Racconti di una volpe acuta e di una coniglietta ottusa

di aoimotion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccola ***
Capitolo 2: *** 60W ***
Capitolo 3: *** Macchia ***
Capitolo 4: *** Carineria ***
Capitolo 5: *** Offeso ***
Capitolo 6: *** Qualcosa di buono ***
Capitolo 7: *** Affare fatto (0) ***
Capitolo 8: *** Rabbia (7➝) ***
Capitolo 9: *** Gideon Grey (8➝) ***
Capitolo 10: *** Bisogno ***
Capitolo 11: *** In cantina ***
Capitolo 12: *** Complimenti di troppo (0) ***
Capitolo 13: *** Bacio (12➝) ***
Capitolo 14: *** Pendolo ***
Capitolo 15: *** ** Special Chapter ** - Ubriaco ***
Capitolo 16: *** Telefonata ***
Capitolo 17: *** Luce ***
Capitolo 18: *** Divano (0) ***
Capitolo 19: *** Proteggere ***
Capitolo 20: *** Per sempre ***
Capitolo 21: *** “Ma” ***
Capitolo 22: *** Sorriso ***
Capitolo 23: *** Odore (18➝) ***
Capitolo 24: *** Marito e moglie ***
Capitolo 25: *** Babysitting ***
Capitolo 26: *** Cena ***
Capitolo 27: *** La fine dell'inverno ***
Capitolo 28: *** Pregiudizi (0) ***



Capitolo 1
*** Piccola ***


~Volpe~
1 - Piccola


 
 



Più la guardava, più Nick si stupiva di quanto Judy Hopps fosse piccola. Era un mistero come una cosina minuscola come lei non fosse stata ancora calpestata dalle possenti zampe dei suoi colleghi di polizia.
«Beh, non che tu sia tanto più grande di me» aveva ribattuto Judy, un giorno che lui le aveva esposto il suo stupore.
«Appunto! Quasi non vedono me a volte, figuriamoci te.»
«E quindi?» chiese la coniglietta, squadrandolo con aria interrogativa. «Il punto della discussione sarebbe...?»
«Nessuno» replicò Nick, sorridendole mellifluamente. Judy roteò gli occhi, spazientita, e tornò a rivolgere la propria attenzione alla pila di dossier che giaceva da giorni sulla scrivania.
Nonostante non lo stesse più degnando di uno sguardo, Nick non aveva ancora smesso di sorridere.
‘Sei proprio una carotina’, pensò tra sé e sé. ‘Una carotina così invitante che prima o poi qualcuno ti mangerà in un sol boccone.’



 
                                                     





Illustrazione di Rem289!

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Capitolo 2
*** 60W ***


~Volpe~
2 - 60W


 
 



Se Nicholas Wilde fosse stato innamorato di Judy Hopps, probabilmente non avrebbe esitato a definire il sorriso di lei come “la luce più splendente di Zootropolis”.
Ma, giacché Nicholas Wilde non era innamorato di Judy Hopps, quel sorriso era semplicemente… un bel sorriso. Se avesse dovuto paragonarlo alla potenza di una lampadina, probabilmente ne avrebbe scelta una da 60W.
O magari 70W – quello dipendeva molto dalla giornata.
Dunque, si disse Nick, non c'era alcuna ragione per cui lui avrebbe dovuto essere geloso di quel sorriso. Sarebbe stato come affermare di essere gelosi del lampadario della sala da pranzo, o qualcosa del genere. E cosa è mai un semplice lampadario in confronto, per esempio, alla luce emanata da un faro?
Perciò, pensò lui, se proprio doveva essere geloso di qualche fonte di luce, tanto valeva sceglierne una per cui valesse la pena arrabattarsi nel fango.
«Lei è una lampada per interni» continuò a ripetersi la volpe, mentre osservava la sua partner. «Una semplice lampada per interni. Comprata da Furronics con il 50% di sconto. Installata gratuitamente. E che fatica pure ad accendersi.»
Intanto, la lampada per interni che rispondeva al nome di Judy Hopps sorrideva, irradiando luce a destra e a manca. Un raggio di fotoni colpì accidentalmente Nick, che avvertì un vago senso di dolore all'altezza del cuore.
Forse avrebbe fatto meglio a tornare in ufficio. Se Judy avesse scoperto che l'aveva pedinata… non voleva neanche pensare alla reazione che avrebbe avuto la sua partner.
Tuttavia, quel briciolo di buonsenso che stava miseramente tentando di venire a galla dal turpe mare dei suoi pensieri venne prontamente ignorato. Se Nick Wilde aveva deciso di comportarsi da idiota quel giorno, allora niente lo avrebbe fatto desistere dal suo proposito.
La volpe scosse bruscamente il capo e si avvicinò ancora di più a Judy e al suo interlocutore, finché non fu a una distanza tale da poter sentire la loro conversazione.
«Sono davvero felice di vederti, Judy. Ti sei fatta proprio carina in questi anni, sai?»
«Ma smettila» rispose lei, imbarazzata. «Se qui c’è qualcuno che ha messo su una bella figura, quello sei proprio tu, Steve!»
Steve. Sembrava il nome di qualche antagonista imbecille preso direttamente da un qualche film di terza categoria.
«Gne gne gne» mugugnò Nick. «“Sei così bella!”, “No, tu sei più bello!”, “No, tu!”, “Tu!”, “Tu!”»
Il coniglio che rispondeva al nome di Steve rise, imbarazzato almeno quanto lei. «Che dire, ammetto che non sei la prima a dirmelo, ma di solito non mi fa mai chissà qualche effetto. Però se a dirmelo è una coniglietta graziosa come te… wow, ragazzi. Ricordatemi come si respira.»
Nick roteò gli occhi, semplicemente disgustato. 
Judy ridacchiò e cominciò a dondolarsi da una zampa all’altra. «Non sei cambiato per niente, sempre il solito adulatore.»
«Ehi» rispose il coniglio, «non penserai che sia così galante con tutte le conigliette che incontro, spero!» Steve il Casanova simulò un’espressione imbronciata che Nick trovò ancora più disgustosa della battuta precedente.
Judy ammutolì di colpo; il suo sorriso da 60W era improvvisamente scomparso.
«Dai Carotina» la incitò Nick, a bassa voce. «Vedi oltre l'inganno, arresta quel cretino per oltraggio a pubblico ufficiale!»
Purtroppo, non avvenne proprio ciò che sperava. 
Vide la sua partner sollevare le zampe e nascondervi il viso, mormorando versi che non fu in grado di captare. «Dai, Steve» brontolò infine Judy, «smettila di dire queste cose, mi fai…»
Vomitare? Nick era troppo sconvolto persino per dirlo ad alta voce, ma si riebbe immediatamente dal suo stato semi-comatoso quando i suoi occhi captarono un accenno di movimento da parte delle zampe dell’altro coniglio.
‘Oh, no. Non pensarci nemmeno, Steve.’
«Ehi, Hopps» la chiamò, mentre abbandonava il proprio nascondiglio e fingeva di essere casualmente arrivato sul posto.
Judy si voltò di scatto e lo osservò come se il fantasma di qualche zio defunto fosse appena comparso a farle visita. «Nick? Cosa ci fai tu qui
La volpe scrollò le spalle con una sapiente dose di finta noncuranza. «Il capo mi ha mandato a cercarti» mentì, «ha detto che ha assolutamente bisogno che tu risolva il caso dei dromedari scomparsi… o forse erano stambecchi?»
«Ma…» protestò lei,  «mi sono allontanata da appena dieci minuti!»
«Ha detto che è urgente. Oh» esclamò poi, fingendo di aver appena notato la presenza del molesto coniglio, «ma vedo che sei con un civile! Mi perdoni, non l’avevo proprio notata.» Nick si voltò verso Steve il Casanova e li elargì un sorriso tagliente come un rasoio. «Che piacere conoscerla, signor…»
«Marrots» rispose il coniglio, ricambiando il sorriso con uno ancora più affilato del suo. «Steve Marrots, molto piacere. Mi perdoni, non era assolutamente mia intenzione rubare la preziosa coniglietta della polizia di Zootropolis, agente…»
«Wilde. Nicholas Wilde.» Nick sorrise ancora più ampiamente. «Oh, e le assicuro che non ha rubato proprio niente.»
«Ehm… Nick?»
«Sì, Hopps?»
Judy sembrava sul punto di tirargli un pugno, e sembrava anche che il non farlo le stesse costando un’enorme fatica.
«Forse è meglio se torniamo in centrale» esordì infine lei, mentre sul suo volto stava transitando una processione di sentimenti dei quali Nick non poté  far altro che ridere in silenzio. «Scusaci Steve, ma dobbiamo proprio andare!» Judy gli afferrò la cravatta e lo tirò via da lì, mentre con l’altra zampa salutava il quanto mai sconcertato coniglio.

Quando ebbero girato l'angolo, Judy lasciò la presa dalla cravatta e si voltò verso la volpe con un’espressione imbronciata. «Nick, dimmi la verità: ti ha davvero mandato il capitano Bogo?»
Nick distolse leggermente lo sguardo e si concentrò ad osservare il grazioso nasino rosa della sua partner. «In effetti» rispose, mentre si perdeva in quel piccolo spettacolo, «potrei essermi sbagliato.»
«Lo sapevo.» Judy si appoggiò una zampa alla fronte e sospirò. «Si può sapere cosa c’è? Non riesci a stare senza di me per cinque minuti?»
Quella domanda lo colpì come un pugno allo stomaco. «Ovvio che sì, Carotina» Forse. «Non montarti troppo la testa, ora. È che quel tizio aveva intenzioni poco raccomandabili nei tuoi confronti, quindi mi sono sentito in dovere di intervenire.»
«Tanto per cominciare, si chiama Steve. E secondo poi… intenzioni poco raccomandabili? Sei serio, Nick?»
Perché Judy lo stava facendo sentire un perfetto idiota? Ok, magari lui era un perfetto idiota, ma nessuno doveva saperlo. Soprattutto non lei.
«Carotina, sono una volpe. Un predatore, capisci? So riconoscere i miei simili quando li incontro.»
«Ma se Steve è un coniglio
Nick scosse il capo. «Non è nel DNA, mia ingenua coniglietta; è nell'atteggiamento. Puoi essere un predatore anche se sei un semplice coniglio. L'unica cosa che cambia è la preda di cui vai a caccia.»
Judy corrugò la fronte. «Sei sicuro di sentirti bene?»
Nick ci pensò su per qualche istante. «No, in effetti non ne sono così sicuro. Quindi, nel dubbio…» La volpe le cinse le spalle con un braccio. «Chiudiamo qui questa stupida discussione e torniamo in ufficio, prima che qualcuno dei nostri simpatici colleghi cominci a spargere in giro strane voci sul nostro conto.»
L’immagine di Clawhauser che rotolava per il commissariato, ridendo e masticando ciambelle contemporaneamente, gli infettò la mente come un virus mortale.
Judy inclinò la testa, perplessa. «Voci? Di quale voci stai…»
Nick la zittì rapidamente, ponendole la zampa sulla bocca. «Niente, Carotina, non pensarci. Una coniglietta ottusa come te non dovrebbe preoccuparsi di certe quisquilie, dopotutto.»
E, mentre lei protestava e tentava di divincolarsi, Nick ripensò alla scena a cui aveva assistito – e partecipato – prima, e una domanda spontanea affiorò alle sue labbra.
Non abbastanza spontanea, però, da trovare il coraggio di uscire allo scoperto, e così la volpe la mandò giù, limitandosi a ridere di quella coniglietta si agitava e lamentava proprio accanto a lui.
‘Sia ringraziato il cielo che sono una volpe.’

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Capitolo 3
*** Macchia ***


~Coniglio~
3 - Macchia


 
 



«Agente Wilde, a rapporto.»
Nick non la degnò di uno sguardo.
«Agente Wilde» ripeté Judy, a voce più alta. «A rapporto. Immediatamente.»
«Mh» mormorò la volpe, «Carotina, lo sapevi che hanno appena aperto una nuova pasticcieria dietro la centrale?»
«Non mi interessa» tagliò corto Judy. «Wilde, dov’è il tuo rapporto sul furto di arachidi alla caffetteria del signor Jumbeaux?»
«Non ci posso credere» esclamò la volpe, sgranando gli occhi di fronte allo schermo del cellulare. «Per i primi duecento clienti… una coppa di gelato ai mirtilli extra-large gratis?!»
Judy inspirò profondamente. «Wilde… Nick, per l'amor del cielo!»
La volpe sussultò, quando la vide sbattere con forza le zampe sulla scrivania. «Vuoi ascoltarmi, per una buona volta? Metti via quel cellulare, altrimenti giuro che te lo sequestro.»
Nick la osservò in silenzio, come se stesse riflettendo su qualcosa. Forse un esame di coscienza? 
«Hai qualcosa sul naso» commentò seccamente la volpe. 
Ovviamente, no.
«Cosa? Non è vero!»
«Oh, invece sì. Va’ a vederti allo specchio, se non ci credi.»
«Questa volta non mi freghi, Nick» dichiarò lei, gonfiando il piccolo petto con orgoglio. «Ho imparato a vedere oltre le tue fandonie.»
Nick le sorrise con accondiscendenza. «La mia piccola Carotina è diventata grande!» esclamò. «Hai ragione, non hai nulla sul naso.»
Judy annuì, soddisfatta. «Ah-ha! Lo sapevo.»
Anche il suo collega annuì, sembrando ancora più soddisfatto di lei. 
Troppo soddisfatto. Cosa stava tramando, quella dannata volpe?
«… Ho qualcosa sul naso, vero?» Judy si toccò la punta del musino con le zampe. «Ho davvero qualcosa sul naso, Nick?»
«Ma no» rispose Nick, senza mutare espressione. «Non hai assolutamente una macchia di caffè sul tuo bel nasino rosa, Carotina.»
Quelle parole avevano il profumo di un fragrante menzogna appena sfornata. «Menti
«O magari fingo di mentire» propose la volpe, scrollando pigramente le spalle. «La vita è dura, agente Hopps. È difficile districarsi nel labirinto di verità e menzogne che è la società odierna.»
La coniglietta lo squadrò da capo a piedi, alla ricerca di un indizio che potesse rivelarle la verità.
Ovviamente, poiché il sospettato dell'indagine era Nicholas Wilde, la sua acuta analisi non la portò ad altro che ad un pugno di carote marce.
A questo punto non le rimaneva che una tattica...
«Nick, so bene come vanno a finire queste cose.» Judy abbassò le orecchie e si avvicinò a lui, sfoggiando la sua migliore espressione sconsolata. Nick incurvò le proprie in risposta e cominciò a scuotere il capo.
«Oh, no. Non ci provare, Carotina.»
«Lo so che tu stai solo aspettando che io corra a guardarmi allo specchio» continuò Judy, ignorando la sua reazione, «per poter fare qualcosa di poco professionale in mia assenza…»
«Agente Hopps, potresti smettere di fare quella faccia da–»
«Oh, Nick.» Judy gli prese gentilmente la zampa e la strinse tra le sue. «Ti prego, almeno per questa volta… potresti essere sincero, davvero sincero con me? Abbiamo taaanto lavoro da sbrigare, e così poco tempo per farlo… non vorresti collaborare con me, con la tua cara Judy, almeno stavolta?»
Nick deglutì, le pupille dilatate e la bocca deformata in un’espressione indecifrabile.
«Per favore…?» aggiunse infine, quasi in un sussurro, mentre gli accarezzava dolcemente il dorso della zampa. 
La volpe sussultò e si ritrasse da quel contatto come se fosse appena stato morso da un piranha.
Volpe ottusa.
«Ok, ok. Questo round l'hai vinto tu.» Nick le diede bruscamente le spalle e si avvicinò alla propria scrivania. «Vieni qui.»
«Eh?»
«Vieni qui e non fare storie, Carotina.»
Riluttante, Judy fece come le era stato chiesto. Quando Nick si girò nuovamente verso di lei, vide che aveva un fazzoletto tra le zampe.
«Lo sapevo!» esclamò la coniglietta. «Sei un bugiardo, Nick!»
«Sono una volpe» puntualizzò il collega, come se quello potesse spiegare ogni cosa. «Prendermi gioco di te è la mia raison d'être, Carotina. E adesso sta’ ferma e lasciati pulire il muso, da brava.»
Judy chiuse gli occhi, lasciando che Nick le strofinasse il fazzoletto sul naso. «Potevo fare anche da sola, eh…»
Nick fece spallucce. «Non sarebbe stato altrettanto divertente, non credi?»
Quando il partner ebbe finito, Judy esalò un profondo sospiro. «Perché è sempre tutto così complicato, con te?»
«Perché, se fosse semplice, non sarei così speciale» replicò lui.
«E cosa ti fa pensare che tu sia speciale?»
Nick le elargì un ampio sorriso. «Non lo sono?»
Aveva una gran voglia di rispondergli “no” solo per vedere quel dannato sorriso frantumarsi in mille pezzi.
Ma – Judy ne era pienamente consapevole – non avrebbe mai potuto farlo, perché questo avrebbe significato mentire spudoratamente.
Cosa di cui lei non era assolutamente capace.
Un sospiro rassegnato fuggì dalle sue labbra appena dischiuse. «Ti odio.»
Nick le passò una zampa tra le orecchie, rese basse dalla frustrazione. «L'amore è reciproco, Carotina.»

 

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Capitolo 4
*** Carineria ***


~Coniglio~
4 - Carineria


 
 



Che Judy fosse una coniglietta sognatrice, nessuno avrebbe mai osato metterlo in dubbio. Lei sapeva di avere aspirazioni che agli occhi degli altri dovevano sembrare nient’altro che sciocche ambizioni, ma andava fiera di questo lato del proprio carattere.
Tuttavia, Judy non avrebbe mai permesso a nessuno di chiamarla visionaria, perché la coniglietta si reputava perfettamente capace di giudicare la realtà così come si presentava ai suoi occhi.
E quella mattina non fu un’eccezione.
«Non me lo sto immaginando» replicò duramente a Nick, mentre tentava di stare al suo passo. «So quel che ho visto!»
«Come no» disse la volpe, scuotendo la testa. «E io sono una pantera di nome Philip.»
«Non sono l'unica ad averlo notato» insistette Judy. «C’erano anche Francine e McHorn assieme a me. O magari siamo tutti pazzi, secondo il tuo giudizio?»
«Sì, lo siete.» Nick accese la luce dell'archivio e cominciò a guardarsi intorno.
Judy alzò gli occhi al cielo. «Oh, ma fammi il piacere.»
Era ormai evidente che quel giorno il suo fulvo collega fosse di pessimo umore. Quale fosse la ragione dietro quella stizza, però, lei non era capace di stabilirlo.
E, di certo, lui non la aiutava a capire cosa gli passasse per la testa.
«Senti» disse Nick, rivolgendole un’occhiata torva, «non so cosa tu abbia visto oggi, ma hai frainteso completamente. Adesso puoi smetterla di starmi addosso? Sto cercando di lavorare, nel caso tu non l’avessi capito.»
«Tu? Che lavori? Bella questa.» Judy lo afferrò per un lembo della divisa, impedendogli così di allontanarsi ulteriormente da lei alla ricerca di qualche ipotetico fascicolo legato a qualche ipotetico caso da risolvere. «Puoi prendere in giro qualunque altro animale di Zootropolis, Nick, qualunque... ma non me
Nick sgranò gli occhi e fece una smorfia di finta sorpresa. «Ma davvero?»
«Vorresti negarlo?»
«Non voglio negare proprio niente, Carotina. Vorrei solo che mi lasciassi in…»
«Ti lasciassi…?» Judy lo guardò, sfidandolo a completare quella frase. Non credeva che ne sarebbe stato capace, ma… sarebbe stata capace di incassarla, in caso contrario?
Dopo interminabili attimi di tensione, Nick esalò un profondo respiro. «Niente, lascia perdere.»
Mentalmente, anche Judy tirò un sospiro. Di sollievo. 
«Niente? Ma…»
Una zampa gentile si posò sulla sua testa. «Non potrei mai dirti di lasciarmi in pace» aggiunse Nick, quasi le avesse letto nel pensiero. La sua voce era incredibilmente più gentile del solito e Judy fu costretta a deglutire, la gola improvvisamente secca. Quel cambio di atteggiamento era stato così repentino da farle quasi perdere un battito.
«Non trattarmi come se fossi–»
«Cosa?» la interruppe lui, grattandole la testolina con un sorriso. «Una piccola, tenera, adorabile coniglietta? Non è forse ciò che sei, mia dolce Carotina?»
Era come tirare sassi a un muro di gomma: qualunque cosa dicesse, Nick era capace di fargliela tornare indietro con gli interessi.
«Ti ho già detto di non chiamarmi... c-carina.» La frase uscì dalle sue labbra molto meno dura di quanto non lo fosse stata nella sua testa.
Dannata volpe seducente.
«E allora smetti di essere carina» Il sorriso sulle labbra di Nick sparì di colpo, lasciando il posto ad un’espressione corrucciata, quasi... arrabbiata. «O, se proprio non ci riesci… smetti di esserlo con chiunque non sia me
Judy non era certa di aver capito. «Scusa, che hai detto?»
Nick roteò gli occhi, come se stesse dialogando con un idiota. «Carotina, la carineria è una qualità che va usata con parsimonia. Non puoi essere semplicemente adorabile con tutti, devi compiere delle scelte. Delle scelte oculate.»
Ora stava cominciando a capire dove volesse andare a parare la volpe. «E così… tu saresti una “scelta oculata” su cui far ricadere la mia carineria?»
Nick annuì, mentre dietro la coda fluttuava contenta. «Ovviamente.»
Non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma… quanto era carino, Nick, quando agitava la coda in quel modo?
«Tu non stai bene» si limitò a rispondere Judy, scuotendo il capo con afflizione.
Nick abbassò leggermente le orecchie di fronte a quella reazione, ma non ci mise molto a ritrovare il suo solito atteggiamento sornione. 
«Beh, il concetto di sanità mentale può assumere diversi significati a seconda del contesto» spiegò la volpe. «Con quale criterio stabiliamo se un animale ha la testa a posto oppure no? Ma soprattutto, abbiamo davvero il diritto di esporre tale giudizio su qualcuno che non appartiene neppure alla nostra stessa specie?»
Judy sentì un principio di mal di testa aggredirle le tempie. «Sai, sto cominciando a chiedermi se tu non sia soltanto frutto della mia immaginazione.»
«Vuoi provare?» Nick allargò le braccia. «Vieni qui Carotina, abbraccia il tuo sogno ad occhi aperti.»
«Ti abbraccerei anche, se tu smettessi di dire idiozie.»
«Davvero?» Nick ricominciò a scodinzolare senza ritegno – lo stava facendo apposta? «Affare fatto, niente idiozie per una settimana.»
Judy continuò a squadrarlo con sospetto. Quelle zampe arancioni erano davvero invitanti, ma… c’era ancora qualcosa che non andava in tutta quella faccenda, un dettaglio che continuava a sfuggirle, un buco nel puzzle che era ad un passo dal completare.
«Ah!» esclamò la coniglietta, colta da un’improvvisa illuminazione. «Ho capito, adesso!»
Nick abbassò lentamente le zampe, confuso da quella reazione. «Cos’è che avresti capito, Carotina?»
«Tutto» rispose Judy, mentre un riso incontrollato cominciava a solleticarle la gola. «La discussione di oggi, il tuo malumore… tutto!»
«Carotina…»
«Geloso!» proruppe lei. «Tu eri geloso di Clawhauser! Oh, non ci posso credere.»
Nick abbassò le orecchie, la sua proverbiale sicurezza che sembrava venire miseramente meno. 
Non stava negando, rifletté Judy, e quel pensiero le solleticò ancor di più l’ugola. Aveva voglia di gridare, sebbene non sapesse esattamente perché.
«Non è… gelosia» borbottò Nick, sputando l’ultima parola come se la trovasse ridicola. «È solo che… insomma, non è auspicabile che un ghepardo in sovrappeso chiami tenera una coniglietta.»
«Ma davvero.» Judy appoggiò le zampe ai fianchi e lo fissò con espressione divertita. «Ma sai, Nick, io mi chiedo… era davvero necessario che tu lo facessi presente a Clawhauser?»
«Beh… qualcuno doveva pur farlo.»
«Potevo pensarci io.»
«Ma non l’hai fatto.»
«Magari aspettavo il momento giusto.»
«O magari non glielo avresti mai detto.»
«Non puoi saperlo» cinguettò Judy. «O credi di potermi leggere nel pensiero, agente Wilde?»
La volpe distolse lo sguardo e si infilò le zampe in tasca – un atteggiamento puerile che lei non poté che trovare adorabile. «Non ho mai detto questo, Carotina.»
«Il fatto che tu non l’abbia detto non esclude che tu non l’abbia pensato» gli fece notare Judy, cominciando a girargli intorno. «Molto male, agente. Sarò costretta a tagliarti lo stipendio.»
«Ti stai divertendo?» le domando Nick, stizzito.
Sì, più di quanto immagini. Judy ridacchiò e smise di circumnavigarlo proprio quando si trovò di fronte a lui. «Nick, devo proprio dirtelo: sei un idiota.»
La volpe roteò gli occhi e incrociò le braccia al petto. «Grazie, Carotina, per queste tue gentili parole. Ora hai finito di prendermi in giro?»
«Non ancora, manca la ciliegina sulla torta.» Judy allargò le piccole braccia e circondò la volpe in un abbraccio. «Volpe ottusa che non sei altro.»
Qualche secondo dopo, sentì due zampe ricambiare la sua stretta. «Il fatto che io ti permetta di trattarmi come un imbecille stupisce persino me, agente Hopps. Che fine ha fatto il mio amor proprio?»
La voce di Nick era tornata quella di sempre, ma Judy poteva ancora avvertire una piccola nota di incertezza nelle sue parole.
«Lo sai, vero?» gli chiese, stringendolo più forte. «Siamo partner, io e te. E niente e nessuno potrà mai cambiare questo.»
«Davvero?» Nick rise appena e le grattò il retro della testolina. «Questo vuol dire che ho il diritto di arrabbiarmi se qualche incauto agente tenta di rubarmi la mia preziosa Carotina?»
«Dipende: se ci sono prove concrete a sostegno della tesi che qualcuno stia cercando di rubarmi…»
«E se sono circostanziali?» chiese Nick, con una punta di malizia che per qualche ragione le accelerò il battito cardiaco.
«Beh, in quel caso… puoi sempre sporgere reclamo.»

 

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Capitolo 5
*** Offeso ***


~Volpe~
5 - Offeso


 
 



«Ehi, Carotina. Va tutto bene?»
Era quanto mai evidente che Judy era ben lontana dallo stare bene. Nonostante ciò, Nick non poté fare a meno di porle quella domanda.
«Fa’ silenzio» gli intimò Judy, «sto pensando.»
La volpe rise sotto i baffi. «Pensa pure, mia cara. Benché, con tutto il rispetto, dubito che servirà a qualcosa in questo caso.»
Le orecchie di Judy ebbero un fremito. «Quella a destra» disse, infine. Le tremava leggermente la voce.
«Quella a destra?» ripeté Nick. «Sei sicura? Non vuoi “pensarci meglio”?»
«Piantala di tergiversare e mostrami quella carta!»
«Come vuoi tu, Carotina… ecco qua.»
L’espressione sul volto di Judy era assolutamente impagabile.
«Non ci posso credere…» La coniglietta si accasciò sulla scrivania, esausta.
«20 a 0» le ricordò Nick. «Suppongo che sia un record… a modo suo.»
«Quante sono le probabilità che accada una cosa del genere?» mormorò Judy contro il legno.
«Beh, vediamo un po’. La probabilità di pescare il jolly è del 50%, quindi 0,5. Moltiplica quel numero per se stesso venti volte e otterrai… 0,00000095, più o meno. Che equivale a una percentuale dello 0,000095%.»
Judy sollevò lentamente la testa. «Come sei riuscito a fare un calcolo del genere a mente?»
Nick scrollò le spalle. «Sono piuttosto bravo in matematica, Carotina. Quello di cui ti dovresti realmente preoccupare è la tua sfortuna al gioco.»
«Tu bari!» esclamò la sua partner, puntandogli addosso un dito con fare accusatorio. «Non può esserci altra spiegazione!»
Nick tirò indietro le orecchie, leggermente offeso. «Le tue insinuazioni mi feriscono, Judy. Quale agente di polizia darebbe la colpa agli altri per la propria malasorte?»
«Un agente che perde venti volte di fila contro la stessa volpe!»
«Non è comunque un atteggiamento professionale. Sappi che mi ritengo ufficialmente leso nella mia persona.»
E, per dimostrare che l’onta era autentica, Nick le diede le spalle e andò a sedersi alla sua scrivania.
Qualche minuto dopo, una zampina grigia gli toccò la spalla.
«Uhm, Nick…»
La volpe finse di non sentire.
«Nick, senti: mi dispiace per prima, ok? Non è che volessi…»
«Ah, ma cosa sarà questo brusio che sento? Forse qualche insetto smarrito, che non riesce a ritrovare la via per la libertà?»
«Oh, per l’amor del cielo!» La sedia su cui era seduto Nick girò su se stessa fino a fermarsi di fronte a un’indispettita Judy Hopps. «Smetti di fare l’indisponente.»
«Ehi, sei tu quella che ha cominciato!»
«Lo sai che non intendevo nulla di ciò per cui stai fingendo di esserti offeso.»
«No» rispose Nick, secco. «Non lo so.»
«Andiamo, Nick. Pensi davvero che insinuerei che hai barato solo perché sei una volpe
«Non lo so, dimmelo tu.»
«Vuoi che te lo dica? Ok, te lo dirò: no
I due animali si osservarono per un lasso di tempo inquantificabile.
«E l’accusa di prima cos’era, allora?» le chiese infine, imbronciato.
«Un’accusa rivolta a Nick Wilde» rispose Judy. «Non in qualità volpe, ma in qualità di collega e… amico.»
«Ah, quindi è così che tratti i tuoi amici? Che onore.»
In realtà, Nick aveva perfettamente capito cosa volesse dirgli Judy, ma… era così appagante vederla agitarsi nel tentativo di chiarire il malinteso, e lo faceva sentire così importante, che sarebbe stato proprio un peccato interromperla adesso.
Magari riesco a strapparle un giro in centro, se gioco bene le mie carte.
Le orecchie di Judy si abbassarono, poi si alzarono, e poi si abbassarono di nuovo, seguendo probabilmente il corso dei suoi pensieri. Era un amore, si ritrovò a pensare Nick.
«Ascolta, mi dispiace. Va bene? Mi dispiace veramente, non volevo parlare a sproposito. Ti chiedo scusa.»
«Stai parlando a sproposito anche adesso» le disse Nick. «Perché non mi dimostri il tuo pentimento con i fatti, anziché con le parole?»
Un sorriso di vittoria stava pericolosamente minacciando di venire a galla. Nick si voltò bruscamente in modo che Judy non se ne accorgesse. Non adesso, dannazione.
«Ehi… non darmi le spalle in questo modo.»
Oh, la vocina disperata di Judy Hopps. Quale miele per le sue orecchie. Prima o poi ci sarebbe rimasto secco, a causa di quella vocina.
«Quindi?» chiese Nick, tenendo volontariamente basso il tono della voce. «Come intendi rimediare, signorina Hopps?»
«Io, uhm… magari stavo pensando che… potremmo… andare al cinema, una di queste sere?»
Dritta nella trappola.
Un fremito colse la sua coda e Nick riuscì a stento a contenerlo prima di voltarsi nuovamente verso Judy, sfoggiando la sua migliore espressione disinteressata.
«Dipende. Che film?»
«Q-quello che vuoi tu! Ah, e ovviamente pago io!»
«Mh…»
Era un gioco pericoloso, quello a cui stava giocando Nick Wilde. Tra le labbra che volevano a tutti i costi piegarsi all’insù e la coda che non voleva saperne di stare al suo posto, era davvero dura fingere di non essere al settimo cielo per l’inaspettata piega che avevano preso gli eventi.
«Quindi… che ne dici?»
«Non te lo rimangerai, vero? Sarebbe proprio vergognoso se l’agente Judy Hopps non tenesse fede alla parola data, non credi?»
«Certo che terrò fede!» esclamò la coniglietta, punta sul vivo. «Una promessa è una promessa!»
«Perfetto!» Nick si alzò dalla sedia esibendo un sorriso immenso. Il movimento della coda era semplicemente inarrestabile. «Stasera, 20:30, cinema Harmonia. Se ritardi, doppio giro di film. Anzi, triplo. E andiamo anche fuori a cena. O a colazione, dipende da che ore saranno…»
Le pupille di Judy si dilatarono. «Tu…!»
«Sì, io!» esclamò la volpe. «Proprio io! E tu! E noi
«Hai finto di essere arrabbiato?»
«Oh, no. Io ero davvero arrabbiato… solo per i primi cinque minuti, però.»
«Non ci posso credere…» Judy si lasciò cadere sul pavimento, sconfitta. «Sono un’imbecille.»
«No, sei solo una creaturina un po’ ingenua.» Nick si inginocchiò fino ad essere esattamente alla sua altezza. «Lo vuoi un abbraccio, Carotina?»
«Va’ via» brontolò lei, senza convinzione.
«Lo prenderò per un sì.» Nick allungò le braccia e strinse a sé la piccola coniglietta, che non oppose alcuna resistenza. «Dai, stasera ci divertiremo un mondo.»
«E io che pensavo di averti davvero ferito…» mormorò Judy contro il suo petto. «Mi hai fatto prendere un colpo, brutto idiota.»
«Lo so, lo so… è colpa tua, mi fai rincretinire con il tuo bel faccino e io mi comporto da stupido.»
L’aveva detto tanto per dire, ma… in effetti, forse, un fondo di verità c’era in quella frase.
Magari anche più di un fondo.

 

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Capitolo 6
*** Qualcosa di buono ***


~Volpe~
6 - Qualcosa di buono


 
 



Da quando era entrato in polizia ed era diventato l’inseparabile compagno di Judy Hopps, Nick aveva cominciato a notarlo sempre più spesso.
Aveva osservato il piccolo corpo di lei muoversi freneticamente, in ogni distretto di Zootropolis, saltando ovunque potesse arrivare con le sue zampe posteriori, insinuandosi in ogni vicolo sudicio alla ricerca del più piccolo indizio… e tutto semplicemente per amore della giustizia in cui credeva così fermamente.
Nick ammirava quella coniglietta che rispondeva al nome di Judy Hopps. La ammirava come un animale in catene ammira gli uccelli che si librano in volo, desiderando di poter essere come loro. Ogni giorno era testimone della forza misteriosa che animava quell’esile corpicino, che le dava un coraggio unico e prezioso, che la rimetteva in piedi quando la crudeltà di quella città la spingeva a terra, senza scampo, senza sconti, senza pietà.
«Come ci riesci?» le chiese una volta. Judy aveva risposto alla sua domanda con un’occhiata interrogativa.
Ovviamente, lei non poteva capire. Ma Nick, invece, capiva eccome. Capiva e si meravigliava di fronte a quel miracolo che si ripeteva ogni singolo giorno, come un fiore che ogni mattino apre la sua corolla ai raggi del sole. Quel miracolo luminoso come una stella nel cielo, scintillante come una pietra preziosa, puro come un fiocco di neve, in confronto al quale tutta la sua scaltrezza, la sua parlantina, le sue doti da attore, non erano altro che misera polvere spazzata via dal vento.
«Nick, sei sicuro di sentirti bene? Mi sembri… strano
Nick sorrise. Era così inconsapevole, Judy Hopps, da fargli quasi tenerezza.
«Certo che sto bene» rispose la volpe.
Ed era vero. Perché, stando vicino a lei, rimanendo semplicemente al suo fianco, Nicholas Wilde aveva l’impressione di poter diventare parte di quello splendido miracolo e cambiare ciò che era.
Diventare migliore di ciò che era.
Judy sospirò. «Vorrei poter dire lo stesso dell’enorme mole di dossier che giace da giorni sulla tua scrivania.»
«Ma sono tutti casi stupidi» si giustificò lui. «Ecco, prendi questo… “furto di tulipani al negozio di fiori”. Son già passati tre giorni, ovunque essi si trovino saranno già appassiti.»
«Beh, se magari tu avessi cominciato le ricerche lo stesso giorno in cui è arrivata la denuncia…»
«E con che criterio avrei potuto riconoscere i tulipani rubati, Carotina? Oh, già, magari avrei potuto chiederglielo. “Scusate, siete voi i fiori che sono stati rapiti da qualche brutto ceffo qualche ora fa?”»
Judy si mise a ridere – atteggiamento tutt’altro che professionale, il che lo lasciò piacevolmente sorpreso.
«Ok, ammetto che quel caso non è esattamente… dei più normali, questo te lo concedo. Ma che mi dici di tutti gli altri, agente Wilde?»
«Oh, sono tutte stupidaggini. Ho avuto di meglio da fare nei giorni scorsi.»
«Ma davvero.» Judy inarcò le sopracciglia. «Per esempio?»
Per esempio, non perderti di vista neanche per un istante.
«Sai, le solite cose che facciamo noi volpi: scattarci dei selfie, postarli su Instafur, prenderci gioco della stupidità del regno animale, giocare a dama online con dei perfetti sconosciuti…»
«Stai descrivendo te, non l’intera specie» gli fece notare Judy.
«Per te, Carotina, io rappresento l’intera specie. Perché non c’è nessun’altra volpe, a parte me, che occupa i tuoi pensieri. Dico bene?» E se ci fosse, io non ne sarei molto contento.
Nick le rivolse un sorriso mellifluo e si crogiolò nel piacere di vedere Judy Hopps abbassare le orecchie e distogliere lo sguardo imbarazzata.
«Perché invece di dire idiozie non mi dai una mano con questo caso?» chiese, imbronciata. «Visto che non vuoi saperne di fare il lavoro che ti è stato assegnato.»
La volpe incrociò le braccia dietro la testa. «Se è abbastanza interessante, perché no?»
«Non lo è, temo. Si tratta di ritrovare una bicicletta scomparsa.»
In circostanze normali, Nick avrebbe semplicemente finto di non aver sentito e rivolto la propria attenzione a qualunque altra cosa all’interno dell’ufficio.
Ma quello non era una circostanza normale, perché il piccolo miracolo chiamato Judy Hopps lo stava invitando a fare qualcosa di buono – non divertente, non eccitante, semplicemente qualcosa di buono. E Nick decise che, perché no, per una volta avrebbe accettato quell’invito e fatto il proprio dovere d’agente senza aver nulla da ridire.
«Affare fatto, Carotina. Ma sappi che ti costerà parecchio.»
Judy alzò gli occhi al cielo. «Un frappè ai mirtilli va bene?»
«E…» aggiunse Nick, «un bel pomeriggio in centro, solo io e te. Ci stai?»
«Nick!» esclamò la sua partner. «Con tutto il lavoro che–»
«Shhh, non dire quella brutta parola. L’unica risposta che voglio sentire dalla tua boccuccia è “sì”.»
«E tu prometti di aiutarmi?» chiese la coniglietta, puntandogli contro la sua graziosa penna a forma di carota. «Non troverai scuse come tutte le volte?
«Giuro solennemente che non ti abbandonerò per un solo istante.» Nick si batté il petto con la zampa destra. «Hai la mia parola, agente Hopps.»
«D’accordo allora.» Judy gli rivolse un sorriso malizioso. «Vedi di darti da fare, agente Wilde. Ti starò col fiato sul collo.»
Oh, non chiedo di meglio.








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Angolino dell'autrice:
Oggi sono andata a rivedermi Zootropolis al cinema per la seconda volta e... niente, l'ho amato ancora più di prima e mi struggo perché su internet non si trova neanche il camrip dei negri (in compenso il mio cuore è andato full r.i.p. dopo il rewatch di oggi). Ci tenevo particolarmente a ringraziare tutte le persone che hanno commentato, favorito, ricordato e seguito la storia, perché siete veramente tanti e io non me lo aspettavo. Mi riempie di gioia vedere quanta gente ha amato questo film, davvero. Siete tutti meravigliosi. Perdonatemi se non vi menziono uno ad uno, e se non rispondo alle vostre recensioni, ma vi assicuro che leggo con interesse ogni parere che mi lasciate e vi sono sempre grata per il tempo che avete speso a commentare qualcosa di scritto da me. Voi non avete idea di quanto mi facciate felice, perché è semplicemente magnifico sapere che una fangirl è riuscita a creare "nutrimento" per sé e per un altro fan. Sono piena di gioia in questo momento, se potessi vi abbraccerei tutti. 
Ok, ho blaterato fin troppo. Sappiate solo, per quel che può interessarvi, che ci sono tantissimi progetti in serbo, tantissime idee che non vedono l'ora di essere scritte e condivise con voi. Aspetto solo che il film esca piratato in rete per rivedermelo diecimila milioni di volte e documentarmi più che posso, per offrire (a me e a voi) qualcosa che possa davvero emozionare. 
Ancora, grazie di tutto.

 

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Capitolo 7
*** Affare fatto (0) ***


~Coniglio~
7 - Affare fatto (0)





 
Note:
1) Il capitolo è una sorta di "sequel" di quello precedente, in quanto i fatti narrati qui di seguito affondano le loro radici negli avvenimenti del capitolo 6
2) Il (0) tra parentesi indica che questa one-shot, per quanto possa essere vista come storia a sé, è comunque la prima di una mini-serie di storie legate tra di loro da un filo logico ben preciso. Quando arriverete alla fine del capitolo, capirete al volo di cosa sto parlando... detto ciò, buona lettura!
_______________________


 

 
 



Erano da poco passate le quattro del pomeriggio. Nick sorseggiava rumorosamente il suo frappè ai mirtilli mentre con l'altra zampa trafficava sullo schermo del cellulare.
«Non posso credere che siamo davvero riusciti a venire qui» disse Judy, girando un cucchiaino di zucchero nel proprio caffè. «Conoscendo la nostra proverbiale fortuna, come minimo oggi mi sarei aspettata l'Armageddon.»
E, a dirla tutta, Judy non era convinta di essere del tutto fuori pericolo.
Succederà qualcosa, pensò tra sé e sé. E dovremo dire addio al nostro pomeriggio tranquillo.
«Forse intendevi la tua proverbiale fortuna, Carotina.» Nick allontanò la cannuccia dalla bocca e le sorrise. «Finché sarò con te, non permetterò a niente e nessuno di rovinare la nostra pace nel Giardino dell'Eden.»
«Giardino dell'Eden?» Judy scoppiò a ridere. «Circondati da mammiferi dieci o venti volte più grandi di noi, seduti al tavolo di un bar di seconda categoria – ok, ok, i frappè ai mirtilli che fanno qui sono deliziosi, non guardarmi storto – e con il rischio che da un momento all'altro arrivi una chiamata di emergenza? Me lo immaginavo diverso, il Giardino dell'Eden.»
«Non è l'ambiente, Judy, che fa di questo posto un Giardino dell'Eden.» Nick si portò le zampe al cuore e abbassò le orecchie. «Siamo noi, col nostro amore, a renderlo tale.»
Judy annuì distrattamente e cominciò a guardarsi intorno, fingendo di ignorarlo. «Uh-uh. Oh, scusa, hai detto qualcosa?»
L’imminente replica di Nick fu bruscamente interrotta da un barrito allarmato proveniente dalle vicinanze.
Le orecchie di Judy si mossero per conto loro.
«Hai sentito?» chiese alla volpe.
«No» rispose Nick, «sono entrato nel corpo di polizia pur essendo sordo.»
Judy ignorò il suo sarcasmo. «Andiamo.» Fece per alzarsi dalla sedia, ma si bloccò quando vide l'espressione sul volto di Nick. «Che c'è?»
La volpe alzò gli occhi al cielo. «Secondo te?»
«Al ladro!» Gridò una voce disperata. «La mia valigetta! La mia valigetta!»
«Nick!» Judy fremeva d'impazienza. «Dobbiamo intervenire! È nostro dovere!»
Le stava tenendo il broncio. Le stava davvero tenendo il broncio!
«L’hai proprio chiamata, la malasorte» sospirò infine Nick, dopo interminabili momenti di tensione. «La lista dei debiti si allunga, Carotina.»
«Prenditela con il crimine, non con me.» Con un balzo, Judy fu immediatamente in pista. «Ti precedo, vado a vedere che succede. E tu non dartela a gambe, agente Wilde.»
La volpe sollevò le braccia in segno di resa. «Non ne ho neanche la voglia» la rassicurò lui.
«Mi farò perdonare» promise la coniglietta.
«Certo» ne convenne Nick, «come tutte le altre volte.»
Judy scosse la testa e si allontanò a lunghi salti, diretta verso il piccolo gruppo di mammiferi che si era radunato nei pressi dell’incrocio stradale.
Perché se la prende con me?, si ritrovò a chiedersi. Non riusciva a togliersi dalla mente l’espressione delusa di Nick e questo la faceva sentire profondamente in colpa.
Non devo, sto soltanto facendo il mio dovere. Ma, per quanto se lo ripetesse, qualcosa continuava a tormentarla dentro come un tarlo, tanto piccolo quanto fastidioso.
 
*
 
«Dunque, alla fine…»
Judy affondò il muso tra le mani. «Non ricominciare…»
«… Quello stupido elefante aveva semplicemente lasciato cadere la sua valigetta dietro un cassonetto dell’immondizia.»
«Nick…»
«E, a causa di quello stupido elefante…» Nick cominciò a contare. «Vediamo: ho buttato il mio delizioso frappè ai mirtilli nel cestino, ho perso due ore del mio prezioso tempo libero ad ascoltare le improbabili descrizioni di quell’imbecille sul misterioso figuro che gli aveva rubato la valigetta...»
«Nick
«… Ho rischiato di farmi calpestare la coda» continuò Nick, ignorandola, «non una, non due, ma ben tre volte dalla calca di idioti che si era affollata tutt’intorno allo stupido elefante e, cosa ancora più grave, ho bruciato una delle mie poche occasioni di trascorrere un pomeriggio rilassante con la mia Carotina preferita.»
Menomale che aveva soltanto quattro dita, altrimenti chissà per quanto ancora sarebbe andato avanti a contare le sciagure di quel giorno.
«Quindi, tirando le somme: che voto dovrei dare a questa giornata, agente Hobbs?»
Judy sospirò. «Hai intenzione di rinfacciarmelo per sempre?»
«Forse.» Nick le elargì il suo solito sorriso mellifluo. «Te l’ho detto prima, no? La lista dei debiti si allunga. A meno che… non cominciamo già da subito a depennare qualche pagamento arretrato.»
«Cos’hai in mente?» gli chiese, incautamente. Il ghigno sul volto della volpe si accentuò ancora di più.
«Fammi pensare… mi avevi detto che la tua famiglia produce anche mirtilli, dico bene?»
«Sì» confermò Judy. «E… con ciò?»
«Fammela conoscere» rispose Nick. «La tua famiglia, intendo. Sai, è da un po’ che mi dico: “vorrei proprio complimentarmi con i genitori di Judy per la qualità della loro produzione”.»
C’era qualcosa di tremendamente ambiguo in quella frase, ma Judy si convinse – dovette farlo, altrimenti sarebbe impazzita – che fosse solo una sua impressione. Ciò comunque non le impedì di sentire puzza di guai lontano un chilometro.
Ma, in quel momento, l’unica cosa che desiderava con tutto il cuore era recuperare il tempo perduto con lui… e questo, col senno di poi, le fece commettere un fatale errore.
«Beh, d’accordo. Non pensavo che ci tenessi tanto a incontrarli, ma se è così… ben venga. Suppongo.»
Nick rise sotto i baffi. «Affare fatto?» le domandò, tendendole una zampa.
Judy lo squadrò, perplessa. «Ehm, okay? Affare fatto.»
E, nel momento in cui si strinsero la zampa, Judy seppe con assoluta certezza di essersi appena imbarcata in un bastimento carico di guai.










