The night is only our {Raccolta ShikaIno}

di KikiWhiteFly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Cielo scarlatto ***
Capitolo 2: *** Inside your heart - Prologo ***
Capitolo 3: *** Inside your heart - Primo Parte. ***
Capitolo 4: *** Inside your heart - Seconda Parte ***
Capitolo 5: *** 5. Zucchero filato ***



Capitolo 1
*** 1. Cielo scarlatto ***








The night is only our









1. Cielo scarlatto





Terreno arido, duro, secco. Corpi fin troppo trascinati e luci troppo opache per distinguerle chiaramente. Il suo corpo non è altro che una massa schiacciata sotto il fardello pesante del mondo, lasciato abbandonare a se stesso, sotto il manto della notte color sangue. Sente colpi ferire la pelle e gridi disperati lanciati add un cielo squarciato.

Affonda le unghie nel suolo, nella speranza di riuscire a strisciare in un posto più sicuro. Ha dalla sua parte le fronde maestose degli alberi che la coprono ed un silenzio che non ammette parole. Condizioni ideali per trovare un rifugio sicuro.

Avanza ancora di più. L'iride cobalto non vede nessun nemico. Avanza e poi compie un altro passo, muovendosi come un lombrico, strisciando tra le fessure appena visibili dei cespugli. Sente la gamba sanguinare; le forze l'hanno ormai abbandonata, non riesce nemmeno a respirare. -


"Ino"

Sobbalza. Sta quasi per strillare ma una mano le blocca l'urlo.

"Shikamaru" mai parola fu detta più pacatamente.

Gli occhi si illuminano di nuovo bagliore mentre lui le prende le braccia, fino a trascinarla dalla sua parte. Un piacevole tepore l'avvolge. Sorride mesta, dimenticando per un attimo la parola più temuta di tutte.


[La guerra che fa morire]


I kunai non li sente più


[La guerra che fa vivere]


E avverte un calore invaderle il petto. Apre un po' gli occhi e scopre il fuoco ergersi maestoso davanti la sua visuale. Si accuccia in una coperta appena offertale ,mentre una carezza delicata le scosta il ciuffo scomposto.


"Fa freddo"


Non risponde. "Ho paura", continua ad ignorarla. "Ho fame e voglio tornare a casa"


Nessun segnale. China il capo, sentendo l'ennesimo scricchiolio alla gamba.


"Ino?"


"Uhm?"


"Sei una seccatura", la classica frase. Non sa perché ma pare sorridere.


"Finirà vero?" riposa il capo sopra le sue gambe, senza alcun pudore.


"Forse"


Le speranze si assottigliano, divenendo polvere. Polvere pronta a volare nel vento ed essere trasportata in un soffio. "Mi basta che tu rimanga vivo" Dice, fissandolo.


"E se non fosse così?.Ino... devi imparare a cavartela da sola"


Afferma, leggermente adirato. "Fin quando ci sarai tu a proteggermi non avrò paura"


"Questo è egoista..." risponde. Ino prova ad alzarsi un po'; la spalla lussata, la gamba rotta, le ossa stremate dalla battaglia... le sembrano niente in confronto alle sue parole. Getta le braccia al collo del ragazzo, allacciandole dietro la sua schiena. Stringe la presa, sentendo le braccia accettare quel compromesso.

Stringe i denti la ragazza dimenticando il dolore, perché lui non la considererebbe forte. Nell'abbraccio si stringe, si perde, si sente parte di lui.

Nell'unico gesto d'affetto che ci si può permettere in guerra.

E il cielo è ancora scarlatto e lo sarà anche domani.

Ma la luna è una sola ed è pronta a vegliare su loro.



Fine





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Capitolo 2
*** Inside your heart - Prologo ***






Inside your heart








Prologo











Ad Aury -Globulo Rosso- , per farle
un augurio di buona guarigione... perché
è una Moschella con tutte le lettere maiuscole, e ovviamente
da tradizione noi lo siamo al cento percento,  nel corpo e nel cuore.
Mosche Bianche rulez!
Sperando che tu possa leggere questo mio piccolo
pensierino *-*.
Bacino tesoro!





Ino posò le ultime begonie all'interno della serra, asciugandosi un rivolo di sudore spuntato troppo repentinamente sulla fronte fredda. Asciugò le mani sul grembiule -ormai da buttare, pensò-, sospirando
stremata per il lavoro svolto a tempo pieno.
"Voglio un aumento di stipendio!", si trovò a protestare tra sé e sé nella buia notte, battendo un pugno sonoro sul bancone. Qualche oggetto parve barcollare,
si complimentò con la sua forza, lanciando distrattamente il grembiule pochi metri più in là. Sentì il tic tac monotono dell'orologio da parete ed inevitabilmente si voltò.
Ore 23:00.

