The lady in red

di Semmai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** I ***
Capitolo 3: *** II ***
Capitolo 4: *** III ***
Capitolo 5: *** IV ***
Capitolo 6: *** V ***
Capitolo 7: *** VI ***
Capitolo 8: *** VII ***
Capitolo 9: *** VIII ***
Capitolo 10: *** IX ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


I personaggi di Harry Styles, Liam Payne, Zayn Malik, Niall Horan, Louis Tomlinson,
Anne Cox e quelli che si sussegueranno,
non mi appartengono in nessun modo. Questa fan fiction non è stata scritta con scopo di lucro.
I fatti sono di pura invenzione. 




Lady in red

 
Le prese la mano gentilmente proprio come sua madre gli aveva insegnato quando era piccolo. Lei, la ragazza in rosso, l’aveva stretta delicatamente e un sorriso le era apparso sul volto mascherato. La fece girare in modo da mostrare la sua bellezza all’intera sala. Era bella, lui lo sapeva bene. L’avvicinò a se e la strinse, quella volta non le avrebbe permesso di abbandonarlo nel bel mezzo di un ballo. Quella volta lei era lì accanto a lui e avrebbero ballato per tutta la notte.
Le note di Chris DeBurgh si diffondevano per tutta la sala. Era la più bella canzone d’amore che avesse mai ascoltato. Era stato suo padre a fargliela scoprire, una volta, mentre erano in macchina e discutevano su una sorpresa da fare ad Anne, sua madre. Lui diceva che ogni donna ha la sua canzone, basta solo scoprirla ed invitarla a ballare. Secondo la mente contorta di suo padre, se la canzone e la ragazza fossero state quelle giuste, allora quel ballo non sarebbe più terminato. Gli sarebbe sembrato come volare e non ci sarebbe stato imprevisto che li avrebbe separati.
Harry era sicuro: la ragazza in rosso era quella giusta. La canzone era quella giusta.
La strinse ancora di più a se, mentre lei sospirava. Le luci della sala si abbassavano,  raggiungendo un’intimità da permettere solo ai partner di ballo di potersi guardare negli occhi. Lui in quegli occhi castani ci sarebbe potuto morire. L’allontano leggermente dal suo corpo, permettendo al suo braccio di guidarla in una giravolta delicata. Lei azzardò un sorriso timido. Gli aveva donato un sorriso. L’aveva ripresa e ristretta a sé, come se  potesse scomparire da un momento all’altro. Si guardarono negli occhi per un lasso di tempo pari a cinque minuti. Fu lei a prendere la parola.
“Mi sei mancato, sai?” gli disse, senza vergogna.
il ragazzo sorrise. “Tu mi sei mancata da morire, invece” aveva sussurrato al suo orecchio.
Erano giorni che non la vedeva, che non la sentiva. Nottate passate in bianco, in quello stupido bus a girare l’Europa.
“Perché non mi mostri il tuo volto? Sono pronto” Lei scosse la testa. Impercettibilmente, ma lo fece.
“Non posso, lo sai” aveva aggiunto, poi.
Harry sbuffò, non avrebbe resistito a lungo e questo lo sapeva bene.
Le luci stavano calando sempre di più, segno la musica stava per terminare e, cosi, anche la compagnia della sua dama. La strinse ancora e parve notare un lampo di tristezza negli occhi della sua bella.
Le scostò i capelli scuri dal volto, cercando di spostare più che poteva la maschera. “ci vedremo, ne sono certo ed io non ti lascerò più andare” E le prese la mano. Quella mano tanto piccola.
Provocò un sorriso. “Tanto non mi noterai neanche. Tu sei tu ed io sono solo io” Terminò, baciandolo delicatamente sulle sue labbra piene per poi sparire.







 
____________
Ladies and gentlemen, saaaalve!
E' la prima fan fiction che scrivo sui One direction. Ultimamente ne ho lette tante, forse un pò troppe, e mi hanno ispirata e dato coraggio nel provare a scriverne una io. Vi ho postato il prologo così mi dite se vi incuriosisce almeno un pochino, anche perchè ho una montagna di idee *-*
Come avrete di sicuro letto ( speriamo xD) il titolo è tratto dalla canzone di Chris DeBurgh "The Lady in red". Ultimamente mi sono fissata con questa canzone, è una delle più belle che abbia mai ascoltato. :D
Detto questo, fatemi sapere cosa ne pensate anche se avete critiche da farmi. Sono ben accette! :D
Felice di aver postato finalmente una storia e speranzosa in una vostra risposta, 
vi abbraccio fortissimo, 
Semmai :D
 

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Capitolo 2
*** I ***


I
 
“Dream on, dream on, dream on
Dream on, dream on, dream on
Dream on, dream on, dream on
Dream until your dreams come true.”
 

"Quando la smetterai di parlare nel sonno, Joe?" la voce di Helly la svegliò improvvisamente. Era accaduto di nuovo: l’aveva sognato di nuovo. Erano settimane che quei sogni non le facevano chiudere occhi, erano intensi ed al suo risveglio aveva sempre un mal di testa atroce. Spostò la mano dell’amica dal suo braccio e si liberò dei capelli ricci che le ricadevano sugli occhi. Le era completamente sfuggito il fatto di non trovarsi a casa sua a dormire, ma aveva trascorso quella che doveva essere “una notte da leoni” a dormire sfiancata sul letto di Helly, da sempre la sua migliore amica.
“ Scusa, è che quei sogni non mi lasciano in pace” sussurrò,  mentre cercava di alzarsi. Vide il viso della ragazza corrugarsi, formando una leggera ruga ai lati degli occhi. “Dovresti smetterla di prendere il the prima di andare a dormire. Forse è quello che ti fa parlare nel sonno e fare sempre lo stesso sogno” azzardò, mentre si dirigeva verso la cucina. “per il momento quello che ti consiglio è una buona colazione”aggiunse, poi, con un sorriso stampato in volto e i capelli rossi legati disordinatamente da un elastico.
Quella poteva quasi definirsi un’abitudine ormai: almeno una volta a settimana dormivano nella stessa casa, una volta ciascuna, e, la mattina successiva, toccava alla rossa preparare la colazione, anche perché se fosse stato per lei, sarebbe andata al bar ad ordinarla. Legò i folti capelli castani e si diresse verso la cucina, pregando che ci fosse del caffè, ne avrebbe avuto bisogno per la giornata che le si presentava davanti, soprattutto per l’università. Aveva l’esame di statica.
Merda.
Helly la guardò in viso. “Ti sei dimenticata dell’esame, ora non sai che metterti e vai di corsa. Giusto?” Le porse dei  vestiti di ricambio, una briosce e quasi la cacciò dal suo appartamento. Ormai la conosceva meglio delle sue tasche. “Ah, e non ti dimenticare che sabato c’è il concerto dei One Direction. Abbiamo promesso a tua nipote Ilaria che l’accompagnavamo noi” le ricordò ancora.
Quella ragazza era un’agenda vivente. Avrebbe dovuto usarla come voce dei suoi promemoria che raramente ascoltava. Annuì alle affermazione dell’amica, prese la borsa di cuoio sulla sedia dell’elegante camera da letto e si diresse verso l’uscita, senza dimenticarsi di addentare, però, la morbida e calda briosce appena sfornata.
“ Tranquilla, come potrei dimenticarmi un evento tanto importante?” chiese, sarcastica.
In realtà lo avrebbe voluto tanto dimenticare. Non aveva nulla contro quei ragazzi, anzi, una volta le piacevano persino, ma la loro genuinità era persa. La fama li stava conquistando sempre di più e per una che ascoltava ancora i cd in vinile non era il massimo.
Senza fermarsi neanche un secondo, prese la metro,  riuscendo persino a ripetere durante il tragitto. Le capitava spesso di essere in ritardo, anzi, poteva definirsi la regina dei ritardi. Per questo aveva l’abitudine di tenersi in forma andando a correre tre volte a settimana.
 
“Signorina, direi proprio che lei merita un bel 30”la interruppe il professore di statistica. La ragazza sorrise soddisfatta; sapeva bene che la matematica, o quello che si avvicinava alla materia, non fosse per niente il suo forte, ma il massimo lo meritava. Poteva essere distratta, poteva dimenticare le corse, ma sullo studio era fissata.
Salutò il professore cordialmente ed uscì dall’aula. Gli altri ragazzi si avvicinarono per chiedere il risultato dell’esame e le domande più frequenti del professore. “ ragazzi, fa domande diverse per ognuno. A me ha chiesto l’analisi di regressione, la simmetria, il teorema di bayes, binomiale e la proprietà di correttezza” disse, cercando di ricordare quasi tutti gli argomenti di discussione. I ragazzi annuirono e si concentrarono sui propri libri.
Prese il cellulare e mandò un messaggio all’amica.
“alle 20:00 al Saint  Patrick. Ho preso 30” 
E rimise il cellulare in borsa.
La sua mente, però, ritornò al sogno di quella notte. Cosa volevano dire quei sogni? Perché lei era sempre mascherata e non poteva toglierla? Perché non riusciva a vedere il ragazzo? I suoi sogni erano sempre un po’ ombrati, non riusciva mai a vedere il ragazzo in viso o a guardare i suoi occhi. Anche l’ultimo era stato così: erano in un’enorme sala da ballo ed era tutto buio. C’era mancato davvero poco che non le togliesse la maschera. Il modo in cui la stringeva, così forte e con una sicurezza degna di un uomo. La stretta di un uomo era essenziale: se  un uomo ti stringe con poca sicurezza, allora, non è quello giusto. L’odore leggero di dopobarba, misto ad un qualcosa di dolce, non faceva altro che rendere il sogno ancora più perfetto e logorante.  La ragazza scosse la testa, non poteva continuare a pensare ad un ragazzo che non avrebbe mai incontrato o che, magari, non esisteva neanche nella vita reale.
Si diresse verso la metropolitana ed entrò nel treno.
Non doveva più pensarci, questo era deciso.
 
Non ci fu frase più contrastata di quella, perché alle 20 della stessa sera, mentre aspettava le sue amiche al pub irlandese della città, Joe continuava a pensarci. Semplicemente perché non aveva nulla da fare o, perché, non poteva non farlo. Si fece portare una pinta di birra dal cameriere ed osservò la coppia di fronte a lei. Chissà se il ragazzo del sogno non smetteva di pensare a lei. Magari se ne stava anche fregando e lei, da buona ragazza quale era, si torturava.
“Ehi, trenta!“urlò una voce dall’ingresso del locale rustico.
Helly, Clod ed Ash erano appena entrate. L’altezza dell’ultima superava di gran lunga le piccole bandiere irlandesi sparse per il locale, mentre le altre due arrivavano a malapena a toccarle. Erano migliori amiche da sempre; Helly per lei era la compagna della sua anima. Perennemente alla ricerca di un’avventura, bella e sempre alla moda, lavorava in un salone d’alta moda di Roma. Clod era alla facoltà di Architettura ed era la persona più elegante che lei avesse mai visto; teneva i capelli corti alle Audrey Hepburn. Ash, invece, era la più piccola delle tre e frequentava l’ultimo anno di liceo. Il suo nome non era proprio quello, ma era così abituata a chiamarla in quel modo che, quando diceva il suo vero nome, quasi non la riconosceva. Era la più alta e i capelli castani le ricadevano lisci sulle spalle.
“Io lo dico che sei un maledetto genio” urlò ancora la più piccola delle tre, piazzandosi proprio in braccio alla più grande. Scoppiarono tutte a ridere, perché era risaputo che quando Ash faceva un complimento a Joe, sicuramente c’era un doppio fine.
“Ash, cosa ti serve stavolta? Guarda che il tema d’inglese non te lo faccio” disse, scoppiando, poi, a ridere.
Presero posto e cominciarono a scegliere cosa ordinare.
“cosa posso portarvi”, chiese un ragazzo sulla ventina, coi capelli biondi e gli occhi come l’oceano.
Drizzarono tutte sugli attenti, soprattutto Helly. Segno che aveva adocchiato una nuova preda.
“per me un irish coffee ed un panino Dublino”disse Ash.
“per me la stessa cosa” concordò, Clod.
“ a me, invece, porti un panino vegetariano, una Tuborg e il tuo numero” ammiccò la rossa, scatenando le risate da parte di tutti e un’occhiata maliziosa da parte del biondino.
“per un panino Dublino e una pinta di Guinness”terminò la mora.
Il cameriere prese le ordinazioni e se ne andò.
“e il tuo numero”disse Ash, prendendo in giro Helly.
Scoppiarono nuovamente a ridere, perché si sapeva che quella sera la casa della rossa sarebbe stata occupata.
“beh, almeno io ci provo a conoscere qualcuno. Qui, Clod è fidanzata, anzi, sposata. Ash, ha avuto qualche relazione, mentre Joe è persa sempre dietro al bel ragazzo dei sogni”rispose composta la ragazza chiamata in causa.
Joe, prese la parola.” Ma io so che esiste..”
“si, ma sono sempre sogni, dovresti accettarlo prima o poi”concluse, Clod.
Annuì distratta, perché sapeva che si stava cacciando in un bel guaio, ma se poi fosse esistito per davvero?
Stava per ribattere quando fu fermata dall’arrivo del cameriere che portò le varie ordinazioni, tra cui il suo numero per colei che l’aveva richiesto. Ennesima conquista di Helly.
 
