Story of Ice-skating and Ice-cream

di MaryTheFangirl01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Elsa si ritrovò, non sapeva come, a canticchiare una vecchia canzone, nella sua camera. Era davvero strano: lei non canticchiava mai. "Tutta colpa di quel Jack", si disse. E aveva perfettamente ragione. 



- A quest'ora non c'è nessuno, di solito. Come mai sei qui? - Gli chiese con cortesia e un pizzico di sincera curiosità. 
- Avevo bisogno di schiarirmi le idee. E tu? - La guardò fissa. Ora era certa che avesse gli occhi azzurro ghiaccio. Indossava una felpa blu con il cappuccio calato, quindi non capiva di che colore fossero i capelli, ma sembravano molto chiari. 
Riflettendo, non c'era un motivo preciso. Voleva solo prendere un po' d'aria andando in uno dei posti che preferiva in città. 
- Idem. - Rispose infine. 
- Mi chiamo Jack. - Si tolse il cappuccio e le tese una mano. I capelli erano di un biondo chiarissimo, quasi bianco. Perfino più chiaro del suo biondo platino. Quel ragazzo le ispirava fiducia, in qualche modo, ma visto che lui non l'aveva fatto non voleva rivelargli il cognome. Probabilmente avrebbe cominciato a balbettare e a chiedere autografi a destra e a manca, altrimenti. Le era già successo diverse volte. 
- Elsa, piacere. - Strinse la mano che il ragazzo le porgeva. Aveva una bella stretta, ma non fu questo che la colpì. La mano era freddissima, ma era un freddo che sapeva di casa, anche se non capiva come fosse possibile. 
- Che bel nome! - Lui sorrise... E lei si sciolse. Era così luminoso e contagioso, che non poté fare a meno di accennare un sorriso anche lei. Era la prima volta che succedeva da diversi anni a quella parte. 
- Grazie. Anche il tuo. - Lo pensava davvero. Lo trovava proprio adatto a lui, anche se lo conosceva da soli due minuti. 
- Allora, Elsa, ti va se ci prendiamo un gelato? - Non poteva crederci. Aveva trovato l'unica persona oltre lei che avesse voglia di un gelato a dicembre. Questa volta sorrise sul serio, divertita e curiosa. 
- Non farà troppo freddo per te? - Scherzò, tranquilla. 
- Figurati, il freddo non mi ha mai dato nessun fastidio. - La guardò con aria di sfida, come se volesse vedere se aveva il coraggio di comprare un gelato la sera del diciannove dicembre, e di mangiarlo senza finire col cervello ghiacciato. Non sapeva con chi aveva a che fare. 
- Nemmeno a me. Allora, andiamo? - Fu sorpreso, per un attimo, ma poi sorrise di nuovo e così fece lei. 
Si avviarono verso il bar più vicino chiacchierando del più e del meno, e ridacchiando quando videro la faccia del barista alla loro richiesta.  Erano decisamente le uniche due persone sulla faccia della terra in grado di mangiare un gelato a dicembre. 



Poche ore prima, infatti, aveva fatto una passeggiata fino al vecchio parco cittadino, che all'ora del tramonto doveva essere deserto. Tuttavia, fu sorpresa: aveva visto, tutto solo sull'altalena cigolante, un ragazzo dall'aria pensierosa. Sembrava perfino un po' triste. Vinta dalla curiosità, aveva attaccato bottone. E si era ritrovata, in poco tempo, a ridere come non faceva da dieci anni e a mangiare un gelato, quella sera del diciannove dicembre, davanti a un barista che li guardava stranito. Poi Jack, "Che carino che è stato", le aveva proposto di rivedersi uno di quei giorni. Ed Elsa? 
Pff, lei aveva accettato, ovviamente. Anche se non capiva perché. E non ci teneva nemmeno a scoprirlo, se poteva evitarlo. 
A dire il vero, si era divertita molto con quello strano ragazzo. Non c'era più abituata, ma si sentiva in grado di rifarlo, insieme a lui. 
Guardò il suo riflesso nello specchio. Niente di strano, apparentemente: i soliti due occhi azzurro ghiaccio, il naso leggermente all'insù, i capelli biondo platino raccolti in una treccia a spighe, le labbra carnose incurvate in un... Ecco cosa c'era di diverso. Avevano preso una piega strana, che lasciava intravedere i denti bianchi. Non vedeva quella piega da molto tempo, ma decise che le piaceva. Però, non le andava di sorridere senza motivo, perciò pensò che fosse meglio farlo solo se strettamente necessario, almeno per il momento. 
Sentì bussare. A quell'ora poteva essere solo una persona. 
- Permesso, posso entrare? - Come volevasi dimostrare, Anna aprì la porta e, senza aspettare la risposta della sorella, si sedette sul suo letto. L'altra cercò subito di darsi un contegno, ma il movimento delle labbra non sfuggì agli occhi attenti della rossa. 
- Ehm, Elsa, non vorrei allarmarti, ma credo che tu stessi sorridendo! - Le si illuminarono gli occhi e la sua bocca si aprì in un'espressione di felicità pura. Era fatta così: gioiva delle cose belle, specialmente se accadevano alla sua adorata sorella. Ogni tanto la bionda aveva paura che dipendesse troppo da lei, perché quando l'una era triste lo era anche l'altra, così come quando erano felici o arrabbiate. Anna, fin da quando era piccola, aveva sempre saputo tutto di Elsa e viceversa. Ma quella volta, preferì mantenere il segreto. 
- Ti sbagli, stavo solo controllando se avevo qualcosa tra i denti. - La prima scusa che le venne in mente non era proprio il massimo della classe, ma va be'. 
- Certo, e tu hai appena vinto l'Oscar come peggior attrice protagonista. So riconoscere un sorriso quando lo vedo, non credi? - Era vero che Anna era spesso un'inguaribile credulona, infatti era terrorizzata dai fantasmi e dalle storie dell'orrore che le amiche le raccontavano, ma in qualche modo capiva sempre quando sua sorella mentiva. 
- Ok, è vero. Ma non dirlo a nessuno o ti faccio un video mentre pattini e ti rompi il didietro! - Scherzò la bionda, anche se sapevano entrambe che avrebbe potuto farlo davvero. 
- Va bene, va bene. Sarò muta come un pesce. Ora però racconta! - E fu così che si ritrovarono a parlare del pomeriggio di Elsa. La rossa era così sorpresa che pensò di essere finita in una Candid Camera. Elsa, invece, si rese conto di non sapere quasi nulla del ragazzo che le aveva trasformato l'espressione, tranne che il suo nome e i suoi gusti in diversi argomenti. Avevano in effetti discorso di molte cose, dal tempo alla cioccolata, e avevano scoperto di preferire entrambi l'inverno alle altre stagioni, ma nessuno dei due sapeva nulla della famiglia o della professione dell'altro. Quando Anna terminò le sue congetture sulla possibile vita del famoso Jack (tra le quali figuravano il mafioso sotto copertura, il ballerino di tip tap e l'agente segreto), si disse entusiasta della nuova emozione a cui Elsa era andata incontro, ma quella sembrò non capire. 
- Come, non te ne sei accorta? Sei bella cotta, sorella! - Fu guardata come se le fosse spuntato un terzo occhio sul naso. 
- Ma quale cotta e cotta, ho solo trovato un amico! Tu vedi romanzi rosa ovunque, dovresti iniziare a cambiare genere! - 
- Veramente leggo anche i fantasy, per non parlare degli shounen! Ecco, non sono io che vedo cose che non esistono, sei tu che non te ne rendi conto! - Rise, mentre l'altra sorrise appena. Fu qualcosa di leggermente accennato, ma seppero entrambe che era l'inizio di qualcosa di nuovo, una nuova era per la fredda Elsa che dava confidenza solo a sua sorella e alle sue principali rivali nel pattinaggio. 
- Aspetta Anna, ma tu cos'eri venuta a dirmi? - Si ricordò in quel momento che l'altra era entrata per un motivo che era poi passato in secondo piano. 
- Oh, giusto. Mentre eri via ha chiamato Merida, ha detto che la sua allenatrice, Astrid, le ha parlato di una competizione molto importante che si terrà a Chicago dopo la pausa natalizia, mi pare a febbraio. Ha pensato che potesse interessare anche a te e mi ha chiesto se ti andava di partecipare. Io le ho detto che l'avresti chiamata, perché non eri in casa. - Caspita, febbraio era più vicino di quanto sembrasse. Non c'era molto tempo per prepararsi, ma Elsa amava le sfide. E le vinceva sempre.
- Va bene, la richiamo e le dico che accetto. Mi farò dire i dettagli. - Accennò un sorriso: ormai si era abituata.
Dopo un veloce abbraccio Anna uscì, lasciando la bionda di nuovo sola con i suoi pensieri e il suo cellulare, mentre cercava in rubrica il numero della rossa. Lo trovò e premette il tasto verde.
- Pronto? - Sentì rispondere dall'altra parte.
- Mer, sono Elsa. Anna mia ha detto della gara. -
- Oh, bene. Allora, ci stai? L'ho detto anche a Punzie, sai che è una vita che vuole andare a Chicago. -
- Verrò. -
- Fantastico! Allora, c'è qui Astrid, ti faccio spiegare tutto da lei. A dopo! - Le fu passata l'allenatrice, che dopo i saluti cominciò a parlare. Quella gara era una prima selezione per una competizione che avrebbe coinvolto tutti gli Stati Uniti e che si sarebbe tenuta a New York. Avrebbero partecipato tutti i migliori, comprese le oche invidiose del talento del Grande Trio. Era così che Elsa, Merida e Rapunzel si facevano chiamare dai colleghi. Del resto, potevano permetterselo, visto che erano le pattinatrici più talentuose d'America. O, almeno, così si diceva.
Una volta terminata la spiegazione, Merida tornò ad impugnare il telefono.
- Tutto chiaro? Perfetto! Ci vediamo domani all'Università, ciao! - Il Grande Trio non era unito solo sul ghiaccio, ma anche a scuola. Avevano scelto la stessa facoltà, Letteratura Straniera, nello stesso istituto. All'inizio erano seccate per la presenza delle rivali, ma poi si erano avvicinate tantissimo ed erano diventate migliori amiche.
- Ciao Mer! - Riattaccò e si sdraiò sul letto, sospirando. Era stanca: la mattina allenamento pre-gara, pranzo veloce e poi allo stadio del ghiaccio, fino alle cinque. E poi, c'era stato l'incontro con Jack. Era quasi spaventata dalle nuove sensazioni che aveva provato con lui, ma non voleva affrettare le cose. Si erano scambiati i numeri, però decise che non l'avrebbe chiamato prima della sera seguente, o addirittura di quella dopo ancora. Infondo, era ancora uno sconosciuto, sebbene avesse scoperto molte cose in comune con lui. Non si erano dati appuntamento ma avevano promesso di rivedersi, ed Elsa ebbe la sensazione che sarebbe accaduto molto presto.
Persa nei suoi pensieri, si addormentò, per poi risvegliarsi qualche ora dopo, a notte fonda. Che genio, si disse, dormi la sera che poi di notte stai sveglia, pensò con auto disapprovazione.
Sentì un brontolio allo stomaco, perciò si alzò e si diresse in cucina. Si chiese il motivo, ma poi ricordò di non aver cenato e di essersi addormentata vestita. Ancora più geniale, si rimproverò.
Accese la luce e aprì la dispensa. Guardò attentamente, ma non c'era traccia di cioccolato da nessuna parte. Fece per tornare in camera, visto che non c'era nulla che l' ispirasse particolarmente, tuttavia fu colta da un pensiero improvviso. Infondo, non c'era nessuno che poteva vederla, Anna, la mamma e le domestiche erano a letto. Prese la sua decisione: si voltò verso il congelatore e, dopo averlo aperto, tirò fuori una confezione che teneva da parte per le emergenze. Perché quella era un'emergenza, no? Una fame da lupi alle due di notte e niente cioccolata in dispensa. Sì, era decisamente una situazione che richiedeva un intervento drastico come quello. La scatola riluceva di ghiaccio, il suo elemento preferito, ed era molto fredda al tatto. La posò sul tavolo e prese una tazza e un cucchiaio. In quel momento, c'erano solo Elsa e il gelato al cioccolato.  











