The Starlight Project

di Strongheartz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A new home ***
Capitolo 2: *** Why the bad memories? ***
Capitolo 3: *** The Phoenix ***
Capitolo 4: *** This love ***
Capitolo 5: *** 5. Bang the doldrums ***
Capitolo 6: *** Shiver ***
Capitolo 7: *** Demons ***
Capitolo 8: *** Rock Bottom ***



Capitolo 1
*** A new home ***




Questa storia non è assolutamente scritta a scopo di lucro o plagio. I personaggi non appartengono a me, ma alla Marvel, tranne il personaggio Mary Anne alias Starlight. Nonostante nell’universo Marvel esista una super eroina col nome di Starlight il mio personaggio non ha nessun tratto in comune, se non il nome. La copertina è stata realizzata da me e per Mary Anne ho utilizzato come prestavolto Jenna Coleman (anche sa dal disegno non ci sembra).

Detto questo spero la storia vi piaccia, a prestoo
 

 
Tony stava sorvolando New York da almeno un'ora, doveva testare la resistenza della sua nuova armatura che, come sempre, era impeccabile. Era arrivato ai quartieri malfamati, ma a quell'ora di notte per le strade non c'era un'anima viva, così decise di tornare indietro, ma poi vide qualcosa che gli fece cambiare idea. In un vicolo pieno di cassonetti, vide una ragazza circondata da sei, sette ragazzi, forse membri di una gang, che non sembravano avere una buona intenzione. Scese in picchiata per andare a salvare la ragazzina e dare una lezione a quei bambocci; ma prima ancora di riuscire ad avvicinarsi, si sprigionò una forte luce  e un campo d'energia gli impedì la vista per qualche secondo. Quando la luce sparì, vide che i ragazzi erano stesi a terra ed i lro vestiti fumavano, mentre la ragazza era rannicchiata su sé stessa ed emanava piccole scintille. Atterrò a qualche metro da lei, facendola sussultare e per non spaventarla ancora, si tolse la maschera e cercò di farle il sorriso più rassicurante che potesse fare, ma trattandosi di Tony Stark che di rassicurante non aveva nulla, il suo sorriso assomigliava più a quello di un miliardario playboy che voleva conquistarla. Lei si alzò, avvicinandosi al muro per proteggersi e Tony notò che sotto lo straccio che indossava al centro del petto c'era una strana luce azzurrognola, ma non se ne curò molto e si avvicinò per rassicurarla, uscendo dall'armatura.
"Tranquilla, non voglio farti del male Voglio solo aiutarti" le disse tendendo le mani verso di lei.
Lei lo guardò sospettosa, aggrottando la fronte.
 "Chi mi dice che non mi rinchiuderai come quelli di prima e mi torturerai, per poi fare degli esperimenti su di me? " gli chiese, con voce tremante.
"Non sono il tipo da fare prigionieri o torturarli, anche se Banner dice che ascoltarmi parlare a macchinetta é una tortura. Comunque, no, non voglio fare esperimenti su di te.Se venissi con me, a casa mia ti aspetterebbe un bagno caldo per ripulirti e un doppio hamburger con patatine." disse sperando che la sua fame, in quel momento, fosse più forte del suo istinto di auto protezione.
"Ho così fame che non rifiuterei mai un hamburger" disse lei con occhi supplichevoli. Tony rientrò nella tuta, avvicinandosi a lei.
"Allora, affare fatto?"
"Affare fatto"
Tony afferrò la ragazza per la vita avvisandola di aggrapparsi forte e poi partì a razzo per tornare alla Stark Tower e avvisò Jarvis di preparare una vasca d'acqua calda e hamburger con patatine.
Arrivarono dopo una decina di minuti e Tony condusse la ragazza verso il bagno, poi chiamò Pepper, spiegandole la situazione e chiedendole di tenere d'occhio la ragazza e aiutarla, perché gli era sembrata leggermente scossa, cosí Pepper si diresse verso il bagno e bussò alla porta, prima di sentire il consenso per entrare. Quando entrò, vide che la ragazza continuava a fissare la vasca da bagno.
"Non é che appena entro, la inonderete di corrente elettrica, vero?"
Pepper fu scioccata dalla domanda della ragazza, cosí subito le rispose di no e per provarlo mise la mano in acqua.
"Posso aiutarti" le disse e vedendo che la ragazza titubava, aggiunse "se vuoi"
Alla ragazza bastò uno sguardo per capire che quella donna era gentile come sembrava, perché le bastava guardare qualcuno negli occhi per capure se poteva fidarsi e di lei poteva.
Cosí tolse quei pochi stracci che aveva addosso, mostrando a Pepper il suo corpo cosparso di cicatrici, molte ancora in via di guarigione e la pietra azzurra che aveva al centro del petto (così come Tony aveva il mini reattore fino a poco tempo fa) e poi entrò in acqua per nascondersi tra le bolle di sapone.
"Come ti chiami?" le chiese la donna dai capelli a metà tra il biondo e l'arancione per smorzare quell'atmosfera, appesantita dalla vista di quelle cicatrici.
La ragazza aggrottò la fronte, come se si stesse sforzando poi le rispose in un sussurro "Mi chiamo Mary Anne e facevo parte del progetto Starlight, ma loro non volevano che si sapesse cosí hanno... hanno fatto qualcosa" si prese la testa tra le mani, come se in quel modo potesse ricordare.
Pepper la incitò a continuare, ma Mary Anne cambiò discorso.
"Io... non ho niente da mettere, se non quei pochi stracci."
Al che Pepper di alzò e le disse che sarebbe andata a cercare qualcosa che potesse mettere. Poi andò da Tony e lo trovò a parlare con l'interfaccia di Jarvis, cercando di trovare qualcosa riguardo quella ragazza tramite il riconoscimento facciale.
"Si chiama Mary Anne." gli disse Pepper. Lui si girò a guardarla.
"Ha detto di far parte di un progetto, Starlight, qualcosa di abbastanza segreto, dato che molto probabilmente le é stata cancellata la memoria. Sembrava non ricordare nemmeno il suo nome. E non immagini le cicatrici che ha." si coprí gli occhi perché compativa quella ragazza che aveva affrontato chissà cosa per essere ridotta cosí. Tony la abbracciò e le diede un bacio sulla fronte per rassicurarla, al che lei si staccò e lo avvisò che andava a cercare qualcosa da farle mettere e si diresse verso l'ascensore. Tony inserí la parola Starlight nel motore di ricerca e quando Jarvis gli mostrò i risultati capí che la situazione era piú grave di quanto pensasse, dato che nei risultati continuava a spuntare un'altra parola che era stata il tormento dello Shield e del capitano Rogers da sempre.
L'HYDRA era ancora viva.
 
*
 
Pepper tornò dalla ragazza con un cambio di biancheria, diversi blue jeans di diverse taglie e delle t-shirt delle Stark industries. Mary Anne era avvolta in un asciugamano e continuava a guardarsi allo specchio passando le dita tra i capelli.
"Sono molto più lunghi di quanto ricordassi. Anche io sono diversa." disse guardando verso Pepper "Sono più alta e magra e le cicatrici sono aumentate, ma non riesco a ricordare quanto tempo mi hanno tenuto in quel laboratorio." disse prendendo i vestiti che le porgeva Pepper e cominciando a vestirsi.
"Quale laboratorio?"
"Quello dove mi hanno messo questa" e si toccò al petto, dove c'era la pietra che assomigliava ad un brillante. Pepper la guardò e con dei vestiti puliti sarebbe passata per una normale ragazza sui vent'anni o poco più. Era alta nella media e magra, si, ma con le curve al posto giusto. Aveva la carnagione chiara e degli occhi color cioccolato, così come i lunghi ed ondulati capelli.
"Vieni, Tony vuole farti conoscere delle persone" le sorrise, invitandola ad uscire dalla stanza.
Lei attraversò la soglia della porta, ma aspettò che Pepper la guidasse verso il salotto e rimase dietro di lei, quando vide che nel salotto non c'era soltanto l'uomo dell'armatura che l'aveva portata lì, ma anche altri.
Si sedette sul divano, dove l'aspettavano l'hamburger e le patatine che le erano state promesse e mentre cominciava a mangiare osservò gli altri ospiti.
 
Tony era stupito dalla velocità con cui Fury era arrivato alla Stark Tower (ormai diventata la torre degli Avengers data la loro assidua presenza) e vide che con lui c'erano anche la Vedova Nera e il Capitano Rogers, seguito come un ombra dal suo ritrovato migliore amico, il Soldato d'Inverno. Ma la storia di come il soldato fosse pian piano ritornato colui che Steve conosceva come Bucky Barnes è una storia che per ora è meglio non raccontare.
Tornando alla conversazione che stava per avvenire tra i presenti, il primo a parlare fu il direttore Fury
"Allora, Stark, qual è la notizia urgente e importante che dobbiamo assolutamente sapere?"
"La vedete la mia nuova ospite?" chiese Tony, facendo un cenno verso Mary Anne che ormai aveva finito l'hamburger e stava attaccando le patatine. Gli altri annuirono.
"L'ho trovata circa due ore fa per le strade di New York, mentre era attaccata da una gang. Vi domanderete dove sia la parte interessante: bene, stavo per andare a salvarla, ma c'è stato un forte lampo accecante e i bambocci erano fritti come quelle patatine e lei sembrava una lampadina azzurra."
"Stai dicendo che lei è una mutante, Tony?" chiese la Romanoff, squadrando la ragazza.Mi
"Non è una mutante, ha detto di far parte di un progetto chiamato Starlight-" Tony non riuscì a finire la frase che Bucky si era mosso fino a torvarsi di fronte alla ragazza.
"Lo Starlight è un progetto dell'Hydra" ringhiò, cercando di attaccare la ragazza che, come aveva fatto poche ore prima, emanò un campo di luce per pochi secondi per difendersi.
E quando la luce si attenuò, gli altri che erano già pronti all'attacco, videro che si era nascosto dietro al divano, raggomitolata su sé stessa.
"Mi hai mentito! Avevi detto che non mi sarebbe successo nulla e questo qui tenta di uccidermi!" gridò verso Stark e lanciando un'occhiata omicida verso Bucky, che era tornato vicino a Steve e la stava guardando come se non fosse ciò che si era aspettato.
"Capitano, se deve portarsi il cane da guardia ovunque vada, sarebbe meglio se lo tenesse al guinzaglio." disse Fury, con tono di rimprovero, al che Steve guardò Bucky e disse "Buck, cosa c'è che non va?"
"Il progetto Starlight era un progetto dell'Hydra, che sarebbe servito a distruggere una volta per tutte lo Shield, volevano creare un arma peggiore del Soldato d'Inverno. Lei è quell'arma, ma non capisco. Non è come dovrebbe essere." si spiegò Bucky, guardando la ragazza che si era rialzata.
"Non hanno terminato l'addestramento" disse Mary Anne, facendo voltare tutti.
"Prima di scappare, ho sentito uno degli scienziati dire che qualsiasi procedimento eseguito su di me era in regressione: quindi cancellazione della memoria, condizionamento mentale... tutto. Per questo sono riuscita a scappare. Perché non ero più sotto il loro controllo."
"Forse è vero"disse Steve "Ma questo non spiega perché loro ti abbiano lasciato scappare, non sono molto arrendevoli."
"Non hanno potuto inseguirmi." disse in un sussurro Mary Anne.
"Che vuole dire?" fece la Romanoff, che fino ad allora era stata in silenzio.
"Ho fatto esplodere l'edificio." disse la ragazza.
"Come hai fatto?" chiese Tony, interessato a questa parte del discorso.
"Non ne ho idea" scosse la testa.
Fury si grattò il mento, pensando.
"Chiaramente è un pericolo perché non controlla i suoi poteri, qualsiasi essi siano. Ma ha comunque bisogno di aiuto per recuperare la memoria, in modo da fornirci informazioni sull'Hydra." cominciò a riflettere Nick.
"Non possiamo portarla allo Shield, potrebbe essere anche una farsa questa sceneggiata" disse la Romanoff, abbassando la voce.
"Di certo non può rimanere qui da me" disse Tony.
"Tranquillo, Stark non affideremmo mai una responsabilità come questa a te" scherzò il capitano.
E l'attenzione di quei quattro si rivolse momentaneamente a dove portare la ragazza, ma l'attenzione di Bucky era ancora su di lei, infatti le si avvicinò lentamente e si sedette sul divano accanto a lei.
"Scusa" disse "credevo ci avresti ucciso tutti."
"Magari se avessi aspettato delle spiegazioni.." lo guardò lei.
Lui accennò un sorriso. "Avendo avuto a che fare con l'Hydra non si sa mai."
"Ricordi da quanto tempo ti tenevano lì"
"Non so, mesi, forse qualche anno... E' difficile tenere il tempo quando ti tengono o surgelata o ti torturano o ti tengono sotto sedativi. Sono poche le cose che ricordo, soprattuto le cose che riguardano me."
"Datti tempo, non è così facile ricordare. Te lo dico per esperienza." disse Bucky, sistemandosi i capelli che, nonostante Steve avesse tanto insistito, non aveva tagliato più di tanto. E nel farlo, la ragazza notò il braccio di metallo.
"Il tuo braccio..." disse allungando una mano e poggiandola sull'avambraccio del moro.
"Ormai mi sono abituato. Non riesco a percepire molto, ma almeno funziona come dovrebbe."
"E' strano che tu non possa percepire le sensazioni, il braccio è perfetto, ci sono tutte le terminazioni nervose collegate alla percezione."
"E tu che ne sai?" la guardò stupito.
"Ogni persona, cosa, oggetto manda delle vibrazioni di energia e io riesco a percepirle e a capirle. Il tuo braccio dovrebbe funzionare perché è costruito nei minimi dettagli." disse, rigirando il braccio di Buck e studiandolo. Poi il suo voltò si illuminò.
"Ora ho capito."
"Cosa?" si preoccupò Buck.
"Le terminazioni nervose non sono state attivate tutte per questo non senti nulla, ma se riuscissi a trovare la frequenza giusta, magari..." s'interruppe chiudendo gli occhi e concentrandosi sul braccio di metallo. Riuscì a sentire gli ingranaggi, i fili, ogni meccanismo e trovò quelli che erano spenti. Fu un attimo e una scossa le partì dalla mano e andò a toccare proprio quei fili, accendendoli.
Bucky tirò indietro il braccio, sussultando.
"Il braccio formicola... Oh, mio dio, com'è possibile?"
"E' normale è rimasto addormentato per tutto questo tempo." gli sorrise Mary Anne. Lui era sconvolto, cominciò a toccare il divano sul quale erano seduti, meravigliandosi di sentirne la stoffa. Si alzò e corse da Steve, abbracciandolo.
"Oh, mio Dio, Steve, è fantastico."
Tutti rimasero interdetti da quell'improvvisa manifestazione d'affetto. Perfino il capitano.
"Buck, che ti prende?" gli chiese Steve, ricambiando l'abbraccio con delle pacche sulla schiena.
"Mi ha riparato il braccio, riesco a sentire la stoffa della tua maglia!" esclamò estasiato Buck.
E la sua esclamazione riportò l'attenzione di tutti sulla ragazza, ancora seduta sul divano, che guardava Bucky felice come un bambino.
 
*
 
Nonostante Fury fosse stato riluttante a dare il consenso, in quanto tenere due esperimenti dell'Hydra sotto lo stesso tetto, a suo parere, non era la miglior cosa da fare, anzi era la più stupida, avevano deciso che la ragazza sarebbe andata a vivere temporaneamente nella casa sicura di Steve nel bosco, dove da quattro mesi ormai abitava anche Bucky. Proprio Bucky aveva insistito affinché la ragazza stesse con loro perché così come Steve aveva aiutato lui, lui voleva aiutare lei che gli aveva restituito la sensibilità al braccio e ciò lo faceva sentire meno un mostro e poi era stufo di stare confinato in quella casa, senza poter far nulla perché considerato ancora come potenziale minaccia.
 
