Loro sono il cibo, noi siamo i cacciatori. Yes, my heichou!

di Ilebar98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio ***
Capitolo 2: *** Quel giorno ***
Capitolo 3: *** Riconoscenza ***
Capitolo 4: *** Domande ***
Capitolo 5: *** Missione ***



Capitolo 1
*** Risveglio ***


1.    RISVEGLIO
Anno 845
Città di Shiganshina, Wall Maria

“Sebastian…”
Il piccolo conte Ciel Phantomhive si svegliò di soprassalto. Aveva un forte mal di testa, forse dovuto ai festeggiamenti della sera precedente per il suo 12esimo compleanno.
Non era abituato a ricevere così tanti ospiti alla magione, ma Lizzy lo aveva costretto.

***
 
“E dai Ciel, stasera non dovrai pensare a nient’altro che divertirti con tutti quanti! Dopo quel mese in cui sei sparito, per me è diventata una rarità vederti sorridere e rilassarti un po’…  Allora siamo d’accordo?”
Ciel non avrebbe potuto rifiutare una richiesta così insistente della sua fidanzata. Non voleva deludere le sue aspettative.
“Va bene Lizzy, ma una cosa.”
“Si?”
“Per quanto riguarda i preparativi, lascia tutto a Sebastian…”
“Oh no! E io che avevo già pensato alle decorazioni, all’allestimento della tavola e a…”
“Non ammetto repliche su questo. Altrimenti sarò costretto a non dare la festa”
“Uffi, alla fine l’hai sempre vinta… Ma va bene Ciel!”
E in quel momento Lizzy, chinandosi un pochino, gli aveva schioccato un timido bacio sulla guancia, cosa che fece arrossire non poco il conte. Proprio in quel frangente, il maggiordomo corvino entrò nello studio, e, al vedere il volto paonazzo del suo padrone, non poté fare a meno di ridacchiare allegramente tra se e se.
“Ho forse interrotto qualcosa di importante, bocchan?”
“Impara a tenere la lingua al tuo posto, e sbrigati con quel te’”
“Yes, my Lord” fu la secca risposta di Sebastian. Dopodiché appoggiò il corredo sulla scrivania del padroncino, e presentò ai due ragazzi il dessert del pomeriggio: un millefoglie con crema ai frutti di bosco dall’aspetto assai invitante. E sparì silenziosamente com’era entrato.

La serata era proceduta in maniera liscia, a parte il fatto che quel mentecatto di Lau non si era fatto alcun problema a trascinare con se l’intera schiera delle sue amanti, dove spiccava Ran Mao, sempre appiccicatagli addosso. Di sicuro non erano stati gli ospiti più difficili da intrattenere, semmai da trattenere.
E come avrebbero potuto perdersi la festa Soma e il suo maggiordomo Agni? I due erano letteralmente elettrizzati, anche perché non avevano ancora avuto l’opportunità di partecipare a qualche tipo di evento mondano in Inghilterra.
“Cieeeeeeeeel!!! Cosa devo fare quando una signora mi saluta? Come devo tenere il piattino? Va bene come sono vestito? Mi si nota abbastanza??? Ciel! Ciel! Non mi stai ad ascoltare!!!”
Il conte era spazientito, e soprattutto, stupefatto di quanto chiasso solo Soma potesse fare, sovrastando tutti quelli che erano loro attorno. Ma ormai aveva capito che l’unico metodo con quel bambino troppo cresciuto era ignorarlo: e infatti così fece per tutta la serata, ottenendo i risultati sperati.
Nonostante questi piccoli “inconvenienti”, non poteva dire di non essersi lasciato andare un po’. Per una sera aveva tolto la maschera da duro e aveva cercato, anche se con molto sforzo, di dimostrarsi gentile e disponibile con tutti. Forse una festa così ogni tanto gli avrebbe giovato, dopotutto.

***

Ciel si rigirò nel letto, trovandolo insolitamente scomodo. Non riusciva a capacitarsi dei pensieri che aveva appena fatto. Lui, che aveva stretto un contratto con un demone, non aveva tempo per dedicarsi a simili frivolezze. Per quelle c’era già Lizzy. Gli importava di una cosa soltanto: vendicare il nome del suo casato e scovare chi aveva osato infangarlo quel giorno di due anni fa. Solo allora si sarebbe dato pace.

In mezzo a queste riflessioni, si rese conto che era sveglio da un po’, ma Sebastian non era ancora arrivato. Strano. Il suo maggiordomo era sempre impeccabile e puntuale, era impossibile si fosse dimenticato di venirlo a svegliare. Il conte si alzò perplesso, e rimase sorpreso non poco notando che, nell’atto di scendere dal letto, non aveva avuto bisogno di aiuti, in quanto arrivava benissimo a toccare terra. Che fosse finalmente cresciuto di qualche centimetro? Da un giorno all’altro non poteva essere.
Ciel si mosse nell’oscurità della stanza, dirigendosi verso la grande finestra che dava sul giardino del maniero, in modo da far entrare un po’ di luce. Quale fu il suo stupore quando, al posto della finestra, vi trovò la parete!
Era piuttosto sicuro di non aver assunto alcolici la sera prima, non era ancora in età. E se lo aveva fatto, inconsciamente. Come poteva confondersi così, se in quella casa ci aveva vissuto fin da quando era nato? La conosceva a pennello.
Avanzò tentoni lungo la parete, quando finalmente trovò qualcosa che somigliava a una finestra. E improvvisamente si rese conto di non essere a casa sua. Il letto troppo basso e duro, la finestra che di colpo si trovava dall’altra parte della stanza e per giunta si era rimpicciolita…
Dopo qualche tentativo, riuscì ad aprirla.
Il panorama che si trovò davanti quasi lo fece svenire.
Ciò che si stagliava fuori da quella che ora appariva essere la sua abitazione, non era il giardino di villa Phantomhive, e neppure le strade ordinate e buie di Londra che poteva scrutare dalla sua residenza in città.

Sembrava essere tornato secoli indietro, nel Medioevo. Davanti ai suoi occhi si stendeva per chilometri una città a lui sconosciuta, dalla conformazione caotica. Le case che riusciva a scorgere dal secondo piano dove si trovava erano rozze, mal costruite, e ammassate le une alle altre. Lo facevano sentire un topo in trappola.
Le strade claustrofobicamente strette emanavano un fetore che avrebbe sentito anche con il raffreddore. Per lo meno, era una bella giornata soleggiata, con una lieve brezza che spirava da est. Ci sarebbe mancato solo che piovesse, per coronare quel risveglio da incubo.
Le sue teorie furono ulteriormente rafforzate quando si girò e osservò attentamente la stanza in cui era finito chissà come: era almeno dieci volte più piccola della sua, spoglia. All’interno, solo qualche cosa essenziale: un letto mal ridotto, un misero comodino di legno grezzo e un catino con dell’acqua per risciacquarsi. Ciel vi si avvicinò, lo prese e se lo buttò letteralmente in testa, sperando che questo avesse cambiato qualcosa, che fosse tutto solo un sogno, che stesse smaltendo una sbornia indesiderata…
Purtroppo rimase tutto com’era prima. La stanza, il letto, la piccola finestra, e quella città orribile, dalla quale voleva scappare, perché sapeva che se avesse messo piede fuori da lì lo avrebbe inghiottito.
Stava per ricorrere a misure drastiche, quando notò, appoggiato al comodino, un biglietto di carta.
Lentamente lo prese in mano, lo aprì e lesse ciò che vi era scritto.

“Buongiorno signorino. Spero abbiate dormito bene. Se state leggendo questo biglietto vorrà dire che sarò ancora fuori.”
“Sebastian! Allora non sono solo in questo luogo!” esclamò con sollievo Ciel, tremando per l’acqua che scorreva lungo la sua schiena.
“Mi dispiace per tutto ciò che sta accadendo, ma nemmeno io sono padrone della situazione questa volta. Mi sono risvegliato come voi in questa casa che non conosco, non sapendo ne perché, ne come ci siamo finiti. Al momento mi trovo in città. Sto raccogliendo informazioni riguardo il posto dove ci troviamo dagli abitanti.
Nel frattempo, vi ho preparato un catino con dell’acqua e al piano inferiore troverete la colazione e degli abiti puliti. Mi scuso in anticipo se ciò non sarà di vostro gradimento, ma ho dovuto adeguarmi alla moda cittadina.
Spero riusciremo a risolvere la questione in poco tempo e a tornare sani e salvi alla magione. A dopo, bocchan
Sebastian”


L’umore di Ciel era migliorato un po’. Almeno il suo maggiordomo non l’aveva abbandonato. Forse era per via del contratto. Lui non l’avrebbe mai abbandonato, ne era sicuro. D’altronde, di cosa avrebbe dovuto aver paura, con Sebastian al suo fianco? Lui era Ciel Phantomhive, il cane da guardia della Regina Vittoria, non aveva mai perso una partita.
Dovunque si trovassero, erano uniti da un legame indissolubile. Ogni volta che Ciel l’avrebbe chiamato, Sebastian sarebbe accorso.
Era un demone troppo ingordo per lasciar fuggire così la sua preda.
Con questi pensieri, il conte si apprestò a scendere per la colazione, chiudendo con discrezione la porta della camera dietro di sé.