__________________
Angolino dell'autrice:
Mi commuove dal profondo del cuore vedere quante persone stanno seguendo questa raccolta. Aumentate ogni giorno, state quasi riuscendo a farmi credere che ho re-imparato a scrivere in modo semi-decente! Grazie con tutto il cuore. E un grazie in particolare a tutti coloro che recensiscono i capitoli e mi fanno sapere cosa ne pensano (e cosa vorrebbero che accadesse... :D), vi voglio sinceramente bene. 
*torna nella sua tana a piangere sull'OTP della vita*

 

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Capitolo 8
*** Rabbia (7➝) ***


~Volpe~
8 - Rabbia (7➝)


 
 



Se Nick Wilde fosse stata una volpa senza spina dorsale, probabilmente non sarebbe mai salito su quel treno. Però, si disse, lui aveva una ragione più che valida per farlo.
E quella ragione era seduta proprio di fianco a lui, tranquilla e sorridente, intenta a cercare qualcosa tra gli album di Zoogle Photo.
«Ecco» disse Judy, «questa è una foto di me e i miei genitori.»
Nick allungò il collo per vedere più da vicino. «Quanti anni avevi in questa foto?»
 La coniglietta sorrise. «Diciotto. Me lo ricordo molto bene, perché li avevo compiuti da poco.»
Nick le sorrise di rimando. «Non sei cambiata di una virgola, Carotina.»
Non era assolutamente vero, ma aveva bisogno di prenderla un po’ in giro per dimenticare l’ansia che stava strisciando dentro di lui.
«Bugiardo.» Judy ridacchiò, perfettamente consapevole – stava imparando a conoscerlo troppo bene – che stava soltanto cercando di provocarla.
«Mi hai scoperto.» Nick chiuse gli occhi e appoggiò la testa al sedile. «Coniglietta acuta.»
Avvolto nell’oscurità, Nick Wilde cominciò a pensare. Era stato incauto.
No, non incauto… ingenuo.
Ingenuo, perché per un attimo aveva creduto di poter ignorare una questione fondamentale: lui era una volpe, Judy Hopps un coniglio. E quel coniglio lo stava conducendo – dietro sua richiesta, per di più! – in una tana piena di altri conigli i quali, verosimilmente, per tutta la vita non avevano fatto altro che vendere carote ad altri conigli e mettere al mondo conigli che, a loro volta, sarebbero cresciuti tra le carote e avrebbero venduto quelle stesse carote ad altri conigli e via così, in un ciclo infinito di conigli e carote, carote e conigli.
Ed era estremamente improbabile che Nick Wilde avrebbe trovato posto in quel delicato ecosistema.
«Sei preoccupato?»  
La domanda di Judy lo colse impreparato. «No» rispose, d’istinto. Ma di fronte al sorriso divertito di lei, la sua bugia non poteva resistere a lungo. «… Forse, un pochino.»
Judy incrociò le zampe al petto. «Che aspettavi a dirmelo, stupido? Mi reputi ottusa fino a questo punto?»
Non c’era alcuna traccia di un vero rimprovero nella sua voce. Ciononostante, Nick Wilde non poté fare a meno di avvertire qualcosa di molto simile a un senso di colpa gravare sul suo stomaco.
«Niente affatto, Carotina. È solo che…» Nick sospirò, alla ricerca delle parole giuste. «Non ho pensato fino in fondo alle implicazioni di tutta questa faccenda, e adesso mi trovo, come dire…»
«Impreparato?» suggerì lei.
 Cosa fai, mi leggi nel pensiero?
«Qualcosa del genere.»
Judy rise di nuovo. «Vorrei ricordarti che è stata una tua idea, Nick.»
«Lo so» replicò la volpe. «Anche io posso commettere degli errori di valutazione, qualche volta.»
Judy scosse la sua adorabile testolina grigia. «Se può consolarti, non sarai la prima volpe con cui i miei genitori hanno a che fare.»
In effetti, questo lo consolava un po’. Nick tirò su le orecchie, sollevato e al contempo incuriosito. «Davvero?»
«Già» confermò la coniglietta. «Pensa che ci lavorano anche insieme.»
La faccenda stava prendendo una piega del tutto inaspettata.
«Perché non l’hai detto prima, Carotina?» Nick ricadde sul sedile, improvvisamente libero da un enorme peso.
«Forse perché tu non me l’hai chiesto?» propose Judy. «D’altronde, come posso immaginare che Nicholas Wilde, colui che sembra avere sempre il controllo della situazione, sia in realtà terrorizzato all’idea di conoscere la mia famiglia?»
«Non ero terrorizzato!» esclamò Nick, punto sul vivo. «Ero solo… inquieto, ecco.»
«Oh, Batuffolino» Judy si sporse verso di lui e gli afferrò le guance. «Sei così carino quando ti mettono alle strette, sai?»
«Non–!» Nick percepì una vampata di calore e gli sembrò di aver appena preso fuoco. «Non trattarmi come uno stupido!»
«Volpe ottusa» sussurrò Judy, a un pelo dal suo naso. «Ti piace questa inversione delle parti, Nick?»
«Sì… cioè, no!» La volpe maledisse il suo subconscio con tutte le sue forze. «Mi stai facendo male, puoi lasciarmi andare ora
Dopo un tempo che parve interminabile – o troppo breve, a seconda dei punti di vista, Judy si allontanò da lui senza mai interrompere il contatto visivo. «Ti senti meglio, collega
Nick si massaggiò le guance, un magro tentativo di dissimulare l’imbarazzo prepotente che lo stava divorando. «Molto meglio, grazie… collega
La maliziosa coniglietta tornò a sedere accanto a lui, come se nulla fosse accaduto. «Sai» esordì con un sorriso, «pare che sia stata io ad “aprire loro gli occhi” e a convincerli a mettersi in società con Gideon Grey.»
«Gideon Grey» ripeté Nick, tentando di ricordare a chi appartenesse quel nome. «Non ho idea di chi sia.»
Judy inclinò la testa. «Ma no, stupido, è ovvio che tu non lo conosca. Lo chiamo per nome perché da piccoli eravamo compagni di scuola.»
Nick rizzò le orecchie, come se avesse appena captato un segnale di pericolo. «Compagni di scuola?»
«Già. Abbiamo la stessa età, e lui ha già un business tutto suo.» Judy si lasciò sfuggire un sorriso, mentre tesseva le lodi di quel Gideon Grey.
«Andavate d’accordo?» chiese Nick, fingendo il più completo disinteresse alla faccenda. Se stesse fingendo per Judy o per se stesso, però, questo non era in grado di stabilirlo.
«Non direi» rispose Judy. «Pensa che un giorno, dopo la recita di classe, avemmo un litigio. Io lo spinsi a terra e lui di rimando mi saltò addosso e…» La coniglietta si toccò la guancia sinistra. «Mi graffiò la faccia.»
«Cosa?» esclamò Nick, strabuzzando gli occhi. «Quella volpe ti aggredì?»
Lei annuì. «Ma è successo tanto tempo fa. Gideon, sai, era un tipo molto insicuro, quindi cercava di mascherare le sue debolezze fingendosi brutto e cattivo… più o meno.»
Questo spiega molte cose, pensò Nick con una punta di amarezza. Improvvisamente, il repellente per volpi che aveva notato al loro primo incontro aveva assunto un significato completamente diverso.
«E tu l’hai perdonato?» le chiese, ben attento ad osservare ogni minimo cambiamento nella sua espressione.
«Eravamo bambini, Nick!» Judy alzò gli occhi al cielo e guardò fuori dal finestrino, oltre le colline che circondavano la pianura. «E molto stupidi, a modo nostro.»
«Questo non lo autorizzava a farti del male.»
Era rabbia, quella che sentiva ribollirgli nelle vene?
«A quell’età non si distingue tra bene e male. Gideon si sentì “attaccato” da me, probabilmente, e reagì di conseguenza.»
«Oh, certo!» esclamò Nick. «Una volpe si sente attaccata da un coniglio e quindi reagisce per proteggere la sua persona. Ottima linea difensiva, agente Hobbs. Con questo ragionamento potresti tirar fuori di galera i peggiori criminali di Zootropolis.»
Judy sospirò. «Nick, non ti ho raccontato questa storia per farti arrabbiare.»
«Non sono arrabbiato» replicò Nick. Infatti, sono furioso. «Ma tu dovresti imparare a dosarla, questa tua terrificante comprensione nei confronti del prossimo. Ci sono azioni che non possono essere giustificate, né ora né tra un milione di anni.»
Un ricordo doloroso minacciò di riaffiorargli alla mente, ma la volpe lo ricacciò indietro con odio.
Judy abbassò le orecchie e lo guardò, gli occhi grandi e pieni di stupore. «Nick…»
Ma Nick non si sarebbe lasciato intenerire. Non questa volta.










__________________
Angolino dell'autrice:
Non credo che riuscirò a mantenere il ritmo di un capitolo al giorno ancora per molto... *suda*
Lunedì ricomincia l'università e io sono già stanca, lol. Inoltre devo cercare di tornare al cinema a vedere Zootropolis per la terza (e non ultima) volta e sto entrando in confusione. Comunque! Ogni giorno appaiono nuovi recensori, non ho parole per esprimere la mia gioia ;_; siete meravigliosi (e divertenti), grazie! <3 Spero che la storia continui a piacervi, personalmente sto facendo del mio meglio per scrivere in modo sempre più curato. E... niente, non so che altro dire. Spero di potervi portare il prossimo capitolo molto presto, ma temo che non sarà domani. Forse domenica, se va tutto bene. Be patient~

 

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Capitolo 9
*** Gideon Grey (8➝) ***


~Volpe~
9 - Gideon Grey (8➝)


 
 



«Nick, ti presento Gideon Grey.» Judy tese una zampa in direzione della volpe.
Nick lo squadrò da capo a piedi.
Faccia da idiota, pettinatura da idiota, grembiule da idiota e… Nick serrò la mascella. Lavora con i genitori di Judy.
Fortunatamente per lui, Nicholas Wilde era un ottimo attore.
«Molto piacere» rispose Nick, educatamente. «Nicholas Piberius Wilde, agente di polizia.»
Gideon Grey impallidì. «A-ah, quindi voi siete entrambi...»
«Colleghi» confermò prontamente Judy.
«Amici» la corresse Nick, scoccandole un'occhiata indispettita.
Grey si grattò la nuca, ogni pelo del suo corpo sembrava trasudare disagio. «È un piacere anche per me, s-signor Wilde. Non credevo che una volpe potesse… intendo…»
«Potesse diventare un poliziotto?» suggerì Nick, sorridendo ampiamente. Vide Gideon Grey annuire e ingoiare a vuoto.
«Oh, m-ma non mi fraintenda, trovo che sia una cosa fantastica!»
Con la coda dell’occhio scorse Judy implorarlo con lo sguardo di non infierire sull’ex-compagno di classe.
Nick si lasciò sfuggire un sospiro annoiato. «Sì» ne convenne lui alla fine, «davvero fantastico.»
Per qualche istante nessuno disse nulla. Judy aveva affondato il viso tra le zampe – non fare così, Carotina, è ordinaria rivalità tra predatori! – e la volpe che rispondeva al nome di Gideon Grey aveva preso a guardarsi intorno, come a voler cercare una via di fuga da quella situazione opprimente.
In tutto questo, Nicholas Wilde non poteva essere più soddisfatto di così.
Per amor del vero, una parte di sé era vagamente cosciente della propria infantilità. Ciononostante, pur con tutta la buona volontà di questo mondo – e Nick, anche se non sembrava, stava davvero cercando di fare del suo meglio per non saltargli alla gola – la volpe proprio non riusciva a mandare giù quel tale col grembiule sebbene, o forse proprio perché, gliel’avesse chiesto la sua partner.
Approfittando di un momento in cui Grey non stava guardando dalla loro parte, Judy gli assestò una gomitata sul fianco. «Sai» esordì poi, come se niente fosse, «Gideon fa delle fantastiche torte ai mirtilli, dovresti proprio provarle.»
Nick strinse i denti mentre si massaggiava il fianco colpito. «Ma davvero.»
Ops, ho dimenticato di fingermi colpito.
«O-oh» balbettò Grey, «Judy è troppo gentile, non sono poi così bravo...»
«Non sminuirti così, Gideon!» esclamò Judy, poggiandogli una zampina sul braccio. «Le tue torte sono davvero squisite, lo diciamo tutti in famiglia.»
Nick alzò gli occhi al cielo. Cosa mi tocca patire…
Gideon Grey rise, imbarazzato. «Sono m-molto contento che la pensi così, Judy. Sai, non nutro molta fiducia nelle mie capacità.»
«E sbagli.» Judy gli sorrise con un calore che Nick non credeva di poter vedere rivolto a qualcun’altro che non fosse, beh, lui. Faceva un po’ male, si ritrovò a pensare.
Ma non dovrebbe, replicò al suo stesso subconscio. «Andiamo Nick, ti stai comportando come un bambino. Lei non è una tua proprietà.»
«Oh, sì che lo è, invece.»
«No.»
«Sì. E, se anche non fosse tua – e non è questo il caso – di certo non è di quell’imbecille col grembiule.»
Se Judy avesse saputo che una parte di lui la considerava una sua proprietà, non avrebbe esitato a sbatterlo in galera e a buttare la chiave della cella nel cratere di un vulcano.
Il pensiero lo fece sorridere, ma quel sorriso si estinse presto quando Nick ricordò quale scena si stesse svolgendo proprio di fronte ai suoi occhi.
«Aehm–» la volpe emise un colpo di tosse per riportare su di sé l’attenzione. «Beh, è stato molto bello conoscerci e tutto il resto, signor Grey, ma io e Judy dovremmo proprio andare adesso, perciò… tanti saluti.»
«Eh?» Judy aprì la bocca per protestare, ma Nick le mise rapidamente un braccio attorno alla vita e la costrinse a seguirlo.
«Cosa stai facendo?» sibilò tra i denti la coniglietta.
«Mi allontano prima di rendere me fautore di un crimine e te una testimone oculare del suddetto, Carotina.»
«Per l’amor del cielo!» Judy gli pestò una zampa, costringendo la loro fuga a volgere al termine. «Ti stai comportando come un bambino!»
Cosa ti avevo detto, inutile subconscio dei miei stivali?
«Carotina» cominciò Nick, tra un grugnito di dolore e l’altro, «quale pensi che sia la mia opinione su Gideon Grey?»
«È proprio questo il punto, Nick» rispose Judy. «Tu non vuoi avere un’opinione su di lui. Proprio tu, che dici di non sopportare i pregiudizi, ti stai comportando esattamente come ne avessi.»
«Non è un pregiudizio, ma un dato di fatto. Come posso ignorare i suoi trascorsi? Sono proprio gli animali come lui che alimentano la paura delle prede per i predatori. È a causa sua che…»
«Smetti di parlare come se Gideon fosse la causa di ogni male del mondo» lo zittì Judy, mettendogli una zampa sulla bocca. «Se io l’ho perdonato, tu non hai alcun motivo per non farlo. Anzi, a dirla tutta… non capisco neanche perché tu te la prenda così tanto.»
«Non ci arrivi da sola?» le rispose Nick, più duro di quanto non avesse voluto. Judy inclinò leggermente la testa – tipico di lei quando non capiva il senso di quanto le veniva detto.
«Stai cercando di implicare qualcosa?»
Nick alzò gli occhi al cielo. «Sì, che sei una coniglietta ottusa.»
Lei arricciò il naso, risentita. «Se qui c’è un vero ottuso, quello sei tu.»
«Qui non si tratta di essere ottusi, si tratta di… ah, lasciamo perdere.»
La verità era che Nick non aveva alcuna voglia di spiegare a Judy quello che non era in grado di spiegare neanche a se stesso. Senza contare che, per quanto non nutrisse alcuna simpatia per Gideon Grey, in cuor suo sapeva che quello non era affatto un comportamento corretto.
Alla fine, non sono poi così diverso dagli altri.
«Nick, ascolta.» Judy inspirò profondamente, come se si preparasse a discutere con un cucciolo problematico. «Io sono felice che tu abbia preso così tanto a cuore la questione di Gideon Grey» e, nel dire questo, gli prese le zampe con delicatezza. «So che l’idea di un tuo simile che si comporta in questo modo deve farti salire il sangue alla testa, e so… cioè, immagino, che sapere me in balia di una volpe aggressiva non debba risultarti molto piacevole.»
In circostanze ordinarie, Nick avrebbe riso di tutte le sottili implicazioni presenti in quella frase e replicato nel suo solito modo sarcastico che riservava solo alle discussioni più divertenti. Eppure, la risata che avrebbe dovuto smontare il discorso di Judy non voleva saperne di venire fuori. Nick aprì la bocca e cercò in tutti i modi di emettere un suono, un qualunque suono, ma semplicemente non ci riuscì. E allora, rendendosi conto che poteva solo ascoltare, chinò il capo con un sospiro.
«Ma vedi, Nick» continuò Judy, dolcemente, «ognuno di noi ha la possibilità di cambiare. E se tale possibilità rimanesse per sempre vincolata a ciò che siamo stati, allora nessuno di noi potrebbe mai aspirare ad essere qualcosa di più di quello che è. Se ne siamo capaci, è esattamente perché possiamo lasciarci il passato alle spalle e rinascere migliori di prima. E tu, amico mio, dovresti saperlo meglio di chiunque altro.»
Come sempre, pensò Nick, il petto gonfio di rispetto e ammirazione, non posso davvero competere con te, Carotina.
Nessuno avrebbe potuto, probabilmente, perché non esisteva astro più luminoso di Judy Hopps in nessun angolo dell’universo. E forse non sarebbe mai esistito nell’intera storia del genere animale.
«È incredibile come tu ci riesca» disse infine Nick, con un sorriso.
«Come riesca a fare cosa?»
«A brillare così.» Nick abbassò il capo e diede un bacio a quelle zampine grigie che per tutto il tempo avevano stretto le sue. «La vostra luce mi abbaglia e mi incanta ogni giorno di più, madame.»
Per tutta risposta, Judy arrossì violentemente e si voltò dall’altra parte. «Stupido! Guarda che io ero seria…»
«Anche io» replicò quietamente Nick. «Lo sai che sono sempre serio quando ti faccio i complimenti.»
Era così carina, Judy Hopps, quando gli teneva il broncio in quel modo. Gli faceva venir voglia di metterla ancor più in imbarazzo.
«Beh… va bene» borbottò lei, alzando lo sguardo con circospezione. «Ma non pensare di farla franca. Più tardi torneremo da Gideon e tu ti scuserai con lui.»
Nick scosse la testa. «Oh, no. Farò di meglio, mia piccola Carotina.»
Judy abbassò le orecchie. «No» sussurrò, terrorizzata. «Ti prego, no. Il tuo “meglio” è sempre un–»
«Un gran casino?» suggerì la volpe, ridacchiando. «Ma è per questo che ci divertiamo sempre così tanto, io e te.»
«Chi si diverte?!»











__________________
Angolino dell'autrice:
... S-siete veramente troppi ad aver messo questa storia tra i preferiti. Sto cominciando ad avvertire qualcosa di molto simile a un'ansia da prestazione... *suda*
Ad ogni modo, ecco qui il capitolo. Confesso che ho avuto delle difficoltà a scriverlo e che non ne sono pienamente soddisfatta, ma... se dovessi pubblicare solo quando sono al 100% sicura di ciò che ho creato, probabilmente nel mio profilo trovereste sì e no cinque storie. And I'm not even kidding. Spero, comunque, che sia stato di vostro gradimento. E, come sempre, grazie infinite a tutti coloro che seguono la storia e un doppio grazie a chi si prende sempre la briga di commentare, siete adorabili <3


 

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Capitolo 10
*** Bisogno ***


~Coniglio~
10 - Bisogno


 

 

 
 


Judy Hopps proruppe in una tosse estremamente dolorosa, che fu come una pugnalata al suo già compromesso diaframma.
«Sei stata grande, Hopps.»
Judy provò a sorridere, ma non le riuscì molto bene. «La ringrazio, capitan Bogo. È stata… ordinaria amministrazione.»
«Oh, non direi. Fermare un gorilla inferocito non la definirei esattamente come “ordinaria amministrazione”.»
«Non è stato solo merito mio» sospirò Judy, tra uno spasmo e l’altro. «L’agente Wilde si è dimostrato pronto… come e più di me.»
«Ho già ringraziato il tuo partner per l’ottimo lavoro, Hopps. Ma ammetterai che la tua presa di iniziativa è stata fondamentale per acciuffare il malvivente.»
Judy rilassò il busto e si lasciò scivolare contro il muro del vicolo in cui aveva catturato Monk Heim, il pericoloso ricercato evaso dal carcere di Zootropolis due settimane prima.
«Certo… signore.»
Era stanca, davvero tanto stanca.
«Sta arrivando l’ambulanza, Hopps. Ora rilassati, tra pochi minuti sarai in ospedale.»
Judy fece un cenno d’assenso e chiuse gli occhi, cercando di respirare molto lentamente e senza sforzare troppo il diaframma. Rimase in quello stato per un tempo che le parve lunghissimo, finché…
«Ehi.»
La coniglietta sollevò appena le palpebre e scorse un bagliore verde che le era estremamente familiare. Gli angoli della sua bocca si piegarono lentamente all’insù. «Ehi» sussurrò alla volpe che si era chinata alla sua altezza – una cortesia che Judy non mancava di trovare assolutamente adorabile. «Agente Wilde… congratulazioni.»
«Oh, no.» Nick scosse il capo e le regalò un sorriso dolce come il pan di zenzero. «Sei tu la vera eroina, qui.»
«50 e 50» propose lei. La volpe rise e le sfiorò la guancia, scendendo poi lentamente sul collo martoriato e dolorante. Fu un gesto così improvviso, eppure così delicato, che Judy non ebbe neppure il tempo di pensare a una reazione opportuna.
«Sei messa male.» La voce di Nick, solitamente calma e sicura di sé, aveva improvvisamente assunto un tono basso e sommesso. Anche la cura con cui le stava accarezzando il pelo aveva un qualcosa di diverso dal solito che la fece rabbrividire, e non in senso negativo.
«Sei preoccupato per me?» chiese Judy, ghignando appena. «Questo non è da te, Nicholas Wilde. Dov’è finito il tuo proverbiale cinismo?»
Judy voleva risultare divertente ma, contrariamente alle sue aspettative, la volpe non rise. Nick scosse stancamente il capo e ricambiò la sua frecciatina con un’occhiata così seria da farle male al cuore.
«Mi chiedi se sono preoccupato per te?» Nick allontanò la zampa da lei con un sospiro. «No, non sono preoccupato. Sono mortalmente preoccupato, razza di idiota.»
Judy guardò in quegli occhi verdi come due smeraldi e vi scorse qualcosa di molto simile alla paura. «Oh, Nick…»
«“Oh, Nick” un corno, Judy!»
Un istante dopo, Nick l’aveva stretta a sé con tutte le sue forze. «Potevi morire, dannazione. Morire! Perché non mi hai aspettato? Perché devi sempre fare di testa tua? Non sono diventato il tuo partner per andare in giro a raccattare i resti del tuo cadavere!»
Mi ha chiamato “Judy”, fu il primo pensiero che venne a galla dalla confusione in cui versava la sua testa. E questo la diceva lunga su quanto il suo partner fosse preoccupato per lei.
«Stai…» Judy deglutì a fatica, lottando contro il dolore al costato che la stava uccidendo. «Stai tremando.»
Nick ignorò la sua affermazione. «Hai una vaga di come sarebbe andata a finire se io non avessi avuto con me la pistola spara-anestetici? A quest’ora non esisterebbe più nessuna Judy Hopps, solo carne da macello!»
La volpe stava tremando sempre di più, si accorse Judy. Ricorrendo a tutte le sue forze, la coniglietta sollevò le zampe e circondò Nick in un debole e goffo abbraccio.
Tra le sue braccia, lo sentì trasalire.
«Perdonami» gli sussurrò all’orecchio. «Sono… stata un’idiota.»
«Qui non si tratta solo di te» continuò Nick, stringendola ancora più forte – era a tanto così dal farle male, ma lei non glielo avrebbe mai detto per nessuna ragione al mondo. «Cosa… cosa dovrei fare, secondo te? Come pensi che mi sentirei, eh, se la mia partner un bel giorno mi facesse ciao ciao con la zampina e comprasse un biglietto di sola andata per l’altro mondo?»
«Nick…»
Era debole, e stanca, e respirare le costava una fatica immensa. Eppure, nulla era tanto terribile quanto il dolore che le stava martoriando il petto.
Grossi lacrimoni si accumularono agli angoli dei suoi occhi, mentre gli accarezzava piano la schiena rigida e tremante. «Mi dispiace, Nick. Mi dispiace così tanto…»
«Sei un’egoista» continuò Nick, a voce più bassa e sommessa. «Smetti di pensare solo al bene di questa di questa città… pensa anche a te, una volta ogni tanto. Pensa a me, che senza di te… non c’è bisogno che te lo dica, vero?»
«Non so» tossì Judy, le guance rigate da un pianto silenzioso. «Sono… pur sempre una coniglietta ottusa, no?»
Nicholas Wilde rise – ed era un mistero come una semplice risata potesse trasmettere così tanto amore da farle esplodere il cuore nel petto.
«Ho bisogno di te, Carotina. Oggi, domani e per tutti i giorni a seguire fino alla fine dei tempi. Perciò, per favore, guardati bene dal morire la prossima volta, perché quando rischi la vita tu… beh, la rischio anche io.»
Judy Hopps si aggrappò a lui con ogni brandello di energia rimastole e affondò il viso nella sua camicia, mentre scivolava lentamente in un cupo oblio privo di sogni.
«Attento a quello che dici, agente Wilde… potresti quasi farmi innamorare di te.»










__________________
Angolino dell'autrice:
Sì, lo so che vi aspettavate tutti il sequel del capitolo precedente, ma... nessuno mi obbliga a rispettare un ordine cronologico, no? Perciò beccatevi questa one-shot simildeprimente mentre io macino e rimacino e scrivo a più non posso.
PS: oggi sono andata a vedere Zootropolis al cinema per la terza volta e... ci credete che andrei già a rivedermelo domani?


 

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Capitolo 11
*** In cantina ***


~Coniglio~
11 - In cantina


 

 

 
 


Judy tamburellò con le dita sulla propria gamba. Il suono prodotto da quel movimento ritmico fu amplificato dall'oscurità, producendo un eco fastidioso.
«Nick...» Il nome della volpe lasciò le sue labbra sotto forma di sospiro sconfortato.
Il buio profondo inghiottì le sue parole, come se non le avesse mai pronunciate.
«Nick» sibilò di nuovo la coniglietta. «Vieni fuori, adesso
Ancora una volta, nessun suono giunse in risposta. Neppure il suo udito perfetto riusciva a captare qualcosa, il che contribuiva ad aumentare l'ansia di cui Judy era preda.
Sta diventando abile, pensò, in un misto di orgoglio e stizza.
«Nick, dico davvero... non è divertente.»
«Per chi non è divertente?»
Nel buio, una voce a lei terribilmente nota sussurrò parole divertite ad un soffio dal suo orecchio. Judy si voltò di scatto e tentò di acciuffare le tenebre, ma ottenne solo di sbilanciarsi e finire col muso per terra.
«Nick!» gridò, al colmo della misura. «Vuoi darci un taglio, sì o no?»
La volpe, nascosta chissà dove nell'oscurità della cantina, scoppiò in una risata beffarda.
«Rilassati, Carotina!» La voce di Nick suonava perfettamente calma e composta – persino eccitata, ad un’analisi più attenta. «Non voglio mica mangiarti, sai?»
«Ti sembra il caso di giocare, in un momento simile?» Judy si rialzò tremante dal pavimento e tese le zampe a vuoto, alla disperata ricerca di un appiglio. Detestava non vedere nulla, e detestava ancora di più che qualcuno, invece, ci vedesse benissimo.
«A tre passi da te c'è un tavolo» disse Nick. «Ecco, ci sei quasi... salva!»
Judy quasi abbracciò quello che doveva essere il bordo di un tavolo di legno, come un naufrago bacia la spiaggia su cui riesce miracolosamente a fare approdo.
«Perché nessuno è ancora venuto ad aiutarci?» proruppe la coniglietta, con un singulto avvilito. «Dovrebbero sapere dove ci troviamo, ormai. È passata un’ora!»
«Abbi fede, Carotina. Sono certo che Clawhauser abbia già mobilitato l'intera squadra per ritrovarci.»
Pure nell'oscurità più folta, a Judy sembrava quasi di poter vedere l’espressione scettica di Nick mentre alludeva all'incapacità di Benjamin Clawhauser.
Avrebbe voluto contraddirlo, ma non aveva letteralmente le basi per farlo.
«Non voglio morire qua dentro» protestò Judy, aggrappandosi al tavolo di legno come fosse una scialuppa di salvataggio. «Non prima di aver acciuffato quel dannato lupo.»
«Il lupo sarà ormai lontano» commentò Nick, come se la faccenda non lo riguardasse più di tanto. «Dubito seriamente che la polizia di Zootropolis riuscirà a prenderlo, questa volta.»
Judy si morse il labbro inferiore, spazientita.
«Vorrei ricordarti, caro Nick, che anche tu fai parte di questa polizia di cui parli con tanta leggerezza, e che noi due avremmo dovuto acciuffare il lupo in questione. Perciò la colpa è solo nostra.»
Anzi... è solo mia.
Uno sbuffo annoiato riempì l'atmosfera opprimente della cantina. «Come sei noiosa, Carotina. Mi fai quasi passare la voglia di prenderti in giro.»
«Oh, finalmente una buona notizia.» Judy batté ripetutamente una zampa per terra, suonando il ritmo della rabbia che stava montando prepotente dentro di lei.
«Ehi.»
Qualcosa di morbido e gentile si posò sulla sua spalla. Judy sobbalzò così violentemente da perdere la presa sul tavolo e cadere a terra per la seconda volta.
«Ahi, che male...»
«Sei una stupida» disse la voce di Nick, che le parve stranamente più delicata del solito. «Ci siamo solo io e te in questo buco di cantina, di cosa ti spaventi?»
«M-mi hai colto alla sprovvista» borbottò Judy, rialzandosi, mentre la stizza faceva posto all'imbarazzo. «Sai com’è, io non ti vedo
«Non hai bisogno di vedermi» replicò Nick, con una punta di risentimento nella voce – finta o sincera? Difficile stabilirlo, quando non puoi guardare negli occhi il tuo interlocutore. «E smettila di darti colpe che non hai, ché poi tocca a me raccogliere i cocci della tua infranta autostima.»
«Ma Nick, lo sai anche tu che–»
«Shhh.» Qualcosa di soffice le coprì gentilmente la bocca, impedendole di finire la frase. «So cosa stai per dire, Carotina: che sei stata tu a permettere a quel lupo di rinchiuderci in una umida e angusta cantina di un ancor più umido e angusto seminterrato, che per colpa tua passeremo un brutto quarto d’ora nell'ufficio di capitan Bufalo Muschiato, che non meriti il distintivo che porti al petto... le solite sciocchezze da coniglietta, insomma.»
«Non sono sciocchezze» dissentì Judy, liberandosi – a malincuore, dovette ammetterlo – della zampa di Nick. «Questa volta è davvero colpa mia...»
«È colpa nostra» la corresse prontamente lui. «Siamo una squadra, giusto? Quindi dividiamo oneri e onori.»
Il calore di quelle parole, così semplici eppure così confortanti, le fece sussultare il cuore. Judy sgranò gli occhi all'inverosimile, cercando di avere la meglio sul buio che la circondava.
Voleva vederlo. Voleva vedere Nick Wilde e abbandonarsi sconsolata al suo abbraccio, consapevole che non esisteva un altro animale in tutto il mondo capace di tirarle su il morale nel modo in cui ci riusciva lui. Era come una magia, una splendida magia che solo loro due conoscevano, di cui erano i sacri custodi.
E così, prima ancora che il suo cervello potesse passare al setaccio quel pensiero e ridurlo a qualcosa di meno imbarazzante e fraintendibile, le sue labbra si mossero per conto loro.
«Voglio vederti» disse perciò alla volpe che non poteva vedere, ma da cui poteva essere vista in tutta la sua fragilità.
«Attenta a quello che dici» rispose Nick, dopo una pausa ben più lunga degli standard a cui era abituata. «Potresti far innamorare qualcuno, con quella vocina supplichevole.»
Improvvisamente consapevole di ciò che aveva detto, Judy avvampò come un falò estivo e barcollò all'indietro.
«No, cioè...» Pensa Judy Hopps, pensa! «Voglio dire, è davvero irritante il fatto che io non possa vedere te ma che tu riesca a vedere me perfettamente. Vorrei proprio guardarti in faccia, sono certa che stai ridendo di me sotto i baffi.»
Col senno di poi, forse avrebbe fatto meglio a non pensare.
«A sette anni raccontavo bugie migliori delle tue, Carotina» rispose Nick, mellifluo. «E comunque, prima ancora che alla mia faccia, forse ti converrebbe pensare alla tua
«Cos’ha la mia faccia che non va?» La domanda sorse piccata, ma in realtà Judy temeva di sapere a cosa si stesse riferendo il suo partner. Istintivamente, la coniglietta si toccò le guance, come a voler rubare il calore che la stava tradendo di fronte a lui.
«Nulla» sussurrò Nick – si era fatto più vicino? Perché le sembrava di poter sentire il suo respiro sul proprio muso? «È assolutamente adorabile, come sempre.»
Il piccolo cuore di Judy Hopps fece un triplo salto carpiato con doppio avvitamento e ricadde nel suo petto con un tonfo doloroso. La coniglietta aprì la bocca per dire qualcosa, qualunque cosa potesse far scoppiare la bolla di mortale imbarazzo in cui era stata inglobata, ma la sua gola aveva improvvisamente deciso di non collaborare e tutto quello che uscì dalle sue labbra fu un rantolo privo di qualunque significato.
Il tutto, ricordiamo, mentre lei non vedeva niente ma era ben visibile a una certa volpe marpiona di sua conoscenza.
«Sei così tenera, Carotina... mi vien quasi voglia di mangiarti.»
«Sleale» riuscì infine a mormorare, mentre il mondo si ribaltava e i punti cardinali cessavano di esistere. «Te ne approfitti solo perché non ti vedo. Mi sembra di parlare con un fantasma...»
E, come se quella dovesse essere una risposta alla sua rimostranza, Judy si ritrovò stretta in un abbraccio così improvviso da farle girare la testa.
«Sono qui» rispose Nick, vicinissimo al suo orecchio. «Va meglio adesso?»
Il cuore aveva smesso di essere un mero organo vitale e si era dato alla carriera di percussionista. Judy implorò il cielo che la volpe non se ne accorgesse, ma le possibilità che un miracolo del genere si verificasse erano prossime allo zero.
«O tutto o niente tu, eh…»
Era un mistero come Nick riuscisse a farla sentire così bene semplicemente stringendola a sé. Forse era il modo in cui le braccia le circondavano l’esile figura? Forse dipendeva dalla differenza d’altezza? Forse era il suo profumo di volpe – di cosa sapeva una volpe, esattamente? – che per qualche ragione pareva entrarle nelle piccole e sensibili narici e darle alla testa? Judy non conosceva la risposta, e non le importava poi così tanto scoprirla.
«Qualcuno qui ha voglia di coccole, vedo» sogghignò Nick, quando la coniglietta ricambiò l’abbraccio. «Lo sai, Carotina, che basta chiedere.»
«Idiota.» Judy rise, cullata da uno stato di profonda e piacevole beatitudine. «Meglio aggrapparsi a te che a un tavolo sgangherato.»











__________________
Angolino dell'autrice:
Nothing to say here. Siete tanti, siete troppi, siete bellissimi, e io faccio del mio meglio per non lasciarvi mai a secco di carburante.
Ah, e questo capitolo mi è piaciuto da morire. <3

 

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Capitolo 12
*** Complimenti di troppo (0) ***


~Volpe & Coniglio~
12 - Complimenti di troppo (0)


 
 



«Un goccino, Wilde?»
Nick scosse il capo per la quarta volta nel corso di quella serata. «No, McHorn. Grazie lo stesso.»
Il rinoceronte annuì con un breve cenno del capo e si allontanò, sghignazzando un «come vuoi» che aveva tutta l’aria di essere una presa in giro.
Quando il possente mammifero si fu addentrato abbastanza tra la calca di agenti ammassati nella sala ricevimenti, Nick riprese a tamburellare scontento sul bancone del bar.
Distante appena qualche metro da dove si trovava lui, c’era Judy Hopps. O, perlomeno, lì ricordava di averla vista l’ultima volta, prima che venisse circondata da una decina di animali dieci volte più grandi di lei.
In mezzo alla confusione e ai bagordi di quella sera, una risata cristallina risuonò forte e chiara. Nick l’avrebbe riconosciuta ovunque.
Almeno è ancora viva, pensò tra sé e sé. E si sta divertendo.
Quell’ultimo pensiero aveva il retrogusto aspro dei mirtilli acerbi.
«Nervoso, Wilde?»
La domanda giunse inopportuna come inopportuno giunse il felino che l’aveva appena pronunciata. Benjamin Clawhauser prese posto sullo sgabello accanto al suo – come potesse reggerne il peso era un mistero che non aveva alcuna intenzione di svelare – sorseggiando rumorosamente un drink variopinto che sembrava vomito di unicorno.
«Cosa te lo fa pensare?» chiese Nick, senza degnarlo di uno sguardo.
«Forse il fatto che tu stia trivellando questo povero bancone da un’ora» propose lui, con noncuranza, «o forse perché hai la faccia di uno che ha appena commesso un omicidio, o si appresta a farlo.»
«Sono prove circostanziali» ribatté la volpe, lasciandosi sfuggire un sorriso divertito. «Dovrai fare meglio di così per incastrarmi, investigatore Clawhauser
Il ghepardo succhiò avidamente dalla cannuccia e fece spallucce. «Penso che finirai con l’incastrarti da solo, Wilde.»
Il modo in cui aveva pronunciato quella frase incuriosì Nick, tanto che la volpe pensò valesse la pena di rivolgere al collega un’occhiata perplessa. Ma, contrariamente alle sue aspettative, Clawhauser non stava guardando lui bensì un punto oltre le sue spalle, con uno stupidissimo ghigno stampato in faccia.
«Se la mangiano con gli occhi» commentò il felino. «Chissà se ne rimarrà abbastanza di lei, a fine serata.»
Abbastanza per chi?, fu sul punto di chiedere, ma si guardò bene dal farlo.
Era un sottile gioco di implicazioni, quello a cui stavano giocando i due mammiferi, e una domanda di troppo avrebbe potuto significare la disfatta totale di una delle due fazioni.
«Stanno imparando ad apprezzarla» commentò Nick in tono neutro, stando sempre ben attento a non guardare nella direzione in cui doveva verosimilmente trovarsi Judy. «Ha risolto un caso di rapimento in meno di ventiquattro ore e senza l’aiuto di nessuno, suppongo che questo debba significare qualcosa.»
«Già. Un vero peccato che tu non fossi con lei, dico bene?»
Di nuovo, la risata di Judy si distinse nel fracasso della sala. Nick dovette ricorrere a tutta la sua buona volontà per non cercarla con lo sguardo, perché sapeva che se l’avesse fatto il suo umore sarebbe peggiorato ancora di più.
«Se l’è cavata egregiamente anche senza di me» replicò Nick, arginando a stento l’amarezza di cui erano pregne le sue parole. «Hopps è una brava poliziotta.»
E lo era davvero, una brava poliziotta. E a lui dava così fastidio che i loro stupidi colleghi sembravano essersene accorti soltanto adesso, solo perché aveva risolto un caso particolarmente delicato e complesso.
«Forse dovresti dirglielo» la buttò lì Clawhauser, tirando su un sorso di bibita. «Penso che ne sarebbe felice.»
«Dici?» Un ringhio basso e cupo rimbombò dentro il suo diaframma e Nick lo inghiottì assieme alla bile che minacciava di risalirgli la gola. «A me sembra già abbastanza felice così.»
Anche senza guardarla, la risata di lei continuava a risuonargli nelle orecchie come un campanellino d’argento.
«Sì, beh, in effetti sembra che si stia divertendo molto…»
«Grazie, Clawhauser. Questo commento era esattamente ciò di cui avevo bisogno.» La volpe scese dallo sgabello, rassegnata all’inevitabile. D’altronde, non è che potesse rimanere in disparte per tutta la sera; prima o poi Judy sarebbe venuta a cercarlo – avrebbe notato, ad un certo punto, che Nick non era lì con lei – e lui doveva comunque essere pronto ad accoglierla tra le sue zampe e a farle i complimenti per come era riuscita a risolvere il caso.
Perciò, Nicholas Wilde allentò il nodo alla cravatta e si diresse fieramente verso quell’infernale sabba di mammiferi mastodontici, alla ricerca della sua coniglietta preferita.
 
«… e poi? E poi cosa è successo?»
«Beh, lui mi si è… parato di fronte, con il cucciolo di caribù stretto sotto il braccio, mentre con l’altra zampa reggeva un coltello da cucina.»
Judy gesticolò vistosamente, in un maldestro tentativo di dare ai suoi colleghi un’idea della scena che si era ritrovata a vivere.
Ma non sapeva neppure se riuscissero a vederla, dall’alto dei loro svariati metri d’altezza.
«Certo, chiaro» commentò Bogo, annuendo. «L’orso non si aspettava di essere scoperto così presto, così ha reagito d’istinto. Che pazzo incosciente.»
«Può dirlo forte, capo!» esclamò Francine, agitando la lunga proboscide. E poi aggiunse, rivolgendosi di nuovo a Judy: «E tu che hai fatto, Hopps?»
«Non ho avuto molto tempo per pensare» ammise Judy, «così, con un balzo mi sono portata sotto il suo braccio teso e l’ho colpito alla zampa, per disarmarlo. Ma ho avuto fortuna, perché se avessi preso male la mira…»
L’agente Wolfar applaudì. «Un lavoro da manuale.»
Judy abbozzò un mezzo sorriso e si grattò la nuca, cercando di dissimulare l’imbarazzo causato da quell’inaspettata valanga di attenzioni.
Era una situazione davvero assurda, quella in cui si trovava. Aveva fatto il suo dovere di poliziotta, né più né meno di questo; e allora, perché quella caterva di complimenti? Perché tutti sembravano guardarla come se la vedessero per la prima volta?
Incerta se sentirsi lusingata o a disagio per i commenti dei suoi colleghi, la coniglietta provò a fare un passo indietro. «Scusate, uhm… vorrei andare a prendere qualcosa da bere, se non vi dis–»
Neanche il tempo di pronunciare quelle parole che l’elefante era già scappato verso il bancone del bar esclamando un «ci penso io!» fin troppo entusiasta.
Ma, appena pochi istanti dopo, Judy udì una voce piccata esternare le proprie rimostranze. «E stai attento con quelle zampe, Francine!»
Le orecchie della coniglietta si sollevarono di scatto, come due molle. Judy si ritrovò a sorridere senza neanche rendersene conto. Quella voce… l’avrebbe riconosciuta ovunque.
«Scusa, Wilde! Non ti avevo proprio visto…»
«Non l’avrei mai detto» commentò la volpe. «Mi chiedo quanti mammiferi tu abbia spedito al Creatore solo perché “non li avevi proprio visti”.»
Francine chinò il capo, mortificato, e borbottò qualcosa di inudibile prima di riprendere la sua marcia verso il bar.
«Nick!» Non appena fu entrato completamente nel suo campo visivo, la coniglietta quasi gli saltò addosso. «Si può sapere dove eri finito?»
Il partner sorrise amabilmente. «Stavo avendo un’interessante discussione con Clawhauser a proposito della fauna del Kenya, agente Hopps.»
Il vispo bagliore verde negli occhi di lui suggeriva che almeno metà di quella frase fosse una spudorata bugia, ma Judy non volle chiedersi esattamente quale parte lo fosse.
«Ad ogni modo» riprese poco dopo la volpe, questa volta rivolgendosi a tutti gli altri mammiferi circostanti, «vi prego di scusarci, amabili colleghi, ma io e l’agente Hopps avremmo una questione urgente da sbrigare. Nulla di grave, ci metteremo solo qualche minuto.»
Lei aggrottò la fronte, senza capire. Nick le fece l’occhiolino e le circondò le spalle con un braccio. «Prego, madame, da questa parte.»
«Ma» protestò debolmente Judy, «Francine è andato a prendermi qualcosa da bere…»
Era la sua immaginazione, o un brevissimo lampo di irritazione gli aveva appena attraversato gli occhi?
«Vorrà dire che Francine berrà un drink in più» rispose Nick, pacato, mentre la spingeva dolcemente fuori dal cerchio che il corpo di polizia aveva formato intorno a lei. «O preferisci che ti lasci qui ad annegare tra le lusinghe dei nostri colleghi, Carotina?»
Quelle parole, sussurrate a un soffio dal suo orecchio, le fecero rabbrividire la spina dorsale. Judy gli gettò un’occhiata fugace e mormorò un «portami via da qui» che aveva l’amaro sapore della disperazione.










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Angolino dell'autrice:
So che molto probabilmente sarò ridondante all'ennesima potenza, ma...
Gesù. Quanti siete. In quanti leggete questa storia. Mai avuti tanti preferiti. Mai avuti tanti seguiti. Mi fate paura.
Seriamente, sono senza parole (in realtà ne ho fin troppe). Non ho mai, mai avuto una simile affluenza di lettori in nessuna storia che ho scritto - e vi assicuro che ne ho scritte tante, di storie. Ogni giorno una persona aggiunge questa raccolta tra le preferite, ma non soltanto! Tanti di voi hanno aggiunto me tra gli autori preferiti, e non esiste onore più grande per me in nessuna parte del mondo. E se penso che appena un decimo di chi ha inserito questa storia tra le preferite e le seguite recensisce i capitoli... wow, ragazzi, davvero. Davvero, siete bellissimi. Mi fate venire una voglia matta di scrivere, scrivere e scrivere fino alla nausea. Vi voglio bene <3

PS: il significato dello 0 tra parentesi accanto al titolo è presto detto: ho deciso di "disperdere" in questa raccolta one-shot legate tra di loro, ma a gruppi che tra di loro invece non hanno alcuna collerazione specifica. Così, per evitare confusione, ho adottato un altro metodo per rendere chiaro il filo conduttore. Tutti i capitoli che avviano una mini-storia sono contrassegnati con (0), mentre i capitoli che sono legati tra di loro hanno una freccia nel nome che parte dal numero del capitolo strettamente precedente. Ricordo ovviamente che non è necessario leggere le storie in ordine, ognuna può essere letta e apprezzata di per sé. Detto ciò... come sempre, grazie per essere arrivati fin qui! <3

 

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Capitolo 13
*** Bacio (12➝) ***


~Volpe~
13 - Bacio (12➝)


 
 



«Nick, gradirei da te una risposta sincera.»
«Su cosa?»
La volpe continuò a fissare lo spettacolo delle luci notturne di Zootropolis. Non si voltò a guardarla, perciò Judy non poteva vedere l’espressione del suo volto. Eppure, Nick aveva la sensazione che quegli occhietti color dell’ametista avessero il potere di scandagliare il fondo della sua anima e portare alla luce pensieri che avrebbe preferito custodire nel cuore, al riparo da possibili delusioni.
«Sei stato via tutta la sera» cominciò Judy. «Ho fatto appena in tempo a salutarti, prima che tu sparissi chissà dove e a fare chissà cosa.»
Era difficile capire l’andamento della conversazione, non avendo la propria interlocutrice di fronte, ma Nick poté comunque percepire una nota di sincera perplessità in quelle parole. Judy non era arrabbiata, ma solo confusa. Forse anche triste, ma sicuramente mai quanto lo era lui.
«Mi dispiace» si ritrovò a dire, quasi quelle parole avessero atteso tutta la sera per venire fuori dalla sua bocca.
Dopo qualche attimo di silenzio, lei chiese: «per cosa?»
«Per averti lasciato sola.»
E, ancora, non osava guardarla.
«No, beh, non è che sia stata la fine del mondo…» Sentì Judy cedere sotto il peso dell’atmosfera che aveva creato, suo malgrado, lui stesso. Un’atmosfera così diversa da quella che li aveva circondati solo pochi minuti prima, tanto che Nick si sentì in colpa per averla rovinata con le sue paranoie.
«Non sono arrabbiata, Nick» proseguì la coniglietta. «Volevo solo… uhm…»
«No, no, hai ragione» insistette. «È stato davvero scorretto da parte mia uscire di scena senza alcun preavviso.» La volpe girò appena la testa, fingendo di voler vedere le luci di Foresta Pluviale quando in realtà stava solo cercando di sbirciare lei, senza che la diretta interessata se ne accorgesse.
Ed era piccola, così piccola… e se a dirlo era lui, che già di per sé era un mammifero di bassa statura, quanto minuscola doveva apparire Judy Hopps al resto del mondo?
«Non farne una tragedia, adesso.» La coniglietta avanzò impettita verso di lui e Nick si voltò di scatto dalla parte opposta del panorama. «Temevo solo che fosse successo qualcosa, tutto qui.»
Adesso, Judy si era messa proprio accanto a lui e gli aveva appoggiato una zampa sul braccio.
Nick riconobbe subito quella sensazione di disagio; era quel genere di situazione in cui doveva far scoppiare la bolla di cupa atmosfera prima che diventasse troppo pesante e opprimente – per sé o per gli altri, questo era difficile da stabilire.
Eppure, non sapeva proprio come fare. Non poteva semplicemente scrollarsi di dosso quella zampettina grigia. Un tempo, che potesse o che volesse, lo avrebbe fatto a prescindere. Era una forma di protezione contro intrusi che arrivavano, con la presunzione di aver capito qualcosa di lui, e tentavano di abbattere le barriere che aveva costruito attorno a sé con dedizione e fatica.
Ma, questa volta, era diverso.
Tutto era diverso: lo era momento, lo era luogo, lo era la situazione… e lo era anche, e soprattutto, l'intruso.
Che intruso non era davvero, che forse non lo era mai stato.
Nick non poté fare a meno di ridere amaramente. «Anche nel tuo momento di gloria, trovi sempre il tempo e la voglia di preoccuparti degli altri.»
«Ma che gloria e gloria» esclamò lei, come se la sola idea le risultasse ridicola. «Si sono messi in testa che sono un'eroina, solo perché ho salvato il figlio del signor Caribous. Quello che gli sta davvero a cuore è la donazione che ha fatto alla centrale, non certo me.»
«Ora non esagerare» replicò la volpe. «Certo, sicuramente Bogo sarà molto contento di poter ristrutturare il suo ufficio… ma credo che nessuno metta più in dubbio le tue reali capacità, Carotina.»
Nick ricordò l’umore di appena pochi minuti prima: seduto in disparte, come un povero scemo, ad osservare Judy da lontano senza osare avvicinarsi, maledicendo mentalmente l’ammasso di agenti che le stava addosso da quando era arrivata alla sala ricevimenti. A ripensarci in quel momento, si sentì davvero un perfetto idiota.
Judy emise un piccolo squittio di contentezza e si grattò il naso. «Mi fa piacere che lo pensi. Ma… sai, questo caso è stato diverso dagli altri. Non mi sono… divertita, ecco.»
Divertita. La volpe ripeté quella parola nella sua mente, cercando di collocarla in un contesto che potesse darle senso, ma non ci riuscì.
Stava davvero, quella Judy Hopps, parlando di un caso di rapimento come di qualcosa che avrebbe dovuto divertirla?
«Beh, non serviamo la giustizia come passatempo, Carotina.»
«Lo so, lo so…» La coniglietta esalò un profondo respiro. «È solo che… come dire, non sono più abituata a lavorare senza di te. Mi sei mancato, durante l’indagine. Mi sei mancato davvero tanto.»
Fu come se un fulmine fosse appena caduto dal cielo sopra la sua testa, folgorandolo da capo a piedi.
Nick tirò indietro le orecchie, mentre il cervello cercava di elaborare quanto Judy gli aveva appena detto. «Io, uhm…»
La zampina di Judy, che fino a quel momento era rimasta fedelmente appoggiata al suo braccio, si ritirò di scatto dietro la schiena della coniglietta. «No, ecco, non intendevo…!»
Un mortale imbarazzo scese sui due mammiferi. Nick girò appena il collo per osservare la reazione della sua partner e si accorse con orrore che lei aveva fatto altrettanto.
I due si guardarono negli occhi giusto per un istante, prima che la volpe distogliesse precipitosamente lo sguardo e tornasse a fissare la città illuminata, senza vederla davvero.
«Ti… ringrazio del pensiero, Carotina.»
Era difficile mantenere il sangue freddo quando ti trovavi sotto i colpi impietosi del tuo stesso miocardio, che sembrava sul punto di abbatterti la gabbia toracica. Nonostante questo, Nick fece del suo meglio per non dare a vedere il mortale disagio che lo stava consumando.
«Non devi ringraziarmi» rispose Judy, a voce bassa, quasi gli stesse confidando un segreto. «Avevi preso l’influenza, e contemporaneamente io mi sono ritrovata quel caso tra capo e collo… insomma, alla fine me la sono cavata, ma senza di te non è stata la stessa cosa. E poi, sai, avrei voluto prendermi cura di te.»
Nick si chiese se Judy si rendesse davvero conto del peso che le sue parole potevano avere su di lui, o se invece parlasse con ingenua noncuranza, ignara delle possibili conseguenze. 
Perché, stava cominciando a rendersene conto, aveva un vero e proprio debole per il modo in cui certe volte lei gli parlava; quel modo così familiare, così pieno di complicità e intimità che, se Nick non fosse stato assolutamente certo che Judy non lo faceva di proposito, probabilmente l’avrebbe già presa e mangiata di baci da un bel pezzo.
«Tu mi farai morire» le disse, sorridendo appena. «Sei una minaccia per la mia sanità mentale, Carotina.»
Judy si sporse verso di lui, preoccupata. «Ho… detto qualcosa di strano?»
Quanto era graziosa. Quanto, quanto era graziosa. Come poteva esistere una creatura del genere in un mondo come quello? E come poteva averla incontrata lui, quella creatura così magnifica? Quante probabilità c’erano che loro due si conoscessero, in una città immensa come lo era Zootropolis?
La volpe si piegò verso di lei, invaso da un calore che aveva urgenza di manifestarsi in qualche modo. «Nulla di più strano del solito» rispose e, prima che anche solo uno dei suoi neuroni potesse avere un ripensamento, le diede un bacio sulla fronte.
 
