Capitolo 5 : Rivelazioni
Lena mosse appena la testa senza aprire gli occhi. Sentì una mano stringerle appena l’avambraccio e provò ad aprire le palpebre che sentiva pesanti.
Ci riuscì solo dopo alcuni momenti. Charles era lì al fianco del letto con un’espressione preoccupata.
“Come ti senti Lena?”
“Come se mi fosse passato addosso un trattore,” rispose lei con voce incerta “dove siamo?”
“A Fairfax. Siamo tornati qui non appena sei stata male.”
“Allora ho rovinato tutto!” Charles le sorrise scuotendo il capo.
“Angel, Darwin, Alex e Sean sono tutti qui con noi. Sei stata d’esempio. Darwin ha raccontato a tutti quello che hai fatto. Pensa che Raven ha trovato un nome da battaglia per tutti noi. Persino uno per te!”
“Ho paura di sapere quale.”
“Saltire, è il nome dello scudo con la croce diagonale. Hank dice che ricorda la X di X men.” Rispose Charles.
“Allora tu sei il nostro leader, professor X.” Disse Lena ancora sofferente.
“Erik sarebbe più idoneo al ruolo, credo.”
“Dovresti avere più fiducia in te stesso, Charles.”
“Al gruppo che abbiamo creato serve una guida forte. Un uomo che sappia condurci attraverso una missione rischiosa come quella in cui affronteremo Shaw.” Alle parole di Charles, Lena s’intristì.
“Forse hai ragione, forse Erik è più adatto a questa missione.”
“Non c’è bisogno di leggere i tuoi pensieri adesso per capire che ti stai riferendo al fatto che non mi credi capace di uccidere.” Fece Charles alzandosi e dandole le spalle.
“Charles, per favore, non reagire così. Se tu sapessi cosa mi ha fatto, cosa ha fatto alla mia famiglia, capiresti perché lo desidero morto.” Charles si voltò e la guardò dritta negli occhi. Lena credette che lo scudo che la rendeva tanto fiera sarebbe crollato di fronte a quello sguardo.
“Quando capirete che l’odio genera odio, che la vendetta porta altra vendetta, che dalla morte non nasce vita? Mi dispiace Lena ma finché avrò un respiro, non permetterò a te o ad Erik di proseguire su questa strada.”
“Charles, ti prego, vieni qui!” disse allora Lena allungando una mano. Charles si risedette sul letto. “Ti prego di perdonarmi. Parlo di cose di cui non so nulla. Non ho mai ucciso nessuno. Forse è per questo che sono tanto attratta dalla forza di Erik. In cuor mio però so che tu hai ragione. Non riavrò mia madre anche uccidendo Shaw. Tuttavia so che fintanto che quell’uomo vivrà, io non sarò mai al sicuro e neppure tu o Erik o chiunque io voglia nella mia vita. Devi farmi una promessa.”
“Dimmi”, disse Charles sfiorandole appena una guancia per non innescare l’empatia.
“Non anteporre mai la mia salvezza alla tua. Devi promettermi che se il Professor X dovrà prendere una decisione difficile, avrà la forza di farlo.”
“Perché mi costringi ad una simile promessa? Ormai dovresti averlo capito anche tu che tengo a te in un modo che a parole non posso esprimere.”
“Perché io tengo a te allo stesso modo e ho visto gli effetti che questo nostro legame ti causerà. Io non voglio perderti, Charles, anche se questo significa separarci. Tu sei la persona più gentile che io abbia conosciuto in vita mia.” Charles sentì il vuoto sotto i suoi piedi.
“Ho promesso ad Erik che non mi sarei intromesso tra voi.”
“Caro Charles! Credimi, non sarai tu a separare me ed Erik.” Lo sguardo di Charles si fece interrogativo poi, qualcosa improvvisamente lo spinse a girarsi nella direzione della porta. “Charles che succede?” chiese Lena. Moira piombò nella stanza.
“Charles, questo devi vederlo.” Disse indicando un fascicolo. Fu in quel momento che Lena intravide Erik sulla soglia. Charles seguì Moira in salotto e Eric esitò un istante.
“Stai bene?” chiese.
“Mi sento meglio. Starò bene. Grazie per esserti fidato di me a New York.”
“Charles ti ha detto dei ragazzi?” chiese Eric cambiando appositamente discorso. Lena annuì.
“Quanto ho dormito?”
“Cinque giorni.”
“Cinque giorni?”
“Sì. Ad un certo punto credevo che non ti saresti più svegliata.”
“Non credo che vi libererete così facilmente di me!” esclamò lei sorridendo. Erik digrignò i denti.
“Non sei pronta.” Disse piano, con decisione. Lena si guardò entrambe le mani bianche più del lenzuolo.
“Questo non spetta a te deciderlo, Erik.”
“Non permetterò più che ti succeda una cosa simile. Tu puoi essere innamorata di Charles ma questo non cambia i miei sentimenti. Non ti esporrò più ad un simile pericolo.”
“Se tu sapessi davvero chi sono, non parleresti così.” Lena lo disse con calma freddezza. Ci credeva veramente. Erik però sbatté un pugno contro lo stipite della porta e lei sussultò.
“Se tu sapessi chi sono, allora non parleresti così.” Concluse l’uomo lasciando la stanza. Lena si alzò e lo seguì nel corridoio.
