Come as you are.

di Northeast
(/viewuser.php?uid=261063)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Who are you? ***
Capitolo 2: *** Starlight ***



Capitolo 1
*** Who are you? ***


         
HELLO, IT'S ME. No, non sono Adele *sigh* Anyway eccomi qua, finalmente (o forse no) Ovviamente al solo pensiero di pubblicare questa storia ho l'ansia. La dovrò pur smettere con questa cosa dell'ansia pre-capitolo, dh! Comunque, eccoci! Questa storia è, forse, più impegnativa della mia OS, per i temi che tratterò ma spero che lo stile di scrittura non risulti comunque troppo pesante. E che i personaggi non siano esageratamente OOC, ma questo, forse, potrete dirmelo tra qualche capitolo. Questo capitolo più che un capitolo è un prologo, ma era troppo lungo per definirlo tale. 
Vi chiedo solo una cosa, se trovate degli errori (di sintassi o grammaticali) fatemelo sapere e io provvederò a correggerli, forse. 
Non dimenticatemi di farmi sapere cosa ne pensate con una recensione. 
Un bacio, 
Nordest







Come as you are.
                                                                               CAPITOLO I – who are you?
 
 
 
 
 
Da: Izzy
(16:45)
Per favore Alec, esci fuori

(17:10)
Alec, ti prego, non riesco a vederti così.

(17:30)
Alec, sono dietro la porta della tua camera. Per favore, parlami.

(17:45)
Alec, io ti voglio bene comunque e non mi muoverò da qui.

 
              Alec era seduto per terra, poggiato con la schiena contro il legno scuro della porta di camera sua, le ginocchia portate al petto e il capo abbandonato su di esse. Nel silenzio tombale in cui era sprofondata la loro casa, riusciva a sentire il rumore dei tasti dell’Iphone di Izzy, che si era appartata dietro la sua porta, riusciva quasi a sentirla respirare.
Aveva letto i messaggi in cui gli chiedeva di parlarle, in cui gli diceva di volergli bene. E Alec non ne dubitava, nemmeno un po’. Ma era stanco, triste e deluso.
Come aveva potuto illudersi che tutto quello fosse giusto? Che fosse una buona idea?
Aveva deciso di imparare ad accettarsi, ma aveva distrutto l’equilibrio della sua famiglia per ragioni prettamente egoistiche.
Aveva parlato con Izzy così tanto di quello, lei gli aveva detto che tutti lo avrebbero accettato, che non era un problema, che non lo cambiava, che non lo definiva. Cazzate.
Izzy non lo capiva. Non capiva come si era sentito quando aveva pronunciato “vedete,  a me piacciono i ragazzi nel modo in cui dovrebbero piacermi le ragazze”* e aveva visto suo padre alzarsi dal divano, passarsi una mano tra i capelli ed andare in cucina, aveva visto gli occhi di sua madre scurirsi prima di abbassare la testa e aveva visto gli occhi dorati di Jace riempirsi di sorpresa, prima che si passasse una mano tra i capelli biondi. Aveva visto quello che aveva fatto alla calma e alla stabilità della propria famiglia, che erano andate in fumo per colpa sua.
Adesso riusciva a vedere chiaramente come sarebbe stato il ringraziamento, come sarebbero state le feste di Natale e tutte le cene e i pranzi in famiglia. Poteva figurarsi perfettamente il silenzio che li schiacciava, e l’imbarazzo che serpeggiava tra loro. E questo faceva male perché i Lightwood non erano mai stati lontani. Ognuno aveva le proprie preoccupazioni e i propri segreti, ma quando stavano insieme riuscivano a dimenticarlo, chiudendosi in una bolla di idilliaca tranquillità.
E non sarebbero stati mai più gli stressi, perché lui si era permesso di essere egoista.
Sentì il suo cellulare vibrare ancora, ancora e ancora. Ma non gli diede peso. Si alzò dal pavimento freddo e si spostò sul letto dalla trapunta grigia, infilò nelle orecchie le cuffiette del suo ipod e fece partire una musica alla quale neanche riusciva a prestare attenzione, ma che gli risultava estremamente familiare.
Gli era sempre piaciuto il silenzio, lo trovava rilassante ed era per questo che non usava quasi mai il suo iPod, non lo trovava necessario.
Eppure, il silenzio in cui aveva sempre sguazzato in quel momento gli sembrava assordante.



