Resident Evil:Final Front

di GregMiller
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

~~Virus C, questa era la nuova minaccia. Era peggiore dell’ Ebola, persino più distruttivo della “Peste Nera” medioevale che causò la metà dei morti in Europa. Ma ciò non portava alla morte istantanea di diversi individui bensì la morte di coloro che non possedevano strumenti di difesa contro questo tipo di nemico.
La guerra iniziò a metà del 2013 in cui tutte le organizzazioni terroristiche esistenti nel globo si unirono per cambiare l’ordine mondiale una volta per tutte formando una alleanza chiamata “Rebellion”. Con la caduta della Neo Umbrella, il virus passò nelle mani di quest’ultimi in particolar modo all’ ISIS, l’organizzazione terroristica a capo della Rebellion che si servì di questi campioni per addestrare le sue milizie a scopo militare creando i cosiddetti j’avo: esseri molto simili agli umani dotati però di abilità sovrumane.
Resosi fiduciosi dell’esperimento, la Rebellion lanciò un attacco massiccio in tutta Europa in particolar modo nella parte orientale che in quel momento stava attraversando una grave crisi economica e sociale. L’invasione iniziò nell’autunno dello stesso anno in cui la Rebelion attaccò la Grecia già indebolita dalla crisi e in soli tre mesi tutto l’est era sotto il loro dominio.
Nel frattempo però i maggiori paesi dell’Europa centrale si organizzarono per fronteggiare quest’invasione ed è qui che entrò in gioco la BSAA, un’organizzazione formata dall’esercito degli Stati Uniti e dalla NATO con lo scopo di combattere e respingere il terrorismo.
Nel Marzo del 2014 la Rebellion attaccò la Germania causando pesanti perdite alla BSAA e dopo 6 mesi di duro combattimento, si spinsero fino al nord Italia occupando le città principali e arrivando alle porte di Roma. Di fronte a questa situazione, l’Italia si trovò in grave difficoltà accusando pesanti perdite e cercò in tutti i modi di resistere in attesa dei rinforzi americani e degli altri paesi rimasti ancora in piedi con la speranza di lanciare un contrattacco definitivo…….

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Era l’inizio della fine, un attacco senza esclusione di colpi. I Napad, le terribili B.O.W nemiche caricavano i nostri uomini mentre i j’avo avanzavano sparando all’impazzata. Vidi due soldati vicino a me cadere sotto il getto incessante dei loro proiettili uno dei quali colpito alla testa. L’attacco a sorpresa aveva diviso i nostri reparti; io e il mio compagno Rivas fummo separati dal resto della squadra e cercammo una copertura dietro i crateri fumanti degli edifici in fiamme. L’attacco ci aveva disorientati e potevo vedere i nemici che massacravano i nostri senza pietà; i Napad che li prendevano per il collo, gli lanciavano a parecchi chilometri di distanza come se fossero delle palle da baseball, caricavano i mezzi d’assalto e di trasporto fino a decapitarli ed esibendo le loro teste come trofei. C’era solo un modo per risolvere quella situazione… Già nella campagna di Edonia era stata avvistata una creatura che poteva controllare le BOW e i J’avo. Gigantesca e letale ma allo stesso tempo goffa e lenta nei movimenti e perciò veniva spesso schierata nelle retrovie. Si faceva chiamare Ogroman e tramite un tentacolo rosso posto sul dorso comandava le truppe nemiche a suo piacimento. Il nostro obiettivo fu quello di mantenere la posizione in attesa dei rinforzi ma capimmo ben presto che per arrestare l’invasione dovevamo colpire la sorgente dell’invasione Sono il sergente Gregory Miller, per gli amici Greg e insieme ai miei soldati dovetti difendere la posizione o morire provandoci… Ci spostammo subito verso un muretto davanti a noi per migliorare la visuale del fronte di battaglia. Vicino vi era un soldato della BSAA che continuava sparare senza sosta agli invasori; lo interrogai: “ Rapporto? “ “ I nemici ci hanno attaccato sfruttando l'effetto sorpresa e hanno diviso la nostra compagnia in due tagliandoci dal resto del gruppo” disse urlando il soldato “ Il comandante Redfield ci ha detto di mantenere la posizione… Tuttavia i nostri hanno notato che nelle retrovie è presente un Ogroman che comanda i soldati nemici… Qualcuno deve distruggerlo per rallentare l’invasione in attesa dei rinforzi”. Lo guardai annuendo e dissi col fare ironico “ Fammi indovinare quel qualcuno sarei io, giusto?”. Il soldato annuì: “ Manterrò la posizione ad ogni costo… o morirò provandoci!” Disse mentre imbracciò ASM1 e vomitava proiettili contro i nemici di fronte che caddero a terra come se fossero stati pali di legno vecchi di tanti anni. “ è il momento di fare casino!”. Dopodiché ordinai al mio compagno Rivas di seguirmi; vedemmo dei nostri soldati che si ritiravano inseguiti dai J’avo che sparavano contro di loro. In quel preciso istante imbracciai il P90 e sparai ai nemici mentre il mio compagno prese il fucile da cecchino e ne beccò uno in testa in pochi secondi appena presa la mira. Avanzammo per le vie distrutte mentre vedemmo altri soldati della BSAA che si trovavano sotto fuoco di sbarramento. Nel frattempo noi aggirammo il nemico dal fianco e sparando dalle nostre coperture,ci liberammo dei J’avo ma proprio in quel preciso istante apparve un Napad che fece fuori i soldati in copertura e caricò verso di noi. Poiché durante l’addestramento ci avevano descritto le tipologie di nemici che dovevamo affrontare e i loro punti deboli ci spostammo appena prima che ci venisse addosso e finì contro un muro cadendo rovinosamente per terra. La stupidità di quei mostri mi faceva talmente ridere che lo crivellammo subito dopo appena si ritrovò pancia all’aria, erano pericolosi ma talmente stupidi che in caso di grande esperienza sul campo si potevano anche sottovalutare. Continuammo per la strada sparando ai vari nemici che ci ostacolavano e radunando tutti i soldati che avevano intenzione di combattere fino all’ultimo finchè non notammo una creatura strana; doveva essere una nuova BOW ma non l’avevo mai notata… Sembrava una specie di geco gigante… Era attaccata al muro immobile sicuramente in attesa di attaccare qualcuno. “ Non muovete un solo muscolo” sussurrai alla mia squadra, ma proprio in quel preciso istante un soldato urlò di eliminarlo vomitando proiettili seguito dagli altri all’unisono; a quel punto scese dal muro con una velocità straordinaria e con una lunga e schioccante lingua tipica dei Licker tranciò la testa di netto al malcapitato e senza sosta prese un altro soldato e gli mangiò la testa lanciando il corpo verso di noi. Io e Rivas ci spostammo di lato appena tentò di attaccarci con i suoi artigli ma proprio in quel preciso istante,casualmente vedemmo il suo punto debole ( una specie di protuberanza giallo arancio dietro la sua testa piccola ma ben visibile) e ci concentrammo su quel punto fino a farlo cadere esausto al suolo. Ogni creatura aveva un punto debole, erano forti ma non imbattibili. Scivolammo ai suoi lati e crivellammo il suo punto debole sentendo i proiettili produrre un suono acquoso nella protuberanza arancio-rossa. Proseguimmo il tragitto fino ad arrivare al ponte principale della città dove vi era un convoglio bloccato con alcuni veicoli ribaltati che fungevano da protezione per i nostri soldati. Si impegnavano fino all’ultimo; da coloro che tentavano di togliere i feriti dal fuoco incrociato rischiando e morendo con loro fino a quelli che medicarono i sopravvissuti. Ci avvicinammo a quello che sembrava il capo della squadra, dalle mostrine aveva il mio stesso grado. “ Com’è la situazione collega?” “ Stiamo tenendo occupati i j’avo sul ponte per evitare che entrino in città. Abbiamo sentito anche un ruggito sospetto. Forse dietro di loro c’è qualcosa di molto pericoloso!”. “ Dammi subito un binocolo” dissi rivolgendomi ad un soldato là vicino. “ Sissignore!” disse porgendomelo e osservando subito il fronte; potevo vedere un enorme tentacolo rosso che sporgeva dietro una chiesa. Il nostro bersaglio era vicino. “ Se riuscissimo a sconfiggerlo i J’avo sarebbero in seria difficoltà e non avremmo particolari problemi a respingerli” disse il mio collega mentre esaminava una cartina posta su una scatola di rifornimenti. “ Io avrei un’idea . Se mi affidasse due dei suoi uomini migliori potremmo aggirare la BOW passando per le scalinate laterali del ponte e una volta superato ci apposteremo sulla cupola della chiesa dove si trova al riparo e lo colpiremo fino a farlo crepare… Ci sono ancora le armi antiaree in quella zona?” “ Si, ma alcune sono fuori uso. Per sua fortuna le posso affidare il tecnico della mia squadra in modo che alcune le possa riparare. Jones vieni qui!” Disse urlando e richiamando il soldato dalla copertura con un gesto della mano. “Specialista James Jones a suoi ordini sergente” disse mettendosi rapidamente sull’attenti dinnanzi a me. Subito dopo radunai gli altri miei uomini e insieme ci incamminammo verso l’obiettivo. Durante il cammino, grazie all’addestramento avevo imparato ad affinare il mio sesto senso per salvarmi la vita ed è per questo che ordinai a Rivas di coprirmi con il suo Barret 50 cal.; avevo visto dei sacchi di sabbia sospetti dall’altra parte del ponte dove molto probabilmente si nascondevano i cecchini nemici per le imboscate . In quel preciso sitante arrivarono dei J’avo alati ( soprannominati cosi per le ali sul loro dorso ) che iniziarono a far vomitare i proiettli dei loro AK 47 su di noi. In quel preciso istante ci riparammo dietro le ringhiere e sparai alle loro ali per farli precipitare nei fondali del fiume. A metà del percorso sentì un tuono facilmente riconoscibile; Rivas stava facendo un ottimo lavoro di copertura. Arrivati dall’altra parte del ponte salimmo le scale e senza concederci neanche un secondo di tregua, avvistai a stento due Napad che caricavano a testa bassa verso di noi. Utilizzammo sempre la stessa strategia: schivata e sparo. Avevo la fortuna di avere Jones che imbracciava uno SPAS 12 che scalfì la loro armatura senza particolari problemi. Nel frattempo, Rivas con la sua infallibile precisione ci assisteva dall’altro lato del ponte. Trovato un cratere di un edificio nei pressi della chiesa a cupola richiamai Rivas dalla postazione e presi la radio per avvisare il sergente a difesa del ponte: “ Siamo arrivati a destinazione e stiamo per salire sulla torre. Com’è la situazione da voi?”. “ è in fase di stallo ma dovete sbrigarvi,non possiamo trattenerli in eterno” disse gracchiando dal microfono. Fatto ciò scattammo verso la torre attraversando crateri e macchine in fiamme ma subito dopo incontrammo alcuni j’avo armati di coltelli che caricarono verso di noi. Io schivai un fendente e gli presi il braccio con cui imbracciava il coltello stritolandolo e piantandogli la lama dritta nel cranio mentre Rivas e gli altri si dedicarono a quelli rimasti senza intoppi; l’addestramento puntava molto anche sugli esercizi di Close Quarter Combat da quando venne scoperto questo tipo di nemico anche per risparmiare proiettili e munizioni. In seguito arrivammo alla torre dove proprio in quel preciso istante l’ Ogroman girò subito il suo volto tumefatto e bavoso verso la nostra direzione alzando un braccio per colpirci. Schivammo il potente attacco mentre io dissi a Jones: “ Quando tempo impiegherai a far funzionare quel pezzo di ferraglia?” Dissi urlando “ Almeno 2 minuti “ rispose lui di rimando. Devo trovare una soluzione dissi tra me mentre schivai il secondo attacco. In un lampo mi venne in mente l’idea da mettere in atto: “ Ragazzi sparate tutto ciò che avete! Fate fuoco!” Dissi sparando con il mio P90 seguito dalla mia squadra mentre Jones riparava e caricava il cannone antiaereo. I proiettili, pur non arrecando danni di rilievo alla BOW riuscirono comunque a tenerlo lontano quel che bastava per stordirlo concedendo il tempo necessario a Jones per riparare il cannone. Mi avvicinai a Rivas e dissi: “ Caporale! Sai cosa fare” dissi mentre annuì lentamente con la testa. Dopò pochi secondi prese la rincorsa e si lanciò con tutta forza verso il tentacolo del mostro. Si aggrappò alla punta, tirò fuori la sua mini ascia e iniziò a martellargli il punto debole; mi stupiva quel ragazzo, capiva al volo e con pochi gesti e parole portava a termine ogni obiettivo con qualsiasi mezzo mentre il mostro tentò di scrollarselo di dosso. “ Il cannone è pronto!” Urlò Jones. Appena udite le sue parole urlai a Rivas “ Torna qui fra poco ci saranno i fuochi d’artificio!” In quell’istante Rivas prese il suo cinturino con le granate a frammentazione e lo incastrò nell’enorme insenatura della BOW e saltò verso di noi rischiando di perdere la presa sul bordo dell’edificio in cui eravamo se non fossi intervenuto subito. Mi diressi poi verso il cannone e urlai con tutto il fiato che ebbi nei polmoni. “ Gioca con questo bastardo” e sparai il potente proiettile esplosivo che si infranse sul tentacolo dell’ Ogroman che lo inghiottì in un enorme palla di fuoco facendo esplodere anche le granate che Rivas aveva incastrato in mezzo ai suoi tentacoli. Il mostro emise un enorme ruggito prima di cadere a terra con un enorme tonfo che fece tremare tutto il terreno. In quel preciso istante sentì gracchiare alla radio:” il nemico si ritira, ripeto il nemico si ritira” e potei vedere dalla cima della torre i nemici che si ritiravano e i nostri avanzare sui mezzi da combattimento. Mi sedetti a bordo della torre con le gambe penzolanti a guardare l’orizzonte mentre il sole raggiungeva lo zenit. “ Abbiamo vinto?” Disse Jones dietro di me “ No, abbiamo vinto la battaglia ma la guerra è ancora in atto… Abbiamo appena cominciato” dissi con tono calmo e basso.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Il colonnello Redfield osservò il campo d’addestramento dalla finestra del suo ufficio: vide gli uomini allenarsi con esercizi fisici e di combattimento, altri sparare al poligono ed altri ancora prendersi alcuni minuti di riposo dopo una lunga giornata iniziata con il canto del gallo e il fischiettare delle pallottole. Pur avendo superato la quarantina si manteneva in forma; preferiva anche lui combattere a fianco degli uomini poiché già da giovane aveva avuto esperienze di questo tipo. La prima minaccia del virus T, antenato del recentissimo C risalì al 1998 quando era ancora  al servizio della STARS, una squadra di polizia militare che si occupava di risolvere situazioni critiche che nessun altro corpo investigativo normale avrebbe potuto affrontare. Proprio da quella missione iniziò a fronteggiare questo tipo di nemico ma tuttavia le caratteristiche del virus erano ben lontane dalla minaccia attuale: esso trasformava una persona in un classico “ zombie” lento e goffo ma pericoloso se ci si trovava con le spalle al muro o peggio circondati da quest’ultimi. In alcune circostanze però, se non in momenti molto rari, il virus poteva mutare nel corpo ospitante trasformandolo in due stadi ancora più pericolosi: il primo veniva classificato dagli scienziati come “ Crimsom Head” e si muoveva più velocemente rispetto ad uno zombie normale e soprattutto era più violento mentre nel secondo l’infetto perdeva qualsiasi sembianza umana trasformandosi nel Licker, un essere formato solo da tessuto muscolare che ricorre a tutti e quattro gli arti per muoversi ed attaccare la preda. Da quel giorno in poi, Redfield utilizzò tutta la sua esperienza per combattere questa minaccia entrando nella BSAA agli albori del 2004 quando fu appena istituita. La sua fama di soldato ed eroe crebbe molto velocemente: dal mancato tentativo di infettare le acque del Mediterraneo con una versione modificata del T virus da parte dell’organizzazione terroristica Veltro fino allo scontro decisivo con il suo ex comandante della squadra STARS e traditore Wesker in Sudafrica. Durante i suoi anni di servizio aveva sviluppato un forte rapporto con Jill Valentine, sua amica partner nella maggior parte delle missioni. Aveva più volte tentato di dichiarare il suo amore per lei ma aveva paura che ciò potesse compromettere l’esito delle missioni; stessa cosa valeva anche per il suo punto di vista anche se in molte circostanze avevano manifestato i loro sentimenti reciproci in momenti di solitudine senza mai andare oltre. Tuttavia l’apice del loro rapporto raggiunse il culmine nel 2009 quando Redfield decise di farle la proposta di matrimonio che lei accettò con grande entusiasmo. Anche se non erano più tanto giovani comunque erano felici ed avevano una bambina nata l’anno precedente allo scoppio del conflitto; ogni tanto gli capitava di guardare la fotografia incorniciata di loro tre che aveva sulla scrivania e di pensare a loro anche in momenti estremi.
In quel preciso istante entrammo nell’ufficio del colonnello che si scostò subito dalla finestra e venne verso di noi a passo sostenuto con le mani dietro la schiena; indossava la divisa militare da ufficiale con giacca e pantaloni marroni nocciola ma senza cappello. Scattammo sull’attenti facendo il saluto militare che lui ricambiò. “ Avete fatto un ottimo lavoro là fuori ragazzi” disse con voce calma e ferma “ Vi siete particolarmente distinti grazie alle vostre tecniche di comando e combattimento contro le BOW e senza di voi non ce l’avremmo fatta. I rapporti d’intelligence riferiscono che i rinforzi sono arrivati e stanno gradualmente respingendo i j’avo verso le Alpi dove hanno stabilito una nuova linea di fronte. Tuttavia si pensa anche che in quella zona si possa nascondere la base dove i terroristi  potrebbero riorganizzare un violento contrattacco da un momento all’altro” Azzardai una domanda “ Si sa il nome dell’esercito o di colui che li guida? “ “ Purtroppo non abbiamo dati o informazioni sufficienti che ci permettano di identificare contro chi stiamo combattendo ma i servizi segreti ci hanno inviato una nota audio”. Fece cenno di avvicinarci ad un registratore sulla scrivania e premette il bottone dell’accensione; ne uscì una voce metallica, fredda e cupa: “ Inchinatevi di fronte alla nostra potenza! Una nuova era sta per nascere. È finito il tempo delle ipocrisie, delle falsità e degli ideali non rispettati… Ora è il momento della creazione di un mondo nuovo senza attitudini negative e senza sofferenza. Siamo noi la cura che rimuove questi cancri della società. Siamo noi i veri salvatori dell’umanità… Siamo la Rebellion! Sono Lord Kuarl, il vostro nuovo messia!” La registrazione finì e il colonello riprese:” Pur avendo povere informazioni possiamo dedurre che si tratti di una nuova organizzazione terroristica… Questa volta più agguerrita delle altre dal fatto che dispone di un vero e proprio esercito. Ma torniamo a noi; grazie alle vostre abilità sul campo il comando mi ha incaricato personalmente di contattare voi due per una missione ad altro rischio: neutralizzare la minaccia sul suolo Europeo una volta per tutte ed è qui che ci collegheremo a quello che dicevamo prima ovvero sabotare e distruggere la base d’attacco della Rebellion situata grosso modo qui al confine con la Svizzera” disse indicando con l’indice il luogo sulla cartina posta al centro della sua scrivania. “ Dovrete piazzare diverse cariche nei principali punti chiave quali caserme, depositi e ovviamente tutto ciò che possa essere considerata una potenziale minaccia”. “ Come ci arriveremo? “ dissi mentre vidi Rivas in piedi appoggiato con la schiena al muro e annuiva lentamente con le braccia conserte “ Ottima domanda soldato. Verrete paracadutati nei pressi dell’obiettivo con un C 130; la modalità di lancio sarà compiuta in modalità HALO ed è stato scelto in base ai parametri della missione ovvero l’altitudine della zona e le condizione climatiche ma caratteristica non meno importante sarà la furtività. Completato il vostro obiettivo dirigetevi verso il valico a nord della base;vi manderemo un elicottero per l’estrazione .” Wow una missione d’infiltrazione! Sarà divertente ma allo stesso tempo molto rischiosa…. Fortunatamente c’è gente che alla fine nota le mie abilità e non passo inosservato come Casper il fantasmino invisibile! Dissi tra me mentre vidi Rivas sorridere sotto il suo passamontagna con il ghigno scheletrico; amava questo tipo di missioni anche perché in passato aveva lavorato nella US SOCOM prima di entrare nella BSAA, la stessa organizzazione di cui fece parte un tale Leon Kennedy di cui sentì per un certo periodo parlarne. Era un’agenzia di spionaggio governativo direttamente agli ordini del presidente degli Stati Uniti e radunava i migliori membri dei servizi d’intelligence di tutto il mondo come analisti e agenti segreti. Esso si basava su missioni d’infiltrazione e spionaggio e il mio amico Rivas ne aveva fatto parte per un certo periodo fino a quando non fu notato dalla BSAA per le sue abilità sul campo di battaglia. Questo non significava che la BSAA e la US SOCOM lavoravano separate anzi una si occupava di analizzare, fornire indicazioni e consigliare le manovre d’ingaggio mentre l’altra faceva il resto seguendo gli ordini. Kennedy era considerato il maggior esponente di quell’agenzia cosi come il comandante Redfield per la nostra unità. Anche lui aveva sventato minacce simili a quelle del mio comandante: dall’espansione del virus a Racoon City quand’era anche lui un semplice poliziotto fino a sconfiggere Lord Saddler, potente negromante a capo della setta degli Illuminados che aveva scopi non molto diversi dai terroristi attuali. Attualmente era stato nominato vice direttore dell’agenzia e talvolta veniva inviato anche sul campo per addestrare le nuove reclute. Feci un’ultima domanda al colonnello: “ Quando dovremmo prepararci per la missione?” Il colonnello mi rispose con un tono leggermente costernato: “ Data l’importanza della missione dovreste partire fra meno di 3 ore; so che siete appena tornati da una battaglia stremante e infinita ma siete gli unici che posso portare a termine missioni del genere. Però avrete il tempo per preparare il vostro equipaggiamento e riposarvi. Potete andare.” “Grazie signore” dissi alzandomi e facendo il saluto militare insieme a Rivas per poi imboccare la porta d’uscita. Dopo il lungo briefing Redfield si rilassò sulla sua poltrona da scrivania e chiuse gli occhi. Sarà veramente come lui? Un nuovo erede con le stesse abilità? Non accetterò di perdere un’altra volta, non oggi. Se dovessimo fallire questa guerra lui sarà l’ultimo baluardo contro la minaccia del virus C. Non posso permettermi che muoia in combattimento pensò tra sé.

In un luogo non ben precisato e segretamente nascosto Lord Kuarl rideva tra sé. Una nuova era sta arrivando… Solo i più forti sopravvivranno. I falsi e i bugiardi soccomberanno di fronte a noi… Nulla potrà fermarci. “ A che punto siete con i preparativi? “ disse Kuarl con voce roca e metallica scuotendo il suo braccio sinistro mutato davanti agli occhi terrorizzati dello j’avo: “ A buon punto… stiamo imbevendo le armi con gli elementi modificati del virus C” “ Eccellente” disse Lord Kuarl andando a passo lento verso uno specchio: indossava una corazza blu-nera e un cappello da ufficiale del medesimo colore; entrambi avevano l’insegna di un’aquila. Sotto la corazza aveva una giacca militare con pantaloni verde scuro. Ammirato il suo aspetto fisico si concentrò prima sul suo braccio sinistro semi-mutato dovuto all’iniezione del virus C che miracolosamente lo aveva lasciato in parte umano e poi il suo volto coperto da una maschera metallica che dava il suono metallico e cupo alla sua voce. I suoi occhi erano simili a quelli dei suoi uomini infettati; color metallo ma con una sfumatura rossa brace tipica delle creature demoniache. “ Presto la BSAA sarà ridotta ad un mucchio di cenere e il mondo si inchinerà di fronte al vero eroe! Eliminerò i cancri del globo e vivremo in un mondo completamente nuovo.” ed esplose in una fragorosa risata che fece gelare il sangue a chiunque si trovasse nell’edificio.

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Preparate le armi e l’equipaggiamento, io e Rivas ci dirigemmo verso l’apertura posteriore del C 130 per dirigerci verso il nostro obiettivo. Il viaggio sarebbe dovuto durare poco più di un’ora e io ne approfittai per prepararmi psicologicamente a quello che mi aspettava. Mi sedetti su un sedile da trasporto e appoggiai la testa sulla parete dell’aereo chiudendo gli occhi per rilassarmi mentre il mio compagno affilava la lama  di un coltello K-BAR da combattimento a doppio taglio. In quel preciso istante mi ricordai la prima volta che lo conobbi, durante una missione in Colombia. L’obiettivo della nostra squadra fu quello di liberare un’agente speciale della US SOCOM scoperto e catturato dalle FARC, un’organizzazione terroristica locale che recentemente aveva stretto un’alleanza con il principale cartello della droga colombiano guidato da Ernesto Hernandez. Secondo le informazioni si diceva anche che quest’ultimo tramite una partita d’armi era riuscito ad ottenere alcune quantità di C virus da somministrare ai propri uomini. La nostra tattica consisteva nel fare fuori prima gli uomini a guardia del perimetro per poi penetrare silenziosamente all’interno della struttura per liberarlo. La squadra era formata a otto uomini che a sua volta era divisa in altre due squadre: quella blu aveva il compito di guidarci all’interno della villa via radio  e se possibile eliminare le guardie con armi a distanza mentre quella rossa di cui facevo parte e avevo il comando si sarebbe dovuta infiltrare all’interno della struttura per liberare l’agente. Mentre la squadra blu si occupava delle guardie esterne, la mia si addentrò all’interno della struttura sfruttando un passaggio esterno  e procedendo accovacciati in fila accanto ad un muro. Alzai il pugno per fermare la squadra poiché vidi direttamente all’angolo una guardia di spalle che imbracciava un AK 47 e ciondolava pigramente per il cortile. Ordinai ai miei uomini di mantenere la posizione, mi avvicinai al soldato e sfoderando un poderoso calcio alla rotula posteriore sinistra dell’uomo, lo feci inginocchiare e gli tranciai direttamente la carotide con il coltello mentre con l’altra mano gli coprì la bocca per coprire l’eventuale urlo d’allarme. Fatto questo richiamai la mia squadra e ci dirigemmo verso un portico dove passammo in rassegna delle porte per trovare quella giusta. Tramite alcune sbarre poste sulla parte superiore della porta potevo vedere e sentire ciò che l’interlocutore chiedeva a Rivas con metodi poco ortodossi; lo picchiava a sangue e allo stesso tempo sputava una raffica di parole spagnole in parte comprensibili. Per creare un diversivo bussai alla porta e il torturatore mandò due dei suoi uomini interni a verificare. Con rapidi gesti della mano ordinai ai miei uomini di metterli fuori combattimento e in quel preciso istante sparai con la mia Beretta 92 silenziosa alla testa dell’uomo che cadde all’indietro con un tonfo sordo; il tutto durò circa tre secondi. Mi avvicinai a Rivas e non aveva un bell’aspetto: era legato ad una sedia in vimini e aveva l’uniforme strappata in più punti, pieno di lividi e ferite sanguinanti. Gli alzai il viso ed era in parte sfigurato con un taglio netto diagonale che mi suggerì anche che la cavità orale fu vittima della tortura; i trafficanti di droga erano famosi per questa tipologia di risoluzione dei problemi; una persona prendeva la loro roba e loro prendevano un suo arto in particolar modo braccia o gambe ma talvolta anche organi interni se necessario. Tuttavia aveva ancora le mostrine attaccate al collo dove appresi la sua identità anche se in casi come quelli era necessario buttarle via per evitare di essere riconosciuti. “Hey, sta tranquillo! Siamo qui per salvarti” dissi io con tono amichevole mentre tentai di sollevarlo. I miei uomini a coppie si disposero a ventaglio sia nella cella che fuori con i fucili puntati in zone rischiose per evitare eventuali ospiti sgraditi ma proprio in quell’istante ebbi appena pronunciato le ultime parole famose: vedemmo in quel preciso istante un intero esercito misto tra FARC e narcotrafficanti venire dritto verso di noi; la sfortuna non ci dava tregua neanche per un secondo! “Squadra blu a squadra rossa, il nemico è allertato della vostra presenza, ripeto il nemico vi ha scoperto passo”. “Squadra rossa a squadra blu dirigetevi al punto di prelievo noi vi raggiungeremo lì passo”. Ebbi appena finito di parlare quando intorno a me si scatenò l’inferno. I miei uomini spararono a volontà contro un nemico che ci circondava in tutte le direzioni. Le pallottole fischiavano in una moltitudine di direzioni imprecisate mentre io portai Rivas sulla spalla vicino ad un SUV Mercedes che potevamo utilizzare per la fuga. Mi misi al posto del guidatore dopo aver assicurato Rivas sui sedili anteriori. Tirai fuori il mio M16 e mi misi in copertura dietro lo sportello anteriore per coprire i miei uomini che gradualmente ripiegavano verso il SUV. Non tutti fecero in tempo a salire e poco dopo caddero sotto la pioggia di proiettili ma solo uno riuscì a salire e a scappare con noi. “ Leviamoci da qui! Via via !” mi disse mentre copriva la nostra fuga sul retro del SUV e schiacciai a tavoletta il pedale dell’acceleratore sfondando il cancello e talvolta investendo qualche narcotrafficante. La missione fu un successo ma allo stesso tempo subimmo pesanti perdite. Appena ricevute le cure mediche adeguate,  Rivas tornò subito in azione seppur contro i pareri dei  dottori e degli psicologi che preferivano uno stop a tempo determinato dovuto allo stress e al trauma subito . Quando venne trasferito alla BSAA per le sue abilità di ricognizione e di cecchino strinsi con lui un grande rapporto di amicizia; avevamo gli stessi interessi, gli stessi hobbies e gli stessi gusti in tutto e per tutto e da quel giorno diventammo inseparabili allenandoci anche insieme durante l’addestramento dove mi fece approfondire anche le tecniche di combattimento corpo a corpo con nuove mosse. Come cecchino era indiscutibile e poteva anche essere ( o quasi ) eguagliato al famoso Chris Kyle, il miglior cecchino delle forze speciali dei NAVY SEALS. La cosa però che mi stupì di più fu il fatto che capiva al volo ciò che doveva fare e questo stupì anche i miei colleghi e superiori. Tuttavia non seppi mai se lui non poteva o voleva parlare anche se le ferite mi suggerivano la prima ipotesi. L’unica volta e anche ultima che lo vidi in faccia fu lo stesso giorno che lo salvai e da li in poi preferì girare con un passamontagna con inciso un cranio scheletrico che gli lasciava visibili solo gli occhi che spesso copriva con occhiali da sole; eravamo diventati inseparabili. Un leggero fremito mi scosse tutto il corpo; era Rivas che mi stava facendo ritornare nel “ mondo dei vivi “ poiché ci stavamo avvicinando all’obiettivo. Appena mi ripresi preparai il mio equipaggiamento: mimetica completa invernale, coltello da combattimento K- BAR, la mia fidata Beretta 92F e tutto il resto nello zaino. Ci avvicinammo allo sportello d’apertura dell’aereo e aspettammo la luce verde per il lancio. Dopo due minuti sentì l’effetto sonoro che ci fece capire che era il momento di procedere; battei il dorso della mia mano destra con quella del mio partner aprendo tutte le cinque dita; era il nostro saluto personalizzato.  Fatto ciò ci lanciammo e feci una capriola in avanti dopo il salto per bilanciarmi meglio durante la discesa. Raggiunti i 1500 metri d’altezza aprì il paracadute seguito da Rivas; non avemmo particolare problemi nell’atterrare e infatti trovammo un luogo perfettamente pianeggiante nascosto parzialmente da alberi. “Rivas ci sei?” dissi guardandomi attorno e notandolo accovacciato a 20 metri di distanza davanti a me che alzava il pollice; tutto ok. “ Bene, si va in scena!” pensai tra me mentre ci dirigemmo furtivi verso la base.

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Avanzammo furtivi per un paio di chilometri fino ad una collina innevata dove potevamo esaminare meglio il nostro obiettivo. Fatto ciò ci mettemmo carponi, estrassi il mio binocolo ed esaminai la base nemica. Era ben difesa con quattro torri d’avvistamento in cui a loro volta vi erano j’avo armati di fucili Dragunov da cecchino. L’entrata era formata da un cancello a recinzione metallica dove accanto vi era una piccola guardiola con tre soldati dei quali due davanti al cancello e uno all’interno della piccola costruzione. Infine spostai la mia visuale sui punti chiave della base quali caserme, depositi di munizioni ed infine una gigantesca struttura che dominava l’intero campo. Ebbi anche l’occasione di vedere da vicino alcuni soldati che pattugliavano la base dall’interno: indossavano uniformi mimetiche bianche con macchie nere ed imbracciavano AK 47; a differenza dei j’avo che combattei in Edonia quand’ero ancora una recluta questi erano ben armati ed equipaggiati, frutto dei soldi ottenuti vendendo il virus C e petrolio alle principali organizzazioni terroristiche di tutto il mondo. Ebbi anche la possibilità di evidenziare alcuni tratti fisici e somatici dei nemici: pur avendo il volto putrefatto dovuto all’effetto del virus, la maggior parte di essi aveva per lo più le caratteristiche tipiche del Medio Oriente anche perché l’ ISIS era a capo della Rebellion ma ebbi anche la possibilità di vedere con il mio binocolo altri nemici appartenenti alle altre cellule terroristiche quali i baschi l’ “ETA” o gli irlandesi del nord dei “Provisionals” unitesi tra loro durante la creazione della Rebellion. In parole povere l’ISIS comandava quest’ultima poiché era quella che possedeva abbastanza denaro per rendere pericolosi i loro soldati potenziati anche dall’effetto del virus che gli consentiva di mutare forma in caso di pericolo estremo: dalla deformazione di un braccio per formare uno scudo protettivo fino ad avere caratteristiche animalesche quali ragni, cavalli o addirittura volatili preservando comunque le loro sembianze umane, fisiche e psicologiche. L’area circostante era coperta da una sottile nebbia e un leggero vento dovuto alle condizioni climatiche che mi permisero di elaborare un piano per entrare: sfruttare ciò per infiltrarmi e completare il lavoro ma la cosa che mi incuriosiva di più era la struttura che dominava sulle altre; ci doveva essere qualcosa di molto importante e segretamente nascosto. “ Nick dai un occhiata” dissi passandogli il mio binocolo. Dopo due minuti vidi che annuì lentamente e me lo restituì. “ Rimani qui. Io proverò ad entrare nel campo. Usa il tuo fucile per eliminare le guardie sulle torri; appena avrò sistemato quelle a guardia del campo mi raggiungerai ok?”. Rivas annuì mentre scartava una gomma da masticare di forma rettangolare per mangiarla; non glielo chiesi mai ma molto probabilmente si trattava di un vizio simile a quello del fumo. Tuttavia pur avendo subito le pene più umilianti dell’inferno non lo avevo mai visto nervoso anzi riusciva a mantenere la calma anche nei momenti più estremi, forse lo aiutava a concentrarsi. Fatto ciò facemmo il nostro saluto personalizzato e mi incamminai furtivo verso la base.
***
Mi stesi a terra sfruttando la bufera e il terreno coperto di neve per non essere visto e vidi a pochi metri da me un camion di trasporto per approvvigionamenti;vicino vi era un soldato che urinava sopra un cespuglio secco. Ne approfittai per salire sul retro del camion e nascondermi all’interno di una cassa; fortunatamente ce n’era una aperta e mi intrufolai al suo interno. Dopo un paio di minuti udì il camion ripartire e fermarsi dopo pochi chilometri; segno che  doveva essere esaminato per il controllo alla dogana d’ingresso al campo. Pregai con tutto me stesso per evitare che le guardie controllassero tutto da cima a fondo. Ebbi la fortuna sperata e il camion sorpassò il cancello. Appena parcheggiò uscì dal mio nascondiglio e aspettai nel retro finché il guidatore non si allontanò quel che bastava per uscire. Mi mossi accovacciato nascondendomi dietro casse o altri oggetti che potevano coprirmi; in quel mentre evidenziai anche i punti più fattibili  per piazzare le cariche esplosive per distruggere i bersagli designati come obiettivi. Vidi un soldato fumare una sigaretta vicino ad un deposito di munizioni e calciare pigramente la neve sulla terra. Mi avvicinai lentamente a lui e gli tagliai la gola con il mio K-BAR in pochi secondi. Fatto ciò cominciai a piazzare le cariche sui pezzi d’artiglieria e le casse contenenti i proiettili. Ripetei la stessa operazione avvicinandomi ai carri armati, jeep e altri veicoli nemici ma in quel preciso istante mi venne in mente un dubbio; vi erano anche alcuni quad che potevo usare per la fuga per arrivare più velocemente al punto di prelievo e decisi di tenerne almeno uno senza distruggerlo  per evenienza. Successivamente mi avvicinai alla caserma dove esaminai l’interno da una piccola finestra senza farmi vedere. Vidi al suo interno tre soldati: uno steso sul letto a vedere la TV mentre gli altri due erano intenti a giocare a carte. Prima di piazzare la carica mi venne in mente l’idea di entrare e scoprire se ci fossero state informazioni utili sull’attività della Rebellion. Tuttavia vedendo che si trattava solo di un alloggio la scartai subito e piazzai le cariche sulle strutture portanti. Per avanzare usai la stessa tecnica utilizzata fin’ora: infiltrazione furtiva, eliminazione silenziosa delle guardie e piazzamento degli esplosivi. Il tutto durò fino a quando non arrivai alla grande struttura che stuzzicava molto la mia curiosità: era alta almeno venti metri ed aveva un colore grigio verde con tanto di piccole luci posti in alcuni punti. Vi era un piccola porta d’ingresso affiancata da una grande saracinesca e a sua volta era presidiata dai j’avo scudo, soprannominati così da me perche avevano uno scudo di protezione al posto di un braccio coperto di scaglie d’osso e tessuto muscolare mi avvicinai ad uno di questi e lo uccisi con la medesima tecnica con cui feci fuori tutte le guardie del campo ovvero tranciando di netto la carotide afferrandoli da dietro tuttavia attirai l’attenzione dell’altro che mi puntò la sua Sig Sauer pensando che ormai era finita ma in quel preciso istante un foro rosso si aprì sulla sua fronte; Rivas mi aveva salvato ancora una volta la vita e lo vidi davanti a me a pochi metri. La sua presenza probabilmente suggeriva che si era già preso cura dei cecchini nemici. Fatto ciò ci appoggiammo ai lati della porta per un eventuale irruzione con le armi in pugno. Feci il contro alla rovescia con le dita della mano ed entrammo. Il luogo mi fece percepire un lungo brivido che mi percorse la schiena; era una specie di laboratorio dove venivano ultimate le armi bio organiche o più semplicemente BOW e lo potevamo dedurre dal fatto che vi erano al suo interno diversi cilindri che fungevano da vasche di contenimento per quest’ultime. Tra le classiche armi che avevamo affrontato vi erano anche i Gecko, giganteschi rettili agili, veloci e letali già affrontati nella battaglia di Roma: la loro pelle era coperta di squame che poteva vairare il colore a seconda della superficie in cui si trovava o almeno cosi pensavo quando lo affrontai per la prima volta; inoltre aveva anche la possibilità di arrampicarsi sul muro grazie alle ventose di cui disponeva. Non seppi se fosse uno scherzo del destino ma l’interno era deserto cosi decidemmo di cercare delle informazioni utili sul nemico che stavamo combattendo e i loro scopi. Mentre Rivas esaminava la struttura a più piani feci delle foto ai cilindri e a tutto ciò che poteva tornare utile come informazione tramite una piccola macchina fotografica in dotazione alla BSAA e successivamente inviandole ai miei superiori pregando allo stesso tempo che i mostri non potessero svegliarsi.  Per evitare ciò piazzai una carica vicino a quest’ultimi ma proprio in quel preciso istante notai la saracinesca  alzarsi lentamente e ciò che vidi mi fece stoppare quasi del tutto il battito cardiaco: non seppi darmi una valida spiegazione ma vi era un intero esercito di j’avo schierato ventaglio che mi puntò contro dei Kalashnikov; al centro vi era un soldato vestito diversamente dagli altri forse l’ufficiale a capo della base che imbracciava una pistola in una mano e un megafono nell’altra. Lentamente alzai le mani e lo sentì parlare con pesante accento arabo: “Abbiamo preso il tuo amico! Sappiamo che ti nascondi là dentro. Esci lentamente con le mani alzate o al tre farà un bruttissima fine”. Cristo! Già mi ero salvato a stento nella missione in Colombia per salvare il mio partner e ora questo! Cosa c’era che non andava nelle mie missioni d’infiltrazione? In quel preciso istante però mi venne in mente un’idea; avevo piazzato le cariche che aspettavano solo di essere attivate e prima della missione diedi a Rivas un doppione del comando a distanza nel caso fossi stato scoperto. Appena finito di rielaborare il mio piano nella mente sentì il comandante nemico iniziare al conto alla rovescia. Quando arrivò al due il mondo sembrò andare a rallentatore quando comunicai nel microfono nascosto nella mia uniforme: “ Nick? Piano B” ed un potente boato formato da moderate palle di fuoco inghiottì quasi  del tutto il campo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 6

