Stigmata Diaboli

di Cat in a box
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il patto ***
Capitolo 2: *** 10 anni dopo… ***
Capitolo 3: *** Capitolo III – Primo giorno a Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Iniziano i problemi! ***
Capitolo 5: *** Capitolo V – Tempo di cambiamenti ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI – Ricordi bruciati e vecchie memorie ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII – Lo sposalizio di sangue ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII – Dietro ad una maschera…una profezia ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX – Lacrime di cristallo ***
Capitolo 10: *** Capitolo X – Il risveglio dell’ Angelo dannato ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI – Preludio alla distruzione ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII - Sangue chiama altro sangue ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII - La prima battaglia ***



Capitolo 1
*** Il patto ***


Salve salvino a tutti i lettori ^o^ e benvenuti nella mia fan-fiction! Userò questo spazio per lasciarvi qualche informazione che non troverete nella descrizione della storia, nelle risposte ai commenti o nelle note dell’autrice in fondo a ogni pagina… questa è una storia che ho iniziato a scrivere quasi 6 anni fa e che, al momento, ho deciso di ‘ristrutturare’. Ho deciso di aggiungere dei capitoli mancanti, di arricchire con qualche dettaglio e non voglio fare promesse che potrei non mantenere, ma vorrei mandare avanti la storia e possibilmente concluderla fra il 25’esimo e il 30’esimo capitolo. Ora, veniamo al discorso delicato dei pairing: non ci saranno yuri/yaoi o velatamente yuri/yaoi, non prevedo di descrivere scene lemon e per il momento, lascio come avvertimento coppie “het”. Quali coppie? Non diverse da quelle dei libri e forse, ma dico forse, se ho voglia, dipende da come mi gira e da tanti altri fattori, potrei pensare di coinvolgere Severus Piton in qualche avventura romantica/fluffy. Se avete altre domande, scrivete nei commenti e vi risponderò appena mi sarà possibile. ;) In quanto al genere della storia, rimango sulla stessa pista che seguivo 6 anni fa e cioè di scrivere un fantasy goticheggiante (o un gotico fantasieggiante O.o ?). In più, avevo deciso di inventarmi qualcosa di sana pianta che non portasse il marchio Rowling e così ho introdotto i Demoni nella mia fic. Le descrizioni e tutto quello che concerne la loro natura e il loro mondo è di pura inventiva. Se avete intenzione di copiare qualcosa per le vostre fiction, vi lascio il permesso a patto che me lo chiediate prima per messaggio ^o^ (premetto che la cosa mi farebbe anche piacere, perché vorrebbe dire che qualcuno ha gradito il mio lavoro). Dopo questa lunga e tediante premessa vi annunciò che…
 
“Giuro solennemente di non avere
buone intenzioni con questa fan-fiction!”
 
BUONA LETTURA!
 
Capitolo 1. Il patto
 
Ricordo ancora mestamente il giorno della mia morte.
 
Era una calda serata di fine settembre e un vento tiepido soffiava indisturbato nelle deserte strade del quartiere babbano di West Pottergate, a Norwich. Le luci della città si erano addormentate e il frenetico trambusto si era assopito, nonostante fossero appena le nove di sera. Era alquanto normale nei giorni lavorativi.
Abitavo in una tranquilla casa in fondo a Wellington Road, insieme a mia madre. Quella sera le luci erano rimaste accese fino a tardi, perché non riuscivo ad addormentarmi e mia madre, una persona molto premurosa e paziente, era venuta a leggermi le favole dei Fratelli Grimm. Ma come capitava di solito in quei momenti, ne approfittavo sempre per tempestarla di domande e raccontarle di quanto fosse ingiusto il fatto che non avessi nessuno, a parte lei, con cui parlare del mondo magico e delle creature che lo popolavano; perché nessun babbano avrebbe mai creduto a simili stramberie.
 
“Oggi a scuola la maestra ha detto che i maghi e le streghe non esistono…” piagnucolai, mentre mia mamma mi rimboccava le coperte “…ha detto che sono tutte sciocchezze!”.
“Ma certo che esistono!” rispose lei con naturalezza, come se quella terribile affermazione non la toccasse minimamente. Al contrario, io ero quasi diventata viola di rabbia!
“Le ho detto che io sono una strega e che io esisto!” dissi, sicura di me. Mia madre si inginocchiò vicino al capezzale del letto e mi disse, dolcemente, ma con voce seria “Non devi dire a scuola che sei una strega, altrimenti diranno che sei una bugiarda.” Si raccomandò.
“Ma io non sono una bugiarda!” ribattei subito “Io sono una strega!” affermai, battendo un colpo sul petto con la mano chiusa in un pugno, per intendere che ero orgogliosa di esserlo.
Mia madre alzò gli occhi al cielo e poi, ritornò a fissarmi. Mi passò una mano sui capelli e mi schioccò un bacio. “La tua maestra non è pronta ad accettare la nostra esistenza e così, molti altri. Per questo, per vivere in mezzo ai babbani, ci comportiamo come loro.” Mi schioccò un altro bacio e accese la lampada notturna a forma di luna che si trovava sospesa sopra le nostre teste.
 
“Mamma!” la chiamai, prima che uscisse dalla mia stanza. Lei si fermò e si voltò verso di me. “Lo so che te l’ho già chiesto…” arrossii leggermente “…ma a quanti anni si va a studiare in una scuola di magia?” chiesi trepidante dall’emozione.
“A undici anni.” Disse sorridendomi. Socchiuse leggermente la porta, lasciando appena uno spiraglio perché vi potesse passare la luce del corridoio. “Buona notte, tesoro.”
“Buona notte mamma!” e mi rannicchiai sotto le coperte, fantasticando sulla scuola di magia che avrei frequentato, su quanti amici avrei trovato e che bizzarre materie avrei studiato al posto della matematica, della storia e della geografia!
 
Era una notte come tante altre e mai, mi sarei aspettata che proprio quella notte, sarebbe stata l’ultima della mia vita. 
 
La luce della luna inondava la stanza e una fioca luce gialla, emanata dalla lampada notturna, illuminava il capezzale del letto. Fuori dalla finestra, sembrava regnare un’insolita calma. Non si udivano i soliti cani che abbaiavano o il vento che soffiava sopra i tetti delle case. Era tutto, fin troppo tranquillo.
Penso, che fu in quel momento che iniziai ad avere come la sensazione che qualcosa di insolito stava per accadere di lì a poco. Mi sentii irrequieta e mi rigirai più volte nel letto nel tentativo di prendere sonno, ma non ci fu nulla da fare.
Quando lanciai un’occhiata in direzione della finestra, mi sembrò di vedere un’ombra scura fluttuare nell’aria e non cercai di razionalizzare, pensando che potesse trattarsi dell’albero che cresceva nel giardino sul retro di casa. Quell’ombra mi spaventò al punto che mi nascosi sotto le coperte e iniziai a tremare.
Qualche attimo dopo, si udii un forte frusciare di foglie e il vento soffiare bruscamente contro la casa, tanto da far vibrare le finestre. Io mi feci più stretta sotto le coperte, poi, un forte rumore mi fece sobbalzare per lo spavento.
 
–SLAAAAAM!- sembrava che un fulmine avesse appena colpito la casa! Anche se, un momento dopo, pensai che fosse stato più probabile il rumore di una porta che viene spalancata con violenza. Abbassai le coperte fino al mento e lanciai una rapida occhiata alla finestra, ma tutto quello che vidi, fu un cielo sereno e una luna piena. L’ombra, che prima avevo visto fluttuare nell’aria, non c’era più. Si udirono altri rumori provenire dal piano di sotto e la cosa, non mi mise certo a mio agio.
 
“Mamma!” uscii dal letto e mi avvicinai alla porta “Mamma?!” gridai, senza ricevere alcuna risposta.
 
D’un tratto, la porta si spalancò da sola e un’aria gelida inondò tutta la camera e una nera figura incappucciata vi scivolò dentro. Ai suoi piedi, giaceva il corpo senza vita di mia madre. Gli occhi erano aperti e dalla bocca, un rivolo di sangue scendeva fino a colare sul pavimento, per poi formare una pozza scura.
 
Le parole mi si congelarono in gola. Non volevo credere che fosse vero, che potesse succedere una cosa del genere, a noi.
 
La scura ombra mi sovrastava minacciosa e quando sollevai lo sguardo, notai in quel momento una fila di denti lunghi e acuminati come punte di coltelli. Non vidi il suo volto, ma pareva essere tutto fuorché umano. Ero terrorizzata e tutto quello che mi riuscii di fare in quel momento, fu piangere e gridare, sperando che i vicini di casa potessero sentirmi e magari, venire in mio soccorso.
 
“Sudicia mezzosangue!” disse con voce fredda e sprezzante l’orrendo mostro. “Non lo sai che devi stare con la bocca chiusa?”
Andai a finire per stringermi in un angolo della stanza.
“Ti sei messa in trappola da sola!” sogghignò il mostro, avanzando verso di me.
 
Quando mi accorsi che non avevo vie di scampo, ero talmente spaventata che la voce mi rimase intrappolata tra le corde vocali. Anche se avessi continuato a urlare, nessuno sarebbe accorso in mio aiuto ormai. I passi si avvicinavano lentamente a me e in quella lenta agonia, capii che per me era arrivata la fine.
“Ti concederò una morte rapida e indolore.” Sentenziò l’assassino.
Strizzai gli occhi e spirai il mio ultimo respiro.
La mia fine era arrivata.
 
“AVADA KEDAVRA!”
 
Una luce smeraldina trapassò il mio corpo.
 
***
 
Non so quanto tempo dopo mi svegliai e guardandomi attorno, il mondo mi sembrava spento. Le mie mani e i piedi iniziarono a formicolare, li sentivo incredibilmente freddi. Ero supina sul pavimento, ma le quattro pareti che mi circondavano e la finestra da cui entrava una pallida luce lunare, non mi erano familiari. Non c’erano mobili, non c’era il letto e nemmeno la porta della mia stanza.
Quando realizzai cosa era successo prima che mi ‘addormentassi’, un groppo si fermò alla gola e faticosamente riuscii a deglutirlo. Ero morta? Doveva essere questo l’al di là? Perché era tutto così buio? Dov’era la mamma?
Potevo muovere i polpastrelli e con uno sforzo quasi immane, mi alzai a sedere. Notai una bruciatura sul pigiama, all’altezza del mio petto e ci posai sopra il palmo della mano e sentii il cuore battere. Ero viva.
 
In quel momento, sentii sbuffare un soffio gelido sul collo e mi voltai indietro, terrorizzata. Alle mie spalle, infatti, vidi che c’era qualcosa. Era come una enorme ombra, ma non quella di una persona. Era l’ombra di una creatura alata, possente e dall’aspetto quasi regale; ma era comunque, tutto fuorché umana. Ero come catturata, all’inizio, dalla sua presenza, che non mi accorsi quando questa iniziò ad avvicinarsi a me. Sentii un brivido percorrere tutta la spina dorsale, quando due gelide mani ossute si posarono sulle mie guance. Non conoscevo le intenzioni di quella creatura, ma in cuor mio, non avevo paura di morire una seconda volta.
“Adelia…” la creatura bisbigliò il mio nome “…piccola Adelia…” la sua voce sembrava un lamento. Mi sentii passare una mano tra i capelli e ricacciai indietro alcune lacrime, perché quel gesto mi ricordò subito mia madre. Sentii gli occhi della creatura che mi analizzavano e non capivo ancora, che cosa mi avrebbe fatto. Avevo paura che fosse un mostro venuto a mangiarmi. Il terrore mi assalii e mi lasciai sfuggire un piccolo gemito.
 
“Non avere paura, non sono qui per farti del male.” Disse la creatura, chinandosi in ginocchio davanti a me e mostrandosi in volto, sotto i raggi della luna. Poteva sembrare umana, se non fosse stato per un paio di orecchie puntute e le possenti ali nere piumate che sbucavano dalla schiena. Aveva lunghi capelli rossi, che scendevano in una cascata di ricci sulle spalle larghe; mentre il suo viso, sottile e affilato, era pallidissimo. La bocca era altrettanto strana, perché composta da due sottili labbra nere. Avrei voluto chiedergli che cosa fosse, ma non mi sembrò molto garbato e così gli domandai solamente chi fosse.
 
“Il mio nome è Samael…” rispose la creatura “…e sono un demone dell’antico inferno.”
Non sapevo cosa fosse di preciso un ‘demone’, ma avevo sentito parlare dell’inferno e non mi sembrò che provenisse da un bel posto.
“E perché sei qui?” gli domandai. Ci fu una pausa, prima che il demone rispondesse alla mia domanda. Notai in quel momento, i suoi occhi neri simili a due pezzi di carbone. Guardavano bassi e stranamente, sembravano evitare il mio sguardo.
“Perché ti ho riportato in vita…” disse, con voce baritonale “…dovevi essere morta, ma la tua anima lottava per restare legata al tuo corpo.”
 
Il suoi occhi si posarono sul mio braccio e quasi allo stesso tempo, avvertii una fitta che mi costrinse a dirigere la mia attenzione sul punto che mi doleva. Sollevai la manica del pigiama fino al gomito e scorsi una macchia nera sul mio braccio.
“Che cos’è?” chiesi in un singulto “Che mi hai fatto?”
“Quello che vedi si chiama Stigmata Diaboli ed è il prezzo che hai pagato per essere riportata in vita.”  Spiegò, come se fossi stata io stessa a chiederlo. “È un marchio che ti porterai dietro finché non avrai vendicato la tua morte…da questo momento, tu sei dannata.”
 
“I-io…” balbettai “…non voglio tutto questo…” bofonchiai, trattenendomi dal piangere “…per favore, fammi ritornare com’ero!” lo implorai, ma lui mi fissò con uno sguardo severo e penetrante. I suoi occhi, diventarono del colore di due tizzoni ardenti. 
“È questo il tuo modo di ringraziarmi per averti riportato in vita e dato l’opportunità di vendicare la tua morte e quella di tua madre!?” bastò che mi lanciasse un’occhiata gelida e rimasi pietrificata dalla paura. Capii che volevo sbarazzarmi a tutti i costi di quel demone e del marchio, perciò decisi che sarebbe stato saggio fare ciò che aveva detto. Avevo solo un ultimo dubbio.
“Io, però… non so come fare ad uccidere qualcuno.” ammisi, e di tutta risposta il demone mi sorrise con un ghigno sadico. Gli occhi, tornarono ad essere due pezzi di carbone.
“Il marchio ti conferirà poteri che nessun mago o strega potrà mai avere e sarà con essi, che tu annienterai colui che ti ha uccisa. Non fare mai parola a nessuno dei tuoi poteri o del marchio, perché tanti nemici dell’Oscuro Signore sono spie e si spacciano per maghi onesti. Fidati soltanto di te stessa, Adelia.”
 
Il demone si alzò in piedi e spiegò le enormi ali. Pensai che volesse andarsene, per cui mi affrettai ad alzarmi e lo afferrai per la nera veste che indossava.
“Samael!” lo implorai “Io… non ho nessuno… per adesso non posso farcela da sola…” ammisi. Ora che mia madre era morta, nessuno si sarebbe occupato di me. Non avevo mai avuto un padre e non avevamo parenti o amici da cui potessi stare. I miei vicini di casa erano troppo vecchi per prendersi cura di me e io, avevo bisogno di qualcuno su cui potermi appoggiare. Ancora, non potevo farcela da sola.
Samael si fermò, squadrandomi per l’ultima volta e disse: “Ti stanno venendo a prendere, Adelia. Il Ministero della Magia sa già tutto e ti troveranno una famiglia che si prenderà cura di te.” A quel punto, una alta fiamma nera si levò in alto dal pavimento e lo inghiottì completamente. Lui scomparve tra quelle fiamme, non lasciando alcuna traccia sul pavimento del suo passaggio e quella, fu l’ultima volta che lo vidi.
Istantaneamente, come lo vidi sparire, notai tutto ritornare com’era prima. Comparvero il letto, il pavimento, le pareti e tutte le mensole coi giocattoli. Infine, lanciai uno sguardo alla porta, che si trovava ancora spalancata e il corpo di mia madre, giaceva ancora là.
 
Il demone fu di parola, perché qualche attimo dopo arrivarono gli auror del ministero della magia e mi trovarono, rannicchiata accanto a mia madre. La prima persona a trovarmi, fu una donna dalla chioma cinerina e corpulenta: si chiamava Verna Bloodmire. Fu lei ad accogliermi in casa propria e a lei, fu affidata la mia custodia dal ministero. Nessuno venne mai a sapere del mio patto e nessuno, poteva vedere la macchia nera che avevo sul braccio. Non spiegandosi il fatto che fossi riuscita a sopravvivere, si pensò che mia madre avesse sacrificato la sua stessa vita per proteggermi.
 

 
[capitolo modificato il 23/08/13]

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Capitolo 2
*** 10 anni dopo… ***


Capitolo 2. 10 anni dopo…

 
Erano le tre del pomeriggio, quando Severus Piton si ritrovò convocato d’urgenza nell’ufficio di Silente. In tutta segretezza, gli era stata recapitata una lettera dal suo gufo, che riportava il seguente e breve messaggio:
 

Raggiungimi al più presto nel mio studio per parlarti del nuovo incarico che ho intenzione di affidarti, ti chiedo la massima discrezione e di non farne parola con i tuoi colleghi.
 
Ps. Ho comprato delle nuove caramelle alla menta piperita e assenzio! Non vedo l’ora di fartele assaggiare.
 
Albus Silente

 

Quel vecchio stralunato di preside gli aveva già accennato parecchio tempo prima della sua intenzione di affidargli un nuovo incarico, come se la protezione di Harry Potter non gli desse già abbastanza da fare! Il punto è che, Severus, non avrebbe potuto immaginare neanche lontanamente che cosa gli avrebbe chiesto questa volta. Poteva trattarsi di tutto, dalle richieste più banali a quelle più insolite e pazzoidi! E di quest’ultime in particolare, egli aveva timore.
Aveva notato che il messaggio era stato scritto con una certa fretta e questo lo deduceva dal colore dell’inchiostro. Infatti, Silente non adoperava mai l’inchiostro verde smeraldo quando aveva urgenza, perché aveva la pecca di impiegare più tempo per asciugarsi e allora, si serviva di quello nero. Per il resto, lo prediligeva sempre. Tanto che uno degli incarichi che spesso gli affibbiava, era quello di rifornire le sue scorte di inchiostro e per Severus, non esisteva sofferenza più grande di quella, che di ritrovarsi in mezzo alla rumorosa e affollata Diagon Alley a girare come un facchino per conto di Silente.
 
Si era allontanato dai sotterranei senza dare nell’occhio, anche se quel giorno i corridoi di Hogwarts erano piuttosto deserti, dato che le lezioni erano terminate e buona parte degli studenti si era radunata nei giardini per trascorrere le ultime giornate soleggiate di settembre, prima dell’arrivo della stagione piovosa. Salite alcune rampe di scale e attraversato qualche corridoio vuoto, riuscì ad arrivare a destinazione. Aprì la porta e col mantello nero che quasi li strisciava sul pavimento, si addentrò nell’ufficio come un grosso pipistrello che si annida in una grotta. Lo studio gli parve vuoto per un momento, finché non notò un cappello a punta color lavanda sbucare da sopra lo schienale di un vecchio scranno. Era senza dubbio di quel vecchio strampalato.
“Sono qui, Albus.” Disse, per segnalare la sua presenza.
“Ti ho sentito entrare, avvicinati Severus.” Trillò il vecchio mago con voce entusiasta, voltandosi. Al professore di pozioni, sembrò che fino a quel momento, egli non avesse fatto altro che aspettare il suo arrivo. 
Si avvicinò alla larga scrivania in legno rosso, dietro la quale il preside di Hogwarts sedeva comodamente e masticava caramelle di un color verde ramarro. Un odore dolciastro e di menta aleggiava nell’aria attorno a lui, che Severus trovò assolutamente nauseabondo, tanto che declinò immediatamente l’offerta di assaggiare una delle sue caramelle.
“Parlami di questo incarico…” suggerì Piton, dando l’impressione di sembrare impaziente, anche se era solamente frettoloso di scoprire la natura del nuovo compito che gli avrebbe assegnato. Albus si leccò le punta delle dita, sulle quali era rimasto incollato qualche granello di zucchero e poi con tutta calma, parlò.
 
“Il Ministero della Magia ha affidato a Hogwarts la custodia di una giovane promettente. Il suo nome è Adelia Blackford e si trova sotto la protezione del Ministero per diverse ragioni. Allo stato attuale delle cose, ha frequentato solo i primi quattro anni in una scuola e ha perso il quinto anno… ma presumo che con qualche esame, possa recuperare l’anno perso…” amicò con gli occhi, come per far intendere di dover essere indulgente con lei, ma ancora Severus non aveva capito dove voleva arrivare “…il Ministro ha chiesto che fosse un docente di Hogwarts a prelevarla a domicilio e accompagnarla fin qui, per questo dovrai recarti l’indomani fino a Merthyr Tydfil, una città babbana del Galles e prelevare Adelia a questo indirizzo.” Silente gli rifilò un biglietto ripiegato, sorridendo sornione.
 
Tutto sembrò chiaro in quel momento, ma qualche secondo dopo, la mente del povero professore di pozioni si affollò di nuovo di domande.
“Per quale motivo hai chiesto a me di farlo?” domandò contrariato, non riuscendo a capacitarsi dell’idea che l’indomani avrebbe accompagnato a scuola una sua futura studente.
“Suvvia, non ti crucciare Severus!” tentò di sorvolare il suo malcontento, porgendoli una seconda volta la ciotola di dolci e invitandolo ad assaggiarne uno. Piton ne prese uno con riluttanza, ma non scartò la caramella e se la infilò in una delle tasche del suo mantello. Ebbe come l’impressione che Silente sapesse molto più di quanto gli avesse detto in quel momento, eppure non si apprestava a dare ulteriori informazioni sul conto della ragazza, così che si decise a fargli qualche domanda.
“Mi è consentito sapere il motivo per cui lei è sotto la protezione del Ministero?”
“Certo, ma non credo la mia risposta ti sarà sufficiente…” disse con aria misteriosa il mago dalla barba argentina “…penso che sia più opportuno rivolgere questa domanda alla diretta interessata.”

Albus si alzò dalla sedia e si stiracchiò la schiena, per poi avvicinarsi alla finestra del suo studio, intento ad osservare alcuni studenti che passeggiavano con aria spensierata accanto alle rive del lago.
“Sono stato convocato urgentemente dal Wizengamot e dovrò presentarmi domani…” si voltò di nuovo verso Severus “…inoltre, penso che mi tratterranno per un paio di giorni…” lanciò un’occhiata verso l’insegnante di pozioni, che in quel momento, gli parve di scorgere un sinistro luccichìo provenire da dietro a quelle lenti a mezzaluna “…per questo ti affiderò la sua custodia e il suo orientamento nella scuola. Sarai il suo tutore.”
“Tutore?” borbottò un Piton basito. Che razza di idea si era appena messo in testa quel pazzoide di mago? Non esisteva una qualifica per tutore e che diavolo avrebbe dovuto fare? Non ebbe il tempo di controbattere, che Silente lo salutò con lieve cenno con la mano e scomparve in una nube di fumo scarlatto, lasciandolo in una fitta nebbia di dubbi. 
 
In mano, stringeva ancora il biglietto che gli aveva lasciato. Lo aprì e si affrettò a leggerlo; ma tutto quello che vi lesse, erano poche parole scritte con l’inchiostro preferito da Silente, che indicavano l’indirizzo di casa a cui si sarebbe dovuto presentare l’indomani.

***

Il giorno seguente, era una pallida mattinata del 22 settembre. Merthyr Tydfil era una placida cittadina inglese, circondata dal verde e dalla quiete della campagna. Le boscaglie, che contrastavano le verdeggianti radure, avevano cominciato a tingersi dei primi colori dell’autunno. Il vento trascinava con sé le ultime foglie secche, per i lunghi sentieri della campagna, coperti dal folto manto erboso. Il tempo pareva accingersi a peggiorare. Era ormai mattina inoltrata e i comuni babbani del vicinato, si stavano affrettando per rientrare in casa prima che cominciasse a piovere. Severus tirò fuori un biglietto dalla tasca.
 

Yew Street, 17 A
Merthyr Tydfil

 
Ricontrollò l’indirizzo scritto sul biglietto che Silente gli aveva lasciato poco prima di fuggire e sospirò. Si trovava di fronte ad una serie di villette a schiera, precisamente dinanzi al numero civico 17 A. Il cancello era aperto, così vi entrò attraversando a passo svelto il giardinetto, finché non si trovò dinanzi alla porta. Bussò. Poco dopo, una donna di mezza età con i capelli grigio cenere gli aprì la porta.
 
“Buongiorno, lei dev’essere il Professor Severus Piton.” Fece la donna, con sguardo stranamente ammirato e un largo sorriso stampato sulle labbra. Severus inclinò il capo in segno di ‘sì’.
“Al momento Adelia si sta ancora preparando, quindi la prego di accomodarsi in casa.” Lo invitò ad entrare.
Non si sarebbe atteso di dover aspettare una sua studente, d’altro canto, avrebbe preferito levare le tende il prima possibile da una città babbana.
Il modo in cui era abbigliato dava purtroppo nell’occhio e i babbani, non mancavano certamente di notarlo.
L’anziana era un auror del ministero, che aveva visto in diverse occasioni nelle foto magiche sulla Gazzetta del Profeta. Verna Bloodmire era una donna dal fatto suo e probabilmente, doveva essere stato per questo motivo che, il ministero della magia, le aveva affidato la custodia di Adelia per tanti anni.
Piton si accomodò in soggiorno e qualche attimo dopo, Verna gli offrì una tazza di tè. Sollevò una pesante teiera e ne versò il contenuto in una tazzina di porcellana con motivi floreali. “Sa, a dire il vero questa è una mia miscela speciale…” spiegò la donna, mentre Severus si accingeva a sorseggiare il suo tè “…chiodi di garofano, anice stellato e menta piperita.” Severus odiava il sapore della menta piperita. Silente gli rifilava così tante di quelle mentine da avergli fatto venire il voltastomaco! Posò la tazza sul tavolo e si inventò di sana pianta una scusa per non offendere la donna. “Sono terribilmente allergico alla menta, grazie lo stesso.” Disse col tono più garbato possibile; ma Verna, si precipitò immediatamente in cucina a preparare un'altra miscela di sua creazione senza menta piperita. Nel frattempo che lei aveva il suo bel da fare in cucina, Severus poté accorgersi dei passi che provenivano dal piano superiore. Qualche volta, poteva sentire anche le lamentele di una ragazza e qualcosa di pesante, che veniva trascinato sul pavimento e fatto sbatacchiare contro qualcosa di rumoroso. Ne dedusse che la sua futura studente non doveva trovarsi a buon punto con i suoi badagli.
D’un tratto, Verna tornò tutta trionfante in soggiorno con una tazza fumante di tè e questa volta disse di aver optato per una miscela di cannella e petali di ibisco essiccati. Gliela posò sul tavolo e poi, sparì sulle scale che conducevano al piano di sopra, dopo avergli detto che sarebbe andata a controllare se Adelia fosse pronta per partire.
 
Non fece in tempo ad avvicinare la tazzina alle labbra, che sentì rimbombare fino al pian terreno le voci di Verna e probabilmente, della giovane. Subendosi, così, tutto il loro comizio.
“Adelia!? Sei pronta?” gridò Verna.
“Io non scendo!” rispose una voce capricciosa. “Non voglio andare a Hogwarts… non voglio andare in un’altra scuola di magia!”
“Non mi vorrai costringere ad entrare con la forza, spero?” ribatté la donna “Ormai il consiglio ha deciso e tutti vogliono che tu vada a Hogwarts dove non solo sarai al sicuro, ma ti aiuteranno a controllare i tuoi poteri.”
“No! È impossibile… abbiamo già provato! Non posso controllarli…” piagnucolò la ragazza.
“Basta Adelia! Mi sono stufata!” disse Verna accigliata “Il Professor Piton è già qui e non aspetterà i tuoi comodi. Se non scenderai, sarà la sua bacchetta a farti scendere, e di corsa!”
A quel punto, sentì la voce della ragazza bofonchiare qualcosa di simile ad un ‘okay’ e dei passi trascinati che scendevano lentamente le scale.
Verna varcò la soglia del soggiorno e a seguirla, vide Adelia.
Era una ragazza incredibilmente pallida, tanto che i lunghi capelli corvini che terminavano a metà schiena, creavano un forte contrasto. Indossava degli abiti piuttosto insoliti, che non seppe se definire ‘babbani’ o meno. Portava un vestito lungo appena sopra al ginocchio, la cui gonna era ampia e vaporosa, orlata di pizzi bianchi. Un corpetto succinto in pelle nera si stringeva intorno alla sua magra vita, contrastando un camicia bianca a maniche lunghe e svasate. Un paio di stravaganti calzette a strisce nere e bianche, concludevano il completo. L’aria con cui gli si presentò, non era tra le più cerimoniose e sembrava essere piuttosto amareggiata.
Poggiò al muro l’enorme baule pesante che si era portata appresso e fece un leggero inchino.
“Il mio nome è Adelia Blackford.” Disse, sforzando un finto sorriso, mentre Verna la guardava con un’espressione severa. “Lei, dev’essere l’insegnante di difesa contro le arti oscure, esatto?”. A quelle parole, Severus si sentì ribollire il sangue nelle arterie, visto che neanche quell’anno era riuscito ad ottenere la cattedra. Cercò di risponderle con la massima disinvoltura.
“No…” disse a labbra strette “...sono l’insegnante di pozioni.” Concluse, facendole intuire suo malgrado di aver toccato un tasto dolente. Adelia cercò di trattenere un’espressione stupefatta.
“È insolito…” intervenne Verna, guardando Severus coi suoi occhi grigio metallico dall’aria inquisitoria “…in genere, il ministero chiedeva espressamente che fosse il docente di difesa contro le arti oscure a prelevare Adelia a domicilio e ad accompagnarla a scuola. Non eravamo state informate di cambiamenti.”
“Questo perché a Hogwarts non è stata ancora assegnata la cattedra di difesa contro le arti oscure a un docente.” Si curò di spiegare Piton, cercando di non mostrarsi contrariato di essere ritornato su quel argomento. “Albus Silente, preside di Hogwarts, mi ha affidato personalmente l’incarico.”
“Va bene…” intonò Verna, questa volta squadrando Piton con aria meno lusinghiera di quando gli aveva aperto la porta “…immagino che lei sappia già tutto e che Silente si sia curato di informarla.”
A quelle parole, Severus avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo e maledire quel vecchio stramboide fissato per le mentine che non gli aveva accennato proprio nulla a riguardo! Che cosa avrebbe dovuto fare? Fissò per due secondi l’orologio da parete del soggiorno, il quale segnava che mancavano solo venti minuti alla partenza del treno per Hogwarts dalla stazione di King’s Cross.
“Sì…” rispose “…Silente mi ha già informato.” Decise di mentire.
Adelia, gli sembrava una semplice studentessa come tante altre della sua età e se riusciva già a tenere d’occhio quel gran piantagrane di Potter e i suoi due complici, non poteva immaginare quali sventure peggiori avrebbe potuto creargli quella ragazza.
 
Non avrebbe mai pensato, che qualche tempo dopo, se ne sarebbe pentito.
 

[capitolo modificato in data 26/08/13]

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Capitolo 3
*** Capitolo III – Primo giorno a Hogwarts ***


Eccomi con il seguito della storia^^! Appena avete finito di leggere, non dimenticatevi dei ringraziamenti e delle risposte ai commenti in fondo alla pagina ;) . Buona lettura!

 

Primo giorno a Hogwarts

 

Si sentiva avvolta tra qualcosa di morbido e caldo. Riaprì lentamente gli occhi. Si trovava sdraiata su un lettino da infermeria. Le candide coperte che la avvolgevano, erano improvvisamente diventate così pesanti. Le scostò da una parte, e drizzò il busto. Era giorno. La luce che veniva filtrata dalle finestre era fastidiosamente forte. Scese dal letto, esplorando un po’ la stanza. La sua impressione si rivelò fondata. Si trovava in infermeria, ma sapere come c’era finita, era veramente una bella impresa! Notò che indosso aveva il suo pigiama. “Fa che non sia stato Piton a cambiarmi!”. Bisbigliò tra sé e sé, senza accorgersi che proprio alle sue spalle, vi era quella odiosa persona che avrebbe preferito evitare per il resto della giornata.

 

“Vedo che ti sei ripresa.”. Adelia sobbalzò un po’ dallo spavento. Non se lo aspettava proprio! Sperava che non avesse sentito quella sua imprecazione di prima. Si voltò. “Buongiorno Signor Piton.”. “Ha dormito bene, Signorina Adelia?”. Quella frase con le suonò per niente bene. Come mai all’improvviso aveva cominciato a darle del Lei, e ad usare quella specie di appellativo davanti al suo nome!? Cercò di nascondere la sua impressione. “Sì, grazie. Posso sapere che cos’è successo ieri sul treno?”. “Mi aspettavo questa domanda. E’ stata aggredita da un Dissennatore, e l’hanno ritrovata svenuta, nel tuo scomparto. Ora lasci che le chieda io una cosa: perché non ha evocato il suo Patronus? Silente mi aveva informato che ne era in grado.”. “Cosa? Io non sono in grado di controllare i miei poteri! Lei dovrebbe proteggermi…”.  Il quel momento Severus la fermò sulla frase. “No! Sbagliato. Io dovrei solo insegnarle a proteggere sé stessa.”. “Insegnarmi!? Da quando in qua lei è diventato mio insegnante? Non mi aveva esplicitamente chiesto di chiamarla ‘Signor Piton’ anziché ‘Professore’?”. “Le cose sono cambiate, sono suo insegnate a tutti gli effetti. Se non le spiace, le consiglio di vestirsi Signorina Adelia. Tra poco la vicepreside la riceverà nel suo studio, e preferirei che si rendesse presentabile per la colazione, ha giusto mezzora. Le può bastare?”. Adelia annuì. Qualcosa era cambiato in lui. Era diventato ancora più freddo e sprezzante nei suoi confronti. Non avrebbe potuto sopportarlo ancora a lungo. Per giunta, ora era diventato un suo insegnante. Che pena!

 

Quando il Professor Piton lasciò l’infermeria, Adelia si vestì velocemente. Aveva indosso gli stessi abiti del giorno precedente. Si avviò verso l’uscita della stanza. Ora aveva un bel problema: come poteva raggiungere lo studio della vicepreside se non conosceva il castello? Aprì la porta. Una nera figura la stava aspettando dinanzi. “Possiamo andare?”. Chiese freddamente quella voce ormai familiare. “Certo.”. La sua compagnia le creava parecchio disagio. Aveva il vago sospetto di essere molto indesiderata, come se per lui non fosse altro che un curioso impiccio, dalla quale liberarsi al più presto. La situazione non le piacque per niente. Si addentrarono per un lungo corridoio in pietra. A malapena la ragazza riusciva a seguire il Professore, da quanto andava spedito. Raggiunsero a breve, una possente statua in bronzo di un’aquila. Il Professore le fece cenno di avvicinarsi presso di lui. Adelia gli si accostò a malavoglia. “Sorbetto, al limone!”. A quelle parole, la ragazza rimase incuriosita. Il pannello in pietra, che si trovava ai piedi della statua, cominciò a muoversi, fino a sollevarli al piano superiore. Giunsero in una stanza variopinta, ma soprattutto con colori che tendevano dallo scarlatto al dorato. Non era abituata a tutti quei colori così vividi e accesi. Per troppo tempo, i suoi occhi erano stati abituati al tetro, nella sua precedente dimora.

 

Ad un tratto la vista di un gatto soriano, seduto sulla cattedra, attirò la sua attenzione. In un primo momento, avrebbe voluto accarezzarlo. Ma si accorse che non poteva essere un comune animale. Aveva un portamento regale ed elegante, alquanto fuori dal comune per un gatto. Come sospettava, ad un tratto l’animale balzò dalla cattedra, e si trasformò in una donna. “Buongiorno Severus, e buongiorno anche a te, Adelia.”. Aveva una voce armoniosa e gentile, decisamente più apprezzabile della freddezza di quella di Piton. “Minerva.”. Soggiunse lui. “Mi aveva chiesto di portarle Adelia, desidera che vi lasci sole?”. “No Severus, insisto perché tu rimanga.”. Rispose sorridendo. Si avvicinò ad Adelia, e prese a sollevarle il mento, con una mano. “Non avevo mai visto una ragazza così graziosa. E’ già stata smistata in una casa?”. “Ancora no.”. Adelia non sapeva minimamente di cosa stessero parlando. Preferì ascoltare in silenzio. “La presenteremo e la smisteremo questa sera stessa, in una delle case. Nel frattempo, dal momento che oggi è domenica e non ci sono lezioni, potresti portarla a fare un giro per il castello. Tanto perché si ambienti meglio.”. “Sarà un piacere.”. Queste ultime parole non le risuonarono tanto convinte.

 

***

Quel giorno, gli studenti si erano allontanati per una visita a Hogsmeade, un villaggio non molto distante. Non vi erano rimasti molti allievi all’interno della scuola. E per la verità, anche se quei pochi rimasti la osservavano con un po’ di stupore affianco al Professore di pozioni, non sembrò che destassero molto interesse alla sua presenza. Quando Severus terminò di presentarle la scuola, era quasi ora di pranzo. La accompagnò in refettorio, ‘ove pranzarono insieme, in compagnia anche degli altri professori della scuola. In quella fortuita occasione, ebbe modo di conoscere persone decisamente più simpatiche e gentili, tra cui l’infermiera Madama Chips, Madama Bumb, Alastor Moody, e la Professoressa Sprite di erbologia, Minerva McGranitt (che scoprì essere insegnante di Trasfigurazione), Sibilla Cooman (alla quale Piton non serbava alcun riguardo, pareva che non la sopportasse…), il custode Argus Gazza e Rubeus Hagrid.

 

Tra questi, più di tutti Hagrid si dimostrò molto gentile, giacché le aveva persino proposto di andare a trovarlo per un tè qualche volta. Tutte quelle conoscenze le avevano ridato delle buone speranze di trovarsi bene. L’unico problema, era sopportare Piton. Non ebbe il tempo di terminare una conversazione con Hagrid, che Piton la interruppe esortandola a seguirlo, poiché avrebbe avuto parecchie cose da fare nel tardo pomeriggio, qualche ora prima di cena. Si avviarono verso l’unico posto del castello, che Adelia non aveva ancora visitato, i sotterranei. Era piuttosto buio e umido là sotto. Non apprezzava particolarmente l’idea di doverlo seguire nei meandri più tenebrosi del castello. “Professore, posso chiedere perché stiamo andando nei sotterranei?”. Chiese in un certo momento Adelia, sostando per le scale. “No Adelia, non le è permesso chiedere questa domanda. Ora mi segua.”. Rispose con una battuta di sarcasmo, che fece a dir poco innervosire la giovane. Quel professore aveva uno strano comportamento, quasi sadico…e se fosse un maniaco? Lei si sentì scossa da alcuni brividi lungo la schiena. Era a dir poco spaventata solo all’idea, di doversi ritrovare sola con lui in un posto buio, lontana da qualcuno che avrebbe potuto udire le sue urla. Si rovistò addosso, in cerca della sua bacchetta, ma non ce l’aveva appresso. E ora, come avrebbe potuto fare? Da un momento all’altro avrebbero raggiunto il dungeon del castello. Adelia stava spremendo le meningi, rimuginando a qualche incantesimo che le permettesse di scampare alle grinfie del Professore-maniaco.

(Prima necrofilo…ora per giunta maniaco O.O ) *poor Snape*

 

Giunsero dinanzi ad una porta in legno scuro. Piton la stava aprendo con una chiave, che aveva estratto da una tasca, mentre Adelia si faceva di qualche scalino più indietro. Come avrebbe potuto difendersi? Se c’era una cosa che poteva fare in quel momento, era quella di tagliare la corda! Si fece mano a mano sempre più lontana, a passo silenzioso. Dopo un po’ si voltò in avanti, e iniziò a correre. “Adelia!? Dove sta andando?”. Soggiunse quella voce. La ragazza non rispose, aveva il respiro sempre più affannato. Non si ricordava di aver sceso così tante scale. “Glisseo!”. Sentì ad un tratto dire da Piton. Le scale si trasformarono in una specie di scivolo. La fanciulla cadde a terra e cominciò a scivolare giù velocemente, forse anche troppo velocemente. Ad un tratto si schiantò contro qualcosa di nero. -SBAAAM!- Non riuscì a capire, in un primo momento, di cosa si trattasse. Dopo qualche attimo, si stava massaggiando la fronte. “Che male!”. Si accorse di trovarsi sdraiata su qualcosa di morbido, che per fortuna le aveva attutito il colpo. Si stropicciò gli occhi con una mano. Si accorse che quel ‘qualcosa di morbido’ in realtà era Piton. “Le spiacerebbe scendere dalle mie povere ossa rotte?”. Soggiunse lui. Adelia si scostò immediatamente, accovacciandosi a terra. Severus si alzò in piedi, osservandola. “Riesce ad alzarsi?”. Domandò. “Mi sono scorticata un ginocchio, non credo di riuscire…”. Non arrivò in tempo a terminare la frase, che si sentì avvolgere il busto, e sollevare da terra. Severus la stava tenendo stretta, per sorreggerla in piedi. “Sta bene?”. Chiese stranamente con voce tremante. Gli occhi verdi incontrarono i neri. E per un attimo, quello sguardo la riportò ad un passato ormai remoto. C’era qualcosa che non andava. Lei non riusciva a rammentare. Difatti quelli non erano gli stessi occhi che lei aveva visto quando era piccola. Quei mefistofelici occhi neri. “Adelia?”. La sua voce ritornò fredda, come prima. La ragazza ritornò in sé, e reagì. “Mi stia lontano!”. Lo allontanò con uno spintone. “Lei è un MANIACO!”.

 

Severus non seppe cosa rispondere. Gli era del tutto inaspettata quella reazione. E cosa poteva saperne lui di quello che passava nella testa di una diciassettenne? La lasciò andare via. Le scale erano tornate normali, e Adelia riuscì a scappare zoppicante. Tornò in infermeria, e vi trovò Madama Chips. “Oh per la barba di Merlino! Ma che cosa ti è successo al ginocchio, cara?”. “Non è successo niente. Madama Chips, potrei sapere dove sono state riposte le mie cose?”. “Ma certo! Te le porto qui. In tanto mettiti a sedere su uno dei letti, così potrò visitarti il ginocchio.”. Le fece un occhiolino. Era una donna davvero benevola. Aveva conosciuto poche persone come lei. Si mise a sedere su un letto. Poco dopo Madama Chips entrò, con la sua pesante valigia, e gliela portò dinanzi. “Grazie.”. “Prego mia cara, ora fammi ben vedere che cos’è successo a questo ginocchio.”. Delicatamente le abbassò la calza, e si mise ad esaminare attentamente il ginocchio. “Non è nulla di grave per fortuna, con tutto quel sangue ho pensato che ti fossi sbucciata fino all’osso! –Ahahahaha- ”. Terminò con una risatina. Dopo esser stata medicata, Adelia tirò fuori dalla sua valigia un altro paio di calzette dello stesso tipo, e la sua bacchetta. Si ridestò, e uscì dall’infermeria.

 

I corridoi erano più affollati del solito. Anzi, erano affollati come al solito, solo che per Adelia era la prima volta vederli così pieni. Dietro alle spalle si sentiva commenti e complimenti, di vario genere. –Guarda che carina!- . –Che stramba! Ma da dove viene?- . -Non lo so, è nuova.- . –L’ho vista con Piton oggi! Forse è una sua parente…- . Superò la folla di studenti che si era radunata nei corridoi. E si allontanò. Voleva andare da Hagrid. Uscì dalle mura della scuola, e si diresse verso la baracca del guardiacaccia. Quando bussò, il mezzogigante le andò subito ad aprire. “Adelia! Ma che sorpresa. Vieni entra.”. Disse con un sorrisone. “Non credevo che saresti venuta a trovarmi così presto, tuttavia ciò mi rende parecchio felice. Vuoi del tè?”. “Sì, grazie.”. Era alquanto gentile e affettuoso. Adelia dovette ammetterlo, la sua compagnia era decisamente piacevole. Forse, poteva anche essere la persona adatta, a cui chiedere informazioni al riguardo del Professore di pozioni. Sorseggiarono insieme un ottimo tè aromatizzato alle erbe, ma dopo un po’ Adelia prese a parlare. “Hagrid?”. “Dimmi Adelia!”. “Il Professor Piton, che tipo di persona è?”. “Oh l’ultima con la quale molti vorrebbero avere a che fare! Già…è piuttosto freddo e cinico, tuttavia è un valido insegnante a quanto so, anche se piuttosto esigente.”. “Perché è così freddo?”. Chiese Adelia, puntualizzando il discorso e aspettandosi una risposta più che soddisfacente. “Beh, questo non mi è del tutto chiaro, perché sia così, ma…già…in effetti questo non lo so proprio! Ma per caso ti trovi male con lui?”. Chiese ad un certo punto Hagrid, con aria sospettosa. “Non lo sopporto! Mi tratta come se fossi un oggetto, non riesco a continuare a stare con lui…”. Ammise Adelia tutto d’un tratto. “Oh Adelia, fossi in te aspetterei Silente. Tra meno di due giorni, dovrebbe essere di ritorno dal Ministero della Magia. Se gliene parli, sono certo che ti affiderà a qualche altro insegnante.”. Disse Hagrid, cercando di risollevarla. E in effetti si sentì decisamente meglio.

 

Erano appena le quattro di pomeriggio, e avrebbero potuto godere ancora di due ore di luce, prima del tramonto. Hagrid le propose di visitare la Foresta Proibita, e la giovane assentì incuriosita. “Questo posto è severamente vietato agli studenti se non accompagnati, specialmente quando è buio. Ma ti confesso che nonostante questa regola, molti studenti la infrangono e vengono a farsi delle passeggiate di giorno. E’ veramente rilassante.”. Adelia si guardava in giro interessata. Era la prima volta che visitava una foresta fatata. Hagrid proseguiva con i suoi discorsi, dando per scontato che la fanciulla lo ascoltasse. In realtà, era assuefatta dall’ambiente. Si guardava intorno, e osservava le bizzarre piante che crescevano lungo il sentiero. Non ne aveva mai viste di simili. Gli alberi altissimi coprivano il cielo, oscurandolo e facendo filtrare una pallida luce. Il mezzogigante proseguì nella sua conversazione a vuoto, mentre superava di quel po’ la ragazza, che era rimasta indietro. Era catturata da qualcosa che non aveva mai visto prima. Se i suoi occhi non la ingannavano, si trovava di fronte ad un piccolo battutolo peloso vivente. Aveva varie sfumature che tendevano dal rosa al viola. Si spostava avanti e dietro, rotolando. Emetteva dei strani versi, simili ad uno stridio. Era una Puffola Pigmea. Allungò la mano per accarezzare quella piccola creatura. Il pelo era soffice, quanto quello di un gatto. La buffa creatura si mise a verseggiare. Adelia rise. Almeno aveva trovato un nuovo amico. Ma ahimè! Come poteva sapere che proprio quella piccola creatura, le avrebbe potuto causare dei problemi, in un futuro non molto lontano? La giovane si sentì chiamare. “Adelia!? Dove sei? Adelia?”. “Arrivo Hagrid!”. Rispose lei, nel suo solito tono aggraziato. La passeggiata durò ancora per qualche mezzora, dopodiché Adelia dovette lasciare Hagrid, per andarsi a cambiare per la cena.

 

Quando arrivò di fronte al portone del castello, in apparenza sembrò non esserci nessuno. Ma man mano che si avvicinava, una nera figura si stagliava dinanzi alla sua visuale. “Fa che non mi debba importunare ancora…”. Sibilò tra sé e sé. Quando fu vicina, Piton inarcò un ciglio. “Ha fatto una bella passeggiata, Signorina Blackford?”. Ci mancava solo che cominciasse a chiamarla pure per cognome! “La prossima volta che esce, desidero esserne informato. Lo sa che ho una grande responsabilità su di lei?”. La rimproverò, Adelia abbassò lo sguardo. “E mi guardi quando le parlo! Ora mi segua, la accompagnerò nella stanza che le abbiamo assegnato.”. “Cosa? Quindi non dormirò con gli altri studenti?”. “A quanto pare saremo pure vicini di stanza.”. Rispose con freddezza. Vicini di stanza!? La peggior punizione che si potesse aspettare. Adelia non disse niente per tutto il tempo. Si fece accompagnare fino alla sua camera. Era proprio di fianco a quella del Professore-maniaco. Una di fianco all’altra, come aveva immaginato! Quando vi entrò, vide che per fortuna vi era una chiave alla porta. Almeno Piton non sarebbe potuto entrare! L’arredamento era modesto. Vi era un letto a baldacchino, con drappeggi verde scuro e lenzuola color panna. Vi erano giusto l’occorrente. Un comodino, l’armadio, una scrivania, qualche sedia e una poltrona. Tutto in perfette condizioni. “I suoi affetti sono stati già sistemati in questa camera. Alloggerà qui, fino alla fine dell’anno, per cui le consiglio di mantenerla in queste condizioni. Tra mezzora sarà servita la cena, ha giusto il tempo per prepararsi, se lo desidera.”. Finalmente se ne andò. Adelia chiuse la porta a chiave, e sospirò. Beh, almeno non doveva condividere la stanza con lui! Il che sarebbe stato peggio.

 

***

Adelia si era cambiata. Indossava un delizioso completino nero in satin, orlato di pizzi viola scuro. Aveva raccolto i capelli con un nastrino nero, lasciando intravedere il suo tenero viso. Vestiva un paio di calze nere e un paio di New Rock (anfibi). Si guardò un’ultima volta allo specchio, per sistemarsi la lunga coda corvina e uscì. Per sua fortuna non incrociò spiacevoli conoscenze. Prima che potesse entrare nella Sala Grande, assieme agli altri studenti, venne però fermata dalla McGranitt. “Adelia, stavo giusto per mandarti a cercare.”. “Desiderava qualcosa, vicepreside?”. Chiese in tono rispettoso. “Certo, mia cara. Stasera ti vorremmo presentare agli altri studenti, in quanto è stato deciso che ti fermerai qui per il resto dell’anno, e sarai una studentessa anche tu, a tutti gli effetti. Inoltre, verrai smistata in una delle quattro case, sono: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde.”. “Come verrò smistata?”. “Oh mia cara, ma tu non sai nulla su Hogwarts!”. Disse sorridendo. “Tuttavia la tua ignoranza è giustificata. Sarà il Cappello Parlante a decidere in quale casa smistarti. Ora ti prego di seguirmi.”. La vicepreside le fece cenno di seguirla al tavolo degli insegnanti, dove però stranamente mancava ancora una persona all’appello (Piton). La sala era quasi piena, e vi erano tutti gli studenti di Hogwarts. Si scambiavano commenti, curiosi su quella nuova ragazza che si trovava al tavolo degli insegnanti. Quando tutti si accomodarono ai tavoli, Minerva si avvicinò al pilastro che si trovava rialzato, in prossimità e al centro della sala. Batté le mani, e ci fu silenzio. Tutti rivolsero la loro attenzione nei suoi confronti.

 

“Ben trovati, questa sera avrò una serie di annunci da fare.”. Cominciò la McGranitt. “Innanzitutto la stagione di Quidditch è appena stata aperta. Si ricorda che il prossimo torneo è previsto per la fine di Ottobre, sarà Grifondoro contro Serpeverde.”. Ci furono diversi applausi e commenti. Ma le bastò un cenno, per far regredire le chiacchiere nel silenzio. “In quanto al Preside di Hogwarts, Albus Silente, è stato momentaneamente convocato presso il Ministero della Magia, per questioni di massima priorità. Durante la sua assenza, sarò io personalmente a prenderne le proprie veci.”. Prese una pausa. “E ora, veniamo alle liete notizie. Da oggi, una nuova studentessa si unirà agli allievi del sesto anno.”. Fece cenno ad Adelia di avvicinarsi. “Adelia Blackford proviene dalla scuola di Ostrongrave, è stata trasferita a Hogwarts sotto la tutela del Ministero della Magia, che ha voluto affidare l’incarico alla scuola stessa, di ospitarla nel corso dell’anno. Tuttavia, seguirà solo il corso delle lezioni, assieme ai compagni della casa alla quale sarà assegnata.”. Il suo arrivo aveva suscitato diversi commenti in sala. Molti parlavano già solo di lei. La misteriosa ragazza stramba. Adelia venne fatta accomodare su una sedia, portata da Gazza. La McGranitt le si avvicinò, porgendole il Capello Parlante in testa, il quale cominciò subito a proferire qualcosa. “Uuuh! Ma chi abbiamo? Non sarai di certo una di sangue comune, vero Adelia? Non sei affatto facile…dove ti posso collocare?”. Il capello cominciò a rimuginare. Non avrebbe mai pensato che quel cappello potesse essere così sfacciato. Ma non era ancora tutto…“Mmmh…il tuo destino è stato marchiato a fuoco…”. A quelle parole il suo cuore iniziò a battere all’impazzata. Pregava a denti stretti che non proferisse altro. “…hai molte potenzialità, ma hai paura di usarle, per perdere il controllo…hai paura forse di poter ferire le persone più care?”. Adelia non seppe che cosa rispondere. Avrebbe solo voluto farlo stare zitto! Rispose con un timido: “Sì.”. “Allora la tua casa è Grifondoro!”. Rispose il cappello con entusiasmo. La vicepreside le tolse il cappello, e la invitò ad unirsi al tavolo dei Grifondoro. Si sedette affianco ad un gruppo di ragazzi, più o meno, della sua stessa età. “Ciao Adelia! Benvenuta a Grifondoro! Io sono Cedric Diggory, capo scuola, e faccio parte dei Tassorosso. Per qualsiasi problema, puoi rivolgerti a me.”. Le disse un ragazzo dai capelli biondi, stringendole la mano. Quella sera ebbe modo di conoscere anche altre persone. Fece la conoscenza di tre Weasley: Percy, Fred e Ron. Neville Paciock e Lavanda Brown. Una ragazza dall’aria alquanto altezzosa, Hermione Granger. E infine la celebrità della scuola, Harry Potter.

 

“Ti abbiamo vista stamani con Piton! Non sarai mica una sua parente?”. Le chiese ad un tratto il ragazzo dai capelli rossastri e le lentiggini, seduto poco più in là. “No, ma lui è il mio tutore.”. Ammise Adelia con insofferenza. “Tutore!? Che cosa significa?”. “Ma sei uno zuccone, non lo sai?”. Soggiunse Hermione. “Un tutore è una persona che viene incaricata dal Ministero della Magia di assumersi la responsabilità per altri maghi o streghe, che per qualche ragione, hanno bisogno di essere protetti e assistiti.”. Concluse soddisfatta, con la solita aria presuntuosa da saputella. “L’avevo chiesto a lei, non a te!”. Borbottò Ron. “Quello che ha detto Hermione è giusto. Ma il mio vero tutore dovrebbe essere Albus Silente. Ma dal momento che è impegnato con gli incarichi del Ministero, sono stata temporaneamente affidata a Severus Piton.”. “E perché proprio a lui, e non alla McGranitt? Lei è la vicepreside e anche Capo casa dei Grifondoro!”. Intervenne Harry, che stava ascoltando la conversazione interessato. “Non ne ho idea…ma spero che torni presto.”. Concluse rassegnata Adelia. La conversazione cambiò, e presto iniziarono a parlare degli argomenti più vari. Adelia si trovò particolarmente bene con loro. Soprattutto con Hermione e Lavanda. Quando la cena terminò, ognuno doveva andare nei rispettivi dormitori. “Adelia, vieni con noi?”. Le chiese gentilmente Lavanda. “No, io…a dire il vero non dormo con voi. Mi è stata assegnata una stanza a parte.”. Ammise abbassando lo sguardo. Si vergognava di confessare la verità, di esser stata sistemata accanto alla camera di Piton. “Oh già…è un vero peccato! Ci vedremo domani a lezione.”. Rispose la Brown. “D’accordo, buona notte e a domani!”. Rispose Adelia, sforzando un sorriso. Erano poco più le otto e mezza di sera. Adelia era abituata ad andare a letto alle dieci! Cos’avrebbe fatto in tutto quel tempo? Si decise di andare a fare un ultimo giro per la scuola, prima delle nove. Si limitò a gironzolare per un po’, nei lunghi corridoi in pietra, le quali pareti erano strapiene di quadri incantanti. Si soffermò addirittura a contemplare il quadro di una giovane fanciulla ottocentesca. Si fermò perfino a parlarle per un po’, dopodiché quando si accorse che ormai era troppo tardi, si diresse verso il suo dormitorio.

 

Quando giunse dinanzi alla porta della sua stanza, girò la chiave e la aprì lentamente per non far rumore. Ma quando questa venne aperta, il cigolio delle cerniere la tradì. Si fermò un momento, voltandosi verso la porta accanto. Era chiusa. Tirò un sospiro di sollievo. Se lo era già immaginata sulla soglia pronto a rimproverarla, per essere andata a gironzolare per il castello, dopo cena. Stava per entrare nella sua stanza, quando la porta di fianco si aprì e Piton vi uscì. Aveva un’aria piuttosto imbronciata. “Signorina Blackford, perché avete tardato?”. Adelia sobbalzò. “Ehm…mi sono persa per il castello.”. “Allora credo che avrà bisogno di una mappa, per trovare la sua stanza. Altrimenti, di una persona affidabile che la accompagni nella sua rispettiva stanza.”. “Vada per la mappa! Buona notte Professore.”. Rispose velocemente. Chiuse la porta dietro di sé, e girò la chiave nella serratura. “L’ho scampata bene.”. Bisbigliò tra sé e sé. Appoggiando la schiena contro porta.

 

.†.†.†.

 

Rispondo intanto ad alcuni particolari commenti:

Persefone Fuxia Per la verità l’abbigliamento di Adelia è Goth Lolita^^. Il Goth è diverso dal Dark, anche per aver introdotto articoli lavorati con materiali, come: pizzo, satin, PVC, organza, velluto ecc… La moda Dark è per giunta meno raffinata del Goth, e propone un abbigliamento più ‘urbano’. Comunque la citazione all’inizio, è un ritaglio di una critica sul 33’esimo canto de’ l’Inferno di Dante, scritta da Francesco De Sanctis. E’ chiaramente riferita al Conte Ugolino, un uomo destinato all’Inferno, per aver tradito la patria. Ha una storia molto agghiacciante, ma che per un certo lato, assomiglia alla mesta trama della vita di Piton (anche se la perdita è ben diversa, lo stato di sofferenza è lo stesso…).

Dogma Non dire mai più che le tue storie sono penose >.< Non puoi immaginare quanto mi abbiano fatto sognare le tue FF! Ho letto ‘Dubbi’ e ‘Una nuova vita’ , e sto ancora aspettando i prossimi capitoli della medesima storia. Ti stimo davvero! E’ stato grazie a te, se allora mi sono convinta nel cimentarmi a scrivere qualche storia^^.

 

I miei più sentiti ringraziamenti a: PAM PAM, lupa bianca, draco92, Persefone Fuxia e Dogma per aver commentato!

 

E in particolare Dogma e draco92, per aver aggiunto la storia tra i preferiti^^.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV - Iniziano i problemi! ***


Penso che questo capitolo, sarà solo un assaggio del vero succo della storia che sto scrivendo. Ci saranno momenti divertenti, malinconici e romantici. Spero di aver scritto un buon lavoro. Buona lettura^^!

 

*Non dimenticate di leggere le risposte e i ringraziamenti in fondo alla pagina.*

 

Iniziano i problemi!