Doveva essersi addormentato fissando il soffitto bianco, perché quella mattina si svegliò con i vestiti che indossava il giorno precedente e le cuffiette ancora nelle orecchie, solo che la musica aveva smesso di rimbombare. Doveva essersi scaricato, poco importava.
Alec si stiracchiò e per un attimo parve dimenticare quello che lo aveva portato ad addormentarsi vestito, ma poi la consapevolezza si fece strada nella sua testa e parve investirlo, prenderlo in pieno come una palla da bowling con i birilli.
(Strike.)

Alec si alzò dal letto e si diresse stancamente verso il bagno, spogliandosi e facendosi una doccia veloce. Dopodiché si vestì con dei jeans scuri e una felpa nera. Proprio come il suo umore – non che di solito vestisse in altri colori, ma quel giorno li trovò particolarmente adatti.
Prese un profondo respiro prima di aprire la porta, ma mentre stava abbassando la maniglia vide un pezzetto di carta proprio davanti i suoi piedi.
Si chinò per prenderlo e riconobbe la scrittura tondeggiante di sua sorella.
 
           Jace si è unito al club “stiamo seduti davanti la porta di un idiota                                                                   finché non apre”
                                                                     PS: Ti vogliamo bene.

 
                              Alec sorrise e ripiegò il foglio mettendolo nella tasca posteriore dei Jeans, pensando che alla fine non sarebbe stato completamente solo durante quella guerra.
Aprì la porta, quasi timoroso di vedere Jace ed Izzy accasciati davanti ad essa, ma non fu così. E fu contento che quei due avessero preso la saggia decisione di mettersi a letto.
Scese le scale velocemente, ritrovandosi nel salotto ben arredato di casa sua. Fissò il divanetto bianco per qualche secondo, ricordando la scena del giorno prima. Ma poi si avviò verso la porta di casa e, senza fermarsi in cucina per la colazione o per salutare, uscì.

La scuola distava solo 10 minuti in moto e quando arrivò sia il parcheggio che il cortile erano semivuoti.
Si sedette sulle scale, aspettando l’arrivo di Jace, Izzy, Clary e Simon.
Dopo pochi minuti gli studenti cominciarono a riversarsi nel cortile e Alec non potette fare a meno di sentirsi osservato da ogni singolo ragazzo, come se loro sapessero.
Quando arrivarono i suoi due fratelli con Clary e Simon non potette fare a meno di sentirsi leggermente sollevato.
Izzy vedendolo ad aspettarli si aprì in un sorriso luminoso e si avvicinò con passo veloce.
“Buongiorno” gli disse depositandogli un bacio sulla guancia e guardandolo come in una tacita domanda.
Stai bene?
Alec alzò le spalle e le sorrise.
Non esattamente ma me la caverò.
Quando gli altri li raggiunsero li salutò e si ritrovò intrappolato nell’abbraccio di Jace. Beh, quello era strano ma per lui significava molto. Significava che, almeno per Jace, non cambiava nulla.
Quando si staccarono Simon, che aveva stringeva il cellulare nella mano destra e lo guardava, disse “Beh, ragazzi a quanto pare stasera potrò farvi conoscere il nostro nuovo chitarrista. Verrà alla festa di Raphael.”
Alec storse il naso, si era completamente dimenticato della festa ma tanto non ci sarebbe andato comunque.