Mary Anne era felice di non essere stata trasferita in un laboratorio, poco importa che la casa sicura di Steve fosse in mezzo ad un bosco e che i suoi effetti personali erano soltanto quei vestiti che Pepper le aveva portato prima. In quella nuova casa, aiutata dal suo nuovo amico, perché era sicura di poter chiamare Bucky un amico, forse sarebbe riuscita a recuperare quello che l'Hydra le aveva strappato. Forse sarebbe tornata quella che era prima. Forse le sarebbero tornati i suoi ricordi più felici. Forse non si sarebbe sentita un mostro, ripensando all'unico ricordo della sua vita che era rimasto e che era il motivo per cui l'Hydra l'aveva scelta. 
Forse avrebbe smesso di usare tutti quei forse.

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Capitolo 2
*** Why the bad memories? ***



Credeva che nel suo nuovo letto sarebbe riuscita a dormire, ma gli incubi avevano deciso di tormentarla, così era andata in cucina a prendere un bicchiere d'acqua fredda. Seduta al tavolo, stava fissando il bicchiere d'acqua, attorno al quale si era formata la solita condensa dovuta al contrasto freddo del frigo-caldo all'esterno. Sentì dei passi avvicinarsi e vide una figura scura avvicinarsi al frigo e quando lo aprí, la luce proveniente dall'elettrodomestico illuminò la figura di James(aveva scoperto che il suo vero nome non era Bucky e gli aveva detto che gli piacevano entrambi e che probabilmente l'avrebbe chiamato in entrambi i modi) che indossava solo un paio di pantaloni di una tuta. Lo guardò riempirsi un bicchiere d'acqua e poi si decise a parlare.
"Come mai sveglio?"
Il moro ebbe un sussulto perché non l'aveva proprio notata e per poco non gli cadde il bicchiere di mano, provocando una risatina da parte di Mary Anne.
"Cristo, mi hai spaventato. Non sono abituato a trovare qualcuno in cucina a quest'ora di notte."
"Cioè, ti svegli ogni notte e vieni in cucina?" chiese lei, curiosa di sapere se anche lui avesse le stesse difficoltà a dormire.
Lui la guardò per un attimo chiedendosi anche lui perché la ragazza fosse sveglia e arrivò a pensare che forse erano svegli per lo stesso motivo.
"Incubi. Prima mi tormentavano tutta la notte e Steve doveva calmarmi, cosí ho cominciato a dormire con lui, in modo che soltanto vederlo mi facesse calmare e per un pò sono andati via. Ma è da un pò che sono tornati e preferisco non svegliarlo, sennò si preoccuperebbe." disse James, finendo il suo bicchiere.
"Tu perché sei sveglia?"
"Incubi. Da quando sono scappata, ho dovuto dormire per strada e pensavo che fosse per quello che avevo gli incubi. Insomma dormire per strada, dove da un momento all'altro qualcuno potrebbe attaccarti non è il massimo. Ma stanotte appena ho chiuso gli occhi... È stato tremendo." disse lei passandosi una mano sul viso.
"Cosa riguardano i tuoi incubi?"
"Sogno ancora di essere in quel laboratorio. Di quando hanno scoperto che le scariche elettriche al cervello non mi facevano più effetto perché la pietra si stava legando a me così tanto da proteggermi e quindi hanno avuto l'idea di utlizzare altri metodi."
"In che senso?" chiese lui.
Lei si girò, alzando sulla schiena la maglia bianca che Steve le aveva prestato per dormire, per fargli vedere le lunghe cicatrici che le attraversavano la schiena.
"Frustate. Così forti da staccarmi quasi la pelle. Dovevano sostituire il dolore inflitto dalle scariche elettriche con qualcosa di altrettanto forte. E poi ci versavano sopra acqua salata, così anche se si fossero richiuse, le cicatrici sarebbero rimaste." il tono si ridusse ad un sussurro, man mano che parlava.
James non disse più nulla. Non sapeva che dire. Ogni parola sarebbe stata superflua, lo sapeva, così decise che l'avrebbe aiutata a scacciare i suoi incubi e magari avrebbe scacciato anche i propri... Anche se non sapeva ancora come, ma decise di tentare. 
"Torniamo a dormire, ti va? Resto con te finché non ti addormenti." le disse gentile, accennando un sorriso.
Lei gli sorrise di rimando e annuì con la testa. Finí il suo bicchiere d'acqua, per poi sciacquarlo e rimetterlo a posto, dopo di che si avviarono verso la sua stanza, in silenzio. Entrarono in quella che all'inizio era stata la stanza di Bucky, che poi aveva abbandonato per dormire con Steve perché si sentiva più al sicuro con lui ed ora era la stanza di Mary Anne.
Lei si stese sul letto e lui si stese affianco a lei, con le mani incrociate sotto la testa, fissando il soffitto.
"Cosa riguardani i tuoi incubi?" chiese la ragazza, interrompendo il silenzio.
Lui rifletté un attimo prima di rispondere.
"È come rivivere tutto quello che è successo per farmi diventare il Soldato d'Inverno. Da quando fui catturato dai tedeschi e Zola fece esperimenti su di me, la caduta dal treno in corsa, l'amputazione del braccio e quando mi hanno messo questo" mosse il braccio di metallo che rifletté la luce della piccola lampada accesa "e poi c'è la camera di ghiaccio e i mal di testa che ogni volta mi portavano via un pezzo di quel che ero."
Si zittì, non riuscendo a dire altro. Sentiva che se l'avesse fatto, avrebbe ricominciato a sognare anche le sue missioni, dove uccideva persone a sangue freddo e sarebbe tornato l'incubo che temeva di più: quello sulla battaglia del Triskelion, sugli Helicarrier, ma invece di salvare Steve, lo uccideva perché negli incubi il soldato biondo non riusciva ad oltrepassare la coltre di nebbia che l'Hydra aveva messo sulla sua memoria. Ma quando si svegliava e trovava Steve addormentato al suo fianco, era grato che nella realtà fosse riuscito a far breccia nella sua mente, permettendogli di iniziare quel processo che lo avrebbe fatto tornare sé stesso, anche se non del tutto. Lui era tornato ad essere James Buchanan Barnes,detto Bucky, si, ma restava sempre il soldato d'inverno.
Mentre continuava a pensare, non si era accorto che la ragazza si era ormai riaddormentata, così si alzò e uscendo socchiuse la porta, per poi tornare a dormire al fianco di Steve, che russava come un ghiro. Spostò leggermente il biondo, in modo da farlo smettere di russare e si appoggiò alla sua spalla, per poi riaddormentarsi.
 
*
 
Il sole filtrava attraverso gli infissi aperti della finestra e, insistente, illuminava il viso di Bucky che si svegliò per il fastidio della troppa luce. Si girò diverse volte prima di aprire gli occhi e scoprire che Steve non era nel letto, ma non ebbe dubbi su dove si trovasse quando un profumo di uova e bacon gli arrivò al naso. Si alzò lentamente e si avviò in cucina.
"Buongiorno" disse, prima di sedersi e appoggiare i gomiti sul tavolo e la testa tra le mani, con gli occhi ancora socchiusi.
Steve si girò a guardarlo e sorrise divertito nel vederlo ancora mezz'addormentato. Stava per chiedergli come avesse dormito, come faceva ogni mattina, quando sentirono un tonfo ed entrambi accorsero a vedere cos'era successo. Entrarono nella stanza di Mary Anne e videro che la finestra era aperta e il letto era sfatto e vuoto. Per un attimo credettero che la ragazza fosse scappata, ma poi dal groviglio di coperte accanto al letto, sbucò fuori la ragazza, coi capelli tutti scompigliati e l'aria disorientata.
"Credo di essere caduta dal letto." disse lei, provando ad alzarsi. Steve, che cercava di non ridere, l'aiutò, mentre Bucky si era fatto scappare un risata, mascherandola con un colpo di tosse.
Poi annusarono l'aria e Mary Anne disse:"C'è puzza di bruciato."
"Merda, la colazione." disse Steve prima di correre in cucina e togliere la padella delle uova e della pancetta dai fornelli.
Il biondo fece un sospiro di sollievo, notando che la colazione non era da buttare, solo un pò più cotta.
Servì la colazione nei piatti e poi si sedette cominciando a mangiare. Gli altri due non aspettarono un invito e si fiondarono sul loro piatto. Steve rinase divertito dal modo in cui i due si abbuffavano, come se non mangiassero da anni. Mary Anne fu la prima a finire.
"Non mangiavo un piatto di uova e pancetta così buono da..." s'interruppe perché non ricordava davvero quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva mangiato "In che anno siamo?" chiese poi.
"Nel 2015" rispose Bucky, ingoiando l'ultimo boccone.
La ragazza strabuzzò gli occhi.
"Non è possibile... Questo vuole dire che sono passati sette anni."
I due la guardarono.
"Sette anni da cosa?" chiese Steve.
"Mi hanno tenuta lì per sette interi anni, mia madre crederà che io sia morta." continuò ignorando la domanda di Steve.
"Ma non é possibile. Io quindi dovrei avere 25 anni ormai... Dio, non ci credo." Era scossa e anche infuriata. L'Hydra si era presa sette anni della sua vita, nascondendole gli altri diciotto che aveva vissuto e non aveva idea di cosa fosse successo alla sua famiglia, come avessero reagito alla sua scomparsa, se l'avessero notato o se l'Hydra avesse cancellato loro la memoria per impedirgli di ricordarsi di lei. Era arrabbiata, anzi furiosa e non si rese conto che la sua mano stava emanando scintille, ma i due soldati si e cercarono di scuoterla.
"Mary Anne, calmati. È tutto a posto." la voce dolce di Steve la riportò indietro da quel mare di rabbia dove si era immersa.
Guardò entrambi e abbassò lo sguardo.
"Mi dispiace..."
"Non é colpa tua, okay? L'Hydra potrà anche averti preso sette anni, ma hai un'intera vita davanti e quella che hai dimenticato la ritroverai. Noi ti aiuteremo." disse Steve, mentre le accarezzava i capelli per tranquillizzarla, come tante volte aveva fatto con Bucky.
"Che giorno è oggi?" chiese all'improvviso.
"Martedì" rispose Buck. Lei scosse la testa.
"No, intendo la data."
"È il 24 di giugno, perché?"
"Oh... Davvero?" disse lei accennando un mezzo sorriso.
"Perché sorridi?" le chiese Bucky, stranito da quel cambio d'umore così improvviso.
"Non ho ancora venticinque anni."
Lo sguardo perplesso dei due la spinse a continuare.
"Tra quattro giorni è il mio compleanno." disse sorridendo sul serio.
 
*
 
Dopo pranzo, Steve aveva lasciato Bucky e Mary (aveva detto che potevano chiamarla anche senza usare il suo nome completo ogni volta) a casa da soli, dato che Fury l'aveva convocato allo Shield perché Stark aveva trovato diversi riscontri di persone che assomiglivano a quella ragazza e date le nuove informazioni che aveva raccolto (ovvero la data di nascita) sarebbero riusciti a risalire alla vera identità della ragazza.
Andò nell'ufficio di Fury dove c'erano anche Maria Hill e la Romanoff. Stark aveva inviato loro i file riguardanti le possibili identità che potessero appartenere alla ragazza. Erano circa una trentina, tutte donne sulla ventina coi capelli e gli occhi scuri, ma soltanto una era nata il ventotto giugno millenovecentonovanta: Mary Anne Starlight, di Brooklyn. Risultava deceduta durante una rapina in casa, così come suo padre, entrambi accoltellati. Suo padre, da sempre vissuto a Brooklyn, era un ex sergente dell'esercito americano, dovutosi ritirare a causa delle condizioni fisiche e mentali non più idonee per poter restare in guerra. Sua madre e sua sorella, invece, erano ancora vive e abitavano ancora nella stessa casa a Brooklyn, in un quartiere vicino a quello in cui Steve e Bucky vivevano una volta. Sua madre, Rosa Fusco, veniva dall'Italia, aveva da poco superato la soglia dei cinquanta e lavorava in un ristorante italiano, mentre l'altra figlia, Francis, aveva da poco compiuto diciannove anni e frequentava il primo anno di un college a New York che frequentava grazie ad una borsa di studio.
Anche Mary Anne aveva vinto una borsa di studio per andare a studiare arte in un prestigioso college, ma non aveva avuto l'opportunità di seguire il suo sogno perché l'Hydra l'aveva strappata alla sua vita, in occasione di quella rapina in cui fu dichiarata morta. Steve era stanco di vedere l'Hydra distruggere le vite di persone innocenti come se stessero disfacendo delle costruzioni LEGO. Non ne poteva più, doveva fermarla. Ma prima lui e la Romanoff avrebbero fatto visita a quel che restava sulla famiglia di Mary Anne.
 