 

 

Una cerulea luce filtrava dalla finestra. Era appena l’alba, e il cielo si stava schiarendo a poco a poco. Adelia si stava svegliando. Non aveva voglia di alzarsi. Stropicciò gli occhi, guardandosi attorno. Davanti a sé scorgeva una sagoma rosea. Strofinò gli occhi ancora di più, la vista non la stava ingannando! Una strana palla di pelo rosa, si trovava seduta proprio sul suo petto. Per un attimo si spaventò, emettendo un leggero sussulto. Raccolse delicatamente tra le mani quella buffa pallina, e si drizzò sul letto. Era la Puffola Pigmea che ieri aveva incontrato nella Foresta Proibita. “E tu che ci fai qui, piccolo?”. Sussurrò, mentre accarezzava dolcemente quella piccola creatura. Poco dopo questa cominciò a verseggiare. “No no, ti prego! Fai silenzio…”. Soggiunse lei, ma la piccola creatura prese persino a cantare. “Brava Adelia, e adesso come fai a farlo smettere!?”. Si domandò. Si alzò in piedi, appoggiando la creatura-batuffolo sul letto, questa cominciò a rotolare avanti e indietro. Adelia iniziò a rovistare tra alcuni libri che si trovavano negli scaffali di un vecchio mobile in legno, in cerca di un manuale sulle creature magiche. Ma non vi trovò nulla. La bestiolina aveva preso a ‘cantare’ più forte, quasi strillava. “Oh per le pantofole di Merlino! Smettila o sveglierai Piton!”. Disse Adelia. Ad un tratto ebbe una mezza idea. Prese la bacchetta riposta sul comodino, e la puntò contro la creatura. “Silencio!”. Improvvisamente la cantilena cessò. “Oh…finalmente.”. Sospirò lei. Ad un tratto qualcuno bussò alla porta. “Signorina Blackford, è sveglia?”. Era il famigerato vicino-della-porta-accanto. “Ehm, sì!”. Rispose lei. “Mi faccia entrare, ho sentito dei rumori sospetti!”. E adesso!? Piton voleva entrare nella sua stanza. “Un momento! Non sono presentabile.”. Fu la prima cosa che s’inventò. Raccolse tra le mani la creatura. “Oooh e adesso dove ti nascondo?”. Pensò Adelia. Aprì il cassetto del comodino, e la nascose in mezzo alle scartoffie. Poi richiuse. Prese una vestaglia e la indossò velocemente. Tanto da non accorgersi di essersela messa pure al contrario! “Adelia, hai finito?”. Cominciò a darle del ‘Tu’, senza che lei se ne rendesse conto. “Arrivo Professore!”. Sistemò alcune ciocche di capelli, si diresse verso la porta e aprì. Davanti a lei vi era un uomo a dir poco spazientito. “Quale stramba creatura hai nascosto nella tua camera?”. Chiese con tono sospettoso. “Creatura? N-no…io non so di cosa sta parlando.”. Fece lei, cercando di essere più credibile possibile. “La prossima volta che hai intenzione di prendermi in giro, fallo con uno scherzo ben fatto!”. Disse indicandole la vestaglia girata al contrario. Piton entrò nella sua stanza, e cominciò ad ispezionare tra i mobili e sotto al letto. “Professore, le ripeto che non c’è nulla nella mia stanza!”. Si difese lei. “Ah no? Prima ho sentito una strana cantilena…non vorrai dirmi che eri tu?”. “Esattamente!”. Severus si fermò a fissarla in cerca di una spiegazione. “Ebbene?”. Soggiunse lui inarcando un ciglio. Adelia era rimasta senza parole. “E-ecco io, mi vergogno ad ammetterlo, ma…parlo nel sonno!”. Lui parve piuttosto indispettito. “Solo per questa volta mi fiderò delle tue eccentriche giustificazioni. Inoltre, ricorda che non è permesso portare creature nel castello, almeno che non siano: gatti, civette, gufi, ratti, rospi o pipistrelli. Ci vedremo più tardi.”. Furono le sue ultime parole, che risuonarono come una minaccia, per Adelia. Il Professore uscì, trascinando dietro di sé la porta, fino a chiuderla. Lei sospirò. La fanciulla si diresse verso il comodino, aprì il cassetto e tirò fuori la creatura che vi aveva riposto un attimo prima. “Ti sei mangiato tutta la carta!?”. Disse Adelia con sorpresa. Quel piccolo batuffolo, era riuscito ad ingurgitare tutte le scartoffie, che Adelia teneva nel cassetto. “Credo che sarai un bel problema per me…”. Aggiunse, mentre accarezzava il suo piccolo amico.

 

 

Adelia non uscì dalla sua stanza, nemmeno per la colazione. Ormai erano le otto e un quarto, e le lezioni sarebbero cominciate tra meno di dieci minuti. Si vestì con l’uniforme Grifondoro, che mostrava la sua appartenenza ad una delle quattro case. Sciolse il lunghi capelli sulle spalle, e si decise ad andare. Aveva riposto i libri di cui avrebbe usufruito durante la mattinata in una borsa nera, ornata con motivi floreali ad intreccio che risaltavano in contorni bianchi. Le prime due ore, le avrebbe trascorse nell’aula di Divinazione, con la Professoressa Cooman. Mentre si avviava per la torre di Divinazione, per strada incontrò i suoi nuovi amici Grifondoro che aveva conosciuto la sera prima. “Come hai dormito Adelia?”. Chiese Ron. “Bene grazie, anche se…stamattina ho avuto un risveglio un po’ brusco.”. Ammise lei. “Ecco perché non ti sei presentata a colazione, ti avevo tenuto il posto…”. Soggiunse il rosso, strappando un’occhiataccia invidiosa ad Hermione. “Perché? Che cos’è successo?”. Chiese quest’ultima. “Penso di potermi fidare di voi, anche se vi conosco da poco…ma vi prego di non dire nulla in giro!”. “Figurati Adelia!”. Risposero Hermione e Ron all’unisono. “Stamattina, quando mi sono svegliata, ho trovato una Puffola Pigmea nel mio letto.”. “Uh-oh! Davvero? Potrebbe essere quella che ha perso mia sorella Ginny!”. “Ron, ma tu quanti fratelli e sorelle hai?”. Chiese ridendo Adelia. “In questo caso, spero che sia davvero la sua! Me ne devo sbarazzare…mi ha già divorato tutta la carta che avevo!”. Concluse lei. “Cosa!? Le hai dato da mangiare?”. Soggiunse ad un certo punto Hermione. “In realtà io non ho mai dato da mangiare a quella creatura, è stata lei stessa a nutrirsi dei miei fogli…”. Si difese. “Adelia, la Puffola Pigmea è una creatura in grado di fagocitare qualsiasi cosa! Quando questa assapora un certo tipo di materiale, ne vuole ancora e diventa una specie di tritatutto-ambulante! Ora, se hai lasciato quella creatura in giro per la scuola, sono certa che si dirigerà verso la biblioteca a divorare i libri!”. Hermione stava cominciando a farsi seriamente preoccupante, stava quasi diventando isterica (il comportamento si spiega dal momento che lei è molto attaccata alle aride pagine dei suoi libri…). “Hermione calmati! I tuoi libri saranno al sicuro, la creatura è con me.”. Cercò di rassicurare Hermione. “Ah sì!? E allora dimostralo.”. Adelia iniziò a rovistare nella borsa, e vi tirò fuori una piccola gabbietta in vimini, dentro la quale aveva riposto la sua piccola creatura. “Come ti avevo detto, è qui dentro.”. “Sarebbe bene che te ne sbarazzi al più presto! A Hogwarts non sono ammesse questo genere di creature.”. Enfatizzò lei. “Scherzi!? Hermione come puoi dire una cosa del genere!? E’ solo un batuffolo di pelo…che male potrebbe fare?”. La rimproverò Ron. “Certo, però Hermione ha ragione…a Hogwarts non sono ammessi questo genere di animali. Dopo le lezioni, lo poterò da Hagrid.”. Promise Adelia. “Verremo con te!”. Dissero i due, e si diressero verso l’aula in cima alla torre.

 

 

Le ore di Divinazione furono particolarmente rilassanti, anche se molti le trovarono noiose come loro solito. Per Adelia, era una materia nuova, che non aveva mai appreso prima d’ora. La Professoressa Cooman le aveva fatto i suoi migliori elogi, in quanto nonostante l’inesperienza, aveva dimostrato di sapersi destreggiare parecchio bene nella lettura delle foglie di tè o nella sfera di cristallo. Doti, secondo la Professoressa stessa, innate e molto rare. Hermione non era stata presente durante le ore di Divinazione. Aveva detto di non ritenersi tagliata per una subdola materia come quella. Ma la realtà era tutt’altra, e Ron non si risparmiò a raccontare la verità ad Adelia. Le successive ore le trascorsero insieme, e si aggregarono anche Harry, Hermione, Neville e Lavanda. Trascorsero due ore alla lezione di Trasfigurazione della McGranitt, e le successive due ancora a Difesa contro le Arti Oscure. La mattinata era volata, e finalmente si fece ora di pranzo. Finalmente Adelia poteva sentirsi sollevata. Lasciò la borsa nella sua camera, e ritornò nella sala comune, dove i suoi amici le avevano tenuto un posto libero. Si mise a sedere tra Harry e Neville. “E’ da quando sei entrata che Piton non fa altro che scrutarti.”. Le fece notare ad un certo punto Harry. “Me n’ero accorta.”. Ammise lei, continuando a mangiare indisturbata, come se quello che aveva detto Potter non l’avesse minimamente toccata. “Mi chiedo solo come fai a non averne paura.”. Soggiunse ad un certo punto Neville. “Beh, certo potrà sembrare una persona davvero inquietante, per come si comporta, ma…non vedo il motivo di averne paura.”. Harry scoppiò a ridere. “Ma Neville? Tu hai paura persino delle farfalle!”. Lo prese in giro il ragazzo con gli occhiali. “Non è vero! E comunque se lo guardi bene, ha una vaga aria da maniaco.”. Si difese Paciock. A quella parola, Adelia rammentò quel momento, in cui Severus la voleva accompagnare nei sotterranei. Chissà in quale oscuro meandro del castello avrebbe mai voluta portarla? “Ehi Harry!”. Disse ad un certo punto lei. “Dimmi Adelia.”. “Che cosa c’è nei sotterranei?”. Il ragazzo occhialuto la guardò con disappunto. “Strano che tu non lo sappia. C’è il laboratorio di pozioni di Piton, il posto dove trascorre la maggior parte del suo tempo.”. “E’ mai capitato che accompagnasse qualche studente là sotto?”. “Intendi nel suo laboratorio?”. Chiese Harry, ancora più incuriosito da quello che voleva sapere Adelia. “Perché? Ce ne sarebbero degli altri?”. “Beh, a dire il vero sarebbero due. Uno è il laboratorio di pozioni in cui abbiamo lezione normalmente, in compresenza con Serpeverde, e l’altro è il laboratorio privato di Piton.”. Adelia tentò una domanda azzardata. “E quale sarebbe quello privato?”. “Ho-ho! E cosa dovresti andarci a fare nel laboratorio privato di Piton!?”. La canzonò improvvisamente Ron, che immediatamente ricevette uno sganassone da Hermione. “In realtà ci sono stato solo una volta. Si trova di fianco al laboratorio di pozioni, ma è sempre sottochiave.”. Rispose Harry. “Per quale motivo sei stato portato là sotto?”. Insistette lei. “Per delle lezioni di occlumanzia.”. “Ho-ho! Non lo ascoltare, io sapevo che un tempo ci portavano gli studenti che si comportavano male, e gli appendevano per i pollici facendoli urlare fino allo svenimento dal dolore!”. Soggiunse Ron. “Ma quanto sei patetico…”. Disse Hermione, mostrando una smorfia disgustata. “Me l’ha detto Gazza!”. Si difese lui.

 

Dopo pranzo, Adelia si promise con Hermione e Ron, di incontrarsi da Hagrid. Tra questi, si volle unire anche Harry. La giovane Grifondoro tornò nella sua stanza, a riprendere la sua creatura che aveva deposto nella gabbia di vimini. Il fatto di doversene separare la rattristava, aveva cominciato ad affezionarsene. “Piccolino, sei ancora lì dentro?”. Chiese lei, avvicinandosi alla gabbietta che teneva nella borsa. Ma quando notò che era stata aperta, ebbe un amaro sospetto. Quando sollevò il coperchio, la Puffola Pigmea non c’era più! “Oh e adesso dove si sarà mai cacciata!?”. Cominciò a cercare per tutta la stanza, rovistando in giro tra scartoffie, libri e quaderni di scuola. Guardò sotto il letto, intorno ai mobili, dentro ai cassetti e per giunta nell’armadio. Ma di lei neanche una misera traccia. Notò che le aveva rosicchiato solo qualche pezzo di carta, di poco pregio e interesse, e che aveva lasciato le ‘briciole’ sul pavimento. Quei minuti pezzettini di carta, avevano formato una specie di scia. Adelia ebbe un brutto presentimento. Seguì la scia lasciata da quella ingorda creatura, e sobbalzò quando vide che portava alla stanza del Professore di pozioni. La fanciulla si accostò alla porta, e bussò. Ma nessuno le rispose. A quest’ora, Severus sarebbe dovuto essere nel suo laboratorio privato a giocare al piccolo-chimico, come le aveva assicurato Harry a pranzo. Se fosse stato così, avrebbe potuto entrare e uscire senza che lui se ne accorgesse. Si accostò alla porta. “Batuffolo? Sei lì dentro?”. Bisbigliò. Un lieve stridio la risollevò di morale. Va bene (forse non tanto bene…), ora era certa che la sua creatura era proprio andata a rifugiarsi nella camera di Piton. Puntò la bacchetta alla serratura. “Alohomora!”. La porta si aprì magicamente. Vi entrò lentamente, guardandosi bene intorno, per accertarsi che non vi fosse nessuno. “Batuffolo? Dove sei?”. Si guardò intorno per la stanza. Era piuttosto tetra, seppure l’arredamento era molto simile a quello della sua stanza. Al centro vi era un letto a baldacchino, con scuri drappeggi violacei e coperte del medesimo colore, fatta eccezione per le lenzuola color panna. Vi erano mobili in legno pregiato, molto scuro, quasi nero. Conferivano una aspetto così tetro e regale alla stanza. Dovette ammettere che rispecchiava particolarmente la personalità del suo insegnante di pozioni. Quando vi entrò, notò che in un angolo della stanza, vi era persino un enorme specchio. Era vecchio, e consumato dagli anni. Tuttavia era meraviglioso, alto fino al soffitto, con una cornice d'oro riccamente decorata che si reggeva su due zampe di leone. Che cosa se ne faceva di uno specchio vecchio e logoro come quello? Adelia ne fu particolarmente attratta. Si avvicinò, a tal punto da arrivare a specchiarvisi perfettamente, dinanzi a quella liscia superficie cristallina. Il suo riflesso era opaco, quasi come il riflesso sull’acqua di un lago molto scuro e profondo. Vedeva la sua immagine riflessa. Perfetta e nitida. Ma non era lei. Almeno, non così come lo era adesso. Era un'altra sé stessa, più giovane e piccola, ma vestita identica a lei. Si riconobbe. Aveva appena sette anni, l’età in cui perse sua madre. Ma non pareva affatto triste come allora, anzi, aveva un’aria piuttosto pacata e felice. Alle spalle della sua immagine, vide una bianca figura materializzarsi accanto a questa. Era una bellissima donna, dai lunghi capelli argentei ondulati, con lineamenti molti simili a suoi, e occhi brillanti come fossero smeraldi. “Mamma!?”. Sussurrò Adelia, avvicinandosi ancora di più allo specchio. Si sentì un sbuffo gelido sul collo, e si voltò indietro. Ma non vi era nessuno. Tornò a fissare avanti. Era ancora lì. “Mamma…non volevo che te ne andassi.”. Alcune lacrime le scendevano dal viso. In quel momento, una cantilena la riportò alla realtà. “Batuffolo!?”. Soggiunse Adelia, notando la piccola palla di pelo che rotolava presso i suoi piedi. Lo raccolse dolcemente. “Sei stato cattivo! Non scappare mai più!”. Lo sgridò. Ma dei lontani passi la fecero atterrire. Avrebbe riconosciuto ovunque quello scalpicciò di passi veloci e decisi, sul pavimento in pietra. Stava arrivando Piton! Ormai era troppo vicino, e si sentiva raggiunta. Se avesse tentato di uscire dalla sua stanza, sarebbe stata colta in flagrante! “Oh ma in che razza di problemi mi sono cacciata!?”. Borbottò Adelia. Si guardò intorno nella stanza. Non c’era un posto dove si sarebbe potuta nascondere, anzi…forse un posto c’era tutto sommato: sotto il letto.

 

Adelia prese la sua creatura, e si precipitò sotto al letto. “Non una parola!”. Raccomandò. Quasi parve che la creatura avesse compreso le sue parole, poiché si era improvvisamente azzittita. I passi si fecero sempre più vicini, finché non intravide delle scarpe nere. Era arrivato. La fanciulla si mise persino una mano davanti alla bocca, per non far sentire i suoi respiri affannati. Il cuore aveva preso a batterle all’impazzata. La porta si chiuse. Alzò un po’ di più lo sguardo, voleva capire quello che stava succedendo. Riuscì a scorgere interamente la sua nera figura. Aveva un’aria al quanto triste e tormentata. Si avvicinò allo specchio, e iniziò a contemplare la sua immagine. Che fosse pure narcisista? No, non poteva esserlo. Prima Adelia nello stesso specchio, aveva visto sé stessa da giovane, con sua madre affianco. Che cosa poteva significare questo? Forse quello specchio mostrava le persone care che erano morte. Forse anche Piton aveva perso qualcuno di importante, un tempo. Forse, anche lui era capace di amare e di essere amato. Lui era lì immobile, ma Adelia vedeva solo la sua immagine e nient’altro. Che cosa significava? Non riusciva a capirlo. “Quando potrai mai perdonarmi per ciò che ti ho fatto?”. Sussurrò lui ad un certo punto. Lo vide accasciarsi a terra, mentre si teneva la testa tra le mani, con lo sguardo chino sul pavimento. Stava soffrendo. Adelia lo guardò con aria sorpresa. Come aveva potuto pensare che quel pover’uomo fosse un maniaco? In quel momento capì molte cose. Dal freddo comportamento che egli riversava sulle persone che gli stavano intorno, lei compresa. Al suo isolamento e al disprezzo che provava nei confronti di chi cercasse di stabilire qualche legame con lui. Era una maschera. Adelia avvertì una profonda malinconia nel suo cuore. Quel gelido sentimento, che si prova quando dentro si è vuoti, e la propria anima è nera quanto la pece. Una calda lacrima le scese lungo la guancia. Non avrebbe mai creduto di poter provare compassione, proprio per colui che aveva iniziato ad odiare profondamente.

 

***

 

Finalmente Adelia era fuori da quella stanza. Qualche attimo prima, Piton era uscito, portandosi dietro uno dei suoi ricettari di pozioni. Probabilmente ora si era diretto nel suo laboratorio privato. Si sentì mossa da un profondo desiderio, di andare a parlare al suo ‘odiato’ Professore. Ma non avrebbe potuto riferire nulla di quanto aveva visto. Avrebbe aspettato il momento giusto, ora aveva altro a cui pensare. Rapidamente si diresse verso la baracca del guardiacaccia, Hagrid. I suoi amici erano già arrivati almeno mezz’ora prima di lei. “Ehi! Dove ti eri cacciata Adelia?”. Chiese ad un certo punto Ron, con tono di entusiasmo. “Ho avuto un contrattempo.”. Ammise lei, pensando ancora a Severus. “Comunque, hai portato la Puffola Pigmea?”. Chiese Hermione. “Certo.”. Tirò fuori la piccola creatura da una delle tasche laterali della sua nera veste. Hagrid le si avvicinò, osservando la piccola palla di pelo, e il suo viso si illuminò. “E per questa piccola creatura vi preoccupate così tanto!?”. Chiese il mezzogigante sorpreso. “Beh, è un grande divoratore di carta.”. Ammise Adelia, sorridendo. “Basterà che lo tieni lontano dalla biblioteca, e penso che gli altri insegnanti potrebbero anche chiudere un occhio.”. La creatura che teneva nel palmo della mano prese a verseggiare. “Oooh! Quando cantano significa che sono felici. Credo che tu le piaccia!”. Disse Hagrid sorridente, mentre Adelia fissava la sua creatura. “Già, direi che l’hai proprio conquistato.”. Intervenne ad un certo punto Harry, che era appena arrivato anche lui in quel momento. “E tu dove ti eri cacciato?”. Chiesero Hermione e Adelia all’unisono. “E’ tornato Silente! Ho corso fino adesso, solo per venirtelo a dire Adelia.”. Aveva il fiato corto. “Grazie Harry.”. Adelia non ne fu particolarmente entusiasta, come si sarebbe aspettato il ragazzo occhialuto. Tuttavia nessuno ci diede molto peso, e insieme andarono a farsi una passeggiata per le boscaglie incantante. Ormai l’Autunno era arrivato. Le foglie degli alberi e di alcuni arbusti, si erano dipinte dei più svariati colori. Amaranto, arancio, ambrato, porpora e persino blu. Non aveva mai visto un luogo così sgargiante di colori. Più in là scorse la possente figura di un albero. Questo era già spoglio delle sue foglie. La corteccia era nera quanto la coltre notturna, e i suoi lunghi rami si stagliavano nel chiarore del cielo come lunghi artigli. Adelia ne rimase affascinata e volle avvicinarvisi, ma proprio quando stava per essere prossima, si sentì afferrare per un bracco. “No, Adelia!”. Lei si voltò, era Ron. “Quello è il Platano Picchiatore, è l’albero più pericoloso che si sia mai visto.”. “Pericoloso?”. Chiese Adelia con sgomento, mentre il rosso le lasciava il braccio. “Eh già. Io ed Harry ci siamo finiti contro all’inizio del secondo anno, e per poco non ci schiacciava come moscerini.”. “Certo che voi due ve le andate a cercare!”. Rispose Adelia ridente. Passarono le ore, e presto si fece buio. Erano poco più le sei meno un quarto del pomeriggio, e il sole stava calando all’orizzonte. Hermione se ne andò via per prima. Voleva andare in biblioteca a studiare erbologia . Harry e Ron rimasero invece in sua compagnia ancora per un poco, ma dopo un po’ tutti e tre i Grifondoro dovettero incamminarsi verso il castello, per via dell’oscurità che si stava via via inoltrando. Si salutarono all’ingresso, e ognuno andò verso i rispettivi dormitori.

 

 

Tra meno di venti minuti sarebbe stata servita la cena, ma Adelia si sentiva lo stomaco annodato. Era nella sua camera, stesa sul letto con il suo nuovo amico, che continuava a rotolare avanti e indietro sulle lenzuola. “Almeno tu puoi star sereno…”. Sospirò lei. Pensava ancora a Piton. Non riusciva a levarsi dalla testa quella mesta scena. Nutriva una forte compassione nei suoi confronti. Ma perché? Vederlo in quello stato non avrebbe dovuto rassicurarla affatto, dal momento che lui avrebbe dovuto proteggerla. Adelia pensava che non ne sarebbe stato in grado, e ad ogni modo, sembrava piuttosto menefreghista nei suoi confronti! Tuttavia, aveva scoperto un lato nascosto in lui. Qualcosa di umano, che lo faceva sembrare diverso, dal suo solito modo di fare. La ragazza appoggiò la testa sul cuscino, e dopo un po’ chiuse gli occhi stanchi. “Che cosa ti è successo, Severus Piton?”. Sussurrò, e si addormentò. Non trascorsero più di dieci minuti che sentì qualcuno bussare alla porta. Adelia era ancora inebriata dal sonno. Si alzò dal letto di malavoglia, ancora mezza stordita e assonnata, e ignara di chi potesse essere aprì la porta. “Si era addormentata Signorina Adelia?”. Le chiese Piton, con solito tono. “Sì, Professore.”. “A quanto pare non mi sbagliavo sulla sua negligenza. Tuttavia sono venuto ad accompagnarla per la cena, in quanto Silente desidera incontrarla.”. Si era completamente scordata di Silente! “Oh certo, mi preparo!”. Adelia stava per chiudere la porta, ma Piton la fermò. “Non c’è tempo, venga così.”. La afferrò per un braccio, e la trascinò con sé. Adelia rimase sbigottita. Non ebbe neanche il tempo di rispondere. “Mancano ancora dieci minuti!”. Provò a convincerlo, ma sembrò far finta di non averla sentita. In quattro e quattr’otto si ritrovarono dinanzi alla porta della sala comune. La porta era ovviamente chiusa. Com’era possibile che la cena fosse già cominciata!? Piton le lasciò il braccio. “Seguimi!”. Le disse voltandosi verso di lei e fulminandola con un’occhiataccia. Sfoderò la bacchetta, e aprì bruscamente le porte della sala. Adelia lo seguì appresso. Le chiacchiere si interruppero, e tutti gli sguardi furono puntati su Adelia. –E’ lei!- . –Ma che cosa è successo? Perché è con Piton?- . –Sarà successo qualcosa…forse l’ha fatto alterare.- . –Non vorrei essere al suo posto!- . Questi erano i commenti che si sentiva dire alle spalle. Di certo, non le furono affatto piacevoli. Si accomodò al tavolo dei Grifondoro, dove Severus le aveva indicato, e la cena proseguì normalmente. Questa volta sedeva di fianco ad altri Grifondoro, anziché con i suoi amici, ma nessuno volle rivolgerle la parola. Cercò di mangiare qualcosa, ma non ne aveva assolutamente voglia. Il cibo le sembrava nauseabondo. Si limitò a qualche sorso d’acqua. Ad un tratto, quando la cena era quasi terminata, Lavanda le si avvicinò. “Ciao Adelia! Ehi, mi spieghi che cos’è successo con Piton? Tutti se lo stanno chiedendo qua.”. “Me lo chiedo anch’io…”. Rispose abbattuta. “Chiederai a Silente di assegnarti ad un altro insegnante?”. “Lavanda, scusami…ma non me la sento di parlare...”. “Suvvia Adelia! Non puoi mica tirarti così giù!”. Le disse la bionda dagli occhi azzurri, sedendosi accanto a lei e porgendole una mano sulla spalla. “A me puoi dirmi tutto.”. In quel momento sembrò molto sincera e leale, tanto che Adelia decise di fidarsi, raccontandole quanto aveva visto quel pomeriggio. “Non riesco a crederci!”. Soggiunse alla fine del discorso, Lavanda. “Ecco che fine ha fatto lo specchio delle brame!”. Adelia la guardò. “Specchio delle brame? Ne sai qualcosa?”. “Beh, più che altro questo me l’ha raccontato Harry. A quanto so, è uno specchio che ci mostra i nostri desideri più remoti, e tutto ciò che il nostro cuore brama di essere o di avere.”. Adelia era sbigottita. “Mi sorprende che Silente non se ne sia ancora sbarazzato! Si dice che faccia impazzire le persone, se restano troppo tempo ad osservarlo.”. Concluse la Brown.

 

 

Terminata la cena, i suoi compagni Grifondoro andarono nei rispettivi dormitori, mentre Adelia fu invece accompagnata dal suo ‘tutore’ nell’ufficio del Preside. Quando vi entrò, vide che questa volta si trovava appollaiata su un trespolo una Fenice. Che si trattasse di un animagus? Si guardò intorno con aria piuttosto curiosa. “Non si allontani Signorina Adelia…”. Disse Piton con voce melliflua. “…non si vorrà perdere come suo solito, vero?”. Concluse inarcando un ciglio. Era odiosamente insopportabile. “Suvvia Severus! Non rimproverare la ragazza.”. Soggiunse ad un tratto una voce. Adelia scorse un anziano signore, vestito in modo parecchio fuori dal comune. Non si poteva negare che la trama del suo vestiario ricalcava molto gli usi e i costumi medievali. Indossava una plumbea veste dalle larghe maniche, che ricoprivano quasi a metà anche le mani. La lunga barba cenerina che ricadeva fin sotto alla pancia, era legata quasi a metà da un nastrino nero. Indossava per giunta un copricapo del medesimo colore, anch’esso alquanto bizzarro. “Sei veramente graziosa quanto mi diceva la McGranitt!”. Si avvicinò verso di lei, e le strinse la mano. “Piacere di conoscerti, io sono Albus Silente, Preside di Hogwarts. Spero di non averti fatto attendere troppo prima del mio arrivo, di questi tempi il Ministero è più esigente del solito.”. “Mi dispiace interrompere questi convenevoli, ma io mi ritiro nella mia stanza, se non vi dispiace.”. Interruppe Piton. “Oh sì che mi dispiace! Non te ne vorrai andare via così? Dovrai accompagnare Adelia nella sua stanza.”. “Signor Preside!”. Intervenne ad un certo punto la ragazza. “Non mi chiamare ‘Signor Preside’, Silente o Albus potrà andar più che bene.”. Rispose il Mago, sorridendole. “Silente, vorrei sapere a chi sarà affidata la mia custodia, ora che lei è qui.”. Chiese decisa. “Era giusto dove volevo arrivare, mia cara.”. Prese una pausa, fissando lo sguardo smarrito di Severus. “Ci sono state delle complicazioni al Ministero della Magia. Abbiamo discusso molto, al riguardo dell’incolumità di Adelia…”. In quel momento, la fanciulla si accorse che si stava riferendo a Piton. “…e siamo giunti alla conclusione che nessun altro posto, al di fuori di Hogwarts, sia più sicuro. Inoltre, Severus devo chiederti di prendere sotto tua protezione Adelia, per ancora qualche tempo…”. A quelle parole, le si congelò il sangue nelle vene. “…il Signore Oscuro è in circolazione, e il Ministero ha proposto alla scuola di ospitare i Dissennatori; ma per via dei diversi incidenti che hanno scatenato bensì tre anni fa, sarà mio compito sopprimere tale proposta.”. Il Signore Oscuro? Non aveva più sentito pronunciare quelle parole da molto tempo. Il sangue tornò a circolarle nelle vene. Piton e Silente continuarono a parlare, ma Adelia non prestò attenzione al loro interloquio. Improvvisamente sentì un formicolio nell’interno braccio, presto si sarebbe tolta quella maledizione. Sarebbe stata libera. In un secondo momento, delle forti vampate di calore, le percossero il suo esile corpo. Presto, molto presto sarebbe stata purificata. Le gambe stavano per cedere al suo peso, le sentiva incredibilmente deboli. Stava svenendo. Adelia cadde a terra in un tonfo.

 

***

 

Adelia aprì gli occhi. Si trovava stesa sul freddo pavimento in pietra, di una buia stanza. Si stropicciò gli occhi e si guardò intorno. Cominciò a distinguere le prime figure sfocate. Vedeva dei mobili in legno scuro e un letto a baldacchino. Si drizzò sul busto, e iniziò ad esaminare lo spazio circostante. Davanti a sé vide un enorme specchio. Era nella stanza di Piton. Quel maledetto specchio. Si alzò in piedi, dinanzi alla sua lustra superficie cristallina. Stranamente non la rifletteva. Mostrava solo una nera figura indefinita. Pensò erroneamente che fosse la sua sagoma. “Maledetto…”. Disse lei ad un certo punto. Cominciò a prendere a pugni lo specchio, fino a frantumarlo in mille pezzi. “Mia madre è morta! Non prenderti gioco dei sentimenti altrui…”.Urlò lei. Si accasciò a terra, piangente. Aveva le mani sporche di sangue, e piene di tagli e ferite. Ad un tratto, si sentì sbuffare sul collo. Quella sensazione l’aveva già vissuta, in passato. Esitò a voltarsi, per un attimo. “Piccola, sono io. Non ti ricordi più di me?”. Quella voce. Si voltò. Una possente figura alata si trovava dinanzi a lei. “Samael…”. Sussurrò sorpresa. “Sapevo che ti saresti ricordata del mio nome, piccola.”. Il Demone sorrise crudelmente, lasciando intravedere un paio di canini affilati. “Sai perché sono qui nel suo sogno?”. Chiese, ma Adelia scosse con la testa di ‘no’. “Mi deludi profondamente.”. Rispose, sistemandosi la lunga chioma rosseggiante sulle spalle. “Il tuo destino si sta per compiere mia cara. Sono venuto a rammentarti del patto che abbiamo stretto una decina di anni fa.”. Le afferrò il braccio destro, lacerando la manica del suo pigiama. “Questo, mia cara, è il tuo destino…lo Stigmata Diaboli arderà sulla tua pelle in Eterno! Se non porterai a compimento la tua vendetta. Uccidi l’Oscuro Signore, e la maledizione scomparirà!”. Le strinse il braccio, e posò le sue nere labbra sull’interno braccio, sopra il marchio. Adelia gemette dal dolore. “Ricordati Adelia! Tu sei dannata.”. Una fiamma purpurea divampò all’interno della stanza, facendo scomparire nel vuoto il Demone. Adelia era ancora sofferente per il dolore. Pareva quasi che la sua pelle fosse stata ustionata con del ferro rovente. Sentiva bruciare la pelle come non mai.

 

 

Aprì gli occhi e lanciò un grido straziato dal dolore. Si trovava su un letto, non sapeva quale e non sapeva dove. Non le importava in quel momento. Ora sapeva che era veramente sveglia. Cadde dal letto nel tentativo di scendere. Si accasciò a terra, dolente. Con una mano copriva il marchio infuocato che le ardeva la pelle e la carne. Continuava a gemere dal dolore. Ad un tratto si sentì avvolgere da due possenti braccia. Chi poteva mai essere? “Severus! Venga immediatamente! La ragazza si è svegliata!”. Era la voce di Madama Chips. Ad un tratto Piton le comparve dinanzi. “Adelia, calmati! Che cos’è successo?”. Due gelide mani le avvolsero il viso, inumidito dalle lacrime. “Calmati, ora ti guarderò il braccio.”. Si era accorto dove le faceva male. No! Non poteva mostrarglielo. Nessuno doveva sapere. Raccolse le forze, e con uno schiaffo si tolse le mani di Piton dal viso. Poi si liberò di Madama Chips, con una gomitata allo stomaco. Le dispiaceva doverlo fare, ma era necessario. Si alzò in piedi, le gambe riuscivano a reggerla. Corse via, prima che uno dei due potesse fermarla. Uscì dall’infermeria, e corse per i lunghi corridoi. L’avambraccio le doleva moltissimo. Si recò verso il secondo piano, nei bagni delle ragazze. Si avvicinò al lavandino, aprì il rubinetto e iniziò a sciacquarsi il braccio. Persino l’acqua evaporava, da quanto ardeva la sua pelle. Alcune lacrime le scivolarono via, lungo le gote del viso. La manica del suo pigiama era lacerata, come era successo nel sogno. Rimase sconvolta. Non sarebbe mai riuscita a togliersi quel marchio. Pensò disperatamente. Ad un tratto sentì dei rumori, di acqua che gorgogliava dalle tubature. Qualcosa stava risalendo dallo scarico. Adelia si allontanò. Qualcosa di bianco e spumeggiante uscì dal lavandino. In realtà non era un ‘qualcosa’, ma un ‘qualcuno’. Davanti a lei si materializzò la bianca figura di una ragazzina, con i codini e gli occhiali. “E tu chi sei?”. Chiese ad un tratto il fantasma, con voce stridula. “Chi sei tu, piuttosto?”. Rispose a tono Adelia, mentre continuava a sciacquarsi il braccio sotto l’acqua fresca. “Mi chiamo Mirtilla Malcontenta. E tu?”. Questa cominciò a svolazzarle intorno. “Adelia Blackford.”. “Uuuh! Ho sentito parlare di te! Sei molto famosa…seppure piuttosto stramba a quanto dicono.”. “Già! Ascolta Mirtilla, non è per maleducazione, ma ho bisogno di chiederti di andartene. Ho Piton e Madama Chips alle calcagna, e non vorrei essere trovata. Ti spiace?”. Mirtilla fece una buffa smorfia per dispetto, e si volatilizzò nel nulla. La ferita cominciava a bruciare meno, e il dolore era diventato sopportabile, anche se lo stesso forte. Un rumore di passi echeggiava nei corridoi. Adelia non aveva scampo, le gambe avevano preso a farsi stanche e deboli. Non sarebbe riuscita a fuggire in tempo. Si accasciò a terra, sperando invano di non essere trovata.

 

 

La porta del bagno si aprì lentamente. Udì dei passi avvicinarsi a lei. Adelia non guardò. Continuò a tenere fisso verso terra il suo sguardo, mentre con la mano copriva il marchio sul braccio. Si sarebbe aspettata una meritata punizione. Iniziò a tremare dal freddo. Ormai era finita, per lei. Si sentì avvolgere da qualcosa di caldo, era una coperta. Alzò lo sguardo. Due profondi occhi neri la stavano guardando. Ma avevano qualcosa di diverso dal solito. Il gelido sguardo di sempre era sparito, lasciando prendere posto a qualcosa di nobile, e di più umano. Si sentì abbracciare teneramente. “Grazie per avermi liberato.”. Liberato? Non sapeva di cosa stesse parlando. Adelia si sentì molto assonnata. Chiuse gli occhi, e lasciò che il sonno avesse il sopravvento.

 

.†.†.†.

 

Persefone Fuxia Non mi sarei mai aspettata di incontrare qualcuno che condividesse così tanto! Per me è un ENORME piacere, che si ti sia piaciuta a tal punto la storia da aggiungerla nei preferiti^^. Ti ringrazio veramente tanto!

 

I miei più sentiti ringraziamenti anche a tutti gli altri lettori e commentatori!

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Capitolo 5
*** Capitolo V – Tempo di cambiamenti ***


Eccomi con il capitolo successivo! Non c’è molto da dire, a parte il fatto che ci saranno sicuramente tante sorprese e colpi di scena per voi lettori^^. Mi sono divertita parecchio a scrivere questo capitolo, e in certo senso è stato anche molto bello per le emozioni che ho provato nel scriverlo (dicono che abbia una fantasia molto sadica, quando si tratta di scrivere le battute di Severus). Spero che vi piaccia. Buona lettura! ;)

 

*A proposito: non aggiornerò la storia per almeno due giorni, per via del week-end! Quindi a lunedì^^.*

 

Tempo di cambiamenti

 

[…] E fu colei, che con straordinaria bellezza e nobiltà d’animo, elevò i sentimenti della selvaggia natura umana. Sublimando i cuori gentili, essa diventa una guida che porta alla luce, e priva dell’Odio e del tormento. L’Odio diventa Amore, la Morte diventa Vita e il Male diventa Bene. Lei è la donna-angelo. […]

 

Una debole luce filtrava dal leggero tessuto dei drappeggi color verde foglia, che circondavano il letto a baldacchino, sulla quale si trovava adagiata Adelia. Aprì lentamente gli occhi. Era nella sua stanza. Drizzò il busto, cercando di sollevarsi lentamente, per via del forte mal di testa che aveva. Che cos’era successo la notte prima? Non si ricordava quasi nulla, se non delle immagini sfocate di alcuni avvenimenti. Indosso aveva il suo pigiama, perfettamente intatto e pulito. Scrutò le maniche. Entrambe intatte. Si aspettava che una delle due fosse lacerata. Si scostò alcune ciocche di capelli dal viso, e si mise a sedere sul letto. Appoggiò il gomito sul ginocchio, e la testa sul palmo della mano, cercando di rimuginare a quello che le era successo la sera precedente. Più si sforzava e più il mal di testa aumentava. Ad un tratto si sentì solleticare la mano che poggiava sul letto, da qualcosa di morbido e peloso. Si voltò, e vide la sua creatura-batuffolo che si stava per accingere a ‘deliziarla’ con qualche sua solita cantilena. Adelia la raccolse tra le mani. “Batuffolo!”. La creatura prese a cantare. “Credo proprio che ti chiamerò così.”. Disse sorridente, mentre accarezzava il suo gomitolo vivente. Si alzò dal letto, girovagando a vuoto nella stanza. Quando si affacciò alla finestra, notò dei voluminosi nuvoloni color cenere che stavano coprendo il cielo. Ora l’Autunno era veramente cominciato. Girovagò ancora per un po’ nella stanza, finché non si fermò davanti all’orologio. Le lancette segnavano le due del pomeriggio passate! Adelia si sentì trasalire da un’ondata di precipitazione. Com’era possibile che avesse dormito così tanto!? Si cambiò in fretta e furia, arraffando i primi vestiti che le erano capitati sotto mano mentre frugava nell’armadio. Si infilò un completo nero e viola elettrico, per lo più caratterizzato da nastrini e merletti. Indossò un paio di calze del medesimo colore, e le sue amate New Rock. Prima di andarsene raccolse la sua solita borsa nera, dentro la quale vi mise soltanto la bacchetta e qualche libro che avrebbe usato durante la giornata. Anche se le lezioni erano finite, almeno sarebbe andata a studiare qualcosa in biblioteca. Uscì dalla stanza, chiudendo la porta a chiave. Si voltò un momento verso la stanza del suo vicino Professore di pozioni, ma come sospettava era chiusa, e per giunta sarebbe stata vuota.

 

 

Decise di andare verso lo studio della McGrannit, per giustificare la sua mancata partecipazione alle lezioni della mattinata, quando per i corridoi incontrò i suoi amici Grifondoro. “Adelia! Come stai?”. Chiese Ron, entusiasta come al solito di vederla. “Bene grazie, francamente ho passato una nottataccia, e devo essermi addormentata più del dovuto!”. Si giustificò lei. “E adesso dove stai andando?”. Intervenne Hermione. “Devo andare dalla McGrannit, a spiegarle perché non mi sono presentata alle lezioni.”. “Ti accompagniamo!”. Dissero in coro Harry e Ron. Hermione sembrava piuttosto irrequieta, pareva quasi che stesse bramando di dirle qualcosa. Non vi prestò molta attenzione, e insieme si diressero verso lo studio della Professoressa di Trasfigurazione. Proprio nel momento in cui si trovavano in mezzo ai corridoi, una nera figura si stava dirigendo verso di loro. Adelia lo riconobbe subito. Era Piton. Per qualche ragione, ancora a lei sconosciuta, si sentì particolarmente sollevata di vederlo. Ma quando lui si avvicinò ai quattro giovani Grifondoro, un sadico sorriso si dipinse nei suoi lineamenti. “Bene bene, e voi quattro giovani Grifondoro come mai non siete fuori a godervi questa uggiosa giornata? Si potrebbe pensare, che stiate tramando qualcosa.”. La sua voce non era cambiata. Il tono mellifluo e freddo, che nascondeva il suo profondo stato di sofferenza, soffocato dall’Odio. Adelia rimase sorpresa. “Oggi piove.”. Rispose Harry, con un tono troppo accentuato dal disprezzo. “Ovviamente Potter, così potevo bearmi della sua assenza durante le mie lezioni per malattia, come la Signorina Blackford.”. Signorina Blackford? Non era possibile. Eppure, era fortemente convinta che fosse cambiato. Che cos’era successo? I suoi neri occhi scrutarono con attenzione i quattro Grifondoro. “Con mio grandissimo rammarico, voi non appartenete alla mia casa e la decisione di espellervi non compete a me. Ora vado a cercare qualcuno cui spetta questo felice compito. Ci vedremo più tardi, Signorina Adelia.”. Era una minaccia? Adelia iniziò a preoccuparsene seriamente, mentre Piton si stava dirigendo dalla parte opposta. Lo guardava senza toglierli gli occhi di dosso. C’era qualcosa che l’affascinava nella sua mesta figura, seppure un uomo scontroso e poco gentile. Sospirò. “Adelia, posso farti una domanda?”. Intervenne ad un certo punto Ron. Lei si voltò, e notò che sembrava piuttosto serio in viso. “Quelle voci che girano non sono vere, giusto?”. Adelia si sentì cadere dalle nuvole. “Quali voci?”. Hermione diede una gomitata alle costole a Ron, e mentre il rosso si lagnava per l’inaspettato gesto della coetanea, sotto gli occhi curiosi di Adelia, lei prese a parlare. “In realtà, sono voci che sono saltate fuori solo da stamattina. Beh, è difficile sapere chi sia stato a diffondere queste dicerie, ma…”. Hermione esitò un momento. “Ma?”. Proseguì Adelia. “Si dice che tu e Piton…ecco…tu e Piton…”. Hermione prese a balbettare. “Basta Hermione! Si dice che tu e Piton siate amanti.”. Intervenne ad un certo punto Ron, azzittendo Hermione. “E’ la verità?”. Adelia lo guardò con disappunto. “No! Ma vorrei sapere chi ha messo queste false voci in giro.”. Vide che tutti e tre tirarono un sospiro di sollievo. “Beh, se ti ricordi magari di aver parlato a qualcuno di Piton, credo che faresti presto a stringere la cerchia dei sospetti!”. Suggerì Harry. Per il momento decisero di non pensarci, e si diressero tutti e quattro verso l’ufficio della McGrannit.

 

 

Era come al solito seduta dietro ad una scrivania, a scribacchiare su scartoffie. “Signora McGrannit?”. Chiese improvvisamente Adelia. “Oh Adelia! Che piacere saperti meglio, eri qui per spiegarmi come mai non hai partecipato alle lezioni di stamattina?”. La ragazza annuì, mentre gli altri tre la stavano aspettando fuori dallo studio, proprio sulla soglia. “Bene, sono già stata informata dal tuo tutore, di non aver potuto partecipare alle lezioni per via del mancamento che hai avuto ieri notte. Tuttavia, ti consiglio di mangiare qualcosa, hai un’aria piuttosto pallida e sciupata.”. Le disse sorridendo. “Certo, grazie Signora McGrannit.”. Quando uscì i suoi amici la stavano aspettando. “Dove andiamo adesso?”. Chiese Adelia ad un certo punto. “Non sarebbe male andare a far merenda, ti vedo piuttosto pallida.”. Rispose Harry, dandole una leggera pacca sulla schiena. “Buona idea.”. Insieme si diressero verso la sala comune di Grifondoro, quando un gruppo di studentesse si fermò a guardare con disprezzo Adelia. –E’ lei! E’ lei!- . –C’era da aspettarselo, si veste persino come una sgualdrina!- . –Pensavo che Piton avesse gusti più raffinati…- . –Anche lui è indecente quanto lei! Ahahahaha!- . Adelia non ci vedeva quasi più dalla rabbia. “Non farci caso, andiamo.”. Le disse Hermione prendendola sottobraccio, cercando di evitare una possibile lite. Ma quanto Adelia vide, che in quel gruppetto di ragazze, c’era anche Lavanda: non ci vide più dalla rabbia! Doveva esser stata lei per forza, a mettere quelle fasulle voci in giro! Si svincolò dalla presa di Hermione, e adirata si diresse verso quel gruppetto di oche. “Lavanda! Sei stata tu a mettere quelle voci in giro!”. Sbraitò Adelia. La ragazza bionda con gli occhi azzurri al centro del gruppetto, la fissò. “Non mi dire che conosci questa sciaquetta!?”. Chiese ad un tratto una delle sue coetanee, che le stavano appresso ridacchiando. “Per carità! Questa meretrice? Che si nascondeva sotto il letto di Piton per sedurlo!?”. Rispose la Brown, con tono altezzoso, squadrando Adelia dall’alto verso il basso. “Ti credevo sincera e leale, ma mi sono sbagliata…non sei altro che una viscida serpe!”. Si sentirono dei commenti in sottofondo, e in fine un –Uuuuu-Hooo!- che sollecitava Lavanda a tirare fuori la bacchetta. “Questo non me lo dovevi dire, sgualdrina!”. Ripose la Brown, sfoderando prontamente la bacchetta, e puntandola contro Adelia. “E comunque, mi sei sempre stata antipatica…non ti ho mai sopportata!”. Adelia tirò fuori la sua bacchetta, ma Lavanda recitò l’incantesimo di disarmo, prima che lei potesse fare qualcosa. “Expelliarmus!”. La bacchetta volò via dalle mani di Adelia. “Come ci si sente, eh?”. La bionda le si avvicinò, guardandola con disprezzo. “Dov’è il tuo amante? Piton non ti può più aiutare…”. Le disse umiliandola, mentre delle sonore risate rimbombavano per il corridoio. “Levicorpus!”. Enunciò. Adelia venne scaraventata in aria, e si ritrovò appesa per le caviglie al soffitto della sala. La vaporosa gonna del vestito, lasciava intravedere la biancheria che portava sotto le nere calze. “Ve l’avevo detto che era una ragazza di facile costume!”. La prese in giro Lavanda, mentre si pavoneggiava dinanzi alle sue coetanee. “Lasciala andare!”. Sbraitò Ron, piuttosto adirato. “Altrimenti cosa mi fai? Mangialumache!”. L’incantesimo colpì il rosso, che improvvisamente cominciò a rigurgitare lumache. “Hermione, portalo in infermeria!”. Disse d’un tratto Harry. Hermione prese Ron sotto braccio, e lo accompagnò da Madama Chips. “Ti piace divertirti così Lavanda!?”. Le urlò Harry. “Se non taci, vedrai che toccherà pure a te! Mr.-celebrità-della-scuola!”. Lo canzonò la bionda, mentre rideva con gusto, insieme alle sue coetanee. Adelia non ci vedeva più dalla rabbia. Ora era giunto il momento di reagire. Si sentì ardere fortemente l’interno braccio. Ancora quel dolore lancinante. “Liberacorpus!”. Gridò Adelia, balzando con una perfetta capriola sul pavimento. “Ma come ha fatto? Non aveva la bacchetta!?”. Soggiunse ad un certo punto una delle amiche di Lavanda, sotto gli occhi increduli di tutti. “Non ha importanza…ora non potrà più enunciare altri incantesimi…Languelingua!”. “Protego!”. Una barriera impedì all’incantesimo di colpirla. “Come riesci ad evocare incantesimi senza bacchetta!?”. Soggiunse ad un tratto Lavanda piuttosto in difficoltà, mentre le sue coetanee se la davano a gambe. Un sorriso malvagio si dipinse nei lineamenti di Adelia, deturpando il suo sguardo candido e innocente. Quasi ricordava l’espressione di Piton. Harry rimase a fissarla stupito, non sembrava più quella dolce ragazza che aveva conosciuto. I suoi occhi luccicavano come fuochi di smeraldo, mentre senza pietà guardava la sua avversaria. “Perché io non sono una debole come voi!”. Rispose Adelia, avvicinandosi sempre più alla Brown, che pareva avesse cominciato a tremare. “I tuoi occhi sono così pieni di vanità…”. Persino la sua voce era cambiata. Era fredda e pungente. “…hai fatto soffrire molte persone, con le tue parole avvelenate. Meriti di conoscere il dolore…Dismundo!”. La bionda cominciò ad urlare. “Dissennatori! Noooo!”. Urlò, mentre si accasciava a terra, tenendosi la testa tra le mani. “Mostri! Andate via! Via!”. Continuava ad urlare. Harry afferrò per mano Adelia. “Dobbiamo andare! Non vorrai passare una tremenda punizione non appena Piton sarà qui!?”. Non seppe cosa rispondere, e sul momento decise di ascoltare quello che le disse il suo amico. E insieme si dileguarono per il lungo corridoio.

 

***

 

Adelia seguì Harry fino ad un certo punto, poi sentendosi rammaricata per i sensi di colpi, decise di andare a parlare da Silente. “Sei sicura di voler andare nell’ufficio del Preside? Non credo che la prenderà tanto bene..:”. Le disse Harry. “Tanto prima o poi l’avrebbe scoperto…e preferisco dimostrare la mia sincerità, piuttosto che nascondermi per tutto il giorno nei meandri del castello.”. La ragazza aveva un’aria piuttosto abbattuta. “Come preferisci tu, vuoi che ti accompagni?”. “Forse è meglio di no, altrimenti penserà che tu sia mio complice. Ci vedremo più tardi, Harry.”. Rispose con un mezzo sorriso, nell’intento di non far preoccupare più di tanto l’amico occhialuto. “Allora a più tardi.”. Harry se ne andò, lasciando Adelia dinanzi alla statua in bronzo, che l’avrebbe portata da Silente. Sospirò. “Sorbetto, al limone.”. Salì sulla piattaforma, che cominciò magicamente a muoversi, fino a sollevarla al piano superiore. Entrò nell’ufficio. In apparenza sembrava vuoto, non vi era nessun altro, se non la Fenice di Silente appollaiata sul suo solito trespolo. Il volatile prese a fissarla, con aria alquanto stupita e curiosa. Si guardò intorno, finché non scorse un cappello a punta, che si nascondeva dietro ad una pila di libri sulla scrivania. “Silente! Sono venuta per…”. Quando si avvicinò vide che era solo un cappello e basta. Ma aveva un’aria piuttosto familiare. “Silente tornerà tra poco, mia cara. Come stai in mezzo ai Grifondoro?”. Chiese ad un tratto il Cappello Parlante. “Oh non credevo fossi tu! Beh…non bene, a dirla tutta.”. “Perché mia cara? Credevo ti saresti trovata magnificamente con Harry, Ron ed Hermione.”. “Certo, con loro mi trovo bene ma…per la verità non mi sento una di loro. Siamo così…”. “Diversi?”. Chiese il Cappello. “Sì.”. Ammise Adelia. “Tuttavia, nonostante tu abbia un carattere tipico dei Serpeverde, non andresti d’accordo nemmeno con loro. Ma sai perché ti ho collocata nei Grifondoro?”. Adelia sollevò lo sguardo verso il Cappello. “Perché in realtà tu non appartieni a nessuna delle quattro case, e disporti nei Grifondoro ti avrebbe aiutata a conoscere Harry Potter, il quale ha avuto un passato piuttosto simile al tuo.”. Adelia lo guardò sbigottita. “Qual è il passato di Harry?”. “Beh, i suoi genitori sono morti per mano dell’Oscuro Signore, quando lui era molto piccolo. Perché come tua madre, devi sapere che, facevano parte dell’Ordine della Fenice. Un ordine che si contrapponeva a quello dei Mangiamorte di Voldemort.”. Adelia era sempre più curiosa e stupita. “Ma lui…come ha fatto a…”. “A sopravvivere? Una potente magia di protezione l’ha salvato. I suoi genitori era maghi davvero abili.”. “Allora, lui non è come me.”. Adelia si sfregò il braccio. “Adelia, devi sapere che la tua non è una maledizione, se non una dei doni più nobili che ci siano a questo mondo.”. Prese a parlare ancora il Cappello. “Tu rimarrai sempre diversa da tutto e tutti, mia cara. Sei una tra le poche streghe, che riesce a padroneggiare la *Magia Universale. Una magia antica che non appartiene né al Bene né al Male, ma per qualche arcano motivo, è l’unica in grado di sublimare gli animi tormentati e macchiati dal peccato.”. “Che cosa significa?”. “Significa che potrai cambiare il destino di molte persone, Adelia.”. Disse il Capello prima di eclissarsi. “Ma come faccio a cambiare il loro destino?”. Chiese lei, ma quando notò che il Capello non le rispondeva più, allora sospirò. Si stava avviando verso l’uscita, quando una voce la fermò. “Adelia!? Desideravi dirmi qualcosa?”. Si voltò, e vide Silente accanto alla sua Fenice. “Sì.”. Il Mago la fece accomodare su una sedia, offrendole delle liquirizie. “Allora, raccontami quello che è successo con Lavanda.”. Lui sapeva già? Adelia se ne sorprese grandemente, ma alla fine li raccontò ugualmente quello che era successo. Alla fine del suo discorso, Silente la squadrò, con i suoi occhi lucenti che si nascondevano dietro alle lenti a mezzaluna. “Certo, quello che hai commesso è stato un gesto piuttosto grave…”. Prese a parlare mentre passeggiava per la stanza, tenendosi le mani dietro alla schiena. “…seppure tu abbia aiutato la Brown, a comprendere di non prendersi gioco delle persone. E’ stato un gesto nobile, farle provare la sofferenza degli altri.”. Cosa? Non credeva a quello che aveva appena sentito. Come poteva affermare che ciò che aveva fatto, era stato un gesto nobile? “Hai sublimato uno dei peccati più gravi.”. Quella parola le ritornò in mente, col discorso che poco prima di Silente, le aveva fatto il Capello Parlante. “Ho sublimato un peccato? Che significa?”. Silente le sorrise, avvicinandosi a lei. “Ci sono molte cose che prima dovrai comprendere. Tuttavia, mi faresti un favore?”. Chiese ad un tratto il Mago dalla lunga barba, prendendo una busta che si trovava sopra alla scrivania. “Ho bisogno che consegni questa lettera al tuo tutore.”. Adelia afferrò la busta. “Certo.”. Salutò il Preside, e se ne andò.

 

 

Che cosa poteva esserci mai scritto in quella lettera? Adelia era desiderosa di scoprire di cosa si trattasse. Erano poco più le quattro e un quarto del pomeriggio, e la maggior parte degli studenti si erano radunati nelle rispettive sale comuni per studiare insieme. Stava attraversando i corridoi, quando incontrò Gazza. Adelia si fermò per un attimo. “Signor Gazza!”. Chiese. “Che c’è?”. Rispose acidamente. “Ehm, volevo sapere dove si trovava il Professor Piton.”. Il custode non rispose per qualche momento, stava riflettendo. Aveva un portamento piuttosto rozzo e simile a quello di un pirata. “A quest’ora sarà nel suo laboratorio privato, in fondo ai sotterranei.”. “Grazie!”. Adelia se ne andò via subito. Stranamente le incuteva ancora più timore dello stesso Piton! Si avviò per i sotterranei. Scese le scale a chiocciola fino ad arrivare in fondo. Come le aveva detto Harry, vi erano due porte. Una sarebbe dovuta essere quella del laboratorio di Pozioni in cui si riunivano gli studenti per lezione, e l’altra quella del laboratorio privato di Piton. Ma quale delle due sarebbe stata quella giusta? Notò che una delle due porte si trovava semiaperta. “E’ permesso?”. Chiese, senza ricevere alcuna risposta. Adelia vi entrò. Era un laboratorio spazioso, pieno di calderoni e tavoli in legno. Una pallida luce filtrava da una finestra ovale, illuminando le ampolle di alcune pozioni colorate, che si trovavano su una scrivania. Si avvicinò un po’ di più, per esaminare quelle pozioni dai colori più sgargianti, quando ad un tratto sentì sbattere violentemente la porta. Adelia ebbe un sussulto e si voltò indietro. “Signorina Blackford, per quale motivo la trovo a gironzolare nel laboratorio di pozioni? Mi auguro che non stia tramando qualcosa con i suoi amichetti Grifondoro.”. Si avvicinò. “No Professore, la stavo cercando perché Silente mi aveva chiesto di consegnarle questa lettera.”. Rispose subito Adelia, facendo scivolare via ogni sospetto, porgendoli la busta. Piton gliela strappò dalle mani e la lesse dinanzi a lei. Nel frattempo, la ragazza si guardava intorno con aria piuttosto curiosa e interessata. Quando finì di leggere, Piton la squadrò. “A quanto pare dovrò istruirla sulla Necromanzia e la Demonologia, Signorina Blackford. Mi segua.”. Adelia rimase sbigottita, mentre il suo oscuro Professore si stava avviando verso il suo studio privato. La fanciulla sostò un attimo sulla soglia. “Mi segua.”. Ripeté lui, notando che si era fermata in prossimità del suo laboratorio. “Sì, mi scusi.”. Rispose lei, ed entrò. Severus la fece accomodare su una sedia, poi tirò fuori una pila di libri, rilegati in una copertina bordò. “Questi saranno i tuoi testi di Demonologia. Studierai i tipi Demoni, le loro origini, appartenenze, gerarchie, incantesimi e controincantesimi. Inoltre, sarai spesso interpellata, quindi vedi di non saltare alcun argomento. Sono stato chiaro?”. Adelia annuì. “In quanto ai testi di Necromanzia, andrò a ritirarli personalmente dalla sezione proibita, più tardi. Proveremo insieme qualche incantesimo, per insegnarti a controllare meglio i tuoi poteri. Da ora in avanti, dovrai sempre usare la bacchetta, se vorrai scagliare qualche incantesimo. Inoltre, Silente ti ha esonerata dal corso di studi, quindi frequenterai solo le mie lezioni. Ogni giorno, ti dovrai presentare alle otto di mattina nei sotterranei, e starai qui fino alle sei di pomeriggio.”. Adelia per poco non svenne (Eh poverina, ci credo: 10 ore di lezione! >.< ). “Adesso sì che tutti penseranno che siamo amanti! Ora che passerò tutto questo tempo con il Professore-maniaco, in questo posto buio e umido, dimenticato dal mondo!”. Pensò tra sé e sé. “Domande?”. Le chiese. “No, Professore.”. Adelia si alzò dalla sedia, e fece per andarsene. “Non ti ho detto che potevi andartene.”. La ragazza si fermò sulla soglia, e si voltò con sguardo a dir poco esasperato. “Cominceremo a prescindere da questo momento!”.

