Never let me go

di lilyhachi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sunset ***
Capitolo 2: *** Sunrise ***



Capitolo 1
*** Sunset ***


Never let me go
 
 
 
I


Sunset



“A certain type of darkness has stolen me under a quiet mask of uncertainty.
I wait for light like water from the sky and I am lost again”.
 
 

“Al di là dell'oceano, è difficile capire quale sia il Nuovo Mondo.
Tutto ciò che sapevo, erano le storie che mi avevano raccontato di mostri e uomini valorosi che avevano giurato di ucciderli.
Ma ora che ho quasi attraversato l'oceano, che separa il Nuovo Mondo dal vecchio, ho paura che le storie che ho sentito possano avere offuscato la realtà, invece di averla chiarita. Sembrerebbe che questi mostri siano uomini, figli, fratelli, padri.
E sembrerebbe che questi uomini abbiano paura dei loro stessi mostri, un impero, una flotta, un re”.
 
 
Quei pensieri, trascritti sul diario donatole dal Capitano Flint, continuarono a tormentare la mente di Abigai Ashe, mentre se ne stava sul ponte, lievemente inebetita dal dondolio della nave. Non ci aveva ancora fatto l’abitudine, in realtà.
Durante i giorni trascorsi sulla Good Fortune, aveva sofferto molto il mal di mare, ma non appena aveva creduto di essere avvezza a quel senso di capogiro che i suoi compagni di viaggio sopportavano da anni, Ned Low aveva invaso quella quotidianità del tutto stravagante per una ragazza come lei.
Il tempo passato sul vascello pirata era nebuloso, come se Abigail si trovasse dinanzi ad uno specchio di cui non riusciva a scorgere il riflesso, perché opacizzato. Ogni tanto, credeva di distinguere dei contorni, una luce, un cambiamento appena percettibile che le concedesse di abbandonare quella foschia, ma poi Abigail precipitava nuovamente in essa.
Era frustrante e terrificante: sapere di essere viva ma immobile da qualche parte, senza la piena padronanza del proprio corpo e dei propri movimenti. C’erano momenti in cui il senso di confusione, probabilmente indotto da qualche strano sedativo, peggiorava…ed era allora che la voce di Ned Low riprendeva ad angustiarla, come la peggiore e più atroce delle torture che le potesse essere inflitta. Non riusciva mai a diversificare perfettamente le parole, ma ogni volta era come se un ferro rovente venisse pressato sulla sua pelle. Voleva urlare e piangere, perché la voce di quel pirata era così colma di tenebra e degenerazione da non riuscire a sorreggerla, o almeno non in quello stato. Abigail Ashe non aveva alcuna conoscenza dell’Inferno, ma una parte di lei – quella ancora turbata da Ned Low e dalla sua ciurma – presumeva che somigliasse ai giorni su quella nave, attanagliata dal timore di non riprendere conoscenza e di non rivedere la luce del sole.
“L’aria inizia a farsi fredda”.
Per Abigail udire una voce all’improvviso non era mai gradevole, perché in cuor suo sentiva di non essere ancora del tutto al sicuro. Tuttavia, la voce che l’aveva richiamata non era neanche lontanamente equiparabile a quella di Ned Low.
Era calma e rasserenante, come la coperta di lana regalatale da suo padre e con la quale il sonno era sempre più quieto, libero da incubi e irrequietezze. Abigail si voltò, incontrando il volto di Billy.
Le sopracciglia erano corrucciate, dettaglio che aveva scorto già al loro primo incontro.
Billy Bones sembrava sempre impensierito da qualcosa, non c’erano attimi di distensione nella sua vita a bordo della nave spagnola e forse mai ci sarebbero stati. Aveva le braccia incrociate, in una tipica posa da “azione”, quella che gli aveva visto sfruttare spesso in diversi discorsi con il Capitano Flint su come e quando agire. Era bello e Abigail non poteva fare a meno di notarlo ogni volta che i suoi occhi cominciavano a vagare incontrollati sulla sua figura statuaria.
“Dovreste rientrare”, continuò lui, senza discostare lo sguardo dalla ragazza. “Il Capitano Flint potrebbe prendersela con me, nel caso vi beccaste un raffreddore”.
Abigail sorrise, immaginando Flint che rimproverava Billy per una tale sciocchezza.
“In realtà, intendevo aspettare il tramonto. Perderlo sarebbe un oltraggio”.
Billy finse di non capire, sospinto dalla curiosità verso quella ragazza che ogni giorno si posizionava sul ponte, osservando il tramonto con sguardo sognante. La prima volta che l’aveva vista, Billy era di fianco al timone, discutendo con Silver mentre entrambi cercavano di sbloccare la barra (1). Abigail si era accostata silenziosamente alla balaustra, muovendosi tra l’equipaggio come fosse un fantasma, perfetta nel suo vestito bianco che svolazzava all’incedere del vento.
Aveva poggiato le mani pallide e prive di imperfezioni sul legno, mentre Billy si era chiesto se fossero morbide al tocco, non come le sue…ruvide e screpolate, estranee ad ogni forma di delicatezza.
Nel momento in cui le luci aranciate del tramonto avevano fatto capolino all’orizzonte, Abigail aveva chiuso gli occhi per un attimo, riaprendoli insieme allo sbocciare timido di un sorriso sul suo volto, mentre Billy era rimasto fermo a scrutarla, affascinato da quella scena così bella da sembrare frutto di un dipinto prezioso.
Il rituale tacito di Abigail Ashe si era ripetuto anche nei giorni successivi, insieme a quello di Billy che, preso sempre di più dalla singolarità e dall’attrazione per quella particolare consuetudine, si era perso a guardarla di sottecchi.
“Vi aggrada assistere al tramonto?”.
Abigail abbassò lo sguardo, come per prendersi tempo prima di rispondere.
“L’ultima volta che ho visto un tramonto, mi trovavo sulla Good Fortune. Da allora, ci è mancato poco che dimenticassi l’azzurro del cielo, il tepore del sole, l’odore salmastro del mare e i colori di un tramonto. E’ stato come se la mia vita dovesse svolgersi solo al calar del sole, alimentata prima da un buio pesto e poi da una tenue luce di una fiaccola”.
Billy dischiuse le labbra secche, mentre un increscioso senso di colpa gli appesantiva il petto, insieme all’imbarazzo.
“Mi dispiace, io-“.
Il sorriso pieno e autentico di Abigail gli lasciò morire le parole in gola, mentre la ragazza passava delicatamente la mano sul suo braccio, carezzandolo appena.
“Non avete di che dispiacervi”, esclamò con una genuinità tale da coglierlo alla sprovvista. “Mi piace parlare con qualcuno che non sia la Signora Barlow o il Capitano, ogni tanto”.
Billy non poté fare a meno di sorridere di fronte ad Abigail.
Non era la prima volta che parlava con lei, inizialmente i loro scambi di parole si limitavano a “buongiorno” e “buonanotte” quelle rare volte che si incrociavano, ma ultimamente conversare con Abigail era diventato sempre più frequente e piacevole.
Sembrava andare d’accordo con la vita in mezzo all’equipaggio, viaggiare  insieme ad una ciurma di pirati non la turbava affatto, anzi, era a suo agio, in qualche modo. Non vi erano menzogne nei suoi occhi, nessuna macchinazione messa in atto appositamente per ottenere qualcosa. Il candore di Abigail lo intimoriva, perché lasciava riemergere i ricordi della sua vita prima di unirsi a Flint, quando non era altro che un ragazzino spaurito e indifeso, ancora ignaro della crudeltà del mondo.
Si domandò come ci si potesse sentire…ma la verità era che non lo ricordava più. Quell’innocenza era stata estirpata nel momento esatto in cui le mani di Billy si erano macchiate di sangue, tramutandolo in un perfetto assassino.
Abigail era ad oceani di distanza da lui.
Per quel motivo o forse per istinto di sopravvivenza, Billy si allontanò da lei, come se fosse rimasto troppo a lungo sotto il sole cocente, ustionandosi la pelle. Lo sguardo di Abigail mutò, passando dalla contentezza alla perplessità assoluta.
Billy non faticò a leggere l’incertezza sul volto di Abigail, la cui espressione sembrava domandarsi cosa fosse appena successo e per quale motivo. Quando Billy vide la luce del tramonto colpire il viso di lei, realizzò di averglielo fatto perdere, ma non vi badò…perché se Abigail avesse potuto vedersi, avrebbe notato che i suoi occhi – irradiatati da quel bagliore – erano uno spettacolo pari a quello del tramonto stesso. Tuttavia, Billy aveva appena confermato a sé stesso ciò di cui era stato sempre consapevole: non vi era garbo in lui, non conosceva altro che la vita da fuorilegge che aveva condotto…una vita che non poteva coincidere con quella di Abigail Ashe.
“C’è ancora del lavoro da fare. Io…mi dispiace avervi disturbata”.
Le parole di Billy sembravano inciampare l’una sull’altra, esitanti nel loro andamento, barcollanti come un uomo ferito.
Quando Billy Bones voltò le spalle, Abigail non si mosse e mentre il sole si spegneva lentamente, allo stesso modo Billy si allontanava sempre di più da lei, scomparendo tra le vele bianche.
 
 

“A certain type of silence has filled my voice.
I scream beneath the water and make no noise.
All my prayers go quiet, they're never heard and I am lost again”.
 


