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di rasha85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** un risveglio traumatico ***
Capitolo 2: *** una piccola bugia ***
Capitolo 3: *** Una lezione movimentata ***
Capitolo 4: *** 4 - Uno scontro inaspettato ***
Capitolo 5: *** Ritornano i ricordi ***
Capitolo 6: *** Giochi di sguardi ***
Capitolo 7: *** Un altro scontro ***
Capitolo 8: *** la punizione ***
Capitolo 9: *** L'appuntamento ***
Capitolo 10: *** Una strana sorpresa ***
Capitolo 11: *** Una serata movimentata ***
Capitolo 12: *** Un risveglio inaspettato ***
Capitolo 13: *** rivelazioni ***
Capitolo 14: *** chiarimenti ***
Capitolo 15: *** incontri turbolenti ***
Capitolo 16: *** l'aula della verità ***
Capitolo 17: *** tutto in un bacio ***
Capitolo 18: *** lo scontro ***
Capitolo 19: *** la sfuriata ***
Capitolo 20: *** Spiegazioni ***
Capitolo 21: *** la telefonata ***
Capitolo 22: *** il piano ***
Capitolo 23: *** la reazione ***
Capitolo 24: *** Una vera amica ***
Capitolo 25: *** prime spiegazioni ***
Capitolo 26: *** Una discussione sfiancante ***
Capitolo 27: *** tutta la verità ***
Capitolo 28: *** La reazione di Luke ***
Capitolo 29: *** finalmente libera ***
Capitolo 30: *** una nuova scoperta ***
Capitolo 31: *** l'ultimo scontro ***



Capitolo 1
*** un risveglio traumatico ***


Apro piano un occhio, mentre la testa continua a vorticarmi furiosamente. Lo richiudo velocemente, cercando di alleviare quel mattone che mi comprime la testa. Aspetto 5 minuti e provo di nuovo ad aprire entrambi gli occhi, cercando di capire dove mi trovo.
Appena riesco a mettere a fuoco un lampadario di cristallo che pende dal soffitto, e che sicuramente non è quello della mia modesta stanza di college, mi sollevo di scatto sul letto, impaurita. Mi giro alla mia sinistra, sentendo solo in quell’istante la presenza di un corpo sdraiato vicino al mio. Spalanco sempre di più i miei occhi color nocciola intenso quando capisco che non ho idea di dove mi trovo e soprattutto di chi è il corpo del ragazzo sdraiato vicino a me, coperto solo in parte dal lenzuolo che lascia scoperti i muscoli ben definiti della schiena e i foltissimi capelli scuri che coprono il suo volto.
Rimango per qualche istante a fissarlo per cercare di ricordare una qualsiasi cosa di quello che poteva essere successo la sera precedente, ma la mia mente sembra completamente svuotata.
In un secondo prendo una decisione: non sarò qui quando lui si sveglierà e, visto che io non ricordo niente, molto probabilmente anche per lui è così, ed è molto meglio che le cose restino in questo modo, se non voglio perdere a reputazione che mi sono costruita così faticosamente nel corso dei primi due anni ad Harvard.
Mi alzo non facendo nessun rumore, cerco i miei vestiti, che trovo in un angolo della camera buttati alla rinfusa, li raccolgo ed esco, trovandomi immediatamente in uno dei soggiorni più lussuosi che abbia mai visto: il pavimento in parquet è ricoperto da soffici tappeti bianchi, due grandissimi divani di pelle bianca troneggiano al centro della stanza, ed sono talmente grandi che quasi fanno sparire il maestoso pianoforte a coda nero che si trova alla destra della porta della camera.
Le pareti sono ricoperte di stampe di foto giganti in bianco e nero e un grande televisore al plasma occupa quasi per intero la parete che si trova di fronte ai divani.
Rimango per qualche minuto sulla soglia della porta della camera, con in braccio i miei vestiti, per ammirare la grandezza e la ricchezza di quel posto, poi mi ricordo cosa devo fare e rientro velocemente nel mio completino intimo fuxia e blu e nel mio vestito aderente color corallo allacciato al collo. Mi metto alla ricerca dei sandali, che probabilmente mi devo esser tolta appena entrata nell'appartamento, visto il mio totale astio verso qualunque paio di scarpe superi i 5 cm di altezza, e li trovo, dopo aver attraversato tutto il soggiorno ed essere finita in una specie di gigantesca cucina, con piani di lavoro in marmo bianco, frigorifero in acciaio e pensili e armadi in legno chiaro, sotto il bancone di marmo al centro della stanza, separato dalla cucina.
Prendo in mano i sandali dorati con il tacco 15 che sono stati un prestito della mia coinquilina, così come il vestito, che mi ha gentilmente dato dicendomi che l'unica cosa che dovevo fare e a cui dovevo pesare ieri sera era divertirsi. E probabilmente era esattamente quello che avevo fatto, a giudicare dal tizio sdraiato nudo nel letto e ai vari bicchieri di vino che ho visto sul bancone, diversi dei quali hanno ancora il segno del suo rossetto.
Mi dirigo subito verso quello che sembra essere il portone principale, recupero la mia pochette fuxia da un mobile vicino alla porta e, con quella e i sandali in mano, comincio ad armeggiare con i vari chiavistelli.
Quando riesco finalmente ad aprire l'ultimo e poso la mano sulla maniglia, pronta alla fuga, sento una voce roca e profonda dietro di me:
"Ehi, ciao! Ma dove te ne vai, non facciamo colazione insieme e ci presentiamo? ".
Per un attimo, mi si gela il sangue: non ho nessuna intenzione di far sapere a questo ragazzo, per quanto interessante sia, chi sono, e sicuramente non voglio che lui dica in giro che è stato a letto con lei facendomi perdere tutto ciò per cui ho lavorato, visto che, da quello che lui ha appena detto, non ha assolutamente idea di chi lei sia.
Prendo la scelta più giusta per me: abbasso la maniglia e spalanco la porta, ritrovandomi in un luminosissimo corridoio ma senza la minima idea di dove andare. Basta quella frazione di secondo della mia esitazione, e subito mi ritrovo la mano dello sconosciuto sul suo polso, al quale continuo a dare ostinatamente a schiena.
"Ehi, dove pensi di andare? Non penserai mica di scappare così facilmente da me dopo la notte che abbiamo passato insieme? E se io volessi rivederti? E se volessi conoscerti? Avanti voltati e fammi vedere chi sei".
Le mie sicurezze vengono meno, ma solo per un attimo, a quelle parole: ad un ragazzo come lui, con quell'appartamento, cosa diavolo importa di conoscere una come me? Per lui sarebbe stata sicuramente una tacca in più sulla cintura, e io avrei avuto la reputazione rovinata, visto che non faccio mai queste cose e nessuno si aspetta che io le faccia.
Mi libero dalla sua presa forte con uno strattone e corro verso sinistra, grata di vedere la porta di un ascensore sul fondo della parete, non appena sono più vicina. La fortuna è dalla sua parte quando premo il tasto di chiamata dell'ascensore e le porte si aprono immediatamente, mentre mi catapulto dentro, continuando ostinatamente a tenere gli occhi bassi, e il ragazzo continua ad urlare nel corridoio: "Ehi, ehi, dove scappi? Torna qui".
Gli concedo solo una rapida occhiata prima che le porte dell'ascensore si chiudano, e sicuramente sarebbe stato meglio che non lo avessi fatto: vedo una specie di dio greco con muscoli scolpiti e pelle dorata, con il lenzuolo che gli copre solo le parti intime, e due occhi, sicuramente chiari visto come vi si rifletteva la luce del corridoio, coperti da qualche ciuffo ribelle.
Faccio appena in tempo a pensare a quanto sia bello, e a cercare di capire dove posso averlo già visto, che riabbasso velocemente la testa e le porte dell'ascensore si richiudono, lasciando il bel ragazzo da solo e me ritornare alla mia realtà.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** una piccola bugia ***


Entro nella mia stanza come una furia. ho il fiato corto e non mi importa se Alexandra sta ancora dormendo oppure no: l'unica cosa di cui mi importa è farmi una bella doccia e scrollarmi di dosso quella serata e soprattutto quegli occhi che continuano a tornarmi in mente. "Che cavolo succede?" esclama la voce ancora impastata dal sonno di Alexandra quando i miei tacchi cominciano a perforarle la testa, mentre mi muovo alla velocità della luce nella stanza. "Niente, niente, torna a dormire", dico sottovoce mentre mi tolgo i sandali. Mi dispiace averla svegliata, visto che ha ancora la testa sotto il guanciale ed è sommersa dalle coperte, anche se sono le otto e mezzo e alle nove e mezzo abbiamo una lezione. "Eh, no, no mia cara, non te la caverai così facilmente. Mi hai svegliata dopo essere sparita per tutta la notte, e addirittura torni di mattina in un giorno in cui hai lezione. Non hai mai dormito fuori nemmeno nel weekend, quindi, qualcosa deve essere successo per forza, e io voglio assolutamente saperlo", mi dice Alexandra, con la voce adesso di chi sembra sveglio da ore. Smetto di frugare nell'armadio alla ricerca di qualcosa di decente da mettermi al posto di questo microabito che indosso e mi volto a guardarla: i suoi lunghi capelli ricci mogano con i riflessi rossi, scompigliati dal sonno sono ancora più belli, mentre i suoi attentissimi e bellissimi occhi blu come il mare mi scrutano profondamente. Guardandola anche appena sveglia, capisco perché c'è la fila di ragazzi dietro a lei: è bellissima, ed anche molto simpatica e socievole. Faccio un sospiro: "Sinceramente, non so cosa sia successo ieri sera. So solo che stamani mi sono svegliata nel letto di qualcun altro senza sapere come ci sono finita, e appena me ne sono resa conto, me la sono data a gambe levate. Non ho idea di chi fosse l'appartamento, ma fortunatamente non ho visto nessuno, nessuno si è accorto di me e non ricordo niente, e mi sta benissimo così. Adesso mi devo fare una doccia, se no a lezione ci arrivo come un cadavere" e, non dando tempo ad Alexandra di aprire bocca, prendo i vestiti e vado a rinchiudermi nel bagno. Alexandra è rimasta seduta a bocca aperta sul letto, senza avere il tempo di formulare una qualunque domanda. Non appena mi trovo in salvo nel bagno, mi appoggio alla porta e tiro un lungo respiro di sollievo: non so perché ho evitato di rispondere alle richieste di dettagli della mia migliore amica, ma voglio tenere quello che è successo solo per me, come voglio conservare l'immagine di quel bellissimo ragazzo sconosciuto che mi guardava dispiaciuto fuggire da lui, e che mi avrebbe fatto molta compagnia negli anni che mi separavano dalla laurea, visto che quelli sono l'unica cosa che posso permettermi, l'unica cosa che può non distrarmi dal mio obiettivo. Mentre entro in doccia, non posso fare a meno di pensare che i ricordi sono l'unica cosa che mi è rimasto del suo passato e l'unica cosa che continua a tormentarmi durante la notte, poiché da quando ho fatto quello che ho fatto non sono più riuscita a dormire una sola notte a diritto senza aver incubi. Tranne, forse, la notte passata, ma forse non mi ricordo degli incubi come non mi ricordo di tutta la sera. Mentre sto con la testa sotto l'acqua, cercando di scacciare tutte le brutte immagini che come un fiume in piena sembrano tornarmi alla mente, mi sembra di sentire dei tonfi sordi e una voce, quindi chiudo l'acqua e mi metto in ascolto. "Ehi, ma credi di sfuggirmi così? ! Guarda che lo so che non mi vuoi raccontare cosa sia successo davvero! Non è possibile che ti svegli a casa di qualcun altro e non c'è nessuno con te. Dai, su, dimmi la verità, con chi ti sei divertita stanotte? E lo sai che non la smetterò fino a che non me lo dirai", urla Alexandra dall'altro lato della porta. Scuoto la testa sotto la doccia, mi metto l'accappatoio e l'asciugamano in testa, mentre penso a cosa dirle. Apro la porta e Alexandra è lì, con gli occhioni sgranati in attesa di una risposta. Non posso non soffocare un sorriso, vedendo la sua faccia curiosa, poi rispondo: "Intanto smettila di urlare, che ci sentono tutti. E poi, cosa vuoi che ti dica, visto che non mi ricordo niente? So solo che l'appartamento era molto bello e lussuoso, e che non è molto distante da qui, ma non so dirti se appartiene ad un ragazzo o a una ragazza, visto che io mi sono svegliata in una camera da sola, e me ne sono andata". Alexandra continua a studiarmi tenendo gli occhi fissi su di me, avvicinandosi al mio viso per capire se le sto mentendo o no. "Mmmh, e mi vorresti far credere che non sai se hai dormito con un ragazzo o una ragazza? Ma dai, lo sappiamo benissimo entrambe che non sei lesbica, anche se non ci sarebbe niente di male... a meno che tu non abbia cambiato orientamento, è da quando siamo arrivate qui che non ti ho più vista uscire con nessuno, anzi forse nemmeno parlare con qualcuno del sesso opposto". Non posso fare a meno di scoppiare a ridere, mentre Alexandra mi guarda stupita e quasi offesa. Appena riesco a smettere di ridere, l'abbraccio: "Oddio, come farei senza di te? No, non sono lesbica, mi piacciono sempre gli uomini, anche se ora non ho tempo per loro, ma ti ho detto che mi sono svegliata da sola e che non so di chi sia l'appartamento, non che debba aver necessariamente dormito con qualcuno. Comunque, chiunque sia stato ad accogliermi, è stato molto gentile... Non so dove poteva essere finita ieri sera, visto che non mi ricordo niente". Alexandra mi guarda ancora attentamente, sciogliendosi dall'abbraccio: "Va bene, va bene, non indagherò più, se non ti ricordi nulla è completamente inutile continuare a insistere. E io che speravo che mi raccontassi di una nottata di fuoco!", e si dirige verso nel bagno. Io rido mentre comincio a infilarmi il maglione a collo alto fuxia che mi è sempre piaciuto tanto. In quel momento mi si accende una lampadina e corro in bagno, dove Alexandra è intenta a lavarsi i denti. "Ehi, tu! Che fine hai fatto ieri alla festa, visto che appena arrivate sei sparita subito e non ti ho più visto?", chiedo, attaccando il phon. Lei mi guarda con la bocca piena di dentifricio, poi con molto calma si sciacqua e, guardandomi dritta negli occhi mi dice: "Beh, appena arrivate mi ha abbordato un tipo che non avevo mai visto, non uno dei soliti che conosco e frequenta quelle feste, un ragazzo molto carino e dolce, con cui ho passato tutta la serata. Mi ha riaccompagnata in camera, avevo provato a cercarti, ma eri sparita, pensavo fossi in stanza ma non c'eri, e quindi ho creduto che, forse, per una volta, ti fossi davvero divertita a quelle che di solito chiami le mie stupide feste". "Tu, piccola puttanella che vai a letto con chiunque", le dico in tono severo e ridendo, gettandole addosso l'asciugamano bagnato che aveva in testa. "Ehi, ehi, come ti permetti di giudicarmi, piccola suora di clausura? ?", mi risponde con lo stesso tono derisorio, mentre mi rilancia l'asciugamano bagnato. Mi sento punta sul vivo, anche se non posso fare l'offesa, visto che ho iniziato io, ma con un velo di tristezza nella voce le dico: "Ok, hai ragione, me lo sono meritata. A volte vorrei essere capace come te di lasciarmi andare, ma ormai è tanti anni che non ci riesco più". E il passato comincia di nuovo a scorrermi impetuoso nella mente, senza che riesca a fare niente per arrestarlo. La testa comincia a girarmi, e devo appoggiarmi allo stipite della porta per non cadere. Alexandra è subito vicino a me e mi abbraccia forte, dicendomi: "Scusa, anche io non sono stata molto carina. A volte me piacerebbe essere come te e resistere, per far capire ai ragazzi che in me c'è più di un bel faccino, ma spesso hanno una tale carica erotica a cui non so dire di no". Mi riscuoto alle parole e al tocco di Alexandra e torno alla realtà, e rendendomi conto di essere nella mia stanza di college, dove nessuna sa che mi trovo e nessuno sa chi sono, e non del baratro di buio, freddo e orrore che è il mio passato, in cui sono stata riportata per qualche istante. Mi staccò da lei, tornando in me e guardandola negli occhi: "Tu sei perfetta così, e se gli altri avessero il buon gusto di frequentarti, invece che di portarti a letto e basta, capirebbero che dentro sei ancora più bella di quanto tu non lo sia fuori. Magari, il prossimo ragazzo, non lo lasciare entrare subito nel tuo letto, aspetta due o tre appuntamenti, e permettigli di conoscerti. Tanto di ragazzi bellocci con cui divertirti ne trovi quanti ne vuoi". "Grazie amica mia. Tu invece tendi a renderti un po' troppo invisibile. Solo ieri sera che ti sei lasciata sistemare da me non sei passata affatto inosservata, anzi appena entrate tutti gli occhi maschili si sono rivolti verso di te e in tanti mi hanno chiesto chi fossi, perché non ti avevano mai visto. Dovresti lasciar uscire più spesso il bellissimo cigno che è in te". "Grazie Alexandra, ci penserò per qualche altra occasione, ma per la normalità mi va benissimo essere invisibile. Ora muoviti, che facciamo tardi a lezione", le dico, uscendo dalla porta della camera. "Signorsí, signora", mi risponde lei ridendo, mentre vaga per la stanza in mutande con la testa incastrata dentro un maglione. Rido ed accosto la porta, e mentre aspetto che Alexandra esca, guardo i ragazzi che passano per i corridoi con le facce sconvolte, probabilmente per la baldoria della sera prima. Incredibilmente, invece, io mi sento riposata. Chissà cosa ha combinato con me quel ragazzo. Poi, mentre continuo ad essere immersa nei miei pensieri, vedo in lontananza un gruppetto di ragazzi, con uno stuolo di ragazze al seguito, e appena si avvicinano, capisco chi sono: Luke e la sua squadra di baseball, insieme alle solite ochette che li seguano dovunque. Scuoto la testa mentre passano, lui ovviamente mi ignora come sempre, mentre io lo guardò dritto negli occhi, senza nessun timore o imbarazzo che invece sembra sempre che le altre abbiano nei suoi confronti. Lui passa ridendo e scherzando con gli altri davanti a me, senza nemmeno considerarmi, come se fossi un soprammobile, nonostante un paio di volte ci siamo anche scontrati a lezione su vari argomenti, anche se nessuno mette mai in dubbio quello che Luke ha da dire. Faccio per girarmi per riaprire la porta per vedere a che punto è Alexandra, quando la testa comincia a formicolarmi tantissimo, come se qualcuno mi stesse fissando. Mi volto di scatto mentre il gruppetto mi passa davanti e tutti sembrano ignorarmi, anche Luke, ma quando guardo verso di lui vedo che i suoi occhi di ghiaccio mi stanno scrutando. Tutto dura la frazione di un micro secondo, nessuno ha notato niente, ma io so benissimo che mi sta fissando e il brivido che mi corre lungo la schiena è la conferma di quello sguardo, anche se non capisco perché mi abbia guardata a quel modo senza motivo. La porta della camera si apre alle mie spalle e finalmente Alexandra esce, perfetta come sempre, nei suoi leggings di jeans e il suo maglione aderente blu, che le mette in risalto gli occhi, e i suoi immancabili stivali con il tacco. "Che hai? Sei strana". "Se ti dicessi che Luke mi ha appena fissato senza dare nell'occhio, come se esistessi solo io, ci crederesti?". Alexandra scoppia in una fragorosa risata: "I tipi come lui non ti fissano e basta, agiscono. E di solito tendono a stare al centro dell'attenzione. Guarda come ha fatto con me: una delle più belle esperienze sessuali della mia vita, ma con lui finisce davvero lì. Non c'è tempo per i sentimentalismi, io lo sapevo e mi stava bene. Ma lui non ti fissa senza dire niente o fare niente. Lui agisce, sempre. E di sicuro non è il tipo per una sognatrice come te. Per fortuna. Non potrei mai essere la sua ragazza, troppo al centro dell'attenzione e troppo spesso circondato da belle ragazze. Non sei d'accordo?". Sospiro, poi dico, prendendo sotto braccio Alexandra e avviandoci a lezione: "Hai ragione, di sicuro non sarebbe il tipo di ragazzo per stare con me. Ma è stato così strano, di solito ci scanniamo a lezione, ma fuori mi ha sempre ignorata completamente. E va benissimo così, non so come abbia fatto tu ad andarci solo a letto e a non aspettarti nient'altro". "Beh, quando le cose son chiare fin dall'inizio, non c'è niente di cui stupirsi. Coraggio, muoviamoci, altrimenti arriviamo in ritardo e poi te la prendi con me". Gli sorrido di rimando, ma ancora continuo a pensare a quegli occhi color ghiaccio che mi scrutavano, e non riesco a fermare i brividi che continuano a percorrermi la schiena.

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Capitolo 3
*** Una lezione movimentata ***


Arriviamo a lezione un po’ in anticipo, ed io entro in aula alla ricerca dei posti da cui poter vedere e sentire meglio, mentre Alexandra va a prendere un paio di caffè prima che inizi la lezione. Mi piace arrivare prima di tutti, così da avere il tempo di sistemarmi nella postazione che ritengo ideale e tirare fuori e disporre con cura tutte le cose necessarie a seguire la lezione: un blocco di appunti bianco ben ordinato e posizionato dritto davanti a me, varie penne di vari colori appoggiate sopra il blocco, per dare risalto agli argomenti che il professore ci sottolineerà, una matita, una gomma per cancellare e un appunta lapis alla sinistra del blocco, mentre a destra sistemo il mio fedelissimo micro registratore e la bottiglietta di acqua. Appena ho sistemato tutto, mi metto ad osservare l’aula: ho scelto due posti centrali, non troppo in alto, ma nemmeno troppo in basso, riesco a vedere perfettamente la lavagna e il telo del proiettore accanto ad essa ed in generale sono sicura che nessuno disturberà il nostro interesse per la lezione da questa postazione, visto che i casinisti stanno più in alto, e i secchioni, che hanno paura di perdere anche una virgola e ti richiedono quello che ha detto il professore cento volte, stanno più in basso. Generalmente, Luke e la sua combriccola di casinisti stanno più in alto, ma nessuno osa dirgli niente visto che, non si sa come, nonostante tutti i suoi impegni, la sua mancanza di attenzione durante le lezioni e le sue conquiste, è uno dei primi del corso insieme a me, che non faccio altro che sbattermi sui libri dalla mattina alla sera. Che spreco avere un cervello come il suo ed usarlo così poco! Chissà perché sono finita di nuovo a pensare a lui… lo conosco da un pezzo ormai, che mi è preso stamani? Non è mai stato nemmeno il mio tipo… Cerco di scacciare questi pensieri e mi rilasso sulla poltrona di stoffa rossa, dando un’occhiata all’orologio: le 9 e 20. Ma dove è finita Alexandra con i nostri caffè? Mentre controllo la porta per vedere dove sia finita la mia amica, da dietro le tende in cima alla stanza, dove si trova il proiettore, si sentono dei tonfi sordi e delle risatine: in aula c’è ancora discretamente silenzio, e qualsiasi rumore si sente amplificato, visto che le aule sono fatte proprio in modo da amplificare quello che dice il professore senza farlo urlare. Mi volto, scocciata e sbuffando, e vedo una ragazza con lunghi capelli biondi ed un microabito verde menta che continua a ridacchiare incespicando sulla tenda con i suoi sandali argento vertiginosi e guardando verso chi probabilmente era con lei là dietro: una mano spunta dalla tenda e la tiene per un braccio in modo che non cada, e subito dopo una figura alta e prestante di fa vedere in tutta la sua bellezza: Luke emerge dalla tenda con i capelli scompigliati, la camicia fuori dai pantaloni e la cintura slacciata. Dall’aula si levano risatine ed applausi di approvazione, mentre la ragazza continua a pettinarsi e sorridere ancora appesa al braccio di Luke e lui si guarda in giro con uno sguardo fiero, un sorrisetto a mezza bocca e fa un mezzo inchino, sorridendo. Le persone che sono state fino ad ora fuori dalla porta ad aspettare l’arrivo del professore si sono tutte ammassate all’ingresso a guardare la scenetta, ridendo e battendo le mani, continuando ad urlare come allo stadio: “Sei grande Luke”, “Sei troppo forte!”. “Oh, lasciacene qualcuna anche a noi!”. Lui continua a sorridere e a fare gesti di vittoria, mentre la ragazza, tutt’altra che imbarazzata, continua a stargli appiccicata e, nonostante lui tenti di scrollarsela di dosso, lei si avvicina sempre di più e, senza nessun ritegno, lo prende e lo bacia con foga e passione, davanti a tutti. I fischi e gli applausi aumentano sempre di più: Luke se ne sta lì, immobile, a lasciare fare a lei quello che vuole, senza nessun imbarazzo. Io, dalla mia postazione diciamo privilegiata, purtroppo vedo la scena in primo piano, e la cosa non può farmi che ribrezzo: mi viene da vomitare, non ho mai visto una tale maleducazione in pubblico. Faccio “Bleah”, tirando fuori la lingua, e poi mi volto di nuovo davanti: non mi va più di assistere ad una tale sceneggiata, e se il professore non arriva me ne torno in camera a studiare o dormire: qualunque cosa è meglio di questo filmino porno. “Su, su, permesso, ora basta, mettetevi tutti ai vostri posti”. La voce del professore fa smettere le urla e i fischi, e le persone che stavano sulla porta piano piano si disperdono e iniziano a prendere posto. Sento di spalle la bionda che scocca un sonoro bacio a Luke, dicendo “Ci vediamo dopo”, facendosi sentire da tutti e scendendo le scale sculettando, seguita dagli sguardi di tutti i ragazzi che le mandano anche baci, e lei se ne va sorridendo e sculettando ancora di più. Finalmente, questa farsa è finita, e vedo arrivare anche la mia amica con i caffè in mano. “Ma dove eri finita?”, chiedo sottovoce, mentre si siede e poggia delicatamente i due bicchieri sul tavolo. “C’era tantissima gente, poi un tipo ha cercato di attaccare bottone e non mi mollava più, ho dovuto dirgli che sono fidanzata per fargli mollare la presa. Poi sono arrivata qui e ho trovato tutta la gente stipata all’entrata, come se ci fosse un party. Ho capito che c’entrava una bionda e Luke, ma non ho capito cosa sia successo”. Alexandra mi guarda con occhi curiosi, anche se io non ho molta voglia di dargli spiegazioni, visto che il professore ha già iniziato la lezione e gli animi si sono placati. Sa quanto non mi piace parlare e quanto voglia seguire le lezioni per bene, ma continua a tirarmi gomitate e a dire “allora?!”, che non posso fare a meno di risponderle. Mi avvicino al suo orecchio e sussurro: “Allora Luke è sempre il solito porco, si deve essere fatto quella bionda dietro le tende, nella stanza del proiettore, e ne sono usciti sconvolti, senza nessuna remora a far capire quello che avevano fatto. Poi la bionda gli si è appiccicata alla faccia come una sanguisuga e hanno dato spettacolo davanti a tutti, sembrava di stare in un film porno. Che schifo. Comunque la prossima volta vado io a prendere i caffè, tanto a me non mi placca nessuno, almeno evitiamo di trovarci con i caffè sul banco, con il rischio di sporcare tutto. Ora non parliamo più, che voglio seguire la lezione”. Alexandra mi guarda con gli occhi sempre più spalancati: non credevo che si sconvolgesse così tanto con questa storia. Io continuo a guardarla con aria interrogativa, e lei indica con la mano dietro di me. Mi volto piano piano non sapendo cosa aspettarmi, e mi ritrovo davanti due occhi di ghiaccio stretti come due fessure che mi guardano in cagnesco. Il mio cuore manca un battito quando mi rendo conto che Luke è seduto dietro a me, ma si è sporto talmente in avanti sul banco che sicuramente ha sentito tutto quello che ho detto alla mia amica. Lui continua a fissarmi, poi piano piano inizia a sghignazzare, forse vedendo la mia faccia: devo essere sbiancata o essere rossa come un peperone, non so quale delle due sia il male minore. Ma che mi è preso oggi? Di solito non offendo nessuno e nemmeno mi importa di quello che fanno gli altri, io vado dritta per la mia strada, ma a quanto pare oggi quella scenetta mi deve aver dato alla testa e ho perso l’aplomb che mi sono faticosamente costruita. Tento di aprire la bocca per cercare in qualche modo di giustificare quello che ho detto, ma non mi viene in mente niente da dire, anche perché è esattamente quello che penso di lui. Lui continua a fissarmi, e decido di stare al gioco: se pensa che io sarò la prima ad abbassare lo sguardo e a chiedergli una qualche sorta di scusa, si sbaglia. Non sono stata io a fare il porco davanti a tutti, e scommetto che in molti, dentro questa stanza, la pensano come me. Continuiamo a fissarci senza dire una parola, mentre Alexandra mi tira per una manica per farmi voltare e seguire la lezione, e gli amici di Luke che stanno ai suoi due lati gli danno le gomitate per farlo smettere di fissare. Ma nessuno dei due sembra voler cedere: né io né lui vogliamo aprire bocca né abbassare per primi lo sguardo, sarebbe come a dimostrare che abbiamo lasciato vincere l’altro. “Denise, basta, voltati, il professore se ne accorgerà e non sarà molto contento. Lascialo perdere, lo sai che è un attaccabrighe”, mi dice Alexandra, continuando a tirarmi per farmi voltare. Continuo a fissare Luke, anche se direi che nel suo sguardo c’è qualcosa di diverso oltre all’essere arrabbiato, sembra quasi divertito, poi faccio un rumoroso sospiro e decido di voltarmi e dare retta alla mia amica: non vale la pena prendersi una parte dal professore e perdere una lezione per uno come Luke. Appena mi volto, sento la sua voce dire: “Visto che alla fine dai retta alla tua amica? Sarò anche un attaccabrighe, ma mi sembra che le sia piaciuto stare con me. Forse se le dessi retta più spesso, potrei farti divertire come ho fatto divertire lei. Non sei il mio tipo, ma mi adatto”. E inizia a sogghignare. Alexandra ha sentito tutto, come me d’altronde, e si volta a fissarmi, incerta sulla mia reazione. Non so nemmeno io come comportarmi, ma non lo tollero più: in un attimo scatto in piedi, mi metto di fronte a lui e urlo, con tutto il fiato che ho in gola: “Tu, lurido porco senza cuore! Che c’è, ti piace trattare le donne come se fossero oggetti ed usarle solo per il tuo divertimento? Pensi davvero che il ridicolo spettacolino che hai dato stamani ti faccia ricevere più successo e approvazione di quella che hai già? Ma fammi il piacere. Ti senti un dio, venerato da tutti, pensi che le donne cadano ai tuoi piedi e che tutti vogliano essere come te, ma sai che c’è di nuovo? A me non piaci, non sei mai piaciuto e se rimanessimo solo noi sulla terra il genere umano si estinguerebbe. Non hai niente dentro, niente per cui valga la pena di conoscerti, e se nella vita ti accontenti di avere semplicemente qualcuna nel letto, vai tranquillo che starai sempre bene. Ma smettila di torturarci con i tuoi spettacoli da video porno e da macho man. Fortunatamente per tutti la vita non è solo avere un bel faccino. E non capisco come la mia amica abbia fatto a venire con te. Ma se tu pensi di adattarti io di sicuro non mi adatterò mai a te. E non rivolgermi più la parola, non mi guardare nemmeno, ci siamo capiti?’”. Sto ansimando, sono rossa in volta, i capelli mi sono fuggiti dalla coda e solo ora mi rendo conto di che incredibile figuraccia ho appena fatto. Luke mi guarda in cagnesco, in silenzio, con la mascella serrata e credo che se non fossi una ragazza mi avrebbe già tirato un pugno in faccia. Ma che cavolo mi è preso? Perché mi è uscito tutto quel veleno dalla bocca? Ok, sì, sono stata provocata, ma potevo far finta di nulla e risolvere la cosa con calma, come faccio sempre? E invece no, il mio vero carattere ogni tanto spunta fuori di nuovo ed è sempre un disastro. Sento Alexandra che cerca di prendermi la mano tremante e di farmi risedere, ma non credo di avere il coraggio di restare a lezione: sento che tutta la classe si è ammutolita, nessuno dice una parola, neanche il professore, sembra che tutti si aspettino una reazione da parte di Luke, che sembra non arrivare. Io, di sicuro, non ho nessuna intenzione di stare qui ad aspettare che scateni la sua ira funesta, perciò mi volto, raccolgo in fretta la mia roba buttandola alla rinfusa nella borsa, ed esco dalla fila. “Signorina Jhonson, dove crede di andare?”. La voce del professore mi fa bloccare sulle scale. “Dopo tutta questa sceneggiata, non penserà mica di lasciare questa lezione indenne? Lei e il signor Edwards siete le due menti più brillanti di questo corso, e visto che entrambi avete interrotto rumorosamente la mia lezione”.. “Ma io veramente sono stato solo chiamato in causa e offeso”, di difende Luke, senza far finire di parlare il professore. Io mi volto verso di lui e lo guardo ancora di più in cagnesco, e lui mi fa un sorriso di sfida. Quanto lo odio! “Non mi interessa, signor Edwards, se la signorina Jhonson ha reagito in quel modo probabilmente è stata provocata, e visto che entrambi siete eccellenti, userò queste vostre caratteristiche a mio vantaggio e per una cosa che devo fare. Perciò, da oggi stesso, tutti i giorni per un mese ci vedremo qui alle 18.30 e per un paio d’ore lavoreremo a un progetto. Ovviamente, nessuno di voi avrà dei vantaggi da questo, né voti in più. E’ una punizione”. Gli occhi Luke si sgranano ma non dice niente, io faccio lo stesso, guardo la mai amica che mi sussurra un “mi dispiace” e poi guardo Luke, che mi sta guardando come se sperasse che prendessi fuoco da un momento all’altro. Io continuo a percorre le scale verso l’uscita, ormai è andata e non ho nessuna intenzione di tornare a sedermi. “Signorina Jhonson, se vuole andare vada, ma si ricordi che l’aspetto qui oggi pomeriggio, e nessuna scusa o giustificazione la salveranno dalla sua presenza qui. Questo vale anche per lei signor Edwards. Ed ora, torniamo a fare lezione”. Gli studenti continuano a guardare un po’ me e un po’ Luke, e io mi sento sempre più in imbarazzo, visto che non mi piace stare al centro dell’attenzione. Scendo piano gli ultimi tre scalini ed apro la porta poi, mentre sto per chiuderla, vedo Luke che mi guarda sempre più in cagnesco e fai il gesto di passarsi un dito sulla gola. Io d’istinto tiro su il dito medio e chiudo la porta: quelli come lui non mi fanno paura, non più ormai.

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Capitolo 4
*** 4 - Uno scontro inaspettato ***


Percorro a testa bassa e a grandi falcate tutto il campus, continuando a borbottare tra me “stupido coglione che si crede Brad Pitt, ma guarda che figuraccia mi ha fatto fare”, cercando di arrivare il più in fretta possibile alla mia camera, senza incontrare qualcuno che mi chieda qualcosa della lezione. Tanto so già che la mia scenata sarà già sulla bocca di tutti, ma ora non ho voglia di affrontare nessuno. Avrei solo voglia di prendere quella testa di salame e usarla come un pungiball per sfogare tutta la mia rabbia, quella rabbia che ero riuscita a sopire e controllare con tanto lavoro su me stessa, ma che lui, non so come, ha tirato di nuovo fuori in tutta la sua potenza. Solo un uomo mi aveva reso tanto arrabbiata, fino a farmi esplodere e non avere più nessun controllo sulle mie azioni e su me stessa, e dopo tutto quello che ho fatto mi ero ripromessa che niente mi avrebbe fatto di nuovo esplodere in quel modo, ma oggi, per la prima volta dopo tanti anni, avevo le mani che mi prudevano, ed avevo solo voglia di togliere quel sorriso compiaciuto e furbo dalla faccia di Luke. Attraverso la mensa, deserta a quest’ora, facendo profondi respiri per cercare di calmarmi e continuando a guardare per terra. Dai che manca poco ad arrivare in camera, l’unico posto dove posso sfogarmi per poi andare alla lezione successiva come se niente fosse accaduto, lasciandomi scivolare i mormorii e le occhiate dietro le spalle, come ho sempre fatto. Arrivo nel corridoio che porta alla mia stanza, e ad un tratto colpisco qualcosa e mi ritrovo sdraiata per terra con tutti i fogli e le penne sparsi in giro. “Ma che cavolo succede oggi? Ma non me ne va dritta una?”, dico a voce alta, mentre cerco di rialzarmi per capire contro chi o cosa sono andata a sbattere. Mentre cerco di rimettermi in posizione eretta per raccogliere tutte le mie cose, una mano entra nel mio campo visivo e la prendo senza tanti convenevoli, consapevole di essere incapace di alzarmi in questo momento, riuscendo a mormorare solo un flebile “grazie”. Appena mi alzo, guardo chi mi ha aiutato, e mi viene un tuffo al cuore: i due occhi neri come la pece che mi stanno fissando sono i più belli che io abbia mai visto. Rimango per qualche istante a fissarli, come inebetita, mentre ancora ho la mano a mezz’aria che cerca di riavviarsi i capelli. “Tutto bene, ti sei fatta male?”, mi chiede il ragazzo davanti a me con una voce dolce. La mia bocca non riesce ad articolare nessuna frase, riesco solo a guardarlo, come se per la prima volta dopo tanto tempo vedessi davvero un ragazzo: alto, con due spalle ampie, capelli castani chiari e due occhi che sembrano due pozze buie e profonde, capaci di segreti inconfessabili e di trascinarti in un vortice senza fine. “Ehi, ma ti senti male? Vuoi che ti accompagno in infermeria?”. Il ragazzo mi sventola una mano davanti agli occhi e io mi risveglio, vedendo che il mondo ha cominciato di nuovo a girare, i ragazzi passeggiano e ogni tanto ci guardano, ed io ho smesso di stare incantata a guardare la bellezza di quel viso, con quella mascella squadrata così ben proporzionata e quella bocca che sembra solo chiedere di essere baciata... chissà se sa di una fragola succosa come sembra ad un primo sguardo... Ehi! Ma che mi prende? Baci? Fragole succose? Questa botta che ho preso mi deve aver dato al cervello più di quanto pensassi. Coraggio, apri la bocca, che sembri un ebete! “Ehm, sì, scusa, tutto bene, non c’è bisogno dell’infermeria, è solo che non stavo guardando dove andavo e non ti avevo proprio visto. Tu stai bene?”. Lo sguardo del ragazzo sembra rilassarsi,e i suoi occhi diventano un po’ meno scuri, permettendo di vedere anche la pupilla. “Sono contento di non averti fatto male, scusa ma ero in ritardo per una lezione. Anzi, mi sa che ora sono in stra ritardo!”, dice guardando l’orologio. “Scusami, è colpa mia se sei in ritardo. E con le mie chiacchiere inutili ti sto facendo perdere ancora più tempo. Grazie per l’aiuto, ma ora penso che dobbiamo andare entrambi, non voglio avere sulla coscienza un tuo brutto voto”. E gli faccio un sorriso tirato. Mentre mi volto ed inizio a raccogliere tutte le mie cose, scuoto piano la testa: mi sento davvero in colpa, soprattutto per la mia figuraccia e per essere stata a guardarlo come un ebete. Lui si accuccia accanto a me e inizia a raccogliere le mie cose. Quando mi porge le penne, mi sfiora la mano e, con molto tranquillità e come se fosse la cosa più naturale del mondo, la prende. Io lo guardo con gli occhi sbarrati, mentre lui mi fa un sorriso dolcissimo. E’ uno di quei sorrisi per cui potresti scioglierti come neve al sole, e non so come faccio ancora a lasciare la mia mano nella sua, visto che chi si è azzardato a fare una volta sola un gesto del genere si è ritrovato una bella cinquina sulla faccia. Non mi piace essere toccata, soprattutto dai ragazzi. Ma questa volta è diverso: non avverto niente di pericoloso o di malizioso nella sua stretta, solo tanta dolcezza e tranquillità. Per la prima volta dopo tanto tempo non ho paura del contatto con un altro essere umano di sesso opposto. Anche se non abbasso mai la guardia. “Non ti preoccupare, ormai la lezione è andata e preferisco passare il resto di questa ora che dovevo essere a lezione qui, piuttosto che prendere una partaccia dal professore perché sono in ritardo”, mi dice continuando a fissarmi, con la sua mano ancora nella mia, ed avvinandosi sempre di più a me. Io gli sorrido, come in trance, e continuo a fissarlo, ma perdermi in quello sguardo scuro comincia a farmi scorrere strani pensieri nella testa, e sembra di nuovo che tutto, intorno a me, si metta a girare vorticosamente. Tolgo velocemente la mia mano dalla sua e scatto in piedi, raccogliendo tutte le mie cose e tornando velocemente in me. Non so cosa mi sia successo, e perché abbia permesso ad uno sconosciuto di toccarmi e tenermi la mano, ma fissare quel nero dei suoi occhi mi ha fatto tornare in mente perché non voglio che le persone si avvicinino così tanto a me: o io faccio del male a loro, o loro ne fanno troppo a me, perciò meglio continuare a tenere le distanze e vivere nella mia bolla. Vedo che lui mi guarda stranito, come se nessuno avesse mai osato fare una cosa del genere, si alza anche lui velocemente in piedi e mi si para davanti, fissandomi, e dal suo sguardo è sparito un qualsiasi cenno di gentilezza, sembra solo notte dentro quegli occhi e la cosa mi spaventa non poco. “Che c’è, ti ho spaventato? Pensavo che ad una ragazza come te facesse piacere passare del tempo con uno come me”, mi dice con voce roca, avvicinandosi sempre di più e alzando una mano come se volesse toccarmi la guancia. Io mi allontano ancora da lui, voltando il viso, con la paura che comincia a tornare in me, ma questa volta decido di essere più forte, anche perché questo ragazzo davanti a me non ha fatto ancora niente, e adesso sono abbastanza grande da poter gestire queste cose come un’adulta. “No, non mi hai spaventato, è solo che la mattinata è cominciata male, ed io ho solo bisogno di andare in camera mia perché poi ho un’altra lezione, ed ho fatto già abbastanza casino oggi. So che tante ragazze starebbero molto meglio a passare il tempo in tua compagnia, ma io ora non posso. Grazie per l’aiuto e scusa se ti sono finita addosso”, gli dico sorridendo. Avrei voluto urlargli “ma cosa vuol dire una ragazza come me? Sembro così disperata?”, ma non voglio buttare benzina sul fuoco, mi sembra che la situazione stia un po’ degenerando, quindi ci tengo a calmare le acque e non ad agitarle. Il ragazzo sembra calmarsi alle mie parole, abbassa la mano e i suoi occhi diventano un po’ meno scuri. Internamente, tiro un sospiro di sollievo, mentre aspetto che lui dica qualcosa per potermene andare. “Scusami tu, non mi è mai successo di desiderare di stare così vicino ad una ragazza che ho appena conosciuto. Mi dispiace se ti ho messo paura, sono un bravo ragazzo, non voglio far male né spaventare nessuno”, mi dice guardandomi di nuovo con quello sguardo dolce che aveva prima. Questo ragazzo è così strano: bello da fare paura, ma anche pericoloso quando si adombra come quando mi sono scansata. Mi ha dato una scarica di adrenalina e di emozioni che non provavo da tanto tempo, e che non pensavo più di provare. Ma il mio istinto sa dirmi quando è il momento di fermarmi, di lasciar perdere. Ed ora è un pezzo che ho capito che ha sempre ragione e che è meglio che lo segua. Ma in questo momento credo che questo ragazzo sia semplicemente come ero io: un po’ focoso, ma sostanzialmente buono, una cosa che mi è sempre piaciuta da morire. L’angelo e il diavolo, un mix che mi ha sempre fatto perdere la testa, anche se credevo che non ci sarei più ricascata. Ma invece eccomi di nuovo qui, con il cervello che fa a cazzotti tra la parte razionale e quella emotiva, a guardare qualcuno, non come se lo stessi semplicemente osservando mentre passa, ma vedendolo davvero. E poi, cosa vuol dire che non gli è mai successo di desiderare di stare così vicino ad una ragazza che ha appena conosciuto? Che gli piaccio? In questo stato in cui sono ridotta? Non è che mi sta prendendo in giro, per una sorta di scherzo? Nella mia testa i pensieri positivi e negativi fanno la guerra tra di loro, ma per una volta decido di lasciar vincere quelli positivi. Sorrido involontariamente, un sorriso vero, che non facevo da tempo, e vedo che lui si rilassa, come se fino a quel momento fosse stato in tensione in attesa di una mia qualche reazione. “Sono sicura che sei un bravo ragazzo, è che non mi piace che gli sconosciuti mi stiano così tanto vicino. Scusami se ti ho dato l’impressione che fosse colpa tua, ma non è così, sono io che sono fatta strana”. “Io no ho mai incontrato una ragazza come te, di solito le ragazze fanno la fila per avvicinarsi a me e non vedono l’ora di essere toccate e di avere un qualche contatto in più con me. In più sei bellissima, anche sconvolta per la giornata, e vorrei sapere se fosse possibile conoscerti meglio”, mi dice, guardandomi con un sorriso a cui è impossibile dire di no. Lo guardo con gli occhi sbarrati: ha appena detto che sono bellissima? Io? Con la mia coda tutta arruffata, le guance arrossate e il mio fisico non proprio da top model? Sicuramente è una strategia , un modo per acchiappare di più, e devo dire che ci sa davvero fare. So che sono solo tutte tattiche, ma decido per una volta di lasciare uno spiraglio aperto: è da così tanto tempo che stare vicino ad un ragazzo mi suscita una qualche emozione, forse ha ragione Alexandra a dirmi che mi devo lasciare un po’ andare. “Beh, sono sicura che ci sia la fila di ragazze dietro a te, ma io non sono così. Però sei stato molto gentile con me, perciò penso che sì, potremo rivederci”, dico sorridendo. Lui mi guarda spalancando gli occhi per la sorpresa, e finalmente riesco a vedere una luce in quel mare di oscurità che sono i suoi occhi, ed è davvero bellissimo. “Bene, allora che ne dici se ti offro un caffè nel pomeriggio?”. “Sì, certo, tanto le lezioni oggi finiscono alle 18 e..”, ma le parole mi muoiono in gola. Mi sono completamente scordata che da oggi pomeriggio inizia la mia punizione con Luke! Ma guarda te, mi devo rovinare il pomeriggio per un pallone gonfiato come lui..Comincio a stringermi l’orlo della maglia con le dita, innervosendomi sempre di più. “Ehi, tutto bene?”, chiede il ragazzo, sventolandomi per la seconda volta la mano davanti agli occhi. “C’è qualche problema per oggi pomeriggio?”. Io mi rianimo e smetto di torturarmi la maglia. Pensare a Luke mi fa sempre venire i nervi, dannazione! Ma non gli lascerò rovinare questo momento, visto che è colpa sua se oggi ci ho rimesso il pomeriggio. “No, scusa, è che stamani a lezione ho fatto un casino, e mi sono beccata una punizione per cui tutti i pomeriggi alle 18.30 devo essere in aula con il professore che ho fatto innervosire per un mese. Possiamo fare più tardi, se non hai altri impegni? Magari facciamo un aperitivo qui al campus o ci mangiamo un pezzo di pizza in tranquillità”. Ehi, ma da dove mi è uscita tutta questa spavalderia? Io che invito un ragazzo a cena?? Mi metto le mani davanti alla bocca, incapace di credere che ho fatto un invito più impegnativo del suo caffè. Lui mi guarda e ride, devo avere proprio un’espressione buffa. “Ah, ah, e cosa avresti combinato per meritarti una tale punizione? Sembri una così brava ragazza diligente”, dice continuando a ridere. Ha una risata così cristallina e contagiosa che in automatico mi metto a ridere anche io, e in un momento mi è passato l’imbarazzo per la proposta che ho fatto. “Beh, sono una ragazza diligente, ma se mi si fa arrabbiare sono pericolosa”, gli dico, guardandolo negli occhi, spavalda. Ma che mi sta succedendo? Questo ragazzo sta tirando fuori lati di me che credevo non avrei mai più rivisto, e che tenevo accuratamente nascosti, ma in realtà mi piace che siano usciti di nuovo. “A me piace il pericolo, non mi spaventa”, mi dice lui, con voce roca, avvicinandosi a me. Questa volta non sento il pericolo, e non mi scanso, ma tengo i miei occhi nocciola chiaro agganciati ai suoi nero notte. Continua a fissarlo, aspettando che faccia qualcosa, ma poi, all’improvviso, si allontana. Che c’è, ho fatto qualcosa che non va di nuovo? I miei occhi devono avere proprio un espressione interrogativa, perché lui mi dice sorridendo: “Scusa, non posso starti così vicino senza aver voglia di toccarti, di sfiorarti almeno una guancia. Ma ho visto, da come mi hai guardato prima, che la cosa ti spaventa, e io non voglio farti paura. Voglio conoscerti, davvero, e per questo accetto il tuo invito per una pizza. Visto che non sai quanto dura questa punizione, meglio prenderla larga e andare direttamente a cena, no?” Io sorrido di rimando alla sua spiegazione, e mi fa piacere l’idea di andare a cena per conoscere questo ragazzo bellissimo e misterioso, anche se sento che il senso di pericolo che provo ogni tanto con lui è maledettamente eccitante. “Benissimo, allora ci troviamo direttamente alla pizzeria del campus verso le 20.30, che ne pensi? Per quell’ora dovrei aver finito la punizione”. Lui mi guarda, un po’ interdetto, poi sorride e mi dice: “Va benissimo. Mi sarebbe piaciuto portarti in una pizzeria buonissima che conosco fuori dal campus, ma se preferisci qui non c’è problemi. Magari ti ci porto la prossima volta”. Io lo guardo sorridendo: pensa già che ci sarà una prossima volta? “Sì, dai, andiamo a quella del campus, poi magari andiamo anche a quella che conosci tu un’altra volta. Allora ci troviamo lì davanti”, dico porgendogli la mano. In quel momento, mi rendo conto che non ci siamo nemmeno presentati. Lui guarda la mia mano tesa e poi sorride: deve aver fatto lo stesso ragionamento. “Perfetto. Comunque, io sono Alex. Alex Mitchell”, dice, prendo la mia mano. “Denise. Denise Jhonson”, dico di rimando. Ci diamo la mano sorridendo, dopodiché lui lascia la mia e mi dice: “Piacere Denise, hai proprio un bellissimo nome. Ci vediamo stasera”. “A stasera Alex”. Lui si volta e procede per la sua strada, mentre io riesco a riprendere finalmente la strada per la mia camera. Mi sento stranamente leggera e felice, una cosa che non mi succedeva da un secolo. E, dopo tanto tempo, ho un appuntamento con un bellissimo ragazzo che ha già iniziato a farmi girare la testa e ha tirato di nuovo fuori i miei lati più segreti, anche se solo uno minima parte.