“Io direi di fare un brindisi”disse, improvvisamente Joe.
Le altre si voltarono e sorrisero. “a cosa?” chiese, poi, Clod.
La mora sorrise e si alzò in piedi. “ A noi, alla nostra amicizia. Al lavoro di Helly, al nostro architetto, alla diplomanda e alla futura dottoressa in scienze politiche. Inoltre ai ragazzi, ai sogni e ai viaggi improvvisi” terminò, accostando il bicchiere di birra a quello delle amiche.
“oh, soprattutto ai ragazzi” aggiunse, Helly, facendo un occhiolino al bel cameriere che da lì a poco sarebbe diventato l’ennesima vittima.
Si salutarono presto, perché ognuna aveva degli impegni con i rispettivi partner. Così Joe entrò nella sua auto e guidò fino a casa.
Era stanca.
Stanca per la giornata passata tra studio e lavoro.
Stanca per le notti insonni e per quei sogni strani.
Aprì la porta di ingresso del suo appartamento. Era arredato in modo molto etnico. All’ingresso aveva messo una cornice grande a forma di casa, dove c’erano delle foto delle sue amiche e della sua famiglia. Aveva deciso di trasferirsi a Roma una volta terminato il primo anno di università a Napoli. Semplicemente perché voleva la sua indipendenza, nessun strano motivo. Nessuno scheletro nell’armadio.
Percorse il lungo corridoio che la portò in camera sua,che era la stanza più particolare della casa. Delle grandi tende arancioni oscuravano la finestra, mentre una libreria si estendeva per tutta la parete. Delle foto erano attaccate ad una parete, mentre su quella di fronte c’erano dei quadri di Londra. La sua Londra.
Si spogliò e si buttò sul letto.
Sì, era davvero stanca e percepì che quella notte non lo avrebbe sognato.
 

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Angolo autrice:
Grazie a tutti quelli che hanno visualizzato e letto il prologo della storia. Anche se, sapete, una recensione farebbe più che piacere hahahaha. 
Qui c'è il primo capitolo, spero che vi incuriosisca più di quello precedente :3
Allora, come abbiamo letto, la storia è ambientata in Italia. La ragazza è un'universitaria fuorisede a Roma e in più fa strani sogni.
Che dite? Riuscirà a trovare il suo bel ragazzo dei sogni?
Lo scopriremo solo leggendo! :D
Aggiornerò ogni Sabato, visto che in settimana sono un pò occupata. 
A prestissimo!
Un abbraccio, 
Semmai <3

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Capitolo 3
*** II ***


II
 
Il vento soffiava velocemente e pizzicava il viso liscio della ragazza che guidava a cento all’ora sull’autostrada.  Correre non le piaceva granché, colpa, molto probabilmente, dei troppi film guardati. Alla radio trasmettevano una canzone allegra, di un recente duo pop-country. Era una canzone d’amore, quella. Lei aveva deciso: con l’amore ci avrebbe dato un taglio, ma seriamente. Chi poteva essere più sfigata sulla Terra se non lei? Dopo tante fregature si era ritrovata a sognare un ragazzo bello come il sole, ma che non poteva guardare in viso. Quel giorno aveva deciso di prendersi una giornata di relax, prima di catapultarsi ad un concerto il giorno dopo. Dal giorno del Pub, non aveva più sognato il ragazzo innominabile e un po’ ci era rimasta male. Si sentiva come usata ed abbandonata. Come se quel tizio, se fosse davvero esistito, le avesse dato buca all’improvviso.
Passò davanti ad un centro commerciale e decise di entrarci, magari un po’ di shopping avrebbe giovato al suo umore. Si sa che donne e spese vanno sempre d’accordo. Quel giorno c’era un bel po’ di gente pronta a dar via tutti i risparmi di un mese oppure erano semplicemente alla ricerca di qualcosa che riempisse quel disperato senso di vuoto. Fatto sta che entrò dall’entrata principale e fu travolta dalla serie di ragazzine urlanti che uscivano; no, non le sopportava per niente. Era stata un’adolescente anche lei, in realtà lo era stato fino all’anno prima, ma non aveva mai urlato così solo per una persona. Scosse la testa e si avviò verso il suo negozio preferito. Avrebbe comprato qualcosa di diverso dalle solite camicie, vestiti vintage o zainetti di cuoio. Una botta di vita, ecco cosa ci voleva!
Pull and bear aveva un vasto assortimento di vestiti eccentrici o, almeno, quelli che lei considerava come tali. Puntò proprio su quelli; lì vide appesi a delle grucce poste quasi all’entrata del vasto negozio, si avvicinò e ne prese uno rosso. Avrebbe osato non per stupire qualcuno, ma per dare un po’ di colore a se stessa. Si precipitò di corsa nel camerino, prima che qualcuno la precedesse, chiuse le tende e si provò quello che sarebbe stato il suo acquisto.

“e così alla fine hai comprato un vestito rosso?”disse incredula, Helly. Sembrava strano anche a quest’ultima che l’amica avesse potuto comprare qualcosa di più appariscente. Lei che era sempre la maestra del voler passare inosservata, aveva osato.  “quando hai intenzione di metterlo, allora?”insistette ancora.
La brunetta ci pensò un po’ su: quando avrebbe potuto mettere un vestito rosso se non ad un concerto? Tanto sarebbe passata in osservata e non era di certo lì per dimenarsi con delle tredicenni, anzi, ne accompagnava una.
Sorridendo, allora, rispose alla domanda dell’amica. “Domani al concerto, ovvio”.
La rossa scoppiò in una fragorosa risata, una di quelle che ti fanno perdere la testa, se fossi un ragazzo, ovviamente. Aveva quel fascino “felino” che piaceva a tutti, Helly. Era bella, simpatica, spigliata, intelligente e un sorriso pronto a stendere chiunque. Il rosso era il suo colore ed era normale che fosse divertita dal cambiamento drastico dell’amica, ma l’avrebbe comunque sempre appoggiata. Si diresse in camera sua e le portò una busta con un fiocco. “so che non è il tuo compleanno, ma le ho viste e non ho potuto fare a meno di prendertele” commentò solo.
La busta arancione si adattava perfettamente al suo colore della pelle che, quando passò nelle mani di Joe, sembrò quasi stonare. Incuriosita aprì la busta e vi trovò un paio di Chelsea Boot nere che andavano alla perfezione sotto il vestito.
“Hells, sai bene che non dovevi” protestò con un sorriso. Le avrebbe sicuramente indossate il giorno dopo.
Il giorno dopo sarebbe stata “la ragazza in rosso” per una pura coincidenza. Tanto Lui non esisteva, no?
 
Partire di notte solo per andare ad un concerto di cui non importa granchè, non faceva per Joe ed Helly. Ferme alla stazione di Roma Termini, aspettavano la loro freccia rossa per Milano Centrale. Ilaria, la nipote iperattiva della mora, non faceva altro di quanto fossero belli e bravi i cinque ragazzi, di come sarebbe stata la città più alla moda d’Italia, dimenticandosi, ormai, della stanchezza del viaggio che aveva fatto poche ore prima. “Zia Joe, sarà una cosa bellissima. Mi noteranno, mi chiederanno di salire sul palco e mi porteranno via con loro.” Cantilenò imperterrita.
Le due ragazze si guardarono negli occhi e sospirarono pesantemente, segno che quella sarebbe stata una lunga giornata.
Alla fine aveva indossato il vestito rosso del giorno prima e sentiva posseduta da una strana positività. Strana, poiché doveva combattere contro l’astio che la ragazza provava per le quattordicenni assatanate. L’arrivo del treno la distrasse da quei pensieri e, di lì a poco, si accomodarono ai propri posti.
Da  Roma a Milano con la freccia rossa, sono circa tre ore e mezza di viaggio che, con una fanatica prossima ad un concerto, non sono di certo poche. Joe aveva ritrovato la rossa addormentata con le sue immancabili cuffione. La piccolina, invece, cantava e sbraitava senza sosta, disturbando anche quei pochi vicini, mentre lei aveva optato per la scelta di Helly: buona musica ed una buona dormita le avrebbero giovato.
Prese l’ipod e cliccò sulla ripetizione casuale e chiuse gli occhi. Sapeva bene che non l’avrebbe sognato, non di nuovo.

“And if you have a minute, why don't we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don't we go? Somewhere only we know “
 
La leggera melodia della canzone di Lily Allen, circondava tutto l’abitacolo in cui era stata catapultata. Avanzava piano, temendo che tutto venisse meno da un momento all’altro. Si toccò distrattamente il viso, indossava ancora una maschera, segno che non l’avrebbe incontrato nemmeno in quel sogno. Intorno a lei tutto era coperto da un leggero strato di ombra che rendeva tutto misterioso e, a tratti, macabro. Cercò di avanza ancora, senza farsi prendere dal timore, poiché, infondo,  era tutto un sogno.
Non ti succederà nulla, joe, tranquilla” continuava a pensare per riuscire ad autoconvicersi.
Un rumore, un semplice rumore la fece saltare e, solo all’ora, notò la figura che le era accanto.
“sai che dobbiamo parlare, vero?” disse una voce che conosceva bene. Fece per voltarsi, ma le mani grandi di Lui glielo impedirono. “Non voglio guardarti, perché che non riuscirei a frenarmi nel toglierti quella maledetta maschera” aggiunse, poi.
Aveva il cuore in subbuglio e la stessa cosa anche il ragazzo, poteva sentirlo anche se di spalle.
Abbassò lo sguardo e deglutì. “ dimmi cosa vuoi”.
Lo sentì stringere la presa sulle sue braccia. “sapere chi sei, se esisti, se ci incontreremo”. Il suo tono era afflitto, proprio come lo era lei.
Decise che avrebbe scoperto in quel sogno, se fosse tutto reale. “ potrei farti la stessa domanda, sai? Non credere che io mi diverta ad indossare una stupida maschera e a non vederci quasi. Per rispondere alle tue domande, si, esisto e non so se ci incontreremo. Di questa storia ne so quanto te”. Aveva detto la verità, lui non poteva certo biasimarla.
Era lei quella che non ci vedeva.
Era lei quella che era costretta ad indossare una maschera ogni volta.
Era lei quella che stava impazzendo.
ma è lui che sta provando ad uscirne fuori”. Era vero, lei si stava solo lamentando. Doveva mettere fine a questa situazione. Si sarebbe ribellata a quei maledetti sogni una volta per tutte.
“stasera sarò ad un concerto a Milano. Riconoscimi e vuol dire che sarà tutto vero” disse.
Poi, di nuovo, il buio.
 
***
Un respiro mozzato in un letto fin troppo corto per un paio di gambe. Il ricciolino, ormai con il fiatone, si girò verso l’altro letto dove dormiva l’amico. “Quanti concerti ci sono a Milano, stasera?”