Rimasero così, l’uno di fronte all’altra, per un tempo che parve più lungo della vita stessa. Nick avrebbe voluto prenderla tra le braccia e stringere a sé quel corpicino tremante – riusciva a percepire l’agitazione di lei e la comprendeva, perché era anche la sua – ma non osò toccare nient’altro che non fosse quella piccola fronte grigia.
«Nick…» Fu la vocina di Judy, piccola e incerta, a rompere la magia. «A cosa, ehm… a cosa devo questo
La volpe si stacco finalmente da lei, quanto bastava per poterla guardare negli occhi. Gli fu sufficiente vedere quel nasino rosa, tremante e assolutamente delizioso, perché un sorriso divertito balenasse sul suo volto.
«Consideralo un premio per aver risolto brillantemente il caso, agente Hopps.» Nick le accarezzò dolcemente le orecchie. «Sono fiero di te… Judy.»
La coniglietta parve sciogliersi di fronte a lui. Quei grandi occhi color ametista si spalancarono, di stupore e forse anche di gioia, e un secondo dopo lei gli aveva gettato le braccia al collo e affondato il viso nella sua camicia.
«Stupido, stupido, stupido Nick» mormorò contro il suo petto. «Sei tu che farai morire me…»
Fu di riflesso che Nick le cinse la vita e ricambiò la sua stretta. E si sentiva così bene che sarebbe potuto morire lì, in quel preciso momento, e lo avrebbe fatto con il sorriso sulle labbra.
«Una tenera coniglietta si getta così impunemente tra le mie braccia» commentò, accarezzandole piano la schiena, «incurante del fatto che potrei mangiarla. Inaudito!»
Judy rise dolcemente e alzò appena la testa. «Vuoi mangiarmi, Nick?»
Cos’era quella domanda? Perché nelle sue orecchie suonava come un invito a farlo?
Forse era lui che ci vedeva troppo, anzi, era sicuramente così. Doveva essere così. Perciò, Nick scrollò appena le spalle e disse: «non oserei mai, senza il consenso della mia preda», aspettandosi in risposta una risata, o un commento divertito, o qualsiasi altro segno che gli facesse capire che non doveva mal interpretare quella domanda.
E invece, contrariamente alle sue aspettative, Judy non rispose. Si limitò a guardarlo dritto negli occhi, mentre le piccole zampe grigie risalivano lentamente la camicia fino a posarsi sulle sue guance, piano, come se temesse di fargli del male o di arrecargli fastidio.
«E se…» La coniglietta abbassò le orecchie, e queste le ricaddero dolcemente sulle spalle. «E se te lo dessi… questo consenso?»
Nick rimase immobile, chiedendosi se avesse davvero sentito quello che aveva appena sentito, perché era impossibile che Judy Hopps avesse davvero pronunciato quelle parole.
Eppure, lo sguardo di lei era più che sufficiente a confermargli che, no, questa volta non stava sognando.
Era tutto vero, ed era bellissimo.
«Beh, in quel caso suppongo che…» Nick sciolse una zampa dall’abbraccio e andò a toccare quella di lei, ancora poggiata sul suo viso. «Potrei considerare l’idea, sì.»
I loro musi erano a tanto così dal toccarsi. E lui non ce la faceva, non ce la faceva più.
Voleva baciarla. Aveva fame, fame di lei, una fame così vorace che, se non l’avesse soddisfatta a breve, sarebbe uscito di senno.
Sarebbe bastato un passo, solo un passo in più, e le loro labbra si sarebbero toccate. E poi, solo cielo sapeva cosa sarebbe accaduto.
«Ah, ecco dove eravate finiti! Vi ho cercato… ovunque…?»
La bolla in cui stavano magicamente fluttuando si infranse di colpo, come se qualcuno l’avesse punta con un ago. I due animali trasalirono nello stesso momento e si voltarono in sincrono verso l’ingresso della balconata.
Di fronte a loro, appena qualche metro più lontano, stava l’obesa figura di Benjamin Clawhauser, il cui volto tradiva miseramente l’improvviso disagio che l’aveva assalito.
Nick tirò un profondo respiro e raddrizzò la schiena. «Che c’è.»
E la sua non voleva essere una domanda, bensì un’accusa.
Nel frattempo Judy – che per lo spavento aveva fatto un balzo di almeno mezzo metro – si stava fissando i piedi con un’insistenza che aveva del teneramente ridicolo.
«M-mi ha mandato il capitano Bogo» balbettò il ghepardo, pallido come uno straccio. «Ha detto che voleva fare un brindisi per l’agente Hopps…»
La volpe sciorinò mentalmente una sequela di ingiurie rivolte all'intero corpo di polizia, infondendo particolare enfasi a quelle contro il suo diretto superiore. «Grazie, Clawhauser, vi raggiungiamo a momenti.»
Clawhauser annuì rapidamente e si dileguò altrettanto in fretta, lasciando il silenzio a riempire il vuoto che aveva lasciato.
«Forse dovremmo andare» propose timidamente Judy, sollevando appena lo sguardo verso di lui.
«Già» rispose Nick, senza darsi pena di nascondere il suo avvilimento. «Faremo meglio a…»
Accadde tutto in un istante.
Judy balzò di fronte a lui e gli afferrò la cravatta con uno scatto quasi felino. «Grazie» gli sussurrò in un orecchio, mentre lo tirava a sé.
E poi, esitando appena un istante, la coniglietta gli depositò un tenero bacio sulla punta del naso e subito corse via, dentro l’edificio, così velocemente che Nick non ebbe il tempo di dire, fare o pensare alcunché.












__________________
Angolino dell'autrice:
È stato molto difficile scrivere questo capitolo; arrivata verso la parte semi-finale non facevo altro che ridere da sola come una deviata mentale, scrivendo così al ritmo di una riga ogni dieci minuti. Nonostante tutto, alla fine ce l'ho fatta. In realtà questo capitolo è strettamente legato al precedente, tant'è che infatti cosa buona e giusta sarebbe stata pubblicarli insieme... ma ho preferito non farlo per tutta una serie di ragioni, e forse in fondo è stato meglio così.
Come sempre, non posso esimermi dal notare che le persone che seguono questa raccolta aumentano di giorno in giorno - cosa che mi rende estremamente felice - e soprattutto che molti di voi hanno il forte desiderio che qualcosa di "serio" accada tra queste due piccole pesti. Diciamo che... la raccolta non è stata pensata in quel senso, motivo principale per cui finora ho sempre giocato con i vostri cuori [insert evil laugh here], però ho comunque deciso di ascoltare le vostre giuste proteste e di sbilanciarmi un po' di più verso qualcosa di strettamente "romantico", senza però esagerare. Se la cosa può rendervi felici, comunque, sono già alcuni giorni che ho in cantiere un capitolo che va apertamente contro la raison d'être di questa raccolta così come l'ho definita prima, cosa che sicuramente rallegrerà molti di voi (e anche me, non c'è dubbio). Però, siccome è un capitolo molto "speciale", vorrei pubblicarlo in attesa di un traguardo importante: magari per le 100 recensioni o per i 60 preferiti (non manca molto per entrambe le cose), vedrò. E nel frattempo amplierò e mi divertirò. 8D

Grazie per aver letto, miei bellissimi lettori. Sentitevi liberi di esprimere le vostre opinioni in merito a questa storia e a darmi suggerimenti, se volete. Io leggo tutto e prendo sempre nota di tutto quello che mi dite, anche se non rispondo sempre alle vostre recensioni. <3



 

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Capitolo 14
*** Pendolo ***


~Coniglio~
14 - Pendolo


 
 



«Carotina, non mi sembra affatto una buona idea.»
«Certo che lo è» replicò Judy. «La luce ci serve.»
Nick scosse il capo. «Forse non hai capito: quando dico che non mi sembra una buona idea, intendo che è una pessima idea. Scendi da lì, per favore.»
«Non ci penso nemmeno!» Judy si voltò lentamente a guardarlo, dall’alto dei suoi cinque metri d’altezza – beh, cinque metri acquisiti. «Non è la prima volta che cambio una lampadina, Nick.»
La volpe alzò gli occhi al cielo. «Non è questo il punto…»
«E allora qual è?» chiese, tornando a concentrarsi sulla cruciale operazione che si apprestava a compiere.
«Che quella scala è vecchia come il mondo» rispose lui. «Solo a guardarla mi sembra di sciuparla.»
Come a volergli dare ragione, la scala traballò leggermente. Judy, appollaiata sulla cima, emise un gridolino spaventato.
«Per l'appunto…»
«Sto bene» replicò la coniglietta, quando la vibrazione fu cessata. «Ce la posso fare.»
In effetti, a voler proprio lamentarsi… quanto accidenti erano alti i soffitti della centrale? Nessuno aveva mai pensato che un piccolo mammifero – un coniglio, giusto per fare un esempio qualunque – avrebbe un giorno potuto prendere servizio nella polizia di Zootropolis?
Nick, che nel frattempo si era avvicinato alla base della scala, sghignazzò divertito. «L’ultima parte della frase a chi era rivolta, esattamente?»
 «Oh, taci» esclamò lei, mentre allungava le zampe verso la lampadina fedifraga. «Non ho cinque anni, e comunque tu non sei mio padre.»
«E chi vuole esserlo?» Nick fece una smorfia di disgusto. «Al massimo potrei essere tuo…»
Senza quasi rendersene conto, Judy aveva sollevato un orecchio per ascoltare più attentamente. La frase fluttuò nel silenzio dell’ufficio, terribilmente eloquente nella sua incompletezza, e la coniglietta non poté fare a meno di chiedersi se lo stava facendo apposta, quella dannata volpe, ad esitare o se davvero avesse timore di completare quell’assunzione, di qualunque natura essa fosse.
Ma, alla fine, la risposta a quelle domande arrivò e… non era quella che Judy aveva sperato. «Fratello.»
Il tempo riprese a scorrere come se fin dal principio non avesse mai smesso di farlo. Nick le sorrise, ma in quel sorriso c’era qualcosa che non la convinceva, qualcosa che solleticava la sua indole frettolosa – era pur sempre un coniglio, e i conigli non erano rinomati per la loro pazienza – e quasi la spingeva a ribattere in qualche modo, giusto per dare man forte a quella sensazione di “non è finita qui” che le si era appiccicata sulla pelle e prudeva, prudeva come una malattia infettiva.
Eppure… ancora una volta, un timore tanto intimo quanto indefinito ebbe la meglio e costrinse quei pensieri, ormai privi di voce, a sprofondare nel silenzio.
«Non credo proprio» rispose semplicemente Judy, esalando un sospiro di rassegnazione. Perché continuo a cadere nella tua trappola?
«Come siamo rudi oggi, Carotina» replicò cordialmente la volpe, il tono che tradiva – o, per meglio dire, palesava – la sua volontà di prendersi gioco di lei.
«Non sono io ad essere rude» replicò piccata, «sei tu ad essere insopportabile. E tieni fermo questo affare» aggiunse, indicando l’infernale impalcatura di ferro sotto di lei, «ché traballa come non so cosa.»
La volpe sbuffò e afferrò la base della scala come le era stato ordinato. «Te l’ho detto che non è sicuro lassù, perché non scendi e basta?»
«Perché» rispose lei, come se si stesse rivolgendo a un cucciolo duro di comprendonio, «se non cambio questa lampadina prima di sera, saranno le candele ad illuminare il nostro ufficio.»
«Possiamo sempre tornarcene a casa quando sarà troppo buio per lavorare» replicò Nick, come se fosse l’idea più ovvia del mondo.
E forse lo era davvero, ma lei ribatté ugualmente: «Nick, hai idea di quanti dossier abbiamo ancora da controllare, per stilare quel rapporto? Non possiamo mollare tutto così, il tempo stringe.» Per colpa tua che passi le giornate a girarti i pollici, ma questo al partner non lo disse.
«E allora portiamoci il lavoro da qualche parte» propose la volpe. «Magari alla gelateria del signor Jumbeaux. Scommetto che sarà felicissimo di vederci.»
«Sai, non credo che sia…» Judy si fermò e rizzò le orecchie, colta da un’improvvisa intuizione. Quello era per caso… «Aspetta: mi stai invitando ad un appuntamento
Un sorriso incerto comparve sul volto di lui, che si limitò a scrollare le spalle con l’aria di chi era appena stato colto con le mani nel sacco. «Suppongo che… potresti metterla in questi termini, più o meno.»
«Oh.» Judy ghignò, divertita – e deliziata, ma questo fu ben attenta a non farlo trasparire. «Quale audacia, agente Wilde.»
«Non è carino che tu ti prenda gioco di me, Carotina.» Nick aggrottò la fronte per esternare la sua scontentezza. «Non quando sono l’unica cosa che si frappone tra te e il pavimento.»
«Dagli inviti alle minacce» commentò la coniglietta, ridendo. «Potresti almeno aspettare che ti friendzoni, prima di passare alle maniere forti.»
«Come si suol dire: meglio prevenire che curare.»
La scala iniziò di colpo a traballare. Judy perse l’equilibro e si appallottolò, spaventata, sul gradino più alto. «Nick!»
«Vedi? Le scale sono pericolose.»
«E tu volevi fare il boyscout?» Judy gli puntò un dito contro, con fare accusatorio. «Sei un criminale!»
«Ero un criminale» la corresse lui. «Adesso mi ergo fieramente a difesa della città e, nel tempo libero, mi trastullo nel piacere di darti fastidio.»
«Sto cercando di lavorare per noi» gli fece notare, stizzita. «Questo non è “dare fastidio”, è un sabotaggio vero e proprio.»
«Madame!» L’attore consumato che era in lui cominciò a decantare le prime battute del suo copione. «Insinuate che vi voglia rendere più ardua la vita?»
«Io non insinuo, agente Wilde: io affermo, che è ben diverso.»
La volpe rise di gusto, e Judy sentì un piacevole calore riscaldarle il petto. Era davvero bello vederlo ridere, si ritrovò a pensare… per poi liquidare quel pensiero nel giro di due secondi. No! Lui non si merita il mio affetto!
«Carotina, da brava, vieni qui. Andiamo a prenderci un bel ghiacciolo Jumbo, eh? E mentre ce lo gustiamo, contenti e soddisfatti, sfogliamo i nostri bei dossier e raccogliamo informazioni.»
«Nick…» Era incredibile come il suo collega riuscisse sempre a fare leva su lati del suo carattere che Judy neanche pensava di avere. Come poteva titillare in lei la voglia di mandare tutto a quel paese e dedicarsi semplicemente a lei, a loro – e quell’idea era dolce come una mela candita e utopica come la stessa Zootropolis che proteggevano e servivano – se quella voglia era ben nascosta in un angolo recondito della sua testa, al punto che lei stessa ne metteva in dubbio l’esistenza?
«L’unica risposta che voglio sentire è: “sì, andiamo”.» Nick appoggiò il muso sul gradino più vicino e alzò lo sguardo verso di lei. «Potrei anche considerare l’ipotesi di offrire io, questa volta.»
«Ma non quella di lasciarmi cambiare una lampadina in pace, vero?»
«Già, proprio così.»
E in fondo, si disse Judy, forse non aveva senso fingere che non fosse così.
Fingere che Nick non riuscisse a vedere cose di lei che neppure la diretta interessata riusciva a cogliere, fingere che lui non fosse capace di farla sentire in un modo che non poteva essere spiegato a parole, ma soprattutto… fingere che il loro rapporto non fosse costantemente in bilico – esattamente come lo era lei quel momento, appollaiata sulla cima di una scala preistorica – tra una solida amicizia e un qualcosa di più che sapeva di gioia e appagamento in un modo così vergognosamente genuino da lasciarla senza parole tutte le sacrosante volte che ci pensava.
«Spero che tu abbia abbastanza soldi, allora» gli disse, «perché ti ridurrò sul lastrico, Nicholas Wilde.»
«Non è certo del tuo stomaco che ho paura, Carotina.»
«Ah, no? E allora di cosa?» chiese Judy, apprestandosi a scendere dalla scala. «Della mia solerzia, così oscura a voi volpi fannullone?»
«No» rispose pacato Nick, «del gradino pericolante su cui stai per poggiare la zampa.»
«Cos–?»
Fu così rapido che non ebbe neppure il tempo di chiedersi di cosa stesse parlando il suo partner; tutto ciò di cui fu consapevole era che il pavimento si stava avvicinando a gran velocità, e aveva l’aria di non essere per nulla morbido.
Judy emise un singulto di spavento e chiuse gli occhi, preparandosi all’impatto.
 
Il tonfo fu meno doloroso del previsto. La coniglietta sollevò appena le palpebre e riuscì a scorgere una figura rossiccia proprio sopra la propria testa.
«Non ti bastava voler fare il poliziotto, adesso vuoi anche imparare a volare?»
Nick era lì, ad appena pochi centimetri dal suo muso, e la stava osservando con una stupida espressione divertita stampata in faccia.
«Ti… ti sono caduta addosso?»
«“Presa al volo” suona meglio» rispose Nick, «Carotina maldestra.»
L’aveva presa al volo? Judy si rese improvvisamente conto di star fluttuando in aria, sorretta da un paio di zampe che non erano certamente le sue, e poco ci mancò che il cuore non le schizzasse dritto in gola.
«M-mi dispiace» balbettò, piena di imbarazzo. «Non ti ho fatto male, vero?»
«Male?» La volpe le scoccò un’occhiata perplessa. «Come potresti farmi male? Anzi, oserei dire che stringere una coniglietta tra le braccia ha un che di… confortante.» Nick la attirò ancora di più a sé e le appoggiò la testolina sul proprio petto. Ed era scandaloso il suo essere totalmente incurante delle conseguenze che quel gesto aveva su di lei, scandaloso come lei si stesse lasciando cullare senza opporre la minima resistenza, scandaloso come si potesse felici con così poco, in quei brevi attimi in cui il pendolo della vita oscillava un po’ più lontano dalla semplice amicizia e un po’ più vicino a quell’affetto che sapeva scaldarle l’essenza stessa dell’anima, fin nelle sue radici più profonde.
«Ehi» esclamò Judy, nascondendo un sorriso nella camicia di lui, «non sono mica un peluche. Solo una coniglietta un po’ ottusa. Solo un po’, però.»
«Oh» rise la volpe – e sembrava che in quel “oh” ci avesse riversato tutta la tenerezza del mondo, «a me vai più che bene così, sai?»
E se a Nick andava bene così, allora andava bene anche a lei.










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Angolino dell'autrice:
Si può dire che all'inizio abbia scritto questo capitolo giusto perché dovevo scrivere qualcosa; ho preso un'idea (che nella mia testa era abbastanza diversa da come poi è venuta fuori) e l'ho sviluppata senza la benché minima ispirazione. Ed è stato piacevole per me scoprire che, pur partendo in questo modo, alla fine io sia riuscita a produrre qualcosa di bello - perché, sì, mi piace molto quello che è venuto fuori alla fine. Mi piace molto perché trovo che abbia un'impostazione matura, che rispecchia quelle che sono le età dei due protagonisti (per chi non ci avesse fatto caso, Judy ha 24 anni e Nick addirittura 32) e che si fermi ad analizzare dei sentimenti che vanno oltre le cotte giovanili o le ardenti passioni: sentimenti incerti, ma di quell'incertezza che l'essere umano (o animale, nel nostro caso) si porta dietro dietro dalla nascita, con cui convive ogni giorno anche senza rendersene conto, anche senza fare chissà quale tipo di introspezione. So che molti di voi vorrebbero che io approfondissi altri aspetti della loro relazione, ma trovo giusto che in questa raccolta venga messo "un po' di tutto" per accontentare sia grandi (?) che piccoli, chiamiamoli così.
Due comunicazioni importanti: 1) la storia ha raggiunto i 58 preferiti e le 85 recensioni, il che significa che in entrambi i modi sono vicina al traguardo 60/100 che mi ero prefissata per poter pubblicare La Famosa One-Shot Speciale In Cui Succedono Cose Che Tutti Stanno Aspettando. Be happy~
2) questa temo che vi piacerà di meno (o forse no): ho iniziato a tradurre questa raccolta in inglese e ho già pubblicato il primo capitolo su AO3. Ebbene: ho ottenuto un successo allucinante, tanto che io stessa sono rimasta sconvolta dalla quantità di gente a cui è piaciuto il primo capitolo, che è di appena 154 parole. Questo significa che la pubblicazione di nuovi capitoli subirà dei ritardi, in quanto adesso mi sono imbarcata pure nell'avventura di traduzione >_< spero comunque di poter tenere almeno il ritmo di un capitolo a settimana!

Come sempre, infine, grazie a tutti quelli che mi seguono e sostengono <3 Love you all! (cit.)

 

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Capitolo 15
*** ** Special Chapter ** - Ubriaco ***


~Coniglio~
15 - Ubriaco


 
 
(Il capitolo speciale è qui; spero che piaccia a voi quanto, da mera lettrice di se stessa, piace alla sua autrice.)


 
«Ca-ro-ti-na.» Nick sillabò il suo nome e scoppiò a ridere, mentre barcollava verso di lei con andatura incerta. «Lo sai, ci sono due Carotine in questo momento.»
«Davvero?» rispose Judy, scuotendo la testa con un moto di stizza. «E cosa stanno facendo?»
Nick fermò la sua stramba marcia. «Vediamo…» Il partner assottigliò lo sguardo e si toccò il mento con la zampa, come se da quell’osservazione si preparasse a dedurre la soluzione ad un difficile enigma. Ma, ben presto, quella posizione si rivelò instabile e la volpe cominciò a vacillare sul posto.
Judy sospirò e ripose il cellulare in tasca. «Grandioso, proprio oggi i taxi dovevano andare in sciopero.»
«Niente taxi» ripeté Nick, evitando per un pelo di cadere a terra. «Carotine scontente.»
«Fa’ silenzio» gli intimò Judy, additandolo. «Come ti è saltato in mente di bere tutto quel vino, Nick?»
Ma, soprattutto, come era saltato in mente agli altri di lasciargli bere tutto quel vino? Dimenticavano che Nick era grande un decimo di quanto lo erano loro? Per l’amor del cielo, era così ubriaco che avrebbe scambiato Finnick per una pantera.
Lui si strinse nelle spalle. «Alle volpi piace l’uva, alle volpi piace il vino.»
«Certo, alle volpi piace il vino… e poi tocca alle conigliette impedire che le suddette volpi anneghino la testa nel gabinetto della centrale.»
«Perché le conigliette tengono alle volpi.» Un sorriso da idiota gli si dipinse sul volto. «E le volpi tengono alle conigliette. Io tengo alla mia Carotina.»
«“Mia”? E da quando sarei tua, agente Wilde?»
Nick aprì la bocca per rispondere, ma il suono tardò ad uscire, come se avesse perso la strada di casa.
«Daaa… sempre» riuscì infine a dire, aggrottando la fronte per lo sforzo di pronunciare quelle parole.
«Oh, sì, certamente. Hai chiesto almeno il mio parere, prima di considerarmi una tua proprietà?»
La volpe grugnì un verso di chiara disapprovazione. «Ti prendi gioco di me. Cattiva, Carotina, cattiva.»
«Per forza, sei ubriaco» commentò Judy, lasciandosi sfuggire una risata divertita di fronte a quel broncio ridicolo. «E se non sei affidabile neppure da sobrio, immagina quanto peso abbiano adesso le tue parole.»
«Invece ce l’hanno» rispose Nick, sollevando una zampa a mo’ di monito.
La zampa oscillò come una zattera in balia delle onde e ricadde presto lungo il suo fianco, mentre la volpe inclinava leggermente la testa – proprio come fanno i lupi, pensò Judy, divertita – probabilmente chiedendosi perché il suo braccio non fosse riuscito a stare dritto, o se quello fosse effettivamente il suo braccio e non l’arto di qualcun altro, o forse non chiedendosi nulla, lasciandosi semplicemente sprofondare nel suo stato alticcio.
«Andiamo, Nick, ti porto a casa io.» Judy gettò una rapida occhiata all’orologio infisso sulla parete dell’ufficio. «Sono appena le otto, a quest’ora non dovrebbe esserci troppo– ehi!»
Ma era evidente che lui non avesse alcuna intenzione di tornare a casa.
«Mia» sussurrò la volpe, cingendola con entrambe le zampe. «Adesso non mi scappi più, Carotina.»
Judy si paralizzò, incapace di adottare un’adeguata contromisura a quell’assalto improvviso. Perché, un conto era rispondere a tono a Nick Wilde, pienamente in possesso di tutte le sue facoltà mentali, un altro tenere a bada una volpe ubriaca e… terribilmente tenera.
«Nick…» mormorò, «puzzi di vino.»
«E tu odori di coniglietta» ribatté il partner, come se il nocciolo della questione fosse stabilire chi sapeva di cosa. «Mh, che buon profumo…»
Il tartufo di Nick le accarezzò dolcemente il collo scoperto. Judy chiuse gli occhi, tremante, cercando di placare la tachicardia che le stava pericolosamente accorciando la vita. Se non avesse posto un freno a quella situazione, Judy era certa che sarebbe morta entro la tarda serata.
«Nick, posso fornirti almeno tre validi motivi per cui non dovresti fare quello che invece stai impunemente facendo» gli disse, allontanandolo – a malincuore – da lei. La volpe ciondolò incerta, incespicò nella propria coda e urtò malamente la scrivania di Bogo.
«Ahi!» esclamò Nick, quando il portapenne del capo gli cadde sulla zampa a causa del colpo. «Stupida tazza.»
«Non è la tazza ad essere in torto, siamo noi che non dovremmo neppure essere qui.»
E, infatti, quello era l’ultimo posto in cui avrebbe mai pensato di rinchiudersi quella sera. «Non possiamo rimanere nell’ufficio di Bogo, riesci a capirlo?»
Sfortunatamente, in quel momento, Nick era predisposto a capire tanto quanto lo sarebbe stato Clawhauser a mettersi a dieta.
«No» rispose semplicemente lui, regalandole un sorriso spensierato. «A me piace questo ufficio.»
«È per questo che ti sei trascinato fin qui come un verme?» Judy ripensò per un momento a come lo aveva trovato, disteso a pancia in giù sul pavimento e intento a cantare inni antichi in una lingua che persino gli dei avevano dimenticato, e sentì un potente avvilimento scorrerle nelle vene con la forza di un fiume in piena.
Nick fece una smorfia che doveva presumibilmente esprimere disappunto. «Cercavo te, sciocca Carotina. Dovevo… uh, sì… dovevo dirti… una cosa, sì.»
«Sul serio?» Judy si coprì la bocca con una zampa. «Accidenti, chissà quale impellente urgenza ti ha spinto a cercarmi nell’ufficio del capitano Bogo!»
Pure da ubriaco, il partner parve capire che stava venendo deriso, e la sua espressione divenne ancora più scontenta. «Adesso vedrai» le disse, prima di gettarsi verso di lei con uno slancio.
Judy sussultò e si spostò di lato, quanto bastava per sottrarsi a quel goffo tentativo di abbordaggio. Nick chiuse le braccia attorno all’etere, perse il suo già precario equilibro e cadde a terra con un tonfo.
«Ti porto a casa» annunciò la coniglietta, scuotendo mestamente il capo. «Sei ubriaco come una spugna, Nick.»
Lui mugolò qualcosa contro il pavimento e si rigirò faticosamente sulla schiena. «Sei crudele, Carotina. Perché schivi le mie etiliche avances?»
«Perché sono etiliche, per l’appunto. Se magari flirtassi con me da sobrio…»
Judy si bloccò, mentre le parole che le erano appena uscite dalla bocca cominciavano a girare attorno alla stanza, riempiendo il vuoto tra i due mammiferi con un’eco assordante.
‘Non l’ho detto davvero’, disse a se stessa. ‘Non l’ho detto davvero, non l’ho detto davvero…’
E invece, a giudicare da come Nick la stava guardando, l’aveva detto eccome.
«Carotina» mugugnò la volpe, mettendosi a sedere sul pavimento, «vieni qui.»
Judy si irrigidì quando vide le braccia di lui aprirsi nella sua direzione. «No.»
«Vieni qui» insistette, con una voce che in quel momento le parve miele fuso che colava dritto nelle sue orecchie. «Non ho intenzioni malvagie, lo giuro.»
«Bugiardo.» Judy incrociò le zampe al petto. Voleva mostrarsi indignata, forse anche arrabbiata, ma lo faceva soltanto per impedire al suo cuore di schizzarle via con un guizzo, neanche fosse stato una saponetta dispettosa.
Nick sghignazzò – era davvero ubriaco marcio, dannazione a lui – e avvicinò pollice e indice della stessa mano fino a farli quasi toccare. «Solo un pochino-ino-ino
Era così carino, pensò Judy con un moto di tenerezza. Così schifosamente rincretinito dal vino, certo, ma assolutamente adorabile.
Così diverso dal solito, vecchio Nick, eppure allo stesso tempo così lui, in un modo che non riusciva proprio a spiegarsi.
«Dai, idiota. Ti accompagno a casa.»
«Sono già a casa» biascicò Nick, grattandosi il collo con noncuranza.
«Bel tentativo, agente Wilde, ma dubito che il capitano Bogo ti lascerà chiamare “casa” il suo ufficio.»
«Non il suo ufficio… tu. Tu sei la mia casa, Carotina.»
Judy perse un battito. Era sleale, sleale, sleale all’ennesima potenza, così tanto che avrebbe voluto prenderlo a pugni, a schiaffi, a morsi, a baci– ok, forse quello no.
Forse.
«Nick, non sai neppure cosa stai dicendo…» Judy affondò il viso nelle zampe, alla ricerca di conforto. Lo sentiva caldo, come se avesse la febbre, ed era tutta colpa di quel sacco di peli, vino e fascino che giaceva per terra a pochi passi da lei.
Come osava starsene lì, seduto per terra come un imbecille, a fissarla con quegli occhi – di un verde illegale in almeno venti paesi del mondo – e a dire frasi da cucciolo di prima elementare? Come osava farla sentire così bene semplicemente spiccicando due parole impastate nell’alcool?
«Madame, lei mi ferisce.» La volpe si passò una mano malferma sul cuore. «Sarò pure ubriaco, ma so quel che dico.»
«Ma se non ti reggi neanche in piedi!»
«Per scelta» precisò lui e, come a voler confermare che era tutta una tattica per arrivare a lei, Nick allargò di nuovo le braccia. «Vieni qui, dai.»
Ad ogni “vieni qui”, Judy si faceva un po’ meno determinata a resistergli e un po’ più incline a dargli corda.
E questo non andava bene, non andava affatto bene.
«Perché?» gli domandò, per prendere tempo e nel mentre pensare a un modo per portarlo fuori dalla centrale passando inosservati. «Cosa vuoi farmi?»
Nick ridacchiò, come se quella sottile accusa lo divertisse, e cominciò a dondolare il busto. «Le coccole, che altro?»
Le coccole.
Nick Wilde, ubriaco, col pelo arruffato, seduto sul pavimento dell’ufficio del suo diretto superiore e con un ghigno demente stampato sul volto… voleva farle le coccole.
Il livello di ridicolo di quella situazione stava raggiungendo picchi da guinness dei primati. Era tutto così assurdo che per un attimo Judy pensò di essere ubriaca assieme a lui, anzi, forse era lei l’unica ubriaca tra i due e quella era solo un’allucinazione – di pregevole fattura, senza dubbio, ma pur sempre un’allucinazione.
Perciò, alla luce di quelle riflessioni, la coniglietta non rimase poi così sorpresa quando vide il suo stesso corpo incedere verso Nick, come animato da una forza misteriosa, e non rimase sorpresa neppure quando si piegò alla sua altezza per poterlo guardare dritto degli occhi.
La sorpresa cominciò però a coglierla quando si vide afferrare Nick per la cravatta e tirarlo più vicino al proprio muso.
«Attento a quello che desideri, agente Wilde» sussurrò. «Potrei sempre decidere di assecondarti.»
Dopo qualche attimo di iniziale smarrimento, Nick ricambiò il suo sorriso provocatorio e poi, proprio quando sembrava che il sogno stesse finalmente per infrangersi, la volpe le poggiò entrambe le zampe sulla vita e la attirò ancora più vicino a sé.
Judy sussultò, improvvisamente padrona di sé, e il suo primo pensiero coerente fu quello di darsi precipitosamente alla fuga.
Eppure, con lui con indosso la divisa da agente – come faceva a stargli così bene? – a tenerle saldamente i fianchi, a guardarla negli occhi in quel modo, con quell’espressione leggermente stordita ma che le bruciava sulla pelle come un fuoco, con le labbra perfidamente piegate all’insù, così vicino a lei da poterne sentire il respiro pregno di alcool sul proprio muso, Judy si ritrovò a pensare che Nick fosse dannatamente attraente e che, se anche avesse davvero finito col saltarle addosso, forse non le sarebbe dispiaciuto poi così tanto.
Ma quel pensiero durò un istante, il tempo che sbattesse le palpebre e ritrovasse il senso della realtà.
«Sei caduta nella mia trappola» disse Nick, a tanto così dal poggiare il naso contro il suo. «Coniglietta ottusa.»
Non aveva via di scampo; lei stava continuando a tenerlo per la cravatta – retaggio del precedente momento di follia che non si era ancora diradato – e lui, dal canto suo, le stringeva la vita con una possessività che le faceva venire i brividi, e non in senso negativo.
Judy credeva che sarebbe morta da un momento all’altro, di imbarazzo, di arresto cardiaco o di entrambe le cose, ma non c’era nulla che potesse fare per liberarsi da quella situazione.
Tanto per cominciare, lei stessa non era così convinta di volersene liberare.
«Nick, qualcuno potrebbe entrare qui da un momento all’altro…»
‘Non è questo il punto, Judy!’
«Non è un mio problema.» La volpe le risalì la schiena con una zampa, fino a giungere esattamente dietro il suo collo. «Io sono ubriaco, quindi non imputabile.»
Judy ribatté con un ben ponderato «sono abbastanza sicura che non funzioni in questo mod–», ma le labbra di Nick la zittirono prepotentemente prima che un altro suono potesse sfuggire alla sua bocca.
Le parole che avrebbe voluto pronunciare soffocarono nella sua gola ed evaporarono miseramente come neve al sole. La sua mente divenne completamente bianca; tutti i pensieri erano scomparsi, esattamente come il resto della frase che non avrebbe mai più avuto occasione di concludere.
D’istinto, Judy rafforzò la presa sulla cravatta. Si sentiva leggera, così leggera che quasi temeva di sollevarsi in aria e volare via in balia delle correnti.
Quando le loro labbra si staccarono, Nick la guardò dritta negli occhi. «Secondo te me ne ricorderò, domani?»
«Non… credo» balbettò Judy, controllando a stento il tono della voce. Il cuore stava battendo così forte da essere praticamente l’unico suono a riempirle le orecchie.
La volpe si passò una zampa sugli occhi e se li stropicciò. «Allora temo che dovrai aspettare, Carotina.»
Judy inclinò la testa, senza capire. «Cosa… cosa dovrei aspettare?»
«Che lo rifaccia da sobrio» replicò Nick; un mezzo sorriso gli si dipinse sul volto brillo. «Prima o poi troverò il coraggio, vedrai.»
«Tu…» La voce le morì dentro la gola e dalla sua bocca non uscì altro che un alito privo di suono.
«Eh~» La volpe avvicinò il muso alla sua faccia e la osservò intensamente. Poi, senza alcun preavviso… le leccò la guancia.
«N-N-Nick!» squittì Judy, mentre il sangue le affluiva tutto in viso. «Cosa stai facendo?!»
«Ti assaggio» rispose lui, con una semplicità che aveva dell’ingenuo e dello sfacciato insieme, coniugati in un ossimoro così perfetto da farla impazzire. «Sei così buona, Carotina…»
«No, aspetta… Nick!»
Ma non c’era nulla da fare: Nick Wilde proprio non si voleva fermare.
Le leccò ancora la guancia, poi risalì alla base delle orecchie e infine scese lentamente verso il collo, avventandosi sulla clavicola.
Judy si morse le labbra, ricorrendo a tutta la sua buona volontà per non lasciarsi sfuggire neanche un sospiro. «N-Nick, ti prego, no… ah!»
Dopotutto l’aveva previsto, no? Che sarebbe morta di qualcosa, entro la fine di quella stupida serata passata in centrale a festeggiare il compleanno di… aspetta, chi è che compiva gli anni quel giorno?
Un solletico improvviso all’altezza dell’addome le ricordò il motivo per cui non avrebbe potuto ricordarlo.
«Judy» mormorò la volpe, respiro caldo dentro le sue sensibili orecchie. «Judy…»
«No» ansimò la coniglietta, «ti prego, Nick, non dire niente
Il solo fatto che l’avesse chiamata per nome era bastato a disintegrare gran parte degli ultimi di barlumi di senno a cui stava miseramente tentando di rimanere aggrappata. Se dopo quello avesse pure aggiunto dell’altro – e, ubriaco com’era, chissà cosa avrebbe potuto dirle – Judy sarebbe caduta definitivamente in quella oscura voragine chiamata Perdizione, dove non esistevano né regole né buon senso.
«Piccola, piccola Judy» canticchiò, come fosse l’inizio di una filastrocca. «Mia, mia Judy…»
La spinse dolcemente a terra e la sovrastò con il suo intero corpo. Judy si specchiò in quegli smeraldi, appannati dai fumi dell’alcool eppure così vibranti di passione, e vi scorse una creatura ancora più piccola e impotente di come credeva di ricordarla.
Quella visione smosse qualcosa in lei; la Ragione, che Judy credeva perduta per sempre, si risvegliò e parlò per lei.
«Non farlo» supplicò con un filo di voce. «Non farlo… non adesso.»
«Ti voglio» disse Nick per tutta risposta, chinandosi su lei. «Ti voglio, ti voglio, ti voglio…»
Anche io, fu sul punto di replicare, ma fortunatamente riuscì a trattenersi. Se quelle parole avessero lasciato la sua bocca… non ci sarebbe stato più alcun punto di ritorno. E quello no, non era il momento. Non doveva andare così, non lì, non con lui in quello stato.
«Nick, sei ubriaco.» Dirlo in quella situazione le fece più male del previsto. Judy sentì le lacrime formarsi agli angoli dei suoi occhi, ma si impose di mantenere la calma. «I tuoi freni inibitori sono morti, affogati in tutto il vino che hai bevuto. Il vero Nick non mi avrebbe mai baciato e… l-leccato, e… n-non incomberebbe su di me come se volesse fare… f-fare…»
La volpe rise e la baciò di nuovo, ponendo così fine alle sue misere rimostranze. «Non posso fermarmi» mormorò, mentre prendeva a baciarla tutt’intorno al viso. «Dovrai farlo tu… se vuoi.»
«Scaricabarile!» esclamò Judy, prima che la lingua di Nick ricominciasse a lambire il perimetro del suo collo. «Non puoi lasciare a me… questa responsabilità…»
Ma era esattamente quello che stava facendo, quel disgraziato.
«Vuoi che me la prenda io?» mugugnò contro il suo pelo. «Non finirebbe bene, Carotina.»
«È facile parlare, per te… domani ti sarai scordato tutto, maledetto imbecille.»
Il pensiero era doloroso come una pugnalata nel petto, ma si mischiava così sapientemente al piacere che stava provando che Judy non trovava, nel vero senso della parola, la forza per resistergli. Sapeva che, da qualche parte nella sua mente – in quello che ne restava – doveva esistere almeno una buona ragione per porre fine a tutto questo. Eppure… quella ragione era lontana, troppo lontana perché lei potesse raggiungerla.
“… «Ehi, Francine, vacci piano con quella bottiglia!»”
O forse, in realtà, era più vicina di quanto pensasse.
“«Ma capo, è il mio compleanno! Mi lasci bere almeno oggi!»”
“Devo ricordarti cosa è successo l’ultima volta che ti sei ubriacato? Anzi, perché non lo chiediamo a Wolfar? Sicuramente se lo ricorda molto bene.»”
«Porca rapa» sibilò Judy, il corpo improvvisamente rigido come un’asse da stiro. «Porca, porca, porca rapa
Persino Nick, immerso com’era nella sua trance selvaggia, si accorse che qualcosa non andava. «Sento delle voci…»
«Sì» rispose lei, «è la Morte che è venuta a prendermi.»
E non nel modo che aveva immaginato.
“… «Glielo ripeto, capo: è stato un incidente. Non è colpa mia se Wolfar ha la coda così lunga!»
“«Ma è colpa tua se ti ubriachi senza ritegno. E, a proposito di ubriacarsi… dove diavolo è andato a finire Wilde?»”
«Oh, no…»
«Cercano me?» Nick rise, come se trovasse quella situazione estremamente dilettevole. «Sono famoso.»
«Sei cretino, non famoso.» Judy cercò di levarselo di dosso, ma il partner non collaborava. «Alzati, idiota! Ci sono Francine e il capo qua fuori!»
In quel momento, gli occhi di Nick si riempirono di un sentimento che assomigliava molto alla tristezza, ma che portava con sé altre sfumature – autentiche? Indotte dall’alcool? – che era difficile interpretare. «Si è esaurito il tempo, allora?»
E c’era qualcosa, qualcosa nella sua voce che le spezzò il cuore più del pensiero che Nick l’avesse baciata solo perché era ubriaco. Judy gli accarezzò una guancia, d’istinto, come se con quel gesto avesse potuto cancellare l’espressione sofferente sul suo volto, ma allo stesso tempo avrebbe voluto prenderlo a schiaffi perché era davvero uno stupido senza cervello.
«Temo di sì, Volperentola» rispose la coniglietta. «Vedi cosa succede ad affidarsi alla magia?»
Nick non rispose, ma lei fu certa di aver udito un uggiolare sommesso vibrargli nella gola. Un riso affettuoso sfuggì spontaneamente dalle sue labbra, benché la situazione fosse tutto fuorché amena. «E non pensare di intenerirmi, agente Wilde.»
E, in effetti, Nick non la “inteneriva”; lui la stregava, la faceva sentire come un'adolescente alle prese con la sua prima cotta, e Judy amava e odiava al contempo il modo sublime in cui ci riusciva.
“… «E ora che ci penso, anche Hopps è sparita da almeno un’ora. Sarà andata a cercarlo?»”
“«Bah, si saranno imboscati da qualche parte a fare chissà cosa.»”
Le voci provenienti dal corridoio la distolsero dai suoi pensieri. A quel punto Nick, come se fosse finalmente giunto alla fine delle sue elucubrazioni, parlò con voce incerta: «Ci proverò.»
«Perché non provi ad alzarti, tanto per cominciare?» disse lei, cercando di spingerlo via. «Se quei due entrassero qui in questo momento, penso che ci giocheremmo il distintivo.»
Eppure, nel dirlo, provò un sottile piacere che la fece sorridere dal profondo del cuore.
«No, davvero.» Nick si avvicinò al suo viso e parve scrutarla fin nell'anima. «Riuscirò a dirtelo… senza l'aiuto della Fata Madrina.»
«Una fata molto trasgressiva, se i suoi sortilegi consistono in una sbronza colossale.»
Nick le lanciò un'occhiataccia che la fece sussultare. «Sono quasi nei miei due minuti di lucidità prima del coma etilico totale, perciò attenta alle prese in giro, Carotina».
Judy trattenne il fiato. «Nick…? Sei tu
La volpe sorrise sprezzante – e sembrava davvero il suo Nick, mannaggia alle rape, con l’immancabile ghigno che riservava ad un mondo indegno di competere con il suo brillante intelletto; questa consapevolezza strisciò lentamente dentro di lei ed esplose violentemente in tutta la vastità delle sue implicazioni, lasciando la coniglietta un tutt’uno con l'orrore e la delizia, l'imbarazzo e la gioia.
«Io sono sempre io.» Nick si sollevò lentamente in piedi, ma si mise subito a sedere quando capì che non avrebbe potuto reggersi sulle proprie zampe. «Le cose che ti ho detto e… fatto prima, ecco…»
‘No’, pensò Judy, ‘non dirlo, non dirlo, non dirlo…’ e, immersa nella sua silenziosa preghiera, vide solo la bocca di lui che si muoveva, ma non fu in grado di cogliere quanto avesse appena detto.
Eppure, anche se le sue orecchie non avevano sentito, il suo cuore pareva averlo fatto, perché Judy sentì crescere in lei un’emozione potente e indescrivibile. «… Cosa hai detto, Nick?»
La porta si spalancò di colpo e un bufalo di loro conoscenza affacciò sulla soglia dell'ufficio.
Chissà se, a mordersi la lingua, Judy sarebbe morto sul colpo. Magari poteva provarci, giusto per togliersi il dubbio.
«Voi qui?» Bogo guardò Judy, poi guardò Nick, poi guardò di nuovo Judy e su di lei rimase, con un'espressione che la coniglietta non avrebbe dimenticato per almeno, beh, il resto della sua vita.
Che non sarebbe comunque durata a lungo, a giudicare da come il bufalo aveva appena lasciato cadere il suo bicchiere sul pavimento.
«Capo» rantolò lei, «le posso assicurare che ho un’ottima spiegazione per tutto questo.»
Se lo sguardo avesse potuto incenerire, Judy sarebbe appena stata fatta arrosto.
«Sarà meglio» sibilò Bogo. E poi aggiunse, puntando uno zoccolo contro Nick: «Wilde, se provi a vomitarmi sul tappeto… ti ammazzo
 
Il giorno seguente, un grumo di pelliccia e male di vivere venne ad accasciarsi pigramente sopra la sua testa, esattamente nello spazio in mezzo alle orecchie. «Carotina, uccidimi.»
«Non tentarmi» rispose Judy, senza smettere di battere alla tastiera. «E non respirarmi addosso, ché puzzi ancora di vino.»
Nick brontolò qualcosa di indistinto. «Mi sento come se avessi vomitato l’anima.»
«Quale anima?» chiese lei, alzando gli occhi al cielo. «Tu non ce l’hai, un’anima.»
Nick si allontanò da lei. «Quanta ostilità stamattina» commentò, dirigendosi verso la propria scrivania. «Solo perché ieri sera ero un po’ ubriaco…»
«Un po’?» La coniglietta smise di scrivere e gli lanciò un’occhiata colma di livore represso. «Nick, hai scambiato Bogo per una cabina telefonica‘E non è neppure la cosa peggiore che hai fatto.’
«Beh, le dimensioni sono quelle» replicò lui, prendendo posto sulla sedia girevole. «E poi… no, ok, non credo di potercela fare. Questo affare si muove troppo.»
«Non osare staccare le tue chiappe da lì, agente Wilde. Hai rapporti da stilare per i prossimi 274 giorni e io non intendo fare anche il tuo lavoro.»
La volpe si strinse nelle spalle con un sospiro. «Non capisco il perché di tanto rancore, agente Hopps. A tutti capita di ubriacarsi, talvolta.»
«C’è chi si ubriaca bene e chi male: indovina a quale categoria appartieni tu.»
Le orecchie di Nick si abbassarono leggermente, e un’espressione incerta fece capolino sul suo volto. «È successo qualcosa che non ricordo?»
‘Oh, solo… tutto quanto.’ Ce le aveva lì sulla punta della lingua, quelle parole, e moriva davvero dalla voglia di schiaffargliele in faccia, ma un altro fu il suono che lasciò la sua bocca: «Niente, non è successo niente. Cosa vuoi che combini una volpe brilla in una centrale di polizia?»
«Indispone le conigliette, a quanto sembra.»
«Lo fai anche da sobrio» gli ricordò lei. «E meglio
Nick si lasciò andare sulla sedia, scivolando lentamente e inesorabilmente verso il pavimento – ma la cosa non sembrava turbarlo più di tanto. «Devo averla fatta davvero grossa, ieri, a giudicare dall’astio con cui continui a fissarmi da stamattina.»
«È solo una tua impressione.»
«Muori dalla voglia di arrecarmi male fisico.»
«Probabile.»
«Hai un coltello nascosto nella pettorina.»
«Possibile.»
«Quanto tempo mi resta?»
«Cinque minuti, e lo stai sprecando dicendo…»
‘«Si sta esaurendo il tempo, allora?»’
Judy sbatté le palpebre, chiedendosi cosa fosse stata la voce che credeva di aver appena sentito. «… scemenze.»
«Carotina?» La volpe aggrottò la fronte – il che risultava abbastanza comico, considerando la posizione già di per sé “aggrottata” in cui si trovava in quel momento. «Io sarò ancora mezzo rimbecillito dalla sbronza di ieri sera, ma tu non sembri stare meglio di me.»
‘E di chi pensi sia la colpa, imbecille?’
«Tu sei l’ultimo mammifero che può permettersi di fare certe osservazioni» replicò duramente Judy. «Cosa credi che penserebbe chiunque se adesso entrasse nel nostro ufficio e ti vedesse in quello stato? Sembri un mocio rinsecchito.»
«Trovami un animale che non abbia l’aspetto di uno straccio dopo aver passato l’intera notte a vomitare.»
«Potevi rimanere a casa a dormire» suggerì lei, incrociando le braccia al petto.
«E perdermi un’occasione per stare con la mia coniglietta preferita? Giammai
«Le tue parole mi commuovono, agente Mocio.»
«Smetti di chiamarmi così» protestò Nick, ormai quasi completamente seduto sul pavimento, con la testa appoggiata al bordo della sedia. «È… brutto, non mi si addice.»
«Invece io credo ti si addica perfettamente.» Judy scosse stancamente la testa e riprese a scrivere il rapporto a cui stava lavorando prima che la volpe venisse a darle fastidio.
«Ehi.»
Tap, tap, tap…
«Ehi, Carotina.»
Tap, tap, tap, tap, tap…
«Judy!»
Tap, tap, ta… ‘Cosa ho fatto per meritarmi tutto ciò?’ «… Che c’è ora, Nick?»
A malincuore, la coniglietta si voltò verso di lui.
E inorridì.
«Vieni qui» le disse lui, tendendo le braccia nella sua direzione. «Racconta a questa saggia volpe cosa ti affligge, su.»
 ‘«Vieni qui.»’ Judy si bloccò, come paralizzata. «Non di nuovo» mormorò, d’impulso, colta da un orrore che non era pronta a rivivere.
Era uguale. Era come la sera precedente. Era…
«Piantala di fare la difficile, stai infangando ogni buon stereotipo della tua specie.»
No, invece.
Non era uguale.
La coniglietta si costrinse a non tremare. «Perché dovrei venire da te?»
«Perché hai la scritta “qualcuno mi aiuti” stampata in faccia e, beh, si dà il caso che sia proprio quello che voglio fare, perciò vieni qui e non fare storie.»
Non era uguale, non era uguale, non era uguale.
«Vuoi aiutarmi mentre sei seduto per terra come un barbone?»
«E con ciò?» Adesso era il turno di Nick di incrociare le zampe al petto. «Almeno il pavimento non gira
«Beh, teoricamente la Terra gira, e quindi anche il pavimento su cui sei seduto…» Nel dirlo, una risata le risalì la gola e venne fuori, così pura e nitida che Judy stessa ne rimase genuinamente sorpresa. Come poteva, un suono così cristallino, essere nato dalla sua voce e in un momento come quello?
Eppure, la risposta a quella domanda era esattamente a pochi metri da lei.
Una risposta imbronciata e forse ancora un po’ stordita dai bagordi della sera prima, ma… senza alcun dubbio, nel modo più assoluto, inequivocabilmente sincera.
E forse, dopotutto, lo era sempre stata. Solo che lei non ci aveva creduto davvero.
«Vogliamo parlare di astronomia?» la incalzò Nick. «E parliamone, se questo può farti stare meglio, ma non credo che la rotazione dei pian– EHI!»
Un attimo dopo, nello stesso brevissimo lasso di tempo in cui le palpebre sbattono per mettere a fuoco l’ambiente circostante, Judy era saltata giù dalla sedia e gli si era gettata disperatamente tra le braccia.
Perché non ci aveva creduto? Perché aveva scelto di non crederci?
‘«Io sono sempre io.»’
«Carotina…?»
«Taci» gli intimò, stringendolo con tutta la forza che aveva in corpo – beh, magari non proprio tutta. «Sei un maledetto idiota. Io, io sono una maledetta idiota. Siamo degli idioti, tutti e due.»
«Ehm, okay?» Un paio di zampe gentili le restituirono pian piano l’abbraccio. «Se chiamarci idioti può alleviare le tue pene, suppongo che te lo lascerò fare. Solo per oggi, però.»
E finalmente, finalmente tutto era diventato giusto, e ogni tassello era andato al suo posto, e ogni cosa sapeva di bello e buono esattamente come lei aveva sempre desiderato.
«Io aspetterò.» Così gli disse, di punto in bianco, alzando lo sguardo verso di lui. «Aspetterò, Nick. Ma non farmi aspettare troppo, mi raccomando.»
E Judy rise dell’espressione vuota e confusa della volpe, rise del suo «cosa dovresti aspettare?», rise del modo in cui aveva inclinato la testa nel porle quella domanda – proprio come fanno i lupi – e rise della propria stupidità, perché in fondo era davvero una coniglietta ottusa.
Anzi, gli ottusi erano due.
 