 

 

Come temeva. Piton aveva cominciato con la sua prima lezione di controllo sui poteri. “Desidero che tu usa solo la tua bacchetta! Non potrai fare altro incantesimo, al di fuori che con quella. Ora cominciamo.”. Piton si mise in posizione, pronto a scagliare qualche incantesimo. “Expelliarmus!”. La bacchetta di Adelia venne scaraventata via. “Non ci siamo! Se fossi l’Oscuro Signore non avrei alcuna pietà per te. Ora recupera subito la tua bacchetta!”. Odiava doverlo sentire parlare così. Si stava paragonando all’immonda creatura, che le aveva tolto l’unica cosa più bella dalla sua vita. “Avanti Adelia, sbrigati!”. Sbraitò il Professore. La fanciulla raccolse immediatamente la bacchetta, mentre stava pensando in fretta a qualche incantesimo da usare. “Ci stai mettendo troppo tempo!”. Le disse ancora freddamente. “Aqua Eructo!”. Enunciò Piton, producendo un forte getto d’acqua dalla bacchetta, diretto verso l’avversaria. “Impervius!”. Urlò appena in tempo Adelia, per bloccare l’incantesimo. “Dovrai pur cominciare ad attaccarmi, Adelia!”. “No! Non lo farò…”. Rispose lei con timore. “Allora se non sarai tu a farlo, lo farò io! Serpensortia!”. Improvvisamente apparve un cobra reale, che puntava contro Adelia. Proprio quando lei stava per pronunciare il controincantesimo, si sentì dire alle spalle. “Expelliarmus!”. Questa volta la bacchetta venne scaraventata lontano. “Ora come fai a difenderti, Adelia? Avresti dovuto attaccarmi nel momento giusto, così avresti evitato di soccombere al mio incantesimo.”. Il serpente si stava facendo sempre più vicino a lei, impedendole qualsiasi altra via di uscita. Piton restava con le mani in mano, a guardare cosa sarebbe successo. Il cobra iniziò a farsi sempre più vicino e minaccioso, finché non lo fu a tal punto, che Adelia non poté più fare altro che stare ferma a fissarlo. Ad un tratto il marchio cominciò a bruciarle. Si accasciò a terra, coprendo l’avambraccio con l’altra mano. Ormai il serpente era pronto per azzannarla. “Vipera Evanesca!”. Improvvisamente il serpente scomparve divorato dalle fiamme. “Davvero deludente. Sarai così compassionevole anche quando sarà l’Oscuro Signore ad attaccarti?”. Adelia si ridestò dal dolore. “Nessun Oscuro Signore sarà degno della mia pietà…”. Rispose lei mentre si rialzava a fatica, con il braccio che era scosso da continui formicolii. “Allora applicati! Sono stato anche più che clemente con te, oggi. Ma ricorda, che se fossi stato l’Oscuro Signore in persona, saresti morta di certo!”. A quelle parole Adelia si sentì divorare viva dalla collera. “Lei non si rende conto! Si sta paragonando a quel ignobile essere che ha strappato la vita a mia madre! Privandomi di una vita normale…”. Urlò tra le lacrime. Ma il Professore di pozioni non si sentì per nulla commosso, anzi, la sua espressione era ancora più sprezzante. “La vita non è normale, e non esiste clemenza per nessuno, neanche per una fanciulla graziosa come lei. E noi dobbiamo vivere soffrendo per le persone care che ci sono state tolte! Il destino è crudele e spietato, pronto a spingerci tra le braccia della Morte in qualsiasi momento.”. Si avvicinò ad Adelia, e cominciò a parlarle piano. “I sentimenti, sono solo una debolezza, Signorina Blackford.”. Alle ultime parole, non riuscì più a trattenersi. Lanciò l’ultimo sguardo ai quei bui occhi neri, e con le lacrime agli occhi chinò il capo e corse via. Fuggì dai sotterranei, tra i pianti e i singhiozzi, diretta verso la sua stanza. Aprì la porta e si buttò sul letto. Abbracciò forte il cuscino, e cercò di soffocare il suo straziato pianto tra le lenzuola.

 

***

Erano quasi le sette, quando qualcuno bussò alla porta della sua stanza. Adelia aveva pianto per ore, e i suoi occhi ora erano rossi e gonfi. Si alzò con pigrizia dal letto su cui era sdraiata fino a poco fa, e si diresse verso la porta, sperando che non fosse il suo odiato Professore di pozioni. Aprì, ma davanti a lei non vi era nessuno. Si guardò intorno, finché quando abbassò lo sguardo non vide una pila di libri, che si trovava sulla soglia della sua porta. Li raccolse e gli appoggiò sulla sua scrivania. “Necromantia.”. Lesse sulla copertina del primo libro, che aveva una bellissima rilegatura nera con cornici dorate. Poteva sospettare che fosse stato sicuramente Piton a mandarglieli, dal momento che aveva promesso di procurarglieli dalla sezione proibita della biblioteca. Cominciò a sfogliare le pagine del primo libro, incuriosita. Nella prima pagina vi trovò un biglietto. Lo aprì, e lo lesse. La calligrafia era piuttosto elegante e raffinata, il messaggio parlava chiaro.

 

Scenda per cena,

oggi non mi è sembrata in forma.

 

Severus Piton

 

Sospirò. “Perché continui a soffocare il tuo dolore con l’odio?”. Disse piano, cercando di non farsi sentire. In quel momento la sua creatura-batuffolo iniziò a saltellare sul letto, come una palla rimbalzante. “D’accordo, visto che è il tuo tipo preferito di carta, te lo concedo.”. Adelia sorrise, e appoggiò la busta con la lettera sul letto, dove il piccolo tritatutto-ambulante si stava preparando per un gustoso spuntino cartaceo. Divorò la carta in breve tempo, saziandosene con ingordigia. Quando ebbe finito il lieto pasto emise persino un piccolo rutto. “Credo che, uno di questi giorni, ti dovrò insegnare le buone maniere.”. Soggiunse Adelia con stupore, per la voracità della sua creatura. Alla fine, dopo aver rimuginato abbastanza su cosa fare, si decise di presentarsi per cena. Almeno avrebbe rivisto i suoi amici Grifondoro, e gli avrebbe potuti rassicurare che stava andando tutto bene (insomma…). Andò in bagno, e si sciacquò il viso con l’acqua fresca, cercando di togliere il rossore dai suoi occhi. Si guardò allo specchio. Aveva davvero un aspetto pallido e sciupato. Il suo viso era niveo, e persino le sue labbra parevano del medesimo colore. Il chiaro rossore delle guance era sparito, e le sue labbra non erano più scarlatte, ma bensì di un rosa molto attenuato. Sembrava un fantasma. Probabilmente, con tutto quello che aveva passato nella giornata, si era dimenticata persino di mangiare. In effetti, si stava chiedendo come avesse fatto a resistere per tutta la giornata a stomaco vuoto! Adelia si sistemò, uscì dalla stanza e si diresse verso la sala grande.

 

La cena l’aveva ristorata. Inoltre era riuscita a sedersi affianco ad Hermione ed Harry, e aveva raccontato loro quello che le aveva detto Silente (ovviamente esclusa la discussione con il Cappello Parlante), e anche della ‘punizione’ con Piton. Harry fu piuttosto preoccupato, in quanto era bene a conoscenza dei metodi spartani, alla quale ricorreva Piton. Tuttavia, si sarebbero potuti incontrare durante le ore di Pozioni in compresenza con i Serpeverde, nei sotterranei. Ron non si era presentato per cena, perché si sentiva ancora un po’ di nausea, in seguito all’incantesimo Mangialumache della Brown. E a proposito della biondina-vanitosa: Hermione le aveva raccontato che, nel momento un cui si era svegliata in infermeria, era diventata improvvisamente gentile e dolce con tutti. Alquanto strano, aveva detto Hermione, scoppiando in una sonora risata. Adelia sapeva perfettamente il motivo di quel brusco cambiamento. Avendole fatto provare la vera sofferenza e l’umiliazione, Lavanda aveva compreso che la Vanità, era effettivamente un peccato che la rendeva una persona spregevole. Quando la cena terminò del tutto, i due Grifondoro le proposero di unirsi a loro nel dormitorio per qualche ora, ma Adelia dovette rifiutare. Il giorno dopo si sarebbe dovuta alzare piuttosto presto. Uscì dalla sala grande, e si incamminò direttamente verso la sua stanza. Quando arrivò, vide che la porta della camera del Professore era rimasta aperta. Adelia era curiosa, e come al solito, si lasciò travolgere dalle brezza del pericolo.

 

Era piuttosto buio, allorché Adelia sfoderò la sua bacchetta. “Lumos!”. La stanza venne illuminata da una fioca luce cristallina. Si guardò intorno, finché non si imbatté nel suo riflesso opaco, tagliato da una crepa verticale, che divideva a metà la sua immagine. Si avvicinò ancora di più allo specchio. Posò una mano sulla lustra superficie di quel oggetto malefico. Lasciò scivolare la mano lungo la crepa, finché ad un tratto si tagliò. Delle gocce di sangue avevano imbrattato lo specchio. “Maledetto!”. Soggiunse lei. Ad un tratto la sua superficie cominciò ad oscurarsi. Adelia aveva uno strano presentimento, e si allontanò. Lo specchio cominciò a creparsi, a poco a poco, mostrando delle figure sfocate che si susseguivano in un ritmo caotico. Ad un tratto le figure si fermarono, e diventarono nitide, fino a che Adelia non riuscì a riconoscere delle persone. Vide una ragazza allo specchio. Era molto simile a lei, tranne che per i capelli rossi, lunghi fino alle spalle. Aveva i suoi stessi occhi e un timido sorriso, che si dipingeva tra i suoi teneri lineamenti. Notò che indossava l’uniforme dei Grifondoro. Chi poteva mai essere? Si domandò Adelia. Ad un tratto scorse un’altra figura, accanto a lei. Era un ragazzo della sua stessa età, con lunghi capelli neri e la divisa dei Serpeverde. Aveva un’aria vagamente familiare. Vedeva che erano felici insieme. Forse erano una coppia? Ad un tratto, delle piccole lingue di fuoco, iniziarono a zampillare fuori dalla specchio. Le crepe cominciarono a diventare talmente fitte, che ormai non era più possibile distinguere le figure dei due ragazzi. Lo specchio stava per rompersi in mille pezzi. Dopo qualche attimo si polverizzò. Adelia vide che vi era rimasta una foto sul pavimento. Si chinò per osservarla. Erano i ragazzi che aveva visto prima nello specchio. Girò la foto, e lesse una scritta nera, sbiadita dal tempo.

 

Lily & Severus

.†.†.†.

 

Persefone Fuxia Figurati, sono io a doverti ringraziare per gli utili consigli e commenti che scrivi^^. Riguardo ai triboli di Star Trek, non ne ero a conoscenza, così sono andata ad ispezionare sulla Wikipedia. In effetti potrebbero vagamente rassomigliare alla famigerata tritatutto-ambulante della mia storia XD Anche se ignoro quello di cui si nutrono i triboli! E’ stata intenzionale, la scelta di quello di cui si nutrono quei teneri batuffoli rosa, per il gusto di incutere un forte terrore ad Hermione! Riguardo alla scena in cui Piton non scopre Adelia, che si trovava nascosta sotto al suo letto, è spiegata dal fatto che era ipnotizzato dallo specchio delle brame, che aveva cominciato da tempo ad inoltrare una certa influenza nei confronti di Severus. Tuttavia, non nego affatto che ero tentata di scrivere il paragrafo nel modo in cui ti saresti aspettata^^ (ma mi mancava l’originalità, per scrivere a quale mostruosa tortura avrebbe sottoposto la povera Adelia u.u ). Dopotutto, è dotato di un grande intelletto, e di una natura percettiva molto raffinata e acuta. Si vedrebbe bene anche nei panni di un investigatore.

alida Heilà benvenuta! Grazie mille per i commenti che hai lasciato, gli ho letto tutti^^. Quante curiosità che hai XD ! Ma mi toccherà dirti: ogni cosa a suo tempo ;) .

 

Ancora i miei più sentiti ringraziamenti a Persefone Fuxia, draco92, Dogma e alida per aver commentato. Grazie anche ad alida, per aver aggiunto tra i preferiti la storia^^.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI – Ricordi bruciati e vecchie memorie ***


Innanzitutto chiedo un immenso SCUSA a tutti, se non sono riuscita a postare ieri sera, ma ho avuto incredibilmente da fare >.< Tuttavia, non prometterò più avanti di riuscir a pubblicare i prossimi capitoli, con la stessa regolarità di prima. Tornando però al nuovo capitolo: questo, oserei definirlo la parte più cruciale di tutta la storia! Sta volta sono stati aggiunti anche vari flashback che troverete, più o meno, disseminati tra i paragrafi. Non voglio anticiparvi nulla, quindi vi auguro ancora buona lettura^^!

 

Ricordi bruciati e vecchie memorie

 

Due bui occhi stavano osservando attentamente Adelia, mentre pareva intenta nel scagliare qualche incantesimo contro il suo odiato avversario. “Se non sarà lei ad attaccarmi per prima, sarò io a farlo di nuovo, senza alcuna pietà.”. Le disse Piton con indifferenza, mentre puntava la bacchetta contro la fanciulla, che ora si trovava accasciata a terra. Le sue gambe erano state paralizzate, dalla magia Locomotor Mortis, che il Professore le aveva scagliato qualche momento prima. D’un tratto lei abbassò la bacchetta, con aria arresa. “Non posso…”. Rispose con un filo di voce. “Reagisca! O questa volta non tornerà solo con qualche graffio.”. Rispose Piton, in tono più duro del solito. “Ho detto che non posso!”. Urlò Adelia, con uno sguardo misto tra disperazione e rabbia. Erano quattro giorni, che non facevano altro che duellare nei sotterranei. Adelia era stanca, ma pareva che Severus al contrario, fosse determinato ad ottenere ciò che voleva da lei. Si era sempre saputa difendere bene con incantesimi di protezione o controincantesimi, ma non aveva mai tentato di scagliare qualche mangia contro di lui. Aveva paura di poterlo ferire, o peggio. Seppure in cuor suo ormai non lo sopportava più, provava ancora una forte compassione nei suoi confronti, e non si sarebbe mai permessa di colpirlo. Ad un tratto dei passi le si avvicinarono. Piton la afferrò per un braccio, e la sollevò bruscamente da terra, stringendola sempre più forte. “La paura è una grande debolezza, Signorina Blackford. E le assicuro, che per farglielo capire, sarei disposto a farle patire le pene dell’Inferno…”. Le disse piano, avvicinandosi sempre di più al suo viso, tanto che Adelia riuscì a penetrare i suoi occhi privi di qualsiasi sentimento umano. Un attimo dopo, la scaraventò al centro della sala. Adelia cadde sul pavimento rovinosamente, per via delle gambe paralizzate. “Ora, difenditi Adelia: Fattura Orcovolante!”. Disse lui, puntando la bacchetta verso l’alto. L’incantesimo non le era nuovo, ma non riusciva a ricordarsi che tipo di magia fosse. Il soffitto a cupola, della sala in cui si trovavano, cominciò ad oscurarsi. Una fitta nebbia grigio cenere, aveva cominciato ad infittirsi, mentre delle nere figure vi fluttuavano al suo interno. La nebbia era in procinto di calare verso di lei. In breve tempo, delle scure sagome fluttuanti la circondarono. Erano veloci, e le stavano girando intorno, come se stessero danzando un macabro balletto. “Che cosa sono!?”. Chiese lei. “L’ho sopravvalutata troppo, Signorina Blackford. L’incantesimo che ho appena enunciato, evoca creature oscure designate contro l’avversario, e a mio piacimento: ho scelto i Lethifold.”. Riconobbe un familiare timbro sadico, nella voce di Piton. Poche volte lo aveva sentito parlare così. Ma ogni qualvolta utilizzava quel tono, significava che era a dir poco spazientito. Adelia conosceva fin troppo bene quelle creature, avendole studiate proprio qualche giorno fa a lezione. Non era per nulla tranquilla, in quanto erano le peggiori creature oscure che potessero esistere, e per giunta carnivore. All’improvviso la foschia si abbassò sempre di più, inghiottendo qualsiasi oggetto circostante, nella stanza. “Dovrà evocare il suo Patronus, se vorrà sopravvivere a questa prova.”. Furono le ultime parole che le disse, prima di ‘abbandonarla’ al suo destino. “IO NON POSSO!”. Urlò lei, ma non ricevette alcuna risposta. Non aveva altra via di scampo, se non quella di evocare il Patronus per difendersi, nonostante avrebbe potuto perderne il controllo. All’improvviso, le ombre che la attorniavano iniziarono a volarle sempre più vicino, arrivando persino a sfiorarla. Il marchio sul braccio iniziò a bruciare intensamente. Si sentì sfregare un braccio per la seconda volta, quando avvertì qualcosa di caldo e umido che le stava colando sulla pelle. Una macchia scura iniziò a spandersi sulla manica della sua divisa. Era sangue. Si rese conto solo in quel momento di essere vulnerabile, e che Piton non sarebbe corso in suo aiuto, almeno che non si trovasse come minimo a un passo dalla Morte. I Lethifold si stavano facendo sempre più vicini, finché non cominciarono ad attaccarla, planando verso di lei. Adelia puntò la bacchetta verso l’alto. “Expecto Patronum!”. La bacchetta iniziò a scintillare di una fioca luce. “Expecto Patronum!”. Ripeté insistentemente. La luce della bacchetta si fece sempre più intensa. “Expecto…Expecto…”. Adelia non ci riusciva. Si sentì avvolgere un braccio, e attraversare il corpo da un gelido mortale. Scacciò lo spettro con difficoltà. L’arto era completamente insanguinato, e la manica per lo più lacerata. Delle calde lacrime scivolarono lungo le rosee gote del viso. “Io…io non ci riesco…”. Sibilò, chinando il capo. Il dolore si fece sempre più lancinante. Notò che il braccio scorticato, era proprio quello sulla quale aveva il marchio. Si stese a terra, su un fianco. Era stremata dal dolore. Chiuse gli occhi e si lasciò travolgere da un’ondata di ricordi.

 

 

{ Inizio flashback ●}

 

“Bambina mia?”. Una voce armoniosa e angelica, sussurrava all’orecchio. “Adelia? Svegliati.”. La bambina sollevò il capo, incontrando i verdi occhi della madre. “Buon compleanno!”. Le disse quest’ultima, porgendole un pacco rosa con un enorme fiocco bordò. “Aprilo.”. Le disse, schioccandole un bacio sulla fronte. Lei scartò il regalo velocemente, curiosa come al solito, di cosa vi sarebbe potuto essere dentro al pacco. Quando sollevò il coperchio, vi tirò fuori una sfera di vetro, dentro la quale vi era un bellissimo castello. “Che posto è, mamma?”. Chiese la piccola, con occhi illuminati. “Questa è Hogwarts, tesoro. Una scuola di magia e di stregoneria.”. Le rispose. “Esiste veramente? Ci potrò andare un giorno?”. Chiese sempre più curiosa. “Certo che ci andrai, bambina mia…”. Le schioccò un altro bacio, però sulla guancia. “A proposito, ieri notte ha nevicato tantissimo! Ti va di andare a fare a palle di neve?”. La bambina si alzò in piedi sul letto, e iniziò a saltellare. “Sììì! Che bello!”. Scese dal letto in un balzo, e fissò ancora la madre. “Vado a cambiarmi!”. E uscì dalla stanza.

 

{● Fine flashback }

 

 

Riaprì gli occhi, e tentò di alzarsi. L’incantesimo di paralisi era terminato, e ora Adelia era in grado di reggersi in piedi. Scorse nella foschia ben sette tenebrose figure, che stavano danzando attorno a lei, nell’attesa di assalirla. Afferrò la bacchetta, e la rivolse verso l’alto. “Expecto Patronum!”. Questa iniziò a produrre una fioca luminescenza, che a poco a poco iniziò a crescere, sempre più intensamente, finché una possente figura alata non comparve. Il suo Patronus era davvero meraviglioso. Era un bellissimo Angelo, dalle sei ali e il corpo dalle sembianze femminili, la quale rappresentava la materializzazione celestiale del ricordo di sua madre. Le oscure creature iniziarono a dirigersi minacciose verso Adelia, per attaccarla, ma il Patrono la avvolse tra le ali per proteggerla. Alcuni Lethifold vennero polverizzati, mentre altri scagliati lontano. La nebbia iniziò a dileguarsi, così come quelle creature. Una forte luminescenza cominciò a irradiarsi nella sala. “Adelia!”. Udì una voce, fin troppo familiare, ma non rispose. “Adelia!?”. Ripeté ancora. Ma ormai il suo esile corpo stremato dalla fatica, non riusciva nemmeno a reggerla in piedi, e cadde in un tonfo. Volse un ultimo sguardo al Patronus, il quale stava sublimando, dando origine ad una spettacolare pioggia di fiammelle bianche, che ricadevano sul pavimento della sala, per poi disperdersi nel nulla. Era bellissimo. Tuttavia, le ombre iniziarono a calare, mentre la sua vista stava cominciando a farsi sempre più sfocata, così come le ultime scure sagome, che contrastavano il pallore luminescente di quelle fiamme. “Ci sono riuscita…”. Bisbigliò, poco prima di perdere i sensi.

 

***

 

Sollevò leggermente le palpebre. Era ancora giorno, forse era appena pomeriggio. Spalancò un po’ di più gli occhi, e iniziò a guardarsi intorno. Riconobbe di trovarsi nella sua camera, sotto le tiepide e morbide coperte del suo letto. La stanza era esattamente nello stesso ordine in cui l’aveva lasciata. Cercò di drizzarsi sul busto, facendo perno su un braccio, quando si sentì travolgere da un forte dolore. Sollevò la manica del suo vestito, e vide che era interamente fasciata con bende. Per fortuna non era il braccio marchiato. Almeno, chiunque l’avesse medicata, non aveva visto lo Stigmata Diaboli. D’un tratto si accorse che le lenzuola del suo letto erano macchiate di sangue. L’altro braccio era bagnato. Fece il risvolto alla manica, e la tirò su fino al gomito. Un lungo taglio obliquo attraversava l’interno braccio, anche se non era molto profondo e si era già cicatrizzato, le aveva fatto perdere parecchio sangue. Si mise a sedere sul letto, guardandosi i vestiti sporchi e lacerati. Si doveva cambiare assolutamente. Si stava alzando in piedi, quando improvvisamente sentì la porta aprirsi. “Adelia, non ti alzare.”. Le ordinò Piton, con una specie di premura, che lasciò totalmente allibita Adelia. “Devo cambiarmi.”. Ribadì lei freddamente. Pareva che ora si fossero invertiti i ruoli. Severus la fissò per un poco, pareva quasi che provasse pietà nel vederla in quello stato. “Hai perso del sangue…”. Le disse dopo un po’, notando il braccio. Ma lei con aria indifferente si diresse verso il bagno, e vi si chiuse dentro. “Adelia, per favore, fammi vedere quel braccio.”. Chiese, avvicinandosi alla porta del bagno. Nell’udire quel ‘per favore’ piuttosto insolito, Adelia si diresse vicino alla porta per accingersi ad aprila, quando però improvvisamente allontanò la mano dalla maniglia. “No!”. Rispose ancora freddamente. “Non avere paura di me, Adelia. Voglio solo medicarti quel braccio.”. ‘Non avere paura’? Adelia non aveva per niente paura di lui, e non lo temeva affatto…lo odiava, a prescindere da come l’aveva sempre trattata! “Posso fare benissimo da sola, ora se ne vada.”. Rispose con tono impertinente. “Apri subito questa porta.”. “No!”. Piton sfoderò la bacchetta, e la puntò contro la serratura. “Alohomora!”. La porta si stava aprendo, quando improvvisamente. “Colloportus!”. Disse Adelia. La porta si richiuse. “Alohomora!”. “Colloportus!”. La porta si aprì, poi si richiuse immediatamente. “Adelia, smettila! Ti stai comportando come un stupida ragazzina!”. Sbraitò Piton. “Perché, lei no?”. Severus si sentì divorare dalla rabbia, a quelle parole così impertinenti. In tutti quegli anni, nessuno aveva mai osato rivolgersi così a lui. “Ora, se non esci immediatamente, farò saltare la porta!”. La minacciò. “Lei non capisce! Se ne vada, e mi lasci sola…”. La voce di Adelia era tremante, ma non perché avesse paura, ma perché stava piangendo. Adelia si avvicinò all’uscio, si sedette per terra e appoggiò le spalle contro la porta. “…se vuole far saltare la porta, allora lo faccia! Perché io non le aprirò…”. La sua voce si fece ancora più tremante. Lui la sentì piangere, dall’altro lato della porta, e si sentì incredibilmente in colpa. Perché si sentiva così? Aveva fatto soffrire molti dei suoi studenti, e ne aveva viste di ragazze piangere, ma Adelia le faceva un effetto diverso. Si sentiva colpevole di ogni cosa. Forse, per lui era arrivato il momento di rendersi conto che quella ragazza, contava qualcosa per i suoi sentimenti. “Avrei dovuto cominciare a trattarla meglio, sin dall’inizio!”. Pensò. Si avvicinò alla porta, si sedette per terra e appoggiò anche lui la schiena contro di essa. Adelia lo sentì. “Vorrà dire che ti aspetterò qui fuori, finché non uscirai.”. Le disse.

 

 

Passarono delle lunghe mezzore. Adelia nel frattempo era sommersa dai pensieri. Rammentava ancora quello che le era successo qualche sera fa, quando si trovava nella stanza di Severus, in cui distrusse definitivamente lo specchio delle brame che aveva imprigionato i suoi ricordi. Si mise le mani tra i capelli, e iniziò a ripensare a quel momento.

 

 

{ Inizio flashback ●}

 

Voltò ancora la foto, e la osservò meglio. Quel giovane ragazzo dai capelli neri, era Piton? La avvicinò ancora di più, portandosela sotto agli occhi, per esaminarla meglio. Era proprio lui. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle, di un nero fulvo. La pelle era pallida, tranne che in prossimità delle guance, in cui era lievemente rosea. I lineamenti del viso erano stirati in un sorriso soddisfatto, mentre gli occhi lucidi erano rivolti verso lo sguardo di quella ragazza che li stava affianco. Non lo aveva mai visto sorridere. Aveva svelato uno dei lati nascosti, del suo tanto odiato e compassionato Professore di pozioni. In realtà, come lei, stava soffrendo per qualcuno di caro. Forse quella, era la sua ragazza, quando era ancora uno studente a Hogwarts. Probabilmente, uno dei ricordi più belli che potesse conservare. Ma adesso, che fine aveva fatto quella giovane dai capelli rossi? Avrà avuto la sua età. Non doveva neanche essere passato tanto tempo, dal momento che da quanto riferitole in giro, doveva avere appena vent’otto anni. Tuttavia, aveva il presentimento che non dovesse essere finita bene, dal momento che Severus era solo. E il suo comportamento scontroso e meschino, confermava questa perdita. In realtà stava solo cercando di soffocare il dolore, con l’odio. Adelia piegò la foto a metà, e se la nascose in una delle tasche del suo vestito. Sospirò. “Ha ragione…la vita è crudele.”. Furono le sue ultime parole, dopodiché si ritirò nella sua stanza. Rimase pensierosa fino a tardi, guardando ancora quella foto. “Lily? Chi era Lily?”. Mentre la guardava, si accorgeva che c’era una sorprendente somiglianza tra lei e quella rossa. Avevano gli stessi occhi, stessi lineamenti del viso, stessa pelle e per giunta stesse forme. Come poteva essere così simile a quella ragazza? Si decise di andare a letto. Aveva bisogno di una bella dormita, per affrontare la pesante giornata che le sarebbe aspettata l’indomani. Si infilò sotto le coperte, chiuse gli occhi e si addormentò.

 

{● Fine flashback }

 

 

Adelia sospirò. Si alzò in piedi e poggiò la mano sulla maniglia. “Ti sei decisa ad uscire?”. Soggiunse una voce dall’altra parte. “Sì.”. Rispose rassegnata. Abbassò la maniglia e spinse la porta. Piton si trovava dinanzi a lei, con aria al quanto confusa e tormentata. “Tutto bene?”. Chiese lei. “Sarei io a dovertelo chiedere.”. Rimasero a contemplarsi a vicenda per un po’, finché Severus non interruppe il silenzio. “E’ ora che ti faccia medicare il braccio da Madama Chips, quel taglio non è per nulla rassicurante.”. “No, non voglio andare in infermeria.”. Rispose subito Adelia, abbassando la manica del vestito, sino a coprire la ferita. “Adelia, devi farti medicare quel braccio.”. Pareva volerla rimproverare, con quel tono. “Sono a io decidere che cosa farne del mio braccio!”. “Ti consiglio di moderare il tono, con le persone che hanno intenzione di aiutarti, altrimenti rimarrai sola.”. Ritornò alla solita freddezza di sempre. La ragazza fece spallucce. “Come ha fatto prima nei sotterranei? Vorrei ricordarle che mi ha scaraventata in mezzo alla sala, con le gambe paralizzate, a dovermela cavare da sola contro un branco di Lethifold!”. Ci fu silenzio. Adelia si voltò, per guardarlo in faccia. “Non ha la minima compassione per come tratta la gente?”. Lo fissava con uno sguardo di rimprovero. Lo odiava, e non lo sopportava! “E’ possibile che lei non abbia alcun risentimento!?”. Delle lacrime iniziarono a scivolarle lungo il viso. Quanto lo odiava! “Ci sono tante cose che non sai, Adelia…”. Iniziò lui. “…se tu conoscessi la verità, non mi vedresti così…ma io non posso mostrartela, per quanto tu possa essere forte, non posso permettermi di macchiarti di cose di cui tu non hai colpa…”. Si avvicinò lentamente a lei. “…io voglio proteggerti, Adelia. Non volevo privarti della felicità, e credimi che non avrei mai voluto ferirti…ma non posso starmene tranquillo e pensare, che esiste qualcuno che vorrebbe ucciderti.”. Non credeva ancora di aver udito quelle parole! Era rimasta attonita. Non l’aveva mai sentito parlare così, e questa…era proprio l’ultima tra le cose che si sarebbe aspettata da lui. Ma non poteva lasciarsi impressionare da quelle frasi. Come avrebbe fatto a giudicare, se quello che le aveva appena detto, era la verità o meno? “Voglio la verità. Perché allora mi ha sempre trattata così male?”. Chiese Adelia. “Perché…”. Sembrò restio nel darle la risposta. “…volevo semplicemente averti a mio fianco Adelia, ma invece sono giunto perfino al punto di farmi odiare da te…seppure la colpa fosse mia, in quanto non riuscivo a sopportare di saperti insieme ad altre persone, e riversassi in seguito su di te il mio profondo rammarico. Ti volevo ad ogni costo, ma ti ho desiderata nel modo sbagliato…”. La ragazza iniziò ad indietreggiare fino alla porta, stringendo forte la bacchetta nella mano. “Come potrei crederle?”. Per quanto cercasse di essere fredda, una leggera nota nella sua voce, accentuava la sua dolcezza. “Smettila di odiarmi Adelia…”. Le disse avvicinandosi ancora. “E’ lei che mi odia!”. Gridò puntando contro la bacchetta, fermandolo a meno di due metri da lei. “E’ lei che mi ha sempre trattata male! E’ lei che mi ha sempre trascurata…”. Era nuovamente scossa dalle lacrime. Abbassò la bacchetta. “E’ lei che mi ha sempre evitata, come se non mi volesse tra i piedi…sono solo un peso per lei?”. Continuava a piangere, mentre si accasciava disperatamente sul pavimento, nascondendo il viso tra le mani. Era il momento di fare qualcosa…qualcosa che non avrebbe mai fatto (o dovuto fare…). Si chinò dinanzi a lei, e la avvolse tra le sue braccia. “Se proprio devi odiarmi fallo ora, ora che il mondo è intento a contrastare ciò che faccio…e se non mi vorrai mai perdonare, ricorda soltanto la mia gratitudine, per avermi liberato dalle catene del passato…”. A quelle parole Adelia scostò le mani dal viso, e lo guardò. Quelle parole le aveva già sentite…ma quando? E dove?

 

 

{ Inizio flashback ●}

 

Stava piangendo, mentre osservava il marchio ardere sulla sua pelle. Nonostante lo avesse risciacquato sotto l’acqua per molto tempo, il dolore si era attenuato solo lievemente. Era una dura sofferenza. Ogni tanto si lasciava scappare qualche gemito di dolore, cercando ad ogni modo di fare più silenzio possibile, sperando che Piton o Madama Chips non la trovassero. Ormai era finita. Avrebbero scoperto presto lo Stigmata Diaboli, e l’avrebbero condannata all’isolamento da Hogwarts, così come aveva fatto la sua precedente scuola, la Ostrongrave. Nessuno avrebbe voluto avere a che fare con una fanciulla baciata dal demonio! Per fortuna, il Ministero della Magia non era venuto a conoscenza della verità, tuttavia si era preso l’incarico di cercarle un’altra scuola che potesse frequentare, per terminare l’ultimo anno di scuola. Trattenne alcune lacrime, cercando di contenersi. Non voleva essere scoperta. Ad un tratto sentì un frastuono. Piatto e sordo. Si voltò immediatamente dietro, e notò che Mirtilla Malcontenta aveva fatto scoppiare la tubatura intasata di un lavandino. “Non sai proprio cosa voglia dire ‘silenzio’, vero!?”. Le chiese Adelia, piuttosto arrabbiata. Il fantasma dispettoso si limitò a farle una pernacchia, e dopodiché scomparve nel nulla. Adelia cercò di alzarsi in piedi, ma era troppo debole per reggersi sulle deboli gambe. Provò diverse volte, senza successo. D’un tratto udì dei passi, farsi sempre più vicini. Erano veloci e decisi. Oh doveva essere Piton! “Sarà infuriato…”. Pensò. Senz’altro gliene avrebbe dette di cotte e di crude, e a costo di buttar giù la scuola, l’avrebbe portata da Silente. Non poteva nascondersi, ormai era troppo tardi. Sentì quei passi farsi sempre più vicini. Il cuore iniziò a batterle all’impazzata, mentre i singhiozzi accompagnati dai pianti a farsi più frequenti ed esasperati. L’aveva sentita. La porta si aprì lentamente, producendo uno scricchiolio a dir poco fastidioso. Chinò il capo. “E’ finita Adelia…game over…”. Bisbigliò talmente piano, che solo lei poteva sentire la sua debole voce. Iniziò a tremare, ma quando i passi le furono talmente vicini, sentì avvolgersi le spalle da una coperta. Sollevò il capo, e incontrò due occhi neri quanto la coltre notturna. Si sentì abbracciare teneramente. “Grazie per avermi liberato.”. “Liberato?”. “Ero schiavo dei miei ricordi, Adelia. Ma distruggendo quello specchio, mi hai liberato…e ora sono qui, per te. Ma ora dormi, e dimentica ciò che hai udito…”. “Perché dovrei dimenticare? Professore, che cosa vuole…”. Non riuscì a terminare la frase in tempo, che Piton le puntò contro la bacchetta. “Oblivion!”. Adelia si addormentò.

 

{● Fine flashback }

 

 

Era ancora avvolta dal piacevole tepore di quel abbraccio. “Lei mi ha fatto dimenticare…”. Soggiunse ad un certo punto Adelia, scostansi lentamente da lui. “Perché l’ha fatto?”. “Sarebbe stato meglio per te, Adelia. Non volevo caricarti di un peso, di cui non saresti stata in grado di portate…”. Lo guardò allibita. “Ma di cosa sta parlando?”. “Ci sono ancora così tante cose, che sarebbe meglio che tu non sappia…”. Rispose con ambiguità. “Non importa…ma vorrei sapere, per quale motivo, prova così tanta compassione nei miei confronti?”. “Cosa te lo fa pensare?”. Chiese, inarcando un ciglio. “Il fatto che non si è mai comportato così, con nessun altro…lei non guarda mai in faccia nessuno, e non le importano i sentimenti degli altri, perché invece le importa di me?”. A quel punto Piton non poté più tirarsi indietro, e dovette risponderle. “Il fatto che te lo dica, non significa che tu possa andarlo a cantare ai quattro venti, sia chiaro.”. Adelia annuì. “Bene.”. La fissò negli occhi, per assicurarsi della sua sincerità. “Il fatto è che mi ricordi vagamente una persona, che per un certo tempo, è stata molto importante per me.”. Sospirò. “Lei si chiamava Lily, e avevamo la stessa età. Avevamo trascorso l’infanzia insieme, e poi anche l’adolescenza qui ad Hogwarts, ma…lei venne smistata nei Grifondoro e io nei Serpeverde.”. Si fermò, come se avesse finito. “Poi cos’è successo?”. Chiese ancora lei. “Un giorno successe che litigammo, e da quella volta non ci rivolgemmo più la parola…non mi diede più l’occasione di farmi perdonare.”. “E ora, lei che fine ha fatto?”. Piton si alzò in piedi. “Sei troppo curiosa…”. Le rispose, porgendole una mano per alzarsi. Lei la afferrò e si sollevò in piedi. “Grazie.”. Adelia sorrise, mentre Piton la fissò per un istante. Pareva quasi volesse immortalare il suo sguardo. “Mi piace il tuo sorriso…”. Era un complimento? Adelia non se lo aspettava. “Ora, mi mostrerai quel braccio?”. Le chiese per cambiare discorso. “Preferirei medicarmelo da sola, se non le spiace…”. In qualche modo, i suoi occhi innocenti riuscirono a convincere Piton, che semplicemente si limitò a portarle delle garze e della tintura di iodio per disinfettare. Adelia si ripulì la ferita, nel lavandino del bagno, tenendo leggermente socchiusa la porta come lui le aveva chiesto. Puntò la bacchetta contro le garze. “Ferula!”. Queste si avvolsero attorno al braccio di Adelia, ricoprendole tutto l’avambraccio. Uscì dal bagno. “Ho finito, io…”. Si guardò intorno per la stanza, ma non vi era ombra del Professore di pozioni. Il letto era rifatto, e le lenzuola erano state cambiante. Il resto della stanza sembrava in ordine, come lei lo aveva lasciato. Chiuse la porta. Si avvicinò alla sua borsa, e vi tirò fuori la gabbietta in vimini, in cui dentro teneva la sua creatura-batuffolo. “Sei ancora lì, piccolino?”. Sollevò il coperchio, e la sua creatura cominciò a cantare. “Hai ragione, è ora del tuo spuntino!”. Disse lei, raccogliendo quella buffa palla di pelo, tra le mani. La posò sul letto e solo in quel momento notò che vi era un biglietto che Adelia non aveva visto prima. Ma la sua ingorda creatura arrivò prima, e iniziò a mangiucchiarlo. “No! No! Cattivo batuffolo!”. Glielo strappò via tempestivamente. Lo aprì. Era un messaggio da parte del suo Professore.

 

Ho pensato che ti saresti cambiata per cena,

per cui ho preferito lasciati nella tua intimità.

Più tardi, mi sarebbe gradito, accompagnarti per il castello.

Ho notato che ti piacciono i quadri.

A più tardi.

 

Severus Piton

 

Era un invito? Adelia rimase allibita. Quale potente magia avrebbe mai cambiato tutto così bruscamente? Di certo ora non lo odiava più, anzi, era diventato d’un tratto più gentile, nonostante restasse nella sua solita riservatezza di sempre. La affascinava. Ne era certa. Uno stridio di sotto fondo la riportò alla realtà. La sua creatura-batuffolo, attendeva con ansia il pasto. “D’accordo! D’accordo! Mi perdoni per l’attesa, Vostra Grazia!”. Lasciò il biglietto alla sua creatura, che lo assalì divorandolo in un batti baleno. Scrutò l’orologio. Come al solito, aveva solo una manciata di minuti, per prepararsi prima di cena. Si spogliò velocemente, lasciando i vestiti sulla spalliera di una sedia, e poi si mise a frugare nel suo armadio. Indossò un grazioso completino nero, rifinito e ricamato interamente in velluto e pizzo nero. Pettinò i lunghi capelli neri. Scostò una ciocca dal viso, la raccolse con un fermaglio a forma di fiocco nero e lo fermò appena sopra all’orecchio. Uscì e si diresse versò la Sala Grande.

 

***

 

Per fortuna quando arrivò, vi era ancora posto tra i suoi amici Grifondoro. “Ehi! Adelia hai un’aria splendida questa sera!”. Si complimentò Ron, mentre Hermione cercava di ignorarlo. “Già, piuttosto strano, dal momento che devi sopportarti Piton tutti i giorni…”. Soggiunse Harry. “Già, è crudele e spietato!”. Si aggiunse anche Neville. “Non è un uomo così crudele come pensate.”. Rispose Adelia, suscitando delle occhiate allibite da parte di tutti. “Non è ‘crudele’? Adelia, stiamo parlando di Piton! L’uomo più temuto da tutta la scuola!”. Riprese Ron. “Voi vi sbagliate…in realtà sa anche essere gentile…”. “Se non ti conoscessi, direi che lo stai difendendo…”. Disse il rosso, in tono sprezzante. “Sì, lo sto difendendo, perché so che voi vi sbagliate.”. “Adelia, ma ti rendi conto delle bazzecole che stai dicendo!? Noi lo conosciamo da sei anni, e sappiamo che è un uomo spietato…non mi meraviglierei se fosse un Mangiamorte…”. Disse Hermione, appoggiando Ron. “Non è vero! Harry, tu almeno mi credi?”. Chiese Adelia, guardando il ragazzo occhialuto. “Mi dispiace Adelia, ma io sono d’accordo con quello che hanno detto Ron ed Hermione. E’ un uomo senza cuore, meschino e crudele!”. A quel punto Adelia si spostò in un altro posto. Non poteva sopportare di sentire quelle cattiverie su Piton. Si mise a sedere tra i due gemelli Weasley, di cui uno già conosceva. Ma quale? “Ciao Adelia!”. Dissero all’unisono. “Come mai ti sei spostata?”. Le chiese d’un tratto uno dei due. “Niente ragazzi, spero solo di non darvi fastidio, se mi metto a sedere qui.”. “No, assolutamente!”. Risposero ancora all’unisono. “Comunque piacere di conoscerti, io sono George!”. Le disse gentilmente uno dei due rossi, facendole tanto di baciamano. “Ad ogni modo, spero che non ve la prendiate, se ogni tanto vi confondo.”. Sorrise. “Neanche nostra madre riesce a riconoscerci.”. Rispose sogghignando uno dei due.

 

 

La cena ebbe inizio. Quella sera Lavanda era tornata a sedersi al tavolo. Era cambiata. Era gentile e solare, e piuttosto amichevole con tutti, tranne ovviamente che con lei! Quando la Brown la vide, si limitò ad una smorfia di spregio, e si sedette nel posto in cui si trovava prima, tra Harry ed Hermione. La sentì civettare più volte, tirando fuori il suo nome, ma non ci fece caso. Aveva altro per la testa (Piton). Le buffe chiacchiere dei due Weasley la tirarono su di morale. Non si sentiva così felice da giorni. Quando la cena terminò, il suo trio di amici Grifondoro non la salutò nemmeno, ma per fortuna era riuscita a non darci troppo peso. Era in procinto di uscire dalla sala, quando si sentì chiamare inaspettatamente da qualcuno. “Scusa! Tu sei Adelia?”. Era un Serpeverde, probabilmente del primo anno, vista la statura. “Sì.”. “Il Professor Piton, mi ha chiesto di riferirti che ti aspetta nell’ala Ovest del castello.”. “Grazie.”. Sorrise in modo aggraziato, e se andò. Si diresse negli antri oscuri del castello. “Dove sarà mai l’ala Ovest? Se Gazza mi da detto bene, dovrebbe corrispondere a questa zona…”. Pensò, guardandosi continuamente intorno. C’era inoltre una scarsa illuminazione, e per lo più i corridoi erano rischiarati dalla fioca luce lunare, che filtrava dalle larghe finestre ad arco a tutto sesto. Passeggiò un po’ da sola, finché non udì dei passi. Si voltò. “Non credevo saresti stata così precisa.”. Ironizzò Piton. “Beh, ora può ricredersi sulla mia negligenza.”. Rispose lei sorridente. “Vogliamo andare?”. Le disse lui. “Certo.”. E si avviarono insieme lungo i corridoi. Adelia era totalmente presa dai suoi eleganti e gentili modi di fare. Avrebbe dovuto sentirsi privilegiata, in quanto era l’unica alla quale riservava queste attenzioni. Tuttavia, non si era ancora totalmente convinta del fatto che, Severus fosse una persona spregevole. Insomma, aveva dei comportamenti che lo avrebbero fatto odiare a chiunque, ma in fondo al cuore…sapeva che si nascondeva un lato che egli concedeva a poche persone. Giunsero in una enorme sala, piena di quadri di ogni tipo, e ogni parete ne era piena fino al soffitto! Adelia si guardò intorno affascinata. “Ti piace il Barocco?”. Chiese lui ad un certo punto. “E’ meraviglioso! Ma il mio preferito è il Gotico francese.”. Vide che sul volto di Piton si dipinse uno strano ghigno. La prese per mano. “Allora quella che devi vedere è un’altra sezione.”. Adelia si lasciò trasportare. Uscirono dalla sala, e percorsero numerosi corridoi, finché non voltarono l’ennesimo angolo e si ritrovarono in lungo corridoio pieno di quadri. Adelia si guardava in giro, con occhi brillanti, soffermandosi ad ogni quadro e qualche volta, persino a parlare con qualche bizzarro personaggio. “Sei la prima studentessa che si ferma a parlare ai quadri.”. Soggiunse d’un tratto Piton, con un insolito sorriso. “La prima?”. Adelia né fu sorpresa. “Molti studenti gli trovano noiosi e logorroici, il più delle volte preferiscono evitarli.”. Lei rise. “Allora è proprio vero che sono stramba, dal momento che al contrario, li trovo molto divertenti.”. I minuti trascorsero rapidamente, e quando si accorsero che ormai la lancetta dell’orologio era prossima alle dieci, si diressero subito verso le rispettive stanze. Ma non prima di aver incrociato Gazza e Mrs. Purr, nella loro solita ronda notturna nei corridoi della scuola.

 

 

Il custode sollevò la lanterna, e riconobbe le due figure. “Severus, come mai a questa ora della notte? Per giunta, in compagnia di qualche allieva disobbediente che ha deciso di trasgredire alle regole…”. Si rivolse minaccioso verso Adelia. “Me ne stavo giusto occupando, Argus.”. Rispose freddamente. “Davvero?”. Si avvicinò ad Adelia, e iniziò a parlare piano, nel vano tentativo di non farsi sentire da Piton. “Sei sfortunata, fino a qualche anno fa appendevano gli studenti per i pollici, nei sotterranei…aaah quanto mi mancano quelle grida!”. Piton si sentì a dir poco seccato. “Argus, non spaventare Adelia.”. Rispose minaccioso. Prese la ragazza per un braccio, e se la portò via. “Buona notte, Professore!”. Rispose piuttosto sorpreso, da quelle parole. Aveva chiamato una sua studente per nome…forse stava invecchiando? Non appena svoltarono l’angolo, Severus sciolse la presa dal braccio di Adelia. “Mi dispiace. Spero di non aver stretto troppo.”. “No, anche se ammetto che ha una bella presa.”. Disse Adelia, cercando di confortarlo. Attraversando ancora qualche corridoio e salendo qualche rampa di scale, raggiunsero alle rispettive camere. “Spero che i quadri siano stati di tuo gradimento.”. “Sì, moltissimo. Grazie ancora, Professore. Buona notte.”. Rispose nel suo solito tono aggraziato e gentile, entrando nella sua stanza. Piton restò a fissarla, finché non chiuse la porta. “Buona notte, Adelia.”. Rispose anche lui, rientrando in camera sua.

 

.†.†.†.

 

 

Ringrazio tutti per i commenti e per il sostegno che mi avete reso fino adesso! E’ un piacere scrivere qualcosa, per persone che apprezzano le mie storie^^.

 

Rispondo ai commenti:

PAMPAM Mi fa piacere che ti sia piaciuta molto la parte dello specchio^^ (anche perché, ti confesso che è stata anche la mia parte preferita in tutto il capitolo!). A dire il vero, è stato anche il paragrafo in cui ho fatto anche diversi errori grammaticali (e per fortuna qualcuno me l’ha fatto notare!), ora l’ho corretto ;) . A proposito del Professore-maniaco: in realtà lui non è veramente maniaco, ha solo l’aria di esserlo XD ! Infatti nella storia verrà spesso preso per tale, per via del suo ambiguo comportamento.

Persefone Fuxia Quella ‘allusione’ al riguardo della donna-angelo, è riferito ad Adelia (era una specie di introduzione al capitolo). La definizione l’ho ricopiata dai miei vecchi appunti, modificandone alcune parti, per adattare il tutto alla trama della storia. Più avanti, si approfondirà sempre di più, la vera natura dei poteri di Adelia^^. Volevo combinare in perfetta simbiosi, gli opposti di Bene e Male, in modo tale che una dannata come Adelia, invece di avere poteri demoniaci, mostra invece di possedere poteri tipicamente angelici. Tutt’al più, il resto si scoprirà più avanti. A proposito: grazie per avermi fatto notare l’errore! Non sapevo che era corretto ‘creparsi’ al posto di ‘crepare’, e in effetti nonostante sembri una sciocchezza, il significato è molto differente! Ho corretto subito, grazie ancora^^. (Ultima cosa: ‘IC’ che cosa vuol dire?)

alida Già^^, in effetti a pensarci bene, purificare un’anima sembra più facile a dirsi che a farsi. Tuttavia, non è sempre detto che si riesca ad estirpare il lato oscuro in una persona, e in un certo senso, non è poi neanche tutto questo male essere un po’ cattivi (NB. La stessa Adelia ha dimostrato di esserlo un po’…in fondo in fondo…).

 

Ringrazio in particolare le seguenti persone, per aver inserito la storia tra i preferiti: alida, Dogma, draco92, LaBabi, PAMPAM e Persefone Fuxia.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII – Lo sposalizio di sangue ***


In questo capitolo arriveranno i cosiddetti ‘cattivi’. Ora per Adelia è giunto il momento di scoprire veramente con chi avrà a che fare! Mentre il povero Piton dovrà starle dietro, tra mille preoccupazioni. Spero che vi piaccia! Buona lettura^^. (Se notate degli errori ortografici, vi prego di segnalarmelo^^).

 

Lo sposalizio di sangue

 

Erano passati diversi giorni dall’ultima volta che Adelia aveva rivolto la parola ai suoi amici Grifondoro. A dire il vero, erano passate lunghe settimane da quella volta. Il tempo era volato in fretta. Era isolata dai compagni della sua casa, per via dei continui pettegolezzi della Brown, ma non per questo era rimasta sola. Aveva preso l’abitudine di trascorrere la maggior parte del suo tempo, in compagnia del Professor Piton, il quale era diventato decisamente più piacevole e premuroso nei confronti della fanciulla. Mostrava dei meri riguardi per lei. Tuttavia, qualche volta doveva accontentarsi della solitudine dei suoi libri. Ma questo capitava solo quando il suo ‘tutore’ si trovava impegnato a dare lezione, nell’aula di pozioni. Spesso allora si dirigeva nella sala comune di Serpeverde, proprio affianco all’aula di pozioni, a dedicarsi alla lettura di qualche testo. Nella maggior parte dei casi, erano libri che trattavano di Demoni o di Necromanzia. Silente gliene lasciava in prestito, almeno due a settimana. Nonostante fossero letture pesanti, Adelia riusciva sempre a terminare di leggerli nel giro di solo qualche giorno. Grazie a quei libri aveva appreso davvero tanto sui Demoni. Aveva scoperto che vi erano diverse tipologie, di cui Demoni elementari, spirituali e materiali. I quali non sempre erano dediti alla malvagità e alla corruzione. In precedenza, era convita che fossero entità prevalentemente maligne, ma dovette ricredersi nonostante la sua amara esperienza. Si diceva che anche i Demoni fossero stati anticamente dei maghi, prima di abusare troppo della Magia Nera per empi scopi. Tuttavia, le tracce che aveva lasciato il passato, mostrava anche un lato umano in queste temibili creature. Lo stesso Merlino, nato mezzo demone e mezzo mago, era diventato uno dei più celebri esponenti nella Storia della Magia. Era l’indizio che dimostrava che vi potevano essere anche dei legami tra Maghi e Demoni, anche se Adelia faticava a credere che questi potessero dare origine ad una prole ibrida. Dopotutto, i Maghi temevano e disprezzavano i Demoni, per via della loro natura disonesta indirizzata a disseminare discordia. Per questo motivo, ormai i legami tra queste due fazioni potevano considerarsi estinti da secoli. Conosceva parecchie cose su di loro. Ma non aveva ancora scoperto nulla al riguardo delle Maledizioni. In nessun libro, aveva trovato qualche indizio che riguardasse lo Stigmata Diaboli. Non aveva trovato nulla, neanche sul Demone che l’aveva dannata. Purtroppo doveva fare tutto da sola. Non avrebbe mai osato chiedere qualcosa nel dettaglio, né a Piton né a Silente. Era troppo rischioso. Quel giorno, Adelia si trovava nella sala comune di Serpeverde, dal momento che Piton era impegnato a svolgere due ore di lezione nell’aula affianco. Grifondoro in compresenza con Serpeverde. Non le passò neanche per la testa di andare a salutare i suoi ‘amici’. Per cui si appostò nel suo solito posto, nell’intento di leggere un nuovo libro, quando udì delle strane voci provenire dal fondo del corridoio.

 

 

“Sei sicuro che nessuno possa sentirci?”. “Assolutamente, i sotterranei sono il posto più sicuro per parlare.”. Riconobbe la voce di Gazza, ma non quell’altra. Aguzzò l’udito, e cercò di ascoltare la conversazione. “Sono arrivati dei nuovi Grimori e Necronomicon dall’Egitto e dalla Romania, sono stati già sistemati nella sezione proibita, tuttavia dovranno essere spostati al più presto.”. “Ma la sezione proibita è sicura!”. Ribatté il custode. “Sicura? Tzé! Quel Potter è riuscito ad accedervi diverse volte, trafugando antichi Grimori e ricettari di pozioni proibite.”. D’un tratto Adelia si ricordò di quella voce. Era quella di Alastor Moody! “Silente ne è stato informato?”. “E’ stato Silente stesso a chiedermi di spostare dalla sezione quei maledetti libri!”. Rispose minaccioso. “Entro domani voglio quei volumi fuori dalla sezione proibita. Questa è la lista dei testi.”. Concluse il Professore, e li sentì allontanarsi. “Grimori e Necronomicon?”. Pensò Adelia. Certo che dovevano essere effettivamente antichi, se non potevano neanche essere contenuti nella sezione proibita. Degli ultimi non le interessava granché. Ma i Grimori erano delle vere e proprie enciclopedie di Magia! Avrebbe potuto trovare qualcosa che riguardasse le Maledizioni! Magari sarebbe persino riuscita a risalire all’entità del Demone che l’aveva dannata. Chissà se avrebbe trovato qualcosa? Le due ore passarono piuttosto in fretta, e presto vide gli studenti allontanasi dai sotterranei, per dirigersi verso le altre aule del castello, per seguire le successive lezioni. Quando ormai non era rimasto più nessuno, Piton si diresse verso la sala comune, dove sapeva bene che la sua allieva più cara lo attendeva. “Adelia, vogliamo andare?”. Le chiese con una certa dolcezza nel suo tono di voce. “Sì Professore!”. Rispose lei, sorridendo raggiante. Raccolse le sue cose, e si avviò insieme a lui nel suo laboratorio privato. Vi era un tavolo in legno, alla quale ogni volta, Adelia aveva preso la consuetudine di accomodarsi. “Hai portato i due rotoli di pergamena sui demoni del XII secolo, che ti avevo chiesto la settimana scorsa?”. “Sì.”. Rispose annuendo, mentre tirava fuori le pergamene dalla sua borsa, porgendole al Professore. “Bene, nel frattempo ti chiederò di preparare la Pozione Pepata. Madama Chips mi ha chiesto di riempire quelle sei fiale che trovi sul bancone in fondo, puoi considerarti ufficialmente messa alla prova.”. Adelia annuì, e si mise al lavoro. Per sua fortuna la Pozione Pepata era una delle più semplici, poiché richiedeva pochi ingredienti e in quantità piuttosto approssimate. Iniziò a procurarsi i componenti dai vari scaffali, quando si accorse di qualcosa di strano, che non aveva mai visto. Su uno degli scaffali difatti, vi era un’ampolla rimasta aperta, probabilmente che era stata mal riposta da qualcuno. Aveva un singolare aspetto. Il colore era madreperlaceo e brillante, mentre emanava un dolce profumo simile al biancospino, che si alzava formando delle specie di spirali. Adelia si avvicinò ancora di più, per sentirne l’odore. D’un tratto starnutì. “Adelia, è tutto apposto?”. Le chiese Piton. “Sì, Professore! Ho trovato una pozione strana, non so che cos’è…”. Disse indicando la pozione sconosciuta che si trovava sul ripiano. Severus alzò lo sguardo, distogliendolo dalle pergamene che stava leggendo, e osservò l’ampolla che Adelia aveva indicato. “Non può essere…”. Posò i fogli con incuranza, e si diresse verso quella mensola. Afferrò l’ampolla e la chiuse immediatamente. Iniziò ad osservare il liquido all’interno. “Amortentia…”. Disse ad un certo punto, mentre Adelia lo guardava con aria interrogativa. “Che cos’è Professore?”. Chiese. Piton allontanò lo sguardo dalla pozione, e guardò Adelia preoccupato. Quello sguardo non sfuggì alla ragazza, che istantaneamente avvertì una strano presentimento. “Adelia, devi rispondermi sinceramente: hai inalato i vapori dei questa pozione?”. “Ne ho sentito il profumo…sì.”. Ammise pentita. “E’ il caso che tu rimanga qui, nel frattempo andrò a prelevare il colpevole di questo misfatto.”. Ma prima che se ne andasse, Adelia lo fermò con una domanda. “Professore?”. Lui si fermò in prossimità dell’uscita. “Non è nulla di grave, vero?”. Lui sospirò. “No Adelia, ma devi promettermi che non lascerai per alcun motivo, i sotterranei.”. La giovane annuì. Dopotutto avrebbe dovuto fidarsi del suo tutore, no? Quando Piton uscì definitivamente dal laboratorio, Adelia si mise all’opera e iniziò a preparare il necessario.

 

 

Severus Piton si stava dirigendo spedito lungo i corridoi del secondo piano. Pareva piuttosto adirato e spazientito, ma sapeva perfettamente dove dirigersi. Si fermò in prossimità della porta di un’aula, dentro la quale si stava svolgendo indisturbata una lezione di Trasfigurazione. Bussò. “Avanti.”. Disse la sua collega, McGrannit. Aprì la porta con eleganti gesti, e vi entrò. “Ho bisogno di prelevare Ron Weasley.”. A quelle parole proferite, un sadico sorriso si dipinse nei lineamenti del Professore di Pozioni. “Ma certamente.”. Rispose la capo casa dei Grifondoro. Il rosso si alzò in piedi con aria diroccata, mentre gli sguardi indulgenti dei suoi compagni lo fissavano dirigersi verso Piton, il quale inarcò un ciglio. Sperava di non averla combinata grossa! Non appena furono fuori dall’aula, Severus estrasse dalla tasca del suo mantello una fiala, e la mostrò al ragazzo. “Lei ha idea di cosa sia questa, Signor Weasley?”. Pareva quasi un ammonimento, dal tono che aveva usato. “Quella…quella…quella è…”. “Si risparmi, glielo dico io cosa è: Amortentia, un potente filtro d’Amore, assolutamente proibito a Hogwarts. Lo sapeva questo?”. “Ehm…no”. Ammise. “Dunque, Signor Weasley…”. Lo guardò con spregio. “…è stato lei a lasciare l’Amortentia nell’aula di pozioni, dopo lezione?”. “No Signore!”. “Non mi prenda in giro. So bene che i suoi fratelli ne producono una quantità industriale, per i loro biechi scopi. Ti hanno chiesto loro di lasciare la pozione aperta su uno degli scaffali, non è così?”. “No!”. Si difese il ragazzo. “Lo venga a dire al mio Veritaserum, allora!”. Lo afferrò per un braccio, e lo trascinò con sé per i corridoi, finché non giunsero entrambi in un’aula vuota, nella quale si accomodarono. Nel frattempo, Adelia si trovava ancora nei sotterranei. Stava cominciando a sentirsi piuttosto strana. La fronte aveva cominciato ad imperlarsi di sudore, mentre il suo esile corpo erano scosso da continue vampate di calore. Dopotutto, si trovava anche dinanzi ad un calderone acceso, ma di certo non per quello aveva cominciato a sudare freddo! Stava incominciando a sentirsi persino nauseata. Ormai la pozione era pronta. Si allontanò dal calderone e si accomodò su una sedia, vicino ad un tavolo. Appoggiò la testa sul banco, e si strinse le spalle. Aveva cominciato a girarle la testa. Realizzò, solo in quel momento, che i suoi malori dovevano essere stati causati da quella pozione a lei sconosciuta, che aveva inalato. Eppure, Piton le aveva detto semplicemente di restare nei sotterranei, probabilmente non doveva essere grave. Si alzò nuovamente, e si diresse verso il paiolo. La pozione era pronta. Spense il fuoco e sollevò il pensante calderone, appostandolo su un supporto in legno. Si sentiva fiacca, ma doveva finire a tutti i costi! Piton l’aveva messa alla prova, e non voleva deluderlo. Con un mestolo cominciò a versare il liquido, dentro le fiale che le erano state preparate dal Professore, qualche momento prima che cominciasse. Dopodiché le sigillò una ad una, e in fine le spostò su uno scaffale, dove sotto si leggeva l’etichetta ‘Pozione Pepata’. Aveva finito. Si sedette su una sedia, rimuginando su cosa avrebbe dovuto fare. Era certa che Piton c’avrebbe messo più di mezzora, e lei non aveva voglia di aspettare tutto quel tempo. Magari era solo un po’ di febbre. In quel momento, preferì seguire i suggerimenti che le giungevano dalla propria testa. Avrebbe sempre potuto spiegare al Professore che si sentiva poco bene, e che era andata a riposarsi nella sua camera. Aveva deciso. Prese il suo mantello, dimenticando il resto delle sue cose, e uscì dai sotterranei.