“Erik!” L’uomo non dava segno di volersi voltare. “Erik Lehnsherr!” Gridò ancora e stavolta Erik si fermò senza girarsi. “Smettila di credere di essere la persona peggiore dell’universo!” Erik strinse un pugno. “Smettila di pensare che il tuo futuro consista solo nella vendetta!” Non si mosse ancora ma avvertì che Lena era arrivata fino alle sue spalle. “Smettila di credere che nessuno possa amarti!” Qualcosa nel petto di Erik tirò e sussultò quando sentì la mano piccola di Lena sulla sua schiena. “Smettila di allontanare chi ti vuol bene.” Stavolta la voce di Lena era appena un sussurro. Erik sentì che doveva muovere un passo, solo un piccolissimo passo, quello sufficiente a staccare la sua schiena dalla mano della ragazza. In passato lo aveva già fatto. Aveva allontanato chi poteva dargli amore. L’amore era una debolezza per una creatura come lui votata alla più spietata vendetta. Eppure sentì i piedi farsi di piombo, come se il pavimento fosse fatto di quello stesso metallo che lui poteva attrarre con un semplice gesto.
“Non fuggire. Io l’ho fatto. E non sono arrivata da nessuna parte.” L’amarezza con cui disse queste ultime parole fece voltare Erik di scatto.
“Ti ha portata qui. Da me.” Lena sorrise.
“Qui a temere di farti del male. Di fare del male a Charles.” Erik l’afferrò per le spalle.
“Non a me. Accetterò da te qualunque cosa tu voglia darmi, persino il male.”
“Erik!” la voce di Raven era piena d’urgenza e il tedesco si voltò lasciando andare Lena.
“Che succede?”
“Charles dice che ci sono tracce di Shaw. Non vuole portarci!” Erik la seguì a grandi falcate e raggiunse Charles che parlava con Moira.
“Che diavolo è questa storia?” chiese Erik nervoso.
“Moira ha avuto delle informazioni. Sono sicure. Shaw s’incontrerà con il capo di stato maggiore sovietico per convincerlo a piazzare dei missili russi a Cuba.”
“Così farà scoppiare la terza guerra mondiale!” esclamò Lena.
“Allora muoviamoci.” Esclamò Erik.
“Moira sta già organizzando un passaggio sicuro verso la Siberia. L’incontro avverrà lì.”
“E i ragazzi? Perché non vuoi portarli?”
“Andremo solo noi due. Loro non sono pronti.”
“Avanti, Charles! Se non entrano in azione non lo saranno mai!”
“No, Erik. Ti dico che non sono pronti.” Disse il professore a voce alta “E neanche Lena verrà con noi.” Aggiunse nella sua mente. Erik annuì.
“Cara, perché non torni a letto?” fece Charles rivolgendosi a lei “Si tratta solo di una missione di spionaggio. Non ingaggeremo battaglia in territorio ostile. Vero Erik?” Il tedesco annuì.
Per una volta Lena e Raven ebbero la medesima reazione e lasciarono la stanza quasi contemporaneamente.
“Hank, prenditi cura di tutti loro, intesi?” Il ragazzo annuì e Charles seguì Moira ed Erik fuori dall’edificio. Un attimo prima di entrare in auto però si concentrò e parlò solo a Lena.
“Mi hai chiesto di prendere decisioni difficili. Se devo proteggere Erik da se stesso non posso pensare anche alla tua incolumità e se tu venissi con noi, penserei solo a te.” Il professore salì in macchina senza sapere quale fosse stato l’effetto delle sue parole giacché non poteva leggere la mente di Lena. La ragazza però si era nascosta dietro le pesanti tende della sua stanza e guardava l’auto che si allontanava dalla villa.
Si augurò che tornassero sani e salvi e promise a se stessa che, se tutto fosse andato per il meglio, avrebbe chiarito una volta per tutte le cose con entrambi gli uomini per cui provava qualcosa.
Erik e Charles si ritrovarono, ventiquattro ore di volo dopo, nel retro di un camion per il trasporto di paglia e foraggio diretto verso la dimora del capo di stato maggiore sovietico. Ovviamente in incognito, ovviamente con la consapevolezza che se qualcosa fosse andato per il verso sbagliato, la CIA li avrebbe abbandonati al loro destino.
Seduto in silenzio, Charles guardava il suo orologio e calcolava che ora fosse a Fairfax.
“Non c’è bisogno di avere i tuoi poteri per sapere che pensi a lei.” Disse Erik.
“Non mi è concesso neppure questo? Ti ho fatto una promessa e non mi sembra di averla infranta.”
“Te ne do atto. Eppure non c’è bisogno che tu faccia nulla per attrarla verso di te. Comunque non ce l’ho con te per questo. Sono amareggiato perché le permetti di esporsi. Sto cercando in tutti i modi di tenerla al sicuro.”
“Amico mio, anche io voglio che stia al sicuro ma occorre che lei impari a controllare le sue capacità. A New York ha salvato moltissime persone. Pensa in quanti modi potrebbe essere d’aiuto a quelli che sono meno fortunati di noi!”
“Questo è il tuo problema. Devi concentrarti su di lei, non su tutti gli altri!” A queste parole Charles si stizzì.
“Tu invece l’aiuti spingendola a vendicarsi di Shaw?”
“Ficchi il naso dappertutto e non sai che le ho detto che penserò io a Shaw?” lo rimbeccò Erik.
“Credimi se ti dico che non basta dirglielo!”
“Non permetterò che le accada qualcosa.”
“Allora non metterti nei guai. Contrariamente a quello che pensi, sono certo che ti seguirebbe ovunque, anche se per questo morissi di crepacuore!” esclamò Charles. A queste parole, Erik s’incupì. “Cosa c’è, adesso?”
“Non dire queste cose. Tengo a te almeno quanto tengo a Lena!”
“Allora non farmi morire tu di crepacuore!” disse Charles ma, proprio in quel momento, il camion fece una brusca frenata. Erik mosse velocemente una mano per impedire che le ante del camion fossero aperte ma Charles lo bloccò.
