Diviso nell'essenza di Isidar Mithrim (/viewuser.php?uid=4502)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un potere a lui sconosciuto ***
Capitolo 2: *** Lo designerà come suo eguale ***
Capitolo 1 *** Un potere a lui sconosciuto ***
Diviso
nell’essenza
Un
potere a lui sconosciuto
Fu un accecante lampo di luce
verde a distogliere Albus dai propri pensieri.
I suoi profondi occhi azzurri
vennero subito calamitati dalla sorgente del flash.
La luce si era diffusa dallo
specchio con la cornice antica appeso a un chiodo dell’affollata
parete. Aveva una forma ovale e le dimensioni di una fotografia, ma la
caratteristica più degna di nota era che – pur essendo innegabilmente uno specchio – nulla
vi si rifletteva dentro.
Un istante dopo la sua superficie
piana cominciò a incresparsi e un’immagine tridimensionale fu
proiettata nell’aria a due piedi di distanza.
Un cervo argenteo correva
spensierato, l’immenso palco di corna che fendeva l’aria.
All’improvviso dallo specchio scoccò una freccia che, sibilando
nell’aria, andò a trafiggire il cuore dell’animale. Il cervo si
accasciò e svanì.
Albus – le viscere strette in
una morsa di terrore – si alzò di scatto, afferrò il prezioso oggetto e
si precipitò fuori dal suo ufficio.
Percorse rapidamente la scala a
chiocciola che si avvitava su se stessa e oltrepassò il gargoyle di
pietra, correndo verso l’uscita del castello con la bacchetta accesa.
Era a metà corridoio quando un
secondo lampo di luce verde esplose nell’aria.
Il Preside rallentò per osservare
il giglio che cresceva dallo specchio, reale agli occhi ma incorporeo
al tatto.
Quando il fiore si schiuse, i
suoi candidi petali si tinsero di rosso prima di cadere appassiti e
sparire dentro lo specchio. Un attimo dopo, lo stelo divenne polvere.
Cercando di tenere a bada la
paura che lo attanagliava, Albus riprese a correre e non si fermò
fino a quando un terzo lampo di luce verde cominciò a diffondersi dallo
specchio. Invece di esplodere nell’aria come i flash precedenti, però,
quella sinistra luce fu richiamata indietro prima che potesse
disperdersi.
Apparve allora l’immagine
estremamente vivida di una creatura per certi versi simile a un
neonato, ma deformata da mostruosi lineamenti.
La scena era illuminata da una
saetta che – incapace di esaurirsi – rimase immobile sopra la testa
della creatura, mentre un orripilante clone si generava dal suo addome.
Solo quando la duplicazione fu completa il fulmine guizzò, andando a
scagliarsi sull’essere appena nato, che inglobò la saetta e si illuminò
di luce propria. Dopo un istante, entrambi gli esseri sparirono e la
notte tornò nera.
Per una manciata di secondi
Albus fissò sconvolto il punto in cui la scena aveva preso forma, poi
ricominciò a correre.
Spalancò con un cenno
della mano i due battenti in quercia del castello e uscì. La fredda
aria autunnale gli arse in gola, ma il Preside non osò rallentare.
La sua mente cominciò a lavorare
febbrilmente. Mai come allora si era sentito oppresso a tal punto dal
peso della responsabilità, perché era impossibile ignorare che dalla
scelta che si apprestava a prendere potesse dipendere il destino del
Mondo Magico e non.
Intuì quale fosse l’unica
priorità delegabile quando vide che dalla capanna di Hagrid ancora
trapelava luce, illuminando l’orto delle zucche tristemente scarno.
Si precipitò alla sua porta e
bussò vigorosamente.
“Hagrid!” gridò, cercando di
controllare l’affanno.
Si udì il rumore di una sedia
spostata e un attimo dopo la porta si spalancò.
“Professor Silente!” escalmò
sorpreso il Mezzogigante.
“Hagrid, voglio che tu mi ascolti
con estrema attenzione” esordì Albus, rifiutando con un cenno della
mano l’invito a entrare.
“Certo che ce l’ascolto, Signore!”
“Ho bisogno che tu vada
immediatamente a casa dei Potter” riprese Albus concitato. “Non
dovrai curarti di niente e di nessuno, tranne che del piccolo Harry. È
di vitale importanza che lo
porti via di là il prima possibile. Non importa chi incontrerai, non
importa cosa vedrai: il tuo compito è prendere Harry e portarlo qui.
Intesi?”
“Certo, professore. Ci prenderò
Harry e ce lo porterò qui” ripetè Hagrid.
“Molto bene” annuì Albus.
“Dovrai tenerlo nascosto nella tua capanna per tutto il giorno, ma a
mezzanotte lo porterai dai suoi zii, a quest’indirizzo. Io mi farò
trovare là.”
Mentre parlava, Albus aveva
evocato una pergamena. La sfiorò con la bacchetta e quando porse il
biglietto al guarduacaccia alcune parole cominciarono a prendere forma,
come scritte da una mano invisibile.
Privet Drive
n. 4, Little Whinging, Surrey
Hagrid fissò il Preside con gli
occhi colmi di preoccupazione.
“Non… non ci è successo niente a
Lily e James, vero, professore?” domandò con voce incrinata.
Albus esitò prima di rispondere.
“Terribili magie si sono
scatenate a Godric’s Hollow, questa notte… Temo che dovremo attenderci
il peggio.”
“Ma… Lily e James… no…”
“Lo so, Hagrid” disse gravemente
Albus, una lacrima a solcargli una guancia. “Ma devi promettermi che
chiunque incontrerai e in qualsiasi cosa ti imbatterai, tu ti
preoccuperai solo di Harry.”
“Ce lo prometto, Signore” mormorò
Hagrid con la voce rotta dal pianto, mentre grosse lacrime affondavano
nella sua barba incolta.
“Fa’ attenzione” si raccomandò
infine Albus, prima di voltarsi per correre verso l’uscita.
Aveva meno di ventiquattro ore
per cercare di scovare quel che restava di Voldemort.
