Small steps into oblivion

di Ice_DP
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo incontro ***
Capitolo 2: *** Alto tradimento ***
Capitolo 3: *** Appuntamento con sorpresa ***



Capitolo 1
*** Il primo incontro ***


SMALL STEPS INTO OBLIVION


Il primo incontro



L'università è un posto orribile se sei solo; diventa come un labirinto di persone che ti ignorano, ed è più che facile passare inosservati.

Questo vale anche per Aki, una ragazza che apparentemente non ha nulla di così eclatante da mostrare al mondo; ma se quel mondo si soffermasse per un attimo sforzandosi di scambiare anche solo una parola con lei, allora capirebbe che davvero le apparenze ingannano.

Un ragazzo, tra questa massa di gente molle e informe, che passa la vita sperando di diventare qualcuno, si è accorto di questa ragazza che vive nell'ombra di sé stessa, cercando di non dare mai fastidio a nessuno e di non dare particolarmente nell'occhio; vuoi per non essere disturbata, vuoi per non essere giudicata.

È cominciato tutto così, in un banale giorno di pioggia.


Maledizione!” imprecò la ragazza, ormai infradiciata dalla testa ai piedi, guardando il suo ombrello rovesciato al contrario.

Quel giorno la pioggia aveva deciso di battezzarla, come se non fosse già abbastanza avere una coinquilina che avrebbe fatto uscire di testa anche il Papa. E fare uscire di testa il Papa era pressoché impossibile.

Il suo grazioso ombrello a fiorellini aveva deciso di disertare proprio in quel momento, rivoltandosi come un calzino e lasciandola alla mercé del tempo.

Molto simpatico, effettivamente.

Maledizione alla pioggia, all'ombrello e anche a...” sbraitò Aki, spostandosi malamente i capelli ricci appiccicati alla faccia e non finendo la frase.

Basta, devo trattenermi. Non devo essere volgare” disse subito dopo, tirando un respiro profondo che doveva servire a riprendere il controllo di sé.

Se qualcuno l'avesse sentita parlare da sola in quel modo, sicuramente l'avrebbe presa per una pazza scriteriata. Non che non lo fosse, sia chiaro. Ma quella giornata era cominciata davvero troppo male.

Prima la sveglia non era suonata, poi la metropolitana l'aveva gentilmente schiacciata contro una quarantina di persone; come se non bastasse il tempo aveva iniziato a fare i capricci, ma di quelli pesanti, e il suo ombrello aveva deciso che morire era una valida alternativa al riparare la sua malcapitata padrona.

Aki si incamminò a grandi passi verso l'ingresso dell'università, stranamente poco frequentato quel giorno. Se ci pensava, in effetti le lezioni erano già iniziate da un pezzo e lei, ovviamente, era in ritardo.

Merda, merda, merda!” imprecava ancora, salendo velocemente le scale, subito dopo l'ingresso. Non poteva assolutamente perdere un'altra lezione, altrimenti sarebbe saltato tutto il suo programma per il primo semestre.

Era abbastanza triste che se ne fosse fatto uno già al primo anno di università, ma non avendo amici con cui uscire o con cui condividere qualcosa, quello le occupava il tempo che non spendeva a studiare.

Già, perché lei non aveva amici. Non che ci mettesse impegno nel cercarli, semplicemente nessuno la vedeva, tra quella folla di gente. Era la classica persona insignificante, quella che ti passa vicino e nemmeno te ne accorgi. Ma ad Aki andava bene così, o almeno cercava di convincere sé stessa, e anche sua madre. Soprattutto sua madre, che era preoccupata che la figlia fosse depressa; trascurando il fatto che tra le due la depressa, non era la figlia.

Lasciando da parte questi pensieri, Aki continuò a camminare velocemente, passando distrattamente davanti al bagno degli uomini e urtando qualcuno.

Un rumore di libri rovesciati per terra riempì il corridoio, ma lei nemmeno si voltò a guardare; chiese velocemente scusa e continuò a correre.

Ma dimmi te che gente...” commentò il ragazzo che era stato investito, raccogliendo i suoi libri.

Però, ha un bel culo!” ridacchiò, guardando la ragazza riccia andare via.


Aki rinunciò la corsa alla lezione quando capì che tanto non sarebbe arrivata in tempo per poter capire di che cosa stessero parlando.

Rallentò il passo, sbuffò sonoramente e fece dietro front, scendendo le scale che portavano al cortile interno della struttura.

Con lo sguardo perso chissà dove, aprì la porta a vetri e uscì, stando attenta a rimanere sotto al parapetto del piano superiore, in modo da non prendere la pioggia battente un'altra volta; le era già bastata quella di poco prima -non si era ancora nemmeno del tutto asciugata-.

