Timey Wimey - Continua a correre

di Isandre
(/viewuser.php?uid=150855)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Una strana cabina blu ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Un tipo pericoloso ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Continua a correre ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Mortlach ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Il campione di duello ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 – La maledizione del Signore del Tempo ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: L'incongruenza ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
Prologo
 
 
 
La stanza era un vero disastro: gli scaffali di legno erano buttati a terra e il pavimento era coperto di pezzi di metallo, sabbia e vetri rotti che scricchiolavano sotto i piedi dell’uomo che era appena entrato furtivamente. Sentiva le parole attutite provenire da qualche stanza vicina a quella, ma erano troppe affievolite per riuscire a distinguerle. L’uomo decise di sbrigarsi prima che qualcuno arrivasse lì, attirato dal rumore del suo arrivo o semplicemente perché doveva dare una sistemata. Iniziò a guardarsi intorno con circospezione, all’apparente ricerca di qualcosa, poi un fremito lo colpì e si avvicinò a un angolo della stanza dove ancora uno scaffale non voleva arrendersi alla gravità e si reggeva in bilico, come se dovesse cadere da un momento all’altro.
«Ah-ha!» esclamò l’uomo «Puoi nasconderti quanto vuoi ma non puoi sfuggire al Dottore»
Spostò i resti della scaffalatura e si abbassò tastando la parete, poi tirò fuori il cacciavite e lo azionò: dalla punta si diffuse una luce blu. Sulla parete si aprì un solco dal quale fuoriuscì una bagliore molto strano.
«Londra non sarebbe Londra se non ci fosse un’enorme crepa temporale proprio nel centro della città» disse con un sorrisetto compiaciuto. Armeggiò con il cacciavite e poi lo passò di nuovo sul solco.
«E con questa sono centotrentunomila e centodiciannove le volte in cui ho salvato Londra o forse sono centotrentunomila e centoventi? Ho perso il conto»
Scrollò le spalle e continuò il suo lavoro ma il cacciavite sembrava in difficoltà.
«Andiamo, che ti prende?» chiese sbattendoselo un paio di volte sulla mano, ma quello funzionava alla perfezione. Doveva esserci qualcosa nella crepa che gli impediva di chiuderla.
Allungò un braccio, lo infilò nel solco e alla fine riuscì ad afferrare qualcosa che sembrava una catena. La tirò fuori.
Era una collana a cui era legato un cerchio di qualche metallo che non riusciva a identificare, nel centro del cerchio c’era una piccola clessidra. L’uomo la guardò accigliato.
«No, non va affatto bene»

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1: Una strana cabina blu ***


Capitolo 1: Una strana cabina blu

 
 
 
Era un sabato vivace e stranamente caldo per essere metà Novembre. Le vie di Hogsmeade brulicavano di giovani e studenti, riconoscibili dal mantello della scuola, e per i locali e i negozi c’era un allegro via vai di gente. Guardandoli adesso non si sarebbe potuta immaginare la devastazione che, solo pochi mesi prima, aveva toccato quel villaggio e il castello che lo sormontava, epicentro di una guerra che aveva messo i maghi di fronte alle atrocità di cui erano capaci.
Hermione Granger passeggiava per il sentiero che partiva dalla scuola e pensava a come le erano apparse quelle stesse strade durante la Guerra: il villaggio era deserto, i negozi barricati e su tutto sembrava aleggiare un senso di disperazione e morte. Ma ciò che l’aveva più colpita era stato il silenzio, un silenzio carico di rassegnazione e sospetto, il silenzio sgomento e incredulo che era calato quando aveva visto precipitare dalla Torre di Astronomia l’ultimo appiglio alla sua infanzia. Ora il villaggio assomigliava di più alla sua Hosgmeade, quella su cui aveva fantasticato per tutta l’estate prima del terzo anno. L’aveva esplorato per la prima volta con Ron che le faceva da guida e non poteva credere di dover essere lui, per una volta, a doverle spiegare le cose.
Hermione sorrise al ricordo. È vero, somigliava alla sua Hogsmeade ma non lo era, non lo sarebbe stata più, non dopo tutto quello che avevano perso: l’ingenuità, i sorrisi spensierati, quella convinzione, tipica degli adolescenti, che in modo o nell’altro tutto sarebbe andato bene. Non che Hermione avesse qualcosa di cui lamentarsi, Harry aveva sconfitto Voldemort, avevano vinto la Guerra e tutti si sforzavano di tornare a una specie di normalità, per quanto la normalità, adesso, sembrasse l’unica cosa impossibile da raggiungere.
Scosse la testa per allontanare quei pensieri, si era ripromessa una giornata serena, nonostante tutto. Avrebbe dovuto raggiungere Harry ai Tre Manici di Scopa, per una burrobirra e un po’ di chiacchiere. Ginny era uscita presto quella mattina, dicendo di non voler sprecare neanche un minuto di quelle ultime giornate di sole. In realtà non voleva sprecare neanche un minuto del tempo da passare con Harry e Hermione la capiva benissimo. Anche lei la settimana prima si era alzata di buon’ora e aveva ingurgitato la colazione per poi fiondarsi al pub dove l’aspettavano, Ron, il suo fidanzato (suonava ancora strano riferirsi a lui con questo termine, anche solo nella sua testa) e Harry, il suo migliore amico. Entrambi avevano deciso di non tornare a Hogwarts per concludere gli studi e lei sentiva la loro mancanza, ‘Soprattutto quella di Ron’ ammise a se stessa con un po’ di senso di colpa nei confronti di Harry. Era più che normale, si disse tentando di eliminare quell’imbarazzo inopportuno, lei voleva bene a Harry e di sicuro la sua permanenza a Hogwarts non era la stessa senza di lui, ma ci erano voluti anni a lei e a Ron per riuscire a essere chiari con l’altro, e soprattutto con se stessi, sui loro sentimenti, e adesso che finalmente avevano abbattuto quel muro di incomprensioni, omissioni e negazioni che si erano costruiti intorno dal loro terzo anno, era la distanza a separarli.
“Ma sono solo nove mesi” aveva detto Ron, quando lei gli aveva mostrato le sue titubanze “e ci vedremo tutti i week end, te lo prometto”.
Ma oggi era sabato e Ron non c’era. George aveva deciso di riaprire i Tiri Vispi proprio quel giorno e lui, che aveva spinto il fratello a riprendere gli affari e lo aveva aiutato durante tutti questi mesi, non poteva certo lasciarlo proprio il giorno della riapertura. E Hermione non poteva certo essere arrabbiata per questo e infatti non lo era, anzi era felice che Ron si impegnasse in qualcosa e che questo qualcosa entusiasmasse di nuovo George, che dopo la morte di Fred sembrava aver perso la voglia di vivere. Si sarebbero visti l’indomani, aveva scritto a Ron, e avrebbe passato il sabato con Harry e Ginny. Ma adesso che era appena arrivata al villaggio non era più tanto sicura di voler andare. Harry sarebbe stato felicissimo di vederla, come sempre, e Ginny non è il tipo che se la prenderebbe con lei per averle sottratto un po’ di tempo da sola col fidanzato, ma se c’era una cosa che Hermione aveva imparato durante la Guerra era proprio l’importanza del tempo e lei ne aveva passato così tanto con Harry, in quell’ultimo anno, Ginny invece…
Arrivò davanti al pub e vide dalla finestra Harry e Ginny seduti uno a fianco all’altra, lei poggiava la testa sulla spalla del ragazzo che le cingeva la vita, parlavano fitto tra loro, ignorando gli sguardi curiosi che gli altri avventori gli lanciavano. Hermione sorrise e superò il locale prima che qualcuno potesse accorgersi di lei.
 
Aveva preferito lasciare le strade principali e stare al riparo dalla gente. Dopo la Battaglia di Hogwarts molti la riconoscevano e la fermavamo per salutarla, ringraziarla, a volte gente che non aveva mai visto la stringeva in abbracci mozzafiato scoppiando in lacrime. Di solito non le dispiaceva parlare con loro, ma oggi non aveva voglia di incontrare nessuno. Così si limitò a costeggiare il villaggio, dirigendosi verso la stradina che portava alla Stamberga Strillante: voleva andare sul retro della villa per leggere in tranquillità, lì nessuno l’avrebbe disturbata, visto che era ancora considerato uno degli edifici più infestati del paese. Arrivata lì, si assicurò che non ci fosse nessuno nei paraggi, poi aprì il cancello con un colpo di bacchetta e si affrettò sul retro, pregustando il piacere di sdraiarsi sotto quel bel sole, sulla comoda panchina in cui aveva trasfigurato un tronco caduto, qualche settimana prima insieme a Ronald.
Ma appena svoltato l’angolo le fu palese che ci fosse qualcosa che non andava: una cabina telefonica blu, di quelle usate dalla polizia negli anni ’60, era sistemata proprio davanti alla sua panchina. Un sopracciglio scattò in alto in segno di disapprovazione: a parte il fatto che cabine del genere non si vedevano da secoli, e che di sicuro non era lì l’ultima volta che ci era venuta, cosa ci faceva un oggetto così tipicamente babbano nell’unico villaggio della Gran Bretagna completamente abitato da maghi?
Si avvicinò alla cabina con circospezione, le girò attorno e sussurrò un incantesimo che rivelasse la natura magica dell’oggetto. Niente. Poggiò una mano sulla porta per assicurarsi che fosse legno, e bussò restando in ascolto del suono prodotto, tipico di un oggetto cavo. La guardò con le braccia conserte, il piede che batteva con impazienza a terra e l’espressione infastidita: quella cabina era esattamente ciò che sembrava, una semplice cabina, e allora come era spuntata lì da un giorno all’altro?
Decise di lasciar perdere la questione, magari c’era una spiegazione perfettamente logica e a pensarci bene nemmeno le interessava. L’unica cosa che voleva era stendersi sulla sua panchina, quindi puntò la bacchetta verso la cabina per farla levitare e rendere la panchina accessibile. «Wingardium leviosa» disse agitando la bacchetta, ma il suo incantesimo si infranse contro di essa senza nessun risultato. Hermione rimase incredula, poi diventò furente: non poteva aver sbagliato un incantesimo così semplice, lo conosceva dal primo anno, non lo aveva mai sbagliato nella sua vita. Ci riprovò ma il risultato fu lo stesso. Guardò la cabina ormai sicura che ci fosse qualcosa di molto strano, era quasi tentata di avvisare il Ministero per far controllare l’oggetto, ma voleva prima farsi un’idea più precisa, dopotutto lei era Hermione Granger, la strega più brillante della sua età, eroina della Seconda Guerra Magica, non poteva certo mandare un gufo al Ministero dicendo di accorrere solo perché era apparsa una stupida cabina telefonica che non voleva levitare.
Provò ad aprire la porta ma, come era prevedibile, la serratura era bloccata. Scagliò un incantesimo apri-porte ma, di nuovo, la magia non sembrava funzionare. Che diavolo stava succedendo?
«Le orde di Gengis Khan non sono riuscite a passare da quella porta e non credere che non ci abbiano provato».
Hermione fece un salto indietro: un uomo aveva aperto la porta dall’interno, era alto e magro, aveva addosso un abito blu gessato, che aveva abbinato a delle converse bordeux. Se ne stava appoggiato allo stipite della cabina e la guardava con le braccia incrociate. «Non è che sapresti dirmi dove siamo» riprese l’uomo con aria tranquilla «la mia apparecchiatura sembra impazzita»
 La ragazza, che era talmente stupefatta da trovarsi, per una volta, priva di parola, si riebbe nel sentirsi rivolgere una domanda. «Siamo a Hogmeade, signore, in Scozia» rispose quasi automaticamente.
«Mai sentito» disse l’uomo dopo averci pensato un po’ su. «Sapresti anche dirmi quando siamo» chiese ancora l’uomo con un sorriso.
Hermione lo guardò interdetta, la sorpresa ormai del tutto svanita, mettendo su la sua tipica espressione di sufficienza, che tanto la faceva somigliare alla professoressa McGranitt.
«Come prego?» disse, dando la possibilità a quello sconosciuto di dire qualcosa di sensato.
«Sai dirmi quando siamo» ripeté l’uomo scandendo ogni parola come se Hermione fosse una stupida.
La ragazza gli scoccò uno sguardo risentito.
«Se intende dire che vuol sapere che giorno è, è sabato 14 Novembre 1998, posso sapere chi è lei?»
«Io sono il Dottore»
«Dottore e poi?»
«Solo il Dottore, tu invece come ti chiami?»
Hermione considerò l’idea di rispondere ma l’uomo aveva qualcosa di molto sospetto, non voleva dirle il suo nome (non poteva chiamarsi Dottore e basta) ed erano soli in un luogo abbastanza isolato. Lo studiò attentamente. Non indossava abiti da mago, ma questo non escludeva che fosse un mangiamorte sotto-copertura, non era armato e questo le dava un vantaggio: avrebbe potuto schiantarlo prima ancora che riuscisse a metter mano alla bacchetta. Gli puntò la sua contro.
«Ok simpaticone, ora esci di lì e tieni le mani in vista» disse tenendolo sotto tiro, la Guerra era finita ma non ci si poteva ancora fidare di nessuno.
Lo sconosciuto la guardò fingendosi impressionato e si allontanò dalla cabina con le mani in alto.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2: Un tipo pericoloso ***