Note di Mary: Ciao cari lettori e benvenuti in questa nuova avventura! Come alcuni di voi sapranno, questa long è il seguito della mia one-shot, Ice-skating and Ice-cream, ed è in programma da diverso tempo ma non mi ero mai decisa a scriverla. Poi, però, grazie alle meravigliose recensioni di kokka1110, Addy6702 (la mia gemellina <3) e mya95 mi sono finalmente convinta ed ora eccoci qui, io a blaterare e voi, probabilmente, ad annoiarvi perché come primo capitolo non è un granché e non ve ne frega niente di queste note, ma sono contenta lo stesso :-)
Spero che, anche se non è una bellezza, vi sia piaciuto e continuerete a seguire questa storia.
Bacioni
Mary <3

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Quella mattina, Anna si accorse che mancava una vaschetta di gelato dal congelatore, ma non disse nulla. Preferì piuttosto svegliare sua sorella molto prima dell'alba, esattamente alle sei e otto minuti, pur sapendo che i corsi non sarebbero iniziati prima delle otto in punto. Anzi, nel periodo antecedente alle vacanze di Natale, alcuni cominciavano addirittura alle otto e trenta. 
- Ehi, Elsa, svegliati! - Nessuna risposta. Continuò a chiamarla per altri tre minuti, finché non riuscì ad ottenere un debole mugugno che aveva tutta l'aria di essere un "Vattene via". La bionda, prevedibilmente, non fu dell'umore migliore al sentire le parole della rossa. 
- Dai, si è svegliato il cielo, perciò io sono sveglia!*- 
- Sei troppo grande per dire certe cose, e poi non è nemmeno l'alba! Fammi un favore, va' a dormire e non presentarti qui prima delle undici. -
- Che ti succede? Di solito non fai tante storie! - 
- Ho dormito poco stanotte. Senti, ti prometto che alle sette sarò in piedi, ma per ora lasciami riposare ok? - L'altra acconsentì ed uscì dalla camera, consentendo ad Elsa di godersi il poco tempo disponibile per restare a letto. 
Come promesso, alle sette era, anche se barcollante e assonnata, fuori dal letto. Alle otto meno dieci era già in cammino, con Anna, per l'Università. Quando arrivò, trovò Rapunzel e Merida che l'aspettavano, sbadigliando. Salutata Anna, che raggiunse le sue compagne di corso, cominciarono i commenti. 
- Guarda, anche tu le ore piccole Elsa? - Fece Merida. 
- Di certo non sono stata l'unica: vi siete viste allo specchio stamattina? - Fu la sua replica. 
- Purtroppo sì, ma avrei preferito non farlo. Il fatto è che ieri ho comprato un libro nuovo e lo sapete come sono fatta, non ho resistito! Alla fine, sono andata a dormire alle due e mezza - Disse un po' sconsolata Rapunzel. Le altre due la capivano, eccome! 
- Ok, tu sei giustificata, ma tu Mer? Che hai fatto? - Immediatamente, il colorito della rossa s'intensificò, tanto che quasi non si capiva dove finivano i capelli e iniziava il viso. 
- Non dirmelo: sei uscita con un ragazzo! - Fu costretta ad annuire all'affermazione della bionda dai capelli lunghissimi. Così, dopo varie insistenze, dovette raccontare per filo e per segno quanto accaduto la sera prima, mentre si avviavano nell'aula. A quanto pareva, era uscita con un certo Hans. Era molto carino, le piaceva, ma non era proprio il suo tipo. Avevano deciso di non riprovarci. 
La giornata a scuola trascorse tranquilla, senza particolari eventi né incontri degni di nota. Una giornata tipo, insomma. 