La tempesta continuava ad imperversare ma non era nulla che un vascello come quello non potesse sopportare.
Billy era rimasto accanto al timone, con Silver al suo fianco mentre Flint, a qualche metro di distanza da loro, si assicurava che la pioggia non causasse danni. Intanto, le gocce d’acqua gelida lo colpivano incessantemente, lasciandolo impassabile.
Non era certo la prima tempesta che affrontava, ma la sua mente non aveva fatto altro che ripercorrere la breve conversazione con Abigail per tutto il tempo senza dargli pace.
C’era qualcosa di singolare nel modo in cui gli occhi di Abigail si posavano su di lui, scrutandolo come se fosse un tesoro raro, qualcosa che il suo sguardo non aveva mai incontrato prima di allora, e Billy non riusciva a spiegarsi il motivo.
Come poteva guardare a quel modo un pirata, un assassino, un uomo che aveva dedicato la sua vita al mare e al saccheggio?
Nei suoi occhi, avrebbe dovuto trovare solo paura. Eppure, l’espressione di lei era ancora lì, impressa a fuoco sulla sua pelle, come quella che gli aveva riservato prima che andasse via: quella ferita…quella che gli aveva fatto venire voglia di tornare indietro e afferrare la sua mano, delicata sulla sua pelle piena di cicatrici.
“Non sei stato proprio un gentiluomo prima, sai?”.
Billy alzò gli occhi al cielo nuvoloso, chiedendosi perché – tra tutto l’equipaggio – proprio Silver dovesse assistere al suo incontro con Abigail per poi rintuzzarglielo.
“E a te cosa importa?”, domandò, cercando di nascondere il fastidio nella propria voce.
“A me nulla, volevo solo sentire cosa avresti risposto”, esclamò l’altro, poggiando una mano sulla fibbia della cintura ed esibendo il suo classico sorrisino beffardo, capace di insidiarsi nella mente di chiunque ma non nella sua. “Ma, visto che ci sono, permettimi di dirti che non ci sai proprio fare con le donne, amico”.
“E’ solo una ragazza, e anche la figlia di un Lord, amico”.
Billy non aveva idea del perché stesse parlando, con Silver poi. Ma per qualche strana ragione, le sue labbra avevano cominciato a muoversi senza dargli il tempo di pensare, facendo qualcosa di cui lui si privava spesso: alleggerirsi.
C’era una parte di Billy Bones, una parte sopita dentro di lui che adesso non contava altro che i resti di quel ragazzino strappato alla sua famiglia, che desiderava soltanto liberarsi: da tutta la tensione, le preoccupazioni, l’ansia di guardarsi costantemente le spalle, il terrore di finire nuovamente in mare…perché sì, quella paura era ancora insita in lui.
Era andato alla deriva, solo e abbandonato, con nulla se non la certezza di morire tra le onde. Gli uomini come lui non possedevano nulla, nessuna eredità, soltanto il mare…e Billy era certo che sarebbe stato proprio il mare ad ucciderlo, ma non era accaduto.
“Allora?”, chiese Silver, come se la cosa non lo scalfisse affatto ma Billy non si meravigliò.
Non era come i suoi compagni, c’erano cose ancora importanti per lui, nonostante il suo stile di vita, come la distanza incommensurabile tra un uomo come lui e Abigail Ashe.
“Amico, tu di questa vita prendi solo il peggio. Non c’è nulla di male a non pensare, ogni tanto”, Silver gli fece l’occhiolino e si avvicinò al Capitano, lasciando Billy alla mercé dei suoi pensieri e delle riflessioni irragionevoli da lui dispensate.
Nonostante gli costasse molto ammetterlo, quel manipolatore da quattro soldi di John Silver non aveva poi tutti i torti, ma Billy sapeva di non poter essere diverso. Tirò un lungo sospiro e riportò entrambe le mani sul timone, chiudendo gli occhi per un attimo, mentre l’acqua scorreva sulla sua pelle. Quando li riaprì, Billy dovette sbattere le palpebre più volte per capire se stesse sognando o meno, perché ciò che si stava verificando dinanzi ai suoi occhi stanchi aveva ben poco di reale: una figura vestita di bianco avanzava sul ponte della nave, con le braccia protese in avanti come alla ricerca disperata di qualcosa.
Billy faticava ancora a comprendere se fosse tutto frutto della sua immaginazione, così serrò nuovamente le palpebre per poi risollevarle velocemente ma la scena non mutò: era Abigail e aveva gli occhi chiusi.
Quando Billy la vide avvicinarsi pericolosamente alla balaustra e allungarsi su di essa come a volersi gettare nel mare agitato, si precipitò a perdifiato verso di lei, chiamando a gran voce Flint e Silver alle sue spalle.
Billy riuscì ad afferrarla appena in tempo, stringendo le mani attorno alla sua vita. Abigail si dimenava sotto di lui, come impazzita: gli ancora chiusi e i pugni serrati contro il suo petto.
“Lady Ashe!”, la chiamò lui, cercando di tenerla ferma, nonostante i tentativi di lei di sgusciare via dalla sua presa. “Lady Ashe!”.
La ragazza aprì gli occhi di scatto, permettendo a Billy di vederla in tutto il suo atterrimento: tremava e i suoi occhi saettavano da una parte all’altra della nave, spaventati e disorientati, come se non fosse consapevole di essere lì sul ponte insieme a lui.
“Ned Low”, esclamò con voce rotta. “Vedevo il suo volto”.
“Ned Low è morto, non potrà farvi alcun male”, ribatté Billy, cercando di rassicurarla.
“Continua a tormentarmi, come se fosse su questa nave”.
Le mani di lei strinsero compulsivamente la stoffa della camicia di Billy, il quale – senza rifletterci più del dovuto – la tenne tra le sue braccia, lasciando che si tranquillizzasse e gettando uno sguardo a Flint e Silver, mentre l’acqua ancora cadeva dal cielo.
Forse anche Abigail Ashe aveva dentro di sé una parte assopita: quella ancora atterrita dalla figura raccapricciante di Ned Low, afflitta dagli incubi di ciò che aveva vissuto.
“Portala da Miranda”, dichiarò Flint, avvicinandosi e mettendogli una mano sulla spalla.
Billy eseguì quanto gli era stato ordinato e mentre raggiungeva la cabina della Signora Barlow, si accorse di quanto Abigail fosse fredda. Se Billy non avesse udito il suo respiro contro il petto, l’avrebbe data certamente per morta.
Bussò incessantemente alla porta della Signora Barlow che accorse dopo qualche minuto, trafelata e con l’aria di qualcuno il cui sonno era stato chiaramente interrotto in malo modo.
“Oh, buon Dio”.
Miranda avvolse delicatamente le mani attorno alle spalle di Abigail, facendola entrare.
Billy la seguì istintivamente, senza neanche pensare di poter fare il contrario.
“Cos’è successo?”, domandò, facendola accomodare sul letto per prendere dei visti asciutti.
“Non saprei. Credo stesse avendo una specie di incubo”.
Lo sguardo di Miranda Barlow si alternava tra la preoccupazione e la dolcezza nei confronti di quella  ragazza, prendendosene cura come fosse figlia sua e Billy cominciò a chiedersi se fosse stato anche quello a far innamorare Flint di lei, ammesso che fosse davvero l’amore a tenerli uniti. I suoi gesti trapelavano di affetto materno, al punto da farla sembrare proprio quella donna che ogni bambino abbandonato avrebbe voluto con sé. Gli ricordò una favola che aveva sentito da ragazzino: parlava di una mamma che raccontava storie ad un gruppo di bambini cresciuti senza genitori (2). Miranda Barlow gli rammentava la donna della favola.
Quando Miranda fece segno ad Abigail, ancora tremante, di alzare le braccia per lasciarsi togliere la camicia da notte fradicia, Billy si voltò di scatto, tossendo per non strozzarsi con la sua stessa saliva. Miranda aveva sorriso: ne era più che sicuro.
“D’accordo”, esclamò la donna e Billy lo interpretò come un segnale per potersi voltare nuovamente verso di loro. “Ora riposa, cara”.
Abigail, con lo sguardo ancora perso e senza dire una parola, si mise sotto le coperte, stringendone il bordo come se vi si stesse aggrappando.
“Credo tu abbia fatto abbastanza”, gli sussurrò Miranda, voltandosi verso Abigail. “Avresti bisogno di dormire anche tu”.
“Non credo di riuscirci, madame”.
Una dote particolarmente apprezzabile di Miranda Barlow era la sua capacità di non aver bisogno di molte spiegazioni, perché le bastava ascoltare poche parole per cogliere l’essenziale, quello che non veniva quasi mai pronunciato. Si accorse dello sguardo di Billy fisso sulla figura di Abigail e fece un cenno con il capo.
“Veglia su di lei, io raggiungo la cabina del Capitano”.
Billy lo avrebbe fatto.
Avrebbe vegliato su Abigail, accertandosi che il suo sonno fosse tranquillo invece che scosso da incubi terrificanti.
Abigail si era addormentata immediatamente, subito dopo aver poggiato il capo contro il cuscino soffice e Billy si era perso, ancora una volta, a guardarla. Era finalmente tranquilla, non come l’aveva trovata prima.
Mentre la scrutava, partendo dalle lunghe ciglia fino ad arrivare alle labbra piene ancora violacee per il freddo, Billy capì che anche lei era andata alla deriva, sballottata a destra e a manca, prima da una nave all’altra e poi nel buio di una cella come fosse una merce di scambio e non una persona che voleva soltanto tornare a casa dalla sua famiglia.
In fin dei conti, non erano tanto diversi.