Capitolo 2: Un tipo pericoloso
 
 
 
L’uomo, che si era presentato come il Dottore, la guardava con un sorrisetto strafottente stampato in faccia e le mani alzate. «Hai intenzione di spararmi con quella?» disse quasi trattenendo le risate. Hermione non capiva se fosse molto furbo o semplicemente pazzo.
«Non ci provare, questo è l’unico villaggio completamente magico del paese, nessun babbano può esserci capitato per caso» disse la ragazza con l’aria di chi la sa lunga.
A sentire quelle parole, il volto dell’uomo si coprì di un’espressione di fastidio, quasi disgusto. «Ora capisco perché non ne avevo mai sentito parlare» borbottò tra se, pensando di non essere sentito. «Comunque signorina… non ho ben afferrato il tuo nome, se permetti ti spiegherò subito che cosa faccio qui» fece per mettersi una mano in tasca.
«Tieni in alto quella mano o la prossima cosa che vedrai sarà il soffitto di un ospedale» disse la ragazza fissandolo negli occhi.
«Vi ricordavo un po’ più ospitali. Arroganti sempre, ma meno sospettosi» disse il Dottore, offeso.
«Sta scherzando vero? La Guerra sarà anche finita ma è pieno di mangiamorte latitanti. E non dovrei essere sospettosa?» chiese ironicamente la ragazza.
«Esatto la Guerra!» disse il Dottore «Fai bene a tenere la guardia alzata, in effetti questo era solo un test. Il mio ufficio si sta occupando di sensibilizzare la popolazione a tenere gli occhi aperti. Come hai detto tu, è ancora molto pericoloso qua fuori e non tutti sono attenti e pronti come te.»
Hermione fece un’espressione fortemente contrariata. «Quindi tu saresti un impiegato del Ministero, mandato per far finta di essere una persona sospetta in modo da far capire alla gente l’importanza di stare sempre all’erta di questi tempi?»
«Esatto! Anzi, se guardi nella tasca della giacca, troverai il mio tesserino.»
Hermione, che non aveva creduto a una sola parola, decise di assecondarlo per capire dove volesse andare a parare. Tenendolo sempre sotto tiro, allungò la mano sinistra verso la tasca che quello strano tipo le indicava. Trovò un portatessere in cuoio nero e lo aprì. Il sopracciglio scattò in alto e le labbra si strinsero in un’espressione pericolosamente contrariata.
«Ok, Dottore» disse con un tono tutt’altro che rassicurante «Facciamo pure finta che la guerra non sia finita da soli sei mesi e che ci sia bisogno di “sensibilizzare” la gente, come dici tu» la ragazza si avvicinò di un passo, e il Dottore cercò di sorridere in maniera incoraggiante.
«E diciamo pure che non ci sia niente di strano nel fatto che sia stata proprio io a trovarti e che tu non mi abbia riconosciuta» un altro passo avanti.
«Davvero staresti cercando di convincermi di lavorare per il Ministero mostrandomi un pezzo di pergamena bianca?»
Il sorriso morì sulle labbra del Dottore, la ragazza ormai vicinissima puntò la bacchetta dritta contro di lui. «Incarceramus!» gridò, e dalla punta della sua bacchetta spuntarono delle grosse funi che si avvilupparono intorno al Dottore.
 
«E va bene mi hai scoperto» disse il Dottore cercando di allentare le funi senza alcun successo. «Caspita, devi essere davvero geniale se la carta psichica non ha avuto alcun effetto su di te, non credevo ci potessero essere maghi o streghe così intelligenti». Hermione fece finta di non sentirlo e continuò a esaminargli le tasche.
«Ovviamente ci sono sempre le eccezioni, voglio dire quel Merlino era davvero un tipo fuori dall’ordinario e anche Morgana, che a dirla tutta non era niente male, peccato per quella piccola questione dell’incesto…»
«Dove diamine hai nascosto la bacchetta? E che cos’è questo?» chiese la ragazza tirando fuori uno strano arnese grigio, di forma cilindrica, apparentemente di metallo. Trovò una piccola leva sulla superficie e la spinse verso l’alto. Dalla punta uscì una luce blu e l’arnese iniziò a emettere uno strano rumore. Hermione lo spense subito.
«Quello è solo il mio cacciavite sonico, è molto utile di solito, quando c’è qualche cosa di tecnologico su cui usarlo» rispose il Dottore che iniziava a perdere la pazienza. «Senti, a me non piacciono molto i maghi ed è evidente che io non piaccia a loro. Non prenderla sul personale, è solo questione di… gusti. Quindi facciamo così: io me ne torno su quella stupidissima carretta, che ha deliberatamente deciso di portarmi qui senza alcuna ragione, me ne vado e facciamo finta che non sia successo niente, ok?»
«Non prima di aver di aver risposto a qualche domanda» ribatté la ragazza risoluta.
«Ok, spara» disse l’uomo cercando mettersi seduto più comodo.
«Come ti chiami davvero?»
«Ma questo lo sai già, io sono il Dottore, sei tu che non ti sei presentata»
«Davvero non sai chi sono?» chiese la ragazza.
«Mi spiace colpire il tuo fragile ego ma no»
«Hermione Granger ti dice niente?» chiese la ragazza sempre più seccata da quell’uomo che stava riuscendo là dove né Ron né tanto meno Malfoy erano riusciti in tanti anni: farle perdere la pazienza.
Il Dottore ci pensò su qualche secondo «No, no. Non si accende neanche una lampadina, ma non te la prendere neanche tu sai chi sono io. Siamo pari, quindi.»
Hermione lo guardò allibita «Dove diavolo sei stato nell’ultimo anno?»
«Non ci crederesti mai» disse il Dottore con un sorriso, piegando la testa e contorcendosi per allentare un po’ la stretta delle funi.
Fu un lampo. Hermione notò, al collo dell’uomo una catena dorata che conosceva bene. Solo che non poteva davvero essere quello che pensava.
«Cos’hai lì, sotto la camicia?»
«Niente di importante, solo una collana» tentò di minimizzare il Dottore, ma la ragazza stava già trafficando con cravatta e colletto per tirare fuori l’oggetto. Era proprio ciò che pensava che fosse ma non era esattamente come la ricordava.
«Come fai ad avere una GiraTempo? Chi cavolo sei tu?»
«Tu sai cos’è quella?» chiese il Dottore incredulo.
«Certo che so cos’è ma pensavo che le GiraTempo fossero state distrutte anni fa, perché ne hai una? Perché è diversa?». Per quanto ne sapeva Hermione quella era l’unica GiraTempo in circolazione, se era nelle mani di quell’uomo questo lo rendeva un pericolo non indifferente e la ragazza era più che intenzionata a fare chiarezza sulla situazione.
«Ti sei accorta che è diversa. Hai familiarità con questo congegno?»
«Finora, ero convita di essere stata l’ultima strega a possederne uno»
«Oh ma allora questo cambia tutto Hermione. Posso chiamarti Hermione? Io e te diventeremo grandi amici»
«Io e te non diventeremo proprio niente, ancora non mi hai detto chi sei?»
«Io sono il Dottore, sono un alieno, per essere preciso un Signore del Tempo, viaggio attraverso il vortice temporale con la mia fantastica e splendida nave, la migliore di tutto l’universo, che è riuscita a portarmi da te» disse il Dottore con un entusiasmo tutto nuovo.
«Cosa stai blaterando? Tu saresti un alieno?» chiese Hermione, sempre più scettica. Quell’uomo era davvero pericoloso: era completamente pazzo.
«Al cento per cento e posso dimostrartelo. Ascolta il battito dei miei cuori»
La ragazza non si mosse di un millimetro.
«Forza ascolta, non essere timida»
Hermione non capiva bene perché, ma decise di assecondarlo anche stavolta, puntò la bacchetta contro il suo petto e pronunciò un incantesimo per amplificare il battito del suo cuore.
Rimase di sasso: i colpi erano quattro invece di due.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3: Continua a correre ***


Capitolo 3: Continua a correre

 

 

 

‘Devo essere completamente impazzita’. Hermione continuava a ripeterselo mentre slegava quell’uomo e lo aiutava a rimettersi in piedi. Il Dottore si stava sistemando la camicia e la cravatta, lisciandola bene sul petto, un petto in cui battevano due cuori, due cuori non umani. ‘Devo essere completamente impazzita’, pensò di nuovo Hermione, come altro avrebbe potuto spiegarsi che si stava davvero fidando di uno sconosciuto che affermava di essere un alieno e che una nave a forma di cabina telefonica l’aveva portato da lei?

«Tranquilla, non sei impazzita» disse il Dottore con un gesto non curante.

«E tu come fai a sapere che stavo pensando? Sei un Legilimens?» chiese subito sospettosa la ragazza.

Il Dottore scoppiò a ridere. «No, te l’ho detto non sono un mago, non posso leggere la mente. So quello che stavi pensando perché è quello che di solito pensano tutti appena mi incontrano. Ma adesso andiamo, abbiamo del lavoro da fare»

«Io non vengo da nessuna parte con te. Prima mi spieghi cosa sta succedendo e poi potrò trarre le mie conclusioni, anche se la pazzia, in questo momento, è la risposta più logica»

«Effettivamente» rispose il Dottore «nessuno ama la logica come i pazzi». Sorrise in un modo che le ricordò molto i gemelli e il dolore e la tristezza la colpirono a tradimento. L’uomo parve accorgersene e diventò serio. «Ok, credo di doverti qualche spiegazione, ma prima devi aiutarmi a capire qualcosa perciò devi dirmi tutto quello che sai sulle GiraTempo».