Elsa stava ripetendo mentalmente la vita di Dickens mentre tornava a casa da sola quando, inaspettatamente, si ritrovò nei pressi del parco dove il giorno prima aveva incontrato Jack. Era l'una, quindi non c'era nessuno: tutti probabilmente erano a casa o in qualche altro posto a mangiare. Si rese conto di essere affamata, quindi affrettò il passo senza rivolgere uno sguardo di più ai giardinetti con l'altalena. 
Si fermò solo sentendo un suono insistente, come il miagolio di un gattino. Si girò verso la direzione da cui proveniva e quello che vide la sorprese alquanto. 
Un ragazzo dai capelli chiarissimi stava accarezzando un micetto dal pelo nero come la pece. Quando, però, capì l'identità della persona, rimase esterrefatta. 
- Jack? - Il ragazzo si voltò sentendo pronunciare il suo nome. 
- Ehi, Elsa! Come va? - Le sorrise, quel sorriso stupendo che solo lui sapeva fare. Ma lei non ricambiò, perché era solo il giorno prima che aveva ricominciato e non se la sentiva di esagerare. 
- A me bene, ma... Che cosa stai facendo? - 
- Ho trovato questo piccolino affamato poco fa. Sembrava sperduto, così gli ho comprato un cartone di latte e ho pensato di portarlo a casa mia. - La bionda notò solo in quel momento la busta di plastica ai piedi del giovane. 
- Mi sembra che tu gli piaccia. - 
- Vero! Prova ad accarezzarlo anche tu! - Per qualche motivo si aspettava una simile richiesta. Forse perché le sembrava un cliché degno di uno shoujo, ma il musetto del gattino era talmente dolce che non se la sentì di rifiutare. Così si avvicinò e, piano piano, con una certa cautela, avvicinò la mano alla testa dell'animale. Certo, non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi con un dito tra le sue piccole zanne. Con un urletto che più che di dolore era di sorpresa, lo ritirò frettolosamente, mentre Jack rideva di gusto. 
- Non ridere così tu, vorrei vedere te al mio posto! - Si alterò, recuperando poi il suo solito contegno. 
- Scusa, solo che è stato divertente! E poi voleva solo giocare, non c'è bisogno di arrabbiarsi. - 
- Beh, fallo giocare con le tue dita. Io mi tengo a distanza di sicurezza. - Detto ciò, si allontanò di un passo, facendo ridere di nuovo il ragazzo. Stavolta, non poté trattenersi dall'accennare un debole sorriso, un lieve movimento delle labbra, che non sfuggì agli occhi dell'attento osservatore accanto a lei. 
- Perché non vuoi sorridere? - Tutto si aspettava, meno che quella domanda. Non era preparata a dare una risposta, così stette in silenzio. 
- Non vuoi dirmelo, eh? Vorrà dire che aspetterò finché non deciderai che sono degno di conoscere un tuo segreto. - Non voleva che pensasse che fosse colpa sua, ma non riuscì a ribattere. Tutto quello che disse fu un leggero "Grazie", seguito poi da un "Devo andare, è tardi".  
Si salutarono, Jack con un sorriso sghembo, Elsa con uno sguardo dispiaciuto. Il micio intanto, continuava a miagolare in direzione del ragazzo. 
In quel momento, però, lei fu colta da un pensiero improvviso. 
- Jack, aspetta! Come lo hai chiamato? - Non che fosse un'informazione di vitale importanza però quel gattino, così tenero e dispettoso, la incuriosiva. 
- Non lo so, non ci ho ancora pensato. Tu come lo chiameresti? - Le domandò, guardandola negli occhi. Elsa si sentì come un libro sfogliato pagina per pagina, ma non lo diede a vedere. 
- Non saprei... vediamo un po': è tutto nero, quindi... Nerino? - Non sembrava molto convinta, infatti anche l'animale parve lanciarle un'occhiata di fuoco. 
- Mi sembra che non gli piaccia. Riprova! - La incoraggiò. Non le veniva in mente nulla. Lo fissò, sperando che il gatto le suggerisse un nome carino o almeno decente. Poi, dopo un minuto buono di dialogo interiore con il micetto, ebbe l'illuminazione. 
- Pitch. Allora, ti piace piccoletto? - Questi parve studiarla un attimo, poi emise un verso che doveva essere di soddisfazione. 
- Come mai questo nome? - 
- Non so, è che guardandolo mi è venuto in mente quando la tata mi raccontava la storia dell'Uomo Nero e ho pensato: "Perché no?". Mi sembra contento, giusto? - Jack le sorrise e poi si rivolse al piccolo Pitch. 
- Benvenuto nella mia famiglia, Pitch. Ti troverai bene! -Il gatto miagolò un'ultima volta, prima di sparire dietro l'angolo con il nuovo padrone. 

Elsa pensò tanto, quella sera: al piccolo Pitch, a Jack, a lei. Si chiese se fosse davvero la morte di suo padre la causa della sua eccessiva serietà. Forse, si era solo abituata a non sorridere più e bastava una piccola spinta per ricominciare. O forse era proprio di quel ragazzo in particolare il merito della sua ritrovata allegria, magari un altro non sarebbe riuscito a farle piegare le labbra come invece faceva lui senza troppe difficoltà. 
Il gattino le rimase in testa per molto tempo: l'unico animale che aveva avuto era un cane di nome Olaf, scappato tempo prima. Le sarebbe piaciuto poterlo riabbracciare, perché le mancava terribilmente. Era stato un ottimo compagno di giochi per lei ed Anna, quando erano più piccole; le aveva consolate quando il loro padre aveva avuto l'incidente; amava essere abbracciato da loro due e non disdegnava le carezze della madre delle ragazze. Nessuna di loro aveva mai capito il motivo della sua scomparsa, lo avevano cercato per anni, senza risultati. Probabilmente era morto. Elsa sentì una fitta al cuore a quel pensiero, ma poi si risollevò con l'immagine di Jack che si allontanava con il suo nuovo micino, Pitch. Decise che quello che ci voleva era proprio un altro gelato, ma poi si ricordò di averlo finito la notte prima. Sconsolata, si sdraiò sul letto e si addormentò, sognando cioccolata, cani e gatti. E, per quache motivo, un pupazzo di neve che la abbracciava**.

La mattina dopo, ventuno dicembre, non c'era scuola perché era sabato. Tuttavia, Elsa si alzò di buon ora, scendendo in cucina per mangiare qualcosa. Trovò sua madre intenta ad addentare un toast al burro di arachidi mentre studiava un progetto.
- Buongiorno - La solita freddezza, a cui la bionda rispose senza difficoltà con un altro "Buongiorno" di ghiaccio.
- Oggi devo andare fuori città per vedere un cliente nel luogo in cui costruiremo la sua casa. Ricordati che stasera alle sei in punto cominciamo l'allenamento per la tua gara di febbraio. Salutami Anna, parto subito. -
- Va bene mamma. A dopo. -
- A stasera. -  Dopo quelle parole, la donna finì di masticare la sua colazione e andò a lavarsi i denti, per poi uscire due minuti dopo, elegante come solo lei sapeva essere. Elsa sospirò e si preparò una tazza di latte al cioccolato fumante, si sedette e pensò che le dispiaceva molto essere in quella situazione con sua madre. Non era sempre stata così, quando suo marito era vivo era una donna dolce e comprensiva, che non aveva nulla della rigidità attuale. Ormai, constatò, era troppo tardi per rimuginarci su.
- Ehi Elsa! Sei già sveglia, vedo! - La salutò Anna, con la sua solita allegria.
- Buongiorno Anna. Oggi è sabato, come mai sei in piedi? -
- Così, senza nessun motivo preciso. Mi hai fatto venire voglia di latte al cioccolato! - Ridacchiò e anche lei fece colazione.
Sembrava che fossero senza pensieri, leggere come piume, mentre discorrevano di vari argomenti (tra cui il misterioso Jack e il suo nuovo gatto).
I guai dovevano ancora arrivare.