*
 
Avevano passato il pomeriggio sul divano a guardare una serie tv che parlava di un alieno con due cuori e di viaggi nel tempo e di una strana cabina blu della polizia, più grande all'interno e si erano così appassionati, da non accorgersi quasi che ormai era ora di cena.
Bucky spense la tv e si diresse in cucina, intenzionato a preparare la cena, anche se non era mai stato bravo a cucinare. Aprì il frigo, guardando tutto ciò che conteneva, aspttando che gli venisse un'idea su cosa poter preparare.
Mary che era dietro di lui e guardava nel frigo anche lei, notò che c'erano dei pomodorini nel cassetto in basso, così spostò James e prese i pomodorini, poggiandoli sul lavello, poi aprì i mobili e trovò diversi pacchi di pasta e ne prese uno.
Poi si girò verso James e gli domandò se c'era del basilico e lui disse che ce n'era una pianta nei vasi sotto il portico, così uscì a prenderne alcune foglie, mentre lei cominciò a lavare i pomodorini.
Poi prese un tagliere e cominciò ad affettare a metà i pomi rossi. Bucky rientrò con in mano le foglie di quasi tutta la pianta di basilico, quando ne sarebbero bastate solo quattro o cinque. Si avvicinò al lavandino per sciacqiare le foglie e vide che Mary continuava a fissare il pomodoro che aveva tagliato e dal quale colava il succo che aveva imbrattato tutto il taglieree il coltello che aveva in mano.
"Ehi, tutto bene?"
Lei alzò lo sguardo, lasciando i coltello che cadde sul lavello e lui vide che stava piangendo.
"Che succede?" chiese lui preoccupato.
Lei scosse la testa e lui l'abbracciò.
"Perché tornano prima i brutti ricordi?" disse lei, scostandosi da lui, con voce rotta dal pianto.
"Cosa hai ricordato?" le chiese lui, asciugandole le lacrime coi pollici.
"Il motivo per cui l'Hydra mi ha preso..." prese un respiro profondo, cominciando a tremare.
"Io ho ucciso mio padre, Buck. Con un coltello da cucina. È successo così in fretta che nemmeno me ne sono resa conto, ma io l'ho ucciso. Io sono un mostro." Ad ogni parola si era allontanata da Bucky e vedendo che lui non rispondeva, corse in quella che credeva sarebbe stata camera sua ancora per poco. Appena Steve l'avesse saputo, lei sarebbe stata arrestata e processata per omicidio. L'unico motivo per cui non era ancora successo era perché l'Hydra l'aveva tenuta prigioniera, ma ora che era scappata non c'era nessuno a proteggerla dalla prigione. Si aspettava che venissero a prenderla da un momento all'altro.
Non si aspettava di certo che Bucky, non potendo entrare dalla porta perché lei l'aveva chiusa a chiave  entrasse dalla finestra aperta e la tirasse su dall'angolo tra il letto e il muro dove s'era rintanata e che poi la stringesse forte a sé, accarezzandole i capelli.
Non si aspettava nemmeno che la facesse sedere sul letto, dopo averla calmata e che le chiedesse di raccontargli tutto dall'inizio.
"Era la sera del ballo della scuola, era l'ultimo anno, non potevo assolutamente mancare." cominciò, tirando su col naso.
"Avevo comprato un vestito bellissimo, era verde acqua, con la gonna in tulle e il corpetto ricamato e le scarpe erano bianche. Stavo aspettando che la mia migliore amica, Sophie, venisse a prendermi. Andai a sedermi sul divano in soggiorno, ero nervosa perché Sophie era in ritardo come sempre e io volevo uscire prima che mio padre tornasse a casa, ma non fui così fortunata. Era così ubriaco che la puzza d'alcohol si sentiva a metri di distanza. Mi venne vicino e cominciò ad insultarmi, dicendo che ero un ingrata e una puttana e che non sarei andata da nessuna parte, non con quel vestito addosso. Cominciò a strapparlo e io lo spinsi via, facendolo cadere sul divano. Avevo lavorato part-time per un mese per avere i soldi per comprarlo e lui in due secondi l'aveva rovinato. Corsi verso la porta per uscire, ma lui fu più veloce e mi diede un pugno" ricominciò a piangere, ma continuò a parlare perché doveva raccontargli tutto, dato che aveva la possibilità di spiegare.
"Cominciò a picchiarmi, poi mia sorella uscì e gli tirò un vaso in testa, facendolo barcollare all'indietro. Venne ad aiutarmi, ma lui la prese per  capelli e cominciò a picchiare lei. Non ci vidi più dalla rabbia. Mi alzai e andai in cucina, presi un coltello e tornai in salotto. Lui la stava schiaffeggiando, era di spalle e non si era accorto di nulla. Mi stupii di quanto fu facile piantargli il coltello nella schiena. Lui mi guardò incredulo, poi arrabbiato. Cadde a terra, trascinando anche me. Non capii cosa stesse facendo finché non mi trapassò lo stomaco col suo coltellino svizzero prima di andare all'altro mondo. Ricordo che mia sorella mi diceva qualcosa, mi teneva le mani e piangeva, poi arrivò qualcuno. Vedevo sfocato, è tutto confuso poi. Ricordo solo qualcuno che mi si avvicinò abbastanza per farsi vedere e che mi sussurrò qualcosa all'orecchio."
Bucky che aveva ascoltato quel racconto così attentamente, si decise a parlare.
"Cosa ti ha detto?"
"Uccidere un membro della propria famiglia per salvarne un altro indica che tu hai la forza per fare ciò che va fattoanche se immoraleSei perfetta per il progetto dell'Hydra."
Non ci fu altro da aggiungere. E lei fu sollevata dalla reazione di Bucky che tornò ad abbracciarla, stavolta più forte. 
"Non sei un mostro." le sussurrò.
Lei si strinse a lui. Era felice che lo pensasse. Forse si era sbagliata. Qualcuno a proteggerla c'era.


N.Abuhciao a tuttiSe state leggendo vuol dire che siete arrivati alla fine del capitoloyeee
Continuo a credere che sia cortononostante le 2778 parole.
Btwmi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.
Al prossimo capitolo, ciau

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Capitolo 3
*** The Phoenix ***


-You know time crawls on when you're waiting for the song to start
So dance alone to the beat of your heart
 
La casa di Mary Anne si trovava a Windsor Terrace, uno dei quartieri di Brooklyn meno costosi e pieno di negozi e ristoranti italiani. L'indirizzo che c'era nel fascicolo li aveva portati ad un casa di mattoni rossi a due piani,con un giardino tutt'intorno, limitato da una bassa recinzione. Steve aveva chiamato Bucky sul telefono criptato che lo Shield aveva fornito loro e lo aveva avvisato che sarebbe tornato tardi quella seria per via di una missione speciale, Buck aveva semplicemente annuito e gli aveva augurato buona fortuna, senza accennare al piccolo crollo di Mary perché parlarne per telefono non era proprio il caso.
 
I due si erano appostati fuori da quella casa, aspettando che la padrona di casa terminasse il suo turno di lavoro(che quel giorno finiva alle sei) e tornasse nel proprio rifugio.
Dopo che una volkswagen up blu scuro ebbe parcheggiato nel vialetto e una donna dai capelli color cioccolato fu entrata in casa, Rogers e Romanoff attesero altri quindici minuti buoni prima di scendere dall'auto e andare a bussare.
Quando la porta si aprí si ritrovarono davanti una donna alta intorno almetro e sessantacinque, i capelli visti da vicino avevano delle sfumature rossiccie. Si era cambiata e stava indossando una tuta. Era bella, ma di quella bellezza che era un pò sfiorita a causa del tempo, del dolore e delle preoccupazioni. La prima cosa che notò Steve fu che la donna aveva gli stessi occhi grandi e color cioccolato di Mary e le somigliava così tanto che il biondo aveva momentaneamente dimenticato cosa dovesse dire e se non fosse stato per Natasha, il soldato avrebbe mandato quella missione a puttane.
"Salve, signora. Siamo del FBI, agente Rushman e agente Rutter. Possiamo entrare?" chiese mostrando alla donna il distintivo.
"È successo qualcosa a mia figlia Francis?" chiese la donna preoccupata, facendo loro spazio per farli entrare.
"No, signora, non si preoccupi, ma dobbiamo farle delle domande riguardo sua figlia Mary Anne."
Il volto delle donna si fece scuro e gli occhi lucidi.
"Perché così all'improvviso? Il caso era stato chiuso."
Si accomodarono sul divano e Steve si decise a parlare.
"Ci hanno affidato il caso per archiviarlo, ma c'erano delle incongruenze e volevamo farle delle domande per capirci qualcosa."
"Non capisco. Gli agenti che vennero quella sera dissero che si sarebbero occupati loro di tutto."
"Quali agenti?" chiese la rossa.
"Io quella sera chiamai l'ambulanza, ma poco dopo arrivarono questi agenti. Dissero che i vicini li avevano chiamati a causa delle grida. Loro portarono via il corpo della mia bambina e non potemmo nemmeno aprire la bara durante il funerale." tirò su con naso, cercando di non piangere al ricordodi quella notte.
"Signora, cosa successe davvero quella notte? Perché quel ladro accoltellò vostro marito e vostra figlia?"
"Ladro?" chiese la donna, scioccata. "Quella notte non c'era nessun ladro. Fu mio marito ad accoltellare mia figlia."
"Per quale ragione avrebbe dovuto farlo? Nel fascicolo c'è scritto che suo marito ha combattuto nell'esercito. Un uomo che combatte per la propria patria come può fare ciò alla propria famiglia?" disse Steve.
La donna sospirò, abbassando lo sguardo.
"Vedete, mio marito era bravo a nascondere le cose. Tutti vedevano la facciata esteriore. Un sergente dell'esercito in pensione, un uomo con una morale, che rispettava i valori della famiglia. In realtà era un alcolizzato e violento. Non avete idea di come fosse vivere qui."
"Che rapporto aveva con le sue figlie?"
"Se quello si poteva chiamare rapporto. Francis era invisibile per lui e credo fosse un bene per lei e un male per sua sorella, la trattava come un soldato: ordini a destra e manca, niente abbracci o ringraziamenti, niente pietà. Se sbagliava qualcosa, se faceva cadere qualcosa per sbaglio la riempiva di botte e poi picchiava me se provavo a difenderla."
"Perché non picchiava la più piccola?" chiese la rossa.
"Una volta mi disse che non era degna delle sue attenzioni." rispose la donna, con tono disgustato.
"E secondo lei perché Mary Anne lo era?"
"Oh, lei era forte." sorrise appena.
"Se suo padre dava uno schiaffo a Francis, lei si metteva in mezzo e si faceva picchiare al posto di sua sorella. Difendeva sempre anche me. Per questo credo suo padre avesse un debole per lei, la credeva un ottimo soldato, pieno di coraggio perché in lei vedeva una forza d'animo che non poteva spezzare. Lei era aveva sempre un sorriso sulle labbra, anche dopo che lui ci aveva maltrattate, era lei a consolare me." delle lacrime rigarono le guance della donna che si apprestò ad asciugarle.
"Quella notte cosa è successo davvero?" chiese Natasha.
"Lui era ubriaco come al solito e Mary stava aspettando che la venissero a prendere per andare al ballo del diploma. È successo così in fretta che..." si bloccò, la voce cominciò a tremarle.
"Lui le strappò il vestito e lei lo spinse via, lui la colpì e Francis cercò di difenderla, ma lui colpì anche lei. Non mi accorsi che Mary aveva preso un coltello finché lei non si avvicinò al padre e glielo piantò nella schiena. Il mio primo pensiero fu che finalmente c'eravamo liberate di lui e avremmo potuto vivere felici, noi tre. Ma lui non soddisfatto di tutto ciò di cui mi aveva privato, mi ha portato via anche lei. L'ha uccisa."
"Ci dispiace di recarle altro dolore, ma dobbiamo sapere cosa fecero gli agenti di cui ci ha parlato." disse Steve, cercando di evitare altro dolore alla donna per via di quei tremendi ricordi
"Poco dopo aver chiamato l'ambulanza arrivarono loro. Nemmeno ricordo più cosa successe di preciso, ero così scioccata, stringevo mia figlia tra le braccia, il vestito era imbrattato di sangue e lei non respirava più. Mi dissero che erano entrambi morti, che avrebbero eseguito un autopsia e che si sarebbero occupati loro di tutto. Andarono via e quando ci riconsegnarono i corpi per i funerali, non ci fecero aprire le bare."
"Il rapporto che ci è pervenuto è completamente diverso. C'era scritto che la ragazza aveva aperto e il ladro l'aveva accoltellata e l'ex sergente aveva tentato di difendersi ed era stato accoltellato anche lui." spiegò la Romanoff.
"Il governo preferisce mettere in cattiva luce un ladruncolo di strada piuttosto che mostrare che un uomo dell'esercito andasse contro tutti i valori per cui ha combattuto." disse l donna.
"Ha anncora le sue cose?" chiese Steve all'improvviso, guadagnandosi un'occhiata stranita da parte della Romanoff.
"Quelle di mio marito? Certo che no! Buttai via tutto." disse la donna, quasi indignata.
Ma Steve scosse la testa "Intendevo le cose di sua figlia."
La donna annuì. "La sua camera è ancora com'era."
"Possiamo vederla?" chiese la Romanoff, usando un tono più dolce.
"Certo, seguitemi."
Salirono al piano di sopra ed entrarono nella seconda camera sulla sinistra. La porta era bianca come le altre, ma all'interno le pareti erano dipinte in diverse tonalità di blu. Dal blu notte al centro del soffitto, che via via si schiariva fino al pavimento. Di fronte alla porta c'era un'ampia finestra, sotto la quale c'era una scrivania con un computer, una tavoletta grafica, ancora nello scatolo, moltissimi fogli sparsi, bianchi e non. Accanto alla scrivania, sulla sinistra, c'era una libreria, stracolma di libri e raccoglitori. Vicino alla parete di sinistra c'era il letto, intatto col piumone di Captain America (blu anche quello). Quando li vide, Steve nascose un mezzo sorriso mentre la rossa chiese come mai quella bizzarra scelta di coperte.
"Mary non era una ragazza come le altre, tutta trucchi, vestiti e tacchi. Lei era il tipo da jeans, felpa e anfibi. Passava il tempo o a disegnare o a leggere, soprattutto fumetti, anche se le piacevano anche i film. Adorava qualsiasi cosa riguardasse i supereroi e il suo preferito era Captain America, anche se non ho mai capito il perché. Discutevamo spesso perché io preferivo Spiderman. Decisamente più figo e meno rigido." Natasha cercò di non ridere per quelle parole, dato che uno dei supereroi nominati era lì presente e aveva un'espressione contrariata.
Cominciarono a guardare in giro e aprendo l'armadio, Nat vide che c'erano per lo più jeans, felpe e tantissime t-shirt. Non c'erano gonne, solo due shorts di jeans e nessun vestito, tranne quello sigillato in una custodia per abiti, biancha.
"Cos'è questo?" chiese la rossa, indicando il vestito in questione.
"Il vestito del ballo. Me lo restituirono e io lo portai a sistemare, volevo che lo indossasse nella bara, ma quegli agenti non ci permisero di aprire le bare."
"Possiamo portare via alcune cose per analizzarle?" chiese Natasha.
"Perché?" chiese allarmata la donna, per timore che quei due sconosciuti si portassero via tutto ciò che le rimaneva di sua figlia.
"Sua figlia non è mor-" Steve non riuscì a finire di parlare che il gomito di Natasha entrò in collisione col suo stomaco. Non era stato un colpo forte, ma almeno lo aveva zittito prima che potesse rovinare tutto.
"Sua figlia potrebbe non essere morta quella sera. Crediamo che gli agenti che portarono via i corpi non fossero di alcuna istituzione o corpo di polizia. E se non hanno permesso, c'è la probabilità che il corpo di sua figlia non fosse effettivamente nella bara. Quindi abbiamo bisogno di analizzare le sue cose, per riuscire a trovare una pista per arrivare a quelle persone e magari alla vera tomba di sua figlia." disse la rossa, cercando di ponderare bene le parole per non infliggere altro dolore a quella donna che già ne aveva passate tante. 
"Cioè, mi state dicendo che quegli uomini mi hanno ingannato e che nella tomba, la quale visito ogni volta che tempo per parlare con mia figlia, in realtà è vuota?" era sconvolta. Scoprire che dopo sette anni, passati attraverso il dolore della perdita, la rassegnazione del non avere più sua figlia e la speranza che forse nell'altro mondo aveva una vita migliore, la sua adorata figlia non aveva nemmeno la degna sepoltura che meritava l'aveva sconvolta e non poco.
"Prendete tutto quello che vi serve, se vi sarà d'aiuto per trovare quei bastardi che mi hanno portato via mia figlia un'altra volta." disse risoluta. Era così che si sentiva, come se gliel'avessero portata via un'altra volta, perché forse la prima non era bastata.
"Le riporteremo tutto quando avremo finito, non si preoccupi." le disse Steve, sorridendole gentilmente, facendole capire che comprendeva il suo dolore.
Così cominciarono ad impacchettare le cose che credevano avessero potuto aiutare la memoria di Mary Anne (praticamente quasi tutto).
 