Appena vidi le esplosioni mi tuffai di lato verso alcuni contenitori di forma cubica per ripararmi dalle schegge che investirono gran parte delle persone e cose che si trovavano nel raggio d'azione delle cariche. In quel preciso istante, Rivas si sporse dal parapetto del piano superiore e sparò con il suo Barret 50 cal. mentre tirai fuori il mio M4A6 per imitarlo. Grazie all’esplosione, riuscimmo a falciare gran parte dei nemici che scivolarono anche sul pavimento dovuto all'acqua fuoriuscita dalle vasche di contenimento che fortunatamente neutralizzarono le BOW interne. Tuttavia la sfortuna ancora non ci dava tregua e ci misi poco a capire che l'ufficiale che si era trasformato in crisalide stava per mutare forma; ne uscì ovviamente un Gecko. " Che bello! Sono talmente sfigato che dovrò morire per forza tra le braccia di questi bastardi.... Ma non oggi!" Pensai mentre il mostro caricava verso di me ma proprio in quel preciso istante Rivas saltò dal parapetto e gli si avvinghiò sul dorso prendendolo a pugni sul punto debole ovvero la protuberanza arancio- rossa  posta dietro la testa. Dopo 10 secondi di lotta il mostro riuscì a scrollarselo di dosso e lo fece cadere in malo modo per poi cambiare bersaglio  e concentrarsi verso lui ma in quel preciso istante feci vomitare una dozzina di proiettili contro la sua protuberanza  fino a farlo stramazzare  al suolo dopo  aver compiuto piccoli movimenti rigidi e versi prima di morire del tutto. " Ora siamo pari. Presto andiamocene da qui prima di diventare dei buoni toast farciti!" Dissi mentre lo aiutai ad alzarsi. Ci dirigemmo al cortile del campo dove regnava il caos: era ridotto ad un ammasso di crateri fumanti  sparsi su tutto il  terreno alimentato anche da un assordante sirena d'allarme. Mi guardai velocemente intorno con Rivas che mi proteggeva le spalle, pronto a sparare nel caso ci fosse stato anche il minimo sospetto. Durante la mia ricerca mi ricordai del quad che avevo lasciato intatto e intimai a Rivas di seguirmi ma prima di farlo mise nella fondina il suo Barret e andò dentro l'edificio dove prima vi era l'armeria e ne uscì con uno SPAS 12. Non seppi darmi una spiegazione a riguardo ma non persi ulteriore tempo  e saltai in sella al veicolo con il mio compagno dietro con la schiena rivolta verso di me; forse avevo capito ciò che aveva in mente. Fatto ciò diedi gas al veicolo e mi allontanai dal campo per raggiungere il punto d'estrazione il più velocemente possibile. Attraversammo alcune stradine zigzando tra gli alberi ma proprio in quel preciso istante udì delle urla dietro di noi;vidi una cosa che mi fece quasi ridere per l'assurdità: alcuni j'avo mutati in ragni scesero di schiena con le zampe rivolte verso l'alto mentre altri con le gambe di cavallo bipedi furono raggiunti da altri soldati nemici che balzarono sulla loro schiena e gli utilizzarono per inseguirci come se fossero dei veri e propri quadrupedi. A quel punto il senso dell'azione di Rivas mi fu chiaro: mettersi in coda del veicolo e coprirmi usando il fucile a pompa qualora i nemici si fossero avvicinati troppo; strano ma ingegnoso. Nel frattempo girai la manopola dell'acceleratore fin quasi a spezzarla per arrivare alla massima velocità mentre il mio compagno vomitava pallettoni addosso ai nemici spappolando anche qualche faccia ; come se i j'avo non fossero già di per se abbastanza sfigurati. Mentre facevo slalom e manovre evasive tra gli ostacoli parlai al mio comunicatore: "Strikers a Stormbird, ci dirigiamo verso il punto di estrazione, ripeto ci stiamo dirigendo al punto d'estrazione passo" " Stormbird a Strikers ricevuto. Tempo stimato due minuti all'arrivo." Apparentemente doveva sembrare poco ma in quella circostanza due minuti equivalevano quasi quanto un eternitá. Improvvisamente durante la fuga il percorso si fece sempre più ripido ma aguzzando la vista notai che vi era una specie di dosso naturale che  potevamo utilizzare come rampa per raggiungere la zona di prelievo. A quel punto mi venne in mente un'idea poco ortodossa ma efficace: pur non avendo il brevetto da stuntman ne essendo campione di freestyle di motocross avevo intenzione di sfrecciare a tutta velocità per poi saltare dall'altra parte. Al diavolo la normalità! Il fine giustifica i mezzi perciò a mali estremi,estremi rimedi dissi tra me. Abbaiai a Rivas di reggersi forte e percorsi alla massima velocità l'ultimo tratto di strada e mi misi con la postura leggermente alzata impennando allo stesso tempo il quad per compensare il salto. Per un momento il mondo sembrò andare a moviola ma cercai di mantenere comunque la calma pur essendo abbastanza scioccato per ciò che stavamo facendo. Il salto andò a buon fine e atterrammo con un moderato sobbalzo mentre potevo vedere di fronte a noi due soldati posti di fianco ad uno Huey accovacciati in posizione di copertura. Frenai il quad facendo una derapata di novanta gradi mentre potevo vedere alcuni j'avo che cadevano dallo strapiombo e altri imprecare e lanciare bestemmie contro di noi dalla parte opposta. Scendemmo dal veicolo e salimmo velocemente sull'elicottero seguiti dai soldati di guardia e in poco tempo ci librammo in volo diretti verso casa. Appena partiti si presentò davanti a noi un soldato di colore: " Bella ragazzi!" Disse con  il tipico accento texano del sud e alzando la mano per dargli il cinque. Fatto ciò si diresse ad un mini frigo e tirò fuori delle birre da condividere con tutto l'equipaggio,incluso il pilota." Bhé, che dite? Com'è andata 'sta missione? Ve siete ammazzati?" Disse con tono sarcastico ma allo stesso tempo serio. Risposi che nonostante la sorpresa finale per il resto era andato tutto bene. " Ottimo lavoro regà, l'importante che alla fine è andato tutto apposto!" Disse alzando la lattina e bevendo insieme a noi. Dalla parlata e dal modo di fare non ebbi dubbi di chi si trattava: era Keith Lumley,soldato della BSAA già distintosi per aver sventato insieme al comandante Redfield ed altri il complotto terroristico della Veltro nel 2005 mentre il pilota era il suo partner di lavoro Quint Cheatcham e lo riconobbi dalle calvizie e dalla voce nasale quando ci salutò con un cenno della mano appena fummo partiti in volo.  Da seduto,misi le mani incrociate dietro la testa, allungai leggermente le gambe per poi
cercare di rilassarmi chiudendo gli occhi.

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Grazie ai nostri sforzi, nel giro di tre mesi metà Europa fu liberata dalla minaccia nemica. Tuttavia non potevamo cantar vittoria anche perché la ritirata nemica verso est non alludeva al fatto che si stavano arrendendo, anzi, molto probabilmente avevano in mente una nuova strategia di riorganizzazione e quindi non potevamo permetterci un solo passo indietro; dovevamo battere il ferro finché caldo e infliggere il colpo di grazia. In quei tre mesi non stetti a guardare e ne approfittai per allenarmi con i miei colleghi in particolar modo con il mio amico Rivas: la mattina ci alzavamo presto per svolgere le principali attività fisiche come corsa ad ostacoli e combattimento ravvicinato in stile CQC ma anche al poligono. La sera eravamo quasi o completamente distrutti tuttavia rinforzati fisicamente grazie ai duri esercizi giornalieri. Nel tempo libero invece presi anche i miei spazi per rilassarmi svolgendo diversi hobbies come leggere, uscire ogni tanto con il mio partner a prendere una birra ed talvolta anche giocare a videogiochi con la console che condividevo con i miei colleghi. Questa fu la mia routine quotidiana finché  un giorno venni convocato ancora una voltanell'ufficio del colonnello Redfield. "Bel lavoro soldato! I vostri sforzi hanno permesso ai nostri uomini di liberare in poco tempo il centro nord europeo vista la mancanza di approvvigionamenti tra le fila nemiche" disse con tono fermo ma allo stesso tempo contento  per via del risultato ottenuto mentre io stavo seduto di fronte a lui e mi limitai a sorridere mantenendo comunque un profilo rispettoso ed educato. " Tuttavia la minaccia non è ancora scomparsa del tutto e il nemico si sta ritirando verso est" Disse alzandosi  dalla sedia e piegandosi verso la scrivania su cui giaceva la cartina geografica;  lo imitai per comprendere meglio ciò che aveva da dirmi e seguì attentamente le sue istruzioni accompagnate dal dito che scorreva sulla carta: " Secondo i servizi d'intelligence della US SOCOM in  una piccola cittadina situata nel confine tedesco-polacco,si nasconde un importante luogotenente della Rebellion. Il nostro scopo sarà quello di catturarlo ed estorcergli le informazioni chiave che serviranno ai nostri uomini per sconfiggere una volta per tutte il nemico. Il suo nome è Ibrahim Zaheer ed è uno dei luogotenenti principali della Rebellion" Disse facendo scivolare sulla scrivania verso me diverse foto in bianco e nero dove ritraeva i primi piani dell'obiettivo in pose e momenti diversi in modo che lo potessi studiare: anche se difficile da comprendere, pareva un uomo sulla cinquantina vestito con abiti militari ed un piccolo basco  sulla testa. La barba era tipica dei terroristi del medio oriente ovvero  ispida e lunga fino alla parte superiore del torace; l'espressione del viso era seria e decisa ma non mi incuteva particolare ansia se non quella di catturarlo con qualsiasi mezzo, anche poco ortodossi. Dopo averle esaminate attentamente, il comandante proseguì passeggiando lentamente con le mani dietro la schiena:" Abbiamo già inviato una piccola squadra sul posto ma hanno incontrato una tenace  resistenza che gli ha tenuti bloccati in un pesante fuoco di sbarramento causato dall'artiglieria nemica che impedisce ai nostri di avanzare. Ovviamente non c'è bisogno che dica che visti i recenti risultati,tu e Rivas siete richiesti  immediatamente al fronte ma questa volta c'è una novità: avrai il comando della squadra locale." In quel preciso istante sentì il mio stomaco contrarsi come se fosse stato stretto in una morsa dolorosa : avevo il totale controllo della missione ma la cosa non mi eccitava affatto anzi avevo paura di commettere qualche imprudenza visto che era la mia prima volta ad essere comandante sul campo e non ebbi mai modo di partecipare a qualche simulazione di strategia e tattica. In parole povere la vita dei miei soldati dipendeva da me ma non mi tiravo certo indietro a quella sfida anzi cercai di accettare  progressivamente l'idea. La cosa mi rimase comunque assurda visto che solo recentemente avevo ottenuto buoni risultati e sopratutto ero ancora  troppo giovane e non avevo molta esperienza; avevo poco più di vent'anni! " Signore,con tutto il dovuto rispetto,sono felice a riguardo ma non le sembra che sia un po' troppo azzardato a darmi subito il comando di un operazione comunque complessa?" Dissi con tono intimidito ma allo stesso tempo calmo. Il colonnello si avvicinò e mi mise una mano sulla spalla: " Lo so ma secondo il comando e i rapporti della US SOCOM possiedi le caratteristiche giuste sul campo di battaglia. So che è rischioso ma è l'unica soluzione fattibile a riguardo. In parole povere, dopo la battaglia di Roma e l'operazione di sabotaggio sulle Alpi insieme al caporale Rivas siete diventati i pilastri della squadra." Disse con una leggero accento malinconico poiché  in quel momento anche lui si ricordò di quando ebbe il comando di diverse operazioni sul campo cercando di completarle con minor perdite possibili; non tutte però erano andate a buon fine. " Fra tre ore partirai insieme al tuo partner ed una piccola squadra di cui farà parte anche lo specialista James Jones; vi darà una mano nel forzare le difese nemiche. Ora preparati e cerca di riposarti in vista della missione d'accordo?" Disse con tono rassicurante inarcando le sopracciglia nel tentativo di risollevarmi di morale dovuto al disagio dell'operazione appena incaricatomi mentre annuivo lentamente; spesso era considerato brutale come il sergente Hartman di Full Metal Jacket: duro e severo nel dare ordini ai soldati durante l'addestramento e sul campo di battaglia tuttavia secondo molti miei colleghi, il colonnello Redfield si era guadagnato la stima di quest'ultimi mostrando anche altruismo in determinate circostanze; ci teneva che i suoi uomini dessero il meglio dal primo all’ultimo. Preferiva combattere insieme a noi piuttosto che dare ordini dietro una scrivania in mogano. Lo salutai militarmente e uscì dall'ufficio vedendo Rivas che mi aspettava su una sedia vicino l'ufficio; in cinque minuti gli feci un riassunto  completo di ciò che mi aveva detto il comandante ed insieme ci preparammo per affrontare la prossima missione: catturare Zaheer con qualsiasi mezzo necessario e farlo cantare anche violando i diritti umani imposti dal ONU....
                                                      
Dal suo bunker, Zaheer poteva esaminare il campo di battaglia grazie alla posizione favorevole su cui era costruito. Sapeva che i suoi uomini non potevano sconfiggere i soldati della BSAA ma solo rallentarli in modo che si potessero riorganizzare per rilanciare un eventuale contrattacco. Tuttavia se la ritirata non fosse stata fattibile, poteva passare la piano di riserva ed era tipico della cellula terroristica di cui faceva parte prima che quest'ultima diventasse capo supremo della Rebellion: perdite accettabili che allo stesso tempo arrecano danni all’avversario…

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Anche se come paese lo odiavo con tutto me stesso a causa della politica e della maggior parte degli eventi storici che scatenarono i due conflitti mondiali, la Germania aveva comunque i suoi pregi: ero un grande appassionato di calcio che come sport praticavo anche con i miei colleghi nel tempo libero ed infatti quella era la terra del Bayern Monaco, la squadra più titolata del paese con ben cinque coppe europee e trenta campionati vinti. Oltre allo sport aveva un paesaggio naturale vasto e piacevole alla vista ed ebbi la possibilità di ammirare per breve tempo le smeraldi campagne dal mio Osprey che avrebbe portato me e i miei uomini a destinazione; la bellezza di quei campi rovinanti e trasformati in trincee da combattimento, sembrava di ritornare ai tempi delle guerre mondiali. Ripensai a quello che mi disse il comandante: non aveva fatto entrare Rivas perché quando si trattava di comunicare messaggi particolari preferiva dirli di persona al prescelto. Avevo un brutto presentimento su questa missione;non sarei mai riuscito a "non rompere le uova nel paniere". Già ero stramaledettamente sfigato nelle missioni d'infiltrazione,figuriamoci in quest'ambito! Darmi anche il comando mi sembrava un po' troppo eccessivo. Avevo come minimo quattordici soldati ai miei ordini; alcuni avevano genitori, amici, fidanzate che gli aspettavano a casa e se avessi fatto qualsiasi cazzata sarebbe stata colpa mia.... Non era un bel numero. La sfortuna si aggravò anche dal fatto che nella precedente missione,passando al piano B, non ebbi modo di trovare informazioni utili sul nostro nemico poiché tutta la base andò in frantumi,pertanto io e Rivas non avemmo modo di trovare qualche indizio che ci potesse aiutare pur avendo comunque completato il nostro obiettivo principale. Tuttavia se fossimo riusciti a catturare quel bastardo di Zaheer oppure esaminare il bunker in cui si nascondeva, già era un punto a favore per noi. Dopo un'ora di viaggio arrivammo sul campo di battaglia. Scesi dalla rampa a passo sostenuto seguito ai fianchi da Rivas, Jones e il resto del gruppo dietro di noi. Appena mi videro attraversare il campo,i soldati locali si misero rapidamente sull'attenti e io ricambiai il saluto; perfino i feriti si sforzavano di alzarsi per mostrare rispetto ma con un cenno della mano intimai loro di rimanere ai propri posti, non mi piaceva fare l'autoritario. Mi avvicinai alla tenda di comando per parlare con il comandante in campo ad interim, il sergente Arnell come lessi dalla targhetta. Dopo il saluto gli chiesi di farmi un breve rapporto sulla situazione:" Il fuoco d'artiglieria blocca l'avanzata dei nostri Humvee e Bradley. Tuttavia i ricognitori ci hanno appena riferito che le batterie nemiche sono gestiti da alcuni j'avo mai visti che hanno affettuosamente chiamato osservatori per via dei loro occhi" disse con tono sarcastico ma allo stesso tempo serio. Presi un binocolo appoggiato sopra un tavolo per vedere meglio la situazione: i veicoli erano fermi in fila mentre davanti si potevano vedere le numerose schermaglie evidenziate con le fiammate dei proiettili. Si potevano contare morti e feriti di entrambe le fazioni ma provai a concentrare la vista sulle alture dove erano posizionate le artiglierie. Potei vedere in parte gli " osservatori": i loro occhi erano leggermente diversi dagli altri j'avo ed infatti erano grandi come delle palle da biliardo e ne potei esaminare uno mentre picchiava un suo compagno spronandolo a caricare le munizioni sul cannone. Inoltre potevo anche dedurre che erano una risorsa  strategica preziosa per i terroristi dato che erano protetti dai j'avo corazzati e da alcuni Napad. Infine, l'osservatore puntò il dito in un punto generico del campo di battaglia e il cannone prese a sparare sulla zona appena designato. Fatto ciò prese un fucile da cecchino e sparò verso i nostri uomini. Posai il binocolo e dissi a Rivas che adesso aveva trovato pane per i suoi denti ed accolse la battuta con un lieve sorriso; aveva capito che aveva trovato dei validi avversari contro cui combattere ( o quasi). Fatto ciò dissi al sergente che prendevo il comando dell'operazione ponendolo come mio vice e mi diressi con i miei uomini verso il fronte. Vidi alcuni soldati intrappolati nelle trincee a causa del massiccio fuoco di sbarramento nemico ed entrai nella mischia fornendo loro fuoco di copertura e colpendo i terroristi ai fianchi avanzando lentamente sulla pianura verso il nostro obiettivo. Senza che ordinassi nulla, Rivas si mise in una posizione nascosta e sopratutto favorevole in modo che potesse coprirci senza troppi problemi: prese la mira sulla testa dello j'avo osservatore  più vicino che continuava a bersagliare i nostri bloccandoli nei loro ripari, mise la croce del mirino sulla sua testa e senza un minimo di esitazione premette il grilletto facendo scoppiare la testa di quest'ultimo in un groviglio di sangue e materia celebrale. A quel punto riuscì ad elaborare una strategia per far avanzare il convoglio e raggiungere il nostro bersaglio il più velocemente possibile : una parte dei miei soldati sarebbe rimasta al comando del sergente Arnell per scortare e coprire i veicoli mentre io, Jones e Rivas avremmo distrutto le postazioni d'artiglieria per sgomberare la strada.  Radunai i miei soldati dietro una copertura naturale per sfuggire ai fischi delle pallottole e spiegai brevemente la mia tattica; divisi poi le squadre in due e presi con me Jones, Rivas più altri due uomini mentre la maggior parte la lasciai a difesa del convoglio sotto gli ordini del sergente Arnell. Successivamente mi diressi al punto dove Rivas aveva appena freddato il cecchino e dopo neanche due secondi,Napad e j'avo corazzati ci attaccarono: per sconfiggere i primi usai la stessa tattica messa in pratica nella battaglia di Roma facendomi aiutare anche da Jones armato di fucile SPAS 12, molto efficace  da vicino quando il nemico mostrava la parte debole posta sul retro della loro corazza mentre per i secondi sparai con il mio M4A6 sulle loro gambe  in modo che si accucciassero per il dolore e quindi finirli con un colpo fisico alla testa. Eliminati quest'ultimi, Jones tirò fuori le cariche esplosive da piazzare sul cannone d'artiglieria mentre lo coprì assieme ai miei uomini nell'attesa che fossero pronte. Dopodiché mi rivolsi al mio partner:" Nick, sai cosa fare! Muoviti in posizioni di livello abbastanza elevato per avere una visuale completa ed eliminare gli osservatori, poi lascia fare il resto a noi". Rivas annuì e si mosse attraverso arbusti e cespugli per coprire la nostra avanzata. "Qui Arnell,iniziamo ad avanzare" disse al comunicatore mentre il convoglio lentamente si metteva in marcia: "Ricevuto muovetevi con prudenza e sparate al minimo movimento" dissi mentre mi dirigevo verso le altre postazioni d'artiglieria; se uccidevamo gli osservatori potevamo bloccare il fuoco di quest'ultimi ma comunque ordinai a Jones di distruggerli per evitare spiacevoli sorprese. Per sbarazzarci dei successivi nemici usammo la stessa tattica impiegata nella prima postazione con Rivas che faceva tuonare costantemente il suo Barret coprendo sia la mia squadra che il convoglio a terra: eliminavano i nemici con gli stessi metodi impiegati in precedenza per poi distruggere i pezzi di ferraglia. Completata l'operazione diedi una pacca sulla spalla di Jones rivolgendomi allo stesso tempo agli altri: " Bel lavoro ragazzi! Rivas, raggiungici all'ingresso della città" dissi mentre con la mia squadra ci dirigevamo verso il convoglio. Mentre ero occupato a distruggere i cannoni d'artiglieria ebbi modo di esaminare da vicino gli osservatori;era curioso  il loro abbigliamento:mimetica marrone con un cappello simile a quello di un cowboy ma militare,usato generalmente per operazioni in luoghi umidi e tropicali . Ma la cosa che faceva più impressione erano gli occhi poiché più grandi di un essere umano normale; forse la loro grandezza influiva sulle loro prestazioni visive e pertanto venivano impiegati anche come cecchini. Mentre ci incamminammo verso la città senti gracchiare al microfono della radio:" Contatto! Due BOW davanti a noi! Sembrerebbero due rettili giganti! Argh!" Merda,i Gecko! dissi tra me; scendemmo di corsa per il pendio delle colline scavalcando diverse trincee improvvisate e ci dirigemmo verso il luogo dove le BOW avevano già fatto fuori diversi soldati. Io e Rivas ci concentrammo su un Gecko mentre Jones e gli altri sul secondo: sparammo senza pietà alla sua testa che si frantumò in un miscuglio di sangue, liquido verde e materia cerebrale. Quei mostri erano più pericolosi di tutte le BOW messe insieme; un esercito di questi avrebbe massacrato perfino un Tyrant vista la loro rapidità e riflessi. Sistemato l'ultimo nemico ci dirigemmo alle porte della città che già durante l'invasione nemica dell'anno precedente l'aveva ridotta ad un  vero e proprio inferno. Mentre marciavamo a passo sostenuto con Rivas e Jones ai miei fianchi, quest'ultimo mi disse:" Scommetto che adesso arrivi la parte più difficile vero?"Oltre ad essere un demolitore fai anche il medium?" Dissi ironicamente mentre Rivas e Jones risero per la battuta. " Comunque si... Ora la partita diventerà decisamente più dura"

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Mi misi seduto sopra la blindatura anteriore del Bradley che si trovava a capo del convoglio mentre i miei uomini avanzavano: alcuni come me si facevano trasportare dai veicoli  mentre altri marciavano ai loro lati con le armi pronte a fare fuoco. In pochi minuti raggiungemmo la nostra destinazione: una piccola cittadina di confine dove si nascondeva il nostro bersaglio. Giunti all'ingresso, fummo accolti dalla  devastazione totale della città: quasi rasa al suolo con la maggior parte degli edifici quasi o completamente distrutti mentre quelli rimasti in piedi erano ridotti a crateri ed ammassi carbonizzati  ancora fumanti. Proprio quest'ultimi mi fecero suonare nella mia testa un campanello d'allarme: molto probabilmente potevano essere usati come luoghi strategici per imboscate, in tal caso dovevo trovare un modo per passare senza difficoltà. Alzai un pugno in aria per arrestare tutta la squadra e scesi dal Bradley con il fucile d'assalto tra le mani mentre Jones e Rivas mi seguivano accucciati seguendomi a passo lento. Dopo pochi secondi potevo dire di avere veramente un sesto senso tuttavia non perfetto: due soldati caddero sotto alcuni fischi di proiettili  e in poco tempo il luogo da un silenzio di tomba sfociò in una nuova zona di guerra,scatenando l'inferno. Mentre tutta la squadra sparò all'unisono verso i luoghi dove presumibilmente si nascondevano i nemici,cercai riparo dietro un muretto di un edificio semi distrutto con Rivas che tentava di fare piazza pulita degli eventuali cecchini nemici con il suo fidato Barret mentre io e Jones ci occupavamo del resto. In quel preciso istante quest’ultimo notò un soldato uscire da un ripiano di un edificio distrutto a pochi metri da noi che imbracciava un RPG-7 di fabbricazione sovietica: " Ehm... Sergente?" Disse balbettando con voce tremante. Mi girai verso lui  per capire cosa stava succedendo e vidi il soldato nascosto indicato da Jones prendere la mira verso noi. "Ripiegate!" dissi abbaiando con tutta la voce che ebbi nei polmoni mentre cercammo di toglierci dalla sua linea di tiro. Il proiettile partì sfrecciando  e sibilando nell'aria che successivamente si infranse nella parte centrale del convoglio che causò non pochi danni: alcuni Humvee furono ribaltati fuori dalla carreggiata mentre i Bradley furono ridotti ad ammassi fumanti con un spettacolo non molto gradevole visto che i precedenti occupanti uscirono a gambe levate come candele urlanti mentre il resto degli altri uomini furono feriti o uccisi dalle esplosioni. Venimmo anche noi coinvolti nell'esplosione tuttavia rimanendo solamente storditi e cercai di rialzarmi con le orecchie che mi fischiavano e con la vista annebbiata mentre Jones davanti a me urlava parole che non riuscì a comprendere. Una volta ripresomi completamente e rimessa a fuoco la vista compresi ciò che stava dicendo: attendeva ordini su come risolvere la situazione, dovevo elaborare una tattica e alla svelta! Uscì dal riparo seguito da Jones ed utilizzai i resti distrutti dei veicoli come copertura per poi bersagliare i J’avo concentrandomi maggiormente su quelli che avevano appena fatto saltare la maggior parte del convoglio. In circostanze come queste, Rivas poteva essere considerato veramente uno dei pilastri della squadra;  infatti nel tempo libero ebbi modo di nutrire la mia passione dei romanzi d'azione e d'avventura approfondendo anche la mia passione del mondo militare leggendo un libro di Carlos Hatchcock, un soldato arruolatosi in Vietnam come cecchino. Da quest'ultimo  imparai che questa abilità  poteva salvare la vita ad un intera squadra colpendo in modo estremamente rapido,efficace e talvolta anche silenzioso obiettivi specifici per spianare la strada ai propri compagni. Così fece Rivas colpendo i nemici barricati all'interno degli edifici mentre io, Jones e quel che rimaneva del convoglio ci muovemmo lentamente verso l'obiettivo con qualche cannonata o mitragliata proveniente dai nostri mezzi da combattimento che ci aiutavano durante l'avanzata. Quando fui sicuro che non vi era più segno di presenza nemica nei dintorni ordinai di cessare il fuoco. Feci insieme ai miei uomini un rapporto della situazione: di fronte  a noi si stagliava un tappeto di uomini BSAA e nemici che ricoprivano l'asfalto della strada che giacevano in posizioni contorte ed innaturali, tra le vittime potei riconoscere lo sfortunato sergente Arnell, colpito dalle schegge esplosive dell’RPG-7 con una maschera mortuaria sul volto che faceva compagnia ai morti. Vi erano anche dei feriti che venivano assistiti dai medici della squadra riconoscibili da un croce rossa su sfondo bianco posto sull'elmetto in dotazione all'esercito, quindi mi organizzai per riportare i feriti al campo base dove avevo lasciato un distaccamento a guardia ad interim per proteggere la base mentre allo stesso tempo tolsi le piastrine di riconoscimento ai morti dandogli poi una sepoltura dignitosa facendomi aiutare dai miei uomini. Fatto ciò ci dirigemmo verso il bunker a pochi metri dalla nostra posizione: era un vecchio edificio in cemento armato costruito su una collina che strategicamente offriva una buona visuale del luogo, molto probabilmente d'epoca risalente al Secondo Conflitto Mondiale ma si manteneva  comunque in piedi ed utilizzabile. Non aveva finestre ne  entrate  particolari ma solo una porta ad altezza d'uomo, probabilmente l'accesso principale. Dentro potevo sentire alcuni rumori, segno che il nostro bersaglio si trovava vicinissimo, quindi ordinai a Jones di far saltare la porta per un'irruzione rapida ed efficace. Quando terminò i preparativi ci mettemmo in posizione e al mio tre entrammo nella stanza: i terroristi furono colti di sorpresa ed infatti alcuni barcollarono all'indietro mentre altri tentarono invano di prendere le armi visto che in pochi secondi eliminammo qualsiasi presenza ostile nei paraggi. Ci disponemmo a ventaglio e puntammo i fucili dritti davanti a noi verso il bersaglio che aveva le braccia alzate. " Getta l'arma! Subito!" Urlai mentre i miei uomini rimasero in posizione. Zaheer abbassò lentamente la pistola e la calciò verso di noi. Mi avvicinai lentamente per ammanettarlo quando sentì un urlo alla mia sinistra: era quello di un soldato nemico ancora in vita  che pur crivellato dai proiettili, sparò centrando uno dei miei uomini e  di risposta venne freddato subito dopo. Mi girai di nuovo verso Zaheer ma questa volta sgranai gli occhi per la sorpresa: era pieno di esplosivi, quel pazzo voleva farsi saltare in aria! "Indietro bastardi o vi faccio saltare i vostri fottutissimi fondoschiena!" disse urlando mentre teneva in una mano il detonatore mettendoci sotto scacco. Con una mano feci segno ai miei uomini di allontanarsi mentre rivoli di sudore scendevano e imperlavano copiosamente la mia fronte. Con la coda dell'occhio cercai di vedere se tutti i miei uomini erano incolumi ma mancava qualcuno all'appello..... Jones! E lo vidi uscire sotto un tavolo posto in un angolo della stanza che avventò contro Zaheer nel tentativo di disarmarlo; dovevo in tutti i modi cercare di catturarlo vivo in modo che i servizi segreti della US SOCOM potessero rielaborare le sue informazioni ma in questa circostanza non potevo permettermi ulteriori perdite, di male in peggio! Ordinai velocemente ai miei uomini di abbassare le armi mentre allo stesso tempo guardavo Jones che tentava di strappare il comando a distanza per le cariche esplosive; il mio livello di nervosismo era alle stelle! " Jones no! Sbottai ma fu troppo tardi. Zaheer si fece saltare in aria scuotendo la stanza con un fragoroso boato mentre insieme ai miei uomini mi buttai sul terreno per ripararmi dalle eventuali schegge. Per la seconda volta venni stordito dalle esplosioni ma riuscì a riprendermi in pochi secondi; davanti a me il bersaglio era ridotto ad un ammasso di carne putrefatta mentre Jones giaceva a pancia sotto sul pavimento che ansimava lentamente. " Cristo santo!" Dissi mentre mi dirigevo verso lui e mi inginocchiai per dargli assistenza: il suo volto e parte della sua tenuta di combattimento erano lacerate dalle schegge dell'esplosione e il suo sguardo appariva stordito e disorientato. " Chiamate un medico! Sbrigatevi!" dissi mentre intimavo al mio soldato di tenere duro, questa perdita non l'avrei accettata per nessun motivo! " Sergente.... Ho fatto quel che ritenevo giusto" tossì per poi riprendere: " Deve continuare.... Non potevo permettermi che morisse.... Spaccate il culo a questi stronzi anche per me…." Accennò a dire qualcos'altro prima di rovesciare la testa da un lato e puntare gli occhi in un punto fisso eterno. Potevo sentire i medici arrivare alle mie spalle ma ormai era troppo tardi; adagiai lentamente Jones per terra chiudendogli le palpebre mentre venni invaso da una furia incontrollabile che sfociò quando battei un pugno fortissimo sopra il tavolo dove si era nascosto quest'ultimo per salvarmi la vita. I miei uomini rimasero a fissarmi interdetti e sapevano che non era una buona idea cercare farmi calmare in quel momento; mi avevano affidato il comando dell'operazione è come un'idiota l'avevo fallita. Sapevo benissimo che sarebbe andata così, ero troppo giovane ed inesperto per certi doveri ed obblighi ma invece solo perché avevo ottenuto appena due successi sul campo di battaglia, testardamente il comando mi aveva bollato come " ultima speranza" sul fronte di guerra. Cazzate! Sembrava che mi volessero prendere per il culo! Lo sapevo fin dall'inizio che sarebbe andata così! Cosa avrei dovuto dire ai parenti e probabilmente alla ragazza se l'avesse avuta? Che per colpa di un idiota non è riuscito a sopravvivere? Mi vergognavo di me stesso, la  mia prima operazione andata a male. Terminai tutto ciò urlando un’imprecazione generica ed imboccando a grandi passi l'uscita del bunker da cui eravamo entrati con Rivas che tentava di calmarmi dandomi un leggero pugno sulla spalla mentre gli altri autonomamente cercarono di riprendersi e seguirmi al campo base.

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

~~Durante il tragitto sentì trillare il mio comunicatore. Risposi mettendo due dita sull'orecchio:"Miller". "Ti è piaciuto il mio regalo sergente?". Sgranai gli occhi per la sorpresa. I miei uomini  vedendo la mia espressione subito si allarmarono ed impugnarono saldamente le loro armi ma intimai loro di rimetterle giù con un gesto della mano. Dalla voce non avevo particolari dubbi nel riconoscerla: roca, irosa e metallica..... Lord Kuarl! Ma come diavolo aveva fatto a sintonizzarsi sul mio canale di comunicazione? Ma sopratutto come aveva fatto a rintracciarmi? Mi mossi nervosamente avanti e indietro con Rivas alle mie spalle che mi osservava preoccupato."A quanto pare ti trovo in difficoltà eh?" " Kuarl! Puoi inviarmi contro  tutti gli uomini che hai a disposizione ma la guerra finirà presto, te lo giuro!" dissi cercando di mantenere la calma; si diceva che ,se mantenuta, questa virtù sarebbe stata la chiave del successo nella maggior parte dei casi. Allora dovevo fare delle sedute di terapia intensiva con Rivas visto che manteneva il sangue freddo in quasi ogni situazione a differenza mia e ciò mi stupiva molto tanto da dubitare il più delle volte se il mio amico fosse umano o meno. " La guerra finirà quando lo dico io!" Sbottò Kuarl scandendo le parole e sbattendo il suo braccio semi mutato sopra un tavolo metallico. " Non vi facevo così incapaci! Siete caduti troppo facilmente nella mia trappola!" L'avevo intuito che il nostro bersaglio in un modo o nell'altro avrebbe utilizzato qualsiasi metodo non cristiano per evitare di farsi catturare ed infatti proprio per questo il comando mi aveva assegnato  lo specialista Jones per evitare trappole del genere ma per una semplice cazzata commessa, tutto quanto era andato a farsi fottere. Sacrificare una pedina per arrecare danni ingenti al rivale. Quel bastardo poteva anche intimidirmi con tattiche suicide ma finché stavo in piedi non sarebbe andato molto lontano. Strinsi il comunicatore con forza e gli risposi:" Perché non ti fai vedere brutto bastardo? Fai tanto il gradasso e allora perché non combatti insieme ai tuoi uomini? Ti diverti a vederli morire ed utilizzarli come carne da cannone?. "Mi fai veramente ridere! Non sei riuscito a salvare nemmeno la metà dei tuoi soldati, figuriamoci se riuscirai ad uccidermi!" Terminò la frase con una risata diabolica mentre stavo quasi per rompere l'auricolare se una parte del mio cervello non fosse intervenuta per calmarmi. " Mi spieghi cosa cazzo ci guadagni nell'invadere L'Europa? A che scopo o vantaggio ti porta  ad uccidere e distruggere senza pietà tutto e tutti?" " è proprio questo il punto Miller! Vedere paesi straricchi che sfruttano senza sosta quelli più poveri e quest'ultimi non sempre stanno a guardare con le mani in mano. Prendi esempio dai rivoluzionari del Medio Oriente che dopo aver saputo che durante la Guerra del Golfo l'esercito americano stava occupando i loro impianti petroliferi , hanno reagito colpendo il cuore dell'economia americana nel famosissimo 11 Settembre. Oppure gli irlandesi del nord che vogliono semplicemente unificarsi con il resto della loro terra ma invano a causa dell’indifferenza del governo inglese che non rispetta i luoghi e le tradizioni altrui e non cerca un compromesso ad una situazione del genere infischiandosene dei più umili. Potrei farti una lista molto lunga se vuoi ma secondo te è questo il modo di vivere pacificamente? Noi abbiamo reagito come meglio credevamo donando forza a coloro che continuamente subiscono i soprusi e sfruttamenti da parte dei più forti". " Secondo te questo è giustificabile!? Ammazzare e distruggere tutto ciò che si presenta sul vostro cammino coinvolgendo anche persone innocenti!?" Sbottai nell'auricolare. " In guerra non c'è distinzione tra buoni e cattivi. Se un paese è coinvolto fino al midollo in una situazione del genere dev'essere disposto  anche a pagare prezzi oltre la soglia dell'immaginazione ripagandoli con la stessa moneta. Anche noi abbiamo perso uomini valorosi che combattevano per ideali non rispettati e nessuno ha mosso un dito per salvare coloro che erano in difficoltà anzi intervenivano solamente se queste problematiche portavano vantaggi economici.  Ed è per questo ho preparato anche qualcosina per guarire questo sgradevole malessere.... Diciamo una specie di cura che avete affrontato fino adesso" Un brivido mi percorse tutta la schiena. Cosa aveva intenzione di fare quel bastardo? " Immagina se tutta la popolazione potesse trasformarsi in esseri più forti! Niente più guerre, niente epidemie o carestie o problemi di povertà. Un nuovo ordine mondiale senza vincitori né vinti dove tutto e tutti sono allo stesso livello! Una razza più forte dove tutti hanno gli stessi attributi in ogni campo e materia!" Quel tipo era completamente pazzo! Pensai. Voleva trasformare tutta la popolazione mondiale in un esercito di semi- mutanti armati fino ai denti ed assetati di sangue. In confronto a questo Joker, il nemico numero uno di Batman era un dilettante rispetto a tute le follie che faceva per i propri scopi. “ Giuro su Dio che se ti azzardi a fare un’altra mossa del genere…” “ Cosa sergente? Avanti dimmelo!” Mi interruppe lasciandomi interdetto per un paio di secondi. “ Ciò che mi aspettavo… Nulla!” La comunicazione si interruppe ed in quel preciso istante avevo in mente un solo scopo: eliminare definitivamente Lord Kuarl. Non mi importava se la guerra finiva con la ritirata della Rebellion dal fronte oppure con la sua resa, dovevo cancellare definitivamente la presenza di quest’ultima dalla faccia della Terra in particolare di Lord Kuarl; sarei diventato il suo incubo peggiore fichè non lo avrei squartato come un bue al macello.