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Capitolo 5
*** Ritornano i ricordi ***


Arrivo in camera e finalmente posso lasciarmi andare. Lancio la borsa per terra e mi stendo a faccia in giù sul letto. Sono successe talmente tante cose da ieri sera, che non so più capacitarmi se questa è ancora la mia vita oppure no. Ripenso a questa mattina, quando mi sono svegliata nel letto di quel bellissimo sconosciuto, alla discussione con Luke e allo scontro con Alex. Non riesco a credere che sono stata io a fare tutte queste cose in una sola giornata, ma non mi sento in colpa per niente di quello che ho fatto: stranamente, mi sento davvero viva, una cosa che non mi succedeva da tempo. Forse sono stata troppo chiusa in me stessa in questa anni, non permettendo a niente e nessuno di avvicinarmi, come se la mia vita dovesse effettivamente cominciare in un futuro in cui avessi già il lavoro che sogno e per cui sto studiando con tanta fatica. Ma se questa non fosse la scelta migliore? Se davvero, come dice anche Alexandra, mi stessi perdendo il bello della nostra età e poi mi dovessi pentire per non avere nient’altro che il lavoro che desidero? Sono davvero sicura che dalla mia vita voglio solo questo? Continuo a sbattere la testa sul cuscino, non capendo cosa devo fare o per quale strano motivo mi stiano venendo tutti questi dubbi. Dovrei tornare sulla mia retta via e continuare come ho sempre fatto, oppure iniziare a fare qualcosa di diverso? Beh, sicuramente essere in punizione con Luke ed avere un appuntamento con Alex è già una cosa diversa dal mio solito. Già, Alex. Un altro mistero che non mi so spiegare. Non capisco come un ragazzo così bello e interessante possa essersi anche minimamente interessato a me, soprattutto nello stato pietoso in cui ero e sono tuttora, anche se quei suoi occhi con una miriade di emozioni dentro mi fanno letteralmente impazzire. Non so cosa mi sia successo, ma erano davvero tanti anni che non mi ritrovavo a fissare due occhi capaci di regalarmi così tante emozioni. E poi, quel senso di pericolo così eccitante che ho provato quando si è adombrato per un istante, pensavo che non lo avrei mai più provato in vita mia, avevo deciso che era una cosa che doveva stare relegata in un barattolo del passato, e invece è tornato in tutta la sua pericolosa forza, ed è quello che mi ha spinto a fare la proposta per l’appuntamento. Quello, mixato alla sua dolcezza mi ha spinto a lasciarmi andare, ed ora non mi interessa tornare indietro, voglio solo vedere dove ci porterà questo appuntamento, anche se ci andrò con i piedi di piombo, perché va bene farsi trascinare dall’istinto, ma non ho intenzione di tornare così in basso come qualche anno fa. Stringo forte i pugni sulla coperta mentre mi tornano alla mente fatti e situazioni successe tanto tempo fa, cose che credevo sopite e che tornavano solo nei sogni, ma questo turbine di emozioni improvvise mi fa tornare in mente tutto, anche se sembra che stia osservando un film e non la mia vita passata, come se davvero tutto quello che rivedo non sia successo a me. Stringo forte gli occhi per scacciare tutte quelle immagini, e faccio uno sforzo sovraumano per mettermi seduta sul letto e tornare in me stessa. Cavolo, non credevo che potessi di nuovo sentirmi come quando quelle cose sono davvero successe. E invece eccomi qui, madida di sudore, ansimante e con gli occhi sbarrati, come se non mi rendessi nemmeno conto di dove mi trovo davvero, in preda ad un turbine di emozioni che mi stanno lentamente ingoiando nel buio del passato. No, Denise, non lasciarti sopraffare dalle emozioni, sei più forte di tutto questo, sei fuggita e sei sopravvissuta al passato. Respira, respira lentamente, vedrai che passa. Pian piano riesco a ricollegare dove sono, riesco a riconoscere la mia stanza e mi rendo conto che non sono in quel giardino maledetto sotto la pioggia, dove le mie lacrime si fondevano con le gocce di acqua. Non c’è nessun grosso albero sotto cui sono stesa e non ho più le mani e la faccia piena di graffi e sangue. Comincio a strisciarmi forte il viso, come se dovessi togliermi lo sporco, poi corro in bagno a guardarmi: niente, non ho assolutamente niente che segni il mio volto come quella notte. Scuoto la testa, apro il rubinetto e mi sciacquo con l’acqua fredda, sperando che questo mi aiuti a tornare in me. Appena rialzo la faccia, mi guardo per un fugace istante allo specchio, prima di prendere l’asciugamano, ed sarebbe stato meglio che non lo avessi fatto: l’acqua che mi gronda sul viso non fa altro che ricordarmi quella situazione e mi rivedo di nuovo in quel maledetto giardino, da cui mi trascino via pian piano, in una notte fredda che non sembra avere mai fine. I miei occhi mi guardano dallo specchio del bagno, ma ormai non sono più nella mia stanza, la mia mente è tornata indietro nel tempo e non c’è niente che possa fare per fermarla dal ricordare. Io che cammino lentamente e faticosamente per arrivare a casa, che mi faccio una forza mostruosa per salire le scale ed arrivare in bagno mentre ogni muscolo ed osso del mio corpo urlano di dolore ma io non posso urlare, non mi devo far sentire da nessuno, perché chi doveva aiutarmi ha sempre chiuso gli occhi ed ora che sono riuscita a liberarmi niente e nessuno mi fermerà dall’allontanarmi da qui: nessuno mi vedrà più e non sapranno mai dove sono. Riesco con fatica ad arrivare al lavandino e, per la prima volta in quella notte, mi guardo allo specchio: il mio sguardo da ragazza ingenua è sparito, ho solo uno sguardo triste ed arrabbiato e tutti i miei meravigliosi capelli che amavo tanto sono appiccicati alla mia faccia, incrostati di sangue, terra ed acqua; i miei vestiti mezzi strappati e tutti sporchi e il mio esile corpo che è stato brutalmente marchiato e malmenato, ma che ha trovato in sé la forza di reagire. Mentre mi guardo, provo solo una gran rabbia, verso chi non ha voluto aiutarmi ad evitare tutto questo, ma soprattutto verso me stessa, che ho permesso che accadesse, non avendo la forza di reagire. Prendo le forbici dal cassetto e comincio a tagliarmi tutti i capelli, mi faccio un caschetto tanto corto che non sembro più io, poi con la poca forza che mi rimane, mi faccio una doccia, mentre l’acqua calda porta un po’ di sollievo verso quei segni di dolore su di me, anche se quelli interiori so già che me li porterò dentro per sempre. Vado nella mia minuscola stanza, prendo il borsone che avevo nascosto tempo fa sotto il letto, e pian piano, mentre il solo scendere le scale mi fa sentire come se mi stessi per spezzare a metà, esco da quella casa, da quel paese, da quella città che non mi ha mai fatto sentire accettata. Continuo a guardarmi allo specchio mentre tutto questo mi torna alla mente, incapace di asciugarmi all’asciugamano e restando ancora qualche attimo a guardarmi e a ripensare a quella sera: da sveglia, non mi era mai venuta in mente, avevo cercato in tutti i modi di soffocare quel ricordo pensando e facendo tutt’altro, riempiendo le mie giornate con miliardi di altre cose da fare, sperando di arrivare talmente spossata la sera da non riuscire a pensare ad altro che a dormire. Ma nel buio della notte, i ricordi facevano inevitabilmente capolino, e quelli non li ho mai potuti fermare. Con un rumoroso sospiro mi costringo a tornare alla realtà, prendo l’asciugamano e porto via quel poco di residuo di acqua che mi è rimasto sul viso, poi le gambe all’improvviso sembrano cedere e mi ritrovo seduta per terra. Ricordare particolari di quella notte mi ha spossato, e per una volta decido di lasciarmi andare e provare un po’ di compassione per me stessa, visto che da quella sera mi sono sempre e solo punita pensando che fosse stata tutta colpa mia, che io fossi quella sbagliata e che mi ero meritata tutto quello che mi era capitato. Troppo per chiunque in una vita, ma per una ragazzina fragile come me era stato insopportabile. Mi abbraccio alle mie ginocchia e respiro lentamente per riprendere contatto con la realtà, per rendermi conto che tutto quello che è successo fa parte del passato, l’ho superato e non deve interferire con la mia vita presente o con le conoscenze che posso aver fatto. Guardo, senza davvero vederli i miei jeans e i miei stivali, cercando di non rivedere di nuovo quei grigi e logori pantaloni della tuta e le mie scarpe da ginnastica preferite, bianche con delle bande rosa laterali, che da quella notte erano diventate talmente marroni e rossastre dalla terra e il sangue, che ho deciso di buttarle, come tutte le cose che avevo indosso. Chiudo gli occhi per un attimo, respiro cercando di non pensare a niente, poi sento la chiave nella porta di camera e mi rendo conto che la lezione deve essere finita ed Alexandra sta per entrare. Non voglio farmi vedere così da lei, non voglio farla preoccupare per niente, visto che di quello che mi è successo lei non ne ha mai saputo niente così come nessun’altro, e voglio che le cose restino così. La mia vita adesso è qui, è ora, e quello che è successo nel passato è lì che deve stare, mi ci sono talmente tormentata tanto prima di riuscire a trovare un modo a cui sfuggirgli, che non voglio ricadere mai più nel periodo che ho passato dopo essere fuggita di casa, senza lasciare tracce. Mi alzo di scatto e chiudo veloce la porta del bagno, mentre sento Alexandra aprire la porta di camera ed urlare: “Ehi Denise, ci sei?”. “Sì, sì, sono in bagno, dammi un attimo che arrivo”, riesco a dire, tenendo la voce il più possibile ferma, anche se non è facile, anche perché appena mi sono rialzata da terra e mi sono vista allo specchio mi è sembrato di vedere un fantasma: la mia faccia è bianca cadaverica, i miei occhi sono spenti e cerchiati di nero, non brillano più di quel colore caldo che contraddistingue il mio nocciola chiaro, come se non dormissi da settimane e avessi pianto da giorni e i miei capelli sono un cespuglio che non ha una forma ben definita. Spalanco gli occhi guardandomi e rendendomi conto che solo entrare nel tunnel dei ricordi per cinque minuti mi ha ridotto all’ombra di me stessa. “Dai, ma quanto ti ci vuole? Ti devo raccontare cosa è successo dopo che te ne sei andata, e tra poco abbiamo un’altra lezione. Non vorrai mica perderti anche quella? Se no oggi non ti riconosco davvero più, sono portata a pensare che stanotte, a quella festa, ti abbiano scambiata con qualcun’altra. Sei stata strepitosa con Luke, sai? Credo che diverse persone avrebbero voluto avere il coraggio di dirgli quello che gli hai detto tu da una vita, ma sono troppo codarde o spaventate da lui per farlo. Ma insomma, hai perso anche la lingua?”. E sento che bussa forte alla porta del bagno. Un sorriso mi sfugge dalle labbra, mentre penso a come sistemare questo disastro e ad uscire e sembrare la solita Denise di sempre. Adoro Alexandra, soprattutto quando arriva e parla così a macchinetta, e non la smette fino a che non ottiene le risposte che vuole. Spesso, così facendo, è capace di portarmi lontana dai pensieri in cui a volte mi crogiolo e farmi tornare alla realtà e alle questioni che, per lei, sono di “vitale importanza”. Mi schiarisco piano la voce, cercando di tornare ad avere un tono il più normale possibile: “Dammi cinque minuti, ho avuto un problema tecnico con il ciclo”, dico, sparando la prima cosa plausibile che mi viene in mente. Almeno ora ho cinque minuti per darmi una sistemata. Alexandra smette di bussare alla porta appena rispondo, poi sbuffa sonoramente e dice: “Ok, ma datti una mossa, non vedo l’ora di raccontarti!”, e sento che si lascia andare sul letto. Io prendo il correttore e me lo metto sotto gli occhi, cercando di far passare quegli occhi cerchiati, poi mi armo di fondotinta e fard cercando di nascondere il mio pallore e poi arrivo a pensare come risolvere il problema più grande: i capelli. Li sciolgo e comincio a spazzolarli energicamente, cercando di farli tornare sul mosso e non sul cespuglio andante, poi prendo l’elastico e mi faccio una crocchia alta, mi armo di ombretto viola, mascara e matita, e poi anche un tocco di rossetto rosato, perché anche le labbra stanno facendo pendant con la mia faccia cadaverica. Quando ho finito mi guardo allo specchio e il risultato non è niente male: sono un po’ più truccata del solito, ma almeno non sembro uscita da un film di zombie. Faccio un profondo respiro per tornare in me e non far vedere ad Alexandra un minimo accenno di spavento o di preoccupazione, perché non voglio che nessuno stia male o si preoccupi per me. Ci penso già abbastanza da sola a farlo. Apro la porta e la trovo distesa sul suo letto intenta a guardare il soffitto. “Allora, che cos’avevi di tanto urgente da dirmi?”, le chiedo, fissandola dalla soglia del bagno. Alexandra si alza di scatto dal letto, mi si avvicina e mi scruta con quei suoi occhi celesti meravigliosi, che sembrano volerti leggere dentro. “Accidenti, che ti è successo? Stai benissimo. Finalmente ti sei decisa a truccarti un po’. Scontrarti con Luke ti ha fatto bene”, mi dice sorridendomi e girandomi intorno con occhi ammirati. Internamente tiro un sospiro di sollievo, contenta che la mia operazione di restauro abbia funzionato. “Ho deciso che era meglio truccarsi un po’ di più e nascondere quel terribile rossore di rabbia che mi viene sempre quando discuto con qualcuno, soprattutto se mi devo preparare ad un altro scontro”, le dico sorridendo. “Ah, beh, alla lezione di oggi hai letteralmente lasciato il segno. Non c’è mai stato così tanto brusio alla lezione del professor Wilson, e mi faceva morir dal ridere vedere come ne era infastidito ma non riusciva a dire niente. Dai, rimettiti la giacca che ti racconto tutto mentre andiamo dalla professoressa Cooper, sai quanto odia chi arriva in ritardo!”, mi dice, tirandomi per una mano. “Ehi, ehi, a te invece cosa è successo? Sembra che ti sia venuta un’improvvisa voglia di studiare”. Alexandra sembra quasi in… noo, non ci posso credere, è imbarazzo quello che vedo sul suo volto? Si volta di scatto verso la porta, dandomi le spalle, e dice: “Beh, sai com’è, Andrew mi ha detto che per lui lo studio è molto importante e che non vuol perdere tempo dietro a delle ragazze che stanno all’università solo per andare alle feste e divertirsi, ma vuole frequentare ragazze che sanno quello che vogliono e non hanno intenzione di stare a perdere degli anni all’università, ma che si laureino in tempo e comincino la propria carriera nei tempi giusti. Io gli ho detto che ero d’accordo con lui, e che non ero quel genere di ragazza, anche se mi piace divertirmi, e mi ha fatto capire che io davvero non voglio stare qui solo a fare quello, perciò da stamani ho deciso che avrei seguito tutte le lezioni e non ne avrei saltata nessuno, tenendo lo stesso il tempo per divertirmi, perché alla fine ho sempre vent’anni”. Appena finisce di parlare scoppio in una fragorosa risata: non avrei mai pensato che un discorso fatto da un ragazzo appena conosciuto le avrebbe fatto cambiare la sua idea di università. Appena riesco a smettere di essere scossa dal ridere, guardo Alexandra che mi sta guardando in cagnesco e con gli occhi ridotti a due fessure: ahi, ahi, qui si mette male se non la smetto subito. “Cos’hai da ridere? Pensi che io non possa avere le capacità per studiare e prendere sul serio le lezioni? Pensi di essere solo tu il genio della classe e che io non capisca niente? Coraggio, dimmi cosa ti fa tanto ridere di quello che ho appena detto”. Il tono di Alexandra è duro ed arrabbiato, e non mi sono nemmeno resa conto che sono stata io a farla arrabbiare sul serio. E’ solo che non me l’aspettavo. “Alexandra, io non ho mai pensato che tu fossi una stupida, altrimenti non saresti entrata qui, solo mi ha fatto ridere che un discorso fatto da un ragazzo appena conosciuto ti abbia fatto cambiare la tua idea di università. Tutto qui. Sono molto contenta del fatto che tu ti voglia impegnare di più, e voglio conoscere questo ragazzo che ha una così bella influenza su di te”. Mi guarda ancora un po’ in cagnesco e titubante. “Davvero, sono molto felice per te e per questo tuo cambiamento, e voglio davvero conoscere questo Andrew. Ora su, andiamo che rischiamo davvero di fare tardi, e poi mi devi raccontare di quello che è successo a lezione. Ed anche io ti devo parlare di un incontro che ho fatto”, le dico avvicinandomi e prendendola sotto braccio. Non avevo ancora intenzione di dirle niente su Alex, ma so quanto sia curiosa e questo sposterà la sua attenzione dalla risata, in effetti poco carina, che mi è uscita. Lei mi guarda spalancando gli occhi e smette di adombrarsi, mi stringe forte il braccio mentre usciamo dalla camera, e dice: “Davvero vorresti conoscere Andrew? Magari una sera possiamo fissare un’uscita e gli dico di portare anche un suo amico in modo che non ti senta in imbarazzo. E poi, scusa, chi è che hai incontrato? Dove è successo? Come? E’ un ragazzo o una ragazza? Cosa vi siete detti?”. Ed ecco che è di nuovo tornata la mi amica Alexandra. Le sorrido, dicendole: “Una domanda per volta, risponderò a tutto quello che vuoi sapere”. Chiudo la porta della camera, lasciando che i miei ricordi vaghino al suo interno e sperando che si dissolvano prima che torniamo dalle lezioni.

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Capitolo 6
*** Giochi di sguardi ***


“Allora? Mi vuoi dire che è che hai incontrato?” Non abbiamo fatto in tempo ad uscire dalla stanza che Alexandra ha già ricominciato con le sue domande. La guardo sorridendo. “In realtà non è successo niente di che, stavo andando in camera imprecando contro Luke, e camminavo velocemente e a testa bassa, tanto che non mi sono accorta di essere andata a sbattere contro qualcuno. Il problema è che quando me ne sono accorta ero già finita per terra con i fogli e le penne sparsi ovunque”. Alexandra fa una risatina. “Beh, non è stato molto divertente, sai? Mi sono sentita in imbarazzo, soprattutto dopo che mi sono resa conto contro chi ero andata a sbattere”. Gli occhi di Alexandra si spalancano per la curiosità, visto che mi sono zittita per vendicarmi della risatina. “E chi era?”, chiede, come una bambina che non vede l’ora di aprire i pacchi di Natale. “Quando l’ho guardato, mi sono trovata davanti due occhi neri e profondi che mi hanno incantato, e poi è stato talmente gentile che non riuscivo a dire una parola. Credo sia uno dei ragazzi più belli e interessanti che abbia mai conosciuto qui”. “Noo, non ci credo, hai trovato un ragazzo che ti piace? E chi è? Come si chiama? Com’è fatto? Vi rivedrete?”. “Calma, calma. Allora, è un ragazzo biondo, alto, con due spalle ampie e due occhi che non avevo mai visto in nessun’altra persona che abbia mai incontrato. Due occhi neri e profondi che sembrano celare tanti misteri e anche un pizzico di pericolo, ma che quando smettono di adombrarsi sono una meraviglia continua. Sono stati quegli occhi a convincermi a dire di sì al suo appuntamento”. Alexandra a queste parole, mi molla il braccio e si mette a saltellare intorno a me, io la blocco e le sussurro un: “Smettila, la gente sta iniziando a guardarci”. Lei si blocca, poi mi abbraccia e dice: “Non credevo possibile che tu potessi riuscire ad avere un appuntamento. Finalmente ti sei ripresa! Sono così contenta per te! E questo tipo sembra anche un bel figaccione! E come si chiama colui che è riuscito a farti uscire finalmente dal tuo guscio?”. Io la guardo sempre sorridendo come un’ebete, poi le rispondo: “Alex. Alex Mitchell”. Alexandra si blocca di botto alla mia risposta, tanto che devo tornare indietro perché non è più accanto a me. La guardo stupita, non riuscendo a capire cosa le sia preso. Poi, dallo sguardo stupito che ha, le spunta un sorriso che va da un orecchio all’altro, e dice: “Non starai mica parlando di Alex Mitchell, il vice capitano della squadra di football, vero? Quello che, dopo Luke, è il più amato di questa scuola? Quello che sembra sempre inavvicinabile a differenza di Luke? Su di lui mi sarei fatta un giro anche io, ma è sempre stato impossibile averci un qualunque tipo di contatto. Sembra sempre molto restio e schivo, ma scommetto che anche lui ha la sua bella dose di conquiste”. Io la guardo con gli occhi ancora più spalancati dei suoi: il ragazzo così carino e gentile che ho conosciuto, sarebbe un giocatore di football? E soprattutto, il secondo di Luke? Non avevo assolutamente idea di chi fosse, anche perché i giocatori sono sempre così pieni di sé. Lui non mi sembrava proprio di quel genere lì. Un sospiro mi esce in automatico. “Un giocatore di football? No, non ci credo. Non sembra proprio che faccia parte di quel gruppo lì. Loro sono così stupidi e pieni di sé. Lui mi è sembrato un ragazzo così carino e gentile che non aveva niente a che vedere con quei tipi lì. E poi, scusa, che vorresti dire che ti saresti fatta un giro volentieri anche te?”, chiedo, alzando il tono un pochino più del dovuto. “Ehi, tranquilla, non ho detto che andrò a letto con il tuo appuntamento. Ti stavo solo dicendo che è un bellissimo ragazzo, e che non è mai stato facile avvicinarlo. Sono contenta per te che tu ce l’abbia fatta senza nemmeno cercarlo o volerlo, e sono convinta che sia un bravissimo ragazzo, non uno scalmanato come Luke. Almeno, di lui, non sen sente parlare così tanto e male, anzi, le voci di corridoio dicono semplicemente che è un bellissimo ragazzo, non uno che va a letto con le prime ragazze che gli passano davanti. Se davvero fortunata, amica mia”, e mi abbraccia. Io le faccio un sorrisetto tirato, anche perché non capisco come mai mi devo scaldare così tanto per una battuta, so com’è fatta Alexandra e che non farebbe mai niente per ferirmi, è che mi sono sentita punta sul vivo, e sapere che lui è conosciuto e che chiunque vorrebbe stare con lui, mi fa venire ancora di più le paranoie su quanto normale io sia e quanto meno sia di lui, sia di aspetto fisico che di popolarità. Ma fino ad oggi mi è andata benissimo così, e continuerà ad andarmi bene così, perché più sono invisibile e meno vengo notata e portata sulla bocca di altra gente, che poi magari le informazioni arrivano anche a chi non dovrebbero. “Vediamo quanto sarò fortunata, dopo l’appuntamento. All’inizio dovevamo andare semplicemente a prendere un caffè, ma poi mi sono ricordata della punizione con Luke e che ovviamente avrei fatto tardi, e quindi è diventata una cena alla pizzeria del campus. Lui mi aveva proposto di andare a cena fuori di qui, ma non mi sono fidata tanto, e quindi ho fissato al campus”. “Ma come? Non ci credo. Devi averlo colpito veramente tanto se ha accettato di uscire con te nel campus. Di solito non si fa mai vedere con nessuna negli ambienti di scuola, anche se sicuramente fuori le porta. E brava la mia piccola Denise!”. E mi abbraccia forte. Io la guardo sorridendo, in effetti vista così sembra che io sia più importante delle altre. Ma non voglio farmi i castelli in aria, non ora che non siamo nemmeno usciti. “E tu cosa mi devi dire della lezione? Guarda che siamo quasi arrivate, e se lui c’è di nuovo anche qui non potrai dirmi più niente, anche perché non ho nessuna intenzione di dargli alcun tipo di relazione, qualunque cosa mi dica”. Un lampo di incertezza passa negli occhi di Alexandra, e lo noto, ma non dico niente: non ho assolutamente intenzione di dare altro adito alle manie di protagonismo di quel buffoncello a cui, non si sa come mai, hanno donato un cervello da genio. “Beh, non credo che le lezioni che frequenterete insieme saranno molto facili da sostenere. Quando te ne sei andata, Luke si è sporto verso di me e mi ha detto che te la farà pagare, non te la caverai con la sola punizione come lui, hai detto e urlato delle cose che sicuramente non gli hanno fatto piacere, e quindi mi ha detto che ti renderà la vita un inferno. Rimpiangerai quello che gli hai detto. Io l’ho guardato torva e gli ho detto che ti doveva lasciare in pace, perché era colpa sua se ti aveva provocato a quel modo, ma lui si è limitato a farmi una risata e a dirmi che, se voglio, posso far sì che lui ti dia un po’ meno fastidio se torno a letto con lui. Diceva che era un piacere che mi faceva, perché a letto sono abbastanza brava. Non so come ho fatto a non tirargli uno schiaffo, e in quello stesso istante ho desiderato di non esserci mai andata, perché per quanto sia bravo e pensi a far star bene anche te oltre che se stesso, niente è paragonabile a questa sua sorta di ricatti morali. Gli ho detto che avrei preferito andare a letto con uno sgorbio piuttosto che tornare con lui, e che non doveva permettersi di darti fastidio solo perché ti ha provocato. Lui si è limitato a ridacchiare e a sussurrarmi un “lo vedrai”, quindi stai attenta dovunque ti trovi. Lui conosce tante persone e in tanti sono disposti a fargli i favori per entrare nella sua cerchia ristretta, perciò stai sempre attenta, soprattutto quando giri per il campus da sola. Scusa, ma non me la sono sentita di andare a letto con lui, anche se questo voleva dire evitarti qualche fastidio. Mi ha fatto proprio innervosire”. Appena Alexandra ha finito di parlare, mi guarda negli occhi, che fino a quel momento aveva tenuto puntati a terra, e la vedo spalancarli quasi con terrore. So perché ha quell’espressione: mentre parlava, mi sono innervosita sempre di più ad ogni parola, e so che adesso il mio sguardo è duro e buio, molto arrabbiato, so già che il mio riflesso dorato negli occhi a cui tengo tantissimo, visto che è un indicatore del fatto che sto bene, è sparito ed è stato sostituito da un colore marrone scuro, quasi nero, uno sguardo che ho avuto solo poche volte nella vita, ma che mi ha sempre portato guai. Non tollero le persone che mi minacciano e non tollero chi ricatta qualcun altro per avere qualcosa da me, e di certo Luke non mi spaventa. Non sa di cosa io sono capace, quindi se mi pesta ulteriormente i piedi o minaccia la mia migliore amica, costringendola a fare qualcosa per difendere me, non rispondo più di me stessa. E le conseguenze saranno molto gravi, soprattutto per lui. “Denise, ti senti bene? Mi spaventi con quello sguardo”, mi sussurra Alexandra, mettendomi una mano sul braccio. Mi rendo conto che quello sguardo non lo devo riservare a lei, ma solo a Luke, e in un attimo mi addolcisco un po’, tentando di tornare normale, ma la collera ha già preso una strada da cui sarà difficile tornare indietro. “Sì, tutto bene, scusami, è che lui non ti doveva dire quelle cose, se ha qualche problema con me se la vedrà con me, non deve ricattare te per non fare niente a me. Lui non ha idea contro chi si stia mettendo, ma non ti preoccupare, basta che faccia qualcosa, qualsiasi cosa a me o a te, che sarà lui a pagarmela veramente cara. Lui non mi conosce, così come tu non conosci questo mio lato, ma posso diventare molto pericolosa se mi si pesta i piedi. Non ti preoccupare per me, io so benissimo come difendermi. Coraggio, ora entriamo, se no rischiamo di prenderci una parte solo per stare dietro alle minacce di Luke”. Alexandra continua a guardarmi, forse ora un po’ più tranquilla, anche se sembrava proprio che il mio sguardo l’avesse congelata. Le poche persone che lo hanno visto si sono turbate più per quello che per le parole che gli dicevo, quindi possa capire come si sia sentita. Ma non era per lei, era uno sguardo di reazione per lui. “Va bene, entriamo, ma per favore cerca di stare tranquilla, tanto lui è solo lo scontro che vuole. E non guardarmi più in quel modo, va bene? E’ agghiacciante, non so come tu ci riesca, ma non lo voglio più vedere”. “Sì, ok, scusami ancora, non volevo spaventarti. Tranquilla, so come comportarmi con lui, non è la prima volta che ho a che fare con questi sbruffoncelli”. E così dicendo, entriamo a lezione. Fortunatamente non siamo in ritardo, perciò possiamo scegliere il posto che più ci piace. Per evitare il più possibile contatti con Luke, scelgo un posto quasi vicino alla cattedra del professore, non il mio solito posto preferito, cosicché abbia meno possibilità di darmi fastidio. Anche se so che la cosa funzionerà per poco. Alexandra si siede accanto a me, ostentando una tranquillità che si vede lontano un chilometro che non prova, ma faccio finta di non notarlo. Io mi siedo e comincio a sistemare le mie cose, evitando accuratamente di guardarmi in giro, anche se sento già brusio e ogni volta che qualcuno entra in aula, vedo con la coda dell’occhio che mi indica e parla all’orecchio della persona con cui è entrato. Appena ho finito di sistemare le mie cose, alzo lo sguardo e guardo dritto davanti a me: non ho nessuna intenzione di tenere lo sguardo basso, come se fosse colpa mia o come se io avessi fatto qualcosa, sosterrò lo sguardo di chiunque abbia il coraggio di parlarmi o dirmi qualunque cosa. Dentro di me sto incrociando le dita, sperando che Luke non venga a questa lezione, non ho voglia di un altro battibecco, e di altre persone che continuano a indicarmi e a guardarmi. Ma appena sento una risata fortissima provenire dal corridoio, so già che la mia speranza è vana: Luke compare sulla porta nello stesso istante in cui io giro la testa e guardo verso di lui. I nostri sguardi si incontrano per un attimo attraverso tutta l’aula, e per un istante ho la sensazione che ci siamo solo noi lì presenti: ci stiamo guardando intensamente, in cagnesco, con i nostri sguardi che si lanciano fulmini, sembra quasi che ci vogliamo uccidere solo con gli occhi, ma non ho nessuna intenzione di abbassare lo sguardo per prima. Lo sostengo, anche se sembra quasi che, dopo i primi attimi in cui mi volesse uccidere, adesso quei due occhi cristallini stiano cercando di leggermi dentro, ma è una cosa che non permetto di fare a nessuno. Lo fisso con sguardo di sfida e, alla fine, è lui che abbassa lo sguardo, anche perché gli è appena passato vicino una ragazza con un microabito di lana blu, e la sua attenzione ha impiegato un attimo a spostarsi da me a lei. Ovviamente, la ragazza fa finta di non riuscire a passare dalla porta perché Luke si trova nel mezzo, e gli si avvicina miagolando uno “Scusa”, che dovrebbe essere sexy, ma che assomiglia solo a delle unghie passate sulla lavagna, e lo guarda sbattendo due occhioni da cerbiatta, avendo capito che Luke ora ha tutta la sua attenzione. E’ chiaro a chiunque che ci passerebbero tranquillamente due persone senza doversi nemmeno sfiorare da quella porta, e lei di sicuro non è una persona obesa, anzi, mi chiedo se ha mai mangiato in vita sua, ma Luke non si fa certo problemi a passarle un braccio intorno alla vita e avvicinarla a sé, borbottandole qualcosa all’orecchio, che fa fare alla ragazza degli strani risolini, che a me sembrano da oca impazzita. Volto lo sguardo, disgustata, e mi ritrovo i due occhi di Alexandra che mi fissano curiosi. Non dice una parola, mi guarda e basta, come se dovessi raccontarle qualcosa. “Che c’è?”, sbotto ad un certo punto, cercando di tenere il tono più basso possibile. Mi guardo in giro per vedere se qualcuno ha sentito che ho parlato e se mi stanno prestando attenzione, cosa che voglio continuare assolutamente ad evitare, ma fortunatamente tutti sono ancora concentrati o farsi i fatti proprio o a guardare Luke che ora si è spostato dalla porta e che si è appoggiato al muro con la rossa abbracciata sopra di lui. Lo guardo scuotendo piano la testa, convinta che nessuno mi abbia visto, ma mi rendo conto che Luke non sta guardando la ragazza che ha appiccicato addosso ma sta continuando a guardare fisso me, come se gli importasse più di quello che faccio io che delle bellissime ragazze seminude che svengono ogni tre per due addosso a lui. Non capisco cosa abbia da fissarmi così tanto, con quello sguardo di ghiaccio, che sembra non provare nessun sentimento, ma sembra che voglia solo scoprire cosa si cela dentro di te. Continua a fissarmi facendo un mezzo sorrisetto di sfida, io alzo gli occhi al cielo e guardo di nuovo verso Alexandra, anche se da dietro la sua testa posso vedere benissimo Luke mimarmi con il labiale un “dopo ti sistemo io”, dopodiché sembra tornare a concentrarsi sulla rossa, che ora lo ha preso per mano e lo sta trascinando verso la fila di banchi più alta. Alzo di nuovo gli occhi al cielo, sbuffando, e vedo che la mia amica non ha ancora smesso di fissarmi. “Beh, si può sapere che c’è Alexandra? Che cos’avete oggi tutti da fissarmi?”, dico, nel tono meno duro e più basso che riesco a fare. Non sopporto che le persone mi guardino senza sapere cosa vogliono e senza che me lo dicano. Alexandra si apre in un sorriso, poi mi bisbiglia all’orecchio: “Se tu e Luke la smettesse di buttare tutta questa carica sessuale quando vi vedete, magari tutti smetteremo di fissarvi. Sembra che vi mangiate con gli occhi, che vi vogliate distruggere ma anche possedere, in quello scambio di sguardi ho sentito talmente tanta tensione che stavo per andare a cercare qualcuno con cui sfogarmi”, dice ridendo. Io divento paonazza, poi le tiro un piccolo pugno sulla spalla: “Ma che ti salta in mente? Carica sessuale? Ma se sembriamo pronti ad ucciderci. Io non ho nessuna pensiero sessuale verso Luke, anzi lo vorrei strangolare, con quel suo sorrisetto e quel suo modo di fare che sembra sempre dire “ora ci penso io a te”. Ma a me non ci deve pensare nessuno, io basto a me stessa. E poi, tutto questi spettacolini che fa ogni volta che una ragazza gli si avvicina… Ridicoli, assolutamente ridicoli. Non ti venga mai più in mente di dirmi una cosa del genere. Noi ci odiamo, e non ho nessun istinto sessuale verso di lui”. Alexandra ridacchia forte. “Sarà, ma da come ti arrabbi e da come vi cercate con gli sguardi non sembra proprio. Tu ti innervosisci se qualcuna gli si struscia addosso, e lui non fa altro che guardare te, invece di guardare le ragazze che gli ronzano intorno. In questi cinque minuti vi ho osservato, e non vi levate gli occhi di dosso. Questo è strano, e di solito si guarda chi ci piace, non chi non ci interessa. Secondo me voi non me la raccontate giusta, e c’è qualcosa di più dello scontro di stamani tra di voi”. “Non è vero, io lo guardo perché lui mi fissa come se volesse uccidermi, e ti assicuro che la cosa è reciproca e non c’è niente di romantico in questo. Lui non mi è mai piaciuto, e se io fossi interessata a lui, non credi si sarebbe fatto avanti? Non è il tipo da non provarci, ma guarda me solo perché non ha mai trovato qualcuno che gli tiene testa. E io mi guardo in giro per non avere brutte sorprese, visto quello che mi hai detto”. “Mmhhh, sarà..”, dice sorridendo. “Ti assicuro che è così, non c’è niente e mai ci sarà niente tra me e Luke, solo un grande odio e una punizione insieme. E poi, io ora devo pensare al mio appuntamento con Alex”, dico, sperando di distogliere la sua attenzione dai pensieri starni che sta facendo su me e Luke. Fortunatamente, il diversivo funziona: Alexandra si illumina e mi sorride dicendomi: “Già, Alex. Stasera ti sistemo io per uscire con lui, e non si accettano no come risposta”, aggiunge veloce, mentre mi vede iniziare a scuotere la testa. “Sembra quasi che tu sia contesa tra due fuochi: una punizione con Luke e un appuntamento con Alex. Nel giro di una giornata sei diventata più appassionante di una puntata di Beautiful”. Io la guardo sorridendo e sto per replicare, ma entra il professore in aula e decido che, in questa giornata, mi merito di seguire davvero una lezione a modo.

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Capitolo 7
*** Un altro scontro ***


7 – UN ALTRO SCONTRO La lezione scorre veloce e in tranquillità. Stranamente, nessuno fa commenti o mi guarda in modo strano. Sembrano tutti concentrati sulla spiegazione della lezione, anche se non è che sia così difficile. Mi avvicino all’orecchio di Alexandra, verso la fine della lezione, e le bisbiglio soddisfatta: “Visto che non è successo niente? Nessuno che mi ha dato fastidio, nessuno che ha detto niente”. Lei mi guarda, e poi mi bisbiglia a sua volta: “Beh, forse non te ne sei accorta, ma la gente non ti guarda e non bisbiglia perché, nonostante il silenzio, sono tutti concentrati a guardare Luke e la rossa. Da quando la prof ha acceso il proiettore, quei due sono sprofondati nella fila dei banchi, e non ho idea di cosa stiano facendo, anche se sicuramente niente di decente, visto come sono tutti interessati a guardarli. Tu sei stata l’unica che non ha sentito dei rumorini e dei sospiri, ma io sì; mi sono voltata per vedere da dove provenivano senza dare nell’occhio, e mi sono accorta che Luke era scivolato più in basso nella sedia, con gli occhi semichiusi e un’espressione soddisfatta in volto, ma la ragazza nemmeno la vedevo. Secondo me è sotto il tavolo tra le sue gambe”. Io guardo Alexandra con gli occhi spalancati: che schifo, non hanno veramente un limite di decenza. Ma come gli viene in mente di mettersi a fare certe cose durante una lezione con la classe piena? Ma andare in camera no? Ma i genitori non insegnano l’educazione e la decenza a queste ragazze? Sento che la faccia sta per esplodermi, devo essere rossa come un peperone, non sopporto queste scene esibizionistiche, e sono quasi sicura che Luke lo stia facendo per provocarmi e per vedere se esplodo. Sto per voltare la testa e vedere cosa cavolo stanno combinando, quando sento una mano sul braccio che mi stringe: è Alexandra, che mi fa piano cenno di no con la testa. Mi si avvicina di nuovo e io, anche se non ho voglia di parlare ma mi viene solo voglia di andare lì e spaccargli quella faccia di bronzo, faccio un profondo respiro per cercare di calmarmi, e mi avvicino a lei controvoglia: “Luke è furbo, sta facendo di tutto per vedere se esplodi. Offenderti o farti qualche scherzo ha già capito che non funzionerà, e secondo me cerca di colpirti nella cosa a cui sa che tieni di più: la scuola e la reputazione. Non dargli spago, non voltarti e non fare niente, la tua indifferenza sarà la tua più grande vittoria, magari gli farà passare la voglia di fare questi spettacolini porno davanti a tutti. Se ti volti, so già che ti altererai, e succederà di nuovo un putiferio come alla scorsa lezione perciò, per quanto questa cosa faccia schifo anche a me e mi verrebbe voglia di dirgliene quattro, dammi retta e ignoralo, vedrai come la smetterà di fare certe scene quando capirà che a te non ti tangono nemmeno”. Io guardo Alexandra per un momento, con uno sguardo sorpreso: da dove esce fuori tutta questa saggezza? Lei, che per prima è sempre stata quella impulsiva, che faceva le cose senza pensare, adesso è quella che mi calma e tenta di farmi ragionare, per non farmi finire in un’altra punizione? Ma da quand’è che si sono invertiti i ruoli e che lei cerca di calmarmi e di farmi ragionare e io mi metto a discutere e a fare casino con uno che è sempre stato pieno di sé? “Grazie, hai ragione, non c’è alcun bisogno che mi alteri per lui. Prima o poi verrà beccato da qualcuno, e saranno solo fatti suoi, io non voglio più entrarci con quello che combina con le altre mentre frequenta le lezioni. Anche se una bella lezione di educazione e pulizia gli andrebbe proprio data”, dico ridacchiando. Alexandra annuisce e nel frattempo la lezione è finita. Interessante eh, Storia dell’Editoria, ma quando ti mettono due ore filate a guardare un film sulla storia delle varie case editrici, è normale che il sonno incomba. Infatti, appena si riaccendono le luci, tutti fatichiamo a riabituare gli occhi ad un ambiente che non sia in penombra, con diversi studenti che si stirano e sbadigliano. Stranamente, anche io sono una di quelle, non mi era mai successo di annoiarmi tanto ad una lezione. Mi finisco di stiracchiare, come Alexandra, e comincio a raccogliere le mie cose, mentre gli altri studenti escono barcollando dai propri posti. Io e Alexandra siamo le ultime ad uscire, per fortuna: non avevo nessuna voglia di trovarmi a dover passare dalla porta accanto a Luke. Non appena varchiamo la porta dell’aula ed usciamo nel corridoio, una mano mi afferra per un braccio: mi volto di scatto, con gli occhi pronti ad incenerire chiunque abbia osato toccarmi e fermarmi, e i miei occhi si incupiscono ancora di più quando vedo chi è che mi ha placcato. Luke. “Ehi, ehi, dove pensi di scappare così in fretta? Ancora non ti ho ringraziato per le parole gentili di stamani e per la punizione che mi hai fatto prendere”, mi dice, con quel suo sorrisetto sardonico, stringendomi ancora di più il braccio e cercando di avvicinarmi a lui, mentre con l’altra mano si riallaccia la cintura. Il mio sguardo passa dalla sua mano che mi stringe il braccio alla sua mano che armeggia con la cintura, e credo di avere uno sguardo tra il disgustato e l’arrabbiato nero quando torno a guardarlo in faccia: “Intanto non mi toccare. Toglimi subito la tua lurida mano,che non ho idea di dove sia stata in queste due ore, dal mio povero braccio”, dico, fulminandolo con lo sguardo. Alexandra si avvinca di più a me, con fare protettivo, mentre gli amichetti di Luke sono accanto a lui, che ridacchiano per quello che ho detto. Lui rimane interdetto alle mie parole, si vede dalla sua espressione: che pensava forse di farmi paura? Nel suo momento di sconcerto, sento che allenta per un attimo la presa, e io ne approfitto per divincolarmi e liberarmi il braccio. Gli faccio un sorrisetto di vittoria e mi volto per andarmene, ma lui sembra riscuotersi e in un attimo è davanti a me, che mi blocca il passaggio. “Tu, secchioncella da quattro soldi, come ti permetti di trattarmi così? Davanti a tutti poi… Ma chi ti credi di essere? Tu non sai niente di me, e spari giudizi a caso, senza curarti di quanto puoi offendere le persone. Tu non sei nessuno, e a nessuno interessa quello che dici o pensi. Ma alzare la voce con me in aula non lo dovevi fare. Mi hai trascinato in una punizione con te e hai detto delle cose veramente poco gentili. Quello che fai ha delle conseguenze, sai? Soprattutto se certe cose le dici a me”, mi bisbiglia vicino al viso, facendomi indietreggiare fino a farmi appoggiare al muro. Ecco, perfetto, adesso mi ritrovo incastrata tra Luke ed il muro, con i suoi occhi di ghiaccio che sembrano sparare dardi infuocati nei mie confronti. Sento che Alexandra si avvicina, ma io non ho paura e non ho bisogno di protezione, so perfettamente come trattare con le persone come lui. “Che c’è, quello che ti ho detto ti hai offeso? Ma come, non ero nessuno, e a nessuno interessa quello che dico? E allora, perché ti agiti tanto? Per colpa delle tue manie da esibizionista ci sono finita anche io in punizione, e adesso devo sprecare i miei pomeriggi con te, per colpa tua. Se la smettessi di volerti mettere in mostra a tutti i costi, n on saremmo in questa situazione e continueremo le nostre vite separati, senza che dobbiamo essere per forza costretti a frequentarci. Che tu ci creda o no, ho anche io il mio da fare finite le lezioni,e non ho assolutissimamente intenzione di perdere altro tempo con te. Sei pregato, la prossima volta, di non avvicinarti a me e di non azzardarti mai più a toccarmi, o non risponderò delle mie azioni. Quello che ho detto in classe non sarà niente in confronto a quello che ti farò”, dico, con gli occhi che sono tornati scuri e profondamente arrabbiati, e so che quello sguardo spaventa sempre chi ho davanti, perché sembra che io non abbia più un’anima. Infatti Luke mi guarda e poi indietreggia, come se si fosse scottato. La stessa cosa fanno Alexandra e gli altri quattro ragazzi che sono con Luke, lasciandomi spazio e aria. Ma io ancora non ho finito con lui, dobbiamo chiarire questa storia una volta per tutte, non voglio che mi metta ancora i bastoni tra le ruote. Mi avvicino a lui, che mi guarda interdetto: “Ah, e a proposito, smettila di scoparti qualunque ragazza che si avvicini a te anche a lezione, davanti alle professoresse. E’ patetico, e prima o poi qualche professore ti beccherà e non ti basterà tutto il tuo cervello per farti riammettere a scuola. Perché sarai espulso, se non addirittura arrestato, lo sai vero? Atti osceni in luogo pubblico”, dico, guardandolo con un sorrisetto di vittoria. Potrei vedere gli ingranaggi nel suo cervello che si muovono alla velocità della luce per assimilare quello che ho detto, e dalla sua espressione si vede che ha capito e che sa che ho ragione. Sento che deglutisce forte, poi avvicina il suo volto a me e si decide a parlare: “Beh, che c’è, sei gelosa? Te l’ho già detto, anche se non sei il mio tipo, posso fare un sacrifico e venire anche con te”, dice in un tono che sembra quasi sexy. Lo guardo e scoppio in una risata: quando riesco a fermarmi, vedo che mi guarda con sguardo truce e che intorno a noi, oltre ad Alexandra e i quattro amici di Luke, sta cominciando a riunirsi diversa gente. Diavolo, quanto odio dare spettacolo e trovarmi al centro dell’attenzione, ma con lui non riesco a trattenermi, è più forte di me, mi ricorda alcune persone del mio passato, e quindi sono portata a fare e dire delle cose che non ho mai avuto il coraggio di dire, quando era il momento. “Te l’ho già detto, tu non sei affatto il mio tipo e non ho nessuna intenzione di fare alcun tipo di sacrificio. E poi, sincerante, non mi andrebbe di entrare in contatto con il tuo coso che non si sa dove sia stato e in quanti buchi è stato infilato”. Appena ho finito di dire questo, scoppia una risata generale nel corridoio, e Luke mi guarda sempre più in cagnesco. Io proseguo tranquillamente con il mio discorso: “Perciò, no grazie, ognuno per la sua strada. Cerca solo di smettere di fare l’esibizionista, tanto a lungo andare stanchi e non interesserai più a nessuno. Perciò, cerca qualcosa di più interessante e meno illegale per attirare l’attenzione, che so, tipo usare il cervello prima di fare qualcosa? ”. Altra risata generale. Luke è sempre più alterato, ed ora è vicino al mio viso e usa un tono minaccioso: “Ascolta, piccola ragazzina impertinente, nessuno ha mai osato minacciarmi, e non lo lascerò certo fare a te. Io nella vita faccio quello che voglio, e non ho certo bisogno del tuo giudizio o della tua approvazione per fare certe cose, perciò smettila e continua a farti i fatti tuoi, come avevi sempre fatto. Eri più carina e interessante quando ti facevi i fatti tuoi, invece di stare dietro a quello che faccio io. Perciò evitiamo che le nostre strade si incrocino di nuovo: tu per la tua e io per la mia. Non voglio averti tra i piedi, faremo questa punizione perché ci tocca, ma io non voglio avere niente a che fare con te, ci siamo capiti?”. Ora mi sta quasi urlando in faccia. Tutte le persone intorno a noi si sono zittite, come se avessero paura di quello che Luke potesse farmi. Ma io no, io sono talmente abituata al male e sono talmente rotta dentro che non mi fa alcuna impressione il suo innalzamento di voce. “Hai finito?”, chiedo, allontanandomi da lui. Luke ansima, è rosso in viso e si guarda intorno. Quando vede che le persone lo guardano quasi spaventate, si volta verso di me, sperando probabilmente di trovare la stessa espressione sul mio volto, ma vedo che ci rimane male quando si accorge che io non sono spaventata anzi: sono molto tranquilla. “Beh, visto che non rispondi, suppongo che tu abbia finito. Lascia che ti dica altre due parole. Sono perfettamente d’accordo con te, neanche io voglio avere niente a che fare con te, e stavo decisamente meglio prima di vederti fare quello che hai fatto a lezione. Ma purtroppo lo hai fatto, e dopo tanto tempo che me ne stavo in silenzio, ho sentito il bisogno di dire quanto quello che facevi mi facesse schifo, all’orecchio della mia amica”, dico, guardando prima lui e poi tutti, che adesso mi stanno guardando con aria interrogativa. Luke mi guarda ancora più in cagnesco, ma io non ho intenzione di fermarmi: è bene che tutti sappiano cosa è successo davvero stamani, prima che sbottassi in quel modo a lezione. “Oh, sì. Io parlavo con Alexandra, e lui ha sentito tutto, e ha avuto la brillante idea di dirmi che dovevo dare retta alla mia amica che mi diceva di smettere di guardarlo perché lo stavo fissando, e che se magari avessi dato di più retta a lei magari sarei andata anche a letto con lui. E poi, mentre non c’ero a lezione, ha avuto anche il coraggio di dirle che se fosse tornata a letto con lui, mi avrebbe dato meno fastidio. Ecco chi è davvero signore e signori Luke Edwards: colui che crede che con il sesso si possa sistemare e ottenere tutto. E meno male che non ti importava della mia opinione e che non ero nessuno: guarda che teatrino hai tirato su solo per un commento che ho fatto”, dico, giardandolo cattiva. Alexandra ha gli occhi spalancati e si guarda a destra e a sinistra impaurita: non pensava che avrei detto una cosa del genere davanti a tutti. Mi dispiace averla tirata in ballo, ma è giusto che tutti sappiano che razza di persona è Luke, visto che si diverte a sparare giudizi su tutti. Luke è in ebollizione: credo che tra poco gli uscirà il fumo dalle orecchie. Fa due grandi falcate verso di me e mi incastra di nuovo al muro. Le sue braccia sono appoggiate al muro sopra le mie spalle e adesso non ho davvero via di fuga. Ahi, ahi, qui si sta mettendo davvero male. Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, poi sento la sua voce roca dire: “Guardami”. Io decido di abbassare gli occhi e guardarlo, m guardarlo davvero, senza rabbia, visto che ormai l’ho fatta esplodere tutta a parole. Lo guardo intensamente e tutto mi sarei aspettata di vedere dentro quegli occhi, tranne l’unica cosa che ci trovo davvero: tristezza. Pensavo che mi avrebbe urlato contro e tirato forse anche uno schiaffo per quello che avevo detto, al che mi sarei difesa più che bene, ma trovare tristezza in quegli occhi mi lascia spiazzata. “E’ questo che pensi davvero di me?”, mi chiede, sussurrando al mio orecchio. Un piccolo brivido mi percorre la schiena, ma decido di ignorarlo. Adesso sembra che ci siamo solo io e lui in quel corridoio, tanto gli altri non possono sentire quello che mi sta dicendo, visto che lui sta bisbigliando. Io annuisco, incapace di aprire bocca, sentendo quell’alito caldo sul mio orecchio che mi sta facendo perdere la cognizione del tempo e dello spazio e quegli occhi, quegli occhi che fino a due secondi fa sembravano che volessero uccidermi, e che ora sono un mare di profonda tristezza. Non so cosa sia successo dentro di lui con le mie parole, ma sembra che quello che ho detto lo abbia davvero colpito nel profondo, tanto che non sembra nemmeno più la stessa persona. Fa un rumoroso sospiro, poi sussurra amaramente: “Mi dispiace che pensi queste cose di me. Io non sono così, sai? Ti ho sempre trovato una ragazza divertente che mi teneva testa durante le nostre discussioni in classe, non eri il mio tipo ma pensavo che potesse essere divertente averti anche come amica, ma eri sempre così schiva con tutti che ho lasciato perdere. Poi hai detto quella cosa a lezione, e mi hai fatto sentire veramente una merda, una cosa che nessuno mi aveva mai fatto provare, sono sempre stato così tanto sicuro di me che non pensavo potesse succedere una cosa del genere. E invece, nonostante penso davvero che il tuo giudizio non conta niente e non sei nessuno, quello che mi hai detto mi ha colpito profondamente, facendomi pensare che forse non è proprio giusto quello che faccio con le ragazze, ma sono bravo in questo e mi piace farlo. Perciò non ti permetto di giudicarmi. Tu non mi conosci, come io non conosco te, e non so cosa tu abbia passato in vita tua per scattare su una cosa così stupida, ma nemmeno tu mi conosci, e non sai perché ho certi comportamenti. Perciò, smettiamola di farci la guerra e di dare spettacolo, che non giova né alla mia né alla tua reputazione: torniamo ad ignorarci come prima, a battibeccarci a lezione ma niente di più. Facciamoci anche questa punizione, ma torniamo come prima. Sei d’accordo?”. Mi accorgo di avere trattenuto il respiro per tutto il tempo che ha parlato: trovarmelo così vicino mi ha dato una strana sensazione. Sembra davvero che in lui ci siano sue persone: una che fa sempre il gradasso e quello pieno di sé, e una è quella che mi ha parlato ora: dolce, sofferente. Alzo lo sguardo, che ho tenuto puntato per terra fino a che lui mi parlava nell’orecchio, e mi trovo davanti un mare in tempesta che sembra solo aspettare una mia decisione. Sospiro. “Sì, sono d’accordo, non la sopporto già più questa tensione e questo continuo dare spettacolo, trovandomi al centro dell’attenzione. Non mi piace affatto”, dico sorridendo. Lui sembra rilassarsi, si stacca dal muro e torna ad avere la sua aria da duro, poi mi guarda e dice, come se si rivolgesse a tutte le persone del corridoio e non a me: “Beh, mia cara Denise, con il sesso si possono ottenere diverse cose, provare per credere. Ma della tua opinione davvero non m i interessa, e non ho nessuna intenzione di perdere altro tempo con te. Torniamo ad ignorarci come prima, che mi sembra la soluzione più giusta per entrambi. Andiamo ragazzi”, dice guardando i suoi e allontanandosi da me. Io sorrido e scuoto la testa, mentre gli lancio un’ultima occhiata: si sta allontanando circondato dai suoi amici, che continuano a guardarlo come un Dio, mentre lui si gira e mi lancia una fugace occhiata sorridendo. Ricambio con un cenno della testa, perché so che ha detto quelle cose per mantenere la sua reputazione e per far sì che le cose tornassero alla normalità. Ma mi ha colpito molto quello che mi ha detto quando era appoggiato al muro: forse io sono troppo facile a sparare giudizi sulle persone, forse lui davvero in fondo è una persona che ha sofferto e che fa quelle cose solo per stare bene. Chi sono io per giudicare chi non conosco nemmeno? Sospiro e mi riappoggio al muro. Alexandra si è subito avvicinata a me quando Luke si è allontanato, e le persone si sono già disperse nel corridoio quando hanno capito che non ci sarebbe stato un seguito, ma io non ho il coraggio di alzare gli occhi da terra e guardare la mia amica in faccia: capirebbe che appoggiata a quel muro è successo qualcosa e che forse mi sono sbagliata su Luke, ma non credo che lui voglia che si venga a sapere, credo che voglia mantenere la sua reputazione, e per il quieto vivere anche io la mia, perciò decido che qualunque cosa accada non dirò niente di quello che mi ha detto, perché voglio tornare il prima possibile nel mio caldo e sicuro anonimato. Una mano mi sventola sotto gli occhi per farmi alzare lo sguardo, e capisco che non posso più sfuggire ad Alexandra: con un sospiro decido di alzare lo sguardo e guardare verso di lei. “Allora? Che ti ha detto appoggiato a quel muro? Pensavo che ti volesse schiaffeggiare, ma poi l’ho visto avvicinarsi a te e pensavo che volesse baciarti. Mi sono avvicinata a voi per assicurarmi che non ti facesse del male, ma poi ho visto che ti stava parlando sottovoce. Cos’è successo?”. La guardo sorridendo, poi la prendo sottobraccio e ci avviamo verso la mensa, mentre le dico: “Se te lo dicessi, poi dovrei ucciderti”. Alexandra si ferma di botto e mi guarda arrabbiata. “Non mi importa, uccidimi, ma voglio sapere quello che ti ha detto”. Io faccio una risata, poi la riprendo sotto braccio e ricominciamo a camminare: “E va bene. Mi ha detto che non mi devo più azzardare a giudicarlo in quel modo davanti a tutti perché non lo conosco, e se smetterò di dare i miei giudizi in giro su di lui, lui lascerà in pace me e io lui, e possiamo tornare ad ignorarci come abbiamo fatto fino ad ora, perché questa situazione non giova a nessuno di due. Io gli ho detto che ero d’accordo ed è finita lì. Ovviamente, non poteva urlarle certe cose nel corridoio, avrebbe perso la sua fama da macho man”, dico ridendo. Alexandra mi guarda inquisitoria: “Sicura che non ci sia nient’altro che mi devi dire?”. “Sicurissima, sono contenta che questa storia sia finita senza danni per nessuno e che debba rivedere Luke solo per la punizione. Coraggio, muoviamoci, che ho una fame tremenda, e abbiamo perso un’altra mezz’ora in corridoio con questa storia!”. Alexandra mi guarda scrutandomi, poi scrolla le spalle e sorride: meno male ha creduto ad una parte di verità, non avrei saputo come spiegarle la sensazione di calore e i brividi che mi dava sentire il corpo di Luke così vicino al mio, con quella voce quasi triste. Se stava fingendo per convincermi è stato davvero un bravo attore, perché io gli ho creduto in pieno. Spero di non essermi lasciata abbindolare e di non ritrovarmi in mezzo a qualche strano scherzo. Tanto ormai, quando mi trovo con lui intorno, continuerò a tenere la guardia molto alta e la mia corazza ancora più salda.

