50 Sbavature di Vegeta 2 ~ The Prince Strikes Back di Zappa (/viewuser.php?uid=168901)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Egocentrico ***
Capitolo 2: *** Sensibile ***
Capitolo 3: *** Innamorato ***
Capitolo 4: *** Ponderato ***
Capitolo 5: *** Tecnologico ***
Capitolo 6: *** Esasperante ***
Capitolo 7: *** Filosofo ***
Capitolo 8: *** Tata ***
Capitolo 9: *** Imperatore ***
Capitolo 10: *** Strano ***
Capitolo 11: *** Destinato ***
Capitolo 12: *** Casalingo ***
Capitolo 13: *** Festaiolo ***
Capitolo 14: *** Cupido ***
Capitolo 15: *** Coinquilino ***
Capitolo 16: *** Neopatentato ***
Capitolo 17: *** Genitore ***
Capitolo 1 *** Egocentrico ***
La battaglia contro Majin Bu era difficile.
Be', non
che si aspettasse un picnic in un campo di margheritine ma, cavolo, se era
difficile.
Prima di
tutto, Vegeta aveva scoperto che odiava assolutamente il colore rosa e
avere a che fare con una Big Babol gigante e
appiccicosa, come quelle che ti si attaccano sotto la suola delle
scarpe quando cammini per strada, era un disastro.
Insomma,
come fai?
Cerchi di
pulirti la scarpa in giardino o su un prato, ma, magari, calpesti una
cacca di cane e ti ritrovi con gli stivali da buttare. Più
ti pulisci, più gli stivali ti si sporcano. Dai fuoco agli
stivali ma alla fine la gomma è ancora là,
irriverente, attaccata alla suola. Allora ti spari direttamente al
piede ma a quell'altro, azzoppandoti.
È
un problema, diamine.
Secondo di
tutto, tutto quello che avevano fatto fino a quel momento era stato completamente
inutile; prima, palla di lardo gli aveva maciullato le ossa, quando,
versione Majin, era stato costretto al suicidio e dopo, si era dovuto
fondere con Goku... – un'esperienza al limite del
paranormale, come se ci fosse finito a letto, più o meno...
avrebbe avuto gli incubi a vita, probabilmente – per poi
ritrovarsi, nuovamente, da capo.
Ora erano
nella mente del corpo bavoso di Buu, circondati da torte, cioccolatini
e canditi, e con il mostro che li assediava.
<<
Vegeta, dobbiamo agire di squadra! >> ripeteva, sull'orlo
dell'isteria, Goku, anche se, le sue idee, dopo un po', stavano
iniziando a fare cilecca.
Infatti, la
sua unica strategia era "COLPISCILO DURO!" ma dopo l'ennesimo
tentativo, il mostro aveva iniziato a cambiare manovra, agendo in
velocità ed evitando i loro colpi facilmente.
E
così, sotto i colpi energetici di Buu e al suono della sua
risatina da monello, Vegeta stava iniziando a schizzare di brutto.
<<
DIAMINE KAKAROTH! SE MI DICI ANCORA UNA VOLTA 'COLPISCILO DURO', TI
SPEZZO LA SCHIENA! L'HA CAPITA LA TECNICA, NON È MICA SCEMO
COME QUALCUNO QUI DENTRO >>
<<
Come chi?! >> lo interruppe sgomento Goku per poi
guardarsi intorno.
C'era
qualche scemo lì con loro?
Ma che ci
faceva là?
Era
pericoloso!
Vegeta
stava già alzando gli occhi al cielo e per rispondergli per
le rime, quando vide comparire alle spalle del compare il mostro,
cogliendolo di sorpresa.
<<
ATTENTO, KAKAROTH! >>
<<
Cos- >>
Ma il
mostro, uscito da una parete, si era avvinghiato, appiccicoso come,
appunto, una Big Babol, a Goku e stava cercando di mangiarselo,
inglobandolo tra le sue membra. Una cosa da far accapponare la pelle.
Che schifo.
<<
AHHHHHH! >>
Gridava
disperato il più piccolo alieno mentre Vegeta si guardava
intorno per trovare una soluzione per aiutare lo scemo (Che
è Goku. Lo dico per tutti coloro che si sono connessi solo
ora e che ci seguono da casa).
Più
Vegeta si aggirava per la scatola cranica del mostro alla ricerca di un
bastone, un sasso, un caspiterina di stivale da tirare in testa al
mostro, più quello si attorcigliava attorno a Kakaroth che,
disperato, cercava di dinoccolarsi fuori dalla sua presa.
Un po' come
giocare a Twister, avete presente?
Tu fai una
mossa, l'altro ne fa un'altra e dovete tutti e due correre all'ospedale
per l'ernia al disco o per lo stiramento di qualche muscolo:
allontanava il braccio e quello gli stringeva la caviglia, allungava il
collo in cerca di aria e quello si attorcigliava ancora di
più attorno alle costole, lo sbrigliava dalle gambe e quello
andava a toccare il...
Naso, cosa
pensavate?
Vegeta,
intanto, che stava ancora cercando qualche appiglio a cui appigliarsi,
vide improvvisamente Goku cercare di tirare su la testa per respirare e
il mostro, subito dopo, azzannargliela, come uno zombie in cerca di un
cervello delicato.
Spalancò
gli occhi per la sorpresa: eh no, eh! Questo era troppo anche per
Kakaroth!
Indignato,
esclamò su tutte le furie: << LA TESTA DI
KAKAROTH?! LA SUA TESTA? >>
Majin
bloccò immediatamente le fauci e si ritrovò con
il cazzotto di Goku in faccia, il quale, preso in contropiede dalla
reazione di Vegeta, lo guardò stranito.
<<
STARAI SCHERZANDO, SPERO! >>
Gli altri
lo guardarono, continuando a non capire.
<<
Insomma, non vedi quanto il MIO cervello sia migliore del suo? 100%
INTELLIGENZA SAIYAN, BABY! >>
Il mostro e
Goku si scambiarono un'altra occhiata, l'un l'altro, dubbiosi.
Facendo,
poi, spallucce, ripresero a picchiarsi, sotto le urla inferocite di
Vegeta che, come al suo solito e anche nei momenti meno opportuni,
voleva essere al centro dell'attenzione.
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Capitolo 2 *** Sensibile ***
La vita è
ricca di sentimenti, sensazioni e passioni.
Ognuno ha la propria sensibilità e, vivendo con gli altri,
crea il proprio mondo, il proprio agire, il proprio credo.
La religione è arte della sensibilità dell'uomo,
un punto di riferimento per molti, una corda da seguire nei momenti
bui, una storia simpatica per altri.
Bulma, pur essendo una scienziata razionale e precisa, aveva sempre
ispirato il proprio agire a dei principi saldi, solidi.
Lo stesso gruppo Z, in fin dei conti, aveva trovato un caposaldo in
comune, ossia, la necessità di agire per il bene
del pianeta e degli altri, perché era corretto agire per la
giustizia.
Almeno, questo era quello che Bulma aveva sempre pensato,
finché non aveva conosciuto Vegeta.
E Vegeta?
Be', il discorso era mandato a quel paese se si pensava alla sua
sensibilità su certi argomenti.
Non che fosse insensibile ai problemi altrui e che non avesse nessun
convincimento morale, era solo che il suo credo era un po'... particolare.
Bulma condivideva molto con i suoi amici e tra le tante strampalate
avventure aveva condiviso molti valori e principi.
Comprendeva, ad esempio, la pazienza e la perseveranza di Chichi che,
almeno da quanto si capiva quando
la donna non aveva la sue cose, si appellava al credo taoista.
Chichi era alla costante ricerca dello stato di perfetta armonia con il
mondo naturale,
uno stato che si acquistava uniformandosi ad esso tramite meditazione
ed estasi, che permettevano l'identificazione con il tao.
Almeno, questo era l'obbiettivo di quella povera donna, anche se, a
forza di sbraitare dietro al marito, la sua armonia era andata su per
il camino da un po'.
Bulma capiva e ammirava, poi, il credo buddista di Crillin e
Tenshinhan: vivere in contatto con la natura, in rispetto e in unione
con essa.
Una specie di Hippie,
in sostanza.
La scienziata, pensando a tutti questi ragionamenti, non si capacitava,
allora, della chiacchierata avuta quella mattina con suo marito.
Per quanto potesse sembrarle strano, aveva capito che anche Vegeta
aveva il proprio credo.
Un po' strampalato e assolutamente anormale, ma lo aveva e ci credeva
fermamente!
Infatti, quella mattina, quando gli aveva chiesto se avesse qualche
principio morale che guidasse le sue azioni,
lui, guardandola con aria di sufficienza come se fosse stato offeso
dalla sua banale domanda, le aveva dato,
pensandoci un po' su, una risposta da cui trapelava tutta la
sensibilità di cui era capace.
<< Uccidi tutti quelli che non ti piacciono
>>
<< Vegeta, no >>
<< Vegeta, sì. >>
Angolo dell'autrice
Ispirazione dalla grande Stupidoomdoodles. Check out her drawings, they're amazing.
Non sono morta, non ancora e mi scuso per il ritardo ma sono abbastanza
pressata da esami e tutto e LA VITA È ODIOSA NON
PRENDETEVELA CON ME!
Spero ci sia davvero qualcuno che si ricordi di me, che lasci un
commentino o si degni di dare un'occhiata al capitolo.
Andrò a fare la questua.
Mi spiace davvero un sacco per il ritardo, spero di ritornare al
più presto!
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Capitolo 3 *** Innamorato ***
L'amore è meraviglioso e ti fa
fare cose pazze.
Soprattutto
se sei un Saiyan.
Talmente
pazze, che dovrebbero metterci le avvertenze del
foglietto illustrativo se somministrato ad un esemplare di questa
curiosa specie.
Vegeta, lo
sappiamo, non era mai stato bravo con i sentimenti.
Era goffo,
impacciato, come un papero che fa fatica a camminare sulle sue zampette
palmate.
Era tonto,
in poche parole: gli unici sentimenti che aveva mai provato li aveva
confessati, in una serata di sbornia, ad una delle torte al cioccolato
che la signora Briefs gli preparava con tanto amore, finendo poi per
addormentarsi con la faccia sprofondata nella crema.
Ma da
quando aveva scoperto di provare qualcosa per
Bulma, tutto era cambiato per lui: era, certo, rimasto il solito
impacciato burbero nano di sempre ma aveva scoperto di avere un lato
soffice, come un cuscino di seta.
La sera
prima, Bulma gli aveva detto che era come un buon toast:
duro e croccante fuori ma morbido e ripieno di caldo formaggio
all'interno.
Una cosa
carina e dolce.
Si era
trattenuto dal vomitare, ok, ma, riflettendoci su la notte, aveva avuto
la rivelazione.
Così,
con lo stomaco pieno di farfalle – in parte per l'amore, in
parte perché si era divertito a catturarne alcune prima per
saggiarne la croccantezza rincorrendole per tutto il giardino
– aveva preso la porta della Capsule a tutta
velocità ed era sfrecciato verso il cielo.
Si era
fermato qualche ora dopo, dopo aver girato come una mosca per tutto il
cielo della capitale – per la gioia dei piloti d'aereo
– con il fiatone.
Si era... innamorato.
Sorrise in
maniera idiota.
Ridendo
sguaiatamente, si mise a lanciare in giro ki blast che, come missili,
finirono per asciugare un po' di nuvole e rasare a zero circa
metà dei villaggi sottostanti.
Era una
sensazione strana, pensò, portandosi una
mano al cuore che batteva all'impazzata...
Era come se
gli avessero sezionato il torace, estratto con pinze il cuore,
schiacciato tra delle tenaglie ferruginose, succhiato via il sangue e
maciullato con violenza organi interni e succhi gastrici come solo un
bravo mercenario sa fare, spargendo un lago di sangue tra atroci dolori
e sofferenze.
Era una
sensazione strana ma, MIO KAMI, era la cosa migliore che gli
fosse mai capitata!
<<
YU HUUU >>
Gridò
nuovamente al cielo, riprendendo a far le capriole tra le nuvole,
seminando il panico tra gli stormi di uccelli che migravano verso sud.
Era
bellissimo.
Lei era bellissima.
Quella
sera, mentre lui giocava a fare l'astronauta, tutti i telegiornali e
notiziari della Città dell'Ovest fecero un'edizione
straordinaria in cui raccomandarono alla popolazione di barricarsi in
casa – meglio se si aveva un bunker – e di non
uscire per nessun motivo: sembrava, infatti, che ci fosse in corso un
bombardamento sulla città e che stesse provocando la
distruzione di numerosi palazzi e quartieri.
Parlavano
di "una pioggia di fuochi d'artificio" che aveva messo KO la rete
ferroviaria, la centrale elettrica e la maggior parte delle strade.
I pompieri
e la polizia, quella sera, chiesero venia per i ritardi e i disagi e si
raccolse una colletta da parte di tutta la cittadinanza a sostegno dei
pompieri che, una volta ripristinate strade, ponti e case, diedero
tutti le dimissioni.
Bulma,
dalla finestra della sua stanza, quella sera, osservò il
cielo in fiamme, sospirando.
Tutti
temevano Vegeta, il principe tenebroso che stava combinando, in preda
ad una crisi ormonale, un disastro ambientale.
Lei,
invece, lo considerava solo l'idiota che aveva fatto un buco nel
soffitto quando aveva visto un verme fuoriuscire da un vaso di fiori e
che, ora, stava propanando il suo amore per lei
scaricando onde di energia di proporzioni tzunamiche.
Tutti
avevano paura di lui ma lei no.
Lei lo
considerava solo un idiota,
il suo idiota.
Angolo dell'autrice, quella
povera disperata
BEEEEE'
ci sono.
Scusate
il solito ritardo ma si fa quello che si può.
Sperando
che il capitolo sia apprezzato e apprezzabile, soprattutto, vi auguro
una buona giornata!
E
un grazie a tutti quelli che leggono, correggono, apprezzano, ecc...!
Scusate
per la formattazione che ogni volta cambia ma io sono una persona a cui
non piace la monotonia!
No,
scherzo, non sono capace di dare un HTML decente LOL
Adiòs
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Capitolo 4 *** Ponderato ***
Se,
dopo un incidente grave, il medico vi dicesse di stare a riposo e di
non far sforzi... voi che fareste?
Ovviamente,
per non rimetterci qualche osso in più e per non far patire
troppo la milza, restereste a riposo. In fondo, è
così bello restare a poltrire a letto a leggere un buon
libro, a guardare la televisione o a leggere le storie di Zappa, no?
Ma...
c'è un ma: se siete un Saiyan, la cosa
non è così scontata.
Infatti, quella
mattina, nonostante Bulma avesse provato in tutti i modi a dissuaderlo
dagli allenamenti – legandolo al letto, rubandogli la tuta da
ginnastica, murandogli la porta della camera, corrompendolo con una
buona bistecca – Vegeta, o quello che restava del principe
ridotto ad un colabrodo dalla esplosione della Gravity Room, si era
diretto stoicamente nella sua camera delle torture preferita e, in quel
momento, sotto una gravità di 500 superiore a quella
terrestre, stava diventando un budino.
Tu, tum... tu,
tum... tu, tum... tutum, tutum... tutumtutumtumtumTUMTUTMTUTMTUTMUM!
<<
AHHHHH! Cosa diamine sta succedendo? >>
esclamò di sobbalzo il cuore, trovandosi, improvvisamente,
ad accelerare i suoi battiti.
<<
GASP! >> annasparono presi alla sprovvista i polmoni,
iniziando a incanalare più ossigeno possibile e a muoversi
velocemente con il cuore.
<<
NON È UN ESERCITAZIONE, RIPETO: QUESTA NON È UN
ESERCITAZIONE! >>
Esclamò
agitato il cuore ridestando tutti gli organi interni, mentre, a forza
di battere, al povero cuore, gli stava venendo il cuore in gola.
<<
CERVELLO! CERVELLO! >>
Urlano allora gli
organi interni mentre prendevano anche loro a lavorare a più
non posso e il fegato cercava di non morire soffocato dalla sua
bile, l'intestino, frattanto, malediva la fame cronica del suo padrone di casa:
sperava solo di riuscire a smaltire tutto il cibo inglobato prima che
lo stomaco lo rigettasse tutto. Ipotesi non tanto probabile, visto che
lo stomaco, in quel momento, non aveva proprio una bella cera.
Ma il cervello non
rispondeva: lui, assorto in qualche pensiero del tipo come organizzare
la vittoria su Kakaroth o come svaligiare la
dispensa di casa non rispondeva ai singulti degli organi che
galleggiavano nel sudore della disperazione.
<<
SANTO KAMI, CUORE! NON CE LA FACCIO >> si mise a piangere
la povera milza, schiacciata dalla pesantezza dell'intestino e dalla
capienza dello stomaco che aveva il suo bel da fare per sciogliere gli
involtini del pranzo.
<<
NON SI PUÒ ANDARE AVANTI COSÌ! >>
si aggiunsero, esasperati, i polmoni, allargandosi e restringendosi
impazziti nella cassa toracica.
<<
ANDRÀ A FINIRE CHE ANCHE QUESTA VOLTA CI RITROVEREMO
FRACASSATI TRA LE COSTOLE! >>
<< BASTA, VI PREGO: È
LA QUINTA VOLTA QUESTA SETTIMANA CHE VADO A REMENGO IO!
>> fu la volta, infine, del fegato, che cercava di
conservare quel po' di bile buona che gli serviva per lavorare
decentemente. Per quanto si potesse lavorare decentemente nel corpo di
un Saiyan, s'intende.
E mentre il cuore stava pensando veramente di
farsi venire un infarto e finita lì, rispose, con calma, il
cervello.
<<
Sìììì? >>
s'intromise, con nonchalance, sbadigliando.
<< CERVELLO! COSA FACCIAMO? QUI
STIAMO IMPAZZENDO! >>
gli chiesero in coro gli organi, sperando in
una soluzione al problema frattanto che, in quel momento, si stavano
unendo anche i muscoli in un urlo collettivo.
Il cervello li osservò un secondo,
annuendo concentrato, tra sé e sé:
<< Be', signori miei, vista la drammatica situazione e le vostre accurate osservazioni, credo che
sia arrivato il momento di DARE DI MATTO! AHHHHHHHHHHH! >>
<< AAHHHHHHHHHH!
>>
…12345... 12346... 123..4..7-7-7...
Vegeta
annaspò un'ultima volta inspirando una grossa boccata
d'aria, prima di collassare, con un sospiro, sul pavimento della
Gravity Room mentre il suo cervello gli faceva bye bye
con la manina.
Quella sera Bulma
lo dovette raccogliere col cucchiaio dal pavimento per portarlo svenuto
in infermeria.
Questa è la triste storia
degli organi interni di Vegeta.
Non fate
disperare i vostri organi interni, allenatevi con prudenza e ascoltate
il medico.
È
un'iniziativa del Consiglio dei Ministri Saiyan della Monarchia
assoluta del Presidente Freezer.
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Capitolo 5 *** Tecnologico ***
Bulma, in tanti anni di convivenza, aveva
capito che Vegeta doveva avere qualche problema con
la tecnologia.
In
realtà, diciamocelo, Vegeta aveva un po'
problemi con tutto e tutti: dalla lavatrice disubbidiente che aveva
osato mangiargli un calzino al povero giardiniere che annaffiava le
piante della sign. Briefs e che girava intimorito abbracciato al suo
rastrello ogni volta che lo incontrava.
Per
esempio, la sua Gravity Room, il suo giocattolino preferito, ogni volta
doveva subire continue manutenzioni da parte della padrona di casa che
si ritrovava, spesso, a riparare qualche pannello inclinato o il tasto
della gravità – che suo marito aveva il pallino di
pigiare con grazia, frantumandolo sotto le sue dita grandi come Menhir.
Ma il vero
problema, soprattutto, era che Vegeta sfogava le proprie frustrazioni e
i propri sentimenti su qualsiasi cosa vi fosse nelle vicinanze, senza
sapersi controllare.
Si sfogava
dalla rabbia battendo la testa furiosamente contro il pannello della
Gravity Room, abbracciava, in lacrime, il forno quando aveva fame e non
aveva trovato nulla in frigo, faceva soliloqui davanti alla macchinetta
del caffè sulla sua tormentata vita terrestre e si
complimentava con il suo amico frullatore, per la sua
abilità di distruttore di frutta. Si consideravano colleghi:
uno fracassava le banane, l'altro le ossa.
Finché,
Bulma, animata chissà da quale buono proposito, gli aveva
regalato un telefono cellulare.
Un modello
vecchio, di quelli ancora con i tasti, perché se vi avesse
regalato uno smartphone, questo, probabilmente, sarebbe improvvisamente
scomparso sotto i suoi tocchi aggraziati facendo la
fine del pulsante della Gravity Room.
E
poiché Bulma non voleva avere sulla coscienza un altro
esemplare del mondo tecnologico che tanto amava, aveva deciso di
regalargli un telefono semplice, marcato Capsule Corporation, ... che
fu la morte sua.
<<
Tesoro, è Goku al telefono >>
Gli aveva
teso il telefono, allontanandoselo dall'orecchio dopo aver risposto.
Lui l'aveva
guardata in cagnesco per un attimo per, poi, afferrare bruscamente
l'aggeggio e lanciargli un'occhiataccia torva.
<<
No, >> grugnì con fastidio, <<
non è Kakaroth. >>
Saldò,
rabbioso, la presa sul telefono, iniziando a tremare.
Bulma
alzò gli occhi al cielo.
<<
QUESTO. È. UN. TELEFONO. SFRACELLATO. A. TERRA! >
E
spiattellò il telefono sul pavimento, con violenza,
riducendolo ad un ammasso di circuiti, senza dimenticarsi di saltarci
accuratamente sopra, fino a ridurlo in polvere, per poi andarsene,
indispettito.
Forse, chissà,
questa volta aveva litigato con il gatto per mangiare la sua porzione
di croccantini e ne era uscito sconfitto.
Bulma,
sospirando, portò lo sguardo sul povero telefono rimasto a
terra, che annaspava in cerca di aria, dopo essere stato smashato
a terra stile Loki, quando Hulk gli aveva inciso lo stile del parquet
di casa Stark sulla faccia, usandolo come Swiffer
per il pavimento.
Bulma, in
tanti anni di convivenza, aveva finalmente capito
che Vegeta doveva avere qualche problema con la tecnologia e che mai e
poi mai, gli avrebbe nuovamente regalato un telefono.
Angolo dell'autrice
Ciao
a tutti belli!
Ci
si rivede, eh? Ma che bello... noto il vostro entusiasmo :')
Vi
sono mancata, insomma? Ahahaha
Alla
prossima e grazie a tutti!
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Capitolo 6 *** Esasperante ***
Quanto
può essere esasperante un cucciolo di
Saiyan?
Chiedetelo
a Nappa.
Nappa, quel
pover'uomo di corte che un tempo si occupava di dare consigli al re
sulle migliori compagnie mercenarie* su cui investire i propri soldi,
ora, per un gioco del destino era finito a fare da babysitter
al principino e al figlio del ribelle – rispettivamente di
quattro e sette anni.
Nappa, quel
pover'uomo che si rilassava ascoltando le canzoni degli ABBA,
soprattutto Dancing Queen,
singhiozzando con un fazzoletto in mano e sospirando alla volta del
cielo, ogni volta che c'era qualcosa che non andava.
Nappa, quel
pover'uomo che ora ripensava ai bei tempi, a quando non aveva quelle
piccole pesti alle calcagna, – proprio come in quel momento,
quando entrambi si erano aggrappati alle sue gambe, in lacrime,
perché non volevano andare a letto presto – a
quando era il re che doveva rincorrere il figlio per tutto il palazzo
perché questo scappava dalla culla, dopo aver diverto le
sbarre in titanio, a quando era Bardack ad occuparsi del figlio
capellone.
Ah, giusto,
Bardack non si ricordava di avere un figlio, figurarsi
se se ne sarebbe preso cura...
Pover'uomo,
quel Nappa.
I due
piccoli Radish e Vegeta erano, davvero, due pesti: il primo, un po'
più grandicello ma corto di cervello, era abbastanza
snervante perché era spesso fin troppo malizioso.
<<
Zio Nappa, come nascono i piccoli Saiyan? >>
<<
Zio Nappa, ma perché vai in giro mezzo nudo? >>
<<
Zio Nappa, ma Zarbon è una femmina? >>
Domanda a
cui nessuno sapeva rispondere, rifletteva, poi, l'omone, mentre il
cucciolo di terza classe lo incalzava sempre più.
Ma il
principino, quando voleva, era anche peggio...
Inutile
convincerlo che lo avrebbe portato al Burger King
se fosse stato bravo: lui, ogni volta, se doveva fare un guaio lo
faceva, non c'erano scuse.
Vegeta, a
differenza di Radish, era più intelligente e un po'
reticente su certi argomenti: quando, ad esempio, a scuola avevano
fatto educazione sessuale – per la gioia di Radish che aveva
sorriso tutto il tempo come un idiota – Nappa si ricordava
bene della faccia sconvolta del piccolo Vegeta che, rosso come una
fragolina, aveva nascosto la faccia tra le manine e, una volta finita
la lezione, non aveva mangiato per una settimana talmente era scosso.
Quando,
invece, andavano a lezione di tecniche di tortura,
nonostante tutti gli scolaretti fossero un po' intimoriti, Vegeta si
metteva sempre al primo banco, fermo immobile a prendere appunti, con
un sorrisone stampato sulla faccia per lo spiccato interesse in
materia.
Avevano
certamente, aveva concluso lo zio Nappa, due caratteri differenti i due
cuccioli, ma a fare i guai – che suggeriva puntualmente
Vegeta, perché era lui la mente – erano proprio
bravi entrambi.
E una volta
rubavano le chiavi della navicella di Ginew per andare a schiantarsi
contro la torre di controllo della base, e un'altra volta si mettevano
a rigare l'astronave di Freezer con le chiavi di prima, un'altra ancora
facevano graffiti per tutte le mura della base scrivendo "Freezer" con
vicino l'immagine di un sedere, e un'altra volta si mettevano a giocare
a Go Kart con le astronavi per tutto il cortile...
Ma
per tutte le galassie, pensava Nappa, impossibile star fermi?!
Per non
parlare di quella volta che – 'sta volta su istigazione di
Radish – si erano messi in testa che Zarbon avesse la
parrucca o che fosse un mistero da scoprire come facesse ad avere una
tinta di capelli così perfetta ogni volta che usciva in
missione.
Così
si erano intrufolati nei suoi appartamenti – grazie
all'abilità del piccolo Vegeta che aveva sfoderato uno
sguardo così da cucciolo bastonato che, l'alieno androgino,
non aveva non potuto lasciarli passare – per, poi, ritrovarsi
l'appartamento a soqquadro, gli shampoo della doccia tutti a colorare
le pareti, gli armadi con i suoi abiti glitter e haute
coutoure sparpagliati per la stanza e la sua confezione di
smalti preferita tristemente morta al suolo, mentre si sollevava
dappertutto uno strano odore di bruciacchiato.
I bambini
erano così bravi a fargli venire le crisi isteriche che,
prima o poi, avrebbe ricevuto un Oscar per ogni scenata che aveva fatto
nel rimproverarli.
Oltre al
fatto che, ormai, aveva perso il conto di quante volte aveva dovuto
prendere le loro difese per evitare di trovarseli spiaccicati sul muro,
come carta da parati, specialmente quando Freezer, particolarmente
incazzato per essersi svegliato con la faccia colorata dai due monelli,
chiedeva di prenderli a vergate per vendicarsi.
Ma,
rifletteva Nappa, in fin dei conti, i due erano ancora cuccioli: certo,
lo facevano esasperare e avrebbe voluto ucciderli nel sonno ma, in quel
momento, quando buoni buoni dormivano nel loro lettino –
Radish a gambe all'aria e Vegeta abbracciato al suo Binky – e
sembravano due angioletti, pensava che avrebbe dato
tutto per loro.
Sospirò
e si alzò dal letto, per andare anche lui in branda, dopo
una lunga giornata costellata di massacri e genocidi, da bravo
lavoratore, aveva bisogno di un meritato riposo.
Si
passò, stanco, una mano tra i capelli per poi spalancare,
nel panico, gli occhi.
Davanti
allo specchio del bagno si ritrovò a fissare, a occhi
sbarrati e senza parole, alcune ciocche nere che, inerti, gli erano
rimaste in mano. Osservò, tra le lacrime, il proprio ciuffo
che si afflosciava sulla fronte.
Stava
diventando pelato e la colpa, moooolto
probabilmente, era solo di quella disgrazia di cuccioli Saiyan.
Quella sera
il nostro povero Nappa si mise ad ascoltare Dancing Queen
degli ABBA e si ritrovò a piangere sul
divano con un barattolo di gelato al cioccolato tra le braccia mentre
guardava Titanic.
*termine
assolutamente inventato
Angolo dell'autrice
Chissà
perché ogni autore ha il suo “angolo”. I
mean, non si potrebbe parlare di cerchio? O quadrato? O stanza?
“La stanzetta dell'autrice”, non ci sta male, no?
Va be'.
Eccomi
prima del previsto. Ho deciso di pubblicare dopo pochi giorni
perché, almeno per una quindicina di giorni, non mi
presenterò per via di esami. Non che dopo non li abbia, ma
avrò poco tempo, ecco, per dedicarmi a Efp.
Yey.
Spero
vi piaccia e come al solito, ringrazio tutti quanti!
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Capitolo 7 *** Filosofo ***
Nella sua
vita, Vegeta, aveva capito che ci sono domande a cui è
difficile rispondere o a cui, per fortuna, non bisogna dare risposta.
Ad esempio,
se si chiedeva a Vegeta se esistessero gli alieni, si rischiava di
essere derisi per tutta la giornata e subito dopo venire polverizzati,
ma se la piccola Bra chiedeva della fatidica esistenza di Babbo Natale
al padre, quest'ultimo, per evitare di subire sevizie varie dalla
moglie, aveva imparato a cambiare discorso, magari buttandola
lì sull'eventualità di darsi all'ippica o
sull'importanza di aver e un cassetto della biancheria sempre
correttamente ordinato.
Bra, ogni
volta che le rispondeva in questo modo, lo guardava strano
e Vegeta, mentre la piccola era accoccolata sulle sue ginocchia e
cercava di capire la sua espressione, volgeva lo sguardo altrove, sotto
pressione a causa dei suoi occhioni disarmanti, mentre cercava di non
far capire quanto avrebbe voluto urlarle in faccia della fantasia
riguardo il domicilio o la residenza del ciccione rosso.
Bulma che
aveva visto quanto suo marito fosse un disagio,
alle volte, si limitava ad alzare gli occhi al cielo.
Poi, nel
corso della sua esperienza da bravo paparino o
“papi” come lo chiamava la piccola di casa, aveva
capito che la suddetta piccola non si sarebbe, per sempre, accontentata
del silenzio da parte sua o del suo fare l'inglese su certe questioni
spinose.
Come quella
volta che, tranquilli, tornavano a casa dall'asilo, lei aggrappata come
un koala al suo braccio e lui, con l'immancabile zainetto rosa Hello
Kitty della figlia sulla spalla che trascinava i piedi nel
cemento cercando la forza di tornare a casa.
Non che
Vegeta fosse cattivo con la bimba, anzi, lui si scioglieva come un marshmallow
sul fuoco ogni volta che la sua vocina gli giungeva vicino. Solo che,
non avreste anche voi abbandonato vostra figlia per strada per
rifugiarvi sulla Luna, pur di non rispondere all'ennesima volta a
“Da dove vengono i bambini, papi?”
Ma vi erano
un sacco di domande a cui Vegeta, anche se non giungevano direttamente
dalla figlia, non aveva mai pensato e a cui non sapeva dar risposta.
Ad esempio,
come avrebbe ucciso e torturato il primo lurido terrestre di genere
maschile che avrebbe anche solo puntato gli occhi
addosso alla figlia per apprezzarne le fattezze, quando questa sarebbe
stata un po' più grandicella, ovviamente
– ad esempio dell'età minima di almeno quarant'anni
– o come faceva, la piccina, alta un metro e un
succo di frutta, con i suoi occhioni azzurri marino, a fargli alzare
con un semplice sorriso la glicemia nel sangue.
Vi erano
anche un altro sacco di domande a cui il principe, ahimè,
non aveva mai trovato risposta.
Per esempio
come facesse ancora a sopportare, dopo anni di forzata convivenza,
quell'imbecille dell'altro Saiyan con cui condivideva il peso
di essere gli ultimi della propria specie. Fatidica situazione da cui
riusciva a districarsi, magari, andando a giocare a golf o fregandosene
completamente, visto che, chi se ne fregava della
sua, ormai defunta, specie.
Ma se c'era
una domanda che metteva Vegeta nel sacco – parlando sempre di
sacchi – era una domanda per cui credo, tutti i padri, prima
o poi avranno, hanno o hanno avuto incubi la notte.
Una domanda
ardua, che mette in bilico la sicurezza maschile di
saper essere macho, d'essere grandi e grossi e col petto villoso, di
saper pescare i pesci più grossi a mani nude, di sapersi
fare la barba anche con la lama di un coltello da cucina e di saper
cucinare grigliate all'aperto anche sotto una pioggia monsonica.
E si sa, la
domanda lascia spazio al dubbio, all'incertezza, all'insicurezza, anche
per il Principe dei Saiyan...
Era
così che il nostro Amleto si era ritrovato davanti a quella
situazione intricata, come una matassa difficile da districare e che,
purtroppo per lui, non si poteva semplicemente eliminare con un colpo
energetico.
Che fare?
Dove
entrare?
A sinistra,
la porta con l'insegna dell'omino blu o la porta a destra, decorata di
una sfiziosa signorina in gonnella?
E dove
diamine era quella dannata donna quando serviva?
E
perché diamine aveva acconsentito ad accompagnare l'arpia e
la bimba a fare shopping per poi ritrovarsi in una situazione del
genere?
Che fare,
che fare, che fare?! *
Lui era il
Principe dei Saiyan! Il Principe! Il più grande tra tutti!
Doveva saperla la risposta!
E se avesse
sbagliato?
Oh Kami,
disonore sul suo nome, sui suoi antenati... no, be', chi se
ne frega degli antenati, ma sul suo nome no, eh!
La piccola,
intanto, portandosi, spazientita, le mani ai fianchi, lo fissava
dondolando sui piedini, graziosa, nel suo vestitino a pois, mentre lui,
scuro in volto fissava le porte dei bagni.
<<
Allora papà?! Devo fare pipì, ti muovi o no?
>>
Eccola
lì la domanda fatidica a cui non vi era risposta:
in che bagno andare?
Fanculo,
pensò il principe e, presa la figlia di peso, si
fiondò nei bagni delle donne, facendo urlare l'intero
edificio.
*chi di voi, giuovincelli, ha mai
visto “Scrubs, medici ai primi ferri”?
Pensatela
con la voce del Dottor Cox
Angolo
dell'autrice
Dato
che tutti pubblicano, pubblico anche io.
No,
scherzo, volevo pubblicare e basta.
Grazie
a tutti quanti – quanti recensiscono, quanti seeeguono,
quanti l'hanno messa nei preferiiiiti. Quanti chiamano il manicomio ad
ogni nuovo capitolo...
Un
bacione a tutti <3
|
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Capitolo 8 *** Tata ***
Quella
giornata era stata un inferno.
Bulma, che si era volatilizzata di prima
mattina per un congresso – probabilmente a
Timbuktù o in Cina, visto che si era alzata alle quattro del
mattino buttando anche lui giù dal letto – gli
aveva imposto di passare la giornata in compagnia della bimba di casa,
a farle da tata, senza se e senza ma.
Anche perché, se avesse levato
le tende lasciando la gioia di casa, come la
chiamavano i nonni, da sola, la moglie lo avrebbe chiuso fuori di casa
per un anno.
E se una volta se ne sarebbe fregato
altamente, perché per lui vivere fuori a condizioni di uno
scimpanzè era una tra le cose più belle
dell'esistenza, – come quando tirava la popò ai
passanti – ora, gli dava leggermente fastidio dover dormire
in cima agli alberi. Almeno, dopo l'ultima esperienza in compagnia
dell'altra scimmia che, però, aveva dormito in tenda. Gli
saliva il nazismo solo a pensare a quella maledettissima scampagnata*.
Si passò una mano sugli occhi,
seguendo come un automa, la bimba di casa che, dopo averlo preso per
mano, lo stava trascinando in cameretta per il saluto della buonanotte.
Incredibile come quella peste fosse ancora
così iperattiva.
Lui, invece, era distrutto.
Dopo aver passato la mattina a bere il the
dalla signora Coniglio e discusso di contratti immobiliari per un
eventuale trasferimento di lei e i centottantatré cuccioli
in una casa delle bambole più grande, aver recitato insieme
formule magiche per far comparire una montagna di caramelle in
giardino, aver cucinato biscotti e pettinato tutte le Barbie della
casa, aveva iniziato a pensare di compiere l'omicidio della prima
persona random che si sarebbe avvicinata alla Capsule Corporation,
oppure, di farsi saltare in aria in cucina.
La piccola arrivò finalmente
alla porta della stanza e, mollata la presa dalla mano del padre, si
precipitò verso il lettino, che il Saiyan scoprì
orribilmente a fiori, e iniziò a frugare sotto il cuscino
per il pigiama.
<< Papà, oggi mi
sono divertita tanto! >> squillò, deliziata.
In fin dei conti era stata davvero una
bellissima giornata per la piccola, un po' di meno, però,
per il genitore, che stava riesumando in superficie programmi di
genocidi interplanetari da fare prima di andare a dormire, giusto quel
poco per sfogarsi un po'.
<< Davvero tesoro? Bene, sono
contento... >> pronunciò sovrappensiero il
principe, massaggiandosi in mezzo agli occhi per far passare il leggero
mal di testa causato dalle urla ultrasoniche che aveva sorbito per
tutto il giorno della figlioletta.
La piccola, infatti, come aveva constatato
il padre, aveva la pessima abitudine di eccitarsi per ogni foglia che
si muoveva: urlava se vedeva una farfalla in giardino, se il gattino
saltava dalla sedia, se una nuvola strana attraversava il cielo, se un
uccello volava nel cielo, se passava il postino in bicicletta e se il
padre riusciva a beccarlo a suon di ki-blast in fondo alla strada.
O ad esempio se, quando non c'era nessuno,
il padre le sorrideva.
Non che lui le sorridesse, era la figlia a
scambiare le sue espressioni, che esprimevano la vivacità di
un cadavere, per un sorriso a trentadue denti.
Si guardò intorno, trovandosi
spiazzato, nel rosa più totale, nel rosa ovunque e sospirò,
frustrato.
Mentre iniziava a pensare da quale lato
della stanza avrebbe dovuto iniziare la sua decontaminazione di
bambole, Barbie e peluches, si volse verso la figlia, trovandola
incastrata nella maglia del pigiama e con i pantaloncini al contrario.
Dopo l'ennesimo tentativo fallimentare
della piccola, che cercava di infilare la mano nel buco dove, di
solito, si infila la testa, scosse contrariato il capo.
<< No, dall'altra...
>> suggerì, in maniera molto utile, visto che
la bimba di quattro anni in questione si trovava incastrata e bloccata
completamente nel muoversi e capiva ancora ben poco di destra e
sinistra.
Vide la piccola azzuffarsi nuovamente con
la maglia.
<< Così sono
giusta, papà? >>
No, la maglia era ancora al contrario, per
non parlare dei pantaloncini che si stavano stirando sul pavimento,
schiacciati dai suoi piedini.
<< No, devi- >>
<< Così?
>>
Ad un altro tentativo fallito, per il quale
Vegeta si chiese quante braccia avesse sua figlia, si arrese
all'evidenza.
<< Lascia stare, ti sistemo
io >>
La sollevò quindi di peso, e
messa sul letto, braccine all'aria e canottiera nelle mutandine, le
infilò finalmente il pigiama come si doveva.
Sistemata dal papi, con
la maglietta in ordine e pantaloncini infilati dal punto giusto, anche
se ancora storti, Bra si buttò nel letto, andandosi ad
infilare sotto le coperte, quando vide suo padre allontanarsi verso la
porta.
<< Aspetta papà!
Me la racconti una favola? >>
Si girò per concederle uno
sguardo tra il dubbioso e lo scazzato ma no, gli occhioni d'oceano
della piccola non ammettevano repliche negative.
<< Va beeene...
>>
<< YEEE->>
<< SHH! Fammi pensare e
zitta! >>
La bimba si acquietò,
aspettando, emozionata la storia della buonanotte dal papà.
In fondo lui non gliela proponeva mai ed era sempre la mamma a
raccontargliele. Meglio approfittare.
<< Una favola? Una favola...
>> si ritrovò a borbottare Vegeta.
Ora sì che era nella cacca.
<< C'erano una volta dei
mercenari sanguinari che... No. C'era una volta un principe...
sì, sì, sì, mi piace così.
C'era una volta un princip- >>
<< Come il principe fasullo
d'Inghilterra! >>
<< No!
>> la corresse, scocciato, per l'interruzione.
Adorava il suo mostriciattolo
ibrido ma aveva la bocca larga come sua madre quando voleva e lui
odiava perdere il filo del discorso.
Odiava perdere in generale ma
questo era un altro discorso.
<< No, ma quale
principe fasullo? >> pronunciò, indignato,
<< a parte il fatto che era il re fasullo d'Inghilterra... >>
Si passò un'altra
volta la mano sul volto, sospirando: le sue torture quel giorno non
sarebbero mai finite, e ricominciò.
<< C'era una volta un
principe... >> un'occhiataccia squadrò la
figlia perché non l'interrompesse mentre la bimba si
portò le mani alla boccuccia, muta come un pesce.
<< ...un principe dei Saiyan
che era molto forte e anche molto coraggioso! Aveva compiuto numerose
imprese e aveva praticamente sottomesso l'intero universo. Questo
principe, però, era anche molto geloso nei confronti di un
inutile pagliaccio di terza classe da strapazzo, un brutto idiota e
mentecatto che avrebbe voluto soffocare con le sue man->>
Si ritrovò improvvisamente
osservato dagli occhioni azzurri della bimba che lo guardavano
dubbiosi, mentre la boccuccia della piccola s'inarcava in una
smorfietta di sana perplessità.
Preso, infatti, dalla narrazione, aveva
attorcigliato le dita attorno al suo peluche preferito e lo aveva
stretto con forza, gringhiando in direzione del povero Binky, che si
era ritrovato con il collo stritolato e qualche cucitura saltata.
<< Ehm, dunque...
>> si chiarì la voce, lasciando respirare il
povero cagnolino, scegliendo di continuare la storia.
<< Era così
geloso, ma così geloso, che... che... >>
Improvvise ondate di panico assalirono
subito Vegeta che, mentre si massaggiava il collo in un tentativo
maldestro di prender tempo, iniziò a sudare sette camice nel
tentativo di dare una coda al suo racconto. Ecco, adesso ci
stava affogando nella cacca.
La figlia, invece, continuava a fissarlo. Si era accoccolata meglio al suo cuscino con la federa a
fiorellini e gli sorrideva, speranzosa.
Gli venne il tic all'occhio, vedendo la giuoia
sul suo visetto. Doveva finire la storia in qualche modo. Si
appellò a tutta la sua fantasia ma, oltre a omicidi e
genocidi, il suo arsenale non era molto preparato. Sparò,
infine, la prima cosa che gli venne in mente, rovinando,
definitivamente, la breve ma intensa storiellina.
<< Che... CHE MORIRONO TUTTI,
BUONANOTTE! >>
In un'ondata inaspettata, le coperte
investirono la piccola Brief, che, presa alla sprovvista, si
ritrovò sommersa dalle lenzuola rosa e con uno strano calore
all'altezza della fronte, come una carezza leggera.
Il padre, intanto, aveva suonato la
ritirata e, in fretta e furia, si era precipitato fuori dalla stanza,
correndo per salvarsi la vita.
Bra vide la porta, infine, socchiudersi,
per lasciare un piccolo spiraglio di luce nella stanzetta, scaldata
dalla lampada rosa, a forma di funghetto, sul comodino. La
fissò per un po', dubbiosa.
La madre le aveva ripetuto più
volte che avrebbe dovuto portare pazienza con il padre: è
un po' scemo, tesoro, nulla da preoccuparsi, aveva commentato
la madre. Almeno, questo era quello che le diceva sempre, ma lei non
era proprio d'accordo.
Certo, il suo papà non era
proprio a suo agio quando si parlava di emozioni e sentimenti
– quando lo si abbracciava, era un po' come abbracciare un
cactus spinoso – riflettè la piccola, ma era
sempre il suo papà. Ecco, forse, era un po' tonto.
Ridacchiò di gioia, contenta di
aver ricevuto lo stesso la buonanotte.
Si
passò una manina sulla fronte, come a non voler far andare
via quel caldo tepore: si addormentò, infine, con un sorriso
sulle labbra e con lo stampo di un bacio sfuggente sulla fronte, dato
dal suo un po' tonto papà.
*vedi
raccolta passata, capitolo sesto. Credo.
Angolo dell'autrice.
TAN,
TAAN, TAAAAN!
Guess
who's back? Back again, sure he's back, tell your friends, guess who's
back, gues- Emimen, esci dalla mia testa, di grazia.
Mi
spiace per il ritardo ma vi devo dire che non sono morta!
Quindi
tornerò, sempre, prima o poi, sfere del Drago permettendo.
Portate
pazienza, sono sotto esami.
Ho
già in forno un altro capitolo – sfortunatamente
per voi, lungo – e dopo gli esami ve lo
presenterò. Vi chiedo, quindi, di andare a guardarvi, per
chi non l'avesse visto, “Le Follie
dell'Imperatore”, targato Disney.