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 6

Al ritorno dalla missione stesi un rapporto da consegnare al comando generale facendomi aiutare dai miei colleghi. In quei giorni mi sentì a pezzi e interiormente vuoto; qualsiasi cosa mi avessero detto gli altri, anche si fosse trattata di qualcosa di positivo o negativo,mi avrebbe lasciato con un’espressione neutra ed interdetta sul volto. Successivamente organizzammo anche i funerali per gli uomini appena persi. Fu una giornata all’insegna dell’antitesi: Il cielo era limpido e sereno, senza nuvole con un sole raggiante rovinato dal corteo funebre. Indossavo la divisa da cerimonia: giacca e cravatta neri con berretto da cerimonia bianco. Non avevo mostrine particolari se non quelle della promozione da sergente; mi piaceva essere moderato senza apparire troppo presuntuoso anche perché dopo quella missione neanche avrei osato avere un atteggiamento del genere. Mentre il prete recitava i salmi della Bibbia,dalla fila dove mi ero posizionato con i miei soldati potevo vedere diverse persone e fra questi probabilmente c’erano anche i parenti di Jones: potevo scorgere anche una giovane ragazza sui diciotto anni di bell’aspetto, forse la fidanzata o la sorella del defunto. In quel preciso istante mi facevo veramente schifo e mi vergognavo di me stesso; avevo perso una giovane promessa che molto probabilmente sarebbe potuta diventare una delle rare leggende della BSAA ed aveva appena finito le superiori arruolandosi immediatamente. Avevo paura nel partecipare a quel funerale per timore che i suoi parenti mi avrebbero giudicato male come un’idiota senza palle che non sa gestire la sua squadra in una situazione complicata. Ma ancora di più sarebbe stato il giudizio e la reputazione tra le fila dei miei soldati e del comando supremo, in particolar modo con il colonnello Redfield che quasi sicuramente mi avrebbe massacrato a suon di imprecazioni ed insulti. Jones aveva solo diciotto anni e già sapeva tutto di esplosivi, sarebbe stato un valido elemento se non fosse stato per me. Alla fine dei salmi, i becchini adagiarono la bara nella buca. Fatto ciò, l’orchestra suonò Amazing Grace mentre i becchini piegarono la bandiera americana a mo di lenzuolo per consegnarla ai familiari, simbolo del valore e degli attributi del giovane soldato ottenuti sul campo di battaglia. L’ufficiale più alto in grado che presedeva al funerale, farfugliò qualcosa a quest’ultimi che anche se non riuscì ad udire completamente per via della lontananza,dovevano trattarsi di parole d’elogio e di coraggio per consolarli. Il tutto si concluse con una sparata a salve verso il cielo per tre volte. I successivi giorni li passai con una profonda inquietudine interiore. I rapporti consegnati che descrivevano la precedente missione fortunatamente non mi avevano penalizzato visto che sia i soldati che il comando non mi attribuivano nessuna colpa all’accaduto ed infatti era vero poiché Jones aveva agito per conto proprio ma ciò non mi fece rasserenare neanche per svariati secondi di seguito. Ci tenevo che i miei uomini svolgessero al meglio il proprio lavoro ed erano come dei fratelli per me; l’esercito non era propriamente uguale a quello che si vede nella maggior parte dei film di guerra.  Certo,vi erano comunque dei momenti di severità estrema necessari a trasformare le reclute da frivoli timidi introversi in veri uomini competenti e responsabili ma erano presenti anche dei momenti in cui si cercava di stabilire un rapporto di amicizia con tutti come feci io con Rivas. Infatti dopo quella missione, i miei soldati e colleghi cercarono in tutti i modi di distrarmi consolandomi e cercando di divertirmi con loro nel tempo libero facendo vari sport; andavo addirittura dallo psicologo in servizio alla BSAA per vedere se veramente avevo qualche problema che potesse compromettere la mia attività quotidiana. Descrissi a quest’ultimo le immagini che vedevo passare davanti ai miei occhi che potevo percepire soprattutto la notte come se fossero dei veri e propri incubi. Al telegiornale mi era capitato il più delle volte di vedere servizi sui terroristi di tutto il mondo che compivano atti di violenza, in particolar modo da quando la Rebellion aveva trasformato i propri uomini in j’avo dove erano protagonisti di diversi episodi di violenza quali rappresaglie, decapitazioni tipiche dell’ ISIS, distruzioni di monumenti importanti che simboleggiavano il potere politico ma soprattutto gli attentati in diretta via TV. Le notti non riuscì neanche a dormire normalmente svegliandomi continuamente di soprassalto e madido di sudore. Una sera, uscì dal mio alloggio per prendere una boccata d’aria e mi misi seduto sopra un muretto di cemento a guardare l’orizzonte di notte. Dopo un paio di minuti sentì dei passi dietro di me; era il colonnello Redfield che sicuramente non vedendomi al mio posto si stava ponendo diversi interrogativi. Pertanto cercai comunque di tranquillizzarmi. “ Hey sergente” disse con voce moderata sedendosi vicino a me. “ Colonnello” risposi di rimando continuando a guardare l’orizzonte coperto dalla brezza e dal colore notturno. “ Tutto bene? Ti avevo visto in giro per la base e mi sono preoccupato.” “ Si sono solo un po’ nervoso ma niente di grave; sto bene. Non riuscivo a dormire.” Il colonnello Redfield annuì e fece un sospiro abbassando la testa e poggiando i gomiti sulle ginocchia mentre feci passare una mano sui miei capelli neri a doppio taglio cercando di scacciare i pensieri degli ultimi avvenimenti. “ Ascolta; so che per te è stato un trauma subire una perdita del genere ma in guerra non si può mai prevedere ciò che succede, non basta l’esperienza e talvolta ci vuole molta fortuna. Forse ci sarai stato anche tu quando la BSAA venne inviata in missione in Edonia per evitare che i terroristi destabilizzassero il governo locale. Mi capitò una cosa del genere.” Sapevo ciò di cui stava parlando; il colonnello infatti stava alludendo ad un’operazione svoltasi nel 2013 in Grecia che si concluse con un fiasco quasi totale. La BSAA doveva impedire il crollo del governo locale ed eravamo stati inviati  sul posto per risolvere la situazione. C’ero anch’io ed avevo finito da poco le superiori. Ero solo un novellino e da quel momento scoprì veramente cosa significava vivere una guerra in prima persona. Quando vidi per la prima volta i nemici che dovevamo combattere fui pervaso dal terrore; un esercito di J’avo bastava anche a mettere in ginocchio un intero paese di svariati metri quadrati come la Russia o gli Stati Uniti anche se disponevano di contromisure di ultimissima generazione. Neutralizzata la minaccia, il comandante Redfield divise la squadra in due parti: quella dove venni assegnato aveva il compito di creare un solido perimetro difensivo attorno alla zona calda mentre l’altra con a capo quest’ultimo doveva neutralizzare le eventuali BOW all’interno del palazzo comunale della città. Tra i suoi soldati c’era Finn Macaluy, specialista di esplosivi che ebbi modo di conoscere brevemente durante l’addestramento. Non seppi poi precisamente come andò a finire l’operazione. Dai rapporti che avevo sentito comunque non si potevano ricavare buoni risultati: tutta la squadra venne colpita da una bomba tossina lanciata da parte di una misteriosa donna che trasformò i soldati in crisalidi, bozzoli da cui potevano uscire svariate BOW ed ebbi modo di rivivere quest’esperienza durante la missione nella quale io e Rivas dovevamo distruggere la base della Rebellion nel centro-nord europeo. Solo il comandante ed un altro soldato erano riusciti a scappare ma da quel giorno il colonnello non fu più lo stesso tanto che i suoi superiori lo riprendevano per la sua successiva condotta che trovava sfogo nell’alcool. Nel giro di poco tempo però si riprese e tornò in gran forma fino ad oggi dove visti i recenti risultati venne promosso colonnello dell’armata BSAA europea a soli 42 anni. Io però non ero lui, non avevo tutta questa esperienza alle spalle, ero solo un sergente sui vent’anni ed era ancora presto per incarichi del genere. Non significava che non volevo rischiare anzi cercavo apposta di accettarli anche per migliorare le mie doti di comando ma a quanto pare avevo fallito. “ So signore cosa si prova ma per lei è diverso. È riuscito a sventare un attacco nucleare in Cina riscattandosi mentre io non ho la sua stessa esperienza di comando…” “Ascoltami idiota!” Sbottò sbattendo un pugno sulla superficie del muretto e prendendomi per un lato del colletto della camicia. “ Non c’entra un cazzo se sei più giovane di me o no! In guerra succede di tutto e Dio solo sa cosa ma non si può cambiare l’andamento degli eventi! Si vince e si perde ed in questo caso si subisce con pazienza ma all’interno della BSAA solo una cosa non si può giustificare: perdere il controllo! A noi non frega un cazzo se una persona è inesperta o meno oppure se è una macchina da guerra o un inetto, noi prendiamo i migliori! “ Siete voi che avete perso il controllo cazzo!” Mi liberai violentemente dalla presa e mi alzai di scatto vedendo il comandante guardarmi con espressione seria ed interdetta inarcando leggermente la fronte e spalancando gli occhi. “ Io ho fatto solo il mio dovere non ho nulla di speciale e soprattutto di differente rispetto ai miei compagni! Io mi sono arruolato apposta per combattere questa minaccia del cazzo sia per aiutare chi si trova in difficoltà che per me stesso! Io non valgo niente,ho fatto solo ciò che dovevo fare senza straordinari! Se mi considerate così tanto perché veramente servo a qualcosa benissimo altrimenti se dovete prendermi per il culo andate su Candid Camera! In quel preciso istante, il colonnello si alzò di scatto parandosi davanti a me con il suo viso a pochi centimetri dal mio. “ Ora cosa vuoi fare? Piangere come una femmina in calore? Ti ritirerai come quei codardi che al primo errore non tirano più fuori le palle? Hai ragione, forse sei solo un ragazzino privo di virtù adeguate!” Disse a denti stretti con voce grave. “ Siete voi che non sapete organizzarvi! La verità era che avevate le spalle al muro che vi ha lasciato disorientati dopo il blitz europeo ed avete dato l’incarico al primo deficiente che vi si è parato davanti senza fare studi approfonditi su chi avevate segnalato! No, non mi sto tirando indietro anzi, vi sto facendo vedere quanto siete idioti nell’affrontare le situazione e vi state facendo mettere i piedi in testa da un gruppo di disperati che senza quel fottuto virus non varrebbero niente! Se non avessi le palle non replicherei in faccia ad un mio superiore, vero colonnello?”. Ci fissammo per diversi secondi aspettando che Redfield mi mollasse un pugno per ciò che avevo appena detto ma alla fine annuì lentamente riacquistando la calma. “ La guerra è come se fosse un vero e proprio test della vita reale; dobbiamo mettere sul campo le nostre attitudini migliori senza perdere il controllo. In tal caso, si perderebbe già in partenza” disse passeggiando lentamente con le mani dietro la schiena verso il perimetro del campo per ammirare meglio l’orizzonte. Rimasi in piedi cercando di fare un leggero sforzo per non cedere alla stanchezza; la dura chiacchierata era stata positiva non solo perché ero riuscito a scaricare la dura frustrazione parlando liberamente con il mio superiore ma anche per dimostrare che in realtà forse valevo qualcosa poiché solo il colonnello e pochi altri miei compagni mi stimavano per quello che ero. Fatto ciò, il comandante si girò verso di me mettendomi una mano sulla spalla: “ Cerca di riposarti. È stato un brutto periodo per tutti ma capita e passerà. Domani mattina potrai svegliarti più tardi così ti riprenderai. Voglio rivederti in forma al più presto d’accordo?” Feci per replicare ma tempestivamente alzò una mano dicendo che era un ordine ed avevo già parlato abbastanza, cercando comunque di mantenere il rispetto nei suoi confronti. Lo salutai militarmente e tornai ai miei alloggi mentre quest’ultimo rimase ancora un po’ a guardare il panorama. “ Non posso permettermi un fallimento del genere. Se rimanessimo con le spalle al muro, lui sarà l’ultima meta per la salvezza… Ho già perso due uomini e non succederà con il terzo. Ha quasi le sue stesse doti e non succederò di nuovo…” disse tra sé mentre ricordava il suo partner tramite lampi di’immagini mentali che ritraevano le campagne passate con quest’ultimo. Sapeva che il comando supremo della BSAA era titubante nell’affidare missioni ad alto rischio ad un giovane soldato ma lui aveva insistito affinché lo facessero. Gli ricordava molto il suo partner morto a quasi due anni di distanza in un’operazione nella città di Wairyip, in Cina ed in quel momento si stava chiedendo se fosse ancora vivo…

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

Il giorno seguente, il colonello Redfield si alzò all’alba. Pur essendo distrutto dalle sue attività quotidiane e soprattutto dopo la chiacchierata della sera precedente, doveva partecipare ad un importante incontro con il generale O’Brian, comandante supremo delle forze BSAA di tutto il globo. Insieme a Redfield e sua moglie Valentine avevano fondato questa forza armata agli inizi del 2004 con lo scopo di contrastare le minacce bio-terroristiche di tutto il mondo e visti i notevoli risultati venne riconosciuta ed inglobata nella NATO pochi anni dopo. La BSAA oramai faceva quasi sempre le sue apparizioni in tutti i teatri di guerra visto il costante aumento di pericolosità e soprattutto di potenza da parte delle principali organizzazioni terroristiche in particolar modo l’ISIS; con il commercio del petrolio come grande esportatore e produttore era riuscita ad accaparrarsi pericolosissime armi;tra queste il C virus vincendo la concorrenza delle altre associazioni ed addirittura inglobandole in un’unica alleanza. Non si poteva rifiutare un’accordo del genere quando si possedeva la maggior parte delle ricchezze in un semplice palmo della mano ma caratteristica non meno importante era la loro abilità nel coinvolgere la maggior parte delle persone a sostenere la loro causa trasmettendola grazie alle loro abilità di oratori convertendoli alla loro jihad, la guerra santa per combattere gli infedeli approvata anche dalle altre organizzazioni terroristiche europee come l ‘ETA o il PIRA, convertiti alla loro causa. Nel 2004 però, la neonata BSAA rischiò subito di fallire a pochi anni dalla sua fondazione a causa di una falla interna. Tutto cominciò con il cosiddetto “Panico di Terragrigia”, una tranquilla isola situata nel Mar Mediteranno invasa dagli Hunter, pericolosissime BOW che facevano la velocità e la potenza fisica il loro punto di forza che attaccarono la popolazione locale senza esclusione di colpi. Di fronte a questa situazione, la FBC, una squadra nata in seno alla BSAA per risolvere le minacce interne con funzioni e compiti simili a quelli delle polizie degli altri paesi, fu chiamata per risolvere il caso. A prima vista la situazione sembrava assurda; come avevano fatto le BOW a penetrare cosi facilmente nel sistema? Gli interrogativi furono molti e la FBC rispose all’invasione inviando i suoi uomini migliori come Parker Luciani,entrato in seguito alla BSAA grazie alle sue abilità nel gestire le situazioni e mantenere i nervi saldi in momenti del genere affiancato anche dai colleghi Jessica Sherawat e Raymond Vester. Quest’ultimo rimase gravemente ferito nella difesa del quartier generale della FBC sull’isola nell’attesa che il direttore della FBC Morgan Lansdale si mettesse d’accordo con il comandante O’Brian per risolvere la situazione che nel frattempo ammirava l’orripilante spettacolo tramite il televisore del suo ufficio e allo stesso tempo contattava il direttore della FBC tramite PC. Quando tutti i sopravvissuti furono evacuati dall’isola, si optò per una soluzione estrema ma necessaria per cause di forza maggiore ovvero un attacco satellitare tramite la Regia Solis che tramite il riflesso dell’energia solare da parte di appositi pannelli montati su quest’ultimi, produssero un ondata che distrusse quasi o completamente tutto ciò che una volta si poteva considerare uno dei pochi  luoghi pacifici e sereni. Tuttavia O’Brian non era stupido,anzi sapeva benissimo che c’era qualcosa di strano dietro a questa situazione poiché se il nemico contro cui combattevano era riuscito con tanta facilità a forzare le difese della BSAA sicuramente vi era qualcosa che puzzava di bruciato. Per questo,poco tempo dopo, decise di contattare alcuni membri di fiducia all’interno dell’organizzazione per fare delle indagini approfondite tra cui Valentine e Luciani che in seguito scoprirono che dietro tutto ciò vi era un’organizzazione terroristica nota come la “Veltro” capitanata da un terrorista di fama internazionale chiamato Jack Norman i cui scopi erano quelli di infettare la popolazione mondiale tramite una versione modificata del T-virus chiamata appunto Abyss via marittima. A differenza delle versioni precedenti, questa tipologia di virus non dava agli infettati un’apparenza diretta con gli zombie mantenedo comunque tali atteggiamenti ma fisicamente presentavano somiglianze con creature marittime mantenedo sembianze umane. Durante le indagini però, il comandante O’Brian perse i contatti con Valentine e Luciani e per questo decise di inviare una seconda squadra formata da Redfield e Sherawat per localizzarli ed eventualmente incontrarli. Grazie ad alcuni indizi trovati nella loro missione sulle Alpi, riuscirono a localizzare la posizione della prima squadra a bordo di una nave chiamata Queen Zenobia e la raggiunsero tramite gommone. Nel frattempo, altri due soldati della BSAA, ovvero Keith Lumley e Quint Cheatcham scoprirono molto di più di quanto avessero fatto gli altri agenti in tutto quel tempo; nei pressi di un aeroporto sperduto ed abbandonato in Finlandia,vi era una struttura con le insegne dell’organizzazione terroristica Veltro. Con la speranza di trovare qualche informazione in più su ciò che stava succedendo decisero di entrare con non senza poche difficoltà combattendo anche un nuovo tipo di BOW chiamato Farfarello, pressoché identici a normalissimi Hunter con la sola eccezione che potevano mimetizzarsi con l’ambiente circostante rendendoli estremamente pericolosi. A quel punto, tramite le informazioni trovate dai due soldati all’interno della struttura,tutti i nodi vennero al pettine: vi erano infatti prove schiaccianti che confermavano l’alleanza tra Norman e lo stesso presidente Lansdale ed inoltre la corruzione di altri due ex agenti della FBC ovvero Vester e Sherawat che lavoravano per quest’ultimo. Tuttavia, fu troppo tardi quando scoprirono la sconvolgente notizia poiché all’interno della BSAA e FBC erano già scoppiati diversi disordini interni con il presidente Lansdale che tentò di incastrare quasi riuscendoci del tutto il comandante O’Brian. Nemmeno gli agenti della BSAA se la passarono bene durante la loro missione quando seppero la verità; Sherawat e Vester sparirono senza lasciare tracce,Luciani si infortunò gravemente durante la missione riuscendo comunque a sopravvivere  mentre Redfield e Valentine affrontarono Jack Norman in una versione mutata del virus Abyss chiamata Ultimate Abyss, simile ad un Tyrant, nemico storico di quest’ultimi già affrontato quand’erano in servizio alla STARS all’epoca della minaccia della Umbrella. Il tutto si concluse con la sconfitta di Norman e l’arresto immediato di Lansdale che venne condotto in un carcere di massima sicurezza. O’Brian, imbarazzato da ciò, decise di dimettersi pochi mesi dopo. Tuttavia, visti i recenti avvenimenti ma soprattutto a grande richiesta da parte del personale, O’Brian decise di tornare all’azione facendo assorbire dalla BSAA ciò che rimaneva della FBC. Maggiormente fu condizionato nella decisione del ritorno  soprattutto dagli “eroi” dell’operazione precedente che ostinatamente cercarono in tutti i modi di convincerlo a riprendere il comando poiché senza il suo intuito, non sarebbero riusciti a sventare il complotto e soprattutto i giochi di potere interni che indebolivano l’organizzazione senza arrivare alla nuda e cruda verità. Ora doveva affrontare un’operazione decisamente più delicata e rischiosa rispetto a quella precedente; questa volta una guerra che si svolgeva su vasta scala. Di fronte a questi pensieri, O’Brian cercò di fare mente locale mentre aspettava Redfield nel suo studio. Si chiese se avesse ancora le forze per gestire una situazione del genere…

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12


Redfield partì con un C-130 diretto a Boston dove risiedeva il quartier generale della BSAA americana e mondiale. Essa aveva varie filiali in tutto il globo che specificavano il loro settore d'appartenenza a seconda del continente o nazione a cui appartenevano. I comandanti di questi settori erano tutti uomini di fiducia scelti personalmente dal generale O'Brian  per evitare che si sfociasse nuovamente in un periodo di crisi interna come nel 2005 durante lo "Scandalo di Terragrigia". I comandanti di quest'ultime godevano di un'autonomia moderata nel gestire le situazioni e potevano agire come meglio credevano ma quando la situazione si faceva troppo seria come l'attuale conflitto contro la Rebellion,si riunivano tutti insieme sotto il comando del generale. Infatti, si potevano contattare tra loro tramite webcam del PC oppure in via più consona e formale direttamente dal vivo in una sala della sede centrale della BSAA fatta apposta per le riunioni ed il criterio per sceglierlo variava a seconda dell'ambito ma sopratutto al tempo a disposizione; bisognava trovare sempre una soluzione rapida ed efficace in tempo di guerra sopratutto in questo periodo dove il bioterrorismo era considerato come una delle minacce più pericolose dell'ultimo decennio: dall'operazione Desert Storm in cui il dittatore iracheno era riuscito ad ottenere campioni di virus altamente letali con cui aveva imbevuto le proprie testate nucleari  minacciando l'occidente fino ad oggi con il C virus, ricercato da molte organizzazioni terroristiche che erano disposti a tutto pur di ottenerlo, perfino uccidersi a vicenda. Arrivato a Boston,alle ore 16.30 locali, Redfield venne prelevato da una limousine privata diretta verso la base. Arrivato a destinazione,imboccò l’ingresso principale scortato da due uomini di guardia.  L’atrio era abbastanza ampio con un pavimento in marmo su cui era disegnato uno stemma della BSAA: un globo su una circonferenza nera che fungeva da sfondo coperto da meridiani e paralleli sovrascritto dalle lettere dell’acronimo in rosso ovvero Bioterrorism Security Assestement Alliance. Vi era anche un grande via vai di impiegati impegnati in diverse attività quotidiane: da quelli che camminavano frettolosamente per raggiungere i propri posti di lavoro fino a quelli che si concedevano un breve momento di relax per la cosiddetta pausa caffè; in momenti come quelli i tempi di riposo dovevano essere ridotti al minimo ma comunque necessari per far riprendere i lavoratori per poi ritornare ai loro doveri impegnandosi al massimo . Redfield venne scortato nell’ufficio del generale O’Brian attraversando un mix di rumori, squilli di telefono e stampanti,quindi prese l’ascensore diretto al piano dove risiedeva l’ufficio del suo superiore percorrendo il corridoio a passo sostenuto. Bussò leggermente alla porta e gli venne intimato d’entrare. La stanza era di medie dimensioni, non troppo grande ma comunque abbastanza comoda per intrattenere semplici chiacchierate. Dietro alla scrivania in mogano del generale vi era una grande finestra dove si poteva ammirare tutto il cortile della base. Quando entrò, il colonnello Redfield non fu stupito dall’arredamento quanto all’altro ospite che si trovava di fronte al suo superiore: sua moglie Jill Redfield conosciuta anche come Jill Valentine. Si erano incontrati per la prima volta nella STARS durante l’incidente sui monti Arklay dove avevano avuto modo di lavorare fianco a fianco nell’affrontare le terribili creature che infestavano la tenuta Spencer, la villa in cui si erano verificati gli incidenti. Inoltre, per le sue doti messe in pratica in questa missione, insieme al suo attuale marito venne designato come uno dei bersagli più pericolosi della Umbrella Corporation ed infatti durante l’incidente di Raccoon City essa liberò una delle sue più letali BOW: il Tyrant 103 meglio noto come Nemesis, programmato per dare la caccia agli agenti STARS sopravvissuti che sapevano ormai la verità sulla situazione che stavano attraversando e dovevano essere eliminati ad ogni costo. Scampati a questa minaccia decisero una volta per tutte di distruggere definitivamente la sede centrale della Umbrella situata nei pressi della catena montuosa del Caucaso e ci riuscirono nel 2003 con una squadra militare organizzata dallo stesso Redfield. Tuttavia la caduta della Umbrella non arrestò per nulla la minaccia del bioterrorismo anzi fu solamente la pedina di un gioco molto più vasto, la punta dell’iceberg. Dopo aver sventato la minaccia della Veltro, Redfield e Valentine furono incaricati di catturare Ozwell Spencer, co-fondatore della Umbella ritenuto una minaccia poiché sospettato di aver finanziato i principali gruppi terroristici mondiali al fine di ricostituire il suo impero decaduto. Tuttavia,durante la loro missione si presentò una sorpresa sgradita ma soprattutto inaspettata: Albert Wesker, loro superiore e traditore ai tempi della STARS gli aveva battuti sul tempo uccidendo uno dei pilastri della defunta azienda. Si credeva che fosse morto,ucciso da un Tyrant risvegliato da quest’ultimo ma si scoprì più tardi che un misterioso virus noto come Urobos lo aveva rianimato donandogli forza e capacità sovrumane. Dopo un violento combattimento in cui Wesker ebbe la meglio sui due agenti, Valentine decise di sacrificarsi spingendo quest’ultimo fuori dalla gigantesca finestra che dominava la stanza per salvare il suo futuro marito. Da quel giorno non si seppe più nulla dei due, neanche il più piccolo indizio che potesse alludere ad una pista concreta per scoprire che fine avevano fatto. Successivamente tale occasione si presentò nel 2009 quando Redfield e la nuova collega del ramo africano BSAA Sheva Alomar furono inviati a Kijuju, nei pressi del Sudafrica dove un terrorista noto come Ricardo Irving stava svolgendo trattative concernenti particolari traffici d’armi con i terroristi locali. Dopo non senza poche difficoltà, scoprirono che dietro tutto ciò vi era lo zampino della Tricell, una nuova organizzazione farmaceutica simile alla Umbrella fondata dallo stesso Wesker e la sua nuova compagna Excella Gionne con scopi non molto diversi dalle altre organizzazioni passate. Una cosa però che fece rabbrividire sia Redfield che Alomar fu la rivelazione della misteriosa figura incappucciata che incontrarono spesso durante la loro missione: Valentine! Era sopravvissuta durante lo scontro nella villa e molto probabilmente Wesker aveva trovato il modo di “controllarla” in modo che potesse obbedire ai suoi ordini tramite un dispositivo a luce rossa installato sul petto che la rese schiava della volontà di quest’ultimo. Inoltre questa tattica servì anche a Wesker in attesa del momento propizio per estrarre gli anticorpi necessari a fabbricare le sue testate missilistiche per infettare tutto il pianeta. Ma anche questa volta, le forze del bene trionfarono: dopo efferati combattimenti, Wesker venne definitivamente sconfitto precipitando all’interno di un fiume di lava durante uno scontro su una piattaforma vulcanica ponendo fine al suo folle progetto. Cosi, dopo quella missione, Redfield e Valentine decisero di confessarsi i loro sentimenti reciproci e poco tempo dopo convogliarono a nozze da cui ebbero una figlia, Emma nata nel 2013 nel pieno della minaccia della Neo-Umbrella. Anche se aveva compiuto quarant’anni, Valentine manteneva ancora la stessa bellezza degli anni giovanili tant’è vero che molto spesso veniva paragonata all’attrice e modella canadese Julia Voth. Aveva capelli castani di lunghezza media raccolti in una coda di cavallo e due occhi azzurro-verdi capaci di attirare l’interlocutore durante una normalissima chiacchierata. Durante il lavoro vestiva spesso con una maglietta nera a maniche corte con sopra un giubbotto azzurro unito da pantaloni color nocciola e stivali del medesimo colore. Dopo un rapido saluto composto da baci ed abbracci ed aver assicurato che Emma stava con i suoi genitori, il colonnello si rivolse al generale O’Brian. “Generale!” “Buonasera Chris” disse con un caloroso sorriso, dopo anni di servizio  svolti insieme, avevano progressivamente preso una leggera confidenza mantenendo comunque un atteggiamento di rispetto senza esagerare. Dopo i saluti, disse a Redfield di prendere posto davanti a lui e vicino sua moglie. “ Gradite qualcosa?” “ Un caffè nero semplice,grazie” “Anche per me!” Disse la moglie del colonnello con tono basso ma udibile, quindi il generale incaricò un suo uomo di guardia di preparare tre tazze da portare nel suo ufficio. Fatto ciò,  O’Brian assunse un atteggiamento serio ed appoggiò i gomiti sul tavolo intrecciando le mani sotto il mento. “ Come va ragazzi tutto bene?” “ “Escludendo la grave battuta d’arresto nell’Europa nord-orientale dovremmo essere a buon punto.” Disse abbozzando una leggera smorfia d’imbarazzo mentre Valentine guardava silenziosa i suoi due interlocutori con le gambe accavallate e le braccia conserte; il colonnello aveva  già intuito  da subito che il suo superiore era al corrente della situazione ma doveva comunque fare un rapporto completo in modo che potesse organizzare un nuovo piano d’azione, tuttavia non senza prima aver consultato e ottenuto l’approvazione da parte presidente degli Stati Uniti che a sua volta avrebbe consultato il Congresso per quanto concerneva lo stanziamento in denaro per finanziare le operazioni militari della BSAA nel globo. Erano spese enormi quelle che facevano tutti gli stati per mantenere queste organizzazioni militari, soprattutto quando si trattava di combattere guerre del genere dove l’economia di molti paesi veniva quasi letteralmente dilaniata e mutilata da quest’ultime per mantenere l’esercito. Il lavoro più duro però lo svolgevano coloro che erano a capo della BSAA; infatti pur non combattendo direttamente il nemico dovevano comunque gestire le strategie generali di ogni ambito non solo militare ma anche amministrativo in particolar modo rispettando il budget imposto dal Congresso ed era lo stesso  caso di O’Brian;Redfield e Valentine che erano i maggiori rappresentanti e soprattutto fondatori dell’organizzazione. Come ultima caratteristica ma non meno importante era la rigidità delle leggi che erano entrate in vigore al suo interno emanate dalla magistratura militare degli Stati Uniti e della NATO per evitare gli stessi problemi di corruzione sorti nel 2005: se un semplice impiegato non rispettava gli ordini veniva immediatamente sollevato dal suo incarico e successivamente condannato al carcere o alla pena di morte a seconda del reato commesso. Già O’Brian si era dimesso dopo lo scandalo ma alla fine decise di riprovare una seconda volta anche grazie alla grande richiesta da parte dei suoi impiegati facendo,questa volta,molta più attenzione rispetto a prima. In quel preciso istante arrivarono i caffè ordinati ed il soldato venne congedato con ringraziamento da parte del generale che riprese la parola: “ Ne sono perfettamente al corrente, Chris. Mi sono consultato sia con i miei superiori che con i miei colleghi delle varie succursali e la situazione nonostante il recente attacco a sorpresa sembra volgere ancora a nostro favore per ora se ci muoviamo di fretta” disse mentre Valentine continuava ad ascoltare in silenzio soffiando sul caffè caldo e sorseggiandolo a piccoli sorsi. “ Tuttavia” proseguì il generale “ Abbiamo comunque subito gravi perdite e pertanto dobbiamo cambiare le carte in tavola, in parole povere dovresti cambiare strategia colonnello”. Appena udite quelle parole, Redfield rischiò quasi di strozzarsi a causa del caffè andato di traverso. “ Sta insinuando che devo annullare le operazioni dei miei uomini migliori!? Dopo che grazie ai loro sforzi dietro le linee nemiche siamo riusciti a liberare mezza Europa!?” Esclamò alzando leggermente il timbro della voce. “Mi dispiace ma questi sono gli ordini. Non si possono contestare. Rivedi la tua tattica ed abortisci tutte le operazioni future organizzate” disse con tono freddo. “Lei è impazzito! Non possiamo retrocedere adesso che siamo in vantaggio! Il loro attacco è servito solo a scoraggiare il nostro morale facendolo retrocede sotto le suole dei nostri stivali da combattimento. Anche se i miei uomini migliori a cui ho affidato missioni suicide hanno fallito hanno comunque ottenuto grandi risultati e senza di loro, a quest’ora non saremo in superiorità!” Sbottò Redfield alzandosi di scatto dalla sedia spostandola indietro e sbattendo un pugno sul tavolo mentre Valentine cercò di invano di calmarlo ma quest’ultimo aveva alzato una mano per intimarle il silenzio che accolse con leggero fastidio. “ Chris, non posso farci nulla. Questi sono gli ordini e se non mi attengo sai quali saranno le conseguenze. Già ho rischiato una volta e se fallisco anche questo tentativo mi sbattono fuori a calci in culo mentre tu sarai costretto a pulire i cessi degli uffici per tutto il resto della tua vita.” Esclamò alzandosi a sua volta. Sapeva delle operazioni svolte dal sergente Miller e il caporale Rivas che avevano portato buoni risultati al fronte che tuttavia avevano arrecato pesanti perdite tra le fila della BSAA e perciò si doveva modificare strategia;questi erano gli ordini indiscutibili dei suoi superiori.  “Certo, bella reazione che avete avuto! Ve lo dico io come stanno le cose: solo perché sono giovani ragazzi inesperti allora gli rimettete in panchina tra le riserve perché avete paura di rischiare. Io ero poco più grande di loro quando affrontai la mia prima operazione sul campo che presentava quasi le stesse problematiche del genere eppure combattendo accumulai quella sufficiente esperienza e tattica da praticare sul campo di battaglia e lei sa benissimo che mi capitò lo stesso incidente di loro due in Edonia a causa di una cazzata che feci io stesso ma guarda caso non mi avete fatto ritirare dal fronte anzi,mi avete dato la possibilità di riscattarmi dopo aver sventato la minaccia bioterroristica in Cina anche al prezzo di una devastante perdita. Oppure se li ricorda Quinton e Keith? Quei due si comportavano come due ragazzini quando facevano semplici lavori burocratici, come se fossero Stanlio e Olio in persona, ma guardi ora a che traguardo sono arrivati dopo averli inviati a combattere nel profondo Nord Europa durante la minaccia del virus T-Abyss che tra l’altro non disponevano neanche un addestramento approfondito per affrontare una minaccia del genere. Keith insieme alla mia ex collega Sheva sono diventati i pilastri del settore africano della BSAA comandati da Josh Stone, ex capitano della squadra Delta mentre Quinton è il responsabile del settore informatico dell’organizzazione. Invece solo perché i miei uomini sono stati vittime di un attacco a sorpresa, non posso riorganizzare la squadra! Se non facciamo ottenere questa esperienza a uomini che possiedono le abilità giuste sarà difficile per noi gestire una situazione del genere” Replicò il colonnello. O’Brian lo squadrò in viso per pochi secondi e si diresse verso la grande finestra a passi lenti con le mani dietro la schiena contemplando l’area sottostante “Sai Chris, una qualità che ammiro della tua personalità è la testardaggine che metti in pratica quando si attraversano fasi molto delicate in una particolare missione” disse con tono pacato e tranquillo cercando di calmare la sua inquietudine della discussione svoltasi appena prima. Redfield si avvicinò mettendosi di fianco al generale:” Lo so che un momento difficile ma bisogna combattere fino alla fine! Tutti gli uomini che abbiamo a disposizione,in particolare Miller e Rivas devono impegnarsi al massimo, dal primo all’ultimo e finché ci sarò io le garantisco che vinceremo; sarò anche disposto a combattere a loro fianco” terminò il colonnello guadagnandosi una sbuffata di nervosismo da parte del generale O’Brian; in tutto ciò Valentine rimase al suo posto senza muovere un solo muscolo. Dopo diversi secondi di pausa, O’Brian si girò verso Redfield:” Ho le mani legate in questo momento. Cercherò di convincere l’alto comando a cambiare opinione ma non ti assicuro niente. Bada bene però, che se dovessimo fallire ci strapperebbero le mostrine dalle nostre divise facendocele ingoiare davanti al Congresso e dallo stesso presidente”. Il colonnello guardò fisso il volto del generale;sapeva che la sua ostinata tattica era molto rischiosa ma si doveva tentare il tutto per tutto, anche a ricorrere metodi poco ortodossi. Redfield era famoso non solo per la sua grande imponenza fisica ma anche per le sue tattiche talmente aggressive che fecero fuggire a gambe levate qualunque terrorista gli si parasse davanti durante la recente minaccia della Neo-Umbrella nel 2013. “ Ora è meglio ritornare ai propri posti. Ci aspetterà un duro lavoro” disse congedando i due ospiti che ricambiarono salutando il generale militarmente. Quindi imboccarono il corridoio per dirigersi all’uscita parlando e discutendo tra loro sulla riunione appena avuta. “ Chris, dovresti ascoltare ciò che dicono i tuoi superiori. Non puoi fare sempre di testa tua.” “Tesoro, almeno tu puoi fidarti di me? Se non avessi avuto questa caratteristica a quest’ora saresti ancora tra le grinfie di quel figlio di puttana di Wesker. Dammi retta, per favore” disse fermandosi davanti a lei mentre aspettava l’ascensore; gli occhi di sua moglie gli fecero passare quasi la voglia di abbandonare il luogo se non fosse stato per cause di forza maggiore. L’amava molto ma putroppo il lavoro che svolgevano gli teneva quasi del tutto occupati vedendosi solo di rado. Le sfiorò le labbra con un bacio che lei ricambiò con piacere prima d’entrare nell’ascensore che l’avrebbe condotto successivamente all’uscita del quartier generale non prima di aver udito le parole di sua moglie che gli intimarono di essere prudente.
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