“Lascia fare a me. Non muoverti però!” disse mentre dei soldati russi ispezionavano il camion senza accorgersi di loro. Quando il pericolo fu scampato, Erik mise una mano sulla spalla dell’amico.
“Certo che i tuoi poteri sono straordinari. C’è ancora qualcosa che sai fare e di cui non so nulla?” Charles sorrise ma non rispose perché il camion si fermò di nuovo. Stavolta fu Moira ad avvertirli che erano arrivati.
Nonostante le loro attese, ad incontrare il generale sovietico non c’era Shaw. Emma Frost, la mutante anch’ella col dono della telepatia che sempre accompagnava Shaw, si era presentata al posto suo.
Erik, su tutte le furie, si lanciò comunque all’inseguimento della bionda nemica e Moira ammonì Charles dal seguirlo.
“E meno male che non voleva farmi morire di crepacuore!” Esclamò l’inglese. “Mi dispiace Moira, non posso abbandonarlo.”
Charles riuscì a cancellare nei soldati la memoria del passaggio di Erik e arrivò dall’amico giusto in tempo per impedisse che ferisse a morte Emma Frost.
“Posso ritenermi soddisfatto,” disse Erik “è tutta tua! Fatti dire dov’è Shaw!” Charles si concentrò ma la donna sorrise.
“Che hai da ridere?” chiese Erik. Emma ghignò.
“Il professore è preoccupato per Saltire! E’ così che l’avete chiamata, giusto?”
“Saltire?” chiese Erik.
“E’ il nome che Raven ha dato a Lena.” Rispose Charles.
“Lena? Poveri illusi!” rise di nuovo Emma e Erik le fu addosso in un passo.
“Ti toglierò questa voglia di fare la strafottente, signorina di cristallo!” esclamò il tedesco riferendosi all’abilità di Emma di assumere la forma di diamante.
“Fa pure ciò che vuoi ma resti uno stupido Erik Lehnsherr.” L’uomo fece per colpirla ma Charles lo fermò.
“Lasciala parlare, Erik. Cosa sai di Lena?”
“Il suo nome non è Lena. E lei non è vostra amica. Fugge da Sebastian ma verrà il momento in cui dovrà tornare al suo fianco!”
“Che stai dicendo?” chiese Erik.
“Lena non starà mai dalla parte di Shaw” esclamò Charles “e il suo passato non c’interessa!”
“Stupidi. Quello è il suo destino. Può fingere quanto le pare di stare dalla vostra parte ma il sangue chiama il sangue!”
“Ti sbagli! Lei odia Shaw!” disse Charles.
“Questo non cambia il fatto che sia suo padre!” disse Emma e Erik sentì il sangue ribollire al punto che colpì la donna talmente forte da farle perdere i sensi.
“Erik, per l’amor del cielo! Potevi ucciderla!”
“Hai sentito cos’ha detto di Lena?”
“E tu vuoi credere a ciò che dice il braccio destro del nostro peggior nemico?” fece Charles fronteggiandolo “E ora, per favore, andiamo via di qui. Non riuscirò a bloccare tutti a lungo.”
Charles non diede modo ad Erik di dubitare che pensasse davvero ciò che gli aveva detto in quel momento ma la sua mente non riuscì più a smettere di pensare al fatto che Emma Frost avesse detto, indubbiamente, la verità.
Non avevano ricevuto alcuna notizia.
Moira non aveva fatto sapere se il contatto con Shaw c’era stato o meno. Leggeva mentre Hank, Raven e i ragazzi ridevano dei loro nomi di battaglia. Improvvisamente le risa furono interrotte da un rumore. Sembrava come un forte vento. Shila ringhiò. Lena scattò in piedi e richiamò Hank.
“Dobbiamo andarcene da qui.”
“Come? E perché?” rispose lo scienziato. Lena non poté rispondere perché la porta che chiudeva la stanza fu divelta e schizzò verso la finestra. Lena si nascose con Hank dietro il bancone della cucina un attimo prima che Shaw entrasse nella stanza.
“Salve a tutti voi!” fece Shaw spalancando le braccia “Probabilmente avete sentito parlare di me. Vi hanno detto che sono il cattivo, che sono un mostro. Ebbene scoprite da soli se è così. Io sono come voi, non come quelle persone qui fuori che vi prendono in giro con l’intenzione di sfruttare i vostri poteri. Loro vi useranno e poi vi sopprimeranno. Sopprimeranno ogni vostro talento! Unitevi a me! Diventate parte dell’inizio di una nuova era. Noi siamo i figli dell’atomo, gli eredi di questo mondo.”
Alex, Sean, Darwin e Raven indietreggiarono ma Angel prese la mano di Shaw.
“Angel, cosa fai?” chiese Darwin.
“Qui mi guardano peggio che al night club. Ci hanno reclutati per combattere, giusto? Bene. Io sto con il più forte.”
“Brava, bambina mia,” disse Shaw “ma c’è un’altra persona che deve venire via con noi. Dove ti sei cacciata, mia cara?” Lena rabbrividì ed Hank le strinse di più la mano. “Se non vieni fuori, mia cara, qualcuno si farà male!” Minacciò Shaw e la sua minaccia non rimase vana. Darwin pagò il conto della collera di Shaw e anche Alex e Raven avrebbero fatto la stessa fine se Lena non fosse corsa fuori dal suo nascondiglio.
“Fermati! Basta!” gridò la ragazza.
“Eccoti!” esultò Shaw battendo le mani come un bambino “sei cresciuta tanto, mia cara!”
“Non chiamarmi ‘mia cara’. Non hai ancora capito che l’unica cosa che desidero è vederti morto?” Shaw rise di gusto.
