Devil's Child - Il Figlio di Satana

di Shade Owl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 1: Lo Sceriffo di Orenthal ***
Capitolo 3: *** Cap. 2: Devil's Child ***
Capitolo 4: *** Cap. 3: In giro per Orenthal ***
Capitolo 5: *** Cap. 4: La figlia dello Sceriffo ***
Capitolo 6: *** Cap. 5: A pranzo ***
Capitolo 7: *** Cap. 6: Inseguimento ***
Capitolo 8: *** Cap. 7: I visitatori notturni ***
Capitolo 9: *** Cap. 8: Dicerie ***
Capitolo 10: *** Cap. 9: La sparizione ***
Capitolo 11: *** Cap. 10: Tagliato fuori ***
Capitolo 12: *** Cap. 11: Sulle tracce del demonio ***
Capitolo 13: *** Cap. 12: Confronto con l'assassino ***
Capitolo 14: *** Cap. 13: Eroe ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Lawrence Powell si sistemò con fare nervoso il nodo alla cravatta e lisciò le inesistenti pieghe nella sua camicia bianca, cercando disperatamente di apparire il più ordinato possibile. Si sentiva preda dell’ansia più totale, e non c’era nulla che potesse fare per rimediare.
Quando una settimana prima era intervenuto durante il briefing, onestamente non si era aspettato che lo prendessero sul serio e difatti aveva dovuto discutere a lungo con molti colleghi più anziani (i quali difficilmente erano propensi a tenere di conto le opinioni di un agente di ventiquattro anni fresco di accademia) prima di far valere le sue ragioni. Tuttavia, quando il direttore in persona aveva affermato di volere sul suo tavolo una relazione scritta entro l’indomani si era decisamente stupito: al massimo aveva pensato di sentirsi dire qualcosa come “molte grazie, Powell, un’ottima teoria. Qualcuno ha altre idee?”.
E invece eccolo lì, una settimana dopo, che si accingeva a entrare nell’ufficio del direttore del Federal Bureau of Investigation per discutere faccia a faccia i dettagli della sua idea e il relativo modo di procedere successivamente.
Inspirando a fondo alzò lo sguardo verso la segretaria che, ignorandolo beatamente, continuava a rispondere al telefono o a battere tasti per scrivere un qualche documento. Poi l’interfono ronzò brevemente, e finalmente Lawrence ottenne il permesso per entrare nell’ufficio.
Prima di varcare la porta ricontrollò il proprio riflesso nel vetro, smorzato dalla veneziana scolorita dall’altra parte. La sua chioma nera e folta era appena un po’ disordinata, cosa dovuta alla scarsa cura con cui si era pettinato quella mattina, ma almeno la camicia non era così disastrata, sotto la cravatta e la giacca. Grazie al cielo.

Bussò, due colpi rapidi e accennati, e non appena ricevette risposta varcò la soglia, cercando di non apparire troppo inquieto: non voleva fare una figura tanto grama davanti al suo capo, specialmente in una simile occasione. Se fosse riuscito a giocarsela bene, non solo avrebbero chiuso il caso (che tra l’altro andava avanti da mesi), ma il suo nome non sarebbe più stato “Powell, la matricola”. Come minimo.
- Ah, Powell… scusa se ti ho fatto aspettare.- disse sbrigativamente il direttore mentre gli faceva cenno di sedersi davanti a lui - Allora, cosa mi dici? La famiglia? Tuo padre?-
- Tutto bene, signore, grazie.- rispose con la massima disinvoltura che riusciva a ostentare, mentre prendeva posto - Si può dire che non sia mai stato meglio come adesso che è in pensione.-
- Eeeh, lo capisco… dopo trent’anni di onorato servizio, meritava un po’ di riposo…- ridacchiò lui, facendo tremolare un po’ le guance piene.
Il direttore Augustus Bell era un uomo decisamente imponente, col suo metro e novanta per cento chili, tradita dai profondi occhi azzurri e i capelli grigi ma ancora folti. Questo, unito alla sua capacità di dire sempre la cosa giusta, gli dava una sorta di doppio potere che, se da un lato aiutava le persone a sentirsi a proprio agio in sua presenza, dall’altro gli garantiva la possibilità di intimidire chiunque lo facesse irritare troppo. Lawrence, che era cresciuto ascoltando i racconti di suo padre su quell’uomo che per lungo tempo era stato un suo collega, ora che si trovava a tu per tu con lui non riusciva a decidere in che modo comportarsi: poteva parlare liberamente ed esporre nel dettaglio la sua idea o era meglio sondare prima il terreno?
L’imbarazzo di fare una scelta, tuttavia, gli venne risparmiato dal direttore in persona che, abbandonando il sorriso amichevole, giunse le mani sulla bella scrivania scura e sospirò, mentre un riflesso che aveva un che di cupo gli attraversava gli occhiali.
- Seriamente, adesso…- esordì - Ti ho fatto venire per parlare di quella tua teoria.-
E indicò con un cenno il fascicolo davanti a lui, che Lawrence riconobbe subito: era lo stesso che aveva studiato per settimane e settimane, a volte perdendoci il sonno e, quasi, l'appetito.
- Sì, signore.- disse lui - La prossima mossa di Devil’s Child.-
- Esattamente.- brontolò scocciato l’uomo, mentre un altro lampo gli illuminava gli occhi - Siamo alla quinta vittima, e abbiamo già abbastanza problemi con tutto il resto del Paese. Non possiamo permettere che questo squilibrato continui ad aggirarsi per gli Stati Uniti impunemente. Ne ho abbastanza.-
- Quindi è d’accordo con me?-
- Sì e no, figliolo.- replicò lui, assumendo un’aria quasi condiscendente - Lo riconosco, hai la stoffa per seguire le orme di tuo padre Benjamin, e la possibilità che tu abbia ragione c’è, ma non posso dare nulla per scontato. Orenthal è una città molto piccola, saranno sì e no tre, quattromila anime, ed ha uno dei più bassi indici di criminalità della sua contea. Sarebbe strano se sapessero cos’è un omicidio.-
- Proprio per questo credo di avere ragione.- ribadì - Ho studiato l’intero percorso e i metodi di Devil’s Child, e se continua ad andare verso nordest si ritroverà sicuramente ad Orenthal.-
- Ma perché proprio lì?- chiese il direttore Bell, sistemandosi di nuovo sulla poltrona girevole - Ci sono altre città sul tragitto, non tanto più grandi ma con più vittime potenziali. E poi, non è detto che proseguirà verso nordest. Secondo l’opinione di Wendell è più facile che si diriga di nuovo a sud, seguendo l’interstatale.-
- Anche quella è una possibilità. Svierebbe le indagini, senza dubbio.- concordò Lawrence - Ma non possiamo lasciare nulla di intentato. Per questo ho comunque considerato altre due possibili destinazioni, anche se ritengo Orenthal la più probabile: dobbiamo essere pronti a tutto, se non vogliamo che scappi.-
- Questo è vero.- ammise il direttore, sospirando - Senti, per quanto mi piacerebbe, non posso mobilitare un’intera task force, al momento. Se acconsento, andrai da solo e dovrai farti aiutare dalle forze dell’ordine locali, e lo stesso varrà per i tuoi colleghi che manderò nelle altre due località che hai segnalato. Questo almeno finché uno di voi non avrà in mano qualcosa di concreto, perché in quel caso verrò personalmente a cavallo suonando la tromba.- aggiunse con un sorrisetto.
- Ne sono consapevole.- ammise, mascherando una certa delusione: sperava che almeno uno o due colleghi potessero accompagnarlo - Bene, in questo caso posso credere di avere la sua approvazione?-
Il direttore annuì massaggiandosi il mento, lo sguardo ancora fisso sul fascicolo.
- Vai.- disse - E portami dei risultati, siano essi contrari alla tua teoria che favorevoli. Abbiamo bisogno di qualcosa di definitivo, almeno per una volta… quegli avvoltoi della stampa ci stanno strappando le interiora da settimane, non vedono l’ora che troviamo un’altra vittima per cavarci anche gli occhi e lasciarci ad agonizzare sotto il sole.-
Lawrence sorrise, benché trovasse la metafora più rivoltante che divertente.
- Non si preoccupi, signore.- disse, alzandosi e tendendogli la mano - Le garantisco che non se ne pentirà. Partirò immediatamente.-
- Ottimo.- rispose Bell, stringendogli a sua volta la mano - Io contatterò l’Ufficio dello Sceriffo e il Sindaco di Orenthal. Mi assicurerò che ti diano la massima collaborazione.-
 

Finalmente me ne riparto con una storia nuova. Sono mesi e mesi che ho interrotto le pubblicazioni, e per ora non me la sento di riprendere in mano ciò che ho lasciato in sospeso, ma intanto comincio con questa, come regalo di Natale (pur non essendo natalizia).
Spero di rimanere costante, almeno un po', nella pubblicazione. Ho già pronti i primi capitoli, e confido di scrivere gli altri il prima possibile.
Per adesso vi auguro buona lettura, ci rivediamo al primo capitolo!

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Capitolo 2
*** Cap. 1: Lo Sceriffo di Orenthal ***


Dall’aeroporto alla città di Orenthal c’era un lungo tragitto da fare in macchina, e per alcune ore l’unico suono che Lawrence sentì nelle orecchie fu solo quello delle ruote o del caffè che continuava a deglutire per tenersi vigile, avendo preso un volo notturno su cui aveva dormito così male che, al risveglio, aveva ancora più sonno e un accenno di torcicollo. Quando raggiunse l’uscita dell’interstatale e prese la strada per Orenthal, quindi, sentiva già da tempo gli effetti della sua prolungata esposizione ad aspirine e caffeina, che ormai gli procuravano un certo disagio. Aveva bisogno di riposare un po’.
Non posso dormire adesso! Pensò. Mi stanno aspettando, e devo condividere le informazioni in mio possesso su Devli’s Child per riuscire a localizzarlo. Dormirò stanotte.
Dopo un’altra mezz’ora di macchina trovò un incrocio su cui erano segnate quattro o cinque indicazioni diverse, tra cui quella per l’ufficio dello Sceriffo. Sollevato per l’essere finalmente arrivato alla fine del tragitto, mise la freccia e imboccò l’ultimo pezzo di strada. Mentre si inoltrava nella città, edifici non particolarmente alti cominciarono a sostituire gli alberi che per lungo tempo lo avevano accompagnato durante il viaggio, mostrandogli negozietti a conduzione familiare, abitazioni e, in lontananza, il tetto di un Mall di piccole dimensioni. Incrociò un furgone per le consegne di un vivaio, e quasi investì una donna scalza che gli attraversò la strada saltellando.
Si trattenne dal premere con forza il palmo sul clacson, anche se non poté evitare di inchiodare, producendo un intenso stridio di freni sull’asfalto. Meno male che l’auto era a noleggio…
Ma allora, ti sposti sì o no?
La donna, per nulla spaventata dallo sfiorato incidente, si era fermata lì davanti alla macchina, inclinando la testa di lato, e lo guardava fisso fisso attraverso il parabrezza. Con una certa sorpresa, notò che aveva i capelli di un intenso color verde alga.
Ma che bello… una hippie coi capelli tinti…
Alla fine si spostò lentamente, e un sorrisetto le increspò le labbra. Continuò a fissarlo anche quando fu dall’altro lato della strada, e mentre rimetteva in moto e si allontanava Lawrence fu certo che lo stesse ancora seguendo con lo sguardo.

Dopo quindici minuti e una sosta per chiedere informazioni (il navigatore di quell’auto sembrava odiarlo a morte) trovò l’Ufficio dello Sceriffo, un edificio color sabbia che prendeva un intero isolato tra la Nona e Hide Street. Un’auto di servizio vecchia e polverosa col paraurti incrostato di fango secco era parcheggiata davanti all’ingresso. Sulla ghiaia erano impressi i segni di un veicolo più pesante, segno evidente che qualcuno era uscito e non ancora rientrato, e che l’Ufficio dello Sceriffo locale aveva almeno due macchine.
Grazie a Dio, finalmente ci siamo…
Scese dalla macchina con le ginocchia e la schiena che protestavano dopo la quasi totale immobilità, raccogliendo la ventiquattrore che era sul sedile del passeggero, ed entrò nella stazione di polizia ansioso di cominciare a lavorare sul caso. L’interno si rivelò piuttosto disordinato e disorientante per essere una stazione di polizia: c’erano tre scrivanie nella stanza principale, ma solo quelle laterali avevano un occupante, mentre la terza, dritto davanti a lui, era vuota e probabilmente non assegnata a nessuno, pur essendo la più ingombra di carte, fascicoli non archiviati, posta non letta e vecchi articoli da ufficio. Al di là di quel tavolo strapieno si apriva un corridoio, oltre il quale si vedeva la porta dell'ufficio del capo della polizia, e probabilmente proseguendo verso sinistra si trovava la zona delle celle di detenzione. In un angolo dell’atrio, dietro a un muro di apparecchiature radio e telefoni, c’era una donna riccia e leggermente sovrappeso, intenta a cinguettare allegramente qualcosa su un’orribile vestito preso da qualcuno in qualche discount. Poco più in là c’era un’enorme cuccia di stoffa slabbrata e un po’ sporca imbottita con una vecchissima coperta, accanto alla quale era stata sistemata una ciotola di metallo. Su quasi ogni cosa c’era un tappeto di pelo caduto a un qualche animale, sicuramente un cane di grossa taglia.
Gli altri due occupanti della stanza erano seduti alle due scrivanie laterali: il più vecchio, sistemato proprio davanti a una porta metallica munita di serratura a combinazione, se ne stava comodamente spaparanzato sulla sfinita sedia girevole, i piedi a ridosso della scrivania, ed era tutto intento a risolvere uno schema di parole crociate. L’altro, invece, era decisamente più giovane, e a giudicare dal pallore della sua pelle doveva essere anemico, cosa in netto contrasto coi capelli nerissimi. Indossava una divisa e batteva qualcosa al computer: senza dubbio, quello era il Vicesceriffo.
- Salve.- gli disse quando lo notò, alzandosi - Posso fare qualcosa per lei?-
- Sì… Agente Powell, FBI.- rispose Lawrence, avanzando e mostrando il tesserino - Avevo chiamato per avvertire…-
- Ah, certo!- esclamò l’altro, sorridendogli - Sono il Vicesceriffo Xander Donovan. È arrivato adesso?-
Gli si avvicinò con la mano tesa, mentre l’uomo che faceva le parole crociate gli scoccava uno sguardo incuriosito. Lawrence gliela strinse e annuì.
- Sì, in questo preciso momento. Sono venuto prima da voi per spiegarvi la situazione e raccogliere informazioni.-
- Beh, temo che sia solo una perdita di tempo, sa?- ridacchiò l’uomo che faceva le parole crociate - Il capo non c’è, e poi non credo che…-
- Sì, grazie, Cliff…- sospirò Donovan, in tono conciliante - Perdoni Clifford… quello che intendeva dire è che al momento lo Sceriffo è uscito, ma dovrebbe tornare a momenti. Se vuole può dire a me, anche se dubito di poterle essere di aiuto.-
- Non c'è fretta.- rispose Lawrence, posando la propria valigetta accanto alla scrivania del Vicesceriffo - Posso aspettare che rientri lo Sceriffo, in cambio di un po' di caffè.-
Per il caffè nessun problema.- disse Donovan, indicandogli con un cenno di sedersi e dirigendosi verso la macchinetta nell'angolo - Il punto però è un altro: temo che lei stia solo perdendo tempo, qui da noi. Non c'è nessun caso da seguire, nessuna pista.-
- Lei crede?- chiese Lawrence, aggrottando la fronte - E perché mai?-
- Perché è da più di vent'anni che nessuno commette omicidi da queste parti.- rispose il vecchio Clifford, senza staccare gli occhi dalle parole crociate.
- E ci accorgiamo sempre dell'arrivo di un qualche straniero.- aggiunse il Vicesceriffo, portandogli una tazza fumante - Nessuna persona sospetta ha varcato i confini della città. Ovviamente le daremo la massima collaborazione, ma…-
Il resto della frase fu divorato da un tremendo fracasso misto al suono di una sirena che veniva dall’esterno e che fece sussultare tutti e quattro. Persino il flusso di chiacchiere della centralinista si interruppe, mentre lei si alzava per guardare fuori dalla finestra, curiosa. Tutto questo continuò per qualche secondo, accompagnato da un confuso e concitato borbottio inviperito, impossibile da distinguere attraverso il frastuono e le pareti. Donovan, ad occhi sgranati, mosse qualche passo rapido verso la porta, seguito da Lawrence che, nella fretta, per poco non rovesciò il caffè. Pochi secondi più tardi, così com'era iniziato, il frastuono cessò di botto mentre la sirena, con un singulto stentato, esalava il suo ultimo sospiro, e subito dopo qualcuno entrò dalla porta.
Era un uomo con indosso una divisa da Sceriffo, più alto e robusto del Vicesceriffo Donovan. Come lui aveva i capelli neri, ma più ispidi e folti, costellati da qualche filo bianco; il suo volto era solcato da rughe d'espressione tipiche di chi si acciglia troppo di frequente, e aveva una piccola cicatrice sul mento, poco sotto il labbro. Entrando si spiaccicò il cappello sulla testa con aria stizzita, sbuffando seccato. Accanto a lui trotterellava contento un gigantesco cagnone di una razza indefinibile, dall'ispido pelo marrone scuro. A vederlo, Lawrence ebbe un attimo di spaesamento: era talmente grande che da terra gli superava quasi una gamba in altezza, e doveva essere lungo poco meno di due metri.
- E che cavolo!- sbottò con rabbia l'uomo - Ehi, c’è un idiota che ha parcheggiato al mio posto!-
- Oh, Gesù…- gemette Donovan, passandosi una mano sulla faccia - Timmi, cos’hai fatto?-
Lawrence sentì di sudare freddo mentre si accorgeva che l’uomo, senza dubbio lo Sceriffo, aveva sulla spalla una massiccia mazza di legno. Alla domanda del suo sottoposto, lo Sceriffo fece una smorfia divertita.
- Beh, diciamo solo che ora l’aria condizionata è superflua.- rispose, passando oltre - Cliff, se non togli i piedi dalla scrivania ti taglio le gambe. Questo qui è il colletto bianco che doveva arrivare oggi o un venditore di detersivo?-
- Lui è l’Agente Powell dell’FBI.- disse il Vicesceriffo in tono rassegnato - E la macchina che hai appena sfondato era sua.-
- No, era a noleggio, hai visto la targa? E poi, quello era il mio posto.- ribatté lui, entrando nell’ufficio con il cane alle calcagna - Allora entrate o no?- abbaiò, voltandosi appena quando si accorse che nessuno dei due si era mosso.
Detto questo attese che il gigantesco animale lo seguisse nella stanza e sbatté la porta, facendo tremare le veneziane al di là dei vetri. Dopo un istante di silenzio Donovan sospirò, Cliff scoppiò a ridere e la centralinista riprese a ciarlare al telefono.

Lawrence si fiondò di nuovo in strada, trafelato, e davanti a lui si presentò uno spettacolo di totale sfacelo: le portiere erano state colpite con tanta forza da far rientrare il metallo di diversi centimetri, e una era addirittura un po’ slabbrata. Nell’impatto erano andati in frantumi i finestrini, così come il lunotto posteriore, e le erano stati staccati gli specchietti retrovisori. Il parabrezza era stato tirato via, e giaceva da una parte, accartocciato come un foglio di carta argentata, mentre il cofano, a furia di mazzate, si era piegato verso l'interno, affondando di parecchio. Dai bordi uscivano alcune volute di fumo e vapore semitrasparente, e in sottofondo era bene udibile il sibilo sfinito del motore. Un pick–up nero con i contrassegni dell’Ufficio dello Sceriffo era stato parcheggiato poco più in là, incastrato alla meglio tra il marciapiede e la strada.
- Oh… sì, ehm…- disse Donovan, che lo aveva seguito all’esterno - Ce l’ha… l’assicurazione casco, vero?-
Lawrence si passò una mano tra i capelli, cercando di contenere l’urlo di frustrazione che stava per esplodere.
- Mio… Dio!- esclamò - Ma dico io, cosa… cosa gli è saltato in mente?- gridò, voltandosi verso il Vicesceriffo - Cosa… che bisogno c’era...?-
- Oh, si rilassi, signore…- ridacchiò la voce di Cliff - Non è mica colpa del Vicesceriffo, no?-
L’uomo avanzò nel parcheggio, osservando la macchina distrutta, ed emise un lungo fischio acuto.
- Però… l’ha proprio conciata per bene, eh?-
- Ma perché diavolo ha fatto una cosa del genere?- gridò Lawrence, guardando disperato la macchina: quale uomo sano di mente avrebbe distrutto l’auto di uno sconosciuto solo per un parcheggio? A maggior ragione, quale poliziotto si sarebbe comportato da vandalo per così poco? - Lui… è pazzo o cosa?-
- Ehm… sa, me lo sto chiedendo da più di vent’anni…- ammise Donovan, massaggiandosi a disagio la collottola - Ma le assicuro che non è una cattiva persona. Va solo saputo prendere, tutto qui.-
- Saputo prendere?- ripeté incredulo lui, guardandolo con gli occhi fuori dalle orbite - Insomma… guardi!-
- Lo so, lo so…- annuì Donovan, in tono conciliante - Senta, porterò personalmente la sua macchina dal meccanico, pagherà l’Ufficio dello Sceriffo, va bene? Lei ci parli di quello per cui è venuto, intanto… per gli spostamenti potrà usare l’auto di servizio.-
Lawrence si passò una mano sul viso, cercando di calmarsi.
Tutto questo è... surreale!
Una parte di lui aveva una gran voglia di piombare nell'ufficio di quel folle sbraitando per poi prenderlo a pugni, ma con uno sforzo accantonò l'idea: in primo luogo si era spinto fin lì per catturare un criminale e, a prescindere da tutto, avrebbe avuto bisogno di qualunque aiuto possibile; in secondo luogo, quell'uomo era un grosso montanaro abituato alla vita nei boschi, armato, munito di mazza e accompagnato da un cane così grande che avrebbe potuto sbranarlo senza fatica.

- Oh, io… sì, sì, molto bene…- borbottò - Ma… io davvero non… non capisco! Perché lo ha fatto? Cos’è, si è svegliato col piede sbagliato o che?-
Cliff scoppiò di nuovo a ridere, voltandosi per rientrare.
- Col piede sbagliato? Oh no, no no no no! Oggi è di buon umore!-
 

Un pessimo primo impatto. Avremo modo di vedere come evolve la situazione più avanti, e inizieremo a parlare dell'assassino Devil's Child nel prossimo capitolo.
Ringrazio JoJo1D, la prima persona a recensire questa storia, e Evuzzola, che già l'ha messa tra le seguite. Un saluto, a presto!