**
Le prime venti furono
assolutamente infruttuose. Determinato a scovarlo in quello che doveva
essere il suo momento di massima vulnerabilità, Albus utilizzò tutti
gli incantesimi di Rivelazione di propria conoscenza per individuare le
sue tracce.
Fallirono uno dopo l’altro.
Quando la notte era ormai
nuovamente calata e le speranze di riuscire a stanarlo erano sfumate,
Albus – frustrato e deluso da se stesso – si costrinse a fermarsi per
riflettere.
Come mai i
suoi incantesimi non avevano funzionato?
Estrasse lo specchio da una tasca
interna del mantello e lo toccò con la punta della bacchetta, evocando
l’ultima, orrida scena che gli aveva mostrato.
Il messaggio celato dietro allo
strano comportamento del terzo lampo di luce verde gli sembrava
piuttosto chiaro: in qualche modo, per qualche inspiegabile ragione,
l’anatema scagliato contro Harry doveva essersi ritorto su Voldemort
stesso.
Ma perché la
maledizione era rimbalzata? E come avevano fatto Harry e Voldemort a
sopravvivere?
Anche quest’ultimo dato gli
sembrava piuttosto chiaro: nulla faceva pensare che ci fossero state
più di due morti a Godric’s Hollow, quella notte.
Pur avendo già visto la scena,
Albus non poté trattenere un moto di disgusto osservando la creatura
deforme – sinistramente illuminata dal fulmine – dare vita a un
secondo, terrificante essere. Un attimo dopo la saetta lo colpì e
questo brillò di luce propria, prima di sparire nel buio.
Se sulle due immagini del cervo e
del giglio c’erano ben poche possibilità di interpretazione, ad Albus
continuava a sfuggire il senso di quell’orripilante proiezione.
Mai come allora sentì il bisogno
di avere a portata di mano un Pensatoio, ma avrebbe perso troppo tempo
per fare ritorno a Hogwarts.
Decise di affrontare una domanda
alla volta, partendo da quelle a cui probabilmente sarebbe
riuscito a rispondere con più facilità.
Era certamente più sorprendente
che un lattante fosse sopravvissuto all’Anatema che uccide, piuttosto
che ci fosse riuscito un uomo con una conoscenza della magia forse più
vasta di qualunque mago vivente.
Fu quindi sull’interrogativo più
semplice che focalizzò la sua attenzione.
Come aveva
fatto Voldemort a sopravvivere?
Albus si chiese se fosse
davvero così impensabile che un uomo tanto assetato di potere e tanto
terrorizzato dalla morte avesse trovato un modo per ingannarla.
D’altronde, lui stesso era stato incredibilmente affascinato dall’idea
di controllarla… Prima che potesse impedirlo, nella sua mente si
materializzò il simbolo dei Doni e una morsa di terrore lo pervase. Gli
ci volle qualche istante per ricordarsi che la Bacchetta di Sambuco era
saldamente stretta nella sua mano destra e che lui stesso aveva portato
via da casa Potter il Mantello, che era al sicuro nel suo ufficio. No,
non era grazie ai Doni che Voldemort era riuscito a sfuggire alla Morte.
Escluse con convinzione che
l’Elisir di Nicholas e Peronella potesse averlo protetto da un Avada Kedavra. Il siero aveva la
capacità di procastinare l’invecchiamento, perfino di curare le
malattie, ma certo non poteva impedire che un tale incantesimo facesse
effetto.
Infine un altro nome gli tornò in
mente, un nome legato a una magia talmente oscura e terribile che il
solo parlarne era vietato, dentro ai confini di Hogwarts.
All’improvviso comprese cosa
fosse la creatura sorta dallo specchio e perché i suoi incantesimi –
capaci di cogliere la presenza o il passaggio di un uomo – avessero
fallito.
Voldemort
aveva mutilato la sua anima per creare un Horcurx.
Adesso la verità gli appariva
così lampante che Albus non riuscì a capacitarsi di non averlo
intuito prima. Ecco cosa aveva fatto negli anni in cui era sparito
dalla circolazione e il suo vero nome era stato dimenticato, ecco il
perché del suo aspetto disumano, ecco spiegato cosa fosse quella
creatura rivoltante.
Ecco
come era rimasto ancorato alla vita.
Fu terribile realizzare che ogni
speranza di sconfiggerlo sarebbe stata vana, finché non avessero
distrutto l’Horcrux.
Albus aveva appena scacciato
l’inquietante pensiero quando un’altra constatazione si fece
prepotentemente largo nella sua mente: presto o tardi, Voldemort
avrebbe trovato il modo di tornare e non si sarebbe dato pace finché
non avesse ucciso Harry Potter, colpevole di essergli sopravvissuto.
Questo lo riportò immediatamente
all’ultima domanda a cui doveva dare risposta.
Perché il
bambino non era morto?
Albus si chiese se la profezia
avesse giocato un ruolo nella vicenda, ma ben presto capì quanto fosse
sciocca l’idea: la divinazione non aveva la capacità di pilotare gli
eventi, ma solo quella di anticiparli. Non era andata in quel modo perché lo diceva la profezia, bensì
il contrario: la profezia diceva così perché
sarebbe andata in quel modo. La differenza era sottile, ma
abissale.
Cominciò a ripercorrere con la
mente le parole di Sibilla Cooman, sperando che potessero in qualche
modo spiegargli l’accaduto.
La prima parte – che identificava
l’unico in grado di sconfiggere
l’Oscuro Signore – non gli era mai sembrata molto enigmatica,
nonostante candidasse potenzialmente due soggetti.
Era stato proprio vedendo in
Harry Potter una minaccia che Voldemort l’aveva designato come suo eguale, sciogliendo così
l’unico nodo rimasto a proposito dell’identità del Prescelto. Anzi, era
stata la scelta stessa a renderlo
il Prescelto, e di questo Albus era fermamente convinto fin da quando
Severus Piton gli aveva rivelato che Voldemort era sulle tracce dei
Potter.