Tirò fuori il suo pacchetto di sigarette, estraendone una; quando fu il turno dell'accendino però, scoprì con sgomento che l'acqua era riuscita ad infilarsi nella sua borsa e a renderlo inutile.

C'è ancora qualcosa che deve andare storto oggi?” chiese a nessuno, lanciando l'accendino in mezzo al cortile.

Forse non chiedere scusa alla gente che si investe perché non si guarda dove si va”

Una voce calda la fece sobbalzare e girare di scatto. Ma da dove era sbucato? In cortile non c'era nessuno quando era entrata.

Davanti a lei si parò un ragazzo alto e ben piazzato; probabilmente aveva dei muscoli come Dio comandava, ma i vestiti autunnali non permettevano di vedere oltre. I suoi capelli erano più spettinati di quelli di un senzatetto e, insieme a quella spruzzata di lentiggini che aveva sul naso e sulle guance, contribuiva a dargli un'aria infantile. Infantile e molto furba.

Però caspita se era bello.

Scusa?” chiese la ragazza, non capendo a che cosa si riferisse.

Il ragazzo rise.

Mi hai investito poco fa nei corridoi del terzo piano, buttandomi giù i libri. E non te ne sei nemmeno accorta” sorrise sghembo, con una faccia che di rassicurante non aveva niente.

Aki si portò una mano alla bocca, aperta, scoprendo di essere stata una vera maleducata.

Oddio, io...scusa, non...non volevo è solo che...ero in ritardo e...” farfugliò, in preda all'imbarazzo. Non era da lei comportarsi a quel modo!

Il ragazzo rise nuovamente, interropendola.

Non importa, è passato. Piuttosto...” quel sorriso malandrino ancora stampato sul volto; le si avvicinò di qualche piccolo passo con la testa leggermente inclinata da un lato.

Puoi scusarti ancora meglio uscendo con me” disse a bruciapelo, lasciando Aki completamente spiazzata.

Cosa scusa?” chiese confusa. Doveva aver capito male.

Esci con me, stasera alle otto” ripeté tranquillo, come se fosse la cosa più banale del mondo. Sembrava che stesse parlando di quali biscotti comprare per la colazione.

Ma se non mi conosci nemmeno, non sai neanche il mio nome!” si indispettì lei, visibilmente imbarazzata. Nessuno le aveva mai chiesto una cosa del genere, men che meno un completo sconosciuto. Ancora meno uno sconosciuto bello come quello che aveva davanti.

Allora piacere, io mi chiamo Ace, e tu, bella ragazza?” disse gentilmente ma sempre con quello strano sorrisetto in faccia, tendendo la mano ad una Aki molto sospettosa e titubante. Non è che si fidasse molto della gente, di quei tempi poi ancora meno del solito.

Guarda che non mangio mica!” si difese scherzosamente Ace, vedendo che lei non accennava a schiodarsi dal suo immobilismo.

Tu sei pazzo...!” pronunciò, con non molta convinzione. Però era davvero una situazione strana; queste cose le aveva viste capitare solamente nei film che tanto amava.

No, sono Ace, te l'ho detto!” ridacchiò lui, alquanto divertito.

E tu, mi dirai il tuo nome o no? Posso averlo questo onore?”

Aki sospirò, porgendo la mano che Ace prontamente intrappolò nella sua, dandole un bacio sul dorso. Aki arrossì. Ma da dove diavolo veniva quello strano essere?

Mi...mi chiamo Aki” le sue gote erano rosso fuoco.

Piacere mio!” esordì lui allegro, lasciandole la mano.

Allora, esci con me?”

Lei rimase a pensare a qualcosa, qualcosa che sembrava davvero intricato.

No, direi di no” disse, infine.

L'espressione di Ace rimase delusa per circa due secondi, per poi tornare a sorridere.

Così mi ferisci, Aki”

Alla ragazza scappò un risolino; era davvero una persona molto strana. Un brivido però la scosse quando pronunciò il suo nome.

Vedo che sei molto provato!” rispose a tono lei, divertita.

Io sono un ragazzo sensibile! Mica come tutti gli altri!” si gonfiò Ace, mostrando il petto come un tacchino.

Già, almeno mi hai rivolto la parola, non come tutti gli altri...” pensò Aki. Forse poteva dargli mezza chance. Ma proprio solo mezza, eh. Poteva sempre ricavarci qualcosa di buono da quella situazione.

Allora ascolta, Ace.” iniziò convinta, sperando di sembrarlo almeno la metà di quello che pensava.

Se per te vale lo stesso, accompagnami a casa, visto che tu hai l'ombrello e il mio ha optato per il suicidio oggi” disse con aria quasi di sfida, indicando l'ombrello arancione che aveva lui accanto.

