Lo specchio

di _ Silvietta _
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Partenza ***
Capitolo 2: *** Il collegio ***
Capitolo 3: *** Alex ***
Capitolo 4: *** La mia nuova classe ***



Capitolo 1
*** Partenza ***


Mi sono sempre chiesta che emozioni avrei potuto provare vivendo lontana da casa: lontana dai nonni ossessivamente "innamorati" di me e sempre pronti a viziarmi in ogni modo possibile, lontana dai genitori, forse troppo permissivi, sempre presenti e contenti di rappresentare il mio punto di riferimento e di potermi cavar fuori da qualsiasi impiccio. Mi immaginavo la mia vita in autonomia completa, e non mi dispiaceva...
Ma non credevo che questo potesse succedere sul serio. Era più che altro un sogno, una di quelle storie che ti inventi quando, da bambino, non c'è nessuno con cui giocare e hai bisogno di tenere occupata la testa.
E quando poi ti trovi nella situazione, con le valigie già pronte, a salutare la tua stanza, il panorama dalla tua finestra, i tuoi amati peluches, ti accorgi di quanto fosse bello il tuo "nido", casa tua.  Ti rendi conto della fortuna di avere tutti i parenti attorno, pronti a fare qualsiasi cosa per te. E vorresti restare a casa per sempre. Ma le cose cambiano, si cresce, si deve imparare a cavarsela da soli, a prendersi le proprie responsabilità, anche facendo qualche sacrificio. E' così che si diventa adulti.
Quando scoprii che l'unico liceo classico della zona era a duecento chilometri da casa mia (un bugigattolo di tre stanze a metà strada tra i boschi e l'alta montagna, immerso nel verde e circondato da stambecchi) e che per frequentarlo avrei dovuto per forza trasferirmi in un'altra città, sola, senza i miei genitori accanto, fu un trauma. Il mondo mi crollò addosso. Io, che da sola sapevo a malapena allacciarmi le stringhe delle scarpe. Catapultata nel mondo degli adulti, allo sbaraglio. Provavo un misto di euforia e ansia.
Non che avessi speranza di frequentare una scuola superiore vicina a casa: gli stambecchi non possono certamente insegnare a scrivere...tantomeno spiegare Aristotele! Ero totalmente consapevole del nostro isolamento dal mondo. Però la consapevolezza di dover lasciare la mia adorata cameretta in stile sudtirol mi provocava una fitta al cuore simile a quella di Lucia nell'Addio ai monti.
Era questo quello a cui pensavo mentre mi crogiolavo al sole sulla mia terrazzina, che non avrei più rivisto per i sei mesi successivi. Mi spaventava l'idea di andare in collegio...forse avevo paura di crescere. Avevo paura di trovare persone che non mi facessero sentire a mio agio, di sentirmi esclusa. Il dramma delle timidone cresciute in mezzo alle capre, alla paglia e alle margheritine!
In valigia, giusto qualche vestito e qualche ricordo di casa. Nessun peluche: era già abbastanza difficile integrarsi e fare amicizia, figuriamoci poi se avessi fatto la figura della bambina piccola! Sarebbe stato impossibile sopravvivere alle prese in giro!
Mio padre suonò il clacson della macchina per mettermi fretta e io scesi le scale di corsa, con una spallina dello zaino infilata di traverso, agguantando la valigia al volo. Salii in macchina alla velocità della luce dopo aver scaraventato tutti i pacchi e pacchettini nel portabagagli. "Prima che cambi idea" pensai.
Non sapevo se mi sarei trovata bene o male. Sapevo che sarebbe stata un'avventura.