‘E anche la stupidità può diventare felicità, se si è scemi in coppia.’










_________________
Angolino dell'autrice:
Beh, che dire... avevo cominciato a scrivere questa one-shot qualcosa come due settimane fa, in preda ad un'ispirazione miracolosa, e onestamente non sapevo neppure io dove volevo andare a parare. Ho scritto frammenti, che poi ho provveduto a ricucire assieme (e per fortuna ci sono riuscita egregiamente), e fin lì più o meno ero riuscita a destreggiarmi. Finché... non mi è toccato scrivere il finale.
In proporzione, l'80% dell'impegno è andato tutto alla ricerca di una degna conclusione per questa storia, che è venuta fuori così forte, così piena di una moltitudine di sentimenti che ad un certo punto trovare l'epilogo perfetto è diventata una questione di principio. Fino a 24 ore fa non sapevo ancora come fare, navigavo nell'angoscia mentre il contatore delle parole superava le 4000 cifre e io pensavo "quanto sta venendo lunga, diosanto"... a tal proposito, ringrazio JunJun per avermi spronato a non arrendermi a un finale troppo aperto e affrettato (grazie cutipie, luv u), perché grazie al suo incoraggiamento è venuta fuori quella che ritengo una delle one-shot più belle che abbia mai scritto. E spero che sia riuscita a soddisfare anche i palati più raffinati, spero che spingerà alcuni di voi lettori silenziosi, che continuano a mettere questa raccolta tra i preferiti, a lasciarmi un commento e a dirmi perché amano questa raccolta <3 perché - e parlo per esperienza personale - so quanto pesi lasciare una recensione, spendere anche solo un minuto a mettere insieme una frase non banale che faccia capire all'autore che il suo lavoro è giunto a destinazione, nel cuore del lettore. Per questo spero sempre di riuscire a scrivere con una maestria tale da far pensare: "no, deve sapere che è stata grandiosa, deve sapere che mi ha stregato il cuore, deve sapere che è riuscita a donarmi qualcosa", perché è in quel momento che sento di aver davvero raggiunto il mio scopo.
E dunque spero che, nel suo piccolo, questa one-shot riuscirà nel suo intento.
<3

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Capitolo 16
*** Telefonata ***


~Volpe & Coniglio~
16 - Telefonata


 
 



Note dell'autrice:
Temo che molti di voi abbiano fatto un po' di confusione nell'interpretare questa storia - complice anche il fatto che EFP non permette di dare visibilità a certi tipi di tag - perciò lo ribadirò qui sperando che così risulti chiaro a tutti: questa è una raccolta di one-shot. Significa che i capitoli sono tutti completamente (o quasi) slegati tra di loro, fatta eccezione per quelli che io stessa ho indicato come legati da un filo conduttore. Perciò, ad esempio, ciò che è successo nel capitolo precedente è una parentesi a sé, un what if, un chiamatelo_come_volete.txt e pertanto questo capitolo che vi apprestate a leggere NON tiene conto di ciò che è successo (Nick ubriaco etc etc). Per tale motivo ogni capitolo ha un'impostazione diversa, un diverso modo di vedere e affrontare il loro rapporto; l'unica variabile fissa, diciamo così, è che tutte queste storie sono comunque collocate dopo gli avvenimenti narrati nel film.
Parentesi 2: in questo capitolo sono presenti miei personalissimi headcanon, come penso vi accorgerete strada facendo. Non escludo che in futuro possano cambiare, ma per ora prendeteli così.
Parentesi 3: ho provato ad adottare uno stile più "ad impatto" rispetto a quello che uso di solito, spero che risulterà di vostro gradimento! <3 Detto ciò... buona lettura~
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Nick riemerse dall’incubo come se il suo corpo fosse appena risalito a galla da un mare scuro e profondo. Le sue zampe si aggrapparono disperatamente alle lenzuola, mentre il petto si alzava e si abbassava al ritmo esasperato del suo terrore. Gli occhi, solitamente così abili ad indagare il buio, saettarono ciechi per tutta la stanza, cercando i resti di quella visione che gli aveva strappato via l’anima come un pezzo di stoffa consunta.
Non c’era niente. Erano solo lui e quelle quattro mura erose dal tempo e dall’incuria, lui e l’abisso gelido dei suoi più oscuri e primitivi terrori. Nicholas Wilde annaspò nelle tenebre di quella casa vecchia e pregna di ricordi, che erano come foto ordinatamente sistemate in un album ingiallito che nessuno era più lì per sfogliare.
«Era solo un incubo» si ripeté la volpe. «Solo un incubo, solo un incubo, solo un…»
Ma intanto le sue zampe erano già corse al telefono con l’urgenza di chi, annegando nell’oscurità, cerca disperatamente l’interruttore della luce.
 
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Nel cuore della notte, da qualche parte nella fitta Downtown, un cellulare squillò e una coniglietta si rigirò brontolando dall’altra parte del letto.
«No…» un rantolo afflitto sfuggì alle sue labbra, mentre sotterrava la testa sotto il cuscino nel tentativo di ignorare quella malefica melodia.
Ma non smetteva, non smetteva, non smetteva e probabilmente non erano neppure le tre del mattino ma magari poteva essere un’emergenza o qualcuno era morto o magari– «… ‘onto.»
«… Ehm.»
«Eh?» Judy fece lo sforzo immane di aprire un singolo occhio. «Chi parla? Che succede? Eh?»
«Carotina…?»
«Ah.» Judy si rigirò a pancia in su, straziata da un sentimento che il sonno rendeva indecifrabile ma che aveva il sapore dell’odio profondo. «Nick, sei tu… sono le tre del mattino…»
«Veramente sono le due» precisò lui. «E un minuto.»
«Buonanotte.»
«No, Aspetta! Aspetta aspet–»
Click. Judy lanciò il proprio dispositivo mobile in un angolo della stanza – avrebbe avuto tempo a sufficienza per pentirsene, all’indomani – e tornò a bearsi del calore delle sue coperte.
Appena un secondo, o forse un minuto, o un’ora, o un’altra vita dopo, il telefono ricominciò a cantare la sua esasperante melodia. Judy allungò le zampe nel vuoto, salvo poi ricordarsi vagamente di aver scaraventato il proprio smartphone da qualche parte – abbastanza lontano da non poterlo raggiungere da sdraiata, ma abbastanza vicino da logorarle i nervi con sua suoneria.
Alla fine, la coniglietta non poté far altro che trascinare le sue stanche membra fuori dal tepore del proprio giaciglio.
«Nick, ti rendi conto che sono le due del mat–»
«Le due e tre minuti, adesso.»
«Ora chiudo.»
«No no no no no!» supplicò la voce all’altro capo. «Scusa, non volevo essere… logorroico
«Cos’è questa vocina tenera?» Judy sbadigliò e si stropicciò pigramente le palpebre. «Hai avuto un incubo, per caso?»
«Io? Ma va’.»
«Mh.»
«… Cioè, forse sì.»
«Ecco.»
«Ecco cosa?»
«Ecco cosa spinge Nick Wilde a chiamarmi nel cuore della notte.»
«Beh.» C’era una nota di profondo risentimento in quel “beh”, un malanimo che la volpe non si era data pena di occultare – non che avesse importanza, in effetti. E poi era Nick, suvvia. Cosa ci si poteva aspettare?
«Non dirmi beh» lo rimbeccò Judy. «Avanti, racconta a questa coniglietta del brutto sogno che ha afflitto la tua acuta mente.»
«Avverto un lieve sarcasmo da parte tua, Carotina.»
«Sarcasmo? E perché dovrei, in fondo stiamo solo conducendo una conversazione perfettamente normale. Alle due del mattino
«Se per te il sonno è più importante della salute mentale del tuo partner…»
Judy rise. «Non essere sciocco» gli disse, addolcendo il tono della voce. «C’è ben poco che possa considerare più importante di te, Nick.»
 
_________
 

«C’è ben poco che possa considerare più importante di te, Nick.»
Boom. E di colpo non esistevano più né il sopra né il sotto, né la destra né la sinistra, e non c’era più un cuore ma solo una roba che minacciava di sfondargli la cassa toracica a suon di colpi e l’improvvisa carenza di ossigeno nella stanza mentre l’incubo regrediva ad un puntino microscopico perché il resto della mente e dell’anima era impegnato a sciogliersi per quelle parole e a crogiolarsi nel piacere e nel calore e nel– «“Ben poco”, hai detto? Così mi offendi, Carotina. Chi osa concorrere per il primo posto sul podio del tuo affetto?»
«Ah, non saprei. La mia famiglia, il mio lavoro, Gazelle…»
«Gazelle?»
«Gazelle è bellissima» replicò Judy. «Bellissima.»
«Ne bastava uno solo, grazie.»
«E bravissima.»
«Sì, ok, dacci un taglio.»
«No. E comunque stai tergiversando, come al solito. Cosa hai sognato di così spaventoso da spingerti a chiamarmi a quest’ora, volpe ottusa che non sei altro?»
«Non scrivere mai un libro su come convincere la gente a parlare, non ne venderesti neanche una copia.»
«E tu non scrivere mai un libro su come risultare simpatici, non te lo pubblicherebbero neanche.»
«Coniglietta acuta.»
«Dimmi qualcosa che non so, Nick. Per esempio, del tuo incubo.»
Nick serrò la mascella per contenere il flusso di sentimenti, pensieri e parole che stavano minacciando di esplodere fuori come fuochi d’artificio. Si passò una zampa sul petto, risalì sul volto, poi dietro le orecchie, poi giro largo e giù di nuovo sul petto, cercando di liberarsi di quell’urgenza impellente di gridare, di tuffarsi dentro il telefono per arrivare dritto da lei e stringerla e abbracciarla e intrecciarsi a lei e riempirla di baci e di morsi e di un milione di altre cose che non avevano né nome né forma.
«Nick?»
«L’ho sognata.» La verità gli sfuggì infine dalle labbra, facendosi plateali beffe dei suoi sentimenti. «Mia madre… l’ho sognata.»
«Nick.» La voce di Judy cambiò; divenne più bassa, e note di dispiacere vibrarono in essa fin dentro le sue orecchie. Nick soppresse un brivido e strinse involontariamente la presa sul cellulare.
La voleva lì, con lui. Aveva bisogno di lei, del suo calore, della sua dolcezza, dei suoi grandi occhi viola che lo guardavano fin nel profondo dell’anima. Lei avrebbe curato le sue ferite, accarezzato le sue cicatrici, abbracciato il dolore che sentiva dentro fino a farlo suo.
Fino a farlo loro.
Perché Judy era così, era così e basta, e Nick poteva solo chinare il capo e dire grazie; grazie alla vita, al destino, al ghiacciolo Jumbo, a qualunque cosa li avesse fatti incontrare.
‘Dove sarei, ora, se non ti avessi conosciuto?’
La domanda muta risuonò tra le pareti di quella casa, pareti che il tempo aveva reso gialle e cariche di ricordi, come foto sui muri ritraenti un passato così remoto da far persino dubitare della propria esistenza.
 
_________
 
 
Judy si morse il labbro inferiore; brividi spiacevoli serpeggiarono lungo la sua schiena come vipere meschine pronte a ghermire la loro preda.
Era impotente. Semplicemente, dannatamente impotente, e quel pensiero le avvelenava l'anima, la corrompeva, la dilaniava.
«Nick.» Il nome venne fuori come una supplica, una preghiera, una scusa, una promessa. «Oh, Nick…»
«È tutto ok, Carotina. Sono ancora vivo.»
«Non è ok» sospirò Judy. «È…»
«È ok» insistette. «Davvero, sto bene.»
«È colpa mia» proruppe lei, e nel dirlo una lama di dolore le attraversò il petto da parte a parte. «Se solo non ti avessi–»
«Carotina…»
«–detto di tornare a casa–»
«Ehi. Ehi.»
«Perdonami» sussurrò contro la cornetta. «Nick, perdonami…»
«Non ho chiamato per sentirmi porgere delle scuse da te.»
«Ma…»
«“Ma” un corno. Smettila di delirare, altrimenti vengo lì e ti faccio passare la voglia di dire cavolate.»
«Vorrei che tu lo facessi» si ritrovò a dire, parole che in qualche modo erano sfuggite al sapiente setaccio della mente. «Vorrei… che tu lo facessi.»
Silenzio giunse in risposta. Judy tese le orecchie e ascoltò, cercando quella voce che può essere udita solo quando nessuno parla, la voce del cuore che trova spazio solo quando il mondo tace.
«Potrei farlo» borbottò la volpe all’altro capo del telefono. «Sarebbe da svitati, ma potrei farlo. Potrei farlo davvero.»
 «Fallo.»
«Non tentarmi.»
«Fallo» ripeté Judy, e non sapeva fino a che punto non lo intendesse davvero. «Non stare, non… non stare lì, dove io non posso vederti. Dove non posso proteggerti
«Non devi proteggermi.»
«Non devo, infatti. Voglio
«Non dovresti volere.»
«Ora sei tu quello che dice cavolate, Nick.»
«Mi adeguo a te, Carotina.»
Lei non avrebbe voluto che accadesse, ma non poté impedirlo.
Non poté impedire alle lacrime di accumularsi agli angoli dei suoi occhi, non poté impedire alla voce di tremare, non poté impedire alle orecchie di abbassarsi sotto il peso della tristezza che l’aveva appena schiacciata.
Non poté impedirsi di sentire il dolore di Nick, di diventarne parte, di diventarne vittima.
Non poté; e giacché non poté, Judy disse due semplici parole:
«Sto arrivando.»
E cominciò a correre.
 
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Nick si era imposto di non crederci.
Lei non sarebbe arrivata, quella notte; lo avrebbe richiamato a momenti per dirgli che stava scherzando, che si era sbagliata, che il sonno le aveva annebbiato la ragione, perché Judy non poteva davvero correre da lui alle due del mattino per un motivo stupido come quello e se lo avesse fatto lui in che modo avrebbe potuto mantenere il controllo di sé di fronte a quella creatura bellissima che correva a salvarlo perché non riusciva proprio a farsi gli affari suoi che accidenti a lei Nick l’avrebbe presa e–
Il cellulare, ancora saldamente stretto nella sua zampa, cominciò a vibrare. Nick prese la chiamata al secondo squillo: «Carotina, non–»
«L’indirizzo è quello che mi hai dato l’altro giorno, vero?»
«Stai venendo qui?»
«È quello o no?»
«Car– Judy, per l’amor del…» Nick si lasciò cadere sul letto. Non voleva sorridere, non doveva sorridere, eppure le sue labbra continuavano a tendersi verso l’alto come se una mano invisibile gliele stesse tirando su a forza. «È quello. E comunque sei fuori di testa, sappilo.»
«Dieci minuti e sono da te. Non morire nel frattempo, ok?»
‘Sono già morto, tanto tempo fa.’ «Farò del mio meglio.»
 
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La vita è un flusso misterioso, che attraversa le cose e le fa muovere. È una corrente che trasporta con sé il respiro, il pensiero, che dona la presenza nel mondo, che non ha né inizio né fine, anche se ciò in cui fluisce è destinato ad estinguersi, come la fiamma di una candela quando la cera che le dà sostegno diventa un lago trasparente e il filo infuocato ritorna al nulla da cui tutte le cose provengono.
La casa in cui Nick aveva vissuto per tanti anni aveva perduto la luce e il calore, diventando nient'altro che uno scheletro di quello che era in passato. Eppure, tra quelle pareti consumate dall'incuria, i ricordi avevano fatto presa come macchie indelebili e cantavano. Cantavano ciò che era stato e ciò che avrebbe potuto essere, con una voce che era insieme dolore, rammarico e speranza.
Judy chiuse gli occhi ed inspirò profondamente; l’odore dei ricordi le riempì i polmoni e fece crescere il magone che sentiva nel petto.
«È… intensa.»
«Cosa, la puzza di muffa?» Nick sorrise e versò in un bicchiere una generosa dose di succo di carota.
«La nostalgia» rispose lei, seduta al tavolo del soggiorno, zampe fermamente incrociate sul grembo. «Io…»
«Bevi» disse la volpe, porgendole il bicchiere. «Non sarà la migliore delle colazioni, ma non credo che le tue siano molto diverse da questa.»
«Piuttosto dovrei chiederti perché hai del succo di carota nel tuo frigo.»
Nick si strinse nelle spalle. «Non sia mai che un coniglio venga a bussare alla mia porta e io non abbia nulla da offrirgli.»
Judy prese il bicchiere e seguì Nick con lo sguardo mentre andava a sedersi sul divano dall’altra parte della stanza, lasciandosi poi scivolare mollemente contro lo schienale.
Sembrava stanco, molto stanco; di una stanchezza arida e secca come il deserto, tanto che a guardarlo le venne una gran sete, che nessun succo di carota avrebbe mai potuto estinguere.
La sua, infatti, era una sete spirituale. Una sete interiore che doveva soddisfare al più presto, in qualche modo, ma…
Non osava. Semplicemente, non osava.
Ma voleva.
Voleva, voleva, voleva con tutta l’anima colmare lo spazio che li separava, così piccolo eppure così grande da metterle paura. Non più paura, comunque, di quanto gliene mettessero i suoi stessi pensieri.
Si costrinse a rimanere immobile sulla sedia che aveva scelto per lei, baluardo di sanità a cui aggrapparsi per non smarrirsi nel mare di emozioni che la stavano sopraffacendo, e poggiò il succo sul tavolo senza degnarlo di un solo sguardo. «Sono stata incauta» iniziò, scuotendo la testa. «Non ho considerato il carico emotivo, non… sapevo
«Hai solo detto la cosa giusta. Chiunque al tuo posto avrebbe–»
«Ma io non sono chiunque» esclamò Judy, alzando la voce. «Dovrei essere tua amica
«E lo sei» replicò Nick. «Ma questo non significa che tu debba sentirti responsabile delle mie azioni.»
«Ma per colpa mia–»
«Non hai nessuna colpa.»
«Sì, invece!»
«E quale sarebbe? Avermi suggerito di tornare nella mia casa, provare a viverci come un mammifero normale? Sarebbe questa la tua colpa?» Nick si passò una zampa sul volto. «Non vivo più di espedienti, sono un poliziotto adesso. E si è mai visto un poliziotto dormire in un furgoncino sgangherato?»
«Questo non significa nulla.»
«Significa tutto, Judy.» Un ringhio sommesso vibrò dentro la sua gola. «Scusa, non ce l’ho con te. È con me stesso che…»
La coniglietta balzò giù dalla sedia e gli si parò di fronte, incapace di contenere ulteriormente le emozioni di cui era preda.
Lo abbracciò, frenando ogni parola che volesse uscire dalla propria bocca – ed erano così tante, e così piene di qualcosa che lei non sapeva spiegare, che ci avrebbe impiegato un quarto di vita soltanto per metterle in ordine e dare loro un senso.
«E… questo per cos’è?»
«Per il tutto che hai nominato prima.» Judy scrollò le spalle e sorrise. «Non che abbia bisogno di un motivo, in ogni caso.»
«Un motivo conferisce senso alle azioni.»
«Non che abbia bisogno di un senso, in ogni caso.»
«Non puoi semplicemente abbracciare la gente.»
«La gente no» ne convenne lei, «ma te sì. E comunque non mi sembra che ti dispiaccia, visto che non mi stai respingendo.»
«Come potrebbe?» chiese Nick, e la domanda suonava così dolcemente retorica che Judy ne rimase deliziata.
Due zampe molto più grandi delle sue le circondarono la vita e la attirarono a lui. Prima che potesse rendersene conto, la coniglietta si ritrovò supina sul divano con il muso della volpe proprio sul piccolo petto.
Lei esitò. «Nick…?»
«Avrei voluto fare qualcosa per lei» cominciò il partner, quasi sussurrando, come se il parlare lo privasse della forza vitale. «Avrei voluto restituirle ciò che mi aveva dato a costo della sua stessa salute. Avrei voluto donarle un po’ di serenità, quel tanto che bastava a ripagarla dei suoi sacrifici.
Ma… non ho fatto in tempo. Se n'è andata prima che potessi farlo, e… non ho mai potuto dirle addio. Né mai potrò.» La strinse ancora di più, affondò la faccia sul suo pelo e uggiolò, piano, di un dolore sommesso e tristissimo.
Judy gli prese il volto tra le piccole zampe e lo costrinse a guardarla. «Ha fatto ciò che ogni genitore avrebbe ritenuto giusto. Tu non hai colpe.»
«Ne ho» insistette Nick. «La mia colpa più grande è stata aver rifiutato il passato. E se adesso mia madre non è altro che un ricordo, rifiutando il passato ho rifiutato anche lei. Così la ripago per l’amore che mi dato: dimenticandola.»
«Ci sono cose che non si possono sopportare da soli» replicò Judy, appoggiando la propria fronte su quella di lui. «Non è un crimine aver cercato di fuggire dal tuo passato, Nick. Chi ti avrebbe sorretto, se non fossi stato capace di portarne il peso?
Eri solo, hai agito per proteggere te stesso.» La coniglietta gli accarezzò le guance e sorrise: «Adesso non lo sei più.»
Lo sentì sussultare e allontanarsi di scatto da lei. Judy cercò immediatamente i suoi occhi, affinché le dicessero il perché di quell’azione così repentina… ma, nel farlo, ritrovò Nick a compiere il medesimo gesto.
Si guardarono per chissà quanto tempo, immobili rispetto al flusso temporale, sospesi in una dimensione che apparteneva soltanto a loro e che amplificava i loro pensieri fino a renderli quasi udibili l’uno per l’altro.
E poi, senza alcun preavviso, la volpe si sporse verso di lei e le diede un bacio sulla fronte. «Non sei mai a corto di parole tu, vero?»
Judy avvampò e si tirò immediatamente ritta a sedere. Le labbra si dischiusero per dar voce a una protesta, ma le parole si incepparono strada facendo e tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu un poco significativo: «Uhm.»
Nick le elargì un sorriso beffardo, ma così subdolamente pieno di affetto che la coniglietta si sentì morire dentro. «Non mi guardare così…»
«Mi chiedi troppo, Carotina.»
«Dico sul serio, non è legale uno sguardo del genere.»
E Judy era seria, mortalmente seria. Non era possibile essere fissati da quegli occhi e contemporaneamente mantenere intatta la propria sanità mentale, non era possibile.
Non era proprio possibile, esattamente come non lo erano le braccia che Nick aveva appena aperto verso di lei. «Vieni qui, stupida bestiolina grigia.»
E lei obbedì, perché non poteva fare altro, e gli gettò le zampe al collo con un’urgenza che aveva radici troppo profonde perché lei potesse darvi un nome.
«Grazie» le disse lui.
«Non ho fatto nulla per meritare gratitudine» rispose Judy. «E sono tuttora convinta che potrei, dovrei fare di più per te.»
«Beh, una cosa puoi farla.» Nick si staccò da lei quanto bastava per guardarla negli occhi e poggiò la punta del proprio naso sul suo. «Per esempio…»
«Non–» il cuore le risalì in gola e minacciò di darsi rocambolescamente alla fuga fuori dalla sua bocca. «Non era questo che intendevo con…»
«Beh, ora lo è.»
«Implicando che–» il respiro le si mozzò senza apparente ragione.
La volpe strofinò appena il muso contro quello di lei. «Sarebbe anche ora che affrontassi le conseguenze delle tue azioni, Carotina.»
«Smettila» miagolò la coniglietta. «Non ho fatto niente per cui dovrei sentirmi in colpa.»
«Davvero?» Le prese una zampina e se la poggiò sul petto. «Senti come batte? Se muoio di infarto prima di raggiungere i quarant’anni, indicherò te come prima indiziata.»
Judy deglutì a vuoto. «E lo farai… da morto?»
«Troverò un modo.»
«La vedo du–» Nick le pose un dito sulle labbra e la zittì.
«Basta parlare» sussurrò a pochi millimetri dal suo viso, «e lasciati baciare.»
«Perché?» riuscì a chiedere, quasi in un singulto, l’aria attorno a loro carica di aspettativa.
«Perché ti amo.»
E a quel punto non ci fu più spazio per le scuse, più spazio per l’esitazione; ciò che rimase fu solo il violento scontro delle loro bocche, i sospiri, il bisogno di completare ed essere completati, il desiderio di possedere ed essere posseduti.
«Anche io» gemette Judy, mentre lui le baciava il collo con urgenza. «Anche io ti amo… Nick–»
 
_________
 
 
Se molti anni prima gli avessero detto che un giorno, in quella stessa casa in cui lui viveva – o, per meglio dire, sopravviveva – si sarebbe svegliato nel suo letto abbracciato a una coniglietta, Nick avrebbe riso così forte da sputare i polmoni per terra.
‘Eppure… eccoci qui.’
Judy ebbe un fremito e si rannicchiò ancora di più contro il suo petto. La volpe la strinse di riflesso. «Freddo?»
«Mh» mugugnò lei. «Ho passato di peggio.»
«Come sei romantica
Judy ridacchiò. «Vuoi che lo sia?»
«Non oso pensare a quali battute tireresti fuori dal cilindro.»
«Beh, vediamo… che ne dici di: “Nessun gelo potrà mai lambire la mia pelle, finché tu mi terrai stretta a te”?»
«Ho appena perso dieci anni di vita» le disse Nick, serio. «Non farlo mai più.»
«Non l’avrei rifatto a priori. Sento la carie avanzare minacciosa…» Judy si passò la lingua sui denti e fece una smorfia di disgusto, gesto che – e qui era lui ad essere un vero animale, se ne rendeva conto – mandò a Nick una quantità spropositata di brividi lungo la schiena, brividi che decise di contrastare… leccandole il muso.
La coniglietta squittì di sorpresa. «Nick!»
«Scusa, colpa mia. Anzi, colpa tua.» Ben presto quell’atto si trasformò in un bacio, al quale Judy reagì accucciandosi contro il suo collo, rendendosi così irraggiungibile dalle sue labbra.
«Quanta passione, agente Wilde» rise lei, depositandosi un bacio sul folto pelo.
«Sei tu che getti benzina sul fuoco» replicò Nick, leggermente risentito dal fatto che si fosse sottratta a lui. Eppure, quel risentimento aveva un sapore così delizioso che la sua eccitazione, anziché spegnersi, crebbe a dismisura. «Vorrei mangiarti
«Brr, che paura.»
«Ho così tanta voglia di te che–» Si bloccò e prese un profondo respiro. «Ok, sto cominciando a parlare come uno psicopatico.»
«Non è vero» protestò Judy. «Sei solo un po’… innamorato.»
«Che è più o meno la stessa cosa.»
«Probabilmente.»
«So già che vorrò sbranare qualunque mammifero di sesso maschile ti si avvicinerà per i prossimi sei mesi» sospirò la volpe. «Intendo, vorrò sbranarlo più del solito
«Come sei tenero, Nick.»
«Si chiama “demarcazione del territorio”, tesoro. Non è tenero, è biologico.»
«È tenero» insistette lei. «Tu sei tenero. E io ti amo.»
Un sorriso spontaneo si formò sul suo viso. «Lo so» rispose Nick, accarezzandole le lunghe orecchie mentre le labbra sfioravano appena quella piccola testolina grigia.
‘Ora lo so.’

 

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Capitolo 17
*** Luce ***


~Volpe~
17 - Luce


 
 



Non sapeva quando fosse cominciato tutto quanto; Nick sapeva solo che, un bel giorno, aveva iniziato a vedere le cose in modo differente.
Era come se, per la prima volta nella sua vita, si fosse davvero alzato il sipario che fino a quel momento aveva tenuto nascosto il mondo attorno a lui.
Improvvisamente tutto era diverso; ogni cosa era piena di aspettative, di opportunità, di gioia e bellezza… e luce.
Nick non capiva da dove provenisse la luce che rischiarava le sue giornate. Era tutto uguale, eppure, allo stesso tempo, profondamente diverso, in un modo così sottile che lui stesso, certe volte, faticava ad accorgersi della differenza.
Di punto in bianco, i colori erano affluiti nella sua grigia esistenza e adesso tutto risplendeva, risplendeva in quella luce bella e misteriosa di cui Nick avrebbe tanto voluto conoscere l’origine.
E poi, una bella mattina, qualcosa cambiò.
 
Era una giornata come tutte le altre; Nick stava stilando un rapporto quando lo sguardo gli cadde su Judy, intenta a fissare con un certo astio il calendario appeso alla parete. La coniglietta spiccò un balzo e tentò di afferrarne l’estremità superiore ma, per qualche ragione, non ci riuscì. E allora ci riprovò una seconda volta, e poi una terza, e poi una quarta, ma per qualche stupidissima e inspiegabile ragione continuava a mancare il gancio che lo teneva sospeso, e questo la stava visibilmente irritando.
E allora Nick sogghignò tra sé e cominciò mentalmente a stilare un elenco di battute con cui avrebbe potuto prenderla in giro ma, quando aprì la bocca per dare voce al suo sarcasmo, si ritrovò invece ad osservarla intensamente mentre faceva un passo avanti e due indietro, tre a destra e quattro a sinistra, cercando la giusta angolazione da cui spiccare il balzo finale che le avrebbe permesso di afferrare il dannato calendario, perché lei era Judy Hopps e figuriamoci se si lasciava battere da qualcosa di tanto triviale quanto uno stupido gancio. E che diamine.
Nick la guardò, come se la vedesse davvero per la prima volta, e improvvisamente la nebbia si diradò.
E la consapevolezza lo colpì dritto in faccia.
 
«Nick?» Quasi come se avesse sentito i suoi pensieri, Judy si voltò verso di lui.
«Sì?»
«È da cinque minuti che mi fissi come un ebete.»
«Davvero?» Nick scrollò le spalle, continuando a sorridere beato. Dannazione, era così bella che sarebbe rimasto a guardarla per tutta la vita.
«Vedi? Lo stai facendo di nuovo.» Judy sospirò e andò a pararglisi davanti, zampe incrociate al petto e sguardo perplesso. «Si può sapere che ti prende?»
Brillava così tanto da farlo stare male; senonché, in quel male, vi era nascosta una gioia che non poteva essere spiegata a parole.
E, negli occhi che bruciavano di fronte a quella visione, un’immagine era ormai impressa a fuoco. Era l’immagine di una stella, il cui bagliore era capace di rischiarare qualunque tenebra si parasse sul suo cammino.
Persino quelle annidate nel cuore di una furba, sciocca volpe come lui.
Fu in quel preciso momento che Nick lo realizzò.
«Lo sai, Carotina…»
«Cosa?»
Che non aveva senso negarlo.
«Ho una cosa da mostrarti. Vieni qui.»
Che non aveva senso sopprimerlo.
«Uh?» Judy mosse il nasino, come a voler annusare nell’aria l’odore di una possibile bugia. «Di che parli, Nick?»
Che non aveva senso combatterlo.
«Di questo.» La volpe si alzò dalla propria postazione e si chinò su di lei. «Stupida, bellissima coniglietta» le sussurrò, prima di lasciarle un bacio sulla fronte. «Come farei senza di te?»
Judy si pietrificò sul posto per una manciata di secondi. Poi, lentamente, molto lentamente, parve realizzare cosa era appena accaduto e fece un brusco balzo indietro.
I suoi grandi occhi viola erano spalancati e gridavano, gridavano una miriade di sentimenti che Nick raccolse e bevve avidamente, nutrendosi di quello stupore così genuino e assolutamente delizioso.
«T-tu…» balbettò, prendendosi il viso tra le piccole zampe.
«Già.» La volpe ricadde sulla sedia e incrociò le braccia dietro la testa. «E stai attenta, d’ora in poi, perché potrebbero arrivarne altri.»
«Altri?» Judy parve strozzarsi con la sua stessa voce. «Altri di questi?» chiese, paonazza, indicandosi la fronte con un dito.
Nick annuì, il sorriso così ampio di fargli quasi male alla faccia.
Ma non gliene poteva importare di meno.
«Oh, suvvia, quante scene per un bacetto sulla fronte.»
«Nick!»
«Dovresti sentirti onorata» dichiarò la volpe. «Sul serio, quanti mammiferi pensi che abbia baciato in tutta la mia vita?»
«Nick!» ripeté lei, la voce che si faceva sempre più acuta, gli occhi sempre più grandi e traboccanti di qualcosa che lo stava facendo impazzire. «Ti rendi conto di quello che…»
«Shhh.» Nick si portò un dito alla bocca. «Se continui a strillare in quel modo, qualcuno là fuori finirà per sentirti. E tu non vuoi che questo accada, vero, Carotina?»
Come se avesse appena realizzato qualcosa, Judy si coprì immediatamente la bocca con entrambe le zampe e prese a guardarsi intorno, probabilmente alla ricerca di potenziali testimoni.
Peccato che nell’ufficio ci fossero solo loro due.
‘È così stupida che vorrei riempirla di baci’, pensò lui, osservandola. Ma probabilmente lo avrebbe voluto fare a priori, semplicemente perché… beh, perché era Judy.
La sua Judy.
«N-ne riparleremo» promise la coniglietta, cercando di riguadagnare la sua compostezza. «Questa storia non finisce qui, Nick.»
«Oh, queste minacce spaventose, agente Hopps. Guarda, mi hai fatto rizzare tutti i peli della coda.»
«Sono seria, io.»
«Anche io» rispose Nick. «Posso darti un altro bacio?»
«Cos– no!» E di nuovo la voce si acuì, come se un palloncino pieno di elio si stesse sgonfiando proprio dentro la sua gola.
La volpe ridacchiò sommessamente. «Stavo scherzando, Judy» le disse, prima di voltarsi verso lo schermo del computer e riprendere a scrivere da dove si era interrotto prima.
E a Nick sembrò che i colori della sua vita fossero appena diventati un po’ più brillanti.
 
‘Ti ho trovato, finalmente.
Mia sciocca, sciocchissima luce.’









__________________
Angolino dell'autrice:
E insomma, ogni tanto un po' di Nick cuccioloso ci vuole.
E che diamine.
(prometto che risponderò a tutte le vostre recensioni, prima o poi. Ve lo giuro. Perdonatemi se ci metto così tanto ;_;)




 

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Capitolo 18
*** Divano (0) ***


~Coniglio~
18 - Divano (0)


 
 



L’ultima cosa che Judy ricordava di aver visto, prima che il sonno avesse la meglio, era stato il rapporto sull’ultimo caso che lei e Nick avevano risolto insieme. Una sfilza di nomi, date e numeri che la fissava senza pietà, mentre le sue palpebre diventavano sempre più pesanti e il senso del dovere tramontava oltre i colli, lasciando il posto ad una notte senza luna né stelle.
Perciò, quando ritornò lucida, Judy si aspettava che ad accoglierla ci fossero ancora i nomi, le date ed i numeri che lei aveva impunemente piantato in asso, e ne era così sicura che, prima ancora che i sensi ritornassero completamente vigili, aveva già allungato le zampe verso la tastiera con tutta l’intenzione di portare a termine il suo lavoro.
Senonché... ciò che si ritrovò a tastare e ciò che le sue pupille viola, ancora annebbiate dal sonno, intravidero da sotto le ciglia era ben lungi dall’essere la sua tastiera.
Judy deglutì, la gola improvvisamente secca.
«Nick?»
La volpe era accanto a lei. Distesa accanto a lei, ad un palmo dal suo muso.
E non andava bene, non andava bene, non andava affatto bene.
Colta un panico che di razionale non aveva neanche il vago sentore, Judy provò ad indietreggiare.
Tump. Immediatamente la schiena cozzò contro qualcosa di morbido e il suo tentativo di fuga fallì ancor prima di iniziare.
Il panico si intensificò e divenne terrore primordiale. La coniglietta sollevò una zampa ed andò a tastare il muro dietro di lei, per determinarne la natura; le ci volle meno di un secondo per realizzare, finalmente, dove si trovavano.
Judy Hopps soffocò a stento un rantolo di angoscia.
 
La prima domanda che balenò nella sua mente, non più intontita dal sonno – quale sonno? Era davvero esistito un tempo in cui Judy conosceva il sonno? – riguardava le modalità con cui lei e Nick erano finiti a dormire sul nuovo divano dell’atrio. Un brivido di natura incerta le attraversò la colonna vertebrale e lei non seppe dire quale degli approssimativamente due milioni di motivi ne fosse l’esatta causa.
‘Ok’, pensò tra sé e sé, ‘ho dormito con Nick sul divano della centrale. Non fa niente, non importa, sono cose che succedono.’
Così come poteva succedere che un coniglio morisse di arresto cardiaco a ventiquattro anni, del resto.
‘Sono cose che succedono, Judy. Sono cose che–’
Quasi come se avesse ascoltato i suoi pensieri, la volpe mormorò qualcosa di indistinto e si rannicchiò ancora di più contro di lei.
Erano così vicini da poter sentire uno il respiro dell’altro – regolare quello di lui, inesistente quello di lei. Judy tentò di mandare aria dentro i suoi piccoli polmoni, ma sembrava aver improvvisamente dimenticato come si respirasse.
Mentre soffocava nel proprio mortale imbarazzo, Nick pensò bene di chinare leggermente il capo su di lei.
I loro nasi si toccarono.
«Svegliati» gemette la coniglietta, impossibilitata a sottrarsi a quel contatto – lo schienale del divano aderiva perfettamente alla sua spina dorsale e la libertà di movimento di cui disponeva in quel momento era praticamente pari a zero.
Nick reagì alla sua supplica tirando le labbra all’insù, come se pure dal profondo del sonno potesse prendersi gioco di lei. La bocca si dischiuse appena ed alito caldo ne venne fuori.
A Judy ne bastò respirarne un soffio per impazzire.
 
Per molto tempo, il desiderio di trovarsi un compagno non l’aveva sfiorata neanche di striscio – con modesto dispiacere dei suoi genitori, i quali proprio non potevano concepire come potesse un coniglio non pensare a certe cose.
“«Siamo nati per moltiplicarci»”, aveva detto suo padre un giorno. Bonnie Hopps aveva annuito con espressione grave, Judy aveva scosso la testa ed era ritornata a leggere il suo caro libro di Diritto Civile; i suoi obiettivi erano altri, del resto, e conducevano ben lontano dall’orizzonte su cui amavano fantasticare mamma e papà, perciò non c’era proprio nulla che lei potesse fare in proposito.
Continuando a guardare dritto davanti a sé, Judy aveva perseguito i suoi scopi senza curarsi minimamente della vastità dell’universo fuori dai confini del proprio mondo. Tuttavia, dopo che la coniglietta aveva raggiunto il suo traguardo… quell’universo che aveva sempre ignorato era venuto a reclamare la sua attenzione, e lei si era improvvisamente ritrovata a dover fare i conti con altri tipi di desideri.
Alcuni dei quali non erano esattamente facili da gestire.
 
Judy allungò appena il collo verso di lui. Dentro le orecchie, l’unico suono che poteva percepire era quello causato dal proprio battito cardiaco.
‘Non puoi farlo, Judy’, obiettò la sua coscienza. ‘È una volpe.’
La lingua, che per un momento si era spinta supplichevole verso la bocca di lui, si ritrasse di colpo, colma di vergogna.
Era vero, non poteva farlo. Lui era una volpe, nonché il suo migliore – unico? – amico e lei non poteva baciarlo, sarebbe stato disgustoso, immorale, folle…
Eppure, fu esattamente ciò che fece.
Quando le sue labbra, tremanti e titubanti, si posarono su quelle di lui, un fremito di piacere la scosse dalla cima delle orecchie alla punta delle zampe, e fu così forte, magnifico, incantevole che Judy si sentì venir meno le forze.
‘Ho appena baciato Nick’, dichiarò al plotone di neuroni che si era appena schierato contro di lei, pronto a mettere a ferro e fuoco quel cervello che lei non era capace di usare in modo produttivo. ‘Non posso credere di averlo fatto…’
E, siccome non ci credeva, Judy pensò bene di rifarlo.
La bocca lo cercò di nuovo, un po’ meno incerta e un po’ più affamata, finché entrambe non si incontrarono in un nuovo bacio. La coniglietta soffocò un sospiro e si ritrovò a stringere le gambe, combattendo contro lo strano impulso che aveva cominciato a solleticarla già il secondo dopo che aveva realizzato in che situazione si trovassero.

Judy non aveva mai odiato il fatto di essere un coniglio quanto lo stava odiando in quel preciso istante. Neppure quando il mondo aveva riso di lei e delle sue ambizioni, neppure quando un piccolo e prepotente Gideon Grey l’aveva aggredita, neppure quando i suoi colleghi di polizia l’avevano trattata come una povera idiota.
Mai, mai, mai aveva odiato così tanto l’essere una sciocca, pervertita coniglietta in calore che a stento teneva a freno la lingua per impedirle di sgusciare fuori dalla sua boccuccia per insinuarsi tra… le fauci di una volpe.
Sì, esatto, le fauci di una volpe. Le terribili fauci di una volpe, di un predatore, di un animale che un tempo era suo nemico, di un mammifero che avrebbe potuto aggredirla, farle del male, strapparle via i vestiti a morsi e–
L’incendio che avrebbe dovuto domare con il buonsenso divampò come un inferno e bruciò ogni residua traccia di senno. Judy sospirò, stavolta senza controllo di sé – non che fino a quel momento ne avesse avuto poi molto – tentando con ogni mezzo di sopprimere quelle immagini ferine che le stavano contaminando il cervello come una malattia mortale. «Non posso, non posso… qualcuno mi fermi…»
E mentre lo diceva, il suo viso si protendeva ancora verso di lui, mosso da un bisogno tanto primitivo quanto inarrestabile.
Lo baciò per la terza volta. E poi per la quarta, e poi per la quinta.
Arrivata alla sesta, le emozioni che non riusciva a spiegare si tramutarono in lacrime e premettero contro gli angoli dei suoi occhi.
Judy si morse il labbro inferiore, frustrata; in tutto questo, Nick Wilde continuava a dormire beato.
«Dannato idiota» sussurrò contro il suo muso, «svegliati, ti prego…»
Ma Nick Wilde non si svegliò ed anzi si leccò le labbra – un gesto che sicuramente dipendeva dallo stato di sonno in cui si trovava, ma che i sensi di Judy interpretarono in ben altro modo. La coniglietta si dimenò, tutta presa dal proprio accaloramento, e maledisse mentalmente il suo corredo genetico.
 