“Vorrei poter dire che somigli tanto a tua madre ma non è vero. Ho fatto uno splendido lavoro con te!” Alle parole di Shaw, Hank guardò Lena.
“Che significa? Tu lo conosci?”
“Sta indietro Hank!” gridò Lena “E tu,” disse rivolgendosi a Shaw “non nominare mia madre, non ne sei degno!” Una specie di bolla d’aria si espanse dal corpo di Lena e spostò indietro Shaw e i suoi da un lato ed Hank e gli altri ragazzi dall’altro. Approfittando del momento, Alex usò il suo potere per attaccare il mutante dalla pelle rossa e quello che aveva divelto la porta con il potere di creare turbini. Il primo afferrò la mano di Angel e quella del suo compagno e sparì per riapparire, da solo, un istante dopo accanto a Lena. La ragazza, presa alla sprovvista, tentò di scappare ma finì per essere catturata da Azazel. Shaw si congedò facendo esplodere la struttura in cui Hank stava perfezionando Cerbero.
Raven fu la più veloce a riprendersi dallo shock.
“Questo non piacerà a Charles e anche Erik andrà su tutte le furie.”
“Darwin è morto!” esclamò Sean “Credo che sia abbastanza chiaro che non è stata una buona idea quella di mettersi contro quel tizio. Quello assorbe l’energia nucleare! Io frantumo il vetro con le corde vocali! Non è decisamente un avversario alla mia portata.”
Hank s’accorse che il più demoralizzato era Alex. Era l’energia liberata da lui che Shaw aveva usato per uccidere Darwin.
“Alex, non è colpa tua. Darwin voleva solo proteggere Angel. E’ lei che ha sbagliato.”
“Hank, Sean ha ragione. Lo hai visto anche tu, no? E’ troppo forte.”
“Rammolliti!” urlò Raven “Non possiamo abbatterci per quello che è successo! Angel è una traditrice ed è per colpa sua che abbiamo perso Darwin! Però possiamo andare in aiuto di Lena, no?”
“Davvero, Mystica?” la canzonò Sean.
“Anche se volessimo,” disse Hank cercando di calmare gli animi di tutti, “come faremmo a trovarli? Persino Cerebro è andato distrutto!” Raven sorrise.
“Siamo nel quartier generale della CIA! Da qui possiamo cercare e trovare qualsiasi cosa!”
“Sono d’accordo!” fece Alex.
“Anche se fosse, come entriamo nella sala dei bottoni? Non abbiamo autorizzazione per accedere alle aree riservate del palazzo!” Sbuffò Sean.
“Voi no,” fece Raven cambiando forma “ma io sì!” disse assumendo le sembianze di Moira. Hank sorrise sornione e i ragazzi, nuovamente combattivi, s’incamminarono per i piani superiori.
Il volo di ritorno dalla Siberia fu tremendamente silenzioso.
Moira era di pessimo umore. Avrebbe dovuto dare più di una spiegazione al suo capo e si augurava che la cattura di Emma Frost fosse elemento sufficiente ad evitare almeno il licenziamento.
Erik aveva messo su l’espressione peggiore che aveva in repertorio e non aveva proferito parola perso com’era nei suoi pensieri.
L’unico che manteneva un briciolo di ottimismo su come si sarebbero evolute le cose era Charles. Quella flebile speranza, tuttavia, mantenuta fino all’atterraggio e per tutto il tragitto che dall’aeroporto conduceva a Fairfax, si spense non appena fu in grado di vedere la sagoma dell’edificio della CIA in lontananza.
“E’ successo qualcosa!” si agitò ed Erik si sporse dal finestrino per dare un’occhiata. Un’intera ala del palazzo era in frantumi. Alla macchina fu impedito l’accesso all’area dell’incidente e Moira dovette mostrare il suo tesserino per farsi strada fino ad alcuni dei suoi colleghi.
“Cos’è successo qui?” chiese.
“Dovresti saperlo!” le fu detto di getto “Hai organizzato tu il primo soccorso.” Prima che Moira potesse obiettare che era appena rientrata dalla Siberia, Charles la prese per un braccio e la tirò indietro.
“Ho visto la sua mente. Hai coordinato tu i soccorsi. Dice la verità.”
“Ma io ero con voi!”
“Lo so,” disse Charles “è stata Raven, ha assunto il tuo aspetto.”
“E perché mai?”
“Perché così ha potuto portare fuori i ragazzi!” sputò Erik che si era allontanato per dare un’occhiata intorno “Non erano al sicuro qui! Noi cercavamo Shaw dall’altra parte del mondo e lui è venuto in casa nostra a farci questo!” disse gridando e gli oggetti di metallo nel giro di una ventina di metri cominciarono a tremare attirando l’attenzione di tutti i presenti.
“Calmati Erik. Moira, devono esserci delle riprese dell’accaduto. Fattele consegnare. Dobbiamo capire cosa è accaduto.”
Moira si diede da fare e dopo una ventina di minuti erano in una stanza dell’ala ancora in piedi dell’edificio a guardare le riprese degli avvenimenti.
“Ha ucciso Darwin! Ha preso Lena!” gridò Erik “Dannazione, Charles! Avremmo dovuto fare a modo mio sin dal principio!” fece uscendo e sbattendo la porta.
“Mi dispiace tanto, Charles.” Disse Moira mettendo una mano sulla sua. Charles si sforzò di sorriderle ma ciò che riuscì a tirare fuori fu una smorfia che sapeva di dolore.
“Scusami Moira, seguo Erik. Non vorrei che facesse qualche sciocchezza.”