 
Erano le otto e venti di sera, quando Alec si decise ad uscire dalla sua camera. Vi si era chiuso appena tornato da scuola e non aveva fatto altro che stare sul letto e fissare il soffitto. Quella situazione gli stava scomoda, si sentiva quasi come un estraneo in casa sua. Per questo decise di scendere di sotto, per provare a se stesso di non esserlo. Così si diresse in cucina per prendere un bicchiere d’acqua e magari mettere qualcosa sotto i denti.
In cucina c’erano solo Jace ed Izzy, che mangiavano delle lasagne scaldate. Non potette fare a meno di notare che Jace indossava una vecchia tuta e Izzy aveva gli stessi vestiti di quella mattina e a quella scena inarcò un sopracciglio.
“Andate vestiti così alla festa?”
Izzy e Jace sobbalzarono leggermente, non dovevano averlo sentito arrivare.
“Alec – mormorò Izzy come se fosse sopresa di vederlo lì – uhm noi… noi non andremo alla festa, ecco.”
“Esatto amico – disse Jace alzandosi e poggiandogli una mano sulla spalla – stasera serata film.”
“No, no. Non me la contate giusta” disse dopo essere riuscito a scollarsi la mano di Jace dalle spalle.
Il suoi fratelli si guardarono per un attimo e poi Izzy mormorò “non volevamo lasciarti da solo con mamma e papà.”
Alec spalancò gli occhi, sorpreso da tale premura e poi sorrise.
“Davvero, ragazzi, non preoccupatevi, andate.”
“No, non esiste.” Si oppose il biondo.
“Ragazzi…”
“Vieni con noi” fece Izzy entusiasta.
Alec scosse la testa.
“Andiamo fratello – si intromise il biondo – vieni con noi. Altrimenti non esiste che ci muoviamo di qui.”


 
 
Magnus Bane sorrise, guardando i corpi di quei ragazzini che si strusciavano gli uni sugli altri senza remore e quasi senza pudore. La puzza di alcol e sudore si faceva sempre più persistente e pungente, ma lui adorava le feste e, una volta che ti ci abituavi, la tipica puzza da festa – alcol, pelle, sudore e sesso - non era così male. Sorrise soddisfatto portando alle labbra il bicchiere di plastica rossa che  conteneva chissà quale intruglio.
“Allora? Come ti sembra la festa?” Ragnor, che era seduto accanto a lui, urlò nel suo orecchio per sovrastare la musica.
Magnus gli sorrise e alzò il pollice: approvava. Decisamente. Insomma la casa in cui si stava tenendo la festa, era decisamente grande. E la musica che stavano facendo suonare era okay e, inoltre c’erano gli alcolici e svariati ragazzi e ragazze piuttosto carini.
“Dov’è il tuo ragazzo?” chiese Magnus nell’orecchio di Ragnor.
“Non lo so. E ti ho già detto che non è il mio ragazzo!” rispose dandogli un leggero pugno sulla spalla.
“E allora cosa siete?”
“Noi… uhm – Ragnor si grattò una guancia a disagio – ci stiamo frequentando, suppongo.”
Magnus alzò gli occhi al cielo. Poi sentì il cellulare nella sua tasca vibrare.

Da: Simon Lewis
(21:10)
Magnus, sei già alla festa?

A: Simon Lewis
(21:11)



Magnus alzò lo sguardo dallo schermo del cellulare, guardandosi intorno, cercando Simon o qualcun altro dei ragazzi della band. Insomma, quei ragazzi non erano poi così male e voleva intrattenere una conversazione con qualcuno che conoscesse, a parte Ragnor. Insomma Ragnor lì non conosceva nessuno e lui voleva fare nuove amicizie, quindi quale occasione migliore che approfittarsi di…
“Simon!” urlò, dopo averlo individuato. Se ne stava vicino alla porta che dava sulla terrazza con un gruppo di ragazzi.
 Accanto a lui c’era una ragazza i cui capelli rossi sembravano spiccare su tutto il resto, e accanto a lei un ragazzo dai capelli biondissimi che le cingeva la vita con una mano. Fidanzati o qualcosa del genere, dedusse Magnus. Di spalle, invece c’erano un ragazzo e una ragazza: la ragazza aveva il corpo sinuoso fasciato in un tubino nero, ai piedi aveva dei tacchi vertiginosi e i capelli scuri raccolti una coda alta. Il ragazzo, invece, aveva le spalle ampie, coperte da una giacca di pelle, ed era alto. I capelli scuri sembravano leggermente disordinati (forse volutamente) e le gambe snelle erano fasciate da un paio di jeans scuri.
Si diede mentalmente dello stupido, per aver urlato in nome di Simon, con una stanza affollata che li divideva e con Animal di Martin Garrix che si diffondeva in tutto lo spazio.
Così prese ad avvicinarsi, il che fu un’impresa ardua considerato che veniva sballottato di qua e di la da corpi ondeggianti. Un paio di volte temette anche che qualcuno gli rovesciasse addosso… qualsiasi cosa avessero nel bicchere.

