Words are all I have.

di Glaucopide_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mamihlapinatapai ***
Capitolo 2: *** Cafuné ***



Capitolo 1
*** Mamihlapinatapai ***


Mamihlapinatapai
 
Characters: Ryou, Zakuro.
 
 





Avevamo preso l’abitudine di andare, prima del crepuscolo, nel boschetto che costeggiava il parco.
Era una necessità, quasi un rituale.
Là, seduti, ascoltavamo i rumori della sera sempre più vicina ed assaporavamo gli ultimi raggi di sole sul viso. Aveva piovuto quel pomeriggio e, mentre gli alberi tutt’intorno si coloravano d’oro e cremisi, l’odore del terriccio bagnato e quel pungente profumo di freddo nell’aria, che stava ad indicare l’arrivo dell’autunno, si mescolavano tra loro. Era un banchetto di armoniose fragranze diverse, era quiete, era incanto.
Potevamo restare lì per ore anche senza parlare, sarebbe stato superfluo.
Noi eravamo sguardi che si incontrano, anime che si sfiorano.  Due solitudini che si proteggono, toccano e amano a vicenda.
Il nostro amore era nato così, tra quel vento, in quei giorni e su quella terra.
“Mi perdoni il cattivo umore di stasera?”
Alzai lo sguardo per incontrare i suoi occhi di zaffiro, sembravano così profondi nell’abbraccio di quel pomeriggio. Giorno dopo giorno scoprivo una luce nuova in loro, una nuova sfumatura sempre più bella.
Zakuro, che camminava al mio fianco, mi guardava, un mezzo sorriso sulle labbra e sguardo attento.
“Sono pronto a perdonartene ben altri” –le sussurrai, senza spezzare le catene che legavano i nostri occhi.
Allungai un mano a sfiorarle i capelli e scostai un ciocca corvina, che ribelle le ricadeva sul viso. “Così va meglio” dissi rivolgendole un sorriso.
Continuammo a camminare, con il rumore del terriccio ancora bagnato nelle orecchie, per quel viale costeggiato da alti pioppi, mentre l’arancio del tramonto lasciava spazio alle stelle.
Nell’aria un cocktail di fragranze inebrianti, di caldarroste appena cotte, di funghi nascosti nel sottobosco umidiccio, di pioggia che ancora impregnava tutto con il suo odore, di foglie smosse dal vento, di muschio freddo sulla corteccia umida.
E poi la vidi.
Mi ricordava lei.
“Voglio mostrarti una cosa” –Zakuro, più avanti di qualche passo, si voltò e mi guardò interrogativa. La raggiunsi e con un sorriso la presi per mano "Vieni con me” –lei strinse le sue dita affusolate tra le mie e si lasciò guidare.
A pochi metri sulla destra rispetto a dove camminavamo in precedenza, si innalzava possente un arbusto dalla corteccia liscia e grigiastra, dal fogliame verde scuro e lucido, cosparso da una miriade di fiori bianchi.
“E’ una camelia” –constatò Zakuro, mentre il suo leggero profumo ci stuzzicava le narici.
“Già, mi ricorda te” –dissi quasi in un sussurro, dando voce ai pensieri di pocanzi, mentre staccavo un fiore da uno dei rami più bassi.
“Cosa?”
“Mi hai sentito” –mi voltai, aveva la bocca socchiusa in gioiosa sorpresa –“Guardala.” –dissi, indicandole con un gesto della mano l’arbusto al nostro fianco.
“E’ un fiore bello ma che non si esibisce troppo, cresce su terreni acidi e sopporta le temperature rigide. E’ una pianta solitaria, preferisce stare all’ombra e morirebbe se posta al centro del giardino. Cresce bene da sola, ha bisogno solo di un po’ d’acqua e un po’ di sole per fiorire.”
Mi avvicinai a lei, con la mano libera le sfiorai il viso in una leggera carezza, mentre con l’altra le sistemai tra i capelli il fiore bianco.
Zakuro mi strinse la mano e incatenò i suoi occhi nei miei –“Credo che somigli anche a te, Ryou” –soffiò, guardandomi da sotto le ciglia lunghe.
E poi lo dissi, in un sussurro, quasi avendo paura di rompere l’incanto.
“I love you, Zakuro” –le sue mani ancora strette tra le mie.
Il vento si era alzato e portava lontano le foglie degli alberi ormai cadute sul terreno, il profumo della camelia al nostro fianco e, avrei giurato, anche le mie parole.
Zakuro abbandonò le mie mani e si strinse nel suo cappotto beige, si allontanò di qualche passo e sfiorò la corteccia liscia dell’albero. La fissai fermo, immobile e non potei evitare di provare un fremito nel sentire la sua voce.
“A dispetto del mio cattivo carattere?” –disse guardando i fiori bianchi della camelia.
La raggiunsi e, prendendola per le spalle esili, la costrinsi a guardarmi.
“A dispetto di tutto.”
Lei, allora, mossa da una nuova consapevolezza, si lasciò stringere in un abbraccio.
Restammo in quella posizione per secondi, minuti, ore, non avrei saputo dirlo.
Sentii Zakuro scostarsi da me e afferrare il bavero della mia giacca, stava sorridendo -mi stava rivolgendo uno dei pochi sorrisi che fiorivano sul suo viso- e alla fine sentii il caldo tocco delle sue labbra sulle mie.
“I love you too”