D’altronde… doveva esserci un motivo se i suoi genitori avevano messo al mondo altri 275 conigli dopo di lei. Con quale ingenuità Judy aveva pensato di rimanere indifferente al richiamo della propria natura? Con quale…
La coda di Nick si frappose delicatamente tra loro due. Lei la abbracciò di riflesso, vi immerse il muso ed inspirò; prima piano, poi forte, come se volesse intossicarsi con il suo odore. «Nick» sospirò contro la morbida pelliccia arancione. «Oh, Nick…»
Stava impazzendo. Ogni parte del corpo stava letteralmente bruciando e Judy avrebbe voluto che lui si svegliasse almeno tanto quanto desiderava che rimanesse addormentato.
‘Non è questo che dovresti desiderare’, disse la coscienza, dal profondo della cella in cui Judy l’aveva relegata. ‘Stupida coniglietta in calore.’
E di nuovo la vergogna e il ribrezzo vennero a bussare alla sua porta. Per un attimo Judy provò l’impulso di spingere via la volpe dal divano – povero Nick, la sua unica colpa era stata addormentarsi assieme a lei – ma fu solo, appunto, un attimo.
E cosa è un singolo attimo di fronte alla vastità del Tempo? Cosa è un singolo attimo di lucidità in confronto al piacere che stava scorrendo dentro le sue vene come nettare peccaminoso? Avrebbe avuto il resto della giornata, della vita per comportarsi in modo corretto e ineccepibile. Non poteva, giusto per cinque minuti, abbandonarsi alle sue perversioni e dimenticare chi era lei, chi era lui, e fare semplicemente ciò che la natura la chiamava a fare?
‘La natura non ti chiama a copulare con una volpe.’
‘Dettagli’, ribatté Judy, prima di farsi strada attraverso la coda di Nick e raggiungere nuovamente la sua bocca. ‘È lui che voglio, non un coniglio qualsiasi.’
La consapevolezza di ciò che aveva appena pensato la colpì in ritardo, giusto ad un centimetro scarso dalle labbra di lui.
In che modo considerava Nick? In che termini? Aveva davvero, lei, pensato a Nick in quel modo? Aveva davvero…
«Oh.» Judy si lasciò sfuggire un sorriso. «Quindi è così che stanno le cose, Judy Hopps?»
Dal profondo del pozzo oscuro in cui marciva, la coscienza lanciò un urlo sconcertato.
Ma lei lo ignorò, perché non c’era più niente che poteva fermarla. Non dopo che aveva capito tutto quello che c’era da capire.
Che era davvero poco, in realtà; una sciocchezza da niente, una bazzecola, ma… nella sua piccolezza, quell’improvvisa consapevolezza era semplicemente immensa.
Anziché baciarlo, Judy allontanò la testa fin dove le fosse concesso… e lo osservò.
Semplicemente, lo osservò. Osservò i lineamenti del suo volto, il contorno delle labbra, la gentile curva degli occhi chiusi, e si nutrì di quella visione come se quella fosse l’ultima volta che avrebbe avuto occasione di farlo.
«Sei bellissimo» gli sussurrò, accarezzandogli una guancia. E subito la faccia divenne un falò e lei si sentì bruciare dentro, fuori e ovunque, pure dove non pensava di avere un corpo o un’anima; e di nuovo le lacrime spinsero per venire fuori e di nuovo lei dovette sforzarsi di non piangere, quasi temesse che facendolo quei sentimenti meravigliosi l’avrebbero abbandonata. «Sei bellissimo… Nick.»
La volpe ruminò nel sonno e le si avvicinò ancora di più. La coniglietta gli depositò un bacio sulla fronte, delicata come un petalo, poi un altro sul naso umido, mentre le zampine scendevano lentamente lungo il petto di lui. Sotto la divisa, Judy riuscì a sentire la morbida consistenza del pelo e si morse il labbro inferiore quando pensò a come sarebbe stato magnifico seppellirvici la faccia.
Moriva, letteralmente, dalla voglia di baciarlo ancora sulle labbra. Le sentiva così secche, le proprie, e quelle di Nick sembravano così bagnate, così morbide, così invitanti e lei le voleva come un assetato reclama l’acqua, ma allo stesso tempo voleva continuare a guardarlo, voleva riempirsi gli occhi di lui, voleva, voleva…
«Ti amo» bisbigliò, rantolò, singhiozzò, gridò – non aveva più alcun controllo sulla voce, non sapeva che tipo di suono stesse producendo, non capiva più niente, la mente piena solo dello spasmodico desiderio di lui. «Così tanto che mi sembra di impazzire.»
E stava impazzendo sul serio, Judy.
E la voce non era l’unica cosa su cui non aveva più controllo, constatò, quando avvertì uno strano formicolio all’altezza dell’addome. Un calore sconosciuto si irradiò da laggiù e la invase come una marea.
La coniglietta si aggrappò a lui con uno slancio disperato – troppo disperato – e represse a malapena un gemito contro il suo petto.
Se Nick avesse potuto sentire la voglia che Judy aveva di lui, se avesse potuto vedere le immagini che la sua mente stava sfornando per lei, se avesse potuto sapere quanto amore provava nei suoi confronti – era assurdo, inconcepibile, folle, meraviglioso – probabilmente avrebbe avuto paura di lei.
Se solo Nick avesse sentito, veduto, saputo… di sicuro l’avrebbe mandata via. Avrebbe mandato via quella coniglietta deviata perché, beh, si è mai vista una volpe con un coniglio? Che razza di idee le passavano per la testa? Era pazza? In quale universo una volpe avrebbe mai potuto provare attrazione per un coniglio?
«Mh…» Il partner mormorò, gli occhi che tremavano sotto le palpebre ancora abbassate. Judy soppresse un rantolo di terrore e si allontanò da lui per quanto la sua posizione glielo permettesse.
Pochi istanti dopo, un lieve bagliore verde fece capolino proprio di fronte al suo muso.
«Nick…?»
La volpe aprì gli occhi di colpo e la fissò, lo stesso identico terrore dipinto sul volto. «Judy?»











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Angolino dell'autrice:
LE COSE CHE DEVO SCRIVERE NEL PROSSIMO CAPITOLO.
LE FOTTUTE COSE.
I cliffhanger sono vita :^) 

 

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Capitolo 19
*** Proteggere ***


~Volpe~
19 - Proteggere


 
 



Nota 1: questo capitolo NON è il seguito di quello precedente (se lo fosse stato avrebbe avuto la freccetta che indicava di quale capitolo era seguito). :P
Nota 2: scorrete fino alla fine e troverete un'illustrazione bellissima! (edit del 21/04/16 alle ore 19:00)
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Il primo dettaglio che colpì la sua attenzione fu la distesa di bianco sporco che si stagliava sopra la sua testa. Nick ruminò saliva inesistente dentro la bocca asciutta, mentre il cervello cominciava lentamente a carburare; la prima domanda che riuscì a porsi, a mente quasi lucida, verteva sul logico bisogno di determinare dove si trovasse; quesito a cui la volpe provò a rispondere sollevando il busto, in un faticoso tentativo di osservare meglio i dintorni di quel luogo sconosciuto.
Sfortunatamente per lui un dolore al fianco destro, tanto intenso quanto inaspettato, lo costrinse a desistere dal suo proposito; Nick ricadde sulla schiena – incontrando così la morbida superficie sotto di lui a cui prima non aveva fatto caso – e realizzò finalmente di trovarsi in un letto.
Prima che potesse sommare quelle informazioni per trarre un qualche tipo di conclusione, un lieve cigolio attirò la sua attenzione; Nick girò appena il capo e vide una porta aprirsi – ‘quindi c’è una porta qui dentro’ – e un musino a lui familiare fare capolino sulla soglia.
«Nick…?» disse la bestiola grigia che era appena comparsa nel suo campo visivo.
«Judy?» Nick si morse il labbro inferiore, stizzito dall’urgenza con cui aveva pronunciato il nome di lei. Sapeva che in questo modo stava praticamente ammettendo di non avere il controllo della situazione, così come sapeva che la sua partner lo avrebbe capito nell’istante stesso in cui quel suono avesse raggiunto le sue attente orecchie.
Ed infatti, appena dopo una manciata di secondi, un sorrisetto impertinente sorse sul volto di Judy alla stregua di un mostriciattolo che faceva capolino da sotto il letto. «Siamo già arrivati alla parte in cui invochi disperatamente il mio nome?»
«Scusa, mi sono appena svegliato e non sono ancora in pieno possesso delle mie facoltà mentali» rispose lui, cercando di dissimulare il sollievo che lo aveva invaso nel vederla entrare nella stanza.
La coniglietta gli si avvicinò a lunghi passi, talmente lunghi da assomigliare più a dei salti che ad una camminata vera e propria. «Come ti senti, Nick? Sai dove ti trovi? Ricordi qualcosa?»
Ogni domanda era pronunciata in perfetta sincronia con i saltelli con cui stava progressivamente riducendo la distanza che li separava. Arrivata al “qualcosa”, Judy era praticamente arrivata fino al suo capezzale e lo stava osservando con un’espressione terribilmente preoccupata.
«Ehi, ehi, ehi» la frenò Nick, «sta’ calma, Carotina. Va tutto bene.»
«Davvero?» La coniglietta continuò a fissarlo, come se volesse guardargli dentro il cuore. Nick deglutì, la gola più secca che mai.
«Beh–» tossì, fingendo di schiarirsi la voce. «Ho ancora quattro zampe, riesco a parlare, riesco a vederti mentre sembri sul punto di saltarmi addosso…»
Non che eventualmente gli sarebbe dispiaciuto.
«E la ferita? Ti fa male?»
«Quale ferita?»
A quella domanda, gli occhi di Judy si aprirono un po’ di più. «Non ricordi…?»
Nick tirò indietro le orecchie, interdetto di fronte a quella reazione. «Carotina, mi stai spaventando. Di quale ferita stai–» Quando provò a sporgersi verso di lei, il dolore al fianco che lo aveva colpito appena un minuto prima tornò a lacerargli la carne. Nick emise un guaito sofferente e si raggomitolò in sé.
«Quella ferita» disse Judy, mentre gli poggiava una zampina sulle spalle. «Ti è costata un bel po’ di giorni di sonno.»
«Quanto?» chiese Nick, digrignando i denti.
«Quasi una settimana» rispose Judy, cauta. «Era… davvero una brutta ferita, Nick.»
Nel pronunciare “brutta”, la voce di lei si era incrinata appena. La volpe si massaggiò il fianco sofferente e tentò di pescare qualche immagine dalla memoria, ma ben presto si accorse che i ricordi non volevano proprio saperne di venir fuori, come se fossero spariti… o si fossero nascosti.
«Sto bene» ansimò, quando il dolore cominciò a diradarsi. «Ci vuole ben altro per mettermi fuori gioco, Carotina.»
La coniglietta non disse nulla; si limitò a fissarlo, a fissarlo, a fissarlo e Nick avvertì improvvisamente il bisogno di ficcare la testa sotto un cumulo di neve–
«Lo sai…» mormorò Judy, «ho avuto paura.»
Il peso di quelle parole lo colpì con una tale violenza che, in confronto, il male che aveva provato pochi secondi prima sembrava niente più che un prurito fastidioso.
«Hai… avevi perso molto sangue» continuò, con un lieve tremore nella voce. «La colluttazione era stata molto violenta, e… ma davvero non ricordi niente, Nick?»
Nick scosse il capo. «L’ultima cosa che ricordo è che stavamo inseguendo qualcuno nel distretto di Foresta Pluviale. Da lì in poi è il nulla.»
Judy tacque per qualche istante, pensierosa. «Ti dice niente il nome “Ruffy Triger?”»
Una piccola lampadina si accese nella sua testa. «È quello del nostro fuggitivo?»
La coniglietta annuì. «E… non ti viene in mente altro?»
«Sì, che anche io sarei diventato un criminale se i miei genitori mi avessero affibbiato un nome del genere.»
Un peso gli volò via dal cuore quando vide la partner ridere per la sua battuta.
Nick non poteva sopportare di vederla triste; era diventata una di quelle cose che lui cercava di evitare in ogni modo, e non sapeva se lo faceva per lei oppure per se stesso. Nel dubbio lo faceva e basta, anche se non mancava mai di sentirsi sempre un po’ idiota. 
«Quindi non hai idea di quello che è accaduto dopo» disse Judy, sorreggendosi il mento con la zampa con cui non lo stava toccando – lo stava ancora toccando? Non l’aveva tolta neppure per un istante, quella zampina, tanto che Nick si era pure dimenticato che fosse ancora lì, come una minuscola macchia grigia sulla propria spalla. «A questo punto mi chiedo se tu non abbia subito uno shock o qualcosa genere. Forse non dovremmo parlarne, dopotutto.»
«Non puoi semplicemente alludere a qualche tipo di disastro sanguinolento e poi liquidare tutto con un “oh, forse è meglio non parlarne”» replicò Nick, leggermente risentito.
«Sì che posso, invece.» Il gentile tocco di Judy seguì la curva della clavicola ed arrivò fino alla sua guancia. «Non voglio rischiare di farti del male, Nick» gli disse, cominciando ad accarezzarla.
Il cervello della volpe andò in blackout e Nick avrebbe giurato che, per una frazione di secondo, ogni funzione vitale del suo corpo aveva completamente cessato di esistere.
Nel frattempo, la frase che lei aveva pronunciato era rimasta lì, sospesa nell’etere, a fluttuare sulle loro teste, come a voler suggerire che di quelle parole ci fosse un seguito, o ho prequel, o magari entrambe le cose. E, quando Nick ricominciò a pensare lucidamente – e gli ci volle un bel po’ per riuscirci – la tentazione di non indagare oltre era forte perché sapeva che, se l’avesse fatto, Judy si sarebbe allontanata da lui – e quelle carezze erano così dolci che privarsene sarebbe stato come un commettere un crimine contro se stesso – e lo avrebbe di nuovo guardato con quegli occhioni viola pieni di tristezza, e sapeva che gli avrebbero fatto più male di qualunque ferita al fianco. E a lui il dolore non piaceva, non piaceva neanche un po’.
Nonostante questo la bocca, emissaria di fredda razionalità, si mosse per conto proprio: «Me ne farai di più se mi tieni all’oscuro, Carotina.»
«Non cominciare con queste frasi da telenovela» lo rimbeccò Judy, alzando gli occhi al cielo.
«Ehi, per una volta che non sto recitando!»
«Ah, quindi di solito reciti?»
«Cosa? No, cioè–!» Nick percepì tutti i peli del suo corpo rizzarsi per la frustrazione. Quando voleva, Judy era brava quanto lui a mettere all’angolo gli altri. Gli teneva testa egregiamente, pensò, e quell’idea solleticò gli angoli della sua bocca e li spinse leggermente verso l’alto. «Con te non ho bisogno di certi trucchetti, visto che sei già completamente pazza di me.»
Le orecchie di Judy schizzarono all'insù. «Io, pazza di te? Non pensarci neppure!» esclamò, balzando all’indietro, ma la sua espressione rivelava che invece era proprio lei a starci pensando più del dovuto.
Quasi brava quanto me.’
«Devo ricordarti la famosa discussione che abbiamo avuto il giorno che abbiamo sbattuto al fresco Flash?» Nick sorrise ampiamente e inclinò leggermente la testa verso di lei. «Lo sai che mi adori.»
«Quello era…» cominciò Judy, ma ben presto le orecchie le ricaddero dolcemente sulle spalle e lei smise di protestare. «Non ti sopporto, Nick.»
«Cosa faresti senza di me» la prese in giro lui, scuotendo il capo. «Esserci conosciuti è stata una grande fortuna, non credi?»
La partner si strinse nelle spalle. «Magari a quest’ora staresti ancora vendendo zampe ghiacciolo – mentre Finnick aspetta nascosto nel cassonetto dell’immondizia – e incassando i tuoi duecento bigliettoni giornalieri.»
«Senza di te» puntualizzò la volpe, accorgendosi un secondo troppo tardi dell’errore che aveva appena commesso. ‘Dannazione.’
«Quindi… Nicholas Wilde ammette di essere grato di avermi incontrato?»
Le orecchie di Judy erano tornate ad ergersi, fiere, di fronte alla sua disfatta.
L’aveva fregato e contro-fregato nel giro di un minuto; come poteva esistere nell’intero cosmo una creatura magnifica la metà di quanto lo era lei?
«Beh–» La patetica scusa che stava tentando di elaborare evaporò come neve al sole di fronte al ghigno perfidamente attraente della sua partner, e Nick non poté far altro che rimpicciolire nel suo letto e bofonchiare un «per questa volta hai vinto tu» che a lei dovette sembrare una succulenta conquista, perché il suo sorrisone era cresciuto ancor più di prima.
«Sai, forse dovresti finire in ospedale più spesso; sei carino quando rimani a corto di parole.»
«A parte che mi hai appena augurato di rifarmi male in un futuro prossimo – e questo non è per nulla gente da parte tua, com’è che funziona la storia? Nessuno può dirti che sei carina, ma tu puoi schiaffarlo in faccia agli altri?»
«Solo quando “gli altri” sono volpi egocentriche che vengono colte in fallo una volta ogni cento anni» rispose Judy. «Bisogna pur approfittare di queste occasioni secolari, non credi? E comunque» aggiunse, dopo una breve pausa, «cos’è, vorresti dirmi che sono carina?»
«Chi, io? Neanche per sogno.»
«E allora che problema c’è?» lo incalzò lei, assottigliando gli occhi a due fessure colme di malizia.
«Nessuno, infatti.» Nick incrociò le braccia al petto e sprofondò tra le lenzuola. «Sai, credo proprio che me ne tornerò a dormire.»
«Abbiamo una volpe lesa nell’orgoglio, qui~» canticchiò la coniglietta, scoppiando a ridere subito dopo. «Dai, Nick, non fare così! Ogni tanto è bello anche essere derisi, oltre deridere gli altri.»
«Non credo proprio» rispose la volpe, «e tu, che sei oggetto costante delle mie derisioni, dovresti saperlo meglio di chiunque altro.»
Judy ci pensò su. «Sì, hai ragione. Beh, allora ben ti sta, così impari a prenderti sempre gioco di me.»
«Non è così che si tratta una volpe, un collega, un amico in convalescenza» protestò Nick, rivolgendole un’occhiata di profondo sdegno. «Sappi che mi ritengo offeso, agente Hopps, e quindi adesso pretendo che tu mi racconti cosa diavolo è successo la settimana scorsa.»
L’allegria che l’aveva contagiata fino a qualche istante prima svanì in un battito di ciglia. La coniglietta esalò un profondo respiro, così sconfortato che parve raffreddare la temperatura stessa della stanza. «Ne sei sicuro, Nick? Ci sarà un motivo se non te lo ricordi…»
«E ce ne sarà uno anche se te lo chiedo, Carotina. E, comunque, dopo che mi hai rivoltato come un calzino – solo perché in questo momento sono ancora un po’ indolenzito, precisiamo – due volte in meno di cinque minuti, penso che potrei sopportare qualunque racconto scabroso tu possa propinarmi.»
Lei chiuse gli occhi per un momento, come se stesse valutando l’idea. «E va bene» disse infine, «se proprio non se ne può fare a meno…»
Un barlume di tristezza era ritornato nei suoi occhi, notò Nick, e il senso di colpa cominciò a strisciare dentro di lui come un serpente velenoso.
Judy si sedette sul bordo del letto; il materasso quasi non sembrò risentire di quell’ulteriore peso – era davvero una cosina minuscola, la sua coniglietta.
«Ehi, Carotina.» Le poggiò una zampa una schiena e la accarezzò appena, ignorando l’anfratto della sua mente che si stava rivoltando di sgomento di fronte a quel gesto. «Qualunque cosa sia successa, sono ancora vivo. Non morirò adesso, solo perché me ne hai parlato.»
«Ma io potrei.»
«Se dovesse accadere, ti salverò io.»
«Davvero?» Judy sorrise. «E come?»
«Se te lo dico, poi non funziona.»
«Volpe truffaldina.»
«Anche io ti adoro, Carotina.» La frase gli tolse dieci anni di vita con una tale facilità che Nick si chiese cosa ne sarebbe stato di lui se al posto di “adorare” avesse usato un’altra parola.
Quella dannata, dannatissima parola che ogni tanto veniva a fargli visita dentro la testa, che Nick non sapeva mai dove collocare – se tra le amene burle o in quell’altro cassetto che non apriva più da una vita e mezza.
E la colpa era tutta, tutta di lei.
 
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«Nick!» Judy tese una mano verso la volpe che in quel momento le dava le spalle.
Lui non si mosse. Rimase lì, pelo irto e schiena incurvata, mentre poco distante da loro una tigre rideva con un che di assolutamente sprezzante e maligno.
La coniglietta tentò di alzarsi in piedi, ma quando appoggiò il proprio peso sulla zampa sinistra questa le lanciò un lampo di dolore terrificante.
Judy gemette e ricadde per terra, incapace di intervenire. L’aria era piena del male che si sarebbe riversato su di loro da lì a poco – lei lo sentiva, ma non poteva fare niente per impedirlo. L’impotenza la ancorò alla fredda terra come una catena e a lei non rimase che sbracciarsi verso il partner nel tentativo di farlo tornare in sé.
«Ti prego» sussurrò, la disperazione a inquinarle la voce, a indebolirla – a indebolirli, tutti e due. «Nick, non lo fare…»
Nick non rispose. Il ringhiare sommesso si alzò di tono e riempì l’aria con la sua ferocia, facendola sussultare.
«La tua amica ha ragione, volpe» disse Triger, venefico. «Non giocare a fare l’eroe, ti farai male…»
Un suono che Judy non riconobbe, e che la spaventò a morte, riecheggiò per la foresta come una dichiarazione di morte.
Vide Nick avventarsi contro la tigre. Le budella le si attorcigliarono e Judy sentì l’impulso di gridare, di vomitare, di fare qualcosa, ma la gamba le faceva troppo male e lei non poteva fare niente se non osservare quella scena terrificante e maledire se stessa per la propria incapacità.
Se solo fosse stata più forte.
Se solo fosse stata più agile.
Se solo fosse stata più attenta.
A monte di tutti quei “se solo”, però, rimaneva soltanto un esserino contuso e impotente.
Un ruggito rabbioso la strappò a quelle turpi elucubrazioni in tempo per mostrarle Nick, il suo caro Nick, venir addentato con forza al fianco destro e successivamente scagliato via, a pochi metri da dove giaceva lei.
«Nick!» Judy tentò di spiccare un balzo verso di lui ma il corpo non riuscì a stare al passo con suo cuore e la tradì, costringendola ad annaspare per terra come un verme.
Judy strisciò da lui trascinando la zampa dolorante. «Nick! Nick!»
Una grande chiazza di sangue gli stava bagnando la divisa e continua ad allargarsi, ad allargarsi, ad allargarsi come se volesse inghiottirlo. La coniglietta premette i piccoli palmi sulla ferita e sentì il sangue venirne fuori con una copiosità tale da farla inorridire.
«Va tutto bene, Nick» singhiozzò, mentre tentava vanamente di fermare l’emorragia. «Va tutto bene… stai con me, ti prego…»
La volpe voltò piano la testa verso di lei e le sorrise. Lacrime cominciarono allora ad accumularsi ai lati dei suoi occhi, lacrime che lei si sforzò di non piangere perché no, non doveva farlo. Nick era vivo e vivo sarebbe rimasto, perciò non avrebbe avuto senso piangere.
… Eppure, quando Nick abbassò le palpebre – senza mai smettere di sorridere, mai – Judy ebbe l’impressione che non le sarebbe bastato tutto il tempo del mondo per piangere quelle lacrime fino all’ultima goccia.
 
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Nick rimase quieto. Non si mosse, non proferì parola mentre Judy tirava su col naso, i grandi occhi color ametista umidi e sconsolati come la pioggia.
La sua mente, però, correva a cento miglia all'ora.
Come aveva potuto dimenticare una cosa del genere? Come aveva potuto dimenticare la paura, il dolore, la rabbia di quella notte? Come aveva potuto dimenticare la voce di Judy mentre lo chiamava, disperata, pregandolo di non andarsene?
 
Il suo primo impulso fu quello di prendersi a morsi da solo – non lo fece, ovviamente, ma solo perché lei era con lui.
Il secondo impulso che lo mosse fu l’odio; odio per quel mammifero che aveva tentato di farle del male, ma anche odio per se stesso che non era stato abbastanza forte. Odio che pizzicò la carne e la fece tendere e urlare sotto la fasciatura, costringendolo a reprimere un grugnito doloroso.
«Stai bene?» Judy si sporse verso di lui, le zampe che vagavano nell’aria sopra la sua testa, senza osare toccarlo. «Forse non avrei dovuto raccontartelo, dopotutto…»
«Sarei venuto a saperlo lo stesso» la rassicurò lui, «meglio averlo saputo dalla tua bocca che non dai miei ricordi confusi.»
«Sei stato uno sciocco» gli disse lei. «Potevi morire, te ne rendi conto?»
«Anche tu» ribatté pronto Nick, quasi ringhiando, pentendosi un secondo dopo della propria reazione. «Tu avresti fatto lo stesso per me, no?»
Vide Judy abbassare di nuovo le orecchie e distogliere lo sguardo. Sapeva di aver appena giocato sporco – e si sentì in colpa per averlo fatto – ma, nonostante questo, non desistette. «Quella tigre stava per ammazzarti. Cosa avrei dovuto fare, secondo te? Aspettare i rinforzi e guardarti mentre venivi fatta a brandelli?»
«Avrei potuto temporeggiare…» replicò lei, debolmente, ma quella risposta ottenne soltanto di farlo arrabbiare ancora di più.
«Col rischio che ti mangiasse viva?»
«Magari non–»
«Ti eri slogata una caviglia, Judy. Era ovvio come sarebbe andata a finire se non fossi intervenuto.»
«Però, così…
«Ma sei viva» quasi gemette la volpe. «Sei viva e vegeta, sei qui accanto a me, mi parli, mi guardi, posso toccarti, posso…»
Si fermò e prese un profondo respiro. «Sei viva, Judy. Pensi davvero che, di fronte a questa vittoria, mi importi qualcosa di me? Mi importi del fatto che sarei potuto morire al posto tuo?»
«Ma dovrebbe» disse Judy. «A me importa di te, Nick. Importa enormemente.»
Il calore che quelle parole così semplici gli avevano appena trasmesso bastò a spegnere del tutto il fuoco che gli stava mangiando la carne e l’anima. Il cupo ringhio di Nick si tramutò in un leggero brontolio e la volpe chinò il capo, incapace di far fronte alla nuova tempesta di emozioni che lo stava assalendo. Aveva male al cuore, ma quel male racchiudeva un sé una dolcezza che non avrebbe mai creduto di veder rivolta verso la propria persona.
La dolcezza che si provava ad essere amati. Ad essere protetti. Ad essere voluti.
Nick Wilde era voluto da quella coniglietta che adesso sedeva sul bordo del suo letto d’ospedale; era importante per lei come non aveva mai sperato di poter essere per qualcuno, e Judy… oh, se Judy era importante per lui.
Oh, se lo era.
«È perfetto» mormorò la volpe. «Io mi preoccupo per te, tu ti preoccupi per me.»
«No, non è perfetto» insistette Judy. «Non ci saremo sempre l’uno per l’altro, Nick. Verrà un momento in cui dovremo fare delle scelte per noi stessi, e nessuno potrà aiutarci a compierle.»
«Non decidere arbitrariamente una cosa del genere.»
«Non sono io a deciderlo, è la vita.»
«Beh, per quanto mi riguarda la vita può anche andare a quel paese.»
«Nick!» esclamò la coniglietta, quando lo vide scostare via le lenzuola. «Dove pensi di andare?»
«Ovunque possa trovare un po’ di gratitudine e un po’ meno prediche.»
Ma prima che potesse poggiare le zampe per terra, Judy Hopps si sporse verso di lui e gli afferrò un braccio, costringendolo a rimanere dov’era.
«Tu non vai da nessuna parte» sentenziò, fissandolo con sguardo contrito.
«Oh, io invece credo proprio di sì.»
Ma non fece nulla per divincolarsi. Rimane lì a guardarla, viso truce contro viso truce, ma ben presto il suo livore si trasformò in un senso di vuoto e Nick fu costretto a distogliere lo sguardo con un sospiro. «Quand’è che sono diventato così smidollato?»
«Non sei smidollato, sei solo… gentile.»
«Io non sono gentile» sputò con disprezzo. «Sono un imbecille. Tu mi hai reso un’imbecille.»
Si rese conto troppo tardi della valanga di implicazioni contenute in quell’ultima frase.
Ed anche quando Judy gli gettò le braccia al collo, affondò il muso nell’incavo della spalla e lo strinse fin quasi a fargli male, gli ci volle un po’ per realizzare cosa in realtà avesse appena ammesso.
«Brutto idiota» sussurrò la coniglietta, strofinando il naso contro il suo pelo – involontariamente? Di proposito? Poco importava, il cervello di Nick era appena andato in ibernazione a priori. «Pensi davvero che non ti sia grata? Dopo che sei finito in rianimazione ho pensato a te ogni secondo, chiedendomi quando… chiedendomi se avrei mai avuto occasione di ringraziarti. Ma, allo stesso tempo… se penso a quanto mi hai fatto stare in pensiero, solo per proteggere me… come faccio a non odiarti, Nick? Come faccio a non amarti
Lo strinse ancora più forte e lui la lasciò fare, del tutto incapace di compiere un’azione che andasse oltre il mantenere le funzioni vitali necessari a prevenire il collasso fisico ed emotivo.
Nick Wilde aprì la bocca, nel vano tentativo di aggiungere qualcosa, ma non riuscì ad emettere un solo suono.
Neppure per lamentarsi del fatto che Judy gli stesse premendo sulla ferita – e lui trovava sempre il tempo e il modo per lamentarsi. Ma non questa volta.
«Io, uhm…» riuscì infine a biascicare, il dizionario ridotto all’osso e la capacità di esprimersi regredita allo stadio embrionale. «Anche io, uhm, sì…»
«Uh? Hai detto qualcosa?» La coniglietta si staccò da lui e lo osservò. Di fronte a quelle pupille viola, la volpe si sentì piacevolmente morire.
Nick Wilde riuscì a scuotere appena la testa, prima di affogare nel mare di imbarazzo in cui lei lo aveva scaraventato senza pietà. Le sue braccia furono percorse da un fremito e il desiderio di ricambiare quell’abbraccio si trasformò in un bisogno spasmodico… bisogno che lui, però, non aveva il coraggio di soddisfare.
«Lo sai, quando sei balzato addosso a quella tigre… credo che una parte di me sia stata felice. Mi sono sentita importante per te, quanto non avrei mai pensato di essere. Certo, è stato solo un momento di puro egoismo, però l’ho sentito. E lo sento tuttora. L’ho percepito nel modo in cui mi hai parlato, nel modo in cui mi hai guardato… e devo ammettere che non è stata male, come sensazione.» Judy rise e appoggiò la fronte sul suo petto. «Grazie… Nick.»
Qualcosa in lui si mosse. «Tu sei importante» affermò, prima che qualunque freno inibitore avesse il tempo di reprimere i suoi sentimenti. «Non hai la minima idea di quanto tu lo sia. Non hai idea di come… di quanto io…»
Il resto della frase collassò su se stesso e svanì dalla sua mente. Nick tentò di afferrarne gli ultimi brandelli, di recuperare il coraggio che lo aveva spinto fin lì, ma il nulla fu tutto ciò che riuscì ad ottenere.
Sotto di lui, Judy aveva allontanato la testa dal suo petto e lo stava fissando con una strana luce negli occhi. «Lo pensi davvero…?»
«Lo penso davvero» ripeté la volpe, meccanicamente, perché ripetere era l’unico modo che gli rimaneva per poter esprimere i suoi pensieri.
«Sono felice» mormorò lei, ridacchiando appena. L’imbarazzo era palpabile almeno quanto lo era la gioia nella sua piccola voce e Nick non poté far altro che sciogliersi d’amore, ancora stretto tra le sue zampine grigie. «Sono così felice, e non so neppure perché.»
Una via di fuga apparve dinanzi a lui e Nick vi si tuffò a capofitto. «Chiunque lo sarebbe, sapendo di essere così tanto amato dal sottoscritto» scherzò, ritrovando parte della propria sicurezza nella noncurante alzata di spalle con cui accompagnò quelle parole.
 
Fu come se il tempo si fosse appena fermato.
L’eco di quelle parole rimbalzò sui muri della stanza e ritornò indietro per colpirlo in tutta la sua sconcertante ovvietà.
Alla fine, proprio alla fine, Nick Wilde si era tradito. E, cosa ancor più divertente, si era tradito proprio quando pensava di aver trovato una scappatoia da quella situazione che non poteva in alcun modo gestire senza perdere del tutto la sanità mentale.
«Mi ami?» Fu Judy la prima a rompere il silenzio – lo sarebbe stata per forza di cose, perché altrimenti lui non avrebbe mai più aperto bocca, mai più – e lo fece con una voce talmente dolce, talmente incerta, in cui non si riusciva a scorgere neppure il più vago sentore di paura o ribrezzo, che ogni difesa di Nick si sgretolò come un castello di sabbia portato via dalle onde.
Le remore, il buonsenso, la prudenza, tutto crollò, semplicemente crollò; crollò facendo un baccano assordante e Nick si ritrovò la testa piena di un’infinità di pensieri e parole che si intrecciavano, si ingarbugliavano tra di loro, creavano universi, sogni, possibilità e le distruggevano con altrettanta rapidità per poi crearne di nuovi, più belli e assurdi dei precedenti.
Mentre la sua mente correva come un treno impazzito, una frase nacque dalle profondità della sua coscienza e trovò la via fuori dalla sua bocca. «Più o meno» disse, le orecchie tirate indietro e le pupille dilatate nel vano tentativo di afferrare i contorni di una realtà che pareva disfarsi proprio di fronte ai suoi occhi.
Judy sciolse l’abbraccio con cui l’aveva stretto fino a quel momento e portò entrambe le zampe al petto, mentre le lunghe orecchie le si afflosciavano delicatamente lungo la schiena. «Di che… genere di amore stiamo parlando?»
«Quanti tipi di amore conosci?»
«Tanti… o nessuno, dipende dai punti di vista.» Judy si avvicinò a lui, naso tremante ed occhi lucidi. «Illuminami, Nick.»
Nick inghiottì a vuoto, il cuore che sbatteva contro la gabbia toracica con la violenza di un martello. «Diciamo… quel tipo di amore che mi fa venir voglia di avvinghiarmi a te e…»
«E…?»
«E di tenerti tutta per me.»
«E…?»
«E di riempirti di baci solo perché ne ho voglia.» La volpe si leccò le labbra – non ancora pienamente conscio di quel che aveva appena detto, ma abbastanza da capire che stavano entrambi raggiungendo il capolinea. «Tipo adesso
Era come se il muro che li aveva separati fino a quel momento si fosse progressivamente assottigliato fino a diventare dello spessore di un foglio di carta; e attraverso quel foglio il desiderio fluiva, si trasmetteva da un capo all’altro, li legava con un filo invisibile.
Solo un ultimo sforzo. Un ultimo sforzo, e il foglio sarebbe andato in mille pezzi.
Per sempre.
«È buffo» sussurrò Judy, «anche io ne ho una gran voglia, sai?»
«Fantastico.» Le zampe di Nick le afferrarono delicatamente il viso, come se stesse maneggiando qualcosa di infinitamente fragile e prezioso. «Quindi, se io ne ho voglia e tu ne hai voglia, direi che…»
«Direi che si può provare.»
«Direi di sì.»
«Già.»
«Già.»
Le loro labbra si incontrarono un piccolo, timido bacio.
 
Per Nick fu come nascere per la prima volta. Qualcosa dentro di lui sbocciò come un fiore e fermò il tempo, lo spazio, congelò quel prezioso momento di assoluta beatitudine, rendendolo eterno.
Non l’avrebbe scordato mai più. Anche se fosse rinato mille volte, Nick aveva la sensazione che non avrebbe mai scordato quella sensazione di appagamento totale, di felicità assoluta, come se questa si fosse appena impressa a fuoco nella radice stessa della sua anima.
Due parole spontanee premettero per uscire, ma lui le contenne dentro di sé. Non voleva parlare, voleva solo baciarla.
Baciarla per tutte le volte che avrebbe desiderato farlo ma non aveva osato, per tutte le volte che avrebbe voluto mangiarla ma era stato costretto a sostituire quel desiderio con una risata sarcastica o una battuta per congegnata.
Il bacio divenne più intenso. Nick la circondò con ogni parte del proprio corpo che potesse avvolgersi attorno a lei – zampe, coda, cuore – e la trascinò su di sé, la pretese, la reclamò, reclamò la sua Judy – finalmente, finalmente, finalmente sua, sua per sempre.
«Nick–»
La volpe premette ancora le sue labbra contro quelle di lei. «Non parlare» ansimò contro il suo muso. «Abbiamo parlato a sufficienza, noi due. Baciami e basta
La coniglietta esitò un istante, prima di ricambiarlo con una foga persino più grande della sua. Quando sentì la lingua di Judy farsi strada dentro la propria bocca, Nick credette di impazzire.
Anzi, non lo credette soltanto: i suoi sensi si sciolsero fino a diventare un’unica percezione di piacere e lui non ragionò più, troppo impegnato ad annegare in quel dolce mare di miele.
Ma quando provò a farla stare sotto di sé, con tutta l’intenzione di sovrastarla e divorarla di baci e carezze – ed anche qualcos’altro a cui si risparmiò di dare un nome, per prevenzione del proprio auto-controllo – un dolore lancinante gli ricordò bruscamente dove si trovasse e soprattutto perché vi si trovasse.
«Ahi–» rantolò la volpe, ricadendo con un tonfo sulla superficie del letto. «Che male…»
«Ah!» Judy si allontanò da lui, ansante e preoccupata. «La ferita!»
Nick strinse in denti, ma allungò comunque una delle zampe verso di lei mentre con l’altra si teneva il fianco. «Vieni qui» le disse, «ancora.»
«Ma, Nick…»
«Ancora» insistette lui. «Ti prego. Ho aspettato mesi, ho aspettato una vita questo momento, non posso fermarmi adesso. Non voglio fermarmi adesso.»
«Oh, Nick» gemette Judy. «Se mi dici queste cose, io…»
«Ti amo.» Le due parole infine trovarono una via di fuga e si riversarono fuori come un fiume in piena. «Scusa, forse non è una cosa molto romantica da dire mentre mi tengo un’anca fasciata e grugnisco di dolore, ma queste situazioni non sono esattamente il mio forte.» La volpe si issò faticosamente in posizione seduta, massaggiandosi la ferita con cauzione. «Spero che perdonerai la disorganizzazione, non ero preparato ad una confessione d’amore in un momento sim–»
Il respiro, le parole, il pensiero, tutto gli si mozzò in gola quando lei raggiunse di nuovo la sua bocca, la assaltò con una fame che era da predatori – e Nick si eccitò più per quella presa di iniziativa che non per qualunque donna nuda avesse mai visto nei suoi trentadue anni di vita.
La abbracciò con la zampa libera, avvinghiandosi a lei come un disperato, assaporando quelle labbra così calde e quella lingua così così umida che– no, non poteva essere legale un piacere del genere, non poteva, non poteva assolutamente essere legale un piacere del genere, una creatura del genere.
 
Judy si staccò lentamente da lui e gli regalò un sorriso dolce come il pan di zenzero. «Riprenditi presto» mormorò, mentre i loro nasi si sfioravano appena. «Così potremo continuare da dove ci siamo interrotti.»
Un brivido di aspettativa gli attraversò la spina dorsale e Nick non poté trattenersi dal leccarle amorevolmente una guancia. «Con tutte le possibili implicazioni?»
«Con tutte le possibili implicazioni.» Sorrise ancora, e lui con lei. «Non vedo l’ora» aggiunse poi, espirando alito caldo sul suo muso.
In quel momento, la volpe fu certa che il proprio sangue fosse appena fluito tutto verso un’unica parte del corpo – ed anche Judy dovette esserlo, visto il ghigno malizioso che le si era appena formato sul viso. «Anche io» rispose Nick, prima di lasciarle un ultimo, lungo bacio sulle labbra, «non vedo l’ora.»




  
    



                                                        













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Angolino dell'autrice:
Più di 5000 parole per una one-shot che ho iniziato a scrivere UN MESE FA e che ho più volte interrotto perché non sapevo come continuarla. Sinceramente mi è piaciuto molto il modo in cui alla fine l'ho sviluppata, perciò spero che sia piaciuta anche a voi bei bambini che leggete <3
Già che ci sono stasera vi porto due notizie: una buona e una ancora più buona! La prima è che sto scrivendo il capitolo seguito di "Divano" quindi non preoccupatevi, lo avrete presto. La seconda è che sto per raggiungere i 100 preferiti e quando accadrà... beh, avete presente il capitolo speciale che ho scritto in commemorazione dei 60 preferiti? Ecco, aspettatevi una cosa analoga per il prossimo traguardo ma molto, molto più wild(e) di quella :P

(Scusate se non ho ancora risposto a tutte le vostre recensioni, sono in periodo pre-esami e sono sclerata all'ennesima potenza ;_;)

Edit del 21/04/2016: HABEMUS ILLUSTRAZIONE! Grazie a quella meravigliosa persona che è Rem289 ---> Clicca qui!

   

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Capitolo 20
*** Per sempre ***


~Volpe~
20 - Per sempre


 
 



Alle volte, le parole non erano sufficienti.
 
La maggior parte dei suoi stati d’animo, Nick non trovava mai i termini giusti per descriverli. Poteva rintracciarne alcuni, ma non bastavano mai; c’era sempre una sfumatura che rimaneva irrisolta, come un mistero di cui non si riusciva in alcun modo a venire a capo.
Era per questo motivo che la volpe preferiva disquisire del prossimo: sicché la propria interiorità si mostrava a lui così enigmatica e insondabile, l’unico diletto che gli rimaneva consisteva nel giudicare l’altrui individuo – abilità di cui, modestia a parte, Nick si sentiva un vero e proprio maestro.
Le cose, però, non sempre andavano per il verso giusto; c’erano momenti in cui Nick non poteva fare a meno di manifestare le proprie emozioni, anche se questo significava rivelare al mondo che lui non era sicuro di sé quanto voleva far credere.
Anche se questo significava… rivelarlo a lei.
 
 
________
 
 
«… Fidanzato?»
In piedi dinnanzi a lui, Judy annuì. «Penso che sia arrivato anche per me il momento di pensare… a certe cose.»
Nick sapeva che la prima regola per scongiurare un attacco di panico consisteva nel mantenere una respirazione il più possibile regolare, e questo era l’esatto motivo per cui non riusciva mai a scongiurarne uno, quando arrivava.
Quella mattina, tristemente, non fece alcuna eccezione.
«Certe cose, dici?» Nick tirò su aria nei polmoni con la sensazione che questi ultimi fossero appena collassati su loro stessi. «Judy Hopps, la stakanovista Judy Hopps… che pensa alla famiglia?»
«Che male c’è?» ribatté lei. «Anche io ho dei sentimenti, Nick.»
‘Ed anche io ce li ho’. «No» annuì, «non c’è assolutamente nulla di male.»
Doveva rimanere calmo.
Prima ancora di pensare ad una reazione opportuna – ammesso e non concesso che esistesse, o che lui fosse in grado di trovarla – Nick sapeva di dover mantenere la calma.
Si ripeté mille volte che tra di loro non c’era niente, che entrambi avevano il diritto di farsi una vita al di fuori del loro rapporto, che lui non era nessuno e che non poteva permettersi di parlarle in quel modo.
Se lo ripeté mille volte, e per mille volte quei pensieri rimbalzarono pigramente contro un muro di gomma e tornarono indietro perché no, assolutamente no, lei era la sua coniglietta e nessuno gliel’avrebbe portata vi–
«Steve è un mio vecchio compagno di scuola» proseguì lei, zampe incrociate all’altezza del grembo. «Si è trasferito a Zootropolis da un po’ e… beh, abbiamo iniziato a frequentarci. È una cosa recente, ma sai com’è… noi conigli facciamo in fretta
«E sei venuta fin qui per dirmi una cosa del genere?»
Pausa. «Pensavo di dovertelo dire» replicò infine. «Pensavo che… ne saresti stato contento.»
«Un gesto molto carino da parte tua» disse lui, cercando di ignorare il pizzicore che sentiva alle gengive. Sperava di riuscire a nascondere i canini almeno finché Judy non se ne fosse andata, cosa che doveva avvenire in fretta.
«Nick» cominciò lei, «qual è il problema?»
«Problema? Quale problema? Non c’è nessun problema, Judy.»
«Mi hai appena chiamato Judy
«Sì» confermò lui, «è il tuo nome.»
«Tu non mi chiami mai per nome, Nick.»
«Non dire idiozie.»
«No, tu non dire idiozie.»
«Hai cominciato tu, mi sembra.»
«Cosa?»
‘Stai calmo, Nick, stai…’ «Niente» ringhiò, «niente. Niente.» Le diede bruscamente le spalle e marciò ad ampie falcate verso il soggiorno, continuando a ripetere «niente, non è niente» per tutto il tragitto, sperando di convincere se stesso che fosse davvero così.
Si sentì tirare per la camicia. Si costrinse a fermarsi.
«Nick, cosa c’è? Parlami, per favore.»
«Parlarti?» Si voltò a guardarla, le pupille dilatate dall’incredulità. «Come, Judy? In che modo?»
Judy inclinò lievemente la testa. «Cosa vuoi dire?»
«Esattamente quello che ho detto.»
Lei esito. «Io… non capisco.»
Sembrava sincera. Sicuramente lo era, perché di Judy si poteva dir tutto meno che fosse una bugiarda.
Ed era sempre stato quello il dannato problema.
«È proprio questo il punto» le disse. «Che tu non capisci. Fino all’ultimo secondo, fino all’ultimo istante, tu non capisci.»
«Nick…» Judy allungò una mano verso di lui, ma Nick non si lasciò toccare.
«Sei sempre stata così» continuò, trattenendo a stento l’amarezza che sentiva dentro di sé. «Hai sempre guardato davanti a te, correndo un miglio al minuto, senza mai voltarti indietro. Hai sempre ignorato quello che ti stava intorno, finto che non esistesse nient’altro al di fuori del tuo piccolo, quadrato universo. Sei sempre stata…»
«Nick–»
«–Testarda, cieca, stupida come nessun altro. Tutta presa dalla tua ambizione, dai tuoi sogni di gloria, sempre troppo impegnata per accorgerti di qualcosa, qualunque dannata cosa.»
«E di cosa avrei dovuto accorgermi?» chiese a quel punto Judy, la rabbia che sembrava trasformare quella domanda in un’accusa.
Nick ringhiò di nuovo, astio contro astio. «Di me» rispose, sputando quel me con un tale livore da farla sussultare. «Di me e di questi stupidi sentimenti che mi porto dietro da mesi, nella vana speranza che tu un giorno li avresti notati. Ma non sia mai che qualcosa di tanto triviale riesca a penetrare il tuo ristretto campo visivo, vero?»
Lei aprì la bocca, ma Nick la intercettò prima che potesse replicare in qualche modo. «In ogni caso, adesso è troppo tardi. È troppo tardi per tutto, ed io non voglio più sentire una singola–»
L’abbraccio arrivò del tutto inaspettato, come un fulmine a ciel sereno.
«Nick!» esclamò Judy, stringendolo con una tale forza da fargli male. «Nick, Nick, Nick…»
«Lasciami» comandò la volpe, ricorrendo a tutte le proprie forze per non ricambiare il gesto. «Lasciami, per favore.»
"No, non ti lascio. Tu… devi sapere. Devi sapere, Nick! Devi sapere che–»
«Non devo sapere proprio nulla. Non devo sapere nulla di quel che riguarda te e la tua nuova vita. Voglio solo che…»
«Baciami.»

Il tempo si congelò, divenendo un bellissimo cristallo trasparente. Dentro quel cristallo, un sogno impossibile sfavillava fulgido e brillante come una cometa.
Quel sogno, però, non era altro che una menzogna.
Nick non poteva permettersi di credere a quello che aveva appena sentito. Non poteva correre il rischio di aprire quella porta, perché solo il cielo sapeva cosa vi sarebbe passato attraverso; quali serpi avrebbero strisciato nelle crepe del suo cuore, avvelenato tutto ciò che era, tutto ciò che desiderava, tutto ciò che amava.
E perciò tacque, fingendo che quelle parole non fossero davvero arrivate a lui, che non gli avessero solleticato la lingua, che non avessero improvvisamente reso le sue labbra un po’ più secche e il suo cuore un po’ più palpitante.
«Baciami» ripeté la coniglietta, di fronte al suo silenzio, dopo aver alzato lo sguardo verso di lui. «Baciami, Nick.»
«Sei impazzita?» riuscì finalmente a dire, la voce ridotta al misero sfiato di un palloncino. «Come ti salta in mente di dire una cosa simile?»
Judy sostenne il suo sguardo. Un’ombra di esitazione transitò sul suo volto ma, dopo il suo passaggio, tutto ciò che rimase fu una spaventosa determinazione. «Se non lo farai tu… lo farò io.»
La protesta non ebbe tempo di manifestarsi. Judy lo tirò per la cravatta – brutalmente, precipitosamente, urgentemente – e premette con forza le labbra contro le sue.

Quel contatto bruciò come un tizzone ardente. Nick si staccò da lei, consapevole che ogni fibra del suo corpo lo stava odiando a morte. «Tu» ansimò, cercando di controllare i battiti furiosi del cuore, «hai qualche rotella fuori posto.»
Judy, orecchie basse e occhi lucidi, si poggiò una zampa sul petto. «Nick, non è come pensi. Non c'è nulla tra me e Steve.»
Nick ringhiò ancora, sommessamente. «Hai varcato la soglia di casa mia annunciando il tuo fidanzamento con quel coniglio… e ora vieni a dirmi una cosa simile?»
«L'ho fatto perché volevo capire!» esclamò lei. «Volevo capire cosa pensassi di me. Volevo capire se per te fossi importante… in che misura lo fossi. Mi dispiace, Nick, mi dispiace veramente…»
Judy mosse un passo verso di lui, ma Nick ripristinò ben presto il vuoto che li separava.
Non glielo avrebbe lasciato colmare.
«Vuoi che creda ad una storia simile? Ti rendi conto delle assurdità che stai dicendo?»
Sulla sua bocca, il bacio di Judy stava ancora bruciando; ma l’unica cosa che quel fuoco stava alimentando era la rabbia, nient’altro che la pura e semplice rabbia. Ed era così triste, che quel bacio gli avesse lasciato quel genere di sensazione, che Nick avrebbe voluto urlare.
«Ma tu devi credermi» supplicò la coniglietta, il piccolo corpo scosso tra tremiti incontrollabili. «Ti prego, Nick. Ti prego
«Perché avresti dovuto fare una cosa del genere, Judy? Perché mai avresti dovuto testarmi
Silenzio. Judy chinò il capo e immerse il viso nelle zampe, scuotendo appena la testa. Poi esalò un sospiro e, finalmente, parlò. «Perché…» cominciò, toccandosi il petto, «c’è qualcosa qui, qualcosa che fa… male.»
 
