Paranormal Love

di black dalia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap.1) Una nuova, vecchia casa ***
Capitolo 3: *** Cap.2) Primo contatto ***
Capitolo 4: *** Cap.3) Bagliori d'argento ***
Capitolo 5: *** Cap.4) Vedere per credere ***
Capitolo 6: *** Cap.5)Il suo nome ***
Capitolo 7: *** Cap.6) Bisogno di aiuto ***
Capitolo 8: *** Cap.7) Un'immagine vale più di mille parole ***
Capitolo 9: *** Cap.8) Attività paranormali ***



Capitolo 1
*** -Prologo ***


PARANORMAL LOVE

 

-Prologo

 

20 giugno 1894

 

Riku guardò fuori dalla finestra di camera sua, che si trovava al primo piano dell'abitazione, e da cui aveva una perfetta visuale della campagna circostante.
“Non è giusto!” pensò il ragazzo, sospirando; era estate e lui era bloccato in casa da tre, a suo parere, lunghissimi giorni, tutto a causa di uno stupido raffreddore, mentre i suoi amici erano fuori a divertirsi con gli altri al lago oppure a passeggiare per le vie del paese.
“Perché mio padre deve essere così apprensivo?” si chiese, allontanandosi dalla finestra per andare alla sua scrivania, mettendosi una mano davanti alla bocca per soffocare un colpo di tosse, e raccolse una piccola pila di lettere: erano le sue richieste di ammissione al college ed era sicuro di riuscire ad entrare in una delle cinque scuole a cui aveva fatto domanda.
Dopotutto aveva avuto un'insegnate privato, conosceva il francese ed il latino, due lingue insegnate solo nelle classi più elevate; era sicuro di venire ammesso.
Legò i capelli d'argento, che gli erano ormai arrivati alle spalle, in una coda di cavallo bassa, mise le lettere sottobraccio ed uscì in corridoio facendo attenzione a non fare rumore, per evitare di venire scoperto dal padre, scese le scale tenendosi alla ringhiera e allungò il collo per individuare qualsiasi movimento al piano inferiore.
Quando si assicurò che non c'era nessuno, con una rapida corsa, arrivò alla porta spalancandola ed uscendo fuori.
“Finalmente!” pensò chiudendo gli occhi al sole estivo e prendendo un respiro d'aria fresca; dopo essere stato intrappolato nella sua stanza per gli ultimi giorni era felice di sentire i caldi raggi del sole sulla sua pelle pallida.
Soffocò l'ennesimo colpo di tosse e s'incamminò lungo il viale per arrivare alla casella postale, guardandosi attorno per ammirare il paesaggio che si stagliava attorno a casa sua: l'edificio era situato all'apice di una collina attorno alla quale crescevano degli alberi sempreverdi e, di fronte ad essa, si potevano ammirare ettari di terreni coltivati.
Suo padre era un avvocato di professione ed un imprenditore per hobby: molti agricoltori vivevano sulla loro proprietà e suo padre gli affittava il terreno ad un prezzo a buon mercato in cambio di una percentuale dei loro profitti.
Quando raggiunse la casella postale, ci fece scivolare dentro le lettere, sorridendo compiaciuto ma il suo sorriso si trasformò in un'espressione di sorpresa quando sentì il rumore del motore di una macchina; Riku sapeva che c'era una sola ragione per cui un'auto sarebbe venuta fino a casa sua.
Il ragazzo fece un passo indietro come il trabiccolo motorizzato, così lui le chiamava, si fermò ed un uomo corpulento si sporse verso di lui con le braccia appoggiate al volante ed un largo sorriso sul volto.
L'argenteo lo riconobbe subito: era lo sceriffo della città.
-Riku! E' un piacere vedere che stai bene!- disse l'uomo, il ragazzo sorrise ed incrociò le braccia al petto -è un piacere anche per me!- poi si ricordò che aveva a che fare con un ospite così lasciò cadere le braccia lungo i lati del corpo e chinò il capo rispettosamente -serve aiuto con qualcosa, signore?- gli chiese, il volto dello sceriffo si oscurò un po' -sì, sono venuto a parlare con tuo padre... è in casa?-
-è nel suo studio da stamane-
-bene...- lo sceriffo annuì, poi gli sorrise -vieni, sali... ti do un passaggio! Così il viaggio di ritorno sarà più veloce!- disse l'uomo dando una pacca al posto vuoto accanto a lui e Riku, a malincuore, salì sulla macchina, ben sapendo che il rumore di quell'aggeggio avrebbe fatto uscire suo padre dallo studio e, di conseguenza, gli avrebbe fatto scoprire la sua breve fuga.
-Allora, ragazzo... ho sentito che hai fatto domanda per un college in Inghilterra- disse l'uomo mentre la macchina si muoveva lungo il viale -sì, ma la lettera ad Oxford era solo per vedere se ci sarei potuto andare... sinceramente, preferirei una scuola più vicino a casa- disse Riku, lo sceriffo ridacchiò annuendo mentre regolava la presa sul volante -beh, sono sicuro che riuscirai ad entrare in qualunque college tu voglia... dopotutto, sei uno dei ragazzi più brillanti della città-.
Vedendo come le mani dell'uomo si strinsero attorno al volante, Riku alzò un sopracciglio -è successo qualcosa in città?- gli chiese sorprendendo l'uomo che gli sorrise debolmente -cosa te lo fa pensare?-
-odio dirlo, signore, ma non siete mai venuto solo per una visita di cortesia, in più mio padre è il migliore avvocato della città e, inoltre, non vi ho mai visto così teso... cos'è successo?- lo sceriffo si scostò il cappello, grattandosi l'attaccatura dei capelli -io... sono un po' titubante a parlarne... almeno fino a quando non vedo tuo padre- a quelle parole il ragazzo aggrottò la fronte; doveva essere una cosa grave se lo sceriffo era così reticente.
Erano ormai arrivati davanti casa quando Riku vide la porta aprirsi e suo padre uscire in terrazzo guardando un po' irritato, forse a causa del rumore.
-Buon pomeriggio, Sephiroth! Ho dato a vostro figlio un passaggio dalla casella postale per farlo tornare a casa prima- disse lo sceriffo salutandolo.
Gli acuti occhi azzurri di Sephiroth si strinsero su Riku, che cercò di farsi il più piccolo possibile mentre scendeva dall'auto, e sorrise sottilmente allo sceriffo -grazie per averlo riportato a casa... non sapevo neanche che aveva lasciato la sua stanza-.
Riku rabbrividì interiormente come la voce di suo padre scese ad un livello pericoloso; avrebbe sicuramente dovuto subirsi una bella ramanzina più tardi.
Sephiroth alzò un sopracciglio e si spostò di lato per permettere a suo figlio di entrare, dandogli prima uno sguardo che diceva “sei nei guai, giovanotto” ed aspettò finché non sentì il rumore delle scarpe che salivano le scale prima di rivolgere la sua attenzione allo sceriffo -per favore, venite dentro... dirò al maggiordomo di portare delle bevande fresche-
-grazie ma devo rifiutare... devo parlarti di una faccenda molto importante- disse serio lo sceriffo, togliendosi il cappello come entrò in casa.
Sephiroth annuì, chiuse la porta e lo fece accomodare nel suo studio.
Si sedettero su due poltrone contrapposte, uno di fronte all'altro: lo sceriffo aveva le mani giunte, con i gomiti poggiati sulle ginocchia ed il cappello poggiato affianco a lui.
-Sephiroth, ho una brutta notizia- iniziò con voce sommessa -ti ricordi l'uomo che hai perseguito 5 anni fa, Ansem?- Sephiroth annuì esitante -la notte scorsa... è fuggito dal carcere- a quella notizia l'argenteo si lasciò sfuggire un piccolo sussulto -Ansem... quel pazzo... ho sperato che non avrei mai più dovuto pensare a lui... com'è successo?-
-una delle guardie, era nuovo ed inesperto, si è avvicinato troppo alla sua cella... lo ha strangolato e gli ha rubato le chiavi, una volta uscito... ha ucciso tutte le guardie... è stata una carneficina...- disse lo sceriffo sospirando tristemente, asciugandosi la fronte con un fazzoletto che prese dalla tasca dei pantaloni.
-Non abbiamo idea di dove sia andato ma...- Sephiroth lo interruppe -tu pensi che verrà qui- l'altro uomo annuì –sei stato tu che lo hai sbattuto in prigione e ti ha minacciato più volte durante il processo e anche quando era in galera... sono preoccupato per la tua sicurezza... farò venire degli uomini per fare la guardia alla casa, domani- l'argenteo scosse la testa -non voglio che tu sprechi così tanta manodopera, sopratutto dopo quello che è successo alla prigione-
-mi dispiace ma questa non era una domanda... hai bisogno di protezione e non solo per te stesso- a quelle parole Sephiroth socchiuse gli occhi mentre la sua voce divenne fredda come il ghiaccio -pensa che potrebbe provare a ferire Riku?- lo sceriffo strinse le spalle -non lo so... sto solo dicendo che non bisogna sottovalutarlo... lo stiamo facendo cercare anche dai cani ma, finora, è riuscito a far perdere le sue tracce- lo sceriffo guardò l'orologio sopra alla mensola del camino e aggrottò la fronte -è tardi, devo tornare in città per organizzare una nuova ricerca- l'uomo si alzò, rimettendosi il cappello, e Sephiroth con lui -ti suggerisco di chiuderti in casa almeno fino a quando non arriveranno i miei uomini- disse mentre si dirigeva verso la porta d'ingresso -buona giornata, Sephiroth- ed uscì, chiudendo la porta dietro di lui, senza aspettare il saluto dell'altro.
L'argenteo guardò la porta chiusa, con la fronte aggrottata in preoccupazione, come pensava alle parole dello sceriffo, poi chiamò -Riku, vieni qui!- un attimo dopo il ragazzo uscì dalla cucina dove si era nascosto per non farsi beccare ad origliare quando i due uomini erano usciti dall'ufficio e si avvicinò lentamente a suo padre guardandolo con un cipiglio.
L'uomo si girò verso di lui -hai sentito la mia conversazione con lo sceriffo?- gli chiese ed il ragazzo annuì esitante -allora non ti dovrò ripetere quello che ha detto-.
Riku lo guardò preoccupato -padre, quest'uomo, Ansem, pensi davvero che cercherà di ucciderti?-
-non lo so...- rispose Sephiroth chiudendo gli occhi e strofinandosi il ponte del naso -ma non voglio correre rischi... dirò al maggiordomo di preparare la nostra carrozza... andremo alla nostra residenza sulla costa, almeno fino a quando non lo prenderanno... vai a preparare la tua valigia, partiamo tra un'ora-.
Riku annuì e si affrettò a salire le scale mentre suo padre rientrò nel suo studio, molto probabilmente per prendere dei documenti importanti.
Quando il ragazzo arrivò in camera andò subito al suo letto e tirò fuori un baule da sotto di esso, ce lo poggiò sopra e lo aprì incominciando a riempirlo di vestiti e di tutte le cose che potevano servirgli mentre la sua mente elaborava quello che stava succedendo: suo padre stava scappando da qualcuno.
Personalmente, Riku non aveva mai conosciuto questo Ansem ma stava già incominciando a temerlo; non aveva mai visto, prima di allora, suo padre spaventato o preoccupato per qualcosa e se quest'uomo era capace di fargli provare tanta paura da fargli decidere di andarsene voleva dire che era davvero pericoloso.
Dopo aver finito di riempire il baule, Riku osservò la sua stanza “mi sembra di aver preso tutto” pensò, fino a quando il suo sguardo non cadde sulla scrivania dove vide qualcosa scintillare, colpita dai raggi del sole che entravano dalla finestra.
“Che stupido! Come ho fatto a dimenticarmene?” pensò avvicinandosi alla scrivania.
L'oggetto in questione era una collana d'argento con un ciondolo a forma di corona; sua madre glielo aveva regalato poco prima di morire, quando lui aveva solo 8 anni, ed era la cosa a cui era più affezionato.
Sorrise dolcemente vedendola ma, nel momento in cui la prese in mano, un forte rumore spezzò il silenzio che regnava in casa.
Riku sobbalzò dalla sorpresa, lasciando cadere la collana che teneva in mano, che rimbalzò sul pavimento di legno, finendo sotto al letto.
-Accidenti!- esclamò il ragazzo ma proprio quando stava per accucciarsi per raccoglierla, un altro colpo risuonò nell'aria.
Il ragazzo aggrottò la fronte, uscendo dalla stanza -padre... è tutto a posto?- in risposta alla sua domanda udì solo dei rumori.
Riku alzò gli occhi; ok che erano di fretta ma non era un motivo valido per gettare le cose a terra.
“Forse è meglio che vada ad aiutarlo... probabilmente ha un sacco di documenti legali che vuole portare con se” decise l'argenteo dopo un minuto di riflessione.
Così scese le scale ma, una volta arrivato all'ingresso, aggrottò la fronte quando trovò la porta aperta: il vento caldo entrava in casa portando con se i profumi della campagna e qualche foglia.
Riku, accigliato, la chiuse con una spinta, poi proseguì nel corridoio per arrivare allo studio di suo padre.
La porta era socchiusa ma il ragazzo non fece in tempo a fare neanche un passo verso di essa che udì dei rumori provenienti dal salone.
Cambiò direzione e, una volta arrivato alla porta si fermò per sbirciare nella stanza, quello che vide gli fece sgranare gli occhi e trattenere il respiro: suo padre era bloccato contro la mensola del camino da un uomo che non aveva mai visto.
Una delle mani dello sconosciuto era avvolta attorno alla gola di Sephiroth mentre l'altra impugnava una pistola che teneva premuta contro la tempia sinistra.
Riku osservò attentamente l'uomo: era alto quanto suo padre, aveva la carnagione scura e i capelli bianchi ma non poteva vedere il suo viso perché era di spalle.
Capendo che suo padre era in pericolo, l'argenteo si guardò attorno alla ricerca di un'arma e i suoi occhi caddero su una spada, a terra, a pochi centimetri dai suoi piedi; doveva essere stata la sua caduta il rumore che aveva udito prima.
Entrò in silenzio nella sala, per non allarmare lo sconosciuto, ed impugnò la spada alzandola davanti a se.
Sephiroth lo vide ed incrociò il suo sguardo con quello del figlio ma il contatto doveva essere durato troppo perché, un attimo dopo, lo sconosciuto si voltò verso Riku e, nel vederlo, emise una profonda risata: lasciò cadere a terra Sephiroth e puntò la pistola all'altezza del petto del ragazzo. -Che coraggio... il figlio che viene in soccorso del padre- disse sorridendo maniacalmente ma Riku non si lasciò intimidire e mantenne la spada alta davanti a se -sei Ansem, non è vero?-
-oh, e sei anche intelligente! Come l'hai dedotto?- chiese l'uomo con una voce che grondava sarcasmo ma il ragazzo non indietreggiò di fronte a quell'arroganza.
Lanciò un'occhiata verso suo padre per assicurarsi che stesse bene: l'uomo era a terra, in ginocchio, e stava riprendendo fiato.
-Mai distogliere lo sguardo dal nemico, ragazzo, oppure sei morto!- la voce di Ansem gli fece riportare l'attenzione su di lui appena in tempo per evitare un candelabro che l'uomo stava per scagliargli contro: gridò, tuffandosi di lato, riuscendo ad evitare l'oggetto, che si schiantò contro le cornici di alcune foto appese al muro, ma perdendo la spada.
La risata fredda di Ansem risuonò per tutta la casa, facendo rabbrividire Riku mentre si rimetteva in piedi; ora aveva capito perché suo padre lo temeva tanto: era un vero demonio.
Dopo aver finito di ridere riportò la sua attenzione sul ragazzo: i suoi occhi gialli brillavano malignamente.
-Sai, Sephiroth... penso di aver trovato il modo di farti provare tutto il dolore che meriti per avermi sbattuto in galera- a quelle parole l'argenteo alzò la testa verso di lui, socchiudendo gli occhi; aveva capito cosa l'uomo voleva fare.
-Non osare ferirlo, Ansem, o giuro su dio che te ne pentirai!- disse con un tono gelido -vedremo- fu la risposta dell'albino prima di alzare la pistola e sparare.
Riku non ebbe neanche il tempo di pensare che, subito dopo aver udito il rumore dello sparo, cadde a terra: un dolore lancinante riempì ogni anfratto del suo cervello mentre una macchia rossa si allargava lentamente da un foro sulla sua camicia in centro al petto.
-NO!- sentì suo padre gridare e, poco dopo, ci fu un secondo grido di dolore: il ragazzo vide il corpo di Ansem cadere a terra ad un paio di metri da lui, Sephiroth sopra di lui con in mano la spada con la lama macchiata di sangue.
Nonostante il dolore che provava e la fatica che faceva per respirare, l'argenteo cercò di chiamare il padre ma quello che gli uscì dalla bocca fu solo un rantolo soffocato e del sangue che gli macchiò le labbra.
Un attimo dopo, sentì una mano sollevargli la testa mentre l'altra tentava di tamponare la ferita al petto -Riku! Resta con me!- sentendo la paura nella sua voce, il ragazzo sgranò gli occhi: non aveva mai visto suo padre così spaventato.
-Vieni... ti porterò dal medico! Devi solo stare sveglio!- disse Sephiroth prendendolo in braccio “non ci riesco... sono così stanco...” pensò il ragazzo mentre il suo respiro si faceva sempre più flebile.
-Riku! Non chiudere gli occhi! Mi senti?!- gridò Sephiroth mentre apriva la porta d'ingresso, correndo fuori nel viale “perché no? Solo per cinque minuti... dopo li riapro...” pensò il giovane come la sua visione iniziò ad oscurarsi mentre i battiti del suo cuore si facevano sempre più deboli.
-RIKU!- il suo nome gridato dalla voce disperata di suo padre fu l'ultima cosa che sentì prima che il suo mondo divenne completamente nero.

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, piacere di conoscervi!
Sono black dalia e questa è la mia prima storia in questa sezione! ^//^
Come avete letto, l'inizio è piuttosto drammatico ma il prossimo capitolo sarà molto più leggero ve lo posso assicurare (ma non vi anticipo niente, sarà una bella sorpresa ;D).
Siccome ho già scritto i primi sei capitoli questi aggiornamenti saranno abbastanza veloci (uno a settimana per essere precisi, di solito di sabato) mentre quelli che verranno dopo saranno un po' più lenti perché ho poco tempo da dedicare alla scrittura ma cercherò comunque di pubblicarne almeno uno al mese (o un paio, se siete fortunati XD).
Bene, ora vi lascio ed aspetto le vostre recensioni per sapere che ve ne pare di questo inizio.
Saluti e baci da black dalia

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Capitolo 2
*** Cap.1) Una nuova, vecchia casa ***


PARANORMAL LOVE

 

Cap.1) Una nuova, vecchia casa

 

11 Aprile 2005

 

Roxas si svegliò di soprassalto quando sentì qualcuno scuoterlo.
Sbatté le palpebre assonnato alzando lo sguardo solo per scoprire che la persona che lo aveva svegliato era sua sorella maggiore -mmh... Sora?-
-e-ehi, Roxas... posso... posso dormire con te, stasera?- chiese la bambina ed il biondo aggrottò la fronte nel sentire un tremito nella sua voce.
-C'è qualcosa che non va?- gli chiese, strofinandosi gli occhi mentre si sedeva nel letto -uhm... forse...- rispose Sora mordicchiandosi il labbro inferiore, prendendo un lembo delle coperte e giocherellandoci nervosamente -Roxas... penso che l'orfanotrofio sia stregato- disse abbassando la voce in modo da non disturbare gli altri bambini che dividevano la stanza con suo fratello -ho sentito dei passi nel corridoio, poi la maniglia si è mossa ma non c'era neanche un'ombra sotto la porta-.
Il biondino sospirò, scuotendo la testa e guardando sua sorella con un cipiglio di disapprovazione -lo sapevo che non dovevi leggere ”Piccoli Brividi” prima di andare a dormire- disse poi, notando com'era irrequieta, sospirò di nuovo abbassando le coperte -va bene, vieni... ma domani lo spieghi tu ad Aerith come mai sei qui- la bambina annuì felicemente e salì sul letto, infilandosi sotto le coperte e rannicchiandosi vicino al corpo del fratellino, abbracciandolo -grazie!- disse mentre Roxas si sistemava tra le sue braccia, appoggiandogli la testa sotto il mento per stare più comodo -di nulla- rispose il biondino; non lo avrebbe mai ammesso ma gli piaceva dormire tra le braccia della sorella: gli dava un senso di protezione.
Nel giro di pochi minuti entrambi i bambini si addormentarono.

 

 

 

 

 

La mattina dopo, Roxas venne svegliato da qualcuno che lo scuoteva leggermente: aprì gli occhi assonnato, solo per trovare il viso di sua sorella di fronte al suo.
-Ben svegliato, Roxas! Vedo che tu e Sora avete fatto un pigiama party, ieri sera- disse una voce dolce ma con un leggero tono di presa in giro: il biondo girò la testa solo per trovare Aerith, la direttrice dell'orfanotrofio, che lo guardava con un sorriso giocoso.
-Mmh... ha detto che ha sentito un fantasma nel corridoio- borbottò Roxas, tirandosi a sedere e strofinandosi gli occhi.
-Dev'essere stato qualcuno del personale... gli dirò di essere un po' più silenziosi quando camminano per i corridoi- disse Aerith, poi si mise una mano sulla bocca -oh! Mi stavo dimenticando il motivo per cui sono venuta! Dobbiamo svegliare Sora... è arrivata una coppia che cerca un bambino della sua età!- a quella notizia Roxas sgranò gli occhi, sentì il suo stomaco contorcersi e la sua gola divenne improvvisamente più stretta, quasi soffocante.
Vedendo l'espressione del bambino, Aerith gli sorrise dolcemente -mi dispiace, Roxas... è la procedura standard... ma non preoccuparti, gli ho già presentato altri bambini... sono sicura che quando Sora scenderà giù loro avranno già scelto qualcuno- disse la donna cercando di consolarlo -sì... forse...- rispose il biondino con un tono che sembrava quello di un condannato a morte ma, comunque, scosse la castana nel tentativo di svegliarla ma la bambina scacciò via la mano, borbottando qualcosa sottovoce e girandosi dall'altra parte.
Roxas fece una smorfia alla resistenza della sorella e decise di passare alle maniere forti dandogli un pugno sulla spalla -AHI! ROXAS!- gridò Sora mettendosi a sedere, massaggiandosi la parte lesa.
-Buongiorno, Sora! E' ora di alzarsi ed uscire dal letto! C'è una coppia nel soggiorno e devi fare una buona impressione!- disse Aerith avvicinandosi a lei ma il bambino, vedendo che la sorella era ancora mezza addormentata, sospirò dicendo -la farò scendere io tra una decina di minuti, Aerith- la donna annuì, lisciandosi una piega della gonna -d'accordo, grazie Roxas! Scendete presto, okay?- il biondino annuì e la guardò uscire dalla stanza prima di riportare la sua attenzione su Sora alzando gli occhi al cielo quando vide che se n'era tornata a dormire.