No,
non faccio pubblicità, ma guardatevelo, se volete apprezzare meglio/disprezzare
meglio il prossimo capitolo.
Io
e le mie idee idiote.
Per
quanto riguarda questo capitoletto, non so se vi abbia fatto molto
ridere, è più romanticoso, diciamo.
Ditemi
se vi piace!
Ringrazio
tutti, come al solito. E vado a mangiare che ho fame.
Un
ciaone a tutti, bella gente!
|
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Capitolo 9 *** Imperatore ***
Ciao, sono
Zappa e sono colpevole.
Cercherò
di inventarmi una scusa per quando arriverete in fondo, all'angolo
dell'autrice.
Annuntio
vobis che il capitolo che vi propongo è lungo –
anche perché non sapevo farlo breve e mi sembrava giusto
proporvi qualcosa di sostanzioso, vista la mia assenza.
Vi
auguro, quindi, una buona lettura.
Se
volete pop corn, li distribuisco in fondo alla sala.
Conoscete le “Follie
dell'Imperatore”?
Bene.
Non le conoscete?
Sto caz –
cioè, va be', non è un problema ma ANDATE SUBITO
A VEDERLO, SCIOCCHI.
Pianeta Vegeta, ore 06:00 del mattino.
Un gallo saiyan cantò il Buongiorno agli allegri abitanti
della capitale, in una sinfonia aggraziata e allegra di note, ma che
venne subito spezzata dal ki blast del vicino di casa che, scagliato a
tutta velocità, lo polverizzò in un secondo.
Pur essendo le 06:00 del mattino, la gagliarda citt– Aspetta,
ma che fai?
Sono le sei del mattino, chi è che si alza così
presto?
Torniamo a dormire, va' là.
Pianeta Vegeta, ore 08:00 del mattino.
Un altro gallo saiyan cantò il –No, no, no!
È troppo presto ancora!
Senti, io dovrei raccontare 'sta storia, non è che puoi
interromp–
E chi se ne frega! Dormi.
Pianet– adesso posso andare?
Sì, adesso sì.
OH.
Pianeta Vegeta, ore 09:00 del mattino.
Il gallo di prima si rialzò dalle ceneri e dopo essersi
pulito il piumaggio alla bell'e meglio, lamentandosi di non venire
pagato abbastanza, si esibì un meraviglioso canto, per
svegliare gli antipatici villani che popolavano la capitale del pianeta
Vegeta.
I due soli erano già alti nel cielo e l'aria era cosparsa di
un aroma speziato di carni bruciacchiate, ossa e cadaveri in
decomposizione.
Il telegiornale su VegetaTV quella mattina annunciò una
giornata intensa e piena di regalità, soprattutto, per il
grande re dei Saiyan, il divino Re Vegeta che, come sempre, iniziava la
sua giornata con il ritmo.
Ci
son tanti dittatori,
litiganti predatori
ma son nati col cervello di un bignè
e ci sono dei tiranni
sempre dediti agli inganni
mai capaci di contare fino a tre!
In un frizzante e spensierato mattino, si svegliò,
così, il nostro grande re.
Con il ritmo nel sangue, la corona splendente sulla testa, il mantello
che offuscava parte delle stelle, la divisa attillata –
soprattutto sotto le ascelle e terribilmente fastidiosa per le
etichette –, e gli stivali lucenti, il nostro grande eroe si
dirigeva al suo trono per la sua mattinata regale.
Il passo era allegro, il sorriso spavaldo e saputello stampato sulla
faccetta, mentre servitori, maggiordomi, cuochi, camerieri, bidelli,
fruttivendoli, impiegati dell'INPS, netturbini, disoccupati, dirigenti
d'amministrazione, la portinaia sotto casa e il becchino del quartiere,
si inchinavano al suo passaggio maestoso.
Un andamento movimentato, spigliato e ballerino accompagnava ogni suo
passo, come fosse una danza, trascinante, bella e solo per lui che, con
la brillantina sui capelli, camminava verso la sala del trono.
<< Buongiorno, Maestà >>
<< Buongiorno, Maestà >>
<< Buongiorno, Maestà >>
<< Buongiorno, Maestà >>
Lo salutavano, a testa bassa e inchinati devotamente, i suoi
schiav– pardon, impiegati giustamente retribuiti –
mentre lui, tra il tifo e le ovazioni dei soldati e del popolo,
svegliato apposta per l'occasione e che seguiva da casa, si sedeva sul
suo regale trono farcito d'oro e di gemme preziose.
Era scritto nel destino
che lui fosse il
più divino,
il signore degli
aristocratici.
È un enigma,
è un mistero
per tutto il mondo intero
è davvero il
non plus ultra
è
così!
Nella grande sala, le gemme pregiate dello scranno riflettevano la sua
favolosa bellezza di giovane re e lui, accomodatosi meglio sullo
scranno, le lunghe gambe fasciate da stivali di Dolce&Gabbana,
le mani a sostenersi la regale testa e il lungo mantello di cashmere
come un drappo sulle scale, sorrideva raggiante.
<< Buongiorno, Schiavolandia!* >>
La grande stanza riverberava della sua sacra lucentezza mentre,
sfoggiando tutta la magnificenza del Super Saiyan, come sole che sorge,
iniziava a illuminare la giornata di tutti i suoi schiavi preferiti.
Con un sospiro, sistemò la corona sulla testa e si
sdravaccò meglio sul trono, complimentadosi da solo per la
favolosa entrata ad effetto.
Il ritmo, quello era sempre la cosa giusta.
In fondo, mica per niente lo avevano eletto imperatore.
Certo, la sua dinastia aveva preso il potere con la forza,
schiavizzando la popolazione mondiale che prima infestava il pianeta e
rischiando quasi di provocare una guerra civile, ma usando le parole
convicenti delle armi e i sorrisi rassicuranti di soldati alti due
metri e mezzo che soffocavano i dissidenti in abbracci molto
affettuosi, era riuscita a prendersi il potere che le spettava di
diritto.
Si mise quindi a canticchiare la sua canzone preferita mentre i
servitori tutt'intorno s'indaffaravano per soddisfare ogni suo
capriccio.
Dell’impero lui
è il sovrano
è un genio,
è un vulcano
dopo lui
c’è solo il nulla, sai perché?
questo mondo
girerà
quando il mio dito
schioccherà
perché la tua
vita inizia qui con... me
come si chiama?
La vita di corte dell'imperatore era, in fin dei conti, veramente da
sogno.
Il tutto garantito dalle tasse che gli amati cittadini elagivano con
amore, sperando di riuscire qualche giorno di avvicinare il re per
pugnalarlo.
La vita di corte dell'imperatore era, in fin dei conti, veramente da
sogno.
Nel senso che il resto della gente questa vita se la sognava proprio:
la vita di corte, infatti, era stata una disgrazia per le borse statali
che erano al collasso, tantoché, si era stati costretti ad
introdurre delle tasse extra, oltre all'IMU e alla TASI sulla prima
casa, tutte belle cose che rallegravano l'animo del nostro imperatore e
un po' meno quello dei sudditi ma, finché l'imperatore
viveva nella pacchia, per lui non c'erano problemi.
Mentre le dame di corte erano intente a baciargli i piedi e gli
facevano la manicure alle lunghe dita affusolate, <<
Giallo, ragazze, oggi voglio le unghie color giallo canarino
>>, si avvicinò il consigliere di corte Nappa
che, nella sua eterna saggezza di eterno rompiballe, lo
richiamò con voce possente.
<< IMPERATORE VEGETA! >>
Sospirò il giovane imperatore, sentendosi chiamato
ingiustamente in causa. Ma che, non si poteva neanche godersi un po' di
tranquillità che arrivava il vecchio consigliere a rompergli
le palle il ritmo?
<< Vostra Maestà, è una tragedia,
una TRAGEDIA! >>
Subito alzò gli occhi al cielo, sbuffando il giovane re,
facendo ridacchiare complici le belle concubine, ma il consigliere lo
bloccò nell'immediato.
<< È FINITO IL SALE! >>
Calò subito un silenzio agghiacciante nella sala tanto che,
anche gli acrobati del circo allestito per rallegrare l'imperatore si
fermarono a mezz'aria dal prendere il trapezio, talmente era
sconvolgente la notizia.
<< E allora? A palazzo c'è il sale, non ci
sono mica problemi. >>
L'evidente menefreghismo nella risposta del re sconvolse ancora di
più tutti i servitori del castello: svennero le dame di
corte, precipitarono nel vuoto gli acrobati di prima, che non
riuscirono più a riacchiappare il trapezio e la popolazione
si riunì per un minuto di silenzio.
Inutile spiegare, da parte del consigliere Nappa, che presto sarebbe
finito anche il sale a palazzo visto che, per cause misteriose, tutto
il sale delle saline e dei supermercati si era misteriosamente
volatilizzato e che, presto, tutta la popolazione del pianeta sarebbe
rimasta senza sale.
Il rischio di una ribellione e di una rivoluzione era alle porte: senza
il sale era davvero una tragedia.
Non si sarebbe più potuto condire l'insalata come si doveva
o aggiungere quel pizzico di sale alla carne crude per darle quel
sapore un attimo più saporito.
Per non parlare del fatto che non si sarebbe potuto più dire
a qualcuno che 'aveva poco sale in zucca', non si sarebbe
più potuto 'sparger sale sulle ferite', non si sarebbe
più potuti essere il 'sale della terra' o potuti essere
'senza sale'.
Insomma, sarebbero rimasti tutti di sale.**
Vegeta sbuffò, insolente, ancora una volta.
<< Non è certo un mio problema se la
popolazione non ha– che cos'è che non ha?
>>
<< Ah, il sale... >> sussurrò il
consigliere.
<< HAA, dovevano rifletterci prima di diventare dei
PEZZENTI! Che faccia tosta questi poveri... >>
borbottò, accoccolandosi di più sul trono, il
giovane re.
<< Ma Vostra Maestà, voi dovete capire
che– >>
<< Basta, mi hai stufato. Sei licenziato. >>
<< Cooosa!? >>
Al povero Nappa per poco non venne il crepacuore a sentir parole tanto
argute.
Erano anni che serviva ciecamente la corona: aveva servito il padre del
giovane Vegeta, suo nonno, suo bisnonno, il suo trisnonno, trisavolo,
il quadrisavolo e il pentagono! Non era mica in età da
pensione.
<< Che significa, licenziato? >>
mormorò, infatti, incredulo.
<< Che sei stato licenziato >> gli sorrise,
invece, ben disposto il monarca, iniziando a scendere i numerosi
scalini che dividevano il trono dal suolo da dove assisteva, inerte, il
consigliere.
<< Significa che ti sollevo dall'incarico, sei stata
dimissionato, rientri nella riduzione del personale, divergenze di
intenti, conflitto di interessi, scegli la tua versione!
>>
Con la bocca spalancata e il fiato ancora in gola, Nappa non
riuscì a dar voce alle sue ultime, seppur legittime,
proteste, e se ne andò, mogio mogio, giurando,
però, vendetta all'imperatore. Perché, sapeva, la
vendetta era un piatto che andava servito freddo e prima o poi
l'avrebbe avuta!
Anche il gelato, però, era freddo, rifletté.
Ma, di sicuro la vendetta, non era buona come il gelato. Insomma, la
vendetta faceva male alla salute, poco ma sicuro.
Oddio, bisognava vedere che gusti si prendevano: una volta, per
esempio, aveva mangiato il gelato al pistacchio e non gli era molto
piaciuto, ma se avesse scelto un gusto fragola o cioccolata, sarebbe
stato ottimo.
Anche se non credeva che vendessero la vendetta al gusto cioccolato.
Uhm. Credo che stiamo
divagand-
Il consigliere Nappa se ne andò, quindi, indignato dalla
sala del trono, furente nella sua rabbia furiosa e, ringhiando cupo,
giurò vendetta, sbattendo poi la porta d'ingresso rischiando
pure di scardire qualche cardine, lasciando solo l'imperatore nella
sala del trono.
Vegeta sospirò frustrato, incerto se aveva fatto la cosa
giusta o meno riguardo quel vecchio consigliere che, in fin dei conti,
l'aveva visto crescere.
Provò quasi un moto di indignazione per se stesso, per il
suo egoismo e la sua vanità nei confronti di quel povero
vecchietto così gentile e paziente con lui.
Quasi, però, perché subito dopo fece spallucce,
fregandosene altamente del vecchio, e, fischiettando, decise di
avviarsi verso la parte più interna del palazzo.
Era arrivato il momento, infatti, di vedere lei.
Una risatina da ragazzina in amore risuonò tra le pareti
dell'ascensore mentre scendeva ai piani sotterranei e sorrise appena
arrivò davanti alla porta che conduceva al laboratorio
imperiale. Prese, quindi, un respiro e, aperta la pesante porta in
metallo, entrò.
La stanza grande e spaziosa, quella mattina – forse
perché era sabato mattina e di solito i Saiyan erano poco
mattinieri, scienziati compresi – era deserta. Solo da dietro
di uno dei banconi, tra le cianfrusaglie e macchinari parcheggiati in
giro, sbucava una parrucca color azzurro.
“Ok, Vegeta,
ci siamo, eccola lì..."
Bulma, brillante terrestre, da qualche mese era divenuta scienziata di
corte e, come da copione, era indaffarata a lavorare al laboratorio su
nuovi prototipi di macchine spaziali e su mille altre cose
inconcepibili di cui il principe se ne strafregava e di cui capiva ben
poco, visto che, lui faceva l'imperatore e la scienziata faceva la
scienziata.
L'importante, pensava il buon vecchio re, era che girasse l'economia e
che i soldi e le ricchezze arrivassero a palazzo, nella sua culla
intrinseca d'oro. Sapeva ben, infatti, che i Saiyan erano diventati
ricchi e potenti, soprattutto ultimamente, grazie alla mente brillante
della piccola terrestre e che questa si era rivelata una miniera d'oro
per le sue invenzioni assolutamente originali.
Sogghignò, pensando che avrebbe venduto un occhio della
testa anche la sua nuova effervescente creazione e si
avvicinò a lei, saltellando.
La trovò, in quel momento, china su un volume a lui
sconosciuto.
Bella come sempre, era concentrata a captare ogni minima parola e
indizio che poteva scorgere dal vecchio manoscritto, mentre ne seguiva
ogni riga con il dito.
Le labbra dischiuse mormoravano ogni singola sillaba e le sopracciglia
aggraziate, aggrottate per la concentrazione, la incorniciavano come un
angelo caduto dal cielo.
Un piccolo diamante grezzo che Vegeta amava osservare nel silenzio dei
laboratori, come se stesse assistendo, per la prima volta, alla nascita
di una nuova stella.
“È
così bella...”, pensava, innamorato
il nostro Romeo, che si mise a pensare, quindi, a qualcosa di altamente
romantico e raffinato da dire alla sua bella Giulietta.
“Ok, bello
mio, dì qualcosa di figo da dire, che la faccia rimanere da
sballo. Devi colpirla con tutto la tua fighaggine, daghe!”
Prese un sospiro e...
<< Ciao, donna! >>
proclamò con nonchalance, facendole l'occhiolino, colpendo
inevitabilmente nel segno.
“Sei un genio,
Vegeta, un genio! Sei un vero poeta!” sogghingò,
contento, presentandosi davanti a lei, in tutto il suo splendore.
Presa alla sprovvista, la scienziata invece abbandonò il suo
manuale di chimica inorganica, meteoriti, saldatrici, biancheria
intima, onde gravitazionali e frutta, alzando uno sguardo perplesso sul
principe che, stranamente, quella mattina, aveva deciso di scendere ai
piani inferiori del castello. Alzò gli occhi al cielo.
<< Buongiorno, Sua Altezza >>
mormorò, ritornando a ficcare il naso sul pesante libro
impolverato che stava sfogliando.
L'altro gongolò, con un sorrisetto furbo sul viso, contento
come un bimbo dell'asilo alla sua prima marachella, per aver attirato
la sua attenzione.
Bulma alzò poi gli occhi per vedere l'imperatore che si era
messo a scorrazzare in giro per il laboratorio, osservando con assoluto
disinteresse tutte le attrezzature e borbottando su quanto quelle cose,
come le chiamava lui, fossero noiose ma che almeno fruttassero un sacco
di soldi.
Si appoggiò svogliatamente sul libro che teneva sulle
ginocchia, portandosi una mano al mento, mentre lo osservava, assorta.
Lo vide avvicinarsi ad una fiala su uno dei tavoli, piantandoci davanti
il muso, con una smorfia disgustata. Lo sentì mugugnare un
'che schifo', per poi allontanarsi verso un altro tavolo.
Chissà come mai l'imperatore era così carino,
rifletté: insomma, era un pomposo, snob, arrogante e
petulante monarca, con un fisico prestante e la faccia da modello.
Sospirò, ancora una volta, portandosi una ciocca dietro
l'orecchio e passandosi una mano sulla faccia, frustrata.
Aveva capito benissimo di piacergli, e anche molto: in fin dei conti
era l'ennesima volta che cercava di far colpo su di lei con quei
tentativi da deficiente.
Venne improvvisamente riportata a terra dalla voce squillante
dell'imperatore che urlò come le protagoniste in Sex and the City davanti
ad una collezione di scarpe con il 50% di sconto.
<< Che cos'è questa meraviglia?
>> esclamò in iperventilazione Vegeta,
indicandogli il macchinario davanti.
<< È fantastica! È la cosa
più fantastica che abbia mai visto! Tranne per me, ma questo
non serve neanche dirlo, ma l'ho detto comunque. Perchè? Non
lo so! AHAHA
>>
E mentre l'altro vaneggiava sulla sua bellezza e sulla
necessità di sbiancarsi i denti ancora un po',
perché quando rideva la stanza non riverberava di luce,
Bulma lo raggiunse, chiarendo i suoi dubbi riguardo alla meraviglia che
aveva davanti.
Gli spiegò brevemente che quell'arcano aggeggio era
semplicemente un microonde che, grazie ad un funzionamento interno,
permetteva di riscaldare degli alimenti alla temperatura desiderata. In
questo caso, visto che Bulma non era munita del magico potere dei
ki–blast, con il quale la maggior parte della gente cucinava
i pop corn, era costretta ad usarlo per fare i pop corn.
<< È meraviglioso, lo voglio anche io!
>>
<< Certo, >> proseguì la
scienziata con tranquillità, ritornando a sedersi sulla sua
sedia dove aveva lasciato il librone delle favole, <<
peccato che servi il sale per fare i pop corn... >>
<< In che senso? >>
La scienziata chiuse il libro che teneva in mano e osservò,
con un sorriso sarcastico, il giovane imperatore che, con aria
arrabbiata, la fissava da dietro il bancone a braccia conserte e una
smorfia permalosa sul muso.
<< Nel senso che, se non c'è il sale, i pop
corn non sono buoni >>
Sulla necessità di recuperare il sale per il pianeta e per
fare i pop corn, il monarca si ritrovò, quindi, a concordare
con la brillante scienziata – più per i suoi pop
corn, che per il benessere della cittadinanza – e di comune
accordo – più per imposizione della scienziata che
per libera scelta di Vegeta – decisero che era necessario
recuperarlo, in qualche modo, nelle vecchie cave di sale nelle regioni
meridionali che per secoli avevano rifornito il pianeta.
Dopo, quindi, essersi messi d'accordo sull'orario di partenza per il
giorno seguente e dopo aver fatto colazione al Mc, partirono per le
regioni del sud.
Nel sud del pianeta vi era la vecchia reggia abbandonata dei Grandi Re.
La meravigliosa villa di Vegetaland, un po' come Gardaland, collocata
nel deserto sabbioso e misterioso di ... ehm, Vegeta? conosciuto come
la zona più soleggiata e arida di tutte.
Milioni di anni fa, in quel luogo, la leggenda narra che vi regnavano i
vecchi e magnifici antenati dei Saiyan, un popolo, all'epoca, di
coltivatori di patate e di erba che, a causa del clima troppo
soffocante, aveva fatto i bagagli e aveva deciso di abbandonare tutto e
di trasferirsi più a nord, scegliendo di alloggiare in una
nuova reggia abusiva, di modeste dimensioni – avevano infatti
pensato a qualcosa che non fosse saltato troppo agli occhi, qualcosa di
piccolo, come il Khas Mahal – costruita in riva al
mare.
Infatti una casa al mare con tanto di yacht, laggiù, non
potevano permettersela per il troppo caldo e perché,
sapevano, avrebbero speso un patrimonio in creme solari.
Secondo i calcoli calcolosi di Bulma, al di sotto del castello vi erano
delle riserve di sale – da cui per secoli i Saiyan avevano
prelevato il sale per conservare la carne, prima di scoprire il magico
potere dei frigoriferi – ed allora, sarebbe stata
assolutamente una buona idea andare a prendere il sale là
sotto, per portarlo là fuori, ossia agli abitanti disperati
del pianeta.
I nostri baldanzosi giofani, si avviarono, quindi, ai grandi cancelli,
dopo essere scesi alla fermata – Linea 6
– e dopo, immancabilmente, aver insultato fino alla morte il
conducente.
Infatti, l'autista, secondo la versione del Principe dei Saiyan,
– rimasto schifato dal fatto che Bulma avesse voluto andare
lì con i mezzi pubblici, perché NO, non si poteva
volare, e lui avesse pure dovuto pagare il biglietto, quando, in
realtà, avrebbe dovuto viaggiare gratis – aveva
beccato di proposito tutte le buche del tragitto, facendo agitare
terribilmente lo stomaco della scienziata che, oltre ad aver avuto la
brillante idea di prendere l'autobus, aveva quasi vomitato lo stomaco
sugli stivali dell'Imperatore.
Nel mentre che il nostro antieroe preferito era già intento
ad assaporare il gusto succulento e biricchino dei popcorn, talmente
buoni che gli avrebbero fatto le capriole in bocca, Bulma stava
ricontrollando l'opuscolo della villa acquistato per pochi centesimi al
tabacchino sotto casa.
Finchè, si avvicinò loro un signorotto di
campagna, dall'aspetto gentile e giovanile, il quale, sotto il suo
grande cappello di paglia, sfoggiava un sorriso innocente e parvo di
malizia mondana, per poi chieder loro, con tono idiota:
<< Scusate, passa qui il 6? >>
<< Sì, ma è appena passato
>>
Soggiunse sovrappensiero Bulma che stava litigando con una di quelle
cartine geografiche enormi e irrichiudibili.
Della serie, se pieghi al contrario, ti ritrovi l'Australia in Canada,
e se pieghi giusto è comunque sbagliato, perché
non hai seguito bene i bordi e ti trovi sommerso dalla carta,
rischiando di venire mangiato dall'Himalaya. Una di quelle
cartine-tragedia che ti fanno salire il mal di vivere.
Vegeta, dal canto suo, invece, non lo cagò di striscio,
continuando ad ammirarsi le unghie su cui, mannaggia, si stava
rovinando il color giallo canarino.
Ma il giovane contadino, preso alla sprovvista, mostrò loro
tutto il suo stupore nel trovare lì due personaggi tanto
conosciuti:
<< Oh, mio KAMI! Non dirmelo! Tu sei, sei-
>> balbettò, incredulo, attirando l'attenzione
di Vegeta.
L'imperatore sogghignò, compiaciuto della momentanea afasia
del pastore alla sua meravigliosa visione, in un luogo tanto insolito.
<< Lo so, lo so, inizia con “im-”
>>
<< IMPIEGATO DEL MESE! >>
Ma gli sguardi dubbiosi che ricevette, costrinsero il contadino a
riprovare.
<< Ehm, no... >>
<< IMBIANCHINO! >>
<< N-NO! >>
Ma che diavolo di problemi aveva? Adesso iniziava a spazientirsi, il
nostro imperatore. Sembrava quasi che lo stesse prendendo in giro. Cosa
probabile, aggiungo io.
<< I-impresario...? >> azzardò,
nervoso, il contadino.
<< NO! >>
<< A-a-arrotino? >>
<< ARGH, NON INIZIA NEANCHE CON LA I! >>
<< Ah, ok, ok... >>
Caspiterina, pensò il giovane coltivatore: era meglio non
alterare ulteriormente quel tizio con i capelli come i suoi carciofi.
Pensò ad un altro possibile mestiere da affibiare a Vegeta
e, 'sta volta, gli venne subito la parola giusta.
<< Ci sono: IMBECILLE! >>
Inutile dire che stavolta il re si incacchiò di brutto e
iniziò a prendere a vergate il povero contadino urlante,
fino a che, la bella scienziata, che era scesa a patti con la cartina,
fermò prontamente Vegeta e lo costrinse a chiedere
scusa al contadino. Anche se il re, 'sta capanna che
gli avrebbe fatto le sue scuse. ***
Il contadino, che poi venne fuori chiamarsi Goku, si offrì
loro di fare da guida all'interno della villa, dato che non aveva nulla
di meglio da fare, anche se non sapeva una cippa della villa, e guidati
da spirito intrepido e dalla voglia di mangiar pop-corn, si
incamminarono all'interno della enorme villa.
Aperti i grandi cancelli arruginiti, si incamminarono in quelli che un
tempo erano i giardini: un tempo, questi riverberavano di meravigliosa
grazia alla luce delle stelle con fontane di cioccolato e giochi
d'acqua spettacolari, ma ora erano completamente trascurati, tanto che
Goku vi faceva pascolare capre e cavoli, fregandosene altamente che
quella reggia, molto probabilmente, era patrimonio dell'UNESCO e che se
lo avessero beccato a farci pascolare il gregge, l'Alta Corte Saiyan
l'avrebbe spennato come uno dei suoi pasciutti polli che si mangiava a
colazione.
Ancor peggio era messo l'interno: le colonne in marmo bianco, le scale
dalle lunghe gradinate e i candelabri giganti attaccatti al soffitto
erano tutti caduti a pezzi e impolverati.
Insomma, un vero schifo.
Il nostro Goku iniziò così a fare loro da esperto
e coivolgente Cicerone.
<< Ecco, >> si mise a dire,
<< quelle sono le scale >> e
mostrò loro le scale.
<< Quello è un candelabro >> e
indicò il candelabro malmesso appeso al soffitto.
<< Quello è il poggiolo che da sul giardino
>> e anche la terrazza di venti metri quadri fece la sua
entrata nella spiegazione del contadino.
<< Quelle invece sono le colonne >>
Indicò le numerose colonne che gli affiancavano nel cammino,
mentre proseguivano a caso, girando per la villa.
<< E quelle invece sono *leggere con voce minacciosa* le scale tenebrose che conducono
ai sotterranei misteriosi della villa da cui non è mai
tornato nessuno e in cui, dicono, gira lo spirito di un vecchio
fantasma antipatico dalla capoccia pelata...
>>
<< Poi lì c'è la sala da pranzo...
>> e indicò la sala da pranzo.
<< ANDIAMO LÌ >>
L'interruppe, però, Bulma, interessata alla sala da pranzo.
<< Esatto! Nella sala da pranzo, chissà se
c'è ancora qualcosina da mang- >>
<< No, non lì! >>
Ah, no, non interessata alla sala da pranzo, bensì, alle
*leggere con voce minacciosa* scale
tenebrose che conducono ai sotterranei misteriosi della villa da cui
non è mai tornato nessuno e in cui, dicono, gira lo spirito
di un vecchio fantasma antipatico dalla capoccia pelata.
Ta le lamentele di Goku che voleva andare a dissacrare la cucina e le
ingiurie di Vegeta che non avrebbe voluto sporcarsi la divisa di
imperatore, i nostri amici scesero le *leggere con voce minacciosa*
scale tenebrose che conducono ai sotterranei misteriosi della villa da
cui non è mai tornato nessuno e in cui, dicono, gira lo
spirito di un vecchio fantasma antipatico dalla capoccia pelata.
Si ritrovarono ai piedi delle *leggere con voc * insomma, avete capito,
e Bulma iniziò subito ad armeggiare con alcuni strumenti che
si era portata dietro, la "macchina cerca sale", alias Vegeta che come
un cane da tartufi, sniffava l'aria per cercare al più
presto il sale per i poc corn, e con una torcia, visto che in fondo
alle *leggere con voce minacciosa* scale
tenebrose che conducono ai sotterranei misteriosi della villa da cui
non è mai tornato nessuno e in cui, dicono, gira lo spirito
di un vecchio fantasma antipatico dalla capoccia pelata non si vedeva
nulla.
La torcia, che nel caso era Goku versione Super Saiyan, s'intromise nel
silenzio della cava, chiedendo delucidazioni a Bulma.
<< Che cosa è che dobbiamo cercare,
precisamente? >>
<< Cloruro di sodio, che è la formula chim-
>>
<< AHHHHHH!
>>
Un improvviso urlo agghiacciante li fece sobbalzare entrambi e si
voltarono verso il cane da tartufo con i capelli a fiamma, che aveva
urlato l'anima, spaventato più che mai.
<< UN PIPISTRELLO! >>
<< Uh, magari è Batman, ci starebbe che in
questa caver- >>
Lo scapellotto che ricevette sul collo fece capire a Goku di dover star
zitto.
Bulma sbottò: << Basta cincischiare, dobbiamo
andare avan- >>
<< AHHHHHH!
>>
<< Cosa c'è da urlare, Vegeta?
>> lo rimproverò, scocciata dai fischi ad
ultrasuono che emetteva il re.
L'altro, nonostante l'iniziale smarrimento, si riprese subito, tornando
a poggiare i piedi per terra. << Un serpente
>>
Dopo aver alzato gli occhi al cielo, almeno da parte di Bulma, e
ripreso finalmente a camminare, guidati dalla "macchina cerca sale"
che Bulma teneva al guinzaglio, s'inoltrarono lungo i
corridoi scuri dalla cava, camminando nel silenzio del sottosuolo.
I loro passi risuonarono a vuoto, finché
<< AHHHHHH!
>>
La scienzata, presa alla sprovvista, si dovette trattenere
dallo strozzare il cane cerca sale che teneva al guinzaglio e, preso un
respiro, gli domandò quale fosse l'ennesimo problema.
Probabilmente si era spezzato un'unghia nel frugare con il naso per
terra e tastando a tentoni le pareti nell'oscurità della
caverna.
<< UNO SCOIATTOLO! >> abbaiò,
invece, spaventato il re.
La torcia saiyan e Bulma lo guardarono dubbiosi per un attimo per, poi,
posare lo sguardo sul roditore che sedeva tra le sue ghiande su un
masso, ed effettivamente constatare la presenza di uno scoiattolo in
una buia caverna sotterranea.
Bulma sospirò, passandosi una mano sugli occhi.
<< Dai, Vegeta, andiamo, for- >>
<< Aspetta, ma io ti conosco! >> intervenne
a bruciapelo, però, l'imperatore, riconoscendo la bestiola.
Lo scoiattolo spalancò gli occhietti, iniziando a temere per
la sua vita.
<< Brutta bestiaccia, >> iniziò
ad abbaiargli contro il re, << tu sei quel – BEEP! - che quando
eravamo nell'altra storia mi hai fatto passare per un – BEEP! -, piccolo
– BEEP!
– sei soltanto un – BEEP! -, e sai una
cosa? Sono davvero contento di aver fulminato il tuo – BEEP! –
di – BEEP!
–, brutta – BEEP!
– del – BEEP!
– io ti giuro che- >>
<< Vegeta, mio Kami, smettila! Povera bestia! Che diamine
ti ha fatto? >>
Lo bloccò, sconcertata, Bulma mentre un Goku traumatizzato
lo fissava con la bocca spalancata.
L'altro li osservò furibondo per poi bloccare la sua ira e
guardare torvo lo scoiattolino che, terrorizzato, si era nascosto
dietro la fulva coda, tremando come una fogliolina.
<< Uhm, devo averlo scambiato per qualche altro
scoiattolo... >> grugnì, infine, burbero,
l'imperatore. << Andiamocene. Prima troviamo il sale,
prima ce ne andiamo >>
Bulma e Goku si guardarono, sconcertati, incapaci di comprendere la
psiche del loro psicopatico re.
Sospirando un'altra volta, fecero spallucce e decisero di non indagare
oltre, anche perché poco importava loro della salute mentale
dell'imperatore, che, a dirla tutta, non era mai parso loro con tutte
le rotelle a posto e, ripresero così a camminare,
preseguendo lungo le cave tenebrose.
Queste cave tenebrose, scoiattoli a parte, erano particolari: un
complesso di corridoi che si articolavano su più rami,
scavate interamente in una roccia che, alla luce, tradiva parzialmente
un biancore pallido. Il sale si poteva, infatti, notare nelle
insenature delle pareti ma quello era inutilizzabile.
Prima di poter essere usufruibile, almeno da quanto diceva Goku, che
dai, 'sta volta era stato utile, doveva essere trattato e lavorato
diverse volte. Il sale delle pareti che costeggiavano, infatti, non era
puro e aveva quasi un sapore ferruginoso e amarognolo, come
poté constatare Vegeta che aveva sputacchiato per una buona
mezz'ora, dopo aver assaggiato il sale su uno spuntone di roccia,
sperando di aver finalmente terminato la ricerca ma trovandosi solo con
un saporaccio amaro in bocca e le lacrime agli occhi per lo schifo.
Arrivati in fondo ad un corridoio, i tre si fermarono, cercando di
capire la strada.
Goku la guida, infatti, aveva perso anche lei la bussola e non sapeva
da che parte continuare.
Proseguirono quindi a tentoni, andando di volta in volta a sbattere
contro qualche roccia, sia per l'imbranaggine del fedele cane Vegeta
che, a forza di sbattere il naso contro la pietra, stava perdendo
sensibilità alla faccia, sia per l'incapacità di
Goku di tenere accesa una semplice lampadina. Incapacità
ancora più inspiegabile, visto che, era lui la lampadina e
doveva solo tenere una sfera d'energia in mano e che tutti quanti ci
riusciamo benissimo.
All'ennesima imprecazione di Bulma che cercava di scacciare via Vegeta
che era finito inevitabilmente a farle lo sgambetto nel cercare di
guardagli sotto la gonna, sentirono degli improvvisi rumori provenire
dalle profondità del tunnel.
Erano dei rumori inquietanti, e non solo perché si trovavano
in fondo alle *leggere con voce minacciosa* ai sotterranei misteriosi della
villa da cui non è mai tornato nessuno e in cui, dicono,
gira lo spirito di un vecchio fantasma antipatico dalla capoccia pelata,
ma anche perché sembravano gli stridii di un macchinario e
di un motore in continua funzione. Come un'enorme mostro che
li stava richiamando verso il centro dell'inferno.
Esagerazione a parte, i nostri amici si ritrovarono a stare su con le
orecchie, ascoltando, sempre più inquieti, il rumore che si
faceva sempre più inquietante, finché Goku ruppe
la tensione.
<< Potrebbero essere delle montagne russe... a me
piacerebbero >> lanciò un'occhiata diffidente
al tunnel mentre Bulma osservava critica la situazione.
<< Oppure, >> mormorò Vegeta
<< potrebbe essere il vecchio fantasma antipatico dalla
capoccia pelata... >>
<< Magari su un Monster
Truck >> concluse per lui, Goku.
I due si guardarono, insicuri, per poi scoppiare ad urlare ma Bulma
prese subito in mano la situazione.
<< Se è un fantasma, dobbiamo catturarlo.
>> rifletté, << ma come?
>>
<< Non lo so, genio, ma sbrigati a pensare qualcosa!
>> proferì agitato l'imperatore che si era
finalmente liberato del guinzaglio e si era messo in posizione di
difesa.
L'incombere del fantasma sul Monster
Truck era sempre più minaccioso istante per
istante e pareva vederlo comparire da un momento all'altro in fondo
alla galleria, pronto per investirli. Vegeta e Goku pronti in posizione
per battersi contro il famigerato fantasma, erano trepidanti d'attesa,
finché a Bulma si accese la lampadina.
Metaforicamente parlando, perché lei, ricordiamoci, non sa
creare sfere di energia dalle mani e usa il microonde per fare i
popcorn.
<< Ci sono! >> esclamò,
finalmente, la scienziata, facendo tirare un sospiro di sollievo
all'imperatore e incuriosendo Goku.
<< Dobbiamo comprare un aspirapolvere. Un aspirapolvere
al 50% di sconto >> cominciò a camminare
avanti ed indietro per la caverna, assorta in spiegazioni.
<< Con i soldi che rimangono ci prendiamo un frigo bar e
lo riempiamo di birre. L'aspirapolvere lo usiamo come poggiapiedi
mentre beviamo le birre. È una splendida, splendida idea!
>>
E orgogliosa si scostò i capelli azzurri dal collo,
facendoli fluttuare nell'aria e facendo salire il batticuore a Vegeta
che la guardò con occhi adoranti e un sorrisetto da
rimbambito sulla faccia mentre lei, contenta, si pavoneggiava per il
suo brillante piano.
Goku, però, la guardò, incerto.
<< E con il fantasma che si fa? >>
Lo sguardo dubbioso da parte di Bulma e quello innamorato a fissare
Bulma da parte di Vegeta lo costrinsero a spiegarsi meglio.
<< Insomma, potremmo sempre tirargli in testa le
bottiglie vuote della birra, sperando che sbagli strada e non ci tiri
sotto >> propose, incerto, grattandosi la zazzera in
cerca di una soluzione che sembrava più complicata del
previsto.
Difficile usare tanto il cervello per uno come lui: non bisogna
sforzarsi se non si è allenati.
<< Oppure! >> lo salvò dal
naufragar in un mare burrascoso di calcoli e astuzia, la brillante
donna << Usare l'aspirapolvere per risucchiarlo,
così non potrà più guidare il Monster
Truck! >>
<< OMMIDDDIO, ottima idea! Sei un genio, Bulma!
>>
Si complimentarono in coro entrambi i Saiyan per l'arguzia della donna,
elogiandola per le sue qualità petalose, vaneggiando,
soprattutto da parte di Vegeta, sulla necessità di
ricoprirla di premi insigni, promettendole il Premio Sìbel,
l'Oscar per la bellezza, una ricarica gratis del telefono a vita, il
Premio Freezer, il GETA Music Award e il Premio Befana per la
letteratura e perché lo era per davvero. Osservazione che
costò a Vegeta una ginocchiata dove non batte il sole.
Così, appena l'imperatore riuscì nuovamente ad
alzarsi da terra e a respirare a tratti regolari, aspirapolvere alla
mano, corsero verso il fantasma in Monster Truck che li aspettava in
fondo al tunnel.
Il loro urlo di battaglia si smorzò appena arrivarono in
fondo al tunnel e si trovarono in un'enorme atrio che ospitava un
macchinario vecchio e scoppiettante.
<< Ehi, ma che diamin- Nappa? >>
Come se non se lo aspettassero, perché non aveva molto senso
in realtà, ma neanche questa storia ne ha, quindi va beeene,
si ritrovarono davanti al buon vecchio consigliere Nappa che, camicia
da boscaiolo e barba incolta, stava spalando sale sulla macchina che,
attraverso una lunga catena di montaggio, lo purificava, lo lavava e lo
risputava fuori in un altro mucchio.
Radish, l'ultima persona che ci si aspetterebbe come no, invece, alla
guida di una ruspetta, raccoglieva il sale e lo distribuiva su casse
contenenti pesce.
Pesce, la cosa più normale da trovare in fondo ad una
caverna buia e tenebrosa, nel deserto, ovviamente.
Si avvicinò loro, quindi, la versione canadese di Nappa.
<< Be', sì >>
confessò l'ormai ex-consigliere, sotto lo sguardo perplesso
di Bulma, quello affamato di Goku, che era da almeno una mezz'ora buona
che non mangiava e vedersi circondato da pesce sottosale non aiutava, e
quello leggermente arrabbiato dell'imperatore Vegeta che aveva appena
scoperto che il suo consigliere era riuscito a trovarsi un altro
lavoro.
Insomma, lui licenziava le persone e loro cosa facevano? Si trovavano
un altro lavoro per vivere? Ma
come osavano?
Goku, invece, era più sorpreso dal fatto di trovarsi il
fratello - che dava per disperso da tempo - a lavorare, il quale,
almeno da quanto ricordava, era sempre stato un nullafacente ed non
aveva avuto la minima voglia di trovarsi uno straccio di lavoro,
nonostante i suoi trent'anni suonati. Ma tu guarda le sorprese della
vita.
<< Cos- MA COME È POSSIBILE? CHE
COS'È QUESTA STORIA, NAPPA! SPIEGARE, ORA. >>
chiese gentilmente chiarimenti il giovane imperatore che, aveva
iniziato a sbraitare contro al povero Nappa tutto il suo disaccordo.
Nappa allora, iniziò, grattandosi la pelata.
In sostanza, la questione era andata così: dopo essere stato
maltrattato per l'ennesima volta a palazzo dal giovane imperatore -
prima perché non gli aveva procurato il giusto colore di
smalto, poi perché si era scordato, tra i mille altri
impegni fondamentali che aveva, come, che so, dirigere un regno o
redigere contratti interplanetari, di portare a spasso il suo cane, poi
ancora perché non gli era stato servito il frullato alla
menta, anguria e fragola ma alla menta, fragola e anguria, infine
perché, una mattina, secondo l'imperatore, si era pettinato
i baffi in maniera arrogante - aveva deciso di aprire con Radish una
attività illegale di spaccio di sardine sotto sale.
Così, ogni sera, dopo lavoro, con l'aiuto del giovane Son,
al quale due soldi per comprarsi le sigarette non facevano male, aveva
iniziato a pescare migliaia di sardine nel Mare del Nord, causandone,
molto probabilmente, la vicina estinzione - problema cui era stato
debitatamente informato l'imperatore ma di cui se n'era fregato - per
poi trasportarle nei sotterranei della villa, - posto perfetto per
nascondere l'attività, a parte per un deficiente che faceva
pascolare delle capre nei giardini, ma era talmente scemo che non li
aveva mai beccati - lavorarle grazie alla sovrabbondanza del sale
presente e poi rivenderle al mercato nero dell'Alaska.
Anche se attualmente, i clienti scarseggiavano, un po'
perché là le sardine non andavano di moda -
preferivano il tonno, a quanto aveva capito - un po' perché
quel figlio di una buona capanna di Turles***, altro giovane che si
dedicava allo spaccio di sostanze discutibili, aveva avuto dei problemi
con i compratori all'estero - primo perché, stranamente,
pagavano in pesce, e secondo perché la lingua era da
spararsi un colpo in testa.
E la carestia di sale?
Be', quella semplicemente era stata causata dalle continue razzie che,
quando potevano, Nappa e gli altri due facevano ai supermercati e alle
saline, perché estrarre il sale dalle pareti e lavorarlo,
dopo un po', era diventato dispendioso, soprattutto nell'ultimo
periodo, quando gli affari con gli eschimesi non andavano a gonfie vele.
E tutta la parte della vendetta che abbiamo letto prima?
Be', quella semplicemente era una scusa per far scena e per trarre in
inganno il lettore e fargli credere che, AHA! c'è
davvero un fantasma cattivo che ruba il sale e che boh, lo devono
catturare stile Scooby Doo... ma dato che non sono prevedibile, HAA, mi pareva
più ragionevole parlare d'altro e dimostrarvi che i
fantasmi, tantomeno quelli in Monster
Truck non esistono. Neanche
Babbo Natale, in realtà, ma questa è un'altra
storia.
Vegeta, però, non condivise lo spirito imprenditoriale del
suo consigliere e si mise a sbraitare in giro del fatto che, no, non
era possibile condividere un'idea così egoista come quella
di crearsi un'impresa da privati e non pagare nulla all'imperatore e
soprattutto privarlo del controllo dell'attività, lamentando
il fatto che questi capitalisti non sarebbero andati avanti molto a
lungo e che non capiva la pretesa delle persone di voler lavorare per
vivere e la continua necessità di dover mangiare ogni giorno.
All'ennesima volta che Vegeta andava avanti e indietro per la caverna,
brontolando, Bulma, a cui si era accesa la lampadina un'altra volta, lo
bloccò.
Gli si avvicinò, infatti, prendendolo a braccetto e
sorridendogli, cortesemente.
<< Ma Vegeta caro, >> gli sorrise,
facendogli accelerare i battiti cardiaci << pensaci un
attimo >> squittì, deliziosa, facendo le
labbra a cuore (?) mentre l'imperatore iniziava a perdere la cognizione
dello spazio-tempo.
<< Potresti sempre riuscire a reclamare il tuo
fondamentale ruolo di signore dell'universo anche grazie a questa
attività! >> continuò, poi,
spiegandosi meglio.
<< Se ti accordassi con Nappa e i suoi due... ehm, come
si chiamano? >>
<< Radish e Turles. >> aggiunse Nappa.
<< ... ecco, e con questi Reddith e Carlos, e portassi
questo commercio di pesce a livello nazionale, potresti fare palate, se
non, montagne di soldi! Questa attività, se gestita al
meglio e ampliata sempre di più, >>
proseguì, sotto lo sguardo interessato di Nappa, imbronciato
di Vegeta e perso di Goku che si era messo a contare i pesci ma, sigh,
quel povero ragazzo ha l'attenzione di un bimbo dell'asilo,
<< potrebbe fruttare alle casse dello stato quanto una
mia invenzione anche se, francamente, io sono un genio e la vedo dura,
ahahah, ma questo non c'entra. Poi, magari, la popolazione
potrebbe finalmente riavere il sale. >>
Sospirò, portandosi una mano alla fronte. Vegeta, invece, la
fissò, perplesso e indeciso sul da farsi. Portò
una mano al mento, pensieroso, mentre osservava attorno le montagne di
sale e le casse di sardine marinate.
Bulma gli si avvicinò.
<< Che ne dici? >> gli sussurrò,
sorniona, << potresti fare miliardi se questa
attività venisse portata alla luce del sole.