 
*
 
Natasha e Steve si diressero alla casa sicura di quest'ultimo, trasportando nella jip tutti gli scatolomi contenenti gli effetti personali di Mary Anne, vestiti, disegni, qualche libro e anche il piumone di Captain America (perché Steve aveva insistito tanto, dopotutto era il suo supereroe preferito).
Bucky li aspettava seduto in veranda, ma quando Steve vide l'espressione del suo viso, capì che era successo qualcosa. Buck gli riferì cosa gli aveva raccontato Mary Anne e il biondo lo informò di cosa aveva scoperto, assieme alla Romanoff e della visita a casa della madre della ragazza e delle cose che avevano portato via, che magari potevano aiutarla.
Portarono dentro gli scatoloni, poggiandoli al centro del salotto, di fronte al divano sul quale Mary era seduta da almeno un'ora a fissare il nulla. La sua attenzione fu subito attirata da quegli scatoloni che le avevano poggiato davanti e dallo sguardo di Steve, che sembrava invitarla ad aprirli.
"Cosa sono?" chiese, spinta dalla curiosità.
"Io e Natasha siamo stati a casa tua a recuperare un pò di cose" le disse Steve, sorridendole.
Mary sgranò gli occhi, al pensiero che loro due fossero stati a casa sua e avessero incontrato sua madre e forse sua sorella. Voleva chiedere loro come stavano, ma si trattenne perché non credeva di essere pronta per sentir parlare di loro, così rivolse la sua attenzione di nuovo alle scatole per terra.
"Quindi qui dentro ci sono le mie cose?"
Il biondo e la rossa annuirono.
La mora si sedette a terra e aprì uno degli scatoloni, trovandovi all'interno dei libri: li tirò fuori uno ad uno, leggendone i titoli e cercando di ricordarsi la trama e si stupì di quando si accorse di ricordarle tutte, anche se non nei minimi dettagli,però era di sicuro un buon segno se ricordava che alla fine Annabeth sarebbe finita con Percy e che Peeta e Katniss avrebbero mandato a puttane la licenza di molti psicologi, se nel libro ci fossero stati.
Dopo aver esaminato i libri, prese lo scatolo contenente la tavoletta grafica e lo aprì, per controllare se la penna, le tre mine di riserva e il cd d'installazione fossero al proprio posto.
"Questa me l'hanno regalata al mio compleanmo" disse rivolta a Bucky che si era seduto accanto a lei e che ora le sorrideva, vedendo che ricordava qualcosa "anche se non saprei dire chi me l'ha regalata e per quale compleanno..." rimise tutto a posto e prese i raccoglitori.
Ce n'erano tre, tutti neri e con delle date scritte sopra perché a Mary piaceva tenere in ordine i suoi disegni e li teneva sistemati in ordine cronologico, sin da quando aveva dieci anni, ovvero quando scoprì la sua passione per il disegno. Posò i primi due raccoglitori (uno che andava dal 2000 al 2002 e l'altro che andava dal 2003 al 2005), per prendere quello che andava dal2006 al 2008, l'anno in cui la sua vita era stata incasinata.
Lo aprì e cominciò a sfogliare tutti quei disegni, notando i miglioramenti che aveva fatto col tempo, di come era riuscita a non invecchiare di una trentina d'anni quelli che ritraeva (il suo primo ritratto lo fece a quindici anni e ritrasse una giovane attrice di vent'anni, solo che la rappresentò come se ne avesse avuti cinquanta di anni).
Sorrise quando vide uno dei disegni che aveva fatto di Captain America e scoppiò a ridere quando vide il disegnino, versione chibi di Bucky che aveva preparato una torta a sorpresa per Steve.
Bucky si avvicinò a lei per vedere il disegno e poi esclamò "Ehi, ma lo sai che è successo davvero questo?"
"Davvero?"
"Certo, Steve ti ricordi quando ti preparai quella torta a sorpresa per il tuo compleanno?"
"Quella che avremmo dovuto mangiare dopo i fuochi d'artificio e che tu facesti cadere perché il gatto sulla veranda ti aveva spaventato?" 
"Ehi, non è colpa mia se quel dannatissimo gatto spuntò fuori all'improvviso."
"Il soldato d'inverno spaventato da un gatto, questa è bella" disse Natasha, ridacchiando.
Bucky le rispose con una smorfia.
Nel frattempo Mary aveva aperto gli altri due scatoloni, in uno c'erano i suoi adoraro jeans e le sue enormi felpe, nell'altro c'era il piumone a stell e strisce.
"Mia madre sul serio vi ha lasciato prendere anche il piumone?" disse sorpresa.
"Nonostante tua madre reputi Spiderman più figo, non ha saputo resistere ai capelli biondi e gli occhi azzurri del qui presente Steve Rogers."
Steve accennò un sorriso compiaciuto e poi disse "Dopotutto sono o non sono il tuo supereroe preferito e il più figo tra tutti?" 
"Si.. E no" rispose la mora e allo sguardo stranito del biondo, si affrettò a spiegare "Si, sei il mio supereroe preferito e mi dispiace doverti dare questa notizia, ma... Sei troppo rigido, Batman è più figo."
Steve si accasciò su sé stesso e il suo verso di disappunto fece scoppiare tutti a ridere.
"Non preoccuparti, su. Resti pur sempre l'idolo di ogni patriota americano." disse Buck divertito.
Nat si avvicinò a Mary "Ti aiuto a sistemare queste cose, dai." e prese uno scatolo, portandolo nella sua camera e Mary fece lo stesso, ma posando lo scatolo sul pavimento della sua stanza, notò una custodia bianca per abiti e la tirò fuori.
"Cosa c'è qui dentro?" chiese alla rossa.
"Oh" fece lei. Non sapeva se fosse il momento giusto per farglielo vedere o meno, ma quela ragazza era forte e poteva affrontare tutto, anche un vestito che era stato la sua rovina.
"É il tuo vestito per il ballo. Tua madre lo ha fatto sistemare."
"Il mio vestito?"
"Apri la custodia."
Fece come le era stato detto e aprì la custodia per trovare la campana di tulle che da subito l'aveva colpita quando aveva visto quel vestito nella vetrina. Lo tirò fuori e ne accarezzò i ricami del corpetto.
"Volevo tanto che tutti quanti vedessero che sotto le felpe enormo ci fosse una ragazza e con gusti decisamente migliori di quelli delle ragazze cheerleaders." disse sorridendo al pensiero.
Natasha guardò la ragazza che teneva il suo vestito e pensò che doveva tenerci davvero tanto a quel ballo (nonostante lei credesse fosse qualcosa di frivolo e stupido, le sarebbe piaciuto parteciparvi almeno una volta) e che non era troppo tardi per far vedere che lei era ormai una donna.
"Chi lo sa se ti entra ancora."
La mora guardò preoccupata lo sguardo ammiccante della rossa che stava chiudendo la porta.
"Non creda sia il momento adatto per una sessione di extreme makeover." disse scettica la mora.
"È sempre il momento adatto per una sessione di extreme makeover e inoltre, se dentro ti senti uno schifo, fuori devi mostrarti uno schianto." le sorrise, aprendo la borsa nella quale teneva sempre alcuni dei suoi trucchi per qualsiasi evenienza.
"É arrivata l'ora di far vedere che sotto quelle felpe enormi c'è una ragazza dagli otimi gusti."
La rossa citò le stesse parole che la mora aveva pronunciato poco prima e questo bastò a convincerla a lasciarsi andare alle mani esperte di Natasha che cominciarono ad armeggiare tra rossetto, eyeliner e fard.
 
*
 
Dopo una ventina di minuti Natasha ammirava la sua creazione che cercava di restare in piedi su quei tacchi bianchi leggermente a spillo.
"Andiamo, su" le tese la mano e Mary la afferrò perché non era sicura che da sola sarebbe riuscita ad arrivare al salotto sana e salva su quei cosi che traballavano.
Decisamente non aveva fatto abbastanza esercizio quanto avrebbe dovuto.
"Steve, Buck" chiamò la rossa, mentre Mary si sedette sul divano con un tonfo.
I due arrivarono dalla cucina, entrambi con un grembiule attoro alla vita. Rimasero a bocca aperta quando la videro, intenta a sistemare le balze di tulle del vestito.
"Whoa" sussurro Bucky.
Lei alzò la testa "Che c'è?"
"Stai benissimo." disse Steve.
"Cavoli, faresti una strage di cuori." le disse Buck e lei arrossí, mordendosi il labbro inferioreper nascondere un sorriso. 
Era quello l'effetto che voleva fare. Essere notata da qualche bel ragazzo e magari essere anche invitata a ballare. Era quello che aveva sempre voluto da quando i ragazzi la prendevano in giro per i felponi maschili extra large che indossava e voleva che le anoressiche in abiti succinti che erano le ragazze più popolari della scuola la invidiassero per le sue curve generose, ma non eccessive. E ora il suo umore era migliorato perché Steve e Bucky l'avevano notata e perché Natasha mentre l'aiutava a vestirsi, le aveva detto che molte donne che aveva conosciuto avrebbero fattp carte false per avere la quinta di seno naturale che lei aveva.
E mente era persa nei suoi pensieri, Buck le si era avvicinato e le aveva teso la mano, tossicchiando per attirare la sua attenzione.
"Non sarà come al ballo della scuola, ma io sono molto più bravo di chiunque avesse potuto invitarti"
Lei lo guardò perplessa.
"Ma non c'è la musica"
Era imbarazzata, non si aspettava di dover anche ballare, le bastava aver potuto indossare il vestito un'ultima volta, per questo tirò fuori la scusa della musica per sottrarsi alla richiesta di James. Ma lui non era uno che demordeva.
"Sai, quando aspetti che inizi la canzone, il tempo scorre via. Quindi ora tu ti alzi da quel divano e balli con me" lei roteò gli occhi, ma lo stesso afferrò la mano che il moro le sta offrendo e con una sola mossa la tirò su, mettendole un braccio attorno alla vita e stringendole l'altra mano.
Cominciarono a dondolare sul posto, poi Bucky cominciò a condurla in un lento valzer e Steve corse allo stereo e mise su un vecchio disco.
Buck ammiccò verso di lui e poi sorrise verso Mary "Visto? Se cominci a ballare, la musica parte da sola."
"Oh, si, non c'entra nulla il tuo amicone biondo che, molto furtivo, ha acceso lo stereo." e calcò le parole molto furtivo facendo scoppiare a ridere gli altri due.
Nonostante Buck la tenesse stretta, Mary inciampò due volte nei tacchi finché non decise di toglierseli, ritrovandosi all'altezza del petto del soldato, ma questo non fermò le danze. Anzi, proprio come in un vero ballo, Steve picchiettò la spalla di Buck e gli chiese il permesso, prima di abbracciare Mary e cominciare a ballare. 
Buck si avvicinò a Natasha, tendendole la mano, ma lei scosse la testa.
"Oh, non se ne parla."
"Ma io non voglio parlare. E poi non posso certo ballare con Steve." disse Buck, attirandole a sé e cominciando a ballare con la vedova. 
Se qualcuno fosse entrato in quel momento, si sarebbe ritrovato ad assistere ad una scena alquanto strana: due bei ragazzi in versione casalinghi che ballavano, uno con una principessa appena uscita da un libro di favole e l'altro con un'agente dell'FBI molto sexy. E poi avrebbe visto la scena cambiare, visto che l'agente sexy strappò la principessa dalle braccia del biondo e la strinse a lei ballando, mentre quest'ultima rideva per le espressioni sconvolte e indignate degli altri due, che poi alzarono le spalle e, con non poco imbarazzo, si abbracciarono e cominciarono a ballare anche loro.
 
Quando il disco finì, tutti si fermarono e si guardarono tra loro mentre uno strano silenzio imbarazzante si fece largo tra loro. Poi così com'era arrivato, il silenzio fu spazzato via dalle risata dei quattro.
"Se avete finito di improvvisarvi ballerini, io vorrei mangiare." disse la rossa.
"La cena sarà pronta in due minuti." disse Steve avviandosi in cucina, seguito da Buck.
"Nat?" chiamò la mora.
"Si?"
"Mi aiuti a togliere il vestito?"
"Sicura di non voler prima mangiare? Ci sono voluti cinque minuti per farci entrare le tette lì dentro e ce ne vorranno altrettanti per toglierle e io sto morendo di fame"
Ma Mary non voleva sporcare il vestito, così fece la miglior faccia da cucciolo bastonato che potesse fare per farsi aiutare dalla rossa che la guardò con un sopracciglio alzato, ma poi sbuffò "Oh, e va bene, togliamo il vestito." e la seguì nella stanza.
"Grazieee" rispose la mora tornando nella stanza.
Dopotutto Bucky aveva ragione. Lei non era un mostro perché se lo fosse stato, nom avrebbe mai avuto delle persone così a prendersi cura di lei, a curarla, a farla sentire meglio, ad aiutarla a tornare se stessa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Mi dispiaaaaacemi dispiacemi dispiacemi dispiaceSo che questo ritardo è pazzesco e che probabilmente questo capitolo farà a tutti perché è un completo casino  soprattutto il finale dove si passa da una otp all'altrama è un capitolo di passaggioeccoInoltre non ho avuto tempo in questo periodotra il lavorole feste di diciotto annii video da preparare per le feste dei diciotto annii regalile sorprese e tutto il restoLo pubblico nonostante non sia un granché perché so che in questo momento non riuscirei a scriverne uno migliore e dovevo assolutamente aggiornare questa storia
Ripetomi dispiace ancora per l'enorme ritardo e per la mediocrità del capitolodal prossimo andrà meglio e la storia dovrebbe decollarequindi ci vediamo al prossimo capitolo.
Byee
 
PsNon so se sono riuscita a rendere l'idea del vestitocomunque è quello nella foto allegata qui sotto e se ve lo stavate domandandosi quella nella foto sono io e il vestito l'ho indossato alla mia festa e credo sia perfetto anche per un ballo scolastico (ci sono voluti sul serio cinque minuti per farci entrare le tetteaiut).

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Capitolo 4
*** This love ***


4. This love



- I'll fix these broken things
Repair your broken wings
And make sure everything's alright