Si morse un labbro, imprecando riguardo la propria lentezza. Avrebbe voluto andare a prendere un drink con gli amici, sentire i commenti piccanti di Kiba riguardo il suo look da “Ti scopo in un secondo”
-tradotto molto volgarmente- le frecciatine di Sasuke, quel suo umorismo nascosto, sepolto sotto tonnellate di ghiaccio.
E poi... poi c'era lui. Un dito si fermò sulle labbra, mentre rifletteva un po' troppo
e fantasticava come una bambina, perdendo il contatto con il suolo terrestre. Il suo amico, il suo migliore amico... l'indomani sarebbe partito e non avrebbe fatto più ritorno in patria natia, o almeno
non così spesso: causa una bionda troppo prorompente e troppo esigente; non poteva abitare a Konoha, nel tranquillo villaggio -beh a parte qualche pervertito e un Hokage baka... tutto sommato
andava tutto alla perfezione!- patria di suo marito.
Quella parola sfumò sulle labbra, sbriciolandosi in brandelli. Ancora si dovevano unire nel sacro vincolo del matrimonio ma ormai potevano venir
considerati una coppia ufficiale, con tanto di anelli di fidanzamento al dito. Stronzate.

Tutto. Il matrimonio, era solo una tattica per monopolizzare una persona, gli anelli erano giuramenti fatti di castelli di sabbia, l'abito bianco nient'altro che uno stipendio speso male.
"Stronzate"
Farfugliò la ragazza, infilandosi il leggero cappottino primaverile, poco audace per sfidare la fresca brezza che preannunciava l'arrivo di un imminente Primavera.

Batté i denti per il freddo, girò due volte la chiave nella toppa, tremando. Tanto fra pochi secondi ci avrebbe pensato la sua stufetta a riscaldarla, e ovviamente il caro vecchio metodo delle coperte,
infagottata come un pulcino pronto a rinchiudersi a vita nell'uovo.

Almeno fino al giorno dopo... la vita monotona di sempre, i soliti appuntamenti, gli amici e le loro sarcastiche battute, le loro beffe scherzose, i soliti sorrisi di cartapesta prefabbricati e marchiati
con uno stampo vecchio stile.

"In-Ino" le sembrò un sussurro, fievole.
Dapprima non ci fece caso, temendo per la sua sicurezza, aggrovigliandosi nel giubbottino come se quel semplice indumento avesse potuto proteggerla per ogni evenienza.
"Ehi Ino!" esclamò, prendendole bruscamente un braccio.

Stava per urlare quando una mano -terribilmente odorante di alcool – tappò la sua bocca, con agilità non indifferente; quando finalmente focalizzò l'immagine del ragazzo davanti i suoi occhi lasciò
andare il peso del cuore che nel frattempo le era arrivato in gola, per ritornare al proprio posto.

"Shikamaru... ma cosa ci fai qui?" domandò, squadrandolo da capo a piedi.
"Bella domanda" ghignò sardonico, passandosi velocemente una mano sulla zazzera scura. Piegò un sopracciglio Ino, pensando veramente che si fosse ubriacato e che quello era solo un delirio
post-sbronza, e lei era la povera vittima malcapitata all'angolo di un ciglio vuoto.

Disgraziata sfortuna.
Imprecò più volte contro i dei, poi si rese conto che forse era meglio riconcentrarsi su quel poveretto che aveva perso di botto il proprio quoziente intellettivo, riducendolo in poltiglia.
"Perché faccio questo?"

Chiese, aprendo le braccia con un ché di teatrale. La bionda si sentiva ancora più confusa e prima che potesse sibilare una semplice vocale un altra domanda, sparata a raffica come un fulmine,
piombò nella sua mente, impedendole di rispondere di dovere.
"Perché mi sposo? Che senso ha? Voglio dire... non è una gigantesca cazzata?"


Oh sì. Eccome.
Era maledettamente tentata di rispondergli in quel modo, ma la parte dell'amica razionale e affettuosa, nonché responsabile -quest'ultimo ruolo le conveniva poco- superò di gran lunga la parte
acida e menefreghista, probabilmente ora che era adulta, la visione del mondo le appariva tutt'altro che perfetta, anzi erano più i buchi che le toppe sulla Terra... l'aveva imparato a sue spese.
"Shika, ragiona" gli cinse le spalle, ormai aveva dimenticato persino il freddo glaciale che le distruggeva le ossa. "Tu la... ami", faticò, il groppo in gola si faceva pesante "Tu la ami. Tanto" si convinse. Cosa
poteva farci se la Sabaku non le era mai andata tanto a genio?
"Ripetilo"

"Io...", barcollò, era la riprova del fatto che l'alcool aveva sortito il suo effetto... ora che veniva a mancare anche a Nara ci si poteva giocare anche l'intera Konoha. Lo tenne stretto, con una pazienza
fino a quel momento estranea. "La amo" annuì.

Qualche macchina passò, sfrecciando ai limiti del massimo, la radio accesa a tutto volume su qualche nuova hit mondiale, che vendeva sul mercato qualche centinaia di migliaia di copie... la musica
sovrastava tutto, le parole, i respiri, i sospiri malcelati. "Purtroppo" ripeté meccanicamente Ino, ma questo sfuggì al raziocinio del giovane che ora era preso da tutt'altri pensieri.