Ace la guardò per un secondo, studiandola. Assottigliò un po' gli occhi, per poi esplodere in un sorriso magnifico, che Aki non aveva mai visto in nessun altro.

Wow...”

Ok, ci sto!” proruppe infine, entusiasta.

Così saprògià dove abiti!”


Quella giornata, alla fine, non si rivelò affatto così tremenda come era iniziata.

Una ragazza apparentemente invisibile aveva trovato quel qualcuno nel mondo che aveva avuto la pazienza di rivolgerle la parola; e lei lo aveva accettato, come non faceva da tempo ormai.

Quel giorno due persone si erano trovate, inconsapevoli di ciò che ne sarebbe derivato; si sarebbero cambiati la vita a vicenda.

Almeno non ci sarebbero più stati stupidi programmi per il semestre a venire.



ANGOLO DELLA DEMENZA


Hola malcapitati di turno! :D
Inizio col dire che, se siete arrivati fin qui, siete delle persone magnifiche; perché mi avete regalato il vostro tempo, ed è una cosa che a me fa sempre piacere!

Detto questo.
Dei piccoli chiarimenti.
Questa one shot, e quelle a venire dopo di lei, sono delle spin-off della mia long fic
Oblivion, che potete trovare qui.
La sua lettura è consigliata per capire meglio, se non questa, almeno le altre storie. Mi è venuta questa idea semplicemente perché non potevo ammassare tutte queste vicende in una storia sola; sarebbe stata infinita e noiosa, oltre che la lettura sarebbe davvero risultata pesante. Però mi dispiaceva un sacco non poterle piazzare da qualche parte! E poi, come lettrice, mi piacerebbe leggere dei retroscena, delle scene che sono state escluse, proprio come succede nei dvd. Tante volte sono più curiosa di leggere quelle che la storia in sé, perché mano a mano che essa procede, i flashback possono far capire davvero un sacco di cose.
Ok, la smetto.
Ringrazio ancora chiunque sia arrivato fino qui.
Sappiate che Ace vi ama

Alla prossima, se sarà possibile!
Peace & Love!

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Capitolo 2
*** Alto tradimento ***


SMALL STEPS INTO OBLIVION

 

Alto tradimento

 

 

Era una festa come tante di quelle che avevano sempre fatto da quando si conoscevano. C’era Ace che faceva il solito cascamorto con chiunque gli capitasse a tiro, senza ben distinguere se fosse un uomo o una donna; Aki che ogni tanto lo andava a tirar via, più ubriaca di una spugna; Sanji correva dietro alle sottane di tutte le esponenti di sesso femminile che trovava sul suo cammino, con una predilezione per Robin; Franky difendeva a spada tratta la sua dolce metà che se la rideva sommessamente; Usopp, Brook e Rufy cantavano tutti insieme dondolando a ritmo di musica mentre Nami scuoteva la testa irritata, e Zoro..beh Zoro dormiva.

Insomma, uno dei tanti teatrini simpatici cui tutti erano abituati ormai. Non che non fosse divertente, anzi.

Quella sera però, qualcosa galleggiava maligno nell’aria, e qualcuno doveva essersene accorto; peccato che fosse la persona sbagliata.

Non si sapeva bene chi avesse invitato tutta quella gente a casa di Rufy e compagnia bella, fatto sta che quell’appartamento sembrava scoppiare. Tra quelle persone spiccava di sicuro la bella Boa Hancock, che non aveva mancato una sola occasione per stare appiccicata al padrone di casa durante tutta la serata; adesso era in ginocchio, in sua palese adorazione mentre quello strillava frasi senza senso con un tono che avrebbe rotto persino un vetro più spesso di un prosciutto. Naturalmente il ragazzo non la degnava di uno sguardo, troppo occupato a consumarsi la voce con i suoi fidati amici, ma qualcuno lo faceva per lui: dall’altra parte della stanza, con un’aria furente e tutto meno che amichevole, c’era Nami, indecisa se agire e spaccare subito la faccia a quella smorfiosa o starsene tranquilla lì dov’era. Era decisamente più propensa per la prima ipotesi.

Continuava a ripetersi che tanto il suo ragazzo non avrebbe mai potuto fare nulla di male, ma una vocina cattiva continuava a darle il tormento, dicendole che sarebbe accaduto di sicuro qualcosa di sbagliato; ma dopotutto era di Rufy che si stava parlando, la persona più ingenua e genuina che avesse mai avuto modo di conoscere. Ad arrivare in suo soccorso fu Robin che espresse i pensieri della rossa.

“Stai tranquilla, non succederà nulla” le aveva detto, e lei ci vedeva sempre giusto in queste cose. E infatti Nami si rilassò, lasciando che la tensione che aveva accumulato sulle spalle scivolasse via e le permettesse di godersi una birra in tutta tranquillità. Diede le spalle alla scena stomachevole che aveva osservato fino ad un istante prima, e raggiunse Robin che nel frattempo si era seduta sul comodo divano.