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Capitolo 3
*** Cap. 2: Devil's Child ***


Quando Lawrence si fu ripreso dallo shock il Vicesceriffo Donovan lo ricondusse dentro e chiese alla centralinista (alla quale si rivolse come “Melanie”) di chiamare il carro attrezzi perché venisse a prendere quel che restava della Chevrolet, poi lo accompagnò nell’ufficio di Timothy Anderson. Trovarono lo Sceriffo seduto, o meglio, stravaccato con i piedi sulla scrivania ingombra di carte e di involucri vuoti di merendine, su cui faceva bella mostra di sé una bottiglia di vetro dall'aria costosa piena di un liquido trasparente che, senza alcun dubbio, non era acqua. Il suo grosso cane, dal canto suo, si era sdraiato sul divano di fronte alla porta e li accolse sbadigliando genuinamente. La mazza di legno era invece appoggiata accanto all'uomo, in bella vista.
Spudorato… pensò con risentimento Lawrence.
- Sceriffo Anderson…- disse in tono rigido, tendendogli la mano - Sono Lawrence Powell, FBI.-
- Lo so.- rispose lui, allungandosi non per la sua mano quanto per la bottiglia subito a fianco - Me l’ha appena detto Xander. Ho due orecchie, e mi funzionano. Al contrario delle vostre, visto che vi sto aspettando già da dieci minuti.-
Lawrence ritirò la mano, sempre più irritato, mentre l’uomo stappava la bottiglia e l’avvicinava alle labbra.
- Credevo fosse in servizio.- osservò in tono di biasimo.
- Infatti smonto alle dieci. Se sono fortunato.- grugnì lui, buttando giù un sorso - Allora, sei qui per insegnarmi a fare il mio lavoro o per farti distruggere la macchina?-
- Timmi, non credi che dovresti scusarti per questo?- osservò Donovan, incrociando le braccia.
- No. C’è il divieto di sosta qui davanti.-
- Lui è un agente federale.-
- Quello era il mio posto.-
- Non lo sapeva.-
- E a me non interessa.-
- Potevi fargli una multa.-
- No, le ho finite.- e indicò una foto piuttosto grande appesa poco sopra il divano, che ritraeva un uomo dai capelli neri che indossava un dolcevita e gli occhiali. L'immagine era tutta coperta da palline di carta sparate con una cerbottana.
Lawrence guardò per un secondo la foto e poi lui, ma lo Sceriffo si limitò a ignorarlo e bevve un altro sorso dalla sua bottiglia.
- Sappi che intendo mettere il costo della riparazione in conto all’ufficio.- disse Donovan, imperterrito.
- E chissenefrega, paga la contea…- replicò Anderson, scrollando le spalle - Beh, tu non eri qui per un motivo?- sbottò poi, rivolgendosi a Lawrence.
Lui esitò, voltandosi verso il Vicesceriffo che, con aria rassegnata, scosse la testa.
- Inutile insistere.- decretò - Ci parli di questo suo caso importante. Con lui parlerò io più tardi.-
- Ehm… sì…- borbottò Lawrence, sgomento: davvero quello era il capo della polizia locale? - Sì… sono qui per una questione molto importante. Sono certo che avrete già sentito parlare di Devil’s Child, giusto?-
Il sopracciglio di Donovan si mosse appena, come se avesse riconosciuto il nome. Anderson, invece, aggrottò la fronte in un'espressione confusa.
- Chi?-
- Devil’s Child.- ripeté Lawrence - Un serial killer comparso da qualche tempo. Ha iniziato sei mesi fa, e ha ucciso già cinque persone diverse.-
Pose la ventiquattrore sul tavolo e l’aprì, traendone fuori alcuni documenti che porse allo Sceriffo. Lui li prese con aria dubbiosa e diede loro una scorsa.
- Ha mietuto la sua prima vittima più a sud, a Dayton, in Nevada, e poi si è spostato subito dopo, a Wells, sempre nel Nevada. Da lì ha attraversato il confine, ed è andato ad Aberdeen, in Idaho, e poi ad Island Park. Infine è arrivato qui in Montana, e ha ucciso di nuovo ad Amsterdam–Churchill.-
Lo Sceriffo grugnì per far capire che stava ascoltando, mentre continuava a leggere distrattamente le sue carte.
- E come mai è venuto qui?- chiese Donovan - Cosa le fa pensare che questo Devil’s Child si trovi da noi?-
- Il suo schema.- spiegò Lawrence - Sceglie come posto di caccia solo città piccole, poco popolose. Questa in effetti per lui sarebbe una delle più grandi.-
- Ma che bella notizia… sentito, Donovan? Per una volta siamo quelli più grandi.- sghignazzò lo Sceriffo.
- C’è poco da ridere.- disse freddamente Lawrence - Stiamo parlando di un assassino seriale metodico e molto pericoloso, se ne rende conto?-
- Sarei tentato di dirti di no solo per vedere quanto possono saltarti i nervi.- sogghignò.
- Cosa diceva del suo schema?- chiese Donovan, prima che lui potesse replicare.
- Dicevo che sceglie città piccole, vi si insedia e le studia per un po’.- proseguì - Lascia passare circa tre settimane dopo il suo arrivo, per avere il tempo di fare mente locale e scegliere il posto e la vittima. Quando è pronto rapisce la persona in questione e la uccide dopo tre giorni, poi riparte. La mia teoria è che voglia oltrepassare il confine Canadese.-
- Perché, gli piacciono gli alci e lo sciroppo d’acero?- chiese Anderson, senza staccare gli occhi dai fogli.
- No, ma è così che fa.- rispose lui, seccato - Le città in cui si reca non solo sono piccole, ma anche vicine al confine. C’è poca polizia, ma anche un certo viavai… turisti di passaggio, per esempio, o persone che viaggiano per lavoro.-
- Ma uno straniero si noterebbe lo stesso, no?- osservò Donovan - In posti del genere risalterebbe come un razzo in piena notte.-
- Infatti non parliamo di un uomo come gli altri.- concordò Lawrence - Si tratta di una persona intelligente e metodica, capace di passare inosservata. All’apparenza può sembrare insignificante, un uomo qualsiasi che solitamente è invisibile ai più.-
- Questo è il profilo?- chiese lo Sceriffo, picchettando uno dei fogli che aveva in mano con gli altri.
- Sì, è quello.- annuì Lawrence - Riteniamo… ah, Sceriffo, queste sono le foto delle scene del crimine.- aggiunse ripensandoci e prendendole dalla valigetta - La avverto, però: sono un po’… crude.-
Gli tese la pila di immagini scattate dalla scientifica, che l’uomo prese senza esitazione, osservandole una a una. Con grande sorpresa di Lawrence non batté ciglio, nonostante lui stesso avesse avuto un conato la prima volta che aveva visto una vittima. Un suo collega con ancora meno esperienza era quasi svenuto.
- Però, che casino.- commentò Anderson in tono piatto, scorrendo le immagini senza dar segni di disgusto o orrore.
- Fa vedere.- disse Donovan, allungando una mano.
Lo Sceriffo gli tese le fotografie, e anche lui ebbe l’identica reazione.
- Eh, in effetti…- ammise, più seccato che altro - Tortura?-
- Mi sembra ovvio.- replicò Anderson, accigliato - Quelle ferite sono piene di sangue… scommetto che ci hanno messo un po' a morire.-
Lawrence spostò lo sguardo dall’uno all’altro.
- Mi par di capire che siate abituati a questo genere di cose.- osservò.
- Oh, sai, i film horror…- buttò lì Anderson, allungandosi ancora di più sulla sedia, la quale gemette pietosamente - Quindi, cos’è che dicevi, Larry?-
- Ehm… Lawrence.- lo corresse, seccato - Dicevo, riteniamo che sia un maschio sui quaranta, bianco, scapolo, probabilmente di reddito medio, ed ha ricevuto un'educazione religiosa. E odia le donne.-
- Ah.- brontolò Anderson.
Dal tono e dall'espressione della sua faccia, Lawrence comprese di aver fatto colpo: né lui né il Vicesceriffo sembravano capire perché Devil's Child avrebbe dovuto odiare le donne o essere religioso.
- Cosa glielo fa credere?- chiese Donovan.
- Molti dettagli.- spiegò lui, aprendo il fascicolo e mostrando ai due alcuni appunti - Il suo comportamento ci fa credere che sia stato probabilmente cresciuto da un uomo profondamente religioso, come un pastore o il figlio di un pastore, dalla rigida dottrina cristiana. Quest'uomo lo sottoponeva ad abusi e violenze, dichiarando che stava in qualche modo purificando i suoi peccati.-
- Sul serio?- chiese Anderson, alzando ancora di più il sopracciglio.
- Sì, temo di sì.- annuì Lawrence - Le vittime, come avete notato, sono state torturate, e questo indica rabbia. I segni religiosi invece sono un chiaro indizio dell'educazione religiosa che ha avuto fin dall'infanzia.-
- E cosa può dirci di preciso sulle vittime?- domandò il Vicesceriffo, guardando di nuovo le foto sulla scrivania.
- Ovviamente, anche loro hanno un profilo specifico.- spiegò lui - Sono tutte donne, di età generalmente compresa tra i trenta e i quarantacinque anni…-
- Generalmente?- ripeté lo Sceriffo.
- Vuol dire “di solito”.- spiegò con sufficienza Lawrence.
- Lo so che vuol dire!- sbottò amaramente Anderson, afferrando la bottiglia - Perché cazzo ammazza donne tra i trenta e i quaranta?-
- Lo stavo appunto spiegando.- sbuffò lui, seccato - Come dicevo, le vittime sono donne tra i trenta e i quarantacinque anni di età, tutte madri di famiglia impegnate nel sociale o comunque nelle cosiddette “professioni nobili”: finora ci sono state una dottoressa, un'assistente sociale, un paramedico, un'addetta a servizi per anziani e una volontaria in un'associazione di beneficenza.-
- Un paramedico?- ripeté lo Sceriffo.
- Donna.-
- Ah, okay. Chiaro.- disse, buttando giù un altro sorso - Perché questo tipo di vittime?-
- La madre.- rispose subito Lawrence - Durante la sua intera infanzia l'ha vista sempre sottomessa al padre, remissiva, incapace di difenderlo dalle angherie che ha subito. Avrebbe potuto salvarlo se avesse voluto ma non l'ha fatto, e questo lo ha spinto a vederla come una sorta di “angelo mancato”, una salvatrice che non ha agito. Uccidere donne che di professione salvano vite o si prendono cura di qualcuno è per lui una sorta di vendetta nei confronti di sua madre: le priva della possibilità di salvare il prossimo, poiché se lui non è stato salvato non lo merita nessun altro.-
- Puoi descrivercele? Perché qui non si capisce granché, sai…- brontolò Anderson, capovolgendo una delle fotografie.
- Sarebbe inutile.- rispose Lawrence, sentendo una fitta di disappunto per la sua mancanza di tatto - Dopo averle rapite le tiene in vita tre giorni, durante i quali le “prepara” all'uccisione: tinge i loro capelli, le trucca, le veste… nello stomaco di tutte le vittime sono state trovate tracce di carne d'agnello e gelato all'amarena non digerite, quindi sono state uccise subito dopo aver mangiato.-
- Perché proprio carne di agnello e gelato all'amarena?-
- Non ne siamo sicuri, ma probabilmente è un altro riferimento alla sua infanzia.- spiegò Lawrence.
- Okay, ma ancora non capisco perché “Devil's Child”.- disse lo Sceriffo - Fin qui mi sembra solo un normalissimo psicopatico.-
- Per via di questo.- proseguì Lawrence, mostrandogli un'altra foto - Scrive sempre un messaggio sul muro col sangue delle vittime, lo stesso, ogni volta: la prima frase è sua: “Per il Padre, io uccido. In Suo nome, io uccido. Un nemico del Padre è morto, e presto Noi marceremo sulla terra”. La seconda invece è della Bibbia, prima lettera di Giovanni, due diciotto: “Figlioli, questa è l'ultima ora. Come avete udito che deve venire l'anticristo, di fatto ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che è l'ultima ora.”-
- Un verso dell'Apocalisse…- mormorò Anderson, studiando la foto con Donovan che, portatosi alle sue spalle, la osservava crucciato.
- Conosce la Bibbia?-
- Memoria eidetica.- rispose sbrigativamente lui - Come lo identifichiamo?- chiese poi, tornando a rivolgersi direttamente a Lawrence.
- Come dicevo, ha avuto un'infanzia difficile.- spiegò - E a giudicare dalle torture inferte alle vittime, soffre di bassa autostima e, probabilmente, ha subito traumi nella sfera sessuale, rifiuti o addirittura denigrazioni. Questo lo porta a dubitare della sua sessualità, se non alla totale impotenza sessuale. La bassa autostima inoltre gli ha provocato una grave crisi di identità, e questo lo ha portato a creare Devil's Child per compensare le sue mancanze, oltre che come ripicca verso il padre. Solitamente è una persona indecisa, esitante, che nella vita ha sempre aspettato troppo o non ha mai agito affatto. Durante l'adolescenza potrebbe aver compiuto reati contro la proprietà, e che sia diventato violento solo in seguito.-
- Che quadretto delizioso…- commentò lo Sceriffo.
- Inoltre, ha tentato la carriera militare.- proseguì Lawrence - Senza successo, aggiungerei. Ciò gli ha comunque dato modo di conoscere le armi, in particolare quelle da taglio, il che spiega la destrezza con la quale ha provocato queste ferite.- continuò, indicando le foto.
- Perfetto, sempre più simpatico…-
- Sì, nemmeno io lo adoro…- ammise Donovan, sospirando - È tutto?-
- Beh, il suo lavoro.- rispose lui - È, o è stato, impiegato in un settore che gli consente di viaggiare, motivo per il quale spesso passa inosservato. E possiamo presumere che da piccolo vivesse in una città di modeste dimensioni come quelle in cui uccide adesso, motivo per il quale si sente più a suo agio in simili comunità, nei cui confronti prova anche risentimento. Vuole sconvolgere la gente, dimostrare che la loro vita tranquilla e perfetta è solo apparenza, che tra loro si nascondono mostri come lui o suo padre.-
Per un attimo l'angolo della bocca dello Sceriffo parve arricciarsi, ma subito dopo l'uomo tornò serio.
- Mh. E cosa ti fa pensare che sia proprio qui?- brontolò.
- Beh, intanto Orenthal è piccola e vicina al confine Canadese, come ho già detto.- spiegò lui, incrociando le braccia - E finora tutti i suoi spostamenti sono stati verso nord. Questa è la città che si adatta meglio al profilo e che corrisponde alla posizione che predilige solitamente.-
- Ah… e allora perché sei venuto da solo?- chiese l'altro, aggrottando la fronte - Se la tua teoria è tanto buona, dov’è la cavalleria?-
- Sta battendo altre piste.- rispose Lawrence, senza alcun imbarazzo - Dopotutto questa è solo una teoria. Il profiling non è una scienza esatta, si basa sull’osservazione e la deduzione, che a loro volta si basano su elementi come le modalità del crimine commesso e le scelte effettuate dal…-
- Okay, mi sono già annoiato…- sbuffò lo Sceriffo, afferrando di nuovo la bottiglia e buttando giù l'ennesimo sorso di alcool.
Lawrence gli scoccò un’occhiata di disapprovazione.
- Perché uccidere chi gli ricorda la madre invece che il padre?- chiese Donovan.
- Perché di lui aveva paura e, in un modo un po' malato, lo rispettava. Non provava rabbia nei suoi confronti, ma timore, motivo per il quale lo identifica con una figura del tutto diversa, che possiede molto potere su di lui. Invece amava la madre, e al tempo stesso la odiava. Per lui era un angelo che lo ignorava quando più ne aveva bisogno, di conseguenza ora uccide quelli che per lui sono Angeli nel vero senso della parola, con la “A” maiuscola.-
A quelle parole Timothy Anderson scoppiò a ridere fragorosamente, tanto che il cane sollevò la testa allarmato, le orecchie drittissime. Lawrence aggrottò la fronte, indignato, e guardò per un istante il Vicesceriffo Donovan, che fece un sorrisetto di scuse.
- Ci trova qualcosa di divertente, Sceriffo?- chiese - Le ricordo che cinque persone sono morte.-
- Ah…s–sì, hai ra–ragione…- grugnì lui, cercando di controllarsi - No, sai… è che… credere di avere ucciso degli angeli…- ed emise un nuovo sbuffo di risate che, tuttavia, riuscì a soffocare prima di esplodere ancora.
- Ehm… io temo di non riuscire ancora a seguirla.- ammise Donovan, forse anche per evitare un'ulteriore discussione - Perché dovrebbe uccidere degli… “angeli”? Nel senso, perché proprio loro? E perché il passo dell'Apocalisse di Giovanni?-
- Nella sua mente contorta le vittime sono angeli, come ho già detto. Il modus operandi parla chiaro: parliamo di mutilazioni anche estese e tre ustioni ravvicinate, provocate per mezzo di uno strumento metallico a forma di sei, componendo così il cosiddetto “numero della bestia”.-
- E questo “Padre” a cui si riferisce e con cui identifica il suo? Non è Dio?- chiese l'altro, mentre lo Sceriffo riavvicinava la bottiglia alle labbra.
- No, in realtà è il contrario.- spiegò lui - Ritiene di essere il figlio del demonio in persona. Per questo viene chiamato “Devil’s Child”, perché nutre la convinzione di essere colui che è conosciuto come “Anticristo”.-
A quel punto, Timothy Anderson sputò tutta la vodka.
 

Capitolo lunghetto, stavolta, sì... dividerlo in due parti non mi sembrava il caso, tuttavia, avrebbe spezzato il ritmo e la spiegazione di Lawrence ne avrebbe risentito, a mio parere.
Ora che abbiamo un quadro più chiaro su questo Devil's Child e cosa aspettarci da lui, comunque, dobbiamo vedere come l'agente Powell si integrerà a Orenthal.
Ringrazio Ely79, tornata a recensirmi, NemoTheNameless, altra vecchia conoscenza, Evuzzola e, infine, Easter_huit, che ha aggiunto la storia alle preferite. Al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Cap. 3: In giro per Orenthal ***


Durante la sua permanenza a Orenthal, Lawrence avrebbe dovuto alloggiare in un Bed & Breakfast locale, piccolo e modesto, non tanto lontano dall’ufficio dello Sceriffo e gestito da una vecchia coppia che il Vicesceriffo chiamò “gli Humphrey". Purtroppo, dopo l’infelice avventura dell’auto, si ritrovava completamente appiedato e bisognoso di un passaggio. Passaggio che lo Sceriffo Anderson in persona gli concesse, seppur tra mille sbuffi e borbottii, e solo dopo le insistenze del Vicesceriffo Donovan.
- Se pensi che intenda farlo tutti i giorni mi sa che ci siamo capiti male, sai?- grugnì mentre, alla guida di un pick–up nero coi contrassegni del suo ufficio, imboccava la strada principale e si immetteva nello scarso flusso di auto che costituiva il traffico cittadino.
Lawrence inspirò a fondo cercando di ignorare le sue parole, oltre che gli ansiti dell’enorme cane che sedeva tra loro, ostinandosi a rimanere davanti e prendendosi buona parte del posto disponibile. Per pochissimo non bloccava la leva del cambio.
- Sceriffo, le ricordo che è stato lei a distruggermi la macchina. Non per essere arrogante, ma ritengo che sia in obbligo verso di me.-
- In obbligo il mio cazzo.- brontolò.
- Tra l’altro, il suo cane…-
- Dran.-
- Dran… doveva proprio viaggiare qui davanti insieme a noi?-
- Problemi coi cani, Larry?-
Dran si voltò a guardarlo, ringhiando brevemente.
- No, assolutamente.- rispose - E mi chiamo Lawrence. Ma lo spazio è quello che è, sui sedili anteriori…-
- Beh, lui viaggia sempre lì dove sei tu adesso, Larry, e lo fa da quando credeva che mordicchiarmi le caviglie durante una curva a gomito fosse un gioco divertente…-
- Lei guidava con il cane che le mordeva le caviglie?-
- Zitto, o gli farò mordere qualcos’altro!- sbottò lui, svoltando - Insomma, dicevo… oh, ma porca miseria!- esclamò.
Per un istante Lawrence credette che ce l’avesse con lui, ma seguendo il suo sguardo vide che in realtà era arrabbiato per via della donna sul marciapiede: era la stessa che aveva rischiato di investire, ancora scalza e apparentemente indifferente al fatto che, in quel preciso momento, se ne stava seduta a gambe incrociate su un cassonetto, agitando nell’aria come se fossero nastri colorati dei brandelli di sacchi dell’immondizia, canticchiando qualcosa che non riuscivano a sentire a causa della distanza e dei vetri. A guardarla si capiva bene che si era tuffata nel pattume prima di sistemarsi lì: una foglia di lattuga appassita le copriva una parte della testa, e un frammento di qualcosa le penzolava da un orecchio. Sulla sua spalla c’erano alcuni spaghetti fritti, forse un avanzo di una qualche cena cinese gettata via. Sul vestito aveva innumerevoli macchie di unto e altri liquidi, ma tutto questo pareva non toccarla minimamente, come se fosse a proprio agio nonostante la sporcizia e l’odore decisamente poco gradevole.
Una piccola folla di curiosi si era già radunata attorno a lei, qualcuno indignato e qualcuno divertito. Quando videro il pick–up le smorfie si fecero ancora più marcate, e un paio di ragazzini sgomitarono per essere in prima fila, rossi di emozione.
- Oh, ancora lei?- disse Lawrence, sorpreso.
- Come “ancora”? Quando l’hai vista?- chiese stupito Anderson, mentre accostava.
- Ha attraversato la strada all’improvviso mentre passavo in macchina. Per poco non l’ho investita.-
Lo Sceriffo lo guardò con tanto d’occhi per un secondo, poi cominciò a ringhiare come il suo cane aveva fatto poco prima.
- Grandioso!- esplose - E dovevi per forza evitarla, eh?-
E uscì masticando imprecazioni, con Dran che balzava a terra al suo fianco.