Ma
egli avrà un potere a lui sconosciuto… Doveva essere questo
potere la ragione per cui l’Anatema aveva fallito. Purtroppo Voldemort
non era l’unico a cui sfuggisse quale potere misterioso potesse avere
il figlio dei Potter, perché Albus stesso non ne aveva la più pallida
idea.
Solo allora gli riaffiorò alla
mente un altro dettaglio della conversazione con Piton e una folgorante
intuizione lo animò.
E se Voldemort – contrariamente a
quanto Albus si aspettava – avesse davvero
provato ad accontentare il suo servo? Se per caso avesse ingenuamente
offerto a Lily Potter la possibilità di salvarsi e lei avesse rifiutato?
All’improvviso tutto acquisì un
senso, mentre i pezzi dell’intricato puzzle riuscivano finalmente a
incastrarsi.
Sacrificandosi per suo figlio,
Lily lo aveva protetto con un’antica magia che Voldemort era incapace
di comprendere, una magia non solo a lui sconosciuta, ma anche tanto potente
da spiegare come il bambino si fosse salvato.
Quando Albus aveva scelto di
affidare Harry ai Dursley l’aveva fatto consapevole dell’importanza dei
legami di sangue, ma mai si sarebbe aspettato che questa decisione
sarebbe potuta risultare così cruciale.
Capì che, sfruttando quel legame,
avrebbe potuto imporre a Harry una protezione migliore di quanto avesse
mai osato sperare, una che nemmeno Voldemort in persona avrebbe potuto
abbattere.
Vedeva un’unica pecca, nel suo
piano.
Affinché l’incantesimo
funzionasse, era indispensabile che Petunia Dursley accogliesse Harry
sotto al proprio tetto.
Con un colpo di bacchetta Albus
si armò di pergamena, piuma e calamaio, quindi richiamò una sfera di
luce dal suo Demluminatore e cominciò a scrivere.
Mia cara
Petunia,
è con enorme
sofferenza che sono costretto a farmi foriero di una terribile notizia.
La scorsa
notte il Mago Oscuro noto con il nome di Lord Voldemort – che tua
sorella e suo marito James hanno più volte coraggiosamente sfidato – ha
scoperto dove si nascondevano insieme al piccolo Harry.
Mi duole
immensamente doverti comunicare che il loro inestimabile talento non è
bastato a salvarli. Sarai certamente rincuorata, però, nell’apprendere
che quando Lord Voldemort ha tentato di uccidere Harry non è riuscito
nel suo intento. Il sacrificio di Lily ha fatto sì che la maledizione
si ritorcesse proprio contro chi l’aveva scagliata.
Poterti dire
che Voldemort sia stato sconfitto per sempre sarebbe per me fonte di
grande gioia, ma ho il fondato timore che presto o tardi tale
affermazione potrebbe rivelarsi un’illusoria menzogna.
È per questo
motivo che ti chiedo di accogliere tuo nipote e di trattarlo come fosse un figlio: tu sei la sua unica
parente rimasta e in te – come in Harry – vive ancora il sangue di Lily.
Questo sangue
è la migliore protezione che riuscirò mai a offrirgli: finché Harry
potrà chiamare ‘casa’ il posto dove vive un consanguineo di sua madre,
finché lo terrete con voi, Voldemort non sarà nemmeno in grado di
toccarlo.
Sono
cosciente di affidarti un pesante fardello, Petunia, ma sono certo che
farai il possibile affinché il sacrificio di Lily non vada sprecato.
In fede,
Albus Silente
Fiducioso del fatto che quelle
parole potessero bastare a convincere la donna a crescere il nipote,
Albus imbustò la lettera, diede un’occhiata al suo insolito orologio
e richiamò il globo luminoso nel Deluminatore.
Aveva finalmente risposto a tutte
le domande e, per la prima volta da quando lo specchio si era animato,
Albus distese le labbra in un sorriso. Mancavano ancora due ore a
mezzanotte: finalmente poteva concedersi di festeggiare la caduta di
Voldemort – seppur effimera – e di brindare al Bambino-Che-È-Sopravvissuto.
Si era ormai quasi fatta
mezzanotte, quando Silente si diresse a Privet Drive.
**
Silente
e la Mcgranitt si chinarono sull'involto di coperte. Dentro, appena
visibile, c'era un bambino profondamente addormentato. Sotto il ciuffo
di capelli corvini che gli spuntava sulla fronte, scorsero un taglio
dalla forma bizzarra, simile a una saetta.*
Appena la vide, con una stretta
allo stomaco Albus capì il terribile significato della scena evocata
dallo specchio.
Quando l’Anatema Che Uccide si
era ritorto contro Voldemort, l’Horcrux l’aveva protetto dalla morte,
ma non aveva impedito che l’incantesimo strappasse via un pezzo della
sua anima. C’era solo una persona a cui quel frammento d’anima poteva
essersi ancorato… e quella persona era davanti a lui, minuscola tra le
braccia enormi di Hagrid e segnata da una cicatrice che – Albus ne
era certo – non sarebbe mai svanita. Il suo cuore mancò un battito
quando realizzò che, per sconfiggere Voldemort una volta per tutte, il
Bambino-Che-Era-Sopravvissuto sarebbe dovuto morire.
“È qui
che...” chiese in un bisbiglio la professoressa Mcgranitt.
“Sì”
rispose Silente. “Questa cicatrice se la terrà per sempre.”*
***********
Ciao!
Eccomi qua con una
nuova raccolta^^
L’idea originale
era di scrivere una long, ma i vari capitoli sono talmente slegati
cronologicamente che ho pensato di organizzarla in modo diverso.
Anticipo che ho
molti appunti, ma non hanno ancora preso forma, pertanto non ho idea di
quanti capitoli saranno, di quanto saranno lunghi e di quando li pubblicherò
(prevedo di farlo con discreta calma, vi avverto!^^).
Questa storia è
nata con l’esigenza di rispondere a tante domande: ad alcune ho
risposto in modo fantasioso, ad altre cercando di garantire la massima
verosimiglianza.