 

Due occhi grigi e magnetici avevano osservato attentamente tutto lo svolgersi della vicenda con un certo interesse, e contemporaneamente delle labbra si erano increspate in un sorriso malefico, che faceva venire i brividi.

 

“I BELIEVE I CAN FLYYYYYYYYYYYY!!”

Urla sovraumane e senza apparente senso arrivavano dal coretto che i tre moschettieri, visibilmente ubriachi e con ancora meno neuroni del solito, avevano intonato da qualche secondo. Erano ancora più ridicoli perché si tenevano per le spalle, con gli occhi chiusi e la bocca vibrante e spalancata peggio di quella di una balena anoressica che cercava disperatamente cibo.

“Bravo!!” si sentiva cinguettare, in mezzo a imprecazioni e oggetti che volavano nella direzione dei cantanti improvvisati; non erano stati apprezzati come avrebbero dovuto.

Un’adorante Boa Hancock stava saltellando davanti a Rufy, che la guardava senza realmente capire che cosa stesse facendo. Per lui quella donna era qualcosa che andava oltre la sua infantile comprensione.

“Bravo amore mio, sei un cantante favoloso!!” urlava lei, arrossendo e facendo gli occhi languidi in direzione del ragazzo davanti a lei.

“Lo sho…shono un grande cantante io!!” si gonfiava Rufy, che da vantarsi aveva ben poco, ma avendo trovato almeno un appoggio al suo splendido karaoke improvvisato, non poteva fare altrimenti.

“E noi??” si lagnavano all’unisono Usopp e Brook, indignati per non aver ricevuto anche loro le attenzioni e i complimenti che meritavano. O almeno erano convinti di meritare. In fondo erano un trio, che diamine!

“Rufy amore!” si scioglieva ancora la donna prosperosa non dando minimamente loro ascolto, avendo occhi solo per Rufy; le altre persone non apparivano nemmeno al suo sguardo innamorato. C’era posto solo ed esclusivamente per il ragazzo dai capelli corvini e nient’altro.

“Abbiamo capito, togliamo il disturbo!” fece un offeso Usopp che, barcollando, si incamminò da qualche altra parte sorreggendosi ad un Brook che di stabile non aveva nemmeno i capelli afro.

Così Boa fu finalmente da sola con il suo amato, che la guardava con due occhi simili a quelli di una triglia lessa. Non stava veramente capendo niente.

“Shono bravisshimo!” si glorificava, alzando un braccio in aria e sbattendosi l’altra mano sul petto con fare molto macho.

Tutto questo, ovviamente, non fece che aumentare di più la libido di Boa, che non ci pensò due volte nel lanciarglisi tra le braccia.

“Oh mio eroe, sei il migliore!” starnazzò, stringendosi il capo di Rufy tra i suoi seni e rischiando di soffocarlo. Da quell’ammasso morbido provenivano rumori di dissenso e di aiuto, ma lei pareva non farci caso.

Dopo quelli che parevano interminabili secondi, Boa liberò il ragazzo da quella morsa assassina e soffocante, per portarlo a pochi centimetri dal suo viso, prendendolo delicatamente per le guance.

“Oh amore mio…” disse sensualmente, guardandolo negli occhi. Quello respirò rumorosamente, ringraziando il cielo di poter di nuovo respirare della preziosa aria.

Era evidente che Rufy non stava capendo nulla di quello che gli stava accadendo il quel momento, altrimenti ci avrebbe pensato due volte prima di cadere in quel tranello e scatenare l’inferno.

In un batter di ciglia Boa, che aveva sfruttato a pieno l’occasione ghiotta, se lo portò sempre più vicino alle labbra, rubandogli un bacio che non venne mai ricambiato. Rimase addosso alle labbra di Rufy per tutto il tempo che le serviva per bearsi di quel contatto; ma fu anche abbastanza perché Nami potesse vedere quella scena con i suoi stessi occhi, dato che si era appena voltata come se avesse intuito qualcosa.

Rufy rimase con gli occhi aperti, stupito e anche leggermente stordito da quella situazione che non riusciva a comprendere, complice l’alcool che aveva in corpo. Li strizzò solo dopo qualche secondo, indeciso se scagliare lontano quella donna che gli pareva una sanguisuga. Optò proprio per questa scelta, ma nell’agire non si rese conto che posò le mani proprio sul seno prosperoso di Boa, scatenando in lei mugolii di assenso. La donna si staccò dalle sue labbra con fare teatrale, non dandogli nemmeno il tempo di reagire e staccarla da sé; reclinò la testa all’indietro e gemette talmente forte da attirare l’attenzione di tutti i presenti.