Note di quella che dovrebbe essere un'autrice ma che non è degna di tale titolo per colpa di questa schifezza: 
Buonasera (o buonanotte, o buongiorno, come volete voi)! In questo momento sto morendo di sonno, non capisco proprio perché mi viene voglia di scrivere solo di notte!!
Comunque, stranezze a parte, lo so che non succede un tubo in questo capitolo: mi serviva solo per introdurre Pitch (micio, che tenero *-*) e Hans e per iniziare con la VERA storia, che comincerà dal prossimo capitolo.
*Ok, lo so che Anna ha vent'anni, ma questa frase era troppo puccia per non metterla!!
**Già, nella mia storia Olaf è un cane, però Elsa lo sogna come pupazzo di neve. Sono proprio strana XD
Grazie mille a mya95, Addy6702 e kokka1110 per aver recensito lo scorso capitolo, è sempre un piacere sentirvi!! 
Mi racomando, aspetto i vostri commenti se vi andrà di farmi sapere che ne pensate!! Oh, dimenticavo: anche se sono le dieci e mezza, buon (fine) San Valentino a tutti gli innamorati e buona Festa della Cioccolata per i single (loro hanno i cuoricini e i cioccolatini pucci pucci, noi ci sbafiamo pacchi di cioccolata perché è deliziosa e perché non siamo costretti a condividerla XD)
Un bacione grande grande e tanta Jelsa a tutti 
Mary <3

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


- Scusi, è lei la signorina Elsa Arendelle? - La voce dall'altro capo del telefono tradiva insicurezza. 
- Sì, sono io. Qual è il problema? - In realtà, Elsa era molto più preoccupata di quanto facesse notare. Non era da tutti i giorni ricevere una chiamata di quel tipo, proprio da lì. 
- Mi duole informarla, signorina, che sua madre... Ha avuto un incidente. - E in quel momento il mondo crollò. No no no no no no no no no! Tutto ma non quello! 
- Signorina Arendelle, si sente bene? - Silenzio. Non riusciva a parlare. Quando, dopo un minuto abbondante, si decise ad aprire la bocca, la sua voce era roca come se non proverbisse parola da anni. 
- In che stanza si trova? - 
- Stanza 129, al secondo piano dell'edificio. Ha subito un intervento d'urgenza, se la caverà. - Quella frase parve rincuorarla un minimo, ma non voleva lasciarsi prendere dal sollievo. 
- Avete già avvertito mia sorella? - Quello che più le premeva, era che Anna doveva sapere. 
- In realtà no, pensavamo che dovesse farlo lei. - In pratica, le lanciavano la patata bollente. Come dirglielo, adesso? 
- Va bene, lo farò. Mia madre... Può ricevere visite? - 
- Al momento è addormentata, ma non dovrebbero esserci problemi. - 
- Grazie. Arrivederci. - Chiuse la chiamata. Le lacrime premevano per uscire. 
Elsa stava mangiando una tavoletta di cioccolata quando aveva ricevuto una telefonata dall'ospedale. In un primo momento aveva pensato che fosse successo qualcosa ad Anna, e invece sua madre aveva avuto un incidente. Il dolce, per un momento, aveva perso il suo sapore. Anche lei, dopo suo padre. Starà bene, avevano detto. Lei non voleva fidarsi, dopo l'accaduto di dieci anni fa. 
- Anna, c'è qualcosa che devi sapere. - Si era infine decisa a chiamare. Sua sorella, in quel momento, passeggiava con le amiche. Non voleva proprio rovinarle il pomeriggio, ma qualcuno doveva pur avvertirla. E chi meglio di lei, quando meglio di allora? 
- Dimmi Elsa. - Sembrava tranquilla, ma la bionda conosceva la rossa abbastanza bene da sapere che era allarmata. 
- Si tratta della mamma. Ora è in ospedale. - 
- Cosa? Ma sta bene, vero? Elsa, ti prego, dimmi che sta bene!! - 
- Ha avuto un incidente, ma... I medici dicono che si riprenderà. - 
- Grazie a Dio! Ragazze, scusatemi, devo scappare. Ci vediamo! Elsa, raccontami di più - La sentiva camminare velocemente attraverso l'apparecchio. 
- Purtroppo, per il momento è tutto ciò che so. Pensavo di aspettare te, per andare. - 
- Sto arrivando a casa, sono a due isolati. - Neanche un ciao, entrambe premettero il pulsante rosso nello stesso istante. Non c'era bisogno di altre parole. 
Quando arrivò, una quindicina di minuti dopo, presero la macchina della maggiore e puntarono verso l'ospedale. Odiavano come non mai quel posto, e ora erano costrette a tornare. 
Entrarono e subito si formò una piccola calca attorno a loro, formata da gente che aveva riconosciuto la pattinatrice. Ma le due avevano altro da fare. 
Stanza 129, secondo piano. Quelle parole rimbombavano nella testa di Elsa, che doleva insopportabilmente.
- Mamma! Come stai? - Disse Anna, avvicinandosi al letto della madre. La bionda rimase in silenzio.
- Ci... Ci vuole... Ben altro per... Fermarmi. - Parlava a fatica, ma conservava la sua solita severità e determinazione. Era un ottimo segno.
- Cosa dicono i medici? - Si decise a chiedere Elsa.
- Che... La regina è... A-ancora in... Ancora in pista. - I dottori dovevano essere suoi fan, se le avevano detto quelle parole. Ma infondo, gli ammiratori di sua madre non erano diminuiti neanche dopo che aveva lasciato la sua carriera.
- Elsa... Ascoltami. - Riprese dopo un attimo infinito di silenzio. La ragazza si avvicinò un poco e si fece più attenta.
- Dimmi. -
- Stasera... Dovevi a-allenarti. - Le due sorelle si stupirono che anche in una situazione del genere, la donna pensasse al pattinaggio.
- Mamma, posso farlo da sola. -
- No... Non ottieni... Gli-gli stessi... Risultati. Devi... essere seguita. -
- Ma da chi? - Sua madre, che faceva fatica a parlare, prese un foglietto e una penna e scrisse qualcosa. Lo porse poi alla figlia.
- Nicholas Nord? E chi... Oh. Lui è stato il tuo allenatore quando avevi la mia età, vero mamma? - La donna annuì.
- Ma non sarà troppo vecchio adesso? - Domandò Anna, ragionevolmente. Sua madre negò con la testa. Sul foglietto aveva scritto anche l'indirizzo e siccome non era tardi, Elsa sarebbe dovuta andare quella sera stessa a parlare con lui.
Le due salutarono la donna, che sorrise in direzione delle ragazze, e queste si separarono all'uscita dell'ospedale.
- Devo andare da sola, Anna. Ci vediamo dopo a casa. -
- Fa' attenzione, Elsa. - Si abbracciarono e ognuna andò per la propria strada, Anna con la macchina di Elsa.