Appena fu fuori dalla stanza, si lasciò andare contro una parete. Erik aveva ragione? Aveva sbagliato a raccogliere quei ragazzi, ad esporli al rischio. Aveva voluto lasciare Lena lì per non farle correre rischi e Shaw l’aveva rapita. Dal video non c’era alcun dubbio che la ragazza avesse fatto resistenza. Per non parlare di Raven. Era come una sorella per lui e l’aveva persa. A quel pensiero, tuttavia, si rianimò. Il video si concludeva con Raven che assumeva l’identità di Moira. Per quale ragione? Provò a ragionare come lei e si rialzò. Con il suo potere, cercò Erik e lo individuò nell’ala rasa al suolo da Shaw.
Quando lo raggiunse lo trovò in piedi in quella che era stata la stanza di Lena.
“Erik, ho avuto un’idea. Credo di sapere dove sono andati i ragazzi. Se conosco bene mia sorella, sono certo che siano andati a cercare Lena ed Angel.” Erik non si voltò. “Erik, cosa c’è? Mi hai sentito?” A quelle parole, il tedesco si voltò. In una mano teneva uno zainetto, nell’altra un foglio che allungò a Charles senza dire una parola. Il professore lo prese e lesse. I suoi occhi blu si fecero, se possibile, più grandi ed intensi poi, si sollevarono fino a fissarsi sul viso di Erik.
“E’ tutto vero, Charles. Non si chiama Lena Pike. Il suo nome è Elena Schmidt. E’ figlia di Shaw.”
Charles avrebbe voluto dirgli che questo cambiava ogni cosa, che dovevano dimenticare i sentimenti che provavano per lei perché frutto di un mucchio di menzogne e che avrebbero dovuto pensare solo a Raven e ai ragazzi perché quelli sì, erano una loro responsabilità.
Camminò fino a fronteggiarlo e parlò.
“Amico mio, la prima volta che l’abbiamo incontrata ha pianto per il tuo dolore, ricordi?”
“E questo cosa c’entra?” quasi ringhiò Erik.
“Ha mentito sulla sua identità perché lei stessa soffre per essere la figlia di Shaw. Ha mai fatto niente di male nei nostri confronti? Quando le è stato possibile, ci ha aiutati. Per me, lei è Lena. Non ho intenzione di giudicarla per qualcosa di cui non ha colpa.”
“Se non ha colpa, perché ha mentito?” Charles si spazientì.
“Perché tu sei stato sincero?”
“Lo sono stato fin dal primo momento!” sputò fuori Erik accorciando la distanza fra loro.
“Non è vero, amico mio. Tu hai deciso fin dal principio di uccidere Shaw che io fossi d’accordo o meno. Dio solo sa se la pensiamo diversamente su un mare di cose ma io ho deciso che per me non avrebbe avuto importanza perché ho fiducia in te.”
Erik abbassò lo sguardo e accartocciò il certificato di nascita di Lena. La rabbia che provava, in cuor suo lo sapeva, non dipendeva dalla menzogna che gli aveva raccontato Lena ma dalla sua incapacità di concepire che qualcosa che aveva a che fare con Shaw non meritasse di venire spazzato via dalla faccia della Terra. La voce di Charles tornò conciliante.
“Erik, ti prego, prova a ragionare. Lo hai visto tu stesso nel video. L’ha portata via con la forza. E come se ciò non fosse sufficiente, Shaw ha ucciso Darwin. Ora Raven e gli altri si sono messi sulle sue tracce. Non sanno niente dei rapporti tra Lena e Shaw. Dobbiamo trovarli prima che accada qualcosa di ancora peggiore.” Erik annuì.
“Ti aiuterò. Solo per i ragazzi. Loro sono una nostra responsabilità.” Charles si voltò e gli fece strada ma si fermò dove un tempo c’era la porta della stanza della ragazza.
“Lei lo sapeva.” Erik capì che si riferiva a Lena.
“Cosa?”
“Che vi sareste separati.”
“Io non so perdonare, Charles.”
“Però l’ami.”
“Non al punto di perdonarla e se per proteggerla ti metterai contro di me, Charles, non perdonerò neanche te.”
Erik rimase immobile aspettando la reazione del suo migliore amico. Non accadde nulla. Charles s’incamminò come se le parole di Erik non gli avessero fatto male come fossero lame infilate nella schiena.
Lena si asciugò le lacrime col dorso della mano. L’avevano rinchiusa nel sotterraneo di una vecchia cementeria. Tutti i tubi di metallo e i macchinari che dovevano aver trovato posto laggiù erano stati smontati. Certamente Shaw temeva il potere di Erik. Di questo era certa. L’accesso al piano era rappresentato da una botola chiusa con assi di legno. Il suo potere psichico era inutile.
Il rumore di passi che percepì annunciò la visita. Shaw era solo. Poggiò un bicchiere pieno d’acqua su uno scalino e sorrise.
“Per te.” Lei non rispose. “Intendi mantenere il silenzio? Va bene. Parlo io, mia cara. Ti conviene valutare bene la tua posizione. Sei sola nella tana del lupo e credimi, per quanto apprezzi i tuoi poteri, sono del tutto inutili contro di me. Se credi che qualcuno verrà in tuo soccorso, ti sbagli grossolanamente. In Russia ho fatto in modo che la mia adorabile Emma informasse i tuoi amici del nostro rapporto di parentela.” A quelle parole, Lena non riuscì a nascondere la sorpresa. Strinse una mano nell’altra. “Ora che lo sai, puoi decidere con maggiore cognizione di causa. Per loro sei una traditrice. Lo sei anche per me, ma io sono tuo padre e, se sarai gentile e obbediente, io ti perdonerò.” Disse l’uomo allargando le braccia simulando misericordia.
