspettando nel salone”
La ragazza bionda, stretta in un attillatissimo vestito nero che ne metteva in risalto le curve mozzafiato, venne loro incontro appena scesero dalla piattaforma del teletrasporto su Cerberus VI.
Nel guardare verso Jim, McCoy ebbe ancora una volta la conferma che c’era qualcosa di profondamente sbagliato nel suo migliore amico; in altre occasioni avrebbe letteralmente sbavato alla vista della bionda, ma ora il giovane capitano si era limitato ad un sorriso di cortesia e ad una stretta di mano formale.
Tutti seguirono la ragazza attraverso i corridoi e le sale dell’ampio palazzo presidenziale, sino al grande e lussuoso salone, già stracolmo di esseri di tutte le razze.
Musica soffusa faceva da sottofondo al chiacchiericcio costante che si mischiava al tintinnare dei bicchieri nelle mani degli ospiti.
“Capitano Kirk. Che onore ospitare una tale celebrità…”  Il sorriso ironico e quasi canzonatorio di Roslin irritò profondamente Jim.
Quell’uomo dal vivo, con i suoi modi melliflui e fintamente cortesi,  era ancora più antipatico, arrogante e soprattutto irritante di quanto pensasse.
Si costrinse a mantenere la calma ed una finta cordialità mentre presentava gli altri membri dell’equipaggio, sino a che non scorse una piccola figura, vestita in un kimono di seta rosa, con i lunghi cappelli color argento che le scendevano sulle spalle, che gli veniva incontro.
“Hoshi san… sei sempre bellissima” disse sorridendo dolce all’anziana signora che gli si parava davanti e lo guardava con affetto.
“E tu sei sempre il solito adulatore, bambino” rispose la donna stringendogli la mano nelle sue.
“Come stai, seduttore dagli occhi blu?” sussurrò Hoshi senza farsi sentire dagli altri.
“Bene Hoshi san, bene” mentì Jim.
“Conosci Spock il mio primo ufficiale?” chiese avvicinandosi al resto del gruppo.
“Lunga vita e prosperità, Spock, figlio di Sarek” disse Hoshi in vulcaniano, alzando la mano nel tipico saluto.
“Lunga vita e prosperità a lei, ambasciatrice Hoshi Sato” rispose Spock.
Dopo di che nel gruppo calò un silenzio imbarazzante.
“Ambasciatrice è un piacere rivederla” provò a rompere il ghiaccio McCoy.
“Anche per me dottor McCoy, anche per me…”
  Hoshi rispose cortesemente, ma la sua attenzione era attirata dalla figura alta dai capelli rossi che era alle spalle del gruppo in posizione defilata.
“Signor Riley…” sussurrò mentre la sorpresa le si disegnava sul volto.
Jim accennò un sorriso in risposta allo sguardo interrogativo di Hoshi.
“E’ uno dei nostri ingegneri sull’Enterprise, forse il migliore” disse  piano mentre si avvicinavano.
“Kevin…” Hoshi aveva le lacrime agli occhi.
“Professor.. ambasciatrice Sato” salutò Kevin, in modo formale, anche se l’emozione traspariva dalla sua faccia.
“Che bello rivedere un altro di voi…” balbettò Hoshi  mentre abbracciava forte il ragazzone dai capelli rossi.
La scena lasciò il resto della squadra  perplessa e senza parole.
 
“Allora ti decidi a  parlare?” chiese a bruciapelo McCoy appena ebbe a tiro Jim.
L’aveva inseguito per almeno un’ora per tutta la grande sala, ma ovviamente il ragazzo era bravissimo a svicolarsi, chiacchierando affascinate con tutti gli esseri di sesso femminile che incrociava sulla sua strada.
“Di cosa Bones?” rispose con aria innocente alla  domanda.
“Hai portato giù Kevin Riley perché già conosceva la Sato… quando l’ha incontrata? E perché la chiama professoressa?”
“Sai che sei un vero pettegolo impiccione? Del resto cosa ci si può aspettare da un gentiluomo del sud?”
Jim era bravissimo a sviare l’attenzione da sé, ma Bones lo conosceva da troppo tempo per farsi abbindolare.
“Prima Riley mi ha detto che vi conoscete dai tempi della scuola… ma lui non è mai stato in Iowa…”
All’improvviso McCoy si ritrovò a parlare da solo.
Jim  era fisso immobile a guardare la figura dell’uomo che era appena entrata nella sala.
Imponente, anche se non altissimo, il viso deturpato da una vistosa cicatrice che evidentemente nessuno aveva curato con il dermorigeneratore, al posto dell’occhio sinistro una protesi digitale di ultima generazione.
“Tom…” balbettò Kirk mentre si avvicinava.
L’uomo rimase per un attimo come allucinato.
“O mio Dio… JT…”
 

TARSUS IV
Data stellare 2247.6.11
 
“Entra James, vieni a sederti qui” disse Kodos appena vide la figura del ragazzino ferma sulla porta.
La tavola a cui era stato invitato era stracolma di cibo.
Neppure sulla terra JT aveva visto una tale abbondanza.
Il bambino si chiese dove Kodos avesse preso tutta quella frutta.
Pesche, ciliegie, banane.
Jim non mangiava una pesca da quando aveva lasciato la terra: anche se ne arrivava un piccolo quantitativo dalla Terra ogni tre mesi erano troppo care per essere comprate persino da piccoli borghesi come i suoi zii.
“Vuoi un po’ di frutta? So bene che i tuoi zii non ne comprano, e ti danno solo gli integratori sostitutivi”
La voce di Kodos era invitante e Jim si chiese se magari poteva domandargli di portare  due pesche a casa per i suoi cugini. Era abbastanza sicuro che Ally e Max non l’avessero mai assaggiate.
Ma intimorito si limitò a sedersi dove gli era stato detto, senza fiatare.
Kodos lo scrutò con aria divertita.
“Cosa c’è? Non hai fame?” chiese vedendo che il bambino rimaneva immobile.
“No è solo che…” poi JT si bloccò.
“Cosa?” la voce di Kodos  stava assumendo un tono irato.
“C’è tanta roba qui… cosa succede al cibo che non si consuma, signore?”
“Perché ti interessa?”
JT rimase per un secondo in silenzio, ma ormai aveva iniziato il discorso, non poteva mostrarsi vigliacco e tornare indietro.
“C’è tanta gente povera su questo pianeta… signore” sussurrò in modo appena udibile.
Gli occhi grigi di Kodos divennero quasi neri dalla rabbia.
Sospirò un paio di volte stringendo i pugni, ma quando parlò era calmo.
“James… vedo che l’educazione che ti hanno impartito sino ad ora sta avendo i suoi effetti. Ma siamo ancora in tempo per rimediare. Devi capire, ragazzo, che nella vita esistono delle precise leggi biologiche. Ci sono i forti e ci sono i deboli. Come in natura, anche per gli uomini i forti sopravvivono e sono destinati a far migliorare la razza ed i deboli, beh… se hanno uno scopo e risultano utili, bene, altrimenti… E’ inutile sprecare risorse preziose per i deboli”
Per tutto il tempo Kodos aveva fissato JT, ma il ragazzo aveva sviluppato, grazie alla sua esperienza con Frank, una perfetta faccia da poker.
Mai mostrare paura, altrimenti Frank si sarebbe accanito ancor di più.
Rimase perfettamente impassibile, anche se il cuore gli  batteva a mille.
“Ora fai colazione” ordinò Kodos e JT nonostante la nausea che provava prese la frutta e la mangiò.
 
“James questi è Arthur Leighton, è il capo della mia squadra di sicurezza ed anche il mio allenatore personale. Verrai qui tre pomeriggi a settimana e lui ti insegnerà quel che devi sapere”
JT guardò sbalordito l’uomo che aveva davanti.
Era semplicemente enorme, l’uomo più alto e muscoloso che JT avesse mai visto.
“Come vedi Arthur il ragazzino è un po’ gracilino, ma sono sicuro che saprai fare bene” disse Kodos parlando come se JT non fosse presente.
“Sì signore, mi sembra sveglio ed agile e questo è un vantaggio. Lo farò allenare con mio figlio Tom” propose Arthur.
“Solo i primi tempi però. Mi aspetto progressi entro un paio di mesi. Sai quel che devi fare”
Kodos uscì dalla stanza senza degnare di uno sguardo nessuno, lasciando uno stupefatto JT a chiedersi cosa dovesse fare.
Arthur condusse JT fuori all’aperto e poi dopo attraversato il grande giardino, nell’edificio in fondo.
JT sapeva che quella era la palestra di Kodos ed ebbe istintivamente un moto di paura quando, con modi non troppo gentili, Arthur lo spinse dentro.
Si ritrovò un ragazzo  più o meno della sua età, ma molto più grosso e muscoloso, che lo guardava sospettoso.
“Lui è mio figlio Tom, ti allenerai con lui” disse brusco Arthur mostrandogli lo spogliatoio.
“Vai a metterti  i calzoncini e torna qui” ordinò.
Tom lo seguì con aria beffarda sul volto, anche se a JT quel ragazzo aveva subito ispirato simpatia.
“Sei il protetto del Governatore?” chiese subito.
“Dipende da cosa vuoi dire con ‘protetto’?”
“Che tutti sanno che sei il nuovo cagnolino di Kodos”
JT sentì la rabbia salire come un fiume in piena, ma cercò di dominarsi.
Gli zii non sarebbero stati fieri di vederlo coinvolto in una rissa con un altro ragazzino.
“Tom smettila. Piuttosto salite sul tatami”  la voce del padre di Tom era severa.
“La prima cosa che devi imparare se vuoi essere un buon combattente è come cadere senza farti male… e come prenderle senza che ci siano troppi danni”
JT sorrise fra sé e sé. 
Certo aveva un aspetto abbastanza gracile, ma sulla Terra era stato coinvolto  in mitiche risse con i compagni di scuola.
E quanto ad imparare a ridurre le conseguenze delle botte… beh Frank aveva fatto in  modo che diventasse un vero esperto in materia.
“Coraggio Tom, ora simula un colpo  così James ci fa vedere se sa cadere bene” ordinò Arthur.
Ma Tom era evidentemente geloso o arrabbiato per qualcosa.
Prese una rincorsa e buttò giù JT con violenza.
Preso alla sprovvista il bambino finì a gambe all’aria e subito Tom sorrise sprezzante.
“Tom! Avevo detto di simulare il colpo… smettila subito! Stai bene ragazzo?” chiese Arthur.
“Bene signore” fece JT alzandosi. 
Ora stava veramente iniziando ad arrabbiarsi.
“Va bene, ricominciamo. Tom ho detto simula il colpo, ci siamo capiti? James quando cadi cerca di rotolare e proteggerti con le braccia”
Mentre  il ragazzo davanti a lui riprendeva la posizione JT notò lo sguardo  e capì all’istante che neppure il successivo sarebbe stato un colpo finto.
Si preparò alla battaglia.
Era molto tempo che qualcuno non lo aggrediva fisicamente, ma non aveva perso l’istinto.
“Concentrati… pensa…” si disse mentre davanti a lui non c’era più Tom, ma Frank.
“Difenditi” si disse mentre vedeva Tom corrergli incontro come una furia.
Con un  colpo preciso afferrò il braccio di Tom e lo torse con la mossa di karate che aveva visto tante volte negli ologrammi della palestra di scuola sulla Terra.
Tom finì a tappeto con gemito addolorato.
Arthur guardò con sconcerto il bambino.
Suo figlio era già cintura nera della sua fascia di età e quel bambino gracile lo aveva mandato a terra in un baleno.
“Scusa…” disse JT porgendo la mano a Tom per aiutarlo ad alzarsi.
Arthur si aspettava una reazione violenta da parte del figlio, così testardo e orgoglioso.
Invece il ragazzo sorrise, massaggiandosi ed accettò l’aiuto per alzarsi.
Nessuno notò Kodos che sullo sfondo  della palestra guardava la scena e sorrideva soddisfatto.
 
“Sei davvero bravo… dove hai imparato?” chiese Tom.
Tom e JT erano seduti sugli scalini della palestra e si godevano il sole di Tarsus.
“Sulla Terra, ho fatto a botte un sacco di volte” sorrise JT.
“Beh… hai imparato bene James”
“JT, i miei amici mi chiamano JT” disse il bambino sicuro.
“Ok, allora JT”
I ragazzi rimasero in silenzio per un po’.
“Io odio Kodos” proclamò all’improvviso Tom.
JT lo guardò perplesso.
Il discorso che gli aveva fatto quella mattina il Governatore lo aveva sconvolto, ma JT non capiva perché il figlio di un dipendente del palazzo, trattato con rispetto come Arthur, potesse odiarlo tanto.
“Stai attento a lui JT… è pericoloso” continuò.
“Non esagerare, in fondo faccio solo colazione qui fino a che non inizia di nuovo la scuola” rispose JT sempre più stupito.
“Davvero credi che lui si accontenterà che tu faccia solo colazione qui? Lui vuole qualcuno d’allevare a sua immagine” sbottò Tom.
“Questo non è vero. Io ho già una famiglia, ho i miei zii. E se non voglio più venire qui sono libero di non farlo”
“Davvero credi che ora che ti ha preso ti lascerà andare? Non pensarlo neppure”
“Cosa vuoi dire?” JT nonostante facesse lo spavaldo iniziava a preoccuparsi.
“Pensi che a mio padre piaccia lavorare per lui? DEVE lavorare per lui capisci? Così come tu continuerai a venire qui proprio perché hai una famiglia…”
JT sbiancò.
“Vuoi dire che farebbe del male…” le parole si strozzarono in gola.
“Io dico solo che se tutti fanno quello che ordina Kodos, qualsiasi cosa senza discutere, una ragione ci sarà”

 

Non possiedo Star Trek ed i suoi personaggi.
Le recensioni  (positive, negative, negativissime) son sempre benvenute.
Grazie a tutti.

 

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Capitolo 5
*** Carestia ***


Capitolo 5

Carestia


CERBERUS VI
 Data stellare 2261.5.20
 
“Non riesco a crederci” balbettò Kevin che aveva raggiunto Jim.
I tre si guardarono senza dire una parola, consapevoli di essersi riconosciuti al primo sguardo anche se erano passati tanti anni.
“Tom… cosa ci fai qui?” chiese alla fine Jim, vincendo l’emozione.
Anche se la Flotta aveva ostacolato in ogni modo i contatti era riuscito ad avere qualche notizia sui suoi ‘ragazzi’.
Sapeva che Tom era diventato un importante imprenditore nel campo delle comunicazioni. I suoi satelliti erano su quasi ogni pianeta della Federazione ed era diventato di conseguenza molto ricco.
“Stringo accordi commerciali, capitano Kirk” sorrise Tom.
“Ma incredibile… capitano di una nave stellare… roba da non crederci” continuò sempre ridacchiando. “E Kev… anche tu in uniforme? Ma cos’è un’epidemia? Non avevate qualche problema con l’autorità voi due?”
“C’è poco da scherzare Tom…  qui c’è qualcosa che non va…” borbottò in risposta Kevin.
“Non sei contento di vedermi?” rise ancora Tom.
“Non è possibile che dopo anni in cui i nostri file sono stati secretati al massimo livello, dopo che la Flotta ha impedito in ogni modo che avessimo contatti fra di noi, ora ci ritroviamo noi tre qui…”
“Noi quattro, a quanto sembra” disse Jim indicando un grosso cartellone nella sala.
L’ologramma rappresentava la figura snella di una ragazza esile e bionda che cantava.
“Grande spettacolo per l’insediamento del Presidente Roslin. Claire Claufield canterà l’inno nazionale e subito dopo  offrirà il suo spettacolo alla popolazione” recitava la scritta dorata.
“Ci vediamo fra un paio d’ore al bar della hall. Cercate di far venire anche lei, se riuscite a tenerla ferma per cinque minuti” disse Jim con un leggero sorriso, mentre tornava verso il suo equipaggio.
Doveva fare in modo di sviare l’attenzione dei suoi uomini, ma era difficile. Bones lo stava fissando dall’altro lato della sala.
 
“Ed è un vero piacere essere qui. E sarà un vero onore cantare per il popolo di Cerberus”
Claire sorrideva civettuola al gruppetto di fan e giornalisti che la circondava.
Lanciò più di uno sguardo spazientito al suo agente che l‘aveva convinta a venire in quel posto scordato da Dio. Ma un po’ di pubblicità al nuovo olodisco in uscita non faceva male.
E poi aveva saputo che il discorso d’ investitura lo teneva un certo  Jim Kirk e non vedeva l’ora di rivederlo.
“Signora Claufield pensa che  avrà  successo anche su Cerberus come lo ha avuto sulla Terra?” chiese uno dei giornalisti.
“Lo spero davvero, sembra un pianeta fantastic… ehi” Claire si sentì all’improvviso strattonata da un paio di mani forti.
“Scusate signori, ma la signora Claufield ha bisogno di provare per domani” disse una voce familiare, mentre Claire veniva trascinata verso il fondo della sala.
“Tommy!” balbettò appena  riconobbe chi la stava trascinando.
“Ciao Claire, che piacere vederti” sorrise l’uomo.
“E anche tu Kevin… ma cosa ci fate qui?” Claire era sempre più sconcertata mentre riconosceva anche il giovane dai capelli rossi.
“Ciao Claire. E’ quello che vorremmo sapere anche noi”
“C’è anche JT? So che  è qui. Dov’è?”
Sia Tom che Kevin sorrisero nel vedere gli occhi verdi di Claire girare la sala alla ricerca del capitano.
“Ci aspetta fra poco, vieni” disse Kevin guidando Claire fuori della grande sala.
 
Liberarsi di Bones era stata una vera impresa.
Jim aveva dovuto far finta di  congedarsi dal Presidente, risalire con gli altri sull’Enterprise e chiudersi nella cabina, proclamando di essere stanco.
Quando ne era uscito si era  guardato attorno per quasi cinque minuti aspettandosi di veder sbucare Bones da dietro una paratia da un momento all’altro.
Poi come un ladro aveva raggiunto la sala teletrasporto e intimato alla giovane guardiamarina di non rilevare che stava scendendo di nuovo su Cerberus, pena la corte marziale.
Quando arrivò al bar della hall del palazzo presidenziale gli altri erano già seduti ad un tavolo appartato.
Per fortuna la festa era finita da un pezzo e non c’era quasi nessuno in giro  quell’ora.
“JT… ma guardati… sei bellissimo in uniforme” Claire quasi urlò  agitandosi sulla sedia e i pochi presenti si girarono a guardare verso di lei.
“Vuoi stare buona per un momento?” intimò infastidito Tom.
Jim sorrise ricordando la bambina che aveva conosciuto su Tarsus.
Era diventata una ragazza bellissima. E non vi erano dubbi che aveva sfruttato al meglio la bellissima voce che aveva ricevuto in dono dal fato.
  “Claire… non cambi mai eh?” ridacchiò,  mentre la baciava sulla guancia.
Era stata la più vivace del gruppo, mai un minuto ferma e soprattutto mai zitta.
“Ragazzi… non posso proprio crederci… però è bello stare qui con voi” proclamò Claire, mentre buttava giù tutto di un colpo il contenuto del bicchiere che aveva davanti.
“Un altro giro?” ridacchiò,  già brilla.
Tom fece un cenno al cameriere che poco dopo si avvicinò con quattro bicchierini  che mise davanti a ciascuno di loro ed una bottiglia di liquido trasparente.
“A noi!” fece Tom alzando il suo dopo aver riempito il bicchiere degli altri.
Jim sentì il liquore bruciargli la gola. Non era più abituato a bere forte, da quando era capitano dell’Enterprise aveva limitato al minimo le sbornie, con grande sollievo di Bones.
I quattro rimasero in silenzio, anche Claire, un po’ imbarazzati.
Li avevano divisi appena la Constellation era arrivata sulla Terra e tranne Kevin, che Jim aveva rivisto all’Accademia della Flotta, non aveva più avuto alcun contatto fisico  fra loro.
Ma Jim era certo che nessuno dei suoi ‘ragazzi’ aveva dimenticato gli altri.
“Sapete qualcosa degli altri?” chiese infatti Tom.
“T’Por ha frequentato l’Accademia su Vulcano. Si è salvato  dalla distruzione del pianeta e penso che ora  sia su New Vulcan…”
Jim aveva cercato in tutti i modi di avere notizie, anche forzando il data base della Flotta, ma era riuscito a rintracciare solo alcuni del gruppetto.
“Mark è morto”  disse Tom a bassa voce.
Tutti lo guardarono in silenzio sconvolti.
“L’anno scorso in un incidente stradale. Ero rimasto in contatto con lui, anche se aveva cambiato cognome…”
“Anche Julia è morta…” intervenne Claire, mentre una lacrima le scendeva sulla guancia.
“Si è uccisa… due anni dopo che eravamo tornati sulla Terra” continuò senza spiegare come l’aveva saputo.
Jim sentì un groppo enorme formarsi in gola.
Aveva combattuto come un leone per tenere i suoi ragazzi in vita su Tarsus ed il pensiero che la dolce Julia si era uccisa a soli quindici anni lo faceva sentire impotente… e rabbioso.
“A Mark e Julia” disse Kevin alzando di nuovo il bicchiere.
Ormai Jim iniziava a sentirsi un po’ brillo. Decisamente non era più abituato a bere tanto.
“Notizie di Lenny e Timmy?” chiese Jim.
Tutti scossero la testa.
“Ho cercato nei database, ma niente. Erano i più piccoli è probabile che li abbiano adottati e cambiato loro il nome” disse Tom.
“Ragazzi, credete davvero che sia un caso che siamo qui, noi quattro, su questo pianeta in culo alla galassia, solo per un caso?” chiese alla fine Kevin.
“Certo che no… mi pare ovvio, ma chi può aver organizzato tutto per riunirci qui? E perché proprio ora e proprio qui?” ragionò Jim.
“So cosa stai pensando JT, ma io non ci credo. E’ MORTO, morto e sepolto” Tom aveva il tono di chi voleva autoconvincersi.
“Tu hai visto il suo cadavere? Io no, ho visto solo un mucchietto di ossa carbonizzate, quindi…” intervenne Kevin.
“Ragazzi smettetela, mi state spaventando” Claire era diventata pallida e nervosa.
“Comunque sia per stanotte non possiamo scoprire nulla. Vieni Kevin, dobbiamo tornare sulla nave. Ed io devo smaltire l’alcool se non voglio barcollare vergognosamente sul palco, domattina”
Jim buttò giù l’ultimo sorso dal suo bicchiere e si alzò, seguito da Kevin.
“Occhi aperti ragazzi, mi raccomando” disse agli altri due.
 

TARSUS IV
Data stellare 2247.10.10
 
Erano ormai passati  otto mesi da quando JT era arrivato su Tarsus e le vacanze  erano finite.
Con grande gioia di JT quello era l’ultimo giorno in  cui doveva fare colazione con il Governatore.
Almeno JT così sperava.
Aveva obbedito ad ogni ordine di Kodos, dalle lezioni che gli impartiva Arthur alla lettura dei testi che gli imponeva il Governatore, spinto da un lato dalle sempre più evidenti minacce che  quell’uomo gli faceva arrivare e dall’altro dalla speranza che prima o poi si sarebbe stancato di lui.
Aveva persino provato a mostrarsi meno intelligente di quello che era, a sbagliare di  proposito i difficili problemi di matematica che ogni giorno, dopo colazione, Kodos gli  faceva trovare sul tavolo, ma quell’uomo era furbo e appena si accorgeva che il ragazzo bluffava, diventava ancor più minaccioso.
L’unica consolazione era  l’amicizia che aveva stretto con Tom.
JT, Tom e Kevin erano diventati un trio inscindibile e nei pochi momenti liberi scorrazzavano nelle foreste intorno alla città. Ormai conoscevano ogni caverna o anfratto nascosto.
 
“Hai letto il libro che ti ho dato?” chiese il Governatore appena vide entrare JT quella mattina.
“Sì signore”
JT lo aveva letto quel libro, e in realtà ne aveva sentito parlare anche prima di leggerlo.
Le farneticazioni del più folle e sanguinario dei dittatori che la Terra avesse mai avuto.
“Allora che ne pensi?” chiese Kodos guardandolo fisso.
JT rimase in silenzio.
“Avanti James, non è da te essere timido” sorrise Kodos con sguardo malefico.
La parte razionale di JT gli diceva di nascondere cosa realmente pensava di quel libro  e del suo autore, ma il disgusto che aveva provato nel leggere ogni singola pagina era troppo forte.
“Penso che Adolf Hitler era un folle e che se davvero esiste un’entità demoniaca era incarnata in lui”
Le parole gli uscirono di bocca senza neppure che se ne rendesse conto.
Attese la reazione furiosa di Kodos che invece non arrivò.
Il Governatore si limitò a sorridere sarcastico.
“Vedi  James, non è raro che i veri geni siano scambiati per folli. O per persone strane. E’ capitato anche a te sulla Terra giusto?”  Kodos scandì le parole con calma.
JT ripensò a quanti vessazioni aveva dovuto subire dai compagni di scuola e anche dagli insegnanti che non si erano mai resi conto di quanto lui si ‘annoiasse’ a scuola, ma non riuscì a vedere una similitudine in quello che diceva l’uomo di fronte a lui.
“Non mi meraviglia che pensi  in questo modo su Adolf Hitler, la tua mente giovane è stata forgiata ad un  presunto buonismo senza ragione scientifica. Ma abbiamo tempo per rimediare, non ti preoccupare”
JT si sentì gelare. Con evidenza Kodos non aveva intenzione di lasciarlo andare.
“Ora vai in palestra. La tua lezione è anticipata a stamattina”
JT lasciò la stanza  con le gambe tremanti.
 
JT era stato  distratto per tutto il tempo della lezione ed aveva lasciato che Tom lo mettesse a tappeto almeno cinque volte.
“JT, ma stai bene?” chiese  il suo amico mentre andavano verso le docce.
“Sì… bene” mentì il  ragazzino, ma il discorso di Kodos bruciava nella mente.
 
Mentre si avvicinava alla porta dello studio, per congedarsi da Kodos, cosa che era tenuto a fare sempre prima di andare via JT sentì delle persone all’interno dello studio discutere animatamente.
“Non puoi entrare, aspetta lì” gli disse scortese la guardia all’ingresso dello studio e JT si sedette su una delle panche.
Non riusciva a captare molto della conversazione, solo poche parole.
“Robert, non puoi…ha…famiglia”
JT riconobbe la voce di Hoshi Sato, ma non capiva con chi stava parlando. Robert?
“… vederli ogni tanto… suo bene”
Il Governatore… la Sato stava parlando con Kodos.
“Ma… Robert… questi…i patti”
“Stai passando i limiti Sato”
Ora Kodos urlava furibondo e JT sentiva il terrore strisciare dentro di lui, avendo intuito di chi  e cosa stavano parlando.
No, Kodos non poteva allontanarlo dalla sua famiglia, proprio ora che ne aveva trovato una vera. Non voleva lasciare zia Sarah, zio Alex, i suoi cuginetti, i suoi amici, i vicini di casa che lo salutavano allegri e gli regalavano dolci.
Provò forte l’impulso di scappare nascondersi da qualche parte, magari in una delle tante caverne che aveva scoperto con Kevin e Tom.
E poi cosa ne sarebbe stato della sua famiglia? Kodos era capace di tutto come gli aveva fatto capire Tom.
No la cosa doveva essere organizzata. Doveva necessariamente parlare con gli zii.
Quasi fece un salto quando Hoshi, uscita dalla grande porta dello studio di Kodos, gli si avvicinò.
“James, come stai?” chiese dolce.
“Bene professoressa” JT cercò di non mostrare emozione.
La Sato lo guardò perplessa e per un momento JT ebbe l’impressione che gli stesse leggendo il pensiero.
“James qualsiasi cosa dovesse succedere… io farò in modo che non ti capiti nulla di male. Né a te né alla tua famiglia. Capito?”
JT si limitò ad annuire.
 
Ora  stava correndo come non aveva mai fatto in vita sua.
Aveva sospirato di sollievo quando la guardia gli aveva detto che poteva andare senza salutare Kodos e ora correva verso casa.
Gli zii gli avevano promesso di trovare una soluzione se la storia degenerava e la storia stava degenerando.
Quando arrivò a casa  aveva sicuramente battuto qualche record di velocità, ma non gli importava. Entrò come una furia  cogliendo la zia che era nell’ingresso di sorpresa.
“JT… che succede?” chiese Sarah vedendolo palesemente sconvolto.
JT aprì la bocca per parlare, ma  poi cambiò idea.
Non poteva dirlo  così a zia Sarah, sarebbe andata in crisi subito.
“Dov’è zio Alex?” chiese trafelato.
“Nei campi… ma che succede?” chiese ancora la zia.
“Nulla...” Rispose JT riprendendo a correre.
 
JT era stato molte volte nei campi con zio Alex. Gli piaceva la sensazione di pace che dava il lavoro agricolo. Seminare, dare acqua alle piantine, vederle crescere e poi ammirare la distesa  oro del grano maturo. E poi la mietitura, che tutti i coloni facevano in comune. La festa di fine raccolto, cui aveva partecipato per la prima volta.
JT era cresciuto in una fattoria, amava la natura e ammirava zio Alex.
Era forte e deciso e nel tempo stesso dolce con lui, sempre molto attento a non toccarlo mai se non gli dava il permesso. Con zio Alex  JT aveva superato la paura degli uomini adulti che Frank gli aveva instillato nell’animo.
Zio Alex era forte e deciso, ma quando JT lo raggiunse nei campi lo trovò in ginocchio, al centro del campo maggiore.
Singhiozzi scuotevano le spalle dell’uomo… zio Alex stava piangendo.
JT non aveva mai visto suo zio piangere e ne rimase sconvolto.
Intuì subito che non poteva essere per quello che Kodos aveva intenzione di fare con lui, era troppo presto per aver avuto notizia di quello.
Si avvicinò e mise una mano sulla spalla dello zio.
“JT… cosa ci fai qui?” chiese l’uomo asciugandosi il viso con la manica della camicia.
“Nulla…” balbettò il ragazzo, ma la sua attenzione era completamente attirata dalle piantine del campo.
Erano tutte coperte da una muffa biancastra. JT l’aveva già vista, uccideva tutte le piante che attaccava.
E ora aveva attaccato anche il grano, l’unica coltivazione che avevano  ancora su Tarsus.
JT sapeva cosa significava se la cosa progrediva.
Carestia.
 

Star Trek non mi appartiene, bla bla bla...
Vorrei avvisare che i prossimi capitoli tenderanno ad essere un po' angoscianti e con linguaggio un po'... volgare ( per chi è particolarmente sensibile).
Le recensioni di qualsiasi tipo son sempre graditissime, vorrei davvero sapere cosa ne pensate della storia.
Grazie ai lettori, recensori e soprattutto alla mia beta.



 

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Capitolo 6
*** Decisioni necessarie ***


CAPITOLO 6
Decisioni necessarie

 
ENTERPRISE
Data Stellare 2261.5.21
 
Jim fece una visita in plancia prima di scendere sul pianeta per la cerimonia di investitura.
La testa sembrava che fosse in fiamme, ogni parola pronunciata a voce alta gli trapanava il cranio, ma cercava di avere un aspetto normale e sicuro di sé.
Il che voleva dire ingannare tutti, ma non Bones che appena lo vide aprì il tricorder.
“Buongiorno Bones, ti ho già detto oggi che odio il tuo tricorder?”
Jim cercava di sembrare allegro, ma sapeva bene di non poter ingannare il suo migliore amico, con o senza tricorder.
“Ti ho già detto oggi che non me ne frega proprio nulla?” rispose acido il medico.Hai bevuto? E quando l’hai fatto? Non davanti  a me ieri sera, almeno non così  tanto come mostra il tricorder”
“Ricordi quella bottiglia di brandy sauriano che mi hai regalato a Natale? Beh ho pensato che era ora d’aprirla” il giovane capitano sviò l’attenzione.
“Credevo la conservassi per occasioni speciali… almeno hai mangiato stamattina?”
“Sì, ho mangiato Bones e se non vai a metterti l’uniforme di gala faremo tardi”
“Signor Sulu a lei il comando.  Qualsiasi novità non esiti a contattarmi. Partiremo  appena tutto il personale è tornato dalla franchigia” ordinò dopo aver firmato i vari PADD che la sua attendente gli porgeva.
“Ci vediamo in sala teletrasporto” disse sfoderando il suo migliore sorriso verso Bones e Spock che stavano aspettando vicino al turboascensore.
Credeva di essere stato abbastanza veloce nel premere il pulsante, ma Bones s’ infilò nella cabina prima che le porte si richiudessero.
Guai in vista…
“Jim… posso sapere cosa c’è che non va?” chiese il medico con  aria insolitamente gentile.
“Bones non ricominciamo, non c’è nulla che non va, davvero”
“Chi era quel tizio senza un occhio con cui tu e Kevin Riley parlavate ieri sera alla festa?”
“Un amico” fu la risposta evasiva.
“Jim…”
“Ora basta Bones ok? Non c’è nulla di cui parlare, o meglio nulla di cui io voglia o ci sia bisogno di parlare”
Nella cabina scese un silenzio imbarazzante, sino a che finalmente le porte non si aprirono sul corridoio del ponte dove si trovavano gli alloggi del personale di comando.
McCoy si avviò verso la sua cabina a spalle curve.
“Bones… scusa non volevo” lo richiamò Jim.
“Non è per intromettermi… è che sono preoccupato. Da giorni non dormi, appena mangi, sei nervoso e misterioso…”
Jim iniziò a guardare fisso davanti a sé mentre sospirava in cerca delle parole giuste.
“Non è che io non voglio parlare con te…”
“Credevo di essere il tuo migliore amico, oltre che il tuo medico”
“Certo che sei il mio migliore amico. Ma ci sono cose, Bones, che non si possono condividere, che è meglio restino chiuse dove sono rimaste sino ad ora” disse piano.
Poi non lasciò al medico il tempo di replicare avviandosi verso la propria cabina.
Nel corridoio incontrò Kevin Riley.
“Jim ti devo parlare è importante… ho visto…”
Il capitano lo fermò con un cenno della mano.
“Non ora Kevin, dopo la cerimonia”
 
 CERBERUS VI
“E’ quindi con piacere, visto il risultato delle elezioni generali, convalidato dal Consiglio Federale , che procedo quindi, quale delegato del Presidente della Federazione dei pianeti Uniti, a proclamare Presidente del  Gran Consiglio di Cerberus VI, il signor  Adam Roslin”
Gli applausi si levarono dalla folla riunita sotto il palco montato davanti al palazzo presidenziale e molti sventolarono le bandierine colorate che  erano state distribuite all’entrata.
In prima fila c’era il personale di comando dell’Enterprise, e i membri del neocostituito governo di Cerberus VI.
Jim firmò il registro che gli mettevano davanti e così fece Roslin, mentre già attaccavano le note dell’Inno nazionale del pianeta.
Mentre si alzava in piedi Jim pensò a quanto fosse retorico e pomposo quell’inno, reso godibile solo dalla sottile voce di Claire.
Kevin si agitava sulla sedia come punto da una tarantola,  guardandosi continuamente intorno, pallido come un cencio, ma i quattro amici si erano rivolti poco più di uno sguardo durante la cerimonia.
Anche se l’aveva cercata con lo sguardo Jim non aveva visto Hoshi.
La sua sedia in prima fila era rimasta desolatamente vuota.
Mentre uno strano senso d’inquietudine si impadroniva di lui Jim sorrise forzatamente ai fotografi che lo esortavano a stringere la mano al neo presidente.
Con sollievo scese dal palco, con a fianco Roslin.
“Capitano Kirk mi permetta di presentarle  uno dei membri del mio governo. Questi è Anton Karidian, sarà il nostro Ministro della Difesa” disse Roslin avvicinandosi ad un uomo alto.
La sensazione che Jim provò nello stringere la mano dell’uomo fu strana ed indicibile.
Per quanto si sforzasse di ricordare era matematicamente sicuro di non averlo mai visto, aveva una memoria precisa in ordine ai volti delle persone, non ne scordava uno se lo aveva visto.
Ma quell’uomo.
Il modo in cui si muoveva e parlava gli provocavano brutte sensazioni.
“Capitano un brindisi…” esortò Roslin prendendo uno dei calici che gli porgeva un cameriere.
Jim prese il calice e lo alzò, ma evitò di bere più di un sorso, consapevole dello sguardo assassino che Bones teneva implacabile su di lui.
“E’ un peccato che l’ambasciatrice Sato non sia presente alla cerimonia” fece Karidian guardando Jim come se volesse trapassarlo con lo sguardo.
Quella voce… perché gli provocava un moto di paura?
Jim non ebbe il tempo di ragionare oltre.
Vide un movimento fra la folla e qualcuno che urlava.
“Un medico presto”
Bones scattò all’istante facendosi strada fra la  gente che si era riunita a capannello.
Jim mollò il bicchiere che aveva in mano da qualche parte e cercò di vedere anche lui cosa stava succedendo.
Quando finalmente riuscì ad aprirsi un varco  il cuore iniziò a battergli a  mille.
Bones e Spock erano inginocchiati accanto al corpo immobile di Kevin Riley.
 
 
TARSUS IV
Data stellare 2247.11.10
 
 
La riunione dei coloni era affollatissima.
Tutti urlavano e si agitavano sulle loro sedie, anche perché non c’era nessuno a moderare la situazione.
“Calmi, stiamo calmi” esortò zio Alex cercando di far sentire la sua voce sul brusio generale.
JT se ne stava sul fondo della sala e  non  aveva più profferito parola, consapevole che quel problema era molto più grave di quello che aveva lui, non volendo aggravare ancora di più le preoccupazioni degli zii.
Ne avrebbe parlato l’indomani magari, con più calma.
“Vedrete la Federazione invierà aiuti e maggiori derrate alimentari. Il Governatore si è appena messo in contatto con il Consiglio Federale…” provò a calmare gli animi Hoshi Sato salendo sul palco improvvisato.
“Ma le navi mercantili ci mettono almeno quattro mesi per arrivare…” urlò uno dei coloni.
“Abbiamo riserve sufficienti… e poi non tutte le culture sono infette”
“No… ma è solo questione di tempo”
Ognuno urlava la sua soluzione.
JT guardava tutto come se fosse in un sogno; sapeva per averlo sperimentato più volte che le cose belle non durano mai, ma non riusciva a credere che dopo aver tanto sperato di essere finalmente felice tutto stava crollando come un castello di carte.
“Forse i ricercatori vulcaniani possano aiutarci…”
  “Ma perché non mandano replicatori dalla Terra?”
La gente continuava ad urlare sempre più in preda al panico sino a che sul grande schermo che c’era nella sala non compare lo stemma di Tarsus IV.
“Attenzione cittadini di Tarsus  questo è un comunicato ufficiale del Governatore Kodos” fece la voce anonima e marziale che di solito annunciava i proclami ufficiali.
Subito dopo comparve Kodos sullo schermo: era seduto dietro la scrivania che tante volte JT aveva visto ed aveva un’aria assolutamente neutra.
“Cittadini di Tarsus, come sapete il fungo ha colpito anche le nostre  coltivazioni di  grano. Gli scienziati che ho incaricato di studiare la situazione mi hanno appena informato che data la rapida diffusione  per via aerea tutti  i campi saranno colpiti e distrutti in meno di 48 ore e non c’è nulla che possa fermare la diffusione della malattia”
Un brusio enorme si sollevò dalla gente riunita.
”Cittadini, la situazione è grave. Ho appena contatto il Consiglio della Federazione chiedendo aiuto.  Sino ad allora è istituita la legge marziale ed il coprifuoco. Le vendite di alimentari sono razionate; da domani saranno in distribuzione le tessere per il ritiro delle razioni.  Tarsus sopravviverà a qualsiasi costo”
La faccia di Kodos sparì dallo schermo e sull’assemblea cadde un silenzio glaciale.
Poi tutti si allontanarono in silenzio, la paura e la tensione si tagliavano con il coltello.
“JT, perché sei venuto nei campi? Cosa volevi dirmi?” chiese zio Alex.
“Nulla, zio, nulla che non possa aspettare” rispose il ragazzino.
 
Avevano posticipato l’inizio della scuola e così JT e Kevin  bighellonavano nei pressi del grande edificio.
“Pensi che davvero ci sarà la carestia?” chiese Kevin.
“Le navi della Federazione dovrebbero arrivare fra un mese” rispose  l’amico.
“Mio padre dice che  le tempeste solari potrebbero farle ritardare”
JT non rispose.
Guardava fisso l’auto che aveva parcheggiato davanti all’ingresso della scuola e già sapeva per chi era venuta.
 
“Entra James, vieni avanti. Ho novità per te” disse con calma Kodos.
JT cercò di non mostrare paura.
Per tutto il percorso aveva pensato alle parole esatte con cui voleva dire a Kodos che non aveva alcuna intenzione di continuare a venire da lui, né essere istruito da lui  o dalla sua gente.
Si profilavano tempi duri e lui doveva stare con la sua famiglia, aiutarli anche lavorando se necessario.
“Sei un ragazzo intelligente James, hai un grande futuro davanti a te ed io ho intenzione di dartelo. Da oggi tu abiterai qui nel palazzo, continuerai a frequentare l’accademia e poi le lezioni private che ho previsto per te”
JT rimase per un attimo impassibile, poi  dalla sua bocca uscì  un semplice
“No”
Kodos lo guardò come si guarda un cucciolo indisciplinato.
“No cosa?”
“Non voglio venire ad abitare qui… signore”
Il Governatore si avvicinò.
“James… pensi alla tua famiglia? Anche se dopotutto sono solo i tuoi zii… tua madre ti ha rifiutato e tuo padre è morto, quindi tecnicamente non hai una vera famiglia”
JT cercò di domare l’ira che sentiva nascere dentro di sé.
“Ma ti capisco… tu vuoi il loro bene, li consideri davvero la tua famiglia. Si profilano tempi molto duri James… il cibo fra poco inizierà a scarseggiare e la Federazione non ci aiuterà. Puoi essere davvero molto utile ai tuoi zii…”
JT restò ammutolito.
“Cosa… cosa vuol dire… signore?” trovò la forza di balbettare.
“Si imporranno delle scelte James e solo chi è più forte sopravvivrà. Il palazzo ha grandi scorte, e parte di queste verranno distribuite, ma non a tutti.  Potrei inserire  la famiglia dei tuoi zii nell’elenco di chi ha diritto ai viveri”
JT rimase senza fiato, sentiva le lacrime che gli salivano, ma non voleva piangere davanti a quel mostro.
“James… non ti preoccupare, starai bene qui, e anche i tuoi staranno bene. Hai due cuginetti molto piccoli, sono così carini. Puoi fare in modo che non gli succeda nulla… nulla di tutte le brutte cose che purtroppo accadono a volte”
Kodos ora lo accarezzava con il dorso della mano sulla guancia e JT sentiva la bile salirgli in gola.
Era terrorizzato,  terrorizzato e senza via d’uscita.
“Siamo d’accordo allora James?”
JT annuì  cercando disperatamente di non piangere.
“La mia auto ti porterà a casa dei tuoi zii. Dirai loro che accetti con entusiasmo la mia proposta di vivere qui e che potrai vederli ogni domenica per due ore. Sempre che tu ti comporti bene. Attento a non dire nulla della nostra conversazione James. Ora vai. Ti aspetto per cena”
“La mia famiglia starà bene? Avranno da mangiare?” chiese piano JT.
“Il Governatore Kodos ha una sola parola” rispose l’uomo.
 
“Cosa vuol dire che vai a vivere al Palazzo?”
La zia Sarah a stento riusciva a parlare, grosse lacrime le scendevano sulle guance.
“E’ un grande onore…” balbettò JT guardando sempre a terra.
“Ti ha minacciato? Ha fatto questo? Cosa ti ha detto per convincerti?”
Zio Alex lo scosse nel tentativo di scuoterlo dal torpore apatico che si era impadronito del ragazzino.
“No… sono io che voglio farlo. E’ un grande onore, lì posso imparare tante cose…”
“JT… Jimmy che stai dicendo? Noi siamo la tua famiglia, credevo ti trovassi bene con noi…” ora anche la voce di zio Alex era rotta dall’emozione.
“Certo, ma lì starò meglio” balbettò JT sentendosi un verme.
Zia Sarah scoppiò in un pianto isterico.
“Jimmy, stammi a sentire. Possiamo cavarcela, possiamo scappare dal pianeta tutti insieme…”
“No zio… io voglio andare e poi sai bene che il Governatore ha chiuso tutti gli spazioporto”
“Troveremo una soluzione” singhiozzò Sarah.
“Mi spiace. Devo andare…” disse JT guardando nervosamente le guardie che stavano ad aspettarlo fuori.
“Max ed Ally sono al cinema… non li saluti neppure?”
“Dì loro che ci vediamo domenica. Le guardie verranno domani a prendere le mie cose… ma ora devo andare”
JT si sentì morire quando la zia lo abbracciò.
“Ti prego JT non andare… ti prego” singhiozzò disperata.
“Ragazzo, il Governatore ci aspetta” disse duro uno degli scagnozzi che aspettavano vicino alla macchina.
“A domenica. Vedrete, starete bene, e a me non succederà nulla di male”
Salì sull’auto e si tappò le orecchie serrando gli occhi per non sentire le urla disperate dei suoi zii mentre si allontanava.
 

Non possiedo Star Trek.
La storia procede e devo avvisare che è... abbastanza lunga, ma spero non noiosa.
Grazie a tutti.
PS vado pazza per le recensioni...

 

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Capitolo 7
*** I più forti ***


Capitolo 7
I più forti
 
ENTERPRISE
Data Stellare 2261.5.21
 
“Come sta?” chiese Jim preoccupato appena vide Bones uscire dalle porte scorrevoli dell’infermeria dell’Enterprise.
Quando lo avevano portato sulla nave Kevin aveva le convulsioni e la visione aveva completamente sconvolto Kirk.
“Stabile. Lo hanno avvelenato, ma sono stato in grado di sintetizzare un antidoto. Speriamo solo di essere arrivati in tempo”
“Avvelenato?” chiese incredulo Jim.
“Un veleno a base di una pianta rara. Deve averlo ingerito o inalato perché non ho trovato tracce d’iniezioni”
“Ce la farà?” chiese ancora il capitano temendo la risposta.
“Ha buone possibilità, è giovane e forte, ma non escludo danni permanenti…”
  Jim sospirò più volte per riprendere fiato.
“Signor Spock dobbiamo scendere di nuovo sul pianeta per capire cosa è successo. Kevin voleva dirmi qualcosa  stamattina. Se solo fossi stato a sentire” disse  con rimorso.
“Jim non mi sembra il caso di scendere…” provò ad obiettare McCoy.
“In realtà capitano non è logico che il capitano esponga la propria persona a rischi non necessari. Se un membro dell’equipaggio è stato avvelenato questo può voler dire con una percentuale pari al 50.55% che tutti gli altri sono esposti allo stesso rischio” intervenne Spock.
“Signori vi ringrazio, ma io scendo sul pianeta. Spock lei viene con me. Ci vediamo fra mezz’ora in sala teletrasporto. Faccia immediatamente rientrare a bordo tutto il personale in franchigia”
“Bene signore” obbedì Spock.
“Per favore Bones… non dire nulla” disse mentre si avviava a passo svelto.
 
“Mi spiace molto per il suo tenente, Capitano Kirk. Ma le assicuro  di non sapere propria nulla su questo presunto avvelenamento e posso anche assicurarle che non è avvenuto sul nostro pianeta”
La voce di Roslin era irritata, ma Jim non aveva certo intenzione di farsi intimidire da un politico.
“Possiamo parlare con il personale di servizio durante la cerimonia?” chiese Kirk.
“Certo, potete rivolgervi alla mia segretaria. Ma l’idea che qualcuno qui abbia deliberatamente avvelenato il tenente mi risulta poco plausibile”
“Presidente Roslin, tenuto conto del tempo di propagazione del veleno la contaminazione è invece avvenuta proprio durante la cerimonia o poco prima” intervenne con la solita voce atona Spock.
“Fate tutte le indagini che ritenete utili, ma mi auguro che  questo increscioso incidente rimanga… riservato. La formazione del programma di governo si sta rivelando più difficile del previsto e non abbiamo bisogno di pubblicità negativa”
“Signor Spock  si faccia dare l’elenco completo del personale presente stamattina alla cerimonia. Li sentiremo tutti. La raggiungo fra pochi minuti”
“Sì signore” rispose Spock uscendo dopo aver salutato con un cenno del capo Roslin.
“C’è qualcosa di cui vuole parlare ancora?” chiese il presidente vedendo che Kirk non si  muoveva.
“Ha visto o parlato con l’Ambasciatrice Sato? Ho cercato di contattarla inutilmente”
“No Capitano non so nulla. Anzi devo dire che la sua assenza alla cerimonia è stata una grave violazione del cerimoniale che ho dovuto giustificare in qualche modo con i giornalisti”
Kirk sentì di nuovo quella strana sensazione di inquietudine allo stomaco.
“Dove alloggia?” chiese.
“Alla foresteria del Palazzo Presidenziale, ovviamente”
“Avete controllato la sua stanza?”
“Ma no di certo… non ne vedo il motivo”
Kirk maledisse l’incoscienza e incuranza di quell’uomo vuoto e vanesio.
“Come  arrivo alla foresteria?” chiese duro.
“Uscendo dal palazzo a destra. Può chiedere alla reception”
Istintivamente Jim si mise a correre.
A stento si accorse di Spock che lo seguiva tallonandolo.
 