>> pronunciarono infine le sue dolci labbra che,
stranamente, convinserono subito l'imperatore.
Si perse un secondo ad osservare i suoi occhioni azzurri mentre era
rimasto immobile a contemplare la immensa salina.
In fin dei conti, pensò, non era una cattiva idea: avrebbe
nuovamente spadroneggiato su Nappa e suoi sottoposti, avrebbe fatto i
milioni e, magari, a fine giornata, avrebbe potuto gustarsi assieme
alla bella Bulma - che lo stava fissando con i suoi occhioni da
cerbiatta - dei croccanti popcorn, seduti assieme, davanti al
caminetto, in camicia da notte, accoccolati uno vicino all'altra e,
nell'atmosfera focosa e piena di sussurri, avrebbero potuto scambiarsi
caldi baci e, magari, approfittare del momento per alzare il rating
della storia e poter fare cose che non posso descrivere al momento.
<< Sapete cosa? >> sbottò,
improvvisamente il re, << Mi è venuta un'idea
brillante! Nappa, mettiamoci in società io e te,
così io faccio i milioni e portiamo questa meravigliosa
attività alla luce del sole! Però, tu, Reddith
e... l'altro si chiama? >>
<< Turles >>
<< ... Carlos, iniziate a produrre anche salmone, che mi
piace di più! Che ne dici? >>
Senza aspettare una risposta da parte di Nappa, il quale,
più che decidere liberamente per sé, fu costretto
ad accettare di firmare il contratto stipulato a tavolino, con lo
stesso imperatore come rappresentante dello Stato - Assoluto, s'intende
- e con Bulma come scribacchino, i due si misero d'accordo per creare
una società - di cui Vegeta era il presidente ma non
responsabile, visto che il re è intoccabile per definizione
- di vendita di sardine, salmone e - su consiglio di Goku - di cozze,
che gli piacevano tanto, soprattutto a colazione. ****
Nappa venne riassunto a corte in qualità di consigliere, con
la promessa di un lavoro meglio organizzato e retribuito e, Vegeta, per
farsi perdonare, gli regalò l'aspirapolvere al 50% di
sconto, il frigo bar con le birre e un buono spesa con lo sconto sul
sale. Caso mai ne fosse senza.
La produzione di pesce venne, quindi, portata alla luce del sole, con
la aitante promessa di una rendita straordinaria, anche se Vegeta non
aveva ben capito il significato metaforico della frase e, con un Big
Bang Attack, alla fine, fece esplodere caverna, villa e giardini,
portando il tutto letteralmente alla luce del sole.
Bulma e l'imperatore si ritrovarono, infine, alla fermata del tram ad
aspettare la linea 6 per tornare a palazzo.
A loro si unirono anche il giovane Goku e le sue innumerevoli capre:
aveva deciso, infatti, di ritornare in montagna ad occuparsi della sua
fattoria perché lì, aveva una famiglia di moglie
e figlio che lo aspettava, e perché, in fin dei conti, era
stufo di girare come un beduino nel deserto con l'unica compagnia delle
capre.
La scienziata, invece, anche da parte di Vegeta, invitò
Goku, e allargò l'invito anche alla sua famiglia e alla
capre, a venirli a trovare a palazzo, dove avrebbero trovato cibo in
abbondanza e giardini con tanta erba fresca. Si scambiarono i numeri di
cellulare e quello di piccione viaggiatore per Goku, e si promisero di
beccarsi presto per un caffé in centro.
Vegeta, dal canto suo, dopo aver fulminato più volte Goku
per essersi avvicinato un po' troppo alla fidanzata segreta, talmente
segreta che neanche lei sapeva di esserlo, si sentì, in fin
dei conti, contento per aver terminato un altro importante affare e non
vide l'ora che arrivasse il tram per poter tornare a casa a mangiare i
popcorn cucinati da Bulma, anche se aveva i suoi dubbi che sarebbero
riusciti a salire tutti sul tram, capre comprese.
Sorrise, alla fine: finalmente la strampalata avventura era finita e
lui poteva tornarsene a casa a guardarsi i Griffin.
THE END
Si
ringrazia la popolazione del pianeta Vegeta per la spiccata
disponibilità e gentilezza a partecipare a questo capitolo.
Si
ringrazia la ditta Vegeta Trasporti per aver messo a disposizione la
linea 6.
Un
grazie alla popolazione, agli schiavi, ai ballerini, alle
concubine, ai coreografi, agli artisti del circo, al Consigliere Nappa,
agli scienziati di corte, al povero autista della linea 6, a Turles e
Radish per aver partecipato.
Un
grande grazie, ovviamente, all'immancabile Principe Vegeta che ha messo
tutta la sua disponibilità e allegria a svolgere il ruolo di
protagonista, alla scienziata dai capelli azzurri Bulma, venuta
direttamente dalla Terra, al grande Goku e alle sue
innumerevoli capre.
Grazie,
infine, a Felinala che mi ha supportato nell'arduo percorso della
scrittura del capitolo, a SSJD che mi ha suggerito come terminare
questa sciagura di capitolo e al mio PC, per la pazienza che mi ha
dimostrato e per non essersi formattato dalla disperazione.
* battuta presa da Due Fantagenitori
** ottimo uso dei proverbi, vero SSJD? Du darfst stolz sein auf mich.
Dedicati solo a te. Ora mi esalto perché ho scritto in
tedesco. YEEEEEE!
*** non posso usare parolacce. Ehh, già. Se volete che le
usi, devo alzare il rating.
**** idea di _Lady_Maleficent_, se mai leggerà questa idiozia
ANGOLO
DELL'AUTRICE
Eccomi
qui, dopo tanto peregrinar per libri e cose varie.
Spero
davvero che il capitolo vi sia piaciuto.
Spero
inoltre di non dover far più capitoli così
lunghi, ma di morire prima.
Ringrazio,
come al solito, tutti coloro che leggono, che recensiscono, che hanno
messo la storia in una delle categorie e coloro che mi daranno qualche
dritta se ho sbagliato qualcosa o meno!
Siete
tutti bellissimi, tranne te, là dietro, terza fila.
Un
bacino a tutti e alla prossima - che spero sia più prossima.
Oggi
Zappa è coccolosa.
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Capitolo 10 *** Strano ***
Se
c’era una cosa che Bulma aveva imparato negli anni, era che
Vegeta
era anormale. Particolare, bizzarro, anticonformista, eccentrico. In
una parola scientifica: strano.
E
lo notava in tante cose, anche le più piccole. I calzini,
per
esempio.
Si
sa, di solito la gente normale ha un cassetto apposito dove conserva
i calzini. Grandi, lunghi, corti, da ginnastica, e per le signore,
magari, ci stanno pure le calze e i fantasmini per i tacchi.
Vegeta
non aveva un cassetto dei calzini normale. O meglio, non ci teneva
calzini.
La
prima volta che Bulma aprì il comodino, dalla parte del
letto dove
dormiva Vegeta, per poco non saltò sul soffitto dallo
spavento.
Vegeta conservava nel cassetto dei cimeli vari di battute di caccia.
Avete
presente quando il gatto, dopo essere andato a caccia tra una
mangiata di croccantini e l’altra, vi porta
sull’uscio di casa la
testa di un corvo o il corpo senza vita di un topino appena
catturato, costringendovi a buttare in varechina il tappeto dove ha
strapazzato il corpo della povera vittima, e a, praticamente,
smontare l’ingresso di casa per estirpare le piume
sparpagliate?
Ecco.
Nel
cassetto, Bulma, infatti, aveva ritrovato, in questo ordine: due paia
di denti di sconosciuta provenienza, la zampa di un orso, il cuore di
un pollo, una ciocca di capelli di Goku, tre sassi, una ciabatta, la
coda di un cavallo, il piede del fantino che guidava il cavallo, un
orecchio di Junior, una rana essiccata, un paio delle sue mutandine
–
ok, questo andava anche bene – un polmone ancora funzionante
e un
pacchetto di fazzoletti.
Il
tutto condito in una zuppa di sangue, ossa e parti umane non ben
definite.
Bulma
nel cercare di ripulire il cassetto maleodorante aveva optato,
così,
per dar fuoco direttamente al comò.
Un’altra
cosa strana, poi, era che passava dall’essere un Abominevole
Uomo
delle Nevi ad un cucciolo di Golden Retriever in pochi minuti.
Per
esempio, la sera, quando si addormentava subito dopo gli allenamenti.
Il
predatore, dopo essere uscito dalla pozza d’acqua in cui ha
riposato fino a quel momento, s’avvia, quatto quatto, verso
la
tana. Si guarda intorno circospetto, per avvertire per tempo un
attacco improvviso di ruggiti da parte della consorte, e per poter
scappare per tempo in bagno, ed usarlo per primo. Nella grande savana
che è la camera da letto, il predatore s’immerge,
infine, nelle
lenzuola, rannicchiandosi nella sua parte di tana.
Bulma
se lo ritrovava ogni sera così, accucciato nel suo angolino,
come un
piccolo batuffolo di neve fuori stagione, sparso nel lettone.
Era…
dannazione, era così carino mentre dormiva tutto
rannicchiato su un
lato, a forma di ovetto, con il cuscino stritolato tra le braccia e i
capelli arruffati dal sonno, con quel piccolo filino di bava che
andava a lavare le lenzuola intonse, messe su il giorno prima
–
perché, tanto, mica lavava lui in quella casa – e
il leggero
russare che era simile al ronzio di un ape mischiato alle fusa di un
micio.
Così
carino che le si scioglieva l’anima, anche se, dopo, doveva
rimetterla in frigo, perché sapeva benissimo che, la
mattina, quando
si sarebbe risvegliato, la bestia che dormiva in lui, avrebbe fatto
nuovamente sfacelo della casa e dei suoi averi, come un gatto
dispettoso che, sotto l’effetto di allucinogeni, scaraventa a
terra
le cose che stanno sulle mensole, perché convinto che gli
abbiano
sussurrato parole ingiuriose.
Un’altra,
ennesima, cosa strana era il fatto che, ultimamente, Vegeta, animato
da chissà quale spirito innovativo, aveva voluto aggiustare
lui
stesso la falciatrice, perché lei era stata troppo occupata
con
progetti più importanti tra le mani.
La
falciatrice, irrimediabilmente distrutta dalle mani incapaci del
marito, che passavano spietate come ruote di un camion su una fila di
bicchieri di cristallo, era stata sostituita da una capra.
Voleva
dimostrare di essere un bravo padre e un bravo marito e quale
alternativa più economica e didattica, per il piccolo
Trunks, di una
capra come tagliaerba?
Certo,
Vegeta avrebbe preferito chiamare Kakaroth e costringerlo a mangiare
tutta l’erba del prato e tirargli dietro le ciabatte qualora
avesse
sbagliato la misura dei fili d’erba, ma lei si era fermamente
opposta a questa opzione ed era capitolata davanti all’idea
del
marito di comprare una capra di nome Gordon.
La
capra si rivelò una piaga d’Egitto, soprattutto
per il suo salotto
e i suoi mocassini. La stronza, alla fine, le dovette circa trecento
euro per le scarpe, anche se Vegeta sostenne, fino alla fine, che era
tutta una questione di insegnare alla capra i confini della casa e
che era un’idea meravigliosa che tutti avrebbero adottato di
lì a
venti anni.
L’animale
finì mangiato a Capodanno, e tanti auguri.
Ma,
soprattutto, Vegeta diventava strano quando aveva da rapportarsi con
i suoi figli. Li adorava, certo che li adorava, ma a modo suo.
I
suoi due pargoli, o discendenza, come li appellava spesso e
volentieri, erano fratelli.
Si
sa, i fratelli non vanno spesso d’accordo. Ogni fratellanza
non va
d’accordo a modo proprio.
Vegeta
li amava e li rispettava, e amava, spesso e volentieri, far paragoni
tra di loro e farli disperare, – stuzzicando
l’invidia di Trunks
per Bra o la voglia della piccola di casa di prendere a pedate il
fratello maggiore perché aveva osato passare più
tempo con il padre
invece che lasciarlo solo per lei – mettendolo loro la pulce
nell’orecchio su chi dei due fosse il più
apprezzato, soprattutto
quando facevano cose per lui, come prendergli il giornale o lasciarlo
in pace a leggerlo, comodamente seduto sulla poltrona.
Erano
anche apprezzati massaggi ai piedi, colazioni abbondanti di prima
mattina e filippiche contro il nemico numero uno, Kakaroth, ma qui si
andava sul difficile.
Bulma,
da parte sua, non era così cattiva come il marito che
sfruttava i
figli per i suoi comodi e li imbarazzava con battute sporche, ma
adorava i suoi due figli senza farli disperare e trovava divertente
il rapporto tipico fraterno di amore e odio che intercorreva tra
loro.
E
lei, di fratelli, ne conosceva tanti.
Gohan
e Goten, ad esempio, erano fratelli.
Il
piccolo Goten, dolce e affettuoso quanto un cucchiaio di miele sui
capelli, adorava il fratellone più grande, Gohan. Goten era
ingenuo,
semplice e, a parere di Vegeta, completamente inutile.
Più
volte aveva sentito il marito redarguire il figlio sulla loro
vicinanza estrema e intimargli di stare attento ai pericoli,
soprattutto ai pericoli come Goten, ma tutto inutile. L’unica
cosa
positiva dalla loro amicizia, era che Trunks aveva mantenuto il suo
quoziente intellettivo alto, a differenza di Goten che aveva il
quoziente intellettivo seppellito sotto un sasso.
Gohan,
invece, era timido, impacciato e tonto. Più volte, infatti,
Videl le
aveva raccontato che, a parte il fatto che il Son a mala pena
riusciva a masticare una parola, quando si avvicinava troppo alla sua
faccia, ogni volta che era con lui si creavano situazioni
imbarazzanti. Rideva nelle situazioni in cui non si sarebbe dovuto
ridere, diceva barzellette quando non si sarebbero dovute dire
barzellette, e augurava “anche a lei” al cameriere,
quando
quest’ultimo augurava “buon pranzo”.
Ma
i due fratelli erano legati, molto legati, ma mai quanto C17 e C18,
due gocce d’acqua proprio.
C17
e C18 erano fratelli.
Probabilmente
i fratelli più uniti che avesse mai visto, con le stesse
movenze da
serial killer psicopatico, lo stesso taglio di capelli, gli stessi
occhi e lo stesso modo di fare tremendamente inquietante. Due
fratelli d’accordo su tutto, dall’uccidere Goku
alla scelta
dell’insalata da mangiare a pranzo, tranne, forse, per la
scelta
della salsa da abbinarci, argomento per il quale li aveva sentiti
più
volte battibeccare. L’uno sosteneva la supremazia del ketchup
e
l’altra l’importanza fondamentale della maionese
come elemento di
coesione tra il pomodoro e l’insalata.
Due
gemelli, in fin dei conti, adorabili, che, probabilmente, da piccoli
volevano dormire vicini vicini e condividevano la stessa culla,
così
adorabili che avevano reso la vita di suo figlio e di Bulma del
futuro, un autentico inferno. La litigata sulla questione del ketchup
o della maionese in quell’epoca doveva essere finita
malissimo.
Goku
e Radish erano fratelli, almeno, da quello che aveva sentito.
Oddio,
gran bel fratellone quello che piomba a casa tua, te la sfascia, ti
ruba il figlio piccolo solo per conquistare il mondo, a momenti
ammazza il tuo migliore amico, fa ammazzare te e ti domanda il
perché
tu lo odi così tanto e se ci possa essere qualcosa che possa
fare
per migliorare il vostro rapporto.
Chissà,
probabilmente se il pianeta Vegeta fosse rimasto in piedi e Goku
fosse rimasto sul suo pianeta natale, sarebbero andati
d’accordo.
Magari menandosi ogni giorno, ma sarebbero andati d’accordo.
In
fin dei conti li capiva: anche lei aveva una sorella maggiore ed era
dura alle volte andarci d’accordo, anche se Tights* era
dall’altra
parte del mondo e non la vedeva da tempo ma questo era un altro
discorso. Probabilmente non sapeva neanche che aveva un marito e un
figlio. E lei stessa non aveva detto niente a nessuno.
Il
senso? Boh.
Freezer
e Cooler, poi, erano fratelli e Bulma, a parte immaginarseli come due
membri di un circolo mafioso, non riusciva ad inquadrarli come figli
dello stesso padre.
Da
quello che le aveva raccontato Vegeta quando lavorava come netturbino
spaziale per Freezer, quest’ultimo aveva qualche centinaio
d’anni
in meno del fratello, ma per volontà del padre Re Cooler,
che altro
non poteva essere che un Padrino spaziale, il
figlio minore
tirava avanti la baracca. Che il fratello maggiore fosse scemo o
fosse poco accorto, secondo il padre, per ereditare l’impero
paterno?
Mah,
fatto sta che, probabilmente, i due si odiavano a vicenda, e
l’uno
prendeva in giro l’altro quando l’altro non se ne
accorgeva, e
viceversa.
Beerus
e Champa, i due meravigliosi dei della Distruzione del settimo e
sesto universo, erano fratelli. Due fratelli tremendamente dispettosi
e attaccabrighe.
Ridacchiando
tra sé, Bulma s’immaginava, spesso, che i due
micetti fossero
stati scelti dai gemelli Whis e Vados in un gattile spaziale, ai
confini dell’universo. Ancora bimbi, i loro futuri maestri,
li
scelsero dalla cesta, in cui Mamma Gatta sonnecchiava – Vuoi
quello che con la codina arruffata, tesoro? E tu vuoi quello che
assomiglia ad un
bignè? – e se li
portarono a casa come regalo di Natale.
Oltre
al fatto che essendo dei, facevano il bello e il cattivo tempo, loro
due erano dei gatti, ed essendo gatti, erano tremendamente permalosi
e avevano l’anima da serial killer.
Quel
pianeta non mi piace, meglio distruggerlo.
Mi
hanno rubato la pallina, meglio distruggerli.
Sono
finite le mie crocchette, meglio distruggerli.
Whis
e Vados erano fratelli e, due fratelli a dir poco identici. Uguali,
fatti con lo stampino, insomma, la stessa fotocopia. Una coppia di
quei gemelli siamesi, almeno per il modo di fare, che tutti
vorrebbero essere: chissà quante volte l’uno o
l’altra avrà
mandato il fratello o la sorella a fare un esame al proprio posto. In
fin dei conti i professori non si sarebbero accorti molto della
differenza e, visti i modi garbati e signorili che ostentavano,
l’avrebbero di sicuro fatta franca.
Probabilmente
usavano il trucchetto della somiglianza anche per ingannare i loro
protetti: quando uno non aveva voglia di prestare servizio al dio
della Distruzione che gli era attribuito, ingaggiava l’altro
per
qualche ora al suo posto e se ne andava al mare o al mercato.
Con
il loro stile egocentrico e specioso, i capelli di Whis, in
particolare, sembravano usciti da un video dei Bee Gees.
Probabilmente Bulma avrebbe potuto passarci i pomeriggi con i due
gemelli a discutere di moda e di acconciature fashion, visto che
Whis, in particolare, apprezzava molto la sua compagnia. O forse
semplicemente apprezzava i suoi soldi. Opportunista di merda.**
Vegeta
e Tarble erano fratelli, anche se non aveva molte informazioni su di
loro perché il marito, ogni volta che gli chiedeva
spiegazioni a
riguardo, faceva la faccia di bronzo e lei non poteva fare altro che
mandarlo a cagare da qualche parte.
Ma,
dall’ultima volta che si erano incontrati in occasione della
festa
di inaugurazione della nuova villazza di Mister Satan, – mai
bella
quanto la sua, ovviamente – aveva avuto più
rapporti con il
fratellino minore di Vegeta, grazie alla chat di Twitter.
Così
aveva scoperto che il marito da piccolo era una piaga, una piaga per
il re e per tutta la corte: come quella volta che, ad esempio, aveva
bruciato il pizzetto del padre per vedere se era vero, costringendo
Re Vegeta a spedirlo per un mese su un satellite lontano, per
punizione.
Da
piccolo, quindi, Vegeta, era uno di quei bambini adorabili che
avresti voluto affogare nel water all’ennesimo “e
perché?” che
ti ripeteva.
Era
irriverente, attaccabrighe e incredibilmente fantasioso nelle sua
marachelle: una volta, per esempio, aveva sparso per tutta la reggia
il detersivo della lavatrice sostenendo che “aveva un buon
profumo”, mandando così all’ospedale la
tata che, poi, non aveva
fatto più ritorno – piano, secondo il re,
astutamente congegnato
per liberarsi della babysitter.
Un’altra
si era messo a masticare le pastiglie della lavastoviglie
perché
sembravano caramelle – problema a cui il re aveva ovviato
prendendolo a pacche sulla schiena finché il piccolo non
aveva
vomitato la Comunione.
Un’altra
ancora, aveva ricoperto la reggia di chewing gum, costringendo il re
a indire due giorni di “pulizie nazionali”
perché la servitù
del palazzo aveva dato le dimissioni per “maltrattamenti in
sede di
lavoro”. Un bambino, quindi, adorabile solo quando era fermo,
immobile legato alla sedia. Magari imbavagliato, e sedato.
Infine,
i suoi adorati gioielli Trunks e Bra erano fratelli.
Due
fratelli che si picchiavano, si odiavano, si prendevano a randellate
quanto basta per uscire da una baruffa pieni di lividi e di ossa
incrinate.
Suo
marito aveva un rapporto diverso tra loro due e, inutile dirlo, nel
tempo si era ammorbidito, come il pane duro, quando lo metti in acqua
per farci le polpette.
Se
Trunks doveva essere l’uomo di casa, il maschio alfa, dopo
suo
padre, ovviamente, Bra era la piccola margheritina da custodire e da
lasciar sbocciare sotto i rami del grande papà quercia.
La
piccola, quindi, era un biscottino al burro a cui suo marito non
sapeva dire di no.
Emblematica
era stata, quella volta, quando, entrambi i suoi figli, prima
l’uno
e poi, anni dopo, l’altra, alla tenera età di tre
anni, si erano
sbucciati un ginocchio giocando in giardino.
Se
lei, all’epoca, giovane madre trentenne, aveva avuto un
raptus
improvviso da mamma Chioccia, Vegeta era stato inamovibile con il
figlio, bloccando ogni suo tentativo di soccorrere il poveretto che
era finito pure con la faccia nella sabbia.
<<
Hai una botta? >> lo apostrofò, serio.
<<
Perché piangi, moccioso, è solo un graffio. Sii
uomo! Sii un
Saiyan! Io alla tua età, come minimo, se mi usciva il
ginocchio me
lo sistemavo da solo! Quando tu ancora imparavi a fartela addosso io
già conquistavo pianeti! >>
Trunks,
invece, piangeva, inconsolabile.
<<
Avrei dovuto mandarti per i boschi a cacciare, invece di lasciarti
qui a zampettare per il salotto, a giocherellare con i tuoi stupidi
giocattoli e a dormire sempre! >>
Inutile
spiegare al principe che il figlio fannullone in considerazione aveva
solo tre anni, che era anche SUO figlio e che se avesse osato anche
solo portarlo fuori dalla Capsule Corporation senza la sua
autorizzazione, avrebbe spedito lui, nei boschi, a dormire con gli
orsi e i lupi.
Ma
se Vegeta, in passato, era insofferente quanto avere un taglietto nel
naso, adesso, o, quantomeno da quando era nata la secondogenita, era
diventato un altro. Strano lo era sempre, e mai, si disse Bulma, lo
avrebbe capito del tutto, come la teoria sui buchi neri, ma per lo
meno adesso era umano.
Umano
in maniera strana, s’intende.
La
volta in cui Bra era caduta in giardino e si era lievemente sbucciata
il ginocchio, Vegeta era diventato improvvisamente premuroso come una
nonna.
L’aveva
subito raccolta tra le braccia, spazzolata per bene, e, mentre lei
piangeva grosse lacrime da coccodrillo, dopo essersi tolto i guanti
per non raschiarle la delicata pelle delle guanciotte – cosa
che
non faceva mai con lei, a momenti se li teneva pure quando andava a
letto – le aveva carezzato benevolo le gote, sussurrandole
paroline
così dolci che pensò gli sarebbe venuto il
diabete, una volta
calmata la figlia.
Espletando
la magia che conoscono tutti i genitori più esperti,
dapprima soffiò
delicatamente sulla ferita, poi, le diede un leggero bacino,
permettendo alla piccola di accoccolarsi di più al suo
petto. La
bimba si era così rabbonita, finendo le ultime lacrime sulla
sua
spalla, ed era stata portata in casa in braccio con la promessa di
vedere un bel cartone animato in compagnia del papà.
Lei,
invece, era rimasta a fissare il marito scomparire dentro casa a
bocca aperta. Quando si era ripresa, si era accorta di essere rimasta
ancora in giardino e di reggere, con la mano destra, la sigaretta a
mezz’aria: decise di buttare subito la sigaretta e tutto il
pacchetto, pensando di non aver fumato del semplice tabacco ma
qualcos’altro...
La
cosa assurda era che il suo cazzone di marito non voleva ammettere di
amare alla follia la famiglia. Insomma, quale era il problema a dire
che li amava?
Passava
la giornata a giocare con sua figlia alla casa delle bambole, vestito
come una fatina, con tanto di coroncina e di ali abbinate, e aveva
difficoltà a sputare un “ti amo”?
Bulma
alzò gli occhi al cielo, sospirando.
Suo
marito era strano, sì, ma, in fin dei conti, andava bene
così.
In
fondo, chi se ne frega: perché lambiccarsi la testa
ulteriormente?
THE
END
*
Sì, Bulma ha una sorella e sì, sono sconvolta
quanto voi e, no, non
ne ho idea del perché non lo sapesse nessuno finora.
**Come
hanno espresso bene SSJD e Felinala, nei loro OTTAVI VIZI CAPITALI.
Dateci un’occhiata, non guasta mai. Se volete. Ma io dico che
dovreste.
Angolo
dell’autrice
Gne
gne gne.
Devo
pensare ad un commento serio da inserire.
Uhm.
Non
c’è, fa lo stesso.
Allora,
come state?
Spero
bene.
Io
sto bene.
Mamma
mia, che belle note d’autore.
Comunque,
spero il capitolo vi sia piaciuto, io mi sono divertita molto a dar
voce ai pensieri di Bulma, della MIA Bulma. Povera donna.
Mi
farebbe piacere sapere che ne pensate in una recensione –
così mi
dite pure se ci sono problemi, oltre ai miei, apparentemente,
mentali.
Grazie
a tutti quelli che leggono, che mi sopportano, che alzano gli occhi
al cielo, che mi seguono.
Alla
prossima!
|
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Capitolo 11 *** Destinato ***
Questo
capitolo lo dedico a SummerMoon, a Nuvolenere_dna e alla pastasciutta
al pomodoro.
ATTENZIONE,
PREGGGO:
utilizzo
di parolacce.
Tutti
coloro che sono contro le parolacce sono pregati di aggregarsi alla
fila B per sporgere lamentele cui provvederò a rispondere il
prima
possibile.
Nella
fila B non si può, però, per regolamento,
camminare con le scarpe
rosse.
Dovete
lasciarle nella fila A, grazie.
Quella
mattina si respirava aria di tranquillità sui Monti Paoz.
Il
sole era sorto, gli uccellini cinguettavano, la foresta si
risvegliava accarezzata dai nembi delle nuvole, i cervi iniziavano a
saltellare per il bosco, le farfalle aprivano le loro grandi ali
scuotendole dalla rugiada, e Chichi non aveva ancora iniziato a
sbraitare dietro a nessuno.
Si
risvegliò così il nostro eroe, Goku, aprendo gli
occhioni color
biscotto e stiracchiandosi nel grande lettone matrimoniale, tutto
felice.
Eh,
sì, quella mattina Goku era proprio felice.
Non
c’era un motivo, si può essere felici
perché ci si è alzati
finalmente dalla parte giusta del letto invece che dalla parte
sbagliata, o forse perché semplicemente non si sono persi i
calzini
nelle valli sperdute delle pieghe delle lenzuola: insomma, si
può
essere felici per qualsiasi motivo.
Goku,
quel mattino, era felice punto e basta.
Rosica,
Vegeta.
Afferrò
i pantaloni e se li infilò al contrario, raccattò
una maglietta a
caso dal cassetto e si fiondò giù per le scale. Andò
a sbattere inavvertitamente con il pollicione contro lo spigolo della
porta, e avrebbe
rischiato
di incendiare il giro scale, se solo avesse dato gloria al Super
Saiyan trasformandosi per il dolore improvviso, ma la casa rimase,
per fortuna, intonsa; scese al piano di sotto, grazie alla
sensibilità riacquistata al piede, e si ritrovò
in cucina.
Chichi,
quella sprizzante o frizzante mattina, vedete voi che termine vi
piace di più, era fuori a stendere i panni in giardino come
una
brava schiava, mentre Junior, il padre verde che tutti desideriamo,
teneva in cura per quel giorno il piccolo Gohan, portando il cane
– cioè, pardon,
Gohan – al parco.
Come
un... cane.
Eh,
sì, ehh, va be’.
Goku,
invece, quel giorno, faceva pausa dagli allenamenti: ne aveva due
palle di continuare a spaccarsi la schiena per prepararsi contro i
Cyborg e per una volta voleva semplicemente far pausa dallo stress
quotidiano. In fondo, aveva seguito al meglio la sua tabella di
marcia di esercizi per diventare Super Saiyan – nel suo caso,
migliorare le sue prestazioni da Super Saiyan – e per quel
giorno
poteva ritenersi in ferie. La tabella appesa con una al frigo,
infatti, recitava in alfabeto fenicio – perché
Goku aveva una
calligrafia da cani – tutta la scaletta di esercizi
prontamente
seguita:
-
Flessioni;
e le aveva fatte.
Anche durante la notte per quel che gli riguardava, in compagnia della
moglie. Delle flessioni un po’ particolari, non in verticale,
ma in orizzontale. Non so se ci siamo capiti. *Zappa
strizza l’occhiolino*
-
Addominali;
pure questi fatti.
-
Succhi
di frutta; un sacco, avrebbe dovuto
consigliarli anche a Vegeta, poi.
-
Un cuore puro. Puro di
bastardaggine, di egoismo, di cioccolato, di qualsiasi cosa! BASTA CHE
SIA PURO! E
lui lo aveva. Puro
come il cioccolato! Meno male che non aveva tentato di mangiarselo,
altrimenti avremmo assistito al primo caso di cardiofagia non
letterario.
Alla faccia di Dante che
racconta nella Vita Nova di Beatrice che gli mangia il
cuore. Interessa a tutti questa divagazione, immagino… Continuiamo con la lista, va là.
-
Montagne
di latte; a posto. Anche perché aveva l’abbonamento
con la malga a qualche chilometro da casa e questa solamente grazie
alla sua fame tirava avanti.
-
Krillin
che muoia per te; ipotesi eventuale, però, Sfere
del Drago permettendo.
-
Combattere.
TANTO;
-
Altre
flessioni;
-
Altri
addominali;*
-
Pausa
per un giorno quando se ne hanno le palle piene;
-
Ripeti
da capo.
La
lista era stata accuratamente completata ed era stata seguita
giornalmente.
Così,
annuendo soddisfatto e contento di aver imparato a leggere fino in
fondo alla lista, si mise a far una sana colazione da Saiyan.
Passò
la mattinata nell’ozio, ascoltando i grilli grillare nel
prato,
sputacchiando gli ossi delle ciliegie in giro per la cucina e infine
sbucciando fagioli, i quali, a sera inoltrata, sarebbero finiti in
una buona vellutata cucinata dalle dita magiche di Chichi, la
bellissima donna di casa che governava la sua dimora.
Chichi,
ahh, dolce Chichi.
La
dolce donna che Goku sognava mettere lo zucchero a velo sopra le
torte e sfilare dal forno polpettoni di maiale.
La
donna che gli aveva regalato emozioni incredibili nei suoi sogni
osé,
quando s’immaginava di leccare la crema di cioccolato sulle
labbra
delle pentole ancora da lavare o di affondare le mani nel solito e
tondeggiante vasetto di Nutella.
Sospirò,
chiudendo gli occhi e portando alla bocca, sovrappensiero, un
fagiolo, immaginandolo come un gustoso raviolo al vapore per, poi,
risputarlo perché faceva schifo mangiare i fagioli con la
buccia,
soffocandosi tra i colpi di tosse.
Finiti,
poi, di sbucciare fagioli, cipolle, capre e cavoli, il nostro eroe,
non avendo niente di bello da fare, visto che la figliolanza e la
mogliettanza erano occupate, si mise davanti alla televisione ma si
annoiò subito.
Così,
dopo circa un’oretta, Chichi lo ritrovò seduto
davanti al frigo,
intento a guardarlo come se fosse la cosa migliore del mondo.
<<
Goku, perché hai spostato il divano in cucina?
>>
<<
La TV non andava, così ho deciso di vedere la seconda cosa
è più
divertente in questa casa. Il frigo. >>
<<
Ah... >> commentò la moglie, massaggiandosi la
schiena
dolorante, quando lo vide iniziare a piangere. << E
adesso
perché stai piangendo? >>
<<
P- PERCHÈ IL FRIGO È VUOTO! >>
Chichi
alzò gli occhi al cielo.**
<<
Perché, perché, mia bellissima moglie il frigo
è vuoto? >>
continuò Goku, inginocchiato davanti al frigo e attaccandosi
ai
pantaloni di Chichi, mentre piangeva e piangeva, disperato,
maledicendo il cielo della triste sorte che il cibo aveva fatto.
<<
Perché, perché, mio bellissimo destino, mi hai
tirato un tiro
mancino così? >> chiese, invece, Chichi
rivolta al cielo,
piangendo disperata pure lei, a capo chino, abbracciando stretta
stretta la testa del marito costernato davanti a lei.
Una
scena patetica che non smuoverà una lacrima da parte
dell’autrice,
ovviamente.
In
ogni caso, alle continue lamentele del marito che si diceva
“sciupato” e contrario ad una politica economica e
culinaria così
restrittiva in fatto di cibo nelle ore inframattiniere e
infrapomeridiane, la nostra Chichi rispose diplomaticamente, gestendo
l’emergenza con polso fermo.
Ovvero,
afferrò il polso al marito, glielo storse, lo
buttò fuori di casa a
calci in culo e gli intimò di andarsi a prendere un lavoro,
oppure,
visto che la parola “lavoro” non rientrava nel
cervello di Goku –
anche se stanno ancora cercando al CERN resti del cervello –
di
stare fuori dai fagioli, lontano dagli occhi, lontano dal
cuore,
almeno fino ad ora di cena. Si propose, anzi, di chiamare Bulma, per
chiederle se aveva voglia di ospitare il marito che si comportava da
quindicenne fin troppo cresciuto con le crisi ormonali per qualche
ora.
Sentitosi
augurare una buona giornata in culo al mondo dalla moglie, il piccolo
grande Saiyan si ritrovò, così,
all’aria aperta e decise di
andare a farsi un giro random, giusto per evitare che Chichi,
vedendolo che ancora barboneggiare sotto casa, gli tirasse il ferro
da stiro dritto in faccia.
Prese
quindi il volo verso la Città dell’Ovest, evitando
saggiamente di
usare il teletrasporto, visto che, l’ultima volta, era finito
con
Vegeta nella doccia e si era dovuto rintanare in Cina per scappare
dalla furia del principe. Un’esperienza sì
culturale, ma fin
troppo lunga, che non voleva proprio rivivere.
Bulma,
dall’altra parte del mondo, in quell’istante
riattaccò la
cornetta del telefono, sospirando e portandosi un ciuffo del
caschetto dietro i capelli.
Era
quasi mezzogiorno e presto avrebbe dovuto buttare la pasta per pranzo
e andare a chiamare l’uomo di Neanderthal che viveva in casa
sua.
Infatti,
il Principe dei Saiyan, ospite da ormai un annetto a casa sua, era
rintanato nella sua beneamata Gravity Room e probabilmente non si
sarebbe schiodato di lì manco con le cannonate. Ma visto
che, di lì
a poco, avrebbe avuto pure Goku a bazzicare per casa, non sapeva se
avrebbe o meno avuto la compagnia del suo primate stronzetto
prediletto, e andare a fare una presa della Bastiglia per schiodarlo
dalla stanza gravitazionale non le piaceva molto.
Sospirò
– un’azione che fanno tutte le donne delle mie
storie, o è
sempre e solo Bulma? Mah – e si diresse in cucina a buttare
la
pasta. Non sia mai che la sua scimmia spaziale iniziasse ad urlare
per la fame e per il pranzo in ritardo.
Non
che Vegeta, dal canto suo, stesse facendo chissà quali
grandi
allenamenti. Era fermo, immobile, sul pavimento della GR, a
contemplare il cosmo e le sue meraviglie ancestrali che racchiudono
il cuore delle stelle e che custodiscono il segreto della vita e il
segreto di come si stirino le camicie per bene.
Si
poneva probabilmente quelle domande essenziali, struggenti, e
difficili, che affliggono l’uomo e la specie umana da quando
si
scoprirono parte di un universo immenso, parte del principio ordinato
e rigoroso dell’Essere, immenso, giusto e infinito.
Il
nostro principe, osservando con cura la lastra di metallo che
componeva la parte di soffitto proprio sopra di lui, pensava.
Pensava
e ripensava.
Pensava
e ripensava al perché, in particolare, il mattino prima,
quel
venditore di hot dog all’angolo gli avesse offerto un hot dog
con
la majonese invece che con il ketchup, come gli aveva espressamente
ordinato...
Che
il venditore di hot dog si fosse fatto beffa di lui?
Che
non si fosse accorto della sua presenza imponente e minacciosa quanto
un metro e un succo di frutta?
Che
fosse sordo?
Cieco?
Croato?
Cinese?
Il
dubbio pareva dovesse rimanere irrisolto.
Ma
la sua mente afflitta da sì tanti arcani, non era
attraversata solo
da questi pensieri oscuri.
Aveva
pensato e ripensato, inaspettatamente, perché, di sicuro,
questo è
un quesito che non gli sorge mai, anche a come avrebbe potuto
uccidere Kakaroth, nella maniera più creativa.
Dopo
aver collezionato idee varie, come bruciargli i capelli o fargli
inghiottire un tubetto di supercolla per soffocarlo, si era deciso a
dilazionare questa ardua scelta nella notte, perché la notte
porta
consiglio. E lo sa bene il Principe di Condè, come ci
insegna
Manzoni.
Non
è meraviglioso? Vi faccio pure studiare. E poi la gente mi
odia.
Mah. LOL. Comunque...
Stufo
di pensare e ripensare a come avrebbe potuto sgozzare il malvagio
venditore di hot dog all’angolo con uno stuzzicadenti, aveva,
infine, abbandonato la propria geniale psyche
ad
un sonnellino ristoratore ma, forse per la costante attività
dei
suoi neuroni strateghi e mangiatori di hot dog, era rimasto sveglio.
Aveva
quindi provato di tutto, pure a contare le pecorelle, ma dopo un
po’,
invece di condurlo in una valle di morbidezza e cuscini, il belato
incessante degli ovini lo aveva svegliato ancora di più.
Sdraiato
di schiena, con le mani a sostenergli la testa, avrebbe preferito
mangiarsele le pecorelle, altroché contarle.
Lo
distrasse dal suo odio viscerale per le pecore, una videochiamata di
Bulma.
<<
Allora, stronzetto
>>
si
presentò con un sorriso
l'azzurra,
comparsa
nel
grande schermo della ricetrasmittente collegata nella Gravity Room
<< mi ha chiamato Chichi... >>
<<
Chi? >> La osservò Vegeta, ancora
spaparanzato sul pavimento stile lucertola al sole d’estate,
non
intenzionato a muoversi.
<<
Ma dai, Chichi, hai presente, no? >>
<<
No, brutta racchia, non ho presente... >>
Si
volevano molto bene, Bulma e Vegeta, all’epoca dei Cyborg.
Proprio
un bene viscerale, nel senso che avrebbero voluto strapparsi le
viscere l’un l’altro. Quindi, nei loro discorsi,
non mancavano
puntuali insulti.
<<
Dai, la moglie di Goku, o come lo chiami tu, Kakaroth, quella che
urla dalla mattina alla sera, che
schiavizza e sopprime tutti i sogni infantili di Gohan, facendolo
studiare come un cinese
e
che
picchia Goku con la padella quando ha il ciclo…
>>
<<
Ahh, sì, Chichi, e potevi dirmelo subito, no?
>>
<<
Ecco sì, lei. Mi ha chiamato. >>
<<
Hn... >> commentò Vegeta, con
l’entusiasmo di un sasso.
<<
Ha detto che oggi a pranzo avremmo Goku. >>
Vegeta
la fissò di sbieco, cercando di immagazzinare e sputare
fuori dalla
bocca quanti più insulti possibili potesse trovare al volo,
ma si
limitò a squadrarla malvagiamente per quello che aveva detto.
Come
quando si squadra malvagiamente la vecchina davanti a te in fila al
Poli Regina, perché non si muove con i suoi venti chili di
borse e
non ti lascia passare neanche se tieni in mano una birra.
Le
vecchine davanti a te in fila al Poli Regina sono malvage.
Come
malvagio è Vegeta.
Vegeta
quindi è la vecchina davanti a te, in fila, al Poli Regina.
Vegeta
è una vecchina.
Sillogismo
perfetto.
Aristoteles
docet.
<<
E io non vengo. >> concluse, sicuro, il principe,
tornando a
dormire e facendo capire che non era intenzionato a proseguire
quell’inutile, a detta sua, conversazione.
Bulma
dovette concludere il collegamento ed evitò così
di rovinarsi
l’appetito ancor prima che le arrivasse.
Lasciò
il principe a tramare trame tramagline nella Gravity Room e
tornò in
cucina a controllare la pasta ed attendere che arrivasse Goku a
rompere le palle.
Dieci
secondi dopo, puntuale come un orologio svizzero o la mamma che si
alza alle quattro per il mattino per pulire casa, arieggiando
salotto, cucina, bagno, stanze da letto e cantina del vicino, apparve
il Saiyan più piccolo nel salotto di casa Brief.
<<
BUOOOONGIORNOO >> fece il suo saluto al sole, pur essendo
le
undici passate, e si mise a sbracciarsi in salotto per salutare
Bulma, che, in realtà, stava a solo tre metri da lui e lo
fissava
sbuffando.
Bulma
alzò gli occhi al cielo ma lo invitò subito ad
accomodarsi a
tavola, in attesa che il nano da giardino che aveva come ospite
uscisse dalla sua stanza dei giochi e li raggiungesse a tavola.
Goku
sorrise voglioso a tutto il ben di Dio che occupava la tavola:
cannelloni, taralli, canederli, spaghetti alla Bolognese, e qualsiasi
sia il vostro piatto preferito e della vostra regione che vogliate
mettere in tavola e far sbranare da Goku.
Delicatamente,
il nostro eroe afferrò, così, il tovagliolino e
se lo strinse al
collo, cingendosi accuratamente il bordo della tuta sotto il suo
manto candido; con la mano destra prese la forchetta e con la
sinistra il coltello per tagliare la carne; si concentrò in
un’espressione contrita, osservando il succulento piatto di
carne,
e tagliò attentamente la prima fetta di stufato, poggiandola
delicatamente a bordo del piatto, con la precisione di uno chef
stellato.
Bulma
lo guardò scettica da dietro il suo buon bicchiere di vino
bianco.
Quando
lo vide gettare forchetta e coltello dietro la schiena – che
andarono a tranciare le piante di sua madre – e incominciare
a
ingozzarsi come era il suo solito, pensò che finalmente era
uscito
l’orso che era in lui e che non mangia da un mese.
Alzò
gli occhi al cielo, sorniona, e sorseggiò il suo pinot,
centellinando il pregiato vino e osservando il compagno di avventure
ficcare la faccia direttamente nel piatto di spaghetti,
finché, non
scorse con la coda nell’occhio, l’altra bestia
comparire in
cucina.
<<
Guarda chi c’è, >>
esclamò, sorridente, mentre Vegeta
varcava la soglia della cucina << sei uscito dalla
‘Getacaverna? >>
Il
principe le smollò uno sguardo tra l’indifferente
e lo schifato, e
andò ad accomodarsi sul suo seggiolone, a bordo tavola. Non
che
fosse un seggiolone, era solo una sedia leggermente più alta
delle
altre, che Bulma aveva messo lì apposta per lui. Ma non
ditelo a
Vegeta.
Iniziò
così anche lui a mangiare la sua metà del tavolo,
lanciando qualche
volta delle occhiatacce a Goku e schifandosi per ogni respiro che il
Saiyan più piccolo facesse. Come osava respirare la sua
stessa aria,
non si sa.
L’ereditiera
dai capelli azzurri osservò i due rivali, pensando a quanto
fossero
così simili e così distanti. Di sicuro tra i due
non correva buon
sangue. O comunque fin troppo ne era corso, di sangue. Fiumi e fiumi
di sangue.
Goku,
d’improvviso, nel bel mezzo del pranzo, avendo trovato un
raviolo
particolarmente simpatico, si complimentò con la scienziata.
<<
Un pranzo davvero buono, Bulma, grazie tante! >>
Vegeta,
che invece stava inforcando il pesce, al contrario, storse il naso:
<< Meh, neanche alla base di Freezer ho mangiato certe
schifezze! >>
Bulma
allora sbottò: << Ecco, lo sapevo!
>> lo fulminò con
gli occhi ma Vegeta ricambiò con lo stesso sguardo di fuoco,
mentre
inforcava un buon bignè << sei solo uno
scimmione incapace e
ingrato! >>
<<
E tu una donna inutile e stupida, guarda che schifezze hai preparato!
>> alzò la voce il principe.
