50 Sbavature di Vegeta 2 ~ The Prince Strikes Back

di Zappa
(/viewuser.php?uid=168901)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Egocentrico ***
Capitolo 2: *** Sensibile ***
Capitolo 3: *** Innamorato ***
Capitolo 4: *** Ponderato ***
Capitolo 5: *** Tecnologico ***
Capitolo 6: *** Esasperante ***
Capitolo 7: *** Filosofo ***
Capitolo 8: *** Tata ***
Capitolo 9: *** Imperatore ***
Capitolo 10: *** Strano ***
Capitolo 11: *** Destinato ***
Capitolo 12: *** Casalingo ***
Capitolo 13: *** Festaiolo ***
Capitolo 14: *** Cupido ***
Capitolo 15: *** Coinquilino ***
Capitolo 16: *** Neopatentato ***
Capitolo 17: *** Genitore ***



Capitolo 1
*** Egocentrico ***


La battaglia contro Majin Bu era difficile.
Be', non che si aspettasse un picnic in un campo di margheritine ma, cavolo, se era difficile.
Prima di tutto, Vegeta aveva scoperto che odiava assolutamente il colore rosa e avere a che fare con una Big Babol gigante e appiccicosa, come quelle che ti si attaccano sotto la suola delle scarpe quando cammini per strada, era un disastro.
Insomma, come fai?
Cerchi di pulirti la scarpa in giardino o su un prato, ma, magari, calpesti una cacca di cane e ti ritrovi con gli stivali da buttare. Più ti pulisci, più gli stivali ti si sporcano. Dai fuoco agli stivali ma alla fine la gomma è ancora là, irriverente, attaccata alla suola. Allora ti spari direttamente al piede ma a quell'altro, azzoppandoti.
È un problema, diamine.
Secondo di tutto, tutto quello che avevano fatto fino a quel momento era stato completamente inutile; prima, palla di lardo gli aveva maciullato le ossa, quando, versione Majin, era stato costretto al suicidio e dopo, si era dovuto fondere con Goku... – un'esperienza al limite del paranormale, come se ci fosse finito a letto, più o meno... avrebbe avuto gli incubi a vita, probabilmente – per poi ritrovarsi, nuovamente, da capo.
Ora erano nella mente del corpo bavoso di Buu, circondati da torte, cioccolatini e canditi, e con il mostro che li assediava.
<< Vegeta, dobbiamo agire di squadra! >> ripeteva, sull'orlo dell'isteria, Goku, anche se, le sue idee, dopo un po', stavano iniziando a fare cilecca.
Infatti, la sua unica strategia era "COLPISCILO DURO!" ma dopo l'ennesimo tentativo, il mostro aveva iniziato a cambiare manovra, agendo in velocità ed evitando i loro colpi facilmente.
E così, sotto i colpi energetici di Buu e al suono della sua risatina da monello, Vegeta stava iniziando a schizzare di brutto.
<< DIAMINE KAKAROTH! SE MI DICI ANCORA UNA VOLTA 'COLPISCILO DURO', TI SPEZZO LA SCHIENA! L'HA CAPITA LA TECNICA, NON È MICA SCEMO COME QUALCUNO QUI DENTRO >>
<< Come chi?! >> lo interruppe sgomento Goku per poi guardarsi intorno.
C'era qualche scemo lì con loro?
Ma che ci faceva là?
Era pericoloso!
Vegeta stava già alzando gli occhi al cielo e per rispondergli per le rime, quando vide comparire alle spalle del compare il mostro, cogliendolo di sorpresa.
<< ATTENTO, KAKAROTH! >>
<< Cos- >>
Ma il mostro, uscito da una parete, si era avvinghiato, appiccicoso come, appunto, una Big Babol, a Goku e stava cercando di mangiarselo, inglobandolo tra le sue membra. Una cosa da far accapponare la pelle. Che schifo.
<< AHHHHHH! >>
Gridava disperato il più piccolo alieno mentre Vegeta si guardava intorno per trovare una soluzione per aiutare lo scemo (Che è Goku. Lo dico per tutti coloro che si sono connessi solo ora e che ci seguono da casa).
Più Vegeta si aggirava per la scatola cranica del mostro alla ricerca di un bastone, un sasso, un caspiterina di stivale da tirare in testa al mostro, più quello si attorcigliava attorno a Kakaroth che, disperato, cercava di dinoccolarsi fuori dalla sua presa.
Un po' come giocare a Twister, avete presente?
Tu fai una mossa, l'altro ne fa un'altra e dovete tutti e due correre all'ospedale per l'ernia al disco o per lo stiramento di qualche muscolo: allontanava il braccio e quello gli stringeva la caviglia, allungava il collo in cerca di aria e quello si attorcigliava ancora di più attorno alle costole, lo sbrigliava dalle gambe e quello andava a toccare il...
Naso, cosa pensavate?

Vegeta, intanto, che stava ancora cercando qualche appiglio a cui appigliarsi, vide improvvisamente Goku cercare di tirare su la testa per respirare e il mostro, subito dopo, azzannargliela, come uno zombie in cerca di un cervello delicato.
Spalancò gli occhi per la sorpresa: eh no, eh! Questo era troppo anche per Kakaroth!
Indignato, esclamò su tutte le furie: << LA TESTA DI KAKAROTH?! LA SUA TESTA? >>
Majin bloccò immediatamente le fauci e si ritrovò con il cazzotto di Goku in faccia, il quale, preso in contropiede dalla reazione di Vegeta, lo guardò stranito.
<< STARAI SCHERZANDO, SPERO! >>
Gli altri lo guardarono, continuando a non capire.
<< Insomma, non vedi quanto il MIO cervello sia migliore del suo? 100% INTELLIGENZA SAIYAN, BABY! >>
Il mostro e Goku si scambiarono un'altra occhiata, l'un l'altro, dubbiosi.
Facendo, poi, spallucce, ripresero a picchiarsi, sotto le urla inferocite di Vegeta che, come al suo solito e anche nei momenti meno opportuni, voleva essere al centro dell'attenzione.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sensibile ***


La vita è ricca di sentimenti, sensazioni e passioni.
Ognuno ha la propria sensibilità e, vivendo con gli altri, crea il proprio mondo, il proprio agire, il proprio credo.
La religione è arte della sensibilità dell'uomo, un punto di riferimento per molti, una corda da seguire nei momenti bui, una storia simpatica per altri.
Bulma, pur essendo una scienziata razionale e precisa, aveva sempre ispirato il proprio agire a dei principi saldi, solidi.
Lo stesso gruppo Z, in fin dei conti, aveva trovato un caposaldo in comune, ossia, la necessità di agire per il bene
del pianeta e degli altri, perché era corretto agire per la giustizia.
Almeno, questo era quello che Bulma aveva sempre pensato, finché non aveva conosciuto Vegeta.

E Vegeta?
Be', il discorso era mandato a quel paese se si pensava alla sua sensibilità su certi argomenti.
Non che fosse insensibile ai problemi altrui e che non avesse nessun convincimento morale, era solo che il suo credo era un po'... particolare.
Bulma condivideva molto con i suoi amici e tra le tante strampalate avventure aveva condiviso molti valori e principi.
Comprendeva, ad esempio, la pazienza e la perseveranza di Chichi che, almeno da quanto si capiva quando
la donna non aveva la sue cose, si appellava al credo taoista.
Chichi era alla costante ricerca dello stato di perfetta armonia con il mondo naturale,
uno stato che si acquistava uniformandosi ad esso tramite meditazione ed estasi, che permettevano l'identificazione con il tao.
Almeno, questo era l'obbiettivo di quella povera donna, anche se, a forza di sbraitare dietro al marito, la sua armonia era andata su per il camino da un po'.
Bulma capiva e ammirava, poi, il credo buddista di Crillin e Tenshinhan: vivere in contatto con la natura, in rispetto e in unione con essa.
Una specie di Hippie, in sostanza.   

La scienziata, pensando a tutti questi ragionamenti, non si capacitava, allora, della chiacchierata avuta quella mattina con suo marito.
Per quanto potesse sembrarle strano, aveva capito che anche Vegeta aveva il proprio credo.
Un po' strampalato e assolutamente anormale, ma lo aveva e ci credeva fermamente!
Infatti, quella mattina, quando gli aveva chiesto se avesse qualche principio morale che guidasse le sue azioni,
lui, guardandola con aria di sufficienza come se fosse stato offeso dalla sua banale domanda, le aveva dato,
pensandoci un po' su, una risposta da cui trapelava tutta la sensibilità di cui era capace.
<< Uccidi tutti quelli che non ti piacciono >>
<< Vegeta, no >>
<< Vegeta, sì. >>

Angolo dell'autrice
Ispirazione dalla grande Stupidoomdoodles. Check out her drawings, they're amazing. Non sono morta, non ancora e mi scuso per il ritardo ma sono abbastanza pressata da esami e tutto e LA VITA È ODIOSA NON PRENDETEVELA CON ME!
Spero ci sia davvero qualcuno che si ricordi di me, che lasci un commentino o si degni di dare un'occhiata al capitolo.
Andrò a fare la questua.
Mi spiace davvero un sacco per il ritardo, spero di ritornare al più presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Innamorato ***



L'amore è meraviglioso e ti fa fare cose pazze.
Soprattutto se sei un Saiyan.
Talmente pazze, che dovrebbero metterci le avvertenze del foglietto illustrativo se somministrato ad un esemplare di questa curiosa specie.

Vegeta, lo sappiamo, non era mai stato bravo con i sentimenti.
Era goffo, impacciato, come un papero che fa fatica a camminare sulle sue zampette palmate.
Era tonto, in poche parole: gli unici sentimenti che aveva mai provato li aveva confessati, in una serata di sbornia, ad una delle torte al cioccolato che la signora Briefs gli preparava con tanto amore, finendo poi per addormentarsi con la faccia sprofondata nella crema.
Ma da quando aveva scoperto di provare qualcosa per Bulma, tutto era cambiato per lui: era, certo, rimasto il solito impacciato burbero nano di sempre ma aveva scoperto di avere un lato soffice, come un cuscino di seta.
La sera prima, Bulma gli aveva detto che era come un buon toast: duro e croccante fuori ma morbido e ripieno di caldo formaggio all'interno.
Una cosa carina e dolce.
Si era trattenuto dal vomitare, ok, ma, riflettendoci su la notte, aveva avuto la rivelazione.
Così, con lo stomaco pieno di farfalle – in parte per l'amore, in parte perché si era divertito a catturarne alcune prima per saggiarne la croccantezza rincorrendole per tutto il giardino – aveva preso la porta della Capsule a tutta velocità ed era sfrecciato verso il cielo.
Si era fermato qualche ora dopo, dopo aver girato come una mosca per tutto il cielo della capitale – per la gioia dei piloti d'aereo – con il fiatone.
Si era... innamorato.
Sorrise in maniera idiota.
Ridendo sguaiatamente, si mise a lanciare in giro ki blast che, come missili, finirono per asciugare un po' di nuvole e rasare a zero circa metà dei villaggi sottostanti.
Era una sensazione strana, pensò, portandosi una mano al cuore che batteva all'impazzata...
Era come se gli avessero sezionato il torace, estratto con pinze il cuore, schiacciato tra delle tenaglie ferruginose, succhiato via il sangue e maciullato con violenza organi interni e succhi gastrici come solo un bravo mercenario sa fare, spargendo un lago di sangue tra atroci dolori e sofferenze.
Era una sensazione strana ma, MIO KAMI, era la cosa migliore che gli fosse mai capitata!
<< YU HUUU >>
Gridò nuovamente al cielo, riprendendo a far le capriole tra le nuvole, seminando il panico tra gli stormi di uccelli che migravano verso sud.
Era bellissimo.
Lei era bellissima.

Quella sera, mentre lui giocava a fare l'astronauta, tutti i telegiornali e notiziari della Città dell'Ovest fecero un'edizione straordinaria in cui raccomandarono alla popolazione di barricarsi in casa – meglio se si aveva un bunker – e di non uscire per nessun motivo: sembrava, infatti, che ci fosse in corso un bombardamento sulla città e che stesse provocando la distruzione di numerosi palazzi e quartieri.
Parlavano di "una pioggia di fuochi d'artificio" che aveva messo KO la rete ferroviaria, la centrale elettrica e la maggior parte delle strade.
I pompieri e la polizia, quella sera, chiesero venia per i ritardi e i disagi e si raccolse una colletta da parte di tutta la cittadinanza a sostegno dei pompieri che, una volta ripristinate strade, ponti e case, diedero tutti le dimissioni.
Bulma, dalla finestra della sua stanza, quella sera, osservò il cielo in fiamme, sospirando.
Tutti temevano Vegeta, il principe tenebroso che stava combinando, in preda ad una crisi ormonale, un disastro ambientale.
Lei, invece, lo considerava solo l'idiota che aveva fatto un buco nel soffitto quando aveva visto un verme fuoriuscire da un vaso di fiori e che, ora, stava propanando il suo amore per lei scaricando onde di energia di proporzioni tzunamiche.
Tutti avevano paura di lui ma lei no.
Lei lo considerava solo un idiota, il suo idiota.

Angolo dell'autrice, quella povera disperata
BEEEEE' ci sono.
Scusate il solito ritardo ma si fa quello che si può.
Sperando che il capitolo sia apprezzato e apprezzabile, soprattutto, vi auguro una buona giornata!
E un grazie a tutti quelli che leggono, correggono, apprezzano, ecc...!
Scusate per la formattazione che ogni volta cambia ma io sono una persona a cui non piace la monotonia!
No, scherzo, non sono capace di dare un HTML decente LOL
Adiòs

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ponderato ***


Se, dopo un incidente grave, il medico vi dicesse di stare a riposo e di non far sforzi... voi che fareste?
Ovviamente, per non rimetterci qualche osso in più e per non far patire troppo la milza, restereste a riposo. In fondo, è così bello restare a poltrire a letto a leggere un buon libro, a guardare la televisione o a leggere le storie di Zappa, no?
Ma... c'è un ma: se siete un Saiyan, la cosa non è così scontata.
Infatti, quella mattina, nonostante Bulma avesse provato in tutti i modi a dissuaderlo dagli allenamenti – legandolo al letto, rubandogli la tuta da ginnastica, murandogli la porta della camera, corrompendolo con una buona bistecca – Vegeta, o quello che restava del principe ridotto ad un colabrodo dalla esplosione della Gravity Room, si era diretto stoicamente nella sua camera delle torture preferita e, in quel momento, sotto una gravità di 500 superiore a quella terrestre, stava diventando un budino.

Tu, tum... tu, tum... tu, tum... tutum, tutum... tutumtutumtumtumTUMTUTMTUTMTUTMUM!
<< AHHHHH! Cosa diamine sta succedendo? >> esclamò di sobbalzo il cuore, trovandosi, improvvisamente, ad accelerare i suoi battiti.
<< GASP! >> annasparono presi alla sprovvista i polmoni, iniziando a incanalare più ossigeno possibile e a muoversi velocemente con il cuore.
<< NON È UN ESERCITAZIONE, RIPETO: QUESTA NON È UN ESERCITAZIONE! >>
Esclamò agitato il cuore ridestando tutti gli organi interni, mentre, a forza di battere, al povero cuore, gli stava venendo il cuore in gola.
<< CERVELLO! CERVELLO! >>
Urlano allora gli organi interni mentre prendevano anche loro a lavorare a più non posso e il fegato cercava di non morire soffocato dalla sua bile, l'intestino, frattanto, malediva la fame cronica del suo padrone di casa: sperava solo di riuscire a smaltire tutto il cibo inglobato prima che lo stomaco lo rigettasse tutto. Ipotesi non tanto probabile, visto che lo stomaco, in quel momento, non aveva proprio una bella cera.
Ma il cervello non rispondeva: lui, assorto in qualche pensiero del tipo come organizzare la vittoria su Kakaroth o come svaligiare la dispensa di casa non rispondeva ai singulti degli organi che galleggiavano nel sudore della disperazione.
<< SANTO KAMI, CUORE! NON CE LA FACCIO >> si mise a piangere la povera milza, schiacciata dalla pesantezza dell'intestino e dalla capienza dello stomaco che aveva il suo bel da fare per sciogliere gli involtini del pranzo.
<< NON SI PUÒ ANDARE AVANTI COSÌ! >> si aggiunsero, esasperati, i polmoni, allargandosi e restringendosi impazziti nella cassa toracica.
<< ANDRÀ A FINIRE CHE ANCHE QUESTA VOLTA CI RITROVEREMO FRACASSATI TRA LE COSTOLE! >>
<< BASTA, VI PREGO: È LA QUINTA VOLTA QUESTA SETTIMANA CHE VADO A REMENGO IO! >> fu la volta, infine, del fegato, che cercava di conservare quel po' di bile buona che gli serviva per lavorare decentemente. Per quanto si potesse lavorare decentemente nel corpo di un Saiyan, s'intende.
E mentre il cuore stava pensando veramente di farsi venire un infarto e finita lì, rispose, con calma, il cervello.
<< Sìììì? >> s'intromise, con nonchalance, sbadigliando.
<< CERVELLO! COSA FACCIAMO? QUI STIAMO IMPAZZENDO! >>
gli chiesero in coro gli organi, sperando in una soluzione al problema frattanto che, in quel momento, si stavano unendo anche i muscoli in un urlo collettivo.
Il cervello li osservò un secondo, annuendo concentrato, tra sé e sé:
<< Be', signori miei, vista la drammatica situazione e le vostre accurate osservazioni, credo che sia arrivato il momento di DARE DI MATTO! AHHHHHHHHHHH! >>
<< AAHHHHHHHHHH! >>

12345... 12346... 123..4..7-7-7...
Vegeta annaspò un'ultima volta inspirando una grossa boccata d'aria, prima di collassare, con un sospiro, sul pavimento della Gravity Room mentre il suo cervello gli faceva bye bye con la manina.
Quella sera Bulma lo dovette raccogliere col cucchiaio dal pavimento per portarlo svenuto in infermeria.

Questa è la triste storia degli organi interni di Vegeta.
Non fate disperare i vostri organi interni, allenatevi con prudenza e ascoltate il medico.
È un'iniziativa del Consiglio dei Ministri Saiyan della Monarchia assoluta del Presidente Freezer.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Tecnologico ***


Bulma, in tanti anni di convivenza, aveva capito che Vegeta doveva avere qualche problema con la tecnologia.
In realtà, diciamocelo, Vegeta aveva un po' problemi con tutto e tutti: dalla lavatrice disubbidiente che aveva osato mangiargli un calzino al povero giardiniere che annaffiava le piante della sign. Briefs e che girava intimorito abbracciato al suo rastrello ogni volta che lo incontrava.
Per esempio, la sua Gravity Room, il suo giocattolino preferito, ogni volta doveva subire continue manutenzioni da parte della padrona di casa che si ritrovava, spesso, a riparare qualche pannello inclinato o il tasto della gravità – che suo marito aveva il pallino di pigiare con grazia, frantumandolo sotto le sue dita grandi come Menhir.
Ma il vero problema, soprattutto, era che Vegeta sfogava le proprie frustrazioni e i propri sentimenti su qualsiasi cosa vi fosse nelle vicinanze, senza sapersi controllare.
Si sfogava dalla rabbia battendo la testa furiosamente contro il pannello della Gravity Room, abbracciava, in lacrime, il forno quando aveva fame e non aveva trovato nulla in frigo, faceva soliloqui davanti alla macchinetta del caffè sulla sua tormentata vita terrestre e si complimentava con il suo amico frullatore, per la sua abilità di distruttore di frutta. Si consideravano colleghi: uno fracassava le banane, l'altro le ossa.
Finché, Bulma, animata chissà da quale buono proposito, gli aveva regalato un telefono cellulare.
Un modello vecchio, di quelli ancora con i tasti, perché se vi avesse regalato uno smartphone, questo, probabilmente, sarebbe improvvisamente scomparso sotto i suoi tocchi aggraziati facendo la fine del pulsante della Gravity Room.
E poiché Bulma non voleva avere sulla coscienza un altro esemplare del mondo tecnologico che tanto amava, aveva deciso di regalargli un telefono semplice, marcato Capsule Corporation, ... che fu la morte sua.
<< Tesoro, è Goku al telefono >>
Gli aveva teso il telefono, allontanandoselo dall'orecchio dopo aver risposto.
Lui l'aveva guardata in cagnesco per un attimo per, poi, afferrare bruscamente l'aggeggio e lanciargli un'occhiataccia torva.
<< No, >> grugnì con fastidio, << non è Kakaroth. >>
Saldò, rabbioso, la presa sul telefono, iniziando a tremare.
Bulma alzò gli occhi al cielo.
<< QUESTO. È. UN. TELEFONO. SFRACELLATO. A. TERRA! >
E spiattellò il telefono sul pavimento, con violenza, riducendolo ad un ammasso di circuiti, senza dimenticarsi di saltarci accuratamente sopra, fino a ridurlo in polvere, per poi andarsene, indispettito.
Forse, chissà, questa volta aveva litigato con il gatto per mangiare la sua porzione di croccantini e ne era uscito sconfitto.
Bulma, sospirando, portò lo sguardo sul povero telefono rimasto a terra, che annaspava in cerca di aria, dopo essere stato smashato a terra stile Loki, quando Hulk gli aveva inciso lo stile del parquet di casa Stark sulla faccia, usandolo come Swiffer per il pavimento.

Bulma, in tanti anni di convivenza, aveva finalmente capito che Vegeta doveva avere qualche problema con la tecnologia e che mai e poi mai, gli avrebbe nuovamente regalato un telefono.

Angolo dell'autrice
Ciao a tutti belli!
Ci si rivede, eh? Ma che bello... noto il vostro entusiasmo :')
Vi sono mancata, insomma? Ahahaha
Alla prossima e grazie a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Esasperante ***


Quanto può essere esasperante un cucciolo di Saiyan?
Chiedetelo a Nappa.
Nappa, quel pover'uomo di corte che un tempo si occupava di dare consigli al re sulle migliori compagnie mercenarie* su cui investire i propri soldi, ora, per un gioco del destino era finito a fare da babysitter al principino e al figlio del ribelle – rispettivamente di quattro e sette anni.
Nappa, quel pover'uomo che si rilassava ascoltando le canzoni degli ABBA, soprattutto Dancing Queen, singhiozzando con un fazzoletto in mano e sospirando alla volta del cielo, ogni volta che c'era qualcosa che non andava.
Nappa, quel pover'uomo che ora ripensava ai bei tempi, a quando non aveva quelle piccole pesti alle calcagna, – proprio come in quel momento, quando entrambi si erano aggrappati alle sue gambe, in lacrime, perché non volevano andare a letto presto – a quando era il re che doveva rincorrere il figlio per tutto il palazzo perché questo scappava dalla culla, dopo aver diverto le sbarre in titanio, a quando era Bardack ad occuparsi del figlio capellone.
Ah, giusto, Bardack non si ricordava di avere un figlio, figurarsi se se ne sarebbe preso cura...

Pover'uomo, quel Nappa.
I due piccoli Radish e Vegeta erano, davvero, due pesti: il primo, un po' più grandicello ma corto di cervello, era abbastanza snervante perché era spesso fin troppo malizioso.
<< Zio Nappa, come nascono i piccoli Saiyan? >>
<< Zio Nappa, ma perché vai in giro mezzo nudo? >>
<< Zio Nappa, ma Zarbon è una femmina? >>
Domanda a cui nessuno sapeva rispondere, rifletteva, poi, l'omone, mentre il cucciolo di terza classe lo incalzava sempre più.
Ma il principino, quando voleva, era anche peggio...
Inutile convincerlo che lo avrebbe portato al Burger King se fosse stato bravo: lui, ogni volta, se doveva fare un guaio lo faceva, non c'erano scuse.
Vegeta, a differenza di Radish, era più intelligente e un po' reticente su certi argomenti: quando, ad esempio, a scuola avevano fatto educazione sessuale – per la gioia di Radish che aveva sorriso tutto il tempo come un idiota – Nappa si ricordava bene della faccia sconvolta del piccolo Vegeta che, rosso come una fragolina, aveva nascosto la faccia tra le manine e, una volta finita la lezione, non aveva mangiato per una settimana talmente era scosso.
Quando, invece, andavano a lezione di tecniche di tortura, nonostante tutti gli scolaretti fossero un po' intimoriti, Vegeta si metteva sempre al primo banco, fermo immobile a prendere appunti, con un sorrisone stampato sulla faccia per lo spiccato interesse in materia.
Avevano certamente, aveva concluso lo zio Nappa, due caratteri differenti i due cuccioli, ma a fare i guai – che suggeriva puntualmente Vegeta, perché era lui la mente – erano proprio bravi entrambi.
E una volta rubavano le chiavi della navicella di Ginew per andare a schiantarsi contro la torre di controllo della base, e un'altra volta si mettevano a rigare l'astronave di Freezer con le chiavi di prima, un'altra ancora facevano graffiti per tutte le mura della base scrivendo "Freezer" con vicino l'immagine di un sedere, e un'altra volta si mettevano a giocare a Go Kart con le astronavi per tutto il cortile...
Ma per tutte le galassie, pensava Nappa, impossibile star fermi?!
Per non parlare di quella volta che – 'sta volta su istigazione di Radish – si erano messi in testa che Zarbon avesse la parrucca o che fosse un mistero da scoprire come facesse ad avere una tinta di capelli così perfetta ogni volta che usciva in missione.
Così si erano intrufolati nei suoi appartamenti – grazie all'abilità del piccolo Vegeta che aveva sfoderato uno sguardo così da cucciolo bastonato che, l'alieno androgino, non aveva non potuto lasciarli passare – per, poi, ritrovarsi l'appartamento a soqquadro, gli shampoo della doccia tutti a colorare le pareti, gli armadi con i suoi abiti glitter e haute coutoure sparpagliati per la stanza e la sua confezione di smalti preferita tristemente morta al suolo, mentre si sollevava dappertutto uno strano odore di bruciacchiato.
I bambini erano così bravi a fargli venire le crisi isteriche che, prima o poi, avrebbe ricevuto un Oscar per ogni scenata che aveva fatto nel rimproverarli.
Oltre al fatto che, ormai, aveva perso il conto di quante volte aveva dovuto prendere le loro difese per evitare di trovarseli spiaccicati sul muro, come carta da parati, specialmente quando Freezer, particolarmente incazzato per essersi svegliato con la faccia colorata dai due monelli, chiedeva di prenderli a vergate per vendicarsi.

Ma, rifletteva Nappa, in fin dei conti, i due erano ancora cuccioli: certo, lo facevano esasperare e avrebbe voluto ucciderli nel sonno ma, in quel momento, quando buoni buoni dormivano nel loro lettino – Radish a gambe all'aria e Vegeta abbracciato al suo Binky – e sembravano due angioletti, pensava che avrebbe dato tutto per loro.
Sospirò e si alzò dal letto, per andare anche lui in branda, dopo una lunga giornata costellata di massacri e genocidi, da bravo lavoratore, aveva bisogno di un meritato riposo.
Si passò, stanco, una mano tra i capelli per poi spalancare, nel panico, gli occhi.
Davanti allo specchio del bagno si ritrovò a fissare, a occhi sbarrati e senza parole, alcune ciocche nere che, inerti, gli erano rimaste in mano. Osservò, tra le lacrime, il proprio ciuffo che si afflosciava sulla fronte.
Stava diventando pelato e la colpa, moooolto probabilmente, era solo di quella disgrazia di cuccioli Saiyan.
Quella sera il nostro povero Nappa si mise ad ascoltare Dancing Queen degli ABBA e si ritrovò a piangere sul divano con un barattolo di gelato al cioccolato tra le braccia mentre guardava Titanic.

*termine assolutamente inventato

Angolo dell'autrice
Chissà perché ogni autore ha il suo “angolo”. I mean, non si potrebbe parlare di cerchio? O quadrato? O stanza? “La stanzetta dell'autrice”, non ci sta male, no? Va be'.
Eccomi prima del previsto. Ho deciso di pubblicare dopo pochi giorni perché, almeno per una quindicina di giorni, non mi presenterò per via di esami. Non che dopo non li abbia, ma avrò poco tempo, ecco, per dedicarmi a Efp.
Yey.
Spero vi piaccia e come al solito, ringrazio tutti quanti!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Filosofo ***



Nella sua vita, Vegeta, aveva capito che ci sono domande a cui è difficile rispondere o a cui, per fortuna, non bisogna dare risposta.
Ad esempio, se si chiedeva a Vegeta se esistessero gli alieni, si rischiava di essere derisi per tutta la giornata e subito dopo venire polverizzati, ma se la piccola Bra chiedeva della fatidica esistenza di Babbo Natale al padre, quest'ultimo, per evitare di subire sevizie varie dalla moglie, aveva imparato a cambiare discorso, magari buttandola lì sull'eventualità di darsi all'ippica o sull'importanza di aver e un cassetto della biancheria sempre correttamente ordinato.
Bra, ogni volta che le rispondeva in questo modo, lo guardava strano e Vegeta, mentre la piccola era accoccolata sulle sue ginocchia e cercava di capire la sua espressione, volgeva lo sguardo altrove, sotto pressione a causa dei suoi occhioni disarmanti, mentre cercava di non far capire quanto avrebbe voluto urlarle in faccia della fantasia riguardo il domicilio o la residenza del ciccione rosso.
Bulma che aveva visto quanto suo marito fosse un disagio, alle volte, si limitava ad alzare gli occhi al cielo.
Poi, nel corso della sua esperienza da bravo paparino o “papi” come lo chiamava la piccola di casa, aveva capito che la suddetta piccola non si sarebbe, per sempre, accontentata del silenzio da parte sua o del suo fare l'inglese su certe questioni spinose.
Come quella volta che, tranquilli, tornavano a casa dall'asilo, lei aggrappata come un koala al suo braccio e lui, con l'immancabile zainetto rosa Hello Kitty della figlia sulla spalla che trascinava i piedi nel cemento cercando la forza di tornare a casa.
Non che Vegeta fosse cattivo con la bimba, anzi, lui si scioglieva come un marshmallow sul fuoco ogni volta che la sua vocina gli giungeva vicino. Solo che, non avreste anche voi abbandonato vostra figlia per strada per rifugiarvi sulla Luna, pur di non rispondere all'ennesima volta a “Da dove vengono i bambini, papi?”
Ma vi erano un sacco di domande a cui Vegeta, anche se non giungevano direttamente dalla figlia, non aveva mai pensato e a cui non sapeva dar risposta.
Ad esempio, come avrebbe ucciso e torturato il primo lurido terrestre di genere maschile che avrebbe anche solo puntato gli occhi addosso alla figlia per apprezzarne le fattezze, quando questa sarebbe stata un po' più grandicella, ovviamente – ad esempio dell'età minima di almeno quarant'anni – o come faceva, la piccina, alta un metro e un succo di frutta, con i suoi occhioni azzurri marino, a fargli alzare con un semplice sorriso la glicemia nel sangue.
Vi erano anche un altro sacco di domande a cui il principe, ahimè, non aveva mai trovato risposta.
Per esempio come facesse ancora a sopportare, dopo anni di forzata convivenza, quell'imbecille dell'altro Saiyan con cui condivideva il peso di essere gli ultimi della propria specie. Fatidica situazione da cui riusciva a districarsi, magari, andando a giocare a golf o fregandosene completamente, visto che, chi se ne fregava della sua, ormai defunta, specie.
Ma se c'era una domanda che metteva Vegeta nel sacco – parlando sempre di sacchi – era una domanda per cui credo, tutti i padri, prima o poi avranno, hanno o hanno avuto incubi la notte.
Una domanda ardua, che mette in bilico la sicurezza maschile di saper essere macho, d'essere grandi e grossi e col petto villoso, di saper pescare i pesci più grossi a mani nude, di sapersi fare la barba anche con la lama di un coltello da cucina e di saper cucinare grigliate all'aperto anche sotto una pioggia monsonica.
E si sa, la domanda lascia spazio al dubbio, all'incertezza, all'insicurezza, anche per il Principe dei Saiyan...
Era così che il nostro Amleto si era ritrovato davanti a quella situazione intricata, come una matassa difficile da districare e che, purtroppo per lui, non si poteva semplicemente eliminare con un colpo energetico.

Che fare?
Dove entrare?
A sinistra, la porta con l'insegna dell'omino blu o la porta a destra, decorata di una sfiziosa signorina in gonnella?
E dove diamine era quella dannata donna quando serviva?
E perché diamine aveva acconsentito ad accompagnare l'arpia e la bimba a fare shopping per poi ritrovarsi in una situazione del genere?
Che fare, che fare, che fare?! *
Lui era il Principe dei Saiyan! Il Principe! Il più grande tra tutti! Doveva saperla la risposta!
E se avesse sbagliato?
Oh Kami, disonore sul suo nome, sui suoi antenati... no, be', chi se ne frega degli antenati, ma sul suo nome no, eh!
La piccola, intanto, portandosi, spazientita, le mani ai fianchi, lo fissava dondolando sui piedini, graziosa, nel suo vestitino a pois, mentre lui, scuro in volto fissava le porte dei bagni.
<< Allora papà?! Devo fare pipì, ti muovi o no? >>
Eccola lì la domanda fatidica a cui non vi era risposta: in che bagno andare?
Fanculo, pensò il principe e, presa la figlia di peso, si fiondò nei bagni delle donne, facendo urlare l'intero edificio.

*chi di voi, giuovincelli, ha mai visto “Scrubs, medici ai primi ferri”?
Pensatela con la voce del Dottor Cox

Angolo dell'autrice
Dato che tutti pubblicano, pubblico anche io.
No, scherzo, volevo pubblicare e basta.
Grazie a tutti quanti – quanti recensiscono, quanti seeeguono, quanti l'hanno messa nei preferiiiiti. Quanti chiamano il manicomio ad ogni nuovo capitolo...
Un bacione a tutti <3

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Tata ***


Quella giornata era stata un inferno.
Bulma, che si era volatilizzata di prima mattina per un congresso – probabilmente a Timbuktù o in Cina, visto che si era alzata alle quattro del mattino buttando anche lui giù dal letto – gli aveva imposto di passare la giornata in compagnia della bimba di casa, a farle da tata, senza se e senza ma.
Anche perché, se avesse levato le tende lasciando la gioia di casa, come la chiamavano i nonni, da sola, la moglie lo avrebbe chiuso fuori di casa per un anno.
E se una volta se ne sarebbe fregato altamente, perché per lui vivere fuori a condizioni di uno scimpanzè era una tra le cose più belle dell'esistenza, – come quando tirava la popò ai passanti – ora, gli dava leggermente fastidio dover dormire in cima agli alberi. Almeno, dopo l'ultima esperienza in compagnia dell'altra scimmia che, però, aveva dormito in tenda. Gli saliva il nazismo solo a pensare a quella maledettissima scampagnata*.
Si passò una mano sugli occhi, seguendo come un automa, la bimba di casa che, dopo averlo preso per mano, lo stava trascinando in cameretta per il saluto della buonanotte.

Incredibile come quella peste fosse ancora così iperattiva.
Lui, invece, era distrutto.
Dopo aver passato la mattina a bere il the dalla signora Coniglio e discusso di contratti immobiliari per un eventuale trasferimento di lei e i centottantatré cuccioli in una casa delle bambole più grande, aver recitato insieme formule magiche per far comparire una montagna di caramelle in giardino, aver cucinato biscotti e pettinato tutte le Barbie della casa, aveva iniziato a pensare di compiere l'omicidio della prima persona random che si sarebbe avvicinata alla Capsule Corporation, oppure, di farsi saltare in aria in cucina.
La piccola arrivò finalmente alla porta della stanza e, mollata la presa dalla mano del padre, si precipitò verso il lettino, che il Saiyan scoprì orribilmente a fiori, e iniziò a frugare sotto il cuscino per il pigiama.
<< Papà, oggi mi sono divertita tanto! >> squillò, deliziata.
In fin dei conti era stata davvero una bellissima giornata per la piccola, un po' di meno, però, per il genitore, che stava riesumando in superficie programmi di genocidi interplanetari da fare prima di andare a dormire, giusto quel poco per sfogarsi un po'.
<< Davvero tesoro? Bene, sono contento... >> pronunciò sovrappensiero il principe, massaggiandosi in mezzo agli occhi per far passare il leggero mal di testa causato dalle urla ultrasoniche che aveva sorbito per tutto il giorno della figlioletta.
La piccola, infatti, come aveva constatato il padre, aveva la pessima abitudine di eccitarsi per ogni foglia che si muoveva: urlava se vedeva una farfalla in giardino, se il gattino saltava dalla sedia, se una nuvola strana attraversava il cielo, se un uccello volava nel cielo, se passava il postino in bicicletta e se il padre riusciva a beccarlo a suon di ki-blast in fondo alla strada.
O ad esempio se, quando non c'era nessuno, il padre le sorrideva.
Non che lui le sorridesse, era la figlia a scambiare le sue espressioni, che esprimevano la vivacità di un cadavere, per un sorriso a trentadue denti.

Si guardò intorno, trovandosi spiazzato, nel rosa più totale, nel rosa ovunque e sospirò, frustrato.
Mentre iniziava a pensare da quale lato della stanza avrebbe dovuto iniziare la sua decontaminazione di bambole, Barbie e peluches, si volse verso la figlia, trovandola incastrata nella maglia del pigiama e con i pantaloncini al contrario.
Dopo l'ennesimo tentativo fallimentare della piccola, che cercava di infilare la mano nel buco dove, di solito, si infila la testa, scosse contrariato il capo.
<< No, dall'altra... >> suggerì, in maniera molto utile, visto che la bimba di quattro anni in questione si trovava incastrata e bloccata completamente nel muoversi e capiva ancora ben poco di destra e sinistra.
Vide la piccola azzuffarsi nuovamente con la maglia.
<< Così sono giusta, papà? >>
No, la maglia era ancora al contrario, per non parlare dei pantaloncini che si stavano stirando sul pavimento, schiacciati dai suoi piedini.
<< No, devi- >>
<< Così? >>
Ad un altro tentativo fallito, per il quale Vegeta si chiese quante braccia avesse sua figlia, si arrese all'evidenza.
<< Lascia stare, ti sistemo io >>
La sollevò quindi di peso, e messa sul letto, braccine all'aria e canottiera nelle mutandine, le infilò finalmente il pigiama come si doveva.
Sistemata dal papi, con la maglietta in ordine e pantaloncini infilati dal punto giusto, anche se ancora storti, Bra si buttò nel letto, andandosi ad infilare sotto le coperte, quando vide suo padre allontanarsi verso la porta.
<< Aspetta papà! Me la racconti una favola? >>
Si girò per concederle uno sguardo tra il dubbioso e lo scazzato ma no, gli occhioni d'oceano della piccola non ammettevano repliche negative.
<< Va beeene... >>
<< YEEE->>
<< SHH! Fammi pensare e zitta! >>
La bimba si acquietò, aspettando, emozionata la storia della buonanotte dal papà. In fondo lui non gliela proponeva mai ed era sempre la mamma a raccontargliele. Meglio approfittare.
<< Una favola? Una favola... >> si ritrovò a borbottare Vegeta.
Ora sì che era nella cacca.
<< C'erano una volta dei mercenari sanguinari che... No. C'era una volta un principe... sì, sì, sì, mi piace così. C'era una volta un princip- >>
<< Come il principe fasullo d'Inghilterra! >>
<< No! >> la corresse, scocciato, per l'interruzione.
Adorava il suo mostriciattolo ibrido ma aveva la bocca larga come sua madre quando voleva e lui odiava perdere il filo del discorso.
Odiava perdere in generale ma questo era un altro discorso.
<< No, ma quale principe fasullo? >> pronunciò, indignato, << a parte il fatto che era il re fasullo d'Inghilterra... >>
Si passò un'altra volta la mano sul volto, sospirando: le sue torture quel giorno non sarebbero mai finite, e ricominciò.
<< C'era una volta un principe... >> un'occhiataccia squadrò la figlia perché non l'interrompesse mentre la bimba si portò le mani alla boccuccia, muta come un pesce.
<< ...un principe dei Saiyan che era molto forte e anche molto coraggioso! Aveva compiuto numerose imprese e aveva praticamente sottomesso l'intero universo. Questo principe, però, era anche molto geloso nei confronti di un inutile pagliaccio di terza classe da strapazzo, un brutto idiota e mentecatto che avrebbe voluto soffocare con le sue man->>
Si ritrovò improvvisamente osservato dagli occhioni azzurri della bimba che lo guardavano dubbiosi, mentre la boccuccia della piccola s'inarcava in una smorfietta di sana perplessità.
Preso, infatti, dalla narrazione, aveva attorcigliato le dita attorno al suo peluche preferito e lo aveva stretto con forza, gringhiando in direzione del povero Binky, che si era ritrovato con il collo stritolato e qualche cucitura saltata.
<< Ehm, dunque... >> si chiarì la voce, lasciando respirare il povero cagnolino, scegliendo di continuare la storia.
<< Era così geloso, ma così geloso, che... che... >>
Improvvise ondate di panico assalirono subito Vegeta che, mentre si massaggiava il collo in un tentativo maldestro di prender tempo, iniziò a sudare sette camice nel tentativo di dare una coda al suo racconto. Ecco, adesso ci stava affogando nella cacca.
La figlia, invece, continuava a fissarlo. Si era accoccolata meglio al suo cuscino con la federa a fiorellini e gli sorrideva, speranzosa.
Gli venne il tic all'occhio, vedendo la giuoia sul suo visetto. Doveva finire la storia in qualche modo. Si appellò a tutta la sua fantasia ma, oltre a omicidi e genocidi, il suo arsenale non era molto preparato. Sparò, infine, la prima cosa che gli venne in mente, rovinando, definitivamente, la breve ma intensa storiellina.
<< Che... CHE MORIRONO TUTTI, BUONANOTTE! >>
In un'ondata inaspettata, le coperte investirono la piccola Brief, che, presa alla sprovvista, si ritrovò sommersa dalle lenzuola rosa e con uno strano calore all'altezza della fronte, come una carezza leggera.
Il padre, intanto, aveva suonato la ritirata e, in fretta e furia, si era precipitato fuori dalla stanza, correndo per salvarsi la vita.
Bra vide la porta, infine, socchiudersi, per lasciare un piccolo spiraglio di luce nella stanzetta, scaldata dalla lampada rosa, a forma di funghetto, sul comodino. La fissò per un po', dubbiosa.

La madre le aveva ripetuto più volte che avrebbe dovuto portare pazienza con il padre: è un po' scemo, tesoro, nulla da preoccuparsi, aveva commentato la madre. Almeno, questo era quello che le diceva sempre, ma lei non era proprio d'accordo.
Certo, il suo papà non era proprio a suo agio quando si parlava di emozioni e sentimenti – quando lo si abbracciava, era un po' come abbracciare un cactus spinoso – riflettè la piccola, ma era sempre il suo papà. Ecco, forse, era un po' tonto.
Ridacchiò di gioia, contenta di aver ricevuto lo stesso la buonanotte.
Si passò una manina sulla fronte, come a non voler far andare via quel caldo tepore: si addormentò, infine, con un sorriso sulle labbra e con lo stampo di un bacio sfuggente sulla fronte, dato dal suo un po' tonto papà.


*vedi raccolta passata, capitolo sesto. Credo.


Angolo dell'autrice.
TAN, TAAN, TAAAAN!
Guess who's back? Back again, sure he's back, tell your friends, guess who's back, gues- Emimen, esci dalla mia testa, di grazia.

