Sam's life

di I_love_Beerus
(/viewuser.php?uid=825149)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Rivelazioni ***
Capitolo 3: *** Brutte sorprese ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Sam’s life
Prologo
 
La luce dell’alba iniziava ad illuminare quello che possiamo definire uno dei luoghi più estremi del pianeta Terra.
Un luogo che, pur essendo alquanto desolato e inospitale, anch’esso  possedeva un dono: la vita.
L’Antartide era ricco di vita.
Le sue gelide acque nascondevano le creature più straordinarie, come le foche leopardo e le orche assassine.
Ma l’Antartide era noto per una forma di vita particolare. L’unico posto in grado di ospitare creature magnifiche e misteriose allo stesso tempo; creature che gli esseri umani hanno reso protagoniste assolute di migliaia di documentari.
Creature semplicemente carine e coccolose.
I pinguini.
Ogni giorno, milioni di pinguini si muovevano per migrare da una zona all’altra dell’Antartide; si tuffavano in acqua per cercare cibo e sfamare i più piccoli, e così via…
Ma quello, per un giovane pinguino di nome Joy, era un giorno speciale. Il giorno che avrebbe segnato il resto della sua vita.
Tra le sue zampe, al riparo dal gelido clima del posto, aveva un uovo, che aveva protetto da tanti pericoli per molti mesi.
Un raggio di sole aveva appena accarezzato il viso di Joy quando, sotto di sé, sentì come un movimento.
Istintivamente, guardò l’uovo e potè riconoscere quello che stava accadendo: suo figlio stava per nascere.
Con estrema delicatezza, posizionò l’uovo davanti a sé e guardava, mentre piccole crepe, una dopo l’altra, ricoprivano la liscia e chiara superficie del guscio.
Joy trattenne il respiro e, anche se con queste non ci riuscì facilmente, anche le lacrime, quando il corpicino del suo amato pulcino uscì definitivamente dalla casetta che l’aveva ospitato e nutrito per mesi.
Joy guardò il pargoletto. Un soffice manto grigiastro lo ricopriva; aveva ancora gli occhi chiusi per la luce che l’aveva invaso.
Joy, con il viso rigato da lacrime di gioia, prese in braccio suo figlio per guardarlo meglio.
Lo sollevò appena, ma quanto bastava per fargli sfuggire una risatina divertita.
-Ahhh, sei una femminuccia- disse il pinguino, ridendo leggermente.
Era davvero felice. Era diventato padre e non avrebbe potuto chiedere di più.
Il batuffolo di piume emise un gemito, tipico dei neonati e, finalmente, aprì i suoi grandi occhioni da cucciola.
Joy li vide e… ebbe come un sussulto.
Erano azzurri, azzurri come un cielo senza numi, azzurri come il mare…
Azzurri come quelli di sua moglie Eliza…
“Ha i tuoi stessi occhi, Eliza” pensò Joy “Sono stupendi proprio come i tuoi”.
Una fitta al cuore, lancinante come una coltellata, e un profondo senso di nostalgia.
Joy non poteva credere che sua figlia fosse identica alla mamma, una mamma che non avrebbe mai visto né conosciuto.
Il pinguino non avrebbe mai dimenticato quella bellezza che lo aveva fatto innamorare, quella bellezza che aveva caratterizzato anche l’animo di Eliza, la sua semplicità…
D’avanti a sé, trovava la fotocopia di della pinguina che aveva amato e che avrebbe amato per sempre.
I suoi pensieri vennero interrotti dalla cucciola, che prese a guardarsi intorno con la curiosità tipica dei neonati.
Vide il pinguino che la teneva in braccio e sul suo visetto apparve come uno sguardo indagatore, che poi si trasformò in un adorabile sorriso.
-P-papà- fu la prima parola della neonata.
Joy sorrise davanti a tanta dolcezza e abbracciò forte sua figlia.
-Piccola mia… sei stupenda- disse semplicemente, con le lacrime agli occhi.
La piccola sembrava non capire il gesto del padre.
Joy l’allontanò un po’ da sé e l’appoggiò a terra.
La guardò ancora ancora un po’, specchiando i suoi occhi castani a quelli azzurri della figlioletta.