Sapevo che  contavamo poco di fronte all’universo, eravamo nulla; l’essere quel nulla era opprimente ma, al tempo stesso, in qualche modo rassicurante. Profondamente immersi nel nostro amore eravamo come due cetacei,  che risalgono in superficie solo per riprender fiato, per poi immergersi nuovamente nella vastità dell’oceano.
Non ero a Tokyo o a New York.
Non ero in nessun luogo.
Mi trovavo dentro un amore assoluto.
Un amore poliglotta.
Un amore che non necessitava né di un come né di un perché.
Un amore che sapeva di vento, terra e fuoco.
Un amore che sapeva solo amare.




 
 
Angolo Autrice.

Salve !
Sono tornata e con un progetto che si prospetta abbastanza lungo ed impegnativo questa volta.
La raccolta nasce quasi per caso, nasce dal mio amore per i popoli del mondo e le loro lingue.
Ho stilato un elenco di parole straniere, che possono essere definite “intraducibili” in un contesto che non sia il loro luogo d’origine. Parole che racchiudono in sé amore, sospiri, malinconia e il caldo abbraccio di un amico ma anche piccole perle di gioia e la bellezza della natura.
La prima parola di questa raccolta è:
Mamihlapinatapai, una parola della lingua Yamana, una popolazione autoctona della Terra del Fuoco prossima all’estinzione. Il termine descrive l’atto di “guardarsi reciprocamente negli occhi sperando che l’altra persona faccia qualcosa che entrambi desiderano ardentemente, ma che nessuno dei due vuole fare per primo”.
Ho voluto inaugurare la raccolta con questa coppia, la mia preferita.
Zakuro e Ryou sono simili, si capiscono con un semplice scambio di sguardi, c’è sintonia ed armonia tra loro. Hanno un triste passato alle spalle, che li rende ancora più vicini, in loro vi è la determinazione e la forza di andare avanti senza vacillare.

Ho voluto “omaggiare” Zakuro e Ryou con questo fiore, la camelia, che è anche il mio preferito.
La simbologia della Camelia è dovuta al portamento e alla disposizione dei petali che risultano essere rigidi e dotati di una certa carnosità. Queste caratteristiche ricordano le persone solide, di spessore, che non vacillano durante il loro cammino, bensì proseguono senza indugi per la propria strada.
Passiamo ora all’altro significato. Nella cultura orientale la camelia è il simbolo della devozione eterna tra gli innamorati. La particolarità di questo fiore è che petalo e calice percorrono il ciclo vitale congiuntamente, arrivando a distaccarsi insieme dalla pianta. Rappresenta, dunque, alla perfezione la persistenza dell’amore e la devozione reciproca.

Non credo di dover dire altro se non che spero mi seguiate in questa avventura.
Al prossimo aggiornamento!  :)

Glaucopide_

 

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Capitolo 2
*** Cafuné ***


Cafuné
 
Characters: Pai Ikisatashi, Retasu Midorikawa.
 
I legami che ci vincolano a volte sono difficili da spiegare,
ci uniscono anche quando sembra che i legami si debbano spezzare.
Certi legami sfidano le distanze, il tempo e la logica,
perché ci sono legami che sono semplicemente destinati ad essere. (*)

 
 
 