 

***

 

Il rosso aveva cominciato a tremare come una foglia, a tal punto, che quasi faceva persino tremare la sedia sulla quale si trovava seduto. “Mi dica Signor Weasley, è stato lei dunque ad aver lasciato intenzionalmente l’Amortentia nell’aula di pozioni? Per giunta, in un’ampolla aperta?”. Piton si rivolse a lui in tono intimidatorio. “No Signore, ma so chi è stato!”. Rispose il ragazzo. Era sconvolto, le sua bocca si muoveva da sola e le parole che ne uscivano erano incontrollabili! Il Veritaserum, che gli aveva somministrato qualche attimo prima, era stato davvero potente. “Mi rammarica sapere che non sia stato lei Weasley, stavo già pianificando una tortura alla quale sottoporla…”. Si avvicinò a lui. “…avrei potuto rinchiuderla in una bara piena di ragni, anche se la vergine di ferro mi allettava altrettanto. Ora mi dica, chi è stato?”. Era spaventoso quando si comportava così. Era meschino e crudele, come tutti lo conoscevano. E non era una novità! “E’ stato il Professor Alastor Moody!”. Riprese il rosso. “Il Professore di Difesa contro le Arti Oscure? Com’è possibile?”. Severus rimase allibito. “Io ed Harry, lo abbiamo visto ieri notte mentre si aggirava nell’aula di pozioni, nella quale aveva posato su uno degli scaffali una strana pozione.”. “Ah, eravate a pavoneggiarvi per il castello di notte, non è così?”. “Sì, Professore.”. “Per questo gesto sconsiderato, cinquanta punti saranno tolti alla casa dei Grifondoro. Ora se ne può andare Weasley.”. Disse indicando la porta al ragazzo, dalla quale uscì di corsa. Piton era rimasto assorto nei suoi pensieri. Com’era possibile che Alastor avesse lasciato un filtro d’Amore nell’aula di pozioni? A quale scopo avrebbe dovuto farlo? Stava tramando qualcosa, ne era certo. Dopo poco, decise di avviarsi verso l’ufficio del Preside. Sicuramente riferirlo a Silente, non gli sarebbe guastato affatto. Nel contempo, Adelia era uscita dai sotterranei. Le scale erano state parecchio faticose, e non si sentiva per niente bene. Ogni attimo che passava, si faceva sempre più debole e stanca. Si chiedeva, per quanto ancora, le sue gambe l’avrebbero retta prima di cedere. La sua stanza si trovava al terzo piano, e arrivarvi non sarebbe stata una passeggiata. Si addentrò in un lungo corridoio, quando alle spalle si sentì chiamare da una voce femminile, piuttosto familiare. “Hermione? Non dovresti essere a lezione, a quest’ora?”. Chiese Adelia, vedendo la sua coetanea Grifondoro, intenta nel dirigersi anche lei ai piani superiori del castello. “Veramente anche tu dovresti essere a lezione. Io sono venuta a cercare Ron…”. Disse senza terminare la frase, poiché aveva notato che Adelia non si sentiva affatto bene. “Non hai una bella cera, vuoi che tu accompagni in infermeria?”. “No, non ne ho bisogno. Io devo andare al terzo piano, nella mia camera.”. Un attimo dopo, Hermione la prese sottobraccio e iniziò ad aiutarla a proseguire oltre. “Ti accompagno, tanto io devo andare nella stessa direzione.”. Perché d’un tratto era preoccupata per la sua salute? Non le aveva rivolto la parola per più di un mese, e all’improvviso era diventata così gentile nei suoi confronti. Tuttavia Adelia non le disse di ‘no’. Dopotutto, aveva effettivamente bisogno di un supporto a cui appoggiarsi, per camminare. “Piton dov’è?”. Chiese ad un certo punto Hermione. “Credevo stessi cercando Ron.”. “Sì, ma il fatto è che dovrebbe trovarsi con lui.”. Aveva un’aria piuttosto preoccupata, doveva essere successo qualcosa. “Non lo so, non mi ha detto nemmeno dove sarebbe andato.”. La sua risposta fu deludente. “D’accordo…”. Sospirò Hermione. Proseguirono per un po’, senza rivolgersi parola, quando d’un tratto la Granger interruppe il silenzio con un’insolita domanda. “Adelia, posso chiederti una cosa?”. La mora annuì. “Cosa provi per Ron?”. Quella domanda le fu piuttosto insolita. Tra tutte quelle che si sarebbe aspettata, aveva formulato proprio quella che non si sarebbe mai attesa da lei. “Nulla di più, che un’amicizia. Anche se non ci parlo da più di un mese….”. Le rispose. Il volto della compagna si illuminò. “Per fortuna! Credevo che ti fossi invaghita di lui…”. “E tu cosa provi per lui?”. Chiese Adelia. “Oh lo amo! Anche se quasi sembra che straveda per te, nonostante mi metta sempre in mostra…”. A quelle parole Adelia capì tutto. “Tsk!”. “Che cosa c’è Adelia?”. “Ma era logico che ti piacesse, lo difendevi sempre e non gli davi mai torto…”. Adelia levò il braccio dalla presa, e si appoggiò con la schiena ad una parete. “…è per questo che non mi hai rivolto la parola per più di un mese! Evitandomi, e civettando con la Brown sul mio conto…volevi solo che mi allontanassi da Ron.”. La mora la fulminò con lo sguardo. “Ti dava troppo fastidio che ti mettessi i bastoni tra le ruote, non è vero?”. “Adelia, cerca di capire, l’ho fatto perché…”. Non riuscì a terminare in tempo la frase. “Non mi serve sapere il ‘perché’, ormai ho capito tutto! Non ho bisogno della compagnia di persone false come te.”. “Adelia, dammi un’altra possibilità di essere tua amica! Ho sbagliato, e lo ammetto…non dovevo comportarmi così!”. La mora la fissò, con i suoi penetranti occhi verdi, che parevano due fuochi di smeraldo. “No, è inutile che provi a cercare compassione. Io non ho bisogno di persone che fingono di essermi amiche, solo per piacere a qualcuno. Puoi andartene a cercare Ron!”. “Sei meschina! Non te ne stai rendendo conto, ma sei cambiata dall’inizio dell’anno, ora sei diventata fredda quanto Piton…sei orribile!”. Le disse prima di correre via. Orribile? Se solo avesse conosciuto il lato gentile di Severus, avrebbe capito che non era per niente terribile, e Adelia lo sapeva fin troppo bene.

 

 

Nel frattempo, Piton aveva già raggiunto l’ufficio del preside, alla quale aveva raccontato tutto il misfatto. “E così, sospetti che Alastor Moody stia tramando qualcosa contro Adelia…”. Iniziò Silente. “…non abbiamo delle prove, ma ho notato uno strano comportamento in lui dall’inizio dell’anno. C’è qualcosa che non mi torna…”. Si diresse verso il pensatoio. “…forse avrei bisogno di riflettere per un po’ di tempo…”. “E cosa dovrò fare con Adelia?”. Chiese il Professore, con aria angustiata. Silente lo guardò. “E’ giunto il momento che ti dica la verità, mio caro Severus.”. Si diresse verso la scrivania, prendendo una lettera che già era stata aperta. “Adelia non è una comune strega, con dei qualsiasi poteri e un corpo mortale.”. Silente si avvicinò e li porse la busta. “Questa lettera, mostra il resoconto di quello che è successo alla Ostrongrave, la sua precedente scuola. Se leggerai la lettera, avrai dei chiarimenti su quello che è in grado di fare.”. Prese una pausa. “Devi sapere che Adelia è una Portatrice.”. Piton allontanò lo sguardo dalla lettera. Aveva già sentito più volte, soprattutto negli ultimi tempi, pronunciare quella parola. “Adelia porta un marchio?”. Chiese sbigottito. “E’ l’unica portatrice dello Stigmata Diaboli, il marchio più temuto dai Maghi…”. “Lo sposalizio di sangue!? Come può essere…”. Silente lo interruppe. “Lo Stigmata Diaboli è uno dei marchi più influenti, che viene conferito solo da una certa gerarchia di Demoni, dimoranti nel Basso Inferno. Precisamente, sono Demoni battaglieri che amano disseminare Vendetta nel mondo materiale. Adelia è stata dannata, per via di uno di questi Demoni, di cui soltanto lei è a conoscenza del nome e lei soltanto potrà pronunciarlo. Lo sposalizio di sangue è un forte legame, che non può essere spezzato da alcun incantesimo, se non con la Vendetta sulla propria morte. L’anima di Adelia ora è divisa a metà. Una parte si trova imprigionata negli Inferi, mentre l’altra fa parte di lei. Per questo motivo non riesce a gestire i suoi poteri. Nel caso dovesse fallire, rimarrà per sempre incompleta e sarà condannata ad una vita immortale, e perirà sotto atroci sofferenze.”. “Quindi è per questo che il Ministero della Magia la protegge! Perché colui che deve uccidere, è l’Oscuro Signore.”. “Esattamente, tuttavia i Mangiamorte sono giunti a conoscenza di Adelia. Qualcuno deve essersi introdotto nel Ministero e aver ricavato queste informazioni da qualcuno, e purtroppo sono già sulle sue tracce. La stanno cercando per distruggerla. Hogwarts è l’unico posto sicuro, dove Adelia possa rifugiarsi.”. “Albus, è solo una ragazza di diciassette anni! Come puoi pensare che lei possa annientare l’Oscuro Signore!? Questa è utopia!”. Il vecchio mago lo fissò. “Non avere dubbi, è una tua allieva e avrai pur visto che cosa è in grado da fare.”. “Evocare una creatura celestiale come Patronus, non sarà sufficiente a proteggerla!”. “Io non mi riferivo a quello…Adelia sa fare ben altro che evocare Patronus dalle sembianze angeliche, e posso permettermi di dire, che i suoi poteri superano di gran lunga le nostre aspettative.”. “Stiamo parlando dell’assurdo! Albus, io ho visto per anni come opera l’Oscuro Signore, e mandare una ragazza della sua età ad affrontarlo, equivale ad un sacrificio che porterà a morte certa!”. L’anziano mago si avvicinò a lui, e gli porse una mano sulla spalla. “Posso giustificare le tue apprensioni nei confronti di Adelia…tutti ormai teniamo a lei più di ogni altra cosa, ma sarebbe peggio vederla soffrire per l’Eternità, piuttosto che averla in pace con un’anima mortale.”. Gli occhi azzurri brillavano dietro alle lenti a mezzaluna, e fissavano quelli bui di Severus. “Ora torna da lei, e cerca di starle sempre affianco.”. Furono le sue ultime parole. Severus uscì dall’ufficio, piuttosto sconvolto da quella conversazione. Non poteva credere che Silente, potesse dimostrarsi così imbecille! Pensava. Era sembrato piuttosto pacato e indifferente, al riguardo di Adelia. Come poteva nutrire così tanta fiducia, al fatto che Adelia avrebbe sconfitto l’Oscuro Signore? Insomma, oltre al fatto che era molto giovane e con poca esperienza, lui sapeva fin troppo bene che non era in condizioni per duellare. Non era in grado di scagliare un incantesimo efficace, che potesse in qualche modo ferire l’avversario, permettendole di mettersi in salvo. Era brava sulla difensiva, ma quando non aveva la bacchetta tra le mani, l’aveva vista più volte accasciarsi a terra e arrendersi. I Mangiamorte non l’avrebbero risparmiata. Erano spietati e crudeli, e non avrebbero provato alcuna pietà per quella ragazza, senz’altro l’avrebbero uccisa. Come potevano, Silente e il Ministero della Magia, voler sacrificare quella fanciulla? Follia. Per molti anni, aveva trascorso i suoi giorni a tormentarsi per la morte di Lily, la sua amata Grifondoro. Adelia era riuscita a porre un fermo, a quei caotici ricordi, che lo avevano da sempre perseguitato. Aveva posto un fine a quella straziante sofferenza. Lo aveva perdonato di ogni male commesso. Ma i sensi di colpa erano rimasti. Ogni giorno aveva sotto agli occhi una graziosa fanciulla, che assomigliava così dannatamente a Lily, e il solo pensiero che qualcuno voleva ucciderla, lo tormentava. Aveva passato notti in bianco, pensando a lei. Pensando a quello sguardo innocente, accompagnato dal suo raggiante sorriso. Amava Adelia. Si sentiva fortunato di potersi beare della sua vista e della sua dolcezza, e non avrebbe permesso a nessuno di portala via. A costo della sua stessa Vita, lo avrebbe giurato.

 

 

Adelia aveva cominciato a sentirsi sempre più debole e stanca. Era ancora al secondo piano, e stava percorrendo lentamente i corridoi, per via della fatica, quando una possente figura non le comparve dinanzi. “Adelia Blackford, per quale motivo sta vagando come una moribonda nel bel mezzo dei corridoi della scuola?”. Era Alastor Moody (o almeno, così sembrava che fosse…). “Sto andando al terzo piano.”. Rispose lei, cercando di tagliar corto. “Tutta sola e senza aiuto? Che imprudente. Il suo tutore non le ha insegnato, a girare sempre in compagnia di qualcuno, per il castello?”. Adelia riconobbe un timbro sadico nella sua voce. “Ha ragione, ora è meglio che vada.”. Disse la ragazza per terminare il discorso, quando sentì afferrarsi un braccio, da una forte presa. “Che cosa ti è successo Adelia? Hai per caso la febbre? Sei scivolata dalle scale? O hai inalato i vapori di una pozione mortale?”. Sogghignò. Adelia iniziò a sospettare che fosse stato lui ad aver lasciato quella misteriosa ampolla nei sotterranei. “Mi lasci!”. “Oh! Come la Signorina desidera...”. Le diede una spinta, e la fece cadere rovinosamente a terra. “Forse sono stato un po’ brusco, aspetti che le do una mano ad alzarsi.”. Le afferrò burberamente per un braccio, tirandola su di peso, stringendo talmente forte la presa, che quasi Adelia gemette dal dolore. “Fa male il braccio? Forse potrei romperle l’altro, così non sentirà più male in questo! Ahahahaha!”. Delle lacrime iniziarono a scivolarle lungo il viso. Perché si stava comportando così? Non poteva essere il Professor Moody! “Che cosa sta succedendo qui?”. Soggiunse una voce. Adelia si voltò. Era Cedric Diggory, il capo scuola. “Stavo insegnando l’educazione a questa ragazza, che a quanto pare persiste nell’essere negligente.”. La guardò con disprezzo. “Credo che il posto di Adelia non sia qui. Severus Piton la vorrà nei sotterranei, lasci stare Professore, ci penserò io ad accompagnarla.”. Prese Adelia sottobraccio, lasciando che il Professore gli lanciasse un’occhiataccia, e la portò via. Non appena girarono l’angolo, Adelia lo ringraziò. “Figurati!”. Rispose lui, iniziando la conversazione. “Ultimamente Alastor si sta comportando in modo alquanto insolito. Non sei la prima, se questo ti può confortare, a quanto pare ce l’ha con tutti. Ha persino rotto il polso, ad un ragazzo del secondo anno, dei Corvonero.”. Adelia lo ascoltò allibita. “Silente lo sa?”. “Beh, diciamo che è stato informato di tutto, anche degli ultimi avvenimenti. Tuttavia, Moody continua lo stesso indisturbato ad importunare gli studenti che girano da soli per la scuola.”. “Ma da quanto tempo si comporta così?”. “Già da un po’, forse un mese dopo l’inizio dell’anno. Tuttavia, ti consiglio di girare sempre insieme a qualcuno, e nel tuo caso dovresti restare sempre appresso al tuo tutore.”. In effetti, non aveva tutti i torti. Con Piton si sentiva al sicuro (anzi, era al sicuro!). Camminarono per un bel po’, scendendo diverse rampe di scale e percorrendo diversi corridoi, quando ad un certo punto le gambe di Adelia iniziarono a cedere. “Non riesco più ad andare avanti, mi sento troppo stanca…”. Si accasciò a terra. “Ma siamo già al primo piano, non vorrai fermarti adesso!? Tra poco saremo davanti ai sotterranei!”. La incoraggiò il ragazzo. Adelia si fece forza e provò ad alzarsi, ma senza alcun risultato. “D’accordo, allora vado a chiamare qualcuno.”. Le disse, cercando di confortarla, quando in quel momento qualcuno di inaspettato arrivò. “Adelia, che cosa ci fai fuori dai sotterranei?”. Era Piton. La ragazza lo guardò, sembrava piuttosto furente nel vederla lì. “Professore, la ragazza non si sentiva molto bene, ed è uscita nel tentativo di andare in infermeria.”. La difese Diggory. “Basta così, vada a lezione Signor Diggory, prima che le tolga quaranta punti alla sua casa. Penserò io a lei.”. Sembrava piuttosto serio. Cedric salutò Adelia lasciandola lì dov’era. Quando se ne fu andato, Piton le si avvicinò senza dir nulla, e la sollevò in braccio. “Che non si ripeta mai più!”. Le disse. Adelia annuì.

 

***

 

Niente, ripeto niente, ti da il diritto di uscire dai sotterranei, senza essere accompagnata da qualcuno. Soprattutto perché sei sotto la mia responsabilità, non puoi andare a girovagare a tuo piacimento nei meandri del castello.”. Sembrava piuttosto preoccupato, nonostante il tono di voce fosse molto aggressivo. “Ti avevo chiesto di aspettarmi qui, e qui dovevi restare.”. Adelia decise di difendersi. “Anche se stavo agonizzando? Ho pensato che non sarebbe tornato subito, e difatti così è stato. Allora avevo deciso di ritirarmi nella mia stanza.”. “Poteva succederti di tutto!”. “Allora perché non mi ha portata con sé? Si sarebbe risparmiato questa paternale…”. Ci fu un attimo di silenzio. “Come te li sei procurati quei lividi sul braccio?”. Le disse dopo un po’, notando le chiazze violacee sulla sua candida pelle, che avevano iniziato a comparire. “Ho incontrato il Professor Moody per i corridoi…”. Ammise la ragazza. “…Diggory è arrivato appena in tempo e mi ha portata via, altrimenti il Professore mi avrebbe spezzato un braccio.”. Proseguì. Piton la guardò turbato. “Per oggi sospendiamo le lezioni, non sei decisamente in forma. Ti accompagnerò nel tuo dormitorio, e non dovrai uscire per nessun motivo, finché non ti verrò a prelevare io stesso per accompagnarti a cena. Sono stato chiaro?”. Adelia annuì tristemente. Non aveva voglia di stare da sola nella sua stanza! Detestava la solitudine. Tuttavia, si sarebbe vergognata a morte, di chiedere a Piton di tenerle compagnia. Si limitò a non dir più nulla, e con uno sguardo abbattuto lo seguì. Ora si sentiva decisamente meglio, dal momento che Severus le aveva somministrato una pozione rinvigorente, che l’aveva un po’ rimessa in forze, anche se la nausea persisteva. Si incamminò dietro di lui, mentre salivano la rampa di scale a chiocciola che portava al primo piano. Piton cercava di non andare troppo veloce, per permettere alla ragazza di stargli dietro. Adelia sembrava assorta nei suoi pensieri. Si ricordava ancora di quella discussione, che aveva udito quella mattina, tra Gazza e il Professor Moody. Per quale motivo Silente avrebbe dovuto spostare dalla sezione proibita quei testi? Dopotutto, aveva ormai letto la maggior parte dei tomi che si trovavano nella sezione. Sembrava piuttosto assurdo, che ora volesse sbarazzarsene. Non faceva altro che farle leggere Grimori e Necronomicon. C’era qualcosa sotto. Probabilmente Alastor aveva ingannato il custode, dicendo che lo stesso Silente glielo aveva ordinato. E se stesse pianificando qualcosa di losco contro di lei? Aveva ancora in mente quelle parole di minaccia. “…O hai inalato i vapori di una pozione mortale?”. Probabilmente era stato lui a lasciare l’ampolla sullo scaffale. Allora, forse era a conoscenza della sua Dannazione!? Tramava di ucciderla? Adelia non lo sapeva con certezza, ma il solo pensiero le fece accapponare la pelle. Presto sarebbe stata da sola nella sua stanza, e Moody avrebbe potuto approfittare dell’assenza del suo tutore, per farle del male. Era per giunta diventata incredibilmente vulnerabile, dal momento che non era al massimo delle sue forze. Avrebbe forse dovuto chiedere a Severus di tenerle compagnia? Ci pensò a lungo, poi ad un certo punto decise di chiederglielo. “Professore?”. Lui si voltò. Adelia abbassò immediatamente lo sguardo, per non incrociare il suo. “Volevo chiederle se potrebbe tenermi compagnia in camera.”. A quella domanda Piton si sorprese. “C’è qualcosa che ti turba?”. Le chiese lui, di rimando alla sua domanda. In quel momento si ricredette, forse non avrebbe dovuto fargli quella richiesta! “No, nulla…”. Rispose Adelia, cercando di rispondere sul vago. “…è solo che ho un brutto presentimento.”. Cercò di convincersi, che quelle fossero state le parole giuste. “E’ un mio dovere, l’avrei fatto comunque.”. Quella risposta la confortò moltissimo.

 

 

Adelia si era messa a sedere a gambe incrociate sul tappeto, davanti al camino appena acceso. Piton si era adagiato sulla poltrona, nell’intento di leggere un ricettario di pozioni, che si era portato dietro. Non parlarono per un po’. Sembrava che ognuno dei due, avesse altro a cui pensare. Adelia stava guardando le fiamme del focolare. Aveva sempre avuto un debole per il fuoco. Vivace e incontrollabile. Agitava la bacchetta, facendo muovere le fiamme a suo piacimento, e tal volta facendole prendere diversi colori. Viola, smeraldo, blu. In quel momento, non si accorse di avere gli occhi di qualcuno addosso. “Affascinante, non è vero?”. Chiese ad un tratto Piton. “Già…”. Sospirò lei. “Se non sbaglio Adelia, tu non hai ancora un animale.”. “Ehm…no.”. Rispose con un po’ di esitazione. “Tuttavia, ho sentito diverse volte provenire delle insolite cantilene dalla tua camera.”. Disse sospettoso. Adelia si limitò al silenzio. “Non devi temere di dirmi la verità, Adelia.”. Si sentì vinta da quelle parole. Avrebbe fatto bene a confessargli che teneva una Puffola Pigmea? Forse non l’avrebbe presa bene. “Io non credo, che lei approverebbe il fatto, che io nasconda una creatura vietata ad Hogwarts.”. Rispose lei. “Almeno che non sia un drago, o qualsiasi altra creatura pericolosa, penso che non ci siano problemi. Dopotutto, sono il tuo unico insegnante, e penso che potremo fare un’eccezione.”. Adelia sorrise. Si diresse verso l’armadio, e vi tirò fuori una piccola cesta in vimini. “Batuffolo, vieni.”. La ragazza prese tra le mani la palla di pelo, la quale iniziò a stridere. Severus scrutò la palla di pelo. Non ne andava pazzo per il colore, però aveva un’aria innocua. “E’ da molto che ce l’hai con te?”. Chiese. “Quasi dall’inizio dell’anno. L’ho trovato nella Foresta Proibita, e questo ha voluto seguirmi.”. La creatura-batuffolo si cimentò nella sua solita operetta lirica, producendo una sorda cantilena. Adelia rise. “Hagrid ha detto che quando cantano, significa che sono felici col proprio padrone.”. Severus piegò un angolo della bocca in un leggero sorriso. Amava vedere Adelia felice, voleva solo questo per lei. Ripensò al suo discorso con Silente. “Oh Adelia, come può una persona dolce come te, esser stata maledetta? Sei un Angelo, e non c’è macchia di peccato sulla tua anima. Perché proprio tu dovresti sacrificarti per questo mondo spietato e crudele? Non lascerò che qualcuno ti porti via…”. Pensò, mentre la guardava ammagliato dalla sua tenerezza. Ora poteva averla per sé.

 

.†.†.†.

 

Persefone Fuxia Grazie per la spiegazione^^. Purtroppo ignoro ancora queste cose, in quanto non è che sia da tanto iscritta su EFP. Comunque l’idea dell’Angelo a sei ali, è stata principalmente un’ispirazione a Dante. Non ti sbagli, difatti gli Angeli dalle sei ali, sono coloro che appartengono alla gerarchia più alta (la Prima Sfera). Sono i Serafini, coloro che sono dediti alla protezione del trono di Dio. Sono esseri di luce, tra l’altro, come lo fu lo stesso Lucifero^^. Grazie per aver commentato! E ti auguro di passare una Buona Pasqua! La storia andrà avanti lo stesso^^.

alida Mi fa piacere che anche tu abbia apprezzato la scelta del Patronus di Adelia. Effettivamente, mi piaceva troppo^^. Comunque non sapevo che l’Oblivion, fosse il tuo incantesimo preferito, ad ogni modo, mi ha fatto piacere aver suscitato questo grande interesse in te per aver inserito questa magia nella storia^^. Ma comunque, spero di riuscir ad inserirne il più possibile, soprattutto nei prossimi capitoli.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII – Dietro ad una maschera…una profezia ***


Scusate la lunga attesa!

 

Vi avverto di aver apportato una piccola modifica, al riguardo dell’ordine numerato dei capitoli. Ho pensato che si potessero confondere facilmente, dal momento che questi vengono già numerati automaticamente dal sito, e siccome la prima parte era una prefazione e non un vero e proprio capitolo, ero indietro di un numero. Non volevo confondervi le idee, per cui ho preferito attenermi all’ordine. Vi auguro buona lettura! ;)

 

*A proposito: il titolo del capitolo è ispirato ad una canzone degli Anarchy Club, che ultimamente mi sta accompagnando come colonna sonora. Potete cercarla su YouTube, se vi interessa^^. Questo è il titolo: Behind The Mask – Anarchy Club (hanno fatto anche un video, con questa canzone, su Severus Piton^^)*

 

Dietro ad una maschera…una profezia

 

Camminava nervosamente, avanti e indietro, per la sua stanza. Non si era mai sentito così ansioso, in vita sua. E tutto questo, era per colpa di Silente! “Quel vecchio depravato mentale…”. Pensò tra sé e sé, mentre teneva in mano una busta. “…perché ha affidato a me quella ragazza? Me l’ha affidata con così troppa leggerezza, come se fosse una qualsiasi altra studentessa. Perché solo ora mi vuol far sapere la verità?”. Severus si adagiò, sprofondando nella poltrona. La sua mente era tormentata da caotiche preoccupazioni e dubbi. Soffocava le sue angosce, in mari talmente oscuri, che non lasciano travedere nemmeno la chiarezza di una risposta. Appoggiò lentamente la testa al morbido schienale, e fissò ancora la busta. In un modo o nell’altro, prima o poi, avrebbe dovuto leggerla. La scartò, e vi tirò fuori una pila di fogli ingialliti. “…non mi resta altra scelta, che cercare qui delle risposte.”. Pensò, e iniziò a leggere attentamente.

 

 

hMinistero della Magia, 9 Luglio 1996g

 

Egregio Professor Herbet Berry,

 

il Ministero della Magia, sotto decisione e pretesa del consiglio approvato il giorno 29 Giugno 1996, chiede l’ammissione alla scuola di Stregoneria e di Magia di Ostrongrave per Adelia Blackford, nata il 22 Dicembre 1980, a Norwich. La informiamo, che la fanciulla non ha avuto nessuna precedente istruzione presso un istituto scolastico, tuttavia ha frequentato diversi corsi di lezioni private, per cui la sua preparazione è risultata più che sufficiente e all’altezza del quinto anno nella vostra scuola. Ovviamente, tengo a precisare che essendo sotto la protezione e la responsabilità del Ministero stesso, sarà dunque accompagnata da un tutore, il quale sarà tenuto a starle sempre appresso. Tuttavia, attendiamo un responso prima di poter illustrare le condizioni alla quale, la ragazza e l’istituto stesso, dovranno attenersi. Premettiamo, che non sarà un ordinario incarico, per cui consigliamo di prendere una riflettuta decisione e senza ripensamenti, in quanto ci saranno diverse responsabilità da assumersi successivamente.

 

Cordiali saluti.

 

Firmato il mittente:

Cornelius Caramell

 

***

 

hScuola di Magia e di Stregoneria di Ostrongrave, 10 Luglio 1996g

 

Vi ringraziamo per la vostra domanda di ammissione. Abbiamo riflettuto a lungo alla vostra richiesta, e poiché abbiamo già avuto studenti accompagnati da tutori, la scuola non ha problemi ad ospitare Adelia Blackford. Ella potrà cominciare a frequentare Ostrongrave, a partire dal primo Settembre. Inoltre, si informa il Ministero della Magia, che il Professor Herbet Berry, si è dovuto ritirare al San Mungo per un lungo periodo di cura. Per cui, io sottoscritto Vicepreside Amycus Carrow, ne prenderò le veci fino al suo ritorno. Tuttavia, la scuola sarà pronta ad assumersi qualsiasi responsabilità sulla ragazza, e a rispettare le condizioni imposte, purché queste non prevedano che ella trasgredisca a qualche fondamentale regola del nostro istituto. Inoltre, non prevedo che vi saranno particolari problemi, per cui sono sicuro della mia decisione e non vi saranno ripensamenti in futuro. In conclusione, vi elenco i libri di testo che saranno necessari per il corso di studi del V anno: L’Arte della Pittura Magica I e II volume, Storia della Magia (edizione esclusiva), Ars Theurgia Goetia, Ars Notoria, Ricettario di Pozioni per apprendisti Maghi, Culto della Levitazione terzo volume e Formulario di Magie e Incantesimi Contro le Arti Oscure. Inoltre, sarà necessario acquistare un calderone in peltro di grandezza media/grande e una divisa verde scuro. Attendiamo il vostro responso, al più presto.

 

Ossequi.

 

Firmato il mittente:

Vicepreside, Amycus Carrow

 

***

 

In quel momento si fermò a riflettere su quel nome. “Amycus Carrow…”. Mugugnò. “…maledetta carogna!”. Conosceva fin troppo bene quel nome, essendo stato per lungo tempo, il suo collega Mangiamorte, con la quale aiutava l’Oscuro Signore a portare a termine la maggior parte delle sue misfatte. Un uomo senza scrupoli. Rammentava il suo viso allungato e lo sguardo vitreo. Pelle pallida quasi sbiancata, scuri capelli brizzolati e un portamento aristocratico che 'quasi' lo faceva diventare insopportabile. Non poteva negare che lo aveva sempre detestato. “E così, ti sei fatto vivo?”. Pensò. Continuò a scorrere le righe sui fogli, riprendendo il segno, e continuò a leggere.

 

 

hMinistero della Magia, 12 Luglio 1996g

 

Vi ringraziamo per aver accettato la richiesta di ammissione. Non eravamo al corrente, del periodo di cure per la quale il Preside si è ritirato, tuttavia possiamo solo sperare che si riprenda al più presto. Siamo tenuti ad informare, che è stata nominata come tutrice, la sottosegretaria del Ministero della Magia, Dolores Umbridge. La quale si impegnerà a sorvegliare la ragazza, fino alla fine dell’anno. Inoltre, un agente esterno farà più volte visita all’istituto, in quanto dovrà accertarsi della sua buona integrazione nella scuola. Come ultima cosa, vi chiediamo di presentare al Ministero, un resoconto trimestrale sugli sviluppi e le varie annotazioni, sulla condotta e il rendimento di Adelia. Il primo resoconto dovrà essere consegnato prima della fine di Ottobre. Adelia si presenterà puntuale, il primo Settembre alla scuola, accompagnata dalla sua tutrice. Per eventuali chiarimenti, non esitate a contattarci.

 

Cordiali saluti.

 

Firmato il mittente:

Cornelius Caramell

 

***

 

“Dolores Umbridge?”. Alla vista di quel nome, sobbalzò. Rammentava chiaramente quella terribile donna. Bassa, tozza, una bocca slargata e sguardo di ghiaccio…ma soprattutto, vestita sempre orrendamente di rosa! “Chissà quali pene ha dovuto patire quella povera ragazza…”. Soggiunse, pensando ad Adelia. Difatti, era ben a conoscenza degli agri metodi alla quale era solita utilizzare più spesso, per ottenere ciò di cui aveva bisogno (soprattutto di essere temuta e rispettata dagli studenti!). Considerava, che in qualità di donna, avrebbe avuto le caratteristiche adatte per essere un Mangiamorte a tutti gli effetti, seppure si rendesse ridicola e poco credibile, vestendosi completamente di rosa. Continuò a sfogliare quelle scartoffie, per trovare qualche resoconto del Ministero che potesse offrirli qualche chiarimento, ma senza alcun successo. A dire il vero, i resoconti non c’erano, e la maggior parte dei fogli erano lettere da Ostrongrave, che dichiaravano l’ottimo andamento scolastico di Adelia. Non poté fare a meno di buttarvi un’occhiata, notando la sua distinta bravura nelle materie di Pittura Magica e Storia della Magia. Da questo si spiegò il suo particolare interesse per i quadri della scuola. Era un peccato che a Hogwarts non ci fossero corsi di lezione su pittura, era certo che Adelia avrebbe destato parecchi riguardi per la materia. Continuò a cercare tra i fogli, qualcosa che potesse riguardare Adelia, finché una lettera non catturò la sua attenzione. Non sapeva di cosa si trattasse, ma la calligrafia con la quale era stata scritta, gli era molto familiare.

 

 

h21 Dicembre 1996, Memorandum di Adelia Blackford, V anno alla Scuola di Magia e di Stregoneria di Ostrongraveg

 

Ho il sospetto che Dolores stia cancellando i miei ricordi, con l’incantesimo Oblivion. E seppure, pare lo faccia esclusivamente per farmi dimenticare delle sue punizioni, ho cominciato dall’inizio della scuola a scrivere un diario, come supporto mnemonico. Ogni giorno scrivo quello che accade, e ogni giorno che Dolores mi fa dimenticare quello che è successo, io riesco a ricordare sempre tutto! Non voglio dimenticarmi nulla, e quando incontrerò Caramell, sarò pronta a riferirgli ogni cosa! Purtroppo ho constatato che la mia tutrice ha persino deciso di bloccare le mie lettere, per cui non posso scrivere né al Ministero della Magia né allo stesso Cornelius Caramell. Ho le mani legate. Scrivo questo Memorandum, poiché mi trovo nuovamente in punizione in una delle torri del castello, e per qualche giorno non riuscirò ad accedere alla mia stanza per prendere il mio diario. Almeno potrò stare sola, distante da quella perfida donna! Sulle mani ho rimasto i segni di qualche nuova cicatrice, di cui ora non rammento alcun ricordo, ma sono certa che me le sia procurate con uno dei soliti castighi corporali della Umbridge. Spesso, ricorre alla maledizione Cruciatus, quando trasgredisco a qualche sua regola (e continuerò a farlo…per cui dovrò solo stringere i denti e sopportare, senza opporre resistenza…). Mi è stata sequestrata la bacchetta, dall’inizio dell’anno, poiché non mi potessi difendere, né da lei né dal Vicepreside. A proposito di quest’ultimo: ho svolto delle ricerche sul Preside di Ostrongrave scomparso in circostanze misteriose (inizialmente sostenevano essersi ritirato al San Mungo, ma le voci sono state smentite dalla Gazzetta del Profeta, non più di due mesi fa!). In realtà, il Ministero non ha nemmeno iniziato ad accertarsene, ma credo sia stato assassinato da molto tempo. Ora, colui che ha preso il suo posto è un uomo spietato e senza scrupoli. Amycus Carrow, i miei compagni dicono che sia un seguace dell’Oscuro, e temo che queste voci siamo persino fondate. Dall’inizio dell’anno si è dimostrato parecchio interessato e sospettoso, nei miei riguardi. Credo sia a conoscenza del marchio, ma ancora non voglio darli questa soddisfazione, per cui sarò pronta a negare in ogni caso. Non mi sorprenderei se volesse uccidermi, per impedire la mia Vendetta. Tuttavia non dovrò temere, perché finché sarò sotto la protezione del Ministero e soprattutto sotto stretta sorveglianza di Dolores, nessuno potrà toccarmi. Per il momento, voglio abbandonare queste preoccupazioni, tra un po’ sarà Natale…e domani sarà il mio compleanno, il giorno più triste di tutto l’anno. Spero di riuscire a chiudere occhio stanotte.

 

 

***

 

Come sospettava, la Umbridge non le aveva risparmiato le sue famose punizioni, e per poco non finiva nelle grinfie del più spietato Mangiamorte mai esistito! “Con quale balordaggine, il Ministero della Magia, ha potuto mandare in una scuola del genere, Adelia!? Eppure, non dovevano poi essere così beoti, da non rendersi conto che la misteriosa scomparsa del Preside, era solo una copertura per inclinare l’incarico e la gestione della scuola a Carrow!”. Pensò, alzandosi in piedi. Ma il dubbio più forte che lo tormentava, era sapere che fine avesse fatto il falso Vicepreside di Ostrongrave. Probabilmente i sospetti di Adelia erano effettivamente fondati, e questo avrebbe potuto significare che ora non era più a Ostrongrave, e probabilmente si era già mosso per mettersi sulle tracce della ragazza. E Moody, allora? Il suo strano atteggiamento non lo convinceva affatto, e seppure se la prendesse con ogni studente che li capitava sotto il naso, aveva notato chiaramente che in realtà era solo un comportamento di copertura. In realtà, lui voleva arrivare solo ad Adelia. E questo lo aveva capito, a distanza di due settimane, quando aveva lasciato l’Amortentia nell’aula pozioni. Inoltre, doveva essere alquanto ben informato, poiché Adelia era fortemente allergica ai composti dell’Amortentia. Poteva esserle fatale. Questo poteva significare solo una cosa: che Moody era ben a conoscenza dei punti deboli della ragazza. Quel uomo era un pericolo pubblico, ma soprattutto molto pericoloso per Adelia, difatti Silente lo aveva raccomandato di tenerlo lontano da lei. E così stava facendo. Silente si era rifiutato di rimuoverli la cattedra di Professore a Hogwarts, poiché sosteneva che in mancanza di prove e aggravanti, non avrebbe potuto farlo. Ma di una cosa, erano certi entrambi: Alastor Moody, era un impostore. Tuttavia, le sue apprensioni nei confronti di quella fanciulla, si stavano facendo via via sempre più pressanti. Da giorni aveva perso il sonno, e seppure non se ne fosse reso conto, molte persone lo avevano notato. Erano poco più le sette meno un quarto, e avrebbe cominciato la mattinata con due ore di lezione nell’aula pozioni. Ripiegò i fogli nella busta, tranne il Memorandum di Adelia, il quale se lo nascose in una delle tasche del mantello. Avrebbe potuto rivelarsi utile, per farsi dare qualche informazione da lei (ammesso che si ricordasse ancora qualcosa…).

 

***

 

Il cielo si era infittito di nuvoloni grigi, e dei piccoli fiocchi di neve avevano iniziato a scendere, imbiancando il paesaggio. Natale sembrava ormai prossimo, anche se mancavano ancora tre settimane all’inizio delle vacanze natalizie. Tutti fremevano dalla voglia di vacanze, tutti, tranne Adelia. Per lei, Dicembre era un periodo così infelice. Solo lei sapeva perché. Stava percorrendo indisturbata i corridoi, soffermandosi di tanto in tanto alle finestre, per osservare i fiocchi di neve che si posavano sul cornicione. Aveva appena terminato di fare colazione, e Silente come suo solito le aveva lasciato qualche ‘piacevole’ lettura come passatempo. Questa volta le aveva dato un volume sulla Storia delle Creature del Mondo Magico. Doveva essere interessante, anche se quella mattina si sentiva piuttosto pensierosa e distratta. Non aveva voglia di leggere. Erano passate due settimane, dall’ultima volta che qualcuno aveva tentato di farle del male, e tutto le sembrava fin troppo tranquillo. Avvertiva che, prima o poi, qualcosa sarebbe dovuto succedere. Sospirò, e si avviò verso sala comune dei Serpeverde. Si accomodò ad uno dei tavoli, e con incuranza posò la borsa a terra. Era stanca. Queste insopportabili paranoie le avevano persino tolto il sonno! Era bramosa di risposte, ma nessuno avrebbe potuto aiutarla (almeno, non ora...). Incrociò le braccia e si strinse le spalle, dopodiché appoggiò la testa tra queste e si addormentò. Almeno, rifugiarsi nei sogni, l’avrebbe sicuramente distolta dalle sue preoccupazioni. Non passò molto tempo, quando udì dei passi avvicinarsi a lei. Erano già passate due ore? Le parve piuttosto strano che Piton fosse arrivato così presto. Alzò lo sguardo, quando constatò che in realtà dinanzi a lei, vi era un’altra persona. “Scusa, non volevo disturbare.”. Era Harry. “No, figurati.”. Rispose lei con indifferenza, rammentando l’ultima conversazione al riguardo del suo ‘tutore’. “Sono uscito da lezione, perché avevo bisogno di darti questo messaggio da parte di Ron.”. Disse questo, porgendole un biglietto, ripiegato elegantemente e avvolto da un fiocco rosso scuro. Adelia lo prese, senza esitazione. “Lo devo leggere subito?”. Domandò. “No, puoi leggerlo anche dopo. Sono venuto, tra l’altro, per parlarti…”. Si accomodò al tavolo, di fronte a lei. “…il fatto è che mi ero dispiaciuto per come l’avevi presa l’ultima volta. Capisci, che per noi è difficile vedere Piton come una persona onesta e gentile, dopotutto lo conosciamo…”. Adelia lo interruppe. “Da molto più tempo di me.”. “Esatto…”. Proseguì il ragazzo occhialuto. “...poi, ti ho sentita diverse volte difenderlo dalle cattiverie degli altri, quindi ho pensato che effettivamente il tuo 'accanimento' dovesse essere giustificato.”. Ma dove voleva arrivare? “Quindi, mi vorresti dire, che alla fine ho ragione al riguardo di Piton?”. “Non esattamente, ma comincio a pensare che non dev’esserci solo del male in lui.”. Adelia sorrise. “Ti assicuro che c’è anche del buono, anche se ho fatto fatica a notarlo subito. Poi, è una persona molto riservata.”. Harry annuì. “Forse hai ragione. Tuttavia, non isolarti da noi! Ron e io saremo contenti di averti ancora tra noi, e non badare a quelle stupide oche pettegole che ne inventano sempre una al giorno, per farti sentir male!”. Si alzò in piedi. “Io devo tornare a lezione, al massimo ci sentiamo più tardi. E leggi il messaggio!”. Le disse, mentre si allontanava. “Speriamo non si tratti di qualche contrattempo…”. Pensò. Dopo qualche attimo di esitazione, aprì il messaggio e iniziò a leggere.

 

 

Ti amo perché hai dipinto di rosa la mia esistenza grigia e triste.

Ti amo perché i tuoi sguardi mi rendono migliore.

Ti amo perché sei tutto ciò che io desidero.

Ti amo perché semplicemente tu sei la mia felicità.

 

Vorresti concedermi di essere il tuo cavaliere, al ballo di fine anno?

 

 

Dovette ammettere che quel messaggio l’aveva sconvolta! Con tutte le cose che aveva per la testa, le preoccupazioni e i problemi, le mancava solo che qualcuno le facesse il filo! Ma non voleva entrare nei panni della ragazza insensibile e crudele, per cui avrebbe escogitato un modo per raggirare la sua richiesta, senza che lui se la prendesse. Non sopportava le feste di Natale! E un ballo a fine anno, era l’ultima delle sue aspettative. Poi, non aveva alcun interesse per una relazione, al momento. Quasi le infastidiva al solo pensiero, di dover illudere Ron con una menzogna, per non andare ad uno stupido ballo! Ma aveva decisamente altro per la testa. Stava riponendo il messaggio nella busta, quando udì gli studenti uscire dall’aula. La lezione era finita. Raccolse la sua borsa e si avviò verso l’aula, dove Piton la stava aspettando, accomodato alla cattedra con le braccia conserte. “Buongiorno Professore.”. Disse, senza ricevere alcuna risposta. Si accomodò al solito tavolo, e cominciò a tirar fuori il materiale per la lezione. “Adelia, ho bisogno di farti delle domande…”. Soggiunse ad un certo punto, il Professore. “Certo, mi interroga su Demonologia o Pozioni?”. Chiese lei. “No Adelia, non si tratta di materie di studio. Ho bisogno di farti alcune domande, al riguardo della tua precedente scuola.”. Lo sguardo della ragazza si rabbuiò improvvisamente. “Sai dirmi nulla, al riguardo?”. Cominciò. “Io…io ricordo ben poco.”. Rispose, prendendo un lungo respiro. “So solo che non ho avuto delle buone esperienze passate, ecco tutto.”. Piton le si avvicinò, estraendo da una delle tasche del suo mantello, il Memorandum di Adelia. “Ti ricordi di aver scritto questo Memorandum?”. Le chiese, porgendole il foglio sotto agli occhi. Adelia lo prese e iniziò a leggere le prime due righe. “E’ la mia calligrafia! Ma non ricordo di averlo scritto…”. Soggiunse, mentre continuava a leggere. Dopo qualche attimo, fissò Severus. “Come l’ha avuto?”. “Mi è stato consegnato da Silente, ma siccome era tuo, ho preferito restituirtelo…”. Era la prima persona che si comportava così con lei. Era degno della sua stima. Ma a quale scopo le stava facendo quelle domande? “Il fatto…è che non ricordo precisamente tutto quello che è successo, durante la mia permanenza alla Ostrongrave. Ricordo di aver avuto un diario, rilegato in una copertina nera, ma temo che mi sia stato sequestrato. Se il Ministero era in possesso di questo promemoria, è possibile che si siano dati da fare per cercare il mio diario, per cui ora sarà probabilmente nelle loro mani…”. Adelia fissava un punto vuoto, cercando di rielaborare e collegare qualche ricordo sfocato, a quel Memorandum. Nel contempo che lei rimuginava, Severus le si approssimò davanti. “Adelia, non ricordi nulla di quello che è successo?”. La ragazza scosse con la testa. “Mi dispiace…riesco solo a rammentare ancora qualche amara sensazione, ma altro non ricordo…”. Piton le si avvicinò, finché non le arrivò a pochi centimetri dal viso. “Adelia, guardami…”. La ragazza sollevò lo sguardo, e incrociò due profondi occhi neri. Si sentì avvolgere il viso dalle sue mani fredde, mentre lo sguardo era perso in quei profondi pozzi neri. Non opponeva alcuna resistenza, seppure quella posizione potesse sembrare piuttosto ‘ambigua’. Ma che aveva in mente di fare? Non ebbe il tempo di reagire. “So che mi perdonerai…Legilimens!”. Si sentì sconvolgere la mente da una forte ondata di caotici ricordi. Il respiro le si era fermato, e il suo corpo non si muoveva, come se fosse stato addormentato. Eppure lei vedeva e sentiva.

 

 

{ Inizio flashback ●}

 

C’era una vecchia stanza. Era modestamente arredata, con qualche mobile in legno scuro e una poltrona davanti ad un caminetto. Aveva il tipico aspetto, di una camera da alloggio. Sulla scrivania vi erano riposti diversi volumi, tra cui un taccuino rilegato in una copertina nera. “Potrebbe essere il diario di Adelia...”. Pensò lui, afferrando il quaderno. Non ebbe il tempo di sfogliarlo, che un pianto familiare lo fece sobbalzare. Si voltò, e vide una giovane ragazza, dai lunghi capelli neri, inginocchiata sul pavimento. Era lei. “La tua negligenza non ha limiti, e continui a disonorare il Ministero della Magia! Ti avevo ricordato più volte di essere disciplinata, ma tu non mi hai ascoltata, mia cara. La punizione, te la sei meritata e mi auguro che ti sia stata utile!”. Davanti a lei vi era Dolores, intenta ad infliggerle qualche altro incantesimo, mentre le puntava contro la bacchetta. Le mani della povera fanciulla sanguinavano. “Sei un mostro!”. Urlò lei, disperata. “Insolente che non sei altro! Crucio!”. La ragazza iniziò ad agitarsi dal dolore. Straziati lamenti echeggiavano sulle pareti della stanza. “E’ sufficiente la punizione? Hai capito come ti devi comportare, Adelia?”. Il suo viso era rigato dalle lacrime. Stava soffrendo, e si dimenava per terra stringendosi forte il busto con le braccia. Cercava disperatamente di attenuare il dolore, ma con insuccesso. Ormai si poteva travedere dai suoi occhi stanchi di lottare, che avrebbe ceduto da un momento all’altro. Alla fine, lei annuì. “Bene…”. Rispese a parlare quel mostro di donna. La fanciulla non si agitava più, forse perché la maledizione aveva cessato il suo effetto. “…spero che non si ripeta più un evento del genere, in futuro. Non tentare mai più di scappare da questa scuola! Se dovessi farlo un’altra volta, ti ritroverai su una sedia a rotelle al San Mungo.”. Allora era per questo che la puniva? Perché aveva solo provato a fuggire? Severus la guardò. Vederla così, in qualche modo, lo faceva sentir male…molto male. La sua amata studentessa, la sua amata Adelia…se solo avesse potuto fare qualcosa! “Non osare raccontare nulla in giro, altrimenti mi costringerai ad estirpare ogni tuo ricordo, al punto da ridurti ad un vegetale. Sono stata chiara?”. Proseguì la donna-mostro. Adelia annuì disperatamente. E come avrebbe potuto dire di no? Dolores se ne andò, lasciando Adelia nello sconforto. “Non piangere…”. Piton le si avvicinò, nel tentativo di abbracciarla, ma questa scomparì tra le sue mani. Un folata di memorie, lo trascinarono in un successivo ricordo.

 

***

 

Era in una specie di ufficio e a pochi metri da lui, c’era Adelia. Il suo sguardo abbattuto, volgeva in contemplazione del pavimento. Piton si accorse solo in quel momento, che c’era qualcun altro, lì con lei. “Adelia Blackford, vieni avanti.”. “Sì.”. La ragazza annuì, e si avvicinò ad una cattedra, dietro alla quale vi era accomodato Amycus Carrow. “Puoi spiegarmi che cos’è questa?”. Con incuranza le gettò davanti il foglio, che poco fa, aveva in mano. Adelia lo prese, e lo portò sotto agli occhi. “E’ un tuo Memorandum, vero?”. Chiese in tono sprezzante. Lei annuì. “Dunque è vero. Stai complottando qualcosa contro Ostrongrave? Hai intenzione di segnalarmi al Ministero della Magia, non è così!!?”. Le ultime parole risuonarono in un tono minaccioso. Carrow si alzò dalla sedia, e si avvicinò a lei. Attendeva una risposta. “Lei è un seguace del Signore Oscuro!”. Disse Adelia, d’un tratto. “Con quale sfacciataggine, osi proferire una simile eresia?”. Le diede uno schiaffo, con una tale violenza, da scaraventarla a terra. “Lei è un Mangiamorte!”. Insistette la fanciulla, che pareva non avesse nulla da perdere. “E ha ucciso Herbet Berry, per impossessarsi della cattedra di Ostrongrave. Lei è un impostore! Ha cancellato i ricordi a tutti gli insegnanti, per non ricordare a nessuno chi fosse il vero vicepreside. Così lei, indisturbato, ha potuto prendersi il posto!”. Amycus le si avvicinò, afferrandola per il colletto della divisa. “Brava, brava Adelia…”. Le sussurrò vicino. “Sei decisamente molto sveglia come ragazza. E più sveglia, persino di quei tonti del Ministero. Ma non lo sei ancora abbastanza, per potertela cavare contro il più spietato Mangiamorte di Lord Voldemort!”. A quelle parole, Adelia tentò di svincolarsi da quella presa. Ma fallì, poiché Amycus la sollevò prontamente da terra, rendendole vano ogni tentativo di liberarsi. “Sei solo fortunata, perché ti dovrò risparmiare a mia grande rinuncia, dal momento che l’Oscuro Signore ti vuole in vita.” La scaraventò a terra. “Non riuscirai a raccontare nulla a nessuno, Oblivion!”. Qualche momento dopo il ricordo svanì, e nuovamente si sentì trascinare da qualche altra parte.

 

***

 

Ora si trovava in un’aula semibuia. Si guardò intorno, all’apparenza sembrava vuota. Vi erano dei banchi in legno disposti a file di due, una lavagna mezza cancellata e delle gabbie per uccelli vuote. Non vi erano animali o creature, poiché da quando la scuola aveva cambiato Preside, erano stati severamente vietati. Non era una novità, Amycus aveva da sempre detestato ogni genere di creatura. In quel momento, udì dei passi affrettarsi verso l’aula. La porta si aprì e una scura ombra vi scivolò dentro. Riconobbe quella esile e aggraziata figura. Era Adelia. Sembrava piuttosto angustiata. Si accasciò a terra, ma non prima di aver tentato di reggersi in piedi, facendo perno con la mano sullo spigolo di un banco. Nel suo vano tentativo, crollò sul pavimento, appoggiando pesantemente le ginocchia. Piton si avvicinò a lei, per scorgere che cosa stava succedendo, quando vide sul braccio interno ‘tatuato’ uno strano marchio. “Lo Stigmata Diaboli!”. Si soffermò ad osservarlo. Era uno stemma rappresentato da sei cerchi alchemici, che formavano una stella a dodici punte. Al centro di ogni cerchio, vi era una lettera in lingua antica, che rappresentava il nome del Demone che l’aveva maledetta. Non poteva leggerlo, poiché Silente glielo aveva proibito. Solo Adelia poteva conoscere e pronunciare il nome di colui che l’aveva dannata. Distolse immediatamente lo sguardo dal marchio, per osservare il volto di Adelia. Il suo dolce viso era sconvolto dalle lacrime. “Non ora…non ora…”. Mugugnava, tra un singhiozzo e l’altro. Sembrava che il marchio le provocasse dolore. “Non ci riesco…non ci riesco…”. Disse ancora. A cosa si stava riferendo? All’improvviso i banchi attorno presero fuoco. Delle bianche fiamme si innalzavano fino al soffitto dell’aula. Non aveva mai visto nulla di simile, prima d’ora. Adelia si alzò in piedi, ancora tremante. Faceva fatica a reggersi. I suoi occhi, avevano assunto lo stesso colore delle fiamme. Si stava dirigendo verso di lui, ma Severus non provò nemmeno ad indietreggiare, finché Adelia non li passò attraverso. Si voltò verso di lei, e la osservò di spalle. Quello che vide, lo stupì ancor di più. Sulla sua schiena zampillavano argentee lingue di fuoco, che stavano dando forma a due candide ali infuocate. E così, colei che avrebbe dovuto fermare l’Oscuro Signore, era un Angelo? Eppure, su di lei incombeva una delle più forti maledizioni demoniache esistenti. Illusione o realtà? I suoi occhi non lo stavano ingannando affatto. Fissò Adelia, senza distoglierle per un secondo gli occhi di dosso. All’improvviso, un folata lo trascinò in un buio abissale, facendo svanire ogni figura che lo attorniava.

 

{● Fine flashback }

 

 

Il suo sguardo era fisso su quello di Adelia, che era afflitto dalle lacrime. “Mi dispiace…”. Fu la prima cosa che gli venne in mente. La avvolse in un abbraccio, e la strinse a sé. La sentì singhiozzare, era scossa dalle lacrime. “Non piangere.”. Provò a confortarla nuovamente, ma in quel momento Adelia si scostò bruscamente da lui, e si allontanò verso la porta. Tentò di aprirla, ma suo malgrado era chiusa sottochiave. “Voglio uscire!!!”. Sbraitò la ragazza, senza degnare di uno sguardo Piton. “Adelia, non posso lasciarti andare da sola per il castello, lo sai…”. Si alzò dalla sedia, e cercò di avvicinarsi a lei. “Mi lasci in pace…voglio stare sola…”. Singhiozzava. “Adelia, io sapevo già tutto sin dall’inizio…”. Lei si voltò per ascoltarlo. “…sapevo sin dall’inizio della tua dannazione, e che eri stata marchiata da una potente maledizione. So ogni cosa di te, Adelia. Posso comprendere il tuo comportamento difensivo, e il fatto che diffidi tutte le persone che ti stanno intorno…ma non diffidare anche di me!”. Rimase allibita, non aveva idea di cosa rispondere. “Non devi temere, perché non ti farò mai nulla di male e non ti cancellerò la memoria. Voglio solo aiutarti…”. Si avvicinò a tal punto, che c’era meno di un metro di distanza, tra lui e Adelia. “Mi prometti, che ti fiderai di me?”. Le porse una mano, per alzarsi. Adelia l’afferrò, e si alzò. “Lo prometto, ma lei non dovrà mai tradirmi o illudermi.”. Rispose infine. “Lo prometto.”. Le sorrise. Era contento di averlo detto. Avrebbe protetto Adelia a costo della sua stessa vita, perché l’amava…e in quel momento ne era profondamente certo. Amava un Angelo.

 

***

 

Era il pallido pomeriggio, del 20 Dicembre 1997. Il paesaggio circostante al castello, era ricoperto dalla neve. Erano passati diversi giorni, dalla volta in cui lei e Piton, si promisero a vicenda di fidarsi l’uno dell’altra. Non si poteva negare, che tutto questo, aveva nettamente alleggerito la tensione dell’inizio. Per non parlare, del notevole cambiamento al riguardo dell’atteggiamento di Severus, nei confronti di Adelia. Non le faceva mai mancare della sua premura e dei suoi riguardi, i quali erano ricambiati. Stava nascendo qualcosa? Non si sapeva. Tuttavia, Adelia era certa di una cosa…che stava trascorrendo, forse, il periodo più piacevole e sereno della sua vita. Inoltre, aveva ripreso a frequentare i suoi ‘vecchi’ amici Grifondoro, i quali gli incontrava spesso dopo le lezioni o a cena. Trascorreva la maggior parte del suo tempo, per lo più in compagnia di Harry e Ron (e qualche volta, dei suoi fratelli Fred e George). Aveva conosciuto anche Ginny, la sorella minore di Ron, la quale possedeva una Puffola Pigmea come lei. Almeno anche Batuffolo avrebbe avuto della compagnia! A differenza della creatura-batuffolo di Adelia, quella di Ginny era una grande divoratrice di oggetti in metallo arrugginiti. Adorava soprattutto il rame! In quanto ad Hermione, sembrava quasi che non sopportasse di vederla. Difatti, ogni qualvolta si incontravano, architettava sempre una scusa per andarsene all’istante. Adelia pensò che se la fosse presa, per l’ultima volta che si erano parlate al riguardo di Ron. Probabilmente, non si era ancora convinta del fatto che non provava nulla per il rosso. Lavanda e il suo gruppetto di oche, si erano stufate di pettegolare dietro ad Adelia, dal momento che ormai tutti non credevano più alle loro malsane grullerie. Per cui, si dovettero dar da fare per trovare qualche altro obbiettivo, sulla quale concentrare i loro benamati pettegolezzi. Era un periodo sereno, e sembrava che più che preoccuparsi dei compiti assegnati durante le vacanze, gli studenti pensassero più che altro al ballo di fine anno. Le ragazze erano in agitazione nel scegliere che cosa indossare per la serata, mentre i ragazzi, erano più che altro indaffarati a cercarsi un’accompagnatrice. E a proposito di questo…

 

 

La biblioteca era quasi vuota. Vi era solamente Adelia, la quale era rimasta il più possibile, nel tentativo di finir di leggere un libro. Tuttavia, era arrivato il momento di andarsene, dal momento che la biblioteca avrebbe chiuso da un momento all’altro. Si stava alzando, quando udì dei passi familiari avvicinarsi a lei. “Ciao.”. Si voltò, incrociando il rosso Grifondoro. “Ciao Ron, come mai qui?”. “Mi avevano detto che avrei potuto trovarti nella biblioteca.”. Aveva l’aria di essere nervoso. “Oh grazie, sei venuto a tenermi compagnia?”. Sorrise lei, cercando di alleviare la tensione. “S-sì.”. Balbettò lui. Adelia iniziò a radunare le sue cose. “Veramente…dovevo chiederti una cosa…”. Iniziò Ron, mentre la guardava. “Certo, dimmi pure.”. Proseguì lei tranquillamente, ordinando la pila di volumi che si era portata dietro. “Pensi, di venire al ballo con me?”. Le chiese timidamente, in un fil di voce. “Oh…ehm…”. Adelia distolse lo sguardo dai libri, e si voltò verso Ron. “Ehm…si, ma vedi…”. Doveva inventare una scusa! “…quel giorno io non ci sarò, perché dovrò partire per le vacanze di Natale.”. Questa suonava bene! Anche se, si sentì in colpa di dover mentire a Ron, il quale rimase piuttosto di sasso. “Oh…già, mi dispiace tantissimo.”. Rispose lui con aria abbattuta. Avrebbe dovuto aspettarsela una reazione del genere, ma i rimorsi la stavano divorando viva. “Al massimo potrai invitare Hermione, non credo abbia già un cavaliere.”. Cercò di confortarlo. “Hermione?”. Rispose scettico. “Ha già trovato il suo cavaliere, sarà Cedric Diggory.”. Canzonò quel nome, come se lo dovesse prendere in giro. Adelia sorrise. “Beh, hai tempo prima del ballo, sono certa che troverai qualcuna.”. Prese la sua borsa, e fece per andarsene. “Ci vedremo a cena!”. Lo salutò e sgattaiolò via per i corridoi.

