In the rain di Echocide (/viewuser.php?uid=925448)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In the rain ***
Capitolo 2: *** My lady ***
Capitolo 1 *** In the rain ***
Titolo:
In the rain
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng
Genere: fluff, romantico
Rating: G
Avvertimenti: oneshot
Wordcount: 830
(Fidipù)
Note: Questo è il risultato venuto dopo aver ascoltato
initerrottamente questo
video tutto il giorno; si può dire che questo sia una specie di
prequel della mia fanfiction Miraculous
Heroes, ma può anche essere letto da solo e...beh sì, è la
rivistazione di una certa scena e a parte questo non so che altro dire:
buona lettura!
«E’ tutto finito, Tikki.» mormorò
Marinette, sdraiata sul suo letto e con lo sguardo rivolto verso il
soffitto: «Abbiamo sconfitto Papillon, Parigi è al sicuro...» la ragazzina
si fermò, socchiudendo gli occhi: «E’ tutto finito.»
La piccola kwami ridacchiò, volandole davanti il viso: «Non è finito
niente, Marinette. Questo è stato solo l’inizio.» dichiarò Tikki,
adagiandosi poi sul cuscino e imitando la posa dell’umana: «In tutta la
mia vita, ho imparato che c’è sempre bisogno di Ladybug e Chat Noir, c’è
sempre bisogno di due eroi che proteggono chi non ha poteri.»
La ragazza abbozzò un sorriso, voltandosi a osservare la sua kwami:
«Papillon era il padre di Adrien…» bisbigliò, quasi come se avesse timore
che nelle ombre della propria camera si celasse qualcuno che potesse
ascoltarla.
«Non l’avresti mai detto, eh?»
«No.»
Il rombo di un tuono le fece trasalire entrambe: Marinette si issò a
sedere, osservando il cielo plumbeo che s’intravedeva dalla botola che
dava sul terrazzino: «Meglio chiudere, altrimenti ci ritroviamo tutta la
camera allagata.» scherzò Tikki, mentre la ragazza annuiva e si alzava per
fare ciò.
Allungò una mano per prendere la maniglia della botola, ma la sua
attenzione fu catturata dalla figura nera che, completamente a suo agio,
si godeva il panorama dal terrazzino: «Chat Noir?» esclamò, sorpresa di
trovarsi l’eroe – e suo partner – lì.
Il giovane mascherato si voltò, abbozzando un sorriso: «Buonasera.» la
salutò cordialmente, tornando poi a osservare la figura mastodontica di
Notre Dame: «Sembra stia per piovere…»
Marinette salì i pochi gradini che rimanevano, affiancando il giovane:
«Perché sei qui?» domandò, cercando di trovare una motivazione logica alla
sua presenza lì: non c’era nessun akuma, nessun cattivo che la minacciava,
nessun pericolo che richiedeva la presenza di Chat Noir.
«Chissà…» mormorò il ragazzo, facendo scivolare lo sguardo verde su di lei
e abbozzando un sorriso: nessuna battutina, nessuna chiacchiera senza
senso.
Stranamente silenzioso.
Le prime gocce di pioggia caddero, creando piccoli aloni scuri sulla
maglia bianca della ragazza: «Da quanto lo sai?» domandò Marinette,
abbassando lo sguardo e portandosi indietro una ciocca nera.
«Mmmh…» Chat inclinò la testa, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé: «Non
so quando l’ho capito veramente: ci sono state varie cose che mi hanno
portato alla soluzione.»
«Perché non me l’hai mai detto?»
«Perché tu avevi deciso di tenere nascoste le nostre identità.» dichiarò
il suo partner, abbozzando un sorriso e grattandosi il naso con il dito
guantato di nero: «E i desideri della mia lady sono ordini.»
Marinette annuì, alzando la testa e offrendola alla pioggia: «Aspetta
qui.» ordinò, dirigendosi verso la botola che portava alla sua stanza:
scese velocemente le scale e iniziò a cercare un ombrello nella sua
stanza, finché non ne trovò uno.
Uno che era legato a un ricordo importante.
Tenne fra le mani l’oggetto dalle tonalità scure: non aveva mai avuto
occasione di ridarlo indietro.