Il
difensore della Terra li osservò, incerto se intervenire o
meno
nella scottante diatriba, ma vi rinunciò, non volendo far
freddare
il suo buon ramen, quando sentì avvicinarsi
un’aura famigliare.
Alzò
lo sguardo e vide entrare dal poggiolo Junior, in tutta la sua
maestosa maestosità, che lo salutò malamente e si
accomodò accanto
a lui, per poi buttare un occhio alla coppia davanti a loro che,
completamente isolata dal mondo esterno, continuava a lanciarsi
insulti.
<<
Che ci fai qui? >>
<<
Ti ho riportato a casa il moccioso e tua moglie mi voleva uccidere.
Così sono scappato da Kami ma stavano ancora giocando a
poker e,
visto che devo ancora pagare l’ultima vincita a Popo
dall’ultima
volta, sono venuto a cercarti. >>
<<
Oh, bene. Chichi era nervosa? >>
<<
Tua moglie è sempre nervosa, Goku >>
<<
E Mr. Popo stava vincendo contro Kami? >>
<<
Certo, >> sbiacicò il namecciano
<< quello è un baro.
L’ultima mi ha fregato il turbante e il mantello e ha preteso
un
guardaroba di vestiti a vita appositamente creati per lui, ma non li
avrà mai >>
Goku
continuò a masticare la sua torta al cioccolato, nel mentre
che
Junior si versò un bicchiere di acqua fresca. Intanto, Bulma
e
Vegeta continuavano ad urlarsi e adesso erano passati al lanciarsi i
piatti.
<<
Gohan come sta? >> chiese il Saiyan, portandosi alla
bocca una
buona fragola.
<<
Bene, sta crescendo bene >> rispose sovrappensiero
Junior,
sorseggiando un po’ d’acqua e afferrando al volo un
piatto che
era volato nella sua direzione, ammirandone per un attimo la
fantasia. Uhm, porcellana cinese, non male.
Osservò,
poi, la scena dei due che adesso avevano iniziato a picchiarsi e a
prendersi per i capelli. Inaspettatamente Bulma resisteva
imperterrita alle prese del Saiyan, forse per la pedata che gli aveva
rifilato prima dove non batte il sole.
<<
Ma... non dovremmo fermarli? >>
Goku
alzò lo sguardo dall’ultima fetta di torta al
cioccolato.
In
effetti i due adesso stavano esagerando: Bulma era a cavalcioni su
Vegeta e cercava di ficcargli una forchetta in un occhio mentre il
Saiyan le stringeva il collo e cercava di strozzarla. Effettivamente
stavano veramente esagerando.
<<
Dai, ragazzi, adesso basta! >> li appellò
Goku, richiamandone
l’attenzione e facendoli allontanare. << Non mi
sembra il
caso di spargere sangue, è una così bella
giornata oggi! >>
Entrambi
lo fulminarono ma, quando si furono sistemati e lanciati le ultime
occhiatacce furenti, Bulma si accorse della presenza del namecciano e
propose di offrire a tutti il caffè in salotto, come una
brava
padrona di casa. Borbottò che il caffè, Vegeta,
se lo poteva
ficcare dove sapeva lui, ma fu raggiante quando chiese a tutti che
cosa preferivano bere.
<<
Io prendo volentieri un cappuccino, grazie, Bulma! >> la
ringraziò Goku.
<<
Un caffè normale, schiava.
>> calcò puntualmente
l’accento sull’ultima parola, invece, Vegeta,
facendo ancor più
innervosire Bulma e imbarazzando Goku.
Il
Saiyan più piccolo cercò di sciogliere la
tensione con la sua
risatina liberatoria, quando tutti si voltarono verso Junior, in
attesa della sua ordinazione.
<<
No, io solo acqua >> si affrettò a dire Junior.
Un
po’ snob, non vi pare?
Preferisce
non bere caffè perché dannoso per la salute,
dannoso quasi quanto
l’alcool.
No,
in realtà, il nostro amico alieno è come una
piantina: può bere
solo acqua e nient’altro, se non fertilizzante.
Un
bel alberello.
Tutto
green e per l’energia alternativa.
<<
Io invece prendo un espresso. Piccolo e amaro, come Vegeta.
>>
sibilò, infine, Bulma, tornando in cucina e facendo
ringhiare di
disappunto il principe.
Si
presentò poco dopo, con una guantiera apparecchiata con i
caffè e
l’acqua per Junior e qualche pasticcino da accompagnare alla
bevanda.
Vegeta
afferrò subito la sua tazzina e ne bevve immediato il
contenuto,
buttando giù tutta l’amarezza del suo liscio e
facendo scrollare
la testa a Bulma per la sua evidente maleducazione, visto che non
aveva avuto l’accortezza di aspettare gli altri due ospiti.
Goku,
nel frattanto, aveva iniziato a domandarsi quale zucchero aggiungere
al suo cappuccino, se di canna o bianco, mentre accanto a lui, Junior
sorseggiava, comodamente spaparanzato sul divano, il suo bicchiere
d’acqua fresca.
Bulma
ghignò, vedendo Vegeta accucciato nel suo angolo di divano a
fare lo
scontroso.
Musone
del cazzo. Aveva fatto bene a sputarci dentro il suo caffè.
Orgogliosa,
arricciò le labbra, e si prese l’occasione
sfogandosi con l’amico
seduto davanti a lei, che temporeggiava col cucchiaino ancora in
mano.
<<
Pensa Goku, >> iniziò, caustica, sentendosi
addosso lo sguardo
affilato del principe << che il principe qui accanto, non
è
nemmeno in grado di mettere via il suo piatto dopo mangiato!
>>
Lui
la fissò, interrogativo.
<<
Questa bestia, a differenza tua, non è nemmeno in grado di
sparecchiare e pensa che io sia la sua schiava personale!
>>
starnazzò, isterica.
<<
Ah, be’, ma quello non lo faccio manco io >> la
bloccò Goku,
ma Vegeta rispose a tono, prima che potesse terminare la frase.
<<
Ovvio che tu lo sia, donna! Io mi devo dedicare agli allenamenti, sto
lavorando per voi! >>
<<
E cosa sei, un cantiere aperto in tangenziale? Tu e i tuoi dannati
allenamenti, >> sbottò l’azzurra
<< spero che prima o
poi tu ti rompa una gamba! >>
Goku
alzò lo sguardo dalla tazzina e vide Vegeta dapprima
boccheggiare e
poi schiumare dalla bocca.
<<
Tu… IO SONO OFFESO! Come osi – >>
Goku
ritornò con lo sguardo sulla tazzina.
I
due ritornarono presto a parlarsi l’un l’altro con
la
tranquillità di due pterodattili e il piccolo Saiyan non
poté far
altro che girarsi verso il compagno verde, seduto sul divano accanto
a lui.
Junior
pareva poco interessato alla litigata tra i due fidanzatini ingenui,
visto il loro inevitabile futuro assieme, ma il suo aspetto tradiva
un traccia di malessere.
Non
era serio e attento come sempre, come al suo solito. Sul divano
accanto a lui, si stava afflosciando sempre più tra la valle
di
cuscini, mentre stringeva compulsivamente il suo bicchiere
d’acqua,
desiderando, probabilmente, di affogarci dentro e di ficcarselo in
gola per dire addio alla vita. Uno strano tic, poi, aveva preso
possesso del suo occhio: gli stridii delle due aquile davanti a loro
gli stavano, infatti, facendo fischiare le orecchie terribilmente
tanto che staccarsele nuovamente non gli pareva un’idea
così
malvagia.
Goku
tornò a guardare la sua tazzina di cappuccino: la folta
schiumetta
ormai aveva preso a smontarsi e flussi di placido latte placavano il
prepotente aroma del caffè.
Alzò
gli occhi sui due ragazzi che continuavano a litigare e prese,
così,
la decisione sul da farsi.
Non
potevano continuare così, era invivibile la cosa, questo era
poco ma
sicuro.
Annuì
composto: eh, sì, il cappuccino andava proprio con cinque
cucchiaini
di zucchero, non c’era nulla da fare.
Una
volta aggiunto il dolcificante desiderato, bevve la sua bevanda di
gusto, facendo schiocchiare la labbra tra loro, quando
riportò la
tazzina sul tavolino del salotto e fece sbattere la sua delicata
porcellana sul freddo vetro del mobile. Calò in
un’istante il
silenzio e tutti si girarono a guardarlo, colti dal secco rumore.
Prima
che Bulma potesse iniziare a sbraitargli dietro per la delicatezza
della tazzina e del costo superiore della stessa della sua testa di
rapa, parlò con parole solenni.
<<
Adesso basta, voi due. >>
Tutti
e dico tutti, pure io che vi racconto la storia, lo fissarono
sorprendentemente sorpresi.
<<
Non potete continuare così. Non potete perché non
mi fate pensare
tranquillamente e ci ho messo mezz’ora per decidere quanti
cucchiaini di zucchero ci stanno nel caffè e
perché penso che
Junior non stia bene a causa delle vostre urla. Giusto, Junior?
>>
Il
namecciano, che ormai pareva un’ameba sul divano, lo
fissò un
secondo e alzò un sopracciglio.
<<
Ho le orecchie che mi sanguinano, Goku. No, non sto bene.
>>
Tutti
si trovarono effettivamente ad annuire.
Il
Saiyan cresciuto sulla Terra sospirò di disappunto e si
prese la
testa tra le mani, disperato. Bulma lo vide d’improvviso
rattristato e cercò di capire l’improvviso
rammarico dell’amico,
sentendosi responsabile. Gli prese la mano, sorridendogli dolcemente
quando incrociarono i loro sguardi.
Vegeta
nel frattanto che era distratta, riuscì in maniera gnorri ad
afferrare la sua tazzina di caffè e a sputarci dentro, per,
poi,
riappoggiarla nella stessa posizione in cui era stata lasciata.
Tié,
stronza.
<<
Goku, >> si ritrovò a sospirare tristemente la
scienziata <<
capisco la tua frustrazione. Il problema è che né
io, né Vegeta ci
capiamo. >>
Accanto
a lei, il principe scrutava rabbioso il muro, cercando di isolarsi il
più possibile dal discorso. L’amico le strinse a
sua volta la mano
e << Datemi entrambi le mani >>
sussurrò.
Spostò
lo sguardo fuori dalla finestra, attirato dai veloci uccellini che
affollavano il cielo. La sinfonia delle ali delle farfalle a frullare
l’aria, che si confondeva con i cinguettii, pareva portare
una pace
unica.
Poteva
portare quella stessa pace tra i due futuri innamorati?
Sì,
era giunto il momento di parlare d’amore.
<<
Vedete, >> sorrise e carezzò la mano di Bulma
con il
polpastrello, << la vita è
un’insieme di scelte più o meno
grand- >>
<<
Vegeta, dai quella cazzo di mano a Goku o giuro che te la taglio.
>>
Il
principe sbuffò e fece come gli aveva detto Bulma.
Appoggiò,
schifato, la mano su quella di Goku e quest’ultimo
poté
proseguire.
<<
Dicevo, la vita è fatta di scelte, più o meno
importanti. Però
solo chi le compie le può fare e ne è
responsabile. >>
Si
fermò, come per fare in modo che i due davanti a lui
comprendessero
al meglio le sue parole, e per, effettivamente, capire anche lui
ciò
che stava dicendo, che, mica era semplice.
<<
Dovete sapere che una volta ho visto un uccellino. Aveva le piume.
>>
<<
Bene, meno male che ce l’hai detto, Kakaroth, che gli
uccellini
hanno le piume, sennò, guarda, ci saremo persi un
mondo… >>
borbottò di disappunto il principe, per poi ritrovarsi il
gomito di
Bulma tra le costole e la fastidiosa sensazione di aver parlato a
sproposito.
Goku,
invece, continuò.
<<
Questo uccellino con le piume doveva scegliere se fare il suo nido
con il caldo fieno, raccolto dai campi, o con delle foglie secche che
intarsiavano il tappeto del bosco. >>
Si
soffermò sull’espressione attenta della prima e su
quella meno
attenta ma più scazzata del secondo.
<<
Alla fine, lo aveva fatto con un gomitolo di lana che aveva rubato a
Chichi. Un bellissimo nido, caldo, caldo e perfetto per le sue uova.
>>
Si
fermò, pensando al bellissimo nido dell’uccellino.
<<
Alla fine l’uccellino e le uova me li sono mangiati. Chichi
li
aveva cucinati al curry. >>
La
faccia stranita di Vegeta e quella sconvolta di Bulma lo invitarono a
dare maggiori spiegazioni.
<<
E sapete la cosa bella? >> domandò, entusiasta.
<<
Che quello era il primo uccellino con le piume che ti mangiavi?
>>
chiese di rimando, Vegeta, sornione.
<<
No! Che il suo nido è rimasto lì, per tutto
questo tempo! >>
Poi
corrucciò per un secondo lo sguardo. Non aveva molto senso
la storia
che stava raccontando, ma pareva che i due lo stessero ascoltando lo
stesso, anche se più o meno dubbiosi sul successivo
svolgersi della
storia, ma andava bene lo stesso. In effetti manco io, autrice, so
effettivamente dove sto andando a parare.
<<
Il povero uccellino ormai l’ho mangiato, ma il suo nido ha
resistito, capite?
Non
importa che voi abbiate o meno le piume, l’importante, nella
vita,
è che per quanto si cerchi di costruire il proprio nido,
alla fine,
bisogna fare attenzione a non venire mangiati! >>
Anche
Junior, ripresosi dal coma autoindotto per far fronte alle urla
precedenti e che fino a quel momento era rimasto silenzioso accanto a
loro, lo fissava adesso, basito.
Goku
sorrise di circostanza allo strano silenzio che era sceso nel
salotto: avevano capito la sua metafora!
Che
grande oratore!
Cicerone
e Quintiliano stessi avrebbero applaudito quel vir bonus
dicendi peritus!
Vegeta
fu il primo a riprendersi dalla confusione.
<<
Scusami, Bulma, hai messo droga nel suo cappuccino, per caso?
>>
<<
No, direi di no… >>
Bulma
scrutò per qualche secondo il viso giocondo
dell’amico e si passò
una mano sugli occhi.
<<
Goku, >> sospirò, << non ha
sinceramente senso la storia
che ci hai raccontato, lo sai? >>
<<
Ma non capite! >> Boccheggiò, invece, il
Saiyan più piccolo,
per qualche istante.
<<
Perché voi due siete destinati a stare assieme!
>>
Sputò
fuori queste parole così velocemente che manco se ne rese
conto e,
accortosi dell’errore, sbiancò un secondo.
I
due lo fissarono ancor di più increduli.
<<
MA CHE DIAMINE C’ENTRA QUESTO? HAI RACCONTATO UNA STORIA DI
MERDA E
ADESSO DICI PURE QUESTE SCEMENZE? >>
Il
namecciano fu più lesto nell’intervenire del pugno
di Vegeta che
si stava pericolosamente avvicinando ai connotati dell’amico.
<<
Quello che voleva dire Goku – abbassa quel cazzotto, Vegeta,
che
non mi pare il caso di far scatenare una rissa – è
che solo voi
due potete decidere di che materiale fare il vostro nido, a seconda
delle scelte che fate. Potete costruirlo con amore, con passione e
rispetto, oppure con rancore, odio e rammarico. >>
<<
L’importante è costruirlo su basi solide,
perché, >> lanciò
un’occhiata poco cordiale al Saiyan chiacchierone vicino a
lui, per
averlo costretto a rimediare alla sua bocca larga <<
possa
resistere a tutte le peripezie della vita. >>
Ok,
adesso aveva effettivamente senso. Però la sua spiegazione
insinuò
non pochi dubbi nei due giovani.
<<
Il nostro... nido? >>
Cacchio.
Bulma era una scienziata, mica si faceva abbindolare da una bella
frase. Il namecciano corse presto ai ripari.
<<
Il vostro rapporto: intendo, vivete entrambi sotto lo stesso tetto,
meglio vivere in buoni rapporti senza attentare l’uno alla
vita
dell’altro, no? >> chiese.
Bulma
e Vegeta si guardarono allora con la coda dell’occhio e
fecero
entrambi una smorfia.
Buoni
rapporti?
Meh.
Non
era meglio picchiarsi dalla mattina alla sera e urlarsi addosso fino
a far scoppiare le lampadine?
La
scienziata gemette, pensando effettivamente al loro rapporto.
Cos’altro
facevano, se non litigare dalla mattina alla sera, come se non
avessero nulla in comune?
Lei
avrebbe voluto anche avvicinarsi all’alieno, ma lui la
respingeva
puntuale: pur essendo molto attraente, la sua bellezza sembrava non
scalfirlo e buttarla solo sull’aspetto fisico era una
possibilità
che Bulma avrebbe volentieri evitato, in una relazione con Vegeta.
Avrebbe
voluto conoscere di più del principe, non solo esplorare il
suo
corpo, ma anche la sua anima.
Che
dolce...
No,
sul serio, è dolce come cosa.
Ma
anche solo il corpo non era male, s’intende.
Si
passò sovrappensiero la lingua sulle labbra.
In
fin dei conti, con quegli addominali… quei bicipiti e
tricipiti…
quei quadricipiti… qualsiasi muscolo fossero…
quelle chiapp –
cough cough, insomma, avete capito.
Dall’altra
parte del divano, pure Vegeta stava ragionando.
La
donna non era solo una schiava, in fin dei conti.
Il
suo carattere combattivo era eccitante e divertente, solo che lei,
alla fine, finiva per rovinare tutto, andandosene senza lasciargli
finire la partita.
Una
palla.
Per
lui avrebbe dovuto essere più… più
Saiyan, non così mollamente
terrestre.
Anche
se era effettivamente attraente.
Come
le torte della signora Brief. Attraenti. Molto.
Da
leccarsi effettivamente le labbra, accertò.
Goku
riuscì finalmente ad intromettersi nei loro pensieri quando
i due
parvero calmarsi.
Loro
due erano destinati a stare assieme, glielo aveva rivelato il loro
figlio dal futuro, e lui avrebbe fatto di tutto per mettere la loro
felicità, poco ma sicuro.
Rise
sotto i baffi al pensiero di loro due assieme. Bisognava forse, dare
loro una spinta.
<<
Be’, credo che abbiate capito ciò che volevo
dire… >>
No,
in realtà, no, non l’avevano capito ma diciamogli
di sì, sennò
Goku ce lo rispiega e non la finiamo più.
<<
Io credo che voi meritiate la felicità, >>
continuò, facendo
sciogliere Bulma in un bellissimo sorriso e facendo sciogliere Vegeta
in una polpa scomposta sul divano, perché, porca vacca,
questa
tortura di parlare dei sentimenti non finiva più.
<<
La meritate davvero: siete entrambi speciali. Certo, entrambi con
difetti, ma speciali l’un l’altro. >>
Bulma annuì,
sospirando estasiata.
<<
Insomma, per quanto Vegeta sia testardo, cocciuto, antipatico,
burbero e piagnone, è sempre apprezzabile. E anche tu,
Bulma, per
quanto tu sia viziata, pignola, egocentrica, bisbetica e
assolutamente insopportabile in alcuni contesti, sei sempre una
bellissi – >>
<<
Che cazzo hai detto, Goku? >>
Ops.
Due
minuti dopo, Junior cercava di allontanare Goku dalle grinfie di
Bulma che, incurante del tavolino su cui c’erano tutte le sue
preziose tazzine, menava di brutto l’amico, cercando di
cavargli
gli occhi con il cucchiaino da caffè, e sbraitandogli contro
parole
poco gentili sulla sua delicatezza da bisonte.
Vegeta,
invece, assisteva alla scena tra il terrorizzato e
l’incredulo.
Chi
se lo sarebbe aspettato che la scienziata aveva un lato così
violento?
Così
forte e bestiale?
Così...
Saiyan.
Non
si sarebbe meravigliato se Bulma improvvisamente si fosse trasformata
in Super Saiyan.
<<
Wow… >> sussurrò, quando la vide
strozzare il Saiyan più
piccolo prendendolo per il collo e affondare le unghie nella carne.
Improvvisamente
Vegeta, ancora ancorato al suo posto sul divano – il suo
posto
fisso
sul suo divano, scelto in base alla combinazione perfetta di luce,
temperatura e angolazione ideale per guardare la TV e
contemporaneamente partecipare ad una conversazione senza sembrare
troppo defilato*** – iniziò
a provare una strana sensazione e dei strani pensieri
sulla scienziata.
Lei
era così… manesca.
E
violenta.
E
cattiva.
E
camionista inside…
Arrossì
di colpo e
capì di esserne terribilmente attratto. Magari
una possibilità a loro due ci poteva anche stare, perché
no? E sorrise sotto i baffi, al sol pensiero. Si accomodò
meglio sul
divano, per seguire per bene la rissa e
vedere quante ne avrebbe prese Goku.
Alla
fine,
tutto
è bene quel che finisce bene: Goku aveva
fatto
proprio quello che voleva.
Dare
una spinta alla coppia per
tentare di unirli, anche se, alla fine, l’unico
“spinto”
sarebbe stato solo lui, su una barella d’ospedale, al Pronto
Soccorso.
*
elenco preso dal mitico Team Four Star.
Lo
so che non dovrei fare pubblicità, ma li trovate su YouTube.
Non
dico che dovreste andare a vederli, ma se volete una parodia di DBZ
fatta bene… *strizza l’occhiolino*
**
è una cosa che fanno tutte le donne della mia raccolta.
Questo
mi ricorda una perla di Jim Carrey: “Eh, sì,
perché dietro ad
ogni uomo c’è sempre una donna che alza gli occhi
al cielo”.
***
Grazie, Sheldon Cooper.
Angolo
dell’autrice
Bella
lì, come state?
Spero
tutti bene, io sto bene e finché stiamo bene, va tutto bene.
Diciamo
cose a caso, che l’ora è tarda.
Gne.
Comunque,
spero
che questo capitolo vi sia piaciuto e vi abbia strappato un sorriso!
Vi
piace questa versione di come Bulma e Vegeta si sono innamorati?
Alla
prossima e grazie a tutti e, direi, buon inizio estate!
|
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Capitolo 12 *** Casalingo ***
Angolo dell’autrice
Questa storia sarà lunga.
Mi ero ripromessa di non scrivere storie lunghe ma,
ehi, chi se
ne frega del buonsenso, no?
In ogni caso, questa disgrazia di storia è
divisa in tre
parti, cosicché voi possiate leggere a parti, senza
uccidervi per
arrivare in fondo tutt’assieme.
Ringrazio tutti quelli che leggono, anche i lettori
silenziosi
e taciti che non hanno il coraggio di dirmi quanto le mie storie
facciano SCHIFO, quelli che recensiscono e gli altri che mi seguono,
che hanno messo la raccolta nei preferiti, nelle “da
ricordare”,
nelle “da dimenticare” e nelle “passatemi
un accendino che
brucio il pc, questa raccolta è tremenda”.
Spero vi piaccia e se volete lasciatemi una
recensioncina, che
quella fa bene alla salute – alla mia, mentale; anche se non
so se
la ho più – che mi farebbe piacere.
Uh, sto chiacchierando un sacco.
Vi lascio alla storia.
Grazie a tutti!
Fanfiction vincitrice del primo posto contest “Piangere è difficile, ma ridere lo è ancora di più: il contest della risata” indetto da eleCorti sul forum di efp
La
nostra storia inizia in una bella mattinata di sole e di nuvole
cremose e bianche nel cielo e, precisamente, di lunedì.
Perché,
si sa, tutte le grandi storie iniziano di lunedì. Poteva
essere
anche un martedì, ma ‘sta volta iniziamo di
lunedì.
E
precisamente, siamo in casa Brief.
Che
novità, direte voi. Ma voi statevene zitti e ascoltatemi.
Ahhh.
C'è
un buon profumo in casa Brief.
Un
profumo che, nell'aria, si espande per tutti i corridoi e arriva fino
in camera tua, insidiandosi tra l'effluvio pacato di lenzuola, per
arrivare al tuo naso e svegliarti. Apri gli occhi e metti lentamente
a fuoco la stanza, mentre un sorriso inizia ad incresparti le labbra.
No,
Vegeta, non è il profumo di cadaveri in decomposizione,
qualora tu
te lo stia chiedendo, nascosto come sei sotto la pila di lenzuola del
letto, e non sono neanche le mutandine di tua moglie-
Oh,
piantala!
Per
favore, vedi di alzarti da quel letto e di non sogghignare al ricordo
di quello che avete combinato tu e tua moglie stanotte, altrimenti mi
tocca alzare il rating della storia e non possiamo continuare.
*Sigh*
Bene,
ora che ti sei alzato, che hai stropicciato per bene le lenzuola in
fondo al letto e che ti gratti un poi la zazzera improbabile di
capelli che hai in testa, possiamo continua-
Che
c'è?
Non
ti piace la mia metafora sui tuoi capelli?
Be',
potevo fare molto peggio e lo sai benissimo.
Non
sei convinto?
Potevo,
che so, chiamarti Sonic, visto che sei piccolo, blu e molto veloce;
oppure
potevo chiamarti Taz, come il Diavoletto della Tas-
D'accordo,
d'accordo, ti sei offeso.
Dai,
non fare quella faccia.
Cacchio,
abbiamo appena iniziato e tu già inizi con quella
faccia…
Sorridi
un po'.
Oh,
Dio.
Cos'è
quella roba.
S-stai
sorridendo?
OH
DIO, NO, TI PREGO! SMETTILA! AHHH!
Sei
terribile quando vuoi.
D'accordo,
torniamo alla storia.
Dunque.
È
sempre mattina in casa Brief e tu ti stai avviando pacificamente
giù
dalle scale, per raggiungere la cucina, quando-
Scusa,
potresti evitarlo?
No, dico, potresti evitare di farti le
unghie
nell'intonaco del corridoio mentre scendi? Stai rovinando tutto il
colore.
Eh,
grazie.
Molto
gentile.
Cristo.
Dicevamo, mentre scendi giù
dalle scale per
raggiungere la cucina, solo
et pensoso i
più deserti campi – ho citato
Petrarca, non fare quella smorfia schifata – ti trovi
improvvisamente a fronteggiare una cucina che è un campo di
battaglia.
Sì,
questa scena l’ho già descritta in
un’altra storia, non mi
criticare, ma ci serve per continuare.
Sta’
zitto e fammi raccontare.
Dicevo,
ti ritrovi a fronteggiare un campo di battaglia.
No,
non sei tornato sulla base di Freezer – perché
lì le unghie te
le saresti fatto eccome lungo i muri – ma sei solo in cucina.
Per
tua grande sorpresa, sul pavimento della cucina giace, infatti,
un'ecatombe di uova, pancetta, frittelle e cereali che, invece di
trovarsi nel tuo piatto – quello che ti prepara sempre la tua
dolce
paperella Bulma – stanno agonizzanti a terra.
Aguzzi
la vista e ahh, c'è qualcosa di strano.
Vedi,
in effetti, tua moglie che regge tra le mani il tuo piatto e, come se
fosse lava fusa, lo lascia cadere dalle mani.
Quando
la osservi portarsi le mani nei capelli, con tanto di uova
strapazzate tra le dita, e la vedi iniziare a muoversi convulsamente
e agitarsi come un'anguilla, hai come la sensazione che ci sia
qualcosa che puzza, nell'aria, e non sono le uova di prima.
Ti
guarda come se fosse la prima volta che ti vede, con occhi sbarrati e
boccheggiante come un pesce fuor d'acqua. E così, capisci
che c’è
qualcosa veramente che non va.
Spettacolare,
Sherlock, come hai fatto a capirlo?
Quindi,
azzardi una
parola, una semplice, << Ehi... >>
Lei
alza lo sguardo dalla sua autocommiserazione e tu ti accorgi di aver
risvegliato un demone che non doveva risvegliarsi.
Sta
per... piangere.
O
forse no.
Sta
per vomitare.
No,
il suo colorito dovrebbe farsi più pallido del solito.
Sta
per urlare?
No,
ha appena richiuso la bocca.
Sta
per sputare un alien?
Uh,
sarebbe fighissimo, non c'è dub- ma non è questo
il punto.
Non
sai gestire manco le tue, di emozioni, figurarsi quelle altrui.
Dannazione
alla tua ignoranza in fatto di emozioni terrestri.
Non
hai la minima idea di quale crisi stia per avere tua moglie.
Improvvisamente,
però, riacquisisce coscienza dei suoi muscoli facciali,
sorride, e
ti intrappola, con il suo corpo, sul muro accanto alla frigorifero,
dove sostavi fino a quel momento, bloccandoti ogni via di fuga
chiudendoti tra le sue braccia.
Situazione
imbarazzante, visto che sei tu, spesso, il macho di turno e che sei
tu, spesso, che intrappoli lei sul muro accanto al frigorifero.
Inizi
a sudare freddo e non è solo perché sei
praticamente col culo nel
frigorifero, ma perché lei non pare placarsi.
Ti
sorride ancora malvagiamente e ti sussurra con voce infernale:
<<
Mi è appena venuto il ciclo. >>
Sbarri
gli occhi, tramortito.
<<
Non ho tempo di badare a nessuno, qui dentro, né a te,
né ai nostri
piccoli mostri. >>
Sibila
malvagiamente
nell’orecchio,
<< Oggi
vedi di non scherzare con me, perché sto morendo
dissanguata, e farò
morire TE, dissanguato, è chiaro, caro il mio Super Satana?
>>
Ehm, Bulma, scusa il
disturbo.
Però
ti ho detto di seguire bene le battute della storia.
Come vedi, non è
Satana....
No,
non è neanche Gianni Morandi...
È
Saiyan.
Ecco,
bom, non confondiamo i ruoli che sennò si offendono.
No,
non mi offendo io, si offende Satana.
Non
credo voglia essere paragonato a Vegeta.
Bom.
Va
be'...
Salutiamo
Gianni Morandi, ciao, ciao!
<<
Oggi vedi di non scherzare con me, perché sto morendo
dissanguata, e
farò morire TE, dissanguato, è chiaro, caro il
mio Super Saiyan? >>
continuava a rimbombare il cervello di Vegeta.
Il
suo sguardo di ghiaccio ti penetra nelle profondità
dell'animo, ti
pare sentirlo lambire la tua anima e carpirla, per portarla lontano,
negli abissi della disperazione dove i morti aleggiano come fantasmi
senza pace.
Spalanchi
gli occhi, forse perché sai che stai per tirare le cuoia.
La
tua faccia è una maschera apatica, fino a quando arrossisci
brutalmente.
<<
Ti adoro quando fai così! >>
Ti
rivolge un improvviso sguardo innamorato, perdutamente persa di te,
come lo sei anche tu, in questo momento, nei suoi occhi. I vostri
nasi si sfiorano, le labbra si cercano e, prima di stamparti un bel
bacio, ti sussurra tutto il suo amore.
<<
Vai tu al supermercato, vero, tesoro? >>
Cooooooooosa?
Ma
era solo un inganno allora! E lei, davvero, ti vuole uccidere!
Ti
ritiri dal bacio, indignato, mostrando tutta la tua indignazione
iniziando a battere i piedi indignati a terra, in maniera indignata,
e a lagnarti, indignato.
<<
No, no, no e no! >>
Ti
fissa, arrabbiata.
<<
Invece sì! >>
<<
Invece no! >>
<<
Ho detto di sì, e non si discute! E smettila di lagnarti
come un
bambino piccolo! >>
<<
Io mi lagno come un uomo grande e grosso e non ci andrò al
supermercato, parola del Principe dei Saiyan! >>
Tua
moglie boccheggia incredula al tuo tanto ardire e ti squadra decisa,
negli occhi.
<<
Tu ci andrai. >>
<<
Altrimenti?! >>
Parte prima, l’inizio della tragedia.
Un
quarto d'ora dopo, ti ritrovi in macchina a guidare verso il
supermercato.
Ha
vinto lei.
Ma
in fondo, qui era questione di forza maggiore: e l'unica forza
maggiore che hai, è tua moglie.
Ti
volti, così, verso il sedile del passeggero.
In
macchina, Bulma ha caricato anche Trunks, dopo averlo divelto dal
letto e buttato sul sedile anteriore mezzo addormentato e ancora in
pigiama, e la piccola Bra che pisola ancora, legata al suo
seggiolino, e abbracciata a Mr. Saiyan, il suo peluche preferito.
La
fissi intenerito guardandola dallo specchietto retrovisore.
Con
Mr. Saiyan in braccio è più cucciola di quanto
non sia già.
Mr.
Saiyan è l’unico giocattolo che tu le abbia mai
regalato.
Infatti, prima la piccola girava sempre
con una
fastidiosa bambolina rosa, regalatale da quella bisbetica di tua
moglie, e a te dava così tanto fastidio vederla
continuamente
abbracciarsi a Rosita
che, un giorno, mentre eravate in viaggio in macchina per il mare,
gliela avevi tolta dalle mani all’improvviso e gettata
giù dal
cavalcavia.
Inutile tentare di placare le urla
ultrasoniche
della bimba e della moglie, eri stato costretto a tornare a quel
ponte a cercare Rosita
per tutta l'ansa del fiume.
Ma
la preziosa bambola aveva fatto la fine di Giona nella balena ed era
stato impossibile recuperarla.
O,
almeno, questo fu quello che dicesti a moglie e figlia, per evitare
di dire che, in realtà, la bambola l'avevi bruciata nel
falò per
arrostire la balena di Giona che avevi pescato.
Così,
eri arrivato a comprarle un nuovo peluche, una bella scimmietta con
il papillon, rinominata Mr. Saiyan, un po’ per scusarti, un
po’
perché le vuoi troppo bene.
Sospiri
ancora a pensare al suo bellissimo sorriso con una finestrella nel
mezzo, quando le consegnasti la scimmietta.
Il
tuo piccolo, adorabile, mostriciattolo, ibrido.
Non
come lo stoccafisso qui davanti, pensi, guardando quell'inutile di
tuo figlio mentre dorme della grossa sul sedile accanto al tuo.
Scuoti
la testa, afferrando più saldamente il volante e
incrinandolo
leggermente.
Inutile,
mocciolo, petul–
Gulp!
Quella
è bava?!
Trunks sta sbavando sui sedili nuovi di tua moglie!
Ma
porca putt–
Pesti
d’improvviso il pedale del freno, inchiodi le macchina, e
appena un
centinaio di macchine dietro di te che si mescolano assieme come un
mazzo di carte e, poi, riprosegui tranquillamente la marcia.
Trunks
si sfracella sul parabrezza, svegliandosi definitivamente e si
sveglia anche la piccola Bra che, spaesata, si guarda attorno,
riscoprendosi in auto.
Quello
sfaticato di tuo figlio stacca finalmente la faccia dal parabrezza,
dopo aver lasciato lì mezzi connotati e mezzi denti, e ti
guarda,
incredulo.
Sorridi
bonariamente ad entrambi.
<<
Buongiorno, mie piccole piaghe! >>
Trunks ti guarda ancora con un aria
traumatizzata e pensi che, dall'espressione poco vispa che ha in
faccia, debba avere battuto la testa più forte di quanto
pensassi.
<<
Questa mattina, >> non badi molto al trauma cranico di
tuo
figlio, << andiamo al supermercato con papà
>>
Una lamentela risentita echeggia nel
piccolo
abitacolo perché i figli, giustamente, a
tale notizia si lagnano.
<<
Noo, ma come è possibile? >> alza gli occhi al
cielo il primo,
<< perché dobbiamo andare al supermercato
proprio di lunedì
mattina, pochi giorni prima che inizi la scuola, per di più?
>>
<<
Esatto! >> gli fa eco la più piccola,
<< perché? Io non
ho mai fatto nulla di sbagliato nella mia vita! >>
<<
Lo so, e ti amo per questo, >> le rispondi serio,
fissando i
suoi occhioni preganti dallo specchietto retrovisore, <<
solo
che vostra madre ha deciso così, e quando vostra madre
decide una
cosa… >>
<<
Bisogna obbedire... >> concludono per te i bambini. Si
riaccomodano sui loro sedili, con un'espressione poco convinta e
seccata sui loro adorabili faccini.
<<
Esatto >> sospiri e ti abbandoni all’evidenza
che tua moglie
sarà sempre più forte di te e sbuffi, inforcando
gli occhiali da
sole per continuare il tragitto.
Già,
quando la moglie decide, decide.
Non
che Vegeta abbia potere decisionale in casa Brief, ovviamente.
Prima
decide Bulma.
Poi
Bra,
poi
i genitori di Bulma,
poi
Trunks,
il
gatto nero
e
infine Vegeta.
La
strada, purtroppo per voi, è ancora lunga per il
supermercato e, per
di più, andare in macchina l'allunga ancora di
più. Nel piccolo
abitacolo cala, perciò, un tenue silenzio.
Trunks
sospira.
<<
Posso almeno accendere la radio? >> chiede, ad una certa,
con
la mano già verso i pulsanti.
<<
Se lo fai, l'unica musica che sentirai saranno le tue grida di dolore
quando ti avrò spezzato il polso per averci provato.
>>
Si
vede che non apprezzi molto la musica terrestre.
Il
piccolo ti fissa contrariato e si rimette composto sul sedile,
sbuffando sonoramente e strozzando qualche insulto tra le labbra.
Il
suo tono non ti sfugge e lo squadri con la coda dell'occhio.
Dove avrà preso questa
barbara attitudine?
La
madre, di sicuro. Piena di difetti quella donna...
Eh,
appunto.
È
lei quella orgogliosa, antipatica, ribelle, scontrosa, acida,
guerrafondaia, testard-
Che
c'è?
Non
guardarmi con quella faccia e continua a guidare.
Dicevo,
quella testarda, cocciuta, musona, irriverent-
Va
bene, va bene, la smetto.
Non
si può dire niente, però, qui dentro.
Dopo, quindi, aver mandato a 'fanculo
un paio di
automobilisti, rischiato di investire qualche ciclista e aver
provocato l'arresto cardiaco a due vecchiette che stavano
attraversando le strisce, passate davanti al parco cittadino, il
quartiere prima del superstore e ti prepari alla battaglia del
parcheggio. Sarà dura scansare tutte le auto per
l’unico
parcheggio all’ombra che vuoi tu, sospiri, quando,
improvvisamente,
vedi tuo figlio
illuminarsi in un bellissimo sorriso.
<<
Guardate, un gattino! >>
Indica,
raggiante, un piccolo gattino che si è appena posato
sull'asfalto
del marciapiede, dopo essere sbucato da un'aiuola.
Tempo cinque secondi e, SPLAT!
Trunks
e Bra sbarrano gli occhi.
<<
Non lo hai visto il gattino? >>
<<
Non l’ho fatto apposta! >>
Trunks
gesticola, impazzito: << Era sul ciglio della strada!
>>
<<
Ma lo sai come sono fatti i gatti, all'ultimo momento, TRACK, ti
attraversano e non fai in tempo a frenare! >> sottolinei
l'ovvio.
<<
Ma tu bastava che andavi dritto e non lo prendevi! >>
Urla
invece Bra.
<<
Ho capito, ma io pensavo che attraversasse, lui, deficiente,
è
rimasto fermo, è colpa mia? >>
Affermi,
scocciato dall'insistenza dei due.
<<
Cioè, un gatto anomalo, è colpa mia?
>>
I
due ti fissano ammutoliti.
<< Porca miseria, il
gattino... da che era
vivo, track,
morto! >>
Il bimbo fissa la
strada, stralunato. Stai per ridire sul suo linguaggio poco corretto,
quando, << Guarda, un dalmata! >>
SPLAT!
I
bimbi
ti perforano nuovamente con lo sguardo mentre, tranquillo, continui a
guidare, e, quando ti giri, li vedi sull’orlo delle lacrime.
<< MA QUESTO ERA UN DALMATA! >>
<< Eh, ho capito, >> sbotti anche tu,
<< ma era lì,
nella ghiaietta chiaro-scuro, si mimetizza!
Mi
sono accorto
quando ha fatto IIKKKK!
Cioè, un cane intelligente si mimetizza? >>
Avrei da ridire su chi è davvero l’intelligente,
qui, ma non dico
niente.
Allucinati, i ragazzi scuotono mestamente la testa, davanti al padre
che, a bordo di una normale utilitaria, ha sterminato la fauna del
parco pubblico nel giro di cinque minuti.
<< Porca miseria…. >>
<< Trunks, dannazione, chi cazzo ti ha insegnato questo
linguaggio? >> lo fulmini con gli occhi, <<
Modera i
termini. >>
Un’altra lamentela si sparge nell’auto e anche
qualche invito ad
andare a quel paese, fino a che non arrivate al parcheggio del
supermercato.
<<
Toh, guarda, ridendo e scherzando, siamo arrivati al supermercato!
>>
<< Eh, ridendo e
scherzando, ridendo e
sterminando! >>
puntualizza Bra, stringendosi corrucciata al suo peluche.
<<
Poche storie, pulci, fuori! >>
Parcheggi con grazia
nell’unico posto rimasto
libero ed esci dall’auto, sbattendo con veemenza la portiera
e i
bambini ti
seguono a ruota. Trunks ancora mesto, che rimpiange gli unici animali
domestici che avesse mai visto crescere – nel senso che li ha
visti
da lontano, mano a mano che si avvicinavano sono cresciuti, e poi
sono morti – e Bra che giù dal seggiolone e
abbracciata a Mr.
Saiyan, finisce direttamente tra le tue braccia.
Tempo
di fare due passi che, dall’entrata del parcheggio, entra la
macchina della polizia a sirene spiegate e lampeggianti in uso che
accosta vicino alla vostra auto e vi blocca il passaggio per il
supermercato.
Oh, il tutore della legge.
Ma
tu sei un ribelle per la vita, non cederai al suo interrogatorio.
Assottigli
lo sguardo e squadri male il poliziotto che è appena sceso
dalla
volante e che si avvicina circospetto.
<<
Buongiorno, signore, >> si approccia con estrema
cortesia,
togliendosi gli occhiali da sole che ripone nel taschino, accanto
alla stella da sceriffo.
Wow,
ci si potrebbe lavare i denti davanti a quella stellina da quanto
brilla.
Guarda
che bella che è, con le punte ricurve e lo stemma della
città al
centro.
No,
Vegeta, meglio che non gliela rubi e no, non resisterebbe ad un tuo
morso.
Perché
diamine tu abbia questi pensieri ancora mi sfugge.
<<
Senta, >> continua il poliziotto ma poi sbianca
improvvisamente.
<< V-Vegeta?
>> indietreggia
d’improvviso Krillin, non aspettandosi la famosa famiglia
Brief, in
pigiama, al
supermercato. Talmente
preso ad inseguire il deficiente che stava decimando la fauna del
parco pubblico, non si era concentrato sull’aura, tristemente
conosciuta, del guidatore della monovolume.
Speriamo solo di non
morire in servizio, eh
Krillin?, non
sarebbe un buon inizio di giornata...
<< Ciao Krillin!
>> lo salutano,
invece, allegramente i
piccoli,
facendoti aggrottare ancor di più le sopracciglia.
Che vuole,
adesso, il pidocchio?
<< Per qualsiasi
problema, agente,
>> inizi, facendogli
inarcare un sopracciglio e
vedendo
tutto il suo scontento per il modo canzonatorio in cui hai
pronunciato il suo titolo, << parli con lui.
>>
Spingi
qualche passo
avanti Trunks, che inizia a protestare.
<<
Ehi, ma che c’entro io? >>
<<
Volevi qualche responsabilità in più ed essere
trattato come un
adulto? Eccoti accontentato! >> lo squadri con
severità.
<<
Ma io non ho fatto niente! >>
<< Non
continuare a lamentarti! Prenditi tutta la responsabilità
che devi e
anche la mia, già che ci sei, che ti fa bene.
>>
Spingi
tuo figlio ancora
verso Krillin,
che vi guarda rassegnato e che
si
passa una mano sugli occhi.
<< Vegeta,
>> inizia ad irritarsi, <<
la responsabilità, qui, è solo tua, visto che
guidavi l’auto. Hai
commesso un bel po’ di infrazioni, mentre guidavi: eccesso di
velocità, invasione della carreggiata opposta, mancato
rispetto dei
cartelli stradali di divieto di sorpasso, senso vietato, divieto di
suonare il clacson in quanto zona residenziale, mancato rispetto
delle precedenze,
guida pericolosa, mancato rispetto delle strisce pedonali, tentato
omicidio stradale, distruzione della fauna urbana e, infine,
parcheggio abusivo, nel posto dei disabili. >> conclude,
gettando un occhio al cartello stradale gentilmente parcheggiato
vicino alla vostra macchina.
Ahh,
ecco perché era l’unico rimasto vuoto.
Certo
che potrebbero inserire un parcheggio solo per te, con su scritto
“Riservato al Grande Principe dei Saiyan”.
Sfaticati di terrestri che
non sanno fare i parcheggi a dovere.
<< Tutte queste
infrazioni al codice della
strada ti costerebbero almeno un centinaio di anni di reclusione ma,
visto che so già che tu non mi seguiresti gentilmente
alla centrale, né collaboreresti, >> continua,
facendoti
sbuffare di fastidio, << ti sanzionerò con
delle multe, dato
che la vostra famiglia si può permettere di sostenere
qualche spesa
in più per contribuire al mio stipendio e basta per risanare
un
intero stato come il Burundi… >>
Ritorni sulla terra all'ultimo
secondo, perso
com’eri a contemplare
l'idea del
parcheggio abusivo dedicato e sparso di fiori solo per te, e ti devi
sforzare per sistemarti la faccia che, per l’indignazione, ti
si
era contratta tutta in una smorfia indicibile.
Riacquistata,
finalmente, la facoltà di muovere i muscoli facciali
correttamente,
vedi il poliziotto che, stizzito, passa frettolosamente la penna
sugli ultimi documenti, e che ti consegna un plico di fogli di multe,
iniziato a redigere ad inizio discorso.