-Mia piccola Samantha…- disse –…sei stupenda- pronunciò infine, dando una carezza alla pinguina e sistemando il ciuffo ribelle che essa aveva davanti agli occhi.
Alla cucciola diede fastidio quel gesto e si scompigliò di nuovo le piume.
-A me piace così- disse la piccola al padre, mettendo il broncio, che lo fece ridere non poco.
-Wou, hai davvero dei gusti particolari!- esclamò tra una risata e l’altra Joy che, dopo un po’, prese di nuovo in braccio la figlia e, nonostante questa ebbe qualcosa da ridire a riguardo, la cullò e s’addormentò subito.
-Dormi bene mia piccola Samantha Joy jr.- disse infine, continuando a guardarla.
Dopo un po’, guardò il cielo.
-Mia adorata Eliza, avevi tanto desiderato una figlia e chiamarla Samantha… Per me è stato importantissimo accontentarti e anche se ora non sei qui, lo sento che sei felice della mia scelta. Samantha ora è una parte di te che conserverò per sempre e la proteggerò da tutto, stai certa… Grazie di tutto, Eliza-
Un’altra lacrima gli rigò il muso, una lacrima che trasmetteva sia felicità che tristezza.
 
ANGOLO AUTRICE: EHILA’ GENTEEE!! ALLORA, VI PROPONGO QUESTA STORIA; SPERO VI ABBIA INCURIOSITI:)
AL PROSSIMO CAPITOLO!
BACI, NATYSTAR  

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Rivelazioni ***


Sam’s life
Rivelazioni
 
Passarono quattro mesi dalla nascita di Samantha Joy jr.
La pulcina era cresciuta e già incominciava a mostrare il suo vero io: una vera peste.
Almeno questo era quello che pensava suo padre Joy.
La piccola era intrattabile, non stava ferma un secondo e, in ogni momento della giornata, si ficcava nei guai.
Un giorno la sorprese mentre cercava d’arrampicarsi su un iceberg molto molto alto.
Per fortuna riuscì a fermarla in tempo, ma la sfuriata che le fece una volta a casa non accennò a frenarla.
La pulcina lo diceva sempre al padre che amava fare cose pericolose e provare il brivido dell’adrenalina.
Gli diceva che non sarebbe mai riuscita a stare tranquilla come tutte le sue coetanee, intente solo a stare attaccate alla mamma nel timore che si faccessero male o si sporcassero la pelliccia bianca immacolata.
-Tua madre era molto più tranquilla, Samantha!- la rimproverò un giorno il padre, al colmo dell’esasperazione, alla fine di un’altra missione “Recupero- Samantha-dai-guai”.
-Papà, ti ho detto che devi chiamarmi Sam!- gli disse arrabbiata la piccola –Samantha è più da femminucce- lo informò, ancora con il broncio infastidito.
-Io ti chiamo Samantha, perché è così che ti chiami. Ora basta, vai subito a dormire!-  le ordinò, cercando di non perdere definitivamente la pazienza con una figlia che aveva appena quattro mesi.
-Io non vado a dormire con le galline!-
-E’ tardi, Samantha. Non m’interessa che cosa pensi, ti ho detto che devi andare a dormire!- le ordinò ancora, questa volta alzando leggermente il tono della voce.
-D’accordo- disse sbuffando scocciata.
Joy scosse la testa: Poteva riprenderla in tutti i modi possibili, non sarebbe servito a niente; era peggio di un terremoto.
Più passava il tempo e più si accorgeva che sua figlia diventava sempre più testarda e orgogliosa, nonostante fosse poco più di una neonata.
I consigli del padre e le sue raccomandazioni sembravano parole buttate al vento; quelle che fanno tutti i genitori ai propri figli, tipo: non fare niente di pericoloso; stai attenta ai tipi strani; non ti tuffare nel mare senza di me, perché sei troppo piccola; non accettare richieste alquanto inadeguate per una della tua età…
Infatti, la sua adorata Samantha, faceva l’esatto contrario, e si è reso conto che più gliele diceva, più lei gli disubbidiva.
Certo, fino a quel momento non era successo niente di grave, ma la piccola aveva rischiato molte volte.
Un mese prima, Joy si spaventò a morte quando vide la figlia coinvolta in una rissa fra ragazzini.
Senza pensarci due volte, si buttò nella folla e tolse dai guai Samantha, sentendo ancora gli incoraggiamenti da parte di altri pinguini.