Erano passati una quindicina di minuti, quando i due fratelli scesero al piano terra, dopo essersi lavati e vestiti.
Mentre Sora camminò verso la coppia in piedi al centro del soggiorno, Roxas li osservò da lontano appoggiato allo stipite della porta: erano due giovani uomini, uno di loro aveva i capelli biondi a spillo e gli occhi color blu elettrico mentre l'altro aveva i capelli castani che gli arrivavano appena alle spalle, gli occhi color grigio tempesta ed una cicatrice sul volto.
A Roxas sembravano troppo seri e stoici per una bambina con una personalità allegra e spensierata come Sora.
“Di sicuro sono quel genere di persone che pongono un sacco di regole per tutto” pensò il bambino, aggrottando la fronte, come continuò a guardarli mentre parlavano con sua sorella, che era vivace e sorridente come sempre; il biondino gli aveva detto più di una volta di non essere così gentile con le coppie che venivano all'orfanotrofio altrimenti sarebbe stata adottata e, di conseguenza, sarebbero stati divisi e Roxas era certo che sarebbe morto di dolore se gli avessero portato via la sorella.
La risata di Sora lo risvegliò dai suoi pensieri, facendogli alzare lo sguardo verso i due uomini e trattenne il respiro quando vide l'occhiata che si scambiarono; la conosceva bene... l'aveva già vista in altre coppie arrivate lì... quei due avevano deciso: stavano per adottare sua sorella.
Continuò a guardarli col cuore in gola mentre l'uomo biondo s'inginocchiò davanti a lei, parlandogli tranquillamente.
Il bambino non riusciva a sentire cosa si stavano dicendo ma trattenne di nuovo il respiro quando vide sua sorella indicarlo e, subito dopo, si ritrovò tre paia di occhi a fissarlo e, istintivamente, si nascose dietro lo stipite della porta.
-Roxas, vieni qui!- lo chiamò Sora, facendolo uscire allo scoperto: si avvicinò cautamente e, una volta arrivato accanto alla sorella, la strinse in un abbraccio come per dire ai due uomini di fronte a lui che non avrebbe mai lasciato che loro gliela portassero via.
Sora ridacchiò a quel gesto, stringendolo alla vita con un braccio ed accarezzandogli la testa per dirgli che andava tutto bene.
-Roxas... questi sono Leon e Cloud!- disse la bambina indicando prima il castano e poi il biondo -loro mi hanno chiesto se mi piacerebbe essere adottata ma io gli ho detto che non potrei mai andarmene senza il mio fratellino!- a quelle parole, Roxas la guardò sorpreso ma poi la sua attenzione venne attirata dall'uomo con i capelli castani, quello chiamato Leon, che s'inginocchiò di fronte a loro e gli tese la mano -piacere di conoscerti, Roxas!- gli disse tranquillamente ed il bambino lo fissò per un attimo, poi gli strinse velocemente la mano, mormorando -ciao- prima di riattaccarsi alla sorella.
Leon sorrise un po', guardandoli con dolcezza, poi si alzò -cosa ne pensi?- chiese al biondo che incrociò le braccia al petto -beh... stavamo pensando di adottarne solo uno... ma sarebbe sbagliato dividere due fratelli- disse e si accovacciò in modo che potesse guardare i due bimbi negli occhi -noi abitiamo in un appartamento... sarebbe un po' piccolo per quattro persone e voi due dovreste dividere la stessa stanza ma...- Cloud fece una pausa lasciando che un sorriso gli graziasse le labbra -ci piacerebbe se vorreste entrare a far parte della nostra famiglia-.

 

 

 

 

 

 

 

 

20 Aprile 2013, Oggi

 

-Sora!- una ragazza dal viso dolce, con lunghi capelli castani che gli arrivavano fino alla vita, gli occhi azzurro cielo e un vivace sorriso, si voltò al suono del suo nome -cosa c'è?- chiese guardando verso il retro furgone da cui era appena scesa -prendi questa scatola e portala in casa... sta attenta perché ci sono dentro i bicchieri-
-ma Leon! Voglio vedere la casa!- esclamò sbuffando la ragazza mentre si avvicinava al padre per prendere lo scatolone che gli stava porgendo -puoi guardarla anche portando qualcosa dentro- gli rispose l'uomo posando lo scatolone tra le sue braccia, guardando poi come la figlia camminò verso l'abitazione, con un piccolo broncio dipinto sul volto.
Si girò per prendere uno scatolone più grande, passandosi una mano tra i capelli, ma si fermò quando sentì una mano sulla spalla e la voce di suo marito dietro di se -rilassati Leon, la casa non va da nessuna parte- sorridendo un po', il castano appoggiò la schiena contro il torace di Cloud -lo so... è solo che ancora non riesco a crederci che siamo riusciti a comprarla! Continuo a pensare che le fondamenta devono essere marce perché il proprietario la vendesse così a buon mercato- a quelle parole il biondo ridacchiò -beh, hai detto che volevi una casa da ristrutturare... penso che hai ottenuto esattamente quello che volevi-
-sì... lo penso anch'io-
-ma, almeno, ha un'architettura meravigliosa- disse Cloud guardando l'abitazione: era un edificio a due piani, il più antico del quartiere e, una volta, doveva essere stata una casa bella ed accogliente ma ora la struttura era un po' usurata dal tempo e dagli agenti atmosferici: la vernice si stava staccando dalle pareti esterne ed alcune persiane andavano cambiate ma, da quello che Cloud e Leon avevano saputo dal precedente proprietario, l'interno era in condizioni migliori.
-Quindi è questo il posto?- i due uomini guardarono il loro figlio minore scendere dal furgone -allora, che ne pensi?- gli chiese Leon facendo un cenno con la testa alla casa -beh... sembra una completa discarica, lo skate park più vicino è ad un'ora di distanza, i miei amici vivono tutti dall'altra parte della città...- poi Roxas fece una pausa, sorrise ed alzò le spalle -ma, tutto sommato, meglio così... meglio dell'appartamento in ogni caso- Leon annuì sapendo che era il suo modo per dire che gli piaceva -sono contento che la pensi così... perché non vai a vedere le camere? Sono sicuro che Sora a già scelto la sua- quelle parole fecero scattare il ragazzo che chiuse la portiera del furgone e corse verso la casa.
-E' bello vederli così felici- disse Cloud avvolgendo un braccio attorno alla vita di Leon e attirandolo a se, il castano annuì, godendosi il contatto con il marito.
-Probabilmente dovremmo contribuire a portare gli scatoloni in casa- disse, dopo un po', il biondo all'orecchio di Leon -probabilmente- concordò, con un sospiro, il castano staccandosi di malavoglia: raccolsero un paio di scatole ciascuno e camminarono verso l'abitazione.
Dopo aver poggiato gli scatoloni nell'ingresso, i due uomini poterono osservare l'interno della loro “nuova” residenza: era polverosa e puzzava di chiuso ma era molto bella.
Il parquet era di mogano, e anche la parte inferiore delle pareti era rivestita di legno mentre la parte superiore era tappezzata con della vecchia carta da parati.
In quel momento, Sora corse giù dalle scale, quasi inciampando nell'ultimo gradino, e saltellò di fronte a Leon; l'uomo poteva vedere la felicità brillare negli occhi della figlia.
-Questa casa è enorme! Certo, è vecchia e ha bisogno di un po' di lavori ma finalmente abbiamo delle camere tutte per noi!- esclamò la ragazza sorridendo, poco dopo Roxas apparve sul pianerottolo del primo piano -ehi Leon, dov'è il secondo bagno?- gli chiese con un cipiglio sul viso -non c'è un altro bagno, quello al primo piano è l'unico- gli rispose l'uomo -sul serio?! Ma è piccolo!- esclamò il ragazzo incredulo -è una casa molto vecchia... siamo fortunati che abbia l'impianto idraulico interno- disse Cloud che era appena rientrato in casa dopo essere andato a prendere altri scatoloni dal furgone.
Roxas emise un sospiro d'irritazione -beh, certo, mi sento molto fortunato... chiamatemi per la cena- disse girandosi e camminando verso quella che, i due uomini ipotizzarono, era la sua nuova stanza.
-Vedo che si è subito sistemato- disse Cloud alzando un sopracciglio ed il castano annuì in accordo -penso che saremo fortunati se lo vedremo per più di un'ora al giorno d'ora in poi- disse per poi guardare il suo orologio da polso e ampliare gli occhi -merda! Farò tardi a lavoro! Cloud, sai dove sono le scatole con i nostri vestiti?-
-da qualche parte nel camion ma ho messo la tua uniforme sul sedile posteriore della macchina- rispose il biondo, sorridendo come Leon gli dette un bacio sulla guancia e corse fuori verso l'auto ritornando, un attimo dopo, con la divisa sottobraccio, infilandosi nella prima stanza vicino alla porta; se c'era una cosa che contava per il castano era, sicuramente, la puntualità.
-Oh, Leon deve andare? E chi disimballa tutto?- chiese Sora che aveva visto il padre chiudersi nella stanza -tu, io e il nostro piccolo punk preferito- rispose Cloud con un leggero sorriso -parlando di Roxas, potresti farlo scendere?- Sora ci pensò per un attimo, poi sorrise maliziosa e salì al piano superiore per andare dal fratello.
Cloud, che aveva visto l'espressione della ragazza, semplicemente scosse la testa, ridacchiando: sapeva che la figlia aveva in mente qualcosa.
Poco dopo, Leon uscì dalla stanza con indosso la sua uniforme, raddrizzandosi la cravatta; Cloud gli sorrise, mentre il castano si avvicinò a lui, inclinando la testa di lato -bene, sergente, a che ora pensi di tornare?-
-non appena posso- rispose il castano con un sospiro.
Il biondo allungò la mano per sistemargli il distintivo, alzando poi lo sguardo sul volto dell'altro, notando la sua espressione -cosa c'è?-
-è che mi sento un po' in colpa... io vado a lavoro mentre tu hai preso un giorno di permesso-
-te l'ho già detto... l'ospedale non entrerà in crisi con un infermiere in meno, tuttavia ci sono solo un paio di sergenti competenti la fuori e tu sei uno di quei due- poi gli dette un pugno leggero sulla spalla -ora, fuori di qui o arriverai in ritardo- a quelle parole Leon guardò l'orologio -accidenti! Ti chiamo se rimango in ufficio oltre le dieci- disse dandogli un bacio sulle labbra, Cloud annuì -va bene... ti amo, ora vattene-
-sì, signore- il biondo ridacchiò alla risposta del marito e lo guardò uscire dalla porta chiudendosela alle spalle.
Sentendo il rumore di passi provenienti del piano di sopra, Cloud spostò la sua attenzione verso le scale e guardò Sora scendere dal piano di sopra ma aggrottò la fronte quando vide la figlia coprirsi la bocca per soffocare un colpo di tosse.
-Stai male, Sora?- gli chiese e la ragazza sorrise timidamente -no, sto bene... coff, coff... almeno credo... coff, coff... è iniziato pochi minuti fa-
-probabilmente la polvere ti ha irritato i polmoni ma se peggiora ti farò un controllo- disse il biondo per poi chiedergli -dov'è tuo fratello?-
-sta attaccando i suoi poster ma scenderà tra un minuto... ha promesso di aiutare a disimballare dopo che l'ho minacciato che se non l'avesse fatto mi sarei messa a cantare le colonne sonore della Disney- nel sentire quelle parole Cloud sorrise e scosse la testa -sei veramente una negoziatrice crudele... ora, abbiamo ancora qualche scatolone da portare in casa, così poi possiamo riportare il furgone al noleggio-
-ma Cloud! E se sono veramente malata? Se mi sforzo potrei peggiorare, no?- gli chiese Sora facendogli gli occhi da cucciola ma il biondo, indifferente, fece un cenno con la testa verso la porta; solo Cloud era in grado di resistere alla figlia quando usava i suoi occhi da cucciola tutti gli altri fallivano miseramente, anche Leon e Roxas.
Sospirando imbronciata, la castana uscì di casa, soffocando con la mano un altro colpo di tosse, seguita dal padre.
“E’ davvero bello avere, finalmente, una casa nostra” pensò il biondo mentre si dirigeva verso il furgone, con la ghiaia che scricchiolava sotto le suole delle sue scarpe mentre camminava nel vialetto ed inspirava il profumo dei fiori già piantati nel giardino, molto probabilmente dal precedente proprietario.
All'improvviso, però, Cloud si fermò, girandosi verso la casa; aveva percepito una strana sensazione, come se qualcuno lo stesse fissando.
Vide una delle tende del salotto muoversi e, pochi attimi dopo, Roxas uscì dalla porta.
-Sei arrivato velocemente dal salotto- disse l'uomo strofinandosi il collo dove percepiva un leggero formicolio, il ragazzo alzò un sopracciglio e disse -non ero in salotto... sono appena sceso dal piano di sopra-
-oh...- disse Cloud accigliato -allora... com'è la tua camera?-
-così, così... dalla finestra si vedono solo alberi- rispose il ragazzo -vuol dire che la camera che si affaccia di fronte...- iniziò l'uomo -l'ha presa Sora- finì Roxas superando il padre e andando sul retro del furgone per aiutare la sorella con gli scatoloni.
Cloud aggrottò la fronte e si passò una mano tra i capelli; se Roxas non era andato in salotto significa che, probabilmente, la tenda era stata spostata da uno spiffero d'aria proveniente da una crepa nel telaio della finestra che doveva essere riparata.
“Ah... le gioie di possedere una casa” pensò l'uomo sospirando.

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!
Eccomi qui con il nuovo capitolo!
Innanzitutto, vorrei ringraziare il mio unico recensore che, con la sua piccola recensione, mi ha fatto profondamente felice! Un bacione enorme a te, _KHProminence!
Ora, torniamo al capitolo in cui, come avete letto, presento la famigliola che sarà al centro di questa mia storia.
Per chi si starà chiedendo come ho potuto mettere Leon e Cloud in coppia, beh, sappiate che ci sono un sacco di storie sui siti stranieri che hanno questa coppia come pairing principale (e, se ve lo state chiedendo, la coppia è ribattezzata Cleon) e, grazie a queste storie, me ne sono innamorata alla follia tanto da farla diventare la mia coppia preferita! ^^
Nel prossimo capitolo, la storia inizierà ad entrare nel vivo quindi non perdetevelo!
Spero, inoltre, che questo capitolo vi abbia incuriositi abbastanza da invogliarvi a lasciarmi delle recensioni perché è davvero deprimente per uno scrittore non sapere se la sua storia piace oppure no: mi intristisce moltissimo non sapere l’opinione dei miei lettori T_T
Ora vi lascio e vi auguro un buon fine settimana!
Saluti e baci da black dalia

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Capitolo 3
*** Cap.2) Primo contatto ***


PARANORMAL LOVE


Cap.2) Primo contatto

 

22 Aprile 2013

 

Sora chiuse gli occhi come la mano fredda di Cloud si posò sulla sua fronte -hai sicuramente la febbre... non è molto alta ma è meglio se per oggi rimani a casa- disse il biondo mentre prendeva lo stetoscopio -ora, chinati un po' in avanti- Sora fece come gli fu chiesto e rabbrividì quando lo sentì poggiarsi sulla schiena, sotto la maglia del pigiama, ed aprì gli occhi per vedere Cloud al suo fianco e Leon in piedi sulla soglia della camera, già vestito nella sua uniforme.
-Ok Sora, ora fai un bel respiro profondo- la ragazza fece come richiesto e Coud ascoltò attentamente, socchiudendo gli occhi come ripeté il comando.
-C'è un leggero rantolo ma niente di grave- disse l'uomo togliendo lo stetoscopio e sorridendo alla figlia -hai solo un brutto raffreddore... sei fortunata, niente antibiotici per stavolta- a quella notizia Sora sospirò di sollievo; avere un infermiere come padre era sia una benedizione che una maledizione: non potevi fingerti malato per non andare a scuola ma significava anche che avevi visite gratuite ed immediate ogni volta che ti sentivi male.
Leon sospirò frustrato, passandosi una mano tra i capelli -non posso stare a casa oggi stiamo per chiudere un caso importante ed io devo interrogare il sospettato!- Cloud strinse le spalle impotente -non posso stare neanche io, l'ospedale è a corto di personale-
-posso stare io!- esclamò Roxas entrando nella stanza dopo aver sentito il discorso -dopo tutti i giorni che hai perso per andare allo skate park? No, signorino, tu vai a scuola!- gli disse Leon con un tono che non ammetteva repliche.
Roxas sbuffò seccato ma non disse nulla; sapeva che entrambi i suoi genitori erano ancora un po' arrabbiati perché aveva bigiato ma lui non poteva farci nulla: lo skate park era molto più divertente della scuola, sopratutto quando c'erano le verifiche.
Così, il biondino, uscì dalla stanza per andare verso la sua precedente meta ovvero il bagno.
-Posso stare a casa da sola- disse Sora guardando i suoi genitori ed i due si scambiarono un'occhiata scettica -sei sicura? Non vorremmo che ti sentissi a disagio nella nuova casa- disse Cloud, la ragazza scosse la testa e sorrise -starò bene... ho 16 anni, dopotutto, posso prendermi cura di me- si coprì la bocca per soffocare un colpo di tosse, poi continuò -inoltre, hai detto che non è nulla di grave, no? Starò qui a letto oppure a guardare la TV in salotto... e poi Roxas tornerà verso le 16.00, quindi non dovete preoccuparvi-.
Leon sospirò ma annuì -se ne sei così sicura... ma voglio che chiami uno di noi se succede qualcosa e ci sono degli avanzi in frigo nel caso hai fame, basta che li fai scaldare nel microonde, e i DVD sono nello scatolone vicino alla TV se vuoi guardarti qualcosa- quando il castano finì con le sue raccomandazioni toccò a Cloud -non ti sforzare e chiamami se la febbre dovesse peggiorare, ok?- Sora annuì, prendendo un fazzoletto dalla scatola sul comodino, si soffiò il naso e sospirò quando vide che i suoi genitori erano ancora lì -avanti! Avete persone da sbattere in galera e altre da curare, vi ho detto che starò bene! Rimarrò distesa qui a letto oppure sul divano, non preoccupatevi!- disse esasperata; era davvero incredibile come i suoi padri diventassero due “mamme chioccia” quando lei o suo fratello stavano male.
In quel momento, il cellulare di Leon squillò -sergente Leon Strife- rispose, assottigliando lo
sguardo mentre ascoltava la persona dall'altro capo della linea -va bene... no, sto arrivando... intanto tienilo occupato... non so come... dannazione, Yuffie! Dovresti essere brava a mantenere una conversazione a senso unico, no?!- il castano alzò gli occhi, sospirando esasperato -va bene, va bene, sto uscendo di casa... ci vediamo tra pochi minuti- e chiuse la comunicazione senza aspettare una risposta -era Yuffie- disse con un piccolo sorriso, Sora ridacchiò -l'avevo immaginato-
-devo proprio andare... Cloud puoi accompagnare tu Roxas a scuola?-
-con la moto?- chiese il biondo alzando un sopracciglio -sì, non ho tempo di lasciarlo a scuola- disse Leon e, in quel momento, Roxas entrò nella stanza con lo zaino in spalla -stai scherzando?! Davvero Cloud mi porta a scuola con la sua moto?! E' fantastico!- esclamò il ragazzo entusiasta; lui e la sorella non avevano mai potuto fare neanche un giro sulla moto con il padre visto che quest'ultimo aveva una guida un po' spericolata: andava piuttosto veloce in curva e non rispettava quasi mai i limiti di velocità con grande dispiacere di Leon.
-Sono pronto per andare a scuola, allora! Mi dispiace che tu stia male Sora ma noi dobbiamo andare, ciao!- disse Roxas salutando la sorella mentre trascinava Cloud fuori dalla stanza.
La ragazza mise il broncio guardandoli uscire “questo sì che si chiama amore fraterno” pensò, poi il sospiro di Leon richiamò la sua attenzione -devo andare anch'io... chiuderò la porta appena esco... con un po' di fortuna tornerò per le 17.00- disse l'uomo accarezzandogli la testa -riposati- gli dette quest'ultima raccomandazione ed uscì dalla stanza.

 

Sora stava cercando di riaddormentarsi: era passata una mezz'ora da quando Leon era uscito, chiudendo a chiave la porta d'ingresso, ma la ragazza non riusciva a riprendere sonno.
Sospirò e si sedette; ormai si era svegliata ed il suo orologio interno non le avrebbe permesso di tornare a dormire almeno fino a sera.
Così, decise di scendere in salotto per guardarsi un po' di TV: prese la coperta, l'avvolse attorno a se come un mantello ed uscì in corridoio.
Scese le scale e fece per dirigersi verso il salotto quando un lieve tintinnio la fermò: alzò la testa solo per vedere l'antico lampadario di cristallo, che Cloud e Leon avevano deciso di lasciare all'entrata, oscillare leggermente.
Aggrottò la fronte ed alzò un braccio verso il lampadario finché non avvertì una leggera brezza con la punta delle dita -bene, un'altra crepa... Cloud e Leon ne saranno davvero felici- mormorò la ragazza, con una lieve punta di sarcasmo nella voce, prima di continuare a camminare verso il salotto e, una volta arrivata, si sistemò sul divano ed accese la TV, facendo zapping fino a che non trovò qualcosa d'interessante.
Erano passate circa un paio d'ore e Sora si stava guardando tranquillamente un film quando un forte -CRASH!- risuonò dalla cucina, facendola sobbalzare.
“Probabilmente abbiamo messo male alcuni piatti e questi sono caduti” pensò sospirando ed alzandosi dal divano ma, in quel momento, una fredda risata risuonò per tutta la casa facendole ampliare gli occhi e rizzare i capelli.
“Qua-qualcuno è entrato in casa!” pensò deglutendo, stringendo la coperta attorno a se, mentre si avvicinava alla porta del salotto per indagare sull'origine di quei rumori.
Fece capolino oltre la porta del salotto il più silenziosamente possibile, ascoltando i rumori che provenivano dell'altra stanza, ma appena fece un passo verso la porta della cucina questa si aprì ed un piatto vi volò fuori, infrangendosi a terra nel corridoio.
Sora si tappò la bocca con una mano per impedirsi di urlare e, terrorizzata, corse in salotto, chiudendosi la porta alle spalle, prendendo il telefono e digitando il primo numero che gli venne in mente, rannicchiandosi sul divano e stringendo le ginocchia al petto.
Il telefono squillò una volta e Sora riuscì a soffocare un colpo di tosse; non voleva fare altri rumori per non rischiare di farsi scoprire dalla persona che era in cucina.
Il telefono squillò una seconda volta e la castana chiuse gli occhi, spaventata, e pregando che suo padre rispondesse alla chiamata.

 

 

Stazione di polizia di Radian Garden

 

Leon entrò nel suo ufficio con un fascicolo in mano: era appena uscito dalla sala interrogatori dove il loro sospettato aveva, finalmente, confessato; era molto soddisfatto di essere riuscito a farlo parlare.
In quel momento, il cellulare, che era sulla sua scrivania, squillò: l'uomo andò a prenderlo, rispondendo senza neanche guardare il numero.
-Sergente Leon Strife- disse, per un attimo non percepì alcun suono e stava per chiedere chi fosse quando una voce sussurrò frenetica -Leon!-
-Sora?- chiese l'uomo aggrottando la fronte; perché la ragazza parlava così? Le si era abbassata la voce?
-Leon... credo... credo che ci sia qualcuno in casa!- a quelle parole il castano sospirò -ascolta, Sora... la casa è vecchia ed è normale che faccia dei rumori... sono sicuro che la tua immaginazione li fa sembrare peggio di quello che in realtà sono- disse; Leon conosceva bene Sora ma, sopratutto, la sua fervida immaginazione.
Non che pensasse che sua figlia fosse una bugiarda ma delle volte capitava che confondesse le sue fantasie con la realtà.
-Ma Leon...- in quel momento la ragazza s'interruppe e l'uomo poté udire, in lontananza, il rumore di piatti che s'infrangevano a terra.
-Sora, cosa stai facendo?!- gli chiese irritato -non sono stata io!- rispose frenetica e sentendo la paura filtrare dalla voce di sua figlia, Leon aggrottò la fronte -che cosa?- gli chiese iniziando a preoccuparsi -sono in soggiorno, sul divano... i rumori provengono dalla cucina... prima ho sentito una risata e quando ho provato ad andare a vedere ho visto la porta aprirsi ed un piatto volare fuori e rompersi a terra!-.
Quelle parole ebbero un effetto sconvolgente sull'uomo che rimase pietrificato riuscendo a pensare solo ad una cosa: sua figlia era a casa da sola con uno sconosciuto in cucina.
-Leon?- quel richiamo lo risvegliò dal torpore -Sora, sei in salotto?- gli chiese con voce tesa -sì-
-esci di casa, subito!-
-cosa?!-
-esci di casa e va dal vicino, hai capito? Io arrivo subito!-
-d'accordo esco... ti richiamo se succede qualcosa-
-no, aspetta So...- ma la frase venne interrotta dalla caduta della linea.
Leon rimase un attimo a guardare il cellulare prima di scattare, lasciando cadere il fascicolo che aveva in mano e prendendo la pistola che teneva nel primo cassetto della sua scrivania.
In quel momento, Yuffie entrò nell'ufficio, solare come sempre -ho riportato il nostro uomo in cella e...- ma venne interrotta da Leon -prendi la pistola e corri alla macchina, dobbiamo andare!-
-che cos'è successo?!- chiese la giovane donna, notando la sua agitazione, afferrando la pistola d'ordinanza; Yuffie sapeva che c'erano solo due cose che potevano far agitare Leon: la prima era che fosse successo qualcosa a Cloud e la seconda era che fosse successo qualcosa ha uno dei suoi figli.
-Qualcuno è entrato a casa mia e Sora è lì da sola!- rispose l'uomo prendendo le chiavi della macchina e correndo fuori dall'ufficio con Yuffie alle calcagna.
Una volta usciti dalla stazione di polizia, Leon corse verso l'auto salendo dalla parte del guidatore, mentre la mora da quello del passeggero, mettendo subito in moto mentre decine di pensieri gli affollavano la mente: era in polizia da una quindicina d'anni ed aveva avuto diversi casi di donne e ragazze violentate o addirittura uccise e il pensiero di arrivare a casa e trovare sua figlia a terra, senza vita, in una pozza di sangue lo terrorizzava più di qualunque altra cosa.
“Sora... spero che tu sia uscita da quella casa” pensò mentre partiva a tutto gas.