"Ti sembrerà un discorso stupido...", iniziò, sapendo perfettamente di non poter dire nulla di sciocco, quelle labbra non bestemmiavano idiozie. "...ma ci si può accorgere di aver sbagliato... totalmente?"
marcò l'ultima parola, avvicinandosi con una strana e pericolosa distanza alla ragazza.

Razionalità. Razionalità. Razionalità.

Si ripeteva come un ritornello, ignorando il battito del cuore accelerato, l'iperventilazione che sembrava volerla soccombere da un momento all'altro e le ginocchia che tremavano, e non per il freddo.
"No", lo allontanò, spingendolo prontamente indietro. "Non si può tornare indietro, anche se fosse così"

Non osò guardarlo negli occhi, non voleva affogare.
"E se volessi premere il tasto per accelerare i tempi?" poggiò un dito sul suo mento, avvicinandolo bruscamente al proprio, fino a sentirlo sfiorare.
"Shika sei ubriaco" comunicò, tentando d'allontanarsi.
Ma la forza del suo petto era misera in confronto a quella del ragazzo che adesso stava lentamente confessandole un amore -poteva definirlo tale?- pudico e violento, casto e letale, sacro e profano.
Il migliore dei mali era sicuramente la lussuria... lo sapeva, alla tentazione si poteva solo cedere.

"Mai stato così lucido" affermò, sfiorandole le guance di marmo.
Fremette Ino, il candore della sua pelle divenne color oca, il turbinio d'emozioni che lottavano nel suo cuore erano una battaglia doverosa, da vincere ad ogni costo. Eppure queste non volevano saperne
di battersi... si limitavano ad appendersi a specchi di finta indifferenza, finendo inevitabilmente per scontrarsi con la realtà. "Te ne pentirai . Me ne pentirò"

Sospirarono, all'unisono.
"Lo so" ancora insieme, come risvegliati e condannati ad una favola destinata a morire sul nascere.
Conveniente però, pensò Ino, sentendo due braccia avvolgerle la schiena in modo tutt'altro che amichevole, la bocca essere spezzata in due da dolenti baci dal nome sofferenza. E non poterono che
sfuggirle due stille d'acciaio, che tentò di nascondere in tutti i modi.




Quello era un suicidio.
Ma le sembrava bello che non fosse la sola a compierlo...
anzi, accanto a lei c'era il genio di Konoha.
Allora anche i geni commettono follie, passi falsi, diventano preda di qualcosa.
O, per dirla in termini più comuni,
Si innamorano.





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Capitolo 3
*** Inside your heart - Primo Parte. ***





Capitolo Primo.

Ciò che gli occhi non riflettono














"Tegamino oppure omelette?" rifletté mentalmente Ino, un uovo tra le mani e una pentola sul fuoco, che aveva tutta l'intenzione di essere usata Alla fine non scelse nessuna delle due.
Tipico. Rise tra sé e sé, adorando il suo magnifico senso di contraddizione.
Qualcosa d'armonico e al tempo stesso fastidioso sembrò trillare nell'aria. "Shikamaru! Il cellulare!" disse, avvertendo il suono dalla tasca della giacca, malamente poggiata a terra,
o meglio gettata brutalmente a causa di una voglia morbosa che non riuscivano a contenere.

"Lascialo suonare..." disse lui, sotto il getto dell'acqua calda. Ino obbedì, tuttavia una certa curiosità la portò a controllare la chiamata sul display illuminato.
Com'era prevedibile era proprio Temari -com'era scritto a caratteri cubitali-.

Ripose l'oggetto nella tasca, avvertendo quello strano senso di malinconia contorcerle lo stomaco, farla sbuffare esasperata da quella situazione... ogni volta le sorrideva, stringendole
cordialmente la mano, un attimo dopo ecco che tutti e due si volatilizzavano, non certo per salutarsi o parlare dei bei vecchi tempi. La ragazza si guardò la camicia scura, le arrivava appena
sotto il bacino, scoprendole le gambe; il suo odore impresso sopra, poteva viverlo solo alcuni attimi.

Chinò lo sguardo, osservando le uova friggere e un vapore caldo arrivare fin sopra la cappa. "Temari!"
Si voltò, osservando Shikamaru al telefono, si mordeva leggermente le labbra – lo faceva ogni volta che voleva nascondere qualcosa-, si asciugava i capelli con uno strofinaccio di spugna
e lasciava le goccioline di acqua scendere leggiadre sul suo petto, attraversando ogni cunicolo.

"Sì,sono in missione" affermò, cercando d'evitare lo sguardo di Ino. La fragile barriera nel suo cuore si sgretolò, odiava da sempre le menzogne, odiava i convenevoli sorrisi che si scambiava
con la bionda di Suna, odiava dover fabbricare ogni volta un'espressione allegra che non tradisse la maschera di cera sotto il suo volto."Tornerò... fra qualche giorno" rispose arrendevole,
sospirando amaramente. Si gettò sopra il divano. Ino sentì un piccolo rumore, ovvero il tasto di spegnimento del telefono. Sospirò anche lei, mettendo nei piatti le uova.