Osservi
impassibile i foglietti e sospiri nuovamente mentre i bimbi ti
guardano in attesa, ma trovi facilmente una soluzione.
<<
No, agente, ho l’autorizzazione >>
Consegni
frettolosamente un biglietto a Krillin che lo osserva per qualche
secondo, sorpreso. Pare aver risolto ogni dubbio. O forse, no.
<< Ma… Vegeta!
Qui c’è scritto “Faccio
quello che voglio”!
VEGETA! >>
Ma,
quando rialza lo sguardo, siete già scomparsi dentro il
supermercato.
Parte seconda, la tragedia inizia.
Appena
arrivati all’entrata, mandi il figlio in missione a prendere
il
carrello della spesa mentre, bimba alla mano, ti trascini dentro il
supermercato, facendoti investire dall’aria condizionata che
va a
manetta e che fa gioire l’orso polare che è in te.
Tornato
il tuo piccolo Marty McFly con un abbondante carrello, vi avviate per
gli scaffali alla ricerca della tanto famigerata spesa da fare.
<< Hai rubato il
carrello? >> chiedi,
sovrappensiero al bimbo, mentre cerchi nella tasca dei pantaloni del
pigiama il bigliettino che Bulma ha accuratamente redatto e che ti ha
accuratamente ficcato su per il naso, quando ancora ti rifiutavi
prenderlo in mano e di
mettere piede in macchina.
<<
No, l’ho preso normalmente, con la monetina. >>
Fermi
il carrello in mezzo alla corsia.
<<
Non l’hai rubato? >>
Trunks
ti guarda come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
<<
No >>
Alzi
gli occhi al cielo.
<< Non è
possibile... che
ho fatto per meritarmi dei figli del genere? Non ammazzate nessuno,
non fate del male a nessuno, non vi comportate in maniera disonesta e
non rubate neanche i carrelli della spesa! >>
Tutta
colpa di tua moglie e dei suoi “valori umani”.
Ai
tuoi tempi mica era così…
Ai tuoi tempi per
prendere il cibo si andava a cacciare a mani nude nei boschi e si
sgozzavano le galline del vicino…
Questi
giovani d’oggi, tutti per bene… dove andremo a
finire, dico io?
Mannaggia
alle buone maniere e all’educazione!
Eh,
sì, annuisci, triste, non ti diverti più come una
volta. Bulma te
li ha proprio rovinati.
Ringhi di disappunto. <<
Almeno rendetevi
utili e andate a prendere quello che vi leggo!
>>
Almeno,
li potrai sfruttare come facchini.
<< Allora,
bestioline… andate a prendere
il pa…
pan… >>
<<
Il pane? >>
<<
Sì, ci stavo arrivando! >> fulmini con lo
sguardo Trunks che,
come sempre, ti ha interrotto.
<< Poi serve l’i…
inz…
inzaa…
>>
<<
Fammi indovinare, l’insalata? >>
Il piccolo si avvia
sbuffando un’altra volta sotto il tuo sguardo sofferente,
quando
Bra ti fissa, dubbiosa, dal suo seggiolino sul carrello.
<<
Papà… >>
<<
Dimmi, gioia, che c’è? >> rispondi
sovrappensiero, cercando
di tradurre c’è scritto sulla lista della spesa.
Tua
moglie scrive proprio da cani. Ha il Premio Nobel per la Fisica ma
l’ortografia non la sa.
<< Papà…
non sei più andato alle lezioni per imparare a leggere in
terrestre,
vero? >> la piccola coglie nel segno.
<<
Tappati la bocca, ne sono benissimo capace, invece! Ricordati che
sono un principe! >>
Trunks,
intanto, è ritornato con l’insalata.
<< Allora,
poi… qui c’è scritto a…
al- alb- alberi!
>>
I
bimbi paiono incerti e Bra, prima che tu possa protestare, ti ruba
dalle mani la lista della spesa e inizia a leggere.
<< Trunks, vai a prendere
le albicocche, i
meloni, le arance... >> e continua.
Dopo
circa un quarto d’ora, avete recuperato quasi tutta la frutta
e la
verdura della lista e altre cose che non elenco perché non
è
importante ai fini della storia, ma la spesa continua ancora e,
nonostante le tue proteste di andare a casa perché ti stai
annoiando, i bambini si dirigono verso gli altri scaffali per
completare al più presto la lista.
Perché, per loro, in fin dei
conti è anche
divertente: senza la stretta sorveglianza a carattere militare della
madre, possono benissimo comprarsi le più svariate
schifezze,
spruzzarsi la panna direttamente in bocca, stare tutto il tempo in
pigiama e rubare i gratta e vinci dagli scaffali espositivi, vicino
alla cassa, per fare un
enorme falò nel
reparto frigorifero, battendo le regole della fisica.
Passando
vicino all’ennesimo scaffale il tuo piccolo primogenito viene
attirato da un baldacchino in particolare e spalanca gli occhi.
<<
Papà! >> attira la tua attenzione,
<< Venti dollari per
il piercing al sopracciglio? >>
I
tuoi occhi neri incrociano subito i suoi cristallini e, per un
attimo, rimani immobile, squadrandolo, severo.
<<
Prima di tutto voglio chiederti una cosa, figliolo. >>
inizi
gravemente. Qui ci vuole un discorso importante e da bravo padre di
famiglia.
<< Sei pronto a prenderti
la responsabilità
di un gesto che ti renderà assolutamente e decisamente
irresistibile?
>>
Trunks
si inginocchia e, a occhi lucidi, nella solennità della
promessa,
pronuncia il suo giuramento.
<<
Sì, padre, sono pronto! >>
<<
Allora prendi questi venti dollari, e che la tua risolutezza guidi il
tuo cammino! >>
Una
signora profanatrice del momento che, accanto a voi, ha assistito suo
malgrado alla scena, vi interrompe.
<<
Davvero lei permetterebbe a suo figlio di farsi il piercing sul
sopracciglio? >>
<<
Giusto! >>
La
ieratica sapienza nei tuoi occhi.
<<
Prendine quaranta e fattelo su tutti e due! >>
Trunks
se ne va saltellante, con un sorriso a trentadue denti stampato sulla
faccia, mentre la signora pare non aver abbandonato il suo cipiglio
scuro.
La
vedi scuotere la testa, incredula e gracchiare: << Lei si
ritiene un padre responsabile? >>
Esatto,
Vegeta, ti ritieni un padre responsabile?
Non
guardare me, sei tu qui, il padre, mica io.
Pensa,
anni e anni di convivenza sulla terra e questa domanda così
semplice
ma spiazzante sembra improvvisamente far vacillare tutto.
Sei
davvero un genitore responsabile?
Curi
davvero la salute e il benessere dei tuoi figli?
Vuoi educarli come adulti coscienziosi
e cittadini
del mondo per creare un
futuro migliore?
Sorridi
e la risposta ti viene naturale come naturale è il tuo
genuino
rispetto per quella signora tanto assennata e presentabile.
<<
No! >> e te ne vai, saltellando e mandandola a
‘fanculo.
Poco più tardi, dopo aver
comprato dello scotch e
un martello per Bra e aver testato la resistenza e
l’efficienza di
entrambi su circa una ventina di piatti di porcellana, siete
avvicinati da paio di commessi che vi invitano a smetterla e che
ragionevolmente, vi chiedono di pagare tutti i danni. Una volta
scocciati anche loro – nel senso che hai preferito tappare
loro la
bocca con dello scotch e poi farli stramazzare al suolo a suon di
martellate, perché, chi se ne frega – vi raggiunge
nuovamente
Trunks che, da bravo schiavo, era andato a prendere anche le ca…
cat…
No, non catarratte,
ma carote.
<<
E i due piecing? >> gli domanda Bra.
<<
Ho preferito fare iniezioni antirughe. >> si mostra
contento il
piccolo principe e presto ti aggreghi anche tu alla piccola comitiva.
<<
Mi sto nuovamente annoiando, rientriamo. >>
<<
Scusa, ma dobbiamo finire la spesa! >>
Sbuffi un attimo e ti guardi intorno.
Ti avvicini
ad un paio di scaffali e inizi a buttare nel cestello robe a caso,
giusto per far numero, poi ti avvicini tranquillamente ai carrelli
degli altri clienti, per rubacchiare dell’altro cibo e
andartene.
Se i primi non se ne accorgono, alla
terza signora
a cui rubi i fagioli in scatola, suo
marito ti becca, pungente.
<<
Ehi, quella è la mia spesa! >>
<<
Perché, l’ha già pagata?
>>
<<
Ehm, no... >>
<<
Allora non è sua >>
L’ultima
cosa che i due signori vedono è il tuo culetto sculettante
che gira
l’angolo e che scompare.
Finalmente,
davanti ad un carrello stracolmo di tutte le cose che non erano nella
lista, come, per esempio, una poltrona, –
Chi cacchio è che l’ha comprata la poltrona?
Va be’, non sia mai rimaniate in piedi a fare la fila alla
cassa –
decidete che è tempo di finire qui l’Odissea del
supermercato.
Però,
<< Manca il pollo >> puntualizza nuovamente
Bra.
Piccola
rompipalle, e tu che volevi andare via.
<<
Trunks, vallo a prendere. >>
<<
Ancora? >> si permette, irriverente, probabilmente anche
lui
stufo che la cosa stia andando così per le lunghe.
Ecco
perché Bulma vi voleva fuori dalle scatole, così
poteva avere tutta
la mattinata per sé.
<<
Perché non vai tu? >>
<<
Perché sono tuo padre, muoviti. >>
<< Sì, o
potente Darth
Vader
>> ti canzona, dirigendosi
verso il banco dei refrigerati e, tra la sfilza di prodotti, riesce
ad individuare il pollo in offerta.
Allo
stesso momento in cui, però, allunga la mano per prendere il
pollo,
dall’altra parte, una vecchietta poggia la mano sullo stesso
pollo
scontato.
<<
Oh, mi scusi, non pensavo interessasse anche a lei >> si
ritira
gentilmente, porgendogli docilmente il pollo e delle accorate scuse.
Ma
tu non pari d’accordo. << Credo che tu
l’abbia preso per
primo, Trunks. >>
<<
Ma, papà, è solo una vecchietta…
>> sussurra, imbarazzato.
Te
ne freghi della vecchietta, tuo figlio non perderà di fronte
ad
un’insulsa terrestre.
<<
E quella vecchietta non avrà il nostro pollo...
>> ringhi,
mentre la vecchietta fa altrettanto.
<<
Il pollo è mio! >>
La
vecchina inizia a
battere il suo bastone di mogano sulla testa dura di tuo figlio,
cercando di allontanarlo.
<<
Ehi, OUCH! >> piange, il piccolo, cercando di ripararsi
dai
suoi colpi alla meglio.
<< OUCH, OUCH, OUCH!
B-basta, mi sta
picchiandooooo, PAPÀÀÀ!
>>
Te
ne freghi delle
lamentele di tuo figlio e insisti per la vittoria.
<<
Prendi. Il. Pollo. Trunks. >>
<<
Avanti, moccioso, prova a rubarmelo! >> incalza ancora la
nonnina.
<< MIOOOO
>>
In una lotta all’ultimo
sconto, Trunks riesce,
infine, a rubare dalle mani della vecchietta il pollo tanto che la
povera signora,
per l’onda d’urto, finisce, con un tonfo, dentro
il bancone
dei surgelati.
<<
Bel lavoro, Trunks! >> esclama entusiasta Bra, quando la
vecchietta si rialza d’un tratto in piedi.
<<
AHAHAHA, prendetevi il pollo, perdenti, io ho preso il salmone a
metà
prezzo! >>
Davanti ai vostri occhi allucinati, la nonna
mostra orgogliosa il suo pesce e fugge, alla rinfusa, abbracciata al
suo bastone e al suo salmone.
<<
Trunks… >>
Il
piccolo Saiyan si sente già male.
<<
Vai a prendere quel salmone. >>
Così,
tu, la tua adorabile bimba, sempre sgambettante sul carrello della
spesa, Mr. Saiyan, che erano rimasto fino a questo momento
abbracciato alla bambina, e Trunks che si è guadagnato lo
stampo del
salmone in faccia, vi dirigete alle casse. Con sufficienza sganci al
povero commesso che hai minacciato di morte qualche soldo, dopo
averli fatti accuratamente contare da Bra, e vi avviate
all’uscita
per tornare alla macchina.
Una
volta caricate le innumerevoli borse della spesa, rese ancora
più
innumerevoli dall’enorme quantità di cibo che non
era stato
segnato nella lista e, ricordiamoci, dalla poltroncina in vimini
aggiunta a caso sopra le mozzarelle, ti accorgi che manca qualcosa.
Trunks sbianca, e prega di non dover
tornare nel
supermercato, e Bra si augura e prega che, Cristo,
tu non abbia perso le chiavi della macchina dentro il supermercato.
Ma
poco male per quelle, tu sei un tipo più diretto: sfondi il
finestrino e colleghi i fili sotto il cruscotto, per poi partire.
Sistemate la spesa nel baule e vi preparate per tornare indietro.
Il
dubbio eppure ti assale nuovamente. << Qui manca
qualcosa… >>
e non è semplicemente la visibilità del vetro
anteriore, oscurato
da una serie di multe fastidiose, lasciate precedentemente da Krillin
sui tergicristalli.
C’è
un vuoto cosmico all’interno di una borsa, come se fosse
sparito
qualcosa. Si voltano anche i tuoi due bimbi per controllare.
<<
Sì, pare che… >>
Oh,
no.
<<
MANCA IL SALMONE! >>
<< La vecchietta!
>> esclamate tutti
assieme.
Terza parte, la tragedia si conclude.
Eh, sì, perché
mentre stavamo tutti intenti a
pagare alla cassa e a fare attenzione che Vegeta non sbranasse il
povero commesso, la vecchina di prima, che era finita dentro il banco
dei surgelati per chi non si ricordasse, era riuscita, piano piano,
con l’agilità di una tartaruga, ad allungare il
bastone
all’interno della borsa che conteneva il salmone e a rubarlo
da
sotto il naso dei tre Saiyan, a dirigersi all’altra cassa, a
pagare
e a uscire dalle porte posteriori del market per non dare troppo
nell’occhio.
Arrivata finalmente ai parcheggi, nonna
è
soddisfatta della sua ruberia e ride, pensando a tutte le gustose
ricette che potrà preparare con i suoi cinquecento grammi di
salmone
norvegese. Sogghigna pensando a quando preparerà i rotolini
di salmone norvegese con fragole di stagione, oppure,
il suo salmone
norvegese ripieno
di mozzarella con spruzzata di pesto al basilico, e,
perché no, dei gustosi voul-au-vent
di salmone,
qualsiasi cosa
siano. Ad un tratto,
nonnina s'accorge di
aver fatto un passo falso.
L'aria inizia a mancare, come se non volesse interrompere il momento
di tensione che si accumula d'improvviso in quel piccolo metro quadro
di parcheggio del supermercato.
La signora stringe i denti e assottiglia lo sguardo: i bastardi sono
arrivati, finalmente.
Il filo di un sorriso malinconico le imperla le labbra mentre pensa
al povero salmone che rischia di venire preso dai banditi e mangiato
come la carcassa di un cavallo abbandonato nel deserto della fottuta
California.
Un
cumulo di
polvere passa sulle righe del parcheggio ma il suo sguardo non si
stacca dagli occhi furenti dei tre, che l'hanno squadrata fino a quel
momento.
Brilla l'argento del suo bastone, pronto a far fuoco, stringe la
borsetta e la spesa a sè. Il sole cocente di mezzogiorno
vedrà un
altro cadavere.
<< Sei alla resa dei conti, nonnina! >>
Sputa per terra il più nero dei tre, dal basso del suo metro
e
sessantacinque, Sentenza, il cattivo della situazione.
<< Papà, non pensi di stare esagerando?
>>
Cerca una mediazione allo scontro l'altro, Tuco, il brutto, ma
neanche Joe, il buono, coi i suoi occhi e capelli azzurri pare
trovare una soluzione che non includa una pallottola nel cuore e un
cumulo di cemento sopra.
Il buono, il brutto e il cattivo
appostati alla
macchina non sganciano un solo istante gli occhi dalla vecchia.
Occhi
neri come il fumo delle ciminiere, occhi azzurri come un ruscello
sgorgato nel deserto, e occhi di vetro come il fondo di una schifosa
bottiglia di whiskey si squadrano, pronti a reagire al minimo
movimento dell'avversario.
<<
Ridacci il salmone, vecchia, e nessuno si farà male
>>
Il
secondo avvertimento del Cattivo infrange il silenzio di tensione.
Nonnina
ringhia, stringendo più forte a sé la borsetta.
Bisogna lottare per
la libertà.
Bisogna lottare per i
gustosi voul-au-vent
di salmone.
Qualsiasi
cosa siano.
<<
MAI! >>
Urla, scatenata, e inizia l'incontro.
Trunks e Bra
le si buttano addosso in contemporanea, ma la vecchina è
più
reattiva; con una mossa da ninja bastona nuovamente Trunks sulla
testa e sulle mani, rimproverandolo per la maleducazione, e afferra
Bra per il colletto, pronta a gettarla lontano.
Bra,
in mano sua, si
sente d’improvviso piccolissima davanti al suo sguardo di
fuoco:
nonna ringhia, pronta a tirarla stile lancio del giavellotto. Gli
occhi azzurri di Bra si riempiono di lacrime e la piccola inizia a
temere il peggio, ma nonnina, ad un tratto, si blocca e la riappoggia
a terra. La piccola apre gli occhi, sorpresa, e vede la vecchina che
le sorride, benevola, e che le accarezza la testolina. Nonna pare
ravvedersi sulla pericolosità della bimba: <<
In fondo –
rammenta – mi ricordi
proprio le mie nipotine! >> e
le allunga una caramella, una di quelle caramelle del Paleolitico
stagionate in borsetta per secoli, che le vecchiette hanno sempre con
sé e guai se non si accettano. Bra,
sorride, sotto le carezze della dolce signora e i suoi occhi brillano
di contentezza.
Tempo due secondi, Bra trascina la
vecchietta a
terra con una sforbiciata
alle gambe e le ruba il salmone dalla borsetta, iniziando a scappare.
<< Ahahaha!
>> ride, malvagia,
lei, piccolo
spruzzo di sole, ma nuovamente il salmone le viene rubato dalle mani
da nonna che, con un
salto mortale, si
riappropria della preda e scappa anche lei.
Trunks appare d’improvviso e
la placca alle
gambe: entrambi strisciano la faccia per terra e nuovamente il
salmone vola lontano, finendo sul parabrezza di una macchina.
Nonna e Trunks spalancano gli occhi e
iniziano
nuovamente a correre: il giovane Saiyan riceve più volte in
faccia i
tacchi della vecchia che scalpita come un cavallo imbizzarrito per
prendere il pesce.
Nonna afferra al volo la scatola e
Trunks
spiattella la faccia sul parabrezza; nonna scassina la macchina per
scappare, Trunks le corre dietro ritrovandosi la portiera nei denti;
con quattro colpi precisi, nonnina gli chiude la testa tra la
portiera e la carrozzeria: il piccolo Saiyan
viene così abbandonato, svenuto, con la testa incastrata
sotto il
sedile.
La
vecchina, però, d’improvviso s’accorge
di non avere vie di fuga.
Dopo aver steso il ragazzino con i capelli da inacidato e aver
incastrato la mocciosa nell’armadietto
dell’idrante, ora, si
ritrova ad affrontare l’energumeno coi capelli di fulmine.
<<
Fatti sotto, nonna! >>
Sibili
con poco rispetto, ma nonnina non pare farsi intimorire. Afferra
saldamente il salmone e lo ficca nuovamente
in borsetta e ti squadra da dietro i suoi occhiali appannati.
<<
Fatti sotto tu, delinquente… >> rincara la
nonnina.
Ululi
di rabbia alle
sue, devo dire, fin troppo vere parole – Chichi me ne
renderà
merito, questi Super Saiyan sono tutti dei delinquenti. Povera donna.
Come due pistoleri pronti ad
affrontarsi, non
lasciate che nulla all’interno del parcheggio vi distragga
dal
vostro gioco di sguardi; occhi neri pece si specchiano nuovamente
in paio di occhietti verdi
e vispi,
ingigantiti da un occhialetto spesso cinque centimetri e coperto da
ditate insostenibili nel terribile tentativo di pulirli.
Scrocchi
le dita in
pugno secco mentre la vecchina stritola la dentiera tra le barbute
mascelle.
Al
momento giusto, ti scagli a tutta velocità contro nonna,
concentrando in un pugno tutta la tua potenza e lei, rosario al
collo, afferra la borsetta come se fosse un martello e la fa roteare
sopra la testa.
Un colpo, un altro, nonnina ti
rifà i connotati
del viso, costringendoti a cambiare la carta
d’identità, per via
dell’enorme bernoccolo che ti ritroverai presto in fronte, ma
non è
il momento di demordere: afferri
la gracile
signora per le spalle e la getti all’indietro; la vecchina
atterra
malamente ma si rialza in fretta, scricchiolando orrendamente il
collo e qualche vertebra, mentre la borsetta si perde
sull’asfalto.
Corri
per prenderla alla sprovvista quando ti afferra per la collottola e
ti scaraventa lontano; trascini con te una madre con passeggino, un
paio di muratori, e due macchine, che si accartocciano in cumuli di
lamiera.
Sputi
per terra un rivolo di sangue e maledici le borsette; la vecchietta
ti carica come un pugile ad un incontro di boxe: scaraventa una serie
di pugni che ti limano i denti. Glieli restituisci con
caparbietà,
lisciandole la barbetta folta che si affolla sotto il naso e sul
mento; ganci distruttivi e montanti che le spappolano il sistema
nervoso e la dentatura.
Destro, sinistro, destro: sibili dal
dolore,
portandoti la mano alla bocca; sputi un molare e le restituisci la
cortesia. La nonna sibila
dal dolore, portandosi la mano alla bocca; sputa la dentiera e ti
restituisce la cortesia, strappandoti il sorrisetto dalla faccia con
un calcio che ti fa vedere gli uccellini svolazzanti.
Strisci
gli stivaletti sul cemento del parcheggio mentre cerchi di parare la
tempesta di calci volanti che la gracile signora ti tira addosso.
Deciso a resistere ad oltranza,
sradichi il
segnale di stop e lo fai roteare sopra la testa, come una tavola da
surf e ti avventi contro la vecchia: la vecchia para il colpo, getta
per aria la segnaletica, ti strizza un capezzolo e tu stramazzi per
terra dal dolore; il segnale ti finisce in testa, abbattendoti
definitivamente.
Nonnina
si rialza: con lo sguardo truce si pulisce un rivolo di sangue dal
naso e si allontana, come un’eroina dopo aver sconfitto la
sua
nemesi, come un pompiere che ha salvato una ragazza da un incendio,
come un supereroe dopo aver sconfitto un cattivo. La signora di prima
con passeggino e i due operai esultano, piangenti, alla sua figura,
la salutano con un fazzolettino, si stringono in abbracci commossi.
La
vecchietta recupera occhiali, borsetta e bastone, e guarda verso
l’orizzonte.
Si
volta un ultima volta, ti batte la borsetta dritta dove non batte il
sole e se ne va, sempre verso l’orizzonte.
L’impatto
è devastante, distruttivo quanto battere la testa nello
spigolo
dell’unica portina lasciata aperta in cucina mentre sei
cucciato a
prendere i piatti. La luce delle stelle e la luce beatifica di Dio ti
accolgono per qualche istante nel frattanto che la vecchietta riesce
a raggiungere la sua macchina e fuggire, sgommando sui piccioni e
pedoni che si trovano sfortunatamente sulla sua via.
Pian,
piano, recuperi a grandi boccate il resto della tua dignità
e
mascolinità, calmi il respiro in un pacifico moto che ti
permetta di
inalare aria a ritmo costante.
Dentro sei più o meno
così: dunque, *cough*,
*cough*,
vediamo…
Dammi
un
laaaaaaa
♪
Ecco, ottimo, questa va benissimo.
Dentro sei più o meno così:
aaaAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHH!!
Ma anche
se dentro stai
urlando dal dolore la nota più alta della Regina della Notte
del
Flauto Magico
di Mozart, sai che devi calmarti.
Recuperi quindi presto
coscienza della situazione e ti precipiti alla macchina; nel
tragitto, afferri
al volo Trunks e lo butti a casaccio in macchina;
recuperi Bra dalla vetrina dell’idrante, poggiandola
accuratamente
sul seggiolino e controllando le
cinture di sicurezza e la presenza di Mr. Saiyan, immancabile al suo
fianco, non senza
darle un bacino in fronte.
Accendi il motore, frizione,
acceleratore, e ti
precipiti a tutta
velocità fuori dal parcheggio, raggiungendo presto
l’auto della
nonnina.
La vecchia, sgommata via come il vento,
si dirige
nel mentre a
tutta birra sulla tangenziale, scardina metà dei cartelli
stradali
che incontra, brucia il
conteggio di tutti
gli autovelox, ma tu non
sei da meno e,
superata la corsia di accelerazione,
ti affianchi alla sua auto.
<<
Molla il salmone, strega! >>
La strega si gira, stupefatta della
tua presenza in strada dopo così poco tempo.
Ma
nessuno batte il principe dei Saiyan.
Peccato
che nonnina ti abbia precedentemente abbattuto prendendosi pure la
tua dignità.
Ma
dettagli, dettagli.
La signora accelera e
sfreccia con rabbia tra le macchine che finiscono senza
speranza tra i guard-rail,
accartocciandosi
tristemente.
Un’auto
esplode al suo passaggio, lanciando pezzi di lamiere nelle altre
corsie e una colonna di fumo si alza dalla tangenziale,
perché si
sa, negli inseguimenti un'auto deve sempre esplodere perché
fa figo.
Il
paesaggio si muove veloce, l’adrenalina scorre nelle vene e
il
carcere a vita si fa sempre più vicino.
Nonnina continua a muoversi tra le auto
che
affollano la strada, incurante dei clacson e delle sirene della
polizia che iniziano a urlare
dall’orizzonte. Infatti
Krillin, dopo che
vi aveva visto sfrecciare fuori dal parcheggio a velocità
supersonica, aveva pensato bene di chiamare i rinforzi e aveva
effettivamente pensato bene, vista la velocità da Fast
And Furious che
stavate imitando.
Non molli la presa sul
volante, frantumi
il pedale dell’acceleratore e superi
le auto come al rally.
Trunks
si risveglia dal coma indotto dal trauma cranico e spalanca gli
occhi.
<<
AHHHHHHHHHHHHH! >>
Le
sue urla svegliano dal sonno Bra che, vedendo la velocità a
cui
siete sparati che supera la velocità del suono, si mette ad
urlare
anche lei.
<<
AHHHHHHHHHHHHH! >>
Urlano entrambi e urli anche tu, col
pedale a
tavoletta, verso la meta.
Un urlo collettivo di disperazione per colpa di quella bastarda di
nonnina che, manco fosse Toretto, vi sta facendo mangiare la polvere.
La vecchina continua infatti a bruciare
tutti i
limiti di velocità, sbattendosene dell’elicottero
della polizia
che ormai vi sovrasta e delle decine di auto degli
sbirri che si affiancano
man mano alla
gara.
Il
tenente di polizia, affacciatosi dalla volante, sbiascica parole poco
rassicuranti e molto incazzate dall’autoparlante e, al suo
ordine,
volano i primi spari delle pistole in direzione delle ruote, per
fermare la folle corsa.
Nonnina
se ne sbatte altamente e come se guidasse una Maserati accelera
ulteriormente, battendo la velocità del suono.
Le
urla della vostra macchina sovrastano il rumore assordante delle
sirene spiegate, del rombo dell'elicottero e degli insulti del
tenente.
La
vecchia ride, impossessata, spaccando il contagiri e gli
ammortizzatori dell'auto.
Ulula
di gioia e fa segnacci all'indirizzo dell'elicottero che la sovrasta
e al povero tenente di prima che, ormai, può dire addio alla
carriera.
Ma
mentre le ruote stanno per prendere fuoco, all'ultima fatale curva,
nonnina non si accorge che deve svoltare e vola dritto.
Nel
frattanto, nella pace e serenità zen del suo salotto, Bulma
sorseggia un the indiano e conta i minuti di silenzio che finalmente
regnano la casa: il flebile filo dell’incenso si confonde nel
ronzio del ventilatore e il ticchettio dell’orologio
è una nenia
sussurrata che induce al sonno.
Rimasta
sola, difatti, la proprietaria della grande Capsule Corporation,
dapprima aveva fatto sgomberare la cucina dei rimasugli della
colazione dai robot, per poi dedicarsi ad una seduta di manicure e
pedicure tutta per sé, a qualche giornalino di gossip, e,
infine, ad
un the indiano dai poteri terapeutici.
Bulma,
finalmente rilassata, riflette che aver mandato la famiglia in
missione a far la spesa è stata, in fin dei conti, davvero
una buona
idea: nella casa non vola una mosca e si sente solo il suo respiro.
Sospira,
estasiata, da tanta calma, quando viene catturata dal rumore insolito
di un uccellino che si spiaccica sulla vetrata del salotto e cola a
terra, in un ammasso informe di piume.
<<
Che strano… >>
Sbuffa
risentita e si avvia alla porta finestra per controllare la fine
insolita del povero volatile, ma per ritrovarsi davanti
l’inferno.
Sotto
gli occhi strabuzzanti della povera scienziata, il giardino pullula
d’improvviso di macchine accartocciate, di un elicottero
finito a
far compagnia alle ciliegie e di una ventina di uomini in divisa e in
tenuta antiterrorismo che circondano una vecchietta; dapprima viene
trascinata fuori dalla macchina accartocciata, sbattuta a terra con
forza e, sotto i puntatori dei mitra degli agenti di polizia,
arrestata e sbattuta dentro una volante.
Bulma
boccheggia, incapace di comprendere come mai il suo giardino ora
assomigli più ad un cimitero che ad uno spazio verde: le si
avvicina
il tenente che regge ancora in mano il megafono, ormai fuso dalle sue
urla, e le stringe una mano, accorato.
<<
Signora Brief, vorrei esprimerle i miei più sentiti
ringraziamenti
per averci permesso di catturare, dopo tanto tempo e numerose
ricerche, la famigerata Nonnina, spietata criminale al
vertice
di una
vasta rete di attività di contrabbando di salmone!
>>
Bulma
pare non capire, mentre le si avvicinano anche Vegeta, Trunks e Bra,
ridotti piuttosto male.
<<
Infatti, Nonnina aveva contatti in tutto il mondo e la sua
attività
clandestina si stava espandendo sempre più, fino a
raggiungere anche
il più piccolo supermercato del paese. Grazie a questi tre
eroi >>
e abbraccia Vegeta e i ragazzi, anche loro piuttosto allibiti,
<<
siamo riusciti finalmente a catturarla! >>
Una
volta congedatosi, il tenente ordina ai suoi uomini di sgomberare la
zona: le pattuglie della polizia attivano le
sirene
e si
dirigono a tutta birra in strada e poi verso il commissariato,
lasciando finalmente libero il giardino che, ormai,
non si più chiamare così.
Quando
le pale dell’elicottero incastrato nel terreno smettono di
girare e
le auto iniziano a prendere fuoco lentamente, Bra enuncia i dubbi di
tutti.
<<
Ma… qualcuno di voi ha capito che è successo?
>>
<<
No, in realtà no… >>
<<
Assolutamente no… >>
I
tre fanno spallucce e rientrano a casa, decisi a mettere qualcosa
sotto i denti e a passare la giornata nell’ozio totale,
perché,
ormai hanno fatto fin troppo per quella giornata e lasciando Bulma
ancora a boccheggiare in giardino.
La
scienziata sente in sottofondo
le
lamentele di Vegeta
riguardo la spesa rimasta in macchina, unite al giuramento
di
non mettere più piede in un supermercato per i prossimi
venti anni.
Bulma
si passa una mano sugli occhi, sconcertata: la prossima volta ci
penserà due volte prima di mandare marito e figli a fare la
spesa.
Fine
|
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Capitolo 13 *** Festaiolo ***
Oggi
vi presento una storia che non potevo non presentare ad Halloween; questa
storia l’avevo già in mente da un po’, e
allora, quale migliore
occasione?
Buona
lettura!
Non
era una questione di essere una zucca vuota o essere uno zuccone o di
non avere sale in zucca.
Era
una questione più profonda, ontologicamente scientifica.
Lui
alla festa di Halloween non ci avrebbe partecipato. Fine.
Inutile
Bulma sbraitasse tanto, Halloween, qualunque cosa fosse, gli faceva
semplicemente cagare. Fine.
Come
tutto d'altronde originale di quell'emisfero dell'universo.
Lo
stesso Sistema Solare lo infastidiva, perché lì,
nei pressi di due
pianetuncoli in fila, uno giallo schifo e l'altro
rosso
schifo, c'era, in mezzo, quello blu schifo a cui, da otto anni ormai,
era incatenato il suo culo.
Il
Sistema Solare schifo e tutto quello che comprendeva gli facevano
schifo.
Questo
pensava Vegeta, seduto al tavolo in cucina con una tazza di
caffè
stretta furiosamente nel pugno, mentre scarabocchiava un cruciverba.
Non
avrebbe partecipato alla festa. Fine.
E
poi la zucca manco gli piaceva. Così arancione schifo.
No,
no, no, non avrebbe partecipato a quella pagliacciata.
Meglio
concentrarsi sul suo cruciverba, al diavolo la festa.
Strinse
la penna e assottigliò le labbra.
<<
Allora... uno verticale, uomo senza credo…
>> arricciò
le labbra in concentrazione, finché non gli si accese la
lampadine.
<< Be’, io non credo che sia un uomo, quindi Kakaroth…
ah, solo
quattro lettere. Questi
incompetenti hanno sbagliato a fare il cruciverba! Be’,
scriverò
Goku,
tanto sempre lui
è... >>
Scarabocchiò
sul foglio la risposta e continuò a leggere.
<<
Tre orizzontale, aspèttati con ansia…
la morte di
Kakaroth! Scriviamo
morte,
che ci sta, tanto sempre la sua è >>
<<
Quattro orizzontale, è vicinissima al sole...la
mia
irritazione
>>
<<
Nove
verticale, quieto
in apparenza… Trunks, probabilmente
>>
<<
Due
orizzontale, creatrice
di gioie…
ah, be’, facile
questa… la vendetta su
Kakaroth… ah,
non ci sta. Ma sono proprio degli incompetenti questi creatori!
Scriverò solo vendetta. Con una t,
che non ci sta >>
Gli
si avvicinò d'improvviso Bulma, che si fermò a
fissarlo davanti al
tavolo, ma Vegeta non la cagò di striscio. <<
Hai finito di
ignorarmi? >>
No,
voleva risponderle Vegeta, ma per quel giorno avrebbe voluto
conservare intatta la sua faccia ed evitare che la mogliettina gliela
strappasse e incollasse al contrario. Così, la
fissò negli occhi,
come per invitarla a continuare il suo discorso interessante quanto
sapere chi fosse l'ultima donna che aveva osato copiarle il taglio di
capelli, e si mise in ascolto.
Bulma
lo stava fulminando.
La
detestava quando faceva così. Quando osava chiamarlo,
respirare il
suo ossigeno, interagire con lui in generale.
In
un'altra vita voleva nascere albero, almeno nessuno avrebbe
interagito con lui.
<<
Perché non vieni alla festa? >>
gridò un'altra volta. La
guardò scettico e per la prima volta da quando aveva fatto
il suo
ingresso in cucina si concentrò su quello che indossava.
Vestita
con quella gonnellina sbarazzina e un corpetto di pizzo, Bulma,
quella sera, interpretava il ruolo di se stessa: la strega.
Una strega con degli occhioni blu e un trucco azzeccato in faccia.
Qualche ragnatela finta che pendeva dalle braccia e una scopa in
mano: una perfetta strega ad Halloween e nella vita reale.
Si
sforzò di risponderle.
<<
Perché non ne ho voglia >>
Una
motivazione più che sufficiente.
<<
Perché Halloween, qualsiasi cosa sia, non mi piace
>>
<<
A te non piace mai nulla >> puntualizzò invece
l'altra,
stringendo le braccia al petto. Maledetto vecchio Saiyan.
<<
No, questo non è corretto >>
La
corresse, scarabocchiando sovrappensiero il foglio.
<<
A me fa tutto parimenti e ugualmente schifo. Disprezzo tutto e tutti
allo stesso modo. >>
Bulma
alzò gli occhi al cielo. Maledetto vecchio Saiyan.
Se
l'avesse convinto a partecipare alla festa, almeno avrebbe avuto di
che divertirsi.
Vederlo
schifato alla vista di ogni persona con quella particolare sua
costante smorfia, era uno dei pochi spettacoli che la facevano ridere
di gusto e che la rendevano più consapevole che, davvero,
suo marito
era un alieno.
<<
In fondo potresti interpretare il vampiro! >>
Magari
lo avrebbe convinto: il vampiro, col suo carico di mistero e ombre,
in fin dei conti, rappresenta certamente la parte più
intrinseca
dell'uomo figlio dell'intelletto e del mistero. Un'immagine
così
oscura e che si nutre di sangue e buio, avrebbe potuto replicare al
meglio un principe maledetto come Vegeta. << Un vampiro,
certo,
>> precisò << come la sanguisuga
che sei e che vive a
mie spese tutto il tempo. >>
La
smorfia di Vegeta si fece ancora più profonda. Maledetta
vecchia
terrestre.
Fece
per aprir bocca per iniziare a spiegarle quanto era necessario che
lui non partecipasse alla festa perché ne andava della sua
salute
mentale e dell'incolumità di tutti, quando Bulma lo
interruppe,
fermandolo sul nascere e lui si ravvide di stringere tra le labbra un
insulto bello colorato.
<<
Ho capito perfettamente quello che vuoi, scimmione >>
La
vide sistemarsi velocemente le ultime cose in borsetta e chiamare
Trunks a gran voce.
<<
Quindi non venire, io e tuo figlio ci divertiremo da soli!
>>
Lei
e il mostriciattolo si avviarono alla porta d'ingresso e l'ultima
cosa che vide fu l'uscio di casa sbattere sonoramente e l'auto di sua
moglie decollare verso il cielo.
Una
pernacchia risentita gli sfuggì dalle labbra e si
andò ad
appoggiare alla porta finestra che dava sul giardino.
Non
gli piaceva restare a casa da solo. Non c'era nessuno da punzecchiare
o infastidire, mannaggia. Tamburellò le dita sul vetro, come
per far
fluire meglio in testa i pensieri, e fece scricchiolare la finestra
con piacere.
La
dannata festa per Halloween era al palazzo del Supremo e Bulma aveva
insistito tanto per andarci perché, come aveva detto,
sarebbe stata
un'occasione per una rimpatriata del gruppo e un'occasione per far
festa e mangiare a sazietà. Non che lui avesse nulla contro
il cibo
ma condividerlo con gli altri gli aveva sempre dava fastidio.
Anche condividere l'aria con gli altri gli aveva sempre dato
infastidio. Figurarsi con Kakaroth, quello spreco d'ossigeno.
Sospirò
nuovamente.
Che
brutta situazione dover scegliere tra la tentazione di una buona cena
e l'inconveniente di doverla dividere con Kakaroth. Maledetta vecchia
terrestre. Aggrottò gli occhi e tamburellò
più velocemente sul
vetro dal nervoso.
Sua
moglie doveva pagarla.
Anche
se non gliene fregava niente di Halloween, poteva stare al gioco. Sua
moglie voleva divertirsi a giocare a giochetto o scherzetto?
Bene,
le avrebbe fatto venire i capelli bianchi dallo spavento.
Lentamente,
come fili di mozzarella intrecciati tra loro, quelli che non si
staccano più dalla fetta di pizza e che, tira che ti ritira,
finiscono per crearti chilometri di formaggio in bocca, nel cervello
di Vegeta iniziarono a formarsi idee e pensieri sul suo maleficio da
compiere.
Alla
fine, sogghignò pensando al suo malefico piano.
Era
tutto perfetto e Bulma avrebbe preso un bello spavento.
Gli
serviva solo una vittima, il primo sfigato malcapitato che beccava
per strada e che era facilmente sacrificabile. Trunks non era nei
paraggi e questo era un problema, ma, forse, quella ragazza
laggiù...
Sorrise
ancora e il vetro si crepò definitivamente.
Nené
faceva la postina da cinque anni.
Un
lavoro semplice ma che la faceva sentire spensierata perché,
con la
sua motovolante, consegnava la posta per tutta la città e
passare di
quartiere in quartiere, le faceva vedere ogni giorno quanto la sua
città fosse diversa e brulicante di colori e di vita.
Come
quella via dove stava passando, piena di aceri vestiti con i colori
dell'autunno, che aprivano davanti a lei, con le loro foglie, un
tappeto color del fuoco.
Quella
via, poi, era la sede di una delle più grandi aziende, se
non la più
grande, di elettronica. Era una via molto remunerata. Si accinse a
prendere le missive da consegnare.
Pronta
con il pacchetto sottobraccio e un sorriso smagliante sotto il
cappellino dell'agenzia, fischiettò felice, iniziando a
mettere le
varie lettere nelle cassettine della posta e sparando tranquillanti
ai quei cani che, legati alle loro catene, si avvicinavano un po'
troppo per i suoi gusti ai suoi gustosi polpaccini.
Davanti
alla cassetta della posta targata Capsule Corporation, le
passò,
però, per la mente quello che una volta le aveva detto un
suo
collega, agli inizi della carriera. Che aveva detto di preciso?
Si
grattò sovrappensiero la testa.
Ah,
sì! Di consegnare lì la posta in fretta e di scappare
subito,
perché c'era un'ombra malvagia che tormentava i postini e
che
lanciava indietro la posta, colpendoli con le lettere a tutta
velocità, come fossero missili.
Aggrottò
le sopracciglia per riflettere. Che assurdità.
Tornò a
fischiettare, spensierata.
L'ombra
malvagia che tormentava i postini, però, sbucò
quatta, quatta, da
dietro un'aiuola e, avvicinandosi leggera come un gatto e sentendosi
deficiente come poche volte in vita sua per l'assurdità del
suo
nuovo soprannome, si parò dietro l'ignara Nené,
pronta per
afferrarla.
Tre
secondi dopo, il mondo di Nené si chiuse nel buio dell'ombra
malvagia e del suo ridicolo nuovo soprannome.
Quando
riaprì gli occhi, si trovò legata e stretta con
forza ad una sedia,
davanti al nero più nero della cantina della Villa Brief.
L'ombra
malvagia era svanita e al suo posto era comparso un uomo dai capelli
a fiamma, minaccioso e forte, alto quanto un metro e un succo di
frutta, con uno sguardo da killer in grado di penetrare anche il
cemento - per controllare la resa delle tubature dell'acqua, Vegeta
infatti faceva l'idraulico nel tempo libero - e un broncio scuro in
volto. La stava fissando come si fissa il microonde quando si ha
fame, perché faccia più in fretta a scaldare la
pizza. Uno sguardo
tetro, uno sguardo scuro.
Nené
si mise ad urlare. Un maniaco l'aveva rapita e chissà quali
azioni
malvagie voleva compiere su di lei!
Anche
se, non è che facesse proprio tanta paura il suo rapitore
alto
quanto una sedia...
Era
pure caruccio, a guardarlo bene. Le ricordava una delle teiere di sua
nonna. Piccolo e carino.
Nené
smise di urlare. Vegeta tirò un sospiro di sollievo e
poté
rilassare le orecchie, ma ghignò malvagiamente, facendo
inghiottire
un pesante grumo di saliva alla povera ragazza.
<<
Terrestre, se vuoi salvarti devi collaborare. Se farai tutto quello
che ti dico, ti lascerò viva dopo... Forse. >>
I
suoi occhi di fuliggine si abbellirono d'ironia al suo discorso
intimidatorio.
La
postina, invece, prese inspiegabilmente la palla al balzo.
<<
Anche uscire a cena con me? >>
Il
principe s'ammutolì di colpo.
<<
Cioè? Andare a mangiare una pizza? >>
<<
Sì, una pizza, solo noi due, solo io e te. Così
ci conosciamo e mi
puoi... rapire per bene... >>
Vegeta
sentì un brivido corrergli lungo la schiena all'occhiolino
malizioso
della ragazza. In che senso rapire per bene? Doveva
preoccuparsi? Improvvisamente si sentì lui quello legato e
stretto
con forza alla sedia.
Ma
lasciò perdere in fretta quella strana sensazione di essere
desiderio sessuale della mente perversa di qualcuno e
continuò,
deciso.
<<
Se mi ubbidirai, ti lascerò viva, per ora ti prometto solo
questo >>
Raccolse
le braccia al petto e sghignazzò facendo sentire la povera
Nené
leggermente a disagio. Era giunto il momento di divertirsi.
La
festa al Palazzo del Supremo era risultata un'idea stratosferica, sia
perché il Palazzo con le poche luci soffuse creava un mondo
inquietante da esplorare, sia perché la musica sparata a
bomba nelle
casse faceva scuotere di divertimento anche le vecchie fondamenta del
tempio. Bastava vedere la faccia contenta di Junior che, vestito da
Shrek, sprizzava gioia dalle orecchie, per
constatare la buona
riuscita dell'idea.
Stava
per strapparsi un braccio per tentare di morire dissanguato
dall'eccitazione. Il povero Shrek non era molto contento che gli
avessero invaso la palude, probabilmente.