Mi spiace per il ritardo ma vi devo dire che non sono morta!
Quindi tornerò, sempre, prima o poi, sfere del Drago permettendo.
Portate pazienza, sono sotto esami.

Ho già in forno un altro capitolo – sfortunatamente per voi, lungo – e dopo gli esami ve lo presenterò. Vi chiedo, quindi, di andare a guardarvi, per chi non l'avesse visto, “Le Follie dell'Imperatore”, targato Disney.
No, non faccio pubblicità, ma guardatevelo, se volete apprezzare meglio/disprezzare meglio il prossimo capitolo.
Io e le mie idee idiote.

Per quanto riguarda questo capitoletto, non so se vi abbia fatto molto ridere, è più romanticoso, diciamo.
Ditemi se vi piace!
Ringrazio tutti, come al solito. E vado a mangiare che ho fame.
Un ciaone a tutti, bella gente!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Imperatore ***



Ciao, sono Zappa e sono colpevole.
Cercherò di inventarmi una scusa per quando arriverete in fondo, all'angolo dell'autrice.
Annuntio vobis che il capitolo che vi propongo è lungo – anche perché non sapevo farlo breve e mi sembrava giusto proporvi qualcosa di sostanzioso, vista la mia assenza.
Vi auguro, quindi, una buona lettura.
Se volete pop corn, li distribuisco in fondo alla sala.


Conoscete le “Follie dell'Imperatore”?
Bene.
Non le conoscete?
Sto caz – cioè, va be', non è un problema ma ANDATE SUBITO A VEDERLO, SCIOCCHI.

Pianeta Vegeta, ore 06:00 del mattino.
Un gallo saiyan cantò il Buongiorno agli allegri abitanti della capitale, in una sinfonia aggraziata e allegra di note, ma che venne subito spezzata dal ki blast del vicino di casa che, scagliato a tutta velocità, lo polverizzò in un secondo.
Pur essendo le 06:00 del mattino, la gagliarda citt– Aspetta, ma che fai?  
Sono le sei del mattino, chi è che si alza così presto?
Torniamo a dormire, va' là.

Pianeta Vegeta, ore 08:00 del mattino.
Un altro gallo saiyan cantò il –No, no, no!
È troppo presto ancora!
Senti, io dovrei raccontare 'sta storia, non è che puoi interromp–
E chi se ne frega! Dormi.

Pianet– adesso posso andare?
Sì, adesso sì.
OH.

Pianeta Vegeta, ore 09:00 del mattino.
Il gallo di prima si rialzò dalle ceneri e dopo essersi pulito il piumaggio alla bell'e meglio, lamentandosi di non venire pagato abbastanza, si esibì un meraviglioso canto, per svegliare gli antipatici villani che popolavano la capitale del pianeta Vegeta.
I due soli erano già alti nel cielo e l'aria era cosparsa di un aroma speziato di carni bruciacchiate, ossa e cadaveri in decomposizione.
Il telegiornale su VegetaTV quella mattina annunciò una giornata intensa e piena di regalità, soprattutto, per il grande re dei Saiyan, il divino Re Vegeta che, come sempre, iniziava la sua giornata con il ritmo.

Ci son tanti dittatori,
litiganti predatori
ma son nati col cervello di un bignè
e ci sono dei tiranni
sempre dediti agli inganni
mai capaci di contare fino a tre!

In un frizzante e spensierato mattino, si svegliò, così, il nostro grande re.
Con il ritmo nel sangue, la corona splendente sulla testa, il mantello che offuscava parte delle stelle, la divisa attillata – soprattutto sotto le ascelle e terribilmente fastidiosa per le etichette –, e gli stivali lucenti, il nostro grande eroe si dirigeva al suo trono per la sua mattinata regale.
Il passo era allegro, il sorriso spavaldo e saputello stampato sulla faccetta, mentre servitori, maggiordomi, cuochi, camerieri, bidelli, fruttivendoli, impiegati dell'INPS, netturbini, disoccupati, dirigenti d'amministrazione, la portinaia sotto casa e il becchino del quartiere, si inchinavano al suo passaggio maestoso.
Un andamento movimentato, spigliato e ballerino accompagnava ogni suo passo, come fosse una danza, trascinante, bella e solo per lui che, con la brillantina sui capelli, camminava verso la sala del trono.
<< Buongiorno, Maestà >>
<< Buongiorno, Maestà >>
<< Buongiorno, Maestà >>
<< Buongiorno, Maestà >>
Lo salutavano, a testa bassa e inchinati devotamente, i suoi schiav– pardon, impiegati giustamente retribuiti – mentre lui, tra il tifo e le ovazioni dei soldati e del popolo, svegliato apposta per l'occasione e che seguiva da casa, si sedeva sul suo regale trono farcito d'oro e di gemme preziose.

Era scritto nel destino
che lui fosse il più divino,
il signore degli aristocratici.
È un enigma, è un mistero
per tutto il mondo intero
è davvero il non plus ultra
è così!

Nella grande sala, le gemme pregiate dello scranno riflettevano la sua favolosa bellezza di giovane re e lui, accomodatosi meglio sullo scranno, le lunghe gambe fasciate da stivali di Dolce&Gabbana, le mani a sostenersi la regale testa e il lungo mantello di cashmere come un drappo sulle scale, sorrideva raggiante.
<< Buongiorno, Schiavolandia!* >>
La grande stanza riverberava della sua sacra lucentezza mentre, sfoggiando tutta la magnificenza del Super Saiyan, come sole che sorge, iniziava a illuminare la giornata di tutti i suoi schiavi preferiti.
Con un sospiro, sistemò la corona sulla testa e si sdravaccò meglio sul trono, complimentadosi da solo per la favolosa entrata ad effetto.
Il ritmo, quello era sempre la cosa giusta.
In fondo, mica per niente lo avevano eletto imperatore.
Certo, la sua dinastia aveva preso il potere con la forza, schiavizzando la popolazione mondiale che prima infestava il pianeta e rischiando quasi di provocare una guerra civile, ma usando le parole convicenti delle armi e i sorrisi rassicuranti di soldati alti due metri e mezzo che soffocavano i dissidenti in abbracci molto affettuosi, era riuscita a prendersi il potere che le spettava di diritto.
Si mise quindi a canticchiare la sua canzone preferita mentre i servitori tutt'intorno s'indaffaravano per soddisfare ogni suo capriccio.

Dell’impero lui è il sovrano
è un genio, è un vulcano
dopo lui c’è solo il nulla, sai perché?
questo mondo girerà
quando il mio dito schioccherà
perché la tua vita inizia qui con... me
come si chiama?

La vita di corte dell'imperatore era, in fin dei conti, veramente da sogno.
Il tutto garantito dalle tasse che gli amati cittadini elagivano con amore, sperando di riuscire qualche giorno di avvicinare il re per pugnalarlo.
La vita di corte dell'imperatore era, in fin dei conti, veramente da sogno.
Nel senso che il resto della gente questa vita se la sognava proprio: la vita di corte, infatti, era stata una disgrazia per le borse statali che erano al collasso, tantoché, si era stati costretti ad introdurre delle tasse extra, oltre all'IMU e alla TASI sulla prima casa, tutte belle cose che rallegravano l'animo del nostro imperatore e un po' meno quello dei sudditi ma, finché l'imperatore viveva nella pacchia, per lui non c'erano problemi.

Mentre le dame di corte erano intente a baciargli i piedi e gli facevano la manicure alle lunghe dita affusolate, << Giallo, ragazze, oggi voglio le unghie color giallo canarino >>, si avvicinò il consigliere di corte Nappa che, nella sua eterna saggezza di eterno rompiballe, lo richiamò con voce possente.
<< IMPERATORE VEGETA! >>
Sospirò il giovane imperatore, sentendosi chiamato ingiustamente in causa. Ma che, non si poteva neanche godersi un po' di tranquillità che arrivava il vecchio consigliere a rompergli le palle il ritmo?
<< Vostra Maestà, è una tragedia, una TRAGEDIA! >>
Subito alzò gli occhi al cielo, sbuffando il giovane re, facendo ridacchiare complici le belle concubine, ma il consigliere lo bloccò nell'immediato.
<< È FINITO IL SALE! >>
Calò subito un silenzio agghiacciante nella sala tanto che, anche gli acrobati del circo allestito per rallegrare l'imperatore si fermarono a mezz'aria dal prendere il trapezio, talmente era sconvolgente la notizia.
<< E allora? A palazzo c'è il sale, non ci sono mica problemi. >>
L'evidente menefreghismo nella risposta del re sconvolse ancora di più tutti i servitori del castello: svennero le dame di corte, precipitarono nel vuoto gli acrobati di prima, che non riuscirono più a riacchiappare il trapezio e la popolazione si riunì per un minuto di silenzio.
Inutile spiegare, da parte del consigliere Nappa, che presto sarebbe finito anche il sale a palazzo visto che, per cause misteriose, tutto il sale delle saline e dei supermercati si era misteriosamente volatilizzato e che, presto, tutta la popolazione del pianeta sarebbe rimasta senza sale.
Il rischio di una ribellione e di una rivoluzione era alle porte: senza il sale era davvero una tragedia.
Non si sarebbe più potuto condire l'insalata come si doveva o aggiungere quel pizzico di sale alla carne crude per darle quel sapore un attimo più saporito.
Per non parlare del fatto che non si sarebbe potuto più dire a qualcuno che 'aveva poco sale in zucca', non si sarebbe più potuto 'sparger sale sulle ferite', non si sarebbe più potuti essere il 'sale della terra' o potuti essere 'senza sale'.
Insomma, sarebbero rimasti tutti di sale.**
Vegeta sbuffò, insolente, ancora una volta.
<< Non è certo un mio problema se la popolazione non ha– che cos'è che non ha? >>
<< Ah, il sale... >> sussurrò il consigliere.
<< HAA, dovevano rifletterci prima di diventare dei PEZZENTI! Che faccia tosta questi poveri... >> borbottò, accoccolandosi di più sul trono, il giovane re.
<< Ma Vostra Maestà, voi dovete capire che– >>
<< Basta, mi hai stufato. Sei licenziato. >>
<< Cooosa!? >>
Al povero Nappa per poco non venne il crepacuore a sentir parole tanto argute.
Erano anni che serviva ciecamente la corona: aveva servito il padre del giovane Vegeta, suo nonno, suo bisnonno, il suo trisnonno, trisavolo, il quadrisavolo e il pentagono! Non era mica in età da pensione.
<< Che significa, licenziato? >> mormorò, infatti, incredulo.
<< Che sei stato licenziato >> gli sorrise, invece, ben disposto il monarca, iniziando a scendere i numerosi scalini che dividevano il trono dal suolo da dove assisteva, inerte, il consigliere.
<< Significa che ti sollevo dall'incarico, sei stata dimissionato, rientri nella riduzione del personale, divergenze di intenti, conflitto di interessi, scegli la tua versione! >>
Con la bocca spalancata e il fiato ancora in gola, Nappa non riuscì a dar voce alle sue ultime, seppur legittime, proteste, e se ne andò, mogio mogio, giurando, però, vendetta all'imperatore. Perché, sapeva, la vendetta era un piatto che andava servito freddo e prima o poi l'avrebbe avuta!
 
Anche il gelato, però, era freddo, rifletté.
Ma, di sicuro la vendetta, non era buona come il gelato. Insomma, la vendetta faceva male alla salute, poco ma sicuro.
Oddio, bisognava vedere che gusti si prendevano: una volta, per esempio, aveva mangiato il gelato al pistacchio e non gli era molto piaciuto, ma se avesse scelto un gusto fragola o cioccolata, sarebbe stato ottimo.
Anche se non credeva che vendessero la vendetta al gusto cioccolato. Uhm. Credo che stiamo divagand-

Il consigliere Nappa se ne andò, quindi, indignato dalla sala del trono, furente nella sua rabbia furiosa e, ringhiando cupo, giurò vendetta, sbattendo poi la porta d'ingresso rischiando pure di scardire qualche cardine, lasciando solo l'imperatore nella sala del trono.
Vegeta sospirò frustrato, incerto se aveva fatto la cosa giusta o meno riguardo quel vecchio consigliere che, in fin dei conti, l'aveva visto crescere.
Provò quasi un moto di indignazione per se stesso, per il suo egoismo e la sua vanità nei confronti di quel povero vecchietto così gentile e paziente con lui.
Quasi, però, perché subito dopo fece spallucce, fregandosene altamente del vecchio, e, fischiettando, decise di avviarsi verso la parte più interna del palazzo.
Era arrivato il momento, infatti, di vedere lei.
Una risatina da ragazzina in amore risuonò tra le pareti dell'ascensore mentre scendeva ai piani sotterranei e sorrise appena arrivò davanti alla porta che conduceva al laboratorio imperiale. Prese, quindi, un respiro e, aperta la pesante porta in metallo, entrò.

La stanza grande e spaziosa, quella mattina – forse perché era sabato mattina e di solito i Saiyan erano poco mattinieri, scienziati compresi – era deserta. Solo da dietro di uno dei banconi, tra le cianfrusaglie e macchinari parcheggiati in giro, sbucava una parrucca color azzurro.
“Ok, Vegeta, ci siamo, eccola lì..."
Bulma, brillante terrestre, da qualche mese era divenuta scienziata di corte e, come da copione, era indaffarata a lavorare al laboratorio su nuovi prototipi di macchine spaziali e su mille altre cose inconcepibili di cui il principe se ne strafregava e di cui capiva ben poco, visto che, lui faceva l'imperatore e la scienziata faceva la scienziata.
L'importante, pensava il buon vecchio re, era che girasse l'economia e che i soldi e le ricchezze arrivassero a palazzo, nella sua culla intrinseca d'oro. Sapeva ben, infatti, che i Saiyan erano diventati ricchi e potenti, soprattutto ultimamente, grazie alla mente brillante della piccola terrestre e che questa si era rivelata una miniera d'oro per le sue invenzioni assolutamente originali.
Sogghignò, pensando che avrebbe venduto un occhio della testa anche la sua nuova effervescente creazione e si avvicinò a lei, saltellando.
La trovò, in quel momento, china su un volume a lui sconosciuto.
Bella come sempre, era concentrata a captare ogni minima parola e indizio che poteva scorgere dal vecchio manoscritto, mentre ne seguiva ogni riga con il dito.
Le labbra dischiuse mormoravano ogni singola sillaba e le sopracciglia aggraziate, aggrottate per la concentrazione, la incorniciavano come un angelo caduto dal cielo.
Un piccolo diamante grezzo che Vegeta amava osservare nel silenzio dei laboratori, come se stesse assistendo, per la prima volta, alla nascita di una nuova stella.
“È così bella...”, pensava, innamorato il nostro Romeo, che si mise a pensare, quindi, a qualcosa di altamente romantico e raffinato da dire alla sua bella Giulietta.
“Ok, bello mio, dì qualcosa di figo da dire, che la faccia rimanere da sballo. Devi colpirla con tutto la tua fighaggine, daghe!”
Prese un sospiro e...
<< Ciao, donna! >>  proclamò con nonchalance, facendole l'occhiolino, colpendo inevitabilmente nel segno.
“Sei un genio, Vegeta, un genio! Sei un vero poeta!” sogghingò, contento, presentandosi davanti a lei, in tutto il suo splendore.
Presa alla sprovvista, la scienziata invece abbandonò il suo manuale di chimica inorganica, meteoriti, saldatrici, biancheria intima, onde gravitazionali e frutta, alzando uno sguardo perplesso sul principe che, stranamente, quella mattina, aveva deciso di scendere ai piani inferiori del castello. Alzò gli occhi al cielo.
<< Buongiorno, Sua Altezza >> mormorò, ritornando a ficcare il naso sul pesante libro impolverato che stava sfogliando.
L'altro gongolò, con un sorrisetto furbo sul viso, contento come un bimbo dell'asilo alla sua prima marachella, per aver attirato la sua attenzione.
Bulma alzò poi gli occhi per vedere l'imperatore che si era messo a scorrazzare in giro per il laboratorio, osservando con assoluto disinteresse tutte le attrezzature e borbottando su quanto quelle cose, come le chiamava lui, fossero noiose ma che almeno fruttassero un sacco di soldi.
Si appoggiò svogliatamente sul libro che teneva sulle ginocchia, portandosi una mano al mento, mentre lo osservava, assorta.
Lo vide avvicinarsi ad una fiala su uno dei tavoli, piantandoci davanti il muso, con una smorfia disgustata. Lo sentì mugugnare un 'che schifo', per poi allontanarsi verso un altro tavolo.
Chissà come mai l'imperatore era così carino, rifletté: insomma, era un pomposo, snob, arrogante e petulante monarca, con un fisico prestante e la faccia da modello.
Sospirò, ancora una volta, portandosi una ciocca dietro l'orecchio e passandosi una mano sulla faccia, frustrata.
Aveva capito benissimo di piacergli, e anche molto: in fin dei conti era l'ennesima volta che cercava di far colpo su di lei con quei tentativi da deficiente.
Venne improvvisamente riportata a terra dalla voce squillante dell'imperatore che urlò come le protagoniste in Sex and the City davanti ad una collezione di scarpe con il 50% di sconto.
<< Che cos'è questa meraviglia? >> esclamò in iperventilazione Vegeta, indicandogli il macchinario davanti.
<< È fantastica! È la cosa più fantastica che abbia mai visto! Tranne per me, ma questo non serve neanche dirlo, ma l'ho detto comunque. Perchè? Non lo so! AHAHA >>
E mentre l'altro vaneggiava sulla sua bellezza e sulla necessità di sbiancarsi i denti ancora un po', perché quando rideva la stanza non riverberava di luce, Bulma lo raggiunse, chiarendo i suoi dubbi riguardo alla meraviglia che aveva davanti.
Gli spiegò brevemente che quell'arcano aggeggio era semplicemente un microonde che, grazie ad un funzionamento interno, permetteva di riscaldare degli alimenti alla temperatura desiderata. In questo caso, visto che Bulma non era munita del magico potere dei ki–blast, con il quale la maggior parte della gente cucinava i pop corn, era costretta ad usarlo per fare i pop corn.
<< È meraviglioso, lo voglio anche io! >>
<< Certo, >> proseguì la scienziata con tranquillità, ritornando a sedersi sulla sua sedia dove aveva lasciato il librone delle favole, << peccato che servi il sale per fare i pop corn... >>
<< In che senso? >>  
La scienziata chiuse il libro che teneva in mano e osservò, con un sorriso sarcastico, il giovane imperatore che, con aria arrabbiata, la fissava da dietro il bancone a braccia conserte e una smorfia permalosa sul muso.
<< Nel senso che, se non c'è il sale, i pop corn non sono buoni >>
Sulla necessità di recuperare il sale per il pianeta e per fare i pop corn, il monarca si ritrovò, quindi, a concordare con la brillante scienziata – più per i suoi pop corn, che per il benessere della cittadinanza – e di comune accordo – più per imposizione della scienziata che per libera scelta di Vegeta – decisero che era necessario recuperarlo, in qualche modo, nelle vecchie cave di sale nelle regioni meridionali che per secoli avevano rifornito il pianeta.
Dopo, quindi, essersi messi d'accordo sull'orario di partenza per il giorno seguente e dopo aver fatto colazione al Mc, partirono per le regioni del sud.

Nel sud del pianeta vi era la vecchia reggia abbandonata dei Grandi Re.
La meravigliosa villa di Vegetaland, un po' come Gardaland, collocata nel deserto sabbioso e misterioso di ... ehm, Vegeta? conosciuto come la zona più soleggiata e arida di tutte.
Milioni di anni fa, in quel luogo, la leggenda narra che vi regnavano i vecchi e magnifici antenati dei Saiyan, un popolo, all'epoca, di coltivatori di patate e di erba che, a causa del clima troppo soffocante, aveva fatto i bagagli e aveva deciso di abbandonare tutto e di trasferirsi più a nord, scegliendo di alloggiare in una nuova reggia abusiva, di modeste dimensioni – avevano infatti pensato a qualcosa che non fosse saltato troppo agli occhi, qualcosa di piccolo, come il Khas Mahal –  costruita in riva al mare.
Infatti una casa al mare con tanto di yacht, laggiù, non potevano permettersela per il troppo caldo e perché, sapevano, avrebbero speso un patrimonio in creme solari.
Secondo i calcoli calcolosi di Bulma, al di sotto del castello vi erano delle riserve di sale – da cui per secoli i Saiyan avevano prelevato il sale per conservare la carne, prima di scoprire il magico potere dei  frigoriferi – ed allora, sarebbe stata assolutamente una buona idea andare a prendere il sale là sotto, per portarlo là fuori, ossia agli abitanti disperati del pianeta.
I nostri baldanzosi giofani, si avviarono, quindi, ai grandi cancelli, dopo essere scesi alla fermata  – Linea 6 – e dopo, immancabilmente, aver insultato fino alla morte il conducente.
Infatti, l'autista, secondo la versione del Principe dei Saiyan, – rimasto schifato dal fatto che Bulma avesse voluto andare lì con i mezzi pubblici, perché NO, non si poteva volare, e lui avesse pure dovuto pagare il biglietto, quando, in realtà, avrebbe dovuto viaggiare gratis – aveva beccato di proposito tutte le buche del tragitto, facendo agitare terribilmente lo stomaco della scienziata che, oltre ad aver avuto la brillante idea di prendere l'autobus, aveva quasi vomitato lo stomaco sugli stivali dell'Imperatore.
Nel mentre che il nostro antieroe preferito era già intento ad assaporare il gusto succulento e biricchino dei popcorn, talmente buoni che gli avrebbero fatto le capriole in bocca, Bulma stava ricontrollando l'opuscolo della villa acquistato per pochi centesimi al tabacchino sotto casa.
Finchè, si avvicinò loro un signorotto di campagna, dall'aspetto gentile e giovanile, il quale, sotto il suo grande cappello di paglia, sfoggiava un sorriso innocente e parvo di malizia mondana, per poi chieder loro, con tono idiota:
<< Scusate, passa qui il 6? >>
<< Sì, ma è appena passato >>
Soggiunse sovrappensiero Bulma che stava litigando con una di quelle cartine geografiche enormi e  irrichiudibili.
Della serie, se pieghi al contrario, ti ritrovi l'Australia in Canada, e se pieghi giusto è comunque sbagliato, perché non hai seguito bene i bordi e ti trovi sommerso dalla carta, rischiando di venire mangiato dall'Himalaya. Una di quelle cartine-tragedia che ti fanno salire il mal di vivere.
Vegeta, dal canto suo, invece, non lo cagò di striscio, continuando ad ammirarsi le unghie su cui, mannaggia, si stava rovinando il color giallo canarino.
Ma il giovane contadino, preso alla sprovvista, mostrò loro tutto il suo stupore nel trovare lì due personaggi tanto conosciuti:
<< Oh, mio KAMI! Non dirmelo! Tu sei, sei- >> balbettò, incredulo, attirando l'attenzione di Vegeta.
L'imperatore sogghignò, compiaciuto della momentanea afasia del pastore alla sua meravigliosa visione, in un luogo tanto insolito.
<< Lo so, lo so, inizia con “im-” >>
<< IMPIEGATO DEL MESE! >>
Ma gli sguardi dubbiosi che ricevette, costrinsero il contadino a riprovare.
<< Ehm, no... >>
<< IMBIANCHINO! >>
<< N-NO! >>
Ma che diavolo di problemi aveva? Adesso iniziava a spazientirsi, il nostro imperatore. Sembrava quasi che lo stesse prendendo in giro. Cosa probabile, aggiungo io.
<< I-impresario...? >> azzardò, nervoso, il contadino.
<< NO! >>
<< A-a-arrotino? >>
<< ARGH, NON INIZIA NEANCHE CON LA I! >>
<< Ah, ok, ok... >>
Caspiterina, pensò il giovane coltivatore: era meglio non alterare ulteriormente quel tizio con i capelli come i suoi carciofi. Pensò ad un altro possibile mestiere da affibiare a Vegeta e, 'sta volta, gli venne subito la parola giusta.
<< Ci sono: IMBECILLE! >>
Inutile dire che stavolta il re si incacchiò di brutto e iniziò a prendere a vergate il povero contadino urlante, fino a che, la bella scienziata, che era scesa a patti con la cartina, fermò prontamente  Vegeta e lo costrinse a chiedere scusa al contadino. Anche se il re, 'sta capanna che gli avrebbe fatto le sue scuse. ***
Il contadino, che poi venne fuori chiamarsi Goku, si offrì loro di fare da guida all'interno della villa, dato che non aveva nulla di meglio da fare, anche se non sapeva una cippa della villa, e guidati da spirito intrepido e dalla voglia di mangiar pop-corn, si incamminarono all'interno della enorme villa.
Aperti i grandi cancelli arruginiti, si incamminarono in quelli che un tempo erano i giardini: un tempo, questi riverberavano di meravigliosa grazia alla luce delle stelle con fontane di cioccolato e giochi d'acqua spettacolari, ma ora erano completamente trascurati, tanto che Goku vi faceva pascolare capre e cavoli, fregandosene altamente che quella reggia, molto probabilmente, era patrimonio dell'UNESCO e che se lo avessero beccato a farci pascolare il gregge, l'Alta Corte Saiyan l'avrebbe spennato come uno dei suoi pasciutti polli che si mangiava a colazione.
Ancor peggio era messo l'interno: le colonne in marmo bianco, le scale dalle lunghe gradinate e i candelabri giganti attaccatti al soffitto erano tutti caduti a pezzi e impolverati.
Insomma, un vero schifo.
Il nostro Goku iniziò così a fare loro da esperto e coivolgente Cicerone.
<< Ecco, >> si mise a dire, << quelle sono le scale >> e mostrò loro le scale.   
<< Quello è un candelabro >> e indicò il candelabro malmesso appeso al soffitto.
<< Quello è il poggiolo che da sul giardino >> e anche la terrazza di venti metri quadri fece la sua entrata nella spiegazione del contadino.
<< Quelle invece sono le colonne >>
Indicò le numerose colonne che gli affiancavano nel cammino, mentre proseguivano a caso, girando per la villa.
<< E quelle invece sono *leggere con voce minacciosa* le scale tenebrose che conducono ai sotterranei misteriosi della villa da cui non è mai tornato nessuno e in cui, dicono, gira lo spirito di un vecchio fantasma antipatico dalla capoccia pelata... >>
<< Poi lì c'è la sala da pranzo... >> e indicò la sala da pranzo.
<< ANDIAMO LÌ >>
L'interruppe, però, Bulma, interessata alla sala da pranzo.
<< Esatto! Nella sala da pranzo, chissà se c'è ancora qualcosina da mang- >>
<< No, non lì! >>
Ah, no, non interessata alla sala da pranzo, bensì, alle *leggere con voce minacciosa* scale tenebrose che conducono ai sotterranei misteriosi della villa da cui non è mai tornato nessuno e in cui, dicono, gira lo spirito di un vecchio fantasma antipatico dalla capoccia pelata.
Ta le lamentele di Goku che voleva andare a dissacrare la cucina e le ingiurie di Vegeta che non avrebbe voluto sporcarsi la divisa di imperatore, i nostri amici scesero le *leggere con voce minacciosa* scale tenebrose che conducono ai sotterranei misteriosi della villa da cui non è mai tornato nessuno e in cui, dicono, gira lo spirito di un vecchio fantasma antipatico dalla capoccia pelata.

Si ritrovarono ai piedi delle *leggere con voc * insomma, avete capito, e Bulma iniziò subito ad armeggiare con alcuni strumenti che si era portata dietro, la "macchina cerca sale", alias Vegeta che come un cane da tartufi, sniffava l'aria per cercare al più presto il sale per i poc corn, e con una torcia, visto che in fondo alle *leggere con voce minacciosa* scale tenebrose che conducono ai sotterranei misteriosi della villa da cui non è mai tornato nessuno e in cui, dicono, gira lo spirito di un vecchio fantasma antipatico dalla capoccia pelata non si vedeva nulla.
La torcia, che nel caso era Goku versione Super Saiyan, s'intromise nel silenzio della cava, chiedendo delucidazioni a Bulma.
<< Che cosa è che dobbiamo cercare, precisamente? >>
<< Cloruro di sodio, che è la formula chim- >>
<< AHHHHHH! >>
Un improvviso urlo agghiacciante li fece sobbalzare entrambi e si voltarono verso il cane da tartufo con i capelli a fiamma, che aveva urlato l'anima, spaventato più che mai.
<< UN PIPISTRELLO! >>
<< Uh, magari è Batman, ci starebbe che in questa caver- >>
Lo scapellotto che ricevette sul collo fece capire a Goku di dover star zitto.
Bulma sbottò: << Basta cincischiare, dobbiamo andare avan- >>
<< AHHHHHH! >>
<< Cosa c'è da urlare, Vegeta? >> lo rimproverò, scocciata dai fischi ad ultrasuono che emetteva il re.
L'altro, nonostante l'iniziale smarrimento, si riprese subito, tornando a poggiare i piedi per terra. << Un serpente >>
Dopo aver alzato gli occhi al cielo, almeno da parte di Bulma, e ripreso finalmente a camminare, guidati dalla "macchina cerca sale" che  Bulma teneva al guinzaglio, s'inoltrarono lungo i corridoi scuri dalla cava, camminando nel silenzio del sottosuolo.
I loro passi risuonarono a vuoto, finché
<< AHHHHHH! >>
La scienzata, presa alla sprovvista, si dovette trattenere
dallo strozzare il cane cerca sale che teneva al guinzaglio e, preso un respiro, gli domandò quale fosse l'ennesimo problema.
Probabilmente si era spezzato un'unghia nel frugare con il naso per terra e tastando a tentoni le pareti nell'oscurità della caverna.
<< UNO SCOIATTOLO! >> abbaiò, invece, spaventato il re.
La torcia saiyan e Bulma lo guardarono dubbiosi per un attimo per, poi, posare lo sguardo sul roditore che sedeva tra le sue ghiande su un masso, ed effettivamente constatare la presenza di uno scoiattolo in una buia caverna sotterranea.  
Bulma sospirò, passandosi una mano sugli occhi.
<< Dai, Vegeta, andiamo, for- >>
<< Aspetta, ma io ti conosco! >> intervenne a bruciapelo, però, l'imperatore, riconoscendo la bestiola. Lo scoiattolo spalancò gli occhietti, iniziando a temere per la sua vita.
<< Brutta bestiaccia, >> iniziò ad abbaiargli contro il re, << tu sei quel – BEEP! - che quando eravamo nell'altra storia mi hai fatto passare per un – BEEP! -, piccolo – BEEP! – sei soltanto un – BEEP! -, e sai una cosa? Sono davvero contento di aver fulminato il tuo – BEEP! – di – BEEP! –, brutta – BEEP! – del – BEEP! – io ti giuro che- >>
<< Vegeta, mio Kami, smettila! Povera bestia! Che diamine ti ha fatto? >>
Lo bloccò, sconcertata, Bulma mentre un Goku traumatizzato lo fissava con la bocca spalancata.
L'altro li osservò furibondo per poi bloccare la sua ira e guardare torvo lo scoiattolino che, terrorizzato, si era nascosto dietro la fulva coda, tremando come una fogliolina.
<< Uhm, devo averlo scambiato per qualche altro scoiattolo... >> grugnì, infine, burbero, l'imperatore. << Andiamocene. Prima troviamo il sale, prima ce ne andiamo >>
Bulma e Goku si guardarono, sconcertati, incapaci di comprendere la psiche del loro psicopatico re.
Sospirando un'altra volta, fecero spallucce e decisero di non indagare oltre, anche perché poco importava loro della salute mentale dell'imperatore, che, a dirla tutta, non era mai parso loro con tutte le rotelle a posto e, ripresero così a camminare, preseguendo lungo le cave tenebrose.

Queste cave tenebrose, scoiattoli a parte, erano particolari: un complesso di corridoi che si articolavano su più rami, scavate interamente in una roccia che, alla luce, tradiva parzialmente un biancore pallido. Il sale si poteva, infatti, notare nelle insenature delle pareti ma quello era inutilizzabile.
Prima di poter essere usufruibile, almeno da quanto diceva Goku, che dai, 'sta volta era stato utile, doveva essere trattato e lavorato diverse volte. Il sale delle pareti che costeggiavano, infatti, non era puro e aveva quasi un sapore ferruginoso e amarognolo, come poté constatare Vegeta che aveva sputacchiato per una buona mezz'ora, dopo aver assaggiato il sale su uno spuntone di roccia, sperando di aver finalmente terminato la ricerca ma trovandosi solo con un saporaccio amaro in bocca e le lacrime agli occhi per lo schifo.
Arrivati in fondo ad un corridoio, i tre si fermarono, cercando di capire la strada.
Goku la guida, infatti, aveva perso anche lei la bussola e non sapeva da che parte continuare.
Proseguirono quindi a tentoni, andando di volta in volta a sbattere contro qualche roccia, sia per l'imbranaggine del fedele cane Vegeta che, a forza di sbattere il naso contro la pietra, stava perdendo sensibilità alla faccia, sia per l'incapacità di Goku di tenere accesa una semplice lampadina. Incapacità ancora più inspiegabile, visto che, era lui la lampadina e doveva solo tenere una sfera d'energia in mano e che tutti quanti ci riusciamo benissimo.
All'ennesima imprecazione di Bulma che cercava di scacciare via Vegeta che era finito inevitabilmente a farle lo sgambetto nel cercare di guardagli sotto la gonna, sentirono degli improvvisi rumori provenire dalle profondità del tunnel.
Erano dei rumori inquietanti, e non solo perché si trovavano in fondo alle *leggere con voce minacciosa* ai sotterranei misteriosi della villa da cui non è mai tornato nessuno e in cui, dicono, gira lo spirito di un vecchio fantasma antipatico dalla capoccia pelata, ma anche perché sembravano gli stridii di un macchinario e di  un motore in continua funzione. Come un'enorme mostro che li stava richiamando verso il centro dell'inferno.
Esagerazione a parte, i nostri amici si ritrovarono a stare su con le orecchie, ascoltando, sempre più inquieti, il rumore che si faceva sempre più inquietante, finché Goku ruppe la tensione.
<< Potrebbero essere delle montagne russe... a me piacerebbero >> lanciò un'occhiata diffidente al tunnel mentre Bulma osservava critica la situazione.
<< Oppure, >> mormorò Vegeta << potrebbe essere il vecchio fantasma antipatico dalla capoccia pelata... >>
<< Magari su un Monster Truck >> concluse per lui, Goku.
I due si guardarono, insicuri, per poi scoppiare ad urlare ma Bulma prese subito in mano la situazione.
<< Se è un fantasma, dobbiamo catturarlo. >> rifletté, << ma come? >>
<< Non lo so, genio, ma sbrigati a pensare qualcosa! >> proferì agitato l'imperatore che si era finalmente liberato del guinzaglio e si era messo in posizione di difesa.
L'incombere del fantasma sul Monster Truck era sempre più minaccioso istante per istante e pareva vederlo comparire da un momento all'altro in fondo alla galleria, pronto per investirli. Vegeta e Goku pronti in posizione per battersi contro il famigerato fantasma, erano trepidanti d'attesa, finché a Bulma si accese la lampadina.
Metaforicamente parlando, perché lei, ricordiamoci, non sa creare sfere di energia dalle mani e usa il microonde per fare i popcorn.
<< Ci sono! >> esclamò, finalmente, la scienziata, facendo tirare un sospiro di sollievo all'imperatore e incuriosendo Goku.
<< Dobbiamo comprare un aspirapolvere. Un aspirapolvere al 50% di sconto >> cominciò a camminare avanti ed indietro per la caverna, assorta in spiegazioni.
<< Con i soldi che rimangono ci prendiamo un frigo bar e lo riempiamo di birre. L'aspirapolvere lo usiamo come poggiapiedi mentre beviamo le birre. È una splendida, splendida idea! >>
E orgogliosa si scostò i capelli azzurri dal collo, facendoli fluttuare nell'aria e facendo salire il batticuore a Vegeta che la guardò con occhi adoranti e un sorrisetto da rimbambito sulla faccia mentre lei, contenta, si pavoneggiava per il suo brillante piano.
Goku, però, la guardò, incerto.
<< E con il fantasma che si fa? >>
Lo sguardo dubbioso da parte di Bulma e quello innamorato a fissare Bulma da parte di Vegeta lo costrinsero a spiegarsi meglio.
<< Insomma, potremmo sempre tirargli in testa le bottiglie vuote della birra, sperando che sbagli strada e non ci tiri sotto >> propose, incerto, grattandosi la zazzera in cerca di una soluzione che sembrava più complicata del previsto.
Difficile usare tanto il cervello per uno come lui: non bisogna sforzarsi se non si è allenati.
<< Oppure! >> lo salvò dal naufragar in un mare burrascoso di calcoli e astuzia, la brillante donna << Usare l'aspirapolvere per risucchiarlo, così non potrà più guidare il Monster Truck! >>
<< OMMIDDDIO, ottima idea! Sei un genio, Bulma! >>
Si complimentarono in coro entrambi i Saiyan per l'arguzia della donna, elogiandola per le sue qualità petalose, vaneggiando, soprattutto da parte di Vegeta, sulla necessità di ricoprirla di premi insigni, promettendole il Premio Sìbel, l'Oscar per la bellezza, una ricarica gratis del telefono a vita, il Premio Freezer, il GETA Music Award e il Premio Befana per la letteratura e perché lo era per davvero. Osservazione che costò a Vegeta una ginocchiata dove non batte il sole.
Così, appena l'imperatore riuscì nuovamente ad alzarsi da terra e a respirare a tratti regolari, aspirapolvere alla mano, corsero verso il fantasma in Monster Truck che li aspettava in fondo al tunnel.

Il loro urlo di battaglia si smorzò appena arrivarono in fondo al tunnel e si trovarono in un'enorme atrio che ospitava un macchinario vecchio e scoppiettante.
<< Ehi, ma che diamin- Nappa? >>
Come se non se lo aspettassero, perché non aveva molto senso in realtà, ma neanche questa storia ne ha, quindi va beeene, si ritrovarono davanti al buon vecchio consigliere Nappa che, camicia da boscaiolo e barba incolta, stava spalando sale sulla macchina che, attraverso una lunga catena di montaggio, lo purificava, lo lavava e lo risputava fuori in un altro mucchio.
Radish, l'ultima persona che ci si aspetterebbe come no, invece, alla guida di una ruspetta, raccoglieva il sale e lo distribuiva su casse contenenti pesce.
Pesce, la cosa più normale da trovare in fondo ad una caverna buia e tenebrosa, nel deserto, ovviamente.
Si avvicinò loro, quindi, la versione canadese di Nappa.
<< Be', sì >> confessò l'ormai ex-consigliere, sotto lo sguardo perplesso di Bulma, quello affamato di Goku, che era da almeno una mezz'ora buona che non mangiava e vedersi circondato da pesce sottosale non aiutava, e quello leggermente arrabbiato dell'imperatore Vegeta che aveva appena scoperto che il suo consigliere era riuscito a trovarsi un altro lavoro.
Insomma, lui licenziava le persone e loro cosa facevano? Si trovavano un altro lavoro per vivere? Ma come osavano?
Goku, invece, era più sorpreso dal fatto di trovarsi il fratello - che dava per disperso da tempo - a lavorare, il quale, almeno da quanto ricordava, era sempre stato un nullafacente ed non aveva avuto la minima voglia di trovarsi uno straccio di lavoro, nonostante i suoi trent'anni suonati. Ma tu guarda le sorprese della vita.
<< Cos- MA COME È POSSIBILE? CHE COS'È QUESTA STORIA, NAPPA! SPIEGARE, ORA. >> chiese gentilmente chiarimenti il giovane imperatore che, aveva iniziato a sbraitare contro al povero Nappa tutto il suo disaccordo. Nappa allora, iniziò, grattandosi la pelata.
In sostanza, la questione era andata così: dopo essere stato maltrattato per l'ennesima volta a palazzo dal giovane imperatore - prima perché non gli aveva procurato il giusto colore di smalto, poi perché si era scordato, tra i mille altri impegni fondamentali che aveva, come, che so, dirigere un regno o redigere contratti interplanetari, di portare a spasso il suo cane, poi ancora perché non gli era stato servito il frullato alla menta, anguria e fragola ma alla menta, fragola e anguria, infine perché, una mattina, secondo l'imperatore, si era pettinato i baffi in maniera arrogante - aveva deciso di aprire con Radish una attività illegale di spaccio di sardine sotto sale.
Così, ogni sera, dopo lavoro, con l'aiuto del giovane Son, al quale due soldi per comprarsi le sigarette non facevano male, aveva iniziato a pescare migliaia di sardine nel Mare del Nord, causandone, molto probabilmente, la vicina estinzione - problema cui era stato debitatamente informato l'imperatore ma di cui se n'era fregato - per poi trasportarle nei sotterranei della villa, - posto perfetto per nascondere l'attività, a parte per un deficiente che faceva pascolare delle capre nei giardini, ma era talmente scemo che non li aveva mai beccati - lavorarle grazie alla sovrabbondanza del sale presente e poi rivenderle al mercato nero dell'Alaska.
Anche se attualmente, i clienti scarseggiavano, un po' perché là le sardine non andavano di moda - preferivano il tonno, a quanto aveva capito - un po' perché quel figlio di una buona capanna di Turles***, altro giovane che si dedicava allo spaccio di sostanze discutibili, aveva avuto dei problemi con i compratori all'estero - primo perché, stranamente, pagavano in pesce, e secondo perché la lingua era da spararsi un colpo in testa.
E la carestia di sale?
Be', quella semplicemente era stata causata dalle continue razzie che, quando potevano, Nappa e gli altri due facevano ai supermercati e alle saline, perché estrarre il sale dalle pareti e lavorarlo, dopo un po', era diventato dispendioso, soprattutto nell'ultimo periodo, quando gli affari con gli eschimesi non andavano a gonfie vele.
E tutta la parte della vendetta che abbiamo letto prima?
Be', quella semplicemente era una scusa per far scena e per trarre in inganno il lettore e fargli credere che, AHA! c'è davvero un fantasma cattivo che ruba il sale e che boh, lo devono catturare stile Scooby Doo... ma dato che non sono prevedibile, HAA, mi pareva più ragionevole parlare d'altro e dimostrarvi che i fantasmi, tantomeno quelli in Monster Truck non esistono. Neanche Babbo Natale, in realtà, ma questa è un'altra storia.