Shikamaru depositò deboli baci lungo la linea curva del suo collo, facendole provare un nuovo brivido. Sempre con la solita carica sensuale, le sfilò la padella di mano prendendola invece
per i gomiti e girandola dalla sua parte. "Che c'è? Non devi andare?"

Sbottò irata, sfuggendo ai suoi occhi onice.
"Fra qualche giorno. Non far finta di non aver ascoltato nulla Ino, non ti riesce affatto bene", le toccò il mento di porcellana, alzandolo un po'.

Le guance le si gonfiarono nervose, divenendo due palloncini pronti a scoppiare da un momento all'altro.
"Fanculo Nara", borbottò, liberandosi delle sue mani. Ma non del suo corpo... difatti le loro gambe erano incatenate in una strana quanto scomoda posizione, e quelle di Shikamaru non
volevano proprio muoversi.
"Lasciami verme schifoso" mormorò, come un insulto al più
stronzo degli uomini.

"Sei seccante Yamanaka..." sbuffò, sfiorandole con le labbra la linea del seno, i primi bottoni aperti sotto la camicia, a volerlo invitare a unirsi a lei. Ino ansimò alcuni istanti, sotto il suo
tocco terribilmente affascinante si sentiva morire, le difese venivano meno.

"Sei un maledetto bastardo"
Affermò, prendendogli il bavero della camicia e attirandolo a sé. E fu un gioco meccanico, una ballata veloce e sensuale, una melodia che li avvolse completamente, facendoli girare in tondo
per la stanza e alla fine facendoli accasciare a terra, sul pavimento marmoreo e freddo. Le piastrelle color albicocca erano gelide sotto i loro corpi ma la fiamma dell'amore era accesa,
più viva che mai.

Ansimò ancora, cercando di riprendere fiato. Il petto dondolava su e giù, rapido e incalzante il suo respiro veniva meno.
"Io ti odio" mormorò, cercando di respingerlo via, sentendo ancora le
goccioline d'acqua stabilirsi perennemente sulla sua pelle... un nuovo brivido.

"Io invece ti amo, pensa" la beffeggiò.
Arrossì per un attimo, uno solo... Poi la sua pelle riassunse un colorito simile all'opacità dei muri bianchi, rigato ogni tanto da un rossore color pesca.
"Che bastardo" sibilò, prima di sentire ancora
il suo corpo premuto sul proprio, l'agilità delle labbra nel succhiare le sue, lo sentiva, lo viveva, volava in un'altra dimensione, assieme a lui.


"Io invece ti amo, pensa-"
Fu a un passo dal sentirsi scoppiare.
"E io sono la stupida che ti ama ancora, pensa"
Fu solo una riflessione che tenne serrata fra le labbra umide.



Suna, due giorni dopo, ore 16:30.



"Shikamaru!" lo stupore della donna fu letale, per un attimo.
Avvertì solo dopo due forti braccia stringerlo nella propria presa, unghie lunghe e affilate premergli sulla schiena e il viso affondare nella divisa da Jonin.
"Non mi avevi avvertito che saresti tornato adesso!" lo guardò lei, con quegli occhi smeraldo, talmente profondi che se li si contemplava si rischiava di essere inghiottiti.

"Già, sorpresa!" proclamò, toccandole le trecce ordinate dietro il capo.
"Mi sei mancato..." sospirò lei, allontanandosi un po' per lasciarlo respirare.
Non erano doti di Temari sicuramente la dolcezza e quella sottile vena di romanticismo; anzi da quando la conosceva e da quando era divenuta la signora Nara quella cosa veniva ancor meno.

"Anche tu" decantò lui atono, ad un passo dal tracollo. Era stata quella notte di due anni fa, con Ino a fargli cambiare definitivamente la visione del mondo, ma cosa
poteva fare se non accettare il suo destino adesso?. Subiva le conseguenze delle sue azioni, così avrebbe continuato per anni.

Avrebbe dato tutto a Temari, tutto quello di cui ha bisogno una donna per essere felice. Ma dall'altra parte, c'era lei.
Lei. Il suo cuore.
Lasciò che le labbra di Temari cercassero le proprie, per poi trovarle e unirsi insieme. Era un bacio diverso dalla scossa elettrica che avvertiva con lei, l'altra...
era qualcosa di forte, talmente tanto da parer di morire da un momento all'altro.

Un sospiro melanconico gli sfuggì dalle labbra, già gli mancava.





Konoha, alcuni giorni dopo, ore 11:30


Ino faticava a tenere quelle carte ingiallite tra le mani, sentiva uno strano e alquanto fastidioso formicolio alle dita, l'agitazione voler scoppiare dal petto,
l'ansia invaderle ogni arteria.

"Ne è sicura?", domandò, trasalendo.
La signora si aggiustò maniacalmente le spessi lenti -due fondi di bottiglia- per l'ennesima volta... Squadrò per un momento quella giovane in preda a convulsi
scatti di rabbia, così impaurita e sprovveduta nei confronti del mondo.