“La stanza dell’Ambasciatrice Sato” disse trafelato Jim alla receptionist che lo guardava allibita.
“Al secondo piano, ma non può salire se non avverto”
“Mi dia il codice di override per aprire la porta”
“Ma signore…”
“Me lo dia!!” urlò Jim.
La ragazza lo guardò spaventata.
“6ab35cb” balbettò.
“Capitano c’è qualche circostanza di cui non sono a conoscenza che la induce a temere per l’incolumità dell’Ambasciatrice Sato?” chiese Spock inseguendolo sulle scale.
Ma Jim non lo stava a sentire
Appena arrivato all’appartamento compose con le dita tremanti il codice e la porta scivolò silenziosa di lato.
L’appartamento era ben curato, ma anonimo.
Jim all’inizio non capì cosa fosse quell’ombra sul muro.
Il suo cervello ci mise qualche minuto a connettere l’immagine alla ragione.
Sì girò e vide Spock ammutolito che guardava il corpo di Hoshi Sato che penzolava da una trave.
 
Jim aveva urlato e pianto, mentre tentava disperatamente di sollevare per le gambe Hoshi, anche se sentiva il corpo già rigido.
“E’ morta capitano” aveva sentito dire a Spock mentre gli stringeva una spalla, ma lui non era stato a sentire.
Come un folle aveva cercato dappertutto qualcosa con cui tagliare il nastro di seta che fungeva da cappio e quando Spock aveva deposto il corpo a terra aveva iniziato la rianimazione, anche se sapeva che era inutile.
“E’ morta Jim. E’ finita” aveva ripetuto con voce più dolce Spock.
Ora se ne stava fermo immobile a guardare i rilievi di quella che Roslin chiamava polizia, ma che a lui sembrava un gruppo di dilettanti allo sbaraglio.
“Mi dolgo con lei per la perdita, Capitano” disse Spock alle sue spalle.
Jim prese un paio di respiri profondi per riprendere le forze.
“Chiama Bones. Voglio che sia lui a fare l’autopsia” disse con voce rotta, precipitandosi fuori dalla stanza.
 
“JT che sta succedendo… è vero che Kevin è stato avvelenato?”
La voce di Claire fece sobbalzare Kirk, che appoggiato ad un muro stava cercando di vincere l’emozione.
La ragazza era in abito da sera e solo allora Jim si ricordò del concerto.
Nel grande parco si stavano già  affollando gli spettatori.
“Ma che sta succedendo?” chiese Tom sopraggiungendo di corsa.
“Kevin è stato avvelenato, ma il mio ufficiale medico ha sintetizzato un antidoto… spera che abbia effetto”
“O mio Dio…” sussurrò Claire portandosi le mani alla bocca.
“E perché c’è tutta questa polizia qui?” chiese  Tom.
Jim prese un respiro prima di rispondere.
“Hoshi Sato… è morta”
 
“Cazzo… ma che sta succedendo?” imprecò Tom.
“Ragazzi io non ce la faccio a cantare… Kevin, la Sato… questa storia ha a che fare con Tarsus, ne sono sicura” disse Claire.
“Proprio per questo dobbiamo fare in modo che tutto sembri normale. Tu Claire canterai normalmente e tu Tom cerca di tenere  gli occhi aperti. Vi faccio sapere se ci sono novità”
“Jim… posso vedere Kevin?” chiese timida Claire.
“No, Claire non posso farti salire sull’Enterprise. Desterebbe troppi sospetti. Ti farò sapere se ci sono novità” rispose Jim, avviandosi verso McCoy che usciva dal grande edificio dove era posizionato la piattaforma del teletrasporto.
 
“Jim mi spiace davvero… posso fare qualcosa per te?” chiese McCoy dopo aver dato le disposizioni per il trasporto del corpo della Sato sulla nave.
“Scopri cosa è successo, perché Hoshi Sato non si sarebbe MAI tolta la vita” disse Jim piano voltandosi mentre gli inservienti mettevano il corpo nel sacco per cadaveri.
Proprio in quel momento arrivò un preoccupatissimo Roslin accompagnato da Karidian il ministro della Difesa.
“Capitano… questo è davvero una cosa terribile, ma posso chiederle perché sta facendo trasferire il corpo a bordo della sua nave? Si tratta di un suicidio ed in ogni caso le indagini spettano all’autorità locale”
“Presidente se sia stato un suicidio è ancora da accertare. In ogni caso l’Ambasciatrice Sato era una terreste ed un membro della Flotta, anche se in pensione. A norma di regolamento e come previsto dal Trattato della Federazione, come capitano  della Flotta ho la possibilità di avocare l’indagine ed è appunto quello che sto facendo” rispose duro Kirk.
“Spero solo che voglia tenere la cosa riservata. E’ il giorno dell’insediamento…” rispose altrettanto duro Roslin.
“Adam, sono sicuro che il capitano sa come  comportarsi” intervenne Karidian che era rimasto per tutto il tempo in silenzio.
“Molto bene. Mi faccia sapere se ci sono sviluppi” replicò Roslin girando i tacchi.
“Capitano Kirk, mi spiace davvero… Roslin è solo preoccupato per l’opinione pubblica. Abbiamo avuto parecchi problemi con l’opposizione”
La voce di quell’uomo continuava a provocare in Kirk un moto di leggera paura, ma per quanto si sforzasse proprio non poteva dire di averlo incontrato prima.
“L’Ambasciatrice Sato  rappresentava molto per lei?” chiese ancora Karidian.
“Era una vecchia amica” si limitò a rispondere Jim.
 
“Come sta Kevin?” chiese Jim mentre accompagnava Bones e i guardiamarina che portavano il corpo della Sato verso l’infermeria.
“Stabile, il che è una buona notizia” rispose Bones.
“Posso vederlo?”
“Certo… Jim… non so cosa stia succedendo e non voglio forzarti se non vuoi parlarne con me. Ma sappi che io per te ci sono, sempre”
Jim lo guardò con affetto.
“Sì, lo so” rispose piano.
Aspettò che il suo amico fosse entrato nella sala mortuaria per poi girare verso l’infermeria.
Kevin era disteso sul bioletto e i monitor sulla testata indicavano valori che Jim a prima vista già riconobbe come bassi, pur non essendo un medico.
Si avvicinò e prese la mano del suo amico.
“Kevin, ti prego tu devi farcela. Noi siamo invincibili, ti ricordi? Abbiamo superato cose più difficili di questa. Ce la puoi fare. Ed io scoprirò cosa sta succedendo”
 
TARSUS IV
Data stellare 2247.12.3
 
La stanza che gli avevano dato era enorme e con una vista meravigliosa sul giardino, ma a JT sembrava una prigione. Anche perché se non era a scuola o alle altre lezioni, oppure con Kodos, era costretto a stare lì e la notte la porta veniva chiusa a chiave.
Erano passate poco più di tre settimane dall’annuncio del razionamento e le cose stavano precipitando.
Pane e pasta erano spariti da subito,   così come i pochi prodotti freschi disponibili. Il cibo conservato era razionato e anche se non si era ancora alla fame la gente iniziava ad apparire stanca e provata.
Le derrate alimentari che Kodos faceva arrivare agli zii erano utilizzate esclusivamente per Max ed Ally, gli zii non toccavano nulla di quel cibo che invece distribuivano agli altri bambini del vicinato.
JT era sempre più triste; odiava con tutte le sue forze Kodos, ma non  vedeva via d’uscita da quella situazione. Così faceva in modo di farsi vedere  e notare il meno possibile.
Dal canto suo il Governatore era sempre più scuro e misterioso. Passava ore intere nel suo studio con i suoi fidati collaboratori e ad ogni pasto iniziava a farneticare sulla superiorità della razza e sulla necessità di purificare il pianeta.
JT sperava vivamente nell’arrivo delle navi della Federazione; sarebbe bastato uno sguardo anche del più distratto dei capitani della Flotta per  accorgersi della follia di Kodos e certamente la Federazione l’avrebbe destituito.
Ma le settimane passavano e la Flotta non arrivava.
A scuola c’era chi diceva che era per via delle tempeste ionizzanti, chi diceva che la Flotta li aveva abbandonati al proprio destino, chi diceva che sarebbero arrivati l’indomani.
Ma JT sentiva che c’era qualcosa che non andava.
Quella domenica JT stava tornando dalla breve visita agli zii con il cuore ancor più pesante.
Ormai zia Sarah si limitava a piangere in silenzio, e Max ed Ally apparivano intimoriti da lui.
L’unico che ancora cercava di scambiare qualche parola era zio Alex.
“Ho cercato di venirti a trovare l’altro giorno. Ma mi hanno bloccato all’ingresso” gli disse mentre erano seduti sul patio.
“Mi spiace non me l’hanno detto” rispose il ragazzino.
Alex lo guardò negli occhi.
“JT… stai facendo questo per noi?  Stai al palazzo perché in questo modo noi abbiamo da mangiare? Perché se è così ce la possiamo cavare…”
JT rimase in silenzio, consapevole che ormai la situazione era grave e la sua situazione personale relativa.
“Zio… credi che le navi della Federazione arriveranno in tempo?”
“Non lo so JT, dovevano già essere qui se fossero stati avvisate. Con i nuovi motori a curvatura le navi stellari ci mettono meno di sei giorni per arrivare dalla Terra”
“Vuoi dire che  ci hanno abbandonato?” chiese JT triste.
“O che Kodos non li ha avvisati. Tutte le comunicazioni all’esterno del pianeta sono bloccate da settimane”
 
JT era sempre più inquieto.
Le parole di suo zio risuonavano nelle sue orecchie come un mantra e lo tormentavano.
E se fosse stato vero? Se effettivamente Kodos non aveva neppure avvertito la Federazione di quello che stava succedendo? Che ne sarebbe stato di loro con la carestia incombente?
Perso nei suoi pensieri sobbalzò quando una delle guardie lo venne a chiamare nella sua stanza quel pomeriggio.
“Il Governatore ti vuole vedere subito” disse brusco, quasi spingendolo a forza fuori dalla sua stanza, verso lo studio.
“Entra James, vieni. Oggi è un giorno storico per Tarsus e voglio che tu assista alla storia”
Kodos gli sorrise ostentatamente.
Immediatamente Jim notò le telecamere per le  riprese TV. La scrivania era piena di microfoni.
“Resta qui e non ti muovere” gli disse una delle segretarie spingendolo in un angolo.
 
Kodos si sedette alla scrivania e qualcuno gli lisciò la giacca ed aggiustò i capelli.
“Pronti alla messa in onda. Tre … due… uno” fece il cameraman.
“Cittadini di Tarsus IV. E’ Il vostro Governatore che vi parla. L’ora è difficile, ma nulla è perduto. Debbo purtroppo informarvi che la Federazione dei Pianeti Uniti cui ci eravamo rivolti per avere aiuto nella nostra difficile situazione  mi ha appena fatto sapere di non voler intervenire in nostro soccorso. Siamo stati traditi da chi credevamo nostro amico ed alleato. Ma  questo deve essere di sprone per noi. Dal tradimento può nascere una nuova speranza. Per questo Tarsus da oggi è un pianeta indipendente dalla Federazione con cui ho appena rotto il trattato. La nostra rivoluzione avrà successo”
La telecamera si spense mentre nella stanza era calato un silenzio glaciale.
I membri della troupe televisiva si guardavano fra loro con gli occhi sbarrati
JT non riusciva a crederci.
La Federazione non poteva davvero aver rifiutato il suo aiuto.
Quando tutti  erano usciti dalla stanza JT era ancora lì muto ed immobile.
“Ragazzo, ricordati di questo giorno. Lo potrai raccontare ai tuoi nipoti” disse Kodos guardandolo con uno strano sorriso sulla faccia.
“Cosa…cosa… succederà ora… signore” trovò il coraggio di chiedere il ragazzino.
“I più forti sopravvivranno”
 

Star Trek non mi appartiene ovviamente.
Mi spiace, i toni saranno sempre più... angoscianti, ma chi conosce la storia di Tarsus dalla serie classica lo immagina. Ovviamente la fic è ispirata a tale storia, ma riveduta e corretta, anche alla luce del roboot.
Grazie a chi mi segue e a chi vorrà lasciare in segno del suo passaggio.

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Capitolo 8
*** Senza scampo ***


Capitolo 8
 Senza scampo

Enterprise
Data Stellare 2261.5.22
 
“Avevi ragione Jim, non si è uccisa. Era già morta quando l’hanno… impiccata”  McCoy ebbe un attimo di esitazione nel pronunciare l’ultima parola.
“E’ stata strangolata” continuò  desiderando  non essere troppo crudo, ma non ne poteva fare a meno.
Kirk chiuse gli occhi sospirando.
Da un lato era sollevato al pensiero che Hoshi non si era tolta la vita, ma dall’altro la vicenda stava assumendo toni davvero inquietanti e drammatici.
“Devo avvisare la Flotta. Mi trovate nel mio alloggio”
Jim si avviò verso il turboascensore con le spalle curve.
 
“Tenente Uhura, comunicazione diretta con StarFleet.  Ammiraglio Archer. Nel mio alloggio per favore”  chiese al comunicatore, per poi sedersi alla scrivania.
Le immagini di Hoshi continuavano a venirgli in mente.
“No Jim non è questo il suono… metti la mano qui, sulla mia laringe”
“No Jim.. hai appena detto ‘tua madre è una mucca rosa’ non ‘piacere di conoscere la tua famiglia’”
Il suono dell’avvio della comunicazione lo distolse dai ricordi dolorosi.
“Jim… ma è vero? Non posso crederci…”
Archer appariva come sull’orlo delle lacrime.
Hoshi aveva prestato servizio per molti anni insieme all’ammiraglio.
“Purtroppo sì, ammiraglio”
“Ma non può essersi uccisa…”
“Infatti ammiraglio, non si è uccisa, è stata uccisa. Strangolata per la precisione, prima di…” Jim non ebbe il coraggio di finire la frase.
“Ammiraglio, credo che ci sia un altro grosso problema. Uno dei miei uomini è stato avvelenato durante la cerimonia. Kevin Riley per la precisione” Continuò Kirk.
Archer strabuzzò gli occhi dalla sorpresa.
“Riley… proprio lui? Ma… come sta?”
“Stabile, ma in condizioni critiche. Sul pianeta ci sono anche Thomas  Leighton e Claire Claufield. Qualcuno ha fatto in modo che fossimo tutti qui e che ci fosse anche la Sato”.
Archer chiuse gli occhi sospirando.
“Bene, Capitano. Torni subito sulla Terra. La voglio fuori dall’orbita di quel pianeta entro due ore”
“Ammiraglio, io DEVO scoprire cosa è successo ad Hoshi e a Kevin. Glielo devo. Se lasciamo ora il pianeta non lo sapremo mai”
“Ci sarà modo per scoprirlo dopo. Apriremo un’inchiesta formale. Ora i suoi ordini sono di lasciare subito il pianeta, in modo da curare adeguatamene Riley e riportare… Hoshi a casa. Ci siamo intesi Capitano Kirk?”
La voce di Archer si era fatta dura.
“Sì signore” si limitò a dire Jim.
“Archer chiude”
 
“Computer apri file di ricerca” disse McCoy seduto alla scrivania, aprendo la postazione del suo ufficio.
La situazione stava iniziando a spaventare parecchio il medico.
Jim non parlava e Spock sembrava sottovalutare la  cosa, anche se a McCoy non era sfuggito lo sguardo preoccupato che il vulcaniano teneva costantemente sul suo capitano.
Aveva visto Jim parlare con l’uomo con un occhio solo (che poi aveva identificato per il noto imprenditore Leighton) e con la cantante, ma non riusciva a capire perché Jim fosse così misterioso sui loro rapporti.
“Computer  file di connessione fra i seguenti nominativi:  Thomas Leighton, Claire Claufield, Kevin Riley e James Kirk”
Il computer iniziò a ronzare e ci vollero solo pochi secondi per la risposta.
“Una connessione trovata per tutti i nominativi”
McCoy aprì il rapporto eccitato.
Ma subito dopo la delusione tornò.
L’unica cosa che avevano in comune i quattro erano i buchi nelle loro biografie. Tutti e quattro avevano file secretati al massimo livello, tutti chiusi alla stessa data.
“Maledizione” imprecò McCoy.
“Qui Capitano Kirk. Prepariamoci a lasciare l’orbita alle  3.00 ora locale”
La voce di Jim risuonò dall’interfono.
“Dio sia ringraziato” pensò McCoy.
Prima lasciavano il pianeta meglio era.
 
McCoy aveva controllato per l’ennesima volta i parametri di Riley che erano sempre stabili, ma non accennavano a migliorare. McCoy sperava che con il passare delle ore la tossina sparisse definitivamente dal corpo del giovane. Non poteva dare un’altra brutta notizia a Jim.
Stanco si stiracchiò come un gatto.
Stava aspettando che la nave lasciasse l’orbita di Cerberus per fare due chiacchiere con Jim.
Magari con un buon brandy davanti e prima di andare a letto sarebbe riuscito a cavargli qualcosa da bocca.
Solo allora fece caso all’ora.
Le 3.25.
Perché non avevano ancora lasciato l’orbita di Cerberus?
“McCoy a ponte”
“Qui Spock dottore, stavo per mettermi in contatto con lei”
“Cosa è successo? Perché non abbiamo lasciato l’orbita? E dov’è Jim?”
McCoy sparò in fretta le domande all’interfono.
“Dottore, non possiamo lasciare l’orbita senza il capitano a bordo. E attualmente non sappiamo dove sia il Capitano Kirk”
 
TARSUS IV
Data stellare 2247.12.10
 
JT passò in fretta davanti allo studio di Kodos nella speranza che lui non lo vedesse o notasse.
Anche se erano giorni che il Governatore non faceva caso a lui; JT ora era molto più libero di girare per il Palazzo.
Lo studio era vuoto e JT non poté resistere alla tentazione.
Guardandosi intorno entrò di soppiatto.
“Signore…” chiamò senza risposta.
Lo studio era vuoto.
Spinto da una forza irresistibile si avvicinò alla scrivania di Kodos, attratto dai fogli che c’erano sul tavolo.
Kodos non usava mai documenti scritti, si serviva esclusivamente dei PADD.
Sempre guardandosi attorno JT prese i fogli.
Erano nomi.
Nomi di coloni.
Quattromila nomi in ordine alfabetico.
La metà circa della popolazione.
Con le mani che gli tremavano Jim scorse la lista:
Richter Alex
Richter Sarah
Richter Maximilian
Richter Allison
C’erano, c’era la sua famiglia era su quella lista.
Anche se non sapeva bene il motivo, il terrore si impadronì di JT che solo all’ultimo si accorse che qualcuno stava arrivando.
Mollò i fogli sul tavolo e corse a nascondersi dietro al grande divano, subito prima che Kodos entrasse nello studio seguito da due dei suoi collaboratori.
“Avete bloccato le comunicazioni interne?” chiese Kodos entrando a passo deciso.
“Sì signore. Da stanotte”
“Bene giustificate la cosa con un guasto tecnico”
“E’ pronto il comunicato?”
“Certo signore e anche la Milizia del Governatore è pronta. Tutti gli accessi per uscire dalla città sono stati bloccati”
“Ci saranno delle fughe e qualcuno non si presenterà” ragionò Kodos.
“Dopo la prima fase, è previsto un rastrellamento casa per casa”
“Bisogna prevedere anche che qualcuno dei prescelti si ribellerà…”
“Sappiamo come tenerli a bada. E la milizia è fedele al Governatore”
“Bene. Il successo della rivoluzione dipende da noi. Mi  aspetto che facciate un ottimo lavoro” disse Kodos congedandoli con un gesto della mano.
Prima di uscire dalla stanza Kodos si girò intorno e  per un terribile minuto JT ebbe l’impressione che lui sapesse che era lì.
Ma poi l’uomo uscì chiudendosi la porta alle spalle.
 
JT doveva uscire dal palazzo.
Ad ogni costo.
Sapeva cosa voleva fare Kodos l’aveva intuito subito.
Ma non sapeva come fare.
Tom… Tom e suo padre erano la sua unica speranza.
Corse verso la palestra ed vi entrò come un folle.
Tom e suo padre stavano aggiustando gli attrezzi.
“Tom… ti devo parlare” fece il ragazzino trafelato.
Arthur lo guardò intensamente e immediatamente JT capì che anche lui sapeva cosa stava succedendo.
“James… non puoi fare nulla. Nessuno di noi può fare nulla” gli disse piano.
“NO!!! Vi prego, vi prego fatemi uscire io devo avvertirli” urlò disperato.
“Papà, ma di cosa sta parlando? Che sta succedendo???”
“Tom… stanno per accadere cose brutte, ma qui voi siete al sicuro” la voce di Arthur era poco più di un sussurro e l’uomo non aveva il coraggio di guardare il figlio negli occhi.
“Sono la mia famiglia io devo avvisarli!!! Vi PREGO!!!” supplicò JT.
“Papà, ma di cosa sta parlando??” ripeté Tom.
“C’è il passaggio sotto la stalla… Tom può fartelo vedere” alla fine Arthur si arrese.
Tom non capiva bene, ma annuì.
“Stai attento James” disse piano Arthur mentre i due ragazzini correvano via.
 
JT sentiva che le forze potevano venirgli meno da un momento all’altro, ma continuava a correre come se non ci fosse un domani.
Non poteva accedere davvero, no, il suo cervello si rifiutava di crederlo.
Arrivò a casa degli zii e già imboccando la strada si accorse del silenzio che vi regnava.
Entrò in casa urlando come un matto, ma non c’era nessuno.
Sentì il terrore gelido scendere su di lui.
Preso da una furia folle bussò come un matto alla casa di Hoshi.
“JT…” la voce di Max giunse soffocata da dietro la porta a vetri e la speranza germogliò nell’animo di JT.
“James…”
Hoshi aprì la porta sorpresa.
“Dove sono gli zii?” chiese subito il ragazzino.
“In piazza con gli altri, come ha ordinato il Governatore. Devono fare le vaccinazioni. Sarah mi ha lasciato Max ed Ally, sai che lei è contraria alle vaccinazioni e i bambini sono allergici, vuole prima parlare con i medici”
JT la guardò sconvolto.
Come faceva quella donna a credere a quella baggianata?.
“Non devono fare le  vaccinazioni… come fa a non capirlo??? Kodos li vuole uccidere, li vuole uccidere tutti!” urlò JT.
“Cosa stai dicendo… non è possibile…”
“Tenga qui i bambini. Li nasconda. La prego  non li faccia prendere dalle guardie. Io torno a prenderli dopo” urlò.
JT riprese a correre, ma sapeva che sarebbe arrivato troppo tardi.
 
Migliaia di persone erano stipate  nella grande piazza circondate dalle guardie armate.
Qualcuno aveva intuito che c’era qualcosa che non andava e le donne avevano iniziato a piangere.
JT cercò disperatamente con lo sguardo Sarah ed Alex, ma era difficile in quella folla.
Una delle guardie lo individuò. Lo conosceva bene, era la guardia che di solito stava di sorveglianza dinanzi alla porta dello studio.
“Ehi ragazzino dove stai andando?” urlò mentre JT cercava di entrare ed attraversare il cordone di polizia.
La guardia iniziò ad inseguirlo.
“Alfred mettiti in contatto con il Palazzo, dì loro che qui in piazza c’è il ragazzino del Governatore”
JT era veloce, ma era difficile  sfuggire con tutta quella gente.
Doveva trovare gli zii, doveva salvarli. E se non poteva salvarli almeno poteva morire con loro.
“Scappate!!! Vogliono ucciderci tutti” urlò, ma subito dopo una mano possente lo afferrò e gli tappò la bocca.
“Stupido ragazzino… cosa credi di fare” fece la guardia, sollevandolo da terra senza sforzo.
JT si dimenò, scalciò, cercò di mordere ed urlare, ma la morsa della guardia era ferrea.
“Il Governatore ti spellerà vivo” rise la guardia mentre lo trascinava via.
E finalmente vide Sarah ed Alex.
Erano su uno dei lati della piazza e si stringevano e quando lo vide Alex cercò di reagire, ma JT e la guardia erano troppo lontani.
Poi la voce di Kodos risuonò  negli altoparlanti della piazza.
“La rivoluzione ha avuto successo. Ma la  vostra sopravvivenza minaccia quella dei membri più illustri della nostra società. Per questo non mi resta altra scelta che condannarvi a morte. La sentenza sarà eseguita immediatamente. Firmato Kodos Governatore di Tarsus IV”
Sulla piazza scese per un attimo un silenzio incredulo, subito seguito da urla, invocazioni e grida.
Il rumore dei fucili phaser coprì subito le urla ed i singhiozzi disperati.
La gente iniziò a cadere come birilli colpiti.
Il primo a cadere fu Alex.
Andò giù di colpo, senza un fiato.
Sarah ebbe il tempo di guardare verso JT che veniva trascinato via.
“Andrà tutto bene Jimmy…” le lesse sulle labbra.
Poi anche lei andò giù  con gli occhi spalancati al cielo.
Fu l’ultima cosa che JT vide prima di svenire.
 
 Star Trek non mi appartiene.
Grazie ancora a chi legge e a chi lascia un segno  del suo passaggio. e grazie alla mia beta, ovviamente.
Pausa estiva... quindi... buone vacanze a tutti.

 

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Capitolo 9
*** Per il bene di tutti ***


Capitolo 9
Per il bene di tutti

 
ENTERPRISE
Data Stellare 2261.5.23
 
“Allora cosa intendi fare?” urlò McCoy appena varcò il turboascensore sul ponte di comando.
Spock lo guardò neutro seduto sulla poltrona di comando.
“Ci siamo appena messi in contatto con la superficie del pianeta, ma il Presidente Roslin nega di sapere qualcosa in merito” rispose.
“Comandante, i sistemi hanno registrato una comunicazione personale proveniente da Cerberus diretta al Capitano Kirk. L’ha presa diretta nel suo alloggio circa  tre ore fa”
Le mani di Uhura volavano veloci sulla sua consolle.
“E’ possibile visualizzare il contenuto di tale comunicazione?” chiese Spock.
“Era criptata signore. Posso provare a decriptarla, ma ci vorrà tempo”
“Molto bene tenente, nel frattempo continui a cercare di mettersi in contatto con il capitano”
McCoy era stato a sentire  i vari ordini senza fiatare, ma quando scese il silenzio sul ponte sbottò.
“Ma non potete rintracciarlo? Sarà certamente sulla superficie del pianeta. Non può essere andato oltre”
“Negativo dottore. Il signor Chekov ha già compiuto un’attenta scansione della superficie abitata del pianeta, ma non c’è traccia del Capitano”
Tutti i membri della Flotta avevano un microchip inserito  nel collo che permetteva di rintracciali entro una certa distanza e teletrasportarli in caso di emergenza.
“Vuoi dire che non è sul pianeta? E allora dov’è?” sbottò McCoy.
“Mi spiace doverle dire, Dottore, che attualmente non ho  alcuna risposta a questa sua domanda”
La voce di Spock aveva sempre lo stesso tono neutro, il che fece cadere  le ultime inibizioni di McCoy.
“E che facciamo? Stiamo qui ad aspettare che ricompaia dal nulla???”
“Il tenente Uhura ha buone possibilità di decriptare la comunicazione, nel frattempo non c’è molto che possiamo fare, Dottore”
“E’ ovvio che  questa storia è collegata a Riley e alla morte di Hoshi Sato. Ti rendi conto che Jim potrebbe essere in grave pericolo?”
Il suono dell’interfono interruppe la conversazione piuttosto animata.
“Signor Spock qui Scott”
“Dica signor Scott”
“Dalle registrazioni risulta che il Capitano si è fatto teletrasportare sul pianeta circa due ore fa. Le coordinate sono quelle della sala del Palazzo Presidenziale”
  
“Signor Spock si rende conto che sono le 6,30 del mattino? Le ho già detto e ripetuto che ai miei tecnici non risulta che il  Capitano Kirk sia mai arrivato qui”
La voce di Roslin era irritata e l’immagine sullo schermo rimandava quella di un uomo tirato a forza dal suo letto.
“Chiedo il permesso di inviare una squadra di tecnici per verificare la situazione. I nostri dati indicano…” Spock appariva assolutamente impassibile all’ira di Roslin.
“Me lo ha già detto cosa indicano i dati in suo possesso. E no, Comandate Spock, permesso negato”
“Presidente Roslin si rende conto che posso farmi autorizzare da Starfleet a scendere sul pianeta con i tecnici, con o senza il suo consenso?”
“Bene lo faccia. Sino ad allora Roslin chiude”
Lo schermo divenne all’improvviso nero.
Spock si limitò a sospirare.
“Tenente, ancora nulla con quella decriptazione?” chiese  girandosi verso Uhura.
“Ci sono quasi signore”
“Beh… che aspettiamo a scendere?” fece McCoy che nel frattempo si era aggirato in continuazione per il ponte agitandosi come punto da una tarantola.
“Dottore, a norma del punto 4.3 del trattato appena stipulato dalla Federazione con Cerberus VI per scendere ufficialmente sul pianeta e compiere indagini abbiamo bisogno o del consenso del Presidente ovvero  della autorizzazione di Starfleet per ragioni militari o di ordine pubblico” rispose Spock, con un voce solo leggermente incrinata.
“E cosa aspetti a chiedere questa cazzo di autorizzazione?” sibilò sempre più inviperito il medico.
“Dottor McCoy mi spiace  farle notare che se richiedessi allo stato attuale  tale autorizzazione a Stafleet per rintracciare la possibile destinazione del Capitano  sarei costretto a  rivelare loro che Kirk si è volontariamente allontanato dalla nave e non vi ha fatto ritorno, contravvenendo all’ordine di lasciare il pianeta al più presto”
McCoy si zittì per un attimo.
Stava per riprendere la sua filippica quando Uhura finalmente annunciò.
“Ho completato la decriptazione Comandante”
“Bene…”
“E’ un messaggio di testo signore ‘JT  siamo nei guai.  Avevate ragione. E’ ancora vivo. Ho bisogno di vederti subito’ ”
“Provenienza?” chiese ancora Spock.
“Thomas Leighton, signore”
 
“Provi a mettersi in contatto con il signor Leighton, tenente” ordinò Spock.
“Lo sapevo, lo sapevo” borbottò McCoy strofinandosi il viso. Ormai era nel panico.
“Nulla signore. Non risponde al comunicatore né nella sua stanza di albergo”
“Provi con Claire Claufield” intervenne bruscamente McCoy.
Spock lo guardò un attimo perplesso, ma poi annuì verso Uhura.
Dopo alcuni minuti  Uhura relazionò.
“Negativo anche con la signora Claufield. Ho appena parlato con il suo agente che è molto preoccupato perché non riesce a rintracciala da quando è finito lo spettacolo”
“Gesù, ma che sta succedendo?” chiese McCoy sempre più spaventato.
Spock non rispose.
“Tenente, comunicazione con StarFleet. Ammiraglio Archer. Nella sala tattica per favore” disse alzandosi dalla sedia.
McCoy non aveva bisogno di un invito per raggiungerlo nel turboascensore”
 
 
TARSUS IV
 Data stellare 2247.12.11
 
JT si svegliò piano, cercando di orientarsi.
Si rese subito conto che era di nuovo nel palazzo. L’avevano adagiato sul letto della sua stanza, ma ci vollero alcuni minuti per ricordare quello che era successo.
Ormai era sera e la stanza era permeata da uno strano odore. Non lo riconobbe immediatamente, ma la sua fattoria sulla Terra era vicino all’inceneritore delle carcasse di animali e il ricordo non ci mise molto a riemergere.
Carne bruciata. Stavano cremando i corpi.
Ogni tanto dall’esterno si sentivano urla in lontananza e qualche colpo di fucile phaser.
Mentre la sua mente realizzava quello che era successo JT aprì la bocca nel tentativo di urlare tutto il suo dolore, ma la voce non gli usciva.
Alex e  Sarah erano morti.
Erano morti. Gli unici veri genitori che avesse mai avuto erano morti e lui non riusciva ad urlare, non riusciva a piangere o disperarsi.
Dentro di sé aveva solo un deserto.
Qualcuno gli aveva messo sul comodino un bicchiere d’acqua e lui lo tracannò tutto di un fiato.
Poi finalmente iniziò ad articolare qualche pensiero razionale.
Max ed Ally.
I bambini era rimasti con Hoshi. Erano ancora vivi. Poteva fare qualcosa per loro.
 
Si alzò ancora un po’ traballante e provò ad aprire la porta.
Era chiusa a chiave, come al solito.
Aveva già provato più volte in passato ad aprirla forzandola, ma non c’era mai riuscito, la serratura era troppo complicata.
Disperato rivolse la sua attenzione alla finestra, ma la situazione non era diversa.
Anche le ante erano sbarrate con una doppia combinazione.
E da lontano JT poteva vedere il bagliore della rete  ad infrarossi che circondava  tutto il perimetro della grande villa.
Non gli restò altro da fare che aspettare che qualcuno aprisse quella porta e poi tentare di scappare.
 
La porta si aprì che ormai era mattino e JT si era appisolato seduto accanto al muro.
“Ragazzino alzati e mettiti in ordine il Governatore vuole vederti. Cosa credevi? Di passarla liscia per la bravata di ieri?”
La guardia, la stessa che lo aveva acciuffato in piazza, sghignazzava malefica.
JT andò nel bagno e cercò di riaggiustarsi alla meglio, con il pensiero sempre vigile a come fuggire.
Lo studio di Kodos dava sull’atrio e poi direttamente sul cortile esterno.
Forse quando usciva, poteva distrarre le guardie e correre via.
Al momento si fece condurre docilmente verso lo studio, ma la guardia lo teneva stretto per un  braccio.
Evidentemente non voleva rischiare.
Arrivati nelle vicinanze dello studio sentì forti grida provenire dalla stanza.
La voce di Kodos era alterata e stava parlando con una donna  che invece urlava e si disperava.
“Tu sei un mostro. Come hai potuto farlo? Quattromila persone Robert. Uomini, donne, bambini!!!”
Hoshi! Era la voce di Hoshi.
JT sentì la  gambe diventare di gelatina.
Se l’avevano catturata dove erano i bambini?
“Sapevi bene che andava fatto. Io devo salvare la parte migliore di questo pianeta. Vanno fatti sacrifici” urlò Kodos.
“Chi sei tu?? Cosa sei diventato? La pazzia ti offusca la mente!!” urlò di rimando Hoshi.
Anche da lontano JT sentì chiaramente che la donna veniva colpita più volte.
“Ringrazia la nostra vecchia amicizia se sei ancora viva”
“Dov’è James?” chiese la donna con voce flebile e rotta dal pianto.
“Sta bene, anche se i tuoi insegnamenti lo stanno deviando. Ma sono ancora in tempo per fargli capire qual è  la via della ragione”
“Tu sei pazzo, marcirai all’infermo appena arriveranno le navi della Federazione…”
Kodos ebbe una risata beffarda.
“Le tue preziose navi non arriveranno, mia cara. Non ho mai avvertito la Federazione, quel covo di persone insulse e senza spina dorsale. Ora basta. Guardie, portate la professoressa Hoshi  nelle camere di scurezza. Lì si schiarirà le idee” urlò Kodos.
La porta dello studio si aprì all’improvviso e ne uscì Hoshi, pestata, sanguinante, con il vestito sporco ed i capelli scompigliati.
L’anziana donna venne spinta in avanti dalle guardie in malo modo.
“James…” sussurrò appena lo vide.
“I bambini…” fu l’unica cosa che riuscì ad articolare JT.
“Mi spiace James… mi spiace… ho provato a proteggerli…” Hoshi scoppiò in lacrime.
Tutto il mondo di JT si sgretolò completamente.
Ora non aveva più nulla nella vita.
 
Quando venne praticamente buttato nello studio JT si sentiva come sospeso in un altro mondo.
Sentiva le voci come in lontananza e non riusciva ad articolare un solo pensiero razionale.
I mesi di felicità che aveva passato gli sembravano un sogno, niente più che una fantasia generata dalla sua mente.
“James… entra e siediti” ordinò il Governatore.
JT obbedì in automatico, continuando a guardare in un punto indefinito davanti a sé.
“Mi hanno riferito quanto è successo ieri. Ora voglio considerare l’episodio come dettato dalla tua impulsività e dal fatto che sino ad ora sei stato educato in modo… inappropriato. Ma non deve ripetersi più. Ho in mente grandi cose per te James. Ora non ci saranno più ostacoli. Tarsus diventerà il pianeta più potente del quadrante.  Ed io ne sarò la guida. E poi, se  mi seguirai, toccherà a te”
JT capiva la metà delle parole che quel folle diceva.
Man mano che i pensieri si schiarivano iniziò a provare una rabbia folle.
Quell’essere lì davanti a lui aveva ucciso quattromila persone. Aveva ucciso i suoi genitori,  gli unici veri genitori che avesse mai avuto ed i suoi piccoli cugini. E nessuno poteva fermarlo. Le navi della Federazione non sarebbero arrivate, e quand’anche   fossero arrivate sarebbe stato tardi.
Un unico pensiero  razionale si fece strada in JT.
Kodos doveva morire.
 
Era ora di pranzo e JT si era preparato accuratamente.
Aveva nascosto dentro di sé tutto il dolore, la rabbia, la paura, doveva raggiungere il suo scopo.
Non gli importava di morire dopo. Certamente le Guardie di Kodos l’avrebbero ucciso, ma gli importava poco se fosse riuscito ad ottenere lo scopo.
Si guardò allo specchio ed indossò la solita faccia da poker.
Entrò nella sala da pranzo e si sedette.
La ricchezza della tavola, con tutti i prodotti freschi ancora disponibili, era quasi oscena.
“Sono contento  di vedere che stai meglio James” sibilò  Kodos con un sorriso allucinato.
JT non aveva attenzione che per le posate.
Scelse con cura il coltello, il più affilato e con noncuranza lo piazzò vicino al suo piatto.
Ma doveva aspettare il momento giusto, quando Kodos era solo.
Il Governatore  stava ancora parlando con i suoi collaboratori.
“Non è facile con alcuni coloni ‘prescelti’. Ci sono moti di ribellione, soprattutto da parte di coloro che sono stati separati dal nucleo familiare. Dobbiamo aspettarci rivolte da parte di piccoli gruppi” disse uno dei segretari.
“Fate capire loro che non avremo pietà: se si ribellano uccideremo loro ed il resto della loro famiglia, se sono ancora in vita” rispose Kodos.
“Agli ordini signore. E cosa facciamo con la Sato?”
“Tenetela in isolamento. Senza cibo né acqua. Cederà e si uniformerà, la conosco bene”
Kodos congedò il gruppetto con un cenno della mano.
“Bene James ora mangiamo. Cerchiamo di tornare alla nostra normalità” fece sedendosi a capo tavola.
“Mi spiace, ma da oggi in poi solo roba replicata. Non è buona come quella originale, ma…” sorrise prendendo una fetta di beef  dal piatto di portata.
I replicatori… quindi li aveva, Kodos aveva i modernissimi replicatori di materia, poteva fabbricare quanto cibo voleva… ed aveva affamato la gente di quel pianeta, ucciso quattromila persone in nome di una carestia che poteva essere tranquillamente aggirata.
JT sentì un odio inaudito e profondo.
Ora voleva solo uccidere.
 
Aspettò con calma che il pranzo finisse e che, come al solito Kodos si sedesse e mettesse a fumare guardando fuori dalla finestra.
“Sai James, trasformerò questo pianeta, vedrai. Ora che la popolazione è costituita solo di migliori elementi progredirà in pochissimi anni”
JT afferrò il coltello, ma le mani gli tramavano.
Non aveva mai neppure pensato di uccidere qualcuno, neppure Frank, neppure quando il patrigno lo aveva spedito in ospedale, neppure quando  l’ultima volta, dopo che aveva distrutto la corvette, lo aveva ridotto in fin di vita.
Mai aveva pensato di privare un essere umano della vita, ma ora sentiva di doverlo fare.
Per i suoi zii, per i suoi cugini, per le quattromila persone che quel folle aveva ucciso a sangue freddo, per il pericolo che sapeva avrebbe costituito  per tutti se non veniva fermato.
Ma le inibizioni di ragazzo, il pensiero di uccidere davvero, lui che  non aveva mai ucciso neppure i topi della fattoria, limitandosi a cacciarli via dai granai con i  dissuasori sonici, lo fecero esitare.
E l’esitazione fu fatale.
Kodos  vide il riflesso nella finestra.
Si girò di scatto e afferrò il polso di JT talmente forte che il ragazzino sentì scricchiolare le ossa.
“Stupido  bastardello” imprecò.
 

Star Trek non mi appartiene.
Son tornata dalle vacanze... le vostre come sono andate? O siete così fortunati che ancora siete a riposo?
Grazie delle recensioni e  delle letture, come sempre fatemi sapere cosa ne pensate della storia, se vi va. 

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Capitolo 10
*** Conseguenze ***


Capitolo 10
Conseguenze


ENTERPRISE
Data Stellare 2261.5.22
 
“Ammiraglio Archer, lei si rende conto che la situazione sta assumendo connotati… allarmanti”
La voce di Spock era come al solito calma e tranquilla, ma McCoy vi poteva leggere una nota incrinata.
“Me ne rendo conto Comandante. Ma posso autorizzarla a scendere sul pianeta solo con due tecnici onde verificare il funzionamento del sistema di teletrasporto. Non di più. Anche se fa parte della Federazione Cerberus è un pianeta autonomo ed il Trattato…” fece Archer con voce monocorde.
“Al diavolo il Trattato… Jim è sparito e voi vi comportate come se stessimo parlando di una transazione commerciale” sbottò McCoy alzandosi in piedi ed avvicinandosi allo schermo  sulla parete della sala tattica, come se volesse trapassarlo per andare a prendere Archer a pugni sulla Terra.
Spock gli lanciò un’occhiata di fuoco, ma rimase per il resto come al solito impassibile.
“Ammiraglio, perdoni l’emotività del nostro CMO. Ma effettivamente le misure che lei suggerisce di adottare appaiono inadeguate a…risolvere  il problema. Il Capitano non è sulla superficie di Cerberus e senza l’accesso ai loro registri di partenza oppure alle registrazioni dello spazioporto, non siamo in grado di stabilire come abbia lasciato il pianeta”
“Comandante Spock allo stato non abbiamo alcun indizio che Kirk abbia lasciato il pianeta non di sua volontà. E questo lo capisce anche lei potrebbe costituire un problema per il Comando della Flotta. Verifichi il funzionamento dei sistemi e poi mi aggiorni. Archer chiude”
McCoy si ritrovò a fissare lo schermo nero.
“Ora cosa facciamo?” chiese girandosi verso Spock.
“Scendiamo su Cerberus e verifichiamo il funzionamento del loro sistema di teletrasporto e se Kirk è davvero arrivato su Cerberus” rispose con calma il vulcaniano.
McCoy divenne rosso dalla rabbia e stava per iniziare la sua solita sparata, quando Spock si mise in comunicazione con il ponte.
“Signor Chekov… si prepari a scendere con me, il dottor McCoy ed il tenente Uhura sul pianeta” disse con calma.
McCoy sorrise soddisfatto.
Chekov era il migliore hacker della Federazione.
 
Pochi minuti dopo i quattro erano riuniti in sala teletrasporto.
“Mi ci vorrà qualche minuto, Zignore, per entrare nei registri degli arrivi e partenze del loro spazioporto e scaricare i dati delle videocamere” fece tutto eccitato Chekov. Quando era agitato il suo accento russo si sentiva ancor di più.
“E come facciamo a distrarli mentre Chekov armeggia?” chiese McCoy.
“Beh a questo ci posso pensare io…” sorrise Uhura, salendo sulla piattaforma del teletrasporto.
“Sempre che non ci sia di sorveglianza qualcuno di sesso femminile o insensibile al tuo fascino” rispose un po’ acido  McCoy.
“In questo caso potrebbe pensarci lei dottore. Dopo tanti anni che frequenta il Capitano dovrebbe aver imparato qualcosa in materia di seduzione” intervenne impassibile Spock.
Quando anche involontariamente Spock  diventava ironico, anche se sembrava impossibile, McCoy lo detestava ancor di più.
 
L’agente di polizia che avevano messo a sorvegliarli era di sesso maschile, e molto, molto sensibile al fascino di Uhura.
“Fammi vedere la tua arma… è davvero bellissima. Di ultima generazione…”
Uhura accarezzava con malizia il braccio del giovane agente il quale quasi sbavava dagli angoli della bocca ed aveva completamente perso di vista Chekov che armeggiava a suo piacimento con la consolle che aveva davanti.
McCoy si ritrovò a pensare ancora una volta alla fisiologia umana e all’ incidenza sulla stessa dei fattori ormonali.
“Spock, ma non ti dà neppure un po’ di fastidio?” sorrise il medico indicando verso Uhura ed il giovane agente.
“Non vedo perché dovrei provare fastidio, dottore, sono abbastanza certo che il tenente Uhura non è sentimentalmente coinvolta con quel poliziotto”
McCoy non si prese la briga di rispondere. Era inutile.
“Ma quanto ci metti?” bisbigliò a Chekov avvicinandosi.
“Ho quasi finito…ecco. Ho dirottato tutti i dati sulla mia consolle sulla plancia”
Uhura colse subito il segnale.
“Ok… davvero bella la tua arma, usala bene”
Uhura lanciò un gran sorriso all’agente, ma si allontanò per avvicinarsi al gruppo e salire con loro sulla piattaforma del teletrasporto.
“Abbiamo finito agente. Torniamo sulla nave” annunciò Spock.
“Ehi… ma non posso rivederti?” chiese a Uhura l’agente rosso in volto.
“Sì come no… chiamami” rispose la ragazza, mentre i raggi del teletrasporto già la dissolvevano.
“Ma non so neppure il tuo nome…”
 
 
“Alle 5,10 è partita la navetta personale del ministro Karidian. Queste zono le registrazioni dell’hangar di partenza”
Tutto il personale del ponte era riunito in sala tattica.
“Il Ministro ha chiesto l’autorizzazione per un trasporto medico di emergenza”
Il cuore di McCoy accelerò appena vide le immagini sullo schermo.
Mostravano Karidian che conduceva per un braccio verso la navetta Claire Claufield, seguito  da Tom Leighton. Dietro di loro due infermieri che reggevano una barella.
Avrebbe riconosciuto la figura  stesa anche lontano un miglio.
“Merda… Jim!” imprecò.
Spock restò apparentemente calmo, anche se McCoy notò un leggero fremito della mano.
“La navetta ha i motori a curvatura? Sappiamo la destinazione?” chiese.
“ Zì, Zignore…  ha la curvatura. Ma la destinazione non la capisco… pare che siano diretti a Tarsus IV”
 
 
TARSUS IV
Data Stellare 2247.12.12
 
JT si risvegliò con un sussulto.
Immediatamente la sensazione di dolore acuto alla schiena tornò strappandogli un gemito forte.
Kodos l’aveva personalmente frustato con una ferocia tale che JT era svenuto al quarto colpo.
Cercò di  mettersi a sedere sulla piccola brandina e capire dove era, ma dovette provare più volte prima di riuscirci.
Non aveva mai visto le camere di sicurezza del palazzo residenziale, ma capì immediatamente che l’avevano portato proprio lì.
L’ambiente era umido e buio e la luce proveniva solo dal corridoio su cui dava la piccola cella dove era stato rinchiuso.
JT rimandò indietro il dolore, la sete, la paura cercando di concentrarsi.
In quel momento si odiava.
Odiava di  non essere riuscito nel suo intento, odiava di dover ricordare di non avere più nulla e nessuno al mondo, e soprattutto odiava il fatto di essere ancora vivo.
“James…”
La voce flebile di Hoshi lo richiamò alla realtà.
“James… stai bene?” Hoshi era con evidenza rinchiusa nella cella a fianco.
“Sì… abbastanza” mentì il ragazzino.
“Cosa è successo?” chiese l’anziana donna.
JT non ebbe il coraggio di rispondere. Non tanto per aver tentato di uccidere Kodos, ma per non esserci riuscito.
Come se non si aspettasse nemmeno la  risposta Hoshi continuò.
“James tu devi assecondarlo. Non ti ribellare. Fai tutto quello che ti dice, troveremo un modo per scappare, per avvertire la Federazione”
“Ha ucciso Alex e Sarah…e i bambini… e più di quattromila persone. Ha i replicatori, poteva sfamare la gente…”
JT stavolta era sull’orlo delle lacrime.
Hoshi rimase in silenzio.
 