Hermione lo guardò e si chiese di nuovo cosa stesse facendo, provò a pensare, a trovare una sola buona ragione per fidarsi di lui e l’unica che le venne in mente era del tutto inaccettabile. Istinto. Chiuse gli occhi e ispirò a fondo. Poi cominciò a parlare.

 

Erano seduti sulla panchina sua e di Ronald, l’aveva spostata di qualche metro. Avevano avuto bisogno di sedersi perché il discorso era lungo e complicato: aveva spiegato didatticamente cosa fosse una GiraTempo e a cosa servisse, poi era passata alla sua esperienza durante il terzo anno. Mentre raccontava, aveva omesso tutta la parte che riguardava Sirius, ma arrivati al momento della distruzione delle GiraTempo nella battaglia al Ministero, fu obbligata a spiegare al Dottore tutta la faccenda Voldemort, la Guerra e in che modo lei ne era coinvolta. Le sembrava assurdo dover spiegare tutte queste cose quando, ormai, la sua vita era argomento di conversazione di tutti i maghi di Inghilterra e non solo. Eppure il Dottore non aveva la minima idea di chi fossero lei, Harry, Voldemort e di cosa fosse successo in quel castello che dominava dalla collina, solo qualche tempo fa. A un certo punto, senza sapere come, si trovò a parlare della sua spensieratezza sacrificata per un bene superiore, diventare il lume della ragione che illumina la via di un bambino che portava sulle spalle un peso troppo grande per lui; di tutti i morti, effetto collaterale di quella oscurità che per qualche breve, indimenticabile attimo aveva toccato la sua anima e quella delle due persone che più amava al mondo.

Scoprì quanto avesse bisogno di dire quelle cose a qualcuno, quanto avesse faticato per tenerle nascoste a tutti, anche alle uniche persone che avrebbero potuto capire: Harry, per evitare di ferirlo, Ron e Ginny, perché non voleva dargli altri pensieri. Scoprì anche che il Dottore rimase molto colpito da quelle parole, non come qualcuno che sentiva quelle cose per la prima volta, ma come chi capiva, profondamente, quello di cui stava parlando.

«Quindi sei abituata a correre, non avrai problemi con me» l’uomo se ne uscì con questa frase criptica come la sua espressione.

«Ora tocca a te, perché hai quella GiraTempo? Dove l’hai trovata?» chiese la ragazza.

«Ok, ora viene il difficile» disse il Dottore, grattandosi la testa. «Ma se sei geniale come sembra a giudicare dalla carta psichica, non avrai problemi a starmi dietro. Sembra proprio che le vostre GiraTempo siano un’antichissima tecnologia dei Signori del Tempo, la razza a cui appartengo. Non chiedermi perché le abbiate voi maghi, non ne ho idea» aggiunse immediatamente, anticipando la domanda di Hermione «Quello che so è che, a quanto pare, la distruzione di tutti i congegni, nella battaglia di cui mi hai parlato, ha generato un impatto notevole e si è formata una crepa nel tessuto temporale, una crepa che per un po’ è stata presente ovunque nello spazio e nel tempo. Il mio Tardis ha riscontrato il problema ed è riuscito a individuare la fonte primaria: il momento e il luogo in cui lo strappo è avvenuto. Sono atterrato con la mia nave e mi sono occupato della cosa»

«Quindi hai richiuso la crepa. È tutto a posto.» disse Hermione, che aveva ascoltato la storia col fiato sospeso.

«Non proprio» rispose il Dottore con un sorriso di scuse.

«Il fatto è che, prima che la crepa si richiudesse ne è uscito fuori qualcosa, la GiraTempo che ho al collo, ma come hai detto tu è diversa. L’esposizione al vortice temporale deve averla riparata e, in qualche modo, modificata.»

«Modificata in che modo?»

«Da quanto ho potuto constatare, sembra che il potere della GiraTempo sia stato invertito: invece di far rivivere il passato, mostra il futuro. Ora, capisci bene che un potere del genere nelle mani sbagliate può rivelarsi disastroso.»

«Ok, ma la GiraTempo ce l’hai tu. Hai intenzione di distruggere l’universo?» chiese la ragazza che non capiva dove il Dottore volesse andare a parare.

«Questa è solo una, il Tardis ne ha intercettata un’altra solo che non riesce ad agganciare bene il segnale. Mi serviva qualcuno che avesse usato una GiraTempo, quando ancora non erano modificate, per rintracciarla e neutralizzarla come ho fatto con questa, e il Tardis mi ha portato da te. Adesso andiamo, non abbiamo tempo da perdere» concluse il Dottore trascinandola per un braccio.

«Alt! Fermati subito. Io non vengo da nessuna parte» lo bloccò Hermione liberandosi dalla sua presa. «Capisco che la situazione è complicata e vorrei tanto aiutarti, ma ho avuto la mia dose di avventure che mi basteranno per questa vita e per la prossima. Mi spiace, ho smesso di correre»

Il Dottore la guardò deluso. «Ti rendi conto che se non recuperiamo quel congegno, tutto quello che tu e i tuoi amici avete fatto potrebbe essere stato inutile? Potreste perdere la Guerra.»

«Non vedo come questo sia possibile, quello che è successo è successo. Non si può cambiare»

Il Dottore scosse la testa. «Le gente non riesce a capire il tempo, non è quello che pensiate che sia. È complicato. Molto complicato. Le persone pensano che il tempo sia una rigida progressione di causa ed effetto ma in realtà, da un punto di vista non lineare, non soggettivo, è più come una grossa palla un po’ vacillante che va e viene, fluttuante…» si bloccò pensieroso. «Mi è sfuggita di mano, ma quello che devi sapere è che il tempo è un flusso, cambia ogni secondo. Il tuo piccolo mondo può essere riscritto con uno schiocco di dita. Niente è sicuro, ricordalo.»

Hermione non sapeva che fare. Se davvero il passato poteva essere cambiato, come diceva il Dottore, se davvero da qualche parte nel tempo era apparso un congegno capace di mostrare il futuro, un congegno che prima non c’era, questo avrebbe potuto cambiare le loro vite? Ovviamente sarebbe il tipo di magia che Voldemort vorrebbe a tutti i costi. Magari con quello sarebbe riuscito a uccidere Harry la prima volta, quando era solo un bambino.

Mentre pensava a queste cose, la ragazza osservava il Dottore e alla fine capì.

«Non è la prima volta che lo fai, vero? Salvare il mondo, intendo.» L’uomo le rivolse un sorriso indecifrabile. «Salvare il mondo, l’umanità. Diciamo pure che è un mio compito e privilegio»

Hermione contemplò la figura di Hogwarts che si stagliava in lontananza. Tutta la sua vita, tutto l’universo, potevano essere riscritti in un momento, in quell’esatto momento.

«Diciamo che aiutare quelli come te a salvare il mondo è mio compito e privilegio, che dobbiamo fare?»

Il dottore sorrise raggiante, le porse il braccio e la guidò dentro la cabina.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4: Mortlach ***


Capitolo 4: Mortlach
 
 
 
«Benvenuta nella mia nave, il Tardis. Sta per Tempo e Relativa Dimensione Interna allo Spazio, con questa possiamo viaggiare dove vogliamo nell’universo, per caso vuoi assistere al Big Bang?»
Hermione si guardò intorno: si trovava in una stanza a forma di cupola, con al centro quella che sembrava una console di comandi di forma esagonale. Dal centro della console partiva un enorme cilindro di vetro che arrivava fino al soffitto, dal quale pendevano degli enormi cavi.
«No, direi che non ci tengo. Prima chiudiamo questa faccenda, prima posso tornare ai miei MAGO» rispose la ragazza.
Il Dottore parve un po’ deluso. «Non noti niente di strano, cioè più strano del resto?» chiese con un sorrisetto.
Hermione diede un’altra occhiata intorno. «No, direi di no»
«È più grande all’interno! Come hai fatto a non accorgertene? E dovresti essere geniale?» esclamò il Dottore incredulo.
«Capirai… Incantesimo estensivo irriconoscibile, lo so fare anche io» rispose la ragazza in tono neutro.
Il Dottore la guardò indispettito. «Ecco perché non mi piacciono i maghi» sbuffò «mai un po’ di entusiasmo! Dov’è lo stupore? Dov’è la meraviglia?»
Hermione roteò gli occhi. «Ma l’universo non era in pericolo? Vogliamo sbrigarci o no?»
«Ah già, l’universo!» disse il Dottore come se se ne fosse appena ricordato. Iniziò ad armeggiare con i comandi. «Vedi la magia manda un po’ in confusione il Tardis, riesce a percepire la GiraTempo ma non riesce a capire dove sia esattamente» indicò a Hermione uno schermo dove si susseguivano una serie di numeri che cambiavano in continuazione «ma avendoti a bordo potrà estrapolare le tue onde temporali, isolare quelle che sono riconducibili alla GiraTempo e rintracciare quella che stiamo cercando».
«Ok e cosa devo fare?» chiese Hermione, cominciando a preoccuparsi.
«Niente, basta che stai lì»
La ragazza osservò il Dottore innescare leve, premere pulsanti, digitare lunghe stringhe di numeri, correndo intorno alla console.
«Bingo! Ci siamo» disse con tono anche troppo entusiasta. Hermione non poté fare a meno di sorridere. Era proprio come un bambino la mattina di Natale, anche se sicuramente aveva viaggiato con quel Tardis per anni. Invidiò il suo entusiasmo e si chiese dove fosse finito il suo, se l’avesse mai avuto o se la Guerra si fosse portata via anche quella parte di lei.
«Ok, adesso tieniti forte. Si parte!» il Dottore abbassò un’ultima leva.
La ragazza afferrò la ringhiera dietro di lei mentre un rumore che non riusciva ad associare a niente che conoscesse, si diffondeva per la stanza che iniziava a muoversi e a vibrare forte. Era fatta, non poteva più tornare indietro.
 
Il Dottore spalancò la porta del Tardis tutto allegro. «Mortlach, Scozia. Anno 985. Siamo molto vicini al villaggio da cui siamo partiti, anche se non credo che esista già. Vuoi dare un’occhiata?»
Hermione era rimasta dietro di lui, sbirciando il panorama dalla sua spalla. Era pietrificata: nessun aveva mai viaggiato così indietro nel tempo, è un possibilità che le persone, anche i maghi, possono solo sognare. Eppure eccola li, quasi mille anni prima della sua nascita, e non poteva far a meno di chiedersi se mettere un piede fuori da quella cabina avrebbe creato un paradosso tale da riscrivere l’universo. Ma il Dottore sembrava non preoccuparsi di questo, quindi decise di fidarsi.
 «Non dovremo fare qualcosa per passare inosservati? Non possiamo mica andarcene in giro per il decimo secolo vestiti così!» disse attraversando la porta. L’universo restò intatto, quindi poté guardarsi attorno: erano in una radura ai margini di un bosco; in lontananza si vedeva un villaggio, più vicino, sul lato opposto, un lago.
«Effettivamente i tuoi abiti non si addicono molto a una fanciulla di questi tempi, almeno non a quelle rispettabili» Hermione gli scoccò un’occhiata scocciata «la porta in fondo alla sala comandi è un armadio, prendi quello che vuoi io cerco di capire come arrivare in città» così dicendo il Dottore si allontanò. A Hermione non rimase altro da fare che rientrare dentro il Tardis e cercare dei vestiti adatti.
 