"Sì. L'ecografia lo conferma... vede questo puntino?. Lì c'è suo figlio. Se desidera abortire le conviene farmelo sapere presto"
Continuò.
La ragazza non diede più di tanto peso a quelle parole, strinse solamente gli occhi, riducendoli inevitabilmente a due fessure; le bruciavano le iridi,
si infiammavano le ciglia scure sotto le palpebre. E solo il gelo dimorava nel suo cuore e nel suo animo. Camminò a passi lenti e cadenzati, facendo oscillare la borsa
avanti e indietro, osservando attentamente quell'universo nero nel quale era rinchiuso un piccolo puntino bianco.
E il respirò le si mozzò in gola, un dispettoso formicolio avvelenò le sue dita,
rendendole insensibili a qualsiasi contatto umano. Sentì la suola delle infradito battere sul pavimento marmoreo, mentre si accingeva a prendere le scale e posare la mano
ossuta sul corrimano di legno.
Ed in quello stesso momento
sentì la sua vita cambiare... doveva ancora capire se in meglio o in peggio.






Konoha , qualche giorno dopo, ore 16:00.


"Shika?" lo chiamò lei, melliflua. Tono preoccupato e delicato, troppo per una ragazza tutto pepe come lei.
Il ragazzo sembrò non darci troppo peso, occupato tra mille scartoffie da compilare.


"Sì? Veloce, sono occupato" le rispose frettoloso, borbottando rapidamente quelle poche sillabe.

"Ti devo parlare. Urgentemente" aggiunse, sentendo un groppo depositarsi in gola.

Forse la bella favola stava volgendo al termine...
quella storia che avevano scritto insieme, cogliendo tra le righe ogni sfumatura adesso stava per trovare un punto a capo.
E poi la parola più dolorosa di tutte : Fine.





Continua

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Capitolo 4
*** Inside your heart - Seconda Parte ***






Inside your heart








Sei incinta...?”

Sì”, la ragazza abbassò lo sguardo, come a colpevolizzarsi. Istintivamente portò una mano sul ventre, ancora piatto, massaggiando con cautela quel bambino che viveva dentro di lei.

Te ne libererai...”, le scrollò le spalle Shikamaru, in modo irruento. “... vero?”

...”

Silenzio.

Vero?”, ripeté lui. Occhi assassini, tono di voce che si alzava di un'ottava, mani che fremevano di rabbia. Ino non riuscì a nascondere un certo timore, di fronte quegli occhi che le apparivano improvvisamente carnefici.

Parli come se non volessi seccature, Nara... non t'importa neppure un po' del nostro bambino...”, gli prese il volto, stringendolo in un palmo.

Stavolta fu lui a tacere; smise perfino di toccarla, distanziandosi improvvisamente da lei.

Ho capito”, annuì Ino, appoggiandosi con una mano al marmo bicromatico del lavabo.

Torna da lei, allora”, gli diede le spalle. Non voleva mostrarsi fragile, di fronte a lui.

Torna da tua moglie”






Ino si stava girando tra le dita un piccolo rettangolino scuro, sfocato qua e là da un bianco tendente al grigiastro. Era solo l'ecografia, che stava osservando come un'ossessa, ormai da ore.

Un rivolo salato le scese sullo zigomo, fino a toccare terra, con la proverbiale lentezza della sofferenza. Shikamaru aveva sbattuto quella porta da ore, lasciandola sola con l'amarezza, il rimpianto, la rabbia... Osservò i vestiti di Shikamaru, sparsi qua e là per la stanza -era solito lasciare sempre qualche sua traccia quando se ne andava, chissà, forse per lasciargli un segno della sua presenza-, e pianse.

Una lacrima tirava l'altra... e Ino strofinava la maglia di lana sulle guance marmoree, singhiozzando di tanto in tanto. Alla fine lui aveva scelto... doveva saperlo.

Lui aveva una famiglia, o almeno era in procinto di costruirne una, tutta sua. E lei era il terzo incomodo, l'intrusa. Perché il loro matrimonio era perfetto, era lodato e stimato da tutti... quel matrimonio. Shikamaru però, gli aveva più volte raccontato che aveva sposato Temari per inerzia, per affetto, non certo per amore.

Ma così come l'aveva costruito quell'amore -in tempi immemori, ormai remoti- poteva distruggerlo?



Konoha, tarda notte.






Il citofono suonò, ripetutamente.

Ino aveva preso sonno, era caduta nel mondo dei sogni... quella sottile linea che divideva il reale dal surreale, la felicità dalla sofferenza. Quest'ultimo paragone le parve assai azzeccato, dal momento che aveva l'impressione di aver fatto un sogno dal vago sapore della felicità.

Appena aveva aperto gli occhi -scossa da quel dannato suono-, aveva visto per un momento il ritratto della gioia, palesato davanti i suoi occhi... tutto era bianco, di quel candore che dissipava il nero, il baratro in cui scendeva solo chi aveva perso ogni speranza.

Così, si alzo di malavoglia, scrutando con estrema attenzione le crepe sul soffitto immacolato, di un anonimo color latte, artificiale. Massaggiò il capo, sbadigliando più volte.