Vegeta, però, non condivise lo spirito imprenditoriale del suo consigliere e si mise a sbraitare in giro del fatto che, no, non era possibile condividere un'idea così egoista come quella di crearsi un'impresa da privati e non pagare nulla all'imperatore e soprattutto privarlo del controllo dell'attività, lamentando il fatto che questi capitalisti non sarebbero andati avanti molto a lungo e che non capiva la pretesa delle persone di voler lavorare per vivere e la continua necessità di dover mangiare ogni giorno.
All'ennesima volta che Vegeta andava avanti e indietro per la caverna, brontolando, Bulma, a cui si era accesa la lampadina un'altra volta, lo bloccò.
Gli si avvicinò, infatti, prendendolo a braccetto e sorridendogli, cortesemente.
<< Ma Vegeta caro, >> gli sorrise, facendogli accelerare i battiti cardiaci << pensaci un attimo >> squittì, deliziosa, facendo le labbra a cuore (?) mentre l'imperatore iniziava a perdere la cognizione dello spazio-tempo.
<< Potresti sempre riuscire a reclamare il tuo fondamentale ruolo di signore dell'universo anche grazie a questa attività! >> continuò, poi, spiegandosi meglio.
<< Se ti accordassi con Nappa e i suoi due... ehm, come si chiamano? >>
<< Radish e Turles. >> aggiunse Nappa.
<< ... ecco, e con questi Reddith e Carlos, e portassi questo commercio di pesce a livello nazionale, potresti fare palate, se non, montagne di soldi! Questa attività, se gestita al meglio e ampliata sempre di più, >> proseguì, sotto lo sguardo interessato di Nappa, imbronciato di Vegeta e perso di Goku che si era messo a contare i pesci ma, sigh, quel povero ragazzo ha l'attenzione di un bimbo dell'asilo, << potrebbe fruttare alle casse dello stato quanto una mia invenzione anche se, francamente, io sono un genio e la vedo dura, ahahah, ma questo non c'entra.  Poi, magari, la popolazione potrebbe finalmente riavere il sale. >>
Sospirò, portandosi una mano alla fronte. Vegeta, invece, la fissò, perplesso e indeciso sul da farsi. Portò una mano al mento, pensieroso, mentre osservava attorno le montagne di sale e le casse di sardine marinate.
Bulma gli si avvicinò.
<< Che ne dici? >> gli sussurrò, sorniona, << potresti fare miliardi se questa attività venisse portata alla luce del sole. >> pronunciarono infine le sue dolci labbra che, stranamente, convinserono subito l'imperatore.
Si perse un secondo ad osservare i suoi occhioni azzurri mentre era rimasto immobile a contemplare la immensa salina.
In fin dei conti, pensò, non era una cattiva idea: avrebbe nuovamente spadroneggiato su Nappa e suoi sottoposti, avrebbe fatto i milioni e, magari, a fine giornata, avrebbe potuto gustarsi assieme alla bella Bulma - che lo stava fissando con i suoi occhioni da cerbiatta - dei croccanti popcorn, seduti assieme, davanti al caminetto, in camicia da notte, accoccolati uno vicino all'altra e, nell'atmosfera focosa e piena di sussurri, avrebbero potuto scambiarsi caldi baci e, magari, approfittare del momento per alzare il rating della storia e poter fare cose che non posso descrivere al momento.
<< Sapete cosa? >> sbottò, improvvisamente il re, << Mi è venuta un'idea brillante! Nappa, mettiamoci in società io e te, così io faccio i milioni e portiamo questa meravigliosa attività alla luce del sole! Però, tu, Reddith e... l'altro si chiama? >>
<< Turles >>
<< ... Carlos, iniziate a produrre anche salmone, che mi piace di più! Che ne dici? >>
Senza aspettare una risposta da parte di Nappa, il quale, più che decidere liberamente per sé, fu costretto ad accettare di firmare il contratto stipulato a tavolino, con lo stesso imperatore come rappresentante dello Stato - Assoluto, s'intende - e con Bulma come scribacchino, i due si misero d'accordo per creare una società - di cui Vegeta era il presidente ma non responsabile, visto che il re è intoccabile per definizione - di vendita di sardine, salmone e - su consiglio di Goku - di cozze, che gli piacevano tanto, soprattutto a colazione. ****
Nappa venne riassunto a corte in qualità di consigliere, con la promessa di un lavoro meglio organizzato e retribuito e, Vegeta, per farsi perdonare, gli regalò l'aspirapolvere al 50% di sconto, il frigo bar con le birre e un buono spesa con lo sconto sul sale. Caso mai ne fosse senza.
La produzione di pesce venne, quindi, portata alla luce del sole, con la aitante promessa di una rendita straordinaria, anche se Vegeta non aveva ben capito il significato metaforico della frase e, con un Big Bang Attack, alla fine, fece esplodere caverna, villa e giardini, portando il tutto letteralmente alla luce del sole.

Bulma e l'imperatore si ritrovarono, infine, alla fermata del tram ad aspettare la linea 6 per tornare a palazzo.
A loro si unirono anche il giovane Goku e le sue innumerevoli capre: aveva deciso, infatti, di ritornare in montagna ad occuparsi della sua fattoria perché lì, aveva una famiglia di moglie e figlio che lo aspettava, e perché, in fin dei conti, era stufo di girare come un beduino nel deserto con l'unica compagnia delle capre.  
La scienziata, invece, anche da parte di Vegeta, invitò Goku, e allargò l'invito anche alla sua famiglia e alla capre, a venirli a trovare a palazzo, dove avrebbero trovato cibo in abbondanza e giardini con tanta erba fresca. Si scambiarono i numeri di cellulare e quello di piccione viaggiatore per Goku, e si promisero di beccarsi presto per un caffé in centro.
Vegeta, dal canto suo, dopo aver fulminato più volte Goku per essersi avvicinato un po' troppo alla fidanzata segreta, talmente segreta che neanche lei sapeva di esserlo, si sentì, in fin dei conti, contento per aver terminato un altro importante affare e non vide l'ora che arrivasse il tram per poter tornare a casa a mangiare i popcorn cucinati da Bulma, anche se aveva i suoi dubbi che sarebbero riusciti a salire tutti sul tram, capre comprese.
Sorrise, alla fine: finalmente la strampalata avventura era finita e lui poteva tornarsene a casa a guardarsi i Griffin.


THE END

Si ringrazia la popolazione del pianeta Vegeta per la spiccata disponibilità e gentilezza a partecipare a questo capitolo.
Si ringrazia la ditta Vegeta Trasporti per aver messo a disposizione la linea 6.

Un grazie  alla popolazione, agli schiavi, ai ballerini, alle concubine, ai coreografi, agli artisti del circo, al Consigliere Nappa, agli scienziati di corte, al povero autista della linea 6, a Turles e Radish per aver partecipato.

Un grande grazie, ovviamente, all'immancabile Principe Vegeta che ha messo tutta la sua disponibilità e allegria a svolgere il ruolo di protagonista, alla scienziata dai capelli azzurri Bulma, venuta direttamente dalla Terra,  al grande Goku e alle sue innumerevoli capre.

Grazie, infine, a Felinala che mi ha supportato nell'arduo percorso della scrittura del capitolo, a SSJD che mi ha suggerito come terminare questa sciagura di capitolo e al mio PC, per la pazienza che mi ha dimostrato e per non essersi formattato dalla disperazione.




* battuta presa da Due Fantagenitori
** ottimo uso dei proverbi, vero SSJD? Du darfst stolz sein auf mich. Dedicati solo a te. Ora mi esalto perché ho scritto in tedesco. YEEEEEE!
*** non posso usare parolacce. Ehh, già. Se volete che le usi, devo alzare il rating.
**** idea di _Lady_Maleficent_, se mai leggerà questa idiozia





ANGOLO DELL'AUTRICE
Eccomi qui, dopo tanto peregrinar per libri e cose varie.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto.
Spero inoltre di non dover far più capitoli così lunghi, ma di morire prima.  

Ringrazio, come al solito, tutti coloro che leggono, che recensiscono, che hanno messo la storia in una delle categorie e coloro che mi daranno qualche dritta se ho sbagliato qualcosa o meno!

Siete tutti bellissimi, tranne te, là dietro, terza fila.

Un bacino a tutti e alla prossima - che spero sia più prossima.
Oggi Zappa è coccolosa.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Strano ***


Se c’era una cosa che Bulma aveva imparato negli anni, era che Vegeta era anormale. Particolare, bizzarro, anticonformista, eccentrico. In una parola scientifica: strano.

E lo notava in tante cose, anche le più piccole. I calzini, per esempio.

Si sa, di solito la gente normale ha un cassetto apposito dove conserva i calzini. Grandi, lunghi, corti, da ginnastica, e per le signore, magari, ci stanno pure le calze e i fantasmini per i tacchi.

Vegeta non aveva un cassetto dei calzini normale. O meglio, non ci teneva calzini.

La prima volta che Bulma aprì il comodino, dalla parte del letto dove dormiva Vegeta, per poco non saltò sul soffitto dallo spavento. Vegeta conservava nel cassetto dei cimeli vari di battute di caccia.

Avete presente quando il gatto, dopo essere andato a caccia tra una mangiata di croccantini e l’altra, vi porta sull’uscio di casa la testa di un corvo o il corpo senza vita di un topino appena catturato, costringendovi a buttare in varechina il tappeto dove ha strapazzato il corpo della povera vittima, e a, praticamente, smontare l’ingresso di casa per estirpare le piume sparpagliate?

Ecco.

Nel cassetto, Bulma, infatti, aveva ritrovato, in questo ordine: due paia di denti di sconosciuta provenienza, la zampa di un orso, il cuore di un pollo, una ciocca di capelli di Goku, tre sassi, una ciabatta, la coda di un cavallo, il piede del fantino che guidava il cavallo, un orecchio di Junior, una rana essiccata, un paio delle sue mutandine – ok, questo andava anche bene – un polmone ancora funzionante e un pacchetto di fazzoletti.

Il tutto condito in una zuppa di sangue, ossa e parti umane non ben definite.

Bulma nel cercare di ripulire il cassetto maleodorante aveva optato, così, per dar fuoco direttamente al comò.

Un’altra cosa strana, poi, era che passava dall’essere un Abominevole Uomo delle Nevi ad un cucciolo di Golden Retriever in pochi minuti.

Per esempio, la sera, quando si addormentava subito dopo gli allenamenti.


Il predatore, dopo essere uscito dalla pozza d’acqua in cui ha riposato fino a quel momento, s’avvia, quatto quatto, verso la tana. Si guarda intorno circospetto, per avvertire per tempo un attacco improvviso di ruggiti da parte della consorte, e per poter scappare per tempo in bagno, ed usarlo per primo. Nella grande savana che è la camera da letto, il predatore s’immerge, infine, nelle lenzuola, rannicchiandosi nella sua parte di tana.


Bulma se lo ritrovava ogni sera così, accucciato nel suo angolino, come un piccolo batuffolo di neve fuori stagione, sparso nel lettone.

Era… dannazione, era così carino mentre dormiva tutto rannicchiato su un lato, a forma di ovetto, con il cuscino stritolato tra le braccia e i capelli arruffati dal sonno, con quel piccolo filino di bava che andava a lavare le lenzuola intonse, messe su il giorno prima – perché, tanto, mica lavava lui in quella casa – e il leggero russare che era simile al ronzio di un ape mischiato alle fusa di un micio.

Così carino che le si scioglieva l’anima, anche se, dopo, doveva rimetterla in frigo, perché sapeva benissimo che, la mattina, quando si sarebbe risvegliato, la bestia che dormiva in lui, avrebbe fatto nuovamente sfacelo della casa e dei suoi averi, come un gatto dispettoso che, sotto l’effetto di allucinogeni, scaraventa a terra le cose che stanno sulle mensole, perché convinto che gli abbiano sussurrato parole ingiuriose.


Un’altra, ennesima, cosa strana era il fatto che, ultimamente, Vegeta, animato da chissà quale spirito innovativo, aveva voluto aggiustare lui stesso la falciatrice, perché lei era stata troppo occupata con progetti più importanti tra le mani.

La falciatrice, irrimediabilmente distrutta dalle mani incapaci del marito, che passavano spietate come ruote di un camion su una fila di bicchieri di cristallo, era stata sostituita da una capra.

Voleva dimostrare di essere un bravo padre e un bravo marito e quale alternativa più economica e didattica, per il piccolo Trunks, di una capra come tagliaerba?

Certo, Vegeta avrebbe preferito chiamare Kakaroth e costringerlo a mangiare tutta l’erba del prato e tirargli dietro le ciabatte qualora avesse sbagliato la misura dei fili d’erba, ma lei si era fermamente opposta a questa opzione ed era capitolata davanti all’idea del marito di comprare una capra di nome Gordon.

La capra si rivelò una piaga d’Egitto, soprattutto per il suo salotto e i suoi mocassini. La stronza, alla fine, le dovette circa trecento euro per le scarpe, anche se Vegeta sostenne, fino alla fine, che era tutta una questione di insegnare alla capra i confini della casa e che era un’idea meravigliosa che tutti avrebbero adottato di lì a venti anni.

L’animale finì mangiato a Capodanno, e tanti auguri.

Ma, soprattutto, Vegeta diventava strano quando aveva da rapportarsi con i suoi figli. Li adorava, certo che li adorava, ma a modo suo.

I suoi due pargoli, o discendenza, come li appellava spesso e volentieri, erano fratelli.

Si sa, i fratelli non vanno spesso d’accordo. Ogni fratellanza non va d’accordo a modo proprio.

Vegeta li amava e li rispettava, e amava, spesso e volentieri, far paragoni tra di loro e farli disperare, – stuzzicando l’invidia di Trunks per Bra o la voglia della piccola di casa di prendere a pedate il fratello maggiore perché aveva osato passare più tempo con il padre invece che lasciarlo solo per lei – mettendolo loro la pulce nell’orecchio su chi dei due fosse il più apprezzato, soprattutto quando facevano cose per lui, come prendergli il giornale o lasciarlo in pace a leggerlo, comodamente seduto sulla poltrona.

Erano anche apprezzati massaggi ai piedi, colazioni abbondanti di prima mattina e filippiche contro il nemico numero uno, Kakaroth, ma qui si andava sul difficile.

Bulma, da parte sua, non era così cattiva come il marito che sfruttava i figli per i suoi comodi e li imbarazzava con battute sporche, ma adorava i suoi due figli senza farli disperare e trovava divertente il rapporto tipico fraterno di amore e odio che intercorreva tra loro.

E lei, di fratelli, ne conosceva tanti.


Gohan e Goten, ad esempio, erano fratelli.

Il piccolo Goten, dolce e affettuoso quanto un cucchiaio di miele sui capelli, adorava il fratellone più grande, Gohan. Goten era ingenuo, semplice e, a parere di Vegeta, completamente inutile.

Più volte aveva sentito il marito redarguire il figlio sulla loro vicinanza estrema e intimargli di stare attento ai pericoli, soprattutto ai pericoli come Goten, ma tutto inutile. L’unica cosa positiva dalla loro amicizia, era che Trunks aveva mantenuto il suo quoziente intellettivo alto, a differenza di Goten che aveva il quoziente intellettivo seppellito sotto un sasso.

Gohan, invece, era timido, impacciato e tonto. Più volte, infatti, Videl le aveva raccontato che, a parte il fatto che il Son a mala pena riusciva a masticare una parola, quando si avvicinava troppo alla sua faccia, ogni volta che era con lui si creavano situazioni imbarazzanti. Rideva nelle situazioni in cui non si sarebbe dovuto ridere, diceva barzellette quando non si sarebbero dovute dire barzellette, e augurava “anche a lei” al cameriere, quando quest’ultimo augurava “buon pranzo”.

Ma i due fratelli erano legati, molto legati, ma mai quanto C17 e C18, due gocce d’acqua proprio.


C17 e C18 erano fratelli.

Probabilmente i fratelli più uniti che avesse mai visto, con le stesse movenze da serial killer psicopatico, lo stesso taglio di capelli, gli stessi occhi e lo stesso modo di fare tremendamente inquietante. Due fratelli d’accordo su tutto, dall’uccidere Goku alla scelta dell’insalata da mangiare a pranzo, tranne, forse, per la scelta della salsa da abbinarci, argomento per il quale li aveva sentiti più volte battibeccare. L’uno sosteneva la supremazia del ketchup e l’altra l’importanza fondamentale della maionese come elemento di coesione tra il pomodoro e l’insalata.

Due gemelli, in fin dei conti, adorabili, che, probabilmente, da piccoli volevano dormire vicini vicini e condividevano la stessa culla, così adorabili che avevano reso la vita di suo figlio e di Bulma del futuro, un autentico inferno. La litigata sulla questione del ketchup o della maionese in quell’epoca doveva essere finita malissimo.


Goku e Radish erano fratelli, almeno, da quello che aveva sentito.

Oddio, gran bel fratellone quello che piomba a casa tua, te la sfascia, ti ruba il figlio piccolo solo per conquistare il mondo, a momenti ammazza il tuo migliore amico, fa ammazzare te e ti domanda il perché tu lo odi così tanto e se ci possa essere qualcosa che possa fare per migliorare il vostro rapporto.

Chissà, probabilmente se il pianeta Vegeta fosse rimasto in piedi e Goku fosse rimasto sul suo pianeta natale, sarebbero andati d’accordo. Magari menandosi ogni giorno, ma sarebbero andati d’accordo.

In fin dei conti li capiva: anche lei aveva una sorella maggiore ed era dura alle volte andarci d’accordo, anche se Tights* era dall’altra parte del mondo e non la vedeva da tempo ma questo era un altro discorso. Probabilmente non sapeva neanche che aveva un marito e un figlio. E lei stessa non aveva detto niente a nessuno.

Il senso? Boh.


Freezer e Cooler, poi, erano fratelli e Bulma, a parte immaginarseli come due membri di un circolo mafioso, non riusciva ad inquadrarli come figli dello stesso padre.

Da quello che le aveva raccontato Vegeta quando lavorava come netturbino spaziale per Freezer, quest’ultimo aveva qualche centinaio d’anni in meno del fratello, ma per volontà del padre Re Cooler, che altro non poteva essere che un Padrino spaziale, il figlio minore tirava avanti la baracca. Che il fratello maggiore fosse scemo o fosse poco accorto, secondo il padre, per ereditare l’impero paterno?

Mah, fatto sta che, probabilmente, i due si odiavano a vicenda, e l’uno prendeva in giro l’altro quando l’altro non se ne accorgeva, e viceversa.


Beerus e Champa, i due meravigliosi dei della Distruzione del settimo e sesto universo, erano fratelli. Due fratelli tremendamente dispettosi e attaccabrighe.

Ridacchiando tra sé, Bulma s’immaginava, spesso, che i due micetti fossero stati scelti dai gemelli Whis e Vados in un gattile spaziale, ai confini dell’universo. Ancora bimbi, i loro futuri maestri, li scelsero dalla cesta, in cui Mamma Gatta sonnecchiava – Vuoi quello che con la codina arruffata, tesoro? E tu vuoi quello che assomiglia ad un bignè? e se li portarono a casa come regalo di Natale.

Oltre al fatto che essendo dei, facevano il bello e il cattivo tempo, loro due erano dei gatti, ed essendo gatti, erano tremendamente permalosi e avevano l’anima da serial killer.

Quel pianeta non mi piace, meglio distruggerlo.

Mi hanno rubato la pallina, meglio distruggerli.

Sono finite le mie crocchette, meglio distruggerli.


Whis e Vados erano fratelli e, due fratelli a dir poco identici. Uguali, fatti con lo stampino, insomma, la stessa fotocopia. Una coppia di quei gemelli siamesi, almeno per il modo di fare, che tutti vorrebbero essere: chissà quante volte l’uno o l’altra avrà mandato il fratello o la sorella a fare un esame al proprio posto. In fin dei conti i professori non si sarebbero accorti molto della differenza e, visti i modi garbati e signorili che ostentavano, l’avrebbero di sicuro fatta franca.

Probabilmente usavano il trucchetto della somiglianza anche per ingannare i loro protetti: quando uno non aveva voglia di prestare servizio al dio della Distruzione che gli era attribuito, ingaggiava l’altro per qualche ora al suo posto e se ne andava al mare o al mercato.

Con il loro stile egocentrico e specioso, i capelli di Whis, in particolare, sembravano usciti da un video dei Bee Gees. Probabilmente Bulma avrebbe potuto passarci i pomeriggi con i due gemelli a discutere di moda e di acconciature fashion, visto che Whis, in particolare, apprezzava molto la sua compagnia. O forse semplicemente apprezzava i suoi soldi. Opportunista di merda.**


Vegeta e Tarble erano fratelli, anche se non aveva molte informazioni su di loro perché il marito, ogni volta che gli chiedeva spiegazioni a riguardo, faceva la faccia di bronzo e lei non poteva fare altro che mandarlo a cagare da qualche parte.

Ma, dall’ultima volta che si erano incontrati in occasione della festa di inaugurazione della nuova villazza di Mister Satan, – mai bella quanto la sua, ovviamente – aveva avuto più rapporti con il fratellino minore di Vegeta, grazie alla chat di Twitter.

Così aveva scoperto che il marito da piccolo era una piaga, una piaga per il re e per tutta la corte: come quella volta che, ad esempio, aveva bruciato il pizzetto del padre per vedere se era vero, costringendo Re Vegeta a spedirlo per un mese su un satellite lontano, per punizione.

Da piccolo, quindi, Vegeta, era uno di quei bambini adorabili che avresti voluto affogare nel water all’ennesimo “e perché?” che ti ripeteva.

Era irriverente, attaccabrighe e incredibilmente fantasioso nelle sua marachelle: una volta, per esempio, aveva sparso per tutta la reggia il detersivo della lavatrice sostenendo che “aveva un buon profumo”, mandando così all’ospedale la tata che, poi, non aveva fatto più ritorno – piano, secondo il re, astutamente congegnato per liberarsi della babysitter.

Un’altra si era messo a masticare le pastiglie della lavastoviglie perché sembravano caramelle – problema a cui il re aveva ovviato prendendolo a pacche sulla schiena finché il piccolo non aveva vomitato la Comunione.

Un’altra ancora, aveva ricoperto la reggia di chewing gum, costringendo il re a indire due giorni di “pulizie nazionali” perché la servitù del palazzo aveva dato le dimissioni per “maltrattamenti in sede di lavoro”. Un bambino, quindi, adorabile solo quando era fermo, immobile legato alla sedia. Magari imbavagliato, e sedato.



Infine, i suoi adorati gioielli Trunks e Bra erano fratelli.

Due fratelli che si picchiavano, si odiavano, si prendevano a randellate quanto basta per uscire da una baruffa pieni di lividi e di ossa incrinate.

Suo marito aveva un rapporto diverso tra loro due e, inutile dirlo, nel tempo si era ammorbidito, come il pane duro, quando lo metti in acqua per farci le polpette.

Se Trunks doveva essere l’uomo di casa, il maschio alfa, dopo suo padre, ovviamente, Bra era la piccola margheritina da custodire e da lasciar sbocciare sotto i rami del grande papà quercia.

La piccola, quindi, era un biscottino al burro a cui suo marito non sapeva dire di no.

Emblematica era stata, quella volta, quando, entrambi i suoi figli, prima l’uno e poi, anni dopo, l’altra, alla tenera età di tre anni, si erano sbucciati un ginocchio giocando in giardino.

Se lei, all’epoca, giovane madre trentenne, aveva avuto un raptus improvviso da mamma Chioccia, Vegeta era stato inamovibile con il figlio, bloccando ogni suo tentativo di soccorrere il poveretto che era finito pure con la faccia nella sabbia.

<< Hai una botta? >> lo apostrofò, serio.

<< Perché piangi, moccioso, è solo un graffio. Sii uomo! Sii un Saiyan! Io alla tua età, come minimo, se mi usciva il ginocchio me lo sistemavo da solo! Quando tu ancora imparavi a fartela addosso io già conquistavo pianeti! >>

Trunks, invece, piangeva, inconsolabile.

<< Avrei dovuto mandarti per i boschi a cacciare, invece di lasciarti qui a zampettare per il salotto, a giocherellare con i tuoi stupidi giocattoli e a dormire sempre! >>

Inutile spiegare al principe che il figlio fannullone in considerazione aveva solo tre anni, che era anche SUO figlio e che se avesse osato anche solo portarlo fuori dalla Capsule Corporation senza la sua autorizzazione, avrebbe spedito lui, nei boschi, a dormire con gli orsi e i lupi.

Ma se Vegeta, in passato, era insofferente quanto avere un taglietto nel naso, adesso, o, quantomeno da quando era nata la secondogenita, era diventato un altro. Strano lo era sempre, e mai, si disse Bulma, lo avrebbe capito del tutto, come la teoria sui buchi neri, ma per lo meno adesso era umano.

Umano in maniera strana, s’intende.

La volta in cui Bra era caduta in giardino e si era lievemente sbucciata il ginocchio, Vegeta era diventato improvvisamente premuroso come una nonna.

L’aveva subito raccolta tra le braccia, spazzolata per bene, e, mentre lei piangeva grosse lacrime da coccodrillo, dopo essersi tolto i guanti per non raschiarle la delicata pelle delle guanciotte – cosa che non faceva mai con lei, a momenti se li teneva pure quando andava a letto – le aveva carezzato benevolo le gote, sussurrandole paroline così dolci che pensò gli sarebbe venuto il diabete, una volta calmata la figlia.

Espletando la magia che conoscono tutti i genitori più esperti, dapprima soffiò delicatamente sulla ferita, poi, le diede un leggero bacino, permettendo alla piccola di accoccolarsi di più al suo petto. La bimba si era così rabbonita, finendo le ultime lacrime sulla sua spalla, ed era stata portata in casa in braccio con la promessa di vedere un bel cartone animato in compagnia del papà.

Lei, invece, era rimasta a fissare il marito scomparire dentro casa a bocca aperta. Quando si era ripresa, si era accorta di essere rimasta ancora in giardino e di reggere, con la mano destra, la sigaretta a mezz’aria: decise di buttare subito la sigaretta e tutto il pacchetto, pensando di non aver fumato del semplice tabacco ma qualcos’altro...


La cosa assurda era che il suo cazzone di marito non voleva ammettere di amare alla follia la famiglia. Insomma, quale era il problema a dire che li amava?

Passava la giornata a giocare con sua figlia alla casa delle bambole, vestito come una fatina, con tanto di coroncina e di ali abbinate, e aveva difficoltà a sputare un “ti amo”?

Bulma alzò gli occhi al cielo, sospirando.

Suo marito era strano, sì, ma, in fin dei conti, andava bene così.

In fondo, chi se ne frega: perché lambiccarsi la testa ulteriormente?



THE END



* Sì, Bulma ha una sorella e sì, sono sconvolta quanto voi e, no, non ne ho idea del perché non lo sapesse nessuno finora.

**Come hanno espresso bene SSJD e Felinala, nei loro OTTAVI VIZI CAPITALI. Dateci un’occhiata, non guasta mai. Se volete. Ma io dico che dovreste.



Angolo dell’autrice


Gne gne gne.

Devo pensare ad un commento serio da inserire.

Uhm.


Non c’è, fa lo stesso.


Allora, come state?

Spero bene.

Io sto bene.


Mamma mia, che belle note d’autore.



Comunque, spero il capitolo vi sia piaciuto, io mi sono divertita molto a dar voce ai pensieri di Bulma, della MIA Bulma. Povera donna.

Mi farebbe piacere sapere che ne pensate in una recensione – così mi dite pure se ci sono problemi, oltre ai miei, apparentemente, mentali.

Grazie a tutti quelli che leggono, che mi sopportano, che alzano gli occhi al cielo, che mi seguono.

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Destinato ***



Questo capitolo lo dedico a SummerMoon, a Nuvolenere_dna e alla pastasciutta al pomodoro.


ATTENZIONE, PREGGGO:

utilizzo di parolacce.

Tutti coloro che sono contro le parolacce sono pregati di aggregarsi alla fila B per sporgere lamentele cui provvederò a rispondere il prima possibile.

Nella fila B non si può, però, per regolamento, camminare con le scarpe rosse.

Dovete lasciarle nella fila A, grazie.


Quella mattina si respirava aria di tranquillità sui Monti Paoz.

Il sole era sorto, gli uccellini cinguettavano, la foresta si risvegliava accarezzata dai nembi delle nuvole, i cervi iniziavano a saltellare per il bosco, le farfalle aprivano le loro grandi ali scuotendole dalla rugiada, e Chichi non aveva ancora iniziato a sbraitare dietro a nessuno.

Si risvegliò così il nostro eroe, Goku, aprendo gli occhioni color biscotto e stiracchiandosi nel grande lettone matrimoniale, tutto felice.

Eh, sì, quella mattina Goku era proprio felice.

Non c’era un motivo, si può essere felici perché ci si è alzati finalmente dalla parte giusta del letto invece che dalla parte sbagliata, o forse perché semplicemente non si sono persi i calzini nelle valli sperdute delle pieghe delle lenzuola: insomma, si può essere felici per qualsiasi motivo.

Goku, quel mattino, era felice punto e basta.

Rosica, Vegeta.


Afferrò i pantaloni e se li infilò al contrario, raccattò una maglietta a caso dal cassetto e si fiondò giù per le scale. Andò a sbattere inavvertitamente con il pollicione contro lo spigolo della porta, e avrebbe rischiato di incendiare il giro scale, se solo avesse dato gloria al Super Saiyan trasformandosi per il dolore improvviso, ma la casa rimase, per fortuna, intonsa; scese al piano di sotto, grazie alla sensibilità riacquistata al piede, e si ritrovò in cucina.


Chichi, quella sprizzante o frizzante mattina, vedete voi che termine vi piace di più, era fuori a stendere i panni in giardino come una brava schiava, mentre Junior, il padre verde che tutti desideriamo, teneva in cura per quel giorno il piccolo Gohan, portando il cane – cioè, pardon, Gohan – al parco.

Come un... cane.

Eh, sì, ehh, va be’.

Goku, invece, quel giorno, faceva pausa dagli allenamenti: ne aveva due palle di continuare a spaccarsi la schiena per prepararsi contro i Cyborg e per una volta voleva semplicemente far pausa dallo stress quotidiano. In fondo, aveva seguito al meglio la sua tabella di marcia di esercizi per diventare Super Saiyan – nel suo caso, migliorare le sue prestazioni da Super Saiyan – e per quel giorno poteva ritenersi in ferie. La tabella appesa con una al frigo, infatti, recitava in alfabeto fenicio – perché Goku aveva una calligrafia da cani – tutta la scaletta di esercizi prontamente seguita:


  • Flessioni; e le aveva fatte. Anche durante la notte per quel che gli riguardava, in compagnia della moglie. Delle flessioni un po’ particolari, non in verticale, ma in orizzontale. Non so se ci siamo capiti. *Zappa strizza l’occhiolino*

  • Addominali; pure questi fatti.

  • Succhi di frutta; un sacco, avrebbe dovuto consigliarli anche a Vegeta, poi.

  • Un cuore puro. Puro di bastardaggine, di egoismo, di cioccolato, di qualsiasi cosa! BASTA CHE SIA PURO! E lui lo aveva. Puro come il cioccolato! Meno male che non aveva tentato di mangiarselo, altrimenti avremmo assistito al primo caso di cardiofagia non letterario.

    Alla faccia di Dante che racconta nella Vita Nova di Beatrice che gli mangia il cuore. Interessa a tutti questa divagazione, immagino… Continuiamo con la lista, va là.

  • Montagne di latte; a posto. Anche perché aveva l’abbonamento con la malga a qualche chilometro da casa e questa solamente grazie alla sua fame tirava avanti.

  • Krillin che muoia per te; ipotesi eventuale, però, Sfere del Drago permettendo.

  • Combattere. TANTO;

  • Altre flessioni;

  • Altri addominali;*

  • Pausa per un giorno quando se ne hanno le palle piene;

  • Ripeti da capo.


La lista era stata accuratamente completata ed era stata seguita giornalmente.

Così, annuendo soddisfatto e contento di aver imparato a leggere fino in fondo alla lista, si mise a far una sana colazione da Saiyan.

Passò la mattinata nell’ozio, ascoltando i grilli grillare nel prato, sputacchiando gli ossi delle ciliegie in giro per la cucina e infine sbucciando fagioli, i quali, a sera inoltrata, sarebbero finiti in una buona vellutata cucinata dalle dita magiche di Chichi, la bellissima donna di casa che governava la sua dimora.

Chichi, ahh, dolce Chichi.

La dolce donna che Goku sognava mettere lo zucchero a velo sopra le torte e sfilare dal forno polpettoni di maiale.

La donna che gli aveva regalato emozioni incredibili nei suoi sogni osé, quando s’immaginava di leccare la crema di cioccolato sulle labbra delle pentole ancora da lavare o di affondare le mani nel solito e tondeggiante vasetto di Nutella.

Sospirò, chiudendo gli occhi e portando alla bocca, sovrappensiero, un fagiolo, immaginandolo come un gustoso raviolo al vapore per, poi, risputarlo perché faceva schifo mangiare i fagioli con la buccia, soffocandosi tra i colpi di tosse.

Finiti, poi, di sbucciare fagioli, cipolle, capre e cavoli, il nostro eroe, non avendo niente di bello da fare, visto che la figliolanza e la mogliettanza erano occupate, si mise davanti alla televisione ma si annoiò subito.


Così, dopo circa un’oretta, Chichi lo ritrovò seduto davanti al frigo, intento a guardarlo come se fosse la cosa migliore del mondo.

<< Goku, perché hai spostato il divano in cucina? >>

<< La TV non andava, così ho deciso di vedere la seconda cosa è più divertente in questa casa. Il frigo. >>

<< Ah... >> commentò la moglie, massaggiandosi la schiena dolorante, quando lo vide iniziare a piangere. << E adesso perché stai piangendo? >>

<< P- PERCHÈ IL FRIGO È VUOTO! >>

Chichi alzò gli occhi al cielo.**

<< Perché, perché, mia bellissima moglie il frigo è vuoto? >> continuò Goku, inginocchiato davanti al frigo e attaccandosi ai pantaloni di Chichi, mentre piangeva e piangeva, disperato, maledicendo il cielo della triste sorte che il cibo aveva fatto.

<< Perché, perché, mio bellissimo destino, mi hai tirato un tiro mancino così? >> chiese, invece, Chichi rivolta al cielo, piangendo disperata pure lei, a capo chino, abbracciando stretta stretta la testa del marito costernato davanti a lei.

Una scena patetica che non smuoverà una lacrima da parte dell’autrice, ovviamente.

In ogni caso, alle continue lamentele del marito che si diceva “sciupato” e contrario ad una politica economica e culinaria così restrittiva in fatto di cibo nelle ore inframattiniere e infrapomeridiane, la nostra Chichi rispose diplomaticamente, gestendo l’emergenza con polso fermo.

Ovvero, afferrò il polso al marito, glielo storse, lo buttò fuori di casa a calci in culo e gli intimò di andarsi a prendere un lavoro, oppure, visto che la parola “lavoro” non rientrava nel cervello di Goku – anche se stanno ancora cercando al CERN resti del cervello – di stare fuori dai fagioli, lontano dagli occhi, lontano dal cuore, almeno fino ad ora di cena. Si propose, anzi, di chiamare Bulma, per chiederle se aveva voglia di ospitare il marito che si comportava da quindicenne fin troppo cresciuto con le crisi ormonali per qualche ora.

Sentitosi augurare una buona giornata in culo al mondo dalla moglie, il piccolo grande Saiyan si ritrovò, così, all’aria aperta e decise di andare a farsi un giro random, giusto per evitare che Chichi, vedendolo che ancora barboneggiare sotto casa, gli tirasse il ferro da stiro dritto in faccia.

Prese quindi il volo verso la Città dell’Ovest, evitando saggiamente di usare il teletrasporto, visto che, l’ultima volta, era finito con Vegeta nella doccia e si era dovuto rintanare in Cina per scappare dalla furia del principe. Un’esperienza sì culturale, ma fin troppo lunga, che non voleva proprio rivivere.


Bulma, dall’altra parte del mondo, in quell’istante riattaccò la cornetta del telefono, sospirando e portandosi un ciuffo del caschetto dietro i capelli.

Era quasi mezzogiorno e presto avrebbe dovuto buttare la pasta per pranzo e andare a chiamare l’uomo di Neanderthal che viveva in casa sua.

Infatti, il Principe dei Saiyan, ospite da ormai un annetto a casa sua, era rintanato nella sua beneamata Gravity Room e probabilmente non si sarebbe schiodato di lì manco con le cannonate. Ma visto che, di lì a poco, avrebbe avuto pure Goku a bazzicare per casa, non sapeva se avrebbe o meno avuto la compagnia del suo primate stronzetto prediletto, e andare a fare una presa della Bastiglia per schiodarlo dalla stanza gravitazionale non le piaceva molto.

Sospirò – un’azione che fanno tutte le donne delle mie storie, o è sempre e solo Bulma? Mah – e si diresse in cucina a buttare la pasta. Non sia mai che la sua scimmia spaziale iniziasse ad urlare per la fame e per il pranzo in ritardo.

Non che Vegeta, dal canto suo, stesse facendo chissà quali grandi allenamenti. Era fermo, immobile, sul pavimento della GR, a contemplare il cosmo e le sue meraviglie ancestrali che racchiudono il cuore delle stelle e che custodiscono il segreto della vita e il segreto di come si stirino le camicie per bene.

Si poneva probabilmente quelle domande essenziali, struggenti, e difficili, che affliggono l’uomo e la specie umana da quando si scoprirono parte di un universo immenso, parte del principio ordinato e rigoroso dell’Essere, immenso, giusto e infinito.

Il nostro principe, osservando con cura la lastra di metallo che componeva la parte di soffitto proprio sopra di lui, pensava.

Pensava e ripensava.

Pensava e ripensava al perché, in particolare, il mattino prima, quel venditore di hot dog all’angolo gli avesse offerto un hot dog con la majonese invece che con il ketchup, come gli aveva espressamente ordinato...

Che il venditore di hot dog si fosse fatto beffa di lui?

Che non si fosse accorto della sua presenza imponente e minacciosa quanto un metro e un succo di frutta?

Che fosse sordo?

Cieco?

Croato?

Cinese?

Il dubbio pareva dovesse rimanere irrisolto.

Ma la sua mente afflitta da sì tanti arcani, non era attraversata solo da questi pensieri oscuri.

Aveva pensato e ripensato, inaspettatamente, perché, di sicuro, questo è un quesito che non gli sorge mai, anche a come avrebbe potuto uccidere Kakaroth, nella maniera più creativa.

Dopo aver collezionato idee varie, come bruciargli i capelli o fargli inghiottire un tubetto di supercolla per soffocarlo, si era deciso a dilazionare questa ardua scelta nella notte, perché la notte porta consiglio. E lo sa bene il Principe di Condè, come ci insegna Manzoni.


Non è meraviglioso? Vi faccio pure studiare. E poi la gente mi odia. Mah. LOL. Comunque...


Stufo di pensare e ripensare a come avrebbe potuto sgozzare il malvagio venditore di hot dog all’angolo con uno stuzzicadenti, aveva, infine, abbandonato la propria geniale psyche ad un sonnellino ristoratore ma, forse per la costante attività dei suoi neuroni strateghi e mangiatori di hot dog, era rimasto sveglio.

Aveva quindi provato di tutto, pure a contare le pecorelle, ma dopo un po’, invece di condurlo in una valle di morbidezza e cuscini, il belato incessante degli ovini lo aveva svegliato ancora di più.

Sdraiato di schiena, con le mani a sostenergli la testa, avrebbe preferito mangiarsele le pecorelle, altroché contarle.

Lo distrasse dal suo odio viscerale per le pecore, una videochiamata di Bulma.

<< Allora, stronzetto >> si presentò con un sorriso l'azzurra, comparsa nel grande schermo della ricetrasmittente collegata nella Gravity Room << mi ha chiamato Chichi... >>

<< Chi? >> La osservò Vegeta, ancora spaparanzato sul pavimento stile lucertola al sole d’estate, non intenzionato a muoversi.

<< Ma dai, Chichi, hai presente, no? >>

<< No, brutta racchia, non ho presente... >>

Si volevano molto bene, Bulma e Vegeta, all’epoca dei Cyborg. Proprio un bene viscerale, nel senso che avrebbero voluto strapparsi le viscere l’un l’altro. Quindi, nei loro discorsi, non mancavano puntuali insulti.

<< Dai, la moglie di Goku, o come lo chiami tu, Kakaroth, quella che urla dalla mattina alla sera, che schiavizza e sopprime tutti i sogni infantili di Gohan, facendolo studiare come un cinese e che picchia Goku con la padella quando ha il ciclo… >>

<< Ahh, sì, Chichi, e potevi dirmelo subito, no? >>

<< Ecco sì, lei. Mi ha chiamato. >>

<< Hn... >> commentò Vegeta, con l’entusiasmo di un sasso.

<< Ha detto che oggi a pranzo avremmo Goku. >>

Vegeta la fissò di sbieco, cercando di immagazzinare e sputare fuori dalla bocca quanti più insulti possibili potesse trovare al volo, ma si limitò a squadrarla malvagiamente per quello che aveva detto.

Come quando si squadra malvagiamente la vecchina davanti a te in fila al Poli Regina, perché non si muove con i suoi venti chili di borse e non ti lascia passare neanche se tieni in mano una birra.

Le vecchine davanti a te in fila al Poli Regina sono malvage.

Come malvagio è Vegeta.

Vegeta quindi è la vecchina davanti a te, in fila, al Poli Regina.

Vegeta è una vecchina.

Sillogismo perfetto.

Aristoteles docet.

<< E io non vengo. >> concluse, sicuro, il principe, tornando a dormire e facendo capire che non era intenzionato a proseguire quell’inutile, a detta sua, conversazione.

Bulma dovette concludere il collegamento ed evitò così di rovinarsi l’appetito ancor prima che le arrivasse.

Lasciò il principe a tramare trame tramagline nella Gravity Room e tornò in cucina a controllare la pasta ed attendere che arrivasse Goku a rompere le palle.

Dieci secondi dopo, puntuale come un orologio svizzero o la mamma che si alza alle quattro per il mattino per pulire casa, arieggiando salotto, cucina, bagno, stanze da letto e cantina del vicino, apparve il Saiyan più piccolo nel salotto di casa Brief.

<< BUOOOONGIORNOO >> fece il suo saluto al sole, pur essendo le undici passate, e si mise a sbracciarsi in salotto per salutare Bulma, che, in realtà, stava a solo tre metri da lui e lo fissava sbuffando.

Bulma alzò gli occhi al cielo ma lo invitò subito ad accomodarsi a tavola, in attesa che il nano da giardino che aveva come ospite uscisse dalla sua stanza dei giochi e li raggiungesse a tavola.


Goku sorrise voglioso a tutto il ben di Dio che occupava la tavola: cannelloni, taralli, canederli, spaghetti alla Bolognese, e qualsiasi sia il vostro piatto preferito e della vostra regione che vogliate mettere in tavola e far sbranare da Goku.

Delicatamente, il nostro eroe afferrò, così, il tovagliolino e se lo strinse al collo, cingendosi accuratamente il bordo della tuta sotto il suo manto candido; con la mano destra prese la forchetta e con la sinistra il coltello per tagliare la carne; si concentrò in un’espressione contrita, osservando il succulento piatto di carne, e tagliò attentamente la prima fetta di stufato, poggiandola delicatamente a bordo del piatto, con la precisione di uno chef stellato.

Bulma lo guardò scettica da dietro il suo buon bicchiere di vino bianco.

Quando lo vide gettare forchetta e coltello dietro la schiena – che andarono a tranciare le piante di sua madre – e incominciare a ingozzarsi come era il suo solito, pensò che finalmente era uscito l’orso che era in lui e che non mangia da un mese.

Alzò gli occhi al cielo, sorniona, e sorseggiò il suo pinot, centellinando il pregiato vino e osservando il compagno di avventure ficcare la faccia direttamente nel piatto di spaghetti, finché, non scorse con la coda nell’occhio, l’altra bestia comparire in cucina.

<< Guarda chi c’è, >> esclamò, sorridente, mentre Vegeta varcava la soglia della cucina << sei uscito dalla ‘Getacaverna? >>

Il principe le smollò uno sguardo tra l’indifferente e lo schifato, e andò ad accomodarsi sul suo seggiolone, a bordo tavola. Non che fosse un seggiolone, era solo una sedia leggermente più alta delle altre, che Bulma aveva messo lì apposta per lui. Ma non ditelo a Vegeta.