Stava picchiando un tipo che si credeva il capo, fu quello che disse la pinguina, quando dovette dare spiegazioni al padre, che la mise in punizione per una settimana, anche se non risolvò nulla, perché alla piccola con importò e non cambiò di una virgola il suo modo di comportarsi.
Per fortuna, quando Joy dovette chiedere scusa alla famiglia del ragazzino, questi ci passarono sopra e perdonarono tutto, dicendo semplicemente che era solo una bambina, ma furono seri nel dirgli che avrebbe dovuto controllarla di più.
E avevano ragione. Anche se davanti alla figlia non lo dava a vedere, Joy aveva PAURA.
La sua Samantha ogni giorno ne combinava una nuova, ed era sicuro che in futuro sarebbe arrivata a fare di peggio; questo ovviamente, se non avrebbe fatto nulla per impedirlo.
La figlia non faceva altro. Da quando era nata che doveva inseguirla dappertutto.
Era arrivata persino a fare a botte! La piccola gli diceva che per lei la miglior arma per mettere a posto i prepotenti era la ferita carnale.
Joy si spaventò non poco: aveva solo quattro mesi, e aveva detto una cosa del genere! Lui non glielo aveva mai insegnato, di questo era certo.
Provava a ragionare con lei, tutte le volte, sperando che il dialogo servisse per placare la sua anima ribelle e testarda, ma invano.
Ogni volta, riceveva sempre le stesse risposte dalla figlia. Cioè, che lei voleva vivere solo per spassarsela alla grande e farsi nuovi amici. Del resto non le importava un bel niente. Nemmeno di tutte quelle ragazzine che, appena la vedevano passare, la additavano sotto i baffi.
Le considerava solo “Deboli femminucce”.
Ma Joy, nonostante si fosse rassegnato al vispo carattere della figlia, aveva comunque paura che quel suo comportamento le si ritorcesse contro e arrivasse a fare qualcosa di VERAMENTE pericoloso.
Aveva già perso Eliza, l’amore della sua vita.
Non avrebbe mai dimenticato il suo dolce sguardo e quei lineamenti che ora si trovavano scolpiti sulla sua figlioletta.
Aveva pianto, quando, appena deposto l’uovo, la sua amata lo aveva lasciato per sempre.
Sapevano entrambi di questo destino: quando avevano scoperto che era incinta, la felicità riempì i loro cuori e loro si unirono ancora di più, promettendo di essere sempre uniti… fino a quando il capo della colonia non diede la devastante notizia: Eliza, appena deporrà l’uovo, morirà per una patologia che le farà rallentare a poco a poco il battito del cuore, fino a quando non si spegnerà del tutto.
Erano tutti sorpresi e angosciati per quello che avevano sentito.
Joy e Eliza piansero insieme molto tempo, fino a quando un giorno, Eliza decise di smetterla e disse al marito che doveva essere forte e che, quando sarebbe arrivato il momento, avrebbe dovuto crescere il figlio senza piangersi addosso, perché quel figlio era puro e innocente, non aveva nessuna colpa, entrambi lo sapevano.
Tutti i giorni erano rimasti uniti.
Il giorno della deposizione dell’uovo, lui era in lacrime e la moglie gli disse che non doveva farlo, che da quel giorno doveva mostrarsi forte per crescere suo figlio.
Disse che sarebbe stata sempre a vegliare su di lui e sul loro pulcino e che non doveva essere triste.
-Eliza, ti prometto che proteggerò il nostro piccolo- le disse serio, continuando a piangere.
Si diedero un ultimo bacio, poi lei chiuse gli occhi e il suo cuore smise di battere.
Glielo aveva promesso. Joy aveva promesso a sua moglie che avrebbe protetto il loro piccolo.
Era terrorizzato all’idea che potesse succedere qualcosa alla sua bambina.
Ora, era intenzionato a mantenere quella promessa e, fosse cascato il mondo, avrebbe protetto da tutto la sua Samantha, persino della sua ombra.