- Sceriffo, faccia qualcosa!- strillò un'anziana, indicando la donna sul cassonetto - Ho cercato di cacciarla via, ma niente da fare… sta disturbando tutti i clienti, non si può lavorare con…-
- Signora Olson, il mio compito dovrebbe essere appiopparvi multe e far rigare dritto quei teppisti dei Sykes, e lei viene a dire a me che non può fare il suo lavoro?- rispose in tono ostile - Ringrazi Dio di avere solo un dannato emporio e non una città intera a cui badare. E tu, stupida inutile palamita avariata!- sbraitò, avanzando ad ampie falcate - Scendi immediatamente di lì e smettila di rompere! E non osare entrare in casa prima di esserti lavata come si deve, o giuro che ti scortico di persona!-
- Un vero esempio di diplomazia, non c’è che dire…- commentò Lawrence, mentre la donna lo ignorava beatamente con una risata cristallina.
Anderson si voltò aggrottando la fronte. Qualcuno degli astanti cominciò a ridacchiare.
- Dimenticavo che qui c’è un negoziatore professionista.- disse in tono di scherno - Bene, professore, cosa ne dici di mostrarmi come si fa?-
E, con un cenno, si fece da parte, ostentando un ghigno per nulla rassicurante. Lawrence sostenne il suo sguardo senza dargli la soddisfazione di vederlo vacillare e avanzò, schiarendosi la voce.
- Signori, per favore, allontanatevi! Non c’è nulla da vedere, vi prego!- ingiunse ad alta voce - Signorina, la prego, scenda da lì.- disse poi, quando fu arrivato nei pressi del cassonetto.
Lei smise di canticchiare (e in qualche modo gli dispiacque perché, doveva ammetterlo, aveva una voce per nulla sgradevole) e lo guardò con aria apparentemente incuriosita. Tuttavia, non si mosse di un millimetro e rimase a fissarlo in attesa. Tra lei e il gran numero di astanti, per non parlare di Timothy Anderson, di cui immaginava chiaramente il ghigno pur non vedendolo, iniziava a sentirsi davvero a disagio.
- Signorina, sta disturbando queste persone.- insisté - La prego di scendere e di seguirmi. Se c’è qualcosa che non va possiamo parlarne con calma.-
- Ma noi stiamo già parlando!- esclamò con enorme allegria lei, ostentando un sorriso accattivante.
- Sì, intendevo dire… che potremmo discuterne meglio in privato.-
- Ma come? Non mi conosci e vuoi già invitarmi a uscire?-
- Ehm…- borbottò imbarazzato, mentre qualche risatina cominciava a circondarlo - Non era questo che intendevo. Sta disturbando la quiete pubblica…-
- Oh, oh, quello lo conosco!- trillò tutta contenta la donna battendo rapidamente le mani e saltellando sui glutei - Sì, sì, lui me lo grida sempre!- puntò il dito verso un punto vuoto e fece un'espressione imbronciata - “Smettila subito, triglia maledetta, stai disturbando la quiete pubblica”!- sbottò, imitando in modo alquanto infantile una voce da uomo arrabbiato - E poi facciamo un giro con la macchina! Wuuuuuuu! E poi dormo fuori di casa, in una stanza tutta grigia con le sbarre, e giochiamo a lui che urla e…-
- Okay, basta, dai…- sghignazzò lo Sceriffo Anderson, superando Lawrence tra le risate generali - Lo hai traumatizzato abbastanza, come prima volta è sufficiente.-
- Oooh, ma Sceriffo!- protestò un ragazzo.
- Andiamo, Blower, è nuovo e nemmeno io sono così cattivo.- sogghignò lui, tendendo le mani alla donna, che le prese e si lasciò aiutare a scendere dal trono improvvisato - Okay, vai a casa e fatti un bagno. Uno lungo, con taaaanto sapone e magari un po’ di acido muriatico. Per stavolta ti lascio andare, ma niente stronzate fino a domani, okay?-
Lei gli fece una pernacchia, gli stampò un rapidissimo bacio sulla guancia e si allontanò saltellando; la piccola folla cominciò a disperdersi, quasi tutti persi in risate sommesse. Anderson si voltò verso Lawrence, ancora sgomento e incerto su quanto accaduto. Vedendo il suo sorrisetto compiaciuto, tuttavia, si affrettò ad assumere nuovamente un’espressione più decisa.
- Non è stato divertente, Sceriffo.-
- Dici? Perché tutti si sono fatti un bel po’ di risate. E ringraziami, sono stato buono… Ariel può andare avanti per ore, il solo modo che conosco per farla smettere è sbraitare che intendo eviscerarla con un taglierino e poi saltarla in padella.-
- Sceriffo, ha mai letto il codice civile e il regolamento di polizia?- protestò Lawrence, mentre tornavano a bordo del pick–up.
- Beh…- fece lui, contraendo la faccia in una smorfia, come se cercasse di ricordare - Credo… di sì… forse una ventina d’anni fa, quando ero Vicesceriffo…-
Lawrence sbuffò.
- Non può sbraitare contro a una privata cittadina, a prescindere dal suo comportamento. Se sporgesse un reclamo…-
- Sì, Ariel che sporge un reclamo, ma fammi il favore!-
- Potrebbe farlo qualcun altro per lei. Un parente, o un amico…-
Lui iniziò a sghignazzare di gusto.
- Un parente?- ripeté divertito - Un… oh, Larry, Larry, Larry… nessuno ti ha informato che quella piccola psicopatica è mia sorella?-
Lawrence sgranò gli occhi.
- Scusi?- chiese, certo di non aver capito bene - Quella… ehm… quella donna era… sua sorella?-
- Già, e vive con me. Pensa avercela in casa tutto il giorno…- grugnì, improvvisamente cupo - Fammi un favore, Larry: schiaccia bene l’acceleratore, la prossima volta.-

La sua camera al Bed & Breakfast L'orso bruno non si rivelò essere di certo molto grande, tuttavia era più che accogliente: pur essendo solo per lui il letto era a due piazze, dato che c'erano solo camere doppie o matrimoniali, e il bagno era corredato da un’ampia doccia con acqua fredda e calda. Essendo bassa stagione l’affluenza di turisti era minima: a giudicare dal registro in cui la proprietaria registrò il suo nome c'erano solo altri due ospiti al momento.
- Le abbiamo riservato la stanza più tranquilla.- lo rassicurò la proprietaria, una sessantenne dalla capigliatura esageratamente vaporosa, sfoderando un sorriso così bianco che, probabilmente, era fatto di porcellana - Nessuno la disturberà durante la notte.-
- Signora Humphrey, dubito che sarebbe possibile comunque.- sorrise di rimando lui, raccogliendo i bagagli - Sono nato a New York, la città più rumorosa al mondo.-
La donna scoppiò in una nuova risata che fece tremolare la cotonatura dei capelli.
- Non è il traffico che potrebbe infastidirla, qui.- rispose.
Sempre ridacchiando, la signora Humphrey si allontanò scuotendo la testa. Mentre si dirigeva verso la propria stanza, Lawrence fu certo di sentirla dire al marito qualcosa a proposito di visitatori notturni.
Mentre cominciava a sistemare le proprie cose il telefono cominciò a suonare: era l'Ufficio dello Sceriffo.
- Pronto?-
- Agente Powell?- disse la voce del Vicesceriffo - Abbiamo ricevuto tutti i dati che ci aveva inviato. Devo dire che è più roba di quanto credessi…-
- Si tratta dei profili dettagliati delle singole vittime e di alcuni particolari sul modus operandi dell’assassino di cui non vi ho ancora parlato, ma c'è anche tutto quello che vi ho già detto prima.- spiegò Lawrence, slacciandosi finalmente la cravatta - Studiate tutto con cura e fatemi sapere se qualcuno corrisponde. Se identifichiamo le potenziali vittime future, saremo in grado di prevenire il crimine.-
- Naturalmente ha ragione…- disse Donovan, anche se il suo tono sembrava dubbioso - Il fatto è che… insomma, con tutto il rispetto… io temo che lei stia perdendo tempo, sa?-
Lawrence sospirò, sedendosi sul letto.
- Lei non crede che riusciremo a prenderlo?-
- No, temo di no. Questo perché non sono nemmeno sicuro che sia qui, in effetti.- ammise il Vicesceriffo - Ma le darò ugualmente la mia massima collaborazione, questo gliel’assicuro. Solo, non vorrei che rimanesse troppo deluso.-
- Non si preoccupi… se dovessi scoprire di avere sbagliato, mi creda, sarò più che lieto di offrire da bere a lei e al suo capo per festeggiare.-
- Sì, ehm… non le consiglio di invitare Timmi a bere.-
- Perché, teme che mi manderebbe a quel paese?- chiese mentre si sfilava le scarpe, ripensando nel contempo al benvenuto fin troppo caloroso di Timothy Anderson.
- Ehm… no. Ho paura che possa accettare, invece.-
Lawrence roteò gli occhi.
- Beh, comunque gli dica che ci vediamo domani, va bene? In mattinata cominceremo a scaglionare i possibili sospetti e…-
- Certamente. Come le ho detto, le darò la massima collaborazione possibile.-
- Sì, e lo Sceriffo?-
- Eh… ehm…- borbottò lui - Ecco… sono sicuro che ci aiuterà anche lui, sì. Gli parlerò io.-
- Grandioso…- mugugnò quasi tra sé Lawrence, massaggiandosi gli occhi - Vicesceriffo, la ringrazio per il suo aiuto. Ora la lascio, ho bisogno di riposare un po’.-
- Ma certo. Buona giornata.-
- Ah, un'ultima cosa.- aggiunse, prima di riagganciare - Volevo chiederle della criminalità locale.-
- Perché? Ha avuto problemi?-
- Beh, no, se escludiamo la sorella dello Sceriffo.- rispose lui - Sa, l'ho già incontrata…-
- Ah… sì, lei… ehm… ci farà l'abitudine.- disse Donovan, e dal tono si capiva che sorrideva.
- Non ne dubito. No, è per un commento della padrona del Bed & Breakfast. Ha accennato a dei “visitatori notturni”. È da molto che avete questi furti?-
Ci fu un istante di silenzio.
- Furti?- ripeté il suo interlocutore - Non abbiamo denunce da mesi.-
Lawrence aggrottò la fronte.
- Davvero? E allora a cosa si riferiva?-
- Ammetto di non saperlo. Voglio dire, ogni tanto ci chiamano per qualche animale selvatico e un paio di vagabondi… e per Ariel e i Sykes, ma quelli sono routine. Forse… dovrebbe chiedere direttamente alla signora Humphrey.-
Il tono del Vicesceriffo era leggero, ma Lawrence percepì una breve esitazione nella sua voce: non gli stava dicendo tutto.
- Certo… lo farò.- rispose - Bene, ora la lascio… ci vediamo domani mattina.-
Dopo avere ascoltato i suoi saluti riattaccò, lanciando il telefono sul letto, e aprì il bagaglio pescando tutto il necessario per farsi la doccia. D'improvviso sentiva nel cuore una profonda rassegnazione: ora come ora, era più che sicuro che il suo lavoro sarebbe stato ancora più difficile del previsto.
 

E quindi, ci assestiamo. Mi sento anche di dire che Lawrence ha anche avuto il primo assaggio di una questione che, in questa particolare città, è piuttosto importante. E no, non parlo della sorella dello Sceriffo...
Ringrazio i miei lettori, Ely79, NemoTheNameless, Evuzzola ed 
Easter_huit, che mi stanno seguendo. A presto!

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Capitolo 5
*** Cap. 4: La figlia dello Sceriffo ***


Quella mattina Lawrence si svegliò di buon'ora, decidendo di andare a piedi fino all'Ufficio dello Sceriffo: la strada da fare non era poi molta, se n'era reso conto durante il tragitto il giorno precedente, e non valeva la pena di scomodare il Vicesceriffo per così poco. Inoltre si trovava in una tipica cittadina del Montana, tra i boschi e le montagne: lui aveva sempre vissuto nelle metropoli e nel caos, col traffico come nemico abituale e i rumori a fargli compagnia ogni giorno. Voleva potersi godere al massimo l'atmosfera di quel posto, così quieta e piacevole, dall'aria fresca e pulita.
Passando incrociò i cittadini di Orenthal che, come lui, si stavano recando al lavoro: vide un macellaio tirare su brontolando la saracinesca della sua bottega, ignorando la pubblicità che sporgeva da una traboccante buca per la posta, e subito accanto un barbiere che spazzava il marciapiede. Un autobus pieno di scolari assonnati svoltò l'angolo in quel momento, seguito da un paio di macchine dirette chissà dove. Non molto lontano da dove si trovava vide lo stesso furgone che aveva incrociato al suo arrivo, quello del vivaio locale, fermo a un incrocio. Stavolta riuscì a distinguere una donna dai capelli rossi alla guida, intenta a canticchiare una canzone di qualche tipo (i finestrini erano chiusi e non sentiva), oltre che il nome dell'attività stampato sulla fiancata del veicolo: “Bitterroot”.
Pochi isolati e pochi minuti più tardi incappò in una tavola calda da cui stava uscendo in tutta fretta un uomo biondo coi capelli lunghi stretti in una coda di cavallo dietro la testa, biascicando qualcosa sul fatto che era in ritardo e maledicendosi da solo. Mentre passava un odore di pancake e sciroppo d'acero colpì le sue narici, e a quel punto lo stomaco prese a borbottare con insistenza.
Beh… in fondo dieci minuti posso perderli…
Aveva pensato di limitarsi a un caffè alla centrale, ma dopo quanto accaduto non poté resistere dall'entrare nella tavola calda per ordinare qualcosa. All'interno trovò numerosi abitanti di Orenthal seduti ai tavoli o al bancone, e un discreto chiacchiericcio invadeva l'aria al fianco del forte profumo di cibo. Una macchina per l'espresso gorgogliava poco lontano, mentre un uomo preparava la schiuma del cappuccino.
Lawrence si sedette su uno sgabello del bancone e ordinò qualcosa di veloce, oltre che un buon caffè.
- Va di fretta?- chiese qualcuno.
Lawrence si voltò alla sua destra, incrociando lo sguardo di un uomo che non aveva notato subito: era un po' più basso di lui, e aveva un'aria da montanaro, con una lunga barba bruna e un po' ispida che a malapena nascondeva un discreto numero di ciondoli. Indossava una scolorita camicia a quadri rossi e neri e a terra accanto a lui c'era un vecchio zaino sfilacciato. Davanti aveva un bicchiere di succo d'arancia e della frutta.
- Si vede dalla sua postura.- continuò l'individuo, agitando appena un cucchiaio. Lawrence notò dei tatuaggi sul dorso delle sue mani, simili a nodi d'albero - Lei è teso come una corda di violino.-
- Ho solo pochi minuti.- rispose Lawrence, mentre gli veniva portato il caffè - Devo lavorare.-
L'uomo sorrise.
- Vede, per questo preferisco le piante.- commentò - Non hanno mai fretta. Fanno tutto con calma, che si tratti di mangiare o di difendersi.-
Allungò una mano, sorridendo sotto la barba.
- Corentin Quimper.- si presentò.
- Lawrence Powell.- rispose lui, stringendogliela - Vive qui, signor Quimper?-
- Mmmh… sì e no.- rispose l'uomo, stringendosi nelle spalle - E lei?-
- Sono solo di passaggio. Collaboro con lo Sceriffo per alcune indagini. Lavoro per l'FBI.-
- Aaah, ma certo!- ridacchiò Quimper - Sì, ho capito… lei è quello a cui Timmi ha sfasciato l'auto, giusto?-
E riprese a ridere tra sé, mentre Lawrence soffocava il broncio nel caffè. Fu pronto a giurare di sentire altre risate sommesse lì intorno, scatenate dalle parole del suo vicino.
- Non è molto divertente, a dire il vero.- commentò - Quell'uomo è un vandalo.-
- Lo ha visto nella sua veste peggiore.- commentò Quimper - E non gli farebbe male un po' di infuso di valeriana, questo lo ammetto.-
- Lo conosce bene?- chiese Lawrence, mentre arrivava anche il toast al formaggio che aveva chiesto.
- Lo conosco personalmente, ma non bene.- ammise lui - Se vuole trattare con lui, le consiglio di rivolgersi sempre al suo vice, prima… sono amici da moltissimi anni. E non citi mai suo fratello né sua sorella, sono gli argomenti che lo fanno arrabbiare di più.- si grattò la barba con fare pensoso per un momento, riflettendo - La moglie del Vicesceriffo, per esempio, sarebbe un buon intermediario. Anche meglio del marito… la rispetta moltissimo, quindi gliela consiglio caldamente, se mai avesse l'occasione di conoscerla. Infine, le do un'ultimissima dritta, ma la usi con molta cautela.-
- Perché? È pericoloso, forse?- sorrise Lawrence, che intanto aveva finito di mangiare e stava per prendere il portafogli.
- Oh, sì che lo è.- replicò con un sorriso Quimper - Ha il terrore di sua moglie. Ma se dovesse rivolgersi a lei, poi probabilmente lo Sceriffo non sarà molto gentile, una volta lontano dalla sua dolce metà.-
Lawrence fece una smorfia.
- Capisco.- disse - Beh, è stato molto gentile e la ringrazio, signor Quimper. Ora devo proprio andare, però.-
- Lo dicevo, io…- sorrise l'altro - … lei va di fretta!-
Lawrence fece un cenno indistinto con la mano, allungando il passo per risparmiare tempo, e diede uno sguardo all'orologio: erano già le otto e dieci. Non era rimasto molto, ma stava facendo più tardi del previsto.
Sospirando, allungò leggermente il passo per guadagnare tempo. Già vedeva in fondo alla strada l'Ufficio dello Sceriffo, ma a giudicare dall'assenza del pick-up, il capo della polizia non doveva essere ancora arrivato.
- Ehi! Ehi, signore!-
Sovrappensiero com'era, Lawrence quasi non sentì la voce che lo chiamava e, sulle prime, non si rese conto che ce l'aveva con lui. Quando però si sentì afferrare bruscamente per il braccio non poté più avere alcun dubbio.
- Ehi!- esclamò la ragazza che lo aveva fermato, ansimando leggermente - Non mi sente? Ha scordato questa!-
E gli porse la ventiquattrore che, solo in quel momento, Lawrence si rese conto di aver lasciato alla tavola calda.
- Oh… grazie.-
Lei si strinse nelle spalle, restituendogli la valigetta. Era bionda, e non aveva i capelli particolarmente lunghi, anche se tenuti fermi da una fascia di spugna. A occhio e croce doveva avere all'incirca una ventina d'anni, ed era vestita con abiti da jogging solo leggermente ombreggiati di sudore particolarmente attillati, che le fasciavano le gambe seguendone alla perfezione la linea dei suoi glutei…
- Ehm… sono quassù.- disse lei.
Lawrence si riscosse con non poco imbarazzo, tornando a incrociare il suo sguardo nerissimo, adornato da un mezzo sorriso.
- Sì, io… la ringrazio. Ero di fretta e mi sono dimenticato…-
- Sì, Corentin me l'ha detto.- disse lei, muovendo una spalla come a dire che non le importava - E le consiglia non so che tisana… se lo rivede gli dica che gliel'ho detto, eh?-
- Non mancherò.- rispose - Io sono Lawrence, comunque. Lawrence Powell.-
- Io mi chiamo Skadi. Stava andato all'Ufficio dello Sceriffo? Ha avuto problemi?-
- Eh? Oh, no, io…-
Il resto della frase venne divorato dal suono di una sirena che li fece sobbalzare entrambi, mentre un pick-up nero irrompeva sul marciapiede a pochi centimetri da loro, costringendoli a indietreggiare. Skadi lanciò una protesta indignata, afferrandolo di nuovo per il braccio e trascinandolo ancora più indietro, mettendoci un'energia a dir poco sorprendente, facendogli quasi perdere l'equilibrio. Rimase in piedi solo perché lei non accennò a mollarlo, trattenendolo.
- Ma che cazzo…- mormorò in un ringhio rabbioso Skadi.
Terminata l'intimidazione, lo Sceriffo scese dal pick-up con una ciambella in bocca e il cappello sulle ventitré, seguito a ruota dal gigantesco Dran.
- Devi sempre essere così delicato?- chiese la ragazza - Potevi investirci.-
- Mph.- biascicò lo Sceriffo, staccando un morso dalla ciambella - Che fai qui?-
- Tu che ne dici?- replicò Skadi, allargando le braccia per fargli vedere la tenuta da jogging.
- Vestita così?-
- Sì, lo so, ma ho lasciato la tonaca in soffitta, sai…-
- Scusate…- sospirò Lawrence, temendo di aver riconosciuto il tono della conversazione - Per caso siete parenti?-
- Sì.- risposero in coro i due, con lo stesso tono amaro.
- Ho capito… allora io entro, eh? Lei finisca di litigare con calma, Sceriffo…- disse in tono rassegnato Lawrence.
- Ehi, cosa vorresti…?-
- Papà, non abbiamo finito!- sbottò Skadi, balzando avanti per fermarlo - Io gli stavo restituendo la valigetta, devi piantarla di…-
Sentendo di cominciare a detestare sul serio quella città, Lawrence raggiunse l'Ufficio dello Sceriffo, dal quale ora faceva capolino il Vicesceriffo Donovan, richiamato senz'altro dal suono della sirena.
 

Ho fatto assurdamente tardi per scrivere questo capitolo... anche perché non mi sono accorto di aver raggiunto lo scopo da un pezzo e sono andato avanti senza fermarmi. Domani avrò sonno.
Ringrazio Ely79, NemoTheNameless, 
Evuzzola ed Easter_huit, che mi seguono. C'è poi Rohenne, che ha aggiunto la storia alle preferite, e Kira16, mia vecchia conoscenza dai tempi di "Sangue di Demone". E anche Piperilla non è un nome nuovo. Infine, saluto la new entry LHedoniste. A presto!

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Capitolo 6
*** Cap. 5: A pranzo ***


Con un sospiro stanco, Lawrence chiuse il terzo fascicolo e lo mise da parte sulla scrivania (quella che, al suo arrivo in giorno prima, era ingombra di carte e occupata da nessuno), passando al successivo: la pila che aveva trovato entrando non era particolarmente nutrita, solo sette o otto cartelle in tutto. Si trattava delle persone provenienti da fuori e arrivate a Orenthal nell'ultimo mese e mezzo. Per essere vicina al confine canadese, quella città non aveva un afflusso poi tanto grande di stranieri, e perlopiù nessuno si fermava più di qualche giorno. Solo un piccolo gruppo era rimasto abbastanza da poter essere indicato tra i sospettati.
Donovan, seduto alla propria scrivania, aveva invece parecchio materiale in più: siccome conosceva bene i suoi concittadini, si era accollato di persona tutto il materiale inerente le possibili vittime, e stava selezionado quelle che più si avvicinavano al profilo ricercato da Devil's Child.
Non appena avesse terminato con i propri fascicoli, Lawrence aveva promesso di prendersi metà dei suoi e aiutarlo a finire.
Invece lo Sceriffo, manco a dirlo, non aveva ancora finito di litigare con sua figlia: riuscivano a vederli entrambi dalla finestra e a giudicare da come gesticolavano erano ben lontani dalla fine. Il cane, dal canto suo, era rientrato nel pick-up già da un po' e non si era più visto.
- Crede che ne avranno ancora per molto?- chiese dopo un paio d'ore Lawrence.
Donovan gettò un vago sguardo ai due e si strinse nelle spalle, tornando a lavorare.
- Può darsi. A Timmi piace litigare con tutti. A Skadi solo con lui.-
- Potrebbe impiegare meglio il suo tempo.- osservò Lawrence.
- Quale dei due?-
- Entrambi. Lui in particolare, visto quanto lavoro abbiamo.-
Clifford, di nuovo con i piedi sulla scrivania e le parole crociate tra le mani, ridacchiò e fece per dire qualcosa, ma quando colse l'occhiata di Donovan inghiottì le sue stesse parole e tacque.
- Vede questi suoi fascicoli?- chiese il Vicesceriffo, facendo un cenno per indicare le loro scrivanie.
- Direi di sì.- rispose amaramente Lawrence, chiudendo con stanchezza quello che stava esaminando: fino a quel momento uno solo rispecchiava abbastanza bene il profilo.
- Non si è chiesto da dove arrivino o perché sono così dettagliati?-
Lawrence aggrottò la fronte: in effetti aveva notato che, pur essendo sprovvisti di foto, contenessero fin troppe notizie su persone estranee alla città e che erano arrivate da un mese o poco più. Vi erano riportati la residenza, il lavoro, l'indirizzo presso cui alloggiavano e anche la targa e il modello dell'auto, oltre che alcune (anche se poche) notizie del loro passato.
- Timmi ha fatto le due, ieri.- continuò Donovan, senza staccare gli occhi dai documenti che aveva sotto il naso - Dopo averla accompagnata è andato a cercare quelle persone e poi ha compilato i fascicoli per noi. E dopo ha cercato tutte le potenziali vittime negli archivi dell'anagrafe. So che ha fatto le due perché mi ha telefonato per dispetto prima di tornare a casa.-
Lawrence non replicò, tornando a concentrarsi sui fascicoli: aver presunto che fosse stato Donovan a prepararli forse era stato troppo, ma non aveva intenzione di scusarsi.
- Sta entrando.- disse Clifford.
Stavolta il suo tono aveva perso la sfumatura ilare, e si era anche affrettato a togliere i piedi dalla scrivania. Anche la centralinista interruppe il suo solito fiume di chiacchiere per fingere di lavorare. Pochi secondi dopo lo Sceriffo entrò con sguardo truce, spingendo di malagrazia la porta a vetri, lanciò a Lawrence un'occhiata gelida e si diresse alla scrivania di Donovan.
- Quanto hai ancora?-
Senza alzare lo sguardo o interrompersi, il Vicesceriffo picchettò un paio di volte sulla pila più alta.
- Mh. A mezzogiorno vattene a mangiare. Finisci dopo.-
- E tu che fai?- gli chiese l'amico, mentre lui si dirigeva verso l'ufficio.
- I CAZZI MIEI!- ruggì lo Sceriffo, sbattendo la porta.
Seguì qualche istante di silenzio.
- Complimenti, agente Powell.- borbottò pianissimo Clifford - Ora lo ha fatto incavolare.-
- Io non…-
- Lasci stare.- sospirò Donovan - Lo faccia sbollire e si dimentichi di questa storia. Piuttosto, mia moglie Alis mi aspetta al lavoro, più tardi.- disse - Mangeremo insieme. Ha detto che dopo la brutta esperienza di ieri è il benvenuto, se vuole unirsi a noi.-
- Beh… volentieri.- rispose Lawrence, ancora perplesso e, in parte, offeso: cosa aveva fatto di male?