Angolo dell’autrice

 
  • (1) Barra: per definizione, la leva che fa girare il timone.
  • (2) Riferimento lieve alla favola di Peter Pan: ovviamente Peter Pan è successivo agli eventi della serie, quindi il riferimento è fatto come se Billy (in questo caso) non sapesse di chi parla la storia, di Wendy e dei Bimbi Sperduti, ma solo di questa raccontafavole che lui associa a Miranda.
  • I versi lungo la shot sono tratti dalla canzone “Sea of Lovers”, di Christina Perri.
  • Il titolo è preso dall’omonima canzone di Florence & The Machine, come il verso finale.
  • Nel telefilm, non è stato specificato cosa sia capitato ad Abigail dopo essere stata presa da Ned Low. In una puntata, Vane dice che è stata sedata e in un'altra, lei stessa ha un incubo, quindi ho sfruttato questa cosa e spero di non aver calcato troppo sulla paura che lei nutre ancora nei confronti di quanto successo, ma ho pensato si trattasse sempre di una ragazza che è stata rapita da un pirata abbastanza inquietante e un po’ folle (per la precisione, io lo adoravo), quindi credo (e spero) che sia abbastanza normale essere ancora scossa.
  • Per la scena di Abigail che tenta di gettarsi dalla nave, ho preso spunto da Anastasia.
 