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Capitolo 2
*** Quel giorno ***


Anno 845
Città di Shiganshina, Wall Maria


“Coooosaaaa?! E io dovrei mangiare questa robaccia? E… preferirei andarmene in giro NUDO piuttosto che indossare questi
Ciel non capiva se Sebastian avesse scambiato due fette di pane vecchio, accompagnato da qualcosa che assomigliava vagamente al burro, per una colazione. Voleva forse farlo morire di fame? Non aveva mai avuto così bisogno come in quel momento di un buon tè per calmare i nervi, troppo tesi a causa degli ultimi avvenimenti. Per non parlare del suo delizioso parfait au chocolat, di cui andava matto.
Il suo sguardo cadde poi sul mucchio di stracci (come li aveva appena definiti) posati su una delle sedie della stanza al pianterreno. Essi consistevano in una casacca dal colore indefinito, probabilmente sbiadito dai troppi lavaggi, da un paio di braghe di tela color senape e degli scarponcini di almeno due numeri più grandi del suo.
“Non è stato nemmeno in grado di procurarmi la misura esatta… razza di incompetente!” esclamò Ciel.
Non vedendo altre soluzioni, si cambiò in fretta per evitare di prendersi un malanno. Il risultato non fu dei migliori: la casacca infilata al contrario, i pantaloni tirati su fino all’altezza del torace perché troppo larghi, e le scarpe con i lacci infilati alla bell’e meglio all’interno.
“Io sarò pure un incompetente, ma voi potreste iniziare dall’imparare come vestirsi decentemente” sussurrò una voce sarcastica alle sue spalle. Quando il conte si girò, si ritrovò davanti Sebastian, in piedi alla porta, che quasi non riconobbe, conciato com’era. Anch’egli era vestito in modo molto simile al suo, solo che emanava come sempre un’aura di perfezione assoluta, accentuata dal sorriso malizioso che si dipinse sulle sue labbra nel vedere Ciel alle prese con un po’ di... stracci.
“Invece di perdere tempo a ridere, vieni a darmi una mano” replicò seccamente l’altro, non potendo nascondere un leggero rossore che si era fatto strada tra le sue gote. Non si era mai vergognato tanto in vita sua.
“Oh, ma io non sto affatto perdendo tempo, my lord. Vi sto solo facendo notare che avete 12 anni e non sapete ancora allacciarvi le scarpe… Peccato non ci sia uno specchio per ammirare il vostro piccolo capolavoro di alta moda” disse il maggiordomo, allargando ancora di più il sorriso sul suo volto.
“Non sono nemmeno due minuti che sei entrato e già mi dai sui nervi! Tu sei il mio maggiordomo, e se ti dico di aiutarmi, quello devi fare e basta. Piuttosto, raccontami quello che hai scoperto in città. Perché siamo finiti in un posto del genere?”
Sebastian si fece serio e iniziò a parlare mentre cercava di rimediare l’habillé del conte.
“A quest’ultima domanda non so rispondere. Esattamente come voi, mi sono svegliato qui al pianterreno, e appena ho aperto la porta non posso certo dire di non essere rimasto alquanto confuso. Ma non ho perso la calma, e, come prima cosa, ho capito che i nostri abiti usuali non ci sarebbero serviti un granchè qui. Sembra veramente di essere tornati indietro di qualche secolo, anche perché non mi sembra che gli abitanti abbiano ancora sviluppato delle tecnologie molto avanzate.”
Ciel ascoltava in silenzio, sempre più sbigottito.
“Mi sono dunque recato al mercato locale. Dai discorsi che ho potuto udire, ho appreso che ci troviamo nella città di Shiganshina. In questo mondo, il territorio in possesso degli umani è estremamente ridotto. La vostra razza combatte ormai da 100 anni contro un nemico comparso all’improvviso, i giganti. Questi esseri non sembrano dotati di intelligenza, eppure, costituendo un numero nettamente superiore, hanno portato il genere umano quasi all’orlo dell’estinzione”
Ciel lo interruppe: “E io dovrei credere a questo genere di sciocchezze. Come se fossimo in un racconto di Swift”
Il corvino continuò: “Non pensiate che non abbia delle prove da mostrarvi. Se volete seguirmi…”
Detto questo, spalancò l’uscio e, con un gesto eloquente, invitò il piccolo conte a seguirlo all’esterno.
Un nuovo genere di colori, odori e sensazioni investì Ciel non appena ebbe messo piede fuori. Ovunque in quel luogo si poteva respirare un’atmosfera di instabilità, come se la città fosse stata sull’orlo di un baratro che si gettava a picco nel vuoto, e dal quale non avrebbe potuto tornare indietro.
Nonostante questo, regnava una tranquillità innaturale per le strade. Volti di persone sconosciute si incrociavano con il suo e, a giudicare dalle espressioni serene, sembrava che fosse un’altra perfetta giornata, dalla quale ognuno si sarebbe potuto aspettare molto oppure poco. Nulla pareva disturbare quella routine che si ripeteva all’infinito.
Perso in questi pensieri, Ciel non si accorse che nel frattempo avevano raggiunto quella che sembrava essere la strada principale, che tagliava in due Shiganshina.
“Signorino, guardi pure verso sinistra” lo esortò Sebastian.
Ciel ruotò il collo nella direzione indicatagli, e rimase a bocca aperta. Come aveva fatto prima, affacciato alla finestra della camera, a non notarle?
Davanti a lui si ergevano delle mura ciclopiche, troppo alte e troppo ben fatte per essere opera umana. Da una veloce stima, calcolò misurassero almeno 50 metri. Ovunque volgesse lo sguardo, ne poteva contemplare il prosieguo: circondavano interamente la città.
“Davvero l’essere umano deve difendersi da questi nemici così potenti?” esclamò Ciel, quasi senza fiato dall’incredulità.
Senza distogliere gli occhi dalle mura, Sebastian rispose: “Così pare. Da quanto ne so, questo è il cerchio più esterno delle mura del territorio degli umani, il Wall Maria . Esistono altri due cerchi di mura: il Wall Rose e il Wall Sina, all’interno del quale si trova la capitale del regno. Riflettendo, tutto ciò mi fa pensare che questa sia una delle zone più povere, in quanto ho sentito dire che è una città-fortezza, costruita esternamente al Wall Maria come avamposto per attirare i giganti.”
“Attirarli…?” Il conte era perplesso. “Non dovrebbero pensare a sconfiggerli piuttosto?”
“Cielo, mi sono scordato il dettaglio più importante. Ha lasciato di stucco anche me. I giganti… mangiano gli umani.”
Ciel deglutì con forza quando sentì Sebastian pronunciare quelle parole. Un brivido i terrore lo percorse da cima a fondo.
“E sembra, my lord, che la vostra razza non sia ancora riuscita a fare un passo in avanti verso la vittoria finora. Non avete fatto altro che subire sconfitte umilianti, che hanno comportato innumerevoli perdite di vite, spreco di denaro pubblico, ma soprattutto, la fine della speranza. Che razza debole, veramente…”
“Questa è solo gente che non sa dove ficcarsi le mani, e per questo, non esitano ad affondarle nelle viscere dei propri simili, incolpandosi a vicenda. Se uno lo vuole però, sa diventare forte. Molto forte. Più di chiunque altro. Dovresti averlo imparato questo, vero, demone che non sei altro?”
Ciel non potè fare a meno di sorridere nel vedere l’espressione di stupore sul viso del maggiordomo, che tuttavia, non si scompose, ribattendo con un semplice e chiaro: “Yes, my lord”
“Bene. Faremo meglio a rientrare e pensare a qualcosa. Non ho intenzione di rimanere un minuto di più in questo posto. Si sta facendo tardi inoltre. Andiamo, Sebastian.”
Un secondo dopo aver proferito quelle parole, il conte si ritrovò per terra senza neanche accorgersene, con un dolore acuto al posteriore. Quando alzò gli occhi per capire ciò che era successo, questi erano riflessi in un paio di iridi dal colore smeraldo, che trasmettevano una sicurezza e una spavalderia fuori dal comune.
Ciel aveva davanti un ragazzino della sua età, dai capelli castani, e poco più alto di lui, che sembrava avere molta fretta di andare da qualche parte.
“Eren! Stai bene, ti sei fatto male?” disse una voce alle loro spalle.
Accorse premurosa una ragazza dai capelli lisci e neri come quelli di Sebastian, gli occhi dello stesso colore intenso, e dai tratti che Ciel paragonò a quelli di Lau: probabilmente, un’asiatica.
“Tranquilla Mikasa, io sto bene, ma finché la gente non impara a guardare dove va!” rispose il ragazzo.
“Sei TU quello che mi è venuto addosso per primo, razza di barbone!” esclamò Ciel esasperato.
“Barbone a chi?! Parla quello che se ne va in giro con le scarpe dieci taglie più grandi della sua!”
“Sebastian! Zittisci un po’ questo squilibrato! E’ un ordine!”
“Ma signorino, suvvia, vi pare il caso di mettervi a litigare per questa cosuccia… Sono io quello imbarazzato adesso. Ma, se è un ordine, non posso disobbedire”
Un lampo cremisi attraversò gli occhi del demone. Proprio mentre stava per colpire il ragazzo di fronte a Ciel, con uno scatto repentino la sua compagna si frappose fra i due, parando il pugno che Sebastian si apprestava a tirare, e rispose con un calcio diretto al ventre di quest’ultimo con un’agilità sorprendente.
Sebastian schivò, e con un balzo si portò ad una certa distanza dal punto focale dello scontro.
“Interessante…” Un sorriso sornione comparve sul suo volto. “Bocchan, per oggi forse è meglio se ci fermiamo qui.” Così disse, avvicinandosi ai due sconosciuti. “Mi scuso ancora per il disturbo arrecatovi dal mio padroncino. Sono davvero spiacente, spero che un episodio del genere non si ripeta più”
E fece un profondo inchino verso i due ragazzi. Per tutta risposta ricevette uno sguardo truce da parte della ragazza, mentre il suo amico si espresse in un “Al diavolo!”
Con queste parole i due ripresero a correre nella direzione opposta alla quale erano diretti Ciel e Sebastian, e ben presto sparirono in mezzo ai vicoli di Shiganshina.
“Sebastian! Come hai osato trasgredire un mio ordine! Una volta tornati in Inghilterra vedrò di punirti a dovere” sbuffò Ciel.
“E come dovreste punirmi..?”
“Ci penserò su”
“Non vedo l’ora di scoprirlo… bocchan”
Il modo in cui lo disse fece rabbrividire Ciel in modo vistoso. Razza di pervertito.
“Ad ogni modo, perché ti sei fermato?” domandò il conte
“Quell’umana era davvero forte, signorino, ma non abbastanza da essere alla pari con un demone. Diciamo che ho voluto darle la sensazione di aver vinto… Non volevo squilibrarmi del tutto. E’ così piacevole da ammirare l’espressione di trionfo che si delinea sui volti degli umani…”
Improvvisamente si fece spaventosamente vicino a Ciel, così vicino che questo poteva sentirne il fiato caldo sul collo. Sebastian avvolse un braccio attorno alla vita del conte, che rimase paralizzato da quel gesto, attirandolo a se.
“Mi permetterà di vedere quell’espressione sul suo volto ancora una volta… ancora e ancora… bocchan?”
Ciel era perso negli occhi affilati del maggiordomo, quegli occhi che lo avevano rapito quel giorno di due anni fa, che avevano tormentato i suoi sogni ogni notte per molto tempo. Non era ancora riuscito a scappare da loro, sebbene ci avesse provato. Inevitabilmente si trovava a desiderare di perdervisi ancora, come in un nero oblio, e di non tornare mai più.
Quel momento così intimo venne interrotto da un fragore che squarciò il cielo in modo assordante. Il rumore fece sussultare Ciel, che si tappò le orecchie. Una nuvola di fumo si sollevò dal punto da dove avevano sentito lo schianto.
“Sebastian, andiamo a dare un’occhiata!” ordinò Ciel.
“Come desidera”
Detto questo, si avviarono verso la fonte della confusione. Già un grande fiume di gente stava seguendo il loro percorso, affamata di curiosità.
Alla fine la folla si concentrò nella piazza antistante alla grande porta che costituiva l’unico punto di accesso con il mondo esterno.
Tutti avevano lo sguardo rivolto verso le mura, in alto. Lentamente, il terrore si diffuse tra gli abitanti, quando dalla cortina di fumo, sbucò una mano, che si aggrappava al muro, sbriciolandolo.
Era senza pelle.
Alcuni istanti più tardi, una faccia, adornata di uno strano ghigno, fece capolino da dietro il Wall Maria. Anch’essa era senza pelle.
E fu il caos.
Un’onda d’urto di potenza spaventosa investì Shiganshina, facendo volare via coloro che si trovavano più vicini al punto d’impatto.
“Padroncino!” urlò Sebastian, afferrando saldamente Ciel affinchè non venisse sbalzato indietro.
Non si vedeva più nulla.
Gente che correva verso l’interno della città, tentando di avvisare familiari, amici, mariti e mogli, di ciò che stava accadendo. Ciò che da 100 anni fino ad allora tutti avevano sempre più temuto. Un terrore che avevano tentato di dimenticare, di rinchiudere negli angoli più remoti delle loro menti. Si erano rifugiati nell’illusoria protezione di quelle mura, che avevano venerato come divinità.
Ora, loro erano in città.
Anno 845. Città di Shiganshina, Wall Maria. L’inizio dell’incubo.