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Capitolo 2
*** Il collegio ***


L'edificio, da fuori, non sembrava poi così male: era un grande caseggiato giallo con porte e finestre in acciaio. Non mi dispiaceva, anche se aveva il muro con l'intonaco scrostato in più punti e le begonie mezzo appassite dopo secoli di permanenza su quei davanzali ammuffiti dall'umidità. Entrando, ad accoglierci trovammo una segretaria indaffaratissima, che cercava di districarsi tra telefoni, fax e reception. Al primo impatto, sembrava solo una comunissima impiegata distratta, stressata e in preda al panico: proprio come qualsiasi altra segretaria di qualsiasi altro ufficio. "Le farebbe bene una vacanza, anche solo una settimana nella mia casetta tutta caprette" pensai. -Buongiorno! Mi chiamo Sofia Bellani, sono la ragazza che... -Ah si, si, so chi sei, benvenuta carissima! Io sono Priscilla, avremo modo di conoscerci meglio...scusa, devo rispondere...- stava squillando un telefono insistentemente: lei si diede la spinta con la sedia girevole e roteando raggiunse un'altra scrivania. Io e i miei genitori ci stavamo facendo la stessa domanda: ma come fa a tenere tutto sotto controllo? "É magica" pensammo. Tenendo il cordless tra l'orecchio e la spalla, Priscilla si diede di nuovo la spinta, raggiunse un tabellone a cui erano appesi diversi mazzi di chiavi e ne prese uno. -Tesoro, sei nella stanza numero 311, adesso chiamo Paul che ti venga ad accompagnare. Mi fa molto piacere averti conosciuta... chiedimi pure qualsiasi cosa tu abbia bisogno! Non sai quanto io adori fare due ciance con la gente! Ma sono così preeeeesa! - disse raggiungendo la scrivania dove l'aspettavamo e porgendomi le chiavi. Compose un numero su un altro telefono e appoggiò il corless sul tavolo. -Paul, vieni su un minuto? È arrivata...- disse, parlando al telefono. Poi riprese in mano il cordless e se se andò roteando e immergendosi nella telefonata: -Jim scusa se non ti ho risposto subito, ma avevo da fare... Immaginai la quantità di ansiolitici che avrei dovuto prendere per fare il lavoro di quella donna, mentre aspettavo il suddetto Paul. Quando vidi arrivare un uomo grande e grosso, con le spalle larghe e la faccia burbera, non potei credere ai miei occhi: sembrava il maggiordomo della famiglia addams! In realtà era la persona più dolce del mondo...ma lo scoprii solo quando cominciò a parlare. La prima cosa che mi disse mi mise subito a mio agio: -Ma chi abbiamo qui? Una nuova recluta? Benvenuta signorinella! Come ce la passiamo? Vieni che ti accompagno in stanza...le valigie vuoi che le porti io? -Grazie davvero...-fu l'unica cosa che riuscii a dire. -Ti chiami Sofia, giusto? Lascia che ti spieghi qualche regola del nostro istituto...