Chiedo scusa per tutte le noiose precisazioni ma, trattandosi della mia prima pubblicazione in questo fandom e vista l’ansia che mi sta divorando, ci tengo a chiarire alcune cosette. Dopo lo scambio di sguardi tra Billy e Abigail nella 2x08, la mia mente deviata ha iniziato a viaggiare da sola, arrivando alla stesura di questa “cosa” che chiamerò storia.
Era prevista come one-shot ma, dopo aver superato le otto pagine, ho pensato che pubblicarla come shot fosse pesante come lettura così ho deciso di dividerla in due capitoli, già scritti e pronti per essere pubblicati.
Sono molto nervosa al riguardo, perché Black Sails non è il solito telefilm e ovviamente l’ultima cosa che voglio è scrivere stupidaggini che facciano accapponare la pelle a che legge. La mia preoccupazione non è dovuta soltanto allo stile della storia, ma anche alla caratterizzazione dei personaggi: per quanto riguarda Abigail, ho cercato di renderla meno docile rispetto a quella del telefilm (fatta eccezione per la parte sugli incubi) e per alcuni punti mi sono trovata abbastanza in difficoltà, perché non so ancora se certe cose possano sembrare ooc o meno; mentre, per Billy, ho cercato di caratterizzarlo al meglio e spero di esserci riuscita almeno in parte, ma ovviamente lascio giudicare a voi.
Quindi, smetto di ciarlare e vi chiedo di farmi sapere cosa ve ne pare, anche con un commento piccino piccino perché sto morendo di ansia e sapere cosa pensate di questo lavoretto mi preme tantissimo. Se avete appunti  o correzioni, fate pure.
Un grazie di cuore a Marti Lestrange, Alice Dolohov e Yoan Seiyryu per tutto il supporto e per aver aspettato (anzi, pazientato) per la pubblicazione della storia. Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a qui, davvero.
 
Al prossimo capitolo,
Lily.

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Capitolo 2
*** Sunrise ***


A Marti Lestrange, Alice Dolohov e Yoan Seiyryu, perché è colpa loro se questa “cosa” ha visto la luce, senza il loro supporto (misto a scleri vari) non avrei mai e poi mai pubblicato. Grazie di cuore, ragazze ♥




Never let me go



II


Sunrise
 
 
 
 
 
“In the sea of lovers without ships and lovers without sight, you’re the only way out of this.
Sea of lovers losing time and lovers losing hope, will you let me follow you?
Wherever you go, bring me home”.
 
 
 