Angolo dell'autrice
Ciao a tutti ^^ ho lavorato tutto il pomeriggio per scrivere questo capitolozzo >.<
Mmm le cose tra Sebby e Ciel si fanno interessanti... ovviamente il titano colossale ha trovato il momento perfetto per interromperli ahah xD
Ed Eren è davvero un maleducato u.u
Coooomunque ciancio alle bande
Volevo dirvi che se riuscirò durante le vacanze pubblicherò ancora, ma dopo quando inizierà la scuola non potrò garantirvi delle uscite regolari D: *si nasconde* non uccidetemiii
Buon anno a tuttiiii e buona lettura :3

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Capitolo 3
*** Riconoscenza ***


3.RICONOSCENZA


Eren correva all’impazzata tra le macerie. Pensieri disconnessi si affollavano nella sua mente. Per la prima volta in vita sua, stava conoscendo cosa voleva dire avere veramente paura.
Non voglio morire
Non voglio morire
Non voglio morire…

Mikasa era dietro di lui, il respiro affannato. Immediatamente, si pentì di quella sua reazione così egoista: come poteva pensare di fuggire, lasciando indietro coloro che amava? Si diede del codardo. Non era da lui comportarsi in questo modo, e i tristi avvenimenti del passato dei due ragazzi potevano confermarlo.
Mikasa era stata adottata dalla sua famiglia, dopo che lui e suo padre, il dottor Grisha, venuti per una visita, avevano assistito scioccati a ciò che si era presentato loro agli occhi non appena avevano aperto la porta della dimora Ackermann. Entrambi i genitori di Mikasa giacevano a terra, in un lago di sangue, presentando profonde ferite di arma da taglio.
Mentre suo padre si era soffermato ad esaminare i corpi, Eren aveva proseguito nell’esplorazione della casa, e, in una stanza sul retro, vi aveva trovato la ragazzina, legata e semicosciente.
Gli aggressori erano ancora nell’abitacolo. Quando essi si erano accorti della sua presenza, la furia che teneva chiusa dentro si era scatenata, trasformandolo da ragazzino innocente a perfetto omicida.  E lui non aveva esitato nemmeno per un istante a impugnare un coltello e ficcarlo in profondità di quei luridi bastardi, che avevano appena distrutto una famiglia. Inevitabilmente, quando il terzo del gruppo lo aveva sollevato per strangolarlo, anche Mikasa aveva dovuto subire quella metamorfosi.
Perchè questo è un mondo estremamente crudele.
Solo i più forti possono permettersi di sopravvivere.

E lui in quel momento doveva esserlo. Per Mikasa, per la mamma, per suo padre… per tutti.
“Io li eliminerò dalla faccia della terra!! Dal primo all’ultimo!”
Un grido di rabbia impotente gli uscì dai polmoni, e con uno scatto, imboccò la via dove si trovava la sua casa… il luogo in cui era nato.
“Mamma! Sto venendo a salvarti, non preoccuparti!”
Carla Jager era intrappolata fra le travi crollate della piccola abitazione.
“Eren! Mikasa! Non pensate a me, scappate finchè siete in tempo!”
“No mamma! Non ce ne andremo senza di te!” replicò Eren, gli occhi lucidi dalla rabbia e dallo sforzo che stava compiendo per tentare di spostare almeno uno di quei dannatissimi pezzi di legno che le negavano ogni possibilità di fuga.
“ASCOLTAMI! NON POTRESTI FARE QUELLO CHE TI DICO ALMENO PRIMA CHE IO VENGA DIVORATA? Ti prego… ormai ho le gambe spezzate dalle macerie, anche se doveste riuscire a liberarmi sarei solo un peso!”
“Mamma!” Nemmeno con l’aiuto di Mikasa le travi accennavano a muoversi.
All’improvviso, il terreno attorno a loro tremò. Un passo. Due. Tre.
Dall’altro lato della via, un gigante guardava la scena con uno strano ghigno in faccia.
“No! Non adesso, maledizione!” imprecò Eren.
Non c’era tempo per pensare a qualcosa. O quelle travi si spostavano, o per loro non ci sarebbe stato scampo.
Il mostro si faceva sempre più vicino, bramando il suo succulento pasto, la bocca sporca di sangue, evidentemente a causa delle tristi vittime cadute nelle sue fauci.
“Eren! Mikasa! Fuggite e mettetevi in salvo!”. Carla tentò un’ultima volta di convincere i suoi figli ad andarsene da lì, ma i due erano determinati nel loro intento. Non se ne sarebbero andati senza di lei.
Ancora un passo del gigante, e sarebbero stai alla sua portata.
Proprio mentre questo stava per allungare la mano verso sua madre, successe qualcosa di incredibile, che sia lui che Mikasa non avrebbero dimenticato facilmente.
Un lampo corvino guizzò davanti ai loro occhi, per poi spostarsi agilmente dietro al gigante e tagliare di netto la carne sotto la sua nuca in profondità. La bestia, a causa del contraccolpo, cadde in avanti, rischiando di travolgerli tutti e tre se solo si fossero trovati un metro più in là.
Eren non riusciva a capire cosa fosse successo. L’unica cosa che distingueva in mezzo al vapore che emanava il cadavere ciclopico, era la sua smorfia di dolore, catturata al momento della morte.
Per qualche istante non vi fu che un silenzio assordante dettato dall’incredulità dei presenti; poi, una voce profonda emerse dalla nebbia.
“Spero che questo sia abbastanza per ripagarvi della scortesia di prima, e che nessuno di voi si sia fatto male”
Una figura slanciata, seguita da una più minuta al suo fianco, fecero la loro comparsa. Eren e Mikasa si guardarono attoniti: davanti ai loro occhi si ritrovavano quegli strani tizi che avevano incontrato poco prima dell’attacco!
“Sebastian, provvedi a liberare quella donna” disse il ragazzino con la benda sull’occhio.
“Subito, bocchan” asserì l’altro.
Lo spilungone si avvicinò con apprensione a Carla, che era sbalordita ma spaventata allo stesso tempo da quei lineamenti così perfetti, da quella pelle diafana e da quegli occhi cremisi, sui quali credette per un momento di aver visto passare l’ombra di un diavolo. Con un solo movimento del braccio destro, questi sollevò con sorprendente facilità, mantenendosi il più delicato possibile, la prima trave che imprigionava il corpo di Carla, per poi gettarla qualche metro più in là. Così fece anche con la seconda e con le macerie residue.
“Cielo, che disastro” sospirò infine, vedendo in che stato erano ridotte le gambe della donna. “Sembra si siano rotte entrambe. Purtroppo per questo non posso fare nulla, se non scortarvi in salvo fino all’interno del Wall Maria”
“Aspetta!” gridò Eren all’improvviso, facendo sobbalzare Mikasa. “Chi siete esattamente voi due? E perché ci avete aiutato? Ma soprattutto… come diamine hai fatto ad abbattere quel gigante?! Nemmeno i soldati a guardia delle mura erano preparati ad un simile evento!”
Il ragazzo coetaneo di Eren si fece avanti: “Per le spiegazioni avremo tempo dopo. Pare che si stiano avvicinando altri giganti, e non vogliamo attirare l’attenzione più di quanto non lo abbiamo fatto già. Sebastian, ci pensi tu ora?”
“Yes, my lord” rispose il corvino con un leggero cenno del capo. Detto questo, prese con cura Carla tra le braccia, facendola arrossire un poco, poi intimò a Mikasa di salire sulle sue spalle. La ragazza aveva capito che non era tempo di discutere se volevano salvarsi: quei due sembravano intenzionati ad aiutarli, quindi non vedeva alcun motivo per il quale non approfittarne. Si apprestò a salire sulla schiena dell’uomo, quando Eren la trattenne per una mano.
“Mikasa! Non sappiamo nemmeno i loro nomi, come puoi fidarti di degli estranei così?”
“Vedi una soluzione più veloce per scappare da qui? Beh io no, e se te lo sei scordato, quest’estraneo come lo chiami tu ha appena fatto fuori un gigante da solo. Non fare storie Eren”
“E comunque, io sono Ciel Phantomhive, e lui il mio maggiordomo Sebastian Michaelis. Ora sai i nostri nomi.” Intervenne il ragazzo dall’occhio bendato.
“Come se questo bastasse a potermi fidare di voi! Io…”
“Eren! Perché non ascolti mai me e Mikasa? Fa quello che ti dicono questi due e smettila di frignare!” gridò Carla. Questo bastò a limitare un poco la rabbia del ragazzo, che pensò che in fondo avevano ragione: almeno l’uomo più alto, sembrava incredibilmente forte, e non sarebbe stata una cattiva idea dopotutto andare con loro.
“E va bene! Verrò con voi!” sbottò infine.
“Vedo che sei ragionevole, ragazzo. Bene, dunque, sistemati sul mio braccio sinistro, tua madre ora passerà a quello destro. Porterò il padroncino e la ragazzina sulla mia schiena” disse Sebastian.
“Cosa?! Così diventeremo nient’altro che cibo per i giganti!”
“EREN!” Sua madre e Mikasa lo fulminarono all’unisono.
“D’accordo! Eccomi…”
Si sistemò come aveva detto il maggiordomo, e non ebbe nemmeno il tempo di dare un ultimo sguardo a quella città dove forse non sarebbe più tornato, che in un batter di ciglia si trovarono davanti al portone del Wall Maria, dall’altra parte.
Erano salvi.
“Ma cosa…”
“Siamo arrivati. Sebastian facci scendere subito, tranne la donna ovviamente” disse Ciel .
Questi fece come ordinato. Eren e Mikasa non riuscivano a capacitarsi della velocità con la quale quell’uomo li aveva condotti fuori da Shiganshina. Solo qualche secondo fa si trovavano all’inferno, ma nemmeno la certezza di essere vivi poteva sollevare loro l’animo dopo tutto l’orrore a cui avevano assistito. Come se non bastasse, Grisha Jager era partito quella mattina stessa per l’ennesimo viaggio, senza che loro avessero una vaga idea di dove si fosse recato. E ora non sapevano dove rifugiarsi: non era rimasto loro niente.
“Ragazzi… sono così felice che siamo tutti qui assieme..” piagnucolò Carla, ancora sorretta dalle braccia di Sebastian.
“Non tutti mamma” rispose Mikasa “Papà non è qui”
“Sono sicura che vostro padre sta bene, ovunque se ne sia andato”
Un gemito di dolore le sfuggì dalle labbra.
“Hey spilungone! Cerca di non fare movimenti bruschi, altrimenti ti riempio di pugni!” esclamò Eren.
“Evidentemente non sai chi è Sebastian, altrimenti non parleresti così, barbone” disse il ragazzo dall’iride blu. Quel ragazzino presuntuoso… chi si credeva di essere? Gli dava proprio sui nervi che lo chiamasse così. Comunque questa volta si limitò a sbuffare contrariato, dato che qualcosa di più importante gli premeva che litigare con quel moccioso in quel momento: avere delle risposte.
“Sentite, adesso per favore vorreste spiegarmi…”
“UN GIGANTE ANOMALO SI STA AVVICINANDO AL WALL MARIA!!!”
Il grido di qualcuno fece raggelare il sangue nelle vene al gruppetto. Non era ancora finita. Per quanto tempo avrebbero dovuto continuare a nascondersi come egli animali in trappola?
“TUTTI I CIVILI SONO PREGATI DI DIRIGERSI VERSO I BARCONI ORMEGGIATI SUL CANALE DI TRASPORTO MENTRE LE AUTORITA’ RESPINGERANNO L’ATTACCO, SALPERANNO AL PIU PRESTO VERSO IL WALL ROSE!”
Un soldato venne loro incontro urlando a squarciagola, sollecitando la folla che si era creata ad avviarsi nella direzione indicata. Prima che venissero schiacciati dalla massa, il maggiordomo fece nuovamente la sua mossa: pochi istanti dopo l’avvertenza erano i primi ad essere a bordo del primo barcone messo a disposizione per la fuga.
“Beh, sembra che per ora dovremmo separarci” ammise Ciel Phantomhive con sguardo severo. “Andiamo, Sebastian”
“Yes, my lord”
“Aspettate! Dove avete intenzione di andare?” domandò Carla incredula “Ormai anche il Wall Maria è perduto! Non vi resta che fuggire con tutti noi!”
“Andremo a sconfiggere quel gigante” rispose il ragazzino.
Eren non poteva credere alle sue orecchie. Quei due erano davvero fuori di testa. Era andata bene una volta, ma non era detto che questa ne sarebbero usciti vivi. Per di più, ora si trattava di un anomalo, un gigante che non si comportava come gli altri, e per questo, più difficile da abbattere.
Non avevano alcuna speranza di farcela.
Prima che potesse proferire parola, Ciel e Sebastian si erano già volatilizzati.