JT si era addormentato più per il dolore che per la stanchezza.
Il rumore di qualcosa che sbatteva contro le sbarre lo svegliò  all’improvviso.
Kodos ed una delle guardie, quello che l’aveva tenuto fermo mentre il governatore lo frustava, stavano in piedi nel corridoio e lo guardavano.
Dietro di loro c’era Arthur che lo guardava con un misto fra la pietà e l’ammirazione.
“Bene vedo che  sei sveglio. Spero che la lezione ti sia servita” sibilò Kodos.
JT non fiatò limitandosi a guardare l’uomo con disgusto.
“Sei una vera sorpresa James… in fondo ti ho sottovalutato. Non credevo ne fossi capace” rise Kodos continuando a guardarlo fisso.
“Ho sempre saputo che il coraggio non ti mancava… vista la tua storia personale, ma ti ho decisamente sottovalutato”
Kodos fece un cenno alla guardia che aprì le porte della cella, ma JT non fece un passo né mosse un muscolo.
Ad un altro cenno JT venne brutalmente strattonato e gettato ai piedi di Kodos.
“Robert, lascia stare il bambino.  Non ha fatto nulla. Ti scongiuro…”
Kodos le rivolse appena lo sguardo.
“Non ha fatto nulla? Questo piccolo bastardo ha tentato di uccidermi…”
JT ora poteva vedere la donna e capire chiaramente la sorpresa che le disegnò sul volto.
Il Governatore si chinò sul ragazzino, rimasto immobile a terra e lo sollevò con un braccio solo.
“Nonostante quello che pensi di me io non sono così crudele. Posso perdonare. Supplicami di perdonarti ed io ‘forse’ lo farò” gli sibilò in faccia.
JT sentì il disgusto e la nausea salire prepotenti.
Non disse niente né abbassò lo sguardo.
“Ho detto ‘supplicami’ di avere salva la vita” urlò di nuovo l’uomo, visibilmente alterato.
“Fanculo”
La voce di JT era molto più dura di quanto lui stesso immaginasse.
Kodos lanciò una specie di urlo strozzato prima di colpirlo con un pugno.
JT finì  a terra di  botto.
“Bene vedo che la lezione non ti è bastata. Ma cambierai idea” fece il Governatore con voce calma, mentre si aggiustava i vestiti.
Lasciò il corridoio con passo calmo, mentre la guardia lo trascinava di nuovo nella cella ed iniziava a  prenderlo a calci.
La voce di Hoshi che urlava disperata giungeva appena a JT, mentre veniva colpito e colpito.
Si ritrovò a pregare di morire subito, che quell’uomo gli desse finalmente un colpo alla testa e mettesse fine a tutta l’agonia ed il dolore.
“BASTA!!! E’ solo un bambino, lo stai uccidendo” sentì Arthur urlare, ma l’uomo non si fermava.
E poi all’improvviso… un colpo di phaser.
 

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Capitolo 11
*** In fuga ***


Capitolo 11
In fuga


ENTERPRISE
Data Stellare 2261.5.23
 
McCoy sentiva di odiarlo.
In quel preciso momento odiava Jim Kirk.
Come aveva potuto quello stupido incosciente moccioso lasciare la nave così, senza dire una parola a nessuno, senza dire una parola a lui, il suo migliore amico.
Odiava il ragazzo e la sua ostinazione nel non parlare, nel tenersi sempre tutto dentro, come se condividere con altri i suoi pensieri o le sue preoccupazioni fosse un segno di debolezza.
Salvo poi lasciare tutto l’equipaggio nei casini per tentare di recuperarlo. Ed il suo migliore amico e medico personale in preda ad un attacco di panico per averlo visto trasportare incosciente su di una barella da un perfetto sconosciuto su di un pianeta in quarantena da  quasi quindici anni.
“Quando torna mi sente. Gli pianto almeno dieci hypospray nel collo,  solo così per il gusto di farlo” pensò mentre  correva verso la sala tattica.
“Quando” torna… non “se” torna.
 
La comunicazione con Archer era già in corso quando McCoy entrò nella sala tattica.
“Comandante Spock, Tarsus IV è in quarantena. Nessuna nave della Federazione si può avvicinare. E’ praticamente un cimitero. Non posso autorizzarla ad andare lì”
Archer era visibilmente agitato. Si vedeva che stava sudando ed era rosso in volto.
Spock invece era molto calmo.
“Ammiraglio, non sappiamo nulla di questo Karidian. Non ci sono notizie di lui prima di quattordici anni fa. E non abbiamo alcun indizio sul perché abbia portato Kirk e gli altri due su Tarsus, ma noi sappiamo bene che la cosa è molto preoccupante, visto il passato del capitano”
McCoy guardò sorpreso il vulcaniano e ancor più la reazione di Archer che divenne grigio cenere in volto.
Quei due condividevano qualcosa di cui lui non era a conoscenza.
“L’unica cosa che posso fare è chiedere collaborazione a Roslin, dopotutto Karidian è un suo ministro”
“Il presidente Roslin ha già negato qualsiasi forma di collaborazione, ammiraglio”
Ora nella voce di Spock un orecchio attento poteva leggere l’irritazione.
“Riproverò. Ora i vostri ordini tassativi sono di lasciare l’orbita di Cerberus e tornare sulla Terra. Una volta ottenute maggiori informazioni stabiliremo il da farsi”
McCoy irruppe nella conversazione come un toro infuriato.
“Come sarebbe a dire tornare sulla Terra? Ha capito che Jim è stato rapito e trasportato su di un pianeta in quarantena da un folle che chissà cosa gli ha fatto? Era senza sensi nella migliore delle ipotesi… Noi non lasceremo Jim indietro. Ci sarà una vera rivolta dell’equipaggio, su questo ci può giurare” urlò.
“Tenente Comandante McCoy, lei e tutti gli altri su quella nave stellare siete militari della  Flotta ed obbedirete agli ordini. Archer chiude”
 
McCoy cercò di calmare il respiro.
Non capiva se aveva più paura o era più incazzato.
“Cosa sai che io non so? Perché Archer è sbiancato quando hai menzionato il passato di Jim? Cosa c’entra Jim con Tarsus IV?” ringhiò contro Spock.
Tutti sapevano cosa era avvenuto su quel pianeta.
Praticamente quasi ogni abitante della Terra ricordava cosa stava facendo quando le immagini  diffuse dai mezzi di informazione avevano riportato e fatto conoscere  l’orrore che era avvenuto su quel pianeta.
Il più grande genocidio dalla creazione delle Federazione.
I pochi sopravvissuti erano finiti quasi tutti in terapia, molti si erano uccisi poco dopo che erano tornati sulla Terra e molti altri erano morti così senza una ragione specifica, incapaci di superare il trauma.
Ed  ben presto il nome del Governatore Kodos era diventato “Kodos il carnefice” accostato  a quello di Hitler o altri folli sanguinari della storia.
Spock guardò McCoy senza un’apparente espressione, ma il medico si accorse che gli tremava il labbro inferiore.
“Non molto. Quello che sapeva Pike” rispose.
“Che vuoi dire…”
“Dottore, lei sa che non sono molto orgoglioso di quello che ho fatto durante l’attacco di Khan al quartier generale di San Francisco”
“Credevo che l’orgoglio e la vergogna fossero sentimenti sconosciuti per un vulcaniano”
“Sono vulcaniano a metà, Dottore,  e la fusione mentale che avuto con Pike subito prima che lui morisse, senza il suo consenso, è atto molto disdicevole per la filosofia vulcaniana. Anche se le mie intenzioni erano  a mio giudizio onorevoli, desiderando solo alleviare  l’ammiraglio dalle sue angosce…” continuò Spock, guardando per una volta a terra con le spalle curve.
“Va bene, ma cosa hai scoperto?” chiese ansioso.
Spock parve sospirare.
“L’ultimo pensiero che ha avuto Pike… è stato di protezione verso Kirk. Ed il suo desiderio, che mi ha trasmesso come una supplica disperata,  andava ben oltre la sua conoscenza del capitano ed il fatto che Jim fosse il figlio di George Kirk”
McCoy guardò Spock con aria perplessa.
“L’allora tenente comandante Pike era in servizio come primo ufficiale sulla Farragut quando  le navi della Federazione raggiunsero Tarsus IV. Fu uno dei primi a scendere sulla superficie dopo la fine degli scontri con la milizia di Kodos. Quando ispezionarono il palazzo trovarono nei sotterranei un ragazzino. Era tenuto in stato di deprivazione sensoriale,  era stato malmenato in modo brutale ed era senza cibo né acqua da molti giorni. Era praticamente in fin di vita…”
“No… no no no” pensò McCoy.
“Era Jim? Vuoi dire che Jim era su Tarsus?” chiese piano.
Spock annuì brevemente.
“Gesù…quanti anni poteva avere? Quattrodici?”
“Tredici, a quanto risulta”
McCoy  respirò a fondo, cercando di reprimere quel sentimento d’inadeguatezza che si stava impadronendo di lui. Jim era il suo migliore amico e non aveva mai sentito il bisogno neppure di accennargli l’inferno attraverso cui era passato da bambino.
“Che altro sapeva Pike?” chiese.
“Poco altro. Il bambino era in pessime condizioni, tanto che Pike era sicuro  che non ricordasse neppure che era stato lui a tirarlo fuori  dal quel posto. Fu subito trasferito sulla Constellation che aveva un reparto medico più attrezzato e poi su di una base stellare. Pike cercò di rimanere in contatto con il bambino, ma il file fu subito segretato ad alto livello. Seppe solo che in seguito Hoshi Sato ne aveva richiesto ed ottenuto l’affido, ma che il ragazzo era scappato da lei senza una ragione apparente dopo meno di un anno. Credo anche che il legame fra Jim, Tom Leighton, il tenente Riley e la signorina Claufield sia il fatto di essere stati tutti su Tarsus in quel momento e di essere fra i pochi sopravvissuti”
“Perché non me ne hai parlato prima?” chiese infine McCoy.
“Il capitano è sempre stato restio a condividere con qualcuno gli episodi della sua infanzia. Inoltre come ho detto non sono molto orgoglioso del modo in cui ho acquisito, sia pur del tutto involontariamente, tali informazioni e se le condivido con lei ora è solo per il momento di estrema necessità”
“Cosa facciamo ora? Non avrai intenzione di lasciarlo. Noi DOBBIAMO ritrovarlo”
Spock annuì pensieroso.
“Il signor Riley non può essere di alcun aiuto?” chiese.
“Attualmente no, è ancora in coma. E non credo che la situazione cambierà nei prossimi giorni”
“Non possiamo andare con l’Enterprise su Tarsus. La Flotta se ne accorgerebbe subito e ci fermerebbe. E non ho intenzione di trascinare l’intero equipaggio in un atto d’ insubordinazione. Jim non me lo perdonerebbe mai”
“E allora che facciamo? Io non l’abbandono. E’ il mio migliore amico”
Spock non rispose, ma aprì il comunicatore.
“Spock a signor Scott”
“Dica signore” rispose subito dopo l’ingegnere.
“Avrei bisogno di parlarle in privato. Nel mio alloggio. Fra dieci minuti”
“Ci sarò”
Spock si alzò e si avviò lentamente verso l’uscita della sala tattica.
Poi il vulcaniano si girò e guardò verso McCoy.
“Leonard, nonostante quello che lei pensa di me, Jim è il primo vero amico che io abbia mai avuto” disse uscendo a passi svelti.
 

TARSUS IV
Data Stellare 2247.12.11
 
JT sentì un tonfo alle sue spalle.
Faticosamente, ansimando e sull’orlo delle lacrime per il dolore guardò fuori dalla cella.
Arthur aveva ancora in mano il phaser con cui aveva sparato alla guardia, che giaceva immobile, con un buco fumante nel petto.
“Stai bene?” chiese Arthur avvicinandosi.
JT annuì e si rimise faticosamente in piedi, ignorando le costole incrinate se non rotte ed il dolore ancora lancinante alla schiena.
“Dobbiamo andarcene qui, subito” fece Arthur mentre prendeva le chiavi dalla cintola della guardia.
Veloce aprì la porta della cella della Sato.
La donna uscì traballante dalla cella e abbracciò JT.
“Oh piccolo, mi dispiace, mi dispiace tanto” singhiozzò poggiando il mento sulla testa bionda.
“Dobbiamo uscire di qui e nasconderci. James ce la fai a portare la professoressa al passaggio vicino alla stalla? Io recupero Tom e vi raggiungo”
JT annuì convinto mentre Arthur porgeva alla Sato il phaser che aveva sottratto alla guardia.
 
 
“Papà spero che tu sappia quello che stai facendo” borbottò Tom per l’ennesima volta, mentre seguiva il padre di malavoglia .
Arthur si ritrovò a benedire l’inconsapevolezza  di suo figlio, soprattutto se paragonata a quello che James aveva già passato.
Tom invece o non si era effettivamente accorto di nulla di quello che era avvenuto fuori dal palazzo, o faceva finta di non essersene accorto.
“Stai zitto e corri” ordinò Arthur.
Nascondendosi dalle guardie Arthur e Tom raggiunsero a fatica lo stretto tunnel sotto la stalla.
“Dove stiamo andando?” chiese JT che lo stava aspettando, nervoso, con Hoshi accanto.
“Aspettiamo che faccia sera e poi raggiungiamo lo spazioporto. Cercheremo di prendere una navetta” rispose Arthur.
 
Lo spazioporto era illuminato a giorno e sorvegliato da guardie armate.
“Come facciamo ad arrivare ad una delle navette?” chiese con preoccupazione JT.
“Non c’è scelta, qui non c’è possibilità. Dobbiamo arrivare a quella personale di Kodos. La tiene nascosta per le emergenze” rispose Arthur.
“Tenete la testa giù.  A sinistra, dopo quella collinetta” proseguì mentre iniziava a strisciare nel fogliame.
Con fatica i quattro raggiunsero la collinetta.
Sicuro di sé Arthur raggiunse un interruttore sotto un cespuglio, mimetizzato sul fogliame e lo disattivò.
In posizione defilata comparve come per magia una piccola navetta, praticamente invisibile da lontano, nascosta da un campo di mimetizzazione.
“C’è posto per una sola persona. Mi spiace credevo che ci fosse meno sorveglianza”
I quattro si guardarono per un momento in silenzio.
“Deve andare lei, professoressa Sato. Io resto qui con i bambini” fece sicuro Arthur.
“Ma…” provò ad opporsi Hoshi.
“Non c’è altra scelta. Quando si accorgeranno che la navetta sta decollando quelli della milizia si precipiteranno qui. Devo proteggere i bambini. E poi lei è l’unica che  sa manovrare bene una navetta e conosce  la Flotta. Può fare in modo che arrivino qui subito” ragionò Arthur.
“Ha ragione” convenne JT.
Hoshi era indecisa.
“A bordo troverà le provviste e c’è abbastanza carburante. Kodos è sempre stato  previdente nel crearsi vie di fuga” Arthur quasi  spingeva la Sato verso la navetta.
“James… tornerò. Dovete solo resistere. La Flotta arriverà presto e finirà tutto” balbettò prima di abbracciarlo con le lacrime agli occhi.
JT annuì.
“Deve andare, possono scoprirci da un momento all’altro” intimò Arthur.
Hoshi non ebbe il coraggio di aggiungere altro.
Nonostante l’età salì agile aprendo il portellone.
Dopo pochi minuti i motori della navetta iniziarono a rullare e mulinelli di polvere si alzarono.
Mentre correva verso la radura JT si voltò indietro e vide Hoshi che gli sorrideva triste dalla cabina di pilotaggio.
 
 
“FERMI!!!”
JT ora sentiva le guardie del Governatore sempre più vicine,  ma continuava a correre come un disperato.
Arthur sembrava tenere il suo passo, ma Tom appariva stanco e stava perdendo terreno.
JT sentì i colpi di phaser sempre più vicini. Uno colpì  un albero   a pochi centimetri di distanza dalla testa di Tom.
“Non ce la possiamo fare, sono troppi” ansimò Arthur.
Con gesto fulmineo spinse i due ragazzini sotto una roccia.
I tre rimasero  in silenzio mentre la pattuglia delle guardie correva avanti.
“Ragazzi state a sentire bene. Fra poco si accorgeranno che ci siamo nascosti e torneranno. Io resto qui e cerco di fermarli, ma voi dovete correre, correte e non vi fermate mai. Non vi fermate e non guardate indietro. Ci siamo capiti?”
Tom iniziò a piangere.
“Ma papà…”
“Tom non piangere. Devi essere coraggioso. Andate a nascondervi in quelle caverne oltre le montagne di cui  mi avete parlato. Io vi raggiungerò lì”
Sia Tom che JT sapevano che era una menzogna.
Ormai le voci delle guardie si stavano avvicinandosi di nuovo.
Arthur consegnò il phaser che aveva preso alla guardia nel sotterraneo a JT.
“Sai come usarlo?” gli chiese.
JT annuì.
“Correte ora. Fate come vi ho detto” sibilò Arthur.
JT e Tom obbedirono quasi in automatico.
Corsero e corsero e non si fermarono neppure dopo vari colpi e quando l’urlo di Arthur li raggiunse da lontano.
 

Star Trek non mi appartiene, così come i suoi personaggi.
Grazie ai recensori e ai lettori tutti e naturalmente grazie sempre alla mia fantastica beta.

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Capitolo 12
*** Vecchie conoscenze ***


Capitolo 12
Vecchie conoscenze


CERBERUS VI
Data Stellare 2261.5.24
 
Il bar era fumoso ed affollatissimo, posizionato nella parte più malfamata della capitale di Cerberus VI.
Appena  Spock , McCoy e Scott entrarono  tutti i clienti si girarono a guardarli, nonostante avessero sostituito  le uniformi con abiti civili.
I tre presero posto ad un tavolo sul fondo del locale.
“Sei sicuro che verranno? Non so proprio come fai a fidarti di queste tue conoscenze” chiese McCoy a Scott.
“Dottore, sono mercenari, se sentono odore di crediti non si lasciano sfuggire l’occasione”
“A proposito  di crediti…” intervenne Spock.
“Ho già detto che a quello ci penso io” rispose McCoy con aria seccata.
Il tempo passava e nessuno si faceva vedere.
McCoy era sempre più nervoso.
“Dottore per favore, la smetta di tamburellare le dita sul tavolo.  La sua reazione nervosa allo stress attira l’attenzione degli altri avventori” fece Spock.
McCoy lo guardò quasi furibondo.
“Attiriamo l’attenzione se tamburello le dita sul tavolo e non se un folletto ordina tè in un bar malfamato?” rispose ironico il medico, accennando alla tazza che il vulcaniano aveva davanti. McCoy e Scotty si erano praticamente scolato una bottiglia di brandy sauriano.
“E poi sono ‘giustamente’ nervoso. Non sappiamo dov’è Jim e chissà cosa gli ha fatto quel pazzo.  Non voglio neppure pensare alle conseguenze se gli ha dato qualche medicinale per sedarlo a cui è allergico…” continuò il medico torcendosi le mani.
“Le probabilità che il Capitano sia ancora relativamente incolume sono a nostro favore dottore. Se Karidian avesse voluto fargli del male l’avrebbe ucciso subito” ragionò Spock.
“Invece  possiamo stare tranquilli perché  lo sta trascinando chissà a quale scopo sul pianeta dove da bambino ha patito le pene dell’inferno?”
“Smettetela di litigare. Stanno arrivando” sbottò irritato Scotty.
Nel locale erano entrati un uomo di circa sessant’anni, mingherlino, ma minaccioso, accompagnato da un gigantesco andoriano dalla pelle azzurra.
 
“Perché volete andare su Tarsus IV? Quel pianeta è maledetto…”
Il mercenario umano, che si era presentato come Cy Gentry,  e l’andoriano che si chiamava Fix, guardarono il terzetto con aria scettica.
“Le ragioni per cui dobbiamo raggiungere il pianeta non è per lei un’ informazione essenziale. Quel che conta è il pagamento, o mi sbaglio?” disse Spock con la massima calma.
“Tarsus è in quarantena, se la Flotta ci scopre come minimo mi sequestra la nave. Almeno devo sapere per che cosa rischio” rispose l’uomo.
I tre si guardarono perplessi.
“Bene Cy, possiamo andare. Non ne vale la pena” disse l’andoriano, agitando le antenne e facendo cenno ad alzarsi.
“Dobbiamo rintracciare un nostro amico” intervenne McCoy, beccandosi uno sguardo di rimprovero sia da parte di Spock che da parte di Scotty.
“Deve essere un amico a cui tenete molto” sorrise Cy, mettendo in mostra un dentiera tutta d’oro.
“Vi costerà caro… trentamila crediti” intervenne l’andoriano.
“Avevamo detto ventimila” sbottò Scotty.
“Questo prima che sapessimo che dovevamo andare a recuperare qualcuno su Tarsus”
“Non abbiamo a disposizione una tale cifra” disse Spock con la solita aria neutra.
“Bene allora… è stato un piacere conoscervi e alla prossima”
Entrambi i mercenari si alzarono dal tavolo.
“Aspetta Spock forse posso arrivarci, se chiedo  un prestito a mia madre…” intervenne terrorizzato McCoy. Stavano per perdere l’unico trasporto disponibile.
I due mercenari si bloccarono guardandosi sorpresi.
  “Spock? Tu sei Spock il vulcaniano dell’Enterprise? Voi siete membri dell’equipaggio dell’Enterprise?” chiese Cy,  risedendosi al tavolo.
Spock guardò per l’ennesima volta McCoy come se volesse strozzarlo, ma poi annuì.
“Chi state cercando su Tarsus?” chiese Fix.
Nessuno dei tre rispose.
“Chi state cercando?? ?O ce lo dite o non se ne fa nulla” la voce di Cy era leggermente troppo acuta per essere normale
“Il nostro capitano” ammise McCoy.
Cy e Fix i guardarono per un lungo  momento.
“Volete dire che vi siete persi Kirk? Che è andato su Tarsus IV?”
I tre si guardarono di nuovo senza parlare.
“Non ci è andato volontariamente” balbettò McCoy.
Cy rimase per alcuni secondi in silenzio.
“Ok, devo scaricare l’ultimo trasporto. Ho bisogno di qualche ora. Ci vediamo qui fra dodici ore” disse alla fine.
“Ok…per il pagamento…” concordò Scotty.
“Non ho bisogno dei vostri crediti. Non voglio crediti per salvare il sedere al moccioso” concluse il mercenario prima di alzarsi e lasciare con l’andoriano il locale, lasciando i tre dell’Enterprise, ancora seduti al tavolo e completamente sbalorditi.
 
ENTERPRISE
Data Stellare 2261.5.24
 
Il personale di comando era riunito in salata tattica, ma tutti un domani avrebbero negato che quella riunione forse mai avvenuta.
Quando arrivò Uhura, Spock stava visionando sullo schermo il filmato della partenza di Karidian  con gli altri dal pianeta; solo lei, e forse McCoy, potevano notare lo sguardo di dolore che il vulcaniano aveva negli occhi, mentre guardava  il corpo del suo capitano trascinato esanime su di una barella.
Spock non era una persona tattile, come tutti quelli della sua specie, anche perché il contatto non richiesto con altri esseri poteva indurre nei vulcaniani telepatici un sorta di  transfert emotivo, ma ciononostante Uhura  gli strinse la spalla.
“Lo troveremo…” sussurrò piano, ricevendo solo un piccolo cenno da parte di Spock.
Uhura ritirò subito la mano, quando vide gli altri entrare nella sala tattica.
Spock attese che tutti fossero seduti attorno al grande tavolo circolare prima di iniziare a parlare.
“Signori, come tutti sappiamo il Capitano Kirk ha lasciato per ragioni  non del tutto conosciute questa nave ieri notte. Abbiamo ragione di credere che  l’abbia fatto  perché costretto da qualche minaccia o pericolo e che successivamente sia stato sedato e costretto ad abbandonare Cerberus   a bordo di una navetta diretta a Tarsus IV”
“Tarsus IV??? Non è possibile… quel pianeta è… insomma perché qualcuno dovrebbe voler portare Kirk su Tarsus?” chiese ansioso il capo della sicurezza.
“Signori… James Kirk purtroppo era su Tarsus all’epoca del massacro, ma non sappiamo  con la dovuta precisione cosa gli sia successo là. Quel che invece possiamo dedurre è che l’uomo che lo ha rapito, Anton Karidian, è  con una probabilità pari al 97% la persona che comunemente viene appellata come ‘Kodos il carnefice’”
Tutti, compreso McCoy rimasero senza fiato.
“Co… come fai a dirlo? E’ stato dato per morto, hanno trovato il suo cadavere carbonizzato” balbettò il medico.
“Dottore, nessuno ha realmente svolto le analisi genetiche sul corpo. Si sono affidati alle schede mediche preesistenti. Non ci sono riscontri ufficiali della esistenza di Anton Karidian prima di quattordici anni fa. E subito prima di scendere sul pianeta il capitano ha ricevuto un messaggio da Thomas Leighton che testualmente recitava ‘avevate ragione… è ancora vivo’. E’ anche certo che il Capitano Kirk, il signor Leighton, la signora Claufield ed il tenente Riley erano tutti su Tarsus IV quindici anni fa ”
McCoy rimase senza fiato. Jim era stato sedato, e ora era indifeso  nelle mani di un folle genocida.   
“Non sappiamo quali siano le intenzioni di Kodos verso Kirk o le altre due persone che ha portato con sé, ma resta di vitale importanza raggiungere immediatamente Tarsus in supporto” continuò Spock.
“Per motivi che mi sono sconosciuti allo stato, la Flotta rifiuta  qualsiasi missione di ricerca e supporto e  ci ha dato ordini tassativi di lasciare al più presto l’orbita e tornare sulla Terra. Ordine cui… con evidenza non obbediremo” scandì poi il vulcaniano.
Tutti i presenti rimasero scioccati, ma annuirono con soddisfazione.
McCoy pensò a quanto fosse assurda la frase appena uscita dalla bocca di Spock. Sino a qualche anno prima sarebbe stato impensabile vederlo disobbedire deliberatamente ad un ordine diretto di un superiore.
“Tuttavia non possiamo trascinare l’equipaggio e la nave in una missione non autorizzata. Sicché il signor Scott   ha reperito un mezzo alternativo di trasporto. Tutti i partecipanti alla missione lo faranno a titolo volontario e ben consapevoli che questo potrebbe esporli alla  corte marziale”
Senza esitazione tutti i presenti alzarono la mano, chiedendo di partecipare alla missione, ivi compreso Koenig e Geoffrey, i due responsabili per la sicurezza.
Spock guardò annuendo.
“Signor Sulu purtroppo devo chiedere a lei e al signor Cechov di rimanere a bordo”
“Ma signore io preferirei…” protestò immediatamente l’asiatico.
“Capisco, ma ho bisogno di qualcuno al comando dell’Enterprise. Signor Sulu lei inoltre informerà la Flotta che abbiamo avuto un grave  guasto al motore di curvatura e che attualmente siamo sul pianeta per cercare di reperire i ricambi per la riparazione. Cerchi di prendere più tempo possibile”
Sulu  annuì insoddisfatto.
“Credevo che i vulcaniani non mentissero”  fece McCoy alzandosi.
“Infatti sarà il signor Sulu a dover mentire, pur con mio rammarico. Suggerisco di riposare per alcune ore prima di prepararci per la missione”
 
 
TARSUS IV
Data Stellare 2247.12.12
 
Tom piangeva piano, appallottolato su se stesso contro il muro della caverna e JT non sapeva come consolarlo.
Anche lui aveva voglia di piangere, per il dolore delle ferite e pensando ai suoi zii, ai cuginetti, a tutta la gente che era morta davanti ai suoi occhi, al sacrificio di Arthur.
Ma ora poteva solo pensare come potevano sopravvivere, da soli senza cibo né acqua.
“Tom, cerca di dormire un po’…” propose, ben spendo come quella frase poteva risultare vana e senza senso.
“JT cosa facciamo adesso?” balbettò Tom.
“Non lo so… cerchiamo di restare vivi sino a che non arrivano le navi della Federazione”
“Non so se ne sono capace…” continuò singhiozzando Tom.
“Certo che ne sei capace. Lo devi a tuo padre”
La voce di JT era dura, ma confortante e Tom chiuse gli occhi cercando di calmarsi.
Poco dopo si addormentò.
 
Quando la fame e la sete si fecero prepotenti JT e Tom non ebbero altra scelta che uscire dalla caverna in cerca di rifornimenti.
Quello era il loro posto preferito, il loro nascondiglio quando scorrazzavano liberi e spensierati e JT ricordava la presenza non molto distante di un piccolo ruscello, uno dei pochi del pianeta, dove una volta aveva inutilmente tentato di pescare. Ma su Tarsus non c’erano pesci.
“Di là” disse JT guardandosi attorno, nella continua paura di vedere spuntare la milizia di Kodos da dietro un albero o una roccia.
Sapevano di essere braccati, soprattutto a causa di JT;  Kodos doveva essere furibondo per essere stato beffato in quel modo.
JT e Tom raggiunsero con difficoltà il ruscello e quando vi arrivarono si buttarono in acqua come animali dopo aver attraversato il deserto.
JT continuava a guardarsi intorno sospettoso, ma era abbastanza sicuro che nessuno li aveva seguiti quando erano scappati, soprattutto grazie al sacrificio di Arthur.
Le sue orecchie sensibili sentirono però subito lo scricchiolio dei rami spezzati.
Su Tarsus vi erano pochissimi animali selvatici, per lo più  grossi insetti o piccoli roditori, nessuno in grado di provocare quel rumore.
Fece un cenno verso Tom ed uscì dall’acqua.
Lesto recuperò  il phaser che gli aveva dato Arthur e con il cuore che gli batteva forte nel petto si preparò alla battaglia.
Nascosto dietro un grosso albero aspettò che i passi si avvicinassero.
Alzò il phaser e si preparò a colpire.
Solo all’ultimo secondo riconobbe gli occhi che aveva davanti.
“Kevin!!!” balbettò sorpreso.
 
“Sono morti… li hanno uccisi. I miei genitori avevano capito che qualcosa non  quadrava, perciò non sono andati in piazza. Ma quelli della milizia sono arrivati quasi subito, sono entrati in casa e li hanno uccisi…”
Le lacrime di Kevin erano irrefrenabili.
“Hanno detto che io dovevo andare con loro, che potevo vivere perché ero sulla lista dei prescelti, ma io mi sono rifiutato. Mi hanno picchiato…”
I segni dei colpi erano ben visibili sul volto del ragazzo.
“Sono riuscito a scappare… mi sono nascosto, ma i miei genitori… li hanno uccisi”
Kevin scoppiò in singhiozzi disperati.
I tre si strinsero. Avevano in comune una esperienza orribile e non sapevano come andare avanti.
“Cosa facciamo ora?” chiese Kevin alla fine, sfinito dai singhiozzi.
“Andiamo avanti” rispose deciso JT.
 
I giorni passavano e la Flotta non arrivava. La fame era troppa  per essere placata dai pochi platani che avevano trovato o con gli insetti che ingoiavano crudi, ma JT era più che mai risoluto a far sopravvivere i suoi amici.
Così aveva deciso di tornare in città e cercare cibo e coperte nelle case abbandonate.
Sapeva che tutti i ‘prescelti’ erano stati trasferiti in un settore specifico della città e che la milizia di Kodos stava sistematicamente rastrellando e saccheggiando le case di chi era stato ucciso, ma doveva tentare qualcosa per sopravvivere.
Scelse con cura la casa, dopo essere rimasto più di due ore  nascosto per essere certo che le guardie non fossero in zona e soprattutto che la casa non fosse già stata saccheggiata.
Tenendosi nascosto, approfittando del buio, entrò dalla porta del retro della piccola villetta a due piani, così simile alla casa degli zii e si diresse subito alla cucina.
La carestia aveva colpito e nella dispensa trovò  solo alcune scatole di legumi  e verdure, e barattoli di latte condensato. Quasi  urlò di gioia quando trovò un’unica  confezione di carne secca.
Veloce ficcò tutto nella borsa che aveva  reperito e stava per uscire quando una specie di guaito lo attirò.
Sembrava quasi un gatto   e proveniva dal pavimento.
JT sapeva dove andare a cercare, tutte le case di Tarsus avevano una intercapedine che separava il pavimento dal suolo.
Aprì la botola aspettandosi di trovare un animale domestico; era proibito allevarli, ma molte famiglie li avevano comunque portarti con loro dalla Terra e li tenevano nascosti.
Quel che si trovò davanti lo lasciò di stucco.
Un paio di penetranti occhi verdi, contornati da capelli biondi arruffati, che lo guardavano spaventati.
 
“Come ti chiami?” JT provò per l’ennesima volta a mettersi in contatto con la bambina, senza risultato.
La piccola, di più o meno sette o otto anni continuava a dondolarsi avanti ed indietro senza dire una parola.
Il tempo passava ed ogni minuto che JT restava in quella casa  poteva essergli fatale, ma non sapeva proprio cosa fare.
Non ricordava di aver mai visto la piccina, ma in fondo lui frequentava solo i suoi vicini ed i ragazzi dell’accademia.
“Senti, dobbiamo andare… quindi deciditi: o vieni via con me o resti qui da sola” minacciò ad un certo punto, preso dalla disperazione.
La minaccia ebbe effetto.
La piccina prese la mano che JT le porgeva ed iniziò a correre con lui.
Quando furono lontani dalla città JT rallentò il passo, vedendo la bambina in difficoltà.
“Allora mi dici come ti chiami?” chiese per l’ennesima volta.
“Cl… Claire. Claire Claufield” balbettò la piccola.
 
“JT non puoi raccattare tutti quelli che ti si parano davanti e portarli qui”
Tom era davvero arrabbiato quando JT si era presentato con la bambina.
Un’altra bocca da sfamare aveva detto.
“Io non lascio indietro nessuno… ci siamo capiti?”
La voce di JT come il suo atteggiamento si erano fatti in quei giorni più duri e decisi.
Del tutto naturalmente, pur essendo Kevin il maggiore d’età, aveva assunto il comando del gruppetto, anche se Tom mostrava ogni tanto segni di ribellione.
“Non sappiamo chi è, potrebbe essere una spia della milizia” ribatté ancora Tom ingoiando un boccone di carne secca.
“E  non c’è  da mangiare per tutti”
“Stai mangiando il cibo che c’era in casa sua… e poi dividerà con me se ti dà tanto fastidio” ribatté sempre più irato JT.
Spezzò il boccone di carne secca e lo porse a Claire.
La bambina lo ringraziò con un sorriso luminoso.
Non potevano accedere fuochi per cui si preparano alla notte coprendosi alla meno peggio con le coperte che JT aveva trovato in un capanno abbandonato.
Claire rimase immobile mentre gli altri si sistemavano, fissando un punto avanti a sé.
“Claire… vieni mettiti vicino a me” sussurrò JT.
Docile la bambina si fece condurre e si sistemò accucciata vicino al ragazzino.
“Andrà tutto bene, non ti preoccupare, sei al sicuro con me” le sussurrò in un orecchio.
La bambina rimase per un po’ in silenzio e poi… iniziò a cantare sottovoce.
Era una voce sottile, bassa e bellissima.
Cantava una canzoncina per bambini, ma era così bella e serena che per un attimo, un attimo solo JT si sentì di nuovo felice.
 

Star Trek non mi appartiene.
Per  chi si stesse chiedendo se Jim conosce CY Gentry, ovvero il mercenario, la risposta è sì... maggiori spiegazioni nel prossimo capitolo.
Grazie a tutti i lettori e a chi lascia un piccolo segno del suo passaggio. Le vostre opinioni ( anche negative) sono davvero importanti. 

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Capitolo 13
*** I nove ***



 
Capitolo 13
I nove
 
 
Nave  Cargo DG667WC  Phoenix
Data Stellare 2261.5.25
 
McCoy non aveva riposato per nulla.
Aveva passato  le ore che mancavano all’appuntamento dando istruzioni al suo assistente per il trattamento di Riley.
Aveva anche miracolosamente ottenuto una connessione di cinque minuti con la Terra per parlare con sua figlia Joanna, ma la bambina aveva passato la metà del tempo a chiedere perché lo zio Jim non poteva neppure salutarla.
Quella bambina era una vera testarda e aveva una sorta di adorazione/cotta per Jim Kirk, nata sin dal primo incontro,  avvenuto quando Joanna aveva meno di due anni  e Jim l’aveva presa in braccio arrivando a Savannah per trascorrere il Natale a casa loro.
Ora Fix stava guidando la squadra, composta da McCoy, Spock, Scotty, ed i due responsabili della sicurezza, lungo gli stretti corridoi della nave.
C’era un cattivo odore persistente e i corridoi erano scarsamente illuminati.
“Ci metteremo meno di quattro giorni, andando a curvatura quattro" Mi spiace se l’hotel non risponde alle vostre aspettative” disse ironico l’andoriano aprendo la porta di una delle cabine.
Era una cabina piccola e buia e contornata da cuccette.
“Non pensavo aveste un motore a curvatura così potente. Avevo calcolato più di otto giorni standard con i motori di una nave civile” si meravigliò Scotty.
“I nostri motori hanno più di dieci anni, ma funzionano ancora perfettamente”  sorrise Fix.
“Beh dovete avere un bravo ingegnere, magari posso conoscerlo… farci quattro chiacchiere per ingannare l’attesa”
“Avevamo un ottimo ingegnere… e quanto a conoscerlo ti assicuro che lo conosci bene”
Fix rise di gusto lasciando Scotty e gli altri ancor più perplessi.
 
“Andiamo Spock, questa storia puzza lontano un miglio.  Prima sparano una cifra esorbitante per portarci qui. Poi appena sanno chi siamo ci rinunciano senza spiegare perché, sembrano conoscere Jim…”
McCoy lasciò la frase a metà e rimase a bocca aperta a guardare la donna andoriana che percorreva il corridoio. I capelli argentati ondulati erano praticamente la sola cosa che copriva le parti intime, per il resto era nuda.
Quella nave aveva l’equipaggio più strano che avesse mai visto.
Ripreso il controllo McCoy seguì precipitosamente Spock e Scotty che si stavano dirigendo in sala macchine.
Quasi andò a sbattere contro Scotty che era rimasto sull’uscio del vano motore a guardare stupefatto.
Anche se McCoy non capiva nulla di meccanica quello davanti a sé era il motore a curvatura più assurdo che avesse mai visto.
Sembrava una strana accozzaglia di pezzi eterogeni e pescati chissà dove, ma con tutta evidenza l’aggeggio funzionava perfettamente.
“Affascinante” si lasciò sfuggire Spock, piegando la testa per osservare meglio.
“Ma chi diavolo l’ha messo insieme…” chiese Scotty a Cy che gli stava vicino.
“E’ una lunga storia… non avete ancora capito? il moccioso chi altri” rise il mercenario.
 
“Signor Gentry, deduco che lei conosca bene il capitano Kirk”
Spock ora era seduto in quella che con una certa fantasia poteva definirsi la sala mensa.
Puzzava molto più del resto della nave e l’equipaggio era quanto di più eterogeneo e chiassoso si potesse pensare.
Il  vulcaniano era seduto ad un tavolo con McCoy al suo fianco e di fronte Cy ed un cardassiano di nome Stir.
“Certo che conosciamo il moccioso. Anche se ormai non  lo sento da un po’. Come gli ho detto l’ultima volta non è bene che  un capitano della Flotta  continui ad avere contatti con delinquenti come noi”
La curiosità ormai minacciava di mangiarsi vivo McCoy.
Le  frequentazioni di Jim Kirk, soprattutto quelle giovanili, non erano tutte specchiate, McCoy lo sapeva bene. Un paio di volte si erano incontrati con gente che Jim aveva conosciuto in cella.
Ma come poteva essere finito su di una nave mercenaria, più di dieci anni prima, a costruirne il motore a curvatura era un mistero.
“L’abbiamo trovato nel magazzino tre, ti ricordi Stir?” sorrise Cy verso il cardassiano.
“Mi ricordo sì… mi ha quasi staccato una mano a morsi” ridacchiò l’alieno mostrando orgoglioso la cicatrice che aveva sulla mano ossuta.
Spock si limitò ad alzare un sopracciglio.
“Vuole dire che il capitano si era imbarcato clandestinamente?”
“Era il ragazzino più selvatico, testardo e prepotente che avessi mai visto, stavo per lanciarlo nello spazio. Dovevamo sbarcarlo su Ceti Alfa appena arrivati, ma poi ha aggiustato l’impianto di riciclo dell’aria…” disse Cy con aria  divertita.
“E quello di purificazione dell’acqua…” intervenne Stir.
“E poi si è offerto di costruirci il motore a curvatura. Il ragazzino più geniale che abbia mai conosciuto…”
“Quanto tempo è rimasto con voi?” chiese ancora McCoy, sempre più deluso. C’era un’ intera vita che Jim Kirk non aveva mai neppure sentito il bisogno di accennargli.
“Quattro anni, prima di sparire senza una ragione effettiva” rispose triste Cy.
 
“Signor Gentry…”
McCoy si sedette accanto al mercenario davanti alla grande finestra del ponte principale.
Le stelle sfilavano via veloci, quasi sfocate dalla velocità warp.
“Posso farle qualche domanda?” chiese quasi timido il medico.
“Certo… Bones… il moccioso la chiama così giusto?”
McCoy si sentì offeso.
Quell’uomo conosceva lui ed il soprannome che Jim gli aveva dato, ma lui non sapeva assolutamente nulla degli anni che il suo migliore amico aveva trascorso su quella nave. Né, cosa più importante, quello che era gli era successo in precedenza su Tarsus.
“Il capitano… Jim le ha mai parlato di quello che gli era successo prima di salire su questa nave?”
Cy Gentry scosse la testa.
“A dire la verità non l’ho mai chiesto, lui non voleva parlarne e per me andava bene così.  So che era scappato dalla donna che l’aveva in affidamento sulla Terra. E che  prima di essere affidato a lei doveva averne viste di brutte. Quando l’ho trovato nel magazzino aveva quindici anni ed era molto, molto incazzato.  E triste”
McCoy non riusciva a confrontare l’immagine del quindicenne  di cui gli stava parlando con quella del giovane cadetto di ventidue anni, sfrontato, ribelle, ma gioioso che aveva conosciuto sulla navetta per l’Accademia..
“Sa dottore… può sembrare strano, ma ho voluto bene a quel ragazzo. Subito prima che sparisse gli avevo chiesto se voleva venire a vivere con me sulla Terra. Ormai avevo messo da parte un po’ di soldi. Mi sarei trovato una brava donna, comprato casa e l’avrei mandato all’Accademia, o meglio ancora al MIT di Boston. Sarebbe stata una buona vita… invece una bella mattina non l’abbiamo più trovato sulla nave. Si è messo di nuovo in contatto con noi solo anni dopo… dopo quella brutta storia con Nero. Sarebbe stata di certo una buona vita”
La voce di Cy era estremamente triste.
 
TARSUS IV
Data Stellare 2248.2.2
 
La capacità di recupero di Claire erano notevoli.
La bambina era passata da uno stato di apatia completo ad essere una forza continua in movimento.
Parlava, rideva e nonostante la tenera età cercava di rendersi utile, andando a cercare platani e piccoli insetti, anche se JT le urlava di non allontanarsi mai dagli altri.
Dal canto suo JT era diventato un abilissimo saccheggiatore e ladro.
Sgattaiolava silenzioso e quasi invisibile nelle case abbandonate e aveva iniziato a fare incursioni anche nel settore dei ‘prescelti’, soprattutto alla ricerca di medicine.
Kevin aveva avuto una brutta febbre e per un momento JT aveva pensato che l’avrebbe perso.
Fortunatamente si era riuscito a procurare degli antibiotici.
Ogni tanto Jim rientrava dalle sue escursioni con un nuovo ospite.
Dopo Claire aveva trovato Julia.
La ragazza era sopravvissuta aggirandosi nelle case abbandonate e cibandosi di quel che trovava.
Ma poi una delle guardie l’aveva scovata.
JT era arrivato appena in tempo per salvarla dalla violenza.
Aveva colpito così forte quella guardia per allontanarlo da Julia, stesa inerme sul terreno, senza neppure la forza di urlare, che alla fine JT non era tanto sicuro di non averlo ucciso il bastardo.
Poi aveva trovato Mark.
Tredici anni, era talmente scheletrico quando JT lo trovò nascosto in un piccolo capanno che pensò che sarebbe certamente morto di lì a poco.
E poi i due gemellini Lenny e Timmy.
Avevano all’incirca quattro anni e glieli aveva affidati una dei sopravvissuti.
Quando la donna aveva scoperto lui e Tom  rubare nella sua cucina inizialmente JT credeva che avrebbe urlato per chiamare le guardie.
Invece prima aveva consentito loro di prendere dalla dispensa quel che volevano e poi li aveva condotti nella cantina.
“Non posso tenerli ancora qui… sono i figli della mia migliore amica, ma  mio marito fa parte della milizia, se li scopre li uccide. Vi prego prendeteli con voi…” aveva singhiozzato.
E così nonostante le proteste di Tom JT li aveva presi e portati alla caverna dove erano immediatamente diventati i giocattoli di Julia e Claire.
Ma dare da mangiare a tutti stava diventando difficile.
Tenerli nascosti dalle guardie stava diventando ancor più difficile.
Tenerli tutti vivi e sani era difficile.
 
L’ultimo che JT trovò fu T’Por.
Stava appollaiato su di un albero e stava meditando.
JT lo conosceva bene, quel ragazzino così silenzioso e misterioso,  abitava a due case di distanza dagli zii ed era stato per un certo periodo di tempo per JT una specie di calamita.
Figlio dei due  scienziati vulcaniani che si occupavano del laboratorio di ricerca  aveva rifiutato sdegnatamente di rivolgergli la parola, anche se JT aveva persino imparato qualche frase in vulcaniano per cercare di parlare con lui.
Ma T’Por, pur parlando perfettamente l’inglese standard, lingua ufficiale della Federazione , non lo aveva degnato neppure di uno sguardo.
Fu per puro caso che JT, in una delle sue solite missioni di ricognizione e saccheggio si accorse di lui, seduto a gambe incrociate su di un grosso ramo, occhi chiusi e respiro regolare.
JT all’inizio si nascose. Era più che certo che T’Por ed i genitori facevano parte del gruppo di prescelti, allora cosa ci faceva il ragazzino in mezzo alla foresta da solo?
Consapevole del rischio che correva JT si avvicinò comunque.
“Ehi…” provò a chiamare, senza risposta alcuna.
“EHI” provò a voce più alta.
Stavolta  T’Por aprì gli occhi e lo guardò.
“Che stai facendo lassù?” chiese JT.
“Sto meditando”
“Su cosa?”
“Sulla morte dei miei genitori” rispose con voce calma il ragazzino vulcaniano.
 
“Almeno scendi…” disse esasperato JT stanco di parlare con la testa all’insù al bambino vulcaniano che rispondeva a monosillabi.
Finalmente, abile come un gatto T’Por scese dall’albero, ma si limitò a guardare JT diritto, con la schiena rigida e le mani dietro la schiena.
“Come sono morti…” azzardò JT.
Non riusciva a credere alla compostezza di T’Por di fronte alla morte dei genitori.
“Il Governatore li ha scoperti mentre cercavano d’inviare una comunicazione d’emergenza alla Flotta” rispose il bambino vulcaniano con voce assolutamente atona.
“Mi spiace… sono stati coraggiosi… e tu?”
“Mia madre mi ha coperto con il suo corpo e prima di morire  mi ha pregato di non muovermi e di fingere che anche le mie funzioni vitali fossero cessate. Così ho fatto sino a sera e dopo mi sono allontanato”
TJ non riusciva a credere che quel bambino stesse davvero parlando con quella calma della morte dei suoi genitori, e di come lo avevano salvato.
T’Por continuava a guardarlo in silenzio con i suoi penetranti occhi neri.
“Vuoi venire con me? Siamo in otto…” propose JT.
Dopo lunghi secondi T’Por annuì.
“Penso che unire le forze sia la cosa più logica nell’ottica di tentare la sopravvivenza” concluse avviandosi dietro JT.
 
“Stiamo diventando peggio di un circo” borbottò Tom quando vide arrivare JT con T’Por.
“Cosa mangeremo? Più siamo più chiasso facciamo…” continuò inviperito.
Quasi a confermare quanto stava dicendo uno dei gemelli si mise a piangere istericamente.
“Dobbiamo trovare un riparo più nascosto, un posto che ci permetta di stare al sicuro di giorno, mentre vado a cercare da mangiare…” ragionò JT.
 
Ci volle un po’ di tempo, ma alla fine Kevin scovò il posto adatto.
Una caverna con in fondo una piccola ansa del ruscello.
Abbastanza grande da far stare tutti comodi e con un ingresso abbastanza lontano da non far sentire alle guardie le urla dei gemelli o il canto di Claire, che non riusciva proprio a trattenersi.
“Benvenuti a casa” disse JT quando vide la caverna.
 