 

Nel frattempo, Sora si asciugò del sudore dalla fronte prima di aprire, lentamente, la porta del salotto per affacciarsi, guardando in direzione della cucina.
Tese le orecchie ma non sentendo più alcun rumore provenire dall'altra stanza decise di arrischiarsi ed uscire dal salotto correndo, il più silenziosamente possibile, verso la porta.
Improvvisamente, la stessa risata che aveva udito prima riecheggiò tra le mura bloccando la sua corsa in mezzo all'entrata e facendola girare di scatto verso la porta della cucina con gli occhi sgranati ed il cuore che batteva a mille dalla paura aspettandosi che, da un momento all'altro, qualcuno uscisse da quella stanza e la scoprisse.
Aspettò per circa un minuto, in cui l'unico suono che udì fu quello del suo cuore che batteva freneticamente nel suo petto, che qualcuno si presentasse prima di decidere di girarsi lentamente verso la porta per uscire di casa ma, proprio in quel momento, qualcosa la spinse facendola cadere in avanti, rotolando, finché non finì con la schiena contro la porta e, un secondo dopo, il lampadario di cristallo, che si trovava sopra allo stesso punto in cui un attimo prima c'era lei, cadde sfracellandosi sul pavimento.
Sora si portò una mano alla bocca, gli occhi sgranati in un espressione scioccata, mentre guardava l'ammasso di metallo e cristallo sul pavimento; se non fosse stata spinta il lampadario le sarebbe caduto proprio addosso e avrebbe potuto ferirla gravemente.
“Ma chi... chi mi ha spinto?” si chiese sconvolta: era sicura di aver sentito un paio di mani premere sulla schiena
All'improvviso, una lieve brezza le soffiò sulle braccia come se cercasse di farla alzare ed obbedendo al comando invisibile la ragazza si alzò, sbloccò la porta e la aprì, uscendo.
Corse verso la casa del vicino ma si fermò quando vi giunse di fronte; era titubante se bussare o no alla porta.
“Non saprei cosa dirgli ed, inoltre, non sono esattamente vestita per incontrare qualcuno” pensò Sora mordendosi il labbro inferiore mentre stringeva più stretta la coperta attorno a se “forse... forse è meglio che aspetto Leon qui fuori nel vialetto... così potrò vederlo quando arriva” pensò, coprendosi la bocca per soffocare un colpo di tosse.
Sora non dovette aspettare a lungo l'arrivo del padre infatti, un paio di minuti dopo, il suono di una sirena invase il quartiere ed un'auto della polizia sfrecciò lungo la strada entrando nel loro vialetto.
La ragazza corse verso l'auto come Leon aprì la portiera, saltando fuori dal veicolo, correndo verso la casa, con la pistola già estratta, ed entrandovi mentre Yuffie uscì dalla parte del passeggero, sorridendole leggermente -Sora, rimani vicino all'auto, ok?- disse la mora, estraendo la pistola, e la castana annuì guardandola entrare.
Una decina di minuti dopo, Leon uscì dalla porta sospirando pesantemente: appena Sora lo vide corse verso di lui buttandosi tra le sue braccia, stringendo forte la divisa e poggiando la testa sul suo petto.
-Sta tranquilla, va tutto bene- disse Leon stringendola a se ed accarezzandogli la testa per calmarla -avete... avete trovato qualcuno?- chiese la ragazza con la voce leggermente tremante -no, ma la cucina è un disastro... chiunque è entrato ha rotto un bel po' di piatti e bicchieri- rispose l'uomo allontanandola un po' per guardarla negli occhi e strofinandole le braccia -ascolta, devo tornare in centrale per prendere il fascicolo per sporgere denuncia... Yuffie rimarrà qui con te, ok?-
-ma torni subito, vero?- chiese lei con le lacrime agli occhi -certo, starò via solo per pochi minuti... chiamerò anche Cloud per dirgli cos'è successo ma mentre non ci sono voglio che tu rimanga sempre con Yuffie, ok?- Sora annuì, tirando un po' su col naso, e Leon la strinse di nuovo dandole un bacio sulla fronte -dio... penso di aver perso dieci anni della mia vita, oggi, con la paura che ho avuto per te-
-mi dispiace- mormorò sconsolata -non è colpa tua- disse l'uomo lasciandola ed accarezzandole la testa -ora va in casa e stai con Yuffie- la castana annuì ed entrò nell'abitazione mentre il motore della macchina della polizia ruggiva alla vita.
Sora camminò nell'entrata, evitando i pezzi di cristallo del lampadario a terra ed andò in cucina dove Yuffie stava valutando i danni del vandalo.
Quando la donna la vide le sorrise allegramente, contenta che non le fosse successo nulla -chiunque sia entrato in casa di sicuro gli piaceva rompere le cose- disse guardando i resti dei bicchieri infranti.
Appena Sora si mosse per entrare in cucina la mora la fermò -è meglio se non fai un altro passo qui dentro! Leon mi ucciderebbe se ti ferissi i piedi con un coccio o un vetro rotto- le disse portandola verso il salotto -non ho ancora neanche capito come ha fatto ha far cadere il lampadario- disse Yuffie lanciando un'occhiata in direzione dell'entrata “neanche io” pensò Sora rimembrando quei momenti: non c'era nessuno all'entrata a parte lei eppure, mentre era lì, aveva avuto la netta impressione che qualcuno la stesse osservando.
“E poi... chissà chi mi ha spinto?” si chiese; ricordava distintamente la sensazione di un paio di mani sulla sua schiena che la spingevano, nonostante non ci fosse nessuno dietro di lei.
Si grattò la testa, confusa da quello che le era capitato, ma sorrise timidamente, sussurrando -grazie, chiunque tu sia- e un attimo dopo, vide qualcosa con la coda dell'occhio che la fece girare verso sinistra solo per fissare un muro bianco.
-Ehi, Sora!- la voce di Yuffie richiamò la sua attenzione, facendola voltare verso la donna -tutto bene?- le chiese questa con la fronte aggrottata -sì... tutto bene... credo di essere ancora un po' scossa, tutto qui- le rispose la castana facendo spallucce -è normale... ehi! Perché non giochiamo un po' con la playstation? Almeno fino a quando il tuo vecchio non torna... così ti distrai!- le propose Yuffie con un sorriso -d'accordo!- rispose Sora, scuotendo un po' la testa per schiarirsi le idee, e mentre la mora accendeva la console, lei guardò di nuovo verso il muro “prima... mi è sembrato di vedere l'ombra di un ragazzo ma non è possibile, giusto?” pensò Sora, sospirando per poi unirsi a Yuffie sul divano.

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!
Eccomi con il terzo capitolo e, come avete letto, la storia sta iniziando ad entrare nel vivo!
Chi sarà mai il vandalo? E chi a salvato Sora dal finire schiacciata sotto il lampadario?
Lo scoprirete solo leggendo! ^^
Ringrazio Whiteray che ha recensito (e mi piacerebbe che lo faceste anche voialtri ma non posso obbligarvi) e tutti quelli che seguono la mia storia!
Ci sentiamo a sabato prossimo!
Saluti e baci da black dalia

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Capitolo 4
*** Cap.3) Bagliori d'argento ***


PARANORMAL LOVE

Cap.3) Bagliori d'argento

 

28 Aprile 2013

 

Era arrivato il fine settimana e la situazione, per Sora, era finalmente tornata alla normalità.
Dopo l'episodio del vandalo, i suoi genitori e suo fratello erano diventati incredibilmente protettivi nei suoi confronti e, per tutta la settimana, avevano fatto in modo di non lasciarla da sola ovunque lei andasse ma ora che era arrivato il fine settimana, che non c'erano stati altri “incidenti” e il suo raffreddore era sparito, i loro istinti di protezione si erano finalmente calmati.
La mattina precedente, Leon era andato dal ferramenta per comprare dei secchi di vernice, dello stucco e dei teli di plastica per iniziare a dipingere le pareti interne della casa e per chiudere le crepe nei muri.
Avevano già staccato tutta la carta da parati presente in casa e ridipinto i muri dell'entrata, del salotto e della cucina ed ora mancavano solo le stanze al primo piano.
Sora si sedette sul letto di suo fratello, emettendo un sospiro stanco mentre guardava Roxas sistemare i suoi vestiti nell'armadio: il biondino era sempre stato un tipo molto ordinato al contrario della sorella che era una disordinata cronica.
-Roxas...- lo chiamò lei ma il ragazzo la ignorò -Roxas, mi fanno male le braccia!- piagnucolò tentando di attirare la sua attenzione ma continuò ad essere ignorata -ti ho già detto che mi dispiace! Non volevo sporcare di vernice la tua felpa preferita, giuro che la lavo!- a quelle parole il biondino sospirò -è meglio per te! E poi perché vieni a lamentarti da me? Ho dovuto dipingere tanto quanto te!-
-ma tu non sei stato in piedi su di una sedia per dipingere la parete fino al soffitto!- si lamentò Sora sbuffando, tirandosi le gambe al petto ed avvolgendoci le braccia attorno, poggiando il mento sulle ginocchia -che cosa vuoi fare per il resto della giornata?-
-vuoi dire quelle poche ore che abbiamo prima del tramonto?- chiese Roxas e la ragazza annuì -non lo so... fare i compiti? Non sono riuscito a farne nessuno a causa di quei due aguzzini-
-e così saremo aguzzini? Bene, me lo ricorderò per quando mi verrai a chiedere qualcosa- al suono di quella voce, entrambi i ragazzi si girarono verso la porta dove videro Leon appoggiato allo stipite con le braccia conserte.
-Hey, Leon... ti serve qualcosa?- chiese Roxas nervosamente, agganciando una delle sue giacche nell'armadio -ho bisogno di Sora... stiamo per dipingere camera sua- rispose l'uomo, la castana lo guardò gemendo -ma non potete farla voi? Sono stanca morta!- piagnucolò sdraiandosi sul letto del fratello.
Leon inclinò la testa e batté un dito sul mento -mmh... non mi ricordo quale colore avevi scelto per la tua stanza... ma abbiamo ancora un po' di bianco avanzato dalla cucina, dovrebbe andare bene-.
Sora arricciò il naso al pensiero della sua camera dipinta di bianco; quel colore non le piaceva... le ricordava le pareti dell'orfanotrofio in cui aveva vissuto con il fratello dopo la morte dei loro genitori e quelli era giorni che non voleva rimembrare.
Scuotendo la testa, la ragazza sospirò sconfitta -va bene, hai vinto... ma ci aiuta anche Roxas, vero? Sai, così finiamo prima-
-sembra che tuo fratello abbia da fare dei compiti di cui si è dimenticato di parlarci, vero Roxas?- chiese Leon -a quanto pare- rispose il biondino, l'uomo accettò la sua risposta, uscendo dalla stanza e dirigendosi verso l'altra camera con Sora che lo seguiva mogia.
Quando entrarono, Cloud aveva già spostato i mobili al centro della stanza e li stava coprendo con un telo per evitare che si sporcassero di vernice.
Sora sospirò alla vista, fin troppo familiare, di un secchio e dei pennelli, il biondo notò la sua espressione depressa e gli sorrise -non ti preoccupare... questa è l'ultima stanza, per oggi, le altre le faremo la prossima settimana-
-va bene... anche se penso che Roxas potrebbe impazzire se gli impedite di andare allo skate park per un altro fine settimana di fila- Cloud ridacchiò a quelle parole -probabilmente hai ragione- disse per poi passargli un telo -ora sistema questo sul pavimento mentre io e Leon prepariamo la vernice-
-d'accordo- disse la ragazza prendendo il telo ed iniziando a srotolarlo.
Aveva quasi finito quando notò che un lato del telo era rimasto impigliato in un chiodo sporgente; brontolò, andando a liberarlo ma quando lo alzò notò qualcosa che luccicava in una fessura tra due assi del pavimento.
“Sembra qualcosa di metallico” pensò Sora accovacciandosi e guardando con più attenzione -ehi! Qui c'è qualcosa nel pavimento!- esclamò, richiamando l'attenzione di uno dei due.
-Hai fatto cadere qualcosa?- gli chiese Cloud avvicinandosi a lei -no, dev'essere stato dimenticato dal precedente proprietario... puoi tirarlo fuori?-
-Sora, io non vedo niente- disse il biondo inclinando la testa -perché non stai guardando dalla giusta angolazione- disse la ragazza tirandolo per un braccio finché non gli fu accanto -lo vedi ora? E' tra queste due assi del pavimento!-
-mmh... sì, lo vedo e sembra incuneato piuttosto bene... a meno che non strappiamo le assi non credo di riuscire a tirarlo fuori- disse Cloud, alzando un sopracciglio come vide l'espressione d'attesa della figlia -no Sora, non ho alcuna intenzione di staccare le assi del pavimento, sopratutto non in camera da letto, non abbiamo niente con cui sostituirle se si rompono-
-oh, andiamo! Per favore, Cloud! Può essere qualcosa di davvero forte! Come... come un medaglione pirata o una pistola usata in una vecchia rapina in banca!-
-o una graffetta- ribatté il biondo provando a sedare l'entusiasmo della ragazza -forse... ma non sarebbe bello solo scoprire cos'è? Come una piccola caccia al tesoro! Andiamo, so che sei curioso!- disse Sora sorridendo e Cloud alzò gli occhi al cielo, esasperato -che succede?- chiese Leon avvicinandosi ai due -Sora vuole staccare le assi del pavimento per poter scoprire cos'è quel pezzo di metallo incastrato tra di loro- disse il biondo, spostandosi di lato in modo da fargli vedere di cosa stava parlando.
Notando l'espressione disinteressata sul volto del padre, la ragazza decise di prendere misure drastiche -per favore! Ho bisogno di sapere cos'è o non sarò più in grado di pensare ad altro!- esclamò aggrappandosi alla vita del castano e sfoderando i migliori occhi da cucciola del suo repertorio.
Leon sospirò, cercando di non guardarla, mentre Cloud ridacchiava al futile, quanto inutile, tentativo del marito di resistere alla figlia: sapevano entrambi che non sarebbe mai riuscito a dirle di no.
Infatti, qualche attimo dopo, il castano si arrese -va bene, va bene... va a prendere il piede di porco in garage... ma ti avverto che se una delle assi si rompe mentre faccio leva prenderò i soldi per sostituirla dalla tua paghetta- Sora annuì contenta e corse fuori dalla stanza; Leon scosse la testa sospirando -ricordami perché l'abbiamo adottata?- a quella domanda Cloud ridacchiò, cingendogli la vita con un braccio, avvicinandolo a se -perché quando l'abbiamo conosciuta era una bambina di 8 anni, dolce, carina e gentile, che adorava l'idea di avere due papà- rispose il biondo dandogli un bacio a fior di labbra -ma davvero vuoi staccare le assi del pavimento con un piede di porco?- gli chiese con un sopracciglio alzato -se lei è disposta a vivere con una parte di pavimento rotto non vedo dov'è il problema... in più non credo che avrebbe rinunciato tanto facilmente-
-penso che tu abbia ragione- concordò Cloud lasciandolo, in quel momento Sora tornò nella stanza con l'arnese tra le mani e lo porse a Leon -ecco!- esclamò, l'uomo prese il piede di porco, lo infilò tra i bordi delle assi in cui era incastrato l'oggetto metallico ed iniziò a fare leva, muovendolo con cautela.
Quando, finalmente, riuscì a tirare fuori i chiodi, sollevò le due assi, che per fortuna non si erano rotte, e le spostò per permettere a Sora d'infilare il braccio nello spazio che si era creato: la ragazza si chinò, infilando la mano nel buco e, poco dopo, sorrise trionfante -l'ho preso! Sembra... sembra una catena... è bloccata su di una scheggia di legno... aspetta... ecco, ci sono!- esclamò tirando fuori la mano ed osservando quello che aveva trovato: una catena d'argento con un pendaglio a forma di corona pendeva dalle sue dita.
-Wow, è una collana! Posso tenerla?- chiese Sora sorpresa, rigirandola tra le mani mentre la esaminava, Leon fece spallucce -non vedo perché no... sembra piuttosto vecchia, molto probabilmente era li sotto da un po'-. La ragazza sorrise, prendendo uno straccio per togliergli la polvere e quando ebbe finito, la infilò intorno al collo ammirandosi nello specchio della sua cassettiera: quando vide la sua immagine riflessa, inclinò la testa di lato e sfiorò con le dita la corona d'argento che brillava alla luce della lampadina -mi chiedo a chi appartenesse...-
-molto probabilmente a chi viveva in questa stanza... so che la casa ha avuto molti proprietari e sarebbe difficile scoprire a chi apparteneva- disse Cloud guadando la figlia -allora, d'ora in avanti, è mia!- esclamò Sora pompando un pugno in aria -buon per te... ora che abbiamo finito, sistema quel telo e preparati a dipingere- disse Leon, il buon umore della ragazza vacillò un po' al pensiero di dover riprendere in mano un pennello ma fece come le fu detto; dopotutto, mica tutti i giorni Leon staccava assi del pavimento per lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano le 23.00 e Sora aveva appena finito d'infilarsi il pigiama per andare a dormire; era stanchissima dopo aver passato buona parte del pomeriggio a dipingere camera sua.
Si guardò allo specchio e sorrise, sfiorando il pendaglio della collana; era veramente bella e aveva deciso di tenerla su ovunque andasse, tranne quando faceva la doccia così che l'argento non si sarebbe arrugginito.
Sbadigliò ed entrò nel letto, tirando le coperte fino al naso prima di chiudere gli occhi e lasciarsi andare tra le braccia di Morfeo.

 

 

-Pov. Sora

 

-Mah... il giallo non è un colore che avrei scelto per le pareti...- una voce mi arriva alle orecchie; è strana, sembra quasi come un'eco.
-... anche se non ho proprio voce in capitolo su quello che succede qui in questi giorni, no?-.
“Stupida voce, va via!” penso, strizzando gli occhi e raggomitolandomi per cercare di rimanere addormentata.
Un sospiro pesante mi fa decidere di aprire gli occhi per vedere chi mi sta disturbando; mi guardo attorno e noto un ragazzo seduto sul balconcino della finestra intento a guardare fuori: è alto, con dei capelli lunghi fino alle spalle, indossa dei vestiti che sembrano della fine dell'ottocento ma la cosa più strana è che tutto il suo corpo sembra brillare di una luce argentea.
Aggrotto la fronte, mezza addormentata e irritata ed alzo la testa -ehi! Potresti parlare a te stesso da qualche altra parte? Sto cercando di dormire!-.
Il ragazzo si gira di scatto verso di me, sorpreso; sbatto un paio di volte le palpebre, assonnata: lui si alza e si dirige verso il centro della stanza senza staccarmi gli occhi di dosso mentre io lo seguo con lo sguardo, lo vedo irrigidirsi ed aprire la bocca, aspettando qualche attimo prima di parlare -tu... tu puoi sentirmi?- mi chiede con un'espressione sconvolta; sbuffo, alzando gli occhi al soffitto, infastidita -hai una voce abbastanza forte è difficile non sentirti... e adesso, per favore, puoi stare zitto? Sono stanca morta e voglio dormire!- detto questo mi sistemo la testa sul cuscino e chiudo gli occhi, pronta a tornare nel mondo dei sogni, ma il mio cervello, che finalmente si è svegliato, nota un particolare molto importante “c'è un ragazzo sconosciuto in camera!” mi grida una vocina nella testa ed, a quel pensiero, i miei occhi si spalancano, facendomi scattare seduta, e fisso il ragazzo che non si è spostato di un solo millimetro dal punto in cui era prima.
-Chi diamine sei?! Cosa stai facen...- le mie urla vengono interrotte dalla sua mano che mi tappa la bocca per impedirmi di svegliare tutti.
Rabbrividisco a quel contatto: la sua mano è gelida, come se fosse fatta di ghiaccio ma una strana sensazione familiare mi fa sgranare gli occhi.
Mi scosto da lui e lo guardo a bocca aperta -tu... tu sei quello che mi ha spinto quando il lampadario è caduto!- a quelle parole, lui mi guarda con un sopracciglio alzato -come puoi dirlo?- mi chiede -le tue mani... mi ricordo la sensazione delle tue mani sulla schiena!- gli rispondo -ti ricordi la sensazione delle mie mani?- arrossisco leggermente a quella domanda detta con un tono incredulo -avevo paura! E' stato traumatizzante! Le persone ricordano un sacco di dettagli quando sono traumatizzate!- gli rispondo, poi gli punto l'indice contro, socchiudendo gli occhi -adesso, fuori dalla mia camera!- lui mi guarda aggrottando la fronte e mettendo le mani sui fianchi -scusami? Questa è la mia stanza! Ho più diritto di stare qui di chiunque altro, compresa te!- dice, poi i suoi occhi si strinsero sul mio petto -e quella è la mia collana! Restituiscimela immediatamente!- a quelle parole lo guardo, aggrottando la fronte; che sta dicendo? Questa è la mia camera!
Cloud e Leon hanno comprato la casa e quindi questa è diventata la mia stanza... ma lo stesso non posso dire della collana; non so a chi appartenesse prima di finire incastrata tra quelle assi, e quindi può davvero essere di questo strano ragazzo e come mi ha sempre detto Leon: se trovi qualcosa che è di qualcun altro gliela devi restituire.
Sospiro e mi tolgo la collana, porgendogliela mentre lui ha già teso il palmo per riceverla, lascio la catena in modo che gli cada in mano ma, in quell'attimo, succedono due cose: appena lascio andare la collana, il ragazzo scompare, lasciando al suo posto una leggera nebbiolina e, seconda cosa, la collana cade a terra nell'esatto punto in cui un attimo prima si trovava la sua mano.
Sgrano gli occhi a quello che è appena successo e scendo dal letto per recuperare il ciondolo ma, appena lo tocco, il ragazzo ricompare di fronte a me con un espressione d'irritazione dipinta sul volto.
La realtà del momento mi colpisce come un muro di mattoni: sgrano gli occhi e trattengo il respiro; c'è qualcosa in camera mia... qualcosa che non è solido, infatti posso tranquillamente vedere le pareti gialle della mia camera attraverso il suo corpo trasparente.
Come diamine ho fatto a non accorgermene prima?! Questo ragazzo è... è un fantasma!
Indietreggio verso il muro; sento il panico e la paura che crescono dentro di me.
Notando il mio cambiamento, lui mi guarda aggrottando la fronte -cosa c'è?- alla sua domanda emetto uno squittio di terrore mentre la mia schiena cozza contro la parete ed apro la bocca per cacciare un urlo ma, come prima, il ragazzo si precipita verso di me e mi copre la bocca -per favore... per favore, non urlare... odio quando la gente urla... fai un respiro profondo e calmati!-.
Chiudo gli occhi; sento le sue mani gelide sul mio viso mentre la paura che sto provando in questo momento minaccia di far scoppiare il mio cuore come un palloncino.
-Non... non... sta lontano da me!- riesco a dire, cercando di non urlare di terrore e, con mia grande sorpresa, il ragazzo toglie le mani dal mio viso e si allontana da me di un paio di metri.
-Ecco... va meglio?- mi chiede esitante, tenendo alte le mani, annuisco tenendo stretta al petto la collana mentre prendo dei respiri profondi per cercare di calmare i battiti irregolari del mio cuore.
Dopo un paio di minuti, in cui nessuno di noi si muove, riesco a calmarmi abbastanza per poter parlare -cosa... cosa ci fai qui?- lui fa spallucce e si avvicina al mio letto -sono sempre qui, come ti ho detto: questa è la mia stanza- dice ed io gemo di disapprovazione quando noto che sta per sedersi sul mio letto: si ferma, mi guarda, sospira e si passa una mano tra i capelli -guarda... questa è una situazione nuova anche per me... che tu ci creda o no, sei la prima persona che riesce a vedermi ed a sentirmi-.
Lo guardo con la fronte aggrottata mentre mi siedo sul mio letto, strisciando con le gambe sotto le coperte e stringo un cuscino al petto; insomma... quanto mi posso fidare di un fantasma?
Lui sospira un'altra volta vedendo la mia reazione -va bene... ovviamente abbiamo iniziato col piede sbagliato... così vorrei suggerire di ricominciare presentandoci, ok?- mi guarda per avere la mia approvazione ed io annuisco, esitante.
Fa una piccola smorfia alla mia esitazione ma, comunque, mi porge la mano -bene... il mio nome è Riku, piacere di conoscerti-
-Sora... Sora Strife... e, mi dispiace, ma io non voglio stringerti la mano- dico mentre mi mordicchio il labbro e stringo forte il cuscino al petto per paura della sua reazione.
Lui lascia cadere il braccio al suo fianco e mi guarda con un sopracciglio alzato -è perché sono un fantasma?- mi chiede ed io annuisco velocemente da dietro il cuscino; devo ammettere che sono ancora un po' impaurita ma, invece della reazione violenta che m'immaginavo avesse, lui aggrotta la fronte e guarda lontano -lo immaginavo... beh, suppongo che dovrei essere abituato a questo tipo di reazione!- dice con un tono di voce un po' tagliente.
A quelle parole, abbasso un po' il cuscino e lo guardo borbottare tra se, leggermente stizzito, mentre si libra a mezz'aria sopra la fine del mio letto; devo ammettere che l'atmosfera di questo incontro è molto diversa rispetto a quella di quando ero malata: non c'è alcun pericolo e non sento il disperato bisogno di fuggire.
L'unica cosa che percepisco è il calo di temperatura nella stanza che mi trasmette un senso di tristezza e solitudine.
Piego la testa di lato continuando a guardare Riku, che ancora borbotta tra se, e lo osservo attentamente: mi sembra un po' più grande di me, forse di un anno o due, e mi viene spontaneo chiedermi da quanto tempo è qui; forse... lui si sente solo.
Stringo il cuscino tra le mani e raccolgo un po' di coraggio per provare a parlargli -hey, Riku... quanti... quanti anni avevi quando sei morto?- gli chiedo con voce leggermente tremante: a quella domanda, lui smette di parlottare tra se e mi guarda con un sopracciglio alzato -perché lo vuoi sapere?-
-hai detto che ci stavamo presentando, no? Io ho 16 anni!- gli rispondo con un sorriso; chissà, magari, se sono gentile con lui risponderà alle mie domande.
Lo vedo alzare gli occhi al mio sorriso -certo che cambi umore molto in fretta... non eri terrorizzata da me fino ad un minuto fa?- mi chiede con un tono leggermente divertito -stai cercando di evitare la mia domanda?- a quelle parole mi lancia un'occhiataccia ma io, semplicemente, continuo a guardarlo con un'espressione compiaciuta; ho notato che, nonostante è un fantasma, si comporta come un qualunque adolescente ed un altro adolescente è qualcosa che posso affrontare... molto meglio dei fantasmi, comunque.
-Vuoi davvero saperlo?- mi chiede ed io annuisco senza un pensiero: lui sospira, passandosi una mano sul viso -sinceramente? Non ne ho idea- a quelle parole lo guardo completamente sorpresa -non ricordo nulla di me e della mia vita tranne per il fatto che il mio nome è Riku, questa è la mia stanza e quella è la mia collana... e di quest'ultima cosa mi sono ricordato solo dopo che te l'ho vista al collo... mi sento come se avessi vagato in questa casa per così tanto tempo senza sapere nulla- finisce di parlare con un sospiro pesante.
Continuo a guardarlo e mi sento triste per lui; io non saprei cosa fare se mi dimenticassi della mia famiglia, dei miei amici e della mia vita... probabilmente... mi sentirei tremendamente sola e sperduta.
All'improvviso, una forte sonnolenza mi fa sbadigliare -è notte fonda, vero?- mi chiede Riku guardandomi ed io annuisco, sbadigliando di nuovo -devi essere esausta- annuisco ancora e m'infilo sotto le coperte, sistemando la testa sul cuscino -anche se il mio non era un invito ad andare a dormire... penso che puoi, se vuoi- dice incrociando le braccia la petto: soffoco l'ennesimo sbadiglio con la mano per poi guardarlo -torni qui domani, giusto? Così, se ti va, possiamo parlare ancora- gli chiedo e lui mi guarda sorpreso per poi sorridermi leggermente -certo che tornerò qui... questa è la mia stanza, dopotutto- a quelle parole, ricambio il sorriso -buona notte, Riku- gli dico, chiudendo gli occhi mentre mi lascio andare tra le braccia di Morfeo ma non prima di sentirlo sussurrare -buona notte... Sora-.