Era appena uscita dalla cabina blu e si era incamminata nella direzione in cui aveva visto andare il Dottore. Di lui non c’era traccia e non ce la faceva proprio ad aspettarlo, voleva vedere questa vecchia epoca, questo nuovo mondo. Nell’armadio che le aveva indicato il Dottore aveva trovato il vestito perfetto. Ora indossava un abito azzurro con gli orli dorati, le gonne erano di un rosa tenue. Il corpetto azzurro dagli inserti dorati le avvolgeva la vita per poi lasciare il vestito scendere dolcemente sui fianchi fino ad arrivare ai piedi. Sopra aveva indossato il mantello della scuola, anche se l’armadio era pieno di mantelli di mille colori, aveva preferito tenere il suo.
Al vestito era abbinato un velo dorato, come prevedeva la moda del momento, ma lei aveva lasciato la testa scoperta. Così adesso, coi capelli scossi dal vento risaliva la collina verso il villaggio che riusciva a vedere in lontananza, cercando di individuare il Dottore.
Camminava da un po’ quando sentì la sua voce portata dal vento, stava parlando con qualcuno. Superò un’ultima salita e riuscì finalmente a vederlo: era con le spalle appoggiate a un carro e un uomo alto e grosso lo minacciava con una bacchetta mentre una bella ragazza bionda guardava la scena con aria scocciata.
«Avanti Bryok, perché non la smetti con questa sceneggiata, prima che arrivi qualcuno?»
«La smetterò quando il signore si deciderà a sfoderare la bacchetta, c’è in gioco l’onore del nome dei Peverell»
La ragazza roteò gli occhi al cielo e Hermione, che si stava chiedendo cosa avesse combinato il Dottore stavolta, rimase pietrificata nell’udire quel nome.
«Avanti secco, tirate fuori la bacchetta, fatemi vedere che sapete fare»
«Veramente, signore, credo di non averla a portata di mano in questo momento» disse il Dottore cercando di levarsi dall’impaccio.
«Lo sapevo!» urlò l’uomo premendo la bacchetta sul viso del Dottore «Sapevo che stavate mentendo. Nessun mago andrebbe in giro senza la sua bacchetta. Che ti avevo detto Esyld?»
«Ok avevi ragione, ora puoi confonderlo prima che faccia notte?» disse la ragazza che evidentemente stava perdendo la pazienza.
«No che non posso, prima devo scoprire perché ha cercato di fingersi un mago. Potrebbe essere uno di quei fanatici che dà la caccia ai pagani, potrebbe essere una spia mandata per Ric»
«Accusato di cospirare qualcosa per bene due volte in meno di due ore. Oggi faccio faville» commentò il Dottore con soddisfazione.
«Ok spiritosone, ora vi tolgo quel sorrisetto dalla faccia. Volete dirmi cosa stavate combinando o devo costringervi?!» l’uomo, Bryok, sembrava davvero fuori di sé.
«Davvero signore, io non sto combinando niente stavo solo…»
«In questo caso» lo interruppe l’altro. «Cru..»
La bacchetta gli volò di mano andando a finire dritta in quelle di Hermione. L’incantesimo non verbale che aveva lanciato fu abbastanza potente da farlo cadere, anche se la ragazza non era sicura di poter ottenere lo stesso risultato senza l’aiuto dell’effetto sorpresa.
L’uomo si voltò verso di lei e Hermione riuscì a vedere la sua espressione passare dalla ferocia all’incredulità, fino a qualcosa che la ragazza indovinò fosse imbarazzo, quando si accorse che era stata lei a mandarlo a gambe all’aria.
Lo fissò senza sapere cosa dire, sentendosi un po’ in colpa, ma cercando di mantenere la sua solita determinazione.
Poi alle sua spalle, la ragazza iniziò a ridere a crepapelle.
«Smettila Syd» borbottò l’uomo rimettendosi in piedi.
«Non ce la faccio» biascicò la donna con le lacrime agli occhi «dovresti vedere la tua faccia»
«Dovresti vedere la tua» la rimproverò Bryok «non si addice a una fanciulla ridere così sguaiatamente»
Ma Esyld continuava a ridere così tanto da doversi tenere a una ruota del carro per non finire a terra.
«Posso sapere perché lo avete fatto?» l’uomo si rivolse a Hermione con un tono gelido.
«Stavate per affatturare mio… zio, un uomo disarmato, era il minimo che potessi fare» rispose la ragazza con altrettanta freddezza.
«Esattamente» intervenne il Dottore che, Hermione aveva capito, odiava non essere al centro dell’attenzione «E questo la dice lunga suo onore»
Bryok si voltò verso di lui, di nuovo in preda alla collera e pronto a colpirlo.
«Signore» lo fermò Hermione prima che iniziasse a prenderlo a pugni «mi scuso per mio zio, è un uomo eccentrico ma non è cattivo. Solo che è molto sbadato»
«Quindi non ha mentito, è davvero un mago?» chiese l’uomo senza smettere di guardare male il Dottore.
«Si, certo. È un mago»
«Allora dov’è la sua bacchetta?»
«Ecco vede…»
Hermione si bloccò un attimo, cercando di pensare in fretta a qualche buona scusa.
«Le ho detto che è sbadato. Evito di fargliela tenere quando siamo in viaggio perché tende a dare un po’ troppo nell’occhio» disse sottovoce cercando di essere credibile. Sorrise e porse a Bryok la sua bacchetta in un gesto che sperava esprimesse buona fede.
L’uomo la prese rilassandosi un po’ ma senza smettere di stare sulla difensiva. «Ed esattamente dov’è che una strega dotata come voi e il suo eccentrico zio starebbero andando?»
Hermione continuò a sorridere, aveva già pensato a come rispondere a questa domanda. «È per perfezionare la mia istruzione. Viaggiamo di città in città alla ricerca di maestri che mi aiutino a migliorare nelle arti magiche»
«Fortuna allora che vostro zio si è imbattuto in mio fratello» disse la ragazza che era riuscita finalmente a ricomporsi «conosciamo le persone che fanno proprio al caso vostro»

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5: Il campione di duello ***


 

Capitolo 5
Il campione di duello

 
 
 
Arrivarono al castello che aveva già fatto buio da un po’. Si erano fermati in un paio di botteghe lungo la strada e poi in una locanda per cenare prima di raggiungere la loro destinazione. Hermione e il Dottore erano stati sistemati al terzo piano in quello che poteva essere definito un appartamento: una sala comune con un tavolo, un grande camino e dei divani, dalla quale si accedeva a due camere da letto e una piccola sala da bagno. Nella sua stanza, Hermione trovò biancheria e abiti puliti. Durante il viaggio aveva approfondito la conoscenza dei due maghi in cui si erano imbattuti, o meglio, aveva parlato molto con Esyld Peverell, suo fratello Bryok si era limitato a guardare male lei e il Dottore per tutto il tragitto. Così aveva scoperto di averci sentito giusto, il loro cognome era proprio Peverell, ma non era sicura della loro parentela con i Peverell dei Doni della Morte e non poteva fare troppe domande senza suscitarne altre a cui sarebbe stato molto difficile rispondere. Per quanto ne sapeva erano andati troppo indietro per incontrare i tre fratelli ma la ragazza che si trovava davanti poteva benissimo essere una loro zia o la loro bisnonna. A pensarci adesso, l’idea la eccitava e la inquietava in egual misura.
Da Esyld seppe che i due erano arrivati a Mortloch al seguito di un loro amico, un ricco e nobile mago, e che erano ospiti di una altrettanto ricca e nobile strega, la proprietaria di questo castello. Entrambi erano molto dotati nelle arti magiche e, di tanto in tanto, insegnavano a giovani maghi e streghe a padroneggiarle. La ragazza non aveva voluto rivelare i nomi del mago e della strega e Hermione non indagò, era troppo presa dai suoi ragionamenti sui Peverell e da molte altre domande a cui solo il Dottore avrebbe potuto rispondere.
Si alzò dal letto insofferente decisa a cercarlo e lo trovò nella sala comune seduto con i piedi appoggiati malamente sul tavolo su cui aveva costruito una pila di volumi di diverse dimensioni. Reggeva un enorme libro sulle ginocchia. Un libro, notò Hermione con disappunto, scritto in inglese moderno e di cui comprendeva benissimo il titolo: Storia e tradizioni delle famiglie magiche in Scozia.
«Dottore» iniziò Hermione piano, odiava quando la disturbavano durante la lettura. Il Dottore sfogliò il libro e lo mise sulla pila insieme agli altri, si tolse gli occhiali e le rivolse tutta la sua attenzione.
«Com’è possibile che io sia riuscita a comunicare con i Peverell senza problemi? Dovrebbero parlare gaelico o inglese antico...»
«Potrebbe anche essere pittico ma tu li capiresti lo stesso e loro capirebbero te» prese un altro libro, si risistemò gli occhiali e iniziò a sfogliarlo.
«È il sistema di traduzione telepatico, un regalino per tutti i viaggiatori del Tardis. Puoi anche leggere le lingue che non conosci» arrivò alla fine del libro e lo posò insieme agli altri.
«Che stai facendo?» chiese Hermione incrociando le braccia sul petto.
«Raccolgo informazioni. Sai i libri sono…»
«…le migliori armi del mondo» concluse la ragazza.
Il Dottore le scoccò uno sguardo che avrebbe gelato l’inferno.
«Non farlo. Non rubarmi le battute, ragazzina.»
«Io non ti rubo le battute» rispose in tono piccato «Lo dico sempre anche io ma nessuno mi dà retta. E poi non li stai leggendo quei libri, li stai solo sfogliando»
Il Dottore alzò le spalle, adesso la guardava divertito.
«Leggo molto velocemente» si alzò e andò a prendere altri tomi.
Hermione era confusa: quell’uomo poteva davvero leggere un libro così grande in pochi secondi? Di certo non era la cosa più strana che poteva fare, però fu l’unica che la ragazza si trovò ad invidiare. A quella velocità avrebbe potuto leggere tutta la biblioteca di Hogwarts in una settimana, senza perdere neanche un’ora di lezione.
«Ok, allora io vado a fare un giro, cerca di non insultare nessun mago fino a quando non torno»
«Non è stata colpa mia» si lamentò il Dottore «è quell’uomo che è terribilmente permaloso…»
«Va bene, va bene» lo interruppe Hermione con un gesto della mano «Credi di poterti tenere lontano da maghi terribilmente permalosi finché non torno?» ma si rese conto che era come chiedere a Harry di evitare di imbattersi in Mangiamorte e Maghi Oscuri prima della fine dell’anno scolastico. Decise di lasciar perdere e attraversò la porta senza aspettare una risposta. Il Dottore aveva vissuto novecento anni senza di lei, se la sarebbe cavata per qualche ora.
 