 
ANGOLO AUTRICE: SALVE! ALLORA, VI PREGO DI RECENSIRE, PERCHE’ NON SONO MOLTO CONVINTA DI QUESTO CAPITOLO. FATEMI SAPERE SE CI SONO DEGLI ERRORI E IO CORREGGO SUBITO. ALLA PROSSIMA;)
BACI, NATYSTAR

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Brutte sorprese ***


SAM’S LIFE
Brutte sorprese
La piccola Sam, ormai di quattro anni, era rimasta tutta la notte sveglia in compagnia dei suoi amici trasgressivi a cantare, ballare, mangiare a sazietà e fare scherzi agli altri pinguini intenti a dormire…
Il problema era che la pinguina non aveva detto niente al sua papà di quella “nottata”: sapeva che avrebbe borbottato come al suo solito fino a trovare una giustificazione per non farla partecipare a quella festa tra amici, e per questo era tornata a casa silenziosamente in punta di piedi per non farsi scoprire da suo padre.
-Si può sapere dove sei stata stanotte, signorina?-
Sfortunatamente per lei, appena avvicinatasi alla colonna di ghiaccio che usava come letto, sentì la voce severa di suo padre da dietro.
Si fermò di scatto e si girò verso di lui, tenendo testa allo sguardo di sfida che le lanciava.
Joy continuava a guardarla in attesa di una risposta ma, notando che non accennava ad arrivare, decise di ripeterle la domanda.
-Samantha, ti ho chiesto dove sei stata ieri! Rispondimi, prima che ti prenda a schiaffi!- la minacciò lui esasperato e sperando di intimorire un po’ la figlia, ma la pinguina non diede segno di essere spaventata, anzi…
-Sono stata in compagnia dei miei amici, c’è qualche problema?!- gli disse tranquilla Sam, con sempre più spavalderia e arroganza, che fecero ribollire il sangue nelle vene di Joy, il quale era intenzionato a mollarle seriamente un ceffone, ma si controllò, dato che sua figlia aveva solo quattro anni e aveva paura di farle male…
-Sì che c’è il problema!- la rimproverò a quel punto Joy, avvicinandosi di più a Sam per guardarla severamente negli occhi –Non mi hai neanche chiesto il permesso!-
-E perché avrei dovuto chiedertelo? Mi avresti risposto come sempre di no, perché sono troppo piccola e tutte quelle altre cavolate che dici tu!- gli rispose rabbiosa Sam.
Joy non credeva alle sue orecchie. La sua Samantha era arrivata persino a rispondere male a suo padre…
-Quelle che dico sono solo cavolate? Samantha, non vedi che più frequenti i tipi che conosci tu, più vai peggiorando?! Io sono tuo padre e devi portarmi rispetto!- le gridò Joy, incominciando ad arrabbiarsi sul serio.
-Dei tipi che frequento a te non deve importare proprio niente! Se voglio fare giochi pericolosi o nottate con i miei amici, io lo faccio e basta, non devo chiedere il permesso a nessuno!- gli disse mettendo prepotentemente il broncio, e girandosi dall’altra parte per allontanarsi, ma suo padre la rigirò bruscamente verso di lui.
-Ahia! Che vuoi ancora?!- gli chiese irritata.
-Tu non mi giri le spalle, è chiaro?! Dove credi di andare? Sei in punizione, signorina- le comunicò più serio che mai in volto.
Sam si scrollò le sue pinne dalle spalle.
-In punizione? Tks! Sai quanto me ne importa?- gli disse sarcastica la pinguina.
Era una cosa che succedeva spesso: ogni volta che combinava qualche guaio, Sam veniva messa in punizione da suo padre.
Il problema era che queste punizioni non erano mai servite a placare l’anima ribelle della piccola, come in qualche modo sperava Joy…
-Importa a me, piccola. Questa volta hai proprio superato te stessa e non te la caverai facilmente- continuava a dire il pinguino ma Sam lo guardava sarcastico e arrogante.
-Questo lo dici tu!-
-Sì, lo dico io. Per una settimana starai sempre attaccata a me, non andrai più da nessuna parte con i tuoi amici da strapazzo- le rivelò Joy, guardando la faccia a dir poco sconvolta della piccola pinguina.
-Che cosa??!- sbottò Sam dopo aver sentito le parole del padre –Tu sei pazzo! Io non starò mai attaccata a te come una sanguisuga, è da poppanti!-
-Non vuoi farlo? Allora sarò costretto ad allungare la punizione, cosa preferisci? Due settimane o un mese?- la sfidò Joy.