La casa di Nicholas Nord era abbastanza distante dalla struttura, quindi la bionda decise di prendere un taxi. Comunicò l'indirizzo al tassista e in venticinque minuti, con un po' di traffico, arrivarono a destinazione. La ragazza pagò e si diresse verso l'entrata della grande villa davanti a lei. Rimase meravigliata dal cancello, che non presentava neanche una minima traccia di ruggine. Era come se fosse stato appena riverniciato. Il giardino, che era grande ma non esagerato, conteneva diverse siepi e fiori di ogni specie, dimensione e colore. La casa in sé, invece, sembrava una normale villa di campagna, che aveva alle spalle un boschetto di pini. Era infatti leggermente dislocata dal centro della città, proprio come casa sua. Per arrivarci, il taxi aveva attraversato la strada adiacente al parco dove aveva incontrato Jack per la prima volta, qualche giorno prima. Chissà che stava facendo in quel momento, pensò.
Suonò il campanello e la porta venne aperta da un uomo anziano, che le tolse il cappotto e la borsa e l'accompagnò nel salone. La villa, per quanto grande, era arredata in modo semplice e accogliente, ma con molti soprammobili che sembravano giocattoli. Forse lo erano davvero.
- Signor Nord, una visita per lei. -
Un uomo con una pancia prorompente e una lunga barba stava guardando la televisione mentre mangiava un biscotto.
- Salve, mi chiamo Elsa Arendelle. Ho bisogno di discutere con lei riguardo una questione importante. - Seria, fredda, sembrava un ghiacciolo. Tuttavia, bastò incrociare lo sguardo gentile dell'uomo davanti a lei per farla ammorbidire.
- Oh, che piacere rivederti, cara. prego, accomodati. - La ragazza, confusa, fece come richiesto.
- Ci... Ci siamo già incontrati, per caso? -
- Non mi sorprende che non te lo ricordi, ragazza mia. Ero presente al funerale di tuo padre, sì, quella fu l'ultima volta in cui c'incontrammo. -
- L'ultima? -
- Esatto. La prima fu quando, pochi giorni dopo la tua nascita, venni a trovare i tuoi genitori. Che care persone, mi dispiace tanto per tuo padre. -
- La ringrazio, signor Nord. -
- Dammi del tu e chiamami solo Nord, per favore. -
- Va bene, Nord. Comunque, riguardo la ragione per cui mi trovo qui... Mia madre, che è anche la mia allenatrice, ha avuto un incidente. - Poté leggere l'incredulità e poi la tristezza sul volto di Nord. Doveva tenere davvero molto a lei.
- La mamma mi ha chiesto di continuare ad allenarmi per la gara che dovrò affrontare a febbraio, e vorrebbe che fosse lei... Che fossi tu a seguirmi durante questo percorso. -
- Prima di ogni cosa, mia cara, tua madre sta bene? - Lei annuì e l'uomo si rilassò. Poi chiamò l'anziano che le aveva aperto la porta e gli chiese di servire un tè. Quando questi si fu allontanato, Nord le rivolse uno sguardo serio.
- Elsa, mi dispiace, ma non posso farlo. Non ho più l'età per queste cose. - Ti pareva, pensò lei.
- Capisco. Riferirò a mia madre, e le dirò che la saluti. -
- Non così in fretta. Anche se io non posso aiutarti, c'è qualcun altro che può farlo. - Si sorprese, non se l'aspettava proprio. Forse non avrebbe dovuto arrangiarsi da sola, quindi.
- Davvero? E chi? -
- Mio nipote. Anche lui è un pattinatore professionista, ma sono in pochi a conoscere la nostra parentela. Non voleva essere paragonato a me in continuazione. -
- Beh, è stato fortunato. - Si coprì la bocca appena si rese conto di averlo detto ad alta voce, ma era la verità. Tutti sapevano che era sua madre, e tutti la confrontavano con lei. Come se non sapesse camminare sulle sue gambe. Era frustrante. L'uomo le sorrise, capendo come si sentiva.
- Dovrebbe essere qui tra poco... Oh, grazie, Carl. - L'anziano di prima aveva portato un vassoio con tre tazze di tè e una zuccheriera. Poi sorrise in direzione dei due e si dileguò.
Nessuno toccò il vassoio, perché non era carino cominciare prima che ci fossero tutti.
- Ehi nonno! Il veterinario ha detto che... Oh. - Il ragazzo che era entrato nel salone si fermò di colpo. Elsa, che si era girata sentendo la sua voce, si bloccò sul posto.
Impossibile.
- TU? - Chiesero all'unisono, guardandosi negli occhi. Come poteva essere?
- Ma... Vi conoscete? - Domandò confuso Nord. Certo, lui non poteva immaginare.
- Tu sei suo... lui è... Perché non me l'hai detto? -
- Ma tu... Cosa ci fai qui? Perché tu...? - Si fissavano interrogativamente.
- Ok, ho capito, vi conoscete. Non badate a un povero vecchio, eh! -
- Elsa, cosa ci fai a casa di mio nonno? -
- Io? Anche tu mi devi spiegare un po' di cose, Jack. -












Note della sadica che interrompe nel momento clou:
Et voila! Rieccomi , gente! Allora, che ne dite??? Vi piace?? Ve l'avevo detto che saremmo passati all'azione (?) in questo capitolo!!
Abbiamo una Elsa e un Jack abbastanza confusi e sorpresi, che non si aspettavano di rincontrarsi in questo modo. La mamma (se qualcuno sa come si chiama, è gentilmente pregato di dirmelo) ha avuto un incidente e, puntigliosa com'è, non vuole che Elsuccia rimanga senza allenatrice. Quindi la manda a casa di Nord e -sorpresa sorpresa- si scopre che è il caro nonnino di Jack!! Ah, non ve l'aspettavate, eh? No, ok, forse sì. Ma ormai è fatta XD!!
Dunque dunque, ditemi, cosa ne pensate? Aspetto le vostre recensioni!!!
Un bacione a tutti
Mary <3

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


- Elsa, cosa ci fai a casa di mio nonno? - 
- Io? Anche tu mi devi spiegare un po' di cose, Jack. - 




- Fammi capire, quindi tu sei QUELLA Elsa Arendelle? La stessa che ha vinto tutte le competizioni regionali e sta scalando la vetta delle nazionali? - Jack era sorpreso e anche un po' arrabbiato. Non capiva perché non gliel'avesse detto, anche se proprio lui non poteva permettersi di giudicarla male. 
- Sì, sono io. E tu sei il Jack Frost che era arrivato primo a tutte le gare nazionali e poi si è ritirato per motivi ignoti ai media? - Anche lei era irritata, ma aveva il suo solito tono di voce freddo, quasi come se fosse annoiata. 
- Già. Perché non mi hai detto chi eri? - 
- Senti senti da che pulpito viene la predica. - 
- Touche. - Le lasciò un allegro sorriso, che contagiò anche lei. 
Stavano finendo il tè che il vecchio Carl aveva portato, insieme ai biscotti fatti in casa. Elsa non ne aveva mai mangiati di così buoni, sebbene vivesse nel lusso da tutta la vita. C'erano le gocce di cioccolato, non erano troppo duri né troppo friabili e avevano una dolcezza assolutamente perfetta. Tuttavia, la ragazza lo sapeva, il suo amore per il cioccolato la portava a idolatrare qualunque cosa lo contenesse. 
- Jack, Elsa è venuta qui perché ha bisogno del nostro aiuto. - Il giovane la guardò, lei abbassò gli occhi. 
- Qual è il problema? - Domandò, preoccupato. 
- Mi serve un allenatore per la gara di febbraio a Chicago. - 
- Ma non era tua madre che ti allenava? - 
- Già, è proprio questo il punto. Lei... Non è più nella condizione adatta a seguirmi. - Il ragazzo sembrò capire, poi fece un largo sorriso in direzione di Elsa. 
- Non c'è problema! Qualunque cosa ti serva, puoi chiedere a me! - La bionda era intenerita da tanta disponibilità, le faceva molto piacere poter contare su Jack in un momento così difficile per lei. 
- Jack, io sono vecchio ormai, non alleno più. Tu, però, puoi prendere il mio posto. - Disse Nord, un po' malinconico. Era felice che Jack offrisse il suo aiuto a una ragazza tanto cara, ma gli sarebbe piaciuto poter contribuire di più. 
-Penso... Penso che sia possibile. Sì, ci sto. Allora, quando cominciamo? E dove ci alleniamo? Quando uscirà la modalità di competizione della prima fase? - Era abbastanza eccitato da tutta la situazione. Anche se aveva lasciato la sua carriera da qualche anno, ormai, continuava ad avere una passione per tutto ciò che riguardasse il ghiaccio. 
Riflettendoci, forse, ciò che per primo l'aveva colpito di quella ragazza era proprio il suo modo di essere, così simile all'elemento che tanto amava. Pensò che era un bene che il ghiaccio si potesse sciogliere. 
- Calmati, che a guardarti mi gira la testa! Comunque, mia madre ha detto di iniziare stasera, ma siccome si sta facendo tardi propongo domani. Ci alleneremo dietro casa mia, ho una piccola pista al coperto nel cortile posteriore. La modalità di competizione uscirà domani sera, verso le otto, credo. Spero che ci troveremo bene a lavorare insieme. - Sorrise lievemente, dicendo l'ultima frase. Lo pensava davvero, ma in realtà un po' sperava che non si limitassero solo a quello. Prima di tutto erano amici, poi colleghi. 
- Grande! Sul serio, sarà divertente! - Gli luccicavano gli occhi, tanto era contento. Non toccava i pattini da un anno intero, e ora finalmente poteva far parte di nuovo del mondo che tanto aveva amato, anche se in un modo un po' di verso da quello a cui era abituato.  