Quando finalmente arrivò da Simon “Magnus!” disse quello sorridendogli apertamente “finalmente ti ho trovato!”
Magnus pensò che non è che Simon si fosse applicato tanto per trovarlo, a meno che stare impalato accanto ad una rampa di scale, equivalesse a cercare. Ma questo lo tenne per sé.
“Ragazzi, questo è Magnus!” disse al suo gruppo di amici, mentre gli poggiava una mano sulla spalla “il nostro nuovo chitarrista. Magnus, loro sono Clary – e la ragazzina rossa gli fece ciao con la mano – Jace – questo gli fece solo un cenno con il mento – e Izzy – la ragazza gli sorrise civettuola – poi ci sarebbe anche Alec, ma è andato a prendere da bere.” In effetti, Magnus si rese conto dell’assenza del ragazzo con la giacca di pelle.
“Lui è il nostro nuovo chitarrista, è fantastico!” continuò Simon.
“Beh, immagino che avremo modo di sentirlo con le nostre orecchie alle prove” disse la ragazza con i capelli scuri – Izzy?- guardando Magnus e poi guardando intensamente Simon.
Simon cominciò a balbettare “s-sì, ovviamente tu…cioè voi, s-siete invitati.”
“Allora, Magnus, quanti anni hai?” chiese la ragazza con i capelli rossi
Magnus stava per rispondere quando una voce profonda lo interruppe.
“Che cavolo! Camminare fino a qua è stata un’impresa e mi hanno anche rovesciato qualcosa addosso – disse guardandosi la camicia grigia che aveva una chiazza scura sopra – poi mi chiedete come mai non venga mai alle feste.”
Poi alzò gli occhi, spostandoli su Magnus.
 Gli occhi del ragazzo erano, wow! Erano di un blu intenso e sembravano così freddi, ma allo stesso tempo aveva la sensazione nascondessero qualcosa. Magnus sentì i capelli sul collo rizzarsi.
Chi diavolo sei?
Si schiarì la voce e “penso che noi non ci siamo presentati” gli disse.
Il ragazzo lo guardo intensamente e “A-Alec” disse porgendogli la mano.**

*questa è una semi-cit da Glee, o almeno mi sono ispirata un po' alla scena in cui Santana Lopez confessa alla nonna di essere lesbica aww
**Per l'ultima parte di questo capitolo ho preso un po' (un po'?!) spunto dalla serie Tv. (Che sono cuccioli, Harry e Matt aww)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Starlight ***


HELLO, IT'S ME. Continuo a non essere Adele, purtroppo *argh*
Beh, che dire, mi spiace per l'attesa ma avevo scritto questo capitolo tipo una settimana dopo il primo, doveva solo essere corretto quand'ecco che il mio fantastico pc decide che la ventola deve rompersi yuuu. Ho dovuto riscriverlo, quindi, ovviamente segue la linea generale dell'originale ma non è come quello TwT. Quello mi piaceva un sacco e questo buh. 
In questo capitolo c'è anche un piccolo spazio Magnus/Ragnor di cui ho adorato scrivere (BROTP)
Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, non mordo, tranquille.
(a fine capito c'è un regalo per tutte voi, mi amerete, lo so)
Baci 
Nordest