Sam, per tutta risposta, spalancò il becco.
-E se mi rifiutassi?-
-Te l’ho detto, Samantha. O scegli questa, oppure allungherò la durata della punizione…-
-Ohh, ma smettila!- disse scocciata la pinguina, guardando quasi divertita la faccia stupefatta di suo padre –Non fai altro che parlare! Di’ un po’, tutte queste cose che dici, poi alla fine le fai? Ti risponderò io: non le farai mai! Dici così soltanto per intimidirmi, ma non l’hai capito che queste tue minacce non mi fanno né caldo né freddo! Perché non mi lasci vivere la mia vita in pace, cosa ti costa?!- gli chiese senza fiato, in attesa di una sua risposta.
Ma dal becco di Joy non uscì neanche una parola: non poteva credere che sua figlia gli avesse parlato in quel modo! Ancora un po’ e sarebbe esploso…
-Samantha…tu non capisci…non capisci che devo proteggerti…- balbettò lui, accorgendosi di avere il cuore che gli batteva forte.
-Ora basta, ti ho detto milioni di volte che mi devi chiamare Sam!- si lamentò lei, incominciando ad infuriarsi sentendo il suo nome intero che non sopportava.
-Samantha, io devo proteggerti, non posso perderti, io…-
-E non chiamarmi Samantha!!- gli urlò contro, perdendo definitivamente la pazienza.
-Non farmi fare cose di cui poi potrei pentirmi! Se ci fosse tua madre e ti sentisse non sarebbe così contenta di te!- le disse quasi con le lacrime agli occhi.
Era la verità, non sopportava sentire dalla sua Samantha che il suo nome di battesimo non le piaceva. Gli faceva male quanto una coltellata al cuore, perché quel nome da dare se fosse stata una pulcina lo aveva scelto la sua amata Eliza ed era sicurissimo che se sua moglie fosse stata lì, non sarebbe stata per niente contenta di sentire certe cose.
Sam lo guardava letteralmente a bocca aperta.
Da quel momento, la conversazione incominciò ad appesantirsi notevolmente.
-Ed ecco che metti in mezzo la mamma… Papà, ti sei accorto che stai parlando di una persona che non è qui?! E sai quanto me ne importa? Lei non c’è, non sto ferendo nessuno e quindi non uscirtene con questi discorsi! Io voglio godermi la vita, voglio fare nuove esperienze, provare il brivido dell’adrenalina, delle tue preoccupazioni e della tua mania di ficcare in tutti i discorsi la mamma non so proprio che farmene!-
-Senti, ho promesso a tua madre che ti avrei protetto a costo della mia vita, e ho intenzione di farlo, perciò Samantha, vedi di non disubbidirmi più d’ora in poi!-
-Ma non ti rendi conto? Che senso ha per te, adesso, mantenere una promessa che hai fatto con una persona che non esiste più, ormai?!-
Quelle parole per Joy furono come una schioppettata. Non sapeva ancora come avesse fatto a controllarsi e a non mollare un ceffone a sua figlia.
Nonostante ciò, da quel momento alzarono entrambi vertiginosamente il tono della voce.
-SAMANTHA, COME OSI PARLARE COSI’ DI TUA MADRE?! TI AVVERTO CHE MI STAI PROVOCANDO, ANCORA UN PO’ E IO…-
-IO TI STO PROVOCANDO? SEI TU QUELLO CHE INIZIA; NON FAI ALTRO CHE METTERE IN MEZZO LA MAMMA, NON CAPISCI CHE LEI E’ MORTA E IO SONO VIVA??-
Joy, dopo le ultime parole della figlia, ebbe come un sussulto. Ora basta, questo era troppo…
-Che vorresti dire? Che al primo posto metto sempre tua madre invece di te? E? E’ questo il tuo problema?- le chiese più che per rabbia, per curiosità di conoscere la risposta della figlia, che non tardò ad arrivare…
-Allora non sei tanto tonto come pensavo, ci sei arrivato! Mi paragoni sempre alla mamma, ma non pensi mai a come mi sento io tutte le volte che parli di lei! Non pensi che sarebbe felice se sapesse che mi godo felicemente la vita? Tu invece, stai facendo di tutto per rovinarmela!-
-IO CERCO SOLO DI PROTEGGERTI!-
-MA COME TI DEVO DIRE CHE NON HO BISOGNO DI ESSERE PROTETTA DA NESSUNO?! DA TE MENO CHE MAI!-
-HO PROMESSO A TUA MADRE…-
-LO AVEVI PROMESSO AD UNA CHE ADESSO E’ MORTA STECCHITA!!-
Ecco. Quella fu la goccia che fa traboccare il vaso.
