L'Undicesima Brigata

di Persephxne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Un'inaspettata convocazione al Quartier Generale. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Giorni di ordinaria follia ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Un'inaspettata convocazione al Quartier Generale. ***


Cosa poteva mai volere il Comandante Generale da un Quarto Seggio tanto da convocarlo al Quartier Generale? Questa era la domanda con cui si era svegliata Amelia.
Si mise a sedere sul letto guardando distrattamente fuori dalla finestra di camera sua e si accorse che il sole era già abbastanza alto e questo significava una cosa e una cosa soltanto: era, come sempre d'altronde, in ritardo. In men che non si dica era già sulla strada per il Quartier Generale usando lo shunpo ogni volta che vedeva qualcuno di sua conoscenza per evitare di perdere tempo.
Arrivò appena in tempo per essere ricevuta dal Comandante Yamamoto il quale non le disse una parola ma le porse un haori da capitano bianco come la neve e perfettamente piegato con una busta sopra.
Senza dire una parola tornò alla sua divisione con una strana sensazione che non lasciava presagire niente di buono.

"Non ci credo... Non può essere vero..." pensò tra le lacrime leggendo la lettera.
"Io e Yachiru siamo partiti, lascio il comando a te perché sei l'unica che può tenere a bada quella massa di cretini che comandavo fino a ieri. Mi fido di te, prenditi cura di te stessa, vai fiera del tuo ruolo e schiaccia qualsiasi minaccia. Sei la sorella che non ho mai avuto, un bacio.
Kenpachi e Yachiru.
PS: per favore mantieni la calma e non rompere il sigillo o quando torno ti squarto. Ti vogliamo bene."
Amelia stava singhiozzando ormai da una buona mezz'ora fissando la lettera e l'haori chiedendosi perché se ne fosse andato, perché l'avesse abbandonata. Non ci fu modo per lei di rispondere a quelle domande, non dopo che la porta di camera sua si aprì mostrando un Madarame Ikkaku visibilmente irritato e un Ayasegawa Yumichika preoccupato. Entrarono con passo svelto dentro la camera chiudendosi la porta dietro di loro, con lo sguardo fisso sul pacchetto bianco piegato sul letto di Amelia. Yumichika si affrettò ad abbracciarla e a consolarla mentre Ikkaku se ne stava impalato a fissare il pacchetto con la lettera appoggiata sopra. La prese in mano ed iniziò a leggere ad alta voce. Ogni parola era una pugnalata al cuore per ognuno dei tre shinigami e Amelia tornò a singhiozzare pesantemente e a versare una quantità incalcolabile di lacrime ripensando ai momenti spesi con il suo capitano.
Le venne in mente un episodio in particolare in cui erano nella stanza di Kenpachi a bere del sakè. Ad un certo punto la guardò fissa negli occhi e le disse:
«Tu sei strana. Quando sto con te mi sento in pace con me stesso e credo di provare un sentimento speciale per te.»
A quel punto Amelia si irrigidì, sperando che non dicesse quello che stava pensando.
«Per me sei come una sorella maggiore.»
Con le lacrime agli occhi lei si alzò e lo abbracciò con tutta la forza che aveva.
«Sei il fratellino che non ho mai avuto.» rispose Amelia fra le lacrime.
In realtà lei un fratellino ce l'aveva e anche uno bello tosto, ma questa è un'altra storia e verrà raccontata più avanti.

Quando iniziò a calmarsi gli ingranaggi del suo cervello di colpo iniziarono a ripartire in modo stabile e le fu chiaro che quello di Kenpachi non era un addio e che lei adesso aveva un ruolo importante da svolgere. Si alzò in piedi, si lavò la faccia e indossò l'haori che prima apparteneva al suo "fratellino".
«Radunate tutti nella sala principale.» disse ai due che, annuendo, sparirono dalla finestra.