- Che lavoro fa sua moglie?- chiese qualche ora più tardi, mentre usciva dall'edificio in compagnia di Donovan.
- Possiede e gestisce il vivaio.- rispose lui con semplicità, - Lo ha ereditato dai genitori, sa?-
- Ah, quindi è una cosa di famiglia.- disse Lawrence, mentre salivano in macchina.
- Cosa vuole… la città è piccola, le persone vivono tutte insieme, avviano delle attività… succede spesso che le ereditiamo dai genitori.-
- E quindi cosa… suo padre era poliziotto?-
- Oh, no… no, assolutamente.- rise Donovan, mentre faceva manovra - Era un insegnante, e mia madre aveva un negozio. Ora sono in pensione, si sono trasferiti in Florida.-
- E come le è venuta la vocazione?-
- Le dirò…- rispose lui, mettendo in moto - … non ne sono sicuro nemmeno io. Un giorno Timmi mi ha telefonato e ha detto che gli serviva un vice. E che dovevo muovermi perché non voleva chiederlo a Jo.-
- Jo?-
- Sì, un… un nostro amico, possiede una fumetteria giù sulla sesta, verso Morning Hill. Ci conosciamo tutti da una vita.-
- I pregi di vivere in una piccola città, giusto?- sorrise Lawrence, scoccandogli uno sguardo significativo.
- Più o meno. Ma Timmi non è di queste parti, sa… viene da fuori.-
- Ma davvero? Avevo capito che eravate vecchi amici.-
- Oh, certo che sì… ma quando l'ho conosciuto avevo già sedici anni…-
Seguì una breve conversazione da automobile, durante la quale Donovan gli spiegò che si erano conosciuti quando Anderson, appena arrivato in città, lo aveva difeso dal bullo della scuola. Non entrò nei dettagli del suo trasferimento, né della vita che faceva prima di arrivare lì, e non nominò nemmeno Ariel o il fantomatico fratello a cui aveva accennato Corentin (quando glielo chiese, Donovan spiegò che lo avevano raggiunto anni dopo), ma da ciò che riuscì a capire avevano legato molto in fretta, e senza dubbio lui sembrava stimarlo più di quanto lasciasse intendere a prima vista.
Quando giunsero in vista del vivaio “Bitterroot” lasciarono cadere l'argomento. Davanti all'ingresso c'erano quattro persone, tre donne e un uomo.
L'uomo e una delle donne erano vicini ai cancelli, che la donna stava chiudendo in quel momento con un lucchetto. Lui era basso e quasi calvo, i pochi capelli che aveva ricci e sfumati tra il grigio e il castano. Portava un completo grigio e gli occhiali. La donna, invece, era giovane, sicuramente sotto i trenta, e aveva dei corti capelli rossi, con un look quasi mascolino: jeans sporchi di terra, una maglia scura e un vecchio giubbotto di pelle un po' troppo grande, dall'aria vissuta. A colpirlo di più, tuttavia, fu la brutta cicatrice che seguiva il profilo della sua mascella, sciupandone il viso altrimenti perfetto.
Le altre due donne se ne stavano un po' appartate, vicine al furgone del vivaio. Una aveva a sua volta i capelli rossi, ma più lunghi e mossi, e indossava una pettorina sporca di terriccio. L'altra la riconobbe immediatamente: era Skadi Anderson, ancora in tenuta da jogging ed evidentemente fuori di sé.
- Mmmh…- gemette Donovan, vedendola - Lo temevo…-
Scesero dall'auto e si avvicinarono alla donna dai capelli corti, che stava spiegando qualcosa su dei gelsomini all'uomo calvo. Lui annuì con un sorriso.
- Capisco.- disse - La ringrazio, miss Walker. Gentilissima.-
- È il mio lavoro.- rispose lei, stringendosi nelle spalle - Ripassi verso le quindici, le farò trovare tutto pronto per sua moglie.-
L'uomo annuì ancora con aria affabile, fece un rapido cenno rispettoso verso il Vicesceriffo e si avviò tranquillamente lungo la strada, allontanandosi. Intanto, la voce di Skadi si fece strada fino a loro, vibrante di rabbia:
- … e poi continua a dirmi cosa devo fare come se avessi cinque fottu… maledettissimi anni…- stava dicendo, apparentemente ignara del fatto che fossero arrivati.
- Ciao, Alexis.- disse Donovan, mentre raggiungevano la donna - È qui da molto?- chiese, accennando a Skadi.
- Oh, più o meno tre ore.- rispose l'altra con una scrollata di spalle - Ma sono fortunata, mi ha salutata e poi ha preso in ostaggio tua moglie. Non ho osato chiedere cosa le abbia fatto stavolta.-
- … non ha il diritto di trattarmi così…-
- Hanno litigato.- spiegò Lawrence - Avevo dimenticato la ventiquattrore alla tavola calda e lei me l'ha riportata.-
- E Timmi non ha gradito, ovviamente.-
Donovan fece un gesto stanco e un mezzo sorriso identico, come a voler confermare un'ovvietà.
- … deve solo ringraziare che la mamma non sa ancora cos'è successo ieri alla sua auto! Sono qui in vacanza, sto a Billings quasi tutto il tempo e vorrei potermi rilassare…-
- Parla a ruota libera o sbaglio?- chiese Lawrence, aggrottando la fronte.
- Ci farà l'abitudine.- disse la donna - Io sono Alexis.-
- Lawrence Powell.- si presentò lui - Sono il… motivo del litigio.-
- Insomma, non è giusto! Conosco tutti qui, non c'è nessuno di passabile, e per una volta che incontro un tipo carino…-
- Va bene, Skadi!- disse rapidamente la signora Donovan, avanzando in fretta e mettendole le mani sulle spalle per costringerla a fermarsi - Ho capito quello che vuoi dire, dico davvero. E so che sei arrabbiata… ma forse dovresti dare un'occhiata a chi c'è qui intorno prima di parlare.- aggiunse a denti stretti, accennando con la testa.
Solo allora Skadi parve accorgersi della loro presenza e passò rapidamente dal violaceo della rabbia al pallido, per poi arrivare a un vago rossore.
- Ah… ehm… ciao.- disse - Quando siete arrivati?-
- Un minuto fa.- disse Donovan - Tuo padre dov'è?-
- Boh. Credevo che lo sapessi tu.- rispose lei, di nuovo scocciata - Non lo vedo da stamattina.-
- È uscito prima di noi. Vuoi che ci parli io?-
- Già, così ti sbrana…-
- Come se fosse la prima volta.- guardò la moglie, rassegnato - Mangia con noi?-
Lei sorrise con aria stanca.
- Temo di sì. Lei è l'agente Powell, suppongo.-
- In persona. Grazie dell'invito, tra parentesi.-
- Dopo quello che è successo ieri mi pare il minimo. Non ha ricevuto il benvenuto migliore.- disse la donna - Venga, non abitiamo lontano.-
Lei, Alexis Walker e il Vicesceriffo si avviarono lungo la strada, lasciando lui e Skadi qualche passo indietro. La ragazza, ancora in evidente imbarazzo, si tolse la fascia di spugna con un gesto un po' goffo, senza guardarlo.
- Beh… allora ci vediamo di nuovo, eh?- borbottò.
- Già.- rispose Lawrence - Ecco… mi dispiace per la lite con suo padre. Quella che ha avuto, voglio dire.-
- Ah, capirai…- sbuffò Skadi, perdendo all'improvviso tutto l'imbarazzo - Non è la prima e non sarà l'ultima… e neanche la più tremenda. Stasera non fregherà più niente a nessuno dei due.- lo guardò per un momento, aggrottando la fronte - Ma forse… no… di sicuro tu avrai un bel po' di problemi. Non ti secca se ti do del tu, vero?-
- No, affatto.- rispose Lawrence - Allora… suggerirei di raggiungere gli altri, cosa ne dici?-
- Sì, prima che comincino a prendermi in giro… di nuovo.- rispose la ragazza prendendolo per un braccio e trascinandoselo dietro.

Il pranzo fu piuttosto piacevole, e filò via tra chiacchiere, zuppe vegetali e qualche bicchiere. Dalle conversazioni Lawrence apprese che Alexis era la cugina della signora Donovan e che le sue cicatrici erano dovute a un brutto incidente d'auto che l'aveva profondamente segnata (difatti si rifiutò di parlarne, e nessuno approfondì l'argomento), e che i due coniugi erano genitori di un bambino ancora molto piccolo, in quel momento ancora all'asilo.
Verso la fine del pasto squillò il telefono, e fu il primo nonché unico contatto della giornata con lo Sceriffo, che ordinò a Donovan di cominciare a controllare i sospettati. Cosa facesse lui nel frattempo rimase un mistero.
- Non ho finito di leggere i fascicoli.- sbuffò Lawrence, seccato - Me ne restano ancora tre.-
- Li prendo io. Ci penseremo domani, al massimo.- replicò con calma Donovan, tornando a concentrarsi sul caffè.
- Cosa state cercando, si può sapere?- chiese Skadi - L'ho chiesto a papà e lui mi ha risposto di farmi gli affari miei… e sto parafrasando.-
- Non vuole scatenare il panico in città, immagino.- osservò Alexis - Insomma, c'è un agente federale, qui…- e accennò a Lawrence - Deve essere qualcosa di importante.-
- In effetti lo è.- ammise Lawrence, incrociando le braccia - Sono sulle tracce di Devil's Child, un omicida seriale molto pericoloso. La mia teoria è che si trovi qui ad Orenthal, al momento.-
Nonostante la notizia, nessuna delle tre donne presenti gli parve particolarmente turbata. Si limitarono tutte a guardarlo senza cambiare espressione, in silenzio.
- Ne è sicuro?- chiese alla fine la signora Donovan, sorseggiando un infuso alle erbe - In fondo siamo una città molto piccola… non c'è molto che possa attirare un criminale.-
- Mi creda, ho le mie buone ragioni per pensarla così.- rispose Lawrence, serio - Ad ogni modo, non c'è motivo di preoccuparsi… se ho ragione ed è qui, lo prenderemo presto. Non può sapere che sono sulle sue tracce.-
- Sicuramente.- disse senza particolare intensità la Walker - Ah, Alis, dobbiamo tornare al lavoro un po' prima, servono gelsomini.-
Mentre le due cugine tornavano a parlare di lavoro, il Vicesceriffo si rivolse di nuovo a lui.
- Io torno in ufficio.- disse - Lei forse dovrebbe cominciare subito a parlare coi sospettati, almeno quelli di cui ha letto i fascicoli. La accompagno dal primo, le sta bene?-
Lawrence annuì.
- Certo.- disse.
Si trattenne dall'aggiungere: “almeno lei si impegna”.
 

Speravo di andare più avanti, ma si stava allungando troppo. Ci penseremo la prossima settimana.
Ringrazio 
Ely79, NemoTheNameless, Kira16, Piperilla, Evuzzola, Easter_huit e Hedoniste, che mi seguono. A presto!

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Capitolo 7
*** Cap. 6: Inseguimento ***


La prima persona con cui parlò Lawrence fu un autotrasportatore che si era fermato a Orenthal dopo una consegna a un ranch poco fuori città. A quanto gli disse si era concesso una piccola pausa prima di ripartire, cosa che sarebbe avvenuta entro l'indomani.
In effetti era arrivato da meno di due giorni, troppo poco perché potesse studiare la città, cosa che invece Devil's Child avrebbe fatto immediatamente. E, riflettendoci bene, il tempo a sua disposizione era ormai poco.
Avrei dovuto ricordamene… Pensò. L'ultima vittima è di tre settimane fa.
Non lo aveva detto esplicitamente al Vicesceriffo Donovan, né tantomeno allo Sceriffo, ma sicuramente era riportato tra gli appunti che aveva inviato loro. Se avessero fatto due conti si sarebbero accorti di avere meno di una settimana. Nondimeno, ne avrebbero dovuto parlare il prima possibile.
Il resto della giornata la trascorse consumandosi le suole e parlando con le restanti persone sulla lista: c'erano in tutto tre alberghi e due B&B ad Orenthal (incluso quello in cui alloggiava lui), e tutti erano piuttosto distanti tra loro. Uno degli uomini che doveva incontrare aveva pernottato all'Orso Bruno come lui, motivo per il quale decise di lasciarlo per ultimo; gli altri erano suddivisi in zone differenti della città, e uno si trovava oltre la periferia.
Per uno come lui, abituato a girare in auto o coi mezzi, fu un piccolo trauma doversela fare a piedi tutto il tempo, e non gli ci volle molto ad accusare lo sforzo; nel giro di due ore era riuscito a escludere solo due persone dalla lista, le rimanenti tre le doveva ancora raggiungere. Comprese che non avrebbe mai finito entro sera.

Era sulla strada per raggiungere la sua destinazione successiva, un albergo un po' più lontano dal centro, ma dopo una svolta sbagliata comprese di essersi perso. Scocciato, individuò quello che sembrava un pub, il Whitebark Pyne, e vi entrò alla ricerca di informazioni.
L'interno era pulito e tranquillo, parzialmente riempito dal mormorio di un vecchio televisore che trasmetteva una partita di baseball nell'angolo. C'erano sette o otto persone al massimo là dentro, tra cui l'ometto che aveva incontrato di sfuggita al vivaio e che parlava con Alexis Walker, ora seduto da solo a un tavolo con un bicchiere di soda. Quando lo vide gli fece un cenno e un sorriso, per poi tornare a concentrarsi sullla partita.
Poco lontano c'erano alcuni ragazzini con le loro bibite analcoliche, tra cui gli parve di riconoscere una o due facce (probabilmente li aveva visti il giorno prima, raccolti intorno al cassonetto su cui si era appollaiata Ariel Anderson) e, più in fondo, c'erano due ragazzi che bevevano birra e mangiavano patatine coperte di formaggio fuso. Uno aveva i capelli neri e mal tenuti, mentre l'altro era castano, e sotto il giubbotto in pelle si intravedeva un fisico curato.
Dietro il bancone c'era una sola persona, un altro ragazzo, piuttosto giovane, occhialuto, dai capelli nerissimi e disordinati. Sotto il grembiule indossava abiti scuri, e dal colletto della maglia sporgeva la sommità di un tatuaggio in stile gotico.
Se ne stava appoggiato (o meglio, accasciato) sul ripiano, le braccia conserte sotto il mento, e guardava con aria annoiata la partita.
- Salve.- gli disse, avvicinandosi - Vorrei delle informazioni, se non le dispiace.-
Il cameriere lo guardò senza muoversi, squadrandolo da capo a piedi.
- 'nformazioni?- biascicò, la voce parzialmente soffocata dalla posizione - Quali?-
- Mi sono perso, sto cercando di raggiungere…-
Uno dei due ragazzi nell'angolo scoppiò a ridere.
- Ti sei perso? Qui? Ti ci sei impegnato, bello!-
E, sempre sghignazzando, afferrò una patatina particolarmente sommersa di formaggio e se l'inghiottì quasi per intero.
- Sì… come dicevo…- riprese - Volevo sapere…-
- Sei quel tizio?- lo interruppe il cameriere - Quello della macchina?-
Lawrence si rabbuiò.
- Vabe', ho capito…- disse - Grazie lo stesso.-
Fece per andarsene, scocciato: non ne poteva davvero più di quella storia. Era successa solo il giorno prima e già lo sapeva l'intera città.
- E rilassati, chiedevo…- sbuffò il ragazzo, tirandosi svogliatamente su - Dai, dimmi che ti serve, forza.-
- Che macchina?- fece quello al tavolo, senza smettere di masticare.
Lawrence lo guardò, sottolineando con gli occhi il proprio disappunto nel tentativo di fargli capire che doveva tacere, ma l'altro continuò a fissarlo con aria curiosa. Ora che lo vedeva bene notò che, a differenza del compagno, era magro fino al limite della malsanità, e sulle braccia nude correvano le linee scure di numerosi tatuaggi di pessima qualità.
- Jeff, piantala, sto cercando di seguire.- sbuffò il ragazzo accanto a lui, seccato.
- Oh, ma dai, fratellino!- esclamò quello chiamato Jeff - Io mi annoio! Neanche fossero i playoff!-
Il suo compagno strinse gli occhi, ancor più scocciato di prima.
- Jeff, primo: il baseball non ha i playoff!- sbottò - Secondo: preferisci forse quella merda di hockey che fanno i merdosi canadesi?-
- Will, beviti una birra.- disse in tono stanco il cameriere - Ieri questo qui si è fatto fracassare la macchina dal capo Anderson.-
- Lui ha deciso di prenderla a mazzate!- chiarì sempre più contrariato Lawrence.
- Sfondi una porta aperta.- disse il ragazzo chiamato Will. Lawrence intuì che avesse più o meno la sua età - Anche noi abbiamo qualche conticino in sospeso con quello stronzo… se non fossi pure tu uno sbirro ti offrirei da bere.-
- Perdoni Will Sykes… non è proprio un fine dicitore.- disse il cameriere con un sorrisetto - Quindi, dicevamo?-
No, io dicevo e voi mi interrompevate…
- Sto cercando di raggiungere l'Harvey Inn.- riuscì finalmente a dire - Mi sa indicare da che parte?-
- Tiri dritto e svolti alla terza.- disse subito lui - Da lì raggiunga la sesta e poi vada sempre dritto. Prima o poi lo troverà. Teddy, a proposito.- aggiunse, dandosi un colpetto sul petto - Sono io.-
- Lo supponevo.-
- E so già tu chi sei. È da ieri che Timmi lo strombazza in giro.
Ed ecco perché lo sa già mezzo mondo…
- A piedi fino all'Harvey e ritorno… farai notte, bello!- sghignazzò Jeff Sykes - Occhio, che i notturni ti sbranano!-
- Jeff, TACI!- sbottò Will.
Mentre i due fratelli iniziavano a litigare tra loro, Lawrence uscì dal pub scocciato, anche se non poté non chiedersi chi fossero i “notturni”.

L'ennesimo buco nell'acqua.
L'uomo che era andato a interrogare non solo era innocente e non era mai stato in nessuno degli stati in cui Devil's Child aveva ucciso fino a quel momento, ma aveva l'alibi più solido che a Lawrence venisse in mente: il giorno del secondo omicidio era in ospedale in seguito a un incidente, e durante l'ultimo davanti a un giudice, sempre per lo stesso motivo. Insisté anche per mostrargli la cicatrice sul suo polpaccio e per fargli vedere le foto di quando portava il gesso.
Quando finalmente riuscì a mettere il naso fuori dall'albergo vide che era il tramonto, e il cielo andava scurendosi, così chiamò l'ufficio per chiedere che venissero a prenderlo.
Purtroppo, non fu il Vicesceriffo a rispondere.
- Chi è che scassa le palle?-
Lawrence gemette nella propria testa.
- Sceriffo, sono Powell.- disse - Devo aver composto per errore il suo numero, cercavo…
- Xander è uscito. Cazzo vuoi, si può sapere?-
- Volevo solo chiedergli se poteva venire a prendermi, sono all'Harvey Inn e…-
- Oh, ma dai?- sogghignò la voce dello Sceriffo - Beh, peccato… ha scordato il telefono qui, e… eh sì, secondo Melanie non risponde alla radio, sai?-
Lawrence capì subito che discutere sarebbe stato assolutamente inutile. Inoltre, non si stupì per la frase immediatamente successiva:
- Io ho troppo da fare, e devo pure sbrigare un paio di commissioni… magari se ti incrocio ti do uno strappo, eh?-
E riattaccò ridendo.
- Idiota!- sbottò Lawrence, certo che quella fosse una vendetta per la scena di quella mattina.
Non gli rimase che farsela a piedi, maledicendo in ogni modo possibile lo Sceriffo e quella dannata città. Era arrivato al punto di sperare seriamente che Devil's Child non fosse ad Orenthal, permettendogli così di rientrare subito. Accidenti a lui che aveva avuto la brillante idea di andarci personalmente!
Con l'avanzare della sera le macchine si fecero progressivamente più rade, e così i passanti. Mentre oltrepassava di nuovo il Whitebark Pyne, dall'interno del quale proveniva adesso un gran ciarlare, i lampioni si accesero quasi in simultanea, schiarendo parzialmente le strade scure. Un rumore lontano gli disse che non era il solo ad attardarsi per strada.
Speriamo che Donovan abbia avuto più successo di me. Pensò Lawrence.
Se almeno lui fosse riuscito a parlare con i tre che non erano sul suo elenco avrebbero potuto depennare altri dalla lista, che si sarebbe così ridotta a sole tre persone, quelle non era riuscito a raggiungere da solo. Finito con loro forse avrebbero potuto dire di aver fato un passo avanti.
Dietro di sé Lawrence sentì qualcuno che camminava, e voltandosi vide un uomo diretto verso dei cassonetti poco più indietro rispetto a lui. Strano che non lo avesse visto avvicinarsi prima.
Così come era strano il fatto che non avesse sacchi dell'immondizia da gettare.
Finse di non essersi accorto di niente e riprese a muoversi cercando di non fargli capire che sapeva. Tendendo l'orecchio sentì di nuovo i suoi passi, ma stavolta più cauti, più misurati: non voleva che lo notasse ancora.
Mi sta seguendo.
Sentì un fiotto di adrenalina invaderlo da capo a piedi: quello non era un passante, né un abitante di Orenthal in generale. Aveva trovato Devil's Child.
O meglio, Devil's Child aveva trovato lui.
Non perse tempo a chiedersi perché mai fosse lì, considerando il fatto che fino a quel momento Lawrence non era stato sicuro di avere indovinato le sue mosse. Al momento era più preoccupato del fatto che un assassino pericoloso come lui si trovasse a meno di otto metri di distanza.
Tastò cautamente la fondina sotto la giacca, sentendo la rassicurante forma squadrata del calcio della sua pistola. Inspirando profondamente, serrò le dita sull'impugnatura e si voltò di scatto, puntandola verso di lui.

Fu questione di secondi.
Stava ancora estendendo il braccio quando qualcosa gli sibilò accanto all'orecchio. Sentì un po' di dolore e qualcosa di caldo colargli lungo il collo: Devil's Child aveva lanciato un'arma da taglio verso di lui. Lo aveva mancato solo perché si era girato dalla parte giusta.
Istintivamente, prima ancora di riuscire a mettere Devil's Child a fuoco, Lawrence premette il grilletto che, tuttavia, suonò a vuoto: aveva dimenticato la sicura.
Nel frattempo l'uomo, poco più di una sagoma indistinta nel buio della sera, corse rapidamente dietro l'angolo dell'edificio, i suoi passi rapidi che risuonavano nell'aria. Maledicendosi per la propria inettitudine, Lawrence si lanciò all'inseguimento, recuperando il cellulare dalla tasca.
- Pronto?- grugnì la voce dello Sceriffo.
- Sceriffo, sono Powell!- esclamò concitato - Sto inseguendo Devil's Child! Gli sto dietro!-
L'uomo esitò.
- Che?-
- È sordo, dannazione? Devil's Child! Lo inseguo!-
- L'hai trovato?-
- Io… non è questo il momento! Sono dalle parti del Whitebark Pyne, sa dov'è?-
- No, sai, io qui in città sono solo di passaggio… MA CERTO CHE SO DOV'È, PEZZO DI CRETINO! TU EVITA DI FARTI AMMAZZARE, CAZZO!-
Lawrence mise via il telefono senza replicare, concentrato sull'inseguimento: ora lui e Devil's Child erano di nuovo sulla stessa strada, ma la distanza tra loro era aumentata di parecchio: era dannatamente veloce.
- Fermo! FBI!- gridò.
Subito dopo si sentì un'idiota: non aveva esperienze dirette, ma anche lui aveva visto dei film polizieschi, come tutti. E come tutti sapeva che non funzionava mai.
Allungò il passo, ignorando la fatica. Devil's Child continuò a scappare, trascinandolo in vie sempre più piccole e intricate, facendogli tagliare numerosi isolati e compiendo svolte a più riprese, apparentemente a caso. Lawrence ci mise un po' per capire che stava facendo di tutto per allontanarlo dal pub, e con un percorso tanto contorto Lawrence non avrebbe mai capito dove farsi raggiungere dallo Sceriffo.
E poi, secondo il medico legale, Devil's Child era esperto di lame, tanto che secondo il suo profilo aveva tentato la strada militare. Se era così bravo, perché mirare con un coltello alla testa di un uomo in movimento?
Mi voleva attirare!
Fu a quel punto che, svoltando l'angolo, qualcosa lo colpì in testa.
 