 

 

Quando arrivò nella sua stanza, levò un sospiro di sollevo. “Ce l’ho fatta!”. Ammise a voce alta, posando con incuranza la borsa sul letto. “Ce l’hai fatta, a far cosa?”. Soggiunse una voce. Adelia sobbalzò. Si voltò verso un angolo della stanza, e vide che Piton era comodamente adagiato sulla poltrona. “Ehm…ecco…lei cosa fa qui?”. Chiese quasi indispettita. “Saresti dovuta arrivare entro le sette in punto, invece hai tardato di ben dieci minuti. Così mi sono permesso di attenderti qui.”. Si alzò dalla poltrona. “Tuttavia, sono venuto ad informarti che è arrivato un pacco da Merthyr Tydfil, indirizzato a te.”. Le fece notare un enorme scatola rettangolare, poggiata sulla larga scrivania della sua camera. “C’è scritto il mittente?”. Chiese incuriosita. “Sì, una certa Signora di nome *Verna Bloodmire.”. Lesse il nome del mittente scritto sul pacco. “Zia Verna!”. Soggiunse Adelia felice, mentre Piton la fissava con disappunto. “E’ stata la donna che mi ha ospitata per quasi più di sei mesi, in casa sua. E’ stata davvero molto gentile con me…e mi ha sempre trattata bene! Per giunta, lavora col Ministero della Magia.”. Intuì che si stava riferendo a quella anziana Signora, che aveva ‘spaventato’, quando era andato a ritirare Adelia. “Ricordo.”. Rispose. Avrebbe voluto seppellirsi vivo, per la maleducazione che aveva dimostrato in quella occasione (anche se non era la prima volta!). Adelia iniziò a scartare il pacco, finché non vi tirò fuori un bellissimo abito bianco, orlato di pizzi neri e con sfarzosi ricami di broccato. “Sembra quasi un abito adatto per un festa…”. Lo scrutò con attenzione. “Credo proprio che sia un abito adatto per una festa…”. Disse Piton, sottolineando quel ‘sia’. “…potrebbe averlo confezionato apposta, in occasione del ballo di fine anno.”. Aggiunse, osservando l’abito. “Oh no! Non ci sarà alcun ballo di fine anno per me! Ho deciso di non partecipare.”. Rispose con convinzione, mentre riponeva con cura l’abito nella sua confezione. “Cosa ti fa pensare che non ci andrai?”. Chiese lui inarcando un ciglio, con aria di sfida. “Non mi starà obbligando?”. Si fermò a fissarlo. “Non sono io a obbligarti, ma la grande responsabilità che ho su di te! Inoltre, a nessun studente sarà permesso di restare nella propria stanza, durante lo svolgimento della festa.”. Adelia rimase perplessa. Non aveva scampo, quando Piton la obbligava a far qualcosa! E lo sapeva fin troppo bene. Una sadica smorfia si dipinse sul volto di Severus, in segno di aver intenso la rassegnazione della ragazza. In effetti, come avrebbe potuto opporsi a lui? Non aveva scampo, e mancavano meno di una quindicina di giorni al ballo. Non aveva tempo per pensare alle festività!

 

 

.†.†.†.

 

alida Uh! Sei una persona molto intuitiva^^. Comunque Adelia potrebbe anche vivere, a dirla tutta XD! Il problema si pone, dal momento che nessuno è mai riuscito a fermare l’Oscuro Signore. Severus, in particolare, è perfettamente a conoscenza della brutalità dei suoi ex-colleghi Mangiamorte e di Lord Voldemort. Quindi, ha delle aspettative molto ristrette, al riguardo del trionfo di Adelia su Tu-Sai-Chi (a contrario di Silente). Inoltre, è mosso da un profondo risentimento misto all’Amore che provava per Lily, che lo porterà a proteggere Adelia ad ogni costo. Ci riuscirà? Forse sì, forse no…non lo so^^! Grazie per il commento e per la Buona Pasqua, ti auguro altrettanto^^.

 

Persefone Fuxia Ti mando il mio più caloroso bentornato^^! Piton è gentile e premuroso, ma solo fino ad un certo punto XD Personalmente sono dell’idea che, le persone non cambino il proprio carattere così da un momento all’altro. Per questo mi è sembrato piuttosto concreto, farlo apparire garbato solo con certe persone (Adelia), anziché con altre (Harry, Ron e Hermione). Senza contare che è una persona molto riservata, e non è abituato a manifestare i propri sentimenti ad altre persone. E’ introverso. Mi fa piacere che i chiarimenti ti abbiano aiutata a comprendere il filo della storia^^. E un immenso grazie, soprattutto per la correzione! Ho già provveduto ;) .

 

*Ringrazio tutti i lettori per l’infinita pazienza! Mi impegnerò ad aggiornare più spesso. Ciao a tutti!*

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Capitolo 9
*** Capitolo IX – Lacrime di cristallo ***


Il nono capitolo O.O! Ho dovuto sacrificare un po’ delle mie ore di sonno per riuscire a finirlo, ma ne è valsa la pena^^. Mi sto lasciando trasportare dalla storia. Spero che vi piaccia^^!

 

 

Lacrime di cristallo

 

Era domenica mattina. Adelia si svegliò di buon ora, verso le sette e un quarto. Non aveva dormito tanto la notte precedente, e si sentiva ancora effettivamente stanca, ma non voleva provare a dormire ancora. Si alzò dal letto, e tirò fuori dalla gabbia la sua creatura-batuffolo. “Buongiorno pigrone!”. A contrario di lei, questo pareva ancora intenzionato a dormire. Lo avvolse tra le mani e iniziò ad accarezzarlo amorevolmente, mentre si dirigeva verso la poltrona. Si sedette e iniziò a contemplare il paesaggio imbiancato dalla neve, che si poteva osservare fuori dalla finestra. Era il 22 Dicembre, il giorno del suo compleanno. Un giorno infelice, per lei. Da quando sua madre non c’era più, non aveva più festeggiato quel giorno…non avrebbe avuto alcun senso. Sospirò. Non aveva intenzione di rimuginare ai suoi ricordi. Il passato era il passato, e lei avrebbe dovuto piuttosto preoccupparsi dell’avvenire. Era un periodo di festività, e tutti sembravano tranquilli e sereni, come se nulla di brutto sarebbe potuto accedere proprio a Natale. Già, tutti erano spensierati. Come facevano ad esserlo? Un’imminente minaccia stava incombendo su Hogwarts, ma nessuno sembrava darci molto peso. Solo ieri mattina, Harry le aveva mostrato un articolo sulla Gazzetta del Profeta, al riguardo del nuovo attacco dei Mangiamorte, in uno dei quartieri babbani della periferia di Londra. Avevano distrutto intere case, e dato fuoco alle macerie che ne restavano. Tuttavia, nessuno era morto, ma c’erano stati molti feriti, tra cui anche babbani. Il Ministero della Magia era intervenuto immediatamente, mandando una squadra di obliviatori, a cancellare la memoria ai babbani coinvolti. Il resto degli agenti del Ministero, si era già messo sulle tracce dei Mangiamorte. Nella seconda pagina del giornale, vi era persino una fotografia in bianco e nero, che ritraeva il volto magro e sciupato di Cornelius Caramell. Aveva l’aria di essere parecchio teso e sconvolto. Negli ultimi tempi, si era fatto vivo poche volte, e Silente le aveva riferito che il Ministero aveva parecchi grattacapi di cui occuparsi. In effetti, Adelia non era una priorità (o almeno, così lei credeva di essere!), per cui non avrebbero avuto tempo da perdere, per una studentessa di diciassette anni. “Quanti anni erano passati...”. Pensava. Aveva diciassette anni, l’età prevista per diventare maggiorenne, l’età esatta per finire la scuola e cominciare a vivere un nuovo futuro. Ma quando guardava un po’ più in là, non vedeva altro che il nulla più assoluto. Quale futuro si sarebbe potuto aspettare una dannata? Era difficile immaginarsi, che cosa le avrebbe portato l’avvenire. Più che altro, faticava ad aspettarsi un lieto fine. Aveva concepito che la Vita non era una favola. La Realtà, non era come le avvincenti storie dei Fratelli Grimm, che una volta si faceva leggere da sua madre come fiaba della buonanotte. Non sempre, tutto era destinato a finir bene. Avrebbe voluto immaginare la sua vita, come una favola. Avrebbe desiderato tanto che, il suo destino finisse con un ‘…e vissero per sempre felici e contenti.’. Non esisteva illusione più distorta di quella fiabesca frase. Sospirò nuovamente. La sua creatura-batuffolo iniziò a stridere, quasi come se volesse attirare l’attenzione della sua graziosa padrona. “Sua Maestà si è svegliata?”. Lo canzonò ironicamente Adelia, ridendo. La pallina di pelo iniziò a rotolare avanti e indietro sulle sue mani, provocandole involontariamente un piacevole solletico. “D’accordo, è ora della colazione Batuffolo.”. Si alzò dalla poltrona e poggiò sul letto ancora disfatto, la creatura. Rovistò nel cassetto del suo comodino, dove aveva riposto alcuni fogli di carta ruvida, che aveva messo da parte per il suo tritatutto cartaceo. Quando estrasse alcuni pezzi di carta, mostrandoli all’ingorda creatura, questa iniziò a canterellare dall’entusiasmo. “Ecco a Voi, Maestà”. Si divertiva a chiamarlo con quel buffo nomignolo! Mancava solo che portasse una coroncina dorata, e sarebbe stato delizioso. Posò i fogli sul letto, che all’istante vennero assaliti dalla piccola pallina di pelo rosa. Iniziò a divorarli con una voracità spaventosa, che sarebbe stata capace di lasciare di stucco chiunque! Lo osservò per un po’, finché non distolse lo sguardo per contemplare ancora la finestra. Si affacciò al vetro appannato, e osservò ancora una volta il paesaggio innevato. Tutti gli alberi erano ricoperti dalla neve, tranne ovviamente il Platano Picchiatore. Nel cortile, si potevano vedere delle scure carrozze appena allestite, che contrastavano il candore della neve. Erano state preparate per portare gli studenti a Hogsmeade, ‘ove avrebbero preso il treno per tornare a Londra. Ma sarebbero ritornarti tutti quanti, giusto per festeggiare l’ultimo dell’anno, al tanto atteso e ambito ballo del 31 Dicembre. Non mancavano molti giorni, e Adelia era agitata. Di sicuro non lo era come le altre ragazze, che ormai si preoccupavano solo di cosa avrebbero indossato per l’occasione, e di come avrebbero acconciato i capelli! Era preoccupata per Ron. “Chissà come la prenderà, non appena mi vedrà al ballo!?”. Adelia se lo chiedeva instancabilmente, da due giorni. Era assillata dai sensi di colpa. Non voleva festeggiare alcun ballo!

 

 

Nel contempo, a insaputa di Adelia, si stava protraendo da una buona mezzora, una lunga e accesa discussione. Nell’ufficio del Preside, Piton e Silente stavano discutendo al riguardo della fanciulla, ognuno dei due in pieno disaccordo sulle opinioni dell’altro. “Questa è utopia! Il Ministero non può approfittarsi della Maledizione di Adelia, per togliersi di mezzo l’Oscuro Signore! Perché non mandano i loro Auror!?”. Sbottò un Severus piuttosto spazientito. Silente lo osservò, mentre camminava nervosamente attraversando la sala. “Sono decisioni del Ministero, che noi non possiamo contrastare.”. Rispose il vecchio Mago, in tono pacato. “Tu sei il Presidente del consiglio di Wizengamot, ci sarà pur qualcosa che tu possa fare!?”. Ribatté Piton. “Il possibile che ho potuto fare, è stato quello di convincere il Ministero a lasciarla sotto la protezione di Hogwarts per ancora qualche mese…”. Ammise. “Che cosa intendi dire con questo?”. Ci fu un attimo di silenzio. Dopo un po’, Silente prese a parlare, sotto gli scuri occhi riprovanti di Severus. “Devi sapere che, Adelia è molto preziosa per il Ministero. In tutti questi anni, si sono rimboccati le maniche per proteggerla il più possibile. Hanno persino falsificato il suo necrologio, e occultato i suoi dati all’ufficio anagrafe. Adelia Blackford è un nome inesistente. L’hanno fatto scomparire, per preservare il suo destino all’avvenire. Solo ora, in questo momento di panico e confusione, il Ministero ha concesso ad Adelia di restare a Hogwarts, per ancora tre mesi.”. “Tre mesi?”. Sbottò Piton. “Il 3 Marzo, una squadra di Auror la scorterà fino al Ministero della Magia. Noi abbiamo già fatto il possibile, non c’è altro che possiamo fare...è inutile insistere.”. Severus si rabbuiò d’improvviso. “Certo…”. Disse, facendo per andarsene. “…quando si tratta di organizzare feste e balli per la scuola, non perdi tempo! Ma quando si tratta di salvare una giovane da un destino atroce, te ne lavi le mani…”. Borbottò, allontanandosi fino alla porta. Silente fece finta di non sentirlo, e lo lasciò andare. Piton sbatté la porta, facendosene un baffo di quello che pensava Silente. Come poteva essere così cocciuto? Era peggio di un bambino troppo viziato. Si incamminò di fretta lungo i corridoi, qualche volta urtando degli studenti, ma senza preoccuparsene più di tanto. Si affrettò a raggiungere il terzo piano. Era suo compito di tutore, accompagnarla ‘ovunque’ lei desiderasse andare per il castello. Non avrebbe mai permesso che si aggirasse da sola, almeno che non si trovasse in un’aula appresso, come a pozioni. Raggiunse finalmente il terzo piano, e bussò alla porta della sua prediletta. Un momento dopo, Adelia aprì la porta. Si era già cambiata, e indossava un delizioso completo in satin blu oltremare, che faceva perfetto contrasto con i neri ricami a motivi floreali sul corpetto. La gonna vaporosa a strati, metteva in evidenza le gambe slanciate, coperte da un paio di calze nere dalla trama ricca di ghirigori. I capelli, a differenza del solito, erano raccolti da un nastrino di velluto del medesimo colore. “Buongiorno Professore.”. Esordì, in tono alquanto entusiasta. “Non ti sei ancora messa il mantello?”. Chiese Piton, con espressione di finta sorpresa. “Il mantello? Non ne vedo la necessità, dal momento che nel castello non è freddo.”. Disse di rimando, lasciando travedere una vena speranzosa di uscire fuori dal castello, dopo tanto tempo. “Dentro no, ma fuori sì.”. Adelia intuì quello che il Professore le voleva far intendere. Un ampio sorriso si dipinse sul suo viso, e lasciando incurante la porta semiaperta, sgattaiolò davanti al suo armadio per prendere il mantello. Quando tornò, Piton la aspettava ai primi scalini, in procinto di scendere. La ragazza esitò un momento, scambiando uno sguardo nei suoi profondi occhi neri. “Posso portare anche la mia creatura?”. Chiese con solita gentilezza, cercando di convincerlo. Severus si limitò ad un pigro gesto di assenso, e felice come non mai, Adelia prese la sua creatura-batuffolo. Lo posò su una spalla, come se fosse stato il pappagallino di un pirata, questo si aggrappò saldamente con le zampette al mantello, e iniziò a canticchiare una gioiosa cantilena. Severus si limitò ad un sorriso compiaciuto, dalla buffa scena che aveva sotto gli occhi. Guardargli, avrebbe fatto sorridere chiunque. “Oggi ho intenzione di portarti a Hogsmeade.”. Disse d’un tratto Piton, mentre Adelia lo fissava ancora incredula. “Hogsmeade?”. Ribatté lei. “E’ un villaggio non molto distante da Hogwarts, lo raggiungeremo in meno di una mezzora.”. Non poteva credere che fosse vero! Finalmente fuori dalle mura del castello. Non le importava se per poco, almeno avrebbe potuto ancora una volta godere della sua libertà.

 

 

Quando si trovarono fuori dal castello, Adelia non poté fare a meno di restare incantata, dal vasto paesaggio cui si trovava di fronte. Mentre Severus proseguiva indisturbato davanti a lei, Adelia si chinò a toccare a mani nude la neve. Un brivido gelido le attraversò il braccio proteso in avanti, facendole avvertire una piacevole sensazione di freddo-ghiacciato. Da quanto tempo non provava più quella piacevole sensazione. Da troppo tempo. Era ormai abituata al fatto, di non uscire quasi mai, che aveva persino scordato i piccoli piaceri della vita. D’un tratto una voce la riportò sulla terra. “Adelia? C’è qualche problema?”. Chiese, guardandola perplesso, mentre stava ancora china con le mani ormai affondante nello spesso strato di neve. “Ehm, no.”. Si affrettò a rispondere, ritraendo le mani. “E’ solo che…era da tanto che non sentivo più la neve.”. Si alzò, e guardò fisso lo sguardo di Piton, sulla quale si dipinse una smorfia. “E’ ancora fredda come l’hai sentita la prima volta?”. Chiese quasi ironicamente, facendo esitare la ragazza a rispondere alla sua domanda. “Sì…è fredda.”. Rispose lei, seriamente. Raggiunse il Professore, dopodiché insieme proseguirono verso Hogsmeade, accompagnati da un’allegra cantilena in sottofondo. Ad un tratto, Piton irruppe nel ‘silenzio’ con una domanda a dir poco prevedibile. “Ma canta tutto il tempo?”. Chiese, indicando la creatura-batuffolo aggrappata al mantello della fanciulla. “Quasi sempre, a parte quando mangia...”. Sorrise lei, raccogliendo dolcemente tra le mani la pallina di pelo, che si azzittì immediatamente. “…e quando riceve la mia attenzione.”. Severus la guardò con aria divertita. Era particolarmente radiosa, quando era felice e spensierata. Amava vederla così, vederla come avrebbe voluto lui, per sempre. Mentre la fissava, con una certa luce degli occhi, lasciando travedere una vena di tenerezza nei suoi lineamenti. “Quanto manca a Hogsmeade?”. Chiese curiosa. “Meno di una decina di minuti, ma sarà meglio riprendere il passo di prima, se vogliamo arrivare in tempo.”. Le ultime due parole le risuonarono piuttosto sospettose, come se Piton avesse voluto alludere a qualcosa. “In tempo per cosa?”. Chiese lei, dopo qualche attimo. “Ogni cosa a suo tempo, Adelia.”. Fu la sua risposta, poco convincente. Dopo qualche minuto di cammino, come le aveva detto Severus, giunsero dinanzi ad un villaggio di bizzarre casette, ma dall’aria accogliente e calorosa. Non aveva mai visto nulla di simile, dovette ammettere a sé stessa. Seguì Piton, stando al suo fianco, quasi come se lo tenesse per mano. Arrivarono al centro del paesello, che dava su un piccola piazzetta centrata da un pozzo, e lì si fermarono.“Questa è Hogsmeade.”. Iniziò Piton. “Ci sono diversi negozi, dove potrai trovare diversi articoli di magia che ti potrebbero interessare. Scegli quello che ti piace di più, penserò io a pagarlo.”. Stava per pronunciare un ‘ma…’, che non fece in tempo ad uscire dalla sua bocca, poiché Piton si affrettò a parlarle sopra. “Non accetto obbiezioni.”. E la accompagnò nel primo negozio, che si trovava di fronte a loro. Si chiamava Scrivenshaft. In apparenza pareva essere una cartoleria, a giudicare dalla mercanzia esposta nella vetrina. Quando vi entrò, constatò che effettivamente non aveva torto. Vi erano quaderni, calamai, inchiostro, pergamene e piume. Si guardò intorno, senza badare a Piton, che si era soffermato sulla soglia del negozio a chiedere qualcosa al bottegaio. Adelia si sentiva sinceramente a disagio. Non era abituata a ricevere regali, soprattutto nel giorno del suo compleanno! E a proposito di quello, come aveva fatto a scoprire che era il suo compleanno? “Beh, ad ogni modo è il mio tutore...il Ministero lo avrà informato della mia data di nascita.”. Pensò. Si guardò ancora per qualche istante in giro, dopodiché raggiunse il Professore all’ingresso. “Andiamo al prossimo negozio?”. Le chiese gentile. “Sì.”. Rispose timidamente lei. Non poteva negare che, quella situazione la metteva piuttosto in imbarazzo.

 

 

Nei successivi negozi che visitarono, Adelia rimase incuriosita e ammagliata dalla bizzarra mercanzia che vi era esposta. Non era mai stata portata a far compere, e difatti ci stava mettendo anche parecchio tempo per decidersi su cosa scegliere! Aveva paura che Piton avrebbe perso la pazienza, da un momento all’altro, ma quando lo scrutò di nascosto nell’ennesima bottega, invece parve piuttosto disinvolto e pacato. Se ne meravigliò con grande sorpresa. Ormai avevano visitato tutti i negozi a Hogsmeade, e l’unico che restava era un piccolo botteghino, affacciato sull’angolo Ovest della piazza. Vi entrarono. Era un negozio di amuleti, pendagli, talismani, pietre magiche e così via discorrendo. Non pareva molto grande, ma le cose che vendeva erano davvero uniche e interessanti. Come ormai suo solito, Piton sostò all’ingresso, in attesa che Adelia terminasse di fare il suo giro. Nel contempo, lei stava esaminando degli amuleti magici, contenuti in una bacheca. Si fermò a scrutarne uno in particolare. Era un bellissimo pendaglio d’argento, con incastonata una pietra nera, perfettamente lavorata a mano. Uno splendido capolavoro di oreficeria, sulla quale vi erano inoltre incise decorazioni elfiche con meravigliosi ghirigori che si riavvolgevano l’uno sull’altro, come fossero serpenti. Vi era anche inclusa una catenina in argento. Ma quando osservò il prezzo, quasi non le si drizzarono i capelli. Stava giusto per distogliere lo sguardo, quando un ometto goffo e vestito quasi completamente in verde fango, non le si avvicinò. “Ti ho vista molto interessata al *Sigillo dei Capricorni, mia cara.”. Soggiunse questo in tono sospettoso. Adelia non aveva benché la minima idea di cosa si trattasse, ma notando che si rivolgeva chiaramente all’amuleto che aveva scrutato poco prima, annuì. “Devi sapere che è un amuleto molto potente, e veglia solo su coloro che sono nati sotto il segno del Capricorno. Difatti, la pietra che vi è incastonata sopra è puro onice. La pietra più amata dai Capricorni…ma basta con i discorsi, desideri provartelo?”. Chiese con sicurezza, tirando fuori dalla bacheca l’amuleto. Adelia non aveva intenzione di far spendere tutti quei soldi per una collana! “Ehm, no no…ma io, non sono intenzionata a comprarla.”. Si affrettò a difendersi, ma ormai il bottegaio le stava mettendo al collo l’amuleto. “Ti dona davvero tantissimo.”. Si complimentò con tanto di smancerie. Improvvisamente l’amuleto iniziò a illuminarsi, di una fioca luminescenza cerulea. “Davvero prodigioso! Amuleti del genere, si illuminano solamente quando vengono indossati da una cuspide. Ovvero, una persona nata proprio a cavallo tra l’inizio o la fine di un segno zodiacale. Quindi, oggi dev’essere il tuo compleanno, esatto?”. Chiese con sguardo furbo, fissandola con attenzione. “Sì…”. Rispose. Ormai non sapeva come sbarazzarsi di quel negoziante! “Ho-ho! Magnifico!”. Aggiunse entusiasta l’ometto, mentre si dirigeva alla cassa. “Visto che oggi è il tuo compleanno, sarò disposto anche a farti lo sconto del sessanta per cento!”. Adelia si tolse l’amuleto, riponendolo delicatamente sul vetro della bacheca. “No, ma io non…”. Stava per ribattere, quando una voce subentrò nella conversazione. “Ti donava moltissimo quel amuleto, e mi sembrava che ti piacesse…”. Ci si era messo pure Piton! Era imbarazzata, e le sue guance rosate avevano iniziato a sfumare sul rosso. “Io…ehm…non posso farle spendere così tanto!”. Si fece coraggio. Il Professore, per un attimo non aggiunse altro. Poi si voltò verso il bottegaio, che attendeva dietro alla cassa, e con un cenno di assenso, esordì deciso. “Lo impacchetti.”. Il buffo ometto levò un sorriso da guancia a guancia, e iniziò a preparare un pacchetto da regalo. Severus si voltò verso Adelia, guardandola quasi con aria di rimprovero. “Adelia, ti avevo chiesto di scegliere quello che più ti piaceva, indistintamente dal prezzo…”. “Aveva solo detto di scegliere quello che desideravo, e non ‘indistintamente dal prezzo’.”. Si difese lei. Piton si limitò ad un sorriso divertito, per la sua precisa attenzione. “D’accordo…”. Ammise, quando uscirono dal negozio. “…ma ricorda che oggi è il tuo compleanno, e il prezzo di un regalo non conta.”. Le rispose porgendole il pacchetto. “Buon compleanno.”. Le sorrise. Adelia rimase per qualche attimo ancora sorpresa. A dire il vero, si stava per lasciar travolgere dall’emozione. Ma tutto sommato , non era tanto per aver ricevuto un regalo il giorno del suo compleanno (anche il Ministero le faceva regali, se per questo!), ma era rimasta sbalordita dall’evidente affetto che ormai le dimostrava da tempo. Tutto questo non le dispiaceva affatto, anzi, era sinceramente contenta di esser riuscita a trovare qualcuno che si interessasse veramente a lei. Piton, era in assoluto l’unica persona ad averle dimostrato un briciolo di umanità. Lasciando a parte, quello che era successo nei primi due mesi di scuola, ormai era diventato gentile e premuroso nei suoi confronti. Nessuno era mai stato così per lei. “Grazie del pensiero.”. Esordì ad un certo punto, ricambiando il sorriso a Piton. Avrebbe tanto voluto abbracciarlo, ma sarebbe stato molto impulsivo da parte sua, per cui si trattenne. “Torniamo a Hogwarts, ormai sarà ora di pranzo.”. Disse lui, guidandola verso il sentiero imbiancato che avevano intrapreso per raggiungere il villaggio. Adelia annuì, e si misero in cammino sulla strada di ritorno.

 

***

 

A pranzo, Adelia riuscì a mettersi a sedere tra Ginny e Ron. Hermione, come ormai suo solito, aveva preso le distanze. Mentre Harry e Neville sedevano uno affianco all’altro, di pochi posti più in là. “Dove sei stata tutta la mattinata?”. Le chiese Ron, sospettoso. “Ero a Hogsmeade con il Professor Piton.”. Rispose lei, mostrandosi alquanto disinvolta. “Cosa!? E che ci facevate a Hogsmeade?”. Domandò sempre più curioso, suscitando anche l’interesse altrui, alla loro conversazione. “Ehm…”. Adelia esitò un attimo. Non aveva intenzione di raccontare la verità, ma avrebbe dovuto inventarsi qualcosa alla svelta! “…eravamo andati a comprare materiale per la scuola.”. Recitò, cercando di essere più convincente possibile. E ci riuscì. “Peccato, ti avevo anche tenuto il posto a colazione…”. Borbottò abbassando la testa, come un bambino offeso. “…tra l’altro oggi pomeriggio partiranno le carrozze, per portarci a Hogsmeade.”. Aggiunse ancora. Aveva un’aria veramente abbattuta. “Non sembri contento di andare via da scuola…”. Osservò lei. “Niente affatto! Io vorrei stare qui con te!”. Con quella frase suscitò suo malgrado l’attenzione di quasi tutti i presenti al tavolo di Grifondoro, che iniziarono a canzonarlo. “A-Ron-piace-Adelia! A-Ron-piace-Adelia! A-Ron-piace-Adelia!”. Nel contempo, Ron aveva cominciato a diventare sempre più rosso in faccia, quasi da confondersi col colore dei capelli. In quel momento, Hermione sbatté qualcosa sul tavolo che produsse un rumore assordate, e poi si affrettò ad andarsene. Doveva essere parecchio adirata. “Oh, ma che ho fatto di male per cacciarmi in questa sventura!?”. Pensò Adelia. Dopotutto lei non aveva fatto proprio nulla! Era sicura, che da quel momento non avrebbe più avuto un attimo di pace. Harry fece tacere il coretto che stava sminuendo Ron, il quale era diventato ormai di un vivace rosso pomodoro. Adelia cercò di sembrare disinvolta, continuando a tenere la testa bassa sul piatto. Non aveva né intenzione di contemplare le sceneggiate di Ron né di parlare di quello che aveva fatto a Hogsmeade con Piton. Si limitò a mangiare silenziosamente, non destando di uno sguardo le persone che le stavano intorno. Quasi al termine del pranzo, Silente si avvicinò al piedistallo a forma di gufo dorato, che si trovava rialzato in prossimità dei gradini. Attese che tutti rivolgessero la loro attenzione a lui, e poi prese a parlare. “Ho una serie di annunci da farvi.”. Cominciò. “Innanzitutto, le carrozze dirette alla stazione di Hogsmeade, partiranno alle tre in punto dal cortile della scuola. Vi chiediamo di essere puntuali.”. A quelle parole, Adelia sentì mugugnare qualcosa di incomprensibile da Ron, ma non ci diede molto peso. “In quanto riguarda al ballo di fine anno, annunciato per il 31 Dicembre, l’ora di inizio è prevista per le sette di sera. Ricordiamo inoltre, che non è permesso restare nelle proprie stanze durante i festeggiamenti, per ovvie ragioni di sicurezza…”. Adelia non lo ascoltava più. Era per colpa di quel stramaledetto ballo, se ora si trovava nei guai fino al collo! Hermione era invidiosa, e ce l’aveva a morte con lei. Ron non faceva altro che fare sceneggiate amorose, per farla sentire in colpa del suo rifiuto. Ogni giorno, Harry le portava la Gazzetta del Profeta, e le faceva notare tutti gli articoli al riguardo dei nuovi attacchi causati dai Mangiamorte. E come se tutto questo non bastasse, Piton l’aveva costretta ad andare al ballo! Non avrebbe di certo potuto chiederli di stare con lei in camera, o di lasciarla da sola. Di certo, non avrebbe soddisfatto nessuna delle due richieste. Non aveva scampo, e si sentiva con le spalle al muro. Che cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva scappare, per cui non avendo altra scelta, si sarebbe decisa ad affrontare tutto a denti stretti. “…e per concludere: vi auguriamo Buone Feste!”. Si sentì rimbombare nella testa, la voce di Silente. Tutti cominciarono ad alzarsi dai tavoli, per dirigersi verso l’uscita della Sala Grande. Adelia cercò di fare in fretta, soprattutto per non farsi seguire da Ron. Sorpassò un gruppo di Tassorosso, spronandosi verso l’uscita, e poi sgattaiolò via dalla sala.

 

 

Non dovette aspettare neanche tanto per essere accompagnata al terzo piano, perché Piton uscì poco prima di Harry, Ron e Neville, e si avvicinò subito a lei. Non avevano il coraggio di andarle a parlare quando Piton le si trovava appresso. Possibile che ne fossero così intimoriti? “Vieni Adelia.”. Le ordinò, facendole cenno di seguirlo. “Dovrò passare un momento nel mio laboratorio privato, a prendere alcuni ricettari che ho lasciato. Dopo andremo al terzo piano.”. Le spiegò, mentre lei lo seguiva a ruota, senza voltarsi indietro. Iniziarono a scendere l’interminabile scala a chiocciola, che portava ai sotterranei. L’aria si faceva via via sempre più umida, e gelidi spifferi d’aria provenivano da tutte le parti. Adelia rabbrividì. “C’è qualcosa che ti turba Adelia? Ti ho vista piuttosto cupa, a pranzo.”. Le disse, non appena si ritrovarono davanti alla porta del laboratorio di pozioni. “Ehm…sì…”. Borbottò lei. “Me ne vorresti parlare allora?”. Chiese gentilmente, aprendo la porta e facendo entrare per prima la fanciulla. “Se preferisci, puoi accomodarti ovunque desideri.”. Aggiunse. Adelia si appostò nel suo solito banco, mentre Piton sembrava in procinto di cercare i suoi ricettari su una mensola, dando le spalle alla ragazza. “Professore, avrei bisogno di chiarimenti.”. Iniziò Adelia. “Parla, ti sto ascoltando.”. Rispose lui, ancora tutto concentrato a rovistare tra i libri. “Vorrei sapere che intenzioni ha il Ministero, con me. Ho il sospetto che stiano tramando qualcosa…”. Severus non si degnò di una risposta, allora Adelia proseguì. “La Gazzetta del Profeta parlava di diverse aggressioni, provocate dai Mangiamorte. E discuteva persino di un possibile attacco alla scuola, ma io non capisco…come può Silente essere così disinvolto e pensare alle feste, piuttosto che preoccuparsi di queste calamità!? Sembra quasi che stia facendo finta di niente…”. “Basta così!”. La interruppe bruscamente Piton. “Meno della metà di quello che c’è scritto sulla Gazzetta del Profeta è la verità. Confido che non ho la più pallida idea di quello che abbia in mente Silente, tuttavia mi fido di lui. Non hai bisogno di allarmarti per quello che succede altrove, a Hogwarts sei al sicuro.”. Quasi sembrava sdegnato dalla sua domanda. Che avesse sfiorato qualche argomento di cui non avrebbe dovuto parlare? Aveva bisogno di risposte, e sul momento decise che rischiare sarebbe stata la soluzione migliore. “Ma tutto questo non quadra! Il Ministero stesso si sta comportando in modo strano, e tutto questo accanimento verso Hogwarts…è molto sospetto! La settimana scorsa, più di una decina di persone è stata assassinata per mano dei Mangiamorte, e pare che tutte le vittime fossero imparentate con qualche studente di Hogwarts. Questa è un’esplicita minaccia!”. Sbottò lei. “Ti ripeto che Hogwarts, al momento, è un luogo sicuro.”. Rispose calmo. “Non per molto…”. Borbottò Adelia, quasi come se volesse protestare contro di lui. “E il Ministero? Che intenzioni ha con me?”. Chiese, dopo averci rimuginato un po’ su da sola. Un pesante volume scivolò distrattamente dalla mano di Severus, che si chinò lentamente a raccogliere. Era evidentemente nervoso. Probabilmente, quella domanda era riuscita a suscitarli una certa soggezione. Ci fu un lungo silenzio. “Posso sapere che intenzioni ha con me, il Ministero della Magia?”. Ripeté ancora più insistente. “Adelia, io non pos…”. Si bloccò, ma riprese subito. “Io non dovrei dirti certe cose.”. Si voltò a fissare Adelia, col suo solito sguardo cupo e penetrante. “Non sono sicuro che il Ministero abbia buone intenzioni su di te, e questo lo deduco dal fatto che…”. Si interruppe. “Dal fatto che?”. Proseguì Adelia, ansiosa. “…abbiano intenzione di sfruttarti.”. La ragazza abbassò lo sguardo, incupita dai funesti pensieri che le fruttavano in mente in quel momento. Si stava accingendo, a quella che sarebbe stata una reazione ‘quasi’ esagerata. “Sfruttarmi?”. Chiese sbigottita, mentre fissava il braccio marchiato. “Hanno intenzione di sfruttarmi per annientare Voldemort!? VOGLIONO SFRUTTARMI PERCHÉ IO SONO MALEDETTA!?”. Urlò. Si strinse forte le spalle, e iniziò a contemplare il vuoto, mentre le prime lacrime iniziarono a salirle agli occhi. “Avrei dovuto aspettarmelo…loro sapevano già tutto, molto tempo prima. Sapevano che ero dannata, e allora hanno pensato bene di sacrificarmi, per gli altri…”. I suoi occhi non erano più fuochi di smeraldo, ma blocchi di grigia cenere. Lacrime iniziarono a scenderle lungo il viso, mentre con le unghie premeva contro la carne, quasi come se volesse ferirsi. “…per loro non sono altro che lo sgravio di questa società, non conto nulla…non importo a nessuno!”. Premette ancora di più le unghie, ma Piton la fermò appena in tempo prima che si ferisse. “Ti sbagli!”. Le afferrò saldamente le braccia, nel tentativo di evitare che commettesse qualcosa di stupido, e la fissò intensamente negli occhi. “Ti sembra che a me non importi nulla di te?”. La stava rimproverando. “Avrei potuto dire anch’io lo stesso, tempo fa. Sai?”. ( E’ riferito al fatto che Adelia, nei primi capitoli, lo odiava e nessuno aveva considerazione di lui.) Adelia lo fissava intimorita. “Non è stato un bene dirtelo, e forse avrei dovuto aspettare il momento giusto, quando saresti stata pronta. Devi accettare quello che sei, Adelia. Non sei lo sgravio di questa decadente società, e non sarai in futuro una vittima sacrificale mandata dal Ministero a sconfiggere Voldemort…”. A quella parola, la ragazza rabbrividì, cercando di guardare qualcos’altro. “Guardami quando ti parlo!”. La sgridò. Adelia rivolse nuovamente lo sguardo a lui. “Potresti fuggire da tutto questo, se solo lo desiderassi…”. All’improvviso le sembrò che quelle parole le avessero risvegliato qualcosa, e prese anche lei la parola. “Fuggire!? Non si può fuggire dallo Stigmata Diaboli! Se non mi sacrifico, non avrò mai un’anima completa…e sarò costretta ad una dannazione eterna! Samael, il demone che mi ha maledetta, continuerà a perseguitarmi…”. Severus si sentì congelare il cuore per un momento, quando sentì quel nome. Samael. Quello era il nome del demone che l’aveva maledetta? Improvvisamente avvertì una strana sensazione, di pericolo. Non avrebbe dovuto conoscere il nome del demone. Silente lo aveva raccomandato più volte, senza spiegarne il motivo o le conseguenze. “Non pronunciare mai più il suo nome.”. “Quale nome?”. Chiese Adelia seccata, quando venne interrotta a metà del discorso, a cui Piton non stava prestando attenzione. “Il nome del demone che ti ha maledetta. Nessuno, al di fuori di te, può conoscere o pronunciare il suo nome. Nessuno.”. “Che cosa succede se qualcuno conosce il suo nome? Lei adesso…lo sa…oh che cosa ho fatto!?”. Stava cominciando a disperarsi, dalla paura di aver combinato qualcosa di grave. “Non lo so, ma Silente mi aveva raccomandato più volte al riguardo. Ma non farne più parola a nessuno…”. La ragazza annuì. “…ora non pensarci più, e torniamo ai piani superiori.”.

 

 

Adelia si trovava sola nella sua stanza. Non erano passati neanche dieci minuti, e già aveva cominciato ad annoiarsi a morte. Si era affacciata alla finestra, e stava guardando le prime carrozze dirette a Hogsmeade, andarsene. Su una di queste vi salirono anche i suoi amici Grifondoro, e quando vide Ron, Harry, Hermione e Neville salire su una carrozza, levò un sospiro di sollievo. A dirla tutta, non era poi così scontenta di non vederli per un po’. Magari Ron avrebbe avuto tempo per riflettere un po’ sul suo rifiuto, e cercare di farsene una ragione. Ora mancavano solo nove giorni al ballo di fine anno. Sospirò ancora, e iniziò a contemplare la sua creatura-batuffolo che stava sonnecchiando indisturbata aggrappata alla sua spalla. “Quanto vorrei essere anch’io una Puffola Pigmea…”. Disse tra sé e sé. Si allontanò dalla finestra, e si adagiò sulla poltrona accanto al focolare acceso, nell’intenzione di leggere un enorme volume di Alchimia pubblicato dallo stesso Nicolas Flamel. Iniziò a sfogliare le prime pagine sprofondando nella lettura, al punto da perdere persino la cognizione del tempo. Mentre il cielo si faceva via via sempre più scuro, e il focolare aveva quasi terminato di ardere le braci nel camino, Adelia si lasciò abbandonare al primo colpo di sonno. Ebbe quasi la sensazione di sentirsi sempre più pesante, e di sprofondare sempre più nella poltrona. Pochi istanti dopo, delle bizzarre immagini colorate si susseguivano a ritroso nelle sua mente. Volti familiari, vivaci colori, voci e persino odori. Sembrava quasi che i suoi Sogni stessero prendendo forma. Ben presto riconobbe il posto in cui si trovava. Era a Merthyr Tydfil, nel quartiere in cui abitava ‘zia’ Verna. Guarda caso si trovava proprio davanti al 17 A di Yew Street. Si guardò intorno. Doveva essere notte inoltrata, visto il cielo cupo e la grande Luna piena, contornata da un alone di stelle che la faceva apparire qualcosa di mistico. Le strade e i marciapiedi erano deserti, e le luci delle case erano spente. Ritornò a contemplare il 17 A, e solo in quel momento notò la porta semiaperta. Dava l’aria di qualcosa di sinistro. Attraversò velocemente il giardinetto, sospinse la porta ed entrò. Tutto normale. Ricordava le scure pareti arredate con diverse nature morte, mobili scuri in legno pregiato, statue rinascimentali, lunghi tappeti sui pavimenti in parquet e scuri drappeggi alle finestre. L’ingresso era la camera madre della casa, perché si collegava a tutte le altre stanze. Proprio così come ricordava: a sinistra c’erano il bagno e la cucina, a destra il soggiorno e la sala da pranzo, mentre davanti a lei una scalinata portava al piano superiore, dove si trovavano le camere da letto. Non c’era niente che non le piacesse in quella casa. Vi aveva abitato per soli sei mesi, eppure si era trovava così bene che tutte le volte che la rivedeva, si sentiva nostalgica di quel luogo. Avanzò di qualche passo ancora, guardandosi curiosa in giro. L’arredamento non era cambiato assolutamente, e tutto era rimasto come lei l’aveva lasciato l’ultima volta. Avanzò ancora, finché un tonfo con la fece sobbalzare. Istintivamente indietreggiò, poi provò a rimuginare al fatto che zia Verna avesse paura dei ladri, per cui sarebbe potuta esser lei. “Zia Verna? Sei in casa? Sono io, Adelia.”. Chiese, guardandosi intorno. Rimase immobile per qualche istante. “Zia Verna?”. Disse ancora, ma nessuno rispose. Stava per ripeterlo per una terza volta, quando venne interrotta da diversi rumori continui, come se qualcosa stesse sbattendo sul pavimento. Ebbe la netta sensazione che i rumori si stessero avvicinando a lei. Con un rapido scatto, estrasse dal mantello la bacchetta. Il rumore iniziò a farsi vicino, finché non intuì che doveva trattarsi dello scalpicciò di passi in avvicinamento. Non doveva trattarsi di Verna. Quei passi erano troppo pesanti per essere i suoi. Seguito a quel rumore, sentì addirittura qualcosa strisciare, ma non ne tenne molto conto. Una scura figura sbucò fuori dall’angolo del soggiorno. Si avvicinava ad Adelia, quasi come se stesse correndo verso di lei. “Chi sei?”. Nessuna risposta. “Dimmi chi sei!?”. Ancora nessuna risposta. La scura figura si stava facendo sempre più vicina. “Immobilus!”. Urlò. La scura sagoma di fermò davanti a lei, di pochi centimetri. Una sbuffata di alito fetente le arrivò in faccia. Adelia si allontanò di qualche passo, e tastando nervosamente una parete per cercare l’interruttore, accese la luce. Quando vide quella ‘cosa’, sobbalzò dallo spavento. Era ‘zia’ Verna, o per lo meno le assomigliava. Era un donna anziana, bassa e grassoccia, con i capelli scompigliati. Le pupille erano dilatate e gli occhi erano iniettati di sangue. La pelle era pallida. Ancora più pallida della Luna che brillava quella notte, e un alone violaceo contornava i globi oculari, che sembravano infossati nel suo cranio. Le labbra erano serrate in un ghigno malefico, ma lasciavano travedere un paio di canini affilati. “Ma che cosa…”. Non ebbe tempo di terminare la frase, che quella ‘cosa’ iniziò a ringhiare. Notò solo in quel momento, che tra le mani serrava un pezzo di carne ricoperto di sangue fresco. Si inorridì ancor di più. Seppure le somigliasse così tanto, non poteva essere la sua ‘zia’ Verna! Il corpo freddo, la pelle bianca, l’istinto selvaggio di volersi nutrire di sangue…non c’erano dubbi: era un Inferius. “No, no…non può essere possibile…”. Lacrime iniziarono a scenderle dagli occhi. Piangere, non le era mai stato così doloroso, prima d’ora. Lacrime sgorgavano dai suoi occhi, e si cristallizzavano poco dopo, scivolando sul viso per poi infrangersi sul pavimento. Tra i singhiozzi e le lacrime, non si rese conto che la luce stava tentennando. “Perché devo soffrire!? Perché tutto a me!?”. La luce si spense definitivamente. Non ebbe tempo di accorgersi che una seconda ombra si stava avvicinando all’Inferius. Quando alzò gli occhi lacrimanti, lo vide. Una possente e scura figura alata, di fronte a lei. “Samael?”. Ansimò. “Grazie per esserti ricordata di me. Ora sbarazziamoci di questa fastidiosa creatura…”. Poggiò la sua mano ossuta sul volto dell’Inferius, e iniziò a recitare uno strano incantesimo che polverizzò la creatura. Adelia rimase un po’ scossa. “Adelia, mia cara…oggi ho sentito che hai condiviso il nostro piccolo segreto con qualcuno…”. Un luccichio sinistro si rifletteva nei suoi profondi occhi neri. “…hai rivelato il mio nome ad un umano.”. La folta chioma rossastra, sembrava lava incandescente sotto i luminosi raggi lunari. “E sai che succede, quando un dannato rivela il nome del demone ad un umano?”. Lei era spaventata. “N-n…non lo so.”. Il demone la afferrò per il braccio marchiato. “Molto male, credevo che ti fossi già informata.”. Il suo ghigno perfido lasciava travedere due lunghe zanne luccicanti. “Succede che il tempo si assottiglia, e il tempo a disposizione che hai per compiere la tua vendetta è già molto scarso. Inoltre, sai che succede se fallisci?”. C’era qualcosa di sadico e di spregevole in quel ghigno. “Non solo tu sarai condannata per l’eternità, ma l’umano, alla quale hai rivelato il mio nome, sarà costretto a una morte atroce…per mano mia.”. Trascinò Adelia per un tratto, e la scaraventò con violenza in un angolo della stanza. “Ora prova a salvarlo…Angelo!”. L’ultima parola fu accompagnata da una sadica risata, che echeggiò nella buia stanza in cui si trovavano. Non poteva credere di aver combinato un tale disastro! Ora non solo la sua Vita era in pericolo, ma la stessa di Severus! Dell’unica persona, forse, che le aveva dimostrato un po’ di affetto. I loro destini erano legati…

 

 

“Se muoio io, muore anche Severus…se muoio io, muore anche Severus…”. Ripeteva a denti stretti, mentre il corpo diventava sempre più leggero. Le mani e i piedi erano tormentati da formicolii continui. Era segno evidente che si stava svegliando. Immagini caotiche si susseguivano a ritroso, scomparendo lentamente, lasciando la sua mente libera e vuota. Quando riaprì gli occhi, si accorse di trovarsi avvolta in una morbida coperta. Era ancora seduta stante sulla poltrona. Le braci del camino erano spente, mentre un buio pesto inondava la stanza, a tal punto che dovette abituare un po’ la vista prima di vederci qualcosa. Si alzò pigramente dalla poltrona, e si avviò verso il comodino per scrutare l’ora. Erano le nove! Come poteva aver dormito così tanto!? La cena era terminata da due ore, e ormai dovette rassegnarsi ad aspettare la colazione del giorno dopo. Pensava che Piton sarebbe venuto a svegliarla, ma evidentemente aveva preferito lasciarla dormire, visto che si era anche preso la briga di coprirla con una coperta. “Oh devo parlare con lui!”. Pensò. “Per colpa mia, ora, sta rischiando la Vita…”. Stava per uscire dalla sua stanza, con la prerogativa di andare a parlare da Piton, quando si accorse che un vassoio e un biglietto si trovavano appoggiati sulla scrivania. Aprì il biglietto e lo lesse.

 

Non ho potuto svegliarti. Dormivi in un sonno profondo,

e non sono riuscito a ridestarti in tempo per la cena. Quindi,

ho preferito farti portar su qualcosa da Madama Chips.

 

Nel caso volessi parlarmi o avessi bisogno, mi trovi nella stanza accanto.

 

Severus Piton

 

Non aveva poi così tanta fretta, a dirla tutta. Consumò la sua fredda cena, e cercò di non pensare più a quel Sogno tanto tormentato. Si fermò solo a metà del pasto, quando si accorse di non aver più fame, probabilmente, per il fatto che le si era chiuso lo stomaco. Non indugiò ancora per molto, e una volta indossato un lungo mantello, uscì dalla stanza. Qualche istante dopo stava bussando alla porta accanto. “Professore, avevo bisogno di parlarle.”. Disse lei, quando Severus le aprì la porta, fissandola da capo a piedi. “Certo, entra.”. Entrò, rifiutandosi di sedersi sulla sedia che le era stata offerta. Era troppo tesa. “Allora, che cosa dovevi dirmi?”. Chiese dopo un po’. Adelia prese un lungo respiro, e poi iniziò a raccontare del Sogno. Al termine, nessuno dei due osò far commenti. Calò un imbarazzante silenzio, finché Piton non si voltò di spalle e iniziò ad ordinare delle scartoffie sulla scrivania. “E’ molto interessante, ma credo che tu stia dando troppo peso a quel Sogno…”. Cominciò con aria ‘disinvolta’. Quando era nervoso, aveva preso la brutta abitudine di non guardare in faccia le persone, per distrarsi con altro. “…dopotutto un Sogno rimane pur sempre un Sogno. Non è necessariamente reale…”. “Reale!?”. Sbottò Adelia, tirandosi su la manica per mostrare il braccio marchiato. “Questo non le sembra reale?”. Canzonò l’ultima parola, con una nota accentuata di sarcasmo. “L’ho sognato solo tre volte nella mia Vita, e le posso assicurare che tutte le volte che mi è comparso in Sogno, non è stato per niente casuale!”. Piton le stava ancora dando le spalle. “Professore, mi sta ascoltando!?”. Chiese adirata. “Adelia, trovo solo assurdo quello che mi hai detto. Finché non mi mostrerai delle prove eclatanti, dell’incontro con questo ‘demone dei sogni’, non potrò prenderti sul serio…”. Rispose nuovamente disinvolto. Non si era mai comportato così prima di allora! Come poteva non capire che la sua Vita era in pericolo? Che il suo destino era legato al suo? Oh, l’avrebbe certamente scoperto molto presto. “Eri venuta per riferirmi solo questo?”. Si voltò finalmente verso Adelia, inarcando un ciglio. “Sì, ero venuta solo per questo…”. Rispose in tono del tutto deluso. “…immagino che sarà meglio che vada nella mia stanza. Buonanotte, Professore.”. Adelia uscì, lasciando solo Piton nella sua stanza. Quando la porta si chiuse, ed ebbe la sensazione che Adelia si fosse già ritirata nella sua stanza, si sentì più sicuro. Chiuse la stanza a chiave, e con un rapido colpo di bacchetta, chiuse anche le persiane alla finestra. Una fioca luce di candela illuminava il resto. Cautamente sollevò la manica che copriva l’avambraccio sinistro, e scoprì il Marchio Nero, che stava ormai pulsando da poco più di dieci minuti. Avrebbe dovuto lasciare il castello, ma non poteva farlo…non senza lasciare Adelia con qualcuno. Si precipitò velocemente nell’ufficio di Silente, cercando di evitare chiunque si trovasse per i corridoi (soprattutto Moody). Quando raggiunse finalmente il settimo piano del castello, oltrepassò la statua che lo avrebbe portato nell’ufficio di Silente, e prese a fare gli scalini a rotta di collo. Quando arrivò, l’anziano Mago stava consultando un vecchio formulario di incantesimi, seduto dietro alla sua scrivania. “Severus, non ti aspettavo. A cosa devo questo piacere?”. Chiese sorridendo da guancia a guancia. “Nessun piacere, devo lasciare la scuola.”. Disse mostrando l’avambraccio sinistro a Silente, che comprese immediatamente dove voleva arrivare. “Non c’è alcun problema, resterò io con Adelia. Buona fortuna…”. Li augurò in tono solenne. Qualche attimo più tardi, Piton lasciò il castello.

 

***

 

In un altro cielo, lontano da Hogwarts, brillava una spettrale luminescenza verdognola tra le nuvole. Il Morsmorde era stato appena evocato. Un serpente che fuoriusciva dalla bocca di un teschio, si muoveva minaccioso sulla città, appena distrutta, di Merthyr Tydfil. Le macerie bruciavano, mentre in lontananza si sentivano ancora vittime urlanti che tentavano di fuggire da quel luogo insane. Sei scure ombre si materializzarono, in Yew Street, davanti al 17 A. “Qual è la missione? Che cosa dobbiamo svolgere in particolare al 17 A?”. Chiese la stridula voce di Bellatrix, che stava scrutando schifata il quartiere babbano. “Spero non ci sia da sporcarsi le mani…”. Aggiunse. “Tu hai sempre la puzza sotto il naso, vecchia strega!”. Ringhiò una voce. “Fenrir Greyback! A cosa devo la tua spiacevole presenza? Credevo che fossi impegnato a divorare bambini del sud della scozia…”. Rispose beffarda. “Avrei preferito continuare nel mio lieto lavoro da buon lupo mannaro, ma a quanto pare l’Oscuro Signore non doveva aver avuto gran fiducia in voi, dal momento che ha mandato me.”. “Tzè!”. Si aggiunse una terza voce. “Nessuno si fida più dei Malfoy o dei Lestrange, da quando Lucius ha fallito miseramente l’anno scorso!”. Era Amycus Carrow. “Perché? Tu non hai fallito altrettanto anno scorso, quando ti sei lasciato fuggire da sotto il naso Adelia Blackford!? Il principale oggetto della nostra missione!? Un babbano avrebbe fatto meglio di te!”. Iniziò ad ammonirlo Bellatrix. “Bada a come parli di mio fratello, squallida gallina!”. Alecto si rivolse minacciosamente con la bacchetta, verso di lei. “Non è il momento di litigare!”. Irruppe Barty Crouch, con rabbiosa voce. “Stupide teste calde, dobbiamo andare a portare a termine una missione!”. Iniziò a sbraitare come un cane rabbioso. “Che fretta hai? Non vedi che manca ancora uno all’appello?”. Cercò di rassicurarlo Walden Macnair. “Maledetto boia infernale! E tu da dove spunti fuori?”. Urlò Alecto. “Sono arrivato insieme a voi, pochi istanti fa. Mi confondo bene nelle tenebre, neh?”. La canzonò, dandosi ad una lunga e sonora, sadica risata. “Tuttavia, chi manca all’appello?”. Ci fu un momento di silenzio. “Severus Piton. Sarà lui a guidarci, lui dovrebbe conoscere la casa. E una volta ha visto anche quella vecchia decrepita che stiamo cercando. L’Oscuro Signore la vuole morta, entro stanotte.”. Sogghignò Fenrir. “Verna Bloodmire, esatto? Una schifosa mezzosangue a servizio del Ministero. Puah! Le auguro una morte dolorosa…”. Soggiunse Amycus. Ad un tratto, una settima scura figura si materializzò dinanzi a loro, dall’altra parte della strada. Un uomo vestito completamente in nero, con scuri capelli e pelle olivastra. “Quale grande piacere? Qual è l’incarico di questa notte?”. Chiese, recitando la sua parte di cattivo. “Dobbiamo uccidere Verna Bloodmire.”. Furono le testuali parole di Walden, che sogghignò crudelmente sollevando la pesante ascia affilata. “Verna…Verna…Verna…”. Stava scavando nella sua mente, nel tentativo di ricordarsi dove avesse già sentito quel nome. Chi era Verna Bloodmire? Quando si ritrovò davanti al 17 A, comprese tutto. Era la donna che tanto gentilmente aveva ospitato Adelia, quando il Ministero l’aveva affidata temporaneamente a lei. In cuor suo si ripeteva un milione di volte. “Non puoi ucciderla. E’ stata come una zia per Adelia…non hai cuore?”. E in risposta alla sua debole coscienza, il suo lato maligno ringhiava crude parole. “Uccidila, tanto non lo scoprirà mai! Uccidila, tanto non saprà mai che sei stato tu. Uccidila, se non vuoi essere ucciso dall’Oscuro Signore!”. Tanto la sua anima era già sporca. Si era dato alla macchia già da troppo tempo, e un omicidio in più o uno in meno, non avrebbe fatto granché differenza. Circondarono rapidamente la casa. Bellatrix, Amycus e Severus vi entrarono, facendo molta attenzione a non fare rumore. “Bellatrix, tu andrai a destra. Amycus, a sinistra! Io mi occuperò dei piani superiori.”. Era sicuro, di ricordare che ai piani superiori ci fossero le camere da letto. Probabilmente stava dormendo, e avrebbe avuto modo di farla scappare, senza che gli altri se ne rendessero conto. Rapidamente raggiunse la prima camera. Spalancò la porta, ma questa si trovava vuota. C’era solo un letto singolo (la ex-camera di Adelia). Era diversa, dal resto dell’arredamento tetro della casa. Era una camera graziosa e tinta di colori chiari. Sulle pareti erano appesi numerosi quadri di fotografie di Adelia. Doveva aver un buon rapporto con quella donna. No, non poteva ucciderla. Non poteva permetterselo! Richiuse la stanza, quando dietro di sé si ritrovò Bellatrix. “Che ci fai qui?”. Chiese adirato. “Ho controllato il piano di sotto, e non c’è nessuno.”. Si giustificò. “Questo non ti da il permesso di poter abbandonare la tua postazione! Ora, torna di sotto.”. “Chi sei tu per darmi ordini? Maledetto bugiardo…”. Lo derise. “Torna di sotto! Rispetta-i-miei-ordini.”. Scandì bene le ultime parole, nervoso come non mai. Bellatrix rise sadicamente, con quella voce stridula e quella aria trasandata, che la faceva sembrare quasi una che campava sotto i ponti. “Te ne vuoi andare?”. Insistette, ma lei restò lì. Dopo qualche attimo, la porta della stanza accanto si aprì. Una donna corpulenta, in una lunga camicia da notte bianca, vi uscì. “Chi siete voi per entrare così in casa mia?”. Sfoderò prontamente la bacchetta, e la puntò contro Severus, ignorando la donna dietro di lui. “Lei? Lei è l’insegnante di pozioni di Adelia! Oh cielo…”. Indietreggiò spaventata. “…lei è un Mangiamorte! Maledetto mostro impostore! Avviserò il Ministero, maledette carogne…”. Bellatrix si fece avanti. “Expelliarmus!”. La bacchetta volò via dalle mani di Verna. “A chi ha dato delle ‘carogne’, lurida mezzosangue?”. Un luccichio sinistro attraversò gli occhi di Bellatrix, che si avvicinò ancor di più a Verna. “Muori, sporca babbana! Avada Kedavra!”. Tutto successe in un attimo. Una luce smeraldina. Un urlo. E poi un corpo senza vita. “La missione è stata portata a termine. Possiamo andarcene!”. Disse lei freddamente, rivolgendosi ad Amycus, che si trovava ancora ad aspettare al pian terreno. “Adiamo Severus! Non vorrai star lì a contemplare quella feccia!?”. Lo trascinò per un braccio, e si affrettarono ad un uscire dalla casa. Qualche attimo dopo si smaterializzarono, e scomparvero nelle tenebre, senza lasciar traccia.