Angolo autrice:
Ciaoo, come state? Scusate l'assenza di due settimane, ma, credetemi, è successo di tutto hahaha. Bene, come potete leggere dal capitolo, piano piano le cose si fanno sempre più chiare. Chi è questo misterioso ragazzo che Joe incontra nei suoi sogni? Sarà reale? Si incontreranno? Questo lo scoprirerete solo sabato e, questa volta, sarò puntualissima. 
Come al solito mandatemi per mp le fan fiction che vi sono piaciute di più ed io le pubblicizzerò (sono alla disperata ricerca di qualcosa da leggere hahaha).
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando.
Vi lascio un grosso abbraccio, 
Semmail <3

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Capitolo 4
*** III ***


III
 
“Suddenly my eyes are open,
Everything comes into focus, oh,
We are all illuminated,
Lights are shining on our faces, blinding”
 
 
La ricciolina non faceva altro che aggiustarsi le pieghe del vestito scarlatto.
Stasera sarò ad un concerto. Riconoscimi e vuol dire che sarà tutto vero.
Come le era saltato in mente di dire una frase simile? Chi voleva sfidare? O, meglio, chi voleva infastidire con quella frase? Era palese che non ci fosse nulla di sensato in quei sogni. Non era una cosa normale sognare un tipo che neanche si conosce, figurarsi incontrarlo, poi.
Scosse la testa e si voltò verso l’interno della camera: i vestiti della più piccola erano sparsi per la stanza senza un ordine preciso ed era ancora intenta a controllare l’entusiasmo per il concerto di quella sera.
Le adolescenti e i loro idoli hanno un rapporto di fedeltà invidiabile nettamente alle coppie: non importa cosa questi facciano, coloro che li amano saranno sempre lì a supportarli pur ammettendone i difetti.
In amore, in quello reale, fatto di scontri tra cuori e lotte tra teste, non era così. C’era chi voleva dominare sull’altro oppure chi ad un certo punto decideva di andare via. Semplicemente.
Guardò l’orologio sulla parete, segnava quasi le tre del pomeriggio.
«Credo sia meglio andare. Che ne dici, Hells?», chiese distrattamente all’amica.
La rossa annuì, mentre cercava di ravvivare i capelli color del fuoco. Se c’era una cosa che Hells sapeva fare era proprio quella di apparire sempre bella. Sembrava una fenice in tutto ciò che faceva. « Ila, dobbiamo andare se ci tieni che i tuoi idoli ti portino via», urlò scoppiando a ridere.
La biondina uscì di corsa dal luogo in cui si era rintanata, sembrava quasi ci fosse un incendio nella stanza. Prese la sua roba e spinse le due zie – che tanto vecchie non sembravano – al di fuori della stanza.
Un sospiro.
Un ultimo sospiro.
E’ l’ora della verità, Joe.
 
Quando arrivarono all’ingresso del San Siro non avevano mai visto una fila così lunga con sei ore di anticipo. Era strabiliante quanto le ragazze della prima fila si fossero impegnate per avere la possibilità di poter vedere i loro idoli da vicino. I sacchi a pelo coprivano le transenne posizionate per coprire l’entrata dello stadio, mentre termos pieni di caffè circolavano come se all’interno ci fosse acqua.
«dovranno essere stanchissime», ammise la rossa accanto a lei.
Joe annuì, continuando a fissarle. « secondo me stanchissime è dire poco».
Del resto anche loro avevano affrontato un viaggio non poco lungo per arrivare in tempo, ma avevano avuto il buonsenso di prendere una camera per rinfrescarsi un po’.
Guardò sua nipote posizionarsi seduta proprio sotto di lei e iniziò a contare.
La guardò incuriosita. « Peste, cosa stai architettando?» borbottò, beccandosi un’occhiataccia dalla nipote. Non era una novità se la biondina stesse rimuginando su come conquistare i posti migliori.
Il tempo era sereno e neanche una nuvola copriva quel sole che tanto speravano di non lasciare a Roma. 
Le ragazze cominciarono a canticchiare le canzoni dei ragazzi che avrebbero visto da lì a poco e riempivano tutto quel passare del tempo. Infatti, si fecero le sei del pomeriggio e lei non si accorse di nulla. Non si accorse quando, precisamente, sua Ilaria avesse deciso di andare a trovare Morfeo, come non si rese conto che la sua migliore amica aveva già adocchiato qualcuno nelle prime file.
La vedeva intenta a sporgersi dalle transenne e a sorridere in modo malizioso. Joe si alzò sulle punte cercando, dalla sua bassezza, di intercettare chi avesse attirato l’attenzione della sua amica, non riuscendoci.
Sbuffò e la strattonò per i vestiti. « ma si può sapere perché mieti vittime ovunque?», le disse, cercando di non ridere.
Alla fine era sempre così, come la pub l’altra sera. Hells scrollò le spalle ed alzò gli occhi al cielo col fare innocente. « di certo non è colpa mia se i ragazzi preferiscono le rosse», concluse.
Scoppiarono a ridere entrambe, mentre la fila avanzava ed Ilaria si godeva poche ore di sonno.
 
«Zia, muoviti che stiamo entrando!», urlò la più piccola, strattonando la mora per il braccio.
Se c’era una cosa che odiava fortemente, era proprio quell’ansia prima di qualsiasi concerto e l’attesa che non faceva altro che rendere tutti più nervosi.  
Arrivarono all’ingresso e mostrarono i biglietti e poi non capì più nulla.
Corsero, corsero tanto e veloce, cercando di accaparrarsi se non i primi, almeno la terza o la quarta fila. La loro statura permetteva anche di infilarsi negli spazzi vuoti o piccoli, facendo attenzione a restare sempre vicine.
«Ila, non ti allontanare», ricordò la riccia.
Vide la bimba, che non era più classificabile in tal modo, scuotere leggermente la testa, mentre la rossa si posizionava dall’altro lato.
La cosa più importante era non perdere di vista Ilaria.
Sembrò passare poco tempo all’inizio del concerto, perché ad un certo punto tutte le luci si abbassarono e delle notte riempirono tutto lo spazio circostante; era una bella sensazione quella. Le ricordava molto i sogni che faceva spesso, ma era decisamente più reale.
Le bastò gettare le iridi castane leggermente più in basso, dove vedeva sua nipote sorridere con gioia, la gioia di chi ha realizzato uno dei propri sogni; spostò lo sguardo verso la sua migliore amica che aveva le mani conserte e lo sguardo divertito. Non l’avrebbe mai ammesso, ma si sarebbe divertita.
Le ragazze iniziarono ad urlare.
Gli applausi riempirono ogni timpano.
Alzò lo sguardo e qualcuno la strattonò facendola ritrovare in prima fila, schiacciata contro la transenna.  Non era più con Ilaria ed Helly e non sapeva come fosse stato possibile giungere fin lì dalla quarta fila.
Non era comodissima la posizione, con le gambe incastrate tra il metallo grigio e il pavimento, mentre il suo sguardo era proprio verso il centro del palco.
Sarebbero usciti da là.
Le urla aumentarono sempre di più, colpa di un biondino;
gli applausi si erano triplicati, un ragazzo dalle iridi azzurre aveva fatto il suo ingresso;
quello che era un semplice canticchiare si trasformò in un cantare a squarciagola al segnale di un moretto;
e poi, all’improvviso, quasi non le venne un infarto alla ultima uscita: un ricciolino tutto pepe, dalle iridi chiare aveva fatto il suo ingresso.
Aveva un’aria familiare e questo Joe lo sapeva bene.
Forse la sua voce?
Forse quei capelli?
Gli occhi?
Aveva qualcosa in più del semplice fatto di essere un membro dalla band più in voga di quegli anni. Lui era di più.
 
« but if you like causing trouble up in hotels room
And if you like having secret
Little rendezvous
If you like to do the things you
Know that we shoulnd’t do
Baby I’m perfect
Baby, I’m perfect for you»
 
L’entusiasmo con cui abitavano il palco si trasmetteva tutt’intorno. Nessuno era immune al loro fascino.
La bassina non riusciva a scollare i suoi occhi dal ricciolino che sembrava essere interessato ad altro presente nella sala. Cantava, si entusiasmava, ma il suo sguardo era altrove; nelle ultime file, al centro, di lato ed, infine, in prima fila.
Prima fila, transenna, una ragazza con un vestito rosso aveva attirato la sua attenzione.
Si guardarono.
Mare e Terra insieme.
 
«tu»
Il ragazzo la indicò con l’indice e lei toccò il proprio petto con la mano, deglutendo appena.
Joe a quel concerto non ci voleva neanche andare.
 


 Angolo Autrice: 

Ed eccomi tornata a scrivere dopo un pò di tempo. Questo capitolo non è dei migliori e mi dispiace veramente tanto! 
Ora starete pensando:" cavolo, questa non aggiorna da un sacco ed ha scritto anche un capitolo orrendo!" e vi do assolutamente ragione.
C'è sempre, in tutte le storie, quel capitolo un pò noioso prima quello più interessante.

Finalmente la nostra Joe è andata al concerto ed ha messo questo vestito rosso. Coincidenze? Magari si e magari saranno proprio queste a far incontrare i due amanti che si sognano quasi ogni notte. 
E cosa c'entra Harry? Perché la indica? E siamo sicuri che sta indicando proprio lei?
Lo scopriremo tra pochissimi giorni, perché non ho più intenzione di abbandonare :D 
Intanto mi scuso per aver aggiornato così tardi e ringrazio chi ha avuto il coraggio di leggerla. Semmai <3

 
 
 

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Capitolo 5
*** IV ***


IV
 
“ e vorrei chiederti cosa sognavi a quindici anni
Nell’intervallo a scuola.
e vorrei chiederti se davvero ti piace Milano
o se ti fa sentire sola.
E vorrei chiederti se tu ti accorgi che
Quando abbassi lo sguardo tutto il mondo svanisce
Quando abbassi lo sguardo
Io non servo più a niente”
 
 
Si era ritrovata improvvisamente una mano tesa per salire sul palco. L’uomo robusto della sicurezza le sorrideva, forse pensava a lei come una delle ennesime ragazze che avrebbe dato di matto solo al pensiero di sfiorare i quattro.
Non era così; guardava confusa le ragazze intorno a lei che le chiedevano di andare ed esultavano per l’occasione capitata ad una di loro.
Lei non voleva questo.
Fece un passo indietro, incerta, e cercò di sparire nella folla sotto lo sguardo confuso del cantante che la vedeva correre e destreggiarsi nel poco spazio a disposizione.
Aveva un vestito rosso e lo sguardo tormentato da qualcosa.
Correva più che poteva alla ricerca di Helly ed Ilaria, le aveva perse durante l’entrata e pregava silenziosamente affinché stessero bene entrambe.
Si fermò in quello che doveva essere il centro esatto dello stadio e si guardò intorno ansiosamente: ragazze euforiche, altre in lacrime. Alcune si mangiucchiavano ansiosamente le unghie, mentre altre cantavano a squarciagola.
Passò una mano nei suoi folti capelli castani, forse era stata un po’ avventata nel rifiutare la salita sul palco, ma probabilmente avevano già chiamato qualcun’altra.
«ragazze, Harry è appena stato rifiutato da una fan. Sembra così impossibile che potrebbe passare alla storia!», urlò il moretto dagli occhi ghiaccio, mentre cercava di trattenere le risate.
Quello doveva essere Louis e aveva quasi lo stesso numero di tatuaggi del ricciolino.
Perfetto, di certo non era passata inosservata come aveva previsto e progettato.
Vide il ragazzo in questione con un’espressione divertita sul volto. « Di certo non riuscirà a scappare, mio caro Lou. Lo stadio non è così grande e poi sbaglio o abbiamo un concerto da continuare?», continuò chiedendo di iniziare la musica.
Era lenta e il biondino prese una chitarra.
«Sicuramente tutte riconoscerete questa canzone. Perché cantarla ora? Perché le piccole cose sono le più speciali. Rendete le cose ordinarie straordinarie!», conclusero per poi partire con la musica.
Erano seduti sul palco, le gambe a penzoloni verso il pubblico e una serie di lucine provenienti dai cellulari, rendevano tutto più magico.
Niente effetti speciali, niente pomposità: accordi e voci.
 
«Your hands fits in mine
Like it’s made just for me
It was meant to be»
 
Hai le mani tanto piccole, sai?
Ecco cosa le aveva detto in uno dei tanti sogni che aveva fatto. Aveva toccato le sue mani, le aveva intrecciate con le sue.
 
«you can’t go to bed
Without a cup of tea
And maybe that’s the reason
That you talk in your sleep»
 
Per caso hai qualche abitudine strana prima di addormentarti? Qualcosa che abbiamo in comune? Sai, giusto per capire perché ci sogniamo a vicenda.
Le aveva ripetuto più volte il ragazzo del sogno. Aveva sempre sorriso a quelle domande più strane e si era sempre rifiutata di rispondere. Se lo avesse fatto, avrebbe forse scoperto di più?
Quella canzone continuava a ricordarle il ragazzo misterioso dei sogni e sperava di incontrarlo quella sera a quel concerto.
Aveva l’impressione che fosse più vicino di quanto credesse.
 