Amelia era sempre stata una ragazza dalla quale tenersi alla larga, con una famiglia problematica, un caratteraccio e una carenza di tatto e compassione da essere considerata quasi una malattia. Nessuno le si avvicinava e a lei non dispiaceva di certo. Le era sempre piaciuto stare da sola, tuttavia quando uscita dall'Accademia le fu assegnato il posto di Quarto Seggio dell'Undicesima Brigata fu assalita da una quantità ingente di noiosissimi uomini che volevano una dimostrazione di forza tra cui, ovviamente, il rompicoglioni numero uno al mondo: Madarame Ikkaku. L'aveva perseguitata per mesi e mesi chiedendole di combattere, perché una donna non poteva diventare Quarto Seggio di una brigata come l'Undicesima senza avere nascosto un enorme potere o una buona raccomandazione. Dopo l'ennesimo rifiuto della proposta Ikkaku si impuntò sulla seconda ipotesi accusandola di essere raccomandata perché sorella di Urahara Kisuke, essendo stato anche lui un capitano. Dopo svariato tempo di tortura psicologica decise di rispondergli, così, forse, avrebbe smesso di perseguitarla.
«Se non mi ricordo male mio fratello fu esiliato, o sbaglio? E tu credi che il Comandante Yamamoto mi abbia assegnato questo posto perché sono imparentata con una persona che lui considera un disertore? Sei forse cretino?»
Ikkaku rimase di sasso. Non sono per la risposta ma anche per il tono completamente pacato e privo di emozioni con cui la disse. Si aspettava uno scoppio d'ira, uno sfogo di esasperazione dato quanto l'aveva perseguitata e invece niente, totale indifferenza. Fu qui che l'interesse nei confronti di Amelia si accese di colpo.

Ma torniamo ai fatti principali.
Quando Amelia uscì dalla sala riunioni si sentì uno straccio. Era stanca fisicamente e psicologicamente, irritata e con le spalle e il collo indolenziti. Niente la faceva innervosire come quegli stupidi dolori muscolari che si presentavano puntualmente nei momenti meno opportuni e desiderati. Aveva bisogno di rilassarsi e quale posto migliore se non il bar?

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Salve a tutti sono Persephxne, detta Sam. Spero che vi piaccia la mia storia, che vi faccia provare qualcosa e che recensiate in tanti. 
Baci, Sam.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Giorni di ordinaria follia ***


Ordinò qualcosa da mangiare, che divorò in mezzo secondo, e una bottiglia di sakè che sorseggiò un po’ più lentamente mentre il suo cervello aveva iniziato ad elaborare alla velocità della luce. Aveva un turbine di pensieri che le frullavano per la testa, dai più stupidi ai più seri. Era sempre stato un suo problema questo, pensare troppo, e le capitava nei momenti più inaspettati. Era talmente concentrata che non si accorse che il posto davanti a lei venne occupato da un uomo che, oltretutto, si era pure versato un bicchiere di sakè dalla sua bottiglia. Come se le avesse inviato un segnale, appena l’individuo si portò il bicchiere alle labbra Amelia uscì dalla trance e lo fissò negli occhi con aria scocciata.
«I miei complimenti per il tuo nuovo ruolo» disse l’uomo. «Brindiamo al tuo successo?»
«Visto che il successo è stato mio non dovrei essere io a offrire del sakè a te, al contrario» rispose lei con un sorriso sarcastico e le guance arrossate.
«Mi sa proprio che hai ragione. Solo perché sei una bella ragazza il prossimo giro lo offro io». Amelia ringraziò il cielo e il sakè che coprì il rossore dovuto all’istantaneo imbarazzo che le parole, pronunciate da niente di meno che Kyoraku Shunsui, le avevano provocato.
 
Al tramonto uscirono dal bar completamente ubriachi come se, in quanto entrambi capitani, non avessero delle responsabilità o una divisione da portare avanti. Dopo un breve tratto di strada si separarono e tornarono alle loro divisioni.
 
Amelia, entrata nella sua stanza, ci mise un buon quarto d’ora a ricordarsi che le sue cose erano state spostate negli alloggi del capitano e, imprecando, si avviò verso quegli alloggi che non si ricordava minimamente dove fossero.
Vagò per un po’ quando, finalmente, un suo subordinato si offrì di accompagnarla.
La prima cosa a cui pensò appena entrata nella sua stanza fu un bagno caldo nel quale, ovviamente, si addormentò.
Si svegliò un’ora dopo con un mal di testa atroce e un freddo cane. L’acqua infatti era ormai ghiaccia come il marmo.
Uscita dalla vasca si asciugò, si fece un tè e prese la pipa. Si mise sul portico a guardare il sole tramontare, imprecando contro la pipa che non voleva saperne di accendersi.
 