Intanto, una ragazza dai capelli rossi guidava l'auto di sua sorella, diretta verso casa. Tra sé e sé, pensava a quanto la vita fosse strana: dieci anni prima un incidente stradale le aveva portato via suo padre. Quel giorno, invece, la vittima era stata sua madre. Certo, si poteva ben sperare che si riprendesse in fretta. Era ancora ridotta piuttosto male, ma, come diceva sempre lei, ci voleva molto di più per sconfiggere la regina del ghiaccio. Le piaceva ancora sentirsi chiamare in quel modo, dopo anni da quando si era ritirata. Una brillante carriera, che aveva deciso di interrompere per la famiglia, che ancora doveva nascere. Qualche tempo dopo era arrivata Elsa, che da Idun aveva ereditato la passione per il ghiaccio e la capacità di mangiare chili di gelato anche in pieno inverno. Da lei aveva preso anche il carattere freddo come il polo sud, ma proprio come lei aveva la capacità di diventare dolce e comprensiva. Tre anni a seguire, era stato il turno di Anna, la piccola peste combina guai, iperattiva e appiccicosa. Tutti in casa volevano un gran bene alle due bambine, che giocavano sempre insieme, sebbene avessero modi di fare molto diversi. I loro genitori, quando non lavoravano, dimostravano di avere molta cura di loro: gli leggevano le favole, le portavano al parco, giocavano con loro in giardino, le accompagnavano a scuola.
E poi, un brutto giorno, l'incidente. L'uomo che gli era andato addosso era morto sul colpo, il loro padre no. Lui era rimasto in ospedale per una settimana, sofferente. Infine, spegnendo le speranze di tutti, aveva lasciato la sua famiglia.
Una lacrima sfuggì dagli occhi di Anna, che si era persa nei suoi ricordi.
Proprio per questo, triste e distratta, non si accorse che il semaforo era rosso. E che un uomo stava attraversando.
Fu un flash, si risvegliò improvvisamente dai suoi pensieri e riuscì a frenare in tempo, sfiorando la persona davanti a lei. Accostò in fretta e furia e si avvicinò a quello che doveva essere un ragazzo poco più grande di lei, con i capelli biondi e scompigliati.
- Ti prego scusami, non ti avevo proprio visto! - Esclamò, quasi piangendo. Il ragazzo la guardò storto.
- Scherzi, vero? Non mi hai visto, grande come sono? - Anna si sentì molto in colpa, ma anche un po' arrabbiata. C'è modo e modo di dire le cose!
- Ti ho già chiesto scusa, quante volte dovrò farlo ancora? E comunque sono disposta a pagare qualunque danno fisico o emotivo che hai ricevuto, però tu potresti anche dimostrarti più cortese! -
- Chi se ne importa della cortesia, stavi per investirmi! Ringraziando il cielo sono ancora vivo! - Ora cominciava ad arrabbiarsi sul serio. Ma che razza di maniere aveva quel tipo?
- Senti, mi dispiace tantissimo. D'ora in poi starò più attenta, va bene? E ti ripagherò, giuro, qualsiasi risarcimento. Ti offro anche un caffè, sei d'accordo? Tu però non esagerare! - Il ragazzo la guardò male per un altro minuto, poi sospirò e infine rispose con un tono rassegnato.
- Accetto la tua offerta, ma sappi che non sto esagerando. Non è carino vedersi comparire davanti una macchina guidata da una con la testa fra le nuvole. Comunque, entriamo in un bar: pretendo il mio caffè. - Alla fine accennò un sorriso. La ragazza fece lo stesso e si avviarono verso il bar più vicino, che era proprio dal lato opposto della strada a pochi metri di distanza. Era un posto accogliente, un po' rustico, frequentato sempre dalle stesse persone. Anna ed Elsa non ci andavano quasi mai, preferivano il bar vicino al parco o quello sotto casa, tuttavia era capitato qualche volta che con gli amici si trovassero a prendere lì un aperitivo.
- Come prendi il caffè? - Gli domandò, una volta entrati.
- Lungo, senza latte e amaro. - Si sorprese, ma non commentò. Un tipo dai gusti molto diversi dai suoi.
- Bene, allora. Vado a ordinare per tutti e due. - Così, mentre lei chiedeva al barman, il ragazzo si sedette ad uno dei tavoli, aspettandola.
- Ecco fatto! Arrivano subito! - Anna accomodò su una sedia di fronte a lui, tutta sorridente.
- Tu sei una che sorride molto spesso, ho indovinato? - La sua domanda la sorprese alquanto. Non se l'aspettava, ma cercò di rispondere comunque.
- Esatto. Non mi piace buttarmi giù, quindi cerco di vedere sempre il lato positivo delle cose. -
- Non mi piacciono i tipi come te. - L'espressione sulla faccia della rossa era impagabile, un misto di costernazione e rabbia. Stava gonfiando le guance, diventate tutte rosse.
- Beh, a me non piacciono quelli sempre imbronciati! -
- Ehi, i gusti sono gusti. Non criticarmi. - Ci fu silenzio per qualche minuto, poi il ragazzo dai capelli biondi, di cui ancora non conosceva il nome, parlò di nuovo.
- Le persone troppo ottimiste tendono a farsi raggirare molto in fretta. Almeno, penso che sia così. -
- Non credo che sia così. Basta solo avere giudizio, l'ottimismo non c'entra nulla. - Lui la guardò dubbioso, ma non disse nulla. Bevvero il caffè in silenzio, poi Anna pagò e uscirono dal locale.
- Beh, ciao, allora. E cerca di non investire nessuno mentre torni a casa. - Il biondo alzò una mano, in segno di saluto, e si voltò.
- E tu cerca di essere un po' più allegro! - Rispose la rossa. Quando lui era ormai una figura in lontananza, si rese conto di una cosa.
- Ehi, aspetta! Non so come ti chiami! - Gridò per farsi sentire. Lui si fermò, senza voltarsi. Dopo qualche secondo, finalmente, rispose.
- Kristoff! -
- Il mio nome è Anna! - Dopo aver udito queste parole, Kristoff sorrise tra sé e tornò a camminare lentamente. Anna, invece, rimase per un po' a osservare il punto in cui quella persona misteriosa era sparita, chiedendosi se la sua famiglia non avesse una maledizione che li legava indissolubilmente alla strada.  




- Pronto? - La bionda premette il tasto verde del suo cellulare, interrompendo a malincuore la sua lettura.
- Ciao, sono Mer. Che ne dici se ci vediamo per uscire domani, tu, io ed Elsa? - La sua voce era alquanto eccitata, segno che le era successo qualcosa di bello.
- Mmh... Fammi pensare... Ok, va bene. A che ora? - Rapunzel giocherellava distrattamente con una lunghissima ciocca di capelli, lasciata libera dalla sua solita treccia.
- Facciamo verso le quattro? -
- Perfetto, chiamo Elsa e glielo dico. Comunque, Mer... Hai fatto qualcosa di interessante, ultimamente? - Si sentì una risatina dall'altro capo del telefono.
- Te lo dico domani, va bene? Ciao Punzie! -
- Ciao Merida. - Sorridente, la ragazza posò il telefono e riprese in mano il suo amato librone, decisa a non lasciarlo fino a tarda nottata.