«you still have to squeeze
Into your jeans
But you’re perfect to me»
 
Io non capisco perchè debba vederti sempre con questo vestito rosso. Mi piacerebbe che qualche volta fossi in pigiama oppure in tutta, saresti perfetta.
Scosse la testa ancora una volta: stava diventando un’ossessione e quelle canzoni di certo non aiutavano.
Riconobbe una chioma biondo cenere nel mezzo della folla ed una rossa. Le due si dimenavano a squarciagola cantando la canzone.
Sorrise nel vederle divertirsi così.
Le raggiunse e partecipò a quei momenti certa che non sarebbe finita lì.
 
 
«zia, il concerto è stato fantastico! Ma chi era quella ragazza che non è voluta salire sul palco? Io avrei dato tutti i soldi che ho per essere al suo posto», disse la piccola a fine concerto.
La serata si era conclusa con dei coriandoli colorati che investirono tutti i partecipanti con il ritornello di Best Song Ever e il pubblico in delirio.
Lo stadio si stava svuotando pian piano e lasciava spazio al prato verde e le stelle che erano poco visibili dato le luci. Prese la manina della nipote e con l’amica si preparavano a lasciare il luogo.
«ma sai che potrei persino comprare il cd?», disse divertita la rossa.
«se vuoi te lo regalo per il compleanno» Rise, immaginando Hells in camera sua a cantare quelle canzoni a squarciagola.
Era stata la prima a conoscere quel gruppo, una notte, mentre era impegnata a guardare le foto della premiere di Harry Potter, allora avevano pubblicato solo What makes you beautiful .
«Non è che mi regali solo l’ultimo, li voglio tutti», continuò ancora.
Joe fece una faccia stranita: ma non aveva già il primo?
Una voce rauca al microfono distrasse la riccia dal rispondere all’amica. « Stasera sarò ad un concerto. Riconoscimi e vuol dire che sarà tutto vero».
Si girò di scatto verso il palco con gli occhi fuori dalle orbite.
Era lui.
Era lui ed era nervoso mentre cercava una reazione dalla folla.
Restò impietrita al suo posto, mentre cercava di calmare il suo respiro.
Tum
Tum tum
Tum
Il suo cuore batteva all’impazzata, non poteva essere lui.
Quei ricci, quegli occhi, quel sorriso. Non poteva non averlo riconosciuto prima se non anche per caso.
Fece un passo in avanti. «Joe, ma non è la frase che hai detto al ragazzo nel sogno?», fece l’amica, strattonandola per un braccio.
Annuì pian piano ancora in fase di trance.
Com’era possibile che tra tutti gli abitanti del pianeta, fosse proprio lui la persona che stava cercando.
«e di grazia, posso sapere cosa ci fai ancora qui in palata invece di correre da lui?».
Aveva ragione.
Mosse una gamba, ancora con il cuore a forarle il petto.
Deglutì piano e si rincuorò, la cosa peggiore che potesse succedere era quella di ricevere un rifiuto. Sperò vivamente che lui non si accorgesse della sua espressione, ma la cosa fu inevitabile quando si avvicinò sempre più al palco.
Lo vide spalancare gli occhi e guardarla.
«ancora tu», affermò ancora sorpreso.
Le porse la mano e la fece salire sul palco insieme a lui. Ormai non c’era quasi più nessuno e i tecnici erano intenti a smontare il palco. Si guardarono per cinque minuti quasi, senza parlare, senza muoversi e l’intensità con la quale erano fermi allontanarono chiunque. Le luci pian piano si erano fatte sempre più soffuse e deboli, ma lei sapeva che l'importante era averlo trovato.
L'importante era capire insieme cosa stesse succedendo; l'importante era stringerlo finalmente.
Pensò a sua nipote e all'amica che erano restate in disparte a godersi la scena romantica: Helly non le aveva mai creduto granchè nonostante le raccontasse nei minimi dettagli ogni sogno, mentre Ilaria non ne sapeva nulla. Come avrebbe potuto raccontare ad una dodicenne di sognare un ragazzo che sarebbe potuto essere reale? L'avrebbe presa per pazza molto probabilmente.
Fu lei a trovare il coraggio di parlare. «trovo che sia abbastanza inquietante scoprire che la persona che sogno la notte sia reale» Come le era venuto in mente?
Harry si rilassò e sorrise. «abbastanza inquietante, direi» per poi scoppiare a ridere. «io sono Harry, il ragazzo che cerca da sempre di toglierti la maschera».
Gli porse la mano. «Io sono Joe, colei che trova difficile gettare via la maschera».


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Angolo Autrice: 

Lo so, lo so, mi starete odiando per due motivi:
1) perchè il capitolo non è lunghissimo;
2) perchè ho raccontato solo del loro incontro, ma vi dico subito che non potevo aggiungere altro e non lasciare la giusta intensità a quest'evento. Non me la sono proprio sentita di continuare il capitolo. 

Una cosa positiva c'è: il quinto è già scritto, devo solo riguardarlo e pubblicherò Lunedì visto che domani pomeriggio parto per Pescara.
Questa storia è un pò ispirata alla mia vita, ad un ragazzo che sognavo spesso la notte, ma che, ahimè, non è reale. 
Passiamo al capitolo che avete letto: Joe è quasi terrorizzata dalla mano che Harry le porge. Perché? Semplicemente è in imbarazzo all'idea di salire su un palco e cantare, magari, qualche canzone che lei non conosce, poichè era andata al concerto solo per accompagnare la nipote.
Quindi che pensa di fare? Scappare.
Alla fine ritorna anche la tanto attesa frase del sogno ed è proprio in quel momento che i due si incontrano e si riconoscono. Non nego che ho amato scrivere quella parte, avrei voluto quasi essere lei ( chi non vorrebbe?). 
Vorrei ringraziare m12 che ha recensito: grazie per la recensione e spero che il capitolo ti piaccia! 
Inoltre grazie a chi ha visualizzato e chi ha messo la storia tra le preferite. 
(Il prossimo capitolo è nettamente più lungo di questo haha).
Vi abbraccio forte, 
Semmai. 

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Capitolo 6
*** V ***


V
 
“And in my dreams, I make the ghosts of all the people who’ve come and gone
Memories, they seem to show up so quick but they leave you far too soon”
 
Driin - driiin
 
La sveglia suonava dal comodino in mogano accanto a lei. Aprì leggermente gli occhi, cercando di non perdere completamente la vista. Vedeva un bagliore, perfetto, era giorno! Non ricordava molto della sera precedente, solo che sarebbe dovuta andare ad un concerto e che avrebbe dovuto incontrare qualcuno o qualcosa.
Con la mano destra si stropicciò pian piano gli occhietti piccoli ancora intontiti dal sonno. Cos’era successo?  Non ricordava niente di niente ed era abbastanza strano.
Quando riuscì ad aprire gli occhi si accorse di non era nella sua camera d’albergo, quella era nettamente più costosa. Sfiorò le lenzuola che ancora le coprivano il corpo minuto: seta.
Quindi era in un albergo, con uno sconosciuto, tra lenzuola di seta. Almeno era vestita. Si guardò improvvisamente, indossava una maglietta nera dei Ramones, solo.
Ricapitolando: era da sola, in una camera d’albergo di uno sconosciuto, tra lenzuola di seta con addosso solo una maglia dei Ramones. Il tipo aveva buon gusto nel vestire e nell’ascoltare musica, doveva riconoscerglielo.
Guardò ancora un paio di minuti la stanza intorno a lei: un paio di jeans scuri erano buttati ai piedi del letto, mentre una camicia verde con delle piume era appoggiata alla lampada sul comò. Un paio di scarpe eleganti erano appoggiate malamente alla porta, segno che il tipo se le era tolte appena entrato in camera.
Si alzò piano, senza far alcun rumore, per cercare i suoi vestiti, visto che non li indossava. Passò accanto alla finestra dalle tende color panna, rovistò nei cassetti del comò – trovando Narnia -, si abbassò per controllare sotto il letto. Lì notò che c’era il suo vestito rosso stropicciato e sulle sue scarpe.
Non lo aveva perso, era un buon segno. Sì allungò piano e lo prese tra le braccia, come un bambino, lo scosse e cercò di pulirlo e stirarlo con le mani.
Come ci era arrivato lì sotto?
Non ricordava se avesse messo anche un paio di calze, ma il caldo permetteva benissimo di stare senza, ecco perché non si sforzò di cercarle. Si risedette sul letto, invece.
«Sei sveglia finalmente» la voce profonda di un ragazzo la fece sobbalzare.
Chi era quel tipo e cosa voleva da lei? In più, cosa ci faceva mezzo nudo?
Lo guardò stranita. « e tu saresti?», chiese e il ragazzo rise.
Aveva una risata che aveva già sentito ed era molto bella e genuina. Le piaceva.
«questo, se permetti, dovrei chiedertelo io. Ti ho ritrovata stamattina nel mio letto con la mia maglia preferita.» Si avvicinò alla finestra per fumare una sigaretta.
E come la fumava, Apollo sceso in Terra.
«bene, visto che nessuno dei due ricorda l’altro, io mi cambio e me ne vado. Ho mia nipote dispersa a Milano se permetti» Si alzò e si chiuse in bagno con le sue cose.
 
Entrò in bagno quasi sbattendo la porta: certo che quel tipo era proprio strano! Ovvio che non poteva ricordarsi di lei, ma almeno non trattarla in modo così superficiale.
Si avvicinò allo specchio e, facendo un sospiro, si specchiò. Di certo non era bellissima appena sveglia, ma di solito era perlomeno decente; i capelli ricci erano aggrovigliati, mentre il trucco era tutto sbavato rendendola quasi simile ad un panda. La maglietta era abbastanza lunga e grande da coprirle il corpo. Questo non lo avrebbe mai detto!
Aprì il rubinetto del lavandino per lavarsi il viso, giusto per sembrare più decente.
L’impatto con l’acqua fredda le mise piacevolmente i brividi e il contatto con il sapone la fece sentire rinata.  Restò un po’ con il viso bagnato a contemplare il lavandino ripensando alla strana nottata che aveva passato: possibile che non ricordasse proprio nulla?
Scosse la testa, prendendo l’asciugamano di spugna alla sua sinistra e asciugandosi il viso. Fu allora che notò la grande doccia dietro di lei e senza battere ciglio si spogliò e ci si infilò.
 
All’esterno della stanza il ragazzo non stava di certo meglio: camminava furiosamente per la stanza cercando di capire chi fosse la ragazza e perché indossasse la sua maglietta preferita.
L’aveva conosciuta al concerto? Se l’era portata a letto? Eppure ricordava di aver aspettato il concerto per incontrare qualcuno o qualcosa. E perché era così attratto da quel vestito rosso?
Scosse più volte la testa e si fermo ancora accanto alla finestra accendendosi quella che era l’ennesima sigaretta della giornata.
 
L’acqua della doccia l’aveva risvegliata del tutto e , mentre indossava di nuovo i suoi vestiti, pensava a come avrebbe salutato il ragazzo. Avrebbe dovuto dire che era stata da Dio? Che ci sapeva fare? Non era neanche sicura che fossero andati a letto insieme. Nel frattempo si riguardò ancora i capelli simili ad un cespuglio e notò un elastico sul lavandino. Doveva essere del ragazzo. Lo prese lo stesso e intrecciò i capelli in una lunga treccia, per poi uscire da quello che era stato il suo rifugio per una buona mezz’ora.
 
«Prima che tu vada via, posso sapere il tuo nome?», le chiese il ricciolino. Si era vestito e lo aveva trovato appoggiato allo stipite della porta del bagno ad aspettarla.
Annuì. «Joe» E sorrise.
Lui allungò la sua mano grande. « io sono Harry, piacere» E sorrise ancora.
 
«io sono Harry, il ragazzo che cerca da sempre di toglierti la maschera»
«Io sono Joe, colei che trova difficile gettare via la maschera».
 