Iniziò così anche lui a mangiare la sua metà del tavolo, lanciando qualche volta delle occhiatacce a Goku e schifandosi per ogni respiro che il Saiyan più piccolo facesse. Come osava respirare la sua stessa aria, non si sa.

L’ereditiera dai capelli azzurri osservò i due rivali, pensando a quanto fossero così simili e così distanti. Di sicuro tra i due non correva buon sangue. O comunque fin troppo ne era corso, di sangue. Fiumi e fiumi di sangue.

Goku, d’improvviso, nel bel mezzo del pranzo, avendo trovato un raviolo particolarmente simpatico, si complimentò con la scienziata.

<< Un pranzo davvero buono, Bulma, grazie tante! >>

Vegeta, che invece stava inforcando il pesce, al contrario, storse il naso: << Meh, neanche alla base di Freezer ho mangiato certe schifezze! >>

Bulma allora sbottò: << Ecco, lo sapevo! >> lo fulminò con gli occhi ma Vegeta ricambiò con lo stesso sguardo di fuoco, mentre inforcava un buon bignè << sei solo uno scimmione incapace e ingrato! >>

<< E tu una donna inutile e stupida, guarda che schifezze hai preparato! >> alzò la voce il principe.

Il difensore della Terra li osservò, incerto se intervenire o meno nella scottante diatriba, ma vi rinunciò, non volendo far freddare il suo buon ramen, quando sentì avvicinarsi un’aura famigliare.

Alzò lo sguardo e vide entrare dal poggiolo Junior, in tutta la sua maestosa maestosità, che lo salutò malamente e si accomodò accanto a lui, per poi buttare un occhio alla coppia davanti a loro che, completamente isolata dal mondo esterno, continuava a lanciarsi insulti.

<< Che ci fai qui? >>

<< Ti ho riportato a casa il moccioso e tua moglie mi voleva uccidere. Così sono scappato da Kami ma stavano ancora giocando a poker e, visto che devo ancora pagare l’ultima vincita a Popo dall’ultima volta, sono venuto a cercarti. >>

<< Oh, bene. Chichi era nervosa? >>

<< Tua moglie è sempre nervosa, Goku >>

<< E Mr. Popo stava vincendo contro Kami? >>

<< Certo, >> sbiacicò il namecciano << quello è un baro. L’ultima mi ha fregato il turbante e il mantello e ha preteso un guardaroba di vestiti a vita appositamente creati per lui, ma non li avrà mai >>

Goku continuò a masticare la sua torta al cioccolato, nel mentre che Junior si versò un bicchiere di acqua fresca. Intanto, Bulma e Vegeta continuavano ad urlarsi e adesso erano passati al lanciarsi i piatti.

<< Gohan come sta? >> chiese il Saiyan, portandosi alla bocca una buona fragola.

<< Bene, sta crescendo bene >> rispose sovrappensiero Junior, sorseggiando un po’ d’acqua e afferrando al volo un piatto che era volato nella sua direzione, ammirandone per un attimo la fantasia. Uhm, porcellana cinese, non male.

Osservò, poi, la scena dei due che adesso avevano iniziato a picchiarsi e a prendersi per i capelli. Inaspettatamente Bulma resisteva imperterrita alle prese del Saiyan, forse per la pedata che gli aveva rifilato prima dove non batte il sole.

<< Ma... non dovremmo fermarli? >>

Goku alzò lo sguardo dall’ultima fetta di torta al cioccolato.

In effetti i due adesso stavano esagerando: Bulma era a cavalcioni su Vegeta e cercava di ficcargli una forchetta in un occhio mentre il Saiyan le stringeva il collo e cercava di strozzarla. Effettivamente stavano veramente esagerando.

<< Dai, ragazzi, adesso basta! >> li appellò Goku, richiamandone l’attenzione e facendoli allontanare. << Non mi sembra il caso di spargere sangue, è una così bella giornata oggi! >>

Entrambi lo fulminarono ma, quando si furono sistemati e lanciati le ultime occhiatacce furenti, Bulma si accorse della presenza del namecciano e propose di offrire a tutti il caffè in salotto, come una brava padrona di casa. Borbottò che il caffè, Vegeta, se lo poteva ficcare dove sapeva lui, ma fu raggiante quando chiese a tutti che cosa preferivano bere.

<< Io prendo volentieri un cappuccino, grazie, Bulma! >> la ringraziò Goku.

<< Un caffè normale, schiava. >> calcò puntualmente l’accento sull’ultima parola, invece, Vegeta, facendo ancor più innervosire Bulma e imbarazzando Goku.

Il Saiyan più piccolo cercò di sciogliere la tensione con la sua risatina liberatoria, quando tutti si voltarono verso Junior, in attesa della sua ordinazione.

<< No, io solo acqua >> si affrettò a dire Junior.

Un po’ snob, non vi pare?

Preferisce non bere caffè perché dannoso per la salute, dannoso quasi quanto l’alcool.

No, in realtà, il nostro amico alieno è come una piantina: può bere solo acqua e nient’altro, se non fertilizzante.

Un bel alberello.

Tutto green e per l’energia alternativa.

<< Io invece prendo un espresso. Piccolo e amaro, come Vegeta. >> sibilò, infine, Bulma, tornando in cucina e facendo ringhiare di disappunto il principe.


Si presentò poco dopo, con una guantiera apparecchiata con i caffè e l’acqua per Junior e qualche pasticcino da accompagnare alla bevanda.

Vegeta afferrò subito la sua tazzina e ne bevve immediato il contenuto, buttando giù tutta l’amarezza del suo liscio e facendo scrollare la testa a Bulma per la sua evidente maleducazione, visto che non aveva avuto l’accortezza di aspettare gli altri due ospiti.

Goku, nel frattanto, aveva iniziato a domandarsi quale zucchero aggiungere al suo cappuccino, se di canna o bianco, mentre accanto a lui, Junior sorseggiava, comodamente spaparanzato sul divano, il suo bicchiere d’acqua fresca.

Bulma ghignò, vedendo Vegeta accucciato nel suo angolo di divano a fare lo scontroso.

Musone del cazzo. Aveva fatto bene a sputarci dentro il suo caffè.

Orgogliosa, arricciò le labbra, e si prese l’occasione sfogandosi con l’amico seduto davanti a lei, che temporeggiava col cucchiaino ancora in mano.

<< Pensa Goku, >> iniziò, caustica, sentendosi addosso lo sguardo affilato del principe << che il principe qui accanto, non è nemmeno in grado di mettere via il suo piatto dopo mangiato! >>

Lui la fissò, interrogativo.

<< Questa bestia, a differenza tua, non è nemmeno in grado di sparecchiare e pensa che io sia la sua schiava personale! >> starnazzò, isterica.

<< Ah, be’, ma quello non lo faccio manco io >> la bloccò Goku, ma Vegeta rispose a tono, prima che potesse terminare la frase.

<< Ovvio che tu lo sia, donna! Io mi devo dedicare agli allenamenti, sto lavorando per voi! >>

<< E cosa sei, un cantiere aperto in tangenziale? Tu e i tuoi dannati allenamenti, >> sbottò l’azzurra << spero che prima o poi tu ti rompa una gamba! >>

Goku alzò lo sguardo dalla tazzina e vide Vegeta dapprima boccheggiare e poi schiumare dalla bocca.

<< Tu… IO SONO OFFESO! Come osi – >>

Goku ritornò con lo sguardo sulla tazzina.

I due ritornarono presto a parlarsi l’un l’altro con la tranquillità di due pterodattili e il piccolo Saiyan non poté far altro che girarsi verso il compagno verde, seduto sul divano accanto a lui.

Junior pareva poco interessato alla litigata tra i due fidanzatini ingenui, visto il loro inevitabile futuro assieme, ma il suo aspetto tradiva un traccia di malessere.

Non era serio e attento come sempre, come al suo solito. Sul divano accanto a lui, si stava afflosciando sempre più tra la valle di cuscini, mentre stringeva compulsivamente il suo bicchiere d’acqua, desiderando, probabilmente, di affogarci dentro e di ficcarselo in gola per dire addio alla vita. Uno strano tic, poi, aveva preso possesso del suo occhio: gli stridii delle due aquile davanti a loro gli stavano, infatti, facendo fischiare le orecchie terribilmente tanto che staccarsele nuovamente non gli pareva un’idea così malvagia.

Goku tornò a guardare la sua tazzina di cappuccino: la folta schiumetta ormai aveva preso a smontarsi e flussi di placido latte placavano il prepotente aroma del caffè.

Alzò gli occhi sui due ragazzi che continuavano a litigare e prese, così, la decisione sul da farsi.

Non potevano continuare così, era invivibile la cosa, questo era poco ma sicuro.

Annuì composto: eh, sì, il cappuccino andava proprio con cinque cucchiaini di zucchero, non c’era nulla da fare.

Una volta aggiunto il dolcificante desiderato, bevve la sua bevanda di gusto, facendo schiocchiare la labbra tra loro, quando riportò la tazzina sul tavolino del salotto e fece sbattere la sua delicata porcellana sul freddo vetro del mobile. Calò in un’istante il silenzio e tutti si girarono a guardarlo, colti dal secco rumore.

Prima che Bulma potesse iniziare a sbraitargli dietro per la delicatezza della tazzina e del costo superiore della stessa della sua testa di rapa, parlò con parole solenni.

<< Adesso basta, voi due. >>

Tutti e dico tutti, pure io che vi racconto la storia, lo fissarono sorprendentemente sorpresi.

<< Non potete continuare così. Non potete perché non mi fate pensare tranquillamente e ci ho messo mezz’ora per decidere quanti cucchiaini di zucchero ci stanno nel caffè e perché penso che Junior non stia bene a causa delle vostre urla. Giusto, Junior? >>

Il namecciano, che ormai pareva un’ameba sul divano, lo fissò un secondo e alzò un sopracciglio.

<< Ho le orecchie che mi sanguinano, Goku. No, non sto bene. >>

Tutti si trovarono effettivamente ad annuire.

Il Saiyan cresciuto sulla Terra sospirò di disappunto e si prese la testa tra le mani, disperato. Bulma lo vide d’improvviso rattristato e cercò di capire l’improvviso rammarico dell’amico, sentendosi responsabile. Gli prese la mano, sorridendogli dolcemente quando incrociarono i loro sguardi.

Vegeta nel frattanto che era distratta, riuscì in maniera gnorri ad afferrare la sua tazzina di caffè e a sputarci dentro, per, poi, riappoggiarla nella stessa posizione in cui era stata lasciata.

Tié, stronza.

<< Goku, >> si ritrovò a sospirare tristemente la scienziata << capisco la tua frustrazione. Il problema è che né io, né Vegeta ci capiamo. >>

Accanto a lei, il principe scrutava rabbioso il muro, cercando di isolarsi il più possibile dal discorso. L’amico le strinse a sua volta la mano e << Datemi entrambi le mani >> sussurrò.

Spostò lo sguardo fuori dalla finestra, attirato dai veloci uccellini che affollavano il cielo. La sinfonia delle ali delle farfalle a frullare l’aria, che si confondeva con i cinguettii, pareva portare una pace unica.

Poteva portare quella stessa pace tra i due futuri innamorati?

Sì, era giunto il momento di parlare d’amore.

<< Vedete, >> sorrise e carezzò la mano di Bulma con il polpastrello, << la vita è un’insieme di scelte più o meno grand- >>

<< Vegeta, dai quella cazzo di mano a Goku o giuro che te la taglio. >>

Il principe sbuffò e fece come gli aveva detto Bulma. Appoggiò, schifato, la mano su quella di Goku e quest’ultimo poté proseguire.

<< Dicevo, la vita è fatta di scelte, più o meno importanti. Però solo chi le compie le può fare e ne è responsabile. >>

Si fermò, come per fare in modo che i due davanti a lui comprendessero al meglio le sue parole, e per, effettivamente, capire anche lui ciò che stava dicendo, che, mica era semplice.

<< Dovete sapere che una volta ho visto un uccellino. Aveva le piume. >>

<< Bene, meno male che ce l’hai detto, Kakaroth, che gli uccellini hanno le piume, sennò, guarda, ci saremo persi un mondo… >> borbottò di disappunto il principe, per poi ritrovarsi il gomito di Bulma tra le costole e la fastidiosa sensazione di aver parlato a sproposito.

Goku, invece, continuò.

<< Questo uccellino con le piume doveva scegliere se fare il suo nido con il caldo fieno, raccolto dai campi, o con delle foglie secche che intarsiavano il tappeto del bosco. >>

Si soffermò sull’espressione attenta della prima e su quella meno attenta ma più scazzata del secondo.

<< Alla fine, lo aveva fatto con un gomitolo di lana che aveva rubato a Chichi. Un bellissimo nido, caldo, caldo e perfetto per le sue uova. >>

Si fermò, pensando al bellissimo nido dell’uccellino.

<< Alla fine l’uccellino e le uova me li sono mangiati. Chichi li aveva cucinati al curry. >>

La faccia stranita di Vegeta e quella sconvolta di Bulma lo invitarono a dare maggiori spiegazioni.

<< E sapete la cosa bella? >> domandò, entusiasta.

<< Che quello era il primo uccellino con le piume che ti mangiavi? >> chiese di rimando, Vegeta, sornione.

<< No! Che il suo nido è rimasto lì, per tutto questo tempo! >>

Poi corrucciò per un secondo lo sguardo. Non aveva molto senso la storia che stava raccontando, ma pareva che i due lo stessero ascoltando lo stesso, anche se più o meno dubbiosi sul successivo svolgersi della storia, ma andava bene lo stesso. In effetti manco io, autrice, so effettivamente dove sto andando a parare.

<< Il povero uccellino ormai l’ho mangiato, ma il suo nido ha resistito, capite?

Non importa che voi abbiate o meno le piume, l’importante, nella vita, è che per quanto si cerchi di costruire il proprio nido, alla fine, bisogna fare attenzione a non venire mangiati! >>

Anche Junior, ripresosi dal coma autoindotto per far fronte alle urla precedenti e che fino a quel momento era rimasto silenzioso accanto a loro, lo fissava adesso, basito.

Goku sorrise di circostanza allo strano silenzio che era sceso nel salotto: avevano capito la sua metafora!

Che grande oratore!

Cicerone e Quintiliano stessi avrebbero applaudito quel vir bonus dicendi peritus!

Vegeta fu il primo a riprendersi dalla confusione.

<< Scusami, Bulma, hai messo droga nel suo cappuccino, per caso? >>

<< No, direi di no… >>

Bulma scrutò per qualche secondo il viso giocondo dell’amico e si passò una mano sugli occhi.

<< Goku, >> sospirò, << non ha sinceramente senso la storia che ci hai raccontato, lo sai? >>

<< Ma non capite! >> Boccheggiò, invece, il Saiyan più piccolo, per qualche istante.

<< Perché voi due siete destinati a stare assieme! >>

Sputò fuori queste parole così velocemente che manco se ne rese conto e, accortosi dell’errore, sbiancò un secondo.

I due lo fissarono ancor di più increduli.

<< MA CHE DIAMINE C’ENTRA QUESTO? HAI RACCONTATO UNA STORIA DI MERDA E ADESSO DICI PURE QUESTE SCEMENZE? >>

Il namecciano fu più lesto nell’intervenire del pugno di Vegeta che si stava pericolosamente avvicinando ai connotati dell’amico.

<< Quello che voleva dire Goku – abbassa quel cazzotto, Vegeta, che non mi pare il caso di far scatenare una rissa – è che solo voi due potete decidere di che materiale fare il vostro nido, a seconda delle scelte che fate. Potete costruirlo con amore, con passione e rispetto, oppure con rancore, odio e rammarico. >>

<< L’importante è costruirlo su basi solide, perché, >> lanciò un’occhiata poco cordiale al Saiyan chiacchierone vicino a lui, per averlo costretto a rimediare alla sua bocca larga << possa resistere a tutte le peripezie della vita. >>

Ok, adesso aveva effettivamente senso. Però la sua spiegazione insinuò non pochi dubbi nei due giovani.

<< Il nostro... nido? >>

Cacchio. Bulma era una scienziata, mica si faceva abbindolare da una bella frase. Il namecciano corse presto ai ripari.

<< Il vostro rapporto: intendo, vivete entrambi sotto lo stesso tetto, meglio vivere in buoni rapporti senza attentare l’uno alla vita dell’altro, no? >> chiese.

Bulma e Vegeta si guardarono allora con la coda dell’occhio e fecero entrambi una smorfia.

Buoni rapporti?

Meh.

Non era meglio picchiarsi dalla mattina alla sera e urlarsi addosso fino a far scoppiare le lampadine?

La scienziata gemette, pensando effettivamente al loro rapporto.

Cos’altro facevano, se non litigare dalla mattina alla sera, come se non avessero nulla in comune?

Lei avrebbe voluto anche avvicinarsi all’alieno, ma lui la respingeva puntuale: pur essendo molto attraente, la sua bellezza sembrava non scalfirlo e buttarla solo sull’aspetto fisico era una possibilità che Bulma avrebbe volentieri evitato, in una relazione con Vegeta.

Avrebbe voluto conoscere di più del principe, non solo esplorare il suo corpo, ma anche la sua anima.

Che dolce...

No, sul serio, è dolce come cosa.

Ma anche solo il corpo non era male, s’intende.

Si passò sovrappensiero la lingua sulle labbra.

In fin dei conti, con quegli addominali… quei bicipiti e tricipiti… quei quadricipiti… qualsiasi muscolo fossero… quelle chiapp – cough cough, insomma, avete capito.

Dall’altra parte del divano, pure Vegeta stava ragionando.

La donna non era solo una schiava, in fin dei conti.

Il suo carattere combattivo era eccitante e divertente, solo che lei, alla fine, finiva per rovinare tutto, andandosene senza lasciargli finire la partita.

Una palla.

Per lui avrebbe dovuto essere più… più Saiyan, non così mollamente terrestre.

Anche se era effettivamente attraente.

Come le torte della signora Brief. Attraenti. Molto.

Da leccarsi effettivamente le labbra, accertò.


Goku riuscì finalmente ad intromettersi nei loro pensieri quando i due parvero calmarsi.

Loro due erano destinati a stare assieme, glielo aveva rivelato il loro figlio dal futuro, e lui avrebbe fatto di tutto per mettere la loro felicità, poco ma sicuro.

Rise sotto i baffi al pensiero di loro due assieme. Bisognava forse, dare loro una spinta.

<< Be’, credo che abbiate capito ciò che volevo dire… >>

No, in realtà, no, non l’avevano capito ma diciamogli di sì, sennò Goku ce lo rispiega e non la finiamo più.

<< Io credo che voi meritiate la felicità, >> continuò, facendo sciogliere Bulma in un bellissimo sorriso e facendo sciogliere Vegeta in una polpa scomposta sul divano, perché, porca vacca, questa tortura di parlare dei sentimenti non finiva più.

<< La meritate davvero: siete entrambi speciali. Certo, entrambi con difetti, ma speciali l’un l’altro. >> Bulma annuì, sospirando estasiata.

<< Insomma, per quanto Vegeta sia testardo, cocciuto, antipatico, burbero e piagnone, è sempre apprezzabile. E anche tu, Bulma, per quanto tu sia viziata, pignola, egocentrica, bisbetica e assolutamente insopportabile in alcuni contesti, sei sempre una bellissi – >>

<< Che cazzo hai detto, Goku? >>

Ops.


Due minuti dopo, Junior cercava di allontanare Goku dalle grinfie di Bulma che, incurante del tavolino su cui c’erano tutte le sue preziose tazzine, menava di brutto l’amico, cercando di cavargli gli occhi con il cucchiaino da caffè, e sbraitandogli contro parole poco gentili sulla sua delicatezza da bisonte.

Vegeta, invece, assisteva alla scena tra il terrorizzato e l’incredulo.

Chi se lo sarebbe aspettato che la scienziata aveva un lato così violento?

Così forte e bestiale?

Così... Saiyan.

Non si sarebbe meravigliato se Bulma improvvisamente si fosse trasformata in Super Saiyan.

<< Wow… >> sussurrò, quando la vide strozzare il Saiyan più piccolo prendendolo per il collo e affondare le unghie nella carne.

Improvvisamente Vegeta, ancora ancorato al suo posto sul divano – il suo posto fisso sul suo divano, scelto in base alla combinazione perfetta di luce, temperatura e angolazione ideale per guardare la TV e contemporaneamente partecipare ad una conversazione senza sembrare troppo defilato*** – iniziò a provare una strana sensazione e dei strani pensieri sulla scienziata.

Lei era così… manesca.

E violenta.

E cattiva.

E camionista inside

Arrossì di colpo e capì di esserne terribilmente attratto. Magari una possibilità a loro due ci poteva anche stare, perché no? E sorrise sotto i baffi, al sol pensiero. Si accomodò meglio sul divano, per seguire per bene la rissa e vedere quante ne avrebbe prese Goku.

Alla fine, tutto è bene quel che finisce bene: Goku aveva fatto proprio quello che voleva.

Dare una spinta alla coppia per tentare di unirli, anche se, alla fine, l’unico “spinto” sarebbe stato solo lui, su una barella d’ospedale, al Pronto Soccorso.



* elenco preso dal mitico Team Four Star.

Lo so che non dovrei fare pubblicità, ma li trovate su YouTube. Non dico che dovreste andare a vederli, ma se volete una parodia di DBZ fatta bene… *strizza l’occhiolino*


** è una cosa che fanno tutte le donne della mia raccolta.

Questo mi ricorda una perla di Jim Carrey: “Eh, sì, perché dietro ad ogni uomo c’è sempre una donna che alza gli occhi al cielo”.


*** Grazie, Sheldon Cooper.


Angolo dell’autrice


Bella lì, come state?

Spero tutti bene, io sto bene e finché stiamo bene, va tutto bene.

Diciamo cose a caso, che l’ora è tarda.

Gne.

Comunque,

spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi abbia strappato un sorriso!

Vi piace questa versione di come Bulma e Vegeta si sono innamorati?


Alla prossima e grazie a tutti e, direi, buon inizio estate!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Casalingo ***


Angolo dell’autrice

Questa storia sarà lunga.

Mi ero ripromessa di non scrivere storie lunghe ma, ehi, chi se ne frega del buonsenso, no?

In ogni caso, questa disgrazia di storia è divisa in tre parti, cosicché voi possiate leggere a parti, senza uccidervi per arrivare in fondo tutt’assieme.

Ringrazio tutti quelli che leggono, anche i lettori silenziosi e taciti che non hanno il coraggio di dirmi quanto le mie storie facciano SCHIFO, quelli che recensiscono e gli altri che mi seguono, che hanno messo la raccolta nei preferiti, nelle “da ricordare”, nelle “da dimenticare” e nelle “passatemi un accendino che brucio il pc, questa raccolta è tremenda”.

Spero vi piaccia e se volete lasciatemi una recensioncina, che quella fa bene alla salute – alla mia, mentale; anche se non so se la ho più – che mi farebbe piacere.

Uh, sto chiacchierando un sacco.

Vi lascio alla storia.

Grazie a tutti!


Fanfiction vincitrice del primo posto contest “Piangere è difficile, ma ridere lo è ancora di più: il contest della risata” indetto da eleCorti sul forum di efp


La nostra storia inizia in una bella mattinata di sole e di nuvole cremose e bianche nel cielo e, precisamente, di lunedì.

Perché, si sa, tutte le grandi storie iniziano di lunedì. Poteva essere anche un martedì, ma ‘sta volta iniziamo di lunedì.

E precisamente, siamo in casa Brief.

Che novità, direte voi. Ma voi statevene zitti e ascoltatemi.


Ahhh.

C'è un buon profumo in casa Brief.

Un profumo che, nell'aria, si espande per tutti i corridoi e arriva fino in camera tua, insidiandosi tra l'effluvio pacato di lenzuola, per arrivare al tuo naso e svegliarti. Apri gli occhi e metti lentamente a fuoco la stanza, mentre un sorriso inizia ad incresparti le labbra.

No, Vegeta, non è il profumo di cadaveri in decomposizione, qualora tu te lo stia chiedendo, nascosto come sei sotto la pila di lenzuola del letto, e non sono neanche le mutandine di tua moglie-

Oh, piantala!

Per favore, vedi di alzarti da quel letto e di non sogghignare al ricordo di quello che avete combinato tu e tua moglie stanotte, altrimenti mi tocca alzare il rating della storia e non possiamo continuare.

*Sigh*

Bene, ora che ti sei alzato, che hai stropicciato per bene le lenzuola in fondo al letto e che ti gratti un poi la zazzera improbabile di capelli che hai in testa, possiamo continua-


Che c'è?


Non ti piace la mia metafora sui tuoi capelli?


Be', potevo fare molto peggio e lo sai benissimo.

Non sei convinto?

Potevo, che so, chiamarti Sonic, visto che sei piccolo, blu e molto veloce;

oppure potevo chiamarti Taz, come il Diavoletto della Tas-


D'accordo, d'accordo, ti sei offeso.

Dai, non fare quella faccia.

Cacchio, abbiamo appena iniziato e tu già inizi con quella faccia…

Sorridi un po'.


Oh, Dio.

Cos'è quella roba.

S-stai sorridendo?

OH DIO, NO, TI PREGO! SMETTILA! AHHH!


Sei terribile quando vuoi.

D'accordo, torniamo alla storia.


Dunque.


È sempre mattina in casa Brief e tu ti stai avviando pacificamente giù dalle scale, per raggiungere la cucina, quando-


Scusa, potresti evitarlo?

No, dico, potresti evitare di farti le unghie nell'intonaco del corridoio mentre scendi? Stai rovinando tutto il colore.

Eh, grazie.

Molto gentile.

Cristo.


Dicevamo, mentre scendi giù dalle scale per raggiungere la cucina, solo et pensoso i più deserti campi – ho citato Petrarca, non fare quella smorfia schifata – ti trovi improvvisamente a fronteggiare una cucina che è un campo di battaglia.


Sì, questa scena l’ho già descritta in un’altra storia, non mi criticare, ma ci serve per continuare.

Sta’ zitto e fammi raccontare.


Dicevo, ti ritrovi a fronteggiare un campo di battaglia.

No, non sei tornato sulla base di Freezer – perché lì le unghie te le saresti fatto eccome lungo i muri – ma sei solo in cucina.

Per tua grande sorpresa, sul pavimento della cucina giace, infatti, un'ecatombe di uova, pancetta, frittelle e cereali che, invece di trovarsi nel tuo piatto – quello che ti prepara sempre la tua dolce paperella Bulma – stanno agonizzanti a terra.

Aguzzi la vista e ahh, c'è qualcosa di strano.

Vedi, in effetti, tua moglie che regge tra le mani il tuo piatto e, come se fosse lava fusa, lo lascia cadere dalle mani.

Quando la osservi portarsi le mani nei capelli, con tanto di uova strapazzate tra le dita, e la vedi iniziare a muoversi convulsamente e agitarsi come un'anguilla, hai come la sensazione che ci sia qualcosa che puzza, nell'aria, e non sono le uova di prima.

Ti guarda come se fosse la prima volta che ti vede, con occhi sbarrati e boccheggiante come un pesce fuor d'acqua. E così, capisci che c’è qualcosa veramente che non va.

Spettacolare, Sherlock, come hai fatto a capirlo?

Quindi, azzardi una parola, una semplice, << Ehi... >>

Lei alza lo sguardo dalla sua autocommiserazione e tu ti accorgi di aver risvegliato un demone che non doveva risvegliarsi.

Sta per... piangere.

O forse no.

Sta per vomitare.

No, il suo colorito dovrebbe farsi più pallido del solito.

Sta per urlare?

No, ha appena richiuso la bocca.

Sta per sputare un alien?

Uh, sarebbe fighissimo, non c'è dub- ma non è questo il punto.

Non sai gestire manco le tue, di emozioni, figurarsi quelle altrui.

Dannazione alla tua ignoranza in fatto di emozioni terrestri.

Non hai la minima idea di quale crisi stia per avere tua moglie.


Improvvisamente, però, riacquisisce coscienza dei suoi muscoli facciali, sorride, e ti intrappola, con il suo corpo, sul muro accanto alla frigorifero, dove sostavi fino a quel momento, bloccandoti ogni via di fuga chiudendoti tra le sue braccia.

Situazione imbarazzante, visto che sei tu, spesso, il macho di turno e che sei tu, spesso, che intrappoli lei sul muro accanto al frigorifero.

Inizi a sudare freddo e non è solo perché sei praticamente col culo nel frigorifero, ma perché lei non pare placarsi.

Ti sorride ancora malvagiamente e ti sussurra con voce infernale: << Mi è appena venuto il ciclo. >>

Sbarri gli occhi, tramortito.

<< Non ho tempo di badare a nessuno, qui dentro, né a te, né ai nostri piccoli mostri. >>

Sibila malvagiamente nell’orecchio, << Oggi vedi di non scherzare con me, perché sto morendo dissanguata, e farò morire TE, dissanguato, è chiaro, caro il mio Super Satana? >>


Ehm, Bulma, scusa il disturbo.

Però ti ho detto di seguire bene le battute della storia.

Come vedi, non è Satana....

No, non è neanche Gianni Morandi...

È Saiyan.

Ecco, bom, non confondiamo i ruoli che sennò si offendono.

No, non mi offendo io, si offende Satana.

Non credo voglia essere paragonato a Vegeta.

Bom.

Va be'...

Salutiamo Gianni Morandi, ciao, ciao!


<< Oggi vedi di non scherzare con me, perché sto morendo dissanguata, e farò morire TE, dissanguato, è chiaro, caro il mio Super Saiyan? >> continuava a rimbombare il cervello di Vegeta.

Il suo sguardo di ghiaccio ti penetra nelle profondità dell'animo, ti pare sentirlo lambire la tua anima e carpirla, per portarla lontano, negli abissi della disperazione dove i morti aleggiano come fantasmi senza pace.

Spalanchi gli occhi, forse perché sai che stai per tirare le cuoia.

La tua faccia è una maschera apatica, fino a quando arrossisci brutalmente.

<< Ti adoro quando fai così! >>

Ti rivolge un improvviso sguardo innamorato, perdutamente persa di te, come lo sei anche tu, in questo momento, nei suoi occhi. I vostri nasi si sfiorano, le labbra si cercano e, prima di stamparti un bel bacio, ti sussurra tutto il suo amore.

<< Vai tu al supermercato, vero, tesoro? >>

Cooooooooosa?

Ma era solo un inganno allora! E lei, davvero, ti vuole uccidere!

Ti ritiri dal bacio, indignato, mostrando tutta la tua indignazione iniziando a battere i piedi indignati a terra, in maniera indignata, e a lagnarti, indignato.

<< No, no, no e no! >>

Ti fissa, arrabbiata.

<< Invece sì! >>

<< Invece no! >>

<< Ho detto di sì, e non si discute! E smettila di lagnarti come un bambino piccolo! >>

<< Io mi lagno come un uomo grande e grosso e non ci andrò al supermercato, parola del Principe dei Saiyan! >>

Tua moglie boccheggia incredula al tuo tanto ardire e ti squadra decisa, negli occhi.

<< Tu ci andrai. >>

<< Altrimenti?! >>


Parte prima, l’inizio della tragedia.


Un quarto d'ora dopo, ti ritrovi in macchina a guidare verso il supermercato.

Ha vinto lei.

Ma in fondo, qui era questione di forza maggiore: e l'unica forza maggiore che hai, è tua moglie.

Ti volti, così, verso il sedile del passeggero.

In macchina, Bulma ha caricato anche Trunks, dopo averlo divelto dal letto e buttato sul sedile anteriore mezzo addormentato e ancora in pigiama, e la piccola Bra che pisola ancora, legata al suo seggiolino, e abbracciata a Mr. Saiyan, il suo peluche preferito.

La fissi intenerito guardandola dallo specchietto retrovisore.

Con Mr. Saiyan in braccio è più cucciola di quanto non sia già.

Mr. Saiyan è l’unico giocattolo che tu le abbia mai regalato.

Infatti, prima la piccola girava sempre con una fastidiosa bambolina rosa, regalatale da quella bisbetica di tua moglie, e a te dava così tanto fastidio vederla continuamente abbracciarsi a Rosita che, un giorno, mentre eravate in viaggio in macchina per il mare, gliela avevi tolta dalle mani all’improvviso e gettata giù dal cavalcavia.

Inutile tentare di placare le urla ultrasoniche della bimba e della moglie, eri stato costretto a tornare a quel ponte a cercare Rosita per tutta l'ansa del fiume.

Ma la preziosa bambola aveva fatto la fine di Giona nella balena ed era stato impossibile recuperarla.

O, almeno, questo fu quello che dicesti a moglie e figlia, per evitare di dire che, in realtà, la bambola l'avevi bruciata nel falò per arrostire la balena di Giona che avevi pescato.

Così, eri arrivato a comprarle un nuovo peluche, una bella scimmietta con il papillon, rinominata Mr. Saiyan, un po’ per scusarti, un po’ perché le vuoi troppo bene.


Sospiri ancora a pensare al suo bellissimo sorriso con una finestrella nel mezzo, quando le consegnasti la scimmietta.

Il tuo piccolo, adorabile, mostriciattolo, ibrido.

Non come lo stoccafisso qui davanti, pensi, guardando quell'inutile di tuo figlio mentre dorme della grossa sul sedile accanto al tuo.

Scuoti la testa, afferrando più saldamente il volante e incrinandolo leggermente.

Inutile, mocciolo, petul–

Gulp!

Quella è bava?!

Trunks sta sbavando sui sedili nuovi di tua moglie!

Ma porca putt–

Pesti d’improvviso il pedale del freno, inchiodi le macchina, e appena un centinaio di macchine dietro di te che si mescolano assieme come un mazzo di carte e, poi, riprosegui tranquillamente la marcia.

Trunks si sfracella sul parabrezza, svegliandosi definitivamente e si sveglia anche la piccola Bra che, spaesata, si guarda attorno, riscoprendosi in auto.

Quello sfaticato di tuo figlio stacca finalmente la faccia dal parabrezza, dopo aver lasciato lì mezzi connotati e mezzi denti, e ti guarda, incredulo.

Sorridi bonariamente ad entrambi.

<< Buongiorno, mie piccole piaghe! >>

Trunks ti guarda ancora con un aria traumatizzata e pensi che, dall'espressione poco vispa che ha in faccia, debba avere battuto la testa più forte di quanto pensassi.

<< Questa mattina, >> non badi molto al trauma cranico di tuo figlio, << andiamo al supermercato con papà >>

Una lamentela risentita echeggia nel piccolo abitacolo perché i figli, giustamente, a tale notizia si lagnano.

<< Noo, ma come è possibile? >> alza gli occhi al cielo il primo, << perché dobbiamo andare al supermercato proprio di lunedì mattina, pochi giorni prima che inizi la scuola, per di più? >>

<< Esatto! >> gli fa eco la più piccola, << perché? Io non ho mai fatto nulla di sbagliato nella mia vita! >>

<< Lo so, e ti amo per questo, >> le rispondi serio, fissando i suoi occhioni preganti dallo specchietto retrovisore, << solo che vostra madre ha deciso così, e quando vostra madre decide una cosa… >>

<< Bisogna obbedire... >> concludono per te i bambini. Si riaccomodano sui loro sedili, con un'espressione poco convinta e seccata sui loro adorabili faccini.

<< Esatto >> sospiri e ti abbandoni all’evidenza che tua moglie sarà sempre più forte di te e sbuffi, inforcando gli occhiali da sole per continuare il tragitto.

Già, quando la moglie decide, decide.


Non che Vegeta abbia potere decisionale in casa Brief, ovviamente.

Prima decide Bulma.

Poi Bra,

poi i genitori di Bulma,

poi Trunks,

il gatto nero

e infine Vegeta.


La strada, purtroppo per voi, è ancora lunga per il supermercato e, per di più, andare in macchina l'allunga ancora di più. Nel piccolo abitacolo cala, perciò, un tenue silenzio.

Trunks sospira.

<< Posso almeno accendere la radio? >> chiede, ad una certa, con la mano già verso i pulsanti.

<< Se lo fai, l'unica musica che sentirai saranno le tue grida di dolore quando ti avrò spezzato il polso per averci provato. >>

Si vede che non apprezzi molto la musica terrestre.

Il piccolo ti fissa contrariato e si rimette composto sul sedile, sbuffando sonoramente e strozzando qualche insulto tra le labbra.

Il suo tono non ti sfugge e lo squadri con la coda dell'occhio.

Dove avrà preso questa barbara attitudine?

La madre, di sicuro. Piena di difetti quella donna...


Eh, appunto.

È lei quella orgogliosa, antipatica, ribelle, scontrosa, acida, guerrafondaia, testard-

Che c'è?

Non guardarmi con quella faccia e continua a guidare.

Dicevo, quella testarda, cocciuta, musona, irriverent-

Va bene, va bene, la smetto.

Non si può dire niente, però, qui dentro.


Dopo, quindi, aver mandato a 'fanculo un paio di automobilisti, rischiato di investire qualche ciclista e aver provocato l'arresto cardiaco a due vecchiette che stavano attraversando le strisce, passate davanti al parco cittadino, il quartiere prima del superstore e ti prepari alla battaglia del parcheggio. Sarà dura scansare tutte le auto per l’unico parcheggio all’ombra che vuoi tu, sospiri, quando, improvvisamente, vedi tuo figlio illuminarsi in un bellissimo sorriso.

<< Guardate, un gattino! >>

Indica, raggiante, un piccolo gattino che si è appena posato sull'asfalto del marciapiede, dopo essere sbucato da un'aiuola.

Tempo cinque secondi e, SPLAT!

Trunks e Bra sbarrano gli occhi.

<< Non lo hai visto il gattino? >>

<< Non l’ho fatto apposta! >>

Trunks gesticola, impazzito: << Era sul ciglio della strada! >>

<< Ma lo sai come sono fatti i gatti, all'ultimo momento, TRACK, ti attraversano e non fai in tempo a frenare! >> sottolinei l'ovvio.

<< Ma tu bastava che andavi dritto e non lo prendevi! >> Urla invece Bra.

<< Ho capito, ma io pensavo che attraversasse, lui, deficiente, è rimasto fermo, è colpa mia? >>

Affermi, scocciato dall'insistenza dei due.

<< Cioè, un gatto anomalo, è colpa mia? >>

I due ti fissano ammutoliti.

<< Porca miseria, il gattino... da che era vivo, track, morto! >>

Il bimbo fissa la strada, stralunato. Stai per ridire sul suo linguaggio poco corretto, quando, << Guarda, un dalmata! >>

SPLAT!

I bimbi ti perforano nuovamente con lo sguardo mentre, tranquillo, continui a guidare, e, quando ti giri, li vedi sull’orlo delle lacrime.

<< MA QUESTO ERA UN DALMATA! >>

<< Eh, ho capito, >> sbotti anche tu, << ma era lì, nella ghiaietta chiaro-scuro, si mimetizza!

Mi sono accorto quando ha fatto IIKKKK! Cioè, un cane intelligente si mimetizza? >>


Avrei da ridire su chi è davvero l’intelligente, qui, ma non dico niente.


Allucinati, i ragazzi scuotono mestamente la testa, davanti al padre che, a bordo di una normale utilitaria, ha sterminato la fauna del parco pubblico nel giro di cinque minuti.

<< Porca miseria…. >>

<< Trunks, dannazione, chi cazzo ti ha insegnato questo linguaggio? >> lo fulmini con gli occhi, << Modera i termini. >>

Un’altra lamentela si sparge nell’auto e anche qualche invito ad andare a quel paese, fino a che non arrivate al parcheggio del supermercato.

<< Toh, guarda, ridendo e scherzando, siamo arrivati al supermercato! >>

<< Eh, ridendo e scherzando, ridendo e sterminando! >> puntualizza Bra, stringendosi corrucciata al suo peluche. 1

<< Poche storie, pulci, fuori! >>

Parcheggi con grazia nell’unico posto rimasto libero ed esci dall’auto, sbattendo con veemenza la portiera e i bambini ti seguono a ruota. Trunks ancora mesto, che rimpiange gli unici animali domestici che avesse mai visto crescere – nel senso che li ha visti da lontano, mano a mano che si avvicinavano sono cresciuti, e poi sono morti – e Bra che giù dal seggiolone e abbracciata a Mr. Saiyan, finisce direttamente tra le tue braccia.

Tempo di fare due passi che, dall’entrata del parcheggio, entra la macchina della polizia a sirene spiegate e lampeggianti in uso che accosta vicino alla vostra auto e vi blocca il passaggio per il supermercato.


Oh, il tutore della legge.

Ma tu sei un ribelle per la vita, non cederai al suo interrogatorio.

Assottigli lo sguardo e squadri male il poliziotto che è appena sceso dalla volante e che si avvicina circospetto.

<< Buongiorno, signore, >> si approccia con estrema cortesia, togliendosi gli occhiali da sole che ripone nel taschino, accanto alla stella da sceriffo.


Wow, ci si potrebbe lavare i denti davanti a quella stellina da quanto brilla.

Guarda che bella che è, con le punte ricurve e lo stemma della città al centro.

No, Vegeta, meglio che non gliela rubi e no, non resisterebbe ad un tuo morso.

Perché diamine tu abbia questi pensieri ancora mi sfugge.


<< Senta, >> continua il poliziotto ma poi sbianca improvvisamente.

<< V-Vegeta? >> indietreggia d’improvviso Krillin, non aspettandosi la famosa famiglia Brief, in pigiama, al supermercato. Talmente preso ad inseguire il deficiente che stava decimando la fauna del parco pubblico, non si era concentrato sull’aura, tristemente conosciuta, del guidatore della monovolume.

Speriamo solo di non morire in servizio, eh Krillin?, non sarebbe un buon inizio di giornata...

<< Ciao Krillin! >> lo salutano, invece, allegramente i piccoli, facendoti aggrottare ancor di più le sopracciglia.
Che vuole, adesso, il pidocchio?

<< Per qualsiasi problema, agente, >> inizi, facendogli inarcare un sopracciglio e vedendo tutto il suo scontento per il modo canzonatorio in cui hai pronunciato il suo titolo, << parli con lui. >>

Spingi qualche passo avanti Trunks, che inizia a protestare.

<< Ehi, ma che c’entro io? >>

<< Volevi qualche responsabilità in più ed essere trattato come un adulto? Eccoti accontentato! >> lo squadri con severità.

<< Ma io non ho fatto niente! >>

<< Non continuare a lamentarti! Prenditi tutta la responsabilità che devi e anche la mia, già che ci sei, che ti fa bene. >>

Spingi tuo figlio ancora verso Krillin, che vi guarda rassegnato e che si passa una mano sugli occhi.

<< Vegeta, >> inizia ad irritarsi, << la responsabilità, qui, è solo tua, visto che guidavi l’auto. Hai commesso un bel po’ di infrazioni, mentre guidavi: eccesso di velocità, invasione della carreggiata opposta, mancato rispetto dei cartelli stradali di divieto di sorpasso, senso vietato, divieto di suonare il clacson in quanto zona residenziale, mancato rispetto delle precedenze, guida pericolosa, mancato rispetto delle strisce pedonali, tentato omicidio stradale, distruzione della fauna urbana e, infine, parcheggio abusivo, nel posto dei disabili. >> conclude, gettando un occhio al cartello stradale gentilmente parcheggiato vicino alla vostra macchina.


Ahh, ecco perché era l’unico rimasto vuoto.