Ma,
in fondo, era in buona compagnia: c'era pure il suo pupillo Gohan,
che vestito da asino, in quella stramaledetta divisa da Great
Saiyaman, cercava di flirtare o quantomeno non morire d'infarto
davanti alla bellissima Videl, vestita rosso fuoco e fiammeggiante
come un demonietto. Povero Junior, se quel ragazzo non gli causava
sempre una preoccupazione...
Il
povero sfigato di pupillo, però, non era l'unica reale
preoccupazione del padrone di casa: dopo aver abbandonato il povero
Supremo Dende a sciacquarsi lo stomaco dall'alcool sulle scale - uno
schifo terribile, che neanche l'acqua miracolosa avrebbe fatto
effetto - aveva scovato Krillin, vestito da uomo di pan di zenzero, e
Yamcha, un tristissimo lupo mannaro a cui anche un clochard avrebbe
dato cinque euro per pietà, fumarsi delle canne dietro le
aiuole di
fiori di Mister Popo. Dopo averli pestati a sangue e avergli fatto
ripulire il sangue con la lingua, aveva dovuto fare una lavanda
gastrica ai mocciosi mezzisaiyan che avevano mangiato tutte le
caramelle e convincere C18 a non pestare il Maestro Roshi per averle
nuovamente toccato il sedere, perché, per carità
divina, si stava
leggermente alterando.
Junior,
perciò, non si riteneva affatto soddisfatto della festa,
anzi, era
un pochino frustrato, giusto quel poco da strapparsi le orecchie e
urlare così tanto da diventare Super Saiyan.
Ma
anche gli altri non erano da meno in quanto a disperazione: Chichi
stava battendo tutti alla Just Dance sulle note di Thriller
e
This Is Hallowen. Bruciava la pista con fervore,
mettendo
petardi nelle scarpe degli avversari per assicurarsi la vittoria.
Sfogando la sua frustrazione nella danza, stile macchina da guerra,
aveva battuto tutti, e le mancava solo il campione in carica, Vegeta,
ma che non essendo presente in quel momento, la obbligava a tenersi
un secondo scomodo posto. Una postazione che accettava, invero, con
grande aplomb: non a caso, adesso, non metteva solo petardi nelle
scarpe, ma anche bombe a mano.
Mentre
tutti ballavano, a mixare la musica ci pensavano le due pesti in
fiore, i piccoli Trunks e Goten, che interpretavano un piccolo
Frankenstein e uno scheletrino, e che avevano mal
compreso le
funzioni e la delicatezza della console da dj, riempiendola di
patatine e altre caramelle che erano riusciti a salvare dalla mano
inquisitoria di Junior.
Le
idee per divertirsi quella sera erano state molte: Mr. Popo aveva
organizzato una caccia al tesoro fantastica ed era riuscito a
nascondere i dolciumi in ogni posto più improbabile; nel
sottotetto,
nella Stanza dello Spirito e del Tempo, nelle sue mutande e pure
nelle mattonelle del pavimento.
Goku,
che aveva perso l'abitudine di sradicare tavoli per dimostrare che
sapeva togliere la tovaglia lasciando tutto sopra, adesso si
divertiva tranquillo a tenere le distanze da sua moglie, mangiando al
buffet tutto ciò che riusciva a razzolare e a ridere di
gusto alle
battute sconce che Laura sussurrava all'orecchio di un
imbarazzantissimo Tensinhan.
Insomma,
una festa piacevole e divertente, a parte per Junior, ovviamente.
Fin
troppo piacevole e divertente.
Improvvisamente,
però, la musica subì un brusco calo e tutte le
luci si spensero per
un sovraccarico di corrente.
<<
Che succede? >> sussurrò Bulma,
ma
sarebbe stato meglio non avesse aperto bocca.
Un
risata malefica si levò d'un colpo nell'aria, scaturendo
dall'abisso, e tutti trattennero il respiro e tesero le orecchie con
attenzione.
Si
sentì un tonfo e un cadavere di ragazza, rosso come il
sangue,
stramazzò al suolo: Gohan e Videl corsero a vedere, ma si
poterono
imbrattare le mani solo di sangue, mentre questo fluiva tra le fughe
del pavimento del piazzale.
<<
Oh, mio Dio, ma che è successo? >>
Una
luce di sole, potente e folgorante, abbagliò repentinamente
tutti,
aprendo fili di ombre terrificanti sulle mura spente del tempio.
Quello
che poterono vedere fu l'improvvisa comparsa di Vegeta ma si resero
conto che c'era qualcosa che non andava. La sua aura era troppo
potente, la sua furia scatenata.
Il
nero che circonda le ombre gli solcava infatti, gli occhi,
cerchiandoli con orrore, e una M di Majin
sanguinava
dalla fronte, marchiata come piombo fuso.
Si
aprì in un sorriso sadico, iniziando a ridere dapprima
lentamente,
poi via via sempre più sguaiatamente e fece gelare il sangue
nelle
vene a tutti.
C'era
qualcosa che non andava.
Goku
si mosse con allarme << Che succede, Vegeta?!
>>
Ma
Vegeta non rispondeva, perso nei fili della pazzia: mosse
convulsamente il capo, come impazzito, e si passò una mano
sul
volto, tingendolo di rosso sangue.
Questo
fu troppo.
Chichi
scoppiò in un urlo, presa dallo spavento, e svenne tra le
braccia di
C18 e tutti iniziarono a scappare all'istante, a gambe levate e con
il cuore in gola.
Nella
confusione della calca, Goku cercò di mantenere la calma,
richiamando tutti all'ordine ma quando vide Vegeta salutarlo con in
mano una siringa, strillò di terrore e iniziò a
correre, in seguito
a ruota da Vegeta che, sadico, si beava del gusto della sua vendetta.
Bulma
strillava, urlava, e, nascosta sotto i tavoli, lanciava anatemi di
ogni tipo verso la cattiveria del marito, maledicendo lei e la sua
cocciutaggine di aver insistito perché la seguisse alla
festa.
La
festa finì in un disastro: Krillin e Yamcha si buttarono
direttamente giù dal piazzale, preferendo morire spappolati
che
prenderle ancora; Gohan cercò di correre dietro a Vegeta che
correva
dietro a Goku per cercare di calmarlo; Videl cercò di
correre dietro
a Gohan, che correva dietro a Vegeta, che correva dietro a Goku, per
tentare di farli ragionare; Muten, Oolong, e la povera Tartaruga
trovarono rifugio da Balzar; mentre C18 e la piccola Marron, Tensing
e Laura e Junior con i mocciosi, preferirono andare a sedersi sul
tetto del Santuario per sfuggire alla furia dei Saiyan in corsa.
Nella
confusione generale, si risvegliò improvvisamente anche
Nené, che
era rimasta svenuta per tutto questo tempo sulle fredde mattonelle
del piazzale. Un terribile cerchio alla testa l'aveva circondata e si
ritrovò ricoperta di ketchup.
<<
Che diamine succede? >>
La
baraonda che la circondava le fece capire che era in corso una rissa
o qualcosa del genere, causata dallo strano nanetto biondo, che
inseguiva un punk dai
capelli in disordine. Quest'ultimo,
poi, urlava come un disperato per avere salva la vita.
Si
nascose in fretta poco lontano, sotto uno dei tavoli abbandonati a se
stessi, sgraffignando
qualche pop corn e due birrette, e si godé lo spettacolo,
tra urla,
lampi di luce e tavoli lanciati per tutta la piazza. Pensò
che, in
fin dei conti, ne valeva la pena stare lì sotto
accucciata;
almeno, finché il nano da giardino le avrebbe offerto la
pizza,
avrebbe aspettato anche tutta la notte!
Angolo
dell’autrice
Grazie
a tutti per aver letto fino a qui, spero che la storia sia stata di
vostro gradimento – ho dovuto scriverla un poco in fretta,
magari
non faceva così ridere.
Un
ringraziamento speciale alla Nene, la mia ciiicia, a cui avevo
promesso un incontro romantico con Vegeta. Spero che così
vada bene!
Un
ringraziamento speciale va a: Nuvolenere_dna, summer_moon, SSJD,
felinala e mymanga per avermi sempre e costantemente supportato.
Grazie
a Gost Raidar, kpira, margheritina 93, scrivereok e Haruko per aver
messo la raccolta nei preferiti;
grazie
a Joxinlove
per
aver messo la raccolta nelle ricordate;
e
infine, grazie a Cersei_Quinn,
Eri_Son,
kpira,
Luu,
margheritina_93,
maymell,
parlu10, shadowkiss16, sonamy_forever, summer_moon, yanarienn e
a Daenerys
Targaryen93, per
averla messa nelle seguite!
Grazie
ancora per essere arrivati fino a qui e per l’eventuale
recensione!
Alla
prossima,
Zappa
|
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Capitolo 14 *** Cupido ***
Buongiorno
o buonasera a seconda di quando entrate!
Non
badate al fatto che questa fanfiction doveva essere pubblicata a San
Valentino ma la pubblico solo oggi...
ma
HEY!, che noia seguire le convenzioni, facciamo che pubblico in
ritardo e quando voglio io, eh?
Non
c’entra assolutamente nulla il fatto che io sia pigra, sia
chiaro.
Però,
potrebbe anche essere in onore dell’8 marzo, la festa della
Donna,
no?
Va
be’, mettetela dove vi pare.
Questa
fanfiction, in ogni caso, è un po’ un esperimento:
spero il tutto
sia di vostro gradimento, se avete voglia e tempo, ditemi che ne
pensate, se non morite prima per
la sua
inevitabile lunghezza
Alla
prossima e grazie a tutti!
Zappa
Nel
silenzio della stanza un rumore improvviso ruppe la preziosa quiete
che si era accumulata fino a quell’istante. Un’onda
di gente
entrò in studio, preparò di corsa le telecamere,
lucidò i tavoli,
sistemò le sedie, controllò i cavi e gli impianti
d’illuminazione;
i tecnici dell’impianto visivo e delle luci riassettarono i
faretti
e gli audio vennero provati ed attivati per la diretta.
I
truccatori furono veloci e fecero del loro meglio per sistemare i
visi già perfetti dei presentatori – uno ci rimise
quasi una mano
perché uno dei due presentatori gliela volle staccare a
morsi in un
impeto di fastidio – e in meno di un quarto d’ora
furono in onda
sul nuovo canale CapsuleAndCo.
Partì
la sigla, una sigla che il presentatore antipatico avrebbe definito
schifosa come i piedi puzzolenti di Nappa, ma noi ce
ne
freghiamo della sua opinione e continuiamo con la diretta, e si
aprì
lo studio tra spari di coriandoli e ballerini improvvisati che
scivolarono sulle note della sigla d’apertura, permettendo a
due
figure di fare ingresso in scena.
I
due conduttori si accomodarono alla postazione, stampandosi in faccia
un sorriso perfetto da telecamera e in tre, due, uno,
furono
in onda.
<<
Buonasera e benvenuti a tutti i telespettatori di CapsuleAndCo!
>> accolse calorosamente tutti la conduttrice dai capelli
blu
come l’oceano, l’unica, inimitabile,
insostituibile, fantastica,
brillante, geniale, bellissima, divina, magnifica, stupenda,
meravigliosa, spettacolare, be’, abbiamo capito di chi stiamo
parlando, Bulma Brief.
<<
Questa sera abbiamo il piacere di presentarvi il programma
d’amore
dedicato a San Valentino, la rubrica, Cuore Divino,
in cui vi
daremo dei meravigliosi consigli per preparare e per prepararvi al
meglio per il vostro lui o per la vostra lei! >>
Sedeva
accanto a lei l’altro conduttore, dai capelli neri come la
notte,
anche lui molto... be’…
insomma… molto… va
be’, la accompagnava Vegeta, seduto accanto a lei
con la sua
solita cera molto fotogenica per la televisione.
<<
Io e il mio dolce maritino >>
continuò la conduttrice,
mentre il dolce maritino ringhiava verso il regista
che lo
implorava di sforzarsi almeno un po’ di sorridere per non
terrorizzare il pubblico, << vi daremo alcune dritte per
vivere
al meglio questo giorno speciale, perché si sa,
l’amore è un dono
prezioso della vita, vero tesoro? >>
Il
tesoro, che invece pensava come e quando cavare gli occhi al regista
e mangiarseli come marshmallow, si voltò colto alla
sprovvista verso
la compagna che si era infilata tra le sue braccia, prendendolo a
braccetto per coinvolgerlo nella conversazione.
<<
Ceeerto, >> le rispose con quel velo
di convinzione di
chi è sicuro che buttarsi giù dal ponte per fare
bungee jumping sia
una buona idea. Si schiarì velocemente la voce:
<< in fondo
San Valentino è il giorno delle rose, dell’amore e
delle poesie...
>> annuì convinto alla telecamera
<< e io, guarda caso,
ne ho una giusta giusta per l’occasione, giusto per entrare
nel
mood >>
Si
mise subito a rovistare nella giacca elegante che aveva dovuto
indossare, tirando fuori un biglietto accartocciato. Lo aprì
e lo
iniziò a leggere.
<<
Le rose sono rosse... >>
<<
Aww, caro… >>
sospirò Bulma, accanto a lui,
stringendosi al suo braccio e vide come anche le signore del pubblico
avevano iniziato ad apprezzare questo breve, ma sicuramente intenso,
scorcio poetico.
<<
Le viole sono rosse… tutto è rosso,
c’è sangue dovunque e c’è
un cadavere – >>
<<
Okay, basta così, grazie caro >>
La
conduttrice gli tappò velocemente la bocca e si
allontanò subito da
lui, riprendendo la sua postazione davanti la camera. Vegeta, invece,
la guardò offeso ma Bulma decise di non farci caso.
<<
Iniziamo, ordunque, con i primi consigli per San Valentino, ossia,
dalle basi, il come approcciarci
all’altro: prima di
poter parlare di come organizzare questo bellissimo giorno, bisogna
infatti adescare la donna o l’uomo giusto; alcune dritte per
lui e
per lei per conquistare lei o lui, a seconda della vostra
identità
sessuale >>
Vegeta
concordò con la compagna: << Quando vi
avvicinate ad una
donna, dovete essere convincenti, dovete colpirla con la vostra
mascolinità o femminilità, che dir si voglia:
insomma, dovete
conquistarlo il vostro partner, sennò la cena ve la pappate
da soli
>>
<<
Esattamente: quando capite che ci può essere una fiamma tra
di voi,
con un bel sorriso vi dovete avvicinare, guardarla negli occhi
e…
>>
<<
Regalarle, per esempio, un teschio di dinosauro. Le donne lo
adorano. Io lo adoro, per esempio >>
<<
No, meglio un mazzo di fiori, Vegeta... >>
<<
Perché? Da quando mondo è mondo, i veri guerrieri
portano il cuore
o la coda della selvaggina catturata durante la caccia alla moglie o
marito, in segno di rispetto verso il loro compagno o compagna: il
frutto della guerra e del sangue che imbratta le nostre labbra si
stamperà sulle loro, dicevano i saggi Saiyan
>>
<<
Non credo che sulla terra funzioni proprio così,
però… >>
<<
Ah, no? In ogni caso, se ancora non si è arrivati alla fase
dei doni
e della conoscenza reciproca, e si è all’inizio,
si può sempre
flirtare con quella persona… >>
<<
E come si fa? >> gli chiese Bulma.
Vegeta
la guardò, saccente: <<
Semplicissimo… la guardi negli occhi
e le sussurri: Hey, hai mica una cartina geografica?i
>>
L’altra
lo fissò negli occhi, corrugando le sopracciglia in attesa
della
battuta del secolo.
<<
Perché mi sono perso nei tuoi occhi… >>
<<
Sì, be’, questa è carin -
>>
<<
Altrimenti un: Hey, dolcezza, sei Google? Perché
hai esattamente
tutto quello che stavo cercando… >>
<<
Va bene, mi pare che tu ci stia prendendo abbastanza gust -
>>
<<
Oppure: Hey, puzzi come un sacco di spazzatura. Posso
portarti
fuori, stasera?ii
>>
<<
Va bene, ora basta... >> Si rimediò
un’occhiata storta dal
marito ma questa continuò, << Ora che abbiamo
visto come
approcciarsi al proprio Valentino o la propria Valentina, vorrei
leggervi, per entrare nel vivo della puntata, una lettera che ci
avete mandato, per capire come fronteggiare i problemi
d’amore e
darvi qualche dritta su come– >>
Ma
Vegeta, che si era svegliato dal suo improvviso stato comatoso che
l’aveva colto per via dell’ondata di noia del
chiacchiericcio di
Bulma, vedendo sul tavolo del materiale interessante da commentare,
le rubò subito la parola, sottraendola alla compagnia.
<<
Oh,
finalmente ci si
diverte un po’: avevamo
molte più lettere delle tre
che vi stiamo
per
presentare,
ma poiché
sono un sadico di
merda,
ho giust’appunto
scelto le peggiori e
scartato le altre, noiose e
poco interessanti.
Ora
le
commenteremo
sarcasticamente assieme a mia moglie, ridendo
di gusto
>>
Ghignò
malvagiamente, iniziando a stropicciare il bordo della prima busta
per aprirla e
carpirne il
contenuto ma
Bulma lo
rimproverò.
<<
In realtà, dobbiamo rispondere in modo gentile e cerca di
aiutare
queste persone, Vegeta >>
<<
Hey, hai voluto che partecipassi al tuo programma, mi hai fatto
vestire da persona civile, mi hai ficcato dietro questo tavolino
talmente basso che non posso neanche accavallare le gambe? Lasciami
almeno partecipare al programma! >>
<<
Ma la trasmissione Cuore Divino è per
dare consigli, non
insultare la gente! >>
<<
Non è la stessa cosa? >>
<<
Vegeta! >> alzò subito gli occhi al cielo la
donna, ma il
principe la bloccò in tempo.
<<
D’accordo, d’accordo, commenteremo in maniera sarcasticamente
gentile ma prenderemo comunque per il culo queste persone, va bene?
>>
Sbuffò,
mentre Vegeta aprì la prima busta, inforcando i suoi
occhialini per
vedere da vicino e iniziò a leggere.
“Cari
Bulma e Vegeta,”
<<
Che
noia, questi già sanno come ci chiamiamo–
>>
<<
Leggi e non rompere >>
“sono
una dolce ragazza di campagna, ormai donna, che ha due creature
meravigliose come figli a cui badare da tanto tempo. Uno grande e
dolce e uno piccolo e dolce: due biscotti dolci che ho allevato con
cura e amore a discapito della mancanza di un padre disgraziato e
irresponsabile a cui piaceva viaggiare in lungo e in largo invece di
rimanere qui ed obbedire ai miei ordini”
“Questo
marito disgraziato è la mia pena e il mio odio. Se lo
beccassi, il
minimo sindacale che gli farei sarebbe la ceretta al
naso…”
“Vorrei
pertanto chiedere a Vegeta se mi potesse insegnarmi a strappare gli
arti e a stritolare il cuore di quel gran bastardo. So che ha avuto
il suo bel daffare in passato e magari ha ancora qualche consiglio da
elargire a tal proposito.”
<<
Be’, a me non starebbe male aiutare l’arpia-
cioè, la bisbetica
di Kaaroth, cioè, no… come si chiama?
>>
<<
Chichi... >>
<<
Ah, sì, giusto… dicevo, a me andrebbe anche bene
aiutare la
bisbetica di Kaaroth, però questo andrebbe contro i miei
principi >>
<<
Perché, avresti una deontologia professionale?
>> lo canzonò
l’altra.
<<
No, questione di immagine: Kaaroth e la sua morte sono affare mio,
sono nella lista di cose da fare, subito dopo aver conquistato la
Città dell’Ovest e dintorni* >>
Tornò
a leggere.
“Ti
prego, Vegeta, insegnami come si fare a rompere il cuore di quel
dannato fannullone e ti ricompenserò con riserve di sushi a
non
finire e giuro sul mio futuro marito morto che non mi
lamenterò mai
più della delinquenza latente dei Super Saiyan. Firmato, una
dolce
ragazza di campagna, ormai donna. Un dolce San Valentino a tutti,
tranne a mio marito.”
<<
Bene… mi piace lo spiccato amore che fuoriesce da questo
pezzo: ama
proprio la violenza questa donna. Nella mia scala di considerazione
degli umani è passata da 0 a 0,5… >>
<<
Io credo che qui, però, si debba fare un discorso
più ampio,
rivolto a tutte le telespettatrici che ci seguono da casa…
la
violenza non va mai bene. Non dovete rompere il cuore del
vostro amore, ne ha solo uno... >>
<<
Esatto, piuttosto rompetegli le ossa, ne hanno –
>>
<<
206 >>
<<
206! È
un buon affare! Un
buon corso di karate o arti marziali, per rompere le ossa ai bastardi
che vi fanno del male è esattamente quello che vi ci vuole.
Lo
faccio anche io, mi offro volentieri!>>
Il
pubblico e la presentatrice si commossero davanti a tanta dolcezza
improvvisamente offerta dal conduttore.
<<
Oh, Vegeta… >> sospirò con grazia
la moglie, sorridendogli
amorevolmente.
<<
Però con un pagamento in cibo >> ci tenne a
precisare <<
la ragazza qui accanto a me non è molto brava a cucinare la
carne…
lei è brava ad offrirmi altra carne, if you know
what I mean…
>>
Il
vivace occhiolino che affibbiò alla telecamera gli
costò una
gomitata in pancia ma se la rise di gusto ugualmente.
<<
La seconda schifezza che vi proponiamo- >>
<<
Vegeta, modera i termini… >>
<<
Ah, giusto. La seconda enorme schifezza che vi
proponiamo
parrebbe davvero una lettera d’amore. Vediamo un
po’ che dice…
>>
“Dolcissimo
amore mio, cavaliere romantico dei miei sogni e amante che tutte le
fan desiderano… meraviglioso principe Vegeta”
Questo
sospirò deliziato, sotto lo sguardo di rimprovero della
moglie. <<
Finalmente qualcuno che riconosce il mio titolo regale...
>>
“Noi
ci siamo già incontrati, ma sebbene il tuo animo e il tuo
cuore
siano su altri lidi, non c’è notte in cui non
sogni il tuo
bellissimo volto e le tue succose labbra sulle
mie…”
Vegeta
alzò un sopracciglio.
“Sei
la luce dei miei occhi e il mio rifugio quando il mondo è
contrario
alle mie prospettive. Rimembro ancora quando, quella serata di
Halloween, tu mi catturasti tra le tue forti braccia e mi legassi,
come schiava legata alle tue catene, al trono del nostro
amore…”
Vegeta
spalancò gli occhi e iniziò a sudare freddo ma
Bulma se ne accorse,
corrugando le sopracciglia. Deglutì e continuò a
leggere.
“Quando
mi sorridesti, con un sorriso da dio greco, il dio del sesso e
dell’amore, promettendomi grandi tesori e grandi ricchezze se
avessi acconsentito al tuo piano per farti risorgere dalle tenebre
della sventura e dell’umiliazione, acconsentii subito,
sperando ben
presto in un succoso e meritato premio”
A
Vegeta sfuggì una risatina di nervoso e Bulma
digrignò i denti.
“Orsù,
quindi, mia grandissima e possente Maestà: accingetevi
ordunque a
darmi alla mia grossa e succulenta ricompensa che accetterò
a bocca
aperta…”
L’enorme
facepalm del principe non poté coprire l’urlo di
orrore che gli
giunse dalla moglie.
“Allora,
quando mi inviti a mangiare la pizza?
Firmato
Nene, la postina iii”
Solamente
dopo aver contato fino a cinque Vegeta osò portagli gli
occhi sulla
moglie che, inviperita, sputava fiamme.
<<
Chi è? >>
<<
Nessuno >> corse ai ripari Vegeta, ma dallo sguardo di
ghiaccio
della moglie che gli scavò l’anima, si ravvide a
sputare la
verità, e anche in fretta: << È
solo la ragazza che mi ha
aiutato a fare lo scherzo di Halloween e, probabilmente, si
è presa
una sbandata per me… >>
<<
E perché mai dovrebbe essersi presa una sbandata per te?
>> lo
incalzò invece Bulma, << hai forse accettato
le sue avance?
Le hai messo le tue manacce addosso? >>
Gli
si avvicinò da piantargli gli occhi dritti in faccia, con il
naso ad
un soffio dal suo, facendolo retrocedere sulla sedia.
<<
M-ma di che diamine stai parlando? Non ti ricordi che è
successo?
Questa ipotetica donna era un cadavere quando mi sono presentato dal
Supremo! >>
Ma
Bulma continuava a squadrarlo, scavando nel nero dei suoi occhi e
pretendendo la verità, capace anche di aprirgli il cervello
e
cavargliela fuori con il bisturi.
Si
calmò dopo circa una decina di minuti, minuti in cui Vegeta
era
rimasto immobile a specchiarsi negli iceberg dei suoi occhi blu,
minuti in cui il regista urlava nell’interfono dei due di
smetterla
di fare le belle statuine a meno che non volessero mandare alle
ortiche la serata, e minuti in cui il pubblico aveva assistito alla
scena in religioso silenzio, simpatizzando con il povero presentatore
destinato probabilmente ad una morte lenta e dolorosa.
<<
Fidati… >> sussurrò docilmente
Vegeta, alla fine, <<
Non è venuta a letto con me… non ti tradirei
mai… era un
cadavere, poi... >>
Dopo
infiniti istanti che parvero secoli, Bulma si rimise al suo posto e
sospirò, riprendendo una tonalità di colore umana
e non più simile
a quella di un vulcano in eruzione.
<<
Giusto, hai ragione… >> mormorò,
facendo trarre un sospiro
al povero pubblico, mentre Vegeta si rovesciava a terra con la sedia,
rimasta in bilico fino a quel momento. Si riassettò un
attimo,
quando si ricordò di un dettaglio.
<<
Un momento... COME ERA UN CADAVERE? >>
Questa
volta fu Vegeta ad urlare di orrore.
Qualche
istante
di pubblicità, la
trasmissione riprenderà il prima possibile quando la
presentatrice
avrà finito di picchiare il marito. Ci scusiamo per il
disagio.
*c
– bbzzz*
Quando
i miei bambini non hanno voglia di studiare, io all’ora della
merenda gli do Gran Ciok! E la loro voglia di studiare ritorna
subito! Scegli Gran Ciok per una merenda sana e semplice ma anche
divertente!
Quando
i miei bambini non hanno voglia di studiare, io all’ora della
merenda gli do due Slavadenti! SBAM, BAM!
E
la loro voglia di fare i compiti ritorna improvvisamente: Slavadenti
è in confezioni singole, perché se dati bene, ne
bastano
pochissimi!
Slavadenti
è un prodotto MO’ LE PRENDIH
Attenzione:
leggere bene le avvertenze, perché se dati spesso o troppo
forte,
possono rincoglionire leggermente.iv
*c
– bbzzz*
La
telecamera mostrò nuovamente lo studio televisivo e si
udirono gli
scroscianti applausi del pubblico in diretta.
La
conduttrice, questa volta, sorrise al conduttore, stringendosi al suo
fianco e poggiandogli amorevolmente la testa sulla spalla.
<<
Allora, caro, ti sta piacendo San Valentino? La giornata
dell’amore,
degli amanti – >> iniziò
amorevolmente, recuperata la sanità
dal raptus omicida di qualche minuto prima.
Vegeta
la interruppe subito, alzandole con una mano il mento e guardandola
dritta negli occhi, un po’ perché doveva
nuovamente abituarsi a
fare contatto visivo dopo aver ricevuto il microfono dritto in fronte
e un po’ perché doveva dirle una cosa davvero
importante. Il cuore
di Bulma iniziò a battere all’impazzata, e veniva
colta dal mare
in tempesta che erano diventati i suoi grandi occhi scuri.
<<
Bulma… >> parlò carezzevole,
parlando nei suoi due occhi blu
con attenzione. Bene, ora non ne vedeva più sei come prima
ma solo
due, le traveggole stavano iniziando a passare. Sospirò
ancora:
dannazione, neanche a San Valentino riusciva a dirle qualcosa di
dolce? Chiuse gli occhi e ci riprovò. Bulma
brillò di gioia quando
rivide la decisione nei suoi due specchi neri e decisi.
<<
Io… sono stato completamente da solo per la maggior parte
della mia
vita >>
Disse
con slancio amoroso, facendo ancora luccicare gli occhi alla
scienziata. << Oh, tesoro, io –
>> replicò lei, ma
Vegeta si era voltato, con lo sguardo distante, come se contemplasse
l’infinito e pesasse le parole giuste da dirle. Bulma pendeva
dalle
sue labbra nell’attesa di sentire l’amore librare
fiero
nell’aria.
<<
Ci stavo così bene da solo... >>
<<
COOOOOS – >>
La
trasmissione riprenderà nuovamente tra poco, anche se non ci
sarà
pubblicità perché l’autrice non sa
più che inventarsi.
Quindi
perché non raccontarcela su?
Come
state?
Tutto
bene?
Io
francamente comincio a dubitare della mia sanità mentale, ma
torniamo in diretta...
Lo
scroscio di applausi ritornò alla trasmissione e fu
nuovamente
inquadrato il volto candido e dolce della conduttrice.
<<
Bentornati e grazie per essere ancora in nostra compagnia!
>>
Alla
fine degli applausi, Bulma precisò: << Scusate
per la nuova
interruzione così scialba, ma ero occupata a rincorrere mio
marito
per mezza Capsule Corporation nel tentativo di strappargli una
costola e di usarla come boomerang, capitemi, ero un un attimino
occupata >>
<<
Ma ora, prima di aggiornarvi sulle nuove tendenze per il trucco
primavera-estate e continuare così la nostra bellissima
cavalcata
per avere un San Valentino da favola, un breve sguardo alle
previsioni del tempo con la nostra esperta di meteorologia, la
signorina Son! >>
La
signorina Son che apparve qualche istante dopo a fianco della cartina
geografica della regione si presentò sullo schermo con delle
labbra
tinte di rosso, un tacco dodici da vertigini e un profondo spacco nel
vestito rosso fuoco che portava con spettacolare eleganza.
Sbatté i
suoi occhioni neri arricciando le labbra in un intenso bacio, facendo
svenire due tecnici televisivi sul colpo. La signorina Son,
però,
altro non era che Son Goku travestito come meglio si poteva per
nascondere i fin troppo evidenti pettorali e bicipiti da muratore,
particolare che sfuggì all’altro conduttore che ne
fu
immediatamente stregato.
Vegeta,
infatti, sbarrò gli occhi, cercando di nascondere il
tremendo
tremore che l’aveva preso dopo aver messo addosso gli occhi a
quella favola di meteorologa dal nome sconosciuto. Questa sorrise,
graziosa, sbattendo le ciglia incrostate di quintali di rimmel denso
come petrolio che manco l’autostrada, e parlò,
facendo ringraziare
il cielo a tutti gli amanti della pesca che avevano il week-end
prenotato in barca perché, a quanto pareva, per tutto il
tempo ci
sarebbe stato lo stesso tempo.
<<
Domani e nel weekend su tutta la regione ci saranno ventiquattro ore
di tempo v
>> strizzò l’occhiolino la
meteorologa e ripassò la linea
allo studio. << Linea a voi >>
L’enorme
bacio che concluse il suo intervento fluttuò oltre la
telecamera e
andò a schiantarsi contro la faccia di Vegeta che non aveva
staccato
gli occhi dalla trasmissione per tutto il tempo, rapito
dall’inconsapevole identità della bella donna
presentatasi come la
meteorologa; si ribaltò sulla sedia e finì con la
testa conficcata
nel muro della scenografia, in un attacco improvviso di epilessia.
Bulma
sbirciò oltre il bancone e vide il marito che moriva
stramazzato al
suolo e si chiese ancora una volta come aveva potuto sposarlo tanti
anni fa, sul quell’altare di maggio, sotto l’ombra
dei fiori di
ciliegio. Probabilmente il profumo nell’aria di allora non
era
propriamente fiori ma chissà quali erbe allucinogene
nascoste nel
bouquet che le avevano annebbiato temporaneamente il cervello.
Gemette
e ritornò a fronteggiare la telecamera con un sorriso
forzato mentre
il marito continuava a morire di sottofondo, con la bava alla bocca.
Bulma
stritolò un sorriso tra i denti cercando di apparire il
più a posto
possibile.
<<
Ora è il momento di passare a dei consigli di bellezza.
Sappiamo
tutte che dovremmo essere perfette per quel giorno e ognuna di noi
è
maestra di bellezza e sa truccare il proprio viso come un capolav
– >>
Un
sibilo improvviso di dolore fuoriuscì da sotto il tavolo e
attirò
l’attenzione di Bulma.
<<
Ahi… oh, Kami, che dolore… >>
Vide
il marito estrarre faticosamente la testa dalla sceneggiatura e
cercare di afferrare tavolo e sedia per sistemarsi.
<<
Ok… >> borbottò questo,
<< mi fa male la testa da
quattro – THUD, un
colpo alla sceneggiatura –
cinque – THUD, un
colpo allo spigolo del tavolo –
cinque – THUD!
– sei – THUD!
–
SETTE POSTI! AAAARGH! >>
L’altra
non ci fece caso: << Bene, dicevo… in giro
– >>
Vegeta
riuscì a finalmente a unirsi alla conduzione, sistemandosi
al meglio
sulla sedia, anche se con un bernoccolo al posto del cervello e con
l’impressione di non riuscire a mettere bene a fuoco la
stanza. Non
vede neanche l’occhiata preoccupata della moglie.
<<
B–bene... in giro per internet trovate tanti consigli di
bellezza
dalle meravigliose beauty guru ma noi non siamo qui per dirvi come
truccarvi al meglio, bensì come – >>
<<
Ah, no? >>
<<
No, Vegeta… >>
<<
Peccato, >> fissò rammaricato i fogli davanti
a sé <<
mi sarebbe piaciuto dare qualche consiglio per un trucco
meraviglioso... per esempio, per rendere il viso più
espressivo e
più colorato, perché venga esaltata la vera
natura della donna,
avrei consigliato del sangue di drago da spalmare sul viso
perché
coli vistosamente anche su collo e spalle, per DARE ONORE ALLA
BATTAGLIA E ALLA GUERRA – >>
<<
BENE! Continuiamo con i consigli VERI per le nostre
telespettatrici... >> lo fulminò con lo
sguardo Bulma,
marcando bene la prima parola e contando sul fatto che non aprisse
quella caverna che si trovava al posto della bocca per almeno cinque
minuti. Lui sbuffò e incrociò le braccia,
mettendo il broncio.
<<
Dicevamo, prima che qualcuno qui dentro mi
interrompesse,
tutte sapete come truccarvi ma quello che non sapete è come
struccarvi >> il ditino puntato di
Bulma si parò
davanti la telecamera << Il problema vero
di ogni donna,
una difficoltà che tutte condividiamo, è che,
alla fine del giorno,
ogni singolo giorno della nostra vita, nonostante abbiamo applicato
un make-up degno della Principessa di Svezia, questo verrà
giù,
trasformandoci in – >>
<<
… mostri
>>
<<
Grazie, Vegeta, gentilissimo– >>
<<
Dico sul serio… >> disse, invece, serio,
fissando dritto la
telecamera e interrompendo un’altra volta la scienziata che
ora
voleva mangiarsi il copione dal nervoso.
<<
Io ho visto cose che voi umani non potete neanche
immaginare… >>
sussurrò, come per andare a simpatizzare emotivamente con
ogni uomo
la cui donna la sera si trasformava nella Regina Antonietta di
Francia di ritorno dalla morte.
<<
Ecco a voi, quindi, i momenti in cui il make-up vi scende dalla
faccia e vi trasforma in – >>
<<
… mostri >>
<<
… perché voi non vi troviate impreparate davanti
al vostro uomo,
evitate di: numero uno, sbattere contro le
porte;
sopracciglia rifatte e denti vi partono subito e vi rimangono
incastrati tra la maniglia e il vetro, e non è un bello
spettacolo,
trasformandovi inevitabilmente in – >>
<<
… mostri >>
<<
Vegeta ‘sta zitto uno stracazzo di attimo,
perfavore– numero
due, parlare troppo al telefono; quando
parlate troppo al
telefono, lo schermo del vostro smartphone diventa un quadro di
Picasso, vendibile all’asta per qualche migliaio di dollari
ma
tutto il vostro incredibile make-up finisce rovinato. Fate
attenzione, anche per risparmiare sulle bollette…
>>
<<
Numero tre, indossare una maglietta bianca; >>
continuò Vegeta << esatto
perché, poi, quando io
indosso una maglietta bianca, mia moglie viene a smuccicarsi il naso
sui miei pettorali e la mia maglietta assume le caratteristiche della
sua facci– >>
<<
Caro, dovresti dare consigli, non urlare contro la telecamera
–
numero quattro, starnutire; come al consiglio
numero uno,
tutto il trucco, sopracciglia comprese, finirà sulla porta,
sullo
specchio, sulla lavatrice, sul tavolo– >>
<<
Sulla maglietta bianca del marito… >>
<<
Numero cinque, inciamparsi
e cadere a terra;
il make-up finisce a terra e rischiate pure di scivolarci
sopra e
rompervi una caviglia >>
<<
Numero sei, addormentarsi a
faccia in giù sul divano;
inutile spiegare la pericolosità di questa mossa.
Se non volete
ricreare la Medusa di Caravaggio sul cuscino, non dormite a faccia in
giù >>
<<
Numero sette, addormentarsi a
faccia in su sul divano;
incredibilmente, succede come sopra. La soluzione
è, non
dormire. NON POSSIAMO VIVERE SOSTANZIALMEN - >>
<<
e numero otto, girarsi di fretta; è
una cosa a cui non
ci si fa molto caso ma, se non fate attenzione, il vostro trucco
sparisce e si spiattella sul muro nella direzione in cui vi girate in
una forza pari o doppia alla velocità con la quale vi siete
girate
vi>>
La
nuova ovazione del pubblico terminò la nuova interessante
rubrica e
segnò il nuovo stacco pubblicitario. Vegeta nel frattempo
accomodò
le carte sul tavolo, mentre Bulma si lisciò il vestito e
sorseggiò
un fresco bicchiere d’acqua.
<<
Ci sto prendendo gusto a condurre questo programma… siamo
davvero
bravi >>
<<
Molto, non c’è dubbio. Siamo sempre stati i
migliori in tutto,
caro >>
<<
Hai ragione, cara. Nessuno ci batte >>
<<
Mi piace il fatto il fatto che siamo anche molto umili >>
<<
Assolutamente. Viva l’umiltà >>
*c
– bbzzz*
<<
Mamma, mamma! Vorrei una merenda leggera ma decisamente invitante,
che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e golosità!
>>
<<
Non esiste una merenda così, cara >>
<<
… >>
<<
… >>
<<
Ah... >>
<<
Mi spiace >>
*c
– bbzzz*
<<
Mamma,
mi scappa la pupù >>
<<
Bene, andiamo allora >>
<<
Ma voglio
farla da Paolo >>
<<
Non essere sciocco, amore, andiamo >>
<<
Io vado a farla da Paolo >>
E
così un altro bambino, quel pomeriggio, scomparve.
Paolo,
il ladro di bambini.
Al
cinema.vii
*c
– bbzzz*
<<
Bentornati al programma Cuore Divino…
credo… Che nome di
mer- Bulma quanto dura ancora questo scempio? >>
<<
Abbiamo praticamente finito >>
<<
Hmm, bene… dopo devo prendere il numero della bella
meteorologa di
prima… era davvero una gnocca… >>
<<
Che hai detto, tesoro? >> al principe parve di sentire
una nota
di minaccia nella voce della compagna, ma non ci fece caso.
<<
Nulla, cara… >> e si rivolse nuovamente al
pubblico in studio
e a casa, << siamo quasi alla fine di questa sciagura,
voglio dire, show ed è il momento di
leggere l’ultimo
strazio e di prendere in giro l’ultimo aspirante scrittore di
poemi
d’amore… >>
Vegeta
aprì l’ultima busta, sfilando la lettera e
aprendola per leggerla.
“Carissima
e bellissima Bulma, sono un tuo aspirante ammiratore,”
Si
bloccò e fissò in cagnesco la lettera.
“Ti
ho sempre amata e ti amerò in etern -”
<<
Bene! Questa lettera è già finita, oh, che
peccato! >> Vegeta
chiuse, così, in fretta e in furia la lettera e in una
vampata di
energia cercò d’incendiarla ma Bulma fu
più svelta e l’afferrò
al volo, mettendosi nuovamente a leggerla, con sommo disappunto di
Vegeta.
“Ti
ho sempre amata e ti amerò in eterno, sei
la mia diva, sei la
mia stella. Ora però, sei sfuggita via come la
più dolce delle
farfalle e mi mancherà sempre il tuo sorriso.
Ora
che sei scappata da me e vivi nelle braccia di un altro arrogante,
bastardo, basso-”
<<
Hey,
hey, hey! Che sono queste offese? >>
<<
Ma Vegeta, c’ha ragione! >>
<<
Sì, ma io non sono basso >>
“…
basso
e ingrato uomo, io sono rimasto solo e da solo vivrò la mia
solitudine. Ti prego, torna da me, perché senza di te, sono
come un
bicchiere sbeccato viii
che deve solo essere gettato. Torna da me, ti prego. Ti
amerò per
sempre.”
Bulma
e Vegeta si fissarono negli occhi per qualche istante, con una
smorfia poco convinta sul volto e poi risero di gusto.
<<
Il mollusco fa proprio pena! >> rise Vegeta, riafferrando
la
lettera e bruciandola con estremo gradimento.
<<
Abbastanza… >> sorrise di rimando Bulma, con
un leggero riso
sulle labbra << non abbiamo molti consigli da rilasciare,
caro
Yamcha, a parte il fatto che quando una storia non va...
>>
<<
E non va da anni, zio… >>
<<
insomma, fatti da parte e cambia idea… il mondo è
pieno, sicuro si
trova qualcun altro... >>
<<
Bulma, sei troppo gentile con lui: mollusco, fatti una vita! Dai!
>>
<<
Incredibile che sia stato il mio ex… >>
<<
Eh, hai alzato gli standard quando hai visto me, eh? Gli ho rubato la
donna, la casa, il futuro, l’onore, la reputazione, il posto
nella
squadra, la figura del figo di turno, il primato per
l’acconciatura
migliore, il mio numero di cicatrici non è minimamente
paragonabile
al suo… insomma, se non avessi sposato me, cara
Bulma… >>
<<
Avrei vissuto molto meglio, caro >>
Le
risate di Bulma e i grugniti di Vegeta conclusero la lettura e
partì
la sigla finale, con l’applauso del pubblico che, finalmente
era
libero di tornare a casa e di non ascoltare più lo strazio
di una
puntata che non finiva più, anche se, di per sé,
erano rimasti
molto volentieri seduti ai loro posti a sedere a godersi lo show, per
via delle occhiatacce di Vegeta molto convincenti.
Tra
applausi e fischi d’incitamento, i due presentatori
conclusero così
la meravigliosa e unica puntata – perché spero che
robe del genere
non si possano più ripetere, ma veramente – e
Bulma ringraziò ad
uno ad uno tutti i tecnici, coreografi, registi e responsabili audio,
scena e studio per la loro disponibilità obbligata
a
partecipare alla puntata e tutti gli amici che li avevano seguiti da
casa, pena il pignoramento della casa.
Le
ultime parole furono in carico a Vegeta che salutò tutti
calorosamente.
<<
Vorrei, prima di mandarvi a quel paese tutti quanti, fare un appello
finale a tutti gli uomini o presunti tali di questo sasso su cui
viviamo: so che in occasione di questa assurda festa può
capitare
che scriviate una schifo di letterina d’amore alle vostre
arpie,
per fare colpo su di loro – sì,
perché so che alcuni di voi,
smidollati, invece di portare una testa di dinosauro alla propria
donna, portano dei fuori e una
lettera con su delle
scritte, come se la cosa alle
donne piacesse, no? –
e che usiate quella cosa che si chiama congiuntivo…
ma lo
usate male, perché voi terrestri fate schifo a prescindere >>
Guardando
fisso la telecamera, pronunciò, infine,
l’arrivederci.
<<
Ricordate... che io sia, che io fossi, che io sia stato, che io
fossi stato… che io abbia, che io avessi,
che io
abbia avuto, che io avessi
avuto… sono
questi... se li so io, li dovete sapere anche voi,
zecche!
Anche perché se io non l’avrei
usato, non avrei il cuore di
Bulma! Andatevene a cagare, adesso >>
E
così, tra fischi, urla, bottiglie di champagne, coriandoli e
botti
di capodanno si concluse la puntata televisiva dedicata a San
Valentino.
Bulma
fu così felice di aver condotto una bella puntata del genere
che la
sera stessa organizzò una cenetta e serata romantica con il
marito,
mentre Vegeta ammise a se stesso che ci si era trovato bene nei panni
di Cupido che dava consigli disastrosi d’amore agli altri,
peccato,
solo, non aver conosciuto l’identità nascosta
della misteriosa
meteorologa che dopo la conclusione del programma era improvvisamente
evaporata nel nulla.
The
End ♥
iiiPersonaggio
presentato nel capitolo nr 13;
ivPubblicità
modificata, originale di SuperMario Trentino;
viGrazie
a Lizza Koshy, YouTube;
viiInutile
spiegare: pubblicità tratte e modificate da Motta e Glade
Spray;
viiiParole
prese da una vera dichiarazione d’amore;
|
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Capitolo 15 *** Coinquilino ***
Questo
capitolo sarà strano…
no,
seriamente, non so quanto mi sia venuto decente questa volta.
Comunque…
ho una domanda per voi.
La
domanda è: vi siete mai chiesti come se la passassero Goku e
Vegeta
nel corpo di Vegeth,
mentre
questo stava combattendo contro Majin Buu?
La
forzata convivenza tra i due era tranquilla o anche loro, come due
coinquilini qualunque, avevano problemi di spazio?