•
Mi sono chiesta come Silente abbia saputo dei Potter, quella notte. In
un’intervista, JKR dice che gli sarebbe bastato un qualche incantesimo
per tenerli d’occhio, così ho inventato questo stratagemma dello
specchio. D’altronde Silente è pieno di strani strumenti, e gli specchi
incantati vanno molto di moda (lo Specchio delle Brame,
l’Avversaspecchio, gli specchietti di Sirius…)
•
Ho cercato di immaginare cosa avesse di meglio da fare invece che
andare lui a prendere Harry, soprattutto sapendo che c’era un traditore
in giro. Ho pensato che l’unica cosa forse più importante di
salvaguardare Harry personalmente potesse essere cercare Voldemort (o
meglio: tra le due cose, salvare Harry era quella delegabile). Oppure
era molto, molto lontano…
•
Silente deve aver parlato a Hagrid il 31 notte/alba, altrimenti non si
spiegherebbe perché la McGranitt sia a Privet Drive dalla mattina,
visto che ci arriva grazie a una dritta di Hagrid (che deve essersi
inavvertitamente fatto sfuggire qualcosa sia con lei che con Sirius). A
questo punto ho preferito immaginare che Hagrid abbia preso Harry
quella notte e che poi l’abbia tenuto con sé fino all’appuntamento (non
posso credere che perfino Sirius lo abbia lasciato quasi ventiquattro
ore solo in una casa distrutta)
•
Ho deciso di non raccontare nel dettaglio come Silente possa aver
cercato Voldemort perché non avevo la più pallida idea di cosa scrivere
per rispettare quel senso di mistero regalatoci da JKR! Scherzi a
parte, questa non vuole essere una FF d’azione, quindi non mi è
sembrato necessario scervellarmi su come lo possa aver cercato (sempre
che l’abbia fatto). Tanto mi pare ovvio che la cosa non abbia avuto
successo :P
•
Il titolo cita la profezia
•
Sono sempre stata molto curiosa di capire come avesse fatto Silente a
sapere che Lily si era sacrificata ☺
•
Per scrivere la lettera e la parte che la precede mi sono ispirata a
Pottermore e a questa citazione: «Malvolentieri, furibonda,
controvoglia, disprezzando quello che sei, ma ti ha accolto, e così
facendo ha suggellato l'incantesimo che avevo posto su di te. Grazie al
sacrificio di tua madre, il legame del sangue è lo scudo più forte che
potessi fornirti. […] Quel sangue è diventato la tua protezione.
Devi tornarci una volta all'anno, ma finché puoi chiamare casa quel
posto, finché sei lì, Voldemort non può farti del male. Tua zia lo sa.
Gliel'ho spiegato nella lettera che lasciai insieme a te davanti alla
sua porta. Sa che accogliendoti ti ha con ogni probabilità donato
quindici anni di vita» [Harry Potter e l’Ordine della Fenice]
•
* citazioni di ‘Harry Potter e la Pietra Filosofale’
•
Per il finale mi sono ispirata a questa citazione: «Quindici anni fa»
proseguì, «non appena vidi la cicatrice sulla tua fronte, intuii che
cosa poteva significare. Intuii che poteva essere il segno di un legame
fra te e Voldemort».
E credo sia tutto!
Concludo con un
grazie a tutti voi, che l’avete letta, e con un grazie a daydreaming99,
che mi ha datto qualche consiglio in anteprima^^
|
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Capitolo 2 *** Lo designerà come suo eguale ***
{I dialoghi in corsivo sono
citazioni tratte
da ‘Harry Potter e la Pietra Filosofale’
e pertanto non mi appartengono}
Lo designerà come suo
eguale
Il gufo reale entrò dalla finestra aperta e planò maestoso sulla sua
scrivania, scoccando a Fanny un’occhiata sospettosa.
Albus allungò una mano per prendere la lettera e ringraziò il gufo con
un buffetto sul capo. “Buon viaggio” gli augurò con un sorriso, mentre
lui spiccava il volo, una macchia scura nel cielo striato d’arancio.
Il Preside girò l’anonima lettera alla ricerca del mittente, ma non lo
trovò. Già gli erano arrivate le due righe scritte da Hagrid a
proposito della Pietra Filosofale e non aspettava altre notizie, quindi
non aveva idea di chi gliel’avesse inviata. Aprì la lettera curioso,
ancora ignaro del fatto che non avrebbe mai dimenticato quelle poche,
chiare parole.
Carissimo Professor Silente,
ho appena venduto la seconda e ultima
bacchetta in mio possesso avente come nucleo una piuma della sua fenice.
Sono certo che anche lei troverà
curioso e affascinante il fatto che ad acquistarla sia stato proprio il
giovane Harry Potter.
In fede,
Mr Olivander
Albus sentì il cuore cominciare a battere con frenesia, animato da un
senso di trionfo misto a terrore. Finalmente, aveva trovato un indizio
che avvalorasse le supposizioni fatte dieci anni or sono… ma adesso
sarebbe stato più difficile nutrire la speranza di sbagliarsi sul
destino di Harry Potter.
*
La sua corsa a perdifiato s’interruppe bruscamente di fronte a quella
scena cruda e inattesa, di fronte a quelle urla strazianti ricolme di
dolore.
Harry teneva le mani saldamente avvinghiate al braccio di Raptor, il
cui viso ricoperto di vesciche ulcerate era a stento riconoscibile. Fu
il furente ‘Uccidilo!’
pronunciato dall’orribile volto serpentino che aveva sulla nuca, però,
a ridestare Albus dalla sorpresa.
“Harry!” gridò precipitandosi verso di loro, mentre si gonfiava in lui il
terrore di essere arrivato troppo
tardi. “Harry, lascialo andare!”
Altre due falcate e finalmente fu in grado di afferrare il ragazzo per
separarlo dalla carne ustionata e sanguinolenta di Raptor.
Harry – la cicatrice d’un rosso vibrante – cadde tra le sue braccia,
mentre il servo di Voldemort finiva terra e un’orrida figura incorporea
si librava nell’aria per volare via.
Tutto ciò a cui Albus riuscì a pensare, però, fu che il ragazzo respirava ancora.