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi qui con il terzo capitolo!
Come avete letto Riku fa la sua entrata in scena, come un fantasma questa volta (beh, è uno dei possibili risultati se ti prendi un proiettile in pieno petto, no? XD), e Sora fa la sua conoscenza.
Vedremo nei prossimi capitoli come si svilupperà la vicenda e cosa accadrà al resto della famiglia: preparatevi per dei bei e, si spera spaventosi, colpi di scena!
Ringrazio tutti coloro che mi hanno recensito ^^
Ci sentiamo a sabato prossimo!
Saluti e baci da black dalia

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Capitolo 5
*** Cap.4) Vedere per credere ***


PARANORMAL LOVE


Cap.4) Vedere per credere

 

29 Aprile 2013

 

Erano le 06.30 del mattino quando la sveglia di Sora squillò facendole aprire gli occhi.
La ragazza non perse tempo e corse fuori dalla sua stanza per andare in quella del fratello: spalancò la porta entrando e svegliando di soprassalto Roxas.
-Ma che...?!- chiese il ragazzo intontito, quando riuscì a capire quello che stava succedendo ringhiò alla sorella -che diavolo, Sora! Vuoi farmi venire un infarto?! Ehi!- esclamò il biondino quando la castana saltò sul letto -indovina cos'è successo ieri sera!- esclamò Sora sorridendo nonostante lo sguardo di morte con cui la stava fissando Roxas; suo fratello non era mai stato un tipo mattiniero.
-Non m'interessa! E ora, fuori! Voglio dormire!- esclamò il biondino, poggiando la testa sul cuscino, richiudendo gli occhi e arricciandosi a palla sotto le coperte.
Sora aggrottò la fronte, prendendo un lembo della coperta del fratello e strattonandola -ma Roxas! E' importante!- esclamò ed il biondino aprì un occhio per guardarla -davvero?- gli chiese e lei annuì -giuri?- Sora annuì di nuovo e Roxas sospirò sedendosi sul letto -okay... cos'è successo?-
-c'era un fantasma, nella mia stanza, ieri sera!- a quelle parole, il biondino sbatté le palpebre un paio di volte prima di seppellire il viso tra le sue mani -dimmi che stai scherzando- disse gemendo -ma Roxas...- iniziò la castana ma il fratello la interruppe -Sora... ricordi quando pensavi che un ladro era entrato nell'appartamento ed, invece, erano solo Cloud e Leon che, rientrando una sera, non volendo accendere le luci per non farci svegliare, avevano camminato nel salotto al buio e Cloud era andato a sbattere contro il tavolo? E quando pensavi che ci fosse un mostro nell'armadio ma, in realtà, era solo una povera falena che tentava di uscire? E le ombre sulle pareti che erano create dai fari delle automobili che penetravano dalla finestra della nostra camera? In sostanza... posso affermare con certezza che non c'era alcun fantasma in camera tua!- la castana scosse la testa alle sue dichiarazioni -ma questo è diverso dalle altre volte! C'era davvero un fantasma nella mia camera! L'ho visto! Si chiama Riku e mi ha parlato! Indossava dei vestiti che sembravano della fine dell'ottocento! Ha detto che quella era la sua camera e questa la sua collana e...- Sora s'interruppe quando vide l'espressione scettica di Roxas -tu non mi credi, vero?- gli chiese sconsolata ed il biondino fece spallucce -sinceramente? No, voglio dire... andiamo, Sora... probabilmente stavi solo sognando... i fantasmi non esistono- la ragazza aggrottò la fronte, mettendo il broncio -va bene... allora lo dirò a Cloud e Leon, loro mi crederanno!- disse scendendo dal letto ed andando verso la porta per uscire dalla stanza ma venne fermata da Roxas che la prese per la manica del pigiama -ma sei impazzita?! Se ora gli vai a dire che vedi i fantasmi penseranno che hai qualche problema e ti manderanno da uno strizzacervelli!- gli disse il biondo, sospirando e passandosi una mano tra i capelli -guarda... oggi, dopo la scuola, andremo in biblioteca e ti dimostrerò che nessun Riku è mai vissuto in questa casa!- Sora lo guardò, un po' sorpresa da questa pensata ma annuì comunque, entusiasta -va bene! Ed io, invece, ti dimostrerò che Riku è esistito e che il suo fantasma era in camera mia ieri sera!- disse la castana sorridendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La biblioteca era un'enorme edificio, costruito in stile neo-classico, che si trovava nella piazza al centro della città.
Roxas stava trascinando Sora per un braccio attraverso le grandi doppie porte dell'entrata; il biondino era contento che Cloud e Leon gli avevano dato il permesso di andare in biblioteca anche se non era del tutto sicuro che avessero creduto alla scusa della ricerca scolastica ma, infondo, non era molto importante.
Una volta raggiunta la reception, Roxas lasciò andare la sorella e sbatté le mani sul bancone, sorprendendo l'anziana donna che si trovava dietro di esso che stava leggendo un libro.
-Posso aiutarti, giovanotto?- gli chiese la signora, guardandolo da dietro i suoi spessi occhiali -sì, dove sono i vecchi archivi della città?- gli chiese Roxas -gli archivi sono nel seminterrato... al piano di sotto c'è un mio collega che vi aiuterà- gli rispose la donna e il biondino annuì in ringraziamento, dirigendosi verso le scale, che portavano al piano inferiore, seguito da Sora.
Quando arrivarono giù nel seminterrato, i due ragazzi si scambiarono uno sguardo, scioccati alla vista che gli si parava davanti: dietro ad una scrivania c'era un uomo gigantesco, intento a leggere un libro che sembrava rimpicciolirsi nelle sue enormi mani.
Dopo un attimo d'esitazione, Roxas raccolse abbastanza coraggio per avvicinarsi alla scrivania: si schiarì la voce e parlò -buongiorno- l'uomo alzò lo sguardo dal libro, fissando il biondino con un espressione sorpresa; probabilmente non si aspettava che qualcuno scendesse nel seminterrato.
-Ehm, la signora al piano di sopra ci ha detto che potrebbe aiutarci con gli archivi della città- disse Roxas e l'uomo annuì -quale anno?- gli chiese con una profonda voce cavernosa -vede... è proprio questo il problema... stiamo cercando una persona, non un anno- rispose il biondino grattandosi la testa.
L'uomo aggrottò la fronte, pensieroso, poi mise giù il libro che stava leggendo, lasciandolo aperto alla pagina a cui era arrivato, e si alzò, andandosene senza dire niente.
Roxas guardò la sorella, la quale fece spallucce non sapendo cosa fare, così decisero di seguire l'uomo tra le file di scaffali che si ergevano la sotto.
Quando lo trovarono, l'uomo stava tirando fuori da uno schedario una grossa pila di quelli che sembravano essere copie di vecchi giornali.
Li portò ad un grande tavolo che si trovava al centro della stanza e ve li posò sopra, facendo un cenno hai due ragazzi di sedersi: entrambi obbedirono, prendendo una piccola pila di giornali per ciascuno.
-Grazie mille...- Sora s'interruppe quando si rese conto di non sapere il nome dell'uomo -Lexaeus- gli disse lui -Lexaeus, ti ringrazio... credo che rimarremo qui fino a quando non avremmo trovato quello che stiamo cercando- disse la ragazza con un sorriso e l'uomo annuì prima di camminare verso la scrivania, senza dubbio per continuare a leggere il suo libro.
-Bene, iniziamo... e non ce ne andremo di qui fino a che non ti ficcherai in testa che questo tuo fantomatico Riku non è mai esistito- disse Roxas alla sorella ma lei aveva già iniziato a sfogliare il giornale che aveva davanti per trovare qualche traccia del ragazzo fantasma in modo da poter smentire il fratello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo 2 ore passate a leggere così tanti articoli di giornale che gli sarebbero bastati per tutta la vita, Sora stava cominciando ad irritarsi: non c'era alcuna menzione di Riku in nessun articolo che aveva letto.
La ragazza sospirò frustrata, alzando lo sguardo verso il fratello: Roxas stava, attualmente, oziando sulla sedia reclinata all'indietro con i piedi sul tavolo ed un'espressione compiaciuta dipinta sul volto.
-Visto? Ti è entrato in testa che il tuo caro fantasma non esiste?- gli chiese, sorridendo soddisfatto mentre Lexaeus stava tornando verso il tavolo per prendere i giornali da riportare nell'archivio -no! Riku è esistito e te lo dimostrerò anche se dovessi passare qui un'intera settimana per trovarlo!- esclamò Sora, strofinandosi gli occhi stanchi con i palmi delle mani.
Alla pronuncia di quel nome gli occhi di Lexaeus s'illuminarono ed andò allo schedario, tornando poco dopo con un foglio di giornale tra le enormi mani -qui- disse porgendolo a Sora -20 Giugno 1894-
-aspetta... cosa?!- esclamò Roxas sorpreso, quasi cadendo dalla sedia come la sorella prese il foglio dalle mani dell'uomo, sorridendo eccitata, e lo stese sul tavolo in modo che lo potesse leggere anche il fratello.
-Guarda, Roxas! E' lui! Riku Crescent, figlio del famoso avvocato Sephiroth Crescent, è stato... ucciso ieri in casa sua dall'evaso Ansem Dark...- la voce di Sora le si spense in gola: deglutì e continuò a leggere l'articolo in silenzio.
-Non... non ci credo...- mormorò il biondino, prendendo il giornale per leggere attentamente l'articolo, mentre la sorella continuò a fissare il tavolo di legno in leggero stato di shock, ed impallidì quando lesse l'indirizzo della casa in cui viveva il giovane assassinato.
-Io... non ci credo... questo è impossibile!- esclamò, ringhiando in frustrazione e sbattendo il giornale sul tavolo -Sora... devi aver sentito la storia da qualche parte e poi hai sognato tutto il resto!- dichiarò il ragazzo incrociando le braccia la petto; non era possibile che la storia di sua sorella sul fantasma fosse vera.
La ragazza non lo ascoltò, rivolgendosi all'enorme uomo -Lexaeus, c'è qualcos'altro su Sephiroth? Qualcosa che dica cosa gli è successo dopo che Riku è morto?- gli chiese; la sua innata curiosità e la voglia di sapere la stavano erodendo.
L'uomo aggrottò la fronte, pensieroso, poi la guardò -aspetta qui, devo andare al primo piano- gli disse e si allontanò.
Quando Lexaeus tornò, teneva uno spesso libro sotto braccio, che Sora guardò con curiosità, mentre l'uomo lo posò davanti a lei: era un libro sulla storia militare.
Il gigante lo aprì, iniziando a sfogliarlo finché non trovò il capitolo giusto e si spostò di lato per permettere alla ragazza di leggere: Sora rimase senza fiato quando vide la pagina, che era divisa in colonne di mini biografie sulle più importanti figure militari del paese, e tra cui spiccava un nome in particolare -Generale Sephiroth Crescent- mormorò la castana, iniziando a leggere l'articolo: Sephiroth si era unito all'esercito nel 1895 ed era rapidamente salito di grado fino a diventare un alto ufficiale.
-Era noto per le sue tattiche d'attacco precise e spietate che non lasciavano scampo al nemico...- lesse Sora, aggrottando la fronte mentre si chiedeva cosa avesse fatto cambiare così drasticamente l'uomo: senso di colpa per la morte del figlio? Risentimento per il suo triste destino? Tutte e due?
Alzò gli occhi dal paragrafo e chiese a Lexaeus -posso avere una copia di questa pagina e di quella su Riku? Dovrei mostrarle a qualcuno- l'uomo annuì, raccogliendo il libro ed il giornale per poi allontanarsi, tornando pochi minuti dopo con un paio di fotocopie, ancora calde, che consegnò a Sora -ho scritto la data degli articoli in alto... ti serve altro?- gli chiese ma la ragazza scosse la testa, sorridendo -no, grazie!- rispose accettando le fotocopie, poi afferrò Roxas per il cappuccio della felpa -arrivederci, Lexaeus!- disse prima di correre verso le scale, trascinandosi dietro il fratello.

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo essere tornati a casa e aver cenato con i genitori, i due fratelli salirono per andare nella camera della ragazza: Roxas si sedette sul letto mentre Sora prese posto sulla sedia di fronte alla sua scrivania.
-Bene, ecco il mio piano...- iniziò il ragazzo -ho intenzione di dimostrarti, una volta per tutte, che non esiste alcun fantasma ma per farlo, dovrò stare qui con te per tutta la notte- la castana sorrise -tu non vuoi ammettere che ho ragione!- cantilenò per prenderlo un po' in giro -tu non hai ragione perché i fantasmi non esistono!- esclamò il biondino incrociando le braccia la petto -voglio vedere che faccia farai quando conoscerai Riku- disse Sora -lui non tornerà perché i sogni non sono reali!- esclamò Roxas, digrignando i denti dall'esasperazione mentre la sorella fece spallucce continuando a sorridere -vedremo- disse tranquillamente.
Passò il tempo e quando Sora guardò l'orologio appeso alla parete vide che erano già le 23.00.
-Sono già passate 3 ore?! Dov'è? Aveva detto che sarebbe tornato- disse la ragazza, imbronciata
-visto, che non c'è nessun fantasma?- disse Roxas compiaciuto, alzando poi lo sguardo al soffitto quando lo sentì scricchiolare -stupida, vecchia casa- mormorò seccato ma quando il soffitto scricchiolò di nuovo Sora inclinò la testa di lato e chiese -non sembra un rumore di passi?-
-ah, ah, molto divertente... stai solo cercando di suggestionarmi!- esclamò il biondino arrabbiato ma, in quel momento, lo scricchiolio si trasformò in quello che sembrava un rumore di passi pesanti, come se qualcuno stesse camminando in soffitta con degli stivali.
Sora si morse il labbro inferiore, rabbrividendo leggermente come il suono si spostava da sopra la sua testa, alla botola della soffitta ed, infine, sul pianerottolo fuori dalla porta.
Passarono un paio di minuti, in cui non successe nulla e la ragazza si tranquillizzò, sorridendo leggermente e dandosi della sciocca per essersi spaventata solo per dei rumori, quando una figura passò attraverso la porta, sorprendendola -Riku! Santo cielo, non farlo mai più! Pensavo fossi qualcosa di spaventoso!- esclamò la castana, portandosi una mano al petto e rendendo un respiro profondo per calmare i battiti accelerati del suo cuore.
Il fantasma aggrottò la fronte, facendo un cenno con la testa in direzione del biondino -lui, chi è?- gli chiese -oh, questo è mio fratello, Roxas! Roxas lui è Riku! Vedi? Te l'ho detto che sarebbe tornato!- disse Sora entusiasta -questo... è Riku?- la castana si voltò verso il fratello sentendo l'incredulità nella sua voce ma quando lo guardò trovò un espressione scettica dipinta sul viso, cosa che la sorprese; dopotutto, era la prima volta che Roxas vedeva un fantasma, doveva essere più scioccato di così.
-Qual'è il problema?- gli chiese Sora con un cipiglio -il problema è che penso che tu abbia davvero perso la testa- rispose il ragazzo, sospirando -Sora... tutto quello che vedo è un po' di nebbia... puoi anche dargli il nome Riku se vuoi ma è solo un po' di condensa causata dal riscaldamento e dall'umidità della casa, probabilmente- la ragazza lo guardò sorpresa, si girò verso il fantasma vedendo che era ancora li, con le braccia incrociate ed un cipiglio sul volto.
“Quindi Roxas non lo riesce a vedere... vede solo un po' di nebbia... come io quando...” pensò Sora, sorridendo quando un'idea le illuminò la mente.
Riku ampliò leggermente gli occhi quando vide la castana sfilarsi la collana e porgerla al biondino -aspetta, Sora...- gli disse ma la ragazza lo ignorò -ecco, tocca la collana! Dovrebbe aiutarti a vederlo con me ha funzionato!- disse ed il fratello alzò gli occhi al soffitto, dicendo -sai... comincio a pensare che, forse, dovresti andare davvero da uno strizzacervelli- ma allungò, comunque, la mano verso la collana.
In un momento, Riku scattò cercando di prendere l'oggetto ma fu troppo lento: Roxas toccò la collana quando il fantasma era a pochi centimetri da lui.
Il ragazzo si bloccò, sgranando gli occhi mentre fissava Riku, che si era immobilizzato sul posto, guardandolo a sua volta.
Sora li osservò entrambi e, dato che nessuno dei due faceva una mossa, decise di chiamare il fratello -uhm, Roxas?- la voce della sorella riuscì a far uscire il biondino dallo stato di shock in cui era caduto dopo di che il ragazzo fece la prima cosa che riuscì a pensare: urlò.