Angolo della ritardataria pentita: C'è nessuno???? *Si sentono i grilli e il soffio del vento*
Chiedo umilmente scusa per il ritardo nell'aggiornare. Non ho giustificazioni valide, quindi siete liberissimi di uccidermi come più vi aggrada. Vi avevo promesso due settimane e ne sono passate più di tre, vi prego di perdonare questa piccola e sciocca autrice che non mantiene le promesse.
Torniamo alle cose allegre... Che ne dite, vi piace questo capitolo? Non vedevo l'ora di inserire Kristoff, in qualche modo. Ero indecisa, ma alla fine ho optato per il quasi incidente, l'ennesimo della famgilia Arendelle. Poverine, le lascerò mai in pace??
...
...
...
Nah!
Comunque, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate!!! Ringrazio tantissimo per aver recensito lo scorso capitolo mya95, che poverella la sto facendo penare (scusa cara!!!!) con i miei aggiornamenti irregolari, Marziani che spero continuerà a seguire questa storiella e la mia gemellina Addy, cara, dolce, sadica gemellina, che aveva promesso di fare BRUTTE cose se avessi usato il nome Idun, cosa che alla fine ho fatto. Beh, non sarà troppo cattiva (spero) XD
Un bacione grande grande
Mary <3

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


- Elsa, ti va di uscire oggi? - La voce di Merida risuonò attraverso l'altoparlante del cellulare della bionda, che in quel momento stava uscendo dalla doccia. Rispose mentre si metteva l'accappatoio e prendeva il pettine.
- Ecco, non saprei Mer. Sai, per tutta la situazione di mia madre non me la sento di scorrazzare in giro come se niente fosse. Oh, mi sono appena ricordata che oggi sono impegnata con l'allenamento! - disse, cercando con fatica di districare un nodo particolarmente intricato. Esultò mentalmente quando ci riuscì senza essere costretta a tagliare metà ciocca.
- Oh Elsa, mi dispiace tanto per tua madre, l'ho scoperto solo poco fa al Telegiornale ma ho pensato di chiamare lo stesso, così magari ti saresti distratta. Comunque, se sei impegnata non fa niente, ci vedremo un altro giorno - Elsa s'intenerì al il pensiero della sua migliore amica, che si preoccupava sempre per lei e Rapunzel.
- Va bene Mer, grazie mille lo stesso. Ehi, cosa fai per la vigilia? - Si ricordò improvvisamente che il Natale bussava alle porte. Mancavano pochissimi giorni.
- Ancora non lo so, tu invece? -
- Nemmeno io ho programmato qualcosa. Che ne dici se ci organizziamo io, tu, Punzie e Anna per una serata tra noi, con tanto di cenone e scambio dei regali? - A dire il vero non era affatto un bel periodo per festeggiare, ma con tutti i guai di questo mondo il Natale è sempre il Natale e, in un modo o nell'altro, c'è sempre un motivo per celebrarlo.
- Grande, allora siamo d'accordo! Dai, ci sentiamo un'altra volta, richiamami! - Merida riattaccò senza aspettare risposta, si poteva sentire il suo sorriso attraverso il telefono. Ci teneva veramente a passare del tempo con le sue migliori amiche e quale momento migliore della vigilia?
Elsa intanto, dopo aver poggiato il cellulare, aveva terminato di pettinarsi e di vestirsi. Indossava la sua tuta preferita, i capelli raccolti in una coda di cavallo.
Si sentì inspiegabilmente agitata al pensiero di cominciare l'allenamento con Jack invece che con sua madre. Da quando aveva iniziato, c'era sempre stata lei a rimproverarla, aiutarla a rialzarsi quando cadeva e incitarla a migliorare, a non arrendersi mai. Si chiese se con lui sarebbe stato lo stesso. Sperava sinceramente che fosse un po' meno rigido, ma ciò non la preoccupava affatto. Dopo tutto, era la persona più allegra che conoscesse dopo sua sorella e Merida, non poteva assolutamente essere troppo severo. Giusto?


L'incontro doveva essere a casa della ragazza, si sarebbero poi diretti nella pista nel cortile posteriore. Ora stabilita, quattro in punto.
Erano le quattro meno due e Jack Frost non era ancora arrivato.
Elsa aspettava seduta al tavolo della cucina, mangiando una tavoletta di cioccolata intera e chiacchierando con una domestica. Probabilmente quella donna si stava chiedendo quanto cacao potesse ingerire ogni giorno. La risposta? Tanto. Davvero, davvero tanto.
Meno un minuto.
- E così gli ho detto: "Attento, non vorrai far cadere il preziosissimo vaso della signora!" e lui mi ha guardata sorpreso un attimo, poi ha... - La bionda aveva smesso di ascoltare quelle chiacchiere, completamente concentrata nell'osservare le lancette dell'orologio appeso al muro.
Tic
Un altro morso alla tavoletta e quella era bella che andata.
Tac
Picchiettava le dita sul tavolo e il piede sinistro sul pavimento, così per altri quarantacinque secondi.
Poi, finalmente, udì il suono di un campanello. Non aspettò nemmeno che la domestica finisse di parlare, si precipitò direttamente a rotta di collo verso la porta, aprendola e trovandosi davanti un sorridente e puntualissimo Jack Frost. 
- Eccoti! Forza, andiamo! - Riconosceva di starsi comportando in modo molto insolito per i suoi standard, mentre lo prendeva per il polso e lo trascinava attraverso vari corridoi, fino ad oltrepassare una grande porta di legno intarsiata.
- Ehi, sei più energica del solito o sbaglio? -
- Non sbagli. Ho mangiato tre tavolette di cioccolata oggi e ho bevuto quattro caffè e mezzo. - Jack rise, fermandosi subito dopo di lei. Un edifico circolare di medie dimensioni gli si parava davanti, circondato da aiuole fiorite e con accanto un tavolino da thé, con tanto di due sedie e ombrello per il sole.
- Però, è molto carino qui - affermò sinceramente, osservando i dintorni interessato.
- Già, sono ricca. Anche tu lo sei, quindi immagino che non sia una cosa straordinaria per te - ribatté lei, accompagnandolo all'entrata della costruzione.
Dentro, c'era l'enorme pista, circondata da un corridoio circolare con vari posti a sedere e separata da esso da una ringhiera. In fondo, c'erano due stanze: una con la porta chiusa, probabilmente gli spogliatoi, e una con la porta aperta. da quella posizione, si vedeva il bancone di un bar.
- Hai un bar personale? -
- Sì, anche se è più una grossa dispensa con frigorifero e bancone. Non c'è il barista -
- Grande -
Elsa lo accompagnò poi verso la stanza con la porta chiusa. Quando venne aperta, si trovò davanti un piccolo salottino dal quale si ripartivano altre quattro stanze, due spogliatoi e due bagni.
- Puoi cambiarti lì - Indicò una delle porte.
- Non serve, non sono io quello che dovrà spaccarsi la schiena oggi - Jack ghignò ed Elsa sentì un brivido percorrerle la spina dorsale. Non era sicura che fosse un buon segno. Il ragazzo, vedendo la sua espressione quasi spaventata, si mise a ridere, tranquillizzandola immediatamente.
- Allora, iniziamo? -