Messo di nuovo di fronte alla scelta
tra preoccuparsi di Harry e dare la caccia all’ombra di Voldemort,
Silente nemmeno si rese conto di aver preso la decisione opposta a
quella fatta tanti anni prima, nell’ultimo giorno di un lontano
ottobre.
Nonostante l’avesse prevista,
nonostante si fosse ripromesso di evitare quell’unica, ipotetica pecca
nel proprio piano, questa aveva già cominciato a germogliare a sua
insaputa.
Solo quando ebbe affidato il ragazzo alle cure di Madama Chips, Albus
si ricordò della Pietra Filosofale. Solo quando l’ebbe tolta con
orgoglio dalla tasca di quel ragazzo coraggioso oltre ogni sua
previsione, il Preside realizzò di aver visto per la prima volta ciò
che restava dell’anima menomata di Voldemort.
*
“Bene, ora potrete dormire sonni tranquilli sapendo che il Signor
Potter si riprenderà brillantemente, che la Pietra Filosofale è al
sicuro e che non è stato il
Professor Piton a tentare di rubarla. Prima di lasciarvi al capezzale
del vostro amico, però, sarei curioso di scoprire come abbiano fatto
tre studenti del primo anno a rivelarsi più perspicaci del loro anziano
Preside nell’intuire quando il ladro avrebbe tentato il furto” disse
Albus, sorridendo gioviale ai due Grifondoro seduti davanti a lui,
insieme imbarazzati e compiaciuti dal complimento.
“È stato Harry, Signore” ammise il giovane Weasley. La Granger annuì
convinta. “Avevamo appena finito gli esami quando ha capito che Hagrid
– Ahi!”
Ad Albus non sfuggì l’occhiata d’avvertimento che lei lanciò all’amico.
“Quello che Ron voleva dire, Signore, è che eravamo a prendere il tè da
Hagrid quando Harry ha capito che il furto sarebbe avvenuto proprio
quel giorno.”
Il Preside non riuscì a trattenere un sorriso divertito.
“Signorina Granger, è molto nobile da parte sua cercare di proteggere
il nostro amato Guardiacaccia, ma temo che lui mi abbia già riferito
del suo profondo rammarico per essersi lasciato sfuggire per ben due
volte quale fosse il tallone d’Achille del suo mansueto Fuffi…”
“Signore, sono certa che Hagrid non avesse alcuna intenzione di lasciar
trapelare quell’informazione” si affrettò a difenderlo la Granger,
mentre Weasley assicurava convinto che erano stati loro a costringerlo.
“A Hagrid farà piacere sapere quanto voi lo abbiate a cuore,” ridacchiò
Albus, “ma non occorre che vi preoccupiate per lui. So perfettamente
che non mi avrebbe mai tradito di sua volontà. D’altronde, se avesse
voluto rubare la Pietra avrebbe potuto farlo quando l’ha portata via
dalla Gringott, non trovate?”
I due ragazzi annuirono sollevati.
“Adesso, però, ho bisogno di chiedervi di fare un ulteriore, piccolo
sforzo di memoria. C’è stato qualcosa
che ha spinto Harry a capire che il furto sarebbe stato proprio quel
giorno, non è vero?” domandò, mentre il sangue cominciava a pulsargli
nell’attesa di quella risposta.
“La cicatrice, Signore” realizzò la Granger. Albus provò un moto di
trionfo, sentendo confermare i suoi fondati sospetti. “Continuava a
fargli male.”
“Già, era convinto che significava che c’erano guai in vista, ma, be’,
noi non gli abbiamo dato molto ascolto finché non abbiamo scoperto che
Piton sapeva di Fuffi.”
“Il Professor Piton, Signor
Weasley. Anche se immagino che lei stesse in realtà facendo riferimento
al Professor Raptor…” azzardò Albus, sforzandosi di apparire cordiale.
In cuor suo, però, ardeva dalla voglia di fare altre domande sulla
cicatrice.
“Ehm, sì, mi scusi, intendevo il Professor Raptor” convenne il ragazzo,
le orecchie che diventavano scarlatte.
“Oh, anche ai migliori tra noi a volte capita di sbagliare, Signor
Weasley” lo rincuorò il Preside, “D’altronde, se è chiaro che voi non
avevate capito chi fosse il vero colpevole, è altrettanto vero che io
mi sono lasciato attirare a Londra con l’inganno” aggiunse con un
occhiolino. “Ora, ditemi: è capitato altre volte che Harry sentisse
dolore alla cicatrice?” chiese, cercando di farla sembrare una
chiacchierata sul più e sul meno.
“Che io sappia è successo un’altra volta, Signore, quando ha incontrato
Tu-Sai-Chi che beveva sangue di unicorno nella foresta proibita”
raccontò la Granger. “Credo che in quella circostanza abbia
sentito un dolore molto più forte, però. Fa tanto più male quanto più
lui è vicino, non è vero?”
“Temo proprio di sì, Signorina Granger. Temo proprio di sì…”
Dopo gli ultimi saluti, Albus uscì dall’infermeria, lasciando i due
ragazzi al fianco di Harry.
E così, aveva ragione, pensò
mentre mandava un Patronus a Severus e Minerva. Aveva appena ricevuto
la conferma che cercava da tempo: Harry Potter, l’unico in grado di
sconfiggere Lord Voldemort, era
diventato un suo Horcrux.
L’ipotesi che aveva formulato tanti anni prima era esatta, dunque:
quando Voldemort aveva attaccato il bambino, non solo l’aveva designato come suo eguale, ma
l’aveva anche reso tale.
Attaccandolo, aveva fatto di Harry l’unico in grado di sconfiggerlo… ma
l’aveva anche involontariamente trasformato nella sua ancora alla vita.
Per l’ennesima volta, Albus si ritrovò a chiedersi come Harry avrebbe
mai potuto eliminare Voldemort, visto che la morte del ragazzo e
dell’Horcrux in lui contenuto era una tappa indispensabile a decretarne
la sconfitta… Per l’ennesima volta, poté darsi solo la stessa fumosa,
criptica risposta: ‘e l’uno dovrà
morire per mano dell’altro’.*
Di come questo potesse accadere, Albus non aveva ancora la più pallida
idea.