 

 

Adelia era stata accompagnata da Gazza nell’ufficio di Silente, al settimo piano. Quando arrivò, venne informata dal Preside, che Severus Piton si era dovuto assentare per qualche momento dal castello. Non le spiegò, precisamente, dove e che cosa sarebbe dovuto andare a fare. Fu molto vago, e questo le parve molto sospetto. Per tutto il tempo, era stata in compagnia di Fanny, a giocare con lei. Adorava quella fenice. Si era persino degnata di deliziare Adelia con le più misteriose melodie, suscitando anche l’interesse di Silente, il quale le spiegò che non aveva mai sentito cantare Fanny così gioiosamente per un’altra persona. Qualche volta, si era persino fermata a discutere col Cappello Parlante, al riguardo dei membri dell’Ordine della Fenice. “Katerine Blackford…sì, così si chiamava tua madre. Una grande strega, certamente la più bella che Hogwarts avesse mai visto!”. Ad Adelia iniziarono a brillare gli occhi. “Com’era…mia madre? Ricordi qualcos’altro?”. Fremeva dalla brama di sapere chi era realmente sua madre. “La ricordo come una persona giusta. Era gentile e carina, ricordo che tutti la stimavano, soprattutto per la sua bravura nelle materie di Divinazione, Difesa contro le Arti Oscure ed Erbologia. Erano le sue materie più facoltose! Oh già…poi aveva anche un certo talento per Pozioni…come poterla dimenticare…era uguale a te, Adelia.”. Una lacrima iniziò a scenderle lungo il viso. “Già, vorrei solo che lei fosse ancora qui…”. Bofonchiò. “Tua madre è sempre con te.”. Si sentì porgere una mano su una spalla. Era Silente. “La porterai sempre con te, nel tuo cuore.”. Le sorrise. “Ora, se desideri andare a dormire, ti posso accompagnare nel tuo dormitorio.”. “Grazie.”. Annuì. Quando si avviarono per i corridoi, Silente le stava dinanzi e le faceva strada. Ogni tanto si fermava a salutare il ritratto di qualche buffo personaggio che conosceva. Ormai, era passata voce di ritratto in ritratto, della graziosa fanciulla che parlava ai dipinti. Era cosa insolita per un Mago o una Strega, ma per Adelia non faceva alcuna differenza. Era arrivata a considerarli suoi amici. Sembrava che tutti si ricordassero di sua madre, tutti quanti. E suo padre? Erano certi che Adelia avesse discendenze purosangue, eppure, sembrava che nessuno conoscesse suo padre. Tutti, forse tranne Silente. “Silente, potrei rivolgerle una domanda?”. Chiese d’un tratto, mentre stavano percorrendo il corridoio del quinto piano. “Certo Adelia, chiedi.”. “Lei, conosce qualcosa su mio padre?”. Chiese speranzosa. “Conoscevo bene Katerine, ma non tuo padre. Sapevo che quando tua madre ti aspettava, lei viveva già da sola. Non mi aveva mai parlato di un marito, ma c’era un certo tipo dai capelli rossi che frequentava spesso. Non ricordo come si chiamasse. Tuttavia, è tutto quel poco che so.”. Concluse. Non passò molto tempo, da quella conversazione al salutarsi sulla soglia della sua stanza. Silente se ne andò, e Adelia rimase sola nella sua camera. Non avvertiva la minima stanchezza, e francamente non aveva voglia di andare a dormire. “Chissà dov’è andato Severus…”. Si chiedeva, mentre era stesa sul letto a giocherellare con la sua creatura-batuffolo, che le rotolava davanti. D’un tratto lo prese tra le mani, e lo avvolse. “Tu cosa ne pensi? Dici che è sospetto che Sevy sia uscito dal castello?”. Si bloccò all’istante. L’aveva chiamato ‘Sevy’? “Nah, sarà stato uno scherzo della mia mente.” ( Questo potrebbe alludere a qualcosa! >_< ). Pensò, continuando indisturbata a giocare con la sua Puffola Pigmea. Buttò un’occhiata sull’orologio, e vide che le lancette segnavano quasi la mezzanotte. “E’ così tardi? Oh uffi, non ho voglia di dormire…”. Si rotolò sul letto, imitando ridicolmente la sua creatura-batuffolo, la quale rimase allibita dal comportamento della padrona. Ma qualche attimo dopo si mise a cantare, seguendola a sua volta! Il cielo era completamente buio pesto quella notte. Probabilmente perché era novilunio. “Non mi piacciono le notti di novilunio, sai?”. Disse, rivolgendosi dolcemente alla piccola creatura pelosa che teneva sulla spalla, mentre contemplava il buio dalla finestra. “Mia mamma diceva sempre che portano brutti presagi…”. Sospirò. “Ma non credo che una serata come questa, possa portare a qualcosa di spiacevole…spero che Severus stia bene.”. Non ebbe quasi il tempo di terminare quella frase, che una specie di frastuono la fece sobbalzare. Posò nella cesta in vimini la sua creatura, e si avvicinò alla serratura della porta, per vedere se si stava avvicinando qualcuno. E non aveva tutti i torti. Severus Piton stava salendo a fatica le scale, quasi come se stesse trascinando il suo corpo stanco. Doveva aiutarlo. Aprì la porta, e andò incontro a Severus. “Professore, vuole una mano?”. Chiese avvicinandosi ancora di più, senza far caso che era di malumore ( brutto segno!). “Che cosa ci fai ancora sveglia?”. Non seppe cosa inventarsi sul momento, e tirò fuori la prima cosa che le venne in mente. “Ero preoccupata per lei!”. “Molto nobile…”. Rispose mordace. “La prossima volta preferirei non averti tra i piedi, e per favore, ora tornatene a dormire!”. Era ancora più irritato di prima. Adelia se ne sorprese enormemente. Credeva che ormai avesse finito di rivolgersi a lei così male! Che si fosse sbagliata? Probabilmente lo aveva preso in un brutto momento. “Buonanotte, allora.”. Sfrecciò dritta nella sua camera e chiuse la rapidamente la porta, evitando di incrociare lo sguardo di Piton. Se ne andò quasi subito a dormire, ma non prima di aver origliato Piton per un po’. Sembrava piuttosto sciupato. Che cosa gli era successo quella notte? Forse, un giorno o l’altro, lo avrebbe scoperto…

 

 

Severus si lasciò cadere sul letto. Ormai il suo corpo non riusciva più a sopportare il peso, delle vite innocenti che aveva sulla coscienza. Aveva ucciso, l’unica persona, forse, che aveva dimostrato ad Adelia un po’ di affetto. Era un mostro. Proprio come quella donna aveva urlato poco prima di morire. Un maledetto mostro impostore. Avrebbe voluto che si salvasse, se solo non fosse stato per Bellatrix…non poteva fermarla. No, forse avrebbe potuto in qualche modo. Ma così facendo, avrebbe rischiato di scoprirsi e Voldemort avrebbe capito il suo doppiogioco. Doveva solo stringere i denti, e arrivare fino alla fine, ovunque il destino lo avesse portato. Era pronto alla Morte, e questo lo sapeva sin dall’inizio, da quando giurò fedeltà a Silente e all’Ordine della Fenice. Lo sapeva bene. Si lasciò sprofondare nel sonno, e poco dopo si addormentò indisturbato, sotto la fioca luce di una candela accesa. Viaggiava, viaggiava e viaggiava. La sua mente era confusa e annebbiata, da fitti pensieri funesti. Vedeva ombre e dolore attorno a lui. Non c’era nulla che potesse alleviare il suo male. Quando si accorse che finalmente stava sognando, si trovò in un vecchio giardino abbandonato di una casa diroccata. Aveva l’aria di avere qualcosa di vagamente familiare. Si avventurò dentro alla casa, e riconobbe alcune fotografie appese come quadri alle pareti, e alcuni vecchi mobili. Era la vecchia casa dei suoi genitori. Si sentì terribilmente a disagio. Ricordi riaffioravano in mente, di quando suo padre lo malmenava davanti agli occhi spaventati di sua madre, che non osava alzare un dito. No, non faceva proprio niente. Era solo contento di non essere più ragazzo. Voleva andarsene al più presto da quella casa, ma indugiò a guardare alcune fotografie che si trovavano su uno scaffale. C’erano sia lui che sua madre, solo loro due, insieme. Non aveva mai visto quelle foto prima d’ora. Non poteva lamentarsi dell’affetto ricevuto da sua madre, dopotutto era stata una delle poche persone che erano riuscite ad amarlo, e l’unica a volerlo come figlio. Ma molti lo odiavano, e tra questi anche suo padre. Sospirò. “Il passato è solo il passato…”. Disse. “Non ne sarei tanto sicuro.”. Rispose una voce dietro di lui. Si voltò, e con sua grande sorpresa, scorse una possente figura alata. Le ali nere, lasciavano trasparire la sua appartenenza al mondo demoniaco. “Io sono Samael, un demone battagliero del Basso Inferno. Penso che Adelia ti abbia già parlato di me, non è così? Severus…Piton…”. Rimase allibito per qualche istante. “Certo, impressiono facilmente le persone, non c’è che dire…sono particolarmente famoso all’Inferno per questo...”. Un sorriso sadico li si dipinse sul volto. “Spiacente, ma devo confessarti di aver già visto di peggio di un demone del Basso Inferno.”. Rispose beffardo, Piton. “Con mia grande sorpresa, noto che il sarcasmo non ti viene a mancare…tuttavia, non sono venuto qui per discutere del tempo. Vorrei da te un favore…”. Severus si limitò a guardarlo. “Lo interpreterò per un ‘sì’.”. Sogghignò ancora. “Ho bisogno che tu protegga Adelia Blackford, colei che è stata dannata sotto il mio marchio.”. “Per quale motivo, ora vorresti che io la protegga? Tu l’hai dannata, e avresti dovuto già essere a conoscenza delle conseguenze, che avrebbero potuto concorrere anche alla sua morte!”. Non dimostrava il minimo timore nemmeno dinanzi a un Demone. E questo atteggiamento, quasi non fece sentire in profondo disagio Samael. “In realtà non lo sapevo.”. Ammise, senza dare troppo a vedere il suo pentimento. “Le mie intenzioni erano di ottenere l’anima di colui, che con così tanta crudeltà, strappò la vita di mia moglie e mia figlia, senza alcuna pietà. Voglio vendicare la loro morte.”. Moglie e figlia? Che non si riferisse a… “Hai maledetto la tua stessa figlia!?”. Sbottò Piton. “Era l’unico modo per riportarla in vita, e tenerla legata a me. Sì, Adelia Blackford è la mia legittima figlia, mezzo demone e mezza strega. Desidero che tu l’aiuta a vendicarsi.”.

 

 

.†.†.†.

 

 

Persefone Fuxia Adelia, è decisamente un ragazza che ha sofferto molto in passato. Questo è anche uno dei motivi per il quale è diventata la ‘favorita’ di Severus; in quanto lui è convinto che avendo avuto un passato pieno di sofferenze e di perdite molto simile al suo, riesce a comprenderlo meglio di chiunque altro (e difatti, è così!). In quanto al commento sul vestiario della Umbridge, è diciamo saltato fuori da una considerazione personale. A prescindere dal fatto che, non abbia nulla in contrario a chi ama vestire di rosa, trovo Dolores un personaggio alquanto bizzarro! Un’anziana donna, vestita sempre di rosa dalla testa ai piedi, che riduce il proprio ufficio ad una specie di ‘Barbie-Land’, mi sembra davvero ridicolo XD. Per questo, ho voluto ironizzare un po’ sul fatto che avrebbe le qualità adatte per essere un Mangiamorte (perfida e senza scrupoli), seppure si renda ridicola essendo vestita di rosa (difatti, a quanto so, i Mangiamorte sono sempre vestiti di nero!). Ora, non vorrei svelarti un tassello fondamentale della storia, altrimenti manderei a monte il finale >.< ! Ma non mi farei scrupoli, nel dirti che l’Amore provato da Severus per Adelia, non è un Amore materiale (per cui non si deve per forza attenere alla buona morale!). Essendo un racconto in chiave stilnovistica, l’Amore diventa spirituale, e di conseguenza qualcosa di più elevato, che quasi sfiora il divino (o lo supera!). Grazie infinite per le correzioni grammaticali^^! Mi fa piacere che, al contrario di quello che pensavi, qualcuno mi faccia notare questi errori. Oltretutto, mi sono iscritta su EFP apposta per migliorare le mie qualità di scrittrice, quindi ti ringrazio veramente per il grande favore che mi stai rendendo^^.

 

alida Non voglio rovinarti il finale così in quattro e quattr’otto, quindi posso solo dirti che avevo in mente di scrivere qualcosa di diverso dal solito, qualcosa che fosse un po’ fuori dagli schemi. Non aggiungo altro >.< ! Ti stai interessando parecchio alla storia, e questo mi da molto piacere^^. L’Oblivion è un po’ una curiosa gatta da pelare, come incantesimo. Se qualcuno ne abusa a scopi personali (così come la Umbridge), rischia persino di ridurre una persona ad una specie di vegetale! Tuttavia, ho scoperto da poco che ‘oblivion’ è un termine inglese, che significa ‘oblio’. In psicologia, ho studiato che l’oblio è un periodo di latenza in cui l’individuo non riesce a recuperare i propri ricordi, che rimangono occultati per un certo lasso di tempo. Per cui, non è propriamente un incantesimo che cancella la memoria alle persone, secondo me. Difatti, Adelia non ha rimosso quei ricordi, anzi, sono ancora parte integrante della sua memoria.

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Capitolo 10
*** Capitolo X – Il risveglio dell’ Angelo dannato ***


Mi sono un po’ affrettata a scrivere il finale, e lo trovo piuttosto ‘tirato via’ (ma non penso di essere l’unica a pensarlo!). Tuttavia, nel prossimo capitolo, prometto di riprendere dal finale e di approfondirlo meglio^^. Spero che la storia vi piaccia, e vi auguro buona lettura!

 

In uno dei paragrafi, ho inserito il titolo di una canzone intitolata ‘The Phantom Of The Opera’. Non è di mia invenzione^^! E’ una canzone realmente esistente, e mi riferisco alla colonna sonora dell’omonimo film di Joel Schumacher. Se volete ascoltarla, vi consiglio di cercarla su YouTube nella versione cantata dai Nightwish o dai Lacrimosa. E’ bellissima…O.O

 

Il risveglio dell’ Angelo dannato

 

 

Mezzo demone e mezza strega…”. Piton stava ancora riflettendo a quelle parole. Erano trascorsi diversi giorni, da quella tremenda nottata, in cui il padre di Adelia li comparve in sogno. Un tormento insopportabile. Aveva persino dovuto cominciare ad assumere infusi di valeriana, per riprendere un ritmo più regolare nel sonno. Dentro, ancora, si struggeva con dolore per la perdita di Verna Bloodmire. La sua tragica morte, lo perseguitava sempre, nei sogni e tal volta anche nella realtà con orrende visioni. Ogni qualvolta guardava Adelia, si sentiva in colpa, come se le avesse inflitto una delle più terribili maledizioni esistenti. E ogni volta, distoglieva lo sguardo da lei per rivolgerlo verso il basso, facendo appello a tutti i suoi ricordi più orrendi che dimoravano nella sua memoria. Adelia era all’oscuro di tutto, ovviamente. Non sapeva della morte di Verna, ma non sarebbe riuscito a tenerglielo segreto per sempre, e prima o poi, l’avrebbe scoperto. Quella stessa notte, dopo il sogno, era andato a parlare con Silente. “Non è stata colpa tua, se la Signora Bloodmire è morta. Non sei stato tu ad ucciderla…”. Li aveva detto. Ma quelle parole, non erano riuscite ad esserli granché di conforto. Aveva bisogno del perdono di Adelia. “Tuttavia, cercherò di fare del mio meglio, in modo che lei non lo venga a sapere. Almeno, non subito. Spero che avrai intenzione di parlargliene, un giorno…”. Aveva concluso, scrutandolo con un’inconsueta espressione austera. Aveva promesso che prima o poi, quando avrebbe trovato il momento giusto, glielo avrebbe confessato. Prima o poi. In quanto al padre di Adelia, non si era ancora deciso se raccontarle del Sogno o meno. Non aveva voglia di mentirle, ma neanche di prendersi la prerogativa di andarglielo a dire così spudoratamente! Come avrebbe potuto prenderla? Innanzitutto, era ben a conoscenza del fatto che Adelia disdegnasse l’unione tra Demoni e Maghi. Se avesse scoperto di essere per metà Demone, non lo avrebbe accettato facilmente, e sarebbe potuto essere un duro colpo per lei. In secondo luogo, sarebbe stato altrettanto complicato, spiegarle che suo padre l’aveva dannata per riportarla in Vita. Alla fine, convenne che non era ancora decisamente il momento di farle luce sulle sue origini. Forse avrebbe dovuto parlarne con Silente, cosa che non aveva ancora fatto. Distolse lo sguardo dal manuale di pozioni che stava leggendo. Quel giorno, il 31 Dicembre, si trovava nella biblioteca in compagnia di Adelia. Erano accomodati allo stesso tavolo, ma Adelia era distante da lui di parecchi posti più in là. Lei stava leggendo un grosso volume, dalla rilegatura bronzea e aveva l’aria di essere un testo molto antico. Riusciva ad intravedere il titolo del libro, scritto a lettere cubitali sulla copertina. Pandemonium: Usque ad Inferos. Era un volume di Demonologia, regalatole da Silente il giorno di Natale. Era parsa piuttosto soddisfatta di averlo ricevuto, poiché Silente le aveva persino assicurato che avrebbe potuto trovarvi qualcosa che l’avrebbe riguardata. Iniziò a scrutare intensamente quel tomo. Era dall’inizio dell’anno, che Albus non faceva altro che farle studiare interi testi di Demonologia e Necromanzia. A quale scopo? Solo in quel momento si ricordò che, effettivamente, Silente non gliene aveva mai parlato. Era sospetto. Questa sua pretesa avrebbe potuto alludere al fatto che quel vecchio Mago, in realtà, conoscesse già qualcosa in precedenza sulle origini di Adelia. E se fosse proprio così? Ne era certo. Aveva sempre negato di sapere qualcosa al riguardo del padre della ragazza, ma per lui mentire e illudere, era sorprendentemente facile. Aveva l’aria di saperla ben più lunga, di chiunque altro. Avrebbe certamente scambiato volentieri due parole sull’argomento. Scrutò l’orologio da parete, alle spalle di Adelia, e vide che si erano già fatte le quattro. Era meglio, per lui, accompagnare Adelia nella sua stanza e poi andare a parlare con Silente.

 

 

Abbassò lo sguardo dall’orologio, e per un po’ esitò a fissarla. Era radiosa come al solito. La lucente chioma corvina, scendeva elegantemente sulle spalle, arrivando fino alla vita sottile. Indossava un completo rosso cardinale, molto vivace, e decorato con bordature di nastrini neri sul corsetto e lungo la scollatura quadrata. Le maniche a campana, terminavano con orlature di merletti a balza bianco crema. Mentre la vaporosa gonna era rifinita ai bordi, con una trama che si arricchiva di merletti e grossi fiocchi neri. Era insolito vederla abbigliata di un colore così vivace. Tuttavia, le si addiceva. Restò a contemplarla catturato, forse anche troppo a lungo, ma dopo qualche istante Adelia se ne accorse. Si limitò ad un furbo sorriso, e tornò alla lettura del suo volume, mentre lui quasi umiliato di essere stato colto di flagrante, spostò lo sguardo altrove. Dopo qualche attimo, richiuse il volume di pozioni che stava leggendo, e lo ripose nell’apposito scaffale dalla quale lo aveva preso. Andò incontro alla fanciulla, e le disse. “Adelia, andiamo.”. “Ma così presto?”. Borbottò lei, quasi seccata. “Ho bisogno di parlare in privato con Silente, e dal momento che sono già le quattro del pomeriggio, penso che vorrai prepararti per il ballo di stasera.”. Divenne ancora più cupa. “Ma Professore, mancano ancora tre ore alle sette. Potrei benissimo prepararmi in quindici minuti, non è che potrei restare ugualmente in biblioteca per ancora due ore?”. Chiese supplichevole. “Niente da fare, andiamo. Ti condurrò nella tua stanza, dopodiché ti accompagnerò al ballo nella Sala Grande, per le sette precise.”. Le spiegò, e fece per andarsene. Adelia lo guardò torva. Richiuse il libro che stava leggendo e lo mise sottobraccio, poi lo seguì mogia. Sospirò. Il fatidico giorno, che tanto temeva era arrivato. Non aveva vie di scampo! Poteva solo sperare in un grave infortunio, che per forza di cose, l’avrebbe costretta a letto. E perché no? ( la sto facendo diventare autolesionista >.< !)Stava rimuginando a come fratturarsi una gamba in modo ineluttabile, quando lungo il corridoio una voce familiare non la assalì, facendola sobbalzare dallo spavento. “Adelia!?”. Si voltò, e vide che a pochi metri da lei, il rosso con le lentiggini la stava salutando entusiasta nel vederla. “Ciao Ron…”. Rispose lei timidamente, sperando che la conversazione terminasse a quel punto. “Come mai sei a Hogwarts!? Credevo che non saresti tornata prima del sette Gennaio!”. Aveva l’aria sospettosa e inquisitiva, di chi stava per estorcere chissà quale tremenda verità dal suo indiziato. Si sentiva fortemente a disagio. “Stasera al ballo potresti…”. Sapeva cosa stava per chiederle, ma il tempismo di Severus, non li fece terminare in tempo la frase. “Dobbiamo tirarla per le lunghe, Signor Weasley? Non ha di meglio da fare oggi, che pavoneggiarsi per il castello come il suo coetaneo Potter!?”. Lo fulminò con un’occhiataccia di rimprovero. “Mi scusi Signore…”. Abbassò lo sguardo, per fissarsi le punte dei piedi. Severus continuava a guardarlo in cagnesco. “Le consiglio di raggiungere i suoi coetanei nella torre di Grifondoro, o mi vedrò costretto a metterla nuovamente in punizione.”. Poi cominciò a parlare talmente piano, che solo Ron poteva sentirlo. “E l’idea di rinchiuderla in una bara piena di acromantule, non mi dispiace affatto.”. Sogghignò sadicamente, mentre Ron si avviava dalla parte opposta del corridoio a passo svelto. Adelia lo fissò sbigottita. In parte, non poteva negare, di sentirsi risollevata di essersi risparmiata ancora un’altra sceneggiata! Se detestava i balli c’era un motivo valido, ed era perché odiava ballare. Non era mai stato il suo forte. Quando giunsero al terzo piano, Severus le ricordò sulla soglia della stanza, che sarebbe venuto alle sette meno dieci per accompagnarla al ballo. Adelia annuì, anche se francamente non voleva parteciparvi. Ma forse, in tre ore avrebbe avuto tempo a sufficienza per infortunarsi prima del ballo!

 

***

 

Albus Silente, si trovava nel suo ufficio. Come suo solito, accomodato dietro ad una spaziosa scrivania in legno secolare, adagiato comodamente su una sedia imbottita. Era intento ad esaminare alcuni articoli e ritagli del giornale dei maghi, quando udì dei passi farsi vicini alla porta del suo ufficio. Dall’andatura veloce e decisa, intuì che senza dubbio doveva trattarsi di Severus Piton. Attese il suo imminente arrivo, riponendo ordinatamente le scartoffie in un cassetto, e non appena ebbe terminato, sentì bussare. “Prego, entra.”. La porta si spalancò, e una scura ombra silenziosa scivolò dentro alla stanza come un fantasma. “A cosa devo il piacere di questa visita, Severus?”. Il vecchio Mago sorrise, da guancia a guancia, come se dovesse sottolineare la sua contentezza. Severus lo scrutò, un po’ allibito per l’affermazione, nonostante glielo dicesse tutte le volte che andava a trovarlo. In quindici anni di servizio come insegnante a Hogwarts, non aveva ancora compreso che cosa ci trovasse di così ‘piacevole’ nelle sue visite. “Ho bisogno di farti alcune domande.”. Silente non esitò un momento, e si affrettò ad offrirgli una sedia. “Ma certo, accomodati.”. Assentì, e con un rapido movimento di bacchetta, fece comparire a mezz’aria due bicchieri pieni di idromele. “Serviti, è una delle migliori annate che ci siano sul mercato!”. Severus afferrò il bicchiere, e sorseggiò un po’ del suo idromele, scrutando la faccia curiosa di Albus. “A che riguardo, sei venuto a cercare delle risposte da me?”. Domandò il vecchio Mago. “Si tratta di Adelia.”. Rispose secco, sorseggiando altro idromele. “Ho scoperto chi è suo padre...”. Silente esitò a rispondere, e si limitò a scrutarlo. “Come l’hai scoperto?”. Perché non gli aveva chiesto direttamente che cosa aveva scoperto? Era insolito. Ma probabilmente, c’erano cose a cui quel vecchio Mago, era già al corrente da chissà ormai quanto tempo! “Erroneamente, Adelia ha pronunciato il suo nome davanti a me, ignara delle conseguenze. Il giorno in cui Verna è morta…”. Esitò un momento, pensando a quella donna orribilmente uccisa da Bellatrix, quella fredda notte di novilunio. “…il Demone che ha maledetto Adelia mi è comparso in sogno…ha confessato di essere il suo legittimo padre…”. Uno sguardo di ghiaccio, era puntato su di lui, dall’inizio di quella affermazione. “Ti ha detto altro, in sogno?”. Chiese quasi impassibile. “Ha detto che devo proteggere sua figlia…”. Disse, pensando alla folta chioma rossastra e ai suoi lineamenti mefistofelici, che per fortuna, non avevano nulla a che vedere con l’aspetto di Adelia. “…io…sono deciso a farlo…voglio proteggere Adelia, a costo della mia Vita.”. Pensò. Fanny che era appollaiata sul trespolo, a pochi metri da Silente, prese a verseggiare. “Come immaginavo…lo Stigmata Diaboli è un sigillo che la tiene in vita, ed è stato l’unico modo che suo padre sia riuscito ad escogitare, prima che sua figlia varcasse per sempre la soglia dell’al di là.”. “Che la tiene in vita? Significa che se il marchio scomparirà…”. Non riuscì a terminare la frase, per paura di ammettere la verità. “Se la maledizione cesserà, lei avrà un’anima completa…questo significa che si potrà ricongiungere all’altra metà della sua anima…all’altro mondo.”. Adelia dovrà morire? Un grande dolore iniziò a pervaderlo nel cuore. Come poteva salvarla? Lui non voleva che morisse…avrebbe dato la sua Vita per lei. “Non è possibile!”. Sbottò ad un certo punto, come se una belva feroce si fosse risvegliata in lui. “Esiste un modo per salvarla!?”. Silente abbassò lo sguardo, e negò scotendo il capo. “Non conosco nessun modo per annullare una maledizione di questo genere o riportare in vita una persona. Tuttavia, credo che Adelia sarà più felice quando avrà un’anima completa…”. Piton rischiò di imbestialirsi a quelle parole. Doveva esserci un modo per salvarla! Così come per ogni veleno c’era un antidoto, egli sarebbe riuscito a trovare anche il modo per impedire che Adelia lasciasse il mondo. “Cerca di comprendere Severus…”. Continuò Silente. “…Adelia non potrà mai essere veramente felice, se non sarà mai completa. Lascia che si ricongiunga al resto della sua anima, e te ne sarà per sempre grata.”. Piton lo guardò minaccioso. “Cerca di non affezionarti più del dovuto a lei…alle volte, l’Amore conduce alla strada più breve per la Pazzia.”. Sprofondarono nel silenzio. Nessuno dei due osò parlare, oltre più di un minuto. L’unico rumore che parve regnare in quel momento, erano le voci degli studenti dei piani sottostanti, presi dall’agitazione per il ballo di quella sera. Lo sguardo di Piton divenne vuoto. “Avrai tutto il tempo necessario per riflettere…”. Iniziò Silente. “…sono certo che inizialmente eri venuto per rivolgermi delle domande, al riguardo dei genitori di Adelia…non è così?”. Severus annuì, con aria distratta e quasi disinteressata. “Bene, credo che sarà necessario partire dagli albori.”. Sostò davanti alla finestra, contemplando il paesaggio imbiancato dalla neve. “La madre, si chiamava Katerine Blackford. Era nata orfana, in circostanze misteriose, e l’unica cosa che si sapeva sul suo conto, era la sua iscrizione dal giorno di nascita a Hogwarts. All’ora io ero appena diventato Preside, ma ancora mi occupavo delle iscrizioni dei nuovi studenti, per cui ho avuto modo di conoscerla. Era una ragazza con grandi ambizioni, nobile e gentile col prossimo. Nonostante l’apparenza, c’era qualcosa che dimorava in lei, una forza benefica che mai avevo avvertito da molti anni. Era diversa dagli altri, così svolsi delle ricerche sul suo conto, e nulla mi lasciò più stupito di quello che scoprì…”. Si voltò verso Severus. “Conosci la stirpe di *Sephiroth?”. Chiese, con occhi brillanti. “I Sephiroth? Una famiglia del mondo magico di mezzi Angeli…sapevo che era solo una favola…”. Sbottò Piton annoiato. “Una favola…”. Rispose scettico Albus, incrociando le mani dietro alla schiena e girovagando avanti e indietro nella stanza. “Katerine era l’ultima discendente della famiglia di Sephiroth. Come già ben saprai, si narrava che questa stirpe fosse riuscita a mescolare il proprio sangue con quello dei Serafini, una delle gerarchie più alte e nobili di Angeli. I figli che nacquero da questa unione proibita, erano certamente maghi e streghe dall’aspetto umano, ma dai poteri straordinari. Governavano gli elementi, dominavano sulla Luce, sublimavano i peccati, guarivano le ferite inflitte da potenti Maledizioni e operavano una magia definita…Celestiale…”. Si interruppe. “E ora, questa stirpe, che fine ha fatto?”. “Purtroppo, l’ignoranza e l’invidia delle altre casate più potenti, tra cui anche quella di Serpeverde, hanno portato morte e distruzione ai Sephiroth. Credendo di aver sterminato tutta la famiglia, l’odio si era assopito per anni, ma non era cessato. Katerine era l’unica sopravvissuta al massacro, penso che per questo motivo, Voldemort l’abbia cercata e uccisa senza alcuna pietà. Voleva dimostrare la sua appartenenza alla casa di Serpeverde...lui si firma in questo modo.”. Severus, che per anni aveva prestato servizio a Voldemort, non era mai venuto a conoscenza di questa storia.

 

 

Ma era il caso di riflettere dopo, aveva altri quesiti a cui trovare una risposta in quel momento. “Che cosa mi sai dire sul padre?”. Silente esitò un momento. “Non lo conobbi direttamente…ma sapevo quello che era…”. Prese una pausa, poi ritornò sul filo del discorso. Non doveva essere un gran piacere parlarne, per lui. “Era un Demone del Basso Inferno, tra le creature più infime e pericolose con la quale un umano possa entrare in contatto. Sono di natura malvagia, e non si possono arrestare…si dice che, qualche volta queste creature infernali, possano assorbire energia dagli umani per rinvigorirsi, trasformandosi per un notte in un Incubus.”. Incubus: dove aveva già sentito questa parola? “Senz’altro avrai sentito parlare di Succubi e Incubi…sono dei parassiti dei Sogni, e si nutrono di emozioni e sentimenti, per vivere hanno bisogno costantemente di far visita agli umani.”. Ne parlò quasi con disprezzo. “L’Incubus che faceva spesso visita nei sogni di Katerine…è senza dubbio il padre di Adelia.”. Suo padre era un Incubus? “Non avevo mai sentito, prima d’ora, che un Incubus potesse innamorarsi di un umano…ma a quanto pare, Adelia ne è la prova inconfutabile.”. Albus si accomodò nuovamente dietro alla scrivania. “Ovviamente, non avrebbero potuto stare insieme, senza infrangere come minimo una dozzina di regole di condotta del codice demoniaco. Il Demone amato da Katerine, dovette rinunciare all’immortalità per lei, diventando per metà un umano…”. Sospirò, come se dovesse ammettere una dura confessione. “Diventando umano, rinunciò a una parte del suo mondo, cosicché potesse varcare la soglia del mondo materiale. Grazie a questa rinuncia, poté prendere in moglie Katerine, e con lei avere una figlia…Adelia, l’ultima discendente di Sephiroth, il cui sangue è stato contaminato da quello di un Demone…”. Severus non diede molta importanza alle ultime crude parole che proferì il vecchio Mago. “Solo grazie a questa rinuncia, poteva entrare nel mondo materiale? Credevo che se un Demone varcasse la soglia del mondo spirituale, diventasse più debole…e assumesse la forma di una specie di evanescenza.”. Rispose, ancora scettico. “Ma dimentichi che Katerine amava un Incubus. Come già ben sai, si nutrono solo dei sentimenti più intesi che un umano può provare. Più un sentimento è potente, e più diventano potenti i Demoni di cui se ne nutrono. L’Incubus era diventato ‘reale’, solo grazie all’Amore profondo di Katerine.”. “Ma ora che Katerine è morta…lui non potrebbe più entrare nel mondo materiale…per cui, non riuscirebbe più a vedere sua figlia, no?”. Convenne con aria dubbiosa. “Non ne sarei così sicuro. L’Amore è un sentimento molto intenso, e può perdurare negli anni, anche dopo la morte della persona che ha amato…”. Esitò un momento, poi prese a parlare a bassa voce, come per essere sicuro che nessuno oltre a Piton, potesse sentirlo. “Quello che ti sto per dire, è solo una mia supposizione, per cui non dovrai rivelarlo a nessun altro…”. Sospirò. “Io penso che l’Incubus abbia stregato Katerine, in modo che lei se ne innamorasse…non è la prima volta che succede, e non mi sorprenderebbe che cercasse solo di illuderla per assorbire il suo potere…in fin dei conti, lei era un mezzo Angelo…perché non avrebbe dovuto approfittarsene?”. “Che prove hai?”. Intervenne ancora, quasi per mettere in difficoltà Albus. “L’Amortentia.”. Sussurrò. “Adelia è allergica all’Amortentia! Evidentemente lo è diventata in seguito all’uso spropositato sulla madre.”. Effettivamente, era ben a conoscenza delle gravose conseguenze che quel filtro d’Amore poteva avere sulla fanciulla. Quella volta che ne aveva solo inalato i vapori, avrebbe sfiorato la morte a distanza di poche ore, se non le avesse dato subito l’antidoto. “Tuttavia, rimangono sempre supposizioni.”. Si voltò nuovamente in contemplazione della finestra. “Non credevo che l’Amore potesse anche uccidere…non così…povera ragazza…è uguale a sua madre, fragile e bella.”. Severus, lì per lì, non seppe cosa rispondere. Provò solo un forte disagio, nel trovarsi in una discussione del genere. Dopo qualche attimo, decise di ritornare sull’argomento ‘padre di Adelia’, dal momento che aveva bisogno di conoscere un minimo sul Demone che li aveva fatto visita in Sogno. “Che altro mi sai dire, sul padre?”. Silente sorseggiò un altro po’ di idromele, per bagnare la gola e rispose. “Suo padre è in grado di padroneggiare perfettamente la Necromanzia, e riesce a riportare in vita i morti e dominare ogni creatura oscura, anche gli Inferius. Voldemort apprezza particolarmente questi poteri…”. Severus intuì perfettamente dove voleva arrivare… “Vorresti insinuare che Voldemort sia interessato a lei?”. Chiese stizzito dall’affermazione. “Oh Merlino! E quale Mago bramoso-di-potere rinuncerebbe mai ad Adelia!? Rifletti…”. Prese una pausa. “Adelia, è figlia di un Demone e di un mezzo Angelo. Non pensi che potrebbe servirsene per i suoi scopi malvagi? Adelia è unica. Ha ereditato i poteri della madre, ed già in grado di utilizzare la magia Celestiale. Non potrei dire lo stesso della magia Oscura, presumibilmente ereditata dal padre, ma penso che abbia solo bisogno di essere risvegliata, per questo bisognerà…”. Piton lo interruppe. “Perché vuoi risvegliare i poteri ereditati dal padre!? Non avrebbe alcun senso contro un mago oscuro!”. “Oh sì che avrebbe senso! Se anche il lato oscuro venisse risvegliato, Adelia sarebbe in grado di utilizzare la magia Universale! Unendo Luce e Ombra, lei riuscirebbe a sconfiggere Voldemort, e a recuperare la propria anima. Ed è quello che sto cercando di fare, dall’inizio dell’anno…da quando l’ho affidata a te...”. Ci fu un momento di silenzio tra i due. Dopo un po’, il primo a prendere parola, fu il Serpeverde. “Il Ministero, è a conoscenza di quello che mi hai detto oggi?”. Fece intendere uno sguardo sospettoso. “No, no! E’ escluso. Tutto quello che oggi ti ho detto, dovrà rimanere solo tra noi due, per cui ti prego di non informare nessuno!”. “Neanche Adelia?”. Chiese, inarcando un ciglio. “Ogni cosa a suo tempo, Severus.”. Sorrise dandoli una pacca sulla spalla. “Nel frattempo, cerca di starle sempre appresso e di non perderla mai di vista. Ora, se non ti spiace, devo assentarmi per dare inizio ai preparativi per la festa. Non credo manchi tanto, per cui penso che ci rivedremo tra un’oretta.”. Piton uscì dall’ufficio, alquanto pensieroso e distratto. Era piuttosto turbato, all’idea che Adelia discendesse veramente da un Incubus, ma era rinfrancato dal fatto che non avesse preso nulla del perfido padre, né di aspetto estetico né di carattere. Ma c’era ancora un lato oscuro che doveva scoprire in lei…

 

***

 

Nel contempo, in una stanza del castello. “Ho provato di tutto! E riprovato più volte…possibile che non funzioni un accidente? Nessuna fattura o incantesimo…”. Esalò Adelia con voce rassegnata, mentre si inginocchiava sul freddo pavimento della stanza. Mancava quasi un’ora e mezza al ballo, e la fanciulla era in preda tra incantesimi e fatture, nel vano tentativo di infortunarsi un arto. Ad un certo punto, si alzò nuovamente in piedi e si sedette sulla sponda del letto a baldacchino. “Possibile che sia così difficile infortunarsi un braccio volutamente?”. Adelia era sconfortata. Batuffolo, al contrario, la guardava divertito e ogni tanto canticchiava per incoraggiarla. Ovviamente, quella innocente palla di pelo non aveva inteso quali fossero le intenzioni di Adelia, per cui era convinto che lo facesse solo per dare spettacolo e farlo divertire. “Che cosa dovrei fare piccolo?”. Chiese la ragazza, fissandolo speranzosa. Per un attimo la pallina rosa esitò, poi si mise a rotolare e piroettare come una ballerina, mentre canticchiava allegramente. “Pare che tu sia più capace di me a ballare…”. Cercò di sorridere. “…se solo mi potessi sostituire…”. Terminata quella frase, si lasciò cadere sul letto, e iniziò a contemplare i scuri drappeggi color verde foglia che pendevano dal baldacchino. Si rilassò all’istante, e cominciò a pensare a cosa le sarebbe potuto succedere quella sera al ballo. Avrebbe mai ballato? E se sì, chi sarebbe stato il suo cavaliere? Sarebbe riuscita a fare pace con Hermione o a mettere in chiaro le cose con Ron? Sarebbe stata colta dai pettegolezzi di quelle oche Grifondoro, o no? E chi poteva saperlo...alla fine, prese un respiro profondo e si drizzò sul busto. “Ho deciso, ci andrò.”. Disse tra sé e sé, mentre la creatura che le rotolava poco fa di fianco, prese a guardarla con sorpresa. “E tu verrai con me!”. Si rivolse a Batuffolo, poi si diresse davanti all’armadio, dalla quale vi tirò fuori un candido abito ancora confezionato. “Almeno farò felice ‘zia’ Verna…”. Aggiunse, mentre poggiava l’abito sulla sponda della poltrona. Sarebbe stato un peccato, non indossare l’abito che con così tanta premura, Verna aveva fatto confezionare per lei. Si scrutò davanti allo specchio dell’armadio, ed esaminò con attenzione alcune ciocche della sua folta chioma corvina. “Cosa pensi Batuffolo: meglio lisci o ricci?”. Chiese mentre si specchiava. Ma la creatura-batuffolo non emise nemmeno un verso, difatti…stava già sonnecchiando beatamente tra i morbidi cuscini del letto. “Sei molto utile…”. Rispose delusa, mentre ascoltava quel curioso ronfo che produceva la sua creatura. Tornò a guardarsi allo specchio. “Ricci!”. Decise infine. Si accomodò su una sedia e cominciò a spazzolarsi i lunghi capelli, che per effetto di un incantesimo sulla spazzola, diventavano via via sempre più ricci. Al fine, i suoi capelli avevano assunto la forma di enormi boccoli neri. Soddisfatta del suo operato, gli raccolse con un fermaglio a forma di giglio bianco e lasciò che alcune ciocche ribelli ricadessero sul viso pulito. Si diede una punta di cipria lungo le gote del viso, per farle sembrare più rosee del solito. Poi, ripassò le labbra con un rossetto scarlatto. Estrasse dall’armadio un piccolo cofanetto rosso, nella quale aveva riposto il ciondolo che Severus le aveva regalato il giorno del suo compleanno. Non appena lo prese in mano, iniziò ad emanare una fioca luminescenza cerulea. Si accomodò sul letto, e con delicatezza se lo mise al collo, poi andò a cambiarsi. Ignara di quanto tempo fosse passato, non si accorse che quell’ora era scivolata via velocemente, tanto che si trovava ancora indaffarata ad allacciarsi il complicato corsetto del vestito. Senza che se lo aspettasse, in quel momento, qualcuno bussò alla porta. “Adelia, posso entrare?”. Era Severus. “E’ già qui? Non sono ancora presentabile…un momento!”. Rispose, affrettandosi ad infilare i nastrini negli ultimi occhielli del corsetto. Passarono altri dieci minuti. “Adelia, sei ancora lì?”. Sbottò Piton, quasi spazientito. “Non riesco a…”. Era ancora indaffarata con quel maledetto corpetto. In quel istante avrebbe voluto che Verna fosse lì, a stringerle i nastrini di quel odioso vestito! Da sola, si sentiva molto impedita. “…non riesco ad allacciare il corsetto…”. Ammise rassegnata dopo un po’. Senza chiedere il permesso, Piton spalancò la porta ed entrò nella stanza. “Ti posso dare una mano?”. Chiese gentilmente. Adelia annuì, girandosi di spalle. “Non riesco ad infilare i nastrini negli ultimi occhielli…”. Spiegò, e in men che non si dica, Severus terminò di allacciarli. “Possiamo andare, ora?”. La fanciulla annuì, e fece proseguire per primo Piton, mentre lei si affrettava a prendere la sua creatura-batuffolo che nascose in una delle pieghe del vestito. Non si era accorto di nulla.

 

 

Adelia lo seguiva appresso, lentamente, mentre scendevano le scale. Non c’era nulla di insolito nel suo abbigliamento, probabilmente perché era vestito come di consueto di nero. Tuttavia, indossava un elegante completo a collo alto, con diversi ricami d’argento. Questi ornavano solennemente le maniche, e i lembi di stoffa che contornavano i bottoni, a forma di testa di serpente. Per il resto, forse aveva i capelli meno arruffati e unti del solito. Mano a mano che si facevano sempre più vicini alla Sale Grande, sembrava che i festeggiamenti avessero già avuto inizio da un pezzo. Adelia deglutì, quando si ritrovò a pochi passi dalla rampa di gradini che scendevano sull’aperto salone. “C’è qualcosa che non va?”. Chiese Severus, quando notò che si era fermata alle sue spalle. “Ehm…no…nulla…”. Prese un respiro, e lo raggiunse. Nessuno dei due parlò, anche se Adelia avrebbe faticato lo stesso a dire qualcosa, per quanto era nervosa di farsi vedere al ballo. Si immaginava la faccia imbronciata di Ron, che la fissava con denigrazione, per farla sentire in colpa ad ogni costo. Non si accorse, nel contempo, che scendeva le scale, delle vivide voci che avevano cominciato ad abbassarsi. Le pareti in pietra della sala rimbombavano di bisbigli e commenti. Adelia non riuscì a riconoscere le voci, ma le sfuggì di udire qualche commento. –E’ bellissima!- . –Ha un abito stupendo…- . –E’ con Piton!- . –Non sarà mica lui il suo cavaliere!?- . –Non ci sarebbe da meravigliarsene! Stanno tutto il tempo insieme…-. Udì dalle persone che le stavano più vicino. Ritenne più appropriato far finta di niente, e per non incrociare gli sguardi sbalorditi e curiosi dei suoi coetanei, abbassò lo guardo. Continuò a seguire il Professore, finché non si fermarono vicino ad un banchetto di dolciumi, dove Silente era impegnato in una vivace conversazione con la Professoressa Cooman. “Le ripeto che quel ronzino…vorrei dire il centauro! Non può continuare ad insegnare la nobile arte della Divinazione in questa scuola! Dovrebbe insegnarla piuttosto ai suoi simili nella Foresta Nera…dove ritengo che sia il luogo più appropriato...”. Erano capitanati nel bel mezzo di quella che sarebbe stata, un’interminabile discussione. “Come le avrò già detto assai altrettante volte: io seleziono il corpo insegnanti, a seconda delle capacità che gli predispongono ad essere idonei, ad insegnare una materia. Non pongo discriminazioni razziali dinanzi ad un insegnante. Le è chiaro?”. Riprese Silente, evidentemente esasperato. “Buonasera, Albus.”. Si intromise Piton. “Ah, siete arrivati! Sono molto contento di vedervi.”. Levò un sorriso da guancia a guancia, poi fece un lieve cenno col capo, per far intendere a Severus di aiutarlo ad uscire da quella disagevole situazione. “Scusa Sibilla, ma ho bisogno di scambiare urgentemente due parole con Albus.”. Fece un leggero cenno di assenso col capo, e poi se ne andò via visibilmente corrucciata e delusa. “Oh Adelia! Sei magnifica questa sera, sono lieto che alla fine tu abbia deciso di partecipare al ballo.”. Di partecipare? Ma se era stata obbligata! Tuttavia, non obbiettò e si limitò ad un leggero inchino e ad un ‘Grazie.’ serrato tra i denti. “Poco fa ti cercava Ron Weasley…”. Appena citato quel nome, sul volto di Piton si dipinse una smorfia di spregio. “…se desideri cercarlo, l’ho visto poco fa abbuffarsi al buffet dei sottaceti.”. Sforzò un sorriso, cercando di non dare troppo a vedere che avrebbe preferito evitarlo. “Certo, grazie.”. Sforzò un altro sorriso. “Non mi dirai che fa parte della tua cerchia di amici?”. Convenne Severus. ‘Amici’? Come se ne avesse sempre avuti, pensò. “Non è precisamente un amico…”. Rispose vaga, suscitando una innaturale curiosità sul Professore di Pozioni. “…lo conosco appena, e credo che mi basti conoscerlo fino a questo punto.”. Aggiunse in fretta. Severus si ammorbidì subito, come se quello che avesse detto lo avesse placato. Non riuscì a spiegarsi il motivo di quella reazione. Che fosse geloso? “Nah, che scemenza…”. Pensò tra sé e sé. Tuttavia, era ancora troppo presto per affrettarsi a certe conclusioni. Poco dopo, il festeggiamento proseguì con un facoltoso banchetto natalizio, e in quella occasione vide Ron a braccetto con Lavanda Brown. Levò un sospiro di sollievo, rassicurandosi che non avrebbe più dovuto avere rimorsi, dal momento che era riuscito a trovare qualcuna con cui partecipare al ballo. Anche se non poteva ignorare le occhiatacce che, di tanto in tanto, le mandava da lontano. In seguito, adocchiò Hermione seguita da Cedric Diggory. Non pareva essere molto soddisfatta del suo cavaliere, e pensò che avrebbe preferito la compagnia di Ron, dal momento che spasimava per lui da chissà quanto tempo! Qualche attimo più tardi, arrivò Harry a braccetto con una bella rossa, che si rivelò presto essere la sorella minore di Ron. Ginny indossava un semplice abito rosa lampone, molto evidente. Mentre Harry era vestito con un elegante frac blu scuro. Insieme erano veramente un bella coppia. Pensò tra sé e sé. Hermione, per l’occasione, aveva indossato un eccentrico abito giallo paglierino che sfoggiava con superbia. Mentre Ron, difficile a dirsi…Adelia non aveva inteso che razza di abito avesse indosso. Aveva, certamente, una trama molto originale che a dir poco sfiorava il bizzarro. Era una specie di ‘frac’ di color marrone pastello, con le maniche orlate di fronzoli bianco crema e con svariati ricami a motivo floreale sulla giacca. In complesso, però era elegante.

 

 

I tavoli, come loro solito, erano divisi a seconda della appartenenza alla casata. Adelia si dovette accomodare al tavolo di Grifondoro, ma riuscì ad insinuarsi in un posticino abbastanza lontano da Ron, e neanche troppo lontano dal tavolo degli insegnanti. Si trovava in mezzo a due ragazzine del primo anno, che quasi non finivano di farle domande al riguardo del ‘perfido’ Professor Piton. Avrebbe quasi sopportato meglio le sceneggiate di Ron! “Ho sentito dire, da un ragazzo del sesto anno, che Gazza rinchiude i ragazzi cattivi nei sotterranei! E Piton pensa ad appenderli per i pollici, altrimenti gli costringe ad ingerire pozioni velenose e a torturarli. Ma è vero?”. Chiese, infantilmente, una delle due ragazze. “Sono voci infondate che girano per spaventare i nuovi studenti…”. Rispose seccata, dalla insensata conversazione in cui si era andata a cacciare. A momenti il banchetto sarebbe terminato, dal momento che erano finalmente arrivati al dolce. Le avrebbe sopportate per qualche minuto ancora, e poi se la sarebbe data a gambe prima che cominciasse il ballo. Ad un tratto si sentì assalire da un formicolio alla gamba. “No, forse non è un formicolio.”. Dovette constatare, quando si ricordò di aver portato anche la sua Puffola Pigmea. Avvertì un leggero solletico alla gamba. “Batuffolo! Vieni piccolo…”. Disse Adelia, tendendo una mano alla sua piccola creatura. “Batuffolo, vieni…”. Insisté ancora, e finalmente la pallina di pelo, zampettando lungo la gonna del vestito, raggiunse la mano della sua padrona. Lei lo avvolse premurosamente tra le mani, e prese ad accarezzarlo. Parve che nessuno, per fortuna, si fosse accorto del piccolo intruso. “Tra un po’ ce ne andiamo…”. Bisbigliò Adelia, rassicurando la sua creatura-batuffolo, mentre la accarezzava. Nel momento in cui, ebbe modo di scrutarla meglio alla luce, osservò qualcosa di insolito. Il pelo aveva un colorito diverso dal solito. Era contornato da striature azzurre, e sfumature di un viola prugna decisamente più scuro di quello di Batuffolo. Ad un tratto sobbalzò. “Ma questo è Arnold! La Puffola di Ginny!”. Pensò. E la sua dov’era finita? Scostò la gonna, ed esaminò ogni piega del vestito, ma di Batuffolo non vi era neanche l’ombra. E ora? La prima cosa da fare, era riportare Arnold alla sua padrona, poi avrebbe pensato a cercare Batuffolo. Sperava solo che non si fosse diretto verso la biblioteca! In quel momento, avvertì un pizzicore alla mano, seguito da un dolore che si irradiava lungo tutto l’indice. Abbassò nuovamente lo sguardo, e notò che Arnold cercava di svincolarsi dalle sue mani, per questo l’aveva persino morsa. Adelia cercò di trattenerlo, ma non ci riuscì a lungo, perché le scivolò tra le mani e scappò via sotto al tavolo. “Oh ci mancava sola questa!”. Sbuffò. “Che cos’è successo?”. Le chiese sospettosa, una delle due ragazze con la quale parlava poco fa. “Oh niente…ehm…credo di aver perso qualcosa…”. Rispose sul vago, continuando a guardare sotto il tavolo. “Che cosa hai perso?”. Insisté. “Nulla che ti possa riguardare…”. Questa volta rispose secca, in modo che la conversazione finisse a quel punto. E difatti, così fu. Qualche attimo dopo, i tavoli vennero sgomberati dalle cibarie, e sparirono dalla sala. Adelia andò a cercare Ginny, e la trovò poco dopo, insieme a Harry. “Ginny, ho bisogno di parlarti.”. Annunciò. “Di cosa si tratta?”. Chiese sorridente. “Ehm…mi è sembrato di vedere Arnold sotto il tavolo…”. Improvvisamente il suo sorriso, venne sostituito da un’espressione amareggiata. “Hai visto dov’è andato?”. Adelia scosse con il capo, per negare. Ginny tirò fuori la sua bacchetta, e la puntò sul pavimento. “Accio Arnold!”. Ma non successe nulla. “Ehm…Ginny, non credo che l’incantesimo d’appello funzioni…c’è molta gente in questo momento…e non potrebbe essere l’unico a chiamarsi Arnold.”. Intervenne Harry. “Non mi resta che cercarlo, grazie per avermelo detto.”. Fece per andarsene, ma Adelia la fermò. “No aspetta! Vengo con te…anch’io ho perso la mia Puffola Pigmea…ho pensato di portarla con me, ma…mi è sfuggita.”. Ammise rassegnata dalla vergogna. “Non ti preoccupare, la troveremo.”. La rassicurò la rossa, e insieme a Harry si avviarono a setacciare tutta la sala. I festeggiamenti stavano proseguendo per il meglio, e a momenti si sarebbe esibito un gruppo Pop/Rock sul palco da poco allestito al centro della sala. Non avevano rimasto molto tempo! A momenti, il ballo sarebbe cominciato e la baraonda avrebbe confuso ancora di più le ricerche. Si erano divisi, per esaminare attentamente ogni centimetro o angolo della sala. Ginny stava controllando le scale e le uscite della sala, Harry i giardini, e Adelia era rimasta in sala a cercare sotto alcuni tavoli che servivano il buffet. “Accio Batuffolo!”. Disse, puntando la bacchetta sotto ad un tavolo. Ma non successe nulla. Allora si chinò, e iniziò a cercare sotto al tavolo, facendosi luce con la bacchetta. Non c’era. Sospirò, e si rialzò in piedi. Stava per dirigersi verso il prossimo tavolo, quando venne fermata nel suo intento da qualcuno.

 

 

“Che cosa stai cercando sotto i tavoli?”. Sbottò il rosso ad un certo punto, quando constatò che Adelia si era accorta della sua presenza. “Ehm…sto cercando la mia creatura.”. Rispose secca, dirigendosi verso un secondo tavolo. “Ah davvero?”. Rispose beffardo. “Magari si è sentito ferito ed è andato via…”. Continuò, cercando ad ogni costo di farla sentire in colpa. Adelia lo ignorò, e iniziò a setacciare sotto al tavolo, illuminando con la bacchetta. “Batuffolo?”. Chiamò, ma non c’era. Si alzò nuovamente in piedi, e fu scontenta di vedere ancora Ron, rimasto lì a fissarla. “Mi hai ascoltato!?”. Insisté ad un certo punto. “Ron, mi dispiace se non ho tempo da perdere…ma sto cercando la mia creatura, e sono abbastanza preoccupata. Ti spiace?”. Cercò di essere gentile, nonostante la seccatura. “Ah, è così quella palla pelosa è più importante! Sì, certo…continua pure a cercare quella palla di pelo ambulante, ma secondo me sarà già stato divorato da Mrs. Purr!”. Adelia si sentiva davvero arrabbiata, e vedendo che Ron era rimasto impalato a guardarla in attesa di una risposa, non poté trattenersi. “Smettila di comportanti come un bambino viziato!”. Sbraitò lei. “Ho capito dove vuoi arrivare: il fatto è che non sei riuscito ad accettare il mio rifiuto, e ora…a tutti i costi cerchi di farmi sentire in colpa!? Beh, sai cosa c’è? C’è che io odio questi stupidi balli, e non mi interessa minimamente che tu sia rimasto ferito…LASCIAMI STARE! NON TI SOPPORTO…”. Era talmente presa dalla collera, che non si era accorta di aver alzato un po’ troppo la voce. Ron esitò a rispondere, poi farfugliò velocemente qualcosa e disse in modo comprensibile. “E’ questo che pensi!? Bene…benissimo! Per quello che mi importa di te, puoi anche andare a…”. “Languelingua!”. Un fiotto di argentea luce, colpì in piena faccia Ron. Adelia lo sentì mugugnare, nel tentativo di parlare, ma senza alcun successo. Si voltò, e riconobbe una elegante e scura figura avvicinarsi a loro. “Signor Weasley! Che cosa era intenzionato a proferire? Qualcosa di offensivo immagino…”. Severus si avvicinò al rosso, guardandolo torvo. Aveva già idea di cosa avrebbe proferito, dal momento che era un ottimo Legilimens, per lui era facile quanto leggere un libro aperto. “Penso che le sia più conveniente imparare a tenere a freno la lingua, prima che qualcuno gliela annodi definitivamente al palato …”. Ghignò sadicamente. Il rosso sembrava impietrito dalla paura, e lo fissava evidentemente spaventato, mentre Piton si avvicinava minaccioso a lui. Adelia, che aveva assistito a tutta la scena, si sentì annodare lo stomaco. L’intromissione improvvisa di Piton, l’aveva trascinata in un profondo stato di disagio. Se avesse potuto, si sarebbe smaterializzata all’istante! Tutti gli occhi presenti in quel momento, era puntati su Piton e Ron, incuriositi e terrorizzati. Severus fece roteare la bacchetta, in un pigro gesto e spezzò l’incantesimo Languelingua. “Al ritorno dalle vacanze, si ricordi di passare nel mio ufficio per la punizione che le spetta.”. Aggiunse. Sembrava che provasse una certa soddisfazione, nel mettere in punizione gli studenti, specialmente i Grifondoro. Osservò Adelia, alquanto allibita per l’inaspettata reazione del suo Professore. Certo, era stato un po’ troppo brusco, e non era per nulla compiaciuta di quello che aveva fatto. Ignorando di essere un po’ al centro dell’attenzione, si avvicinò a Piton, il quale si voltò senza indugio verso di lei. “Adelia…”. Stava già per dirle qualcosa, ma lei li parlò sopra. “Non crede di essere stato un po’ troppo brusco!?”. Qualche istante dopo, l’espressione di Severus cambiò e prese a fissarla torvo. “Se non ti spiace, io sono l’insegnante, quindi io decido come comportarmi con gli studenti. E’ chiaro?”. Sembrava adirato. “Ma che ragione aveva per trattarlo così!?”. Ribatté lei, per nulla intimorita. “Adelia, non contestare il mio metodo di insegnamento, per cui ti consiglio di non proferire altro, se non vuoi peggiorare la situazione…”. “Questo lo chiama ‘insegnare’? A me sembra che lei mi stia minacciando…”. Disse, senza pensarci più di tanto. Quelle parole le erano venute così spontanee, che non aveva fatto caso a quello che aveva appena detto. “Non-mi-contestare!”. Scandì quelle parole, come se volesse a tutti i costi farle recepire il messaggio. Ma la testardaggine di Adelia, la portò oltre il limite. “E’ un comportamento da vigliacchi quello che ha appena mostrato! Attaccare uno studente disarmato…”. Il suo sguardo divenne cupo e incredibilmente freddo e impenetrabile. Non l’aveva mai visto così…“Non chiamarmi vigliacco!”. Rispose lui freddamente, dandole un violento schiaffo, a tal punto da farla quasi cadere a terra. Un istante, e poi un dolore pazzesco si irradiò su tutta la guancia destra, che iniziò a diventare sempre più rossa. Adelia era rimasta attonita, quasi come se non si fosse resa conto di quello che era appena successo. Poi scrutò quegli occhi neri, vitrei e privi di ogni sentimento. Era immobile. Il respiro si era fermato, le parole si erano congelate in gola…poi una calda lacrima iniziò a scenderle lungo il viso. “Non è cambiato…”. Le parlava una voce nella testa. “…è un mostro, e tale e quale resterà!”. Trafitta e addolorata, iniziò ad indietreggiare, poi si voltò e corse in direzione opposta. Bisbigli e commenti iniziarono ad aleggiare in sala, accompagnando le sue orecchie fino all’uscita. Non le importava più nulla, ora voleva solo stare sola con se stessa. Per le scale, suo malgrado, incrociò Ginny che cercò di fermala per chiedere invano che cosa le fosse successo. Adelia non disse nulla, e continuò a correre. Raggiunse il secondo piano, e si rinchiuse nel bagno delle ragazze. Piangente e dolorante. “E’ stato tutto inutile…”. Si rimproverava. “…non dovevo neanche sperare che cambiasse!”. Si sentì divorare da quella voce nella sua testa. Improvvisamente sentì gorgogliare il lavandino, e una evanescente figura biancastra comparve dinanzi a lei. “Ciao Adelia! Sei venuta ancora a trovarmi?”. Strillò Mirtilla Malcontenta. “Perché questa volta piangi?”. Prese a vorticarle intorno. “Mirtilla, per favore…lasciami sola…”. Rispose sconsolata. “Per tua informazione, sei nel mio territorio, quindi ti conviene moderare il tono ed essere più cordiale.”. La canzonò il fantasma. “Perché? Non lo sono stata!?”. Obbiettò Adelia. “Beh…sì, ma non puoi cacciarmi via dal mio bagno! Io abito qui…”. Le disse, sembrando quasi orgogliosa di ‘vivere’ in un gabinetto. “Allora me ne vado.”. Rispose dignitosamente, facendo per andarsene. “D’accordo! D’accordo! Puoi restare, così mi tieni compagnia…mi sento così sola…”. Cercò di convincerla. Alla fine la fanciulla dai lunghi capelli corvini, restò. “Va bene, ma lasciami in pace. Per favore…”. Le chiese Adelia. “Sissignora!”. E se ne tornò nel suo gabinetto otturato, facendo come al solito traboccare l’acqua dal water, con un sonoro –SPLASH!-.