Certo che potrebbero inserire un parcheggio solo per te, con su scritto “Riservato al Grande Principe dei Saiyan”.

Sfaticati di terrestri che non sanno fare i parcheggi a dovere.


<< Tutte queste infrazioni al codice della strada ti costerebbero almeno un centinaio di anni di reclusione ma, visto che so già che tu non mi seguiresti gentilmente alla centrale, né collaboreresti, >> continua, facendoti sbuffare di fastidio, << ti sanzionerò con delle multe, dato che la vostra famiglia si può permettere di sostenere qualche spesa in più per contribuire al mio stipendio e basta per risanare un intero stato come il Burundi… >>

Ritorni sulla terra all'ultimo secondo, perso com’eri a contemplare l'idea del parcheggio abusivo dedicato e sparso di fiori solo per te, e ti devi sforzare per sistemarti la faccia che, per l’indignazione, ti si era contratta tutta in una smorfia indicibile.

Riacquistata, finalmente, la facoltà di muovere i muscoli facciali correttamente, vedi il poliziotto che, stizzito, passa frettolosamente la penna sugli ultimi documenti, e che ti consegna un plico di fogli di multe, iniziato a redigere ad inizio discorso.

Osservi impassibile i foglietti e sospiri nuovamente mentre i bimbi ti guardano in attesa, ma trovi facilmente una soluzione.

<< No, agente, ho l’autorizzazione >>

Consegni frettolosamente un biglietto a Krillin che lo osserva per qualche secondo, sorpreso. Pare aver risolto ogni dubbio. O forse, no.

<< Ma… Vegeta! Qui c’è scritto “Faccio quello che voglio”! VEGETA! >>

Ma, quando rialza lo sguardo, siete già scomparsi dentro il supermercato.


Parte seconda, la tragedia inizia.


Appena arrivati all’entrata, mandi il figlio in missione a prendere il carrello della spesa mentre, bimba alla mano, ti trascini dentro il supermercato, facendoti investire dall’aria condizionata che va a manetta e che fa gioire l’orso polare che è in te.

Tornato il tuo piccolo Marty McFly con un abbondante carrello, vi avviate per gli scaffali alla ricerca della tanto famigerata spesa da fare.

<< Hai rubato il carrello? >> chiedi, sovrappensiero al bimbo, mentre cerchi nella tasca dei pantaloni del pigiama il bigliettino che Bulma ha accuratamente redatto e che ti ha accuratamente ficcato su per il naso, quando ancora ti rifiutavi prenderlo in mano e di mettere piede in macchina.

<< No, l’ho preso normalmente, con la monetina. >>

Fermi il carrello in mezzo alla corsia.

<< Non l’hai rubato? >>

Trunks ti guarda come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

<< No >>

Alzi gli occhi al cielo.

<< Non è possibile... che ho fatto per meritarmi dei figli del genere? Non ammazzate nessuno, non fate del male a nessuno, non vi comportate in maniera disonesta e non rubate neanche i carrelli della spesa! >>

Tutta colpa di tua moglie e dei suoi “valori umani”.


Ai tuoi tempi mica era così…

Ai tuoi tempi per prendere il cibo si andava a cacciare a mani nude nei boschi e si sgozzavano le galline del vicino…

Questi giovani d’oggi, tutti per bene… dove andremo a finire, dico io?

Mannaggia alle buone maniere e all’educazione!

Eh, sì, annuisci, triste, non ti diverti più come una volta. Bulma te li ha proprio rovinati.


Ringhi di disappunto. << Almeno rendetevi utili e andate a prendere quello che vi leggo! >>

Almeno, li potrai sfruttare come facchini.

<< Allora, bestioline… andate a prendere il papan… >>

<< Il pane? >>

<< Sì, ci stavo arrivando! >> fulmini con lo sguardo Trunks che, come sempre, ti ha interrotto.

<< Poi serve l’iinzinzaa… >>

<< Fammi indovinare, l’insalata? >>

Il piccolo si avvia sbuffando un’altra volta sotto il tuo sguardo sofferente, quando Bra ti fissa, dubbiosa, dal suo seggiolino sul carrello.

<< Papà… >>

<< Dimmi, gioia, che c’è? >> rispondi sovrappensiero, cercando di tradurre c’è scritto sulla lista della spesa.

Tua moglie scrive proprio da cani. Ha il Premio Nobel per la Fisica ma l’ortografia non la sa.

<< Papà… non sei più andato alle lezioni per imparare a leggere in terrestre, vero? >> la piccola coglie nel segno.

<< Tappati la bocca, ne sono benissimo capace, invece! Ricordati che sono un principe! >>

Trunks, intanto, è ritornato con l’insalata.

<< Allora, poi… qui c’è scritto aal- alb- alberi! >>

I bimbi paiono incerti e Bra, prima che tu possa protestare, ti ruba dalle mani la lista della spesa e inizia a leggere.

<< Trunks, vai a prendere le albicocche, i meloni, le arance... >> e continua.

Dopo circa un quarto d’ora, avete recuperato quasi tutta la frutta e la verdura della lista e altre cose che non elenco perché non è importante ai fini della storia, ma la spesa continua ancora e, nonostante le tue proteste di andare a casa perché ti stai annoiando, i bambini si dirigono verso gli altri scaffali per completare al più presto la lista.

Perché, per loro, in fin dei conti è anche divertente: senza la stretta sorveglianza a carattere militare della madre, possono benissimo comprarsi le più svariate schifezze, spruzzarsi la panna direttamente in bocca, stare tutto il tempo in pigiama e rubare i gratta e vinci dagli scaffali espositivi, vicino alla cassa, per fare un enorme falò nel reparto frigorifero, battendo le regole della fisica.

Passando vicino all’ennesimo scaffale il tuo piccolo primogenito viene attirato da un baldacchino in particolare e spalanca gli occhi.

<< Papà! >> attira la tua attenzione, << Venti dollari per il piercing al sopracciglio? >>

I tuoi occhi neri incrociano subito i suoi cristallini e, per un attimo, rimani immobile, squadrandolo, severo.

<< Prima di tutto voglio chiederti una cosa, figliolo. >> inizi gravemente. Qui ci vuole un discorso importante e da bravo padre di famiglia.

<< Sei pronto a prenderti la responsabilità di un gesto che ti renderà assolutamente e decisamente irresistibile? >>

Trunks si inginocchia e, a occhi lucidi, nella solennità della promessa, pronuncia il suo giuramento.

<< Sì, padre, sono pronto! >>

<< Allora prendi questi venti dollari, e che la tua risolutezza guidi il tuo cammino! >>

Una signora profanatrice del momento che, accanto a voi, ha assistito suo malgrado alla scena, vi interrompe.

<< Davvero lei permetterebbe a suo figlio di farsi il piercing sul sopracciglio? >>

<< Giusto! >>

La ieratica sapienza nei tuoi occhi.

<< Prendine quaranta e fattelo su tutti e due! >>

Trunks se ne va saltellante, con un sorriso a trentadue denti stampato sulla faccia, mentre la signora pare non aver abbandonato il suo cipiglio scuro.

La vedi scuotere la testa, incredula e gracchiare: << Lei si ritiene un padre responsabile? >>


Esatto, Vegeta, ti ritieni un padre responsabile?

Non guardare me, sei tu qui, il padre, mica io.

Pensa, anni e anni di convivenza sulla terra e questa domanda così semplice ma spiazzante sembra improvvisamente far vacillare tutto.

Sei davvero un genitore responsabile?

Curi davvero la salute e il benessere dei tuoi figli?

Vuoi educarli come adulti coscienziosi e cittadini del mondo per creare un futuro migliore?


Sorridi e la risposta ti viene naturale come naturale è il tuo genuino rispetto per quella signora tanto assennata e presentabile.

<< No! >> e te ne vai, saltellando e mandandola a ‘fanculo.


Poco più tardi, dopo aver comprato dello scotch e un martello per Bra e aver testato la resistenza e l’efficienza di entrambi su circa una ventina di piatti di porcellana, siete avvicinati da paio di commessi che vi invitano a smetterla e che ragionevolmente, vi chiedono di pagare tutti i danni. Una volta scocciati anche loro – nel senso che hai preferito tappare loro la bocca con dello scotch e poi farli stramazzare al suolo a suon di martellate, perché, chi se ne frega – vi raggiunge nuovamente Trunks che, da bravo schiavo, era andato a prendere anche le cacat

No, non catarratte, ma carote.


<< E i due piecing? >> gli domanda Bra.

<< Ho preferito fare iniezioni antirughe. >> si mostra contento il piccolo principe e presto ti aggreghi anche tu alla piccola comitiva.

<< Mi sto nuovamente annoiando, rientriamo. >>

<< Scusa, ma dobbiamo finire la spesa! >>

Sbuffi un attimo e ti guardi intorno. Ti avvicini ad un paio di scaffali e inizi a buttare nel cestello robe a caso, giusto per far numero, poi ti avvicini tranquillamente ai carrelli degli altri clienti, per rubacchiare dell’altro cibo e andartene.

Se i primi non se ne accorgono, alla terza signora a cui rubi i fagioli in scatola, suo marito ti becca, pungente.

<< Ehi, quella è la mia spesa! >>

<< Perché, l’ha già pagata? >>

<< Ehm, no... >>

<< Allora non è sua >>

L’ultima cosa che i due signori vedono è il tuo culetto sculettante che gira l’angolo e che scompare.


Finalmente, davanti ad un carrello stracolmo di tutte le cose che non erano nella lista, come, per esempio, una poltrona, –

Chi cacchio è che l’ha comprata la poltrona?

Va be’, non sia mai rimaniate in piedi a fare la fila alla cassa – decidete che è tempo di finire qui l’Odissea del supermercato.

Però, << Manca il pollo >> puntualizza nuovamente Bra.


Piccola rompipalle, e tu che volevi andare via.

<< Trunks, vallo a prendere. >>

<< Ancora? >> si permette, irriverente, probabilmente anche lui stufo che la cosa stia andando così per le lunghe.

Ecco perché Bulma vi voleva fuori dalle scatole, così poteva avere tutta la mattinata per sé.

<< Perché non vai tu? >>

<< Perché sono tuo padre, muoviti. >>

<< Sì, o potente Darth Vader >> ti canzona, dirigendosi verso il banco dei refrigerati e, tra la sfilza di prodotti, riesce ad individuare il pollo in offerta.

Allo stesso momento in cui, però, allunga la mano per prendere il pollo, dall’altra parte, una vecchietta poggia la mano sullo stesso pollo scontato.

<< Oh, mi scusi, non pensavo interessasse anche a lei >> si ritira gentilmente, porgendogli docilmente il pollo e delle accorate scuse.

Ma tu non pari d’accordo. << Credo che tu l’abbia preso per primo, Trunks. >>

<< Ma, papà, è solo una vecchietta… >> sussurra, imbarazzato.

Te ne freghi della vecchietta, tuo figlio non perderà di fronte ad un’insulsa terrestre.

<< E quella vecchietta non avrà il nostro pollo... >> ringhi, mentre la vecchietta fa altrettanto.

<< Il pollo è mio! >>

La vecchina inizia a battere il suo bastone di mogano sulla testa dura di tuo figlio, cercando di allontanarlo.

<< Ehi, OUCH! >> piange, il piccolo, cercando di ripararsi dai suoi colpi alla meglio.

<< OUCH, OUCH, OUCH! B-basta, mi sta picchiandooooo, PAPÀÀÀ! >>

Te ne freghi delle lamentele di tuo figlio e insisti per la vittoria.

<< Prendi. Il. Pollo. Trunks. >>

<< Avanti, moccioso, prova a rubarmelo! >> incalza ancora la nonnina.

<< MIOOOO >>

In una lotta all’ultimo sconto, Trunks riesce, infine, a rubare dalle mani della vecchietta il pollo tanto che la povera signora, per l’onda d’urto, finisce, con un tonfo, dentro il bancone dei surgelati.

<< Bel lavoro, Trunks! >> esclama entusiasta Bra, quando la vecchietta si rialza d’un tratto in piedi.

<< AHAHAHA, prendetevi il pollo, perdenti, io ho preso il salmone a metà prezzo! >>

Davanti ai vostri occhi allucinati, la nonna mostra orgogliosa il suo pesce e fugge, alla rinfusa, abbracciata al suo bastone e al suo salmone.

<< Trunks… >>

Il piccolo Saiyan si sente già male.

<< Vai a prendere quel salmone. >> 2


Così, tu, la tua adorabile bimba, sempre sgambettante sul carrello della spesa, Mr. Saiyan, che erano rimasto fino a questo momento abbracciato alla bambina, e Trunks che si è guadagnato lo stampo del salmone in faccia, vi dirigete alle casse. Con sufficienza sganci al povero commesso che hai minacciato di morte qualche soldo, dopo averli fatti accuratamente contare da Bra, e vi avviate all’uscita per tornare alla macchina.

Una volta caricate le innumerevoli borse della spesa, rese ancora più innumerevoli dall’enorme quantità di cibo che non era stato segnato nella lista e, ricordiamoci, dalla poltroncina in vimini aggiunta a caso sopra le mozzarelle, ti accorgi che manca qualcosa.

Trunks sbianca, e prega di non dover tornare nel supermercato, e Bra si augura e prega che, Cristo, tu non abbia perso le chiavi della macchina dentro il supermercato.

Ma poco male per quelle, tu sei un tipo più diretto: sfondi il finestrino e colleghi i fili sotto il cruscotto, per poi partire. Sistemate la spesa nel baule e vi preparate per tornare indietro.

Il dubbio eppure ti assale nuovamente. << Qui manca qualcosa… >> e non è semplicemente la visibilità del vetro anteriore, oscurato da una serie di multe fastidiose, lasciate precedentemente da Krillin sui tergicristalli.

C’è un vuoto cosmico all’interno di una borsa, come se fosse sparito qualcosa. Si voltano anche i tuoi due bimbi per controllare.

<< Sì, pare che… >>

Oh, no.

<< MANCA IL SALMONE! >>

<< La vecchietta! >> esclamate tutti assieme.



Terza parte, la tragedia si conclude.


Eh, sì, perché mentre stavamo tutti intenti a pagare alla cassa e a fare attenzione che Vegeta non sbranasse il povero commesso, la vecchina di prima, che era finita dentro il banco dei surgelati per chi non si ricordasse, era riuscita, piano piano, con l’agilità di una tartaruga, ad allungare il bastone all’interno della borsa che conteneva il salmone e a rubarlo da sotto il naso dei tre Saiyan, a dirigersi all’altra cassa, a pagare e a uscire dalle porte posteriori del market per non dare troppo nell’occhio.


Arrivata finalmente ai parcheggi, nonna è soddisfatta della sua ruberia e ride, pensando a tutte le gustose ricette che potrà preparare con i suoi cinquecento grammi di salmone norvegese. Sogghigna pensando a quando preparerà i rotolini di salmone norvegese con fragole di stagione, oppure, il suo salmone norvegese ripieno di mozzarella con spruzzata di pesto al basilico, e, perché no, dei gustosi voul-au-vent di salmone, qualsiasi cosa siano. Ad un tratto, nonnina s'accorge di aver fatto un passo falso.

L'aria inizia a mancare, come se non volesse interrompere il momento di tensione che si accumula d'improvviso in quel piccolo metro quadro di parcheggio del supermercato.

La signora stringe i denti e assottiglia lo sguardo: i bastardi sono arrivati, finalmente.

Il filo di un sorriso malinconico le imperla le labbra mentre pensa al povero salmone che rischia di venire preso dai banditi e mangiato come la carcassa di un cavallo abbandonato nel deserto della fottuta California.

Un cumulo di polvere passa sulle righe del parcheggio ma il suo sguardo non si stacca dagli occhi furenti dei tre, che l'hanno squadrata fino a quel momento.

Brilla l'argento del suo bastone, pronto a far fuoco, stringe la borsetta e la spesa a sè. Il sole cocente di mezzogiorno vedrà un altro cadavere.

<< Sei alla resa dei conti, nonnina! >>

Sputa per terra il più nero dei tre, dal basso del suo metro e sessantacinque, Sentenza, il cattivo della situazione.

<< Papà, non pensi di stare esagerando? >>

Cerca una mediazione allo scontro l'altro, Tuco, il brutto, ma neanche Joe, il buono, coi i suoi occhi e capelli azzurri pare trovare una soluzione che non includa una pallottola nel cuore e un cumulo di cemento sopra.

Il buono, il brutto e il cattivo appostati alla macchina non sganciano un solo istante gli occhi dalla vecchia. 3

Occhi neri come il fumo delle ciminiere, occhi azzurri come un ruscello sgorgato nel deserto, e occhi di vetro come il fondo di una schifosa bottiglia di whiskey si squadrano, pronti a reagire al minimo movimento dell'avversario.

<< Ridacci il salmone, vecchia, e nessuno si farà male >>

Il secondo avvertimento del Cattivo infrange il silenzio di tensione.

Nonnina ringhia, stringendo più forte a sé la borsetta. Bisogna lottare per la libertà.

Bisogna lottare per i gustosi voul-au-vent di salmone. Qualsiasi cosa siano.

<< MAI! >>

Urla, scatenata, e inizia l'incontro. Trunks e Bra le si buttano addosso in contemporanea, ma la vecchina è più reattiva; con una mossa da ninja bastona nuovamente Trunks sulla testa e sulle mani, rimproverandolo per la maleducazione, e afferra Bra per il colletto, pronta a gettarla lontano.

Bra, in mano sua, si sente d’improvviso piccolissima davanti al suo sguardo di fuoco: nonna ringhia, pronta a tirarla stile lancio del giavellotto. Gli occhi azzurri di Bra si riempiono di lacrime e la piccola inizia a temere il peggio, ma nonnina, ad un tratto, si blocca e la riappoggia a terra. La piccola apre gli occhi, sorpresa, e vede la vecchina che le sorride, benevola, e che le accarezza la testolina. Nonna pare ravvedersi sulla pericolosità della bimba: << In fondo – rammenta – mi ricordi proprio le mie nipotine! >> e le allunga una caramella, una di quelle caramelle del Paleolitico stagionate in borsetta per secoli, che le vecchiette hanno sempre con sé e guai se non si accettano. Bra, sorride, sotto le carezze della dolce signora e i suoi occhi brillano di contentezza.

Tempo due secondi, Bra trascina la vecchietta a terra con una sforbiciata alle gambe e le ruba il salmone dalla borsetta, iniziando a scappare.

<< Ahahaha! >> ride, malvagia, lei, piccolo spruzzo di sole, ma nuovamente il salmone le viene rubato dalle mani da nonna che, con un salto mortale, si riappropria della preda e scappa anche lei.

Trunks appare d’improvviso e la placca alle gambe: entrambi strisciano la faccia per terra e nuovamente il salmone vola lontano, finendo sul parabrezza di una macchina.

Nonna e Trunks spalancano gli occhi e iniziano nuovamente a correre: il giovane Saiyan riceve più volte in faccia i tacchi della vecchia che scalpita come un cavallo imbizzarrito per prendere il pesce.

Nonna afferra al volo la scatola e Trunks spiattella la faccia sul parabrezza; nonna scassina la macchina per scappare, Trunks le corre dietro ritrovandosi la portiera nei denti; con quattro colpi precisi, nonnina gli chiude la testa tra la portiera e la carrozzeria: il piccolo Saiyan viene così abbandonato, svenuto, con la testa incastrata sotto il sedile.

La vecchina, però, d’improvviso s’accorge di non avere vie di fuga. Dopo aver steso il ragazzino con i capelli da inacidato e aver incastrato la mocciosa nell’armadietto dell’idrante, ora, si ritrova ad affrontare l’energumeno coi capelli di fulmine.

<< Fatti sotto, nonna! >>

Sibili con poco rispetto, ma nonnina non pare farsi intimorire. Afferra saldamente il salmone e lo ficca nuovamente in borsetta e ti squadra da dietro i suoi occhiali appannati.

<< Fatti sotto tu, delinquente… >> rincara la nonnina.

Ululi di rabbia alle sue, devo dire, fin troppo vere parole – Chichi me ne renderà merito, questi Super Saiyan sono tutti dei delinquenti. Povera donna.

Come due pistoleri pronti ad affrontarsi, non lasciate che nulla all’interno del parcheggio vi distragga dal vostro gioco di sguardi; occhi neri pece si specchiano nuovamente in paio di occhietti verdi e vispi, ingigantiti da un occhialetto spesso cinque centimetri e coperto da ditate insostenibili nel terribile tentativo di pulirli.

Scrocchi le dita in pugno secco mentre la vecchina stritola la dentiera tra le barbute mascelle.

Al momento giusto, ti scagli a tutta velocità contro nonna, concentrando in un pugno tutta la tua potenza e lei, rosario al collo, afferra la borsetta come se fosse un martello e la fa roteare sopra la testa.

Un colpo, un altro, nonnina ti rifà i connotati del viso, costringendoti a cambiare la carta d’identità, per via dell’enorme bernoccolo che ti ritroverai presto in fronte, ma non è il momento di demordere: afferri la gracile signora per le spalle e la getti all’indietro; la vecchina atterra malamente ma si rialza in fretta, scricchiolando orrendamente il collo e qualche vertebra, mentre la borsetta si perde sull’asfalto.

Corri per prenderla alla sprovvista quando ti afferra per la collottola e ti scaraventa lontano; trascini con te una madre con passeggino, un paio di muratori, e due macchine, che si accartocciano in cumuli di lamiera.

Sputi per terra un rivolo di sangue e maledici le borsette; la vecchietta ti carica come un pugile ad un incontro di boxe: scaraventa una serie di pugni che ti limano i denti. Glieli restituisci con caparbietà, lisciandole la barbetta folta che si affolla sotto il naso e sul mento; ganci distruttivi e montanti che le spappolano il sistema nervoso e la dentatura.

Destro, sinistro, destro: sibili dal dolore, portandoti la mano alla bocca; sputi un molare e le restituisci la cortesia. La nonna sibila dal dolore, portandosi la mano alla bocca; sputa la dentiera e ti restituisce la cortesia, strappandoti il sorrisetto dalla faccia con un calcio che ti fa vedere gli uccellini svolazzanti.

Strisci gli stivaletti sul cemento del parcheggio mentre cerchi di parare la tempesta di calci volanti che la gracile signora ti tira addosso.

Deciso a resistere ad oltranza, sradichi il segnale di stop e lo fai roteare sopra la testa, come una tavola da surf e ti avventi contro la vecchia: la vecchia para il colpo, getta per aria la segnaletica, ti strizza un capezzolo e tu stramazzi per terra dal dolore; il segnale ti finisce in testa, abbattendoti definitivamente.

Nonnina si rialza: con lo sguardo truce si pulisce un rivolo di sangue dal naso e si allontana, come un’eroina dopo aver sconfitto la sua nemesi, come un pompiere che ha salvato una ragazza da un incendio, come un supereroe dopo aver sconfitto un cattivo. La signora di prima con passeggino e i due operai esultano, piangenti, alla sua figura, la salutano con un fazzolettino, si stringono in abbracci commossi.

La vecchietta recupera occhiali, borsetta e bastone, e guarda verso l’orizzonte.

Si volta un ultima volta, ti batte la borsetta dritta dove non batte il sole e se ne va, sempre verso l’orizzonte. 4


L’impatto è devastante, distruttivo quanto battere la testa nello spigolo dell’unica portina lasciata aperta in cucina mentre sei cucciato a prendere i piatti. La luce delle stelle e la luce beatifica di Dio ti accolgono per qualche istante nel frattanto che la vecchietta riesce a raggiungere la sua macchina e fuggire, sgommando sui piccioni e pedoni che si trovano sfortunatamente sulla sua via.

Pian, piano, recuperi a grandi boccate il resto della tua dignità e mascolinità, calmi il respiro in un pacifico moto che ti permetta di inalare aria a ritmo costante.


Dentro sei più o meno così: dunque, *cough*, *cough*, vediamo…

Dammi un laaaaaaa

Ecco, ottimo, questa va benissimo.


Dentro sei più o meno così:

aaaAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHH!!


Ma anche se dentro stai urlando dal dolore la nota più alta della Regina della Notte del Flauto Magico di Mozart, sai che devi calmarti.

Recuperi quindi presto coscienza della situazione e ti precipiti alla macchina; nel tragitto, afferri al volo Trunks e lo butti a casaccio in macchina; recuperi Bra dalla vetrina dell’idrante, poggiandola accuratamente sul seggiolino e controllando le cinture di sicurezza e la presenza di Mr. Saiyan, immancabile al suo fianco, non senza darle un bacino in fronte.

Accendi il motore, frizione, acceleratore, e ti precipiti a tutta velocità fuori dal parcheggio, raggiungendo presto l’auto della nonnina.

La vecchia, sgommata via come il vento, si dirige nel mentre a tutta birra sulla tangenziale, scardina metà dei cartelli stradali che incontra, brucia il conteggio di tutti gli autovelox, ma tu non sei da meno e, superata la corsia di accelerazione, ti affianchi alla sua auto.

<< Molla il salmone, strega! >>

La strega si gira, stupefatta della tua presenza in strada dopo così poco tempo.


Ma nessuno batte il principe dei Saiyan.

Peccato che nonnina ti abbia precedentemente abbattuto prendendosi pure la tua dignità.

Ma dettagli, dettagli.


La signora accelera e sfreccia con rabbia tra le macchine che finiscono senza speranza tra i guard-rail, accartocciandosi tristemente.

Un’auto esplode al suo passaggio, lanciando pezzi di lamiere nelle altre corsie e una colonna di fumo si alza dalla tangenziale, perché si sa, negli inseguimenti un'auto deve sempre esplodere perché fa figo.

Il paesaggio si muove veloce, l’adrenalina scorre nelle vene e il carcere a vita si fa sempre più vicino.

Nonnina continua a muoversi tra le auto che affollano la strada, incurante dei clacson e delle sirene della polizia che iniziano a urlare dall’orizzonte. Infatti Krillin, dopo che vi aveva visto sfrecciare fuori dal parcheggio a velocità supersonica, aveva pensato bene di chiamare i rinforzi e aveva effettivamente pensato bene, vista la velocità da Fast And Furious che stavate imitando.

Non molli la presa sul volante, frantumi il pedale dell’acceleratore e superi le auto come al rally.

Trunks si risveglia dal coma indotto dal trauma cranico e spalanca gli occhi.

<< AHHHHHHHHHHHHH! >>

Le sue urla svegliano dal sonno Bra che, vedendo la velocità a cui siete sparati che supera la velocità del suono, si mette ad urlare anche lei.

<< AHHHHHHHHHHHHH! >>

Urlano entrambi e urli anche tu, col pedale a tavoletta, verso la meta. Un urlo collettivo di disperazione per colpa di quella bastarda di nonnina che, manco fosse Toretto, vi sta facendo mangiare la polvere.

La vecchina continua infatti a bruciare tutti i limiti di velocità, sbattendosene dell’elicottero della polizia che ormai vi sovrasta e delle decine di auto degli sbirri che si affiancano man mano alla gara.

Il tenente di polizia, affacciatosi dalla volante, sbiascica parole poco rassicuranti e molto incazzate dall’autoparlante e, al suo ordine, volano i primi spari delle pistole in direzione delle ruote, per fermare la folle corsa.

Nonnina se ne sbatte altamente e come se guidasse una Maserati accelera ulteriormente, battendo la velocità del suono.

Le urla della vostra macchina sovrastano il rumore assordante delle sirene spiegate, del rombo dell'elicottero e degli insulti del tenente.

La vecchia ride, impossessata, spaccando il contagiri e gli ammortizzatori dell'auto.

Ulula di gioia e fa segnacci all'indirizzo dell'elicottero che la sovrasta e al povero tenente di prima che, ormai, può dire addio alla carriera.

Ma mentre le ruote stanno per prendere fuoco, all'ultima fatale curva, nonnina non si accorge che deve svoltare e vola dritto.


Nel frattanto, nella pace e serenità zen del suo salotto, Bulma sorseggia un the indiano e conta i minuti di silenzio che finalmente regnano la casa: il flebile filo dell’incenso si confonde nel ronzio del ventilatore e il ticchettio dell’orologio è una nenia sussurrata che induce al sonno.

Rimasta sola, difatti, la proprietaria della grande Capsule Corporation, dapprima aveva fatto sgomberare la cucina dei rimasugli della colazione dai robot, per poi dedicarsi ad una seduta di manicure e pedicure tutta per sé, a qualche giornalino di gossip, e, infine, ad un the indiano dai poteri terapeutici.

Bulma, finalmente rilassata, riflette che aver mandato la famiglia in missione a far la spesa è stata, in fin dei conti, davvero una buona idea: nella casa non vola una mosca e si sente solo il suo respiro.

Sospira, estasiata, da tanta calma, quando viene catturata dal rumore insolito di un uccellino che si spiaccica sulla vetrata del salotto e cola a terra, in un ammasso informe di piume.

<< Che strano… >>

Sbuffa risentita e si avvia alla porta finestra per controllare la fine insolita del povero volatile, ma per ritrovarsi davanti l’inferno.

Sotto gli occhi strabuzzanti della povera scienziata, il giardino pullula d’improvviso di macchine accartocciate, di un elicottero finito a far compagnia alle ciliegie e di una ventina di uomini in divisa e in tenuta antiterrorismo che circondano una vecchietta; dapprima viene trascinata fuori dalla macchina accartocciata, sbattuta a terra con forza e, sotto i puntatori dei mitra degli agenti di polizia, arrestata e sbattuta dentro una volante.

Bulma boccheggia, incapace di comprendere come mai il suo giardino ora assomigli più ad un cimitero che ad uno spazio verde: le si avvicina il tenente che regge ancora in mano il megafono, ormai fuso dalle sue urla, e le stringe una mano, accorato.

<< Signora Brief, vorrei esprimerle i miei più sentiti ringraziamenti per averci permesso di catturare, dopo tanto tempo e numerose ricerche, la famigerata Nonnina, spietata criminale al vertice di una vasta rete di attività di contrabbando di salmone! >>

Bulma pare non capire, mentre le si avvicinano anche Vegeta, Trunks e Bra, ridotti piuttosto male.

<< Infatti, Nonnina aveva contatti in tutto il mondo e la sua attività clandestina si stava espandendo sempre più, fino a raggiungere anche il più piccolo supermercato del paese. Grazie a questi tre eroi >> e abbraccia Vegeta e i ragazzi, anche loro piuttosto allibiti, << siamo riusciti finalmente a catturarla! >>

Una volta congedatosi, il tenente ordina ai suoi uomini di sgomberare la zona: le pattuglie della polizia attivano le sirene e si dirigono a tutta birra in strada e poi verso il commissariato, lasciando finalmente libero il giardino che, ormai, non si più chiamare così.

Quando le pale dell’elicottero incastrato nel terreno smettono di girare e le auto iniziano a prendere fuoco lentamente, Bra enuncia i dubbi di tutti.

<< Ma… qualcuno di voi ha capito che è successo? >>

<< No, in realtà no… >>

<< Assolutamente no… >>

I tre fanno spallucce e rientrano a casa, decisi a mettere qualcosa sotto i denti e a passare la giornata nell’ozio totale, perché, ormai hanno fatto fin troppo per quella giornata e lasciando Bulma ancora a boccheggiare in giardino.

La scienziata sente in sottofondo le lamentele di Vegeta riguardo la spesa rimasta in macchina, unite al giuramento di non mettere più piede in un supermercato per i prossimi venti anni.

Bulma si passa una mano sugli occhi, sconcertata: la prossima volta ci penserà due volte prima di mandare marito e figli a fare la spesa.



Fine

1Scena tratta da Tre uomini e una gamba di Aldo, Giovanni e Giacomo.

2Scene ispirate a Lo straordinario mondo di Gumball

3Scene ispirate al film Il buono, il brutto e il cattivo

4Scena ispirata a Madagascar 2

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Festaiolo ***


Oggi vi presento una storia che non potevo non presentare ad Halloween; questa storia l’avevo già in mente da un po’, e allora, quale migliore occasione?

Buona lettura!



Non era una questione di essere una zucca vuota o essere uno zuccone o di non avere sale in zucca.

Era una questione più profonda, ontologicamente scientifica.

Lui alla festa di Halloween non ci avrebbe partecipato. Fine.

Inutile Bulma sbraitasse tanto, Halloween, qualunque cosa fosse, gli faceva semplicemente cagare. Fine.

Come tutto d'altronde originale di quell'emisfero dell'universo.

Lo stesso Sistema Solare lo infastidiva, perché lì, nei pressi di due pianetuncoli in fila, uno giallo schifo e l'altro rosso schifo, c'era, in mezzo, quello blu schifo a cui, da otto anni ormai, era incatenato il suo culo.

Il Sistema Solare schifo e tutto quello che comprendeva gli facevano schifo.

Questo pensava Vegeta, seduto al tavolo in cucina con una tazza di caffè stretta furiosamente nel pugno, mentre scarabocchiava un cruciverba.

Non avrebbe partecipato alla festa. Fine.

E poi la zucca manco gli piaceva. Così arancione schifo.

No, no, no, non avrebbe partecipato a quella pagliacciata.

Meglio concentrarsi sul suo cruciverba, al diavolo la festa.

Strinse la penna e assottigliò le labbra.

<< Allora... uno verticale, uomo senza credo… >> arricciò le labbra in concentrazione, finché non gli si accese la lampadine. << Be’, io non credo che sia un uomo, quindi Kakaroth… ah, solo quattro lettere. Questi incompetenti hanno sbagliato a fare il cruciverba! Be’, scriverò Goku, tanto sempre lui è... >>

Scarabocchiò sul foglio la risposta e continuò a leggere.

<< Tre orizzontale, aspèttati con ansiala morte di Kakaroth! Scriviamo morte, che ci sta, tanto sempre la sua è >>

<< Quattro orizzontale, è vicinissima al sole...la mia irritazione >>

<< Nove verticale, quieto in apparenza… Trunks, probabilmente >>

<< Due orizzontale, creatrice di gioie… ah, be’, facile questa… la vendetta su Kakaroth… ah, non ci sta. Ma sono proprio degli incompetenti questi creatori! Scriverò solo vendetta. Con una t, che non ci sta >>

Gli si avvicinò d'improvviso Bulma, che si fermò a fissarlo davanti al tavolo, ma Vegeta non la cagò di striscio. << Hai finito di ignorarmi? >>

No, voleva risponderle Vegeta, ma per quel giorno avrebbe voluto conservare intatta la sua faccia ed evitare che la mogliettina gliela strappasse e incollasse al contrario. Così, la fissò negli occhi, come per invitarla a continuare il suo discorso interessante quanto sapere chi fosse l'ultima donna che aveva osato copiarle il taglio di capelli, e si mise in ascolto.

Bulma lo stava fulminando.

La detestava quando faceva così. Quando osava chiamarlo, respirare il suo ossigeno, interagire con lui in generale.

In un'altra vita voleva nascere albero, almeno nessuno avrebbe interagito con lui.

<< Perché non vieni alla festa? >> gridò un'altra volta. La guardò scettico e per la prima volta da quando aveva fatto il suo ingresso in cucina si concentrò su quello che indossava.

Vestita con quella gonnellina sbarazzina e un corpetto di pizzo, Bulma, quella sera, interpretava il ruolo di se stessa: la strega. Una strega con degli occhioni blu e un trucco azzeccato in faccia. Qualche ragnatela finta che pendeva dalle braccia e una scopa in mano: una perfetta strega ad Halloween e nella vita reale.

Si sforzò di risponderle.

<< Perché non ne ho voglia >>

Una motivazione più che sufficiente.

<< Perché Halloween, qualsiasi cosa sia, non mi piace >>

<< A te non piace mai nulla >> puntualizzò invece l'altra, stringendo le braccia al petto. Maledetto vecchio Saiyan.

<< No, questo non è corretto >>

La corresse, scarabocchiando sovrappensiero il foglio.

<< A me fa tutto parimenti e ugualmente schifo. Disprezzo tutto e tutti allo stesso modo. >>

Bulma alzò gli occhi al cielo. Maledetto vecchio Saiyan.

Se l'avesse convinto a partecipare alla festa, almeno avrebbe avuto di che divertirsi.

Vederlo schifato alla vista di ogni persona con quella particolare sua costante smorfia, era uno dei pochi spettacoli che la facevano ridere di gusto e che la rendevano più consapevole che, davvero, suo marito era un alieno.

<< In fondo potresti interpretare il vampiro! >>

Magari lo avrebbe convinto: il vampiro, col suo carico di mistero e ombre, in fin dei conti, rappresenta certamente la parte più intrinseca dell'uomo figlio dell'intelletto e del mistero. Un'immagine così oscura e che si nutre di sangue e buio, avrebbe potuto replicare al meglio un principe maledetto come Vegeta. << Un vampiro, certo, >> precisò << come la sanguisuga che sei e che vive a mie spese tutto il tempo. >>

La smorfia di Vegeta si fece ancora più profonda. Maledetta vecchia terrestre.

Fece per aprir bocca per iniziare a spiegarle quanto era necessario che lui non partecipasse alla festa perché ne andava della sua salute mentale e dell'incolumità di tutti, quando Bulma lo interruppe, fermandolo sul nascere e lui si ravvide di stringere tra le labbra un insulto bello colorato.

<< Ho capito perfettamente quello che vuoi, scimmione >>

La vide sistemarsi velocemente le ultime cose in borsetta e chiamare Trunks a gran voce.

<< Quindi non venire, io e tuo figlio ci divertiremo da soli! >>

Lei e il mostriciattolo si avviarono alla porta d'ingresso e l'ultima cosa che vide fu l'uscio di casa sbattere sonoramente e l'auto di sua moglie decollare verso il cielo.

Una pernacchia risentita gli sfuggì dalle labbra e si andò ad appoggiare alla porta finestra che dava sul giardino.

Non gli piaceva restare a casa da solo. Non c'era nessuno da punzecchiare o infastidire, mannaggia. Tamburellò le dita sul vetro, come per far fluire meglio in testa i pensieri, e fece scricchiolare la finestra con piacere.

La dannata festa per Halloween era al palazzo del Supremo e Bulma aveva insistito tanto per andarci perché, come aveva detto, sarebbe stata un'occasione per una rimpatriata del gruppo e un'occasione per far festa e mangiare a sazietà. Non che lui avesse nulla contro il cibo ma condividerlo con gli altri gli aveva sempre dava fastidio. Anche condividere l'aria con gli altri gli aveva sempre dato infastidio. Figurarsi con Kakaroth, quello spreco d'ossigeno.

Sospirò nuovamente.

Che brutta situazione dover scegliere tra la tentazione di una buona cena e l'inconveniente di doverla dividere con Kakaroth. Maledetta vecchia terrestre. Aggrottò gli occhi e tamburellò più velocemente sul vetro dal nervoso.

Sua moglie doveva pagarla.

Anche se non gliene fregava niente di Halloween, poteva stare al gioco. Sua moglie voleva divertirsi a giocare a giochetto o scherzetto?

Bene, le avrebbe fatto venire i capelli bianchi dallo spavento.


Lentamente, come fili di mozzarella intrecciati tra loro, quelli che non si staccano più dalla fetta di pizza e che, tira che ti ritira, finiscono per crearti chilometri di formaggio in bocca, nel cervello di Vegeta iniziarono a formarsi idee e pensieri sul suo maleficio da compiere.

Alla fine, sogghignò pensando al suo malefico piano.

Era tutto perfetto e Bulma avrebbe preso un bello spavento.

Gli serviva solo una vittima, il primo sfigato malcapitato che beccava per strada e che era facilmente sacrificabile. Trunks non era nei paraggi e questo era un problema, ma, forse, quella ragazza laggiù...

Sorrise ancora e il vetro si crepò definitivamente.


Nené faceva la postina da cinque anni.

Un lavoro semplice ma che la faceva sentire spensierata perché, con la sua motovolante, consegnava la posta per tutta la città e passare di quartiere in quartiere, le faceva vedere ogni giorno quanto la sua città fosse diversa e brulicante di colori e di vita.

Come quella via dove stava passando, piena di aceri vestiti con i colori dell'autunno, che aprivano davanti a lei, con le loro foglie, un tappeto color del fuoco.

Quella via, poi, era la sede di una delle più grandi aziende, se non la più grande, di elettronica. Era una via molto remunerata. Si accinse a prendere le missive da consegnare.

Pronta con il pacchetto sottobraccio e un sorriso smagliante sotto il cappellino dell'agenzia, fischiettò felice, iniziando a mettere le varie lettere nelle cassettine della posta e sparando tranquillanti ai quei cani che, legati alle loro catene, si avvicinavano un po' troppo per i suoi gusti ai suoi gustosi polpaccini.

Davanti alla cassetta della posta targata Capsule Corporation, le passò, però, per la mente quello che una volta le aveva detto un suo collega, agli inizi della carriera. Che aveva detto di preciso?

Si grattò sovrappensiero la testa.

Ah, sì! Di consegnare lì la posta in fretta e di scappare subito, perché c'era un'ombra malvagia che tormentava i postini e che lanciava indietro la posta, colpendoli con le lettere a tutta velocità, come fossero missili.

Aggrottò le sopracciglia per riflettere. Che assurdità. Tornò a fischiettare, spensierata.

L'ombra malvagia che tormentava i postini, però, sbucò quatta, quatta, da dietro un'aiuola e, avvicinandosi leggera come un gatto e sentendosi deficiente come poche volte in vita sua per l'assurdità del suo nuovo soprannome, si parò dietro l'ignara Nené, pronta per afferrarla.

Tre secondi dopo, il mondo di Nené si chiuse nel buio dell'ombra malvagia e del suo ridicolo nuovo soprannome.


Quando riaprì gli occhi, si trovò legata e stretta con forza ad una sedia, davanti al nero più nero della cantina della Villa Brief.

L'ombra malvagia era svanita e al suo posto era comparso un uomo dai capelli a fiamma, minaccioso e forte, alto quanto un metro e un succo di frutta, con uno sguardo da killer in grado di penetrare anche il cemento - per controllare la resa delle tubature dell'acqua, Vegeta infatti faceva l'idraulico nel tempo libero - e un broncio scuro in volto. La stava fissando come si fissa il microonde quando si ha fame, perché faccia più in fretta a scaldare la pizza. Uno sguardo tetro, uno sguardo scuro.

Nené si mise ad urlare. Un maniaco l'aveva rapita e chissà quali azioni malvagie voleva compiere su di lei!

Anche se, non è che facesse proprio tanta paura il suo rapitore alto quanto una sedia...

Era pure caruccio, a guardarlo bene. Le ricordava una delle teiere di sua nonna. Piccolo e carino.

Nené smise di urlare. Vegeta tirò un sospiro di sollievo e poté rilassare le orecchie, ma ghignò malvagiamente, facendo inghiottire un pesante grumo di saliva alla povera ragazza.

<< Terrestre, se vuoi salvarti devi collaborare. Se farai tutto quello che ti dico, ti lascerò viva dopo... Forse. >>

I suoi occhi di fuliggine si abbellirono d'ironia al suo discorso intimidatorio.

La postina, invece, prese inspiegabilmente la palla al balzo.

<< Anche uscire a cena con me? >>

Il principe s'ammutolì di colpo.

<< Cioè? Andare a mangiare una pizza? >>

<< Sì, una pizza, solo noi due, solo io e te. Così ci conosciamo e mi puoi... rapire per bene... >>

Vegeta sentì un brivido corrergli lungo la schiena all'occhiolino malizioso della ragazza. In che senso rapire per bene? Doveva preoccuparsi? Improvvisamente si sentì lui quello legato e stretto con forza alla sedia.