Con la poca carica che era rimasta del phaser JT disgregò la sommità della caverna che creare un piccolo foro che consentisse la circolazione dell’aria ed il passaggio di un po’ di luce.
Stava lì  a contemplare la sua opera e le stelle che si intravedevano nel cielo scuro quando Mark si avvicinò.
“JT… quanto tempo ancora dobbiamo resistere?” chiese con voce incerta.
“Non lo so Mark” ammise.
“Non verranno mai… la Flotta non arriverà mai. Sono passati mesi e non sono arrivati. La Sato ci ha traditi” Mark ormai era sempre più acido e rabbioso.
JT non rispose, ma doveva ammettere che il dubbio si stava impadronendo anche di lui.
Aveva calcolato che la più vicina base Stellare doveva essere a meno di due mesi, senza velocità warp, ma erano già passati quattro mesi e le navi non arrivavano. O era successo qualcosa alla Sato e alla navetta, oppure…
JT non voleva neppure pensarci.
La Flotta sarebbe arrivata.
Doveva tenere i suoi ‘ragazzi’ vivi sino ad allora
 
Star Trek non mi appartiene.
Se vi state chiedendo che fine ha fatto Jim del presente... avrete presto sue notizie.
Nel frattempo grazie sempre a chi recensisce e a chi legge. E a chi vorrà lasciare una sua opinione.

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Capitolo 14
*** Tredici anni ***


Capitolo 14

Tredici anni

NAVETTA CIVILE  SS23 Orion
Data Stellare 2261.5.26
 
Jim si svegliò con uno strano sapore in bocca, tipico effetto collaterale dei tranquillanti.
La sua mente allenata ci mise meno di un secondo per capire che era completamente bloccato.
Mani e piedi legati da cinghie, steso su di una barella.
La stanza era poco illuminata ed era solo.
Sullo sfondo il rumore di un motore a curvatura.
Dalle dimensioni della cabina doveva essere una navetta SS23, adatta a viaggi di medio lungo raggio.
Non ricordava molto delle ore precedenti.
Quando aveva ricevuto il messaggio criptato di Tom aveva agito senza pensare.
Era vivo …  quel folle era vivo ed aveva già ucciso Hoshi, e avvelenato Kevin…
In quel momento si sarebbe preso a calci nel sedere da solo.
Perché cazzo non aveva avvertito qualcuno di quello che stava succedendo?
Spock almeno, se non McCoy.
Il vulcaniano possedeva certamente le risorse necessarie per  affrontare quella bestia.
Dio Santo, Bones  stavolta non l’avrebbe perdonato.
La verità era che non aveva voluto mettere in pericolo più nessuno.
Il suo equipaggio, la sua famiglia, doveva stare al sicuro e lontano da questa storia.
Già aveva perduto Hoshi e stava quasi per perdere Kevin.
 
Mentre le idee si schiarivano con la metabolizzazione del farmaco che gli avevano dato ricordò vagamente Tom che gli veniva incontro appena arrivato su Cerberus e poi il sibilo della hypospray, unitamente al dolore acuto al lato sinistro del collo.
“Dilettante…” si disse, non aveva controllato la sicurezza della stanza, si era fatto distrarre dalla presenza di Tom.
Tom e Claire.
Chissà dove erano.
Trasalì quando la porta della cabina si aprì.
 
“James… sei sveglio finalmente”  disse una voce.
Quella frase,  il suo nome pronunciato in quel modo, gli fecero affluire una marea di ricordi tutti insieme, al punto che  pensò di non riuscire neppure più a respirare.
L’uomo che si faceva chiamare Anton Karidian era davanti a lui, ma Jim ora sapeva chi era in realtà.
“Kodos” sussurrò piano.
 
“Finalmente… sai sono rimasto un po’ deluso quando non mi hai riconosciuto” rise l’uomo avvicinandosi.
“Anche se devo dire che i chirurghi plastici e l’impianto alle corde vocali sono stati efficaci” continuò.
Jim cercò di non mostrare paura.
“Dove sono Tom e Claire?” chiese.
“Gli anni non ti hanno cambiato vedo… sempre a preoccuparti degli altri. Questa è sempre stato un tuo grave punto debole. Comunque sono qui e stanno bene… per ora”
Ora Kodos  era proprio di fianco alla barella dove era steso Jim.
Gli carezzò il viso con il dorso della mano, come faceva quando era bambino e la cosa provocò a Jim la nausea.
“Sai il dolore che mi hai dato? Prendi un bambino, riconosci in lui la grandezza, gli dai tutto te stesso, ne vorresti fare il tuo erede, dargli tutto quello per cui stai lavorando… ed invece…”
Kodos sembrava parlare a se stesso.
“Tu sei pazzo, dovresti stare rinchiuso in manicomio con un campo di forza attorno”
Jim sentiva la rabbia salire e si dimenò cercando di allentare le cinghie.
“Ohhh James James… sempre il solito ribelle. La mia somma meraviglia è che tu possa essere diventato un militare, addirittura un capitano di nave…”
“Quel che sono diventato non lo devo certo a te”
Kodos ridacchiò.
“Certo… lo devi a Pike. Come vedi mi sono informato sulla tua vita”
“Che cosa vuoi da me?” chiese Jim.
Kodos sorrise.
“Cosa ti dice che io voglia  ‘qualcosa’ da te? Forse voglio  ‘solo’ te”
Jim sentì il terrore scendergli lungo la schiena come un brivido freddo.
“Se è così lascia andare Tom e Claire. Sono qui, mi hai…”
“Vedi James, gli errori si commettono una sola volta. Non ti sottovaluterò più. Ho ancora grandi progetti e tu ne sei parte integrante. Diciamo che  i tuoi amici… soprattutto la bella biondina sono la mia assicurazione sulla tua buona condotta. Ha occhi molto belli la ragazza, mi dispiacerebbe strapparglieli”
Jim sentì il respiro bloccato.
“Arriveremo presto a destinazione e tutto ti sarà più chiaro. Nel frattempo meglio non rischiare” proseguì Kodos mentre prendeva dalla tasca una hypospray.
Jim tentò ancora una volta di dimenarsi e ribellarsi senza successo.
“Non ti preoccupare, conosco anche i medicinali a cui sei allergico” furono le ultime parole che sentì prima che l’oscurità lo inghiottisse di nuovo.
 
 
TARSUS IV
Data Stellare 2248.3.22
 
JT fu colpito dallo strano silenzio che regnava nella caverna quando vi entrò.
Dove erano tutti?
La paura stava già per prenderlo quando voci allegre gridarono all’unisono
“BUON COMPLEANNO!!!”
JT se n’era completamente dimenticato. Del resto sua madre non festeggiava mai il suo compleanno, che coincideva con il giorno della morte di suo marito, e Frank non era certo tipo  da festa di compleanno.
Claire si fece avanti con un dolcetto al cioccolato, frutto dell’ultima scorribanda. Sopra un’unica candelina pescata chissà dove.
“Hai tredici anni ora” fece orgoglioso Kevin.
Quando spense la candelina tutti applaudirono, anche T’Por che guardava incuriosito lo strano rituale umano.
“Questo l’ha intagliato Mark, ma tutti abbiano cercato il legno adatto” disse ancora Claire mostrando orgogliosa una pacco, incartato alla meno peggio con un foglio sporco ed unto.
JT aveva le lacrime agli occhi e si limitò ad un timido grazie prima di aprire il pacchetto.
Era una scacchiera con tutti i pezzi.
Erano intagliati alla meno peggio, ma chissà quanto tempo Mark aveva impiegato nell’opera.
“E’ davvero bellissima” sussurrò mentre ricacciava le lacrime indietro.
“E’ il minimo JT, senza di te nessuno di noi sarebbe vivo” gli disse piano Julia mentre l’abbracciava.
“Posso sfidarti?”  propose T’Por.
 
Ormai JT ed il suo piccolo esercito erano diventati famosi su Tarsus.
I prescelti, almeno quelli che erano rimasti dopo che Kodos aveva brutalmente eliminato ogni segno di ribellione, li consideravano una specie di banda alla Robin Hood e JT era considerato una specie di fantasma capace di apparire e sparire dalle cucine portando via ciò che gli serviva.
La realtà era molto meno esaltante.
Il gruppetto era sempre più smagrito e denutrito, cencioso e sporco e quello che terrorizzava JT erano le malattie.
I gemellini avevano avuto una dissenteria talmente forte che JT si era già preparato mentalmente a doverli vedere morire entrambi.
Poi miracolosamente si erano salvati, ma restavano deboli come gattini appena nati.
Claire era caduta e si era rotta  un polso e solo grazie alle conoscenze  mediche di T’Por era stato possibile steccarlo e evitarle danni permanenti.
Ed il tempo passava inesorabile senza che le navi della Flotta arrivassero.
 
Quella mattina Tom aveva insistito per andare con lui nella solita missione per reperire il cibo.
JT preferiva se proprio doveva andare in compagnia, essere con Kevin, più affidale e sicuro.
Tom era sempre capriccioso e in certi momenti ostile, e la cosa  stava diventando pericolosa.
Mai distrazioni in missione.
Arrivati alla casa che avevano adocchiato il giorno prima, JT si accucciò dietro un albero e invitò Tom a fare lo stesso.
Il ragazzo s’ inginocchiò di malavoglia.
“Non c’è nessuno… andiamo… così al posto di  visitare una casa ne visitiamo due e portiamo un po’ più di cose. Ci fai fare la fame” sbottò.
“Andiamo quando siamo sicuri che non c’è nessuno della milizia nei dintorni” rispose altrettanto irritato JT.
La pazienza di Tom durò poco.
“Io vado, non c’è nessuno”
“Ho detto di aspettare…”
Tom gli si rivoltò contro.
“Chi sei tu per comandare? Io vado!” sbottò correndo verso la casa.
“Maledizione” imprecò JT alzandosi per seguirlo.
Ma come dal nulla  cinque miliziani sbucarono da una delle case.
“Ehi tu… FERMO!” urlarono verso Tom, completamente allo scoperto, puntandogli i phaser.
 
JT si bloccò nascondendosi dietro un albero, valutando il da farsi.
Contò le guardie, almeno cinque. Troppe, soprattutto senza poter contare sull’aiuto di Tom che pareva preso dal panico ed aveva iniziato a piangere.
“Scommetto che sei uno di quei mocciosi ladri che girano qui intorno” rise ad alta voce una delle guardie, spingendolo a terra con un calcio.
“Deve essere proprio uno di loro” rise l’altra.
Ora i cinque circondavano completamente Tom.
JT si acquattò dietro un albero indeciso su cosa fare.
Non poteva attaccarli così allo scoperto, sarebbe stata morte certa.
Aveva bisogno di un diversivo.
Svelto corse, tenendosi basso verso la casa abbandonata, pregando che non ci fosse nessun altro in giro.
Nel frattempo le guardie continuavano a stare intorno a Tom ridacchiando.
“Portiamolo a palazzo, il Governatore saprà cosa fare” disse una di loro.
“Aspetta prima divertiamoci un po’”
Una delle guardie un uomo basso e tarchiato si chinò su Tom e gli tirò su la testa afferrandolo per i capelli.
Tom piangeva piano terrorizzato.
“Voi stupidi bastardelli ci state facendo fare una figura di merda…” sibilò mentre prendeva una bottiglietta dalla tasca.
Tom capì immediatamente di cosa si trattava.
La milizia aveva  una fialetta di  acido solforico in datazione come arma da lanciare sui nemici.
“NOOOO ti prego NO” urlò disperato.
La guardia sorrise malefico.
Poi aprì la bottiglietta e la versò sul volto di Tom.
 
JT sentì l’urlo disumano mentre era già dentro la casa.
Cercò di non farsi prendere dal panico e non guardare fuori.
Ansimando per il terrore prese uno straccio e vi diede fuoco.
Poi nell’intento di fare più rumore possibile ruppe con una sedia una delle finestre, subito prima di uscire dal retro.
 
Tom continuava a dimenarsi e ad urlare in un modo che JT non aveva mai sentito in vita sua.
“Ehi, ma che succede???” urlò uno dei cinque indicando verso la casa da cui usciva una spessa coltre di fumo.
“Tu resta qui” intimò quello che sembrava il capo del gruppo alla guardia che aveva gettato l’acido sul volto di Tom e ora gli puntava il phaser.
Gli altri quattro corsero verso la casa.
JT si decise.
Con una forza che neppure lui si aspettava di avere ancora arrivò di spalle alla guardia e lo buttò a terra; nel cadere l’uomo lasciò cadere il phaser.
JT lo raccolse.
In quel momento agiva e si muoveva in automatico, senza pensare, come se fosse fuori dal suo corpo.
Vide l’uomo che si alzava e veniva verso di lui ringhiando.
Raccolse il phaser e sparò.
Non guardò se era regolato sullo stordimento o per uccidere, ora era solo istinto primitivo di sopravvivenza.
Si accorse che l'arma era tarata per uccidere solo quando il raggio colpì l’uomo, lasciandogli un gran buco sul petto.
Aveva appena tredici anni ed aveva ucciso un uomo.
Non si concesse il lusso di pensare.
Con la forza che solo un essere divino avrebbe potuto infondergli, raccolse Tom da terra e lo trascinò verso la foresta, mentre le altre guardie già stavano correndo verso di loro. 
  


Star Trek non mi appartiene.
Grazie come al solito a tutti quelli che seguono la ff... fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando.

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Capitolo 15
*** Innocenza perduta ***


Capitolo 15
Innocenza perduta
 
Nave  Cargo  DG667WC Phoenix
Data Stellare 2261.5.27
 
McCoy se ne stava seduto da ore alla finestra sul ponte  di osservazione, pensando e ripensando.
Provava dolore e risentimento verso Jim Kirk, ma soprattutto provava rabbia verso se stesso.
Aveva un master in psicologia e non si era mai accorto dei chiari segnali che gli aveva lanciato il suo migliore amico.
Sapeva la metà di quello che con evidenza era successo nella vita di Jim, ma si maledisse per non essersi accorto di nulla, per aver pensato che tutti i problemi comportamentali del ragazzo fossero originati dal suo rapporto con il  patrigno.
Sapeva di Frank e quello che  il patrigno aveva fatto a Jim.
Ma c’era molto di più nella vita di Kirk, qualcosa di  oscuro e orrendo, di cui non si era mai accorto.
Eppure i sintomi c’erano tutti.
I disturbi alimentari, ad esempio, tipici delle persone sopravvissute a gravi mancanze di cibo.
Ora finalmente credeva alle storielle di Jim, che continuava a dire che si era ‘scordato’ di mangiare , quando finiva in infermeria  quasi svenuto per la mancanza di zuccheri nel sangue.
Oppure la sua ossessione in mensa di non iniziare a mangiare se non lo facevano tutti. E le scorte di cibo che teneva nella sua cabina, senza che fossero mai consumate.
E poi gli incubi, il suo desiderio quasi patologico di proteggere tutto e tutti quelli che considerava ‘suoi’.
Come aveva fatto a non accorgersi di un’anima così sfregiata, nascosta dietro il sorriso smagliante da ragazzo immagine della Flotta?
“Dottor McCoy, il tenente Scott era molto preoccupato per il suo benessere, non avendola vista a mensa né a pranzo né a cena. Mi ha mandato ad accertare il suo stato fisico”
La voce di Spock alle sue spalle fece trasalire il medico.
“Spock… devo decidermi a metterti dei campanelli alle caviglie, così ti sento arrivare”
Il vulcaniano non rispose, limitandosi ad alzare un sopracciglio.
“Puoi informare Scotty che sto bene grazie” continuò McCoy, con voce volutamente stizzita.
“E’ qui da tre ore e sedici minuti a quanto risulta…”
“Mi stai controllando?”
“No, è solo che questa attività di meditazione è piuttosto insolita per lei…” continuò imperterrito Spock senza mostrare il  minimo disagio.
“Comandante Spock le faccio notare che  anche noi umani possiamo meditare… non è una cosa ad appannaggio esclusivo dei vulcaniani” fece McCoy ostentando un linguaggio formale.
“Non volevo essere offensivo dottore, solo capire se questo suo atteggiamento era dettato da preoccupazione per la sorte del capitano”  Spock continuava ad apparire assolutamente calmo.
“Certo che sono preoccupato. Non ho mica il sangue verde e freddo come te…”
“Dottore il fatto che io non mostri la mia angoscia non significa che non abbia a cuore la sorte del cap… di Jim” si corresse Spock.
“Spock… per favore sparisci…” sibilò McCoy.
“Aspetta, non andare,  scusa non volevo” lo richiamò, mentre il vulcaniano si era girato per andare via.
“Io… io non riesco a capire perché Jim non mi abbia mai parlato della storia di Tarsus. Mai nel corso dei tanti anni che ci conosciamo,   neppure quando siamo arrivati  su Cerberus, neppure quando abbiamo trovato la Sato morta…” continuò il medico con voce incrinata.
Spock si sedette a fianco del medico, la schiena rigida e diritta.
“La mente di Jim è  abbastanza… complicata credo. Affascinante, ma complicata. Per quel poco che sono riuscito a  comprendere vista la sua natura umana penso che la rimozione sia stato un modo per superare il trauma”
“Queste cose non si rimuovono, Spock, ti segnano l’animo. E io sono il suo migliore amico.  Perché non mi hai mai parlato? Ha lasciato la nave senza dirmi una parola, dopo che l’ho praticamente supplicato di dirmi cosa stava succedendo”
“Se conosco  Jim Kirk avrà pensato che la condivisione poteva creare pericoli per la sua persona dottore. O per tutti noi”
Maledizione al ragazzino e al suo disperato bisogno di proteggere tutto e tutti.
“In ogni caso dobbiamo essere pronti quando arriveremo su Tarsus, non potendo formulare ipotesi su cosa sta accadendo. Le suggerisco di riposare e mangiare per poter efficacemente aiutare Jim” concluse Spock alzandosi ed uscendo.
McCoy aspettò ancora qualche minuto; poi con un sospiro si alzò ed andò a procurarsi qualcosa di commestibile.
 
TARSUS IV
Data Stellare 2248.4.30
 
“KEVIN… Aiutami vieni qui. Aiutami”
Appena fu in vista della grotta che fungeva da loro rifugio JT richiamò l’attenzione di Kevin.
Trascinare lì Tom a peso morto era stata una vera impresa, il suo amico aveva perso conoscenza nel corso del tragitto, sfinito dal dolore.
“Cosa è successo… oh merda…” esclamò Kevin correndo verso di loro alla vista del viso di Tom.
Si erano già formate vesciche e la pelle era di un orrendo colore rosso.
“Portiamolo dentro” ansimò JT, mentre Kevin prendeva Tom sotto braccio per aiutarlo.
“Cosa… cosa…” balbettò Julia alla vista del viso di Tom.
JT e Kevin adagiarono l’amico su uno dei pagliericci di foglie secche che fungevano da letto.
“Acqua, bisogna lavare subito il viso…” ordinò JT.
Subito Julia e Mike scattarono, ma JT sapeva che era già tardi, l’acido aveva avuto già troppo tempo per far danni.
“Speriamo di salvare almeno gli occhi” pensò mentre versava l’acqua sul viso.
 
“E’ colpa mia…” JT era quasi sull’orlo delle lacrime.
Tom continuava ad agitarsi e lamentarsi sul pagliericcio, a tratti urlava di dolore.
“La smetti? Non è colpa tua, sappiamo tutti come è fatto Tom. La colpa è della milizia e di Kodos, tu gli hai salvato la vita” rispose Kevin.
“Se l’avessi costretto ad aspettare, se l’avessi protetto…” JT cercava disperatamente di non pensare al fatto di aver ucciso un uomo.
Era un pensiero troppo spaventoso, anche se la cosa era avvenuta per legittima difesa.
Aveva tredici anni e sentiva come se tutta la sua innocenza fosse andata via quando aveva premuto quel grilletto.
 
T’Por si avvicinò al gruppetto con la faccia scura.
Era l’unico ad avare una certa formazione medica grazie ai suoi genitori.
“La situazione non è agevole” fece calmo.
“Le ustioni sono profonde e non abbiamo alcun medicinale. Se  avessimo rigeneratore cutaneo potremmo limitare i danni, ma  più tempo passa più la situazione diventa irreparabile. Rischia di perdere entrambi gli occhi” disse a bassa voce.
Sul gruppetto calò un silenzio terrorizzato.
“Nel laboratorio dei miei genitori c’era un rigeneratore… ma non possiamo arrivarci” concluse T’Por con aria neutra.
JT rimase per alcuni minuti in silenzio.
Poi si alzò deciso.
“JT dove stai andando? E’ pericoloso, non sappiamo neppure se quell’ apparecchio è ancora lì. E poi il laboratorio è nel pieno centro controllato dalla milizia”
Ma il ragazzo non diede neppure l’impressione di averlo sentito.
“JT fermati!!!” urlò ancora Kevin prendendo l’amico per un braccio.
“Lasciami Kevin, io DEVO andare… è colpa mia…”
“Allora vengo con te”  propose Kevin.
“No, tu devi restare, se non ce la faccio toccherà a te proteggere tutti. Mi servi qui” rispose deciso il ragazzo.
“Ma JT…” poté solo dire Kevin vedendo il suo amico uscire di corsa.
 
JT cercò di restare concentrato mentre correva, nascondendosi, verso la parte della città dove si trovava il laboratorio dei genitori di T’Por.
Sentiva a pelle il pericolo, l’edificio era troppo vicino al Palazzo del Governatore ed in piena zona dei ‘prescelti’, ma doveva fare qualcosa per Tom.
Le urla del suo amico mentre la guardia gli versava l’acido sul viso sarebbero rimaste nella su a mente per sempre e questo era  l’unico modo per  allievare il senso di colpa.
Non poteva permettere che Tom perdesse completamente la vista.
Veloce e leggero arrivò nei pressi della parte della città dove ora abitavano tutti i ‘prescelti’ e si acquattò dietro un albero.
C’erano guardie della milizia ovunque ed i pochi civili in giro per le strade camminavano a testa bassa, veloci, senza mai alzare lo sguardo su di loro.
Facendo attenzione, i sensi acuiti dalla tensione e dalla paura, si avvicinò alla piccola palazzina bianca che fungeva da laboratorio di ricerca.
Per fortuna nessuno aveva pensato a chiudere a chiave, visto che la zona era sorvegliata.
All’interno c’era una confusione terribile, apparecchiature, padd e vetri rotti dappertutto.
Sul pavimento macchie di sangue verde, ormai secche.
Cercando di non pensare ai genitori di T’Por morti in quel posto JT si mise alla ricerca dell’apparecchiatura come  la ricordava; varie volte era stato sottoposto a cicli sotto il rigeneratore per guarire  le ferite inferte da Frank.
Cercò e cercò, ma non riusciva a  trovare l’apparecchio.
Ora così concentrato che non si accorse della presenza alle sue spalle sino a che non fu troppo tardi.
Sentì una morsa fatale alla gola, sin quasi a perdere del tutto il respiro.
“Non ci posso credere, guardate chi ho acchiappato” fece una voce malefica mentre praticamente si sentiva sollevato da terra.
  
Star Trek non mi appartiene.
Come sempre, grazie a tutti  quelli che seguono questa storiella (sta diventando un vero e proprio romanzo in realtà per quanto è lunga). Come al solito mi fa piacere, molto, leggere la vostra opinione in merito. 

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Capitolo 16
*** Tradimenti ***


Capitolo 16
Tradimenti
 
NAVETTA CIVILE  SS23 Orion
Data Stellare 2261.5.28
 
Tom entrò senza bussare nella cabina dove Claire era stesa sulla cuccetta, esattamente nella stessa posizione in cui l‘aveva lasciata.
“Dov’è JT?” chiese la ragazza fissandolo con odio.
“Sta bene, per ora, non preoccuparti”
“Non provi neppure un briciolo di vergogna?” chiese ancora Claire con disgusto evidente.
“Per cosa? Per aver fatto una volta i miei interessi?” rise beffardo Tom.
“Interessi??? E’ di JT che stai parlando, ti ha salvato la pelle decine di volte e tu lo hai consegnato ad un folle psicopatico… a colui che ha ucciso più di quattromila persone, compresi i miei genitori e tuo padre!!!” Claire urlò con quanto fiato aveva.
“Certo!!! Il grande JT!!! Il capitano James Tiberius Kirk, tutti lo adorano, ma nessuno lo conosce davvero. Se non fosse stato per lui mio padre sarebbe ancora vivo ed io… non avrei questa a ricordarmi per sempre di Tarsus IV” rispose malefico Tom indicando la cicatrice che gli deturpava il viso.
“Ti ha salvato lui, ha rischiato di essere ucciso da Kodos per procurarti le medicine…”
Tom si limitò a guardarla con aria quasi disgustata.
“Hai ancora una cotta per lui giusto? Come quando eri bambina…”
“E tu sei il bastardo che ho sempre pensato che fossi” replicò Claire con odio.
Tom rise piano.
“Sai, quel che mi ha sempre stupito di JT è la facilità con cui riusciva  e tuttora riesce ad ingannare gli altri. Il grande eroe, il salvatore della Terra, il capo  della banda dei nove ragazzini sopravvissuti al massacro. Lui, sempre e solo lui… Nessuno lo conosce davvero, nessuno sa quanto è vanesio, narcisista ed ingrato”
Claire lo guardò con aria stupefatta.
“Vuoi dire che stai facendo questo, che lo hai tradito… per INVIDIA?”
“E se anche fosse? Comunque no, mia cara, non per invidia. Per vendetta forse, ma non per invidia”
“Vendetta? Ma di cosa dovresti vendicarti??? Siamo tutti vivi grazie solo a lui…”
“Vivi? Io sono stato trascinato via dalla mia casa da mio padre solo perché aveva deciso di fare l’eroe e salvargli la vita. E alla fine quello stupido ci ha rimesso pure la  sua di vita. Il giorno prima avevo tutto, da mangiare, una bella casa e poi… più nulla, se non fame, sete, paura ed un occhio in meno”
“Sei un lurido traditore…”
“Non credere che faccia questo solo per vendicarmi. C’è molto di più sotto. E quando  questa storia avrà il suo compimento, mi sarò ripreso tutto quello che ho perso… credimi. Ti converrà stare dalla parte giusta in quel momento”
“Dove stiamo andando? E perché?” Claire non mostrava alcuna paura, solo disgusto.
“Lo scoprirai presto, siamo quasi arrivati”  sorrise Tom.
“Mi fai schifo” sibilò Claire.
“Sinceramente la cosa mi lascia indifferente” rise Tom prima di uscire dalla cabina e bloccare di nuovo la porta.
 
 
TARSUS IV
Data Stellare 2248.4.30
 
Ormai JT era anche al di là del terrore.
Sapeva che per lui era finita che Kodos l’avrebbe ucciso e sperava solo che la cosa potesse avvenire quanto più in fretta possibile.
Aveva fatto bene ad impedire a Kevin di seguirlo, almeno c’era qualcuno che poteva ancora occuparsi dei più piccoli.
Le guardie praticamente lo trascinarono per strada verso il palazzo del Governatore, mentre i pochi coloni in giro per le strade guardavano la scena con orrore.
Poi lo scaraventarono nello studio di Kodos ai piedi della grande scrivania.
 
Il ragazzino dagli occhi blu guardò l’uomo che gli stava di fronte senza paura.
Almeno cercava di non mostrare paura di fronte all’uomo che aveva ammirato come un maestro e che ora vedeva nella sua reale essenza.
“Sai James, sei una vera delusione per me… credevo che fossi abbastanza intelligente per comprendere  che  la decisione che ho preso era necessaria, oltre che l’unica possibile ed utile” disse l’uomo con voce calma, fissandolo senza mostrare alcuna emozione.
James cercò di  bloccare le lacrime che gli salivano agli occhi.
Le immagini di quello che era successo negli ultimi mesi gli tornarono prepotenti in mente:  gli spari, la gente che cadeva sotto i colpi delle guardie, le urla dei bambini, i pianti, le invocazioni degli adulti di salvare almeno i figli.
E sua zia che cercava comunque di consolarlo, anche subito prima di cadere a terra come un fantoccio cui hanno tagliato i fili, lo sguardo perso nel vuoto ed il petto insanguinato.
“Andrà tutto bene Jimmy…”  
“Ho davvero pensato che con la tua intelligenza e le tue capacità tu potessi essere il mio erede, ma mi sbagliavo evidentemente” continuò l’uomo avvicinandosi al ragazzino, bloccato per le braccia da una guardia  che gli stava alle spalle.
“Possiamo ancora rimediare. Io posso perdonare. Dimmi dove sono gli altri e tutto tornerà come prima” sibilò ancora con sguardo feroce, mentre gli carezzava il viso con il dorso della mano.
Il gesto fece cadere le ultime remore del ragazzino. Troppo intimo, troppo vicino, troppo…
“Fanculo…” urlò mentre gli sputava addosso.
L’uomo non si scompose, né si degnò di pulire il vestito.
“Come vuoi” disse piano e calmo, subito prima di colpirlo con pugno in pieno viso.
Il ragazzino sentì chiaramente le ossa del naso frantumarsi, ma riuscì comunque ad approfittare del momento di distrazione della guardia che lo teneva fermo per colpirlo con un calcio nello stinco.
La  guardia mollò per una attimo la presa, ma poi ci mise un attimo a riprendere il controllo sul ragazzino, magro e debole come era.
L’uomo aveva assistito alla scena quasi divertito.
La guardia bestemmiò un paio di volte, mentre scuoteva violentemente il suo prigioniero.
“Governatore, lasciamelo cinque minuti e ti dirà tutto quello che vuoi sapere” fece con odio.
L’uomo sorrise ironico.
“So che non hai paura del dolore James, ci sei abituato”
Il ragazzino lo guardò con la solita aria di sfida, con il sangue che gli colava dal naso rotto ed il terrore si era ormai impadronito del suo animo.
“Portalo giù, nella cantina” ordinò alla guardia.
 
 “Perché ti ostini a proteggerli? Loro non sono come te… sono inferiori. E’ legge di natura James, solo i più forti, i più sani ed i più intelligenti possono sopravvivere” disse Kodos troneggiando su di lui.
JT era stato incatenato al muro della lurida cantina, al piano sottostante le celle, e la guardia che lo aveva trascinato lì si era preso diverse soddisfazioni con lui prima di farlo.
Ma JT non aveva urlato quando gli avevano rotto ad una ad una le dita della mano.
Cercò di restare calmo anche mentre il Governatore si accucciava vicino a lui.
“Coraggioso e leale… degno figlio di suo padre, disposto a morire pur di salvare i suoi uomini” la voce dell’uomo era beffarda.
“Ma tu sei più intelligente di tuo padre, capisci quando una battaglia è perduta, giusto? Capisci quando vale la pena abbandonare e salvare quello che conta di più… cosa sono quei piccoli insignificanti bastardelli che stai nascondendo? Nulla per te…”
Il ragazzino rimase in assoluto silenzio guardando nel vuoto.
“Bene, vedo che hai bisogno di essere convinto” rise il Governatore.
“Lascialo a me Signore, lo faccio parlare io” intervenne la guardia.
L’uomo si alzò.
“Non servirebbe, sa gestire perfettamente il dolore. Con lui ci vuole altro”
Il Governatore si girò e si avviò con la guardia all’uscita.
“Credimi James, prima o poi cederai e parlerai” disse girandosi verso di lui.
Poi lui e la guardia uscirono chiudendo la pesante porta dietro di loro.
La stanza piombò nell’oscurità più assoluta.
Non c’era luce, non c’era alcun suono, nulla ad eccezione del respiro del ragazzino e del rumore dei suoi singhiozzi.
 
 
Star Trek non mi appartiene.
Come vedete siamo arrivati di nuovo al prologo, ma la storia continua (nel passato e nel presente-futuro).
Mi rendo conto che è un po' lunghetta, ma spero non annoi.
Grazie a tutti sempre (lettori recensori, chi ha messo la storia fra seguite, ricordate preferite ecc.)

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Capitolo 17
*** Bentornato a casa ***


 
Capitolo 17
Bentornato a casa
 
NAVETTA CIVILE  SS23 Orion
Data Stellare 2261.5.28
 
“Jim… Jim… JT mi senti?”
La voce Claire raggiunse il subconscio di Kirk e lo riportò lentamente alla realtà, sollevando la nebbia fitta d’oscurità che era caduta su di lui.
Cercò di aprire gli occhi, ma ci vollero molti tentativi, tanto era abbagliato dalla luce sulla sua testa.
Gli ci volle ancor di più per riconnettersi alla realtà e ricordare tutto.
Si sentiva incredibilmente stanco e aveva una leggera sensazione di fastidio sia all’inguine che alla base del collo.
Alzò la mano per toccare il collo, ma quella gentile e fresca di Claire lo bloccò.
“Fermo, quel bastardo ti ha tenuto sotto flebo sino a mezz’ora fa” disse con la sua bella voce melodiosa che Jim avrebbe riconosciuto dovunque.
Tornando alla lucidità capì anche che il dolore all’inguine era dovuto probabilmente all’inserimento di un catetere.
Il bastardo lo aveva drogato pesantemente e l’avrebbe pagata per questo.
Jim odiava ogni tipo di droga o medicinale.
“Quanto… quanto tempo?” balbettò Kirk forzandosi  per mettersi seduto.
“Quattro giorni. E dovunque ci abbia portato, siamo arrivati” rispose Claire aiutandolo.
“Tu stai bene?” chiese Jim mentre barcollando metteva i piedi a terra.
“Io sì, ma vorrei tanto uccidere qualcuno… non posso credere che Tom ci abbia tradito” rispose la ragazza.
Jim la guardò perplesso e solo allora Claire si rese conto che lui non sapeva nulla.
“E’ stato Tom a consegnarci a  Karidian, ovvero Kodos. A me ha mandato un messaggio dicendomi che tu volevi vedermi subito. E quando sono arrivata l’ho trovato con gli scagnozzi di Kodos…”
I due rimasero in silenzio per un po’, guardandosi preoccupati.
“Ho paura JT” fece all’improvviso Claire.
“Ce la caveremo Claire, come sempre, ce la caveremo” le sorrise Jim mentre faticosamente si alzava in piedi.
 
“Bene, vedo che siamo in buona forma. Meglio così perché stiamo atterrando”
La voce di Tom  era assurdamente allegra mentre entrava nella cabina dove erano Jim e Claire, seguiti da due scagnozzi giganteschi.
Dal ronzio dei motori e le scosse Kirk capì che stavano entrando nell’atmosfera di un pianeta.
Kirk non disse nulla a Tom, limitandosi a guardarlo con aria sconcertata.
“Non mi fissare così JT… cosa c’è? Non credi che uno dei tuoi fedeli cagnolini ti abbia tradito? Che sia stato capace di pensare da solo?” sibilò Tom mentre lo fronteggiava.
“Oh Tom…” si limitò a sospirare Jim.
“Dove siamo? Che volete fare?” chiese Claire guardando fuori dall’oblò.
“Beh,  siamo su TARSUS IV mia cara” sghignazzò Tom.
 
 
L’aria calda accolse Jim all’uscita dalla navetta, esattamente come quindici anni prima.
Ma non era più l’aria dolce del posto dove lo stavano aspettando i suoi zii, la sua famiglia, dove sperava di rifarsi una vita.
Non c’era più l’odore degli alberi e delle piantagioni di grano che si estendevano a vista d’occhio.
Ora l’aria era permeata dall’odore della morte, anche dopo tanti anni.
Jim venne spinto fuori in malo modo, mani legate dietro la schiena, e quasi cadde a causa delle gambe traballanti dopo  quattro giorni di assoluta immobilità.
Erano atterrati nel giardino sul retro del palazzo presidenziale, un tempo rigoglioso e verde.
Ora tutto era nero, bruciato e secco.
L’enorme palazzo si stagliava contro il cielo azzurro nella sua magnificenza violata.
La grande cupola centrale era crollata e i muri anneriti, con ancora evidenti i segni dei colpi di phaser  a testimoniare la battaglia che era avvenuta anni prima.
Gli scagnozzi spinsero in avanti Jim, e poi Claire.
Kirk vide diverse decine di mercenari aggirarsi armati nel vecchio giardino.
Di Kodos  non c’era ancora traccia, ma Jim sapeva che lo stava aspettando all’interno.
Vennero spinti all’interno del palazzo, ed i ricordi piovvero su Jim come una cascata di dolore.
L’atrio dove aspettava prima di fare colazione con Kodos, lo studio dove sedeva con lui per ore a studiare e poi a far finta di ascoltare le sue farneticazioni, la sala dove aveva tentato di porre fine alla vita di quel fanatico…
Era tutto diverso, non c’era più traccia dei lussuosi arredi, l’interno era praticamente vuoto e diroccato.
Inaspettatamente  i due mercenari spinsero Jim e Claire  per le scale  giù nel sotterraneo e  Jim sentì la mano gelida del terrore prendergli lo stomaco come una morsa.
“No… non nel sotterraneo” si ritrovò a pensare, con la voglia di piangere come un bambino, come quando aveva dodici anni.
Rimase del tutto stupito nel vedere che era stato completamente ristrutturato.
Appariva moderno e funzionale, una specie di centro di controllo.
Con violenza venne spinto in avanti nel lungo corridoio verso quelle che un tempo erano le celle dove erano stati rinchiusi lui ed Hoshi.
Ora c’era una grande sala, quasi del tutto spoglia.
“Bentornato a casa, James” gli disse Kodos, fermo al centro della grande stanza, sorridendogli malefico.
 
I due scagnozzi spinsero Jim su di una sedia, legandogli mani e piedi ai braccioli e lle gambe.
Tom spinse Claire in un angolo della grande stanza e la ragazza si accucciò silenziosa, con l’uomo che la sovrastava.
“Cosa credi di fare? Credi di cavartela anche stavolta? Hai rapito un Capitano della Flotta stellare e una nota cantante. Hai ucciso un’Ambasciatrice della Federazione e tentato di uccidere un altro membro della Flotta. Oltre a tutti i crimini di cui ti sei macchiato quindici anni fa” sibilò Jim cercando d’infondere nella voce tutta l’autorità di cui era capace.
“Mi spiace per Hoshi… ma mi aveva riconosciuto…” sussurrò Kodos con voce quasi innocente.
“Quanto a Riley devi ringraziare Leighton… lo ha avvelenato lui” sorrise guardando verso Tom.
“Lurido schifoso” scattò Claire cercando di mollargli un calcio nelle parti basse, prontamente scansato.
Tom la prese per un braccio e la strattonò violentemente.
“Tom lasciala stare subito!!!” urlò Jim.
“Altrimenti cosa fai eh? Non sei sull’Enterprise, caro Capitano Kirk, e non sei neppure più  il grande JT…” gli ringhiò in risposta l’uomo mentre spingeva di nuovo Claire a terra.
“Quanta ingratitudine… non è vero James? Te lo avevo detto che non meritavano la tua lealtà ed il tuo sacrificio” fece ironico Kodos,  avvicinandosi alla sedia dove Kirk era legato.
“Cosa vuoi?” sibilò Jim con la spavalderia che nei momenti di crisi era quasi il suo marchio di fabbrica.
“Arrogante come sempre. Ma certo tu credi che i tuoi amici arriveranno presto, che la gloriosa nave stellare ammiraglia della Flotta, con tutto il suo eroico equipaggio verrà presto a recuperare il suo Capitano. Ma questo non succederà James… e sai perché? Perché sarà  proprio la Flotta ad impedire ai tuoi amici di venire qui ad aiutarti e possibilmente farmi a pezzi”
Jim sorrise ironico.
Aveva una fiducia illimitata nel suo equipaggio.
Sapeva che in un modo o nell’altro Spock avrebbe trovato il modo di arrivare. Bastava solo resistere.
“Te lo chiedo di nuovo cosa vuoi?” chiese con un mezzo sorrisetto sulla faccia.
Kodos si avvicinò ancor di più, fissandolo con i suoi occhi grigi, l’unica cosa rimasta identica nel vecchio volto.
“Voglio te, naturalmente. Ed i codici di accesso ai sistemi di difesa della Flotta”
 
 
Nave Stellare Farragut
Data Stellare 2248.5.30
 
La prima volta che il tenente comandante Christopher Pike, all’epoca giovane guardiamarina, vide James Tiberius Kirk era solo l’ologramma di un feto umano di circa otto settimane di gestazione che il suo amico George Kirk gli mostrava con orgoglio sul ponte della Kelvin.
“Che bello, congratulazioni George, un altro maschio” aveva sorriso mentre il primo ufficiale della Kelvin distribuiva vecchi sigari a tutti.
“Già… non nego che mi sarebbe piaciuta una femminuccia dopo Samuel, ma il necessario è che sia sano e sia felice. Chi non la sta prendendo bene è Winona,  questa gravidanza è arrivata inaspettata, lei teme per la sua carriera” aveva risposto l’amico con aria pensierosa.
 
La seconda volta che Chris Pike  vide James Tiberius Kirk, sette mesi dopo, era un fagottino urlante fra le braccia di sua madre che lo reggeva con aria apatica.
“Winona, mi spiace molto per George… lui è stato un eroe, ha salvato tutti noi” aveva cercato di consolarla, incapace di trovare altre parole per esprimere il dolore  che anche lui provava.
“Puoi tenerlo un attimo?” gli aveva chiesto la donna piazzandogli il bambino fra le braccia ed uscendo dalla stanza.
Mentre aspettava che la madre tornasse Chris aveva sorriso a quel bambino, che lo guardava con aria seria e gli stessi occhi di suo padre, forse ancora più azzurri.
Occhi color del cielo , quasi ultraterreni, che non si dimenticano.
Aveva atteso per oltre due ore che Winona tornasse, cercando di consolare il bambino che urlava per la fame, sino a che non era stato costretto a darlo ad una delle infermiere dell’ospedale.
“Fa sempre così, si rifiuta di allattarlo e anche di nutrirlo artificialmente”  gli aveva detto triste la ragazza prendendo il piccolo.
Mai Christopher Pike si sarebbe aspettato di vedere, per la terza volta, James Tiberius Kirk su quel pianeta abbandonato da Dio.
 

“Quante perdite?” chiese il tenente comandante Pike, primo ufficiale della Farragut, al suo giovane attendente, scendendo da una dalle navette di soccorso.
“Solo tre dei nostri, signore,  ma la milizia si è battuta sino alla morte. Sono morti almeno duecento miliziani. Il resto della truppa è stato già trasferito sulla nave prigione”
“Notizie di Kodos?”
“Morto signore. Si è suicidato e poi i suoi hanno bruciato il corpo”
Esattamente come Hitler, pensò Chris.
Ma il suo istinto gli urlava di non fidarsi.
“Voglio un’autopsia e l’esame del DNA” ordinò.
“E i coloni?”
“Ne abbiamo trovato in vita circa tremiladuecento, degli oltre novemila indicati nell’ultimo censimento. Qui intorno è uno spettacolo orribile, comandante Pike, è pieno di cadaveri bruciati o sepolti alla meno peggio in fosse comuni. E’ stata una carneficina. Io non  capisco come, come… sia potuto accadere” la voce dell’attendente si ruppe dall’emozione.
In effetti i resoconti che Pike aveva ricevuto poco prima sulla Farragut  parlavano di migliaia di persone uccise in modo sistematico e spietato.
Il primo ufficiale si diresse a grandi passi verso l’edificio che sapeva essere il Palazzo del Governatore.
Tutto intorno puzzava di bruciato.
E di morte.
“Non è sicuro signore, il palazzo non è stato ancora del tutto bonificato” gli urlò dietro il giovane attendente, ma Pike non stava a sentire.
Doveva vedere con i propri occhi ed accertarsi   della conservazione delle prove di quel massacro.
Nulla come la storia poteva essere di monito e questo massacro doveva passare alla storia, come il suo autore.
Perché non si ripetesse mai più.
 
Entrando nel palazzo Pike fu colpito dalla sfarzo ancora  evidente nonostante la battaglia avesse praticamente sventrato gran parte dell’edificio.
Entrò  in quello che evidentemente era lo studio di Kodos e si mise alla ricerca fra i vari fogli sparsi a terra e sulla scrivania.
L’ampia finestra che dava sul parco era stata completamente divelta dai colpi di phaser e dall’esterno penetrava sempre un forte odore di bruciato e… carne marcia.
Era  insopportabile.
“Avete controllato tutto l’edificio?” chiese ad uno degli ufficiali che si aggirava nella stanza.
“Quasi signore, abbiamo appena scoperto un ulteriore piano al di sotto di quelle che dovevano essere le camere di sicurezza. Stanno cercando di sfondare la porta blindata”
Seguendo un impulso strano Pike seguì il giovane tenente lungo la scala ripida che conduceva nei sotterranei.
Oltrepassò il piano dove erano le celle di sicurezza, omettendo volutamente di guardare all’interno, anche se  pure da lontano si notavano le macchie scure, di sangue, sui muri.
Scese con gli altri le ripide scale che conducevano ad un altro piano sotterraneo, giusto in tempo per udire un pesante tonfo.
 Evidentemente avevano sfondato la porta.
Un tanfo insopportabile, urina, sudore e aria stantia lo raggiunse subito.
“Un medico presto!!!” sentì urlare.
“Cosa c’è tenente?” chiese al giovane che si stava precipitando sulle scale, con aria sconvolta.
“C’è un bambino signore, abbiamo trovato un bambino incatenato”

Star Trek non mi appartiene.
Come avrete notato il personaggio di Pike è leggermete AU (nel film del 2009 non ha mai conosciuto George, ha solo svolto la sua tesi di laurea sulla battaglia della Kelvin).
Chi ha visto Into Darkness sa che è morto per mano di Khan, ma il personaggio mi è sempre piaciuto molto... starà con noi per alcuni capitoli del passato di Jim.
Grazie ancora tutti quelli che hanno la pazienza di leggere. Recensioni benvenute,

 

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Capitolo 18
*** Madri e figli ***


 
CAPITOLO 18
Madri e figli
 
TARSUS IV
Data Stellare 2261.5.28
 
Jim Kirk iniziò a ridere piano.
“Tu sei davvero pazzo… davvero folle se pensi che io ti darò quei codici…”
Cercava di fare lo spavaldo, ma sapeva che la situazione era tragica.
Era quasi sicuro di  poter resistere ad una tortura fisica personale, era un po’ meno sicuro di resistere se facevano del male a Claire.
“Vedi James, io sono in fondo un sentimentale. Ti ho voluto… bene… anche se tu ora non mi credi. Ho visto la grandezza in te e volevo evitare che la Flotta, l’organizzazione cui ora rivolgi tutta la tua fedeltà, si approfittasse di te. Che facesse di te un’arma perfetta come Marcus voleva fare con Khan”
Kirk iniziò a ridere piano.
“Questa è bella….”
“Ti sei mai chiesto perché la Flotta Stellare è arrivata qui su Tarsus così tardi?  Credi davvero alla storiella che la navetta con cui era scappata Hoshi Sato  era andata in avaria e precipitata su Regula,  prima che la Flotta la recuperasse? Credi davvero che Marcus e gli altri non sapessero nulla di quello che   stava succedendo qui?
“Tu sei solo un pazzo psicopatico che ha ucciso a sangue freddo  più di quattromila innocenti…”
“E’ vero l’ho fatto, ma per uno scopo più grande… uno scopo che tu ci creda  o no era condiviso da altri nella Flotta. O credi che la ‘Sezione 31’sia nata dal nulla? Credi davvero che Marcus l’abbia creata da solo?”
Kirk sbiancò… la  ‘Sezione 31’, la divisione segreta della Flotta creata dall’ammiraglio Marcus per combattere i Klingon e altre minacce spesso immaginarie per la Federazione. Un manipolo di fanatici disposti a tutto, anche a resuscitare un folle dai super poteri dal criosonno per servirsi di lui nelle loro battaglie inesistenti.
“Tutti voi, tutti voi ragazzi dell’Accademia  siete stati all’epoca accuratamente selezionati per  essere forgiati  per la ‘Sezione 31’, i perfetti soldati segreti della Flotta, l’ultimo baluardo a difesa della Federazione. E noi a farvi da  guida e maestri… io e la tua preziosa Hoshi Sato” continuò Kodos.
Kirk stava per sentirsi male.
“Lascia in pace Hoshi, non ti permettere di nominarla” urlò.
“James, credevo che dopo tanti anni avessi capito. Hoshi non era tua amica, anche se per un periodo ti ha fatto da madre. Tu non hai amici… quelli come noi non hanno amici. Non ci possiamo permettere di averli”
Kodos aveva la follia negli occhi.
“Ho cercato di darti il destino che ti meritavi… Tu meritavi di più di quello che la Flotta poteva darti, anche più di quello che la ‘Sezione 31’poteva darti, meritavi di condividere il mio sogno di un universo fatto solo di migliori”
“E cosa pensi di fare? Muovere guerra alla Flotta con un manipolo di mercenari? O trascinare Cerberus nella lotta?”
“Roslin è un deficiente, lui non sa nulla.  E’ stato solo un mezzo per ottenere quello che volevo”
“E cosa vuoi davvero?” chiese ancora una volta Kirk.
Kodos lo guardò intensamente.
“James, avrei potuto fare questo in qualsiasi altro posto. Sai perché siamo su Tarsus? Perché la Flotta non verrà mai qui e non permetterà neppure ai tuoi fedeli ufficiali di venire ad aiutarti. Sei solo qui ed io otterrò quello che voglio. Tu mi rivelerai i codici di accesso della Flotta e soprattutto ti unirai a me. Ti farò finalmente capire chi sei e a cosa sei destinato”
Jim rimase in silenzio.
Kodos sorrise malefico.
“So che ti credi forte, ma sai bene che hai punti deboli, James. Forse non sarai tanto forte quando caverò gli occhi alla tua bella amichetta. Ora scusami, devo contattare  i miei… i nostri alleati”
Tom sollevò di peso Claire da terra e lo seguì trascinando la ragazza fuori dalla stanza.
La pesante porta in ferro si chiuse con un tonfo e la stanza piombò nell’oscurità.
E Jim Kirk piombò di nuovo nel suo incubo peggiore.
  