 

 

Ripensò ancora a quella scena. A quello schiaffo. Più ci pensava, e più le faceva male la guancia, anche se non era più rossa. Posò delicatamente la sua mano fredda, sul punto in cui Piton le aveva tirato quello schiaffo. Era un sollievo, sentire contrastare il calore, a quel piacevole freddo-gelido. Si guardò per un attimo allo specchio. I capelli erano scompigliati, e il fermaglio a forma di giglio non riusciva più a tenerli raccolti. Adelia se lo tolse, e lo posò sui bordi del lavandino. I lucenti boccoli neri scendevano in una cascata, sino ai fianchi. I suoi occhi erano ancora un po’ arrossati, ma brillavano come smeraldi, risaltando ugualmente quella rara bellezza che possedeva. Guardava il suo riflesso, e sperava di riconoscere sua madre, nella sua stessa immagine. Era simile a lei, quasi come una goccia d’acqua, se non fosse stato per i capelli mori. Quanto avrebbe desiderato rivederla. Udì delle malinconiche note in sottofondo. Non aveva fatto caso, fino a quel momento, della musica che si sentiva dal pian terreno. Suonava una dolce melodia, con una vena malinconica di note fredde e distanti. Le dava l’aria di qualcosa di così familiare che si avvicinava al suo cuore sconfortato e solitario. Chiuse gli occhi, e si lasciò trasportare da quella funerea litania che risuonava nei corridoi e nelle aule. “Che musica è questa? Come si chiama?”. Pensò, senza accorgersi che lo stava dicendo a voce alta. “Si chiama The Phantom Of The Opera.”. Rispose una voce maschile, dietro di lei. Adelia si voltò sgomenta. “Chi sei?”. Chiese, scrutando spaventata e incuriosita all’unisono, il giovane ragazzo che le stava di fronte. Non si ricordava di averlo già visto. Era poco più alto di lei, ed era di bel aspetto. Aveva lunghi capelli rossi, e pelle bianca quanto la neve. Era vestito in un elegante completo nero, avvolto da un mantello del medesimo colore, sulla quale erano stati ricamati con fili argentati diversi motivi. Una scura maschera a forma di gatto, celava il suo volto misterioso. “Sono il vostro cavaliere.”. Fece un solenne inchino. “Volete concedermi l’onore di ballare con voi?”. Le baciò la mano. “Ehm…io me ne stavo tornando in camera, non…non avevo intenzione di tornare di sotto.”. Rispose, cercando di distogliere lo sguardo. “Così presto? E per quale motivo, una fanciulla graziosa come voi, dovrebbe andarsene così presto a dormire? Voi siete l’anima della festa…”. Insistette. C’era qualcosa nella sua voce, di estremamente strano che la attirava. Fremeva dalla voglia di rispondere di ‘sì’, ma non era sicura di chi si trattasse. Si sarebbe potuta fidare? “Io…io non so ballare!”. Si difese, cercando di allontanarsi. “Per favore.”. Si sentì afferrare dolcemente per il polso. “Sono venuto solo per voi.”. Si voltò verso il misterioso sconosciuto. Questo continuava a fissarla dritto negli occhi, e ciò le creava disagio. “Vi prego…”. Insisté ancora. Si sentì messa a tal punto in soggezione che decise di accettare l’invito, senza pensarci più di tanto. I suoi pensieri erano liberi, e non pensava a nulla. La sua mente era vuota. Il misterioso mascherato la accompagnò a braccetto fino alla sala, dove il ballo era appena cominciato. C’erano solo coppie che danzavano, e la funerea litania stava ancora suonando per lei. Nessuno, parve accorgersi della sua presenza. Tutti erano impegnati a ballare. Si voltò ancora verso lo sconosciuto, ma quando incrociò il suo sguardo di ghiaccio, si voltò immediatamente imbarazzata. “Avete paura di guardarmi?”. Chiese divertito. “N-no…no, io non ho paura.”. Rispose balbettante. Si sentì trascinare lentamente in mezzo alla pista, si lasciò avvolgere da una specie di abbraccio e insieme cominciarono a danzare. Era un ballo lento, e tutto il tempo vorticavano in mezzo alla sala, dolcemente e con grazia. Adelia voleva parlare, ma non sapeva dove cominciare, e sentiva la sua mente così confusa e annebbiata. “Hai gli stessi occhi di tua madre, piccola mia…”. Sussurrò ad un certo punto il ragazzo. “Cosa?”. Chiese lei, sorpresa. “Come fai a saperlo?”. Tentò di svincolarsi invano,e si sentì stringere ancora di più. “Chi sei? Chi sei veramente?”. Il giovane scoppiò a ridere. Nel contempo, Adelia aveva cominciato a guardarsi intorno. Tutti si erano fermati a guardarli, stupiti e confusi. –Ma con chi sta ballando?- . Chiese ad un certo punto, una ragazza. –Non ne ho idea…io non vedo nulla…-. Adelia comprese che gli altri non potevano vederlo. “Chi sei? Perché gli altri non ti possono vedere?”. Chiese, sempre più spaventata. Il giovane continuò a ridere. –E’ sotto un incantesimo! Andate a chiamare Piton! Chiamate Severus Piton!-. Udì in sottofondo la voce di Diggory, mentre la melodia non si fermava. –Da dove viene questa nenia?-. Si chiedevano ancora gli altri confusi. “Dimmi chi sei!!?”. Sbraitò Adelia, cercando ancora di svincolarsi invano. Lui continuava a ridere. La fanciulla afferrò la sua maschera e gliela tolse, gettandola a terra. Improvvisamente la fisionomia, il suo corpo e persino i suoi abiti…iniziarono a mutare insieme. –Guardate! Guardate! Eccolo, è lui! E’ lui!-. Poté constatare che, ora anche gli altri, potevano vederlo. Era Samael. “Sam…”. Provò a nominarlo, ma si bloccò in tempo, ricordandosi che non poteva pronunciare il suo nome davanti a nessuno. “Attenta piccola mia, se nominerai il mio nome, andrò a far visita anche agli altri!”. Rise ancora. “Perché sei qui? Che cosa vuoi da me!?”. Chiese lei, mentre il cuore le batteva talmente forte che sembrava dovesse uscirle dal petto, da un momento all’altro. “Non avere paura di me, piccola mia…non devi avere paura del tuo stesso sangue…”. Che cosa voleva intendere? “Tu non sei del mio sangue!”. Indietreggiò. “Oh sì che lo sono…Adelia, io sono tuo padre…”. Si avvicinò, pronto ad afferrarla. “No! No! Tu non sei mio padre! Io non sono figlia di un Demone!!! MALEDETTO! VATTENE VIAAA!!!”. Iniziò a piangere. “Io non ho mai avuto un padre…non puoi essere tu…mamma me ne avrebbe parlato…”. In quel fragile istante, si sentì avvolgere completamente da due possenti braccia. “Devi accettarlo piccola mia…sangue del mio sangue…mia dolce figlia…”. Si sentì così debole in quel momento, a tal punto da non riuscir nemmeno a reagire, per difendersi. Passarono alcuni istanti, e si creò uno scompiglio totale in sala. Tutti fuggirono terrorizzati. Samael aveva assunto la sua forma primordiale. Aveva possenti e scure ali piumate, pelle bianca quanto l’avorio e una folta chioma rossastra che scendeva sino ai fianchi…era lui. Il Demone dei suoi Sogni, era diventato Reale. Si sentì ipnotizzata dal suo sguardo, a tal punto che perse il controllo sul suo corpo, le voci si attenuarono e la vista si annebbiò. Crollò a terra in un tonfo. “Adelia!”. Udì una voce, così familiare…e così nostalgica. “Sev…”. Mormorò. Era la voce di Severus. “Lasciala andare!”. Urlò lui, mentre la fanciulla si abbandonava ad un profondo letargo. “Severus Piton, sono lieto di conoscerti realmente di persona.”. Rispose il Demone. “Maledetto! Cosa le hai fatto!?”. Tentò di avvicinarsi, ma Samael creò un cerchiò di lingue di fuoco, che attorniarono lui e Adelia. “Non oltrepassarlo! E’ fuoco maledetto, una volta sfiorato, arderai per l’eternità!”. Severus sostò fuori dal cerchio. Non poteva far nulla. “Perché sei venuto nel mondo materiale!?”. Chiese. “Sono venuto per lei…Adelia è mia figlia, e come ultimo desiderio di padre, voglio farle dono di quello che le spetta, prima di abbandonarla…”. Il Demone la fissò con premura, e prese ad accarezzarle la folta chioma corvina. “Abbandonarla?”. Domandò perplesso, Piton. “Io sono un Incubus, e non vivo nel mondo materiale…per cui non potrò prendermi cura di mia figlia…non potrò mai essere un buon padre per lei…”. Sospirò, continuando a fissare Adelia. “Se Katerine, fosse ancora a mio fianco, tutto sarebbe diverso…ma lei mi è stata tolta! E’ morta! E la sua anima non è andata all’Inferno, come io speravo…lei si trova in Paradiso, e saremo così separati per l’Eternità! Voglio che Adelia trascini con sé all’Inferno, colui che me l’ha portata via…”. Stava per avvicinare le labbra al braccio marchiato. “Non farlo! E cosa ne sarà di lei!? Morirà? Vuoi sacrificare tua figlia!?”. Sbraitò, cercando di fermarlo. “Sarà lei stessa a scegliere…ammesso che per lei ci sia qualche ragione per vivere…”. Dopo quelle misteriose parole, posò le nere labbra sul marchio di sua figlia. In quel momento, le fiamme si alzarono, in modo da nascondere quello che stava succedendo all’interno del cerchio. “Mio piccolo giglio in fiore…sei così delicata e pura, che non vorrei sporcarti…ma non avrei scelta. Se questo è l’unico modo per salvarti la vita, allora io te ne farò dono...”. Dopodiché recitò parole incomprensibili, in una lingua antica, terminando la formula con queste parole.

 

L’Amore salverà il tuo destino dalle grinfie della Morte…Angelo dannato…è ora di svegliarti!

 

Dopodiché, Samael scomparve tra le fiamme. E questa volta, scomparve per sempre. “Buona fortuna…Adelia.”. Si sentì mormorare ovunque. Le fiamme si abbassarono, fino a scomparire nel nulla, lasciando il corpo di Adelia illeso, giacere a terra. “Adelia!”. Severus si precipitò verso di lei, e le raccolse la testa sulle sue ginocchia. Sembrava in fin di vita, ma nonostante il pallore, la sentiva respirare. La prese in braccio con molta delicatezza, come se dovesse sollevare una bambola fatta di vetro, e la portò in infermeria.

 

 

***

 

“Purtroppo non c’è una spiegazione logica. Deve aver subito un forte trauma o uno shock, che l’ha ridotta in questo stato quasi vegetativo, di letargo. Tutto sommato, ha un bel colorito e mi sembra più che sana…”. Spiegò Madama Chips rivolgendosi a Silente. “Da quanti giorni dorme?”. Chiese. “Sono cinque giorni!”. Intervenne Piton, che in quel momento si era svegliato di colpo, mentre sonnecchiava sulla sedia accanto al letto di Adelia. “Severus, non puoi continuare così. Vai a farti una sana dormita!”. Lo rimproverò l’anziano Mago. “No! Devo restarle affianco…non voglio lasciarla qui.”. Madama Chips scosse il capo. “I capricorni sono testardi di natura, credo che non ci potrai far nulla, caro Albus.”. Disse la donna, mentre si dirigeva nel suo ufficio ad affaccendarsi con altro. “Non sei riuscito a vedere altro, tra quelle fiamme?”. Domandò Silente. “Nulla. Erano talmente fitte che non sono riuscito a vedere niente.”. Aveva un’aria sciupata. I suoi occhi, erano contornati da un alone violaceo, e la sua pelle era più pallida del solito. “Severus, ti consiglio di dormire un po’. Ci penserà Madama Chips a vegliare su di lei.”. “No!”. Ribatté nervoso. “Va bene, non vedo il motivo di insistere.”. Riprese Silente. “Comunque, volevo informarti che l’Oblivion ha funzionato perfettamente, e nessuno ricorda che cos’è successo la notte del 31 Dicembre.”. Piton si limitò ad annuire, muovendo pigramente col capo. “Al riguardo del padre di Adelia…la mia supposizione si è rivelata essere infondata. In realtà, lui amava veramente Katerine…e amava anche sua figlia. Ha compiuto un gesto estremo, per salvare la vita di Adelia…sacrificando quel poco che restava della sua anima, donandolo a lei. Samael non esiste più…”. Severus lo guardò sbalordito. “Tu sapevi come si chiamava!?”. “L’ho scoperto quando ho letto il nome sul marchio di Adelia. Ma, non c’è più nulla da temere…possiamo pronunciare il suo nome tranquillamente.”. Lo guardò stranito e ancora dubbioso. “Che significa che non esiste più?”. Albus esitò qualche attimo, a rispondere a quella domanda. “Non potrà più tornare…se ne è andato, per sempre.”. “Ma per quale motivo, le ha dato in dono metà della sua anima?”. Continuava a non capire. “Ricordi quando discutemmo al riguardo di risvegliare il lato oscuro di Adelia!? In principio, non era cosa fattibile perché Adelia era ancora troppo pura, per utilizzare le Arti Oscure. Aveva bisogno di un’anima completa per utilizzarlo, aveva bisogno di una coscienza già sporca. Così il padre, ha fatto per lei quello che era più giusto fare. Donarle la sua conoscenza, la sua anima, i suoi poteri…”. Tacquero per un po’. Samael si era sacrificato? E non sarebbe mai più tornato per rivedere Adelia? Chi si sarebbe preso cura di lei? Era così fragile, e sola. Avrebbe voluto farlo lui, ma come poteva se il Ministero si era messo in mezzo? Non era il momento di pensare ad una cosa simile. Pensò. Avrebbe tuttavia protetto la ragazza che amava, ad ogni costo…così come prima di lui, aveva già fatto suo padre. Samael, un Demone buono. All’improvviso li affiorò in mente un dubbio. “Albus, perché pensavi che l’Incubus si volesse solo approfittare di Katerine?”. Chiese sospettoso. “Gli Incubus sono di natura malvagia, nella maggior parte dei casi…”. Prese un respiro. “Mia sorella, Ariana, morì a causa di uno di questi. Le aveva divorato i sentimenti, il cuore…e poi anche l’anima…”. Severus ascoltò sbalordito. Era la prima volta che sentiva quella storia. “Tuttavia, ho imparato che non tutti i Demoni sono malvagi…c’è anche del buono in loro, e ci sono anche quelli che stanno dalla parte dei giusti…come il padre di Adelia.”. Quando terminò, rimasero immobili a fissare la fanciulla dormiente. Aveva un aspetto così roseo e sano. Non sembrava affatto che avesse subito un trauma o uno shock, come aveva detto Madama Chips. La sua Adelia, così delicata e bella, quanto un giglio fiorito in pieno inverno.

 

 

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Persefone Fuxia Ti ringrazio, per aver ancora recensito il capitolo precedente^^. Mi lusinga, il tuo apprezzamento al riguardo dell’alternanza tra le parti drammatiche e quelle più briose. Il mio più grande timore, è proprio quello di marcare troppo il passaggio dalla drammaticità alla ‘comicità’. Tuttavia, sapendo da te della mia buona riuscita nell’intento di sfumare tra le parti, posso levare un sospiro di sollievo^^. Riguardo a Ron, nella mia storia, assume la veste di un ragazzino capriccioso. Difatti, è suscettibile e volendo anche egocentrico. Basta pensare al fatto che se la sia presa, perché Adelia ha rifiutato il suo invito al ballo, e ora cerca di farla sentire in colpa! Hermione è una ragazza intelligente e ammirevole, ma considerando il suo ruolo di scarso interesse nella storia, ho pensato che sarebbe stato più interessante farla diventare invidiosa! Oh, ammiro il fatto che ti sia piaciuta l’idea dell’Amore spirituale tra Severus e Adelia^^. Volevo proporre qualcosa di alternativo, alle solite FanFiction passionali su Severus Piton, e credo di esserci riuscita! Invece, nella parte in cui Piton svela i piani del Ministero su di lei, a dire il vero era un po’ titubante all’inizio. Difatti, Adelia ha dovuto ripetere ben tre volte la stessa domanda, insistendo. Tuttavia, se l’avesse tenuta all’oscuro, sarebbe stato veramente un comportamento da vero cafone da parte sua. Soprattutto perché le aveva promesso di non illuderla e di non tradirla. Sarebbe stato una specie di tradimento, se non gliene avesse parlato. Tra l’altro, il Ministero è corrotto dalla paura dell’incombente minaccia, per cui sarebbe disposto a tutto (anche a sacrificare una giovane fanciulla! Non penso si facciano scrupoli…). E in quanto all’inaspettato finale: avrei scommesso il computer che avrebbe lasciato sconcertato chiunque XD! In effetti, nessuno avrebbe mai destato sospetti su Samael, il demone ‘senza cuore’ che ha dannato Adelia, segnandole un destino pieno di ostacoli e sofferenze. Tuttavia, non è così malvagio come appare, anzi, dannare sua figlia era l’unico modo per portarla in Vita, prima che la sua anima varcasse la soglia dell’altro mondo. Grazie ancora per tutto^^! Baci.

 

alida Non c’è problema^^! Più che altro, penso che dovresti essere tu a lamentarti con me, perché posto quasi ogni morte di papa XD Comunque, mi fa piacere che anche tu abbia apprezzato il capitolo. Adoro giocare su certi aspetti, tra cui misteri dell’occulto e verità da svelare. Credo che sia la parte più ‘saporita’ della storia! E sinceramente, mi diverto abbastanza a scrivere e ad inventarmi sul momento nuovi ‘colpi di scena’. Uh! Stavo quasi per dimenticarmi: l’Amore che Samael prova per Adelia, è decisamente un legame freddo. Certo, le vuole bene come figlia e la vuole proteggere, ma pur essendo un Demone…non è nella sua natura amare! Almeno, non così come ha amato Katerine. E c’è anche da osservare che non si comporta propriamente come una vero padre, e rassegnato che non potrà mai esserlo (senza sua moglie accanto), abbandonerà Adelia…

 

Era da un po’ di tempo che non ringraziavo più i lettori…

 

I miei più sentiti ringraziamenti a: alida, dady94, Dogma, LaBabi, PAMPAM e Vampira_Malfoy per aver aggiunto la storia nei preferiti^^.

 

E in particolare Persefone Fuxia e alida per aver sempre commentato! Grazie^^.

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Capitolo 11
*** Capitolo XI – Preludio alla distruzione ***


Come ho promesso riprendo il filo a partire dal finale del precedente paragrafo, per approfondire tutto ciò che è rimasto in sospeso. A mio parere sarà il capitolo più ‘Gotico’ di tutta la storia! Ma vi lascio alle vostre considerazioni^^. Ho impiegato più tempo del dovuto, e per questo chiedo immensamente scusa a tutti i lettori >.< ! Maggio è un mese davvero pesante, soprattutto per chi deve rimediare delle materie prima della chiusura, e ho dovuto accantonare i miei lavori al pc per un po’ di tempo. Per me è stato un grandissimo dispiacere aver dovuto sacrificare tempo prezioso per recuperare una materia, ma non volevo essere rimandata (detto sinceramente), così mi sono rimboccata le maniche. Ciò che dovevo recuperare, alla fine, è stato recuperato…ma a caro prezzo. Aspettando così tanto tempo, devo confessare che un po’ della mia ispirazione è andata a farsi benedire. Non vi trattengo a lungo, voglio solo chiedervi di farmi il favore di leggere anche l’avviso qui sotto, e mi auguro che questo capitolo vi piaccia. Buona lettura ^O^ !

 

AVVISO *IMPORTANTE*: Non assicuro che pubblicherò il prossimo capitolo con la stessa regolarità di prima, perché dai primi di Luglio fino a metà mese dovrò interrompere i miei lavori, per trascorrere due settimane in Germania con la mia famiglia. Dovrei essere di ritorno appunto per metà Luglio, appena in tempo per vedermi Harry Potter e il Principe Mezzosangue al cinema *-* Spero così di ritrovare parte dell’ispirazione persa! Grazie per l’attezione^^. BUONA LETTURA!

 

Preludio alla distruzione

 

[] La mia anima è dannata, eppure io non posso fare altro che sperare che questo tempo continui…

Il mio cuore è spezzato, freddo e impassibile. Per quale ragione dovrei vivere?

Ricordi offuscati mi richiamano alle mie vecchie memorie…non credevo che un tempo anch’io fossi stata felice.

Insieme a te sono stata bene, più di quanto potessi sperare…e ora che il mio tempo è finito,

tu mi stai supplicando di tornare ancora per soffrire. Perché ti ostini a volermi a tuo fianco?

Dopo tutto quel tempo che abbiamo sprecato a odiarci…perché mi stai chiamando? []

 

 

Era quasi notte, e un brusco temporale si stava abbattendo sul castello. La pioggia insisteva forte sui vetri delle finestre, mentre tuoni e fulmini lampeggiavano in cielo. Il fragoroso suono dell’acqua che scrosciava sugli spioventi, sembrava l’unico a predominare in tutto il castello, ora quasi disabitato. Poche finestre erano illuminate, e tra queste vi erano: l’ufficio di Silente, lo studio della McGranitt e della Cooman, le cucine e l’infermeria. In quest’ultima, una graziosa fanciulla si trovava addormentata su un lettino, accanto alla quale una scura ombra simile ad un grosso pipistrello, le faceva veglia. La sala era illuminata dalla fioca luce di alcuni candelabri sospesi magicamente sul soffitto in pietra, i quali conferivano una malinconica e romantica atmosfera. Madama Chips si era da poco ritirata nel suo ufficio, ammonendo per l’ennesima volta Severus di ritirarsi nelle sue stanze a coricarsi. Si era limitato ad un lieve cenno di assenso col capo, in segno che se ne sarebbe andato a momenti. “Cosa non darei per sapere che cosa stai sognando…”. Pensò Piton, mentre accarezzava la mano di Adelia, così fredda e immobile. “…i tuoi pensieri sono così distanti dai miei…perché ti sei chiusa, perché non mi vuoi parlare?”. Aveva tentato diverse volte ad usare la legilimanzia su di lei, ma non aveva funzionato. La sua mente era chiusa e impenetrabile. Pareva che si fosse rifugiata in un mondo sconosciuto, dalla quale non aveva intenzione di fare ritorno. Madama Chips continuava a sostenere che stesse ‘benone’, per via dell’ingannevole colorito rosato sulle guance. In effetti, aveva un respiro regolare anche se quasi impercettibile, e pareva essere semplicemente addormentata. Erano passati diversi giorni, e Adelia non dava alcun accenno del suo imminente risveglio. I morbidi lineamenti del suo viso erano distesi e rilassati, mentre le rosee labbra si trovavano semiaperte. Il petto si alzava e abbassava regolarmente, mentre l’amuleto che Severus le aveva regalato, aveva smesso di brillare. “Severus…”. Si sentì chiamare inaspettatamente. “…dovresti riposare.”. Suggerì il vecchio Mago, fissando il suo pallido volto sciupato dalla stanchezza accumulata per notti e notti. “Ancora no…”. Rispose con voce flebile. “…voglio starle accanto ancora per un po’.”. Silente entrò nella stanza, e si avvicinò. “Madama Chips veglierà su di lei, mentre Gazza e Mrs. Purr pattuglieranno la scuola per tutta la notte. Hagrid, si è offerto invece di controllare che nessuno di sospetto si avvicini al castello. Puoi fidarti…”. Insisté Silente, guardandolo compassionevole. “Non è per l’Oscuro Signore che temo…sento che Adelia si sta allontanando troppo…ha le mani più gelide di quando la sono andata a trovare ieri…”. “Non essere ridicolo!”. Lo ammonì all’istante. “Adelia è ancora qui con noi…”. Non poteva contare in pieno su quella affermazione, ma poiché alleviava le sue preoccupazioni, pensò bene di crederlo sulla parola. “…sta cercando di fondere la sua anima a quella del padre. Questo, certamente, richiede un po’ di tempo…e non possiamo fare altro che aspettare, Severus.”. Lo sguardo di Silente fu persuasivo abbastanza, da riuscir a convincere Severus in definitiva. Dopotutto, lui si era sempre fidato di Albus, per quale ragione li avrebbe mai mentito in una situazione del genere? Lo seguì a ruota, rivolgendo un ultimo sguardo alla sua bella addormentata, e uscì dalla stanza. Le luci si spensero tutte, e le tenebre regnarono finalmente sovrane.

 

 

Una scura ombra volava in quella notte fredda e tempestosa. Nere ali piumate sbattevano forti e decise, tagliando l’aria gelata. La creatura iniziò a vorticare sul tetto della torre più alta del castello, sfrecciando verso il bastione più basso. Aveva una destinazione precisa. All’improvviso si fermò, appollaiandosi sul davanzale di una finestra oscurata dalle tenebre, al cui interno vi scorse la candida figura di una fanciulla addormentata. Gli occhi neri, erano puntanti sul vetro appannato della finestra, esultanti di gioia. Aveva trovato ciò che cercava. Iniziò a picchiare il becco sul vetro, nel vano tentativo di farsi sentire, ma lei non si mosse. –CRA! CRA!- Cominciò a gracchiare il corvo, battendo ancora col becco sulla finestra. “Svegliati Adelia…svegliati…svegliati Angelo…”. Un sussurro cominciò a rimbombare sulle pareti. Tuttavia, nessuno riuscì a udire quelle parole, tranne Adelia. Come fossero state le parole di qualche incantesimo, Adelia iniziò a svegliarsi. A poco a poco, cominciò a sollevare le palpebre, drizzandosi lentamente tra le calde e confortevoli coperte del letto. Sgranò gli occhi, e con uno sguardo un po’ perso si guardò intorno nella stanza, nel tentativo di capire da dove provenisse quel sussurro sinistro che le era sembrato di udire. Il corvo insisté un’ultima volta, gracchiando. –CRA! CRA!- Adelia capì che quel verso, proveniva dalla finestra accanto al suo letto. La spalancò, e vi fece entrare la creatura che si appollaiò sul letto. “Cosa vuoi corvaccio!?”. Chiese la fanciulla, alquanto stupita dal comportamento strano della creatura. L’uccello si limitò a squadrarla, dopodiché volò sullo stipite della porta dell’infermeria, come per incitarla a seguirlo. “Ti devo seguire!?”. Domandò scettica. “Vieni con me…”. Disse il corvo. “…sei in pericolo Adelia…”. La ragazza si sedette sulla sponda del letto, e incrociò le mani come per imitare una bambina capricciosa. “Non verrò, finché non mi dirai chi sei e cosa vuoi da me!”. Sbottò Adelia. Il corvo la fissò, sbattendo le sue enormi ali e gracchiando nuovamente. “Vieni con me…seguimi…salvati!”. Insisté il corvo. “Non vengo!”. Ribatté lei. D’un tratto, la creatura spalancò le sue enormi ali nere, e scese in picchiata verso di lei. Fu un attimo di terrore, quando vide di sfuggita i suoi penetranti occhi neri scorrerle davanti alla faccia. Qualche attimo dopo, il corvo svolazzò tornandosene sullo stipite della porta. Adelia era rimasta illesa, ma si accorse di non avere più l’amuleto al collo. Infatti, il suo Sigillo dei Capricorni, pendeva dal grosso becco scuro del corvo. “Maledetto corvaccio! Ridammelo! E’ mio!”. Il corvo svolazzò fuori dall’infermeria, infilandosi nello spazioso corridoio che conduceva alle scale. Incurante di aver lasciato la finestra aperta, con la pioggia che grondava all’interno della stanza, lo seguì minacciosa brandendo la propria bacchetta. “Se non mi restituisci quel ciondolo, giuro che ti schianterò!”. Lo avvertì Adelia. Si sentiva decisamente più spavalda e irascibile del solito, come se il suo lato malvagio fosse appena stato risvegliato. Si addentrò nel corridoio, illuminato da alcune torce e qualche candelabro. Il corvo la stava aspettando, appollaiato comodamente su un architrave. Non appena lo vide, andò quasi su tutte le furie. “Voglio il mio amuleto!”. Lo minacciò ancora, ma il corvo non ne volle sapere. “Stupeficium!”. Urlò, ma l’incantesimo mancò la creatura, spezzando in pieno l’architrave. “Reparo!”. Si affrettò a dire, prima che le travi schiantate cadessero sul pavimento. Si guardò nuovamente in giro, nel tentativo di cercare quel maledetto corvo, quando scorse una scura figura che stava svolazzando giù per le scale. Adelia lo seguì di fretta, correndo a piedi scalzi sul freddo pavimento in pietra. Si pentì di non aver pensato di mettersi un paio di pantofole e una vestaglia addosso. In quel momento, vestiva solo un leggero pigiama bianco di cotone. Ma poco importava. Si precipitò giù per le scale, correndo veloce nel tentativo di agguantare quel maledetto corvo. Il cuore sembrava doverle esplodere nel petto, da quanto batteva forte. Quando il corvo si fermò, erano già arrivati al piano terra. –CRA! CRA!- Gracchiò ancora. Era appollaiato sulla cornice di un quadro. “Posso riavere quel ciondolo?”. Chiese Adelia, cercando di essere ‘gentile’. “Seguimi…”. Rispose il volatile. “Maledetto! Non riuscirai mai a convincermi ad uscire da questa scuola…”. Sbraitò Adelia. “…ho capito fin dall’inizio che volevi condurmi fuori dal castello! Beh, prenditi allora quel ciondolo e vattene…io non ti seguo…”. Rispose impassibile. Il corvo si limitò a fissarla per un momento, dopodiché lasciò cadere il ciondolo a terra. Si allontanò, e attese appollaiato su un’altra cornice che Adelia se lo riprendesse. A passo incerto si avvicinò cautamente al suo amuleto, e vi puntò la bacchetta. “Accio ciondolo!”. Questo iniziò ad avvicinarsi alla legittima padrona, ma non appena si trovò a pochi centimetri dalla sua mano, il corvo glielo portò via nuovamente. “Maledetto!”. Adelia si infuriò ancora di più. I suoi occhi brillavano come fuochi di smeraldo, avrebbe voluto dare fuoco a quella dannata bestia e vederla morire. ( è un po’ cattivella >.< !) “Seguimi…”. Ripeté il corvo. “…sei in pericolo Adelia…salvati…”. Ripeteva continuamente quelle parole, sembrava un disco registrato. Esitò qualche attimo a fissarla, dopodiché svolazzò fuori dalla fessura di una finestra e gracchiò ancora. L’immenso portone era socchiuso, il che era sorprendente! Dal momento che Gazza era molto scrupoloso, e non dimenticava mai di chiuderlo. Esitò qualche istante anche lei, sentendo il corvo che gracchiava sempre più lontano. “Devo riprendermi quel amuleto!”. Pensò decisa, e uscì nella notte buia e burrascosa.

 

 

Severus Piton si trovava steso sul letto, nella sua stanza. Ancora non si era cambiato i vestiti, ma era in procinto di farlo a momenti. Il sonno stava appesantendo le sue palpebre, che avevano cominciato ad abbassarsi sempre di più. Le lancette dell’orologio toccavano quasi le undici. Si alzò dal letto, e iniziò a sbottonarsi l’abito, quando un frastuono lo fece sobbalzare. Aveva sentito sbattere violentemente una porta, e poi una specie di starnazzo vagamente familiare alla voce dell’Infermiera del castello. “Oh Cielo! Oh per Merlino! Adelia non c’è!!! Adelia non c’è più!!!”. Ululava Madama Chips dai corridoi. “L’hanno portata via! Sono stati loro! Quelle carogne!!! I Mangiamorte! I Mangiamorte!”. Istantaneamente tirò su la manica sinistra della camicia, per scoprire il Marchio Nero. Con suo grande stupore, il marchio non si era mosso. Ciò significava che non potevano esser stati i Mangiamorte, e neanche Voldemort. Si affrettò ad abbottonarsi e uscì dalla sua stanza, andando incontro a Madama Chips che si disperava per i corridoi. “Oh Severus! E’ stata colpa mia!”. Ululò sconfortata, non appena si imbatté nel Professore di pozioni in corridoio. “Che cos’è successo?”. Chiese con fermezza. Non l’aveva mai vista così scossa e dispiaciuta. “…io…io mi sono addormentata, ma avrei dovuto vegliarla dal mio ufficio…sentivo un rumore e quando sono tornata …ho trovato il letto vuoto!”. Ritornò a piangere. “Poi? Cos’hai visto!?”. Insisté spazientito. “C’era la finestra aperta, e le due ante che sbattevano per il vento…il pavimento era tutto bagnato, ma…quando ho sentito il materasso del letto, quello era ancora caldo!”. Si nascose il viso tra le mani, come se avesse confessato chissà quale terribile peccato. “Sono stati loro! Quei maledetti mostri…”. Singhiozzò, portandosi nuovamente le mani davanti al viso. Davanti a quella scena pietosa non riuscì a provare alcuna compassione, la rabbia e lo sconforto rischiarono di prendere sopravvento, ma riuscì a moderarsi e prese in mano la situazione. “Hai controllato che non si sia gettata?”. Chiese con freddezza. Madama Chips sollevò lo sguardo, inumidito dalle lacrime. “Oh cielo no! Non ho visto nulla nel cortile…il suo corpicino non c’era...”. Balbettò. “Ho…ho controllato l’infermeria, e poi ho chiesto agli elfi domestici di setacciare le cucine e tutti i sotterranei…ma ancora non hanno visto nessuno…”. La sua voce si spense. “Vai a cercare Gazza, e digli di setacciare tutto il castello insieme agli elfi! Poi sveglia la McGranitt, Vitious e la Sprite: racconta loro quanto mi hai appena detto, e dì che io sono andato a riferire Hagrid della scomparsa di Adelia. Andrò a cercarla fuori dal castello.”. Madama Chips annuì nervosamente, si asciugò il viso con un lembo del vestito e si avviò a cercare Gazza. In un secondo momento, Piton cominciò ad avviarsi verso le scale. Una scia di piume nere giacevano sui gradini. A giudicare dalla grandezza, doveva trattarsi senza dubbio di un corvo reale. Ne raccolse una, e la esaminò attentamente, quando all’improvviso questa si polverizzò tra le sue mani. “Magia Oscura!”. Pensò preoccupato. Sfoderò immediatamente la bacchetta, e scese velocemente le scale. I suoi respiri, presto, si tramutarono in affanni. Le scale dei piani inferiori erano tempestati da piume nere, e questo non lo rassicurava di certo. Avanzò finché non si ritrovò dinanzi all’immenso portone dell’ingresso, che ora si trovava leggermente semiaperto. Adelia era uscita dal castello, poteva sentirlo…quale terribile sortilegio l’aveva costretta a fuggire? Non c’era tempo per chiederselo, attraversò il portone e si diresse verso la capanna di Hagrid.

 

 

La pioggia aveva cominciato a farsi sempre più impetuosa. Adelia era infreddolita e fradicia da capo a piedi. Non aveva neanche fatto caso a quanto si fosse allontanata da Hogwarts. A giudicare dalla direzione verso cui il corvo la stava portando, si stavano dirigendo presso Hogsmeade, attraversando un vecchio sentiero ormai in disuso da tempo. Un vento gelido si era levato tra gli alberi circostanti al paesaggio, sbuffando addosso al candido volto della fanciulla, scostandole i capelli bagnati dal viso. Il freddo aveva iniziato ad aumentare. “Fermati corvo! Restituiscimi il ciondolo!”. Sbraitò lei, infuriata come non mai. Invano, il corvo continuava a gracchiare in sua risposta, vorticando sulla sua testa per esortarla a seguirlo ogni qual volta indugiava sul cammino. Adelia proseguì a stento per qualche metro ancora, finché non scivolò sul terreno fangoso, centrando in pieno una pozzanghera. Un sonoro –SPLASH!- fece esitare un momento la sua guida, che si precipitò verso la fanciulla, col ciondolo serrato nel becco. Lei si alzò a fatica, piuttosto stordita e confusa, forse più per il freddo che per la rovinosa caduta. Il corvo gracchiò ancora, e svolazzò al riparo sotto un immenso abete che si trovava a lato del sentiero che stavano seguendo. Adelia si mise a carponi, cercando di aiutarsi a rialzarsi facendo perno sulle ginocchia, ma riuscì solo a raddrizzarsi con molta fatica. Solo in quel momento, constatò di quanto fosse stata avventata la scelta di lasciare il castello in piena notte. Non era al pieno delle sue forze, e questa era probabilmente la conseguenza della sua lunga permanenza a letto e per il lungo digiuno. Riuscì a rialzarsi, reggendosi sulle gambe ormai troppo indebolite dall’inseguire quella misteriosa creatura, e si trascinò al riparo sotto il frondoso abete dove si era riparato anche il corvo. Si adagiò con la schiena poggiata al tronco dell’albero, e con un colpo di bacchetta si asciugò i vestiti che fino a qualche momento fa erano stati infradiciati dalla pioggia e dal fango. Ma come le era saltato in testa di uscire dal castello per inseguire uno stupido corvo? Pensava tra sé e sé. Non capiva che cosa l’avesse spinta ad arrivare fin lì. Dopotutto, era solo un ciondolo…avrebbe potuto chiedere ad Hagrid di cercare il corvo per lei, e di riprenderle ciò che era suo. Sarebbe stata la soluzione più intelligente, ma non era così…non era questione di scegliere la soluzione più ‘intelligente’ e ‘logica’. Era stato come un folle richiamo dal profondo del cuore, qualcosa di forte che non poteva né prevedere né fermare. Aveva percepito qualcosa di nuovo, di diverso…di strano. Era come se una nuova fiamma ardesse nei suoi occhi dello smeraldo, un fiamma così viva che non si sarebbe mai spenta…una fiamma così calda e sicura di sé. Cercò di rammentare le sue memorie prima del suo mancamento, ma i ricordi erano così spezzati e offuscati che era impossibile ricordare che cosa le fosse successo. Che avesse bevuto chissà quale miracoloso infuso quel giorno? Eppure, si era risvegliata nell’infermeria. Ciò non doveva forse dimostrare che le fosse capitato qualcosa di brutto? Aveva certamente bisogno di risposte, e in quel momento pensò a lui. Severus Piton. “Lui avrà sicuramente le risposte che sto cercando!”. Bisbigliò tra sé e sé, mentre poggiava la fronte del capo sulle ginocchia. “Ti sbagli!”. Venne interrotta da una voce. La fanciulla risollevò subito il capo, e si guardò intorno. “Severus Piton non ha le risposte che stai cercando, giovane Angelo…”. Riprese ancora a parlare la stessa voce. “Chi sei?”. Sbraitò lei spaventata. Improvvisamente, un’ombra si mosse da dietro a lei, veloce e furtiva. “Chi sei!!?”. Ripeté ancora. “Segui il corvo, lui ti mostrerà la strada per le risposte che stai cercando…segui il corvo…”. Qualche attimo dopo l’ombra e la voce svanirono nelle tenebre, e Adelia rimase nuovamente sola, nel silenzio. Il tempo si era appena placato, il vento e la pioggia erano cessati. Era il momento migliore per proseguire. “Tu!”. Disse Adelia, indicando il corvo appollaiato su uno dei rami dell’abete. “Mostrami la strada per arrivare a questo posto! Voglio le risposte che sto cercando…”. Il corvo gracchiò in sua risposta, poco dopo svolazzò alto in cielo e aspettò che la fanciulla lo seguisse.

 

 

Avvolto nel suo mantello nero, Severus si ritrovò poco dopo a bussare con una certa insistenza, alla porta della capanna di Hagrid. “Eccomi!”. Rispose il mezzogigante dall’altra parte. Quando spalancò la porta, fu piuttosto sorpreso di ritrovarsi dinanzi al Professore di pozioni, semplicemente perché non era solito ricevere sue visite. Era rimasto abituato a ricevere Silente o Harry con i suoi amici, ma Severus rappresentava qualcosa che andava decisamente fuori dall’ordinario. Si presentava occasionalmente, e il più delle volte per portare brutte notizie. “Severus? Prego…entra…entra…”. Assentì con tono incerto, sperando per l’ennesima volta che quella visita non fosse legata a qualche fatto spiacevole. Suo malgrado non fu così. “Adelia è scomparsa…”. Cominciò Severus, evidentemente sconvolto seppure cercasse di contenersi. Hagrid rimase immobile come una statua. “Madama Chips ha trovato il suo letto vuoto e sembra che nel castello non ci sia, anche se la stanno cercando…”. Sollevò lo sguardo, e solo allora si lasciò penetrare da quei profondi pozzi neri. “…dobbiamo trovarla Hagrid…”. Non c’era alcun sentimento nella sua voce. Né disperazione né rammarico, era freddosolo freddo, e vuoto. “B-beh…sì…ora andiamo! Lascia…lasciami solo prendere una cosa…”. Rispose dubbioso il guardiacaccia, ormai anche lui scosso dalla spiacevole notizia. Si affrettò a trafugare tra alcune cianfrusaglie in cerca di ‘qualcosa’ di utile, finché non afferrò un piccola gabbietta per roditori. Severus trascurava cosa vi si nascondesse all’interno, ma viste le dimensioni della gabbia doveva trattarsi di qualcosa di piccolo…e di insignificante. Non vi prestò molta attenzione, e non si azzardò a far domande. Hagrid finì di infilarsi un vecchio cappotto verde fango e presa anche la sua bacchetta-ombrello, si affrettò a raggiungere Severus sotto la pioggia incessante. Avanzarono di qualche centinaio di metri attraversando il terreno morbido e fangoso, dirigendosi verso la Foresta che Hagrid conosceva quanto le sue tasche. Possibile che Severus avesse già idea di dove fosse? Hagrid decise di spiccicare parola, e di suggerire qualche ipotesi. “Con questo tempaccio non dovrebbe essersene andata molto lontano…”. Iniziò, cercando di farsi prestare attenzione. “…non credo sia stata così avventata da intrufolarsi nella Foresta, può darsi che si sia diretta verso il Lago Nero…”. Suggerì, ma Piton lo interruppe bruscamente. “So dov’è andata. Si sta dirigendo verso Hogsmeade, dobbiamo seguire le tracce che ha lasciato…”. Disse, indicando una scia di piume nere che si confondevano tra l’erba bagnata e il fango. “Come fai ad esserne certo?”. Lo provocò. “Adelia non è stata rapita…ma ‘qualcosa’ deve averla portata fuori dal castello, e questo ‘qualcosa’ non ha delle buone intenzioni su di lei…dobbiamo allungare il passo, e trovarla…prima che sia troppo tardi.”. Aveva inteso perfettamente…si trattava di una lotta contro il tempo. E se la provvidenza fosse stata dalla loro parte, forse, sarebbero riusciti a salvarla da un’imminente minaccia.

 

 

Il corvo l’aveva guidata fino alle rive di una sorgente d’acqua, limpida e cristallina, nel mezzo di una radura. Il paesaggio era cambiato, sebbene poco prima fosse stato brullo e inospitale, ora era l’esatto contrario. Chissà in quale angolo incantato l’aveva portata? Fino a qualche momento prima, dal fitto bosco era riuscita ad intravedere i tetti di alcune case, probabilmente del villaggio di Hogsmeade. Non doveva poi essere così distante da lì. “Hogsmeade…”. Pensava tra sé e sé, mentre rimembrava quel giorno in cui Severus le fece pegno del suo grande affetto, con quel ciondolo che ora finalmente stringeva tra le mani. Il corvo l’aveva lasciato cadere qualche istante prima di sparire, lasciandola sola in quel luogo tranquillo e spaventoso. Adelia si sedette su un cumulo di cocci e pietre, poco distante dalle rive del lago. “L’unica persona che abbia dimostrato dei meri riguardi nei miei confronti…Severus…”. Pensava, mentre a sua insaputa una tetra e minacciosa ombra si stava avvicinando a lei. “…se potessi cambiare il mio destino come in una favola…vorrei vivere per sempre felice e contenta insieme a te…”. Sussurrò, mentre si legava il ciondolo al collo. Ora risplendeva ancora della sua cerulea luminescenza. “Adelia…”. Una voce spettrale la riportò alla realtà. Si alzò in piedi agitata, brandendo la bacchetta in sua difesa. “Chi è là?”. Chiese spaventata. “…non avere paura di me…non temere le Tenebre Adelia…”. Proseguì la stessa voce. “…tu appartieni alle Tenebre, mia dolce e angelica fanciulla…”. Adelia si guardò intorno, finché non scorse l’ombra che si stava approssimando a lei. “Rivelati! Chi sei?”. Sbraitò lei. L’ombra si smaterializzò all’istante. La situazione non le piacque per niente, dal momento che la metteva parecchio in soggezione, facendola sentire indifesa quanto un agnello in un bosco. All’improvviso l’ombra ricomparve dietro a lei, senza che potesse evocare qualche incantesimo in sua difesa, l’ombra recitò l’incantesimo di disarmo. –Expelliarmus!- La bacchetta di Adelia venne scaraventata via, e cadde nella sorgente. “Non avrai bisogno della bacchetta, non ti preoccupare.”. Adelia si voltò, e scorse uno sguardo di ghiaccio. Due sfere opache, che parevano due opali. “Chi sei tu?”. Chiese ancora, speranzosa in una risposta. L’ombra le si avvicinò diventando sempre più nitida, lasciando trasparire il suo mefistofelico volto e una lunga chioma corvina. La sua figura era nel complesso regale e fascinosa, ma allo stesso tempo anche inquietante e misteriosa. Era un uomo avvolto in un setoso mantello nero, mentre la trama dei suoi vestiti lasciava ricordare i colori della coltre notturna. “Io sono l’essenza delle Tenebre…”. Prese a parlare. “…sono un Signore della Notte…io sono Il Corvo.”. Adelia lo osservò, con curiosità mista a disappunto. “Chi ti ha mandato?”. Chiese, ora tutt’altro che spaventata. “Tuo padre…mi ha chiesto di farli un ultimo favore.”. ‘Padre’? Questa parola ancora le suonava così strana. Aveva effettivamente un padre, ma aveva bisogno di certezze…di risposte. “Tu conoscevi mio padre?”. Chiese, ma questo ghignò semplicemente e scomparve. La fanciulla si guardò intorno nella cieca speranza di trovarlo, ma era circondata dal nulla. Si era smaterializzato. “Avevi detto che mi avresti dato delle risposte!”. Lo provocò “Avevi detto che mi avresti aiutata! Allora!? Cosa aspetti a farlo?”. Urlò, rivolgendosi alla sorgente, convinta che lui vi si nascondesse dentro. Qualche attimo dopo, Il Corvo ricomparve in sembianze umane dall’altra parte del lago, seduto su un grosso masso di pietra. “Sarò pronto a darti tutte le risposte che vorrai, dolce fanciulla…ma in cambio, voglio un sacrificio.”. Disse, quasi in tono beffardo senza degnarla di uno sguardo. “Un sacrificio?”. Ripeté lei sconvolta. “Dimostrami di essere pronta alla Morte per quello che desideri…e io prometto che ti darò tutto ciò che vorrai…”. Non aveva altra scelta che accettare. Annuì debolmente col capo. “Cosa devo fare?”. Chiese decisa. Il Corvo si alzò al masso, e cominciò ad avvicinarsi alle rive del lago. Per qualche attimo, Adelia aveva pensato che si sarebbe immerso, ma non fu poi tanto stupita qualche attimo dopo di vederlo camminare sull’acqua, come se stesse semplicemente attraversando un pavimento di cristallo. Si fermò al centro della sorgente, e tese una mano verso di lei. “Vieni da me…”. Ordinò. In un primo momento, si era sentita contrariata all’idea di dover entrare in acqua, ma subito dopo quel folle richiamo che l’aveva spinta ad uscire dal castello, si fece più forte e si sentì mossa dal desiderio di raggiungerlo. Si incamminò verso le sponde del lago, e senza esitazione, vi si immerse fino a scomparire. “Oh Angelo!”. Iniziò a recitare Il Corvo, spalancando le braccia verso il cielo. “Eclissati nel tuo sonno eterno! Non redimere la tua coscienza, ma questo corpo immacolato e in fin di vita…lascia che ti siano conferite le nere ali della dannazione e il potere di castigare coloro che non meritano di vivere. Tenebra e dannazione saranno tue testimoni, che il sacrificio si compia!”. Una macchia nera iniziò a distendersi su tutta la sorgente. Adelia riemerse dall’acqua in fin di vita, sollevata in volo da due possenti ali nere. Il Corvo era dinanzi a lei. “Mi hai chiesto delle risposte…e lei avrai.”. Disse, posandole una mano sulla fronte. “Ricorda il dolore Adelia, ricorda ciò che ti è stato tolto, ricorda la tua dannazione!”. Così come recitò quelle parole, Adelia iniziò a strepitare dal dolore. Il marchio aveva iniziato ad ardere sulla pelle e sulla carne, provocandole un dolore acutissimo tanto da farla ridestare dallo stato di incoscienza. Reminescenze ripercorrevano i fili dei suoi pensieri, così caotici e tormentati, talvolta angoscianti e funesti. “Queste sono le risposte che cercavi…”. Si sentì travolgere da un’ondata di memorie. L’Odio profondo si irradiò dal suo cuore fino nella sua mente, e voci che si erano assopite da tempo si risvegliarono lamentose. “La paura è una grande debolezza, Signorina Blackford. E le assicuro, che per farglielo capire, sarei disposto a farle patire le pene dell’Inferno…”. Riconobbe quella voce, ormai dimenticata da tempo. Era Severus. No, non voleva ricordare una cosa simile, non voleva. “La vita non è normale, e non esiste clemenza per nessuno, neanche per una fanciulla graziosa come lei. E noi dobbiamo vivere soffrendo per le persone care che ci sono state tolte! Il destino è crudele e spietato, pronto a spingerci tra le braccia della Morte in qualsiasi momento.”. Altre parole, affilate come coltelli. “I sentimenti sono solo debolezza.”. Adelia iniziò a piangere. “Ti prego, BASTA! FALLO SMETTERE! FALLO SMETTERE!”. Si strappò il ciondolo dal collo, e lo gettò lontano. Il Corvo tolse la mano dalla sua fronte, e la lasciò libera. La fanciulla cadde rovinosamente sulla sponda rocciosa della sorgente, perdendo i sensi. “Angelo! Io la mia parte l’ho fatta, ora spetta a te vincere l’Odio che hai dentro di te e vendicare il tuo destino…addio Adelia…addio per sempre.”. Il Corvo si ritrasformò nella sua forma originale, e volò lontano immedesimandosi nelle tenebre. Non l’avrebbe mai più rivisto. Le ali iniziarono a scomparire, lasciando il suo corpo illeso e privo di vita. Il suo destino era molto vicino, e presto la profezia si sarebbe avverata.

 

 

Nel contempo, Severus e Hagrid erano molto vicini al luogo in cui si trovava Adelia. “Ho visto una luce provenire da questo luogo…eppure, non c’è niente.”. Ripeté Hagrid, ormai affaticato dal lungo camminare e dal sonno. Stavano cercando Adelia da ore, ma di lei non si era vista neanche l’ombra. “Salvio Hexia.”. Sussurrò Severus ad un certo punto. “Ehm?”. Bofonchiò Hagrid. “Si tratta di un incantesimo capace di occultare una zona, rendendo impossibile vedere o sentire quello che accade all’interno di essa. E’ probabile che questo posto sia sotto l’effetto di quel incantesimo…”. Il mezzogigante annuì dubbioso col capo, dopotutto era ancora stordito dal sonno e non era al massimo della sua lucidità. Piton puntò la bacchetta contro il tronco di un albero, e recitò il controincantesimo. Improvvisamente il paesaggio iniziò a mutare, rivelando un’aperta radura centrata da una sorgente d’acqua. “Andiamo.”. Lo esortò Piton. Il terreno era cosparso di piume nere, il che dimostrava che dovevano essere ormai prossimi alla meta. Si avvicinarono alla sorgente, e la trovarono. Hagrid sobbalzò dallo spavento, nel vederla distesa tra le rocce in fin di vita. Che cosa le era successo? Seppure il suo corpo fosse illeso, era ricoperto di quelle piume nere che da sempre avevano seguito. Quale abominevole creatura avrebbe mai potuto farle del male? Almeno non erano stati i Mangiamorte, ma questo non doveva significare che potevano stare tranquilli, dal momento che si poteva ipotizzare un’altra minaccia. Severus si precipitò all’istante da lei, coprendola col lungo mantello e raccogliendo il suo fragile corpo tra le braccia. La maneggiava come se fosse stata una bambola di porcellana. Il pigiama era ancora umido. Non doveva aver avuto parecchia fortuna quella notte, dal momento che aveva piovuto tanto e il tempo si era dimostrato parecchio ostile. Il volto di Adelia era pallido come il gesso. Le guance e le labbra avevano perso il loro tipico color rosato, mentre due nuovi aloni violacei contornavano gli occhi della fanciulla. Da quando l’aveva lasciata in infermeria quella notte, aveva peggiorato il suo aspetto e di certo non sarebbe migliorata presto. Tuttavia, il petto continuava ad alzarsi e abbassarsi a intervalli regolari, e ciò dimostrava che stava semplicemente dormendo. La sollevò in braccio, e infine si rivolse ad Hagrid. “Ho intenzione di smaterializzarmi per portala a Hogwarts. Pensi di farcela a ritrovare la strada?”. Chiese malinconico, ma Hagrid rimase lo stesso indignato. “Mi hai preso per un rincitrullito forse? Conosco questi sentieri quanto le mie tasche! Vai Severus, portala al castello.”. Disse fiero di sé, mentre questo scomparve nel vuoto insieme alla fanciulla. Il mezzogigante decise di sostare per un po’, giusto il tempo per riposare le gambe ancora affaticate per il cammino. Sarebbe ripartito non appena se la sarebbe sentita, ma di certo non subito. Si guardò un po’ intorno, e scorse le lontane luci dell’alba che avevano iniziato a dipingere di rosso l’orizzonte. Era stata una nottataccia, ma almeno era passata. Mentre ammirava le luci dell’alba, una curiosa luminescenza cerulea catturò il suo sguardo. Dall’altra parte del lago, c’era un ‘qualcosa’ di piccolo che aveva preso a luccicare. Si alzò e si avvicinò a quel punto, e raccolse un ciondolo. Era d’argento e sul medaglione vi era incastonata una pietra d’onice. Quando lo toccò, smise immediatamente di brillare. Dove poteva aver visto una cosa del genere? Una vaga idea ce l’aveva. Mise il ciondolo nella bisaccia e iniziò a mettersi in strada fischiettando un’allegra melodia.

 

 

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Persefone Fuxia Ti ringrazio ancora immensamente per le correzioni^^. Ho provveduto già tempo prima a modificare, cancellare e correggere le parti da te segnalate, quindi rinnovo i ringraziamenti per il tuo costante aiuto. Mi è dispiaciuto tantissimo non aver potuto aggiornare subito la storia, e aver dovuto farti attenere per quasi più di un mese! Oddei, vorrei scusarmi di persona sinceramente, visto che sei stata una delle mie più fedeli lettrici fino a questo momento T.T *si commuove* Ma ora che finalmente è iniziata l’estate, posso recuperare il tempo perso, quindi sono abbastanza ottimista^^. Comunque, tornando alla trama del precedente capitolo…anche a me ha fatto tornare in mente la classica scena di Star Wars, in cui Dart Fener svela a Luke Skywalker di essere il suo vero padre, che scena *-* ! Tuttavia, non mi sono esplicitamente ispirata a Star Wars per quella scena, sebbene da anni ne sia appassionata^^! Lo consideravo un tassello fondamentale nella storia, un colpo di scena più che altro…volevo creare una certa enfasi che avesse un nesso col litigio tra Adelia e Ron, il duro rimprovero di Piton e il misterioso ragazzo con la maschera da gatto…tutto questo per concludere il capitolo nel mistero. In quanto a Batuffolo, puoi star sicura che starà benone finché Hagrid se ne prenderà cura^^. Grazie per la recensione! Alla prossima.

 

alida Sei curiosa come sempre^^. Spero che il nuovo capitolo ti abbia rivelato ciò che speravi di sapere, ma ricorda che sei hai dubbi o domande da fare, non devi esitare a chiedere^^. Grazie infinite per la recensione! Non riuscirò mai a scusarmi abbastanza per il tempo che ti ho fatto aspettare, ma spero di poter rimediare ^^’. Alla prossima!

 

Mi sono resa conto che ci sono più persone da ringraziare, anche quelle che leggono la storia senza recensire e anche semplici visitatori che leggono la storia pur non essendo iscritti a EFP^^. Grazie a tutti voi! Ringrazio anche Rita, una mia compagna di classe che ha sempre seguito con emozione questa storia e ha sempre insistito per il seguito^^. Inoltre, ringrazio le seguenti persone che hanno aggiunto la storia tra i preferiti e la seguono non appena possono: alida, dedy94, Dogma, LaBabi, PAMPAM, Persefone Fuxia e MEISSA_S. Grazie infinite!

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Capitolo 12
*** Capitolo XII - Sangue chiama altro sangue ***


Scusate a tutti per l’immensa attesa! ^^’’’ So già di aspettarmi imprecazioni e bastonate da parte dei vecchi lettori, che con emozione, avevano seguito ogni capitolo della mia storia. Avevo deciso di sospenderla, perché ho avuto un profondo calo di ispirazione, dalla quale sono riuscita a riprendermi solo ora. Spero solo di aver fatto un buon lavoro con questo capitolo e, senza promettervi nulla, mi auguro di finire questa entusiasmante storia per me e per voi. Buona lettura! ;)

 

Sangue chiama altro sangue

 

La pioggia incessante nella nottata precedente aveva ripulito il cielo, ora più limpido che mai. Un freddo gelido infestava le strade del piccolo villaggio di Hogsmeade. Non vi era ancora anima viva in strada; le taverne e i negozi erano ancora tutti chiusi. Forse, era arrivato troppo presto, dopotutto chi avrebbe mai aperto bottega alle cinque di mattina? Raggiunse la fine di High Street e si fermò su una panchina, davanti alla bottega di MondoMago. Le luci dell’alba si stavano alzando, e ormai avevano incendiato il cielo di un meraviglioso rosso cardinale che sfumava fino al blu. Iniziò a godersi lo spettacolo, quando si rese conto di aver trascurato un particolare. Serrava ancora tra le mani la piccola gabbietta che si era portato con sé. La aprì, e il cigolio del chiavistello fece svegliare la creatura al suo interno. “Vieni a goderti anche tu questo spettacolo, piccolino.”. Disse con premura il mezzogigante, tendendo la sua manona verso la gabbietta per farvi salir sopra la buffa palla di pelo. Non appena Batuffolo salì sulla mano di Hagrid, egli se lo posò sulla spalla, in modo che potesse contemplare al meglio il paesaggio. “Non è meraviglioso?”. Sussurrò con voce malinconica. Levò un profondo sospiro, dopodiché la creatura prese a lamentarsi, quasi come se stesse piangendo. “Suvvia Batuffolo! Presto rivedrai la tua padrona, ti do la mia parola!”. Lo rassicurò. “Prometto che presto la rivedrai, non appena si rimetterà.”. Aggiunse. La creatura interruppe improvvisamente la sua nenia, e si tuffò in una delle tasche del suo cappotto. “Ma che hai!?”. Senza rendersene conto, da un po’ di tempo qualcuno gli stava osservando. “Hagrid?”. Il mezzogigante sollevò lo sguardo. Era Madama Rosmerta. “Cosa ci fai qui a quest’ora?”. “Uhm…io…è una storia lunga.”. Farfugliò Hagrid, alquanto colto alla sprovvista. La locandiera lo accolse nel suo pub, ai Tre Manici di Scopa, e lo fece accomodare ad un tavolo davanti ad una tazza di cioccolata fumante. “Allora…”. Cominciò lei. “…come mai ti aggiri a Hogsmeade a quest’ora?”. “Ehm…ecco io…io dovevo aiutare Piton a cercare qualcosa…e sono stato fuori tutta la notte.”. Borbottò. “Ma per la bacchetta di Merlino! E’ una fortuna che tu non ti sia buscato qualcosa a star là fuori per tutto questo tempo! E dimmi, che cosa stavi cercando là fuori al buio, insieme a Piton?”. Chiese sempre più curiosa. “Ehm…non so se ne posso parlare. Vedi, sono affari che riguardano solo Hogwarts e quindi…non posso dire niente.”. Disse, mentre avvicinava alla bocca la tazza di cioccolata calda. “Non hai bisogno di scusarti Hagrid. Piuttosto, avete trovato quel che stavate cercando?”. “Sì sì…”. Sorseggiò di nuovo. “…ma sono rimasto qui perché…”. Frugò dentro alla bisaccia. “…ho trovato questo.”. Mostrò il ciondolo argentato. “Ma è meraviglioso! Un vero capolavoro di oreficeria!”. Disse la locandiera con aria attratta da quel ciondolo. “Ma Hagrid…dove l’hai trovato?”. Chiese ancora più incuriosita, mentre gli occhi luccicanti tenevano sott’occhio l’enorme pietra d’onice incastonata nel metallo. “Nel bosco…credo che sia caduto a qualcuno.”. “A qualcuno?”. Borbottò dubbiosa la locandiera, ma Hagrid si limitò a non aggiungere altro. “Probabilmente appartiene ad una ragazza…sai, a giudicare dalla larghezza della catena, solo una ragazza potrebbe portarlo al collo.”. –Adelia!?- gli balenò in mente il pensiero della fanciulla. Che fosse suo? Riprese il ciondolo e lo nascose in tasca, senza accorgersi di aver urtato involontariamente Batuffolo. La creatura emise un lieve lamento. “Oh per la barba di merlino!”. Si rimproverò, estraendo Batuffolo dalla tasca. La piccola palla di pelo iniziò a rotolare e a gonfiarsi sul tavolo, quasi come se stesse tentando di alleviare il dolore in quel modo. “Se mi dicevi che avevi ospiti, portavo una tazza di cioccolata anche per lui!”. Sorrise Madama Rosmerta. “Della carta andrà benissimo.”. Rispose Hagrid e poco dopo fu servito anche Batuffolo.