Ma lasciò perdere in fretta quella strana sensazione di essere desiderio sessuale della mente perversa di qualcuno e continuò, deciso.

<< Se mi ubbidirai, ti lascerò viva, per ora ti prometto solo questo >>

Raccolse le braccia al petto e sghignazzò facendo sentire la povera Nené leggermente a disagio. Era giunto il momento di divertirsi.


La festa al Palazzo del Supremo era risultata un'idea stratosferica, sia perché il Palazzo con le poche luci soffuse creava un mondo inquietante da esplorare, sia perché la musica sparata a bomba nelle casse faceva scuotere di divertimento anche le vecchie fondamenta del tempio. Bastava vedere la faccia contenta di Junior che, vestito da Shrek, sprizzava gioia dalle orecchie, per constatare la buona riuscita dell'idea.

Stava per strapparsi un braccio per tentare di morire dissanguato dall'eccitazione. Il povero Shrek non era molto contento che gli avessero invaso la palude, probabilmente.

Ma, in fondo, era in buona compagnia: c'era pure il suo pupillo Gohan, che vestito da asino, in quella stramaledetta divisa da Great Saiyaman, cercava di flirtare o quantomeno non morire d'infarto davanti alla bellissima Videl, vestita rosso fuoco e fiammeggiante come un demonietto. Povero Junior, se quel ragazzo non gli causava sempre una preoccupazione...

Il povero sfigato di pupillo, però, non era l'unica reale preoccupazione del padrone di casa: dopo aver abbandonato il povero Supremo Dende a sciacquarsi lo stomaco dall'alcool sulle scale - uno schifo terribile, che neanche l'acqua miracolosa avrebbe fatto effetto - aveva scovato Krillin, vestito da uomo di pan di zenzero, e Yamcha, un tristissimo lupo mannaro a cui anche un clochard avrebbe dato cinque euro per pietà, fumarsi delle canne dietro le aiuole di fiori di Mister Popo. Dopo averli pestati a sangue e avergli fatto ripulire il sangue con la lingua, aveva dovuto fare una lavanda gastrica ai mocciosi mezzisaiyan che avevano mangiato tutte le caramelle e convincere C18 a non pestare il Maestro Roshi per averle nuovamente toccato il sedere, perché, per carità divina, si stava leggermente alterando.

Junior, perciò, non si riteneva affatto soddisfatto della festa, anzi, era un pochino frustrato, giusto quel poco da strapparsi le orecchie e urlare così tanto da diventare Super Saiyan.

Ma anche gli altri non erano da meno in quanto a disperazione: Chichi stava battendo tutti alla Just Dance sulle note di Thriller e This Is Hallowen. Bruciava la pista con fervore, mettendo petardi nelle scarpe degli avversari per assicurarsi la vittoria. Sfogando la sua frustrazione nella danza, stile macchina da guerra, aveva battuto tutti, e le mancava solo il campione in carica, Vegeta, ma che non essendo presente in quel momento, la obbligava a tenersi un secondo scomodo posto. Una postazione che accettava, invero, con grande aplomb: non a caso, adesso, non metteva solo petardi nelle scarpe, ma anche bombe a mano.

Mentre tutti ballavano, a mixare la musica ci pensavano le due pesti in fiore, i piccoli Trunks e Goten, che interpretavano un piccolo Frankenstein e uno scheletrino, e che avevano mal compreso le funzioni e la delicatezza della console da dj, riempiendola di patatine e altre caramelle che erano riusciti a salvare dalla mano inquisitoria di Junior.

Le idee per divertirsi quella sera erano state molte: Mr. Popo aveva organizzato una caccia al tesoro fantastica ed era riuscito a nascondere i dolciumi in ogni posto più improbabile; nel sottotetto, nella Stanza dello Spirito e del Tempo, nelle sue mutande e pure nelle mattonelle del pavimento.

Goku, che aveva perso l'abitudine di sradicare tavoli per dimostrare che sapeva togliere la tovaglia lasciando tutto sopra, adesso si divertiva tranquillo a tenere le distanze da sua moglie, mangiando al buffet tutto ciò che riusciva a razzolare e a ridere di gusto alle battute sconce che Laura sussurrava all'orecchio di un imbarazzantissimo Tensinhan.

Insomma, una festa piacevole e divertente, a parte per Junior, ovviamente.

Fin troppo piacevole e divertente.


Improvvisamente, però, la musica subì un brusco calo e tutte le luci si spensero per un sovraccarico di corrente.

<< Che succede? >> sussurrò Bulma,

ma sarebbe stato meglio non avesse aperto bocca.

Un risata malefica si levò d'un colpo nell'aria, scaturendo dall'abisso, e tutti trattennero il respiro e tesero le orecchie con attenzione.

Si sentì un tonfo e un cadavere di ragazza, rosso come il sangue, stramazzò al suolo: Gohan e Videl corsero a vedere, ma si poterono imbrattare le mani solo di sangue, mentre questo fluiva tra le fughe del pavimento del piazzale.

<< Oh, mio Dio, ma che è successo? >>

Una luce di sole, potente e folgorante, abbagliò repentinamente tutti, aprendo fili di ombre terrificanti sulle mura spente del tempio.

Quello che poterono vedere fu l'improvvisa comparsa di Vegeta ma si resero conto che c'era qualcosa che non andava. La sua aura era troppo potente, la sua furia scatenata.

Il nero che circonda le ombre gli solcava infatti, gli occhi, cerchiandoli con orrore, e una M di Majin sanguinava dalla fronte, marchiata come piombo fuso.

Si aprì in un sorriso sadico, iniziando a ridere dapprima lentamente, poi via via sempre più sguaiatamente e fece gelare il sangue nelle vene a tutti.

C'era qualcosa che non andava.

Goku si mosse con allarme << Che succede, Vegeta?! >>

Ma Vegeta non rispondeva, perso nei fili della pazzia: mosse convulsamente il capo, come impazzito, e si passò una mano sul volto, tingendolo di rosso sangue.

Questo fu troppo.

Chichi scoppiò in un urlo, presa dallo spavento, e svenne tra le braccia di C18 e tutti iniziarono a scappare all'istante, a gambe levate e con il cuore in gola.

Nella confusione della calca, Goku cercò di mantenere la calma, richiamando tutti all'ordine ma quando vide Vegeta salutarlo con in mano una siringa, strillò di terrore e iniziò a correre, in seguito a ruota da Vegeta che, sadico, si beava del gusto della sua vendetta.

Bulma strillava, urlava, e, nascosta sotto i tavoli, lanciava anatemi di ogni tipo verso la cattiveria del marito, maledicendo lei e la sua cocciutaggine di aver insistito perché la seguisse alla festa.

La festa finì in un disastro: Krillin e Yamcha si buttarono direttamente giù dal piazzale, preferendo morire spappolati che prenderle ancora; Gohan cercò di correre dietro a Vegeta che correva dietro a Goku per cercare di calmarlo; Videl cercò di correre dietro a Gohan, che correva dietro a Vegeta, che correva dietro a Goku, per tentare di farli ragionare; Muten, Oolong, e la povera Tartaruga trovarono rifugio da Balzar; mentre C18 e la piccola Marron, Tensing e Laura e Junior con i mocciosi, preferirono andare a sedersi sul tetto del Santuario per sfuggire alla furia dei Saiyan in corsa.


Nella confusione generale, si risvegliò improvvisamente anche Nené, che era rimasta svenuta per tutto questo tempo sulle fredde mattonelle del piazzale. Un terribile cerchio alla testa l'aveva circondata e si ritrovò ricoperta di ketchup.

<< Che diamine succede? >>

La baraonda che la circondava le fece capire che era in corso una rissa o qualcosa del genere, causata dallo strano nanetto biondo, che inseguiva un punk dai capelli in disordine. Quest'ultimo, poi, urlava come un disperato per avere salva la vita.

Si nascose in fretta poco lontano, sotto uno dei tavoli abbandonati a se stessi, sgraffignando qualche pop corn e due birrette, e si godé lo spettacolo, tra urla, lampi di luce e tavoli lanciati per tutta la piazza. Pensò che, in fin dei conti, ne valeva la pena stare lì sotto accucciata; almeno, finché il nano da giardino le avrebbe offerto la pizza, avrebbe aspettato anche tutta la notte!





Angolo dell’autrice

Grazie a tutti per aver letto fino a qui, spero che la storia sia stata di vostro gradimento – ho dovuto scriverla un poco in fretta, magari non faceva così ridere.

Un ringraziamento speciale alla Nene, la mia ciiicia, a cui avevo promesso un incontro romantico con Vegeta. Spero che così vada bene!

Un ringraziamento speciale va a: Nuvolenere_dna, summer_moon, SSJD, felinala e mymanga per avermi sempre e costantemente supportato.

Grazie a Gost Raidar, kpira, margheritina 93, scrivereok e Haruko per aver messo la raccolta nei preferiti;

grazie a Joxinlove per aver messo la raccolta nelle ricordate;

e infine, grazie a Cersei_Quinn, Eri_Son, kpira, Luu, margheritina_93, maymell, parlu10, shadowkiss16, sonamy_forever, summer_moon, yanarienn e a Daenerys Targaryen93, per averla messa nelle seguite!

Grazie ancora per essere arrivati fino a qui e per l’eventuale recensione!


Alla prossima,

Zappa

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Cupido ***


Buongiorno o buonasera a seconda di quando entrate!

Non badate al fatto che questa fanfiction doveva essere pubblicata a San Valentino ma la pubblico solo oggi...

ma HEY!, che noia seguire le convenzioni, facciamo che pubblico in ritardo e quando voglio io, eh?

Non c’entra assolutamente nulla il fatto che io sia pigra, sia chiaro.

Però, potrebbe anche essere in onore dell’8 marzo, la festa della Donna, no?

Va be’, mettetela dove vi pare.


Questa fanfiction, in ogni caso, è un po’ un esperimento: spero il tutto sia di vostro gradimento, se avete voglia e tempo, ditemi che ne pensate, se non morite prima per la sua inevitabile lunghezza

Alla prossima e grazie a tutti!


Zappa



Nel silenzio della stanza un rumore improvviso ruppe la preziosa quiete che si era accumulata fino a quell’istante. Un’onda di gente entrò in studio, preparò di corsa le telecamere, lucidò i tavoli, sistemò le sedie, controllò i cavi e gli impianti d’illuminazione; i tecnici dell’impianto visivo e delle luci riassettarono i faretti e gli audio vennero provati ed attivati per la diretta.

I truccatori furono veloci e fecero del loro meglio per sistemare i visi già perfetti dei presentatori – uno ci rimise quasi una mano perché uno dei due presentatori gliela volle staccare a morsi in un impeto di fastidio – e in meno di un quarto d’ora furono in onda sul nuovo canale CapsuleAndCo.

Partì la sigla, una sigla che il presentatore antipatico avrebbe definito schifosa come i piedi puzzolenti di Nappa, ma noi ce ne freghiamo della sua opinione e continuiamo con la diretta, e si aprì lo studio tra spari di coriandoli e ballerini improvvisati che scivolarono sulle note della sigla d’apertura, permettendo a due figure di fare ingresso in scena.

I due conduttori si accomodarono alla postazione, stampandosi in faccia un sorriso perfetto da telecamera e in tre, due, uno, furono in onda.

<< Buonasera e benvenuti a tutti i telespettatori di CapsuleAndCo! >> accolse calorosamente tutti la conduttrice dai capelli blu come l’oceano, l’unica, inimitabile, insostituibile, fantastica, brillante, geniale, bellissima, divina, magnifica, stupenda, meravigliosa, spettacolare, be’, abbiamo capito di chi stiamo parlando, Bulma Brief.

<< Questa sera abbiamo il piacere di presentarvi il programma d’amore dedicato a San Valentino, la rubrica, Cuore Divino, in cui vi daremo dei meravigliosi consigli per preparare e per prepararvi al meglio per il vostro lui o per la vostra lei! >>

Sedeva accanto a lei l’altro conduttore, dai capelli neri come la notte, anche lui molto... be’… insomma… molto… va be’, la accompagnava Vegeta, seduto accanto a lei con la sua solita cera molto fotogenica per la televisione.

<< Io e il mio dolce maritino >> continuò la conduttrice, mentre il dolce maritino ringhiava verso il regista che lo implorava di sforzarsi almeno un po’ di sorridere per non terrorizzare il pubblico, << vi daremo alcune dritte per vivere al meglio questo giorno speciale, perché si sa, l’amore è un dono prezioso della vita, vero tesoro? >>

Il tesoro, che invece pensava come e quando cavare gli occhi al regista e mangiarseli come marshmallow, si voltò colto alla sprovvista verso la compagna che si era infilata tra le sue braccia, prendendolo a braccetto per coinvolgerlo nella conversazione.

<< Ceeerto, >> le rispose con quel velo di convinzione di chi è sicuro che buttarsi giù dal ponte per fare bungee jumping sia una buona idea. Si schiarì velocemente la voce: << in fondo San Valentino è il giorno delle rose, dell’amore e delle poesie... >> annuì convinto alla telecamera << e io, guarda caso, ne ho una giusta giusta per l’occasione, giusto per entrare nel mood >>

Si mise subito a rovistare nella giacca elegante che aveva dovuto indossare, tirando fuori un biglietto accartocciato. Lo aprì e lo iniziò a leggere.

<< Le rose sono rosse... >>

<< Aww, caro… >> sospirò Bulma, accanto a lui, stringendosi al suo braccio e vide come anche le signore del pubblico avevano iniziato ad apprezzare questo breve, ma sicuramente intenso, scorcio poetico.

<< Le viole sono rosse… tutto è rosso, c’è sangue dovunque e c’è un cadavere – >>

<< Okay, basta così, grazie caro >>

La conduttrice gli tappò velocemente la bocca e si allontanò subito da lui, riprendendo la sua postazione davanti la camera. Vegeta, invece, la guardò offeso ma Bulma decise di non farci caso.

<< Iniziamo, ordunque, con i primi consigli per San Valentino, ossia, dalle basi, il come approcciarci all’altro: prima di poter parlare di come organizzare questo bellissimo giorno, bisogna infatti adescare la donna o l’uomo giusto; alcune dritte per lui e per lei per conquistare lei o lui, a seconda della vostra identità sessuale >>

Vegeta concordò con la compagna: << Quando vi avvicinate ad una donna, dovete essere convincenti, dovete colpirla con la vostra mascolinità o femminilità, che dir si voglia: insomma, dovete conquistarlo il vostro partner, sennò la cena ve la pappate da soli >>

<< Esattamente: quando capite che ci può essere una fiamma tra di voi, con un bel sorriso vi dovete avvicinare, guardarla negli occhi e… >>

<< Regalarle, per esempio, un teschio di dinosauro. Le donne lo adorano. Io lo adoro, per esempio >>

<< No, meglio un mazzo di fiori, Vegeta... >>

<< Perché? Da quando mondo è mondo, i veri guerrieri portano il cuore o la coda della selvaggina catturata durante la caccia alla moglie o marito, in segno di rispetto verso il loro compagno o compagna: il frutto della guerra e del sangue che imbratta le nostre labbra si stamperà sulle loro, dicevano i saggi Saiyan >>

<< Non credo che sulla terra funzioni proprio così, però… >>

<< Ah, no? In ogni caso, se ancora non si è arrivati alla fase dei doni e della conoscenza reciproca, e si è all’inizio, si può sempre flirtare con quella persona… >>

<< E come si fa? >> gli chiese Bulma.

Vegeta la guardò, saccente: << Semplicissimo… la guardi negli occhi e le sussurri: Hey, hai mica una cartina geografica?i >>

L’altra lo fissò negli occhi, corrugando le sopracciglia in attesa della battuta del secolo.

<< Perché mi sono perso nei tuoi occhi… >>

<< Sì, be’, questa è carin - >>

<< Altrimenti un: Hey, dolcezza, sei Google? Perché hai esattamente tutto quello che stavo cercando… >>

<< Va bene, mi pare che tu ci stia prendendo abbastanza gust - >>

<< Oppure: Hey, puzzi come un sacco di spazzatura. Posso portarti fuori, stasera?ii >>


<< Va bene, ora basta... >> Si rimediò un’occhiata storta dal marito ma questa continuò, << Ora che abbiamo visto come approcciarsi al proprio Valentino o la propria Valentina, vorrei leggervi, per entrare nel vivo della puntata, una lettera che ci avete mandato, per capire come fronteggiare i problemi d’amore e darvi qualche dritta su come– >>

Ma Vegeta, che si era svegliato dal suo improvviso stato comatoso che l’aveva colto per via dell’ondata di noia del chiacchiericcio di Bulma, vedendo sul tavolo del materiale interessante da commentare, le rubò subito la parola, sottraendola alla compagnia.

<< Oh, finalmente ci si diverte un po’: avevamo molte più lettere delle tre che vi stiamo per presentare, ma poiché sono un sadico di merda, ho giust’appunto scelto le peggiori e scartato le altre, noiose e poco interessanti. Ora le commenteremo sarcasticamente assieme a mia moglie, ridendo di gusto >>

Ghignò malvagiamente, iniziando a stropicciare il bordo della prima busta per aprirla e carpirne il contenuto ma Bulma lo rimproverò.

<< In realtà, dobbiamo rispondere in modo gentile e cerca di aiutare queste persone, Vegeta >>

<< Hey, hai voluto che partecipassi al tuo programma, mi hai fatto vestire da persona civile, mi hai ficcato dietro questo tavolino talmente basso che non posso neanche accavallare le gambe? Lasciami almeno partecipare al programma! >>

<< Ma la trasmissione Cuore Divino è per dare consigli, non insultare la gente! >>

<< Non è la stessa cosa? >>

<< Vegeta! >> alzò subito gli occhi al cielo la donna, ma il principe la bloccò in tempo.

<< D’accordo, d’accordo, commenteremo in maniera sarcasticamente gentile ma prenderemo comunque per il culo queste persone, va bene? >>

Sbuffò, mentre Vegeta aprì la prima busta, inforcando i suoi occhialini per vedere da vicino e iniziò a leggere.


Cari Bulma e Vegeta,”

<< Che noia, questi già sanno come ci chiamiamo– >>

<< Leggi e non rompere >>

sono una dolce ragazza di campagna, ormai donna, che ha due creature meravigliose come figli a cui badare da tanto tempo. Uno grande e dolce e uno piccolo e dolce: due biscotti dolci che ho allevato con cura e amore a discapito della mancanza di un padre disgraziato e irresponsabile a cui piaceva viaggiare in lungo e in largo invece di rimanere qui ed obbedire ai miei ordini”

Questo marito disgraziato è la mia pena e il mio odio. Se lo beccassi, il minimo sindacale che gli farei sarebbe la ceretta al naso…”

Vorrei pertanto chiedere a Vegeta se mi potesse insegnarmi a strappare gli arti e a stritolare il cuore di quel gran bastardo. So che ha avuto il suo bel daffare in passato e magari ha ancora qualche consiglio da elargire a tal proposito.”

<< Be’, a me non starebbe male aiutare l’arpia- cioè, la bisbetica di Kaaroth, cioè, no… come si chiama? >>

<< Chichi... >>

<< Ah, sì, giusto… dicevo, a me andrebbe anche bene aiutare la bisbetica di Kaaroth, però questo andrebbe contro i miei principi >>

<< Perché, avresti una deontologia professionale? >> lo canzonò l’altra.

<< No, questione di immagine: Kaaroth e la sua morte sono affare mio, sono nella lista di cose da fare, subito dopo aver conquistato la Città dell’Ovest e dintorni* >>

Tornò a leggere.

Ti prego, Vegeta, insegnami come si fare a rompere il cuore di quel dannato fannullone e ti ricompenserò con riserve di sushi a non finire e giuro sul mio futuro marito morto che non mi lamenterò mai più della delinquenza latente dei Super Saiyan. Firmato, una dolce ragazza di campagna, ormai donna. Un dolce San Valentino a tutti, tranne a mio marito.”

<< Bene… mi piace lo spiccato amore che fuoriesce da questo pezzo: ama proprio la violenza questa donna. Nella mia scala di considerazione degli umani è passata da 0 a 0,5… >>

<< Io credo che qui, però, si debba fare un discorso più ampio, rivolto a tutte le telespettatrici che ci seguono da casa… la violenza non va mai bene. Non dovete rompere il cuore del vostro amore, ne ha solo uno... >>

<< Esatto, piuttosto rompetegli le ossa, ne hanno – >>

<< 206 >>

<< 206! È un buon affare! Un buon corso di karate o arti marziali, per rompere le ossa ai bastardi che vi fanno del male è esattamente quello che vi ci vuole. Lo faccio anche io, mi offro volentieri!>>

Il pubblico e la presentatrice si commossero davanti a tanta dolcezza improvvisamente offerta dal conduttore.

<< Oh, Vegeta… >> sospirò con grazia la moglie, sorridendogli amorevolmente.

<< Però con un pagamento in cibo >> ci tenne a precisare << la ragazza qui accanto a me non è molto brava a cucinare la carne… lei è brava ad offrirmi altra carne, if you know what I mean… >>

Il vivace occhiolino che affibbiò alla telecamera gli costò una gomitata in pancia ma se la rise di gusto ugualmente.


<< La seconda schifezza che vi proponiamo- >>

<< Vegeta, modera i termini… >>

<< Ah, giusto. La seconda enorme schifezza che vi proponiamo parrebbe davvero una lettera d’amore. Vediamo un po’ che dice… >>

Dolcissimo amore mio, cavaliere romantico dei miei sogni e amante che tutte le fan desiderano… meraviglioso principe Vegeta”

Questo sospirò deliziato, sotto lo sguardo di rimprovero della moglie. << Finalmente qualcuno che riconosce il mio titolo regale... >>

Noi ci siamo già incontrati, ma sebbene il tuo animo e il tuo cuore siano su altri lidi, non c’è notte in cui non sogni il tuo bellissimo volto e le tue succose labbra sulle mie…”

Vegeta alzò un sopracciglio.

Sei la luce dei miei occhi e il mio rifugio quando il mondo è contrario alle mie prospettive. Rimembro ancora quando, quella serata di Halloween, tu mi catturasti tra le tue forti braccia e mi legassi, come schiava legata alle tue catene, al trono del nostro amore…”

Vegeta spalancò gli occhi e iniziò a sudare freddo ma Bulma se ne accorse, corrugando le sopracciglia. Deglutì e continuò a leggere.

Quando mi sorridesti, con un sorriso da dio greco, il dio del sesso e dell’amore, promettendomi grandi tesori e grandi ricchezze se avessi acconsentito al tuo piano per farti risorgere dalle tenebre della sventura e dell’umiliazione, acconsentii subito, sperando ben presto in un succoso e meritato premio”

A Vegeta sfuggì una risatina di nervoso e Bulma digrignò i denti.

Orsù, quindi, mia grandissima e possente Maestà: accingetevi ordunque a darmi alla mia grossa e succulenta ricompensa che accetterò a bocca aperta…”

L’enorme facepalm del principe non poté coprire l’urlo di orrore che gli giunse dalla moglie.

Allora, quando mi inviti a mangiare la pizza?

Firmato Nene, la postina iii

Solamente dopo aver contato fino a cinque Vegeta osò portagli gli occhi sulla moglie che, inviperita, sputava fiamme.

<< Chi è? >>

<< Nessuno >> corse ai ripari Vegeta, ma dallo sguardo di ghiaccio della moglie che gli scavò l’anima, si ravvide a sputare la verità, e anche in fretta: << È solo la ragazza che mi ha aiutato a fare lo scherzo di Halloween e, probabilmente, si è presa una sbandata per me… >>

<< E perché mai dovrebbe essersi presa una sbandata per te? >> lo incalzò invece Bulma, << hai forse accettato le sue avance? Le hai messo le tue manacce addosso? >>

Gli si avvicinò da piantargli gli occhi dritti in faccia, con il naso ad un soffio dal suo, facendolo retrocedere sulla sedia.

<< M-ma di che diamine stai parlando? Non ti ricordi che è successo? Questa ipotetica donna era un cadavere quando mi sono presentato dal Supremo! >>

Ma Bulma continuava a squadrarlo, scavando nel nero dei suoi occhi e pretendendo la verità, capace anche di aprirgli il cervello e cavargliela fuori con il bisturi.

Si calmò dopo circa una decina di minuti, minuti in cui Vegeta era rimasto immobile a specchiarsi negli iceberg dei suoi occhi blu, minuti in cui il regista urlava nell’interfono dei due di smetterla di fare le belle statuine a meno che non volessero mandare alle ortiche la serata, e minuti in cui il pubblico aveva assistito alla scena in religioso silenzio, simpatizzando con il povero presentatore destinato probabilmente ad una morte lenta e dolorosa.

<< Fidati… >> sussurrò docilmente Vegeta, alla fine, << Non è venuta a letto con me… non ti tradirei mai… era un cadavere, poi... >>

Dopo infiniti istanti che parvero secoli, Bulma si rimise al suo posto e sospirò, riprendendo una tonalità di colore umana e non più simile a quella di un vulcano in eruzione.

<< Giusto, hai ragione… >> mormorò, facendo trarre un sospiro al povero pubblico, mentre Vegeta si rovesciava a terra con la sedia, rimasta in bilico fino a quel momento. Si riassettò un attimo, quando si ricordò di un dettaglio.

<< Un momento... COME ERA UN CADAVERE? >>

Questa volta fu Vegeta ad urlare di orrore.



Qualche istante di pubblicità, la trasmissione riprenderà il prima possibile quando la presentatrice avrà finito di picchiare il marito. Ci scusiamo per il disagio.


*c – bbzzz*


Quando i miei bambini non hanno voglia di studiare, io all’ora della merenda gli do Gran Ciok! E la loro voglia di studiare ritorna subito! Scegli Gran Ciok per una merenda sana e semplice ma anche divertente!


Quando i miei bambini non hanno voglia di studiare, io all’ora della merenda gli do due Slavadenti! SBAM, BAM!

E la loro voglia di fare i compiti ritorna improvvisamente: Slavadenti è in confezioni singole, perché se dati bene, ne bastano pochissimi!


Slavadenti è un prodotto MO’ LE PRENDIH

Attenzione: leggere bene le avvertenze, perché se dati spesso o troppo forte, possono rincoglionire leggermente.iv


*c – bbzzz*


La telecamera mostrò nuovamente lo studio televisivo e si udirono gli scroscianti applausi del pubblico in diretta.

La conduttrice, questa volta, sorrise al conduttore, stringendosi al suo fianco e poggiandogli amorevolmente la testa sulla spalla.

<< Allora, caro, ti sta piacendo San Valentino? La giornata dell’amore, degli amanti – >> iniziò amorevolmente, recuperata la sanità dal raptus omicida di qualche minuto prima.

Vegeta la interruppe subito, alzandole con una mano il mento e guardandola dritta negli occhi, un po’ perché doveva nuovamente abituarsi a fare contatto visivo dopo aver ricevuto il microfono dritto in fronte e un po’ perché doveva dirle una cosa davvero importante. Il cuore di Bulma iniziò a battere all’impazzata, e veniva colta dal mare in tempesta che erano diventati i suoi grandi occhi scuri.

<< Bulma… >> parlò carezzevole, parlando nei suoi due occhi blu con attenzione. Bene, ora non ne vedeva più sei come prima ma solo due, le traveggole stavano iniziando a passare. Sospirò ancora: dannazione, neanche a San Valentino riusciva a dirle qualcosa di dolce? Chiuse gli occhi e ci riprovò. Bulma brillò di gioia quando rivide la decisione nei suoi due specchi neri e decisi.

<< Io… sono stato completamente da solo per la maggior parte della mia vita >>

Disse con slancio amoroso, facendo ancora luccicare gli occhi alla scienziata. << Oh, tesoro, io – >> replicò lei, ma Vegeta si era voltato, con lo sguardo distante, come se contemplasse l’infinito e pesasse le parole giuste da dirle. Bulma pendeva dalle sue labbra nell’attesa di sentire l’amore librare fiero nell’aria.

<< Ci stavo così bene da solo... >>

<< COOOOOS – >>


La trasmissione riprenderà nuovamente tra poco, anche se non ci sarà pubblicità perché l’autrice non sa più che inventarsi.


Quindi perché non raccontarcela su?

Come state?

Tutto bene?

Io francamente comincio a dubitare della mia sanità mentale, ma torniamo in diretta...


Lo scroscio di applausi ritornò alla trasmissione e fu nuovamente inquadrato il volto candido e dolce della conduttrice.

<< Bentornati e grazie per essere ancora in nostra compagnia! >>

Alla fine degli applausi, Bulma precisò: << Scusate per la nuova interruzione così scialba, ma ero occupata a rincorrere mio marito per mezza Capsule Corporation nel tentativo di strappargli una costola e di usarla come boomerang, capitemi, ero un un attimino occupata >>

<< Ma ora, prima di aggiornarvi sulle nuove tendenze per il trucco primavera-estate e continuare così la nostra bellissima cavalcata per avere un San Valentino da favola, un breve sguardo alle previsioni del tempo con la nostra esperta di meteorologia, la signorina Son! >>


La signorina Son che apparve qualche istante dopo a fianco della cartina geografica della regione si presentò sullo schermo con delle labbra tinte di rosso, un tacco dodici da vertigini e un profondo spacco nel vestito rosso fuoco che portava con spettacolare eleganza. Sbatté i suoi occhioni neri arricciando le labbra in un intenso bacio, facendo svenire due tecnici televisivi sul colpo. La signorina Son, però, altro non era che Son Goku travestito come meglio si poteva per nascondere i fin troppo evidenti pettorali e bicipiti da muratore, particolare che sfuggì all’altro conduttore che ne fu immediatamente stregato.

Vegeta, infatti, sbarrò gli occhi, cercando di nascondere il tremendo tremore che l’aveva preso dopo aver messo addosso gli occhi a quella favola di meteorologa dal nome sconosciuto. Questa sorrise, graziosa, sbattendo le ciglia incrostate di quintali di rimmel denso come petrolio che manco l’autostrada, e parlò, facendo ringraziare il cielo a tutti gli amanti della pesca che avevano il week-end prenotato in barca perché, a quanto pareva, per tutto il tempo ci sarebbe stato lo stesso tempo.

<< Domani e nel weekend su tutta la regione ci saranno ventiquattro ore di tempo v >> strizzò l’occhiolino la meteorologa e ripassò la linea allo studio. << Linea a voi >>

L’enorme bacio che concluse il suo intervento fluttuò oltre la telecamera e andò a schiantarsi contro la faccia di Vegeta che non aveva staccato gli occhi dalla trasmissione per tutto il tempo, rapito dall’inconsapevole identità della bella donna presentatasi come la meteorologa; si ribaltò sulla sedia e finì con la testa conficcata nel muro della scenografia, in un attacco improvviso di epilessia.

Bulma sbirciò oltre il bancone e vide il marito che moriva stramazzato al suolo e si chiese ancora una volta come aveva potuto sposarlo tanti anni fa, sul quell’altare di maggio, sotto l’ombra dei fiori di ciliegio. Probabilmente il profumo nell’aria di allora non era propriamente fiori ma chissà quali erbe allucinogene nascoste nel bouquet che le avevano annebbiato temporaneamente il cervello.

Gemette e ritornò a fronteggiare la telecamera con un sorriso forzato mentre il marito continuava a morire di sottofondo, con la bava alla bocca.

Bulma stritolò un sorriso tra i denti cercando di apparire il più a posto possibile.

<< Ora è il momento di passare a dei consigli di bellezza. Sappiamo tutte che dovremmo essere perfette per quel giorno e ognuna di noi è maestra di bellezza e sa truccare il proprio viso come un capolav – >>

Un sibilo improvviso di dolore fuoriuscì da sotto il tavolo e attirò l’attenzione di Bulma.

<< Ahi… oh, Kami, che dolore… >>

Vide il marito estrarre faticosamente la testa dalla sceneggiatura e cercare di afferrare tavolo e sedia per sistemarsi.

<< Ok… >> borbottò questo, << mi fa male la testa da quattroTHUD, un colpo alla sceneggiatura – cinqueTHUD, un colpo allo spigolo del tavolo – cinqueTHUD!seiTHUD!SETTE POSTI! AAAARGH! >>

L’altra non ci fece caso: << Bene, dicevo… in giro – >>

Vegeta riuscì a finalmente a unirsi alla conduzione, sistemandosi al meglio sulla sedia, anche se con un bernoccolo al posto del cervello e con l’impressione di non riuscire a mettere bene a fuoco la stanza. Non vede neanche l’occhiata preoccupata della moglie.

<< B–bene... in giro per internet trovate tanti consigli di bellezza dalle meravigliose beauty guru ma noi non siamo qui per dirvi come truccarvi al meglio, bensì come – >>

<< Ah, no? >>

<< No, Vegeta… >>

<< Peccato, >> fissò rammaricato i fogli davanti a sé << mi sarebbe piaciuto dare qualche consiglio per un trucco meraviglioso... per esempio, per rendere il viso più espressivo e più colorato, perché venga esaltata la vera natura della donna, avrei consigliato del sangue di drago da spalmare sul viso perché coli vistosamente anche su collo e spalle, per DARE ONORE ALLA BATTAGLIA E ALLA GUERRA – >>

<< BENE! Continuiamo con i consigli VERI per le nostre telespettatrici... >> lo fulminò con lo sguardo Bulma, marcando bene la prima parola e contando sul fatto che non aprisse quella caverna che si trovava al posto della bocca per almeno cinque minuti. Lui sbuffò e incrociò le braccia, mettendo il broncio.

<< Dicevamo, prima che qualcuno qui dentro mi interrompesse, tutte sapete come truccarvi ma quello che non sapete è come struccarvi >> il ditino puntato di Bulma si parò davanti la telecamera << Il problema vero di ogni donna, una difficoltà che tutte condividiamo, è che, alla fine del giorno, ogni singolo giorno della nostra vita, nonostante abbiamo applicato un make-up degno della Principessa di Svezia, questo verrà giù, trasformandoci in – >>

<< … mostri >>

<< Grazie, Vegeta, gentilissimo– >>

<< Dico sul serio… >> disse, invece, serio, fissando dritto la telecamera e interrompendo un’altra volta la scienziata che ora voleva mangiarsi il copione dal nervoso.

<< Io ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare… >> sussurrò, come per andare a simpatizzare emotivamente con ogni uomo la cui donna la sera si trasformava nella Regina Antonietta di Francia di ritorno dalla morte.

<< Ecco a voi, quindi, i momenti in cui il make-up vi scende dalla faccia e vi trasforma in – >>

<< … mostri >>

<< … perché voi non vi troviate impreparate davanti al vostro uomo, evitate di: numero uno, sbattere contro le porte; sopracciglia rifatte e denti vi partono subito e vi rimangono incastrati tra la maniglia e il vetro, e non è un bello spettacolo, trasformandovi inevitabilmente in – >>

<< … mostri >>

<< Vegeta ‘sta zitto uno stracazzo di attimo, perfavore– numero due, parlare troppo al telefono; quando parlate troppo al telefono, lo schermo del vostro smartphone diventa un quadro di Picasso, vendibile all’asta per qualche migliaio di dollari ma tutto il vostro incredibile make-up finisce rovinato. Fate attenzione, anche per risparmiare sulle bollette… >>

<< Numero tre, indossare una maglietta bianca; >> continuò Vegeta << esatto perché, poi, quando io indosso una maglietta bianca, mia moglie viene a smuccicarsi il naso sui miei pettorali e la mia maglietta assume le caratteristiche della sua facci– >>

<< Caro, dovresti dare consigli, non urlare contro la telecamera – numero quattro, starnutire; come al consiglio numero uno, tutto il trucco, sopracciglia comprese, finirà sulla porta, sullo specchio, sulla lavatrice, sul tavolo– >>

<< Sulla maglietta bianca del marito… >>

<< Numero cinque, inciamparsi e cadere a terra; il make-up finisce a terra e rischiate pure di scivolarci sopra e rompervi una caviglia >>

<< Numero sei, addormentarsi a faccia in giù sul divano; inutile spiegare la pericolosità di questa mossa. Se non volete ricreare la Medusa di Caravaggio sul cuscino, non dormite a faccia in giù >>

<< Numero sette, addormentarsi a faccia in su sul divano; incredibilmente, succede come sopra. La soluzione è, non dormire. NON POSSIAMO VIVERE SOSTANZIALMEN - >>

<< e numero otto, girarsi di fretta; è una cosa a cui non ci si fa molto caso ma, se non fate attenzione, il vostro trucco sparisce e si spiattella sul muro nella direzione in cui vi girate in una forza pari o doppia alla velocità con la quale vi siete girate vi>>


La nuova ovazione del pubblico terminò la nuova interessante rubrica e segnò il nuovo stacco pubblicitario. Vegeta nel frattempo accomodò le carte sul tavolo, mentre Bulma si lisciò il vestito e sorseggiò un fresco bicchiere d’acqua.

<< Ci sto prendendo gusto a condurre questo programma… siamo davvero bravi >>

<< Molto, non c’è dubbio. Siamo sempre stati i migliori in tutto, caro >>

<< Hai ragione, cara. Nessuno ci batte >>

<< Mi piace il fatto il fatto che siamo anche molto umili >>

<< Assolutamente. Viva l’umiltà >>


*c – bbzzz*


<< Mamma, mamma! Vorrei una merenda leggera ma decisamente invitante, che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e golosità! >>

<< Non esiste una merenda così, cara >>

<< … >>

<< … >>

<< Ah... >>

<< Mi spiace >>


*c – bbzzz*


<< Mamma, mi scappa la pupù >>

<< Bene, andiamo allora >>

<< Ma voglio farla da Paolo >>

<< Non essere sciocco, amore, andiamo >>

<< Io vado a farla da Paolo >>


E così un altro bambino, quel pomeriggio, scomparve.

Paolo, il ladro di bambini.

Al cinema.vii


*c – bbzzz*


<< Bentornati al programma Cuore Divino… credo… Che nome di mer- Bulma quanto dura ancora questo scempio? >>

<< Abbiamo praticamente finito >>

<< Hmm, bene… dopo devo prendere il numero della bella meteorologa di prima… era davvero una gnocca… >>

<< Che hai detto, tesoro? >> al principe parve di sentire una nota di minaccia nella voce della compagna, ma non ci fece caso.

<< Nulla, cara… >> e si rivolse nuovamente al pubblico in studio e a casa, << siamo quasi alla fine di questa sciagura, voglio dire, show ed è il momento di leggere l’ultimo strazio e di prendere in giro l’ultimo aspirante scrittore di poemi d’amore… >>

Vegeta aprì l’ultima busta, sfilando la lettera e aprendola per leggerla.


Carissima e bellissima Bulma, sono un tuo aspirante ammiratore,”

Si bloccò e fissò in cagnesco la lettera.

Ti ho sempre amata e ti amerò in etern -”

<< Bene! Questa lettera è già finita, oh, che peccato! >> Vegeta chiuse, così, in fretta e in furia la lettera e in una vampata di energia cercò d’incendiarla ma Bulma fu più svelta e l’afferrò al volo, mettendosi nuovamente a leggerla, con sommo disappunto di Vegeta.

Ti ho sempre amata e ti amerò in eterno, sei la mia diva, sei la mia stella. Ora però, sei sfuggita via come la più dolce delle farfalle e mi mancherà sempre il tuo sorriso.

Ora che sei scappata da me e vivi nelle braccia di un altro arrogante, bastardo, basso-”

<< Hey, hey, hey! Che sono queste offese? >>

<< Ma Vegeta, c’ha ragione! >>

<< Sì, ma io non sono basso >>

“… basso e ingrato uomo, io sono rimasto solo e da solo vivrò la mia solitudine. Ti prego, torna da me, perché senza di te, sono come un bicchiere sbeccato viii che deve solo essere gettato. Torna da me, ti prego. Ti amerò per sempre.”

Bulma e Vegeta si fissarono negli occhi per qualche istante, con una smorfia poco convinta sul volto e poi risero di gusto.

<< Il mollusco fa proprio pena! >> rise Vegeta, riafferrando la lettera e bruciandola con estremo gradimento.

<< Abbastanza… >> sorrise di rimando Bulma, con un leggero riso sulle labbra << non abbiamo molti consigli da rilasciare, caro Yamcha, a parte il fatto che quando una storia non va... >>

<< E non va da anni, zio… >>

<< insomma, fatti da parte e cambia idea… il mondo è pieno, sicuro si trova qualcun altro... >>

<< Bulma, sei troppo gentile con lui: mollusco, fatti una vita! Dai! >>

<< Incredibile che sia stato il mio ex… >>

<< Eh, hai alzato gli standard quando hai visto me, eh? Gli ho rubato la donna, la casa, il futuro, l’onore, la reputazione, il posto nella squadra, la figura del figo di turno, il primato per l’acconciatura migliore, il mio numero di cicatrici non è minimamente paragonabile al suo… insomma, se non avessi sposato me, cara Bulma… >>

<< Avrei vissuto molto meglio, caro >>


Le risate di Bulma e i grugniti di Vegeta conclusero la lettura e partì la sigla finale, con l’applauso del pubblico che, finalmente era libero di tornare a casa e di non ascoltare più lo strazio di una puntata che non finiva più, anche se, di per sé, erano rimasti molto volentieri seduti ai loro posti a sedere a godersi lo show, per via delle occhiatacce di Vegeta molto convincenti.

Tra applausi e fischi d’incitamento, i due presentatori conclusero così la meravigliosa e unica puntata – perché spero che robe del genere non si possano più ripetere, ma veramente – e Bulma ringraziò ad uno ad uno tutti i tecnici, coreografi, registi e responsabili audio, scena e studio per la loro disponibilità obbligata a partecipare alla puntata e tutti gli amici che li avevano seguiti da casa, pena il pignoramento della casa.


Le ultime parole furono in carico a Vegeta che salutò tutti calorosamente.

<< Vorrei, prima di mandarvi a quel paese tutti quanti, fare un appello finale a tutti gli uomini o presunti tali di questo sasso su cui viviamo: so che in occasione di questa assurda festa può capitare che scriviate una schifo di letterina d’amore alle vostre arpie, per fare colpo su di loro – sì, perché so che alcuni di voi, smidollati, invece di portare una testa di dinosauro alla propria donna, portano dei fuori e una lettera con su delle scritte, come se la cosa alle donne piacesse, no? – e che usiate quella cosa che si chiama congiuntivo… ma lo usate male, perché voi terrestri fate schifo a prescindere >>

Guardando fisso la telecamera, pronunciò, infine, l’arrivederci.

<< Ricordate... che io sia, che io fossi, che io sia stato, che io fossi stato… che io abbia, che io avessi, che io abbia avuto, che io avessi avuto… sono questi... se li so io, li dovete sapere anche voi, zecche! Anche perché se io non l’avrei usato, non avrei il cuore di Bulma! Andatevene a cagare, adesso >>

E così, tra fischi, urla, bottiglie di champagne, coriandoli e botti di capodanno si concluse la puntata televisiva dedicata a San Valentino.

Bulma fu così felice di aver condotto una bella puntata del genere che la sera stessa organizzò una cenetta e serata romantica con il marito, mentre Vegeta ammise a se stesso che ci si era trovato bene nei panni di Cupido che dava consigli disastrosi d’amore agli altri, peccato, solo, non aver conosciuto l’identità nascosta della misteriosa meteorologa che dopo la conclusione del programma era improvvisamente evaporata nel nulla.