~~Durante il periodo di riposo che mi aveva concesso il comandante Redfield, mi mantenni comunque in allenamento insieme al mio compagno;era vero che dovevo riprendermi dopo il duro colpo subito nella missione precedente ma questo non significava che dovevo rimanere con le mani in mano, soprattutto in una situazione del genere. Nei giorni in cui era assente il colonnello, organizzammo autonomamente le nostre attività quotidiane;non eravamo più ragazzini né non avevamo bisogno del babysitter e pertanto potevamo regolarci autonomamente decidendo insieme ai miei colleghi cosa fare. Quando ritornò,come di consueto venni convocato insieme a Rivas nel suo ufficio. Bussai leggermente sulla porta e venimmo accolti ancora una volta nella stanza del nostro superiore,quindi lo salutammo militarmente per poi prendere posto sotto l’ordine di quest’ultimo: Rivas rimase in piedi con la schiena contro la parete e le braccia conserte mentre io mi sedetti sulla sedia di fronte alla scrivania. “ Come vi sentite ragazzi?” Fu la prima cosa che disse, ci teneva che i suoi uomini fossero preparati sia fisicamente che psicologicamente nel modo più completo possibile. “ Bene signore, non mi lamento.” “Ottimo. Nella successiva missione a cui sto per assegnarvi dovrete dare il meglio di voi. Il vostro esito dipenderà quasi esclusivamente dai vostri sforzi e se riuscirete a sopravvivere sconfiggeremo una volta per tutte questi bastardi ma andiamo al dunque. Secondo i servizi segreti della US SOCOM, la Rebellion sta inviando costanti rifornimenti ai suoi uomini al fronte tramite una serie di gallerie sotterranee, una sorta di miniera che permette a quest’ultimi di inviare rinforzi e viveri in poco tempo.” Annuì all’unisono con Rivas alle mie spalle che ascoltava con attenzione ogni particolare della missione; questa volta non avrei tollerato nessun fallimento di qualsiasi genere fosse stato. In tal caso avrei distrutto la Rebellion a modo mio cosi come sapeva fare solo Sylvester Stallone in Rambo: riusciva a sconfiggere un intero esercito da solo anche grazie ad un pizzico di tattica e fortuna ma putroppo non ero lui, ero un semplice ragazzo di vent’anni che dopo anni d’addestramento militare era riuscito a sopravvivere in uno dei conflitti più atroci che l’umanità abbia mai affrontato; una sorta di Terza Guerra Mondiale. Il successo però non era solo frutto delle mie stesse abilità m anche grazie ad ufficiali competenti che mi avevano preparato al meglio come il mio superiore che pur non essendo tanto anziano, aveva quella sufficiente esperienza ad addestrare uomini al fine d’ affrontare situazioni del genere. “ Stando ai rapporti, il vostro obbiettivo si dovrebbe trovare qui, nei pressi del valico della catena montuosa dei Balcani. Molto probabilmente ci sarà un ingresso nascosto e la vostra prima tappa sarà trovare l’entrata”. Disse mentre mi alzai per verificare ciò che aveva detto sentendo Rivas alle mie spalle avvicinarsi per capire ciò che dovevamo fare. “Poiché si trova in una zona ben protetta sotto tutti i punti di vista un lancio col paracadute equivarrebbe ad un suicidio e per tanto dovrete farvela a piedi passando per il confine greco. Sarete gentilmente accompagnati da Keith e Quinton che avete già avuto modo di conoscere quando avete raso al suolo la base nemica in Svizzera.” Allargai la bocca in un mezzo sorriso.Oltre ad averli conosciuti di persona ne avevo anche sentito parlare tra i miei colleghi e funzionari della BSAA: il primo era diventato un pezzo grosso della divisione antiterrorismo in Africa ma era anche un eccellente pilota d’aerei di qualsiasi tipo mentre il secondo era diventato responsabile del settore informatico tant’è vero che la US SOCOM riusciva a svolgere i propri compiti grazie ai suoi programmi informatici che gli garantivano il corretto funzionamento delle apparecchiature elettroniche da loro usate. “Il Pave Low vi scaricherà vicino ad una spiaggia vicino alla vostra destinazione. Per concludere non vi escludo che l’ingresso sarà altamente sorvegliato ed in tal caso agite come meglio credete. È tutto!” Concluse il discorso congedandoci ma poco prima d’uscire, il colonnello ci richiamò ancora:” Fate attenzione e siate prudenti. Se riuscirete a completare il vostro obbiettivo,sarà una passeggiata eliminare le ultime sacche di resistenza nemiche e la guerra finirà in poco tempo. Buona fortuna!” Annuì ringraziando il mio superiore e mi diressi insieme a Rivas verso le nostri alloggi per prepararci alla nostra prossima sfida!
***
Redfield rimase nel suo ufficio sedendosi e stiracchiandosi, cercando di eliminare tutto lo stress accumulato finora. O’Brian era riuscito a convincere i superiori e ciò poteva rendere il colonnello felice per il momento ma se avessero fallito anche di una sola virgola potevano dire addio a tutto il loro duro lavoro. Miller e Rivas erano i suoi uomini migliori e non poteva privarsene per nessun motivo al mondo e pur essendo solo ragazzi erano già dotati di abilità straordinarie. Pochi ma buoni, pensò. Nel caso ci fossero stati dei problemi gravi, Redfield poteva risolverli con il suo metodo tradizionale: scendere sul campo di battaglia insieme ai suoi uomini ed era la cosa che desiderava più di tutte piuttosto che rimanere dietro ad una scrivania a fare il comandante alla Risiko! Rise tra sé e cercò di rilassarsi,chiudendo gli occhi ed intrecciando le mani dietro la testa.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14


Solcammo il Mar Mediterraneo che scorreva sotto il Pave Low mentre ebbi anche la possibilità di ammirare lo splendido orizzonte che si presentava dinnanzi a me  facendosi sempre più rosso dovuto al tramonto con il sole che emanava un bagliore arancione sull’azzurro marino. Rivas era seduto di fronte a me che masticava una gomma,facendo il giocoliere con il suo K-BAR impugnandolo con grande maestria mentre Quinton e Keith pilotavano l’elicottero parlando ed ogni tanto battibeccando come facevano di consueto quando si ritrovavano assieme. Io cercai di rilassarmi per prepararmi al meglio a ciò che mi aspettava ripensando a quello che mi aveva detto il comandante Redfield. Un po’ mi stupiva come mi trattava,era vero che durante l’addestramento mi aveva valorizzato molto però non pensavo di essere considerato cosi facilmente. Quando mi ero appena arruolato dopo le superiori,cercai di dare il massimo; avevo comunque numerosi difetti come l’insicurezza e l’indecisione ma cercai comunque di impegnarmi nel lavoro che avevo sognato fin da quand’ero bambino: entrare nell’esercito. Durante il lavoro ebbi modo anche d’essere seguito da uno psicologo. Questo non significava che ero affetto da problemi o ritardi mentali ma avevo comunque bisogno di qualcuno che mi aiutasse a scoprire quali erano le mie abilità che consideravo latenti a causa dei pochi momenti di riflessioni che facevo su me stesso. Molto probabilmente fu lo zampino di quest’utlimo a farmi guadagnare l’attenzione del colonnello che iniziò a prendermi sotto la sua protezione cercando allo stesso tempo di costruirmi una personalità ferma e decisa minimizzando i miei punti deboli che danneggiavano la mia personalità rendendola frivola ed insicura. Mi ricordai anche delle giornate sotto la pioggia con il freddo in cui dovevamo svegliarci all’alba per le nostre massacranti attività fisiche e di combattimento di qualsiasi genere. Potevo ancora sentire nelle mie orecchie gli urli del colonnello che ci incitava durante il nostro addestramento ma la cosa che ammiravo di quest’ultimo era il suo intuito;infatti sapeva valorizzare le persone giuste e non gli importava nulla se quest’ultime avevano abilità particolari poiché considerava tutti sullo stesso livello. Recentemente però si era concentrato sulle mie prestazioni e studiando il mio profilo grazie ai rapporti giunti dal fronte,aveva deciso di selezionarmi per affrontare missioni a ad altissimo rischio dove nessun altro soldato sarebbe  mai riuscito a sopravvivere. Tuttavia non sempre gradivo la sua presenza in quanto alcune volte potevo considerarla  un po’ asfissiante;sembrava che mi trattasse come se fossi suo figlio e forse lo avevano intuito anche i miei colleghi. Questo non alludeva al fatto che quest’ultimi provassero rancore per il sottoscritto anzi cercavo di trasmettere ciò che mi aveva insegnato il comandante per poi portarli tutti al mio stesso livello senza lasciare indietro nessuno. Non mi sarebbe dispiaciuto avere il colonnello come padre ma anche se aveva pregi lodevoli,potevo ammettere che era anche un po’ rompiscatole poiché la sua testardaggine senza limiti era indiscutibile; in parole povere bisognava fare per forza come diceva lui senza replicare,salvo qualche rara eccezione. Come ultimo,ma non meno importante strumento che avevo appreso durante l’addestramento era il lavoro di squadra basato anche sulle sue esperienze personali; maggiori erano le possibilità di trovare un partner con cui potevi coordinarti al meglio durante missioni, maggiori erano le probabilità di successo. Infatti trovare un partner ma soprattutto un grande amico come Rivas fu una grande fortuna per me anche perché i suoi stessi pregi erano anche i miei stessi difetti; in parole povere i miei punti deboli erano i suoi punti di forza. Mentre ero avvolto nei miei pensieri, vidi Keith togliersi le cuffie Beats con cui ascoltava la musica per dirci che mancavano due minuti alla destinazione designata. Ne approfittai per controllare se avevo l’equipaggiamento completo: tuta da combattimento con mimetica da deserto completa, giubbotto in kevlar, casco standard per operazioni da campo, Samurai Edge attaccata al cinturone, zaino tattico con tutto ciò che mi sarebbe potuto tornare utile nel caso la situazione fosse stata complicata e per ultimo il mio fidato M4A1, versatile in quasi tutti i tipi di scontri. Ci avvicinammo allo sportello per prepararci ad essere dispiegati sul terreno e potevamo vedere a pochi metri di distanza la nostra destinazione: una spiaggia di medie dimensioni punteggiata da diverse rocce di grandezza variabile. Io e Rivas facemmo il nostro saluto personalizzato prima dell’inizio di ogni missione mentre l’elicottero si fermò a pochi metri d’altezza dal suolo cercando di stabilizzarsi, quindi scendemmo con leggere balzo a terra acquattandoci dietro ad una roccia mentre il Pave Low faceva dietrofront. Dopo essermi assicurato che il mio partner stesse vicino a me afferrai il comunicatore per avvisare il colonnello del nostro arrivo:”Strikers a comando, abbiamo raggiunto il punto d’arrivo, ripeto siamo a destinazione,passo.”“Comando a strikers,ricevuto! Dirigetevi verso il vostro obbiettivo; l’ingresso che conduce alla miniera si trova appena a nord dalla vostra posizione. Buona fortuna, chiudo.” Terminato il rapporto, ci arrampicammo su una montagna per esaminare meglio la situazione; il luogo era ben protetto e potevo vedere diversi tipi di nemici, addirittura gli osservatori che questa volta avevano scelto posizioni molto astute e soprattutto strategiche. Con Rivas al mio fianco non avrei avuto nulla da temere ed anche lui indossava il mio medesimo equipaggiamento ma con lievi differenze come per le armi a cui aveva preferito un Barret ed uno SPAS 12, il suo inseparabile passamontagna scheletrico con l’aggiunta di un cappello con la visiera mimetico ed un paio di occhiali da sole; ammettevo un po’ di invidiarlo per com’era equipaggiato. Dovevamo entrare a tutti i costi nella miniera anche se non avevamo l’invito scritto per la festa;in tal caso,ci saremo presentati con dei bei regali a base di fuochi d’artifico ma prima dovevamo silenziare il loro perimetro difensivo per poi infiltrarci senza troppi problemi…
 
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

Dopo essermi assicurato che Rivas avesse raggiunto una posizione vantaggiosa su cui mi avrebbe fornito fuoco di copertura, avanzai furtivo dietro un'altra vecchia roccia che si affacciava di fronte al campo che ci avrebbe condotto all’ingresso della miniera. Come di consueto,scelse una posizione ben nascosta sfruttando la vegetazione per ripararsi dall’eventuale fuoco di risposta nemico tuttavia non senza prima controllare se questa zona gli avrebbe permesso di avere una panoramica completa di tutto il campo di battaglia, strategia necessaria se volevamo uscire vivi da quest’inferno; tuttavia la posizione poco visibile sarebbe risultata inutile una volta scoperto ed in quel caso cercava di giocare le sue carte vincenti: rapidità e tecnica. Una volta raggiunta la sua posizione, mi fece un cenno con il pollice alzato per farmi comprendere che si trovava in posizione,quindi sistemò il suo Barret 50 cal. sopra un cumulo di rocce mettendosi prono in modo da sfruttare al massimo la precisione e la potenza di quell’arma. Mi appiattì contro la parete di un grande masso con la Samurai Edge silenziata stretta in pugno mentre potevo origliare due j’avo dall’altra parte  che parlavano dell’andamento della guerra sul fronte europeo: “ …Quelle teste di cazzo della BSAA! Non credi che sia stato troppo facile sbarazzarci di loro? Temo che torneranno presto alla carica.” “ Sta tranquillo! Quei coglioni si inchineranno presto sotto l’impeto della nostra potenza. Vedrai che scapperanno a gambe levate”. Terminò scoppiando in una fragorosa risata ma in quel preciso istante uscì all’angolo con uno scatto sparando in testa a quest’ultimo mentre l’altro si spaventò per la sorpresa; fece per attaccarmi con il suo machete ma schivai il suo fendente per poi bloccargli il braccio con cui brandiva l’arma, quindi gli mollai una testata rompendogli il setto nasale che sanguinò copiosamente per poi atterrarlo con un successivo calcio sulla rotula. Lo j’avo si inginocchiò per il dolore cercando di urlare ma gli tappai subito la bocca puntandogli allo stesso la pistola sulla sua fronte: “Non oggi bastardi!” sussurrai in risposta all’argomento su cui stavano discutendo per poi finirlo con uno sparo secco. Afferrai il mio comunicatore per avvisare a Rivas che stavo per entrare e di tenersi pronto nel caso avessi incontrato noie, si sarebbe divertito molto a bersagliare i suoi stessi rivali in quanto poteva verificare veramente quanto valeva come cecchino. Continuai a muovermi accovacciato a passo lento nascondendomi dietro le casse di metallo; ammettevo che il campo a guardia della miniera era ben allestito: vi erano tende dove molto probabilmente si trovavano brande o altri oggetti utili su cui avrei potuto dare un occhiata in seguito ma vi erano anche camion ed altri contenitori contenenti munizioni d’artiglieria; pensai che distruggere tutto ciò che si presentava sul mio cammino non  mi avrebbe fatto male, d’altronde dovevo tagliare le loro linee di rifornimento ma potevo anche concedermi qualche piccolo bonus, questa era la mia missione! Risi tra me mentre udì delle urla a pochi metri da me. “Ci hanno scoperto! Uccidete quel cane!” Urlò un j’avo mentre altri corsero per mettersi in posizione di sparo. Mi tuffai di lato e per poco non rischiai d‘essere colpito da un proiettile di fucile di precisione che lasciò un foro preciso sulla sabbia dove pochi istanti prima mi trovavo. Bersagliai i nemici davanti a me facendo crepitare il mio M4A1 mentre con la coda dell’occhio potei vedere la testa dell’osservatore j’avo che mi aveva sotto tiro schizzare con un impatto rosso scarlatto dietro la sua testa seguito da un tonfo a terra attutito dalla sabbia. Eliminati i nemici, mi mossi vicino ai camion e tirai fuori un paio di cariche esplosive dal mio zaino cercando di piazzare pochi esplosivi sui punti chiave per provocare una reazione a catena rapida ed efficace,quindi ripetei la stessa operazione con gli altri camion e scatole ma terminato ciò sentì un ruggito alle mie spalle; un Napad si batte i pugni sul petto preparandosi a caricarmi come se fossi una sagoma per gli allenamenti da football americano. “ Datti una calmata Magilla Gorilla!” dissi ironicamente mentre caricai anche io allo stesso tempo; quando fui a pochi metri di distanza feci una scivolata in mezzo alle sue gambe per crivellarlo dietro la sua corazza dove la parte  era leggermente più sottile ed esposta al fuoco, quindi vomitai un caricatore intero concentrandomi sul quel punto finché,dopo un disperato tentativo di eseguire un ultimo attacco agitando le braccia per aria,cadde supino a pancia in sotto. Continuai a muovermi con prudenza utilizzando l’ambiente circostante  ed altri diversi oggetti come copertura, pronto a mettermi in posizione si ci fossero stati altri nemici in agguato;potevo sentire anche tuonare il fucile di Rivas alle mie spalle,segno che stava svolgendo un ottimo lavoro come angelo custode personale! Risi tra me per la battuta quando vidi altri j’avo spuntare ai lati della mia visuale e correre come se fossero formiche impazzite; volevano difendere a tutti i costi l’ingresso della miniera e quel fatto mi incuriosì particolarmente: cosa stavano nascondendo quei farabutti di così importante? Dal riparo lanciai una granata a frammentazione per liberarmi velocemente dal gruppo di nemici ma due di questi mutarono forma trasformandosi in j’avo bipedi;avevo già avuto modo di conoscere questo tipo di nemico con Rivas durante la missione di sabotaggio sulle Alpi: le loro gambe erano il loro punto di forza poiché potevano spiccare grandi balzi ed atterrare in un punto preciso di una zona in poco tempo ma la cosa più sorprendente fu il fatto che potevano anche essere cavalcati dai loro stessi alleati come se fossero  dei veri e propri cavalli da battaglia. Nel momento in cui fui avvolto in quei pensieri, li vidi spiccare in volo verso di me riuscendone ad ucciderne uno che cadde rovinosamente a terra mentre l’altro tentò di venirmi addosso ma riuscì a scartare di lato in tempo poco prima che atterrasse; in caso contrario avrei fatto la stessa fine di una vecchia gomma americana appiccicata sotto la suola di una scarpa per molto tempo. Mi rialzai subito impugnando il mio K-BAR, prima che si fosse ripreso dall’atterraggio e mi tuffai verso le sue gambe tagliandole di netto con tutta la forza che avevo: se le avessi messe fuori uso sarebbe stato successivamente molto più facile sbarazzarmi di quest’ultimo poiché si sarebbe dovuto trascinare con le sue stesse braccia ed infatti lo terminai decorandogli la faccia con un intero caricatore del mio fucile riducendolo ad un ammasso sanguinolento putrefatto. Fatto ciò mi guardai intorno per verificare se ci fossero state altre sgradevoli sorprese, alzai lo sguardo per vedere se era rimasto ancora in piedi qualche osservatore. La mia ricerca diede esito negativo,quindi ordinai a Rivas di raggiungermi ma appena mi girai quasi caddi a terra per la sorpresa: mi aveva letto nel pensiero ed si era presentato dietro di me nel preciso istante in cui stavo per avvertirlo! Ridemmo per la breve situazione comica e ci dirigemmo verso l’entrata della miniera con Rivas alle mie spalle che imbracciava lo SPAS 12, la sua arma preferita. Eravamo a pochi metri di distanza quando una sferragliata di proiettili bloccò il nostro arrivo facendoci piombare verso i primi oggetti che potevamo improvvisare come copertura. Mentre il mio partner cerco di riprendersi, alzai leggermente la testa leggermente sopra l’altezza del mio riparo per vedere cosa fosse appena successo: un enorme figura umana di colore alta quasi due metri e mezzo e decisamente obesa era armata fino ai denti con un’enorme mitragliatrice Gatling che impugnava con due braccia e due strisce di munizioni che portava appese sopra il torace a formare una X. Indossava una canotta mimetica nera e pantaloni del medesimo colore con una benda posta sull’occhio destro. “Ma che cazzo era quella cosa? Rambo aveva deciso di passare dalla parte del nemico?” dissi tra per alleggerire la pericolosità della situazione cercando di mantenere i nervi saldi. “Nessuno oltrepasserà questa zona! Se volete farlo venitemi a prendere brutti bastardi schifosi della BSAA” concluse con un grave risata. A quanto pare stavano nascondendo qualcosa di molto importante visto che ostinatamente i j’avo si offrivano come carne da cannone per difendere il posto a tutti i costi e la mia curiosità stava progressivamente aumentando. Ma prima di ciò, dovevamo sbarazzarci di quel  gigante lottatore di sumo che iniziò a sparare per aria per poi prendere la mira verso di noi…

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16


I proiettili del Gatling sollevarono un nube di polvere e schegge dai nostri ripari mentre cercammo di sfruttare al massimo ciò che rimaneva di quest’ultimi stringendoci verso la parete su cui ci stavamo nascondendo. Quando sentimmo l’arma surriscaldarsi,ne approfittammo per rispondere al fuoco:sparammo all’unisono con le nostre rispettive armi cercando di trovare i suoi punti deboli mentre bersagliavamo diverse parti del suo corpo in attesa di trovare la zona critica. Tuttavia i nostri colpi non sortirono l’effetto sperato,anzi lo colpirono causandogli solamente ferite superficiali che sollevavano leggeri spruzzi di sangue che sicuramente non sarebbero stati letali data la sua stazza poiché lo sentimmo ridere subito dopo: “ Mi fate solo il solletico!” disse riprendendo a sparare verso noi mentre cercammo un altro riparo intero che si reggesse in piedi in grado di resistere alla furia di quel pazzo scatenato. Con Rivas incollato dietro di me,ci tuffammo verso altre casse di metallo che avrebbero potuto assorbire gran parte dell’impatto del suo Gatling. Mentre cercava invano di sfidarlo con il suo SPAS 12, pensai a come potevamo eliminare quella palla di lardo ed esaminai l’ambiente circostante per trovare qualcosa che ci sarebbe potuto tornare utile, l’astuzia avrebbe battuto la forza fisica anche se avrei preferito trovare un giusto equilibrio tra le due caratteristiche. Sempre rimanendo vigile sullo scontro, notai che vi erano alcuni barili esplosivi vicino ad un camion di rifornimento su cui avevo piazzato anche diverse cariche esplosive; quindi facendo un rapido calcolo mentale, l’esplosione dei barili,sommata con quelle del C4 gli avrebbero arrecato il danno necessario per stordirlo o ancora meglio farlo fuori definitivamente. In quel momento tuttavia non possedevo gli strumenti necessari ad assicurarmi la percentuale di successo del mio piano improvvisato; “ O la va o la spacca!” Dissi tra me. Mentre Rivas continuava ostinatamente a sparare, lo tirai violentmente giù con uno strattone verso la sua maglia togliendolo dalla traiettoria della monotona raffica del Gatling salvandogli allo stesso tempo la vita e spiegandogli subito dopo il mio piano: dovevamo attirarlo verso i barili esplosivi in modo da farlo saltare in aria e rispedirlo definitivamente all’inferno, quindi mi offrì volontario per attirare il bastardo verso l’obiettivo appena designato e dissi Rivas di usare tutti i caricatori che aveva per tenerlo occupato in attesa che mi fossi mettessi in posizione. “ Hey palla di lardo! Sei lento,vienimi a prendere!Sei cosi grasso che come cintura per i tuoi pantaloni dovresti mettere l’equatore per reggerli!” Urlai cercando a stento di trattenere una risata per ciò avevo appena detto; avevo appena copiato una battuta del famoso attore Eddie Murphy nel film “Il professore matto”. Lo sentì infuriarsi e appena iniziò a far girare le canne del suo mitragliatore, iniziai a correre più veloce di un ghepardo della savana per eludere con manovre evasive il pericolo. “ Rivas,ora!” abbaiai con tutto il fiato che avevo nei polmoni;sentì i pallettoni del suo fucile impantanarsi contro i barili per poi provocare un’esplosione che riuscì ad evitare tuffandomi al riparo appena in tempo prima d’essere investito dal calore ardente del fuoco. Mi girai e vidi la palla di lardo stordita con un ginocchio per terra che ansimava cercando di riprendersi dall’impatto appena subìto ma non gli detti un attimo di tregua che presi subito il detonatore dal mio zaino per attivare le cariche: “Hasta la vista,cabròn!” esclamai premendo il tasto di attivazione provocando una reazione a catena da cui si formarono diverse sfere di fuoco di moderate dimensioni che inghiottirono il mitragliere che,dopo essere stato cotto a puntino cercando di spegnere le fiamme soffocandole con le sue stesse mani,cadde bocconi con un pesante tonfo sul terreno. In quel preciso istante mi sentivo come il protagonista di un film d’azione in cui,dopo aver pronunciato le parole di vittoria, ci sarebbe stata una scena al rallentatore in attesa che facessi la mia mossa vincente e questa tecnica veniva utilizzata spesso per catturare meglio i momenti salienti dell’azione. La cosa che mi stupì più di tutto fu come avevamo fatto solamente in due a fiaccare l’intero perimetro difensivo posto a guardia dell’ingresso minerario. Si potevano vedere diversi cadaveri giacere in posizioni contorte ed innaturali seguiti anche dai veicoli in fiamme rimasti in piedi o ribaltati con i telai gravemente danneggiati. Sibilai un hoorah, il grido di battaglia dei marines prima e dopo aver compiuto una missione difficile battendo allo stesso tempo il dorso della mano a pungo chiuso contro quello di Rivas. Successivamente rovistammo all’interno delle tende per trovare qualche provvista che ci sarebbe tornata utile durante la missione; trovammo diversi gingilli tra cui diverse granate a frammentazioni più diverse cartucce compatibili per ricaricare le nostre armi. Vi erano anche diversi AK-47 che avevo battezzato con il nome di “fucile della milizia” poiché le varie cellule terroristiche di tutto il mondo lo utlizzavano dato il basso costo e la grande disponibilità sul mercato nero. Erano fucili abbastanza potenti e semplici da utilizzare, anche un semplice persona che non avesse avuto un particolare addestramento militare sarebbe stato in grado di utilizzarlo ma aveva comunque i suoi difetti dovuti alla lentezza ed al tempo di ricarica. Ci dirigemmo verso l’entrata della miniera a passo lento mantenendo comunque prudenza nel caso ci fosse stata qualche altra sorpresa spiacevole mentre afferrai il mio comunicatore per fare rapporto: “Comando, qui Strikers. Stiamo entrando nella miniera,ripeto ingresso imminente,passo”. “Comando a Strikers,ricevuto! Tagliate le linee di rifornimento nemiche cosicchè i nostri uomini possano sbaragliare il nemico al fronte senza problemi,passo e chiudo”.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

La miniera era costruita all’interno della catena montuosa dei Rodopi che fungevano da frontiera tra la Grecia e la Bulgaria. Ammettevo che l’idea di costruire una linea di rifornimento camuffata da parte della Rebellion non era male. Appena varcammo l’ingresso, notammo anche la costruzione interna: vi erano delle assi di legno fissate sulle pareti e sul soffitto che fungevano da sostegno dove quest’ultima aveva delle lampade a gas formate da un bulbo di vetro rinforzato per resistere alle eventuali crepe e cadute sassi nel caso ci fosse stata una violenta scossa sismica. Lo stesso schema costruttivo si ripeteva ogni cinque metri fino ad arrivare alla perpendicolare del corridoio. Seguimmo quella strada sino ad arrivare ad una biforcazione davanti a noi. Sentì delle voci provenire dalla nostra sinistra e ci appiattimmo subito contro la parete con Rivas alle mie spalle,pronto a sparare con il suo SPAS 12 impugnandolo saldamente. Un j’avo stava venendo verso di noi e lo potevamo dedurre dal fatto che il tono cresceva sempre più d’intensità: “Non preoccupatevi ragazzi! Quei cani della BSAA non troveranno mai la zona d’accesso per la caverna…” Non ebbe neanche il tempo di finire la frase che sbucai dall’angolo della parete puntandogli la Samurai Edge dritta in mezzo ai suoi occhi. Il terrorista mi guardò incredulo con la fronte inarcata e la bocca spalancata per la sorpersa. “ Ultime parole famose!” dissi con tono moderato per poi sparargli in mezzo alla fronte senza esitazione. Richiamai il mio partner con un cenno della mano e ci dirigemmo a passo sostenuto verso il punto da cui il j’avo era venuto;rimisi la pistola nella fondina per passare al mio fidato M4A1 molto versatile sul campo di battaglia ed adatto a qualsiasi situazione di combattimento. Sfortunatamente sapevano già che eravamo qui e pertanto ci preparammo ad accogliere il nostro comitato di benvenuto gentilmente offerto da quest’ultimi. Altri j’avo uscirono dai corridoi laterali e ci individuarono: “ Eccoli! Fateli a pezzi!” Sbottò uno di loro puntando il dito verso di noi mentre gli altri fecero crepitare i Kalashnikov all’unisono. Ci tuffammo verso alcune scatole metalliche di forma cubica poste sul nostro cammino che potevamo utilizzare come riparo;attendemmo poi pazientemente che i nemici svuotassero i loro caricatori per rendersi vulnerabili al fuoco,quindi io e Rivas uscimmo allo scoperto e li falciammo in poco tempo causando l’involontaria trasformazione di uno di quest’ultimi: essi potevano mutare forma in caso d’emergenza ma non tutti avevano questa possibilità poiché il virus C reagiva a seconda delle trasformazioni chimiche  del corpo ospitante; in parole povere,quando il j’avo subiva gravi danni in un punto particolare degli arti,esso mutava forma fino a rinforzare l’apparato scheletrico e muscolare del punto interessato. In quel caso,il fortunato j’avo si trasformò in una nuova BOW che ebbi modo di farne conoscenza quand’ero ancora un novellino nella campagna di Edonia che avevo affettuosamente chiamato J’avo d’elite. Quest’ultimi avevano la capacità di mutare le loro braccia in potentissimi tentacoli che venivano utilizzati allo stesso modo di una normalissima frusta,con la sola eccezione che un colpo di quest’ultimi sarebbe stato letale,in grado di spezzare le ossa ad un essere umano con un impatto secco. Appena terminò  la sua mutazione, il terrorista fece oscillare il suo braccio sinistro verso di noi distruggendo i nostri ripari, rompendoli con un fortissimo suono metallico che ci fece cadere a terra. Rivas si riprese subito rialzandosi con una capriola inversa e corse verso lo j’avo che si stava nuovamente preparando ad un altro vilento colpo;fece per colpirlo ma Rivas scartò di lato e mise un piede sopra il tentacolo per immobilizzarlo:lo colpì ripetutamente con il suo K-BAR fino a staccargli completamente l’arto che cadde a terra contorcendosi su se stesso come la coda di un rettile appena staccata. Il j’avo urlò disumanamente e venne azzittito subito dopo con un colpo di Close Quarter Combat che lo fece cadere rovinosamente pancia all’aria per poi essere ucciso con un colpo di coltello,immobilizzato con un ginocchio alla gola. Rivas si girò verso di me per aiutarmi ad alzarmi ma lo scostai gentilmente con un cenno della mano. Ripresomi completamente dall’attacco, proseguimmo dritti fino ad entrare in una stanza: oltre alle solite casse di approvvigionamento vi erano degli armadietti di metallo in cui io e Rivas provammo a dare un’occhiata per cercare qualcosa di utile:contenevano diverse scatole di munizioni compatibili con le nostre armi,quindi ne approfittammo per ricaricare le nostre  e raccogliere più scatole possibili;il combattimento contro il bestione posto a guardia dell’ingresso della miniera ci aveva lasciato quasi a secco. Mentre continuavamo a perlustrare la stanza,ci imbattemmo in una specie di vasca di contenimento: vi era un liquido verde fosforescente che scendeva da un recipiente cilindrico attaccato al soffitto che faceva scorrere pigramente il liquido gocciolante verso il basso. Al suo interno vi era una BOW semi sommersa con alcuni tubi attaccati al suo corpo. Non ebbi neanche la possibilità di identificarla a causa della sua malformazione fisica;quegli idioti della Rebellion mi stupivano sempre di più;adesso trasformavano dei normalissimi luoghi naturali di rara bellezza in fottutissimi laboratori e basi di rifornimento! Oltre al virus C cos’altro avevano nel cervello? Scimmie urlatrici? Scossi la testa di fronte a quei pensieri mentre presi dal mio zaino un paio di cariche esplosive da mettere ai bordi della vasca;in tutto quel breve tempo che rimasi a pensare non ero riuscito a dare ne un nome ne una spiegazione valida per comprendere la finalità di quel macchinario ma poco importava: tutto ciò che era della Rebellion doveva essere fatto saltare in aria; non era mancanza di rispetto ma timore di un potenziale pericolo. Mentre ero impegnato nel mio compito,udì diverse voci provenire alle mie spalle: diversi j’avo stavano venendo verso la nostra posizione con il rimbombo dei passi che cresceva sempre più d’intensità. Mi girai solo per assicurarmi che Rivas si fosse messo in posizione per coprirmi ed infatti,pochi secondi dopo,fece vomitare pallettoni del suo SPAS 12 falciandoli senza pietà. Terminata l’operazione, imboccammo diverse strade per verificare se ci fossero altri possibili macchinari da distruggere incontrando diversi j’avo che ostinatamente continuavano a sbarrarci la strada invano venendo sconfitti; incontrammo comunque una tenace resistenza visto che alcuni di questi ebbero la fortuna di mutare forma fallendo miseramente allo stesso modo. Tuttavia,quando tentai di piazzare la seconda carica ai lati della vasca di contenimento, la BOW al suo interno balzò fuori schizzando il liquido in tutte le direzioni ed ululando verso di noi una volta atterrata. Mentre la osservammo,potevo notare uno squarcio diagonale di medie dimensioni sul suo petto che si rimarginava lentamente ed in quel momento forse avevo capito la funzione di quel macchinario: probabilmente serviva a curare e completare le parti mancanti di quest’ultimo ed infatti ciò che dovevamo affrontare era un Gecko con la sola eccezione che non era intero del tutto poiché mancavano diverse parti di squame sul suo braccio destro. Mi misi in posizione per combatterlo ma anche questa volta Rivas mi stupì battendomi sul tempo: appena fece schioccare la sua lunga e rapida lingua, Rivas gliela afferrò con tempismo tranciandola di netto e tempestandolo di pallettoni fino a staccargli il busto dal resto del corpo in un’esplosione di coriandoli sanguinolenti. Ammettevo che la scena alla Quentin Tarantino in quel momento non era di mio gradimento ma ciò che aveva appena fatto il mio partner era molto lodevole, mi sarebbe servito da lezione per la prossima occasione. Eliminata la minaccia,piazzai l’esplosivo e feci la stessa cosa anche con le altre due che riuscimmo a trovare,quindi una volta terminato il nostro compito cercammo di trovare l’uscita ma una violenta esplosione scosse l’intera miniera,venendo attraversata da diverse faglie che causarono la caduta di massi di notevoli dimensioni e detriti che bloccarono la nostra unica via di fuga. Non avendo scelta,proseguimmo imboccando l’unico corridoio che non avevamo attraversato,con la speranza che ci potesse portare fuori di lì prima d’essere schiacciati come insetti schifosi; possibile che non me ne andava bene neanche una? Neanche a dire che si trattava d’una missione d’infiltrazione,adesso anche in circostanze come queste sarei dovuto morire a tutti i costi? Durante la fuga, incrociammo diversi Napad che caricarono a testa bassa verso la nostra posizione e non avendo il tempo per sbarazzarci di loro, scivolammo sotto le loro gambe mentre si voltarono increduli venendo poi inghiottiti dai massi. Continuammo a correre ansimando,utilizzando tutta l’aria che avevamo nei polmoni fino a vedere un uscita a pochi metri da noi, compimmo poi uno scatto utilizzando tutte le forze che avevamo a disposizione mentre il caos dietro a noi si faceva sempre più fitto e rapido. A pochi metri dall’uscita, facemmo un balzo frontale atterrando sul suolo davanti a noi come se fossimo stati dei giocatori della NFL,scampando per miracolo alle ultime rocce che in poco tempo barricarono l’uscita appena varcata in modo piramidale. In lontanaza ebbi modo di vedere diverse esplosioni, probabilmente i j’avo avevano avuto intenzione di demolire il luogo,nel caso la situazione fosse sfuggita al loro controllo, tipico dei terroristi medio - orientali: sacrificare qualcuno o qualcosa per arrecare più danni possibili al nemico;ciò tuttavia era risultato svantaggioso per loro,non solo perché eravamo ancora vivi e vegeti,ma ci avevano facilitato ancora di più il nostro lavoro di demolizione. “Rivas,stai bene?” dissi cercando di alzarmi con una lieve punta di nervosismo mentre lo vidi fare un cenno con il pollice. Ci guardammo intorno per capire dove eravamo capitati: era buio e fortunatamente c’era la luna piena che avrebbe illuminato gran parte della zona ma tuttavia non fu sufficiente ad avere una visuale completa; ci trovavamo nel valico della catena  dei Rodopi e non avevo la più pallida idea su come orientarmi in quel luogo isolato. Misi due dita sul comunicatore per contattare il comando. Sfortunatamente udì solo parole incomprensibili,interferenze e rumore bianco. “ A quanto pare siamo di nuovo completamente soli e senza rinforzi!”Dissi ironicamente a Rivas che annuì mentre si rialzava pulendosi l’uniforme dal terriccio. L’unica cosa che potevamo fare in quel momento era seguire il sentiero, con la speranza che ci avrebbe portato in un luogo sicuro per poi tornare verso la base…

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

La brezza notturna sfiorava i nostri volti con un clima gelido ma comunque piacevole. Proseguimmo lungo il sentiero del valico composto da rocce e muschio tenendo gli occhi ben aperti; anche se la luna era piena ed illuminava gran parte della zona, vi erano alcune zone d’ombra,sicuramente sarebbero state sfruttate dagli eventuali j’avo presenti nella zona per tenerci sotto tiro. Tuttavia potevamo utilizzare quest’ultima anche a nostro vantaggio come copertura,soprattutto Rivas;avrebbe potuto colpire gli eventuali bersagli con grande maestria ed in modo estremamente rapido e silenzioso. Inoltre per nostra fortuna, avevamo con noi i visori notturni e ne approfittammo per equipaggiarli ed esaminare meglio l’ambiente circostante per evitare di cadere in eventuali imboscate. Proseguimmo sulla strada fino ad arrivare ad un ponte di legno che collegava la nostra posizione con il versante opposto: doveva essere lungo tra i dieci ed i venti metri ed era sorretto da diverse corde che lo ancoravano sul terreno delle due estremità. Sotto di noi stagliava un profondo strapiombo attraversato da un sottile fiume il cui rumore si poteva percepire anche se distante rispetto la nostra posizione. Trovammo copertura dietro ad un roccia situata appena prima dell’ingresso del ponte e presi il binocolo per esaminare meglio la situazione sul versante opposto: Vi erano due torri d’avvistamento con alcuni j’avo osservatori al loro interno che pigramente pattugliavano la zona seguiti poi dal basso da altri che trasportavano diverse casse diretti verso un punto che non potei identificare a causa dell’eccessiva distanza. Dopo aver fatto ciò, ordinai a Rivas di sistemare le guardie sulle torri d’avvistamento mentre mi sarei occupato di quelle restanti a terra. Eliminata la minaccia senza particolari difficoltà, ci dirigemmo verso il ponte per attraversarlo. La stabilità con cui si reggeva quest’ultimo mi preoccupava poiché era compromessa a causa del lieve vento che lo faceva oscillare lentamente,suggerendoci che non sarebbe stata una buona idea attraversarlo ma non avevamo scelta; era l’unica via da prendere se volevamo andarcene via da lì il più rapidamente possibile e se non fosse stato possibile avremmo dovuto trovare una via alternativa allungando eventualmente il viaggio. Presi il mio tempo per riflettere mentre Rivas scrutava l’aera circostante con il suo fucile a pompa pronto a sparare; feci un respiro profondo e iniziammo ad attraversarlo: potevamo sentire lo scricchiolio delle assi di legno su cui camminavamo, prodotti dai nostri passi mentre allo stesso tempo potevo sentire il sudore imperlarmi la fronte e scendere copiosamente lungo tutto il corpo: una mossa falsa e ci saremmo schiantati per terra. Eravamo arrivati a metà percorso quando sentimmo delle urla e dei battiti d’ali provenire sotto di noi; j’avo alati! Era l’ultima cosa che ci potevamo aspettare in un momento del genere! “Oh cazzo!” sbottai cercando di mantenere la calma;dovevamo a tutti i costi trovare una soluzione a seduta stante! Sparai all’unisono con Rivas contro i j’avo che compivano manovre evasive cercando di offririci un bersaglio complicato riuscendo comunque ad ucciderne un paio mentre lentamente e prudentemente ci avvicinammo verso l’estremità opposta. Eravamo arrivati quasi alla fine quando un alato sparò alle cinghie che tenevano sospeso il ponte; avevo il cuore che pulsava all’impazzata come i motori rombanti di una Ferrari che sfrecciava come un bolide su un rettilineo perfettamente sgombro,privo di ostacoli di qualsiasi tipo. Barcollammo e perdemmo l’equilibrio riuscendo  con un pizzico di fortuna ad aggrappandoci sulle assi di legno mentre il ponte cambiava progressivamente posizione da verticale ad orizzontale precipitando velocemente e facendoci sbattere violentemente sulla parete del versante opposto,riuscendo comunque a mantenere la presa. Abbassai lo sguardo per esaminare se Rivas fosse ancora tutto intero mentre potevo sentire i j’avo alati che si lasciavano sfuggire risate isteriche, quindi si innalzarono in volo per poi caricare in picchiata verso di noi. Nonostante quel momento di pericolo estremo dove con alta probabilità il mio cervello non avrebbe lavorato abbastanza in fretta per uscire da quella situazione, mi ricordai che possedevo ancora qualche asso nella manica: avevo diversi tipi di granate che sistemai nel mio zaino prima di partire nel caso la situazione si fosse fatta critica come in quel momento. Mentre mi reggevo con una mano, con l’altra frugai velocemente nelle tasche del mio equipaggiamento per trovarne una con effetto accecante, molto efficace quando si voleva disorientare il nemico durante una situazione critica. “ Siete morti bastardi!” urlò un J’avo con la bava alla bocca mentre piombava velocemente verso di noi seguito dai suoi compagni. In quel preciso istante tirai la spoletta con i denti e lanciai la granata con tutta la forza che avevo a disposizione mentre il braccio con cui mi stavo reggendo iniziava a causarmi dolore a causa dello sforzo immane che stavo facendo. La granata colpì in testa lo j’avo alato più vicino ed esplose all’impatto con una luce che trapanò gli occhi di quest’ultimi facendogli perdere la stabilità,quindi precipitarono come se fossero delle piccole gocce di pioggia venendo inghiottiti dalla profonda oscurità dello strapiombo: “Non oggi bastardi! Stanotte le previsioni annunciano una tempesta di pioggia j’avo! Si consiglia d’essere ben protetti con luce forte!” dissi ironicamente mentre tentai di riprendermi per risalire i pochi metri che mi mancavano stringendo i denti per lo sforzo che stavo facendo seguito dietro di me da Rivas. Arrivato in cima, diedi una mano a quest’ultimo per poi concederci un brevissimo momento di pausa per rimetterci in sesto; oltre ad essere la missione più lunga a cui abbia mai preso parte, era anche la più pericolosa;non avevo mai affrontato tanti pericoli messi insieme e soprattutto non da solo. Avevo comunque affrontato avversità di ogni genere anche quando partecipavo a diverse missioni affiancato dai miei rispettivi alleati come in Edonia ma quando si trattava di combattere un intero esercito solamente in coppia con qualcuno, il gioco si faceva sempre più duro; in tal caso ne approfittai per considerarla come se fosse una sfida con me stesso per vedere fino a che punto sarei arrivato poiché vi erano in palio migliaia di vite umane. Dopo aver recuperato completamente le nostre forze, proseguimmo lungo l’unica strada che si presentava dinnanzi a noi fino ad arrivare in una piccola area circolare. A pochi metri di distanza da noi vi era una struttura di medie dimensioni che si posizionava sopra un campo pianeggiante situata su un piano appena inferiore sotto la nostra attuale posizione. Ci mettemmo proni sull’erba con Rivas che cambiò arma scambiandola con il suo fidato Barret mettendosi in posizione mentre ripresi ancora una volta il binocolo per esaminare meglio la situazione dinnanzi a noi: vi era una specie d’accampamento circondato da un perimetro difensivo composto da reti di recinzione metalliche affiancate da torri di guardia. A prima vista poteva sembrare una classica base di rifornimento come quella che avevamo distrutto sulle alpi svizzere ma le mie ipotesi furono presto tradite quando vidi un gruppo di soldati umani camminare per il campo con le mani dietro la testa,tenuti sotto tiro da tre j’avo; probabilmente si trattava di un campo di prigionia ed i soldati catturati dovevano appartenere all’esercito BSAA locale o almeno quel che ne restava dopo l’attacco subito dalla Rebellion. La situazione si faceva sempre più complessa; anche se gli ordini da seguire erano differenti,non potevamo lasciare che i prigionieri venissero torturati per rivelare preziosissime informazioni al nemico. Avrebbero cercato di resistere il più a lungo possibile agli interrogatori ma ricordandomi che stavamo combattendo un esercito di semi umani famosi in tutto il mondo per la loro brutalità poco ortodossa, non mi sembrava giusto abbandonare i nostri colleghi al loro destino. Esaminata la situazione, discussi con Rivas la tattica che avremmo dovuto utilizzare per liberarli il più rapidamente possibile…