Abigail Ashe era certa di trovare incubi ad attenderla nel momento in cui avrebbe chiuso gli occhi.
Si era così abituata alla loro presenza da vederli già acquattati nell’ombra con le fauci spalancate e pronte ad accoglierla…anche quando non erano in agguato.
Quella notte, tuttavia, Abigail chiuse gli occhi e non si agitò nel sonno, non urlò, non si dimenò e non vide il volto di Ned Low a pochi centimetri dal suo, non udì la sua voce viscida contro il proprio orecchio, non fu pervasa dall’incontrollabile desiderio di urlare.
Non accadde nulla di simile e per la prima volta dopo molto tempo, Abigail ebbe la possibilità di dormire a sonni tranquilli.
Non aveva paura, bensì le sembrava di essere in qualche modo protetta, come se si trovasse all’interno di una teca di vetro che nulla poteva distruggere, come se qualcosa o qualcuno la stesse proteggendo.
Non avrebbe mai immaginato che quel qualcuno potesse essere Billy Bones.
Quando si risvegliò, la tempesta era finita e fuori dominava ancora il cielo scuro della notte, nonostante Abigail riuscisse a scorgere un cambiamento di colori in lontananza, indice dell’arrivo prossimo dell’alba.
Si mise a sedere lentamente, cercando di ricordare esattamente cosa fosse successo ma senza risultati concreti, poiché la sua mente era ancora frastornata. Piegò  il capo, osservando quel giovane che era rimasto al suo capezzale.
Billy era seduto su una sedia di legno accanto al suo letto, nonostante il termine “seduto” fosse un eufemismo, nel suo caso: era completamente scomposto con la testa che penzolava lievemente e il braccio sinistro abbandonato oltre la sedia quasi a toccare il pavimento. La camicia non era del tutto asciutta, ma gli aderiva completamente addosso.
Lo sguardo di lei prese a vagare per tutta la sua figura, indugiando sulle sue braccia, le stesse che l’avevano stretta quella notte, tenendola al sicuro, e tra le quali avrebbe desiderato lasciarsi cullare ancora.
Quasi desiderò allungare la mano per sfiorarlo ma dovette mordersi l’interno della guancia per non farlo.
Non capiva cosa lo avesse spinto a vegliare su di lei: le era sembrato di capire che Billy non volesse avere a che fare con lei, e come poteva dargli torto? Non era altro che una ragazzina, un carico da riportare a casa e di cui sbarazzarsi al più presto perché troppo seccante, che aveva ancora paura del buio e delle insidie che poteva albergare in esso.
Probabilmente era così che Billy la vedeva: come una bambina.
Fece per posare i piedi a terra ma quel movimento bastò a ridestare Billy, che si mise ritto sulla sedia, lasciando prima vagare lo sguardo per la cabina, posandolo poi su di lei.
“Siete sveglia”, esclamò con la voce ancora impastata dal sonno.
“Sì”, disse semplicemente lei, sforzandosi per non guardarlo nonostante la sua voce la stesse chiamando. “Grazie per aver badato a me, ma sto bene…potete anche andare, davvero. Non c’è bisogno che restiate oltre”.
Abigail non fece caso alla flemma con cui quelle parole avevano lasciato le sue labbra, ma Billy sembrò cogliere quel dettaglio, come un nodo mal allacciato e continuò a parlare, a sondare il terreno per tentare di comprendere cosa turbasse Abigail.
“Credo di dover restare, nel caso aveste un altro incubo”, contestò lui, sporgendosi leggermente in avanti e accorgendosi della velocità con cui Abigail si era tirata indietro, omettendo una parte di verità circa il motivo per cui dovesse rimanere lì con lei.
“Non sono una bambina che ha paura dei mostri sotto il letto”, sussurrò lei, chiudendo gli occhi e facendo di tutto per impedire a quella rabbia soffocata di montarle nel petto, quella che la faceva sentire come un esserino inutile e sempre bisognoso di protezione.
“Vi chiedo perdono, Lady Ashe”, esclamò Billy, usando un tono più dolce e osservando Abigail, che continuava a non guardarlo in volto, tentando di apparire impassibile. “Non era ciò che intendevo, davvero”.
Tuttavia, Billy riusciva a riconoscere perfettamente le sue emozioni, le portava scritte in viso, grazie alla linea dritta che le sue labbra avevano assunto, le pupille leggermente dilatate e fisse sul legno, le mani ancorate alla coperta del letto.
Abigail era in collera, forse con lui o più semplicemente con sé stessa. Forse si stava maledicendo per essere una ragazza che tutti cercavano di proteggere, più per i propri scopi che per la sua incolumità personale.
Una voce nella sua testa gli urlava di uscire e non guardarsi indietro, perché Billy non doveva trovarsi lì, solo in una cabina con la figlia di un Lord, non era appropriato e Abigail era soltanto una ragazza, mentre lui un pirata e un fuorilegge.
Eppure, Billy non voleva andare via.