The End





i Grazie a internet;

iiGrazie a internet;

iiiPersonaggio presentato nel capitolo nr 13;


ivPubblicità modificata, originale di SuperMario Trentino;


vGrazie a Sio;

viGrazie a Lizza Koshy, YouTube;


viiInutile spiegare: pubblicità tratte e modificate da Motta e Glade Spray;


viiiParole prese da una vera dichiarazione d’amore;

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Coinquilino ***


Questo capitolo sarà strano…

no, seriamente, non so quanto mi sia venuto decente questa volta.

Comunque… ho una domanda per voi.


La domanda è: vi siete mai chiesti come se la passassero Goku e Vegeta nel corpo di Vegeth,

mentre questo stava combattendo contro Majin Buu?

La forzata convivenza tra i due era tranquilla o anche loro, come due coinquilini qualunque, avevano problemi di spazio?

E se, poi, il tempo all’interno di Vegeth fosse trascorso molto più lento di quanto ci faccia vedere l’anime?



L’aula del Tribunale di Giustizia Magico si aprì con un gran tonfo di porte sbattute e di fogli svolazzanti e le due parti andarono ad accomodarsi ai lati dell’ambone dove, di lì a poco, avrebbe alloggiato il Giudice di Pace, il Kaiohshin Matusalemme il Probo, affinché giudicasse la loro insolita controversia.

Il Tribunale era stato convocato d’urgenza perché esprimesse celermente il suo giudizio: i soggetti della controversia non potevano aspettare ancora, volevano la sentenza di separazione e anche in fretta, pena la distruzione dell’universo conosciuto per il carattere particolarmente instabile di uno dei due soggetti in gioco.

La prima delle parti entrò allegra, saltellando sui suoi stivaletti di montone blu cielo, almeno fino a quando la guardia gli intimò di non saltellare in quel modo e fu costretta, strascicando tristemente i piedi, ad accomodarsi mogia mogia alla sua sedia;

la seconda delle parti entrò, invece, con aria agitata: almeno cinque guardie cercavano di tenerla ferma mentre scalciava, si dimenava impazzita, proclamandosi a gran voce e a gran morsi di origini nobili, ma dimostrando ben poco di esserlo effettivamente, e inveiva contro di loro, assicurando loro una resa dei conti piuttosto dolorosa a causa dell’onta inflittagli.

Questa scaraventò a terra almeno tre guardie e cercò più volte di liberarsi dai pesanti catenacci che la pungevano; le guardie invece la trascinavano con forza in aula, sperando di evitare che la parte si mettesse a sfasciare le porte e l’atrio d’ingresso all’aula, tirando la bestia per le catene e facendola ansimare per lo sforzo e per la rabbia.

Non senza masticare qualche parola non consona ad un ambiente solenne come quello, il nobile di dubbia provenienza venne, infine, gettato in malo modo sulla sua sedia, mentre qualcuna delle guardie veniva sbalzata nuovamente via con ferocia, ma alla fine si riuscì a ragionare con le buone maniere e a far tornare l’ordine in aula.

Con un coltello alla gola, una pistola dietro la schiena, i polsi e i piedi incatenati affinché non si disturbasse a muoversi più del dovuto, il principe ringhiò il suo disappunto all’indirizzo delle guardie, ma queste, con tutta la professionalità del loro ruolo, lo addormentarono più volte magicamente, grazie al veloce elettroshock della pistola elettrica. Il principe ogni volta sveniva sul bancone per la botta e dormiva con il piacere delle guardie, finalmente rilassate.

I due ospiti del Tribunale erano piuttosto particolari: oltre a sembrare due animali selvatici appena salvati dal contrabbando alla frontiera, portavano l’uno sull’orecchio destro e l’altro sull’orecchio sinistro un orecchino, un piccolo gingillo dai riflessi verdi smeraldo, ma luminoso come una piccola stella.


L’altra parte che aveva assistito a tutta la scena, sibilando dal dolore nel vedere la sua controparte sbattuta dolcemente e ripetutamente sul tavolo, si sforzò di stare composta al suo posto per non dover anche lui incontrare la cortesia delle guardie. Si aspettò l’entrata del giudice nell’aula.

Gli occupanti vennero invitati ad alzarsi, anche se si alzò effettivamente solo Goku e Vegeta, dormiente, venne alzato di peso dai suoi carcerari; con pochi lemmi passi, un anziano magistrato entrò nella sala e si accomodò alla sua poltrona, arruffando le carte del caso sul tavolo e cingendosi la toga nera e sistemandosi la parrucca bianco cenere.

Quando le parti si poterono nuovamente accomodare, Vegeta venne lasciato cadere sul bancone, svegliandolo così dal suo sonno, giusto un poco tramortito dalla botta.

Con un sibilo sputato dovuto alla dentiera affatto fissa, il giudice afferrò le carte, scompigliandole animatamente con polso fermo, e rilesse ancora una volta le informazioni del caso. Il suo sguardo vagò per qualche minuto all’interno della stanza e, davanti all’evidente difficoltà del vecchietto nel vedere quei pochi centimetri oltre il suo naso, le guardie attirarono la sua attenzione, indicando gentilmente dove fossero le parti interessante al processo.

Attraverso i suoi occhiali rubati al fondo di una buona bottiglia di whiskey, il giudice, finalmente, aprì l’udienza in tribunale.

<< Ohh, bene, eccovi >> sibilò, sputacchiando una pioggerellina leggera sul tavolo, << dichiaro aperta questa udienza in Tribunale. Parola alle parti >> e si accomodò sul bancone, raccogliendo le mani in grembo e fissando gli occhietti vispi nel vuoto.

Vegeta colse subito l’occasione per iniziare a parlare, con grande enfasi.

<< Signor Giudice, prima di iniziare, vorrei chiedere tutta la vostra clemenza per capire che qui, la questione è davvero seria... vede, tutto è iniziato quand- >>

Schioccò velocemente le dita per richiamare la sua attenzione, vedendolo ancora nel vuoto; il nonno si destò dal suo sonno improvviso e si rimise ad ascoltare.

Vegeta lo fissò interdetto per qualche secondo, scambiando qualche occhiata dubbiosa con le guardie che, oltre a fare spallucce, non si scomposero più di tanto.

<< Dicevo, signor Giudice, tutto è iniziato quando sono caduto per caso sulla Terra, sa, quel pianetino di merda, nel Sistema Solare nell’Emisfero Nord - >>

<< So dove si trova questa cosiddetta Terra, può continuare, Principe >> chiosò il giudice.

Vegeta strizzò le labbra: << Sulla Terra ho affrontato quel cane seduto dall’altra parte dell’aula in un combattimento onesto e leale: abbiamo passato una bella giornata di lotta all’ultimo sangue e siamo stati bene assieme, senza che ce ne rendessimo conto, ci siamo sentiti in qualche modo, come dire, legati… >>

La controparte, che non aveva mai smesso di fissare il tavolo a cui era accomodato, non alzava ancora gli occhi.

<< Io ero sicuro che tra di noi ci fosse quella scintilla di migliori nemici… eravamo assieme, legati, nemici l’uno per l’altro… peccato che quel verme, nonostante io abbia giocato sporco e lo abbia onorato, ammazzandogli metà della sua combriccola, solo ed esclusivamente per lui, al prossimo combattimento, cosa fa? Si dimentica totalmente di me… si allena da solo per una strana fissa di voler diventare più forte di me, combatte contro i miei nemici al mio posto e, alla fine, uccide anche Freezer al posto mio.

Sostanzialmente, signor Giudice, quello sporco animale si dimentica completamente di me, eclissando la mia figura come un flirt passato, si sente talmente entusiasta di doversi battere contro un nuovo avversario che diventa addirittura Super Saiyan! Con me mica si è eccitato così tanto! >>

Goku alzò finalmente gli occhi su Vegeta, nel frattanto che quest’ultimo continuava a fulminarlo. Sbuffò, mettendo un triste broncio, ma lo lasciò continuare.

<< Che succederà, poi, si domanderà lei, signor Giudice? Succede che il signorino arriva sulla Terra dopo Freezer, comodamente un anno dopo, e manco avvisa! E a me chi pensa? Nessuno! Io lì a spaccarmi la schiena per essere accettato da lui, perché avesse occhi solo per me, perché anche io fossi Super Saiyan, e lui in giro per lo spazio a cincischiare! >> urlò sdegnato il principe, incrociando le braccia al petto, per quanto le catene ai polsi gli permettessero di fare << e chissà quanti altri guerrieri ha sfidato dimenticandosi di me! AH! Su questo ci posso scommettere! Fedifrago! >>

<< Andiamo, Vegeta, non è così… e non chiamarmi fotografo, non mi pare il caso... >> iniziò a difendersi Kakaroth, ma il principe lo beccò subito.

<< Sta’ zitto, lurido cane! Lasciami finire! >> sbracciò in direzione del cane, agitando le braccia fasciate dai lunghi guanti bianchi.

<< Come se non bastasse, questo cane randagio, quando arriva sulla Terra, mi ignora, combatte i miei cyborgs, rimettendoci quasi le penne… arriva il cattivo di turno e lui che fa? >>

<< Si ammazza pur di non sentirla ancora parlare, signor Vegeta? >> azzardò il giudice,

che si sforzò nuovamente di non addormentarsi al suo posto.

Vegeta quello storse la bocca, piccato, ma non si dimenticò di precisare la sua indignazione: << No, sconfigge il cattivo come se fosse niente, a momenti manco mi saluta, e se ne va con il cattivo per avere una relazione libertina con lui nell’aldilà, invece che stare sulla Terra con me a curare la nostra relazione! >>

L’istante di silenzio che seguì permise a Goku di cadere dalle nuvole.

<< Abbiamo una relazione, io e te? >>

<< Certo, che ti credi, imbecille? Viviamo nello stesso corpo da mesi, ormai, qualcosa c’è fra di noi e, anche prima, siamo sempre stati assieme, per fortuna o purtroppo! >>

Goku lo fissò, incredulo, ma il principe non si diede ancora per vinto.

<< Poi dieci anni dopo torna in vita, non avvisa nessuno, non spiega NULLA A NESSUNO, mi coinvolge in questa pazza storia di “fare la fusione” e, dopo essermi letteralmente ammazzato per aver calpestato una Big Babol gigante che, a proposito, >> si bloccò qualche istante, << sta ancora distruggendo il pianeta Terra e combattendo contro il nostro corpo fuso, qualcuno di voi ne sa niente? >>

Il giudice guardò le guardie per qualche secondo ma queste fecero ancora spallucce.

<< No, non ne ho idea… noi siamo un Tribunale Magico di una dimensione magica, non sappiamo nulla del reale, tranne quello che ci fa dire l’autrice >>

Vegeta fece altrettante spallucce e riprese.

<< Dicevo, dopo essermi letteralmente ammazzato per aver calpestato una Big Babol gigante, ci ritroviamo fusi, assieme, per parrebbe... sempre… e ora stiamo così da circa cinque mesi. Abbiamo scoperto che il tempo all’interno della fusione dura molto di più del tempo nella realtà e che non possiamo allontanarci più di quaranta passi che veniamo attirati l’uno verso l’altro e non ci sciogliamo per mezz’ora… quindi, passiamo assieme il tempo… affittiamo un piccolo monolocale, lui diventa venditore ambulante di gelati, io lavoro in macelleria... >>

Sospirò e lustrò sovrappensiero i catenacci ai polsi, specchiandosi nella loro opaca lucentezza. Il tono del suo discorso assunse improvvisamente un andamento lento, quasi di malcelata malinconia.

<< I primi tempi di convivenza sono andati bene, ma poi…>>

Il vecchio Kaiohshin guardò la controparte che aveva iniziato a trovare il soffitto così interessante, da contare ad una ad una le mattonelle.

Intorno alla centoduesima mattonella, il giudice la richiamò e Goku lo guardò, esitante.

<< Che dovrei dire? >>

<< La sua visione su tutta la vicenda, no? >>

<< Ah… >> si grattò pensieroso la zazzera.

<< Diciamo che Vegeta è un tipo difficile da capire. Quando è venuto sulla Terra la prima volta pensavo che mi avrebbe fracassato le ossa e via. Ma… come dire, il rapporto con lui è stato bello, sebbene leggermente conflittuale fin da subito… >>

<< Sì, diciamo che sono stati fatti degli errori… >>

<< Degli omicidi, Vegeta, sono stati fatti degli omicidi… la convivenza iniziale è stata bella, ci vedevamo tra una battaglia e l’altra, qualche allenamento, qualche scampagnata a rubare i fagioli di Balzar, ad affondare le isolette del Pacifico, a catturare quanti più pinguini possibile e a farli alla griglia... ma poi lui ha voluto sempre di più… e quando mi porti a distruggere qualche pianeta?, quando andiamo ad allenarci sulla Luna come mi hai promesso?, e non mi regali mai nulla tranne un combattimento, e non combattiamo mai dove voglio io… >>

Si lagnò, arricciando le labbra.

<< Sempre insoddisfatto, sempre arrabbiato. Gli regalavano una caterva di botte e lui sempre arrabbiato! Gli rasavo a zero un bosco di pini perché si sentisse a suo agio tra i pini più alti di lui e lui sempre arrabbiato! >>

<< Adesso non esagerare, Kakaroth! >>

<< Non sto esagerando! Signor Giudice, io ho fatto di tutto per lui, mi creda: l’ho riempito di botte, l’ho istigato a diventare Super Saiyan, l’ho umiliato e deriso diverse volte, l’ho portato effettivamente sulla Luna con un calcio Super Saiyan e lui è sempre stato così arrabbiato! Io non posso vivere così! >>

Il giudice spostò lo sguardo all’altro Saiyan.

<< Sei sempre il solito esagerato, Kakaroth, spesso sono arrabbiato ma alle volte no… alle volte sono meno arrabbiato del solito! È solo la mia emozione principale! >>

<< Col cavolo, sempre quel muso da rinoceronte incazzoso hai! Come faccio a vivere così? Me lo diceva mia madre che non dovevo legarmi a nessuno! >>

<< Ma se tua madre l’avrai vista sì e no quando sei nato, e poi sei stato subito spedito sulla Terra? Come fai a ricordartela? >>

Il giudice spostò lo sguardo all’altro Saiyan.

<< Be’, io, a differenza di qualcuno, mi ricordo le persone a cui voglio bene! >>

Il vecchio rispostò lo sguardo al Saiyan di prima.

<< Ah, quindi io non mi ricorderei di te? Ti sbagli, serpe, sei tu che non ti ricordi di me, perché, in realtà, tu non sai nulla di me! >>

Il giudice spostò ancora lo sguardo verso l’altro Saiyan, ma lanciò un sibilo di dolore quando si ricordò di non sforzare il collo per la cervicale e che fare ping pong con la testa non era proprio il massimo per la sua vecchiaia.

Le parti continuarono a ingiuriarsi l’un l’altra.

<< Come sarebbe a dire che non so nulla di te? >> sbroccò scioccato, Goku.

<< Intendo dire che non sai NULLA di me e neanche ti interessa saperlo! >> ingiuriò invece Vegeta.

<< Oh, questa è bella… >> sbuffò risentito, ma Vegeta lo beccò subito.

<< Va bene allora, provamelo: qual è il mio cognome? >>

La sala calò improvvisamente nel silenzio e sia il giudice sia le guardie che tenevano al guinzaglio Vegeta, fissarono Goku in attesa della risposta. Il più piccolo dei Saiyan tentennò, però, qualche secondo di troppo.

<< Vegeta... Principe… dei Saiyan? >>

Le guardie, senza il giudice che aveva troppo mal di collo, si voltarono verso Vegeta e questo iniziò a schiumare di rabbia.

<< … Vai fuori da quest’aula, razza di imbecille! Se ti prendo, giuro che ti ammazzo! >>

<< Silenzio! >> trionfò invece la voce roca e secca del giudice, che stritolò tra le mani ossute il martelletto e qualche insulto non adatto alla discrezione dell’aula, mentre, mannaggia, il dolore al logoro collo da brontosauro non accennava ancora a calmarsi.

Il vecchio Kaiohshin si accartocciò allora sulla sedia, divenendo una massa indistinta di mal di testa, mal di collo, e nervoso, a causa dei due disgraziati che la sorte gli aveva impunemente affidato. Dopo qualche istante di meditazione e di improvviso sonnellino, si grattò il barbuzio spelacchiato.

<< Quindi, ricapitolando, lei, Principe Vegeta non accetta il comportamento trasandato del suo compagno nei suoi confronti, mentre lei, Goku, accusa il compagno di esagerare con le critiche e di aver causato per il suo carattere la situazione in cui versate... >>

Si massaggiò le meningi e fissò il nulla davanti a sé.

<< Una situazione spiacevole certo e, sebbene io sia costretto a fare da consulente matrimoniale alle parti qui presenti, compito assai sgradito, credetemi, visto che vorrei solo giocare a briscola e dormire, devo adempiere ai miei obblighi di giudice. Allora, le parti cosa chiedono? >>

<< La separazione definitiva da Vegeta! >>

<< La sua testa su un piatto d’argento! >>

All’occhiata torva del giudice, il principe si corresse subito, ma a malavoglia: << La separazione... >>

<< Perfetto >> soggiunse il nonno, e afferrò penna, foglio e calamaio per iniziare a scrivere i documenti, quando si accorse di starsi scrivendo sulla mano e sputò un’esclamazione poco carina. Maledetti occhiali sfigati.

Quando si fu ripreso e inquadrò quale fosse la penna e quale fosse il foglio, per evitarsi di autografarsi ancora ancora la toga, dichiarò: << Le parti esprimano i termini della separazione richiesta >>

Vegeta, a queste parole, sfoderò il sorriso più cattivo del suo arsenale.

<< Bene, allora, io di quel cane voglio tutto! Il monolocale, per rivenderlo al primo sfigato che passa, la macchina, il conto in banca, tutti i mobili per rivenderli al mercatino delle pulci, che tanto facevano cagare, rivoglio indietro lo smartphone che gli avevo regalato, la playstation che è solo mia!, e, già che ci siamo, voglio anche i suoi poteri del Super Saiyan Terz - >>

<< Allora io voglio la casa al mare! >>

<< Non l’abbiamo la casa al mare, Kakaroth, abbiamo solo quello schifoso monolocale, in cui a momenti si fa fatica a respirare >>

Goku si rabbuiò per qualche istante. << Ah… allora il cane! >>

<< L’ho ucciso per mangiargli il fegato >>

Goku assunse una faccia sconvolta.

<< Sto scherzando, non abbiamo un cane, imbecille, ma se vuoi puoi prendere Rowdyi >>

<< Rowdy? >> chiese il giudice.

<< Rowdy, il nostro cane impagliato! >>

Il vecchio scrutò il giovane Saiyan, << Avete un cane impagliato? >>

Vegeta lo guardò, con sguardo ovvio: << Certo, Kakaroth voleva a tutti i costi avere un cane ma visto che non sa neanche come usare lo spazzolino da denti, gliene ho regalato uno impagliato, perché non fosse troppo un peso per lui… per il cane, intendo. Ho pensato che sarebbe stato difficile avere un padrone come Kakaroth… >>

A Goku scesero i lacrimoni dagli occhi: << Ma io credevo che tu amassi Rowdy! Si è così affezionato a te! Come puoi darlo a me, sapendo che io non so neanche da che parte infilare i pantaloni? Tu non lo ami! Non ami nessuno! Neanche me! >> e iniziò a piangere di un pianto più amaro del più amaro dei pianti mai piantati, sicché, Vegeta scrutò eloquente il giudice, << Capisce perché mi voglio separare da questo ebete? >>

Il giudice evitò di esprimere il giudizio prima del dovuto, si alzò in piedi, come fecero altrettanto gli occupanti della sala, sebbene Goku non lo vide manco di striscio, perché accovacciato sul suo tavolo a piangere e a battere i pugni per l’amore mancato, e sebbene Vegeta si alzasse controvoglia dalla sua sedia, forse perché ancora incatenato e strattonato dalle guardie, a cui, ancora una volta cercò di insorgere.

Il Kaiohshin si avviò all’uscita per meditare sul caso presentato, rischiò di rimetterci la caviglia e il femore su due scalini, ma con l’equilibrio di un ballerino zoppo finalmente giunse alla porta per accedere al suo studio, finché non gli sbatté sonoramente contro, perché si era dimenticato di aprirla. Si concesse un sonnellino ristoratore di dieci minuti.

Vegeta, seppure trattenuto dalle guardie e con un pugno di una di queste tra i denti, cercò di indicare loro la caduta del nonno, ma si ritrovò un ginocchio piantato nei reni e, con un sospiro, venne abbattuto sul suo ambone, addormentato ancora una volta dalla pistola elettrica.

Dopo dieci minuti dove tutti dormivano, giudice, Goku, sfinito dalle sue lacrime di coccodrillo, e Vegeta dalle scariche elettriche ad alta intensità, il vecchietto si svegliò.

Si rimise in piedi come se niente fosse, risalì le scale, attento a non inciamparsi nei suoi stessi piedi e nei lembi della toga, si accomodò alla sua poltrona e si schiarì la voce per iniziare a leggere la sentenza.

<< Ah- ehm… ordunque >> Goku si svegliò dolcemente dal sonno e Vegeta resuscitò con un urlo.

Il magistrato strizzò gli occhietti vispi, nel tentativo di distinguere le lettere tra loro. Si accorse di aver scambiato occhiali e si rimise sul naso quelli giusti. Li mise al contrario, giusti, e di nuovo al contrario e, dopo dei tentativi, li reinserì finalmente nel modo corretto.

<< In nome del popolo di Dragon Ball e in nome della giustizia, libertà, marmellata barbeque e patatine fritte, il Tribunale Magico di questa dimensione, sentite le parti e le loro motivazioni, emette la sentenza di separazione magica richiesta dalle parti. Da questo momento in poi esse non saranno più vincolati dagli orecchini magici e potranno riacquistare la libertà e l’autonomia dei loro corpi, senza dover prescindere l’uno dall’altro: quindi, separazione avvenga. >>


Un silenzio impercettibile si fece spazio nuovamente nella sala, tenendo sia Goku sia Vegeta sul filo del rasoio per capire che sarebbe successo di lì a poco. Ma nulla praticamente avvenne, il vecchio si perse ancora una volta nel vuoto, con un filo leggero di bava che gli colorava dal mento, e le guardie presenziarono ancora silenziose la stanza.

<< T- tutto qui? >> fiatò Goku.

Vegeta esplose in un’immediata collera: << Tutto qui? TUTTO QUI? Siamo arrivati fino a qui per nulla di fatto, tranne che per un vecchio barbuto che non sa manco svolgere il suo lavoro e che soffre di amnesia temporanea di breve durata? >> si beccò una gomitata dalle guardie che gli rimbrottarono l’atteggiamento aggressivo e, stavano per prendergli la testa per fargli assaggiare la consistenza del mogano dell’ambone, quando il vecchio barbuto di destò e riprese la parola.

<< Volete sapere come separarvi? Semplice, così! >>

E schioccò le dita: una luce abbagliante avvolse i due Saiyan, Goku sparì con un sorriso gioioso stampato in volto, mentre Vegeta rivolse un ultimo pensiero accorato alle guardie, che videro come ultima cosa il suo dito medio svanire alla luce.

Dei due non rimase nulla, se non le catene abbandonate sulla sedia e sul tavolo, che portavano ancora il segno dei denti del principe che aveva tentato di morderle per liberarsi.

Le guardie sciolsero allora la loro autarchica compostezza e il giudice si addormentò definitivamente sul bancone con una sonora capocciata.

<< Ahh, meno male che quei due sono scomparsi, non ne potevo più! >>

<< Non dirlo a me, Guardia Uno, quella specie di lupo mannaro a momenti non mi staccava la mano... >> sospirò Guardia Due, massaggiandosi la mano dolorante.

Guardia Treii si appoggiò svogliatamente alla lancia puntata con lo stemma del Tribunale e tirò fuori dalla divisa un pacchetto di Malboro.

<< Non so voi, ragazzi, ma dei pazzi così non li avevo mai visti: e poi testa arancione quanto sembrava rincretinita? Ci credo che lupo mannaro fosse impazzito, anche io impazzirei con un coinquilino del genere >>

<< Ma lupo mannaro e testa arancione stavano assieme oppure no? >>

<< Non si è capito! Secondo me stavano assieme, ma non assieme assieme… >>

<< Una roba tipo, amici di letto? >>

<< Secondo me, no, ragazzi, quei due erano l’opposto l’uno dell’altro… non mi sapevano di coppia amorosa >>

<< Boh, magari questa cosa varia a seconda delle interpretazioni e del pensiero dei fan… >>

Guardia Tre alzò le spalle e offrì una sigaretta a Guardia Uno, Due e Quattro, che l’accesero in fretta e si fermarono poi a contemplare il povero vecchietto, che ancora stava facendo lo stampo della faccia sull’ambone.

Guardia Quattro prese un ampio respiro di fumo.

<< Oh, ma lo lasciamo lì così? >>

Tutte e quattro si voltarono verso il nonno che ormai aveva interpretato la sua cattedra come un comodo letto a due piazze.

Guardia Uno scrollò la testa, << Ma sì, lasciamolo dormire ancora un po’, poi lo portiamo via >>

Si gustarono le loro sigarette finché una non espresse il dubbio di tutte.

<< Ma… secondo voi, lupo mannaro e testa arancione dove sono finiti? >>

<< Bah… chi se ne frega >>

<< Ma sì, chi se ne frega... >>


Lupo mannaro e testa arancione, invece, sebbene le guardie se ne fregassero, finirono ancor di più nei guai di prima, perché si ritrovarono all’interno del corpo di Majin Buu, dato che, a seguito della loro separazione dagli orecchini magici che avevano dato vita a Vegeth, erano tornati ad essere due esseri distinti, e, oltre a non ricordare nulla del magico mondo in cui avevano convissuto per qualche mese, possiamo star certi che Majin Buu, pronto a distruggere la terra, sarebbe stato una bella gatta da pelare.

Ma questa storia è un’altra storia.


Fine.

E per fortuna, direi.



Sigla, ovvero, avevo in mente una sigla ma non so postare i video di YouTube





Angolo dell’autrice


Sì, sì, lo so, sono una persona spregevole. Ma ci credete se vi dico che ho avuto due mesi impegnati di esami?

Qualora non ci crediate, non ho altre spiegazioni, per cui dovrete accontentarvi.


Non chiedetemi come mi sia venuta in mente questa strana storia ambientata in questa strana dimensione magico-temporale, perché non lo so: cioè, lo so, ma non so spiegarmelo.


Ringrazio tutti coloro che hanno la pazienza di leggermi anche se sono stata due mesi latitante e se mi lasciate una recensioncina mi rallegrereste molto la giornata!

In ogni caso, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento!

Alla prossima e ‘stavolta sarà prima.

(spero)

Zappa

iCitazione presa da Scrubs;

iiCitazione presa da Crozza nel Paese delle Meraviglie;


Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Neopatentato ***


Ohi, dico a te!

Come butta?


Sbavatura in arrivo ;) have fun!


« Ed ecco qui, moscerino, queste sono le carte che devi compilare per ricevere la patente che ti ha ordinato il Grande Freezer, anche se con quelle zampe che ti ritrovi, dubito tu sappia afferrare una penna. Firma qui, qui e qui »

Seduto ad una scrivania gialla e ammuffita da anni, lo strano alieno mutaforma, che al momento aveva assunto le sembianze di una segretaria poco paziente e molto isterica, gli aveva sparato in faccia la moltiplicazione di moduli e verbali da compilare e da presentare al più presto alla Motorizzazione Spaziale.

Accovacciato dall'altro lato dell'ambone, sedeva, invece, di un'altezza di un metro e un tappo di sughero, un piccolo Saiyan, poco più che sedicenne; il piccoletto aveva un aspetto trascurato, dal nasino in su pieno di lentiggini e con due occhiaie fuori posto sotto gli occhi neri. Non appena riuscì a staccarsi i fogli dalla faccia, fissò la segretaria in modo apatico, firmò, masticò un grugnito di ringraziamento tra i denti appena raddrizzati dall'apparecchio, e si avviò all'uscita.

Avanzò lento, strisciando gli stivaletti All Stars, collezione inverno – zero assoluto (anno 748)i sui pannelli metallizzati con il passo sostenuto di uno zombie, la bocca rimuginante una fastidiosa chewing gum al sapor di cadavere e un paio di ciuffi ribelli che gli facevano da tergicristallo davanti agli occhi. La divisa griffata con le frange dorate di The North Starii e i pantaloni della tuta adadashiii portati, ovviamente, a cavallo basso, lo incorniciavano come un adolescente in piena regola, sbruffoncello, brufoloso, antipatico, fissato con i selfie e con la voglia di vivere sotto i tacchi consumati degli stivaletti firmati.

Arrivato all’uscita, appiccicò la gomma da masticare nelle lamiere della porta automatica, regalandole, per la gioia di tutti coloro che ci passavano, quel meraviglioso rumore di striscio ogni volta che si apriva e si chiudeva, e picchiettò, impaziente, il piede su una lattina a terra, che finì a far compagnia alla polvere cosmica dell'astrostrada.

Fuori dalla Motorizzazione, molte navicelle sfrecciavano ininterrottamente sulla piccola meteora vagante dello Spazioporto, punto di arrivo per molti mercanti e mercenari intergalattici che dovevano sbrigare qualche affare o qualche impiccio burocratico, per poi scappare prima dell’arrivo della polizia sui loro galeoni giganti, i mostri dello spazio per la loro grandezza e la loro capienza, capaci di frugare milioni e milioni di ricchezze di dieci o più pianeti, e svanire nello spazio aperto come un lampo.

Il piccoletto, per estraniarsi dall'assordante rumore dello Spazioporto e dal confuciare confuso di milioni di razze aliene, ma schizzate quanto lui, si ficcò lo scouter all'orecchio e selezionò la sua playlist preferita, sparandola a tutto volume nella ricevitrice e si avviò alla sua monoposto, per puntare dritto a casa, prima di venir mangiato dal caos interspaziale delle Meteore Occidentali.

Nell’aggrovigliarsi dei cunicoli e stradicciole affollate da mercanti, solo un po' di sano space trap gli avrebbe rallegrato la giornata che, anche quel giorno, nel quadrante est dell’Universo, purtroppo era iniziata. Grugnì di fastidio quando si trovò spiaccicato dalla calca sotto l’ascella puzzolente di un Glabnork e pensò che, ultimamente, anche il solo fatto di svegliarsi e alzarsi dalla branda fosse una tragedia, figurarsi farsi anni luce in giro per l'universo per firmare quattro documenti. Evitò di farsi stirare da alcune navicelle che rispettavano i limiti di velocità con l’elasticità di riflessi di - probabilmente - Nappa dopo la settima birra, e individuò il suo buco di astronave, per poter lasciare finalmente la trafficata meteora.iv

Nel ronzio dell'astronave, lesse con un labbro arricciato i suoi fogli ed espresse la sua voglia di vivere saggiando la robustezza del vetro dell’oblo più volte con la faccia, nella vana speranza di esplodere nello spazio; quello stronzo di Freezer voleva prendesse la patente speciale per le astronavi, la patente di nuova generazione che tutti quelli della sua, di generazione, avrebbero dovuto fare. Scosse la testa e sputò un insulto, ma che in zero gravità gli finì dritto in faccia rovinandogli la frangia.

Come se lui non fosse già pro e in in queste cose... quel vecchio bastardo di Freezer era proprio out e avrebbe fatto meglio a ripigliarsi e a spararsi qualche pera in meno, se pensava che lui, il grande Principe dei Saiyan, non sapesse già sgommare e sfrecciare alla grande con la sua navicella. Gli avrebbe mandato tipo un DM su Instaspacev per sparargli in rima la sua versione della storia, e questo, sicuro, lo triggherava una cifra, ma prima si sarebbe tipo sparato al Mc i suoi Burger Space preferiti.vi

Sospeso, quindi, dalle missioni per la "questione patente", andò, accompagnato dal più sentito affetto da parte delle popolazioni dello spazio - che poterono vivere qualche giorno in più - a fare le visite mediche, in cui risultò sano come un pesce – un pesce cane, che aveva quasi azzannato la mano del medico; – sbrigò le carte in giro per gli uffici e, puntualmente, non si dimenticò di appiccicare altre gomme da masticare ad ogni porta scorrevole che trovava, dando non poco filo da torcere ai poveri addetti alle pulizie, ma dando loro, sicuramente, un altro buon motivo per odiare la vita.

Finalmente, dopo tante cartoline da parte delle popolazioni dello spazio, in cui si raccomandavano di concentrarsi bene sulla patente, di andare con calma e di non avere assoluta fretta di tornare, che loro se la sarebbero cavata alla grande anche senza di lui, venne il giorno della teoria. Aveva studiato con concentrazione, forse perché era stato sommerso da così tante cartoline di auguri, che non era potuto uscire dalla suo buco di stanza per giorni, ma era pronto per il momento tanto atteso della prova. Con la sua solita allegria contagiosa, quella dei suoi giorni migliori in grado di far appassire una piantina con uno sguardo, quella mattina aveva varcato la soglia dell'aula d'esame e, alla sua postazione in terza fila, settimo posto, aveva risposto celermente a tutte le domande sullo schermo. Forse per la fortuna che in quel momento era in vacanza in quel settore dell'universo, o forse perché la sua faccia strusciata con disperazione sulla tastiera aveva inspiegabilmente azzeccato tutte le risposte corrette, si trovò a fine mattinata con il foglio rosa in mano ed ebbe, per quella sera, il diritto di ubriacarsi nei peggio bar della stazione spaziale.

La serata finì inevitabilmente una merda, così come era iniziata: forse perché nel delirio dell'alcool Nappa aveva iniziato a fantasticare su Freezer nudo, facendogli vomitare l'anima, sia per la schifezza che gli avevano fatto ingurgitare, sia per il pensiero del suo superiore nudo come mamma l'aveva fatto. Nel tornare a casa si era in ogni caso vendicato, riuscendo a strappare le poche ciocche di capelli che Nappa si ritrovava in testa, e a metterseli come barba, urlando a tutta la stazione spaziale di essere il Re dei Saiyan e che nessuno avrebbe dovuto avvicinarsi, se non voleva ritrovarsi il culo a stelle e strisce. Lo misero a dormire con un sedativo sparato su per il naso.

E, infine, giunse anche il giorno della prova pratica. Sebbene gli zii Radish e Nappa - o forse era solo Nappa lo zio e Radish era il cugino alla lontana? Ma, la domanda era, chi diamine era Radish? Chi lo conosceva? E perché cacchio viveva con loro? Forse era il loro animaletto domestico? - avessero insistito per accompagnarlo alla Motorizzazione Spaziale in navicella, alla fine era andato da solo al suo esame per la patente - forse perché all'ultimo si erano resi conto che in tre difficilmente sarebbero riusciti ad entrare in una navicella monoposto - e il piccolo principe, alla fine, aveva preferito così, vista l'agitazione che quella mattina aveva iniziato a mangiucchiargli lo stomaco. Così, accompagnato dall'esaminatore, un grasso, grosso, brutto, gelatinoso e verde alieno, salì sulla navicella dell'esame e partì per lo spazio aperto.


Intanto, nell'emisfero boreale di un piccolo pianeta immerso nel blu della notte era passata da mo' la mezzanotte e Joe il contadino, che anche quel giorno aveva sistemato il suo campo con vigore, dormiva avvolto nelle fresche lenzuola di lino; fluttuando tra dei morbidi sogni, sorrise al pensiero della bella figlia del vicino, Susanna, che più volte, ci poteva giurare, quando suo padre non la vedeva, gli sorrideva con quel suo bel sorriso da cavallo e lui tante volte si era trovato imbambolato ed estasiato a fissare e ricambiare il suo sorriso dentuto. Quando gli sorrideva, ogni cosa che stava facendo gli passava per la testa e tutto si concentrava sul suo dolce viso da giumenta purosangue.

La prima volta, era finito nel fiume con il trattore perché si era intontito a guardarla mentre stava arando il campo; la seconda volta si era rasato la faccia con il tagliaerba; la terza si era dato la zappa sul piede nel fissare il suo sguardo angelico; la quarta era rimasto colpito da un fulmine, mentre in mezzo al temporale si era messo a sistemare l'antenna parabolica, ed infine era stato catapultato in Cina da una cornata improvvisa per aver munto la mucca sbagliata.

Insomma, a Joe il contadino, che anche quel giorno aveva sistemato il suo campo con vigore e ora dormiva avvolto nelle fresche lenzuola di lino, piaceva proprio la bella Susanna: i suoi sogni non potevano essere più dolci e la sua notte più tranquilla.

Ma non tutti, in quell'emisfero boreale del piccolo pianeta immerso nel blu della notte, erano d'accordo con lui: non solo sulla sua convinzione che Susanna fosse lontanamente apprezzabile fuori da un concorso equino, ma anche sul fatto che la sua notte dovesse essere tranquilla.

Un fascio di luce improvvisa illuminò la tranquillità della casa spargendo la sua polvere spaziale per tutta la stanza; la luce andò a sbattere sulle pareti della stanza da letto, allungò le sue dita sui mobili e sul soffitto da cui penzolava il vecchio lampadario, finché non si posò sulla figura scomposta e sognante di Joe, che, se per caso non ve lo ricordaste, dormiva sognando Susanna, la "bella" vicina. Come il volo leggero di una farfalla, il fascio di luce avvolse Joe, sollevandolo dai suoi morbidi sogni e facendolo volteggiare, leggiadro, sopra il letto, sospeso a mezz'aria. La luce tremò per un attimo e subito dopo, il corpo addormentato del contadino si avvicinò alla finestra, lasciata aperta per respirare la fresca brezza notturna della campagna e, come diretto da una forza invisibile, andò verso l'apertura, pronto per essere sollevato verso il cielo. Il corpo sollevato magicamente nell'aria, però, sbatté improvvisamente contro la parete accanto alla finestra e Joe il contadino si svegliò di sobbalzo, per poi ricadere immediatamente nel sogno.

A un centinaio di metri sopra la sua fattoria e sopra il suo orto, una grossa astronave galleggiava, immobile, nell'aria fresca della notte e, attenta a non fare rumore, si confondeva con il blu scuro della volta celeste.

Il piccolo Vegeta, seduto ai comandi dell'astronave, sibilò di dolore, quando il "beep" segnalò il primo errore del suo esame: scrutò, diffidente, l'esaminatore seduto sull'altro posto comandi che, con la sua faccia molliccia, segnò il primo errore sulla sua tabella di valutazione. Tornò con sguardo mesto alla rappresentazione olografica della casetta da cui, per passare l'esame, avrebbe dovuto estrarre il terrestre, portarlo fin dentro l'astronave e poi reinserirlo nella sua casetta senza fare il minimo rumore.

Insomma, il classico rapimento alieno che, come un qualsiasi extraterrestre che si rispetti, doveva saper fare.

Il nanetto si concentrò e strinse i pugni nei suoi guanti d'avorio: schiacciò un altro pulsante, ma un secondo "beep" lo accolse, inclemente, e il corpo del povero terrestre stavolta andò a sbattere dall'altro lato della stanza. Nel silenzio lugubre della grande astronave il fruscio della penna dell'esaminatore graffiò ancora la sua tabella di valutazione e Vegeta ringhiò di disappunto. Stupido display comandi pieno di un migliaio di tastini e levette tutti uguali.

Si concentrò un'altra volta, chiuse gli occhi e li riaprì: si sentì come quando si trovava sul campo di battaglia e stava per stanare la preda; come quando si preparava a combattere contro un nemico mille volte più forte di lui; come quando correva a più non posso per accaparrarsi il primo posto per la doccia ed arrivava a frustare le chiappe sonanti di Nappa con l'asciugamano, pur di arrivare prima.

Schiacciò i suoi tasti, veloce, inclemente, rischiando di sfondare la console e la vide, la sua vittoria, la sua patente pronta a sfiorargli, carezzevole, le dita; fin quando il corpo del povero Joe, invece di passare dal passaggio dalla finestra, finì nuovamente a stamparsi sul muro e il piccolo Saiyan, con un altro "beep", vide offuscato il suo sogno di passare l'esame.

L'esaminatore lo fissò ancora, sbuffando, e con il suo mal di vivere continuò a segnalare i suoi errori sulla scheda; Vegeta cercò di rilassarsi un'altra volta: gli passò un'ondata di nervoso nella parte sinistra del corpo e gli prese uno strano tic all'occhio sinistro, che si grattò via con la zampa; il tic si sfogò in un accenno di fulmine tra i capelli, che si rizzarono, aggressivi più di prima, ma il Saiyan si ravvide di mantenere il contegno, almeno in sede d'esame.

Dai, doveva farcela: osservò, questa volta, con un cenno di disperazione negli occhi la miriade di pulsantini verde fluo della console comandi e, con faccia schifata, provò a schiacciarne uno a caso, tanto uno valeva l'altro. L'inclemente "beep" lo sorprese ancora una volta; riprovò con un altro tasto, ottenendo sempre quell'inutile e fastidioso risultato.

Guardò l'altro alieno seduto accanto a lui che, con la sua faccia da lumaca, lo fissava interessato all'esito del suo esame quanto lo si è nello scoprire la vita sessuale di un lombrico. Era una statua di cera, il bastardo.

Avvicinò, allora, il dito ad un pulsante, aspettando la reazione dell'esaminatore, ma il nulla cosmico lo accolse e la faccia apatica dell'esaminatore non si alterò di un muscolo. Provò, così, ad indicarne un altro, ma ottenne sempre come risposta la faccia apatica dell'esaminatore che tutto voleva in quel momento tranne essere lì a valutare l'incarnazione del fulmine fatto persona, vista la pessima qualità dei capelli del giovincello in questione.

Intanto Joe, di cui ai due alieni fregava poco o meno, dormiva ancora sospeso a mezz'aria, con la faccia schiacciata contro il comodino e le chiappe incastrate nel cassetto contro cui si era scontrato poco prima, quando la luce dell'astronave l'aveva gettato contro il mobile. Sognava ancora la sua Susanna e il suo sorriso da cavallo, anche se in quel momento la Susanna del suo sogno era diventata un vero e proprio cavallo che lo aveva preso per un sacco da boxe talmente erano forti i calci di passione che gli stava sfoderando. Grugnì di disappunto, e si rigirò dall'altra parte asfissiando la faccia contro la radiosveglia.


Intanto, su, a quel fatidico centinaio di metri sopra la terra, il piccoletto e il grassone ancora si fissavano negli occhi.

Vegeta provò a schiacciare un altro tasto sulla console dei comandi, istigando un'azione da parte dell'esaminatore, però si ritrovò ancora i suoi due occhietti vuoti a fissargli l'anima. Provò con un altro, un altro ancora: niente, Jabba the Hutt stava sempre immobile.

All'ennesima risposta definitiva, un fulmine tra i capelli gli incendiò la chioma e il principe urlò il suo disappunto al cielo, con tanti saluti al silenzio reverenziale che doveva regnare nell'astronave e nell'atmosfera per portare a termine il rapimento alieno. La disperazione lo portò a battere i pugni sulla console e a schiacciare furiosamente tutti i pulsanti del controllo comandi mentre un miriade di "beep" si univano al suo dolore.