- cominciò ad elencarle, mentre attraversavamo un corridoio lunghissimo e dal fresco profumo di disinfettante. -Questo è il plico del regolamento...so che è pallosissimo, ma ti pregherei di leggerlo tutto almeno una volta...giusto per far contenta la preside! Questo invece è l'elenco delle attività della casa e l'orario settimanale...vedi di organizzarti in qualche modo, ok? Ora ti lascio sistemare la tua roba...- mi strizzò l'occhio se ne andò dopo aver aperto una stanza con una targa sopra: era la numero 311. Chiusi gli occhi, immaginandomi come poteva essere. Sui toni del blu o del rosso? Oppure del giallo? Con il letto a castello? Luminosa o buia? Quando li riaprii, vidi che non era poi così male come stanza. Due letti anonimissimi con le coperte beige, due armadietti da carcerati e un tavolino con quattro sedie attorno. Era abbastanza grande, però, e aveva uno di quei fantastici comodini con le rotelle che puoi portarti dove vuoi. Già immaginavo come personalizzare muri e armadi con quanti più poster possibile! E chissà come sarebbe stato dividere la stanza con una ragazza più o meno della mia età! Chissà che tipo era la mia compagna... non vedevo l'ora di conoscela! Diedi un'occhiata veloce all'orario generale: la sveglia era alle 7 e dieci, un orario abbastanza fattibile, e le lezioni cominciavano alle otto. Fino a mezzogiorno e mezzo si doveva restare a scuola, poi c'era una lunga pausa, fino alle tre e mezzo, ma le lezioni riprendevano nel pomeriggio per altre tre ore. Mi piaceva il fatto di non avere sei ore di fila di noiosissime lezioni di greco: una pausa in mezzo era proprio quello che ci voleva! Fino all'ora di cena c'era il tempo libero per attività varie e sport, poi alle sette e mezzo bisognava essere tutti pronti per la cena. Le luci venivano spente e i cellulari ritirati alle 22.30, ma si poteva ancora tenere accesa la luce del comodino. Scorsi anche l'elenco delle attività extracurriculari che proponeva la scuola: corsi di inglese, francese, spagnolo, tedesco e giapponese, lezioni di musica (chitarra, canto, pianoforte, flauto traverso), attività sportive (danza, calcio, tennis e pallavolo) e club di disegno, scrittura creativa e teatro. Era una scuola piena di iniziative, mi piaceva! Potevamo scegliere un'attività al giorno, volendo, e io avrei sicuramente scelto teatro, danza, chitarra e giapponese, ma mi sarebbe piaciuto tanto provare anche tutte le altre...entrai in crisi e chiesi a mia madre cosa ne pensava: ma tanto per lei era sempre eccessiva, qualsiasi cosa avessi scelto di fare. Aveva paura che non riuscissi a seguire le lezioni, già impegnative. Per lei non avrei dovuto fare un bel niente, a parte studiare, ma io volevo anche svagarmi un po'! -Forse stare un po' lontana da noi ti aiuterà a crescere...per intanto impara una cosa nuova: a scegliere come rendere profiquo il tuo tempo senza chiedere consiglio sempre ai tuoi genitori...e anche a disfarti i bagagli da sola!- le tirai un cuscino e scoppiammo tutti a ridere.