TARSUS IV
Data Stellare 2248.5.30
 
Chris Pike era un uomo temprato e preparato  a tutto.
Anche se poteva dirsi un giovane primo ufficiale, avendo fatto carriera molto velocemente, ne aveva già viste molte. Ad iniziare dalla Kelvin e dalla morte del suo amico George.
Ma non era preparato a quello che trovarono nella cantina del palazzo presidenziale di Tarsus IV.
Del suo amico, George, anche dopo anni, Pike ricordava bene lo sguardo e gli occhi, gli stessi occhi blu cielo che aveva rivisto, con molta emozione e rimpianto, nel piccolo James, l’unica volta che l’aveva tenuto in braccio.
Erano occhi inconfondibili.
Per questo quando arrivò nella cantina e vide gli occhi spaventati di quel bambino, che fissavano il vuoto  mentre i medici si affannavano su di lui, li riconobbe subito.
James Tiberius Kirk, il figlio di George Kirk.
 
“Come sta?” chiese Chris al dottor Rick Puri, quando il medico uscì dalla tenda da campo che avevano allestito per dare prima assistenza ai coloni feriti.
“Molto male. Non voglio neppure elencare gli abusi fisici e psichici che ha subito, mai vista una cosa del genere fatta ad un bambino,  non capisco neppure come sia ancora vivo” rispose triste il sanitario, un uomo di mezza età, dal viso dolce.
“Credo sia rimasto incatenato in quella cantina senza luce, né aria,  e con poco cibo da almeno un mese, a giudicare dallo stato di denutrizione… sappiamo almeno  come si chiama?” continuò il medico.
Pike sentì una rabbia folle salire e fece dei respiri profondi  per calmarsi e non precipitarsi  su uno qualsiasi degli uomini di Kodos per fargliela pagare anche per conto di tutti gli altri.
“Credo di averlo riconosciuto… dovrebbe essere James, il figlio di un collega morto in missione” si limitò a dire, omettendo volontariamente il cognome.
“Ha parenti viventi? Dovremmo avvisarli subito, non so se ce la farà a sopravvivere…”
Chris annuì. Non  aveva saputo più nulla di Winona Kirk, ma  grazie ai database della Flotta non doveva essere difficile rintracciarla.
“Posso vederlo?” chiese Pike con aria triste.
“Certo, ma ho dovuto metterlo in coma farmacologico. E’ intubato e sinceramente… insomma  è dura vedere un bambino ridotto così. Si prepari…” rispose il medico facendogli strada nella tenda.
 
Pike era tornato sulla Farragut con le immagini di James Kirk, steso immobile, intubato, il corpo martoriato e floscio, impresse nella mente come un marchio a fuoco.
Aveva combattuto a lungo contro la nausea quando era uscito dalla tenda ospedale, ma ora era più che mai deciso ad aiutare quel bambino.
“Comandante il dottor Puri ha chiesto di comunicare con lei” lo informò un tenente.
“Sullo schermo, grazie”
Poco dopo comparve l’immagine del medico.
“Comandante, abbiamo trovato altri otto bambini…  si erano rifugiati in una caverna sulle montagne. Stanno tutti bene, tranne uno, Tom Leighton, che abbiamo subito trasferito sulla Constellation per un intervento di plastica al viso.  Quelli della milizia lo hanno sfigurato con l’acido  e probabilmente perderà un occhio”
Orrore su orrore, lo stomaco di Pike si strinse nuovamente.
“Gli altri bambini, come detto, stanno bene, solo denutriti e stanchi, ma sono molto inquieti, chiedono in continuazione di un certo JT, che pare che fosse il loro capo. Uno di loro, il più grande, Kevin, mi ha detto che si tratta di James e che sono sopravvissuti per sei mesi scappando dalla milizia e mangiando quello che JT procurava loro”
Pike rimase in silenzio, ricacciando l’emozione indietro.
“Li ha informati delle condizioni di James?” chiese.
“No, non sanno nulla, solo che JT  è stato catturato un mese fa mentre cercava di procurarsi un dermorigeneratore per Tom. Ma sono agitati e  ribelli, dicono non si calmeranno sino a che non gli facciamo vedere JT”
Pike sorrise per un attimo. Un piccolo esercito fedele al suo generale.
“James è già sulla Constellation?”
“Sì lo abbiamo trasferito stanotte… è ancora molto grave... forse non è il caso che lo vedano così”
“Trasferisca anche gli altri ragazzi sulla nave ospedale. E magari può vederlo solo questo Kevin, così rassicura gli altri” propose Pike.
Il medico annuì prima di chiudere la comunicazione.
 
Non ci era voluto molto a rintracciare Winona Kirk, visto che era ingegnere su una delle più grandi navi cargo terresti, la Virtus.
“Per prima cosa, Winona, sono molto dispiaciuto per la tua perdita” disse Pike quando  l’immagine della donna comparve sullo schermo.
Non era invecchiata bene. Una ragnatela di rughe contornava il viso una volta bello e luminoso della donna.
Winona lo guardò attraverso lo schermo con aria neutra, come se la perdita della sorella e di tutta la famiglia di lei, così come la notizia che il figlio  era in fin di vita non la toccasse più di tanto.
“Io e mia sorella non eravamo molto vicine” disse piano.
Pike ricacciò indietro ogni ulteriore opinione che stava per esprimere e cercò di restare calmo.
“Ti hanno detto delle condizioni di James?” chiese guardandola e cercando di non far trapelare lo sconcerto.
“Sì, ma il medico ha detto che ce la può fare, giusto?” rispose la donna, stessa espressione sul viso e stesso sguardo.
“E’ grave Winona, quando pensi di arrivare? Posso cercare di mandarti una navetta della flotta…”
La donna rimase in silenzio.
“Winona, James ha bisogno di sua madre, dopo quello che ha passato, quando si sveglia devi essere qui…”
Ancora nessuna risposta.
Lo stomaco di Pike protestò per l’ennesima volta, sconvolto dalla rabbia nei confronti della donna e dalla pietà nei confronti di quel ragazzino che stava lottando per la sua vita.
“Io… non ce la faccio Chris…” balbettò alla fine la donna.
“Cosa significa non ce la fai??? E’ tuo figlio maledizione!!! E forse non ce la farà a sopravvivere all’inferno che ha attraversato. Ti hanno detto dove e come l’abbiamo trovato???”
Winona si limitò ad annuire.
“So di essere una donna ed una madre terribile. Ma ho i miei limiti, e proprio non ce la faccio…”
“E cosa dovremmo fare? Cosa dovrebbe fare James? Ti rendi conto che…”
“E’ un bambino intelligente e bello. Troverà una nuova famiglia”
Pike rimase a bocca aperta per il disgusto e l’orrore.
“Non tutte le donne sanno fare le madri, Chris. Ogni volta che io guardo Jimmy ,io vedo George. E’ uguale  a lui, si muove come lui, ha i suoi  stessi identici occhi, parla come lui. E ogni volta che lo guardo io penso che George è morto mentre lui è… vivo” sussurrò poi la donna.
“Stai incolpando tuo figlio per essere  VIVO? Sei una pazza!!! Sai una cosa? Tu non lo meriti” urlò Pike.
Winona continuò a guardarlo senza espressione.
“Fammi sapere se devo firmare  qualcosa per l’adozione” disse alla fine chiudendo la comunicazione.
Pike quella notte pianse per la rabbia.

Star Trek non mi appartiene.
Bene... ora sappiamo  che anche Hoshi aveva i suoi segreti... e che la Flotta non è del tutto l'organizzazione idealistica ed utopica che appare all'esterno.
 Ma Jim in fondo lo sapeva già..
Grazie a tutti... in particolare alla mia beta, a Marcellina e a Cladda che non  fanno mancare la loro presenza. Grazie davvero.

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Capitolo 19
*** Nemici ed alleati ***


CAPITOLO 19
Nemici ed alleati
 
Nave Cargo DG667WC Phoenix
Data Stellare  2261.5.28
 
Quasi quattro giorni dalla partenza da Cerberus ed il loro viaggio per Tarsus era al termine.
McCoy sentiva una sorta di eccitazione mista a preoccupazione e paura.
Erano passati più di sei giorni da quando aveva visto l’ultima volta Jim, fatta eccezione ovviamente per le immagini delle telecamere dello spazioporto.
Da quando lo conosceva non era mai stato tanto tempo senza avere notizie da lui, e non sapere cosa era accaduto al suo migliore amico aveva condotto la sopportazione del medico ai limiti; ormai urlava contro Spock per  la minima cosa e anche il personale della Phoenix preferiva stargli alla larga.
Mentre preparava i suoi kit medici (perché non si poteva mai sapere cosa poteva servire per curare quel moccioso incosciente, sconsiderato, stupido e tutti gli altri insulti che gli venivano in mente) Scotty entrò di corsa nella piccola e molto poco pulita cabina in cui avevano dormito per quattro notti.
“Dottore… abbiamo l’Enterprise in comunicazione. Il suo assistente vuole parlarle… Kevin Riley si è svegliato” disse l’ingegnere con fare eccitato.
”Oh… almeno una buona notizia” sbottò McCoy, mentre  seguiva lo scozzese verso il centro di comunicazione della nave.
Quando arrivò, Spock era già impegnato a parlare con Sulu.
“Mi scuso tenente per i problemi che sta avendo con il  comando di Flotta”  il vulcaniano stava seduto con la schiena diritta e la solita aria neutra.
“Sono in grado di tenerli a bada, signor Spock, ho avuto un buon maestro” sorrise Sulu alludendo con evidenza a Kirk.
“Tenga nascosta il più possibile la nostra assenza”
“Certo… confido che ci riportiate il capitano sano e salvo” disse  dopo qualche secondo di silenzio l’asiatico, passando la comunicazione a  M’Benga, l’assistente di McCoy.
Il medico prese il posto di Spock e scambiò varie opinioni e ordini per il  trattamento di Riley.
“Signore… il tenente Riley vorrebbe parlare con urgenza con il comandante Spock” concluse il medico.
Pochi minuti dopo apparve sullo schermo il volto sofferente e pallido di Riley.
“Tenente, vederla sveglio è davvero soddisfacente. Come si sente?” lo salutò Spock.
“Meglio… signor Spock…  il dottor  M’Benga mi ha raccontato… comandante dovete trovare Jim… subito…” ansimò Kevin.
“E’ questa la nostra intenzione” concluse Spock senza mostrare emozione.
“Comandante Spock lei non sa… Kodos era assolutamente ossessionato da Jim. Ne voleva fare il suo erede, lo voleva forgiare a sua immagine, sono convinto che per mesi ci hanno dato la caccia al solo scopo di riprendere lui… se Kodos lo ha portato su Tarsus… io non so cosa vuole fare… ma JT non può tornare là…”
Il cuore di McCoy divenne di ghiaccio mentre Riley continuava il suo racconto dei mesi passati su Tarsus.
“Inizialmente quando ho visto Karidian non l’ho riconosciuto subito. E’ stata Hoshi Sato ad avere i primi sospetti e me ne ha parlato, ma non ne era sicura neppure lei, perciò non l’aveva detto a Jim. Sono  stato sicuro che fosse realmente Kodos solo alla cerimonia, quando l’ho sentito parlare con i giornalisti. L’intonazione e gli occhi… Ho  avvisato Tom Leighton, ma poi mi sono sentito male”
La voce, già affannata di Kevin si ruppe in un singhiozzo.
“Penso che lei sia troppo affaticato per continuare la conversazione. Faremo tutto quanto in nostro potere per riportare il capitano sano e salvo. Di questo deve essere certo” la voce di Spock era straordinariamente comprensiva.
“Merda” imprecò McCoy quando la comunicazione fu chiusa.
“La sua propensione alle imprecazioni non è di alcun aiuto dottore” rispose Spock guardando torvo il medico.
“E’ di aiuto a me. Dannazione” concluse McCoy.  
 
“Stiamo per entrare nell’orbita di Tarsus” informò Fix, quando Spock, McCoy e Scott entrarono sul ponte di comando della Phoenix.
“Teniamoci a distanza di rilevamento. Vedo diverse forme di vita sul pianeta. Almeno cinquanta, tutte concentrate nella zona della vecchia città” ordinò Cy mentre guardava nel suo visore.
“Purtroppo non abbiamo il teletrasporto. L’unico modo per scendere è usare la navetta. Dove vuole che atterriamo?” chiese poi a Spock.
“Ad almeno dieci miglia. Così avvicinandoci possiamo studiare la situazione” rispose il vulcaniano.
McCoy sospirò al pensiero della lunga camminata che lo aspettava
“Bene. Vado a prepararmi” concluse Cy alzandosi dalla sua sedia di comandante.
Spock lo guardò con qualcosa che somigliava a sorpresa.
“Non è necessario che lei ci accompagni sul pianeta, l’accordo prevedeva solo il trasporto”
“Io vengo giù a riprendere il ragazzo. Questo è poco, ma sicuro” rispose Cy guardando calmo Spock.
“Vengo anche io” annunciò Fix l’andoriano con aria sicura.
Spock sospirò, unico segno del suo disagio che con evidenza provava ad avere sul pianeta gente non addestrata.
“Non si preoccupi Spock, gli ordini li dà lei. Ma credo che qualche mano in più può far comodo” lo rassicurò Cy.
Stava per lasciare il ponte quando  il cardassiano rimasto lo richiamò.
“Abbiamo un problema, Cy. E’ appena comparso uno sparviero Klingon”
 
 
 
TARSUS VI
Data stellare 2261.5.28
 
Il Klingon si guardò intorno con aria disgustata.
Aspettò che la squadra  che  lo accompagnava   finisse di materializzarsi sul prato davanti a quello che era stato il palazzo presidenziale di Tarsus IV e poi andò incontro agli umani che li stavano aspettando poco distante.
“Kor… è un piacere vederti” disse mellifluo l’umano  a nome Kodos.
“Umano, non sono qui per una gita di piacere. Hai quello che mi hai promesso?” rispose il Klingon con aria truce.
“Quanta fretta, la fretta non è un buon presupposto per una proficua alleanza”
“Ti ripeto la domanda, umano:  hai quello che hai detto di avere? Altrimenti non ci sarà nessuna alleanza e prenderò la tua vita per avermi fatto arrivare sin qui senza ragione”.
“Non sei arrivato qui senza ragione, seguimi dentro” rispose senza paura Kodos.
 
“Tu hai rapito James Kirk, il capitano dell’Enterprise e dici che otterrai i codici dai lui?”
Kor rideva sguaiatamente, ma il suo sguardo era feroce.
“E cosa ti fa pensare che la Flotta non verrà qui a distruggere questo misero e desolato pianeta, con te sopra, per riprendersi il suo leggendario capitano bambino, il suo ‘ragazzo d’oro’?”
“La Flotta non verrà mai a Tarsus e soprattutto non si metterà mai contro di me, neppure per riprendersi Jim Kirk” sibilò l’ex governatore.
“Se anche fosse  cosa ti fa credere che James Kirk  sia disposto a rilevarti i codici di accesso ai sistemi di difesa? E’ un tipo duro,  e certo non te li dirà per amicizia”
“Può essere necessario un po’ più di tempo rispetto a quanto avevo preventivato, ma me li dirà”
Kor rise di gusto di nuovo.
“Ho una proposta alternativa. Dammi lui... dammi Kirk. La sua cattura farebbe di me un grande eroe su Kronos. L’impero Klingon ha più di un conto in sospeso con quel bastardello”
Kodos lo guardò con aria di sfida.
“Non ho mai detto che Jim Kirk facesse parte dello scambio. Lui non è in vendita e tu non hai nulla che potrebbe indurmi a pensarla diversamente. Il nostro accordo prevede che io ti dia i codici e che tu con la tua pattuglia distrugga il loro sistema di difesa, così da permettere ai Klingon di distruggere la Flotta. Come vedi sarai comunque un grande eroe”
Kor ora non rideva più, ma guardava Kodos serio.
“Quel che rimane della Federazione e dei suoi pianeti sarà mio” concluse l’umano.
“Sai umano, c’è chi nell’Impero inizia a parlare di una possibile tregua con la Federazione” scandì piano.
“E’ per questo che mi sono rivolto a te. Tu capisci come me che il germe della debolezza si sta insinuando dovunque,  sta minando le basi stesse della esistenza e dei veri principi. Tu sai come me che in questo universo non c’è posto per i deboli…”
La voce di Kodos era farneticante.
Kor riprese a ridere con voce roca.
“Allora dammi questi codici…”
“Ti ho detto che li avrai, ci vorrà solo un po’ più di tempo”
Kor si alzò e si avvicinò a Kodos con passo deciso.
“Umano… non ho tempo da perdere. Hai ventiquattro ore, non di più” disse.
Poi si smaterializzò con gli altri della sua squadra.
 
“Cosa facciamo ora?” chiese Tom Leighton, uscendo dall’angolino dove era rimasto nascosto tutto il tempo.
“So come convincere James a dirci quello che voglio” sorrise Kodos.
“Bene, vado a prendere la ragazza” propose Tom.
“Aspetta… tutto a suo tempo, lasciamo James a ricordare quello che gli è successo qui per un altro po’. Sarà molto più ragionevole dopo”
 
 
NAVE OSPEDALE CONSTELLATION
Data Stellare 2248.7.30
 
Chris Pike si materializzò sulla piattaforma della Constellation con il cuore ancora pesante e scosso dalla conversazione con la madre di James.
Paradossalmente era un bene che il ragazzo fosse ancora in coma, altrimenti non avrebbe proprio saputo come dire a quel bambino martoriato che sua madre lo aveva rifiutato, chiedendo espressamente che fosse dato in adozione.
Più volte nel corso della notte si era chiesto cosa fare e più volte la soluzione gli si era delineata in mente. George era stato il suo migliore amico e lui avrebbe fatto in modo che quel figlio, per cui aveva dato la sua stessa vita, avesse una famiglia normale.
Si disse che se il ragazzo ce la faceva a sopravvivere poteva parlare con sua sorella, già madre di due figli poco più piccoli di James, o al limite poteva adottarlo lui, anche se poi sarebbe stato costretto a metterlo in un collegio. Ma avrebbe comunque avuto un padre. Tutto era meglio che consegnare quel povero bambino ad estranei che non sapevano cosa aveva passato o peggio ancora  ad uno dei tanti anonimi ricoveri per l’infanzia.
“Comandante Pike” lo salutò il dottor Puri quando arrivò alla grande infermeria.
La Constellation era una nave ospedale, attrezzata  con i migliori reparti chirurgici e diagnostici ed era stata dirottata nell’orbita di Tarsus per assistere i coloni feriti.
“Come sta?” chiese subito Pike.
“Stazionario, il che  è già una buona notizia” rispose contrito il medico.
“E gli altri ragazzi?”
“Bene, ma Tom Leighton purtroppo ha perso un occhio. A questo possiamo rimediare con una protesi di ultima generazione, ma per le cicatrici… quelle purtroppo rimarranno, siamo arrivati troppo tardi per usare il rigeneratore dermico”
Pike sospirò triste.
“Ho consentito a Kevin di vedere James, ma gli altri sono ancora molto inquieti e preoccupati. Rifiutano di essere separati. Abbiano rintracciato le zie di Kevin e Tom e i nonni di Mark, Julia e Claire. Li aspettano alla Base Stellare 10.  Di T’Por si occuperà il Consiglio degli anziani su Vulcan, mentre per i gemelli… beh non siamo riusciti a rintracciare parenti in vita, ma sono così adorabili che già tre membri dell’equipaggio si sono offerti di  adottarli”
Pike si limitò ad annuire.
“Sarà difficile per  i bambini separarsi… sono stati una specie di famiglia per mesi… con James che fungeva da padre a quanto ho capito” continuò Puri.
Mentre  guidava Pike verso la stanza di JT, Puri continuava a parlare.
“I bambini fanno racconti incredibili di questi mesi, non so proprio come abbiano fatto ad andare avanti. Hanno tutti una sorta di adorazione per James, che loro chiamano JT. Lo considerano il loro eroe”
Pike pensò  a quanto coraggio aveva avuto un ragazzino di tredici anni per vivere in quell’inferno e  proteggere altri  bambini.
“Ha rintracciato la madre di James?” chiese Puri fermandosi subito prima di entrare nel reparto di terapia intensiva.
“Purtroppo sì”  rispose Pike entrando.
 
Con sua somma sorpresa James non era solo.
Accanto al letto del ragazzo, ancora circondato da tubi e macchine che lanciavano segnali monotoni, c’era una donna dai lunghi capelli argentati.
Stava cantando una specie di ninna nanna, in una strana lingua che Pike individuò come oroniano.
La donna di voltò sentendo entrare qualcuno, senza lasciare la mano del bambino che teneva fra le sue.
“Comandante Pike” lo salutò.
“Professoressa Sato” esclamò Chris dopo averla riconosciuta.
 
“Ha rintracciato la madre di James?” chiese subito l’anziana donna con sguardo preoccupato.
Pike si limitò ad annuire.
“Non verrà vero?” chiese piano la professoressa.
“No… e ha chiesto espressamente che sia dato in adozione” rispose  amaro Chris.
Hoshi Sato si rannicchiò in se stessa.
“Non mi meraviglia”
“Ci sarebbe ancora Samuel… ma penso sia ancora troppo giovane per prendersi cura del fratellino” continuò Pike.
“Ha diciannove anni. Ma non lo troverete. James non ha sue notizie da quasi tre anni, da quando è scappato dalla casa del patrigno lasciandolo lì. Non vuole essere trovato”
All’improvviso i monitor che circondavano il ragazzino iniziarono a lampeggiare mandare rumori striduli.
Hoshi lasciò andare la mano di James appena i medici entrarono nella stanza e si alzò per fare spazio.
“Tutto bene, non vi preoccupate, abbiamo solo aumentato la dose degli analgesici” li rincuorò dopo poco il dottor Puri vedendo i loro sguardi smarriti.
“Ce la farà, vero?” chiese Hoshi per l’ennesima volta.
“Io ho buone speranze, mai visto un ragazzino con questa forza, è un vero combattente”
Quando i medici uscirono, Hoshi riprese il suo posto.
“Non deve preoccuparsi Comandante Pike, in mancanza di parenti prossimi ho chiesto io l’affido di James. Appena starà meglio verrà a stare con me sulla Terra. Ormai sono vecchia ed in età da pensione, potrò occuparmi tranquillamente di lui”.
Pike stava per protestare.
L’idea che un ragazzino, così vivace, ma con presumibili problemi psicologici conseguenti a quello che aveva vissuto andasse a vivere con una donna così anziana non gli faceva piacere. E poi James era il figlio di George, il suo amico George, colui che aveva sacrificato la sua vita per salvare tutto l’equipaggio della Kelvin, Pike compreso. Sentiva di dovergli qualcosa, di dover qualcosa a questo bambino.
Come se Hoshi gli avesse letto il pensiero lo anticipò.
“Comandante Pike, capisco che anche lei vorrebbe prendersi cura di James. Ma i suoi files sono già stati segretati e sotto questa storia c’è molto più di quanto lei possa immaginare. Io sono l’unica che può ottenere l’affidamento di James e crescerlo come merita. Il rischio è che la Flotta decida di relegarlo su qualche pianeta sperduto, in una casa famiglia”
Pike stava per fare  ulteriori domande, ma lo sguardo severo della Sato lo bloccò.
 
Tre giorni dopo JT, sempre accompagnato da Hoshi fu trasportato con una navetta ospedale alla Base Stellare 10.
Pike non lo rivide  per molti anni. Aveva chiesto notizie del ragazzo, ma la stessa Hoshi si limitò a qualche notizia sporadica sul suo buono stato di salute e sul fatto che abitavano in Arizona.
 
Quando Christopher Pike rivide JT lui non era più JT di Tarsus.
Era Jim Kirk, un arrogante presuntuoso ragazzo di campagna di ventidue anni, con un quoziente intellettivo da genio, che stava buttando la sua vita fra risse nei bar e lavoretti sottopagati.
“Ti sfido a fare meglio di tuo padre” gli aveva detto mentre lo raccoglieva sanguinante dal pavimento del bar dove aveva appena fomentato una rissa con i cadetti che aspettavano di partire per l’Accademia.
“Ti sfido a fare meglio di tuo padre” gli aveva detto perché sapeva che quel ragazzotto che lo guardava beffardo con il naso rotto e sanguinante era nel suo intimo ancora JT, il JT di Tarsus,  e quindi  la sfida era l’unico modo per costringerlo a venire fuori dall’inferno in cui si era relegato.   
Nei successivi  quattro anni quel ragazzo era stato il suo tormento ed il suo orgoglio, quanto di più vicino ad un figlio avesse mai avuto.
Era stato il cadetto più  brillante del suo corso e quello con più note disciplinari.
Aveva salvato Pike dai Romulani ed era  diventato il più giovane capitano nella storia della Flotta.
Pike lo aveva difeso contro l’Ammiragliato che non lo voleva all’Accademia e poi non lo voleva sull’Enterprise, nonostante solo grazie a lui la Terra era ancora un pianeta e non un buco nero come Vulcano.
Era stato enormemente orgoglioso quando  gli avevano appuntato le strisce da capitano sull’uniforme.
L’aveva rimproverato aspramente ed una volta anche preso a pugni quando era  stato infantile, sconsiderato ed arrogante.
Non gli aveva mai detto che era stato lui a tirarlo fuori, quasi morente, da quella cantina; non gli aveva mai confidato i suoi dubbi sulla morte di Kodos.
Non gli aveva mai parlato di Tarsus.
Ma negli ultimi istanti della sua vita, mentre giaceva agonizzante nella sala del Quartier Generale della Flotta, semidistrutta da Khan, l’ultimo pensiero che Christopher Pike lasciò a Spock che gli leggeva la mente fu per JT.
Non per James Tiberius Kirk, l’eroe della Federazione, non per Jim Kirk, colui che ormai considerava un figlio, ma per JT,  il bambino dagli occhi azzurri che aveva incontrato su Tarsus.
 
 
Star Trek non mi appartiene.
Con questo capitolo Pike ci lascia  rientra scena Hoshi… Jim la amerà come una madre per un certo periodo di tempo, ma poi…
Recensioni benvenute, mi fa davvero piacere sapere cosa pensate della storia.

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Capitolo 20
*** Possibilità ***


Capitolo 20
Possibilità
 
TARSUS IV
Navetta trasporto della Phoenix.
Data Stellare 2261.5.29
 
“Sicuri che i Klingon non ci scopriranno?” chiese McCoy con aria incerta.
Se odiava qualcosa più del teletrasporto era andare in giro  con le navette.
L’entrata nell’atmosfera del pianeta provocò un brusco scossone che fece impallidire ancor più il medico.
Ci fosse stato Jim avrebbe iniziato a prenderlo in giro sino all’atterraggio, elencando anche le più remote possibilità di guasti meccanici dalle conseguenze disastrose.
Ma di fronte a lui c’era invece Spock che rimase impassibile.
“Siamo fuori dei loro sistemi di rilevazione. Per questo atterreremo un po’ più lontano del previsto” rispose con voce atona  il vulcaniano.
Un po’ più distante erano alcune decine di miglia.
Il che significava un lungo cammino e soprattutto tempo. Tempo che forse Jim non aveva.
“Cosa facciamo quando arriviamo? Oltre ai Klingon ci saranno almeno cinquanta persone con Kodos”
Cy rise istericamente, mettendo in mostra la dentiera dorata.
“Suvvia McCoy, i Klingon alla fin fine non sono altro che cagnolini un po’ arrabbiati… giusto Fix?”
I due erano seduti accanto a Spock e l’andoriano sorrise  compiaciuto
“Signor Gentry la sua sottovalutazione delle capacità dei Klingon può essere pericolosa” scandì Spock guardandolo freddo.
“Senti vulcaniano a me invece la cosa pare semplice. Arriviamo, troviamo il moccioso e lo portiamo a casa. E togliamo di mezzo chiunque si metta sulla nostra strada”
Il tono di Cy era leggero, ma McCoy vi colse anche un certo grado di ferocia e determinazione.
“Credo che l’operazione  di recupero del capitano abbia bisogno  di una programmazione più accurata di ‘lo troviamo e lo portiamo a casa’ ” La voce di Spock era dura e tagliente e rifletteva il suo disappunto nell’aver dovuto accettare per forza di cose l’aiuto dei due mercenari.
“Come le ho detto  non ho intenzione di mettere in discussione il suo comando signor Spock. Quindi lascio le decisioni operative a lei, ma di una cosa deve essere sicuro. Nessun Klingon potrà impedire a me o a Fix di togliere il ragazzo dalle mani di quel folle” L’andoriano accanto a lui annuì di nuovo.
McCoy rimase in silenzio. Non poteva fare a meno di chiedersi come Jim Kirk, che non aveva mai avuto un vero padre o una vera famiglia, potesse suscitare sentimenti così ferocemente protettivi nelle persone più adulte che incontrava.  Era successo a lui e quanto pare era successo anche anni prima con Cy ed il suo equipaggio.
Ma in fondo la risposta la conosceva già.
Se Jim aveva un disperato bisogno di proteggere gli altri, chiunque lo conosceva e lo amava provava lo stesso desiderio nei suoi confronti, anche se il ragazzo sembrava non capirlo.
“Signori preparatevi all’atterraggio” annunciò Scotty che era alla guida della navetta.
 
 
TARSUS IV
Ex palazzo presidenziale
Data Stellare 2261.5.29
 
Il buio.
Se c’era qualcosa che poteva evocare terrore in Jim era il buio.
Il buio ed il silenzio.
James Tiberius Kirk non aveva praticamente paura di nulla.
Lo sapevano tutti.
Non aveva paura dei Romulani o dei Klingon, non aveva paura di rimanere ferito in azione e non aveva paura del dolore per quanto forte potesse essere.
E non aveva neppure paura di morire, tanto lo aveva già fatto una volta.
McCoy continuava a ripetere che Jim aveva l’istinto di autoconservazione di una formica e che questo sarebbe stata certamente la causa della morte prematura del medico, probabilmente a causa di un attacco di cuore fulminante.
Quello che Bones non sapeva era che Jim Kirk aveva paura di qualcosa ed erano il buio ed il silenzio.
Di notte sulla sua nave c’era il ronzio dei motori a cullarlo.
Quando era sulla Terra si addormentava sempre con l’olovid accesa.
Odiava il silenzio perciò non stava mai zitto, parlando o ridendo, anche piangendo. Ogni cosa era buona per riempire il silenzio.
Sin dall’antichità una delle forme di tortura più terribili, anche se non comportava spargimento di sangue era la deprivazione sensoriale.
Induce le persone alla follia e Jim lo sapeva bene.
Aveva realmente quasi perso la sua mente in quella stessa situazione, in quello stesso posto, molti anni prima.
Poi aveva preso quei ricordi e li aveva chiusi a chiave, nel cassetto più nascosto della sua mente; solo così era riuscito a sopravvivere.
Ma ora Kodos aveva riaperto quel cassetto e i ricordi fuoriusciti minacciavano di ucciderlo, prima ancora che lo facesse quel folle omicida.
“Smettila Jim non hai più tredici anni” si costrinse a pensare.
Cercando di non urlare per il terrore provò a forzare i legacci che lo tenevano immobile su quella sedia.
“Non hai più tredici anni… non hai più tredici anni…“ continuò a ripetersi mentre cercava di uscire dall’incubo.
 


BASE STELLARE 10
Data Stellare 2247.8.20
 
“James, devi mangiare altrimenti  saremo costretti ad metterti un tubicino che dal naso va direttamente nello stomaco per alimentarti artificialmente”
Il medico della Base Stellare aveva una voce dura con lo scopo evidente di spaventare così il ragazzo, ma ci voleva ben altro per spaventare James Tiberius Kirk.
Il ragazzino ne aveva passate troppe nella sua vita per farsi spaventare da un medico.
Non aveva fame, odiava i medici e non aveva intenzione di mangiare fino che non gli facevano vedere gli altri ragazzi.
Il medico sospirò frustato di fronte al mutismo del ragazzo ed uscì dalla stanza.
Hoshi stava seduta in silenzio, guardando James.
Era rimasta in quella posizione per  giorni, a volte leggendo ad alta voce un libro in spagnolo o Klingon, allontanandosi solo per andare a dormire.
“James… perché ti rifiuti di mangiare?” chiese con voce bassa.
“Le ho già detto che non voglio essere chiamato James” sibilò lui con aria ostile.
Non aveva chiesto nulla ad Hoshi. Né perché la Flotta  ci aveva messo tanto tempo ad arrivare, né perché continuava a stare lì con lui.
Non gli importava di nulla, solo di vedere gli altri ragazzi, ma nessuno voleva assecondarlo e lui era ancora troppo debole per scendere dal letto ed andare a cercarli.
“Va bene… allora vuoi essere chiamato JT?”
“NO!!!” urlò il bambino. Nessuno aveva il diritto di chiamarlo JT, solo i suoi ragazzi. Nessun altro aveva quel diritto neppure Hoshi, e tanto meno quelli della Flotta.
“Va bene Jim allora?” chiese Hoshi con pazienza, senza mostrare il minimo segno di fastidio per il comportamento aggressivo del ragazzino.
Jim rimase immobile appoggiato ai cuscini.
“Prenderò il tuo silenzio per un sì”  Hoshi cercava di alleggerire la tensione, ma da quando si era svegliato ed il ragazzino aveva riacquistato un po’ la lucidità era stata una lotta continua con Jim.
Non  voleva mangiare, non voleva lavarsi, non voleva le medicine e quando dovevano somministragli una hypospray ci volevano almeno due persone per tenerlo fermo, anche se  era ancora debole come un gattino.
“Voglio vedere gli altri” sibilò il ragazzino guardando l’anziana donna con sguardo duro.
“Jam… Jim  i medici ti hanno già detto che non puoi ancora ricevere visite, sei in una stanza sterile e fino a che la febbre non scende non possiamo correre rischi”
“Lei sta sempre qui” ribatté il ragazzo inviperito.
Hoshi all’improvviso si sentì davvero un’estranea. Ed in fondo  sentiva che era giusto. Jim aveva vissuto per mesi con gli altri ragazzi, ne aveva passate di tutti i colori ed ora era qui bloccato con  quella che era stata la sua insegnante,  che riteneva almeno in parte responsabile delle loro sofferenze.
“Ogni volta che entro in questa stanza devo seguire uno specifico programma di sterilizzazione” giustificò Hoshi.
Jim la guardò ancora con aria ostile.
Hoshi sospirò.
“Facciamo così… se mangi a pranzo e cena,  vedrò di convincere i medici  a farti vedere Kevin. Ma solo lui”
Il ragazzino la guardò freddo. Quanto lo avevano cambiato quei mesi  trascorsi a scappare dalla milizia e a proteggere gli altri? Non c’era più traccia del bambino  educato che aveva conosciuto su Tarsus.
“Non mi piacciono i ricatti” scandì Jim.
“E a me non piacciono i capricci” rispose Hoshi avvicinando il vassoio al letto.
Jim non disse nulla, ma prese con la mano tremante il cucchiaio ed iniziò a mangiare  la zuppa che aveva davanti a sé.
 
Kevin e Jim parlavano fitto e Hoshi stava a guardarli dalla porta scorrevole della stanza sterile.
Aveva preferito lasciare  ai due ragazzi un po’ di privacy, anche perché in sua presenza Jim non aveva spiccicato una parola.
“Professoressa” salutò l’uomo alle sue spalle.
Dal riflesso sul vetro Hoshi capì subito chi era.
“Commodoro Barnett” salutò mentre si voltava.
Il comandante della Base non le stava simpatico e non le piaceva vederlo vicino a Jim.
“Come sta il ragazzo?” chiese l’uomo sulla cinquantina, scrutando all’interno della stanza e rabbuiandosi all’istante.
“Meglio, ma è molto irrequieto e depresso, per questo abbiamo pensato che la visita di Kevin potesse aiutarlo” giustificò subito la donna.
“Mi pareva di aver messo bene in chiaro che i bambini non devono incontrarsi più. I loro files stanno per essere segretati al massimo livello. Per il loro bene è meglio che nessuno sappia che erano su Tarsus”
La voce dell’ufficiale era tagliente come una lama.
“Ma non è giusto… quei bambini ne hanno passate tante e separarli…”
“Professoressa Sato lei ed io sappiamo bene che sotto questa storia c’è molto di più di quanto possano o debbano scoprire i media. Se la storia viene fuori non riusciremo più a controllarla e sarebbe pericoloso per i  ragazzi. Soprattutto per Jim Kirk. Stiamo parlando del figlio di George Kirk, avrebbe tutti i media concentrati su di lui. Davvero vuole che tutti sappiano  che sua madre non vuole sapere più nulla di lui? Vuole che tutti scoprano la sua infanzia, gli abusi del patrigno e quello che è successo su Tarsus?”
Hoshi rimase in silenzio.
Sapeva che Barnett  voleva solo mettere a tacere tutto, che non aveva certo a cuore né la sorte di Jim né quella degli altri bambini.
Ma sapeva anche che se la storia veniva fuori tutti avrebbero visto in Jim solo il ragazzino abusato, abbandonato dalla madre e con tutti i problemi comportamentali derivanti dall’aver assistito ad un massacro.
E certo un domani la Flotta non avrebbe ammesso all’Accademia nessuno con quel profilo psicologico.
Era già stata una vittoria ottenere che Jim le fosse affidato e non dimenticato in una casa famiglia su di un pianeta lontanissimo, ma sapeva che stava camminando sul filo del rasoio.
“Del resto le navette per portare i bambini sulla Terra dai parenti arriveranno presto. Sa che abbiamo già trovato  una nuova famiglia per i gemellini? Staranno tutti bene e dimenticheranno presto quello che è successo su quel maledetto pianeta” 
Hoshi non disse nulla, sentendosi completamente impotente.
Appena Barnett si fu allontanato rientrò nella stanza.
I due ragazzini che fino ad allora avevano parlato fitto, la videro e tacquero all’istante.
“Penso che sia meglio che  ora vi salutiate ragazzi” disse Hoshi con aria dolce, non volendo rischiare che Barnett tornasse sui suoi passi e trovasse ancora i ragazzi insieme.
Kevin sorrise e strinse il braccio di Jim.
“Ci vediamo presto JT. Dirò a tutti che li saluti, e non ti preoccupare, noi stiamo bene…” disse calmo prima di avviarsi verso l’uscita.
Jim restò a guardarlo mentre usciva dalla stanza.
Dopo molti minuti di silenzio il ragazzino si voltò verso Hoshi.
Le lacrime gli rigavano il volto.
“Non li vedrò più vero?” chiese con voce debolissima.
Hoshi sentì il cuore stringersi, ma non voleva mentirgli.
“Stanno arrivando i parenti per portarli a vivere con loro… anche i gemellini hanno trovato una bellissima famiglia…” 
“Ma io non li rivedrò più… si dimenticheranno di me…”
Hoshi si alzò e gli prese la mano; per la prima volta il ragazzino non si tirò indietro.
“Non potranno mai dimenticarsi di te, tu li hai salvati” disse con voce sicura, ma Jim rimase immobile, a fissare il soffitto.
“Ed io? Cosa ne sarà di me?” chiese alla fine il ragazzino con la voce rotta dal pianto.
Mai una volta da quando si era svegliato Jim aveva chiesto della madre o del fratello.
“Se vorrai concedermi  una possibilità io sarei davvero felice di prendermi cura di te… ho una casa molto grande in Arizona. So che ti piacciono i cavalli, se vuoi possiamo prenderne un paio. E potrei insegnarti per bene il vulcaniano se ancora vuoi…”
Hoshi si sentiva stranamente insicura ed emozionata. Sino ad ora non aveva neppure ipotizzato la possibilità che Jim si rifiutasse di andare a vivere con lei.
Ma il ragazzino restava silenzioso.
“Vuoi darmi questa possibilità? O preferisci pensarci un po’ di tempo…”
Jim la guardò fisso e quello sguardò così perso, doloroso e disperato le attraversò l’animo .
“Per me va bene” disse il ragazzino alla fine quasi bisbigliando.
Hoshi sorrise, improvvisamente sollevata.
“Sono vecchia e non ho molta esperienza come madre, ma farò del mio meglio per farti felice. E questa volta manterrò la mia promessa, Jim, credimi”
 

Star Trek non mi appartiene.
Grazie sempre a chi arriva sino in fondo e continua a leggere e/o recensire.

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Capitolo 21
*** Corri! ***


CAPITOLO 21
 
CORRI!
 
TARSUS IV
Ex Palazzo Presidenziale
Data Stellare 2261.5.29
 
Claire si asciugò le lacrime con la manica del vestito da sera che ancora indossava.
Era ormai strappato in più punti e lercio dopo tanti giorni e per un attimo pensò con dispiacere a quanto le era costato. Era un modello vintage della maison Dior e l’aveva scovato in un piccolo negozio a San Francisco, lieta di poterselo permettere con i guadagni del suo ultimo concerto.
La sua non era stata una vita sempre facile dopo Tarsus.
Era cresciuta con i nonni che avevano cercato di strapparle dalla mente le immagini di quel periodo; ma nonostante i vari terapisti  da cui l’avevano spedita e la tenera età Claire aveva continuato a ricordare tutto:  la morte dei suoi genitori in quella piazza, lei che riusciva a scappare non vista, i giorni passati nel sottoscala della casa ormai abbandonata. E poi JT che le porgeva la mano e correva con lei nel bosco, gli altri ragazzi, la paura, la fame, la fughe dalla milizia con JT sempre pronto a proteggerli.
Aveva sofferto per anni e per anni aveva chiesto di rivedere JT, scontrandosi sempre contro un muro di gomma.
Solo la musica le dava sollievo e si era rifugiata completamente in essa, studiando e studiando, presentandosi ad infiniti  provini con mille porte sbattute in faccia sino a che non aveva trovato chi le facesse registrare il primo olodisco.
Erano passati molti anni dai fatti di Tarsus  quando aveva rivisto il volto di JT, ora James Tiberius Kirk, il valoroso capitano dell’Enterprise, il più giovane capitano della Flotta, l’eroe della Federazione comparire praticamente in ogni edizione del giornale video, ma non aveva più avuto il coraggio di cercare di mettersi in contatto con lui.
Trovarsi di nuovo su Tarsus dopo tanti anni proprio con JT le procurava paura e nel tempo stesso sicurezza. Se c’era JT tutto poteva risolversi, anche la situazione più disperata.
 
La porta della piccola cella dove era rinchiusa si aprì di  botto, lasciando intravedere nella penombra la figura  di Tom.
“Vieni con me, ora vediamo quanto è coraggioso e leale il nostro JT” ridacchiò mentre la sollevava  per un braccio, spingendola nel corridoio.
Mentre veniva spinta in malo modo avanti Claire sentiva il cuore batterle a mille e le gambe tremare. Sapeva bene cosa volevano da lei, a cosa mirava Tom. Non si considerava una vigliacca, ma l’idea di essere strumento per ottenere quello che volevano da JT le faceva paura anche più del dolore fisico.
E poi provava rabbia, una rabbia infinita.
“Sei uno schifoso traditore, un bastardo,  JT avrebbe fatto bene a lasciarti in mano alla milizia” sibilò contro Tom che le stringeva il braccio sin quasi a spezzarlo.
“Sì certo insultami quanto vuoi. Quel che conta è che fra poco otterrò quello che voglio,  sarò finalmente ripagato di anni ed anni di sofferenze. JT ci darà quei codici…”
“Ti illudi, non lo farà mai” proclamò Claire.
Tom sorrise malefico.
“Lo farà, quando inizierai da urlare dal dolore lo farà, è un debole in fondo. Sai credo proprio che Kodos si sbaglia quando vede in lui il suo erede. JT non è forte, intelligente forse, ma non forte”
Mentre parlava Tom continuava a spingere Claire in malo modo.
“E tu? Tu ti credi forte? Sei solo un vigliacco, ti nascondi dietro quel folle sanguinario, non hai il coraggio di affrontare JT da solo…”
Tom si bloccò all’improvviso.
“Io mi ritengo un pragmatico, mia cara. Kodos otterrà quei codici da JT e insieme ai Klingon distruggerà  la Flotta. Ed io otterrò quello che voglio. Quando Kodos avrà in suo potere tutti i pianeti di quella che un tempo era la Federazione, sarò io a comandare realmente, ad avere il potere economico, che è quello che conta…”
“Tu sei pazzo almeno quanto Kodos… vuoi vendere il tuo pianeta, la tua razza ai Klingon?” Claire era sempre più terrorizzata e disgustata.
“La mia razza ed il mio pianeta non ha fatto nulla per salvarmi quando eravamo qui da bambini, ci hanno abbandonati. Non devo alcuna fedeltà…” rispose perfido Tom spingendo Claire con forza.
All’improvviso, quando erano quasi giunti alla fine del lungo corridoio, fu buio totale.
Claire non ebbe neppure il tempo di chiedersi cosa stava succedendo che sentì dei gemiti soffocati, seguiti da tonfi.
Improvvisamente la pressione sul suo braccio non c’era più.
Una mano prese la sua ed una voce familiare le parlò in un  orecchio.
“CORRI!”
 


Terra- Città di Arcosanti, Arizona
Data Stellare 2247.10.20
 
Hoshi guardò dalla finestra della cucina le luci rossastre del tramonto e sospirò di sollievo.
Era già la terza notte di seguito che Jim accettava di dormire in casa, senza utilizzare la piccola tenda che per necessità aveva montato nel giardino e l’anziana donna sperò che almeno quel problema si fosse avviato a soluzione.
Da quando erano arrivati sulla Terra, un mese prima, Jim aveva preteso di dormire all’aperto, e del tutto inutili erano state le sue proteste ed anche le imposizioni.
La prima notte che Hoshi aveva chiuso a chiave la porta d’ingresso e sbarrato le finestre per evitare di trovare  al mattino il ragazzo steso a dormire nell’erba del piccolo giardino che circondava la casa, Jim era stato colto da incubi così violenti che aveva dovuto chiamare un medico per sedarlo.
Così si era rassegnata a montare una tenda nel giardino dove il bambino potesse almeno trovare riparo e dove montare i dissuasori per gli animali selvatici che giravano nel vicino deserto.
Aveva lasciato che il tempo facesse il suo corso ed aveva avuto ragione.
Tre giorni prima Jim si era addormentato sul divano mentre guardavano un olovid e vi aveva dormito tutta la notte senza incubi.
Il giorno dopo si era  deciso per la prima volta ad utilizzare la sua nuova camera, anche se aveva dormito con le finestre aperte.
“Pazienza, non bisogna forzarlo” aveva avvisato la psicologa che lo aveva in cura, anche se Hoshi dubitava dell’efficacia della terapia.
Da  quando erano arrivati Jim veniva accompagnato dal personale della Flotta a giorni alterni presso una terapeuta specializzata in disturbi post traumatici, ma Hoshi sapeva  che il ragazzino era troppo intelligente. Sapeva esattamente cosa dire e cosa fare per far credere ai medici di  essere in fase di recupero, mentre in realtà il dolore e l’angoscia trapelava in ogni suo gesto. Ma solo chi lo conosceva bene poteva accorgersene. Quando era con estranei Jim indossava la maschera dello spavaldo e arrogante, ma Hoshi aveva imparato a cogliere ogni tremito di quella giovane voce.
“Domani possiamo andare a scegliere il cavallo” annunciò  l’anziana donna mentre portava la cena in tavola.
Gli occhi azzurri del ragazzo si illuminarono per un breve attimo, ma poi Jim si limitò ad annuire.
“Però solo se stasera mangi tutto quello che è nel tuo piatto e se inizi seriamente a pensare a quale scuola frequentare” continuò la donna con aria severa.
La scuola era un altro dei problemi da affrontare.
Gli occhi di Jim si rabbuiarono all’istante.
“Non ho bisogno di nessuna scuola. Tu sei un insegnante, posso studiare qui e poi dare gli esami a fine anno”.
Hoshi sospirò avvilita. Sempre la stessa risposta da un mese.
“Jim ti ho già detto che frequentare la scuola non significa solo studiare,  ma anche conoscere e stare in compagnia dei tuoi coetanei”
  “Non ho voglia di frequentare nessuno. E poi se devo stare in compagnia dei miei coetanei perché non mi lasci contattare o andare a trovare gli altri ragazzi di Tarsus?”
“Jim… ti ho già spiegato che è…” Hoshi cercò di restare calma, ma era difficile.
“Pericoloso. Sì me lo hai già detto. Non mi hai detto perché. Kodos è morto giusto?”
La voce di Jim era particolarmente tagliente e ogni volta che assumeva quel tono Hoshi provava un leggero senso di paura.
Non poteva dire la verità. Non poteva per il bene di quel bambino che aveva giurato di proteggere. Ma Jim era particolarmente intuitivo, a volte Hoshi aveva l’impressione che potesse leggere il pensiero della gente.
“Jim ti devi fidare di me. Non posso dirti altro”
“Certo mi devo fidare… allora anche tu ti devi fidare. Non andrò alla tua stupida  scuola e darò gli esami a fine anno da privatista” fece il ragazzino, lasciando cadere la forchetta nel piatto da cui non aveva preso neppure un boccone.
Hoshi rimase in silenzio mentre si alzava dal tavolo.
“Dove stai andando?” chiese mentre lo vedeva indossare  il giubbotto.
“A fare un giro” rispose il ragazzo con aria sicura.
“Ma è tardi…” provò ad opporsi la donna.
Jim si fermò e la guardò fisso.
“Sono stato in giro di notte per mesi, in posti molto più pericolosi di questo” sibilò mentre si avviava con passo sicuro all’uscita.
 