Sarò onesto, non prevedevo di inserire un capitolo del genere già adesso... comunque, stiamo progredendo.
Ringrazio 
Ely79, NemoTheNameless, Kira16, Piperilla, Evuzzola, Easter_huit e Hedoniste, i lettori che mi stanno seguendo. A presto!

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Capitolo 8
*** Cap. 7: I visitatori notturni ***


Non svenne, questo no, ma le ginocchia gli cedettero di schianto, come gelatina sottoposta a pressione. Qualcosa iniziò quasi subito a pulsare in un punto imprecisato dietro la sua testa, e la strada prese a girare vorticosamente. Dopo pochi secondi sentì un dolore sordo che, rapidamente, si intensificò e gli avvolse quasi tutta la nuca come in una specie di morsa.
Decisamente, non poteva annoverare l'essere tramortito come una delle sue esperienze preferite.
Riuscì a non finire lungo disteso, ma si ritrovò gattoni sull'asfalto, e la pistola gli scivolò di mano. Un piede la colpì forte, facendola finire in mezzo a un mucchio di rifiuti.
Lawrence scosse la testa, cercando di snebbiarsi gli occhi per distinguere il più possibile il luogo dove si trovavano: era una delle tante vie laterali di Orenthal, una stradina a fondo chiuso costellata di ronzanti sistemi per l'aria condizionata e cassonetti di esercizi commerciali. Le poche porte e finestre che davano sulla via erano chiuse e oscurate, e non una sola luce rischiarava l'oscurità, a eccezione del fioco bagliore lattiginoso della falce di luna sopra di loro. Un'ombra entrò nel suo campo visivo, e nonostante l'oscurità Lawrence vide un breve riflesso metallico. La lama di un'arma da taglio.
Stordito, cercò di rialzarsi, quantomeno per guadagnare tempo, ma la testa gli girava parecchio, e di sicuro non lo aiutò il calcio che ricevette alla gamba. Non fu forte, ma gli fece perdere un punto d'appoggio, e stavolta sì che si ritrovò a faccia in giù sul selciato.
- Chi… sei?- gemette.
Non gli interessava davvero, in quel momento. In realtà voleva solo correre via. Sentiva una paura tremenda addosso, ora che erano uno di fronte all'altro, ora che era pressoché inerme davanti a un pericoloso assassino seriale armato di coltello. Tuttavia, se proprio doveva morire, almeno voleva capire chi fosse quell'uomo, e magari in punto di morte sarebbe riuscito a lasciare un messaggio che desse ulteriori indizi in proposito. Roba da film gialli, ma al momento non aveva altro.
Sopra di lui risuonò una bassa risata di scherno.
- Oooh, ti piacerebbe saperlo, Lawrence?- mormorò Devil's Child. La voce era evidentemente camuffata, riconoscerla sarebbe stato impossibile - Ma dov'è il divertimento poi?-
- Per… questo… mi hai… seguito?-
Non riusciva a vederlo bene in faccia. Tra la botta e il buio tutto ciò che distingueva era la sciarpa con cui si era coperto il naso e la bocca, il cappello di lana. Impossibile riconoscerlo.
Devil's Child gli mise una mano sulla spalla, stringendogliela con fare amichevole, quasi fossero due vecchi compagni di college che si erano ritrovati dopo tanto tempo.
- So che mi stai cercando. Ero curioso di vederti bene da vicino. Dimmi, chi ha indovinato dove trovarmi? Sei stato tu?- fece un'altra risatina - Bella mossa, di sicuro. Scommetto che hai anche un profilo su di me, vero? È quello che fate voi agenti federali, leggete le persone in base al comportamento. Vi immischiate in cose che non capite. Sfidate forze più grandi di voi… più grandi del mondo intero, Lawrence!-
Continua a parlare… Pensò Lawrence. Continua, bastardo… prima o poi mi riprenderò…
Ma all'improvviso l'uomo lasciò la sua spalla e, subito dopo, gli arrivò un altro colpo sulla nuca che lo fece ricadere di nuovo giù e aumentò il suo senso di vertigine.
- Ti starai chiedendo perché non ti uccido subito.- continuò Devil's Child. Ora la sua voce si era fatta più distante, come se parlasse dal fondo di un lungo corridoio - Tanto per cominciare, non sei parte del Grande Disegno. Un omuncolo come te è indegno della mia attenzione. E poi, non ne ho molta voglia. A cosa serve la caccia se non ci sono una preda e un cacciatore?-
Lawrence alzò lo sguardo, anche se tutto ciò che vedeva adesso era un guazzabuglio di immagini tremolanti che si allungavano e scuotevano senza alcuna logica.
- Voglio scoprire chi di noi due è veramente la preda.- disse l'uomo, mentre il coltello mandava un nuovo bagliore - E anche se riesci a lavorare senza il tuo occhio destro…-
Un piede lo rivoltò bruscamente, e in un attimo Devil's Child gli fu sopra. Attraverso la cortina di stordimento, Lawrence vide il coltello avvicinarsi pericolosamente all'orbita, mentre l'altra mano lo teneva saldamente per il mento, impedendogli di divincolarsi. Fece qualche debole tentativo con le gambe, cercò di afferrargli la faccia, spinse col bacino, ma tutto fu inutile: Devil's Child era troppo forte, e lui troppo debole, in quel preciso momento.
Non poté fare niente.

Una volta aveva visto una pantera, allo zoo. Era piccolo, andava ancora a scuola, ma non avrebbe mai dimenticato quell'enorme felino nero, così bello e selvaggio. Aveva pensato che fosse un peccato tenerlo chiuso in una gabbia, dove non poteva correre liberamente.
Poi la pantera aveva ruggito, ed era stato un suono spettacolare, vagamente simile al verso di un gatto arrabbiato, ma molto più forte e profondo, capace di riecheggiare nell'aria senza il bisogno di pareti su cui rimbalzare. La rabbia e la potenza dell'animale tutti concentrati in un solo, rapido suono.
Quella era stata la prima e unica volta in cui aveva sentito il verso di una pantera, ma gli era rimasto così impresso che Lawrence si era convinto di non dimenticarselo mai in tutta la sua vita.
Per questo, in un angolo della sua mente, dietro la cortina di paura e la sensazione di sprofondare dovuta ai colpi ricevuti, riuscì comunque a riconoscere il verso che all'improvviso risuonò attorno a lui e a Devil's Child.
Fu un ruggito felino, simile a quello della pantera, ma molto più forte e feroce, che colse entrambi di sorpresa e li paralizzò lì dov'erano. L'assassino alzò lo sguardo, confuso e, apparentemente, spaventato, cercando la fonte del suono. I suoi occhi si fissarono su un punto fuori dal campo visivo di Lawrence, verso il fondo chiuso del vicolo, dal quale provenne un tonfo attutito.
- Ma che dia…-
Il verso risuonò ancora, e all'istante Devil's Child lo lasciò andare, correndo verso la strada principale. Un'ombra scura passò vicinissima a Lawrence, inseguendo l'assassino e lasciandolo lì a terra.
Pur non avendo capito chiaramente cosa fosse successo, Lawrence si alzò il più in fretta possibile (cosa che gli provocò un enorme capogiro) e fece del proprio meglio per raggiungere a passo spedito i due che correvano, anche se già non sentiva più alcun rumore di passi. Uscì in strada e guardò nella direzione in cui si erano diretti: gli parve di scorgere un uomo che raggiungeva un'auto lontana (certamente preparata per la fuga) e si chiudeva dentro, cercando di ripartire subito.
A sconvolgere Lawrence però fu l'altra cosa che vide.
Anche se era stordito e ci vedeva poco, non poté sbagliarsi: una pantera stava correndo a quattro zampe verso la macchina, talmente veloce che riuscì a raggiungerla anche se era già ripartita.
Nessuna pantera sa fare questo! Pensò.
Balzò agilmente sul tettuccio, e a nulla valsero i tentativi di Devil's Child di liberarsene: la macchina sbandò a destra e a sinistra, in uno stridio di gomme e freni, ma in qualche modo la creatura riuscì a non cadere, almeno fino a quando non colpì un lampione.
Quello non si ruppe, ma l'auto si fermò bruscamente, e la catena che sorreggeva il vaso ornamentale proprio lì sopra si spezzò di netto con uno schiocco. Quello cadde proprio sopra l'abitacolo, dove ancora c'era la… cosa… che lo stava aggredendo.
Sorprendentemente, non accadde niente.
La pianta andò a schiantarsi sul tettuccio, che si affossò come se fosse fatto di carta argentata, ma la creatura ne uscì indenne anche se balzò via all'istante, forse colta di sorpresa.
Immediatamente, Devil's Child rimise in moto e fece retromarcia, investendo violentemente il suo misterioso aggressore, che non riuscì a scansarsi in tempo e venne colpito dal paraurti, sparendo sotto il pianale.
- No!- esclamò Lawrence, barcollando nel tentativo di correre sul posto.
Non era nemmeno a metà strada quando l'auto scomparve oltre l'angolo successivo. Della... cosa... intervenuta per salvargli la vita, invece, non c'era traccia.
Lawrence raggiunse il punto in cui era stata investita, ma non trovò né tracce di sangue né un corpo. Nessun indizio della sua presenza.
Era sparita.
 

Lawrence ha appena avuto il suo primo assaggio dei veri misteri di Orenthal e di quei misteriosi "visitatori notturni" di cui ha sentito parlare ogni tanto.
Ringrazio 
Ely79, NemoTheNameless, Hedoniste, Kira16, Piperilla, Evuzzola ed Easter_huit, i miei fedeli lettori, e anche Rohenne, che ha appena inserito la storia tra le preferite. A presto!

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Capitolo 9
*** Cap. 8: Dicerie ***


Seduto nel cassone del pick-up dello Sceriffo, Lawrence si rigirò tra le mani il pacco di ghiaccio con cui si stava tamponando la testa. Il dolore era ancora vivo, ma la sensazione di stordimento era sparita quasi completamente. Entro poco si sarebbe ripreso, mal di testa escluso.
- Quindi, ricapitoliamo…- disse Anderson, aggrottando la fronte a braccia incrociate - Ti sei gettato all'inseguimento di un serial killer estremamente pericoloso da solo, di notte e senza dirmi dove vi stavate dirigendo (motivo per cui ci ho messo tre ore a trovarti) e che, per di più, ti sei fatto attirare in trappola come un pollo? E che sei stato salvato da… una pantera?-
- Non era una pantera.- sbuffò scocciato Lawrence, guardandolo astioso.
- Quindi cosa, un leopardo abbronzato?-
- La smetta di sfottere!- esplose Lawrence.
Dran, al fianco del padrone, eruppe in un latrato furioso e fece per scagliarsi su di lui. Istintivamente, Lawrence scattò indietro nel cassone, ma lo Sceriffo, sorridendo in modo insopportabile, agguantò il collare del cane e lo trattenne.
- A cuccia, non è da mangiare. Sa di cacca. E se la mangi poi ti devo lavare i denti con l'acetone.-
Dran guaì, indietreggiando in modo remissivo.
- E tu, impara a stare allo scherzo. Potrei non essere così buono la prossima volta.- aggiunse, rivolgendosi a lui - Sul serio, ora…- continuò, lasciando cadere il sorriso - Lasciamo perdere il tuo… salvataggio miracoloso. Dimmi tutto quello che puoi su Devil's Child. Com'era fatto? Cosa ti ha detto?-
- Non l'ho visto bene. Ero stordito, ed era buio.- rispose Lawrence - E credo parlasse in falsetto, per non farsi riconoscere.-
Anderson alzò le sopracciglia.
- In… falsetto?- ripeté.
- Sì. Cos'è, sordo?- chiese.
Si sentiva più permaloso del solito, dopo quanto accaduto.

- No, ma tu sei stupido.- replicò con enfasi lo Sceriffo, col tono di chi spiega una cosa ovvia - Perché parlare in falsetto? Perché non ha usato la sua vera voce?-
- Magari per non essere riconosciuto, cosa ne dice?-
- Dio, quanto sei idiota…- gemette l'uomo, pinzandosi la radice del naso - Non ci arrivi proprio, vero? Se non lo hai mai sentito parlare è inutile parlare in falsetto, non potresti comunque riconoscere la sua voce, no? Questo vuol dire…-
- … che l'ho già incontrato!- esclamò Lawrence, incredulo: perché non lo aveva capito anche lui?
- Oh, vedi che alla fine ci arrivi?- ridacchiò Anderson.
Lawrence ripensò a quei giorni e alle persone che aveva incrociato in giro per Orenthal: con ogni probabilità era uno degli ospiti degli alberghi. Non poteva essere nessun altro.
- Ho visitato due alberghi oggi.- disse - Sicuramente alloggia lì. Se ci sbrighiamo possiamo prenderlo!-
Anderson aggrottò nuovamente la fronte.
- Tu credi?- chiese.
- Ma certo… scapperà il prima possibile, ora!- esclamò Lawrence - Vorrà allontanarsi!-
- E perché? Sappiamo che è in un albergo, non di chi si tratta.- rispose lo Sceriffo, scrollando le spalle - Se andasse via ora potremmo identificarlo chiedendo chi ha lasciato l'albergo prima del tempo. Restando e comportandosi normalmente, invece, ci depisterebbe. Chiediti piuttosto dove ha preso l'auto: non avrà usato la sua, questo è certo, sarebbe uno stupido, quindi o l'ha rubata o l'ha noleggiata, ma nel primo caso avrei saputo di un qualsiasi furto d'auto e avrei massacrato i Sykes. Siccome sono giorni che non arresto quei due cretini, resta solo una possibilità, e il posto più vicino in cui noleggiarne una è a chilometri da qui… e avrà usato…-
- … una carta di credito!-
I due si guardarono negli occhi per un momento, e Lawrence si sorprese di quanto appena successo: stava avendo una conversazione con lo Sceriffo a proposito di Devil's Child, e anche molto produttiva. Nonostante l'atteggiamento, quell'uomo stava dimostrandosi molto più intelligente di quanto avesse pensato prima.
- Dobbiamo controllare.- disse Lawrence, alzandosi in piedi.
Anderson scrollò le spalle.
- Libero di farlo. Ma io ho un sonno tremendo, ieri mi hai fatto fare tardissimo, e mi sono alzato alle sette. Se vuoi controllare adesso ti accompagno in ufficio, ma fai da solo.-
Ed ecco che tornava a essere un idiota.
- Sceriffo, dobbiamo battere il ferro finché è caldo!- protestò.
- Sarà caldo anche domattina.- sbuffò lui, agguantandolo per un braccio.
Senza alcuno sforzo lo infilò nel pick-up, richiamò il cane con un fischio e si mise al volante, senza lasciarlo replicare. Mentre lo riaccompagnava al Bed & Breakfast, Lawrence ripensò agli indizi che avevano in mano adesso, ma anche alla… cosa… che lo aveva salvato poco prima.
Non era umana, ne era sicuro. Senza dubbio era uno dei “visitatori notturni” di cui gli avevano parlato ogni tanto.
Ma perché Anderson e Donovan continuavano a ignorare la cosa e a liquidare tutto con una scrollata di spalle?
Cosa sta succedendo in questa dannata città?

Il mattino dopo Lawrence si diresse in tutta fretta verso l'Ufficio dello Sceriffo, trovando già quest'ultimo a incombere sulla scrivania di Donovan, il quale era attaccato al telefono e parlava con qualcuno dall'altra parte della linea a proposito di un'automobile.
Vedendolo entrare, Anderson gli fece cenno di tacere e indicò il suo vice: non doveva disturbarlo.
- No, non conosco modello o targa.- stava dicendo - Nemmeno il colore, no. Non la riguarda, mi dia solo l'informazione che le chiedo, accidenti!- sbottò arrabbiato - Le ho faxato il mandato, no? Lei mandi quei dannati nomi!-
Rimase in ascolto per qualche secondo, poi ringraziò e mise giù.
- Arrivano.- disse.
- Grande!- esclamò lo Sceriffo, alzando le braccia al cielo - Bene, vado a festeggiare!- annunciò, dirigendosi verso il proprio ufficio.
- Ancora vodka, capo?- chiese Clifford, senza alzare lo sguardo dalle parole crociate.
- Fatti i cazzi tuoi.- rispose, chiudendo la porta.
Alcolizzato… Pensò Lawrence, avvicinandosi a Donovan.
- Ha dovuto alzare la voce, direi.- commentò.
- Meglio io che lui.- sorrise il Vicesceriffo, accennando alla porta dietro cui era sparito il suo superiore - Ci spediranno tutto in giornata, il tempo di cercare in archivio. Timmi ha chiesto un mandato stamattina alle sei.-
- Alle… sei?- ripeté Lawrence - E chi lo firmerebbe mai a quell'ora?-
- Il giudice Rosenberg.- rispose subito Donovan - Ogni tanto giocano a scacchi.-
- Lo Sceriffo gioca a scacchi?-
- Solo per incazzarsi quando perde.- ridacchiò Clifford.
- Oh, una volta ha vinto una partita… anche se non contro Rosenberg…- ammise Dononvan, ripensandoci - Beh, ad ogni modo, entro oggi pomeriggio avremo la lista. Per adesso possiamo solo aspettare.-
- Potremmo sorvegliare gli alberghi.- osservò Lawrence.
- E come? Ci noterebbero, non crede?-
Già… ha ragione.
L'auto di servizio o il pick-up non erano proprio discreti, e sarebbero passati inosservati solo agli occhi dei residenti. Gli stranieri sarebbero stati messi in allerta… e poi lui non poteva avvicinarsi tanto alla leggera, rischiava di mettere in allarme Devil's Child.
- Quindi… non faremo niente?- chiese.
- Lei è il capo delle indagini. Checché ne dica lui.- rispose Donovan, indicando la porta dell'ufficio di Anderson.
- DONOVAN, CAZZO, TI SENTO!- gridò questi, furioso.
- Scusa!- rispose lui, sorridendo - Me lo dica lei cos'altro fare.- riprese, tornando a rivolgersi a Lawrence.
L'agente esitò, incerto sul da farsi: non aveva idea di come potevano impiegare il tempo, al momento. Forse comportarsi normalmente sarebbe stato meglio: Devil's Child non avrebbe intuito che avevano una pista e sarebbe rimasto inerte il più a lungo possibile.
- Beh… faccia pure quello che fa di solito.- disse Lawrence - Io credo che… farò due passi. Comportiamoci normalmente, come se non sapessimo nulla. Lo terrà buono.-
- Agli ordini. Sentito, Timmi?-
- VAFFANCULO!-
- Bene... ha già capito.- sorrise il Vicesceriffo.

Lawrence si prese del tempo per riflettere, girando per Orenthal a piedi. Si mantenne perlopiù nella zona del parco, dove vide la cugina della signora Donovan che faceva jogging da sola. Quando lo riconobbe lo salutò senza fermarsi, passando oltre; lui ricambiò il saluto distrattamente, continuando a ripensare allo strano salvataggio della sera prima.
Ancora non capiva cosa fosse successo, e non sopportava non capire. Vero, quella figura misteriosa lo aveva salvato, ma non poteva lasciar correre. Non solo per se stesso, ma anche per il rapporto: cosa avrebbe scritto, che una creatura simile a una pantera lo aveva salvato?
Devo trovare informazioni sui visitatori. Decise.
E la persona più indicata, probabilmente, era la prima ad avergliene parlato.