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!
Ho deciso di pubblicare questo capitolo oggi che è venerdì perché purtroppo domani non mi sarà possibile accedere ad internet così invece di farvi aspettare fino a lunedì ho deciso di pubblicare in anticipo.
Come avete potuto leggere, il nostro caro piccolo Roxy si rifiuta di credere alla sorella e quindi si ritrova ad incontrare il nostro caro Riku faccia a faccia ed ho paura che sia stato un incontro un po’ scioccante per lui XD
Spero che il capitolo vi sia piaciuto ed aspetto i vostri pareri!
Saluti e baci da black dalia

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Capitolo 6
*** Cap.5)Il suo nome ***


PARANORMAL LOVE

 

Cap.5) Il suo nome

 

Al grido di Roxas, Riku indietreggiò coprendosi le orecchie, disgustato dal suono, mentre Sora, repentinamente, coprì la bocca del fratello per farlo smettere.
Un minuto dopo, la porta della camera si spalancò, facendo sobbalzare dalla sorpresa i due ragazzi, e Cloud e Leon entrarono dentro, quest'ultimo tenendo in mano una pistola pronto a sparare.
Dopo essersi guardati attorno per assicurarsi che non ci fosse nessun intruso Leon abbassò la pistola -chi ha urlato?- chiese, Sora tolse la mano da davanti la bocca del fratello e lo indicò, tenendo lo sguardo basso per non guardare i genitori.
-E' stato Roxas?- chiese Cloud alzando le sopracciglia, sorpreso; Roxas non urlava mai, nemmeno quando guardava un film dell'orrore particolarmente cruento.
-Che cosa c'è che non va?- chiese il biondo, guardando il figlio minore fissare il vuoto di fronte a lui con gli occhi spalancati.
Sora spostò lo sguardo sul fratello, mordicchiandosi il labbro inferiore nervosamente, e lo scosse leggermente: Roxas saltò al contatto e sbatté un paio di volte le palpebre, guardando verso i genitori.
Aprì la bocca per parlare, poi guardò di nuovo Riku, aggrottò la fronte e la richiuse; era evidente che i due uomini non potevano vedere l'argenteo altrimenti Leon gli avrebbe sparato appena entrati in camera.
Strinse i pugni e si voltò verso i genitori che erano ancora in attesa di una risposta -mi dispiace... credo di aver visto un ragno enorme o qualcosa del genere... mi dispiace se vi ho fatto correre qui per nulla- disse il biondino, Leon inclinò la testa, sospirando sollevato -non siamo arrabbiati Roxas, eravamo solo preoccupati-
-sì, posso vederlo... anche se vi sarei grato se, la prossima volta che venite a salvarci, indossaste almeno i pantaloni- disse il ragazzo sbuffando e lanciando uno sguardo alla sorella che sembrava trovare incredibilmente interessante il pavimento sotto i suoi piedi; il rossore sul suo volto tradiva l'imbarazzo che provava in quel momento.
Entrambi gli uomini arrossirono leggermente a quella costatazione; era chiaro che i due erano a letto quando avevano sentito l'urlo: Cloud indossava solo dei boxer mentre Leon indossava una vestaglia per nascondere il fatto che non avesse nulla sotto di essa.
-Non lamentarti... sei fortunato che siamo venuti- disse Cloud sospirando, passandosi una mano tra i capelli -ora, hai bisogno che ti uccida il ragno o possiamo andare?- Roxas scosse la testa, sventolando una mano davanti alla faccia -non ti preoccupare, posso prendermene cura da solo- rispose il ragazzo, lanciando uno sguardo torvo a Riku: l'argenteo alzò gli occhi in risposta, librandosi in aria per andare a sedersi sul balconcino della finestra, incrociando le braccia al petto e guardando fuori.
Dopo che Cloud e Leon uscirono dalla stanza, chiudendo la porta dietro di loro, Roxas aspettò fino a quando non udì più i loro passi risuonare nel corridoio dopo di che ringhiò, prendendo uno dei cuscini sul letto di Sora e lo scagliò contro Riku ma sobbalzò quando l'oggetto passò attraverso l'argenteo, colpendo la finestra.
Sempre tenendo la collana, il biondo marciò verso l'altro ragazzo, trascinandosi Sora dietro di se -che diavolo ci fai in camera di mia sorella?- gli chiese livido ma il fantasma rimase in silenzio, ignorandolo, cosa che fece arrabbiare di più Roxas -ti ho fatto una domanda!- esclamò stringendo la mano libera in un pugno -rispondimi o esci da questa stanza!-all'ennesimo silenzio, il biondino perse la pazienza e cercò di colpire Riku al braccio ma, proprio com'era successo al cuscino, anche questo gli passò attraverso -vuoi smetterla di cercare di colpirmi? Ovviamente, non funziona- disse l'argenteo, continuando a guardare fuori dalla finestra.
Roxas strinse la mano con cui aveva cercato di colpirlo: era diventata fredda quando era passata attraverso il suo corpo, come se fosse stata immersa nell'acqua gelida.
Ringhiò e tentò di colpirlo un'altra volta ma, visto che neanche questo riuscì a scuoterlo, lasciò andare la collana, non preoccupandosi se potesse vedere o no l'argenteo, e si sedette sul letto, incrociando le braccia al petto e guardando Sora, protettivo.
Indossando di nuovo il ciondolo al collo, la ragazza si avvicinò a Riku e gli chiese -allora... cosa stai guardando?- il silenzio che seguì la domanda le fece pensare che il fantasma non volesse risponderle, quando -quelle case...- disse il ragazzo con una leggera esitazione nella voce: la castana sbatté un paio di volte le palpebre, sorpresa -che cosa hanno?- chiese guardando attraverso la finestra, riuscendo appena a distinguere le sagome scure delle abitazioni dei vicini.
Riku sospirò, abbassando la testa, facendo così cadere i capelli sul viso -loro... non dovrebbero essere lì- disse girandosi verso Sora con un piccolo, triste sorriso sulle labbra -quando chiudo gli occhi, vedo una lunga strada circondata dall'erba alta... ci sono dei campi ed, in lontananza, delle case... mi sembra tutto... giusto... poi apro gli occhi, vedo questo e niente ha più senso- disse con un tono leggermente amaro -beh, è comprensibile... voglio dire, sei stato qui per più di 100 anni, probabilmente ti ricordi le cose com'erano allora- disse Sora, sorprendendolo -cosa vuoi dire... che sono stato qui per più di 100 anni?- gli chiese l'argenteo incredulo, Sora gli sorrise ed andò a prendere il suo zaino, dove aveva messo le copie degli articoli: li tirò fuori e li mise sulla scrivania.
Sentì Riku dietro di se, così si spostò di lato per permettergli di vedere quello che aveva trovato -io e Roxas volevamo saperne di più su di te quindi siamo andati in biblioteca... beh, Roxas ci è venuto solo per dimostrare che tu non esisti ma va bene così! Sai, lui è sempre così cinico-
-hey! Sono ancora qui!- esclamò il biondino indignato ma la castana lo ignorò, continuando la sua conversazione con il fantasma -comunque, abbiamo effettivamente scoperto alcune cose su di te che, ho pensato, ti piacerebbe sapere!- poi si avvicinò al letto per dare al ragazzo un po' di spazio -prenditi pure tutto il tempo che ti serve!- Riku si avvicinò alla scrivania, aleggiandovi sopra, aggrottando la fronte mentre si chinava sulle fotocopie.
Sora guardò il volto del fantasma: l'espressione di concentrazione che aveva sul volto, in quel momento, mentre leggeva lo faceva sembrare come un qualunque altro ragazzo.
“E' anche bello” nel momento esatto in cui la sua mente formulò quel pensiero, Sora sbatté le palpebre ed un leggero rossore le imporporò le guance “ma che diamine vado a pensare?!” si chiese, scuotendo la testa e sospirando si sedette sul letto, accanto al fratello che, subito, le si avvicinò, mettendogli una mano sulla spalla, sfiorando la collana d'argento con le dita,
la castana lo sentì irrigidirsi, accanto a se, appena Riku tornò a fuoco -preferisco tenerlo d'occhio- disse Roxas, sentendo lo sguardo della sorella su di se -e poi, vorrei sapere cosa ti ha detto-
-non lo sentivi?- gli chiese lei, sorpresa -no, tutto quello che sentivo erano sussurri, come il vento tra i rami o qualcosa del genere... in ogni caso, cosa ti stava dicendo? Eri piuttosto cordiale con lui- disse Roxas lanciandole uno sguardo di disapprovazione; Sora chinò la testa in segno di scusa -mi dispiace, è solo che è così normale parlare con lui, sai? Mi è difficile ricordare che è un fantasma-
-normale?!- quasi gridò Roxas incredulo, abbassando poi la voce ad un livello accettabile -Sora, questo non è normale! Quel tipo può entrare nella tua stanza ogni volta che vuole! Potrebbe possederti o chissà che altro!-
-Riku non lo farebbe mai- affermò la castana seriamente, allora il fratello strinse la presa attorno alla parte posteriore del suo collo, iniziando a scuoterla violentemente -questo è esattamente quello che voglio dire! Devi smetterla di essere così ingenua!- Sora riuscì a divincolarsi dalla presa del fratello e gli rispose puntandogli il dito contro, accusatoria -tu sei solo troppo sospettoso! Bisogna dare alla gente il beneficio del dubbio!- a quelle parole, Roxas alzò gli occhi al soffitto e seppellì il viso tra le mani -mi arrendo! Sei impossibile!- esclamò esasperato e la castana gli fece la linguaccia, dopo di che si voltò verso Riku per chiedergli se l'articolo stava aiutando la sua memoria ma appena vide il viso scioccato dell'argenteo si preoccupò -Riku, stai bene?- gli chiese alzandosi dal letto ed avvicinandosi a lui: il ragazzo sobbalzò, come se solo allora si fosse ricordato della sua presenza, e la guardò sbattendo le palpebre.
-Ti... ti ha aiutato a ricordare qualcosa?- gli chiese Sora, esitante -mi ricordo...- iniziò l'argenteo, poggiandosi una mano sul petto -il dolore... e Sephiroth era... era mio padre... e Ansem, al piano di sotto, aveva una pistola... Ansem mi ha ucciso...- finì il ragazzo passandosi una mano tra i capelli, scuotendo la testa -però, perché non riesco a ricordare altro?- chiese fissando i suoi occhi bianchi in quelli azzurri di Sora: la ragazza aggrottò la fronte non sapendo la risposta -mi dispiace, Riku... volevo solo aiutarti- disse esitante -aiutarmi? Aiutarmi?!- esclamò l'argenteo alzando la voce finché non riempì l'intera stanza,
Sora sobbalzò come gli oggetti sulla scrivania e sulle mensole iniziarono a tremare; se non fosse stato per la rabbia tangibile di Riku avrebbe pensato ad un terremoto.
-Come pensi che, sapere come sono morto, mi avrebbe aiutato, eh?- gridò il fantasma: in quel momento, una delle foto sul comodino volò via, mancando il viso della ragazza di pochi centimetri e schiantandosi contro il muro -AH!- gridò la castana, portandosi le mani alla bocca e chiudendo gli occhi, terrorizzata -Sora!- esclamò il fratello, correndo ad abbracciarla, protettivo.
Il grido svegliò Riku dal suo attacco d'ira: il tremore cessò e Sora aprì lentamente gli occhi guardando il fantasma, spaventata, mentre Riku la guardò a sua volta, scioccato da quello che aveva fatto, poi si voltò e corse, scomparendo nella parete più vicina.
La castana prese un respiro profondo e tremante, poggiando la testa sulla spalla di Roxas, singhiozzando leggermente -io... volevo... solo aiutarlo- mormorò tristemente; il fratello aggrottò la fronte, stringendola in un abbraccio confortante, accarezzandole la schiena -ehi, non ci pensare... con un po' di fortuna non si farà più vedere- disse il biondino guardando il muro in cui era sparito il fantasma.

 

 

 

 

 

 

 

 

5 Maggio 2013

 

Pov. Sora

 

E' passata quasi una settimana dall'ultima volta che ho visto Riku e sono combattuta se pensare che questa sia una buona cosa oppure no.
Per lo più, mi sento in colpa per avergli mostrato quegli articoli; forse non avrei dovuto farlo... avrei dovuto pensare a come si sarebbe potuto sentire scoprendo come era morto.
Sospiro, finendo d'indossare il pigiama per andare a dormire, dato che sono già le 23.00, e scivolo sotto le coperte, poggiando la testa sul cuscino, sentendo il peso della collana d'argento sul mio petto; la sto continuando ad indossare perché, nel caso in cui Riku tornasse, voglio chiedergli scusa per averlo sconvolto... non voglio che rimanga arrabbiato con me... mi sento già abbastanza male per quello che è successo.
Sbadiglio, assonnata; oggi è stata una giornata davvero intensa: questo pomeriggio ero andata al centro commerciale con la mia migliore amica, Kairi.
Ci conosciamo dalla 1° media: è una ragazza molto dolce, gentile, allegra e responsabile; le voglio un mondo di bene ma, ahimè, è una patita di shopping ed è davvero estenuante tenere il suo ritmo!
Sorrido ripensando a quando ci siamo salutate, lei con le braccia strapiene di borse ed io con solo un paio di cose che lei mi aveva costretto a comprare perché, a detta sua, mi stavano troppo bene, e con quest'ultimo pensiero mi lascio andare tra le braccia di Morfeo.

 

 

 

 

 

Sora si svegliò, un paio d'ore più tardi, quando sentì qualcuno scuoterla: sbatté le palpebre, assonnata, e si sorprese quando vide Roxas affianco a lei.
La castana si rese conto che qualcosa non andava quando vide che il fratello era bianco come un lenzuolo e tremava come una foglia.
Si tirò seduta, spostando le coperte per permettergli di sedere sul letto -Roxas, cosa c'è?- gli chiese guardandolo preoccupata: l'espressione del fratello era un misto tra rabbia e terrore.
Il ragazzo si sedette al suo fianco, battendo i denti per il freddo -il tuo amico fantasma è entrato in camera mia! Giuro che troverò un modo per riportarlo in vita così lo potrò uccidere con le mie mani!- disse infuriato -perché? Che ha fatto?- chiese Sora, confusa: Roxas aggrottò la fronte, provando un pizzico d'imbarazzo quando abbracciò la sorella, poggiando la testa sulla sua spalla in cerca di comfort -mi sono svegliato quando ho sentito qualcuno tirare le coperte fuori dal letto... all'inizio ho pensato che fossi tu ma poi ho visto che non c'era nessuno, così ho detto a Riku di smetterla ma lui ha solo riso...- disse Roxas, rabbrividendo al ricordo di quel suono tetro e spaventoso -poi è apparso un rientro sul fondo del letto, come se qualcuno si fosse appena seduto, e poi...- s'interruppe, guardando per terra -poi?- lo incoraggiò la sorella -sono saltato giù dal letto e sono corso qui- concluse il biondino, arrossendo leggermente, alzando lo sguardo verso di lei -posso dormire con te, stanotte?- gli chiese un po' titubante -certo che puoi- gli rispose Sora abbracciandolo e Roxas annuì, assonnato -grazie- disse e si stese sotto le coperte, addormentandosi poco dopo aver toccato il cuscino, evidentemente esaurito dall'esperienza.
Ma Sora, al contrario del fratello, non sarebbe riuscita a tornare a dormire neanche volendo: era arrabbiata, anzi furiosa.
Anche se lei non era iperprotettiva come Roxas, voleva molto bene al fratello e quando il ragazzo si trovava nei guai faceva di tutto per aiutarlo.
Non importava quanto lui agisse in modo maturo, aveva solo 14 anni e lei era sua sorella maggiore: lo avrebbe sempre protetto.
Così, dopo aver controllato che il biondino si fosse veramente addormentato, Sora si guardò attorno, nel buio, prima di sussurrare aspramente -Riku! Riku, so che sei qui vicino da qualche parte! Ho bisogno di parlare con te!-.

 

 

 

 

 

 

 

-Pov. Riku

 

Idiota... sono un'idiota.
Quanto vorrei sbattere la testa contro una di queste travi!
E' da quando sono scappato dalla mia camera, diversi giorni fa, che sono qui, in soffitta, seduto su di un vecchio baule tra cumuli di polvere e vecchi cimeli.
Sospiro ancora, ripensando a quello che è successo: la prima persona con cui potevo parlare, in più di cento anni, ed io la terrorizzo, rischiando anche di fargli male.
L'ho già detto che sono un'idiota, vero?
Scuoto la testa, rassegnato; quante possibilità ci sono che Sora voglia vedermi ancora dopo quello che ho fatto?
Mi sono arrabbiato con lei per una colpa non sua... voleva solo aiutarmi a ricordare qualcosa della mia vita portandomi quegli articoli e non era certo sua intenzione farmi stare male... ed, invece, l'ho accusata proprio di questo.
Mi sento un verme se ripenso all'espressione spaventata con cui mi guardava.
Sospiro, abbattuto; sono sicuro che ora mi odia... e perché non dovrebbe? Dopo che è stata così gentile con me, accettando senza problemi la mia presenza, l'ho trattata in quel modo orribile.
Se io fossi al suo posto cercherei di tagliare ogni legame... probabilmente ha buttato la mia collana fuori dalla finestra in modo da non vedermi, né sentirmi più.
-Riku!- un aspro sussurro mi fa alzare la testa e guardare attorno a me; l'ho immaginata o quella era la voce di Sora che mi chiamava?
-Riku, so che sei qui vicino da qualche parte! Ho bisogno di parlare con te!-.
No, non mi sono sbagliato... è proprio la sua voce! E vuole parlare con me! Allora, forse, non mi odia... quindi potrei riuscire a recuperare la sua amicizia!
Mi sento felice mentre una piccola bolla di speranza si gonfia dentro di me, anche se non ho un vero e proprio “dentro”.
Decido, però, prima di scendere da lei, di calmarmi un po'; non voglio sembrare contento della sua chiamata e poi chissà di cosa vorrà parlarmi?
Mi prendo un attimo per ricompormi: metto su un volto indifferente, incrocio le braccia al petto e scendo nella mia camera.

 

 

 

 

 

La temperatura nella stanza diminuì di diversi gradi e, poco dopo, Riku uscì dal soffitto con un'espressione impassibile sul volto.
Per un attimo, Sora lo guardò scioccata dal fatto che il fantasma fosse apparso al suo richiamo ma, subito dopo, la rabbia gli ricordò il motivo per il quale lo aveva chiamato: guardò torva il ragazzo e gli sussurrò arrabbiata -non so chi ti credi di essere ma non hai il diritto di spaventare il mio fratellino! Non m'interessa se vieni in camera mia ma non ti lascerò molestare Roxas! Non m'importa quanto sei arrabbiato con noi non ti permetterò di continuare, sono stata chiara?!- a quell'accusa, Riku sbatté le palpebre, confuso ed indignato -di cosa stai parlando?- gli chiese aggrottando la fronte -Roxas è appena venuto da me dicendo che gli hai tirato via le coperte!- a quelle parole il viso dell'argenteo si oscurò -io non lo farei mai- Sora guardò il fantasma con un cipiglio: il suo volto trasparente era serio e sembrava dire la verità.
-Come faccio a sapere che non mi stai mentendo?- gli chiese -se non eri tu in camera di Roxas vuol dire che...- la voce di Sora si spense mentre guardava Riku che diventava sempre più teso -... c'è un altro fantasma!- sussurrò la ragazza con gli occhi sgranati per l'illuminazione appena avuta -giusto, Riku? C'è un altro fantasma, in questa casa, oltre a te!- gli chiese, guardandolo in attesa di una risposta.
Il ragazzo sospirò pesantemente -Sora...- la castana gli dette tutta la sua attenzione, dimenticando la rabbia che provava fino ad un momento prima -posso solo dirti che non ero io in camera di Roxas-
-allora ho ragione, c'è un altro fantasma!- l'argenteo scosse la testa -non è un fantasma...- poi chiuse gli occhi e strinse le braccia attorno al busto come per proteggersi da qualcosa che stava per colpirlo -e ho detto troppo- disse riaprendo lentamente gli occhi.
Incuriosita dalla reazione dell'altro, Sora si raddrizzò poggiandosi alla testiera del letto, lanciando un'occhiata verso il fratello per assicurarsi che stesse dormendo, prima di continuare la conversazione con l'argenteo -qual'è il problema? Se non è un fantasma, che cos'è?- gli chiese la ragazza, confusa -vuoi sapere la verità?- gli chiese Riku e lei annuì; il fantasma sospirò, spostandosi verso la finestra per osservare la luna piena che brillava nel cielo notturno -la ragione per cui questa è la mia stanza, oltre al fatto che si tratta della camera in cui dormivo quando ero...- si fermò per un attimo, quasi incapace di pronunciare quella parola -vivo... è che questa è l'unica stanza in cui non può entrare... non so perché... ma è stato il mio santuario per molto tempo- Sora aggrottò la fronte, assimilando le nuove informazioni -qual'è il suo nome?- gli chiese e Riku scosse la testa, sorridendo ironico -questo non lo posso dire- s'infilò una ciocca di capelli dietro l'orecchio -ma se sta iniziando ad agire e dà fastidio al tuo fratellino, mi dispiace, ma non posso fare niente per aiutarvi... lui è molto più forte di me- accigliata, Sora strinse i pugni -ma Riku! Ci dev'essere qualcosa che puoi dirmi di lui!- il ragazzo si morse il labbro nervosamente -tutto quello che so, oltre al suo nome, è quello che mi hai mostrato tu...- l'argenteo, ora, faceva fatica a parlare, come se si aspettasse che qualcosa spuntasse fuori dal nulla per aggredirlo -sei stata tu a farmi ricordare che non sono l'unica persona che è morta in questa casa- Sora rifletté su quelle parole “non è l'unica persona che...” sbatté le palpebre e aprì leggermente la bocca appena riuscì a capire di chi stesse parlando il fantasma -è Ansem! Ansem è l'altro fantasma, non è vero?- Riku stava per risponderle quando udì un rumore, che sembrava provenire da fuori, che lo fece voltare verso la porta: i due ragazzi sobbalzarono quando la stanza iniziò a tremare e l'argenteo si allontanò dalla finestra, avvicinandosi alla parete accanto al letto, mentre si iniziavano ad udire rumori di piccoli graffi provenienti dalle pareti.
Sora sgranò gli occhi come il rumore si fece più forte mentre la temperatura nella stanza scese drasticamente facendo, addirittura, ghiacciare il vetro della finestra.
-Roxas! Roxas, svegliati!- esclamò Sora, con una nota di paura nella voce, scuotendo il fratello; il biondino si svegliò sbattendo le palpebre, assonnato -Sora?- chiese, sedendosi sul letto, rabbrividendo subito dopo a causa del gelo nella stanza -ma che...?!- chiese Roxas sorpreso quando vide sbuffi di vapore uscire dalla sua bocca, la sorella stava per rispondergli quando, improvvisamente, uno stridio straziante le fece stringere i denti e girare la testa verso la finestra dove delle lettere apparivano, scolpite nel ghiaccio -Xemnas...- sussurrò la castana con gli occhi sgranati, poi si girò verso Riku vedendo che il ragazzo tremava come una foglia, premuto contro il muro.
Sentendosi osservato, l'argenteo guardò Sora sorridendole debolmente -non ti preoccupare... non può entrare in questa stanza... ma... ora lo sai... lui non si fa più chiamare Ansem- le spiegò e Sora annuì, tremante, ma rimase a bocca aperta quando vide una mano nera uscire dal muro proprio accanto al fantasma -Riku, attento!- esclamò spaventata; il ragazzo si voltò e cercò di allontanarsi dal muro ma la mano fu più veloce di lui e lo afferrò per il polso, tirandolo dentro la parete mentre una decina di viticci neri comparvero dall'ombra, aggrappandosi al suo corpo.
-Riku!- gridò Sora saltando giù dal letto, correndo verso l'argenteo per aiutarlo -stai indietro! E' più arrabbiato di quanto pensassi!- gridò il ragazzo, facendo bloccare la castana prima che si avvicinasse troppo -avevi detto che non poteva entrare in questa stanza!- esclamò Sora stringendosi le mani al petto mentre guardava, spaventata, il fantasma che veniva tirato sempre più in profondità nel muro, nonostante lui cercasse di divincolarsi dalla presa delle ombre.
-Mi stava cercando... ed io ero contro il muro- disse Riku, facendo una smorfia come i suoi occhi s'incontrarono con quelli di Sora -cercherò di distrarlo per impedirgli di farvi del male ma dovete uscire da questa casa!- esclamò quando, ormai, quasi tutto il suo corpo era scomparso nel muro.
-Andatevene!- fu l'ultima cosa che riuscì a dire prima che la sua testa scomparisse nella parete, mettendo fine a tutto.
-Riku!- gridò Sora con le lacrime agli occhi, correndo verso il punto in cui il ragazzo era scomparso e sbattendo i pugni contro il muro “che cos'è successo? Cos'erano quelle ombre nere? Che cosa vuole fare a Riku?” si chiese la ragazza mordendosi il labbro inferiore dalla preoccupazione.
All'improvviso, la castana avvertì una mano sulla sua spalla: gridò dalla sorpresa e si voltò di scatto solo per trovare suo fratello che la guardava confuso e spaventato -Sora... che cosa...?- ma la domanda del ragazzo venne interrotta dal grido arrabbiato di Cloud che riecheggiò per il corridoio -CHE DIAVOLO È QUESTO?!- un attimo dopo, Leon irruppe nella stanza con la pistola spianata, guardandosi attorno, fino a quando i suoi occhi non si posarono sui suoi figli -per fortuna state bene- disse l'uomo, rilasciando un sospiro di sollievo e rimettendo la pistola nella fondina che aveva alla cintura.
-Leon... cosa succede?- chiese Roxas con lo sguardo perso; il castano scosse la testa e li accompagnò fuori dalla stanza, tenendoli tra le sue braccia, protettivo.
Sora rimase a bocca aperta quando vide che sulle pareti del corridoio, sulle scale e, persino, sul soffitto erano apparse delle lettere, schizzate e frastagliate, di un color rosso sangue che componevano un nome.
-Xemnas...- mormorò Sora, aggrappandosi al braccio di Leon e stringendolo impaurita; si girò verso Roxas e vide che il biondino la guardava con la stessa espressione spaventata.
Una cosa era certa: ora la situazione era diventata seria.