“Volete che me ne vada?”, chiese Billy, deglutendo e cercando di non chiedersi cosa lo spaventasse. “Se è realmente così, uscirò da quella porta, senza disturbarvi oltre. Mi basta solo una vostra parola”.
Abigail trovò il coraggio di incrociare il proprio sguardo con quello di Billy, tentando di sorvolare sull’effetto che scaturiva in lei. Perdersi nei suoi occhi chiari, messi ancora più in evidenza dalla pelle abbronzata, era semplice come lasciarsi trasportare dalla marea. “No”, dichiarò Abigail. “Non voglio”.
“Neanche io”.
Billy non aveva certo immaginato di trovarsi così vicino a lei al punto da poter sentire il suo respiro sulla propria pelle e il suo profumo intossicante che sapeva di lavanda e carta, come quella che aveva utilizzato per scrivere il diario regalatole da Flint.
Si era accostato quasi inconsciamente, perché in cuor suo sentiva di desiderarlo. Era ancora in tempo per tirarsi indietro prima di compromettere entrambi, ma non ne era capace, perchè la vicinanza di Abigail aveva offuscato ogni cosa.
Non si meravigliò quando le sue stesse labbra, quasi dotate di vita propria, premettero dolcemente sulle sue, cercando di non turbarla, perché Abigail Ashe era così delicata che Billy temeva potesse frantumarsi tra le sue mani in un battito di ciglia, come fosse fatta di vetro.
Abigail, dopo un momento di immobilità iniziale, sembrò rilassarsi lentamente  e ricambiò il bacio, seppur timidamente, come solo lei avrebbe potuto fare e allora Billy portò una mano dietro la nuca, tastando la morbidezza dei suoi capelli e avvicinandola ancora di più, mentre lei poggiava lentamente le mani sulle sue spalle.
Abigail schiuse le labbra, permettendo a Billy di approfondire il bacio e di lasciare che le mani ruvide carezzassero la sua vita sottile.
Quando si separarono il tempo necessario per riprendere a respirare, Billy provò a recuperare un briciolo di ragione.
“Dovremmo fermarci”, esclamò con il fiato corto, senza guardarla perché altrimenti avrebbe gettato all’aria quanto rimasto del proprio buonsenso. “Sono un pirata e voi-“.
Si bloccò ed Abigail lo osservò, incuriosita dal senso di onore a cui Billy cercava disperatamente di aggrapparsi, come a volerla preservare da sé stesso, perché era un pirata mentre lei la figlia di un Lord che avrebbe presto fatto ritorno a casa, tra i ceti alti, tra persone la cui vita non si svolgeva all’insegna della pirateria.
Spostò una mano sul suo volto, sfiorandogli prima il collo e costringendolo a portare gli occhi chiari su di lei.
“Non possiamo”, continuò con la voce incerta e decisa al tempo stesso, come se dirlo fosse una sofferenza. 
Abigail gli aveva sorriso debolmente come la prima volta che lo aveva visto, seduta al tavolo con il Capitano, e  continuando a carezzargli una guancia mentre Billy teneva ancora gli occhi sul suo viso: avrebbe voluto rigettarsi sulle sue labbra, appagando quella necessità che aveva percepito fin dall’inizio ma per quanto lo desiderasse, non poteva farlo.
"Lo so...e vorrei che le cose fossero diverse".
"Mi dispiace...è quello che vorrei anche io, Lady Ashe".
In quel momento, non c’era più nulla tra loro se non le reciproche debolezze, quelle di Abigail che Billy aveva visto sul ponte mentre si guardava intorno con la paura che Ned Low potesse riemergere dalle onde all’improvviso, e quelle di Billy, quelle che non sarebbero mai venute a galla, nonostante Abigail potesse discernerle in quel preciso istante nei suoi occhi.
Billy si prese un momento per scrutarla ancora, mentre tentava di arrestare il tremore del suo corpo e di sorreggere il suo sguardo indagatore. Le sue mani non la lasciarono subito: non erano levigate, poteva avvertire il contrasto con la propria pelle ed era proprio quel dettaglio a provocarle brividi. Sembrava volesse prolungare quel momento, fermare tutto solo per imprimerlo nella maniera più dettagliata possibile, in modo da non dimenticarlo mai.
Lo sguardo amareggiato di Abigail era pari ad una stilettata nel petto, qualcosa che Billy temeva di non riuscire a sopportare, come guardarla, sapendo di non poterla avere come avrebbe desiderato davvero. Voleva abbracciarla, stringerla, dirle che sarebbe andato tutto bene ma sarebbe stato come mentire sia a lei che a sè stesso, perchè non poteva esserci futuro per un sentimento del genere.
Billy poggiò la fronte contro la sua, chiudendo gli occhi e permettendo ad Abigail di inspirare il suo odore: un misto di sabbia e salsedine. Quando allontanò nuovamente il viso dal suo, Abigail sentì qualcosa all’altezza del petto, un senso di mancanza, come se qualcosa di prezioso le fosse stato strappato via violentemente.