Tre ore dopo Hoshi era sull’orlo della disperazione.
Si era maledetta più volte per aver lasciato andare il ragazzino, ma lì per lì non era stata capace di fermarlo né di dirgli nulla, presa dal senso di colpa.
Forse effettivamente non era tagliata per fare la madre, non di un ragazzo come Jim, forse aveva troppe cose da nascondere per avere un rapporto sereno con lui, per fungere da guida.
Aveva dovuto minacciare e mentire per ottenerne l’affidamento ed ora non sapeva come comportarsi con lui, non sapeva dirigerlo  sulle giuste strade.
Aveva già il comunicatore in mano per chiamare qualcuno della Flotta che l’aiutasse a rintracciare il bambino quando sentì il campanello suonare.
“Cittadina Sato, questo bambino è affidato a lei?” chiese il poliziotto sull’uscio, senza degnarsi neppure di salutare.
Hoshi annuì inorridita, mentre guardava Jim che stava accanto al poliziotto, naso sanguinante ed un occhio  pesto.
“Jim, ma che…” si limitò a balbettare.
“L’abbiamo trovato che faceva a pugni in un bar con due ragazzi molto più grandi di lui. Cittadina, si rende conto di che ore sono? Perché non tiene il ragazzo in casa?” Il poliziotto la guardava torvo e severo.
“Mi spiace io… Jim, ma che hai fatto?” Hoshi sentiva le gambe che le tremavano.
“Lo sa che il ragazzo è già schedato in Iowa per aver guidato senza licenza? E’ sicura di riuscire ad occuparsi di lui alla sua età?” chiese ancora il polizotto con aria ironica.
Hoshi si raddirizzò, assumendo per la prima volta da mesi l’aria sicura ed imponente che aveva quando insegnava.
“Certo. Mi spiace per quello che è successo. Se ci sono danni da pagare…”
“Per questa volta il proprietario del locale ha deciso di lasciar perdere. Ma la prossima volta saremo costretti a denunciarlo formalmente”
“Agente le assicuro che non accadrà mai più” rispose Hoshi con aria sicura.
“Ragazzino, spero di non incontrarti più per davvero” sibilò il poliziotto, spingendo Jim verso l’entrata.
Mentre Jim si avviava dentro il poliziotto annuì ad Hoshi.
“Ho chiuso un occhio anche perché dai record risulta che è il figlio di George Kirk. Ma la prossima volta non sarò così generoso”
“La ringrazio agente. Non accadrà più”
Appena chiusa la porta Hoshi si avvicinò al bambino.
“Siediti, prendo qualcosa per medicarti” gli disse, cercando di non  far trasparire nulla.
“Vuoi dirmi cosa è successo?” chiese mentre passava il disinfettante sulle ferite, cercando di essere quanto più delicata possibile.
Jim rimase per alcuni secondi  a fissare il vuoto.
“Nulla” bisbigliò alla fine.
“Hai fatto a pugni con due ragazzi molto più grandi di te per nulla?”
Jim esitò.
“Hanno detto che sono solo un povero disgraziato che la madre ha rifiutato e che tieni in casa per pietà”
Hoshi represse un moto di rabbia. Probabilmente erano stati i due figli del vicino di casa, un coltivatore rozzo e disgustoso.
“Sai bene che non è così” riuscì alla fine a dire.
Jim rimase ancora in silenzio ed immobile.
“Hai visto dove li hanno sepolti?” chiese  poi all’improvviso.
Hoshi lo guardò perplessa.
“Gli zii ed i bambini, Max ed Ally… sai se almeno li hanno sepolti?”
Hoshi sentì le lacrime che le salivano prepotenti.
Scosse la testa incapace di  fare o dire  altro. Come poteva rivelare a quel bambino che probabilmente i corpi dei suoi familiari erano stati bruciati dalla  milizia? Che non avrebbe mai avuto un posto dove piangerli o ricordarli?
Jim rimase fermo, fino a che Hoshi non vide la prima lacrima scendergli sul volto arrossato e livido.
Non lo aveva mai visto piangere prima.
“Perché non sei venuta prima? Ti ho aspettato, dicevo a tutti che saresti arrivata presto, di aver coraggio, ma tu non arrivavi mai, la Flotta non arrivava mai…”
La voce di Jim si ruppe in un singhiozzo sordo, mentre poggiava la testa sul ventre di Hoshi che gli stava in piedi davanti.
Hoshi cercò disperatamente di mantenere il controllo di se stessa e non scoppiare in lacrime.
“Perdonami, Jim, perdonami… mi spiace, ho cercato, ho fatto del mio meglio. Mi spiace di averti deluso” balbettò mentre gli accarezzava i capelli.
 
Star Trek non mi appartiene.
Grazie a tutti i lettori, mi rendo conto della difficoltà a seguire una storia così lunga.
E grazie soprattutto a chi non manca di farmi sapere cosa ne pensa, oltre che alla mia  splendida beta.

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Capitolo 22
*** Fidati di Me ***



Capitolo 22
Fidati di Me 


TARSUS IV
Data Stellare 2261.5.29

“CORRI”
E Claire corse, tenendo la mano di JT esattamente come  quindici anni prima in quello stesso posto, come allora per salvarsi la vita.
Il corridoio lungo e tortuoso era buio, ma Jim sembrava orientarsi a perfezione.
“Di qua” le disse ad un certo punto spingendola verso una porta.
All’improvviso si trovarono all’esterno, in una zona laterale del palazzo presidenziale.
L’odore pungente della notte riempì le narici di Claire, rimasta troppo tempo al chiuso. Era un odore dolce, ed inconfondibile… la notte di Tarsus. Odore dolce che le ricordava però dolore e morte, la paura di essere presi, il freddo e la fame. Un diluvio di pensieri prese possesso di Claire.
Jim la tirò giù appena prima che uno dei mercenari di Kodos li illuminasse con il fascio della sua torcia.
Restarono in assoluto silenzio, senza neppure respirare sino a che il mercenario non si allontanò, canticchiando fra sé e sé.
“Sotto la vecchia stalla c’è un passaggio. Possiamo uscire da lì” bisbigliò Jim.
“E dove andiamo? Non c’è nessuno… nessuno che possa aiutarci, siamo qui da soli”
“I mei amici verranno ad aiutarci, stanne certa. Dobbiamo solo avvisarli” le rispose sicuro il capitano.
Claire non poteva scorgerlo in volto, ma era sicura della determinazione che c’era nel suo sguardo, la stessa che aveva quando a tredici anni partiva per spedizioni quasi suicide in cerca di cibo.
“Vieni” le disse, correndo, piegato, verso la vecchia stalla.
 
Il passaggio era stato quasi completamente invaso dalla vegetazione, ma seppur con difficoltà i due riuscirono a percorrerlo tutto, alla luce delle piccole lampade che in parte funzionavano ancora.
“Che schifo” bisbigliò Claire mentre si faceva strada fra il fango e le foglie putride.
“Quelle non sono molto adatte”  fece  Jim quasi ridendo, mentre indicava le scarpe con il tacco dodici che ancora indossava Claire. 
“Scusa se non ho avuto il tempo di mettere gli scarponi da trekking, ma sai non mi aspettavo di essere rapita dopo un concerto, per di più da un pazzo sanguinario che credevo morto da quindici anni”
Jim si rabbuiò all’improvviso.
“Sì lo so, anche per me è difficile pensare  a quello che ha fatto Tom” bisbigliò con simpatia Claire.
“Non è la prima volta che mi sbaglio a giudicare le persone, ma…”
Jim non ebbe la forza di finire la frase.
Claire provò ancora più rabbia. Erano stati una vera famiglia per mesi, e Jim li aveva protetti e salvati da mille pericoli. Come poteva Tom ripagarlo con tanta ingratitudine? Come poteva essere diventato un tale criminale al punto di allearsi con lo stesso carnefice di suo padre?
“Dove stiamo andando?” chiese  preoccupata.
“Alla torre di comunicazione che c’è dall’altro lato della  montagna. Se siamo fortunati forse riesco a mandare un messaggio di soccorso a Spock” rispose Jim mentre la conduceva fuori dallo stretto passaggio.
 
 
 
 
“Non potremmo rallentare un po’?” chiese McCoy ansimando, mentre arrancava dietro Spock ed il resto della squadra.
Era un medico maledizione, non un atleta o un guerriero.
Guardò con invidia Cy che si arrampicava veloce, riuscendo a tenere quasi il passo di Spock, e si ripromise, una volta finita questa storia, di accompagnare Jim in palestra più spesso di quanto avesse fatto negli ultimi tempi. Sempre che Jim potesse ancora….
McCoy ricacciò il pensiero terribile del suo migliore amico in mano ad un folle sanguinario che lo aveva torturato da piccolo e cercò di accelerare il passo.
“Dottore cerchi di non distanziarsi”
Maledetto folletto dal sangue verde… cosa pensava che stesse facendo?
“Faccio del mio meglio” si limitò a sbottare.
Spock si fermò sino a che il medico non lo raggiunse.
“Dobbiamo approfittare del buio per avvicinarci il più possibile alla zona  del  palazzo presidenziale dove è atterrato Kodos” disse calmo guardando McCoy che sbuffava ed ansimava come un mantice.
“Ho capito… ma io non sono un robot dal sangue verde con una forza doppia rispetto a quella di un essere umano”
“Forse sarebbe meglio che lei tornasse indietro e aspettasse alla navetta”  Spock aveva una voce assolutamente atona, ma McCoy poteva leggere l’agitazione anche nella semplice inflessione diversa.
“Te lo scordi. Non sappiamo cosa gli ha fatto quel pazzo omicida. Devo essere lì quando lo troviamo” ringhiò inviperito.
“Molto bene, allora veda di sforzarsi un po’ di più” fece Spock riprendendo il suo cammino a passo svelto, senza più voltarsi indietro.
“Non se la prenda McCoy… è solo preoccupato per Jim”
La voce dell’andoriano Fix  fece trasalire McCoy nell’oscurità.
“Questo lo so anche io, ma  a volte  sembra proprio che lo faccia apposta ad  irritarmi o umiliarmi. E’ un vulcaniano, non dovrebbe  indulgere in questo tipo di meschine ripicche ” rispose il medico mentre con fatica, scivolando sulle pietre, cercava di arrampicarsi dietro al gruppo.
“Forse lo fa  davvero apposta…  ma solo perché voi due comunicate così” rise Fix.
Anche McCoy sorrise, in fondo era quello che andava sempre ripetendo anche Jim.
“Venga dottore le do una mano io”  disse alla fine Fix iniziando a spingere McCoy con forza sorprendente.
 
  Claire e Jim correvano  nella notte e la ragazza si chiese come faceva Jim ad orientarsi in quella oscurità, rischiarata solo dalla luce fioca dei due satelliti alti nel cielo, ma poi si ricordò che Jim era pur sempre JT,  e JT conosceva  Tarsus come le sue  tasche.
La notte gli era amica, a volte gli era sembrato,  quando lo guardava da bambina,  uguale ad un gatto per come si muoveva nel buio.
“JT… rallenta non ce la faccio” chiese ad un certo punto sentendo che l’aria non le entrava più nei polmoni per lo sforzo.
“Solo un minuto… avranno già scoperto che siamo scappati” le rispose Jim fermandosi.
Claire si chiese come faceva a non ansimare per lo sforzo.
“Dove si trova esattamente  questa torre di comunicazione?” chiese con un filo di voce Claire. Pur  se i ricordi del periodo di Tarsus iniziavano a sfocarsi  era quasi certa di non averla mai vista.
“Dal lato est della montagna… ricordi la collinetta che sembrava un fungo? Beh non è una collinetta, il padre di Tom ci portò una volta lì per farci vedere le attrezzature. Fu messa fuori uso da Kodos subito prima di iniziare…” ancora una volta la frase morì sulla bocca di Jim.
Ancora dopo tanti anni non riusciva a pronunciare l’unica parola che descriveva quello che era successo: ‘massacro’. 
“Ma per arrivarci dobbiamo passare lo strapiombo…” si rese conto inorridita Claire.
“Beh? Mica una cosa del genere spaventa la ‘scimmietta’!” ridacchiò Jim alludendo al soprannome con cui la chiamava sempre da bambina, quando riusciva ad arrampicarsi dovunque.
“Avevo sette anni ed ero molto più incosciente” protestò Claire, tremando al pensiero dello strapiombo che dovevano passare.
“E’ come andare in bicicletta, non si dimentica. Andiamo. Fidati di me” disse Jim prendendola per mano e riprendendo a correre.
 
 

Città di Arcosanti-Arizona Terra
Data Stellare 2248.9.20
 
Hoshi entrò  nell’ufficio del preside e si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania in attesa del suo arrivo.
La procedura era diventata fastidiosamente familiare nell’ultimo anno.
Da quando Jim aveva finalmente accettato di frequentare la scuola ne aveva combinata una dietro l’altra.
Più intelligente di tutti i suoi compagni e anche della maggior parte degli insegnanti il ragazzo dava continuamente sintomi di insofferenza, sfogando la sua insoddisfazione in continue scazzottate  e litigi.
Il copione era poi quasi sempre lo stesso. Jim ne  combinava una delle sue, Hoshi veniva chiamata dal preside che, dopo averla guardata con sufficienza le chiedeva senza mezzi termini se alla sua età riteneva di poter essere un buon genitore per un ragazzo problematico come Jim.
L’incontro si concludeva con le solite minacce di espulsione, mai attuate visto che essere il figlio di George Kirk contava ancora qualcosa, e con l’invito a trovare una scuola adatta alle capacità del ragazzo.
“Troppo intelligente per il suo bene”  chiosava sempre il preside mentre le stringeva la mano al termine dell’incontro.
Stavolta però l’atmosfera  era diversa.
Hoshi lo capì subito guardando il volto scuro e preoccupato del preside.
“Cosa ha combinato stavolta” chiese Hoshi con una strana sensazione allo stomaco.
Il preside, un uomo di circa sessant’anni, capelli brizzolati ed aria paziente la guardò con preoccupazione.
“Professoressa  Sato, più volte abbiamo parlato di James in quest’ultimo anno. Ho sempre pensato che fosse un ragazzo estremamente  sensibile e tormentato, dopotutto non deve essere facile essere il figlio di un eroe, con una madre che ti ha rifiutato…”
“E sai la metà di quello che realmente gli è successo” pensò con amarezza Hoshi; i files di Jim del periodo di Tarsus, come quelli di tutti gli altri ragazzi, erano stati segretati al massimo livello.
“Siamo stati pazienti per questo, ho pensato che crescendo, acquistando maturità le cose sarebbero migliorate. Ma mai avrei pensato che arrivasse a questo” continuò il preside.
Hoshi iniziò a provare paura.
“Cosa ha fatto?” chiese con voce rotta.
“Stamattina alle ore dieci/zero zero questa scuola è stata praticamente occupata dai servizi segreti della Flotta. Qualcuno aveva forzato, da uno dei nostri pc, il data base della Flotta e stava cercando di decriptare dei file segretati al massimo livello”
“Oh mio Dio…” sussurrò Hoshi.
“Come James sia riuscito ad hackerare il sistema informatico della Flotta, il più protetto della Federazione, non riesco a capirlo… ma ci è riuscito. Ho passato più di tre ore a convincere gli ammiragli che in questa scuola non c’è nessuna spia Klingon” fece il preside con aria sconsolata e stanca.
“Ovviamente il ragazzo si è chiuso nel più stretto mutismo e rifiuta di dire a chiunque cosa stesse cercando e perché. E’ solo grazie all’intervento dell’ammiraglio Archer che James non è attualmente in un centro di detenzione minorile. Credo che ben presto riceverà una sua chiamata” concluse il preside.
“Io non so proprio cosa dire…” sussurrò Hoshi.
“Capirà che sono costretto a questo punto ad espellere James dalla scuola. E lasci che glielo dica professoressa … James ha bisogno di aiuto psicologico concreto”
Hoshi non rispose.
Come poteva quell’uomo  capire quello che aveva passato Jim? Hoshi sapeva a perfezione cosa stava cercando di fare il ragazzo da quando era tornato sulla Terra.
“Posso portarlo a casa?” si limitò a chiedere.
“Certo, la sta aspettando nel cortile. Mi spiace professoressa Sato, spero davvero che James riesca a risolvere i suoi problemi” la salutò il preside.
 
“Posso sapere cosa ti è saltato in mente?” chiese con aria dura Hoshi non appena  avviata la hovercar.
Jim non rispose, limitandosi a guardare avanti senza espressione.
“Cosa stavi cercando di fare eh? Credevi davvero che quelli della Flotta non si sarebbero accorti che stavi cercando di forzare il sistema??”
“Hanno un firewall ridicolo” sbottò Jim girandosi a guardarla scettico.
Sembrava incredibile, ma crescendo i suoi occhi erano diventati ancora più blu e Hoshi vi leggeva disperazione ogni volta che la fissavano.
“Cosa stavi cercando?” chiese dura, pur conoscendo la risposta.
“Lo sai benissimo”
“Non puoi metterti in contatto con gli altri… neppure io so dove vivono… ti devi rassegnare Jim. Rassegnare ed andare avanti con la tua vita”
“Perché???  Perché non posso vederli? Perché ci avete relegati in posti sperduti? Perché nessuno può sapere cosa è realmente successo  su Tarsus?”  urlò il ragazzo, agitandosi sul sedile della hovercar.
Sempre le stesse domande da più di un anno. Domande a cui Hoshi non poteva rispondere.
“L’unica cosa che hai ottenuto è l’espulsione dalla scuola” ribatté l’anziana donna, cercando di schivare l’argomento.
“Pensi che me ne freghi qualcosa? Pensi davvero che potevano insegnarmi qualcosa lì?” la voce del ragazzo era ironica.
“Ti ho chiesto tante volte se potevo cercare una scuola più  adatta alla tua intelligenza…”
“Già… una scuola per gente ‘diversa’, no  grazie. E’ stato un bene che mi abbiano cacciato, tanto non ci sarei andato più comunque” sbottò Jim con un sospiro.
“E cosa intendi fare? Ciondolare per casa tutto il tempo?”
“Posso trovarmi un lavoro. E non temere lo prenderò il diploma… on line”
Hoshi era troppo stanca e stressata per discutere.
“Sai che hai rischiato l’arresto? Se non fosse stato per l’ammiraglio Archer…”
La sola menzione  di Archer fece  sobbalzare Jim.
“Già i tuoi preziosi amici della Flotta… quelli che ci hanno lasciato in mano ad un folle sanguinario per mesi. E che ora stanno cercando di far dimenticare presto il massacro di migliaia di persone”
Nella hovercar piombò il silenzio assoluto sino a che non arrivarono a casa.
Appena fermi Jim scese dall’auto di corsa ed entrò in casa senza dire nulla.
Hoshi ebbe appena il tempo di entrare in casa che il suo comunicatore trillò.
“John…” salutò Hoshi appena vide la figura dell’Ammiraglio sullo schermo.
“Hoshi dobbiamo parlare… ormai la situazione è grave” rispose scuro in volto l’uomo.
 
Star Trek non mi appartiene
Mi scuso per la lunga pausa...  è un periodo un po' incasinato...
Grazie sempre a tutti quelli che seguono, recensiscono, leggono solo ecc. ecc.
E grazie alla mia beta!!

 

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Capitolo 23
*** Tornerò fra le stelle ***


Capitolo 23
Tornerò fra le stelle

 
TARSUS IV
Data Stellare 2261.5.30
 
Kodos guardò Tom con lo stesso sguardo con cui un ragno potrebbe guardare la sua preda bloccata nella ragnatela.
Tom se ne stava a terra, ansimando, cercando di non guardare i corpi delle due guardie che l’avevano accompagnato a prendere Claire.
Kodos li aveva giustiziati senza pietà, senza lasciare loro neppure il tempo di raccontare quello che  era successo.
“Li hai lasciati scappare” sibilò Kodos mentre con un altro calcio  lo colpiva allo stomaco, ormai totalmente inerme.
Nella stanza risuonavano le risatine di scherno degli altri mercenari mentre l’uomo si lamentava e piagnucolava.
“E’ arrivato all’improvviso… tutto è diventato buio… e poi come cavolo ha fatto ad uscire dalla cella?” chiese alla fine con un filo di voce.
“Forse perché è molto più abile e scaltro di te? Ti aveva detto di non sottovalutarlo… mai sottovalutare James…”
“Ma io…”
“Tu cosa, lurido imbecille??? Sono scappati e mancano solo dodici ore all’appuntamento con i Klingon” fece Kodos mollandogli l’ennesimo calcio.
“Non possono essere andati lontano, non con Claire come peso. E’ una ragazzina fragile, una cantante… lo rallenterà”
Ad un cenno dell’ex Governatore due mercenari sollevarono Tom di peso da terra, tenendolo fermo davanti all’uomo.
“Come dicevo sempre a tuo padre, tu sei una nullità Leighton. Ho accettato la tua proposta solo perché mi servivi per attirare James… ma vedo che la tua utilità è decisamente inferiore a quanto avevo stimato” sibilò mentre gli puntava contro il phaser.
Il terrore si dipinse sul viso sfigurato di Tom.
“Aspetta… io lo posso trovare… forse so dove sta andando”
Kodos si bloccò con aria scettica.
“Conosco questo posto come le mie tasche e conosco anche JT” continuò Tom con  voce tremante.
“E dove sta andando?”
“Alla vecchia torre delle comunicazioni… dall’altro lato della montagna” Tom esitò un attimo prima di rispondere.
“Quella era una postazione segreta… e poi cosa dovrebbe andare a fare lì James”
“JT la conosce, una volta mio padre ci portò a vedere le apparecchiature che c’erano. E va lì perché sa che i suoi uomini faranno di tutto per venire a riprenderlo. Basta solo che sappiano dov’è”
Kodos lo guardò per un lungo attimo, mentre Tom tremava come una foglia e non riusciva a distogliere lo sguardo dal phaser che ancora impugnava.
“Prega di non sbagliarti Leighton, altrimenti la prima testa che avranno i Klingon per adornare le loro stanze sarà la tua” fece alla fine Kodos.
 
 
“Dieci minuti di pausa” ordinò Spock, con aria leggermente spazientita.
McCoy si buttò di schiena a terra ansimando e sbuffando nonostante Fix l’avesse praticamente trascinato per le ultime miglia.
“Devo decisamente fare più esercizio fisico” pensò il medico mentre cercava di convincere i suoi polmoni ad inspirare più aria.
Era quasi l’alba e il cielo si stava colorando con delle bellissime tonalità di giallo.
“Una volta doveva essere un bel posto” pensò McCoy mentre cercava d’immaginare Jim ragazzino che correva nei campi di grano.
“Tutto bene dottore?” chiese Cy sedendosi accanto a lui.
“Beh… io sono un medico non un maratoneta, affaticato direi” rispose.
“Manca poco credo… speriamo di ritrovare il moccioso tutto intero” fece Cy con aria triste.
“Se c’è una cosa che ho imparato da quando conosco Jim Kirk è che ha una straordinaria capacità di piegare gli eventi a suo favore” disse McCoy, ben sapendo che stava cercando di convincere più che altro se stesso.
“Le poche volte che ci siamo sentiti mi ha sempre detto che in realtà è lei che lo rimette insieme ogni volta…”
McCoy sospirò forte.
“Verrà una volta che non sarò capace di rimetterlo tutto in un pezzo” borbottò il medico.
“Attenti… al riparo!!!” urlò Scotty mentre in lontananza si udiva sempre più vicino il sibilo dei motori di una navetta.
Il gruppo fece appena in tempo a mettersi al riparo dietro agli alberi che venne sorvolato da una navetta che si dirigeva esattamente dalla parte opposta a dove erano diretti.
Spock fu il primo ad uscire allo scoperto; il vulcaniano si mosse agile ed impugnò subito il cannocchiale laser che aveva con sé.
“Si stanno dirigendo verso quella formazione a fungo sulla sinistra” disse continuando a guardare nel visore.
“Esattamente dal lato opposto dove siamo diretti. Che facciamo?” ragionò McCoy uscendo anche lui da dietro l’albero dove si era nascosto.
Spock lo guardò scettico.
“Non abbiamo alcuna ragione logica di ritenere che su quella navetta  ci sia il Capitano, o che il suo passaggio sia collegato alla sua presenza…”
“Invece io credo proprio di sì. Si stanno dirigendo verso quella montagna e sono sicuro che lì c’è anche Jim”
Mentre parlava McCoy stesso si rendeva conto di quanto assurda poteva sembrare la sua tesi.
Spock emise un lungo sospiro, unico segno di una qualche forma di irritazione.
“Dottore ci sono poco meno del cinque per cento di possibilità che il passaggio della navetta abbia qualcosa in comune con il rapimento del capitano. Sarebbe altamente illogico cambiare il nostro percorso  per seguire quella che è solo una sua sensazione”
McCoy rimase  di stucco di fronte alla reazione, quasi irata di Spock.
“Lo so, ma io sono sicuro che Jim è dove sta andando quella navetta. Chiamala sensazione, ma se andiamo dall’altra parte arriveremo tardi” borbottò il medico.
Spock si irrigidì solo leggermente.
La sua voce però era di ghiaccio.
“Dottor McCoy io non metterò a repentaglio la missione e la salvezza del Capitano per quella che è una sua sensazione. Non mi sembra del resto che sino ad oggi lei sia stato particolarmente perspicace  su quello che riguarda Jim” sibilò con voce calma e tagliente.
Sul gruppo era calato un silenzio di tomba, tutti assistevano al litigio in silenzio e leggermente stupefatti.
“Cosa vuoi dire, folletto dal sangue verde? Che è colpa mia se Jim ha lasciato la nave senza dire nulla? Che avrei dovuto capire?” tutti i sensi di colpa di McCoy venivano a galla minacciando di travolgerlo.
Spock sospirò di nuovo.
“Non era mia intenzione offendere. Resta il  fatto tenente comandante McCoy che proseguiremo nella direzione originariamente stabilita” scandì il vulcaniano mentre si incamminava a passo svelto.
 
 
Città di Arcosanti- Terra
 DATA STELLARE 2248.9.20
Hoshi si era trattenuta sulla veranda e parlava a bassa voce al suo comunicatore, nel timore di farsi sentire da Jim.
“Hoshi capisci anche tu che ormai, nonostante i tuoi sforzi la situazione con il ragazzo sta diventando sempre più pericolosa” disse Jonathan Archer con fare accigliato.
“E cosa ti aspettavi Jon? Che dimenticasse tutto? Che riprendesse ad essere un tipico adolescente terrestre? Lui non è mai stato adolescente, non è mai stato neppure bambino. E tutto questo è solo colpa nostra!” Hoshi mentre parlava sentiva le lacrime scenderle sulle guance.
“Credi che non lo sappia? Credi che non mi interroghi ogni giorno  che il Signore manda in Terra su quello che abbiamo fatto? E’ stato per il bene della Flotta e della Federazione. Se trapelasse qualcosa alla stampa, se si sapesse cosa in realtà è successo su Tarsus sarebbe la fine, lo sai anche tu. I Klingon, i Romulani, tutti i nostri nemici non aspettano altro che vedere debolezza…” la voce di Archer si infervorò.
“Ed un ragazzino di meno di quindici anni può cagionare la fine della Federazione…” 

“Sai bene che c’è una soluzione semplice a tutto questo. Sarebbe un bene anche per Jim, smetterebbe di essere tormentato e potrebbe  tornare ad essere il ragazzino spensierato che merita di essere…” la voce di Archer divenne esitante.

“VOI NON GLI CANCELLERETE LA MEMORIA… dovrete passare sul mio cadavere prima” urlò Hoshi, pentendosene subito al pensiero di Jim in casa.

Scrutò dalla finestre, ma apparentemente il salone era vuoto.

“Calmati Hoshi, ti abbiamo già spiegato che sarebbe una cancellazione selettiva. Si ricorderebbe tutto, tranne il periodo su Tarsus. E  continuerebbe a vivere con te come la persona cui la madre lo ha affidato dopo la brutta storia con il patrigno. Pensaci, vivrebbe sereno… è un ragazzo con un enorme potenziale che sta sprecando”

“Come se non fosse mai successo vero? Volete entrare nella testa di quel povero bambino, dopo tutto quello che ha passato e manipolarne i ricordi… Mai! Non l’ho consentito prima e non lo farò ora “

“Hoshi… è stato già deciso. E né io né lei possiamo fare nulla. Solo rendere la cosa il più facile possibile. E ti assicuro che Jim non corre alcun rischio…”

L’anziana donna rimase senza fiato.

“Che vuoi dire… è stato già deciso? Da chi??? Come puoi consentirlo???”

“Hoshi… ricordati che anche tu hai molto da nascondere in questa storia. E il ragazzo… beh potrebbe essere davvero in pericolo se continua a comportarsi come ora… potrebbe finire in un centro di detenzione minorile per quello che ha combinato stamattina”

“Lo stai minacciando? O stai minacciando me???”

Il viso di Archer si indurì.

“Comandante  Sato… lei è ancora un membro della Flotta. La decisione è stata presa. Prepari il ragazzo, domani pomeriggio lei lo accompagnerà al Medical Center di San Francisco. E’ un ordine, e né io né lei possiamo opporci. L’unica cosa che può fare è rendere la cosa il più facile possibile” concluse prima di chiudere la chiamata.

Hoshi rimase senza fiato.

Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito.

Stordita e frastornata solo con la coda dell’occhio si accorse della figura che era rimasta immobile, nascosta dietro le tende del piccolo salotto.

Jim. Aveva ascoltato tutto.

 

Ormai era sera.

Hoshi aveva pianto per ore, ferma sulla veranda.

Si sentiva impotente come mai in vita sua.

Cosa poteva fare? Scappare con Jim? Era anziana e non in perfette condizioni di salute. Li avrebbero scoperti subito.

Rivelare tutto alla stampa? Così Jim sarebbe diventato un fenomeno mediatico e tutta la sua vita sarebbe stata buttata in pasto agli squali.

“Hoshi… ho preparato la cena, vieni?”

La voce di  Jim era straordinariamente calma e serena.

L’anziana donna si asciugò in fretta le lacrime ed entrò in casa.

La tavola era stata apparecchiata e un buon profumo si sentiva nell’aria.

“Ho  scaldato l’arrosto  e replicato le patate” sorrise Jim, come se nulla fosse successo.

La donna si sedette incapace di dire qualcosa.

Jim servì entrambi e poi le rivolse un altro timido sorriso.

“Hoshi… io me la cavo sempre… lo sai vero? Non devi preoccuparti” disse calmo come non lo aveva mai visto dai tempi dell’Accademia di Tarso.

  E Hoshi capì che quella era l’ultima sera che Jim passava in quella casa.

 

Quella sera Hoshi aspettò che Jim si mettesse a letto, poi prese tutti i crediti che aveva in casa e li mise nella tasca del giubbotto del ragazzo.

Lasciò le chiavi della hovercar in bella vista sul tavolo della cucina e con il cuore in pezzi entrò nella camera di Jim.

Il ragazzo stava steso sul letto e guardava fuori dalla finestra le stelle che brillavano nel cielo.

“Un giorno io tornerò lì… fra le stelle… lì è la mia casa… dove sono nato” mormorò continuando a guardare il cielo.

Hoshi riprese a piangere piano.

Carezzò la testa bionda di quel ragazzino e si chiese come potesse l’universo essere così crudele verso un essere così fragile.

“Dormi bene Jim” si limitò a sussurrare girandosi per uscire.

“Hoshi… grazie di tutto. Davvero… ti voglio bene” balbettò Jim alle sue spalle.

L’anziana donna chiuse la porta della stanza consapevole  che al mattino avrebbe trovato quel letto vuoto.


Star Trek non mi appartiene.
Bene bene, a quanto pare la cavalleria sta andando dalla parte opposta a dove sta andando Jim (adulto).
E Jim ragazzino non si dove sta andando....
Come al solito mi fa davvero piacere sapere cosa pensate della storia... grazie a chi legge recensisce e mi segue. E come al solito grazie alla mia amica...


 

 

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Capitolo 24
*** Quel che ci fa paura ***


Capitolo 24
Quel che ci fa paura
 
TARSUS IV
Data Stellare 2261.5.31
 
“Jim… ho paura!” Claire urlò cercando di sovrastare il fischio del vento che sibilava sulla scogliera.
Stava percorrendo lo stretto passaggio che costeggiava la roccia e per quanto da bambina avesse percorso quella stessa strada centinaia di volte ora le gambe le tremavano e le mani sudate non riuscivano a tenere la presa.
“Calmati, scimmietta, ricordi come facevi da bambina? Eri più veloce di me a percorrerla” la incoraggiò al suo fianco il giovane capitano.
“Sì, ma allora avevo i piedi molto più piccoli” cercò di scherzare la ragazza senza pensare allo strapiombo sotto di lei. Un tempo, le aveva spiegato una volta Jim, c’era il mare sotto la scogliera, ma i mutamenti climatici lo aveva reso un deserto. Deserto che si trovava però a centinaia di metri a strapiombo sotto di loro.
“Sono ancora piedini di fata…” scherzò a sua volta Jim.
Claire inspirò profondamente e riprese ad avanzare con cautela appiattita al muro di roccia, quando sentì il vuoto sotto il piede.
Subito la mano di Kirk la tenne ferma, ma la ragazza prese a tremare violentemente.
“Coraggio cantami qualcosa…” disse Jim  nel tentativo di distrarla dalla situazione.
“Cantare? Con questo vento?”
“Canta piano, ti ascolto lo stesso… come quando eravamo piccoli e dormivamo vicino”
Claire sorrise.
Erano stati mesi terribili, ma quando ripensava alle notti trascorse vicino a Jim e agli altri ragazzi, cantando e raccontando storie, provava un po’ nostalgia.
Cercando di non pensare Claire iniziò a cantare mentre strisciava in avanti.
“Ehi questa non la conosco…” fece Jim ad un certo punto.
La canzone parlava di una bambina e del suo principe dagli occhi azzurri.
“Perché conosci tutte le mie canzoni?” chiese stupita Claire.
“Certo, ho tutti i tuoi olodischi. Appena escono li faccio arrivare alle basi stellari  in cui facciamo rifornimento” sorrise Jim.
“L’ho scritta tanti anni fa… per te” confessò Claire.
Jim non rispose, continuando a seguirla strisciando a sua volta.
“Sono tutto tranne che un principe azzurro… credimi” disse alla fine amaro.
“Ma che dici? Sei stato il nostro eroe, ci hai salvato tutti…”
“Beh… dopo Tarsus… non c’è da essere molto orgoglioso di quello che  ho combinato” sospirò ancora più amaro.
“Sei diventato il più giovane capitano della storia della Flotta, hai salvato la Terra e la Federazione due volte” protestò Claire meravigliata.
“Credimi prima di questo c’è stato tanto altro… e non sono contento della persona che ero allora. Guarda bambina… ce l’abbiamo fatta” disse Jim indicando la fine del percorso.
Con fatica Claire si arrampicò  sul pianale, seguita da Jim ed insieme iniziarono a correre verso la formazione a fungo che  si ergeva di fronte a loro.
 
Ormai il sole era alto nel cielo quando Jim e Claire raggiunsero la costruzione.
“Stai bassa. Tu resta qui  nascosta, io vado e torno subito” disse Jim spingendo Claire dietro ad una grande roccia.
“Voglio venire con te!” esclamò indignata la  ragazza.
“No, è pericoloso. Tu resti qui. Io entro e cerco di recuperare qualche apparecchiatura per lanciare un segnale alla mia nave. Torno presto”
Jim impresse alla sua voce il tono di comando che gli riusciva  meglio e senza aspettare la risposta si avviò verso la costruzione.
 
L’odore di muffa e stantio colse Jim appena si avvicinò alla costruzione.
Cercò nella memoria il ricordo dei luoghi e rivide l’alta figura di Arthur che conduceva lui e Tom al piano di sopra. Il posto allora era molto diverso, pieno di gente che andava e veniva indaffarata e illuminato a giorno dalle lampade sul soffitto.
Ricordò il suo stupore da ragazzino quando entrò con Tom nell’ampia sala al primo piano.
“E’ il più grande centro di comunicazione del quadrante” spiegò Arthur mostrando con una punta di orgoglio i grandi schermi e tutte le apparecchiature.
“Deve essere rimasto qualcosa che funzioni…” pensò Jim mentre  cercava qualcosa per forzare la porta.
Lo sguardo gli cadde sul terreno e subito un allarme si accese nella sua testa.
La porta era libera dal fogliame e dal terreno che era accumulato dovunque lungo il perimetro della costruzione.
Attorno regnava il silenzio, ma l’istinto da soldato e la lunga esperienza gli diceva che c’era qualcosa che non andava lì.
Corse a nascondersi, appena prima che due mercenari uscissero dalla porta imbracciando i loro fucili a phaser.
 “La mia pazienza sta giungendo al limite, Leighton” sibilò Kodos guardando fisso Tom.
L’uomo sentì un brivido gelido lungo la schiena, ma cercò di mostrarsi forte appoggiandosi alla parete della grande sala delle comunicazioni dove si trovavano.
“Ti assicuro che arriverà. E’ la sua unica possibilità” disse cercando di incutere sicurezza nella voce.
“Se ti sbagli… se  non lo troviamo in tempo, prima che arrivi Kor, stai sicuro che rimpiangerai di essere mai nato” gli rispose Kodos con una calma che gli fece gelare il sangue.
“Novità?” chiese poi l’ex Governatore al capo dei mercenari che era accanto a lui.
“Le entrate sono tutte allarmate, appena entra scatta il segnale. Ho appena mandato due dei miei uomini in ricognizione all’esterno” rispose rigido l’uomo.
“Manca poco alla scadenza del tempo  che ci hanno dato i Klingon. E ti posso assicurare che se non ottengono quello che vogliono il primo a fare una brutta fine sarai tu”
Anche se ancora appariva  sicuro di sé, Tom lesse nella voce di Kodos una leggera incrinazione.
“Pensa piuttosto a come fargli sputare fuori quei codici quando lo troviamo”
Kodos lo guardò negli occhi.
“Conosco James meglio di chiunque altro, so cosa gli fa paura davvero, per cosa è disposto a cedere qualsiasi cosa… se tu avessi prestato più attenzione, se non ti fossi fatto fregare la ragazza da sotto il naso a quest’ora avremmo quei codici” sibilò con occhi gelidi.
Tom non ebbe il coraggio di replicare, si limitò a dare un’ultima occhiata al suo orologio.
Due ore alla scadenza dell’ultimatum di Kor.
 
“Governatore!!!”
Una voce eccitata richiamò l’attenzione di Kodos poco prima che due mercenari entrassero nella sala spingendo in avanti una Claire terrorizzata.
“Bene…” sorrise malefico l’ex Governatore piazzandosi davanti alla ragazza.
“Se tu sei qui, è qui anche James… dove?” scandì piano prendendole il viso fra le mani, mentre i due scagnozzi la tenevano ferma.
Claire lo guardò con aria di sfida prima di rispondere “Vaffanculo” in modo beffardo e sputargli in faccia.
Kodos la colpì con un manrovescio fortissimo.
“Stupida sgualdrina…” urlò Kodos stingendole le mani alla gola.
“Tu mi dirai dov’è James… ora!!” continuò stringendo sempre più.
Gli occhi verdi di Claire si ampliarono dalla paura e la ragazza iniziò ad ansimare per la mancanza d’aria.
La sua visione iniziò a sfumare ai bordi sino a che, da lontano, come ovattato, sentì Jim che urlava.
“Lasciala!”
Kodos si voltò all’istante, mentre tutti restavano a bocca aperta.
Come fosse entrato nella sala non era dato sapere, ma Jim teneva Tom sotto il tiro del phaser, direttamente puntato alla testa.
 
“Lasciala… o giuro che gli faccio saltare la testa” scandì il giovane capitano con ferocia.
In quel momento Claire rivide JT, la sua determinazione, la sua ferocia quando proteggeva i suoi ‘bambini’ dalla milizia.
Kodos non si fece intimidire.
Prese il coltello che portava alla cintola, afferrò Claire per i capelli e lo poggiò sulla gola della ragazza.
“Fai pure… sai bene che Leighton per me è  del tutto sacrificabile. Ma mi darai  quei codici comunque, o uccido la tua amichetta davanti ai tuoi occhi”
 
 
 
 
 
Terra – Città di SAN FRANCISCO
Data Stellare 2248.12.10
 
Il ragazzo dai capelli biondi sgattaiolò dietro le case del grande magazzino dello spazioporto più grande della terra.
Erano passati già quasi tre mesi da quando era scappato dalla casa di Hoshi ed i crediti che la donna gli aveva fatto trovare nella tasca del giubbotto erano finiti da tempo.
Aveva passato la maggior parte del tempo a rubacchiare e a cercare di tenersi lontano dalla polizia; se lo beccavano l’avrebbero riconsegnato a quelli della Flotta e si sarebbe ritrovato con i ricordi cancellati in un baleno.
E lui non voleva dimenticare, Tarsus ormai faceva parte di lui e soprattutto non voleva dimenticare gli altri bambini.
L’unica era nascondersi abbastanza a lungo da riuscire a far dimenticare se stesso invece.
E per fare ciò doveva lasciare la Terra.
 
Appena arrivato aveva subito adocchiato la vecchia nave mercantile Phoenix che stava caricando all’hangar 5.
Era vecchia e abbastanza malconcia,  e l’equipaggio che stava cercando le grosse casse sembrava assolutamente poco raccomandabile.
Era la nave ideale dove imbarcarsi di nascosto e scendere al primo scalo.
Pochi membri di equipaggio, insufficienti per controllare tutti i magazzini ed una nave abbastanza vecchia da non avere sistemi di rilevamento a bordo. Probabilmente stavano caricando qualcosa di illegale, da come si guadavano attorno sospettosi mentre caricavano le casse, per cui anche se lo scoprivano difficilmente avrebbero avvisato le autorità, si sarebbero limitati a scaricarlo sul primo pianeta abitabile. Il che era sufficiente per Jim.
Silenzioso come un gatto il ragazzo  strisciò lungo il muro, nascosto dalla grosse casse e approfittò di un momento di distrazione degli uomini per correre all’interno del grosso portellone.
Lesto si nascose di nuovo dietro le casse già caricate, giusto in tempo per non essere visto dai due, un cardassiano ed un umano, che si dirigevano verso l’esterno.
“Abbiamo quasi finito di caricare comandante. Fra un paio d’ore possiamo partire” disse il cardassiano all’umano. Erano entrambi oggettivamente giganteschi e soprattutto l’umano incuteva timore a solo guardarlo.
“Questo carico di ale romulano ci frutterà bene, caro Stir”  ridacchiò l’uomo mettendo in mostra la dentiera in oro.
“Cy, continuiamo ad avere problemi con l’impianto di riciclaggio dell’aria… se si rompe di nuovo mentre siamo nello spazio avremo guai grossi” ribatté il cardassiano.
“Sempre pessimista… la fortuna di Cy Gentry è leggendaria, ricorda” rise l’umano  mentre entrambi uscivano nell’hangar per controllare il carico.
 
Erano passati due giorni da quando la Phoenix aveva lasciato lo spazioporto e  per Jim nascondersi era stato facile.
Aveva rubacchiato qualcosa dalla mensa della nave… se quella si poteva definire una mensa ed  aveva utilizzato anche i servizi igienici senza che nessuno se ne accorgesse (sintomo che le docce soniche non erano popolari fra l’equipaggio della Phoenix).
Ma ora Jim sentiva l’aria farsi sempre più pesante e la respirazione difficile. Evidentemente la nave continuava ad avere problemi all’impianto di riciclaggio dell’aria.
Se continuava così avrebbe dovuto abbandonare il suo nascondiglio nel magazzino, posto che sapeva che la prima cosa che avrebbero fatto era chiudere tutte le stive e depressurizzare per risparmiare aria.
“Maledizione, ti avevo avvertito Cy…  di questo passo non arriveremo mai a Cety Alfa… saremo fortunati se riusciremo a raggiungere la base stellare 9” fece il cardassiano che Jim aveva visto il giorno della partenza, entrando nel magazzino.
“Vado giù a vedere cosa possiamo fare… sai bene che se attracchiamo alla base stellare ci sequestrano il carico e ci mettono in galera” rispose spazientito il comandante mentre si avviava giù per le scalette.
Stir si voltò sospirando e iniziò a controllare il carico.
Jim trattenne il respiro cercando di appiattirsi sempre più contro il muro. Sapeva che l’udito dei cardassiani era particolarmente sensibile.
Ed infatti passando davanti alle casse dietro cui era nascosto il ragazzo Stir si fermò a guardarsi intorno con fare sospetto.
“C’è qualcuno?” chiese girando la testa verso di lui.
Jim trattenne ancora il fiato.
“Chiunque sei è meglio per te uscire e farsi vedere, se non si vuole fare la fine del topo. Stiamo per sigillare il magazzino e depressurizzare” fece ancora il cardassiano guardandosi in giro.
Jim aveva il cuore che gli batteva a mille, indeciso sul da farsi.
Mentre, pensava vide la grossa testa di Stir spuntare da una fessura fra le casse.
“Ah…ti ho beccato… vieni qui… clandestino!!!” urlò mettendo nella fessura il braccio, cercando di afferrare Jim per il colletto della  maglietta.
Il ragazzo cercò di divincolarsi, ma lo spazio era poco e il cardassiano forte.
Reagì di puro istinto e… morse la mano che cercava di agguantarlo con tutta la forza che aveva.
Stir urlò di dolore e mollò la presa, lasciando il ragazzo che svelto si divincolò cercando di scappare.
Non riuscì ad andare molto lontano.
Quasi subito andò a sbattere contro l’enorme figura di Cy, richiamato dall’urlo.
“Dove credi di andare, ragazzino…” sghignazzò l’uomo mentre lo teneva per un solo braccio, senza alcuna difficoltà nonostante Jim cercasse di divincolarsi.
 
“Quanti anni hai?” chiese di nuovo Cy,   guardando Jim seduto di fronte a lui.
“Diciannove” rispose il ragazzo con aria sicura.
“Bugiardo… non ne hai più di quattordici, quindici…” rise il comandante.
“Come sei salito a bordo?” chiese il cardassiano, guardando ancora la mano ferita e fasciata alla men peggio.
“Non avete alcun sistema di sicurezza… questa nave fa schifo” fece beffardo Jim.
“Senti ragazzino, vedi di essere più educato… possiamo sempre buttarti fuori da questa schifezza attraverso la camera di compensazione” scandì un andoriano che sedeva con loro.
Cy rise mettendo in mostra la dentiera d’oro.
“Cosa credevi di fare eh? Dove sono i tuoi genitori?” chiese ancora.
“Lasciare la Terra. E non ho genitori”
“Qualcuno deve pur occuparsi di te…” intervenne Fix.
“E perché? Sono perfettamente in grado di badare a me stesso” rispose Jim con aria di sfida.
“Lo vedo… hai quasi staccato la mano del  mio terzo in comando”  rise ancora Cy, guardando Stir che a sua volta aveva un’aria indignata.
“Se l’è voluto lui…”
“Come ti chiami?” insistette Fix.
“Jim”
“Jim e poi?”
“Jim ‘che cacchio te ne frega’ ” rispose il ragazzino.
“Ora basta moccioso. A questo punto dobbiamo per forza attraccare alla base  stellare 9 per sbarcarlo. Non possiamo tenere un ragazzino qui” ragionò Cy.
Il panico si impadronì di Jim.
Se sbarcavano ad una base stellare e lo consegnavano all’autorità sarebbe finito direttamente in mano a quelli della Flotta.
“Aspettate… non potete attraccare ad una base… non con quello che trasportate” minacciò cercando di sembrare duro e sicuro di sé.
“Maledetto moccioso… sei  anche saccente…” si inalberò Stir.
“Mi spiace deluderti ragazzo, ma è preferibile che mi sequestrino il carico a tenerti qui… un ragazzino minorenne e clandestino. Se ti trovano a bordo rischio una condanna ad almeno tre anni per sottrazione di minore”
Tutti annuirono e fecero per alzarsi quando Jim si giocò l’ultima carta.
“Avete problemi all’impianto di riciclaggio dell’aria, giusto? Io posso ripararlo…”
Cy si voltò verso di lui ridendo.
“Tu??? Tu puoi aggiustare l’impianto di riciclaggio dell’aria?” rise beffardo.
“Mettimi alla prova… se ci riesco, mi sbarcate non alla base stallare, ma su Alfa Cety dove siete diretti”
Cy lo guardò con aria scettica, ma qualcosa nello sguardo di quel ragazzino gli diceva che non stava scherzando.
“Ok… vediamo che sai fare” gli disse alla fine.
 