Come as you are.
CAPITOLO II – starlight
 

Far away
This ship has taken me far away  
Far away from the memories

Of the people who care if I live or die
Starlight, Muse  
 


 
Quello che aveva davanti era forse il ragazzo più particolare che avesse mai conosciuto.
Era alto, qualche centimetro più di lui, e la sua figura era snella ma sembrava anche tonica. Le gambe affusolate era coperte da un pantalone di pelle nera, indossava anche una camicia larga color petrolio con degli intarsi oro e delle rouches sul colletto. Il tutto era completato da una giacca nera, anch’essa con dei ghirigori dorati. Ma ciò che più di tutto Alec trovò particolare furono gli occhi: il taglio era vagamente orientale e gli sembrarono verdi, ma non avrebbe saputo dirlo con sicurezza data la scarsa illuminazione nella stanza, avevano un non so ché di vagamente felino. Ed era bello.
“Magnus” si presentò porgendogli la mano. Ed Alec, afferrandola, pensò che anche il suo nome fosse particolare.
Lo sguardo di Magnus, però, lo metteva a disagio: era così profondo. Così voltò la testa, in imbarazzo e guardò sua sorella che li osservava come se sapesse esattamente cosa stesse succedendo, come se avesse tutto sotto controllo.
Così Alec la guardò, con uno sguardo quasi supplicante e sperò che Izzy capisse che significava: Non so cosa tu abbia in mente, ma qualsiasi cosa sia, ti prego non farla!
Izzy ghignò.
Stronza.


Isabelle conosceva suo fratello meglio di qualsiasi altra persona, meglio di se stessa. Sapeva che quando era nervoso si torturava le mani e quando era imbarazzato arrossiva e spesso si passava una mano dietro la nuca, sapeva che se era felice, la mattina faceva colazione con un cappuccino e se era triste con un caffè amaro. Sapeva, di lui, molte più cose di quante ne sapesse Alec stesso.
Sapeva anche che in quel momento Alec stava soffrendo più di quanto potesse immaginare. Lo dimostravano le spalle leggermente incurvate che sembravano sostenere un peso immane e gli occhi tristi e spenti.
Ma aveva visto il suo sguardo sorpreso quando aveva guardato Magnus e aveva anche notato che era leggermente arrossito. Era chiaro che suo fratello trovasse quello sconosciuto, dai vestiti leggermente eccentrici e bellissimi, bello.
E voleva regalargli una distrazione, perché ora più che mai ne aveva bisogno.
Quindi colse la palla al balzo.
Era dietro suo fratello di un passo e, quando Jace si riavvicinò al loro gruppo, lo spinse leggermente. Jace perse l’equilibrio ma si mantenne su Alec, che preso alla sprovvista  aveva rischiato di cadere sul ragazzo davanti a se che, inaspettatamente lo sostenne tenendolo per le ascelle.