Torce magiche illuminavano i corridoi del castello dando ai muri e agli arazzi quella sfumatura azzurrina tipica del fuoco magico. Lei era un’esperta negli incantesimi di fuoco e conosceva quella formula dal primo anno. I corridoi erano molto ampi e sulle parete c’erano pochi quadri, almeno in quell’ala del castello, però c’erano porte a intervalli regolari. Imboccò un corridoio sulla destra, con la bacchetta in mano, e trovò una porta aperta dalla quale usciva una luce, delle voci e le scintille tipiche degli incantesimi. Qualcuno stava duellando lì dentro. Si accostò per guardare e un incantesimo fu scagliato proprio nella sua direzione, lo rimandò indietro con un incanto scudo e quello balzò di lato colpendo un uomo sulla nuca. Quello cadde a terra piegato dalle risate. Nel vedere il suo viso Hermione si pietrificò. Era Bryok.
 Il mago con cui stava duellando si mise a ridere di gusto prima di urlare «Finite Incantatem» e liberare Bryok dai fastidiosi singulti provocati dall’incantesimo Rictusempra. Si voltò verso la ragazza e le lanciò uno sguardo che avrebbe potuto uccidere.
«Mi spiace molto signor Peverell» si scusò subito Hermione «non era mia intenzione colpirvi, stavolta»
Bryok Peverell la guardò accigliato, pronto a rispondere ma l’altro mago fu più veloce.
«Bryok, Bryok» lo canzonò «te l’avrò detto un milione di volte, devi stare molto attento alle donzelle che ti metti contro». Cercò di mantenere un’espressione seria ma stava apertamente ridendo sotto i baffi. Hermione lo guardò meglio: era un uomo imponente, più alto di Bryok, che già sembrava un gigante. Aveva capelli rossi e il viso ricoperto da una folta barba dello stesso colore; gli occhi erano verdi e accesi di ilarità e la bocca era contorta in un ghigno che non prometteva niente di buono. A prima vista Hermione non lo aveva riconosciuto, era molto più giovane dei ritratti che era solita guardare eppure adesso non aveva dubbi.
«Perdonate la villania del mio amico, di solito riesce ad articolare almeno qualche frase di cortesia. A sua difesa va detto che la vostra bellezza lascia senza parole, mia signora. Io sono Godric della casa Grifondoro, campione senza pari di duello magico, anche se, a sentir Esyld, potrei aver trovato chi mi darà del filo da torcere». Nel presentarsi, l’uomo si era avvicinato a Hermione e aveva eseguito un perfetto baciamano. La ragazza era così emozionata che l’unica cosa che il suo cervello le suggerì di fare fu mettersi a saltare, o piangere dalla gioia o mettersi a saltare mentre piangeva dalla gioia. Si trovava davanti a Godric Grifondoro, quel Godric Grifondoro. Non che ce ne fossero altri.
Cercò di controllare quell’euforia e di mettere insieme qualche parola di risposta.
«Molto lieta, signore. Io sono Hermione Granger» e tra più di mille anni frequenterò la scuola che lei non ha ancora fondato, metterò in testa il suo cappello e verrò assegnata alla sua Casa «e qualunque cosa abbia detto Esyld…volevo dire, la signorina Peverell, non credo di essere in grado di confrontarmi con un grande campione come voi»
«Hermione, come la splendida fanciulla, figlia di Elena e Menelao. Mai nome fu più adatto». Le rivolse un sorriso galante, di quelli che avrebbero spezzato molti cuori, e Hermione capì subito da dove venisse la sua fama da dongiovanni.
«Ma permettetemi di dissentire, mia signora. Tutto ciò che sappiamo sulle reciproche abilità viene da notizie di seconda mano. L’unico modo per mostrare il nostro valore è quello di trovarci in un duello». Fece un mezzo inchino e la invitò a entrare, porgendole il braccio in gesto fluido che era tutto uno sventolio di mantello.
Hermione trattenne una risata: di certo quello era il modo normale di rivolgersi a una donna nel decimo secolo, ma non poteva fare a meno di trovare tutta quella cerimoniosità e tutte quelle moine alquanto ridicole.
La accompagnò al centro della stanza e poi si rivolse a Peverell.
«Bryok, perdona l’interruzione ma vorrei testare le capacità della signorina, se lei è d’accordo».
Hermione non esitò un attimo.
«Per me sarebbe un onore» e lo era davvero. Stava per duellare con Godric Grifondoro, uno dei più grandi maghi della storia, fondatore della sua Casa e imbattuto campione di duello magico. Si annotò mentalmente di ringraziare il Dottore, abbracciarlo, baciarlo addirittura.
L’uomo si inchinò e lei rispose con una riverenza appena accennata, poi si misero schiena contro schiena e lei sembrava ancora più piccola e minuta in confronto a quell’omone. Bacchette in alto, percorsero i dieci passi di circostanza.
«Devo avvisarvi, mia signora, purtroppo non so perdere. Non aspettatevi aiuti solo perché siete una così soave creatura»
Si voltarono di nuovo con le bacchette in posizione.
«Non preoccupatevi signore. Per fortuna la magia non ha niente a che fare con il genere»
Si guardarono e la stessa grinta brillava nei loro occhi che erano scuri per la concentrazione. Un sorriso arrogante piegava la bocca dell’uomo. Sul volto di Hermione era dipinta la calma che aveva imparato a tirare fuori nelle situazioni di pericolo. Quella calma che poteva essere la differenza tra la vita e la morte.
«In posizione!» urlò Bryok «Pronti»
Poi il duello iniziò.
 
Si concesse un attimo di pausa per riprendere fiato, mentre il suo sfidante si rimetteva saldo sulle gambe affatturate. Stavano duellando da almeno venti minuti e Hermione iniziava a sentire il peso di tutta quell’attività magica. Godric Grifondoro era un duellatore provetto e neanche lei riusciva a capacitarsi di come avesse fatto a resistere così a lungo ma, evidentemente, gli anni passati sempre all’erta per difendere i suoi amici avevano acuito i suoi riflessi in un modo che nemmeno lei immaginava. Doveva anche ammettere che era in qualche modo stimolante lanciare incantesimi contro una persona col preciso intento di metterla al tappeto senza dover temere per la propria vita. Il suo avversario aveva tirato fuori degli incantesimi davvero stupefacenti, anche se molti di essi servivano per buttare fumo negli occhi mentre un incantesimo molto meno spettacolare e molto più efficace cercava di avere la meglio su di lei. Così mentre la distraeva con un’enorme fenice fatta di acqua, Grifondoro aveva cercato di schiantarla e ci sarebbe anche riuscito se lei non lo avesse colpito prima con un incantesimo gambe-molli che gli aveva fatto completamente perdere la mira.
La ragazza sapeva che avrebbe dovuto attaccare mente lui barcollava, ma le mancava il respiro e vincere per poi cadere a terra svenuta non sarebbe da considerare una vera vittoria.
Si concessero entrambi il tempo di riprendersi poi Hermione attaccò.
«Stupeficium!»
 Il suo schiantesimo mancò di poco il petto del leggendario mago che si scansò prontamente e scagliò contro la ragazza un groviglio di liane che si strinsero intorno a lei. Godric stava già cantando vittoria quando Hermione riuscì a liberarsi con un incantesimo di taglio. Uno stormo di corvi si avventarono contro di lei, ma riuscì a neutralizzarli con un incantesimo di fuoco che accresceva la sua potenza per ogni corvo che bruciava diventando un enorme palla di fiamme. Hermione la scagliò contro Grifondoro.
«Protego!» urlò il mago.
Erano in stallo: Hermione, da una parte, spingeva l’enorme palla di fuoco, Godric, dall’altra, resisteva con il suo scudo magico. Fu un attimo. Grifondoro sciolse il suo incantesimo scudo e rotolò di lato, puntò la bacchetta contro un’incredula Hermione e la disarmò.
 Il fuoco si dissolse nell’aria.
Il mago si rimise in piedi e respirando affannosamente, cercò lo sguardo di Hermione e quando vide che il disorientamento iniziale era sparito le rivolse un sorriso.
«Straordinario! Ho temuto davvero che poteste battermi. Mia signora, il vostro talento è di certo innato ma la cura che mettete in ogni incantesimo, l’attenzione che rivolgete alle strategie dell’avversario… Duellatori molto più esperti non hanno mai capito il valore della precisione e della concentrazione»
Le parole del fondatore erano intervallate da respiri profondi che facevano allargare ancora di più il suo enorme petto. I capelli rossi erano scarmigliati, i vestiti in disordine e il viso ancora arrossato per lo sforzo. Durante il duello aveva abbandonato la sua maschera di perfetto gentiluomo e i suoi occhi esaltati e il suo divertimento le ricordarono, per un attimo, il viso di Ron dopo una partita di Quidditch. C’era quasi un millennio di tempo tra loro due e la ragazza capì improvvisamente che se avesse lasciato che la sua mente scandagliasse quel dato di fatto, probabilmente non avrebbe retto. Cercò di concentrarsi sul qui e ora.
«Questo non ti ha impedito di vincere» rise Bryok concedendo una poderosa pacca sulla spalla dell’altro mago.
«Questione di resistenza, l’ho presa per stanchezza. D’altronde, tu amico mio, non avresti avuto una sola possibilità. La fanciulla ti avrebbe letteralmente abbattuto».
L’espressione di Bryok si fece di nuovo cupa mentre Hermione nascondeva con la mano il suo sorriso.
«Siete troppo buono, signore. Ho cercato solo di rispondere al meglio delle mie possibilità»
«Le vostre possibilità sono potenzialmente infinite» disse rivolgendole un piccolo inchino.
«L’ora è tarda, permettetemi di riaccompagnarvi alle vostre stanze, così potremmo parlare»
Ora che si era ricomposto, Grifondoro aveva recuperato il suo atteggiamento rigoroso.
«Ma certo signore, anzi credo proprio di aver bisogno di aiuto per ritrovare la strada»
Lasciato Bryok a sistemare la stanza, Hermione e Godric si incamminarono per il lungo corridoio illuminato di luce azzurrina.
«Syd mi ha detto che siete in viaggio con vostro zio alla ricerca di precettori»
«È così, mio signore»
«Io sono solito dare qualche lezione a studenti che seleziono personalmente. La mia specialità è la trasfigurazione e devo dire che da quanto ho visto durante il duello, siete molto esperta. Potremmo vederci domani per provare qualcosa di ancora più avanzato come la trasfigurazione umana»
Hermione non poteva credere alle sue orecchie.
«Sarebbe un vero onore per me»
«Bene allora ci vediamo domani a colazione e subito dopo terremo la nostra lezione. Eccoci qua» disse arrivati alla porta che dava alle camere che condivideva con il Dottore.
Godric Grifondoro le prese la mano e la baciò.
«Buonanotte, lady Hermione»
«Buonanotte, sir»
La ragazza entrò nella sala comune illuminata solo dalle braci nel caminetto, dalla stanza del Dottore arrivavano rumori preoccupanti a cui Hermione decise che non avrebbe badato.
Aveva bisogno di dormire e recuperare le forze, domani avrebbe fatto lezione con Godric Grifondoro.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 – La maledizione del Signore del Tempo ***


 

Capitolo 6

La maledizione del Signore del Tempo

 
 