Star Trek non mi appartiene
Chiedo scusa per la lunga assenza, cercherò di farmi perdonare con aggiornamenti più veloci, anche perché la storia si  avvia alla conclusione (pian piano però).
Grazie a chi legge e a chi lascia un segno del suo passaggio, sempre gradito. E grazie alla mia beta.
A questo punto on mi resta che augurare a tutti FELICE 2016!!


 

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Capitolo 25
*** Coraggio e fortuna ***


 
Capitolo 25
Coraggio e fortuna
 

TARSUS IV
Data Stellare 2261.5.31

“Coraggio James… sparagli pure. E’ una nullità, un codardo vigliacco e traditore… A me non importa vederlo morire. Ma a te importa lo stesso di lui… non è vero? Nonostante tutto non hai il coraggio di ucciderlo… Così come non avrai mai il coraggio di vedere morire la tua amichetta…”
La voce di Kodos era dura e tagliente, mentre spingeva il coltello alla gola di Claire.
“Dipende tutto da te James… dammi quei codici e vieni via con me. Ti do la mia parola che alla ragazza non succederà nulla…”
Gli occhi blu di Jim vagavano nella stanza alla ricerca frenetica di una soluzione;  era famoso per non credere agli scenari ‘no win’, ma questa gli sembrava davvero una situazione senza via d’uscita.
Era sicuro  della ferocia di Kodos e della sua determinazione nell’ottenere i codici e l’idea di Claire  uccisa davanti ai suoi occhi gli riusciva semplicemente insopportabile.
“Coraggio James fai la tua scelta” disse ancora Kodos premendo sempre più forte il coltello sulla gola della ragazza. Un filo di sangue scese lungo il collo e Claire lo guardò con aria terrorizzata.
“Non farlo… tanto mi ucciderà comunque” sospirò alla fine Claire con un filo di voce.
Tom se ne stava muto ed immobile ad assistere alla scena.
Se una parte di lui, quella che conosceva JT da anni, gli suggeriva che nonostante tutto il capitano non gli avrebbe mai sparato, un’altra parte, quell’essere senza scrupoli, invidioso  e rancoroso in cui si era trasformato gli diceva che JT non perdonava mai i tradimenti e quindi sì, poteva effettivamente sparargli a sangue freddo.
“Fai la tua scelta, capitano Kirk, o la uccido ora” sibilò ancora Kodos premendo un po’ più forte la lama sulla gola della ragazza.
E Jim fece la sua scelta.
 
“OK, lasciala andare” disse Jim  togliendo il phaser dalla testa di Tom,  posandolo in terra.
Kodos si concesse un piccolo sorriso di trionfo mentre gettava Claire di lato.
Subito due dei mercenari presero Kirk per le braccia e lo immobilizzarono.
“Coraggio James, dammi i codici e poniamo fine a questa pagliacciata. Sai bene anche tu che il tuo destino è quello di venire con me”
“Non conosco quei codici” rispose Kirk guardandolo fisso negli occhi.
“Non prendermi in giro James. Ogni capitano della Flotta è a conoscenza di quei codici. Li imparate a  memoria…”
Jim rise piano.
“Sei male informato. Questo succedeva prima  che si scoprisse cosa intendeva fare  Marcus con la sezione 31. Ora solo  gli ammiragli, e neppure tutti, li conoscono”
Kodos rimase in silenzio studiandolo.
“Mi spiace per te…   sono un pesce troppo piccolo”  Jim sorrise beffardo.
“Sta mentendo… taglia un dito alla ragazza e vedrai come parla” urlò Tom livido dall’altro lato della stanza.
Kodos guardò fisso negli occhi azzurri dell’uomo che stava davanti.
“James, James…non ho tempo di giocare con te. Dimmi quei  codici…” disse perfido mentre stringeva una mano alla gola.
I due scagnozzi tenevano Jim in una morsa ferrea, il giovane non si dibatté. Si limitò a guardare  Kodos mentre l’uomo stringeva sempre più  e il respiro diventava difficile.
“Non pensare neppure per un attimo che la tua morte salverebbe la ragazza. Sai bene che la ucciderei comunque” sibilò intuendo dove il giovane Capitano voleva portarlo. Ad ucciderlo per salvare Claire e non rivelare i codici.
Jim non credeva agli scenari ‘no win’ ma in quel momento per la prima volta nella sua vita si stava ricredendo.
Sino a che la sua leggendaria fortuna non gli venne ancora una volta incontro.
“Togligli subito le mani di dosso” urlò una voce molto familiare.
 

RISA I
Data Stellare  2252.3.22

 “Buon compleanno ragazzino”  urlò trionfante Cy mentre spingeva Jim e gli altri della squadra nel sexy-bar più famoso di Risa, il pianeta dei divertimenti.
Fix e Stir ridevano come matti vedendo il ragazzo diventare completamente rosso agli sguardi vogliosi che le donne gli lanciavano mentre si sedeva con gli altri al bancone.
“Ehi… dobbiamo festeggiare qui. Portaci quello che hai di meglio” urlò Cy al barista, uno strano essere a metà fra un cardassiano ed oroniano.
“Cosa vi servo?” chiese sibilando.
“Ale romulano, che altro” rise Cy.
“Ehi, questo qui mi pare troppo giovane anche per una birra” fece l’uomo indicando Jim.
“Ho diciannove anni” rispose Jim con aria truce.
“Già, ha diciannove anni… è un bambino grande ormai” ridacchiò Stir.
Erano passati quasi quattro anni da quando Jim era salito clandestino sulla Phoenix e nel giro di una settimana era diventato l’ingegnere della nave.
Il periodo più lungo in un posto da quando aveva lasciato Riverside.
Il barista posò la bottiglia con il liquido ambrato davanti al gruppetto e aspettò sospettoso che Cy tirasse dalla tasca i crediti per il pagamento.
“Bene ragazzino. Alla tua salute!!!” disse Cy alzando il bicchiere insieme agli altri.
Jim bevve in un sol colpo il contenuto del bicchiere e cercò di sembrare stoico, anche se il liquido bruciava peggio dell’inferno mentre scendeva nell’esofago.
“E ora il tuo regalo” ridacchiò Cy mentre una bella ragazza umana, bruna con gli occhi verdi si avvicinava con aria maliziosa.
“Mi avevi promesso il cristallo di dilitio” fece Jim mettendo il broncio, anche se non allontanò la ragazza che iniziò a strusciarsi su di lui.
“Ancora con questa storia. Ti ho detto che non ho voglia di spendere tanto… e poi sei sicuro che riusciresti a metter su il motore a curvatura? Da solo?”
“Non ci serve il motore a curvatura” intervenne Fix.
“La nave fa schifo, ci mettiamo il doppio del tempo rispetto agli altri a  trasportare i carichi. Fra un po’ saremo completamente fuori mercato” protestò Jim mentre si rilassava sotto il tocco sapiente della ragazza che continuava a strusciarsi.
“Già e tu sei il genio in grado di costruire tutto da solo un motore a curvatura…” fece scettico Fix.
“Se ti ho detto che posso farlo significa che ne sono in grado” rispose quasi feroce Jim.
“Ragazzino vai a ballare con il tuo bel regalo. Il suo tempo costa sai… divertiti fin che puoi, ne riparliamo dopo” concluse Cy.
 
Ormai albeggiava e nel bar erano rimasti solo pochi clienti.
Cy, Fix e Stir erano stravaccati sul bancone del bar mentre Jim dormiva mezzo nudo sul divano.
Borbottando Cy aprì gli occhi e sorrise guardando il ragazzo disteso che russava leggermente.
Se non altro si era divertito.
“Ehi… il ragazzo lì è del tuo equipaggio?” chiese il barista guardandolo fisso.
Cy si mise sulla difensiva immediatamente.
“Perché vuoi saperlo?” chiese.
“Nulla…  solo che credo che qualcuno sia molto interessato a lui” il barista indicò un uomo, enormemente grasso, che seduto su di una poltrona di fronte al divano, guardava fisso Jim disteso.
Cy si alzò di scatto.
“Posso aiutarti?” chiese avvicinandosi all’uomo seduto alla poltrona.
“E’ con te?” chiese senza alzare lo sguardo da Jim.
“Sì è con me” sibilò Cy duro.
“Sai quanto puoi ricavare da un bel ragazzo, biondo e occhi azzurri? Conosco qualcuno che te lo pagherebbe davvero bene,  una fortuna” l’uomo alzò per la prima volta lo sguardo su Cy.
Il mercenario prese un respiro profondo.
“Stammi a sentire. Vedi quel cardassiano seduto al bar?” disse indicando Stir che ormai si era svegliato  e lo guardava con aria interrogativa.
“Beh… il suo piatto preferito sono i genitali umani.  E da tempo non gli permetto di avere il suo piatto preferito. Se ti vedo anche soltanto respirare vicino al ragazzo farò in modo  di fargli trovare i tuoi  in mensa per pranzo”
“Centomila crediti” disse l’uomo.
Cy non parlò, afferrò l’uomo dalla sedia e gli mise le mani al collo. Immediatamente come per magia Stir e Fix erano accanto a lui.
“Allora sei proprio stupido. Un umano stupido…” disse Stir.
“Voi non sapete neppure chi è giusto? Chi è in realtà… ho visto le sue foto, è cresciuto, ma sono sicuro è il figlio di George Kirk. Oggi è il suo compleanno… Pensa a quanto vale sul mercato degli schiavi di Orione… anche più di centomila crediti, posso arrivare a spuntarne anche cinquecentomila. Dividiamo”
La rabbia di Cy divenne incontrollabile.
“Fix, porta il ragazzino alla nave” ordinò.
“Cy che sta succedendo?” la voce impastata di Jim giunse debole.
“Niente ragazzino, andiamo… torniamo a casa” disse Fix sollevandolo quasi di peso dal divano.
“Ma…” cercò di protestare Jim mentre veniva trascinato fuori dal locale, subito prima che  si levassero urla disumane.
 
“Posso sapere cosa è successo nel bar?” chiese per l’ennesima volta Jim mentre armeggiava con i filtri dell’acqua, seminascosto dalla consolle.
“Niente di importante” rispose Cy con voce calma.
“Allora perché siamo partiti in  fretta e furia? Avevi detto che restavamo altri due giorni e che avevamo un altro carico” la voce di Jim era dura.
“Vieni  fuori di lì ragazzo, ti devo parlare”
Il tono di Cy indusse Jim a uscire da sotto la consolle.
“Sei Jim Kirk?  Sei  il bambino della Kelvin?” gli chiese l’uomo a bruciapelo.
Jim rimase un attimo senza fiato.
Per quattro anni nessuno gli aveva chiesto nulla, credeva di essere al sicuro ormai.
“Ha importanza?” chiese con un filo di voce.
Cy si sedette a terra accanto a lui.
“No… o meglio per me… per noi no. Ma maledizione ragazzo, sei il figlio del più fottuto degli eroi della Flotta e te ne stai rintanato in questa fogna da quattro anni? Dovresti essere all’Accademia della Flotta o in qualche altra maledetta scuola per cervelloni come te”
“Tu non sai niente… non conosci la mia vita…” rispose con amarezza Jim.
“E non voglio sapere se non vuoi dirmelo. Ma… non mi piacciono gli sprechi. E tu qui sei sprecato”
“Io non ho nulla Cy… nulla e nessuno che mi aspetti. Questo è l’unico posto che io possa chiamare casa” la voce di Jim si incrinò al ricordo di Hoshi, che ricacciò però subito indietro.
Cy sospirò.
“Stammi a sentire, ragazzino, è già da un po’ che ci penso… sono vecchio ormai e questa nave sta insieme solo a sputi e grazie a te” iniziò con voce incerta.
“Penso che sia il momento per noi di andare in pensione. Abbiamo messo da parte un bel gruzzoletto…” continuò.
Jim quasi sbiancò al pensiero.
“Ma gli altri… la nave…”
“La nave è vecchia lo sai anche tu… e gli altri… beh Stir e Fix hanno guadagnato abbastanza da potersi godere la vita, quelli più giovani si troveranno un altro imbarco”
“Ora…  io non voglio forzarti ragazzo, ma… insomma…” la voce di Cy era imbarazzata.
“Insomma io… vorrei… sistemarmi… sono vecchio e c’è una donna…”
“Quella con cui sparisci ogni volta che arriviamo a Cety Alfa? Vuoi mettere su famiglia” sorrise Jim.
“Sì insomma lei… una brava donna… ma siamo entrambi vecchi per avere figli nostri… e insomma… potresti venire a stare con me… se non vuoi far sapere chi sei posso darti il mio cognome. E ho abbastanza crediti da pagarti il MIT, così non saresti sprecato” Cy finì la frase di corsa, tutta d’un fiato.
Jim sorrise al pensiero.
“Jim Gentry. Suona bene no?” fece Cy.
Jim non rispose, completamente sopraffatto dalla proposta. Tutto si sarebbe aspettato, ma non questo.
“Non devi decidere subito. Abbiamo altri tre  viaggi da completare…” disse Cy alzandosi e uscendo.
“Questo significa che non comprerai il cristallo di dilitio?” chiese Jim cercando di scherzare.
“Se non la smetti di blaterare su questo maledetto cristallo lo compro, ma poi te lo ficco dove dico io”
 

Star Trek non mi appartiene.
Bene bene, i nostri sono arrivati finalmente?
Grazie a tutti per la lettura e come al solito mi fa molto piacere se mi dite cosa ne pensate della storia ( anche se ne pensate male).

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Capitolo 26
*** Una famiglia ***


Capitolo 26
Una famiglia

TARSUS IV
Data Stellare 2261.5.31
 
“Ho detto toglili subito le mani di dosso”
La voce familiare ed irata era ben nota a Jim, ma lui non riusciva davvero a credere che appartenesse a chi ricordava.
Ed invece dopo alcuni secondi un volto apparve nel suo campo visivo.
“Cy… ma che…” balbettò stupefatto con quel poco di voce che gli rimaneva, mentre Kodos non accennava ad allentare a presa al collo.
“Le consiglio di lasciare immediatamente il capitano. L’aggressione ed il rapimento di un membro della Flotta Stellare sono già crimini molto gravi”
La voce di Spock, dura tagliente ed assolutamente priva di emozioni colse Kirk ancor più di sorpresa.
Con la visione periferica che gli era permessa vide Scotty e Fix  entrare phaser spianati.
Cy e Spock erano già nella stanza tenendo sotto tiro gli altri presenti.
“Buttate subito le vostre armi in terra ed inginocchiatevi, mani sulla testa” intimò  il vulcaniano.
Tutti obbedirono, e vennero immediatamente disarmati da Scotty e da Fix, tranne Kodos che continuava a tenere le mani al collo di Jim, guardandolo quasi beffardo.
“Non lo ripeterò di nuovo: lo lasci subito” intimò di nuovo Spock puntando direttamente il phaser contro Kodos.
Ma il vecchio governatore fu più veloce.
Fulmineo estrasse il coltello dalla tunica che indossava e  posizionatosi alle spalle di Kirk gli tirò la testa all’indietro poggiandogli la lama alla gola.
“Non ti conviene” ringhiò Cy puntando anche lui il phaser contro Kodos.
Jim sentiva la lama premere sulla pelle sin quasi a ferirla. Una minima pressione alla giugulare.
“Penso che a voi non convenga. Basta un minimo scatto e potete dire addio al vostro prezioso capitano”.
“Il suo comportamento è del tutto illogico. Lei è solo e  ha almeno due phaser puntati contro. E se spera che arrivino gli altri mercenari a suo servizio sappia che sono stati già disarmati ed immobilizzati. Non ha via di scampo”
Kodos sorrise sempre più beffardo.
“Vero, ma prima che qualcuno di voi mi spari esiste la possibilità  che io tagli la gola al tuo capitano. Ti va di rischiare vulcaniano?”
Jim ansimando si guardò intorno cercando una via di scampo.
I suoi occhi incontrarono quelli di Spock e bastò uno sguardo di intesa.
“Va bene, abbassate le armi” intimò Spock.
“Ma che sta dicendo!!” urlò Cy infuriato.
“Fate come ho detto” intimò il vulcaniano con voce dura.
Dopo un attimo di indecisione Cy e gli altri si decisero ed iniziarono a poggiare le armi in terra.
Kodos ebbe un sussulto di soddisfazione e per un momento allentò la presa della lama sul collo.
Era l’attimo che Kirk aspettava.
Velocissimo colpì Kodos con una gomitata nello stomaco, sufficiente a farlo barcollare all’indietro.
Quasi nessuno dei presenti ebbe il tempo di accorgersi di Spock che si avvicinava e afferrava il polso di Kodos. A Jim parve di sentire distintamente il rumore dell’osso che si rompeva mentre il vulcaniano lo torceva sino a far cadere il coltello.
Poi  il vulcaniano afferrò Kodos per il collo, con una sola mano, e lo sollevò di parecchi centimetri d terra, schiantandolo contro il muro.
Era spaventosamente forte.
Jim ansimò pesantemente.
“Stai bene?” la voce di Bones arrivò all’improvviso, subito prima che il medico si materializzasse dal nulla, agitando  il suo tricoder come una bacchetta magica su Jim.
 “Io sto bene… pensa a Claire” sospirò il capitano, indicando la ragazza che guardava spaventata rannicchiata in un angolo.
McCoy si trattenne ancora un momento per controllare i segni vitali di Jim e poi si diresse verso Claire, non prima di aver lanciato uno sguardo furioso al suo migliore amico.
“Sei completamente disidratato e i tuoi livelli di zucchero nel sangue sono nel sottoscala. Spero tu sia contento. Questa non la passi liscia, marmocchio idiota”. sibilò sottovoce.
Mentre Tom e gli altri venivano immobilizzati Spock continuava a tenere, senza alcuno sforzo, Kodos per la gola sollevato dal pavimento di alcuni centimetri.
Le labbra dell’ex governatore stavano diventando blu e l’uomo boccheggiava per l’aria.
“La prego comandante, ce lo lasci solo  cinque minuti. Ci pensiamo noi” disse truce Cy mentre si avvicinava con Fix al suo fianco.
“Questo è omicidio… non potete farlo. James… James… io ti ho amato come un figlio lo sai”
“Lui per te è ‘capitano Kirk’ e non rivolgergli la parola, non guardarlo nemmeno” sibilò Spock con una furia che McCoy  aveva visto solo quando il vulcaniano aveva tentato di vendicarsi di Khan.
“Me lo lasci due minuti solo Spock. Ci penso io,  posso fare in modo che la Federazione non perda tempo e denaro per celebrare un processo contro questa feccia”  scandì Cy ridendo beffardo.
“James ti prego” sussurrò Kodos con il terrore negli occhi.
Jim si avvicinò.
“Lo lasci andare, signor Spock. Ha comunque diritto ad un processo equo” scandì Jim.
Spock lo guardò per un lungo attimo, prima di mollare la presa.
Kodos cadde in terra come un burattino cui avevano tagliato i fili.
Cy ne approfittò per mollargli un paio di calci ben assestati nello stomaco.
“Cy!!! Smettila!!!” intimò Kirk.
“Avevo capito che non  lo potevo uccidere, non che non potevo neppure prenderlo un po’ a calci” sorrise il vecchio mercenario.
“Piuttosto cosa ci fate tutti qui?” chiese guardando il gruppo.
“Cosa ci facciamo qui??? Siamo venuti a salvarti il culo, moccioso idiota… E te l’ho detto: questa non la passi liscia” urlò McCoy, mentre aiutava Claire ad alzarsi.
“Dottore le consiglio di esprimere la sua ira verso il capitano in un altro momento” fece Spock con la sua solita aria neutra.
“E voi? Come…” fece Jim verso Cy e Fix.
“Diciamo che è una specie di riunione di famiglia, solo con molte più armi” sorrise Cy mentre abbracciava Jim.
“Felice di vederti tutto intero, ragazzino” disse Fix, dandogli una grande pacca sulla spalla.
“Tanto non resta intero per molto tempo, ve lo assicuro. Come hai potuto? Come hai potuto lasciare la nave senza dire nulla? Come hai potuto nascondere a me, il tuo migliore amico, quello che stava succedendo…”
Jim rabbrividì nel guardare McCoy negli occhi, con tutto il dolore e la delusione che vi leggeva.
“Dottore, a costo di ripetermi, le sue  illogiche manifestazioni di fastidio verso il capitano possono aspettare” fece Spock mentre legava le mani di Kodos, incurante dei gemiti  di dolore che l’uomo emetteva a causa del polso rotto.
“Andiamo Spock, se non fosse per le ‘illogiche’ intuizioni del dottor McCoy a quest’ora saremmo dall’altro lato del pianeta. Fortuna che alla fine gli abbiamo dato retta sulla direzione da prendere” protestò Cy.
“Mi sa che sei nei guai fino al collo, ragazzino” ridacchiò Fix guardando McCoy che a sua volta sembrava sul punto di esplodere come una pentola a pressione.
“Lo so” ammise Jim cercando di evitare lo sguardo del medico.
Claire si avvicinò con passo incerto a Tom, ancora inginocchiato con le mani sulla testa.
“Sei uno schifoso traditore. JT avrebbe fatto meglio a lasciarti nelle mani della milizia, quel giorno” gli disse con odio.
Tom non rispose limitandosi a guardare un punto fisso davanti a lui.
“E ora che facciamo con questi qui? La navetta non ci può trasportare tutti” chiese Fix.
“Signori penso che abbiamo un problema più urgente” disse con urgenza Scotty che sino ad allora era rimasto praticamente in silenzio.
Poco dopo la stanza fa invasa dai Klingon.
 
 
Nave  Cargo DG667WC  Phoenix
Data Stellare 2252.5.20

“Insomma Cy, siamo bloccati qui in orbita da tre settimane. Tutto per dare retta al ragazzino e al suo capriccio del motore a curvatura” protestò Fix sbuffando ed agitando le antenne.
“Dobbiamo vendere la nave? E possiamo ricavare molto di più  se ha il motore a curvatura” ribattè Cy.
“Sì, un motore a curvatura messo insieme da un diciannovenne con mezzi di fortuna ed un cristallo di dilitio rubato”
“Rubato… l’ho vinto a carte” rispose ironico Cy.
“Barando, dopo che hai fatto ubriacare quel mercante” disse a sua volta Fix.
“La verità è che ormai quel ragazzino ti tiene in scacco. Gliele fai passare tutte” continuò l’oroniano.
“Sai bene che questa nave sta ancora in piedi grazie a lui. E non gli abbiamo dato granchè in cambio”
“Solo che questa storia sta diventando una ossessione per il marmocchio. Sta lì dentro da due settimane e non mangia quasi nulla. E dubito anche che  stia dormendo”  disse Stir indicando la porta, chiusa ermeticamente, del vano motore.
Un lampo di preoccupazione passò sul volto di Cy.
“Ragazzo vieni fuori di lì” disse  il vecchio mercenario azionando il comunicatore sulla parete.
“Non ho tempo Cy. Ho quasi finito” gracchiò in risposta Jim dopo molti minuti e varie chiamate.
 “Ti ho detto di venire fuori di lì, o ti vengo a prendere io e non ti conviene, credimi” intimò Cy con voce dura.
Dopo altri lunghi minuti la porta scorrevole si aprì rivelando un ragazzo completamente sporco di grasso, con i capelli scompigliati e gli occhi spiritati.
“Che c’è?” chiese Jim infastidito.
“Vai a lavarti ragazzo, puzzi. Mettiti in ordine, scendiamo sul pianeta per cena” fece Cy con aria disgustata.
“Non ho tempo. Devo finire qui. E poi non è che  tutti voi profumate tanto” chiosò Jim  girandosi per tornare al lavoro.
“Per caso ho chiesto la tua opinione? Non mi pare. Sono il comandante qui e ti sto ordinando di scendere con me sul pianeta. Ora puoi farlo volontariamente, oppure ti prendo a calci prima fino alla doccia e poi sino alla navetta. A te la scelta”
Jim valutò per un attimo la situazione. Quando Cy parlava così era meglio non contraddirlo.
“Ok… ma poi mi lasci in pace sino a che non ho finito” borbottò mentre si avviava verso le docce.
 
Il locale su Cety Alfa  era poco frequentato e scarsamente illuminato.
Cy e Jim presero posto ad uno dei tavoli sul fondo.
“Allora ragazzino. Secondo Stir non stai mangiando e non dormi. Non farmi pentire di averti procurato quel  cristallo” iniziò Cy.
“Stir dovrebbe proprio farsi i fatti suoi. Sto bene, devo solo finire il lavoro”
 “Sai bene che venderò la nave comunque. Non mi sembra il caso di prendersela tanto o di ammalarsi per questo motore su cui ti sei fissato”
“Non mi sono fissato. Se ha il motore a curvatura la Phoenix vale il doppio, non devo spiegartelo io” protestò Jim guardando  fisso a terra.
“A proposito… hai pensato a cosa vuoi fare? Alla mia proposta?” chiese Cy.
“Non molto in realtà…” bisbigliò Jim sempre guardando a terra.
Cy rimase in silenzio per un po’.
“Non voglio forzarti ragazzo. Ma devi comunque decidere cosa vuoi fare dopo. Non puoi stare rintanato nelle fogne per sempre. Te lo ripeto, non mi piacciono gli sprechi”
I due rimasero in silenzio per un po’.
“Senti ragazzo, aspetta qui. Io vado a procurare qualcosa da mangiare. E poi c’è qualcuno che voglio farti conoscere” disse alla fine il  mercenario.
Jim notò una certa incrinazione nella voce ed intuì subito la persona che doveva conoscere quella sera. La donna di Cy… la sua nuova madre secondo i piani del mercenario.
Improvvisamente il giovane si sentì agitato, senza motivo.
Cy l’aveva lasciato libero di decidere e in quei mesi non gli aveva fatto alcuna pressione. Ma Jim  iniziò comunque a sudare al pensiero di avere  di nuovo una famiglia.
Il pensiero corse subito ad Hoshi.
In quegli anni era riuscito ad avere solo notizie sporadiche della donna,  sapeva che aveva ripreso  l’insegnamento di xenolinguistica   e che lavorava all’Accademia della Flotta e che fondamentalmente stava bene, vista l’età.
Più volte era stato sul punto da  inviarle un messaggio, ma la paura di essere scoperto e di metterla nei guai era ancora forte.
Hoshi era stata quanto di più vicino ad una madre avesse mai avuto.
Perso nei suoi pensieri non si accorse della donna, occhi  verdi e capelli biondi, che lo fissava dall’altro lato della sala.
Cy stava discutendo seduto al bancone del bar con una donna di mezza età, molto ma molto formosa. La donna rideva felice mentre Cy le parlava ammiccando. Ogni tanto i due guardavano verso Jim e la donna gli lanciava grandi sorrisi.
Decisamente  il tipo di donna che piaceva a Cy, pensò Jim sorridendo di rimando.
Lo sguardò gli scivolò sul fondo della sala e solo allora la vide.
Era cambiata negli anni ed invecchiata, ma Jim non poteva dimenticare  quegli occhi, i capelli biondi.
Quando era piccolo una delle cose che amava di più era passare le dita fra quei capelli lunghi e lisci come la seta.
 E amava quegli occhi verdi, quanto avrebbe voluto  essere guardato da quegli occhi con amore, come veniva guardato Sam, suo fratello maggiore.
 Invece quei magnifici, tristi occhi verdi non lo  guardavano mai.
 Non lo guardavano quando orgoglioso le porgeva il fiore che aveva raccolto per lei, non lo guardavano quando le mostrava la pagella scolastica con tutti voti massimi, non lo guardavano mentre lei gli faceva auguri distratti ed indifferenti, subito prima  di chiudersi in camera per tutto il giorno, piangendo sulla morte di suo marito al posto di festeggiare il compleanno del suo bambino.
Quegli occhi non erano  con lui tutte le volte che era finito in ospedale per le percosse del suo nuovo marito, non erano lì ad accoglierlo quando era tornato da Tarsus.
Ma ora quegli occhi lo stavano guardando dal fondo della sala.
E Jim sapeva di essere stato riconosciuto, nonostante gli anni passati.
In fondo una madre riconosce sempre suo figlio.
“Mamma” bisbigliò fra sé e sé.
“Che c’è Winnie? Conosci quel ragazzo?” chiese l’uomo che sedeva accanto a sua madre.
Winona Kirk fissò Jim ancora per un momento.
 “No, non so chi sia” rispose alla fine la donna subito prima di alzarsi e uscire dal locale.
 
Cy Gentry  si svegliò la mattina successiva con un gran mal di testa, ma sodisfatto.
La serata era andata bene.
All’inizio Jim gli era sembrato un po’ strano, distante, ma poi aveva chiacchierato volentieri con Nancy e le aveva sorriso, mentre alla donna era bastato solo un minuto per innamorarsi del ragazzino.
Sì forse il suo progetto poteva davvero andare in porto, pensò soddisfatto mentre buttava le gambe fuori dalla cuccetta .
“Cy forse è meglio che scendi al vano motore” gracchiò la voce di Stir all’interfono.
Quando Cy Gentry arrivò a destinazione non potè fare a meno di rimanere a bocca aperta dalla sorpresa.
“Per la miseria… ce l’ha fatta…” borbottò orgoglioso, mentre guardava il nucleo a curvatura che pulsava nella camera isolante.
“E’ un piccolo fottuto genio” fece Fix mentre gli porgeva un biglietto, scarabocchiato con una penna vecchio stile.
Gli occhi dell’oroniano denotavano tristezza.
“Ovviamente il motore va testato. Non credo che potrà raggiungere più di warp tre, forse quattro. Grazie di tutto. Siete stati dei veri amici. Jim”
“Dov’è?” chiese Cy, conoscendo già la risposta.
“Se n’è andato” rispose triste Stir.
 
Star Trek non mi appartiene (ovviamente altrimenti sarei molto ricca e starei a Los Angeles a preparare Star Trek-Beyond). Come al solito grazie alla mia splendida beta e a Cladda, magnifica amica che con le sue recensioni rende la storia molto più profonda di quanto non sia. E come al solito se qualcuno vuole lasciare un segno del suo passaggio… benvenuto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 27
*** Minacce ***


Capitolo 27
Minacce


TARSUS IV
Data Stellare 2261.5.61
 
“Kirk… il tuo puzzo mi è giunto alle narici ancora prima di vederti” rise Kor mentre fronteggiava il giovane capitano.
Una ventina di Klingon aveva invaso la struttura e la sala ed immobilizzato tutti, ivi compresi  i due addetti alla sicurezza dell’Enterprise, con le mani legate dietro la schiena.
“Kor… vecchio amico, è sempre un piacere vederti” sorrise Jim, sfacciato e apparentemente indifferente.
“Cambierai idea fra un paio d’ore, quando ti avrò strappato gli occhi e la lingua” disse il Klingon scandendo le parole, subito prima di rivolgere la sua attenzione a Kodos.
L’uomo era ancora legato e stava fermo ed immobile a guardare la scena.
“Suppongo che tu non abbia quello che mi hai promesso” gli disse fissandolo feroce.
“Stava per rilevarmi i codici di accesso al sistema di difesa, ma…” balbettò l’ex governatore.
“Ma…ma… Devo ammettere la mia stoltezza nel fidarmi di un umano schifoso. Sei una nullità come tutti quelli della tua razza” Kor  guardò Kodos con  aria schifata.
“Ma posso fare in modo di non aver perso il mio tempo” sghignazzò guardando di nuovo verso Kirk.
Kirk vide distintamente il terrore dipingersi sulla faccia di McCoy.
“Devo evidenziarle che in base alla direttiva della Flotta n. 14.5, nessuno di grado inferiore ad Ammiraglio di prima classe è a conoscenza dei codici di accesso al sistema di difesa. Quindi né il Capitano Kirk né alcuno in questa stanza può rivelarli” scandì Spock con voce priva di emozione.
“L’Alto Consiglio celebrerà comunque il mio coraggio e la mia virtù se gli porto il vigliacco della battaglia di Qo’Nos”  rispose con ferocia Kor, avvicinandosi di nuovo al capitano.
Cy iniziò ad agitarsi.
“Senti stronzo puzzolente, perché non mi mostri il tuo coraggio? Slegami e vediamo che sai fare” fece con il suo sguardo più truce.
Kor a stento lo degnò di uno sguardo.
“Io non mi sporco le mani con un escremento umano” rise.
Kirk era apparentemente impassibile ed indossava la sua migliore faccia da poker.
”Non c’è né onore né coraggio nel consegnare un nemico che è stato catturato con l’inganno. E poi sei così sicuro che il tuo gesto verrebbe apprezzato dall’Alto Consiglio?” disse con la massima calma.
“Per quanto tu mi faccia ribrezzo, devo ammettere che sei un nemico apprezzato dall’Alto Consiglio” rispose, con una leggera sorpresa il Klingon.
“Non penso che la cattura a tradimento di un capitano della Flotta verrà apprezzato dal Cancelliere ora che ha avviato colloqui di pace con la Federazione” disse ancora Jim con il suo solito sorrisetto arrogante.
Tutti nella stanza si guardarono sorpresi.
“Stai mentendo!!! L’Impero non scenderebbe mai a patti con una razza inferiore e senza onore come quella umana” si inalberò.
“Beh…non ti resta che  scoprire  le reazioni del cancelliere quando gli porterai la mia testa” fece ancora Kirk con la massima calma.
McCoy si chiese una volta di più come faceva quel ragazzo a sembrare così sfacciato ed arrogante in tutte le situazioni, anche quelle più disperate.
“E come saresti a conoscenza di questi colloqui di pace?” sbottò Kor con un’aria a metà fra l’incredulo e il timoroso.
“Forse perché sono stato invitato a parteciparvi?” sorrise sempre beffardo Jim.
“Stai mentendo feccia!!! Ti strapperò la colonna vertebrale e ne farò una collana per la mia donna” urlò Kor.
“Se ne sei così sicuro…” fece ancora Kirk con la massima calma.
“Ucciderò tutti i tuoi amici e poi porterò la tua testa al  tavolo dell’Alto Consiglio su Qo’Nos” minacciò ancora una volta il Klingon.
“C’è un detto sulla Terra: can che abbaia non morde” ridacchiò Jim.
“Ora basta… mi hai stancato” disse alla fine Kor sguainando il pugnale rituale  che aveva nella fondina sul fianco.
Con calma studiata lo poggiò alla giugulare di Kirk.
Nella stanza cadde un silenzio terrorizzato.
 
McCoy era al di là del panico.
Guardava la scena che si svolgeva davanti a lui come  se stesse vivendo un brutto incubo, uno di quelli che di solito seguivano le sbronze più memorabili.
Lanciava sguardi disperati in direzione di Spock, nella assurda speranza di vedere in qualche modo il vulcaniano libero dai legacci, atterrando tutti quei maledetti Klingon.
Ma la speranza era ovviamente vana; tutti loro erano bloccati con le mani dietro la schiena ed i phaser puntati contro.
E   in aggiunta stava  anche assistendo ad una delle solite scene arroganti di Jim Kirk che si divertiva a stuzzicare ed insultare colui che poteva porre fine alla sua giovane vita in un attimo.
A McCoy sembrava quasi impossibile l’aria sfrontata con quel ragazzino idiota fronteggiava Kor;  sentì il cuore saltare un battito quando il Klingon estrasse il coltello e lo poggiò alla gola di Kirk.
Per un attimo nel silenzio assoluto gli sembrò di vedere anche Spock che tratteneva il fiato in attesa dell’inevitabile.
  Ma Cy non era stoico come Spock né tipo da restare in silenzio nonostante il terrore.
“Ehi tu, stronzo… è facile prendersela con chi ha le mani legate vero?  Ti ripeto: scioglimi e andiamo fuori, soli io e te, fammi vedere quanto onore hai…” urlò.
Kor si voltò con aria disgustata, ma prima ancora di capire l’errore commesso si ritrovò a parti invertite; Kirk con gesto fulmineo gli prese il coltello dalle mani e glielo puntò alla gola.
Nella stanza si levò un mormorio; McCoy guardò incredulo:  non era la prima volta che Jim tirava fuori un’acrobazia del genere, ma stavolta era propenso a credere  davvero che quello che si diceva sull’Enterprise del capitano era vero.
Era un mago. Come aveva fatto a liberarsi dai legami senza che nessuno, compreso Spock, se ne accorgesse?
 
“Ma cosa…” balbettò il Klingon, cercando di recuperare dalla sorpresa.
“Ora miei cari signori, se non volete che il sangue del vostro comandante finisca tutto sul pavimento, vi consiglio di mettere giù le armi” scandì Kirk verso la pattuglia Klingon con la massima calma. 
“Sparategli” ordinò Kor con voce dura, anche se Kirk lo sentiva tremare leggermente sotto le sue mani.
Jim fece schioccare la lingua e sorrise ironico.
“Come avete visto sono di mano molto, molto lesta. Prima che mi facciate fuori posso tagliare la gola del vostro comandante da parte a parte”
“Moriresti comunque” sibilò una delle guardie Klingon.
“Sì, ma avrei la soddisfazione di portarmi dietro il tuo comandante. In fondo non è neppure la prima volta che muoio. So cosa mi aspetta”
Jim sembrava assolutamente calmo.
Kor sospirò spazientito.
“Forse puoi avere messo in conto la tua morte, ma non quella dei tuoi amici. Sparate al medico” ordinò feroce.
Jim trattenne il sospiro.
Poteva sopportare tranquillamente l’idea di morire  proprio in quel momento e in quel posto, ma l’idea di vedere morire Bones davanti ai suoi occhi era del tutto insopportabile.
Istintivamente diminuì la pressione sul collo di Kor mentre vedeva una delle guardie puntare il phaser direttamente su McCoy, tarato per uccidere.
“Sparagli!!!” ordinò di nuovo il comandante Klingon.
Jim vide un lampo di terrore correre negli occhi del suo migliore amico e prese la sua decisione.
“Ok…” disse lasciando cadere il coltello e alzando le mani.
“JIM NO!!” urlò McCoy.
Kor subito approfittò per colpire il giovane capitano violentemente in volto.
“Uccidetelo!” urlò poi ai suoi uomini.
 
RIVERSIDE- Iowa
Data Stellare 2253.2.20
 
Jim si nascose dietro il grosso albero che fronteggiava la  fattoria.
Tutto era quasi identico a quando l’aveva lasciata, diretto a Tarsus, solo  più diroccato e malmesso.
Jim scrutò le finestre della costruzione a due piani per cercare di scorgere se ci fosse qualcuno in casa.
Secondo i suoi calcoli Frank doveva essere uscito dal carcere, ma non era sicuro che fosse tornato  a vivere lì. Non sapeva neppure se sua madre, dopo quello che era successo, si fosse presa la briga di divorziare ufficialmente da quella bestia, e se la donna stesse ancora scorrazzando nella galassia o si fosse decisa a tornare finalmente a casa, visto  che ormai non aveva più nessuno dei suoi due figli fra i piedi.
In realtà non sapeva neppure perché stava lì, di fronte alla casa che aveva lasciato quasi sei anni prima, perché era tornato in quel posto che era stato il suo incubo da bambino.
Gli tornarono in mente nette e brucianti le immagini di Frank, del suo odore di sigaretta misto all’alcool che beveva, dei pugni o degli schiaffi che prendeva se non faceva esattamente come gli diceva a quando glielo diceva. E poi gli insulti, le minacce, le bugie raccontate ai medici le rare volte che lo portava in ospedale dopo averlo massacrato. E l’indifferenza di sua madre, le rare volte in cui tornava a casa, quando lui o Sam cercavano di raccontare quello che combinava l’uomo a cui li aveva affidati.
Ma più bruciante ancora gli tornò in mentre l’immagine di suo fratello che camminava lungo il viale alberato, con il borsone in mano, senza voltarsi indietro mentre lui lo scongiurava di portarlo via.
“Ti prego Sam… ti prego… portami con te” aveva urlato e pianto, attaccandosi ai pantaloni del fratello nel vano tentativo di fermarlo.
 “Non posso, sei troppo piccolo. Resta qui e fai quello che ti dice, vedrai che te la caverai”
Suo fratello l’aveva lasciato così, inginocchiato nella polvere, a piangere e disperarsi. Non si era mai voltato indietro.
No, davvero Jim non riusciva a spiegarsi perché aveva preso la navetta per Riverside e si era ritrovato davanti alla fattoria di famiglia, quasi un anno dopo aver incontrato sua madre in quel bar su Alfa Cety.
Che sua madre non volesse avere niente a che fare con lui era chiaro, ma il ragazzo sentiva comunque un impulso irresistibile, come un magnete che ad un certo punto lo aveva attratto e costretto a tornare a ‘casa’.
 
“Chi cacchio sei??”
L’odore vomitevole di Frank giunse a Jim prima ancora della sua voce.
Con studiata lentezza si voltò e guardò l’uomo che gli stava di fronte.
Era invecchiato e appariva ancor più trasandato  di quanto lo ricordasse. Barba lunga, vestiti sporchi, nella mano il solito sacchetto di carta per nascondere la bottiglia di whiskey.
“Ah… guarda un po’ chi si vede… pensavo che ormai qualcuno ti avesse fatto fuori, piccolo bastardo” sbottò quando lo riconobbe.
Jim fronteggiò il suo patrigno.
Anche se era cresciuto e diventato molto più muscoloso e forte del vecchio che aveva davanti non poté fare a meno di provare un brivido nel vederselo davanti.
“E io credevo che qualcuno ti avesse fatto fuori in galera” rispose.
Frank ridacchiò.
“Ti piacerebbe eh? Invece sono ancora qui…”
“Dov’è Winona? Cosa ci fai ancora qui? Questa non è casa tua…” sbottò Jim, più per rabbia che interesse alla sorte di sua madre.
“Tua madre…non la vedo da anni. E dato che sono ancora suo marito ho tutto il diritto di stare in questa casa” rispose Frank barcollando verso l’entrata della casa.
“Questa era la fattoria di mio padre, tu non hai nessun diritto” gli urlò dietro Jim sempre più furibondo.
“E chi mi dovrebbe cacciare? Tu? Credi che non sappia che sei nei casini fino al collo? La Flotta ti sta ancora cercando…” Frank si girò minaccioso. “Sei il solito piccolo bastardello. Tua madre aveva capito perfettamente chi aveva messo al mondo. Tu e tuo fratello, degni figli di quella nullità di George Kirk. Perciò aveva lasciato la vostra educazione a me…”
L’insulto a suo padre provocò in Jim una rabbia incontenibile.
“Tu lurido ubriacone!!. Non hai nemmeno il diritto di nominare mio padre. Vivi a sbafo in casa sua, avanzo di galera”
Frank sollevò la mano, brandendo la bottiglia per colpire Jim, ma lui non era più un ragazzino inerme ed indifeso. Era  sopravvissuto a Tarsus, aveva vissuto per anni su di una nave mercenaria visitando pianeti.
Fulmineo afferrò in una morsa ferrea il polso e lo torse sino a far cadere la bottiglia.
La sorpresa ed il terrore si dipinse sul volto di Frank, mentre Jim lo afferrava per il colletto e lo sbatteva contro il grosso albero.
“Non sono più un bambino. Non puoi più  terrorizzarmi o picchiarmi. Tu sei un’autentica nullità Frank. E sai una cosa? Resta pure in questa casa, la casa di mio padre e ogni volta che ci entri ricordati  chi era lui e chi sei tu: un lurido ubriacone che picchia i bambini e non è capace neppure di procurarsi un tetto. Tu e mia madre vi meritate l’uno l’altra” gli sibilò in faccia.
Poi lo lasciò andare e guardò  mentre Frank si accasciava al suolo ansimante per la paura.
Aveva il cuore in tumulto mentre si girava per allontanarsi: cosa aveva creduto di trovare tornando lì?
Con la coda dell’occhio si accorse della presenza alle sue spalle.
Frank aveva raccolto la bottiglia e stava per colpirlo alle spalle.
Ma Jim non era più il piccino timido ed indifeso che il vecchio aveva conosciuto. Ormai era un giovane uomo addestrato al combattimento e alla sopravvivenza anche in condizioni estreme.
Si girò e colpì Frank con un pugno in faccia che mandò l’uomo in terra a gambe all’aria.
Dal rumore sordo che aveva sentito era quasi sicuro che gli aveva rotto il naso.
“Bastardo!!! Mi hai rotto il naso” confermò  l’uomo quasi singhiozzando  mentre cercava di fermare il sangue che gli usciva dal naso.
Jim vinse la tentazione di colpire nuovamente.
“Stammi a sentire bene Frank. Non incrociare mai più la mia strada, ti ho avvisato” scandì il ragazzo prima di girarsi ed andarsene.
 
Ora Jim se ne stava seduto immobile in un bar nel centro di Riverside.
Non sapeva cosa voleva o doveva fare e per la prima volta si pentì di aver mollato Cy e la Phoenix.
Ma come al solito la paura dell’abbandono aveva vinto.
Tutti quanti prima o poi lo lasciavano o tradivano in qualche modo.
Sua madre, suo fratello, gli zii su Tarsus, Hoshi; prima o poi  sarebbe successo anche con Cy e lui non poteva sopportare un nuovo abbandono, quindi aveva fatto quello che sapeva fare meglio: scappare.
Ma ora cosa poteva fare? I risparmi che aveva messo da parte prima o poi sarebbero finiti.
Mentre era perso nei suoi cupi pensieri l’attenzione venne attratta da una giovane donna che entrò nel locale accompagnata da un uomo alto e muscoloso. Era vestita con uno sgargiante e minuscolo costume rosso ed era semplicemente bellissima con i suoi capelli neri ed occhi verdi.
“Scusi potemmo avere due caffè?” disse con un forte accento russo.
Jim guardò fuori dalla finestra incuriosito e vide l’holocar parcheggiata sulla strada.
L’auto aveva sui lati  coloratissime scritte pubblicitarie ‘Circo di Mosca’.
“Possiamo  attaccare qui questi volantini?” chiese ancora la ragazza.
Il barista fece un cenno di assenso e la ragazza si avvicinò al posto dove era seduto Jim.
Mentre attaccava il volantino olografico rivolse un gran sorriso al giovane.
“Ciao… io sono Iryna. Vieni a vedere il nostro spettacolo? Siamo molto famosi e restiamo qui una settimana” gli disse suadente.
“Certo… piuttosto… per caso non è che avete bisogno di qualcuno che lavori per voi? Io so fare praticamente tutto”  rispose Jim con il migliore dei suoi famosi sorrisi

Star Trek ed i suoi personaggi non mi appartengono.
Sempre grazie alla mia beta e a Cladda, a chi legge e passa piacevolmente un po' di tempo e anche a chi legge e pensa "che schifezza di ff".
La storia volge davvero al termine, ma ci sarà tempo ancora per qualche sorpresa.
PS: Se qualcuno si chiede come fa Kirk a uscire dalle stanze, liberarsi dalle corde ecc ecc..... vi ho risposto?