Sentita quella frase dalla figlia, Joy le diede uno schiaffo così forte che la fece cadere per terra.
Il pinguino aveva le lacrime agli occhi. Non voleva farlo, ma Sam lo aveva provocato, aveva superato il limite.
Non sopportava che sua figlia si permettesse di parlare male della sua adorata Eliza, sua moglie, la madre della sua bambina…
Sam, rimasta a terra per qualche istante, alzò lo sguardo aiutandosi con i gomiti.
Lo guardò incredula mentre con una pinna si massaggiò la guancia colpita brutalmente.
Riuscì ad alzarsi dopo qualche interminabile minuto di silenzio glaciale.
I due si guardarono negli occhi.
Joy versava lacrime di rabbia, che gli rigavano il muso, ma la guardava con una severità mai vista prima.
Sam, invece, lo guardava ancora stranita per la sorpresa. In quattro anni di vita, suo padre non aveva mai alzato le mani su di lei, neanche le volte in cui combinava i disastri peggiori.
Non poteva credere che lo avesse fatto solo perché aveva parlato male di sua madre.
Non pensava che per suo padre la questione fosse molto più importante di quanto potesse immaginare… Non riusciva a dire una parola fino a quando, con sua grande sorpresa, Joy le girò le spalle e si allontanò, lasciando sola e ancora stranita e dolorante la piccola Sam.
 
La pinguina aveva intenzione di dimenticare tutto quello che era successo quella mattina.
Giacché non aveva per una volta il padre alle calcagna, raggiunse un paio di suoi amici e ci passò tutto il pomeriggio a giocare, ridere e scherzare e, in poco tempo, già la piccola dimenticò il disastroso battibecco con il padre.
In fondo non gliene importava granché; a lei bastava solo che la lasciasse vivere e godere la sua vita in santa pace.
In quel momento, stava mangiando delle alici fresche, il suo pesce preferito.
-Grazie per le alici, ragazzi. Sono squisite!- esclamò, dopo aver messo in bocca almeno la ventesima alice e guardando divertita i due davanti a lei.
-Nah, per te questo ed altro…- fece uno dei suoi amici. Un pinguino che sembrava avere l’aria di un criminale evaso, visto che aveva una bandana rossa legata intorno alla testa, robusto, sguardo penetrante e grandi occhi neri. Era di poco più grande di Sam, ma era uno dei suoi migliori amici.
-No, sul serio!- aggiunse la pinguina, leccandosi le pinne di gusto –Sono le migliori alici che abbia mai mangiato! Zac, dimmi dove le hai prese, così la prossima volta me le pesco da sola- aggiunse alzandosi da terra, seguita a ruota dai suoi amici.
-Non posso dirlo, segreto professionale- disse divertito e provocatorio verso Sam –E poi, che vorresti fare tu? Sei troppo piccola per nuotare in mare aperto da sola, dolcezza- continuò Zac, sfottendola un po’.
-Smettila, sembri mio padre- rise Sam, facendo la finta offesa e picchiando amichevolmente Zac, il quale si mise a ridere pure lui, dandole una pacca sulla spalla.
Per un istante, la piccola Sam si ricordò dell’episodio accaduto quella mattina con suo padre, ma lo scacciò subito, anche perché non gliene importava niente e in quel momento aveva solo intenzione di svagarsi con i suoi amici.
-Greg, che ne dici, più tardi, di fare una gara a chi riesce a non ridere con l’acqua in bocca?- chiese Sam al pinguino che fino a quel momento era rimasto in disparte a ridere a crepapelle  guardando lei e Zac che si punzecchiavano.
-E me lo chiedi? Sono prontissimo! Vedrai come ti farò ridere, io sono il re di questa gara!- le disse con un sorriso di sfida dipinto sul volto sottile dai grandi occhi marroni.