“Che significa quando un gigante è anomalo?”
“Che il suo comportamento e il suo modo di attaccare differiscono da quello dei normali giganti. Non penso sia un problema comunque per me”
Sebastian portava in braccio il suo padroncino mentre pronunciava questa frase sicura, apprestandosi ad arrampicarsi sul Wall Maria. Non aveva potuto fare nulla per la città di Shiganshina: i giganti che erano entrati erano troppi da affrontare anche per un demone come lui, anche se in realtà non costituivano un pericolo. Sembravano non essere interessati a lui, precipitandosi solo alla ricerca di esseri umani da divorare. Davvero disgustoso.
Aveva innanzitutto pensato a proteggere il suo bocchan: non poteva permettere che lo mangiassero senza assaporarne la vera essenza. Per questo, aveva cercato di portarlo immediatamente al sicuro al di la del muro, ma si erano imbattuti in vari titani durante il tragitto che avevano sottratto loro del tempo prezioso.
Ovunque avesse cercato di colpirli, questi automaticamente si rigeneravano, ed era una delle poche volte che Sebastian si era ritrovato ad affrontare una situazione di crisi del genere.
Finchè ad un certo punto i soldati non avevano sparato con i cannoni: aveva potuto osservare che, anche se i giganti non morivano definitivamente, se veniva fatta saltare loro la testa rallentavano la loro avanzata. Il loro punto debole doveva essere in qualche modo collegato al cervello (a patto che ce l’avessero), oppure…
Alla colonna vertebrale.
Le sue ipotesi erano divenute tesi quando aveva colpito un gigante che stava per balzare loro addosso appena sotto la nuca, cercando di tagliare molto in profondità.
Bingo.
D’altronde, era comprensibile che quello potesse essere il loro tallone d’Achille… avendo una struttura corporea simile a quella degli umani, era piuttosto prevedibile che, se colpiti al principio della colonna vertebrale, da dove partivano tutti i fasci di nervi che si propagavano al resto dell’organismo, questi sarebbero periti. Era un particolare che doveva tenere a mente.
In seguito avevano incontrato quella famiglia. Anche se inizialmente Ciel aveva proposto di lasciarli in balia del loro destino, Sebastian aveva chiesto di aiutarli per due motivi: scusarsi per l’incontro di poco fa (che andava tutto a sfavore del piccolo lord a parer suo), e inoltre aveva fatto notare al padroncino che sarebbero stati loro utili per muoversi in quello strano mondo dove si erano trovati di punto in bianco.
Il conte Phantomhive aveva dato l’ordine proprio nell’istante in cui quel gigante stava per deliziarsi col suo banchetto. E così li avevano salvati.
Sebastian si riscosse dai suoi pensieri quando arrivarono in cima al muro. “Che vista splendida, non trovate bocchan?” Un sorriso sarcastico passò sul suo volto.
“Smettila. Mi dai i brividi. Piuttosto, pensa a quello
Ciel indicò un punto non molto distante, dove si stagliava un gigante di una quindicina di metri. Era diverso dagli altri che avevano incontrato fino ad allora: sembrava essere ricoperto in ogni punto del corpo da una corazza durissima. Inoltre, dalla posa, pareva stesse per prendere una rincorsa per scagliarsi contro il muro, quasi stesse pensando.
Infatti fu proprio quello che fece.
Ma non ebbe il tempo di arrivare al muro, perché Sebastian si subito lanciò contro il colosso, in uno scontro senza precedenti.
Il maggiordomo puntò dritto al punto vitale, ma quando tentò di tagliare la collottola, non riuscì a scalfirla nemmeno un po’: era dunque vero che la sua pelle era indurita per proteggerlo dagli attacchi nemici, quasi avesse sviluppato quella particolare abilità essendo consapevole che avrebbero potuto colpirlo li.
Sebastian rimbalzò per il contraccolpo, ma fu immediatamente pronto a un nuovo attacco. Stavolta avrebbe provato frontalmente.
Si fiondò sul petto del gigante, cercando di colpirlo con tutta la forza che aveva. Tuttavia, nemmeno questo riuscì a penetrare la sua corazza.
Questa volta fu più veloce l’altro.
Con uno scatto disumano, afferrò Sebastian per le caviglie, e lo scaraventò con violenza addosso al Wall Maria. Uno schizzo di sangue colpì Ciel in pieno volto: non fece una piega.
“Ai ai ai bocchan…” Sebastian si stava velocemente riarrampicando, una ferita profonda gli squarciava il petto e perdeva copiosamente sangue dalla testa.
“Smettila di giocare alla guerra Sebastian. Appena ce ne andremo da questa città provvedi a darti subito una ripulita come si deve” ordinò Ciel.
“Certamente. Tuttavia, non credo ci sia molto che possa fare contro il nostro amico. Il territorio del Wall Maria è perso per sempre… o almeno fino a quando non avremo trovato una soluzione più efficace”
Avremo? Guarda che hai sbagliato persona. Sono loro che si dovranno dare una mossa, altrimenti si estingueranno. E per quell’ora io sarò già in Inghilterra a sorseggiare te e ad annoiarmi. Raggiungiamo i ragazzi sul barcone, anche io esigo delle spiegazioni.”
“Oh? Bocchan, non la facevo così egoista…” Una risata di scherno si dipinse sul viso del demone.
“Questo non è egoismo. Diciamo solo che non è il massimo non sapere dove ci si trova ne il perché.”
“Io mi sto divertendo molto invece… Comunque, come desidera, my lord”
Con un balzo felino, si sollevarono dal muro proprio mentre il gigante corazzato sferrava l’ennesimo attacco contro l’umanità.



Angolo dell'autrice
Sono tornataaaa :D anche con la scuola iniziata, sono riuscita a pubblicare il terzo capitolo!! ^^ *si applaude da sola* #chemodestiailedavvero #bravabrava
Che dire... che risvolti inaspettati! La madre di quell'attaccabrighe antipatico di Eren... salvata da Sebby *___* vorrei essere stata al suom posto mlml xD
E sottolineo con che nonchalance Sebby affronta i giganti, tanto per lui è normale, è una cosa che fa tutti i giorni appena si sveglia u.u (madoveeeeeee)
Cosa aspetterà i nostri ragazzuoli dopo questi tragici eventi? Chi lo sa :3
Buonanotte fiorellini <3 e buona lettura *^*

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Capitolo 4
*** Domande ***


4. DOMANDE

Anno 845. Città di Trost, Wall Rose.