La pioggia scende lenta nel tenue colore di quella mattina ancora pallida, velando la città nipponica e accompagnandola nel suo risveglio con note soffuse di un ritmico sgocciolio di perle.
Le vetture parcheggiate in strada si tingono dei loro colori, dopo essere state mascherate tutta la notte dalla luce gialla dei lampioni che illuminano la metropoli. Una leggera brezza inizia a soffiare da est scompigliando l’erba verde dei prati mentre gli uccelli iniziano a cinguettare dall’alto degli alberi, abbandonando il loro asilo notturno.
A poco a poco ti svegli, riemergendo piano dalle braccia di Morfeo, un fremito attraversa le tue palpebre prima di aprirle dolcemente e iniziare a guardare la finestra.
I primi raggi di sole cominciano a filtrare attraverso le piccole fessure della tapparella, timidi, avanzano nella stanza fino a raggiungere la parete, dove disegnano delle sottili strisce di luce.
La stanza è illuminata flebilmente e si riescono ad intravedere i contorni degli oggetti rimasti nascosti al buio per tutta la notte; sposti lo sguardo e rivedi le tue cose, puoi distinguere i tuoi pantaloni rimasti lì, come li avevi buttati la sera prima, e noti che la tua camicia è scivolata dolcemente sul pavimento durante le ore notturne.
Lo scrosciare della pioggia scandisce i tuoi pensieri, mentre i rumori della città che si risveglia ti appaiono ancora ovattati. Inizi a fissare i granelli di polvere  che leggeri volano nell’aria, decidi di seguire la traiettoria di uno di essi. Sale e scende nel silenzio armonioso della camera,  non ha una meta, segue quell’impercettibile corrente d’aria che piano lo fa cadere sempre più in basso, fluttua lentamente mentre tu abbandoni il mondo onirico e inizi a prendere realmente coscienza della realtà che ti circonda.
Cominci ad udire un rumore ritmico, un sibilo lento ripetuto ad intervalli regolari, volti il capo alla tua sinistra e scorgi la sua figura avvolta dal lenzuolo candido.
I ricordi della notte precedente si fanno spazio prepotenti nella tua testa e non riesci ad evitare di sorridere mesto. Con la mano ti ravvivi i capelli sottili mentre contempli la creatura al tuo fianco, la leggera coperta lascia intravedere un tratto di pelle nivea; risali con lo sguardo la sua figura e la pelle lattea cede il posto ai suoi capelli lunghi e leggermente ondulati, tra di essi fa capolino il viso ancora addormentato.
Retasu dorme serena, respira lentamente muovendo quel leggero strato di stoffa che lambisce il suo corpo, le sue mani avvinghiano il lenzuolo mentre stringe un piede alla tua gamba. Le labbra rosee, leggermente socchiuse, lasciano uscire il respiro leggero e le ciglia lunghe sigillano le palpebre, impedendoti di specchiarti nei suoi occhi d’indaco.
Cauto sfiori con una mano il fianco morbido , lei, lasciando un profondo sospiro, si volta completamente verso di te e schiude le braccia inconsciamente, come a volerti invitare a farti più vicino.
Posi il viso nell’incavo del suo collo e avverti il calore della pelle candida, lasci che il suo profumo, inconfondibile, accarezzi le corde più intime del tuo essere e con un braccio le cingi la vita.
La pioggia continua a cadere, batte sul tetto e scivola lungo le finestre ma non ti importa, è domenica e probabilmente resterete a casa, pensi, mentre inizi a tracciare delle linee leggere lungo la schiena della giovane donna distesa al tuo fianco.
Ti accorgi che Retasu sta iniziando a svegliarsi, sbatte lentamente le palpebre e a poco a poco mette a fuoco la tua figura, ti rivolge un sorriso timido mentre un lieve rossore compare sulle sue guance di pesca quando le tue labbra si curvano e si avvicinano alle sue.
La tua mano accarezza il suo volto con dolcezza, sfiora la fronte, scende lungo la linea guida del piccolo naso fino ad arrivare al contorno delle labbra sottili.  

«Buongiorno» –mormori con voce roca.
La guardi stiracchiarsi pigramente e avvicinarsi a te, prima di sentire le sue labbra fresche posarsi sulla linea dritta e ruvida della mascella.

«‘Giorno»
Delicatamente inizi a passare le dita fra i suoi capelli morbidi, li accarezzi lentamente e incontri il suo sguardo, che annega nei tuoi occhi tanto belli quanto misteriosi.
Il silenzio della stanza è rotto, ancora una volta, dalla tua voce che le sussurra all’orecchio e a quel punto non hai più la certezza di esser sveglio, perché la felicità che provi in quel momento è comparabile solo ad un sogno. Le braccia calde la stringono a te e Retasu, così piccola in quell’abbraccio, si sente completa e al sicuro, circondata da tutto ciò di cui ha bisogno mentre il cuore le prende a battere forte, le mani a tremare e le orecchie ad emettere uno strano ronzio.
Le lasci un bacio leggero sulla nuca mentre continui ad accarezzare quella cascata di capelli e capisci in quel momento, con assoluta certezza, che vivere per lei sarebbe stata, per sempre, la tua occupazione fondamentale.

 
 
 
 
Angolo Autrice.
Salve gente!
Spero che mi perdoniate per il ritardo con cui ho aggiornato questa raccolta. Ho avuto parecchio da fare in questo periodo, senza contare il fatto che l’ispirazione mi ha abbandonata un bel po’ di volte.
Un’altra OS tutta zucchero e miele, questa volta i protagonisti sono la dolce Retasu e Pai.
E’ ambientata in un futuro non specificato dopo la guerra, non ho riportato la frase che Pai le sussurra all’orecchio di proposito, sbizzarritevi ahahah.

Cafuné è una parola portoghese, usata principalmente in Brasile, indica l’atto di passare delicatamente le dita tra i capelli di qualcuno.
Ci tengo a dedicare questa fanfic a Danya, spero ti sia piaciuta, anche se non era così che avevo pensato che sarebbe andata XD
Ringrazio tutti quelli che hanno lasciato una recensione al capitolo precedente: Jade Tisdale, Freya Crystal, blackmiranda, Sonrisa, Endorphin94, FairOphelia, mobo, Hanna McHonnor.
Al prossimo aggiornamento! :)


(*) Grey’s Anatomy,  5x08.

 
 
 
 
 
 
 

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