Quella sera Sophie si presentò stranamente puntuale, non appena sentì il clacson dell'auto, Mary si precipitò fuori, salutando sua madre e chiudendosi la porta dietro, corse verso la vecchia auto gialla.
"Sali dietro, devi cambiarti." le disse la Sophie, affacciandosi dal finestrino del passeggero. La bionda indossava un vestito nero che le arrivava a metà coscia, con una cinturina rossa in vita. Gli occhi grigi erano incorniciati dall'eyeliner e quintali di mascara e i capelli, essendo corti e ricci, non avevano bisogno di essere sistemati più di tanto. 
Salì nel retro, dove c'era la busta col vestito e le scarpe che avrebbe messo quella sera. Dopotutto era il suo diciassettesimo compleanno, voleva divertirsi e Sophie l'avrebbe portata a ballare.
Tirò fuori dalla busta un vestito nero dalle bretelle sottili, col corpetto in microfibra elastica e la sottogonna che arrivava a metà coscia, con sopra una gonna di velo plissettata, che arrivava al ginocchio sul davanti e sfiorava la caviglia dietro. Si tolse i jeans e la t-shirt che aveva indossato e infilò, con non poche difficoltà, il vestito. Tolse anche il reggiseno dato che nel corpetto c'erano delle coppette che potevano benissimo svolgere il lavoro di quell'indumento intimo. Poi dalla busta tirò fuori una camicetta trasparente, verde acqua e se la mise, annodandola in vita.
"Sof, il trucco?" chiese la mora, sistemando i lunghi capelli mossi.
"Appena arriviamo, improvviso qualcosa io, tesoro. Ora mettiti le scarpe." le disse la bionda senza togliere gli occhi dalla strada.
La mora prese le scarpe, un paio di decolté nere, tacco dieci, con delle borchie sul retro.
"Spero per te che siano più comode di quello che sembrano."
"Tranquilla, lo sono." le sorrise nello specchieto retrovisore.
Dopo circa una decina di minuti, Sophie parcheggiò l'auto, scese dall'auto, solo per rientrare nel retro.
Prese la sua borsa e l'aprì cercando i suoi trucchi.
"Suderemo parecchio quindi basterà un pò di eyeliner e mascara. Non voglio diventare una nuova specie di panda a fine serata." 
La mora rise e poi chiuse gli occhi mentre la bionda la truccava.
"Voilà, ecco fatto. Ora sei pronta."
La mora si guardò nello specchio e sorrise soddisfatta.
"Ok, siamo pronte per fare strage di cuori."
"Ti ricordo che tu sei impegnata, mia cara."
"É un peccato che James non sia potuto venire con noi." disse la mora con una smorfia.
"Si, un peccato." rispose la bionda, mordendosi un labbro per non ridere.
Scesero dall'auto, ma prima di avviarsi, Sophie diede a Mary una maschera di quelle per andare sott'acqua, ma questa aveva la visiera nera.
"Mettila."
"Ma così non vedrò nulla." protestò la mora.
"Oh, che palle che sei. Ti porto io, tranquilla, ora mettiti la maschera."
La mora fece come le era stato detto, seppur titubante.
"Fammi cadere con questi trampoli e giuro che ti uccido."
"Avanti, cammina. Alza il piede, c'è uno scalino. Brava così"
La bionda la guidò per due rampe di scale, per poi prendere un ascensore e salire all'attico all'ultimo piano dell'edificio in cui si trovavano, ma Mary era completamente all'oscuro di tutto. Per una volta era riuscita a farla alla sua migliore amica che era un cane da tartufo quando si trattava di soprese, ma quella sarebbe riuscita così bene, lei e James avevano lavorato un mese per organizzarla nei minimi dettagli senza farsi scoprire.
L'ascensore si fermò e la bionda condussa la mora attraverso l'atrio, verso il balcone che dava sulla città, la cui vista era mozzafiato.
"Ok, prima di andare a ballare c'è una sorpresa per te, quindi -" 
"Ma io odio le sorprese, Sof." si lamentò Mary.
"Non fare la bambina, questa ti piacerà. Ora, conta fino a... ehm,fino a venti e poi togli la maschera, ok?"
La mora sbuffò, ma poi annuì.
"Ciao e conta fino a venti" la salutò la bionda, correndo verso l'ascensore.
"Ehi, ma dove vai? Stronza, torna qui."
Urlò, ma senza ottenere nulla. Ormai la sua migliore amica era andata.
Sperò almeno che quella sorpresa valesse la pena di tutta quella sceneggiata. 
Sentì partire la canzone 'this love' dei Maroon 5, contò fino a venti e si tolse la maschera.
Le si mozzò il fiato quando vide Brooklyn sotto di lei, illuminata da tutte quelle luci, era fantastica. Si girò, rientrando in quello che sembrava un salotto di una lussuosa suite di un qualche albergo, con le pareti color crema, i decori in oro, due divani color panna di fronte al camino e al centro, un tavolo rotondo, apparecchiato per due, con un fiore ad un lato. Si avvicinò e prese il fiore, era un iris blu, il suo preferito; attaccato c'era un biglietto.
"Un fiore strano per una ragazza ancora più strana. Buon compleanno dolcezza xx"
Sorrise, sapendo che solo James avrebbe potuto scriverle quel biglietto perché era l'unico a chiamarla dolcezza e perché credeva davvero che l'iris avesse una forma troppo strana.
Qualcumo le mise le mani sugli occhi e la mora sussultò, ma quando sentí un profumo maschile arrivarle al naso, riconobbe la fragranza familiare.
"Credevo fossi partito, idiota."
"Oh, andiamo, non ho nemmeno parlato. Come hai fatto a sapere che sono io e non un serial killer?"
Sbuffò il ragazzo e le tolse le mani dagli occhi.
Mary si girò, ritrovandosi a guardare il petto ampio e le spalle muscolose di James, avvolte in una camicia bianca. Nonostante i tacchi,dovette lo stesso alzare la testa per poter guardare quegli occhi cioccolata che tanto le piacevano.
"Il tuo profumo si sente a miglia di distanza. Però sono colpita, questa sopresa vi é riuscita davvero bene."
"Lo so, nonostante io sia un pessimo bugiardo. Non mi merito una ricompensa per essere riuscito a fartela sotto il naso?" le sorrise lui.
"No, perché io odio le sorprese." rise lei, scompigliandogli i corti capelli castani.
"Ma apprezzo l'impegno."
James le sorrise e le avvolse braccia attorno alla vita, stringendola a sé.
"Buon compleanno, dolcezza" le sussurrò lui, prima di lasciare un dolce bacio sulle sue labbra. Lei gli avvolse le braccia attorno al collo, ricambiando il bacio.
"Grazie James" gli sorrise lei, staccandosi.
"Per te farei di tutto, dolcezza. Ti amo" le sorrise.
"Cosa?" non credeva alle proprie orecchie. Erano sei mesi che stavano insieme, ma nessuno dei due aveva mai pronunciato quelle due paroline, nemmeno lei che se ne era innamorata appena l'aveva visto e col passare del tempo insieme, aveva imparato ad amare il suo essere scherzoso, strafottente, spesso vanitoso all'inverosimile che nascondeva un lato dolce come il miele, anche se più che nascosto l'aveva seppellito, ma Mary aveva avuto la pazienza per scavare a fondo.
James le sorrise e le ripeté di nuovo "Ti amo. Sei la prima a cui l'abbia mai detto e voglio continuare a dirtelo perché è quello che provo per te, Mary. Ti amo"
Le si fecero gli occhi lucidi e non esitò a prendergli il viso tra le mani e baciarlo, prima di dirgli "Ti amo anch'io, idiota." 
James aveva organizzato una cena romantica per dirle quello che provava per lei, ma ormai la cena era l'ultimo dei suoi pensieri. Anche lei gli aveva detto ciò che sperava di sentire e non riusciva a smettere di baciarla. La strinse ancora di più a sé, sollevandola e lei gli avvolse le gambe attorno alla vita. I loro baci si fecero più profondi, le carezze più audaci. James la fece stendere sul divano e si stese con lei, continuando a baciarla.
Mary non voleva altro, era felice, stava per fare l'amore col ragazzo che amava, l'ultima cosa che voleva era svegliarsi da quel ricordo, ma c'era qualcosa che continuava a farle il solletico sul naso, così d'istinto portò la mano al viso per scacciare via qualunque cosa le stesse dando fastidio, ma...
Si ritrovò col viso pieno di panna, in un letto che era suo solo da poco con Bucky che si teneva la pancia dalle risate. Lei si guardò la mano, ancora ricoperta di panna e con la mano pulita si toccò il viso, sporco di quella crema e tornò a guardare Bucky che rideva come un matto.
"Ora ti uccido, Barnes!" gridò lei, scattando fuori dal letto, mentre Bucky corse verso la cucina.
"Scusaa" disse lui, correndo attorno al tavolo in cucina.
"Giuro che se ti prendo..." non riuscì a finire la frase che il moro la interruppe.
"Se provi a fare qualsiasi cosa, io chiamo Steve e -"
"Fifone che non sei altro! Vuoi nasconderti da me?" 
A quel punto la rabbia di Mary era svanita, lasciando il posto ad una risata sempre più forte.
Bucky parve disorientato dal repentino cambio della ragazza e ciò le permise di avvicinarsi a lui e pulirsi la mano sporca di panna sulla sua faccia.
"Non vale così!" si lamentò lui.
"Chi la fa, l'aspetti" disse lei ridendo.
"Ah, è così, mh?" lei fece per scappare, ma lui la prese per la vita, sollevandola e questo scatenò un gridolino da parte di Mary.
"Mi dispiace, ma l'hai voluto tu." disse lui, cominciando a farle il solletico.
"N-no, t-ti prego... Il s-solletico n-no" balbettò lei tra le risate, dimenandosi per liberarsi, ma la presa del soldato era troppo forte.
"Ti arrendi?" disse lui, fermandole i polsi.
Lei annuí, tra le risate e Buck lasciò la presa.
Lei si mise seduta e poi tirò un cuscino al moro, colpendolo in faccia.
"Si può sapere che hai stamattina?"
"Volevo svegliarti in modo diverso perché oggi è il tuo compleanno." rispose il moro, sorridendole.
"È già il mio compleanno?" la mora l'aveva completamente dimenticato.
"Yep. Dai, ora preparari."
"Perché?"
"È una sorpresa." 
"Oh, io odio le sorprese" si lamentò Mary.
"Non fare la bambina, su. E sbrigati" disse Buck, tirandola su dal divano e conducendola verso il bagno.
"Spero per te che ne valga la pena."
E detto ciò, la mora si chiuse in bagno.
Nonostante molto fosse cambiato, il suo odio per le sorprese era ancora lì.

*

Bucky l'aveva fatta salire sulla Harley di Steve e l'aveva portata in città a prendere il gelato e avevano passeggiato per le strade di Brooklyn che non erano molto cambiate da come Mary le ricordava. 
Passeggiavano uno accanto all'altra, lei mangiando un gelato alla nocciola, lui al cioccolato.
"Come mai Steve ci ha dato il permesso di uscire?" chiese Mary, voltandosi verso il moro che, nonostante facesse caldo, indossava una maglia a maniche lunghe per nascondere l'arto di metallo.
"Oh... A dir la verità lui non sa che siamo usciti."
La mora per poco non si strozzò col gelato. "Cosa? Come non lo sa?"
"Non potevo dirglielo! Lo Shield già non tollera la nostra presenza in quella casa, anziché in prigione, figurati se sapessero che passeggiamo tranquilli per Brooklyn."
"Allora perché siamo usciti?" chiese lei, non più interessata al gelato.
"Non ne potevo più di stare chiuso lì dentro. Adoro Steve e il fatto di averlo ritrovato, ma non sono scappato in una prigione per infilarmi in un'altra mascherata da casa."
La mora sorrise appena, comprendendo benissimo come Bucky si sentiva e cercò di sviare il discorso perché non voleva deprimersi il giorno del suo compleanno.
"Allora la mia sorpresa?"
Bucky sgranò gli occhi, tossendo per colpa del gelato.
"Ehm, io... Ci stavo ancora pensando a dir la verità." disse grattandosi la nuca.
Mary scoppiò a ridere. Era così bello poter ridete di nuovo, le era mancato sorridere alle persone, ridere per le battute idiote o per le gaffe come quella di Buck.
"Ok, allora decido io. Portami al cinema, soldato." disse lei, prendendolo sottobraccio.
"Agli ordini, signora." rise lui, incamminandosi. Ma poi dovette fermarsi perché lui non aveva alcuna idea di dove si trovasse il cinema, così fu Mary Anne a guidarlo.

*

Al cinema avevano dato diversi film in bianco e nero, tra cui 'Sabrina' con Haudrey Hepburn che Mary adorava, ma Bucky non la pensava allo stesso modo perché a metà del film si era addormentato. Si svegliò soltanto alla fine e disse che ormai era tardi e dovevano rientrare prima che Steve tornasse. Così salirono sulla Harley e tornarono a casa verso l'ora di pranzo, ma di Steve non c'era nemmeno l'ombra e dato che la fame era troppa, non lo aspettarono e si prepararono una pasta al sugo così veloce che quasi la mangiavano cruda la pasta.
Poi si sedettero sul divano, fissando il televisore spento e ascoltando il ticchettio dell'orologio.
Mary cominciò a battere il dito sul tavolino a tempo con l'orologio, ma Bucky le fermò la mano.
"Scusa, è che mi annoio."
"Anche io" rispose lui dopo un po'.
"Sai, stavo pensando... Sarebbe bello preparare una pizza? Ne ho proprio voglia."
"Anche a me piacerebbe, ma non idea di come si prepari." la guardò lui.
"Io si" rispose lei, ricambiando il suo sguardo. Si guardarono per un altro paio di secondi, poi si alzarono di scatto e andarono in cucina.
"Ok, dimmi cosa ti serve." le chiese il moro.
"Un chilo di farina, acqua calda, lievito per pizze, olio, latte, zucchero e sale."
Bucky cominciò ad aprire tutti i mobili della cucina, prendendo ciò che serviva alla ragazza e una pentola dove bollire l'acqua.
Mary riempì la pentola d'acqua e la mise a scaldare, poi tolse la tovaglia dalla tavola, la pulì con un panno e verso un po' di farina sistemandola a corona, con uno spazio al centro dove versò un filo d'olio, un po' di latte e la bustina di lievito, coi tre cucchiaini di zucchero. Poi prese la pentola e verso un po' d'acqua su tutto e cominciò ad amalgamare il tutto con le mani fino a far diventare tutto una strana poltiglia.
"Perché l'olio e il latte?" chiese Bucky interessato a cosa faceva la mora.
"Così l'impasto è più morbido. Versi altra farina qui sopra, per favore?"
Bucky fece come gli era stato chiesto e poco dopo Mary gli chiese di versargli altra acqua, mentre la ragazza prendeva a pugni l'impasto e continuò così finché non ebbe ottenuto un panetto morbido e rotondo che sistemò in un recipiente e lo coprì con un panno.
"Tra un paio d'ore sarà cresciuto l'impasto e potremo preparare la pizza. Ora mi serve una mano a pulir-" non riuscì a finire la frase che Bucky le lanciò una manciata di farina sul viso e cominciò a sghignazzare.
"Ah, è così, eh?" disse lei mettendo le mani sui fianchi.
Lui continuò a ridere e lei infilò la mano nel pacco do farina, prendendone una manciata e tirandogliela addosso. Buck smise di ridere, ma cominciò lei. Così lui le tirò un'altra manciata di farina e fece rovesciare il pacco sulla tavola.
Lei si rifugiò da un lato della tavola e lui dall'altro, tirandosi a turno manciate di farina fino a ritrovarsi completamente bianchi.
Fu in quel momento che Steve rientrò, giusto per vedere Mary tirare l'ultima manciata di farina verso Bucky e vedere che la cucina era completamente sporca di quella polvere bianca. 
Posò le chiavi dell'auto su un mobile e "Si può sapere che avete combinato?" si piantò le mani sui fianchi e li guardò come se fossero dei bambini, cosa che era in parte vera dato che s'indicarono a vicenda, esclamando un "Ha cominciato lei/lui!"
Steve lo guardò, ricoperti di farina com'erano e scoppiò a ridere. bucky e Mary lo guardarono straniti, poi si guardarono e scoppiarono a ridere anche loro. 
"Non posso lasciarvi da soli che combinate dei guai. Ora a lavarvi su. Qui pulisco io, sennò fate altri danni." e li mandò verso il bagno, proprio come se fossero due bambini che meritavano una punizione per ciò che avevano fatto.

*

La pizza ormai era pronta e si sedettero a tavola, guardando le fette fumanti che avevano nei piatti. La assaggiarono tutti insieme.
"Ehi, è huona, sai" disse Bucky, prendendone un altro morso.
"Si" concordò Steve "ma ha un sapore.. Come se mancasse qualcosa."
Mary assaggiò la pizza ed effettivamente qualcosa mancava, ma non capiva cosa. Poi si girò verso il mobile e vide il barattolo di sale e si schiaffeggiò la fronte.
"Abbiamo dimenticato il sale!"
"Ops... Dai, non fa nulla, io la mangio lo stesso. E se tu non la mangi la tua fetta, la mangio io." si offrì Buck con un sorriso. Mary rise e "No, grazie, ma questa fetta è mia"
"Peccato" Bucky fece una faccia così buffa che sia Steve che Mary scoppiarono a ridere.
"Ah, ho qualcosa per te." le disse Steve all'improvviso.
"Cosa?" 
"Questo è da parte di Natasha " le porse una piccola bustina nera, con un fiocco rosso.
"E questo è da parte mia." tirò fuori uno scatolo della Starbucks e lei lo aprì, trocandoci dentro dei cupcake, decorati con la crema al cioccolato e delle scaglie multicolore. Ce n'erano tre e su ognuno c'era una candelina.
Steve le accese con un fiammifero.
"Esprimi un desiderio" le sorrise.
Mary desiderò che la casa che aveva e la famiglia che aveva trovato, o meglio la famiglia che l'aveva trovata, diventassero un punto fisso nella sua vita perché ne aveva bisogno. Aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei e di cui prendersi cura.
Soffiò sulle candeline e sorrise ai due uomini che aveva di fronte. Sperò tanto che quel desiderio non svanisse come era successo con gli altri.
"Sapete, questo è il più bel compleanno che abbia mai passato dopo il giorno che compii diciassette anni."