Un figura rossa si stagliava nell’oscurità della notte, i lunghi capelli sciolti alla brezza che spirava da ovest. Passeggiava con tranquillità lungo il perimetro delle mura, buttando di tanto in tanto l’occhio verde brillante verso quei territori che fino a una settimana prima erano stati in possesso degli umani.
Come diamine erano finiti in quella situazione disastrosa? Certo, l’aspetto pratico di quella missione era stato affidato a lui in quanto aveva appena passato un importante esame con il massimo dei voti, ma ora che le cose gli erano sfuggite di mano, avrebbe dovuto vedersela con i suoi superiori. Che scocciatura. Avrebbe potuto essere chissà dove a spassarsela con qualche bel fustacchione, e invece si trovava ancora una volta in quel luogo, come se non avesse già abbastanza lavoro da sbrigare a Londra. Una volta tornato, avrebbe dovuto pagare tutti gli arretrati.
“Il passato è passato dicevano…”
Con questa sentenza sospirò stressato, e si avviò verso il modesto rifugio che si era scelto per quell’incarico scomodo. Proprio quando stava per balzare giù dalle mura, un uomo slanciato, dai capelli neri laccati all’indietro ed impeccabilmente elegante apparve al suo fianco e gli bloccò ogni via di fuga solamente aprendo bocca.
“Dove pensavi di scappare, Grell Sutcliffe? La notte è lunga e abbiamo tutto il tempo di discutere del disastro che hai combinato”
Il rosso si schiarì la voce, che proprio in quel momento aveva deciso di non uscire con la prontezza che avrebbe voluto.
“Ehm ehm, ma ciao Will! Come mai da queste parti?” tentò bonariamente.
“Non fare il finto tonto” replicò l’altro, cacciandogli uno sguardo severo che lo fece tremare da cima a fondo.
“Sono qui per conto della Sezione Amministrativa. La notizia di ciò che hai fatto ha impiegato poco tempo ad arrivare fin li, e ti conviene rimediare in fretta se non vuoi che si diffonda nei rami più alti”
“Insomma, tutti con questa storia adesso! Come se lassù non avessero niente di meglio di cui spettegolare! Hai sentito di Ronald? Pare che si sia intrufolato di nuovo nello spogliatoio delle ragazze e proprio mentre non stavano guardand-“
“Ronald non ha causato un disturbo al collegamento spazio-temporale”
Grell si sentì raggelare da quell’accusa, e questo non fece che aumentare la sua rabbia.
“Senti Will…“
“William, se non ti dispiace”
“Ok, William, so di aver sbagliato e ne prendo atto, ma d’altronde chi poteva prevedere che sarebbe successa una cosa del genere? E io come mi sarei potuto rifiutare dopo che il capo mi aveva adulato così intensamente, -Il miglior shinigami di tutta Londra!- mi aveva detto!”
William T. Spears sospirò seccato.
“Proprio per questo il tuo compito non era quello di deluderlo. Tsk, ancora non riesco a credere che lui abbia riposto la sua fiducia in un soggetto tale… E pensare che per mezzo punto avrei potuto accettare io questo lavoro e concludere le cose in una frazione di secondo”
Il rosso non potè fare a meno di trattenere un sorriso.
“Che c’è Will? Sei forse geloso perché ti ho superatoooo?? Lo sanno tutti che sono sempre stato una spanna più sopra di te fin da quando siamo stati assunti”
“William, ti ripeto. Non dico questo, dico solo che per esempio non ho mai permesso che la mia falce mi fosse ritirata. O di presentarmi al lavoro vestito in maniera così… indecente.”
“Aaaah Will, caro mio, si vede che tu non te ne intendi di moda! Il rosso non tramonterà mai!”
Non ebbe il tempo di proferire altro, che si ritrovò l’inseparabile falce di William puntata alla gola. Cavolo, non aveva proprio pazienza quel tipo.
“Faresti meglio a pensare ad una soluzione per risolvere questo casino. Tre giorni, non di più. Pena, il licenziamento immediato e il sequestro degli occhiali e della falce. Se non rispetterai i termini, la missione verrà affidata a qualcuno dei rami più alti. E’ tutto. Saluti, Sutcliffe”
“Coooosaaaa?? Hey hey, Will! Aspetta un secondo! E secondo te io come dovrei-“
“Sei il migliore shinigami di tutta Londra, no? Confido nelle tue capacità. Arrivederci.”
Con un balzo William fu giù dal muro e sparì nella notte, intrufolandosi tra i vicoli intricati della città, prima che Grell potesse avere qualsiasi altra opportunità di rispondere.
Si sedette, le gambe penzoloni nel vuoto, portandosi le mani alle tempie.
Stavolta, era proprio nei guai.