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Capitolo 3
*** Alex ***


Suonò la campanella e tintinnò l'altoparlante. -Si avvisano gli ospiti che fra pochi minuti sarà servita la colazione. Siete pregate di recarvi ai servizi e prepararvi per scendere in sala mensa, grazie- la voce di Priscilla come sveglia era qualcosa di unico. Aprii il primo occhio, incazzatissima, e mi tirai su con la stessa fatica con cui un bisonte dell'arizona si alza dopo aver mangiato una gazzella. Ok, non so se esistono i bisonti in arizona e nemmeno se siano erbivori, onnivori o che so io...ma capitemi: stavo sognando bisonti rossi e quella era l'unica immagine che riuscivo a concepire così presto al mattino. -Quella tipa è sadica...- sussurra Alex dal suo letto, assonnata quanto me. -Dovrebbe essere illegale svegliare la gente in questo modo... chi va prima in bagno? Vai tu? -Si dai, mi sbrigo... Era passata già una settimana e mezzo. Il tempo vola, quando le cose vanno bene! La mia compagna di stanza era una pazza scatenata con i capelli blu e le cuffie sempre nelle orecchie, la fissa per gli orari del bagno e la musica rock. Indossava sempre maglie e pantaloni larghissimi e passava le giornate a guardare cartoni animati giapponesi.La cosa più strana di lei era che teneva una dose infinita di erba nascosta sotto il letto, ma ancora più strano era che nessuno se ne fosse ancora accorto... Mi trovavo molto bene con lei: era simpatica, spaccona, e le piaceva pettinarmi i capelli e stringermi forte, come se fossi il suo peluches preferito. Francamente, non c'era nulla che mi piacesse di più del guardare cartoni animati stretta a lei, accoccolate sul mio letto, sotto la copertina di pile. Era così che facevamo trascorrere i sabato pomeriggio in cui nessuna delle due aveva visite: l'una perchè era sempre in punizione, l'altra perchè era troppo lungo il tragitto da casa al collegio per poterlo fare tutte le settimane. Avevamo legato davvero un sacco e insieme ne avevamo combinate di tutti i colori! Mi sentivo come se fossi stata sua amica da sempre! Mi faceva sentire al sicuro, nonostante fossimo due persone così diverse...lei moderna, viva e forte come una roccia, io piccola, ingenua, timida e indifesa come una pecorella. Aveva un aspetto così trasgressivo che era difficilissimo non giudicarla male alla prima occhiata. Molti, infatti, la escludevano a prescindere: pensavano che fosse troppo aggressiva. In realtà, non avevo mai conosciuto nessuno di così dolce e disponibile, quando era di buon umore. Altrimenti era meglio lasciarle sbollire la rabbia per un po' e poi tornava ad essere gentile e tenera. E la rabbia la affliggeva sempre più spesso, da quando era chiusa in quel collegio. Stavo dicendo...mi alzai, misi le ciabatte, naturalmente la destra nel piede sinistro e il piede sinistro nella ciabatta destra, e "corsi" in bagno. Mi diedi una lavata alla faccia e una spazzolata veloce, indossai i primi quattro stracci che pescai nell'armadio e scesi per la colazione. L'abbigliamento non è il mio principale problema, la mattina. Mi vesto bene solo quando devo uscire o quando ricevo visite, ancora oggi. La sala mensa era una grande stanza piena di tavolini doppi e sedie di plastica blu, con un enorme tavolo su cui erano allineati i piatti del buffet: fette biscottate, miele, marmellata oppure i soliti biscotti da ospedale. E la macchinetta del caffè, che distribuiva solo latte o acqua calda per il thè. Tutto qui. Per carità, sempre meglio che niente. Mi sedetti di fronte alla mia compagna di stanza, dandole il cinque. -Che facciamo stamattina di divertente? A chi piantiamo grane? -Sempre ad architettare piani per conquistare il mondo eh, tu? Ma quanto sei ribelle? -Modestamente.. -comunque mi spiace,ma oggi mi interroga di filosofia, devo ripassare... Addentai una fetta biscottata, guardandomi intorno: nessuno sembrava avere fretta di entrare in classe. Feci cenno ad Alex di guardare com'era vestita la più vamp della classe, ma lei non mi badò: era troppo occupata a pensare se fare il tris di latte di soia o no. -Se c'è una cosa che odio, è iniziare a studiare con il boccone lì. Mi viene sempre voglia di ruttare in faccia alla prof.- mi disse solo. -Se lo fai ti dò dieci euro! -Mi stai sfidando?- Mi fece la linguaccia e io capii che non avrei mai più trovato un'amica migliore di lei.

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Capitolo 4
*** La mia nuova classe ***