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

Avevamo concluso già da subito che una discesa dalla montagna con il rampino direttamente di fronte al campo sarebbe stato un totale fallimento già in partenza; ci avrebbero scoperto subito. Perlustrammo con il visore tutta la zona circostante su cui mantenevamo la posizione,nella speranza di trovare anche la più piccola e nascosta strada tra la vegetazione per scendere a valle. Fortunatamente, i nostri desideri furono esauditi: vi era una piccola strada in discesa alla nostra sinistra,oscurata dal fitto fogliame delle chiome degli alberi montanari. Proseguimmo verso il punto appena evidenziato, accompagnati dai versi inquietanti ma allo stesso tempo piacevoli degli animali notturni mentre la luna piena illuminava parzialmente il nostro cammino, dove diversi raggi di luce cercavano di penetrare  tra le fitte chiome sempreverdi. Percorso il sentiero,sbucammo a pochi metri dal campo, quindi ci mettemmo carponi strisciando lentamente per rimanere furtivi. Davanti a noi si estendeva un grande reticolato metallico, formato anche da filo spinato altamente elettrificato: la loro esagerazione non aveva limiti! Muovendoci in quella posizione, mi avvicinai per tagliare una parte della recinzione: utilizzando un coltellino svizzero che possedevo dai tempi di quando frequentavo i boyscout, estrassi una piccola lama a forbice e pazientemente ma soprattutto con particolare prudenza,mi occupai della rete mentre il mio partner,come di consueto, si mise in posizione di copertura. Dopo pochi minuti, riuscimmo ad aprire una breccia per poi entrare: Vi erano diverse baracche fatte di cemento dove molto probabilmente erano rinchiusi i membri della resistenza BSAA in attesa d’essere interrogati dai terroristi ma la cosa che ci infastidiva di più erano le torri di guardia; sapevo già come sbarazzarmene ed infatti poco prima di girarmi per dire a Rivas ciò che doveva fare, mi batté un’altra volta sul tempo,salendo la scala della torre di guardia più vicina in modo da neutralizzare le nostre noie il più velocemente possibile. Nel frattempo mi mossi silenziosamente,sfruttando le pareti delle strutture per non essere visto, questa volta cercai anche di elaborare una nuova strategia: visto che le nostre ultime missioni d’infiltrazione erano andate letteralmente a farsi fottere, perché non eliminare direttamente le guardie in modo da non avere sorprese finali? Mentre ero avvolto in quei pensieri, per poco non rischiai d’essere avvistato da un j’avo che lentamente si stava dirigendo verso di me. Mi appiattì saldamente contro il muro drizzando allo stesso tempo le orecchie ed estraendo il mio K-BAR. Quando fui sicuro che fosse abbastanza vicino, sbucai dall’angolo afferrandolo da dietro e mettendogli una mano davanti alla bocca mentre gli tranciai di netto la carotide con l’altra con cui brandivo l’arma da mischia. Fatto ciò,lo adagiai lentamente sul suolo mentre il sangue scuro ed infetto gocciolava e scorreva pigramente dalla ferita inumidendo il terreno, quindi nascosi il cadavere in una zona poco visibile. La sinfonia delle creature notturne che avevo udito nel bosco si poteva percepire incredibilmente anche all’interno del campo di prigionia poiché si trovava vicino ad esso ed in quel caso potevo sfruttare la loro rumorosità per facilitare la mia infiltrazione. “A quanto pare non avevo solo sfortune!” Risi tra me. Ripetei la stessa operazione, fiaccando le altre guardie che pattugliavano l’area sfruttando anche le zone d’ombra per facilitare la mia infiltrazione. Fatto ciò,mi diressi al centro del campo,nascondendomi dietro ad alcune casse dove potevo vedere quattro uomini legati a diversi pali posti ad equa distanza l’uno dall’altro, prova evidente che gli j’avo stavano tentando di estorcergli qualche informazione preziosa. A condurre il “quiz” sotto un grande riflettore,vi era un j’avo d’elite affiancato da diversi compagni che imbracciavano i loro amati Kalashnikov. “Ti aspetti che io parli, brutta testa di cazzo?” disse una voce con pesante accento greco che riconobbi come uno dei prigionieri,seguito da uno sputo; aveva un grande coraggio a reagire in una situazione del genere ma in quei casi bisognava mantenere la calma in modo da prendere tempo; un prigioniero morto non sarebbe servito a nulla durante un interrogatorio. “ No soldatino! Mi aspetto che tu muoia!” Disse il j’avo d’elite per poi finire il prigioniero facendo schioccare il suo tentacolo sul volto del malcapitato ed infrangendosi con un schiocco umido,lasciando una grande macchia di sangue sul palo dove appena  prima si trovava la testa del prigioniero. Dovevo liberarli subito prima che questi bastardi gli avrebbero ridotti come carne macinata ed a quel punto mi venne in mente un’idea: era scontato assicurarsi se Rivas avesse tolto di mezzo le sentinelle sulle torri d’avvistamento poiché quasi difficilmente avrebbe fallito un incarico del genere, pertanto gli ordinai di posizionarsi in un punto dove avrebbe avuto modo di individuare i prigionieri e coprirmi, quindi mentre lui gli avrebbe liberati sparando alle catene con cui erano legati, mi sarei occupato dei loro aguzzini, non ci sarebbe stato il rischio di colpirli,in quanto avevano le mani dietro la schiena ed il ribalzo sulla catene avrebbe fermato il proiettile senza arrecare danno ai prigionieri. Appena sentì tuonare il Barret di Rivas, sbucai velocemente dal riparo facendo vomitare una tempesta di proiettili con l’M1A6 mentre i prigionieri restanti si tolsero dalla traiettoria di quest’ultimi,disarmando ed uccidendo i j’avo mancanti. Fatta piazza pulita, dissi a Rivas di raggiungermi per poi incontrarci con i prigionieri. “ Grazie per averci salvato! Se non era per voi a quest’ora saremmo già infilzati come dei polli!” disse uno di questi con pesante accento greco ansimando e tirando un sospiro di sollievo,dovuto alla tensione dell’interrogatorio appena subìto. “ Voi siete della resistenza BSAA,giusto? Cosa speravano d’ottenere da voi?” “ Volevano sapere se ci fossero altri soldati appartenenti al nostro stesso corpo d’armata ancora a piede libero. Da quando la Rebellion ha invaso il nostro paese con l’attacco lampo,i membri sopravvissuti come noi sono passati in clandestinità operando con tattiche di guerriglia. Non avevamo abbastanza uomini per sferrare un contrattacco decisivo. Speravamo che gli altri eserciti ci avrebbero mandato rinforzi.” Disse un altro con tono fermo ma allo stesso tempo malinconico quando pronunciò le ultime parole. “ I rinforzi ce li avete proprio qua davanti ma non sono quelli che vi aspettavate suppongo,ma d’altronde si sa: un uomo,un esercito ed in questo caso siamo in due” Dissi indicando con il pollice Rivas dietro di me che salutò i prigionieri con un cenno della mano. Sentì trillare il mio comunicatore e risposi: era il comandante. “ Cazzo ragazzi,che fine avete fatto? Non riuscivo più a seguire la vostra posizione! Dove siete finiti?” tuonò; sembrava un padre di famiglia che non sentiva il figlio per molto tempo. “Comandante, abbiamo scoperto un campo di prigionia nascosto all’interno del valico,vicino alla miniera. Ci sono diversi prigionieri appartenenti alla resistenza della divisone greca BSAA. Chiedo il permesso di portarli con noi e farli evacuare!” “ Mi dispiace,gli ordini non prevedono inserimenti esterni,quindi rispettate i parametri della missione senza discutere o modificare” “ Con il dovuto rispetto,glielo dobbiamo colonnello! Loro hanno combattuto fino all’ultimo per evitare d’essere invasi e per poco non ci rimanevano secchi; abbiamo dovuto salvargli da un interrogatorio dove quei bastardi avrebbero utilizzato qualsiasi metodo poco ortodosso per farli cantare e magari ottenuto ciò che volevano, avrebbero sfoderato un’altra delle loro piccole sorprese come quella dove ci rimasero secchi i miei uomini e per poco anche io e Rivas.” Dissi di rimando,alzando la voce; non potevo certo lasciarli marcire in quel fottutissimo posto anche perché molto probabilmente sapevano qualcosa sul nemico ed in tal caso le loro informazioni sarebbero state preziosissime in modo da fornirci il maggior supporto possibile per quanto concerneva la nostra attuale campagna. Ovviamente gli avremmo trattati con rispetto dato che si trattavano dei nostri stessi alleati! Risi tra me per la battuta. Ci furono diversi secondi di silenzio mentre rimasi in ascolto in attesa di una risposta finché sentì un lieve sbuffo: “ Va bene! Ma sbrigatevi, non dovete permettervi neanche un minimo errore! Ho appena mandato un elicottero diretto verso la vostra zona. Dovrebbe esserci una vasta zona pianeggiante appena a nord dalla vostra posizione. Uscite da lì e dirigetevi verso il punto d’estrazione alla svelta,passo e chiudo!”Terminò la comunicazione. In seguito, ordinai ai nostri nuovi compagni di seguirci e setacciammo il campo, con la speranza di trovare altri prigionieri, possibilmente vivi….

























 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

Esaminammo tutte le celle presenti nel campo liberando i prigionieri che appena ci videro varcare le soglie, sbatterono furiosamente con le loro mani sulle sbarre delle loro celle come se fossero dei cani rabbiosi che non mangiavano da molto tempo. Tuttavia durante il nostro compito, fummo anche spettatori di diverse immagini pietose; era il caso di coloro che non ce l’avevano fatta a resistere agli interrogatori e venivano lasciati marcire in cella in condizioni disumane. Tra queste immagini ve n’era una dove un corpo senza vita giaceva supino a pancia all’aria contorto in una posizione innaturale con la testa reclinata da un lato ed appoggiata ad un muro,diversi topi banchettavano su gli ultimi suoi resti rimasti che si decomponevano emanando un odore vomitevole. Eravamo in totale otto ed i prigionieri,ora sotto il nostro comando,si erano armati cercando di improvvisare il loro equipaggiamento con la roba che avevano trovato. Fatto ciò, ci dirigemmo verso l’uscita ma proprio in quel preciso istante, un esercito di j’avo composto anche da Gecko e Napad sfondarono il cancello d’ingresso caricando furiosamente verso di noi. Ordinai velocemente ai miei uomini di mettersi in copertura utilizzando l’oggetto più vicino ( ed anche più resistente ) per resistere all’assalto. Lanciai alcune delle mie granate rimaste per ottenere un vantaggio strategico: le granate accecanti erano le migliori contro le BOW; infatti pur essendo forti fisicamente, possedevano punti deboli talmente sensibili che sarebbe bastata perfino una schicchera per ucciderli! Poi c’erano quelle incendiarie, perfette per ammorbidire un gruppo di nemici compatto che si sarebbe sciolto come del formaggio fuso appena sfornato e servito sulle tortillias. Come ultimi gingilli ma non meno importanti, vi erano quelle a frammentazione: esse erano molto utili quando si voleva far crollare al suolo un nemico duro a morire, un terminator implacabile che non si sarebbe arreso a nulla pur di completare il proprio obbiettivo anche a costo di ferirsi mortalmente. Eliminato il comitato di benvenuto con nessuna perdita, ci dirigemmo velocemente verso l’uscita; in quel mentre baciai una delle mie granate, quei gingilli mi salvavano sempre la vita in situazioni davvero critiche! Appena uscimmo dal campo, diversi proiettili si infransero sul terreno,quasi vicino ai miei piedi. Alzai lo sguardo per vedere da dov’erano venuti: una misteriosa sagoma nera era posizionata in piedi su un collinetta erbosa a pochi metri da noi. Non ebbi modo di vedere altro a causa dell’oscurità ma ci mettemmo subito in posizione di difesa; sicuramente avrebbe avuto intenzioni tutt’altro che amichevoli. “ Vi stavo aspettando cari ragazzi! “ Disse con voce stridula e modificata probabilmente con un altoparlante. Improvvisamente,fece un ampio ed elevato balzo verso di noi atterrando in ginocchio,utilizzando una mano come base d’appoggio, ora potevo esaminarlo meglio: indossava una specie di tenuta da combattimento militare completa di colore blu scuro con indosso un elmetto ed una maschera antigas,accessoriata con due grandi occhi rossi. In quel preciso istante, mi sentì scosso da un fremito come se fossi stato appena folgorato da una potentissima scossa elettrica… Che si tratasse del leggendario Hunk? L’infame agente speciale della  ormai defunta Umbrella Corporation meglio noto  anche come l’Agente Morte? Ne avevo sentito parlare di lui,ascoltando le varie conversazioni tra i membri dei servizi segreti della US SOCOM: era a capo di una squadra speciale,inviata a Racoon City per eliminare le prove del disastro compito che aveva portato la trasformazione dell’intera popolazione in zombie assetati di sangue ed eventualmente far fuori gli eventuali sopravvissuti. Si diceva anche che quell’uomo ( e non ebbi mai la certezza di definirlo così dopo il salto anormale appena compiuto ) fosse sopravvissuto ad un’intera orda di quei morti viventi all’interno del sistema fognario di quella città,cercando di consegnare ai suoi superiori l’ultimo campione di virus G, variante del virus T che se iniettato tutto intero, poteva trasformare un normalissimo uomo in una bestia feroce che attaccava tutto ciò che si presentava sul suo cammino, polverizzando qualsiasi cosa. Ma dai! Non poteva essere lui! Quell’uomo doveva avere almeno cinquant’anni e mi sarei messo a ridere se a quell’età avesse fatto delle mosse del genere, a meno che non si fosse iniettato autonomamente il virus C che lo avrebbe reso un superuomo. Tuttavia le mie ipotesi potevano anche non essere giuste, un nuovo acquisto tra le fila della Rebellion? Mentre tentavo di trovare una risposta definitiva di fronte a quel problema, Rivas e gli altri si misero in assetto aggressivo, puntando le loro armi dritte davanti a loro mentre il soldato o qualsiasi altra cosa fosse stata avanzava lentamente verso di noi. “ è tempo di fare casino!” disse con voce acuta e stridula dietro la maschera. Non feci in tempo ad aprire bocca che i miei uomini cominciarono all’unisono a sparare. Il nostro nuovo nemico schivò con grande maestria e soprattutto con velocità quasi supersonica tutti i proiettili che gli venivano contro. Si avvicinò ad uno di questi sfoderando un coltello dal suo cinturino ed affondò la lama con rapidi e letali colpi, facendo lo stesso con gli altri soldati rimasti in piedi; il tutto durò pochissimi secondi, tant’è che quest’ultimi caddero uno dopo l’altro come tesserine del domino. Eravamo rimasti solo io e Rivas ancora in piedi,mentre il nostro nuovo nemico rinfoderò lentamente la sua lama nella fondina. Lo guardai mentre si lasciò sfuggire una leggera risatina diabolica; non persi altro tempo e reagì d’ impeto caricandolo ma sapevo già da subito che avevo appena fatto una delle mie solite cazzate: tentai di colpirlo con una spallata ma quest’ultimo mi prese per le spalle, bloccando il mio attacco da bisonte e mi mollò una forte ginocchiata sullo stomaco per poi alzare una gamba e farmi sbattere violentemente sul terreno con una headlock driver. Disteso a terra,la mia vista si annebbiò a causa della botta appena presa e cercai in tutti i modi di riprendermi, avevo dolori lancinanti al petto ed alla faccia e mi contorsi tastando con le mani i punti da cui provenivano i dolori,facendo allo stesso tempo la cosiddetta figura del cane di Mustapha. Adesso erano rimasti in piedi solamente Rivas e l’essere misterioso: erano l’uno di fronte all’altro completamente immobili, braccia lungo i fianci e gambe leggermente divaricate. Si scrutavano con attenzione cercando di non distrarsi per nessun motivo. Erano come due guerrieri pronti a combattere fino all’ultimo sangue per ottenere una gloriosa vittoria, un trionfo e solo uno di essi ne sarebbe uscito vivo. Mi misi sulla schiena, contorcendomi allo stesso tempo per il dolore  appena subìto. Anche se avevo fatto una pessima azione, mi sarei comunque divertito a vedere quell’incontro di lotta: Rivas era un maestro nel combattimento ravvicinato e questa volta ci sarebbe stata una grande sfida;avrebbe vinto? Dissi tra me mentre iniziarono a muoversi in circolo…
 









 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

Erano rimasti solo loro in piedi. Si scrutavano con attenzione sotto i loro volti celati, pronti a reagire appena uno di essi avesse fatto anche solo una finta per schernire l’avversario. Era una situazione seria ma allo stesso tempo mi affascinava: poteva trattarsi di un semplice incontro di wrestling o di un duello di un film,quando i pilastri di entrambi gli schieramenti si affrontano vendendo cara la pelle in uno scontro all’ultimo sangue. Il misterioso uomo mascherato alzò una mano facendo cenno a Rivas di farsi sotto,muovendo tre dita verso se stesso: “ Avanti! Vediamo di che pasta sei fatto!” Udite quelle parole, Rivas si lanciò contro il suo avversario: iniziò ad attaccarlo con un calcio da take kwan do andato a vuoto che venne parato dal nemico ma riuscì a centrarlo sul plesso solare con un veloce montante sinistro. Quest’ ultimo barcollò ma bloccò un altro assalto del mio partner,incastrando il suo braccio destro sull’incavo della sua spalla e torcendolo. Rivas perse l’equilibrio e cadde a terra ma si rialzò subito con una mossa di breakdance e colpì l’avversario alle gambe con una spazzata. Il misterioso nemico schivò, lo colpì alla testa con un calcio mettendolo al tappeto, quindi gli piantò un ginocchio alla gola per bloccarlo ma Rivas prese il suo braccio e lo incastrò insieme alla sua testa tra le gambe,sollevandole e stringendole facendo pressione sul  collo di quest’ultimo,bloccandolo in una presa di sottomissione. Il nemico si divincolò disperatamente nel tentativo di liberarsi, tuttavia cercò di liberarsi optando per una soluzione da bodybuilder:lentamente provava ad alzarsi, cercando allo stesso tempo di sollevare il mio partner… quello non era un combattimento, era un fottutissimo incontro di wrestling! “ Non così in fretta bello!”” esclamò con voce stridula dietro la sua inquietante maschera per poi liberarsi dalla presa facendo sbattere nuovamente Rivas per terra. Subito lo rialzò prendendolo per il colletto ma Rivas non fece attendere la sua risposta, gli mollò una violenta testata il cui colpo si sentì abbastanza forte; speravo proprio che gli avesse rotto un osso del cranio! “ Bene! Allora passiamo a qualcosa di più divertente ti va?” disse con una risata isterica estraendo il suo coltello seguito pochi secondi dopo da Rivas che sbatteva a tempo il dorso della sua lama sulla coscia,come se fosse un poliziotto antisommossa in attesa di entrare in azione. Il secondo round iniziò nel esatto istante in cui si caricarono l’un l’altro,facendo cozzare le loro armi bianche come se fosse un vero e proprio duello medioevale. Dopo appena due minuti d’efferato combattimento,da cui pareva che fosse passata un’eternità, lo scontro si portò in parità: Rivas venne ferito di lato ad una coscia,per poi venire atterrato dal rivale con un sgambetto sulle gambe,seguito da una proiezione. “ Uh oh! Pare che adesso sei in difficoltà pivello!” esclamò parandosi di fronte a lui in ginocchio, quindi impugnò saldamente le mani sulla presa del suo coltello per eliminare una volta per tutte il mio partner ma venne bloccato in tempo da quest’ultimo che lo tenne a distanza concentrando tutta la sua forza rimasta nelle sue braccia,causando un momento di stallo tra i due. Non avrei mai permesso a quel bastardo d’uccidere il mio amico! Non oggi! Ripresomi quasi completamente dai dolori subìti,estrassi la Samurai Edge dalla fondina ed impugnandola saldamente con entrambe le mani,feci esplodere quattro colpi, tre dei quali  si conficcarono nel corpo del nemico,facendo sollevare sottili e piccoli spruzzi di sangue che lo fecero barcollare di lato,dando a Rivas la possibilità di liberarsi,allontanandolo  poi con un calcio che lo fece cadere supino a pancia all’aria. Rivas ed io ci rimettemmo in piedi,con il primo che zoppicava leggermente a causa della ferita appena inflitta; avanzammo lentamente verso il farabutto che ansimava e gemeva,cercando di rimettersi in piedi. Continuavo a tenerlo sotto tiro mentre Rivas si mise in posizione di combattimento tenendo la punta del coltello rivolta verso il basso. “Metti le mani sopra la testa,ora!” abbaiai mentre la misteriosa figura si mise in piedi e lentamente alzò le mani; sarebbe stato meglio prenderlo vivo, come un cacciatore che vuole rivendere un rarissimo animale da lui catturato per poi ricavare un’immensa fortuna, ma sfortunatamente quello non era il nostro caso poiché la faccenda era più seria. In quei pochi secondi tuttavia, vidi qualcosa scivolare dalle sue mani:era un oggetto di piccole dimensioni di forma sferica… Che si trattasse forse di una bomba!? “Rivas,giù!” Urlai mentre una scintilla di modeste dimensioni esplose,seguita da una cortina fumogena che si espanse pigramente e velocemente allo stesso tempo,offuscando temporaneamente il nostro campo visivo. Mi rialzai lentamente da terra tossendo e agitando le mani davanti a me per scacciare via quella coltra di nebbia appena creatasi,barcollando a causa dell’esplosione. Lentamente, il fumo stava iniziando a sparire ma il nostro bersaglio era sparito; sapevo fin da subito che si sarebbe trattato di un diversivo per sfuggirci. Per ora poteva anche andarmi bene che fosse scappato ma dovevo subito accertarmi delle condizioni di Rivas. “ Stai bene?” dissi avvicinandomi a lui che mi assicurò facendomi un cenno con il pollice,mentre si era piegato in avanti per riprendere fiato e tastarsi la ferita ricevuta: non era grave,il coltello lo aveva beccato solo di striscio e non gli aveva causato danni particolari, grazie anche alle estenuanti ma efficaci sedute d’allenamento. Quell’idiota appena scomparso ora non era la nostra priorità poiché il nostro obiettivo prevedeva di scappare in fretta da quel letamaio, ma cosa avrei detto al colonnello dei prigionieri appena persi una volta tornato?












 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

Tanto per cambiare,ancora una volta avevo perso i miei compagni di squadra ma ormai ci avevo fatto l’abitudine a ciò. La cosa però che mi aveva lasciato sgomentato era l’incontro con quell’avversario misterioso; che fosse il braccio destro di Lord Kuarl? Oppure un semplice mercenario ingaggiato da quest’ultimo? Anche se era scappato,sapevo che lo avremmo incontrato presto; dalla brevissima prestazione che mi aveva offerto combattendo con Rivas,avevo intuito che quasi sicuramente sarebbe stato un osso duro da battere e che non si sarebbe arreso tanto facilmente. Proseguimmo lungo la strada aumentando leggermente il passo fino a correre visto che eravamo in ritardo sulla nostra tabella di marcia. Ovviamente dopo pochi metri si presentarono le prime difficoltà: una squadra di sei j’avo vennero verso di noi, sparando all’impazzata con i loro kalashnikov. Utilizzammo l’ambiente circostante come copertura, riparandoci dietro ad alberi e rocce per poi bersagliare i nostri nemici. Fatti fuori ,proseguimmo il nostro cammino fino ad arrivare ad un vicolo cieco,o quasi: vi era un pendio ripido e molto lungo costeggiato da diversi fili d’erba,rocce ed alcune piccole piante. Da lontano però,si poteva vedere anche la zona che dovevamo raggiungere. A quel punto mi venne in mente un ‘idea: sarebbe stata una pazzia ma era l’unica strada percorribile al momento, soprattutto poteva fungere anche come scorciatoia. In quel preciso istante,la mia ipotesi fu sostenuta ulteriormente dal momento che potevo sentire diversi passi dietro di noi; simbolo che i j’avo ci stavano inseguendo. Avrebbero fatto di tutto pur di catturarci,anche a costo di offrirsi come carne da cannone per compiere la loro famelica impresa. Non avevamo scelta, ora o mai più! Incrociai lo sguardo con Rivas che annuì ed all’unisono scivolammo sulla schiena lungo il pendio a velocità abbastanza elevata: in quel momento avrei voluto immaginare che fossimo all’interno di uno scivolo di un acqua park per cercare di mantenere la calma ma purtroppo spesso e volentieri, la fantasia aiuta fino ad un certo punto e quindi in circostanze come quelle,bisognava mantenere comunque la calma rimanendo saldamente con i piedi per terra,senza viaggiare con la mente su un altro pianeta. La risposta dei nostri inseguitori non tardò a manifestarsi: come se non fossero già di per sé abbastanza mostruosi, alcuni di loro mutarono le loro stesse parti inferiori in zampe da ragno e si tuffarono all’inseguimento, piegando le zampe verso il torace e scivolando al nostro stesso modo facendo crepitare i loro fucili d’assalto. Durante quella discesa infernale,estrassi la Samurai Edge per tenere lontani quei bifolchi, seguito da Rivas e cercando comunque di mantenere l’attenzione sul nostro percorso per evitare di spiaccicarmi come una frittella addosso ad un ostacolo,letteralmente parlando. Terminata la discesa,che pareva fosse durata un’eternità, ci facemmo largo tra la fitta boscaglia, udendo diverse imprecazioni e fischi di proiettili dietro di noi. Durante la corsa a perdifiato verso la nostra destinazione,sentì trillare il mio comunicatore: “ Stormbird a Strikers, stiamo sorvolando la zona d’estrazione. Ripeto stiamo per atterrare,passo! “ Strikers a Stormbird, siamo vicinissimi al punto d’estrazione ma avremmo bisogno di un piccolo aiutino visto che un intero esercito di J’avo ci è alle costole!” Dissi ansimando mentre correvo spremendo tutte le energie che avevo in corpo; ammettevo che in quella circostanza mi sarebbe piaciuto anche sfidare Usain Bolt, famoso corridore olimpionico giamaicano che per molte volte aveva mantenuto il primato nella disciplina concernente la corsa libera ma sicuramente in quella circostanza avrebbe avuto molta più fortuna di me, non solo perché ci avrebbe impiegato meno tempo a raggiungere la mia stessa destinazione ma anche perché non aveva un intero esercito alle calcagna. Di fronte a quei pensieri però avevo commesso una delle mie solite cazzate: mi perdevo sempre a pensare a quelle idiozie per prendere con più semplicità le situazioni rischiose e forse non avevo sentito la risposta del nostro angelo custode che ci sarebbe dovuto venire a prendere;avrebbero accettato? Usciti dalla foresta,ci ritrovammo in una vasta zona sabbiosa; eravamo arrivati a destinazione anche perché potevo vedere non molto lontano,uno Chinook CH-47 che lentamente stava atterrando a pochi passi da noi con la parte posteriore verso la nostra direzione; forse le mie richieste erano state accolte ma in caso contrario, proprio in quel momento,mi ricordai ancora che nel mio zaino avevo a disposizione ancora un’ultima granata accecante. Quindi richiamai l’attenzione di Rivas che capì subito le mie intenzioni mentre allo stesso tempo potevo vedere il portello posteriore dell’elicottero che si stava lentamente aprendo,abbassando la rampa; fra poco si sarebbe scatenato l’inferno! Quindi mi tuffai di schiena in avanti lanciando la granata mentre in quel momento tutto ciò che mi circondava parve muoversi al rallentatore: “ Ora Rivas!” urali mentre anche lui si tuffò nel medesimo modo sparando alla granata che esplose con un bagliore accecante che trapanò gli occhi dei nostri inseguitori causando anche gravi danni a coloro che avevano mutato le proprie parti del corpo,resistenti ma sensibili alla luce. Infine, la ciliegina sulla torta fu messa dai quattro soldati in posizione sulla rampa,tra cui Keith, che fecero vomitare una pioggia di pallottole contro i nemici rimasti,facendoli fuggire a gambe levate come galline spaventate all’interno di un recinto. Fatto ciò velocemente ci rialzammo e salimmo sull’elicottero che si librò in poco tempo in volo diretti verso la base. Io e Rivas ci mettemmo seduti, ansimando e respirando profondamente per riprendere fiato dopo quella estenuante corsa; forse le massacranti sedute d’allenamento fisiche giornaliere erano servite a qualcosa e per tanto ero appena riuscito a concludere che non erano  fine a se stesse solo per sviluppo fisico. Una volta ripresoci completamente, Keith si avvicinò: “Hey regà,ma i prigionieri che avevate liberato?” disse con il suo tipico accento dialettale del Texas. Scossi pigramente la testa di fronte a quella domanda che Keith  comprese e raccolse con lieve dispiacere. “ La sfiga purtroppo non ve da pace eh?” “Che ci vuoi fare,Keith. Ormai ci siamo abituati” dissi con tono stanco allargando un braccio mentre cercavo di godermi il viaggio verso casa. Anche se eravamo sopravvissuti, a differenza di Rivas mi sentivo più morto che vivo in quel momento ed infatti c’era mancato davvero poco che ci potessi rimanere secco: dal combattimento con la figura misteriosa che per ora aveva battuto in ritirata fino all’ostinato inseguimento da parte dei j’avo che addirittura si picchiavano fra di loro per catturarci o ucciderci, come se fossimo valsi una lauta ricompensa.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23

Ancora una volta, i nostri sforzi avevano inflitto un altro duro colpo alla Rebellion. Tuttavia, anche se eravamo riusciti a sopravvivere miracolosamente a quella serie di peripezie ma soprattutto alle eventuali avversità meglio note come eventi sfortunati che si erano presentati fino ad ora  ,c’era qualcosa che mi aveva fatto incuriosire; infatti dopo quella missione,avrei voluto sapere  molto più approfonditamente la tipologia di nemico che stavamo affrontando. Così come tutti gli altri miei colleghi, sapevamo già che i soldati della Rebellion erano infettati dal virus C e che tale effetto poi trasformava quest’ultimi in j’avo,donando diverse abilità quali una maggiore forza e resistenza fisica rispetto ad un normalissimo essere umano,facendo comunque mantenere allo stesso tempo le facoltà razionali ma non del tutto,visto che la violenza era il primo sintomo che si manifestava dopo l’iniezione di quest’ultimo. Fortunatamente la BSAA e la US SOCOM disponevano di vari settori in cui si studiavano determinate materie legate al bioterrorismo, ormai minaccia reale e concreta,frutto dell’evoluzione del vecchio e classico terrorismo,nato agli albori del ventunesimo secolo. In tempi come questi, la collaborazione tra queste due agenzie era molto importante,non solo perché combattevano la minaccia seguendo le loro tecniche d’azione ma anche perché  la US SOCOM  oltre a svolgere diverse attività di spionaggio, aveva anche settori scientifici specializzati per esaminare più da vicino la situazione in cui era coinvolta. Tutte le informazioni elaborate  venivano poi passate alla BSAA che,tramite i dossier forniti, elaborava una strategia su come ingaggiare ed attaccare il nemico,grazie ai consigli ed alle tattiche presenti all’interno di quest’ultimi. Un esempio concreto di ciò, potevano essere le debolezze dei j’avo o perfino delle BOW che d’altro canto ero riuscito a scoprire da solo per puro caso,grazie anche ad un pizzico di fortuna durante le mie svariate missioni. I giorni successivi alla missione li passai come di consueto ad allenarmi ma appena ebbi un po’ di tempo libero,ne approfittai per studiare ciò che volevo sapere. Una cosa che ammiravo molto della BSAA e della US SOCOM non era solo la loro capacità nel gestire situazioni del genere quanto al fatto che dava la possibilità anche a chi prestava servizio di studiare altre materie e discipline,come se fosse una comunissima  università. Già quand’ero piccolo, avevo sentito parlare d’ un servizio simile all’interno della STARS, una squadra speciale di polizia militare che ebbe la sfortunata sorte d’essere la prima ad affrontare la minaccia del virus T, antenato del pericolassimo ed attuale virus C. Quest’ultima poi, aveva iniziato una campagna di reclutamenti all’interno delle scuole,precisamente per gli alunni e gli studenti degli ultimi anni di liceo che oltre ad arruolare giovani reclute, dava anche la possibilità di continuare gli studi all’interno dell’organizzazione stessa,ispirandosi ad un normalissimo sistema  universitario. Stesso discorso si poteva fare per la US SOCOM e la BSAA. Infatti,a causa della minaccia bioterroristica che incombeva attualmente nel globo, tutti i governi aderenti a queste organizzazioni avevano reintrodotto la leva obbligatoria ma questa volta c’era una novità: così come aveva fatto la STARS, si avrebbe avuto la possibilità di continuare gli studi all’interno delle organizzazioni stesse. Mi piaceva questo tipo d’organizzazione; infatti si avrebbe anche avuto modo di studiare ciò che interessava a coloro che prestavano servizio all’interno di quest’ultime, senza rimanere indietro con i propri studi ed interessi,unito poi al fatto che avrebbero avuto la possibilità di sviluppare una difesa personale grazie all’addestramento militare, una sorta di apprendimento ad angolo giro sotto tutti i punti di vista. Nel mio caso,appena finite le superiori,mi arruolai nutrendo allo stesso tempo la passione per le lingue,in particolar modo lo spagnolo e l’italiano anche se in parte quest’ultima riuscivo un po’ a parlarla, grazie anche al servizio di collegamento che avevo svolto all’interno della divisione italiana della BSAA,precisamente durante la battaglia di Roma. Un giorno che non ebbi compiti particolari da svolgere,decisi di andare al palazzo della US SOCOM insieme a Rivas per avere una conoscenza più approfondita sul virus C. L’edificio che ospitava la succursale della US SOCOM la cui sede centrale era ubicata a Tampa, in Florida,era posizionato a pochi passi rispetto alla nostra base e si presentava come una struttura in vetro di colore nero di medie dimensioni,a forma di paralellepipedo. La luce del sole del tardo mattino veniva riflessa dai pannelli di vetro delle finestre,mandando lame di luce in diverse direzioni che potevano oscurare temporaneamente il campo visivo di una persona. Indossavamo semplici felpe militari con mimetica desertica,anfibi e cappello con la visiera mentre Rivas completava il suo abbigliamento con il suo solito passamontagna con il ghigno scheletrico per nascondere il suo sfortunato volto sfigurato. Varcammo la soglia d’ingresso e fummo subito accolti dall’ordinata ma allo stesso tempo movimentata attività lavorativa della sede. Diversi studenti ma anche insegnanti, funzionari ed altri impiegati si muovevano in tutte le direzioni: chi di corsa perché era in ritardo fino a coloro che si concedevano un momento di pausa,gustando diverse merendine servite con caffè o altre bevande e chiacchierando in compagnia dei propri colleghi di lavoro. Il nostro compito però,concerneva nel trovare alcune informazioni che ci dessero la possibilità di studiare più da vicino il Virus C e per questo chiesi alla segreteria se era presente la dottoressa Rebecca Chambers. Anche se la mia passione principale era quella di studiare le lingue,non mi sarebbe dispiaciuto affatto interessarmi anche un po’ di medicina. Principalmente il settore che riguardava le malattie infettive era quello che  mi suscitava più interesse. Infatti, anche a me sarebbe piaciuto scoprire come si formavano ( o creavano in quel caso ) determinate patologie, come si componevano ma soprattutto se ci fosse stato modo di sviluppare un vaccino o ancora meglio una cura per queste malattie mortali. Ottenuta la risposta, proseguimmo il nostro cammino verso il terzo piano dell’edifico dove avremmo avuto modo di incontrare la dottoressa che aveva appena concluso una delle sue lezioni concernerete lo sviluppo delle tecniche curative nel tempo fino ad oggi. Quindi prendemmo l’ascensore ed una volta arrivati,ci incamminammo verso l’aula dov’era situata la dottoressa.