*
Aveva appena posato il Pensatoio sulla scrivania quando la porta del
suo Ufficio si aprì e apparvero un preoccupato Severus e una
scarmigliata Minerva, ancora in veste da notte.
“Albus! Cosa succede?” chiese subito la vicepreside, l’ansia nella voce.
“Noto che il tuo viaggio a Londra è stato molto breve” aggiunse
l’insegnante di Pozioni.
“Minerva, Severus, vi prego di sedervi” disse Albus, indicando le due
poltrone davanti alla sua scrivania.
I due professori lo squadrarono per un istante, irritati dalla sua
calma, ma infine cedettero.
“Questa notte, un ladro si è introdotto nella botola al terzo piano per
trafugare la Pietra Filosofale.”
Minerva trasalì, portandosi una mano alla bocca, mentre Severus strinse
le dita sui braccioli della poltrona, la mascella contratta.
“Me l’avevano detto…” sussurrò Minerva, scuotendo la testa inorridita.
“Potter e i suoi amici me l’avevano detto, ma io non gli ho dato
ascolto, ho pensato che –”
“Silente, è stato Raptor a rubare la Pietra?” la interruppe Severus, la
voce intrisa di rancore.
“Raptor?!” chiese sorpresa Minerva. “Quirinus Raptor?”
“Sì, è stato Raptor” confermò Albus gravemente. Non batté ciglio quando
Severus diede un pugno al bracciolo, frustrato. “Ma temo abbiate
frainteso le mie parole. Non credo di aver mai detto che sia effettivamente riuscito a rubare la
Pietra” aggiunse con un sorriso sornione.
I due insegnanti lo guardarono basiti.
“Quindi… l’hai fermato in tempo?” domandò speranzosa Minerva, quando si
riebbe dalla sorpresa.
“Oh, vorrei davvero potermi prendere tutti i meriti di questo successo,
ma ho paura che non possa farlo” disse Albus soddisfatto. “Si dà il
caso, infatti, che a sventare il furto siano stati tre giovani
Grifondoro… Sono certo che possiate indovinare di chi stia parlando.”
“Potter ha fermato Raptor?” chiese Severus, stupito.
“Un ragazzo pieno di risorse, non è vero? Ma non credo sarebbe mai
riuscito a superare tutte le nostre misure di sicurezza senza il
prezioso aiuto dei suoi amici Weasley e Granger” spiegò Albus con
orgoglio.
“Mio Dio…” mormorò Minerva. Albus si domandò se stesse pensando a cosa
sarebbe successo se fosse riuscita a intercettarli, o se stesse
realizzando che rischio enorme avessero corso i suoi studenti quella
notte. “Stanno tutti bene?”
“Attualmente Harry è ricoverato nella nostra infermeria. Poppy è
convinta che si riprenderà, ma probabilmente avrà bisogno di qualche
giorno per risvegliarsi. Weasley e Granger sono un po’ ammaccati, ma
stanno bene.”
Minerva si abbandonò sulla poltrona, tirando un sospiro di sollievo.
“Adesso, però, c’è qualcosa che vorrei mostrarvi” disse Albus, portando
la bacchetta alla tempia ed estraendo un ricordo argenteo, che adagiò
nel Pensatoio. L’immagine di Harry svenuto tra le sue braccia vorticò
per un attimo, prima di sparire. Allora Albus immerse la bacchetta in
quello strano fluido e due figure emersero dalla superficie del
Pensatoio. Minerva e Severus trasalirono, quando l’aria si saturò di
urla dell’ustionato Raptor, il braccio stretto tra le dita di Harry.
Albus rivide l’orrendo volto di Voldemort deformare la nuca
dell’insegnante, sentì la propria voce pregare Harry di lasciarlo
andare e infine vide se stesso separarlo da Raptor e prenderlo tra le
braccia prima che cadesse a terra.
Minerva lanciò un grido quando l’anima mutilata di Voldemort lasciò il
corpo del suo servo. “Era... era…” mormorò, quando il ricordo tornò a
immergersi nel Pensatoio.
“Ciò che resta di Voldemort, sì” confermò Albus, ignorando il brivido
che percorse l’insegnante quando lui pronunciò quel nome.
“Il Signore Oscuro ha posseduto Raptor per tutto questo tempo?” domandò
Severus, una nota di disgusto nella voce. Albus si chiese se parte di
quel disgusto fosse rivolto anche verso se stesso, per non essere stato
in grado di capire che il suo antico padrone era stato a un passo da
lui per un intero anno.
“Più che posseduto, direi abitato, ma sì, è così” confermò
Albus. “Raptor lo ha tenuto in vita bevendo sangue di unicorno nella
foresta e Voldemort l’ha ripagato lasciandolo morire.”
“E adesso che… che è di nuovo là fuori cosa succederà?” chiese Minerva
con voce grave. “Cercherà un altro corpo da abitare per tenersi in
vita?”
“Sì, suppongo di sì” sospirò Albus. “Almeno finché non riuscirà a
trovare il modo di tornare per davvero.”
Calò un lugubre silenzio dopo quest’ultima affermazione. Ad Albus non
sfuggì che una mano di Severus si mosse a stringere con preoccupazione
l’avambraccio con il Marchio Nero.
Fu Minerva la prima a ritrovare la voce.
“Come ha fatto Potter a fermarlo? Sembrava che Raptor non potesse
nemmeno toccarlo.”
“È un’ottima domanda, Minerva. Una domanda a cui devo dare la stessa
risposta dell’ultima volta: il sacrificio di Lily l’ha protetto.”
Mentre Severus s’irrigidiva sulla poltrona, lei annuì, gli occhi che
diventavano umidi per la commozione. “Bene,” esordì alzandosi in piedi
e cercando di mascherare l’incrinatura della voce, “è tempo che vada ad
accertarmi delle condizioni di Granger, Weasley e Potter.”