Ogni volta che aveva tentato, la sua lingua si era impastata e lei non
aveva saputo mettere insieme due parole di senso compiuto; poi era
scivolato in fondo all’armadio e lei si era scordata di darlo al legittimo
proprietario.
Sospirò, stringendolo al petto e sorridendo alla kwami, che fluttuava a
mezz’aria con lo sguardo preoccupato: «Va tutto bene, Tikki.» dichiarò,
dirigendosi verso le scale e salendole velocemente: Chat era ancora fermo
lì, con le gambe divaricate e ben piantate per terra, la figura snella e
atletica, lo sguardo rivolto verso Parigi.
«Chat?»
Il ragazzo si voltò, studiando i suoi movimenti mentre lei apriva
goffamente l’ombrello nero: «Io avevo paura…» mormorò Marinette,
tenendo la testa bassa: «Questa storia della supereroina, di proteggere
Parigi…Io avevo paura, per questo non volevo rivelarti chi ero…» spiegò,
abbozzando un sorriso e alzando il viso: «Perdonami, forse sarebbe stato
tutto più facile, sapere chi eravamo veramente.» dichiarò, offrendo
l’ombrello al giovane.
Chat la fissò, mentre le labbra gli si distendevano in un sorriso aperto e
sincero.
Lei conosceva quel sorriso…
Lei sapeva di chi era quel sorriso.
Un tuono rimbombò in lontananza, facendola sussultare, mentre il ragazzo
allungava la propria mano e sfiorava le sue dita, prima di prendere
l’ombrello dalla sua stretta.
Marinette rimase a osservarlo, senza poter dire una parola: adesso sapeva.
Adesso aveva capito.
Chat le sorrise maggiormente, quasi come se leggesse la consapevolezza
nello sguardo di lei.
E poi successe: come se fosse animato di vita propria, l’ombrello si
chiuse, inghiottendo Chat al suo interno – come era già successo una
volta. Come era già successo quella volta, a ruoli invertiti – e Marinette
scoppiò a ridere, mentre il giovane mascherato faceva capolino da sotto
l’incerata nera e ridacchiava divertito con lei.
«A domani, allora.» mormorò Chat, sfuggendo alla presa famelica e saltando
giù dal balcone.
Marinette l’osservò usare il bastone per raggiungere il tetto di una casa
e poi sparire dietro di essa: «A domani.» bisbigliò, voltandosi e
raggiungendo la botola, chiudendola dietro di sé.
«Finalmente gliel’hai reso.» dichiarò Tikki, raggiungendola subito e
sorridendo alla sua protetta.
La ragazza si voltò indietro, sorridendo: «Sì.»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** My lady ***
Titolo:
My lady
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng
Genere: fluff, romantico
Rating: G
Avvertimenti: oneshot
Wordcount: 672
(Fidipù)
Note: Quel momento in cui il cane ti sveglia alle 5 e mezzo di
mattina, facendoti capire chiaramente che ha urgente bisogno di uscire per
fare i bisogni e tu, mentre lo scorti fuori, ancora addormentata inizi a
ideare una scena e poi la scrivi.
Potrei riassumere così com'è nato questo pezzo senza pretese, diretto
successore del primo capitolo "In the rain" di questa raccolta, collage di
momenti fra Adrien e Marinette, prequel di Miraculous Heros,
nonsopropriocomedefinirla...
E niente ecco qua a voi!
Infine, voglio ringraziare chi ha letto e commentato il precedente
capitolo di questa raccolta/collage/prequel/quelcheè.
Grazie infinite e dal più profondo del cuore!
Da
quanto lo sai?
Mmmh. Non so quando l’ho capito
veramente: ci sono state varie cose che mi hanno portato alla soluzione.
Perché non me l’hai mai detto?
Perché tu avevi deciso di tenere
nascoste le nostre identità. E i desideri della mia lady sono ordini.