«Fantastico, vedo che sei sveglia»
Qualcuno spalancò le pesanti tende della camera di Hermione e i raggi del sole raggiunsero i suoi occhi ancora addormentanti, rendendole molto più difficile aprirli. Per un secondo la ragazza vacillò in quel limbo che precede il risveglio completo, quando ancora non sai bene chi sei, dove sei e soprattutto perché sei. Domande esistenziali e problemi insuperabili trovano risposta nell’abbandono del dormiveglia, solo per poi sparire non appena la piena coscienza torna al suo posto. Così, mentre indugiava ancora un attimo sulla ricerca del senso della vita (che era sicura di aver trovato e che c’entrasse qualcosa con Ron), si accorse che c’era qualcosa di sbagliato in quel risveglio, qualcosa che le avrebbe procurato l’espulsione immediata da Hogwarts, se solo fosse stata a Hogwarts, qualcosa di alieno con due cuori e la straordinaria dote di riuscire a irritarla ancora prima di aprire gli occhi. La piena consapevolezza la investì all’improvviso, rendendola del tutto sveglia.
Il Dottore.
«Si, direi che ora sono sveglia» biascicò con la bocca impastata dal sonno, coprendosi gli occhi con un braccio.
«Bene, bene. La passeggiata notturna di ieri è stata interessante? Credo di sì, a giudicare da quanto è durata. No, non dirmi niente non è che mi importi davvero quello che hai fatto ieri notte signorina» aggiunse il Dottore con un tono del tutto noncurante, bloccando le spiegazioni della ragazza che si chiedeva se dovesse sentirsi oltraggiata da quell’insinuazione e se non fosse più comodo per tutti lanciare un Avada Kedavra contro quel tipo. Fu costretta a scartare subito l’ultima ipotesi: per quanto il Dottore fosse irritante era il suo unico passaggio per il ventesimo secolo.
«Comunque nonostante anche io adori le scampagnate e gli incontri notturni non ti ho portata qui per questo. L’universo è in pericolo o te ne sei dimenticata?»
Non sapeva spiegarsi il perché ma a Hermione sembrò che quelle parole volessero insinuare qualcos’altro, una sorta di quieta rivincita contro quello stesso rimprovero che lei aveva fatto al Dottore quando si stava perdendo in chiacchiere sul Tardis.
Ancora una volta, decise di ignorarlo.
«Certo che me lo ricordo, ma sembrava che il mio contributo fosse fondamentale solo per il viaggio, una volta arrivati mi era parso di capire che l’esperto avrebbe preso in mano la situazione» controbatté la ragazza spostando le pesanti coperte e alzandosi dal letto.
«Bhè, due teste sono sempre meglio di una. E poi ho riscontrato un piccolo problema che credo potresti aiutarmi a risolvere» rispose il Dottore allegro. Hermione notò che indossava di nuovo gli occhiali e un sorriso allegro e spensierato gli illuminava il viso. Alla richiesta di aiuto si fece di nuovo vigile.
«Se posso esserti utile non hai che da chiedere. Quale sarebbe il piccolo problema?» chiese Hermione.
«Ecco vedi, di solito, quando ci sono delle anomalie nel tempo, ce ne accorgiamo perché la storia è alterata. Io sono un grande esperto di storia, quindi non è difficile per me scoprire l’anomalia, ma devo dire di avere qualche» si interruppe un attimo, la fronte aggrottata alla ricerca della parola giusta, un’espressione di disgusto si dipinse sul suo viso quando la trovò «ecco, diciamo pure lacuna, per quanto riguarda la storia dei maghi. Quindi mi stavo chiedendo: tu quanto ne sai della storia dei tuoi simili?»
«Bhè, devo dire che non sono un’esperta. Non è facile conoscere la storia di ogni singola comunità magica attraverso tutte le ere quando non si è un alieno di 900 anni con la capacità di leggere e memorizzare libri in pochi secondi»
«Non ti sto mica chiedendo di conoscere la storia di ogni singola comunità magica attraverso tutte le ere!» scattò il Dottore indignato «Vorrei solo che conoscessi la storia dei maghi della Scozia nel periodo del Regno di Alba»
Hermione alzò gli occhi al cielo, sperando che un aiuto arrivasse da lassù. Un fulmine, per esempio. Anche il cedimento di un lampadario le sarebbe andato bene. Scoccò al Dottore un’occhiata gelida e continuò.
«Mi spiace non sono un’esperta della storia dei maghi scozzesi del Regno di Alba, ma sei incredibilmente fortunato perché ieri durante la mia passeggiata» pronunciò l’ultima parola con molta enfasi «ho incontrato Godric Grifondoro»
«Chi?» chiese il Dottore.
«È lui l’amico di cui Esyld ci ha parlato e questo vuol dire che la nobile strega di cui siamo ospiti non può essere altri che Rowena Corvonero»
«Odio ripetermi ma…chi?»
«Godric Grifondoro e Rowena Corvonero, sono due tra i maghi più famosi della storia»
Hermione fissò il Dottore sbalordita.
«No, non credo di conoscerli»
«Lui è un esperto di trasfigurazione, il più grande duellatore del suo tempo; lei è la strega più geniale della sua era, voglio dire non ha solo fondato Hogwarts, lei ha costruito Hogwarts. L’incantesimo che fa cambiare le scale di posto, lo ha inventato lei, capisci?»
«Sono molto contento del tuo entusiasmo ma avrei due domande per te. Primo: potresti lasciarmi andare?»
Hermione si accorse in quel momento di stare tenendo il Dottore per il bavero della giacca e di avergli praticamente urlato in faccia l’ultima parte della loro conversazione. Sentì di arrossire e mollò lentamente la presa.
«Molto meglio, grazie. Non so perché faccio questo effetto alle ragazze ultimamente, ma dovreste smetterla di saltarmi addosso in questo modo»
«Saltarti addosso?» sbuffò Hermione incredula «Ma cosa pensi, pervertito. Non ho nessuna intenzione di saltarti addosso. Sei tu quello che mi hai trascinata qui a forza. E poi non sei neanche il mio tipo, sei magro come un chiodo, per non parlare dei tuoi capelli…»
La ragazza si interruppe, accorgendosi di aver rivelato troppo.
«Ehi! Che cos’hanno i miei capelli che non va?»
«Niente»
«Oh, avanti, dimmi cosa c’è che non va? Si sono, per caso» un’espressione di autentico terrore si dipinse sul volto del Dottore «afflosciati?»
«No è solo che..no..sn.rss» borbottò la ragazza.
«Cosa?»
«Non sono rossi, Dottore!» rispose «Ecco l’ho detto»
«Infatti!»
Stavolta era il Dottore a urlare concitatamente.
«Dovrebbero essere rossi, amo i capelli rossi, ogni volta che mi rigenero controllo il colore e indovina? Non è mai rosso, deve essere una maledizione. La maledizione dei Signori del Tempo»
Hermione non riusciva a capire bene di cosa il Dottore stesse parlando, ma fu sollevata di non ricevere domande sulla sua preferenza per quella sfumatura di capelli.
«Quindi, qual era la seconda domanda?»
«Come dici?»
«Hai detto di avere due domande ma ne hai fatta solo una»
«Ah, si!» disse il Dottore come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa di importante.
«Perché mai uno dovrebbe volere delle scale che cambiano di posto? Voglio dire, se metto delle scale da qualche parte mi aspetto che rimangano lì  e che mi portino sempre nello stesso luogo, giusto?»
Hermione cominciava ad avere un gran mal di testa, anche se il Dottore non aveva proprio tutti i torti. Decise quindi di adottare la tecnica che usava sempre quando Harry o Ron le poneva dei quesiti a cui non sapeva rispondere con esattezza. Cambiare argomento.
«Comunque, il fatto è che sono stata proprio una stupida a non capire tutto questo ieri sera ma ero troppo colpita da tutto: il Tardis, il viaggio nel tempo, i miei ragionamenti sui Peverell…»
«Questi li conosco, una volta li ho incontrati. Il prototipo dei tipici maghi, se ne andavano in giro a vantarsi di aver fregato la Morte. Antioch era un megalomane, credeva di essere meglio di chiunque; il povero Cadmus, invece, era diventato un po’ pazzo dopo la morte della moglie. Ignotus era l’unico sano lì in mezzo, un tipo davvero simpatico, con quel mantello dell’invisibilità ne combinava di tutti i colori»
Questa poi era da non credere. Hermione incrociò le braccia sul petto completamente sbalordita dalle parole del Dottore. Quell’essere non sapeva niente dei fondatori dell’istituzione scolastica per maghi e streghe più illustre d’Inghilterra. Eppure, nonostante avesse conosciuto pochi maghi, tra questi c’erano Merlino, Morgana e, guarda caso, i fratelli Peverell. Era una tale ingiustizia!
«Che c’è?» chiese il Dottore che doveva essersi accorto della sua espressione.
«Niente, pensavo»
«A quanto sono straordinario?» ribatté il Dottore ghignando.
«A quanto sia ingiusto non avere anch’io una macchina del tempo»
L’espressione dell’alieno si rabbuiò all’istante e si fece seria.  Fissò Hermione con quegli occhi cupi, che ora mostravano tutti i loro 900 e più anni e si rivolse alla ragazza con una voce gelida.
«Non è un gioco. Viaggiare nello spazio e nel tempo non è solo vedere posti meravigliosi e incontrare persone straordinarie. Quella era la mia intenzione ma niente è mai andato come pianificavo quindi ho smesso di farlo. Molto più spesso finisco su qualche pianeta, in un istante preciso, perché c’è qualcosa che bisogna sistemare e non ho mai capito se ci capito per caso o se c’è qualcosa intrinseco nel mio essere un Signore del Tempo che mi porta sempre dove c’è bisogno di me»
Sospirò, lo sguardo perso a inseguire ricordi visibili solo a lui.
«Forse mi illudo e basta, vedendo solo le mie vittorie. Forse centinaia di persone hanno riposto in me le loro speranze ma io non sono mai arrivato, non sono mai riuscito a salvarle»
Hermione posò una mano sulla sua spalla e gli sorrise gentilmente, come faceva con Harry quando aveva le sue crisi da “Protettore dell’umanità”.
 «Non puoi salvare tutti, Dottore» gli sussurrò dolcemente.
Una piccola, semplice verità a cui, aveva imparato, erano proprio gli uomini più straordinari a non volersi arrendere. E considerate le meraviglie di cui era capace il Dottore, Hermione non credette neanche per un attimo di poter fare entrare quel concetto nel suo cervello sovraffollato e ultra-eccitato. La ragazza sapeva bene di non poter lasciare che il Dottore affogasse in quei pensieri, quindi decise di cambiare discorso ma lui fu più veloce.
«Forza, vai a vestirti o faremo tardi a colazione» disse scattando in piedi, con il solito tono allegro «e non possiamo mica far aspettare i nostri ospiti»
 