“Ma certo, Minerva. Ah, credo che la Signorina Granger abbia accennato
qualcosa sull’essere stata costretta con enorme rammarico a eseguire una
Pastoia Total-Body sul Signor Paciock” aggiunse serafico, mentre lei lo
guardava allibita per un attimo. “Suppongo sia opportuno verificare che
stia bene.”
Minerva annuì, quindi fece un cenno di saluto a entrambi e lasciò la
stanza.
Severus lo fissò dritto negli occhi per un lungo istante.
“Perché non hai neanche provato a ucciderlo, Silente?”
Albus fece un profondo respiro, pensando al peso del segreto che era
costretto a portare… Un peso che non era ancora pronto a condividere.
“Dieci anni fa, quando Voldemort cadde andai alla ricerca di ciò che
restava di lui, ma tutti i miei incantesimi per rintracciarlo fallirono
miseramente. All’inizio non mi capacitai di come fosse possibile, poi
capii: non essendo davvero umano, era impossibile trovarne le tracce.
Allo stesso modo, sono convinto che sarebbe impossibile ucciderlo.”
“Così convinto da non tentare nemmeno?” domandò l’insegnante di
Pozioni, un tono d’accusa nella voce.
“Esattamente, Severus” ribatté Albus con fermezza. “D’altronde, non
sono io il mago destinato a sconfiggerlo, come tu ben sai, pertanto ho
ritenuto più opportuno spendere le mie energie per salvare la vita
all’unica persona col potere di
sconfiggere l’Oscuro Signore*, piuttosto che sprecarle in
inutili tentativi di fermare Voldemort.”
Severus strinse le labbra e annuì. Albus non era certo di averlo
convinto, ma sapeva che per ora si sarebbe fatto bastare quella
spiegazione. Forse, un giorno gli avrebbe raccontato di come Voldemort
fosse rimasto ancorato alla vita per merito di un Horcrux e di come in
Harry vivesse un altro pezzo della sua anima, ma non era quello il
giorno.
Quando anche Severus uscì dallo studio, Albus avvicinò la punta della
bacchetta alla superficie del Pensatoio, che divenne dura come vetro.
Si sporse sopra il bacile, guardando una motocicletta che solcava il
cielo sopra a una casa anonima di Privet Drive. Senza pensarci due
volte, si immerse nel ricordo e uscì dal Pensatoio solo molte memorie
dopo.
*
“Signore, ci sono alcune altre cose
che mi piacerebbe sapere, se lei può rispondermi... cose sulle quali
vorrei sapere la verità.”
“La verità...” ripeté Albus,
sospirando.“E' una cosa meravigliosa
e terribile, e per questo va trattata con grande cautela. In ogni caso,
risponderò alle tue domande, a meno che non abbia ottime ragioni per
non farlo, nel qual caso ti prego di perdonarmi. Ma non mentirò.”
“Bene... Voldemort ha detto di avere
ucciso mia madre soltanto perché lei cercava di impedirgli di uccidere
me.”
Il Preside trattenne il fiato. Avere la certezza che Lily si fosse
sacrificata per Harry poiché questa era l’unica spiegazione possibile
era un conto, averne la conferma per bocca di Voldemort stesso era
tutt’altro paio di maniche.
“Ma lui perché voleva farmi fuori?”
domandò Harry.
Albus fece un respiro profondo. Per un lungo istante fu tentato di
raccontargli tutto della Profezia, ma poi lo guardò, ancora così
giovane e spensierato, e non ebbe il coraggio di caricare quelle spalle
d’un fardello che perfino lui faticava a sopportare.
“Purtroppo, alla prima domanda non
posso rispondere. Non oggi. Non ora. Un giorno lo saprai... ma per
adesso, Harry, non ci pensare. Quando sarai più grande... Lo so che non
sopporti di sentirtelo dire, ma... quando sarai pronto, lo saprai.”
“Ma allora, perché Raptor non poteva
toccarmi?”
“Vedi, tua madre è morta per
salvarti. Ora, se c'è una cosa che Voldemort non riesce a concepire, è
l'amore. Non poteva capire che un amore potente come quello di tua
madre lascia il segno: non una cicatrice, non un segno visibile...
Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre, anche
quando la persona che ci ha amato non c'è più. E' una cosa che ti resta
dentro, nella pelle. Raptor, che avendo ceduto l'anima a Voldemort era
pieno di odio, di brama e di ambizione, non poteva toccarti per questa
ragione. Per lui era un tormento toccare una persona segnata da un
marchio di tanta bontà.”
*
Quando lasciò Harry in compagnia dei suoi amici, Albus ritornò a
pensare a come il sacrificio di Lily l’avesse protetto non solo dal
primo attacco di Voldemort, ma anche dal semplice tocco di un uomo che
gli aveva ceduto il proprio corpo.
Se da una parte era stato contento di scoprire che la protezione di
Lily scorresse ancora potente nel ragazzo, dall’altra sospettava che
ora anche Voldemort, per quanto poco incline a considerare l’esistenza
di quell’antica magia, avrebbe intuito come Harry fosse riuscito a
sopravvivergli. Se conosceva Voldemort bene come credeva, di certo il
mago oscuro avrebbe cercato un modo per annullare quella protezione…
Non restava che nutrire la speranza che lui sottovalutasse quella forma di
magia ancora una volta.
**********
Ciao!! Eccomi qui,
dopo secoli, a pubblicare il secondo capitolo di questa raccolta… Spero
sia stata una lettura interessante ^^ Sarò felicissima di sapere cosa
ne pensate!
Come sempre, ho
una vagonata di note, che ci volete fare ;) Metà comunque sono
citazioni di HP, dovrebbe essere un piacere rileggerle :P
Prima delle note
vi saluto e ringrazio tutti quelli che hanno commentato, ‘preferito’,
seguito e ricordato la storia :D
Isidar
-
Prima di tutto, quando ho scritto il pezzo con Ron e Hermione mi sono
resa conto che per due capitoli avevo usato Silente come protagonista e
pov, continuando però a chiamarlo ‘Silente’, proprio come in HP. Anche
se mi viene molto più naturale, mi sono detta che non aveva molto senso
che il protagonista venga chiamato per cognome nel suo pov, così ho
cambiato entrambi i capitoli. Spero l’effetto non sia troppo
‘innaturale’, in caso battete un colpo!