Alle volte, le parole non erano sufficienti. E questo, purtroppo, Nick lo aveva capito da molto tempo. Per questa ragione, benché lo desiderasse con tutte le sue forze, semplicemente non riusciva a crederle.
«Non capisco» le disse quindi, scuotendo la testa.
Non erano abbastanza. Quelle parole non era abbastanza affinché lui abbassasse la guardia. Il dolore era ancora lì – Nick lo percepiva, nascosto nell’oscurità e pronto a ghermirlo alla prima occasione.
Judy lo guardò, incredula. «Come fai a non–»
«E come hai fatto tu a non capire, eh? È sempre stato chiaro come il sole, evidente in modo imbarazzante, e tu… tu dov’eri? A cosa stavi pensando? A quali ambizioni stavi mirando per non accorgerti di questo?» Anche Nick si portò una zampa sul cuore – un pugno, per esattezza – e se lo batté forte. «Tu sei… veramente, tu sei impossibile. La tua stessa esistenza è qualcosa di impossibile. Ma non ti basta essere assurda tu, nossignore! Tu rendi pazzi anche tutti gli altri. Tu rendi pazzo me
«Nick…» Lacrime cominciarono a scenderle lungo le gote. Per la seconda volta, Judy provò a riempire il vuoto che li separava.
Per la seconda volta, Nick arretrò.
«Nick, non allontanarti da me» supplicò, tendendo i piccoli arti grigi verso di lui. «Lasciami avvicinare. Non può essere troppo tardi. Non può, non deve, non è giusto.»
«Cosa ne sai tu di cosa è giusto? Di cosa è davvero giusto? Se pensi che combattere il crimine in una grande metropoli ti renda capace di un simile discernimento, sappi che stai commettendo un grosso errore.»
«Non lo penso. Ma so cosa provo, so cosa sento per te. E non ho bisogno di un manuale per capire di che si tratta.»
Crack. Una crepa si formò nelle mura che proteggevano il suo incrollabile castello di solitudine.
«Sono stanco di prendermi in giro, Judy.» La bocca si mosse prima che lui potesse filtrare del tutto i propri pensieri.
«E io sono stanca di farti del male» rispose lei.
Un altro passo. Stavolta, lui non arretrò.
«Non voglio più illudermi» continuò Nick, diviso tra la volontà di tenerla lontano e il desiderio, profondo e sincero, di averla accanto a sé. «Non voglio più soffrire.»
«E io non voglio più illuderti, Nick. Non voglio che tu soffra ancora a causa mia.»
«Ma succederà. Succede sempre, perché tu sei un’idiota.» ‘Ed anche io lo sono.’
In fondo, era questo il loro problema. Perché non importava quanti casi risolvessero, quanti mammiferi proteggessero, quanta giustizia dispensassero… quando si trattava di loro due, “stupidità” era sempre stata la parola d’ordine.
Nella buona e nella cattiva sorte.
«Imparo dai miei errori» replicò Judy. «In questo modo non li commetto ancora. Beh, almeno, questa è l’idea.»
«E se dovessi sbagliare di nuovo?»
«Se questo dovesse accadere… tu sarai al mio fianco, pronto a rimettermi sulla retta via.» Lentamente, Judy gli prese una zampa tra le sue. La delicatezza di quel gesto, l’amore profondo che lo animava, gli riportarono alla mente un tempo lontano, un tempo che Nick credeva di aver dimenticato per sempre.
 
Avrebbe voluto sottrarsi a quel contatto. Una parte di sé, la più spaventata, gli stava gridando di fuggire, di mettersi in salvo, di non cadere in una trappola da cui non avrebbe più avuto la forza di liberarsi.
Eppure non lo fece.
«Tu non hai bisogno di me» le disse invece, dopo un lasso di tempo che non fu in grado di quantificare. «A dirla tutta, credo che tu non abbia bisogno di nessuno; non so da dove tu prenda la forza che ti permette di essere… così, ma di sicuro non proviene da coloro che ti stanno intorno.»
Lei gli rivolse un mezzo sorriso. «Forse… anzi, sicuramente prima di conoscerti era così. Ma dopo… dopo no.» Si portò la zampa di lui fino alle labbra e vi lasciò un bacio. «Quando ho scoperto cosa stava accadendo in città… Nick, perché credi che sia venuta a chiedere il tuo aiuto?»
Nick non avrebbe mai saputo da dove aveva tirato fuori l’aria necessaria a biascicare il «non lo so» che seguì quella domanda, perché – ne era certo – in quel momento tutti i suoi organi erano stati ridotti a nient’altro che un agglomerato informe di carne e sangue.
«L’ho fatto perché già a quel tempo io sapevo… sapevo di averti dato qualcosa, e che tu l’avevi dato a me. Sapevo che, in un certo senso, era impossibile che io andassi avanti senza averti al mio fianco. Il pensiero era talmente surreale che non riuscivo neppure a focalizzarlo: se mi mettevo a pensare ad un futuro senza di te, tutto quello che riuscivo a vedere era un bancone di legno e delle carote da vendere. Seguiti da, beh, un cappio, perché l’idea di passare il resto della mia vita in quella maniera era una tortura troppo grande perché io potessi resistervi. Riesci a immaginarlo?»
«Più di quanto credi» ammise Nick, maledicendosi istantaneamente per quella risposta così diretta.
Stava cedendo troppo velocemente, e questo non andava bene. Non doveva mostrarsi fragile e perduto di fronte a lei, non doveva farle capire i suoi veri sentimenti, non doveva–
Judy gli baciò di nuovo la zampa. Poi gli sorrise, forse accorgendosi del panico che era appena sopraggiunto, e gliene leccò il dorso con quella sua linguetta rosa e assolutamente deliziosa, tale e quale alla sua proprietaria.
«Tu dici che ti ho reso folle… ma ignori quanto tu abbia fatto impazzire me. Forse perché la mia ottusità l’ha mascherato, esattamente come ha fatto la tua spaventosa faccia di bronzo.»
«La mia faccia di bronzo è stata appena sciolta nella fucina» borbottò Nick, ogni pelo del corpo ritto a manifestare quel caleidoscopio di sentimenti che nessun linguaggio avrebbe mai potuto descrivere.
«In effetti» rise Judy, «dovresti vedere la tua espressione in questo momento, Nick.»
«Non che la tua sia migliore della mia.»
«Oh, ti prego: hai le orecchie così tirate all’indietro che tra un po’ ti si staccano dalla testa.»
«E tu hai gli occhi così lucidi che mi chiedo come ancora non ti siano scivolati fuori dalle orbite.»
«E di chi pensi sia la colpa?»
«E tu di chi pensi sia la colpa?»
Dopo essersi fissati per qualche istante, una piccola risata ruppe il silenzio che era caduto su di loro. Judy abbassò la testa ed emise dei piccoli suoni ovattati, come se volesse nascondere la propria reazione, giudicandola inadeguata – forse persino sbagliata rispetto al contesto in cui si trovavano.
E forse lo era davvero, dopotutto, ma Nick si ritrovò ugualmente a pensare che non gli dispiaceva poi così tanto.
«Scusa» mormorò la coniglietta.
Nick sospirò e sciolse gentilmente la presa di Judy. Lei lo guardò, lo spettro della paura di nuovo riflesso nei suoi occhi.
«Vieni qui» le disse, aprendo le braccia nella sua direzione. «Coniglietta ottusa.»
Un attimo di esitazione, prima che Judy gli volasse tra le zampe con uno slancio ed affondasse il viso nel suo abbraccio. «Potrai mai perdonarmi, Nick?»
«L’ho appena fatto» rispose la volpe. «Dovrò pur iniziare a sopportare la tua innata stupidità, se voglio passare il resto della mia vita con te.»
«Ehi!» esclamò Judy. «Non sono così tanto stupida.»
«Su questo avrei qualcosa da–» Una gomitata sullo stomaco gli impedì di terminare la frase. «Ahi!»
«Ben ti sta.»
«Stupida e violenta–»
«Ne vuoi ancora?»
«E ricattatrice.»
Risero entrambi questa volta. In quella risata, Nick trovò finalmente il coraggio di porre quella domanda. «Che ne diresti di spiegarmi il bacio di prima, Hopps?»
La sentì irrigidirsi nel suo abbraccio. «N-niente» mormorò la coniglietta. «Era solo, uhm… un gesto disperato.»
«Quindi devo supporre che baciarmi sia sintomo di disperazione?»
«No! Cioè… no, ma in quel momento… in quel momento non ero molto “in me”, diciamo così. Ho agito d’istinto e… uhm, suppongo che avrei potuto risparmiarmelo.» Judy gli rivolse un’occhiata incerta. «Ti ha dato fastidio?»
«Beh, sicuramente le modalità non sono state delle migliori, ma…» La volpe si sfiorò appena le labbra e sorrise. «Penso tu mia abbia vaporizzato un quinto di materia cerebrale, con quel bacio. Non in senso negativo.»
La vide arrossire e nascondere rapidamente il viso nella sua camicia, mormorando una deliziosa serie di «uhm».
Forse fu proprio quella visione a fargliene venire la voglia. «Però, sai» le disse, «ora come ora non mi dispiacerebbe riceverne uno migliore
Nessuna risposta.
Di certo, se ci avesse pensato un po’ più a fondo, Nick non avrebbe mai pronunciato quelle parole così balde. Ma siccome in quel momento la volpe stava facendo tutto fuorché ragionare… la catastrofe non poteva essere evitata. «Sono sicuro che puoi fare meglio di così, agente Hopps» insistette, con un sorriso provocatorio.
Ancora nessuna risposta.
«Oh, cielo. Che coniglietta timida che abbiamo qui.»
«Finiscila» mugugnò contro la stoffa della camicia. «Idiota.»
«Ok, lo dirò chiaramente: pretendo un bacio. Uno vero, questa volta.»
Nick voleva metterla in difficoltà, su questo non c’era ombra di dubbio, ma non si aspettava realmente che Judy assecondasse i suoi desideri. Se lo avesse saputo, di certo non glielo avrebbe chiesto in quel modo – fingendo di avere il perfetto controllo della situazione, dato che in quel momento non sarebbe potuta esistere bugia più grossolana.
Per questo ci rimase di sasso quando le proprie orecchie captarono quella risposta.
«… Scusa, cosa hai detto?»
«Ho detto di sì.» Judy ripeté, come le era stato chiesto.
La volpe sentì la gola improvvisamente secca.
«Va tutto bene?»
«No– sì, certo, va tutto perfettamente bene, perché non dovrebbe andare bene, ti sembra che non stia andando bene?»
Una bolla di panico si era appena formata attorno a lui. Gettò una rapida occhiata alla creatura sotto di sé e trattenne a stento un grido soffocato. ‘Non ce la posso fare.’
Tra i due, non avrebbe saputo dire chi era il più coniglio. Il che era tutto dire.
Judy non ci mise molto ad intuire la tempesta che si agitava dentro di lui. Un ghigno irriverente si dipinse presto sul suo faccino, in sublime contrasto con i suoi occhioni d’ametista. «Oh.»
«Non dirmi “oh”. Non–»
«Codardo
«Silenzio.»
«Pavido.»
«Smettila.»
«“Ehi, Judy, voglio un bacio vero. Per uomini veri.”»
«Judy…»
La risata che ne seguì lo lese profondamente nella sua persona. «E questo, signori e signori, è Nicholas Wilde.»
«Sei una peste» le disse, l’imbarazzo che aveva raggiunto vette spropositate. «Non so come ho fatto a…»
La frase gli rimase sullo stomaco come una cena non digerita.
«A…?» lo incitò lei. «Continua.»
«No.»
«Che bestiaccia che sei, Nick.»
«Lo sai benissimo cosa volevo dire.»
«Sono ottusa, potrei aver frainteso.»
«Non hai frainteso, te lo posso assicurare.»
«Ma non sai neanche cosa ho pensato!»
«Lo so.»
«Davvero? Facciamo un gioco, allora: io ti dico cosa ho pensato e tu mi dici se è giusto.»
«Mi rifiuto.»
«Oh, andiamo!»
«No.» Nick si allontanò da lei e ficcò le mani in tasca, come se con quel gesto avesse potuto nasconderle il mondo che aveva in testa in quel momento. «Non è… necessario.»
«Sei proprio un timidone, sai?» Le ci volle appena un saltello per raggiungerlo nuovamente. «Allora… vuoi che te lo dica io?»
La volpe sussultò. «Arrivati a questo punto, non credo che nessuno dei due abbia ancora dubbi» replicò, ma sapeva che non l’avrebbe convinta.
Che non si sarebbe convinto.
«Non ne ho, infatti» confermò Judy, «ma… è bello sentirselo dire. Non sei d’accordo?»
Oh, se era d’accordo. «Io credo che… suppongo… di sì.» Nick abbassò lo sguardo, consapevole che non esisteva più alcuna maschera a proteggerlo.
Poco dopo, lei entrò nel suo campo visivo. «Vieni qui» gli sussurrò, facendogli cenno di abbassarsi.
«Parti invertite, adesso?»
«Serve qualcuno che faccia il maschio alfa, ogni tanto.»
«Ah, queste implicazioni…» Le sorrise, e lei sorrise a lui. «Non sei molto credibile come maschio alfa, Carotina.»
«Sempre più credibile di te.» Gli sfiorò il naso con il suo. «Mia stupida e bellissima volpe.»
«Mia stupida e bellissima coniglietta.»
«Per sempre?»
Nick annuì. La paura, ormai, era solo un ricordo lontano. «Per sempre.»
 
Per sempre.










__________________
Angolino dell'autrice:
Sostanzialmente... questo capitolo non avrebbe dovuto trovarsi qui. Non a questo punto della raccolta, perlomeno.
Non ve lo nasconderò: la storia ha raggiunto i 103 preferiti - quando ho pubblicato il capitolo 19, qualcosa come dieci giorni fa, ne aveva 87 - e in più questo è il ventesimo capitolo, quindi... a onor di vero, qui avrebbe dovuto esserci il capitolo speciale. 
Il problema è che il capitolo speciale, allo stato attuale, non esiste. Quindi avevo solo tre alternative: 1) spacciarvi questo per capitolo speciale, 2) non pubblicare finché non fossi riuscita a scriverlo, 3) pubblicare un'altra one-shot di cui sono abbastanza fiera, implorare perdono e rimandare la pubblicazione del capitolo speciale a un tempo migliore. Alla fine ho scelto la terza e onestamente non me ne pento. Il capitolo 15, infatti, è quello che finora ha ricevuto da solo più recensioni, quindi diciamo che questa "tradizione" deve mantenere un certo grado di qualità. E per grado di qualità intendo che vi devo far affogare nelle vostre stesse lacrime.
Detto ciò... che altro dire? Ci vediamo al prossimo capitolo che non so assolutamente quando sarà finito né tantomeno se sarà quello speciale oppure un altro. Una cosa è certa, però: prima o poi avrete la vostra dose di fangirling disperato.

PS: oggi provo a rispondere a tutte le recensioni in arretrato, scusate se non l'ho ancora fatto ma vengo da una settimana di esami che mi ha lasciato profondamente debilitata ;_;




 

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Capitolo 21
*** “Ma” ***


~Coniglio~
21 - “Ma”
 

 

 

 
 


Judy chiuse gli occhi ed ascoltò.
Nel silenzio, la voce dell’universo risuonò in tutta la sua sconcertante chiarezza.
 
Avrebbe voluto che tacesse.
Avrebbe voluto che dicesse altro.
Avrebbe voluto entrambe le cose contemporaneamente, fondersi in quel delicato ossimoro la cui sublime incongruenza, forse, avrebbe potuto spiegare tante cose meglio di come coerenza e serietà sarebbero mai riuscite a fare.
Judy lo sapeva, eppure… eppure.
 
Eppure, eppure.
 
________
 
 
Era lì. Judy alzò la testa e scrutò con preoccupazione il grande, vasto “ma” che aleggiava nell’atmosfera del loro ufficio.
‘Potrebbe precipitare da un momento all’altro’ pensò, mentre portava alla bocca una tazza di tè caldo – un momento, tè caldo?
«Nick.»
«Mh?»
«Dove l’hai preso il tè caldo
La volpe smise di scrivere e si voltò a guardarla, lo sconcerto riflesso nelle sue splendidi iridi verdi. «Sei impazzita?»
«Domanda di riserva, grazie.»
«L’ho comprato cinque minuti fa» rispose Nick. «Al bar dietro la centrale. Te l’ho messo sulla scrivania e mi hai pure ringraziato.»
«L’ho fatto? Davvero?»
«Terra chiama Judy Hopps. Salta giù dal pianeta su cui sei atterrata e ritorna tra noi, grazie.»
«Scusa, ero distratta. Stavo pensando… pensieri
Nick annuì ed indicò la tastiera su cui stava battendo fino ad un minuto prima. «E io digitavo digitazioni, pensa un po’.»
Judy non poté fare a meno di ridere, dimenticando così per un attimo il “ma” che fluttuava sopra di loro.
Ma poi lo ricordò, e di nuovo il mondo ritornò sul punto di crollarle rovinosamente addosso.
«Nick» sospirò la coniglietta, «io… credo di doverti parlare.»
«Fammi indovinare» disse lui, «vuoi il divorzio.»
«Forse prima di divorziare dovremmo sposarci.»
«Allora vuoi chiedere la mia zampa e poi divorziare.»
«In realtà no» rispose Judy. Nick fece una smorfia e scrollò le spalle, così lei continuò: «Si tratta di ieri.»
Il partner la guardò senza capire. «È successo qualcosa, ieri?»
Lei, per tutta risposta, additò la campanula che teneva in bella vista sulla sua postazione – fiore prezioso dentro un piccolo vaso trasparente, del tutto fuori luogo rispetto all’ambiente in cui si trovava. «Questo
«È una campanula» commentò Nick.
«La campanula che tu mi hai regalato.»
«Lo è. E con ciò?»
Judy usò entrambe le zampe per evidenziare la presenza del bocciolo lì dove non avrebbe avuto ragione di esistere. «Perché c’è una campanula sulla mia scrivania, Nick?»
«Prima il tè, poi il fiore… Alzheimer?»
«Non intendo– insomma, perché? Perché tu mi hai… regalato una campanula?»
I suoi canonici duecentocinque battiti al minuto erano appena diventati duecentodieci.
Vide la volpe esitare. Duecentoquindici.
«Se non ti piace, puoi sempre buttarla. Puoi sempre mangiarla» disse infine, rompendo il minaccioso silenzio che per un attimo era calato nell’ufficio. «Le mangiate le campanule voi conigli, sì?»
«Non si tratta di questo…» Judy si passò una zampa sul volto. «La adoro, è splendida. La adoro, ed è proprio per questo che te lo sto chiedendo: perché?»
 
Judy aveva sempre saputo che esisteva un grande, grande albero chiamato “Albero dei Perché”; ogni perché era contemporaneamente la risposta ad un altro perché e un’ulteriore domanda che presupponeva l’esistenza di un altro perché che lo spiegasse.
Quando era piccina, la costante raccomandazione dei suoi genitori era stata quella di non addentrarsi troppo tra i rami dell’Albero dei Perché.
Perciò, come ovvia reazione a quel consiglio, Judy si era lanciata di testa tra quelle fronde e cercato di risalire fino alle radici dell’universo stesso; dieci minuti in quel genere di elucubrazioni e la coniglietta aveva istantaneamente rimpianto la propria decisione, così si era prudentemente allontanata dall’Albero dei Perché ed aveva scelto di ignorare ogni domanda ed ogni risposta che questo potesse offrirle.
Tuttavia, non aveva mai dimenticato la sua esistenza.
«Deve per forza esserci una ragione?» chiese Nick.
«C’è sempre una ragione.»
«Solo quando vuoi che ci sia.»
«Vero» concordò Judy. «E per questo non crederò mai che qualcuno come te mi abbia regalato una campanula senza alcun motivo. Non me la bevo, Nick, e non me la berrò neanche tra cento anni.»
«Era di te che parlavo. Sei tu che vuoi che ci sia un perché.»
«Il perché esiste già, io voglio solo conoscerlo.»
«Chi ti dice che–»
«Nick.» Judy scese dalla sedia e camminò verso di lui. «Per favore» continuò, quando fu al suo fianco e gli ebbe poggiato una zampa sulla spalla. «Non giocare con le parole, perché sappiamo entrambi che vinceresti… e che la tua vittoria avrebbe un prezzo.»
Lei lo percepiva; il “ma” era ancora lì, e continuava a salire e salire e salire… finché non fosse stato abbastanza in alto per cadere e annientare tutto quello che stava sotto di lei.
Ed era certa che anche Nick lo sapesse. Lui lo sapeva sempre, forse anche prima di lei, per questo aveva bisogno di risposte.
Qualche secondo dopo, Nick si voltò completamente verso di lei. C’era uno strano sorriso stampato sulla sua bocca. «I tuoi occhi» disse semplicemente.
«I miei… occhi?» La coniglietta sbatté le ciglia, confusa.
La volpe sospirò, ma il sorriso continuava a perdurare sulle sue labbra nere. «Il colore. La campanula è viola, esattamente come il colore dei tuoi occhi. Così ho pensato che, sai…»
Non terminò la frase. Duecentocinquanta.
«Uhm.» La zampa che aveva gentilmente lasciato su di lui divenne improvvisamente motivo di profondo ed ineluttabile imbarazzo, così lei la ritrasse con una foga tale da farle quasi perdere l’equilibro. Quasi, perché Judy era Judy e non sarebbe cascata a terra come un sacco di patate.
La sua dignità, comunque, l’aveva già preceduta sul pavimento.
«Vedi?» esclamò Nick. «Ecco perché non volevo dirtelo.»
«No, ecco… cioè. Insomma. Ok. Uhm.»
Il partner inarcò un sopracciglio. «Alzheimer» annuì infine. «Prognosi definitiva.»
«No, cioè! Insomma… ok, ecco…»
«Stai solo cambiando l’ordine delle parole.»
«Sì, ma… i miei occhi. I miei occhi. I miei…» Se li coprì entrambi, nuova fonte del proprio disagio, e poi rivolse a Nick un’occhiata di profondo smarrimento. «Nick, questo è… adorabile
La volpe scosse il capo e fece per voltarsi di nuovo verso il computer, ma lei gli afferrò le spalle e lo costrinse a sostenere il suo sguardo. «Mi hai regalato un fiore perché è dello stesso colore dei miei occhi?»
«L’ho fatto, sì. E me ne stai facendo pentire.»
Duecentosettanta. «No!» proruppe, angosciata. «No, no, non devi pentirtene. È la cosa più carina che–»
«Carotina» la interruppe, «capisco che tu stia annegando nella vergogna, ma è proprio necessario che…» Nick distolse lo sguardo. «Insomma, devi proprio trascinarmi nel baratro assieme a te?»
«Oh. Oh.» Di colpo conscia di aver ridotto la distanza che li separava a quanto bastava per avvertire il morbido respiro di lui sul proprio muso, Judy arretrò. «Scusa» mormorò, sia al collega che alla dignità stesa per terra a mo’ di zerbino.
Nick scrollò le spalle, come per liberarsi dell’imbarazzo residuo che gli aveva appiccicato addosso, e finse di sfogliare qualcosa – verosimilmente una cartella clinica, a giudicare dal cipiglio serio con cui stava recitando. «Dunque, vediamo un po’: emotivamente instabile, non controlla le sue reazioni, dimentica le cose… sarà il caso di farti trasferire nel reparto “casi persi”, tesoro?»
Judy sollevò il naso verso il “ma”, pensando che fosse almeno sceso di quota, e si stupì – le venne un dannato infarto, per meglio dire – nel constatare che invece quest’ultimo era salito talmente in alto che ormai era impossibile distinguerlo da tutto il resto.
Da tutti gli altri pensieri che orbitavano attorno al suo piccolo, semplice cervellino da coniglietta.
«Questo però non spiega una cosa.»
«Magari lo spiegava, solo che non te lo ricordi
«Sono seria, Nick. Questo non spiega perché mai ti sia venuto in mente di farmi questo dono. Anche io vedo ciuffi d’erba ogni giorno, ma non è che vengo a regalarteli.»
Nick la squadrò per un lungo momento. «Piccola come un coniglio, delicata come un missile termonucleare.»
Lei scosse vigorosamente la testa. «Scusa, hai ragione, colpa mia. Quello che volevo dire è che…»
Judy si fermò; una consapevolezza era giunta alla sua porta – o forse era lì da molto più tempo, solo che lei non se n’era ancora accorta – e stava bussando con una certa insistenza.
Era banale, tutto sommato. Banale e prevedibile, considerando il soggetto in questione. Perché complicarsi la vita non era solo un vizio, era un modus vivendi.
‘Al diavolo’ pensò, chiudendo gli occhi per ascoltare la voce dell’universo. La risposta arrivò, chiara e forte, e la coniglietta non ebbe più dubbi.
Le parole che avrebbe dovuto pronunciare – sempre che fosse riuscita a trovarle – si trasformarono in un singolo, armonioso movimento con il quale racchiuse la testa della volpe tra le proprie braccia, costringendola amorevolmente a sostare sul proprio petto. «Ogni volta che tento di risponderti per le rime, un pezzetto di universo collassa su se stesso» disse, mentre con una zampa gli grattava delicatamente l’orecchio. «Forse dovrei smetterla di provarci, che ne dici?»
«Ogni volta che non mi rispondi per le rime e passi direttamente ai fatti per dimostrare la tua emotività» replicò Nick, «un pezzetto di me muore tra grida e strepiti.»
«Esagerato.»
«Le mie sinapsi urlano, Hopps. Sei fortunata a non poterle sentire.»
«In realtà vorrei poterlo fare» ammise Judy. «Forse questo mi aiuterebbe ad essere meno inetta ed impedita.»
«A spese mie, però.»
Lei rise. «Un giusto prezzo da pagare.»
«Permettimi di dissentire» disse Nick, ma nessun dissenso venne espresso in quel lasso di tempo.
«Quello che volevo dire» riprese allora Judy, «era che… insomma, come faccio a non pormi domande di fronte ad un gesto così terribilmente carino? Non puoi regalarmi un fiore così, dal nulla, e giustificare il tutto con un “è del colore dei tuoi occhi” aspettandoti che io, beh, non ti salti addosso. Non sono una coniglietta emotiva per sentito dire, agente Wilde.»
«Ti sei dannata ventiquattro ore per una campanula» le fece notare, «questo è ben più che essere emotivi. È follia.»
«Anche quello che hai fatto tu è follia.»
«No» ribatté lui, «questo è…» Duecentonovanta. «… Affetto.» … Duecentodieci.
‘Oh, beh, meglio che niente.’ «Affetto, eh?»
«Affetto» ribadì Nick. «Mi è concesso provare sentimenti d’affezione nei confronti della mia partner senza che quest’ultima mi molesti?»
Judy emise un breve sospiro e liberò la sua testa dall’abbraccio – avrebbe giurato di aver visto un lampo di delusione nelle iridi verdi di lui, ma si concesse il beneficio del dubbio. «Suppongo di sì» rispose lei.
Anche senza guardarlo, Judy aveva una vaga idea dell’altezza a cui il grande “ma” doveva trovarsi in quel momento: abbastanza basso da non provocare disastri in caso di caduta, abbastanza in alto affinché lei non potesse acciuffarlo ed archiviarlo al sicuro in qualche cassetto a tenuta stagna.
Del resto, forse, non era ancora il momento di farlo.
«Posso considerare il tuo sorriso come un segno che la discussione sta finalmente volgendo al termine?»
«Puoi» gli concesse, «ma non garantisco per tutto il resto.»
Nick la squadrò con perplessità, di nuovo. «Quale resto
Il sistema solare di pensieri, elegantemente orbitanti attorno alla propria testa, suonò una melodia che solo le stelle avevano la facoltà di udire.
 
Alla fine dell’universo, l’astro del futuro cantò la propria risposta.
E Judy Hopps sorrise.

 
 
 











__________________
Angolino dell'autrice:
La cosa divertente è che nella cartella delle one-shot da finire ho qualcosa come otto file di Word, eppure continuo a scrivere sempre cose nuove. Oh, beh, quando l'ispirazione chiama... Chiara risponde. <3
(No, non mi sono dimenticata del capitolo speciale né del seguito di "Divano" né di "Gideon Grey" - quest'ultimo non se lo ricorderà nessuno, probabilmente - ma al momento non ho ispirazione quindi... abbiate pazienza, fagiolini.)

 

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Capitolo 22
*** Sorriso ***


~Coniglio~
22 - Sorriso
 

 

 

 
 


«Sorridi.»
Niente da fare.
«Sorridi» ripeté alla figura di fronte a lei.
Niente da fare.
Judy digrignò i denti. «Sorridi» implorò, per la terza volta.
Qualcosa sul suo volto si mosse. Le labbra si piegarono leggermente all’insù, ma in un modo così disperato da farle quasi venire il mal di stomaco per la tensione.
D’impulso, la coniglietta si voltò. Dietro di sé, qualcuno che avrebbe dovuto essere lì con lei la soffocava, invece, con la propria mancanza.
Sconsolata, si girò nuovamente verso lo specchio. «Siamo solo io e te, eh?»
Il riflesso scrollò le spalle, come a volerle dire: “non posso farci niente.”
Ovvio che non potesse farci niente; se c’era qualcuno che avrebbe potuto farci qualcosa, quello era…
Il cellulare, dall’altro capo della stanza, cominciò improvvisamente a squillare. Judy balzò rapidamente di fronte al tavolo e afferrò il dispositivo con uno slancio tale che quasi lo scaraventò via, premette il pulsante verde e appoggiò la cornetta all’orecchio. «Alla buon’ora, signor Wilde.»
«Ah, quindi adesso non merito più neanche il grado di agente?»
«In questo momento sei solo un civile con l’influenza, perciò no.»
«Non siamo tutti come te, Carotina. I mammiferi normali si ammalano, ogni tanto.»
«Guarda che anche io mi ammalo.»
«Sì, ma ti trascini comunque in ufficio pure a costo di crepare. Devo ricordarti di quella volta che–»
«No» lo interruppe, «non tirare di nuovo fuori quella storia. Non osare.»
«Come no? I tuoi deliri febbricitanti erano così carini.»
«Nick…» Judy sospirò. «Dai, sii serio. Qui è un disastro.»
«Non lo è» ribatté la voce all’altro capo. «Prova a rilassarti, vedrai che andrà tutto bene.»
«Facile parlare per te, al calduccio sotto le coperte e magari con una tazza di tè tra le zampe.»
«Ehi, non l’ho chiesta io la febbre.»
«Lo so, scusa.» La coniglietta si mosse il labbro inferiore e aggiunse, dopo una brevissima pausa: «Non sai come vorrei che tu fossi qui.»
«Lo so» replicò lui. «E prima che tu lo chieda: no, non sto facendo del sarcasmo. Lo so davvero.»
La coniglietta cominciò a camminare per la stanza, irrequieta. «E se sbagliassi qualcosa? E se non mi prendessero sul serio? E se–»
«Judy.» Il richiamo di Nick arrivò alle sue orecchie, fermo e deciso.
Ogni volta che la chiamava per nome, Judy si sentiva sempre un po’ stupidamente felice. Scosse la testa, conscia che quello non era il momento adatto per farsi venire le farfalle nello stomaco, e concentrò tutta la sua attenzione sul resto della frase che stava per arrivare. Un lieve brivido di aspettativa le corse lungo la schiena.
«Sii consapevole» continuò a quel punto la volpe, «che ci sono almeno una ventina di reclute, là fuori, che ti considerano una dea. Potresti andar lì, sorridere in quel tuo modo assolutamente adorabile senza far nulla per due ore, e ti assicuro che loro ti amerebbero lo stesso.»
Judy non poté fare a meno di sorridere per quell’improbabile scenario. «Da dove viene tutta questa sicurezza?»
Ci fu una breve pausa. «Esperienza personale» rispose infine Nick – e le sembrò quasi di poterlo vedere, mentre distoglieva lo sguardo e si grattava il retro del collo con fare noncurante.
Quell’immagine le costò un battito, forse anche due, forse anche trecento.
«Come puoi dirmi certe cose per telefono, brutto idiota.» Judy strinse la presa del cellulare, piroettò su se stessa e soffocò piccole risate decisamente fuori luogo. «La prossima volta che ti vedo ti strangolo di abbracci.»
«Vado subito a prenotare un volo di sola andata per lo spazio profondo, allora.»
Una risata sbocciò in lei, naturale e genuina, e scacciò parte dell’ansia che la stava consumando. Judy sorrise ancora di più – era sempre così, quando si trattava di loro due: se lei cadeva, Nick era sempre lì per aiutarla a rialzarsi.
«Grazie» gli disse, dal profondo del cuore. «Ti voglio bene, stupida volpe.»
«Uhm.» Le parve di respirarla, l’esitazione che aleggiava nell’aria dall’altra parte della cornetta. E di nuovo riusciva a vederlo con una chiarezza spaventosa, e di nuovo il cuore accelerò, saltò, danzò dentro il suo petto e di nuovo le farfalle si levarono in volo tra le pareti del suo stomaco. «Ne sono lieto.»
La bolla scoppiò e Judy precipitò sulla terra con un tonfo. Eppure, per qualche strana ed improbable ragione, ad aspettarla trovò un calore che le era molto familiare. «Che risposta orribile, Nick.»
«Sei tu che te ne esci con queste frasi dal nulla» protestò la volpe. «Non aspettarti che sia capace di replicare in modo… carino, se mi dici certe cose così su due piedi. Mi serve un po’ di preavviso, e che diamine.»
«Ok, allora facciamo così: io mi dimenticherò del tuo patetico “ne sono lieto” e stasera, quando verrò a rimboccarti le coperte, tu mi darai una risposta migliore. Ci stai?»
Lo sentì sospirare. «Ho scelta?»
«Ovviamente no.»
«Almeno portami qualcosa ai mirtilli. Ecco, magari una fetta di quella torta buonissima dell’altra volta.»
«Volpe viziata» lo rimbeccò lei – ma, dopotutto, l’idea di viziarlo non le dispiaceva affatto. «Sappi che ti costerà una dose extra di apprezzamenti.»
«Coniglietta ricattatrice.»
«Sempre e comunque.»
«Mi arrendo, dolcezza. Porta qui quella torta e avrai da me quello che vuoi.»
«D’accordo» rispose, cercando di ignorare le palpitazioni che erano appena sopraggiunte. «Adesso sarà meglio che vada. Sai, devo ancora finire di prepararmi…» ‘E impedire alla mia bocca di pronunciare parole assolutamente imbarazzanti di cui avrò a pentirmene per il resto della mia vita.’
«Vai e stregali tutti» le disse lui. «So che ci riuscirai.»
Judy annuì. Se lo sapeva il suo partner, allora lo sapeva anche lei – era sempre così. «A stasera, Nick.»
«A stasera.»
E in quella promessa Judy avrebbe voluto tuffarvici, nuotare fino a perdere il fiato ed infine annegare; e non sarebbe mai esistita una morte più dolce di quella.
 
Quando lasciò l’appartamento, pronta ad affrontare un manipolo di reclute dalle aspettative troppo alte e dall’entusiasmo troppo accentuato, Judy non ebbe bisogno di guardarsi allo specchio un’ultima volta: sapeva già di star sorridendo.
 
E che quel giorno non avrebbe mai smesso.


 
 
 











__________________
Angolino dell'autrice:
Capitolino di appena 1003 pagine per ingannare l'attesa (la mia attesa, non la vostra :P). Questa è una di quelle one-shot che ho scritto un po' di tempo fa e che lo lasciato marcire (lievitare?) in attesa di trovare un momento per pubblicarla.  Spero che sia di vostro gradimento :)
(Ho notato, con un certo dispiacere, che il numero di lettori di questa raccolta si è praticamente dimezzato: non so se dare la colpa alle mie non-doti di scrittrice o al fatto che ormai l'interesse per Zootopia si sta diradando... comunque, volevo ringraziare tutte le persone che ancora seguono questa raccolta - siete comunque circa 700, mica da ridere!)
PS: ho dei messaggi in sospeso con alcuni di voi, scusate che non vi ho ancora risposto ma in questo periodo non ci sono molto con la capoccia... ;_; rimedierò!

 

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Capitolo 23
*** Odore (18➝) ***


~Volpe~
23 - Odore (18➝)

 
 






Rating capitolo: giallo/arancione (riferimenti sessuali più o meno espliciti (ndr: sono una peccatrice))
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Il naso era pieno di un odore che Nick non avrebbe potuto non riconoscere.
Nonostante ciò, la volpe scelse deliberatamente di ignorarlo.
«Mi dispiace» si ritrovò a dire, annaspando nel proprio imbarazzo, la testa piena di pensieri incoerenti che nell’assieme formavano, però, un quadro di allucinante chiarezza. «Devo essermi addormentato assieme a te. Giuro che non era voluto.»
Judy lo fissò con un’espressione stravolta, come se fosse sul punto di fare qualcosa, di gridare, saltare, dimenarsi come una folle, prenderlo a pugni – se lo sarebbe meritato, non aveva alcun dubbio in proposito, ma avrebbe comunque fatto volentieri a meno della violenza.
Di nuovo, quell’odore prepotente gli aggredì le narici come se volesse sgretolargliele. Nick trattenne il respiro, mente un formicolio a lui ben familiare cominciava a ribollire nelle profondità delle sue viscere.
‘Non adesso’, pregò al proprio corpo, il quale stava reagendo fin troppo bene a quel profumo invitante nell’aria. ‘Non sei un’animale, Nick.’
… Il fatto che il suo pensiero avesse appena contraddetto la natura stessa di ciò che era la volpe non era certo molto confortante.
 
Judy doveva essere in quel periodo, non c’era altra spiegazione. E non era certo colpa sua, povera coniglietta; se proprio si voleva trovare un colpevole, in tutta quella faccenda, la scelta non poteva che ricadere sul mammifero che aveva finito col giacere addormentato assieme a lei per un discreto numero di ore.
Nonostante questo, Nick Wilde era ben lungi dal sentirsi in colpa.
«Nick.» La voce di Judy giunse alle sue orecchie, rese ancor più sensibili dalla sottile atmosfera che li circondava, portando con sé una tale vibrazione erotica che la volpe dovette ricorrere a tutta la sua buona volontà per mantenere il controllo delle proprie, oscure pulsioni...
... Ma no, no, non ce la poteva fare. Sarebbe morto, o sarebbe stato arrestato per aggressione sessuale, o sarebbe morto nella cella in cui l’avrebbero rinchiuso per aggressione sessuale. In un modo o nell’altro, Nick Wilde sarebbe morto.
E su questo non c’era alcun dubbio.
«Sì?»
Le tremava il naso, si accorse lui. No… era forse l’aria intorno a lei, intorno a loro, a vibrare; e in quella vibrazione, Nick riusciva quasi a percepire una qualche sorta di richiamo pericoloso.
La volpe deglutì il groppo alla gola – invano, perché neanche un’operazione chirurgica avrebbe potuto rimuovere la massa informe che si era appena auto-generata nel suo esofago – e rimpianse col cuore e l’anima di essere così acuto.
—E di essere così cotto di lei.
«Io, ecco…»
Ambrosia.
Era ambrosia, il suono della voce di Judy. Era ambrosia, era dannata ambrosia, era pericolosa.
‘Io’ dichiarò Nick, mentalmente, ‘quest’oggi diverrò un criminale.’
Non sapeva con esattezza se quella fosse una promessa, una minaccia o una semplice premonizione; l’unica cosa di cui era certo era che non avrebbe resistito altri cinque minuti con lei in quelle condizioni.
«Carotina» la interruppe, cercando di riacquisire il controllo della situazione. «Tra un po’ arriverà Clawhauser, non possiamo farci trovare qui.»
Maledisse se stesso per il modo in cui aveva parlato: come se implicasse qualcosa, come se sapesse qualcosa quando invece avrebbe dovuto fare lo gnorri che più gnorri non si poteva.
Vide un fremito attraversare le orecchie della partner. Un secondo dopo, Judy era balzata giù dal divano e gli stava venendo incontro con una lentezza terribilmente innaturale… terribilmente attraente.
Nick era terrorizzato.
«Aspetta» supplicò Judy, tendendo le zampine grigie verso di lui. «Aspetta, Nick.»
Avrebbe voluto dire no, ma non ci riuscì. Il corpo gli divenne di marmo quando la coniglietta si fermò di fronte a lui e lo scrutò con due occhi che nessuna lingua conosciuta avrebbe mai potuto descrivere.
Era come se la sentisse addosso. Mezzo metro si separava, eppure Nick stava già immaginando la sensazione che avrebbe provato quando Judy lo avrebbe toccato.
Perché era certo che l’avrebbe fatto, era scritto sulla faccia di lei – come era scritto su quella di lui che la glielo avrebbe lasciato fare, poco ma sicuro.
E forse era proprio questo a terrorizzarlo più di ogni altra cosa.
«Non possiamo» ripeté la volpe, senza più sapere quale delle mille azioni proibite avrebbero dovuto esimersi dal compiere. «Dobbiamo…»
La frase non trovò la sua fine, e non l’avrebbe mai più trovata, perché Judy si era appena allentata la cravatta.
E se Judy si allentava la cravatta, allora tutto il mondo poteva pure andarsene a quel paese.
 
Arrivati a quel punto, Nick Wilde aveva due scelte: fuggire alla velocità della luce, infrangere la barriera del suono e catapultarsi dall’altra parte dell’universo… oppure saltarle addosso.
Il problema è che suonavano entrambe perfettamente plausibili – nella loro non plausibilità – e dunque Nick si ritrovò imprigionato nella sublime cristallizzazione della propria esitazione, incapace di prendere una decisione che fosse una.
«Fa caldo, non trovi?» chiese Judy, avanzando verso di lui.
Nick annuì – ma avrebbe annuito anche se lei gli avesse chiesto di farsi crescere le ali e planare nel cielo – e prese un profondo respiro, sperando che quella dose extra di ossigeno potesse aiutarlo a venir fuori da quella situazione.
Fu una pessima idea. L’odore dei feromoni di Judy gli salì dritto nei centri nervosi e lo intossicò come uno splendido veleno, spazzando via quel poco di senno che stava miseramente tentando di riemergere dal brodo insano che gli mareggiava dentro la scatola cranica.
«Sei sicura di quello che stai facendo, Judy?» le domandò, con un filo di voce – l’ossigeno si era trasformato in gas afrodisiaco e con quello non poteva certo sperare di farci vibrare le corde vocali – e la sensazione di non bere da giorni, da mesi, da anni.
La coniglietta fermò la sua lenta marcia e lo fissò, come se lo vedesse per la prima volta, e Nick si ritrovò a provare una sorta di dispiacere all’altezza del basso ventre.
Dovresti essere contento’, disse alla bestia dentro di sé, ‘quest’oggi non diventeremo criminali.’
Per tutta risposta, la bestia gli addentò una viscera.
«Non… non lo so.» Il sussurro di Judy lo distolse dai suoi barbari pensieri. La volpe incontrò i suoi occhi e vi scorse dubbio, incertezza, e…
Deglutì.
Desiderio.
«Potresti pentirtene dopo, ne sei consapevole?»
Lei chinò lentamente il capo una, due, tre volte. Il desiderio non aveva ancora lasciato quello sguardo… e di certo non aveva lasciato i pantaloni di Nick.
Questa volta fu lui ad avvicinarsi. Anzi, fu la bestia dentro di lui a farlo. Nick non avrebbe voluto, non avrebbe potuto, eppure lo fece. Un paio di passi e la distanza che li separava si ridusse a meno di mezzo metro.
Cosa stai facendo, lurido imbecille?
«Se va bene a te…» Le prese una zampa – la sentì sussultare a quel contatto – ed intrecciò le proprie dita con quelle di lei, «… allora va bene a me.»
Parlare per sottointesi era qualcosa che gli riusciva molto bene; in questo modo non rischiava mai di esporsi troppo, perché avrebbe sempre trovato un modo per giocare la carta del “non intendevo ciò che hai pensato”. Anche se… quell’odore, quell’atmosfera, quel deserto arido che si era formato attorno a loro, nella disperata attesa di essere nutrito, non erano decisamente cose che potevano essere fraintese.
Judy zampettò verso di lui ed appoggiò la testa contro il suo petto. Stava tremando, e lui stava venendo consumato dal desiderio di farla tremare ancora di più.
«Sono disgustosa» mormorò la coniglietta. «Non devi assecondarmi, Nick.»
«Se il problema è questo, Carotina… io sono molto più disgustoso di te. E da più tempo, probabilmente.»
«Così peggiori… la situazione.» Un ansito, probabilmente non voluto, volò via da quella piccola bocca – Nick la immaginò, umida e affamata, e fu percorso da un piacevole brivido.
«Hai cominciato tu» le disse, sorridendo. «Io sono la vittima, in questa situazione.»
Che succulenta bugia, quella che aveva appena esternato.
«Non lo faccio apposta…» La voce di Judy era diventata simile al pigolio di un uccellino. Eppure, nel suo sommesso bisbigliare – quasi come se le parole potessero tradirla ancor più del corpo – Judy rimaneva se stessa fino alla fine. Nick si immaginò mentre le afferrava le spalle e la ributtava su quel divano da cui si erano levati qualche minuto prima e sentì le proprie viscere venir strette in una morsa infernale.
—O paradisiaca?
«È dura essere una coniglietta, vero?»
«Taci» gli intimò, «idiota.»
«Certo non pensavo di essere così attraente» scherzò, ma quel pensiero ridusse in ulteriore poltiglia ogni suo organo interno.
Judy non rispose e, in un certo senso, quel silenzio gli solleticò il desiderio ancor di più di quanto avrebbe fatto qualsiasi altra risposta.
Nick, sei un animale.
Dimmi qualcosa che non so, mio pudico subconscio.
Basterebbe un minimo di senno per dedurre la bestialità di quello che sta per accadere.
E non è proprio questo ciò che siamo? Bestie?
La coscienza si inabissò lì dove non arrivava la luce degli astri e Nick rimase solo con se stesso, ad un passo dal macchiarsi di un crimine imperdonabile.
«Nick, io…»
«Sì, Carotina?»
La zampa di Judy si sciolse dalla presa di Nick e scivolò lentamente lungo la camicia di lui finché non raggiunse l’altezza del petto, lì dove la testolina grigia continuava a giacere immobile.
«Fa caldo» si lamentò. «Fa male
«Lo so.» E lo sapeva davvero.
«Ma è sbagliato» pigolò, il dolore che le impregnava la voce. «Non possiamo, non è…»
«So anche questo» disse Nick. «Ma… ha davvero importanza, arrivati a questo punto?»
«Sì… no. Non lo so…»
«Cos’è che vuoi, Judy?» domandò Nick, circondandole le spalle. «Vuoi liberarti di questo calore? Vuoi essere appagata?»
Un sospiro. La zampina grigia di Judy gli afferrò la stoffa della camicia e la tirò. «Voglio te.» Sollevò la testa e lo fissò con uno sguardo che Nick non avrebbe mai più dimenticato. «Se non sei tu, non ha senso. Ti prego, non disprezzarmi… non–»
Non le lasciò finire la frase. In un attimo aveva preso quel viso tra le sue zampe e lo aveva avvicinato al proprio quanto bastava per poter catturare il respiro di Judy tra le sue labbra.
Una scarica di adrenalina lo fulminò con una tale violenza che per un attimo Nick dimenticò qualunque cosa; dimenticò chi era, dov’era, perché, come e quando… ma non dimenticò lei.
Non avrebbe mai potuto dimenticare la bellissima creatura che stava stringendo a sé, come se temesse di vederla svanire da un momento all’altro. Non poteva dimenticare quella magnifica luce, sua stella, sua e di nessun altro. Sua, sua, sua…
«Mia, mia, mia–» mormorò contro la bocca di Judy. «Stupida coniglietta, stupida, stupida, stupida…»
«Nick–» singhiozzò lei. «Oh, Nick. Oh, Nick…»
In qualche modo finirono sul divano – se camminando, incespicando o addirittura volando, questo non lo avrebbero mai saputo. I loro corpi si unirono in un’unica danza, sinuosa e bollente, mentre i baci diventavano sempre più umidi, sempre più bramosi, i contorni del corpo che si fondevano assieme e non si capiva più dove finisse lui e cominciasse lei. Un’emozione nuova affacciò dalle cime frastagliate del suo cuore di volpe e Nick provò il fortissimo desiderio di ululare assieme a quello, primitivo e arcaico, di annegare in lei e non riemergere mai più.
Si chiese se per Judy doveva essere lo stesso. Si chiese se lo amava anche solo la metà di quanto la amava lui. Si chiese se sarebbe rimasta al suo fianco per il resto della loro vita, se gli avrebbe permesso di baciarla in pubblico, di tenerla per mano, di leccarle la faccia quando era contento, di farle ascoltare la musica che gli piaceva tanto, di condividere con lei quei film in bianco in nero che lui reputava capolavori indiscussi del cinema, di comportarsi come il ragazzino innamorato che non aveva mai avuto occasione di essere.
E mentre si chiedeva queste cose, uno stimolo inaspettato lo strappò via ai propri pensieri e lo spinse a guardare in basso.
Quello che vide lo fece tremare fin nel profondo dell’anima.
«Judy–» Il nome venne fuori come una supplica, una preghiera strozzata.
Avrebbe dovuto dirle di fermarsi. Avrebbe dovuto togliere quelle zampine affamate dalla sommità dei propri pantaloni. Avrebbe dovuto mantenere la calma, almeno lui, sicché Judy non poteva farlo. Avrebbe dovuto…
… Oh, al diavolo.
«Ti prego, Nick. Ti voglio
«Judy…»
«Non ce la faccio più.» Judy gli afferrò il viso e lo attirò a sé. «Questo calore è insopportabile…»
Una voce lontana tentò di ricordargli che ore erano e a quali rischi sarebbero andati incontro continuando di quel passo, ma Nick era troppo impegnato a sbottonare la camicia di Judy per poterle prestare ascolto.
Però, più la lingua si divertiva a lappare il petto della sua amata coniglietta, più i gemiti di Judy divenivano acuti, più l’indurimento delle sue parti basse doleva e pulsava… più quella voce, quella dannata voce – la Ragione, il Buonsenso, o semplicemente la Guastafeste – tentava di farsi sentire, tentava di riportare la volpe sui suoi passi. E quando Nick iniziò a giocherellare con la cerniera dei pantaloni di lei… la voce divenne così alta, così forte, così imperativa che non gli fu più possibile ignorarla.
«Che ti prende?» ansimò la sua partner, di fronte all’improvviso cessare di ogni movimento. «Nick…?»
Nick tenne lo sguardo basso, sul ventre scoperto di Judy, e lottò a fatica contro l’impulso di lambirlo con la propria lingua solo per sentirla gemere ancora; contro l’impulso di strapparle via di dosso quegli indumenti che gli impedivano di vedere quello che c’era appena sotto il delizioso ombelico – l’odore che lo aveva stregato proveniva da lì, da quell’alveolo pregno di eccitazione, umido e invitante come solo l’intimità di una femmina poteva essere.
Come solo l’intimità della sua amata Judy poteva essere.
Che sete. Che sete…
«Judy» cominciò Nick, «non possiamo.»
Silenzio.
«Ma…» le sentì dire, «io credevo che…»
«Clawhauser sarà davvero qui a momenti» disse. «Non possiamo farci trovare qui.»
Ancora silenzio. Nick sospirò e alzò la testa, per incontrare gli occhi di Judy… e trovò le lacrime ad aspettarlo.
«Andiamo in ufficio.» Judy alzò il busto e lo strinse a sé. «Andiamo da me. Andiamo…»
«Judy.»
Gli parve di udire il suono di un cuore che andava in pezzi. Era il suo? Era quello di Judy? O forse erano talmente in sintonia che i loro cuori si erano frantumati nello stesso momento?
«Hai… hai cambiato idea?» gli domandò, sciogliendo l’abbraccio con cui l’aveva fatto prigioniero.
Lui scosse il capo. «No, è che non voglio che vada così, la nostra… prima volta, ecco. Di fretta, nella centrale di polizia, col rischio di essere licenziati. Voglio che sia meglio di così.»
Te e le tue inutili remore…
Fa’ silenzio, bestiaccia senza pudore.
Il nasino di Judy tremò appena. Era così carina, dannazione. Era così bella e lui moriva dalla voglia di farla sua, di esplorare ogni parte di lei, di farla urlare
Ma non lì.
Non lì.
«Dici davvero, Nick?»
«Mai stato più serio di così. Vedi?» chiese, portando una zampa di lei esattamente sopra la propria virilità. «Lo senti questo? Vuol dire: “vorrei farti ogni cosa possibile ed immaginabile, ma questo non è il momento adatto per farlo.”»
Riuscì a strapparle una risata; gli parve che fosse passata una vita dall’ultima volta che l’aveva sentita ridere.
«Allora…» domandò Judy, disegnando piccoli cerchi sopra la divisa di Nick, «quando?»
«Anche stasera, se lo vuoi. Se lo vorrai ancora, anche dopo che ti sarai calmata.»
«Pensi che potrei far finta di nulla dopo essere arrivata fin qui, Nick?»
La volpe scrollò le spalle. «Ho conosciuto animali che avrebbero rinnegato persino la loro madre, se fosse valso a cavarli fuori d’impiccio. Ma» aggiunse presto, scorgendo lo spettro della tristezza passare davanti alle pupille viola di Judy, «so che tu non sei così.» ‘Che sei ben più di quanto avrei mai osato sperare e che ti amo così tanto che mi sembra di impazzire e che vorrei baciarti e leccarti e mangiarti e spingermi dentro di t–’ «… E che non ti rimangeresti nulla.»
Judy arricciò il musino. «Certo che no, stupido» esclamò, e gli diede un bacio sulle labbra. «Dovremo stare attenti a non farci sentire da Bucky e Pronk.»
«Oh, io non ho problemi. So essere molto silenzioso, se serve. Piuttosto…» disse Nick, ridendo sotto i baffi. «Tu hai proprio l’aria di essere una coniglietta urlatrice, sai?»
«Non è vero» protestò Judy, ma neppure lei sembrava molto sicura di quell’affermazione. «… Credo.»
Nick sorrise e le depositò un bacio sulla fronte. «Stasera lo scopriremo» sussurrò contro il suo orecchio. «Beninteso che… se anche fossi rumorosa, io non avrei proprio nulla da ridire.»
 