Esyld Peverell fece il suo ingresso nella piccola sala comune annunciando la sua presenza con un allegro saluto rivolto al Dottore.
«Spero che il vostro riposo sia stato gradevole, Dottor Granger»
Il Signore del Tempo aveva deciso di adottare il cognome di Hermione, fingendosi il fratello del suo defunto padre, e la sera precedente si era presentato ai due Peverell come il Dottor Jon Granger.
«Ho dormito come un bambino, mia lady» Hermione sentì rispondere da dietro la porta.
 La strega era ancora nella sua camera alle prese con tutti quegli strati di vesti e sottovesti: l’abito che le aveva lasciato Esyld era molto più complicato da indossare rispetto a quello che aveva trovato nel Tardis e tutti qui laccetti e bottoni stavano avendo la meglio su di lei. Esasperata, cercò la bacchetta che aveva lasciato come al solito sotto al cuscino e la guardò indecisa. Quando aveva scoperto di essere una strega aveva deciso che non avrebbe usato la magia per ogni piccola sciocchezza e invece adesso si trovava costretta a infrangere l’ennesima promessa che aveva fatto alla bambina che era stata. Per fortuna aveva passato sei anni in camera con Lavanda Brown, che quando si trattava di incantesimi che riguardavano vestiti e acconciature era davvero imbattibile. Quelle formule le erano rimaste impresse nella mente e ne sussurrò una, non senza una certa vergogna. Immediatamente tutte le parti dell’abito iniziarono a levitare e si andarono a posare sul corpo di Hermione, ognuna nella giusta posizione, allacciandosi e abbottonandosi da sole. Infastidita per l’incantesimo che si era trovata costretta a usare, la ragazza uscì dalla camera senza neanche guardarsi allo specchio.
Trovò la saletta piuttosto affollata, oltre a Esyld, infatti, c’erano anche suo fratello Bryok, che continuava a gettare sguardi truci in tutte le direzioni, e Godric di cui il Dottore stava facendo la cerimoniosa conoscenza. I due uomini, grossi com’erano, sembravano riempire tutta la stanza. Il Dottore non le era mai sembrato così piccolo e magro, le ricordava un po’ Harry in mezzo ai Weasley.
«Lady Hermione» esordì Grifondoro appena la vide, eseguendo uno dei suoi perfetti e svolazzanti baciamano «Ho appena fatto la conoscenza di vostro zio, il Dottor Granger, e gli stavo giusto raccontando delle vostre prodezze di ieri sera»
«È un vero peccato che tu non sia riuscita a batterlo, Hermione. Ed è ancora peggio che voi due abbiate duellato senza di me» Esyld puntò un indice accusatore contro i duellanti incriminati.  Godric scoppiò in una fragorosa risata. «Syd, ti prego di non prendertela con questa soave fanciulla, sono io l’unico da biasimare. Ma ora che sono a conoscenza di questo tuo interesse, mi impegnerò a tenerti informata di ogni mia esercitazione»
Persino, Bryok azzardò un sorriso di fronte all’espressione esasperata che Esyld rivolse a Godric.
«Bando alle ciance miei lord e mie lady» disse il Dottore «vogliamo avviarci per raggiungere i signori del castello? Io e mia nipote vorremmo porgergli i nostri più sinceri ringraziamenti per la loro ospitalità»
«Ma certo, ser» disse Esyld spingendo tutti verso l’ingresso «sono certa che saranno tutti entusiasti di fare la vostra conoscenza, ma temo che potreste rimanere deluso: non ci sono signori a governare questo castello, ma solo una signora»
 
La colazione venne servita in una sala da ricevimento di medie dimensioni  al primo piano. La luce del mattino entrava da un’ampia finestra rivolta verso est che dava sui giardini del castello, il fuoco scoppiettava nei due camini ai lati opposti della stanza e nel centro si trovava una tavola rotonda imbandita. Delle buone vecchie uova con il bacon non c’era neanche l’ombra, in compenso Hermione vide pietanze a cui non si sarebbe avvicinata neanche durante le lunghe settimane di quasi digiuno che aveva passato l’anno precedente con Harry, figuriamoci di mattina appena sveglia.
Una strega rotondetta si affaccendava intorno al tavolo aiutando gli elfi domestici che stavano finendo di apparecchiarlo. Una delle creaturine entrò di corsa nella sala portando un’ampia brocca di cristallo sopra la testa. Troppo entusiasta di adempire al compito assegnatole dal suo padrone, inciampò nel tappeto e cadde mandando la brocca in frantumi. Per attimo nella sala regnò il silenzio, poi sia Hermione che la strega sconosciuta si avvicinarono all’elfo.
«Oh Merlino, ti sei fatto male?»
La ragazza che si era inginocchiata accanto a lui si accorse della sua giovane età, era di certo un cucciolo. Da un taglio sulla fronte usciva un po’ di sangue e i suoi occhioni verdi si stavano riempendo di lacrime. Hermione pensò che di certo la strega rotondetta gli avrebbe ordinato di punirsi in qualche modo.
«Vinnie, quante volte ti devo dire di non correre in quel modo?» la strega, che aveva riparato la brocca con un colpo della sua bacchetta e aveva mandato un altro elfo a riempirla, si abbassò anche lei per guardare Vinnie negli occhi.
«Vinnie è molto dispiaciuto, padrona» rispose l’elfo tra i singhiozzi.
«Sono sicura che non l’abbia fatto apposta, è solo un cucciolo non può punirlo» intervenne Hermione infervorata, quando vide che la strega puntava la bacchetta verso la creaturina. Non tollerava i soprusi che quei poveri elfi dovevano subire.
«Punirlo? E perché dovrei? Volevo solo curargli la ferita». Il taglio scomparve dalla fronte dell’elfo. «Ecco qua» disse la strega «e cerca di non esagerare, quella brocca era troppo pesante per te» lo rimproverò la strega bonariamente.
 Il piccolo elfo annuì e si asciugò gli occhi con il braccio, fece un piccolo sorriso alla strega che ricambiò e corse via. «Non correre, Vinnie!» gli urlò dietro la strega scuotendo la testa ma quello era già sparito.
«Mi spiace di aver reagito in quel modo, pensavo che voi steste per…»
«Affatturarlo?» la strega rise rimettendosi in piedi «Non l’avrei mai fatto ma posso capire perché lo abbiate pensato e il fatto che abbiate voluto proteggerlo vi fa onore, sono pochi i maghi e le streghe che hanno a cuore gli elfi domestici»
Hermione guardò la strega davvero per la prima volta e il suo cuore perse un battito: i capelli ramati intrecciati abilmente, gli occhi azzurri dall’espressione dolce, il fisico abbondante e i discorsi sul prendersi cura degli elfi domestici, tutto in lei suggeriva a Hermione la sua identità, ma la ragazza non voleva crederci, non osava nemmeno immaginare possibile una fortuna di quelle dimensioni.
Bryok ridacchiò alle sue spalle «Per tutti i draghi, la fanciulla ha perso la parola». Sentì Esyld dargli una gomitata mentre Godric Grifondoro si faceva avanti.
«Mia signora, permettetemi di presentarvi una delle streghe più straordinarie del nostro tempo, abile erborista e cuoca, eccezionale precettrice…»
«Andiamo Ric, non esagerare» disse la strega imbarazzata.
«È anche tremendamente modesta» riprese il mago «Lady Hermione Granger è mio grandissimo piacere presentarvi…»
«Helga Tassorosso» completò Hermione in un soffio.
 
Una risata cristallina riempì la stanza.
«Oh Helga. A quanto pare il nostro Ric ha ragione, la tua fama ti precede»
Hermione si voltò ancora frastornata e sebbene stavolta sapesse bene cosa la aspettasse non poté impedire al suo cuore di fermarsi ancora una volta. Cercò di riprendersi e di essere all’altezza delle presentazioni almeno questa volta. Non voleva fare di nuovo la figura della stupida, non con lei.
Rowena Corvonero era proprio come se l’era sempre immaginata, una donna dai lunghi capelli corvini la pelle diafana e dalla straordinaria bellezza. Non era alta ma in quella stanza sembrava un gigante, i suoi occhi, due pozzi neri, scrutarono la stanza in un attimo e Hermione sapeva, era sicura, che tanto le sarebbe bastato per immagazzinare ogni piccolo dettaglio. Stare accanto a lei era incredibile, Hermione riusciva quasi a sentire il suo cervello lavorare ininterrottamente, muoversi veloce attraverso associazioni, idee, nozioni e mettere tutto insieme per creare qualcosa di nuovo, qualcosa di magnifico, qualcosa di unico.
E tutto questo ancora prima di aver fatto colazione.
«Voi dovete essere lady Hermione Granger» disse la strega rivolgendo alla ragazza un caloroso sorriso.
«E il dottor Jon, presumo»
Il Dottore fece un passo avanti ed eseguì un perfetto inchino.
«Mia signora, presumete bene. Dottor Jon Granger al vostro servizio»
«Molto lieta, dottore. Spero che voi e vostra nipote vi siate trovati a vostro agio nella mia dimora»
«Divinamente, mia signora, divinamente. Anche se non mi aspettavo niente di meno da una strega della sua fama. Lei è straordinaria. Ha tirato su un castello e quel trucchetto delle scale che cambiano posto poi…»
Hermione, che si era avvicinata al Signore del Tempo, si schiarì rumorosamente la gola.
«Non ancora» gli sussurrò a mezza bocca in modo che solo lui potesse sentire.
Nella sala era calato un silenzio perplesso e tutti guardavano il Dottore interdetti.
«Scale che cambiano di posto, questa si che è un’idea interessante. Ma adesso vi prego, sediamoci e diamo inizio a questa colazione. Prego, dottor Granger, lady Hermione, sedetevi alla mia destra. Vorrei conoscere più cose sul vostro conto»
Gli occhi di Corvonero brillarono di una luce strana. Hermione aveva visto una cosa del genere solo qualche tempo prima, nello sguardo del Signore del Tempo, quando gli aveva rivelato di aver usato una GiraTempo. Erano gli occhi di una persona geniale che stava escogitando qualcosa, che tirava le fila e metteva a posto tutti i pezzi di un puzzle che non sapeva neanche di stare componendo. E per un attimo si chiese se non dovesse averne paura.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7: L'incongruenza ***



Capitolo 7: L'incongruenza


Se nella sua vita qualcuno le avesse mai detto che un giorno avrebbe fatto colazione con tre dei fondatori della sua scuola, Hermione Granger avrebbe avuto prova certa che i fumi della soffitta della Cooman erano nocivi come aveva sempre pensato. Eppure eccola lì a chiedere a Helga Tassorosso di passarle il burro (non che avesse alcuna intenzione di usarlo ma le sembrava più appropriato fingersi indaffarata a fare colazione piuttosto che fissare sbigottita i suoi commensali). Alla sua destra il Dottore stava intrattenendo Priscilla Corvonero con una vivace conversazione sulla politica scozzese del tempo: Re Kenneth II di Scozia stava di nuovo saccheggiando la Northumbria e il Cheshire.
Grifondoro scoppiò in una risata.
«Al vecchio Sal, non piacerà per niente» disse, servendosi la terza porzione di aringhe e continuando a ridacchiare come se niente lo potesse divertire di più.
Hermione, che aveva finalmente trovato un barattolo di marmellata commestibile e si apprestava a prendere il primo boccone della giornata, fermò la mano a mezz’aria e posò il pezzo di pane sul piatto davanti a se.
«Intendo forse Sir Salazar Serpeverde, l’esperto di Legilimanzia?» chiese Hermione incapace di trattenersi.
«Ragazza mia» proferì Corvonero scrutandola con i suoi occhi cristallini «la vostra conoscenza degli ospiti abituali di questa casa inizia a insospettirmi, siete sicura di non avere niente da nascondere? Peccato che Salazar non sia qui, le sue doti potevano aiutarci a tirar fuori qualcuno dei vostri segreti»
Hermione impallidì e boccheggiando il suo cervello vagliava freneticamente le opzioni alla ricerca di una risposta appropriata. Ma la strega più brillante della sua età, l’eroina del mondo magico, colei che aveva combattuto terribili mangiamorte e creature oscure, non riusciva a trovare una via d’uscita di fronte a quegli occhi penetranti.
Corvonero abbozzò un sorriso.
«Tranquilla cara, sto solo scherzando» e la ragazza sentì intorno a se le risate educate dei suoi commensali, Corvonero rivolse una domanda a Bryok e si voltò, dando le spalle a Hermione e al Dottore, per meglio sentirne la risposta.
«Lo sai, dovresti imparare a non sembrare colpevole quando vieni accusata di nascondere qualcosa?» le sussurrò il Dottore nell’orecchio «Ora penseranno che siamo una specie di groupie di insegnati famosi» disse con quel suo solito tono, come un bambino che si lamenta perché è costretto ad andare a dormire.
«Sul serio, come diavolo hai fatto durante la tua guerra e tut...ahi!»
Hermione aveva sferrato una gomitata nello stomaco del Dottore fermandolo prima che potesse dire di più. La ragazza teneva gli occhi fissi sulla nuca di Corvonero che, ne era certa, non si stava perdendo una sillaba di quello scambio.
Scoccò un’occhiata eloquente al Dottore e poi indicò Corvonero con un cenno impercettibile della testa.
Il Dottore guardò confuso prima lei, poi la loro ospite, poi un barlume di comprensione balenò nel suo volto, si girò verso la ragazza e le fece un occhiolino così vistoso che Hermione era sicura che lo avessero visto anche nel ventesimo secolo.
Esasperata prese il pezzo di pane e marmellata che aveva nel piatto e finalmente lo addentò.
 