-
Le frasi in corsivo contrassegnate da un asterisco sono parte della
Profezia, quindi sono citazioni di HP5 e non mi appartengono; lo stesso
vale per il titolo ;)
-
Per la scena
della lettera di Olivander ho tratto spunto da qui: “Il signor Olivander mi ha scritto per
dirmi che avevi comprato la seconda bacchetta nell'istante in cui sei
uscito dal suo negozio quattro anni fa.” [HP1] Anche se non è
specificato nel libro, ho pensato che mentre Harry comprava la divisa
Hagrid abbia mandato un gufo a Silente avvisandolo di aver compiuto la
‘missione segreta’ alla Gringott ;) Il trionfo di Silente per aver
trovato un nuovo indizio a conferma della teoria ‘Harry-Horcrux’ è
misto a terrore perché chiaramente sancisce la necessità che Harry
muoia (ci metterà più tempo a intuire che ha una possibilità di
sopravvivere)
-
Per la scena
con Raptor, la parte in corsivo è di un narratore onniscente;
quando Silente racconta a Harry della pecca nel suo piano dice che la
pecca comincia a germogliare dopo la domanda che Harry gli fa in
infermeria, quella a cui decide di non rispondere; così ho immaginato
che Silente non si sia nemmeno reso conto che già da prima il suo
giudizio era stato in qualche modo offuscato dall’affetto per Harry,
convinto di aver agito in modo razionale: sapeva che non poteva
uccidere Voldemort per via degli Horcrux, quindi si è preoccupato di
Harry [“Ma nel mio meraviglioso piano
c'era una pecca” disse Silente. “Una pecca ovvia, e già allora ero
consapevole che avrebbe potuto mandarlo a rotoli. Eppure, sapendo
quanto fosse importante che il mio piano avesse successo, decisi di non
permettere a quell'unica pecca di rovinarlo. Io solo potevo impedirlo,
perciò io solo dovevo essere forte. E affrontai la mia prima prova
quando tu eri in infermeria, ancora debole dopo la battaglia contro
Voldemort. […] Vedi la pecca nel mio piano geniale? Ero caduto nella
trappola che avevo previsto, che mi ero sforzato di evitare, che dovevo
evitare. (…) Mi ero troppo affezionato a te.” – HP5]. Ah, quando
scrivo che solo dopo realizza di aver visto Voldemort, non intendo dire
che non aveva capito di chi fosse quel volto; voglio solo sottolineare
che per Silente dà talmente per assodato che Voldemort non sia morto da
non sorprendersi lì per lì della sua presenza; ovviamente, col senno di
poi realizza che ora ne ha avuto la conferma definitiva, ora ha visto
finalmente come si è ridotto
-
Per la scena
con Ron e Hermione, immagino sia ambientata poco dopo che
Silente ha portato Harry in infermeria, quindi durante la
notte/all’alba. Nella mia mente loro dopo averlo intercettato nel
salone d’ingresso sono andati ad aspettarlo al terzo piano, per poi
seguirlo in infermeria. Quando Harry si risveglia Silente sottolinea
che tutta la scuola sa di quello che è successo con Harry e Raptor,
perciò ho immaginato che abbia dato lui stesso qualche spiegazione a
Ron e Hermione; della Pietra gli deve aver detto solo che ‘era al
sicuro’ (o qualcosa del genere), perché Ron si sorprende quando Harry
gli dice che verrà distrutta. Sulla cicatrice, Silente non ne parla mai
con Harry in HP1 – almeno per quanto ne sappiamo – ma questa citazione “Quando ti riunisti al mondo magico fu
subito chiaro che la mia intuizione era giusta, e che la cicatrice ti
avvertiva dell'avvicinarsi di Voldemort e dello scatenarsi delle sue
emozioni” [HP5] mi ha fatto pensare che lui già avesse i suoi
bei sospetti. Probabilmente li aveva dalla prima volta che vide la
cicatrice. Ora, perché mai non ne chiede conferma a Harry? Be’, io ho
pensato che magari qualcuno gli avesse già confermato la cosa ;)
[l’alternativa è che non lo faccia per paure di un’altra domanda a cui
non può dare uan risposta sincera, ovvero quella sul legame
Harry-Voldemort… però mi piaceva sfruttare Ron e Hermione ;)] Ah,
notizia fondamentale: l’ ‘Ahi’ di Ron è per una pestata datagli da
Hermione sotto al tavolo xD
-
Per la scena
con Minerva e Severus, Piton è frustrato nello scoprire che
Raptor ha tentato il furto perché Silente gli aveva chiesto di tenerlo
d’occhio (e mi pare ovvio che alla fine abbia fallito nell’intento xD);
per quanto riguarda il Pensatoio, alcune volte (Bertha Jorkins,
Profezia della Cooman) Silente visualizza i ricordi senza entrarci
dentro: ho scelto questa modalità perché avevo già descritto la scena e
mi sembrava inutile ripeterla nei dettagli; per alcune parti ho fatto
riferimento a questa citazione: “È
ancora là fuori, da qualche parte, forse in cerca di un altro corpo da
abitare... Visto che non è veramente vivo, è impossibile ucciderlo.”
[HP1, Silente a Harry in infermeria]; ah, ho pensato sia accettabile
che Minerva dica ‘Mio Dio’ invece di cose tipo ‘Oh Merlino’ perché suo
padre era un sacerdote (credo un pastore, per l’esattezza)
-
Sulla penultima scena devo solo ribadire che tutti i dialoghi sono
citati da HP1 (per completezza ho messo anche il commento su Raptor, ma
ero indecisa sull’inserirlo)
-
Sull’ultima scena non mi pare di avere note particolari ^^ Anche se
tornerò sull’argomento in altri capitoli, quando mi degnerò di
scriverli :P
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