E
se, poi, il tempo all’interno di Vegeth fosse trascorso molto
più
lento di quanto ci faccia vedere l’anime?
L’aula
del Tribunale di Giustizia Magico si aprì con un gran tonfo
di porte
sbattute e di fogli svolazzanti e le due parti andarono ad
accomodarsi ai lati dell’ambone dove, di lì a
poco, avrebbe
alloggiato il Giudice di Pace, il Kaiohshin Matusalemme il
Probo,
affinché giudicasse la loro insolita controversia.
Il
Tribunale era stato convocato d’urgenza perché
esprimesse
celermente il suo giudizio: i soggetti della controversia non
potevano aspettare ancora, volevano la sentenza di separazione e
anche in fretta, pena la distruzione dell’universo conosciuto
per
il carattere particolarmente instabile di uno dei due soggetti in
gioco.
La
prima delle parti entrò allegra, saltellando sui suoi
stivaletti di
montone blu cielo, almeno fino a quando la guardia gli
intimò di non
saltellare in quel modo e fu costretta, strascicando tristemente i
piedi, ad accomodarsi mogia mogia alla sua sedia;
la
seconda delle parti entrò, invece, con aria agitata: almeno
cinque
guardie cercavano di tenerla ferma mentre scalciava, si dimenava
impazzita, proclamandosi a gran voce e a gran morsi di origini
nobili, ma dimostrando ben poco di esserlo effettivamente, e inveiva
contro di loro, assicurando loro una resa dei conti piuttosto
dolorosa a causa dell’onta inflittagli.
Questa
scaraventò a terra almeno tre guardie e cercò
più volte di
liberarsi dai pesanti catenacci che la pungevano; le guardie invece
la trascinavano con forza in aula, sperando di evitare che la parte
si mettesse a sfasciare le porte e l’atrio
d’ingresso all’aula,
tirando la bestia per le catene e facendola ansimare per lo sforzo e
per la rabbia.
Non
senza masticare qualche parola non consona ad un ambiente solenne
come quello, il nobile di dubbia provenienza venne, infine, gettato
in malo modo sulla sua sedia, mentre qualcuna delle guardie veniva
sbalzata nuovamente via con ferocia, ma alla fine si riuscì
a
ragionare con le buone maniere e a far tornare l’ordine in
aula.
Con
un coltello alla gola, una pistola dietro la schiena, i polsi e i
piedi incatenati affinché non si disturbasse a muoversi
più del
dovuto, il principe ringhiò il suo disappunto
all’indirizzo delle
guardie, ma queste, con tutta la professionalità del loro
ruolo, lo
addormentarono più volte magicamente, grazie al veloce
elettroshock
della pistola elettrica. Il principe ogni volta sveniva sul bancone
per la botta e dormiva con il piacere delle guardie, finalmente
rilassate.
I
due ospiti del Tribunale erano piuttosto particolari: oltre a
sembrare due animali selvatici appena salvati dal contrabbando alla
frontiera, portavano l’uno sull’orecchio destro e
l’altro
sull’orecchio sinistro un orecchino, un piccolo gingillo dai
riflessi verdi smeraldo, ma luminoso come una piccola stella.
L’altra
parte che aveva assistito a tutta la scena, sibilando dal dolore nel
vedere la sua controparte sbattuta dolcemente e ripetutamente sul
tavolo, si sforzò di stare composta al suo posto per non
dover anche
lui incontrare la cortesia delle guardie. Si aspettò
l’entrata del
giudice nell’aula.
Gli
occupanti vennero invitati ad alzarsi, anche se si alzò
effettivamente solo Goku e Vegeta, dormiente, venne alzato di peso
dai suoi carcerari; con pochi lemmi passi, un anziano magistrato
entrò nella sala e si accomodò alla sua poltrona,
arruffando le
carte del caso sul tavolo e cingendosi la toga nera e sistemandosi la
parrucca bianco cenere.
Quando
le parti si poterono nuovamente accomodare, Vegeta venne lasciato
cadere sul bancone, svegliandolo così dal suo sonno, giusto
un poco
tramortito dalla botta.
Con
un sibilo sputato dovuto alla dentiera affatto fissa, il giudice
afferrò le carte, scompigliandole animatamente con polso
fermo, e
rilesse ancora una volta le informazioni del caso. Il suo sguardo
vagò per qualche minuto all’interno della stanza
e, davanti
all’evidente difficoltà del vecchietto nel vedere
quei pochi
centimetri oltre il suo naso, le guardie attirarono la sua
attenzione, indicando gentilmente dove fossero le parti interessante
al processo.
Attraverso
i suoi occhiali rubati al fondo di una buona bottiglia di whiskey, il
giudice, finalmente, aprì l’udienza in tribunale.
<<
Ohh, bene, eccovi >> sibilò, sputacchiando una
pioggerellina
leggera sul tavolo, << dichiaro aperta questa udienza in
Tribunale. Parola alle parti >> e si accomodò
sul bancone,
raccogliendo le mani in grembo e fissando gli occhietti vispi nel
vuoto.
Vegeta
colse subito l’occasione per iniziare a parlare, con grande
enfasi.
<<
Signor Giudice, prima di iniziare, vorrei chiedere tutta la vostra
clemenza per capire che qui, la questione è davvero seria...
vede,
tutto è iniziato quand- >>
Schioccò
velocemente le dita per richiamare la sua attenzione, vedendolo
ancora nel vuoto; il nonno si destò dal suo sonno improvviso
e si
rimise ad ascoltare.
Vegeta
lo fissò interdetto per qualche secondo, scambiando qualche
occhiata
dubbiosa con le guardie che, oltre a fare spallucce, non si
scomposero più di tanto.
<<
Dicevo, signor Giudice, tutto è iniziato quando sono caduto
per caso
sulla Terra, sa, quel pianetino di merda, nel Sistema Solare
nell’Emisfero Nord - >>
<<
So dove si trova questa cosiddetta Terra, può continuare,
Principe
>> chiosò il giudice.
Vegeta
strizzò le labbra: << Sulla Terra ho
affrontato quel cane
seduto dall’altra parte dell’aula in un
combattimento onesto e
leale: abbiamo passato una bella giornata di lotta all’ultimo
sangue e siamo stati bene assieme, senza che ce ne rendessimo conto,
ci siamo sentiti in qualche modo, come dire, legati…
>>
La
controparte, che non aveva mai smesso di fissare il tavolo a cui era
accomodato, non alzava ancora gli occhi.
<<
Io ero sicuro che tra di noi ci fosse quella scintilla di migliori
nemici… eravamo assieme, legati, nemici l’uno per
l’altro…
peccato che quel verme, nonostante io abbia giocato sporco e lo abbia
onorato, ammazzandogli metà della sua
combriccola, solo ed
esclusivamente per lui, al prossimo combattimento,
cosa fa? Si
dimentica totalmente di me… si allena da solo per una strana
fissa
di voler diventare più forte di me, combatte contro i miei
nemici al mio posto e, alla fine, uccide anche
Freezer al
posto mio.
Sostanzialmente,
signor Giudice, quello sporco animale si dimentica completamente di
me, eclissando la mia figura come un flirt passato,
si sente
talmente entusiasta di doversi battere contro un nuovo avversario che
diventa addirittura Super Saiyan! Con me mica si è eccitato
così
tanto! >>
Goku
alzò finalmente gli occhi su Vegeta, nel frattanto che
quest’ultimo
continuava a fulminarlo. Sbuffò, mettendo un triste broncio,
ma lo
lasciò continuare.
<<
Che succederà, poi, si domanderà lei, signor
Giudice? Succede che
il signorino arriva sulla Terra dopo Freezer, comodamente un anno
dopo, e manco avvisa! E a me chi pensa? Nessuno! Io lì a
spaccarmi
la schiena per essere accettato da lui, perché avesse occhi
solo per
me, perché anche io fossi Super Saiyan, e lui in giro per lo
spazio
a cincischiare! >> urlò sdegnato il principe,
incrociando le
braccia al petto, per quanto le catene ai polsi gli permettessero di
fare << e chissà quanti altri guerrieri ha
sfidato
dimenticandosi di me! AH! Su questo ci posso
scommettere!
Fedifrago! >>
<<
Andiamo, Vegeta, non è così… e non
chiamarmi fotografo,
non mi pare il caso... >> iniziò a difendersi
Kakaroth, ma il
principe lo beccò subito.
<<
Sta’ zitto, lurido cane! Lasciami finire! >>
sbracciò in
direzione del cane, agitando le braccia fasciate dai lunghi guanti
bianchi.
<<
Come se non bastasse, questo cane randagio, quando arriva sulla
Terra, mi ignora, combatte i miei cyborgs,
rimettendoci quasi
le penne… arriva il cattivo di turno e lui che fa?
>>
<<
Si ammazza pur di non sentirla ancora parlare, signor Vegeta?
>>
azzardò il giudice,
che
si sforzò nuovamente di non addormentarsi al suo posto.
Vegeta
quello storse la bocca, piccato, ma non si dimenticò di
precisare la
sua indignazione: << No, sconfigge il cattivo come se
fosse
niente, a momenti manco mi saluta, e se ne va con
il cattivo
per avere una relazione libertina con lui
nell’aldilà, invece che
stare sulla Terra con me a curare la nostra relazione! >>
L’istante
di silenzio che seguì permise a Goku di cadere dalle nuvole.
<<
Abbiamo una relazione, io e te? >>
<<
Certo, che ti credi, imbecille? Viviamo nello stesso corpo da mesi,
ormai, qualcosa c’è fra di noi e, anche prima,
siamo sempre stati
assieme, per fortuna o purtroppo! >>
Goku
lo fissò, incredulo, ma il principe non si diede ancora per
vinto.
<<
Poi dieci anni dopo torna in vita, non avvisa nessuno, non spiega
NULLA A NESSUNO, mi coinvolge in
questa pazza storia di
“fare la fusione” e, dopo essermi letteralmente
ammazzato per
aver calpestato una Big Babol gigante che, a proposito,
>> si
bloccò qualche istante, << sta ancora
distruggendo il pianeta
Terra e combattendo contro il nostro corpo fuso, qualcuno di voi ne
sa niente? >>
Il
giudice guardò le guardie per qualche secondo ma queste
fecero
ancora spallucce.
<<
No, non ne ho idea… noi siamo un Tribunale Magico di una
dimensione
magica, non sappiamo nulla del reale, tranne quello che ci fa dire
l’autrice >>
Vegeta
fece altrettante spallucce e riprese.
<<
Dicevo, dopo essermi letteralmente ammazzato per aver calpestato una
Big Babol gigante, ci ritroviamo fusi, assieme, per parrebbe...
sempre… e ora stiamo così da circa cinque mesi.
Abbiamo scoperto
che il tempo all’interno della fusione dura molto di
più del tempo
nella realtà e che non possiamo allontanarci più
di quaranta passi
che veniamo attirati l’uno verso l’altro e non ci
sciogliamo per
mezz’ora… quindi, passiamo assieme il
tempo… affittiamo un
piccolo monolocale, lui diventa venditore ambulante di gelati, io
lavoro in macelleria... >>
Sospirò
e lustrò sovrappensiero i catenacci ai polsi, specchiandosi
nella
loro opaca lucentezza. Il tono del suo discorso assunse
improvvisamente un andamento lento, quasi di malcelata malinconia.
<<
I primi tempi di convivenza sono andati bene, ma
poi…>>
Il
vecchio Kaiohshin guardò la controparte che aveva iniziato a
trovare
il soffitto così interessante, da contare ad una ad una le
mattonelle.
Intorno
alla centoduesima mattonella, il giudice la richiamò e Goku
lo
guardò, esitante.
<<
Che dovrei dire? >>
<<
La sua visione su tutta la vicenda, no? >>
<<
Ah… >> si grattò pensieroso la
zazzera.
<<
Diciamo che Vegeta è un tipo difficile da capire. Quando
è venuto
sulla Terra la prima volta pensavo che mi avrebbe fracassato le ossa
e via. Ma… come dire, il rapporto con lui è stato
bello, sebbene
leggermente conflittuale fin da subito… >>
<<
Sì, diciamo che sono stati fatti degli errori…
>>
<<
Degli omicidi, Vegeta, sono stati fatti degli omicidi… la
convivenza iniziale è stata bella, ci vedevamo tra una
battaglia e
l’altra, qualche allenamento, qualche scampagnata a rubare i
fagioli di Balzar, ad affondare le isolette del Pacifico, a catturare
quanti più pinguini possibile e a farli alla griglia... ma
poi lui
ha voluto sempre di più… e quando mi
porti a distruggere
qualche pianeta?, quando andiamo ad allenarci sulla
Luna come
mi hai promesso?, e non mi regali mai nulla tranne
un
combattimento, e non combattiamo mai dove voglio io… >>
Si
lagnò, arricciando le labbra.
<<
Sempre insoddisfatto, sempre arrabbiato. Gli regalavano una caterva
di botte e lui sempre arrabbiato! Gli rasavo a zero un bosco di pini
perché si sentisse a suo agio tra i pini più alti
di lui e lui
sempre arrabbiato! >>
<<
Adesso non esagerare, Kakaroth! >>
<<
Non sto esagerando! Signor Giudice, io ho fatto di tutto per lui, mi
creda: l’ho riempito di botte, l’ho istigato a
diventare Super
Saiyan, l’ho umiliato e deriso diverse volte, l’ho
portato
effettivamente sulla Luna con un calcio Super Saiyan e lui è
sempre
stato così arrabbiato! Io non posso vivere così!
>>
Il
giudice spostò lo sguardo all’altro Saiyan.
<<
Sei sempre il solito esagerato, Kakaroth, spesso sono arrabbiato ma
alle volte no… alle volte sono meno arrabbiato del solito! È
solo la mia emozione principale! >>
<<
Col cavolo, sempre quel muso da rinoceronte incazzoso hai! Come
faccio a vivere così? Me lo diceva mia madre che non dovevo
legarmi
a nessuno! >>
<<
Ma se tua madre l’avrai vista sì e no quando sei
nato, e poi sei
stato subito spedito sulla Terra? Come fai a ricordartela?
>>
Il
giudice spostò lo sguardo all’altro Saiyan.
<<
Be’, io, a differenza di qualcuno, mi ricordo le persone a
cui
voglio bene! >>
Il
vecchio rispostò lo sguardo al Saiyan di prima.
<<
Ah, quindi io non mi ricorderei
di te? Ti sbagli,
serpe, sei tu che non ti ricordi di me, perché, in
realtà, tu non
sai nulla di me! >>
Il
giudice spostò ancora lo sguardo verso l’altro
Saiyan, ma lanciò
un sibilo di dolore quando si ricordò di non sforzare il
collo per
la cervicale e che fare ping pong con la testa non era proprio il
massimo per la sua vecchiaia.
Le
parti continuarono a ingiuriarsi l’un l’altra.
<<
Come sarebbe a dire che non so nulla di te? >>
sbroccò
scioccato, Goku.
<<
Intendo dire che non sai NULLA di me e neanche ti
interessa
saperlo! >> ingiuriò invece Vegeta.
<<
Oh, questa è bella… >>
sbuffò risentito, ma Vegeta lo beccò
subito.
<<
Va bene allora, provamelo: qual è il mio cognome?
>>
La
sala calò improvvisamente nel silenzio e sia il giudice sia
le
guardie che tenevano al guinzaglio Vegeta, fissarono Goku in attesa
della risposta. Il più piccolo dei Saiyan
tentennò, però, qualche
secondo di troppo.
<<
Vegeta... Principe… dei Saiyan? >>
Le
guardie, senza il giudice che aveva troppo mal di collo, si voltarono
verso Vegeta e questo iniziò a schiumare di rabbia.
<<
… Vai fuori da quest’aula, razza di imbecille! Se
ti prendo,
giuro che ti ammazzo! >>
<<
Silenzio! >> trionfò invece la voce roca e
secca del giudice,
che stritolò tra le mani ossute il martelletto e qualche
insulto non
adatto alla discrezione dell’aula, mentre, mannaggia, il
dolore al
logoro collo da brontosauro non accennava ancora a calmarsi.
Il
vecchio Kaiohshin si accartocciò allora sulla sedia,
divenendo una
massa indistinta di mal di testa, mal di collo, e nervoso, a causa
dei due disgraziati che la sorte gli aveva impunemente affidato. Dopo
qualche istante di meditazione e di improvviso sonnellino, si
grattò
il barbuzio spelacchiato.
<<
Quindi, ricapitolando, lei, Principe Vegeta non accetta il
comportamento trasandato del suo compagno nei suoi confronti, mentre
lei, Goku, accusa il compagno di esagerare con le critiche e di aver
causato per il suo carattere la situazione in cui versate...
>>
Si
massaggiò le meningi e fissò il nulla davanti a
sé.
<<
Una situazione spiacevole certo e, sebbene io sia costretto a fare da
consulente matrimoniale alle parti qui presenti, compito assai
sgradito, credetemi, visto che vorrei solo giocare a briscola
e dormire, devo adempiere
ai
miei obblighi di giudice. Allora,
le parti cosa chiedono? >>
<<
La separazione definitiva da Vegeta! >>
<<
La sua testa su un piatto d’argento! >>
All’occhiata
torva del giudice, il principe si corresse subito, ma a malavoglia:
<< La separazione... >>
<<
Perfetto >> soggiunse il nonno, e afferrò
penna, foglio e
calamaio per iniziare a scrivere i documenti, quando si accorse di
starsi scrivendo sulla mano e sputò
un’esclamazione poco carina.
Maledetti occhiali sfigati.
Quando
si fu ripreso e inquadrò quale fosse la penna e quale fosse
il
foglio, per evitarsi di autografarsi ancora ancora la toga,
dichiarò:
<< Le parti esprimano i termini della separazione
richiesta >>
Vegeta,
a queste parole, sfoderò il sorriso più cattivo
del suo arsenale.
<<
Bene, allora, io di quel cane voglio tutto! Il
monolocale, per
rivenderlo al primo sfigato che passa, la macchina, il conto in
banca, tutti i mobili per rivenderli al mercatino delle pulci, che
tanto facevano cagare, rivoglio indietro lo smartphone che gli avevo
regalato, la playstation che è solo mia!,
e, già che ci
siamo, voglio anche i suoi poteri del Super Saiyan Terz -
>>
<<
Allora io voglio la casa al mare! >>
<<
Non l’abbiamo la casa al mare, Kakaroth, abbiamo solo quello
schifoso monolocale, in cui a momenti si fa fatica a respirare
>>
Goku
si rabbuiò per qualche istante. <<
Ah… allora il cane! >>
<<
L’ho ucciso per mangiargli il fegato >>
Goku
assunse una faccia sconvolta.
<<
Sto scherzando, non abbiamo un cane, imbecille, ma se vuoi puoi
prendere Rowdyi
>>
<<
Rowdy? >> chiese il giudice.
<<
Rowdy, il nostro cane impagliato! >>
Il
vecchio scrutò il giovane Saiyan, << Avete un
cane impagliato?
>>
Vegeta
lo guardò, con sguardo ovvio: << Certo,
Kakaroth voleva a
tutti i costi avere un cane ma visto che non sa neanche come usare lo
spazzolino da denti, gliene ho regalato uno impagliato,
perché non
fosse troppo un peso per lui… per il cane, intendo. Ho
pensato che sarebbe stato difficile avere un padrone come
Kakaroth… >>
A
Goku scesero i lacrimoni dagli occhi: << Ma io credevo
che tu
amassi Rowdy! Si è così affezionato a te! Come
puoi darlo a me,
sapendo che io non so neanche da che parte infilare i pantaloni? Tu
non lo ami! Non ami nessuno! Neanche me! >> e
iniziò a
piangere di un pianto più amaro del più amaro dei
pianti mai
piantati, sicché, Vegeta scrutò eloquente il
giudice, <<
Capisce perché mi voglio separare da questo ebete?
>>
Il
giudice evitò di esprimere il giudizio prima del dovuto, si
alzò in
piedi, come fecero altrettanto gli occupanti della sala, sebbene Goku
non lo vide manco di striscio, perché accovacciato sul suo
tavolo a
piangere e a battere i pugni per l’amore mancato, e sebbene
Vegeta
si alzasse controvoglia dalla sua sedia, forse perché ancora
incatenato e strattonato dalle guardie, a cui, ancora una volta
cercò
di insorgere.
Il
Kaiohshin si avviò all’uscita per meditare sul
caso presentato,
rischiò di rimetterci la caviglia e il femore su due
scalini, ma con
l’equilibrio di un ballerino zoppo finalmente giunse alla
porta per
accedere al suo studio, finché non gli sbatté
sonoramente contro,
perché si era dimenticato di aprirla. Si concesse un
sonnellino
ristoratore di dieci minuti.
Vegeta,
seppure trattenuto dalle guardie e con un pugno di una di queste tra
i denti, cercò di indicare loro la caduta del nonno, ma si
ritrovò
un ginocchio piantato nei reni e, con un sospiro, venne abbattuto sul
suo ambone, addormentato ancora una volta dalla pistola elettrica.
Dopo
dieci minuti dove tutti dormivano, giudice, Goku, sfinito dalle sue
lacrime di coccodrillo, e Vegeta dalle scariche elettriche ad alta
intensità, il vecchietto si svegliò.
Si
rimise in piedi come se niente fosse, risalì le scale,
attento a non
inciamparsi nei suoi stessi piedi e nei lembi della toga, si
accomodò
alla sua poltrona e si schiarì la voce per iniziare a
leggere la
sentenza.
<<
Ah- ehm… ordunque >> Goku si
svegliò dolcemente dal sonno e
Vegeta resuscitò con un urlo.
Il
magistrato strizzò gli occhietti vispi, nel tentativo di
distinguere
le lettere tra loro. Si accorse di aver scambiato occhiali e si
rimise sul naso quelli giusti. Li mise al contrario, giusti, e di
nuovo al contrario e, dopo dei tentativi, li reinserì
finalmente nel
modo corretto.
<<
In nome del popolo di Dragon Ball e in nome della giustizia,
libertà,
marmellata barbeque e patatine fritte, il Tribunale Magico di questa
dimensione, sentite le parti e le loro motivazioni, emette la
sentenza di separazione magica richiesta dalle parti. Da questo
momento in poi esse non saranno più vincolati dagli
orecchini magici
e potranno riacquistare la libertà e l’autonomia
dei loro corpi,
senza dover prescindere l’uno dall’altro: quindi,
separazione
avvenga. >>
Un
silenzio impercettibile si fece spazio nuovamente nella sala, tenendo
sia Goku sia Vegeta sul filo del rasoio per capire che sarebbe
successo di lì a poco. Ma nulla praticamente avvenne, il
vecchio si
perse ancora una volta nel vuoto, con un filo leggero di bava che gli
colorava dal mento, e le guardie presenziarono ancora silenziose la
stanza.
<<
T- tutto qui? >> fiatò Goku.
Vegeta
esplose in un’immediata collera: << Tutto qui? TUTTO
QUI?
Siamo arrivati fino a qui per nulla di fatto, tranne che per un
vecchio barbuto che non sa manco svolgere il suo lavoro e che soffre
di amnesia temporanea di breve durata? >> si
beccò una
gomitata dalle guardie che gli rimbrottarono l’atteggiamento
aggressivo e, stavano per prendergli la testa per fargli assaggiare
la consistenza del mogano dell’ambone, quando il vecchio
barbuto di
destò e riprese la parola.
<<
Volete sapere come separarvi? Semplice, così!
>>
E
schioccò le dita: una luce abbagliante avvolse i due Saiyan,
Goku
sparì con un sorriso gioioso stampato in volto, mentre
Vegeta
rivolse un ultimo pensiero accorato alle guardie, che videro come
ultima cosa il suo dito medio svanire alla luce.
Dei
due non rimase nulla, se non le catene abbandonate sulla sedia e sul
tavolo, che portavano ancora il segno dei denti del principe che
aveva tentato di morderle per liberarsi.
Le
guardie sciolsero allora la loro autarchica compostezza e il giudice
si addormentò definitivamente sul bancone con una sonora
capocciata.
<<
Ahh, meno male che quei due sono scomparsi, non ne potevo
più! >>
<<
Non dirlo a me, Guardia Uno, quella specie di lupo mannaro a momenti
non mi staccava la mano... >> sospirò Guardia
Due,
massaggiandosi la mano dolorante.
Guardia
Treii
si appoggiò svogliatamente alla lancia puntata con lo stemma
del
Tribunale e tirò fuori dalla divisa un pacchetto di Malboro.
<<
Non so voi, ragazzi, ma dei pazzi così non li avevo mai
visti: e poi
testa arancione quanto sembrava rincretinita? Ci
credo che
lupo mannaro fosse impazzito, anche io impazzirei
con un
coinquilino del genere >>
<<
Ma lupo mannaro e testa arancione
stavano assieme
oppure no? >>
<<
Non si è capito! Secondo me stavano assieme, ma non assieme
assieme…
>>
<<
Una roba tipo, amici di letto? >>
<<
Secondo me, no, ragazzi, quei due erano l’opposto
l’uno
dell’altro… non mi sapevano di coppia amorosa
>>
<<
Boh, magari questa cosa varia a seconda delle interpretazioni e del
pensiero dei fan… >>
Guardia
Tre alzò le spalle e offrì una sigaretta a
Guardia Uno, Due e
Quattro, che l’accesero in fretta e si fermarono poi a
contemplare
il povero vecchietto, che ancora stava facendo lo stampo della faccia
sull’ambone.
Guardia
Quattro prese un ampio respiro di fumo.
<<
Oh, ma lo lasciamo lì così? >>
Tutte
e quattro si voltarono verso il nonno che ormai aveva interpretato la
sua cattedra come un comodo letto a due piazze.
Guardia
Uno scrollò la testa, << Ma sì,
lasciamolo dormire ancora un
po’, poi lo portiamo via >>
Si
gustarono le loro sigarette finché una non espresse il
dubbio di
tutte.
<<
Ma… secondo voi, lupo mannaro e testa
arancione dove
sono finiti? >>
<<
Bah… chi se ne frega >>
<<
Ma sì, chi se ne frega... >>
Lupo
mannaro e testa arancione, invece,
sebbene le guardie se
ne fregassero, finirono ancor di più nei guai di prima,
perché si
ritrovarono all’interno del corpo di Majin Buu, dato che, a
seguito
della loro separazione dagli orecchini magici che avevano dato vita a
Vegeth, erano tornati ad essere due esseri distinti, e, oltre a non
ricordare nulla del magico mondo in cui avevano convissuto per
qualche mese, possiamo star certi che Majin Buu, pronto a distruggere
la terra, sarebbe stato una bella gatta da pelare.
Ma
questa storia è un’altra storia.
Fine.
E
per fortuna, direi.
Sigla,
ovvero, avevo in mente una sigla ma non so postare i video di YouTube
♫
Angolo
dell’autrice
Sì,
sì, lo so, sono una persona spregevole. Ma ci credete se vi
dico che
ho avuto due mesi impegnati di esami?
Qualora
non ci crediate, non ho altre spiegazioni, per cui dovrete
accontentarvi.
Non
chiedetemi come mi sia venuta in mente questa strana storia
ambientata in questa strana dimensione magico-temporale,
perché non
lo so: cioè, lo so, ma non so spiegarmelo.
Ringrazio
tutti coloro che hanno la pazienza di leggermi anche se sono stata
due mesi latitante e se mi lasciate una recensioncina mi
rallegrereste molto la giornata!
In
ogni caso, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento!
Alla
prossima e ‘stavolta sarà prima.
(spero)
Zappa
iCitazione
presa da Scrubs;
iiCitazione
presa da Crozza nel Paese delle Meraviglie;
|
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Capitolo 16 *** Neopatentato ***
Ohi,
dico a te!
Come
butta?
Sbavatura
in arrivo ;) have fun!
«
Ed ecco qui, moscerino, queste sono le carte che devi compilare per
ricevere la patente che ti ha ordinato il Grande Freezer, anche se
con quelle zampe che ti ritrovi, dubito tu sappia afferrare una
penna. Firma qui, qui e qui »
Seduto
ad una scrivania gialla e ammuffita da anni, lo strano alieno
mutaforma, che al momento aveva assunto le sembianze di una
segretaria poco paziente e molto isterica, gli aveva sparato in
faccia la moltiplicazione di moduli e verbali da compilare e da
presentare al più presto alla Motorizzazione Spaziale.
Accovacciato
dall'altro lato dell'ambone, sedeva, invece, di un'altezza di un
metro e un tappo di sughero, un piccolo Saiyan, poco più che
sedicenne; il piccoletto aveva un aspetto trascurato, dal nasino in
su pieno di lentiggini e con due occhiaie fuori posto sotto gli occhi
neri. Non appena riuscì a staccarsi i fogli dalla faccia,
fissò la
segretaria in modo apatico, firmò, masticò un
grugnito di
ringraziamento tra i denti appena raddrizzati dall'apparecchio, e si
avviò all'uscita.
Avanzò
lento, strisciando gli stivaletti All Stars, collezione
inverno – zero assoluto (anno 748)i
sui pannelli metallizzati con il passo sostenuto di uno zombie, la
bocca rimuginante una fastidiosa chewing gum al sapor di cadavere e
un paio di ciuffi ribelli che gli facevano da tergicristallo davanti
agli occhi. La divisa griffata con le frange dorate di The
North
Starii
e i pantaloni della tuta adadashiii
portati, ovviamente, a cavallo basso, lo incorniciavano come
un
adolescente in piena regola, sbruffoncello, brufoloso, antipatico,
fissato con i selfie e con la voglia di vivere
sotto i tacchi
consumati degli stivaletti firmati.
Arrivato
all’uscita, appiccicò la gomma da masticare nelle
lamiere della
porta automatica, regalandole, per la gioia di tutti coloro che ci
passavano, quel meraviglioso rumore di striscio ogni volta che si
apriva e si chiudeva, e picchiettò, impaziente, il piede su
una
lattina a terra, che finì a far compagnia alla polvere
cosmica
dell'astrostrada.
Fuori
dalla Motorizzazione, molte navicelle sfrecciavano ininterrottamente
sulla piccola meteora vagante dello Spazioporto, punto di arrivo per
molti mercanti e mercenari intergalattici che dovevano sbrigare
qualche affare o qualche impiccio burocratico, per poi scappare prima
dell’arrivo della polizia sui loro galeoni giganti, i mostri
dello
spazio per la loro grandezza e la loro capienza, capaci di frugare
milioni e milioni di ricchezze di dieci o più pianeti, e
svanire
nello spazio aperto come un lampo.
Il
piccoletto, per estraniarsi dall'assordante rumore dello Spazioporto
e dal confuciare confuso di milioni di razze aliene, ma schizzate
quanto lui, si ficcò lo scouter all'orecchio e
selezionò la sua
playlist preferita, sparandola a tutto volume nella ricevitrice e si
avviò alla sua monoposto, per puntare dritto a casa, prima
di venir
mangiato dal caos interspaziale delle Meteore Occidentali.
Nell’aggrovigliarsi
dei cunicoli e stradicciole affollate da mercanti, solo un po' di
sano space trap
gli avrebbe rallegrato la
giornata che, anche quel giorno, nel quadrante est
dell’Universo,
purtroppo era iniziata. Grugnì di fastidio quando si
trovò
spiaccicato dalla calca sotto l’ascella puzzolente di un
Glabnork e
pensò che, ultimamente, anche il solo fatto di svegliarsi e
alzarsi
dalla branda fosse una tragedia, figurarsi farsi anni luce in giro
per l'universo per firmare quattro documenti. Evitò di farsi
stirare
da alcune navicelle che rispettavano i limiti di velocità
con
l’elasticità di riflessi di - probabilmente -
Nappa dopo la
settima birra, e individuò il suo buco di astronave, per
poter
lasciare finalmente la trafficata meteora.iv
Nel
ronzio dell'astronave, lesse con un labbro arricciato i suoi fogli ed
espresse la sua voglia di vivere saggiando la robustezza del vetro
dell’oblo più volte con la faccia, nella vana
speranza di
esplodere nello spazio; quello stronzo di Freezer voleva prendesse la
patente speciale per le astronavi, la patente di nuova generazione
che tutti quelli della sua, di generazione, avrebbero dovuto fare.
Scosse la testa e sputò un insulto, ma che in zero
gravità gli finì
dritto in faccia rovinandogli la frangia.
Come
se lui non fosse già pro e in in queste
cose... quel vecchio
bastardo di Freezer era proprio out e avrebbe fatto
meglio a
ripigliarsi e a spararsi qualche pera in meno, se pensava che lui, il
grande Principe dei Saiyan, non sapesse già sgommare e
sfrecciare
alla grande con la sua navicella. Gli avrebbe mandato tipo un DM
su Instaspacev
per sparargli in rima la sua versione della storia, e questo, sicuro,
lo triggherava una cifra, ma prima si sarebbe tipo sparato al Mc
i suoi Burger Space preferiti.vi
Sospeso,
quindi, dalle missioni per la "questione patente", andò,
accompagnato dal più sentito affetto da parte delle
popolazioni
dello spazio - che poterono vivere qualche giorno in più - a
fare le
visite mediche, in cui risultò sano come un pesce
– un pesce cane,
che aveva quasi azzannato la mano del medico; –
sbrigò le carte
in giro per gli uffici e, puntualmente, non si dimenticò di
appiccicare altre gomme da masticare ad ogni porta scorrevole che
trovava, dando non poco filo da torcere ai poveri addetti alle
pulizie, ma dando loro, sicuramente, un altro buon motivo per odiare
la vita.
Finalmente,
dopo tante cartoline da parte delle popolazioni dello spazio, in cui
si raccomandavano di concentrarsi bene sulla patente, di andare con
calma e di non avere assoluta fretta di tornare, che loro se la
sarebbero cavata alla grande anche senza di lui, venne il giorno
della teoria. Aveva studiato con concentrazione, forse
perché era
stato sommerso da così tante cartoline di auguri, che non
era potuto
uscire dalla suo buco di stanza per giorni, ma era pronto per il
momento tanto atteso della prova. Con la sua solita allegria
contagiosa, quella dei suoi giorni migliori in grado di far appassire
una piantina con uno sguardo, quella mattina aveva varcato la soglia
dell'aula d'esame e, alla sua postazione in terza fila, settimo
posto, aveva risposto celermente a tutte le domande sullo schermo.
Forse per la fortuna che in quel momento era in vacanza in quel
settore dell'universo, o forse perché la sua faccia
strusciata con
disperazione sulla tastiera aveva inspiegabilmente azzeccato tutte le
risposte corrette, si trovò a fine mattinata con il foglio
rosa in
mano ed ebbe, per quella sera, il diritto di ubriacarsi nei peggio
bar della stazione spaziale.
La
serata finì inevitabilmente
una
merda, così come era iniziata:
forse
perché nel delirio dell'alcool Nappa aveva iniziato a
fantasticare
su Freezer nudo, facendogli
vomitare
l'anima, sia per la schifezza che gli avevano fatto ingurgitare,
sia per il pensiero del suo superiore nudo come mamma l'aveva
fatto. Nel tornare a casa si era in ogni caso vendicato, riuscendo a
strappare le poche ciocche di capelli che Nappa si ritrovava in
testa, e a metterseli come barba, urlando a tutta la stazione
spaziale
di essere il Re dei Saiyan e che nessuno avrebbe dovuto avvicinarsi,
se non voleva ritrovarsi
il culo a stelle e strisce. Lo
misero a dormire con un sedativo sparato su per il naso.
E,
infine, giunse anche il giorno della prova pratica. Sebbene
gli zii Radish e Nappa - o forse era solo Nappa lo zio e Radish era
il cugino alla lontana? Ma,
la domanda era,
chi
diamine
era Radish? Chi
lo conosceva?
E
perché cacchio viveva con loro?
Forse era il loro animaletto domestico?
-
avessero insistito per accompagnarlo alla Motorizzazione Spaziale in
navicella, alla fine era andato da solo al suo esame per la patente -
forse perché all'ultimo si erano resi conto che in tre
difficilmente
sarebbero
riusciti ad
entrare
in una navicella monoposto - e il
piccolo principe, alla fine, aveva
preferito così, vista l'agitazione che quella mattina aveva
iniziato
a mangiucchiargli lo stomaco.
Così,
accompagnato
dall'esaminatore, un grasso, grosso,
brutto, gelatinoso e verde
alieno,
salì
sulla
navicella dell'esame
e
partì per
lo spazio
aperto.
Intanto,
nell'emisfero boreale di un piccolo pianeta immerso nel blu della
notte era passata da mo' la mezzanotte e Joe il contadino, che anche
quel giorno aveva sistemato il suo campo con vigore, dormiva avvolto
nelle fresche lenzuola di lino; fluttuando tra dei morbidi sogni,
sorrise al pensiero della bella figlia del vicino, Susanna, che
più
volte, ci poteva giurare, quando suo padre non la vedeva, gli
sorrideva con quel suo bel sorriso da cavallo e lui tante volte si
era trovato imbambolato ed estasiato a fissare e ricambiare il suo
sorriso dentuto. Quando gli sorrideva, ogni cosa che stava facendo
gli passava per la testa e tutto si concentrava sul suo dolce viso da
giumenta purosangue.
La
prima volta, era finito nel fiume con il trattore perché si
era
intontito a guardarla mentre stava arando il campo; la seconda volta
si era rasato la faccia con il tagliaerba; la terza si era dato la
zappa sul piede nel fissare il suo sguardo angelico; la quarta era
rimasto colpito da un fulmine, mentre in mezzo al temporale si era
messo a sistemare l'antenna parabolica, ed infine era stato
catapultato in Cina da una cornata improvvisa per aver munto la mucca
sbagliata.
Insomma,
a Joe il contadino, che anche quel giorno aveva sistemato il suo
campo con vigore e ora dormiva avvolto nelle fresche lenzuola di
lino, piaceva proprio la bella Susanna: i suoi sogni non potevano
essere più dolci e la sua notte più tranquilla.
Ma
non tutti, in quell'emisfero boreale del piccolo pianeta immerso nel
blu della notte, erano d'accordo con lui: non solo sulla sua
convinzione che Susanna fosse lontanamente apprezzabile fuori da un
concorso equino, ma anche sul fatto che la sua notte dovesse essere
tranquilla.
Un
fascio di luce improvvisa illuminò la
tranquillità della casa
spargendo la sua polvere spaziale per tutta la stanza; la luce
andò
a sbattere sulle pareti della stanza da letto, allungò le
sue dita
sui mobili e sul soffitto da cui penzolava il vecchio lampadario,
finché non si posò sulla figura scomposta e
sognante di Joe, che,
se per caso non ve lo ricordaste, dormiva sognando Susanna, la
"bella" vicina. Come il volo leggero di una farfalla, il
fascio di luce avvolse Joe, sollevandolo dai suoi morbidi sogni e
facendolo volteggiare, leggiadro, sopra il letto, sospeso a
mezz'aria. La luce tremò per un attimo e subito dopo, il
corpo
addormentato del contadino si avvicinò alla finestra,
lasciata
aperta per respirare la fresca brezza notturna della campagna e, come
diretto da una forza invisibile, andò verso l'apertura,
pronto per
essere sollevato verso il cielo. Il corpo sollevato magicamente
nell'aria, però, sbatté improvvisamente contro la
parete accanto
alla finestra e Joe il contadino si svegliò di sobbalzo, per
poi
ricadere immediatamente nel sogno.
A
un centinaio di metri sopra la sua fattoria e sopra il suo orto, una
grossa astronave galleggiava, immobile, nell'aria fresca della notte
e, attenta a non fare rumore, si confondeva con il blu scuro della
volta celeste.
Il
piccolo Vegeta, seduto ai comandi dell'astronave, sibilò di
dolore,
quando il "beep" segnalò il primo errore del suo esame:
scrutò, diffidente, l'esaminatore seduto sull'altro posto
comandi
che, con la sua faccia molliccia, segnò il primo errore
sulla sua
tabella di valutazione. Tornò con sguardo mesto alla
rappresentazione olografica della casetta da cui, per passare
l'esame, avrebbe dovuto estrarre il terrestre, portarlo fin dentro
l'astronave e poi reinserirlo nella sua casetta senza fare il minimo
rumore.
Insomma,
il classico rapimento alieno che, come un qualsiasi extraterrestre
che si rispetti, doveva saper fare.
Il
nanetto si concentrò e strinse i pugni nei suoi guanti
d'avorio:
schiacciò un altro pulsante, ma un secondo "beep" lo
accolse, inclemente, e il corpo del povero terrestre stavolta
andò a
sbattere dall'altro lato della stanza. Nel silenzio lugubre della
grande astronave il fruscio della penna dell'esaminatore
graffiò
ancora la sua tabella di valutazione e Vegeta ringhiò di
disappunto.
Stupido display comandi pieno di un migliaio di tastini e levette
tutti uguali.
Si
concentrò un'altra volta, chiuse gli occhi e li
riaprì: si sentì
come quando si trovava sul campo di battaglia e stava per stanare la
preda; come quando si preparava a combattere contro un nemico mille
volte più forte di lui; come quando correva a più
non posso per
accaparrarsi il primo posto per la doccia ed arrivava a frustare le
chiappe sonanti di Nappa con l'asciugamano, pur di arrivare prima.
Schiacciò
i suoi tasti, veloce, inclemente, rischiando di sfondare la console e
la vide, la sua vittoria, la sua patente pronta a sfiorargli,
carezzevole, le dita; fin quando il corpo del povero Joe, invece di
passare dal passaggio dalla finestra, finì nuovamente a
stamparsi
sul muro e il piccolo Saiyan, con un altro "beep", vide
offuscato il suo sogno di passare l'esame.
L'esaminatore
lo fissò ancora, sbuffando, e con il suo mal di vivere
continuò a
segnalare i suoi errori sulla scheda; Vegeta cercò di
rilassarsi
un'altra volta: gli passò un'ondata di nervoso nella parte
sinistra
del corpo e gli prese uno strano tic all'occhio sinistro, che si
grattò via con la zampa; il tic si sfogò in un
accenno di fulmine
tra i capelli, che si rizzarono, aggressivi più di prima, ma
il
Saiyan si ravvide di mantenere il contegno, almeno in sede d'esame.
Dai,
doveva farcela: osservò, questa volta, con un cenno di
disperazione
negli occhi la miriade di pulsantini verde fluo della console comandi
e, con faccia schifata, provò a schiacciarne uno a caso,
tanto uno
valeva l'altro. L'inclemente "beep" lo sorprese ancora una
volta; riprovò con un altro tasto, ottenendo sempre
quell'inutile e
fastidioso risultato.
Guardò
l'altro alieno seduto accanto a lui che, con la sua faccia da lumaca,
lo fissava interessato all'esito del suo esame quanto lo si
è nello
scoprire la vita sessuale di un lombrico. Era una statua di cera, il
bastardo.
Avvicinò,
allora, il dito ad un pulsante, aspettando la reazione
dell'esaminatore, ma il nulla cosmico lo accolse e la faccia apatica
dell'esaminatore non si alterò di un muscolo.
Provò, così, ad
indicarne un altro, ma ottenne sempre come risposta la faccia apatica
dell'esaminatore che tutto voleva in quel momento tranne essere
lì a
valutare l'incarnazione del fulmine fatto persona, vista la pessima
qualità dei capelli del giovincello in questione.
Intanto
Joe, di cui ai due alieni fregava poco o meno, dormiva ancora sospeso
a mezz'aria, con la faccia schiacciata contro il comodino e le
chiappe incastrate nel cassetto contro cui si era scontrato poco
prima, quando la luce dell'astronave l'aveva gettato contro il
mobile. Sognava ancora la sua Susanna e il suo sorriso da cavallo,
anche se in quel momento la Susanna del suo sogno era diventata un
vero e proprio cavallo che lo aveva preso per un sacco da boxe
talmente erano forti i calci di passione che gli stava sfoderando.
Grugnì di disappunto, e si rigirò dall'altra
parte asfissiando la
faccia contro la radiosveglia.
Intanto,
su, a quel fatidico centinaio di metri sopra la terra, il piccoletto
e il grassone ancora si fissavano negli occhi.
Vegeta
provò a schiacciare un altro tasto sulla console dei
comandi,
istigando un'azione da parte dell'esaminatore, però si
ritrovò
ancora i suoi due occhietti vuoti a fissargli l'anima. Provò
con un
altro, un altro ancora: niente, Jabba the Hutt stava sempre immobile.
All'ennesima
risposta definitiva, un fulmine tra i capelli gli incendiò
la chioma
e il principe urlò il suo disappunto al cielo, con tanti
saluti al
silenzio reverenziale che doveva regnare nell'astronave e
nell'atmosfera per portare a termine il rapimento alieno. La
disperazione lo portò a battere i pugni sulla console e a
schiacciare furiosamente tutti i pulsanti del controllo comandi
mentre un miriade di "beep" si univano al suo dolore.
Il
nostro povero e sfigato amico Joe, che quella notte, davvero, dopo
aver sistemato il suo campo con vigore, avrebbe voluto solo dormire
avvolto nelle fresche lenzuola di lino, sbatté nell'ordine
contro:
la parete destra, la parete sinistra, la destra, la sinistra, sul
pavimento, sul soffitto nell'angolo destro, sul soffitto nell'angolo
sinistro, contro il comodino, contro l'altro comodino, di nuovo sulla
parete destra e sulla sinistra; per una frazione di secondo
riuscì
effettivamente ad uscire dalla finestra, pronto per il rapimento, ma
poi finì nuovamente contro la parete destra e sinistra, per
poi
morire a terra.
Finita
la disperazione, il piccolo Vegeta cercò come un forsennato
quale
fosse il tasto giusto da schiacciare per completare l'esame, andando
a curiosare di nascosto sul manuale d'istruzioni che si era tatuato
sul braccio e sotto il gomito trovò la soluzione.