Picchiettò le dita sul libro, osservando l’orologio del cellulare e
sospirando: si era svegliato presto quella mattina – decisamente troppo
presto – per poter giungere prima di tutti a scuola e attenderla; sapeva
che doveva venire prima per finire una relazione da consegnare alla
professoressa Bustier proprio quel giorno. Sospirò, poggiando le braccia
sul tavolo e nascondendo il volto fra esse, mentre l’agitazione
s’impadroniva di lui: «Ti vedo nervoso.» commentò Plagg, volando fuori dal
suo nascondiglio e osservandolo con lo sguardo verde e quella luce
maliziosa che il ragazzo aveva imparato a conoscere: «Eppure ieri non eri
così agitato…»
«Ieri ero Chat.» bofonchiò Adrien, alzando la testa e fissando lo spirito:
«Chat Noir ci sa fare con le ragazze, non è come Adrien…»
«Bah. Questa è una stupidata!» decretò il kwami, incrociando le zampette e
scuotendo il capino: «Non sei tu quello che indossa la maschera di Chat?»
«Sì, ma…»
«Lascia che ti dica una cosa: che tu abbia la maschera o no, quello che
parlerà con la tua bella sei sempre e solamente tu.»
Adrien sorrise, osservando il suo kwami infiammarsi mentre gli diceva
quelle parole; allungò una mano, carezzando il capino con l’indice:
«Grazie, Plagg.» dichiarò, osservando l’esserino scostare la mano e
sbuffare infastidito.
Il rumore della porta della biblioteca che si apriva, gli fece alzare la
testa mentre Plagg tornava a nascondersi fra i suoi abiti: Eccola.
Adrien la osservò, mentre prendeva un foglio dallo zainetto e studiava
assorta ciò che aveva scritto, picchiettandosi le dita sulle labbra e
inclinando lievemente la testa: era strano come dettagli che prima non
aveva mai notato, adesso apparissero eclatanti.
Per tanto tempo non aveva mai collegato Marinette alla sua partner,
Ladybug: così diverse ai suoi occhi, non aveva mai trovato un punto in
comune fra quelle che considerava due ragazze diverse, ma che erano
entrambe importanti.
Ladybug era stato il colpo di fulmine, l’amore improvviso; Marinette,
invece, era entrata in punta di piedi nel suo cuore.
Quanto tempo aveva passato, incapace di dire chi fosse la ragazza di cui
era veramente innamorato?
Poi aveva conosciuto Marinette con i panni di Chat Noir, notando come la
ragazza apparisse sicura di sé quando lui aveva indosso la maschera: aveva
flirtato con lei, venendo reguardito e messo al suo posto senza tante
cerimonie; quando invece aveva interagito con l’eroina parigina come
Adrien, aveva scoperto il modo impacciato e timido di quella giovane così
tremendamente sicura di se stessa.
E forse era stato lì che aveva iniziato a notare le somiglianze fra le
due, a far caso come stranamente Marinette non c’era mai quando Ladybug
era in azione, come l’aspetto della sua partner fosse così incredibilmente
somigliante a quello della sua compagna di classe…
Quando aveva fatto due più due, aveva sorriso della sua stupidità e del
fatto che, in un modo o nell’altro, lui era sempre stato innamorato solo e
solamente di Marinette.
Si alzò dal tavolo, attirando l’attenzione della ragazza e osservandola
sgranare lo sguardo e fare un passo incerto, indeciso se dire verso di lui
o verso la porta; notò come le guance le s’imporporavano e stringeva a sé
lo zaino, usandolo quasi come scudo: «Buongiorno.» le mormorò,
sorridendole impacciato e indeciso su cosa fare: prenderle le dita fra le
sue e farle un elegante baciamano? O ascoltare la parte più insicura di
lui, che gli intimava di non toccarla.
«Giornobuono…no, cioè…buonnogior…» Marinette balbettò qualcosa, facendolo
sorridere dolcemente e osservandola, voltarsi di lato mentre le guance e
il collo le diventano ancora più rossi.
«Buongiorno.» ripeté lui, allungando titubante una mano e sfiorando le
dita di lei, che stringeva spasmodiche lo zainetto al petto, mentre altre
due parole volevano uscire dalle sue labbra, il nomignolo che era e
sarebbe stato sempre e solamente di Marinette: «My lady.»
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3405328
|