Alec lo guardava dal basso con gli occhi blu leggermente spalancati, e le guance arrossate.
“Stai bene, fiorellino?” gli chiese.
Alec si tirò su, lanciò un’occhiataccia a Jace, e gli disse “Sì, scusa.”
Poi si incamminò verso la terrazza.
Alec si era poggiato con gli avanbracci alla ringhiera che circondava la terrazza. Notò che quella notte, seppure facesse leggermente freddo, il cielo era limpido e si riuscivano a scorgere le stelle.
Erano stupende, così distanti, così irraggiungibili.
Alec si ritrovò a pensare quanto gli sarebbe piaciuto essere distante, lontano da dove era ora. Si ritrovò a pensare che gli sarebbe piaciuto essere una stella, immobile il cui unico compito era splendere.
“è bellissimo il cielo stanotte, vero?” gli chiese una voce alle sue spalle. Alec voltò leggermente la testa ed osservò Magnus che si avvicinava ancora di più alla ringhiera dove lui era poggiato.
“Sì” sussurrò Alec.
Ci furono diversi minuti di silenzio, ma non un silenzio imbarazzante, anzi, era quasi rilassante. Però Alec si sentì in dovere di romperlo e, non avrebbe saputo dire perché neanche lui, parlare con quello sconosciuto.
“Non pensi mai di voler essere come le stelle?”
Magnus ridacchia prima di esclamare “ma lo sono già” per smorzare la tensione. Alec sorride.
“Perché vuoi essere come le stelle? Sono così lontane e irraggiungibili.”
“Perché splendono.”
“Lo sai che le stelle, per produrre la luce che tu vedi bruciano idrogeno ed elio a migliaia di gradi?”
“Sì, lo so.”
“Beh, vedi non splendono soltanto. Per splendere bisogna bruciare.”
Alec si girò verso Magnus, leggermente confuso.
Il ragazzo notò il suo sguardo e disse “Probabilmente se le stelle non bruciassero non sarebbero così splendide. È la sofferenza che ci forma, fiorellino.”
Alec voltò di nuovo il capo verso il cielo ed annuì distrattamente non dando peso al nomignolo che il ragazzo gli aveva dato. Pensò che forse aveva ragione, che forse prima o poi anche lui avrebbe trovato la forza di splendere. Poi la voce di Magnus lo distrasse dai suoi pensieri ancora una volta.
“Dovrei proprio andare, vado a cercare il mio amico. A presto Alec.”
Alec annuì ancora in direzione di Magnus, sorridendogli lievemente e cercando di ignorare quello strano senso di delusione che aveva provato appena Magnus gli aveva detto di doversene andare.
“A presto” sussurrò Alec non si sa bene a chi dato che Magnus era già andato via.

La mattina seguente Magnus si era svegliato di buon umore e con un sorriso quasi sognante che Ragnor non potette fare a meno di notarlo. Così, quando entrambi si sedettero a tavola per la colazione cercò di indagare.
“Perché sorridi così?” chiese sedendosi sulla sedia di fronte all’amico.
“Ho visto il ragazzo più bello di sempre, con gli occhi più belli di sempre” sussurrò Magnus “e non è soltanto bellissimo, è anche profondo e non sembra per niente stupido.”
Ragnor alzò gli occhi al cielo “mai possibile che ogni volta che andiamo ad una festa trovi qualcuno di estremamente bello da farti?”
“Non me lo sono fatto, questo è il punto!”
Ragnor parve sorpreso “non te lo sei fatto?!”
“No, abbiamo solo parlato un po’.”
“Parlato?!” sussurrò Ragnor, sempre più stupito.
“Sì, una strana conversazione sulle stelle” disse vagamente Magnus agitando una mano mentre con l’altra reggeva una fetta di pane imburrata.
“Stelle” ripeté Ragnor ancora più sconvolto.
Magnus ridacchiò leggermente per poi lanciargli contro una delle mele che tenevano nel cestino sul tavolo in legno accompagnato da un “togliti quell’espressione dalla faccia.”
Ragnor afferrò la mela al volo cominciando ad addentarla “il fatto che tu abbia solo parlato con un bel ragazzo mi lascia perplesso. Non pensavo ne fossi in grado, complimenti” ridacchiò passandosi una mano tra i capelli così biondi da sembrare quasi bianchi.
“Smettila, mi fai sentire una puttana” borbottò Magnus mettendo il broncio.
Effettivamente ciò che Ragnor diceva non era esattamente errato. Ogni qualvolta andavano ad una festa Magnus trovava sempre qualcuno con cui pomiciare o su cui strusciarsi e se era dell’umore riusciva anche a fare un home run.* Il fatto che avesse parlato con qualcuno ad una festa senza doppi fini era, effettivamente, strano. Doveva ammetterlo e dar ragione a Ragnor. Odiava dar ragione a Ragnor.
Il ragazzo biondo rise e Magnus riuscì a distinguere un “lo sei” tra le risate.
E allora prese tutto il cestino della frutta e glielo lanciò contro.