Con
riverenziale attesa, finalmente, schiacciò il pulsante
giusto: Joe,
che aveva la faccia sotto il letto e il bicchiere d'acqua che stava
sul comodino infilato nei calzoni, venne trascinato verso la
finestra; passò la finestra e lentamente, solennemente, come
l'ascensione di un santo al cielo o la cucchiarella di nonna che si
avvicina al rallentatore alle mani del nipote che si deve lavare le
mani prima di stare a tavola, salì verso l'alto.
Come
una farfalla, un gabbiano libero nel cielo, come un aquilone colorato
che, come tutti gli aquiloni che si rispettino, si deve incastrare
negli alberi. E, infatti, anche Joe s'incastrò nell'albero
vicino
casa.
L'espressione
di attesa e di gioia di Vegeta svanì in uno sbuffo e,
alzando gli
occhi al cielo, il piccoletto schiacciò con più
forza il bottone
fino a frantumarlo sul pannello: l'attesa si fece enorme, l'angoscia
di non passare l'esame e di doverlo rifare da capo ancor di
più,
finché il povero albero sotto casa lasciò che i
suoi rami
liberassero Joe e che questo si librasse in aria.
Vegeta
trattenne il respiro e attese con trepidazione che il terrestre che
aveva rapito raggiungesse l'entrata dell'astronave, finché
in tutta
la magnificenza del suo pigiamino con su i trattori, Joe fece il suo
ingresso nell'astronave; l'istruttore accolse la buona riuscita
dell'esame con il suo verve contagioso e appuntò il
risultato sulla
scheda di valutazione.
Il
piccolo Saiyan, invece, sorrise fiero per il risultato e
ghignò,
sfoderando il suo sorrisetto da mostriciattolo, finché,
sicuro che
ormai la patente speciale di nuova generazione fosse nelle sue mani,
lasciò il pulsante, facendo inevitabilmente precipitare al
suolo il
povero Joe.
Impallidì
per lo sciocco ed evitabile errore, sbirciando intimorito oltre il
pannello comandi la figura del povero terrestre che stava
raggiungendo sempre più velocemente il suolo, nel frattanto
che
anche il suo istruttore si era affacciato ed osservava, stoico come
sempre, la triste ed evitabile scena di ciò che poteva
raffigurarsi,
ormai, come un omicidio colposo.
All'ultimo,
prima che Joe saggiasse la robustezza del suolo e potesse compiere il
suo viaggio nell'aldilà con il biglietto di sola andata, la
luce del
raggio dell'astronave bloccò il suo corpo e lo
trascinò con
cautela, stavolta evitando l'albero, verso la finestra lasciata
spalancata per accogliere la brezza della notte; senza scomporre
minimamente il proprio aplomb, infatti, il caro lucertolone verde
aveva pigliato il tasto per frenare la caduta del terrestre ed ora,
con tutta la professionalità del suo ruolo, ossia
minacciando con lo
sguardo il piccolo Saiyan, che si fece piccolo piccolo da un lato,
iniziò a riportare tutto all'ordine precedente.
Joe
passò incolume attraverso la finestra, venne riposizionato
nel
letto, mentre i quadri della stanza, così come i mobili, i
cassetti,
le tende e la brocca d'acqua furono posti esattamente al loro posto,
senza destar sospetti sulla baraonda che una piccola bestiola aveva
causato poco prima dentro l'abitacolo.
La
luce finalmente si spense e la grossa astronave, sempre a quel
centinaio di metri dal suolo, avviò i motori per ritornare
alla
velocità della luce alla galassia da cui era partita.
L'istruttore
afferrò saldamente la console e si accinse a partire,
pensando
finalmente di poter tornare sul pianeta Zulug 7 a farsi una birra,
quando, con la coda dell'occhio, notò il piccolo Saiyan che,
da un
lato, aveva messo il broncio e si grattava a tratti la zucca,
agitato.
Sospirò,
pensando di essere ormai troppo vecchio per fare l'istruttore e che,
prima o poi, quella dannata pensione doveva riceverla, e
chiamò
l'attenzione del piccoletto.
Il
piccoletto, che aveva la frangetta che gli ricopriva la fronte e lo
faceva più carino di quanto non fosse in realtà,
si voltò verso il
grassone e s'illuminò quando vide quest'ultimo cedergli la
cloche
per farlo guidare: l'afferrò con entusiasmo e si mise ai
comandi,
avviando i motori.
Il
grassone gli si mise di fianco, attendendo che l'astronave si
librasse nell'aria nel completo silenzio e partisse.
Forse,
la patente gliela avrebbe concessa, pensò, e si
rilassò sulla
poltroncina, sognando la sua birretta; certo, urlò di dolore
quando
l'astronave si schiantò al suolo radendo a zero la casa,
l'orto e
l'albero del povero Joe e quando ripartì con un'accelerata
illegale
per lo spazio, ma si concesse comunque un po' di relax e si godette
il resto del viaggio, senza badare, per il momento, al pensiero di
quanti soldi avrebbe dovuto sborsare per riparare i danni causati dal
principe dei Saiyan.
La
patente gliela avrebbe data, sì... tutto pur di non
trovarselo tra
le mani un'altra volta.
La
mattina dopo, quando il gallo iniziò la giornata con il suo
canto
stridulo, Joe si alzò dal letto stiracchiandosi per bene e
fece per
andare in bagno, ma precipitò dentro l'enorme voragine
lasciata
dall'astronave che si era schiantata sulla terra prima di partire,
voragine alta centinaia di metri che aveva lasciato un unico tratto
di terra in piedi, quello dove stava il suo letto.
Non
fu propriamente un bel risveglio, ma almeno quella mattina, Susanna
la figlia del vicino con il muso da cavallo accorse ad aiutarlo.
Passarono
la giornata al pronto soccorso e Joe fu ricoverato per un mese e
dovette pagarsi i lavori per cambiare casa, ma questo fu l'inizio di
una bellissima storia d'amore, da cui nacquero tanti puledrini.
Fine.
Angolo
dell'autrice
Beh,
era da un po' che non aggiornavo questa raccolta. Ogni tanto ritorno.
Comunque,
piaciuta la storia?
Ho
preso ispirazione dal cortometraggio della Pixar, "Lifted",
se qualcuno di voi avesse voglia di vederlo, a me ha sempre fatto
sorridere.
Perché
questa patente? Perché Vegeta è un extraterrestre
e come qualsiasi
extraterrestre che si rispetti, fa i rapimenti alieni! Sennò
che
extraterrestre è? :)
Sperando
che questa scemenza vi sia piaciuta, vi auguro un buon tutto e a
presto!
Zappa
i Rifacimento alla marca All
Stars ed anno in cui Vegeta, ipoteticamente avrebbe
16 anni;
iiRifacimento
alla marca The North Pole;
iiiRifacimento
alla marca Adidas;
ivCome
dimenticare il bellissimo film Il Pianeta del Tesoro?;
vRifacimento
al social Instagram;
viPessimo
tentativo di imitare il linguaggio arcano degli adolescenti;
|
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Capitolo 17 *** Genitore ***
Prima
di iniziare a leggere questa storia, vi invito a fare uno sforzo di
immaginazione: immaginate Trunks circa di dieci/undici anni, Goten di
circa dieci, Pan e Bra di cinque e quattro anni.
Grazie
per lo sforzo d’immaginazione, ora potete continuare a
leggere,
avete già sforzato abbastanza il vostro cervello.
Ringrazio
gli autori de il “Meraviglioso Mondo di Gumball”,
da cui è
ispirato l’episodio e, ovviamente, ringrazio voi che avete
aperto
questa storia.
Una
cosa era sicuro: non era sicuro di nulla.
Certo,
lui era il grande principe dei Saiyan, ma a parte il
fatto che
i Saiyan erano rimasti in tre scarsi, più in paio di mezzi,
dai
quali manco ne usciva un intero, – o forse sì? Non
era mai stato
bravo con le frazioni, dannato il suo compagnetto di scuola Arnorld,
che si credeva migliore di lui facendolo arrivare ad odiare la
matematica. Stupido Arnold. -, ma in quel momento, di sicuro, non era
sicuro.
Così
quella mattina, di quel giorno qualsiasi, in una Capsule Corporation
qualsiasi, era sceso le scale con più cautela del solito e
si era
avvicinato in cucina, dove, visto l’orario – almeno
un minimo
decente per gli esseri umani produttivi in quel settore del pianeta,
un odioso sette
e mezzo del
mattino – sostava sua moglie che sorseggiava un
caffè nero, amaro
con la sua anima. La moglie, la dolce moglie dei sogni più
dolci, in
quel momento
gli parve
la moglie dei sogni infranti, mentre beveva il caffè fatto
delle lacrime
amare di suo
marito.
«
Buongiorno, amore »
Tzé,
osava pure salutarlo e
chiamarlo falzamente
per quella cosa che iniziava
per a e finiva per
more. Quanta illusione
in poche parole.
« Tra poco
devo andare a
lavorare, quindi oggi sei solo con i ragazzi »
Lui
si
appoggiò facendo una
faccia schifata - oppure
quella era sempre la sua faccia? -
contro il ripiano della cucina. La vide ancora
sorseggiare altre lacrime di marito ferito. Lei
beveva
gustando di gusto la
bevanda bevandosa,
passandosi, poi, lasciva, la lingua sulle labbra.
Che
mostro.
«
Ti ricordo che stasera passa
Gohan a prendersi sua figlia e a riportare a casa Goten »
Le
sopracciglia precisamente pinzettate
della donna si rivolsero a lui in modo eloquente, mentre lui, come un
gatto permaloso che non riceve abbastanza attenzioni, sculettò
il suo
malessere lontano dal
ripiano, per andare a strusciarsi contro il frigo, in cerca di
attenzioni che avrebbe dovuto comunicare in maniera verbale e
non paraverbale, come
in
quel momento. Ma l’anima di gatto spelacchiato che era
in lui mai si sarebbe abbassata ad un dialogo costruttivo,
interattivo e razionale.
Bulma
lo vide cocciutamente fare finta di nulla, continuandole a darle la
schiena e strusciandosi
sull’elettrodomestico, mentre
sulla superficie del frigorifero
rimavano
attratti i
suoi peli di
vecchio gatto dello spazio. Alzò gli occhi al cielo, quando
sospirò
e fece per aprir bocca, ma quello le soffiò contro
rabbioso, i
capelli da fulmine
ancora più ispidi
del
solito.
«
Se pensi
che questo tuo
atteggiamento possa farmi cambiare idea, ti sbagli » ingiunse
la
donna, « non
mi scuserò con te, Vegeta, perché ho detto solo
la verità »
Gli
occhi strabuzzati del Saiyan cercarono di incenerirla
con uno sguardo di disgusto e disprezzo, ma, visto che uno sguardo
non può incenerire, fecero
solo paura
ad un destinatario
non voluto, il
gatto Scrat,
che fino a quel momento era stato ignaro di avere un altro maschio
alfa
a gironzolare
per la casa. Il
piccoletto
scappò
lontano,
miagolando dal dolore per
il
tradimento fattoglisi
sotto i baffi.
Vegeta,
con le labbra arricciate in
un gesto di
nobile
superiorità, finalmente
parlò.
«
Dovresti farlo. Tu non apprezzi
le mie qualità »
Bulma
lo fissò, dubbiosa, iniziando
a sistemarsi qualche accozzaglia e ninnolo nella borsa.
«
Apprezzo le
tue
qualità, Vegeta » si affrettò a mettere
via il rossetto, « quando
queste sono usate a qualche chilometro di distanza da
casa. Quando, perciò,
non mi ritrovo un
buco nel
soffitto del salotto »
«
Era per vedere le stelle, l’ho fatto per Bra »
rispose l’altro,
con fare ovvio.
«
E quando
hai bruciato il
giardino? »
Vegeta
sbuffò: « Era per dare un tocco di cambiamento all’esterno.
Ho anche rubato un elicottero della
polizia e
te l’ho fatto
precipitare tra le aiuole. Non ti piacciono le pale e le lamiere
accatastate? »
Fu Bulma a sbuffare,
‘stavolta.
« Vegeta,
ammettilo: tu non hai
qualità particolari e fare da babysitter a un branco di
ragazzini
non è così difficile. Io lo farei ad occhi chiusi
»
«
Ah!
» il tono
sprezzante le
fece aprire gli occhi, « fare da babysitter ai nostri figli
è una
sfida per il Principe dei Saiyan e solo
io la
so
affrontare
al meglio. Altrimenti perché quel rammollito di Gohan porta
qui la
sua piccola piaga? »
«
Perché abbiamo i soldi, caro,
e un’assicurazione che paga pure gli incidenti sulla Luna
»
«
Oh
»
Bulma
fece un’altra smorfia. « Comunque,
quali
sarebbero le grandi
sfide? Tu combini solo disastri! Come quella volta che hai fatto
giocare Bra e Pan in autostrada
»
Vegeta
si fece offeso, allargando
le
braccia.
« Hanno solo
distrutto un paio di macchine e accatastato qualche guardrail
facendone una palla da basket. Che esagerazione. E poi quel
poliziotto ha avuto un mese di pausa dal lavoro- »
«
Perché è stato piantato un
mese in
ospedale in
ortopedia. Oppure quella volta che
hai
permesso loro
di
distruggere
una
fabbrica nucleare… »
Il
Saiyan si tese in un minuto di silenzio.
«
… tu
sei
solo gelosa perché io, qui, sono il babysitter migliore
»
La
donna, allora,
si avviò
a
passo concitato all’ingresso di casa, pronta per afferrare le
chiavi dell’auto e andare a lavorare in ditta, e
Vegeta le
si fece
alle calcagna, seguendola
ad ogni
passo, convinto
di vincere il battibecco appena iniziato.
Ma,
in fin dei
conti,
la vita di
Vegeta era così:
un pendolo tra il desiderio sfrenato
di vincere e l’illusa
convinzione di potercela fare.
«
Vegeta, dico sul serio, caro. Io sono la presidente della Capsule
Corporation - genio, filantropa, playgirl,i
- scienziata
e
figlia del
fondatore della
Capsule Corporation, il famoso Dott. Brief. Sono solo uno dei
personaggi più importanti della serie, prima amica di Son
Goku, che
ha messo in moto l’intera baracca… potrei gestire
i ragazzi ad
occhi chiusi »
Il
Saiyan si fece paonazzo: questo
era troppo!
« Bene,
allora oggi rimango in
sciopero! Non farò nulla tutto il giorno! »
«
Come se gli altri giorni facessi
qualcosa. Ci
vediamo
pomeriggio
e ti farò vedere quanto io
sono brava con i ragazzi. Ciao,
amore »
Ancora
quella parola con la a. Che
ci trovasse di tanto gustoso in quel a-more
era un mistero.
Detto
questo, la
donna se
ne andò
sbattendo la porta e, con una forte ventata, abbandonò
in casa il marito
che si
ritrovò
con i
capelli, per
via del vento
stranamente
pettinati. Questo
fissò la
porta, portandosi le braccia al petto e corrucciando lo
sguardo.
La
donna si credeva migliore di lui nel gestire i figli?
Bene!
Gliela
avrebbe fatta
vedere: la casa presto si sarebbe trasformata in una casa horror e
Bulma gli sarebbe venuta a chiedere scusa in ginocchio.
Se
quella donna pensava di dargliela
vinta si
sbagliava di grosso,
perché,
Vegeta, non vinceva
mai.
Non
ne aveva la minima idea di cosa voleva dire curare le piccole piaghe
che avevano
come figli. Senza pensare poi alla discendenza di Kakaroth, un piaga
da decubito vera e propria.
In
fondo, si
era sempre preso
cura dei figli, perché
non
riconoscerlo?
Faceva
in modo che i ragazzi mangiassero le verdure – attirandoli
presto la
mattina in giardino
e distribuendo
loro del fieno,
cosicché lo
cercassero
tra i fili d’erba
e al
contempo rasassero
il prato.
Stimolava
la loro creatività e fantasia – lasciando
che il momento del pranzo si trasformasse in una guerra a chi si
aggiudicava il piatto migliore – nel frattanto
faceva le
faccende
domestiche: a
fine pranzo,
infatti,
raccoglieva stoviglie, piatti e ragazzi dentro la tovaglia, li
buttava in lavatrice con uno shampoo delicato e un ammorbidente
–
perché non si rovinassero la pelle – e
voilà, un profumo di
pulito.
Per
non parlare di quando li educava
alla buona musica, invitandoli a fare l’hairbang
sull’heavy
metal, perché si asciugassero più in fretta dopo
la doccia,
potendo così
anche disporre di eventuali pidocchi che cadevano a terra; una veloce
e atletica danza irlandese e voilà,
i pidocchi erano andati.
Certo,
il bagno rimaneva sempre tutto appiccicaticcio e schiumoso, ma se si
evitava di scivolare a terra non era mica un problema: a parte quella
volta che
era effettivamente
scivolato a
terra
e la sua faccia era rimasta appiccicata a terra per due ore,
finché
il suo corpo, girovagando alla cieca, non erano riuscito a rimettersi
la faccia in faccia.
Già, Bulma
tendeva proprio a
sottovalutarlo, ma questa sarebbe stata l’ultima volta!
Si
rilassò in un sorriso malvagio e rimase qualche secondo a
godersi la
sensazione di autocompiacimento che tanto gli piaceva. Fino a quando
non si rese conto di stare fissando la porta d’ingresso da
venti
minuti, tanto che, pure la porta era stufa di trovarselo
davanti.
Erano
le otto del
mattino
e Vegeta si appostò fuori casa, comodamente seduto su una
sedia,
deciso, per quel giorno di
fare lo sciopero del babysitter.
Appena
Bulma parcheggiò l’auto, si stiracchiò
dolcemente il collo,
soddisfatta e indolenzita dalla giornata economicamente vantaggiosa
per il suo portafoglio e
brillante per la scienza: era
una soddisfazione riuscire a clonare un dinosauro del Cretacico,
mandare una sonda su Plutone per la consegna di pizza a domicilio,
scoprire che l’acqua potesse essere usata al posto della
benzina e
fare affari con un misterioso cyborg nero con disturbi d’asma
proveniente
da
un’altra galassia che richiedeva dei piani per una specie di
stazione spaziale super
potente con
un nome alquanto
bizzarro e poco nefando come “Morte
Nera”.ii
Sospirò,
sorridendosi allo
specchietto retrovisore: un’altra bella giornata.
Quando
scese dalla macchina, trovò
il marito disteso sulla sdraio davanti all’uscio di casa,
mentre
prendeva il sole – o quanto meno, si bruciava gli occhi
fissando
direttamente il sole. Alzò gli occhi al cielo: probabilmente
il suo
ego gli aveva suggerito di sfidare il sole perché aveva
una massa più densa di lui,
e il Principe dei
Saiyan lo
aveva sfidato ad una gara a chi distoglieva prima lo sguardo. Inutile
dire che pareva
avesse gli occhi vacui dell’indovino Tiresia mentre ammoniva
Ulisse.
Si
frappose tra Vegeta e il sole, interrompendo la sfida: vide Vegeta
riacquisire un vago senso del sé, finché non assunse
un’aria dapprima stupita e poi compiaciuta.
« Sei
compiaciuto perché non
hai fatto nulla? »
Vegeta
ghignò, spaparanzandosi meglio sulla sdraio. « No,
sono compiaciuto
perché adesso
potrai vedere
che io ho avuto
ragione. Entra pure in casa, cerca di addomesticare
i
nostri figli e poi fammi sapere se sei ancora viva »
Gongolò di
malcelata
soddisfazione, chiudendo gli occhi e rilassandosi sul lettino, la
faccia mangiata dal sole che friggeva per le scottature.
Bulma solo allora
portò lo
sguardo verso l’ingresso e, a parte uno striscione che
pendeva
dalla cupola, tutto pareva intatto. Non c’erano allarmi di
sottofondo, né sirene della polizia, né sirene
per rifugiarsi nel
rifugio anti-atomico.
Alzò ancora
gli occhi al cielo:
come sempre suo marito si era rivelato inutile e tronfio di
sé. Non
c’era nulla che non andava.
Fece per avviarsi in
casa per
confermare le sue attese, quando si soffermò a leggere lo
striscione.
«
Non sei la denvenuta…
»
Di
sicuro suo marito voleva fare il simpatico. «
Perché la b
di benvenuta
è scritta al contrario? »
«
Perché
non ho ancora
imparato bene a scrivere in terrestre »
« Non te
l’aveva insegnato
Bra? »
« Alle volte
mi confondo »
Con
un sospiro, la donna entrò in casa, lasciando il marito sul
lettino,
ancora con
un’aria compiaciuta.
Appena
varcò la porta di casa e appoggiò la giacca
all’appendiabiti,
questo crollò sotto il suo peso. Bulma strabuzzò
gli occhi, ma
presto si rese conto che anche il resto dell’ingresso e del
salotto
di casa aveva ben
poche
cose rimaste integre.
Il
salotto era un campo di battaglia, su
cui erano disseminati quelli che parevano i corpi dei loro robot
domestici e – oh mio Kami
– sperò con tutto il cuore che quella gamba
abbandonata a terra e
cosparsa di sangue fosse quella di un manichino rubato dal
laboratorio e condito con il ketchup. Qualsiasi senso logico
avesse avuto
questo
pensiero.
Il tavolino di vetro
che tanto
bellamente aveva adornato il salotto adesso era conficcato nel muro,
mentre le schegge di vetro avevano intrappolato, stile lanciatore di
coltelli, quello che riconobbe come uno dei suoi impiegati, svenuto e
appeso a penzoloni contro il mobile. L’impianto stereo, la TV
e la
radio erano in fiamme e parte del soffitto pareva aver subito la
stessa sorte perché avvolto da un nero cupo, come il
caffè che
aveva bevuto con grazia quel mattino.
Traccie
di benzina cospargevano la stanza e avevano ridotto il divano tale
e quale al cugino che la settimana precedente avevano
abbandonato in discarica: seguì, boccheggiante, le strisce
di
benzina fino alla cucina, che trovò neanche messa
così male. Il
frigorifero era rivolto a terra e il lavandino, la cui acqua sgorgava
a terra creando
un fiume d’acqua, era la vasca da bagno di quello che
– AAAAAHHH!
- riconobbe
come una specie di
gremlin con i codini
azzurri.
Urlò con
tutto il fiato che
aveva in gola, cercando di scacciare il mostriciattolo che era sceso
dal lavandino e ora si stava arrampicando sulla cucina per arrivare
al lampadario.
« Scendi
subito di lì! Brutto
mostro! » gridò, isterica, « Vegeta!
»
Scatenò il
suo urlo a pieni
polmoni, ma il mostriciattolo non pareva intento ad andarsene, fino a
quando il lampadario non crollò sotto il suo peso e il
mostro scappò
via veloce, dirigendosi verso le scale e sparendo al piano superiore.
Bulma
uscì scossa dalla cucina, tenendo stretta tra le mani la
scarpa con
il tacco dodici con cui aveva tentato di scacciare il mostro. Si
guardò attorno, terrorizzata. Le finestre del piccolo vano
che
portano dal salotto alla cucina erano state tutte distrutte da pietre
e sul soffitto c’erano traccie di neve miste a sabbia.
Com’era
possibile?
Stava per dirigersi
più
terrorizzata che curiosa verso l’esterno per chiedere
spiegazioni
al marito, quando sentì un rumore di vetri infranti ed una
risatina
innaturale provenire da in cima le scale.
Si
avvicinò cauta, finché non notò in
cima alle scale un altro
mostriciattolo, ‘stavolta accompagnato da dei capelli ispidi
di
colore nero caffè fare capolino dalla tromba delle scale. Il
piccolo
mostro, che le sorrise con i suoi dentini affilati in maniera poco
rassicurante,
stava cercando
di buttare giù dalla scalinata la vecchia credenza di sua
madre che,
antico cimelio di famiglia, era
stato regalato loro
da parte
della bisprozia della nipote della moglie del fratello del cugino
acquisito. Da parte di mamma, s’intende.iii
Bulma
si strozzò nel suo respiro: « Fermo! Quel mobile
sarà pure
orrendo, ma non puoi buttarlo giù per le scale! »
Neanche il tempo di
finire la
frase che, dalla credenza, sgusciò fuori un altro terribile
mostriciattolo che, ‘stavolta con in testa una bizzarra
chioma
glicine, la fissò con occhietti spiritati e
sguainò le fauci, come
pronto per addentarla.
Prima
che Bulma potesse urlare, il mobile venne scaraventato giù
per le
scale dai due demonietti che, subito
scapparono, volando al piano di sopra e
andando a rifugiarsi in uno dei bagni: la donna, nonostante la paura,
superò con un salto atletico l’antica credenza che
finì a fare
compagnia al divano sventrato in salotto, e seguì le tracce
dei
mostri fino al bagno.
Appena
aprì la porta, uno sciame di api uscì dalla porta
e la rincorse per
tutte le scale, fino a che non scappò in salotto, uscendo
in giardino attraverso la portafinestra che – uh,
non l’aveva notato era stata
scaraventata in giardino, lasciando un vuoto incolmabile
tra giardino e salotto. Be’,
la
cosa positiva era che il buco sul soffitto che aveva creato suo
marito, in maniera artistica per
far vedere le stelline alla figlia minore,
almeno
era
rimasto tappato. Peccato per il resto delle mura che pareva stesse
per crollare da un momento all’altro.
Raggiunse
a grandi falcate il marito che, ancora, se ne stava al sole come una
lucertola e la fissò,
quando la vide,
con aria compiaciuta. Si portò davanti a lui con la schiuma
alla
bocca.
« Chi sono
quei demoni?! »
« Loro son-
»
«
Lascia stare! Risolverò la situazione da me! » e
sparì nuovamente
dentro la casa, pestando i piedi sul terreno e
creando
delle voragini sul pavimento. Vegeta osservò il suo adorato
fondoschiena sparire dentro casa e fece spallucce, tornando a sfidare
il sole. Ancora non voleva dargliela vinta a
quella bastarda di stella.
La
scienziata non si
arrese
e, con un urlo di guerra,
salì
di corsa le scale fino ad arrivare alle camere: notò con
orrore la
cameretta di Bra che era una strage di peluche e bambole decapitate e
squartate sul pavimento, mentre il letto aveva preso fuoco ed era,
al tempo stesso,
ricoperto di schiuma. La
stanza di Trunks, invece,
era sottosopra, nel senso che, in qualche modo, tutti i mobili e il
letto pendevano dal soffitto, attaccati con quella che, o era colla,
o non voleva sapere che sbobba fosse. Non si sa mai i teenagers che
possono combinare quando sono in preda agli attacchi ormonali.
Sentì
poi, d’improvviso,
una nenia lugubre provenire da quella che, era sicura, fosse la
stanza matrimoniale che condividevano lei e suo marito – o
ex-marito,
se presto non fosse venuto ad aiutarla invece di friggersi il
cervello al sole. Si avvicinò lenta,
schivando e superando di cadaveri di robot domestici che giacevano
per terra, assieme a residui di cibo e... lamiere di metallo? Avevano
distrutto pure i condotti dell’aria?
La
nenia, si rese poi
conto, si era
trasformata
in un party wild che, inaspettatamente, si stava svolgendo in camera
da letto: con tutto il coraggio che aveva in corpo, sfondò
la porta
e
si trovò davanti una schiera di fantasmi e demoni
dell’aldilà che
stavano facendo un party sul letto e sul pavimento, dipingendo la
stanza di variopinti colori di morte e putrefazione.
Boccheggiò
qualche istante e poi urlò.
«
Fuori di qui! » esclamò con furia, facendo voltare
tutti i demoni
ballerini verso di lei, i quali, resisi conto di avere davanti un
demone peggiore di loro, se la diedero a gambe, sparendo in una
nuvola di fumo. Urlò,
quando vide
due
mostriciattoli sul letto, quello con i capelli glicine e quella che
pareva una femminuccia con i capelli scuri a ciotolina, che stavano
per baciarsi. Senza contare il fatto che il demone con i capelli a
scodella indossava il suo abito di matrimonio.
« Viaaa!
» urlò indignata,
inseguendo i mostri per tutta la stanza, mentre questi
sghignazzavano, inquietanti, fin fuori il corridoio.
Si
apprestò a seguirli, fino a che non si trovò
davanti tutti e
quattro i demonietti che le ostacolavano la via di fuga. Afferrò
alla cieca un pezzo
di lamiera che giaceva a terra, pronta per difendersi dai mostri,
anche se, constatò con orrore, loro erano in quattro e lei era
sola.
Il
demonietto più
piccolo
con i codini blu pareva quello più sveglio e si
apprestò a morderla
ad una gamba, ma Bulma si difese con il bastone e
cercò di difendersi. Colpì con un colpo secco il
mostriciattolo che
aveva buttato da basso la terribile credenza della bisprozia, ma
l’altro demonietto, con i capelli tremendamente simili a suo
figlio, bloccò il bastone tra le mascelle
e lo tagliò tra le affilate fauci.
Bulma gridò
di terrore e cercò
di farsi strada, colpendo a casaccio i piccoli demoni che,
più che
essere spaventati dalla donna, si erano arrampicati sul soffitto del
corridoio e la fissavano a testa in giù, con la saliva che
scendeva
lentamente a terra dalla loro boccuccia deforme.
Quando
uno dei demoni girò la testa per fissarla meglio negli
occhi,
storcendo terribilmente il collo di 360° gradi, il suo coraggio
venne meno e mai fece così in fretta a correre
per raggiungere
l’ingresso della casa, dove soggiornavano Vegeta e la sua
sfida.
Quando
comparve sua
moglie gli
parve più pallida di un lenzuolo, ma non ne era sicuro, il
sole gli
aveva bruciacchiato le retine e lui
aveva iniziato a vedere degli unicorni saltellare
in giardino.
La donna si
voltò, tremante,
verso di lui. « M-ma… chi sono quei mostri?
»
Vegeta
parlò,
sempre
mantenendo
la sua espressione compiaciuta: «
Quelli sono i nostri figli quando non sono custoditi »
« C-come?
» balbettò Bulma,
arretrando barcollando.
Vegeta sorrise ancora,
anche se
guardò per qualche secondo il vuoto. Dannazione, non ci
vedeva
proprio, stupide retine, dove diamine si era messa la donna?
Quando
individuò la sua voce e
si orientò nello spazio-tempo, continuò.
« Hai sentito bene…
allora, pensi ancora che il mio lavoro sia inutile? »
Bulma emise un altro
gemito al
sentire un’esplosione provenire dal piano di sopra. Si
voltò,
arrabbiata, verso il marito che ancora faceva fatica a mettere a
fuoco i dintorni. Che ironia, a guardare troppo il fuoco, ora non
metteva più a fuoco.
«
Perché non fai nulla e te ne
stai qui?! » gli urlò, piccata.
«
Perché esigo le tue scuse »
La donna
sbuffò, portandosi una
mano al ciuffo di capelli che era scivolato dal cerchietto, e si
lisciò l’abito, o quello che ne rimaneva, visto
che sembrava una
scappata da Vietnam. Incrociarono entrambi le braccia al petto e
fecero il muso. Lei si rifiutò di guardarlo in faccia,
mentre lui,
ancora, non la vedeva la sua faccia.
Ad una certa,
finalmente, rimise
a fuoco il mondo e la guardò, ancora con fare compiaciuto.
Probabilmente a fine giornata il ghigno strafottente tenuto per ore
gli avrebbe fatto venire un ascesso alla faccia.
Un improvviso boato li
fece
girare verso la casa e seguì qualche secondo di silenzio di
troppo.
Poi, un fischio assordante attirò la loro attenzione,
portandola al
cielo, e Bulma spalancò gli occhi al vedere una palla di
lamiere che
si stava dirigendo a tutta velocità verso di loro.
La palla si
sfracellò al suolo
dietro di loro e distrusse l’unica parte del giardino che era
rimasta integra dalla devastazione, ossia il vialetto davanti casa e
il marciapiede comunale.
E anche la Gravity
Room aveva
tratto il suo ultimo respiro.
Il Saiyan
boccheggiò come un
pesce fuor d’acqua a vedere la devastazione del suo
giocattolo
preferito e si portò una mano al petto, sentendosi il fiato
corto,
incerto se fosse il principio di un infarto o le costolette di maiale
che ancora aveva sullo stomaco.
A tirar fuori entrambi
dall’imbarazzo di dover parlare per primi per spiegare il
perché i
Saiyan cuccioli fossero la versione miniaturizzata di satana, si
presentò con un bel sorriso Gohan che, come sempre alle
cinque del
pomeriggio, arrivava per portare a casa la sua adorata Pan e il suo
meno adorato fratellino Goten con cui, da circa dieci anni, doveva
condividere la quota ereditaria.
«
Buongiorno… » sussurrò al
vento, visto che gli occhidella coppia stavano ancora osservando i
resti fumanti della stanza gravitazionale. « Wow…
» bisbigliò,
poi, osservando la desolazione che regnava tutt’intorno. Non
che
non vi fosse abituato, ma almeno l’assicurazione di casa
Brief
copriva tutti i danni. « Wow, è un unicorno
quello? »
« Ora basta!
» si animò,
invece, il Principe dei Saiyan, « quei demoni hanno superato
il
limite! »
I tre fecero comunella
in una
piccola riunione improvvisata, per tirare fuori una strategia
d’azione, ma, presto, dovettero fare i conti con la
realtà: la
situazione era peggiore del previsto. Probabilmente due dei
mostriciattoli gozzovigliavano al piano di sopra, ma gli altri due
avevano raggiunto il giardino posteriore e, se non li avessero
fermati, la signora Brief avrebbe dovuto dire addio alla sua
collezione di petunie, e tutto volevano, tranne che procurare un
dispiacere alla signora Brief.
« Faremo
così » iniziò,
strategico Vegeta, nominato improvvisamente genitore esperto
e
responsabile. Un ruolo estremo e difficile da avere sulle
spalle,
ne erano consapevoli, ma nelle situazioni di emergenza, come quella
che stavano vivendo in quel momento, avevano poca scelta.
« Entreremo
in casa e saliremo
cauti al piano superiore: una volta lì, io
placherò le due bestie,
addormentandole. Poi scenderemo in giardino, per avere a che fare con
le altre due »
« Non ci
sarà il rischio che le
altre due, sentendo il nostro odore, ci raggiungano in casa,
abbandonando il giardino? » domandò cauto Gohan,
sistemandosi gli
occhiali sul volto con fare impegnato ed intelligente.
« Questo
potrebbe risultare a
nostro favore, così non toccheranno le petunie. Nel caso ci
circondassero, lasciate fare a me! »
Deciso il piano e
acquisito un
poco di coraggio, entrarono in casa.
La visione del salotto
si
presentò loro peggio di quanto Bulma ricordasse: il divano
aveva
stranamente smesso di bruciare, ma la credenza della bisprozia aveva
un aspetto orribile. Anche se, a dire il vero, lo aveva sempre avuto.
Cercando di non
respirare i fumi
tossici che uscivano dalla cucina, salirono quatti quatti le scale,
Vegeta davanti a dirigere il gruppo, Bulma in mezzo, mentre stringeva
con agitazione il braccio del marito e Gohan in fondo, che scrutava
attento i dintorni, alla ricerca di qualche minaccia come sua figlia
o suo fratello. Dai, che magari era la volta buona che ereditasse
tutta l’eredità.
Arrivati in corridoio,
si
fermarono davanti allo scricchiolio tenebroso della camera
matrimoniale che si apriva, cigolando. Il nero che ne
fuoriuscì non
faceva sperare nulla di buono, soprattutto per il fatto che accendere
la luce di giorno, quando fuori c’era il sole, era uno spreco
fastidioso e poco rispettoso verso l’ambiente. E poi la luce
naturale del sole faceva bene alla vista e alla pelle. Vegeta poteva
confermarlo.
Il gruppetto si
fermò immobile
al centro del corridoio, proprio al davanti alla porta e i
combattenti assunsero la posa d’attacco: Vegeta con il
bastone del
mocio tra le mani, Bulma con due ciabatte pronte a colpire e Gohan
con il tubo per l’aspirapolvere acceso.
L’urlo di
una delle creatura
gelò l’aria e subito uscirono dal buio della
caverna due
demonietti, uno con i capelli glicine e l’altra con i capelli
a
ciotola neri: il gruppetto dei Ghostbusters
tenne loro testa, cercando di resistere ai morsi dei dentini affilati
dei mocciosi e Gohan aspirò con convinzione la faccia dei
mostri
dentro l’aspirapolvere, sperando di catturare lo spirito
malefico
che li stava assediando.
Ad un certo punto,
però, non si
rese conto di stare avvicinandosi troppo ai due mostri che, prima che
Vegeta o Bulma potessero avvisarlo, lo afferrarono per le gambe e lo
scaraventarono a terra e, come risucchiato da una voragine, venne
trascinato verso il buio della stanza da letto, risucchiato dalle
spire nere della luce spenta.
La coppia
poté solo assistere,
indifesa, alla scomparsa del loro amico dentro la camera,
finché la
porta non si chiuse dietro di lui, cigolando.
« Oh mio Kami,
Vegeta!
Hanno preso Gohan! Cosa facciamo? »
s’impanicò Bulma,
stringendosi a Vegeta, che la teneva stretta per la vita e impugnava
una delle due ciabatte in mano, come un eroe con la sua spada
insanguinata.
«
Be’, non che sia una grande
perdita »
Lo sguardo corrucciato
di Bulma
gli fece cambiare idea. Sbuffò: «
D’accordo, andiamo in giardino!
»
Scesero di corsa le
scale ed
uscirono dalla porta posteriore nel giardino.
Si dovettero
nascondere ancora
una volta, e optarono per rifugiarsi dietro la carcassa di uno degli
alberi che i mocciosi, ‘stavolta tutti e quattro, avevano
sradicato
e gettato alla rinfusa vicino alle aiuole. La cosa positiva era che
le petunie ancora stavano bene, ma non per molto, pensò,
ansioso,
Vegeta.
Entrambi guardarono
meglio la
scena dei mostricciattoli che urlavano e strepitavano ad un paio di
metri da loro e notarono con orrore che, dai resti della GR, avevano
costruito un razzo a propulsione sul quale, vi era legato ed
imbavagliato Gohan che, con il tubo dell’aspirapolvere ancora
in
mano, cercava, invano, di liberarsi. Un enorme countdown in cima al
razzo segnava i minuti che separavano il razzo dal lancio verso la
Luna.
Probabilmente tutto
quello era
opera di Bra: la scienziata alzò gli occhi al cielo.
« Vedi che
succede a viziare tua
figlia? » bisbigliò rabbiosa, contro il marito
« che crea i razzi
spaziali! Te l’avevo detto di non regalarle quel libro
sull’astrofisica applicata e tu che fai? Glielo regali! La
stai
viziando troppo! »
«
D’accordo, Lascia che ci
pensi io, tu seguimi, ma lascia parlare me! » rispose,
invece,
Vegeta, non facendo caso al tono astioso della compagna. «
Ricordati
solo alcune regole importanti. Dobbiamo seguirle alla lettera,
altrimenti non saremo in grado di addomesticarli! »
Bulma
annuì, ansiosa di
liberarsi dalla situazione il prima possibile.
« Prima
regola, guardali dritti
negli occhi, così capiranno che sei tu il capobranco.
Seconda
regola, non alzare la voce, penseranno che tu possa piegarti alla
loro volontà. Terza regola, non voltare mai loro le spalle,
penseranno che tu sia debole! »
« Dove hai
imparato queste
regole? » chiese, stupita la donna.
« Da questo
libro! »
« Ma questa
è la guida pratica
per l’addestramento dei cani! »
« Be’,
è uguale »
Quando si avvicinarono
al branco
dei mostricciattoli che ballava e girava attorno alla preda che
avevano catturato, i demonietti si misero sulla difensiva e
iniziarono a ringhiare loro contro, ma Vegeta non tentennò
un
secondo e continuò ad avanzare cautamente in avanti, tenendo
le
braccia distese e le mani aperte e cercando di bilanciare i movimenti
del gruppo, perché questo non uscisse dalla sua zona di
controllo.
« Stai
calmo, Trunks » affermò
con tono deciso il Saiyan, avanzando passo per passo, con la moglie
dietro la schiena.
La forma indemoniata e
non
custodita di Trunks ringhiò e ruggì di rimando,
cercando di
acquistare terreno, ma senza successo. Il piccolo e poco adorabile
Goten – almeno in quel momento – che stava dietro
di lui, si aprì
in un sorriso di dentini affilati e cercò di fare lo stesso
di
Trunks, tentando di mordere il principe.
« No, Goten,
cattivo! » gridò
Bulma, ma Vegeta l’interruppe subito, allarmato.
« Ferma,
Bulma, così farai il
loro gioco! Va’ a liberare Gohan! »
Mentre la moglie era
indaffarata
nel cercare di liberare il figlio del Son, Vegeta portò sul
sguardo
sui tre demonietti che gli stavano davanti. Trunks ancora cercava di
avanzare ed era il più coraggioso del gruppo, anche se,
davanti al
suo passo deciso, stava iniziando a tentennare; Goten era un poco
più
incauto, ma meno resiliente e dopo un altro tentativo di assaggiare
la sua gamba, era rimasto indietro, quasi con la coda tra le gambe.
Pan, invece, poco più in là, aveva abbandonato la
noce di cocco che
stava sgranocchiando e si era concentrata sui suoi movimenti decisi e
più che arrabbiata, pareva curiosa, ma, per fortuna, troppo
cauta
per avvicinarsi.
« Calmo,
Trunks » riferì
ancora una volta, cercando di calmare il più forte dei tre,
quando
si rese conto che… uno… due…
tre… dov’era il quarto?
«
Dov’è vostra sorella? »
Alla sua destra, due
occhietti
azzurro ghiaccio accompagnati da un basso e famelico ringhio lo
fecero guardare nella siepe accanto. A quanto pare Bra aveva scelto
la posizione più nascosta e comoda per attaccare.
« Bambina
perspicace… »
sogghignò.
Il demonietto azzurro
uscì con
un balzo dalla siepe e si posizionò davanti al gruppo che,
al
completo, parve assumere di nuovo forza e si oppose con più
coraggio
al suo controllo, facendolo arretrare verso Bulma e Gohan, ancora
legato come un salame al razzo, del cui countdown a quanto pare,
tutti se ne stavano fregando.
« Vegeta!
» gridò, spaventata
la donna. Vegeta, vedendo che la situazione gli stava sfuggendo dalle
mani, prese, allora, una decisione estrema.
« Non vi
permetterò di lanciare
Gohan sulla Luna! » affermò deciso verso il branco
che ancora
ringhiava, rabbioso, verso di loro.
«
Sarà solo uno di voi a
farlo »
« Cosa!?
» esclamò Bulma.
« Hmmph!?
» esclamò Gohan che,
aspirapolvere alla mano, era ancora imbavagliato e legato al razzo
per la Luna.
Anche i demonietti si
erano
fermati alle sue parole e lo guardarono con fare curioso.
« E
lascerò che siate voi a
deciderlo, lottando tra di voi » concluse, infine, il Saiyan,
portandosi le braccia al petto.
Passò
qualche secondo di
silenzio in cui risuonò solo il countdown del razzo,
finché i
quattro demoni non si osservarono tra di loro e, guardandosi
improvvisamente in cagnesco, iniziarono a ringhiarsi l’uno
contro
l’altro. In poco tempo, il branco si dissolse in una lotta
intestina, in cui ognuna delle parti lottava per avere la supremazia
sull’altra.
Bulma lo raggiunse con
passo
incerto, osservando incredula la scena.
« Sei sicuro
che funzionerà? »
« Ma certo,
stai a guardare » e
fece nuovamente la conta: « tre…
due… uno… »
Come allo scoccare
delle lancette
dell’orologio che segna la mezzanotte, i quattro demonietti
improvvisamente avevano smesso di lottare e, accasciati a terra
l’uno
sull’altra, dopo aver ripreso le loro sembianze umane,
Trunks,
Goten, Pan e Bra, dormivano dolcemente, sfiniti dalla lotta.
« Dovevo
solo far terminare loro
le energie e presto si sarebbero addormentati come angioletti
» fece
il Saiyan, allargando le braccia e il sorriso.
A Bulma brillarono gli
occhi e si
gettò tra le braccia del marito, travolgendolo in un bacio
focoso,
anche se, probabilmente, Vegeta ne aveva abbastanza di fuochi quel
giorno.
Il loro bacio focoso e
romantico
li distrasse, però, da un piccolo dettaglio importante e il
countdown del razzo finì e il boato del razzo li travolse.
Si ritrovarono,
così, a fissare
il cielo, in cui la scia bianca del razzo verso la Luna strisciava
perpendicolare, per raggiungere le somme vette dell’atmosfera
e
andare a precipitare sul satellite.
Ops.
Sarebbero dovuti
andare a
recuperare Gohan, ma almeno la loro assicurazione copriva anche gli
incidenti sulla Luna.
The End
Angolo
dell’autrice
Non
avevo propriamente in
mente di tornare con una Sbavatura, ma avevo troppa voglia di
scrivere qualche scemenza. Spero che questa storiellina possa
rallegrare la quarantena di tutti voi :)
Purtroppo
ultimamente
bazzico poco per questi lidi e ci sono un sacco di storie belle che
ho da recuperare, quindi spero di farmi sentire al più
presto!
Intanto,
vi ringrazio se
siete arrivati fino a qui e se mi farete sapere che ne pensate,
grazie mille! Un abbraccio forte forte, a due metri di distanza!
A
presto,
Zappa
iGrazie
all’ego di Tony Stark
iiGrazie
a Darth Vader, per la gentile comparsa
iiiCit.
Le Follie dell’Imperatore
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