Lena agitò un braccio in modo violento e il bicchiere d’acqua s’infranse contro la parete.
“Come credi, figliola. Io sono un padre paziente. Ho aspettato finora, aspetterò ancora.” Shaw se ne andò come era arrivato.
Lena si alzò e tirò un pugno contro il muro. Sapeva che sarebbe successo. Sapeva che prima o poi Charles ed Erik avrebbero scoperto la verità ma mai avrebbe voluto che accadesse in quel modo. Avrebbe voluto avere il coraggio di farlo lei stessa. L’avevano scoperto nel modo peggiore. Mentre non riuscì più a trattenere le lacrime, le venne da ridere. Poteva prendere in giro se stessa ma sapeva qual era la verità.
Charles l’avrebbe biasimata per la menzogna, ne sarebbe stato deluso, ma avrebbe compreso. Lui avrebbe saputo perdonare.
Erik no. Se mai c’era stato qualcosa tra loro, era tutto finito. Se mai l’avesse reincontrata, l’avrebbe uccisa. Forse le avrebbe dato la caccia come aveva fatto con tutti gli altri compari di Shaw. Si lasciò ricadere contro la parete. Sarebbe stato un buon modo di morire.
Il piano di Raven aveva funzionato alla perfezione.
Nei panni di Moira aveva coordinato il primo soccorso alla sede della CIA e poi era riuscita a sfruttare la sfiducia che gli agenti avevano per i mutanti usando il rilevatore che avevano messo nell’uniforme di ognuno di loro per rintracciare Angel.
Il segnale li aveva condotti fino ad una vecchia cementeria non lontano da Fairfax. Hank le aveva confessato che non credeva affatto che quella potesse essere la base operativa di Sebastian Shaw e che probabilmente si era fermato lì solo per tendere una trappola ad eventuali inseguitori.
Alex e Sean non si erano tirati indietro neppure di fronte a questa possibilità e avevano convinto Raven che, se erano arrivati fin lì, dovevano fare un tentativo di salvare Lena.
“I ragazzi hanno ragione, Hank, siamo arrivati fino a qui. Siamo gli X men, no?”
“Saremmo gli X men se il professor X fosse qui con noi.” Ironizzò Hank dimostrando di voler andare dritto al punto. Anche Raven sapeva che con Charles ed Erik sarebbe stata tutta un’altra storia, però rifiutava l’idea di arrendersi.
“Lo so. Non voglio commettere imprudenze. Tu e Sean restate qui e vedete se riuscite a usare la radio di una di quelle jeep per contattare gli agenti di Moira. Se Shaw è qui, probabilmente anche gli altri sono rientrati alla base.” Sean provò a lanciare un’idea.
“Potresti amplificare una delle mie onde sonore verso quella mega antenna che hai costruito per il professore?”
“Cerebro è stato compromesso ma forse funziona ancora come ricevitore di onde radio. Possiamo tentare. Purtroppo i rilevatori delle nostre uniformi sono a corto raggio. Non ci troveranno a questa distanza da Fairfax. Vale la pena fare un tentativo. E voi cosa avete intenzione di fare?”
“Prenderò le sembianze di uno degli sgherri di Shaw. Cercherò Lena mentre Alex mi coprirà le spalle dall’alto. Cerchiamo di non farci scoprire.”
“E Angel?” Chiese Sean.
“Me ne occupo io, se ce ne sarà bisogno.” Rispose con determinazione Raven.
I ragazzi si divisero fiduciosi che sarebbe andato tutto per il meglio.
Hank e Sean riuscirono a lanciare il loro sos mentre Raven assunse le sembianze di Azazel per entrare nella cementeria senza dare nell’occhio. Alex si nascose sul tetto e cercò di non perderla di vista nemmeno per un istante.
Raven fu davvero in gamba ad assumere di volta in volta le sembianze giuste per scoprire che Lena era nel sotterraneo. Vide Shaw in persona scender nella prigione di Lena e si nascose aspettando il momento giusto per intervenire.
Aspettando il momento giusto però, ascoltò tutto il discorso di Shaw. Raven fu attraversata da un mare di emozioni. Lena non le piaceva. Sapeva esattamente per quale motivo. Era entrata nel cuore di Charles. Come se non bastasse, aveva conquistato anche Erik.
Lo aveva fatto giocando sporco. Perché era la figlia di Shaw.
Tuttavia mentre stava per voltare le spalle a quella maledetta bugiarda, la vide piangere.
Lena non era blu. Non aveva dovuto nascondere le sue sembianze per evitare di sembrare un mostro agli occhi della gente. Eppure si nascondeva esattamente come lei. Soffriva per ciò che era esattamente come lei. Decise che l’avrebbe tirata fuori da lì. Ci avrebbero pensato Charles ed Erik a farle pesare tutte le sue bugie. Uscì dal suo nascondiglio assumendo l’aspetto di Angel.
“Tu non mi sei mai piaciuta.” Disse guardando la sagoma rannicchiata contro la parete opposta.
“La cosa è reciproca.”
“Ammetto che sei stata brava ad ingannare tutti. Credevano davvero che fossi loro amica. Soprattutto il professore.”
“Sono loro amica.”
“Sei la figlia di Shaw.”
“Non l’ho scelto io.”
“Lui ti vuole al suo fianco. Sei la sua famiglia.” Lena rise.
“Non vuole me. Vuole le mie capacità.”
“Lo scudo?” Lena si alzò e guardò la sua interlocutrice dritta negli occhi.
“E tu che ne sai? Non mi hai mai visto adoperare lo scudo.” Angel rise mentre il suo aspetto cambiava. “Raven! Che ci fai qui?”