Rapunzel stava, come al solito, leggendo assorta uno dei suoi libri preferiti, quando sentì il campanello suonare. Di malavoglia inserì il segnalibro nel volume e lo richiuse, poggiandolo sul comodino. Si alzò sbuffando e, borbottando su quanto le desse fastidio interrompere la sua lettura, andò ad aprire.
Si trovò davanti una rossa dai capelli molto, molto ricci e lunghi (non quanto i suoi, ovviamente), tutta sorridente. Gli occhi azzurri brillavano di allegria ed eccitazione, le lentiggini spiccavano sulla carnagione pallida che contrastava con le guance arrossate.
- Merida? -
- Sì, sono io Punzie, non sono un clone. Allora, sei pronta? - In un primo momento, si sentì spaesata. Non aveva idea del perché la sua cara amica si trovasse davanti alla sua porta. Poi, facendo per un attimo mente locale, si ricordò della telefonata del giorno prima e del fatto che Merida dovesse parlarle.
- Oh. No, non ancora, dammi cinque minuti. Entra, intanto. Posso offrirti qualcosa? - propose sorridendo delicatamente, mentre si allontanava per prepararsi.
- No, grazie Punzie. Piuttosto, fai in fretta - La bionda annuì, mentre si dirigeva in bagno per lavarsi i denti.
- A proposito, hai chiamato Elsa? - domandò con lo spazzolino in bocca.
- Sì, ma ha detto che doveva allenarsi e che non se la sentiva di uscire, sai è comprensibile -
- Mmh? Come mai? -
- Non lo sai? Idun ha avuto un incidente proprio ieri, l'hanno detto anche al TG. - Lo spazzolino cadde nel lavandino.
- Cosa??? Non... Non ne sapevo niente, non ho neanche acceso la TV oggi! Passami il cellulare Mer! - La rossa fece come ordinato.
Rapunzel compose velocemente il numero dell'altra sua migliore amica, portando il telefonino all'orecchio.
Dopo qualche squillo, rispose la voce di Elsa che chiedeva di lasciare un messaggio dopo il segnale acustico.
- Ehi, Elsa, come va? No, ok, domanda stupida, scusami. Solo che non so cosa dirti, insomma, ho scoperto adesso quello che è successo. Tua madre come... oh, scusa, aspetta un attimo - sputò il dentifricio nel lavandino - Ecco, ora va meglio. Comunque, tua mamma come sta? E tu e Anna? Fammi sapere, ok? E sappi che per qualunque cosa ci siamo io e Mer! - Riattaccò, sciacquandosi bocca e spazzolino.
Quando uscì dal bagno, trovò la rossa che mandava messaggi.
- Con chi stai chattando? - Chiese distrattamente mentre infilava le scarpe e la giacca, prendendo subito dopo la borsa.
- Con il motivo per cui ti ho chiamata ieri - disse Merida con un sorriso che le arrivava fino alle orecchie. Rapunzel le fregò il cellulare di mano, con un urletto di gioia.
- Oddio, chi è??? - In quei momenti semravano ragazzine immature, non le donne di oltre vent'anni che erano in realtà, ma non gli importava.
- Si chiama Hiccup. - Affermò Merida, con un lieve rossore sulle guance.
- Raccontami tutto, dai! -
Le due uscirono parlando e ogni tanto ridacchiando.
Merida e Hiccup si erano conosciuti un paio di giorni prima, al supermercato. Lei non arrivava allo scaffale della marmellata e gli aveva chiesto gentilmente di prenderla, cosa che lui, gentile com'era, non aveva potuto rifiutare. Si erano poi ritrovati a chiacchierare del più e del meno, scoprendo di essere entrambi pattinatori professionisti e stupendosi di non essersi riconosciuti subito. Si erano poi scambiati i numeri di telefono, quindi avevano iniziato a sentirsi.
- Ecco, la storia è più o meno questa. Tu cosa ne dici? -
- Ho sentito parlare di lui, dicono che sia molto bravo. Comunque non lo conosco di persona, non posso giudicarlo, ma mi sembra molto carino! -
- Lo so, è fantastico! Pensa che abbiamo un sacco di cose in comune, amiamo entrambi "The Big Bang Theory", i Beatles e i film di Johnny Depp! - Le due risero allegre, continuando a passeggiare per le strade e fermandosi in un bar per una cioccolata calda.


- Più veloce, Elsa! La musica di certo non aspetta te! - Con grande disappunto della ragazza, Jack si era rivelato veramente molto severo e rigido. Sembrava sul serio un'altra persona nelle vesti di allenatore, qualcosa che lei non si sarebbe mai aspettata. Comunque, lo rispettava per la cura e l'attenzione con cui svolgeva il suo compito.
La canzone finì - per la ventiduesima volta, quel giorno - ed Elsa, stremata, si appoggiò alla ringhiera.
- Possiamo... Fare... Una pausa? Ti prego?? - Lo guardò con occhi così imploranti che il ragazzo non riuscì a resistere e le concesse il tanto agognato riposo.
Lei, per la prima volta da quando aveva iniziato ad allenarsi, sorrise veramente. Attraversò il cancello della ringhiera e si avviò con lui verso il piccolo bar, in cui teneva una scorta di cioccolata, patatine, Coca-Cola e schifezze varie.
- Non dovresti prendere quella roba, ti fa male e non giova all'allenamente che stai facendo! -
- Non fare il guastafeste. Se voglio le palline al formaggio e i cioccolatini al rum, me li prendo senza problemi. Dovresti farlo anche tu - disse seria, ma con l'umorismo negli occhi. Lui le sorrise e cedette alla tentazione che quel cioccolatino stava esercitando su di lui, bevendo poi un sorso di aranciata.
- Ti facevo un tipo da cioccolato bianco - affermò ad un certo punto lei. Lui la guardò divertito, prima di rispondere.
- Non faccio preferenze per quanto rigarda il cioccolato. Tu? -
- Idem. - Si sorrisero. Rimasero a scherzare e fare spuntini per la mezz'ora seguente, senza rendersi realmente conto del tempo che passava finché Jack non guardò l'orologio appeso alla parete.
- Cavolo, sono le otto! A quest'ora annunciano le modalità di gara per febbraio! - Elsa prese un telecomando e accese il grande televisore, anch'esso attaccato al muro. Dopo aver cambiato qualche canale, trovarono quello che cercavano. Mentre il commentatore parlava, loro due lo ascoltavano attentamente, mangiando ogni tanto qualche pallina al formaggio.
Praticamente, quella di febbraio sarebbe stata la prima di tre gare: le altre due si sarebbero svolte una ad aprile a Washington e l'altra a giugno a New York. La prima era una competizione singola, per le altre non era stato comunicato.
Giorno quindici febbraio alle ore diciotto in punto.
Quando l'annuncio terminò, spensero la televisione.
- Beh, direi che possiamo anche tornare di là, giusto Jack? -















Note di quella che non merita perdono: Ehm... Salve!
Sì, lo so, ancora una volta vi ho fatto aspettare un sacco di tempo. Chiedo venia ai vostri animi misericordiosi!!!
Ok, ora che sono stata perdonata (non è vero, ma lasciatemi illudere, please), vi confesso che mi siete mancati :-)! Ormai è passato più di un mese dall'ultimo aggiornamento e, sotto insistenza leggera (ricatto) della mia dolce gemellina, rieccomi qui con i nostri amatissimi personaggi.
Vi piace il capitlo? No? Nemmeno a me, ma purtroppo non sono riuscita a fare di meglio. Non mi sentivo quasi per niente ispirata, avevo solo un paio di scene in testa e neanche mi convincevano. In più, il tempo e soprattutto la voglia di scrivere cose che non fossero stupidaggini scarseggiavano. Però ho aggiornato, alla fine, dopo un'attesa interminabile (?).
Vi voglio tanto bene e se ho scritto questa cosa non ringraziate me, ringraziate Addy, la mia amatissima gemellina che mi ha fatto promettere solennemente di impegnarmi a scriverlo. Ok, è tardi, vi saluto.
Un bacione graaaaaaaaaaaaaaaaaaaandissimo!!!
Mary <3

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