«Hermione cara» Helga Tassorosso si rivolse a lei dall’altro lato del tavolo «Esyld mi diceva che siete in viaggio in cerca di precettori, se foste interessata a pozioni ed erbe magiche magari potremmo trovare il tempo per fare una chiacchierata».
«Mia cara Helga, ti prego di metterti in fila» intervenne Grifondoro prima che Hermione potesse dire qualcosa «io e la talentuosa Lady Hermione abbiamo una lezione di trasfigurazione programmata appena dopo colazione».
«Oh Godric!» rispose Tassorosso ridacchiando «Lungi da me negare alla fanciulla una lezione del genere. Tra l’altro nessuno dei miei campi di competenza è altrettanto avvincente quanto la trasfigurazione».
«Mia signora» si intromise Hermione riuscendo finalmente a prendere la parola «per me sarebbe un onore poter “chiacchierare” con voi di pozioni ed erbe magiche. Ovviamente dopo la mia lezione con Lord Godric» aggiunse in fretta vedendo l’uomo accigliarsi.
«Molto bene allora è deciso» disse Tassorosso sorridendo «e ti prego tesoro, chiamami pure Helga».
Hermione le sorrise di rimando impaziente a questa nuova prospettiva quando vide la porta dietro di lei aprirsi. Un valletto entrò nella stanza e batté il piede a terra rumorosamente.
«Lady Corvonero, sir Nightship messo di lord Morven Rosier è qui per parlare con Lord Grifondoro»
«Molto bene, Murtagh» disse Corvonero «ti prego di farlo accomodare nella biblioteca, io e Lord Godric lo riceveremo immediatamente». Il valletto annuì e lasciò la sala mentre Godric si era già alzato con cerimoniosità e aiutava Corvonero con la sedia. «Dottor Granger, lady Hermione, vi preghiamo di scusarci» disse l’uomo facendo un inchino con  il capo e porgendo il braccio alla padrona di casa.
Appena furono usciti Esyld si alzò rumorosamente.
«Dottore, Hermione, alzatevi presto!» disse prendendo la ragazza per mano.
«Syd, per l’amor del cielo, potresti evitare di comportarti come una qualunque ragazza cresciuta in una fattoria» la rimproverò aspramente il fratello. Esyld lo liquidò con un cenno impaziente della mano e trascinò fuori Hermione e il Dottore.
«Voi che avete viaggiato così tanto dovete averne visto di gente strana»
«Beh devo dire di aver avuto la mia buona dose di stranezze» rispose il dottore mentre correva dietro a Esyld per il corridoio.
«Ecco vedete» riprese la ragazza a bassa voce guidando i due in un corridoio spoglio, probabilmente uno di quelli usati dalla servitù «questo sir Nightship è un tipo piuttosto particolare, si dice sia l’incrocio tra un folletto e qualcos’altro ma io non ne sono sicura e volevo un vostro parere».
Si fermò davanti a una porta e la aprì leggermente in modo da permettere a Hermione e il Dottore di vedere nella stanza: di fronte a loro quello che doveva essere l’oggetto della curiosità di Esyld si stava alzando da un profondo inchino. Dei folletti aveva di certo la statura, ma Hermione era certa di non aver mai visto una creatura simile in vita sua: nonostante il vestito raffinato risultava tozzo, aveva la testa pelata ed era completamente privo di collo. Hermione non riusciva a vederne i lineamenti ma era certa che non avessero niente a che fare con i folletti. Vide il Dottore inforcare gli occhiali, dare un’occhiata e irrigidirsi accanto a lei.
«Allora?» chiese Esyld speranzosa «Avete mai visto niente del genere?»
Hermione stava per rispondere di non aver mai visto una creatura simile nella sua vita e che dubitava proprio che fosse un folletto ma il Dottore fu più veloce.
«Somiglia chiaramente a una razza di folletti originari di Bisanzio, probabilmente uno dei suoi antenati fu condotto qui durante la conquista romana e da allora il sangue si è mescolato con quelle della razza indigena e questo è il risultato. Ma è certo che si tratti di un folletto, vero cara?» rispose con tono esperto. Hermione non aveva la minima idea di cosa il Dottore stesse parlando ma annuì alla sua affermazione. «Ora è meglio che torniamo in sala da pranzo prima che si accorgano di essere spiati» disse il Dottore chiudendo la porta.
Erano appena sbucati fuori dal corridoio di servizio quando il Dottore afferrò Hermione per un braccio. «Vai pure avanti, Esyld. Ho dimenticato le mie erbe mediche nella giacca e ho bisogno di aiuto per trovarle, non hai idea di quello che puoi trovare nelle mie tasche».
Esyld annuì ridacchiando e si avviò verso la sala da pranzo. Il Dottore stava ancora guardando nella sua direzione sorridendo quando si girò verso Hermione e la spinse verso l’ingresso.
«Presto dobbiamo seguire quel messo!»
«Cosa?» urlò Hermione indignata cercando di liberarsi dalla presa «io non vado da nessuna parte, ho lezione con Godric Grifondoro più tardi»
«Quello potrebbe essere un alieno della razza Sontarans, una delle più bellicose dell’universo, se così fosse la sua presenza in questo anno è totalmente anacronistica, ci vorranno secoli prima che il suo popolo sviluppi la tecnologia necessaria per raggiungere la terra» disse il Dottore tutto d’un fiato «Dobbiamo seguirlo, dobbiamo scoprire cosa sta succedendo, potrebbe essere un altro effetto collaterale della crepa creata dalle distruzione delle giratem…»
«Dottore, dottore, cerchiamo di concentrarci sulle cose importanti» lo interruppe Hermione fermandosi di botto «Io ho lezione con Godric Grifondoro!» la voce della ragazza era salita di un’ottava «quel Godric Grifondoro! Non ci rinuncio per una creatura che forse, potrebbe essere un alieno venuto da chissà quale pianeta»
«Non siamo qui per farti fare lezioni con maghi morti da secoli, ma per trovare quella giratempo prima che faccia tropi danni» le ricordò il Dottore
«Esatto!» urlò Hermione trionfante «siamo qui per trovare la giratempo, non ce ne andremo in giro a inseguire probabili alieni solo perché tu ti annoi» si incamminò verso la sala da pranzo voltando le spalle al Dottore che non poté fare altro che seguirla.
Entrarono nella stanza e si sedettero intorno al tavolo, Hermione poteva sentire lo sguardo contrariato del Dottore su di lei ma non aveva nessuna intenzione di rinunciare a un’occasione del genere solo perché il Dottore non trovava quel viaggio abbastanza avventuroso.
«Tutto bene?» le chiese Esyld a bassa voce notando le espressione dei due.
«Sisi, tutto a posto» rispose Hermione sorridendo «A proposito, come mai è stato inviato un messaggero per parlare con Godric?» chiese Hermione per cambiare argomento.
«Ma per prendere accordi per il duello naturalmente»
«Che duello?»
«Qualcosa che la nostra fanciulla non sa» intervenne Bryok divertito allo sguardo confuso di Hermione, poi iniziò a spiegare con tono saccente «Lord Rosier è un nobile del posto che negli ultimi mesi si è fatto una grande fama come campione di duello, c’è chi dice che è addirittura migliore di Godric, come se fosse possibile» aggiunse sbuffando.
Esyld prese la parola prima che il fratello potesse continuare «Ebbene, venuto a sapere che Godric è ospite di Lady Corvonero, ha voluto organizzare un incontro che deciderà finalmente chi è il più grande duellante tra i due, sarà il duello del secolo»
Hermione scattò in piedi impallidita.
«Ti senti bene?» chiese Esyld. 
«Zio, dobbiamo andare!» disse Hermione afferrando il Dottore.
«Le erbe che aveva nella giacca non erano quelle giuste e lui ha assolutamente bisogno delle sue erbe» disse rispondendo alla domanda silenziosa dei suoi commensali.
«Sono sicura di poter procurarvi tutte le erbe che volete, non serve che vi agitiate così, ditemi di cosa avete bisogno?» si offrì subito Tassorosso.
«Oh no Helga, non c’è bisogno che vi scomodiate, sono sicura che possiamo procurarci tutto alla bottega in paese» disse Hermione prendendo la porta. «Vi prego di scusarmi con Lord Godric, sarò di ritorno appena possibile» e fu fuori dalla stanza prima che qualcun altro potesse obiettare.
«Che ti prende così all’improvviso?» chiese il Dottore riprendendo possesso del suo braccio.
«Presto dobbiamo seguire il tuo alieno» disse Hermione dirigendosi verso l’ingresso e pregando che l’alieno in questione non se ne fosse già andato.
Il Dottore non si mosse di un passo e incrociò le braccia sul petto «Come adesso lo vuoi seguire? Che ne è stato della tua preziosa lezione?»
La ragazza alzò gli occhi al cielo «Non è il momento per tenere il broncio, Dottore, dobbiamo andare»
«Ehi!» disse il Dottore offeso «Io sono un Signore del Tempo di 900 anni, non tengo il broncio»
«Non capisci ho trovato la tua incongruenza!» Il Dottore guardò Hermione come se fosse lei l’alieno. La ragazza sospirò e spiegò con calma «Io so tutto di Godric Grifondoro, ho letto decine di biografie e potrei citare a memoria Storia di Hogwarts, e in nessun libro ho mai trovato menzione di un duello con Lord Rosier, o di un duellante con quel nome. E se è così abile come dicono, com’è che le cronache non lo hanno ricordato? È lui la tua incongruenza, Dottore. Troviamo Rosier e troveremo anche la giratempo».
Il volto del Dottore si illuminò e le rivolse un sorrisetto che poteva dire solo una cosa: guai.
Non proferì parola. Prese Hermione per mano e iniziò a correre.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2590856