“Pensavo di dover andare in aiuto di un’amica. A quanto pare non è così.” Lena annuì.
“Dovresti andartene. Tra le fila di Shaw c’è una telepate.”
“Ho dato un’occhiata in giro. Ci sono solo quelli che hanno attaccato Fairfax. Adesso dimmi cosa vuole quell’uomo da te.”
“La mia capacità di prevedere gli eventi.” Raven lo trovò logico.
“Allora dobbiamo andarcene il prima possibile.”
“Mi aiuterai ugualmente?”
“Non mi piaci, lo sai, ma se non vuoi aiutare Shaw per me va bene. Ti farò uscire di qui ad una condizione.”
“Dimmi.”
“Te ne devi andare.”
“Come?”
“Hai capito. Te ne devi andare. Devi sparire dalla vita di Charles. Lui non si merita questo.” Lena annuì.
“Lo capisco.”
Raven prese le sembianze di una guardia e guidò Lena fuori dal sotterraneo. Si sentì al sicuro quando riconobbe di nuovo la sagoma di Alex. Commise un’errore perché un vortice di aria violenta le colpì entrambe. La voce di Shaw invitò Raven a rivelarsi.
“Non avrete un’altra possibilità. Unitevi a me o morirete qui e ora. Sappi, Lena, che preferisco ucciderti piuttosto che dare il tuo dono a qualcun altro.”
“Lei non è una tua proprietà!” Urlò Raven riprendendo il suo aspetto.
“Di più, invero! Lei è una mia creazione.” Raven stava per reagire quando sentì la mano della ragazza al suo fianco stringere sul braccio.
“Ad ogni modo preferisco morire che passare dalla tua parte.”
“E sei disposta a sacrificare la vita della tua amica?” Lena guardò Raven e poi suo padre. Scosse il capo.
“Brava bambina.”
“Devi lasciarla andare. Lasciala andare e avrai ciò che vuoi.”
Shaw avanzò verso le due donne e Lena fece un passo avanti come a voler fare da scudo a Raven. Shaw allungò una mano verso di lei ma, in quel momento, una serie di pali di ferro che erano accatastati sul tetto dell’edificio piombarono intorno all’uomo, bloccandolo.
Lena e Raven alzarono lo sguardo all’unisono e videro, in cima alla scala di cemento nudo che scendeva nello spiazzo in cui erano, Erik e Charles.
Il mutante che controllava il tornado tentò di mandarli al tappeto con uno dei suoi vortici ma Sean che era sopraggiunto con Hank, lanciò contro di lui uno dei suoi urli disumani e lo stese.
Azazel, valutando una palese inferiorità numerica, sparì e ricomparì alle spalle di Shaw e lo liberò.
“Non ce ne andremo senza Lena.” Ordinò Shaw e Azazel sparì di nuovo. Lena però fu più lesta e prese a correre in mezzo alle colonne di cemento armato per nascondersi.
Charles tuttavia, fu più rapido di tutti e bloccò chiunque fu in grado di controllare evitando di coinvolgere Lena ed Erik.
“Erik non riuscirò a fermare Shaw a lungo. E’ molto potente. Trova Lena!” Erik invece che dargli ascolto, raggiunse Shaw e lo colpì sbattendolo a terra. Questo ebbe l’effetto di liberare il mutante dal controllo di Charles.
“Erik!” Gridò il professore per cercare di fermare la rabbia dell’amico.
“E’ inutile, mio straordinario telepate! Erik non conosce niente altro che rabbia e rancore. Lo so perché è opera mia. Quello che non ha ancora capito è che rabbia e rancore mi rendono più forte.” Disse con calma Shaw schioccando le dita. Un specie di bomba esplose tra le colonne della cementeria scaraventando Lena di nuovo nello spiazzo. La ragazza si lamentò. Charles nel vederla dolorante a terra, perse il controllo del suo potere su Azazel e Riptide. Azazel raggiunse Lena e la sollevò stringendola per il collo.
“No!” Urlò Charles liberando anche i suoi compagni e temendo il peggio.
Erik invece ne approfittò per portare un pezzo di metallo affilato alla gola di Shaw. L’uomo rise nonostante il metallo gli stesse lacerando la pelle.
“Facciamo uno scambio. Tu mi lasci vivere e io lascio vivere Lena.”
“Dovrebbe importarmi?” Chiese sprezzante Erik.
“Decidilo tu. Fai in fretta perché non le resta molta aria nei polmoni.” Erik non si voltò a guardare la ragazza. Spinse ancora un po’ il metallo nel collo di Shaw. La voce di Charles fu subito nella sua testa.
‘Ti ha portato via tua madre. Vuoi che ti porti via anche lei?’ La mano di Erik, quella che controllava l’arma improvvisata alla gola di Shaw, tremò appena. Rispose mentalmente a Charles.
‘Non la ucciderà. E’ sua figlia.’
In quel momento però percepì l’angoscia che Charles stava provando.
“Oggi è il tuo giorno fortunato.” Disse a Shaw allentando appena la pressione della lama. Shaw fece un cenno ad Azazel e lui lasciò andare Lena che ricadde in terra.
Erik mollò definitivamente la presa sull’arma e Azazel si affrettò a farli sparire tutti.
Charles corse da Lena che respirava a fatica.
“Come stai?” Chiese con un’espressione carica di apprensione e con un tono di voce calmo e dolce. La ragazza non rispose. Sollevò lo sguardo e, quando incrociò quello di Raven, si ricordò della promessa che le aveva fatto.
“Sto bene.” Charles l’aiutò ad alzarsi.