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Capitolo 8
*** la punizione ***


La giornata scorre in maniera piuttosto tranquilla. Tutto sembra quasi tornato alla normalità. Tutto, tranne gli sguardi che continuano a seguirmi dei miei compagni di corso, che in qualunque luogo mi trovi dove sia presente anche Luke, sembra che mi debba succedere qualcosa da un momento all’altro. Forse la voce di quello che è accaduto tra me e lui nel corridoio, e del modo in cui abbiamo, per così dire, “risolto”, non è arrivata a tutti nello stesso modo, perché sembra che tutti si aspettino che succeda ancora qualcosa quando io e lui ci troviamo nella stessa stanza. In realtà, sia in mensa che durante le altre lezioni, ci siamo sempre completamente ignorati, anche se ogni tanto ammetto di avergli lanciato qualche fugace occhiata, per cercare di capire se era davvero tutto a posto e se fosse tutto risolto, se davvero non si stesse trattando di un trucchetto per farmi stare buona e per colpirmi nel peggiore dei modi quando meno me lo aspetto. In realtà, non l’ho mai beccato a guardarmi o a commentare qualcosa sottovoce mentre passavo, tutto con lui sembra tornato esattamente come prima e, nonostante lo abbia sempre ritenuto uno pieno di sé e un bugiardo seriale per i suoi comportamenti con le ragazze, quando ha parlato con me appoggiato in quel muro mi è sembrato totalmente sincero: gli ho creduto quando ha detto di volerci mettere una pietra sopra e non credo che si rimangerà la parola, anche perché se fosse capace di mentire guardandoti come ha guardato me non nascondendo niente nel suo profondo e limpido sguardo, dovrebbe andare ad Hollywood e fare l’attore, e non studiare per giornalismo. Scuoto la testa mentre torno con Alexandra verso il dormitorio: sono quasi le 18, e tra poco devo ritornare in aula per la punizione con Luke. Ho davvero poco tempo per riordinare un po’ di appunti e per cercare di memorizzare più cose possibili di tutto quello che è stato detto oggi, in questi venti minuti che mi restano, anche perché se non faccio così rimango indietro e non mi ricordo più niente. “Oddio, non ce la faccio più”, esclama Alexandra buttandosi sul letto a pancia sotto. Io sorrido mentre chiudo la porta di camera e comincio a togliermi cappotto e borsa, rimettendoli in maniera ordinata nell’armadio. “Dai, pensa che tu hai a disposizione un sacco di tempo per poter memorizzare quello che abbiamo fatto oggi e per studiare con meno fatica per l’esame, mentre io devo fare tutte le cose di corsa e tra mezz’ora devo essere di nuovo in aula”, dico sbuffando e mettendomi a sedere sul letto. Alexandra mugola qualcosa che viene soffocato dal cuscino, che non riesco a capire: “Che hai detto?”. Alexandra si tira su faticosamente dicendo: “Ma secondo te, dopo un’intera giornata di lezioni, io ho voglia di mettermi ancora sui libri? Non si può stare tutte queste ore a lezione e avere ancora voglia di studiare. Io non capisco come fai. A me già aver seguito tutte le lezioni di un’intera giornata mi sembra allucinante. Ora è il momento di riposarsi un po’, il mio cervello non può permettersi di continuare a pensare ai libri. E poi, è colpa della tua linguaccia lunga se ti è toccata quella punizione”, conclude facendomi la linguaccia e ridendo. Io sbuffo sorridendo, poi dico: “Sarà anche colpa mia, ma se lui fosse stato zitto non sarebbe successo niente. Comunque, non posso permettermi di perdere altro tempo dietro a questa storia. Tu cerca di studiare, mentre io non ci sono, almeno metti a frutto questa giornata. Ormai mi sembra che ti sei riposata e divertita tanto da quando siamo rientrate all’università, ora è il momento di rimboccarsi le maniche”. Alexandra mi guarda scuotendo la testa, poi si alza, va verso il suo armadio e si volta con una strana luce negli occhi: “Invece di pensare ai libri, perché non dai uno sguardo ai miei vestiti non mi dici cosa ti piacerebbe metterti stasera? Sicuramente è più divertente di studiare e così ho tempo per sistemarti anche tutti gli accessori e il trucco”, dice, prendendomi per mano e avvicinandomi al suo armadio. Ha una luce da pazza negli occhi, una luce di passione in realtà, come quella che credo di avere anche io quando mi incanto a leggere un libro o provo a correggere i testi che ci danno i professori come esercizio a casa. Per me non è mai stato un obbligo o un compito, per me è sempre stato qualcosa che amavo fare, e tante parole di tanti libri mi hanno sempre fatto viaggiare in mondi diversi e fuggire dalla mia realtà, per questo studio così tanto per realizzare il mio sogno: perché tutti i giorni voglio riuscire a vivere vite diversi nei personaggi che incontro leggendo. “Alexandra, ora non ho tempo anche per questo, magari gli do’ un occhiata quando torno dalla punizione, ma ora non ho davvero tempo. Io avrei optato qualcosa più sullo stile jeans e maglione visto che staremo al campus e..”, ma Alexandra mi mette un dito davanti alla bocca spalancando gli occhi: “Sacrilegio! Cosa ti salta in mente di metterti un paio di jeans per uscire con Alex Mitchell? Queste sono persone sofisticate, e dobbiamo darti un tocco di classe, non di volgarità, ma devo cercare anche di farti apparire sensuale..No, no, no, i jeans non vanno assolutamente bene..al massimo un paio di leggings?”, chiede, come se stesse parlando a sé stessa, mentre si abbassa a cercare qualcosa nella parte bassa dell’armadio. Io sorrido e vado alla mia scrivania cercando di riorganizzare gli appunti di oggi, mentre sento lei che continua a frugare nell’armadio e a lanciare vestiti sul suo letto, borbottando ogni tanto: “Questo sì, questo no, questo potrebbe andare, magari questo abbinato a questo..”. La osservo mentre è impegnata e capisco che non avrò mai l’ultima parola per come dovrò uscire stasera, quindi tanto vale che mi metta il cuore in pace sperando che non mi faccia sembrare una squillo o una donna d’altri tempi. Prendo i miei appunti e comincio a dividerli nei quaderni per ciascuna materia, rileggendoli velocemente e sottolineando i punti che mi sembrano più importanti e cercando di memorizzarli, per fare in modo che solo con quelle frasi riesca a ricollegare tutto il discorso. Nel frattempo, Alexandra ha smesso di scavare tra i vestiti, il suo letto è diventato una zona di guerra: non so quanta roba ci sia sopra quel letto, e ora dall’armadio hanno iniziato anche a spuntare decina di paia di scarpe. “Ehi, ma vuoi aprire un negozio con tutta quella roba?”, dico, mentre l’ennesimo paio di scarpe ha toccato terra con un tonfo sordo. Alexandra esce dalla sua posizione a quattro zampe da dentro l’armadio e, rossa in faccia per lo sforzo, dice: “Beh, se devo cercare gli abbinamenti migliori devo avere a disposizione tanta roba, se no come faccio? Dovrei mettermi sempre le stesse cose e non è carino. E lo stesso abbinamento con un dettaglio diverso fa sembrare diverso tutto. Perciò devo cercare tra tutto quello che mi sembra più adatto e tirare fuori il look giusto per te”. Sembra che questa cosa dell’appuntamento interessi più a lei che a me, ma non dico niente perché vedo come le brillano gli occhi mentre scava tra i vestiti che ha sul letto, cercando i dargli un ordine. “Alexandra, sai che c’è?”, dico appoggiando l’evidenziatore e andando verso di lei, consapevole che ormai non farò più niente perché è tardi. “Ti ringrazio per tutto quello che stai facendo per me, ma ho notato una cosa”. Alla mia frase, Alexandra smette di scavare e si siede sul letto, guardandomi con espressione preoccupata. “A te piace sistemare il look delle persone e falle sentire al meglio. Ammetto che quando mi hai sistemata per andare alla festa, mi sono sentita bellissima”. La sua espressione si distende a queste mie parole. “E ti assicuro che sei riuscita in una di quelle cose che non credevo possibile: farmi sentire bene con me stessa. Anche se di solito io non sono così, e mi vergogno a girare in determinati abiti, sono sicura che potresti dare una grande mano a tante persone, facendo quello che hai fatto con me e facendole sentire più belle e più sicure di sé stesse”. Mi fermo, per vedere se ha capito dove voglio arrivare. Ma non riesco a riprendere il discorso, perché lei parla prima di me: “Con te è stato facile, tu ti rinvolti sempre in maglio informi e pantaloni raramente stretti. E se sono stretti hai sopra dei maglioni extralarge che coprono tutto il resto. Sei sempre struccata e non tieni mai sciolti i tuoi bellissimi capelli. Tu sei bellissima, solo non ti valorizzi mai per paura di stare troppo al centro dell’attenzione. Ma non ti preoccupare: ti troverò un super look per stasera in modo che Alex non riuscirà a staccarti gli occhi di dosso e vedrà solo te”, dice, con una luce ancora più folle negli occhi mettendosi di nuovo a cercare qualcosa tra i vestiti. Io le prendo la mano e aspetto che mi guardi. Appena alza lo sguardo, le dico sorridendo: “Tu hai una luce negli occhi quando cerchi gli abbinamenti e quando cerchi anche gli abiti per te che non hai quando fai altre cose. Fare i look per te e per le persone ti rende felice molto più che fare qualunque altra cosa, si vede dallo sguardo che hai quando devi fare queste cose. Per questo, secondo me, dovresti fare un pensierino a cambiare il corso di laurea e prendere un percorso di studi sulla moda. E’ solo un suggerimento, ma mi sembri molto più felice tra i vestiti che tra i libri”. Alexandra mi guarda con gli occhi spalancati, mollando di colpo tutto quello che aveva in mano. Per una volta sembra rimasta senza parole, ma io non era questo che volevo: volevo solo darle un consiglio. Faccio per toccarle e lei si riscuote: “Beh, sì, fare questo mi rende felice, ma farlo come lavoro? E cosa dovrei fare? E chi lo dice ai miei, che mi volevano giornalista? Non posso cambiare tutto di punto in bianco. Non seguirei nemmeno più le lezioni con te. E poi, che lavoro dovrei farci con questa passione? No, no, non è possibile. E’ un sogno ad occhi aperti, ma a me va benissimo fare la giornalista. Non ho bisogno di passare la mia vita in mezzo ai vestiti”, dice con voce tremante mentre tocca pian piano tutte le cose che ha sul letto. Io l’abbraccio e poi le dico: “Pensaci, Alexandra. Pensa a te e a quello che a te piace fare. Non sono né i tuoi genitori né io che possiamo vivere la tua vita o fare il tuo futuro lavoro. Sarai solo tu. E ci sono tanti lavori che puoi fare, anche la giornalista di moda se vuoi restare come giornalista, ma anche la personal shopper o la stilista o lavorare per una rivista di moda preparando gli shooting fotografici. Puoi fare tutto quello che vuoi, l’importante è che ti renda felice. Io amo leggere i libri, risistemarli nelle parti che non vanno e immedesimarmi nei personaggi, e se non potessi più fare questo sarei una persona vuota.. Tu hai la stessa luce negli occhi mentre guardi i vestiti, che io ho mentre leggo. Non ti avevo mai visto così eccitata per un mio appuntamento, ma ora ho capito che, oltre che per me, è perché puoi sbizzarrire la tua fantasia. Non pensare ai tuoi genitori o a me, noi staremo sempre nella stanza insieme e nella stessa università anche se tu vorrai frequentare un corso diverso. Promettimi che ci penserai”, dico seria. Lei mi guarda, rapita da quello che le ho detto, poi annuisce e mi abbraccia. “Grazie”, mi sussurra piano. “E di che? Io per te ci sarò sempre e comunque, come tu ci sei sempre stata per me. Ora ti lascio alla tua creatività se no arrivo anche tardi alla punizione e addio appuntamento”, dico sorridendo. Lei annuisce, si scioglie dall’abbraccio e continua a trafficare con i vestiti. Io vado in bagno, mi do’ una sciacquata veloce e dopo cinque minuti sono di nuovo con il cappotto e la borsa in mano. “Allora io vado, ci vediamo dopo”, dico, mentre Alexandra adesso è con il computer sulle gambe mentre ci avvicina qualcosa di rosa e floreale, come se stesse cercando di capire se può essere qualcosa di simile a quello che sta guardando sul computer. Lei mi fa un cenno con la mano senza nemmeno rispondere, io apro la porta ed esco sorridendo. Il corridoio è semivuoto, le lezioni sono ormai praticamente finite per tutti e gli studenti o sono in camera o in biblioteca a studiare, oppure si stanno preparando per qualche festa. Sospiro, perché stasera ho anche io qualcosa di interessante da fare, ma ora devo andarmi a fare una punizione che non so quanto durerà e nemmeno in cosa consisterà. Spero che non sia una cosa troppo stancante, perché sono già quasi arrivata al limite della mia stanchezza per oggi, e stasera non voglio addormentarmi con la faccia nel piatto davanti ad Alex. Già, Alex. Sorrido pensando a lui, a quanto non vedo l’ora di uscirci e di conoscerlo meglio, mi ha attirato come una calamita da subito. Percorro tutto il corridoio che dalla mia stanza porta alla mensa, e poi mi ritrovo nel grande cortile che lega l’edificio dei dormitori e della mensa all’altro dove si tengono le lezioni. Cammino velocemente per il cortile, perché sta cominciando a fare freddo e si sta alzando un leggero vento freddo poco piacevole, ed anche perché sono in ritardo. Arrivo di fronte all’aula magna di corsa e busso, per sicurezza prima di entrare: “Avanti”, mi risponde la voce del professor Wilson. “Oh, prego signorina Jhonson, almeno uno dei due si è presentato, cominciavo a perdere le speranze”, dice in tono divertito. “Non avevo nessun dubbio che il signor Edwards non fosse ancora arrivato”, dico, avvicinandomi alla cattedra e sedendomi al primo banco. “No, no, signorina Jhonson, niente banchi da lezione. Oggi voi due starete su questa cattedra con me”, dice il professore. Io lo guardo spalancando gli occhi. Alla cattedra ci sediamo solo quando dobbiamo fare gli esami. “Ma non stiamo più comodi qui?”, provo a chiedere. Non mi va di avere un contatto così ravvicinato né con Luke né con il professore. E, sinceramente, trovarmi qui da sola con lui non mi piace molto, anche se il professor Wilson è solo un anziano signore simpatico che non farebbe male a una mosca. “No, no, voglio che voi due lavoriate a stretto contatto, visto la confusione che avete fatto alla mia lezione e visto che la cosa non sembra piacervi affatto. Almeno questa sarà una doppia punizione e vi insegnerà a tenere i vostri battibecchi amorosi fuori dalle mie lezioni”, dice sorridendo. Ma senti te quanto è maligno il professore. Battibecchi amorosi? Devo mordermi la lingua per non rispondergli e peggiorare ulteriormente la mia situazione. Lo avevo sempre considerato uno tra i migliori come persona che ci insegna, ma a quanto pare se gli pesti i piedi sa diventare molto cattivo. Mi alzo per andare alla cattedra, sconsolata. Ma dove diavolo si è cacciato Luke? Sono già le 18.40 ed io sto solo perdendo tempo. Arrivo alla cattedra accanto al professore che mi fa cenno di sedermi sulla sedia alla sua sinistra. “Mi scusi, ma se il signor Edwards non arriva, io cosa ci sto a fare qui?”. “Se il signor Edwards non arriva, lei oggi farà il lavoro di entrambi. E domani a lezione lui si prenderà un bello zero per la mancata presenza alla punizione. E la stessa cosa succederà a lei se salterà un solo giorno”, mi dice avvicinandosi e guardandomi negli occhi. Io deglutisco forte e annuisco: accidenti a Luke e alla sua linguaccia. Ma dove si è infilato? Almeno se fosse qui anche lui mi sentirei più al sicuro che stare da sola con il professore. Distolgo lo sguardo e mi allontano con la sedia, aspettando che lui mi dica quello che devo fare. “Se il signor Edwards non arriva entro cinque minuti, il lavoro sarà tutto per lei. E non potrà andarsene fino a che non avrà finito”. Io sto per rispondere ma, nello stesso momento, la porta dell’aula magna si apre ed entra Luke con molta calma, come se non fosse minimamente in ritardo. “Ah, signor Edwards, ha deciso finalmente di degnarci della sua presenza”, sputa velenoso il professore. Luke lo guarda con strafottenza, poi guarda me alla cattedra divertito: “Mi scusi, ma sono stato trattenuto. E lei cos’ha fatto per essere lì alla cattedra? Vuole interrogarci?”. Io lo guardo sbuffando, mentre il professore scende dal palchetto dove si trova la cattedra e si piazza davanti a lui, cercando di incutergli un certo timore, ma ogni tentativo è vano. Dalla mia posizione, la scena è quasi comica: il professore, alto un metro e un tappo e un po’ grassottello, è di fronte a Luke, che lo sovrasta con la sua altezza e la sua prestanza fisica, ed ora che è lì vicino a lui, il professore non incute nessun timore. Il professor Wilson lo guarda con aria di sfida, ma Luke non cede e lo guarda sorridendo con strafottenza, come se stesse aspettando che lui gli dica qualcosa. A me sembra di stare al cinema, e tra poco spero di veder passare l’omino dei popcorn per godermi al meglio la scena. Il professore sbuffa, poi torna alla cattedra e dice: “Signor Edwards, non mi interessa se lei è stato trattenuto, questo le costerà un voto in meno sul prossimo esame”. “Ma come, lei non può ricattarmi così per un ritardo. Un voto di un esame deve valutare l’esame, non quello che è successo prima”. “Signor Edwards!”, ora il professore è rosso in volto e sta urlando. Guardo Luke di sottecchi che sorride, e io non posso che fare altrettanto. “Io sono il professore e io do’ i giudizi come voglio. Se queste cose non le stanno bene, può anche smettere di frequentare il mio corso. O può cominciare a diventare puntuale”, dice, con cattiveria. Luke sbuffa piano, poi dice: “Sì, professor Wilson, va bene. Mi scuso. Mi dica cosa dobbiamo fare”. Il suo tono è tutto meno che dispiaciuto, anzi, a me sembra proprio che lo stia prendendo in giro. Il professor Wilson sorride compiaciuto, e io non posso fare a meno che ridere piano. Lui fortunatamente non se ne accorge, ma Luke sì e mi strizza un occhio. “Bene, signor Edwards, prenda posto accanto alla sua compagna”. Luke si siede vicino a me e non dice una parola. “Visto che per la prima volta ho a disposizione due delle menti più brillanti che abbiano mai frequentato i miei corsi, ho deciso di affidarvi un lavoro lungo e delicato che avrei dovuto fare io da solo ma, grazie ai vostri battibecchi, adesso sarete voi a farlo per me”. Io guardo Luke con aria interrogativa e lui mi guarda allo stesso modo. “Mi hanno chiesto di scrivere un libro sulla vita dei campus, dei rapporti con gli studenti e degli approcci migliori per insegnare ed entrare in contatto con voi senza farsi prendere sottogamba. Avrei dovuto girare il campus ed intervistare i vari studenti, ma ora ho voi che lo potete fare per me e che potete portare la vostra esperienza diretta”. Io e Luke lo guardiamo a bocca aperta: ci vuol far fare un lavoro per cui lui sarà pagato senza aver fatto niente, mentre a noi non ci verrà riconosciuto nemmeno un centesimo? Ora, va bene la punizione, ma pensavo che ci avrebbe dato qualche compito in più da fare, o da correggere qualcosa, non di fare un intero libro al posto suo. Io sto per aprire bocca, ma Luke lo fa prima di me: “Mi scusi, professore, ma lei non ci dovrebbe dare una mano? E’ un suo lavoro, noi non sappiamo come muoverci. E poi, due studenti come noi, non possono competere con l’esperienza che ha un professore come lei”. Il professore lo guarda prima compiaciuto, poi a quanto pare capisce che la frase di Luke è quasi una presa in giro, e la sua espressione si fa di nuova seria: “Signor Edwards, una punizione è una punizione, e io supervisionerò a tutto, ma voi dovrete darvi da fare. Vi seguirò in giro per il campus per vedere che facciate davvero quello per cui ci siamo accordati e non i cavoli vostri, ma alla fine sarò io a correggere tutto il vostro lavoro e a decidere se ne è valsa la pena. E vi conviene ad entrambi impegnarvi come se fosse davvero una cosa vostra, perché se così non sarà avrete altre punizioni, e saranno soltanto studio in più per voi. Questa, invece, sarà anche un’esperienza che vi formerà”. Luke sta per riaprire bocca, ma gli tiro una gomitata: non voglio che il professore ci dia altre cose da fare, già questa mi sembra complicata e credo che porterà via molto più del tempo della punizione. “Ah, ovviamente è un lavoro che dovrete fare insieme, a stretto contatto, e vigilerò che sia davvero così, anche quando non ve ne accorgerete io sarò lì a guardare che voi facciate le cose esattamente come io ho chiesto, perché avete delle caratteristiche di scrittura e trasposizione che divise sono eccellenti, ma insieme sono una bomba e la voglio sfruttare appieno. Tutto chiaro?”, dice, sorridendo maligno. Io e Luke ci guardiamo per un secondo in faccia: tutti e due abbiamo la stessa aria traumatizzata dal pensiero che dobbiamo trascorrere tanto tempo insieme. Questo compito sarà un totale disastro, io e lui non abbiamo niente in comune, e sicuramente discuteremo su qualunque cosa c’è da fare, su come vada fatta o scritta. E’ un suicidio farlo fare a noi in coppia questo lavoro! “Allora, siete sordi? Avete capito tutto?”. La voce del professore mi riporta all’aula e non più persa nei miei pensieri. Anche Luke deve essere rimasto immerso nei suoi, perché non ha proferito parola fino ad ora quando all’unisono, diciamo: “Sì”. Il professore sorride soddisfatto. “Bene, adesso che siete d’accordo su questa collaborazione, cominciamo con le prime cose da fare. Intanto dovete leggervi un po’ di questi libri”, e, da sotto la scrivania tira fuori cinque libri che sembrano un enciclopedia completa; “ma li dovete leggere tutti entrambi, così che tutti e due potrete dare le vostra versione e la vostra visione, che è la cosa che maggiormente mi interessa”. Ci dà ad entrambi due libri tenendosi il quinto per sé. Io e Luke lo guardiamo interessati, il professore lo nota e aggiunge: “Questo lo leggerete quando avrete finito entrambi i quattro libri. Questo sarà l’ultimo, e lo dovrete leggere insieme”. Io e Luke ci guardiamo interdetti: come è possibile leggere un libro insieme? Ognuno ha i suoi tempi e il suo luogo dove leggere e immedesimarsi nella storia, non è possibile essere entrambi sempre nello stesso punto. Né io né Luke osiamo aprire bocca per paura che la punizione diventi ancora più grande, ma le nostre espressioni devono essere alquanto eloquenti, perché dice: “Sembra che la cosa vi turbi, ma non vi preoccupate, quando arriverete a leggere questo libro, capirete il perché di tutto questo e forse avrete anche finalmente imparato a collaborare, invece di attaccarvi sempre. I libri li leggerete a casa, vi do’ tempo una settimana per leggerne due ciascuno e poi ognuno di voi mi farà una sua recensione su quello che pensa ci sia scritto. Dopodiché, vi scambierete i libri e avrete un’altra settimana per fare lo stesso lavoro. Detto questo, adesso vi do’ un paio di esempi di questionario sui quali dovrete costruire le domande per fare il nostro questionario, e poi vedremo come organizzarci per fare le interviste e tutto il resto. Vedrete, questo lavoro vi cambierà!”, dice soddisfatto, passandoci una decina di fogli ciascuno, con un paio di fogli bianchi e una penna. Io e Luke ci guardiamo straniti, poi il professore si volta e sta per sedersi sulla sua sedia con un libro in mano, quando una voce lo blocca: “Mi scusi professore”, dice Luke. “Che c’è signor Edwards, non sono stato abbastanza chiaro?”, dice in tono derisorio. “No, no, è stato chiarissimo”, dice Luke usando lo stesso tono. “Volevo solo chiederle quanto dobbiamo stare qui oggi”. Io mi passo le mani sulla faccia: non può averlo detto davvero. Già il professore non ci sopporta, se mostra così facilmente il fatto che non vuole stare qui, questo lavoro diventerà lunghissimo e un vero inferno. “Ha per caso qualcosa di meglio da fare? Qualunque cosa sia aspetterà, perché non ve ne andrete da qui fino a che ciascuno di voi non avrà buttato giù una decina di domande. Ma veramente pensate, non a caso”, dice, guardandoci male. Luke lo guarda torvo, ma fortunatamente decide di non rispondere. Alla fine, sono io ad aprire bocca: “Professore, ma come facciamo a farci venire in mente delle domande, se non sappiamo nemmeno di preciso cosa vogliamo sapere o a cosa ci servano quelle risposte?”. Il professore sorride. “Oh, finalmente una domanda con un senso. Beh, vi basti pensare a quello che chiedereste voi se foste professori agli studenti, che cosa vorrebbero dal campus, cosa vorrebbero dagli insegnanti e quali metodi piacciono di più per insegnare. Mettervi nei miei panni per fare le domande”, dice soddisfatto, mentre si risiede e prende il libro in mano, ignorandoci e cominciando a leggere. Io spalanco gli occhi, stranita: e questo sarebbe tutto il suo aiuto? Mi giro verso Luke che mi guarda sorridendo: devo avere davvero un espressione buffa se mi guarda in quel modo. Non dice niente ma si avvicina a me e mi sussurra nell’orecchio: “Spero davvero che non ci dobbiamo mettere nei suoi panni, perché io non mi cambierei mai con lui, e scommetto nemmeno tu. Siamo troppo fighi per poter anche solo minimamente pensare di essere come lui”. Io sorrido, arrossendo: Luke mi considera una figa? E da quando? Ah, beh, certo che in rapporto al professore è figa anche la suola di una scarpa..Ma perché arrossisco vicino a lui? Non mi ha mai messo in soggezione, eppure questo suo fare scherzoso e questa sua vicinanza a me mi scombussola qualcosa dentro. Il suo alito caldo nel mio orecchio ha qualcosa di terribilmente sensuale, che mi dà gli stessi brividi di quando mi ha parlato nel corridoio. Luke si allontana da me e mi guarda sorridendo, e io lo guardo con lo stesso sorriso disteso: forse non sarà così male collaborare con lui. “Coraggio, mettiamoci a lavoro, se no finiremo davvero per diventare come lui”, gli dico avvicinandomi a mia volta per non farmi sentire dal professore. Luke guarda me e poi il professore, che sembra totalmente immerso nel suo mondo e non sembra proprio intenzionato a darci alcun tipo di relazione: ci sta ignorando completamente, come se non ci trovassimo nella stessa stanza con lui. “Beh, la prossima volta che mi viene in mente una cosa così stupida di discutere con te davanti a tutti, ti prego tappami la bocca prima che inizia ad aprirla”, mi dice ridendo. “Lo farò, non preoccuparti, non ero mai stata messa in punizione in vita mia, e non permetterò che accada di nuovo”, e rido a mia volta. “Beh, c’è sempre una prima volta per tutti, e visto che la passerai con me, farò in modo che sia un’esperienza memorabile per te”, dice malizioso prendendo la penna e iniziando a leggere qualche foglio. Io lo guardo con gli occhi spalancati: ha davvero detto quello che ho capito? E cosa vorrebbe fare, visto che ha più volte ribadito che non sono il suo tipo. Non voglio arrossire, sarebbe troppo evidente,quindi mi concentro sul fatto che abbia detto una cosa così solo per mettermi in imbarazzo e che stava scherzando e, quando capisco che è davvero questo quello che ha fatto, solo per vedere come reagivo, gli lancio il lapis. Lui alza la testa interdetto, poi mi guarda e vedo che sorride visto che io lo guardo sorridendo: ho capito il suo trucchetto. Lui mi fa l’occhiolino mentre il professore dici: “Ragazzi tutto bene? Ho sentito un rumore”. Io soffoco una risata perché sembra che il professore sia dovunque tranne che in questa stanza e che si risvegli nei momenti meno opportuni, ma per fortuna Luke è più pronto di me a rispondere: “Sì, sì, tutto a posto, a Denise è solo caduto il lapis”. “Bene, bene, allora tornate a lavorare”, dice, immergendosi di nuovo nella sua poltrona e estraniandosi dalla stanza e da noi. Luke mi fa di nuovo l’occhiolino e tornare a leggere le domande. Io scuoto la testa sorridendo e prendo in mano i fogli a mia volta: questa punizione sarà molto lunga ma credo anche molto interessante.

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Capitolo 9
*** L'appuntamento ***


Dopo un’ora passata a leggere domande di questionari ed aver provato a scrivere qualche domanda, anche se mi sembrano veramente stupide e senza senso, mi stiracchio sulla sedia e lancio una rapida occhiata a Luke per vedere come se la sta cavando. E’ concentratissimo, con la testa bassa sui fogli, la matita in bocca e gli occhi che scorrono velocemente da una parte all’altra del foglio, mentre corruga un po’ la fronte quando sembra leggere qualcosa che non gli torna granché. Mi concedo un attimo per osservarlo nella sua veste da studente e non da sbruffoncello: è bellissimo, su questo non c’è mai stato alcun dubbio, ma mentre studia ed è concentrato perde la sua aria da “me la tiro e ce l’ho solo io” ed assume semplicemente l’aria di un bellissimo ragazzo interessante, con cui poter scambiare quattro parole in tranquillità. Mi sorprendo a fare questi pensieri su di lui, perché l’ho sempre considerato semplicemente uno pieno di sé, con un gran cervello, ma incapace di sfruttarlo appieno. Ma vederlo così preso da quello che fa lo fa sembrare tutta un’altra persona, qualcuno con cui, forse, potrei davvero avere qualcosa in comune. “Se continui a guardarmi così mi consumi”, dice sottovoce Luke. Io sobbalzo sulla sedia: non mi ero accorta che lui mi aveva visto osservarlo, se no avrei cercato di dare meno nell’occhio, o di disincantarmi un po’ prima. Arrossisco violentemente, ma trovo comunque il coraggio di dargli una risposta: non voglio essere una delle sue ochette che gli sbavano sempre dietro, anche perché io non stavo sbavando, lo stavo solo osservando sotto una luce diversa. “Non ti consumo, non ti preoccupare, ti stavo guardando solo perché in questo momento sembri davvero una persona intelligente, cosa che non avrei mai creduto possibile”. Luke si gira, sorridendo sornione: “Certo che tu non riesci proprio mai a farmi un complimento, eh? Qualunque altra ragazza farebbe i salti di gioia per poter passare tutto questo tempo da sola con me, ma tu no, tu sembra proprio che non mi sopporti, ed anche se ti becco a guardarmi, non hai mai niente di carino da dire nei miei confronti”. “Beh, non so se l’avevi notato, ma io non sono come tutte le ragazze che conosci, né lo sarò mai. E poi, fino a prova contraria, neanche tu hai mai detto niente di carino su di me, e se ogni tanto mi incanto a guardarti è solo perché ti vedo fare cose diverse da quelle che fai di solito, e la cosa mi stupisce, tutto qui. Non c’è niente di diverso da questo e niente di più, solo curiosità”. Luke mi guarda intensamente, senza dire una parola, e lancia una rapida occhiata al professore, che sembra che si sia quasi addormentato con la faccia dentro il libro, poi avvicina piano la sedia a me e mi sussurra all’orecchio: “L’ho notato che non sei uguale alle altre, è per questo che ti ho sempre reputato una ragazza interessante. So che per te sono solo uno stupido farfallone, come mi hai fatto ampiamente capire oggi davanti a tutti”, e si allontana un attimo per guardarmi, mentre io gli concedo solo un sorriso tirato, “ma ti ho già spiegato che io sono molto di più di un bel faccino. Solo che non ci tengo a mostrarlo a tutti. E sicuramente non a chi conosco a malapena. Ma se mi fissi come prima, mi deconcentri, mi sento sempre studiato e giudicato negativamente da te, perciò cerca di non farlo più, va bene? Se no questa punizione non finirà davvero più, se mi sento costantemente osservato”. Si allontana di poco da me, e mi guarda negli occhi. Io faccio lo stesso, cercando di avere uno sguardo serio, ma in realtà quello che mi ha detto mi ha un po’ ferito: è vero che mi ha sorpreso vederlo in quel modo, ma in maniera positiva, era per quello che lo stavo guardando. Ma lui ormai pensa che io abbia sempre un idea negativa di lui, e se è questo che pensa per me va bene: non ho voglia di discutere ancora con lui e di fargli pensare che mi interessa in questa sua veste diversa dal solito, non mi va che si faccia strana idee, visto che in realtà non c’è nessuna idea da farsi. I suoi occhi sono un mare in tempesta, ed averlo vicino quando mi parla sottovoce mi fa rimescolare il sangue ed andare un po’ in pappa il cervello, perciò ho bisogno di un attimo per riprendermi prima di aprire bocca. Faccio un sospiro, poi mi decido a parlare: “Va bene, Luke, cercherò di non guardarti più, se ti da’ così fastidio. Pensavo ti piacesse essere sempre al centro dell’attenzione e non pensavo che essere osservato per due secondi da me ti turbasse così tanto, visto che se qualunque altra ragazza ti guarda, tu non ne sei che soddisfatto. Ma nessun problema se questa cosa ti impedisce di finire la punizione ad un orario decente: smetterò di guardarti e di stupirmi perché puoi essere anche un’altra persona rispetto a quello che conosco di solito. Mi terrò l’idea che ho sempre avuto di te, così tu riesci a concentrarti e potremo smettere prima questa punizione, visto che anche io ho i miei impegni”, e mi giro furibonda tonando sui miei fogli. Cavolo, non credevo che una sua frase mi avrebbe fatto irritare così tanto. Vuole che continui a pensare che è uno stupido coglioncello che non fa altro che correre dietro a qualunque gonna veda? Perfetto, è quello che farò. Pensavo potesse essere davvero un’altra persona, tra come era concentrato ora e i discorsi che mi ha fatto stamani, ma a quanto pare mi sbagliavo e a lui piace che la gente pensi solo questo di lui. Continua a guardare le domande davanti a me senza vederle davvero: cavolo quanto mi fa innervosire solo dicendo due parole. Non ho il coraggio di guardare che espressione abbia, visto che mi ha detto chiaro e tondo che non vuole essere osservato da me, ma lui non fa nemmeno nessun tentativo per parlarmi o cercare almeno di chiedermi una pseudo scusa. Prendo la penna e comincio a scrivere furiosamente sul foglio: chissà perché, quando sono arrabbiata, le parole mi escono come fiumi. Rileggo velocemente le domande che mi sono venute fuori poi, abbastanza soddisfatta del lavoro fatto, faccio per alzarmi per andare a dare il mio foglio al professore, almeno me ne posso andare da questa stanza e iniziare a pensare alla bella serata che mi aspetta. Non appena allontano la sedia dal banco, una mano mi prende per un braccio, però questa volta delicatamente, non come quando era successo in corridoio: io mi divincolo furiosamente e lui molla subito la presa, come se si fosse scottato, ed è in quel momento che mi volto a guardarlo. Ha l’aria di un cane bastonato, di uno che non sa cosa dire né cosa fare. Io lo guardo ancora più furibonda, poi, visto che non da’ segni di aprire bocca dico piano, anche se il mio tono è duro e vorrei semplicemente urlargli in faccia: “Beh, che c’è? La vuoi smettere di mettermi le mani addosso? Hai detto chiaro e tondo che non vuoi che ti guardi perché ti senti giudicato, quindi adesso che cosa vuoi da me? Io ho rispettato quello che volevi, perché tu non riesci a rispettare il fatto che io non voglio le mani addosso, di nessun genere, da persone che conosco a malapena?”. Ho usato appositamente le stesse parole che lui ha detto a me, per vedere che effetto gli fa. Lui mi fissa, spalanca gli occhi e poi scuote piano la testa, ma non dice una parola. Rimango qualche secondo in piedi, aspettandomi una risposta, ma quando vedo che non arriva, faccio per votarmi ed andare a consegnare i miei fogli al professore, che ora sta proprio beatamente dormendo. Meno male che ci doveva seguire e tenere sotto controllo!. “Aspetta”. La voce di Luke è un sussurro roco, ma dentro quella parola c’è così tanta attesa che mi volto di nuovo verso di lui, con un sopracciglio alzato, in attesa che apra di nuovo bocca. “Scusa, mi dispiace per quello che ho detto prima, è che tu mi turbi. Non ho mai conosciuto una ragazza tanto antipatica e capace di darmi sui nervi quanto te. E poi quelle tue risposte secche..Non le sopporto, mi fanno proprio arrabbiare. Sei l’unica ragazza di cui mi interessa davvero l’opinione, perché so che non mi dici qualcosa solo per farmi piacere o per far sì che tu sia più desiderabile ai miei occhi, anzi, mi tratti quasi sempre male, ma almeno so che quello che dici è realmente quello che pensi. E prima avere quel tuo sguardo addosso mi ha fatto sentire… indifeso, esposto. Una cosa che non era mai successa, ed è una cosa che non mi piace. Non volevo offenderti, davvero, è che tu riesci a tirare fuori sempre il peggio di me”, dice facendo un mezzo sorriso. Io lo guardo, con gli occhi sempre più spalancati, da quando ha iniziato a parlare. Praticamente non ha fatto altro che offendermi, anche se dice che gli interessa cosa penso. Mi viene da ridere, non ci capsico niente con lui. Una risata mi esce involontaria e Luke mi guarda sorridendo e con un’aria interrogativa. “Scusa, eh, ma non ti ha insegnato nessuno che quando si chiede scusa, si tende a fare dei complimenti all’altra persona e non ad offenderla? Mi hai detto che ti sto antipatica e ti do’ sui nervi… Non credi che non siano proprio complimenti? Però ti interessa la mia opinione. Cose un po’ strane da dirsi per scusarsi, non credi? Comunque tranquillo, anche tu mi dai sui nervi e mi stai antipatico, quindi la cosa è reciproca. Però non mi interessa la tua opinione”, dico sorridendo. Lui mi guarda interdetto, cercando di capire se sono offesa o meno, poi mi fa un gran sorriso, capendo che comunque l’ho scusato, visto che sto continuando a sorridere: “Bene, almeno abbiamo entrambi la stessa opinione. Ci stiamo antipatici e ci diamo sui nervi, meglio di così. Magari questo ci aiuterà a far venir fuori davvero un bel lavoro per quello lì”, dice indicando il professore, “visto che tanto a nessuno dei due piacerà mai il lavoro dell’altro e saremo estremamente pignoli”. “Tu hai finito?”, chiedo per cambiare argomento ed uscire da qui. “Perché io sono a posto con le domande, non mi viene in mente nient’altro, e poi comincia ad essere già troppo tardi”. Luke annuisce, prende il suo foglio e si alza. Io lo seguo ed arriviamo davanti alla cattedra del professore. “Che dici, lo svegliamo?”, dice Luke, mentre il professor Wilson se la dorme della grossa, con la bocca aperta. Faccio una mezza risatina, poi dico: “Meglio di sì, visto che sicuramente, se gli lascia i fogli qui e ce ne andiamo senza dire niente, è capace di venirci a cercare in camera e farci tornare qui fino a che non gli ha letti”. Luke annuisce, si avvicina al professore e dice: “Professor Wilson, professor Wilson”, ma niente, lui continua a dormire e russare beatamente. Allora Luke comincia a scuoterlo per un braccio mentre lo chiama e, al terzo scossone, il professore fa uno schizzo sulla sedia e si sveglia, cadendo rovinosamente per terra. Io mi giro di spalle e comincio a ridere, anche se cerco di soffocare la risata, mentre Luke, sempre trattenendo le risate, cerca di dare una mano al professore a rialzarsi. Ma questi lo scansa e dice: “Sto bene ragazzo, non è successo niente. Allora, perché mi avete svegliato così male?”. Dopo che l’ha detto, il professore spalanca li occhi e si corregge: “Volevo dire, perché mi avete chiamato scuotendomi? Ero immerso nella lettura, ma bastava chiamarmi a voce”. Io continuo a ridere con le lacrime girata di spalle, mentre sento Luke che, con la voce spezzata dalle risate dice: “Vede professore...pfff…l’abbiamo chiamata più volte a voce..pfff… ma non ha mai risposto. Perciò ho dovuto, ehm…pfff..scuoterla”. Luke si gira e si accuccia come se gli fosse caduta una matita, mentre cerca di soffocare le risate. Io mi asciugo le lacrime e mi volto, cercando di restare seria, ma vedere il professore che cerca di svegliarsi ma restare serio, non rende l’impresa affatto facile. “Che cosa volete comunque, avete bisogno di qualcosa?”, chiede, con tono quasi arrabbiato. Luke si rialza da terra e si volta, mentre cerchiamo di non guardarci per non scoppiare di nuovo a ridere. “Noi veramente avremmo finito, professore, e volevamo lasciarle le domande, così da poter tornare nelle nostre camere”, dice Luke, porgendogli il suo foglio e prendendo il mio e passandoglielo. “Non così in fretta ragazzo”, dice il professore. “Prima leggo le vostre domande e poi vi dico se potete andare”. Luke mi guarda con aria sconsolata, io faccio lo stesso e aspettiamo in piedi che il professore abbia finito di leggere. Appena posa i fogli sulla scrivania, entrambi ci guardiamo speranzosi. Il professore ci guarda, e poi fa un sorriso tirato: “Ho fatto bene a darvi questa punizione, lo sapevo che eravate le persone giuste per questo lavoro. Venti domande eccellenti, viste da punti di vista diversi ma complementari. Mi complimento con voi, io stesso non avrei potuto fare di meglio. Questi li tengo io e domani metteremo insieme le domande nel loro giusto ordine. Ora potete andare”, dice, quasi sconsolato. Io e Luke ci guardiamo raggianti, poi prendiamo di corsa le nostre cose dalle sedie e diciamo all’unisone un: “Arrivederci professore”, mentre sfrecciamo via dall’aula. Lui ci fa un cenno con la mano, mentre continua a guardare sorridendo le nostre domande. Appena ci siamo allontanati abbastanza dall’aula di corsa e ridendo come due matti, con la paura che il professore ci richiamasse indietro, io e Luke cominciamo a camminare e a respirare di nuovo normalmente. Io mi godo il silenzio che c’è ora nel campus, non sento il bisogno di dire niente. Poi Luke a un tratto dice: “Che ridere quando è caduto da quella sedia. Era imbarazzatissimo, ma io non sapevo come fare a non ridere e a dargli una mano a tirarsi su”. Sorrido. “Io mi sono dovuta girare per non ridergli in faccia, perché non ce l’avrei mai fatta ad aiutarlo, mi faceva troppo ridere. Per fortuna le domande gli sono piaciute e ci ha lasciato andare subito”: “Già”, mi risponde Luke con un sorriso. Usciamo insieme dall’edifico delle aule e io mi dirigo a diritto attraverso il cortile per andare in camera. Ma sento che Luke ad un certo punto si ferma. Mi fermo anche io e lo guardo con aria interrogativa. Lui mi sorride e dice: “Io vado di qua per andare al mio dormitorio. Pensavo, ma vuoi che prendiamo un caffè o mangiamo qualcosa e poi ti riaccompagno in camera tua? Non è molto bello, visto che non c’è nessuno, girare per il campus da sola”. Io lo guardo sorridendo: non mi sarei ai aspettata che Luke Edwards mi avrebbe invitato per un caffè o per una cena, da soli io e lui. Decido di sbeffeggiarlo un po’, come lui fa sempre con me: “E cosa sarebbe questo, un appuntamento? Il super popolare Luke che chiede alla povera sfigata Denise di farsi vedere in giro con lui, da soli, per il campus? E come la metti con la tua reputazione?”. Gli occhi di Luke si sbarrano alle mie parole: credo che non abbia mai sentito un no detto così male. O meglio, credo che non abbia mai ricevuto un no come risposta alle sue richieste di appuntamento. I suoi occhi si fanno incredibilmente più scuri, diventano quasi come il colore della notte che ci circonda, mentre si avvicina: “Non sei molto carina, sai? Potevi dire di no con gentilezza, visto che io sono stato gentile con te. E per la mia reputazione non c’era nessuna problema, tanto stasera sono tutti alla festa della mia confraternita, e nessuno ci avrebbe visto in giro. E comunque, nonostante tu non lo pensi, io sono sempre un gentiluomo, e non avrei mai lasciato che una ragazza vagasse da sola per il campus a quest’ora, non se prima era con me. Anche se la ragazza non mi interessa in quel senso”, ci preme a sottolineare. Io lo guardo attenta, non riuscendo a capire se si sia offeso per quello che ha detto o se io mi dovrei offendere per quello che ha detto lui. Ma non ho voglia di complicarmi la vita, e con lui le cose sono sempre fin troppo complicate, e poi è tardi e devo andare a prepararmi, quindi mi limito a dire: “Ok, ok, non discutiamo anche per queste cose. Non posso venire a prendere un caffè né a cena perché stasera ho un altro impegno, e per me non c’è nessun problema ad arrivare in camera da sola. Ma se mi vuoi accompagnare, va bene”. Lui mi guarda strano, penso che le rotelle nel suo cervello stiano viaggiando alla velocità della luce per capire cosa sia più giusto fare, poi si avvicina a me e, sorridendo, dice: “Fammi strada, non ti lascio tornare da sola”. Io sorrido di rimando e mi scopro a guardarlo di nuovo sotto una luce diversa: nessuno ha mai dimostrato un senso di protezione come Luke ha adesso verso di me, ed io non possono che restarne piacevolmente stupita, visto che ci conosciamo così poco. Ci incamminiamo verso il mio dormitorio, mentre gli chiedo: “Perché fai questo per me? Mi trovi insopportabile, non andiamo affatto d’accordo, ci dobbiamo sopportare perché abbiamo una punizione in comune, ma ci siamo scannati come due nemici da stamani. Perché tutta questa gentilezza nei miei confronti, e la richiesta di un appuntamento, se non mi sopporti?”. Luke si ferma, di nuovo, e io mi fermo con lui. Questa strada per la mia camera sta diventando lunghissima! Mi volto a guardarlo, mentre lui sorride: “E’ vero tutto quello che hai detto, ma ti sei scordata una cosa che ti ho detto prima: ti trovo interessante e mi piace battibeccare con te perché so che non cerchi di plasmare le tue opinioni con le mie, solo per piacermi. E so che quello che dici è quello che davvero pensi, non come gli altri che fanno solo le cose per farmi piacere. E questo mi piace, e la mia richiesta di prendere un caffè o mangiare qualcosa insieme non era una richiesta di appuntamento come lo pensi tu, era un modo per conoscerti meglio e vedere se potevamo davvero essere amici, invece di continuare a battibeccarci solo a lezione o in punizione. Avrei proprio bisogno di una persona che mi dica quando sbaglio o che mi dica davvero quello che pensa, non lo fa mai nessuno qui. Soddisfatta ora?”. Io lo guardo, un po’ interdetta: di base mi ha detto che come ragazza non mi vuole assolutamente, però gli piaccio come persona e vorrebbe avere accanto qualcuno che gli dice veramente come la penso. Soppeso le sue parole, e poi decido che mi va bene così: è un bel ragazzo ma non potrei mai starci insieme, però le discussioni con lui mi hanno sempre stimolato. “Soddisfatta, e la penso esattamente come te. Forse, in un futuro, potremmo anche pensare di essere amici”. Lui sorride contento e continuiamo a camminare in silenzio. Quando arriviamo davanti alla porta del mio dormitorio, mi volto e gli dico: “Io sono arrivata. Grazie per la compagnia e la chiacchierata. Ci vediamo domani”, e faccio per voltarmi e aprire la porta. Lui mi tocca lievemente la spalla io mi volto e lo ritrovo a scrutarmi in profondità. Non dice una parola, e io nemmeno, stiamo solo a guardarci negli occhi. Io sento i brividi percorrermi per tutto il corpo, e cerco di scacciare quella sensazione così strana: deve essere solo un amico per me, tutte queste sensazioni non dovrei affatto avercele. Continuo a guardarlo, e non riesco a staccare gli occhi da lui, come lui non riesce a sganciarsi dai miei: sembra che ci stiamo dicendo così tante cose in silenzio, solo guardandoci. Ehi, ma che ci prende ad entrambi?. Poi ad un tratto, lui sbatte le palpebre e sembra riaversi, riacquistando l’uso della parola: “Scusa, non volevo bloccarti è solo che, visto che in teoria abbiamo deciso che forse potremmo essere amici, qual’é l’impegno che ti ha impedito di uscire con me stasera? Ho sempre pensato che i tuoi unici impegni fossero i libri”, dice, guardandomi con strafottenza. E di nuovo eccolo lì , il Luke chje mi fa saltare i nervi sempre, nonostante due secondi fa sembrava che stessimo in un mondo tutto nostro. Ma che cos’ha questo ragazzo che non va? Prima mi fa sentire importante, poi mi dice che non mi sopporta, e poi ci perdiamo a guardarci negli occhi come se a parole non riuscissimo a dirci quello che davvero pensiamo. E poi, con la sua solita strafottenza, mi viene a chiedere cosa faccio? Divento rossa come un peperone, e alzo un pochino la voce: “Beh, a parte il fatto che non ti devo nessuna spiegazione su quello che faccio e sul perché non esco con te stasera, ma si da’ il caso che qualcuno mi trovi interessante come ragazza, ma non come intendi te, interessante a 360°, ed è con questa persona che ho un impegno stasera. E ora scusami, ma sono già in ritardo. Non mi piace far aspettare le persone che sono davvero interessate a me” e, senza aspettare una sua risposta mi volto furibonda, spalanco la porta di camera e gliela richiudo sonoramente in faccia, guardando cattiva quell’espressione ad ebete che si ritrova. “Ehi, ma non mi dirai che quello era Luke, vero?”, dice Alexandra non appena ho sbattuto la porta. Io mi volto furibonda, anche se di base non ce l’ho con lei, ma ho l’adrenalina a mille. “Sì, era Luke, ma non ti preoccupare, non lo vedrai per un bel pezzo”. “Ehi, ehi, tranquilla, mi vuoi dire cosa è successo?”. Mi rendo conto di aver attaccato e risposto male ad Alexandra senza un motivo, perciò faccio un profondo respiro e mi siedo sul letto: “Io non riesco davvero a capirlo quel ragazzo. Diciamo che la punizione è andata abbastanza bene, ci siamo battibeccati un po’, ma alla fine è venuto fuori che a lui piacerebbe avermi come amica, perché solo l’unica che gli dice quello che pensa, senza dare un’opinione uguale alla sua solo per fargli piacere. Ci ha tenuto a sottolineare più volte che non sono il suo tipo, ma che lo stimolo mentalmente e che la mia opinione gli interessa perché è assolutamente sincera. Ero d’accordo con questa cosa, così non sarebbe più successo come stamani, e ora mi viene di nuovo ad offendere volendo sapere cosa facevo stasera, perché secondo lui stavo solo e sempre sui libri. Ma ti rendi conto? Deve giudicarmi anche se non mi conosce nemmeno. E questo solo perché gli ho detto che non potevo andare a prendere un caffè o mangiare con lui stasera”, dico tutto d’un fiato. Alexandra mi guarda con gli occhi spalancati: “Come come, prego?! Da stamani non vi potevate vedere, poi nel pomeriggio diventate amici e stasera vi battibeccate perché tu hai un altro impegno e non esci con lui? Ragazzi, ma vi rendete conto di quello che state facendo? Vi interessate a vicenda, ma non volete ammetterlo!”, dice raggiante Alexandra. Io la guardo torva, e lei perde la sua espressione felice: “Io non ho niente in comune con quello lì, mi dà solo tanto sui nervi, e lui non interessa a me come io non interesso a lui in quel senso, siamo stati abbastanza chiari in merito. Ora non ci voglio più pensare, è tardi e devo prepararmi per il mio vero appuntamento”, dico decisa, anche se dentro di me continuo a pensare a Luke e a quello che ha detto. Non che mi interessi il fatto che lui non mi trovi attraente, ma se prima mi dice che vuole essere mio amico e poi pensa solo che sono una sfigata che pensa solo ai libri, questo mi fa davvero imbestialire. Alexandra mi guarda interdetta, poi scuote la testa e sussurra: “Come volete, ve ne accorgerete anche voi, anche se magari sarà troppo tardi”. “Alexandra, davvero, non ti fare castelli in aria, non c’è niente tra me e lui, niente nel senso che intendi tu”. “Sarà, ma io non ci credo. Luke può dire quello che vuole, ma tu gli interessi, e parecchio, io lo conosco e non si è mai comportato così con nessun altra ragazza. Comunque, come gli pare, se vuole continuare a fare lo sbruffone non sa cosa si perde con una come te. Mentre stasera d Alex farai girare la testa con quello che ho pensato per te”, dice tornando di nuovo sorridente. Io la guardo negli occhi, e capisco che comunque lei continua a pensare che tra me e Luke ci sia qualcosa, ma ha deciso di smetterla qui perché tanto sa che io non mi smuoverò dalla mia posizione e lui nemmeno, e non ci tiene a vedermi arrabbiata o triste. Faccio un sorriso forzato, poi mi alzo in piedi e le chiedo: “Allora, che cosa hai deciso? Come sarò vestita stasera?”. Lei torna sorridente e raggiante, come se le avessi chiesto l’oro. Va verso il suo letto e mi mostra un abbinamento che, così a occhio, è davvero perfetto per me e per il posto dove devo andare. Mi avvicino a lei, e la guardo con gli occhi spalancati. lei guarda il suo abbinamento e poi guarda me: “Allora, che ne pensi? E’ di tuo gradimento?”. “Penso sia perfetto per me, anche se magari la magli è un po’ troppo scollata, ma sicuramente starò più comoda dell’ultima volta”. Alexandra sorride, e mi porge i pantaloni in raso nero stretti fino in fondo, con un foulard tutto colorato da allacciare in vita e una maglia aderente fuxia che, all’altezza della vita, sembra fatta come un corsetto, mentre nella parte superiore ha uno scollo a v che scopre ma non fa vedere quasi niente. Io indosso quello che mi ha preparato poi, quando sono pronta, mi porge un paio di decolté fuxia dello stesso colore della maglia, e una micro pochette dello stesso colore. “Wow, sei perfetta, non credevo che il tutto potesse starti così bene. Sembri una modella e, per dove devi andare, sei il top. Vieni, che ora ti pettino e ti trucco per dare il giusto risalto ai tuoi lineamenti”. Alexandra mi porta verso il bagno, ma prima io mi guardo nello specchio in camera: wow, non sembro nemmeno io. I pantaloni mi fasciano le gambe rendendole ancora più snelle, e la maglia fatta a corsetto mi fa la vita stretta, mentre il decolté è messo in evidenza dallo scollo a v. Le scarpe alte, poi, mi danno un’altezza e un’andatura femminile che non ho mai avuto prima. “sei incredibile, Alexandra, non so come tu abbia fatto a rendermi così femminile”. Alexandra si affaccia dal bagno e mi guarda sorridendo: “Tesoro, non sono io che ti rendo così, sei tu che sei bella, solo che non lo vuoi mai mostrare. Vieni, dai che è già tardi, e dobbiamo riuscire a dare un senso ai tuoi capelli per farti sentire ancora più a posto”. Entro nel bagno barcollando un po’ sui tacchi e Alexandra mi fa sedere su una sedia che ha spostato appositamente dalla camera al bagno. “Mi fai sentire una star con tutti questi accorgimenti”, le dico sorridendo. “Nessun problema, mi fa piacere darti una mano. Vedrai come resterà di stucco Alex appena ti vedrà, e Luke non sa cosa si perde”. Io la fulmino con lo sguardo. “Ok, ok, era solo per dire, ma davvero credo che se Luke ti vedesse così, cambierebbe idea sul fatto che ti vuole solo come amica”. “Beh, Alex mi ha incontrato nei miei soliti vestiti e mi ha chiesto lo stesso di uscire, Luke no, perciò non ho nessun interesse al fatto che Luke cambi idea su di me, va benissimo così”. “Va ben, non dico più niente, ora rilassati e stai ferma”. In meno di un quarto d’ora, Alexandra ha compiuto una magia: i miei capelli sono lisci e lucidi sulle spalle, e sono un po’ raccolti nella metà della testa in un intreccio elaborato ma bellissimo, e i miei occhi hanno una luce ancora più speciale, perché sono messi in rialto da un trucco rosa sfumato nel viola, una riga di eyeliner che dà ancora più risalto al riflesso dorato del mio sguardo nocciola e un rossetto rosa fragola con un tocco di glosso che rende la mia bocca ancora più invitante. Per finire, Alexandra mi mette una collana lunga con un cuore di brillanti viola alla fine, che si deposita delicatamente sullo scollo a v e mette ancora più in risalto il mio seno, che non è volgare e in bella mostra, ma si vede che c’è e fa il suo effetto. Poi mi mette anche un po’ di braccialetti colorati sulle sfumature del rosa e del viola e poi, guardandomi soddisfatta, dice: “Voilà, adesso sei ufficialmente pronta”. Io mi guardo, e davvero non mi riconosco: sembro una ragazza sofisticata ma semplice, proprio come piace a me. E il mio corpo, che non mi è mai piaciuto un granché, è messo in risalto d questo abbigliamento e mi sento veramente bene e bella. “Oddio Alexandra, grazie, non sembro nemmeno io. Sono bellissima e, incredibilmente, mi sento a mio agio”. “Figurati, tu sei sempre stata bellissima, semplicemente non ti valorizzi. Ma vedrai che con i miei consigli, sarai bellissima anche per andare a lezione”, dice raggiante. “per le lezioni vedremo, ma per stasera ti ringrazio davvero tanto”. “E’ stato un piacere, e poi devi uscire con Alex Mitchell, mica con il primo che passa. Comunque tieni, mettiti anche questa giacca di panno lilla, ed anche questo foulard con le sfumature del viola, che ti eviteranno di prendere freddo e ti faranno sentire ancora più super figa!”, dice sorridendo. Io prendo il cappotto e il foulard, e poi mi guardo di nuovo allo specchio: il risultato finale è davvero bellissimo, sembro totalmente un’altra persona. Mi volto e abbraccio forte Alexandra: “Grazie davvero, per tutto. Ci sei sempre per me, e non saprei come fare senza di te”. Alexandra ricambia l’abbraccio poi si stacca, mi volta e, dandomi una pacca sul sedere, dice: “Nemmeno io saprei come fare senza di te. Vai e sconvolgilo”. Io mi volto sorridendo e apro la porta di camera, uscendo nel corridoio. Faccio un cenno di saluto ad Alexandra che continua a guardarmi sorridendo e, appena chiudo la porta di camera, vedo attaccato sopra una cosa che non c’è mai stata: un post-it. Lo prendo e leggo quello che c’è scritto in quella scrittura così ordinata e pulita: “Scusami, non volevo offenderti. Sei una persona interessante, e voglio davvero che siamo amici. A domani. L”. Io mi giro e rigiro il post-it tra le mani poi, con un sorriso, lo metto nella borsa: è sicuramente di Luke, ma non mi aspettavo che potesse fare una cosa del genere. Fa tanto lo sbruffone, ma in realtà non lo è. Scuoto la testa e mi avvio verso la pizzeria del campus: non voglio far aspettare Alex. Dopo cinque minuti sono all’entrata della pizzeria: fortunatamente per i corridoio non ho incrociato quasi nessuno, tranne qualche ragazzo che probabilmente stava andando alla festa della confraternita di Luke, che mi hanno guardato vogliosi e mi hanno fatto apprezzamenti. Una cosa che non mi era mai successa. Mi ha messo in imbarazzo, ma mi è anche piaciuto: effettivamente, non è così male essere considerati un po’. Entro dentro la pizzeria perché fuori fa un po’ freddo, e vado a sedermi al bancone perché non mi sembra di vedere Alex. Il locale è quasi vuoto, a parte qualche paio di coppie e un paio di gruppi di amici. Appena mi siedo e mi tolgo cappotto e sciarpa, arriva un bel barista con occhi e capelli scuri che mi guarda malizioso: “Ehi, bellezza, che fai qui tutta sola? Posso offrirti qualcosa da bere?”. Io lo guardo arrossendo e sorridendo e, mentre sto per rispondere, sento una voce dietro di me dire con tono duro: “No, non puoi offrirle niente da bere, Mark, perché la “bellezza” qui sta con me”. Mi volto e vedo Alex, più bello che mai: indossa un paio di jeans scuri che gli fasciano perfettamente le gambe muscolose e sopra ha un giubbotto di pelle imbottito che esalta le sue spalle larghe. Mi guarda sorridendo, mentre il barista borbotta: “Certo, certo Alex, volevo solo essere gentile”. “Ciao”, dico raggiante, scendendo dal panchetto e andando verso di lui. “Ciao”, mi dice con voce roca e guardandomi con occhi maliziosi e profondi. “Wow, sei davvero bellissima. Oggi quando ti ho incontrato mi sei sembrata una bella ragazza, ma stasera sei proprio da togliere il fiato”, mi dice, lasciandomi a bocca aperta, mentre arrossisco vistosamente. “Oh, e poi sei ancora più bella quando fai così”, mi dice sfiorandomi la guancia calda con le sue dita morbide. Io arrossisco ancora di più, e i suo tocco sul mio volto mi dà una scarica di emozioni che non credo di riuscire a controllare. Mi perdo come sempre nei suoi bellissimi e profondi occhi neri, poi finalmente riesco a riscuotermi e ad aprire bocca: “Grazie mille, Alex. Anche tu stai molto bene”, dico sincera. Lui sorride soddisfatto, poi si volta verso Mark e dice serio: “Il nostro tavolo è pronto?”. “Sì, Alex certo, è quello che hai chiesto tu: nell’altra sala, dove non c’è nessuno, in un angolino appartato in fondo al muro”. Io lo guardo con aria interrogativa, mentre Alex annuisce soddisfatto: “Bene, andiamo allora”, dice prendendomi delicatamente per la vita e sospingendomi con lui accanto fino a che non arriviamo al tavolino. “Wow, non avevo mai visto questo posto così”, dico colpita. In effetti, è vero: di solito, la pizzeria del campus ha solo tavoli di legno un po’ muffiti e scomodi, e la pizza viene servita su tovagliette di plastica, con piatti e bicchieri di plastica. Il nostro tavolo, invece, ha una tovaglia di lino bianco che tocca terra, le sedia hanno dei morbidi cuscini e sono ricoperte fino a terra dalla stessa stoffa della tovaglia, abbiamo dei bellissimi sottopiatti rossi, posate d’acciaio e bicchieri di vetro, mentre il tavolo è cosparso di petali e di candele. Alex mi fa cenno di sedermi al posto appoggiato al muro dove, vicino al piatto, si trova una bellissima rosa bianca. Io lo guardo sorpresa, lui sorride contento. “Alex, veramente, questo è troppo, E’ tutto bellissimo, ma non dovevi, davvero. Non ci conosciamo nemmeno”, dico in imbarazzo. “Niente è troppo per te Denise. L’ho capito oggi quando ti ho incontrata che sei una persona speciale, e stasera sei particolarmente bella. Ti volevo portare a mangiare in un posto migliore, ma tu sei voluta venire qui, perciò o deciso di rendere più bello questo posto”. “Grazie, davvero, è tutto veramente molto bello, ma non dovevi. A me basta passare la serata con te e conoscerti meglio”, dico sincera. Lui mi guarda con gli occhi ancora più brillanti, poi mi prende la mano e la mete nella sua, guardandomi come a chiedere il permesso. Io annuisco e lui la stringe, intrecciando le nostre dita. Non so perché, ma con lui mi sento al sicuro, ma allo stesso tempo mi dà una scarica di adrenalina che sembra quasi che non possa più fare a meno di lui. “Anche io voglio conoscerti meglio. Sei diversa da tutte le ragazze che conosco. Tu non sei svenuta ai miei piedi, anzi, ti sei scansata quando ti ho toccato. Ma hai una luce negli occhi che mi ha incatenato a te, e che mi ha fatto nascere il desiderio di conoscere tutto di te. Voglio davvero sapere tutto di te, chi sei, cosa fai, e perché non ti ho conosciuto prima”. Oggi è la seconda volta che mi sento dire che non sono come tutte le altre. Solo che detto da Alex è un bel complimento, e detto da Luke suona come un’offesa. Scaccio dalla mia testa i pensieri su Luke: stasera sono con Alex ed è solo a lui che voglio pensare. “Beh, sai, su di me non c’è molto da dire. Sono ad Harvard da due anni, ormai, studio sempre perché mi voglio laureare in tempo e crearmi una vita mia, e non sono una che ama molto stare al centro dell’attenzione. Anzi, più passo inosservata e meglio sto”, dico, come se davvero non ci fosse nient’altro da sapere di me. Quando finisco di parlare, si avvicina il cameriere, Alex mi lascia la mano per decidere cosa prendere, ed io sento un vuoto improvviso: quella mano nella mia mi dà tanto sicurezza, e un senso di protezione che non ho mai sentito con nessun altro. Appena il cameriere se ne va, Alex mi riprende subito la mano, ed io mi sento di nuovo al sicuro. “Ma tu non puoi passare inosservata, Denise. Non con quel corpo che ti ritrovi e con quelle risposte pronte che hai sempre”, dice sorridendo e mangiandomi con lo sguardo, mentre scorre sul mio corpo. Io arrossisco di nuovo, e dentro mi maledico per questa cosa, ma nessuno mi ha mai fatto sentire desiderata tanto quanto lui. Lui sorride ancora di più al mio rossore e, appena arriva il cameriere con le nostre birre, do una generosa sorsata per vedere se riesco a mascherare il mio rossore ed essere un po’ più espansiva. “E di te, invece che mi racconti, Alex Mitchell vice capitano della squadra di football?”, dico, sperando di riuscire a metterlo un po’ in imbarazzo anche io. Ma lui non sembra per niente turbato dalla mia domanda e dal fatto che sappia chi è, e con un gran sorriso mentre mi guarda da sotto le sue ciglia lunghissime, dice: “Beh, vedo che alla fine hai scoperto chi sono. Spero che il fatto di essere un giocatore di football non oscuri il tuo giudizio su di me. So quello che si dice sui giocatori di football: sono tutti farfalloni e stupidi, ma io non sono così. Sono entrato ad Harvard per diventare giornalista, e mi piacerebbe fare il giornalista sportivo, se non riesco a sfondare nel football. Nel frattempo, mi piace uscire con le belle ragazze come te”, dice sorridendo. Io lo guardo un po’ in tralice: con quante altre ragazze ha appuntamento questa settimana? Arriva la nostra pizza e, mentre siamo intenti a tagliarla, bevo un’altra generosa sorsata di birra e poi, con la lingua sciolta dall’alcool, mi azzardo a chiedere: “Con le belle ragazze come me? E con quante altre devi uscire in questa settimana?”. Alex mi guarda interdetto, poi capisce a cosa mi riferisco e scoppia in una fragorosa risata: “Ma che hai capito? Io non sono il tipo da uscire con più ragazze nello stesso momento. Ne frequento una per volta e, se per caso non mi piace, smetto di uscirci e poi inizio ad uscire con altre. Ma non credo proprio che questo sia il tuo caso”, mi dice, mentre addenta con fare sensuale la sua pizza. All’improvviso sento un caldo incredibile, come se stessi per andare a fuoco: tutte queste sue allusioni sessuali su di me mi mandano in tilt. Mi sento prigioniera di lui e delle sue parole, e nello stesso tempo mi piace come mi parla e come mi fa sentire: bella, desiderata, interessante. Una cosa che non provavo da molto tempo. Credo che questa cena sarà molto interessante e non vedo l’ora che abbiamo finito di mangiare per capire cosa succederà dopo.