Billy sfiorò le dita sottili e morbide di lei, afferrandole come a volerle offrire un'ancora nel mezzo di quel mare agitato.
Abigail non cercò di spostarsi, ma rimase ferma in quella posizione con il viso di Billy a pochi centimetri dal proprio, le mani strette nelle sue e il mondo fuori che perdeva ogni consistenza, così come il piano di Flint, il desiderio di appianare le divergenze di un mondo in cui era impossibile non farsi guerra per ogni piccola cosa. Eppure, ogni differenza poteva essere sanata, diventando un punto di incontro invece che un motivo di conflitto…come era accaduto per lei e Billy: entrambi avevano i loro spettri personali ed entrambi si erano ritrovati a cercare i rispettivi occhi, in mezzo a tanti altri.
Tuttavia, Abigail  doveva fare ritorno a Charles Town e se Billy fosse stato un pazzo, avrebbe già architettato una fuga, chiesto ad Abigail di non tornare da suo padre e rimanere insieme sulla nave, magari tornando a Nassau con lui.
Ma Billy Bones era ancora dotato della ragione, nonostante la notte appena passata gli avesse fatto credere il contrario, e sapeva – a malincuore – che una ragazza come Abigail non meritava il tipo di vita che lui poteva offrirle.
Forse si sarebbe adattata, accontentata addirittura, ma chi era lui per costringerla ad abbandonare la vita per cui era nata?
“Vi sento pensare”, la voce sottile di lei lo raggiunse.
Billy abbassò gli occhi su di lei, accennando l’ombra di un sorriso.
“Potete anche darmi del tu e chiamarmi Billy”, sussurrò con sincerità.
Il sorriso di Abigail si allargò, mentre un dolce rossore le colorava le guance.
“E tu puoi chiamarmi Abigail, allora”, protestò lei.
Billy la guardò, domandandosi come avesse fatto una creatura del genere a trovarsi lì, insieme a lui. Cinse il suo viso con il palmo della mano, mentre Abigail inclinava il capo e gli sorrideva con gli occhi, reclamando un maggiore contatto con la sua pelle.
‘ Vorrei  che non tornassi a casa’: quelle erano le parole che Billy avrebbe desiderato rivolgerle ma non lo fece, bensì continuò ad osservarla in silenzio, lasciando che lei le supponesse, anche senza sentirgliele dire.
Gli occhi di Abigail divennero nuovamente tristi, accorgendosi sempre di più di come quel risveglio, iniziato in maniera piacevole, non avesse portato altro che malinconia nel suo cuore.
Diversi pensieri vorticavano nella sua mente, ma nessuno era degno di essere portato fuori, perché incapace di sostenere quel momento preciso. Nulla avrebbe potuto riempire quel silenzio, solo parole vuote. Non le importava nulla del Nuovo Mondo, dei conflitti inutili portati avanti, voleva lasciare ancora tutto fuori e restare insieme a Billy.
Cosa c’era di sbagliato in due persone il cui unico sogno fosse restare insieme?
Billy, intanto, teneva ancora la mano salda nella sua, godendosi quegli ultimi momenti insieme prima di vederla salire su una scialuppa, lontana dalla nave...lontana da lui.
“Forse un giorno potremo incontrarci di nuovo”.
La voce di Abigail era quieta, come il mare finalmente calmo dopo una tempesta, ma Billy colse la nota triste nelle sue parole.
Forse, un giorno, in un mondo completamente diverso da quello che li aveva cresciuti e plasmati, si sarebbero rincontrati per davvero. Forse, in quel mondo, ogni cosa sarebbe stata diversa.
‘Ed io mi auguro che accada’.
Non lo disse, Billy, ma qualcosa sul volto di Abigail gli lasciò intendere che lo avesse letto nei suoi occhi.
Pensò che l’unica cosa giusta da fare in quel momento fosse baciarla un’ultima volta per spegnere quella strana tristezza dovuta a qualcosa che non poteva neanche nascere, così la baciò per la seconda volta.
Non fu come il primo bacio, carico di aspettative, desideri e voglia di scoprirsi maggiormente fino a consumarsi. Era un bacio che sapeva di sogni infranti e mani che si allontanavano piano.
Nel frattempo, le prime e deboli luci dell’alba cominciavano a farsi strada nel cielo, passando attraverso il vetro della finestra.
Forse, in quel mondo, Billy non l’avrebbe lasciata andare, e avrebbe impedito alle braccia dell’oceano di portarla via da lui, sempre più lontano. Forse, in quel mondo, Abigail avrebbe potuto stringerlo a sé senza separarsi più da lui.
Il sole si faceva poco a poco più alto in cielo, decretando lentamente la fine di ogni cosa, e così anche del loro bacio che terminò come era iniziato: lentamente e con un muto dolore ad aleggiare nell’aria, simile ad una nube nera ma passeggera.
Billy regalò un ultimo sguardo ad Abigail prima di recarsi sul ponte della nave e pensando che forse, in quel mondo, lui e Abigail non avrebbero avuto oceani spaventosi e imponenti a separarli…ma per quel mondo – semmai fosse esistito – era ancora presto.