Nami osservava la scena come impietrita.

Vedere il suo ragazzo con gli occhi spalancati, che si fissava le mani posate sul decolleté di quella vipera con la testa all’indietro e l’espressione goduta, le faceva venire il sangue al cervello. Ma non un suo muscolo si mosse.

Ci volle un po’ prima che Rufy riuscisse a liberarsi da Boa, la quale si accasciò sul divano più vicino in preda all’estasi più totale, non rendendosi nemmeno conto che quasi l’aveva scagliata lontano. Ma Nami già se n’era andata.

La cercò per la casa, trovandola nel bagno che piangeva; non appena lo vide sulla soglia cercò di darsi un contegno davanti a quell’imbecille. Se solo pensava quanto tempo ci avevano messo per arrivare a quel punto con tutti gli ostacoli che avevano affrontato, quanto tempo ci aveva messo per fidarsi di lui e considerarlo finalmente poi come suo ragazzo; se anche solo pensava a tutto quello che aveva fatto Rufy per riuscire a conquistarla, a quante cose avesse rinunciato e forse a quanto si era potuto umiliare con i suoi amici pur di entrare nel suo cuore. L’aveva quasi ossessionata con tutte le sue attenzioni, e adesso i suoi tentativi durati dei mesi –perché Nami non era persona da cedere immediatamente, senza far soffrire l’altra parte per testarla per bene, e per potersi fidare per davvero – e adesso buttava tutto all’aria così.

Le sue convinzioni erano cadute tutte quante, inesorabilmente, come un castello di carte al primo alito di vento.

“Nami…”

“Vattene, non ti voglio vedere”

“Nami, io…”

“Ho detto di andartene!!”

Di lì a poco, si sentirono solo più delle grida che avrebbero fatto accapponare la pelle anche a chi la pelle non l’aveva. Nessuno osò intervenire.

Lui e Nami faccia a faccia che si urlavano a pochi centimetri l'uno dall'altra. In realtà ad urlare era solo lei, accusandolo di essere un maiale che non ha il minimo rispetto per la sua persona. Volavano insulti rivolti al ragazzo come “stronzo, non sei capace di essere una persona affidabile, mi fai schifo!”. Insulti ai quali Rufy aveva risposto l'unica cosa che non doveva dire, e che non pensava nemmeno, ma che gli sembrava l’unica cosa di senso compiuto pur di farla smettere di urlare così; mai mossa fu più sbagliata.
Io e te mica stiamo insieme”
L'aveva detto con tranquillità e senza scheggiature, né nell'espressione e né nella voce. La più grande cazzata della sua vita.
Qualcosa in Nami però si era rotto, irrimediabilmente spezzato, forse per sempre.

Benissimo.”
Si era voltata e se n'era andata, lasciandolo da solo nel bagno.

Rufy non seppe per quanto tempo rimase lì, in piedi e immobile; capì che ad un certo punto Ace era arrivato e l’aveva portato a letto. Non aveva una bella espressione sul viso, ma non gli chiese nulla, si limitò a seguirlo e a tornare tra le lenzuola.

Il suo cervello era ancora troppo annebbiato dall’alcool per poter fare chiarezza su ciò che era appena successo.

 

Trafalgar Law, ragazzo noto per essere stranamente silenzioso e inquietante, si era appostato vicino al bagno in cui aveva visto Nami entrare poco prima. Assistette a tutta la scenata che derivò quando Rufy la raggiunse, ma non intervenne tra loro. Stette al suo posto, godendosi ogni parola, ogni insulto e ghignando in modo perfido.

Quando la ragazza uscì, senza che si accorgesse di lui, si leccò le labbra e scattò in avanti per artigliarle il braccio esile.

 

“Lasciami!” aveva esordito lei con ancora tutta la rabbia che le girava in corpo; ma lui non le aveva dato retta.

“Puoi vendicarti se vuoi” le aveva sussurrato all’orecchio, tirandosela addosso, mentre lei cercava di divincolarsi.

I loro corpi aderivano perfettamente l’uno con l’altro, e Nami si era presto accorta che la sua presenza faceva un immenso piacere a Law; non poteva dire altrettanto.

Tutti sapevano che quel ragazzo aveva un debole per lei, ma Nami lo trovava inquietante e poco raccomandabile, oltre che con un pessimo gusto per quanto riguardava il vestire.

Era bello, e questo non poteva affatto negarlo; aveva due occhi che attiravano anche a centinaia di metri di distanza. Aveva qualcosa di estremamente pericoloso nella sua figura, eppure questo lo rendeva tremendamente interessante.

“Lasciami ti ho detto…” ma il suo ordine non suonava affatto come tale.

“Sai che non lo farò” continuava a sussurrarle, leccandole il lobo dell’orecchio.