 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24

La dottoressa Rebecca Chambers, la cui piccola statura poteva tradire la sua età,aveva circa trentacinque anni e così come molti altri membri della US SOCOM e BSAA, aveva avuto modo di essere una delle prime ad affrontare la minaccia del T virus in prima persona. Era poco più piccola di me quando fu inviata nel 1998 sulle montagne Arklay nei pressi di Racoon City, insieme alla squadra Bravo della STARS,lo stesso corpo di polizia militare di cui fecero parte anche il colonnello Redfield e sua moglie Jill. Il loro compito consisteva nell’indagare su alcuni incidenti misteriosi verificatosi in quella zona e stendere un rapporto completo sulla situazione. Durante la missione,si scoprì che la causa di tali incidenti fu appunto la fuoriuscita  del misterioso virus,con la conseguente infezione di tutti gli esseri viventi presenti in prossimità della zona,trasformandoli in mostri assetati di sangue e carne umana. A causa dell’imprevedibilità della situazione, quasi tutti i membri della squadra Bravo furono massacrati da quest’ultimi ed alcuni di essi fecero addirittura una fine pietosa, trasformandosi come loro. Durante le indagini, la dottoressa incontrò un giovane tenente dei marines chiamato William “Bill” Coen, condannato a morte per aver ucciso ben ventitré persone durante un’operazione militare in Africa, o almeno così riferivano le fonti in quel momento. Tuttavia si venne a sapere solamente più tardi che in realtà il giovane era stato incastrato dai suoi stessi compagni per essersi rifiutato di obbedire ad un ordine: il loro obiettivo infatti consisteva nel recuperare alcuni oggetti di vitale importanza,caduti in mano ad un gruppo di guerriglieri locali ma causa dell’inesattezza e soprattutto all’imprecisione delle informazioni ottenute, la squadra si ritrovò davanti ad un semplice e tranquillo villaggio la cui descrizione non rispettava per nulla i loro obiettivi e parametri della missione. Il comando ordinò comunque di attaccare il bersaglio ma il tenente si rifiutò e per questo condannato alla pena capitale. La sera stessa in cui si verificarono gli incidenti, il furgone incaricato di scortare quest’ultimo verso il luogo della sua esecuzione, fu preso di mira dagli infetti,in particolar modo dai cerberus, cani che avevano contratto il virus che causava patologie simili alla rabbia. L’intero equipaggio fu ucciso mentre il tenente Coen riuscì a sopravvivere,rifugiandosi all’interno di un treno e proprio in quella zona, incontrò per la prima volta la dottoressa Chambers, salvandola mentre era quasi completamente circondata dagli infetti. Così,anche se la dottoressa non si fidava del tutto di colui che l’aveva appena salvata, furono entrambi costretti a lavorare insieme per sfuggire a quell’incubo. Dopo vari ed efferati combattimenti contro orde di nemici ed entità che solamente una mente malata sarebbe stata in grado di immaginare,riuscirono a sopravvivere: per esprimere la sua gratitudine, la ragazza decise di falsificare il rapporto che avrebbe dovuto consegnare ai suoi superiori,dicendo che il prigioniero sarebbe stato ucciso sul posto, anche se ciò non sarebbe stato necessario in quanto vi erano documenti che provavano l’innocenza di quest’ultimo che furono trovati all’interno della villa presente sulle montagne,da cui fuoriuscì il virus ed infatti si scoprì poco dopo,che quell’edifico ospitava un laboratorio segreto. Tuttavia quell’evento fu solamente la punta dell’iceberg. Infatti la STARS decise di inviare la squadra Alpha per riprendere i contatti persi con quella precedente. La ragazza riuscì comunque a cavarsela,facendosi aiutare dai sopravvissuti rimasti come l’esperto di comunicazioni Richard Aiken ed il loro capo squadra italo-americano Enrico Marini. Tuttavia neanche loro furono fortunati e così la giovane fu costretta a rimanere al sicuro chiusa in una stanza della magione in attesa dei soccorsi. L’operazione,nonostante vari problemi dovuti al tradimento del capo squadra Wesker ed alcune perdite,andò a buon fine. Dopo quell’operazione, Rebecca mise in pratica tutte le sue conoscenze mediche sul campo per sconfiggere l’organizzazione che si celava dietro a tutto ciò: la Umbrella. A differenza di tutte le altre normali aziende, quest’ultima con i soldi che era riuscita a guadagnare grazie allo sviluppo del virus, non solo faceva grandi affari con i gruppi terroristici e criminali mondiali, ma addirittura era in grado di corrompere perfino i politici, infiltrandosi tra le più alte sfere del governo,una cosa che fino ad ora appariva utopica e presente solamente nei romanzi di spionaggio. Successivamente, nonostante la distanza d’anni, Rebecca trovò il modo di ricontattare il tenente Ceon e dopo un paio di mesi,decisero di trasformare il loro rapporto d’amicizia in una storia d’amore. Attualmente non erano sposati ma convivevano insieme: Lei,dopo lo scioglimento della STARS,venne contatta dai servizi segreti della US SOCOM su segnalazione dell’attuale funzionario Leon Scott Kennedy grazie alle sue conoscenze in campo medico, mentre il suo fidanzato dava una mano all’interno della BSAA svolgendo diverse attività. La porta era aperta ma per educazione,bussai comunque leggermente con un dito; la dottoressa sollevò la testa di scatto puntando i suoi occhi verde smeraldo verso me: “Gregory!” Prego,accomodati!” disse con tono amichevole; nonostante l’età,aveva ancora atteggiamenti da ragazza che comunque erano apprezzabili. Mi diressi verso la cattedra seguito silenziosamente da Rivas,quindi ci sedemmo di fronte a lei. “ Che posso fare per te?” disse mentre era occupata a compilare alcune scartoffie presenti sul tavolo. “ Nulla di speciale. Recentemente mi è nata la curiosità di studiare più da vicino il Virus C. So che apparentemente può apparire strano visto che le informazioni di base sono a conoscenza di tutti dal primo giorno di lavoro ma vorrei avere una conoscenza più approfondita.” La dottoressa annuì con tono d’assenso mentre continuava a scrivere. Alla fine,posò la penna e mi rivolse il suo sguardo giovanile: era leggermente truccata sul viso e non vi era neanche una ruga;da quel che si diceva tra le file della US SOCOM e BSAA sembrava che fosse rimasta tale e quale come quando aveva diciotto anni, non era cambiata d’una virgola. “Perché dovrebbe essere strano? Se sei interessato buon per te! Anzi fai bene a scoprire l’origine ed eventualmente i punti deboli del virus. Il soldato del futuro non è solo quello che combatte ma soprattutto è colui che si pone versatile a seconda della situazione” disse con una voce bassa e leggermente timida abbozzando un lieve sorriso; stesso discorso si poteva fare anche per la sua voce che poteva ingannare la sua età. Detto ciò,si alzò e ci invitò a seguirla verso la biblioteca della struttura,dove avremmo avuto modo di informarci e documentarci meglio su ciò che ci interessava. Prendemmo l’ascensore per arrivare al quarto piano,quindi dopo aver attraversato diversi dedali di corridoi con gente che camminava in tutte le direzioni arrivammo a destinazione,varcando la soglia della biblioteca…

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25

La biblioteca era situata in una stanza abbastanza grande: non era molto ampia ma confortevole.  Gli scaffali su cui erano posati i libri  erano alti poco più di due metri e la collocazione di quest’ultime trasformava alcune sezioni della biblioteca come se fossero piccoli labirinti. Vi erano diversi tavoli di forma rettangolare ed alcune poltrone messe attorno ad altri tavoli  più piccoli di forma circolare che i frequentatori utilizzavano per svolgere i loro studi e compiti. Regnava un silenzio tombale,la cui perfezione venne tradita dal leggero fruscio delle pagine sfogliate,seguite poi da rumori di penne,matite oppure dai lievi rumori di coloro che studiavano ascoltando la musica con le cuffie. Qualche volta mi chiedevo come facevano determinate persone a concentrarsi,utilizzando elementi che allo stesso tempo paradossalmente potevano causare distrazioni quali la musica o la televisione,ma tuttavia non ero ancora riuscito a trovare una precisa risposta. Seguimmo la dottoressa,la cui piccola statura gli conferiva una camminata veloce per poi arrivare ad un bancone,in cui vi erano due custodi di sesso opposto di mezza età che gentilmente risposero alle nostre domande. Quindi,dopo aver scambiato qualche rapida parola con loro, la seguimmo verso uno scaffale posto a pochi passi dal bancone: dalle targhette che si potevano leggere sui bordi dei ripiani, si poteva capire la tipologia di materia. La dottoressa, dopo averne esaminati alcuni, si mise in punta di piedi per compensare la sua statura per poi allungarsi e prendere due libri di testo dove avremmo avuto modo di trovare le informazioni che facevano al caso nostro. “Qui troverete le informazioni di cui avrete bisogno per il vostro approfondimento personale. Se ci sono problemi non esitate a chiamarmi!” Disse consegnandoci i libri di testo ed abbozzando un sorriso a labbra chiuse. “ Ora devo assolutamente andare. Ho un importante colloquio con i colleghi,a dopo!” disse mentre tirava fuori dalla tasca il suo smartphone e scriveva un messaggio,dirigendosi verso la porta da cui eravamo entrati. Detto ciò, trovai un posto libero su cui mi sarei potuto sedere per studiare con calma il nostro argomento mentre Rivas preferì utilizzare un computer che si trovava su tavolo posto davanti ad uno sgabello, molto probabilmente per facilitare il suo studio. Presi uno dei libri che mi aveva consegnato la dottoressa ed iniziai a sfogliare le pagine, fino ad arrivare ad un capitolo con il titolo scritto a caratteri cubitali nero su bianco: Virus C. I paragrafi che descrivevano quest’argomento erano scritti e spiegati molto bene con un linguaggio di stile medio ed abbastanza semplice, in modo che li potessero comprendere anche lettori non competenti in materia. Innanzitutto, i primi paragrafi spiegavano com’era nato questo tipo di virus: prima di ciò, vi erano infatti altri tipi come il T ,il G e La Plaga. Questi tre potevano essere considerati come gli antenati del virus C che tramite specifiche modifiche o potenziamenti potevano creare altri ceppi ancora più letali: la creazione di quest’ultimo era frutto dell’unione di questi tre agenti patogeni il quale poteva infettare gli individui in due modalità: la prima consisteva nel diffondere il virus in modo aeriforme tramite una nube di gas di colore bluastro in cui coloro che inalavano anche solo una piccola particella di quest’ultima, si trasformavano in zombie con effetti simili a quelli del virus T ed inoltre, la diffusione di questo gas letale era favorita da un’apposita arma bio-organica chiamata Lepotitsa:una creatura tozza e deforme con la pelle viscida in grado di spruzzare diverse quantità di gas tramite alcuni pori posti sul proprio corpo. La seconda modalità invece, consisteva nell’infettare l’individuo con una semplice dose per esempio tramite siringa; una volta infettato, il corpo ospitante reagiva donando capacità motorie e fisiche con prestazioni decisamente maggiori rispetto ad un normalissimo essere umano, trasformandolo appunto in j’avo che in lingua serba vuol dire demone. Inoltre questa modalità era vantaggiosa non solo per il fatto che lo j’avo manteneva le proprie facoltà razionali, ma possedeva anche la capacità di rigenerare parti del corpo che subivano gravi danni: oltre a riparare le zone danneggiate, il virus agiva su quest’ultime potenziandole in modo tutt’altro che regolare ( e forse anche esageratamente ); un esempio di ciò potevano essere i tentacoli che potevano sbucare dalle braccia oppure altri arti che donavano capacità animalesche come ad esempio la mutazione sottoforma di zampe di ragno. Agli albori di questa minaccia causata dalla Neo Umbrella nel 2013, la BSAA non era ancora abituata a combattere contro avversari del genere, salvo una ridotta percentuale di soldati come il mio superiore che aveva già avuto modo di affrontare una minaccia simile in Sud Africa. Grazie poi alla sua esperienza ma soprattutto alle sue abilità, la BSAA riuscì a sviluppare delle particolari strategie su come affrontare questo tipo di nemico; il fattore rigenerante poteva anche rappresentare un problema ma aveva un punto debole: prima d’entrare in azione sulla parte corporea danneggiata, il virus impiegava diversi secondi prima di reagire completamente ma soprattutto poteva concentrarsi solo su un arto per volta. Quindi, la migliore tattica consisteva nel crivellare lo j’avo prima che potesse mutare forma fino ad ucciderlo del tutto e se possibile, privarli dei loro arti tramite combattimenti corpo a corpo, in modo da risparmiare anche proiettili e munizioni. Attualmente, la seconda modalità d’impiego del virus C risultava dominante rispetto alla prima poiché la creazione di super soldati, facilitava alle organizzazioni terroristiche mondiali la conquista del mondo e dovetti ammettere a malincuore, che su questo punto di vista la Rebellion aveva fatto una scelta oculata. Per facilitare la spiegazione dell’argomento, vi erano diverse immagini e disegni che raffiguravano le tipologie di infetti: poteva sembrare un paradosso ma quelli che mi fecero venire di più i brividi furono proprio gli zombie;non avevo mai avuto modo di affrontarli ma ebbi la possibilità di ascoltare resoconti di alcune missioni dell’agente segreto ed attuale funzionario della US SOCOM Leon Kennedy che recentemente aveva affrontato nemici del genere, precisamente due anni fa, combattendo contro la Neo Umbrella. Mentre leggevo,potevo esaminare anche le diverse immagini presenti nelle pagine, il cui scopo serviva a facilitare la spiegazione di quest’ultimi: sembravano delle vere e proprie creature infernali uscite da qualche portale demoniaco; mi chiedevo come Leon avesse avuto il coraggio di affrontarle, soprattutto se si fosse trovato con le spalle al muro all’interno di un vicolo cieco completamente accerchiato; solo a guardarle mi venivano i brividi. Passai circa un’ora a studiare il resto, concentrandomi ed evidenziando gli aspetti più importanti che mi sarebbero potuti tornare utili, consultandomi talvolta  anche con Rivas che riuscì a trovare altre informazioni interessanti. Guardai infine il mio orologio da polso: il tempo era trascorso molto velocemente ed infatti dai crampi allo stomaco appena manifestati in quel momento, capì subito che era l’una passata e che quindi una piccola pausa pranzo non mi avrebbe certo fatto del male. Rimettemmo i libri al loro posto,quindi uscimmo dalla biblioteca per dirigerci al bar dell’edificio in modo da poter mettere sotto i denti un semplice tramezzino, accompagnato da una bella bibita rinfrescante…

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26

Il misterioso uomo mascherato imboccò a passo svelto il lungo corridoio, abellito con insegne e manifesti del simbolo della Rebellion: un pugno rosso che si stagliava su uno sfondo circolare bianco,rappresentazione della lotta contro l’abuso di potere,l’oppressione dei più deboli ed altri ideali che rispettavano similmente gli stessi  delle organizzazioni terroristiche appartenenti a quest’alleanza. Erano considerati i fautori di un nuovo ordine mondiale, libero da qualsiasi forma di negatività e disparità sociale. Quando venivano interpellati dai media, oltre a giustificarsi con ciò, enunciavano anche che la diffusione dell’agente patogeno noto come Virus C non era per niente una minaccia anzi, una sorta di “medicina” per rimuovere le malattie ed i cancri della società moderna, donando a tutti gli individui le stesse opportunità senza distinzioni e discriminazioni. Già negli anni passati, l’ISIS aveva minacciato alcuni paesi d’Europa compiendo diversi attentati con effetti abbastanza gravi e demoralizzanti: a patire questa cattiva sorte per prima  fu Parigi,la capitale della Francia. I terroristi, per vendicarsi dei diversi obiettivi chiave distrutti dalle forze armate francesi tramite una serie di blitz aerei, reagirono facendo esplodere diversi ordigni nella capitale che costarono la vita a migliaia di persone,ripagandoli con la loro stessa moneta: se il nemico portava via qualcosa di importante a qualcuno, colui che reagiva aveva il diritto di beffarlo allo stesso modo, anche reagendo con maniere poco ortodosse; questa era la loro legge di giustizia. Dopo questi tristi avvenimenti, il presidente François Hollande non si perse d’animo e chiamò a raccolta tutti i paesi europei per intensificare le azioni di guerra contro questa minaccia, chiedendo spesso supporto anche agli Stati Uniti ed alla Russia che però già da tempo avevano vari dissidi, in particolar modo per quanto concerneva la situazione dell’Ucraina, devastata da una guerra civile tra nazionalisti e separatisti filo-russi. Approfittando di questi momenti di difficoltà, l’ISIS colse la palla al balzo, alleandosi con le principali organizzazioni terroristiche mondiali ed unificandole sotto un’unica alleanza che si sarebbe ribellata contro tutte queste difficoltà, chiamata appunto Rebellion. Infine, in poco tempo, riuscirono anche ad ottenere diversi campioni del virus C dal mercato nero, scambiandolo con una risorsa importantissima che spadroneggiava sul mercato soprattutto in tempi di guerra, che solamente i paesi sotto il controllo dell’ISIS potevano vantare in quanto considerati i maggiori esportatori: il petrolio, fulcro di ogni attività economica. Grazie a questi grandi vantaggi e concessioni che si poteva permettere solo l’ISIS, venne riconosciuta all’unanimità dalle altre organizzazioni terroristiche alleate come il comandante supremo della Rebellion. Per il misterioso uomo, lavorare in un’organizzazione come quella era un onore ma allo stesso tempo uno svantaggio: essendo un mercenario d’alto ingaggio che la Rebellion poteva tranquillamente soddisfare, preferiva agire secondo i propri metodi e se possibile anche con maniere poco ortodosse. Detestava obbedire agli ordini e secondo la sua filosofia di gioco non importava come si raggiungeva un obiettivo ma bastava semplicemente completarlo con qualsiasi mezzo fosse stato necessario: “Il fine giustifica sempre i mezzi”, amava ripetere spesso la frase di Niccolò Machiavelli. Raggiunta la porta sorvegliata da due j’avo corazzati, si fece riconoscere, quindi dopo un grugnito d’assenso da parte di uno dei due,ebbe il permesso d’entrare: la stanza era enorme,fatta con  pareti grigio metallo e ricoperte dalle stesse insegne che erano presenti nel corridoio. Ai lati vi erano diverse console che emettevano rumori e suoni elettrici, con schermi che raffiguravano diverse informazioni, probabilmente sul fronte di battaglia oppure sui diversi esperimenti condotti sul virus,dato che la fortezza allo stesso tempo era un enorme laboratorio. A circa otto metri di distanza vi era una piccola scrivania in mogano, con davanti una poltrona girevole ma colui che il mercenario avrebbe dovuto incontrare non sedeva lì; l’imponente figura infatti si trovava con la schiena rivolta verso di lui che osservava il cortile della sua fortezza da un grande vetro di forma rettangolare, con le mani intrecciate dietro la schiena. Quando capì che il suo ospite fu entrato, si voltò lentamente, dirigendosi verso il tavolo. Non si sedette,ma si incurvò leggermente in avanti poggiando le mani sulla scrivania mentre fissava con i suoi occhi rosso demoniaco il mercenario: “Avevi un solo obiettivo…. Un solo fottuttissimo obbiettivo da svolgere!” sbottò Lord Kuarl sbattendo il suo braccio mutato sul mobile, facendo volare per terra diversi fogli e rapporti mentre fissava il suo ospite con sguardo rabbioso, simile ad un cane con la bava alla bocca. “ Ho fatto quel che potevo. Non mi erano state date informazioni abbastanza precise sul duo che stava sconvolgendo i vostri piani.” Disse con tono arrogante il mercenario che nel frattempo, aveva preso posto sedendosi su una sedia e mettendosi completamente a proprio agio, allungando le gambe sulla scrivania. “ A quanto pare la tua fottuta pubblicità non ha funzionato. Dicevi d’essere il migliore ed allora come mai stai sudando sette camicie per farli fuori? Si tratta solo di due pivelli che dalla loro parte hanno solo una grande e maledettissima fortuna!” proseguì Lord Kuarl con la sua voce metallizzata dovuta alla maschera. “Ah! E cosi sarei solo un semplice soldatino? Ti ricordo che senza di me i tuoi uomini non varrebbero nulla! Neanche se gli dovessi somministrare la più massiccia dose di virus che li renderebbe più forti di Superman! Anche se infetti, fuggirebbero come un gruppo di galline impazzite!” disse con tono tranquillo il mercenario. Lord Kuarl lo squadrò per un momento: in teoria avrebbe potuto farcela anche da solo,scendendo personalmente sul campo di battaglia e guidando i suoi uomini sotto l’insegna della vittoria ma una mancata impresa del genere non era dovuta né alla pigrizia né alla insicurezza; più che altro aveva in mente un piano ben preciso che avrebbe richiesto la sua permanenza all’interno della fortezza: infettare il mondo intero con delle potentissime testate nucleari imbevute di virus C che avrebbero sterminato ed infettando tutta la popolazione del globo, rendendo la Rebellion padrone assoluta del pianeta. In parole povere, per ora conveniva lasciar fare il lavoro sporco a membri esterni anche per tenere impegnati gli oppositori in attesa del giorno del giudizio. “ Usa qualsiasi mezzo necessario per sbarazzarti di quei due bifolchi!Vivi o morti ma basta che spariscano dalla faccia della terra!” Sbraitò lord Kuarl fissandolo con i suoi occhi demoniaci. Il mercenario rimase impassibile come prima, rimanendo seduto nella stessa posizione di prima senza scomporsi neanche di un millimetro. Quando fu sicuro che la conversazione ebbe fine si alzò lentamente dalla sedia e prima di andare disse: “ Cercherò di fare del mio meglio. Quei due stanno vendendo cara la pelle ma a quanto pare hanno trovato pane per i loro denti; un acquirente disposto a tutto pur di farli fuori” e terminò il tutto con una leggera risata. Al termine del’animata discussione, lord Kuarl tornò a fissare il paesaggio che si affacciava dalla sua grande finestra; voleva a tutti i costi raggiungere il suo obiettivo senza interferenze esterne di nessun tipo. Presto grazie al suo folle progetto sarebbe nata una nuova era in cui i più deboli avrebbero schiacciato definitivamente i più forti; coloro che abusavano del loro potere per ricavare vantaggi da altri che invece tentavano di guadagnarlo meritatamente invano con il sudore della fronte. Anche lui aveva sperimentato sulla propria pelle una situazione simile: era stato abbandonando dai suoi stessi compagni che avevano giurato reciproco aiuto tra loro, soprattutto in casi estremi ma a quanto pare si sbagliava: nel momento in cui si era trovato in difficoltà era stato abbandonato al suo stesso destino ed ora giurava vendetta contro coloro che non lo avevano rispettato, in particolare con una determinata persona che molto probabilmente era l’unica che in quel momento aveva avuto il coraggio di sfidarlo…

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27

La parte centrale dell’Europa era praticamente libera e l’esercito della Rebellion stava progressivamente retrocedendo verso le proprie linee,cercando di ristabilire un nuovo fronte sul campo di battaglia Tuttavia, anche se avevamo quasi le sorti della battaglia in pugno, dovevamo comunque agire con moderazione eseguendo scrupolosamente gli ordini senza agire di propria iniziativa per evitare spiacevoli sorprese come quella del  sottoscritto in cui avrei dovuto catturare vivo uno dei luogotenenti della Rebellion, dove persero la vita diverse decine di uomini sotto il mio comando a causa di un attentato con effetto sorpresa: da questa esperienza infatti, sia me stesso che gli ufficiali della BSAA avevamo imparato che, anche se il nemico avesse avuto le spalle al muro, avrebbe comunque cercato di liberarsi con qualsiasi mezzo poco ortodosso; in parole povere, con il virus C dalla loro parte anche un solo uomo avrebbe potuto respingere un’intera squadra. Ciò significava che erano pericolosi e forti ma non invincibili ed infatti l’unica cosa che mancava a quest’ultimi era l’intelligenza o “deficienza d’intelligenza” come piaceva chiamarla a me. Per quanto concerneva i risultati positivi ottenuti grazie alle nostre vittorie, non era solo merito mio e del mio compagno Rivas che svolgevamo missioni speciali dietro le linee nemiche, ma anche grazie ai nostri compagni che si impegnavano al massimo, combattendo fino all’ultimo al fronte: noi facilitavamo i compiti infliggendo pesanti perdite al nemico con azioni d’attacco e sabotaggio mentre i nostri alleati facevano il resto, ponendo la ciliegina sulla torta e dividendo equamente il prezzo della gloria. Non mi sarebbe piaciuto prendere tutto il merito della vittoria anche perché solamente per caso, io ed il mio compagno eravamo stati scelti per compiere missioni d’alto rischio; era vero che comunque ci distinguevamo dagli altri perché preferivamo agire secondo i nostri metodi senza mai entrare in contrasto con i nostri superiori, ma non avevamo nulla di speciale rispetto ai nostri colleghi. Tuttavia questo fatto non mi disturbava affatto anzi,andavo fiero che finalmente qualcuno apprezzasse le mie virtù ed abilità ma la cosa che mi sorprendeva di più era com’ero riuscito a fare tutto ciò contando in alcune circostanze solo ed esclusivamente sulle mie forze: mi facevo quasi paura da solo. A pensare che ero solamente un novellino quando entrai e di conseguenza venni trattato come tale. Di solito chi entrava poteva sembrare un tipo imbranato e distratto ed infatti l’esercito serviva proprio a questo: trasformare frivoli e timidi ragazzi in veri uomini competenti e responsabili, non macchine da guerra ma veri uomini, capaci di affrontare qualsiasi tipo di situazione e cercando di risolverla impegnandosi al massimo, questo fu uno dei tanti motivi che mi spinse ad arruolarmi. Mi ricordavo ancora il mio primo giorno al campo d’addestramento: avevo appena finito le superiori ed ero vestito con l’uniforme militare formale per incontrare il comandante Redfield che mi avrebbe introdotto nell’ambiente militare della BSAA. Non ero ancora abituato a quel tipo d’ambiente ed in un primo momento mi sentivo a disagio ed intimidito dalla realtà circostante. Successivamente apparvero tre soldati che girovagavano per il campo con una jeep: dovevano essere poco più grandi di me e vista la loro ipotetica età e forse anche longevità di servizio, ne approfittai per chiedere delle informazioni generali ma soprattutto dove avrei potuto incontrare il comandante. “ Ragazzi a quanto pare abbiamo una nuova recluta! Carne fresca appena uscita da liceo!” disse uno dei tre con voce ironica. “ Sai, è molto difficile abituarsi ai ritmi della BSAA. Le sessioni d’addestramento sono molto più dure rispetto a quelle degli eserciti tradizionali e solo i migliori possono garantirsi un posto in prima fila. Apparentemente sembri disorientato e se non hai le idee chiare ti consiglio di non addentrarti ulteriormente se non hai capacità d’adattamento rapido” disse un altro del gruppo lentamente a bassa voce,avvicinando il suo volto a pochi centimetri di distanza dal mio. Nonostante ebbi un po’ di timore, stetti al gioco continuandolo a fissare dritto negli occhi,lasciando la mia espressione invariata: “ Non sto cercando noie, sono qui solo per vedere il comandante Redfield” risposi con tono calmo mentre un’altro dei tre mi scrutava con aria di sfida. “ Non sai dove si trova? Ti possiamo accompagnare noi! Avanti, salta su!” Terminò la frase il conducente con un falso sorriso; sapevo benissimo che si trattava di una presa per il culo.  Infatti dopo la breve conversazione, mi mossi con lo zaino in spalla per dirigermi sul retro della jeep ma nel preciso istante in cui stavo per salire, il conducente del gruppo fece dei brevi scatti per evitare di prendermi a bordo. “Tipico! Come nei film di guerra” pensai, “Fanno i gradassi. Vediamo allora se anche loro sanno stare al gioco!” Feci capire espressivamente che mi ero offeso per il trattamento appena ricevuto e così feci anche finta di andarmene mentre li sentivo sparlare alle mie spalle. Improvvisamente mi voltai di scatto, lanciai la borsa sul retro della jeep  e corsi velocemente salendo sul retro mentre quest’ultimi mi guardavano con sgomento. Sicuramente non se la sarebbero mai aspettata che una recluta potesse fare una cosa del genere; le giovani promesse esistono anche in circostanze del genere. “ Bhè… a quanto pare non tutte le reclute sono così imbranate come si pensa tradizionalmente negli ambienti militari. Le giovani promesse possono sbucare dietro l’angolo quando meno te lo aspetti!” disse il guidatore facendo scoppiare una risata generale che coinvolse anche me. Nonostante lo screzio iniziale venni accolto subito bene e durante il viaggio verso la mia destinazione ci presentammo, soprattutto parlando di me per quanto concernevano i miei studi e le motivazioni sul mio arruolamento nella BSAA. Dopo mesi di duro lavoro, in cui fui addestrato dallo stesso comandante Redfield, fui inviato al fronte durante la minaccia della Neo-Umbrella per combattere il bioterrorismo fino ad oggi. Dopo la caduta di quest’ultima, partecipai ad innumerevoli missioni con situazioni simili alla minaccia precedente sino ad avere un grado di preparazione moderato su questo tipo di problema: nonostante la mia giovane età, l’esperienza era comunque poca ma sufficiente a sopravvivere sul campo di battaglia, anche con un pizzico di fortuna. Se non fosse stato per i miei superiori, in particolar modo per il comandante, sarei stato solo carne da macello, un corpo lasciato marcire sul campo mentre i corvi banchettavano sulle ultime parti del corpo rimaste. Pertanto avrei dovuto ringraziare non solo loro ma anche il mio fidato compagno d’arme Rivas che mi guardava le spalle durante gli scontri ma soprattutto mi aveva anche salvato più volte la vita quando avevo sfiorato non di poco la gelida ed oscura lama della morte.
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Passarono diversi giorni quando la US SOCOM captò diversi segnali provenienti dalla zona Est del globo,precisamente dalla cittadina di Wairyp, Cina. Dalle informazioni ricavate dai satelliti, si poteva supporre che la Rebellion,tramite un’accanita resistenza, stava mettendo in difficoltà l’entrata in città da parte dei nostri uomini ed inoltre stava infettando la popolazione locale per sostituire le perdite subite tra le file dei loro soldati arrivando perfino ad infettare le forze dell’ordine locali. L’esercito cinese era considerato come uno dei più efficienti al mondo ed al solo pensiero di affrontare un soldato appartenente ad esso infettato dal virus C mi venivano i brividi. In casi come quelli fortunatamente potevo contare sul mio amico Rivas che aveva già dato dimostrazione delle sue abilità, soprattutto in quella del combattimento corpo a corpo e per ora potevo rimanere tranquillo. Successivamente, come ormai era di consueto, fummo assegnati alla missione ma questa volta vi era una grande novità: mentre svolgevo i preparativi sistemando l’equipaggiamento vidi il comandante Redfield in tenuta da combattimento che faceva altrettanto. La cosa non mi appariva per nulla strana ma vista la recente promozione a colonnello, era stato assegnato al comando indiretto della BSAA e pertanto non mi sarei aspettato un suo ritorno sul campo. L’età matura comunque non avrebbe compromesso le sue prestazioni combattive, visti gli anni di esperienza che aveva alle spalle in missioni del genere, quindi mi avvicinai a quest’ultimo per alimentare la mia curiosità: “Colonnello, se mi è concesso chiederlo, come mai si sta preparando anche lei?” Il comandante finì di controllare il suo M4A6 per poi rispondermi: “ In primo luogo perché vorrei combattere la minaccia a fianco dei miei soldati come ai vecchi tempi senza che quest’ultimi si trovino in difficoltà e muoiano senza che io intervenga per aiutarli, dato che preferisco combattere insieme a loro anziché dirigerli dietro ad una scrivania senza fare nulla” disse mentre ci dirigevamo verso gli elicotteri che ci avrebbero portato a destinazione. Preso posto sul velivolo proseguì. “ In secondo luogo per la mia carriera: se l’operazione dovesse fallire, potrò dire addio al mio lavoro ma soprattutto a voi!” disse alzando leggermente il tono della voce per superare il frastuono delle pale mentre diverse decine di velivoli si libravano in volo,solcando il cielo notturno che quasi li rendeva impossibili da vedere da parte di coloro che erano rimasti a terra…

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28

Mentre sorvolavamo le acque scure dell’oceano Pacifico, mi balenarono nella mente alcuni flashback; ero già stato a Wairyp ed erano passati appena due anni. Fu la seconda missione a cui partecipai dopo il disastro in Edonia. Il comandante Redfield si era appena ripreso dallo stress post traumatico causato dalla perdita dei suoi uomini ma comandando la spedizione in Cina,avrebbe avuto modo di riscattarsi e soprattutto di smaltire la depressione il più rapidamente possibile; i comandanti competenti a quel tempo erano veramente pochi e lui era l’unico in grado di fronteggiare minacce del genere,grazie alla grande esperienza che aveva alle spalle. La Neo-Umbrella aveva deciso di attaccare le nazioni più potenti del globo per evitare d’avere noie in futuro e poter continuare ad infettare l’intera popolazione senza problemi e contrattacchi da parte di quest’ultime che avrebbero potuto in qualche modo ostacolare i loro piani di conquista. Mi ricordavo ancora gli scontri a cui avevo partecipato: pareva l’inferno sceso in terra e stentavo ancora a crederci dato che avevo affrontato creature di ogni genere ma ormai ci avevo fatto l’abitudine. La missione consisteva nell’aiutare le forze dell’ordine locali a liberare la cittadina dai terroristi J’avo e salvare degl’importanti funzionari dell’ ONU tenuti in ostaggio. La missione ebbe successo ma successivamente la maggior parte della squadra fu aggredita da una potente BOW soprannominata Iluzija: un enorme e rapidissimo serpente con capacità di mimetizzazione che causò non pochi problemi alla nostra squadra. Coloro che furono vittime del serpente fecero una fine pietosa come Jeff, Reid,Keaton e Marco. Quest’ultimo non faceva altro che protestare in situazioni del genere anziché agire concretamente. All’inizio pensavo che fosse solo uno che farfugliava cazzate di ogni tipologia ma in quella missione riuscì a fare comunque qualcosa d’intelligente: astutamente avevamo attirato il serpente all’interno di un modesto cortile dove pendevano alcuni cavi elettrici, quindi nell’esatto momento in cui il serpente ci attaccò,Marco accese il generatore elettrico,attivando l’alimentazione dei cavi che folgorarono in pochi minuti quest’ultimo,arrostendolo come una grande bistecca sul barbecue. Tuttavia il suo momento di gloria durò ben poco quando successivamente fu infettato da una dose di virus C da parte della stessa donna misteriosa che aveva trucidato l’intera squadra in Grecia. In pochi secondi, quello che fu il nostro collega si trasformò in  una crisalide da cui uscì un Gnezdo: un enorme insetto simile ad un ape che a sua volta formava e comandava decine di altri piccoli insetti fino a formare una figura umana di sesso femminile. Se anche uno solo di quegl’insetti toccava una parte del corpo umano, poteva divorarlo in pochi instanti fino a far rimanere solamente una carcassa completamente spolpata ,quindi senza pensarci due volte fummo costretti ad abbattere il nostro vecchio compagno. Dal quel momento in poi utilizzammo una strategia per sbarazzarci delle altre crisalidi che avevamo ma soprattutto avremmo avuto modo di incontrare: brevemente parlando,fummo costretti ad utilizzare i lanciafiamme su coloro che una volta erano stati dei normalissimi esseri umani ora trasformati in inquietanti bozzoli, in attesa di far uscire una BOW pronta ad attaccarci quando meno ce lo saremmo aspettati. Durante quell’operazione, mi vennero diversi conati di vomito che riuscì a stento a trattenere; stavamo bruciando dei civili innocenti ma soprattutto i nostri stessi compagni. L’immagine che si proponeva era inquietante ma se volevamo proseguire, dovevamo fare ciò che ci era stato ordinato senza discutere. Ora stavamo per ritornare in quell’inferno e speravo che questa volta,tramite gli eventi passati, avremmo avuto quella sufficiente esperienza che ci avrebbe permesso di sopravvivere. Eravamo quasi arrivati e già da lontano,anche se vi era il rumore assordante delle pale dell’elicottero in primo piano, ebbi modo d’ udire esplosioni ed urla disumane…



 