N.A. Mihane. I'm sorry. Je suis desolée. Mi dispiace.
Sul serio, avevo intenzione di pubblicare molto, mooolto prima ma ho avuto piccoli inconvenienti che hanno portato questo enorme ritardo. Primo fra tutti il tempo che non c'era a causa del lavoro; secondo internet che non andava; terzo evernote che non mi faceva aprire la nota per finire il capitolo. Ma dopo aver lottato contro il mio telefono idiota, ho vinto, yee. Spero che questo capitolo di 2895 parole sia abbastanza per non ricevere dei pomodori in faccia. Quindi godetevi questo lungo capitolo (che è sul serio troppo lungo). Vi prometto che il quinto arriverà presto perché ho già scritto quasi una metà, quindi alla prossima :)

P.s. per chi si stesse chiedendo che faccia abbia il James di cui parla Mary, vedrò di mettere una foto qui sotto di James Maslow, il tipo de BTR, non so se voi lo conosciate, ma è un bel pezzo di gnocchetto ;)

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Capitolo 5
*** 5. Bang the doldrums ***


- Best friends
Ex friends 'til the end[...]
Racing through the city
Windows down
In the back of yellow checkered cars

Erano passate ormai due settimane dal suo compleanno e i giorni erano trascorsi con un susseguirsi di ricordi che tornavano sempre più giorno dopo giorno e ogni sera, seduta sul divano tra Bucky e Steve raccontava loro ciò che aveva ricordato: come quella volta in cui lei e la sua migliore amica stavano seguendo il tipo più bello della scuola che frequentava l'ultimo anno e Mary era scivolata proprio sull'ultimo scalino delle scale, cadendo col sedere e facendo girare tutti, anche il pedinato e, nonostante fosse stata una figura di merda epica, la mora invece di alzarsi, scoppiò a ridere come non mai perché se c'era una cosa che non faceva mai quella era piangersi addosso, anzi preferiva essere lei la prima a ridere di sé stessa, piuttosto che lasciare agli altri questo privilegio. Raccontò loro anche di come, già da quando aveva sei mesi era molto loquace e non smetteva mai di parlare, cosa che era diventata il suo meccanismo di difesa ogni volta che era nervosa, dato che tendeva a straparlare a volte. 
O di come suo padre l'allenasse come un vero e proprio soldato, facendole correre almeno un miglio ogni mattina all'alba, facendole fare flessioni, addominali e quant'altro per tenersi in forma e di come le aveva insegnato a smontare e rimontare una pistola in solo un minuto e di come riuscire sempre a colpire il bersaglio in modo da ucciderlo sul colpo. Ed essendo stata cresciuta come un soldato era normale che il suo supereroe preferto fosse proprio Capitan America che era il soldato perfetto. 
Ma nonostante ciò, lei era pur sempre una ragazza, magari non interessata ai trucchi o quei vestiti che mettono in mostra ciò che lei preferiva tenere nascosto, ma sicuramente interessata a vivere la propria vita in modo normale. Aveva ricordato che lei era sempre stata la prima della classe e che Sophie si era avvicinata a lei soprattutto perché all'inizio lei le faceva copiare i compiti, anche se poi Mary aveva deciso che l'avrebbe aiutata nelle cose più difficili e che per il resto avrebe dovuto cavarsela da sola, ma ciò non le allontanò di un millimetro, anzi le avvicinò, tanto che Mary era l'unica cura per le crisi di panico che prendevano Sophie nei momenti più disparati. 
E raccontò di come Sophie fosse l'unica a riuscire a tirare fuori la ribelle che c'era in lei, dicendo di portarla sulla retta via, che di retto non aveva proprio nulla e così raccontò loro delle uscite il sabato sera, di quando andavano in un locale nascosto in un vicolo che vendeva alcolici anche ai minorenni e loro compravano le loro birre preferite, si dirigevano al parco lì vicino e si sistemavano nel sedile posteriore della macchina gialla a scacchi di Sophie, aprendo la capotte e si bevevano tutto, guardando il cielo e parlando, anche se Sophie finiva sempre per ubriacarsi e Mary, che reggeva l'alcohol un amore, doveva riportarla a casa ogni volta. Raccontò loro anche di James ("Si chiama come me!" fu il primo commento di Bucky quando Mary gliene parlò), quel bel ragazzo dagli occhi cioccolata che aveva conquistato il suo cuore. Raccontò la loro storia d'amore, i litigi, raccontò loro tutto; o meglio, quasi tutto perché c'era un segreto riguardo James che era troppo doloroso per essere raccontato e soprattutto era troppo presto per dirlo a loro.

Ormai erano un paio di giorni che un pensiero continuava ad assillarla e quel pomeriggio decise di rendere partecipi Buck e Steve di quel pensiero, così mentre stavano seduti sul divano, lei al centro.
"Voglio vedere mia madre."
Steve la guardò, sapendo che quel momento sarebbe arrivato prima o poi.
"Va bene" disse piano "ma prima di poterla vedere, alcuni agenti dello Shield dovranno fare qualche controllo. Conosco personalmente quelle persone, non ti faranno alcun male, ma devi esserne sicura."
Lei sembrò rifletterci su qualche istante.
"Sono disposta ad affrontare i vostri controlli pur di rivedere mia madre."
"Bene, è venuta l'ora di presentarti all'agente Coulson."

*

Durante il viaggio sia lei che Bucky dovettero sedersi nel retro dall'auto dai finestrini oscurati, con in aggiunta una visiera nera che li separava dal sedile del conducente.
Erano rimasti tutto il tempo, spalla contro spalla, parlando di tanto in tanto finché non si addormentarono.
Dopo diverse ore di viaggio (forse anche troppe), l'auto si fermò e Steve aprì loro la portiera, svegliandoli.
Si trovavano in un ampio garage, che non solo ospitava diverse auto nere, molto grandi, ma anche un enorme aereo grigio e diversi mini jet. Quel posto era così grande che Mary rimase col naso all'insú, girandosi intorno.
Fu richiamata all'ordine da un agente appena arrivata che diede loro il benvenuto. Aveva i capelli corti e mossi, color cioccolata e aveva gli occhi leggermente a mandorla.
"Sono l'agente Skye, benvenuti allo Shield e bentornato capitano" disse sorridendo loro.
"Prima di cominciare i test, Coulson vuole parlarti" disse poi rivolgendosi alla mora "e deve discutere con lei di alcuni affari" si rivolse poi a Steve.
"Seguitemi" disse, per poi incamminarsi lungo un corridoio.
Svoltarono diverse volte, prima di arrivare a quello che lei disse era il laboratorio, di cui s'intravedevano i banconi pieni di provette e strani macchinari dalle porte di vetro. Coulson era proprio lì, stava parlando con diverse persone che Skye presentò loro come gli agenti Fitz e Simmons e la terza persona, la bionda coi ricci, doveva essere una dei nuovi agenti da poco arrivati.
Mentre entravano nel laboratorio, Mary non riusciva a staccare gli occhi dalla donna coi capelli ricci. Il colore dei capelli, il modo di vestire (decisamente alla moda, nonostante fosse a lavoro), il modo in cui agitava le braccia mentre stava parlando era familiari per la bruna, fin troppo e quando riuscì a sentire la sua voce, aveva pochissimi dubbi su chi fosse quella donna.
Coulson come li vide, anzi come vide il capitano, sorrise e poi notò gli altri due, salutandoli. "Vi stavamo aspettando"
Si girarono verso di loro e gli occhi della bionda e della mora si spalancarono in contemporanea e, mentre Mary era paralizzata, la bionda, chiaramente sconvolta le corse incontro abbracciandola.
"Sophie" sussurrò Mary prima di riuscire a ricambiare l'abbraccio. Nessuno osava parlare, erano tutti interessati a quello che stava accadendo e Steve e Bucky non potevano credere a quell'incredibile coincidenza.
"Credevo fossi morta" disse Sophie con la voce rotta dall'emozione e staccandosi dall'amica per guardarla meglio. Era cambiata, lo erano entrambe.
"Sei più bionda..." disse la mora, accigliandosi "e dov'è Jimmy?" chiese, facendo ridere la bionda che Jimmy (il suo dread lunghissimo e fighissimo, così come diceva sempre lei) l'aveva tagliato anni prima, quand'era entrata allo Shield.
"Oh, dio, sono anni che ti cerco, non riesco a crederci. Avevo ragione, cazzo! Sei viva!" disse Sophie, stringendola ancora una volta sotto gli occhi attoniti di tutti.
 
***
 
Mary non aveva immaginato che i test fossero così tanti e così estenuanti, ma Bucky e Sophie le restarono accanto tutto il tempo. Era ancora incredula di aver ritrovato la sua migliore amica ed era ancora più incredula dopo aver ascoltato la sua storia.
Sophie non aveva mai creduto a quello che avevano diffuso le autorità locali, lei sapeva di suo padre e sapeva anche che se fosse stato un ladro avrebbe portato via almeno l'argenteria, ma era tutto troppo in ordine. Parlò con la polizia, contattò tutte le autorità, la tv, ma nessuno volle ascoltarla e così scappò di casa, non poteva sopportare di vivere in quel luogo che le ricordava così tanto la sua migliore amica. Andò da sua zia Sharon che, a quanto sapeva, lavorava all'FBI e rimase con lei. Sua zia raccontò lei dello Shield e dell'Hydra e le disse che il presunto omicidio della sua migliore amica avrebbe potuto essere opera loro, ma non ne erano mai stati sicuri perciò l'avevano semplicemente chiuso. Ma nonostante ciò, Sophie aveva preso una decisione, sarebbe entrata nello Shield così avrebbe potuto proteggere le persone così come non aveva proteggere Mary e aveva amato il suo lavoro fin dal primo giorno.
Mary non poteva essere più felice per la sua migliore amica, ma si sentiva un pò in colpa perché Sophie aveva preso la decisione di entrare nello Shield a causa sua, ma la mora sapeva che in realtà il suo sogno era quello di diventare giornalista e il fatto che ci avesse rinunciato le faceva stringere il cuore, anche perché lei non sapeva nemmeno più chi era fino a due settimane prima (non era proprio colpa sua, ma si sentiva in colpa lo stesso).
Era così strano che si stessero abbracciando di nuovo mentre aspettavano i risultati dei test. Così strano, ma così incredibilmente familiare e con Bucky lì vicino che le sorrideva si sentiva quasi come a casa.
"Ehi" disse Steve, che era stato con Coulson quasi tutto il tempo e infatti, dopo pochi secondi, comparve anche lui alle spalle del biondo.
"Agente Carter, signor Barnes, signorina Starlight" salutò ciascuno di loro per poi dire "i risultati dei suoi testi sono davvero strabilianti, si è ripresa davvero in fretta e la sua memoria è tornata in molto meno tempo di quanto non sia successo con il signor Barnes. Inoltre le sue condizioni fisiche sono nella norma e quella pietra che le è stata innestata e i poteri che ne derivano non sembrano creare radiazioni pericolose, tuttavia non capiamo come sia possibile che lei abbia questi poteri" fece una pausa e Mary cominciò ad andare in panico, non voleva che la rinchiudessero di nuovo in un laboratorio "vorremmo lei facesse altri test, prima di poter incontrare sua madre. Ovviamente non adesso, ma quando si sentirà pronta vorremmo scoprire di più sui suoi formidabili poteri." le sorrise gentilmente, cercando di farle capire che non l'avrebbe certo trattata come un animale e rinchiusa in una gabbia.
Lei lo guardò, cercando di capire se poteva fidarsi o meno di quella persona dal sorriso tanto gentile, ma dagli occhi così tormentati; ma se Steve si fidava di lui, non c'erano ragioni per cui non poteva fidarsi anche lei.
"Quindi dopo aver fatto questi test... potrò vedere mia mamma?"chiese piano la mora.
"Appena avremo scoperto qualcos'altro, la accompagnerò personalmente da sua madre, ma non per questo deve avere fretta. Farà quei test appena sarà pronta."
Mary fu così sollevata al sentire quelle parole che quasi corse ad abbracciare Coulson, se non fosse stato per Sophie e Bucky che l'avevano agguantata prima che riuscisse ad alzarsi e l'avevano stritolata in un abbraccio... quasi mortale, considerata la forza dell'arto meccanico di Buck, ma non le importava avrebbe potuto rivedere sua madre e per ora le bastava quella speranza.
 
***
Base segreta dell'Hydra
 
"Allora cosa sta facendo la nostra piccola stella?" chiese l'uomo con gli occhiali, appena entrò nella sala di controllo.
"In questo momento si trova nella base segreta dello Shield a conquistare la fiducia di quei poveri idioti." disse uno degli uomini, seduto davanti ai diversi computer che mostravano immagini in tempo reale di quello che stava facendo Starlight e in quel preciso istante Coulson le stava dicendo che l'avrebbe accompagnata a vedere la madre. Come se loro l'Hydra potesse lasciargelo fare.
"Coulson vuole scoprire di più sui poteri formidabili della ragazza" ghignò uno "potremmo farglielo scoprire ora, signore"
"Sarebbe divertente" rispose l'uomo con gli occhiali, sorridendo " ma no, lasciamo che la ragazza li abbia ai propri piedi prima di intervenire. Se continua così li avremmo sterminati in pochissimo tempo." rise, facendo ridere anche gli altri uomini lì dentro.

 


N.a. So che è passato decisamente più di un mese da quando ho aggiornato l'ultima volta e mi dispiace taaaaanto, tanto, tanto, tanto. Il capitolo era praticamente scritto ma ho avuto continui problemi di internet e non riuscivo ad aggiornare, poi ho avuto diversi problemi per cui il capitolo era sul serio una delle ultime cose a cui pensavo e poi è cominciata la scuola e questo è il quinto anno, quindi ci stanno già bombardando... help t.t
Comunque, spero che vi piaccia, alla prossima :)