 
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Capitolo 28
*** Perdonami se puoi ***


Capitolo 28
Perdonami se puoi
 

TARSUS IV
Data Stellare 2261.5.16
 
Dicono che quando stai per morire ti passa tutta la vita in mente, in un baleno, come un vecchio film lanciato a velocità folle.
Ma quello che  James Tiberius Kirk aveva in mente  negli ultimi istanti della sua vita era solo che sarebbe morto senza riuscire a salvare le persone a cui teneva.
Bones, Spock, Scotty, Cy e Fix, Claire, quasi tutte le persone cui teneva di più erano in quella stanza e sarebbero morte subito dopo di lui.
Aveva fallito, aveva dedicato quasi tutta la sua vita a proteggere le persone che amava e aveva fallito.
Cercò di  non chiudere gli occhi di fronte alla morte, mentre il Klingon si avvicinava e gli puntava il phaser, di non ascoltare le urla disperate di Bones, di non voltarsi a guardarlo per l’ultima volta. Non voleva mostrarsi vigliacco, non lo aveva mai fatto e  non lo avrebbe fatto proprio alla fine.
Il dito del Klingon  si contrasse sul grilletto e Jim mandò un ultimo disperato pensiero  alle persone che amava preparandosi al colpo e al dolore, nell’unica speranza che tutto finesse presto.
Ma il colpo non arrivò.
Al posto del sibilo del phaser sentì il ronzio familiare del teletrasporto e il luccichio di molte figure che si materializzavano nella stanza.
Due dozzine di camicie rosse  riempirono il locale,  davanti a loro si ergeva Sulu con uno sguardo feroce sul viso.
Prima ancora che i Klingon potessero capire cosa stava succedendo  erano già stati mandati al tappeto dai phaser delle guardie di sicurezza dell’Enterprise.
La leggendaria fortuna di James Tiberius Kirk aveva colpito ancora.
 
“Non avevamo vostre notizie, così abbiamo deciso di  seguirvi qui. Quando abbiamo visto lo sparviero Klingon abbiamo capito che qualcosa non andava e così siamo scesi dopo avervi individuato”
Sulu finì il suo racconto  in tono  quasi trionfale.
“Signor Sulu si rende conto di aver trascinato tutto l’equipaggio in un atto di ammutinamento?” chiese Jim, combattuto fra l’orgoglio per la fedeltà del suo equipaggio ed il timore di esporli ad azioni disciplinari.
“Capitano devo informarla di aver ‘messo ai voti’ la cosa, proprio in considerazione dei possibili risvolti. Se anche uno solo dei componenti dell’equipaggio si fosse opposto non avrei disobbedito agli ordini della Flotta. Ma tutti i quattrocento membri dell’equipaggio sono stati d’accordo con la decisione… non uno si è tirato indietro” rispose Sulu.
Jim sentì una  improvvisa ondata di commozione.
“Capitano cosa ne facciamo di loro?” chiese Spock guardando i Klingon che lentamente si riprendevano dallo stordimento.
  Jim fronteggiò Kor che cercava di conservare un minimo di dignità mentre si alzava barcollando.
“Bene, mio caro amico. A quanto pare non potrai portare la mia testa all’Alto Consiglio. Io però potrei fare dono della tua al Presidente della Federazione” ridacchiò.
“Non puoi farlo. Credi che non conosca i costumi di voi umani? Non avete il fegato di uccidermi… e se credi di farmi paura ti sbagli. La morte sarebbe una fine onorevole”
Jim lo scrutò per un lungo momento.
“Di questo sono sicuro. Ma non intendo darti soddisfazione e soprattutto non intendo provocare una guerra interplanetaria o compromettere i contatti di pace. Sai per quanto il tuo smisurato ego ti faccia credere importante la soddisfazione che mi provocherebbe la tua morte non vale la pena”
Poi sfilò il comunicatore dalla cintura del Klingon.
“Chiama la tua nave e sparite nel giro di dieci minuti. Altrimenti vi facciamo saltare in aria” scandì mentre glielo consegnava.
“Ci rivedremo. E me la pagherai Kirk” sibilò Kor mentre si smaterializzava insieme agli altri della sua squadra.
A Jim sembrò di sentire netto il respiro di sollievo di Bones.
“Come state?” chiese al medico che sosteneva Claire, visibilmente sconvolta.
“Bene, Jim” rispose la ragazza con un sorriso.
Nessun risposta invece dal medico.
“Bones, io…” provò Jim.
La reazione del medico lo lasciò di stucco.
“No Jim!!!Stavolta non te la cavi con un semplice ‘Bones’. E non ho proprio voglia di parlarti in questo momento” sibilò avviandosi all’esterno.
 
“Gli devi dare un po’ di tempo, capitano. Era terrorizzato quando sei sparito senza dire nulla. E poi abbiamo visto le immagini di Kodos che ti portava via incosciente…” disse Scotty con il suo forte accento scozzese, nel tentativo di consolare Jim che stava a guardare McCoy che girava spazientito nel piazzale davanti alla costruzione.
Il medico non si era girato una sola volta a guardarlo.
“Capitano,  i nostri addetti alla sicurezza hanno catturato tutti i mercenari che erano  ancora presenti nell’ex palazzo presidenziale, anche se la maggior parte di loro si era già allontanata quando sono arrivati. Ho fatto rafforzare le misure di sicurezza per le celle che dovranno ospitare Kodos e Leighton” fece Spock con impeccabile aria professionale.
“Molto bene signor Spock. Organizzi i  primi trasferimenti sull’Enterprise. Voglio lasciare questo posto il prima possibile” rispose Jim con un sorriso.
Spock si girò con eleganza, ma Jim lo fermò.
“Spock… volevo solo… insomma grazie” disse il giovane capitano.
“Prego…Jim. Ma devo concordare con il dottor McCoy sul fatto che allontanarsi dalla nave senza dare spiegazioni a nessuno e senza indicare la propria meta è stato un atto alquanto avventato. Penso che avremo comunque modo di chiarire tutto una volta tornati a bordo” il tono del vulcaniano era sempre uguale, ma Jim aveva imparato a leggere la tensione del suo primo ufficiale anche dall’atteggiamento del corpo. E sapeva che Spock era arrabbiato tanto quanto Bones.
“Te l’ho detto, ragazzo, sei nei guai fino al collo” ridacchiò Cy alle sue spalle.
“Anche tu sei incazzato con me?” chiese Jim con un grande sorriso.
“No, me ne hai combinate troppe in passato. Questo è stato  niente a confronto” rise ancora il vecchio mercenario.
“Ora  ce ne torniamo alla nostra bagnarola. E  vedi di non ficcarti più nei casini, sei un ragazzo grande ora” continuò l’andoriano.
“Cy… Fix… beh… io non so proprio come ringraziarvi”  Jim teneva gli occhi bassi.
Cy lo tirò rudemente fra le braccia.
“Ragazzino tu non devi ringraziarci. Noi per te ci saremo sempre. Ma tu devi imparare a contare sugli altri, su chi ti vuole bene. Non sei solo… non sei più solo” gli mormorò Cy in un orecchio.
“Ciao ragazzino. Abbi cura di te” Fix gli diede una grossa pacca sulla spalla prima di avviarsi verso il punto dove potevano essere teletrasportati vicino alla loro navetta.
“Salutami tutti e teniamoci in contatto” fece Jim salutando ancora Cy.
“Meglio di no ragazzo. Siamo mercenari… come ti ho già detto non è bene che un capitano della Flotta abbia contatti con tizi poco raccomandabili come noi” sorrise Cy avvicinandosi  a Fix.
Jim rise.
“Beh… io ho  sempre  avuto simpatia per i tizi poco raccomandabili, lo sai. Ci sentiamo presto Cy” disse mentre si smaterializzavano.
 
Jim aveva fatto in modo che lui, McCoy, Claire oltre che quattro guardie della sicurezza che sorvegliavano Tom fossero gli ultimi a  salire sulla nave, nella vana speranza di convincere il medico a rivolgergli almeno la parola. Ma neppure le chiacchiere e le spiegazioni di Claire, reclutata allo scopo, riuscivano ad abbattere il muro di dolore e rabbia che il medico si era costruito intorno.
“Potreste sciogliermi le mani? Non le sento più” chiese lamentoso Tom guardando verso Jim.
“Non è prudente capitano” intervenne uno degli addetti alla sicurezza.
“Non credo abbia molto spazio di manovra, tenente” Jim non poteva proprio fare a meno di  preoccuparsi ancora per il vecchio amico e fece un cenno di assenso.
McCoy gli lanciò uno sguardo furibondo mentre la guardia liberava le mani di Leighton, ma ancora una volta non disse una parola.
“Capitano siamo pronti per trasportarvi a bordo” la voce di Spock giunse forte dal comunicatore.
“Bene andiamo” disse Jim avviandosi verso lo spiazzo.
“Pensi che sulla tua nave ci sia qualcuno che possa porre rimedio al disastro che sono diventati i miei capelli?” chiese Claire sorridendo radiosa.
“Beh… non abbiamo un parrucchiere ufficiale, ma sicuramente Nyota Uhura, il capo del reparto comunicazioni, potrà darti una mano”
“Speriamo… ma tu guarda queste unghie…ho un concerto  a Las Vegas la settimana prossima, non ce la farò a rimettermi in ordine” continuò lamentosa Claire.
Jim rise di gusto alla vista della ragazza che si guardava sconsolata il vestito lacero.
“Mi è costato una cifra esagerata…”
“Ne compreremo un altro. Facciamo una tappa alla Base Stellare 9, ho un’amica lì che…” Jim si interruppe a metà frase.
“FERMO” urlò una delle guardie mentre Leighton correva verso la scogliera.
“NO!!! NON SPARATE” urlò  a sua volta Kirk mentre quasi tutti, ivi compreso McCoy, impugnavano i phaser.
Tom si fermò giusto  davanti  ad una piccola ringhiera posta a protezione dello strapiombo  sulla  scogliera e si voltò verso  Jim che si era messo davanti a tutti.
“Bene siamo alla resa dei conti vero JT?” disse l’uomo quasi sorridendo.
“Tom, cosa vuoi fare?” chiese anche se la risposta era ovvia.
“Credi davvero che passerò la mia vita in prigione? Andiamo JT mi conosci meglio di chiunque altro”
Mentre parlava Tom salì sulla piccola ringhiera, senza smettere di guardare Jim negli occhi.
“Per favore Tom, non farlo, vedrai…” balbettò il giovane capitano.
Claire e McCoy lo avevano raggiunto  e stavano a guardare muti la scena.
“Vedrai cosa JT? Metterai una buona parola per me con il giudice? Mi verrai a trovare in galera? Mi perdonerai? Sempre così dannatamente eroico e generoso” scandì Tom quasi con disgusto.
Poi senza smettere di guardare Jim negli occhi si inclinò verso il basso.
Jim reagì d’istinto, schivò la presa di McCoy che cercava di trattenerlo e si lanciò in avanti, riuscendo ad afferrare il braccio di Tom all’ultimo secondo.
Ma la forza di gravità, leggermente più forte su Tarsus, ed il peso lo sbilanciarono in avanti.
In meno di un secondo il giovane capitano si ritrovò penzoloni sullo strapiombo , al di là della  ringhiera, una mano bloccata stretta al ferro e l’altra che teneva stretta la mano di Tom.
“JIM… aiuto!!! Qualcuno mi aiuti” la voce di McCoy era colma di paura, mentre il medico stringeva con tutte e due le mani il polso di Jim.
Ma il peso e la gravità erano troppo forti e gli altri non potevano essere di aiuto vista la posizione.
“Jim, non ce la faccio a tenerti…” sibilò McCoy rosso per lo sforzo.
“Capitano, lo deve lasciare, altrimenti la trascinerà giù” disse una delle guardie affacciandosi alla ringhiera.
“Jim ti prego…” supplicò con voce rotta McCoy.
“NO” urlò in risposta Jim stringendo ancora di più  la mano di Tom.
Ma sentiva che le forze gli stavano venendo meno e la presa scivolava sempre più.
“Tom cerca di tenerti… resistiti” balbettò.
Leighton lo guardò fisso e per un attimo Jim rivide gli occhi del suo amico, del ragazzo che correva con lui e Kevin per i campi di grano di Tarsus, che si allenava con lui sotto la guida del padre, che aveva sofferto con lui nella terribile carestia. Per un breve attimo Tom Leighton tornò d essere solo questo.
“Mi spiace JT. Cerca di perdonarmi davvero se puoi” sussurrò l’uomo prima di aprire la mano e mollare di proposito la presa, lasciandosi cadere nel vuoto.
 

SAN FRANCISCO- SEDE DI STARFLEET
Data Stellare 2258.10.11
 
Il capitano James Tiberius Kirk si guardò ancora una volta nel riflesso  di un vetro, accarezzando con la punta delle dita le strisce dorate che gli avevano appena appuntato sull’uniforme.
Stava vivendo un sogno ad occhi aperti. Era il capitano della nave ammiraglia, il più giovane capitano nella storia delle Flotta, un cadetto appena laureato.
Durante la cerimonia che si era  da poco conclusa si era conficcato più volte le unghie nel palmo della mano per accertarsi di non stare sognando.
Ma non stava sognando.
Era circondato dai suoi amici, dal suo equipaggio, festante, e da una marea di gente sconosciuta che faceva a gara per stringergli la mano e scattare qualche ologramma con lui. Un tempo la cosa l’avrebbe esaltato, ma ora  quasi gli dava fastidio, non vedeva l’ora di liberarsi di tutti loro e andare incontro alla persona che lo guardava sorridendo, ferma sul lato della sala.
“Io mi accerto che Pike stia bene, ci vediamo al bar all’ora stabilita” gli disse McCoy tirandogli la manica per attirare la sua attenzione in quella bolgia infernale.
McCoy e Uhura avevano organizzato una serata formidabile nel pub più esclusivo della città, ettolitri di alcol e panini a volontà per festeggiare le loro assegnazioni.
  “Ok Bones, abbi cura di Pike, mi raccomando” sorrise Jim salutando di nuovo con un cenno ed un sorriso il suo mentore, seduto sulla hoverchair.
Il cuore gli si stringeva ancora un po’ a quella vista, ma Bones gli aveva assicurato che con il tempo sarebbe tornato a camminare, sia pure appoggiandosi ad un bastone probabilmente.
Ma ora tutta la sua attenzione era rivolta all’anziana donna che lo stava aspettando.
“Ciao Hoshi san” le disse avvicinandosi.
“Ciao bambino mio” rispose la donna con gli occhi pieni di lacrime.
 
Finalmente, dopo un lungo girovagare nel tentativo di seminare il codazzo di giornalisti che lo seguiva ovunque, Jim trovò un piccolo bar tranquillo.
Lui e Hoshi avevano preso posto in un tavolino riparato in fondo alla sala.
“Anche se devo ammettere che l’ultima cosa che mi sarei aspettata nella vita di vederti indossare, devo dire che l’uniforme ti sta benissimo”
“Grazie Hoshi san. Le cose cambiano nella vita eh?” rispose Jim sorridendo.
“Non tutte. Sei sempre bellissimo e sei sempre il mio orgoglio” fece la donna provocando un improvviso rossore al giovane capitano.
Jim aveva indicato solo lei come familiare da invitare alla cerimonia. Aveva anche tentato di invitare Cy e gli altri della Phoenix, ma non era riuscito a rintracciarli.
Poco prima dell’inizio della cerimonia Kirk aveva visto l’anziana donna discutere animatamente con Archer. Sapeva che la loro lunghissima amicizia si era interrotta per colpa sua e questo gli dispiaceva.
“Allora… ti  hanno nominata ambasciatrice…. Te lo meriti davvero” provò a sdrammatizzare il giovane.
“Più che altro è una cosa simbolica. Non posso più scorrazzare alla mia età per la galassia” rise Hoshi.
“Sei sempre una giovincella”
I due rimasero in silenzio per un po’ godendo della reciproca compagnia.
“Jim… noi forse dovremmo finalmente parlare di quello che è successo realmente su Tarsus” disse poi l’anziana donna, guardando con intensità la tazza di tè che aveva davanti.
Jim sentì lo stomaco ribellarsi. Sapeva che prima o poi Hoshi e lui dovevano affrontare l’argomento, ma non gli andava. La donna era l’unica persona della sua infanzia  verso cui provava affetto e non voleva privarsi di quel sentimento per nulla al mondo.
“Ti prego Hoshi non mi va di parlarne. E’ passato tanto tempo e ho fatto molta fatica a dimenticare”
Hoshi lo guardò con le lacrime agli occhi.
“Jim… credi che io voglia farti ricordare? La verità potrebbe allontanarti definitivamente da me… credi che io voglia questo? Che voglia farti soffrire? Ma ci sono cose…”
“Ti prego Hoshi….” balbettò Jim la voce quasi rotta dall’emozione.
L’anziana donna rimase in silenzio a guardare il ragazzo di fronte a lei.
Era cambiato molto rispetto al breve periodo che aveva vissuto con lei.
Sempre irascibile, immaturo, sfrontato e  spericolato, ma finalmente consapevole delle sue doti e potenzialità.
Aveva trovato una strada nella Flotta e si chiese chi era  lei per negargliela, proprio ora che aveva raggiunto il successo. Ma quel giovane doveva sapere la verità, si meritava di sapere la verità.
Combattuta,  Hoshi alla fine trovò un compromesso.
“Facciamo così” disse tirando fuori dalla tasca un piccolo chip di dati.
“Qui c’è tutto quello che devi sapere. La scelta se aprire il file oppure no la lascio a te, ma devi promettermi che se mi capita qualcosa, se avrai bisogno di un’arma contro di loro, lo userai. E mi devi anche promettere che al più tardi comunque lo aprirai se mi dovesse succedere qualcosa,  o alla mia morte”
“Cosa sono questi discorsi? Non mi piacciono”
“Jim tu devi sapere la verità. Anche se poi mi odierai hai diritto di saperla”
“E se non volessi saperla? Se volessi dimenticare tutto?”
Hoshi si sporse in avanti per carezzare leggermente la guancia del giovane.
“Jim… questa storia è molto più grande di me o di te. Ci sono cose che…” iniziò.
“Ad esempio che Kodos è vivo? Lo so, ma cerco di non pensarci più”
“Jim… c’è anche più di questo. Prendi il chip. Io spero davvero che tu lo apra solo alla mia morte, ma se dovesse servirti, non esitare. Nella Flotta non c’è solo Pike. Ci sono molti altri a cui tu dai fastidio, credimi”
“Stai parlando di Archer?”
“No Jim. C’è molto di più di quanto tu possa immaginare. Tieni il chip ed usalo quando vuoi o quando devi, mi fido di te” disse alla fine Hoshi stringendo il chip nella mano di Jim.
“E ora dimmi… è vero che il vulcaniano ti ha spedito su di una capsula su Delta  Vega e poi ha cercato di strangolarti sul ponte?” chiese allegra.
Mentre Jim dopo aver infilato in tasca il chip chiacchierava allegro raccontando le sue gesta Hoshi sperò con tutto il cuore che quel ragazzo non fosse costretto ad aprire il file prima della sua morte.
Non  era certa di poter sopportare l’odio di Jim.
 
Quest’ultima scena, per chi non avesse visto il primo film, è ovviamente  ispirata allo stesso e quindi si svolge  subito dopo la cerimonia in cui Kirk viene promosso a capitano dell’Enterprise.
Siamo davvero alla fine e questo è l’ultimo capitolo in cui ci sono flash-back.
Ne manca  ancora uno, o forse due, se  mi accorgo  che l’ultimo è troppo lungo.
 Ovviamente ogni cosa sarà chiarita ( spero) e ogni cosa avrà un epilogo (spero).
Sin da ora ringrazio chi ha letto, chi ha recensito, chi ha messo la storia fra le preferite seguite e ricordate. E ovviamente grazie alla  mia beta e a Cladda. L’accoglienza è stata davvero buona  per essere una prima storia in questo fandom. Grazie davvero.
A presto con… le ultime emozioni.

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Capitolo 29
*** La giustizia dei vivi ***


Capitolo 29
La giustizia dei vivi

Nave Stellare USS Enterprise
Data Stellare 2261.5.16
 
Spock  sembrava quasi  mostrare segni di impazienza mentre aspettava, in sala teletrasporto, che Scotty azionasse i comandi per teletrasportare Jim e gli altri dalla superficie del pianeta.
Quello che era successo su Tarsus poco dopo che aveva fatto rientro sulla nave aveva spiazzato anche il vulcaniano.
McCoy gli aveva riferito di quanto il suicidio di Leighton avesse sconvolto il capitano ed il fatto gli era inizialmente sembrato illogico; dopo tutto quell’uomo aveva tradito Kirk e lo aveva consegnato al suo peggiore nemico.
Il rimpianto per la morte di un traditore non era logico per un vulcaniano. Ma Jim era Jim, e Spock  ormai aveva imparato a capire che nonostante tutto il capitano vedeva in Thomas Leighton sempre e comunque il suo amico di infanzia.
Poco prima che la squadra si materializzasse sulla piattaforma fecero il loro ingresso nella sala Uhura  e Chekov; tutti sembravano impazienti di rivedere il loro capitano. Spock si meravigliò immediatamente per la mancanza di Riley, ma non ebbe il tempo di riflettere, posto che il solito sfarfallio annunciò  l’arrivo della squadra.
Neppure il tempo di rimaterializzarsi che Kirk venne quasi buttato a gambe all’aria da Uhura in un abbraccio travolgente.
“Non farlo mai più!” quasi gli urlò con voce commossa.
Jim le sorrise restituendo l’abbraccio, ma McCoy si accorse subito che il sorriso non raggiungeva i suoi occhi. Il giovane era stato decisamente traumatizzato dalla morte di Leighton, molto più di quanto non fosse per il resto delle cose che aveva dovuto affrontare in quei giorni.
McCoy aiutò Claire a scendere dalla piattaforma e l’affidò alle cure di una delle giovani guardiamarina presenti, mentre il resto della squadra di comando salutava il capitano.
Il più affettuoso di tutti appariva Chekov, sembrava un cucciolo che faceva le feste per il padrone appena tornato.
“Stai bene capitano? Tutto bene? Davvero tutto bene?” chiedeva continuamente  agitandosi attorno a Jim.
“Sì Pavel. Sto bene, grazie a tutti voi” rispose Jim, ma ancora una volta il sorriso che comparve sulle labbra non raggiunse i suoi occhi.
“Dov’è Kevin?” chiese poi Kirk girando lo sguardo nella stanza.
“Avete detto che sta bene… dov’è?” chiese ancora mentre sentiva una morsa gelata nello stomaco.
“Ho lasciato il tenente Riley poco fa, mi ha detto che sarebbe venuto anche lui qui…” rispose perplesso Spock.
“Dov’è Kodos?” fece Jim mentre una intuizione spaventosa si faceva strada in lui.
“Nelle celle di sicurezza. Ho rafforzato le misure come mi aveva…”
Spock non riuscì  finire la frase perché Jim si era già precipitato fuori correndo.
 
Il turboascensore sembrava metterci un’eternità a raggiungere i livelli inferiori, dove erano posizionate le celle di sicurezza.
McCoy era riuscito ad infilarsi appena prima che le porte si chiudessero e ora non poteva fare a meno di guardare Jim preoccupato.
“Jim… ma cosa sta succedendo?” chiese a fil di voce.
Ma Jim non rispose, picchiettando nervoso le dita sulle porte del turboascensore.
Finalmente un sibilo annunciò l’arrivo  a destinazione.
Il giovane capitano non attese neppure la completa apertura delle porte, si infilò fra le stesse e prese a correre verso le celle.
 
La vista che accolse Kirk entrando nel reparto di detenzione lo lasciò senza fiato.
Le guardie di sicurezza erano ferme a guardare la scena con gli occhi sbarrati.
“Capitano… mi spiace signore… ha chiesto di vedere il prigioniero, io davvero non credevo che potesse…” balbettò il tenente Market vedendo Kirk.
Jim non lo stava a sentire. Tutta la sua attenzione era rivolta alla cella di fronte a lui.
All’interno c’era il corpo di Kodos, steso terra con gli arti scomposti, ed un’enorme macchia di sangue che si allargava sotto di esso. 
Gli occhi sbarrati a guardare il soffitto e la gola tagliata da un orecchio all’altro.
Jim si costrinse a camminare e ad avvicinarsi a Kevin, fermo immobile accanto al corpo di Kodos con ancora il coltello insanguinato in mano.
“Oh Kevin…” balbettò mentre dolcemente gli toglieva l’arma dalle mani.
McCoy si inginocchiò accanto al corpo, ma scosse subito il capo; era evidente che non c’era nulla da fare.
“Mi spiace Jim… ma sai… i morti non si preoccupano della giustizia dei vivi” disse Kevin con voce flebile, mentre Jim lo conduceva fuori.
 
“L’ho sedato. Dormirà per un bel po’” informò McCoy uscendo dalla infermeria dove avevano portato Kevin.
“Certo che sarà difficile spiegare tutto questo al Comando di Flotta” sospirò Sulu.
“Come se non avessimo già da spiegare altre cose” quasi rise amara Uhura.
Ma Jim non aveva voglia di ridere.
La situazione era sempre più fuori controllo.
Il suo equipaggio, dal primo all’ultimo membro, era a rischio corte marziale per aver disobbedito agli ordini pur di salvarlo, lui stesso poteva finire sotto processo per aver abbandonato la nave senza dare spiegazioni e Kevin rischiava la galera per aver ucciso un prigioniero sotto custodia preventiva.
Tutto il suo mondo, le cose  per cui aveva lottato, gli uomini e le donne che aveva sempre tentato di proteggere erano in pericolo e non c’era nulla che lui potesse fare.
Quello che era accaduto lo lasciava sbalordito; preso dagli eventi di quei giorni non aveva neppure avuto il tempo di pensare alla morte di Hoshi ed ora doveva affrontare il pensiero del tradimento di Tom e della sua morte, la rabbia ed il dolore del suo migliore amico, la possibilità di perdere il comando della sua nave e di vedere i suoi ufficiali degradati. E la concreta possibilità che Kevin finisse in galera o in clinica psichiatrica per molti anni.
Sopraffatto dai pensieri neppure si rese conto che si era avviato automaticamente verso la camera mortuaria.
Cercò di ignorare il corpo di Kodos steso sul tavolo delle autopsie e si avvicinò invece alla bara in metallo che giaceva sul lato della sala.
“Hoshi san… che devo fare?” si ritrovò a chiedere mentalmente.
“Promettimi che alla mia morte… se avrai bisogno di un’arma contro di loro”
Il chip che gli aveva dato Hoshi il giorno della sua nomina a capitano.
Lo aveva chiuso in un cassetto della scrivania e non ci aveva pensato più.
Ma ora era arrivato il tempo di aprirlo.
 
 
 
Con la mano che gli tremava Jim inserì il chip nel data padd del suo alloggio.
Subito sullo schermo comparve la figura esile di Hoshi, i lunghi capelli argentati sulle spalle ed il solito sorriso dolce.
Jim sentì le lacrime salire alla vista della donna che aveva amato come una madre. Quasi non gli sembrava vero che ora fosse chiusa in una bara nella camera mortuaria.
La figura sullo schermo  parlò con voce bassa e tremula.
Caro Jim…  mi rendo conto che forse dovrei parlarti dal vivo di quello che sto per dirti. Ho provato credimi, tante volte, ma quando vivevi con me eri troppo giovane e poi… beh non ho mai trovato il coraggio. Sono stata vigliacca, ma la paura del tuo odio mi ha bloccata.
Perché probabilmente quando avrai finito di ascoltarmi tu mi odierai. Ma devi sapere la verità. Meriti di sapere cosa è realmente accaduto su Tarsus, lo meriti tu e tutte le persone che sono morte lì.
Prima però devi  renderti conto, bambino mio, che quando l’allora capitano Alexander Marcus, Kodos, io e gli altri della sezione 31 abbiamo deciso di creare l’Accademia di Tarsus la Terra, l’intera Federazione e la Flotta erano in pericolo.
Almeno credevamo davvero che il mondo come lo conosciamo fosse in pericolo e che per proteggerci erano necessarie misure estreme. Che fosse necessario il ricorso a misure estreme, ad armi create appositamente, a soldati forgiati e cresciuti al solo scopo di proteggerci dai nemici, sia interni che esterni.
Anche io ho creduto alla bontà del progetto; quando ho aderito ed accettato di far parte della sezione 31 l’ho fatto nell’assoluta convinzione che fosse  necessario, che quello che facevo lo facevo per il bene del mio mondo.
Ma ovviamente mi sbagliavo.
Lentamente quello che doveva essere un luogo destinato a creare i difensori della Terra e della razza umana è diventato il regno di un folle sanguinario.
Avrei dovuto accorgermi prima di quello in cui si stava trasformando Robert e tutta la sezione 31. Sono stata vigliacca e ho chiuso gli occhi davanti alla realtà, perché non volevo credere che tutto ciò per cui avevo lottato si era trasformato in violenza e terrore.
Le rare volte in cui ho cercato di mettere al corrente la Flotta ho ricevuto solo rifiuti; nessuno ha mai avuto intenzione di scoperchiare la pentola dello scandalo. Perché la sezione 31 non è una organizzazione clandestina. E’ nata e cresciuta perché la Flotta e l’intero comando l’hanno voluta e la stanno mantenendo  da anni
Jim vide sulla schermo la faccia di Hoshi diventare ancor più pallida.
“Ho cercato di fermare il genocidio, Jim, ma Robert era orami impazzito. E la Flotta lo sapeva, ma non  è intervenuta perché avrebbe dovuto ammettere chi era veramente Kodos, l’esistenza della sezione 31 e cosa c’era su Tarsus IV.
E quando sono arrivata alla Base Stellare dopo essere scappata con la navetta nessuno nella Flotta, a parte Archer, mi ha aiutata.  Ho impiegato messo quasi tre mesi per convincerli ad intervenire. Mi hanno costretta ad aspettare e hanno ritardato il loro intervenuto nella speranza che tutto si risolvesse  da sé, che Kodos finisse ucciso dai suoi stessi uomini. Solo quando ho minacciato di rilevare alla stampa tutto con l’aiuto di Archer, si sono decisi, ma era tardi… troppo tardi.  Sapevano bene anche che Kodos non era morto, ma non lo hanno cercato, non potevano e non volevano.
Mi spiace Jim, mi spiace davvero per quello che ti è successo… è solo colpa mia… so che ora mi odierai, ma io….”
La voce di Hoshi si ruppe in un pianto disperato e lo schermo si oscurò per poi riprendere dopo alcuni secondi.
Hoshi appariva ancora pallida e tirava su con il naso.
“Non ti  fidare di loro Jim, non ti fidare della Flotta, ad eccezione di Pike e, forse, di Archer. Nel file allegato ci sono i nomi di tutti quelli che hanno fatto e tutt’ora parte della sezione 31. E… Jim… un’ultima cosa, la più importante… il nome di Kodos, il vero nome….”
 
 
Star Trek non mi appartiene. Come vedete ho suddiviso l’ultimo capitolo… quindi a breve la conclusione. Spero di non avervi annoiato troppo.
 
Saluti a tutti

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Capitolo 30
*** La lunga strada verso casa ***



Capitolo 30
La lunga strada verso casa

 

NAVE STELLARE USS ENTERPRISE

Data Stellare 2261.5.16

 

“Ammiraglio Barnett, Ammiraglio Archer, Ammiraglio Martens”

Il capitano dell’Enterprise salutò formale il trio sullo schermo.

James Tiberius Kirk stava seduto  al tavolo della sala tattica circondato dalla sua squadra di comando e sullo schermo c’era lo stato maggiore della Flotta.

“Kirk, si può sapere cosa è successo? Che significa che Kodos era vivo? Che poi è morto ‘inciampando’ e cadendo sul filo spinato?” chiese furibondo Barnett.

“Mi spiace se nel rapporto non sono stato chiaro ammiraglio, ma credevo di aver esposto tutte le circostanze dettagliatamente”

“Dettagliatamente? Vuoi davvero farmi credere che questo fantomatico uomo che dici essere Kodos è morto per un incidente???”

L’espressione di Jim era assolutamente neutra, una perfetta faccia da poker.

“L’identità di Kodos è stata accertata senza ombra di dubbio. Ho effettuato personalmente  l’esame del DNA” intervenne McCoy.

Barnett se possibile divenne ancora più furioso.

“Dottor McCoy non credo sia stato autorizzato a parlare. Dato per ammesso che fosse veramente  Kodos credi, Kirk, davvero che io mi beva la storia della morte accidentale?”

“Ammiraglio io non le chiedo di bersi nulla che non sia la verità. Le circostanze della morte dell’ex governatore sono tutte esposte nel rapporto che le ho inviato”

“Circostanze che non cancellano il fatto che ti sei allontanato dalla nave senza giustificazione, che alcuni  ufficiali ti hanno seguito mentre il resto dei tuoi uomini  ci ha preso in giro per settimane con la storiella del guasto tecnico per non rientrare sulla Terra e poi non contenti hanno violato lo spazio aereo di un pianeta in quarantena” elencò Barnett.

“Questa è insubordinazione bella e buona. Vi aspetta la corte marziale” intervenne Martens.

Jim restò assolutamente calmo ed indifferente.

“Come disse qualcuno, signore, circostanze eccezionali giustificano misure eccezionali” rispose citando la frase preferita da Marcus.

L’unico che era rimasto in silenzio sino  quel momento era Archer.

“Jim non puoi davvero credere che la Flotta si accontenti di quello che c’è scritto nel tuo rapporto…” intervenne.

“Infatti signore mi aspetto una completa indagine e se dovesse emergere la responsabilità di qualcuno nella morte di Kodos, non potrebbe che essere mia. Ma credo che a quel punto tutti verrebbero a conoscenza della mia ‘triste’ storia su Tarsus” scandì con calma.

Quasi tutti i presenti nella sala tattica, eccetto ovviamente Spock, ebbero un piccolo balzo di sorpresa. A cosa era disposto Kirk pur di proteggere i suoi uomini ed in primo luogo Kevin?

Archer  iniziò a ridere piano, intuendo il gioco.

Quale giudice avrebbe condannato l’eroe della Federazione, vittima da bambino di tanta brutalità per aver ucciso il suo carnefice?

“Attento Kirk stai camminando su di una lastra di ghiaccio molto sottile” ringhiò Barnett sempre più rosso in volto.

I tre ammiragli si guardarono per un lungo momento. In fondo a nessuno conveniva battersi per la morte di un folle omicida.

“Va bene Kirk. Ma mi aspetto un rapporto molto più dettagliato di quello che ci hai inviato. Rientrate immediatamente sulla Terra” borbottò alla fine Martens.

“Certo signore, ma ovviamente  mi aspetto anche che  il mio equipaggio non abbia a soffrire conseguenze da quanto accaduto” continuò imperterrito Kirk.

“Cosa??? L’insubordinazione è reato da corte marziale” urlò inviperito Barnett alzandosi dalla sedia.

“Certo signore, ma bisogna considerare che l’hanno fatto per salvare me. E poi signore… nel corso del processo sarei costretto a testimoniare e probabilmente a rivelare il vero nome di Kodos, il commodoro Robert April”  

Tutti e tre gli ammiragli sbiancarono all’istante.

“Ah Hoshi…” bisbigliò Archer fra sé e sé.

Nella sala tattica dell’Enterprise era caduto un silenzio di tomba.

Tutti conoscevano il nome di Robert April; era stato il primo capitano dell’Enterprise NX- 01, un vero eroe della Federazione.

  “Ci stai ricattando Kirk?” scandì Barnett.

“Senza giri di parole, direi di sì, signore, se questo è necessario per salvaguardare il mio equipaggio”

I tre sullo schermo si guardarono di nuovo.

“Avrete tutti note di demerito sui vostri files. E mi aspetto che non succeda mai più” Fece alla fine sconfitto Barnett, per poi chiudere la comunicazione senza neppure salutare.

Tutti nella sala tattica dell’Enterprise tirarono in sospiro di sollievo.

 

Jim Kirk aveva giocato d’azzardo e vinto di nuovo.

Ma mentre tutti gli altri si guardarono con sollievo il giovane capitano si alzò quasi traballante.

“Signor Spock lasciamo l’orbita fra 12 ore. Ha il comando” disse uscendo senza guardare nessuno.

 

Ormai era notte fonda sul pianeta e sull’Enterprise.

McCoy aveva invano atteso Jim in sala mensa e poi aveva con noncuranza gironzolato nei corridoi adiacenti la cabina del capitano in attesa che uscisse, del tutto inutilmente. Più volte era stato tentato dal bussare al citofono della cabina, ma la luce rossa che indicava di non disturbare l’aveva bloccato. Sapeva che il ragazzo aveva bisogno di un attimo di privacy per riprendersi da quanto era successo e il chiarimento fra loro poteva aspettare.

Il medico  quasi sobbalzò quando sentì bussare alla sua cabina.

Quando aprì si ritrovò davanti un Jim Kirk scompigliato, capelli in disordine e profonde occhiaie.

“Posso entrare?” chiese il giovane capitano.

“Certo” rispose il medico facendosi da parte, in fondo non aspettava altro che parlare con il marmocchio da quando aveva lasciato la sala tattica.

Jim entrò, ma rimase bloccato all’ingresso.

“Sei ancora arrabbiato  con me?” chiese ed in quel momento McCoy  non poté fare a meno di pensare a Johanna. Jim sembrava proprio un bambino venuto a chiedere scusa per una marachella.

“Quando mai   qualcuno su questa nave riesce ad essere incazzato con te per molto tempo?” rispose il medico con un sorriso.

“Fa parte del mio fascino irresistibile” sorrise anche il giovane capitano, ma ancora una volta non sorrise con gli occhi.

“Bones io…” continuò.

“Aspetta!!!” lo interruppe McCoy conducendolo verso il divano del piccolo salotto che faceva parte della sua cabina.

“Siediti” intimò mentre andava verso  la piccola dispensa e tirava fuori una delle sue famose bottiglie di riserva.

Versò due dita abbondanti di liquido ambrato in due bicchieri e ne porse uno al suo amico.

“Bevi. Ordine del medico”

Jim si sedette sul divano e mandò giù in un sol colpo il contenuto del bicchiere che McCoy gli aveva passato.

“Wow… roba forte…” disse con voce strozzata.

“La conservavo per occasioni speciali” rispose il medico buttando giù il contenuto del suo bicchiere.

“Bones…  perdonami” balbettò Jim mentre McCoy versava la seconda tornata di liquore.

Il medico si bloccò per un attimo a guardare  il suo migliore amico. Aveva decisamente un aria dimessa.

“Jim… io non voglio che tu mi chieda scusa. Vorrei solo che tu capissi una volta per tutte quanto le tue decisioni, quello che fai e soprattutto quello che ti succede  abbiano influenza su tutti noi. Accidenti il folletto era quasi impazzito dalla paura, anche se non lo faceva vedere…”

“Lo so. Ma non volevo mettervi in pericolo…” balbettò in risposta il giovane capitano.

“E credi davvero che saremmo rimasti buoni buoni sulla nave senza sapere cosa ti era successo? Ad aspettare che qualcuno ci riportasse il tuo cadavere? Maledizione Jim questo equipaggio ti ha già visto morire una volta… la cosa ci ha quasi distrutto tutti”

Jim rimase in silenzio a fissare il pavimento.

“Perché non mi hai parlato di Tarsus IV? Credevo  di essere il tuo migliore amico…”

“TU SEI IL MIO MIGLIORE AMICO” Jim quasi urlò  agitandosi sul divano.

“E’ che non volevo che tu…  sapessi quello che ero in quel periodo…” continuò poi  a bassa voce.

McCoy lo guardò stupito.

“Kevin ci ha detto che hai salvato tutti loro, che hai salvato nove bambini con le tue sole forze…”

“Non è solo questo.  A dodici anni ho tentato di uccidere Kodos con un coltello. A tredici anni appena compiuti ho ucciso un uomo. E l’ho fatto per salvare Tom. E poi ho mentito, rubato, picchiato… e quando sono tornato ho continuato a mentire, provocare risse…. E sai una cosa mi vergogno di me stesso, di quello che ero allora e di quello che sono adesso. Perché quando Kevin ha ucciso Kodos una parte di me ne è stata felice. Così non avrei dovuto testimoniare e rivivere tutto” una singola  lacrima scese sulla guancia di Jim.

“Oh Jim… nulla di quello che è successo su Tarsus, o di quello che è successo prima o dopo è colpa tua…” balbettò il medico mentre sentiva la commozione salire.

“Non parlare se non sai!!! Io vivevo da mesi con quel bastardo. Avrei dovuto capire intuire… avrei potuto salvarli. Sono rimasto lì senza fare nulla di concreto, a guardare i miei zii ed i miei cugini e migliaia di persone che venivano uccisi”

McCoy si bloccò alla sorpresa.

“Ma che stai dicendo? Avevi dodici anni che potevi fare?” disse facendosi più vicino, ma Jim si tirò indietro.

“E ora? Ora ho barattato la verità su quello che è successo  su questo pianeta, sulle responsabilità della Flotta con la nostra immunità”

McCoy sospirò, anche a lui faceva male pensare che l’organizzazione sotto cui servivano, almeno parte di essa, si fosse macchiata di tali responsabilità.

“Jim… la sezione 31 non esiste più sono stati quasi tutti arrestati o sono morti… non sarebbe servito a nulla far trapelare vecchi segreti di gente ormai morta, solo a scoraggiare l’opinione pubblica. Ci hai solo protetti, come sempre”

Il giovane capitano si alzò dal divano e si diresse verso la grande finestra.

Le stelle ammiccavano tranquille, come un manto di luci nel buio dello spazio.

“Jim è finita ora. Devi capire che non devi più scappare. Quello che è successo è terribile, ma tu ce l’hai fatta. Non so proprio come, visto quello che hai passato, ma ce l’hai fatta. Noi ora siamo la tua famiglia… una grande famiglia, un po’ stramba, ma  siamo la tua famiglia” disse McCoy alle sue spalle.

Poi costrinse il suo amico a girarsi a guardarlo.

Jim stava piangendo.

“Sei arrivato a casa Jim. La strada è stata lunga, ma non c’è bisogno più di cercare. Siamo la tua famiglia ora”

“Sì, ma Hoshi è morta, Bones” balbettò il capitano.

“Lo so… mi spiace” fece McCoy tirandolo in un abbraccio fraterno.

“Era fantastica… vuoi sentire parlare di lei?” balbettò Jim.

 

McCoy quasi cadde dalla sedia dove si era addormentato al suono del campanello alla porta della sua cabina.

Ancora intontito guardò l’orologio digitale sulla parete.

Le 06,00. Il suo turno non iniziava  prima delle 08,00.

Chi poteva essere?

Gettò uno sguardo al divano dove Jim dormiva pacifico, appallottolato su se stesso avvolto nella coperta che il medico aveva gettato su di lui.

Era stata una lunga e difficile notte, fatta di ricordi e lacrime, alla fine della quale Jim era crollato addormentato sul divano, senza trovare la forza di tornare nella sua cabina.

Stiracchiandosi come un gatto McCoy andò ad aprire e con sua somma sorpresa si trovò Spock, perfetto come al solito, davanti.

“Spock… buongiorno” salutò.

Il vulcaniano lanciò uno sguardo oltre la spalla del medico, verso il divano dove dormiva Jim.

Se trovava la cosa strana non lo diede a vedere, rimanendo assolutamente impassibile.

“Buongiorno dottore. Stavo cercando il capitano. Non era nella sua cabina ed il computer lo ha localizzato qui” disse con la solita aria stoica.

“Sta dormendo. E l’ho messo in congedo medico per oggi. Quindi qualsiasi cosa devi dirgli, può aspettare”  rispose McCoy con la solita acidità, uscendo nel corridoio per non svegliare il giovane che dormiva.

“Infatti dottore ho letto la sua nota. Volevo solo accertarmi del benessere fisico del capitano”

McCoy sorrise.

“Aspetta un po’… vuoi dire che sei preoccupato per lui?” chiese ironico.

“Uno dei compiti del primo ufficiale è quello di garantire…”

“Il benessere fisico del capitano, lo so” concluse la frase McCoy sempre sorridendo.

“Ma tu sei preoccupato per lui, è diverso” ridacchiò ancora.

Spock non rispose.

“Molto bene, visto che il capitano riposa, può informarlo  lei al suo risveglio che lasceremo l’orbita di Tarsus fra venti minuti. Raggiungeremo, come da programma, la Base Stellare Tre alle ore 13,00 dove è previsto il trasferimento dei prigionieri e poi rientreremo sulla Terra in tre giorni standard…”  

“Jim queste cose le sa già. Sei venuto qui solo per vedere come sta…” incalzò McCoy.

“Visto che insiste tanto, dottore, potrebbe allora rispondere alla domanda che suppone io le stia ponendo” fece il vulcaniano.

“E’ stanco e demoralizzato, dopo tutto quello che è successo, ma è Jim… lo conosci… ce la farà anche stavolta”

“Bene. Confido che lei sappia garantire il giusto riposo al capitano”

Spock girò sui tacchi.

“Spock…” lo richiamò il medico.

“Sono contento di non essere più solo…  insomma che  mi aiuti a tenere a bada il marmocchio” disse quando il vulcaniano  si voltò a guardarlo.

“Dottore devo dire che anche se l’espressione ‘tenere a bada il marmocchio’  è per me poco comprensibile,  non è per me sgradevole condividere con lei il compito di salvaguardare Jim”

McCoy avrebbe giurato che le labbra di Spock si erano tirate in un leggero sorriso.

 

“Grazie capitano, grazie per aver consentito il concerto della signorina Claufield”

Chekov si aggirava eccitatissimo per la sala ricreazione, attaccando palloncini e festoni dappertutto ed era stato contento come un bambino la mattina di Natale quando Jim aveva consentito l’uso della sala per un piccolo concerto. Con somma sorpresa il capitano aveva scoperto che la maggior parte dell’equipaggio era fan scatenato della ragazza, ad iniziare dal navigatore russo che ora appena la vedeva si bloccava imbambolato ed incapace di pronunciare una sola cosa sensata.

Dal canto suo Claire, esattamente come quando era bambina, si era ripresa presto dalla brutta avventura e ora appariva leggiadra e vanitosa come negli holovid delle sue canzoni. Stava provando i microfoni sul piccolo palco montato sul lato della sala e ogni tanto lanciava grandi sorrisi a Jim.

“Capitano credo che purtroppo dovremmo organizzare dei turni. Qualcuno dovrà pure lavorare durante il concerto” protestò Scotty.

“Oppure possiamo collegare l’interfono, così tutti possono ascoltare” propose Uhura.

L’equipaggio di comando stava seduto nell’ampia sala ricreativa e Jim guardava con soddisfazione i suoi uomini che si rilassavano ed interagivano fra loro.

Dopo aver scaricato i mercenari di Kodos sulla base stellare, consegnandoli alla giustizia, si stavano dirigendo verso la Terra.

Anche Jim si sentiva finalmente più sereno, dopo aver parlato a lungo con Bones. Il medico l’aveva convito ad accettare l’aiuto di un terapista betazoide una volta arrivati sulla terra, per metabolizzare quello che era successo.

“Capitano… posso fare una domanda?” chiese Spock, seduto rigido davanti a lui, con una tazza di tè fra le mani.

“Certo Spock, ma siamo fuori servizio, quante volte ti devo dire di chiamarmi Jim?”

“Jim, la signorina Claufield ci ha riferito di alcune sue… fughe rocambolesche dai luoghi dove Kodos l’aveva rinchiuso...”

Jim sorrise.

“Vuoi sapere come faccio ad uscire dalle stanze chiuse a chiave?”

McCoy seduto di fianco ridacchiò.

“Anche all’Accademia era famoso per entrare e uscire dai luoghi chiusi a chiave come per magia…”

“Dove ha appreso questa strana abilità?” chiese ancora Spock.

“Beh… ho avuto una gioventù piuttosto movimentata, lo sai Spock…”

“Avanti Jim non fare il misterioso” incalzò Scotty.

“Beh… il mio maestro si chiamava Adrej Stoporv”

Tutti rimasero di stucco.

“Ma era un circense…famosissimo…” fece allibito Sulu.

Kirk sorrise radioso senza dire nulla.

“Smettila Jim, tu non  hai fatto parte del circo di Mosca, non prenderci in giro” intervenne Uhura.

“Se lo dici tu…” rispose il capitano mentre si alzava e prendeva quattro mele dal cestino di frutta sul tavolo iniziando a farle volteggiare in tondo.

“Guarda sempre più difficile” disse verso Uhura prendendo anche un’arancia.

“Kirk smettila di prenderci in giro!!! Se non vuoi rivelarlo va bene, ma…”

Il  battibecco continuò nel corridoio dove il gruppetto si mosse.

Solo Chekov e Sulu rimasero nella sala.

“Sai Hikaru… Kirk parla perfettamente il russo” disse il giovane guardiamarina all’amico.

“Ma dai Pavel, non crederai davvero che è stato nel circo…”

“E quando ero  piccolo mia madre mi ha portato  vedere il circo di Mosca  a San Pietroburgo…E c’era un numero in cui un ragazzo usciva da una cassaforte blindata in meno di dieci secondi…”

“Smettila Pavel… non è possibile. Come faceva Kirk a finire al circo di Mosca… cerca di essere logico”

                                                      

FINE

 

Siamo quindi arrivati alla fine.  Grazie a tutti quelli che hanno letto, recensito, messo la storia fra le preferite, seguite o ricordate. E soprattutto grazie alle mie amiche Cladda e Chiara (mia preziosa beta). Se sono riuscita a farvi accostare, sia pure indegnamente, all’universo trek sono davvero orgogliosa.

Alla prossima
 

Maty


PS... dimenticavo... grazie a beamirang per l'ispirazione degli ultimi capitoli.

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