La ragazza soppesò per un attimo le parole di Law, collegando il fatto che avesse usato proprio la parola vendetta; era perfettamente consapevole del fatto che lui stava usando questa situazione per un tornaconto personale, ma anche lei poteva sfruttarla nel migliore dei modi.

E fu allora che Nami perdette la propria coscienza. Ancora accecata dalla rabbia per quanto visto fare poco prima dal suo ragazzo, si gettò sulle labbra di Law proprio come Rufy aveva fatto con Boa.

Il ragazzo sorrise malignamente dentro a quel bacio che di passionale e sincero aveva ben poco, ma a lui non importava poi molto; aveva ottenuto quello che voleva, ma non era ancora completamente soddisfatto.

Avrebbe avuto di più, e aveva la certezza che Nami non si sarebbe tirata indietro.

Con un gesto rapido artigliò le gambe della rossa fino a portarsela in braccio, mentre lei gli si avvinghiava addosso con tutte le sue forze, quasi avesse paura di cadere.

Trovò una stanza da letto libera, ci entrò e chiuse la porta a chiave, onde evitare spiacevoli inconvenienti.

Buttò la ragazza sul letto e prese a toglierle con lentezza estenuante i vestiti; quando fu il suo turno, Nami prese quelli che considerava quattro stracci, glieli strappò di dosso con foga e li fece sparire in un punto lontano e non precisato della camera.

Law la guardò per un attimo dall’alto, scrutandola e imprimendosi nella mente tutti i particolari di quel corpo perfetto che era sotto di lui. Era da un po’ che quella ragazza veniva a fargli visita durante la notte, nei suoi sogni; ma stesa lì su quelle lenzuola, reale, era ancora meglio di come mai aveva osato immaginarsela.

“Vuoi piantarla di guardarmi?” ringhiò infastidita; non era abituata che qualcuno la guardasse così tanto a lungo quando era così vulnerabile.

“Non osare darmi ordini. Io faccio quello che mi pare” e si leccò le labbra, famelico.

Rimase a rimirarla ancora un po’, facendola cuocere nell’impazienza. Poi le si buttò addosso, facendola sua.

Nami non seppe bene che cosa provò quella notte, ma non volle pensarci per troppo tempo. Decise di godersi quel ragazzo che, a quanto pare, ci sapeva parecchio fare con certe cose. Spense il cervello e accese i sensi.

Ma non aveva fatto i conti su come si sarebbe svegliata la mattina dopo.

 

ANGOLO DELLA DEMENZA


Hola miei prodi! Non sono morta, ho solo avuto un sacco di problemi col computer che è tornato oggi! *tristità assoluta* Avevo scritto questo capitolo, ma mi si è fritto l’hard disk e ho perso tutto, ma proprio tutto…quindi l’ho riscritto da capo, ed è uscita una versione diversissima dalla prima; ma devo dire che ha più senso. Se mai riuscirò a riaverla, posterò anche quella. Spero che possiate apprezzare questa scorcio di Oblivion, davvero.

Ho voluto mettere in risalto il fatto che Rufy non l’abbia assolutamente fatto con cattiveria, e di come Nami si sia vendicata perché si è sentita tradita dopo tutto il lavoro che hanno fatto per arrivare fino a lì. E di come Law sia un approfittatore spudorato ahahahahah

Spero che ci sia ancora qualcuno di buon cuore a seguire questa raccolta! Presto, spero, arriverà anche il nuovo capitolo di Oblivion!

Grazie a chi ha recensito e solo letto il capitolo precedente, e chi ha inserito la storia nelle preferite, seguite e ricordate!

A presto!

Peace & Love!

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Capitolo 3
*** Appuntamento con sorpresa ***


SMALL STEPS INTO OBLIVION

 

Appuntamento con sorpresa

 

 

Perché Aki fosse lì, non l’aveva ancora ben compreso; sì, sapeva perfettamente perché fosse lì, ma non riusciva a capirne il motivo di fondo. Sentiva che c’era qualcosa che non quadrava, anche se stava cercando di ignorare quella sensazione che le attanagliava il cervello.

Marco la guardava in modo strano; non era il modo in cui un ragazzo guarda una ragazza da cui è attratto. Togliendo che Aki stesse mangiando alla stregua di uno scaricatore di porto, ma quelli erano dettagli. Insomma, era strano, non sapeva spiegarne il motivo ma lo era e basta.

Ignorò se stessa, com’era solita fare, e continuò a mangiare, curandosi di sembrare almeno decente agli occhi di Marco.

Quello, manco a dirlo, sorrideva senza un apparente motivo, standosene in silenzio. Solo dopo che la cameriera venne a chiedere se volessero altro, e se ne fosse andata con le loro ordinazioni per il dolce, iniziò a parlare. Non che prima non lo avesse fatto, solo che erano entrambi molto impegnati a mangiare piuttosto che a conversare, manco fossero stati dei profughi del Bangladesh.