 

***

 

I primi raggi dell’alba avevano iniziato a tingere le finestre di un vivace giallo paglierino. Adelia si sentiva avvolta in un piacevole tepore. Non provò neanche a spalancare gli occhi. Pian piano iniziò a muovere le dita e poi a spostare una mano. Aveva riconosciuto la coperta in flanella dell’infermeria. Spalancò le palpebre e si guardò attorno. La stanza era vuota. Si alzò e drizzò il busto, ma si sentì quasi subito barcollare e si stese di nuovo. Continuò a guardarsi attorno, quasi come se volesse a tutti i costi esaminare la stanza nella quale si trovava. “Manca qualcosa…”. Pensò tra sé e sé. Provò un certo senso di vuoto nostalgico per quella ‘scura ombra’ che in tutti quei mesi le aveva dato un certo senso di protezione. Severus Piton. Dapprima un insegnante con un carattere detestabile e poi, la persona più affidabile e gentile che potesse mai incontrare. “Gentile?”. Rimuginò meglio. “Affidabile?”. Pensò ancora più scettica. A colmare quel vuoto nostalgico si insediò un sentimento di rabbia e rancore che serbava nei confronti di quella persona. Qualcosa la stava mettendo in guardia, come una sorta di campanello d’allarme. Provò ad alzarsi di nuovo, ma nuovamente un capogiro la prese di sopravvento. Si alzò in piedi lo stesso e provò a fare qualche passo. Raggiunse uno specchio, posto all’angolo della sala e si osservò. I lunghi capelli corvini erano sciolti lungo le spalle e il volto aveva un aspetto emaciato, così come il resto del suo corpo. “Ma che diavolo è successo?”. Iniziò a perlustrare la stanza, finché qualcuno non aprì la porta. “Oh Santo Cielo!”. Sbiascicò l’infermiera. “Adelia! Oh ringrazio il cielo che tu ti sia risvegliata!”. In meno in un secondo due braccia possenti la stavano stritolando. Non riuscì a pronunciare una parola, se non qualche lamento. “V-va be-ne!”. Balbettò. Madama Chips allentò la presa e l’accompagnò molto premurosamente a letto. “Quanto sei pallida!”. Disse la donna, dopo averla squadrata. “Ma so già cosa ti rimetterà in sesto: una bella tazza di cioccolata calda!”. Le rimboccò le coperte e la invitò a riposarsi ancora. –Eeeciùùùùùù!- starnutì. “Mi sa che ti sei anche buscata qualcosa! Vado ad avvisare Piton di preparare la pozione pepata per te. Sarò qui molto presto! Cerca di non fare sforzi eccessivi.”. Si raccomandò molto sollecitamente con lei. Poco dopo, uscì dalla stanza, lasciandola nuovamente sola. Provò di nuovo ad alzarsi, ma un forte capogiro la colse di sopravvento e si vide costretta a giacere in quel letto fino al ritorno di Madama Chips. Si guardò intorno. Su una poltrona, erano stati accuratamente riposti i suoi vestiti. All’angolo lo specchio rifletteva i caldi raggi mattutini e accanto ad esso vi era una modesta libreria, nella quale erano riposti libri di cure magiche. Di sorpresa avvertì una profonda fitta sulla fronte, che si irradiò fino alle tempie e si sentì quasi come se stesse per esplodere. Si sentì travolgere da un’ondata di caotici ricordi e da una voce, in particolare, che continuava a rimbombarle nella testa, tra un pensiero e l’altro. La voce le era molto familiare. -La vita non è normale, e non esiste clemenza per nessuno, neanche per una fanciulla graziosa come lei.-. E quella voce proseguì ancora. -E noi dobbiamo vivere soffrendo per le persone care che ci sono state tolte! Il destino è crudele e spietato, pronto a spingerci tra le braccia della Morte in qualsiasi momento.-. “Ti prego…basta…smettila…”. Si coprì le orecchie, convinta che quelle voci provenissero dall’esterno. -La sua è solo debolezza, Signorina Blackford.-. “Ti prego, smettila!”. Poco dopo, la voce regredì nuovamente nel silenzio. Madama Chips tornò da lei, mentre reggeva una grossa tazza di cioccolata fumante. “Va tutto bene Adelia? Mi sembri sconvolta…”. Disse l’infermiera. “Non è niente…”. Rispose lei con gentilezza. “…è solo mal di testa.”. Si giustificò. “Mia cara, devi aver preso freddo la notte scorsa! Comunque, ti ho aggiunto direttamente la pozione pepata nella cioccolata.”. Dopodiché le posò affianco, sul comodino, la tazza fumante. “Per quanto tempo ho dormito?”. Domandò d’un tratto curiosa. “Ecco…hai dormito per sette giorni.”. “Così tanto!?”. Chiese sbigottita. “Alla festa, hai avuto un mancamento e ti abbiamo portata qui, nella speranza che ti riprendessi. Silente e il Professor Piton si sono dati molto da fare per te.”. Nel sentire quel nome, avvertì un’altra lieve fitta alla testa, allora si affrettò a bere la sua cioccolata calda. “E’ stato un sollievo che tu ti sia risvegliata, anche perché fra cinque giorni dovrai riprendere le tue lezioni.”. “Per caso, Silente c’è?.”. Domandò, dopo aver terminato la sua tazza. “Oh no, al momento è uscito per svolgere qualche faccenda per conto del Ministero. Non tornerà prima di una settimana, così ha detto.”. Adelia fu amareggiata della notizia, poiché aveva intenzione di parlargli, per chiedere circa quanto successo in quei giorni. Non era un’ingenua e aveva capito che Madama Chips le stava evidentemente nascondendo qualcosa, ma al momento, era il caso che si riprendesse da quel terribile mal di testa. Si stese nuovamente e chiuse di nuovo gli occhi.

 

 

In mattinata, quando era immersa nella lettura di un vecchio tomo di alchimia, il suo Professore di Pozioni venne a farle visita. “Adelia.”. La chiamò per attirare la sua attenzione. Aveva un’espressione visibilmente soddisfatta nel averla ritrovata sveglia, anche se per lei non fu lo stesso. Ritrovarlo fu per lei una seccatura. Tuttavia, se doveva provare a motivare la sua riluttanza nei confronti di Piton, non sarebbe stata in grado di trovare una risposta precisa. “Perché è venuto a trovarmi?”. Chiese d’un tratto, dopo che Severus si mise a sedere su una sedia affianco al suo letto. “E’ naturale che sia venuto a vedere come stavi, ho vegliato su di te in tutto questo tempo. Madama Chips ha detto che hai un po’ di febbre…”. Tese la mano per toccarle la fronte, ma Adelia la respinse con uno schiaffo. Madama Chips rimase sbigottita. “Non mi tocchi!”. Disse lei, freddamente. “Non mi creda tanto sciocca o debole di mente! Ricordo perfettamente quello che accadde la sera del ballo. Ricordo, inoltre, tutte le volte che ha puntato contro di me la sua bacchetta…lei è meschino e cinico!”. Nel rivolgersi in quella maniera, Severus osservò un’espressione innaturale ridipingersi tra i delicati lineamenti del viso della ragazza. Non l’aveva mai vista così turbata  e mai si sarebbe aspettato una risposta del genere da parte sua. Dall’inizio, aveva potuto osservare in lei un carattere sottomesso e gentile, ma ora…era tutto l’opposto di ciò. La situazione era diventata piuttosto imbarazzante, dal momento che si ritrovò accusato sotto agli occhi dell’infermiera. Avrebbe voluto chiederle scusa, ma in quel momento, la sua dignità ebbe una valenza maggiore. “L’ho fatto per il tuo bene…volevo insegnarti a proteggerti.”. “Il mio bene!?”. Sbottò con sdegno. “Non mi meraviglierei, a giudicare dai suoi modi, che lei fosse un seguace dell’Oscuro!”. Lacrime iniziarono a rigare il suo candido volto e le gote rosate, ma proseguì con ostinazione. “Che cosa ne sa lei del mio bene!? Non si è mai interessato a me!”. “Ti sbagli.”. Obbiettò con fermezza. “Dal momento in cui mi sei stata affidata in custodia, ho cercato di fare il possibile per te…”. “Già…come se fosse stato sempre presente nel momento del bisogno…”. In quel momento, Adelia si sorprese della naturalezza della sue parole. I suoi sentimenti, erano più veri che mai. “…è solo colpa sua se ora mi ritrovo qua! E scommetto che non ha fatto nulla per evitarlo.”. A quel punto, l’insegnante di pozioni si alzò spazientito dalla sedia. “Accusarmi per mascherare la tua incompetenza non ti sarà di alcun conforto.”. Dopodiché fece per andarsene. “Lei è un vigliacco!”. A quella parola, Piton strinse i pugni dalla rabbia e si voltò nuovamente verso di lei. “Eppure…”. Disse con solito tono vagamente gentile. “…non sono io quello che teme di affrontare il proprio destino e cerca di nascondersi.”. Scomparve dietro alla porta, lasciando Adelia in balia all’ira. Se solo avesse avuto la sua bacchetta, avrebbe volentieri usato qualche incantesimo per giocare qualche brutto tiro al suo insegnante. Poco dopo, sentì il sospiro di Madama Chips, che aveva assistito a tutta la scena senza aggiungere una parola. Aveva notato il suo sguardo sbigottito, ma pur di non farsi fare qualche domanda o predica anche da parte sua, riprese il testo di alchimia e proseguì la sua lettura.

 

***

 

Severus tornò nei sotterranei. Non era il genere di persona da mostrarsi visibilmente adirata con gli altri, tranne che con lei. Detestava ammetterlo, ma la supposizione di Adelia a riguardo del suo ruolo come Mangiamorte a servizio dell’Oscuro Signore, lo aveva turbato abbastanza. Si lasciò cadere su una sedia. In quel momento, avrebbe semplicemente desiderato rifugiarsi nella lettura di qualche ricettario di pozioni. Nulla, a parte la solitudine dei suoi libri, era in grado di dargli conforto. Agitò pigramente la bacchetta e sfilò da una pila di libri un grosso ricettario polveroso. Avrebbero dovuto cominciare a spolverare la sua libreria, pensò. Si immerse a tal punto nella lettura, che non uscì dal suo laboratorio neanche all’ora di pranzo. Nel tardo pomeriggio, qualcuno venne a bussare alla sua porta. Sinceramente, non si sarebbe aspettato visite da parte di nessuno, dal momento che le voci nel castello si sarebbero sparse a riguardo della discussione che aveva avuto quella mattina con Adelia. Si aspettava di essere stato lasciato nella sua solitudine da tutti, tranne che da una sola persona. Rubeus Hagrid. “Avanti.”. Disse, lasciando entrare il mezzogigante nel suo studio, che con aria goffa si avvicinò alla scrivania e si adagiò su una sedia. “Lo trovo strano da parte tua venirmi a trovare fin quaggiù…”. Proseguì con tono pacato. “…credevo che a voi giganti facessero orrore i posti bui e stretti.”. “Io sono un mezzogigante!”. Precisò Hagrid. “…e sono già stato in questo laboratorio abbastanza volte da farci l’abitudine…”. Quando lo vide sorridere, capì che probabilmente era l’unica persona del castello a non essere venuto a conoscenza del suo litigio con Adelia e questo lo rincuorò. “Per che cosa sei venuto?”. “Ah già! Un attimo…”. Disse, mentre frugava in una delle tasche del suo vecchio cappotto marrone. “Questo affarino l’ho trovato ieri notte nei pressi del lago.”. Disse, riponendo il medaglione sulla scrivania. “Credevo che potessi saperne qualcosa…”. Severus sapeva molto bene a chi apparteneva quel ciondolo, ma dalla rabbia avrebbe voluto addirittura distruggerlo, in quel preciso istante. Si limitò a fissarlo con una finta espressione di sorpresa, e poi rispose:“Non ho mai visto questo oggetto in vita mia.”. Dopodiché Hagrid chiese notizie di Adelia, ma Severus non riuscì a dimostrarsi meno riluttante nel rispondere alla sue domande. “Come sta?”. “Si è risvegliata.”. Proferì con non curanza. “…ma si è ammalata e dovrà passare ancora qualche giorno prima di riprendersi.”. “Sicuro che non ci sia dell’altro?”. A quella domanda, pensò che Hagrid volesse scavare più a fondo per capire l’origine della sua indifferenza nei confronti della fanciulla, fintanto che nessuno lo aveva informato delle ultime novità. Tuttavia, Rubeus Hagrid era sempre stato un sempliciotto. Non si era mai interessato ai pettegolezzi e, allora, comprese che l’origine di quella domanda riguardava ‘altri fatti’. “Non ho visto segni sul suo corpo e secondo Madama Chips, non ha niente di strano.”. “E’ una bella notizia! Andrò a trovarla e le porterò i tuoi saluti.”. Severus non fece neanche un cenno e non appena il mezzogigante abbandonò la stanza, si lasciò nuovamente sprofondare nella lettura.

 

 

“Hagrid!”. Gridò Adelia con sorpresa non appena il guardiacaccia fece il suo ingresso in infermeria. “Come ti senti?”. “E’ solo raffreddore e nulla di più, però Madama Chips mi ha consigliato di restare a letto ancora per due giorni.”. Hagrid sorrise e poi estrasse dalla tasca la sua puffola pigmea. “Batuffolo!”. Disse lei sorpresa, non appena la piccola creatura balzò sulle coperte e prese a cantare con una sorda cantilena. “Mi sei mancato piccolino!”. Disse questa, avvicinandolo a sé per schioccarli un tenero bacio. Batuffolo rizzò il pelo, diventando quasi il doppio più gonfio. Adelia e Hagrid scoppiarono in una sonora risata, dopodiché iniziarono a parlare del più e del meno. Hagrid, per lo più, le parlò delle creature che nel frattempo allevava a Hogwarts e di quello che accadde quando Harry cavalcò il suo Ippogrifo. Non aveva neanche lontanamente immaginato che a Hogwarts potessero esserci creature del genere. Starsene sempre rinchiusa nei sotterranei, aveva dato i suoi amari frutti e le aveva precluso un mondo che più volte avrebbe avuto il piacere di esplorare e di conoscere. “Ti prometto che quando ti sentirai meglio, ti porterò a cavalcare!”. Adelia abbozzò ad un sorriso, ma si spende ancora prima di ravvivare la sua espressione. “Non credo mi sarà possibile…”. In quel momento, Hagrid avrebbe voluto mordersi la lingua. Non avrebbe dovuto proporglielo, dal momento che le sue uscite al di fuori del castello erano molto limitate. Decise di cambiare argomento ed estrasse dalla tasca il medaglione che prima aveva mostrato a Piton. “Che cos’è Hagrid?”. Chiese, esaminando il ciondolo con curiosità. “Veramente, speravo che fossi tu a dirmelo…”. Hagrid glielo lasciò tenere in mano e improvvisamente si illuminò di un’opaca luminescenza turchina. “Che strano…eppure, questa luce mi è così famigliare…”. “Sei sicura di non averlo mai visto?”. Adelia glielo riconsegnò. “Mi dispiace, ma non è mio.”. “Mi chiedo se abbia mai avuto un padrone questo medaglione.”. Bofonchiò. “Dove l’hai trovato?”. Chiese lei curiosa. “Uhm…in mezzo alla foresta.”. “Perché non chiedi a Fiorenzo? Lui conosce la Foresta Proibita meglio di chiunque altro, potrebbe aiutarti.”. Il consiglio di Adelia non gli suonò affatto male. “Allora, farò come hai detto.”.

 

***

 

I giorni seguenti furono tra i più piovosi. Per Adelia fu un bene, dal momento che la voglia che le aveva messo Hagrid di andare ad esplorare il mondo al di fuori del castello, si era assopita. Il mal di testa aveva iniziato a calare, di giorno in giorno, ma restava comunque un residuo di raffreddore. Ora, non era più tenuta a restare in infermeria, dal momento che poteva camminare e svolgere tutte le operazioni quotidiane senza difficoltà. L’indomani sarebbero tornati gli studenti dalle vacanze e le lezioni avrebbero ripreso come al solito, per questo venne riaccompagnata da Piton alla sua stanza. Proprio in quei giorni, era diventato più freddo e distaccato nei suoi confronti. Non che le dispiacesse, in fin dei conti, meno le parlava e meno ordini riceveva. La lasciava sempre nel laboratorio di Grifondoro e Serpeverde, dove teneva le sue lezioni, e le trovava sempre qualche mansione da svolgere che fosse rigorosamente manuale. In questo modo, impiegava l’intera giornata solo a svolgere un lavoro, come: spolverare ampolle e flaconi, sistemare la vetreria, pulire pentoloni e alle volte anche riordinare i tomi nella biblioteca della scuola. Suo malgrado, la sua bacchetta era andata perduta e non c’era modo che potesse adoperarne un’altra, dal momento che la sua era di una tipologia piuttosto particolare: legno d’ebano con un nucleo di crine di Thestral. Non c’era modo che potesse essere accompagnata da Olivander, dal momento che Hogwarts non disponeva di un’autorizzazione per accompagnarla. Non le restava che attendere fiduciosa il ritorno di Silente, che avrebbe certamente trovato un rimedio al suo problema.

 

 

Quel pomeriggio, il suo tutore le aveva ordinato di sistemare nelle scaffalature alcuni vecchi ricettari di pozioni e ogni volta che ne sollevava uno, insieme ad esso, veniva sollevata in aria un’enorme quantità di polvere. –Eeeeciùùùù!- Era l’ennesimo starnuto. “Se continuo a questo ritmo, passerò solo tutto il tempo a starnutire che a mettere a posto questi libri polverosi…”. Pensò tra sé e sé. Piton si era raccomandato di sistemarli uno ad uno, ma avendole lasciato una tale moltitudine, pensò bene di prenderne almeno dieci alla volta per terminare prima. Aveva intenzione di ultimare la prima scaffalatura in alto. Accostò una sedia affianco al mobile e poi prese la pila di tomi che si era preparata. Salì sulla sedia e questa iniziò a scricchiolare in maniera poco rassicurante. “Forza Adelia! Ce la puoi fare!”. Si incoraggiò. Iniziò a sbilanciarsi e quasi non rischiò di cadere, ma per fortuna, ritrovò il suo equilibrio. “Visto? Ce l’hai fatta!”. Pensò soddisfatta, ma poco dopo una gamba della sedia cedette al peso eccessivo e Adelia cadde insieme a tutti i libri in un tonfo. –Ahia!- Disse, poco dopo, mentre un acuto dolore alla spalla iniziò ad irradiarsi per tutto il braccio. “Che cos’è successo qua?”. Domandò Severus, non appena notò la sua allieva in mezzo a tutti quei libri sparsi sul pavimento di pietra. “Nulla, adesso riordino.”. Disse lei tagliente, alzandosi in piedi dolorante. Raccolse uno dei testi che le erano caduti a terra e lo posò sul tavolo. Severus la guardò spazientito. “Fatti da parte Adelia, ci penso io.”. Con un ozioso gesto agitò la bacchetta e fece rientrare tutti i libri nelle apposite scaffalature e riparò la gamba della sedia. “La strada più semplice è anche quella più pericolosa, mi auguro solo che la prossima volta sarai più coscienziosa sulle tue scelte.”. Adelia lo guardò con astio. “Grazie della predica…”. Pensò. “…e da giorni che mi tieni segregata nel tuo studio a svolgere tutti i lavori possibili.”. Si strinse la spalla, in seguito ad una fitta. “Non puoi lavorare in queste condizioni.”. Disse lui, che nel frattempo si era avvicinato per controllarle meglio la spalla. “Sto bene!”. Sbottò lei, non appena Severus le afferrò il braccio per esaminarlo. “Non direi, sembra una lussazione.”. Nel contempo, lei stava trattenendo smorfie di dolore. D’un tratto, iniziò a recitare formule sconosciute di un incantesimo e sentì il dolore diminuire, fino alla sua totale scomparsa. “Che cosa mi ha fatto?”. Chiese, mentre Piton si era messo a rovistare tra alcune pozioni. “Ho usato un incantesimo per annullare il dolore…”. Prese una fialetta e si avvicinò di nuovo a lei. “…questo ti avrebbe fatto decisamente più male.”. Aprì la fiala e ne prelevò una modesta quantità col contagocce. “No!”. Esclamò lei allontanandosi, mentre Severus la guardava con un’espressione di disappunto. “…non voglio farmi curare da lei.”. “Non ti obbligherò...”. Disse, mentre richiudeva il flacone. “…ma non avvertirai alcun dolore per ancora qualche ora e ti consiglio nel frattempo di approfittartene per usare l’essenza di dittamo, altrimenti potrebbe essere molto doloroso.”. Lasciò la fiala sulla scrivania e fece per andarsene. “Per oggi, hai terminato.”. Poi uscì dal suo studio, lasciandola sola.

 

 

Adelia scrutò la fiala. La prese in mano e lesse sull’etichetta essenza di dittamo. “Funzionerà veramente questa roba?”. Non aveva mai avuto particolari attitudini in erbologia e il dittamo, lo ricordava solo tra gli ingredienti di qualche pozione che le aveva insegnato a preparare Piton, ma era all’oscuro delle sue proprietà curative. Decise che un consulto da Madama Chips, le sarebbe stato senz’altro d’aiuto. Uscì dai sotterranei e con sorpresa, quando giunse al pian terreno, notò dalle vetrate delle nere carrozze che stavano avanzando verso il cortile. “Sono già qui?”. Pensò entusiasta al solo pensiero di rivedere i suoi amici Grifondoro. Corse verso l’entrata e attese che Gazza aprisse l’immenso portone dell’ingresso, per far entrare i primi arrivati. Erano giunte da Hogsmeade, all’incirca, una ventina di carrozze e in una di queste si sarebbe aspettata di riconoscere almeno un viso amico. Poco dopo, le sue speranze si realizzarono. Harry, Ron ed Hermione fecero il loro ingresso. “Adelia!”. Esclamò Harry non appena la notò. “Oh grazie!”. Disse lei, correndo ad abbracciarli. “E’ un piacere anche per noi rivederti!”. Esclamarono in coro Ron ed Hermione. “Si può sapere a cosa dobbiamo questa tua euforia?”. Domandò Harry. “Euforia!? Oh scusatemi se non ho saputo trattenermi…”. Si giustificò Adelia. “Non scusarti, possiamo capire cosa passi a stare tutto il tempo con quello psicopatico.”. La interruppe Ron, che si beccò l’ennesima gomitata alle costole dalla Granger. “Ahia! Ma che ho detto!?”. “No, Ron ha ragione…è crudele e meschino con tutti…solo che riversa più facilmente la sua rabbia su di me.”. Disse con serietà, lasciando amareggiati tutti e tre i Grifondoro. “Beh, ti posso capire Adelia…”. Aggiunse Harry, qualche istante dopo. “…quello che ha fatto a te, lo avrebbe fatto a chiunque altro.”. “Già…piuttosto, avete notizie da portarmi?”. A quel punto, i quattro decisero che quello non sarebbe stato il posto adatto per parlarne, così si diressero in gruppo alla sala comune di Grifondoro. La Signora Grassa la fece entrare, poiché anche Adelia era a tutti gli effetti una Grifondoro, anche se non aveva mai messo piede nei dormitori prima di allora. Attese che i suoi tre amici riponessero i bagagli nelle rispettive camere e dopo una mezzora, si radunarono insieme a lei attorno al fuoco. “Allora?”. Domandò Adelia impaziente. “Purtroppo non va per niente bene…”. Iniziò Hermione. “…sono state uccise diverse famiglie babbane. Il Ministero della Magia è costantemente messo sottopressione dalla stampa e temiamo che l’attuale piano di tu-sai-chi sia proprio quello di assassinare il Primo Ministro.”. Harry le consegnò diversi numeri della Gazzetta del Profeta. “Questo è tutto il resoconto di quello che è successo nelle ultime settimane.”. Adelia ne raccolse uno a caso e un titolo catturò la sua attenzione. “Mangiamorte attaccano un agente del Ministero?”. Lo lesse a voce. “Sì, ultimante capita spesso…”. Aggiunse il rosso. “…o li rapiscono per torturarli oppure li uccidono. Gli ultimi attacchi sono stati proprio a Londra e in alcune piccole città del Galles e della Scozia.”. “Ma è terribile!”. Si sorprese Adelia. “Pensiamo che tra non molto, saranno pronti ad attaccare anche Hogwarts…nessun posto sarà più al sicuro.”. Terminò Harry. Improvvisamente, Adelia avvertì una fitta inaspettata alla spalla e si accasciò a terra. “Adelia, stai bene?”. La soccorse Ron visibilmente preoccupato. “Scusatemi…”. Adelia si accomodò sulla poltrona. “Che cosa ti è successo alla spalla?”. Chiese Hermione, che aveva intuito l’origine di quella smorfia di dolore. Adelia spiegò loro l’accaduto e infine, estrasse dalla tasca del suo vestito l’essenza di dittamo che le aveva dato il tanto discusso professore di pozioni. “Per una volta aveva ragione.”. La rassicurò Hermione. “Cosa?”. Domandò sbigottita. “L’essenza di dittamo viene usata sia per curare ferite da taglio che le piccole fratture. Per te saranno più che sufficienti due o tre gocce, solo che…”. “Solo che?”. La sollecitò a proseguire. “…ora che l’effetto dell’incantesimo del dolore è quasi svanito, sentirai molto male.”. “Non importa…”. Adelia si scoprì la spalla. “…ti spiacerebbe aiutarmi?”. “D’accordo, anche se ti avverto che potresti sentire…”. “Come ti ho già detto: non mi importa di soffrire…”. La interruppe. “…aiutami, per favore.”. Hermione annuì. Prelevò col contagocce una piccola quantità e poi, versò tre gocce sulla sua spalla. Presto un dolore molto forte si irradiò per tutto il braccio, ma Adelia strinse i denti finché non si alleviasse un poco. “Caspita! Deve far parecchio male!”. Commentò Ron. “Tu devi sempre essere inopportuno?”. Lo riprese Hermione. Poco dopo, Adelia si ricoprì la spalla e si alzò in piedi. “Credo che andrò a riposare nella mia stanza…”. I tre, decisero di accompagnarla.

 

***

 

“Sei sicura di non scendere per cena?”. Chiese il rosso. “Sì, è meglio che non sforzi troppo il braccio.”. Salutò i tre Grifondoro sulla soglia della sua stanza e quando se ne furono andati, richiuse e si sedette sulla sponda del suo letto a baldacchino. Si era tenuta quella vecchia copia della Gazzetta del Profeta che le interessava. Dovette ammettere che quello che aveva detto Harry, a riguardo degli attacchi dei Mangiamorte, l’aveva a dir poco turbata. Il mondo magico si stava sgretolando e persino il Ministero stava, a poco a poco, crollando con esso. Ormai era questione di tempo, perché attaccassero anche Hogwarts. Aprì il giornale. La data risaliva al 23 dicembre. Notò subito il titolo in grassetto che aveva letto prima nella sala comune di Grifondoro: ‘Mangiamorte attaccano un agente del Ministero’. Aveva avuto un brutto presentimento e ora, voleva semplicemente smentire le sue preoccupazioni. Iniziò a leggere l’occhiello e poi passò al sommario, quando con orrore, trovò il nome della persona che le stava più a cuore. Verna Bloodmire. Il suo nome si trovava nella seconda riga. Il cuore iniziò a batterle all’impazzata dall’ansia e andò avanti a leggere l’articolo, finché queste righe non la sconvolsero:

 

“[…] trovata morta nella sua dimora. Assassinata brutalmente dalla maledizione senza perdono, l’anatema che uccide.

Verna Bloodmire era una donna coraggiosa e da anni, un fedele agente del Ministero.

I suoi funerali saranno celebrati il 25 dicembre, nel cimitero locale di Merthyr Tydfil.”.

 

Alcune lacrime iniziarono a scivolarle lungo il viso, poi scoppiò a piangere sconvolta. Aveva perso l’unica persona, ancora in vita, ad averla amata e trattata quasi come una nipote. “Perché mi hanno voluto tenere all’oscuro di tutto questo?”. Serrò i pugni dalla rabbia. Batuffolo la osservò dalla gabbietta. Se avesse potuto fare una smorfia, certamente sarebbe stata un’espressione preoccupata. Iniziò a verseggiare per attirare la sua attenzione, ma Adelia lo ignorò. “Li porterò tutti all’Inferno…a costo di portarli con me…”. Poco dopo, su ogni mobile della stanza, iniziarono a divampare piccole fiammelle bianche. Prese il suo mantello nero e lo indossò. Quella notte, si sarebbe diretta a Merthyr Tydfil, a cercare gli assassini.

 

.†.†.†.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII - La prima battaglia ***


La prima battaglia

 

Sentiva il cuore batterle nel petto, come un uccellino agitato dentro una gabbia troppo piccola. Non serbava alcun timore per le conseguenze del suo gesto, quanto nell’essere scoperta da qualcuno, in quel preciso istante. Stava nascosta dietro al gargoyle in pietra che sorvegliava con aria solenne l’Ufficio di Silente. Si era aggrappata all’attaccatura delle ali della statua e sperava che così la McGrannit non si accorgesse della sua presenza. Si erano fatte poco più le sette e mezza: l’orario in cui Severus usciva dai sotterranei per dirigersi al terzo piano a prelevarla dalla sua stanza e l’orario esatto in cui, la McGrannit abbandonava l’Ufficio del Preside per dirigersi ai piani inferiori alla Sala Grande. Qualche attimo dopo, le sue aspettative si realizzarono. L’insegnante di trasfigurazione uscì dall’Ufficio e pronunciò la parola segreta:“Menta piperita!”. La fantasia di Silente nel trovare nuove parole d’ordine era piuttosto prevedibile, visto che le sceglieva in base alle sue leccornie preferite. Quando la McGrannit scomparve in fondo al corridoio e Adelia si era assicurata che non vi fosse anima viva, scese dal suo nascondiglio e pronunciò la parola d’ordine. Entrò nell’Ufficio, ma notò subito di non trovarsi sola. Il Cappello parlante si trovava sulla scrivania, proprio dinanzi alla sua meta: il focolare. Quando lo sentì russare, si rassicurò. Il Capello stava dormendo profondamente. Si avvicinò furtivamente al camino e si guardò intorno, quando trovò un sacchetto con la metro polvere. Lo prese e ed entrò nel camino. Estrasse dal sacchetto una manciata sufficiente di polvere magica e pronunciò a parole scandite:“Yew Street, 17 A!”. Fiamme verdi l’avvolsero e si sentì risucchiare dalla canna fumaria. Pensò di essere così leggera e volatile, quasi da temere di essersi trasformata in un cumulo di cenere. Il suo corpo si materializzò di nuovo e piombò dal camino come un sacco di patate. Cadde su un mucchio di cenere e sollevò una quantità enorme di polvere scura, tale che imbrattò tutti i mobili del soggiorno. Tossì. Uscì dal camino e si alzò in piedi. Il suo vestito era tutto sporco di fuliggine. “Ora sì che sono conciata per le feste…”. Pensò ironicamente. Si guardò attorno. Sembrò che la casa fosse stata lasciata tale e quale a come se la ricordava. Prima di mettere per l’ultima volta piede fuori da quella casa, decise di andare ai piani superiori, per rivedere la sua vecchia stanza. Salì le scale e aprì la prima porta. Un tenue verde acqua dipingeva le pareti della sua vecchia stanza. Quadri e fotografie le ricoprivano quasi interamente. Si addentrò e si sedette sul suo vecchio letto, per contemplare la foto che teneva sul comodino, di lei e zia Verna. Era stata scattata qualche giorno prima che partisse per Hogwarts. In quella foto, Verna indossava l’uniforme del Ministero e affianco, Adelia sorrideva teneramente. Estrasse la fotografia, la piegò a metà e se la nascose in tasca. Qualche istante dopo, notò qualcosa di nuovo. Affianco al quadretto, c’era un piccolo cuscino a forma ovale, dove era stato ricamato il suo nome in corsivo. Lo prese tra le mani per osservarlo meglio. Sua zia amava ricamare e le aveva promesso che un giorno avrebbe fatto qualcosa anche per lei. Evidentemente, sperava di farle una sorpresa, quando sarebbe ritornata. Non riuscì a trattenere qualche lacrima. “Ti vendicherò…”. Disse con un filo di voce, poi lo strinse al petto e lo posò nuovamente sul comodino. Lasciò un’ultima occhiata alla sua stanza e richiuse la porta. Uscì dalla casa e scese in strada. Merthyr Tydfil, non era più la città che ricordava. I folti manti erbosi. Il fruscio delle fronde degli alberi. I bellissimi tramonti e i cieli stellati. Sembrava che avesse vissuto tutt’altro che lì. Uscì da Yew Street e imboccò il viale principale. Attraversando High Street sarebbe giunta al Pant Cemetery in meno di una mezz’ora. Per le strade, regnava un’insolita quiete. Le luci delle case erano tutte spente e le strade erano buie e deserte, non vi era un solo lampione rimasto acceso. Dopo alcuni isolati, passò dinanzi alle macerie di alcune case. Pensò già a quale giustificazione avrebbe utilizzato il Ministero della Magia per mascherare i fatti. “Una violenta scossa di terremoto ha colpito la città, devastando gli edifici e provocando la morte di numerose persone.”. Peccato che non era così. La verità era che numerose famiglie babbane erano state assassinate, per mano di Maghi senza scrupoli che provavano ribrezzo nei confronti delle persone senza poteri magici. Intere famiglie, uccise per questo brutale motivo. Guardò con amarezza gli ultimi isolati, quando si ritrovò dinanzi alla possente cancellata nera del cimitero. Era arrivata a destinazione.

 

 

Oltrepassò i cancelli e si addentrò all’interno. Era un vecchio cimitero a pianta rettangolare. Vi erano diversi loculi, dove venivano riposte le urne funerarie contenenti le ceneri dei babbani. Sotto alti sempreverdi vi erano gli epitaffi di alcune tombe, ma erano troppo vecchi perché potesse trovarci anche quello di sua zia. Il suo sguardo scorreva lungo le scritte degli epitaffi; finché una lapide in marmo bianco, di aspetto recente, non catturò la sua attenzione. Attorno, vi erano ancora ghirlande di fiori e una candela, accesa. Si avvicinò e lesse le parole illuminate dalla fioca luce di quella piccola fiamma:

 

Alla Sacra Memoria di Verna Bloodmire

13/04/1945 - 22/12/1997

 

Notò con orrore la data della sua morte. Il giorno del suo compleanno, la donna che tanto le aveva voluto bene, era stata brutalmente assassinata dai Mangiamorte. Si sentì esplodere il cuore in mille pezzi. Fin da piccola, pensava che si avvertisse un dolore inaspettato o un senso improvviso di disagio, quando moriva una persona cara. Quel giorno, lei non aveva avvertito nulla del genere. “Prometto che vendicherò la tua morte…”. Disse con voce fredda. Qualche attimo dopo, una folata di vento gelido le scosse lievemente i capelli scompigliati e ancora pieni di cenere. La fiamma si spense. Si guardò intorno e notò dall’alto, sei scure ombre che incombevano su di lei. Adelia si nascose svelta dietro al tronco di un tasso e attese, che quelle sagome indefinite toccassero terra. Improvvisamente, il marchio iniziò a pizzicarle intensamente sulla pelle e istintivamente si tirò su la manica del vestito, quando osservò con stupore che aveva assunto una forma indefinita. Sembrava una macchia scura sulla sua pelle e il nome del demone con la quale aveva stretto il patto, era quasi svanito del tutto. Il primo Mangiamorte atterrò, seguito da altre scure ombre, che presto si materializzarono affianco ad esso. Adelia, contò sei ombre in tutto. Il primo Mangiamorte che era atterrato, aveva una distinguibile lunga chioma platinata e reggeva un regale bastone da passeggio. “Lucius Malfoy…”. Le suggerì una voce nella sua testa. Non l’aveva mai visto prima di allora, ma ricordava qualcosa di familiare in lui, quasi come un ricordo indelebile, impresso a stampo nella sua memoria. La seconda figura che distinse dalle altre, era quella di una donna dall’aspetto trasandato. “Bellatrix Lestrange.”. Dopo di lei, seguirono i fratelli Carrow, che riconobbe all’istante. Un boia con una gigantesca ascia, che la voce disse di corrispondere ad un certo Walden Macnair e infine, un uomo dall’aspetto meno rassicurante di tutti. “Fenrir Greyback.”. Aggiunse la voce. Qualche istante dopo, il platinato si avvicinò a Greyback. “Avverti il suo odore?”. “Sì…”. Disse questo, fiutando l’aria, come un segugio. “…lo sento molto debole, sento odore di cenere.”. Precisò. Adelia aveva involontariamente coperto il suo odore, passando per il camino di zia Verna e grazie a questa sua distrazione, stava mettendo in difficoltà il fiuto del Mangiamorte. “Cercatela! Deve essersi nascosta qui da qualche parte.”. Ordinò Lucius.

 

***

 

I Mangiamorte si erano divisi a setacciare ogni angolo del cimitero, pur di trovarla. Era riuscita a scampare alla loro vista per una decina di minuti, ma il marchio aveva iniziato a farle sempre più male e ora, si era aggiunto anche il dolore alla spalla provocato dall’essenza di dittamo che aveva usato neanche un’ora prima. Si accucciò dietro ad una pietra tombale a forma di croce e vi appoggiò contro la schiena, per riposare le sue stanche membra. “Che cosa sto facendo?”. Si interrogò. Non aveva un piano e francamente, non era nemmeno sicura di poterli affrontare tutti insieme. Le serviva un diversivo, quando in quel momento, sentì un botto alle sue spalle e della pietra sbriciolarsi. Bellatrix aveva iniziato a frantumare alcune lapidi a colpi di bacchetta. “Avanti fiorellino! Vieni fuori…”. Puntò la bacchetta contro la lapide dietro alla quale si era riparata. “Fermati!”. La arrestò tempestivamente Lucius Malfoy. “Il padrone ha detto di volerla viva, senza un graffio…dobbiamo cercare di essere diplomatici.”. “Diplomatici?”. Lo canzonò Alecto, che aveva appena terminato di perlustrare la zona Est del cimitero. “Significa non attaccarla. Per te è difficile capirlo, vero?”. “Sarà meglio che quella smorfiosa salti fuori prima che perda la pazienza.”. Terminò Alecto. Il marchio aveva iniziato ad ardere con maggior intensità. “Uccidili tutti…”. Le suggerì nuovamente la stessa voce. Un corvo si appollaiò pigramente sulla lapide dietro alla quale si era nascosta e gracchiò. –CRA! CRA!- Ricordava di averlo già visto da qualche parte. L’enorme uccello nero iniziò a fissarla, come per incitarla ad attaccare. “Non ora uccellaccio!”. Borbottò lei, cercando di spaventare la creatura, con scarso successo. “Adelia…”. Il corvo assunse forma umana, trasformandosi in un giovane ragazzo dalla folta chioma corvina. “…ci siamo già incontrarti una volta…”. Disse questo, in maniera del tutto indifferente ai Mangiamorte, che per il momento avevano ripreso le ricerche. “…ma non biasimarti se non ti ricordi di me, dopotutto ho divorato parte della tua memoria quando abbiamo stretto il patto…”. Sorrise crudelmente, osservando il marchio sul braccio della ragazza, ormai sbiadito. “…io sono il Corvo, il bracconiere di Anime, ma non confondermi con *Caronte. Spesso, all’Inferno mi chiamano Malpas: io accompagno le anime all’Inferno e le lascio nel Limbo.”. Adelia lo fissò con aria diffidente, dopo che questo fece anche un breve inchino per terminare la sua presentazione. “Che cosa vuoi da me?”. Sbottò lei, strappandogli un sorriso compiaciuto. “Poiché ti sono stati concessi poteri straordinari per merito di tuo Padre, hai le piene facoltà di poter spedire all’altro mondo tutti questi insulsi Maghi…”. Notò un accento sadico nella sua voce. “E suppongo che tu sia qui per le loro anime, giusto?”. “Hai afferrato il concetto.”. Disse questo, trasformandosi nuovamente in un corvo. “Buon lavoro, Angelo.”. Le augurò, volandosene via. “Aspetta!”. Cercò di fermarlo, ma ormai se n’era volato così lontano, che non avrebbe potuto sentirla. “E ora che faccio?”. Si domandò. Non aveva idea di come comportarsi. Aveva passato interi mesi a studiare grimori e testi di demonologia, ma non aveva mai provato ad applicare le formule magiche di quei libri in battaglia. Eppure, se Malpas le aveva detto che era in possesso dei poteri che le aveva trasmesso Samael, sarebbe comunque riuscita a cavarsela. Infine, si convinse che era giunto il momento di aprire le danze.

 

 

Adelia uscì allo scoperto, catapultandosi fuori dal suo nascondiglio. “Sono qui! Non ho paura di voi!”. Gridò. Sei scure ombre l’attorniarono in breve tempo. “Mi sorprendo che ti sia voluta mostrare alla fine.”. Intervenne Malfoy. “Adelia Blackford, mi presento io sono…”. “…l’assassino di Verna Bloodmire. Lo so già…”. Lo interruppe Adelia. Lucius rise con scherno e poi riprese. “Immagino che tu ci conosca bene…”. “Conosco il nome di ognuno di voi…”. Intervenne ancora la fanciulla. “Molto bene, questo significa che non serviranno le presentazioni.”. “Abbandonate anche le vostre intenzioni diplomatiche…non ho intenzione di sprecare altro tempo con voi.”. Bellatrix rise di gusto. “Hai determinazione per essere una ragazza così giovane…”. Si avvicinò a lei per studiarla meglio. “…avresti delle potenzialità come Mangiamorte.”. Adelia si allontanò con riluttanza. “Mangiamorte? E diventare un docile cagnolino per servire un padrone così vile da non avere il coraggio di presentarsi di persona?”. Disse in tono provocatorio. “Piccola smorfiosetta! Come ti permetti di parlare in questo modo dell’Oscuro Signore!?”. Intervenne l’acida voce della Lestrange. “Adesso basta…”. Intervenne Lucius, evidentemente seccato dall’impertinenza della fanciulla. “Prendetela!”. Ordinò. I Mangiamorte si avventarono su di lei, ma Adelia fu più veloce e fuggì. Amycus e Alecto le stavano alle calcagna. Poco dopo, Walden le tagliò la strada, parandole dinanzi la sua enorme ascia. “La corsa è finita.”. Sorrise crudelmente. “Stupeficium!”. Enunciò. Ma non successe nulla. “Che cosa credi di fare senza neanche la bacchetta?”. La derise. Fenrir Greyback le tagliò l’ultima via d’uscita. Ora si trovava circondata, in mezzo a quei quattro. Non aveva previsto quella situazione. Improvvisamente, un forte dolore si irradiò sulla schiena. Non poté resistere e si accasciò a terra. “Non si addice ad una ragazza come te giacere a terra agonizzante dalla paura…così rendi tutto più facile.”. Recitò delusa Bellatrix, con tono svenevole, unendosi al resto del gruppo. “Ha capito che non conveniva mettersi contro di noi.”. Concluse Lucius, facendo cenno a Walden e ad Amycus di sollevarla. Adelia venne alzata per le braccia, quando fiotti di cerulea luce iniziarono a zampillare dalla sua schiena. “Che razza di magia sarebbe?”. Intervenne con voce stridula, Alecto. Inaspettatamente, i due Mangiamorte cedettero la presa. “Che state facendo idioti!!?”. Ringhiò rabbioso Fenrir. “La sua pelle è ardente!”. Si difese Walden, mostrando le mani ustionate. “Ma che fandonie andate dicendo!?”. Adelia, nel frattempo, trovò il modo di reggersi in piedi. “Non perdete tempo! Prendetela!”. Ordinò Lucius. “No…non credo ci riuscirete…”. Due possenti nere ali piumate crebbero sulla sua schiena. “…questa sera…andrete tutti all’Inferno…”. Bellatrix non accettò la provocazione e brandì la bacchetta per prima. “Crucio!”. Adelia evitò la maledizione in tempo, librandosi in aria. I Mangiamorte si smaterializzarono e la raggiunsero. Adelia non aveva molto tempo per decidere sul da farsi, quando Malpas la seguì in volo. “In difficoltà?”. Domandò con solito sarcasmo. “Aiutami!”. “Speravo di non intervenire, ma siccome è la prima battaglia che affronti, proverò a fare qualcosa…”. Tutto d’un tratto il Corvo scomparve. La voce di Malpas le parlò nel pensiero e le suggerì una formula. Non la conosceva, ma in quel momento, le restava poco da fare. “Monstrum!”. Enunciò. Poco dopo, una foschia si levò in mezzo al campo di battaglia. Adelia fu costretta a planare e a scendere a terra, per non rischiare di cadere in trappola. “Accidenti! Che diavoleria ho evocato!?”. Pensò tra sé e sé. Poco dopo, delle mostruose ombre scure comparvero dinanzi a lei.

 

 

Branchi di Lethifold si radunarono attorno alla ragazza, volteggiando armoniosamente, come se stessero eseguendo una macabra danza di battaglia. Capì, allora, che non erano lì per attaccarla. Stavano semplicemente attendendo un suo ordine. Qualsiasi cosa avesse chiesto loro, avrebbero obbedito. “Ordinali di ucciderli tutti…”. Suggerì il Corvo. “No…non posso…”. Nonostante tutto, Adelia si rifiutò di impartirgli quel ordine. “…uccidili tutti! Adelia, se non sarai tu a farlo, lo faranno loro prima di te…”. Insisté la voce. “…non posso ucciderli, non così!”. Protestò. “Credi che loro si siano fatti dei problemi quando dovevano uccidere Verna Bloodmire?”. Adelia era confusa. “Guarda tu stessa…”. La interruppe, mostrandole un ricordo.

 

[ Inizio Flashback ]

 

Bellatrix sorrideva crudelmente. Verna era disarmata, la sua bacchetta si trovava ai piedi della strega, che ora le stava puntando contro la sua bacchetta. “Impostore! Impostore!”. Urlò Verna, riferendosi a qualcun altro. Ma nel ricordo, non vedeva altre figure, se non solo loro due. “Avada Kedavra!”. Pronunciò la sua sentenza. Un fiotto di luce smeraldina trapassò il petto di Verna e cadde in fin di vita sul pavimento. Bellatrix rise, compiaciuta del suo operato. “Questa è fatta! Lasciamo il cadavere di questa sporca mezzosangue marcire qui.”. Con indifferenza, voltò le spalle e si incamminò verso le scale che portavano ai piani inferiori della casa. Il ricordo sfumò, riportando Adelia alla realtà.

 

[ Fine Flashback ]

 

“Provi ancora compassione per coloro che hanno ucciso tua zia?”. Le domandò il Corvo, evidentemente eccitato al solo pensiero che ora, la fanciulla era venuta a conoscenza di una parte della verità. Adelia decise:“Uccideteli…tutti…non risparmiatene neanche uno!”. Ordinò. Sul volto scarno di Malpas, si dipinse una smorfia compiaciuta, lasciando intravedere i denti aguzzi. “Ottima scelta…”. Commentò, poco prima di sparire in una nube di fumo grigio. Le creature le obbedirono, celandosi in mezzo a quella folta nebbia. Vide uno dei Lethifold avventarsi su Alecto, che non riuscì a respingerlo in tempo e cadde rovinosamente a terra, con l’orrenda creatura che tentava di divorarle una gamba. Il resto delle creature, si erano sparpagliate nella foschia per seguire e attaccare altri nemici. “Avada Kedravra!”. Lucius era riuscito a liberarsi di una delle creature, ma sembrava che l’incantesimo ne stesse richiamando altre e difatti, nessun altro Mangiamorte era ancora riuscito ad attraversare la fitta nebbia per raggiungere Adelia. Lucius non sembrò per nulla scompigliato e si fermò a pochi metri da lei. “Lo ammetto…”. Disse. “…è notevole quello che sei riuscita a fare fino adesso, ma ora basta giocare. Sai che non puoi competere contro di noi!”. Adelia fece una smorfia di spregio. “Mi stai chiedendo di arrendermi?”. “Al contrario, ti sto offrendo l’opportunità di risparmiarti e di venire con noi con le buone.”. “Mai!”. Gridò. “Mi rifiuto di abbassarmi al vostro livello…”. Il platinato rise di gusto e puntò la bacchetta contro di lei, enunciando l’incantesimo della pastoia. “Locomotor mortis!”. Le gambe della fanciulla si erano improvvisamente addormentate, facendola cadere a terra. Provò ad alzarsi in volo, ma le ali svanirono e ne rimasero solo i resti di alcune piume nere. “Sembra che la fortuna non sia più dalla tua parte…”. Sorrise crudelmente il platinato, mentre la ragazza si guardava intorno, nella speranza che Malpas intervenisse per aiutarla. “…ormai è finita Adelia, rassegnati a questa sconfitta…”. Malfoy si avvicinò a lei, tendendo la mano per afferrarla, quando Adelia lo arrestò. “Non è ancora finita…Dismundo!”. Il Mangiamorte cadde in balia di orrende visioni. Si accasciò a terra, rantolando e dimenandosi, come per scacciare qualcosa di spaventoso che si era appena avventato su di lui. Adelia si accorse che l’effetto dell’incantesimo della pastoia aveva appena terminato il suo effetto. Si alzò in piedi e si allontanò di corsa per cercarsi un nascondiglio, quando si sentì afferrare per la vita e trascinare dietro ad una lapide. Una mano le tappò la bocca. Si dimenò dalla paura di essere stata catturata da un Mangiamorte, quando una voce familiare la rassicurò: “Non urlare.”. Cessò di agitarsi e in seguito, sentì allentare la presa. Si voltò e incontrò due profondi occhi neri che la fissavano, ma non con rimprovero, se non con sollievo. “Professore?”. Lo guardò con sbigottimento. “Non c’è tempo, stringiti forte a me.”. Adelia fece come gli aveva ordinato e si smaterializzarono insieme dal cimitero.

 

***

 

Quando riaprì gli occhi, si ritrovò dinanzi alla capanna di Hagrid. Erano tornati a Hogwarts. Adelia si trovava ancora abbracciata a Severus. Poco dopo, sollevò lo sguardo, per ritrovarsi a fissare due profondi occhi neri dallo sguardo minaccioso. Allentò la presa e si allontanò un poco.“Che cosa ti è saltato in mente!?”. La sgridò Piton. “Non so che intenzioni avessero, ma avrebbero potuto ucciderti, se avessero voluto!”. Sembrava che stesse nascondendo la sua preoccupazione dietro al nervosismo. “Non avevano intenzione di uccidermi…”. Ribatté. “…o almeno, avevano detto che volevano portarmi viva da Voldemort.”. Pronunciò il suo nome come se intendesse far apposta per provocare. D’un tratto, il cigolio delle cerniere della porta di Hagrid, li azzittì. Il mezzogigante lì fissò dall’uscio con aria stralunata; che cosa avrebbe dovuto pensare? Adelia, aveva il vestito ricoperto di fuliggine e i capelli sporchi di cenere, mentre due squarci paralleli lasciavano travedere la sua nuda schiena. “Che cos’è successo, Severus?”. Chiese questo, visibilmente preoccupato. Piton si tolse il mantello e la coprì. “Nulla di cui preoccuparsi, Rubeus.”. Piegò l’angolo della bocca, come per fare un lieve sorriso, che purtroppo non gli riuscì e si incamminò con Adelia verso il castello. Poco dopo, convinto, il guardiacaccia se ne tornò nella sua capanna davanti al tiepido focolare appena acceso. Adelia e Severus tornarono al castello, ma con grande sorpresa, non venne riaccompagnata alla sua stanza, bensì nei sotterranei. Non fece domande: qualsiasi ramanzina le sarebbe andata bene, dopotutto avrebbe accettato le conseguenze del suo gesto scriteriato, in tutto e per tutto. Almeno, ora poteva dirsi realizzata di aver placato in parte la sua sete di vendetta. Terminata la lunghissima scala a chiocciola, entrarono nello studio privato di Piton e si accomodò su uno sgabello, accanto ad un mobile le cui scaffalature erano ricolme di pozioni. Severus restò in piedi, dinanzi a lei, con aria spazientita. “Non ho intenzione di rimproverarti, Adelia…”. Disse, suscitando un certo stupore da parte della fanciulla. “…non ho intenzione di farlo, perché sia tu che io siamo bene a conoscenza del patto che ti vincola a rispettare la vendetta che hai promesso…”. Si inginocchiò. “…tuttavia, non posso accettare che tu commetta altri gesti sconsiderati e metta a repentaglio la tua stessa vita…”. Per un momento, non riuscì a credere di aver udito quelle parole proprio da lui. Dal suo tanto odiato e compassionato insegnante di pozioni. “Io…”. Poco dopo, Adelia avvertì un improvviso senso di stanchezza. “Io non…”. A stento, cercava di continuare la frase, mentre pensieri affollavano la sua mente confondendola. “Adelia? Stai bene!?”. Piton la trattenne per le spalle, cercando di sostenerla almeno a sedere sulla sedia. “Adelia!?”. La sua voce si stava facendo via via sempre più fievole e la sua vista si stava appannando. “Io non…ti odio…”. Terminò infine la frase, crollando in un sonno improvviso.

 

 

Si lasciò trasportare a riva dalle onde dei suoi caotici ricordi. Avvertiva una fievole voce nella sua testa. Seppure fosse una voce maschile, dal tono freddo e cupo, non era quella del suo insegnante di pozioni. “L’Amore salverà il tuo destino…”. Le parlò. “…dalle grinfie della Morte…”. Adelia si guardò intorno, ma non vide nessuno. Solo buio pesto e un infinito mare scuro di ricordi, troppo scuro per trovarvi la chiarezza di una risposta. “Angelo dannato…è ora di svegliarti!”. Avvertì uno sbuffo dietro a lei, che le spostò una ciocca di capelli. Si voltò. “Chi sei!?”. Urlò. “Dimmi chi sei!? Perché mi stai parlando? Che cosa vuoi da me?”. La voce non rispose più e Adelia, si ritrovò costretta ad accucciarsi in un angolo e ad aspettare che qualcosa nel paesaggio mutasse. Sperava, francamente, di risvegliarsi. Guardò il mare e notò un riflesso tra le onde. Un riflesso vago, non definito. Le era sembrato di vedere, tra quelle onde, i visi dei suoi amici Grifondoro. Un secondo riflesso, le mostrò invece un Mago, dal bizzarro copricapo e dalla lunga barba cinerina. Un terzo e ultimo riflesso, le mostrò un sorriso crudele e una fila di denti bianchi e aguzzi. Se non l’avesse già visto prima, l’avrebbe confuso con la bocca di uno squalo. Malpas sbucò fuori dall’acqua e si avvicinò a riva, proprio dove si trovava seduta la fanciulla. “Hai vinto…”. Disse questo. “Cosa?”. Ribatté lei. “…la battaglia.”. “Ah…”. “Sbaglio o non te ne importa nulla?”. Il Corvo sembrò piuttosto stupito dalla sua insofferenza. “Perché dovrebbe importarmene? E’ Voldemort che devo uccidere…non i suoi seguaci…”. “Eppure…era la vendetta che volevi, no?”. “Credevo di sì.”. Replicò, fulminandolo con lo sguardo. “Che cosa ti aspettavi? Che sarebbe stata una passeggiata uccidere qualcuno!?”. Si difese questo. “Pensavi che uccidere una Strega o un Mago, sarebbe stato facile quanto agitare una bacchetta e pronunciare una formula?”. “Quale motivo c’era di evocare creature oscure e di designarle contro di loro!?”. Lo interruppe. “Per il buon Lucifero! Sei un Angelo dannato, il minimo che mi ha chiesto di fare il tuo povero Padre per te è stato quello di insegnarti ad usare i tuoi poteri!”. “Angelo dannato?”. Chiese sbigottita. “Devi accettare il fatto che ormai Hogwarts non è più alla tua portata…se per questo, non lo è mai stata! Sei un Angelo, non una Strega…”. Adelia, sentì morire una piccola parte di lei a quella affermazione. “Non posso essere un Angelo…io…io…”. Iniziò a singhiozzare. “Sarebbe bene che cominciassi a renderti conto che il tuo destino è diverso da quello degli altri…tu eri già predestinata a morire…i tuoi genitori, unendosi in matrimonio, commisero un grave sacrilegio…”. Si avvicinò alla fanciulla, alzandole il viso con una mano e asciugandole le lacrime con un fazzoletto di stoffa. “…tuttavia, non mi aspettavo che avrebbero dato alla luce una piagnucolona.”. A quella provocazione, Adelia gli mollò uno schiaffo in piena faccia e si alzò imbronciata. “Allora non ho bisogno della compassione di un demone di basso livello per vendicare la morte dei miei genitori! Farò a modo mio…”. Gli fece spallucce. “…io sono una Strega e non ho bisogno di utilizzare incantesimi demoniaci o trappole oscure per assicurarmi la vittoria…vattene Malpas! Non ti voglio più rivedere!”. Terminò, mentre il Corvo continuava a fissarla con aria sbigottita mista a compiacimento. –Ahahahahaha!- Rise di gusto, accrescendo l’ira della fanciulla. “Sei decisamente tutto tuo padre…”. Disse questo, ancora massaggiandosi il punto in cui Adelia gli aveva mollato lo schiaffo. “…il nostro patto è sciolto…hai superato la prova…”. “Prova?”. “Ricordi, le parole che disse tuo padre?”. Adelia lo guardò con disappunto. “L’Amore salverà il tuo destino dalle grinfie della Morte…”. “Che cosa significa?”. Malpas si trasformò in un corvo. “Non te ne andrai senza dirmelo!”. Cercò di afferrarlo, ma quel nero pennuto se n’era volato subito in alto e Adelia, non poté far altro che osservare la sua cupa sagoma diradarsi all’orizzonte. “Che cosa significava quella frase?”. Pensò tra sé e sé. Poco dopo, un formicolio iniziò ad irradiarsi dalle punte dei piedi alle gambe. Qualche attimo dopo, si ridestò.

 

***

 

Una fioca luce turchina filtrava dalle vetrate delle finestre. Riconobbe gli arazzi del suo letto a baldacchino. Le scure coperte del suo letto e le lenzuola color panna. Si guardò intorno, per costatare che la stanza era vuota. C’era solo lei, a parte Batuffolo che dormiva ancora all’interno della sua gabbietta. Si alzò a sedere. Le lancette dell’orologio segnavano poco più le sei del mattino. Si alzò in piedi e iniziò a girovagare a vuoto per la stanza. Indosso aveva il suo solito pigiama bianco con i nastrini neri. I suoi vestiti si trovavano puliti e intatti, sullo schienale della poltrona. “Severus…”. Pensò. Doveva essere stato lui, la notte scorsa, ad essersi preso cura di lei e ad averla riportata fino in camera sua. “…devo parlargli…”. Decise d’un tratto, pensando di raccontargli quanto accaduto la notte scorsa e chissà, se non sarebbe stato anche il momento buono per scusarsi per aver dubitato della sua fiducia. Si avvicinò alla porta e girò la maniglia, quando notò che era sigillata. “Che significa?”. Pensò. Girò la maniglia più volte, spingendo la porta e facendo perno con tutto il suo peso contro di essa. Nulla. La porta era sigillata e non sarebbe stata capace di aprirla, se non con l’incantesimo adatto. “Provare non nuoce…”. Si convinse. Si posizionò davanti alla porta e la fissò intensamente. “Alhomora!”. Non successe nulla. Adelia, continuò a fissare intensamente la porta. “Alhomora!”. Ripeté una seconda volta, ma questa non si mosse. “ALHOMORA!”. Enunciò la formula a voce più alta. Per un attimo non accadde nulla, finché, quando meno se lo aspettava la porta si aprì magicamente. La fanciulla si avvicinò entusiasta, ma quando la porta si spalancò completamente, mostrando la scura figura di un uomo, comprese che non si era aperta per merito suo. “Professore!?”. Una smorfia corrucciata si dipinse sul volto di Severus Piton, che ora si trovava dinanzi a lei, a braccia conserte.

 

.†.†.†.

 

Note dell’autrice:

 

*Caronte: è un nocchiero di aspetto orrendo che viene citato ne’ La Divina Commedia e nell’Eneide. Il suo ruolo era quello di traghettare le anime sul fiume Stige (o Acheronte, dipende dalle opere) che separava il Limbo dall’Inferno. In questo contesto, Malpas lo cita perché vuole sottolineare la differenza tra i due ruoli: il Corvo è un bracconiere, caccia le anime per portarle nel Limbo. Caronte è un traghettatore, le trasporta da una sponda all’altra.

 

Era da un po’ che non mi capitava più di scrivere nelle note! ^^ Beh, che dire? Riprendere una storia dopo circa 2 anni non è facile, ma per benevolenza della mia Musa ispiratrice sono riuscita a ritrovare la creatività che avevo perso e mi sono rimessa in pista! In questo capitolo, ho giocato molto sul fatto che Adelia doveva rendersi conto che “uccidere” è una parola troppo grossa, persino per chi ha un patto con un Demone da rispettare. Fino ai capitoli precedenti, Adelia aveva perso la sua umanità, sformando in un personaggio spietato e crudele. In quanto alla frase: […]L’Amore salverà il tuo destino dalle grinfie della Morte…[…] era stata detta da suo padre, Samael, prima di donarle i suoi poteri nel decimo capitolo. Sarà una frase chiave nella trama della storia, perché Adelia dovrà rendersi conto che non dovrà uccidere per vendetta di chi ormai è caduto, ma per proteggere chi ama. Quando si trovava nel sogno, insieme a Malpas, tra quelle onde ella rivede le persone a cui tiene e che vuole difendere (fatta eccezione per la “bocca da squalo” del Corvo, ovviamente! XD), e comprenderà di aver sbagliato a non fidarsi del suo insegnante di pozioni.

 

Vorrei ringraziare due persone, in particolare, che hanno reso omaggio a questa fan-fiction: Rita, la mia cara compagna di classe, che tanto gentilmente sta seguendo con emozione i nuovi capitoli della storia (nonostante l’abbia fatta attendere per troppo tempo! =P Scusa cara! ^^) e .Kirarachan. per aver pubblicizzato questa fan-fiction sul forum, scrivendo una bellissima recensione e un commento che non mi sarei francamente meritata. Grazie mille carissima!

 

Alla prossima! ;)

 

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