- I visitatori notturni?- trillò la signora Humphrey, seduta dietro il bancone della reception - Cosa vuole sapere?-
- Tutto quello che è in grado di dirmi.- rispose Lawrence, sporgendosi leggermente - Ne ho sentito parlare un altro paio di volte, e mi incuriosiscono. Perché non mi racconta quello che sa?-
La donna si avvicinò con fare complice, guardandosi intorno come se pensasse di essere ascoltata da orecchie indiscrete, poi lo fissò negli occhi con aria da cospiratrice che si appresta a rivelare informazioni importanti.
- Badi bene, non è molto, mi creda.- lo avvertì - Sono solo voci che girano in città. Pettegolezzi, direi.- e qui le scappò un sorrisino da bambina a cui vengono presentate delle caramelle particolarmente dolci - Non so dirle cosa sia vero e cosa no.-
- Lei dica tutto. Deciderò io.-
- Oh, bene… allora, è iniziato tutto molti anni fa. Ero ancora una bella donna, non una gallinella rugosa come adesso!- ridacchiò, scuotendo la capigliatura tremendamente cotonata - E c'era ancora il vecchio Owens in giro.-
- Chi?-
- Era lo Sceriffo, all'epoca. Assunse Anderson come Vicesceriffo. Fu in quel periodo che cominciò tutto.-
- Tutto cosa?-
- Strani avvistamenti.- rispose la donna, sgranando gli occhi - Daisy Cottom, pace all'anima sua, chiamò lo Sceriffo Owens in piena notte, terrorizzata. Aveva visto un'ombra enorme fuori in giardino. Pensava che fosse un grizzly!-
- E invece?-
- Beh, quando arrivò lo Sceriffo non c'era nulla.- rispose la donna - Ma proprio nulla, sa? Nemmeno le tracce, e non stiamo parlando di orsetti di pezza… sono dei veri bestioni, sì! Vedesse le impronte che lasciano sui prati! E come riducono i bidoni dell'immondizia… uuh…- grugnì, storcendo il naso - Ma quello non aveva fatto niente del genere. No no, si era limitato a passare di corsa! E mezz'ora più tardi venne trovata la carcassa di un animale nei pressi di Morning Hill!-
- La carcassa di un animale?-
- Oh, sì! Forse di un coyote, ma era strano… era più grosso, e sembrava che lo avessero ucciso solo per il gusto di farlo! Nessun orso si comporterebbe così!-
Lawrence sospirò: non era proprio quello che sperava.
- Capisco. Altro?-
- Oh, beh… se non le basta, ho di meglio!- disse in tono entusiasta la signora Humphrey - Le hanno raccontato la storia dell'Amnesia?-
Lawrence aggrottò la fronte.
- Della che?-
- L'Amnesia, l'Amnesia!- ripeté la donna, e dal tono si capiva che aveva tirato fuori la storia del coyote solo per fare più effetto quando fosse passata a quell'altra - Successe circa un anno dopo l'arrivo dello Sceriffo Anderson. Ovviamente era ancora un Vicesceriffo, a quei tempi…- chiarì - C'è stato un giorno, nella prima metà di gennaio… lo ricordo molto bene, eravamo pieni di turisti… in cui tutti ci siamo svegliati senza ricordare nulla.-
L'agente federale la guardò sorpreso.
- Nulla?-
- Nulla nulla!- ripeté in tono stridulo la donna - E quando dico “tutti” intendo “tutti”! Io mi svegliai qui dove sono, con in mano la penna e un turista che faceva il check out lì dov'è lei! Nessuno di noi due ricordava come ci fossimo finiti! Dopo quella mattina è tutto nebuloso fino alla sera!-
- E lei lo attribuisce ai visitatori di cui mi ha parlato?-
- E a cos'altro sennò?- replicò la donna - Vede, Bernie Raphael fu l'unica eccezione: si era nascosto in un cassonetto per tutto il giorno, e quando ne uscì era terrorizzato. Gridava di essere stato inseguito da un mostro mezzo ragno e mezzo uomo, santo Dio!- esclamò - E di essersi salvato solo perché qualcuno gli fece esplodere la testa! Certo, già all'epoca era un vero allegrone…- e mimò il gesto di bere da una bottiglia - … ma non è mai stato un bugiardo! Dio solo sa cos'ha visto davvero…-
- Signora, abbia pazienza…- sospirò pentito Lawrence, facendo per andarsene - Non ho tempo per le storie di mostri. La ringrazio per quello che mi ha detto, però…-
- Oh, ma come, ancora non le basta?- sbuffò la donna, fingendosi risentita - Va bene, allora le dirò questo: da anni, ormai, vediamo qualcosa che si aggira per la città, durante la notte. Dicono che siano animali, ma sono solo balle: gli animali fanno dei versi, si fanno sentire, non sono silenziosi! Quelle figure sono diverse… a volte sembrano umane, altre volte sembrano… qualcos'altro!-
Lawrence si trattenne dal mandarla a quel paese: dopotutto era stato lui a chiederle dei visitatori notturni. Tanto valeva lasciarla finire, per quanto deliranti fossero quei racconti.
- Abbiamo chiamato lo Sceriffo, all'inizio.- continuò la donna - E non parlo di Owens, ma dello Sceriffo Anderson. Ma lui ci ha sempre mandati al diavolo, dicendo che voleva dormire.-
- Sì, ce lo vedo…- mormorò lui tra i denti.
- Poi un giorno Jeff Sykes è uscito di notte per cercarli. Sarà stato quanto… otto, nove anni fa.- disse la signora Humphrey, ignorandolo - Credeva di poter scattare loro una foto, benedetto ragazzo… così si arrampicò su un tetto con la macchina fotografica durante la notte e rimase appostato ad attenderli.-
- E cosa successe?-
- Oh, quell'asino si addormentò lì dov'era!- rise la donna - E rischiò di rotolare giù dal tetto! Si ritrovò appeso per i pantaloni a una grondaia! Se lo immagini: tutto bello addormentato che si gira nel sonno e resta impigliato per il didietro a otto metri da terra!- e rise di nuovo, scuotendo la testa - Ah, che sciocco… poteva veramente ammazzarsi!-
- E furono i visitatori notturni a salvarlo?-
- Oh, sì! Assolutamente!- esclamò la donna - O almeno è quello che sostiene lui, anche se lo Sceriffo disse che trovarono tracce di alcool nel suo sangue. Secondo la versione ufficiale fu lui a salvarlo, correndo sul tetto prima che cadesse.-
- E Jeffrey Sykes cosa dice, invece?-
- Lui sostiene…- disse la Humphrey, abbassando la voce - … che quando i pantaloni cedettero venne afferrato per la caviglia da qualcosa di grosso e nero… una creatura che sembrava fatta di petrolio o “quella roba lì”, come dice lui… con occhi come tizzoni, che ringhiava! Gli fece venire un colpo, arrivò a farsela nei pantaloni!-
- Che aspetto aveva?-
- Oh, è alto, tutto coperto di tatuaggi e parecchio magro… lo dico sempre a sua madre quando la vedo, dovrebbe mangiare meglio…-
- Non Jeffrey Sykes!- esplose Lawrence - La creatura! Com'era?-
- Oh… beh, gliel'ho detto… era grosso!- rispose lei, agitando le mani per aggiungere enfasi - E tutto nero! E aveva una lunga coda!-
- Sembrava un animale tipo… che so… una pantera?-
- Pantera?- ripeté lei - No, semmai… semmai l'ha definita più simile a un uomo rettile.-
Lawrence trattenne un gemito di delusione: quell'idiota non aveva visto un mostro, era così ubriaco da aver scambiato lo Sceriffo per uno dei Visitors.
- Capisco…- sospirò scuotendo la testa - Beh, la ringrazio. Se non c'è altro…-
In quel momento il suo telefono squillò, e dal display riconobbe il numero dell'Ufficio dello Sceriffo.
- Donovan?-
- Già, in persona!- ridacchiò l'uomo - Le farebbe piacere sapere che ho già ricevuto i documenti che avevo chiesto?-
- Ma certo!- esclamò estatico, voltando le spalle a un'indignata signora Humphrey - Non dovevano arrivare più tardi?-
- Timmi ha detto che non voleva aspettare così tanto, quindi ha abbaiato per un po' al telefono… insomma, Timmi ha fatto Timmi e li ha convinti a fare più in fretta. Però dice che ora dobbiamo pensarci da soli, lui ha da fare.-
- Già, ovvio…- grugnì Lawrence, per nulla sorpreso - Va bene, arrivo subito!-
- Non serve, vengo io.- rispose Donovan - Ho già incrociato i dati: c'è un nome che compare sia nella lista degli indiziati che in quella dei clienti dell'autonoleggio, nell'ultimo mese… so chi è il nostro uomo!-
Lawrence trattenne a stento un grido di esultanza: lo avevano beccato!
Era il momento di chiamare la "cavalleria".

 

Questa settimana vi propino un capitolo più lungo del solito. Dovevo metterci più cose, stavolta. Sapete com'è, ci sono più situazioni da gestire, e questo allunga il brodo.
Ringrazio la solita schiera di lettori, ovvero 
Ely79, NemoTheNameless, Hedoniste, Easter_huit, Kira16, Piperilla, Evuzzola e Rohenne, che mi seguono. A lunedì prossimo!

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Capitolo 10
*** Cap. 9: La sparizione ***


Il pick-up dello Sceriffo inchiodò davanti al Red Maple con uno stridio di gomme, seguito dall'auto del Vicesceriffo. Lawrence, a bordo di quest'ultima, si slacciò la cintura di sicurezza prima ancora che il motore si fosse spento. Anderson scese sbattendo la portiera e ordinò al cane di aspettare fuori.
- Hai chiamato i colletti bianchi?- gli chiese mentre entravano di gran carriera nell'albergo.
- Sì, arriveranno entro stasera.- rispose Lawrence, risoluto.
Il portiere dell'albergo alzò lo sguardo mentre si avvicinavano al bancone, sorpreso per tutto quel trambusto.
- Salve, si ricorda di me? Sono stato qui ieri.- disse Lawrence, sfoderando il tesserino - Il signor Esposito è ancora qui?-
L'uomo annuì, guardando alternativamente da lui allo Sceriffo.
- E magari ti va di dirci dov'è?- sbottò questi, sporgendosi - O devo fare entrare Dran e cercarlo da me?-
Il portiere impallidì.
- Salone ristorante!- esclamò indicando freneticamente alla sua destra - È appena entrato!-
Anderson fece una smorfia sgradevole e si staccò dal bancone, seguito a breve distanza dal Vicesceriffo. Lawrence corse in testa ai due e individuò il signor Esposito, il camionista con cui aveva parlato il giorno prima.
Era un ispanico di mezza età, calvo e, a dispetto della sua professione, piuttosto mingherlino. Indossava un paio di occhiali sottili e una camicia a scacchi scolorita. Il braccio sinistro presentava una chiazza scura, tipica di chi tiene il braccio per ore fuori dal finestrino sotto il sole.
Stava mangiando da solo, trangugiando una semplice minestra di verdure. Quando si accorse che puntavano verso di lui raddrizzò la schiena, spalancando gli occhi.
- Signor Esposito, deve venire con noi.- disse Lawrence - È in arresto per omicidio e aggressione a un agente federale.-
Lui spalancò la bocca, stupefatto.
- Cosa?- esclamò - Ma… agente Lawrence, le avevo detto che…-
- … sì, che è arrivato da pochi giorni e che sarebbe ripartito domani. Tuttavia ho parlato con il proprietario della ditta per cui lavora, e mi ha detto che avrebbe dovuto fermarsi a Billings dopo la consegna, non sapeva che fosse a Orenthal. Abbiamo controllato le sue carte di credito, e ci risulta che abbia noleggiato un'auto ieri pomeriggio, subito dopo che abbiamo parlato, e di aver chiesto espressamente di farsela consegnare qui.-
L'uomo lo guardò con espressione sempre più confusa, per non dire terrorizzata.
- Finiamola con questa pantomima, Larry.- sbuffò lo Sceriffo, roteando gli occhi - Donovan, mettigli le manette, io vado a dare un'occhiata al camion…-
A quelle parole l'uomo parve animarsi e, in un attimo, afferrò il piatto di zuppa, lanciandolo contro di loro. Riuscirono a scansarlo, ma intanto il camionista si era alzato, correndo verso l'uscita.
- Fermatelo!- gridò Lawrence, facendo per inseguirlo.
- Aspetta, stai calmo. Non c'è fretta.- disse Anderson, prendendolo per una spalla.
Prese un gran respiro, poi lanciò un grido:
- BISCOTTINO!-
Dran, all'esterno, abbaiò un paio di volte, furioso, e pochi secondi dopo Esposito lanciò un grido straziante.

Lawrence guardò sgomento il povero Esposito, ammanettato e sdraiato nel cassone del pick-up con una busta di ghiaccio premuta sull'inguine, piagnucolando sommessamente per il dolore. Donovan lo sorvegliava a vista, ma nel suo sguardo si leggeva una certa dose di compatimento.
- Sceriffo… era proprio… necessario?- chiese Lawrence.
- Beh, l'abbiamo preso, no?- chiese questi, aprendo il retro del camion di Esposito.
- Non mi fraintenda, non mi sto lamentando… stavolta…- chiarì - Solo… ehm… doveva davvero ordinare a Dran di…-
E guardò il cane, che inclinò il capo con un guaito confuso.
- Lui si diverte e a me torna utile. Fa paura ai Sykes.- ridacchiò Anderson, in tono cattivo - Ora, vediamo cosa c'è di bello qui dentro…-
Sollevò la saracinesca del camion e si issò all'interno, scansando uno scatolone. Non appena lo ebbe spostato si fermò a guardarlo, sorpreso.
- Cosa c'è?- chiese Lawrence.
Lui non rispose e gli lanciò la scatola. Lawrence l'afferrò al volo, e scoprì che era leggerissima.
- Ma… è vuota!- esclamò.
- Già. Quindi non trasporta bambole.- disse lo Sceriffo, avanzando verso il fondo.
Spostò tutti gli scatoloni, e ognuno di essi si rivelò vuoto; prese a guardarsi intorno, aggrottando la fronte.
- Non ti sembra piccolo?- chiese - Quanto sarà… otto metri?-
- Almeno.- rispose Donovan.
- Eppure, qua dentro sembrano solo sei, sette al massimo.-
Colpì il fondo con le nocche, e suonò vuoto.
- Bingo.-
Tirò indietro il pugno, facendo per colpirlo.
- TIMMI, NO!- gridò il Vicesceriffo.
Anderson si fermò proprio un istante prima di potersi rompere tutte le dita.
- Sceriffo… crede di essere Terminator?- chiese Lawrence - Quello è acciaio.-
- Ehm…- borbottò lui - Io… mi sono fatto… trascinare.- rispose, a disagio.
Cercò sul pavimento fino a trovare una cinghia; tirandola, il pannello sul fondo si sollevò, rivelando un carico di panetti pieni di una sostanza bianca.
- Oh, porca miseria!- esclamò, ridacchiando - Gesù, Giuseppe, Maria e tutto il resto… Larry, qui ci sono almeno dieci chili di… sarà mica cocaina?-
Prese uno dei panetti e glielo lanciò. Lawrence lo afferrò al volo, confuso: non aveva previsto la droga. Non era nel profilo di Devil's Child.
- Signor Esposito, ha nulla da dire?- chiese, voltandosi verso il camionista.
Quello si girò dall'altro lato, senza rispondere.
- Voglio un avvocato.- si limitò a dichiarare, laconico.
- Già, e sarà meglio che sia bravo.- commentò Anderson, accennando al carico di droga.

Il direttore Bell sarebbe arrivato con altri tre agenti anziani entro cinque ore per prendere il sospettato in custodia; nel mentre loro finirono di interrogare Esposito nell'Ufficio dello Sceriffo, in presenza di un avvocato d'ufficio (nonché l'unico avvocato di Orenthal) che per tutto il tempo incassò le prese in giro di Anderson senza battere ciglio.
Lawrence scoprì di ammirare quel cinquantenne coi capelli grigi: non diede la minima soddisfazione allo Sceriffo, che continuò a provocare sia lui che il suo cliente per tutto il tempo, limitandosi a fare il suo lavoro nel modo più professionale possibile.
- Allora, il signor Esposito ha deciso di patteggiare.- spiegò davanti alla macchina del caffè, dopo aver parlato a lungo col camionista nella piccola sala degli interrogatori - Ammette il traffico di droga e il contrabbando, ed è disposto a collaborare per arrivare ai suoi mandanti, ma rinnega l'omicidio è l'aggressione all'agente Powell.-
- Ma va' là!- sbottò Anderson, l'unico a non aver preso una tazza (a quanto disse, odiava il caffè) - Nel caso non l'avessi capito, Popicchi, abbiamo le prove della sua colpevolezza.-
- Come le ho ricordato più volte in questi ultimi vent'anni, Sceriffo, il mio nome è Popinski.- ribatté pacato l'avvocato - E il signor Esposito ribadisce di non avere nulla a che fare con queste accuse.-
- Abbiamo controllato la sua carta di credito.- disse Lawrence, bevendo un po' di caffè. Si era tolto la giacca e la cravatta, iniziando a sentire la stanchezza e lo stress della giornata - Ha noleggiato un'auto. Il Vicesceriffo Donovan ha battuto i boschi fino a un'ora fa, ha trovato l'auto. Presenta segni di incidente compatibili con la macchina con cui è fuggito ieri sera Devil's Child, coincidono con il lampione che ha colpito e con il vaso che gli è caduto sopra. Anche il numero di telaio coincide con quello fornitoci dall'agenzia. La sta portando in questo momento al deposito cittadino, in attesa di essere esaminata.-
- Ma, come ho detto, il mio cliente nega ogni cosa.- ripeté Popinski, in tono fermo - Anzi, dice di aver smarrito la carta di credito alcuni giorni fa. Non ha sporto denuncia subito perché, come ben sapete, aveva qualcosa da nascondere e non voleva attirare l'attenzione.-
Anderson sbuffò, scocciato.
- Beh, questa è una spiegazione possibile, avvocato Poppino.- concesse - Ma se non può dimostrare la propria innocenza…-
- Ha un alibi per ognuno dei precedenti omicidi.- lo interruppe stoicamente l'avvocato - Non può essere stato lui, era a chilometri di distanza.-
- Verificheremo.- garantì Lawrence - Dica al suo cliente che parleremo del patteggiamento appena arriveranno i miei superiori.-
Popinski annuì e tornò verso la sala interrogatori. Anderson masticò una parola piuttosto sconcia.
- Se è vero, abbiamo fatto un buco nell'acqua.- disse Lawrence - Devil's Child deve aver rubato la carta di credito di Esposito e l'ha usata per noleggiare l'auto a suo nome. Ha progettato tutto per depistarci.-
- Già, ma non mi dire!- sbottò Anderson - E ora si starà facendo due risate alle nostre spalle…-
- Sceriffo, non si tenga tutto dentro, lo sa che le fa male.- disse Clifford, senza smettere di fare le parole crociate.
- Cliff, tappati quella fogna o…-
- Sceriffo!- esclamò Melanie, saltando su - Sceriffo, Sceriffo, Sceri…-
- Vale anche per te, Melanie!- ringhiò - Lo so che sono lo Sceriffo, piantala di rompere!-
- No, capo, è Bob Sykes!- esclamò lei, agitata - La sta chiamando da quasi un'ora!-
- Beh, ho il telefono spento, sto lavorando! Ogni tanto capita anche a me, cazzo!- sbottò.
- Ma suo fratello…-
- SI FOTTA SUO FRATELLO!- ruggì Anderson, andando alla postazione del centralino e strappandole di dosso l'auricolare - Bob… sì, sono io! Chi è, Will? Beh, digli che può andare a fare in…-
Si interruppe di botto e, anche a quella distanza, Lawrence vide Anderson sbiancare come un cencio. Ascoltò a lungo, senza fiatare; l'atmosfera nell'ufficio cambiò, si fece tesa. Dran trotterellò al centro della stanza, le orecchie drittissime, e Clifford interruppe il proprio passatempo, ora preoccupato. Lawrence comprese che era una cosa grave.
- Arrivo.- disse alla fine.
Restituì l'auricolare a Melanie, che lo guardava con aria preoccupata e spaventata insieme. Lui la ignorò, voltandosi verso Lawrence.
- Era Robert Sykes, il fratello maggiore di Jeff e Will. E anche mio amico, aggiungerei.- spiegò - Suo fratello Will è scomparso. E anche Alis.-
 

Vi avverto, mancano pochi capitoli alla fine di questa storia (anche se dovrete sempre aspettare una settimana ogni volta). Chi mi conosce sa che posterò l'epilogo insieme all'ultimo capitolo.
Ringrazio 
Ely79, NemoTheNameless, Hedoniste, Easter_huit, Kira16, Piperilla, Evuzzola e Rohenne, che come sempre mi stanno seguendo. A lunedì prossimo!

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Capitolo 11
*** Cap. 10: Tagliato fuori ***


Dopo quelle ultime parole lo Sceriffo non aveva detto nient'altro. Si era limitato a montare sul pick-up con Dran al seguito e, se Lawrence non lo avesse raggiunto di corsa, probabilmente sarebbe stato lasciato lì.
Il luogo da cui Robert Sykes li aveva chiamati era proprio fuori dal vivaio Bitterroot, dove si era radunato un piccolo gruppo di persone: c'era già Donovan, che in quel momento stava evidentemente litigando con qualcuno, a malapena trattenuto da Skadi Anderson. L'altro era un uomo più alto e muscoloso, leggermente abbronzato, dai capelli di una sfumatura castana e scura. Indossava una vecchia camicia militare.
Anche lui era tenuto fermo (con estrema difficoltà) da Corentin Quimper, che faticava vistosamente nel suo tentativo di impedirgli di scagliarsi contro il Vicesceriffo.
Alexis Walker era seduta con la schiena appoggiata al cancello del vivaio, il viso tra le mani; aveva un po' di sangue secco sulla tempia. Accanto a lei c'era un uomo alto, dai capelli neri e gli occhiali, che indossava un dolcevita grigio perla. Era lo stesso della foto contro cui lo Sceriffo sparava abitualmente palline di carta.
- Coglioni…- ringhiò Anderson, dicendo qualcosa per la prima volta da quando aveva annunciato la sparizione di Will Sykes e della signora Donovan.
Fece partire la sirena, e all'istante sia il Vicesceriffo che l'uomo con la camicia militare smisero di gridarsi contro a vicenda, voltandosi verso il pick-up. L'uomo col dolcevita si alzò in piedi, e la Walker sollevò lo sguardo, apparentemente sollevata ma pallidissima.
- Timmi…- esordì Donovan.
- Chiudi il becco, hai dato abbastanza fiato alle corde vocali!- lo zittì seccamente Anderson - Skadi, mollalo. Corentin, vai a riprendere fiato… e mangia qualcosa di serio, dannazione!- sbottò a Quimper - A momenti svieni… idiota di un druido…-
Quimper, ansimando, si asciugò il sudore dalla fronte mentre lo Sceriffo si rivolgeva all'uomo con la camicia militare.
- Bob, che cazzo sta succedendo? Cos'è questa storia?- chiese.
Robert Sykes scosse la testa, chiudendo gli occhi. Si vedeva che era sconvolto.
- Tim… non lo so. Dio, non lo so.- rispose - Mi ha chiamato Alexis un'ora fa… ha detto che qualcuno l'aveva colpita alle spalle e che Alis era sparita.-
- E chiamare me no?- sbuffò Timmi, guardando la Walker.
- Era in stato confusionale.- disse l'uomo col dolcevita - Ha composto il primo numero che le veniva in mente.-
- Nessuno ha chiesto la tua opinione! Ora stai zitto o chiamo l'accalappiacani!- ringhiò Anderson.
L'uomo roteò gli occhi.
- Tim, è una cosa seria!- esclamò Sykes, furioso.
- Anche io sono serio!-
- Scusate!- intervenne Lawrence, mettendosi tra i due - Cerchiamo di non litigare… signor Sykes, ci spieghi cos'è successo, per favore.-
- Non lo so, gliel'ho già detto!- esclamò.
- Timmi!- intervenne Donovan - Mi sembra ovvio, Alis è stata rapita!-
- E da chi, da quel deficiente di Will?- chiese lo Sceriffo, incredulo - Non saprebbe rapire nemmeno se stesso, figurarsi una come Alis!-
- Non è stato lui, papà. Non è un criminale.- disse Skadi.
- Questo è opinabile… senza offesa, Bob.-
- Lascia perdere, non è il momento.- disse Sykes - Non so chi sia stato, ma ho trovato questo, per terra.-
Prese da una tasca un panno bianco e umido, per nulla interessante.
- Ora si sente di meno, ma odorava…-
- … di cloroformio.- disse Anderson.
Lawrence sentì un brivido corrergli lungo la schiena: era il modus operandi di Devil's Child. Drogava le vittime col cloroformio, abbandonando lo straccio sul luogo del rapimento, e le portava via con sé usando ogni volta un veicolo diverso, spesso l'auto stessa della vittima. E, in effetti, solo in quel momento si accorse che il furgone del Bitterroot era sparito. C'erano anche segni di pneumatici sull'asfalto: era partito in fretta.
- Oddio…- gemette.
- Sono tornata da una consegna qui vicino…- spiegò Alexis, con voce ancora confusa - … e quando sono entrata mi ha colpita alla testa. Non ho visto quasi niente, solo un'ombra alla mia sinistra, e Will e Alis svenuti a terra. Si era nascosto dietro la porta.-
- Perché non ha drogato anche lei?- chiese l'uomo col dolcevita.
- Forse aveva poco cloroformio.- disse Lawrence - E non l'avrà presa perché non l'ha visto in faccia. Cosa ci faceva qui suo fratello?- chiese a Sykes.
- Non lo so.- rispose - Jeff era a casa, non lo sa nemmeno lui. Probabilmente nulla di buono.-
- Magari voleva rubare del concime, lo ha già fatto in passato.- disse Donovan, passandosi una mano tra i capelli - Timmi…-
- Lo so.- disse lo Sceriffo - Non preoccuparti, Devil's Child tiene le vittime per tre giorni. Non posso garantire per Will…- ammise, guardando Bob Sykes direttamente negli occhi - … ma c'è la possibilità che stia bene anche lui. Forse l'ha visto in faccia, e per questo lo ha preso. Ma se avesse voluto ucciderlo lo avrebbe fatto subito.-
- Chi è Devil's Child?- chiese Quimper, ancora sudato.
- Uno stronzo che durerà molto poco.- ringhiò Anderson - Donovan, tornatene a casa e manda via la babysitter, non ti serve più… da ora stai in panchina finché non ho finito.-
Il Vicesceriffo esitò, forse per dire che non voleva ritirarsi, ma dopo aver guardato l'amico negli occhi abbassò i propri e annuì.
- Bene.- disse - Bob, stessa cosa. Un ex militare incazzato non mi è di aiuto… tieni buoni i tuoi genitori e digli che andrà tutto bene, d'accordo? Alexis, tu fatti dare un'occhiata. Skadi, a casa. Kyle… vaffanculo.-
Si voltò verso il pick-up, seguito a ruota da Dran. Lawrence lo seguì con lo sguardo.
- Sceriffo, dove sta andando?- chiese.
- Dove credi che vada? A prendere quel bastardo!- esclamò, furioso.
- E dovremmo farlo da soli? Stanno arrivando i rinforzi, santo Dio!- gli ricordò Lawrence, esasperato - Non sappiamo neanche dove si trovi adesso!-
Anderson si bloccò con la mano sulla maniglia, guardandolo con la fronte aggrottata.
- Parli al plurale?- chiese - Credi di poter venire con me?-
Lawrence esitò, sempre più sorpreso.
- Come?-
Lo Sceriffo mollò lo sportello, avanzando lentamente verso di lui. La sua espressione era ancora interrogativa, la faccia pallida, e una strana luce gli baluginava negli occhi. Per un istante gli parve di vedere un riflesso infuocato. Dran, accanto a lui, abbassò le orecchie e la coda, indietreggiando con dei pietosi guaiti.
Gli fece paura.
- Ora ti spiego come funziona qui.- disse in tono falsamente controllato, continuando ad avvicinarsi.
- Papà…-
- Tu stanne fuori. E tu, colletto bianco del cazzo… torna a casa.- disse, rivolgendosi di nuovo a lui - Questa è casa mia. È la mia vita. La mia famiglia!- ringhiò - E non sta a te dirmi cosa posso o non posso fare per proteggerla!-
Fece un grande sforzo per non indietreggiare davanti a lui e, ripetendosi di essere nel giusto, raddrizzò le spalle.
- Capisco il suo punto di vista.- disse - Ma le ricordo che siamo dalla stessa parte, e che quell'uomo è molto pericoloso. Lei è solo uno Sceriffo di provincia, non è qualificato per una cosa del genere. Stanno arrivando quattro agenti federali esperti, col loro aiuto troveremo Devil's Child in poco tempo, quanto basta perché giungano qui le squadre speciali. E se sarò costretto ad arrestarla per intralcio a un agente federale lo farò. Questa cosa è più grande di lei, e io non posso permetterle di…-
All'improvviso si sentì afferrare da dietro, e qualcuno lo voltò bruscamente. L'uomo di nome Kyle lo agguantò per il colletto, sollevandolo da terra con sguardo truce.
- KYLE, NO!- gridò Anderson.
Balzò verso di lui, spingendolo indietro e costringendolo a lasciarlo andare. Lawrence incespicò, ma Skadi corse a sorreggerlo, mentre lo Sceriffo teneva a distanza l'uomo.
- Stai indietro!- esclamò - Stai… indietro!- ripeté, sollevando un dito e scandendo bene - Non è un buon momento per fare il fratello maggiore!-
Si voltò verso Lawrence e fece per dire qualcosa, ma anche lui venne interrotto, stavolta da una voce femminile.
- Basta!-
Tutti sussultarono all'improvviso, sorpresi, mentre una donna bionda scendeva da un'auto parcheggiata poco distante.
- Timmi, piantala! Qualsiasi cosa tu stia facendo, falla finita, non è il momento giusto questo! Litigherai con lui più tardi!-
Anderson sbiancò di nuovo, perdendo ogni traccia di rabbia mentre la donna avanzava verso di loro. Non era molto alta, ma somigliava moltissimo a Skadi Anderson: era senza dubbio sua madre.
- Cosa fai tu qui?- chiese lo Sceriffo - Credevo fossi a casa.-
- L'ho chiamata io.- disse Skadi, senza alcuna vergogna - Sapevo che avresti ammazzato qualcuno sennò.-
- Tesoro, vaffanculo.- grugnì lui.
- Non prendertela con Skadi… anzi, smettila di prendertela con chiunque.- disse la signora Anderson, accigliata - Alis è sparita. Cosa sta succedendo?-
- Lascia perdere… fattelo spiegare da Xander, è una cosa lunga e non ho tempo.- rispose lui.
La donna annuì.
- Va bene.- disse - Allora vai. Trovala.-
Senza farselo ripetere, lo Sceriffo richiamò il proprio cane con un fischio, salì sul pick-up e partì a razzo, sparendo rapidamente dietro l'angolo.
Lawrence lo guardò mentre si allontanava, ancora confuso, spaventato e arrabbiato insieme.
 