“Chi è?”, trattenne un'imprecazione colorita. Si voltò, per cercare l'orologio da parete ereditato dalla nonna. Segnava le due di mattina.

Ino sgranò gli occhi, col rischio di farli uscire dalle orbite.

Se era qualche combriccola di adolescenti, non avrebbe esitato a mandarli dove sapeva lei, di dovere.

“Chi è?”, proferì ancora, non avvertendo risposta alcuna.

“Ino”, un respiro soffocato.

Scossa in fondo al cuore, battito accelerato.

“Shika”, pronunciò quel nome con lentezza, quasi infastidita. Si poggiò sulla parete, scendendo verticalmente e trasportando con sé quel citofono dal quale udiva solo sospiri malcelati.

“Fammi entrare”

Sarebbe bastato alzarsi, spingere quel semplice bottoncino grigiastro, aprire la serratura chiavata più volte e farlo entrare. Poi lui l'avrebbe baciata, l'avrebbe presa fra le proprie braccia e le avrebbe sussurrato qualche laconico sussurro, dal sapore vagamente dolciastro.

Ino vide un film davanti i propri occhi; improvvisamente rinnegò col capo, espirando, dopo una breve apnea.

“Ino...”, ancora il suo nome, pronunciato con cautela.

Se lo immaginava... la testa sbattuta al muro e quei sospiri che ogni tanto gli sfuggivano dalle labbra.

Fu silenzio.

Lei che probabilmente non si fidava di lui, lui che non sapeva se voleva lei. Entrambi in preda ai dubbi, non riuscivano a dipanarli in alcun modo.

Mise il citofono al suo posto Ino, sbattendo con irruenza un pugno alla parete, battendo la testa sulla porta di mogano... si fece male, molto male. Le nocche erano divenute due pesche rosse, mature.

Ma non le importava, sognava solamente una vita migliore, e la sua felicità non la poteva trovare di certo negli uomini.

Il citofono suonò, ancora. Avvertì i sentimenti di Shikamaru, la sua rabbia, il suo rancore, il suo indomabile orgoglio che in quel momento aveva sacrificato, solo per lei. “Sì...”, non era una domanda, era un'affermazione.

“Ti amo”

Barriera che si frantuma.

Crepa.

Barriera che cede.

Crepa... più profonda.


Scoppiò a piangere, esplose.

Quei sentimenti li aveva covati fino ad allora, convinta che Shikamaru non provasse il medesimo sentimento. E si era più volte interrogata, più volte aveva pensato che quella relazione, quel legame che vigeva fra loro due, era illusione, solo illusione.

Forse Shikamaru la sentì: d'altronde i suoi singhiozzi era vivi e forti, echeggiavano nelle mure domestiche. Si spaventò, poi strizzò gli occhi, indecisa sul da farsi... Ma lui la superò, sibilando poche parole.

Poche ma incisive parole.

“E addio”

Dopodiché si era defilato. Avvertì la corsa del ragazzo, i suoi passi sempre più udibili e poi, man mano, sempre più impercettibili, fino a smarrirsi del tutto.

Cadde. Fece un tonfo sordo, toccando con le ginocchia terra, sul freddo pavimento di quei pochi metri quadrati.


Aveva sentito la parola più bella della sua vita e quella più brutta.


Ti amo.


Cuore in gola, attimo di smarrimento, lacrime agli occhi.


Addio.


Tristezza inesprimibile a parole, amarezza nel timbro della voce.


Ti amo... addio.

Sarebbero state le parole che avrebbe conservato per sempre

dentro di sé.






L'amore è sempre amore.

Si presenta sotto vari aspetti, sia esso fisico, platonico, materno.

L'amore è sempre amore.

E vale sempre la pena viverlo.


Anche se soffoca, ci urta, ci fa piangere ed anche un po' ridere... anche dopo tanti anni, anche dopo una cocente delusione, anche quando saremo vecchi e avremo solo un vago sentore dell'amore, causa poca memoria...


In fondo Shikamaru amava Ino.

Non l'amava alla luce del sole, non l'amava come una donna merita di essere amata. Ma quell'amore che le aveva dato e poi dimostrato le sarebbe bastato, per l'eternità.






Fine.










Ringraziamenti =>:



ryanforever: sì, ho fatto una cosa alquanto complicata... questa è una raccolta angst, ahimè. Per risponderti a quella recensione che mi hai lasciato sulla ShikaIno comica... sì, è strano scrivere una commedia per me, XD. Però ogni tanto fa bene cambiare, anche se mi trovo sicuramente meglio nell'angst -è uno stile di vita u.u-


celiane4ever: AW! Vale-chan *_*. Ma tu che ami gli Happy Ending sei capitata proprio qua? XD.

Il White Midnight non sarà da meno, sappilo XD

*Anche se sto valutando un lieto fine °-°*


Globulo Rosso: Tesoro mio! Grazie mille dei tuoi splendidi commenti *_*. Sì, spero di non esser stata “effetto depressione”, un bacione caraH <3.