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Capitolo 10
*** Una strana sorpresa ***


La cena prosegue in modo tranquillo e rilassato. Alex è capace di mettermi a mio agio e sconvolgermi allo stesso tempo. Stare con lui è come stare sulle montagne russe: in un attimo passa dal divertente al sensuale, e riesce a fare tutto in modo estremamente naturale. Finiamo con calma la nostra pizza, mentre mi racconta qualche aneddoto sui giocatori di football e sulla sua vita in generale, e poi arriva al tasto dolente: la mia vita e la mia esperienza. Alla sua domanda: "Allora, chi era Denise Jhonson prima di diventare una studentessa modello di Harvard", sento mancarmi la terra sotto i piedi. Non ho nessuna intenzione di spiattellare il mio passato ad uno che conosco appena, e sinceramente se riesco a dimenticarlo quel passato è meglio. Vedo che Alex mi guarda con occhi curiosi, e si aspetta una risposta. Siccome con me è stato molto carino e gentile, e visto che chiunque abbia avuto a che fare con il mio passato si è allontanato, decido che è meglio che il vero passato se ne resti lì, lontano da tutti e soprattutto lontano dal mio nuovo mondo e dalla mia nuova vita. Finisco la mia birra e poi guardo Alex dritto negli occhi, con una voce ferma e sicura che non rispecchia affatto il mio attuale stato d'animo: "Beh, in realtà non c'è molto da raccontare di me. Vengo dal Missouri, e mi sono trasferita qui per entrare ad Harvard. Sono figlia unica e vedo la mia famiglia molto di rado, visto che siamo molto lontani e non siamo mai stati una famiglia molto unita. Non sono mai stata una ragazza molto espansiva, ma ho sempre saputo quello che voglio dalla vita, e sono decisa a prendermelo e a non farmi ostacolare da niente e da nessuno". Alex mi guarda affascinato, poi mi prende la mano: "Si vede che sei una ragazza determinata, ma credimi, io non ho nessuna intenzione di essere un ostacolo a realizzare quello che vuoi. Ognuno deve essere libero di realizzare i suoi sogni. E dimmi, qual è il tuo?", dice avvicinandosi di più a me. Interiormente, tiro un sospiro di sollievo. Sono riuscita ad aggirare alla grande il problema del mio passato, e ora posso parlare in tutta sincerità del mio futuro. Mi avvicino di più a mia volta, anche se il tavolo continua a tenerci ad una discreta distanza: "Io voglio lavorare in una casa editrice, diventare una correttrice di bozze e, un giorno, scovare nuovi scrittori e fargli crescere". "Beh, sono sicuro che ci riuscirai. Finalmente ho trovato una ragazza che vuole seguire davvero i suoi sogni e che non mi racconta che vuole fare la stessa cosa che faccio io solo per dimostrare che abbiamo tante cose in comune. E' bello che tu sia così sincera e che non cerchi di fare di tutto per piacermi a tutti i costi e dimostrare che ti piace fare tutto quello piace a me. Mi piace avere qualcuno con cui parlare e confrontarmi che non abbia i miei stessi gusti e che riesca a portarmi una visione diversa sulle cose da quella che posso avere io. Ne ho conosciute tante di ragazze che, solo perché ero Alex Mitchell, facevano di tutto per dimostrarmi che conoscevano qualche giocatore di football o qualche tecnica di gioco, solo per dimostrarmi che gli interessava quello che facevo. Ma tu no. L'ho capito che non sei una patita di football, e ti ringrazio per non aver provato a dimostrare il contrario solo per farmi credere di avere gli stessi interessi. A me piaci perché tu sai essere te stessa senza dover compiacere nessuno, e questa è una bella caratteristica di forza". Io l'ho ascoltato a bocca aperta: non ha fatto altro che riempirmi di complimenti e compiacersi del fatto che io non sia come le ragazze con cui esce di solito. Non capisco come certe ragazze possano nascondere i loro gusti e la loro personalità solo per compiacer qualcuno. Io sono sempre stata incapace di fare una cosa del genere, e se una cosa non mi interessa non ho mai finto di capirci qualcosa, come nel caso del football. Lo guardo arrossendo lievemente e sorridendo non riuscendo a dire niente. In una sola giornata è la seconda persona che dice di apprezzarmi perché mi mostro come sono e non cerco di compiacere nessuno. La prima persona che me l'ha detto, e da cui non mi sarei aspettata niente del genere è stata Luke. Già, Luke. Chissà perché è arrivato a lasciarmi un post-it attaccato alla porta. Forse ci tiene davvero al fatto che sia sua amica e ha capito che forse mi aveva offeso un po' il suo commento. Ma perché ora sto pensando a lui? Scuoto leggermente la testa per tornare al mio appuntamento. Non posso permettere che Luke mi ronzi in testa mentre sto passando una così bella serata con Alex, che trovo anche una persona molto piacevole, oltre che estremamente bello e affascinante. "Tutto bene?", mi chiede con un lampo di apprensione negli occhi. Probabilmente ho fatto una gaffe gigantesca: non solo non ho risposto a tutti i suoi complimenti, ma probabilmente ho anche scosso eccessivamente la testa, come se magari non mi fosse piaciuto quello che lui ha detto, ma in realtà non è affatto così: scuotevo la testa per farci uscire di dentro l'idea di Luke. "Sì, tutto a posto, grazie. E' solo che ho qualche dolore al collo, e ogni tanto mi devo stiracchiare. Sai, stare parecchio sui libri ha qualche effetto collaterale", dico sorridendo. Ho sparato la prima cosa plausibile che mi è venuta in mente, sperando che Alex ci creda. Ma quando vedo che lui mi sorride comprensivo, capisco che è così. "Beh, forse dovresti rilassarti un po' di più e studiare un po' meno", dice con una voce bassa e roca che mi fa venire la pelle d'oca. Detto questo si alza e si mette dietro la mia sedia. "Posso?", mi sussurra all'orecchio, con una voce calda e sensuale e appoggiando le mani alla base del mio collo. Io tremo per un attimo, nessuno mi è più stato così vicino da tanto, tantissimo tempo. Decido che posso lasciar fare Alex, e annuisco rilasciando un sospiro: non riesco a proferire parola. "Sai, sono abituato a far dei massaggi anche ai ragazzi della squadra, quindi credo che un massaggio nel punto giusto del collo ti aiuterà a rilassarti", dice, con la voce ancora più roca e bassa, alitandomi sul collo. Io sono scossa dai brividi, anche se mi accorgo di essere ancora molto rigida: non mi sono ancora lasciata completamente andare ad Alex. E infatti, lui se ne accorge. "Tranquilla, rilassati, non ti farò niente, voglio arrecarti solo un po' di sollievo. Perché non mi racconti della tua punizione oggi e di quello che hai fatto per meritartela, mentre ti massaggio un pò? Sai, non pensarci aiuta a rilassarsi", mi dice in un orecchio. Io provo a seguire le sue parole e non le sue dita che hanno cominciato a fare una leggera pressione dalla base del mio collo e stanno risalendo fino alla nuca. Il suo movimento è davvero rilassante e io ho davvero bisogno di lasciarmi un po' andare. Lascio andare un sospiro e poi provo a rispondere: "Beh, ho risposto a voce un po' troppo alta ad una provocazione a lezione, il prof si è arrabbiato e ha dato a me e al diretto interessato una punizione da fare insieme: dobbiamo fare una ricerca con interviste nel campus perché lui deve scrivere un libro. Ti rendi conto? Noi facciamo un lavoro gratis, mentre lui verrà pagato", dico sospirando ancora. E' veramente bravo, e ci sa davvero fare: non sono mai riuscita a rilassarmi tanto con il tocco di un semisconosciuto. Ma appena ho finito di parlare, lui si blocca di colpo: io apro di scatto gli occhi, che avevo pian piano chiuso mentre mi stavo rilassando con il massaggio. Vedo Alex che adesso si è spostato accanto a me e mi sta guardando dritto negli occhi con una luce strana e pericolosa negli occhi, ma non sembra intenzionato ad aprire bocca. Mi sta semplicemente scrutando. Dopo qualche attimo di silenzio, decido di aprire bocca: "Alex, che succede, ho detto qualcosa che non va?". Lui mi guarda con uno sguardo sempre più strano, poi si avvicina di più a me e dice: "Non è che la punizione era con Luke Edwards e che tu sei stata quella che gli ha tenuto testa a lezione oggi, vero?". Io avvampo in un attimo, e poi mi domando come abbia fatto a capire che ero con lui in punizione, visto che avevo accuratamente evitato di dirglielo, dato che sembrava essere l'unico che non sapeva quello che era successo stamani a lezione. "Allora è vero", mi dice sollevandomi il mento e costringendomi a guardarlo negli occhi. Quello che vedo in quel buoi profondo non mi piace neanche un po': il suo sguardo è diventato un pozzo nero senza fine e molto pericoloso. Mi scanso di scatto, non smettendo però di guardarlo negli occhi, perché voglio che capisca che non ho davvero niente da nascondere. "Sì è vero, oggi la sua scenetta in classe mi ha dato sui nervi e sono scoppiata. E la punizione è stato il risultato del mio sfogo. Ma niente di più, è solo questo. Siamo costretti ad essere colleghi, e cerchiamo di sopportarci fino a che questa punizione non sarà finita, anche perché ti assicuro che non è affatto un compito facile. Ma cosa ti succede? Non sarai mica geloso perché sono in punizione con Luke, vero?", dico spalancando gli occhi e sorridendo subito dopo. Il suo sguardo diventa meno scuro per un attimo poi, con voce roca e sensuale, mi dice: "Sai, Luke è un mio amico, è anche il capitano della squadra, e tutti ci teniamo molto alla sua opinione. Ti garantisco che oggi non ha parlato affatto bene di te, ma quando è tornato dalla punizione era diverso. Ha detto che forse aveva conosciuto l'unica ragazza che non voleva farsi e a cui forse interessava davvero la sua opinione. Adesso ho fatto due più due e non mi piace che qualcun altro si metta in mezzo alle mie cose. Soprattutto uno come Luke, che so quanto fascino e potere abbia sulle ragazze". Io mi irrigidisco tutto d'un tratto e mi allontano con la sedia da lui. Alex mi guarda stranito poi, a debita distanza, trovo il coraggio di dire: "Io non sono il premio di nessuno, sia chiaro. Non sono una tua proprietà e non puoi sicuramente dirmi chi posso o non posso frequentare. Luke non è il mio tipo, ma forse possiamo riuscire ad avere qualcosa in comune per riuscire a svolgere questa punizione nel migliore dei modi. Fine. Non c'è né c'è mai stato nient'altro tra di noi. E io non sono una che cede facilmente al fascino. Se sono uscita con te è perché mi interessava conoscerti, ma non voglio trovarmi nel mezzo a due fuochi e costretta a scegliere con chi stare, perché vi conosco talmente poco che probabilmente non sceglierei nessuno. Ma non mi mettere nel mezzo alle tue cose, a me di Luke non è mai importato nel senso che credi tu, e non hai nessun motivo per fare il geloso. Avevo capito che tu avessi un'altra opinione su di me. Ma a quanto pare mi sbagliavo". Prendo il cappotto e la borsa e mi volto per andarmene, quando Alex, fulmineo, si mette davanti a me: "Hai ragione, scusa, non ho nessun diritto di trattarti come una cosa mia. Non stiamo insieme e siamo usciti solo stasera, e tu sei libera di frequentare ch vuoi. Solo che so quanto fascino e potere abbia Luke, ed ho avuto paura che tu potessi preferire uno come lui a uno come me, cosa che è già successa. Sai, a molte piace molto di più il fatto che Luke sia così popolare e così in vista, che il fatto di conoscere come sia lui davvero. Ed io non sono davvero come lui, tendo a stare un po' più in disparte. E io ho davvero un'altra opinione di te, non so cosa mi sia preso, scusami, davvero", mi dice, prendendomi la mano. Io lo guardo titubante, poi cerco di scrutare nei suoi occhi, ma fortunatamente quel buio pericoloso è sparito, e c'è solo tanta aspettativa nel suo sguardo. Faccio un sorriso tirato: "Va bene, ti perdono, probabilmente c'è stato qualche fraintendimento, ma è tutto a posto. Ti assicuro che io preferisco più le persone che stanno più in disparte come te che quelle a cui piace stare al centro dell'attenzione come Luke", gli dico, stringendogli la mano e guardandolo sincera. Lui mi sorride, poi dice: "Bene, direi che ora possiamo andare, se tu non vuoi nient'altro". "No, grazie, sono a posto, va benissimo così", rispondo sorridendo. La tensione sembra essersi un po' stemperata, e io mi avvicino per pagare la mia parte di conto. Alex mi guarda sorridendo e mi dice: "Non ci pensare nemmeno, la cena la offro io, sono stato anche abbastanza maleducato", e mi fa un sorriso così affascinante che non posso far altro che sorridere. "Grazie, sei molto gentile". Alex finisce di pagare e mi sospinge delicatamente per la vita fuori dal locale. Poi si ferma, si volta e mi guarda: "Vuoi che andiamo a fare una passeggiata, andiamo da qualche altra parte, oppure vuoi che ti riaccompagni in camera?". Io lo guardo, ma non me la sento di portarlo fino alla mia camera, né di continuare la passeggiata: la serata è stata bella, ma voglio andarci piano. "Ti ringrazio Alex, ma sono stanca, e domani c'è lezione. Non ti dispiace, vero, se me ne vado in camera da sola?". Alex mi guarda un po' interdetto: forse non è abituato a sentirsi dire di no. Ma io ho bisogno del mio tempo e del mio spazio per capire e lasciarmi andare. Fa un sospiro: "Va bene, anche se non sono molto tranquillo a lasciarti girare da sola per il campus. Ma se non vuoi che ti accompagni, nessun problema. Spero solo che non sia per quello che ho detto prima", dice avvicinandosi a me e facendomi una carezza sulla guancia. Mi dà i brividi quando mi tocca, e fossi più propensa a lasciarmi andare, mi farei accompagnare dovunque da lui. Ma non mi sento pronta e non mi fido completamente. "Non ti preoccupare, non è per quello che hai detto. Solo che di natura sono una persona diffidente, e non riesco a fidarmi molto facilmente delle persone", dico sincera. Lui mi guarda ancora più intensamente e fa per avvicinarsi di più al mio viso, ma quando è quasi arrivato vicino alla bocca, io mi volto di scatto dall'altra parte. Lui si scansa come se si fosse scottato. Mi dispiace comportarmi così, ma non me la sento ancora. "Scusami, non voglio offenderti, ma non me la sento". Alex mi guarda sempre più stranito, poi sorride: "Le cose più difficili da conquistare sono sempre le migliori. E tu sei una di quelle, Denise Jhonson", mi dice, prendendomi la mano e dandomi un lieve bacio. Quel breve contatto mi fa partire una scarica elettrica in tutto il corpo, ma non lascio trapelare niente. "Grazie, Alex, davvero, soprattutto per la comprensione. Ti lascio il mio numero, così magari possiamo sentirci per rivederci presto, perché sono stata davvero bene", dico sincera. "Mi farebbe molto piacere Denise. Facciamo così: io ti lascio il mio, così quando hai voglia sarai tu a chiamarmi". Io lo guardo sorridendo: capisco che non vuole essere invadente e che vuole rispettare i miei tempi. Sorrido sincera per la sua comprensione, e prendo il bigliettino che mi sta porgendo: "Contaci, lo farò. Buonanotte e grazie", dico salutandolo. "Di niente, aspetto te. E' stato un piacere". Io sorrido e mi volto, prendendo la strada per il mio dormitorio, mentre Alex se ne va dalla parte opposta. Mentre cammino per il campus che è completamente in silenzio, mi metto a pensare alla serata: è stata molto piacevole e divertente, ma quella specie di scenata di gelosia nei confronti di Luke non mi è piaciuta per niente. Quando lo ignoravo nessuno mi invitava fuori e non avevo nessun problema, ora che ci parliamo le persone sono addirittura gelose di lui senza motivo. Entro nell'edifico e comincio a percorrere con calma il corridoio, mentre ripenso al perché non ho permesso ad Alex di riaccompagnarmi in camera, mentre a Luke l'ho lasciato fare senza protestare nemmeno troppo, giusto qualche ora fa. Forse perché sapevo che da Luke non mi dovevo aspettare niente se non una semplice amicizia o sopportazione reciproca, mentre con Alex il discorso era già partito diversamente. Oddio, che confusione. Passo tutto il corridoio e sto quasi per arrivare alla porta della mia camera, quando vedo spuntare da una porta qualcosa che non mi piace affatto. Accelero il passo e mi ritrovo davanti alla mia porta, e non riesco a fare altro che a spalancare gli occhi e la bocca, senza riuscire a dire mezza parola, davanti a quello che mi ritrovo sotto gli occhi: un Luke mezzo svenuto e ubriaco, appoggiato con la schiena alla porta della mia camera e con le gambe stese nel corridoio. Che cavolo sta succedendo?

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Capitolo 11
*** Una serata movimentata ***


E ora come faccio ad entrare in camera? Certo non lo posso spostare da qui da sola, e nemmeno lo posso lasciare sdraiato nel corridoio. Sospiro e mi inginocchio accanto a lui, iniziando a scuoterlo: “Luke, ehi Luke, tutto bene?”. Lui biascica qualcosa, si sposta appena e scivola quasi completamente sdraiato per terra, con solo la testa appoggiata sul fondo della porta. Dannazione, ma quanto ha bevuto stasera? Ma perché quando ho bisogno di qualcuno non passa mai nessuno? Devo farmi dare almeno una mano da Alexandra, sempre che sia in camera. Provo ad avvicinarmi alla porta senza calpestarlo e, come riesco ad avvicinarmi alla maniglia e a tirare fuori le chiavi, sento una mano afferrami alla caviglia e una voce biascicare: “Non mi lasciare qui da solo”, e poi la sua mano ricade pesantemente a terra. Lo guardo sempre più irritata e con gli occhi spalancati: ora mi chiede anche di non lasciarlo nel mezzo al corridoio quando si è ubriacato da fare schifo ed è venuto a rantolare alla mia porta? Roba da matti. Lo guardo scuotendo la testa e in questo momento mi sembra proprio un bimbo indifeso: sta lì, mezzo sdraiato per terra senza nessuna remora per come può apparire agli occhi degli altri e se la ronfa beato. Chissà cos’ha combinato stasera per ridursi in quello stato. E poi, non ha avuto nessuna delle sue ochette che lo abbia raccattato o ne abbia approfittato per stare con lui tutta la notte? Sempre più strano. E’ incredibile come, fino a ieri, nemmeno ci parlavamo e al massimo ci scontravamo a lezione, e da oggi siamo quasi amici e me lo ritrovo ubriaco alla mia porta, come se si aspettasse qualcosa da me. Per essere arrivato fin qui in questo stato un pensiero lucido deve averlo fatto, ma chissà perché ha deciso di venire da me, visto che abbiamo cominciato a sopportarci oggi. Scuoto la testa sorridendo, poi finalmente riesco ad aprire uno spiraglio della porta e, senza far cadere Luke con la testa a terra, entro attraverso lo spiraglio che mi sono aperta e riaccosto piano la porta. La stanza è completamente al buio: cavolo, Alexandra deve essere uscita. E adesso come faccio? Mentre mi avvicino all’interruttore della luce, che si trova alla sinistra della porta, sopra al letto di Alexandra, sento un leggero gemito provenire dal suo letto. Oddio, no, non può essere: non è possibile che sia arrivata proprio nel momento in cui lei è a letto con qualcuno! Mamma che imbarazzo. I gemiti si fanno sempre più forti e ormai non posso uscire senza che se ne accorgano, perciò decido di mostrare la mia presenza schiarendomi prima la voce e poi accendendo la luce, mettendomi subito dopo una mano davanti agli occhi, per evitare di vedere scene troppo imbarazzanti.. Appena faccio luce, vedo tra le dita la testa di Alexandra che spunta da sotto il piumone, e vedo che guarda nella mia direzione con occhi spalancati e in completo imbarazzo. Poi, quando si accorge che sono rossa come un peperone, perché mi sento come se la faccia mi stesse prendendo completamente fuoco, e che ho ancora la mano sugli occhi per vedere il meno possibile, sento che scoppia a ridere e allora allargo le dita per vedere se posso guardare o non mi conviene. Tra le dita più aperte riesco a vedere solo Alexandra che mi guarda divertita, mentre probabilmente chi è con lei continua a starsene rintanato sotto le coperte. “Scusami, non volevo interrompere, non sapevo avessi compagnia, se no ero andata a farmi un giro”, dico sottovoce. “Non ti preoccupare, puoi guardare, non c’è niente di imbarazzante, siamo tutti coperti”, dice ridendo. Decido di togliermi la mano da davanti agli occhi, e decisamente non c’è niente per cui dovrei imbarazzarmi: Alexandra ride ed ha gli occhi luminosi, mentre i capelli sono sconvolti, ma sembra felice ed è bellissima. “Scusami davvero, non volevo rovinarti la serata. Se vuoi me ne vado e torno tra poco”, dico, ricordandomi il perché ero entrata così piano in camera. “Non ci pensare nemmeno, questa è anche camera tua. Tanto Andrew tra poco doveva andare, vero?”, dice, alzando il piumone e guardando sotto di esso. Allora alla fine ha deciso di andare a letto con il famoso Andrew, eh? Penso sorridendo. “Sì, sì, se mi lasciate due minuti da solo mi risistemo e vi lascio la vostra stanza”, sento dire una voce bella e profonda da sotto il piumone di Alexandra. “Oh, sì, certo, ci mancherebbe, me ne vado subito”, dico sempre più in imbarazzo. “Comunque piacere Andrew, io sono Denise”, dico, guardando in direzione della massa strana che c’è sotto il piumone di Alexandra. “E dai, fatti almeno vedere in faccia, non ti mangia mica! E poi, non può vedere attraverso le coperte, giusto Denise?”. Io scoppio in una risata: Alexandra è capace di stemperare anche la situazione più imbarazzante in trenta secondi. “Giusto, ancora non mi hanno fornito di vista laser, ma stanno provvedendo”. Sento Andrew che fa una leggera risata da sotto il piumone, e pian piano lo vedo muoversi, fino a che non vedo spuntare una massa di capelli neri vicino ad Alexandra e pian piano riesco a scorgere anche il suo volto: è imbarazzatissimo, ma anche molto bello. Ha i capelli sconvolti come quelli di Alexandra, e arruffati in quel modo gli stanno davvero bene, e poi ha due occhi nocciola chiaro, quasi ambra, che brillano di luce propria. Ha dei lineamenti scolpiti che lo farebbero sembrare un vero duro, ma il suo sguardo è completamente perso e molto dolce mentre dà una fugace occhiata ad Alexandra. Stanno veramente bene insieme. “Ciao, io sono Andrew. Mi dispiace averti conosciuto in questo modo, avrei preferito un modo più consono, ma ormai è andata così”, dice sorridendo e porgendomi la mano. Io lo guardo sorridendo e mi avvicino al letto per prendergli la mano, ma poi mi ritraggo e lascio perdere. Sia lui che Alexandra mi guardano interdetti, e io, in un imbarazzo sempre più tremendo, mi azzardo a dire: “Scusatemi, non ho niente contro di te Andrew, ma sinceramente non so dove sia stata quella mano fino ad ora”, dico, abbassando lo sguardo. Alexandra scoppia in una fragorosa risata, Andrew diventa rossissimo e abbassa sia la mano che lo sguardo e io cerco di rimediare al momento di imbarazzo: “Tranquillo, sono io che sono entrata all’improvviso e mi scuso ancora per questo. Ma appena ti sarai sistemato sarò ben lieta di stringerti la mano”, dico sorridendo. Lui mi sorride e io capisco che è il momento di uscire e di fargli tornar ad essere, per così dire, presentabili. Mentre faccio per uscire, mi torna in mente il perché ero entrata in camera in silenzio e senza fare troppo rumore, e ringrazio il cielo che Alexandra fosse con un ragazzo, così magari ci può pensare lui a riportarlo nel suo dormitorio. “Ehm, scusate, ragazzi”, dico aprendo piano la porta. Alexandra mi guarda, in attesa che io continui a parlare e la stessa cosa fa Andrew. “Io..beh, ecco, io…avrei un problemino, per così dire, qui fuori”, dico, non sapendo bene come spiegare il perché Luke possa essere sdraiato alla mia porta, visto che nemmeno io so davvero il motivo per cui lui si trovi lì. Alexandra mi guarda con la faccia ancora più interdetta: “Che tipo di problemino hai lì fuori?”, chiede curiosa. Poi gli si illuminano gli occhi: “No, non ci credo, hai lasciato Alex là fuori tutto questo tempo, e non l’hai fatto entrare perché ci siamo noi? Non ti preoccupare, digli di aspettare altri cinque minuti, che noi ci sistemiamo e vi lasciamo campo libero. A meno che tu non voglia andare da lui e tu sia passata di qui solo per prendere qualcosa, al che fai pure e noi ce ne ritorniamo sotto le coperte”, dice raggiante guardando Andrew, che si limita ad annuire e a sorridere, anche se credo che abbia capito la metà delle cose che ha detto Alexandra, con la sua capacità di parlare alla velocità della luce. Io spalanco gli occhi e rimango con un’espressione interdetta per qualche secondo: effettivamente, quella poteva essere l’unica cosa plausibile per cui potessi avere una persona fuori dalla porta di camera, ma ora chi la sente se le dico che non mi sono fatta riaccompagnare da Alex, ma che c’è Luke qua fuori che è ubriaco perso? Già che è convinta che ci sia qualcosa tra di noi di cui nessuno dei due si è mai accorto, quindi come faccio a dirle che c’è lui al di là di questa porta?. Ho la gola secca e comincio a torturarmi le mani, cosa che faccio sempre quando sono nervosa. Alexandra lo nota subito, come nota che ho abbassato gli occhi ed evito accuratamente di guardarla, e subito esclama: “Denise, cosa cavolo sta succedendo? Chi c’è davvero là fuori di cui non mi vuoi dire il nome?”. Io continuo a guardare sempre più ostinatamente per terra, e mi torturo sempre di più le mani, finché non la sento urlare un “Oh mio Dio!”, e capisco che ha fatto due più due. “Ehi, tesoro, non alzare la voce, è tardi e ci potrebbero sentire, non possiamo svegliare tutti”, dice Andrew con voce pacata. A quella voce alzo lo sguardo, e vedo che lui le sta accarezzando piano un braccio, come per calmarla, e la cosa sembra stia riuscendo, perché lei lo guarda con occhi sognanti e, con il tono di voce più basso, dice: “Scusa, hai ragione tu, devo abbassare la voce”. Io approfitto del momento di intimità per guadagnare la porta, ma Alexandra mi ferma subito: “Ehi, tu, dove credi di andare? Non ho ancora finito. Non è che fuori da questa stanza c’è Luke e non Alex, vero? Perché mi devi spiegare come hai fatto ad uscire con uno e a tornare con un altro”, dice, cercando di tenere la voce più bassa e ferma che può. Io la guarda stupita: non crederà davvero che io sia uscita con Alex e poi sia andata a cercare Luke e me lo sia portata in camera, vero? “Alexandra, io non so che strana idea tu ti sia fatta o che opinione stramba stai iniziando ad avere su di me”, dico seria e con la voce quasi tremante di rabbia. “Mi conosci perfettamente, e sai che non potrei mai stare od uscire con due ragazzi contemporaneamente. E, come ti ho spiegato oggi, tra me e Luke non c’è assolutamente niente”. Andrew, che era stato in silenzio fino a quel momento, spalanca gli occhi incredulo: “Non è che state parlando di Luke Edwards, vero? Non ci credo che tu possa frequentare un tipo come lui, soprattutto essendo tua amica”, dice guardando un po’ torvi Alexandra. Alexandra lo guarda stranita, poi più seria le dice: “E che ci sarebbe di male se frequentasse uno come Luke? Questo cosa avrebbe a che vedere con noi?”. Oh, oh, credo che la situazione stia degenerando per niente. “Niente, se a lei piacciono quei tipi. Ma non mi piace che lui ronzi nei dintorni quando ci sei anche tu. E’ un tipo poco serio, che pensa solo al divertimento, e non gli importa se calpesta i sentimenti delle ragazze. Stai attenta Denise, mi sembri una brava ragazza, e se sei amica di Alexandra non ho diubbi su questo, ma lui potrebbe farti molto male”, dice seriamente preoccupato, guardandomi. Alexandra lo guarda sempre più stupita, e io faccio lo stesso: non avevo mai sentito uno che nemmeno mi conosce prendere le mie difese e cercare, per così dire , di “proteggermi”. Alexandra fa per aprire bocca, ma io l’anticipo: “Non ti preoccupare, Andrew, non hai niente da temere, né per me né per Alexandra. Luke sta diventando, per così dire, un amico, ma nessuno dei due prova niente di più per l’altro, tranquillo. Sto meglio con persone come Alex, che con quelle come lui”, dico con un sorriso forzato, perché non sono affatto sicura della frase che ho detto. Alexandra mi guarda con una faccia che sembra dire “non ti credo manco un po’ ”, ma non si azzarda a dire niente per paura di dover discutere con Andrew. Non credo che gli abbia mai raccontato com’era lei prima di incontrarlo, una sorta di Luke al femminile, ma non sta certo a me intromettermi, quando e se vorrà sono sicura che lo farà lei. Andrew mi guarda per un attimo, poi annuisce anche se sembra poco convinto. Io faccio un sospiro, poi dico: “Bene, chiarito questo, c’è qualcuno di voi che ha intenzione di darmi una mano?”. Sia Alexandra che Andrew mi guardano interdetti: “Darti una mano a fare che? Non volevi semplicemente dirci che fuori c’era Luke invece di Alex e di lasciarti la stanza?”, chiede Alexandra. Io la guardo furibonda: allora non mi conosce davvero per niente. “Ma mi prendi in giro Alexandra? Ma che razza di ragazza pensi che io sia? No, non ho bisogno della camera, non pensavo certo di trovare Luke sdraiato fuori dalla mia porta, completamente ubriaco! Pensavo solo di tornare in camera, studiare un po’ e andare a dormire, era questo il mio programma post appuntamento. Non pensavo di dover passare la serata a cercare di togliere Luke da davanti alla mia stanza”, dico esasperata. Alexandra e Andrew si guardano interdetti, poi Alexandra mi guarda dispiaciuta e dice: “Scusa, Denise, non ho davvero capito niente allora. Ma perché Luke è qua fuori ubriaco perso?”. “E che ne so, ho provato a scuoterlo, ma ha biascicato qualcosa e si è di nuovo riaddormentato. Speravo che tu potessi darmi una mano a svegliarlo e a farlo tornare in camera, o comunque che in due riuscissimo a portarcelo ma, visto che ora c’è anche Andrew, magari lui ci può dare una mano e riportarlo lui al dormitorio”, dico, guardandolo speranzosa negli occhi. Sinceramente non mi andava di farmi vedere in giro per il campus con Luke ubriaco sotto braccio, ma se era l’unico modo per toglierlo da davanti alla mia porta, l’avrei fatto. Andrew mi guarda, indeciso su cosa dire, e Alexandra lo guarda speranzosa come me. Lui fa un sorriso e poi dice: “Va bene, ragazze, vediamo in che stato è e cosa si può fare. Non mi va che lo abbiate fuori dalla porta tutta la notte”. Alexandra lo abbraccia e gli sussurra un “Grazie”, io lo guardo sorridendo e dico: “Ok, allora io esco fuori e vi do’ il tempo di sistemarvi, così vediamo di risolvere la questione il più velocemente possibile”. “Dacci cinque minuti e siamo subito da te, non voglio che la gente ti vede fuori con lui e pensi strane cose”, dice preoccupata Alexandra. “Tranquilla, per il momento è ancora presto, la maggior parte della gente è ancora alla festa della confraternita, e poi il nostro corridoio non è che sia mai così frequentato”, dico, mentre esco piano. Riesco ad aprire di poco la porta e ad uscire piano, e appena metto la testa fuori, controllo che Luke nel frattempo non sia completamente caduto a terra o non ci sia proprio più. Faccio un sospiro di sollievo appena mi rendo conto che non ha battuto nessuna testata per terra, e che si trova esattamente nella stessa posizione in cui l’ho lasciato, continuando a russare beatamente, e a quanto pare nessuno lo ha notato, altrimenti non sarebbe più qui e ci sarebbero un sacco di persone a fargli le foto con il cellulare. Riesco ad uscire aprendo un piccolo pezzo della porta, e riuscendo di nuovo a non far cadere Luke per terra, poi mi guardo in giro: fortunatamente, non c’è nessuno in giro, almeno posso cercare di risparmiare sia a lui che a me una figuraccia. Sarebbe difficile dimostrare a tutti, e soprattutto ad Alex, che tra di noi non c’è assolutamente niente, se qualcuno avesse fatto qualche foto o avesse scritto di aver visto lui ubriaco alla mia porta, subito dopo che ero uscita con Alex. Sospiro, e mi siedo a mia volta con la schiena appoggiata alla porta, un pochino distante da Luke, e lo guardo, sorridendo e scuotendo la testa: “Ma che diavolo ti è venuto in mente di ridurti così e trascinarti davanti alla mia stanza?”, dico sottovoce. Lui mugola un po’, come se avesse capito che io ho detto qualcosa, ma l’unica cosa che riesco a capire da quel mugolio è: “Sto così bene ora”. Io lo guardo con gli occhi spalancati: non so se la frase è riferita alla situazione attuale, ma non credo perché non si può stare bene sdraiati in corridoio, oppure se sta sognando qualcosa di bello, cosa molto più probabile. Si muove rigirandosi, e non so come la sua testa finisce sulle mie gambe, mentre una sua mano mi prende la coscia e la strizza come se fosse un cuscino. Io lo guardo con gli occhi spalancati e in un totale imbarazzo, talmente tanto che sono quasi paralizzata: nessuno mi ha mai toccata così in vita mia. Muove la testa come per sistemarsi meglio, e poi si riaddormenta come un bambino. Io non riesco a spostarmi da quella posizione, ho paura che qualsiasi movimento faccia lui finisca a terra, e poi quella posizione mi fa stare bene: sentire la sua testa sulle gambe e la sua mano che mi stringe mi fa avvampare dovunque, ma allo stesso tempo mi fa stare bene e mi fa desiderare che questo contatto non finisca mai. E’ un contatto non voluto, un contatto che è semplicemente successo ma è una cosa che mi fa stare bene e da cui non ho sentito nemmeno per un attimo la necessità di staccarmi, come è successo più volte oggi con lui. Non so cosa mi stia succedendo, ma questa cosa così naturale, che lui ha fatto inconsciamente fa stare bene anche me, e credo che potrei addormentarmi qui con lui così, senza bisogno di nient’altro, dato le scariche elettriche e il calore che riesce a trasmettermi. Istintivamente alzo una mano e mi ritrovo ad accarezzargli piano i capelli, e lui si muove verso la mia mano come un gatto che fa le fusa. Ritiro subito la mano, perché sembra che si sia svegliato, ma come la allontano comincia a mugolare forte come se disapprovasse l’allontanamento e quindi, per non provocare confusione, torno ad accarezzarlo piano e lui si rilassa di nuovo e si struscia alla mano con un sorriso beato e soddisfatto. Io lo guardo colpita: adesso, così indifeso e quasi dolce come un bambino, è davvero bello. Credo che questo suo lato non l’abbia mai visto nessuno, ma decisamente io è quello che preferisco, rispetto a quello che di solito fa vedere agli altri. Stare con lui così mi dà un senso di protezione e completezza che non ho mai provato prima. Ma cosa mi sta succedendo? Non lo so, ma in questo momento non ho molta voglia di dare retta al mio cervello, sto così bene che non mi va di far finire questa cosa, qualunque essa sia. Mi rilasso anche io e mi lascio andare sulla porta con un sospiro soddisfatto. Non faccio in tempo a rilassarmi che la porta si apre di botto e sono io quella che finisce, con un tonfo sordo, con la testa sul pavimento: ho tanto cercato di evitarlo a Luke che alla fine è toccato a me. “Ahia!”, dico massaggiandomi la testa. “Oddio Denise, scusa, tutto bene? Non pensavo fossi appoggiata alla porta”, dice Alexandra preoccupata. Io mi alzo a sedere, sempre massaggiandomi e poi vedo che Alexandra, da me, ha spostato lo sguardo su Luke che ha ancora la testa appoggiata alle mie gambe e sta continuando a dormire, nonostante tutto. “Che cosa stavate combinando?”, chiede guardandomi inquisitoria Alexandra. “Beh, grazie, ora sto un pochino meglio”, dico, guardandola arrabbiata. “Vieni, ti do una mano ad alzarti”, mi dice Andrew, porgendomi la mano e cercando di stemperare un po’ la tensione che si è creata nell’aria. “Grazie, ma prima di alzarmi dovresti vedere se riesci a tirare su lui, che mi ha reso per un cuscino, se no fa la mia stessa fine di cinque minuti fa”, dico, guardando in cagnesco Alexandra. “Ti ho già chiesto scusa, non volevo. E poi, dai, mica sei caduta da un palazzo di cinque metri, no? Al massimo ti verrà un bernoccolo”, dice sorridendo e cercando di stemperare un po’ la tensione. Io annuisco senza rispondere: sono arrabbiata sia perché hanno rovinato uno degli attimi più belli e rilassanti che abbia mai vissuto in vita mia, sia perché vedo che con lo sguardo Alexandra cerca di indagare su cosa stia succedendo, e scommetto che continua a pensare che tra di noi ci sia qualcosa, ma non dice niente, per fortuna. Io sono sicura che tra me e Luke non ci sia niente, anche se devo ammettere che la sua vicinanza, quando è tranquillo, mi fa stare bene. Boh, forse lo vedo come un fratello o un amico che non ho mai avuto, fatto sta che non sono mai stata così bene come cinque minuti fa, e vorrei non doverla perdere quella sensazione, ma vorrei poterla provare di nuovo, anche se so che sarà difficile che lui sia così arrendevole e indifeso come adesso. “Andiamo, Luke, coraggio”, dice Andrew, cercando di staccargli la presa dalle mie gambe e di allacciarsi le sue braccia al collo per tirarlo su. Ma più Andrew prova a staccarlo e più si avvinghia a me, facendomi quasi male. “Dai, Luke, mollami, su è l’ora di tornare nel tuo letto”, dico io, sperando che si smuova. Ma niente, non si muove di un centimetro e continua a stare avvinghiato a me. Andrew prova a tirarlo per le braccia e poi anche Alexandra, che si era seduta per terra accanto a me, comincio a tirarlo per vedere se riesce a staccarlo. Ma niente, sembra attaccato con l’attack. “Allora, facciamo così”, dice Andrew dopo che ha provato per la terza volta a staccare le braccia di Luke da me. “Tu Denise gli tiri via un dito per volta, ed io tiro il primo braccio che hai liberato, mentre Alexandra tira via il secondo, ok?”. Io annuisco e poi, prima di cominciare a provare a staccare le dita, dico, nel modo più dolce che posso: “Ehi, Luke, coraggio, è arrivato il momento di andare a letto, perché questo non è il tuo letto e io non sono il tuo cuscino”. “Mmmhh”, mugola lui, stringendosi di più. Andrew mi fa cenno di no con la testa, ma io gli faccio cenno con una mano di aspettare. “Dai, su, domani abbiamo lezione, e un’altra punizione insieme, perciò dobbiamo entrambi andare a dormire, se no finiamo come il professor Wilson oggi”, dico ridendo. Lui sembra aver capito quello che sto dicendo, perché fa una risatina. La cosa mi rincuora e mi invita ad andare avanti: “Allora mi capisci, eh? Dai, su, non ti preoccupare, non sparisco se molli la presa, voglio solo andare a dormire e domani ci vediamo di nuovo”, dico, sparando quello che mi viene in mente. Non so perché, ma ho come l’impressione che lui pensi che, se mi lascia le gambe, io svanisco. Biascica qualcosa di incomprensibile e poi, finalmente, molla la presa dalle mie gambe. Con un sospiro di sollievo di tutti e tre, Andrew e Alexandra lo alzano quello poco che basta per farmi sgusciare da sotto a lui e rimettermi in piedi. Poi, lo trascinano un altro po’ per le braccia fino a che non si trova completamente in camera, e chiudono la porta. “Che cosa state facendo?”, chiedo allarmata. Alexandra e Andrew si guardano complici, come se avessero pensato la stessa cosa, poi Alexandra mette il braccio di Luke che teneva lei intorno al collo di Andrew, si avvicina al letto, prende un cuscino, lo passa ad Andrew che lo mette sotto la testa di Luke e ce lo appoggia sopra. Lui comincia a russare di nuovo beatamente, come se non fosse successo niente. “Ripeto, cosa diavolo state facendo?”, dico di nuovo preoccupata, alzando un po’ la voce. Alexandra viene vicino a me e mi porta a sedere sul mio letto. Io la seguo senza fare storie, poi la guardo negli occhi, mentre Andrew si aggira per la stanza, aprendo gli armadi, alla ricerca di non so cosa. Lei mi guarda con un misto di comprensione e amicizia negli occhi, poi dice: “Denise, non possiamo riportarlo così in dormitorio, e lo sai anche tu. Mentre noi ci cambiavamo, Andrew mi ha detto che lui non sa dove dorme Luke, e non potevamo certo girare il campus tutta la notte, suonando a tutte le stanze per sapere quale fosse la sua. E poi, quando abbiamo aperto la porta, e vi abbiamo visto così in intimità, non me la sono sentita di lasciare che qualcuno lo vedesse in giro in questo stato o che qualcuno lo vedesse fuori da questa porta domani mattina, facendosi chissà quali pensieri su di voi, pensieri che potevano arrivare all’orecchio di Alex, cosa che credo tu non voglia che accada, giusto?”. Io annuisco, continuando a guardarla con gli occhi spalancati, incapace di dire una qualunque parola. “Quindi, con Andrew, abbiamo deciso che sarebbe rimasto in camera nostra, stanotte. Ovviamente avrebbe dormito sul pavimento, tanto ne se ne accorge nemmeno, ma Andrew è stato tanto carino e premuroso da dirmi che sarebbe rimasto anche lui a dormire, per evitare che succeda qualunque cosa”, dice, guardando Andrew con occhi sognanti. “Se cerchi una coperta, è a destra nella parte superiore del mio armadio”, dice. Lui si allunga e la trova, sorridendole in risposta e coprendo Luke. Poi anche lui si avvicina a me: “Denise, non ti preoccupare, Luke stanotte non potrà fare niente per darvi fastidio, nello stato che è, e se anche si azzardasse a fare qualcosa ci sono io nella stanza. Non ti preoccupare, non faremo niente di sconveniente”, dice ridendo, guardando prima Alexandra poi me. Io lo guardo e sorrido a mia volta, ma ho la bocca secca e non riesco a proferire parola. Andrew si allontana e va verso il letto di Alexandra, “Denise ti denti bene? Dai, è per una notte sola, e non succederà niente. Ho visto come lo guardavi, e so che ci tieni più di quanto tu voglia dare a vedere. Ma so anche quanto tieni alla tua reputazione, e nasconderlo qui mi è sembrata la scelta migliore”. Io la guardo e annuisco, riuscendo a far uscire solo un flebile “Grazie”. “Figurati, ora andiamo a dormire che è tardi”, dice sorridendo e andando nel suo letto, dove Andrew la aspetta già sdraiato sotto le coperte. “Buonanotte”, mi dicono all’unisono, spegnendo la luce sul comodino di Alexandra. “Buonanotte”, rispondo io piano dal mio letto, restando seduta e con la luce accesa, guardando quel corpo statuario sdraiato nel mezzo della stanza, che se la ronfa beato. Sarà una lunga, lunghissima notte.