Ci avviciniamo sempre di più alla fine. Dopo questo abbiamo solo altri tre capitoli più l'epilogo.
Ringrazio 
Ely79, NemoTheNameless, Hedoniste, Easter_huit, Kira16, Piperilla, Evuzzola e Rohenne, che mi seguono.
Alla settimana prossima!

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Capitolo 12
*** Cap. 11: Sulle tracce del demonio ***


Lawrence si impose di riprendersi dopo quanto accaduto, sfregandosi energicamente la faccia con la mano e prendendo dei respiri profondi per calmarsi e riordinare le idee.
Devil's Child aveva colpito, e lo aveva fatto in anticipo sulla propria tabella di marcia. I fatti recenti dovevano averlo spinto a fare le cose più in fretta, a modificare le sue abitudini. Questo lo aveva portato a commettere imprudenze e lo rendeva più imprevedibile. Imprevedibile, quindi pericoloso.
Ma perché la signora Donovan? Cosa c'entra lei?
La risposta giunse appena guardò l'insegna del vivaio: era una donna tra i trenta e i quaranta, madre di famiglia, sul metro e sessanta, metro e settanta. E curava degli esseri viventi.
In fondo, nessuno aveva mai detto che dovessero essere per forza persone… le piante richiedevano un'attenzione quasi superiore a quella di un essere umano, in certi casi erano persino più delicate. Inoltre l'ospedale più vicino non era a Orenthal, ma nella città di
Whitehurst. Certo, appena dieci minuti in macchina, ma comunque non lì.
E poi, a ben pensarci, nel tempo libero una delle vittime precedenti (se ricordava correttamente, il paramedico donna) faceva la dog sitter per i vicini. Non aveva mai collegato le due cose, ma…
Idiota! Perché non ci hai pensato?
Scosse la testa per liberarsi da quei pensieri: era inutile recriminare o chiedersi perché. Devil's Child aveva fatto la sua scelta, si era mosso e aveva colpito. Ora doveva trovarlo.
- Signorina Walker, devo farle qualche domanda.- disse alla donna, mentre veniva aiutata a rialzarsi da Bob Sykes - Devo sapere se ha notato qualcuno aggirarsi nei dintorni del vivaio o della casa di sua cugina, ultimamente. Una persona che non si nota, poco appariscente.-
Lei scosse cautamente la testa, ancora stordita.
- No… non mi sembra.- rispose - C'è sempre il solito viavai qui al Bitterroot, i soliti clienti… Alis li conosce quasi tutti…-
- Quasi?- chiese Lawrence.
- Agente Powell, è proprio necessario?- chiese la signora Anderson - Alexis non sta bene, adesso.-
- Se vuole che aiuti suo marito sì, lo è!- sbottò Lawrence, spazientendosi - Non sa nemmeno dove andare, ed è da solo!-
- Papà sa dove andare.- disse Skadi, scuotendo la testa - E ora che ha un buon motivo per farlo, prenderà il tuo assassino. L'unica cosa che puoi fare è tornare in albergo e aspettarlo lì.-
Nessuno dei presenti replicò in alcun modo, e Donovan addirittura annuì, convinto, anche se aveva ancora la faccia di chi è sul punto di vomitare.
- Ha ragione.- disse - Timmi… ci penserà lui. Io…-
- Tu devi andare a casa.- disse la signora Anderson, mettendogli una mano sulla spalla - Vai, forza… ti chiamo appena ci sono novità.-
Il Vicesceriffo annuì di nuovo e si voltò, andandosene senza nemmeno chiudere la macchina, che rimase lì con le chiavi ancora inserite nel quadro.
- Io porto Alexis in ospedale.- si offrì Quimper, che aveva smesso di ansimare - Robert, è meglio se vai a casa anche tu. Vieni, ti accompagno io. Non ti dispiace se uso la tua macchina, vero? Sai che io non ce l'ho.-
Sykes non disse nulla, lasciandosi condurre via dall'amico, insieme ad Alexis Walker. Rimasero solo Lawrence e i familiari dello Sceriffo.
- Le devo delle scuse.- disse Kyle Anderson, rivolgendosi a Lawrence - Ho perso la calma, prima.-
- Siamo tutti nervosi.- concesse Lawrence - Comunque, a prescindere da quello che pensate, io devo sapere se c'era qualcuno di sospetto qui intorno nelle scorse settimane.-
- Alis ce lo avrebbe detto se avesse pensato di essere in pericolo.- disse la signora Anderson.
- E i nuovi clienti a cui accennava Alexis?-
- Uno solo, lo hai visto anche tu.- rispose Skadi - Era qui ieri, quel tizio con gli occhiali.-
Lawrence la guardò per un momento, confuso: di chi stava parlando?
Oddio!
Ora se ne ricordava, lo aveva incrociato ben due volte dal suo arrivo: era quell'uomo dai capelli ricci, con una grande pelata e un paio di occhiali dalla montatura spessa. Lo aveva visto il giorno in cui era stato invitato a pranzo dai Donovan, quando Skadi e suo padre avevano litigato a morte, e stava ordinando dei fiori ad Alexis Walker. Poche ore più tardi lo aveva rivisto, al Whitebark Pyne, quando era andato a chiedere informazioni.
Lo aveva avuto sotto il naso tutto il tempo.
- Cosa sai dirmi di lui?-
- Boh. Mica lavoro qui, io.- rispose Skadi, scrollando le spalle.
- Non hai idea di come si chiami?-
- Può guardare nei registri di Alis.- disse la signora Anderson - Lei e Alexis inseriscono i nomi e i dati di tutti i clienti. Sa, per la fattura.-
- Grazie!- esclamò Lawrence, correndo al cancello.
- Non so se è importante…- gli gridò dietro Kyle Anderson - … ma ho sentito odore di carbone, prima!-
Lawrence lo guardò da sopra la spalla, sorpreso: carbone in un vivaio?

Eccoti, bastardo figlio di puttana!
Era l'ultimo nome inserito: George Gordon Jr., residente a Carson City. C'era la possibilità che il nome fosse falso, ma Carson City era poco lontana da Dayton, luogo del primo omicidio di Devil's Child. Che fosse una cosa voluta o meno, il nome di Gordon era decisamente da associare al serial killer.
Secondo la scheda nel computer, la Walker aveva effettuato la consegna al Roger's Inn, l'altro albergo di Orenthal, dove non era ancora stato. Si segnò l'indirizzo e corse alla macchina del Vicesceriffo, partendo a razzo verso l'hotel. Nel mentre, prese il cellulare e chiamò il direttore Bell.
- Pronto, Powell?-
- Signore, ce l'ho!- esclamò - So chi è, si chiama George Gordon Junior! Forse è un nome falso, ma potremmo usarlo per incastrarlo! Alloggia al Robert's Inn!-
- Powell, rallenta! Sei con lo Sceriffo?-
- No, lui… senta, Devil's Child ha rapito un'altra vittima e un testimone! Non sappiamo dove siano, lo Sceriffo è andato a cercarlo per conto suo, non ha idea di dove cominciare… signore, la vittima è la moglie del Vicesceriffo!-
- Maledizione!- imprecò l'uomo, furioso - D'accordo, ascolta… è improbabile che Devil's Child sia lì, quindi cerca di scoprire dai gestori dell'albergo tutto quello che puoi. Noi ti raggiungeremo tra un paio d'ore.-
Lawrence riattaccò, premendo un po' di più sull'acceleratore e superando le rare macchine che incrociava lungo la via. Il pomeriggio stava scivolando via rapidamente, e presto sarebbe arrivata la sera.

Si fece aprire la camera di Gordon e, appena fu rimasto solo al suo interno, la ribaltò come un calzino, alla ricerca del minimo indizio.
Tolse le lenzuola dal letto, rovesciò i bagagli sul pavimento, aprì e frugò ogni singolo cassetto, svuotò persino lo stipetto del bagno. Ogni cosa che non fosse inchiodata venne passata al setaccio dalla sua furia indagatrice, sentendosi, sempre più frustrato ogni secondo che scorreva: Devil's Child non stava più agendo come in passato, e nonostante la propria sicurezza nel dire ai familiari delle vittime che c'era tutto il tempo per trovare Will Sykes e la signora Donovan, una parte di lui dubitava fortemente delle sue stesse parole.
Ora che era sotto pressione, Devil's Child si stava comportando in modo diverso dal solito, prendendo ostaggi e lasciando testimoni, ma soprattutto accorciando i tempi. Stava diventando imprudente.
Forse avrebbe ucciso le vittime molto prima, soprattutto Will Sykes.
Trovò frammenti di carbone e alcuni panni sporchi di fuliggine gettati in una cesta per i panni sporchi, e qualche rimasuglio anche nel letto. Nulla di veramente utile, anche se giustificava l'odore di cui aveva parlato Kyle Anderson. In ogni caso, era sempre in alto mare, e il tempo stava scadendo.
Col cuore in gola, si impose di fermarsi un momento e riflettere: cosa sapeva di lui?
In primo luogo, uccideva le vittime in posti isolati, come edifici abbandonati, scantinati o capanni di caccia. Aveva già controllato prima di venire a Orenthal, e non c'erano né palazzi in disuso né capanni dismessi nei pressi della città. Negli ultimi due anni i pochi rimasti erano stati abbattuti o ristrutturati. Questo lasciava ampio spazio agli scantinati, ma quale avrebbe potuto usare?
Forse quello di un ranch?
Ce n'erano alcuni in giro per le campagne circostanti, ma erano tutti attivi, a quanto ne sapeva. Anche se, in effetti, lui non sapeva niente.
Prese il telefono, conscio di aver bisogno di una mano.
- Pronto?-
- Melanie? Sono l'Agente Powell. Devo sapere se ci sono stati incendi di qualsiasi tipo nei ranch intorno a Orenthal.-
- Beh, non so… quando?-
Già… quando?
- Abbastanza di recente. Al massimo negli ultimi due mesi.- decise: le piogge e le intemperie avrebbero lavato via la maggior parte della fuliggine e del carbone, altrimenti. In quel lasso di tempo, invece, era possibile che almeno qualche residuo fosse rimasto.
- Mmmmh… mi faccia pensare…-
- Non ha un archivio?-
- Certo, c'è lo schedario. Chiedo a Cliff di controllare?-
Così ci stiamo fino a domani notte… Pensò Lawrence.
- No, io…-
- Un momento… cosa, Cliff? No, mi sta chiedendo se ci sono stati incendi nei ranch in questi due mesi… ah, ma certo!-
Lawrence sentì un tuffo al cuore.
- Sì?-
- La vecchia fattoria dei McDonague!- esclamò la centralinista - Non ci pensavo perché l'avevano venduta alla città un anno e mezzo prima che la colpisse quel fulmine… sapesse, ci furono sirene dei vigili del fuoco per ore, nella valle, Ortìz era così furioso…-
- E dove si trovava la fattoria?-
- Oh, beh… deve uscire dalla città passando per Morning Hill, se va sempre dritto troverà un incrocio vicino a un grosso pino, è dietro una colli…-
- Grazie!- esclamò, riattaccando e correndo in auto.
Compose di nuovo il numero di Bell, stavolta per un semplice messaggio in cui gli parlava della Fattoria McDonague e di come arrivarci.
Non esitò a recarsi immediatamente sul posto: un gesto senza dubbio avventato e contro qualsiasi regolamento, ma i rinforzi sarebbero giunti solo entro due ore, quattro ore dopo il rapimento. Poteva già essere troppo tardi, per quanto ne sapeva, non poteva aspettare.

Giunse in vista della fattoria dopo meno di venti minuti di strada, dopo aver seguito un breve tragitto sterrato che costeggiava una collina rocciosa. La vecchia proprietà dei McDonague era proprio lì dietro, nascosta alla vista per chi rimaneva sulla strada principale.
Davanti a lui c'era uno spettacolo desolante: il granaio era ridotto a un cumulo di macerie nere, poco più alto di lui di e privo di possibili nascondigli.
La casa, invece, era una storia totalmente diversa: il piano superiore ormai non esisteva più, ma il pianterreno era sopravvissuto. I nastri alla porta erano stati spezzati, e svolazzavano pigramente nel vento come fantasmi, trattenuti per i lembi dal nastro adesivo: qualcuno era entrato di recente.
Ci siamo!
Prese torcia e pistola e, dopo essersi assicurato di aver tolto la sicura, stavolta, si avvicinò con circospezione alla porta. Vide alcune orme scure sul legno, lasciate da un paio di scarpe sporche di carbone, e segni di trascinamento: qualcuno era entrato e uscito più volte, trasportando dei corpi all'interno, e poi se n'era andato.
Si guardò intorno alla ricerca del furgone della signora Donovan, senza tuttavia trovarlo: Devil's Child doveva essersi assentato dalla proprietà, ma sarebbe tornato presto, poco ma sicuro. Doveva sbrigarsi.
Entrò silenziosamente, scandagliando la penombra con la torcia, illuminando assi scheggiate e vecchie porte che penzolavano dai cardini; ispezionò ogni stanza che incontrava, ma sempre tenendo d'occhio i segni sul pavimento, che lo indirizzarono verso la sala da pranzo. Sbirciando da dietro l'angolo vide che c'era un tavolo relativamente nuovo, portato lì da poco, con due sedie ai lati.
Su una di esse c'era Alis Donovan, legata e in stato di incoscienza.
Aveva il capo chino sul petto, ma respirava regolarmente; era vestita con un lungo abito bianco, e davanti a lei c'erano alcuni cosmetici: rossetto, fard, ombretto, tinta per capelli e profumo. Devil's Child non aveva ancora finito di prepararla.
Probabilmente è andato a comprare il gelato e l'agnello. Pensò. Per questo non c'è… ha fatto tutto in anticipo dopo che è stato aggredito, non ha avuto il tempo di finire.
Quando la notte prima era stato salvato da… qualsiasi cosa fosse… Devil's Child si era spaventato. Ecco perché aveva cambiato modus operandi: per aiutare lui, la misteriosa figura aveva messo nei guai Alis Donovan.
Scandagliò più a fondo la stanza, e vide che c'era anche un'altra figura rannicchiata contro una parete: illuminando meglio con la torcia riconobbe Will Sykes.
A differenza della signora Donovan non era del tutto indenne: era stato picchiato violentemente, e c'era una ferita sulla sua testa. Attorno ai lembi si era già rappreso un po' di sangue, mentre quello che gli era colato sul naso e la guancia era già seccato da un po' di tempo. Aveva i polsi legati a un gancio sopra la testa, e le gambe bloccate da una catena, vecchia ma dall'aria robusta.
Quando gli illuminò il viso sbatté le palpebre e sollevò il capo, confuso: era ancora vivo, ma imbavagliato.
- Signor Sykes! Will!- esclamò, correndo da lui - Si sente bene? Sa dove si trova?-
Will Sykes lo guardò con aria stordita, ma annuì lentamente.
- Aspetti, ora la libero.- disse - Non si preoccupi, è finita. La porto via da qui.-
Sykes si lasciò scappare un gemito sollevato, chinando di nuovo il capo mentre lui si protendeva verso i legacci delle sue mani. All'improvviso lo sentì mugolare, e venne colto da un terribile sospetto.
Si voltò con un istante di ritardo, e la lama di un coltello gli penetrò nella spalla.


Chiedo scusa per il ritardo, ieri sera ero stanco e ho dimenticato di postare.
Ringrazio E
ly79, NemoTheNameless, Hedoniste, Easter_huit, Kira16, Piperilla, Evuzzola e Rohenne, che mi stanno seguedo. Alla prossima settimana!

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Capitolo 13
*** Cap. 12: Confronto con l'assassino ***


Lawrence lanciò un grido di dolore mentre la lama scavava nella sua carne. Fu l'esperienza più dolorosa di tutta la sua vita: sentì il metallo freddo scendere dentro di lui, millimetro dopo millimetro, facendosi strada fino all'osso e poté udire chiaramente la punta dell'arma che lo urtava, lo intaccava.
Era come se il suo intero braccio stesse gridando di dolore, e da un momento all'altro si sarebbe sicuramente staccato di netto, cadendo come un ramo secco.
Devil's Child, George Gordon Junior, era sopra di lui. Le sue labbra erano stirate in un sorriso vagamente folle.
- Aaah… agente Powell…- disse lentamente - Che piacere averti qui.-
Stavolta parlava normalmente, senza camuffare la voce. Lawrence si chiese come avesse fatto a non accorgersi subito del sottofondo inquietante che c'era nel suo timbro quando lo aveva incontrato il giorno prima, al vivaio.
- Tu…- gemette.
Devil's Child inclinò il capo ed estrasse con uno scatto secco l'arma, strappandogli un grugnito strozzato. Lawrence si tamponò come poteva la spalla con la mano, mentre il sangue si diffondeva su tutta la camicia. Accanto a lui, Will Sykes mugolò nel bavaglio, agitandosi nel tentativo di allentare le corde che lo trattenevano.
- Su, su, Will… stai calmo. Abbiamo ospiti, dopotutto…- mormorò Gordon, giocherellando col pugnale mentre, col piede, allontanava la pistola caduta a terra - Allora, Lawrence… come ci hai trovati? A me ci sono volute due settimane per scoprire di questo posto. Immagino che il tesserino federale apra molte più porte di una falsa licenza da commesso viaggiatore, vero?-
Una falsa licenza… ecco perché non erano mai risaliti a lui. Probabilmente non aveva mai fatto davvero quel tipo di lavoro, si era solo procurato un documento falso.
Maledizione!
- Venire qui senza rinforzi…- continuò l'assassino, scuotendo la testa - Come sei incauto…-
- I rinforzi… stanno arrivando.- disse tra i denti Lawrence, mentre la testa cominciava a girare: stava perdendo troppo sangue - Sanno dove sono… non hai… scampo, Gordon!-
Lui scoppiò a ridere.
- Ma davvero?- chiese - Hai sentito, Will? I rinforzi stanno arrivando! Come se potessero fermarmi!-
Afferrò la propria camicia, strappando i bottoni con un gesto secco e rivelando il torace, martoriato da cicatrici da ustione e scarnificazioni, e tutte rappresentanti simboli satanici: sopra il cuore c'era il simbolo di un pentacolo rovesciato, composto da unamiriade di serpenti intrecciati tra di loro, e poco sotto le clavicole si era fatto rozzamente tatuare il famoso Numero della Bestia; sotto l'ultima costola sinistra c'era un grande serpente raccolto in spire, stavolta disegnato da una mano più esperta, e una grande scarnificazione sullo sterno ritraeva una croce rovesciata.
- Guardami, Lawrence!- gridò, senza smettere di sorridere - Guarda! Guarda la potenza di mio Padre! La potenza che ha donato a me, perché io potessi portare la Sua gloria! E tu credi che dei semplici uomini possano sconfiggermi? Sconfiggere me? ME! IL FIGLIO DI SATANA!-
- Beh, non sarebbe la prima volta.-
La voce di Anderson colse di sorpresa tutti e tre, e Devil's Child si voltò.