Un flashback, un ricordo. Si erano già presentati prima oppure era soltanto un’impressione? La testa iniziò a girarle e rischiò di perdere l’equilibrio se quelle due mani forti non l’avessero presa in tempo.
L’espressione sulla faccia di Harry era tesa, preoccupata, ma allo stesso tempo comprensiva. Gli mise una mano sul braccio e cercò di stabilizzarsi. Guardò nei suoi occhi verdi come le foglie ricoperte dalla rugiada e annuì leggermente facendogli capire che era tutto a posto. La testa aveva smesso di girare, ma la sensazione che si fossero già visti era ancora lì.
«sicura che va tutto bene? Perché non resti un altro po’?» le chiese gentilmente lui indicandole il letto.
Scosse la testa. «non preoccuparti, ce la faccio» Aprì la porta.
Non poteva di certo recare altro disturbo, non dopo aver trascorso una notte insieme e non ricordarlo neanche. Si voltò e uscì, non prima di aver lanciato al ragazzo un’ultima occhiata.« Io ho l’impressione di averti già visto» concluse e chiuse la porta, lasciandolo solo con quell’affermazione.
Dopotutto lei non cercava una risposta, non la voleva. Si erano conosciuti al concerto, lui era il cantante famosa della band e poi si erano ubriacati così tanto da essere finiti a letto insieme, molto semplice. Aveva scoperto davvero l’identità del ragazzo guardando la foto sul giornale nella hall dell’albergo. Come aveva potuto non riconoscerlo prima?
Scosse di nuovo la testa e s’incamminò verso il luogo in cui l’aspettavano Hells ed Ilaria.
 
«cioè mi stai dicendo che questa notte sei stata con Harry Styles e che non ti ricordi nulla di ieri e di ciò che avete fatto?» urlò la rossa non appena la vide entrare dalla porta della camera.
La ragazza e la nipote stavano dormendo nello stesso letto, le finestre erano aperte per lasciar entrare quel po’ di vento che riempiva le fresche mattinate di Milano.
«no, Hells, non mi ricordo nulla» ammise affranta.
La rossa posizionò le braccia lungo i fianchi e si sedette sul divano. « non ricordi neanche che è lui il ragazzo dei sogni?»
La riccia spalancò gli occhi: di cosa stava parlando? «Sogni? Sì, fisicamente non è niente male, anzi, ma da qui a defini..» non fece in tempo a terminare la frase che l’amica la interruppe.« non ricordi neanche questo! Mi hai tormentata per mesi dicendo che sognavi questo fantomatico ragazzo, lo incontri, è un figo da paura e che fai? Dimentichi tutto» aggiunge esasperata.
Quella storia non aveva per niente senso. Come poteva non ricordare una cosa del genere? E di certo non se lo sarebbe fatto scappare.
«ti sei fatta qualcosa secondo me, Hells e spero che tu non l’abbia dato anche ad Ilaria» terminò dirigendosi verso il letto per farsi un’altra ora di sonno.
 
Dall’altra parte della città il ricciolino era ancora seduto sul morbido letto della sua stanza, cercando di capire chi fosse quella ragazza. Avevano passato la notte insieme? Aveva bevuto così tanto la sera prima?
Un paio di tocchi alla porta attirarono la sua attenzione: Louis voleva sicuramente i dettagli più piccanti.
Si alzò svogliatamente dal letto ed aprì la porta immacolata. Ed eccolo lì il suo migliore amico, sempre pimpante anche alle sette del mattino. Gli si formò un sorriso sornione sul volto, mentre metteva da parte il moretto per entrare in quello che sarebbe stato un confessionale per la prossima ora.
«allora finalmente l’hai incontrata» disse all’improvviso.
Harry spalancò gli occhi. «chi, scusa?» Era confuso.
«Ma come chi? La fantomatica ragazza che sogni quasi tutte le notti da mesi. Stai tormentando tutti con questa storia. Ieri l’hai anche conosciuta sul palco» continuò il ragazzo con la maglietta a righe.
Il ricciolino strabuzzò ancor di più gli occhi: di cosa si era fatto l’amico?
«Lou, ma che cazzo ti sei fatto stamattina? Cioè io dico che bisogna provare tutto, ma ci sono orari migliori» scherzò abbozzando un sorriso.
Non ricordava niente di niente.
«Harry, hai dimenticato tutto?» Harry annuì.
Il moretto dai filamenti biondi si coprì il viso con le mani sconvolto, prese un respiro – che ad Harry sembrava più uno sbuffo esasperato- e cominciò a raccontargli della sera precedente. «Quella ragazza è salita sul palco quando è finito il concerto, perché tu hai detto una frase del sogno che le avrebbe permesso di riconoscerti. Siete stati a fissarvi per cinque minuti e, poi, finalmente vi siete presentati» Allora il concerto non era finito con lui che si ubriacava, ma era successo anche altro.
Fece segno all’amico di continuare il racconto. «dopo l’hai portata al backstage per presentarla a noi e per non lasciarla andare, ma vi siete chiusi in camerino e non vi abbiamo più visti» concluse.
Cos’era successo? E perché loro non ricordavano nulla?
Si accese un’altra sigaretta e si diresse verso la finestra: quella sarebbe stata una giornata proprio lunga.
 
«zia, dove sei stata stanotte?» chiese la biondina, mentre si trovavano in giro per la bella città di Milano.
«non vi ho più viste e sono stata con una paio di amici» rispose sorridendo. Certo, non si poteva definire proprio “amico” la star con cui aveva passato la notte.
La piccola annuì poco convinta. « guarda che ti ho vista parlare con Harry Styles ieri sera» Sorrise di sghembo.
Sbuffò.
«Pensiamo come vogliamo passare questa giornata, che dici?» cambiò totalmente discorso, cercando di dimenticare la situazione assurda in cui si era cacciata.
«Allora zia, voglio visitare il Duomo, la  Scala e il Navigli!» si pronunciò divertita.
La rossa ci pensò un po’ su ed optò per il castello Sforzesco, mentre la mora per la Pinacoteca di Brera. Gusti differenti, ma in un paio di giorni avrebbero visitato tutto e sarebbero tornate soddisfatte a casa.
«Iniziamo da piazza Duomo?» propose Hells.
Tutte e tre annuirono e si diressero tranquille alla destinazione prestabilita, non avendo neanche idea della giornata a cui stavano andando incontro.
 
 

______________________________________________________________________________________________________________________
 


Ciao a tutti! 
Innanzitutto grazie a chi ha perso tempo sia a leggere che a recensire la storia. Sono felice che vi stia intrigando!
Come avrete potuto ben notare, entrambi non ricordano nulla di ciò che è successo la sera prima, ma neanche i loro strani sogni. 
Luois e Hells, però, sembrano metterci lo zampino. Cosa succederà? Saranno davvero due giorni tranquilli? Riusciranno i due a non sognarsi più oppure a ricordarsi l'uno dell'altra? Ci saranno altri flahback? Lo scopriremo nel prossimo capilo! E spero vivamente di essere puntale questa volta hahah. 
Il giorno dell'aggiornamento è spostato al giovedì: non avendo lezione, è più comodo per controllare il capitolo e postarlo!
L'immagine l'ho vista per caso su tumblr e mi è piaciuta tantissimo, quindi ci tengo a precisare che non è un disegno mio! 
La canzone iniziale è ""High Hopes" dei Kodaline. 

A Giovedì, 
vostra Gio :D 
 
 
 

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Capitolo 7
*** VI ***


VI
Never seen days like these
And if you saw it, you’d think I flaunt it”
 
 
Milano, Milano, Milano.
Una città bella quanto grande.
Le tre avevano vagato senza sosta, attraverso i vari mezzi di trasporto, in giro per la metropoli; i monumenti, le strade, i palazzi, persino il Duomo sembrava chiamarle per una veloce visita. Si erano fatte le solite foto da turista ed un fresco aperitivo era proprio lì, pronto ad attenderle.
«ci voleva proprio una giornata solo donne» sospirò la bella rossa mentre, accavallando le gambe, sorseggiava il suo aperol. Era da tanto che non facevano un viaggio e l’occasione del concerto era sembrata loro l’occasione giusta per rilassarsi.
La moretta annuì. «concordo! Senza stress, scadenze, studio, esami. Solo a pensarci mi viene l’ansia!» esclamò ridendo.
Quella mattina avevano fatto un patto: non parlare delle cose che erano solite fare a Roma. Ne valeva della loro sanità mentale.
La bimba,  che tanto tale non sembrava essere, sbuffò leggermente. « sì, tutto quello che dite, ma ancora non mi avete portata al Navigli» tenne il muso.
Le due accompagnatrici sospirarono e, pagando il conto, decisero di alzarsi per il secondo round della visita turistica.
C’era il sole nella nel capoluogo lombardo e si stava bene anche a mezze maniche; Joe ed Hells ne avevano approfittato per essere più libere di muoversi, indossando dei comodi vestiti quasi estivi, mentre la piccola era ancora a maniche lunghe. Non poteva ammalarsi mentre era con loro, le avrebbero definite “irresponsabili” anche per badare ad una dodicenne.
Ilaria si fermò al centro della piazza, guardando il duomo che si alzava maestoso dinanzi a lei, e Joe, con la macchina fotografica sempre pronta, le scattò una foto. Forse l’avrebbe usata come foto profilo per i suoi vari account sui social.

«Non ho capito, Louis, dov’è che vorresti andare oggi?» chiese un biondino dagli occhi cielo.
«vorrei fare il turista senza essere riconosciuto» Scrollò le spalle il secondo.
Grazie – o a causa- della loro celebrità, gli ormai quattro ragazzi non erano molto liberi di circolare per le città in cui facevano concerti. Era la pecca del loro lavoro.
La porta si aprì improvvisamente, rendendo possibile l’entrata di un ricciolino che aveva indossato gli occhiali da sole, raccolto i capelli in una crocchia disordinata e vestito con pantaloni scuri e maglietta degli Arctic Monkeys. Prevedibile. Si tuffò svogliatamente sul divano su cui erano seduti i due ragazzi. « mi sto annoiando» aggiunse.
Louis lo guardò di sottecchi. « Niall, Mister Simpatia vuole proporci qualcosa da fare» rispose sarcastico rivolgendosi al ragazzo con cui stava parlando prima dell’arrivo di Harry.
Niall scosse la testa: i due non sarebbero mai cambiati, nonostante l’età. « Beh, io appoggio l’idea di Louis di uscire un po’ oggi. Ci camuffiamo e cerchiamo di non attirare l’attenzione».
Il moretto dai capelli lunghi s’illuminò: qualcuno aveva detto “uscire”?
« le vostre idee sono sempre le migliori! Milano, arriviamo!» esclamò poi.
Risero tutti e tre, fino a quando Louis non diventò serio, passando la mano tra i capelli. « da dove iniziamo?» Si guardarono.
«dal Duomo, ovvio!» E s’incamminarono.
Le tre ragazze erano sul piccolo ponticello del Navigli; guardavano le persone passare, i negozietti che si accingevano a chiudere, i pub, invece, si sarebbero svegliati tra poco. Cominciava a tirare un leggero venticello fresco, da maglietta più coperta, ed il sole lasciava posto ad un cielo Lillà. Un paesaggio da cartoline.
Joe pensava che se le avessero detto che Milano sarebbe stata anche pura poesia, non avrebbe aspettato tanto per andarci. Voltò lo sguardo verso le altre due che, invece, erano indaffarate nel trovare un posto in cui mangiare. Prevedibili.
« ma se ci facessimo fare una foto qui?» chiese ingenuamente.
Le altre due si distrassero da ciò che le teneva occupate e la guardarono meravigliate: aveva appena chiesto una foto?
La riccia annuì convinta, perché non se ne sarebbe andata senza la memoria della fotocamera piena, non quella volta. Proprio in quel momento il caso volle che un gruppo formato da tre ragazzi abbastanza strani passasse di lì. Era un po’ insicura se lasciare nelle loro mani la macchina fotografica, ma erano gli unici più vicini in quel momento e, se avesse aspettato di più, la luce perfetta sarebbe scomparsa.
Con gli incoraggiamenti delle due ragazze si avvicino. « ragazzi, scusate, per caso potreste fare una foto a me e alle altre due ragazza?» chiese con un sorriso gentile. Di solito non lo era, ma aveva sperimentato che la gentilezza aveva sempre i suoi frutti.
Il ragazzo con la crocchia le porse la mano per prendere la macchinetta e lei gliela posò sul palmo.

«Perché hai portato quella al concerto?» chiese il moro.
Joe lo guardava in modo strano, mentre si sporgeva per fargli vedere le foto che aveva fatto durante tutta la serata. « beh, perché sono in viaggio e nel mio tempo libero fotografo» aggiunse.
Harry annuì con vigore e le regalò uno dei suoi sorrisi che lei aveva avuto modo di conoscere nei suoi sogni. « voglio vedere qualche foto che non sia di questo periodo. Voglio vedere la tua vita prima di me».
Cliccò sulle prime foto che erano nella memoria: il Danubio. Una tavola piatta che era attraversata da mille luci artificiali. La Meraviglia.
« un giorno saremo insieme su un fiume, vedrai!» Le sfiorò le mani.