-Ah-ah, non cantare vittoria troppo presto, ché alla fine ci resterai troppo male…- fece Sam, sicura che lo avrebbe irritato.
-Questo è da vedere!- le disse Greg. In un attimo la stese a terra di sorpresa e la ricoprì di solletico.
Sam non smetteva di ridere e di cercare di liberarsi dalla presa ferrea del suo amico, che non accennava a fermarsi e la guardava sbellicandosi dalle risate.
Zac guardava la scena ridendo.
-AHAHAHAHAHAH!!! TI PREGO, SMETTILA, AHAHAHAHAHAH!!- continuava a gridare Sam esausta, ridendo come una pazza.
-Mi fermo se ammetti che non ce la farai a battere il re delle sfide!- le rivelò Greg, che continuava a farle il solletico.
-AHAHAHAHAH, COSA? AHAHAHAH, NO, BASTA, AHAHAHAH, NO, NON LO A-AHAHAHAHAH, AMMETTERO’ M-AHAHAHAH, MAI, AHAHAHAHAH!-
-Allora lo hai voluto tu, piccola- e così dicendo, Greg continuò a farla soffrire.
-D’accordo, ora basta, Greg. Lasciala stare- gli ordinò Zac, leggermente scocciato ma ridendo ancora per la scena.
Greg la lascio andare finalmente dopo due minuti pieni di tortura, almeno così la definì Sam.
-Oddio…- fece Sam, ancora con il fiatone e il cuore che le batteva a mille.
-Allora, non hai ancora ammesso che il maestro delle gare sono io- le fece eco Greg, provocandola.
Sam lo guardò con un finto broncio.
-Lo sai meglio di me che non ammetterò mai una cosa del genere- gli disse facendogli la linguaccia.
-D’accordo. Avete finito, adesso?- chiese loro Zac, ora seriamente scocciato.
-Sì- risposero in coro Sam e Greg, pensando entrambi che fosse un guastafeste.
-Bene. Sam, io e Greg stanotte facciamo un’altra nottata. Tu ci sarai, vero?- le chiese ma, anche se non dava a vederlo, nella sua voce c’era come un filo di speranza.
-E me lo chiedi? Certo che ci sarò, non vedo l’ora! Altre scorpacciate di pesce e altri scherzi, vero?- chiese loro,facendo l’occhiolino.
-Certo che sì, ma stanotte proveremo a stuzzicare un po’ i trichechi, che ne pensi?- la informò Zac felicissimo.
-Allora una cosa è certa. Uno: vi adoro, ragazzi. Due: sono arcisicura che ci divertiremo da matti!- esclamò più eccitata che mai, immaginando la scena dei trichechi infastiditi e di loro che se la svignano come ladri facendosi venire i crampi allo stomaco per trattenere le risate.
-Perfetto! Ci vediamo a mezzanotte allora, piccola- concluse Zac, dandole un cinque, seguito da Greg.
Alla fine i due pinguini se ne andarono e Sam fece lo stesso.
Si stava avviando verso casa sua, saltellando di gioia, immaginando la sua seconda nottata di fila con i suoi amici e lei ci sarebbe andata.
A Zac, Greg e a tutti gli altri suoi amici non avrebbe mai detto no su niente, soprattutto su sfide, gare, giochi e nottate.
Per Sam, i suoi amici erano come una famiglia.
Non li avrebbe mai abbandonati, con loro stava troppo bene e si sentiva a suo agio.
Si divertiva un mondo quando con la sua comitiva faceva scherzi a dir poco inquietanti alle ragazzine che si credevano la bellezza fatta persona. Non le sopportava quando si sistemavano le piume “fuori posto” o quando erano prontissime a criticare chiunque non fosse alla loro “altezza” …
Per questo, un giorno, Sam si avvicinò a un gruppetto di pinguine odiose e vanitose e le sporcò schizzandole con del fango.
Come si era divertita a sentire le loro urla disgustate e i loro pianti strazianti per essersi sporcate le candide pellicce… per Sam era musica per le sue orecchie.
Non vedeva l’ora arrivasse mezzanotte e continuava a saltellare felice.
A un certo punto, leggermente dietro di lei, sentì una voce familiare, che poi realizzò che era la voce di suo padre.
Si fermò, cercò di capire da dove arrivasse e, quando intuì la direzione, arrivò al punto giusto.