La mattina seguente si svegliò con un mal di testa ancora più insopportabile di quello della sera prima e un umore terribile. Quella mattina doveva tenere una sessione di allenamento per tutta la squadra al quale sapeva benissimo che Ikkaku e Yumichika non si sarebbero presentati. Ikkaku era subentrato al ruolo di tenente mentre Yumichika a terzo seggio quindi era scontato che non si sarebbero di certo scomodati per un inutile allenamento quotidiano. Li incontrò sulla strada per il campo di allenamento che andavano nella direzione opposta alla sua.
«Vedo che siete sulla strada per il campo di allenamento» disse Amelia con un sorriso inquietante.
«S-stavamo venendo a svegliarti date le condizioni in cui eri ieri sera» rispose Yumichika. Balle.
«Allora dato che sono sveglia possiamo fare la strada insieme».
«Io devo andare…» iniziò Ikkaku.
«Ho detto che faremo la strada insieme» rispose lei sempre con quel sorriso stampato in faccia. Avrebbe volentieri ammazzato Ikkaku.
Non avevano un bel rapporto loro, erano sempre in competizione e quando qualcosa andava storto si incolpavano l’un l’altro senza mai riuscire a fare lavoro di squadra. Ma ora c’era una differenza sostanziale: Amelia era il capitano. A Ikkaku questo ovviamente non andava giù, anzi, era un pensiero che lo assillava ogni giorno. Non poteva sopportare di stare agli ordini della sua rivale che per di più era anche una grandissima stronza nei suoi confronti.
 
Gli allenamenti si conclusero all’ora di pranzo e tutti si diressero verso la mensa tranne Amelia che andò al bar anche quel giorno.
Ordinò il solito piatto e la solita bottiglia di sakè che, si promise e ripromise, sarebbe stata l’unica fonte di alcol che avrebbe assunto quel giorno.
Il bar oggi era più frequentato del solito, anzi letteralmente pieno di gente.
L’unico tavolo che aveva posti liberi era quello di Amelia ma il suo sguardo non invitava certo a sedersi con lei. Purtroppo però c’erano persone che la conoscevano bene sul ciglio della porta i quali potevano permettersi, secondo il loro parere, di sedersi al suo tavolo.
Fu così che Hisagi Shuuhei, Izuru Kira e Abarai Renji si accomodarono tranquillamente come se lei non li stesse trafiggendo con gli occhi.
«Le porgo i miei saluti capitano Urahara» disse Renji che si beccò un cazzotto in testa da Shuheei. D’altronde attorno ad Amelia si era formata un’aura decisamente terrificante e se non fosse intervenuto Shuheei, Renji sarebbe stato spedito istantaneamente all’altro mondo.
«Allora come sono andati questi primi due giorni?» chiese Kira.
«Ieri ero ubriaca e oggi ho intenzione di non fare assolutamente niente» rispose lei.
«Stasera abbiamo la riunione, ricordi?» le chiese Shuheei.
Amelia aggrottò la fronte cercando di ricordare l’oggetto della riunione ma, soprattutto, quando le era stato detto, dato che non ricordava niente del genere.
«E pensare che non ci volevi al tavolo! Se non fossimo arrivati non saresti nemmeno venuta stasera» disse Shuheei.
«Non montarti la testa imbecille» rispose Amelia accennando un sorriso.
 
Amelia e Shuheei stavano camminando fianco a fianco sulla strada per tornare alle loro rispettive divisioni dopo la fine della riunione. Era una serata calda, il cielo era limpido e la luna illuminava loro la strada.
«Sei preoccupata?»
«Solo un po’»
«Vedrai che ce la caveremo»
«Io sicuramente»
Scoppiarono a ridere prima di salutarsi e dividersi. Shuheei rimase a fissarla qualche secondo mentre si allontanava e i raggi della luna illuminavano i suoi capelli corvini.
“Questa ragazza mi farà impazzire” pensò prima di voltarsi ed iniziare a camminare.

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