Abigail scolpì gli occhi di Billy nella sua memoria come se li stesse abbozzando a matita su una pagina del suo diario…una pagina strappata, piegata e conservata all’altezza del cuore, così da promettere a sé stessa di non dimenticarli mai.
Ogni volta che i suoi occhi si fossero posati sull’orizzonte, Abigail Ashe avrebbe rivolto il suo pensiero a Billy Bones.

 
 
 
“Never let me go, never let me go.
And the arms of the ocean are carrying me,
And all this devotion was rushing over me”.
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
  • Le note iniziali sono sempre tratte da “Sea of lovers” mentre quelle finali da “Never let me go”.

Non credo ci siano altre precisazioni da fare, le note rompiscatole erano di più nello scorso capitolo, qui non c’è molto da dire.
Ho deciso di lasciarlo “aperto”, in un certo senso, perché, prima di tutto, potrei tornare a scrivere su di loro (e ho già qualche idea) e poi non me la sentivo né di chiudere con un lieto fine alla “per sempre felici e contenti” perché non è una cosa conforme alla serie (e chi lo segue SA), né un finale triste in stile “addio”. Ho cercato di renderlo più come un “arrivederci”, e spero abbiate apprezzato.
Niente, ho l'ansia, come al solito ma non posso farci proprio un bel niente...spero di non avervi delusi, perchè non mi ritengo molto soddisfatta per questo finale, ho come l'impressione di aver sbagliato qualcosa, ma lascio giudicare a voi. Detto questo, grazie a chi ha seguito questa storiella, chi ha recensito, ringrazio i lettori silenziosi e chi mi ha appoggiato in questa “follia” senza capo né coda. Inoltre, se vi piace questa coppia adorabile, vi consiglio vivamente di passare sul profilo di Marti Lestrange che proprio ieri ha pubblicato una bellissima shot su questi bimbi…quindi, prendete e leggetene tutti, mi raccomando!
Ancora un grazie di cuore al trio malvagio di sopra e a tutti coloro che hanno letto la storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino, se vi va, perchè mi farebbe molto piacere sapere, e grazie ancora per essere arrivati fino a qui. Potrei tornare a scrivere su questi bimbi bellissimi, quindi…stay tuned!
Alla prossima,
Lily.

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