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Capitolo 6
*** Shiver ***


6. Shiver
 



-You look at me, I look at you
Neither of us know what to do
 
Erano già passati due giorni da quando aveva ritrovato la sua migliore amica, ma ancora non riusciva a realizzare il tutto. Credeva che fosse stato tutto un sogno dall'esplosione del laboratorio e che evidentemente era stata anch'essa un sogno. L'uomo di metallo che l'aveva portata in salvo era un sogno. Steve e la sua casa sicura erano un sogno. Bucky che si prendeva cura di lei e capiva perché si sentiva un mostro era un sogno. La possibilità di rivedere sua madre era un sogno. 
Ma poi si svegliava sul serio e ricordava che era successo davvero, lei era scappata dal laboratorio dell'Hydra e James... Oh, il suo James.
Le faceva troppo male il cuore per questo seppelliva quel ricordo quanto più a fondo poteva. Era una ferita troppo fresca, una crepa troppo grande per poterla sanare, ma che rischiava di far crollare il muro che lentamente stava costruendo.
Decise di alzarsi, così avrebbe smesso di rimuginare e si diresse in cucina a cercare qualcosa da mangiare. Era impressionata da quanto cibo fosse riuscita a ingurgitare in quel periodo a casa con l'ex soldato e il supereroe, ma aveva riscoperto quanto amasse mangiare e si sentiva come se non avesse toccato cibo (o almeno non così delizioso) per sette anni. Per questo passava la maggior parte del tempo in cucina, a preparare qualsiasi ricetta commestibile che ricordava e poi ad ingozzarsi e Bucky era sempre lì con lei (ad ingozzarsi pure lui). Era incredibile il legame che si stava creando tra loro. Forse per l'esperienza condivisa, per le stesse sensazioni e i pensieri che angosciavano entrambi, forse perché erano più simili di quanto credevano; fatto sta che si stava legando a lui molto più velocemente di quanto avesse fatto con la sua migliore amica. Infatti, nemmeno avessero sincronizzato gli orologi, trovò Buck in cucina che stava cercando qualcosa nel pensile sopra i fornelli. Non si era accorto che lei era lì, così decise di fargliela pagare per tutti gli scherzi che le faceva ogni giorno. Continuò a camminare silenziosamente fino a trovarsi a pochi centimetri di distanza da lui e poi di colpo disse:
"Coooosa stai preparando di bello?" con un tono di voce abbastanza alto che avrebbe potuto chiederglielo anche dall'altro lato della casa e lui l'avrebbe sentita lo stesso. Buck, preso di sorpresa, fece un salto all'indietro, finendole addosso e facendole perdere l'equilibrio, lei cadde e lui con lei. O meglio, su di lei.
"Non credevo fossi così pesante" disse lei, cercando di farlo spostare.
"E io non credevo fossi così inesperta nel fare scherzi" disse lui, rotolando via e finendo steso a pancia in giù sul pavimento.
Lei lo guardò male e poi si rialzò. Lui rise "Non è colpa mia se non avevi previsto che, spaventandomi, sarei potuto saltare verso di te"
"Si, ma almeno ti ho spaventato" ghignò lei.
"Non vantartene" 
"Comunque, cosa stavi cercando nel mobile?"
"Si, brava, cambia discorso, tanto lo sai che avevo ragione" disse lui, incrociando le braccia al petto.
Lei non lo degnò di uno sguardo, prendendo dal fondo del pensile, nascosto dentro il barattolo di ceramica, un pacco di biscotti al cioccolato e ai cereali.
"Oh, li stavo cercando da almeno dieci minuti!" fece il moro, cercando di prendere il pacco dalle mani di lei, che lo tirò via.
"Sono miei. Secondo te perché li avrei nascosti?"
"Dai, ne voglio uno" fece lui, tentando di nuovo di prendere i biscotti, ma lei li tirò via di nuovo, correndo dal lato opposto del tavolo, con le spalle al muro.
Bucky sorrise perchè Mary si era intrappolata da sola. Con un balzo saltò dall'altro lato del tavolo, ma Mary scivolò al di sotto di esso e corse via verso il corridoio, mentre Bucky le urlava dietro "Così non vale!"
Lei rise e si chiuse in camera sua "Ora come li prendi i biscotti?" 
Tese l'orecchio vicino la porta e sentì i passi di Bucky allontanarsi e poi la porta di casa aprirsi, così uscì dalla sua stanza, prendendo la chiave e chiudendola dall'esterno e corse a chiudere a chiave la porta d'ingresso e poi ci si poggiò contro, prendendo un biscotto e mordendolo.
Sentì la maniglia della sua porta cigolare e poi Bucky imprecò e lei rise "Dovevi aspettartelo"
Si mosse e andò verso il salotto, nascondendosi dietro la poltrona, dando le spalle alla vetrata che dava sul prato.
All'improvviso video uno scintillio davanti agli occhi e i biscotti sparirono dalle sue mani. Si girò di scatto, cercando di riafferrarli, ma Bucky prese un biscotto e lo mangiò intero.
"Hai ancora diverse cose da imparare, prima fra tutte: controlla prima tutte le porte" disse mangiando un altro biscotto.
Mary sbuffò e cercò di prendere un biscotto, ma Buck alzò l'arto di metallo così che lei non arrivasse a prendere il pacco dei biscotti. Lui rise, ma dato che il detto ride bene chi ride per ultimo era uno dei preferiti di Mary, avrebbe fatto meglio a smettere. Infatti, lei si tuffò su di lui, atterrandolo e cercò di strappargli l'ambito premio, ma la presa di metallo era impossibile da sciogliere, così prese a fargli il solletico. Ma per quanto fosse colpito dalla determinazione della ragazza, era pur sempre il soldato d'inverno Bucky Barnes , non poteva farsi battere da una ragazzina. così con un colpo di reni, ribaltò le posizioni, portandola sotto di sè, con l'intenzione di farle il solletico e farle capire che con lui non si scherzava. Ma poi fissò gli occhi nei suoi e rimase come bloccato.
Lui guardava lei, lei guardava lui, nessuno dei due sapeva cosa fare.
Finchè lei non gli soffiò un biscotto proprio sotto il naso e lo mangiò.
"Sergente, sembra che anche tu debba ripassare qualche lezione. Mai farsi distrarre"disse tutto seria e poi scoppiò a ridere.
Lui le sorrise e si spostò da lei, mettendosi seduto sul pavimento e lei gli si sedette di fronte, a gambe incrociate e gli offrì un biscotto.
"Tregua?" sorrise.
Lui lo prese e lo mangiò, osservandola. Era da un po' (anzi forse dall'inizio) che quando la guardava, sentiva uno strano formicolio alla bocca dello stomaco. Una sensazione che aveva provato tempo fa e che credeva di non essere più in grado di provare. Quando aveva ritrovato Steve, era stato felice per la prima volta dopo settant'anni; lui gli aveva dato una possibilità quando tutti gli altri avevano preferito attaccarlo. Steven Grant Rogers gli aveva dato la possibilità di cambiare per poter di essere, almeno in parte, quello che James Buchanan Barnes era, anche se la sua speranza di tornare come prima era così minima che credeva non ce l'avrebbe mai fatta. Ma quando aveva conosciuto quella giovane donna, così fragile e distrutta quanto lo era lui, quando l'aveva guardata negli occhi e aveva visto l'enorme forza che c'era dentro, la sua speranza era aumentata e aumentava ogni giorno di più. Ma non c'era solo speranza, c'era anche altro, qualcosa che lo spaventava perchè diventava più forte col passare del tempo. Aveva voglia di baciarla, ma aveva paura di aver dimenticato come si facesse.
In quel momento, però, non gl'importava più di niente, continuava a fissare quelle labbra piegate in un sorriso che era diretto a lui soltanto.
Non si accorse di essersi avvicinato pericolosamente a lei, finchè non toccò le sue labbra con le proprie, cogliendola di sorpresa. Ma a quel punto era tardi per fermarsi e avrebbe dovuto scusarsi lo stesso dopo. E poi le sue labbra erano così morbide.
Le prese il viso tra le mani e la baciò, un semplice contatto di labbra. Non si aspettava di essere ricambiato, per questo si allontanò leggermente; ma Mary, ripresasi dallo shock iniziali, non gli permise di allontanarsi oltre e lo baciò lei, portando le mani dietro il suo collo, giocando con le punte dei capelli.
Quando si staccarono, Bucky si prese un paio di secondi prima di aprire gli occhi.
"E io che credevo di dovermi scusare" le sorrise.
"Solo perchè ti ho baciato non vuol dire che tu non debba scusarti per aver tentato di rubare i miei biscotti."
"Scusa per quello, ma avevo fame e non intendevo quello."
Lei lo guardò perplessa.
"Per il bacio. Insomma, io... non credevo tu avresti ricambiato, ecco."
"Oh... quello. Ecco, non credevo neanch'io l'avrei fatto... a dir la verità, non so perchè-" lui la interruppe.
"Nemmeno io. Mi sono fatto prendere dal momento, credo"
"Ehm... okay"
"Facciamo come se non fosse successo nulla? Scusami"
"Scusato." Disse lei e  si alzò.
Mentalmente, Bucky si era appena schiaffeggiato perché voleva tanto chiederle se anche lei provava quella sensazione allo stomaco, ma aveva avuto così paura che la risposta fosse no che aveva preferito non saperla ed ora non aveva idea di come l'avesse presa lei.
Mary, dal canto suo, era perplessa. Lui l'aveva baciata per primo, ma non c'era mai stato nulla che aveva fatto scattare il momento che lo aveva preso. D'altronde, lei avrebbe potuto evitare di baciarlo a sua volta.
Il suo(loro) rimuginare fu interrotto dalla porta d'ingresso che si apriva e Steve che rientrava. Ma c'era qualcosa che non andava. Il suo sguardo non era allegro come quando se n'era andato. Entrambi se ne accorsero.
"Tutto bene?" gli chiese Buck.
"Tra una settimana abbiamo un incontro con Fury e dal suo tono, non credo sarà un bell'incontro." disse il biondo.
"Abbiamo? Cioè, veniamo anche noi?" chiese il moro.
Ci fu un attimo di silenzio.
"Si. L'incontro riguarda voi."


 
N.a: VI PREGO NON MANGIATEMI.
Lo so, non pubblico dalla fine di settembre ma questo capitolo è stato un vero e proprio travaglio, credetemi. All'inizio ero proprio bloccata: nessuna idea, spunto o altro. Zero voglia di scrivere per diversi problemi che ho avuto e zero tempo per lo stesso motivo. Poi è accaduto un miracolo dopo l'interrogazione di spagnolo (cosa c'entra? un cazzo, lo so), ho avuto l'ispirazione ed ho cominciato a scrivere su un foglio e mi piaceva così tanto l'introduzione. Dovevo ricopiarlo, ma il foglio è magicamente(fottutamente e misteriosamente) scomparso. Ci sono rimasta così male che per tre giorni continuavo a disperarmi, anche perchè non ricordavo una singola parola di quello che avevo scritto. Mi ci è voluta una settimana per riscrivere solo l'introduzione, è stato tremendo perchè non mi piaceva quello che scrivevo e nonostante stia pubblicando il capitolo, ancora non mi piace del tutto, ma dovevo aggiornare per poter passare avanti e non restare bloccata in un'altra storia.
Spero vi piaccia questo capitolo e prometto che per il prossimo, aggiornerò molto prima, anche perché ci stiamo addentrando nella parte migliore della storia (o almeno se spera). Ora mi dileguo, ma mi farebbe piacere che qualcuna di voi mi lasciasse una piccola recensione per farmi sapere se la storia piace o meno.
Al prossimo capitolo ;) 
-Strongheartz

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Capitolo 7
*** Demons ***



Look into my eyes, it's where my demons hide
Don't get too close, it's dark inside



"Si. L'incontro riguarda voi. O meglio, te, Mary Anne."
Era stato strano sentire Steve pronunciare il suo nome intero, anche perché il tono che aveva usato le aveva fatto venire i brividi e un brutto presentimento s'era insinuato tra i suoi pensieri e aveva cominciato a mettere radici nella sua mente; così per sradicarlo decise di uscire.
Si diresse verso la foresta che circondava la casa come una grande barriera. Gli alberi erano verdi e alti e profumavano come se fossero fiori. Si avvicinò ad uno dei pioppi più alto che avesse mai visto. Con un balzo si appese al ramo più basso che era a circa due metri da terra e ci si issò sopra, fino a sedersi. Poi si alzò e cominciò a cercare altri rami a quali aggrapparsi per potersi arrampicare, cosí come faceva quando i ragazzini stupidi la rincorrevano nel cortile della scuola per tirarle i capelli e prenderla in giro, ma lei era più veloce ad arrampicarsi e nessuno di quei fifoni avrebbe corso il rischio di cadere da quei rami fragili solo per infastidirla.
Si fermò a circa cinque o forse sei metri d'altezza, ma lei non soffriva di vertigini, anzi più era alto e meglio era e si mise a cavalcioni del ramo, appoggiandosi con la schiena al tronco dell'albero.
Rimase lì seduta per così tanto tempo che ad un certo punto cominciò a sentire le gambe intorpidirsi, per tutto il tempo che erano state penzoloni, cosí decise di scendere e rifece il percorso di prima, ma al contrario. Scendere era sempre più facile che salire, ma Mary era sovrappensiero e si aggrappò ad un ramo troppo sottile che si spezzò e lei cadde.
Chiuse gli occhi, aspettando l'impatto con il terreno... Ma l'impatto non arrivò ed aprì gli occhi. Si ritrovò a fluttuare a mezzo metro da terra, senza capirne il perché. Aveva i palmi rivolti verso il terreno e sentiva di star rilasciando delle onde d'energia, ma non erano luminose come quelle a cui era abituata, era come se fossero delle vibrazioni che contrastavano l'effetto della gravità.
Sconvolta dal nuovo potere che aveva scoperto di avere si portò le mani al viso per osservarle, ma così facendo, perse il controllo sulle vibrazioni che si interruppero e cadde per terra.
Continuava ad osservare le proprie mani, quando sentì dei passi.
"Si può sapere che stai facendo lí per terra? Sono ore che ti cerco."
Era Bucky, venuto a cercarla.
Lei lo guardò "Io ero venuta a fare...due passi e poi mi sono seduta qui e..."
"Fammi indovinare: ti sei addormentata."
Mary annuì soltanto. Decise che finché non avrebbe compreso come controllare quel nuovo potere, nessuno avrebbe saputo che lei lo aveva, nemmeno il moro che la stava aiutando ad alzarsi e che l'accompagnò in casa, senza chiederle nulla su quella sua passeggiata.
Se non lo sapeva, era più facile proteggerlo. O almeno così credeva.

*

Si svegliò perché qualcuno la stava scuotendo, ma l'incubo era così reale che per poco non schiaffeggiò Buck.
"Ehi, calma era un incubo."
Lei aprì gli occhi, confusa e lo guardò come per chiedergli cosa ci facesse lì.
"Ti ho sentito chiamare e sono corso a vedere."
"Non volevo svegliarti, scusa." disse lei stropicciandosi gli occhi.
"Tranquilla, ormai ho il sonno leggero." Lui la guardò, riconoscendo lo sguardo che aveva la ragazza come lo sguardo di chi è preoccupato da morire.
Si sedette sul letto, accanto a lei e le mise un braccio attorno alle spalle, avvicinandola a sé e lei poggiò il capo sulla sua spalla.
"Vedrai che andrà tutto bene."
"Lo spero"