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Capitolo 12
*** Un risveglio inaspettato ***


Passo i primi dieci minuti dopo che Alexandra e Andrew hanno spento la luce ad osservare Luke che se la dorme come se non ci fosse un posto più comodo al mondo in cui dormire: è abbracciato al guanciale con qualche ciuffo ribelle che gli cade sul volto, e adesso sembra proprio la persona più tranquilla al mondo, un bellissimo ragazzo che, senza quella sua boria di sempre, potrebbe essere anche uno da conoscere meglio. Sorrido involontariamente: non mi capiterà mai più di vederlo così tranquillo e rilassato, me lo devo imprimere nella memoria che, sotto sotto, è proprio una persona normale, che non deve essere per forza il macho man della situazione sempre. Decido che è giunto il momento anche per me di andare a letto, altrimenti domattina mi addormento a lezione, e mi alzo per andare in bagno: non posso andare a dormire così, ma nemmeno dormire con i miei soliti pigiami informi e vecchi, visto che abbiamo ospiti in camera. Prendo una tuta dall’armadio e mi avvio in bagno, saltando con cautela le lunghe gambe di Luke: non voglio che si svegli proprio ora e cominci a fare un gran casino perché è in camera mia. Riesco ad arrivare al bagno senza inciampare da nessuna parte e senza fare nessun tipo di rumore. Sospiro di sollievo non appena chiudo piano la porta, e mi guardo allo specchio: sono proprio un disastro, il trucco che mi aveva fatto Alexandra si è quasi sbavato del tutto e i capelli si sono afflosciati completamente. Sospiro rassegnata a tornare la solita me, quello che nessuno si fila mai. Mentre mi sistemo, ripenso alla serata: l’appuntamento con Alex e la sua scenata di gelosia, e soprattutto il trovare Luke alla mia porta, senza sapere come fare a toglierlo di lì. Mi preoccupa alquanto il suo risveglio di domani mattina: e se pensasse male per il fatto di aver dormito in camera mia? E se andasse a dire in giro che ha passato la notte nella mia stanza, come farei a spiegare le cose agli altri e soprattutto ad Alex? Oddio, l’idea che Andrew ha avuto di farlo restare qui non mi sembra più così brillante. Ma perché mi son fatta prendere da certe remore e non l’ho lasciato lì fuori? A parte che ci sarebbero state lo stesso delle domande sul perché lui si trovasse proprio davanti alla mia camera, quindi la cosa non era fattibile. Ma domani mattina mi devo assolutamente svegliare prima che lui si svegli, spiegargli le cose ed evitare che se ne vada in giro a parlare a ruota libera. Ma cosa mi è capitato? Stavo proprio bene quando non ero nessuno, non avevo nessun tipo di problemi, e ora mi ritrovo piena di casini con persone con cui non avevo niente da spartire. Sospiro e finisco di struccarmi, poi mi cambio e riesco di nuovo piano dal bagno. La stanza è immersa nella penombra, c’è solo la mia luce sul comodino che manda un bagliore. Dal letto di Alexandra e Andrew non proviene nessun rumore, e credo che anche loro stiano dormendo, mentre Luke non è più né nella stessa posizione né nello stesso punto in cui lo avevo lasciato: ora è sdraiato vicino al mio letto, tanto attaccato che credo che dovrò salire dal fondo per andare a dormire, anche perché non lo posso spostare e rischiare che si svegli facendo un gran baccano. Ma come cavolo ha fatto a spostarsi fino a lì? E poi, a quel punto, perché non si è infilato anche nel letto, visto che era anche vuoto e sicuramente più comodo? Sembrava in coma profondo, vorrei sapere dove e come ha trovato la forza di spostarsi. Sospiro di nuovo, e mi avvio verso il letto. Entro dal fondo del letto e mi sdraio a pancia sopra, guardando il soffitto. Cavolo, non sarà affatto facile chiudere occhio stanotte, sapendo che lui sta dormendo sotto al mio letto. Mi allungo per spengere la luce, e lo guardo di nuovo. Ora è voltato verso il mio letto, con un sorriso beato e pacifico rivolto verso di me. Chissà se quando si è spostato si è accorto di non essere in camera sua o in camera con qualche delle sue svariate ragazze, visto che si trovava sdraiato per terra, ma è probabile che fosse talmente in confusione che non si sia nemmeno reso conto di dove si trovasse. Mi decido a spegnere la luce e mi volto verso il muro: vediamo se mettendo qualche metro di distanza in più riesco a dormire. Credo che sia passata qualcosa come un’ora prima che mi addormentassi, una lunga ora in cui mi sono girata e rigirata nel letto non riuscendo a stare tranquilla, e affacciandomi ogni tanto sotto al letto per vedere se Luke non si fosse spostato o avesse assunto qualche posizione strana. Ma dopo la quinta volta che lo guardavo, ed era sempre esattamente nella stessa posizione in cui l’ho lasciato prima di entrare a letto, come se avesse trovato la pace dei sensi, anche il mio cervello si è arreso e, alla fine mi ha lasciato addormentare. Non riesco a capire che ore siano né se abbia effettivamente dormito poco o troppo, ma aprendo leggermente un occhio, vedo che la stanza è sempre immersa nel buio, e quindi decisamente non deve essere tardi, visto che né la mia né la sveglia di Alexandra hanno suonato. Mi giro verso il comodino, per controllare che ore sono, ma sento il braccio sinistro particolarmente pesante. Provo a tirarlo su, ma sembra che sia come attaccato o incastrato da qualche parte quindi, impaurita, apro entrambi gli occhi e mi giro dalla parte del mio braccio, vedendo una cosa che non mi sarei mai aspettata: la mia mano è saldamente intrecciata con quella di Luke sul lato letto e, sporgendomi di sotto, vedo anche un’altra cosa che mi lascia completamente di stucco. Luke mi sta guardando, è sveglio e vigile, e osserva prima me, senza dire una parola, e poi le nostre mani intrecciate. Nessuno dei due si muove di un millimetro, ed entrambi non sembriamo intenzionati a parlarci, ci guardiamo e basta, senza nemmeno tentare di togliere le nostre mani l’una dall’altra. I suoi occhi chiari brillano come fari nel buio, e credo che anche i miei abbiano lo stesso aspetto. Mi toglie il fiato come mi sta osservando: il suo solo guardarmi mi dà i brividi, e la sua mano nella mia mi dà una sensazione di calore e sicurezza mai provata prima. Continuo a guardarlo intensamente poi, dopo qualche istante, mi giro verso la sveglia per controllare che ore sono per assicurarmi che Alexandra e Andrew non si sveglino a breve, trovandoci in questa posizione. Tiro un sospiro di sollievo quando mi accorgo che sono appena le sette, e che stamani non abbiamo lezione fino alle dieci. Mi volto di nuovo verso Luke, che adesso si trova seduto e non più sdraiato, ma che non accenna a togliere la mano dalla mia e continua a guardarmi in un modo strano, senza aprire bocca. Diavolo, ma perché fai così? Mi metti in un imbarazzo tremendo. Se io mi fossi svegliata in un luogo non sapendo come ci sono finita sarei nel panico, esattamente come è successo tre sere fa. Già, sembra passata una vita da quel risveglio. Ma non mi devo distrarre con i ricordi. Luke è qui che mi guarda, come se stesse tentando di leggermi dentro, e sembra che non sia intenzionato a dire niente, ma che aspetti che io faccia qualcosa. Mi metto seduta anche io e decido di aprire bocca, perché quel suo guardarmi così intensamente senza fare battute o farmi arrabbiare, mi sta mandando in pappa il cervello, e mi sembra di non capirci nulla. “Ciao”, gli dico in un sussurro, facendogli un sorriso. “Ciao”, si decide a rispondermi lui, sempre in un sussurro, con un sorriso smagliante. “Non hai niente da chiedermi?”, dico, sempre bisbigliando. Lui mi fa un sorriso sexy, poi sempre in tono basso dice: “Beh, pensavo mi avessi rapito per passare la notte con te. Ma ho cambiato idea non appena mi sono accorto che mi avevi fatto dormire sul pavimento. Ma perché parliamo così piano?”. Sbuffo. Ecco, in due parole è tornato il Luke che conosco, quello che riesce sempre a farmi irritare. “Devi parlare piano perché nel letto di fronte ci sono Alexandra e il suo ragazzo che stanno dormendo. Se non ci fossero stati loro, ieri sera non avrei saputo cosa fare con te”. Lui mi guarda con gli occhi spalancati, poi sembra che il suo cervello abbia cominciato a girare e che stia ripensando alla sera precedente. Forse riesce a ricordarsi qualcosa, e soprattutto il perché era ubriaco alla mia porta. Nonostante siamo riusciti ad iniziare una conversazione, le nostre mani continuano a restare intrecciate e, non so perché, non me la sento di essere io ad interrompere questo contatto. Se vuole, lo farà lui, ma a quanto pare anche lui sta bene così, perché non ha dato il minimo accenno a mollare la presa. Lui sospira, si passa una mano sugli occhi poi, guardandomi e senza lasciarmi la mano, si alza in piedi e mi dice: “Spostati, dai, fammi un po’ di posto nel letto che mi fa male la schiena”. Io lo guardo con gli occhi sbarrati: che cosa? Non, non ci penso nemmeno a far entrare Luke Edwards nel mio letto. O non era lui che aveva detto che proprio non ero il suo tipo? Non se ne parla nemmeno, non lo voglio nel mio letto. “Assolutamente no, non entrerai nel mio letto. Ti ho salvato al reputazione ieri sera non lasciandoti in corridoio, non ti farò infilare nel mio letto, visto che dici anche che non sono il tuo tipo”, dico, a bassa voce con il tono più fermo e deciso che riesco a mantenere. Lui sorride in maniera sexy, sfrontata, poi, con la voce roca, dice: “E’ proprio perché non sei il mio tipo che potresti farmi entrare tranquillamente nel tuo letto. Non farei mai niente che entrambi non vogliamo,e tu sei stata troppo gentile con me stanotte, troppo, anche per come ti ho trattata prima di salutarti. Te l’ho detto, ti considero una persona di cui potrei essere davvero amica, ma ho davvero bisogno di distendermi un po’. Ti giuro che non ti toccherò per niente, cercherò di starti il più lontano possibile, anche se il letto è piccolo”, e mi guarda con due occhioni da cucciolo. Cavolo, e ora come faccio a dirgli di no? Non è stato molto carino il fatto che abbia di nuovo sottolineato che non sono proprio il suo tipo, ma il fatto che rispetti il mio spazio mi fa abbassare un po’ la guardia. Lo guardo, e poi guardo le nostre mani intrecciate: mi sta già toccando, e da un bel pezzo direi. Lui segue il mio sguardo e, come vede che fisso le nostre mani, comincia a muovere la sua per districarle: “Scusa, non so perché ho fatto così stanotte, ma appena sveglio poi non riuscivo a toglierla, tanto stavo bene”, dice sincero. Io lo fermo con l’altro braccio e, ringraziando il cielo che sia buio e non mi vede perché so già di essere rossa come un peperone, dico: “No, tranquillo, questo va…va bene. Dico davvero, non mi crea problemi, non in questa situazione”. Lui mi guarda stupito, poi rimette la mano nella mia sorridendo: “Bene, se non è un problema, allora ti tengo la mano per un altro po’. Non credo di aver mai tenuto per mano una ragazza, stando bene solo facendo questo. Ora che hai la mia parola che non ti toccherò, puoi farmi sdraiare per un po’?”. Io lo guardo in tralice poi, sospirando, mi sposto e mi spiaccico seduta contro il muro, lasciandogli un po’ di spazio per sdraiarsi. Lui sorride, mi lascia la mano per un attimo, e in quell’attimo sento un vuoto colossale prendermi ma, appena si è sdraiato sul letto, mi riprende subito la mano e la stende con la sua in mezzo ai nostri corpi. Io lo guardo sorridendo come una ragazzina: non capisco cosa mi sia preso, ma tornare ad avere la mano nella sua mi tranquillizza. Lui si volta verso di me e mi guarda a sua volta: “Dai, sdraiati, non ti mordo, te lo assicuro. Staremo un po’ stretti, ma non vorrai mica stare altre due ore seduta appiccicata ad un muro? Ti prometto che prima che suoni la sveglia me ne ritorno per terra, e faccio finta che non sia successo niente, se questo serve a farti rilassare, va bene?”. Io lo guardo ancora un po’ interdetta, poi capisco che ha ragione e mi sdraio anche io, sempre stando appiccicata al muro, anche se non riesco ad evitare che le nostre gambe si tocchino, e questo mi dà una scarica di brividi ancora più forte di quella che mi ha dato sentire la sua mano nella mia. Mi metto a fissare il muro, certa che non posso più dormire, non in questa situazione, ma che mi devo limitare a stare ferma e aspettare che il tempo passi. “Ehi, posso dirti una cosa?”. Sento il fiato caldo di Luke vicino al mio collo, e non posso evitare di voltarmi a guardarlo. E giuro che vorrei non averlo mai fatto: si trova a due centimetri dal mio viso, mi guarda intensamente, e non sono mai stata così vicina ad un ragazzo che conosco così poco. Ho la bocca secca e il cuore che mi batte a mille. Dai, Denise, smettila di comportarti come un adolescente, siete appena riusciti a diventare quasi amici. “Dimmi Luke”. “Perché sei stata così gentile con me, dopo che ti avevo offesa? Perché non mi hai lasciato bollire nel mio brodo fuori dalla tua porta, visto che con te non sono mai stato gentile? Perché mi hai fatto entrare in camera tua e dormire qui?”. Sospiro. Cavolo, come faccio a dirgli che non l’ho fatto solo per lui? Beh, ma è giusto che sappia davvero perché l’ho fatto, non voglio si faccia strane idee. “Beh, quando sono tornata e ti ho trovato lì, completamente ubriaco, ho pensato che le persone avrebbero pensato male se ti avessero trovato stamani fuori dalla mia porta. Sai quante idee strane e quante voci sarebbero girate? Siccome io non amo stare al centro dell’attenzione e, men che meno, che si parli di me o si stia attenti a quello che faccio, ho pensato che sarebbe stata una buona soluzione riportarti al tuo dormitorio, ma poi mi sono accorta che non sapevo dove dormivi. Meno male che c’era Andrew, qui, e mi ha dato una mano. Pensavo che lui sapessi dove stavi ma, quando ha detto che non ne aveva idea, abbiamo pensato di metterti in camera nostra e aspettare che stamani ti fossi ripreso, in modo da non dare nell’occhio e non far sparlare inutilmente la gente. L’ho fatto per te ma anche per me”. Lui mi guarda, un po’ sconcertato. “Ah, quindi l’hai fatto per salvare le nostre reputazioni? Beh, grazie allora, per avermi ospitato e non avermi lasciato ubriaco in mezzo al corridoio”, dice, in un tono che sembra quasi dispiaciuto. “A proposito di questo”, dico curiosa, “mi spieghi cosa ci facevi ubriaco davanti alla mia porta? Perché sei arrivato fino a qui?”. Lui si volta totalmente dalla mia parte, e io mi ritrovo praticamente incastrata tra il muro ed il suo corpo. Mi sento intrappola, ma stranamente non sento la voglia di scappare. Lo guardo mentre lui mi studia intensamente, ma non ho nessuna intenzione di farmi trasportare dalle sensazioni che mi dà la sua vicinanza: voglio sapere. “Beh, ero alla festa, e come al solito ho iniziato a bere. Ma, a differenza delle altre volte, quando venivano le ragazze intorno a me, le cacciavo via in malo modo, perché tutte le volte che mi si avvicinavano, io vedevo te, perché mi continuava a tornare in mente la tua faccia delusa e arrabbiata quando ti ho lasciato in camera. Ma nessuna di loro era te e io continuavo solo a pensare che non avevo nessun diritto di giudicarti, perché non ti conoscevo così bene, e che stavo facendo esattamente la stessa cosa che avevi fatto tu in classe e per cui io mi ero arrabbiato tanto. Le ragazze, dopo un po’, si devono essere stufate di girarmi intorno e non riuscire ad avere niente e, quando ho trattato male anche la sorella del capo della confraternita, beh, hanno capito che non ero l’anima della serata, ma che ero solo un elemento di disturbo che era il caso di cacciare. Ed è quello che hanno fatto. Appena mi son tornato fuori, la prima cosa che mi ricordo di aver pensato è stata quella di venire da te e chiederti scusa di persona, non solo con il post-it, perché non volevo più che mi succedesse una cosa del genere. Solo che, arrivato qui davanti, mi sono accasciato a terra perché ero completamente in un altro universo, e mi sono risvegliato in camera tua stamani”, mi dice sorridendo. Io lo guardo con gli occhi e la bocca spalancati: Luke Edwards si è fatto cacciare da una festa perché pensava di aver offeso me? Adesso il mondo comincerà a girare alla rovescia. “Tu ti sei fatto cacciare da una festa per me?”, dico alla fine, riprendendo controllo di me. “Beh, sì, sono una persona coerente, e non posso fare ad un’altra la stessa cosa che ha dato fastidio a me. Non mi era mai successo di preoccuparmi così tanto per una ragazza, ma di te mi importa, e voglio davvero che proviamo ad essere amici”, mi dice sorridendo. Io arrossisco vistosamente, e ringrazio ancora il buio per riuscire a celarlo dalla vista di Luke. “Io non so davvero cosa dire Luke. Non pensavo che tu potessi farti cacciare da una festa perché ti sentivi in colpa per aver offeso me. Beh, grazie davvero. Questo mi fa pensare che ho fatto la scelta giusta a toglierti dal corridoio: tra amici ci si deve aiutare”, dico sorridendo a mia volta. “Direi di sì. Grazie anche a te. Che ne dici se ora proviamo a dormire un altro po’? La sbronza non è del tutto passata”, mi dice sbadigliando. Io lo guardo un po’ interdetta, perché non credo proprio che riuscirò a chiudere occhio con lui dentro il mio letto, ma decido che se vuole dormire non posso cacciarlo a calci, non dopo che l’ho ospitato per la notte e che è stato cacciato da una festa per un senso di colpa nei miei confronti. “Va bene, proviamo a dormire, ma teniamo le distanze, non sono abituata a dormire con qualcuno nel letto. E mettimi la sveglia un po’ prima delle nove, tanto ad Alexandra ci vuole un po’ prima di svegliarsi”. Lui si volta verso la sveglia, la punta per un quarto alle nove, poi si volta di nuovo verso di me e dice: “Non credo sarà facile tenere le distanze in un letto così piccolo, ma ti prometto che non ti toccherò in nessun modo, men che meno in modo sconveniente. Di solito, sono le ragazze a volermi vicino, non io che gli impongo la mia presenza”, dice ridacchiando. Io gli tiro un leggero cazzotto sulla spalla, poi sorrido: “Buon riposo Luke”. Lui si volte a pancia sopra e chiude gli occhi. Io resto a fissarlo, convinta che non riuscirò a riprendere sonno, non dopo quello che lui mi ha detto e non dopo i nostri contatti di oggi. Continuo a guardarlo con invidia, perché lui sembra proprio rilassato e a suo agio, mentre io mi sento un fascio di nervi. Deve passare un'altra ora e mezzo, prima di tornare alla normalità. Un’ora e mezzo che sembrerà lunga come due giorni

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Capitolo 13
*** rivelazioni ***


All’improvviso, un rumore forte e assordante mi fa aprire gli occhi. Mi allungo cercando di spegnere quel suono fastidioso ma, come mi sposto e riesco ad arrivare al comodino e a spegnere la sveglia, mi accorgo di essere salita sopra per metà a qualche altra cosa che si torva nel mio letto. Non riesco subito a realizzare che cosa sia quello che ho nel letto, ma non appena ritorno nella mia posizione, mi accorgo di due occhi azzurrissimi che mi guardano divertiti. Io avvampo in una maniera indecente: porca vacca, che cavolo ci fa Luke nel mio letto? Poi, non appena il mio cervello ricomincia a muoversi, mi ricordo di tutta la serata di ieri e di quando stamani mi ha chiesto di stendersi un po’ nel mio letto. Pensavo non fosse possibile dormire con un’altra persona nel letto, ma a quanto pare ci sono riuscita, ed anche molto bene, visto che mi sento riposata come se avessi dormito dieci ore. Dal letto di Alexandra provengono un paio di mugolii, segno che si stanno svegliando, io sbarro gli occhi ed entro nel panico: cavolo, non possono svegliarsi e trovarmi con Luke nel letto, soprattutto non come che gli sono mezza distesa sopra. Come ho fatto in quest’ora e mezzo ad addormentarmi abbracciata a lui come se fosse un pelouche? Lui continua a guardarmi divertito, io mi scanso come se mi fossi scottata. “Buongiorno”, mi dice piano e sorridendo. “Puoi restare abbracciata a me, non mordo e non mi dai fastidio”, mi dice malizioso. Io mi spiaccico ancora di più al muro, e divento sempre più rossa, poi trovo il coraggio di rispondere, anche se mi vergogno da morire del mio comportamento: “Buongiorno anche a te. Guarda che non è stata una cosa volontaria abbracciarti, forse stavo sognando di picchiarti, e quindi mi dono ritrovata addosso a te, e poi, sai, sono abituata ad avere il mio spazio nel mio letto, forse stavo solo cercando di riprendermelo”, dico, cominciando a spingerlo con in piedi sulle sue gambe per cercare di farlo scendere dal letto, visto che Alexandra e Andrea, adesso,a hanno cominciato a muoversi sotto il piumone, segno che a breve uno dei due si alzerà. Luke mi guarda sempre più divertito, come se trovasse comico quello che gli ho detto: “Non sapevo che quando volevi picchiare la gente cercassi di abbracciarla. Ma tranquilla, te lo lascio fare, alla fine mi hai salvato la reputazione ieri sera”, e mi fa un occhiolino. “Ehi, ma cosa stai cercando di fare?”, chiede poi sottovoce, guardando me che sono tutta appiccicata al muro e mi sto spingendo per avere più forza sulle gambe per farlo cadere di sotto, anche se sembra che i miei piedi stiano toccando il cemento, tanto sono dure le sue gambe. “Devi..scendere..immediatamente…da qui”, dico, digrignando i denti e spingendolo sempre più forte. Cavolo, se non fosse che lo devo buttare giù dal letto, mi soffermerei a pensare a quanto sia piacevole toccare anche solo con i piedi tutti quei muscoli, ma ora non è il momento di stare a pensare a questo, devo evitare che Alexandra e Andrew vedano questa scena sconveniente. Luke se la ride, guardandomi: “E pensami di farmi scendere spingendomi con quei piedi piccoli? Non ti sento nemmeno”, dice divertito. Io sbuffo ancora di più, e sto cominciando ad avere un caldo incredibile per lo sforzo, quindi mi scopro e, visto che con le gambe non ha funzionato, comincio a spingerlo con i piedi sui fianchi, anche se la cosa non sembra funzionare lo stesso. Lui ridacchia ancora, poi mi prende i piedi e me li blocca. Io mi agito ancora di più, mi sento in trappola, e comincio a cercare di liberarmi, ma la sua presa forte non me lo permette. “Ferma, non ti agitare, ora ti libero, sì”, dice ridendo. Io sbuffo forte, mentre lui, sempre più divertito, si mette a misurarmi i piedi con la sua mano, e ridacchia ancora: “Oddio, ma sono proprio minuscoli!”. Io sono infuriata, comincio a scalciare sempre più forte, ma lui non molla e continua a ridere. Ma come cavolo si permette di prendermi anche in giro? “Buongiorno Denise”, dice la voce impastata dal sonno di Alexandra. I miei occhi si spalancano impauriti e, con tutta la forza che riesco a tirar fuori, mi libero dalla presa di Luke e, spingendolo con le mani e con i piedi, lo faccio cadere con un tonfo sotto dal letto. Alexandra, a quel rumore, scatta seduta sul letto: “Che stai combinando’”, mi dice, ancora assonnata. Per fortuna la conosco e so che, fintanto che non è andata in bagno a lavarsi il viso, rimane in coma e non sa di preciso cosa sta accadendo o comunque non se lo ricorda. Io faccio la voce assonnata e mi stiracchio, facendo la finta tonta: “Buongiorno a te, anzi, a voi. Non lo so, forse Luke ha picchiato da qualche parte, io mi sono appena svegliata”. “Ah, ok”, e sbadiglia forte. “Se vuoi usare tu per prima il bagno vai pure, tanto io Andrew possiamo andarci insieme e preferisco restare altri cinque minuti a letto”, dice, riabbassandosi di nuovo sotto le coperte. “Ok, grazie”, le rispondo, contenta per aver salvato la situazione e aver fatto sì che nessuno dei due si accorgesse di quello che era successo stamani. Luke per fortuna è stato in silenzio per tutto il tempo che Alexandra ha parlato, spero che continui così anche dopo che si saranno svegliati per bene. A proposito, come mai ancora è così silenzioso e non ha detto o fatto niente per il fatto che l’ho buttato di sotto dal letto? Faccio per alzarmi e controllare che sia tutto a posto prima di andare in bagno ma, non appena appoggio i piedi per terra, due mani forti mi afferrano e mi fanno cadere rovinosamente per terra. “Ma che succede stamani?”, brontola Alexandra da sotto le coperte. “Niente, scusa, ho solo sbattuto sul letto”, dico, mentre mi trovo a due centimetri dalla faccia di Luke, che se la ride in silenzio. Alexandra sembra aver creduto alla scusa, perché non dice più niente, io tiro un sospiro di sollievo, e solo in quel momento mi rendo conto di dove mi trovo: Luke mi ha preso per i piedi e mi ha trascinata a terra, ma non sono sul pavimento, ma sono distesa sopra di lui. Come me ne rendo conto, spalanco gli occhi e faccio per liberarmi, ma lui mi serra le sue braccia forti intorno alla vita e mi tiene ferma: “Eh, no, non penserai di cavartela così facilmente dopo che mi hai cacciato dal tuo letto. Nessuna si è mai permessa di fare una cosa del genere, ed ora meriti una punizione, per la tua mancanza di rispetto”, mi sussurra, divertito e malizioso allo stesso tempo, in un orecchio. La situazione si sta scaldando troppo per i miei gusti: la posizione non è di quelle più consone, ed io non sono abituata a stare così appiccicata ad un ragazzo. Ma che vuole da me? Ma non aveva detto che non ero il suo tipo? E, allora, perché mi tiene incollata su di lui, come se non mi volesse lasciare andare? Ammetto che stare sdraiata su di lui è una sensazione molto piacevole, e mi sembra di stare finalmente bene tra le sue braccia, ma so che non posso permettermi niente del genere. Io e lui siamo al massimo amici, nessuno dei due si può permettere né pretendere nient’altro, e poi io non gli piaccio in quel senso, quindi è inutile che faccia questi giochetti con me o si permetta di prendermi in giro così. “Luke, lasciami, questa situazione non è normale, io non ti piaccio e non dovremmo stare così. Non mi fai stare a mio agio con te così, non sono una delle tue ragazze, non abbiamo niente in comune, mi metti solo in imbarazzo se fai in questo modo”, riesco a dire, con la gola secca e guardandolo negli occhi, anche se tutto il mio corpo mi sta urlando di non staccarmi da quella posizione. Luke mi guarda serio, con occhi profondi, poi mi stringe sempre di più a sé, fino a far avvicinare i nostri volti. Sorride contro la mia guancia: “Ah, e così sono riuscito a mettere finalmente in imbarazzo la signorina Jhonson, quella che ha sempre la risposta pronta. Beh, sai, un po’ devo ricredermi, non sei affatto male, soprattutto con questa tutina più aderente di come ti vesti di solito”, dice sorridendo ancora di più. Io mi sento andare a fuoco alle sue parole, ma non voglio dargliela vinta: non riuscirà a farmi sentire più in imbarazzo di quello che già sono, anche perché per lui sembra più un divertimento, una presa di giro, un modo per farmela pagare per averlo cacciato, che altre cose. “Luke, smettila di prendermi in giro, hai detto chiaro e tondo che non ti piaccio, e la cosa è reciproca, perciò lasciami e torniamo ad essere solo amici, ok? Queste cose non fanno per me, non sono abituata a questa intimità, soprattutto con persone che non conosco. Smettila, hai avuto la tua vendetta, ma ora lasciami e facciamo tornare le cose come prima”, dico, cominciando a muovermi per divincolarmi dalla sua presa, che ora è sempre più forte. “Se no che fai?”, mi dice con voce roca dentro un’ orecchio. Io comincio a tentare di spostarmi prima a destra poi a sinistra, poi cerco di tirarmi su con le braccia, ma lui mi spinge ancora di più contro di sé, facendomi crollare sotto il mio stesso sforzo e finendo con la testa sul tuo petto. “Riesci a stare calma per altri due minuti? Fai solo danno così. Dammi solo altri due minuti per riprendermi, mi fai da calmante”, mi dice tenendomi sempre più stretta. Ma io non ci sto. Continuo a dimenarmi a destra e a sinistra, avanti e indietro, ma sembra che non abbia mai successo. Ma ad un certo punto sento una cosa dura vicino alla mia coscia, e capisco che il “piccolo Luke” si sta facendo sentire in tutta la sua prepotenza. Smetto di agitarmi e divento di un colore quasi violaceo: anche Luke si accorge della reazione che ha avuto il suo corpo nei miei confronti e per un attimo molla presa. Io approfitto della sua distrazione e riesco a liberarmi con uno strattone: in un attimo sono vicino al mio armadio, riesco a raccogliere le prime due cose che trovo e mi fiondo in bagno. Mi volto per chiudere la porta e vedo che Luke si è alzato e sta venendo a grandi falcate verso di me, ma riesco a chiudere la porta appena in tempo. Giro la chiave e mi appoggio contro di essa: cavolo che vergogna. Meno male aveva detto che non ero il suo tipo, eh? Come farò ora a guardarlo in faccia? Come faccio a passare tutto il mese da sola con lui in punizione dopo che ci siamo trovati in questa situazione? E, soprattutto, come faccio a smettere di pensare al fatto che la sua reazione nei miei confronti mi sia piaciuta da morire? No, no, Denise, questa cosa non va affatto bene. Alex è il ragazzo giusto per te, non Luke. Lui è troppo scapestrato e in vista per te. Sospiro e mi avvicino al lavandino. Il mio cervello ha ragione: è vero che è la prima volta dopo tanto tempo che provo una reazione così chimica nei confronti di qualcun altro, ma lui non è davvero il tipo per me, come io non lo sono sicuramente per lui. E non voglio certo diventare una delle sue ochette che gli sbava dietro. No, devo smettere di pensare a lui in questo modo, il mio corpo deve smetterla di avere queste reazioni così esagerate quando lui è così vicino. No, devo far tornare le cose esattamente come erano oggi pomeriggio, che andavano discretamente bene, così diventano troppo intime e complicate, soprattutto perché lui non vuole niente di più da me, e anche io non sono sicura di volere qualcosa in più dell’amicizia o reciproca sopportazione da parte sua. “Denise, per favore, aprimi, fammi spiegare”, sento Luke dire con un sussurro dalla porta. Scuoto la testa alle sue parole: cosa deve spiegarmi? Ha avuto una reazione chimica nei miei confronti, niente di straordinario. Ma non mi va di parlarne con lui, né di farmi spiegare qualcosa per cui non c’è una spiegazione. Sospiro di nuovo e apro l’acqua per sciacquarmi il viso e far spegnere un po’ i bollori che questi incontri ravvicinati mi hanno dato. Ma anche con l’acqua aperta sento che Luke continua a bussare piano alla porta e a sussurrare qualcosa. Spengo l’acqua, mi asciugo, mi risistemo i capelli in una coda un po’ più ordinata, e mi decido ad aprire la porta: ora sono un po’ più tranquilla, mi sono calmata e poi non posso permettere che Luke si faccia sentire da Alexandra e Andrew, altrimenti, oltre che delle spiegazioni a me, dovremo dare delle spiegazioni anche a loro. “Cosa c’è? Smetti di fare questo baccano”, dico in un sussurro, guardando per terra. “Denise, guardami negli occhi”, dice lui con una voce bassa, dolce e roca che non gli ho mai sentito. Questo suo tono mi costringe ad alzare lo sguardo e, non appena i miei occhi incrociano i suoi, rimango allibita da quello che ci leggo dentro: non è più divertito o malizioso, ma sembra solo sincerante dispiaciuto. “Ok, adesso ti sto guardando, cosa devi dirmi?”, dico, ostentando una sicurezza che non provo affatto. Anzi, con lui che mi guarda così, credo di essere diventata incapace di muovermi, e non riesco a spostarmi di un solo centimetro dalla mia posizione, continuando a tenere una mano ancora saldamente attaccata alla maniglia della porta. “Senti, parlare così creerà casini ad entrambi”, dice, mentre con due lunghi passi entra dentro il bagno poi si volta e, con molta calma e gentilezza, toglie la mia mano dalla maniglia e chiude la porta. Io non sono riuscita a spostarmi né ad impedirgli di muovermi la mano e di entrare qui, ma ormai il danno è fatto, e adesso mi trovo in una stanza di due metri per due davvero da sola con lui. L’agitazione mi sta mangiando viva, ma non voglio darlo a vedere: non voglio che pensi che io sia debole. “Voltati, per favore, non posso parlare con la tua schiena”, mi dice Luke alle mie spalle. Io mi volto piano e all’improvviso mi ritrovo incastrata tra la porta e il suo corpo. “Beh, almeno così dovrai stare a sentirmi, e non potrai scapparmi di nuovo”, mi dice sorridendo vicino alla mia bocca. Io comincio a respirare più velocemente: cavolo, ma perché il mio corpo mi tradisce così quando sono vicino a lui? Dovrebbe darmi una mano, e non palesargli così chiaramente tutte le emozioni che la sua vicinanza mi suscita. “Oh, vedo che qualche reazione te la provoco anche io a te, e non solo viceversa”, dice divertito mentre arrossisco vistosamente. Decido che non è il caso che lui riesca a giocare così facilmente al gatto con il topo con me, e cerco di tornare in me stessa. “Sai, il bagno è stretto, e tu mi stai troppo vicino, per questo arrossisco e ho caldo, non farti strane idee”, dico, guardandolo dritto negli occhi e cercando di non tradire nessuna emozione. “Beh, direi che le idee strane te le sei fatte tu due minuti fa”. Io avvampo di nuovo a queste parole. “Comunque, volevo solo spiegarti che è una reazione abbastanza comune di prima mattina per i ragazzi, e il fatto che tu abbia fatto tutti quei movimenti su e giù per liberarti, non ha aiutato il nostro amichetto a stare tranquillo, anzi. Però volevo solo dirti di non preoccuparti, per me non c’è niente di imbarazzante, succede, ma spero che a te non abbia creato grossi problemi”. Io lo guardo stranita: ah, allora non è stata una reazione perché magari io in realtà possa piacergli un po’, ma solo una reazione chimica del mattino. Mi esce un sospiro misto tra sollievo e delusione: da una parte ringrazio il cielo che sia solo una reazione chimica, e che quindi possiamo tornare ad avere un rapporto più normale, dall’altra mi dispiace che alla fine è vero che non gli interesso se non come amica. Ma alla fine va bene così: meno complicazioni per tutti. “No, nessun problema Luke, solo che non mi aspettavo una reazione così, ecco, esuberante da parte del tuo corpo nei tuoi confronti, visto che non mi trovi attraente, ma se le cose stanno così ed è solo una reazione chimica della mattina, per me non ci sono problemi e possiamo tornare ad essere amici come prima, dimenticandoci di questo episodio”, dico, con un sorriso rassicurante. Lui mi guarda intensamente, cercando di capire se gli sto dicendo la verità, e dopo un pochino si allontana un po’ da me, facendomi tornare ad avere il mio spazio vitale per respirare: il mio sguardo l’ha convinto. Vedo che mi porge una mano, sorridendo. Io la prendo e lui dice: “Bene, allora amici come prima”. Poi mi lascia la mano e mi scruta intensamente, dalla testa ai piedi. Io seguo il suo sguardo e abbasso il mio per guardare cosa ci sia da osservarmi così tanto, poi me ne rendo conto: cavolo, ieri sera al buio non mi ero accorta di aver preso proprio questa tuta. E’ una di quelle tute fini, con i pantaloni grigi e la maglia rosa chiaro, abbastanza strette sul sedere ma che allarga sulle gambe. E fin qui non ci sarebbero troppi problemi, se non fosse che la maglia sopra è stretta come una seconda pelle e mette in evidenza il mio seno, che di solito non lascio intravedere a nessuno. E’ una di quelle tute che di solito tieni in casa proprio per quando non deve venire nessuno, ma con tutte quelle carine e appropriate che ho, proprio quella dovevo andare a prendere?. Infatti Luke adesso, sotto la luce del bagno, mi sta guardando come se non mi avesse mai visto prima, e con uno sguardo pericoloso e intenso. Io arrossisco ancora di più sotto il suo sguardo e non trovo il coraggio di aprire bocca. Lui mi si avvicina di nuovo e di nuovo mi blocca contro la porta del bagno: sta diventando una strana abitudine. Poi mi posa una mano calda su un fianco, e riesco a sentire i brividi che da quel punto mi partono in tutto il corpo, come se lui emanasse un calore particolare che mi si irradia dovunque. I suoi occhi sono incatenati ai miei e adesso vedo solo passione nel suo sguardo, come se tutto quello che abbiamo detto o fatto fino ad ora non sia contato niente. Lui è sempre più vicino al mio viso e ho come l’impressione che voglia baciarmi: se lo facesse, non sarei sicuramente la prima a scansarmi. Ma poi si sposta piano verso l’orecchio e mi sussurra: “Denise, ho sempre pensato che non fossi il mio tipo, tutta rinfagottata in quei maglioni e pantaloni larghi. Ma cavolo, sei uno schianto quando decidi di mostrarti. Dovresti vestirti così più spesso, sicuramente faresti girare più di una testa. Adesso capisco perché il mio amichetto là sotto stamani si è svegliato così felice: lui aveva già intuito al buio quello che io ho notato solo adesso con la luce. Sei davvero bella così, non credevo che avrei avuto il piacere di vederti sotto questa luce”, mi dice sospirando. Io mi sto sciogliendo come neve al sole: Luke che mi dice che sono bella e che lui è eccitato da me è una cosa che non avrei mai creduto possibile. Sto per rispondergli quando comincia a baciarmi piano intorno all’orecchio, e io credo di impazzire: il suo tocco è così dolce e gentile che potrei cadere per terra in questa istante, se non avessi la sua mano a sorreggermi. Lui continua a darmi piccoli baci dall’orecchio verso la guancia, come se si aspettasse che io lo fermi, ma non ho nessuna intenzione di farlo, non adesso che mi sto godendo il momento. Poi, quando arriva all’angolo della bocca, emetto un sospiro, nell’attesa che mi baci e, mentre si avvicina pian piano , sento bussare forte alla porta del bagno: “Denise, ma ci sei caduta dentro nel bagno, stamani? Guarda che è tardi, e anche noi ci dobbiamo sistemare. E poi, dov’è finito Luke?”. Io spalanco gli occhi all’improvviso e guardo Luke che è imbambolato come me, perso in un mondo tutto nostro. Lo scanso via e lui mi guarda interdetto, poi cerco di tornare in me e di riprendermi da quello che stavo facendo: diavolo, ma dov’era finito il mio cervello cinque minuti fa?

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Capitolo 14
*** chiarimenti ***