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti ed eccomi con il nuovo capitolo che porta un raccapricciante colpo di scena!
Spero che vi abbia sorpreso scoprire che Riku non era l’unico “abitante paranormale” della casa ^^
Ora, cosa succederà alla nostra famigliola?
Cosa sarà successo a Riku dopo essere stato catturato dalle ombre?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo che, però, non potrò pubblicare sabato prossimo perché starò via per un po’, quindi la pubblicazione del prossimo capitolo è posticipata tra due settimane.
Mi dispiace per questo inconveniente ^^’
Ringrazio tutti quelli che mi recensiscono (è per loro che vado avanti con questa storia!) e quelli che leggono (anche se vorrei che mi lasciassero un loro parere, anche solo una volta).
Saluti e baci da black dalia

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Capitolo 7
*** Cap.6) Bisogno di aiuto ***


PARANORMAL LOVE


 

Cap.6) Bisogno di aiuto

 

6 Maggio 2013

 

Roxas sbatté un taccuino sul tavolo davanti a Sora, facendola sobbalzare dalla sorpresa, mentre stava tentando di mangiare la colazione, ancora intontita dalla notte passata in bianco.
Nessuno era riuscito a tornare a dormire dopo la scoperta delle scritte: Cloud e Leon erano entrati in modalità iperprotettivo e mentre il biondo aveva cercato per tutta la casa ed anche fuori in giardino una qualsiasi traccia del vandalo che aveva osato entrare nella loro dimora, Leon dopo aver scattato delle foto alle scritte aveva tirato fuori, dall'armadio che divideva col marito, un kit della scientifica ed aveva tentato di trovare qualche impronta digitale dell'intruso ma entrambe le ricerche erano risultate inutili così, alla fine, erano stati costretti a spedire Sora e Roxas di nuovo in camera senza nessuna risposta.
Ora, mentre tutta la famiglia era seduta al tavolo in salotto a fare colazione, e Cloud e Leon parlavano dell'evento di ieri notte, Sora spostò lo sguardo dal taccuino al fratello con un'espressione assente: Roxas alzò gli occhi, muovendo il libricino più vicino alla sorella -ecco... ho bisogno che scrivi l'intera conversazione che hai avuto con Riku e tutto quello che è successo ieri notte- disse il biondino -perché?- chiese Sora non capendo l'idea del fratello -perché mi sono sbagliato e voglio capire cosa sta succedendo! Ora, scrivi!- Sora fece una smorfia ma prese il taccuino, una penna che aveva a portata di mano, ed iniziò a scrivere tutto quello che era accaduto la notte scorsa.
Dopo aver finito, la ragazza prese un cucchiaio di cereali e, dopo averli mangiati, piegò la testa in direzione dei loro genitori -che dire di loro?- chiese al fratello che si stava versando dei cereali nella scodella che aveva preso -non dobbiamo dirglielo, la verità è che non ci crederebbero... diamine! A malapena io credo che quello che sta succedendo sia opera di un fantasma!- disse Roxas, a bassa voce, finendo di versarsi il latte.
Sora aggrottò la fronte in disapprovazione -penso che, invece, dovremmo dirglielo-
-penseranno che siamo pazzi- ribatté il biondino -ma noi sappiamo la verità!- esclamò la ragazza ad alta voce, interrompendo la discussione tra Cloud e Leon -io so chi ha scritto sui muri!- esclamò Sora attirando l'attenzione dei genitori che la guardarono in attesa: la castana prese un respiro e disse -è stato un fantasma! La casa è infestata!- a quelle parole i due uomini la guardarono per un lungo minuto prima di sbattere le palpebre e ritornare a discutere -come ti stavo dicendo... è ovvio che è nel nostri interesse installare un impianto di sicurezza- disse Leon, comportandosi come se non avesse sentito nulla.
A quella noncuranza da parte dei genitori per le sue parole Sora gonfiò le guance offesa -hey!- esclamò alzandosi in piedi, interrompendo di nuovo i due uomini -dovete credermi! Questa casa è infestata da un fantasma che vuole spaventarci!- a quelle parole Leon sospirò, chiedendo con voce monotona -c'è un fantasma che sta cercando di spaventarci?-
-sì... cioè, uno di loro... ce ne sono due... l'altro fantasma, Riku, gli è successo qualcosa di brutto!-
-quindi ci sono due fantasmi?- a quella domanda, Sora annuì e Leon guardò Cloud con un sopracciglio alzato: il biondo strinse le spalle ed il castano si strofinò il ponte del naso facendo scivolare le dita sulla cicatrice; quello era il segnale che l'uomo stava diventando esasperato.
-Lo terremo a mente... ora, finite di mangiare e prendete gli zaini, devo lasciarvi a scuola prima di andare a lavoro- disse Leon tornando a girarsi verso Cloud -ma...- l'uomo alzò la mano, interrompendo la figlia -no, Sora questo è grave e anche se stai cercando di... aiutare, i fantasmi non esistono... saranno solo alcuni ragazzi che ci hanno tirato un brutto scherzo... ora, capisco che sei stanca ma si sta facendo tardi, quindi va a prepararti- Sora sospirò abbassando la testa, sconfitta; sapeva che, per suo padre, quando una discussione era finita, era finita e non c'era modo di tornare sull'argomento.
Finì di mangiare la sua colazione, dopo di che salì, mogia, le scale per andare in camera sua a preparare lo zaino ma, una volta arrivata quasi in cima alle scale, Roxas la raggiunse e le mollò un pugno sulla spalla -ahi!- esclamò massaggiandosi il punto dove il fratello l'aveva colpita -perché l'hai fatto?- gli chiese, aggrottando la fronte, guardandolo male -perché non pensi mai prima di aprire quella bocca!- le rispose il biondino con le mani sui fianchi -pensavi davvero che ti avrebbero creduto?- quando non udì alcuna risposta, Roxas alzò gli occhi al soffitto -guarda, qualunque cosa si trovi in questa casa dovrà darsi molto da fare per convincerli ad andarsene, quindi annota qualunque cosa accada di strano in quel taccuino, va bene?- e senza aspettare una risposta il ragazzo finì di salire le scale.
-Tu mi credi, vero Roxas?- a quella domanda, detta con voce titubante, il biondino si fermò girandosi verso la sorella: aveva la testa bassa e guardava il pavimento con un'espressione sconsolata.
Vedendo la sorella così affranta, il ragazzo sospirò; odiava vedere Sora triste.
-Non è che ho davvero scelta- mormorò, facendo così in modo che solo lei lo sentisse -sei mia sorella maggiore... se non posso credere a te, non posso credere a nessuno- quelle parole risollevarono l'umore di Sora che sorrise raggiante verso il fratello -grazie Roxas!-
-e di cosa?-
-di esserci sempre per me!- ed il biondino si voltò con un lieve accenno di rosso sulle guance -di nulla- rispose mormorando, finendo di dirigersi in camera.

 

 

 

 

 

 

 

 

19 Maggio 2013

 

Erano passate quasi due settimane da quando le scritte erano apparse sui muri e, da allora, Sora aveva iniziato a scrivere tutte le attività anomali che registrava in casa: il primo fenomeno, che si manifestò solo un paio di giorni dopo la scoperta delle scritte, furono le luci tremolanti, che si spegnevano ed accendevano ad intermittenza.
Cloud aveva chiamato un elettricista ma l'uomo, dopo un attento controllo, aveva dichiarato che il cablaggio della casa era in buone condizioni e non c'era nessun guasto, così se n'era andato lasciando i due adulti molto confusi.
Il secondo fenomeno, accadde un paio di giorni dopo: una mattina Leon era sceso per preparare la colazione ma, appena mise piede al piano terra, scoprì che l'intera area puzzava di cadaveri in decomposizione (una cosa con cui era entrato molto in contatto dato il suo lavoro) e quando anche il resto della famiglia scese al piano di sotto, sia Sora che Roxas dovettero correre fuori dalla porta a prendere un po' d'aria fresca per evitare di vomitare anche il loro stomaco; inutile dire che nessuno osò toccare cibo quella mattina.
Pensando che ci fossero problemi con i tubi di scarico, Leon chiamò un idraulico ma l'uomo, come era accaduto per l'elettricista, non trovò nessun problema anche se avvertì chiaramente il disagio causato dall'orrendo odore che c'era in casa.
Un'altra cosa che accadeva, ormai sempre più frequentemente, era la sparizione di oggetti: in un primo momento i due uomini pensarono che, dato che dovevano ancora finire di disimballare, gli oggetti che non trovavano si fossero persi tra gli scatoloni ancora da aprire ma, era chiaro, che questo fatto gli stava dando sempre più sui nervi.
Un giorno, Cloud aveva tirato fuori tutti i loro vestiti dall'armadio alla ricerca della sua maglia preferita, un dolcevita nero senza maniche a collo alto, solo per trovarlo, cinque ore dopo, steso sul letto come se fosse sempre stato lì.
Per ultimo, di notte si sentiva il suono di passi pesanti provenire dalla soffitta ma, ogni volta che uno dei due andava a controllare, non trovava mai nulla che facesse pensare che qualcuno si trovasse lì.
Nonostante tutto questo, però, c'era una sola cosa che dava veramente fastidio a Sora: il fatto di non aver più saputo niente di Riku da quella notte in cui era stato trascinato nel muro da quelle ombre.
La ragazza non aveva la minima idea di cosa potesse essergli successo e nemmeno se un fantasma potesse danneggiarne un altro.
Sospirando, Sora si passò una mano tra i capelli, guardando una pagina del libro di storia che doveva leggere; ma come poteva pensare all'imminente verifica di storia quando era così preoccupata?
-Sora...- una voce, lieve come un sussurro, arrivò alle orecchie della castana, facendola scattare in piedi; avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
-Riku?- chiese guardandosi attorno, stringendo tra le sue dita il ciondolo della collana, ed aggrottando le sopracciglia quando non vide nessuna traccia dell'argenteo.
-...Non posso...- sentendo ancora la sua voce, Sora si allontanò dalla scrivania, dirigendosi in mezzo alla stanza -Riku, dove sei? Stai bene?- gli chiese, continuando a cercarlo con lo sguardo -...Non riesco a... trovarti...- Sora iniziò a farsi prendere dal panico come sentì la voce del fantasma diventare sempre più debole -cosa dici?! Sono qui, nella tua camera!- la castana si morse il labbro quando non udì più nulla -Riku!- ancora, non ci fu risposta -Riku, ti prego! Voglio vederti per assicurarmi che stai bene! Per favore!- esclamò, quasi supplicando, mettendosi una mano sul cuore, stringendo la maglietta per poi abbassare la testa, mormorando -per favore... mi manchi...- un attimo dopo aver pronunciato quelle parole, Sora percepì un drastico calo di temperatura nella stanza, che la fece rabbrividire, e Riku comparve crollando fuori dal muro.
Appena vide il fantasma, la castana corse verso di lui, inginocchiandoglisi di fronte, guardandolo con ansia: il suo corpo non brillava più come prima, la sua luce era smorza e opaca e, per di più, la parte inferiore del suo corpo era scomparsa.
-Riku, stai bene? Che cosa ti ha fatto?- gli chiese, guardandolo preoccupata, non volendo far altro che poterlo stringere in un abbraccio confortante.
L'argenteo scosse la testa e si alzò, guardando la ragazza come se la notasse per la prima volta -Sora... pensavo di averti detto di andartene- disse con voce affannosa ed un cipiglio di disapprovazione mentre si ricomponeva -mi dispiace, ma Cloud e Leon non se ne andranno via senza un valido motivo e non mi hanno creduto quando gli ho detto che la casa era infestata... inoltre, non potevo andarmene senza sapere cosa ti era successo...- disse la ragazza, abbassando la testa, guardando colpevole -ero veramente preoccupata per te- mormorò, giocherellando con le dita, un po' imbarazzata -non dovevi esserlo- disse Riku, fluttuando verso la scrivania di Sora -sono già morto, non può farmi altro male-
-allora cos'è successo alle tue gambe?!- chiese la castana, avvicinandosi al fantasma e sventolandogli una mano sotto al busto per dare enfasi alla sua dichiarazione -e poi, prima, brillavi di più!- esclamò e Riku la guardò scioccato -la smetti?! E' piuttosto sconcertante!- Sora ritrasse la mano, lievemente divertita dall'espressione sconvolta dell'altro, e poi gli chiese -che cos'è successo?- a quella domanda, il fantasma sospirò -non ne sono sicuro... dopo che sono stato trascinato nel muro tutto quello che vedevo era oscurità... poi è arrivato Xemnas e mi ha... punito...- disse quella parola con un espressione addolorata -dopo di che se né andato... sentivo come se quella oscurità, in cui mi aveva lasciato, mi stesse divorando... se non avessi udito la tua voce, molto probabilmente, sarei stato completamente consumato- a quelle parole, un leggero rossore si sparse sulle guance di Sora che si girò per impedire all'altro di vederlo -beh, sono contenta che tu stia bene... e mi dispiace che non ce ne siamo andati- il fantasma sospirò -non fa niente, anzi... sono in debito con te per avermi aiutato- disse, decidendo di cambiare argomento quando notò che l'imbarazzo della ragazza stava crescendo -Xemnas vi ha dato tanto fastidio?-
-uhm, no, non proprio... fa piccole cose, niente di grave- rispose la castana e Riku trasse un sospiro di sollievo -meno male... spero che non agisca più in modo così violento anche se, conoscendolo, dubito che starà buono ancora a lungo- disse il ragazzo, lasciando il suo sguardo vagare nella stanza fino alla scrivania notando il libro aperto -che cosa stai leggendo?- gli chiese incuriosito: Sora si voltò e vide l'argenteo guardare il suo libro di testo con interesse -oh, è il mio libro di storia... venerdì ho una verifica sulla prima guerra mondiale e stavo studiando-
“beh, cercando di studiare” si corresse mentalmente la ragazza.
-La guerra mondiale?- chiese Riku con voce incredula ed un po' intimorita, facendo sorridere Sora -oh, giusto! E' successo dopo la tua morte!- poi notando l'espressione d'interesse sul volto dell'argenteo gli disse -puoi leggerlo se vuoi, io ho ancora tempo per studiare!- il fantasma allungò la mano, lasciandola aleggiare sopra la pagina, mentre un piccolo sorriso gli si dipinse sul volto -è strano- disse -che cosa?- gli chiese la castana, piegando la testa di lato, incuriosita -sono stato in questa casa così tanto tempo ma tu sei la prima persona che mi ha offerto qualcosa- rispose Riku alzando lo sguardo verso di lei finché i loro occhi non s'incrociarono -grazie- ed il sorriso sul suo volto crebbe facendo aumentare il rossore sulle guance di Sora -non è niente, è solo un libro- disse la ragazza, grattandosi la testa nervosamente mentre sentiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco che non sapeva spiegare; le sembrava quasi che delle farfalle svolazzassero dentro di lei.


Era passata un'ora da quando Riku aveva iniziato a leggere; aveva avuto un po' di difficoltà, all'inizio, nel girare le pagine, visto che la sua mano non poteva toccarle, ma poi aveva capito come fare: gli bastava girare la mano di scatto, vicino alla pagina, per creare un piccolo sbuffo di vento così non aveva più avuto problemi ed aveva continuato a leggere fino ad allora.
Sora spostò la sua attenzione dal manga che stava leggendo alla porta quando sentì dei passi veloci e la voce di suo fratello chiamarla: Roxas si fermò, quasi scivolando, davanti all'entrata della sua camera, con lo skateboard sottobraccio -hey! Hayner ha chiamato! Vado allo skatepark e poi rimango a cena a casa sua!- esclamò, contento di poter uscire con l'amico -bello! Verranno anche Pence ed Olette, giusto?- gli chiese la sorella sorridente; a lei piaceva Hayner, era un ragazzo simpatico e divertente, ma tendeva a cacciarsi nei guai trascinando suo fratello con se.
Fortunatamente, entrambi, potevano sempre contare su Pence ed Olette che, essendo i più maturi e responsabili del gruppo, li tenevano fuori dai guai più grossi.
Alla domanda della sorella, Roxas alzò gli occhi al soffitto -sì, vengono anche loro... è bello sapere che ti fidi di me e Hayner per agire come due persone responsa...- il ragazzo non finì la frase perché le parole gli morirono in gola quando vide una pagina del libro, che Sora aveva sulla scrivania, girare da sola.
Impallidì leggermente prima di riuscire a ricomporsi -Riku è qui?- chiese alla sorella, assottigliando lo sguardo -sì, sta leggendo!- gli rispose allegramente la castana.
Il biondino entrò nella camera avvicinandosi alla scrivania e riuscendo, fortunatamente, a puntare il fantasma -okay, Riku, ascoltami!- disse Roxas facendo girare il fantasma verso di lui con un'espressione leggermente divertita sul volto -sto impostando alcune regole di base! Numero uno: non entrare in questa stanza quando Sora non vuole.
Numero due: se la spaventi troverò un modo per farti del male.
Numero tre: se tenti di spaventarmi troverò un modo per spedirti all'inferno, chiaro?- l'argenteo non disse nulla ma alzò gli occhi e si rigirò verso il libro, tornando a leggere.
-Ti ha sentito...- cinguettò Sora, ridacchiando internamente per la reazione del fantasma alle parole del fratello -lui ha annuito-
-non l'ho fatto!- esclamò Riku senza voltarsi -che cos'ha detto?- chiese Roxas aggrottando la fronte -niente- gli rispose Sora, cercando di nascondere il suo divertimento.
Il biondino sbuffò e si mise una mano sul fianco -fa come vuoi, ma sappi che se lui ti fa qualcosa sarà solo colpa tua!- disse per poi azzittirsi quando sentì il rumore della porta d'ingresso che si apriva -Leon dev'essere tornato- disse il ragazzo ma aggrottò la fronte quando sentì un forte tonfo proveniente dal piano di sotto -ehi, cosa sta succedendo laggiù?- chiese e la risposta gli arrivò subito dopo quando udirono Cloud esclamare -Leon!- avvertendo il tono preoccupato del loro genitore, i due ragazzi si fiondarono fuori dalla camera, Sora abbandonando sul letto il suo manga, e corsero giù dalle scale, fermandosi sugli ultimi gradini vedendo Cloud che controllava le pulsazioni di Leon mentre quest'ultimo era a terra privo di sensi.
-Che cos'è successo?- chiese Roxas notando l'espressione corrucciata del padre -non lo so... è entrato, ha chiuso la porta, poi è inciampato ed è caduto- rispose Cloud emettendo un sibilo preoccupato -dannazione, non si sveglia... Roxas vai a prendere il telefono, è meglio chiamare un ambulanza- disse il biondo preoccupato.
Sora strinse le dita attorno alla balaustra, guardando il fratello scendere gli ultimi gradini e dirigersi in salotto per prendere il telefono, voltando poi lo sguardo verso Cloud che continuava a cercare di svegliare Leon.
La ragazza avvertì un brivido e si voltò alla sua sinistra solo per vedere Riku affianco a lei: dandogli un sorriso esitante, la castana si apprestò a scendere gli ultimi gradini quando l'argenteo la fermò gettando il braccio davanti a lei -non andare laggiù- gli disse con una nota di avvertimento nella voce -ma Leon...- iniziò Sora fermandosi quando vide il volto del fantasma: era serio ed il suo corpo era incredibilmente teso.
Riku guardò con circospezione il castano, dopo di che disse con voce alta e forte -Xemnas, esci dal suo corpo!- appena dopo che l'argenteo ebbe pronunciato quelle parole, gli occhi di Leon si aprirono di scatto e Sora rimase senza fiato: gli occhi di suo padre non erano più di quel grigio tempesta che sembrava risplendere come se fosse attraversato da lampi ma erano spenti, quasi senza vita, come se non fosse cosciente.
-Sei diventato abbastanza audace, Riku... ora osi darmi degli ordini- disse Leon alzandosi da terra con movimenti goffi, facendo aumentare in Sora la paura che la persona che stava guardando non era affatto suo padre.
Cloud aggrottò la fronte alle sue parole -Leon, chi è Riku? Stai male?- gli chiese ed allungò una mano per toccargli la fronte ma il castano la scansò con uno schiaffo -non toccarmi!- esclamò, spostando lo sguardo verso le scale, dove si trovavano Riku e Sora: fece dei passi verso di loro, ridacchiando cupamente -non avrei mai pensato che avresti avuto il coraggio di ribellarti ma, forse, la colpa è della persona da cui sei stato influenzato ultimamente- Leon puntò lo sguardo negli occhi di Sora ed, in quel momento, la castana capì che quello che aveva davanti non era, sicuramente, suo padre.
Riku si portò davanti a lei, protettivo, aprendo le braccia ed alzando il mento in segno di sfida -non ti permetterò di farle del male, Xemnas- a quelle parole, l'uomo ridacchiò -come se hai scelta- disse, avvicinandosi alla ragazza di un altro paio di passi.
Sentendosi sempre più come un animale in trappola sotto lo sguardo di un cacciatore, Sora iniziò ad indietreggiare, risalendo le scale, spostando lo sguardo verso l'unico altro adulto in camera -Cloud...- sentendo la paura filtrare dalla voce di sua figlia, il biondo avanzò verso il marito parlando a bassa voce -Leon, stai spaventando Sora e sono ancora preoccupato per la caduta... probabilmente hai preso una brutta botta ed è meglio se ti fai vedere da un dottore- disse l'uomo afferrandogli il braccio solo per avere il castano girarsi e dargli un pugno in faccia -ti ho detto di non toccarmi!- esclamò con una punta di veleno nella voce.
Cloud scosse la testa, massaggiandosi la mascella ferita; aveva dimenticato quanto Leon colpiva duro.
Il biondo non perse altro tempo ed afferrò, di nuovo, il braccio dell'altro -perché diavolo mi hai colpito, Leon?- gli chiese solo per avere come risposta un calcio nello stomaco che lo inviò a sbattere contro il muro.
Tossendo, il biondo si risollevò da terra, tenendosi la pancia ed inciampando verso Leon che stava iniziando a salire le scale per prendere Sora: lo afferrò per il retro della camicia e lo tirò di nuovo al piano terra.
Leon, immediatamente, si girò verso di lui iniziando a colpirlo con pugni e calci che il biondo parava come meglio poteva quando, infine, riuscì a prendergli entrambe le braccia ed a spingerle dietro la schiena, bloccandolo.
Ansimando, Cloud tirò il castano al petto, ignorando il dolore che percepiva per via dei colpi subiti -Leon! Smettila! Sono io, Cloud!-
-lui non si fermerà- disse Riku con un'espressione grave e Sora deglutì preoccupata, ripetendo al padre quello che aveva detto il fantasma -Cloud, quello non è Leon! Non la smetterà perché è posseduto!-
-non ora, Sora- disse il biondo stringendo la presa sulle braccia del marito -ma è vero! Il fantasma dentro di lui si chiama Xemnas!- nel sentire quelle parole Leon si lanciò in avanti, urlando con rabbia, mentre Cloud riuscì a stento a trattenerlo -non pronunciare il mio nome così alla leggera, mocciosa! Ho ucciso per molto meno!- e, con una nuova raffica di forza, scattò la testa all'indietro colpendo Cloud che lasciò la presa tenendosi il naso nel dolore.
Sora sentì la paura stringerle il petto quando i suoi occhi e quelli del castano s'incontrarono; il lampo predatorio che ci vide la fece tremare dal terrore.
Guardò con la coda dell'occhio Riku irrigidirsi accanto a lei, capendo solo in quel momento che il fantasma non poteva fare niente per aiutarla, come Leon si avvicinava sempre più ma, proprio in quel momento, una voce si levò, forte e chiara, dietro all'uomo -ehi, Xemnas!- ne seguì un forte schianto e l'uomo inciampò, sbattendo gli occhi e cadendo in avanti svenuto, rivelando Roxas con lo skateboard alzato sopra la testa ed un'espressione cupa -nessuno tenta di far del male a mia sorella! Sopratutto, non usando il corpo di mio padre, stronzo!- esclamò il ragazzo con evidente rabbia nella voce.
A quella vista, Sora sospirò di sollievo mettendosi una mano sul cuore -stai bene?- gli chiese Roxas e lei annuì, scendendo le scale, aggirando il corpo privo di sensi di suo padre, e avvicinandosi a Cloud che si stava raddrizzando, tenendosi un braccio avvolto intorno alle costole dove aveva subito i colpi più duri.
-Cosa diavolo è successo?- chiese il biondo guardando il marito svenuto -ti ho detto quello che è successo: Xemnas lo stava possedendo- rispose Sora, mordendosi il labbro per poi sussurrare a Riku -sta bene, adesso?- il fantasma guardò Leon attentamente prima di annuire -sì, Xemnas è andato... sarà tornato normale quando si sveglierà-.
Poco dopo aver pronunciato quelle parole, un lieve gemito di dolore si levò dal corpo di Leon facendo irrigidire il trio: esitante, Cloud s'inginocchiò accanto a lui, guardando gli occhi di suo marito aprirsi e, constatando, che erano tornati del loro solito colore.
-Che... che cos'è successo?- chiese il castano, guardando il biondo accanto a lui, notando i lividi sul volto e sulle braccia.
-Sei svenuto... poi hai minacciato Sora e hai resistito quando ho tentato di calmarti- rispose Cloud -quello che vuole dire...- s'intromise Roxas -è che avresti ucciso Sora se non fosse intervenuto ma poi lo hai picchiato e così ho dovuto colpirti con lo skateboard facendoti perdere i sensi-
-l'ho fatto davvero?- chiese Leon sconcertato, per poi rivolgersi a Cloud, aggrottando la fronte mentre si massaggiava il retro della testa -perché non mi hai combattuto?-
-non volevo farti male... OW! Leon! Che diamine!? Mi hai già colpito lì!- esclamò il biondo, tenendosi il volto, dopo aver ricevuto un pugno sul naso dal marito.
-Questo, Cloud Strife, è perché sei un'idiota! Avresti dovuto rendermi subito inoffensivo! Come diamine pensi che avrei reagito se, adesso, mi fossi svegliato e mi avresti detto che avevo fatto del male a nostra figlia, eh?!- esclamò il castano arrabbiato, per poi girarsi verso Sora con un'espressione di dispiacere dipinta sul volto -non ti sei fatta male, vero?- le chiese sentendosi in colpa -no, non ti preoccupare... so che non eri tu che volevi farmi del male- gli rispose la ragazza.
Leon chiuse gli occhi e ripensò a quanto era appena successo: lui non ricordava nulla di quello che era accaduto... l'ultima cosa che ricordava era che entrava in casa e poi il buio più totale.
Sospirò e riaprì gli occhi, guardando verso suo figlio minore -Roxas, ti ricordi di quelle persone di cui mi hai parlato la settimana scorsa?- il ragazzo annuì mentre gli altri due occupanti della stanza sbatterono le palpebre in confusione -chiamali-
-ma non avevi detto che non avevamo bisogno di loro?- chiese il biondino con un sorriso sornione mentre Cloud aiutò Leon a rialzarsi -le cose sono cambiate...- disse con un tono serio -finché non ci costerà soldi non m'importa quello che fanno- e si diresse verso la cucina, insieme al marito, per prendere un po' di ghiaccio per la sua testa e per i lividi del biondo.
-Roxas, di cosa sta parlando?- chiese Sora al fratello, piegando leggermente la testa di lato, confusa: il ragazzo sorrise, rispondendole -ho fatto una piccola ricerca per conto mio ed ho trovato questo piccolo gruppo di investigatori dell'occulto... certo, sono ancora al college ma penso che potrebbero fare al caso nostro-.