Hana Turner: Ahimè è una raccolta angst, quindi tutto si conclude in tragedia XD. Cosa ci posso fare? Il mio spirito è angst *ç*.


aki96: ebbene sì, il colpo di scena dello scorso capitolo XD. Piaciuto il finale? Bye, fammi sapere <3.


morettina_na: Continuata *O*, spero che il finale ti sia piaciuto ^^.




La prossima è l'ultima *_*.

La sto già preparando, sarà una breve raccolta -in un unico capitolo- basata su una canzone che adoro particolarmente, se ce la faccio la posto domani!

(Domani che inizia la scuola, sentite condoglianze a tutti T_T.

Riguardo questa non ho da dire molto, a parte che Shikamaru e Ino si amano -ma questo era palese U_U-, ma sapete la mia vena angst non smette mai di pulsare *_*. Per chi si chiede cosa sarà successo al bambino di Ino, l'ha tenuto <3, solo che Shikamaru non lo saprà mai, perché lei si trasferirà altrove.

Credo che farò una Spin-Off *annuisce*, riguardo questa mini long ff *_*.


Grazie a tutti!



Kiki.


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Capitolo 5
*** 5. Zucchero filato ***







Zucchero filato











Esiste qualcosa di così perfetto in natura – un equilibrio, già – che non è possibile descrivere.

Per esempio, il fatto che dopo la tempesta subentri l'arcobaleno: è scientificamente provato ma dietro il miracolo della scienza c'è l'operato della natura.

Perché, vedete, la tempesta e l'arcobaleno sono diventati due simboli: come dire, dietro una lacrima, c'è sempre un sorriso.

A volte, il cielo ci vuole mandare dei segnali.

Forse.







«Yamanaka, ti sei bevuta completamente il cervello?»

Si limitò a commentare Shikamaru, stiracchiando le braccia in alto.

Ino lo fissò imbronciata, poi voltò lo sguardo dall'altra parte. Allorché, il ragazzo sminuì ulteriormente le sue teorie: «E chi te l'avrebbe detto, poi? Una veggente... Solo tu puoi sprecare soldi in questa maniera.»

Ino stavolta intervenne, pronta a dargli il dovuto benservito: «Me l'ha detto per strada, Shika. Non ho speso nemmeno uno yen. E poi... l'ho sentito

«Sentito?»

Ripeté il ragazzo.

«Sentito, sì. Il rumore della natura, il suono aspro del vento, la furia della pioggia.»

Shikamaru, per quanto razionale, quasi prova timore ascoltando le teorie di Ino. Osservandola così concentrata, si sente un misero umano. Sì, un dannatissimo essere umano che non vede più in là del proprio naso, escludendo a priori qualunque logica meno ovvia della propria.

«Il problema Shika è che... tu vedi. Tocchi. Io credo

Sospira la ragazza, buttandosi – nel senso letterale del termine – a terra. I fili d'erba urtano la sua schiena, ma le bastano pochi minuti per abituarsi e quella sensazione diventa solo solletico.

Fissa il cielo azzurro Ino – così idolatrato da Shikamaru – cerca di comprendere le forme delle nuvole, ma riesce a vedere solo zucchero filato. Sì, proprio così.

«Zucchero filato.»

Ribadisce, ad alta voce.

«Eh?»

Non riesce proprio a comprenderla, è surreale il modo in cui Ino arriva a certi ragionamenti. Fantastico, proprio perché assurdo. Ino gli indica un punto – uno fra i tanti, infiniti, nel cielo – e i suoi occhi vanno a scoprire una nuvola più deforme delle altre.

«Tu non ci crederesti, ma è zucchero filato. Tu, Shika, hai bisogno di toccare lo zucchero filato... assaggiarlo, forse. E, anche avendolo assaggiato e toccato, non è detto che tu ne sia pienamente convinto. Io... credo. So. Non è più bello così, il mondo?»

«Bello?» ripete il ragazzo, piuttosto costernato. «E dove la metti la differenza tra reale e irreale?»

A questa domanda Ino non risponde, si limita a chinare il capo e a strappare un filo d'erba. Poi, pare accorgersi solo in quel momento, Shikamaru è ad una spanna dal suo volto, in ginocchio. È intento a guardare nella sua stessa direzione, non si è reso conto che i loro visi si sono avvicinati più del necessario – il respiro di Shikamaru... ha paura. Paura, sì, di esserne travolta – e a quel punto ad Ino non può che balenare una domanda in mente:

«Non vuoi baciarmi?»

Sussurra. È talmente sottile il suo timbro di voce, in quel momento, che non si stupirebbe se il ragazzo non avesse udito quella domanda – supplica?.

Shikamaru l'ha sentita, invece – anche quando non parla, la sente.

«Cosa diavolo ti...»

«Senza pensare.»

Butta una frase a caso, totalmente priva di razionalità. A Shikamaru riesce davvero difficile quell'azione, dal momento che è totalmente dominato dal pensiero.

«Senza pensare.»