Mi sedetti al mio banco nella classe ancora vuota e tirai fuori i libri di filosofia. Mai vista una materia tanto incasinata. Era quasi peggio di fisica e matematica: tutti quegli "essere e non essere" e quei paroloni greci terminanti in "logia"...Beh, questo non avrebbe dovuto stupirmi: da brava grecista, avrei dovuto sapere che è una parola di origine greca che vuol dire "ragionamento". Questa si chiama deviazione professionale: vedere il greco OVUNQUE e sentire quella vocina che ti traduce automaticamente tutte le parole che senti e suonano familiari. Dicevo...mi sedetti al mio banco e cominciai a studiare Aristotele. Che poi, sti filosofi, guarda caso, erano pure tutti greci! Ok, basta parlare di roba classica, che mi viene il mal di testa! Cercai di concentrarmi, ma era una cosa impossibile, nell'"ora di punta" degli ingressi in classe. La mia era proprio una stranza sezione. Ogni persona era particolare, con un carattere tutto suo e modi di fare a volte stranissimi. "Come si sarà vestita oggi la vamp di turno? E il cocco delle prof, che cravattino avrà messo? E come procederanno le love story delle coppiette storiche della classe?" erano le domande che ogni giorno mi ponevo, guardando entrare i miei compagni. Subito dopo di me, quella mattina, arrivò Martina: profondi occhi azzurri, lunghi capelli biondi, di secondo lavoro ragazza immagine in uno studio fotografico. La sola cosa che le mancava era una puntina di modestia. E la simpatia, ovviamente. Dopo di lei entrò Edoardo, il cocco della prof, il più secchione della classe, con tanti riccioli castani. In tutto e per tutto simile ad una statua greca. Il suo ideale era la "Kalokagazia", che non è una parolaccia, ma sta a significare "bellezza interiore ed esteriore". Un po' come nella pubblicità dell'acqua Rocchetta. Credo che la sua principale occupazione fosse trascorrere i pomeriggi comprando cravatte e papillon o studiando gli autori della letteratura greca. Ma l'ingresso piùtrionfale di tutti lo fece lui, il più simpatico di tutti, il più fantastico amico che si possa desiderare, Francis, con il suo solito sorriso da parte a parte, contagioso come non mai. Era l'unico capace di tirare su il morale anche ai depressi cronici come hi-ho....o come me... Entrò scortato dalla sua solita banda di amici, che poi salutò tra mille pacche sulle spalle, risate, abbracci. Era una persona davvero splendida, su cui si poteva sempre contare. Io l'avevo conosciuto davvero bene dopo un'interrogazione di musica andata male. Io piangevo, disperata, e lui era venuto da me con un fazzoletto in mano, dicendomi di farmi forza: "piangi, sfogati, arrabbiati: non c'è niente di meglio della sensazione delle lacrime che si asciugano sulla pelle" mi aveva detto. Era stato dolcissimo, e io da allora non avevo fatto altro che cercare di trascorrere più tempo possibile con lui. Cosa piuttosto difficile, visto che era perennemente circondato da amici. Grande simpatia vuol dire anche grande popolarità, quindi poca libertà. In tutta la scuola si veniva subito a conoscenza di qualsiasi cosa facesse. Attirò la mia attenzione anche l'ingresso di Giorgia, la rossa tutta pepe (anche in cucina: metteva spezie persino sul pane!) che indossava sempre golfoni svolazzanti come i suoi lunghi e setosi capelli color cannella. Non l'avevo mai sentita lamentarsi o piangere, parlare di casa sua o telefonare ai suoi genitori. Aveva un fisico da modella e come tale entrò nella stanza, lasciandosi dietro un profumo di spezie allucinante. Era la più bella della classe, a parer mio. Dopo di lei entrò il maschiaccio del gruppo, Mary, soprannominata Bloody per via del suo carattere forte e della sua inclinazione ad essere la prima in tutti gli sport. Prendeva in giro sempre tutto e tutti, a cominciare da se stessa. Di solito dormiva fino all'ultimo, per questo era strano vederla in classe così presto. Entrò gridando col suo vocione: "Anche oggi la colazione dei campioni: banana, pane e prosciutto e una sana ora di calciobalilla per sgranchirsi i polsi di prima mattina!" Giorgia, ovviamente, non si trattenne daldare aria ai denti, e si mise a controbattere: "Si, la banana era talmente verde che a momenti la scambiavo per una mantide religiosa e la spiaccicavo" "Peccato che dentro fosse più già nera di un ragno, purtroppo" Lei e Giorgia erano compagne di stanza e passavano praticamente tutta la giornata insieme, prendendosi in giro a non finire. "Che c'è, stamattina ce l'abbiamo con gli insetti? Vogliamo fare un terrario?" Chiese la Bruni, entrando in classe. Era la prof di Filosofia. Merda, non avevo finito di ripassare, perdendomi nei miei pensieri... "Mah, se poi possiamo infilartici dentro non sarebbe una cattiva idea" ribattè Giorgia. E tutti giù a ridere come se non ci fosse stato un domani. A parte la Bruni.

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