Tutt’altro.

 
 
 









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Angolino dell'autrice:
Miei pargoli, queste note saranno un po' più lunghe del solito perché ho tante cose da dire.
1) in merito a questo capitolo: come già avevo detto a qualcuno in qualche recensione, io non sono brava a descrivere certe scene o azioni in modo "scientifico"; non voglio dire che sia sbagliato farlo, io stessa ammiro molto chi ne è capace... io, però, non mi sento in grado di farlo. Non mi piace descrivere le cose in modo accurato, preferisco sempre concentrarmi sui sentimenti che non sui gesti in sé, perché ho paura di snaturarli e privarli del loro carico emotivo. Spero pertanto che potrete perdonare il fatto che non mi sia dilungata a descrivere i particolari fisici di quanto avvenuto nel capitolo, e di essere comunque riuscita a darvi qualcosa. Se ho fallito, amen. So di non essere perfetta, ma non posso andare oltre i miei limiti.
2) alcuni commenti che ho ricevuto nell'ultima settimana mi hanno fatto capire una cosa: molti di voi stanno davvero aspettando con serietà i capitoli che vi ho promesso, al punto (forse) che ogni altra cosa che non sia quello lascia un senso di vuoto dentro i vostri cuori alla fine della lettura. Onde evitare ciò, voglio darvi una comunicazione importante: non vi "prometterò" più nulla. Quello che pubblicherò pubblicherò, il resto sarà solo una piacevole sorpresa. Non ho pensato che le mie promesse potessero tramutarsi in veleno per alcuni di voi; di questo mi scuso sentitamente e vi assicuro che farò in modo che non accada mai più. Per tale ragione... dimenticate qualunque altra cosa io abbia promesso di portare sulla vostra tavola. Partite dal presupposto che sono una carogna e che mi sia rimangiata tutto; odiatemi, se volete. Purtroppo questa volta ho fatto male i conti, e siccome voglio pubblicare solo il meglio e per produrre il meglio ci vuole TEMPO... preferisco che la pensiate così. Un giorno, forse, vi farò una sorpresa. O forse no. Detto questo, siate liberi di continuare a seguirmi o di mandarmi a quel paese nelle vostre teste: either way is fine for me.
(comunque... alla fine il seguito di Divano l'ho pubblicato sul serio. Almeno qui sono stata brava :P)



 

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Capitolo 24
*** Marito e moglie ***


~Volpe~
24 - Marito e moglie


 
 







Talvolta, Nick poteva sentire un formicolio sulla parte superiore della schiena.
Quando questo accadeva, la volpe girava prudentemente la testa – con un movimento lento, molto lento – e lanciava una fugace occhiata.
Talvolta, Nick vedeva qualcosa.
 
In realtà, era piuttosto difficile stabilire se lui effettivamente vedesse o meno qualcosa. Lo stimolo registrato dal suo cervello, infatti, spesso e volentieri non era semplicemente visivo; era più qualcosa di misto, un unico impulso che era in grado di attivare tutti e cinque i sensi contemporaneamente.
In quei casi, un brivido gli attraversava la spina dorsale e Nick si ritrovava a serrare la mascella, quasi a voler impedire al proprio corpo di esternare un qualche tipo di reazione di fronte all’ineluttabile verità: lei lo stava guardando.
 
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Se avesse girato appena un po’ di più la testa, probabilmente ne avrebbe avuto la conferma definitiva.
Ma non osava. Sapeva – come si sanno tante cose ovvie, che ovvie non sono eppure lo sono – che, se l’avesse fatto, Judy avrebbe distolto precipitosamente lo sguardo e finto di star concentrandosi sul primo oggetto più vicino a lei, fosse pure stato l’orribile fermacarte che le aveva regalato Clawhauser, quello con la faccia di Gazelle stampata sul retro.
Di certo, se una cosa del genere fosse realmente accaduta, il Nick sarcastico l’avrebbe trovata particolarmente divertente. Ne avrebbe riso. Avrebbe preso in giro la sua piccola, adorabile partner fino a farla tremare di frustrazione.
Senza dubbio, il Nick sarcastico avrebbe fatto tutte queste cose come ed anche meglio di come la sua mente gliele stava suggerendo.
Il Nick che tendeva il collo per accertarsi dell’origine di quel prurito alla schiena, invece, rischiava solo di strozzarsi con la sua stessa saliva.
 
Una parte del suo cervello – quella non impegnata ad atrofizzarsi a causa dello sguardo di Judy – si chiedeva per quale motivo la cosa lo facesse sentire così a disagio.
C’erano milioni di motivi per cui quella coniglietta lo avrebbe potuto fissare. Erano davvero un’infinità e spaziavano da quelli più plausibili a quelli assolutamente ridicoli, talmente ridicoli che non valeva neppure la pena di tenerli in considerazione. Ed infatti Nick non li teneva per nulla in considerazione, non li inseriva neanche in lista, fingeva che neppure esistessero, quei motivi, e si concentrava solo su quelli sensati.
Peccato che, nel momento esatto in cui vi si soffermava, quei motivi così ovvi e ragionevoli scoppiavano come bolle di sapone e Nick, misera volpe, veniva risucchiato nell’improvviso buco nero che diveniva la sua testa.
Ed allora la riserva di intelletto, quella che aveva faticosamente tratto in salvo dai resti putrefatti della sua materia grigia, sicché non trovava validi argomenti su cui attecchire – e quindi alcun nutrimento con cui sostenersi – marciva e diventava parte del brodo primordiale, regalando all’animale una carenza di neuroni che, unita a quella di ossigeno, ne spingeva le stanche membra fino al limitare della morte.
«Nick?»
La volpe sussultò, come se lo avesse appena percorso una scarica elettrica da diecimila volt, e chinò d’istinto la testa sulla tastiera del computer.
«Dimmi, Carotina.»
«Hai per caso visto il dossier dell’ultimo caso? Non riesco a trovarlo.»
Nick scrollò appena le spalle. «Hai guardato in archivio? L’ultima volta che ci sei stata hai portato con te un po’ di scartoffie, magari è finito lì in mezzo» le disse, mentre scrutava con attenzione le parole scritte sullo schermo nel tentativo di ricordare cosa diamine stesse scrivendo prima che il dannato formicolio venisse a prudergli dietro le spalle.
«Non è che è finito da te?» La testa della coniglietta entrò nel suo campo visivo con un che di irriverente. «Fammi dare un’occhiata qui, prima di spedirmi là sotto.»
«Cosa ti fa pensare che ce l’abbia io?» domandò, alzando gli occhi al cielo.
«Ah, non lo so. Forse il fatto che lavoriamo insieme, nello stesso ufficio e agli stessi casi? Non so, eh, la sto buttando lì.»
Ah, già.’ «Prego, allora.» Nick si spinse via, a bordo della sua poltroncina nera, ed osservò la partner mentre questa, a sua volta, lanciava alla scrivania un’occhiata di malcelato disprezzo.
«Nick» gli disse, «sei un disastro
«Credevo volessi cercare un dossier, non fare un’ispezione a sorpresa alla mia postazione.»
«L’intenzione era quella, ma… come posso rimanere indifferente di fronte a questo scempio?» Braccia aperte in direzione del citato scempio, Judy sembrava volerne agguantare l’essenza caotica per meglio portarla all’attenzione del collega. «Nick, devi fare qualcosa.»
«Sto già respirando» rispose lui, «nonché ascoltando le tue lamentele. Non ti sembra che stia già facendo abbastanza?»
«Qualcosa per la tua scrivania
«Quando mi chiederà aiuto, stai pur certa che glielo concederò volentieri.»
«Nick!» Judy lasciò scivolare le zampe sui fianchi, chiaramente scontenta. «Smetti di prendermi in giro, per favore.»
«Carotina, cercherò di esprimere il concetto in un modo che non urti la tua sensibilità: la mia scrivania segue le mie regole: se tali regole prevedono che il caos primordiale vi regni in ogni parte, così sarà. E tu, mia partner, non puoi farci proprio niente.»
«E chi può?» chiese allora Judy, in tono di sfida. «Esiste tra noi mortali un mammifero capace di metterti sulla retta via?»
«Più di quanto tu non abbia già fatto?» Nick emise una risata sprezzante che, ben presto, si trasformò in un sorriso affettuoso. «Adesso stiamo valicando il confine della fantascienza, Hopps.»
La coniglietta inclinò la testa, sembrando nel bel mezzo di una ponderata riflessione. La volpe ne osservò il lento decorso, l’onnipresente sorriso a incurvargli le labbra – ci stava provando a farselo passare, ma quello non voleva proprio saperne di andarsene – senza poter immaginare la frase che, di lì a poco, ne sarebbe seguita.
«Sai di cosa avresti bisogno?» concluse la partner, alla fine delle proprie elucubrazioni. «Di una moglie.»
 
Nick non era sicuro di aver capito.
Di solito, chi non è sicuro di aver capito domanda al proprio interlocutore di ripetere quanto ha appena detto ed eventualmente di farselo spiegare. Nick, invece, non ci teneva proprio per niente ad essere sicuro di aver capito.
Proprio per niente.
«Non dici nulla?» gli chiese Judy, accennando ad un ghigno sarcastico. «Non sarebbe ora che ti trovassi una signora Wilde, agente?»
«Smettila» ribatté secco Nick, senza riuscire a contenere l’inspiegabile livore che era appena sopraggiunto. «Non sei divertente, Judy.»
Lei abbassò le orecchie, l'incertezza che prendeva il posto della beffa. «Beh… perché no? Voglio dire–»
La volpe si alzò dalla sedia. «Non ho bisogno» la interruppe, muovendo un passo verso di lei – neppure lui sapeva perché lo stava facendo, era come se il suo corpo si stesse muovendo di sua sponte – «di una moglie
Senza rendersene conto si era posizionato esattamente di fronte alla coniglietta, quindici o venti centimetri scarsi a separarli.
Judy era lì, sotto di lui, e lo fissava con due occhi che ricordavano molto quelli di un cucciolo smarrito e spaventato.
L’aveva… spaventata? Nick fu improvvisamente assalito dall’ansia e si preparò a sciorinare una lunga – ed imbarazzante – sequela di giustificazioni per la sua reazione esagerata… quando lei parlò.
«Non… non deve essere una moglie vera e propria.»
La coniglietta di fronte a lui, alta appena più della metà di quanto lo era lui, gli rivolse un piccolo e timido sorriso. Nick richiuse la bocca che aveva aperto con l’intenzione di parlare e la fissò, sconcertato.
«Quello che volevo dire era che… insomma, forse non sono proprio l’animale più adatto a fare un discorso del genere, ma… ecco, credo che tu sia rimasto “scapolo” troppo a lungo, Nick.»
Le parole che avrebbe dovuto pronunciare persero la loro consistenza e divennero anch’esse parte di quella brodaglia di insensatezza che era ormai diventato il suo cervello.
Judy proseguì. «Sai, forse te ne sarai già accorto, ma ogni tanto mi fermo a guardarti e… non saprei come descriverlo, è che mi sembri… abbandonato a te stesso? Non lo so, è difficile da spiegare e ti chiedo scusa se questo discorso suona un po’ rude. La mia parlantina non è efficace come la tua.» La partner alzò le spalle, come se volesse nascondere tra di esse l’insicurezza che provava nel dirgli quelle cose. «Arrivare a trentatre anni senza una compagna è… strano, in un certo senso.»
«Noi volpi siamo molto selettive al riguardo» replicò Nick, trovando nell’etologia un appiglio che gli consentisse di uscire dal mutismo. «Non ho ancora trovato quella giusta, ecco tutto. Dato che si tratta di una decisione a lungo termine, non potevo – né posso tuttora, ovviamente – permettermi di compiere una scelta affrettata. Riesce, un coniglio come te, a capire il mio punto di vista?»
Nick non voleva sembrare cattivo. Davvero non voleva, e il fatto che invece lo fosse stato – perché quell’ultima frase avrebbe pure potuto risparmiarsela – lo fece sentire davvero meschino. Così tanto che avrebbe voluto abbracciarla e chiederle scusa solo per aver usato quel tono contro una coniglietta la cui unica colpa, se poteva definirsi tale, era stata quella di sottolineare l’ovvio e solo per il bene di una volpe sola e sconsolata come lui.
Le orecchie di Judy divennero due spuntoni acuminati. «Certo che capisco! Credi davvero che, se fossi come tutti gli altri della mia specie, mi troverei qui? A combattere il crimine in una grande metropoli, anziché allevare due o tre centinaia di cuccioli?»
«E allora perché questa domanda?» le chiese, mosso da un genuino stupore. «Se puoi capirmi, avresti dovuto scegliere più accuratamente le tue parole.»
«Te l’ho detto, non sono brava come te in questo genere di cose. Non ho sempre la risposta pronta, e certi discorsi richiederebbero una preparazione non indifferente per essere portati a termine senza morti né feriti. Quello che volevo dire è…» La partner sospirò e aggrottò la fronte, sembrando molto sofferente. «Nick, vorrei prendermi cura di te.»
Il brodo neurale minacciò di rompere la diga e straripare fuori, attraverso le sue orecchie. «Lo fai già» si costrinse a dire, «in modo egregio, aggiungerei.»
«Ma non basta.» Judy gli afferrò una zampa e la strinse tra le proprie. «Voglio fare di più» aggiunse, fissando la zampa che aveva raccolto tra le proprie. Sotto quello sguardo, Nick la sentì prendere fuoco.
Poteva vedere l’epilogo di quella conversazione avvicinarsi ad ampie falcate e faticò a trattenere la risata isterica che nel frattempo gli era nata in gola, figlia del signor Magone e della signora Ansia che già da un po’ avevano preso alloggio presso la sua anima.
«Non è necessario. So badare a me stesso quanto basta, perciò–»
«Non importa se non è necessario» lo bloccò, alzando gli occhi verso di lui.
In quelle iridi viola, Nick credette di potervi scorgere l’intero universo. Credette di potervi precipitare, in quell’universo; una caduta spettacolare e perpetua, vita nella morte e morte nella vita.
«Poche cose sono necessarie per sopravvivere» proseguì Judy. «Ma se invece vogliamo vivere, Nick, ci serve qualcos’altro. Qualcosa che vada oltre il trascinarsi giorno dopo giorno, perché in quello siamo bravi tutti. Più o meno.»
Nick Wilde boccheggiò, a corto di parole come mai lo era stato prima d'ora.
«Non ho mai provato il benché minimo interesse ad accasarmi» disse ancora lei, accarezzandogli gentilmente il dorso della zampa, «il che ha sempre suscitato parecchio sgomento tra i miei parenti. Sai com’è, “i conigli sono fatti per moltiplicarsi” e tutto questo genere di ciance. Ma so cosa vuol dire volersi prendere cura di qualcuno. Volerlo guidare, sostenere, aiutare.»
L’ossigeno era improvvisamente sparito dall’ufficio; se Nick voleva sfuggire alle grinfie delle morte, allora doveva cominciare farsi piacere l’azoto.
E alla svelta.
«Tutti questi preamboli per dirti che… insomma, se mi permettessi di starti vicino – intendo, ancora più vicino – e di “raddrizzarti” nelle piccole cose, per così dire… se non ti desse troppo fastidio, ecco, mi piacerebbe farti da… come posso dirlo? Qualcosa di analogo ad una moglie ma senza, beh, le cose romantiche. Diciamo una “pseudo-moglie”? Una specie di, uhm… figura che si prenda carico di aiutarti ad essere una volpe migliore. Intendo, ancora più di quanto tu già non sia, perché so che ho praticamente ribaltato la tua vita in meglio e quindi non è che io creda di poter fare molto di…»
«Carotina
«… più. Sì?» Judy scosse appena il capo, come se fosse tornata in sé dopo essere caduta in una specie di trance, e abbozzò un mezzo sorriso. «Ti ho… spaventato?»
Fu il turno di Nick di scuotere la testa. «No. Cioè, ma no.»
La volpe prese un profondo, profondissimo respiro, cercando di raccattare frammenti di pensieri che insieme potessero formare una replica degna del discorso che gli era appena stato rivolto. «Ti rendi conto di quello che mi hai appena proposto?»
«Perfettamente.» La risposta giunse immediata e senza la minima esitazione – per Nick, fu come se gli avessero sparato una pallottola in fronte.
«Non è un gioco, Judy.»
«Lo so.»
«No, non lo sai. Non puoi semplicemente venire da me e dirmi: “Ehi, Nick, giochiamo a fare marito e moglie?”. Qualunque siano le tue intenzioni, Carotina, le tue parole hanno un peso che non credo tu colga appieno. »
«Nick, so benissimo di appartenere ad un’altra specie rispetto alla tua e che pertanto non potrai mai trovarmi attraente o cose del genere. Non voglio essere davvero tua moglie. Solo che… credo che quello che vorrei essere io per te sia qualcosa che non può essere riassunto con “una buona amica” e quindi ho preso in prestito il concetto di “moglie” perché, uhm, credo che in un certo senso vi si avvicini di più.»
«Quindi… diciamo che ti esprimi come la campagnola che sei?»
«Diciamo di sì.» Judy sciolse la presa dalla sua zampa e gli diede un piccolo pugno sul petto. «Ma confido del fatto che tu sia abbastanza acuto da recepire il messaggio per quello che è davvero.»
«Questa fiducia è immeritata» rispose Nick.
Piccola, tenera, ottusa Judy Hopps. Non c’era verso, dopotutto, che quella coniglietta potesse essere qualcosa di diverso da questo; fino alla fine lei sarebbe stata piccola, tenera e semplicemente ottusa.
Così ottusa da far spavento.
«Andiamo, sono certa che tu abbia capito il senso del discorso.»
«Oh» disse Nick, «ma io ho capito perfettamente quello che volevi dirmi. Se c’è qualcuno, qui, che non ha idea di quello che ha appena detto… quella sei tu, temo.»
L’espressione che gli mostrò Judy in risposta non poteva che essere perplessa. D’altronde lei era davvero un’idiota, quindi le probabilità che potesse fare una faccia diversa erano molto basse – per non dire inesistenti.
«Rispondi a questa domanda, Carotina: se io e te fossimo… anzi, no.» Nick si interruppe, perché gli era appena venuta in mente una domanda migliore; forse più diretta – e che quindi lo esponeva di più al pericolo – ma la volpe si disse che ogni tanto valeva la pena di correre qualche rischio. «Dicevo, rispondi a questa domanda: se, per ipotesi, io ti dicessi che ti… come posso dire… userò le tue stesse parole, ma solo perché mi viene più facile. Ecco, se io ti dicessi che ti trovo attraente, questo cambierebbe in qualche modo le cose?»
«Beh…» Judy roteò gli occhi, esitante. «Ecco, io… non saprei. Credo… di sì?»
«Credi
«Considerando quanto è improbabile lo scenario che mi stai facendo immaginare, il “credo” mi sembra più che lecito, Nick.»
La volpe tirò indietro le orecchie. «Non è così improbabile» rispose, lievemente risentito. «In effetti, io…»
No’, gridò una voce nella sua testa. ‘Passo indietro, Nick, passo indietro…
Ma, per quanto la mente gli stesse suggerendo di fare un passo indietro, Nick non lo fece. E non lo fece neppure avanti, perciò rimase semplicemente fermo, la frase sospesa a metà, la bocca asciutta e un’inspiegabile voglia di appendere la testa a un cappio.
«Tu…?» Judy allungò appena la testa verso di lui, quel tanto che bastava a penetrare il suo A.T. Field e far scattare un allarme di pericolo.
Nick si schiarì la voce. «In effetti io credo che tu, da un punto di vista coniglieristico, sia un esemplare di pregevole fattura.»
Si sarebbe preso a schiaffi da solo.
«Ah.» Un lampo di confusione parve attraversarle il viso. «Grazie… suppongo.»
«Non c’è di che. Comunque…» La volpe si chinò su di lei e, senza pensarci troppo, le accarezzò brevemente una guancia.
 
Non sapeva da dove fosse venuto il coraggio per farlo e non sapeva neppure perché lo avesse fatto: sapeva solo di doverlo fare, a tutti i costi.
E quando Judy, dapprima titubante, reagì a quel contatto strofinando ancor di più la gota contro la sua zampa, Nick credette di trovarsi in paradiso.
E seppe, con assoluta certezza, di aver appena fatto la cosa più giusta.
«Quanti pugni mi daresti, se ti dicessi che sei carina?»
«Tanti» rispose lei, sorridendo beatamente.
«Ok, non voglio correre il rischio. Ad ogni modo» proseguì, «tornando al bislacco discorso di prima… non credo che tu possa farmi da “pseudo-moglie”, Carotina.»
Il sorriso tramontò come il sole oltre le colline; la vide sgranare i grandi occhioni viola e abbassare le orecchie, ma la intercettò prima che potesse ribattere qualcosa: «In base alla descrizione che mi hai fornito circa questa misteriosa figura mitologica, tu ne rispetti già tutti i requisiti. Non potresti essere una pseudo-moglie migliore, mia cara.»
«Però…» protestò Judy, «sono sicura che…»
«Che puoi fare meglio di così?» Nick le sorrise. «Sì, in effetti puoi.»
«Ma se hai appena detto che sono già una “pseudo-moglie” perfetta, cos’altro potrei mai fare?» Judy si allontanò da lui e incrociò le zampine al petto, meditabonda. «Ti viene in mente qualcosa?»
Sapessi le cose che mi vengono in mente.’ «Questo devi scoprirlo da te, Carotina» le disse, in tono lungimirante. «E comunque sappi che fai schifo a guardare gli animali di sottecchi, il tuo sguardo è più penetrante di una trivella.»
«Te ne eri accorto, allora!» esclamò Judy. «Ed hai sempre fatto finta di niente? Non è da te, agente Wilde.»
«Già» ne convenne lui, «non è decisamente da me. Ma ormai non mi stupisco più di nulla.»
D’altronde, erano talmente tante le cose non da lui che lei riusciva a fargli pensare, dire e fare – che lei riusciva a rendere da lui – che porsi delle domande non aveva più alcun senso, da molto tempo.
«Oh, beh.» Judy scrollò le spalle ed additò la scrivania del partner. «Allora, come tua pseudo-moglie, come prima cosa ti ordino di ridurre l’entropia della tua postazione.»
«Hopps…»
«Niente storie, agente Wilde. L’1% delle catastrofi che avvengono nel mondo è probabilmente causato dal pandemonio di quella scrivania.»
«Questa è la motivazione più stupida che abbia mai sentito in vita mia» esclamò Nick, che non poté fare a meno di scoppiare a ridere. «Così stupida che persino io non trovo argomentazioni per controbattere.»
Judy sorrise ampiamente. «Allora lo farai?»
La osservò mentre gonfiava appena il petto e pregustava già la risposta che sarebbe seguita a quella domanda – perché il loro era un gioco di splendide ovvietà, in cui il futuro poteva essere visto ed udito ben prima che accadesse – e capì che non le avrebbe mai negato nulla, mai.
Che era suo, e che lei era sua; e che così sarebbe stato per sempre, nella buona e nella cattiva sorte.
 
Proprio come marito e moglie.












__________________
Angolino dell'autrice:
Siamo di nuovo di fronte ad uno di quei capitoli che ho inizato a scrivere nel 1980 e che solo oggi ho trovato la voglia di finire - in realtà ho aggiunto forse appena 100 parole, era già praticamente completo da due mesi o forse più. Non è un caso che l'abbia finito oggi: una mia carissima amica è stata truffata da alcuni dannati imbroglioni e allora mi son detta: "tiriamole su il morale!" visto che non mi ha lasciato regalarle una copia del BD di Zootropolis...
Credo che questo sia uno dei miei capitoli preferiti in assoluto, forse per ragioni più personali che altro. L'ho amato, e lo amo da finito, e credo che me lo rileggerò ancora e ancora perché sono riuscita ad infondervi qualcosa di speciale e stupendo. Spero che sia piaciuto a voi almeno la metà di quanto piace a me <3
PS: domani comincerà la distribuzione home video di Zootropolis! Avete pre-ordinato i DVD/BD? Fatelo! :P

 

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Capitolo 25
*** Babysitting ***


~Volpe~
25 - Babysitting


 
 







«Nicholas Wilde, nel nome della legge di cui puntualmente te ne infischi… fermo dove sei!»
«Non posso, Hopps» rispose Nick, scrollando le spalle. «È la mia giornata libera, oggi. Te ne sei forse dimenticata?»
«Non è la tua giornata libera!» protestò Judy dietro di lui.
«Beh, lo è diventata adesso.»
«Servono almeno ventiquattro ore di preavviso per chiedere un giorno di riposo.»
La volpe sospirò, senza smettere di camminare. «Ho improvvisamente contratto la poliomielite, tesoro. Devo tornare a casa, altrimenti metterò a rischio l’intera centrale.»
«Non dire assurdità, Nick.»
Fu questione di un attimo: Judy Hopps, tenendo fede al proprio cognome, gli balzò davanti e prese a fissarlo con sguardo contrito. Le piccole zampe, appoggiate ai fianchi, erano sintomo di profonda insoddisfazione così come lo erano gli splendidi occhi viola e colmi di rimprovero.
«Carotina» disse Nick, a voce più bassa, «non voglio tu prenda la poliomielite a causa mia, non potrei mai perdonarmelo.»
«Qual è il tuo problema?» chiese invece lei. «Hai la fobia dei cuccioli?»
«Se l’avessi, ti starei lontano.» La volpe tessette un sorriso accondiscendente sulle proprie labbra, ma quel sorriso presto svanì quando Judy gli assestò una poco cucciolosa gomitata sullo stomaco. «Ahi!»
«Piantala di delirare e torna di là, agente Wilde, altrimenti ti farò licenziare.»
«Tu? Far licenziare me? Ah, rido a crepapelle.»
La coniglietta assottigliò gli occhi. «Non provocarmi, Nick.»
«Non mi faresti mai licenziare, Judy.» Nick si sporse verso di lei e le pose un dito sotto il mento. «Che faresti, poi, senza di me?»
«Il mio lavoro» rispose lei, restituendogli un sorriso almeno due volte più sarcastico del suo. «Pensa un po’ che sfortuna.»
Vorrei mangiarmela’ pensò pigramente Nick, in un qualche angolo remoto del proprio cervello, abbastanza remoto perché quel pensiero arrivasse ai principali centri nervosi debole e perciò assolutamente inattuabile.
La volpe si allontanò dalla partner. «Carotina, ascolta. Pur con tutto l’amore che nutro verso di te… non puoi chiedermi una cosa simile. Qualunque altra cosa, anche travestirmi da coniglio e fingere di essere il tuo ragazzo mi va bene», ‘Mi va molto bene’, «ma non badare ad un cucciolo di orso. No, no e poi no.»
«Non devi farlo per amor mio, ma perché è tuo dovere
«Non sono un babysitter.»
«Sei un poliziotto, quindi un babysitter della società. Un societysitter
«Un cosa
Judy alzò gli occhi al cielo. «Senti, Nick. Torna di là e basta, ok? Si tratta solo di qualche ora, niente che tu non possa fronteggiare con la tua esperienza trentennale.»
«Ti sbagli, Carotina.» Nick scosse il capo. «Ti assicuro che trentatré anni di vita non mi hanno affatto insegnato a gestire i marmocchi, men che meno di orso.»
«Beh, c’è sempre una prima volta per tutto» disse Judy, sorridendo. «Vedilo come un allenamento per quando diventerai padre.»
 
Padre. Quella parola rimbombò dentro di lui come un tuono durante una tempesta e mise in moto una spaventosa catena di implicazioni: ‘Ma come padre cosa intende per padre io non posso essere padre e poi padre di chi padre di quali figli forse dei suoi figli un momento mi sta chiedendo di essere il padre dei suoi figli–
«Mi stai ascoltando, Nick?»
«Sì lo voglio!» La volpe riemerse dal flusso di coscienza alla stregua di un pesce tirato fuori dal lago con una canna da pesca. Gli ci vollero approssimativamente 2.7 secondi per ritrovare la propria collocazione nel tempo e nello spazio e, quando infine ci riuscì, Nick Wilde desiderò solo essere morto.
Molto morto.
«Ah.» Judy inclinò appena il capo. «È stato più facile del previsto.»
«Cosa? No! Un momento, io intendevo…» Si interruppe, il peso della verità che minacciava di schiantarsi sopra la sua testa come un’incudine. «… Niente, lasciamo perdere.»
«Quindi…?» La coniglietta aggrottò la fronte. «Tornerai di là e ti comporterai da adulto o…?»
Nick esalò un sospiro di rassegnazione. «Va bene, va bene, lo farò. E, comunque, solo perché me lo stai chiedendo tu.»
«I tuoi sforzi mi commuovono, agente Wilde.» Judy rise e lo abbracciò con uno slancio del tutto inaspettato. Sfortunatamente, la partner si staccò da lui prima che Nick potesse ricambiare la stretta. «Te la caverai egregiamente, mi ci gioco tre monoporzioni di carote.»
Nick finse di vomitare. «Puah, tienitele pure.»
 
______
 
 
Il silenzio di tomba che regnava nella sala interrogatori lo aggredì come un olezzo maleodorante. Dall’altro capo della stanza, seduto al bordo del tavolo e con un’espressione che sembrava preludere ad un omicidio colposo, c’era un orsetto bianco e piuttosto corpulento. Sebbene la statura fosse di qualche centimetro più piccola di quella della volpe, la massa corporea doveva essere il doppio… se non il triplo.
Nick sforzò un sorriso comprensivo. «Ciao» disse, agitando una zampa nella direzione dell’orsetto.
Il candido cucciolo grugnì qualcosa che sapeva vagamente di rabbia.
Ci riprovò. «Ehi, Hans.»
Nessuna risposta.
Ok, Nick, stai calmo. Molto, molto calmo.
«Vuoi parlare con me?» insistette, muovendo un altro passo verso di lui.
«No.» La risposta infine giunse, simpatica come una diagnosi di tumore al fegato.
Nick soppresse un rantolo isterico e si preparò a sfoderare le sue migliori tattiche persuasive benché la loro efficacia fosse tutt’altro che garantita su un moccioso come quello – quando l’orsetto aggiunse: «Dov’è andata la signorina di prima?»
«La coniglietta, dici?»
Lui annuì. Il suo volto sembrava essersi in qualche modo addolcito. «Sì, la coniglietta. Lei è molto gentile.»
«Anche io lo sono.»
«No» rispose Hans, «tu sei una volpe
Così giovane e già così pieno di pregiudizi.’ «Piano con i luoghi comune, Panna Montata.»
«Non chiamarmi Panna Montata, volpe
«E tu non chiamarmi “volpe” … Panna montata.»
Ok’, pensò Nick, ‘Se Judy fosse qui, con quanta forza mi strangolerebbe in una scala da uno a dieci?
La volpe deglutì sofferenza mentre cercava di scrollarsi di dosso la sensazione delle zampine di Judy strette attorno al suo collo e aggiunse: «Senti, piccolo. Non sono qui per metterti nei guai. Detto fra me e te, non me ne importa nulla di quello che stavi facendo al parco; non ti sbatterò in galera per un sospetto, nessuno di noi qui vuole farlo.»
«E perché dovrei fidarmi delle parole di uno sbirro?» obiettò il cucciolo. «Perché dovrei fidarmi di una…» La frase non ebbe un seguito, perché l’orsetto ebbe l’accortezza di tenere il resto per sé. Sospirò, invece, come se sulle sue candide spalle pesasse chissà quale inenarrabile fardello, e appoggiò la testa sul tavolo della stanza.
«Comunque, l’agente Hopps è andata a trovare i tuoi genitori.» Nick finse di sbadigliare e si preparò ad assistere alla reazione del piccolo.
Se fosse stato possibile, Hans sarebbe impallidito. «No» annaspò l’orsetto, «perché? Non ho fatto nulla di sbagliato!»
«In effetti no, ma ciò comunque non giustifica la tua presenza nel parco alle tre del mattino né tanto meno i cento dollari che abbiamo ritrovato nelle tue tasche.»
«Che male c’è ad avere dei soldi con sé?» protestò lui.
«Un po’ troppi per un piccolo orso» replicò Nick, calmo. «Benché, come ho detto prima, non esistono prove concrete per accusarti di alcunché.»
«E allora perché quella coniglietta è andata a parlare con mamma e papà?»
«Per precauzione» spiegò la volpe. «Magari loro sanno qualcosa che può aiutarci a far chiarezza sulla vicenda. Qualcosa che tu non vuoi dirci.»
«Loro non sanno niente» fu la pronta risposta dell’orsetto. «La tua collega sta facendo un viaggio a vuoto.»
«A vuoto non direi. Hanno comunque il diritto di sapere che il loro figlioletto non si trovava a casa di amici come aveva lasciato detto, non credi?»
Hans digrignò i denti. «Questi sono affari miei, agente.»
Per una frazione di secondo, Nick credette di ricordare qualcosa. Fu davvero nient’altro che un istante, un flash tanto improvviso quanto breve, che però riuscì a lasciare in lui un profondo turbamento.
La volpe digrignò impercettibilmente i denti. «Non finché vivi a spese dei tuoi genitori.»
«Lei non sa niente» insistette la bestiola. «Nessuno di voi sa nulla. Che diritto avete di giudicarmi?»
«Sbaglio o sei stato tu il primo a chiamarmi volpe con disprezzo, quando sono entrato? Fossi in te non parlerei di giudizi, dato che sembri uno che ne dispensa parecchi… e soprattutto non richiesti.»
Se Judy fosse stata lì, Nick sapeva che gli avrebbe rimproverato la sua durezza. Da quella prospettiva l’assenza della partner aveva un lato positivo, perché gli permetteva di recitare la parte del poliziotto cattivo senza intaccare i sentimenti di una piccola, innocente coniglietta.
Era incredibile, rifletté la volpe, come pensare a Judy – in momenti assolutamente casuali della giornata e con qualsiasi sfumatura – potesse lasciare un’impronta così evidente sulla propria anima. La faccenda aveva un che di squisitamente inquietante.
«E ora perché sta ridendo?»
«Come, prego?» Nick trasalì e si coprì istintivamente la bocca con una zampa.
L’orsetto ghignò appena e lo additò. «Stava sorridendo» insistette. «L’ho vista.» C’era qualcosa di minaccioso nella sua voce.
«Non credo.» Nick tento di riacquistare il suo tipico contegno da volpe marpiona, ma…
«Sarò pure un ragazzino, ma ci vedo benissimo. Stava sogghignando come un imbecille, agente.»
«Davvero? Mi sarà venuto in mente qualcosa di divertente.» Se Nick non fosse stato coperto di pelo, probabilmente avrebbe sudato copiosamente.
«O magari…» Il sorriso sul muso di Hans crebbe. «Dica la verità, agente: stava pensando a lei, vero?»
«Non so di chi tu stia parlando, Pan… Hans
«E adesso sta allargando le pupille. E serrando la mascella. E aggrottando la fronte. E»
«E sto per percuoterti con la sedia su cui sei seduto, se non la finisci di dire scemenze.»
«Lo dirò alla coniglietta, se lo fa. Com’è che si chiama… Hobbs
«Hopps» lo corresse Nick, «si chiama Hopps. E tu non le dirai proprio un bel niente, mio caro Hans.»
L’orsetto si strinse nelle spalle. «Come vuole lei, agente. Allora perché non mi dice lei qualcosa?»
Cos’era quella improvvisa inversione dei ruoli?
«E cosa vorresti mai sapere, piccino?»
«Se le piace l’agente Hopps.»
 
La morte cerebrale venne a bussare alla magione dei Wilde, ma i neuroni fecero del loro meglio per tenerla fuori. Non era un comportamento molto educato, Nick ne era consapevole – e dunque lo erano i suoi neuroni – ma quello non era il momento adatto per morire; non di fronte a quello stupido orsetto e neppure prima di aver detto a Judy… un paio di cose.
Giusto un paio di cose.
«Caro Hans» iniziò la volpe, strofinandosi le zampe con fare amichevole… e dimenticandosi il resto della frase. «Caro Hans» ripeté allora, in attesa che le parole ritrovassero la strada di casa.
Ovviamente non le ritrovarono.
«Sì, signore?»
Sì, ecco, forse qualcosa era tornato in casa base. «Caro Hans, non sono domande da porsi con cotale leggerezza.»
«Ma è una domanda facile» obiettò Hans. «Voglio dire… o sì o no. No?»
«No!» La voce gli era appena andata su di cinque ottave ma che importanza aveva a quel punto– «Hans, figliolo, la vita non è così semplice. Ci sono sentimenti che non si possono ridurre a un mero lancio della moneta. Riesce, una mente semplice e acerba come la tua, a capire il significato delle mie sagge parole?»
L’orsetto annuì. «In pratica le piace ma non ha il coraggio di farsi avanti. Forte!»
Nick avrebbe voluto urlare e urlare e urlare fino a consumarsi il diaframma, ma ovviamente non poteva farlo. «Come siamo passati dai tuoi traffici sospetti nel parco di Tundratown alla mia non-vita sentimentale?»
Hans scrollò le spalle. «Sono bravo a cambiare discorso.»
«Ed io altrettanto, perciò adesso torniamo a disquisire di cosa stavi o non stavi facendo ieri notte al parco e…»
Il cellulare cominciò improvvisamente a squillare… e Nick temeva di sapere chi lo stesse chiamando.
«Non risponde?»
«Non è importante» mentì la volpe.
«Magari è la sua collega» suggerì l’orsetto. «Forse dovrebbe rispondere.»
«Correrò il rischio.»
«Le dirò che non le ha risposto di proposito» sorrise Hans. «Le dirò che per l’agente Wilde lei non è importante.»
Tu non sei un cucciolo d’orso, sei figlio del demonio.
Sospirando, Nick tirò fuori il cellulare dalla tasca e lesse il numero in sovrimpressione.
Carotina.
«Mi dica, agente» rispose, dopo aver portato il telefono all’orecchio. «Ci sono novità?»
«Nick?» Judy, dall’altro capo del telefono, esitò. «Ti senti bene?»
«Magnificamente, Hopps, la faccenda è sotto controllo. Hans Bearowski stava giusto confessando le sue malefatte.»
Seguirono interminabili momenti di silenzio, durante i quali Nick si dilettò a pensare a molti e giocondi modi per porre fine alla sua miserabile vita, finché la coniglietta non disse: «Sta andando peggio di quanto pensassi.»
«Non colgo le allusioni, agente.»
La partner sospirò. «Ci sono novità, comunque. Piantala di parlare come un demente e presta orecchio.»
E di fronte a quella minaccia così perfettamente impostata, Nick Wilde poteva solo chinare – metaforicamente – il capo e sentirsi, effettivamente, alquanto demente.
«Ha la mia completa attenzione» dichiarò, mentre il sorriso sulle labbra di Hans scompariva per far lentamente posto ad un’espressione pregna di orrore.
 
Col senno di poi, Hans aveva tutti i motivi del mondo per provare orrore.

 
______
 
 
L’orsetto affondò il muso tra le zampe, piangendo copiosamente. Era tristemente lampante come odiasse ogni singola lacrima che stava sgorgando dai suoi occhi ma, allo stesso tempo, non potesse trattenere quel pianto così dirompente.
Nick conosceva quella sensazione; la conosceva molto, molto bene.
«Non ti spiace per lui?» gli chiese Judy, mentre entrambi guardavano Hans allontanarsi dalla centrale assieme ai suoi genitori.
«Diciamo che… lo posso capire, per certi versi.»
Judy non rispose. Da un qualche punto di vista – uno a cui Nick non era sicuro di poter dare un nome – quel silenzio aveva un che di confortante.
Un che di… intimo.
Da tutti gli altri punti di vista, però, quel silenzio lo faceva sentire come se dovesse aggiungere qualcosa. Cosa che ovviamente avrebbe finito col fare, se Judy avesse fatto pressione nel modo giusto.
«È per questo che non ti piacciono i cuccioli?»
Non era esattamente la domanda che si aspettava, ma sapeva che la coniglietta stava soltanto prendendo la via più lunga. La conosceva così bene, ormai, che poteva vedere l’epilogo delle loro discussioni avvicinarsi ben prima che si arrivasse davvero alla fine.
Eppure, nonostante potesse vederlo in anticipo…
—Non cercava mai di evitarlo.
«I cuccioli sanno essere crudeli» rispose Nick. «Perché sono sinceri, sia nel bene che nel male. Da loro puoi aspettarti sempre la massima onestà… anche nelle sue forme più terrificanti.»
Lei non rispose, di nuovo, e Nick avvertì un vago senso di oppressione depositarsi quietamente sul proprio petto.
Lo stava giudicando? Lo stava biasimando? O magari…
L’elucubrazione non giunse mai al suo termine: lentamente, dolcemente… come se fosse stata lì da sempre, la zampa di Judy afferrò la sua e la strinse con una gentilezza che gli spezzò il cuore, glielo ricucì insieme e poi glielo spezzò di nuovo un numero infinito di volte.
«Quel cucciolo… Hans, voleva solo comprare un regalo per l’orsetta che gli piace» cominciò Judy, chiaramente ignara nella reazione che stava suscitando in lui. «Usciva la notte per incontrarsi al parco con quella banda di truffatori, con cui scambiava i gioielli della mamma per racimolare i soldi necessari. Ha raccontato delle bugie ai suoi genitori, ha rubato… solo per una cotta che forse non diventerà mai nulla di più. Eppure l’ha fatto, Nick.»
La volpe tacque, senza capire dove la sua partner volesse andare a parare, così lei continuò: «Ha mentito al mondo intero per essere sincero in quella unica cosa, quella che contava davvero per lui. Ha sbagliato, lui stesso ne era consapevole – hai visto come piangeva, no? – ma sono certa che in cuor suo… in cuor suo, fino all’ultimo ha sentito che ne è valsa la pena. Anche se per brevissimo tempo, quei singoli attimi avevano il loro senso. Avevano un perché che nessuno eccetto lui avrebbe mai potuto capire e, per questo, estremamente fragile e prezioso.
«Magari, sai, tra qualche anno Hans ripenserà a questa disavventura e si sentirà molto stupido… ma ricorderà, sono certa che ricorderà, l’onestà che l’ha guidato nella sua disonestà. Ricorderà i sentimenti che l’hanno spinto a comportarsi in quel modo e non li rinnegherà perché, a modo loro, saranno insostituibili.»
Judy si interruppe, come se avesse appena ricordato qualcosa, ed emise una piccola risata. «Scusa, sto parlando per ossimori. Ma ti assicuro che nella mia testa tutto questo discorso ha un senso… circa.»
 
Il tramonto colorava la città di una tenue luce arancione; Nick guardò gli alti edifici di Zootropolis, immersi in quella calda penombra, e per un attimo gli sembrò di poter percepire con limpida chiarezza lo scorrere della vita dei suoi abitanti. Gli sembrò di poter sentire quel flusso e, attraverso esso, cogliere qualcosa che fino a quel momento gli era sempre sfuggito.
Ancora non sapeva cosa… ma poi ricordò la zampa che stava stringendo la propria e un sorriso comparve sulle sue labbra, spontaneo come lo sbocciare dei fiori al mattino.
Il quadro non era completo, ma lo stava diventando; giorno dopo giorno, Nick aveva l’impressione di poter ricomporre il puzzle della propria esistenza.
E tutto questo solo grazie a lei.
«Sai, Carotina, gli ossimori sono una figura retorica molto usata dai politici: tu prendi due termini assolutamente incorrelati, li ficchi dentro la stessa frase e fingi di star dicendo qualcosa di profondo e filosofico. Il 90% delle volte funziona.»
Judy sospirò. «Forse dovrei smettere di parlare con te, Nick. Magari soffrirei meno di mal di testa.»
«Il mal di testa ti viene perché cerchi di far discorsi troppo complessi per la tua piccola mente da coniglietta.»
«Scusa se cerco di consolarti» replicò lei, piccata. «La prossima volta–»
Gli bastarono tre secondi, o forse anche di meno; tanto gli ci volle per tirare a sé quella zampina gentile ed accogliere tra le braccia la sua sciocca, sciocca proprietaria.
 
E poi, a quel punto, lo stesso concetto di tempo divenne del tutto ridondante.
 