“Un attimo, Alexandra, finisco di sistemarmi e vi lascio il bagno”, dico, cercando di assumere il tono di voce più normale che riesco a fare. Deglutisco forte, cercando di tornare in me e cominciando a lambiccarmi il cervello per capire come risolvere questa situazione: cavolo, ma come mi è venuto in mente di lasciarmi andare a certe situazioni con Luke? Non ci siamo mai potuti vedere. Lo guardo intensamente, mentre lui continua a guardarmi quasi scocciato, per averlo spinto via da me. “Ok, ma sbrigati. Ma si può sapere dov’è Luke?”, continua a chiedere Alexandra, al di là della porta. Faccio un sospiro per cercare di dare una spiegazione logica alla sua presenza nel bagno con me che non gli lasci pensare a niente di sconveniente, poi mi si accende una lampadina: “E’ qui nel bagno. Sai, stamani quando si è svegliato era ancora rintontito dalla sbornia di ieri sera, non capiva dove era ma aveva decisamente bisogno del bagno. Ha quasi finito di vomitare tutto l’alcool che aveva in corpo, l’ho dovuto accompagnare nel bagno ed evitare che facesse troppa confusione, ma ti assicuro che non è stato un bello spettacolo. Cinque minuti e usciamo”, dico, sperando che si sia bevuta la mia storiella. “Ah, ok, è lì con te. Spero che si senta un po’ meglio, rispetto a ieri sera. Finite pure, noi possiamo aspettare altri cinque minuti”, mi dice, anche se la sua voce sembra poco convinta. Faccio un sospiro, e poi guardo Luke: mi sta guardando come se l’avessi offeso a morte. “Che c’è?”, dico bisbigliando. “Qualcosa dovevo dire per giustificare la tua presenza qui dentro, e tu ieri sera eri davvero tanto ubriaco. E forse è anche per questo che ti sei comportato così stamani”, dico, cercando di salvare la situazione. Quello che stava succedendo tra di noi cinque minuti fa era bellissimo e intenso, ma totalmente sbagliato. Forse in quel momento aveva bisogno di sfogarsi e a aveva trovato me, ma sono convinta che, se anche avesse ottenuto quello che ottiene sempre dalle donne, mi avrebbe poi mollato lì come tutte le altre, e io questo non posso permetterlo. Lui mi guarda quasi furioso poi dice, a denti stretti: “So che per te la reputazione è tutto, ed anche per me vale molto, e se si cominciasse a parlare di noi in un certo modo sarebbe una brutta situazione per entrambi. Tu pensala come vuoi, ma quello che è successo cinque minuti fa, stava succedendo perché entrambi lo volevamo, non perché io fossi ancora ubriaco. Per mia fortuna, le sbornie mi passano in fretta. Ma probabilmente hai ragione, io non sono il tuo tipo e tu non sei il mio, forse era solo necessità di avere qualcuno accanto, e per la prima volta ti ho visto davvero come una ragazza. Ma non voglio che tu diventi come le altre ragazze che frequento, quindi forse è meglio evitare queste situazioni, anche perché tu mi hai salvato la reputazione e io non voglio che i miei ormoni impazziti ci creino problemi. Perciò tranquilla, faremo finta che quello che è accaduto stamani qui dentro non sia mai successo”. La sua voce è ferma, sembra non avere nessuna emozione, ma io intuisco una punta di…delusione? Rabbia? Non riesco ad inquadrarlo bene quello che vuole esprimere, ma io so perfettamente che non mi sono sentita viva come cinque minuti fa da tantissimo tempo. Sono sicura che se Alexandra non avesse bussato, io avrei lasciato fare a Luke esattamente quello che voleva, anche se sapevo che era sbagliato e che me ne sarei pentita. Ora capisco perché le ragazze cadono così facilmente ai suoi piedi: ha un modo di guardarti e di atteggiarsi che ti fa sciogliere in trenta secondi. E forse questo voleva anche essere un modo per sdebitarsi della mia gentilezza. “Ok, Luke, quello che è successo stamani per me non è mai accaduto, siamo a posto”, dico, facendo uscire più rabbia di quello che dovrei. Ma che mi prende? Non era questo che volevo? Che le cose ritornassero a posto? Lui mi fa un mezzo sorriso rassicurante, poi si avvicina a me e i miei battiti accelerano di nuovo in un colpo solo. Mi dice piano e sensualmente all’orecchio: “Io farò finta di nulla su quello che è successo stamani, ma la tua immagine vestita così non me la toglierò dalla testa. Me la conserverò per quando mi farai arrabbiare, così che possa ricordarmi che c’è una ragazza bellissima con un corpo da sballo sotto la Denise sempre sulla difensiva che non si vuol far notare”. Io arrossisco vistosamente, ma non riesco ad aprire bocca. Lui si sporge un po’ di più verso di me e verso la porta e poi, mentre abbassa la maniglia, dice in un sussurro appena udibile: “La cosa bella di te, rispetto alle altre, e che mi manda fuori di testa, è proprio questa: arrossisci in una maniera indecente per qualsiasi complimento ti faccia, non sai quanto sia eccitante questa cosa. Ma anche questa confessione resterà relegata in questo bagno, tranquilla, appena usciti di qui torneremo al nostro rapporto normale”, dice, aprendo la porta e assumendo una posizione un po’ ricurva, con la testa bassa e tenendosi lo stomaco. Io lo guardo incredula, sia per quello che ha appena detto, sia per come sta fingendo perfettamente di sentirsi ancora male. Mentalmente lo ringrazio per la sceneggiata, mentre lui fa appena un accenno con la testa in direzione di Alexandra e Andrew. Alexandra guarda prima lui poi me, con gli occhi sgranati. Poi, senza prendere nemmeno in considerazione Andrew, si avvicino al bagno e chiude la porta, lasciando gli uomini chiusi fuori. “Adesso tu mi spieghi per filo e per segno quello che è successo stanotte”, dice con gli occhi che le brillano dalla curiosità. Io la guardo appena, sono ancora rintontita dalla dichiarazione di Luke: adesso che mi ha visto vestita diversamente dal solito, potrei anche piacergli? Ha detto che non si scorderà facilmente di me vestita così, quindi devo supporre che forse non mi considera propriamente solamente un’amica? E io come lo considero dopo stanotte? Ammetto che è sempre stato un bel ragazzo, ma troppo sbruffone per i miei gusti. Ma stamani è stato così dolce e gentile con me che non so proprio come classificarlo. “Allora? Dai che è tardi, raccontami su”, mi ripete Alexandra mentre comincia a sistemarsi. Io la guardo ancora un po’ rintontita e persa nelle mie riflessioni, ma non posso dirle la verità, anche perché ancora mi devo chiarire le idee io, anche se, alla fine, abbiamo deciso di essere amici, senza troppe complicazioni. Non potrei mai diventare una delle sue ragazze che impazzisce se lo vede con un’altra o non le fa nessun cenno di saluto. “Beh, niente, te l’ho detto. Stamani quando mi sono svegliata, ho svegliato Luke, che ha cominciato a brontolare, poi ha borbottato un “non mi sento tanto bene”, e mi ha chiesto di portarlo in bagno. Son dovuta stare qui a reggerlo fino a che non si è svuotato, ma credo che ora stia bene”, dico, cercando di essere il più sincera possibile. Alexandra mi scruta intensamente, mentre io mi decido finalmente a cambiarmi e a tornare la solita Denise di sempre, pronta ad un’altra giornata di studio. “In effetti, non sembrava stare ancora molto bene quando è uscito da qui, ma sicuramente meglio di ieri sera. Dovrà esserti, ed esserci, molto riconoscente per non averlo lasciato fuori in quelle condizioni, con tutti che lo potevano vedere e farsi strane idee. Ma Luke ti ha visto conciata così stamani?”, dice Alexandra, alzando un pochino la voce e guardandomi con gli occhi sgranati. Io smetto di mettermi uno dei miei soliti maglioni e la guardo in tralice: “Che cosa vuoi dire con “conciata così”? Ieri sera, al buio, ho preso la prima tuta che mi è capitata a tiro, ed è uscita questa. Oro lo so che è un po’ stretta e fine, ma alla fine non si vede niente, no?”, dico, poco convinta. “Beh, sono sicura che se anche Andrew ti avesse visto con quella non ti avrebbe tolto gli occhi di dosso. Tu non ti rendi conto di quanto sei bella, Denise, e di come basta poco per far girare la testa a tutti gli uomini. Ti garantisco che, con quella tuta che mette in risalto le tue curve, anche uno come Luke non avrebbe potuto fare a meno di guardarti. Ovviamente, se fosse stato in sé, cosa che a quanto pare non è”. “No, infatti, non mi ha notato come sempre. Te l’ho già detto, abbiamo deciso di non scannarci più e di provare ad essere amici, niente più di questo. E’ per questa ragione che anche stanotte l’ho aiutato: non volevo che venissero messe in giro strane voce su di me e lui. E questa nottata dovrà restare in questa stanza, ok?”, dico, cercando di sembrare abbastanza convincente. “Ok, ok, nessuno dirà niente, tranquilla”, dice Alexandra. Io annuisco, poi mi metto i miei soliti jeans e, dopo una spazzolata ai capelli e un filo di matita e mascara, esco dal bagno. “Andrew, puoi entrare, e scusa se vi ho fatto aspettare così tanto stamani”, dico, appena uscita dal bagno. Andrew è seduto sul letto di Alexandra, che guarda Luke che sta continuando a tenersi lo stomaco e a guardare per terra, mentre è seduto sul mio letto. Io lo guardo interrogativa, poi Andrew si alza dal letto, si avvicina a me e, mentre sta per entrare in bagno, dice: “Figurati, non è un problema, non mi sembra che anche lui si senta ancora molto bene. Mi ha risposto a monosillabi, mentre gli chiedevo come andava. Non mi sembra nemmeno la stessa persona che incrocio sempre per i corridoi. Forse stare un po’ di più con te, lo rende una persona migliore”, e si dilegua nel bagno. Io sospiro e mi avvicino al letto: devo capire cosa ha intenzione di fare. Mi metto in piedi davanti a lui e Luke alza piano la testa: prima si guarda in giro, come per controllare che non ci sia nessuno, poi punta quelle due iridi cristalline su di me, sfoderando un sorriso che manda di nuovo in pappa il mio cervello e tutto il mio self control: “Grazie per continuare a coprirmi. Sei davvero una brava ragazza, sai? Non so come non ho fatto ad accorgermene prima”, dice, prendendomi la mano ed invitandomi a sedere sul mio stesso letto. Io mi siedo rigida vicino a lui, guardando un punto indistinto davanti a me: non so cosa potrei dire o fare se mi trovassi di fronte di nuovo quello sguardo che aveva nel bagno. “Ehi, di solito si usa rispondere quando uno ti ringrazia. Comunque è un vero peccato che tu ti sia tolta quella tutina sexy e sia tornato ai tuoi vestiti informi. Ti avrei dato volentieri un’altra occhiata”, mi dice in tono malizioso e con la voce roca. Ma a che gioco sta giocando? Non avevamo detto che saremmo tornati ad essere quasi amici,e che quello che era successo nel bagno sarebbe rimasto lì? Perché continua a provocarmi? Io non posso tornare a mantenere il controllo su me stessa, se lui continua a farmi questi discorsi. Infatti il mio corpo reagisce subito alla sua affermazione: le mie guance vanno a fuoco in trenta secondi, non appena lui ha finito di parlare. Sento che lui mi fissa intensamente, poi dice, con voce sempre più sexy: “Oddio, Denise, ti prego, non ricominciare a fare così, è una cosa che mi manda completamente fuori di testa”., dice avvicinando una mano al mio viso. Io non riesco a muovermi di un centimetro, né a dire una parola: lascio solo che le sue dita mi accarezzino la guancia, dandomi sollievo al loro passaggio. “Io…non so cosa dire Luke. Questa situazione non va bene, non va affatto bene”, dico piano e sospirando, appoggiando la guancia sulla sua mano e chiudendo gli occhi. Lui fa un respiro profondo, poi toglie la mano dal mio volto, lasciandomi completamente inebetita: che cosa ho detto o fatto di sbagliato?. Io lo guardo interdetta, lui prova a farmi un mezzo sorriso e dice: “Hai ragione, Denise, non possiamo fare così. Io non posso e non voglio trattarti come una delle tante ragazze che conosco, sei l’unica con cui trovo divertente e costruttivo parlare. Ma se complichiamo le cose, non potremmo più parlare liberamente ed essere amici. Sai, preferivo non averti visto in quella tutina, ma continuare a pensare a te come a un amico asessuato. Ma questo non succederà mai più, non potrò mai più vederti come una ragazza che non ha un bellissimo corpo da donna. E poi, mi fa impazzire il fatto che, nonostante tu metta tante barriere, crollino tutte al mio tocco, e mostri subito di quanta vulnerabilità sei capace. Ma hai ragione, questa situazione non va bene per noi, rischierei solo di farti troppo male. E non voglio trovarmi a lottare con te in aula per cose che con le lezioni non c’entrano niente, e far sapere a tutti quello che succede o non succede tra di noi. Io non sono un bravo ragazzo, ma tu sì, e meriti qualcuno migliore di me”. Io lo guardo con gli occhi spalancati, interdetta: ha fatto tutto questo discorso solo per dirmi che, comunque, nonostante tutti i complimenti, lui non starebbe mai con una come me? Che sono troppo fragile per uno come lui? E se invece io non volessi nient’altro che quello che lui ha da offrirmi come la prenderebbe? Adesso sto ribollendo di rabbia: credevo che avessimo trovato un punto d’incontro, che le cose stessero evolvendo in una maniera positiva per entrambi, stavo anche cercando di lasciarmi un po’ andare nonostante il mio cervello mi stesse dicendo di non farlo, e invece, ora, grazie ai suoi discorsi, sembra che siamo tornati al punto di partenza, a due che si devono sopportare per una punizione e che forse, al massimo, riusciranno ad essere amici. Lo guardo con uno sguardo duro, poi mi rendo conto che non posso dargliela vinta e lasciar trapelare che, forse, lo trovavo interessante anche come ragazzo, oltre che amico. Ma forse ha ragione lui: lui non è la persona adatta a me, nonostante sia l’unico che riesca a mandarmi in subbuglio solo con la sua vicinanza. Faccio un sospiro mentre il mio cervello torna a ragionare normalmente, invece che essere annebbiato dai sensi: sì, ha decisamente ragione Luke, è meglio se con uno come lui io sono soltanto un’amica, mentre Alex potrebbe essere il ragazzo giusto, quello con la testa sulle spalle. Già, Alex. Cavolo, con tutto quello che è successo tra ieri sera e stamani, mi sono completamente dimenticata di lui. Non gli ho nemmeno mandato un messaggio per dirgli che sono stata davvero bene e per ringraziarlo della sua gentilezza. “Tutto bene Denise? Non volevo offenderti, volevo solo che le cose fossero chiare. Non voglio che qualche sorta di strana attrazione che è uscita fuori stamani rovini quella che potrebbe essere davvero una bella amicizia”, mi dice Luke, continuando a fissarmi. Mi rendo conto che non ho aperto bocca da quando sono uscita dal bagno, ma sono stata solo ad ascoltare quello che lui aveva da dire, ma adesso è arrivato il momento di mettere da parte i sentimenti e di pensarci in separata sede a quello che lui mi ha scatenato dentro stamani. Faccio un sorriso tirato poi dico: “Tutto bene, tranquillo, sei stato molto chiaro. Hai ragione, non possiamo permetterci nient’altro che essere amici, forse, siamo troppo diversi per pensare di avere un qualche altro tipo di rapporto. Io non ho bisogno di cose complicate, la mia vita si è complicata da quando mi sono scontrata con te, mentre prima procedeva tranquilla sui suoi binari. Ed è lì che la voglio riportare. Hai ragione, siamo due persone incompatibili su altri piani, ma nelle discussioni ci troviamo poiché possiamo discutere senza pensare di offendere in qualche modo l’altro, visto che non c’è nessun altro sentimento in ballo. Perciò torniamo ad essere com’eravamo prima di stasera: farò finta che i tuoi ormoni impazziti non siano saltati fuori, e cercherò di scordarmi tutto quello che hai detto che con l’amicizia non c’entra davvero niente”. Lui mi guarda sorpreso, forse quasi dispiaciuto, ma poi mi fa un sorriso rilassato: “Sono d‘accordo, ne ho già troppe di ragazze da tenere a bada, non posso permetterne una che sa anche usare il cervello”, dice ridendo. Io rido alla sua battuta, anche se dentro un po’ mo dispiace non aver provato fino in fondo cosa significa davvero piacere ad uno come Luke Edwards. Mentre lo guardo un po’ più rilassata, anche se dentro sono ancora arrabbiata e sto continuando a fare a cazzotti con me stessa e con i miei due lati del carattere, la porta del bagno si apre di scatto ed io vado in paranoia: cavolo, se Alexandra ci vede così sai quanti film si inizia a fare? Io guardo velocemente nella direzione del bagno, ed Andrew e Alexandra escono sorridendo, ma guardandosi circospetti, per capire dove siamo o cosa stiamo facendo. Poi Alexandra mi fa un mezzo sorriso comprensivo mentre guarda verso Luke, e io di scatto mi volto per guardare cosa sta facendo e ne rimango stupita: in trenta secondi è tornata ad essere un po’ ripiegato su sé stesso, con gli occhi chiusi e le mani che si tengono lo stomaco. Dentro di me sorrido: è davvero un attore nato. Alexandra e Andrew si avvicinano, poi mi chiedono: “Come sta?”. “Meglio, ormai si è quasi completamente rimesso, nonostante ancora non sia nel pieno delle forze. Ma almeno oggi, in questo stato, cercherà di evitare di dare spettacolini come al suo solito, eh?”, dico, facendo un mezza risata e cercando di riportare la situazione a livelli normali. “Ah, ah, simpatica di prima mattina eh?”, dice Luke con voce spenta e roca. Mentre Alexandra e Andrew non lo guardano, vedo che lancia a me un’occhiata incattivita. Io lo guardo con la faccia a punto interrogativo, poi Alexandra dice: “Beh, visto che sembri stare meglio, sarà il caso che anche tu vada a lezione o nel tuo dormitorio se non te la senti? Noi dobbiamo andare a lezione, e di certo non possiamo lasciarti qui”. “Hai ragione, me ne vado subito, credo di essere in grado di venire a lezione. Grazie per la vostra ospitalità comunque”, dice alzando la testa e togliendosi le mani dallo stomaco. Con molta lentezza comincia ad alzarsi, ed Andrew gli si avvicina e gli dà una mano a rimettersi in piedi. Lui sorride una volta tornato in posizione eretta: “Beh, grazie a tutti per l’aiuto. Non sono mai stato molto carino, con nessuno di voi”, dice, puntando gli occhi prima su Andrew, poi si Alexandra e poi fermandosi su di me. “Ma nonostante tutto, mi avete dato una mano lo stesso. Grazie ancora. Adesso vi libero dalla mia ingombrante presenza”, dice sorridendo e facendo due passi in direzione della porta. “Aspetta”, urlo, prima di riuscire a frenare le parole. Alexandra e Andrew mi guardano straniti, mentre Luke si gira di scatto, guardandomi con una strana attesa negli occhi. Io non so più nemmeno quello che volevo dire, poi apro la bocca: “Non puoi uscire così, da solo, dalla nostra stanza, se passa qualcuno si insospettirebbe lo stesso, e tenerti qui stanotte non sarebbe servito a niente. Esci dalla stanza in mezzo a noi tre: magari non riusciamo a nasconderti granché, ma per uscire in corridoio è sempre meglio di niente, no?”. Alexandra e Andrew annuiscono e Alexandra dice: “Sì, mi sembra una buona idea. Prendo la borsa e il cappotto e possiamo uscire”. Luke mi guarda interdetto, poi mi lancia un’occhiata di fuoco ma non dice niente: forse non era questo quello che voleva sentirsi dire? Beh, è vero che non volevo che se ne andasse via così, avrei voluto più tempo per parlare, ma uscire tutti e quattro insieme almeno mi avrebbe aiutato a stemperare un po’ la tensione e a cercare di tornare alla normalità. Alexandra e Andrew passano davanti a Luke poi, mentre Alexandra apre piano la porta per dare un’occhiata in corridoio, io prendo le mie cose e sorpasso a mia volta Luke, mettendomi dietro ad Andrew, senza guardarlo né dirgli una parola. Lui sospira poi, mentre Alexandra bisbiglia qualcosa ad Andrew sul come decidere di muoversi quando saremmo usciti dalla camera, sento che Luke mi si avvicina e mi sussurra: “So che non era quello che volevi dirmi quando mi hai fermato, l’ho visto nel tuo sguardo. Ma, in un modo o nell’altro, riuscirò a sapere cosa pensi davvero di me e a scoprire davvero chi sei, anche perché sei decisamente più interessante quando non ti controlli che quando fai di tutto per cercare di fare sempre la cosa giusta e quella che tutti si aspettano da te. Ma io non me la bevo, non più”. Io sono percorsa dai brividi, sia per le sue parole che per la sua vicinanza, anche se quello che mi ha appena detto mi spaventa. Il mio non controllarmi mi ha messo nei guai più di una volta in passato, è per questo che non voglio che risucceda e voglio controllarmi. Ma la sua vicinanza spesso manda all’aria i miei piani. Sto per voltarmi e rispondergli, ma Alexandra si volta e sussurra: “Siete pronti? Ora sembra il momento adatto, non c’è quasi nessuno in giro”. Io, Andrew e Luke alziamo i pollici in segno di approvazione, e Alexandra apre piano la porta. Speriamo di riuscire a non dare nell’occhio, non vorrei dover spiegare a tutta la scuola perché Luke Edwards stamani stesse uscendo dalla mia stanza.

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Capitolo 15
*** incontri turbolenti ***


La prima ad uscire in corridoio con passo felpato è Alexandra che, dopo essersi assicurata che non ci sia nessuno nel corridoio, ci fa cenno con la mano di muoverci velocemente. Andrew esce subito dopo di lei poi, mentre sto per uscire anche io, Luke mi prende per un polso e mi ferma, sussurrando: “Ehi, se non vuoi che qualcuno pensi male di noi, dovresti almeno farmi uscire tra te e Andrew, altrimenti se rimango in fondo sembrerò sempre uno che è rimasto in camera vostra o, per qualche strano motivo, si trova davanti alla vostra camera di prima mattina. Non vorrai mica che, proprio ora, la gente inizia a parlare di noi in un modo strano?”, insinua. Io lo guardo di sottecchi, e il suo tono non mi piace per niente: sembra che mi stia deridendo e che sia infastidito dal fatto che non voglio che le persone pensino che siamo qualcosa di più di due che si devono sopportare per una punizione. Mi sembrava di aver capito, dopo la chiacchierata di stamani, che anche lui volesse la stessa cosa. Ma non ho voglia di altri drammi e discussioni inutili, che non portano da nessuna parte, visto che abbiamo già chiarito in che tipo di direzione vogliamo andare entrambi, perciò mi fermo, e con un cenno della mano lo invito a passare avanti, mentre Andrew aspetta sulla soglia della porta. “Andiamo, Luke, muoviti”, gli dice. Lui mi guarda con uno sguardo intenso e pieno di domande, come se non si aspettasse che non gli dessi nessuna risposta, poi scuote la testa ed esce fuori dalla camera. Io rilascio il fiato che, solo ora, mi sono accorta di trattenere da quando eravamo in fila dietro alla porta, poi mi metto dietro a Luke e chiudo velocemente la porta dietro di me. Per fortuna, appena spunto anche io in corridoio, noto che non c’è nessuno, e quindi forse ce l’abbiamo fatta a passarla liscia, anche se ancora siamo in fila come marionette e, nonostante Andrew davanti, Luke si vede perfettamente in mezzo a noi. Appena si accorge che sono dietro di lui e che ho chiuso la porta, fa due lunghi passi verso sinistra e si ritrova fuori dal nostro gruppetto e, mentre fa due passi ancora più in là, mi accorgo che effettivamente ora non sembra che stesse uscendo da camera nostra, ma che stesse passando di lì per caso. Alexandra e Andrew si guardano sorridendo, contenti che il piano abbia funzionato, mentre io mi soffermo per un momento a guardare Luke, un po’ intristita, come se sentissi che in questo preciso momento siamo tornati ad essere esattamente come prima di questa notte, come entrambi volevamo stare, anche se adesso non ne sono più così sicura. Adesso lo sento lontano, distante, come se non si fidasse nemmeno più di me come amica, come se stamani avessimo rotto qualcosa che si era creato e che era talmente fragile che non riusciremo più a farlo stare insieme. Cerco di fargli un sorriso, nonostante questi miei pensieri, lui ricambia e alza la mano in un cenno di saluto poi, senza dire una parola, si volta e se ne va, come se niente fosse davvero successo. Io rimango impietrita a guardare la sua figura che si allontana, e all’improvviso sento come un vuoto che mi opprime, come quello che ho provato tanti anni fa. Ma non posso e non devo ricascarci, non con uno come Luke. Abbiamo preso una decisione matura, quella che davvero è la migliore per entrambi, e dobbiamo rispettarla, perché solo così potremmo costruire davvero un rapporto giusto per entrambi, senza che nessuno soffra troppo o rimanga troppo coinvolto. Alla fine, siamo due caratteri troppo simili, focosi e impulsivi e, nonostante io cerchi sempre di mascherare questi lati del mio carattere mentre lui li lasci uscire sempre liberamente, non potremmo mai andare d’accordo ed avere un rapporto sano e normale, nemmeno di amicizia, figuriamoci di qualcos’altro. “Ehi, tutto bene?”, mi dice Alexandra, poggiandomi una mano sulla spalla e facendomi uscire dagli strani pensieri in cui mi sono invischiata. Smetto di fissare l’orizzonte, da cui Luke è sparito da un po’, mentre altri studenti hanno cominciato a passarci, e la guardo, cercando di mostrarmi serena e sorridente: “Sì, tutto bene, solo è stato un risveglio un po’ turbolento, no? Comunque, scusate ancora per aver rovinato la vostra privacy e la vostra serata ieri sera, stasera non mi presenterò in camera fino a tardi, starò in biblioteca, così potrete recuperare”, dico, sorridendo anche in direzione di Andrew. Lui mi sorride a sua volta e sta per rispondermi, ma Alexandra è più veloce di lui: “Ma figurati, non ti preoccupare, noi avremmo altre occasioni per stare insieme da soli, ma serate come la scorsa, capitano davvero una volta nella vita. E non ci pensare nemmeno a stare in biblioteca da sola fino a tardi, stasera, quel posto mi mette i brividi, preferisco che tu stia in camera e magari vado io da Andrew, se vogliamo stare da soli”. Andrew si avvicina a noi e dice: “Sì, sì, non c’è nessun problema,noi possiamo stare anche da me, se ci va. Ora scusatemi, ragazze, ma è ora di andare a lezione anche per me”. “Oh, scusami, Andrew, non avevo intenzione di farti fare tardi. Grazie ancora di tutto, è stato un piacere conoscerti, sei stato molto gentile. Spero che avremo occasioni migliori in cui fare un po’ più di conversazione e conoscerci”, gli dico sorridendo. Lui ricambia gentile poi, mentre Alexandra si avvicina a lui per salutarlo, le passo accanto e le dico: “Fai con calma, ci penso io a prendere i posti, ti aspetto in aula”. Lei sorride e mi fa un cenno con la testa mentre io mi incammino poi, prima di svoltare l’angolo, mi giro per un attimo a guardagli: Andrew l’abbraccia forte mentre lei tiene la testa sulla sua spalla ad occhi chiusi. Sono così carini! In questo momento provo davvero tanta invidia per lei, perché sembra proprio che abbia trovato la persona giusta che la tratta bene e la fa stare bene. Scuoto la testa e mi volto, riprendendo a camminare, perché mi sento una guardona. Appena esco dal blocco del nostro dormitorio e mi ritrovo fuori, mi fermo per un attimo vicino ad un albero e respiro profondamente, per cercare di far tornare il mio cervello su pensieri più razionali di quelli che mi stanno frullando in testa da stamani. L’aria fresca e il sole mi tranquillizza un po’, nonostante sia ancora inverno, oggi sembra quasi una giornata primaverile, e questo tempo mi rincuora. Mi appoggio per un attimo al tronco dell’albero e chiudo per un momento gli occhi: cerco di far defluire dalla mia testa la serata con Alex, la nottata e il risveglio con Luke e la scena appena vista di Alexandra con Andrew. Ma perché, dopo due anni che sono qui, non potevo trovare una persona normale con cui uscire, visto che ci sono stata sempre attenta a non farmi notare e a pensare solo allo studio? Perché mi sono ritrovata da una parte un ragazzo che mi vuole dire con chi posso o non posso uscire e chi può o non può essere un mio amico, e dall’altra uno sbruffoncello pieno di sé, a cui bastano due parole e un leggero tocco per mandarmi in pappa il cervello, ma con il quale non credo di avere assolutamente niente in comune? Sbuffo sonoramente, cercando di tornare al mio aplomb di sempre e di non farmi innervosire e trascinare da tutti questi pensieri che, con il mio obiettivo finale, non c’entrano davvero niente. “Buongiorno, hai avuto un buon risveglio stamani?”, sento sussurrare all’improvviso una voce vicino al mio orecchio. Spalanco gli occhi di scatto, impaurita, e mi volto alla mia destra. Tiro un sospiro di sollievo e automaticamente sorrido quando vedo la faccia di Alex che mi guarda sorridente. “Buongiorno anche a te. Insomma, diciamo che non ho dormito troppo bene, più che altro poco, visto che poi ieri sera mi sono messa a studiare un po’ per cercare di recuperare quello che non avevo fatto il pomeriggio”, dico, mentendo spudoratamente. Cavolo, sto diventando una bugiarda patentata, le cose mi escono così, senza che ci pensi nemmeno troppo, e questo non è mai stato da me. Ma che cavolo mi hai fatto Luke con la tua presenza? Lui mi guarda intensamente, studiandomi con i suoi profondi occhi neri, io cerco di non dare nessun cenno di cedimento e di mostrare di stare dicendo esclusivamente la verità. “Mi dispiace che non hai dormito bene, spero di non averti fatto fare troppo tardi io”, dice sincero. Dentro di me sospiro di sollievo, perché sembra aver creduto in pieno a quello che gli ho detto. “No, no, figurati, anzi, l’essere tornata un po’ prima mi ha permesso di rimettermi un po’ in pari, visto che in questi giorni i miei pomeriggi saranno sempre occupati”, dico, prima di riuscire a fermarmi. Quando mi accorgo di cosa ho detto, vorrei mordermi la lingua: Luke e la punizione con lui era l’ultimo argomento di cui volevo parlare con lui, visto la reazione che ha avuto l’ultima volta. Avevo giurato a me stessa che non avrei più detto niente di Luke in presenza di Alex, e invece è la prima cosa che mi esce fuori quando apro bocca. Lui, infatti, mi guarda con gli occhi spalancati, e vedo dentro il suo nero una lotta che si sta consumando, poi rilascia un respira e, con fare decisamente troppo calmo, dice: “Ah, la famosa punizione con Luke. Beh, spero che non ti porti via troppo tempo e che riuscirai ad averne anche un po’ per noi e per un altro appuntamento, visto che vorrei cercare di rimediare alla mia brutta gaffe di ieri sera. Tu mi piaci, Denise, e vorrei davvero conoscerti più a fondo”, mi dice avvicinandosi e accarezzandomi una guancia. Io arrossisco appena, ma non mi scanso, anche se la mano di Alex non mi provoca lo stesso calore e gli stessi brividi che mi ha dato quella di Luke stamani. Cavolo, ma posso smettere di pensare a lui ogni cinque secondi? Alex è qui, davanti a me, che mi ha appena detto che gli piaccio senza troppi giri di parole, e io sto continuando a pensare ad una stranissima relazione che ho con un altro, che con il piacere non c’entra davvero niente? Su, ritorna in te Denise!. Sorrido, e mi scanso un po’: “Beh, spero anche io che la punizione non mi porti via troppo tempo. Lo studio ha la precedenza su tutto, per me. Ma ti prometto che cercherò di trovare un’altra sera per vedersi e conoscersi meglio”, aggiungo sorridendo, dopo aver notato che lui si era rabbuiato non appena ho detto che lo studio ha la precedenza. Ora sembra che si sia rasserenato, ed io mi tranquillizzo un po’: gli strani sguardi di Alex e il suo carattere che cambia da un momento all’altro mi mettono in soggezione, ma mi fanno anche provare una scarica di adrenalina che mi mancava da così tanto tempo, e non so se sono proprio disposta a rinunciarci. Anche se, al momento, non provo altro che un’attrazione verso di lui, niente di vagamente interessante intellettualmente, ma forse perché lo conosco poco. Forse quando lo conoscerò meglio, lo troverò interessante anche su altri punti di vista, non devo chiudere la porta solo perché Luke mi ha fatto provare delle sensazioni così forti e contrastanti, di cui credevo di non essere più capace. Con lui è durato un attimo, e poi siamo tornati alla normalità, mentre con Alex potrebbe essere la volta buona e la persona che non mi distrae dal mio obiettivo, ma mi fa sentire viva allo stesso tempo. Sì, deve essere così, quello con Luke di stanotte non è stato niente, come non sono state niente le sensazioni che ho provato, devo concentrarmi su altre cose ed andare avanti, è la cosa migliore per tutti. Alex mi sorride, poi dice: “Beh, spero che non ci metterai troppo a trovare del tempo per me. Se no, facciamo così: fissiamo adesso per la prossima settimana, o per questo fine settimana, così avrai tutto il tempo per organizzarti e sistemarti le cose per avere la serata libera. Che ne dici?”. Il suo tono è dolce e affettuoso, ma a me sembra quasi che stia cercando di ingabbiarmi e di obbligarmi a fare qualcosa. Non mi piace essere costretta a fare le cose, anche se è vero che vorrei conoscerlo meglio, ma vorrei farlo con i miei tempi. Ma sembra che Alex non sia proprio una persona a cui piace aspettare e, per far sì che non sembri che non voglia uscire con lui o che abbia di meglio da fare, e per togliermi dalla testa il pallino fisso di Luke che sembra non volermi lasciare in pace, sorrido e dico: “Sì, mi sembra una buona idea. Facciamo così: io oggi mi studio tutto il programma delle lezioni che ho in settimana, poi ti chiamo e ti dico qual è il giorno per me meno pieno, e mi fai sapere se per te va bene, ok?”. Mi sembra di aver trovato la soluzione migliore per entrambi: lui ha il suo appuntamento e io ho il tempo per decidere quando rivederlo. Alex mi guarda un po’ torvo, forse non è abituato alle ragazze che non si buttano subito tra le sue braccia o che lo fanno aspettare per avere un appuntamento. Ma, come sempre, io non sono come tutte le ragazze e, per quanto anche lui, come Luke, sia un ragazzo pieno di fascino, io ho bisogno di fare le cose con i miei tempi. Sospira appena, poi dice: “Va bene, facciamo così, aspetterò una tua chiamata. Ma sappi che non sono un tipo molto paziente, e non mi va di aspettare molto. Tanto prima o poi ti ribecco a giro per il campus”, dice sorridendo, ma sembra quasi una minaccia. Io faccio un sorriso tirato, perché il suo tono di voce e i suoi occhi mi stanno mettendo paura. Lui ridacchia al mio sguardo impaurito: “Dai, Denise, sto scherzando. Non succederà niente se non mi chiami, anche se ti trovo a giro per il campus ti saluterò, ma avrò capito che non ti interesso e non ti piaccio come ragazzo. Non sono uno stalker, tranquilla. Se non sono il tuo tipo, ne posso trovare altre di ragazze decisamente più interessate a me”, mi dice tranquillo. Io lo guardo sorridendo tesa, anche se la sua spiegazione non mi è piaciuta nemmeno un po’. Sembra davvero uno a cui non è il caso di pestare i piedi e a cui non piace ricevere un no come risposta. Ma forse è anche questo che fa parte del suo fascino e che mi attira da quando ci siamo incontrati: il suo carattere così forte e passionale, che cambia in un attimo. “Non ce ne sarà bisogno, ti chiamerò. Sono stata davvero bene con te ieri sera, è solo che sono un po’ impegnata. Se no, non mi prenderei la briga di chiamarti, se non fossi interessata a te”, dico sorridendo. Lui sembra rilassarsi, finalmente, e mi sorride sincero. In automatico, mi rilasso un po’ anche io: dopo tutta la serata e la mattinata di stamani ho bisogno di qualche momento più tranquillo anche io. “Bene, allora aspetterò una tua chiamata. Ma non metterci troppo, ho proprio voglia di un’altra serata da solo con te”, mi dice, avvicinandosi con fare sensuale. “Non ci metterò molto, promesso. Ora scusami, ma sono in ritardo per la lezione”, gli dico, allontanandomi un pochino. Lui mi fa un mezzo sorriso, poi dice: “Vai, vai, non ti preoccupare. Anzi, sai cosa? Se non ti disturba, posso accompagnarti? Almeno facciamo altre due chiacchiere, tanto io adesso non ho lezione”. Io lo guardo un po’ interdetta: non mi va molto a genio di presentarmi in aula con lui, e sentire le persone che continuano a parlare su di me. Sono quasi tentata di dirgli di no poi, ripensandoci, decido che, almeno Alex, è un ragazzo che non ha paura di farsi vedere in giro con me, e che ci tiene davvero alla mia compagnia. E allora, che tutti sparlino pure, non mi interessa ormai. “No, non mi disturba, ma andiamo alla svelta, non mi piace arrivare tardi”, gli dico sorridendo. Lui si illumina alla mia risposta: probabilmente pensava che gli avrei detto di no, e non ci era andato molto lontano. “Fammi strada”, mi dice, avvicinandosi al mio fianco e prendendomi la mano. Io lo guardo per un attimo, imbarazzata, pensando ad un modo gentile per togliere la mano dalla sua e far sì che la gente non parli più del dovuto, ma alla fine decido che non mi interessa: se per Alex non è un problema farsi vedere in mia compagnia e mostrare a tutti che abbiamo una qualche sorta di relazione, non è un problema nemmeno per me. Mi piace questo suo lato del carattere che non si preoccupa di niente e di nessuno, ma fa solo di quello che gli piace realmente fare e sta solo con le persone con cui vuole veramente stare. Il tragitto dal giardino all’aula è breve, ma abbiamo incrociato così tanti studenti che ci guardavano allibiti e parlottavano tra di loro, che mi è sembrata un passeggiata di un’ora. Alex è rimasto calmo e tranquillo tutto il tempo, chiacchierando del più e del meno, dicendomi i suoi programmi per la giornata e chiedendomi i miei. Io gli ho risposto quasi a monosillabi, troppo impegnata a guardare gli altri che erano così interessati a noi, e troppo in imbarazzo per poter rispondere una sola parola a quegli sguardi. Quando siamo vicini alla porta dell’aula, mi fermo di botto e lascio la mano di Alex. Lui si volta di scatto: “Che succede?”. “Niente, è che sono arrivata e non mi va che anche i miei compagni di corso inizino a parlottare per tutta la lezione, solo perché ci hanno visti mano nella mano. Sono una a cui non piace stare al centro dell’attenzione, già che sono riuscita a sorbirmi i borbotti e le occhiate mentre venivamo qui è un miracolo”, dico titubante. Alex si avvicina a me e mi sfiora appena una guancia: “Tranquilla, Denise, è normale che la gente parli. Io ci sono abituato, capisco che per te è tutto nuovo, ma imparerai a non ascoltare quello che dicono e ad ignorare gli sguardi che ti lanciano, buoni o cattivi che siano. Io non ho intenzione di nascondere a nessuno che sto uscendo con te, e spero che per te sia la stessa cosa”, dice a bassa voce. “Sì, certo, per me è la stessa cosa, ma non sono abituata a tutta questa attenzione su di me. Devi darmi un po’ di tempo, io sono una persona molto riservata e gelosa delle sue cose. Ma certo non voglio nasconderti. Ma nemmeno attirare troppo l’attenzione su di me, ecco. Ora scusami, ma devo davvero entrare. Grazie per la compagnia, è sempre piacevole stare con te”, dico sorridendo e avviandomi verso l’aula. Lui mi sorride a sua volta poi, senza preavviso, si avvicina a me sulla porta: “Non ti preoccupare, se attireremo l’attenzione sarà solo per cose positive. Capsico che sei una persona riservata, ma purtroppo io sono un ragazzo conosciuto, qui dentro, e la gente si interessa a quello che faccio. Ma non ti preoccupare, in pubblico sono abituato a comportarmi bene e a non fare niente di sconveniente. Buona lezione”, e, senza preavviso, mi sfiora la guancia con un bacio. Io rimango impietrita a questa dimostrazione davanti a tutti, mi volto e lo guardo imbarazzata, mentre lui mi guarda sorridendo. Sono un po’ interdetta e arrabbiata per aver cercato di dimostrare qualcosa davanti a tutti, quando gli avevo palesemente detto di non esserci abituata, però alla fine mi fa anche piacere che ci tenga a dimostrare apertamente che ha un qualche tipo di relazione con me. “Grazie. Non sono abituata a tutta questa attenzione e a queste dimostrazioni, ma cercherò di abituarmi”, dico, facendo un sorriso imbarazzato. Lui sorride a sua volta poi, prima di andarsene, vedo che alza un braccio in direzione dell’aula e saluta. Io seguo con lo sguardo il suo saluto, e vedo che di rimando una persona da dentro lo saluta, poi Alex se ne va e io continuo a fissare impietrita chi ha salutato Alex: Luke mi guarda dal suo banco con un espressione dura e arrabbiata che gli ho visto solo una volta, ed era riservata alla frase che gli avevo detto, ma questa volta i suoi occhi sembrano sputare dardi infuocati nella mia direzione. Non so come comportarmi, non credo di aver fatto niente di male, anche se la dimostrazione di affetto di Alex è stata abbastanza palese. Credo proprio che questa sarà una delle lezioni più lunghe e difficili da far passare.

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Capitolo 16
*** l'aula della verità ***


Rimango impietrita sulla soglia della porta, a guardare Luke che mi guarda con una strana collera negli occhi. L’aula è quasi piena, ma io riesco solo a vedere il suo sguardo infuocato verso di me. Non so cosa gli sia preso, io sono abituata a vederlo circondato da altre ragazze e non l’ho mai guardato in quel modo, perché ora mi sta guardando così solo per il gesto di affetto che ha fatto Alex? Sbatto le palpebre per distrarmi da quel ghiaccio infuocato che sono i suoi occhi, e muovo due passi in direzione dei banchi. Appena mi sposto, mi rendo conto che tutti gli occhi, sia dei ragazzi che delle ragazze, sono puntati su di me, e tutti continuano ad indicarmi e a confabulare tra di loro, ridacchiando. Ma cosa sta succedendo? Dov’è finita la mia invisibilità? Lo avevo detto ad Alex che non mi piaceva stare al centro dell’attenzione, ma lui ha voluto fare lo stesso quel gesto. Perché sono andata ad incastrarmi con due delle persone più popolari di tutta la scuola, se volevo continuare a passare inosservata? Non lo so nemmeno io. Cammino a testa bassa salendo le scale, seguita da sguardi e commenti che faccio finta di non sentire. Sento lo sguardo di Luke che segue ogni mio movimento ma, volendo evitare un qualsiasi tipo di scontro con lui, mi siedo cinque file più in basso, scegliendo quella con meno persone sedute. Appena entro nella fila, passo dietro un paio di ragazze per andarmi a sedere nei posti più centrali, e, appena sono passata, sussurrano,non troppo a bassa voce: “E brava questa Denise Jhonson, eh? Prima fa la secchioncella santarellina a cui non interessa niente dei ragazzi e della vita sociale, e poi sta il pomeriggio da sola con Luke Edwards, e la mattina si fa vedere accompagnata a lezione da Alex Mitchell. Deve avere qualcosa che attira i due ragazzi più belli e popolari della scuola, dovremo farci insegnare anche noi come si fa”, e ridacchiano. Sento subito la collera montare: come si permottono di giudicare me e la mia vita, senza nemmeno conoscermi? Io non ho mai giudicato il loro stile da ochette svampite, ma che loro si permettano di sparare giudizi su di me, proprio non mi va giù. Faccio due profondi respiri per calmarmi, prima di ripetere la sparata come ho fatto con Luke e beccarmi un’altra punizione, anche se il professore non è ancora arrivato. “Scusate, ma voi come vi permettete di sparare giudizi su chi non conoscete nemmeno?”, dico tornando sui miei passi e avvicinandomi a loro. Vedo le ragazze impallidire per un attimo. “Non vi è mai venuto in mente che, forse, i ragazzi sono anche interessati al cervello nelle ragazze, e preferiscono passare più tempo con quelle che ce l’hanno, piuttosto che con quelle che son buone solo a spogliarsi per attirare l’interesse maschile? Forse Alex e Luke hanno più cervello di quanto voi pensiate, e si trovano meglio a condividere del tempo con chi sa anche intavolare una conversazione, piuttosto che con chi sa muoversi solo sotto le lenzuola. E’ solo questo che dovreste imparare: ad usare il cervello invece che sempre e solo il corpo”, dico, voltandomi e tornando a sedermi al mio posto. Vedo le due ragazze impallidire e non riuscire ad aprire bocca: forse non si aspettavano una simile reazione o risposta da me, ma mi sono stufata di essere sempre lo zimbello di tutti. Le ragazze mi guardano per qualche altro istante, poi tornano a confabulare tra di loro, e io mi siedo e guardo in direzione della porta, e in automatico mi si allarga un sorriso: vedo Alexandra che mi guarda sorridendo, deve aver visto la scena e, anche se non ha sentito quello che ci siamo dette, deve essere molto contenta del fatto che, finalmente, mi sono decisa a rispondere a qualcuno. Sale le scale velocemente sorridendo, poi vedo che alza una mano come a salutare qualcuno dietro di me, ma poi la riabbassa subito, guardandomi perplessa: capisco che stava salutando Luke e che probabilmente lui non l’ha salutata. Passa dietro le due ragazze, guardandole malissimo senza neanche sapere cosa mi hanno detto, e si siede velocemente vicino a me, bisbigliando per non farsi sentire da nessuno: “Ehi, ma cosa è successo con Luke nei dieci minuti in cui non ci sono stata? Quando è andato via da camera nostra sembravate tanto tranquilli e amici, ora invece a malapena ha risposto al mio saluto. Anzi, ha fatto appena un cenno del capo, e poi ha guardato da un'altra parte, come se fosse arrabbiato. Che state combinando?”. Sospiro: non è facile spiegare ad Alexandra perché Luke sia così arrabbiato, anche perché penserebbe sicuramente la cosa sbagliata, anche se nemmeno io so come giustificare questo suo comportamento se non come gelosia. Ma non posso pensare che Luke Edwards possa essere geloso di me, ne abbiamo parlato, e al massimo abbiamo intuito entrambi che ci poteva essere una qualche sorta di attrazione fisica, niente di più. Ma tanto, con Alexandra, è inutile girarci intorno e provare a spiegare comportamenti che neanche io capisco, perciò le dico la verità: “In realtà non stiamo combinando niente. Quando ti ho salutato, ho trovato fuori Alex, che mi ha detto che voleva rivedermi, gli ho detto che avremo fissato un altro appuntamento, e poi lui si è offerto di accompagnarmi in aula. Abbiamo passeggiato per un po’ mano nella mano poi, arrivata qui davanti, io gli ho lasciato la mano e lui, per salutarmi, mi ha dato un bacio sulla guancia. Peccato che questo gesto non sia sfuggito a nessuno dei presenti in questa aula, e soprattutto non è sfuggito a Luke, che mi ha guardato come se avessi ucciso qualcuno. Credo che sia per questo che ha salutato anche te controvoglia. Io non lo capisco: mi ha chiaramente detto più e più colte che non sono il suo tipo, lui è sempre con tante donne ma io non ho mai fatto come lui oggi, perché?”, chiedo, abbassando ancora di più la voce e cercando di evitare che le due ragazze che hanno sparlato di me ascoltino ancora i fatti miei. Alexandra è rimasta a occhi sgranati e con la bocca spalancata: sembra che abbia completamente perso le parole. “Ehi, ci sei? Dai, dimmi cosa ne pensi prima che cominci la lezione”, dico, sventolandogli le mano davanti agli occhi. Alexandra sbatte le palpebre, si riscuote e dice: “E tu vorresti dirmi che ti sei inguaiata con due dei ragazzi più fighi di questa scuola? Luke passa la notte mezzo svenuto sul pavimento di camera nostra, la mattina dopo passeggi mano nella mano con Alex e poi ti fai dare un bacio davanti a tutti, che cosa è successo alla mia piccola e innocente Denise? Sei diventata una mangia uomini in una serata?”, dice ridacchiando divertita. Io la guardo, un po’ arrabbiata e offesa, poi vedo che mi sorride e allora mi tranquillizzo un po’ e dico: “E dai, smettila, dimmi davvero cosa ne pensi”. “Dai, fatti prendere un po’ in giro, non è mai successo che tu ti trovassi da due ragazzi, di solito quella è una mia prerogativa. Comunque, è chiaro come il sole che Luke è geloso di te, se no non si comporterebbe così, ma bisognerebbe capire se è geloso solo perché si tratta di Alex, e magari hanno qualche conto in sospeso, o se è semplicemente geloso di te e non vuole che nessuno ti ronzi intorno. In questo caso, dobbiamo capire se è geloso perché gli piaci, o perché ti ha iniziato a conoscere come persona e non gli piace che stai con qualcuno in particolare, come Alex. Ma è chiaro che a te ci tiene, e tanto. Queste cose, però, le potete chiarire solo voi. Tu ti devi chiarire se sei interessata o no ad Alex ed anche in che modo sei davvero interessata a Luke, ma dovete parlare senza cercare di girarci intorno e non potete continuare a lasciare le cose come stanno. Così, a quanto pare, non funziona più. E’ chiaro che il vostro rapporto, da ieri pomeriggio, è diventato qualcosa di diverso e di strano. Ma sta solo a voi parlare e chiarire”. Io la guardo, perplessa: in realtà, il suo ragionamento non fa una piega. A parte il fatto che io non posso e non voglio impelagarmi in una relazione più impegnativa dell’amicizia con Luke: sarebbe troppo difficile e troppo complicato avere a che fare con un tipo come lui. Alex è più facile da gestire, Luke è troppo complicato e rischia letteralmente di sconvolgere i piani della mia vita. E questa cosa è già successa una volta nella mia vita, e non posso permettere che accada di nuovo. Ho un obiettivo da raggiungere e non lo posso lasciare per la strada per un ragazzo, per quanto carino e interessante sia. Ho bisogno di una cosa più tranquilla, al momento, e forse Alex è la soluzione perfetta che mi permette di vivermi comunque la mia età senza perdere di vista il mio obiettivo. E poi, anche lui mi attira con il suo comportamento e quello sguardo così profondo che mi manda in subbuglio. Ma la vicinanza e il tocco di Luke mi manda completamente in tilt e, per quanto quella situazione mi piaccia e mi mandi fuori di testa, non posso permettermi di cadere in trance e scordarmi di tutto per lui, per quanto sia una persona che voglio frequentare. Sospiro: non è facile prendere una decisione, ma devo fare il meglio per me. Faccio un sorriso tirato in direzione di Alexandra, che sembra aspettare una mia risposta: “A me piace Alex. La serata, ieri, è stata piacevole e anche stamani è stato molto carino, e non ha paura di farsi vedere in giro con me. Luke è… Luke: la persona a cui piace più di tutti stare al centro dell’attenzione e che mi fa sentire sempre come se fossi sull’ottovolante quando sono con lui. E questo per me è troppo complicato da gestire. Non posso permettermi un rapporto complicato con una persona ancora più complicata. Finché siamo amici, tutto è più limitato, ma diventare qualcosa di più sarebbe troppo per entrambi. Non so perché lui si sta comportando così stamani, ma anche se avesse qualcosa contro Alex se lo chiariranno tra di loro, io non ci voglio entrare. So solo che con Alex sono stata bene, tranquilla, senza drammi. Cosa che non si può dire di Luke: vedi, quando siamo insieme è sempre tutto un dramma, immaginati se stessimo insieme. Sarebbe una tragedia”. Alexandra mi guarda, studiandomi, poi dice, mentre il professore entra in aula: “Mah, sarà come dici tu, ma io ti ho visto felice mentre eri con Luke. Ammetto che non ti ho visto con Alex, e non so come state insieme, ma vedo come sei cambiata da quando frequenti Luke, e ti ha fatto decisamente bene. Ma non ti dirò cosa devi fare o con chi devi stare: quello lo sai solo tu”. Io la guardo, stupita: di solito Alexandra dà sempre la sua opinione e dice sempre cosa dovrei fare, ma ora invece rimane sulle sue, anche se è tanto che ho già capito che secondo lei, io dovrei stare con Luke. Ma questo non succederà, non è quello che va bene per me e, probabilmente non va bene nemmeno per Luke, visto che non ha detto niente stamani, quando ne aveva la possibilità, anche se ora si comporta in questo modo strano. Sorrido ad Alexandra e poi mi metto ad ascoltare la lezione, riuscendo incredibilmente a staccare il cervello da tutti i miei pensieri e a concentrarmi sullo studio, senza pensare né a Luke né ad Alex per tutta la lezione. Appena il corso finisce, Alexandra si alza al volo dalla sedia e io la guardo, perplessa, mentre finisco di sistemare le mie cose. “Ehi, dove vai così di fretta? Non dovevamo pranzare insieme oggi?”. Alexandra sgrana gli occhi, come se si fosse ricordata del nostro impegno solo in quel momento: “Oddio, scusami, stamani ho detto ad Andrew che avrei pranzato con lui prima del corso del pomeriggio. Non mi ricordavo di aver fissato con te. Se ti dispiace mangiare da sola puoi unirti a noi, o dico ad Andrew che facciamo un’altra volta”. “No, tranquilla, vai, vi ho già rovinato la serata ieri sera, non ho nessuna intenzione di rovinarvi anche il pranzo. Tanto noi mangiamo sempre insieme, almeno ne approfitto per mettermi avanti con lo studio prima della punizione di oggi pomeriggio”. Alexandra mi guarda, indecisa: “Sei sicura? Guarda che se non vuoi stare da sola..”. “Vai, vai dal tuo Andrew”, le dico, zittendola. “Ti meriti di essere felice, goditela”. Alexandra, in uno slancio di felicità, mi abbraccia e mi sussurra: “Sei la migliore amica del mondo”, poi mi schiocca un bacio e se ne va. Io sorridendo guardandola uscire felice dall’aula, poi sospiro e mi rimetto a finire di sistemare le mie cose. Mi sa che sono rimasta l’ultima in aula, ormai non credo ci sia più nessuno. Finisco con calma di sistemare tutto, mentre la situazione a tre tra Luke e Alex mi torna in mente Ma penso di aver detto la cosa giusta ad Alexandra: Alex è quello più adatto a me, in questo momento. Luke è troppo difficile da gestire, ed è già tanto riuscire a tenerselo amico. Certo che, tra poco, devo passare altre due ore in punizione con lui, spero gli sia passata, qualunque cosa avesse, se no sarà bene che si calmi e mi dia una spiegazione prima di andare in punizione, altrimenti non ce la faremo mai ad uscire sani da lì, se abbiamo già dell’astio tra di noi. Mi alzo per mettermi la giacca e mi volto, guardandomi intorno: l’aula è decisamente vuota. Mi fermo un attimo in piedi ad osservare quell’ambiente gigantesco e così tranquillo e silenzioso: mi rilassa stare qui, ora che non c’è nessuno, mi dà proprio un senso di pace. Socchiudo gli occhi per godermi appieno l’attimo e, ad un tratto, sento la porta dell’aula sbattere. Apro gli occhi, spaventata, poi mi rilasso pensando che, forse, c’è un’altra lezione e qualcuno si è trascinato la porta dietro, ma sarà il caso che mi spicci se non mi voglio far trovare ad occhi chiusi dentro l’aula e farmi prendere per pazza. Mi volto per prendere la borsa e per vedere chi è entrato, e il mio cuore perde un battito: non ci sono altri ragazzi per un’altra lezione nell’aula, ma ci sono solo due occhi come il ghiaccio che brillano nella penombra e mi fissano. Gli occhi di Luke. Io lo fisso a mia volta, immobile, con la gola secca, mentre deglutisco forte: perché è tornato indietro? Perché mi sta guardando senza dire una parola? Ti prego, Luke, risolviamo questa cosa, c’è troppa tensione qui, vorrei gridargli. Ma me ne sto in silenzio e lo fisso, mentre mi sembra di sentire solo i battiti accelerati del mio cuore: è lui che mi guarda torvo da stamani, lui, che mi deve una spiegazione. Continua a fissarmi senza dire una parola, poi si avvicina velocemente, senza staccarmi gli occhi di dosso. Io lo guardo, interdetta su cosa dire o fare, quindi opto per restare ferma e vedere che succede o cosa ha intenzione di fare: non so perché, ma con lui non ho paura, non mi spavento, e so che non farebbe mai niente che anche io non voglia. In un attimo è al mio fianco e io mi perdo, fissando quegli occhi di un azzurro torbido, in tempesta. Lui mi fissa, intensamente, ma non sembra intenzionato a dire una parola: sembra che voglia solo che i suoi occhi e i suoi gesti parlino. In un lampo, mi prende la mano e mi trascina via dalla fila di sedie, e io non oppongo resistenza: decido di vivere l’attimo e di vedere dove vuole andare a parare. Facciamo le scale di corsa, fino in cima, vicino alla sala del proiettore, poi lui si volta e mi fa appoggiare al muro della stanza: è la terza volta in due giorni che mi ritrovo incastrata tra un muro e Luke. Io lo guardo, affannata, e lui ha lo stesso mio respiro corto: continua a guardarmi intensamente, come se staccare il nostro contatto visivo significasse tornare alla realtà, cosa che a me adesso non interessa affatto e, da come mi guarda, credo nemmeno a lui. Alza una mano tremante verso il mio viso e comincia ad accarezzarmi lentamente una guancia: il mio cuore si ferma, in attesa, sentendo solo le sue dita sul mio volto, come se non esistesse nient’altro e da quel contatto dipendesse la mia intera esistenza, e socchiudo gli occhi, appoggiandomi leggermente contro la sua mano calda. Poi ad un tratto, entrambi le mani di Luke prendono il mio volto e, continuando a fissarmi, poggia la sua bocca sulla mia. Io rimango impietrita per un attimo poi chiudo gli occhi e dischiudo le labbra e il nostro bacio si approfondisce e a me sembra di stare su una nuvola: il mondo in torno a noi è sparito, e io mi sento leggera, felice, vedo i fuochi d’artificio e ho i brividi in tutto il corpo, come se fosse la prima cosa giusta che faccio in tutta la vita. Sento Luke che sorride contro la mia bocca perché sto rispondendo al bacio e si avvicina ancora di più con il corpo a me, spiaccicandomi contro la parete, come se avesse paura che fuggissi via. Ma io non ho nessuna intenzione di farlo, per adesso: per la prima volta in vita mia, mi sento davvero nel posto giusto al momento giusto. Continuiamo a baciarci fino a non avere più fiato, come se dovessimo mangiarci, poi ci stacchiamo e ci guardiamo negli occhi, entrambi offuscati. Ed ora, penso, iniziando a tornare lucida, cosa succederà?