“Allora, Aki, ti starai chiedendo perché ti ho chiesto di uscire”

In effetti, era proprio così; solo che non aveva ancora avuto il coraggio di chiederglielo.

Marco sorrise benevolo, e questo la fece un poco tranquillizzare, ma quella strana sensazione alla bocca dello stomaco proprio non voleva lasciarla andare.

“Ti devo chiedere un favore, prima di rivelartelo” disse il biondo, serio.

“Spara” rispose Aki, ingollando l’ultimo pezzo di cibo rimastogli in bocca e mettendosi in posizione per ascoltare dignitosamente ciò che Marco aveva da dirle.

“Non vorrei distruggere i tuoi sogni, ma non l’ho fatto per iniziare una relazione con te, quindi ti prego di non dare in escandescenze”.

Spiazzante, davvero; e anche forse un po’ affrettato ma meglio così. Aki apprezzava le persone sincere e dirette, che non t’intortavano con inutili giri di parole. Doveva ammettere che però un minimo di delusione aveva preso il sopravvento, ma non lo diede a vedere.

“Mi dispiace” aggiunse Marco, e lo sembrava davvero.

“Non ti preoccupare” sorrise lei, quasi amaramente. Dopotutto era ben abituata a questo genere di cose, ma decise di passarci sopra; pensarci e dare troppo peso alla faccenda era qualcosa su cui non valeva la pena porre la propria attenzione.

Marco la scrutò per qualche secondo, senza dire niente. Era ovvio che ci fosse rimasta male, ma lui non poteva fare altrimenti. Sicuramente avrebbe apprezzato molto di più quello che le avrebbe detto da lì a breve.

“Però…” iniziò lei, curiosa di sapere il perché di tutto quel trambusto.

“Perché ti ho invitata ad uscire comunque?” la anticipò il biondo. Aki annuì.

“Per Ace” disse tranquillamente Marco, affondando il cucchiaio nel suo budino al cioccolato.

“Per Ace?” ripeté Aki dubbiosa.

“Sì, perché se non fossi arrivato io a salvare la situazione, probabilmente riuscirebbe a non rivelare mai quello che pensa sul serio”.

Era serio, estremamente serio, ma Aki non riusciva ancora a capire il suo discorso.

“Scusa Marco, non ti seguo” disse, infatti, confusa.

Quello rise piano, chiudendo gli occhi e lasciando che la testa gli si voltasse verso l’alto. Pareva davvero divertito, e questo suo atteggiamento finì per infastidire Aki.

“Ace è innamorato di te”.

Spiazzata un’altra volta. Credette di aver avuto un’allucinazione uditiva; non poteva essere vero quello che era uscito dalla bocca di Marco.

“Co…cosa? Non starai dicendo sul serio!” la sua voce uscì più acuta di quanto non volesse, e ciò fece ridere di nuovo il ragazzo seduto davanti a lei.

“Hai capito bene, e penso che anche per te sia la stessa cosa” era tranquillo, Marco, e non faceva una piega durante il suo discorso. Sapeva di avere ragione, e in quella conversazione si trovava perfettamente a suo agio, al contrario di lei.

“Io non credo che…” tentò di arrampicarsi sugli specchi, Aki, finendo per fissare il suo dessert. Era rossa fino alla punta delle orecchie.

“Aki?” le domandò Marco, aspettando che lei alzasse gli occhi per guardarlo in faccia. Ci volle un po’, ma lo fece. Aveva un’espressione seria dipinta in volto.

“Non dirmi bugie”.

Lei sospirò, affranta.

“Hai ragione. Sono innamorata di lui, ma non credo che questo possa cambiare le cose” sputò amaramente, non senza imbarazzo, abbassando nuovamente lo sguardo.

“Oh sì, invece” controbatté il biondo, convinto.

“E come?” i suoi occhi schizzarono immediatamente in quelli del suo interlocutore, attenti. Lui sorrise.

“Basta solamente che la smettiate di fare il gioco del silenzio; e la piantiate di essere idioti” lo disse facendo una pausa a effetto.

Aki iniziò a torturarsi le mani, e Marco intuì quale doveva essere il suo problema. Lei non era stupida, e proprio per questo aveva preso in considerazione tutte le possibilità che potevano esserci in una situazione del genere.

“Marco io…non potrebbe essere un momento peggiore…” confessò, con gli occhi che iniziavano a diventare lucidi, che scostò per non farli vedere.

“Per Perona intendi?”.

Quel ragazzo non aveva proprio mezzi termini.

Aki annuì sconsolata.