 

 

 

 

 

 

 

 

24 Maggio 2013

 

Due vetture scure entrarono nel vialetto della casa degli Strife nel tardo pomeriggio di venerdì.
Un giovane uomo uscì dal lato passeggeri di una delle due auto, saltellando sul posto come se fosse pervaso da un'insolita euforia alla sola vista della dimora.
-Wow! Guarda Zexion, questa casa è fantastica!- esclamò chiamando il guidatore dell'auto che, in quel momento, stava scendendo dal veicolo: l'uomo era di bassa statura, aveva una corporatura sottile, il viso dai lineamenti affilati ed aveva corti capelli color ardesia con un ciuffo che gli copriva la parte sinistra del viso.
Zexion guardò la casa dando, poi, una scollata di spalle -siamo stati in posti migliori... anche se fornisce la descrizione stereotipata- disse volgendo lo sguardo all'altro uomo che lo fissava con un'espressione assente: Zexion alzò gli occhi al cielo e spiegò -è la casa più antica del quartiere, le altre abitazioni devono esserle state costruite attorno... usa gli occhi, Demyx-
-per non dire che urla: sono infestata! Giusto?- chiese una terza voce, proveniente da un altro uomo che era appena sceso dalla seconda vettura.
Zexion e Demyx si voltarono -non ci hai ancora detto cosa sta succedendo in questa casa- disse primo alzando un sopracciglio sottile -questo, perché non lo so... ci siamo mandati
diverse e-mail ma non mi ha mai detto molto- rispose l'uomo, buttando la sigaretta che stava fumando a terra e spegnendola col tacco dello stivale -comunque, lo scopriremo tra poco- disse iniziando ad avvicinarsi alla casa.
-Sembra felice, oggi- disse Demyx sorridendo, mentre andava incontro ad una ragazza che era appena scesa dal lato passeggeri della seconda auto -vieni Namine, siamo arrivati!- esclamò prendendo per mano la biondina per accompagnarla fino alla casa.
-Demyx, sai che io non entro fino a quando tutti i residenti sono fuori, è l'unico modo per avere una lettura pulita e, per quanto riguarda Axel...- disse puntando all'uomo con i capelli rosso fiamma che stava per suonare il campanello -credo che sia solo felice di avere tra le mani un possibile caso vero-.

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!
Rieccomi di ritorno! Scusate se ci sono volute tre settimane per questo nuovo capitolo ma sono tornata più tardi del previsto, spero mi perdoniate ^^’
Intanto, scopriamo come la nostra cara famigliola viene perseguitata dal fantasma che, come detto da Sora, fa solo piccole cose almeno fino a quando non prende possesso di Leon per far del male alla nostra cara castana che, fortunatamente per lei, può contare su un fratello molto protettivo (Vai Roxas! Sei tutti noi! Difendi la tua sorellona dai cattivi! XD).
Alla fine, finalmente, i due adulti ammettono che in casa loro non è tutto normale (come se lo fosse mai stato) e chiedono aiuto a dei giovani “gostbuster” e qui entrano in scena personaggi che ben conoscete, compreso una testa rossa amante del fuoco che tutti noi (o almeno io) adoriamo: Axel.
Cosa scopriranno i giovani investigatori dell’occulto nella casa della nostra famigliola?
Cosa succederà?
Lo scoprirete solo continuando a seguire questa storia! ^^
Ora vi lascio e vi avviso che, siccome ho finito tutti i capitoli già pronti, il prossimo lo devo finire di scrivere e dovrei riuscire a pubblicarlo tra un paio di settimane, se ritardo ancora spero che non vi arrabbiate ma non ho sempre tempo per scrivere (anche se mi piacerebbe).
Vi auguro buone vacanze!
Saluti e baci da black dalia

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Capitolo 8
*** Cap.7) Un'immagine vale più di mille parole ***


PARANORMAL LOVE

 

Cap.7)Un’immagine vale più di mille parole

 

 

24 Maggio 2013

 

Axel batté le nocche contro la porta d’ingresso ed incrociò le braccia mentre udì qualcuno scendere giù da delle scale, all’interno della casa, e correre verso la porta prima che essa si spalancasse rivelando un ragazzo sui 14 anni dai capelli biondi spettinati e gli occhi azzurri.

 

-Pov Roxas


Appena ho udito qualcuno bussare alla porta sono sceso di corsa dalla mia stanza, al piano di sopra, per andare ad aprire; dev’essere quel gruppo di investigatori.
Finalmente, qualcuno che può spiegarci che diamine sta succedendo in questa casa!
Arrivo alla porta e la spalanco solo per trovare, di fronte a me, un ragazzo piuttosto alto ed allampanato, di bell’aspetto, con i capelli di un color rosso vivo, vestito come un punk e con due occhi verdissimi.
Aggrotto la fronte, accigliato; evidentemente mi sono sbagliato.
-Mi scusi, pensavo fosse qualcun altro- gli dico e sto per chiudergli la porta in faccia ma lui la ferma con un piede -aspetta un attimo! Sto cercando qualcuno che dovrebbe abitare qui… un tipo di nome Roxas, lo conosci?- mi chiede con un sorrisetto ed aggrotto di più la fronte; non è possibile che sia davvero il tipo con cui ho scambiato le e-mail.
-Questa è l’ultima volta che do il nostro indirizzo a qualcuno che neanche conosco- dico con una smorfia, riaprendo la porta, e lui mi guarda sorpreso -aspetta! Tu sei Roxas?!- alzo il sopracciglio alla sua incredulità -sì, qualcosa in contrario?- gli chiedo sfoderando il mio sguardo più duro ed incrociando le braccia; ma per chi mi prende questo tizio? Per un bambino?
Lo guardo mentre sospira e scuote la testa prima di dire -guarda ragazzino che non abbiamo tempo da perdere con i tuoi amici immaginari- a quelle parole lo fulmino con lo sguardo ma lui sembra non notarlo continuando imperterrito -i tuoi genitori sanno che ci hai fatto venire qui?-
-certo che lo sanno e sono d’accordo e quello che ti ho scritto nelle e-mail è vero!- gli dico fissandolo fumante perché ha il coraggio di pensare che sia tutto frutto della mia immaginazione; che diamine, non sono mica Sora!
-Ora, hai intenzione di rimanere li fuori con i tuoi amici…- gli dico lanciando un’occhiata dietro di lui dove vedo tre persone, una delle quali è un ragazzo biondo con una strana acconciatura che mi saluta allegramente, vicine a due auto -oppure vieni dentro e controlli?-
-beh, visto che siamo qui- dice, guardandomi accigliato, poi mi porge la mano -il mio nome è Axel Rife- gliela stringo il più velocemente possibile -piacere- poi guardo ancora dietro di lui, verso i suoi amici -hanno intenzione di entrare anche loro o farai tutto da solo?- gli chiedo incuriosito ma appena lo vedo sorridere assottiglio lo sguardo, diffidente.
-Oh, entreranno anche loro stanno solo aspettando che tu e chiunque altro è in casa, esca fuori- dice ed io sgrano gli occhi -cosa?! Perché?!-
-sai, più di una volta abbiamo avuto gente che provava ad incasinare le nostre letture solo per farci credere che c’era qualcosa quando in realtà non c’era nulla così abbiamo deciso che, quando andiamo ad ispezionare una casa, la gente deve uscire così possiamo ottenere una lettura pulita- dice sorridendomi di nuovo -quindi, ti consiglio di prenderti qualcosa con cui passare il tempo perché rimarrai fuori di casa fino a che non avremmo finito-.

 

 

 

 

Leon sospirò, spegnendo il motore della macchina che aveva appena parcheggiato nel vialetto di casa.
Scese dall’auto ed aggrottò la fronte quando notò che c’erano altre due vetture parcheggiate vicino alla sua abitazione: si avvicinò alla casa con cautela e rimase sorpreso nel vedere, sdraiati sull’erba del prato, i suoi due figli.
-Roxas, cosa sta succedendo? Perché siete fuori di casa?- chiese l’uomo, il biondino alzò lo sguardo su di lui e si tirò a sedere -sono arrivati quei ragazzi di cui ti ho parlato e ci hanno detto di aspettare fuori altrimenti non sarebbero stati in grado di ottenere una buona lettura, qualsiasi cosa significhi- rispose riportando lo sguardo sulla casa -non hanno fatto saltare in aria ancora niente quindi li ho lasciati fare- finì scrollandosi le spalle.
Il moro guardò l’orologio e sospirò -quanto tempo hanno bisogno ancora? Cloud tornerà tra un’ora e devo preparare la cena-.
Sora si tirò a sedere, guardando il padre sorpresa; di solito, Leon non era molto permissivo nel lasciare che degli sconosciuti entrassero in casa.
Era evidente, per la ragazza, che l’episodio della possessione l’aveva parecchio scosso.
-Non ci hanno dato un orario ma penso che abbiano quasi finito, sono dentro da una paio d’ore ormai- rispose Roxas alla domanda precedente.
A quel punto, Sora si alzò, pulendosi i pantaloni dall’erba, prima di avviarsi verso l’entrata dicendo -io vado a chiedergli quanto tempo ci vorrà ancora, sono stanca di stare qui ad aspettare- subito dopo anche Roxas balzò in piedi -vengo con te, voglio vedere cosa stanno facendo!-
-perché non entriamo tutti quanti?- domando Leon mettendo una mano sulla spalla del ragazzo e conducendolo verso la porta.
-Sembra che non ci sia nulla di anormale in questa casa- questa fu la frase, detta dal ragazzo dai capelli color ardesia che stava analizzando qualcosa su di un computer portatile, che salutò l’entrata dei tre nell’abitazione.
-Come non c’è niente?!- esclamò Sora, sorpresa dalla dichiarazione: Axel si girò verso di lei e sgranò gli occhi quando li vide -che diavolo?! Vi ho chiesto di aspettare fuori, non di farvi arrestare!- esclamò il rosso.
Sora sbatté un paio di volte le palpebre e spostò lo sguardo verso Leon, che era dietro di lei ancora vestito nella sua uniforme e guardando cupamente divertito, mentre Roxas alzò gli occhi al cielo.
La ragazza sorrise e scosse la testa -no, lui è Leon, nostro padre- disse, chiarendo il malinteso.
-Così non avete trovato niente?- chiese il biondino avvicinandosi al computer per vedere quello che stavano facendo -no- affermò Zexion scuotendo leggermente il capo per dare enfasi alle sue parole -la lettura dei campi elettromagnetici ha dato esito negativo così come quella agli infrarossi ed anche Namine non ha avvertito nulla-
-Namine?- chiese Sora, piegando leggermente la testa di lato, adocchiando l’unica ragazza del gruppo di investigatori -sono una sensitiva- spiegò lei, sorridendo leggermente alla castana -di solito, quando sono in presenza di uno spirito riesco a percepirlo e, delle volte, ho come una specie di visione di esso ma qui non ho avvertito proprio nulla, mi dispiace-
-ma… non è possibile! In questa casa ci sono due fantasmi, non potete non aver trovato nulla!- esclamò Sora scioccata, Demix sorrise timidamente -forse sono solo nascosti, succede a volte… giusto, Zexy?- disse cercando di essere ottimista -le probabilità che i fantasmi siano abbastanza senzienti per questo è molto ridotta… la casa è normale, per gli standard scientifici, e Namine non ha avvertito nulla, conclusione: non ci sono fantasmi in questa abitazione- rispose il ragazzo con un tono che, a Sora, ricordava quello di un professore.
-E se avessimo delle prove che dimostrano il contrario?- chiese Leon entrando nella discussione -questo cambierebbe le cose- rispose Axel incrociando le braccia come il castano annuì prima di chiedere a sua figlia -Sora, le foto delle scritte che ti ho dato, dove le hai messe?- alla menzione di quello la castana sgranò gli occhi -oh! Le ho messe nel taccuino dove ho anche scritto tutto quello che Xemnas ha fatto in queste settimane!- esclamò -è in camera mia, vado subito a prenderlo!- e corse verso le scale, salendo.
Una volta arrivata alla camera vi entrò, dirigendosi verso la scrivania su cui era poggiato il taccuino, fino a quando non sentì un soffio gelido ed una voce che la fece fermare -che cosa stanno facendo quegli stranieri in casa?- Sora si voltò verso la fonte della voce e vi trovò Riku, che aleggiava in un angolo della stanza e la guardava con un profondo cipiglio.
-Sono venuti a dimostrare che tu esisti ma hanno detto che non hanno rilevato nulla, il che è strano visto che sei qui di fronte a me; non sono entrati nella mia stanza?- gli chiese piegando leggermente la testa di lato, confusa.
A quelle parole, l’argenteo distolse lo sguardo un po’ imbarazzato -sì, ma non mi piaceva che fossero qui senza di te così mi sono nascosto proprio come sta facendo Xemnas-
-Xemnas si sta nascondendo?- gli chiese la castana, sorpresa -sì, non senti come l’aria è più leggera senza che lui l’appesantisca con la sua oppressione?- allo sguardo vuoto di Sora, il ragazzo scosse la testa sorridendo -sei incredibile…- disse -grazie!- rispose lei con un sorriso sbarazzino che scatenò una lieve risata da parte del fantasma poi, senza perdere altro tempo, la castana afferrò il taccuino e fece per uscire dalla stanza ma si fermò sull’uscio -ehm, Riku? Posso chiederti un favore?- alla domanda, detta con un tono un insicuro che suscitò un po’ d’ansia nell’argenteo, lui annuì -certo, dimmi pure-
-potresti venire giù con me?- a quella richiesta Riku aggrottò la fronte, sentendosi insicuro, ma Sora lo incoraggiò -ti prego! Voglio che sappiano di te e Xemnas! Potrebbero avere delle idee per aiutarti, Roxas mi ha detto che hanno molta esperienza quindi dovrebbero sapere cosa fare- poi, vedendolo ancora titubante aggiunse -puoi tornare di sopra quando vuoi-.
Riku abbassò lo sguardo a terra, soppesando la richiesta per un lungo momento, fino a quando non si lasciò sfuggire un sospiro, che riecheggiò nella stanza, prima di alzare la testa ed annuire leggermente -va bene, verrò giù con te-
-sì! Grazie Riku, sei il migliore!- esclamò Sora allegramente, andandogli incontro per abbracciarlo per poi fermarsi ad un paio di passi da lui, ricordandosi che non poteva stringerlo: sentì il viso scaldarsi per l’imbarazzo di aver dimenticato, per l’ennesima volta, che il suo amico non aveva un corpo, così si voltò per nascondere il rossore dallo sguardo dell’argenteo, tenendo il taccuino stretto tra le mani, e si diresse verso la porta -è meglio scendere, non vorrei che Leon pensasse che mi sia successo qualcosa- ed uscì con Riku che la seguiva, aleggiando ad un paio di passi da lei.
Scesero le scale e si diressero verso il salotto, dove si era riunito il gruppo, ma poco prima di varcare la soglia Sora si rese conto che l’argenteo non era più dietro di lei: lo vide aleggiare vicino all’entrata ed il suo viso mostrava una profonda preoccupazione.
-Cosa c’è che non va?- gli chiese la castana, inclinando leggermente la testa di lato, confusa -sai… sai cosa faranno appena mi rileveranno?- chiese Riku guardandola con apprensione -no, non lo so… perché? Sei preoccupato?- il silenzio che seguì la domanda portò un sorriso morbido sulle labbra della ragazza; sì, il fantasma era preoccupato.
-Andrà tutto bene, non gli permetterò di farti del male! Sei un mio amico, non un cattivo fantasma, giusto?- disse Sora con un tono serio per far capire a Riku che, davvero, non avrebbe dovuto avere paura di loro fino a quando fosse stato con lei ed era felice di vedere un piccolo sorriso sul suo volto.
Così, con l’argenteo al seguito, entrò in salotto: immediatamente, Namine alzò il capo fissando dritto verso di lei e, Sora, sussultò leggermente quando si rese conto che stava fissando esattamente dove si trovava Riku.
La biondina schiuse leggermente la bocca, coprendola con una mano mentre con l’altra tirava la t-shirt del biondo -Demix, presto! Passami il mio album!- esclamò la ragazza mentre lui la guardò sorpreso per poi scattare verso i loro zaini e, dopo aver cercato un po’, tirare fuori un quadernetto ed una matita che porse alla biondina.
-Hai avvertito qualcosa, sorellina?- gli chiese mentre lei apriva l’album e, trovata una pagina bianca, si mise a disegnare.
-Che cosa sta facendo?- chiese Leon guardando la ragazza che faceva scorrere velocemente la matita sul foglio -come abbiamo detto prima, Namine è una sensitiva: delle volte, appena avverte una presenza, ha una visone dello spirito così lei lo disegna mentre è ancora fresco nella sua mente- gli spiega Axel, incrociando le braccia la petto -è un’abilità molto utile per capire con che genere di spirito abbiamo a che fare-.
Passarono un paio di minuti, in cui l’unico suono che si sentiva nella stanza era il graffiare della matita sulla carta, prima che Namine finì il disegno, posando la matita sul tavolo del soggiorno e lasciando fuori un lieve sospiro.
-Mi dispiace che ci sia voluto così tanto ma l’immagine è molto intensa- disse la biondina mentre il gruppo la circondò per poter vedere lo schizzo: Sora trattenne il respiro mentre guardava il disegno di Riku, preciso dalla forma della mascella fino alla lunghezza dei capelli.
Lo sfondo era scuro ed il corpo del ragazzo era avvolto da viticci neri, che alla castana ricordarono le ombre che lo avevano tirato nel muro un mese prima, aveva una benda sugli occhi ed il volto era vuoto con solo un piccolo cipiglio dimesso che gli faceva assumere un’espressione desolata.
La ragazza rabbrividì guardando l’immagine e si girò per vedere Riku che aleggiava ad un paio di passi da lei con il corpo in bilico, come se volesse scappare ma cercava di rimanere lì il più a lungo possibile.
Appena fecero contatto visivo, l’espressione del ragazzo mutò da ansiosa ad incuriosita, molto probabilmente per via della faccia preoccupata dell’altra, e fece per aprire la bocca per chiederle qualcosa ma Sora scosse leggermente la testa, mimando con le labbra un “più tardi” e riportò la sua attenzione su Namine.
-Perché lo hai disegnato così?- le chiese e la biondina aggrottò la fronte, guardandola -è quello che ho visto- rispose, stringendo le dita attorno all’album -sembra intrappolato e perso… non so come spiegarlo ma è come se lui non sapesse chi è-
-quello che mi piacerebbe sapere è come mai non lo abbiamo rilevato durante l’ispezione di prima?- si chiese Axel toccandosi il mento -è legato a te, non è vero?- chiese Namine a Sora, facendo puntare tutti gli sguardi su di lei -l’ho percepito quando sei venuta giù… lo puoi vedere, non è vero? Non sembravi sorpresa dal mio disegno- gli chiese la biondina dolcemente -beh…- iniziò la castana lanciando uno sguardo dietro di se solo per scoprire che Riku se n’era andato, deglutì e sorrise nervosamente -lo vedo quando indosso questa- disse prendendo la collana d’argento tra le dita -l’ho trovata in casa e Riku mi ha detto che era sua e quando la indosso posso vederlo e parlargli… ma non so perché funzioni così-
-mmh…- Axel canticchiò pensoso, avvicinandosi a Sora per dare una migliore occhiata alla collana -suppongo che abbia senso… gli spiriti, di solito, si legano agli oggetti che pensavano fossero importanti in vita- poi prese il ciondolo tra due dita -potresti prestarcela per un po’?-
-no!- esclamò Sora, sorprendendo anche se stessa con il suo sfogo, poi prese il ciondolo dalla mano di Axel e si allontanò di un paio di passi -mi dispiace ma Riku è un mio amico e voglio che lui sappia che posso vederlo e sentirlo, io… penso che ci rimarrebbe male se non potessi-
-lo prenderemo solo per qualche minuto poi…-
-ha detto che non vuole toglierselo! Quale parte di no, non capisci?- esclamò Roxas avanzando verso il rosso per mettersi tra lui e la sorella; non sapeva cos’era che lo irritava di Axel, forse quel suo sorrisetto accattivante o l’atteggiamento sfrontato, ma qualunque cosa fosse gli faceva venire voglia di saltare alla gola dell’altro ragazzo.
-Ehi, calmati! Non ho mica intenzione di costringerlo- gli disse Axel voltandosi verso di lui, sorridendogli divertito e facendogli l’occhiolino -lo sai, però, che sei proprio carino quando ti arrabbi-
-spero che tu non ci stia provando con mio figlio- quella voce bloccò Axel che si girò solo per trovare Leon che lo fissava con uno sguardo di fuoco, la mani appoggiate alla cintura in una posa minacciosa.
Il rosso ridacchiò nervosamente, mettendo una mano dietro la testa -eh eh… assolutamente no, signore… lo stavo solo prendendo in giro…- poi notò che lo sguardo dell’uomo non si era affievolito, così si schiarì la gola ed abbassò la testa in segno di scusa -mi dispiace- Leon scosse la testa, sbuffando -va bene… allora, avete deciso di restare?-
-tu che ne dici, Zexion?- chiese Axel al loro tecnico che aggrottò la fronte -non so se abbiamo abbastanza materiale su cui indagare… certo c’è il disegno di Namine…-
-c’è anche questo- lo interruppe Sora, porgendogli il taccuino -ho scritto tutto quello che è accaduto in queste settimane, poi quello che mi ha detto Riku e ci sono le foto della notte in cui Xemnas ha scritto sul muro!-.
Zexion prese il libretto ed iniziò a sfogliarlo, tirando fuori le foto che la ragazza aveva messo dentro per poi esaminarle: Leon aveva fatto un buon lavoro nel scattare le foto; le immagini delle lettere scritte col sangue sembravano proprio vere, come se stesse guardando il muro dal vivo.
-Questa è una buona documentazione- dichiarò il ragazzo assottigliando lo sguardo -Zexy ha fatto un complimento?! Voglio vedere!- esclamò Demix correndo al lato del tecnico per osservare le immagini -wow! Sono davvero raccapriccianti!- esclamò il biondo.
Axel emise un fischio alla vista delle foto -però, devo ammettere che è impressionante- disse per poi rivolgersi a Leon -con il vostro permesso vorremmo rimanere qui per la notte-
-finché non mi create problemi- rispose il castano alzando le spalle -avete qualcosa per dormire?-
-non penso che dormiremo molto stanotte ma abbiamo, comunque, un paio di sacchi a pelo nel bagagliaio delle auto, così non avremmo nessun problema- rispose il rosso ma prima che potessero continuare la discussione il richiamo urgente di Zexion li fece voltare verso di lui -Axel!-
-che cosa?-
-le foto- rispose il tecnico, guardando con occhi socchiusi le immagini sul tavolo.
Tutti gli occupanti nella stanza si avvicinarono al tavolo per vedere che le immagini del nome di Xemnas nei riquadri delle foto era cambiato: ora sembravano schizzi di sangue di una scena del crimine.
-Non riesco a spiegare questo fatto in termini scientifici- disse Zexion guardando verso il rosso che stava sorridendo cupo -bene gente, prendiamo il resto dell’attrezzatura… ho l’impressione che questa notte sarà davvero interessante- disse strofinando le mani, eccitato.