La bacia, senza pensare. Non hanno paura di sembrare impacciati, non c'è timidezza ma solo coscienza. Sì, esiste una coscienza istintuale che ci permette di dominare la ragione. Ino sorride, quando Shikamaru riprende fiato; sorride, perché sa già di aver risposto ad una sua domanda: «Vedi? Credevi tutto ciò irreale un attimo fa, invece è reale. Vedi... come si varca il confine?»




Esiste qualcosa di così perfetto in natura – un equilibrio, già – che non è possibile descrivere.

Per esempio, il fatto che dopo la tempesta subentri l'arcobaleno: è scientificamente provato ma dietro il miracolo della scienza c'è l'operato della natura.

Perché, vedete, la tempesta e l'arcobaleno sono diventati due simboli: come dire, dietro una lacrima, c'è sempre un sorriso.

A volte, il cielo ci vuole mandare dei segnali.

Forse.



E, un giorno, il cielo ruggì contro di loro.

D'un tratto si sentirono le sedie traballare, la terra muoversi sotto il terreno e le urla, i gridi di paura – Dov'è il mio bambino?, gridava una signora in preda al panico il terrore dimorava nei loro sguardi.

Agitazione, in una sola parola.

Ino in quel momento si volta verso Shikamaru: non si parlano, le parole sono preziose proprio perché poche – sanno già come sarebbe andata a finire – e non vanno sprecate in stupidi battibecchi.

«Ino, mendosuke, cosa fai?!»

Urla Shikamaru, non riuscendo a trattenerla. La mano di Ino si divincola dalla sua presa – gli sembra quasi d'aver afferrato l'aria, effimera ma preziosa – e, traballante, si dirige fuori dal locale.

In verità, pochi minuti prima, loro non stavano facendo un bel niente: Shikamaru non aveva voglia di dialogare con lei e Ino non voleva turbare l'apparente quiete che leggeva nel suo sguardo. Poi, si sentì una forza disumana... Una furia distruttrice che in pochi secondi aveva fatto crollare tutta la storia di quel mondo – sì, quel piccolo mondo – senza muovere un dito. Non aveva forma, non aveva volto ma bastava che sfiorasse più audacemente del solito le case degli abitanti e il sottosuolo per intimorire una moltitudine di abitanti.


«Shika, la vedi?»

Ino punta lo sguardo in alto. Il ragazzo la osserva da una modica distanza, cercando di mantenersi ad un qualunque appiglio – ignora le suppliche degli abitanti, ignora le pretese quali: “ragazzo, cosa ci fai qui? La terra si sta sgretolando e tu te ne stai fermo... qui, impalato” e dopo qualche secondo “Fai come vuoi! Al diavolo!” – mentre la ragazza lo fissa con un'ovale di stupore.

Stupita, sì. Adesso c'è una pioggerellina sottile – tanti aghi acuminati, che sembrano lame di coltello– e un po' fastidiosa... ma va bene così.

«E' come se... stesse piovendo zucchero filato» aggiunge, quasi ne fosse deliziata. «... Mi credi?»

Shikamaru la fissa intensamente, soppesa il reale significato di quella domanda e, poi, le risponde: «Sì... ti credo.»

E d'un tratto, si ritrova accanto a lei. Le loro dita sono intrecciate, come se avessero suggellato un patto: sì, come se dicessero “tu mi credi, allora anche io credo in te”.

Il mondo, piano, scoppia. Ma non lo sentono – no, è troppo breve quell'istante. Troppo, persino per pensare – ma hanno la sensazione di essere assorbiti da qualcosa: una nube bianca, densa, una luce che li sta guidando in tutt'altra dimensione.

In quel momento, Ino sorride e Shikamaru sa già cosa sta pensando: «Sì, è zucchero filato.»

La rassicura lui, iniziando a credere di più e ad esistere di meno.








Fine.





Note:

E questa era l'ultima.

E' molto filosofica – introspettiva, diversa dalle altre... Spero vi sia piaciuta ^^.

Si può leggere come un AU o meno, in fondo a Konoha potrebbe benissimo presentarsi un terremoto di tali dimensioni, gli eventi imprevedibili della natura insomma.


Ringrazio:


ryanforever: la spin off di “Inside your heart” ci sarà... ma non ora. Probabilmente verso metà agosto, dato che – come ben sai, dato che ti vedo spesso nelle mie fan fiction *-* – ho tanti impegni da portare a termine. Questa è una raccolta angst, mi dispiace aver distrutto l'ottimista che è in te XD. Però, volendo, possiamo leggere questa fic come un happy ending – in fondo muoiono insieme e innamorati u__u. Grazie mille, un bacio!


celiane4ever: Vale, mi dispiace XD. Sapevo che tu eri un'estimatrice dell'happy ending, ti ho distrutta immagino °-°. Grazie mille cara, spero che questa ti sia piaciuta! Un bacio e grazie!


Hana Turner: grazie mille e... sì, l'intento è proprio di lasciare qualcosa nel lettore. Spero che anche questa ti sia piaciuta! Un bacio <3.


E tutte le preferite/seguite, grazie mille

*_*



Alla prossima!


Kiki.


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