Un altro mancamento, il secondo in quei giorni. Barcollò leggermente e il ragazzo dovette reggerla. Cosa le stava prendendo?
«Hai mai pensato ad una cura di ferro? E’ la seconda volta che svieni oggi» le disse il tipo misterioso.
Joe strabuzzò gli occhi.« scusa, ma ci conosciamo? Come fai a sape..» aggiunse dopo poco « aspetta! Tu sei il ragazzo di stamattina!» affermò scioccata.
Possibile che sveniva sempre quando c’era lui nei paraggi?
***


Avevano deciso di passare la serata cenando in albergo, dovendo partire il pomeriggio del giorno dopo e passare a comprare ancora i souvenir per i vari amici e familiari. Una persona dice di dover fare un viaggio e tutti decidono di chiedere qualcosa in cambio.
La sala non era eccessivamente grande e i tavoli non erano tutti occupati. Era un tipico ristorante rustico, poco popolato dalla vita mondana di Milano. Avrebbero voluto cenare in uno di quei pub sul Navigli, ma non sembrava il caso visto che Joe voleva a tutti i costi evitare il moretto. Sua nipote per fortuna non lo aveva riconosciuto, mentre Hells non si era lasciata abbindolare dal travestimento pessimo. Non condivideva la sua idea di evitare tutta quella situazione, soprattutto dopo la questione del non ricordare nulla. Cosa poteva farci lei?
Ecco perché quando i ragazzi avevano cercato di fare amicizia li aveva evitati  costringendo le ragazze con lei ad andare in albergo a cenare.
Ed ora si ritrovava ad ordinare la cena in quel locale poco illuminato e con la tovaglia macchiata dalla coca cola della dodicenne.
«zia, ma io volevo restare ancora un po’ sul fiume» gemette la piccola.
Hells la guardò torva. «anche tua zia voleva rimanerci, ma non ammetterà mai la sua vecchiaia» aggiunse. Era una frecciatina diretta a lei, lo sapeva bene.
«che ne dite di ordinare? Ho una fame assurda» disse, nascondendosi dietro al menù.
Forse voleva tornare su quel ponte e rivederlo o ritoccarlo.
Voleva specchiarsi di nuovo nei suoi occhi.
Come poteva essere se lo conosceva solo da un giorno?
Scosse la testa. « però non so che scegliere» si lamentò, poi, per non far vedere che si era persa di nuovo nei suoi pensieri.
«io prendo la pasta, ho fame» ammise la nipote.
«io credo un’insalata con tonno e pomodori» Era a dieta.
Le altre due la guardarono di sottecchi: come poteva essere così attenta anche in vacanza?
«io prenderò un piatto di spaghetti. Ho voglia di pasta stasera» concluse la riccia.
Ordinarono tutto al cameriere di fronte a loro e restarono a parlare in attesa dei loro piatti.
«allora, Ila, cosa te ne è parso del concerto l’altra sera?» chiese la rossa per poi bere del vino rosso dal bicchiere.
«Hells, è stato magnifico, davvero! Soprattutto quando zia è salita sul palco ed è andata con Harry! Però, cavoli, potevi presentarmelo» Joe sputò il vino e cominciò a tossire.
Lei aveva fatto cosa?
«Qual è stata la tua canzone preferita invece?» sorrise di rimando.
Doveva chiudere quell’argomento.
«little things, assolutamente. Non so perché quella tipa non sia salita sul palco» concluse.
Si rilassò, aveva evitato che le facesse altre domande indiscrete. «secondo voi chi poteva essere?» continuò poi. Aveva parlato troppo presto.
« credo che si tratti di una ragazza riccia, bassina ed antipatica» Sorrise Hells.
Il suo tono era sarcastico, cosa stava cercando di dire?
Il voltò di Ilaria si illuminò. «sembra quasi la descrizione di zia!» Come non detto.
La conversazione era destinata a sfociare in cose poco piacevoli, ma, per fortuna di Joe, il cameriere arrivò in poco tempo con le ordinazioni e tutte continuarono a mangiare.

Quella ragazza lo scombussolava e c’era qualcosa che non tornava.
Harry era rimasto sul ponte, sentiva che quello era il posto in cui doveva stare.  Quel pomeriggio quella ragazza aveva avuto un altro mancamento, il secondo da quando si erano conosciuti nella sua stanza. Cosa voleva dire? Era così repellente ai suoi occhi? Eppure lui ci leggeva paura, come se vedesse qualcosa di distorto.
Erano solo immagini d’altronde, null’altro.
L’acqua del fiume scorreva lenta e le luci creavano un gioco di colore che trasmetteva il senso del meraviglioso. Avrebbe potuto scriverci una canzone, ma ci aveva pensato già James Bay a parlare di fiumi.
I suoi occhi scuri li aveva già visti, come la sua bocca. Dove?
Appoggiò i gomiti sulla ringhiera del ponte e vi ci appoggiò la testa. Quanto tempo sarebbe restata a Milano? Loro sarebbero partiti l’indomani e sicuramente non l’avrebbe più vista. Doveva dimenticare tutto quello che era accaduto, perché si sa, i tour sono strani ed accadono cose strane. Era stato un incontro qualsiasi, magari si erano ubriacati e andati a letto insieme. Gli altri erano solo gasati per il concerto andato bene, null’altro.


«permettimi di guardare nei tuoi occhi»

Chi aveva parlato? Quando aveva detto quella frase?
Era seriamente sul punto di impazzire.

Una serie di sospiri affannati lo distrassero dai suoi pensieri. « io sto impazzendo da stamattina» la riccia era davanti a lui con il fiatone e le mani sulle gambe.
Era venuta per parlare con lui. « siamo nella stessa situazione» non disse altro.
Lei si avvicinò e copiò la sua posizione mettendo le braccia sul ponte e perdendo il suo sguardo scuro negli abissi del fiume. Era bella nella sua stranezza. Al contrario della mattina, indossava un morbido maglioncino marroncino, il pantalone scuro le stava appennello. Non si era truccata ed aveva lasciato i capelli liberi nel proprio caos. Sembrava una persona libera. Harry lo aveva notato.
Si accorse del suo sguardo insistente e sorrise. « vorrei capire perché mi sei così familiare nonostante io ti conosca da oggi e ti abbia visto solo in televisione. Sento un legame. Ora puoi anche prendermi in giro» e rise.
Sorrise anche lui.« lo sento anch’io, ma cercavo di convincermi che fosse tutto frutto della mia immaginazione. Cioè è strano» Passò la mano dietro al collo facendo finta di grattarsi la nuca.
Era in imbarazzo.
«Domani parto, ti andrebbe di camminare con me per tutta la notte in giro per la città?»
Harry strabuzzò gli occhi, ma sorrise. « certo» E si voltarono entrambi a guardare il fiume.

 
Tried to keep you close to me,
But life got in between
Tried to square not being there
But think that I should have been

Hold back the river, let me look in your eyes
Hold back the river so I
Can stop for a minute and see where you hide
Hold back the river, hold back”



Hold back the river, James Bay. 


 




 
Angolo Autrice:

Ciao a tutti! 
Innanzitutto volevo ringraziare coloro che hanno speso il loro tempo per leggere questa mia piccola storia. Spero davvero che non vi abbia annoiato così tanto. 
Vi devo confessare una piccola cosa: sto ritrovando proprio con questa storia la voglia di scrivere che avevo perso. Pian piano sono sempre più attenta ai dettagli. Quando ascolto canzoni, penso a quale potrebbe essere un'ottima fonte d'ispirazione. Grazie, davvero! 
Passiamo alla storia: capitolo un po' strano, ma altrettanto di passaggio per quello che accadrà nel prossimo. Non sono mai stata a Milano, ma ci andrò ad Agosto -se qualcuna è dei dintorni, me lo dica che magari ci si incontra! ;) - e non appena ho visto le foto del Navigli, me ne sono innamorata. 
Harry e Joe stanno cominciando ad accettare che c'è qualcosa che sfugge e che devono scoprire. Due sono le domande fondamentali: 1. perchè hanno perso la memoria sul fatto che si sonò già incontrati l'uno nei sogni dell'altra? 2. Come faranno una volta tornati nelle loro rispettive città? Si perderanno di vista?
Lo scopriremo solo Giovedì :D 
Vi abbraccio forte, 
Semmai. 

ps: la foto purtroppo non è mia, ma trovata su trumbl. Ringrazio infinitamente colei che l'ha scattata. Ho letto solo che si chiama Serena, se non sbaglio. Mi sembra giusto ringraziare e dare merito a coloro che scattano le foto che uso.
La prima canzone è: "these days" dei Walk off the Earth.

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Capitolo 8
*** VII ***


VII

 

Joe





Avevo corso tanto, forse anche troppo. Anni ed anni di fumo si facevano sentire tutti grazie a quel fiatone. Eppure lui era lì, di fronte ai miei occhi, appoggiato con il braccio alla ringhiera del ponte. Chissà quali pensieri riempivano la sua mente.
Feci per avvicinarmi e gli sorrisi. « allora? Andiamo?» incalzai.
Ci avevo messo un’intera cena, un bel gruzzoletto di soldi e un rimprovero di Helly per capire che, in realtà, il posto in cui volevo essere era lì con lui. Avevo lasciato i soldi della cena sul tavolo ed avevo iniziato a correre per le strade buie di Milano, senza neanche rendermi conto di dove stessi andando.
Harry accettò il mio invito ed iniziammo a camminare; dovevo essergli apparsa abbastanza strana, visto che fino a quella mattina lo avevo completamente evitato. Non volevo attaccarmi ad un qualcosa che non sarebbe nato.
Una notte, infondo, non poteva cambiare le cose, no?
« sei venuta a Milano per piacere oppure perché tua nipote ti ha trascinata al concerto?» chiese all’improvviso.
Ci pensai un po’ su. « inizialmente siamo venute solo per il vostro concerto, ma siamo rimaste altri due giorni per poter visitare anche un po’ la città. Era sulla lista».
Mi guardò alzando una sopracciglia. « Che lista?» Chiese curioso.
La sua curiosità non mi sorprendeva, era normale fare delle domande a chi si conosce da poco. « io ed Helly, la ragazza che hai visto oggi pomeriggio con me, abbiamo una lista di posti che vogliamo visitare almeno una volta nella vita. Milano è su quella lista» conclusi sorridendo.
Io ed Hells avevamo impiegato anni nello scriverla. Non ci mettevamo d’impegno, ma quando vedevamo foto di una città che potesse piacerci, veniva automaticamente inserita.  Harry sorrise malinconico. « quindi questo fanno le ragazze normali».
Capivo un po’ il suo disagio, poiché a volte il successo può portare un limite alla propria vita privata e personale, ma alla fine dipendeva dai punti in cui la cosa veniva guardata.
Afferrai il suo braccio e lo strinsi leggermente, non volevo esagerare con il contatto e di certo non volevo fargli capire altro. Mi guardò e sorrise afferrandomi per i fianchi e stringendomi a sé. « non essere così rigida, alla fine abbiamo passato anche una notte insieme a quanto sembra! » e rise.
Aveva una risata limpida e cristallina come l’acqua del mare dei Caraibi a mezzogiorno: impossibile non farci neanche un bagno o, almeno, non guardala. Chissà quante volte aveva riso o quante ragazze avevano profanato quelle labbra prima di incontrarla.
Avevamo percorso circa mezza città parlando praticamente di tutto: Harry mi aveva detto di amare i gatti, ma che per il tipo di vita che faceva non poteva averne uno. Io gli avevo confessato, invece, di avere una voglia di caffè sul fianco destro, ma che pochi lo sapevano. Lui aveva riso e mi aveva confessato di avere quattro capezzoli.
Però è di dominio pubblico” aveva aggiunto scrollando la spalle.
Ridemmo entrambi mentre, a passo lento, entrammo a Piazza Duomo. Era ancora più imponente la figura dell’edificio sacro a quell’ora. Vidi il riccio guardarmi e prendermi per mano, per poi piazzarmi esattamente al centro del luogo: cosa voleva fare?
Si allontanò di poco e prese il suo Iphone dalla tasca. « salta e sorridi».
Non me lo feci ripetere due volte, amavo le foto un po’ stupide e strane. Saltai, allargai le braccia e sorrisi: quella foto era solo per lui.
Le note della sua risata riempirono ancora una volta la mia testa. « sappi che la caricherò su Instagram. E’ venuta proprio bene!» Fece l’occhiolino.
Non mi era mai capitato di sentirmi così spensierata nella vita. Di solito andavo sempre di corsa tra corsi, lavoro, lo studio e le migliaia di cose di cui mi occupavo. Il relax ed il tempo libero non erano proprio per me.
Mi riavvicinai  al ragazzo, prendendo il mio cellulare stavolta, e gli feci capire di voler fare una foto con lui. Si posizionò dietro di me, cingendomi i fianchi, e prese l’Iphone dalle mie mani; sorrise come solo lui sapeva fare, ma quello aveva una punta di malizia appena accennata.
Alzai lo sguardo e sorrisi al video, in modo che potesse scattare la foto, quando vidi esattamente Harry avvicinare il suo naso ai miei capelli, chiudere gli occhi e sorridere appena. Mi persi nel guardarlo e non mi resi conto del fatto che avesse già scattato la foto.
«tu però non puoi metterla su Instagram. E’ solo tua!» schioccò.
Se l’avesse vista qualcuno sarebbero stati guai e nessuno dei due poteva permetterselo.
 