«La prossima volta» sussurrò Nick, «finirò col divorarti, Carotina, se non trovi un modo per tenere a bada questa tua assurda, adorabile voglia di tirarmi su di morale.»
«Cosa fai?» annaspò Judy contro la sua camicia. «Se Bogo ci vede…»
«Che veda. L’ho già invitato al nostro matrimonio, per cui non ha proprio nulla di cui lamentarsi.»
«Nick!» Sentì il corpo di lei tremare contro il suo e, per l’amor del cielo, l’avrebbe davvero mangiata prima o poi.
Più prima che poi.
«Sto scherzando» la rincuorò – e contemporaneamente discuorò se stesso – accarezzandole piano lo spazio tra le orecchie che, nel frattempo, si erano afflosciate sopra il suo braccio. «Non mi ha fracassato la testa quella volta nel distretto di Foresta Pluviale, quando l’ho contraddetto di fronte ai suoi agenti… non lo farà solo perché ti sto abbracciando di fronte alla centrale di polizia.»
O forse sì.
Istintivamente si ritrovò a guardare in basso e vide, in tutto il suo ingenuo splendore, la bellezza delle creatura che stava stringendo tra le braccia; e allora pensò che, dopotutto… non si sarebbe dispiaciuto poi così tanto morire in quel preciso istante.











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Angolino dell'autrice:
Non ho molto da dire, onestamente; mi scuso per il ritardo nel deliverare il capitolo ma ho avuto vari esami di mezzo e varie traduzioni da fare per l'affamato popolo di Tumblr e... insomma, cose. Purtroppo mi trovo costretta a fare due piccole precisazioni:
1) La prima è che ho dovuto cancellare la long perché mi sono accorta troppo tardi che il modo in cui l'avevo impostata non era quello giusto. So che sembra (anzi, è) una motivazione oscena ma... è la verità. Non so quando e se la ripubblicherò, riveduta e corretta ovviamente.
2) Sto attraversando una fase di "trasformazione" dello stile, quindi è probabile che per un bel po' non mi vedrete su questo sito; tutto ciò che farò sarà tradurre queste one-shot già scritte in inglese ma dubito che scriverò roba nuova.

See ya!

 

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Capitolo 26
*** Cena ***


~Coniglio~
26 - Cena
 

 

 

 
 


Nick sorrise; di fronte a lui, Wolford emise una specie di lamento infelice. La volpe prese una singola carta dal proprio mucchio, la separò dalle altre e la guardò con la stessa intensità con cui Clawhauser soleva guardare le sue ciambelle glassate; poi la rimise nella propria mano e disse: «Dunque, Wolford? Ti ritiri?»
Il lupo digrignò i denti. «Neanche per sogno.»
L’espressione di Nick cambiò; un vago sentore di preoccupazione parve balenare sul suo viso, come un pallido fantasma, ma venne ben presto sostituito da un’espressione neutra.
«Fossi in te non rischierei troppo» disse la volpe. «Se perdi quei cinque dollari che hai puntato, come farai poi a sbarcare il lunario di questo mese?»
«Pensa per te, Wilde» ribatté l’altro, «sto per farti a pezzi.»
E poi, Wolford calò le carte.
Dalla cerchia di agenti si levò un fischio di ammirazione. «Poker d’assi!» gridò Trunkaby, agitando la proboscide.
Judy non si unì all’entusiasmo collettivo, perché non aveva idea di quanto decisiva fosse stata la mossa di Wolford, ma dal clamore tutt’intorno dedusse che si trattava di una mano notevole.
La sua attenzione si spostò su Nick, precisa e irresistibile come un campo magnetico; il volto del collega era una splendida maschera di indifferenza.
La volpe scosse piano il capo. «Poker d’assi, eh? Un bel problema…»
Wolford rise. «Pronto a sganciare il bigliettone, Wilde?»
Nick non rispose subito. Girò invece la testa verso il pubblico finché il suo sguardo non cadde su di lei. Judy si ritrovò a trattenere il fiato – e sentendosi molto stupida per questo. «Temo di no» disse il partner, e il contatto visivo si interruppe. «Ho una cena da offrire, questa sera.» E detto ciò… Nick Wilde mostrò la sua mano.
Il silenzio scese sull’intero ufficio. Anche se Judy non sapeva giocare a poker, la fierezza con cui Nick aveva fatto la propria mossa fu abbastanza da farle intuire quanto potente questa fosse stata.
«… Scala reale?» Wolford boccheggiò pietosamente. «Cosa? Come? Quando diavolo hai…»
«Mentre tu collezionavi assi» lo interruppe Nick, «io collezionavo re e regine.» Un altro sorriso, ancor più ampio del precedente, gli si formò sulle labbra; uno di quelli che avrebbe fatto venire a chiunque voglia di assestargli un pugno sul muso.
O forse non proprio a chiunque. Magari a qualcuno avrebbe potuto pure piacere, quel sorriso.
Il lupo uggiolò. «Mai più» dichiarò, mentre metteva tristemente mano al portafoglio. «Mai più giocherò a poker con te.»
Nick allungò una zampa e afferrò lesto la banconota da cinque dollari che era comparsa nel palmo di Worford. «Grazie, amico.»
«Vai all’inferno, Wilde.»
Uno dopo l’altro, i mammiferi del dipartimento di polizia che si erano radunati nel loro ufficio, si dileguarono tra bisbigli e borbottii.
Alla fine, rimasero soltanto loro due. ‘Come sempre.’ «Una vittoria notevole» commentò Judy, applaudendo.
«Detto da una coniglietta che non sa neppure come si gioca a poker, non è un gran complimento.» Nick saltò giù dalla sedia e le venne incontro. «Se detto dalla mia coniglietta, però, diventa una lusinga che non posso ignorare.»
«Certo, certo… come ti è saltato in mente di giocarti i soldi della nostra cena, piuttosto?» gli chiese, sperando che lui non si accorgesse del brivido che le aveva appena percorso la schiena.
«Per raddoppiarli» fu la risposta la Nick. «Doppia grana, doppia porzione di patatine fritte. Dovesti ringraziarmi, anziché fare quella smorfia.»
Judy avrebbe voluto dirgli che i soldi non erano l’unica cosa che aveva appena raddoppiato, ma non sapeva se Nick avrebbe capito… o peggio, se avrebbe capito pure più di quello che era tenuto a capire.
«E se non avessi vinto?»
«Non c’era modo che non vincessi.»
Judy si lasciò scappare una risata. «Tutta questa modestia è commovente.»
«Che posso farci? So di essere magnifico, ma non voglio vantarmi troppo.» Nick si strinse nelle spalle, come un eroe incompreso dal mondo. «E comunque, anche nella remota eventualità che non avessi vinto… ti ho promesso una cena e te l’avrei offerta, in un modo o nell’altro.»
«Non sono sicura che un pasto a base di mentine possa essere considerato una cena, Nick.» Judy ripensò al sacchetto di caramelle alla menta che la volpe teneva nel cassetto della scrivania, quelle che avevano comprato quella volta che erano andati a fare la spesa insieme. Conoscendolo, sarebbe stato capace di spacciargliele per un alimento nutriente… e convincerla, nello stesso modo subdolo con cui aveva convinto Bogo che era stato l’armadillo delle pulizie a far sparire quel vecchio fascicolo sui casi risolti dell’anno prima. Il che era stata una prodezza notevole, considerando non c’era alcun armadillo delle pulizie nel dipartimento di polizia.
«Conosco un locale, giù nei bassifondi di Downtown, che fa la pizza più unta di Zootropolis. Però costa poco ed è buona.»
Judy si strinse in un abbraccio disgustato. «Avresti osato portarmi in un posto del genere?»
«Piuttosto dovresti chiederti se avrei osato portare me stesso in quel tugurio sudicio.» Anche Nick palesò disgusto, ma il suo sembrava più autentico. «L’ultima volta che ci sono stato ho contratto sei malattie diverse e tutte allo stadio terminale. Ancora non so come sono sopravvissuto.»
«Che eroe
«Ehi.» Nick le scoccò un’occhiata truce. «Mostra un po’ di ammirazione per l’eventuale sacrificio che avrei compiuto esclusivamente per amor tuo, Judy.»
Per amor suo. Judy si annotò mentalmente quell’espressione; più tardi, nel buio del suo angusto appartamento, l’avrebbe analizzata nel tentativo di capire perché quelle tre parole le avessero fatto librare in volo uno stormo di farfalle nello stomaco.
«Quale onore, agente Wilde. Potrei quasi mettermi a piangere, sai?»
«Sarebbe una reazione appropriata» commentò lui. «Oppure potresti…»
A quel punto, Judy smise di ascoltarlo. Continuò ad osservare le sue labbra mentre si muovevano, pronunciando parole che quasi sicuramente erano nient’altro che sproloqui senza costrutto, mentre una parte della sua mente pigramente notava tutta una lunga serie di particolari inutili su di lui: che era alto, che il suo pelo era di un bellissimo colore fulvo, che le sue iridi parevano brillare di luce propria… e poi, il suo viso. Lo stesso viso che durante la partita a poker era rimasto imperscrutabile per la maggior parte del tempo, era poi capace di mostrarle un caleidoscopio di espressioni facciali, tutte diverse tra di loro.
Era davvero un attore nato, Nick. Chissà quanti mammiferi aveva confuso, con quelle facce. Chissà quanti cuori aveva spezzato con il suo–
«Mi stai ascoltando?»
«Uh?» Judy si riebbe di colpo e sbatté le palpebre, smarrita. «Scusa, stavi dicendo…?»
Il partner sospirò. «Io ti parlo, e tu cadi in trance. È davvero così noioso ascoltarmi?»
«È bellissimo» rispose lei, senza riflettere. «Bellissimo.» E lo ripeté pure!
«…» Nick si pietrificò, le pupille che si dilatavano sempre di più ogni secondo che passava. «… Pardon?»
La gravità di quanto aveva appena detto la colpì in ritardo, come uno schiaffo morale. Judy osservò il peso delle proprie azioni crollarle rovinosamente addosso, un muto grido di terrore che si propagava per i centri nervosi. «N-no, ecco… volevo dire…»
Nick aveva abbassato le orecchie e la stava guardando in un modo che Stu Hopps avrebbe reputato puramente, innegabilmente e vergognosamente molesto. Riusciva anche ad immaginarselo, mentre impugnava il teaser per volpi e iniziava a rincorrerlo per la brughiera urlando: “Non molestare mia figlia con quei bellissimi smeraldi, razza di marpione!”
O forse non li avrebbe definiti bellissimi smeraldi, suo padre. Li avrebbe chiamati ciuffi di muschio, oppure broccoli ammuffiti, oppure…
«Barba di carota» disse Judy. «Morbida, fresca e nutriente. Barba di carota.»
«… Pardon
«Ma sì, la barba della carota» insistette lei. «È quella foglia che si trova… sulla testa…» Deglutì, chiedendosi se suo padre non avrebbe inseguito anche lei, con il teaser per volpi. «… della carota.»
Non c’era verso, pensò Judy. Non c’era verso di uscire dall’ottusità ottenebrante che le annebbiava la mente, non c’era verso, non c’era verso…
«Carotina?» Nick si abbassò verso di lei, un barlume di incertezza negli occhi. «Che succede? Ti vedo… confusa
«Sto bene» ribatté prontamente lei. Si era esercitata a lungo per arrivare a quella reattività nella risposta, finché le due paroline magiche non avevano sedimentato ad perpetuum sulla sua lingua, sempre sul punto di venire fuori al minimo accenno di pericolo… di qualunque insondabile natura esso fosse.
«A me non sembra.» Nick le appoggiò una zampa sulla fronte. «Accidenti! Potrei cucinarci un uovo, su questa graziosa landa grigia.»
«Non ho la febbre.» Ma forse, ad un’attenta analisi, le sarebbe convenuto avercela.
«Beh, se hai la febbre non possiamo andare fuori a cena.»
Ok, decisamente non aveva la febbre. «Nick, va tutto bene, non ho la febbre. Sono solo un po’… stanca.»
«Vuoi tornare a casa a dormire?»
«No!» esclamò lei, colta da un terrore troppo primordiale per essere spiegato. «Voglio andare fuori a cena. Con te» sentì il bisogno di specificare, perché evidentemente la palude di fango in cui stava annegando non era ancora abbastanza profonda.
Una vita parve trascorrere, dopo quella incauta frase; una vita in cui il mondo intero era stato annientato, e solo il loro ufficio era stato risparmiato. E Nick e Judy erano lì, a guardarsi in faccia senza dire niente, come se di colpo non esistessero più parole… ma forse perché tutto quello che c’era da dire era stato detto già un pezzo.
«Ogni tanto» cominciò la volpe, interrompendo per primo quel denso silenzio. «Ogni tanto non so davvero cosa fare con te, Carotina.» Si passò una zampa sul viso e tirò su un profondo respiro. «Sei pericolosa quando dici certe cose.»
Judy si sentì avvampare fino alla punta delle orecchie e abbassò di riflesso la testa, come a voler nascondersi. I polmoni, sotto il peso delle emozioni che la stavano annegando dall’interno, si rifiutarono di elargirle l’aria necessaria ad esprimere i suoi pensieri – che, in ogni caso, erano niente più che una matassa indistricabile di fili.
Lui se ne accorse. Lui dovette accorgersene, perché lui sapeva sempre cosa le passava per la testa, perché lui la capiva meglio di quanto lei riuscisse a capire se stessa. Chissà se avrebbe capito anche quei sentimenti, prima o poi.
Sentì le zampe della volpe circondarle il viso a coppa e costringerla, dolcemente, a guardarlo. Sul muso di Nick c’era un sorriso a cui Judy non avrebbe saputo dare un nome neppure se ci avesse provato fino alla fine dei suoi giorni. «Così piccola» le sussurrò, «e così letale.»
«Non è un complimento carino, quello che mi hai appena fatto.»
«Tu non vuoi complimenti carini» la rimbeccò scherzosamente. «O magari hai cambiato idea? Perché in quel caso avrei tante, tante cose da dirti.»
«Non osare.» Glielo disse mettendo insieme una specie di stridulo pigolio che era un po’ risata e un po’ un pianto disperato, ma Nick non poteva sapere quanto lei lo intendesse davvero.
«No, madame, non oserò.» Si staccò da lei e le diede un’ultima, amorevole carezza sulla testa. «Non voglio morire così giovane.»
Neanche io’ si ritrovò a pensare Judy, ‘eppure…’ «Dunque, questa cena?»
«Oh, già, la cena. La cena che vuoi assolutamente condividere con me. Quella cena, giusto?»
Quanto avrebbe voluto prenderlo a schiaffi. «Scommetto che userai queste parole contro di me finché avrai vita, vero?»
«Sarebbe un peccato non farlo» rispose Nick, mentre si allentava il nodo alla cravatta. «Quando mi ricapiterà di udire simili perle?»
«Non esistono prove a testimonianza di ciò; negherò per sempre di averle dette.»
«Troppo tardi, le ho già incise a fuoco nel mio cuore.»
«Allora ti ruberò il cuore» risolse Judy. «Così nessuno verrà mai a saperlo.»
«Non funzionerà» le disse la volpe, mentre usciva dall’ufficio, lasciandola indietro.
Judy gli saltellò dietro. «E perché no? È un piano perfetto.»
«Perché è già tuo. Come si fa a rubare qualcosa che ti appartiene di diritto?»
In quel momento, in quel preciso momento, Judy comprese tutto. Comprese chi era lei, chi era lui, chi erano loro; comprese che di fronte a certe uscite lei era, nella sua ottusità da coniglio, miseramente impotente, e che Nick non aveva proprio nulla da rimproverarle, se poi era il primo a tirar fuori dal cilindro certe frasi che valicavano ad ampie falcate il concetto stesso di legalità – e di nuovo visualizzò Stu Hopps che attraversava le verdeggianti colline di Tana dei Conigli impugnando il suo fido teaser… stavolta, però, inseguendoli entrambi. Insieme.
«Dopo una frase del genere sarò io a ricattare te, Nick.»
Lui le sorrise. «Ops. A quanto pare siamo finiti in stallo.»
La città notturna li stava già salutando da oltre le grandi porte a vetro della centrale, come se li stesse invitando ad unirsi a lei al più presto. Judy lo afferrò per la manica della divisa e lo trascinò più velocemente verso di essa. «Andiamo, che sto morendo di fame.»
«Ehi, non tirare!»
Judy lo ignorò. «Il mio stomaco protesta, signor Wilde. Spero sia pronto a dilapidare le sue finanze, questa sera.»
«Se il conto viene più di quanto ho in tasca, ti venderò come schiava al proprietario del locale.»
«E cosa faresti, poi, senza di me?» La presa le scivolò giù, sulla zampa della volpe.
«Mi inventerò qualcosa» le rispose, ricambiando la stretta. «Posso sempre ricomprarti quando sentirò la tua mancanza.»
«A quel punto il prezzo sarà salito, però.»
«Chiederò un mutuo.» Con la zampa libera, Nick le scompigliò le orecchie. «Per lei, agente Hopps, questo ed altro.»
 
E Judy non poté fare a meno di chiedersi se per caso, per caso, in quell’altro ci fosse anche quello che desiderava lei.
Qualunque cosa fosse.


 
 
 











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Angolino dell'autrice:
Per me sta diventando molto difficile scrivere, in questo periodo. Mi tormenta il pensiero che qualunque cosa io produca viene sempre "contaminata" dall'introspezione. Io vorrei, davvero vorrei, tornare a scrivere con la leggerezza dei primi capitoli, ma mi rendo conto che semplicemente non ci riesco. So che alcuni di voi rimpiangono, in un certo senso, la spensieratezza di quella fase... credetemi, io la rimpiango con voi. Ma purtroppo il vento per adesso tira in questa direzione e io non posso fare molto se non seguirlo e andare dove lui mi porta. L'alternativa è non scrivere - e questo non posso assolutamente farlo.
Perdonatemi se non sto rispondendo alle vostre recensioni, ma per me è un periodo in cui parlare con gli altri mi provoca fatica, e piuttosto che rispondervi con un banale (e comunque sempre onnipresente) "grazie mille" preferisco tacere, ora come ora. Ma sappiate che leggo tutto ciò che mi scrivete e che vi voglio bene, sia che esterniate pareri positivi che negativi. Perché mi aiutate a crescere e a maturare.
PS: spero di aver tenuto Judy IC quanto basta a non farvi storcere il naso... ma per me lei è il vero mistero. Nick, nella sua complicatezza, a me risulta estremamente chiaro (forse perché mi assomiglia) mentre Judy... insomma, alle volte non so davvero come prenderla >_<

 

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Capitolo 27
*** La fine dell'inverno ***


~Volpe~
27 - La fine dell’inverno


 
 







Non è abbastanza.’ Nick si svegliò con quel pensiero, ritrovando il soffitto un po’ lercio che aveva lasciato prima di addormentarsi. Tra le macchie di umidità e gli aloni preistorici, la volpe ebbe l’impressione di poter scorgere un volto, come un disegno, dal tratto incerto ma gentile, dipinto su una tela bianca. Sorrise, d’istinto, e allungò una zampa verso di esso… dandosi mentalmente dell’imbecille un attimo dopo averlo fatto.
La zampa che aveva teso verso il viso di Judy gli ricadde mestamente sul muso e Nick emise un piccolo, gutturale lamento.
 
Non era abbastanza; Nick continuò ad acquisirne sempre più consapevolezza, mentre si preparava ad uscire per recarsi al lavoro. In ogni gesto che compiva, in ogni movimento, in ogni vago e distratto pensiero, quella sensazione lo seguiva onnipresente e cresceva al punto che, sulla soglia di casa, Nick fu invece tentato di sbattere la testa contro la parete e rimanere in quello stato finché la mente non avesse smesso di sussurrargli quelle dannate parole.
«Deve essere la stagione» si disse, un brontolio uscitogli a forza tra le fauci digrignate per la frustrazione. «Passerà, Nick, passerà…»
Che fosse una previsione o solo una vana speranza, però, la volpe non avrebbe saputo dirlo. Di certo si augurava che fosse la prima, ma non ci avrebbe messo la zampa sul fuoco.
Alla fine, dopo quasi un’ora di tragitto – cinquantaquattro minuti di ‘smettila di pensare, smettila di pensare, smettila di pensare’ – Nick arrivò in ufficio… perlomeno ci arrivò il suo corpo, perché la testa lo aveva già preceduto nella tomba.
«Di quali disgrazie sei stato testimone prima di arrivare, Nick?» Judy, seduta ad una scrivania cinque volte più grande di lei, le orecchie leggermente piegate verso di lui come due simpatiche antenne e intenta a sfogliare un plico di fogli che doveva pensare almeno tre chili, inarcò un sopracciglio con fare ironico. «Vedo il dramma baluginare nei tuoi occhi.»
«Carotina, oggi non è giornata.» Nick si massaggiò le tempie, tentando di far tacere la voce interiore che minacciava di riprendere la parola. ‘Qualunque cosa tu sia, stai zitta.
«Oh, scusa.» La coniglietta gli lanciò un’occhiata perplessa, poi scosse brevemente il capo e rivolse la propria attenzione al mattone di cellulosa che teneva tra le zampe. «Non sarà tutta una tattica perché non hai voglia di andare negli archivi, vero?» gli chiese, sguardo meravigliosamente concentrato sul foglio di fronte a sé.
«Sebbene non muoia dalla voglia di seppellirmi vivo in quel posto pieno di polvere e incuria» replicò Nick, scandendo quella frase ad un ritmo tale da consentirgli di riprendere, nel frattempo, padronanza di sé, «il mio attuale malumore non ha nulla a che vedere con questo.»
Sarebbe stato logico, arrivati a quel punto, che Judy gli chiedesse cosa, allora, stava causando il suo malanimo; ma lei non lo fece. Si limitò ad annuire, senza staccare gli occhi dalla carta, e a chiedergli poco dopo se per caso non avesse in giro una penna da prestarle, ché la sua a forma di carota l’aveva lasciata a casa per sbaglio – «e vedi di non dire nulla che valga la pena di registrare, Nick, perché il non poterlo fare mi spezzerebbe il cuore» gli disse, quando lui le porse una biro nera. Nel farlo, le loro dita si sfiorarono appena; la volpe rabbrividì e si ritrasse come se si fosse appena ustionata. Ma neppure lì Judy si diede pena di alzare gli occhi, e lui non poté far altro che essergliene grato: quella mattina non era nelle condizioni di sostenere neppure se stesso, figuriamoci il suo sguardo.
 
Quando infine giunse il momento di spostarsi negli archivi, Nick ringhiò… e nel farlo strabuzzò gli occhi, confuso dal suono che lui stesso aveva appena prodotto. Sollevò la testa dal legno della scrivania, su cui aveva praticamente giaciuto per due ore di fila, e si guardò intorno spaesato.
«Nick?» Judy gli si avvicinò, perplessa.
«Ho ringhiato?» le chiese, ancora più perplesso di lei.
Judy scrollò le spalle. «Ah, se non lo sai tu…»
La volpe inclinò il collo da una parte e sbatté le palpebre un paio di volte, come se di colpo non fosse più sicuro di niente e il mondo gli fosse diventato estraneo.
«Neanche io muoio dalla voglia di scendere di sotto.» La voce di lei lo raggiunse come un’eco distante, tanto che sul momento faticò a carpirne il significato. «Ma tu… sembra che la sola idea di farlo ti dilani l’anima.»
In effetti, rifletté Nick, la sua anima era dilaniata. Non dal pensiero di andare agli archivi a cercare file riguardanti mammiferi la cui stessa esistenza era tuttora oggetto di accese discussioni al dipartimento di polizia – quello era niente più che un ciuffo di insalata incastrato tra i denti – ma da qualcos’altro… quello stesso qualcosa che aveva cominciato a blaterare fin dal primo momento in cui, quella mattina, Nick aveva avuto la brillante idea di riaprire gli occhi e concedersi alla vita frenetica di Zootropolis.
Non è abbastanza’ riattaccò la vocina. ‘Di più, Nick, di più…
«Di più cosa?» chiese la volpe, esasperata, agitando le grandi zampe scure nell’aere circostante… salvo poi realizzare di aver sbagliato canale di comunicazione.
Judy lo squadrò, come se si trovasse in presenza di qualche strana e bizzarra creatura. «Nick… tu sei proprio sicuro di star bene, sì?»
«No» mugugnò lui, metà cervello impegnata nella decomposizione e l’altra metà a cercare un modo per uscire da quella situazione nel modo più dignitoso possibile – e anche la fattibilità della fuga era qualcosa sulla cui esistenza si sarebbe potuto discutere a lungo, senza arrivare ad una conclusione.
«Allergia alla polvere? Alla fatica?» gli sorrise in modo provocatorio e Nick sapeva che avrebbe dovuto risponderle per le rime, ma tutto ciò che riuscì a fare fu a stento sopprimere il brivido che voleva raspargli via la spina dorsale. Forse sarebbe dovuto ritornare a casa, dopotutto. Rimanere lì, con lei, era rischioso; era pericoloso. Era…
«Uh.» Il flusso di pensieri venne tranciato di netto, estirpato alla radice, reciso senza pietà quando Judy gli appoggiò una piccola, delicata zampina sulla guancia.
«Non ti ho mai visto così sconvolto prima d’ora.» La preoccupazione nella sua voce era come miele, versato in un latte che già di per sé era più dolce di qualunque cosa avesse mai assaggiato in vita sua. «Scusami, non volevo prenderti in giro… se non ti senti bene non preoccuparti, ci penso io a fare quelle ricerche. Vuoi rimanere qui a riposare, Nick? Posso portarti un tè, se vuoi.»
«Non mi serve un tè» riuscì a biascicare, mentre il respiro gli si accorciava e così la vita. «Mi serve…» ‘Non è abbastanza, Nick. Hai bisogno di più, di più, di più…’ «… Ecco, io…»
Se in quel momento qualcuno avesse indetto una gara di patetismo, lui l’avrebbe vinta a zampe basse. Si odiò per questo, ma ciò non bastò a scuoterlo dall’inabilità che lo aveva fatto prigioniero; i sentimenti che provava gli si erano sedimentati in gola e non riuscivano a venire fuori, neppure con tutti i suoi sforzi di cavarseli fuori di bocca. Era così frustante che avrebbe voluto rosicchiare la scrivania e graffiarla fino a lasciarle su solchi profondi come crepacci.
Il naso di Judy tremò appena. «Sì, dimmi. C’è qualche problema?»
Nick deglutì miseria. «Carotina» cominciò, «io credo… suppongo, diciamo così…»
«Uh-uh?» Judy annuì, invitandolo a proseguire, i suoi grandi occhi viola che tentavano di indagargli il cuore.
«…» La volpe allargò le braccia, senza alcun preavviso – neppure per se stesso – e chiuse Judy in un abbraccio talmente stretto da temere, per un breve istante, di averle fatto male.
Si ritrovò così, a stringerla a sé, il cuore che gli martellava nelle orecchie e il respiro corto e singhiozzante, mentre il muso si avventava con voracità sul collo di lei e ne inalava l’odore; non avrebbe potuto rimanere così a lungo, lo sapeva… c’era il rischio che perdesse ulteriormente il controllo di sé, ma Judy emanava un profumo così buono che il naso, invece che allontanarsi da lei, premette ancora più ostinatamente sul suo collo, annusandolo con una tensione quasi disperata. ‘Non basta, Nick, ancora non basta…
Sì, doveva decisamente essere la stagione. Marzo era sempre stato un mese dannato per lui.
Finalmente, Judy osò: «Nick…?» Si limitò a pronunciare il suo nome, e bastò quel suono ad amplificargli i pensieri fino a renderli un vociare confuso e indistinto. Di riflesso, Nick affondò ancor di più il viso nel pelo di lei e la sentì tremare.
«Scusa» le disse, «possiamo rimanere così per un po’?»
Nessuna risposta, il che significava… ? D’altronde Judy non stava opponendo alcuna resistenza, quindi forse, forse quella situazione non le dispiaceva.
… Non le dispiaceva essere stata abbracciata da lui in quel modo così improvviso e brutale…? Oh, per l’amor del cielo, se ci pensava… se vi si soffermava… oh no, no, no… in che razza di guaio stava andando a cacciarsi… il pensiero che Judy potesse provare piacere in quella situazione era troppo per lui, non potevano rimanere così, doveva staccarsi, doveva…
Eppure, anziché staccarsi, Nick la sollevò da terra e se la portò in grembo, senza allentare l’abbraccio neanche per una frazione di secondo. E neppure lì lei si oppose e la faccenda stava assumendo contorni sempre più torbidi e le sue viscere erano diventate una poltiglia e ogni fibra del suo corpo aveva preso fuoco, un fuoco che neppure tutta l’acqua del mondo avrebbe mai potuto estinguere.
Era intossicante il piacere che la vicinanza così stretta di Judy gli stava provocando, al punto che arrivò genuinamente a chiedersi come avesse potuto vivere fino a quel momento senza sentirla su di sé, i morbidi contorni del suo piccolo corpo pressati contro il proprio; come si potesse condurre un’esistenza da soli, un unico corpo e un’unica anima, senza urlare di dolore per l’assenza di una seconda metà con cui condividere ogni cosa – il respiro, il battito, lo spazio vitale.
«Lo sai, vero…» Nick strofinò il naso contro di lei, trattenendo a stento la voglia di leccarla, «che se non protesti, potrei tenerti così per sempre?»
«Se la cosa ti fa piacere…» La sentì prendere un profondo respiro e aggiustare la posizione delle gambe, per poter stare più comodamente a cavalcioni su quelle di lui. Avrebbe voluto gridare.
«Non dirmi così» la supplicò, la sanità mentale che andava a brandelli secondo dopo secondo, le zampe irrequiete che fremevano per accarezzarle la schiena, i fianchi, il viso, qualunque cosa.
«Hai cominciato tu» rispose Judy, a voce così bassa da essere quasi inaudibile. «Io ero preoccupata per te, e tu mi hai preso… e mi hai messo su di te… e mi stai stringendo come se fossi un tesoro prezioso… cosa vuoi che ti dica, Nick?»
«Che sono una bestia selvaggia» scherzò, ma l’idea lo graffiò come un artiglio maligno. «Che sto esagerando o… non so, che non ti piace, o che…»
«Ma sarebbero tutte bugie.» La sentì afferrargli i lembi della camicia e chiuderli in due piccoli, nervosi pugni. «Dalla prima all’ultima, tutte bugie.»
Il cervello di Nick si sciolse, e con esso ogni rimasuglio di dubbio o remora. «Judy… non…» Le sue zampe corsero al suo viso, mosse da un’urgenza primitiva, e lo costrinsero ad alzarsi. «Posso…?»
Judy annuì. «Puoi fare quello che vuoi.» E quella frase fu tutto ciò di cui aveva bisogno.
Nick cominciò a leccarla: prima le guance, poi il mento, senza osare sfiorarle le labbra. Ogni lappata era come bere l’acqua più pura e fresca, e lui aveva più sete di quanto avesse mai realizzato. Come aveva fatto a tenerla a bada fino a quel momento? Doveva aveva trovato la forza di…
«… Qui» le sentì dire, in un tenue sussurro, mentre dischiudeva appena la bocca. «Qui… per favore.»
«Intendi… dentro
La coniglietta annuì e chiuse gli occhi, la faccia arricciata da una tenerissima smorfia imbarazzata, e Nick seppe di aver appena fatto il sorriso più sincero della sua vita. Le si avvicinò alla bocca, piano e cauto, e lentamente… lentamente… vi si insinuò, la lingua che ad ogni millimetro in più dentro di lei diventava sempre più calda, bramante e umida.
Judy emise un sospiro e rafforzò la presa alla sua camicia. Poi, quando Nick cominciò a leccarle il palato – era così ruvido, oh santo cielo, così meravigliosamente ruvido a contatto con lui – quel sospiro si tramutò in un gemito soffocato e, se solo fosse stato possibile, le viscere già liquefatte della volpe si sarebbero sciolte ancora di più.
Ma non fu quello a fargli perdere l’autocontrollo; fu invece quando lei osò ricambiare quel gesto, usando la propria lingua per solleticare quella di lui, che Nick smarrì completamente qualunque punto di riferimento.
Nord, sud, est, ovest… non esistevano più. Judy era l’unica direzione verso cui valesse la pena di camminare. «Se… s-se fai così…» Nick si abbandonò dentro di lei, lasciando che la coniglietta giocasse con quel delicato e sensibile muscolo, glielo succhiasse, dentro la sua minuscola cavità orale, glielo mordicchiasse – e ad ogni morso un decilitro di sangue fluiva tutto verso il basso, nel punto in cui il corpo ne sentiva più il bisogno.
Lui era più grande di lei e aveva il terrore, toccandola in preda al furore come era sul punto di fare, di arrecarle del male senza volerlo. Di morderla, di graffiarla, o semplicemente di spaventarla con qualche movimento troppo brusco. Perciò, quando si sentì sul punto di prenderla e assaltarla con tutta l’anima… con uno sforzo immane, si costrinse a staccarsi da lei, ansante e pulsante e per l’amor di dio, se solo non fossero stati in ufficio– «N-non puoi» annaspò, tenendole saldamente le spalle. «Non credo che… potrei…» Vide un rivolo di saliva colare lentamente dagli angoli della bocca semi-aperta di Judy e lo catturò con una lunga, assetata lappata, dimenticando così qualunque cosa volesse dire prima di quel momento. Poggiò una zampa sulla pettorina di lei, la graffiò – dopo avrebbe avuto tutto il tempo per pentirsene – e ringhiò di frustrazione. Avrebbe dato qualunque cosa per poter tastare quello che c’era sotto…
«V-vuoi che… la tolga?» Judy chiese, guardandolo di sottecchi, l’imbarazzo mortale che rendeva le sue guance più rosse, più calde.
«Non è una buona idea» mormorò lui, ma i suoi artigli continuavano comunque a torturare quello spesso strato protettivo, desiderando solo di potersene disfare.
«Niente di tutto ciò è una buona idea… ma se il risultato è questo» gli prese il muso, lo avvicinò a sé e gli scoprì i denti con l’ausilio delle dita, «allora, ti prego… abbi solo pessime idee d’ora in poi…» E detto ciò cominciò a lasciare dei piccoli, teneri baci sulla sua dentatura, sulle gengive, sulle labbra nere tese verso gli estremi della bocca, su tutto ciò che incontrava al suo passaggio – e Nick giurò che niente e nessuno gli aveva mai rubato il respiro come stava facendo lei, nel modo con cui lo stava facendo lei.
 
 
_____
 
 
 
Judy sprofondò nella panchina del parco, la faccia nascosta tra le zampe e le orecchie talmente basse che sembrava non dovessero alzarsi mai più. Accanto a lei, Nick non riusciva a smettere di sorridere come un’imbecille. «Quindi tu sapevi» la stuzzicò, per l’ennesima volta, prima di passarle un braccio attorno alle spalle e attirarla a sé per baciarle la fronte. «Coniglietta acuta…»
«Finiscila» protestò, cercando vanamente di sottrarsi a lui. «Quando mai te l’ho detto…»
«Ma non c’è niente di cui vergognarsi.» In realtà sì, pensò Nick; c’era eccome da vergognarsi… per quanto sapeva essere meravigliosa quella piccola creatura grigia. «La trovo una cosa adorabile, Carotina.»
«Hai riso per dieci minuti suonati quando te l’ho confessato» insistette lei.
«Perché l’alternativa era saltarti di nuovo addosso.» La volpe si guardò intorno e, accertatosi che non c’era nessuno nei paraggi… le leccò la guancia una, due, tre volte e poi si staccò, per non rischiare di lasciarsi andare di nuovo – stava già compiendo un notevole sforzo per accantonare l’idea di toccarla lì, nel parco deserto, e non poteva mettere troppo a dura prova la sua resistenza. «Oppure… mi stai dicendo che l’avresti preferito, uh?»
«No!» Judy riemerse dalla vergogna solo per fulminarlo con lo sguardo. «Q-quello che è successo oggi è… è stato sufficiente, grazie.»
«Quindi, se ti dicessi che non accadranno più cose simili… a te starebbe bene?»
Vide un lampo di terrore balenare nei suoi occhioni viola e si morse la lingua per impedirsi di assaltarla di nuovo. «Io… io intendevo che era sufficiente per… oggi.» Il terrore si trasformò ben presto in una nuova ondata di vergogna e Judy tornò ad appallottolarsi sul legno della panchina.
«Il modo in cui riesci a fare a pezzi la mia dignità mi sconvolge ogni volta.» Nick alzò lo sguardo al cielo della prima sera e tirò su una consistente boccata di ossigeno. «Se penso che sei pure andata a documentarti sul periodo in cui le volpi vanno in calore… per l’amor del cielo, Judy. Per l’amor del cielo
La piccola palla di pelo chiamata Judy Hopps mugugnò: «Non ripeterlo più… ti prego.»
«Sarà dura dimenticarmi di questo succulente particolare» rispose Nick. E poi aggiunse: «Ehi, Carotina?»
«… Che c’è?»
«Puoi… puoi guardare un attimo da questa parte?»
Lentamente, Judy cacciò fuori la testa dall’agglomerato di pelliccia e lo sbirciò con circospezione. «Dunque?»
«No, intendo… girati verso di me, per favore.»
«È un’altra delle tue trappole?»
«No, lo giuro. Sono mortalmente serio.»
La coniglietta sospirò e girò il busto verso di lui. «Ecco qui–»
Nick le afferrò i fianchi, la tirò a sé e poggiò con urgenza le labbra su quelle di lei. Judy non si divincolò, ma lui sentì comunque il bisogno di mantenere la presa, come se temesse che da un momento all’altro potesse svanirgli da sotto gli occhi.
E forse, sotto sotto, era davvero ciò che temeva.
Quando si staccarono, avevano entrambi il respiro pesante. «A… avevi detto che non era una trappola!» lo accusò, puntandogli contro un dito tremante. «Bugiardo!»
«Beh» si difese Nick, «teoricamente non ho mentito.»
«Ma praticamente sì.»
«Un pochino, forse. Sono pur sempre una volpe, dopotutto.» Si sporse verso di lei e le raccolse il viso tra le zampe. «E tu sei così bella che è impossibile non stuzzicarti.» Le lasciò un ultimo, lungo bacio sul nasino e poi si mise in piedi con un singolo movimento – se non si fosse scollato da quella panchina al più presto… ah, se non si fosse scollato. «Ti accompagno a casa, dai.»
«Se hai in programma di trattenerti da me, Nick, temo di doverti dare una brutta notizia.»
«Non è mia intenzione stuzzicare le sensibili orecchie dei tuoi vicini, Judy» la rassicurò, benché l’idea di trattenersi da lei per la notte era… ‘no no no no no cancella cancella cancella–’ «fortuna che almeno a casa mia non ci sono di questi problemi.»
«… Cosa stai implicando?» Judy lo raggiunse e gli si parò davanti, gli occhi colmi di pudica incredulità. «Stai già pensando a quando io… a quando noi… f-faremo…»
Noi. Che dolce suono aveva quel pronome. «L’idea ti turba, mia cara?»
Era davvero sleale a farle quelle domande, però. Si vedeva lontano un miglio che Judy stava morendo di imbarazzo, ma proprio non gli riusciva di non prenderla in giro. In qualche modo doveva pur prenderla, maledizione.
«N-non è che mi turba… è che parlarne così, con tanta leggerezza… insomma, ecco, non è che io sia ferrata in questo genere di cose…» Judy abbassò gradualmente il tono della voce finché non divenne un bisbiglio che Nick sentì più con la mente che con le orecchie.
«È parte del tuo curriculum» le disse. «Essere ottusa, intendo.»
«Non è colpa mia se non ho esperienza in questo campo…»
«Certo, così come non è colpa mia se mi fai venire una voglia matta di…» ‘E morditi questa lingua, imbecille.’ «… Niente, non farmi aggiungere altro. Ogni secondo che passa divento sempre meno incline al dialogo e sempre più incline a fare… altre cose.» Si mise una zampa sulla bocca e cominciò a camminare verso l’uscita del parco, con Judy che ben presto lo affiancò.
Qualche istante dopo… lei gli prese la zampa libera. Nick smise di muoversi e si voltò verso di lei, trovando ad accoglierlo un’occhiata interrogativa. «Uh? Qualcosa non va?» gli domandò.
«Perché mi hai afferrato la zampa…?»
Judy spostò lo sguardo da lui alla zampa in questione. «Perché volevo… tenerti per la zampa?» azzardò, tornando a fissarlo.
«Intendi… intendi zampa nella zampa?»
«Ehm, sì?»
Qualcuno mi aiuti…’ «Oh. Oh
«Se non vuoi…» Judy fece per lasciarlo, ma lui rinforzò la presa per impedirglielo.
«Certo che voglio» esclamò, come se avesse minacciato di togliergli l’aria. «Certo che voglio, sciocca coniglietta…» E avrebbe voluto questo e altro, purché arrivasse da lei… ma non lo disse, perché non erano ancora usciti dal parco e l’inverno era appena finito e c’era ancora margine per saltarle addosso, farle a pezzi i vestiti e– «… andiamo via da qui, per favore, prima che io perda del tutto la ragione.»
Sarebbe stata una lunga, lunga primavera.










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Angolino dell'autrice:
Vi voglio solo dire tre cose:
1) questo capitolo l'ho scritto tutto oggi come una pazza;
2) nel scriverlo sono morta un numero inquantificabile di volte;
3) esiste una parte che "approfondisce" quello che succede in ufficio, ma l'ho tagliata perché sono stronza non mi piaceva, era troppo diretta e io preferisco le cose soft... ma non si sa mai che magari non lo pubblichi come capitolo 27.5...
E insomma... scusate ma adesso devo andare a lanciarmi nel più vicino cassonetto...

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Capitolo 28
*** Pregiudizi (0) ***


~Coniglio~
28 - Pregiudizi (0)
 

 

 

 
 


Judy fermò il SUV alla fine della strada.
Non aveva condotto alcun tipo di ragionamento per arrivare a compiere quel gesto; semplicemente, giunta all’ennesimo bivio di quell’ennesimo giro di ronda notturna, qualcosa in lei scattò e la coniglietta seppe di dover accostare.
Nick la guardò, incerto. «Perché ti sei fermata?»
«Perché dobbiamo parlare» rispose lei. «Perlomeno, io devo farlo.»
La confusione nel volto della volpe svanì in quel preciso istante, per lasciare il posto ad un sentimento che le era familiare, ma di cui non ricordava il nome. «Se vuoi parlare di quello che è successo oggi» le disse, «ti invito già da ora a lasciar perdere.»
«No che non lascio perdere.» Judy rafforzò la presa al volante e vi appoggiò la fronte sopra con un sospiro. «Non posso far finta che non sia accaduto nulla.»
«Puoi sempre far finta che non sia accaduto nulla.»
«Solo perché tu hai vissuto così per buona parte della tua vita, Nick, non significa che io debba fare altrettanto.» ‘E in ogni caso… non ci riuscirei neanche se volessi.
Nick non replicò; girò, invece, la testa verso il finestrino e abbandonò il muso ad una zampa mollemente appoggiata alla sporgenza interna dello sportello.
Esattamente il tipo di atteggiamento che Judy detestava più di qualunque altro. «Perché non mi hai lasciato intervenire?» Percepì la propria frustrazione vibrarle nella voce, quella stessa frustrazione che aveva creduto di poter mettere da parte ma che invece era ritornata, amara e bruciante come l’aveva colta molte ore prime in quel bar. «Perché hai lasciato che ti guardassero… che ci guardassero in quel modo?»
Aveva trascorso l’intera giornata spingendo i suoi dubbi in fondo, in fondo al cuore, ogni volta che quelli riaffioravano in superficie come legumi dispettosi messi a bollire in pentola. Ma il ricordo era troppo vivido e brillava di colori accesi, violenti, quasi dolorosi; l’immagine non poteva sfocare, non poteva scomparire, era impressa a fuoco nei suoi occhi e lei continuava a vederla ovunque… e a soffrire per essa.
«Perché non c’era niente da dire» rispose Nick, ostinandosi ad indagare l’oscurità che li circondava.
«Che razza di risposta sarebbe?» Il suono aberrante di quelle parole l’aveva raggiunta come uno schiaffo in pieno volto. «Come puoi anche solo pensare che non ci fosse niente da dire?»
Nella sua mente, quelle dinamiche continuavano a ripetersi senza sosta: ogni minuto, ogni secondo, le sprezzanti risate e le occhiate di sdegno esplodevano intorno a lei, pure schegge di odio e ignoranza. «Non ti importa?» insistette Judy. «Il loro disprezzo non ti tange, Nick?»
«No.» Il partner si era voltato e aveva pronunciato quella singola negazione. E c’era talmente tanta forza in essa, talmente tanta risolutezza, che Judy vacillò senza neppure capire il perché.
Sentì le lacrime premere ai lati degli occhi. «Beh, a me sì. Non posso sopportarlo… non devo, non dobbiamo.» Lasciò la presa al volante, consapevole che quest’ultimo non era più in grado di darle la forza di cui aveva bisogno, e si aggrappò invece al braccio di Nick. «Ti hanno guardato come se fossi un criminale. Ti hanno giudicato senza neppure sapere chi sei, solo perché…» Era dura, era tremendamente dura. Forse, più dura di qualunque altro ostacolo si fosse mai trovata ad affrontare. «Io non so… non so come spiegarmi… se non riesci ad arrivarci da solo, io…»
«Judy…» La volpe le toccò una guancia e la costrinse a sollevare lo sguardo. «Perché stai piangendo?»
«Perché è triste.»
«Cosa lo è?»
«Non poterti difendere» rispose, senza esitazione. Due grossi lacrimoni rotolarono giù lungo le gote, e lui li catturò entrambi con un delicato movimento del pollice. «Perché non me lo permetti.»
Qualcosa nell’espressione di Nick mutò, ad un livello che la ragione, da sola, non poteva comprendere, e il suo muso si fece più vicino. «… Ed è solo questo che ti preoccupa?»
«Che altro?» chiese, tirando su col naso. «Hai trascorso una vita bersaglio dei pregiudizi di questa società, Nick… non voglio che questo accada mai più. Non finché ci sarò io al tuo fianco.»
«Hanno deriso anche te. Questo non è triste?»
Nick sembrava confuso, e quella confusione divenne la sua. «Perché tiri in ballo me? È di te che mi sto preoccupando, non sviare…»
«Non so sviando proprio nulla» la interruppe. «Tu eri partecipe quanto me, Judy. Tu eri coinvolta quanto me. Che senso ha che tu sia preoccupata solo per me?»
«Ha senso» insistette lei, afferrandogli entrambe le zampe con forza e allontanandole dal suo viso. «Io posso preoccuparmi solo per te, Nick. È questo che si fa di solito, no?» Tentò di sorridergli, lui non ricambiò ma a Judy non importò. «Preoccuparsi di coloro che si amano, dimenticandosi di se stessi.»
Le loro zampe unite ricaddero sulla gamba di lui e non interruppero mai il contatto, perché nessuno di loro desiderava che ciò che accadesse.
La volpe inalò, lentamente e profondamente. «E non pensi, stupida coniglietta, che possa valere lo stesso per me?»
Il modo in cui la stava guardando… Judy si ritrovò a deglutire, dimenticando per un istante qualunque altra cosa che non fossero le verdi iridi di Nick. Persino le lacrime avevano smesso di radunarsi agli angoli dei suoi occhi. «Io… non posso saperlo» si difese, incerta. «Posso soltanto vivere quello che sento dentro… perché è tutto ciò che so fare.» Si sentiva così sciocca a dire quelle cose, così sciocca ad ammettere i suoi limiti in quel modo. «E ciò che sento, Nick, è che non voglio mai più assistere ad una scena come quella oggi. Non voglio mai più vedere o sentire mammiferi che ridono di noi, di te, come se fossimo una bestialità, solo perché traiamo reciproco piacere dallo stare insieme.» … E adesso si sentiva anche in imbarazzo. «Uhm…»
Nick emise una breve risata. «Cos’era quello, Hopps?»
«Zitto» gli intimò, abbassando la testa fin quasi al grembo.
«Mi chiedi l’impossibile.» Il tono della volpe sembrava essere appena diventato un drappo di velluto che gentilmente si avvolgeva intorno a lei, come una carezza. Judy rabbrividì e rimpianse di non poter nascondersi ancora di più. «Parlare con te è l’unica cosa che mi rimane, Carotina. L’unica che possa fare senza sentirmi in difetto o fuori posto. Se mi togli anche quella… insomma, vuoi vedermi morire?»
La coniglietta non capiva – ma neppure questo la convinse a sollevare il capo. «Cosa intendi dire? Tutto ciò che voglio è…»
Si accorse troppo tardi di non conoscere il seguito di quella frase. Il silenzio crollò su di loro, scrosciante come una cascata, e il cuore cominciò a martellarle dentro il petto così forte che Judy temette che persino lui potesse sentirlo.
Così… quelle parole che non trovavano voce si trasformarono in un gesto, e tutto l’amore che sentiva dentro di sé divenne uno slancio che la portò ad aggrapparsi al collo di Nick come se fosse l’unica cosa che le avrebbe impedito di precipitare in un baratro.

 


 
 
 











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Angolino dell'autrice:
Buongiorno e buonasera, fanciulli e fanciulle. Non ho nulla di particolare da dire se non che forse, forse mi sto riappropriando di qualcosa che credevo di aver perduto per strada. Ancora è tutto da vedere... ma forse nel prossimo capitolo sarà più chiaro cosa intendo, a voi ma in primis a me. E visto che è da un po' che non ribadisco l'ovvio... grazie a coloro che continuano a leggermi dopo tutto questo tempo. Grazie di cuore. Esattamente cinque mesi fa pubblicavo il primo capitolo di questa raccolta; essere ancora qui, dopo tutto questo tempo... credetemi, per me è un traguardo immenso.

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