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29

Già dall’alto potevo avere una visuale completa della città: edifici in fiamme e fumanti come se fossero delle enormi candele, le urla degli abitanti che correvano per le strade intasate dai cadaveri, i nostri soldati che li scortavano verso luoghi sicuri anche tramite gesti manuali. La situazione non era molto cambiata dall’ultima volta che ero stato in quel posto. L’elicottero si fermò sopra il tetto di un grattacielo rimanendo in volo, quindi calammo le corde e scendemmo a terra. Dopo un rapido appello da parte del colonnello Redfield per vedere se eravamo tutti presenti, mise una mano sul comunicatore auricolare:” Squadra Alpha a Delta! Abbiamo raggiunto la zona d’atterraggio! Confermateci la vostra posizione,passo!” Ci fu un breve momento di pausa seguito da brevi scariche statiche ma il messaggio di risposta arrivò subito dopo. “Squadra Delta ad Alpha,ricevuto! I nostri uomini sono bloccati da un’insistente fuoco di sbarramento nemico ma soprattutto dall’incessante tiro al bersaglio degli osservatori. Richiediamo assistenza immediata,passo!” “Squadra Delta,ricevuto! Ci dirigiamo verso la vostra posizione,resistete! Passo e chiudo!” Terminò la frase con tono risoluto e fermo. Controllammo brevemente il nostro equipaggiamento per assicurarci che tutto fosse al proprio posto,quindi procedemmo con la nostra missione: salvare i nostri compagni prima che i j’avo li facessero a brandelli. Scendemmo le scale rapidamente e silenziosamente in fila indiana; il colonnello in testa,seguito da me,Rivas ed altri tre uomini: Brown, McCalebb e Ramirez. Ci mettemmo in posizione di fianco alla porta per aprirla ed al segnale del comandante, Rivas ed io la sfondammo con un calcio ed entrammo uno alla volta con i fucili spianati. Dopo aver setacciato tutta la stanza, udì un “libero” da parte di uno dei nostri uomini, segnale che non vi era nessuna presenza ostile nei paraggi, confermato anche dai messaggi radio del resto della squadra che era stata scaricata in punti diversi,non molto lontani dalla nostra posizione;la diversità dei punti d’atterraggio era stata selezionata per motivi tattici quali la velocità ed il coordinamento delle azioni, nel caso di contatto ostile. In parole povere, il colonnello aveva diviso l’intera squadra in altre tre piccole sotto-squadre per gestire meglio la situazione che avremmo dovuto affrontare. Per prima cosa,dovevamo sbarazzarci di tutte le unità nemiche presenti negli edifici, in particolar modo gli osservatori che bloccavano a terra i nostri uomini. Proseguimmo in formazione scendendo le scale quando,nell’esatto istante in cui il comandante varcò la soglia di una stanza dei piani inferiori, fischiarono dei proiettili. Il comandante si mise subito a riparo ed urlò: “Fuoco a volontà! Nessuna pietà per questi bastardi!”Sparammo all’unisono mentre i j’avo cercavano di mettersi a riparo; alcuni rovesciarono delle casse di legno e diversi tavoli per ripararsi mentre altri non fecero in tempo che furono falciati dalle nostre raffiche. Potevo sentire anche diversi rumori d’armi nel comunicatore,simbolo che anche loro avevano incontrato noie negli altri edifici, confermato anche dagli assordanti rumori di combattimento. Due j’avo mutarono forma ma questa volta uno di questi subì una trasformazione che raramente avevo avuto modo di vedere: parte della testa e del busto si trasformarono in arti simili a quelli di un gambero. “Usate le flash bang!” Urlai mentre lo j’avo crostaceo correva verso noi con le fauci spalancate. Vidi Rivas accanto a me tirare la spoletta e lanciare la suddetta granata proprio in mezzo alle sue fauci; la luce abbagliante era molto efficace contro le BOW non troppo potenti; i Napad sarebbero stati solo accecati data la loro forza e la notevole struttura fisica che li permetteva di assorbire gran parte dell’impatto ma comunque era un buon diversivo per attaccarli sul loro punto debole. Eliminati i nemici, continuammo ad avanzare,eliminando i j’avo che si presentavano sul nostro cammino fino ad arrivare alla stanza dove perfino da fuori si poteva udire il fragoroso tuono del Dragunov, fucile da cecchino standard in dotazione ai terroristi della Rebellion. Per entrare,questa volta optammo per un’irruzione, quindi il colonnello ordinò a McCalebb di piazzare delle flash bang sugli stipiti della porta, in modo da poter sorprendere il nostro obbiettivo chiave senza spiacevoli sorprese. L’irruzione ebbe successo e riuscimmo a falciare in pochi secondi tutti i J’avo presenti nella stanza, incluso l’osservatore che dopo aver traballato sotto il getto incessante dei nostri proiettili,cadde di peso fuori dalla finestra, sfracellandosi al suolo. Mentre perlustrammo la stanza per assicurarci che fosse libera, il comandante contattò il resto della squadra tramite il suo comunicatore per il rapporto: tutti i j’avo a protezione degli osservatori negli edifici utilizzati come riparo per bersagliare i nostri erano stati sconfitti ma alcuni dei nostri soldati erano feriti gravemente o rimasti uccisi negli scontri. Dopodiché contattò la squadra Delta: “Alpha a Delta! Tutti gli osservatori sono stati eliminati. Ci dirigiamo verso la vostra posizione,passo!” “Ricevuto Alpha ma sbrigatevi! Quei bastardi armati di mitragliatrici ci stanno facendo a pezzi!” proseguimmo scendendo le scale fino ad arrivare al piano terra,quindi imboccammo la porta d’uscita. Lo spettacolo era terrificante,decisamente più nitido rispetto alla visuale dall’alto che ebbi al momento dell’arrivo. Vi erano cadaveri come donne,vecchi e bambini, trucidati e massacrati senza alcuna pietà che giacevano inermi e pietosi sull’asfalto in posizioni contorte ed innaturali oltre ai corpi dei nostri uomini che coraggiosamente avevano resistito fino all’ultimo, cercando di scortare i sopravvissuti e feriti in luoghi sicuri. Attendemmo che la nostra squadra si raggruppasse raggiungendo la nostra posizione, quindi proseguimmo a passo veloce verso la zona dove la squadra Delta stava ingaggiando il nemico, impegnandosi al massimo: potevamo infatti vedere diversi nostri colleghi che scortavano i civili verso ripari sicuri,soprattutto i più deboli come vecchi e bambini che venivano accompagnati da quest’ultimi. Inoltre gli affidammo anche i membri feriti della nostra squadra in modo che li potessero mettere in sesto il più rapidamente possibile; lo sforzo di ogni singolo soldato era indispensabile. Mentre camminavamo, un giornalista si avvicinò a noi insieme al suo cameraman, probabilmente inviati della tv locale oppure dei telegiornali più famosi quali la BBC o la CNN; con tutti i problemi che avevamo in quel momento ci mancava solo che persone del genere venissero a romperci le palle,soprattutto in momenti delicati come quello,dove la vita di ogni persona coinvolta scorreva sul filo del rasoio. Odiavo i giornalisti ma non in quanto tali: sapevo che facevano il loro lavoro ma pur di guadagnare solamente anche un briciolo di pane erano disposti a dire qualunque cazzata davanti le telecamere e la cosa che mi irritava di più succedeva quando la maggior parte delle notizie venivano inventate senza fonti fidate ed attendibili. Lo speaker si avvicinò a me, cominciando a sparare una raffica di parole che data la notevole velocità con cui venivano pronunciate quasi non riuscì a comprendere. Quando mi puntarono la videocamera vicino per la terza volta, mi liberai con uno strattone,spingendola via dalla mia visuale. Tuttavia il giornalista non mollava ancora la presa e così decisi di accontentarlo rilasciando una breve dichiarazione: “ Questo non è posto per voi! Se volete proprio ottenere uno scoop coi fiocchi, trovate voi stessi il modo di filmare in una postazione sicura senza infastidire i nostri uomini! Abbiamo già perso troppe persone e per oggi può anche bastare,grazie!” e ripresi il cammino. Difficilmente mancavo di rispetto alle persone, ma in circostanze come quella non si poteva giocare col fuoco,la vita di molti ma soprattutto della guerra era nelle nostre mani…

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30

Ci avvicinammo verso colui che doveva essere il capo della squadra Delta: l’avevo intuito dal fatto che abbaiava continuamente ordini in tutte le direzioni. Si riparava dietro alcuni resti di una jeep della BSAA distrutta e capovolta ed ogni tanto sbucava dietro il riparo per aprire il fuoco invano,dato che appena lo faceva, subiva una risposta eccessiva da parte dei J’avo armati di mitragliatore LMG che tenevano sotto fuoco pesante di sbarramento  i suoi uomini, costringendoli ad abbassare la guardia ed a tornare al riparo. Sarebbe stato un suicidio caricarli all’unisono, la cui prova fu sostenuta dal fatto che davanti a noi si stagliavano diverse decine di cadaveri, sia J’avo che dei nostri stessi compagni. Inoltre vi erano delle coperture artificiali ed astutamente costruite per fornire modesti ma efficenti ripari ai mitraglieri nemici, come se fosse una vera e propria trincea che fungeva anche da blocco stradale, bloccando allo stesso tempo la marcia dei nostri uomini. Appena ci vide, si girò di scatto verso di noi:” Voi dovreste essere i rinforzi giusto!? Pensavo che foste di più!” Disse ad alta voce ansimando il capo della squadra Delta. “ Non necessariamente bisogna essere in tanti per svolgere una missione” replicò il colonnello Redfield mentre si abbassava per riparasi dal fuoco nemico,seguito da me e da tutto il resto della squadra: dopo gli scontri all’interno degli edifici, il nostro numero da venti si era abbassato a quindici; stavamo subendo troppe perdite. “Dobbiamo trovare il modo di eliminare quei bastardi e alla svelta! Non possiamo rimanere qui per sempre ma soprattutto neanche aspettare di essere ridotti a brandelli!” Disse il capo squadra mentre usciva dal riparo ed apriva nuovamente il fuoco. Doveva pur esserci una soluzione! Magari aggirarli e prenderli alle spalle ma con tutto quel caos cercare un’alternativa sarebbe stato come ritrovare un ago perso in un pagliaio. La strada era impercorribile, sia perché i j’avo  avrebbero falciato i nostri uomini in un secondo ( nel caso ci fossimo azzardati anche a fare un solo passo fuori dai nostri ripari ) che per le condizioni della strada: otre a diversi squarci nel terreno, vi erano i nostri veicoli in fiamme oppure completamente fuori uso,usati per lo più come ripari dai nostri uomini, tenendoli allo stesso tempo bloccati. “C’è un modo per avvicinarsi e farli fuori?” urlò il colonnello per farsi sentire in quella cacofonia di spari. Dopo aver svuotato un intero caricatore, il capo Delta rispose al colonnello mentre ne inseriva un’altro” A pochi metri da noi ci dovrebbe essere un edificio il cui accesso è garantito da una porta rossa. Abbiamo provato a mandare alcuni dei nostri uomini ma il fuoco di sbarramento è talmente denso che è quasi impossibile raggiungerla!” Il mio sesto senso mi diceva che fra poco il sottoscritto e Rivas sarebbero stati scelti per quell’azione suicida; non che la cosa mi andasse a genio ma saremmo stati così vicini ad un palmo dalla morte in un azione del genere. Infatti, dopo aver scambiato rapide parole con il capo della squadra Delta, il colonnello si rivolse a noi con un mezzo sorriso. “ Perfetto ragazzi! Tu,Rivas, McCalebb, Brown e Ramirez vi siete appena offerti volontari! Mentre svuoteremo tutti i caricatori che abbiamo a disposizione per coprirvi il culo, raggiungete quella porta!” Disse urlando ed indicando la nostra prossima meta. “ Da lì, cercate il modo di aggirare quelle postazioni di mitragliatrici per poi sgomberare la strada ai nostri uomini. Scattate,ora!” Terminò il colonnello mentre sparò all’unisono insieme agli uomini rimasti per offrirci copertura; ancora una volta, io ed il mio amico eravamo stati scelti per missioni d’alto rischio,da cui dipendevano gli esiti delle missioni. Ormai era una consuetudine per noi svolgere azioni d’alto rischio, anche se dalla nostra parte avevamo avuto fin’ora il cosiddetto fattore C meglio noto come “ fattore botta di culo” ma non sempre era presente ed infatti in quella circostanza avrebbe potuto abbandonarci progressivamente. “ Ragazzi,correte! Viaaaaaaaaaa!” Strillai a pieni polmoni mentre la nostra piccola squadra si dirigeva verso il portone: potevo sentire il calore dei crateri e dei veicoli fumanti sfiorarmi la pelle ed i fischi dei proiettili dannatamente vicini che fortunatamente si schiantavano altrove. Raggiungemmo velocemente la porta, appiattendoci sulle pareti che la costeggiavano come sardine per sfruttare al massimo l’improvvisata copertura che avevamo a disposizione. Sudavo copiosamente e respiravo a pieni polmoni sia per il velocissimo scatto appena compiuto che per la paura; non dovevo perdere il controllo per nessun motivo. Dopo esserci assicurati che stavamo tutti bene, ci mettemmo in posizione ed al mio segnale manuale, sfondammo la porta…

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31

Entrammo rapidamente in formazione con i fucili spianati,controllando ogni angolo della stanza per evitare spiacevoli sorprese. Da quel che avevo udito durante il rapido scambio di battute tra il colonnello Redfield ed il capo della squadra Delta, l’uscita dell’edificio tramite una porta posta sul retro, ci avrebbe condotto in un piccolo vicolo dove avremmo avuto modo di aggirare la postazione di mitragliatrici che continuava incessantemente a tenere sotto tiro i nostri soldati. Proseguimmo nelle stanze successive ma improvvisamente, un j’avo mutato sottoforma di crostaceo, sbucò dietro un angolo ed afferrò Ramirez con le sue potenti fauci mentre altri sbucarono da dietro i muri ed iniziarono a sparare, costringendoci a tuffarci al riparo. Mentre rispondevamo al fuoco, ebbi la pietosa visuale del mio compagno che si dimenava dalle fauci del crostaceo con la vana speranza di liberarsi ma sfortunatamente il tutto ciò si concluse con le potenti mascelle che si serrarono sulla preda con uno schiocco, dividendolo in due e facendo schizzare sangue ed organi interni in tutte le direzioni. Lo scontro durò pochi secondi e terminò con l’uccisione finale del crostaceo da parte di Rivas che nel preciso istante in cui lo j’avo  stava per caricare, gli scaricò un intero caricatore del suo SPAS 12 dritto in mezzo alla sua bocca,dove pulsava una specie di bulbo di colore rosso-arancio, probabilmente il suo punto debole. Avevamo perso un uomo;non avrei potuto fare nulla se non chinarmi vicino a lui e chiudergli le palpebre per restituirgli almeno un’espressione tranquilla e decente anche dopo la morte. Il pavimento era quasi del tutto sporco: vi erano diverse strisce e pozze di sangue che oltre ad imbrattare quasi tutte le piastrelle ed i muri, donava alla stanza un odore acre e molto sgradevole, come se fosse un vero e proprio mattatoio. Proseguimmo  ripetendo la stessa operazione nelle successive stanze, eliminando anche qualche BOW quali Gecko e Napad che uscivano dalle crisalidi fino ad arrivare al vicolo dove avremmo avuto modo di aggirare la postazione nemica. Procedemmo silenziosamente fino ad averli a portata di tiro ed una volta in posizione, gli falciammo senza pietà. Nonostante la perdita di Ramirez, ce l’avevamo fatta. In  tempi di guerra purtroppo non si può garantire la sopravvivenza di tutto e tutti, si deve essere disposti anche a fare dei sacrifici per arrivare ad una metà specifica. Mentre ordinai ai sopravvissuti di mantenere la posizione, contattai il comandante Redfield: “ Colonnello! Abbiamo liberato la zona da tutti i contatti ostili! Attendiamo ordini, passo!” “Ricevuto sergente! Mantenete la posizione! Vi raggiungeremo al più prest…” Non ebbe il tempo di finire la frase che una potentissima esplosione echeggiò vicino a noi, scaraventandoci per terra e distruggendo le barricate. Ancora una volta era stato vicinissimo alla morte ma la fortuna mi aveva assistito per miracolo. Dopo tre minuti circa di stordimento totale ed essermi assicurato poi che sia me che i miei stessi uomini stessero bene, ebbi una visuale ancor più pietosa ed infamante rispetto alla morte di Ramirez; una cosa che sfortunatamente sarei stato costretto a rivedere per la seconda volta…

 

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


Capitolo 32

In tempo di guerra è estremamente importante mantenere la concentrazione fino alla fine, anche nei momenti di tranquillità apparente; il pericolo correva sul filo del rasoio e poteva nascondersi dietro ogni angolo. Infatti in quel momento, una potente mina antiuomo imbevuta di Virus c, aveva spazzato via mezza squadra: non solo aveva distrutto quasi del tutto i nostri mezzi da combattimento ma i soldati che furono presenti nel suo raggio d’azione erano stati colpiti dall’esplosione, pietrificandoli in crisalidi in posizioni di sorpresa, quasi buffe data la loro gestualità ma in quel momento non c’era nulla di divertente. Dopo un momento di stordimento, io, Rivas e gli altri nostri due uomini ci riprendemmo da terra. Successivamente corremmo verso il luogo dell’impatto per vedere se il comandante Redfield ed il capo squadra Delta stessero bene: alcuni erano feriti e si erano sistemati seduti con la schiena appoggiata alle carcasse dei mezzi sia militari che civili mentre altri gli assistevano come meglio potevano aiutati dai medici. Fortunatamente sia il capo della squadra che il nostro comandante stavano bene: erano in piedi,avvolti in quell’istante di terrore e pietrificati da ciò che avevano appena visto e furono costretti a vedere. Tuttavia quello più allarmato sembrava proprio il capo della squadra Delta mentre il comandante Redfield sembrava più sciolto ma comunque disgustato da ciò che stava vedendo; il duro colpo che aveva subìto in Endonia lo aveva profondamente traumatizzato,lasciandolo per un po’ di tempo senza forze e senza difese ma ormai era abituato a quasi tutti i tipi di perdite; non sarebbe servito a nulla imprecare e perdere il controllo, bisognava andare avanti e vincere quella fottuttissima guerra imparando dalle esperienze di tutti i tipi, sia positive che negative e vendicare la morte dei nostri giovani commilitoni. Mentre gli altri uomini si occupavano dei feriti, io e Rivas cercammo di analizzare la dinamica della trappola per capire come e da cosa fu causata l’esplosione; infatti dopo aver esaminato  diversi frammenti sparsi sul campo, Rivas attirò la mia attenzione dandomi una leggera gomitata sul fianco per farmi vedere ciò che aveva appena trovato: una scheggia di claymore, uno degli esplosivi più potenti e letali al mondo, imbevuto senza dubbi dal virus C, prova sostenuta senza ulteriori accertamenti visti gli effetti devastanti appena causati. Inoltre, notammo anche un sottilissimo filo,quasi invisibile ad occhio nudo: era tipico delle trappole esplosive, ovvero collegare due ordigni alle estremità opposte di una strada o sentiero per poi eliminare un’intera squadra nei momenti di calma apparente. Se ci fosse stato Jones, molto probabilmente la maggior parte della squadra sarebbe rimasta ancora in vita; sapeva riconoscere immediatamente se nell’aria vi era presagio di trappole esplosive e nonostante la giovane età, era molto promettente. Infatti era stato allievo del giovane Finn Macauley, l’esperto di esplosivi morto in una situazione analoga a soli 22 anni durante la campagna in Endonia mentre Jones aveva appena finito le superiori ed in atteggiamento era molto simile al suo mentore. Mentre ero assorto in quei pensieri, sentì alcuni passi sopra i tetti degli edifici malandati: alzai velocemente lo sguardo guardandomi attorno finché non vidi due inquietanti occhi rossi sul tetto di uno di questi. Non potevo crederci, era di nuovo quel bastardo, lo stesso che avevo incontrato insieme al mio partner durante la nostra missione di demolizione e soccorso al confine settentrionale della Grecia. Lo vidi fare un sarcastico segno di saluto verso la nostra direzione per poi andarsene. Ora non avevo più dubbi: era stato quasi sicuramente lui! Mi diressi velocemente insieme a Rivas verso il comandante Redfield: “Colonnello! Ad attivare la trappola è stato lo stesso uomo che ha tentato di ucciderci durante la nostra missione in Grecia! Dobbiamo assolutamente fermarlo…” Il comandante fece un rapido gesto con la mano,zittendomi sul momento. “ Frena soldato! Abbiamo degli ordini ben precisi: non prendiamo nulla di nostra iniziativa se non sotto esplicito ordine dal comando! Per ora dobbiamo mantenere la nostra posizione in attesa di ulteriori aggiornamenti senza commenti!” “Colonnello! Se non lo fermiamo, quel figlio di puttana potrebbe fare molto peggio: anche se l’ho visto solo una volta quello è capace di tutto e forse non è neanche umano! L’ho scritto nero su bianco sui rapporti e non mi sto inventando nulla! Se non ci diamo una mossa, le conseguenze saranno molto peggiori! Sbottai contro il mio comandante mentre in tutto ciò Rivas ed il capo della squadra Delta se ne stavano muti ad osservare la scena. Dopo aver dato un violento pugno al cofano di una macchina carbonizzata si avvicinò a me,parando il suo viso a pochi centimetri dal mio: “Senti sergente! Hai già provato sulla tua stessa pelle cosa vuol dire perdere gli uomini sotto il comando di qualcuno quando si prendono decisioni sbagliate oppure quando si ha poca esperienza! Fare l’eroe adesso non servirà a nulla!” Disse sibilando a denti stretti. Rimasi a fissarlo per qualche secondo: sapevo benissimo che se avessi fatto qualsiasi cazzata,sia me,il mio partner ed il nostro stesso comandante avremmo passato guai seri e puniti severamente dall’alto comando ma dovevamo rischiare il tutto per tutto ed il limite di tolleranza aveva raggiunto un certo limite. In quel preciso istante, sentì il rombo di una jeep: il bastardo stava scappando! Senza neanche perdere un istante, io e Rivas ci dirigemmo verso il veicolo della nostra squadra più vicino, cacciammo velocemente gli occupanti ed occupammo le postazioni: questa volta avrebbe guidato Rivas mentre io mi sarei occupato della torretta sul tetto del veicolo. Fatto ciò partimmo a razzo, facendo stridere le gomme sull’asfalto, pronti ad inseguire il nostro obbiettivo mentre il comandante Redfield imprecava contro di noi ma potemmo sentire solamente poco o nulla che eravamo già in corsa, udimmo soltanto un potentissimo “idioti” dalla distanza.

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Capitolo 33

Sfrecciamo a tavoletta tra le strade urbane di Wayrip;fortunatamente non erano trafficate,a parte qualche piccolo ostacolo come una barriera oppure diverse carcasse di macchine distrutte e fumanti, Rivas non ebbe problemi nell’evitarli. Questa volta i ruoli si erano invertiti rispetto alla precedente missione sulle Alpi: mentre lui avrebbe guidato, mi sarei occupato di tenere a bada le eventuali noie armato con una mitragliatrice a potenza moderata posta sopra il tetto del mezzo, il cui spazio era delimitato da una circonferenza che permetteva una rotazione ad angolo giro dell’arma, estremamente maneggevole anche per colpire i bersagli aerei. I problemi non tardarono ad arrivare: infatti ad ostacolare il nostro inseguimento, spuntarono da alcune confluenze e rampe poste ai lati della strada, altri mezzi da combattimento quali jeep, camion ed addirittura motocicli: era molto evidente che non si trattavano delle nostre truppe ed ironicamente parlando sarebbe stato fin troppo facile. “Abbiamo compagnia!” Dissi a Rivas battendo un leggero pugno sul tetto della macchina in modo che mi potesse sentire; cosi mi preparai a sparare tirando indietro la culatta della mitragliatrice. Lo scontro stava per cominciare! Cominciai a far vomitare i proiettili contro i nemici più vicini al veicolo, alternando la mira tra i guidatori e le gomme: sparare a quest’ultime sarebbe stato molto più semplice in quanto poteva far sbandare il veicolo, causando danni e tamponamenti a catena rispetto ai veicoli che seguivano, bloccando allo stesso tempo la loro avanzata. La cosa però più incredibile ed assurda, fu l’ostinazione dei j’avo che ci stavano inseguendo con le moto: sembravano una banda di teppisti cyberpunk armati di catene e coltelli, segno che avevano intenzione di avvicinarsi il più possibile al veicolo per poi abbordarlo ed assaltarlo; quelli non erano pazzi ma menomati fuori di testa! Mentre continuavo a bersagliargli, persi leggermente l’equilibrio a causa di una curva presa stretta da Rivas che allo stesso tempo lottava contro due jeep nemiche che tentavano di speronarlo. Mi aggrappai saldamente al calcio dell’arma per evitare di scivolare fuori dal veicolo ma improvvisamente apparve davanti a me un j’avo armato di coltello;probabilmente era saltato dalla moto nell’istante in cui il veicolo aveva svoltato. Non feci neanche in tempo a rendermi conto della situazione che lo j’avo iniziò a vibrare fendenti col coltello che miracolosamente riuscì a schivare, mentre con l’altra mano libera si reggeva sulla jeep. Dopo aver calcolato i suoi tempi d’attacco, gli bloccai il polso con la mano sinistra e glielo storsi, sentendo allo stesso tempo un rumore secco d’ossa rotte, per poi rapidamente sferrargli veloci pugni a ripetizione con il destro fino a farlo rotolare violentemente all’indietro sull’asfalto. Dopo diversi minuti di combattimento che sembrarono durare un’eternità, notai che Rivas stava accelerando con enfasi: l’inseguimento si era spostato in autostrada e vista la tipologia di carreggiata ne doveva approfittare poiché raramente in questa tipologia di strada vi erano curve. L’inseguimento durò ancora una decina di minuti circa e continuai a tenere a bada i j’avo con la mia fidata mitragliatrice; quando ebbi un momento di tregua, ne approfittai per esaminare l’itinerario e notai che il nostro obbiettivo si stava dirigendo progressivamente verso il porto della città. Fino a quel momento, le difficoltà che avevamo appena affrontato non ci avevano causato particolari problemi,tuttavia avremmo dovuto superare ancora un ostacolo: il ponte d’accesso al porto che lentamente si stava alzando e che in quel preciso istante, il bersaglio lo aveva superato senza problemi. Così, senza aspettare ulteriori preavvisi, mi ressi forte con entrambe le mani sull’impugnatura della mitragliatrice nell’esatto istante in cui Rivas inseriva la marcia più alta disponibile e spingendo a tavoletta sull’acceleratore. Quasi per un soffio, riuscimmo a saltare dal ponte mobile appena pochi secondi prima che si mettesse completamente in verticale, volammo in aria per pochi secondi ed atterrammo violentemente lasciandoci dietro una scia di scintille per poi frenare ed arrestare il veicolo con una sonora sgommata obliqua. Sfortunatamente il nostro bersaglio era  appena scappato, intuibile dato che la portiera al lato del conducente era aperta e sentì Rivas sfogarsi per la frustrazione, sbattendo un violento pugno sul volante. Il luogo comunque mi fece provare un senso di terrore ed angoscia poiché ci ero appena tornato nuovamente ed involontariamente;avevo paura che si potesse nuovamente ripresentare una situazione analoga già avuta in precedenza…

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Capitolo 34

Erano passati appena due anni ed ancora mi ricordavo  di quel posto. Il solo pensiero mi faceva aumentare sempre di più il battito cardiaco per l’ansia. In quello stesso luogo si era svolta una parte cruciale della mia precedente missione: dovevamo inseguire la stessa donna misteriosa che aveva ucciso molti dei miei compagni sia in Endonia che nella stessa Wairyp tramite attacchi a sorpresa e svariate trappole che a malincuore definì astute; tra le vittime ci furono il giovane specialista in demolizioni Macauley ed il logorroico Rose. La donna a cui in quel momento stavamo dando la caccia si chiamava Carla Radames, fondatrice della Neo Umbrella nonché collega ed amante del famigerato Derek Simmons, discendente da una ricca,nobile ed antica famiglia appartenente ad una potentissima e segretissima setta politica nota come “ La Famiglia” che manovrava segretamente gli scenari politici,come la distruzione della città di Raccoon City durante l’omonima epidemia oppure la minaccia della stessa Neo-Umbrella  appena due anni fa; il tutto manipolato ed organizzato grazie alla posizione politica di Simmons che occupava il ruolo di consigliere nazionale ovvero una sorta di “braccio destro” del presidente degli Stati Uniti. Durante la minaccia del 2013, l’attuale funzionario della US SOCOM Leon S. Kennedy all’epoca agente segreto del governo, grazie alla collega Helena Harper scoprì che dietro a tutti quei numerosi disordini mondiali vi erano proprio gli stessi Simmons e Radames che manipolavano il corso egli eventi, addirittura incastrando i due malcapitati agenti facendoli passare come responsabili dell’epidemia. Nonostante queste avversità, i due agenti riuscirono comunque a scovare delle importantissime informazioni e verità riguardo la collega di Simmons che fino a quel momento erano rimaste all’oscuro: vi era infatti un’altra donna totalmente uguale alla complice di Simmons che si aggirava sul campo durante questi scenari ma che aveva scopi ben diversi. Si scoprì infatti che tale donna fu l’attuale moglie del funzionario Kennedy ovvero la fatale e bellissima spia internazionale Ada Wong. Successivamente, grazie alle preziosissime informazioni ottenute dai due agenti, si venne a sapere anche che Radames, tale e quale in tutto e per tutto a Wong, non era nient’altro che un’impostora, creata dallo stesso Simmons tramite un esperimento in laboratorio fatto sulla stessa collega per creare una donna con abilità e fisicità pressoché identiche a quelle della moglie di Leon; tuttavia non si venne mai a sapere il vero motivo della creazione del doppelanger da parte di Simmons anche se fonti non ufficiali enunciavano che fosse stata creata da quest’ultimo per soddisfare determinati rapporti sentimentali oppure perché fu colpito dalle stesse abilità della vera Ada Wong. Sciolti definitivamente i dubbi, il comando della BSAA ordinò che Carla Radames doveva essere immediatamente catturata oppure uccisa. Dopo un violento inseguimento, sia me che la squadra a cui fui assegnato per quella missione si ritrovò nel porto della città. Potevo ricordare ancora ciò che subimmo come se fosse stato ancora presente.
***
“Squadra Alpha a comando! Stiamo inseguendo Wong all’interno di una nave ancorata nel porto principale di Wayrip, passo!” “Comando BSAA ad Alpha, ricevuto! Siate prudenti e se possibile, cercate di prenderla viva. Fate in fretta perché i servizi segreti riferiscono anche che si sta avvicinando molto velocemente un’altra enorme imbarcazione con diverse testate missilistiche imbevute di virus C che puntano dritte verso la città!” “Ricevuto! I miei uomini stanno già facendo evacuare i civili con l’aiuto degli agenti Kennedy ed Harper, passo e chiudo!” Dopo aver chiuso la comunicazione, il capitano ordinò alla nostra squadra tramite un cenno circolare d’ un dito d’ avanzare in formazione. Procedevamo lentamente con postura leggermente incurvata in avanti, con i fucili puntati davanti a noi e scrutando attentamente la zona circostante. Per inseguire il nostro “bersaglio” dovevamo passare per l’hangar dell’enorme nave. Era davvero gigantesco: vi erano diversi container, alcuni impilati uno sopra l’altro a coppie mentre altri erano posizionati in angoli sperduti del luogo; vi erano poi diversi velivoli da combattimento come F 22 e CH 46, mi chiedevo come avessero fatto ad ottenerli. A comandare la squadra oltre al capitano, c’era il sergente Piers Nivans, uno dei migliori capi squadra, soldati e tiratori scelti che la BSAA avesse mai avuto fino a quel momento. Potevo ancora ricordarmi le sue sfuriate nei miei confronti durante gli addestramenti; soprattutto durante le sessioni di combattimento, quando dovevo passare dall’estrarre un’arma ad un’altra per evitare di perdere tempo a ricaricare le munizioni durante uno scontro: “Cambia arma! Ci metti meno tempo che a ricaricare!” così diceva spesso, urlandomi nelle orecchie attraverso i megafoni posti all’interno dell’arena d’addestramento. I suoi insegnamenti tuttavia mi furono molto utili durante il corso delle missioni, soprattutto in quella dov’era in corso una situazione molto particolare: ero solamente un pivello di appena 18 anni, promosso da poco soldato scelto e stavo partecipando ad una delicatissima missione il cui esito poteva dare una svolta importante ma soprattutto favorevole sul fronte alleato, addirittura condizionare l’esito dell’intera operazione. Appena varcammo l’ingresso dell’hangar, subimmo un attacco a sorpresa da parte dei J’avo: ne spuntarono alcuni su diverse rampe sorrette da alcuni cavi in fibra ottica collegati al soffitto, decisamente su un livello d’altezza superiore al nostro, iniziando a far crepitare i kalashnikov verso la nostra direzione e colpendo due uomini della nostra squadra che si trovavano a pochi passi dalla mia posizione. Reagimmo immediatamente,sparando verso loro e centrandone alcuni che caddero pesantemente sfracellandosi al suolo, dopo circa dieci metri di caduta libera. Ben presto, quel luogo si trasformò in un vero e proprio inferno, con proiettili che schizzavano in tutte le direzioni. Improvvisamente, apparve posizionato in ginocchio sulla rampa, un J’avo armato di RPG-7 che fece sfrecciare il missile verso di noi; l’impatto colpì tutti gli altri membri della squadra,freddandoli all’istante e facendo crollare diversi pezzi di metallo dall’hangar; eravamo rimasti in tre: il capitano Redfield, il sergente Nivans ed il sottoscritto ma rimasi separati da quest’ultimi a causa delle macerie che bloccavano il passaggio. Il crepitio degli AK-47 continuavano senza sosta. Sentì il comunicatore trillare e risposi immediatamente nonostante il fischio dei proiettili che si impantanava a pochissimi metri dai miei piedi: “Miller! Ritirati e mettiti in salvo!” disse abbaiando nel microfono con l’assordante fragore di spari di sottofondo. “Capitano! Con tutto il rispetto mi rifiuto! Troverò un modo per ragg…” “Soldato Miller! Faccia quello che gl’ho detto senza discutere! Non fare l’eroe e cerca d’essere più furbo perché in questo cazzo d’istante ti sto dando opportunità di salvarti! “Signore! Mi sembra irrispettoso…” “Vattene…ORA!” è tronco violentemente la comunicazione, chiudendomela in faccia. Sentì alcuni passi dei j’avo che si dirigevano verso la mia posizione e gli falciai, facendo vomitare dal mio M4A6 tutte le munizioni disponibili ed appena ebbi un breve momento di tregua, contattai l’elicottero per l’evacuazione, spiegando a raffica ed ansimando la situazione al destinatario. Reagì agli attacchi nemici,resistendo per un paio di minuti che parevano ore, finché non arrivò l’elicottero Huey per prelevarmi: schizzai velocemente dal riparo sotto quell’incessante pioggia infernale e mi tuffai velocemente dentro il velivolo, librandoci immediatamente in volo. Nonostante fossi sopravvissuto all’imboscata, ero incazzato come una bestia: per quale motivo non mi aveva fatto rimanere!? Io facevo solo il mio dovere e come tale dovevo portarlo a termine con qualsiasi mezzo! Il giorno successivo però, venni a sapere che la minaccia della Neo-Umbrella era stata debellata ma quando il capitano tornò non sembrava affatto felice: aveva perso il suo uomo durante il combattimento contro l’ HAOS, una potentissima BOW creata all’interno di una base sottomarina con lo scopo di propagare la diffusione del virus il più velocemente possibile ma durante il violento scontro però, il sergente Nivans rimase gravemente ferito e si iniettò di sua spontanea volontà una dose di Virus C,con lo scopo di salvare il capitano Redfield e sconfiggere il mostro. A causa dei violenti scontri, la struttura della base stava iniziando a cedere ed allagarsi ma il sergente decise di rimanere fino alla fine, dando il tempo al capitano di scappare tramite un mini-sommergibile. Tuttavia non ci furono mai conferme ufficiali che stabilissero se il sergente fosse morto o meno…

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


Capitolo 35

Il flusso di quei ricordi negativi che in quel momento mi teneva occupata gran parte della mente fu interrotto da un violento stridore di gomme; ne scese una figura imponente e quasi sicuramente dall’atteggiamento un po’ incazzato: il comandante Redfield che procedeva a passo svelto verso noi,seguito ai lati da McCalebb e Brown. Non ebbi neanche il tempo d’aprire bocca che mi sbatté violentemente contro un container,afferrando saldamente il colletto della mia uniforme con entrambe le mani:  “Lo sai cosa cazzo hai appena fatto, sergente!? Sei consapevole che se falliamo questa fottuttissima operazione, io mi gioco la carriera! Non prendere mai più decisioni di testa tua! Chiaro il concetto?” Disse urlandomi in faccia con tutta l’aria che aveva a disposizione nei polmoni: di certo sapevo che se la sarebbe presa con il sottoscritto; d’altronde ero anche più alto in grado rispetto a Rivas e lui non aveva colpa, aveva seguito solo gli ordini senza discutere. “Colonnello! Quel bastardo ha ucciso i nostri uomini! Se continua a gironzolare a suo piacimento…” “ Cosa credi che faccia!? Usa quel tuo fottuttissimo cervello una buona volta: non credi che fosse proprio la sua tattica attirarti qui per una nuova trappola? Tra l’altro, hai fatto caso a dove ti ha condotto?” disse alludendo al porto, si ricordava anche lui dell’imboscata che subì la nostra squadra appena due anni fa e fu uno dei motivi che gli causò un temporaneo stress post-traumatico,da cui fortunatamente riuscì a riprendersi. La sfuriata terminò con il comandante che mi lasciò andare con un violento strattone mentre in tutto ciò,Rivas e gli altri due stavano muti come dei pesci, senza intervenire e guai se lo avrebbero fatto in un momento del genere. Il colonnello girava furiosamente avanti ed indietro, come se fosse un leone in gabbia tenuto a digiuno per diversi giorni finché non sentì trillare il comunicatore: era Leon Kennedy. “Ciao Chris!” “Leon! Hai scelto proprio il momento sbagliato per contattarmi! Dimmi subito che cosa vuoi!” “ Scommetto invece cento bigliettoni che l’informazione che sto per darti ti lascerà a bocca aperta e ti renderà felice: abbiamo scoperto il nascondiglio di Lord Kuarl!” Il comandante rimase spiazzato per svariati secondi; dopo mesi e mesi di ricerche, finalmente la US SOCOM era riuscita a scovare il nostro bersaglio numero uno!”Ora quel figlio di puttana avrà i minuti contati e sarà solo questione di tempo!” pensai tra me. “ Dov’è situato!? In che zona!?” sbraitò il colonnello impaziente. “Vicino al porto vi è una piccola fortezza costruita su un’isola che Lord Kuarl usa come base per dirigere le sue operazioni sui principali teatri di guerra. Non è stato per niente semplice scovare quel luogo, dato che neanche è segnato sulla mappa”. La notizia aveva leggermente tranquillizzato il comandante ma non del tutto: ciò lo aveva rasserenato ma era comunque impaziente; dovevamo mantenere la calma  tutti i costi per evitare di fare stupidi errori che ci potevano costare l’intero esito del conflitto e la grande fatica sudata. “Va bene Leon, d’accordo! Ma come faremo ad arrivarci il più velocemente possibile?” “Mi prendi per fesso, Chris? Appena ho trasmesso la notizia al generale O’Brian, ha inviato subito Keith e Quinton verso la vostra posizione: sarete gentilmente accompagnati con uno Huey armato di piccoli ma maneggevoli gatling, in modo da ringraziare l’eventuale comitato di benvenuto!” Disse ironicamente Leon: senza la US SOCOM, la BSAA sarebbe stata solo un mucchio di polvere e viceversa per la stessa agenzia di spionaggio, in queste circostanze si vedeva la simbiosi, la vera collaborazione tra le due organizzazioni: culo e camicia, in grado di risolvere qualsiasi problema. I trucchi del mestiere avrebbero salvato migliaia di vite umane ed ancora mi chiedevo come la US SOCOM riuscisse a ricavare informazioni così difficili e quasi invisibili ma d’altronde si sapeva: il funzionario Kennedy aveva avuto la sua prima esperienza durante l’incidente di Raccoon City quand’era ancora un semplice poliziotto e successivamente grazie alle sue abilità, riuscì a guadagnare abbastanza esperienza per combattere minacce più gravi e pericolose fino ad oggi. Forse era proprio grazie a lui che i servizi segreti funzionavano alla grande. Certe volte paragonavo sia il mio comandante che quest’ultimo come i veri pilastri delle due organizzazioni. Mentre ero assorto in quei pensieri, non mi accorsi che era appena arrivato lo Huey che si librava in volo a pochi centimetri dal suolo, per evitare di perdere tempo durante la partenza. Dopo ciò, il comandante fece cenno a me e Rivas di seguirlo sull’elicottero e dopo aver scambiato rapide parole con McCalebb e Brown, fece cenno a Quint di partire, mentre rapidamente salutammo anche Keith che fungeva da copilota. Mentre sorvolammo rapidamente le acque cupe e nere del mare, Leon disse un’ultima cosa al colonnello: “ Vi consiglio vivamente di sbrigarvi: i nostri computer riferiscono che Lord Kuarl ha appena attivato una sequenza di lancio di testate nucleari verso le città più importanti del mondo, avete circa sei minuti prima del blackout totale, passo e chiudo” Terminò la conversazione mentre noi tre ci scambiammo sguardi increduli;stava diventando sempre più difficile…