Da dietro un grosso iceberg vide suo padre intento a parlare con un amico.
Borbottava qualcosa, lo vide piuttosto nervoso e arrabbiato mentre parlava con questo suo amico che lo guardava comprensivo.
Sam si avvicinò ancora un po’ per sentire cosa dicesse ma, alla fine, dovette pentirsi amaramente…
-Ti rendi conto?? E’ stato un errore… IO ho fatto quell’errore…!- sentiva dire la piccola Sam da suo padre, ma non riuscì a capire bene il contesto del discorso, perciò si sforzò e aguzzò tutti i suoi sensi.
-Non avrei dovuto, è stato un grosso sbaglio…- continuava a dire Joy.
-Capisco come ti senti, ma non ti fa bene essere così nervoso, perché non ti calmi un po’?- gli consigliò l’amico.
-Calmarmi?! E come faccio? Quella peste alla fine mi farà morire, ti rendi conto di questo o no?!-
Dopo aver sentito questa frase, gli occhi azzurri la piccola Sam si dilatarono improvvisamente.
Suo padre stava parlando di lei?! Non poteva crederci ma cercò di seguire concentrata il resto del discorso fra i due.
-Mi sento così un idiota, mi sto rovinando la vita in questo modo! E per chi, poi? Per una bambina che si permette di parlare male di sua madre, che tra l’altro, è morta dandole la vita…-
-Ti prego, Joy, calmati, per favore!-
-No, non mi calmo affatto! Quella piccola peste non si meritava tutto questo, io ed Eliza abbiamo sbagliato, non sarebbe dovuto accadere; ti giuro che se potessimo tornare indietro, fermerei il momento in cui avevamo deciso di concepire un figlio…-
-Ma che dici, Joy?! Smettila immediatamente!- lo rimproverò l’amico, incredulo delle parole di Joy.
-Invece ho ragione! Se non lo avessimo fatto, adesso Eliza sarebbe ancora viva… è stata colpa mia, è stato tutto un errore!-
Sam non riuscì a sentire altro.
Scappò via velocemente dopo aver udito le parole di suo padre.
Non poteva crederci…suo padre la considerava un errore! Non sarebbe dovuta nascere…
Quando questa consapevolezza le si insinuò nell’anima, la piccola Sam provò una curiosa voglia di sparire, di dileguarsi da tutto e da tutti.
Da suo padre.
Da quel momento non sarebbe più esistito nella sua testa, nella sua vita…
Lui la considerava un errore? Un increscioso incidente che gli aveva sottratto la sua amata Eliza?
Perfetto. In quell’istante dentro di lei crebbe l’odio nei confronti di suo padre… un’odio che non aveva mai provato con nessuno.
Quest’odio era qualcosa di puro e profondo, se lo sentiva.
Era appena arrivata in cima ad un iceberg. Guardava il cielo che si tingeva di blu scuro, segno dell’arrivo della notte; il vento le scompigliava le piume ribelli, mentre prendeva la decisione che le avrebbe cambiato la vita per sempre: sarebbe andata via, partita. Non sapeva quando né dove, ma se ne sarebbe andata.
Non voleva vederlo più per il resto dei suoi giorni.
Ecco. Ora la brutta batosta che aveva ricevuto, le aveva insegnato che l’uomo che le aveva sempre detto che avrebbe fatto tutto per proteggerla da tutto e da tutti, fosse in realtà uno schifoso bugiardo.
Si sedette sul ghiaccio, ora a fissare il mare sotto di sé e le onde che si scontravano contro la parete del gigantesco iceberg.
Aveva deciso: se ne sarebbe andata da lì e avrebbe vissuto con i suoi amici.
Di suo padre non le importava più niente, neanche se fosse morto.
 
Angolo autrice: Salve a tutti! Scusate tanto per il ritardo ma avevo molti impegni. Ecco a voi un altro capitolo di questa storia:)
Allora, che brutta sorpresa ha avuto la mia Sam. Suo padre non voleva che nascesse! Che cosa farà ora la nostra protagonista, ma, soprattutto, dove andrà? Lo scoprirete nel prossimo capitolo;)
Vi prego di recensire, non sono convintissima di questo capitolo, però. Ditemi cosa ne pensate:)
Baci, Fede

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3239580