“Ce la fai a camminare?” Chiese ancora ma Raven rispose al suo posto seccata.
“Ce la fa! Sta bene. Lo vedi da te, no? E comunque ce l’avete fatta ad arrivare. Voi siete andati a cercare Shaw e noi lo abbiamo trovato!”
“Non è un cosa su cui scherzare, Raven. Non avreste dovuto avventurarvi in una cosa simile senza di noi!” Raven scosse le spalle e si girò prendendo a camminare verso l’uscita.
“Raven! Dove vai? Non abbiamo ancora finito.” Esplose Charles seguendola. Anche Sean, Alex ed Hank fecero lo stesso.
Lena rimase immobile a guardarsi i piedi. Erik la superò senza dire niente. Lei sentì il suo cuore fermarsi un attimo. Guardò le spalle dell’uomo che si allontanava mentre le lacrime cominciavano a pungerle gli occhi e la vista si faceva liquida. Quando lo vide girare l’angolo, trovò la forza di voltarsi a propria volta e prendere la direzione opposta.
Si nascose dietro una colonna appena in tempo. Charles era tornato indietro a cercarla.
“Lena! Lena dove sei?” Nell’udire la sua voce Lena non riuscì più a trattenere le lacrime. Si coprì la bocca con una mano per evitare che lui la sentisse singhiozzare.
‘Mi dispiace professore, non sono una che puoi leggere io.’ Pensò. Lo vide camminare avanti e indietro per qualche attimo poi fermarsi e mettere le mani sui fianchi. Guardò in terra e poi in cielo. Quando lei si convinse che sarebbe andato via, parlò.
“Lo so che sei ancora qui. Lo so. Lo sento. Anche se non posso leggere la tua mente. Perché non vuoi venire via con noi? Pensi che essere la figlia di Shaw sia una colpa? Nessuno nasce buono o cattivo, Lena. Io non posso leggere la tua mente. Potrei sentire le tue emozioni se venissi fuori e mi sfiorassi. Tu potresti sentire le mie. Sapresti. Non andartene senza una parola.”
Lena piangeva soffocando i singhiozzi. Non poteva. Anche se lo desiderava con tutta se stessa. Poi percepì la presenza di Erik.
“Se n’è andata perché sa che sappiamo la verità. Me lo ha detto Raven. Se mai tu ti sei fidato di lei, lei non si è fidata di te.”
“Però l’hai salvata. Hai lasciato andare Shaw.”
“L’ho fatto per te. Perché tu l’ami. Ora andiamo.” Lena sentì le gambe cedere e si lasciò scivolare contro il cemento armato. Entrambe le mani sulla bocca.
Charles infilò entrambe le mani in tasca e si diresse verso l’uscita senza aggiungere altro.
Lena si asciugò gli occhi con il dorso di una mano e si decise ad andare via.
Eppure non si muoveva. Fu quando si rese conto che non riusciva a mettere un passo che capì che era il metallo nella sua cintura che la tratteneva. Non si voltò. La voce di Erik la trafisse.
“Credevo fossi coraggiosa. Credevo fossi sincera. Credevo fossi determinata. Invece sei una smidollata, vigliacca, bugiarda e patetica ragazzina. Fai bene a sparire senza lasciare traccia. Non meriti la bontà di Charles.”
Fu allora che Lena si voltò, gli occhi pieni di lacrime.
“Non la merito. Per questo vado via. Tu hai ragione su tutto. Hai sempre avuto ragione. Non ti dirò che i miei sentimenti per voi sono stati sempre sinceri e non ti chiederò perdono per i miei sbagli. Tu sai, meglio di chiunque altro, che siamo il frutto di ciò che abbiamo vissuto. Io non posso essere migliore di così. Quindi ora lasciami andare.”
Le lacrime sul viso di Lena cadevano senza sosta. Erik sentì qualcosa tirare dentro.
“Lui ti ama.” Udendo quelle poche parole, Lena gridò.
“Smettila di ripeterlo! A te che diavolo importa?” Erik strinse un pugno e Lena fu tirata fra le sue braccia. Lui la strinse e Lena sentì i sentimenti di Erik entrarle dentro con prepotenza. Lui le prese il viso bagnato tra le mani e la baciò incurante di quali emozioni sarebbero rimbalzate da Lena fino alla sua mente.
Lei si lasciò andare, stanca di resistere ai suoi stessi desideri. Quando le loro bocche si separarono, Erik mollò la presa sul metallo della sua cintura.
“Il dolore che ti porti dentro è il mio stesso dolore. Non andartene. Io ti amo. Non voglio perderti.” Lena rimase attaccata al petto di lui come se fosse fatta anche lei di metallo e non riuscisse a staccarsene.
“Se resto uno di voi due soffrirà.” Disse sottovoce ma con fermezza.
“Sia io che Charles ne siamo consapevoli.”
“E le mie visioni? Ti sei dimenticato le mie visioni di morte?”
“Ti ho già detto che lo proteggerò. Vi proteggerò entrambi.”
“Ho promesso a Raven che se mi avesse liberato da Shaw, sarei sparita.”
“Capirà.”
“Non lo farà.”
“Non è una bambina.”
Lena trovò la forza di lasciare il caldo abbraccio di Erik e lo guardò negli occhi.
“Andiamo allora.”
Quando raggiunsero gli altri, Lena andò subito con lo sguardo a Charles. Lo sguardo di lui era caduto subito sulla mano di Lena stretta in quella di Erik. Lei ebbe la tentazione di ritirarla ma non lo fece. La forza di Erik l’attraversava ed era l’unica cosa che la teneva in piedi. Charles la guardò e le sorrise con dolcezza. Dopodiché si voltò e raggiunse Moira e Raven.
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