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Capitolo 17
*** tutto in un bacio ***


Io e Luke ci guardiamo, con il fiato corto e le guance arrossate, senza riuscire a dire una parola, come se ci vedessimo davvero adesso per la prima volta. Lui ha appoggiato le mani sui miei fianchi e mi guarda sorridendo, come se finalmente avesse preso una decisione giusta nella sua vita. Io continuo a fissarlo, cercando di dare un senso a quello che è successo e cercando di capire quello che sta succedendo dentro di me: felicità, paura, dubbio, incertezza, passione, voglia di rifarlo sono tutte sensazioni che si mescolano in me, sensazioni a cui non riesco a dare un filo logico e nemmeno una priorità. Devo cercare di calmarmi e di dare ordine ad emozioni e pensieri, altrimenti non ne esco più: devo capire cosa è successo e cosa succederà ora, perché Luke ha avuto questo slancio nei miei confronti e cosa ha intenzione di fare. Non riesco a smettere di guardarlo, e lui fa lo stesso, ma non mi sembra nemmeno più la persona di due giorni fa: adesso mi sembra sereno, felice, tranquillo. Ma io non sono così tranquilla. Questa storia è e sta diventando un vero casino, e non sarà facile da gestire, né per me né per lui. Cerco di sfuggire ai suoi occhi abbassando la testa e guardando per terra e poi inizio a divincolarmi un po’ per tornare ad avere il mio spazio, per riuscire a pensare a mente più lucida, ma Luke sembra non volermi lasciar andare. “Denise guardami”, dice con voce roca. E’ la seconda volta in due giorni che mi fa questa richiesta, ma questa volta la sua voce è dolce, roca e piena di passione. Mi solleva il mento con un dito e io non posso sfuggire al suo sguardo. Come i nostri sguardi si incrociano, io mi ci perdo dentro: i suoi occhi sono un mare di tranquillità e felicità, non sono più in tempesta come stamani e come spesso sono abituata a vederli. Vedere questa tranquillità nel suo sguardo, questa dolcezza infinita rivolta verso di me, mi fa tremare ancora di più le ginocchia al solo pensiero che sono stata io a renderlo così. “Oh, così va meglio. Non mi piace quando sfuggi al mio sguardo”, dice, tenendomi sempre il mento mentre con una mano mi stringe forte sui fianchi. “Io…Luke..Non capisco…Cosa sta succedendo?”, riesco a balbettare, con una voce roca di una che sembra non parlare da settimane. Lui sorride sornione: “Beh, cosa sta succedendo mi sembra evidente: ci siamo baciati e mi sembra che la cosa sia piaciuta molto ad entrambi. O Sbaglio?”, dice malizioso. Io avvampo in un secondo, mentre i suoi occhi diventano di un blu ancora più scuro alla mia reazione, poi mormora: “Diavolo, però, non puoi fare sempre così, non parleremo più”, e si avventa di nuovo sulla mia bocca. Questa volta rimango meno sorpresa dal suo bacio, e subito apro la bocca per far sì che le nostre lingue si incontrino, dando inizio ad una danza che sembra non avere fine. Io metto le mani sulla testa di Luke e lo spingo ancora più verso di me: il suo sapore e i suoi baci mi fanno perdere la testa e qualunque freno di inibizione che io possa avere. Lui mugola piacevolmente sorpreso dalla mia reazione e si avvicina ancora di più a me, annullando qualsiasi distanza tra i nostri corpi e sento che qualcosa, là sotto, esattamente come stamani, si è prepotentemente svegliato. La cosa mi fa molto piacere, ma un campanello di allarme comincia a suonare pericolosamente nella mia testa, mentre le sue mani pian piano, dalla vita cercano di scendere verso il fondoschiena, ma io tolgo una mano dalla sua testa, mi stacco dal bacio e gli fermo la mano. Luke rimane con la mano a mezz’aria fermata dalla mia, poi sbatte le palpebre, guardandomi come se fosse in trance. Io lo guardo ancora più imbarazzata del solito e sguscio da sotto il suo abbraccio per riprendere un po’ il controllo della situazione. “Denise, ma che succede?”, chiede con il fiato corto, voltandosi verso di me e facendo due passi per avvicinarsi. Io comincio a torturarmi le mani, come faccio sempre quando sono nervosa, anche perché so il motivo per cui l’ho fermato, ma non me la sento di raccontargli tutto: non è il momento e non so se lo sarà mai, con nessuno. Ma sicuramente non è adesso con lui, anche se il mio corpo mi sta urlando che sono una scema a staccarmi così da lui. “Luke, cerchiamo di parlare, che mi sembra il caso. Se stiamo vicini non riusciamo a stare staccati, perciò teniamo un pochino le distanze, altrimenti non ci chiariremo mai”, dico, tirando fuori tutta la voce che mi è rimasto e cercando di parlare sicura e decisa, anche se sono le uniche due cose che, in questo momento, non sono. Lui mi guarda, un po’ interdetto, poi cerca lo stesso di muoversi verso di me, ma io sono più veloce e scendo due scalini, infilandomi nella fila di banchi, in modo da avere due file di distanza da lui. “Davvero, Luke, non riesco a parlare se stiamo troppo vicini. E la stessa cosa succede a te. Perciò cerchiamo di placare questa situazione stando un po’ distanti”. Lui sorride, a quanto pare molto compiaciuto della reazione che mi ha scatenato, e si ferma due file sopra di me, appoggiandosi sulla spalliera di una sedia a braccia conserte, guardandomi con quello sguardo che farebbe sciogliere chiunque. Io deglutisco forte, accidenti a lui e al suo modo di riuscire sempre a mandare in pappa il mio cervello. Ma per quanto sia bello e sexy in questo momento, sarà il caso davvero di parlare e chiarire quello che sta succedendo, anche perché quest’aula non resterà vuota ancora per molto. “Ok, ok, parliamo”, dice sempre sorridendo. “Ma quando avrai finito di parlare, sappi che niente mi terrà lontano da te e dal tuo corpo che risponde in maniera esagerata alle mie attenzioni. E questa cosa mi fa impazzire, non mi era mai successa con nessuna. Tu mi fai impazzire, anche di testa e non solo con il corpo. Ho notato come ti sei dimenata quando il mio amichetto si è svegliato, e come mi hai scansato, ma questo non mi fermerà dallo starti vicino. Voglio solo sapere che succede. Hai paura di me?”, dice, ora con un tono più serio e uno sguardo preoccupato. Io lo guardo intensamente, prima di rispondere. Paura di Luke? No, non ho mai avuto paura di Luke. Adesso che lo conosco un po’ meglio, so che non fa mai le cose che le altre non vogliono: se fa le cose è perché entrambi le vogliono, non costringe nessuno, anche perché so che non troverebbe divertente far fare a qualcuno le cose con la forza. Infatti non è per colpa sua che ho avuto quella reazione, è per colpa del mio maledetto passato che, per quanto cerco di tenerlo nascosto e sopito, nei momenti meno opportuni esce fuori e mi rovina qualunque cosa di bello stia succedendo nella mia vita. Ma questo non posso dirglielo, non posso e non voglio. Non voglio trascinarlo in quel turbine di schifo che è il mio passato, e non mi ci voglio rinfilare nemmeno io, senza sapere come fare poi ad uscirne di nuovo illesa. Sospiro. “No, Luke, non ho paura di te, anzi. Non ho mai provato queste sensazioni per nessuno. Ma mi ci vuole tempo per fidarmi appieno delle persone, e troppi contatti ravvicinati non fanno per me. Devi darmi del tempo per fidarmi davvero di te”, dico, cercando di far trasparire una mezza verità. Lui mi guarda, interdetto. Poi sospira: “Denise, lo so che non sono un ragazzo facile e che ho avuto tante esperienze, ma ti garantisco che non voglio solo portarti a letto. Certo, da stamani la tua visione in quella tutina supersexy non vuole uscirmi dalla testa, e non sai quanto piacere mi farebbe vedere davvero cosa c’è là sotto, ma con te non è solo questo. Con le altre ragazze sono sempre stato chiaro, non voglio storie serie ma solo avventure. Se una mi piace fisicamente, ci provo, punto. Se lei ci sta, sa che sarà solo qualcosa di fisico e niente di più, io non ho mai illuso nessuno con qualcosa che so perfettamente di non poter mantenere. Ma con te è davvero diverso. Tu mi hai attirato quando mi hai risposto ieri mattina, ti ho visto sotto una luce diversa da quella che mi rispondeva sempre per i battibecchi a lezione, ho capito che hai un cuore e un cervello superiore alle altre, e che usi prima quello che qualunque altra cosa. E fino a stamani continuavo a pensare a te come l’unica vera amica donna che potessi avere, una di cui mi interessava solo l’opinione, ma che non volevo assolutamente portarmi a letto, dato che non era proprio il mio tipo. Ma quando ti ho visto a quel modo nel bagno stamani, mi sono dovuto ricredere: sotto tutto questo tuo nasconderti hai un corpo da sballo, oltre a un cervello che mi fa venire voglia di passare le giornate e le nottate a parlare con te. E quando stamani ho visto Alex Mitchell che aveva con te quel tipo di confidenza e affetto che a me avevi precluso da stamani, non ci ho visto più. Dovevo sapere se ero solo io quello che provava qualcosa di diverso da un’amicizia o se la cosa valeva anche per te. E l’unico modo per scoprirlo era coglierti di sorpresa, senza muri davanti. E, da come hai risposto al mio bacio, credo di aver decisamente ragione. Noi non siamo solo amici, giusto?”, mi dice, guardandomi con gli occhi di nuovo pieni di passione. Io a quello sguardo mi sciolgo di nuovo, il mio cervello non sembra più in grado di ragionare: diavolo, ma perché non posso avere la situazione sotto controllo con Luke, come ce l’ho di solito con Alex? Con lui le cose sono più facili, niente sorprese e riesco sempre a pensare prima di fare qualunque cosa. Ma con Luke le cose sono decisamente diverse: quando sono con lui, sembra che il mio cervello si prenda una vacanza e il mio corpo agisca solo di istinti, che non riesco a controllare. E, diciamocela tutta, nemmeno voglio controllare, perché questa cosa mi fa sentire viva come non lo sono mai stata prima. Faccio un sospiro continuando a guardarlo, e a ripensare al suo monologo: mia ha dato tutte le spiegazioni che volevo in cinque minuti, e mi ha fatto capire che, qualunque cosa stia succedendo tra di noi, per lui non è una storia come tutte le altre, non è un’avventura da poco, ma qualcosa di decisamente diverso e probabilmente importante. Ma io ho paura. Una paura folle e cieca che le cose possano andare male, di nuovo. Quando non ho la situazione sotto controllo, succede sempre qualcosa di spiacevole, e non voglio che Luke finisca in un baratro per colpa mia. So che non sono una persona facile a cui stare accanto, ma certe esperienze nella vita ti segnano, profondamente, e non voglio coinvolgere nessun altro nel mio passato, che se ne deve stare nascosto lì dove è rimasto per tutti questi anni. Se mi lego davvero a qualcuno, prima o poi finirò con il raccontargli tante cose che ho sempre tenuto nascosto, anche perché mi rendo conto di avere degli atteggiamenti strani su certe cose che non dipendono dalle persone che ho accanto, ma solo dalle mie esperienze passate. E non voglio che nessuno ci ricaschi con me, voglio solo continuare a dimenticare. Luke, in fondo, mi sembra davvero un bravo ragazzo che di base non ha mai trovato una ragazza che lo interessasse davvero, e non voglio che si faccia male con me, perché so quanto sono capace di ferire la gente. Ma so anche che non posso continuare a fuggire dal mio passato e a precludermi qualcosa di potenzialmente bello nel presente solo per questo. Forse, per una volta nella vita, potrei darmi una chance per essere davvero felice. “Denise, hai perso la voce?”. Le parole di Luke mi riscuotono dai miei pensieri turbolenti e, senza attaccare davvero il cervello, apro bocca: “No, non ho perso la voce e no, non siamo solo amici, credo sia chiaro ad entrambi”. Lui sorride e si muove verso di me, scendendo i due scalini e entrando nella fila di banchi in cui mi trovo, muovendosi come un gatto in cerca di un topo. Io indietreggio ancora di più mentre lui continua ad avvicinarsi lentamente, come se sapesse che non ho nessuna via di scampo. Io apro bocca mentre continuo ad andare indietro: “Non siamo solo amici, ma non so cosa siamo. Non posso buttarmi tra le tue braccia così, senza nemmeno rifletterci un attimo. Rischieremo di farci troppo male, se non riflettiamo bene su cosa vogliamo fare”, dico tutto d’un fiato. Lui si ferma, di botto, come se le mie parole lo avessero colpito in pieno volto come uno schiaffo. Il suo sguardo, da malizioso e sexy che era, si fa improvvisamente duro, e mormora a denti stretti: “Che c’è, Denise, ti diverti a farmi impazzire? Ti piace farmi perdere la testa per te? Io non so più cosa fare. Ti ho dato ampia dimostrazione del fatto che mi importa di te, e che ti voglio accanto, non solo come una persona con cui parlare, ma come la mia ragazza. Per una volta nella vita ci voglio provare a cambiare e ad essere un’altra persona, ma tu sembra sempre che ti ritrai ogni volta che provo ad avvicinarmi. Si può sapere che ti ho fatto? Anche stamani, quando mi sono avvicinato a te, ti sei tirata indietro, e avevo deciso che era meglio se io e te restassimo solo amici, perché le cose sarebbero diventate troppo complicate. Ma da quando ti ho visto con lui, io ho perso la testa. Ho deciso che non volevo più stare a perdere tempo e che ti volevo solo per me, e non mi interessava cosa gli altri pensassero di noi, se anche tu eri d’accordo. Ma tu no. Tu devi “riflettere”. Ma riflettere su cosa? Mi sembra evidente che ci piacciamo, e non solo fisicamente, visto che ci siamo conosciuti prima per altri motivi, non sicuramente fisici. Non capisco a cosa tu devi pensare. O ci vuoi stare o non ci vuoi stare con me, è molto semplice. Che c’è, devi decidere se preferisci il bravo ragazzo alla Alex Mitchell, che si fa le sue tresche fuori dalla scuola, così nessuno sa davvero cosa combina e che razza di persona è davvero, oppure se preferisci me, quello che fa tutto alla luce del sole e non nasconde niente, anche se so che quello che faccio non ti piace nemmeno un po’? Avanti, Denise, rispondi, io mi sono esposto per te, voglio sapere quello che vuoi fare! Io non ho paura di ammettere che ti voglio per me e ci voglio provare ad essere il ragazzo di qualcuna, ma tu ce la fai ad essere la ragazza di qualcuno?”, dice urlando. E’ pericolosamente vicino a me, e i suoi occhi mandano lampi infuocati nella mia direzione. Cavolo, devo averlo fatto arrabbiare proprio tanto se la sua reazione è questa, ed è cambiato in maniera così totale in cinque minuti. Io so che ci vorrei provare a stare con lui, ma la paura mi blocca. Ho paura di farlo soffrire troppo con tutte le mie paure e insicurezze derivanti dal passato. Ed ha ragione lui, io non lo so se voglio essere la ragazza di qualcuno. Non mi è mai piaciuta questa sorta di possessione nei confronti di un’altra persona, anche se so che lui non cercherebbe di cambiarmi e di rendermi diversa da quella che sono, visto che gli piaccio e che mi ha scelta per questo. Cavolo, non pensavo davvero di dirlo, ma io piaccio davvero a Luke Edwards e vuole davvero che diventi la sua ragazza. E questa cosa mi eccita e mi spaventa a morte. “Allora?!”, grida ancora più forte avvicinandosi ancora di più a me in maniera pericolosa. Adesso mi sta spaventando, anche se credo che si stia comportando così solo perché lo sto ferendo. Lui si è esposto, forse per la prima volta in vita sua, e io non gli sto dando nessuna reazione. Mi blocco dal mio indietreggiare, tanto è inutile scappare, non risolverò niente. Lui si blocca a due centimetri da me e mi fissa, duro e arrabbiato. Ma non apre bocca, respira solo velocemente e mi guarda in attesa di una risposta. Mi faccio coraggio e lo guardo dritto negli occhi: “Luke, io non posso prometterti niente. Non adesso”. A queste mie parole gli occhi di Luke si spengono, non sono più arrabbiati ma si riempiono di una grande delusione. Il mio cuore si stringe nel vederlo così e mentre si volta per andarsene, lo prendo per una mano e lo fermo, sussurrando: “Aspetta”. Lui si volta, con uno sguardo da cane bastonato che mi farebbe venire voglia solo di abbracciarlo, e mormora triste: “Cosa dovrei aspettare, ancora? In due parole mi hai già risposto”, dice, voltando di nuovo la testa e cercando di liberare la sua mano dalla mia. Ma questa volta sono io a non mollare la presa e a non lasciarlo andare via. Non posso permetterglielo. “Non ho finito. Ho detto che non posso prometterti niente, non che non ci voglio provare. Per me sarà difficile fidarmi ancora di qualcuno, tu non mi conosci, ma non sono una persona facile a cui stare accanto. Ho avuto esperienze che mi hanno ferito nel profondo, e che mi rendono difficile fidarmi di qualunque persona, soprattutto del genere maschile. Ma tu sei entrato come un tornado nella mia vita e, per una volta, ho fatto diverse cose senza rifletterci troppo su. E mi hanno fatto stare bene, una cosa che non mi succedeva da tempo. Ma capisco che provare ad avere una relazione con me non sia facile, ho un carattere difficile, e se ti vuoi rimangiare quello che hai appena detto, ti capisco. Ma io non voglio farti soffrire, e so che sono capacissima di farlo. E se tu non vuoi buttarti in qualcosa di troppo complicato lo capisco, ma non andiamo a incasinarci proprio ora e lasciamo le cose come stanno. Io sono disposta a provarci, perché solo quando sto con te mi sento davvero viva, ma tu sei disposto a provare a stare davvero seriamente con una come me? In questo momento ti garantisco che di Alex Mitchell non me ne frega niente, mi interessa di te, adesso. Adesso che ti sei fatto avanti. Lui mi piaceva, ci sono uscita, è stato bello. Ma lui non mi fa sentire viva e vibrare fino nell’anima come riesci a fare tu. Più sincera di così non posso essere, e ti garantisco che sai più cose ora tu di me, di quante ne sappiano le altre persone che mi conoscono da più tempo. Ma se vuoi lasciare le cose come erano stamani, ti capisco, farò finto che i nostri baci non siano mai accaduti, anche se li terrò come un bellissimo ricordo per me”, dico tutto d’un fiato. Appena ho finito di parlare, lascio la mano di Luke: non voglio trattenerlo se lui non vuole. Trattengo il fiato nell’attesa di una sua reazione: sono cosciente che se mi dicesse di no sarei triste, ma alla fine me ne farei una ragione e resterei comunque in buoni rapporti con lui, perché mi ci trovo bene, e se mi dicesse di sì sarei felicissima, ma spaventatissima per tutto quello che questo comporta. Luke si volta lentamente, e mi guarda: per la prima volta in questi gironi non riesco a decifrare il suo sguardo, di solito così facilmente leggibile. Sta per aprire bocca, mentre io ho smesso di respirare, in attesa che pronunci qualcosa, quando la porta dell’aula si apre di scatto e entrambi sobbalziamo: io faccio in tempo a rimpiattarmi sotto la fila di banchi, mentre Luke si siede con naturalezza su una sedia, come se fosse stato lì da sempre. Sento la voce di una ragazza ridere nervosamente: “Oh, ehm..ciao Luke, anche tu a questa lezione?”. Chi cavolo è questa ochetta che lo saluta allegramente? Sbuffo sonoramente da sotto la mia postazione, mentre sento Luke ridacchiare e poi dire: “Ciao Dana. No, sono rimasto qui dopo la lezione precedente per finire una cosa, ma me ne stavo per andare”, dice con naturalezza, alzandosi dalla sedia. Oh, bene, benissimo. Un’ochetta con un nome insulso come Dana, mi ha lasciato in sospeso su una cosa di fondamentale importanza con Luke, e ora rischia anche di rovinarmi la reputazione se mi trova qui. Fantastico. Luke scende le scale e saluta la ragazza, mormorando un “Ci si vede” ad alta voce, quasi come se fosse indirizzato a me, mentre lei e qualche altra sua amichetta ridacchiano come delle sceme. Le sento salire le scale e vado nel panico: speriamo non vengano a sedersi proprio in questa fila, se no sono fregata. Accidenti a Luke che mi ha lasciata da sola in questa situazione del cavolo e senza nemmeno avere una risposta. E ora, quando avremo di nuovo modo di parlare? Non sopporto le situazioni che rimangono sospese a metà.

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Capitolo 18
*** lo scontro ***


“Oh, guarda, quello è il posto che occupava Luke”, sento dire una delle due ochette. Alzo gli occhi al cielo, sperando che non stiano venendo seriamente qui solo perché Luke era seduto su una determinata sedia. “Io mi ci siedo, magari ha ancora un po’ del suo odore, e mi sembra di stare vicina a lui”, dice quella che deve essere Dana. Io faccio finta di vomitare a quelle parole: diavolo, ma come si fa ad essere così sceme? Ma davvero ci sono ragazze che dicono queste cose? Pensavo che fossero cose che si sentissero solo nei film, ma ovviamente mi sbagliavo. L’altra amichetta ridacchia, poi dice: “Ehi, ma poi ci voglio stare un po’ anche io. Non ho avuto il piacere di conoscerlo così intimamente come te, ma intanto magari mi posso abituare al suo odore”, e riprendono a salire gli ultimi scalini. No, non è possibile, questa che parla sembra ancora più scema dell’altra, cosa che non credevo possibile. Si vuol abituare al suo odore? Ma che vuol dire? E poi, quale odore? Al massimo quella sedia puzzerà di sudore e di un mix di persone che ci sono state sopra, non certo di Luke. Ma poi, che te ne fai di annusare l’odore di un ragazzo che non conosci nemmeno? Scuoto la testa, mentre i loro passi si fanno sempre più vicini. Smetto di pensare a tutte le frasi sceme che hanno detto negli ultimi cinque minuti, e comincio ad arrovellarmi il cervello per non farmi beccare: dopo che con Luke non abbiamo nemmeno chiarito, e dopo che tutti sanno che ci siamo battibeccati a lezione e che siamo in punizione insieme, ma che non ci sopportiamo, come faccio a dare una spiegazione logica del fatto che mi trovassi in un’aula deserta da sola con lui? No, non posso farmi beccare. Pian piano, sempre accucciata, mi sposto lungo la fila delle sedie, fino ad arrivare in fondo. Sento le ragazze che ridacchiano sempre più vicino e capisco che non ho più molto tempo soprattutto perché ora, insieme a loro, inizieranno ad arrivare anche altre persone. Riesco a girare l’angolo della fila delle sedie e salire sugli scalini della fila successiva, sempre accucciata, appena in tempo, mentre le ragazze entrano nella fila dove fino ad un attimo fa ero rimpiattata anche io. Tiro un sospiro di sollievo, mentre sento Dana dire: “Senti, senti, questo è il suo odore, lo riconoscerei tra mille. Mi fa impazzire”, mentre l’altra risponde: “Cavolo, hai ragione, è sesso puro”, al che il mio cervello parte in quarta e le orecchie mi fumano. Sto per scattare in piedi e dirgliene quattro, quando mi rendo conto che devo principalmente pensare a me e a fare in modo che nessuno sparli di quello che è successo, invece di pensare alle chiacchiere sceme di due ragazze troppo giovani e che capsicono molto poco. Mi rendo conto, comunque, che adesso queste reazioni e commenti su Luke mi fanno saltare i nervi, cosa che prima non mi era mai successa. Prima non mi interessava nemmeno da lontano quante ragazze si fosse fatto Luke e quante ancora volessero andare con lui. Ma ora mi rendo conto che questa situazione mi dà fastidio, molto molto fastidio. Sospiro piano, cercando di scacciare questi pensieri di gelosia e di tornare a concentrarmi su quello che devo fare, anche se non è propriamente facile, visto che ho sempre amato la mia libertà e non ho mai voluto che qualcuno limitasse i miei spazi, come io non mi sono mai permessa di limitare quegli degli altri. Scuoto forte la testa per smettere di pensarci e concentrarmi sulla cosa più importante adesso: uscire di qui senza destare sospetti a nessuno. Sento di nuovo la porta dell’aula, in basso, che si apre, e un chiacchiericcio indistinto riempie l’aula, e faccio un mezzo sorriso: almeno così evito di sentire i discorsi inutili e che mi facevano venire voglia di prendere a sberle Dana e la sua amica. In un attimo mi viene un lampo di genio: se riesco a salire le ultime due file di scale e a raggiungere la porta superiore, posso approfittare del via vai della gente ed uscire da lì, senza che nessuno mi noti. Sento che chiacchiericcio aumenta, come i passi che salgono le scale e le sedie che cominciano a cigolare perché qualcuno sta prendendo posto, e decido che quello è il momento ideale: faccio, sempre accucciata le scale delle ultime due file di banchi e, sempre abbassata, arrivo alla fine dell’ultima porta. Sospiro di sollievo appena vedo l’uscita: forse ce la faccio ad uscire senza troppi danni, visto che ancora nessuno è arrivato fino a quassù. Aspetto un attimo in quella posizione che mi sta uccidendo le ginocchia poi, non sento più alcun rumore vicino, ma solo nelle file inferiori, mi faccio coraggio, scatto in piedi e in due secondi sono alla porta, la apro ed esco, sperando che nessuno abbia notato la mia fuga. Appena esco nel corridoio, tiro un sospiro di sollievo, ma non mi fermo: non voglio che mi trovino nemmeno lontanamente vicino all’aula dove era Luke da solo, perciò aumento il passo e mi allontano il più velocemente possibile. Appena sono convinta di aver messo abbastanza distanza tra me e l’aula, riprendo a camminare normalmente ed anche a respirare normalmente, lasciando che i pensieri vaghino dio nuovo nella mia testa, senza riuscire a dargli una sequenza logica o una spiegazione. Ripenso ai nostri baci, alle nostre reazioni, al suo discorso così bello e al mio così incerto, ma ancora non riesco a capire se lui si sia offeso e non voglia avere più niente a che fare con me, oppure se vuole provare con me a superare gli ostacoli che mi legano al passato. Anche se, ripensandoci a mente fredda, sono stata una sciocca a dare fiato a tutti i pensieri che mi giravano in testa senza pensarci prima. Ma avevo paura di averlo perso, anche se ora vorrei non essermi esposta così troppo. Cavolo, ma una volta nella vita, riuscirò mai ad essere soddisfatta di me stessa senza dovermi fare un esame continuo su tutte le mie azione, e pensare continuamente che ho sbagliato e che n on ne faccio mai una giusta? Forse dovrei semtterla, ogni tanto, di essere sempre così dura e critica con me stessa. Ma devo anche ringraziare il mio essere così per essere riuscita ad uscire da tutto lo schifo che regnava nel mio passato. Sospiro, scuotendo leggermente la testa: non mi va di pensare alle cose brutte adesso. Adesso è il momento di concedersi uno “zuccherino”, una clemenza che non mi concedo mai, e di pensare solo alle cose belle che mi sono successe, visto che di solito non mi accade mai niente di bello o di interessante. Sorrido, mentre sento la tensione sciogliersi un po’ e la mia pancia brontolare: cavolo, dovevo essere già andata a pranzo a quest’ ora. Guardo l’orologio e vedo che sono le una e un quarto, quindi accelero il passo e mi avvio verso la mensa: ho bisogno di energie per finire questa giornata e cercare di parlare di nuovo con Luke. Entro in mensa che ovviamente è piena di studenti: cavolo, cerco sempre di evitare quest’ora perché non mi piace mangiare in un angolo del tavolo circondata da persone che non conosco nemmeno, preferisco avere un po’ più di spazio e magari leggermi un libro mentre mangio, mentre ora mi tocca starmene in fila ad aspettare il mio turno, mentre con gli occhi cerco di vedere se c’è un tavolo che abbia un po’ più di posto libero, ma la mia ricerca sembra vana. Sbuffo mentre la fila scorre lentamente, e lascio la mia mente di nuovo vagare: perché Luke non mi ha aspettato fuori dall’aula? Perché non ha cercato di sviare le due ragazze fuori da lì, dando anche a me la possibilità di uscire? E perché non mi ha aspettato da qualche parte in modo da poter chiarire e parlare? Devo dedurre che del mio discorso non gli è importato nulla, e quindi ha deciso che è meglio restare così? Oddio, se le cose stessero davvero così, io mi sono esposta per niente. Comincio a battere nervosamente un piede a terra, mentre il ragazzo in fila davanti a me, si volta e dice: “Scusa, hai fretta? Tanto è inutile che ti agiti, qui siamo tutti sulla stessa barca”, e mi fa un mezzo sorriso. Io lo fulmino con lo sguardo: non ho certo intenzione di mettermi a parlare con uno che non conosco nemmeno: ho fin troppi casini con le nuove conoscenze, in questo momento. Ma per evitare discussioni, faccio un mezzo sorriso e smetto di battere il piede, sperando che non dica più niente. Lui sorride compiaciuto, ma purtroppo apre di nuovo la bocca: “Ecco, vedi? Se non sei agitata sei anche più carina. Io sono Mark, piacere”, dice, porgendomi una mano un po’ unta. Io la guardo, un po’ schifata, ma non gliela stringo, limitandomi a dirgli a denti stretti: “Denise”. Lui mi guarda male per non avergli stretto la mano e se la mette rapidamente in tasca, mentre la fila sembra scorrere più lenta di prima. Ma perché non me ne sono andata alla pizzeria del campus o dal paninaro, almeno avrei evitato l’incontro anche con questo tizio abbastanza sporco? Non mi piace neanche un po’, ha l’aria strana, non è nemmeno molto carino, sembra che indossi i vestiti di suo padre, tanto sono larghi, e sembra non si faccia la doccia da settimane. E poi, ha proprio un’aria che non mi convince, che mi spaventa quasi. Ma decido di non farmi vedere impaurita e continuo a tenere lo sguardo alto e ben dritto davanti a me: non ho bisogno anche di questo per incrementare la mia lista infinita di problemi. “Mmmhh, Denise, ma che bel nome”, dice guardandomi con l’occhio famelico e avvicinandosi a me. Io indietreggio un po’, ma purtroppo ho poco spazio di manovra e inevitabilmente finisco per trovarmelo a due centimetri dal mio viso. Cavolo, già ho bisogno del mio spazio vitale di normale, e poi non sopporto particolarmente le persone che mi si appiccicano addosso e che nemmeno conosco. E poi questo Mark puzza davvero tanto, talmente tanto che devo trattenere il fiato, tanto è vicino. “Perché non vieni a sederti al tavolo con me e i miei amici? Ci potremmo divertire tanto insieme, sai?”, dice, alzando la sua mano unta e avvicinandosi al mio viso. Io deglutisco forte mentre vedo la sua mano avvicinarsi a me: non voglio fare una scenata, ma credo che gliela stroncherò, se solo si azzarda a toccarmi. Ma gli idioti li devo proprio trovare tutti io? Mentre sto per alzare la mano per fermare la sua, vedo un’altra mano maschile spuntare nel mio campo visivo, e il braccio di Mark che si torce innaturalmente dietro la sua schiena. “Ahia, ahia, mi fai male, ma chi cazzo ti credi di essere?”, sbiascica Mark quasi piagnucolando. Io alzo gli occhi verso il possessore del braccio, e tiro un sospiro di sollievo: non è chi volevo e speravo di vedere, ma almeno è qualcuno di cui mi posso fidare. Alex mi lancia uno sguardo che non riesco bene a decifrare, poi guarda di nuovo Mark, continuando a piegargli il braccio e gli dice in cagnesco: “Se ti vedo anche solo lontanamente avvicinarti di nuovo a lei, ti garantisco che non è solo il braccio l’unica cosa di cui sentirai la mancanza. Non devi nemmeno guardarla più, torna nel tuo universo con le persone come te, e lascia stare le persone normali come lei”. Mark ridacchia nonostante Alex gli stia torcendo sempre di più il braccio, e temo che glielo voglia spezzare davvero. Poi dice: “E va bene, Mitchell, te la lascio, anche se non stavo facendo niente di male. Ci stavamo solo conoscendo, no?”, e mi fa un occhiolino. Io lo guardo disgustata, Alex guarda prima me poi lui, e poi, piegandogli ancora di più il braccio e avvicinandosi a lui, con tono duro gli dice: “Cosa non hai ben capito della frase “non guardarla più?”. Per te e i tuoi amichetti lei è offlimits, ci siamo capiti? Cerca qualcuna che ha i tuoi stessi gusti”. Mark fa una smorfia di dolore, mentre io mi guardo intorno, impaurita: non mi ero accorta che dall’ingresso di Alex in questa scenetta quasi tutta la mensa si fosse fermata a guardarci. Mamma che vergogna: più che cerco di stare in disparte e più che mi ritrovo al centro dell’attenzione. “Ok, ok, è tutta tua. Tanto quando avrai finito con lei, qualcosa toccherà anche a noi, come sempre”,dice ridacchiando. Io lo guardo con gli occhi spalancati: che cosa intendeva dire con quella frase? Ma prima che possa chiedere qualunque cosa, Alex ha mollato il braccio di Mark e gli ha assestato un pugno dritto in faccia, facendolo cadere a terra e con la faccia sanguinante. Io mi copro il volto con le mani e urlo, mentre i ragazzi che erano con Mark, lo circondano e poi guardano Alex in cagnesco, dicendo: “Diavolo, Mitchell, ma che ti è preso? Non ci siamo mai dato fastidio con te, e ora vieni a picchiare uno di noi? Ma che ti è preso? Guarda come lo hai ridotto!”. Ma nessuno sembra cercare di andare verso Alex per difendere il proprio amico. Alex si massaggia la mano indolenzita, continuando a fulminare con lo sguardo gli amici di Mark, mentre lui continua a gemere per terra. Io continuo a guardare prima Mark, poi Alex con gli occhi sbarrati, mentre mi rendo conto che si è formato un cerchio attorno a noi, e che ora tutti quelli presenti in mensa sono intenti a guardare la scena. “Così imparare a dire le cose senza senso, questo verme. Vi ho tirato fuori dai guai molto spesso, vi ho aiutato con tutto, e questo è il vostro modo di ringraziarmi? Dovete imparare a stare al vostro posto”, dice, tirando un calcio nel fianco di Mark. Il ragazzo geme più forte, con le mani che continuano a coprirgli la faccia, mentre resta ancora disteso per terra. Uno degli altri ragazzi, quello un po’ più robusto, si avvicina ad Alex e gli dice in tono minaccioso: “Adesso basta, hai spiegato il tuo punto di vista, abbiamo capito. Nessuno la toccherà, ma ora smettila, se no la tregua non esisterà per nessuno”. Alex continua a respirare velocemente, guardando con i suoi occhi scuri senza alcun sentimento, prima il ragazzo che gli ha parlato, poi Mark. Poi chiude per un attimo gli occhi e, come gli riapre dice: “Bene, basta che abbiate capito. Lo sapete che le cose possono andare molto peggio di così”, e fa un mezzo sorriso. Io sono rimasta impietrita a guardare la scena: Alex, in questo momento, sembra una persona senza anima, uno di cui non gli importa niente né degli altri né di quello che fa anzi, sembra provare piacere nel far valere la sua predominanza fisica. E questa cosa mi spaventa a morte. La sua forza e la sua totale mancanza di sentimenti, in questo caso, mi fanno venire la pelle d’oca. Forse era questo che non mi convinceva tanto in lui, ma che non mi aveva mai mostrato. E poi, tutti i discorsi che hanno fatto tra di loro sono alquanto strani. E tutta questa violenza per niente, senza nessuna giustificazione e senza nessun senso di colpa, mi riporta troppo indietro nel passato, in un passato in cui avevo giurato di non ricadere. Presa dal panico e da una caterva di emozioni che rischiano di inghiottirmi e riportarmi indietro, comincio a indietreggiare lentamente, sperando che Alex non si volti proprio adesso, visto che fino ad ora non mi è sembrato molto che gli importasse di me, ma gli interessava solo dare una lezione a Mark. Faccio due passi indietro e mi ritrovo un muro di ragazzi che si stanno gustando la scena, provo a spostarmi verso sinistra, ma si ripete la stessa cosa, lancio un’occhiata a destra ma la situazione non cambia: sono circondata e non posso andarmene senza che Alex non se ne accorga. Vedo che lui si volta e mi cerca con lo sguardo e, appena i nostri occhi si incrociano, quello che vedo dentro ai suoi mi spaventa da morire: felicità e fierezza per quello che ha fatto. I suoi occhi sono di un nero torbido, quasi maligno, ma la sua espressione dice che lui è pienamente soddisfatto di quello che ha fatto. E io non posso permettermi di stare vicino ad una persona così, non adesso che sono così sotto shock: rischierei di dire o fare delle cose che magari non penso nemmeno. “Denise?!”, sento che mi chiama con voce dolce. Ma io ora proprio non ce la faccio ad affrontarlo e chiedergli spiegazioni: non dopo questa mattinata che ha messo in crisi tutte le mie certezze e i miei muri che sono crollati tutti insieme come castelli di carta. Non ce la faccio nemmeno a guardarlo in faccia: punto lo sguardo verso il basso e, in un attimo mi volto e comincio a spintonare la gente per farmi passare. Riesco ad aprirmi un varco e inizio a correre, senza nemmeno sapere dove vado, spintonando tutti quelli che si frappongono tra di me e la mia via di fuga. Sento Alex che grida: “Denise, fermati, ti voglio spiegare”, ma non ho nessuna intenzione di fermarmi né di accertarmi a che distanza si trovi da me. Continuo a correre a perdifiato per tutto il campus, sperando di aver messo una discreta distanza tra me e lui, anche se penso di sì visto che non lo sento più urlare dietro di me. Per sicurezza, corro ancora in mezzo al giardino, continuando a guardare in basso, senza curarmi delle persone che incrocio e che mi guardano stranite, cercando di trovare un posto tranquillo in cui potermi calmare e tornare padrona di me stessa. Ma ad un tratto, sento un braccio tirare il mio, io cerco di divincolarmi, ma il braccio dell’altra persona continua a tenermi bloccata, e io non riesco più a correre: il mio cuore comincia a battere all’impazzata, perché so che si tratta di Alex e che ora non posso più nascondermi od evitarlo, e devo essere pronta a qualsiasi tipo di reazione da parte sua, anche a quella più brutta che ha avuto nei confronti dell’altro ragazzo. Ma io ci sono già passata e non ho intenzione di ripetere gi stessi errori, quindi prendo un profondo respiro e mi decido ad alzare gli occhi.

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Capitolo 19
*** la sfuriata ***


Rimango senza fiato e con la bocca spalancata quando i miei occhi incontrano quelli della persona che mi ha fermato: i due profondi occhi azzurri di Luke mi guardano straniti e preoccupati. Io rimango senza parole nel vederlo così nei miei confronti, soprattutto perché non mi aspettavo che fosse stato lui a fermarmi, ma che Alex mi avesse raggiunto e che volesse tentare di spiegarmi il suo comportamento, anche se, per me, un comportamento del genere non ha nessun tipo di spiegazione. Ma vedere il viso di Luke mi fa calmare un po’, e riesco a tornare un po’ più padrona di me stessa e a tremare un pochino meno. “Denise, cosa è successo? Perché correvi in quel modo per il campus? E, soprattutto, perché sei così sconvolta?”, mi chiede preoccupato, non accennando a lasciarmi il braccio. Io lo guardo e poi guardo la sua mano che ancora mi tiene ferma, e vedo che lui la ritrae, come se il solo fatto che l’ho osservato lo avesse scottato. Provo ad aprire bocca, ma non mi esce alcun suono: continuo a rivedere la scena di Alex che picchia quel poveraccio, e che ancora infierisce mentre è a terra, senza nessun briciolo di compassione, e questa storia mi dà il voltastomaco. Mi volto, per cercare di soffocare la nausea che mi è salita e, soprattutto, per non vedere più quello sguardo preoccupato in Luke: in questo momento, non posso permettermi di pensare anche a lui e alla sua probabile reazione di quando gli parlerò di quello che è successo. So che se mi vedesse così devastata farebbe una scenata ancora peggiore di Alex, e io non voglio ritrovarmi di nuovo in mezzo a quella situazione, perciò devo cercare di calmarmi prima di dire o fare qualunque cosa. “Denise, voltati, mi stai facendo preoccupare. Cosa è successo? Quelle ragazze in aula ti hanno detto qualcosa? Guarda che se stai così per loro le sistemo io, vedrai che non ti daranno più fastidio. Non ho paura di mostrarmi con te, dopo quello che mi hai detto. E’ vero, me ne sono andato senza risponderti, ma era l’unico momento in cui io potevo tenerti sulle spine, visto che lo fai sempre tu, ma volevo farti una sorpresa e venire a cercarti per pranzo per poter parlare con te. Quindi, se sei ridotta così per qualcosa che hanno detto o fatto, o se qualcuno ha fatto allusioni perché ti ha visto in quell’aula vuota dopo che io me n’ero andato, non ti preoccupare, sistemo io e la tua reputazione non ne risentirà. Ma ti prego, non restare in silenzio e dimmi cos’hai”, dice sempre più preoccupato. Mentre Luke parla la nausea scema un po’, e mi ritrovo anche a sorridere per quello che dice, perché è davvero molto dolce nei miei confronti e veramente preoccupato per me. Ma quell’aula e la nostra situazione sembra una cosa di così poca importanza e così lontana adesso, dopo quello che è successo. Faccio dei respiri profondi, per cercare di far tornare a ragionare il mio cervello, senza che si faccia prendere troppo dalle emozioni: devo cercare una soluzione per dire a Luke cosa è successo, ma in maniera più morbida e in modo che non noti che è quello che mi ha sconvolto tanto, se no andrebbe da Alex e scoppierebbe un’altra rissa, ma stavolta per colpa mia, e non voglio assolutamente che nessuno si picchi per me e che qualcuno si faccia male. Dopo qualche respiro profondo, il mio battito è tornato normale, e mi volto piano, mostrando un sorriso forzato e una tranquillità che proprio non ho, ma non posso permettermi di mostrarmi troppo debole. “Accidenti, ma sei proprio tanto sconvolta. Veramente, dimmi chi ha detto cosa e ci penso io a sistemare le cose. Ma possibile che le persone non sappiano mai farsi i fatti propri? Guarda per qualche parola sicuramente di troppo che qualcuno ha detto, in che stato sei. Denise, mi sto preoccupando seriamente, mi vuoi dire che è successo?”, dice alzando un po’ la voce. Io spalanco gli occhi, preoccupata, al suo tono alterato, mentre la poca sicurezza che ero riuscita a mettere insieme si sta pian piano sgretolando. Inizio a lanciare sguardi preoccupati in giro, per accertarmi che non ci abbiano visto né sentito, e tiro un sospiro di sollievo quando mi accorgo che non c’è nessuno in giro in quella parte del campus, anche se sono sempre preoccupata del fatto che Alex possa arrivare a momenti. “Adesso cominci anche a guardarti in giro preoccupata?”, chiede allarmato. Poi il suo tono cambia, e i suoi occhi si spalancano, come se avesse fatto improvvisamente due più due e ora le cose fossero chiare. Sorride amaramente, e poi dice, serio: “Che c’è, ora hai paura che ti vedano con me? Ah, certo, è questo il problema: la secchioncella non può farsi vedere in giro con lo sciupa femmine, eh? Le rovinerebbe la reputazione. Ma sono stato io l’unico coglione a farsi avanti, che stupido sono stato a pensare di avere anche una sola possibilità con te, a pensare che qualcuno mi volesse anche per come ero dentro, invece solo che per il mio aspetto esteriore! E io che mi stavo preoccupando per te, mentre tu stai solo cercando un modo per tirarti fuori da questa situazione, non è così?”, dice, urlando ancora. Io rimango paralizzata dalla sua sfuriata: ha gli occhi fuori dalle orbite, è incavolato nero, ma l’assurdo di tutta questa cosa è che lui ha fatto tutto da solo e non mi ha dato nemmeno il tempo di spiegare. Non riuscendo ad aprire bocca dopo la sua sfuriata, lo prendo per una mano e cerco di tirarlo dietro l’albero che abbiamo di fronte, in modo da non attirare troppo l’attenzione. Ma ovviamente lui non è me: se non vuole venire, è impossibile trascinarlo, e infatti mi molla subito la mano e si pianta per terra, senza alcuna intenzione di muoversi, guardandomi con aria di sfida. “Eh, no, signorina, non te la caverai così. Non mi farò trascinare di nascosto da qualche parte per sentire delle scuse senza senso sul fatto che non puoi frequentarmi. Se devi dire qualcosa, dillo qui, alla luce del sole, in modo che se passa qualcuno lo senta, così che sia la tua che la mia reputazione saranno salve. Perché è solo questo che conta per te, vero? Perché qualunque cosa sia successa dopo che io sono andato via, ti ha fatto ripensare così tanto a quello che mi avevi detto, che cercavi solo un luogo in cui pensare per cercare di rimangiarti tutto, non è così? Ma non preoccuparti, Denise, visto che non sei stata capace di aprire bocca, te lo tolgo io il pensiero: qualunque cosa stesse iniziando tra di noi è appena finita. Farò la punizione con te perché devo, ma questo sarà tutto. Non voglio avere nessun tipo di amicizia né altro con te. Sei stata una delle poche persone con cui stavo cercando di aprirmi davvero, ma a quanto pare non interessava niente nemmeno a te del mio vero io, o non ti è piaciuto nemmeno un po’ quello che hai visto. Perciò, non sprecare tempo a cercare delle scuse: le cose finiscono qui”, dice duro e incattivito, voltandomi le spalle e incamminandosi a grande falcate verso il centro del campus. Io rimango impietrita alle sue parole, non so cosa dire, non riesco a credere che nel giro di due minuti la situazione si sia ribaltata e, da un Luke preoccupato, mi sono ritrovata un Luke arrabbiato che mi ha lasciato da sola, senza darmi il tempo di spiegare. Ha fatto tutto da solo, solo perché io ero troppo sotto shock per dire qualunque cosa, e non so come lui ha preso questo mio comportamento come un rifiuto da parte mia. Ma non posso permettere che una cosa che mi ha bloccato dal passato, mi rovini una delle poche cose belle che mi sono successe da quando sono qui, perciò, con tutto il fiato che ho in gola e iniziando a correre, urlo: “Luke, fermati, almeno fammi parlare”. Adesso non mi importa se qualcuno ci guarda, devo risolvere questa cosa, e in fretta, prima che succeda qualcos’altro. Lui si blocca per un attimo, e io tiro un sospiro di sollievo: almeno si è deciso ad ascoltarmi. Ma poi lo vedo scuotere la testa e ripartire a velocità sempre maggiore, e capisco che non mi sta dando nessuna chance: non vuole avere nessuna spiegazione da me, vuole restare convinto della sua idea, anche se io non ho detto niente, né in un senso, né nell’altro. Continuo a correre verso di lui, anche se è più veloce di me, senza sapere di preciso cosa dirgli per evitare che succeda un casino con Alex, ma voglio solo che torniamo ad essere quelli che eravamo oggi pomeriggio, quelli che finalmente erano riusciti a sbloccarsi e a fare un tentativo. E invece ora, per colpa di Alex, e del mio passato che non mi lascia in pace, sembra che abbia perso un’altra occasione per essere felice. “Luke, ti prego, almeno fammi spiegare”, dico, urlando disperata e fermandomi, non avendo più fiato in gola e iniziando a vedere troppa gente girare per il giardino. Non voglio che la mia richiesta di chiarimento si trasformi in un telefilm per tutti, voglio parlare con lui, stando attenta a come raccontargli quello che Alex ha fatto, anche se è una cosa che domani sarà su tutti i giornalini studenteschi, e forse è meglio che lo sappia da me che da un giornale. Lui si blocca, poi fa due passi in avanti e io perdo la speranza: forse era proprio così che doveva andare, forse noi non dovevamo nemmeno provare a stare insieme, e forse è meglio che lui abbia pensato quelle cose di me, piuttosto che andarsi ad invischiare in un casino con Alex che, oltre che la sospensione, probabilmente gli sarebbe costato più di un osso rotto. Sospiro scuotendo la testa, e mi volto per tornare a cercare un luogo isolato in cui potermi finalmente lasciare andare, perché sento di non farcela più a gestire tutte queste emozioni insieme. Ho bisogno di sfogarmi e poi di riprendere il controllo di me stessa e della mia vita, considerando quello che c’è stato stamani una bella parentesi da ricordare. Mi devo mettere il cuore in pace: con tutto quello che mi è successo in passato, non potrò mai essere davvero felice, rischierò sempre di fare i casini come oggi, solo perché non sono capace di scindere i brutti ricordi e le brutte sensazioni del passato da quello che sta accadendo nel presente. Faccio due passi lentamente a testa bassa e mi ritrovo davanti un muro di muscoli. Alzo gli occhi da terra e vedo Luke che mi guarda torvo: “Avanti, parla, visto che sembra che finalmente hai ritrovato la voce. Dimmi se le cose stanno davvero come ho detto io oppure no, che così la facciamo finita con questa storia”, mi dice duro. Io lo guardo, sorpresa: non avrei mai pensato che sarebbe tornato indietro per parlare con me, credevo davvero che avesse deciso che era tutto finito. Un sorriso mi si allarga in automatico sulle labbra: non credevo di poter avere davvero un’altra chance. Lui mi guarda, stranito, e inizia a sbuffare: cavolo, devo avere proprio una faccia ridicola e devo averlo fatto arrabbiare davvero tanto, se bastano due secondi senza la mia risposta a farlo sbuffare. Ma non posso perdermi l’occasione che mi ha concesso e, anche se non so bene cosa dire, inizio a parlare a raffica: “Beh, innanzitutto mi sembrava di averti chiarito, in aula, che io non sono una persona facile con cui stare, ma che con te ci avrei provato, e non mi sono rimangiata tutto nel giro di un’ora. Penso e provo ancora le stesse cose che ho detto in aula, solo che ci voglio andare piano, questo sì. Non voglio che tutti parlino di noi, di quello che facciamo, se stiamo o non stiamo insieme, cosa tu hai trovato in me o io in te, o cose del genere. Non voglio pettegolezzi su una cosa che ancora deve crescere e che nessuno di noi sa dove ci porterà, per questo voglio andarci piano e fare le cose con calma. So che tu sei una persona popolare e che chiunque parla di te, di quello che fai, di quelle con cui sei stato o di quelle con cui vuoi andare, ma io sono abituata all’anonimato e tutta questa notorietà mi infastidisce, soprattutto perché le persone pensano di sentirsi in diritto di giudicare tutto quello che dico o faccio, solo perché frequento te, come se stessimo in un film. Per questo avevo detto di andarci piano e intanto di iniziare a conoscerci noi, poi se stiamo bene insieme, è chiaro che anche gli altri lo sapranno, ma prima voglio essere certa che tu sia una persona di cui posso fidarmi, e voglio che tu ti fidi di me. E quando ti ho detto che, nonostante tutte queste mie paure, io ci voglio provare, è la pura e semplice verità, perché non ho mai trovato nessuno che mi facesse stare bene come te, che mi spingesse a migliorarmi sempre, che sia sempre così preoccupato per me, che tenga in considerazione tutto quello che penso e dico. Credo che, se ci diamo del tempo per conoscerci davvero, niente di quello che gli altri avranno da dire scalfirà quello che noi ci siamo costruiti, ma adesso che siamo appena agli inizi, siamo troppo fragili. Pensavo che su questo fossimo d’accordo, no?”, gli dico tutto d’un fiato, guardandolo speranzosa. Gli occhi di Luke, da blu scuri, quasi neri che erano prima, si sono attenuati e sono diventati di nuovo di quel bel turchese che ti ci fa perdere dentro, mentre gli parlo. Già vedere questo cambiamento nei suo occhi, mi fa tirare internamente un sospiro di sollievo: forse ho ancora una possibilità con lui. Lui mi guarda intensamente, mentre io lo guardo con gli occhi sgranati da cucciolo, in attesa del suo verdetto. E, dopo qualche istante in questa scena quasi da cartone animato, lui fa una smorfia e sorride. Un sorriso di quelli caldi, luminosi, veri, che ti contagiano e ti fanno venir voglia di sorridere a tua volta. “Certo che tu sei proprio brava a parole, eh? Diciamo che anche la faccia da cucciolo disperato ti ha aiutato, ma mi avevi già convinto al “non mi sono rimangiata tutto nel giro di un’ora””. Io sgrano gli occhi, un po’ infastidita: ma come, mi ha lasciato parlare per dieci minuti, quando lui era già convinto dopo mezzo secondo? Lui ride, poi dice: “Vedi, è anche per questo che mi piace stare con te: la tua faccia e le tue espressioni sono sempre così vere, chiare, che sei incapace di nascondere qualunque tipo di emozione. E quando ho deciso di ascoltarti e ho visto la tua faccia, avevo già capito che eri dispiaciuta e che non avevi mai pensato quello che avevo detto io, ma volevo avere la conferma da te che ci volevi provare davvero”. Io lo guardo, scocciata, e sbuffo: ma come, mi ha fatto fare un discorso lungo un chilometro, e poi lui aveva già deciso che avevo una seconda chance quando mi ha guardata in faccia? Ma che tipo che è! Luke ride, divertito, e vederlo così contento mi fa passare il fastidio di aver parlato così tanto e articolatamente per niente. Mi unisco alla sua risata cristallina, quasi liberatoria, poi lui, ad un tratto, mi prende per un braccio, e mi avvolge nel suo petto, abbracciandomi e poggiando il suo viso sulla mia testa, inalando il profumo dei mie capelli e sussurrando: “Denise, hai un profumo così buono e rilassante. Come ho fatto a pensare, anche solo per un attimo, di non frequentarti più, senza nemmeno conoscerti davvero? Sei l’unica ragazza che riesci a farmi alterare e calmare subito dopo con la sua vicinanza”. Lui mi abbraccia ancora più forte, e io mi lascio per un attimo andare alle sue parole e ai suoi gesti così teneri: per la prima volta nella mia vita, tra le braccia di Luke, mi sento finalmente al sicuro, protetta, “a casa”, e adesso non mi importa se qualcuno ci vede, voglio solo godermi questo momento di tranquillità e pace, uno dei pochi che ho avuto in vita mia. Dopo qualche istante così abbracciati, e soprattutto dopo aver ritrovato un po’ di tranquillità dopo tutto il casino successo da dieci minuti, provo a sciogliermi dall’abbraccio di Luke, che continua a tenermi stretta, mugolando: “Aspetta ancora un attimo, è sempre così difficile avvicinarti e tenerti vicino, fammi assaporare il momento”. Io sospiro e sorrido, lasciandomi cullare un altro po’ da quelle braccia forti, poi comincio a divincolarmi e lui, con un sospiro, mi lascia andare. “Ma non riesci proprio a fare per una volta quello che ti chiedo? E’ così brutto stare vicino a me?”, dice con un tono tra il serio e il divertito. Io lo guardo in tralice, per capire se sta dicendo sul serio o se mi sta prendendo in giro, poi sorrido e dico, scegliendo attentamente le parole: “No, stare vicino a te mi fa stare bene ma, proprio per questo e per quello che ti ho detto prima, non voglio che la gente sparli di noi da subito. E ora siamo in una zona troppo in vista per non farci notare”. Luke sbuffa, e poi si guarda in giro. Io seguo il suo sguardo e vedo che sì, siamo un po’ più isolati da dove ci sono più studenti, ma siamo ancora troppo vicini a loro per non farci notare e stare tranquilli. “E va bene, facciamo come vuoi, facciamo le cose con calma e non facciamoci notare, tanto riesci sempre ad averla vinta tu”, dice con un sospiro e sorridendo. Io sorrido vittoriosa poi dico: “Mi piace vincere con te”. Lui mi guarda ridendo poi, più serio, abbassa il tono e dice: “Guarda che mi devi ancora una spiegazione per il tuo comportamento di poco fa. Non credere che mi sia scordato la tua faccia sconvolta e il tuo modo di fare. Addirittura hai lasciato che potessi pensare che non volessi più nemmeno provare a stare con me, pur di non dirmi quello che era successo davvero. E io voglio saperlo, non voglio che mi tieni nascoste le cose, soprattutto quando ti riducono in quello stato. Non possiamo provare a stare insieme, se tu non provi nemmeno ad essere sincera con me”. Io lo guardo, con gli occhi sbarrati: era chiaro che non si sarebbe scordato di quella situazione, ma speravo di avere un po’ più di tempo per non fare sembrare le cose così brutte come erano, anche se, da quello che mi aveva già detto Luke, lui conosceva bene Alex, e forse era questo che non mi voleva dire su di lui, quando mi ha detto che non sapevo chi fosse davvero. Sorrido amaramente alle parole che ha detto: lui non vuole che gli nasconda le cose, ma non sa che io è tutta la vita che nascondo un sacco di cose a tutti, per il loro bene, e non potrò mai essere pienamente sincera con lui, perché non potrò mai raccontargli davvero quello che mi è successo nel passato e chi sono io davvero, altrimenti rischierei di perderlo e di metterlo in pericolo inutilmente, cosa che assolutamente non voglio che capiti a nessuno, soprattutto a Luke. So che purtroppo non potrò mai aprirmi davvero con nessuno, ma cercherò di essere il più trasparente possibile con Luke, almeno per quello che riguarda il presente. “Hai ragione, dobbiamo essere sinceri l’uno con l’altra, se vogliamo provare a costruire qualcosa di vero. Pretendo da te la stessa sincerità”, dico seria, sperando che lui non faccia come me e che non abbia niente da nascondere sul suo passato. Vedo un lampo attraversare il suo sguardo, ma è solo per un attimo, poi torna tranquillo e sorridente: non so cosa sia stato, ma sicuramente niente di positivo. “Assolutamente, non ti nasconderò niente. O, comunque, ci proverò con tutto me stesso ad essere sincero su tutto”, dice sorridendo. Io ricambio il sorriso, e mi accontento della risposta: so che non si può sempre essere sinceri su tutto, fosse anche solo per fare una sorpresa all’altro, dovresti mentirgli per forza, anche se è una bugia positiva. “Bene, visto che ci siamo chiariti e che ora sono un po’ più calma, hai ragione, ti meriti una spiegazione sul mio comportamento, ma meglio non dartela qui”, dico, guardandomi in giro. Gli studenti hanno iniziato a sparpagliarsi dal centro del giardino e qualcuno sta iniziando a venire anche nella nostra direzione. Prendo per mano Luke che è rimasto imbambolato a guardare la gente, e lo trascino con me verso il punto più lontano del giardino, cercando di arrivare dietro quel famoso albero dove possiamo stare nascosti e dove posso finalmente raccontargli quello che è successo, o almeno una versione ammorbidita per non fargli perdere la testa.