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


Capitolo 36

~~Lord Kuarl era nervoso; non stava più nella pelle. Il suo nervosismo era un misto sia di compiacimento che di rabbia e frustrazione: nel primo caso perché mancavano pochi minuti al lancio dei suoi missili imbevuti di virus C, pronti per essere diretti contro le città più importanti del mondo e finalmente conquistare l’intero pianeta, unico desiderio che aveva dall’inizio del conflitto. Nel secondo caso invece sapeva che i due galoppini della BSAA erano diretti proprio verso la sua base e non c’era bisogno neanche di un premio Nobel per comprendere che quest’ultimi avevano intenzione di mettergli i bastoni tra le ruote ma soprattutto catturarlo, avrebbe preferito morire piuttosto che rivelare informazioni. Come avevano fatto a scovarlo? Quale pista hanno seguito per portarlo da lui? Si domandò mentre percorreva gli spazi dell’enorme sala velocemente a grandi passi,le mani intrecciate dietro la schiena. Mentre era assorto in quei pensieri, un j’avo entrò trafelato dalle porte scorrevoli, guadagnandosi una furiosa occhiata da parte di Lord Kuarl: i suoi occhi rossi color brace facevano gelare il sangue nelle vene perfino ai suoi uomini, nonostante la forza acquisita con il virus. “Mio signore! La BSAA sta per arrivare! Un loro elicottero…” non fece in tempo a finire la frase che Lord Kuarl lo afferrò per il collo,sbattendolo violentemente al muro; la presa del suo braccio semi mutato con i rivestimenti in metallo si strinse ancor di più sul  colletto dell’uniforme del malcapitato: “A cosa serve frignare se non si fa nulla per impedire che ciò accada!? Idiota! Organizza e stabilisci un perimetro difensivo! Quelle testate non devono essere disattivate ne distrutte fino al conseguimento del nostro obiettivo! Per nessuna ragione al mondo, chiaro!?” gli abbaiò in faccia,scaraventandolo poi violentemente sul pavimento a diversi metri di distanza da lui. Immediatamente, lo j’avo si alzò scompostamente ed uscì correndo dalla stanza. Lord Kuarl si mise davanti la grande vetrata della sua sala, che offriva un’ampia visuale completa della zona: vedeva diversi j’avo correre a perdifiato in tutte le direzioni: c’era chi controllava il corretto funzionamento delle testate, altri che si preparavano allo scontro imminente ed altri ancora che preparavano le postazioni anti aeree con la speranza d’abbattere l’elicottero in procinto d’arrivare. Mentre osservava i preparativi dalla finestra, girò lentamente la testa fino ad osservare il suo braccio semi mutato, scrutandolo attentamente: “ Se i miei uomini dovessero fallire, allora sarò costretto ad affrontarli io stesso. Combatterò fino alla fine! Il mio piano si dovrà realizzare anche se dovessi morire! Il fallimento non è contemplato!” Disse fra sé…
***
Arrivammo velocemente sul luogo designato: i j’avo,da bravi soldati che erano,stavano garbatamente preparando il comitato di benvenuto e quasi sicuramente ciò alludeva ad un divertimento un po’ movimentato. Infatti, non appena l’elicottero varco il perimetro della base, una sventagliata di proiettili ed armi antiaeree di qualsiasi tipologia cominciarono a tuonare ed a disegnare diverse piccole palle di fuoco verso la nostra direzione. La nostra risposta non tardò ad arrivare: Rivas ed io imbracciammo le minigun ed iniziammo a far vomitare piombo caldo e rovente contro quei bastardi, in uno scenario molto simile al film d’azione Rambo: esplosioni,urla, fuoco e fiamme si stagliavano in quell’inferno, mi sorprendeva come un semplice elicottero con a bordo cinque semplici soldati potesse fare una strage con considerevoli risultati. La nostra priorità in quel momento andava comunque contro le armi antiaeree con le rispettive postazioni, ma soprattutto anche ai semplici j’avo, che potevano mutare forma in alati e piombare direttamente contro il nostro elicottero danneggiandolo pesantemente. “Tenetevi forti adesso,ragazzi! Ora si balla!” disse Quint tramite microfono mentre lo Huey si cimentava in fantastiche e rapide virate per sottrarsi al fuoco nemico, le manovre evasive quasi mi fecero perdere l’equilibrio; perfino il comandante rischiò di cadere fuori dallo sportello se non si fosse retto saldamente alla maniglia posta vicino allo sportello. Dopo aver tappezzato l’intera zona di proiettili ed aver circumnavigato il perimetro della fortezza nell’eventualità di scovare un’altra spiacevole sorpresa, l’elicottero iniziò a scendere di quota: avevamo individuato le cinque testate missilistiche pronte a partire, dovevamo fare in fretta se volevamo salvare l’intero pianeta ed il destino era solo ed esclusivamente nelle nostre mani. Il sottoscritto e Rivas ci offrimmo per disattivare i missili e poco prima di scendere dall’elicottero,il comandante ci fece cenno con la mano di prendere un dispositivo di disinnesco che ci avrebbe dato la possibilità di disattivarle nel minor tempo possibile: era una specie di valigetta di grandezza 30X50 centimetri, con all’interno un monitor che aggiornava le informazioni in tempo reale sul tipo d’esplosivo su cui ci si stava concentrando ed un pannello numerico, dove si sarebbero dovuti inserire i codici d’annullamento del lancio il più rapidamente possibile: in parole povere,appena il dispositivo analizzava l’oggetto in questione, elaborava in pochi secondi un numero, fino a formare un intero codice che in seguito l’utente avrebbe dovuto digitare sul tastierino numerico per disinnescare totalmente l’ordigno, l’importante era comunque applicare tale dispositivo ad una distanza moderata,in modo che potesse funzionare al meglio. “Fate attenzione ragazzi,mi raccomando! Vi coprirò io!” Ci avvertì il colonnello con un alto timbro di voce per superare il frastuono delle pale, mentre scendemmo con un balzo dall’elicottero: Rivas si era offerto volontario per caricarsi la valigetta,mentre io avrei dovuto coprirlo con il mio M4A6 a tutti i costi. Così, mentre zigzagavamo tra le macerie dei veicoli distrutti ed i resti mutilati dei j’avo per raggiungere la piattaforma missilistica più vicina, sentì un j’avo chiamare rinforzi urlando. In quel preciso istante però, senti anche il rumore delle canne della minigun girare e fare fuoco contro quest’ultimi ma tuttavia ne sbucarono altri da tutte le direzioni, come uno sciame di formiche impazzite. Anche se avevamo lo Huey a proteggerci le chiappe, ciò non significava che saremmo stati invulnerabili. Dovevamo sbrigarci, muoverci a razzo e mancava appena un minuto e mezzo al lancio definitivo…

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


Capitolo 37

“Digita a razzo! Sbrigati!”Sbottai a Rivas mentre facevo fuoco contro i J’avo che scattavano verso la nostra direzione: ci volevano morti a tutti i costi e lo potevo intuire dal fatto che testardamente continuavano a sbucare dal nulla come se fossero veri e propri fantasmi. Sembrava quasi che facessero una gara tra loro per avere le nostre teste e portarle dritto al loro capo. Pareva quasi che si ammazzassero tra loro per ucciderci,con la speranza che Lord Kuarl desse un consistente premio a colui che avrebbe portato a termine per primo l’incarico. In quell’istante i miei organi di senso erano all’apice della loro potenza, frutto della mia tensione che stava raggiungendo livelli stellari: il tintinnio proiettili che cadevano a terra, le urla degli j’avo che assorbivano i proiettili e venivano inghiottiti dall’ esplosioni, i suoni dei tasti numerici premuti da Rivas, il mio cuore che batteva alla stessa velocità dei proiettili che sbucavano dalla canna della minigun sull’elicottero… In quella situazione molto probabilmente,il “fattore culo” avuto fino ad ora si era stufato di salvarci sempre la pelle; sudavo copiosamente,in un misto di rabbia e paura. Dopo circa trenta secondi interminabili, Rivas mi diede un rapido colpo sulla spalla: aveva finito ma rimanevano ancora la bellezza di quattro testate. Quindi,corremmo come dannati verso la testata più vicina con Rivas davanti al sottoscritto, mentre lo coprivo voltandomi per sparare qualche raffica alla cieca, in modo da rallentare l’assalto nemico. Ripetemmo poi la stessa operazione con le altre tre testate, falciando con l’aiuto del nostro Huey, tutti gli j’avo che si presentavano sul nostro cammino. Mentre correvamo verso l’ultima postazione, sentì gracchiare l’auricolare: “ Ora o mai più,ragazzi! Avete venti secondi!” Sbottò il colonnello Redfield, quasi stordendomi l’orecchio. Le lancette correvano e se fallivamo, la sfortunata nazione avrebbe  dovuto solo recitare le loro ultime preghiere. Anche una sola e piccolissima dose di virus C avrebbe potuto scatenare una pesantissima reazione a catena, fino ad infettare l’intera popolazione mondiale: un semplice ratto,volatile o qualsiasi altro animale infetto poteva espandere il virus a macchia d’olio e perciò dovevamo assolutamente debellarlo, a qualsiasi costo! Arrivati alla postazione, Rivas iniziò a digitare forsennatamente la sequenza numerica che avrebbe disattivato la testata ma il tempo stringeva sempre più! 3…2… 1… La testata si disattivò, facendoci tirare un sospiro di sollievo. Davanti a noi si stagliava un’intera base fatta letteralmente a pezzi e rasa al suolo: adesso tutte le presenze ostili, salvo qualche piccola sorpresa che quasi sicuramente sarebbe saltata fuori, erano cessate. L’elicottero ora stava scendendo di quota, fino ad atterrare, in modo che il comandante potesse scendere a terra. Ora rimaneva solo un nemico da battere: Lord Kuarl! Dopo aver scambiato rapidamente qualche parola con Quint e Keith, noi tre ci dirigemmo verso l’unica struttura presente sull’isola: era un’enorme fortezza quadrata,cupa e grigia con diverse insegne e bandiere della Rebellion che sventolavano ai lati delle mura. Percorremmo una vasta ed ampia scalinata che ci portò all’ingresso principale, il cui accesso era garantito tramite una porta scorrevole. Mentre procedemmo, impazienti di compiere il nostro dovere una volta per tutte, si ripresentò di nuovo il misterioso uomo mascherato: era tranquillamente appoggiato ad una parete con le braccia conserte ed appena fummo a pochi metri dall’entrata, si pose davanti a noi sbarrandoci il cammino; quell’idiota molto probabilmente era rimasto fermo tutto quel tempo a godersi l’inquietante spettacolo,senza neanche muovere un solo muscolo.  “Ahi,ahi! Il vostro cammino finisce qui! Prima d’affrontare il mio capo, dovrete passare sul mio cadavere!” Disse con arroganza l’uomo in tuta da combattimento mentre faceva il giocoliere con un coltello da combattimento e camminando altezzosamente: la voce modificata dalla maschera antigas. Il colonnello ed io facemmo per affrontarlo ma improvvisamente, Rivas fece un gesto col braccio davanti a noi: avrebbe voluto affrontarlo lui stesso,da solo. Voleva prendersi la rivincita dopo il primo scontro in cui lo aveva quasi ucciso. Dopo averci fatto un cenno col capo, indicandoci d’entrare, schizzai insieme al mio superiore dentro l’ingresso dove ci aspettava un piccolo ascensore che ci avrebbe condotto da Lord Kuarl. Poco prima che le porte si chiusero, potei vedere solamente Rivas ed il suo nuovo rivale caricarsi a vicenda, seguito da un secco rumore metallico; ora potevo solo sperare che il mio amico ne uscisse vivo e vegeto. Arrivati al piano interessato, proseguimmo per il corridoio fino ad arrivare ad un enorme porta nera scorrevole, con il simbolo della Rebellion dipinto sopra: finalmente avremmo avuto modo d’affrontare il temibile comandante nemico faccia a faccia! Potevo percepirlo:era molto vicino ma non abbastanza…

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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


Capitolo 38

Varcammo velocemente la soglia,disponendoci a ventaglio con i fucili spianati davanti a noi. La sala era enorme: diverse console e computer sibilavano rumori e suoni elettrici, producendo una cacofonia costante e monotona,quasi fastidiosa alle nostre orecchie. Non appena ci addentrammo di pochi metri nell’enorme sala, la porta si chiuse di scatto con un violento tonfo, da farci quasi sobbalzare per la sorpresa. Immediatamente dopo, una voce metallica ed irosa s’intromise in quell’atmosfera inquietante: “Porta sigillata! Ora solo uno di noi uscirà vivo da qui!” e seguì una fragorosa e diabolica risata. Ci guardammo subito intorno, scrutando rapidamente l’ambiente circostante per capire la fonte di provenienza di quella fottutissima voce. Improvvisamente, a pochi metri dalla nostra posizione, vedemmo una sedia girevole posta davanti ad una scrivania piroettare velocemente su se stessa,quasi impazzita, ma il vero motivo di ciò fu ben più serio: Lord Kuarl aveva spiccato un’innaturale salto,atterrando proprio a pochi passi dalla nostra posizione: era inginocchiato, in posizione da combattimento; ci stava fissando con i suoi occhi color brace che allo stesso tempo erano iniettati di rabbia e sangue. Senza neanche dire una parola, facemmo immediatamente crepitare i fucili contro di lui ma la sua risposta non si fece attendere:infischiandosene completamente dei proiettili che assorbiva in quel momento, caricò verso la nostra posizione con una velocità sovrumana, la spalla con il braccio semi mutato abbassata per colpirci all'eventuale momento dell’impatto. Schivammo per un soffio il suo assalto, rotolando ai lati opposti e riprendemmo immediatamente a sparare: sapevamo benissimo che Lord Kuarl non sarebbe crollato tanto facilmente, potevo addirittura vedere ed udire i proiettili che penetravano nel suo corpo con un rumore secco ed umido, sollevando schizzi di sangue rosso- giallastro. Lo stesso virus,oltre ad aumentare le capacità fisiche e rigenerative, fungeva anche da “giubbotto antiproiettile”: l’infetto assorbiva e resisteva a gran parte dei danni subiti ma questo non significava che era invincibile; in parole più semplici, bisognava svuotare un intero caricatore contro gli infetti finché non cadevano a terra esausti ed ansimanti. Ma contro Lord Kuarl, questo discorso valeva fino ad un certo punto: era alto quasi due metri ed aveva una stazza paragonabile a quella d’ un armadio! In alcune rare circostanze però, il virus poteva anche causare diverse anomalie come la crescita irregolare della statura oppure alcune malformazioni agli arti; tuttavia nonostante questi “piccole malformazioni”, l’organismo non veniva per nulla penalizzato in fatto d’abilità anzi, erano semplici osservazioni; tuttavia si puntava comunque a creare un virus che si potesse adattare perfettamente a tutte le strutture molecolari di quasi tutti gli essere viventi; tutto dipendeva dal DNA di quest’ultimi e successivamente dal virus.  Lord Kuarl ripeté di nuovo gli assalti, caricando alternativamente sia me che il mio comandante, mentre noi schivammo e sparammo subito dopo, al momento del contrattacco, senza sosta finché non decise di adoperare il suo braccio semi mutato, rimasto inattivo fino a quel momento. Mi riunì nuovamente con il colonnello, mettendoci spalla contro spalla e continuando a far vomitare piombo rovente contro Lord Kuarl che non sembrava affatto sentire dolore sotto l’effetto di quella pioggia d’inferno anzi, si mise perfino a ridere diabolicamente! “Gregory attento!” sbottò Redfield nel preciso istante in cui partì una rapidissima scarica elettrica dal braccio dell’avversario;riuscimmo miracolosamente a lisciarla con un tuffo laterale;non seppi neanche dove avevo trovato la forza ed i riflessi per sopravvivere ad un attacco del genere. Frutto degli estenuanti allenamenti quotidiani svolti durante il crepuscolo? Oppure quasi sicuramente semplice fortuna? “Non ti distrarre! Combatti!” dissi tra me mentre Lord Kuarl continuava ad attaccarci, combinando le cariche con gli attacchi a distanza. La cosa però che mi sorprendeva di più in quel momento era il modo in cui si muoveva il colonnello: nonostante avesse più di quarant’anni si muoveva velocemente, agile e reattivo, quasi sicuramente dovuto ad anni d’esperienza sul campo di battaglia. Pareva quasi che avesse gli anni miei. Sparammo come dannati e la stanchezza ormai iniziava a farsi sentire: infatti, dopo la moltitudine di cariche andate a vuoto, Lord Kuarl riuscì con sua grande soddisfazione a colpire violentemente il colonnello con una spallata, facendolo cadere pesantemente all’indietro ed afferrandolo subito dopo per il colletto della sua tuta da combattimento: il viso contratto in una smorfia di dolore. Gettai subito il fucile a terra, correndo verso Lord Kuarl ed estraendo all’unisono la Samurai Edge,cominciando a bersagliare la testa di quest’ultimo, con la speranza che si fosse trattato del punto debole. Successivamente gli saltai sulla schiena, buttando via anche la pistola ed estraendo il K- Bar, colpendolo ripetutamente al capo. Lord Kuarl si contorse per il dolore: lasciò la presa sul colonnello ed iniziò a concentrarsi su di me, cercando di scrollarmi di dosso ed agitando convulsamente le braccia sopra la schiena. Dopo rapidi tentativi, riuscì ad afferrarmi ed a sbattermi ripetutamente contro il muro: il dolore e la stanchezza in quel momento stavano per prendere il sopravvento, la mia vista iniziò a vibrare e progressivamente ad annebbiarsi. “Moccioso patetico! Credi che uno come te possa fare l’eroe? Sei solo carne da macello, come tutti gli altri porci della BSAA!” Ringhiò con la sua voce metallica, il suo viso a pochissimi centimetri dal mio. Strinsi con entrambi le mani sul baraccio con cui mi stava afferrando, scalciando all’aria nel vano tentativo di liberarmi dalla sua presa finché non decise di scaraventarmi per terra; scivolai per svariati metri come se fossi un disco d’hockey fino a fermarmi completamente: la “corsa” era stata interrotta da una postazione monitor dell’enorme sala. Come se non fosse già abbastanza, Lord Kuarl corse nuovamente verso di me e mi saltò addosso: fece partire una raffica di pesanti pugni e manrovesci sul mio volto; non avrei resistito a lungo e solamente un miracolo mi avrebbe fatto sopravvivere in quel momento di crisi. Ancora un paio di quei colpi e sarei morto stecchito, putrefatto come carne avariata. Tuttavia, nonostante quel caos, il comandante Redfield si riprese; lo capì dal fatto che con una forza erculea straordinaria riuscì ad allontanarlo dal sottoscritto, attaccandolo allo stesso modo con una spallata ed atterrandolo, prendendolo poi per il collo ed iniziando a far vibrare potenti colpi: il comandante era famoso tra le fila della BSAA anche per il suo fisico da culturista. Si allenava quotidianamente e regolarmente senza prendere stimolanti e derivati. “Non perdo un altro soldato! Non oggi! Tu non lo tocchi, brutto bastardo!” disse scandendo attentamente le parole, marcandole una ad una a ritmo dei pugni che avevano deformato leggermente la maschera di Lord Kuarl. Quest’ultimo però, bloccò con il braccio semi mutato un colpo in procinto d’arrivare e contrattaccò violentemente,sferrandogli un potente gancio al mento che lo fece liberare da quel blocco. Il colonnello ora giaceva supino a pancia sotto in un silenzio tombale:il potente pugno lo aveva messo al tappeto. “Maledizione!” Imprecai tra me, mentre lentamente mi trascinavo per cercare qualcosa di utile che ci avrebbe tratto entrambi in salvo da quell’inferno. Dovevo sbrigarmi poiché Lord Kuarl lentamente si stava alzando da terra: anche lui, nonostante la potenza che gli stava donando in quel momento il virus, stava manifestando i primi segni della fatica. Mi guardai nervosamente attorno, finche i miei occhi s’illuminarono in un bagliore di speranza: Le granate! Mi erano cadute durante lo scontro in quella maledettissima sala! Si trovavano a pochi metri sopra la mia testa dato che giacevo sdraiato sul pavimento ma prenderle sarebbe stata un’impresa: ero pieno di lividi sul volto, con qualche osso rotto e soprattutto sporco di sangue su tutto il corpo ma fortunatamente per ora si trattavano di ferite non gravi. Così strinsi i denti e con uno sforzo profondo, strisciai verso il laccio che le teneva legate. “Dai! Ci sono quasi!” dissi tra me ma improvvisamente, una potente presa mi bloccò sulla caviglia sinistra e mi trascinò all’indietro: Lord Kuarl si era ripreso! Quindi mi agguantò nuovamente per il colletto dell’uniforme: “ Preparati a morire, fallito! La vittoria è mia!” disse abbaiandomi sul volto mentre preparava una scarica elettrica con il suo braccio semi mutato, pronto per darmi il colpo di grazia. Nonostante ciò, lo spilungone non si era accorto che ero riuscito a prendere per un soffio una granata incendiaria. Senza gesticolare ampiamente con le mani, per evitare che mi vedesse, innescai la granata,tirando la spoletta. Nonostante in quel momento mi sentissi quasi completamente un peso morto, riuscì ad emanare ancora qualche parola: “Chiudi.. quella cazzo… Di fogna!” ansimai mentre infilai velocemente la granata nella sua armatura, incastrandola su un fianco delle anche ed utilizzando le riserve d’energia rimaste nel corpo. Lord Kuarl impazzì per la sorpresa: lasciandomi andare  facendomi cadere come un pesante sacco, tentò disperatamente di levarsi la granata innescata ma fu troppo tardi: un’esplosione, seguita da una moderata palla di fuoco, divorò e dilaniò Lord Kuarl dal busto in giù, lanciandolo in aria e facendolo sbattere contro il muro in un angolo della sala. Avevamo vinto, finalmente! Lentamente, mi rimisi in piedi, cercando di sopportare i tormenti fisici subìti durante l’interminabile combattimento: non erano gravi e pertanto avrei potuto continuare a combattere fortunatamente. Mi diressi barcollando verso il comandante e lo aiutai ad alzarsi, quindi ci dirigemmo lentamente verso l’angolo dove giaceva Lord Kuarl. Lentamente, il colonnello lo prese per il collo, alzando delicatamente un pugno, pronto a colpirlo se necessario, mentre mi godevo la scena in piedi accanto a quest’ultimo.“Avremmo dovuto catturati vivo ma visto che non ce l’hai permesso, saremmo ben contenti di accompagnarti alle porte dell’inferno!” disse sussurrando a denti stretti. “In tutto ciò non vi siete domandati una cosa: sapevate veramente contro chi stavate combattendo? Sapete chi sono? Non vi ricordate probabilmente…” disse tra vari colpi di tosse. Non sapevamo di cosa stava parlando, ma forse ci stava suggerendo di scoprirgli il volto; stava alimentando la nostra curiosità. Lentamente mi abbassai e gli levai la maschera che gli copriva metà del volto, ciò che vedemmo subito dopo ci fece gelare il sangue nelle vene: il tempo parve fermarsi e sui nostri volti si dipinse una maschera d’orrore. Nonostante le cicatrici e le malformazioni facciali dovute all'effetto del virus, il suo volto era in parte riconoscibile. Non potevamo crederci, ciò che stavamo vedendo era quasi surreale. “ Sergente Nivans?” dissi sussurrando, con un leggero tremito…
 

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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


Capitolo 39

Non potevamo credere a ciò che stavamo vedendo: sembrava un incubo ma purtroppo era la verità nuda e cruda,un ex sergente della BSAA tra l’altro uno dei migliori soldati, capi squadra ma soprattutto braccio destro del mio attuale comandante;ora dalla parte del male.“Adesso ricordi? Dovresti rimebrare… mi hai lasciato… abbandonato come un cane rabbioso in mezzo alla strada! Tu stesso avevi fatto un discorso, dicendo che non avresti lasciato nessuno indietro! Lo facesti in Endonia, durante il briefing: il primo a scendere sul campo e l’ultimo ad andarsene!” Disse sofferente,sibilando a denti stretti ed alternando diversi colpi di tosse alle parole. “Abbandonarti? Ma di che cazzo stai parlando?” replicò il colonnello mentre in tutto ciò osservavo la scena in religioso silenzio, pietrificato anche da quella surreale situazione. “Avanti,Chris! Uccidimi per il bene dell’umanità! Ormai non si può più far nulla…” “Cosa intendevi, accusandomi del fatto che ti avevo abbandonato? Credevo fossi morto! Parla!”sbottò il colonnello in faccia a colui che era stato Piers Nivans. Ci fu un breve momento di pausa, dopodiché Nivans decise di raccontare il motivo per cui si era scatenato tutto quell’inferno, dandomi anche la possibilità d’ascoltarlo e capire cos’era successo dopo l’ultima volta che l’avevo visto in vita, durante l’assalto sulla nave in cui ero stato obbligato a ritirarmi su loro ordine…
***
“Piers,muoviti!”Sbraitò il capitano Redfield mentre scappavano dal complesso sottomarino: erano giunti in quel luogo tramite un Harrirer F12 trovato sulla prua della  stessa nave in cui avevano subìto l’imboscata durante l’inseguimento per catturare Carla Radames. La caccia all’obiettivo pareva interminabile ed il tutto terminò con l’uccisione di quest’ultima, anche se gli ordini consistevano se possibile, di catturarla viva, al fine di ricavare più informazioni possibili sulla situazione. Messa con le spalle al muro, il capitano Redfield le sparò senza pietà, così come la donna aveva fatto con i suoi stessi uomini: era accecato dalla rabbia a causa degli spiacevoli episodi a cui fu costretto ad assistere. Le immagini dei suoi soldati che venivano barbaramente uccisi dalla misteriosa donna scorrevano velocemente nella sua mente, come abbaglianti flash che lo indirizzavano solamente al debito che doveva pagare con la stessa moneta: la morte, la stessa pietosa sorte che avevano subito i suoi stessi uomini. Nonostante ciò  il colonnello Redfield insieme al suo compagno, il sergente Nivans, riuscirono a recuperare una valigetta che era in possesso della donna. Immediatamente dopo,scoprirono che all’interno vi erano diverse dosi di Virus C contenute a loro volta in diverse capsule e siringhe ma queste erano leggermente diverse rispetto agl’altri campioni che avevano recuperato sul campo di battaglia. Questi erano infatti etichettati come  “Super Virus C“ di cui non si sapevano né gli effetti e né tantomeno l’esistenza. Decisero quindi di prenderli con sé, con la speranza di portarli al comando BSAA e farli analizzare dagli specialisti competenti in materia alla fine del conflitto. Quel giorno stesso successivamente, il comando ordinò ai due soldati di dirigersi immediatamente verso una base sottomarina, in cui erano tenuti prigionieri Sherry Birkin e Jake Muller, due individui particolari che avrebbero cambiato le sorti della guerra in favore degl’alleati. La loro priorità di salvezza era giustificata dal fatto che nelle loro cellule vi erano sviluppati degli anticorpi particolari in grado di garantire l’ immunità ad alcuni tipi di virus che la Neo Umbrella aveva utilizzato e mescolato per ottenere il ceppo virale C. Jake Muller era stato designato come portatore sano del virus, da cui si poteva ricavare un vaccino in grado di debellare completamente la minaccia virale. Il governo degli Stati Uniti decise quindi di inviare sul campo la giovane agente Birkin della DSO, una branca dei servizi segreti americani, con la speranza di mettersi in contatto con il mercenario Muller, che in quel momento partecipava insieme ai suoi compagni ad un’operazione di destabilizzazione del governo della repubblica d’Edonia. I terroristi che affrontarono il colonnello Redfield ed il sergente Nivans durante l’operazione in Grecia erano infatti gli stessi  compagni d’arme del giovane Muller, i quali avevano fatto uso del virus C per potenziare le loro abilità fisiche e svolgere la loro missione il più facilmente e velocemente possibile. Tuttavia, un solo uomo risultò immune al virus una volta somministrato: lo stesso Jake Muller, confermando l’ipotesi che potesse esistere un individuo in grado di resistere alla suddetta arma virale. Il giovane mercenario però era ricercato anche dalla stessa Neo Umbrella, il quale ordinò a tutti gli uomini sotto il suo comando di scovarlo ed ucciderlo, per evitare che si sviluppasse una cura; infatti fu proprio la Radames a prendere in considerazione l’incarico, rivoltando contro il giovane mercenario i suoi stessi compagni ormai trasformati in J’avo, soldati agl’ordini della Neo Umbrella. Dopo una spietata caccia all’uomo e varie peripezie, la giovane Sherry Birkin riuscì finalmente a mettersi in contatto con Muller, rendendolo consapevole del fatto  che il suo stesso sangue era la chiave per sconfiggere il virus. Quando il corrotto consigliere  alla sicurezza nazionale Simmons venne a sapere dell’operazione che stava dirigendo la DSO, organizzò subito una spedizione contro quest’ultimi, addirittura ordinando alla sua complice Radames di sprigionare una spietata ma soprattutto ostinata BOW soprannominata Ustanak: Un’enorme mostro alto quasi due metri e mezzo, dotato di un fisico umanoide possente simile a quello di un culturista e dotato di un’intelligenza abbastanza sviluppata, che rese la vita dei due ragazzi un vero e proprio inferno, fino a catturarli definitivamente ed a portarli in un complesso sottomarino, dove la loro ubicazione sarebbe risultata difficile da rintracciare grazie alla loro posizione sottomarina ben occultata. Tuttavia, vennero rintracciati dai due soldati della BSAA e successivamente liberati, la missione poteva dirsi finalmente conclusa; furono però le ultime parole famose poiché un’altra spiacevole sorpresa si presentò nell’esatto istante in cui i quattro furono in procinto di tornare alla base: L’HAOS, la più potente arma bio organica mai creata dalla Neo Umbrella.Di fronte a quella situazione, Redfield e Nivans decisero di occuparsi di quest’ultima, dando la possibilità ai due giovani di scappare e mettersi in salvo. Il feroce combattimento contro la gigantesca BOW si protrasse finchè la struttura iniziò progressivamente a crollare a causa dei danni subìti. Dopo aver corso a perdifiato lungo i corridoi allagati del complesso,schivando allo stesso tempo gli assalti dell’ HAOS, il sergente Nivans scattò verso l’uscita: una saracinesca stava per bloccargli la loro via di fuga definitiva. “Capitano, svelto! La blocco io!” Disse a denti stretti il sergente Nivans mentre ostacolava forzatamente con le braccia la pigra e lenta chiusura della porta,dando al suo superiore un brevissimo lasso di tempo per oltrepassarla. Superata quest’ultima, la piattaforma su cui correvano si incrinò a causa dei danni strutturali, facendo scivolare velocemente i due soldati all’interno di una vasca, contenente diversi detriti, travi e casse. Dopo svariati secondi, il capitano ed il suo sergente riuscirono a riaffiorare in superficie. “ Nivans, stai bene?” “ Si, signore! Dobbiam..” la sua frase venne interrotta a metà dall’improvvisa fuoriuscita dell’ HAOS: era ancora vivo! Le onde causate dall’improvviso movimento scaraventarono violentemente il sergente contro una pila di casse, seguito da una trave di metallo che si proiettò velocemente nell’aria contro il suo braccio, inchiodandolo alla parete e ferendolo gravemente. Il capitano Redfield venne afferrato dall’ enorme arma bio organica: tentò in tutti i modi di liberarsi ma fu del tutto inutile. “Devo fare qualcosa!” pensò tra se Nivans mentre urlava e gemeva per il dolore al braccio,da cui scese un’incessante getto sanguinolento. Si guardò velocemente intorno, finche il suo sguardo cadde sulla misteriosa valigetta che erano riusciti a recuperare dalla Radames. Con un violento strattone, il sergente riuscì a liberarsi, infierendo ancor più gravemente sul braccio, fino a staccarlo di netto dal suo corpo, quindi si trascinò su quel pavimento metallico viscido ed acquoso, fino a raggiungere la valigetta: le fialette e le capsule erano andate distrutte a causa dell’impatto ma una sola era rimasta intatta. “Per la BSAA! Per il futuro!” urlò mentre si iniettò sul braccio l’unica dose rimasta del Super C Virus. Avvertì immediatamente diverse fitte nel corpo, seguiti da spasmi e convulsioni, finchè il suo arto mancante si rigenerò,tramutandosi una sorta d’enorme tentacolo marrone, dotato d’artigli in grado di sparare diversi fulmini e scariche elettriche. Ripresosi dalla ferita, si diresse velocemente verso l’enorme figura nera a mezzo busto dall’orribile volto a teschio, spiccando un’enorme balzo verso il braccio in cui teneva il capitano Redfield, per poi infilzarlo con tutta la forza rimastagli nel corpo, facendo propagare anche potenti scariche elettriche che investirono tutto il corpo dell’ HAOS fino a danneggiarlo pesantemente, costringendolo a mollare la presa sul suo superiore. Dopo un violento scontro, L’HAOS venne finalmente neutralizzato;era ormai solo questione di secondi prima che la struttura affondasse del tutto. “Sergente! Come ti sei ridotto!?” abbaiò il capitano in un misto d’esasperazione e tristezza mentre portava e sosteneva il sergente ferito con il suo braccio ancora integro posato sulle sue spalle. Finalmente erano riusciti a trovare la loro via di fuga: dei piccoli sommergibili che avrebbero potuto utilizzare per sfuggire alla distruzione del complesso. Il capitano si lasciò sfuggire un lieve sorriso di compiacimento. “Avanti Piers! Dobbiamo…” sentì una forte spinta proiettarlo all’interno della cabina del mini sommergibile, seguito anche dalla chiusura dello sportello: voleva rimanere sotterrato in quel cimitero subacqueo! Dopo essersi reso conto della situazione, il capitano si appiattì contro il vetro, battendo su d’esso violentemente ed ansimando per la disperazione, dovuta a ciò che stava succedendo. “ Sergente!? Non fare l’idiota! Apri questa maledettissima porta!” Ringhiò il capitano mentre continuava a battere sul vetro del sommergibile. In tutto ciò, il sergente Nivans continuava a guardarlo come se nulla fosse: il suo volto sfigurato,dovuto a causa dell’iniezione del virus, rimaneva impassibile di fronte a quella situazione, forse un lieve accenno di tristezza e dolore. Voleva restare, sacrificarsi, in modo che il suo superiore potesse avere il tempo di scappare senza eventuali problemi. Quindi, mentre guardava il capitano invano battere ed urlare forsennatamente dietro il vetro, Nivans fece partire il sommergibile tramite un pannello posto sul lato destro dell’ingresso dell’imbarcazione, senza replicare ciò che stava abbaiando il suo superiore in quel momento. Una volta in superficie, il capitano comunicò la sua posizione al comando della BSAA che mandò immediatamente uno Chinook CH-47 per prelevarlo in mezzo all’oceano. Tuttavia non si accorse d’un particolare molto importante…
***
Galleggiava lentamente sott’acqua, con un andamento a ruota verticale. Pensava d’essere morto dopo l’esplosione ma a quanto pare il virus aveva fatto dei miracoli. Oltre ad essere sopravvissuto, era riuscito a salvare per un ciuffo d’erba anche il suo comandante: L’HAOS era molto ostinato e si era messo perfino ad inseguirlo anche dopo il crollo della base. Dato che evidentemente lo scontro precedente non l’aveva messo al tappeto, Nivans decise di folgorarlo definitivamente durante il brevissimo inseguimento, sprigionando dal suo braccio una potentissima scarica elettrica, ancora più letale di quelle utilizzate durante il precedente combattimento. L’HAOS si disintegrò in mille pezzi ed il sergente decise quindi di raggiungere il capitano, dato che avevo udito un debole ronzio di pale, simbolo che i soccorsi stavano per arrivare. Doveva sbrigarsi se voleva essere tratto in salvo! Arrivato in superficie, notò che l’elicottero era praticamente sopra di lui, a pochi metri d’altezza dalla sua testa. Vide Redfield in procinto di salire sull’elicottero; ne approfittò per chiamarlo: “Capitano?... sono vivo! Non mi abbandoni! Per favore..” gemette Nivans; non si era ancora ripreso dalle ferite e dallo shock nonostante si fosse iniettato il virus per rigenerare le ferite subìte. Cercò di chiamare più forte il suo superiore, con la speranza che potesse udirlo ma le pale dell’elicottero coprivano il suo flebile tono di voce. Il comandante salì,senza neanche degnarsi di uno sguardo attorno per vedere se il suo partner fosse ancora in vita; come se nulla fosse, salì sul velivolo. Dopo averlo preso a bordo,ripartì lentamente, finché non diventò un piccolissimo punto nero nel cielo. Non poteva crederci! Lo avevano abbandonato! Solo,ferito ed in mezzo al mare! Rimase incredulo di fronte a quella situazione; aveva voglia d’urlare ma dalla sua bocca uscì solo un lieve lamento di frustrazione e tristezza. Non dovette fare altro che rassegnarsi di fronte a quella situazione,dato che per i prossimi minuti avrebbe patito una morte lenta e dolorosa. Tuttavia sentì improvvisamente diverse voci parlare una lingua straniera,accompagnate da un ronzio d’un’imbarcazione. Sperava che si trattasse di qualche buon’anima che lo avrebbe tratto in salvo da quel putiferio ma quando si accorse che si trattavano di due solitari j’avo sopravvissuti al conflitto, la prova che si trattasse d’una falsa speranza fu confermata.
***
“Mi hai lasciato morire in quell’inferno! Solo come un cane..! ” disse terminando la frase con diversi colpi di tosse: sangue misto uscì dalla sua bocca. “ Credevo che tu fossi morto! Perché non sei scappato subito.. “ “Mi aspettavo che tu ti facessi vivo di tua spontanea volontà! Avevo messo in pratica ciò che mi avevi detto sul campo di battaglia, dandoti il tempo per scappare!” Lo interruppe di rimando colui che fu Lord Kuarl. “Dopo che te ne andasti, due j’avo mi presero con loro e mi portarono in un complesso segreto della Neo Umbrella ancora intatto. Avevano visto che il virus che mi ero iniettato volontariamente si era comportato ed adattato in modo particolare al mio organismo ma la cosa che gli stupiva di più fu il mio braccio mutato. Così, dopo vari esperimenti e dolorosissime modifiche ed amputazioni sul mio corpo nacque Lord Kuarl, un ‘essere spregevole e spietato il cui unico scopo ormai era combattere contro la causa per cui si era battuto con tanta convinzione, tradito dai suoi stessi compagni poiché abbandonato in mezzo al campo di battaglia in un momento critico, dopo aver dato tutto il suo impegno per salvare i suoi soldati, vite innocenti per poi debellare questa minaccia, ripagato ingiustamente con l’indifferenza e l’ipocrisia! Volevo farvi soffrire allo stesso come avevo fatto io quello stesso giorno! Le stesse ferite… Lo stesso dolore che avevo subito!” Terminò la frase ansimando, finchè non si accasciò al suolo pochi secondi dopo. Ora eravamo rimasti solo noi due in mezzo a quella sala fumante e distrutta, interdetti ma allo stesso tempo increduli da ciò che avevamo appena ascoltato…
 
 

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Capitolo 41
*** Epilogo ***


Epilogo

Era incredibile come si potesse scatenare una guerra per piccole cose. Bastava solamente un colpo di pistola, un’incomprensione, un ordine non eseguito o chissà cos’altro per far scoppiare un vero e proprio conflitto armato. Il “discorso” appena pronunciato da Nivans,poco prima di esalare il suo ultimo respiro, si poteva elencare in uno di questi esempi. Non sottovalutavo la reazione appena avuta da quest’ultimo; era vero che essere abbandonati sul campo di battaglia in un momento critico era una cosa vergognosa e pessima ma scatenare un intero conflitto armato per un motivo del genere lo era ancora di più. Dopo aver guardato il cadavere per un paio di secondi, il colonnello si rialzò lentamente; ormai era apatico di fronte a situazioni del genere ed era palese che ci avesse fatto l’abitudine dopo le numerose perdite che aveva subìto. Stanchi ed esausti dopo quel tremendo scontro, ci dirigemmo pigramente all’ingresso della fortezza: zoppicavo leggermente a causa delle ferite riportate ma finché sarei rimasto in piedi avrei combattuto fino alla fine, non volevo fare l’eroe ma come ci diceva sempre il colonnello durante gli addestramenti “L’impegno viene prima di tutto! La bravura passa in secondo piano!” Una volta ripreso l’ascensore, ritornammo all’ingresso principale, dove avevamo lasciato Rivas combattere contro il misterioso nemico. Mi guardai velocemente intorno, cercando d’individuarlo; era seduto sul pavimento contro una parete laterale alla porta da cui eravamo passati per raggiungere Lord Kuarl: non sembrava ferito ma a giudicare dal modo in cui ansimava, lo scontro non era stato per nulla facile. Corsi da lui,seguito dal mio comandante e mi accovacciai.” Stai bene? Il bastardo l’hai preso?” dissi con voce moderata ma con una leggera punta di preoccupazione: poteva avergli inflitto una ferita apparentemente banale ma che sarebbe potuta diventare grave in poco tempo, non era il momento delle sorprese ma soprattutto non ne avevo per niente voglia! Il mio partner mi rassicurò con un cenno della mano, alzando il pollice ma scosse la testa riguardo alla mia seconda domanda: molto probabilmente era scappato ed il sesto senso mi suggeriva che ben presto avremmo avuto modo di incontrarlo nuovamente. Dopo essermi rasserenato sulle sue condizioni, lo aiutai ad alzarsi e lentamente andammo fuori: il sole era al crepuscolo. Una volta fuori, fummo accolti,con nostra grande sorpresa, dalla squadra Delta BSAA: la stessa che avevamo salvato dal fuoco di sbarramento durante gli scontri nelle strade della città. Erano sparsi per tutto il campo: chi esaminava il campo di battaglia, altri che parlavano fra loro ed altri ancora che si sedevano e riposavano, soffocando diversi sbadigli. Reputai ciò che fecero quest’ultimi come un’idea per niente male, dato che sia il sottoscritto che il mio compagno eravamo veramente stremati…
 

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