I could look into your eyes
Until the sun comes up
and we’re wrapped in light and life and love”
Sentimmo una canzone provenire da una vecchia stradina appena dopo il Duomo. Decidemmo di percorrerla, fino ad arrivare ad una vecchia piazza in cui c’era un ragazzo che si esibiva per il pochi abitanti notturni della città.
Era una melodia che ricordava molto “Afire Love” di Ed Sheeran: quella poesia, le parole, il modo in cui venivano cantate. Tutto era bello.
Il riccio dovette accorgersi della passione per quella canzone, perché mi invitò a ballare.
Occhi negli occhi.
Petto contro petto.
Mani nelle mani.
Ed il suo sguardo.


La strinse ancora di più a se, mentre lei sospirava. Le luci della sala si abbassavano,  raggiungendo un’intimità da permettere solo ai partner di ballo di potersi guardare negli occhi. Lui in quegli occhi castani ci sarebbe potuto morire. L’allontano leggermente dal suo corpo, permettendo al suo braccio di guidarla in una giravolta delicata. Lei azzardò un sorriso timido. Gli aveva donato un sorriso. L’aveva ripresa e ristretta a sé, come se  potesse scomparire da un momento all’altro. Si guardarono negli occhi per un lasso di tempo pari a cinque minuti. Fu lei a prendere la parola.
“Mi sei mancato, sai?” gli disse, senza vergogna.
il ragazzo sorrise. “Tu mi sei mancata da morire, invece” aveva sussurrato al suo orecchio.”



Ci tenemmo l’una all’altro per evitare di cadere. Harry aveva lo sguardo perso, mentre io non riuscivo a capacitarmi di ciò che stava accadendo in quei giorni: visioni strane, una notte che non riesco a ricordare, il trovarmi con un ragazzo famoso a ballare. Non erano cose che accadevano né facilmente né alle ragazze normali.
« credo che per noi due sia meglio non vederci più dopo questa notte» disse tutto d’un tratto.
Sapevo che sarebbe arrivato a quella conclusione, perché ci ero arrivata anch’io molto tempo prima. Quella era una cosa che non potevamo controllare ed era meglio fermarsi in tempo prima di pentirsi.
Annuii e feci per lasciarlo andare, ma lui mi tenne stretta. « Harry..»
Non rispose, si limitò a stringermi forte a sé. Appoggiai la mia testa al suo petto e sospirai; non si poteva andare avanti così.
Infondo lo sapevamo entrambi che non poteva andare avanti una situazione del genere.

Il sole stava per sorgere e noi eravamo seduti su dei gradini. Eravamo ancora abbracciati, mentre parlavamo della nostra infanzia. Nonostante i genitori divorziati, non aveva avuto un passato così difficile, anzi, era stato persino felice. Mi raccontò che amava sua madre e sua sorella più di qualsiasi cosa e che non vedeva l’ora di diventare zio.
Non potei non sorridere a quelle parole, perché anche a me piacevano tanto i bambini. « saresti un ottimo zio, sai?» Mi baciò il capo.
Cominciarono a suonare le prime campane del mattino, segno che dovevamo salutarci.
« credo che sia ora di andare» azzardò lui.
«sì, a pochi minuti da qui c’è anche il mio albergo, quindi possiamo lasciarci anche qui» Non volevo che mi accompagnasse in albergo; non volevo che vedesse quanto in realtà mi dispiacesse lasciarlo e, magari, non vederlo più.
Noi non ci conoscevamo solo da quella sera, era molto di più. Lui non era solo Harry Styles, il cantate dei One Direction e con la reputazione di un Latin Lover. Lui era più di tutto quello.
Indossò i suoi occhiali da sole, nonostante non fosse così luminoso fuori. « addio, Joe»
Abbassai lo sguardo. « addio Harry»
E se ne andò coi primi raggi di quel sole a cui lo avevo paragonato.

 


_____________________________________________________________________________________
Angolo Autrice:
Ed eccoci giunti alla fine di questo capitolo. Ho cercato di farlo un po' più lungo e di non essere eccessivamente tragica nel parlare del loro distacco. 
Davveero non si vedranno più? Riusciranno mai a ricordare? 
Stanno già cominciando a provare qualcosa l'una per l'altro, il Destino ci metterà lo zampino. 
Grazie mille a chi ha recensito! Cercherò di migliorare per voi! :D 
Vi abbraccio forte,
Semmai. 

 

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Capitolo 9
*** VIII ***


VIII
“Now we’re slipping near the edge,
Holding something we don’t held
on this delusion in our hands
is gonna bring us to our kness”



 
Le luci si rincorrevano velocemente dando vita ad una strana maratona. Avevano preso il treno per Roma il pomeriggio stesso, dopo la strana notte passata con Harry.
Forse “strana” era il termine esatto, perché ancora non riusciva a spiegarsi il motivo per il quale l’avesse fatto. Non aveva aiutato molto la situazione, anzi, si sentiva addirittura peggio.
Al suo ritorno in albergo aveva trovato Helly sveglia ad aspettarla; le aveva raccontato tutti i dettagli e fatto vedere quella foto. La rossa aveva sorriso, porgendole una tazza di caffè. Aveva scosso la testa , non proferendo parola. In certe occasioni, forse, le parole sono un di più e tra loro non ce n’era bisogno.
Era intenta a fare la stessa cosa in treno, mentre le altre due facevano altro: guardava ogni singolo dettaglio della foto. Ammirava quanto fossero rilassate le loro espressioni, senza paure, senza pregiudizi, senza la consapevolezza di quella che fosse la loro vita in realtà: lui una star, lei una studentessa che faticava ad arrivare a fine mese.
Pian piano chiuse gli occhi, sperando di poter recuperare le ore di sonno perse.
 
Era ancora buio nella stanza, ancora una canzone suonata al piano come sottofondo. Avrebbe dovuto riprendere a suonare. Si sentiva stranamente leggera.
Guardò in basso, ma non vide nulla, così provò a toccare il suo corpo: indossava un costume.
Fece dei passi avanti, essendo attenta a dove poggiare i piedi.
Più camminava e più sentiva il rumore dell’acqua scorrere. Non poteva trovarsi in una cascata, sarebbe stato troppo anche per lei.
Possibile che le cose più strane capitassero  a lei?
L’acqua si faceva sempre più vicina e Joe aumentava la prudenza nel camminare.
Non si era mai troppo sicuri.
Giunse a quella che avrebbe dovuto essere l’uscita di quel tunnel misterioso: una piccola apertura dalla quale proveniva la luce del sole. L’attraversò e si ritrovò davanti una piccola cascata con un laghetto. Come immaginava. Alla sua destra notò delle piccole scale, le percorse fino ad arrivare all’altezza della riva.
La cascata era di fronte a lei e tutt’intorno si estendevano alberi e cespugli con fiori. L’acqua del piccolo laghetto sembrava essere mossa solo dallo scorrere di quella massa cristallina.
Era giunta in paradiso?
«che cazzo..» Una voce rauca disturbò il pasesaggio perfetto. Non aveva neanche bisogno di girarsi, poiché poteva appartenere solo ad una persona.
Cercò di ignorarlo, era un sogno dopotutto. S’incamminò, invece, verso la sorgente.
Un passo e l’acqua era tiepida;
un altro passo e la temperatura era invariata;
un passo ancora ed una mano tatuata l’afferrò. «che ci fai tu qui?»
Si voltò finalmente ed anche il ragazzo era in costume. «faccio un bagno, forse?» Poteva notarli tutti  i disegni che aveva inciso sul corpo. «Capitan ovvio! Intendevo dire: che cosa ci fai nel mio sogno?»
Il suo sogno? «forse non ci siam capiti, Murales vivente, ma questo è il mio sogno» specificò stizzita.
Vide il ragazzo sbuffare. «è inutile continuare. Beh, ora che facciamo?»
La mandava sui nervi anche nei sogni, era incredibile. «io faccio un bagno, tu quello che ti pare» Si tuffò.
Il contatto con l’acqua non era mai stato così rinfrescante e desiderato. Era un sogno davvero.
Il riccio non si fece attendere molto per unirsi a lei.
Nuotarono vicini ed ogni tanto si schizzavano acqua per farsi dispetti, come due bambini capricciosi.
«Harry, la smetti?» chiese lei quasi soffocata dalla sua stessa risata.
Il ragazzo, allora, le afferrò il braccio e la strinse a lui, per poi portarla sott’acqua con lui. I corpi erano attaccati, l’acqua tiepida, a tratti calda, la bocca di lei sul collo di lui. Emersero dopo poco tossendo, ma ancora attaccati; i loro respiri si incrociavano  e i loro occhi – mare e terra- erano ancora incatenati. Se avessero potuto descrivere la creazione del mondo, avrebbe potuto usare la descrizione di uno sguardo.
«io non so cosa stia accadendo, ma sto per baciarti» ansimò lui.
“e c’era bisogno di dirlo?” pensò lei, sorridendo appena.
Si avvicinò sempre di più alle labbra di lei, stringendola ancor di più a sé. Non sapeva il perché l’avesse sognata, non dopo averla lasciata in quel modo brusco la mattina stessa.
Poteva sentire il suo respiro solleticargli le labbra, neanche fosse un invito. Aveva fumato, così come lui aveva bevuto.
Mancava poco al loro contatto ed Harry si chiede il perché non l’avesse fatto prima.
Non ebbe una risposta, perché si svegliò.

 
Ansimava, il riccio, sdraiato sul suo sedile in aereo. Quel sogno era stato fin troppo realistico per i suoi gusti, bastava notare il cavallo dei suoi pantaloni rigonfio.
Una cascata e lei in costume: il suo inconscio gli voleva proprio male.
«Hazza, tutto bene?»gli chiese Louis.
Harry annuì, non poteva raccontargli del sogno. O forse si?
Se c’era una cosa che l’amico sapeva sempre era quando una ragazza affollava la sua mente. «c’entra la ragazza dell’altro giorno?» Colpito ed affondato.
«stavolta l’ho sognata » ammise.
Vide il ragazzo sorridere. «questa storia va avanti da un po’, amico mio. Hai mai pensato di fare qualche ricerca?»
«Da quanto va avanti?» Aveva perso la memoria di quella parte della sua vita.
«da mesi, Harry, ed anche il fatto che entrambi non lo ricordiate è sospetto» Louis piccolo Sherlock.
«indagherò non appena avremo finito il tour e ci sarà quella bella pausa»
«intanto sai dove si trova?» indagò il piccolo investigatore.
Harry sbiancò: non aveva avuto modo di chiederglielo.
Quante Joe esistevano in Italia?