L’evacuazione era stata estenuante.
Ammassati gli uni agli altri come in una scatola di sardine, coloro che erano riusciti a sopravvivere alla catastrofe di Shiganshina avevano faticosamente raggiunto il Wall Rose a bordo dei barconi. Le zone a nord, a est e a ovest erano già state avvertite prima dell’arrivo dei giganti, ma per la zona sud non c’era stato scampo. Tutti sapevano di essere vivi grazie all’immane sacrificio di decine di migliaia di soldati e civili. Vecchi, donne e bambini non erano stati risparmiati dalla crudeltà e dall’egoismo che ora più che mai serpeggiavano tra la popolazione: era una lotta quotidiana per avere un tozzo di pane, ammesso che ce ne fosse, o un luogo in cui riposare senza essere calpestati. I soldati non avevano altro modo per calmare le numerose sommosse se non quello di ricorrere alla violenza. Ora che i territori in mano all’umanità si erano ulteriormente ridotti, non sapevano davvero dove avrebbero potuto sistemare un numero così grande di profughi.
Ciel Phantomhive aveva visto solo una volta nella sua vita tanta disperazione: era stato il giorno in cui aveva conosciuto Sebastian, quel giorno in cui aveva venduto la sua anima in cambio di una vendetta che avrebbe assaporato dolcemente.
Lui e il maggiordomo si aggiravano per il rifugio gremito di povere anime, un piccolo cortile adibito a tale scopo, che il proprietario aveva gentilmente offerto di prestare finché le acque non si fossero calmate.
Era già una settimana che erano rinchiusi in quel posto, e non erano ancora riusciti a trovare un modo per andarsene. Non avevano ottenuto alcuna informazione dai ragazzi che avevano salvato ne dalla madre: erano tutti troppo scioccati anche solo per pensare lucidamente, tantomeno per cercare di dialogare con due persone che non avevano la minima idea del perché si trovassero lì e di come ci fossero arrivati. Ciel aveva dunque deciso di dare loro un po’ di tempo per riprendersi dall’accaduto. Comunque, prima avrebbero parlato, meglio sarebbe stato per loro. Quanto gli mancava il suo letto, così caldo e soffice… tutto ciò che era riuscito a procurarsi era stato un po’ di paglia e una coperta sgualcita, e da allora non aveva chiuso occhio la notte, invidiando Sebastian che, al contrario suo, non aveva bisogno di dormire. In tutti i casi, ne lui ne il maggiordomo avrebbero saputo dove andare, tanto valeva rimanere li.
“Sebastian. Ho fame. Prendi qualcosa senza farti vedere.”
“Gli umani non si smentiscono mai… ma come desidera, padroncino”
Detto questo, il corvino sgusciò furtivamente dietro Ciel, e in un batter d’occhio sparì in mezzo alla massa di gente.
Il conte si sedette in un angolo. Aveva davvero fame. Avrebbe pagato oro per avere una fetta di torta al cioccolato e un Earl Grey, ma da quanto poteva constatare, in quel posto bizzarro era già un gran risultato se riuscivi a permetterti una vita decente. Era così stanco di essere circondato da tanta miseria; non era forse già abbastanza occuparsi ogni giorno della malavita londinese?
“Chissà cosa staranno combinando i miei servitori… di sicuro nulla di buono” sospirò.
I suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo di un soldato, che già da qualche minuto lo stava osservando con uno strano cipiglio.
“Che fai ancora qui ragazzino? Guarda che il coprifuoco è iniziato, togliti dai piedi o sarò costretto a prendere dei provvedimenti”
L’iride blu di Ciel lo squadrò con disprezzo.
“Sto aspettando una persona. Dovrebbe essere qui a momenti”
“Ma che, sei sordo per caso? Ti ho appena detto di levarti di mezzo, non ti conviene farmi arrabbiare”
“Tsk, se solo sapessi chi sono io non ti rivolgeresti a me con questo tono” sussurrò a denti stretti Ciel.
“Eh? Guarda che ti ho sentito sai, piccolo bastardo! L’hai voluto tu!”
Il soldato alzò il braccio, pronto a colpirlo in pieno volto. Il conte chiuse gli occhi, aspettando il dolore che, tuttavia, non arrivò.
Dopo qualche istante, si azzardò a sollevare le palpebre, e quello che vide lo lasciò spiazzato.
La mano del soldato era sospesa a mezz’aria; la sua avanzata verso il viso di Ciel era stata trattenuta da una presa ferrea. La persona che si era frapposta tra loro aveva prontamente bloccato con l’avambraccio il colpo, e ora si apprestava a sferrare un pugno in direzione dello stomaco dell’adulto.
Il soldato fu più veloce: con uno scatto, si spostò a destra, e questo determinò uno sbilanciamento da parte del minore, che ruzzolò malamente a terra.
“Che cazzo credevi i fare, eh? Ragazzino dei miei stivali!”
Detto questo, un calcio arrivò nel ventre della figura a terra, che solamente ora Ciel poteva riconoscere, facendolo gemere e sputare sangue.
“La tua mammina non ti ha insegnato a tenere le mani al tuo posto?”
Un altro colpo stava per arrivare, e il ragazzo si preparò a riceverlo.
“Oh cielo, dovreste smetterla di causare così tanti problemi, bocchan”
Sebastian arrivò in quel momento, catturando l’attenzione del soldato, che si voltò ad osservarlo.
“Che c’è? Ne vuoi un po’ anche tu, damerino?” sbraitò quest’ultimo, mostrando il pugno nella sua direzione. Il corvino vi poggiò la sua mano sopra, bloccandolo, scuotendo la testa.
“Non sono interessato ad arrecarvi alcun disturbo. Solo che…”
Si girò verso Ciel e lo prese per la maglia, avvicinando i loro volti in modo tale da poterlo guardare negli occhi. Il conte si sentiva sciogliere sotto quello sguardo così affilato, ma sapeva che se avesse distolto il suo sarebbe stato peggio. Sebastian sorrise.
“… Dovrei proprio stare più attento con i miei fratellini! Sono delle tali pesti ahaha non trovate? Adesso quando andremo al dormitorio vi meritate una bella strigliata…”
“FRATELLINO UN CORNO! COME TI PERMET-“ urlarono i due all’unisono
Il maggiordomo tappò immediatamente le loro bocche con entrambe le mani, e prima che il soldato perplesso potesse obiettare qualcosa, caricò i due ragazzi in spalla e, borbottando qualche scusa, si affrettò ad allontanarsi dal luogo dove era appena avvenuto quello spiacevole incidente. Non appena furono a debita distanza, li gettò in malo modo sopra un mucchio di sacchi.
“Signorino e… Eren, se non sbaglio? Capisco le vostre motivazioni, ma non credete sia forse meglio non dare nell’occhio finchè siamo in balia di questa gente? Lo dico soprattutto per la vostra salute, non penso sia stato piacevole essere malmenati da quel tizio” disse Sebastian, rivolgendosi verso Eren, che negli occhi aveva le fiamme.
“Certo che no! Ma hai visto come stava trattando il tuo amico qui?”
Nel sentire la parola “amico”, Ciel fece una smorfia: “Io e lui non siamo amici, ciò che ci lega è solo una relazione strettamente professionale”
Sul viso del corvino comparve un sorriso sornione, che tuttavia non fece in tempo ad indagare perché Eren continuò: “Anche se significa venire maltrattati e picchiati, io non mi sottometterò mai a questi maiali che se ne stanno qui dalla mattina alla sera a non fare nulla, mentre la fuori potrebbero esserci dei giganti che non stanno aspettando altro che divorarci tutti! Pensano solamente ai propri interessi senza preoccuparsi veramente del bene dell’umanità! Se continueremo di questo passo, verremo sicuramente eliminati dalla faccia della terra, e io non posso starmene a guardare! Ah, beh ecco…”
Fece una pausa che gli costò molto, ma finalmente riuscì a dire ciò che gli premeva di più.
“Si, insomma.. ecco.. io vi dovevo un favore. Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me e per la mia famiglia finora. E.. se vorrete sarò felice di rispondere a qualsiasi domanda vogliate farmi, non esitate a chiedere” si offrì, arrossendo un poco.
Un’espressione di incredulità si dipinse sul viso del conte Phantomhive, che subito si rilassò al pensiero che aveva così tanti interrogativi per la mente che non aveva nemmeno il tempo di stupirsi per qualcosa a quel punto. Sebastian intanto si era seduto, prevedendo che sarebbe stata una faccenda alquanto lunga.
“Bene, vedo che finalmente ti decidi a collaborare. Allora, innanzitutto, noi non siamo di queste parti. Sei mai stato in Inghilterra?” chiese ad Eren, che scosse energicamente la testa.
“Inghilterra? No, però sono stato parecchie volte nei distretti a nord delle mura con mio padre quando lo accompagnavo in qualche suo viaggio” rispose il ragazzo.
“Mmm allora non penso tu sappia spiegarci il perché noi due ci troviamo qui… ma penso che l’Inghilterra sia fuori dalle mura sai”
Gli occhi di Eren si fecero ardenti di curiosità.
“Come? Fuori dalle mura? Impossibile! Li ci abitano soltanto i giganti. Aspetta: non vorrete forse dirmi che siete dei giganti anche voi?”
Così inveendo si alzò di scatto e si allontanò di qualche passo, orripilato a quell’idea. Ci pensò Sebastian a tranquillizzarlo.
“Non dire sciocchezze, come vedi non superiamo i tre metri di altezza, e se proprio fossimo dei giganti non pensi che a quest’ora ti avremmo già divorato piuttosto che starcene qui a chiacchierare con te?”
Eren si fece paonazzo una seconda volta, e questo era un lato di se che odiava: arrossiva per ogni minima osservazione che veniva fatta nei suoi confronti, senza riuscire a controllarsi. Dovette ricredersi e si diede dello stupido solo per aver pensato a quell’eventualità. Tornò a sedersi di fronte ai suoi interlocutori.
“Scusatemi, mi sono fatto prendere dalla rabbia”
“Ti capisco. La verità è che io e il mio maggiordomo ci siamo svegliati in una casa diversa da quella che siamo abituati a frequentare di solito, nella tua città, e non abbiamo la minima idea di come potremmo esserci finiti” spiegò Ciel, osservando la faccia stupita di Eren.
“Davvero? Non avevo mai sentito nulla del genere prima d’ora… potrebbe essere un nuovo tipo di epidemia di perdita della memoria?”
“Non credo. I disturbi legati alle perdite di memoria sono di solito individuali e molto personali, e dalle mie conoscenze in campo medico posso affermare che non si tratta di nulla di epidemico” rispose Sebastian.
Discussero per una buona mezz’ora, ma nessun’idea sembrava essere migliore della precedente. Ogni volta che uno di loro arrivava ad una conclusione, questa veniva subito smontata dagli altri due, e doveva ammettere di avere torto. Arrivarono persino ad ipotizzare di essere giunti in un universo parallelo, ma dovevano avere molta fantasia per pensare a una cosa del genere.
Rinunciarono dopo un’ora: il sole era ormai tramontato e avrebbero dovuto essere nei dormitori, o altrimenti sarebbero sorte altre risse con i soldati. Si alzarono tutti e tre e si incamminarono verso i loro giacigli, niente più che dei semplici mucchi di paglia con una coperta sgualcita per ognuno. Trovarono ad attenderli Mikasa e Carla, che si erano fatte preoccupate. Eren le tranquillizzò dolcemente spiegando loro la situazione in cui si trovavano Sebastian e Ciel, ma evitando i dettagli sul piccolo… inconveniente di prima.
Si coricarono tutti tranne Sebastian, che invece rimase seduto a gambe incrociate.
“Non dormi tu?” domandò Eren.
“Non ne ho bisogno” rispose semplicemente l’altro.
“Bah, come vuoi. Sappi che però finchè non ce ne andremo di qui le giornate saranno molto faticose. Dio, perché devo aspettare tre anni?”
“Tre anni per cosa?” chiese incuriosito Ciel, che nonostante il sonno fece uno sforzo per concentrarsi e rimanere vigile.
“Quando finalmente avrò l’età giusta, voglio entrare nell’esercito” dichiarò fieramente Eren.
“Intendi che ti unirai anche tu a quella banda di ubriaconi buoni a nulla?”
“Assolutamente no! Io non sarò come loro, perché io voglio entrare a far parte della legione esplorativa”
“Interessante, spiegati meglio” lo incalzò Sebastian.
“La legione esplorativa è il meglio che possa esistere! I soldati li non hanno paura di niente e combattono faccia a faccia con i titani. Ogni tanto organizzano delle esplorazioni al di fuori delle mura per cercare di ottenere più informazioni riguardo ai nostri nemici; purtroppo, negli ultimi anni non hanno scoperto nulla, ma io sono sicuro che se continueranno così saranno acclamati come eroi salvatori dell’umanità! Sono i soldati che offrono i loro cuori per il bene del genere umano!”
Ciel e Sebastian si guardarono perplessi.
“E come riescono ad uccidere i giganti? L’abilità di Sebastian si è rivelata pressoché inutile ed estremamente lenta contro quei mostri ” chiese il conte, dubbioso, ricevendo un’occhiataccia senza precedenti dal suo maggiordomo, che parve alquanto offeso da quell’azzardata mossa del suo padroncino.
“Beh, ma con il dispositivo per il movimento tridimensionale, mi pare ovvio!” rispose Eren eccitato. “Non so bene come funzioni, ma qualche volta l’ho visto usare durante delle prove di evacuazione dei civili, e devo dire che è strepitoso!”
“Ssshhh! Voi tre la volete piantare? Qui c’è qualcuno che sta cercando di dormire!”
La voce di Carla li fece sussultare, e qualcosa disse loro che forse era meglio se avessero terminato al più presto quella chiacchierata notturna. Si scambiarono la buona notte in fretta e si lasciarono trasportare da un sonno appagante.



Ciel non riusciva a dormire, nonostante la spossatezza derivata dalle ultime ore intense. Sebastian se ne accorse.
“Non riuscite ad addormentarvi, bocchan?”
“No. Andiamo fuori, fa caldo qua dentro, ho bisogno di una boccata d’aria”
Si alzarono entrambi e si diressero verso il cortile, eludendo la sorveglianza delle guardie.
Ciel alzò gli occhi verso il cielo stellato. La luna era piena quella sera, ed era meravigliosa. A Londra non aveva potuto mai ammirare nulla di così bello.
“Che dici, Sebastian? Riusciremo a tornare alla magione?” chiese il piccolo conte, con una voce che in quel momento sembrò davvero infantile e dolce alle orecchie del corvino.
“Ne dubitate?”
Ciel fissò il suo maggiordomo con intensità. Quegli occhi cremisi volevano trasmettergli qualcosa che lui tuttavia non era in grado di cogliere.
“Ricordi cosa ti ho ordinato quando abbiamo stretto il patto?” domandò.
“Pensate davvero che io vi stia mentendo?”
Colto alla sprovvista da quella domanda, Ciel non seppe cosa rispondere. Era vero che se fosse rimasto al fianco di Sebastian, lui non avrebbe dovuto temere per la sua vita, ma stavolta qualcosa lo angosciava, come se veramente sarebbero rimasti intrappolati li per l’eternità.
Il maggiordomo si avvicinò e prese il mento di Ciel tra le sue dita, costringendolo a guardarlo. Ancora una volta il conte rimase paralizzato: i suoi arti non rispondevano più ai comandi del cervello, e la voce gli si era come bloccata in gola.
“Che maggiordomo sarei se non riuscissi a tirar fuori il mio bocchan da questi pasticci?”
Aveva ragione. Ogni volta che si era trovato in difficoltà, Sebastian c’era sempre stato… era sempre accorso per salvarlo, e ora Ciel si sentiva impotente di fronte a quello sguardo che non ammetteva repliche.
Improvvisamente, i loro volti si fecero più vicini, sempre di più: le loro labbra erano a pochi millimetri di distanza, senza che Ciel avesse avuto tempo di protestare o di dire qualsiasi cosa. La testa vorticava pericolosamente, sapeva che c’era qualcosa di sbagliato in quello che stava accadendo, ma allo stesso tempo non poteva sembrargli più giusto.

“SEBAAAAAS-CHAAAAAN!!! TI HO TROVATO!!! Ora tu e il tuo amichetto venite con me!”
L’ultima cosa che Ciel vide furono le labbra di Sebastian che come si erano avvicinate alla velocità della luce alle sue, tanto velocemente si allontanarono da lui, e una figura rossa dai contorni indistinti che li afferrava saldamente e li trascinava lontano, poi un forte dolore alla testa fece diventare tutto nero.