*

Dovevano incontrarsi coi capi dello SHIELD, lungo la Brooklyn Heights Promenade, dalla quale potevano vedere il ponte di Brooklyn che collegava la loro città all'isola di Manhattan, della quale si vedevamo diversi palazzi che riflettevano la luce del sole.
Era quei palazzi che Mary stava fissando, quando arrivarono Coulson e Fury, seguiti da Tony Stark, l'uomo di metallo che però sembrava aver lasciato il metallo a casa quel giorno.
"Vedo che la mia trovatella si è decisamente ripresa." Fu proprio Tony il primo a parlare.
"Lei ha un nome." ringhiò Buck, che non aveva apprezzato per nulla il fatto che Tony si fisse riferito a Mary usando un aggettivo possessivo.
"Capitano, la museruola per il rottweiler"
Steve mise una mano sulla spalla di Bucky, stringendo leggermente la presa per fermarlo dal rispondere altro. Non era il momento adatto per un ulteriore litigio.
"Signor Stark, la prego di lasciare fuori le sue divergenze con il signor Barnes, siamo qui per ben altri motivi." Fury rimproverò Stark. Aveva problemi più importanti a cui pensare di una disputa tra quel playboy miliardario e l'ex soldato.
"Signorina Starlight, mi fa piacere vedere che stavolta non si sta nascondendo dietro un divano." Le disse Fury, facendo un passo verso di lei.
"Non ho motivo di nascondermi stavolta." rispose lei con tono calmo, anche se in realtà la sua ansia era a mille.
"Oh, io invece credo che ce l'abbia. Vero, Coulson?"
Coulson fece un passo avanti e aprì il portatile che aveva portato con sé, mostrando loro dei risultati di un grafico.
"Durante gli esami che le abbiamo fatto, abbiamo riscontrato dei valori energetici superiori a quelli della norma e per norma intendo quelli di una bomba atomica. Inoltre, nelle radiografie abbiamo notato che c'era un piccolo organismo che non sembrava appartenere al suo corpo, così le abbiamo fatto altri esami."
Mary ascoltava ma non riusciva a capire quale fosse il problema. Gli alti livelli di energia erano dovuti alla pietra, ma non capiva cosa intendesse con piccolo organismo...
Stark fece un passo avanti "Nel suo corpo c'è un microrobot che di solito viene usato nelle missioni sotto copertura. E' un vero e proprio gadget da spionaggio e mia cara, nel suo corpo non ce n'è soltanto uno. Non è stato facile trovarli, devo ammetterlo, sembravano nascondersi sempre."
"Ora la domanda importante è: ciò che disse Barnes, durante il nostro primo incontro era vero? Lei è una spia dell'Hydra?" Fury lo interruppe e osservò la reazione della ragazza che sembrava decisamente nervosa.
Mary guardava i tre uomini davanti a lei che stavano dicendo che lei fosse una spia, ma lei non riusciva a capire... a capire..
La sua vista si abbagliò e le sembrò di perdere il controllo sul suo corpo.
Gli altri che aspettavano una risposta non capivano cosa stesse succedendo, ma videro che gli occhi della ragazza cominciarono a cambiare colore. Non erano più di quel marrone intenso, ma divennero rossi, così rossi che sembravano innaturali, quasi come gli occhi di un robot.
"Piano copertura saltato. Protocollo K-17: uccidere i testimoni" alzò il braccio in direzione di Fury e dalla sua mano uscì una sfera d'energia che se il direttore non avesse scansato, gli avrebbe fatto un bel buco nel petto.
Il capitano si avventò su di lei, per impedirle di colpire qualcun altro ma il pugno della ragazza lo colpì così forte e così all'improvviso che fu scaraventato all'indietro.
Tony aveva richiamato l'armatura e stava per indossarla, ma lei colpì i pezzi prima che questi potessero arrivare dal proprietario che imprecò e cercò di attaccarla.
Mary non riusciva a controllare il suo corpo, era come se qualcosa avesse relegato la sua coscienza in un angolo del cervello e avesse preso il controllo del suo corpo, facendole fare cose che lei non sapeva nemmeno di saper fare. La cosa ora era occupata a schivare gli attacchi dell'uomo di metallo che era riuscito ad indossare la sua armatura, mentre il capitano, rialzatosi, cercava di fermarla.
Nonostante fosse forte, era troppo concentrata a schivare gli attacchi e questo permise a Mary di capire cosa fosse che la teneva relegata, impedendole di riprendersi il suo corpo. Diede un pugno al suolo, rilasciando un onda di energia che allontanò tutti. Ma non si accorse che colui che finora non l'aveva ancora attaccata era dietro di lei.
Bucky la strinse tra le sue braccia impedendole di muoversi, nonostante si dimenasse non riusciva a liberarsi.
Mary era riuscita a riprendere il controllo giusto quel poco che le bastava per impedire che i microrobot che stavano facendo casini con la sua mente usassero di nuovo i poteri della pietra.
Sapeva come liberarsi da quella coscienza di troppo, ma aveva bisogno che Bucky la lasciasse. Riuscì a girare il viso verso di lui e a recuperare la vista da un occhio.
Lui la guardò e vide che non aveva più tutti e due gli occhi rossi, ma uno era celeste e lo guardava come se volesse trasmettergli qualcosa. Riuscì a recuperare il controllo della bocca, ma fu difficile e le parole le uscirono come un ringhio.
"Devi lasciarmi" ma lui scosse la testa, stringendo la presa.
"Guardami negli occhi, è lì che si nascondono i miei demoni. Non starmi troppo vicino, è buio dentro. Devi lasciarmi."
Non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscita a tenere il controllo, perciò doveva eliminare la cosa prima possibile, ma al tempo stesso non voleva far del male a Bucky, che però non accennava a lasciarla.
Ma lei non aveva altra scelta.
Aprì la bocca per urlare, ma il suono che uscì non era umano, come non lo era l'immane quantità di energia che sprigionò. Ricordava il tesseract quando implose e fece crollare la struttura dello Shield, o almeno così pensò Fury prima di chiudere gli occhi per non essere accecato.
Durò pochi secondi, ma a Mary parvero secoli. Aveva sentito i microrobot dissolversi nel suo corpo ed aveva ripreso il controllo del suo corpo, ma l'energia che aveva usato l'aveva sfinita e cadde a terra, carponi.
Ma solo allora si rese conto che Buck era ancora dietro di lei, ma aveva lasciato andare la presa. Giaceva accanto a lei, ma gli occhi erano chiusi, il petto sembrava non sollevarsi per respirare e lei si sentì morire. Sembrava morto.
Steve si avvicinò di corsa a lui, scuotendolo, per poi controllargli il polso, ma non riusciva a sentirne il battito. Cominciò un massaggio cardiaco, ma il cuore di Bucky non voleva saperne di ripartire. 
Il senso di colpa per aver causato tutto ciò fece spezzare Mary che cominciò a piangere. Non poteva aver ucciso Bucky, no. Ma quella consapevolezza si fece strada nella sua mente, così come l'idea più idiota che avesse mai avuto.
Ma non aveva nulla da perdere, ormai. Scostò Steve con una spinta perché sapeva che altrimenti non l'avrebbe fatta avvicinare al suo migliore amico. 
Alzò in pugno, abbassandolo con forza sul petto del moro, dandogli una scarica elettrica. Ma lui non voleva saperne di aprire gli occhi.
Alzò di nuovo il pugno, ma stavolta la scarica era così forte da far ripartire il cuore di Bucky, che aprì gli occhi di colpo. 
Ma invece di allontanare la ragazza, la strinse a sé.
"E' tutto finito."


 


N.ASsssalve a tuttii. Dite la verità non vi aspettavate il mio ritorno così presto, eh? A dir la verità nemmeno io, quindi apprezziamo tutti questo bel miracolo. 
Ora tornando al capitolo, devo dire la verità mi piace, abbastanza e spero piaccia anche a voi, nonostante nessuno voglia farmelo sapere, ma credo che continuerò fino alla fine perché questa storia deve essere conclusa. Non so preciso quanti capitoli manchino alla fine, perché ci sono cose da spiegare, altre che devono succedere e così via. Detto ciò, posso andare. 
Al prossimo capitolo

 

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Capitolo 8
*** Rock Bottom ***


Nda: Salve a tutti. *si inginocchia con le mani giunte* vi prego, non uccidetemi.
Lo so, sono quasi tre mesi che non pubblicavo, ma tra vari problemi che non sto qui ad elencare non sono riuscita a pubblicare questo capitolo prima. Mi dispiace e spero che riuscirò ad aggiornare prima di tre mesi di nuovo ahah
Detto questo, mi dileguo. Spero che il capitolo vi piaccia e alla prossima
Strongheartz



 

























-
I'll hit Rock Bottom
The only way is up
[...]
There's more, don't give up  now
Don't you give in
 
Era così sollevata che Bucky fosse vivo che non si era accorta della pistola che Coulson aveva tirato fuori. Non sentì neanche lo sparo, percepì soltanto il dolore del proiettile che le colpì la spalla. Poi fu il buio.
Si era risvegliata in una stanza così buia che credeva di essere morta e di trovarsi in un limbo, prima di essere spedita all'inferno per ciò che aveva fatto. Ma poi vide una luce arrivare dalla finestra della stanza e poté osservarla meglio, anche se era per lo più in penombra. Le pareti sembravano imbottite, come quelle dei manicomi che si vedevano nei film. Era sdraiata su un letto, con un cuscino ed una coperta, ma la stanza finiva lì, non c'era nient'altro. Vide una figura affacciarsi e poi bussare sul vetro.
"Signorina Starlight, vedo che si è ripresa. Se si sta domandando dove si trova, sappia che questa è una camera di contenimento per persone come lei. Solitamente è illuminata, ma data la sua... familiarità con la luce abbiamo convenuto fisse meglio tenerla spenta. Per precauzione." Era Coulson che le sorrideva amabile, ma vedeva che nei suoi occhi c'era la paura che lei potesse scoppiare di nuovo, la rabbia per chi l'aveva resa così, la consapevolezza di non poter far nulla e il senso di colpa per qualcosa che non aveva ancora fatto.
"Dovremmo tenerla qui dentro finché non capiremo cosa è successo e se succederà ancora. Il capitano Rogers e il sergente Barnes hanno il permesso di visitarla, ma solo da dove mi trovo io. Per il suo bene e per quello degli altri è meglio se nessuno le si avvicini."
Mary annuì leggermente. Ormai la consideravano un mostro. Ormai era diventata un mostro.
Strinse il cuscino a sé e pian piano le lacrime cominciarono a scendere, fino a trasformarsi in un pianto come mai ne aveva avuti. Tremava, singhiozzava, avrebbe voluto urlare ma preferì seppellire il viso nel cuscino. Si sentiva un'estranea nel suo stesso corpo che ormai non era più suo. Era il corpo di un mostro, un'assassina plasmata dall'Hydra, non era più sé stessa. Non era più nessuno.
 
[...]
 
Si era addormentata piangendo, ma non avrebbe saputo dire se fossero passati minuti oppure ore.
Si mise a sedere, poggiando la schiena contro il muro dietro di sé e tirò le gambe al petto, abbracciandole per rannicchiarsi quanto più poteva, come se potesse scomparire in quel modo.
Sentì di nuovo bussare alla finestra (che in realtà era semplicemente un vetro, dato che non si apriva), ma stavolta non era Coulson. Era Bucky.
La salutò con la mano, sorridendole appena, mimandole un 'come stai?'.
Lei distolse lo sguardo, sentendosi in colpa.
Sentì bussare di nuovo. Bucky teneva un foglio con su scritto 'non snobbarmi solo perché ora sei una superstar nel mondo dei super umani'
Stavolta le sorrideva davvero e lei non riuscì a nascondere il mezzo sorriso che le spuntò sul viso.
Indicò se stessa e poi alzo il pollice come per dire che stava bene. Ma Bucky non le credette, lo vedeva che stava male e la capiva. Una volta caduti, era difficile rialzarsi e lui, che di cadute ne sapeva qualcosa, l'avrebbe aiutata perché rialzarsi da soli è sempre più difficile che in compagnia.
Cominciò a fare delle smorfie, ma lei nemmeno sorrideva e non aveva alcuna intenzione di alzarsi ed andare a parlare con lui, così Buck si spostò fuori dalla sua visuale.
Mary non capendo perché fosse andato via all'improvviso, si alzò e si avvicinò alla finestra. Buck spuntò fuori dal nulla, facendole prendere un colpo.
"Ma sei pazzo?" lo sgridò lei.
"Era l'unico modo per farti alzare da quel letto e farti venire qui, altrimenti non avresti ascoltato quello che ho da dirti."
"E cos'hai da dirmi? Che sono un mostro e ti ho quasi ucciso? Che sono un pericolo per gli altri ed è per il mio bene se sono chiusa qui?" disse lei esasperata.
"No, nulla di tutto ciò." disse lui serio.
"E allora cosa?"
"Non sei un mostro... non è colpa tua quello che è successo, è dell'Hydra. Ti hanno usato, come hanno fatto con me. Ti hanno trasformato in ciò che a loro faceva comodo, l'hanno fatto anche con me. A loro non importa se anche noi siamo persone, a loro basta raggiungere quello per cui sprecano risorse. Quindi non è per nulla colpa tua ciò che è successo. Non incolparti se il mio cuore si è fermato. Io ho deciso di non lasciarti."
"Ma..." stava per dire, ma lui la interruppe.
"Niente ma... Se non fosse stato per te a quest'ora sarei morto. Tu hai fatto ripartire il mio cuore" disse lui, portando la mano destra al petto.
"Si, ma se non fosse stato per me, il tuo cuore non si sarebbe mai fermato. L'Hydra mi ha trasformato in un burattino, ma sono pur sempre io.." disse con la voce che le si spezzava.
"Non arrenderti, non farlo. Puoi rialzarti, ce la farai... sei forte, io lo so." disse lui poggiando le mani sul vetro e poi stringendole a pugno. Non voleva che lei si arrendesse.
"Non l'hai capito? Io mi sono già arresa." singhiozzò.
Lui scosse la testa. "Non puoi."
"Non sono forte come credevo. Non posso controllare il mostro che c'è in me, posso solo provare a farlo morire con me e questo significa che dovrò arrendermi... vorrà dire che toccherò il fondo. Dopodiché, l'unica via sarà risalire, se ne avrò ancora la forza." Si asciugò le lacrime che erano scese a rigarle le guance e senza più proferire parola, tornò sul suo letto, lasciando lì Buck che non sapeva come aiutarla se lei per prima aveva perso la speranza.
 
Il moro andava a trovarla ogni giorno (era l'unico a farlo, tra Steve, Coulson e gli altri impegnati in missione e tutto il resto troppo spaventato per avvicinarsi), le portava il pranzo, la cena, cercava di fare conversazione, ma lei spegneva ogni suo tentativo. Rifiutava ogni tipo di cibo e beveva a malapena un bicchiere d'acqua al giorno. Quando aveva detto che si sarebbe lasciata morire, intendeva sul serio e Buck non aveva idea di come aiutarla.
Non sapeva come fare. La vedeva indebolirsi sempre più, passava il tempo a dormire ormai, non aveva forze per fare altro.
 
[...]
 
Erano passate quasi tre settimane e Mary non mangiava da allora. Bucky non aveva idea di come facesse a resistere ancora. Era esausta, poteva vederlo dalle borse viola sotto gli occhi o semplicemente guardandola, vedendo che gli abiti cominciavano a starle larghi. Steve era passato a trovarla qualche volta, ma lei non volle parlare nemmeno con lui. Si era chiusa così tanto in sé stessa, che nessuno poteva più raggiungerla, nemmeno la sua migliore amica Sophie era riuscita a farla ragionare. 
"Non la ricordavo così testarda, quella piccola bast-" si interruppe quando notò l'espressione di Steve.
"Non vuole proprio ragionare, eh?" disse Buck.
"Non vuole proprio parlarmi, è diverso. Non c'è stato verso di farla rispondere, nemmeno quando ho cominciato a snocciolarle la lista di parolacce che conosco, niente. Si è chiusa in un bozzolo e non ha alcuna intenzione di uscirne. Come vorrei ci fosse James..."
"Anch'io ci ho provato e nemmeno con me parla."
"Non tu, l'altro.. Lui riusciva dove io non potevo, quelle rare volte in cui non riuscivo."
Poco a poco anche loro stavano perdendo le speranze di riuscire a farla rinsavire; ma finché avrebbero potuto, sarebbero andati a trovarla.
 
Erano più o meno le cinque del pomeriggio e Buck decise di passare a vedere come stava quella testarda di Mary Anne.
Stava dormendo come sempre, anche se il moro aveva uno strano presentimento, come se ci fosse qualcosa che non andasse. Continuava ad osservare la ragazza, stesa a pancia in giù, col braccio penzoloni dal letto. Più la guardava, più sentiva che era sbagliato qualcosa. Poi lo capì. Le sue spalle non si sollevavano a causa dell'incameramento d'aria, come normalmente avrebbero fatto. Lei non stava respirando.
Buck corse alla porta, cercando di aprirla, ma il pannello d'accesso continuava a fare bip richiedendo il codice d'accesso che il moro, stupidamente, non aveva mai chiesto. Ma in quel momento non c'era tempo, tirò un pugno al quadrante illuminato, rompendolo e mandando in tilt il sistema che era programmato per bloccare la porta. Porta che fu buttata giù a calci dal soldato che entrò come una furia, incurante dell'allarme che risuonava in tutto l'edificio.
Si fiondò sul corpo della ragazza, controllandole il battito cardiaco, così lento che a malapena si percepiva.
La prese in braccio, stringendola a sé e la porto fuori da quella stanza che era diventata la sua prigione, portandola verso l'infermeria.
"Ti prego, l'hai toccato il fondo, ora risali." le sussurrò.
"Non mollare ora, non cedere."
Quel sussurro a Mary arrivò come un urlo che la scosse, tanto quanto la presa di Bucky con non accennava a lasciarla, non poteva. Era lui ad impedirle di scivolare via.
Si rese conto che non poteva lasciarlo andare, anche lui aveva bisogno d'aiuto dopotutto , quindi se lui non si era arreso, lei non avrebbe fatto da meno, non più.
Doveva risalire e lui le stava dando la spinta.

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