Il nostro povero e sfigato amico Joe, che quella notte, davvero, dopo aver sistemato il suo campo con vigore, avrebbe voluto solo dormire avvolto nelle fresche lenzuola di lino, sbatté nell'ordine contro: la parete destra, la parete sinistra, la destra, la sinistra, sul pavimento, sul soffitto nell'angolo destro, sul soffitto nell'angolo sinistro, contro il comodino, contro l'altro comodino, di nuovo sulla parete destra e sulla sinistra; per una frazione di secondo riuscì effettivamente ad uscire dalla finestra, pronto per il rapimento, ma poi finì nuovamente contro la parete destra e sinistra, per poi morire a terra.

Finita la disperazione, il piccolo Vegeta cercò come un forsennato quale fosse il tasto giusto da schiacciare per completare l'esame, andando a curiosare di nascosto sul manuale d'istruzioni che si era tatuato sul braccio e sotto il gomito trovò la soluzione.

Con riverenziale attesa, finalmente, schiacciò il pulsante giusto: Joe, che aveva la faccia sotto il letto e il bicchiere d'acqua che stava sul comodino infilato nei calzoni, venne trascinato verso la finestra; passò la finestra e lentamente, solennemente, come l'ascensione di un santo al cielo o la cucchiarella di nonna che si avvicina al rallentatore alle mani del nipote che si deve lavare le mani prima di stare a tavola, salì verso l'alto.

Come una farfalla, un gabbiano libero nel cielo, come un aquilone colorato che, come tutti gli aquiloni che si rispettino, si deve incastrare negli alberi. E, infatti, anche Joe s'incastrò nell'albero vicino casa.

L'espressione di attesa e di gioia di Vegeta svanì in uno sbuffo e, alzando gli occhi al cielo, il piccoletto schiacciò con più forza il bottone fino a frantumarlo sul pannello: l'attesa si fece enorme, l'angoscia di non passare l'esame e di doverlo rifare da capo ancor di più, finché il povero albero sotto casa lasciò che i suoi rami liberassero Joe e che questo si librasse in aria.

Vegeta trattenne il respiro e attese con trepidazione che il terrestre che aveva rapito raggiungesse l'entrata dell'astronave, finché in tutta la magnificenza del suo pigiamino con su i trattori, Joe fece il suo ingresso nell'astronave; l'istruttore accolse la buona riuscita dell'esame con il suo verve contagioso e appuntò il risultato sulla scheda di valutazione.

Il piccolo Saiyan, invece, sorrise fiero per il risultato e ghignò, sfoderando il suo sorrisetto da mostriciattolo, finché, sicuro che ormai la patente speciale di nuova generazione fosse nelle sue mani, lasciò il pulsante, facendo inevitabilmente precipitare al suolo il povero Joe.

Impallidì per lo sciocco ed evitabile errore, sbirciando intimorito oltre il pannello comandi la figura del povero terrestre che stava raggiungendo sempre più velocemente il suolo, nel frattanto che anche il suo istruttore si era affacciato ed osservava, stoico come sempre, la triste ed evitabile scena di ciò che poteva raffigurarsi, ormai, come un omicidio colposo.

All'ultimo, prima che Joe saggiasse la robustezza del suolo e potesse compiere il suo viaggio nell'aldilà con il biglietto di sola andata, la luce del raggio dell'astronave bloccò il suo corpo e lo trascinò con cautela, stavolta evitando l'albero, verso la finestra lasciata spalancata per accogliere la brezza della notte; senza scomporre minimamente il proprio aplomb, infatti, il caro lucertolone verde aveva pigliato il tasto per frenare la caduta del terrestre ed ora, con tutta la professionalità del suo ruolo, ossia minacciando con lo sguardo il piccolo Saiyan, che si fece piccolo piccolo da un lato, iniziò a riportare tutto all'ordine precedente.

Joe passò incolume attraverso la finestra, venne riposizionato nel letto, mentre i quadri della stanza, così come i mobili, i cassetti, le tende e la brocca d'acqua furono posti esattamente al loro posto, senza destar sospetti sulla baraonda che una piccola bestiola aveva causato poco prima dentro l'abitacolo.

La luce finalmente si spense e la grossa astronave, sempre a quel centinaio di metri dal suolo, avviò i motori per ritornare alla velocità della luce alla galassia da cui era partita.


L'istruttore afferrò saldamente la console e si accinse a partire, pensando finalmente di poter tornare sul pianeta Zulug 7 a farsi una birra, quando, con la coda dell'occhio, notò il piccolo Saiyan che, da un lato, aveva messo il broncio e si grattava a tratti la zucca, agitato.

Sospirò, pensando di essere ormai troppo vecchio per fare l'istruttore e che, prima o poi, quella dannata pensione doveva riceverla, e chiamò l'attenzione del piccoletto.

Il piccoletto, che aveva la frangetta che gli ricopriva la fronte e lo faceva più carino di quanto non fosse in realtà, si voltò verso il grassone e s'illuminò quando vide quest'ultimo cedergli la cloche per farlo guidare: l'afferrò con entusiasmo e si mise ai comandi, avviando i motori.

Il grassone gli si mise di fianco, attendendo che l'astronave si librasse nell'aria nel completo silenzio e partisse.

Forse, la patente gliela avrebbe concessa, pensò, e si rilassò sulla poltroncina, sognando la sua birretta; certo, urlò di dolore quando l'astronave si schiantò al suolo radendo a zero la casa, l'orto e l'albero del povero Joe e quando ripartì con un'accelerata illegale per lo spazio, ma si concesse comunque un po' di relax e si godette il resto del viaggio, senza badare, per il momento, al pensiero di quanti soldi avrebbe dovuto sborsare per riparare i danni causati dal principe dei Saiyan.

La patente gliela avrebbe data, sì... tutto pur di non trovarselo tra le mani un'altra volta.

La mattina dopo, quando il gallo iniziò la giornata con il suo canto stridulo, Joe si alzò dal letto stiracchiandosi per bene e fece per andare in bagno, ma precipitò dentro l'enorme voragine lasciata dall'astronave che si era schiantata sulla terra prima di partire, voragine alta centinaia di metri che aveva lasciato un unico tratto di terra in piedi, quello dove stava il suo letto.

Non fu propriamente un bel risveglio, ma almeno quella mattina, Susanna la figlia del vicino con il muso da cavallo accorse ad aiutarlo.

Passarono la giornata al pronto soccorso e Joe fu ricoverato per un mese e dovette pagarsi i lavori per cambiare casa, ma questo fu l'inizio di una bellissima storia d'amore, da cui nacquero tanti puledrini.



Fine.





Angolo dell'autrice


Beh, era da un po' che non aggiornavo questa raccolta. Ogni tanto ritorno.


Comunque, piaciuta la storia?

Ho preso ispirazione dal cortometraggio della Pixar, "Lifted", se qualcuno di voi avesse voglia di vederlo, a me ha sempre fatto sorridere.

Perché questa patente? Perché Vegeta è un extraterrestre e come qualsiasi extraterrestre che si rispetti, fa i rapimenti alieni! Sennò che extraterrestre è? :)


Sperando che questa scemenza vi sia piaciuta, vi auguro un buon tutto e a presto!


Zappa




i Rifacimento alla marca All Stars ed anno in cui Vegeta, ipoteticamente avrebbe 16 anni;

iiRifacimento alla marca The North Pole;

iiiRifacimento alla marca Adidas;

ivCome dimenticare il bellissimo film Il Pianeta del Tesoro?;

vRifacimento al social Instagram;

viPessimo tentativo di imitare il linguaggio arcano degli adolescenti;










Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Genitore ***


Prima di iniziare a leggere questa storia, vi invito a fare uno sforzo di immaginazione: immaginate Trunks circa di dieci/undici anni, Goten di circa dieci, Pan e Bra di cinque e quattro anni.

Grazie per lo sforzo d’immaginazione, ora potete continuare a leggere, avete già sforzato abbastanza il vostro cervello.

Ringrazio gli autori de il “Meraviglioso Mondo di Gumball”, da cui è ispirato l’episodio e, ovviamente, ringrazio voi che avete aperto questa storia.



Una cosa era sicuro: non era sicuro di nulla.

Certo, lui era il grande principe dei Saiyan, ma a parte il fatto che i Saiyan erano rimasti in tre scarsi, più in paio di mezzi, dai quali manco ne usciva un intero, – o forse sì? Non era mai stato bravo con le frazioni, dannato il suo compagnetto di scuola Arnorld, che si credeva migliore di lui facendolo arrivare ad odiare la matematica. Stupido Arnold. -, ma in quel momento, di sicuro, non era sicuro.

Così quella mattina, di quel giorno qualsiasi, in una Capsule Corporation qualsiasi, era sceso le scale con più cautela del solito e si era avvicinato in cucina, dove, visto l’orario – almeno un minimo decente per gli esseri umani produttivi in quel settore del pianeta, un odioso sette e mezzo del mattino – sostava sua moglie che sorseggiava un caffè nero, amaro con la sua anima. La moglie, la dolce moglie dei sogni più dolci, in quel momento gli parve la moglie dei sogni infranti, mentre beveva il caffè fatto delle lacrime amare di suo marito.

« Buongiorno, amore »

Tzé, osava pure salutarlo e chiamarlo falzamente per quella cosa che iniziava per a e finiva per more. Quanta illusione in poche parole.

« Tra poco devo andare a lavorare, quindi oggi sei solo con i ragazzi »

Lui si appoggiò facendo una faccia schifata - oppure quella era sempre la sua faccia? - contro il ripiano della cucina. La vide ancora sorseggiare altre lacrime di marito ferito. Lei beveva gustando di gusto la bevanda bevandosa, passandosi, poi, lasciva, la lingua sulle labbra.

Che mostro.

« Ti ricordo che stasera passa Gohan a prendersi sua figlia e a riportare a casa Goten »

Le sopracciglia precisamente pinzettate della donna si rivolsero a lui in modo eloquente, mentre lui, come un gatto permaloso che non riceve abbastanza attenzioni, sculettò il suo malessere lontano dal ripiano, per andare a strusciarsi contro il frigo, in cerca di attenzioni che avrebbe dovuto comunicare in maniera verbale e non paraverbale, come in quel momento. Ma l’anima di gatto spelacchiato che era in lui mai si sarebbe abbassata ad un dialogo costruttivo, interattivo e razionale.

Bulma lo vide cocciutamente fare finta di nulla, continuandole a darle la schiena e strusciandosi sull’elettrodomestico, mentre sulla superficie del frigorifero rimavano attratti i suoi peli di vecchio gatto dello spazio. Alzò gli occhi al cielo, quando sospirò e fece per aprir bocca, ma quello le soffiò contro rabbioso, i capelli da fulmine ancora più ispidi del solito.

« Se pensi che questo tuo atteggiamento possa farmi cambiare idea, ti sbagli » ingiunse la donna, « non mi scuserò con te, Vegeta, perché ho detto solo la verità »

Gli occhi strabuzzati del Saiyan cercarono di incenerirla con uno sguardo di disgusto e disprezzo, ma, visto che uno sguardo non può incenerire, fecero solo paura ad un destinatario non voluto, il gatto Scrat, che fino a quel momento era stato ignaro di avere un altro maschio alfa a gironzolare per la casa. Il piccoletto scappò lontano, miagolando dal dolore per il tradimento fattoglisi sotto i baffi.

Vegeta, con le labbra arricciate in un gesto di nobile superiorità, finalmente parlò.

« Dovresti farlo. Tu non apprezzi le mie qualità »

Bulma lo fissò, dubbiosa, iniziando a sistemarsi qualche accozzaglia e ninnolo nella borsa.

« Apprezzo le tue qualità, Vegeta » si affrettò a mettere via il rossetto, « quando queste sono usate a qualche chilometro di distanza da casa. Quando, perciò, non mi ritrovo un buco nel soffitto del salotto »

« Era per vedere le stelle, l’ho fatto per Bra » rispose l’altro, con fare ovvio.

« E quando hai bruciato il giardino? »

Vegeta sbuffò: « Era per dare un tocco di cambiamento all’esterno. Ho anche rubato un elicottero della polizia e te l’ho fatto precipitare tra le aiuole. Non ti piacciono le pale e le lamiere accatastate? »

Fu Bulma a sbuffare, ‘stavolta.

« Vegeta, ammettilo: tu non hai qualità particolari e fare da babysitter a un branco di ragazzini non è così difficile. Io lo farei ad occhi chiusi »

« Ah! » il tono sprezzante le fece aprire gli occhi, « fare da babysitter ai nostri figli è una sfida per il Principe dei Saiyan e solo io la so affrontare al meglio. Altrimenti perché quel rammollito di Gohan porta qui la sua piccola piaga? »

« Perché abbiamo i soldi, caro, e un’assicurazione che paga pure gli incidenti sulla Luna »

« Oh »

Bulma fece un’altra smorfia. « Comunque, quali sarebbero le grandi sfide? Tu combini solo disastri! Come quella volta che hai fatto giocare Bra e Pan in autostrada »

Vegeta si fece offeso, allargando le braccia. « Hanno solo distrutto un paio di macchine e accatastato qualche guardrail facendone una palla da basket. Che esagerazione. E poi quel poliziotto ha avuto un mese di pausa dal lavoro- »

« Perché è stato piantato un mese in ospedale in ortopedia. Oppure quella volta che hai permesso loro di distruggere una fabbrica nucleare… »

Il Saiyan si tese in un minuto di silenzio.

« … tu sei solo gelosa perché io, qui, sono il babysitter migliore »

La donna, allora, si avviò a passo concitato all’ingresso di casa, pronta per afferrare le chiavi dell’auto e andare a lavorare in ditta, e Vegeta le si fece alle calcagna, seguendola ad ogni passo, convinto di vincere il battibecco appena iniziato.

Ma, in fin dei conti, la vita di Vegeta era così: un pendolo tra il desiderio sfrenato di vincere e l’illusa convinzione di potercela fare.

« Vegeta, dico sul serio, caro. Io sono la presidente della Capsule Corporation - genio, filantropa, playgirl,i - scienziata e figlia del fondatore della Capsule Corporation, il famoso Dott. Brief. Sono solo uno dei personaggi più importanti della serie, prima amica di Son Goku, che ha messo in moto l’intera baracca… potrei gestire i ragazzi ad occhi chiusi »

Il Saiyan si fece paonazzo: questo era troppo!

« Bene, allora oggi rimango in sciopero! Non farò nulla tutto il giorno! »

« Come se gli altri giorni facessi qualcosa. Ci vediamo pomeriggio e ti farò vedere quanto io sono brava con i ragazzi. Ciao, amore »

Ancora quella parola con la a. Che ci trovasse di tanto gustoso in quel a-more era un mistero.

Detto questo, la donna se ne andò sbattendo la porta e, con una forte ventata, abbandonò in casa il marito che si ritrovò con i capelli, per via del vento stranamente pettinati. Questo fissò la porta, portandosi le braccia al petto e corrucciando lo sguardo.

La donna si credeva migliore di lui nel gestire i figli?

Bene!

Gliela avrebbe fatta vedere: la casa presto si sarebbe trasformata in una casa horror e Bulma gli sarebbe venuta a chiedere scusa in ginocchio.

Se quella donna pensava di dargliela vinta si sbagliava di grosso, perché, Vegeta, non vinceva mai.

Non ne aveva la minima idea di cosa voleva dire curare le piccole piaghe che avevano come figli. Senza pensare poi alla discendenza di Kakaroth, un piaga da decubito vera e propria.

In fondo, si era sempre preso cura dei figli, perché non riconoscerlo?

Faceva in modo che i ragazzi mangiassero le verdure – attirandoli presto la mattina in giardino e distribuendo loro del fieno, cosicché lo cercassero tra i fili d’erba e al contempo rasassero il prato. Stimolava la loro creatività e fantasia – lasciando che il momento del pranzo si trasformasse in una guerra a chi si aggiudicava il piatto migliore – nel frattanto faceva le faccende domestiche: a fine pranzo, infatti, raccoglieva stoviglie, piatti e ragazzi dentro la tovaglia, li buttava in lavatrice con uno shampoo delicato e un ammorbidente – perché non si rovinassero la pelle – e voilà, un profumo di pulito.

Per non parlare di quando li educava alla buona musica, invitandoli a fare l’hairbang sull’heavy metal, perché si asciugassero più in fretta dopo la doccia, potendo così anche disporre di eventuali pidocchi che cadevano a terra; una veloce e atletica danza irlandese e voilà, i pidocchi erano andati.

Certo, il bagno rimaneva sempre tutto appiccicaticcio e schiumoso, ma se si evitava di scivolare a terra non era mica un problema: a parte quella volta che era effettivamente scivolato a terra e la sua faccia era rimasta appiccicata a terra per due ore, finché il suo corpo, girovagando alla cieca, non erano riuscito a rimettersi la faccia in faccia.

Già, Bulma tendeva proprio a sottovalutarlo, ma questa sarebbe stata l’ultima volta!

Si rilassò in un sorriso malvagio e rimase qualche secondo a godersi la sensazione di autocompiacimento che tanto gli piaceva. Fino a quando non si rese conto di stare fissando la porta d’ingresso da venti minuti, tanto che, pure la porta era stufa di trovarselo davanti.

Erano le otto del mattino e Vegeta si appostò fuori casa, comodamente seduto su una sedia, deciso, per quel giorno di fare lo sciopero del babysitter.



Appena Bulma parcheggiò l’auto, si stiracchiò dolcemente il collo, soddisfatta e indolenzita dalla giornata economicamente vantaggiosa per il suo portafoglio e brillante per la scienza: era una soddisfazione riuscire a clonare un dinosauro del Cretacico, mandare una sonda su Plutone per la consegna di pizza a domicilio, scoprire che l’acqua potesse essere usata al posto della benzina e fare affari con un misterioso cyborg nero con disturbi d’asma proveniente da un’altra galassia che richiedeva dei piani per una specie di stazione spaziale super potente con un nome alquanto bizzarro e poco nefando come “Morte Nera”.ii

Sospirò, sorridendosi allo specchietto retrovisore: un’altra bella giornata.

Quando scese dalla macchina, trovò il marito disteso sulla sdraio davanti all’uscio di casa, mentre prendeva il sole – o quanto meno, si bruciava gli occhi fissando direttamente il sole. Alzò gli occhi al cielo: probabilmente il suo ego gli aveva suggerito di sfidare il sole perché aveva una massa più densa di lui, e il Principe dei Saiyan lo aveva sfidato ad una gara a chi distoglieva prima lo sguardo. Inutile dire che pareva avesse gli occhi vacui dell’indovino Tiresia mentre ammoniva Ulisse.

Si frappose tra Vegeta e il sole, interrompendo la sfida: vide Vegeta riacquisire un vago senso del sé, finché non assunse un’aria dapprima stupita e poi compiaciuta.

« Sei compiaciuto perché non hai fatto nulla? »

Vegeta ghignò, spaparanzandosi meglio sulla sdraio. « No, sono compiaciuto perché adesso potrai vedere che io ho avuto ragione. Entra pure in casa, cerca di addomesticare i nostri figli e poi fammi sapere se sei ancora viva »

Gongolò di malcelata soddisfazione, chiudendo gli occhi e rilassandosi sul lettino, la faccia mangiata dal sole che friggeva per le scottature.

Bulma solo allora portò lo sguardo verso l’ingresso e, a parte uno striscione che pendeva dalla cupola, tutto pareva intatto. Non c’erano allarmi di sottofondo, né sirene della polizia, né sirene per rifugiarsi nel rifugio anti-atomico.

Alzò ancora gli occhi al cielo: come sempre suo marito si era rivelato inutile e tronfio di sé. Non c’era nulla che non andava.

Fece per avviarsi in casa per confermare le sue attese, quando si soffermò a leggere lo striscione.

« Non sei la denvenuta… »

Di sicuro suo marito voleva fare il simpatico. « Perché la b di benvenuta è scritta al contrario? »

« Perché non ho ancora imparato bene a scrivere in terrestre »

« Non te l’aveva insegnato Bra? »

« Alle volte mi confondo »

Con un sospiro, la donna entrò in casa, lasciando il marito sul lettino, ancora con un’aria compiaciuta.



Appena varcò la porta di casa e appoggiò la giacca all’appendiabiti, questo crollò sotto il suo peso. Bulma strabuzzò gli occhi, ma presto si rese conto che anche il resto dell’ingresso e del salotto di casa aveva ben poche cose rimaste integre.

Il salotto era un campo di battaglia, su cui erano disseminati quelli che parevano i corpi dei loro robot domestici e – oh mio Kami – sperò con tutto il cuore che quella gamba abbandonata a terra e cosparsa di sangue fosse quella di un manichino rubato dal laboratorio e condito con il ketchup. Qualsiasi senso logico avesse avuto questo pensiero.

Il tavolino di vetro che tanto bellamente aveva adornato il salotto adesso era conficcato nel muro, mentre le schegge di vetro avevano intrappolato, stile lanciatore di coltelli, quello che riconobbe come uno dei suoi impiegati, svenuto e appeso a penzoloni contro il mobile. L’impianto stereo, la TV e la radio erano in fiamme e parte del soffitto pareva aver subito la stessa sorte perché avvolto da un nero cupo, come il caffè che aveva bevuto con grazia quel mattino.

Traccie di benzina cospargevano la stanza e avevano ridotto il divano tale e quale al cugino che la settimana precedente avevano abbandonato in discarica: seguì, boccheggiante, le strisce di benzina fino alla cucina, che trovò neanche messa così male. Il frigorifero era rivolto a terra e il lavandino, la cui acqua sgorgava a terra creando un fiume d’acqua, era la vasca da bagno di quello che – AAAAAHHH! - riconobbe come una specie di gremlin con i codini azzurri.

Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, cercando di scacciare il mostriciattolo che era sceso dal lavandino e ora si stava arrampicando sulla cucina per arrivare al lampadario.

« Scendi subito di lì! Brutto mostro! » gridò, isterica, « Vegeta! »

Scatenò il suo urlo a pieni polmoni, ma il mostriciattolo non pareva intento ad andarsene, fino a quando il lampadario non crollò sotto il suo peso e il mostro scappò via veloce, dirigendosi verso le scale e sparendo al piano superiore.

Bulma uscì scossa dalla cucina, tenendo stretta tra le mani la scarpa con il tacco dodici con cui aveva tentato di scacciare il mostro. Si guardò attorno, terrorizzata. Le finestre del piccolo vano che portano dal salotto alla cucina erano state tutte distrutte da pietre e sul soffitto c’erano traccie di neve miste a sabbia. Com’era possibile?

Stava per dirigersi più terrorizzata che curiosa verso l’esterno per chiedere spiegazioni al marito, quando sentì un rumore di vetri infranti ed una risatina innaturale provenire da in cima le scale.

Si avvicinò cauta, finché non notò in cima alle scale un altro mostriciattolo, ‘stavolta accompagnato da dei capelli ispidi di colore nero caffè fare capolino dalla tromba delle scale. Il piccolo mostro, che le sorrise con i suoi dentini affilati in maniera poco rassicurante, stava cercando di buttare giù dalla scalinata la vecchia credenza di sua madre che, antico cimelio di famiglia, era stato regalato loro da parte della bisprozia della nipote della moglie del fratello del cugino acquisito. Da parte di mamma, s’intende.iii

Bulma si strozzò nel suo respiro: « Fermo! Quel mobile sarà pure orrendo, ma non puoi buttarlo giù per le scale! »

Neanche il tempo di finire la frase che, dalla credenza, sgusciò fuori un altro terribile mostriciattolo che, ‘stavolta con in testa una bizzarra chioma glicine, la fissò con occhietti spiritati e sguainò le fauci, come pronto per addentarla.

Prima che Bulma potesse urlare, il mobile venne scaraventato giù per le scale dai due demonietti che, subito scapparono, volando al piano di sopra e andando a rifugiarsi in uno dei bagni: la donna, nonostante la paura, superò con un salto atletico l’antica credenza che finì a fare compagnia al divano sventrato in salotto, e seguì le tracce dei mostri fino al bagno.

Appena aprì la porta, uno sciame di api uscì dalla porta e la rincorse per tutte le scale, fino a che non scappò in salotto, uscendo in giardino attraverso la portafinestra che – uh, non l’aveva notato ­ era stata scaraventata in giardino, lasciando un vuoto incolmabile tra giardino e salotto. Be’, la cosa positiva era che il buco sul soffitto che aveva creato suo marito, in maniera artistica per far vedere le stelline alla figlia minore, almeno era rimasto tappato. Peccato per il resto delle mura che pareva stesse per crollare da un momento all’altro.

Raggiunse a grandi falcate il marito che, ancora, se ne stava al sole come una lucertola e la fissò, quando la vide, con aria compiaciuta. Si portò davanti a lui con la schiuma alla bocca.

« Chi sono quei demoni?! »

« Loro son- »

« Lascia stare! Risolverò la situazione da me! » e sparì nuovamente dentro la casa, pestando i piedi sul terreno e creando delle voragini sul pavimento. Vegeta osservò il suo adorato fondoschiena sparire dentro casa e fece spallucce, tornando a sfidare il sole. Ancora non voleva dargliela vinta a quella bastarda di stella.



La scienziata non si arrese e, con un urlo di guerra, salì di corsa le scale fino ad arrivare alle camere: notò con orrore la cameretta di Bra che era una strage di peluche e bambole decapitate e squartate sul pavimento, mentre il letto aveva preso fuoco ed era, al tempo stesso, ricoperto di schiuma. La stanza di Trunks, invece, era sottosopra, nel senso che, in qualche modo, tutti i mobili e il letto pendevano dal soffitto, attaccati con quella che, o era colla, o non voleva sapere che sbobba fosse. Non si sa mai i teenagers che possono combinare quando sono in preda agli attacchi ormonali.

Sentì poi, d’improvviso, una nenia lugubre provenire da quella che, era sicura, fosse la stanza matrimoniale che condividevano lei e suo marito – o ex-marito, se presto non fosse venuto ad aiutarla invece di friggersi il cervello al sole. Si avvicinò lenta, schivando e superando di cadaveri di robot domestici che giacevano per terra, assieme a residui di cibo e... lamiere di metallo? Avevano distrutto pure i condotti dell’aria?

La nenia, si rese poi conto, si era trasformata in un party wild che, inaspettatamente, si stava svolgendo in camera da letto: con tutto il coraggio che aveva in corpo, sfondò la porta e si trovò davanti una schiera di fantasmi e demoni dell’aldilà che stavano facendo un party sul letto e sul pavimento, dipingendo la stanza di variopinti colori di morte e putrefazione. Boccheggiò qualche istante e poi urlò.

« Fuori di qui! » esclamò con furia, facendo voltare tutti i demoni ballerini verso di lei, i quali, resisi conto di avere davanti un demone peggiore di loro, se la diedero a gambe, sparendo in una nuvola di fumo. Urlò, quando vide due mostriciattoli sul letto, quello con i capelli glicine e quella che pareva una femminuccia con i capelli scuri a ciotolina, che stavano per baciarsi. Senza contare il fatto che il demone con i capelli a scodella indossava il suo abito di matrimonio.

« Viaaa! » urlò indignata, inseguendo i mostri per tutta la stanza, mentre questi sghignazzavano, inquietanti, fin fuori il corridoio.

Si apprestò a seguirli, fino a che non si trovò davanti tutti e quattro i demonietti che le ostacolavano la via di fuga. Afferrò alla cieca un pezzo di lamiera che giaceva a terra, pronta per difendersi dai mostri, anche se, constatò con orrore, loro erano in quattro e lei era sola.

Il demonietto più piccolo con i codini blu pareva quello più sveglio e si apprestò a morderla ad una gamba, ma Bulma si difese con il bastone e cercò di difendersi. Colpì con un colpo secco il mostriciattolo che aveva buttato da basso la terribile credenza della bisprozia, ma l’altro demonietto, con i capelli tremendamente simili a suo figlio, bloccò il bastone tra le mascelle e lo tagliò tra le affilate fauci.

Bulma gridò di terrore e cercò di farsi strada, colpendo a casaccio i piccoli demoni che, più che essere spaventati dalla donna, si erano arrampicati sul soffitto del corridoio e la fissavano a testa in giù, con la saliva che scendeva lentamente a terra dalla loro boccuccia deforme.

Quando uno dei demoni girò la testa per fissarla meglio negli occhi, storcendo terribilmente il collo di 360° gradi, il suo coraggio venne meno e mai fece così in fretta a correre per raggiungere l’ingresso della casa, dove soggiornavano Vegeta e la sua sfida.

Quando comparve sua moglie gli parve più pallida di un lenzuolo, ma non ne era sicuro, il sole gli aveva bruciacchiato le retine e lui aveva iniziato a vedere degli unicorni saltellare in giardino.

La donna si voltò, tremante, verso di lui. « M-ma… chi sono quei mostri? »

Vegeta parlò, sempre mantenendo la sua espressione compiaciuta: « Quelli sono i nostri figli quando non sono custoditi »

« C-come? » balbettò Bulma, arretrando barcollando.

Vegeta sorrise ancora, anche se guardò per qualche secondo il vuoto. Dannazione, non ci vedeva proprio, stupide retine, dove diamine si era messa la donna?

Quando individuò la sua voce e si orientò nello spazio-tempo, continuò. « Hai sentito bene… allora, pensi ancora che il mio lavoro sia inutile? »

Bulma emise un altro gemito al sentire un’esplosione provenire dal piano di sopra. Si voltò, arrabbiata, verso il marito che ancora faceva fatica a mettere a fuoco i dintorni. Che ironia, a guardare troppo il fuoco, ora non metteva più a fuoco.

« Perché non fai nulla e te ne stai qui?! » gli urlò, piccata.

« Perché esigo le tue scuse »

La donna sbuffò, portandosi una mano al ciuffo di capelli che era scivolato dal cerchietto, e si lisciò l’abito, o quello che ne rimaneva, visto che sembrava una scappata da Vietnam. Incrociarono entrambi le braccia al petto e fecero il muso. Lei si rifiutò di guardarlo in faccia, mentre lui, ancora, non la vedeva la sua faccia.

Ad una certa, finalmente, rimise a fuoco il mondo e la guardò, ancora con fare compiaciuto. Probabilmente a fine giornata il ghigno strafottente tenuto per ore gli avrebbe fatto venire un ascesso alla faccia.

Un improvviso boato li fece girare verso la casa e seguì qualche secondo di silenzio di troppo. Poi, un fischio assordante attirò la loro attenzione, portandola al cielo, e Bulma spalancò gli occhi al vedere una palla di lamiere che si stava dirigendo a tutta velocità verso di loro.

La palla si sfracellò al suolo dietro di loro e distrusse l’unica parte del giardino che era rimasta integra dalla devastazione, ossia il vialetto davanti casa e il marciapiede comunale.

E anche la Gravity Room aveva tratto il suo ultimo respiro.



Il Saiyan boccheggiò come un pesce fuor d’acqua a vedere la devastazione del suo giocattolo preferito e si portò una mano al petto, sentendosi il fiato corto, incerto se fosse il principio di un infarto o le costolette di maiale che ancora aveva sullo stomaco.

A tirar fuori entrambi dall’imbarazzo di dover parlare per primi per spiegare il perché i Saiyan cuccioli fossero la versione miniaturizzata di satana, si presentò con un bel sorriso Gohan che, come sempre alle cinque del pomeriggio, arrivava per portare a casa la sua adorata Pan e il suo meno adorato fratellino Goten con cui, da circa dieci anni, doveva condividere la quota ereditaria.

« Buongiorno… » sussurrò al vento, visto che gli occhidella coppia stavano ancora osservando i resti fumanti della stanza gravitazionale. « Wow… » bisbigliò, poi, osservando la desolazione che regnava tutt’intorno. Non che non vi fosse abituato, ma almeno l’assicurazione di casa Brief copriva tutti i danni. « Wow, è un unicorno quello? »

« Ora basta! » si animò, invece, il Principe dei Saiyan, « quei demoni hanno superato il limite! »

I tre fecero comunella in una piccola riunione improvvisata, per tirare fuori una strategia d’azione, ma, presto, dovettero fare i conti con la realtà: la situazione era peggiore del previsto. Probabilmente due dei mostriciattoli gozzovigliavano al piano di sopra, ma gli altri due avevano raggiunto il giardino posteriore e, se non li avessero fermati, la signora Brief avrebbe dovuto dire addio alla sua collezione di petunie, e tutto volevano, tranne che procurare un dispiacere alla signora Brief.

« Faremo così » iniziò, strategico Vegeta, nominato improvvisamente genitore esperto e responsabile. Un ruolo estremo e difficile da avere sulle spalle, ne erano consapevoli, ma nelle situazioni di emergenza, come quella che stavano vivendo in quel momento, avevano poca scelta.

« Entreremo in casa e saliremo cauti al piano superiore: una volta lì, io placherò le due bestie, addormentandole. Poi scenderemo in giardino, per avere a che fare con le altre due »

« Non ci sarà il rischio che le altre due, sentendo il nostro odore, ci raggiungano in casa, abbandonando il giardino? » domandò cauto Gohan, sistemandosi gli occhiali sul volto con fare impegnato ed intelligente.

« Questo potrebbe risultare a nostro favore, così non toccheranno le petunie. Nel caso ci circondassero, lasciate fare a me! »

Deciso il piano e acquisito un poco di coraggio, entrarono in casa.



La visione del salotto si presentò loro peggio di quanto Bulma ricordasse: il divano aveva stranamente smesso di bruciare, ma la credenza della bisprozia aveva un aspetto orribile. Anche se, a dire il vero, lo aveva sempre avuto.

Cercando di non respirare i fumi tossici che uscivano dalla cucina, salirono quatti quatti le scale, Vegeta davanti a dirigere il gruppo, Bulma in mezzo, mentre stringeva con agitazione il braccio del marito e Gohan in fondo, che scrutava attento i dintorni, alla ricerca di qualche minaccia come sua figlia o suo fratello. Dai, che magari era la volta buona che ereditasse tutta l’eredità.

Arrivati in corridoio, si fermarono davanti allo scricchiolio tenebroso della camera matrimoniale che si apriva, cigolando. Il nero che ne fuoriuscì non faceva sperare nulla di buono, soprattutto per il fatto che accendere la luce di giorno, quando fuori c’era il sole, era uno spreco fastidioso e poco rispettoso verso l’ambiente. E poi la luce naturale del sole faceva bene alla vista e alla pelle. Vegeta poteva confermarlo.

Il gruppetto si fermò immobile al centro del corridoio, proprio al davanti alla porta e i combattenti assunsero la posa d’attacco: Vegeta con il bastone del mocio tra le mani, Bulma con due ciabatte pronte a colpire e Gohan con il tubo per l’aspirapolvere acceso.

L’urlo di una delle creatura gelò l’aria e subito uscirono dal buio della caverna due demonietti, uno con i capelli glicine e l’altra con i capelli a ciotola neri: il gruppetto dei Ghostbusters tenne loro testa, cercando di resistere ai morsi dei dentini affilati dei mocciosi e Gohan aspirò con convinzione la faccia dei mostri dentro l’aspirapolvere, sperando di catturare lo spirito malefico che li stava assediando.

Ad un certo punto, però, non si rese conto di stare avvicinandosi troppo ai due mostri che, prima che Vegeta o Bulma potessero avvisarlo, lo afferrarono per le gambe e lo scaraventarono a terra e, come risucchiato da una voragine, venne trascinato verso il buio della stanza da letto, risucchiato dalle spire nere della luce spenta.

La coppia poté solo assistere, indifesa, alla scomparsa del loro amico dentro la camera, finché la porta non si chiuse dietro di lui, cigolando.

« Oh mio Kami, Vegeta! Hanno preso Gohan! Cosa facciamo? » s’impanicò Bulma, stringendosi a Vegeta, che la teneva stretta per la vita e impugnava una delle due ciabatte in mano, come un eroe con la sua spada insanguinata.

« Be’, non che sia una grande perdita »

Lo sguardo corrucciato di Bulma gli fece cambiare idea. Sbuffò: « D’accordo, andiamo in giardino! »

Scesero di corsa le scale ed uscirono dalla porta posteriore nel giardino.



Si dovettero nascondere ancora una volta, e optarono per rifugiarsi dietro la carcassa di uno degli alberi che i mocciosi, ‘stavolta tutti e quattro, avevano sradicato e gettato alla rinfusa vicino alle aiuole. La cosa positiva era che le petunie ancora stavano bene, ma non per molto, pensò, ansioso, Vegeta.

Entrambi guardarono meglio la scena dei mostricciattoli che urlavano e strepitavano ad un paio di metri da loro e notarono con orrore che, dai resti della GR, avevano costruito un razzo a propulsione sul quale, vi era legato ed imbavagliato Gohan che, con il tubo dell’aspirapolvere ancora in mano, cercava, invano, di liberarsi. Un enorme countdown in cima al razzo segnava i minuti che separavano il razzo dal lancio verso la Luna.

Probabilmente tutto quello era opera di Bra: la scienziata alzò gli occhi al cielo.

« Vedi che succede a viziare tua figlia? » bisbigliò rabbiosa, contro il marito « che crea i razzi spaziali! Te l’avevo detto di non regalarle quel libro sull’astrofisica applicata e tu che fai? Glielo regali! La stai viziando troppo! »

« D’accordo, Lascia che ci pensi io, tu seguimi, ma lascia parlare me! » rispose, invece, Vegeta, non facendo caso al tono astioso della compagna. « Ricordati solo alcune regole importanti. Dobbiamo seguirle alla lettera, altrimenti non saremo in grado di addomesticarli! »

Bulma annuì, ansiosa di liberarsi dalla situazione il prima possibile.

« Prima regola, guardali dritti negli occhi, così capiranno che sei tu il capobranco. Seconda regola, non alzare la voce, penseranno che tu possa piegarti alla loro volontà. Terza regola, non voltare mai loro le spalle, penseranno che tu sia debole! »

« Dove hai imparato queste regole? » chiese, stupita la donna.

« Da questo libro! »

« Ma questa è la guida pratica per l’addestramento dei cani! »

« Be’, è uguale »



Quando si avvicinarono al branco dei mostricciattoli che ballava e girava attorno alla preda che avevano catturato, i demonietti si misero sulla difensiva e iniziarono a ringhiare loro contro, ma Vegeta non tentennò un secondo e continuò ad avanzare cautamente in avanti, tenendo le braccia distese e le mani aperte e cercando di bilanciare i movimenti del gruppo, perché questo non uscisse dalla sua zona di controllo.

« Stai calmo, Trunks » affermò con tono deciso il Saiyan, avanzando passo per passo, con la moglie dietro la schiena.

La forma indemoniata e non custodita di Trunks ringhiò e ruggì di rimando, cercando di acquistare terreno, ma senza successo. Il piccolo e poco adorabile Goten – almeno in quel momento – che stava dietro di lui, si aprì in un sorriso di dentini affilati e cercò di fare lo stesso di Trunks, tentando di mordere il principe.

« No, Goten, cattivo! » gridò Bulma, ma Vegeta l’interruppe subito, allarmato.

« Ferma, Bulma, così farai il loro gioco! Va’ a liberare Gohan! »

Mentre la moglie era indaffarata nel cercare di liberare il figlio del Son, Vegeta portò sul sguardo sui tre demonietti che gli stavano davanti. Trunks ancora cercava di avanzare ed era il più coraggioso del gruppo, anche se, davanti al suo passo deciso, stava iniziando a tentennare; Goten era un poco più incauto, ma meno resiliente e dopo un altro tentativo di assaggiare la sua gamba, era rimasto indietro, quasi con la coda tra le gambe. Pan, invece, poco più in là, aveva abbandonato la noce di cocco che stava sgranocchiando e si era concentrata sui suoi movimenti decisi e più che arrabbiata, pareva curiosa, ma, per fortuna, troppo cauta per avvicinarsi.

« Calmo, Trunks » riferì ancora una volta, cercando di calmare il più forte dei tre, quando si rese conto che… uno… due… tre… dov’era il quarto?

« Dov’è vostra sorella? »

Alla sua destra, due occhietti azzurro ghiaccio accompagnati da un basso e famelico ringhio lo fecero guardare nella siepe accanto. A quanto pare Bra aveva scelto la posizione più nascosta e comoda per attaccare.

« Bambina perspicace… » sogghignò.

Il demonietto azzurro uscì con un balzo dalla siepe e si posizionò davanti al gruppo che, al completo, parve assumere di nuovo forza e si oppose con più coraggio al suo controllo, facendolo arretrare verso Bulma e Gohan, ancora legato come un salame al razzo, del cui countdown a quanto pare, tutti se ne stavano fregando.

« Vegeta! » gridò, spaventata la donna. Vegeta, vedendo che la situazione gli stava sfuggendo dalle mani, prese, allora, una decisione estrema.

« Non vi permetterò di lanciare Gohan sulla Luna! » affermò deciso verso il branco che ancora ringhiava, rabbioso, verso di loro.

« Sarà solo uno di voi a farlo »

« Cosa!? » esclamò Bulma.

« Hmmph!? » esclamò Gohan che, aspirapolvere alla mano, era ancora imbavagliato e legato al razzo per la Luna.

Anche i demonietti si erano fermati alle sue parole e lo guardarono con fare curioso.

« E lascerò che siate voi a deciderlo, lottando tra di voi » concluse, infine, il Saiyan, portandosi le braccia al petto.

Passò qualche secondo di silenzio in cui risuonò solo il countdown del razzo, finché i quattro demoni non si osservarono tra di loro e, guardandosi improvvisamente in cagnesco, iniziarono a ringhiarsi l’uno contro l’altro. In poco tempo, il branco si dissolse in una lotta intestina, in cui ognuna delle parti lottava per avere la supremazia sull’altra.

Bulma lo raggiunse con passo incerto, osservando incredula la scena.

« Sei sicuro che funzionerà? »

« Ma certo, stai a guardare » e fece nuovamente la conta: « tre… due… uno… »

Come allo scoccare delle lancette dell’orologio che segna la mezzanotte, i quattro demonietti improvvisamente avevano smesso di lottare e, accasciati a terra l’uno sull’altra, dopo aver ripreso le loro sembianze umane, Trunks, Goten, Pan e Bra, dormivano dolcemente, sfiniti dalla lotta.

« Dovevo solo far terminare loro le energie e presto si sarebbero addormentati come angioletti » fece il Saiyan, allargando le braccia e il sorriso.

A Bulma brillarono gli occhi e si gettò tra le braccia del marito, travolgendolo in un bacio focoso, anche se, probabilmente, Vegeta ne aveva abbastanza di fuochi quel giorno.

Il loro bacio focoso e romantico li distrasse, però, da un piccolo dettaglio importante e il countdown del razzo finì e il boato del razzo li travolse.

Si ritrovarono, così, a fissare il cielo, in cui la scia bianca del razzo verso la Luna strisciava perpendicolare, per raggiungere le somme vette dell’atmosfera e andare a precipitare sul satellite.

Ops.

Sarebbero dovuti andare a recuperare Gohan, ma almeno la loro assicurazione copriva anche gli incidenti sulla Luna.





The End





Angolo dell’autrice

Non avevo propriamente in mente di tornare con una Sbavatura, ma avevo troppa voglia di scrivere qualche scemenza. Spero che questa storiellina possa rallegrare la quarantena di tutti voi :)

Purtroppo ultimamente bazzico poco per questi lidi e ci sono un sacco di storie belle che ho da recuperare, quindi spero di farmi sentire al più presto!

Intanto, vi ringrazio se siete arrivati fino a qui e se mi farete sapere che ne pensate, grazie mille! Un abbraccio forte forte, a due metri di distanza!

A presto,

Zappa

iGrazie all’ego di Tony Stark

iiGrazie a Darth Vader, per la gentile comparsa

iiiCit. Le Follie dell’Imperatore

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3428490