Lo Sceriffo era appoggiato allo stipite della porta con aria noncurante, reggendo tra le mani una bottiglia trasparente. Alle sue spalle c'era Dran, sdraiato sul pavimento con aria sonnacchiosa. Guardava dal sotto in su il proprio padrone, senza dare alcun segno di nervosismo.
Così come lui.
- Tu!- esclamò Devil's Child - Come osi? Chi credi di…-
- Ah, ma sta' zitto, idiota…- brontolò lo Sceriffo, avanzando e prendendo un sorso di vodka - A te, Alis… appena ti svegli fatti un goccio.- disse, posando la bottiglia davanti all'amica svenuta mentre passava - Allora, Diavoletto… ci stiamo divertendo?- chiese, togliendosi il cappello per ravvivarsi un po' i capelli e lanciando appena un'occhiata a Lawrence e a Will - Spero per te che la mia amica stia bene, perché divento lievemente sgradevole quando perdo la pazienza.-
Devil's Child lanciò un grido furioso e si scagliò su di lui.
Lo Sceriffo non cambiò minimamente espressione, neanche quando il coltello scattò verso la sua gola. Inarcò appena la schiena, evitando davvero di pochissimo la lama, che gli passò a pochi centimetri dal collo, poi diede una spinta. Fece scattare in avanti la testa, colpendo Devil's Child proprio in fronte, così forte che persino Lawrence sentì il dolore.
L'assassino crollò a terra, gemendo, ma non lasciò andare il coltello e non svenne.
- Patetico.- sospirò Anderson, rimettendosi il cappello.
- S… Sceriffo!- borbottò Lawrence, lottando per rimanere lucido nonostante l'emorragia - Lo… lo uccida… presto!-
- Eh? Ah, no, non mi spreco per uno come lui.- rispose l'uomo, scuotendo la testa.
- Lui… è pericoloso…-
- Sì, fosse l'unico... ora stai zitto e risparmia le forze, deficiente di un federale.- sbuffò Anderson - Tu, invece…- continuò, rivolgendosi a Devil's Child - Mi hanno detto che sei un uomo intelligente. Se è vero, farai meglio a restare lì dove sei. Non scherzo, è per il tuo bene.-
Gordon non lo ascoltò, rialzandosi scompostamente e sollevando di nuovo il pugnale, furioso. Un taglio si apriva sulla sua fronte, e un livido si allargava attorno all'escoriazione a velocità spettacolare.
- Tu…- ringhiò - TI UCCIDO! TI UCCIDO!-
- Già, tanti auguri…- grugnì lo Sceriffo.
Continuando a gridare, Devil's Child sollevò il pugnale con entrambe le mani e lo calò sull'avversario. Dran abbaiò, ma non accennò a muoversi.
Anderson rimase dov'era, alzando una mano. Afferrò al volo il coltello, prendendolo per la lama, e lo bloccò a breve distanza dal proprio petto, continuando a fissare Devil's Child negli occhi.

L'assassino guardò sbigottito il sangue che filtrava tra le dita dello Sceriffo, cercando disperatamente di muovere in qualche modo l'arma. Anderson rimase impassibile, continuando a trattenerla, stringendo con forza, come se non sentisse neanche il dolore.
- Gente migliore ci ha provato.- disse con voce dura - Ora non può più raccontarlo.-
Contrasse le dita con forza e si udì uno schiocco metallico. Devil's Child perse l'equilibrio e, sotto lo sguardo stupito di Lawrence, alcune schegge metalliche caddero a terra con un debole tintinnio: la lama era andata in mille pezzi.
Cosa sta succedendo?

Confuso e, adesso, piuttosto spaventato, Devil's Child guardò prima il manico del pugnale e poi lo Sceriffo, che non aveva mai smesso di fissarlo con quell'aria impietosa e serafica. L'uomo mosse un passo verso di lui, e Gordon incespicò indietro.
- N… no…- disse - Stai… stammi lontano!-
Anderson aggrottò la fronte.
- “Stammi lontano”?- ripeté - Questo è il massimo che sai dire?-
Scosse lentamente la testa, accigliandosi ancora di più. Un bagliore aranciato apparve nei suoi occhi, e stavolta Lawrence fu certo di non esserselo immaginato, anche perché non scomparve. Anzi, acquistò forza, accendendo le iridi dell'uomo come tizzoni. Devil's Child sbiancò.
- Credi di essere un demone? Di conoscere l'Inferno?- chiese, con una voce incredibilmente rauca e profonda.
Si avvicinò di un altro passo, e all'improvviso cambiò…
Il suo corpo si ricoprì di liquido, i vestiti sparirono, gli occhi divennero due pepite ardenti, una lunga coda nera si allungò dietro di lui; un ringhio feroce si aprì nel suo volto furioso. Devil's Child aprì la bocca in un grido sordo, cadendo a sedere.
L'uomo avanzò ancora, e ancora cambiò.
Ora era una creatura enorme, alta almeno tre metri, un rettile nero, lucido, fatto di liquido impenetrabile…
Ci fu un breve vortice di fumo nero, crebbe ulteriormente. Un mostro bestiale, snello, slanciato, con due gigantesche ali occupò lo spazio da terra al soffitto. Si chinò su Devil's Child, che continuava a fissarlo in quei suoi occhi fiammeggianti, incapace di distogliere lo sguardo dal muso ringhiante e vagamente felino dell'essere di fronte a lui.
Mutò ancora, perse qualsiasi corporeità, invase l'intera stanza come una nube di tenebra nella quale continuavano a brillare due spaventosi occhi di fiamma. Una chiazza scura comparve nei pantaloni di Devil's Child: se l'era fatta addosso.
E poi, come tutto era cominciato così finì, e lo Sceriffo apparve in ginocchio di fronte a Gordon, fissandolo in quei suoi occhi colmi di terrore.
Scosse la testa lentamente, senza sorridere.
- Tu non sai niente dell'Inferno.-
In lontananza si udì la sirena si un'ambulanza.
 

Beh, quando si dice arrivare al momento giusto...
La prossima settimana la storia finisce, ragazzi. Posterò l'ultimo capitolo e l'epilogo, tutto in un'unica soluzione.
Ringrazio 
Ely79, NemoTheNameless, Hedoniste, Easter_huit, Kira16, Piperilla, Evuzzola e Rohenne, che mi stanno seguedo. Alla prossima settimana!

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Capitolo 14
*** Cap. 13: Eroe ***


Lawrence si svegliò con un piccolo gemito, steso sui cuscini di un letto d'ospedale. La spalla era stata fasciata, la ferita ricucita, il braccio appeso al collo con una benda. Accanto a lui c'era il direttore Bell, in piedi al lato del letto, che sistemava un vaso di fiori sul comodino.
- Ah… signore?- brontolò.
Sentendolo, Bell ebbe un piccolo sussulto.
- Ah! Powell! Sei sveglio!- esclamò, sciogliendosi in un sorriso.
Lawrence si strofinò gli occhi con la sinistra, cercando di recuperare l'orientamento: era nella fattoria con Devil's Child, ed era stato ferito, e poi…
poi è arrivato Anderson e…
Quello che era successo dopo era confuso, ma soprattutto allucinante e spaventoso. Aveva visto mostri, ombre, occhi di fuoco…
Follia allo stato puro.
Successivamente erano arrivati i paramedici, era stato caricato di corsa sull'ambulanza ed era stato portato via insieme a Will Sykes e ad Alis Donovan. Il resto era un mare di flash fino a quando non aveva incontrato il dottore dopo che lo avevano operato alla spalla. L'uomo, parlando con pazienza e professionalità, gli aveva spiegato che stava bene e che sarebbe guarito completamente. Non c'erano danni gravi alle ossa o alla cartilagine, e sarebbe stato dimesso molto presto. Per qualche tempo gli sarebbero stati prescritti e somministrati degli antidolorifici. Dopo le spiegazioni, il dottore lo aveva lasciato stare, così che si riposasse.
E ora che si era svegliato aveva trovato il direttore Bell davanti a lui.

- Io… cosa… cosa fa qui?-
- Beh, mi pare ovvio.- disse l'uomo, indicando i fiori con la mano - Oh, non sono miei, ovviamente. No, vengono dalla signorina Walker, dalla signora Anderson e dalla figlia di quest'ultima. Ti ringraziano e ti augurano di guarire presto. Mi hanno chiesto di portarteli, visto che sarei venuto a vedere come stavi. Sai, lo dovevo a tuo padre.-
Si sedette con un gemito sulla sedia lì vicino, sistemandosi la giacca scura.
- Allora… sembra che ti siamo tutti debitori.- disse.
Lawrence lo guardò confuso.
- In che senso?- chiese - E quanto… quanto è passato?-
Cercò di tirarsi un po' su, ma si sentiva ancora stordito dagli antidolorifici. Non aveva idea di quanto avesse dormito, ma non poteva essere passato molto tempo. Al massimo un giorno.
- Oh, solo una dozzina di ore dall'arresto di Devil's Child. Arresto di cui possiamo rendere grazie solo a te, a quanto dice lo Sceriffo.- disse Bell, ridacchiando in modo genuino - Mi ha raccontato di come hai intuito che le tracce di carbone potessero provenire da un edificio abbandonato e di come hai scoperto che era la vecchia fattoria fuori città. Ha anche ammesso di essersi precipitato lì appena gliel'hai detto, costringendoti a correre a salvarlo.- scosse la testa, smettendo di sorridere - Mi vergogno ad ammetterlo, ma pensavo che fossi andato sul posto di tua iniziativa, da solo e senza rinforzi. Invece l'hai fatto per fermare quell'uomo… e sei pure stato ferito. Quell'Anderson è veramente troppo, troppo emotivo. Ti ha messo in pericolo.-
Lawrence scosse la testa, senza capire: non era minimamente andata così.
- Dice comunque che non si scuserà.- sospirò Bell - Ho avuto una… ehm… vivace discussione con lui in merito a questo, almeno fino a quando la signora Anderson, Dio la benedica, non è intervenuta e l'ha trascinato via. In ogni caso sei un vero eroe, figliolo. Hai preso Devil's Child, hai salvato due vittime e quell'idiota dello Sceriffo e per di più hai arrestato un corriere della droga. Ho già raccontato tutto a tuo padre, è orgoglioso di te.-
Qualcuno bussò alla porta, e alzando lo sguardo videro entrambi lo Sceriffo Anderson con in mano un altro mazzo di fiori e un'espressione quantomeno scocciata dipinta in volto.
Per inciso, i fiori erano quasi totalmente distrutti e stropicciati, come se fossero stati chiusi in una porta o tra i battenti di un'ascensore, e ora di loro non rimaneva altro che qualche stelo sfilacciato a cui erano attaccati solo due o tre petali spaiati.
- Non fatevi strane idee, eh? Mi ha costretto Nadine. Non sarei mai venuto di mia iniziativa, odio tutti e due… Larry in particolare… e qui non mi sopporta nessuno, dicono tutti che li tratto malissimo.- chiarì subito - Ma non è colpa mia se detesto i dottori. Comunque lei dice che devo portarti dei fiori, ma se vuoi li butto via, vedi, sono tutti rovinati…-
- Sceriffo, credo che dovrebbe ringraziare Lawrence.- osservò Bell, scuro in volto - Se non fosse stato per lui…-
- Sì, ne abbiamo già parlato, ricordi com'è andata?- grugnì l'uomo, aggrottando la fronte - Ma, notizia flash, mia moglie non c'è, quindi stavolta ti mangio vivo.-
- Signore…- disse Lawrence, impedendo a Bell di replicare - Mi scusi, ma… potrei parlare con lo Sceriffo un momento? In privato, se possibile.-
Il direttore Bell lanciò un ultimo sguardo risentito ad Anderson e uscì in silenzio, chiudendo la porta. Lo Sceriffo guardò Lawrence con un sorrisetto, ignorando Bell, e lasciò cadere i fiori nel cestino.
- Lo sapevo, alla fine è successo.- disse - Ti sei innamorato di me e del mio fascino rude, vero? Ma io sono già sposato, quindi…-
- Anderson, la pianti di sfottere!- sbottò con tutta la (poca) forza che aveva - Perché ha mentito a Bell? E cosa… cos'ha fatto là dentro? Cos'era… quello?-
Lo Sceriffo lo guardò aggrottando la fronte, le mani sui fianchi.
- Eh?- disse solo.
- Non faccia la commedia!- replicò Lawrence, tirandosi cautamente a sedere - L'ho vista… lei è… è diventato… un mostro!-
- Ora, so di essere un orco quando voglio, ma darmi del mostro…-
- Dannazione, mi prenda sul serio!- gridò - Lei era una creatura… una creatura orribile, tutta nera… era fatto di… di liquido nero, come diceva Jeffrey Sykes!-
L'uomo scoppiò a ridere di gusto, aggrappandosi alla sponda del letto.
- Jeff Sykes? Quello è il tuo riferimento? Un ragazzino rincoglionito che non distingue la mano destra dalla sinistra? È così stupido che si farebbe bocciare agli esami del sangue!-
- Lei… non neghi, l'ho vista!- insisté Lawrence.
- Hai visto… cosa, di preciso?- chiese Anderson - Eri mezzo dissanguato quando sono arrivato, Larry. Il cervello non regge dopo un po'. Non eri lucido.-
- Ma… Will Sykes…-
- Quel cagasotto sta piagnucolando che vuole tornare a casa da almeno sei ore.- sbuffò Anderson - E non è proprio attendibile come testimone, visto che gli hanno diagnosticato un piccolo trauma cranico e una lieve commozione cerebrale, per quanto lo ha pestato quello psicopatico. Ma sono sicuro che Alis riferirà volentieri ciò che ha visto, di certo il retro delle sue palpebre deve avere offerto uno spettacolo senza precedenti…-
- Ma anche Gordon…-
- Chi, Devil's Child? Il pazzo che si credeva figlio di Satana e che ora sta urlando nel tentativo di rompere la camicia di forza mentre lo trasferiscono al manicomio criminale più vicino? Sì, te lo raccomando… ne avrà di cose interessanti da dire..-
Lawrence lo guardò senza parole, mentre Anderson continuava a sorridere in modo insopportabile: aveva ragione, qualsiasi cosa avesse detto, nessuno lo avrebbe ascoltato. Nessuna testimonianza sarebbe mai stata ritenuta attendibile. Non c'erano prove di quello che era successo veramente.
Lo aveva fregato.
- Quindi è questo che fa?- chiese, accigliandosi - Si assicura che i testimoni siano tutti inaffidabili? Scommetto che è lei a farli ubriacare quando viene trovato alcool nel loro sangue… o a inseguirli di notte…-
- O a salvarli, magari.-
Lawrence esitò, incerto sulle accuse da muovergli, mentre Anderson gli restituiva uno sguardo serio. Non c'era più traccia di arroganza nei suoi occhi nerissimi.
- Larry, non mi aspetto di piacerti. Non ci ho nemmeno provato, né l'ho mai voluto. A me tu non piaci, dopotutto.- disse chiaramente - E non mi piace vederti intorno a mia figlia, anche se quella non è una cosa personale, mi sta sul cazzo vedere chiunque ronzarle attorno... ma ti rispetto, a modo mio. Hai sempre fatto il tuo lavoro, nonostante… beh... me. Sei un uomo con le palle, nemmeno io posso negarlo. E neanche così stupido, visto che hai trovato Gordon senza il mio aiuto, quindi ti renderai conto che, qualsiasi cosa tu creda di aver visto in quella casa, la storia che ho raccontato al tuo capo è la soluzione migliore per entrambi noi. E io non voglio usare metodi più… impegnativi… per assicurarmi che tu non racconti sciocchezze in giro: in gioco c'è qualcosa che tu non potresti mai capire e che io non intendo spiegarti. Ti basti sapere che, se cominicassi a rompermi i coglioni, la mia privacy sarebbe l'ultimo problema, sia per te che per me.-
Prese da una tasca interna della giacca una piccola bottiglia di vodka e gliela lasciò sul comodino.
- Non ci fare l'abitudine, questa roba è forte. E costa.- disse - Tanti saluti, Larry. Spero di non vederti mai più.-
Detto ciò uscì sbattendo la porta.
 

Non commento, mi risparmio per l'epilogo.

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


Come chi mi segue da tanto immaginerà, ho postato l'epilogo insieme all'ultimo capitolo, quindi se lo avete mancato tornate indietro di uno, o perderete dei pezzi!
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Quando i dottori lo dimisero dall'ospedale si raccomandarono di non fare sforzi per almeno una settimana, meglio due, e di non guidare assolutamente: la ferita non era mortale, tuttavia il coltello aveva scavato in profondità e con un braccio solo le sue capacità motorie sarebbero state troppo ridotte per circolare nel traffico. Inoltre gli antidolorifici, pur non essendo particolarmente potenti, avrebbero interferito coi suoi riflessi per qualche tempo, rallentandoli significativamente. Di conseguenza fu costretto a prendere il taxi per tornare in aeroporto.
In quel momento, col suo piccolo bagaglio appeso alla mano buona, stava aspettando l'arrivo della vettura sotto la pensilina della fermata degli autobus, a pochi isolati dall'ospedale, sforzandosi di pensare a tutto fuorché alla sua conversazione con Timothy Anderson e agli eventi della fattoria.
Erano passati due giorni dall'ultima volta che aveva visto lo Sceriffo. Donovan, insieme alla moglie, era venuto a trovarlo per ringraziarlo, e poco più tardi i signori Sykes, genitori di Will, erano passati con il figlio maggiore, Robert. Tutti erano stati molto gentili, lo avevano elogiato e chiamato eroe, e non avevano accennato in alcun modo a ciò che era davvero successo con Devil's Child. Nessuno aveva dato l'impressione di conoscere la verità, nessuno aveva accennato a strani eventi o creature impossibili. Tutti si erano comportati come se la versione dello Sceriffo Anderson fosse l'unica verità.
Eppure nello sguardo di Robert Sykes e dei coniugi Donovan aveva letto qualcosa di stonato, di sbagliato… il linguaggio del corpo, il minimo tremito della voce che aveva avvertito... era come se non credessero alle proprie parole. Erano stati solo degli accenni, qualcosa che avrebbe notato esclusivamente un uomo addestrato a cercare simili incongruenze come lo era lui.

Tuttavia, non poteva esserne certo. Era ancora convalescente, ma soprattutto in estrema allerta, alla costante ricerca di qualsiasi cosa potesse dargli una qualsiasi conferma. Forse si era così fissato su quella che credeva fosse la verità da cogliere segnali che in realtà non c'erano. Inoltre (ma non ne era sicuro) la sua paranoia poteva dipendere da un qualche pregiudizio: aveva preso in antipatia lo Sceriffo fin dal suo arrivo ad Orenthal, mentre l'intera città sembrava volergli bene nonostante il suo inqualificabile comportamento, cosa che aveva finito con l'esasperarlo e indurlo a detestare quell'uomo e a dubitare di lui in ogni modo possibile.
Inoltre, col senno di poi, aveva dovuto ammettere di non poter dire con esattezza cosa fosse accaduto: stava morendo dissanguato, poteva avere avuto davvero un'allucinazione. Si era sentito svenire già prima dell'arrivo dello Sceriffo. Poteva essere che Anderson aveva inventato quella storia di lui che era un eroe per salvarlo da una sanzione disciplinare? Era davvero così altruista?
Beh… in ogni caso non era obbligato a farmi fare la figura dell'eroe… poteva dire di essere stato lui quello che cercava di fermare me…
Scosse la testa, scacciando il pensiero: più ci rifletteva, più gli faceva male la testa.
- Ehi, Lawrence!-
Sentendosi chiamare si guardò attorno, individuando Skadi Anderson poco lontano. Accanto a lei c'era una valigia, e sembrava pronta a partire.
- Skadi!- esclamò, sorridendo - Cosa fai qui?-
- Torno a Billings. Sai, studio lì.- rispose lei, avvicinandosi. Aveva in testa un cappello nero di lana che la faceva sembrare più ingenua di quanto fosse in realtà, e indossava un giubbotto di pelle marrone chiaro. Era davvero carina - Le mie vacanze sono finite, le lezioni aspettano. E tu?-
- Torno a casa.- rispose - L'indagine è finita, devo rientrare.-
Lei fece una smorfia.
- Peccato.- disse - Speravo di trovarti di nuovo qui.-
- Davvero? Come mai?-
- Beh, mi hai sentita l'altro giorno, no? Sei carino.- ammise, e stavolta senza imbarazzo.
Senza attendere una replica, la ragazza prese una penna dalla tasca e, tirando a sé la sua mano buona, gli scrisse qualcosa sul palmo.
- Ecco.- disse - Chiama qualche volta, okay? Magari ti va di sparlare di mio padre. È divertente prenderlo in giro ogni tanto. Credimi, rilassa.-
Lui guardò attonito il numero di telefono che aveva sulla mano, mentre un autobus si avvicinava alla banchina. Skadi recuperò il bagaglio e fece per salire, agitando una mano.
- Skadi, aspetta!-
La ragazza si bloccò a metà della salita, guardandolo con un sorriso smaliziato.
- Non correre, mister FBI.- lo avvertì - Quello è solo un numero di telefono… per il bacio dovrai almeno offrirmi da bere.-
- No… non è quello…- borbottò imbarazzato lui, agitando la mano - Io… voglio la verità.- disse, recuperando sicurezza - Su tuo padre.-
- La verità è che papà è uno stronzo, ma se impari ad accettarlo ha molti lati positivi.-
- Non è quello che intendevo!- protestò lui, iniziando a spazientirsi - Skadi, so che c'è qualcosa di... di strano in lui. Di... diverso. Non è un uomo come lo sono io, vero?-

Il sorriso di Skadi scivolò via, mentre la sua espressione si faceva incerta.
- Non so di cosa parli.-
- So che non è così.- replicò Lawrence - Per favore, Skadi... devo sapere. Me lo dovete.-
- Io non…-
- Devo sapere.- insisté - O finirò con l'impazzire. Quello che ho visto… le storie che ho sentito… so dei vostri “visitatori notturni”. Delle… leggende… sulle creature che si aggirano in città. È tuo padre la causa di tutto?-
Skadi chiuse gli occhi, traendo un respiro profondo.
- Mettiamola così.- disse lentamente - Ci sono cose che possono essere spiegate. Cose che possono essere rivelate. E altre che invece devono rimanere segrete.-
Lei e Lawrence si guardarono per un momento mentre la verità, o almeno l'ombra di essa, si dilatava tra loro.
- Chi... o cosa... è realmente?- chiese alla fine l'agente.
Skadi fece un sorrisetto triste.
- Solo ciò che lo hanno fatto diventare.- rispose - E ciò di cui tutti abbiamo bisogno.-
Detto questo salì sull'autobus, scusandosi con l'autista, che la guardava accigliato. La porta si chiuse dietro di lei, e mentre il mezzo partiva agitò appena la mano verso Lawrence, mandandogli un ultimo saluto.
Lawrence Powell guardò l'autobus allontanarsi, comprendendo in quel momento che i segreti di Orenthal sarebbero rimasti tali.
E che forse era meglio così.
 

Finalmente, il caso può dirsi ufficialmente chiuso. Devil's Child è stato assicurato alla giustizia, e questo è già un gran risultato. Per il resto... beh...
Ringazio 
Ely79, NemoTheNameless, Hedoniste, Easter_huit, Kira16, Piperilla, Evuzzola e Rohenne, che mi hanno seguito finora, e anche Aelgifu, l'ultima arrivata. Purtroppo ha iniziato a seguire la storia solo ora che è finita... comunque, come ho detto, ringrazio anche lei.
Ora, per un po' di tempo, mi limiterò a pubblicare "Epic Violin", l'altra storia che stavo postando parallelamente a questa, e che dalla settimana prossima passerà al lunedì come giorno di pubblicazione, sostituendo "Devil's Child".
La famiglia Anderson tornerà invece tra un po' di tempo, e come al solito ne combinerà di tutti i colori.
Non ho altro da dire. A presto, e grazie a tutti!

 

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