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!
Rieccomi con questo nuovo capitolo! ^^
Mi dispiace che ci sia voluto tanto tempo ma con i miei parenti in visita ed il lavoro che aumentava sempre di più non sono riuscita a trovare il tempo di fare nulla ma, fortunatamente, questa settimana è stata relativamente tranquilla quindi sono riuscita a sfornare questo capitolo! :D
Come avete letto vi ho ufficialmente presentato i nostri investigatori; spero vi sia piaciuta la mia scelta del cast e sappiate che le sorprese su di loro non sono ancora finite ;D
Nel prossimo capitolo ci sarà un po’ di azione ma non vi dico altro perché non voglio fare spoiler ;P
Penso di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo tra un paio di settimane ma se farò tardi spero che non ve la prendiate (io cerco sempre di rispettare le scadenze ma non ho un computer mio e se ho impegni e non posso andare in biblioteca non posso proprio farci nulla).
Ci sentiamo alla prossima e lasciatemi tante recensioni perché mi piace sapere i vostri pareri sulla storia.
Saluti e baci da black dalia

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Capitolo 9
*** Cap.8) Attività paranormali ***


PARANORMAL LOVE

 

Cap.8) Attività paranormali

 

24 Maggio 2013

 

“Ci hanno messo davvero poco a preparare la loro attrezzatura per l’indagine… devono essere abituati” pensò Sora, seduta comodamente sul suo letto, mentre guardava Zexion impostare la videocamera che aveva sistemato nella sua stanza.
I quattro investigatori ne avevano piazzate diverse nei siti con più intensa attività paranormale: la camera di Sora, il corridoio del primo piano, la stanza di Roxas e l’ingresso con la rampa di scale.
Sporgendosi in avanti, come Zexion sistemava l’angolo di ripresa, la castana chiese incuriosita -che cosa riprendete con queste videocamere? Qualcosa d’interessante?-.
-Esse registrano segni visivi di attività paranormale e dipende dalla tua definizione d’interessante- rispose Zexion con il suo solito tono neutro.
Sora aggrottò la fronte alla risposta monotona ma non aggiunse altro; dopotutto, il ragazzo non sembrava un tipo molto loquace.
Sospirando, scansionò la sua stanza in cerca di eventuali tracce di Riku: era preoccupata perché non aveva più visto il fantasma da quando gli aveva chiesto di scendere.
Sapeva che erano passate solo un paio d’ore ma temeva che Xemnas potesse avergli, di nuovo, fatto del male oppure che fosse arrabbiato con lei perché aveva fatto entrare degli estranei in casa; in ogni caso, voleva intensamente vederlo per sapere che stava bene e che non gli era accaduto nulla.
Finito di sistemare la videocamera, Zexion si voltò verso Sora e, notando l’espressione avvilita e pensando di esserne la causa, sospirò impercettibilmente prima di chiamarla -qui è tutto pronto, possiamo raggiungere gli altri al piano di sotto-.
La ragazza sbatté le palpebre, ridestandosi dai suoi pensieri: si alzò dal letto e lo seguì fuori dalla stanza non prima di aver lanciato un’ultima occhiata attorno a se.
“Spero che tu stia bene, Riku” pensò, prima di chiudere la porta.
Al piano di sotto, il gruppo era ammassato attorno al tavolo della sala da pranzo su cui erano sistemate le scatole della pizza che Leon aveva ordinato poco dopo l’arrivo a casa di Cloud.
Afferrando un piatto e mettendoci un paio di fette sopra, Sora si diresse verso il divano dov’era seduto Roxas, siccome tutte le sedie erano occupate, e si sistemò alla sua sinistra.
Il fratello la guardò e le diede una leggera gomitata, sorridendo leggermente come lei fece una smorfia.
-Questo è un po’ strano, eh?- le chiese -sì…-.
Roxas si accigliò alla risposta ma il suo cipiglio si trasformò presto in fastidio come Axel si sedette alla sua destra e, a causa del suo peso, il cuscino affondò facendolo scivolare verso di lui.
Il biondino ringhiò, allontanandosi, mettendosi quasi in braccio alla sorella, facendo alzare gli occhi al rosso.
-Andiamo, non mordo mica- gli disse con un sorrisetto -qualunque cosa, pedofilo, non voglio correre rischi- gli rispose Roxas velenoso -ouch! Non era un colpo un po’ duro?- disse Axel drammaticamente, tenendosi la mano sul cuore per simulare una ferita -no!- ribatté il ragazzo girando la testa dall’altra parte e guardando Sora.
-Che hai da ridere?- gli chiese con un tono stizzito come lei scosse la testa, prendendo un morso alla sua fetta di pizza.
Il gruppo finì la cena in silenzio, ognuno con i propri pensieri per la testa, fino a quando Axel, dopo aver buttato il tovagliolo che aveva usato per pulirsi la bocca, non parlò.
-Allora, Zexion, tutte le videocamere sono sistemate?- il ragazzo annuì in risposta, girando il computer, che aveva sistemato sul tavolo, per permettere a tutti di vedere le immagini che gli venivano trasmesse.
-Funzionano tutte bene-.
-Ottimo, ora che le videocamere sono impostate, penso che potremmo cercare di contattare uno di questi spiriti… sono, ovviamente, più senzienti di quello che pensavamo quindi potrebbero accettare di parlare con noi- disse Axel incrociando le braccia al petto.
-Tu non vorrai mica cercare di parlare con…- Sora deglutì, rabbrividendo come disse il suo nome -Xemnas, vero? Perché sarebbe davvero una cattiva idea-.
-In realtà non pensavo di parlare con Xemnas… vedi quando facciamo una seduta spiritica è utile avere un oggetto che era appartenuto allo spirito perché ci permette di richiamarlo più velocemente e, di solito, è più disposto a parlare... per questo pensavo di utilizzare la tua collana- disse il rosso, indicando il ciondolo con l’indice e, prima che la ragazza potesse protestare, Namine prese la parola.
-Sappiamo già che ti permette di avere una certa connessione con Riku per questo sarebbe l’oggetto migliore da usare e non ci vorrà molto, la riavrai appena la seduta sarà finita-.
Sora soppesò la richiesta: non era irragionevole, sarebbe stato solo per pochi minuti e poi poteva aiutare con l’indagine... ma non le piaceva togliersi la collana perché significava che non avrebbe potuto vedere Riku se fosse tornato di sotto, anche se la riteneva una cosa molto improbabile.
Alla fine, la castana prese la sua decisione -ok… se può aiutare- disse con un debole sorriso. -Evviva! Sarà fantastico! E’ da un po’ di tempo che non facciamo una seduta spiritica! Forza, Zexy, aiutami a preparare il tavolo!- esclamò Demix afferrando l’altro ragazzo per il braccio e trascinandolo lontano dal suo prezioso portatile, con suo grande disappunto.
-E’ sempre così entusiasta?- chiese Roxas, guardando i due allontanarsi con un sopracciglio alzato -sì, Demix è sempre stato appassionato del soprannaturale ma, d’altronde, venendo da una famiglia di sensitivi non poteva essere altrimenti- rispose Namine, sorridendo dolcemente.
-Anche lui è un sensitivo?- chiese Sora incuriosita e la ragazza annuì.
-Noi siamo fratelli ed abbiamo ereditato entrambi il “dono” da nostra madre ma, a differenza mia, il suo potere è più debole quindi non può vedere gli spiriti come faccio io ma solo avvertirne la presenza- le spiegò, lasciando la castana stupefatta.
-Allora, cosa succede durante questa seduta spiritica?- chiese Cloud, incuriosito ma anche prudente; voleva essere sicuro che nessuno della sua famiglia si sarebbe fatto alcun male durante lo svolgimento di questo “richiamo per gli spiriti”.
-Un gruppo di persone si siede attorno ad un tavolo tenendosi per mano, l’oggetto esca verrà deposto al centro, poi Namide pronuncerà una sorta d’incantesimo che dovrebbe richiamare lo spirito e, appena avvertiremo la sua presenza, inizieremo a fargli delle domande... ci sarà un registratore EVP sul tavolo quindi, anche se non sentiremo niente, potremmo riascoltare quello che è inciso sul nastro per vedere se siamo riusciti a metterci in contatto con lui ed a ricevere delle risposte- spiegò Axel sommariamente.
-Queste cose non vengono fatte più tardi, come ha mezzanotte o robe simili?- chiese Sora -sì ma… che ora sono? Le 22.30… è abbastanza buio e poi per il tipo di seduta che facciamo non è importante l’orario- rispose il rosso dopo aver guardato l’orologio.
Mezz’ora dopo, Axel, Namine, Demix, Sora e Roxas erano seduti attorno al tavolo che era stato preparato in precedenza mentre Zexion, Leon e Cloud stavano in disparte.
La stanza era nel buio totale e le uniche fonti di luce erano le cinque candele sul tavolo, sistemate a cerchio intorno alla collana che avrebbe adempito al compito di richiamare lo spirito, e lo schermo del computer, da cui arrivavano le immagini delle videocamere, che Zexion guardava attentamente: era già successo che, durante una di queste sedute, in altre parti della casa si rilevassero reazioni dovute al richiamo dello spirito e voleva essere sicuro di non perdere nessun movimento.
Sora osservò la collana posizionata al centro del tavolo: si sentiva un tantino nervosa perché non sapeva se aveva davvero fatto la cosa giusta togliendosela.
E se poi Riku veniva davvero e lei non poteva rispondergli?
Si morse il labbro inferiore a disagio; sperava che non ci sarebbe rimasto male.
In quel momento, avvertì una stretta alla mano sinistra e si voltò per vedere Roxas sorridergli fiducioso: la ragazza sorrise in ricambio; era contenta di avere un fratellino che si preoccupasse così tanto per il suo benessere da offrirsi volontario per questa seduta, anche se questo significava sedersi accanto a qualcuno che lo infastidiva.
Sora ridacchiò internamente, ricordando la faccia che aveva fatto il fratello quando Namine aveva chiesto a tutti loro di tenere la mano del proprio vicino di posto: sembrava volesse saltare alla gola di Axel mentre il rosso gli prendeva la mano dandogli uno dei suoi sorrisi canzonatori.
I suoi pensieri vennero interrotti quando la giovane sensitiva iniziò a parlare in versi: pochi secondi dopo, la stanza divenne più fredda e la castana rabbrividì, avvertendo una presenza familiare dietro di se: si rilassò, lasciando scivolare dal corpo tutta la tensione che aveva accumulato fino ad allora, quando capì che Riku era arrivato.
Stava per farlo presente agli altri ma Namine la batté sul tempo, interrompendo i suoi versi.
-Riku, sei in questa stanza, vero?- il silenzio incontrò la sua domanda anche se Sora era sicura che il fantasma avesse risposto.
-Ci puoi dare un segno della tua presenza? Potresti spegnere una candela o scuotere il tavolo?- gli chiese ancora la biondina, sempre con un tono colloquiale, e la stanza sembrò diventare ancora più fredda, facendo rabbrividire tutti i presenti.
-Quanta energia ha intenzione di usare?- chiese Demix con un tono calmo e Sora lo guardò incuriosita, non sapendo cosa intendesse dire, prima che un rumore riportò la sua attenzione al centro del tavolo dove la collana si stava lentamente trascinando verso di lei.
Sentì Roxas stringergli la mano ma la ragazza non fece nessun movimento.
-Mi dispiace Riku ma la collana ci serve in questo momento, Sora non può riaverla adesso- disse Namine con un tono tranquillo: l’oggetto smise di muoversi e, qualche secondo dopo, la temperatura nella stanza tornò normale.
-Ha lasciato davvero in fretta- disse la biondina con un piccolo cipiglio mentre Demix, rompendo il cerchio di mani, prese il registratore, spegnendolo, e portandolo verso il loro tecnico.
-Forse abbiamo registrato qualcosa! Sbrigati, Zexy, caricalo sul computer!- esclamò il sensitivo, eccitato alla prospettiva di ascoltare la voce di un fantasma.
Cloud accese le luci, accecando momentaneamente tutti, mentre Axel si alzò dalla sedia.
-Devo ammettere che sono un po’ deluso… speravo in un’apparizione o qualcosa del genere, invece tutto quello che abbiamo avuto è stato solo un po’ di movimento- disse il rosso, lanciando un’occhiata a Zexion che stava caricando sul computer il file audio.
-Allora, c’è qualcosa sul nastro?-
-un attimo di pazienza- rispose il tecnico con indifferenza.
Intanto, Sora si alzò dalla sedia e prese la collana dal tavolo.
-E’ calda!- esclamò sorpresa -non c’è da meravigliarsi- gli rispose Axel -a volte gli oggetti che i fantasmi toccano diventano caldi a causa dell’energia che usano per muoverli… puoi rimetterla su, se vuoi-.
La ragazza annuì, indossando la collana prima di tornare dagli altri che stavano ammassati attorno a Zexion.
Passò un minuto, in assoluto silenzio, prima che il tecnico parlò.
-Va bene, è pronto-
-che cosa stai aspettando? Un invito scritto? Fallo partire!- disse Axel con un pizzico d’impazienza, facendo roteare gli occhi all’altro ragazzo che premette comunque il tasto PLAY permettendo così, a tutti, di ascoltare la registrazione.
All’inizio, si udirono solo rumori di sottofondo prima che una voce, che sembrava un eco lontano, si levasse dalle casse.
-Cosa state facendo? Smettetela! Vi sta ascoltando!-.
Sora trattenne il respiro quando riconobbe la voce del suo amico fantasma.
-Riku, sei in questa stanza, vero?- la voce di Namine si levò chiara e concisa: ci fu un sospiro sommesso.
-Sì, sono qui… e siete fortunati che sia solo io! Sora, cosa sta succedendo?-.
La castana sentì il cuore stringergli a quella domanda, mordendosi il labbro ed ignorando gli sguardi di tutti che si erano concentrati su di lei.
Riku le aveva fatto una domanda e non aveva potuto rispondergli: sperava che il ragazzo non se la fosse presa a male per questo.
-Ci puoi dare un segno della tua presenza? Potresti spegnere una candela o scuotere il tavolo?-
-quella collana è di Sora…- subito dopo si udì il raschiare del ciondolo che veniva spostato sul tavolo.
-Mi dispiace Riku ma la collana ci serve in questo momento, Sora non può riaverla adesso-.
Ci fu un suono soffocato, forse un’imprecazione, e subito dopo un’altra voce si palesò, oscura e minacciosa, facendo venire, a tutti, i brividi.
-Che cosa gli hai detto?-.
“Xemnas!” pensò Sora, trattenendo il respiro e stringendo le mani unite.
-Niente!- fu la risposta, veloce e spaventata, di Riku.
-Sta attento, ragazzo, ricordati che so come farti del male- la parole di Xemnas aumentarono la paura di Sora per il benessere del suo amico.
“Speriamo che sia riuscito a scappare” pensò la ragazza mentre la registrazione andava avanti.
-Ha lasciato davvero in fretta- queste ultime parole, dette da Namine, misero fine all’ascolto.
La castana rilasciò un respiro, che non sapeva di aver trattenuto, quando Zexion spense la registrazione.
-Devo ammettere che questa è una delle migliori prove audio che abbiamo mai avuto in un’indagine- disse Axel incrociando le braccia -questo dimostra due cose: la prima è che questi ragazzi esistono e la seconda è che sono senzienti e reattivi all’ambiente che li circonda-.
-E’ strano, però… parlavano quasi colloquiale, come se fosse ancora vivi… i fantasmi, normalmente, non interagiscono in questo modo- disse Demix aggrottando le sopracciglia mentre Namine annuì con uno sguardo pensoso -anche se, forse, dipende dal fatto che hanno un sacco di energia in questo momento…-
-C’è qualcosa che non va- le parole di Zexion bloccarono il discorso del biondo: tutti si girarono verso il tecnico che stava osservando lo schermo del computer con un cipiglio sul volto.
-Cos’è successo?- chiese Axel avvicinandosi a lui -la videocamera in camera di Roxas si è spostata- rispose il blu, trasferendosi leggermente di lato per mostrare al rosso che lo schermo, invece d’inquadrare il letto del ragazzo, stava inquadrando la porta.
-Vado a sistemarla- disse Axel incamminandosi verso le scale, subito seguito dal biondino.
-Vengo con te! Non ho intenzione di lasciarti entrare in camera mia da solo! Chissà dove potresti mettere le mani!- esclamò il ragazzo guardandolo male -se proprio insisti- lo punzecchiò il rosso mentre saliva le scale, sorridendogli maliziosamente e facendogli l’occhiolino, ricevendo come risposta un ringhio arrabbiato dall’adolescente.
Leon, che aveva osservato l’interazione tra i due, scosse la testa -dovrei, davvero, arrestarlo…-
-Chi? Axel?- chiese Demix, prima di ridacchiare -non si preoccupi, lui non fa sul serio… gli piace far saltare i nervi alle persone e penso solo che Roxas sia un bersaglio facile, per lui... oh, guarda, sono arrivati!-
Sullo schermo del computer si vedeva Axel avvicinarsi alla videocamera, tirando fuori il cellulare: Zexion lo anticipò, tirando fuori il proprio ed aprendolo al primo squillo.
-Basta rivolgerla verso il letto- disse mentre vedeva il ragazzo fare un cenno alla videocamera prima di riportarla alla posizione originale.
-Va bene, ora potete tornare giù- disse il tecnico ed il rosso annuì di nuovo nel video prima di girarsi per uscire dalla stanza ma, proprio in quel momento, la videocamera iniziò a muoversi, seguendo la schiena di Axel, fino a soffermarsi sulla porta dove si trovava Roxas che disse qualcosa al rosso, indicandola.
Il ragazzo si girò verso l’apparecchio, con una smorfia infastidita, ma mentre si stava avvicinando il video iniziò a tremolare per poi oscurarsi.
-Axel, hai spento la videocamera- chiese Zexion con un tono calmo ma assottigliando lo sguardo e quando ricevette una risposta negativa si girò a guardare Demix e Namine che avevano, entrambi, un’espressione preoccupata.
-Dovrebbero tornare di sotto… ho una brutta sensazione- disse il biondo e, a quelle parole, Cloud si alzò dalla sedia, con un cipiglio infastidito.
-Questo è ridicolo! Adesso…-
-AHHHHH!- due grida si levarono dal piano superiore, interrompendo il discorso dell’uomo che partì in una corsa, seguito a ruota da Leon, per andare dal figlio.
Demix guardò Namine prima di darle un cenno del capo e correre dietro hai due genitori.
Sora si alzò dal suo posto per seguirli ma venne fermata da Zexion che le prese il polso.
-Stai qui!-
-Ma, Roxas è in pericolo!- esclamò la ragazza cercando di liberarsi dalla sua presa.
Namine si mise davanti alla castana e la prese per le spalle, parlandole lentamente per calmarla.
-Sora, non ti preoccupare… Axel è in grado di proteggere tuo fratello e Demix è salito per aiutare: lui sa cosa fare- ma le parole dell’altra ragazza non ebbero l’effetto sperato.
-Sora, siediti!- il comando imperioso di Zexion bloccò ogni movimento della castana, facendola tornare al suo posto.
-Ascolta…- iniziò il tecnico dopo essersi assicurato che si fosse calmata -sei entrata in contatto con gli spiriti più di chiunque altro in questa casa… la cosa peggiore che potremmo fare è lasciarti andare dove uno di loro agisce con violenza-.
A quelle parole, Sora abbassò lo sguardo, ripensando a quando Xemnas aveva posseduto Leon: le era sembrato che il fantasma ce l’avesse con lei a causa della sua amicizia con Riku ma… questo non significava che fosse il primo obbiettivo… giusto?
-La videocamera è tornata in linea- disse Zexion, ridestando la ragazza dai suoi pensieri: i tre guardarono le immagini molto sorpresi e preoccupati.
La stanza, di solito immacolata, di Roxas era nel caos: i vestiti erano sparsi ovunque, dal pavimento a sopra i mobili, i libri erano rovesciati a terra, le lenzuola strappate del letto e c’erano segni di artigli dappertutto.
Vedevano Axel e Roxas ammassati contro il muro, stretti l’uno all’altro, prima che Leon e Cloud entrassero nell’inquadratura, prendendo il ragazzo e abbracciandolo mentre il rosso si raddrizzava.
Demix era vicino all’armadio, appoggiato alla parete, visibilmente senza fiato ma dette un pollice alto alla videocamera per indicare che tutti loro stavano bene.
Namine guardò, senza fiato, le immagini, alzando poi la testa come se volesse guardare direttamente nel piano di sopra.
-Questo non può essere stato causato da una sola entità- disse con timore ed i suoi sospetti vennero confermati quando suo fratello e gli altri tornarono al piano di sotto.
-Era incredibile! La stanza era piena di queste creature che sembravano fatte di oscurità! Avevano gli occhi gialli e dei lunghi artigli con cui facevano a pezzi i vestiti!- esclamò Demix quasi saltando sul posto.
-Non c’è bisogno di essere così dannatamente eccitato! Quei mostri hanno fatto a brandelli la mia roba!- gridò Roxas arrabbiato, rabbrividendo di freddo mentre Leon lo stringeva in una coperta e Cloud ne passava una ad Axel che era nella stessa condizione del biondino; a quanto pare, quando quelle cose erano arrivate, la stanza era diventata gelida.
-Sei fortunato che sia stata solo la tua roba… quelli stavano puntando alle nostre gole- mormorò il rosso, lanciandogli uno sguardo al quale il biondino rispose con uno sbuffo, stringendosi un po’ di più nella coperta per nascondere il leggero rossore che ora gli stava colorando le guance.
Sora aveva una mezza idea del motivo per il quale il suo fratellino si sentiva, improvvisamente, imbarazzato: da quello che avevano visto, Axel doveva averlo tenuto stretto a se per proteggerlo mentre quelle cose gli stavano distruggendo la camera
A quelle parole, il sorriso di Demix si trasformò in un cipiglio.
-Hai ragione, erano pericolosi… ma non capisco… i fantasmi non dovrebbero essere in grado di controllare le creature demoniache!-
-questo, perché, non sono fantasmi- tutti guardarono Namine che si stava mordicchiando il labbro inferiore in preoccupazione.
-L’aura di Xemnas è troppo potente, quasi come se fosse diventato un demone mentre Riku possiede un’aura completamente diversa… non riesco a capire quello che sono ma una cosa la so… Questa casa non è per niente normale-.

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!
Eccomi ritornata con un nuovo capitolo!
Mi dispiace che ci sia voluto così tanto tempo ma visto che nel precedente capitolo non avevo ricevuto recensioni ho pensato che la storia non fosse abbastanza eccitante e, per questo, non attirasse l’attenzione così ho deciso di rivederla e farla un po’ diversa: spero che le modifiche che ho apportato vi piacciano! ^^
Le cose iniziano a farsi sempre più strane e pericolose: cosa accadrà alla nostra famigliola?
Riusciranno i nostri “acchiappa fantasmi” ad aiutarli con il loro problema?
Beh, continuate a seguire la storia e lo scoprirete ;D
Purtroppo, non so dirvi quando riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo (in questo periodo sono piuttosto indaffarata) ma sappiate che tutti i miei aggiornamenti saranno sempre di sabato, così dovrete controllare il sito solo un giorno a settimana XD
Ci sentiamo presto e lasciatemi tante recensioni così saprò se sto andando nella direzione giusta con la mia storia.
Saluti e baci da black dalia

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