***
 
Angolo Autrice:
Innanzitutto grazie a chi ha recensito, è sempre bello vedere, oltre alle visualizzazioni, anche dei commenti :D
Grazie a chi ha messo la storia tra le "seguite" e tra le "preferite", siete state gentilissime! 
Veniamo al capitolo: come vedete sia Harry che Joe sono in viaggio per tornare alle loro vite quotidiane, chi a Roma, chi in una parte qualsiasi del mondo. 
Joe ripensa alla notte con Harry, guardando anche la foto che hanno scattato insieme. E' rassegnata, però, al fatto di non vederlo più. Chi non lo sarebbe dopotutto? Chi conterebbe di rivedere una star dopo tutto quell'accaduto? Diciamo che torna con i piedi per terra - li ha mai alzati?-. 
Harry, dall'altra parte, si mette in testa di indagare e di rivederla, ma dopo aver completato il tour. Dovere prima di tutto, no?
Entrambi, però, si addormentano e si sognano. Sognano una cascata e di riavvicinarsi così come non hanno fatto nella realtà. Riusciranno mai a scoprire che quelli in realtà non sono sogni? Cosa più importante: riusciranno mai a scoprire il perchè di questi sogni e come sono iniziati?
Vi lascio con questi interrogativi che verranno presto svelati! 
Semmai <3 

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Capitolo 10
*** IX ***


IX





“Say it’s only words
and that i twill get easier with time
nothing’s only words
that’s how hearts get hurt”
 
Una settimana dopo.
 
Roma,
Università “La Sapienza”, aula studio
Ore 11.00

 
Joe era intenta a leggere quello che era il manuale di diritto internazionale: un tomo grande abbastanza da farle quasi pentire di esserti iscritta all’università.
L’aula studio era grande e piena di persone che condividevano con lei la stessa ansia per gli esami e, peggio, quella di non laurearsi mai. Picchiettava annoiata la matita sulle pagine, mentre lo sguardo era perso sugli scaffali alla sua sinistra; dovevano contenere libri sui quali fare ricerche per le tesi di laurea. Alla sua destra, invece, Adriana faceva l’identica cosa della mora e non era un buon segno.
Adriana Pane era una sua collega di corso, nonché compagna di studio matto e disperato. A lei non aveva raccontato i particolari del viaggio a Milano. Non aveva raccontato di Harry, dei sogni, dell’addio che doveva rendere le cose più semplici, ma al contrario le aveva peggiorate.
« ciccia, tutto ok? Oggi sei distratta» sussurrò, avvicinandosi appena alla mora.
Quest’ultima sorrise di rimando. « sì, sto solo pensando che mancano ancora troppe pagine da studiare» ammise, mentre faceva cadere con fare scenico la testa sul libro.
Sdrammatizzare era la cosa che le riusciva meglio. Decise, però, che era giunto il momento di concentrarsi su quelle parole: Harry Styles e Milano non avevano alcuna influenza su di lei. Iniziò a leggere il primo rigo quando una suoneria disturbò tutta l’aula. Alzò la testa infastidita, non dal suono in sé, bensì dalla canzone impostata dalla proprietarie dell’oggetto:”Story of my life” dei One Direction l’aveva raggiunta anche in luoghi impensabili.
Era una maledizione quella.
Chiuse i libri, salutò l’amica e si affrettò ad uscire dall’aula. Avrebbe trovato un altro posto in cui studiare.

Quel giorno Roma era baciata dal sole e si stava bene a maniche corte. Nonostante fosse solo Aprile era arrivato improvvisamente il caldo. Ricordò quando sua nonna le diceva che non vi erano più le mezze stagioni.
Sorrise a quel ricordo e salì sull’autobus, dirigendosi nel suo appartamento.
La fortuna di vivere in un appartamento mansarda era l’opportunità di utilizzare la piccola terrazza. Un paio di cuscini erano posizionati intorno ad un piccolo tavolino.  Ricordava molto un arredamento orientale, li aveva sempre considerati molto eleganti.
Si sedette sui cuscini e, finalmente, iniziò a studiare.

Era trascorsa una settimana dall’ultimo sogno che aveva fatto e, con quello, aveva deciso di chiudere la questione e buttarsi in qualcosa di utile. Aveva ancora la matita tra le mani quando il cellulare vibrò, segnalandole un messaggio da parte di Helly.

Da Helly, ore 13:00
Accendi la televisione, canale 6.

Sicuramente era qualcosa di importante, perché l’amica non si sarebbe mai presa una pausa dal lavoro per nulla. Era troppo entusiasta dell’attività che stava cercando di avviare: un piccolo salone di bellezza nel centro della bella Capitale.
La riccia si alzò svogliatamente dal cuscino purpureo, entrò in casa ed accese il piccolo televisore in cucina.
La voce della giornalista di Studio Aperto riempiva la casa, facendola sembrare meno vuota del solito.

Dopo la fantastica esibizione a Milano della band inglese One Direction, si annuncia la loro partenza a fine Giugno per gli Stati Uniti. Un concerto sold out e fan in delirio hanno salutato i ragazzi all’aeroporto di Milano. Ritorneranno presto? Per il momento li aspetta un ultimo concerto a Dubai e poi una meritata pausa di un mese”
Spense il televisore,  non aveva bisogno di sapere i particolari sul tour.

A Helly, ore 13:15
non ho bisogno di sapere i suoi movimenti. E’ stato fin troppo chiaro, storia chiusa.
Ci vediamo stasera al Shasha

 
Il Shashabar era un bar situato in una strada molto piccola di Roma. Hells, Joe e altri due amici erano soliti vedersi in quel luogo per bere o per dimenticare.
Era illuminato costantemente da luci a neon blu e decorato da quadri provenienti da tutto il mondo. Una statua di Bob Marley era posizionata all’ingresso per dare il benvenuto – o per spaventare secondo Ash – ai clienti.
« ciao, zio Bob!» esclamò Joe quando entrò nel locale. Helly era in ritardo, mentre Andrea e Federico erano già seduti da un bel po’ di tempo.
Fu proprio il primo a prendere la parola.« che è successo?»
Aveva lo stesso sesto senso della rossa. « nulla, avevo solo voglia di bere qualcosa con voi. E’ un reato?» ammise, accomodandosi sulle poltroncine bianche.
Sapeva bene che bere non era una soluzione, ma almeno avrebbe smesso di pensare per un’ora o forse più.
« ora ci racconti cos’è successo a Milano e smetti di prenderci per il culo» Federico si alzò, prendendo posto accanto a lei. Se non fosse arrivata l’amica, l’avrebbero costretta a parlare.
Senza neanche farselo ripetere due volte entrò dalla porta vetrate, salutò Ben, il proprietario del locale, e si accomodò con loro. « la smettete di torturarla?» non era una richiesta, bensì un ordine implicito.
I due risero e Joe notò come fossero diversi a colui che cercava di dimenticare: indossavano entrambi due camicie, una bianca per Andrea ed una color prugna per Federico. Jeans chiari fasciavano le gambe di entrambi, mentre due paia di Hogan permettevano loro di camminare comodamente.
« riconosco una ferita di cuore quando ne vedo una» constatò Federico, voltandosi verso Andrea. Quest’ultimo era più alto di lui di ben trenta centimetri e questa era l’unica cosa che lo accomunava al bel ricciolo inglese.

A salvare la situazione ci pensò Ben; quando dicono che il migliore amico per le ferite di cuore è il barista, hanno pienamente ragione.
« cosa vi porto bellezze?»
Il primo a rispondere fu Andrea. « una Heineken per me, mentre una  Demon per Fede»
Ben sorrise. « bastava dire che volevate il solito, Andrè» Scoppiarono tutti a ridere.
Helly prese la parola. « Andre è troppo logorroico, lo sappiamo tutti» Un’altra risata. « piuttosto a me porti il solito, mentre a Joe una Gordon Platinum» terminò.
Il barista guardò Joe in modo curioso. «  mi sa che io e te dobbiamo un po’ parlare signorina» Dicendo così andò a preparare gli ordini.
« vedi? Anche Ben se ne è accorto! Perché noi non possiamo sapere nulla?» si lamentò il biondino che portava il nome di Andrea.
Le ragazze sbuffarono: perché in quella città nessuno era in grado di pensare agli affari propri?
 
“I stop thinking, start drinking Martin as Beer”




 

Qualsiasi posto del mondo.
Alta quota,
ore 24:00

 
Un riccio leggeva distrattamente un libro su Steve McCurry, un famosissimo fotografo. Quell’uomo era in grado di catturare la straordinarietà della quotidianità. Aveva cercato più volte di imitarlo, mai riuscendoci.
Era diretto insieme ai suoi compagni di avventura a Dubai, in India. Li aspettava un ultimo concerto prima di una lunga meritata pausa che lui  avrebbe trascorso cercando quella strana ragazza.
Si era ripromesso di non pensarci fino a quel momento, ma ci era riuscito poco. Com’era possibile? Aveva dimenticato Caroline in pochi mesi e la loro relazione era stata ben poco platonica. La notizia della pausa dopo il concerto aveva fatto il giro del mondo, magari era arrivata anche a lei. Chissà se non stesse pensando di cercarlo.
« Amico, da un po’ di giorni sei strano. Vuoi raccontarci di cosa si tratta?» Liam era sempre stato il più premuroso degli ormai quattro ragazzi. Dall’abbandono di Zayn era l’unico ad avere contatti con il moro, riferendo ai ragazzi quanto quest’ultimo sentisse la loro mancanza.
Harry sospirò. « E’ una storia strana» Chiuse il libro.
Liam si accomodò sul sedile di fronte al riccio, mentre Niall e Louis si sporsero per essere partecipi. Erano una bella squadra. « E’ colpa di un’italiana? Infondo sei strano proprio da quando siamo partiti da quel Paese» osservò il moretto.
Fu Louis a prendere la parola. « In poche parole: ha incontrato la tizia che sognava. Inquietante, ma esiste. Si sono chiusi in camerino facendo Dio solo sa cosa, sono andati in Camera a continuare chissà cosa. Nessuno dei due ricorda nulla, ovviamente.  Qualcosa poteva andare bene? Hanno passato la notte in giro per Milano, mentre noi stavamo per chiamare l’intelligence italiana. Sapete che ha fatto poi di tanto intelligente? L’ha mollata lì. E poi dicono che quelli nati a Febbraio siano i più intelligenti» Louis e il suo modo di fare rendevano comiche tutte le situazioni, anche quelle più tragiche.
Due paia di occhi lo guardarono sconvolti. « tu sogni chi? Come si chiama?» fece il ragazzo dagli occhi chiari.
« scemo, ce l’ha presentata dopo il concerto! Eravate già ubriachi?» Louis alzò gli occhi al cielo.
«perché non ci hai detto prima che non ricordavi nulla?» rinforzò la dose il moro dagli occhi scuri.
« perché mi avreste preso per un rincoglionito» ammise « Louis dice che l’ho sognata per mesi» concluse.
Non poteva dire altro, perché non ricordava nulla. Come aveva potuto dimenticare una situazione come quella?
« cos’hai intenzione di fare ora?»
Domanda da un milione di sterline. « andrò in Italia per un paio di settimane, a ho bisogno di fare delle ricerche per capire  lei dove si trovi».
« sembra facile a dire, ma l’Italia non è uno sputo. Hai almeno una sua foto?» Chiese Niall.
Il riccio annuì e fece vedere la foto della ragazza mentre saltava dinanzi al Duomo di Milano. Il biondo la inviò sul suo numero. « dammi un paio di giorni e te la ritrovo».
Tutti risero all’espressione seria del ragazzo. « visto che Niall piccolo Sherlock si è messo all’opera, io direi di pensare solo a Dubai».

I can’t, I can’t, I can’t stop hearing
all the words you said"

***

 
Angolo Autrice: 
aggiornare due volte in una settimana? E' da me! 
Ultimamente, nonostrante lo studio, sono molto ispirata. Non odiatemi, so che questo capitolo sarà un po' noioso e che non vedete l'ora che finalmente s'incontrino quei due. Dovrete aspettare un pochino! 
Nel frattempo, però, i due sono tornati alle loro rispettive vite: lei all'università che cerca di preparare un esame tosto, lui in viaggio per Dubai. Entrambi cercando di non pensarsi, ma in due modi diversi. Harry cerca di aspettare per poi mettersi alla ricerca della ragazza, Joe non vuole più sentir parlare di questa storia. Ma ce la farà? Riuscirà a non sognarlo? A restare indifferente? Niall riuscirà a trovare la riccia? 
Lo scopriremo nella prossima puntata! :D 
Grazie alle ragazze che hanno messo nelle "preferite" la storia e anche a quelle che l'hanno messa, invece, nelle "seguite". 
Grazie ai lettori silenziosi, spero che vi piaccia fino ad ora. 
Grazie ad 
Happy_me perchè è sempre presente!  
Vi consiglio di cuore la sua Fan Fiction che è bellissima! -> questo è il link : 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3407926&i=1

Alla prossima, Semmai <3 

 

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