Alec era stato svegliato da una piccola peste che si era fiondata su di lui alle dieci di quel sabato mattina. “Max” biascicò Alec ancora mezzo addormentato “com’è andato il campeggiò?”
E il suo fratellino si lanciò in un racconto dettagliato di quelli che erano stati i suoi tre giorni in campeggio riuscendo a svegliare Alec completamente.
Quando Max ebbe finito con il suo racconto e dopo aver spiegato al maggiore come montare una tenda nel dettaglio, Alec prese Max sulle spalle e si diresse in cucina per la colazione.
Fu sorpreso di trovare già tutti lì, di solito erano Izzy e Jace gli ultimi e invece erano già comodamente seduti sulle loro sedie intorno al bancone apposito per la colazione. Izzy aveva in mano il cellulare e sembrava molto presa da qualsiasi cosa stesse facendo, ma appena avvertì la presenza di Alec gli sorrise, esattamente come faceva ogni mattina ma stavolta era più un incoraggiamento che un buongiorno. Infatti i suoi genitori erano lì, suo padre era seduto, come sempre alla destra di un Jace assonnato. Di solito alla destra dell’uomo c’era lui ma quella mattina il posto era stato occupato da Isabel. Alec guardò suo padre leggermente deluso, non lo aveva degnato di nessun tipo di attenzione quando era entrato nella stanza, non aveva neanche alzato gli occhi dalla sua tazza di latte e cereali. Sua madre, al contrario, lo fissava come se lo stesse studiando: come se fosse qualcosa di nuovo.
Si sedette di fronte ad Isabel e accanto a Max. Se non fosse stato per il più piccolo di famiglia, probabilmente, si sarebbero chiusi in un imbarazzante, scomodo e – per Alec – triste silenzio.
Alec si odiò per come li aveva ridotti tutti.

Quel pomeriggio Isabel andò nella camera di Alec, che era concentrato sul libro di chimica.
“Dovresti proprio smetterla di stare sempre chino su questi libri” gli disse afferrando il libro e chiudendolo.
“ehy!” esclamò suo fratello, in una debole protesta “stavo cercando di studiare!”
“E io di parlare con mio fratello” replicò sedendosi sul letto.
Alec girò la sedia in modo da guardare Izzy “di cosa vuoi parlare?”
“Come stai?” L’espressione sul volto di sua sorella era di sincera preoccupazione.
Scrollò le spalle “prima o poi passerà, immagino.”
“Mi dispiace tanto – mormorò con il capo chino, sconfitta – non avrei dovuto spingerti a fare qualcosa per cui nessuno di noi era pronto.” Ed era chiaro non si stesse riferendo solo ad Alec, ma anche ai loro genitori.
“Sarebbe successo prima o poi. Non preoccuparti, davvero” le rispose alzandosi dalla sedia per sedersi sul letto accanto a lei e, notando il suo sguardo ancora leggermente triste, le accarezzò una guancia. Isabel gli sorrise e sembrò rianimarsi.
“Allora, quel ragazzo alla festa…” cominciò con un sorrisino malizioso
“Magnus?”
“Magnus… interessante, non trovi?”
Alec arrancò, portandosi una mano dietro la nuca “uhm…ehm sì, era…uhm particolare”
“Particolare? Era un gran figo!”
Alec arrossì e balbettò qualcosa che non fu chiaro neanche a lui e Isabel rise, perché suo fratello non lo avrebbe mai ammesso ma non ce ne era bisogno.
“Magari potresti venire con me, domani, alle prove del gruppo” propose con sguardo complice
“Uhm ci penserò” le rispese un Alec con le guance ancora arrosate.
Izzy ridacchiò ancora una volta e poi gli scoccò un bacio sulla guancia prima di uscire dalla sua stanza.





*gli americani identificano con dei principi del baseball cose come le pomiciate, i rapporti orali e il sesso, nell'ordine: 
prima base è il bacio
seconda base : riuscire a palpare il corpo della ragazza
terza base : sesso orale 
home run : rapporto completo




u ready?




AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH *MUORE*

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3399938