“Non ti crucciare, per me è tutta una messa in scena!” sbottò inaspettatamente Marco, e ciò attirò l’attenzione della ragazza su di sé un’altra volta. Sembrava seccato.

“Che cosa vuoi dire?” chiese curiosa di quella svolta cui, forse, non aveva pensato abbastanza.

“Questa storia mi puzza, e sono convinto che alla fine la verità verrà a galla”.

Dopo quella frase, ad Aki si sciolse qualcosa che pareva essere rimasto lì da troppo tempo; non seppe dire che cosa fosse, solamente, si sentiva meglio.

“Comunque…” ricominciò quello, vedendo la faccia perplessa della ragazza.

“Vedrai che le cose andranno per il meglio, solo, cerca di non essere stupida tanto quanto lui”.

“Credo che non sia così difficile” ridacchiò lei, ma sapeva perfettamente che Ace non lo era per nulla. Marco sorrise di rimando a quella battuta.

“In amore tutti sono stupidi” e lo disse con un tono di chi la sa davvero lunga.

“Parli come uno che ne ha passate tante” azzardò Aki, senza nascondere quel velo di curiosità tipico delle donne per le questioni di cuore.

“Oh già” ma non aggiunse altro, e Aki non volle insistere. Se avesse voluto, glielo avrebbe detto lui stesso, di certo non sarebbe stata lei a forzarlo.

“Anche Ace quando ho detto che uscivo con te a pranzo, ha sfoderato la sua espressione più stupida per dire senza parlare che non era per niente d’accordo” ridacchiò Marco, ricordando la faccia contratta del suo amico quando aveva appreso la notizia. Aki sorrise un poco, felice di quello che aveva appena sentito.

Inevitabilmente erano tornati al discorso di partenza.

“A proposito di Ace, comunque” ricominciò, e Aki si rabbuiò un poco.

“Non preoccuparti, i suoi sentimenti nei tuoi confronti sono veri, solo che deve ancora capirlo. Per questo ti ho portata fuori a pranzo, per far sì che almeno uno dei due usi il cervello, e tu mi sembri la persona più adatta” finì la frase, mentre Aki arrossiva un po’, lusingata.

“Grazie…” sussurrò grata, con un filo di voce.

“Non ringraziarmi, almeno non ancora. Stareste bene tu e lui” costatò pensoso, e si portò un’altra cucchiaiata di budino in bocca, che era arrivato poco prima. Aki avvampò fino alla punta delle orecchie.

“Non penso di essere proprio il suo tipo…” rivelò a malincuore, passando in rassegna tutte le ragazze che Ace si era portato a letto. Ben vestite, ben truccate, magre e con due gambe che svettavano verso l’alto senza un’apparente fine. Lei era esattamente l’opposto.

“Oh invece io credo di sì. Chiediti perché non ha mai funzionato con le altre” la stuzzicò Marco, capendo che lei si sentiva a disagio e interpretando alla perfezione i suoi pensieri. D’altronde anche lui conosceva Ace molto bene, e sapeva quasi certamente di aver ragione.

 

Finirono di mangiare e, dopo che Marco ebbe pagato il conto –non dietro a lamentele da parte di Aki che insisteva per pagare almeno la sua parte-, uscirono dal locale con la pancia piena.

“Marco?” lo chiamò Aki, prima di dividersi per tornare ognuno a casa propria.

“Mh?”

“Grazie” e gli diede un grosso bacio sulla guancia, prima di salutarlo e scomparire dietro l’angolo.

Il biondo sorrise, convincendosi ancora di più che quella ragazza era assolutamente quella giusta per Ace; e niente gli avrebbe mai fatto cambiare idea.

 

 

 

 

ANGOLO DELLA DEMENZA

Miei prodi lettori, sono tornata, finalmente. O non finalmente, dipende dai casi. Non mi uccidete, vi prego, perché vi assicuro che sto procedendo con la storia, adesso che la sessione esami è finita e ho un briciolo in più di tempo. Inoltre mi sono pure messa a dieta, e quindi avrò più tempo da dedicare alle mie storie in quanto non posso occuparlo per mangiare.
Per chi non ci avesse capito un accidente in questo capitolo (credetemi, è passato così tanto tempo che la prima stesura ho dovuto modificarla, perché non mi ricordavo assolutamente di aver commesso errori madornali rispetto alla trama principale…che beota), può andare
qui per trovare il capitolo di Oblivion che ha lasciato dubbi su dubbi a tutti voi (?) e anche a me.
Ecco il fatidico incontro tra Aki e Marco, e devo dire che l’intelligenza di quest’ultimo non manca mai. Sia fatto santo che tra quei due babbei non so che faccia la peggio figura. Comunque, spero possiate apprezzare anche questo capitolo! Presto arriverà anche quello nuovo di Oblivion, abbiate fede in questo!
A presto! :D

 

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