Angolo dell'autrice ritardataria
Ciao a tutti!! Scusatemi, scusatemi davvero se ci ho messo così taaaanto tempo per questo capitolo, ma l'ispirazione era andata a farsi benedire e in più la scuola non mi ha lasciato un attimo di tempo libero!!! >.<
E' già da una settimana che ci sto lavorando, infatti è un po' più lungo del solito :D le cose iniziano a farsi complicate, cosa avrà combinato Grell stavolta?? 0.0
Eeeee fregatiii ahah pensavate che un approccio Sebaciel fosse così facile? eh no u.u il parto deve ancora iniziare xD
Buona letturaaa <3

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Capitolo 5
*** Missione ***


5. Missione
Anno 845. Periferia di Trost, Wall Rose.


Non vedeva nulla. Non avrebbe saputo dire se avesse avuto gli occhi bendati, oppure se fosse ancora semicosciente. Fatto sta che si sentiva uno schifo: la testa gli girava nemmeno Lizzy lo avesse trascinato di peso su una di quelle giostre con i cavalli che le piacevano tanto. Brividi di freddo gli scendevano lungo la schiena.
All’improvviso, si sentì stringere delicatamente da un paio di braccia possenti. Il tepore che ne derivava era piacevole; avrebbe voluto abbandonarsi a quella sensazione beata per sempre. Sapeva solo che aveva tanto sonno…
“Signorino” si sentì chiamare.
-Lasciatemi in pace- pensò, mentre la sua mente viaggiava già tra le braccia di Morfeo.
“Bocchan. Non è il momento per dormire questo”
-Sta zitto, chiunque tu sia, ti ammazzo se mi chiami ancora-
“Beh, non mi lasciate altra scelta”
-Cosa…?-
Lentamente il conte Phantomhive tentò di aprire gli occhi, ma le palpebre erano troppo pesanti e non rispondevano ai suoi comandi.
All’improvviso, sentì qualcosa di morbido e umido sfiorargli il volto, e avvertì un improvviso pizzicorio al naso. Oh no, conosceva bene quella sensazione, era qualcosa che lo tormentava fin da piccolo.
La cosa soffice continuava a strusciare contro la sua faccia, non lasciando tregua al suo povero naso. Avrebbe starnutito da un momento all’altro.
“Etciùùùùù!!!”
Il contraccolpo lo costrinse finalmente ad aprire gli occhi, che già avevano iniziato a lacrimare.
Il muso di un piccolo gatto nero si trovava a pochi centimetri dal suo viso.
“SEBASTIAN!!! COSA TI SALTA… IN… MEEEECCIUUUU”
Ed era a due.
Il sorriso del maggiordomo fece capolino da dietro la schiena della bestiola, che sorreggeva con entrambe le mani per avvicinarla a Ciel.
“Allora fingevate di dormire, bocchan” lo stuzzicò ironicamente Sebastian.
Questo era davvero troppo: si era svegliato in un luogo sconosciuto, aveva dovuto vedersela con quei mostri enormi, non aveva bevuto il suo te’ (che era la cosa più importante), era quasi stato picchiato, era stato rapito (solo in quel momento ricordava quanto era successo) e si era svegliato di nuovo in un posto che non riconosceva. Ciliegina sulla torta, il suo maggiordomo aveva deciso di fargli venire un attacco d’asma proprio ora! Si era forse dimenticato di quanto soffrisse per l’allergia ai gatti?
“Come…sniff… come ti sei permesso… demone che non sei…altro.. sniff… eeeecciùùùùù!!! ALLONTANA IMMEDIATAMENTE QUELLA BESTIACCIA DA ME!”
“Osate chiamare bestiaccia questa meraviglia della natura? Osservate il suo pelo liscio e curato, le sue zampine morbide, i suoi artigli ben affilati, i suoi occhi guizzanti…“
Quasi si sentisse lusingato da quei complimenti, il gatto emise un miagolio di soddisfazione, iniziando a fare le fusa mentre Sebastian prese ad accarezzargli il dorso, in preda ad un’estasi indescrivibile.
Ciel era orripilato da quella scena, e starnutì nuovamente.
 
“Suvvia, Sebas-chan, non pensi di aver esagerato adesso? Se continui così va a finire che mi licenziano in tronco; voi due siete troppo importanti in questo momento, non posso permettere che uno muoia per shock anafilattico”
Al sentire che non erano soli nella stanza, il conte si guardò attorno con circospezione. L’ambiente era piccolo, del tutto simile a quello dove si erano ritrovati lui e Sebastian una settimana prima. Una fioca luce, emanata da una lanterna ad olio, illuminava il locale. Ciel notò un letto in disordine, un tavolo pieno di scartoffie e appunti e un mobile che probabilmente fungeva da piano cucina, dove erano accantonati gli avanzi di qualche pasto. Dedusse che la persona in rosso che sedeva di fronte a loro dovesse essere il proprietario di quello squallore, nonché il loro rapitore. Tutto si sarebbe aspettato, fuorché essere sequestrato da quel tipo strambo, uno shinigami per giunta. Ricordava perfettamente le circostanze nelle quali si erano incontrati: quella volta, avevano perso per sempre Madame Red, che era stata sfruttata per il puro divertimento di qualcuno che non avrebbe dovuto intromettersi nella sua vita personale.
Un’altra esistenza spazzata via.
“Inutile essere, sei almeno capace di preparare un tè?” sbraitò Ciel, che si sentiva confuso come non mai. Quali erano le motivazioni che avevano spinto quel dio a rapire lui e Sebastian così all’improvviso? E soprattutto, sapeva qualcosa riguardo a ciò che gli era successo?
“Con chi credi di parlare eh ragazzino? Guarda che qui non siamo in un albergo di lusso, come puoi vedere” rispose quest’ultimo, sistemandosi i lunghi capelli color fiamma dietro le spalle.
Sebastian si mosse repentino dietro di lui, mettendo mano ai coltelli che teneva sempre nascosti all’interno degli abiti.
“Con un eccentrico che non rispetta gli ordini che gli vengono impartiti. Grell, giusto? Ti conviene procurarci un tè al più presto, altrimenti assaggerai la mia argenteria. Il mio padroncino è ancora più scorbutico quando è affamato”
Il maggiordomo non potè fare a meno di aggiungere quella frase finale, per provocare una reazione che ormai aveva imparato a riconoscere in Ciel: uno sguardo carico di rabbia, al quale sorrise ironicamente.
“Beh, allora se me lo chiedi tu, Sebas-chan, farò tutto quello che vuoi <3” sentenziò lo shinigami, dopodiché iniziò a rovistare in giro alla ricerca di qualcosa che perlomeno assomigliasse ad un tè.
Ciel stava facendo di tutto per non perdere la pazienza. Anzi, l’aveva già persa da un bel po’.
Quando l’acqua venne messa a bollire, i tre si riunirono attorno al piccolo tavolo, e il rosso iniziò a parlare con una punta d’orgoglio nella voce, ignorando completamente il piccolo conte, sul viso del quale era apparsa un’espressione alquanto corrucciata.
“Era da tanto che non ci vedevamo vero, Sebastian? Certo che sei sempre un gran bel fi-“
“Se potessimo evitare i convenevoli io e il padroncino ne saremmo felici, dico bene?” lo interruppe Sebastian, gettando lo sguardo verso Ciel.
“Esattamente. Ora, dicci tutto quello che sai. Perché ci troviamo qui e cosa c’entri tu in tutta questa storia?” domandò il ragazzino.
“Quanta fretta! Abbiamo tutta la notte. Beh, ecco, da dove potrei iniziare…”
Grell prese tempo torturandosi una ciocca rossa. Era un discorso davvero intricato quello che si apprestava a fare; inoltre se Sebastian fosse venuto a sapere di quello che aveva combinato di sicuro lo avrebbe conciato per le feste, e quella prospettiva non gli piaceva per niente. Tuttavia, ora doveva rimediare ai suoi errori e cercare di riportare tutto alla normalità. Prese un respiro profondo e cominciò.
“Allora, diciamo che il motivo principale per cui siete qui adesso è perché siete il mio biglietto di assicurazione per il posto di lavoro”
Si rese conto che non era il modo migliore per iniziare un discorso, date le occhiatacce che ricevette in cambio. Forse doveva modificare l’ultima parte della frase, così da sembrare meno egoista?
“Ok ok scusate… beh è vero anche questo… Comunque, cari i miei Sebastian e conte Phantomhive, vi trovate in questo mondo arretrato e disgustoso perché siete le uniche persone che potrebbero far luce su un mistero molto importante, ovvero, come sono stati creati i giganti e soprattutto, chi potrebbe averli creati”.
Fece una pausa ad effetto, per ammirare le facce alquanto stupite dei suoi ospiti. Aveva fatto centro.
“Cosa ti fa pensare che noi siamo le persone giuste?” chiese Ciel.
“Cosa? Il tuo solo soprannome dovrebbe darti una risposta, cane da guardia della regina. Tu sei il prediletto di sua maestà, colui che gestisce la malavita londinese e non solo, finora hai risolto parecchi casi ai quali forze come Scotland Yard non si sono nemmeno avvicinati. Inoltre, puoi contare sull’appoggio di un maggiordomo… speciale, no?”
Lo shinigami sottolineò volutamente l’ultima parola, e per un istante la sua espressione si inebetì al pensiero di quello schianto di demone, ma tornò immediatamente serio dopo lo sguardo castigatore che lo trafisse da parte di questo.
“In pratica, voi due siete perfetti per questo compito. Ecco perché siete stati scelti dalla Sezione Amministrativa degli shinigami per indagare in proposito”
“Oh, da quando dei della morte e demoni collaborerebbero? Questa mi è nuova” asserì Sebastian, che pareva divertito dalla questione.
“Per questa volta abbiamo chiuso un occhio per quanto riguarda i metodi di investigazione. Si tratta di un problema che ha la priorità assoluta”
Ciel si fece attento. “Non capisco. Siete in contatto con sua maestà oppure è un’operazione alle vostre dipendenze?”
“Sciocco, lo sai che noi shinigami non dobbiamo (o meglio, non dovremmo) intrometterci nelle faccende degli esseri umani. Tu fai eccezione, dato che hai stretto un contratto con un demone, ma ora lo stiamo comunque facendo indirettamente; sarebbe brutto dire che ti stiamo sfruttando”
“E se non mi interessasse minimamente prendere parte a questa pagliacciata? Perché dovrei investigare su qualcosa che nemmeno io riesco a comprendere?”
“Pagliacciata? Devo proprio raccontarti tutto allora. Scusa, vado a togliere l’acqua”
Il rosso si alzò e si diresse verso il fuoco. Prese tre tazze d’argilla e vi versò l’acqua bollente, dopodichè aprì un cassetto sotto il ripiano e tirò fuori un sacchetto pieno di foglie di tè sminuzzate. Ne versò tre cucchiaini in ciascuna tazza e le portò al tavolo. Quell’infuso aveva un colore decisamente poco rassicurante, tuttavia Ciel si costrinse a bere, disidratato com’era. Nel frattempo, lo sciagurato gatto causa del suo attacco allergico fece capolino da sotto il letto, dove era andato ad infilarsi dopo la sua sfuriata, e con un agile balzo si sistemò comodamente tra le ginocchia di Sebastian, che sorrise compiaciuto. Il conte prese la sua sedia e si accomodò all’altro lato del tavolo. Nonostante il gesto di stizza che Grell fece quando se lo ritrovò accanto, continuò da dove si era interrotto.
“Dovete sapere che non siete arrivati qui sul tappeto volante. Era da molto tempo che i piani alti del reparto tecnologico stavano lavorando a qualcosa che permettesse di analizzare i cinematic records dei defunti anche dopo un eventuale giudizio di un dio della morte. Di solito, quando raccogliamo l’anima di un essere umano, i suoi ricordi sono disposti in modo tale da essere visualizzati su di una pellicola, e per una sola volta. A nessuno era mai venuto in mente che, dopotutto, anche noi avremmo potuto commettere degli errori nel nostro verdetto. Ed ecco perché sono stati inventati i record-viewers, dentro il quale vi trovate voi in questo preciso istante”
Sebastian e Ciel si scambiarono sguardi perplessi. Grell non si fece impressionare e riprese imperterrito.
“In realtà, ora voi due non siete altro che degli ologrammi in questo mondo, delle proiezioni di voi stessi per intenderci, creati attraverso il record-viewer dove vi ho collocati. Ora vi spiego come funziona. Immaginate una grande cabina. Questa è dotata di una porta dalla quale la persona interessata può entrare e uscire grazie al possesso di una chiave speciale. All’esterno essa è costantemente seguita da un tecnico, che monitorerà le operazioni da un centro di controllo. Il dispositivo è dotato di uno spazio apposito dove viene inserito il cinematic record del defunto che si vuole analizzare. A questo punto, avviene un collegamento tra il cervello della persona nella cabina e il record, e in questo modo viene creata una proiezione della stessa all’interno della pellicola”
“In pratica, è come se ora ci trovassimo dentro il cinematic record di una certa persona” concluse Sebastian, portandosi le dita al mento.
“Esattamente” replicò Grell.
“Quindi tutto ciò che abbiamo vissuto fino ad ora… è qualcosa che è già successo in passato. Dunque non ci troviamo in un altro mondo, bensì in un’epoca precedente alla nostra.” disse Ciel, che tuttavia non riusciva a capacitarsi di una cosa. Come mai in nessun libro di storia che avesse letto erano riportati quei tragici avvenimenti e il fatto stesso dell’esistenza dei giganti? Era più che sicuro che non si trattasse di un argomento censurato, dato che lui stesso si occupava di stendere i rapporti su ciò che avveniva in Inghilterra per la regina, e quindi aveva accesso a tutte le informazioni di ambito storico, sociale, politico ed economico che non erano di dominio pubblico.
“Sorpreso, piccolo lord? Solamente noi shinigami eravamo alla conoscenza dell’esistenza di questo periodo nero della storia dell’umanità, ecco perché nessuno te ne ha mai parlato, neanche il tuo maggiordomo. Tuttavia, anche noi abbiamo i nostri crucci, altrimenti non vi avremmo arruolati per scoprire la verità sulla natura dei giganti, della quale nemmeno noi sappiamo un granché” affermò Grell. Questa notizia sorprese non poco gli altri due: allora anche gli dei non erano perfetti. Il rosso riprese a parlare. Ciel sperò che il discorso non fosse ancora troppo lungo: tutte quelle scoperte che gli balzavano addosso così di punto in bianco lo avevano stancato e spazientito, aveva la testa che gli scoppiava, e in più molto sonno. Si costrinse ad ascoltare tentando di ingerire un enorme quantità di tè bollente, ma se ne pentì quando ne sputò metà del contenuto sul pavimento subito dopo per evitare che la sua lingua prendesse fuoco.
“Che schifo! Adesso pulisci te però!” si lamentò Grell, mostrando una faccia che era un misto tra disgusto e seccatura.
“Lasciate, ci penso io signorino” si propose subito Sebastian, che si affrettò a prendere la prima cosa che gli capitò tra le mani e usarla come straccio.
“NOOOO COSA FAIII QUELLO E’ IL MIO CAPPOTTO NUOVO!!! SEBAS-CHAN!!!” imprecò Grell, e Ciel sperò che si trovassero in un posto abbastanza lontano, perché se qualcuno avesse sentito quelle grida le avrebbe sicuramente scambiate per gli strilli isterici di una moglie in crisi di nervi.
“Signor Grell, il suo cappotto si è rivelato utile allo scopo: ora il pavimento è perfettamente asciutto! Grazie mille” disse il maggiordomo, che si chinò in una profonda riverenza, e lanciò un occhiolino di proposito allo shinigami. Sapeva che aveva un debole per lui fin da quando si erano visti per la prima volta, e la sua mossa ebbe effetto.
“Oh, beh, se la metti così allora…. mmm non importa! Sono felice di averti aiutato! Sai, se tu mi aiutassi a non perdere il posto di lavoro mi renderesti ancora più felice! Oh caz-“ Si pentì subito di ciò che aveva detto. Non avrebbe dovuto aprire quella sua boccaccia!
“In che senso? Spiegati meglio” chiese Sebastian alzando un sopracciglio.
“Ecco… il fatto è che.. ehm..” iniziò a balbettare Grell, temendo il peggio.
“Se non vuoi una mano allora potevi fare anche a meno di dirlo” lo incalzò il corvino, ottenendo la reazione desiderata. Ciel si portò una mano alle tempie: ne aveva davvero abbastanza di questi giochetti insulsi.
“No no no! Aspetta, ora ti dico tutto. Allora… quegli strumenti, i record-viewers, ecco… dovete sapere che non sono ancora stati brevettati e sono in fase sperimentale… Io ho pensato quando mi è stato affidato questo incarico, che anche se avessi messo due persone nella stessa cabina il dispositivo di riconoscimento avrebbe funzionato lo stesso! Così diciamo che ora voi due ve ne state dormendo appiccicati l’un l’altro come delle sardine (che invidia!) Ma non è questo il problema: il collegamento tra il cervello e il cinematic record di questa persona poteva funzionare solo con uno di voi due… è che non so chi abbia effettuato il collegamento corretto! La persona che non l’ha effettuato è quindi come un ostacolo nella cabina che impedisce alle onde di fluire attraverso il corpo dell’altro nel modo giusto, e quindi è rigettato dal sistema. In parole semplici: uno di voi due non è stabile in questa dimensione. Ciò significa che potrebbe scomparire da un momento all’altro. Io e i miei colleghi abbiamo ipotizzato che nel peggiore dei casi… questa persona potrebbe morire.”
Grell parlò tutto d’un fiato, come se fossero le ultime parole che avrebbe detto in tutta la sua vita. Probabilmente lo sarebbero state, se Ciel non avesse fermato Sebastian con un gesto della mano per impedirgli di avventarsi sopra il povero shinigami, che già tremava dalla testa ai piedi, preparandosi a ricevere il colpo di grazia.
“Frena la tua collera Sebastian, non ce n’è bisogno. Tu sei un demone giusto? Non potrai di certo morire per questa sciocchezza. Con ogni probabilità sono io l’elemento di disturbo nella cabina. Se entro un minuto, essere abominevole, non mi avrai spiegato i dettagli di questa missione, giuro che il mio maggiordomo davvero non avrà alcuna pietà con te. E desidererai di non averci mai conosciuti”
Sebastian al sentire pronunciare queste parole si riempì di incredulità. Non avrebbe mai pensato che anche di fronte alla morte stessa il suo padroncino avrebbe saputo mantenere i nervi così saldi. Era per avere questo che aveva coltivato e custodito la sua anima con tanta cura: alla fine, ne era valsa la pena. Il demone si leccò le labbra, pregustandone già il sapore. Vedendo che Grell era rimasto totalmente paralizzato da quelle parole, aggiunse: “Non hai sentito? Ti conviene sbrigarti”
Lo shinigami si scosse improvvisamente, come risvegliandosi da un incubo; gli era infatti parso di vedere un’ombra minacciosa dispiegarsi dietro Sebastian.
“Ma ma io non avevo idea che-“
“Ti ordino di parlare. ORA.” inveì Ciel.
“Certo, certo come desideri… L’obiettivo principale è svelare chi sta dietro alla creazione dei giganti, oltre a ovviamente scoprire come mai siano scomparsi dalla faccia della terra. La Sezione Amministrativa è già sulle tracce di un possibile indiziato, tuttavia nemmeno io sono a conoscenza della sua identità”
“E per quanto riguarda la persona alla quale appartengono questi records?” chiese Ciel curioso.
“Il suo nome è…”
 
 
 
 “…Levi Ackermann. Il soldato più forte dell’umanità. Chi l’avrebbe mai pensato che ci avrebbe causato tutti questi problemi”
William T. Spears alzò lo sguardo al cielo stellato, una promessa di speranza in una situazione davvero intricata.

 
 
 
 

Angolo dell’autrice più ritardataria della storia
 
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Ok non uccidetemi. Cercate di capirmi, l’ispirazione non arrivava e tra impegni e cose varie rimandavo sempre di più la storia T.T Ora non vi prometto più niente ahah pubblicherò quando mi sentirò illuminata (?) Comunque la continuo la storia eh, non preoccupatevi per quello e.e
 
TAN TAN TAAANN!!! Questo ragassuoli miei è il capitolo delle revelations! \(*o*)/ Certo che Grell l’hai fatta proprio grossa, più grossa della pupù del mio cane xD Non so se siate riusciti a stare dietro a tutti i ragionamenti astrusi della mia mente bakata, fra un po’ non ci sto più dietro nemmeno io lol
Eeee ecco che vediamo il nome di Levi comparire per la prima vez (vuol dire volta in spagnolo per chi non lo sapesse, mi è venuto da scrivere così xD)
Anche io voglio finire nei suoi ricordi *sigh* >.<
Ci sono ancora molte cose da svelare, ma per questo e altro vi rimando al prossimo capitolozzo che spero di riuscire a pubblicare quanto prima, ma non vi garantisco nulla!
Sciauuu a tutti e buonenanne <3

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