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Capitolo 20
*** Spiegazioni ***


Dopo aver trascinato Luke per mezzo giardino del campus in completo silenzio, finalmente ce la facciamo ad arrivare dietro all’albero che puntavo prima, dove mi fermo e prendo fiato per riuscire a dirgli quello che è successo. Sento gli occhi di Luke che mi fissano mentre guardo per terra, ma non dice niente, come se stesse semplicemente aspettando che fossi pronta a dirgli quello che devo. Faccio un profondo respiro e alzo gli occhi, incontrando i suoi. Appena i nostri sguardi si incrociano, sento mancarmi il terreno sotto i piedi: ha uno sguardo così intenso e curioso che mi fa girare la testa. Non riesco a credere che mi dia tutte queste emozioni solo guardandomi. Ma come cavolo ho fatto a perdermi tutto questo fino ad oggi? Non c’è cosa più bella di quella di perdersi dentro lo sguardo di qualcuno che sembra veramente interessato a te e a quello che pensi. Sorrido mentre lo guardo, e mi decido a parlare: “Quando ci siamo incontrati ero sconvolta per una cosa successa in mensa, non per quello che le ragazze hanno detto in aula. Oddio, hanno fatto dei commenti molto positivi su di te che mi hanno dato un po’ fastidio, ma non è stato quello che mi ha turbato”. Vedo lo sguardo di Luke che si fa divertito e compiaciuto allo stesso tempo. Arrossisco lievemente, per la mi affermazione di un pizzico di gelosia nei suoi confronti, ma continuo a parlare: “Sono riuscita ad uscire dall’aula senza che nessuno si accorgesse di me, e ho deciso di andare a mangiare qualcosa alla mensa. Solo che sono arrivata abbastanza tardi rispetto al mio solito, e quindi ho trovato più fila del previsto”. Mi fermo un attimo per riprendere fiato e cercare di non farmi trascinare dalla paura e dalle emozioni che stanno tornando a tormentarmi, perché arrivata a questo punto del racconto mi sta tonando in mente tutta la scena, e la nausea sta tornando a salire, ma cerco di ingoiarla per tornare a raccontare le cose a Luke. Vedo che lui mi guarda preoccupato per il mio cambio di espressione, e prova ad accarezzarmi una spalla, ma io mi scanso leggermente, perché se no so che mi farei di nuovo trascinare tra le sue braccia per calmarmi, e finirei per non raccontargli niente e lasciare di nuovo questa situazione in sospeso. Luke mi guarda interdetto per il mio breve allontanamento, ma fortunatamente non dice niente e aspetta solo che io mi decida a raccontargli quello che è successo. Faccio un profondo respiro e, puntando lo sguardo a terra perché non voglio che i suoi occhi mi distraggano ancora, inizio a parlare: “Dopo un po’ che ero in fila, ho iniziato a battere nervosamente il piede, e il ragazzo di fronte a me mi ha fatto notare che ero particolarmente innervosita, e che dovevo cercare di stare tranquilla perché la fila non si sarebbe mossa, anche se io mi agitavo. Ci siamo presentati e lui ha ben pensato di iniziare a provarci con me”. Sento Luke che respira rumorosamente a questa mi affermazione, ma non ho nessuna intenzione di alzare lo sguardo e osservare la sua reazione, ma solo il suo grugnire mi fa piacere, perché sembra davvero che sia geloso. “Ero pronta a dirgli che non ero interessata e a togliergli la mano che aveva avvicinato al mio volto, quando è comparso Alex che non ha fatto troppi complimenti e che lo ha preso a pugni, e lo ha steso a terra con un cazzotto sul naso. Io sono rimasta sconvolta a guardarlo mentre continuava a prenderlo a calci e a dire cose che per me non avevano nessun senso. E mi sono spaventata. Sono rimasta impietrita nel vedere che non aveva nessuna remora a picchiarlo, anzi. E sono scappata. Alex ha capito che stavo fuggendo da lui e ha cominciato ad inseguirmi, ma fortunatamente lo ho seminato e poi tu mi hai bloccato. Era solo per questo che ero sconvolta, non c’entravano niente quelle due ragazze o te”, riesco a finire di dire, mentre mi sembra di essermi tolta finalmente un peso dal cuore. Sento che Luke stronfia, come un toro ma, anche se ho paura di alzare gli occhi e vedere che reazione ha, è una cosa che devo fare. Raccolgo tutto il coraggio che ho e alzo gli occhi. Mi aspettavo di trovare un Luke arrabbiato nero, che voleva solo andare a picchiare Alex, mentre mi ritrovo un Luke arrabbiato, sì, ma soprattutto sembra preoccupato per qualcosa. Lo guardo stranita, non riuscendo a capire cosa lo preoccupa di quello che gli ho raccontato, poi lui si avvicina a me e mi abbraccia, senza dire una parola: lo lascio fare e mi lascio andare a quell’abbraccio forte e sicuro, ma mi dovrà comunque dire quello che gli passa per la testa o che cosa vuole fare, ance se spero vivamente che non faccia niente. Rimango qualche istante avvolta nel suo abbraccio, poi decido di staccarmi e lui non cerca nemmeno di trattenermi. Sa che dobbiamo finire questo discorso. “A cosa stai pensando, Luke?”, dico, guardandolo fisso negli occhi. Lui abbozza un sorriso, poi dice: “Denise, penso semplicemente a quello che ha fatto Alex con te poco fa. Perché da un lato vorrei essere stato io quello che ti difendeva dalle avances di quel ragazzo, ma dall’altro sono contento che hai scoperto questo lato di Alex, che non è il solo che lascia spesso nascosto agli altri. Non so cosa tu abbia sentito di preciso da quei ragazzi, ma di sicuro niente di positivo, e sono contento che tu ti sia spaventata un po’ per questo, perché forse sarà la volta buona che lascerai perdere uno come Alex Mitchell. E’ pericoloso, Denise, soprattutto quando inizi a fidarti di lui”. Io lo guardo, sempre più stupita: cosa sta cercando di dirmi? E perché non è arrabbiato nero e non ha fatto una scenata, ma sembra quasi contento che abbia visto tutto questo? “Io davvero Luke non ti capisco. Mi aspettavo che ti saresti arrabbiato, che saresti andato da lui e che avresti avuto intenzione di fare a botte, e invece sei qui, quasi tranquillo, contento che mi abbia dimostrato questo lato del suo carattere. Io davvero non capisco”. Luke sorride appena e si avvicina di nuovo: “Denise, sto iniziando a conoscerti,e so che se ti dicessi semplicemente che non devi stare intorno ad Alex o che non lo devi frequentare, tu la prenderesti come una scenata di gelosia da parte mia, e qualunque cosa ti raccontassi sul suo conto, tu non mi crederesti perché penseresti che sto mentendo solo per non fartelo frequentare. Ma che lui ti abbia mostrato questo suo lato del carattere che può spaventare mi fa piacere, così magari ti convincerai a stargli lontana, visto che te ne sei resa conto con i tuoi occhi. Vorrei davvero andare a prenderlo a cazzotti perché si è permesso di difenderti come se fossi una cosa sua, ma mi rendo conto che rischierei troppo di attirare l’attenzione, cosa che mi sembrava che avessimo deciso di evitare, giusto?”, dice, guardandomi dritta negli occhi. Io annuisco, senza aprire bocca. Lui mi guarda, e poi continua a parlare: “Ma questo non vuol dire che se lui si azzarda a venirti vicino o a fare qualcosa che tu non vuoi, io non lo finisca di cazzotti, e non mi interessa affatto di quello che possa pensare la gente. Che passi il fatto che ha preso a cazzotti un ragazzo in mensa, anche se sembra che così lo abbia fatto per difendere il tuo onore, come se fossi la sua ragazza, ma se si azzarda ad avvicinarsi ancora a te o a fare qualcosa che non vuoi, non risponderò più di me, e non ci sarà niente che lo potrà salvare da una bella rissa, così che forse finalmente capirà che quello che fa è completamente sbagliato”, dice, con gli occhi che mandano fulmini di rabbia. Io mi allontano un po’, spaventata: che cosa ha fatto di così terribile Alex da far reagire Luke in questo modo? E’ vero, ha avuto un comportamento orribile oggi, ma anche con me, alla fine, è sempre stato un gentiluomo, e non ha mai fatto niente che non volessi, anche perché se no mi avrebbe baciato, ma ha rispettato la mia volontà non lo ha fatto. Vedo Luke che mi guarda, ora preoccupato, come se avesse capito ce la sua reazione mi ha spaventato. Prova ad allungare una mano verso di me, ma io mi scanso, e lui mi guarda, intristito: “Denise, mi dici adesso cosa ti prende? Cavolo, stare con te è peggio di stare sulle montagne russe. Non si sa mai cosa pensi davvero, e cambi idea ogni istante. Ora mi dici cosa c’è che non va in quello che ho detto? Pensavo ti avrebbe fatto piacere sapere che non farò niente, anche per vietare che la gente parli più di quanto già fa. Ma ti ho anche detto che, se lui fa qualcosa che non deve nei tuoi confronti, se la vedrà con me. Cosa c’è di sbagliato in questo?”. Sospiro alle sue parole e al suo sguardo da chi si è perso per la strada: “Il problema è proprio questo. Io non voglio che nessuno si faccia male per colpa mia, ne ho già fatto abbastanza in passato e non voglio che succeda ancora, soprattutto non a te. So che non puoi capire, ma ti garantisco che so riconoscere le persone di cui mi posso fidare e quelle di cui proprio non è il caso, e so difendermi molto bene anche da sola. Ti ringrazio per tutto il tuo senso di protezione, che non può farmi altro che piacere, ma ti prego, promettimi che non farai niente, mai, nei confronti di nessuno, per colpa mia. Non so cosa Alex ti abbia fatto, e mi fido del tuo giudizio, visto che ha dato a vedere di non essere proprio una persona per bene, ma non posso troncare le cose così, si insospettirebbe e sarebbe ancora peggio, e lo sai anche tu. Il nostro andarci con calma non potrà mai esistere, se tronco all’improvviso. Devi darmi almeno il tempo di vederlo e dirgli che non me la sento più di uscire con lui. Troverò una scusa qualunque, ma non voglio che il fatto che io e te ci frequentiamo diventi di dominio pubblico nel peggiore dei modi, magari anche con una sfuriata. Io sto bene con te e mi fido, ma non voglio che il nostro rapporto appena iniziato sia influenzato dal comportamento e dal giudizio degli altri. Per quanto neanche io ora abbia tutta questa voglia di rivedere Alex, so che è una cosa che devo fare, per portare avanti le cose più serenamente tra di noi”. Vedo che Luke diventa scuro in volto e stringe forte i pugni, come se stesse facendo uno sforzo sovraumano per trattenersi dall’esplodere o dal picchiare qualcuno. Mi guarda in cagnesco, e poi sibila tra i denti: “E io dovrei lasciarti uscire di nuovo con lui? Con uno che picchia un altro senza mostrare un briciolo di rimorso mentre è a terra? E se riuscisse, con le sue parole, a traviarti e a farti cambiare idea su di lui? Alex è molto bravo a fare queste cose, sai? Non è la prima volta che succede. E se tu decidessi che è meglio se stai con lui, perché secondo te è più facile, invece che stare con me? O se lui provasse a fare qualcosa che non dovrebbe? Io non mi saprei più trattenere dopo. Non posso lasciartelo fare, non posso lasciarti uscire da sola con lui, non potrei mai perdonarmelo se dovesse succederti qualcosa”. Io lo guardo, preoccupata, mentre il suo tono di voce si fa sempre più preoccupato: che cosa mi sta nascondendo davvero su Alex? “Luke, davvero, non ti devi preoccupare per me. Ma dimmi perché sei così in ansia nei confronti di Alex: cos’ha fatto che non vuoi dirmi?”, chiedo allarmata. Lui mi guarda, mentre i suoi occhi sembrano che stiano combattendo una battaglia infinita, indecisi su quello che devono o non devono dire. Chiude per un attimo gli occhi e fa un profondo respiro, come se stesse cercando la risposta migliore da darmi. Io aspetto in silenzio, in tensione per qualunque cosa debba dirmi, impaurita da tutto questo suo comportamento. Dopo qualche istante che a me sembra un millennio, riapre gli occhi e mi guarda intensamente: adesso sembra che i suoi occhi abbiano smesso di lottare, ma c’è ancora qualcosa che gli turba. “Vedi, Alex è molto bravo ad ingannare le persone, soprattutto le ragazze più insicure e che pensano magari di essere bruttine o di non piacere. Lui riesce a vedere quello che loro non vedono, e le risistema rendendole molto carine. Il problema è che questa trasformazione a loro costa tutte loro stesse: perché Alex decide per loro sempre, decide cosa devono o non devono fare con lui e con gli altri, e quando ha finito la sua parte di divertimento le butta come carta straccia. Ma siccome queste cose le fa sempre al di fuori del campus, se qualcuna di queste ragazze prova a dire qualcosa, nessuno le crede, poiché nessuno gli ha mai davvero visti insieme. Il problema è che lui, in confraternita, si vanta spesso di quello che fa a queste ragazze e di come le tratta, e poi le lascia allo sbando, magari nelle mani di qualcuno. A me non è mai piaciuto, e ho provato anche a dirglielo che il suo comportamento faceva schifo, ma lui continuava a sostenere che salvava le ragazze dal loro anonimato e gli ridava una loro vita. Io credo che ne abbia rovinate diverse per sempre. Ma non voglio stare a raccontarti tutte le cose oscene e orrende che lui ha detto di avergli fatto fare, ma di una cosa sono certo: questo non succederà anche a te perché io non lo permetterò. E se questo vuol dire uscire allo scoperto prima del previsto, va bene, perché non voglio che ti accada niente di brutto”, dice, stringendomi il volto tra le sue mani. Io lo guardo, sorridendo: è bello sapere che c’è qualcuno che si preoccupa così tanto per me, ma lui non sa che io sono davvero brava a difendermi da sola, e non sono certo una ragazza insicura, ma forse questo ancora anche Alex non lo ha notato, e la cosa potrebbe giocare a mio vantaggio e aiutarmi a scoprire le sue carte. Mi viene i brividi al racconto che ha fatto Luke, anche se non ha detto niente di specifico, ma so come ci si sente ad essere come quelle ragazze: anche io ero in quel modo in passato, e non lo augurerei a nessuno. Ma forse potrei anche trovare il modo di dare una lezione ad Alex, se Luke non decide di mettersi in mezzo. “Luke, ti ringrazio davvero per la tua preoccupazione e per avermi raccontato più o meno quello che Alex fa, ma devo comunque vederlo. Non voglio che, per una cosa che è colpa mia, ci vada di mezzo tu o qualcun altro. Non mi piacciono le situazioni in sospeso, e questa cosa va risolta. Promettimi che mi lascerai fare di testa mia e non ti metterai in mezzo, se avrò bisogno giuro che ti chiamo”, dico incoraggiante. Poi mi si accende una lampadina: “A proposito, dammi il tuo numero di cellulare, se no non ti posso chiamare se succede qualcosa”, dico sorridendo, e tirando fuori il cellulare, per stemperare un po’ la tensione. Lui mi guarda interdetto, poi scuote la testa e mi detta il numero. Quando ho finito di scrivere, sospira e appoggia la fronte alla mia: “Senti, almeno una cosa permettimi di farla. Io non posso passare la serata tranquillo se so che sei da sola con lui. So che non ti potrò mai far cambiare idea, ma almeno permettimi di venire nello stesso locale in cui fisserai l’incontro con Alex. Perché hai intenzione di fissarlo in un luogo pubblico, giusto?”. Io lo guardo, sorridendo: la sua preoccupazione è la mia protezione, è come se mi rendesse invincibile. “Certo che vado in un posto pubblico, non sono mica così incosciente. E poi, chi sono io per vietare a Luke Edwards di girare per i locali pubblici? Casualmente, ti farò sapere dove sono, ma ti ignorerò come sempre, sappilo”, dico sorridendo. Lui mi guarda e si illumina: sembra felice di aver vinto almeno un round. Mi abbraccia e mi bacia con passione, senza nessuna remora: io rimango per un attimo sorpresa, ma poi mi lascio di nuovo trasportare in quel vortice di passione che mi investe sempre quando Luke mi bacia. Lui mi appoggia all’albero e continua a baciarmi con passione, con foga, come se avesse paura che sparissi da un momento all’altro. Io ricambio con la stessa passione, come se non mi fossi mai sentita libera e appagata come in questo momento. Dopo qualche istante ci stacchiamo ansimanti, accaldati e con gli occhi lucidi, guardandoci ancora vogliosi. Io cerco di allontanarmi un po’ da lui per riprendere fiato, ma lui mi tiene incollata tra lui e l’albero, e dopo un pochino smetto di agitarmi. Luke appoggia la fronte sulla mia e, ad occhi chiusi, dice: “Ma perché ti vuoi sempre allontanare da me ogni volta che abbiamo un momento di intimità? Guardo che non mordo mica”. Io lo guardo sorridendo, e sto per rispondergli, quando il mio cellulare comincia a vibrare all’impazzata nella tasca dei mie jeans. Quel vibrare interrompe il nostro attimo magico, e tiro fuori il telefono. Guardo il nome del chiamante e mi viene un groppo in gola: volto lo schermo verso Luke e vedo che lui cominci ad agitarsi di nuovo quando vedo il nome di Alex sul display. Io sospiro e dico: “Prima o poi dovevo rispondere” e sguscio da sotto le braccia di Luke, allontanandomi un po’ e iniziando a camminare per il giardino, mentre cerco di capire se voglio accettare o meno la chiamata in arrivo: non potevo rispondere di fronte a Luke, non sarei stata me stessa e non sarei riuscita a dire quello che voglio quindi, per quanto mi si stringa il cuore a vederlo così preoccupato per me anche in lontananza, faccio un respiro profondo e mi decido a schiacciare il tasto verde.

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Capitolo 21
*** la telefonata ***


“Denise, finalmente sono riuscito a rintracciarti! Ho girato per tutto il campus, ma non sono riuscito a trovarti da nessuna parte. Sei sparita nel groviglio della mensa. Stai bene? E’ tutto a posto?”, dice Alex con un tono preoccupato dall’altra parte del telefono. Io cerco di inghiottire il groppo che mi è salito in gola al suono della sua voce, ben sapendo che Luke sta osservando qualsiasi mio movimento da lontano. La voce di Alex mi dà i brividi: sembra davvero preoccupato per me, come se non sapesse che sono scappata per la sua reazione. E poi, dove diavolo ha trovato il mio numero di cellulare, visto che io non gliel’ho dato, e che solo lui mi aveva lasciato il suo? Faccio un respiro profondo e, cercando di tenere la voce più calma possibile, rispondo: “Sì, sì, io sto bene, è tutto a posto, grazie. Piuttosto, la tua mano come sta? Visto come hai ridotto il naso di quel poveretto, scommetto che anche la mano sarà un po’ indolenzita”, dico con tono duro, cercando di fargli capire che non mi sono scordata quello che ha fatto, e che è solo per quello che sono scappata. Sento lui grugnire dall’altra parte del telefono, come se stesse decidendo cosa fare con me, poi respira profondamente e dice: “Denise, non so cosa tu stia pensando, ma quello che ho fatto l’ho fatto solo per te. Mark è un ragazzo pericoloso, e se punta qualche ragazza non va mai a finire bene. Ho visto che aveva puntato te e, per evitare problemi, l’ho fermato prima che facesse qualche casino. La mia mano sta benissimo, comunque, grazie per l’interessamento, il suo naso invece avrà bisogno di un po’ di tempo per riprendersi. Ma spero che abbia capito la lezione. Tu sei sicura di star bene? Ti ho visto scappare sconvolta e non sono più riuscito a trovarti. Vorrei vederti e spiegarti un po’ di cose, se me ne dai la possibilità, perché so che la scena della mensa ti ha turbato, l’ho visto quando ti ho guardata negli occhi, prima che fuggissi via”. Io respiro profondamente, cercando di non fargli capire quanto le sue parole mi stanno agitando. “Tranquillo Alex, sto bene, davvero, solo non avevo mai visto picchiare un ragazzo per così poco, ed essere soddisfatti nel farlo, tutto qui. Ti ringrazio di aver preso le mie difese, anche se non era necessario perché so difendermi da sola, ma la tua reazione mi è sembrata un tantino eccessiva, ecco. Potremo rivederci, sì, anche se non so come tu possa spiegarmi la tua reazione esagerata. Un colpo di testa capita a tutti, ma il tuo mi è sembrato veramente troppo, tutto qui. So che non sei un cattivo ragazzo, con me sei sempre stato molto carino, e per questo credo che dovremo vederci e chiarire per sistemare le cose, perché in questo momento non mi fido molto di te, te lo dico sinceramente”, dico, sperando che cada nella mia trappola. In effetti, sono un po’ spaventata dal fatto di doverlo rivedere da sola, ma devo riuscire a capire cosa combina davvero con le ragazze e perché ha questo comportamento così strano. Se, come ha detto Luke, ha rovinato tante ragazze con il suo comportamento, è arrivato il momento di farlo uscire allo scoperto e di dargli una lezione, per salvare altre ragazze giovani e stupide come lo ero io tanti anni fa, da uno che può letteralmente rovinargli la vita. Ed io sono la sola persona che può fare una cosa del genere, visto che gli piaccio, ma non mi incanta più. Ho visto troppo male, nel mio passato, per farmi spaventare da uno che, di base, sembra solo uno sbruffone egocentrico che pensa di poter fare quello che vuole con le ragazze, solo perché è bello e popolare, ma non è così che funziona. E se esiste una sola ragazza al mondo che può dargli una lezione e fargli passare la voglia, quella sono io. Non so cosa combina davvero con le ragazze e se quello che mi ha detto Luke è la verità o ha solo gonfiato un po’ le cose per farmi spaventare un po’ e lasciarlo perdere, ma è una cosa che scoprirò e, appena avrò le idee chiare su quello che combina con le ragazze e su come è davvero lui, gli darò una lezione che si ricorderà per tutta la vita. Sento che lui sbuffa infastidito alla mia ultima frase, ma poi sembra tornare calmo e dice in un sussurro: “Denise, capisco che la mia reazione ti abbia un po’ sconvolto, e che ora magari ha un po’ paura di me, ma ti garantisco che non sono affatto un cattivo ragazzo, anzi, e te l’ho dimostrato anche quando siamo usciti. Ma tu mi interessi, e tanto, come mai nessun altra mi è interessata prima, e vorrei poterti dimostrare che mi merito la tua fiducia, uscendo con te e rispondendo a tutto quello che vuoi. Sei una ragazza troppo interessante per perderti per una cosa così stupida, quindi, per favore, dammi un’altra possibilità, permettimi di rivederti e di spiegarti, risponderò a tutte le domande che vuoi, se serve a farti stare tranquilla e a farti recuperare un po’ di fiducia in me”. Io sospiro: certo che con le parole è proprio bravo. Se non fosse che Luke mi ha iniziato ad attrarre più di lui e ha dimostrato la stessa passione nei miei confronti, forse sarei capace di cadere nella sua trappola. E sembra anche disposto a parlarmi davvero di come è lui, pur di non perdermi. Cavolo, adesso devo essere diventata una tipa davvero interessante, se due dei ragazzi più belli e popolari della scuola sono interessati a me, e nessuno dei due sembra intenzionato a mollare il colpo con me. Oddio, devo smetterla di farmi questi pensieri da sola, e tornare a concentrarmi su quello che stavamo dicendo con Alex. Sicuramente, la sua proposta è allettante, son curiosa di sapere altre cose su di lui e su come è davvero, e poi devo trovare un modo per chiudere definitivamente, anche se non sarà facile, perché mi sembra che Alex non sia un ragazzo a cui piaccia perdere e difficilmente non ottiene sempre quello che vuole. “Allora, Denise, sei disposta ad uscire con me e a darmi un’altra possibilità? Siamo stati bene quando siamo usciti insieme, non vedo perché dovremmo privarci di una bella storia, solo per una mia reazione eccessiva, e lo sai anche tu”. Mi giro verso Luke mentre Alex mi sta parlando, perché con le sue parole mi sta letteralmente rimbambendo. Ma quando vedo Luke che continua a guardare intensamente nella mia direzione, con uno sguardo preoccupato, mentre si è seduto a terra e sta strappando ciuffetti di erba per la rabbia intorno a sé, capisco che non mi devo far imbambolare dalle parole di Alex, ma devo solo sfruttarlo per cercare di dargli una lezione e per non permettere più, a nessuno, di avere anche solo una minima possibilità di essere distrutti come me qualche anno fa. “Va bene, Alex, facciamo che domani sera ci vediamo e ti concedo un’opportunità per spiegarmi il tuo atteggiamento di oggi. Ma è l’ultima occasione che hai di dimostrarmi davvero quello che sei, e consideralo un privilegio, visto che di solito non sono molto propensa a concedere seconde possibilità. Ma so che una sbandata può succedere, ed in effetti siamo stati bene quando siamo usciti, quindi ti concedo il beneficio del dubbio. Ma sarà l’ultima volta, perché oggi, in effetti, mi hai davvero sconvolto con il tuo comportamento sopra le righe”, dico in tono un po’ più duro, ma sempre calmo. So che sembra che sia sicura di me e che davvero gli stia concedendo un’altra possibilità, ma in realtà dentro sono agitatissima. Vedo Luke che non mi perde un secondo di vista e strappa sempre più furiosamente i ciuffetti di erba, ma non accenna ad alzarsi e a venire verso di me o a fare qualunque cosa, e di questo mentalmente lo ringrazio, perché averlo troppo vicino in questo momento mi farebbe perdere di vista l’obiettivo finale e mi lascerei trasportare e proteggere da lui, senza fare effettivamente niente nei confronti di Alex, ma questo non me lo posso proprio permettere. Certo, se non ci fosse stato Luke, forse sarebbe stato più semplice ricadere nella trappola di Alex, ma per fortuna sembra che io abbia finalmente trovato una persona che rispetta le mie idee e i miei spazi, anche se a volte queste cose non gli piacciono molto. Lo guardo sorridendo, mentre aspetto che Alex si decida a rispondere a quello che ho detto: è proprio bello avere qualcuno che si preoccupa davvero per te e che gli importa davvero come stai e cosa vuoi, è lui principalmente che mi sta dando la forza per fare tutto questo, altrimenti avrei lasciato perdere molto presto. “Quello che hai visto ti deve aver sconvolta più di quanto tu stessa non voglia ammettere eh, Denise?”, dice Alex, con una voce melliflua che mi fa tornare subito con i piedi per terra e smettere di fantasticare sul rapporto che ho adesso con Luke. “Beh, ammetto che mi hai colto di sorpresa, non mi aspettavo una reazione del genere da parte tua, solo perché un ragazzo stava provando ad invitarmi ad uscire. E, alla fine, noi non stiamo nemmeno insieme, quindi tutta questa storia mi è sembrata davvero un po’ troppo sopra le righe, per il rapporto che abbiamo noi”, dico seria, e questa è semplicemente la verità. Sento Alex sorridere contro il telefono: anche se non posso vederlo, so che questa cosa che io abbia un po’ paura di lui, lo eccita. Lo sento dal tono e dal respiro che ha al telefono, probabilmente gli piace avere qualcuno da dominare, ma ancora non ha capito che questo non è il mio caso, ma lo scoprirà quando ormai sarà troppo tardi. Adesso, accorgendomi della sua reazione, la paura è sparita, e ha preso il suo posto una rabbia incontrollata, la stessa che mi è esplosa tanti anni fa e mi ha permesso di fare quello che ho fatto e che mi ha liberato dalle mie catene, ma è una rabbia che è impossibile da gestire, e non la posso far uscire di nuovo in tutta la sua potenza, devo tenerla a bada e continuare a mostrarmi come un povero agnellino indifeso e impaurito, perché a quanto ho capito è così che a lui piacciono le ragazze ed è anche il solo modo che ha per tenerle sotto controllo. “Pensavo ti facesse piacere avere qualcuno che ti difende, ma forse ho sbagliato e la mia reazione è stata troppo esagerata. Sai, le ragazze belle e interessanti come te sono difficili da trovare, ma facilissime da perdere, e io non voglio che nessuno si frapponga tra quello che potrebbe esserci tra me e te. Mi dispiace se la mia reazione ti ha spaventato, e cercherò di stare più tranquillo se questa cosa dovesse succedere un’altra cosa, ma non la smetterò di difenderti, fino a che continueremo a frequentarci”, dice con voce suadente. Io lo ascolto trattenendo il fiato: in effetti, è riuscito a dare un senso quasi bello al gesto che ha fatto, infiocchettando il suo comportamento con complimenti e parole gentili. Ma io non ci casco: lui può dire tutte le cose più bella del mondo, e riempirmi di complimenti, ma niente cancellerà mai dalla mia mente il suo volto mentre prendeva a pugni quel povero ragazzo, che aveva fatto solo l’errore di rivolgermi la parola: completamente privo di qualsiasi pietà, ma quasi divertito nel fare del male ad un’altra persona, senza nessuna motivazione seria. “Sì, è bello sentirsi protetti, e ti ringrazio, solo che il tuo scudo nei miei confronti mi è sembrato un po’ eccessivo. Ma ti reputo un ragazzo interessante e che vorrei ancora conoscere meglio e cercare di chiarire tutta questa faccenda, se possibile, quindi che rispondi alla mia proposta di incontrarsi domani sera?”, dico tutto d’un fiato, mentre vedo che Luke, spazientito, si è alzato dalla sua postazione e sta procedendo a grandi falcate verso di me, e da come cammina mi sembra di intuire che quella che ha da dirmi non sia niente di buono. “Ovviamente rispondo di sì, che voglio rivederti e spiegarti tutto. Voglio che tu riesca a vedere tutto dalla giusta prospettiva, così che poi tu possa scegliere il meglio per te”, dice con voce maliziosa ma anche un po’ tenebrosa. Vedo Luke che è sempre più vicino, perciò mi volto di spalle e dico: “Bene, perfetto, facciamo alle 20.30 alla pizzeria del campus?”. Spero che dica di sì, così sarà anche più facile per Luke camuffarsi tra gli studenti e non dover giustificare la sua presenza un po’ sospetta in un locale esterno al campus in cui ci siamo anche noi. Sento un dito picchiarmi forte sulla spalla, e vorrei tanto ignorarlo, ma proprio non posso. Mi volto, con il telefono ancora incollato all’orecchio, e alzo lo sguardo da terra, mettendomi un dito davanti alla labbra per fare cenno a Luke di restare in silenzio per un altro pochino. Ma come alzo gli occhi su di lui, non ce la faccio a tenere il dito davanti alle labbra: i suoi occhi sono scuri, in tempesta, che mostrano una preoccupazione e un’apprensione nei miei confronti che non mi può far altro che sentire sollevata, e solo avere quello sguardo posato su di me, fa cadere tutta la barriera di forza e sicurezza che ho costruito intorno a me in tutti questi anni. Sento che ogni sguardo, ogni gesto carino e apprensivo di Luke nei miei confronti, sbriciola sempre di più la mia armatura, e questa cosa mi spaventa ma mi piace da morire allo stesso tempo. Mi rendo conto che sto perdendo il senso del tempo e dello spazio affogando nei suoi occhi, e che non mi importa nemmeno più di quello che sta accadendo nella vita reale, fino anche Luke non mi prende e mi abbraccia forte, come per farmi sentire tutta la sua presenza, senza dire una parola. E in quell’abbraccio mi lascio andare, e mi rilasso, sciogliendo un po’ la tensione che si è creata in questa lunga telefonata con Alex. “Ehm, Denise, ma che succede? Non ti sento più. Hai capito cosa ti ho detto?”, sento la voce di Alex gracchiare dal telefono, che è rimasto incastrato tra il mio orecchio, la mia mano e il braccio di Luke. Alzo gli occhi verso Luke, che sta guardando il telefono come se volesse incenerirlo solo con lo sguardo, io faccio un sospiro e mi sciolgo dall’abbraccio: è stato bello lasciarsi andare per qualche attimo, ma devo finire questa storia. “Sì, scusa, la linea era un po’ disturbata, non ho capito”, dico continuando a guardare negli occhi Luke che, nonostante sembri arrabbiato, riesce lo stesso ad infondermi tanta sicurezza e protezione, come se la mia armatura fosse diventato lui. “Dicevo che come orario va bene, ma preferivo portarti in un localino appena fuori dal campus: non voglio che le persone si intromettano o dicano qualcosa perché mi conoscono, e non mi permettono davvero di essere me stesso, così come influenzerebbero te con discorsi od opinioni che tanto le persone non si disturbano mai a non dare. Quindi per te è un problema trovarsi fuori dal campus, al ristorante La Lanterna?”, chiede con un tono di voce dolce e speranzoso. Io vedo Luke che mi sgrana gli occhi e che fa cenno forte di no con la testa. So che ha sentito quello che Alex ha detto, e sarei d’accordo con lui se non volessi che mi mostrasse davvero chi è lui, e so che lo farà solo se saprà di non avere nessuno in giro che lo conosce. Voglio vedere con i miei occhi quello che fa davvero con le altre ragazze, come si comporta davvero quando sa che nessuno lo riconosce o lo guarda. Sospiro, guardando negli occhi Luke, che so che mi vorrà staccare la testa appena sentirà quello che rispondo. Faccio in modo di avere un po’ la voce tremolante, in modo che lui si accorga che sono titubante e che pensi che sono proprio il tipo di ragazza che lui vuole e a cui è abituato: “Ehmi…sai…fuori dal campus, non è che sia poi così sicuro. Se poi non vuoi che ti vedano con me è un altro discorso, ma io non me la sento di andare troppo lontano da qui”, dico, sperando che caschi nella trappola. Vedo Luke sorridere compiaciuto, ma spero che a breve la sua espressione cambierà. Alex sospira rumorosamente, come se stesse cercando di trovare la cosa più giusta da dire, poi dice: “Guarda che il ristorante è appena qua fuori del campus, e poi sei con me, non ti succederà niente di male. Ti prometto che finita la cena, se non sarai tu a chiedermelo, ti riaccompagno semplicemente al campus e torna tutto normale come prima. Ma se proprio questa cosa ti turba, possiamo mangiare di nuovo al campus, anche se volevo farti provare questo nuovo ristorante e volevo davvero parlare con te e conoscerci davvero, senza tutto il teatrino del campus, per via della gente che mi conosce, che possono farti avere un’opinione di me sbagliata. Voglio che sia tu a decidere se ne vale la pena o meno di frequentarmi, non che gli altri offuschino il tuo giudizio o decidano per te. E’ solo per questo che volevo un posto fuori dal campus, e poi, tranquilla, domani è venerdì sera e sarà sicuramente pieno di gente, non hai niente da temere”, dice in tono dolce. Non c’è nulla da fare: è proprio bravo, e con solo le sue parole riesce a portarti esattamente dove vuole lui. Sospiro, facendo la finta indecisa. Poi dico: “Va bene Alex, se è vicino al campus, non facciamo tardi e ci sono altre persone, per questa volta va bene anche fuori di qui. Anche io ci tengo al fatto che sia davvero te stesso e che tu ti faccia conoscere davvero per quello che sei, perciò ci troviamo lì alle 20.30 domani?”. Sento Alex sorridere, vittorioso. Ma ancora non sa che sta cadendo con tutte le scarpe dentro la mia trappola. Sorrido anche io in automatico a questo pensiero, anche se quando incontro lo sguardo di Luke il sorriso mi sparisce dalla faccia: è livido, e mi fa i segni ruotando il dito vicino alla tempia, come a dirmi che sono pazza. “Bene, Denise, allora ci vediamo domani. Ti aspetto lì davanti alle 20.30 e grazie ancora per la possibilità. Non te ne pentirai”, sussurra Alex sensuale. “Spero di no. A domani”, dico seria, e riaggancio. Quando Luke vede che ho finalmente attaccato il telefono, viene vicino al mio viso e mi urla in faccia: “Ma sei completamente di fuori ad accettare di uscire con lui, fuori dal campus, dove non conosci nessuno e non sai se lui possa avere qualche aggancio? Ma ti rendi conto di quello che hai fatto, dopo che oggi ti ho trovato a correre sconvolta per il campus dopo quello che lui aveva fatto? Io non voglio che ti accada niente Denise, non lo posso permettere!”, dice rosso in faccia e prendendomi il volto tra le mani. Riesco a percepire tutta la sua rabbia repressa per non poter fare niente e tutta la sua apprensione, ma non riesco a non sorridere verso questa dimostrazione di affetto nei miei confronti. Senza dire una parola, mi avvicino a lui e lo bacio con trasporto: lui rimane sorpreso per un attimo e ancora ansimante per lo sfogo, poi risponde subito al bacio, travolgendomi con la sua solita passione e facendomi mancare il fiato. Dopo qualche attimo, mi stacco ansimante da lui e, con il fiato corto e gli occhi lucidi, e lo abbraccio stretto per un po’: lui mi tiene stretta a sé, e non dice niente aspettando che sia io a parlare. Ma adesso voglio godermi ancora solo per qualche attimo la sensazione di pace e sicurezza che sto provando, prima di dirgli cosa ho in mente davvero, anche se so che la cosa non gli piacerà nemmeno un po’.

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Capitolo 22
*** il piano ***


Dopo qualche istante stretta tra le braccia di Luke, dove riesco a tornare quasi lucida e a ritrovare la mia calma e compostezza dopo la telefonata un po’ destabilizzante di Alex, mi decido a sciogliermi dall’abbraccio, e Luke non oppone alcuna resistenza, anzi mi libera subito e mi prende per mano, guardandomi intensamente negli occhi e aspettando una qualche risposta da parte mia al suo sfogo di prima. Io lo guardo a mia volta, poi sospiro e, guardandolo dritto negli occhi dico: “Luke, lo so che non sei affatto contento della mia scelta, anzi, avresti preferito che chiudessi qui, dopo quello che ha fatto, ma dopo quello che mi hai detto anche tu, proprio non posso lasciar perdere. So che non puoi capire perché io mi stia impuntando così su questa cosa, e so che sarebbe molto più facile mandare al diavolo tutto e vivere la mia storia con te senza questa ombra, ma io davvero non posso. Tu non mi conosci, non sai cosa sia stato il mio passato, e adesso non è sicuramente il momento di raccontarti qualcosa, anche perché per me è difficile, troppo, anche se aiuterebbe molto la nostra storia il fatto che tu sapessi tutta la verità su di me, ma io proprio non ce la faccio. Preferisco che le cose rimangano così, che ci viviamo la nostra storia in tranquillità, senza drammi, ma non posso proprio lasciar perdere questa cosa, non posso permettere che Alex continui a fare quello che fa con le ragazze, come hai detto tu. Ma siccome non so cosa di preciso faccia, lo devo scoprire sulla mia pelle, per poi sferrare il contrattacco migliore. Ci credo al fatto che tu sia preoccupato perché magari lui ha raccontato cose sicuramente non belle sui trascorsi delle sue ragazze, e che tu abbia paura che faccia lo stesso con me, ma ti garantisco che con me non avrà mai l’appiglio che ha sulle altre, come nessuno ce l’avrà mai, non più, ti garantisco che quando mi incattivisco sono irriconoscibile e non rispondo più di me”. “Ma tu sei una ragazza, per di più abbastanza mingherlina, quindi come pensi di poter contrastare un ragazzo prestante e forte come Alex, se lui avesse intenzione di farti qualcosa? Come pensi di poterti difendere, se non hai nessuno che possa contrastarlo?”, mi dice interrompendomi Luke e guardandomi sempre più angosciato Un sorriso mi affiora debolmente sulle labbra, mentre sento Luke prendere così tanto le mie difese e preoccuparsi tanto per me. Ma lui non sa davvero di cosa io sia capace, e di quante persone poco raccomandabili conosca per far sistemare Alex in quattro e quattr’otto, ma questa non sarà la mia soluzione, a meno che non si renda strettamente necessario. “Luke, so che sei preoccupato, ma ti chiedo solo di fidarti di me. Lo so che la situazione non sembra delle migliori, ma posso garantirti che sarà Alex ad essere spaventato, non io. Voglio capire cosa fa alle ragazze e perché ha questo comportamento da dittatore che tu dici, e poi fargli passare la voglia di trattare le ragazze come oggetti senza sentimenti, non rendendosi davvero conto di quanto le distrugga dentro, facendo così. Io le capisco, è facile perdersi con certe persone, ma io mi sono rialzata, e se posso anche evitare che una sola ragazza che non conosco finisca in un certo vortice, è quello che devo fare. So che i miei discorsi ti sembrano senza senso, ma ti prometto che un giorno, quando me la sentirò, cercherò di spiegarti tutto, cosa che non ho mai fatto con nessuno. Ma adesso no, non è necessario e non me la sento. Puoi perdonarmi se non posso essere sincera sul perché ci tengo così tanto a tentare di risolvere questa cosa, e fidarti di me?”, chiedo tremante. Luke mi guarda per un attimo, poi mi attira di nuovo a sé e mi sussurra in un orecchio: “Chissà cosa mai ti avranno fatto, piccola Denise. Forse adesso inizio a capire perché sei sempre stata scontante con tante persone. Non deve essere facile fidarsi di qualcuno se devi nascondere qualcosa. Ma ti prometto che non ti chiederò niente, non finché non sarai tu a volermi raccontare qualcosa, qualunque cosa su di te e sul tuo passato, anche se da quello che dici sembra che ti sia successo qualcosa di simile alle ragazze di Alex, se non forse peggio”, dice piano. Io mi irrigidisco alle sue parole: senza volerlo, non sa quanto ci è andato vicino, ma non posso permettere che il passato torni di nuovo a devastarmi la vita, non adesso che mi sembra di aver ricominciato a vivere davvero, anche se so che con la storia di Alex, il mio passato farà ritorno molto spesso, e i nostri incontri non saranno affatto piacevoli, ma forse è davvero arrivato il momento per affrontarlo definitivamente e archiviarlo per andare avanti, condividendolo anche con qualcuno, sperando che quel qualcuno sia Luke che, in così poco tempo, sembra la persona che si preoccupa più per me da quando sono nata. “Grazie per non fare domande. Ti prometto che, quando sarò pronta e se mai dovrò raccontarlo a qualcuno del mio passato, quel qualcuno sarai tu”, sussurro al suo orecchio, alzandomi in punta di piedi per arrivarci. Lui mi abbraccia forte, mi soffoca quasi, come se farmi sentire tutta la sua presenza fisica potesse aiutarmi a scacciare via un po’ di solitudine e di tristezza del passato. Mi lascia andare e poi dice: “Grazie per la tua fiducia, Denise, ti garantisco che è ben riposta. Però mi devi promettere che starai molto attenta, domani sera, e che avrai sempre il cellulare con te, anche se io sarò nel ristorante”, e poi aggiunge velocemente, mentre mi vede sgranare gli occhi e spalancare la bocca per dire qualcosa: “Non ci pensare nemmeno a controbattere, io ci sarò, punto e basta. E tu stessa mi avevi detto che volevi che fossi presente. Non ti preoccupare, non farò trapelare nulla, non mi presenterò da solo, altrimenti sembra troppo strano che io mi trovi, la stessa sera in cui ci siete anche voi, no?”, aggiunge malizioso. Io divento nera dalla rabbia, e il mezzo sorriso che avevo mentre lo ascoltavo, diventa una smorfia: con chi cavolo se ne vuole andare in giro? Lui pensa a divertirsi con qualcun’altra, mentre io sono ad un appuntamento per cercare di dare una lezione ad uno stronzo? Ma che comportamento è? Va bene che avevamo detto di andarci piano, e di non farci vedere insieme, ma pensavo che ci frequentassimo in esclusiva, non che lui avesse il diritto di continuare ad uscire con le sue amichette che non hanno nessun problema a spogliarsi in cinque minuti davanti a lui, problema che io invece avrei, e molto grosso anche. Sto per aprire bocca, furente, quando Luke comincia a ridere a crepapelle: è piegato in due mentre si tiene con una mano lo stomaco e con l’altra mi indica. Ma che fa adesso, prende pure in giro? “Oddio, ti prego..”, dice, tra una risata e l’altra, mentre io sto iniziando ad arrabbiarmi sempre di più “la tua faccia è troppo buffa, ti dovresti vedere”, continua, soffocando le parole tra le risate. Io sbuffo forte e inizio a battere furiosamente il pied per terra poi, con tono alterato, dico: “Io vorrei sapere cosa ci trovi di tanto divertente. Ti ho appena detto che faccio questa cosa non solo per me, ma per altre ragazze, che ho un passato brutto, e la prima cosa che ti viene in mente è di dirmi che tu verrai nel ristorante con me, ma che sarai con un’altra ragazza, che sicuramente non perderà tempo e ti salterà addosso, e lo trovi anche divertente? Io veramente non ti capisco, forse sei peggio degli altri”, dico voltandomi e cominciando a camminare per allontanarmi da lui. Non faccio in tempo a fare due passi che me lo ritrovo davanti, e la sua faccia è di nuovo seria, come se l’attacco acceso di riso fosse passato in un istante. Lo guardo torva, anche se la sua faccia sembra preoccupata: “E dai, Denise, non fare così. Sei molto carina quando sei gelosa, ma la tua faccia per nascondere il fatto che ti dava fastidio se sono a cena con un’altra è impagabile. Ma lo sai anche tu che non possiamo attirare troppo l’attenzione, e trovarmi da solo in un locale in cui ci siete tu e Alex sarebbe troppo strano, soprattutto fuori dal campus. E poi, scusa, tu puoi stare a cena con un altro, a cui di sicuro piaci da impazzire, e io devo stare seduto ad un altro tavolo, da solo, a rodermi in silenzio se lui ti sfiora o ti dice qualcosa che ti fa ridere? Credimi, è meglio che venga anche io con qualcun’altra, probabilmente è una delle poche che riuscirebbe a trattenermi da mettergli le mani addosso, se vedo che si prende troppe confidenze con te”, dice rabbuiandosi. Io lo guardo, studiandolo, cercando di capire se sia la scelta giusta farlo venire davvero al ristorante. Ma poi mi arrendo: sarò sicuramente più tranquilla anche io se so che Luke è nello stesso locale con me ed è pronto ad intervenire se le cose si mettono male. E so che uno come lui, da solo, in un locale in cui ci siamo anche noi, attirerebbe troppo l’attenzione, cosa che abbiamo assolutamente deciso di evitare, e devo accettare il fatto che anche lui dovrà essere con qualcuna, spero non scelga proprio una di quelle svampite che gli mangiavano la faccia in aula. Ora fidarsi va bene, ma mica sono un robot. Sospiro. “E va bene, hai ragione, non puoi presentarti da solo a cena nello stesso locale in cui ci sono anche io, sarebbe troppo starno, e la situazione comincerebbe a prendere una piega che nessuno di noi vuole, attirando solo l’attenzione su di noi. Ma ti prego, non portarti una delle tue amichette svampite che ti sei fatto anche in aula, che quelle ti saltano addosso anche in un locale pubblico, e se sto la serata concentrata a guardare quello che combini tu, è inutile che abbia fissato questo appuntamento con Alex. Ma non hai qualcuna che sia solo un’amica e che non ti si butti addosso dopo trenta secondi che siete da soli?”, chiedo interrogativa. La risposta a me viene in automatico, guardandolo: ovviamente no, un ragazzo bello come lui, non può far altro che far venire in mente certi pensieri quando ti chiede di andare a cena, e sicuramente non sono pensieri di amicizia. Lui sorride e mi prende la mano: “Denise, non ti devi preoccupare di nessun’altra, quella che mi interessa davvero sei solo tu. Non mi è mai importato così tanto di un’altra persona e della sua opinione e, come ho già notato stamani, sei molto bella, anche se lo vuoi sempre nascondere. E no, l’unica che credevo fosse solo mia amica, mi ha stupito stamani con una tutina sexy che metteva in mostra la sua femminilità e con i suoi baci e la sua passione durante la giornata, perciò no, direi che non ho nessuna amica. Anche se ho in mente qualcuna che potrebbe essere capace di tenere le distanze da me a cena e lasciarmi sorvegliare te”, dice ambiguo. Io lo guardo interrogativa, aspettando che mi dica di chi sta parlando. Ma lui mi guarda divertito, a braccia incrociate e se ne resta in silenzio. Restiamo cinque minuti a studiarci, in silenzio, mentre lui si diverte sempre di più e io, invece mi agito sempre di più, poi sbuffo e dico: “Non hai nessuna intenzione di dirmelo, vero, chi inviterai a cena?!”. Lui ride divertito: era proprio la domanda che si aspettava. Si avvicina a me e mi solleva il mento, in modo che i nostri occhi siano più vicini, poi sorride e dice: “No, hai indovinato, non te lo dirò. Voglio che tu stia un po’ sulle spine come starò io tutta la sera nel vederti con lui. Ma ho detto che mi fido e ti lascerò fare come vuoi. Ma anche tu ti devi fidare di me: se ti dico che per me, adesso, esisti solo tu di ragazza e che qualunque altra si avvicini a me non la vedo nemmeno, ci devi credere”. Io lo guardo, interdetta, poi cerco di abbassare la testa e lo sguardo, ma lui mi tiene il mento saldamente sollevato, e non posso non perdermi nei suoi occhi, che sembrano sempre così sinceri e puliti che non si può non fidarsi. “E va bene, tienitelo per te, mi fido. Ma promettimi che non farai niente domani sera, a meno che io non te lo richieda in qualche modo”. Vedo i suoi occhi incupirsi e cominciare a lanciare saette. “No, Luke, parlo sul serio, non devi fare niente a meno che io non te lo chieda. Devo cercare di farlo sentire al sicuro e libero di fare come fa sempre, non spaventato. Io mi fido di te ma tu ti devi fidare di me. Promettimelo”. Lui mi guarda, sempre più incupito, poi sospira e mi lascia il mento: “E va bene, te lo prometto. Ma appena mi darai un cenno, per lui non ci sarà più via d’uscita, sappilo”, dice duro. Io sospiro e annuisco, anche se non gli permetterò mai di finire nei guai per colpa di Alex. Lui sembra rilassarsi, poi mi attira a sé e mi bacia con passione: io non posso fare altro che rispondere al suo slancio, che mi coglie sempre di sorpresa, ma che mi fa stare terribilmente bene. Sento le sue mani che, dai fianchi, si stanno muovendo sotto la maglietta e, fino a che mi accarezza lo stomaco, delicatamente, come se avesse paura di farmi male, lo lascio fare e lo bacio con sempre più trasporto, ma appena sento una sua mano che, dallo stomaco risale verso le costole, mi stacco da lui, impaurita, e gli tolgo la mano. Lui apre gli occhi, ancora in trance, e mi guarda interdetto. Io divento paonazza. Non so come spiegargli che mi terrorizza il modo in cui mi tocca, che mi spaventa il modo in cui reagisco a lui, che non è colpa sua, ma solo mia che non riesco più a fidarmi di una persona fino a quel punto. E il problema è che non so se riuscirò mai a farlo, ma lo capirei se lui andasse a cercare i suoi sfoghi da un’altra parte, perché io, ora, non posso dargli quello che vorrebbe, anche se il mio corpo mi sta urlando di non allontanarmi da lui e di lasciare che faccia quello che vuole di me, ma la mia testa è più forte e sta dicendo di no, proteggendo gli slanci del mio corpo con i ricordi oscuri che riaffiorano, non appena qualcuno si avvicina di più a me. “Si può sapere che succede? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”, mi chiede, con la voce roca e l’espressione sempre più confusa. “No, Luke, tu non hai fatto niente di sbagliato”, dico, con voce tremante. “Sono io che sono sbagliata. Non riesco a fidarmi così tanto di te per permetterti certe cose, e già ho abbassato tanti miei muri con te. Ma questo è veramente molto alto e resistente, e non ce la faccio. Ci sono troppi ricordi che mi riaffiorano nella testa e non mi lasciano in pace, non mi lasciano godere il momento. So che non lo puoi capire perché non ti ho raccontato niente, ma con me devi avere pazienza, soprattutto su questo lato. Ma lo capisco che hai dei bisogni e che non puoi aspettare i miei tempi, perciò adesso è il momento di decidere se hai intenzione di aspettare, oppure non ce la fai e hai bisogno di cercare qualcun’altra per sfogarti. Ma almeno la smettiamo subito, prima che qualcuno si faccia davvero troppo male”, dico abbassando la voce e guardando per terra. Spero davvero che dica che ha intenzione di aspettare i miei tempi, anche senza sapere quello che ho alle spalle, ma lo capisco se vuole trovare una meno complicata di me da gestire. Sento che lui fa due passi e si avvicina, fermandosi in silenzio davanti a me. Io alzo la testa, impaurita per quello che sta per dirmi, ma appena i miei occhi nocciola si incatenato ai suoi blu mare, la mia testa smette di funzionare, e non vedo altro che noi e i nostri occhi che si parlano, anche se noi non stiamo dicendo niente. Il suo sguardo è puro, cristallino e pieno di dolcezza: come faccio ad avere paura che mi tocchi uno così? Cavolo, credo sia il sogno di tutte avere un ragazzo come Luke che ti desidera così ardentemente e io che faccio, invece di lasciarmi andare? Mi blocco e mi faccio prendere da mille paranoie. Ma purtroppo il mio cervello non mi avverte quando fa riaffiorare i ricordi più duri del passato, e ovviamente riemergono quando ho una persona che mi sta particolarmente vicino e mi dimostra che mi desidera. Sto trattenendo il fiato, in attesa di una sua risposta, sperando che non decida che non può stare dietro ad una come me, anche se accetterei comunque la sua decisione e andrei avanti, con una cicatrice e una croce in più da portarmi dietro. “Denise”, dice Luke con voce roca, “di ragazze ne ho avute e ne posso avere quante voglio, ma quello che ancora non hai capito, è che io voglio te. Ti voglio in tutti i sensi, sia fisicamente che mentalmente, e ti voglio completamente, ma voglio che la cosa sia reciproca e che sia un’esperienza che entrambi vogliamo. Non ti voglio mettere sotto pressione, e non ho bisogno di sfogarmi con qualcun’altra, perché l’unica con cui voglio avere uno sfogo adesso sei tu. Il mio cervello ricollega sempre te a qualunque cosa faccio o a qualunque altra ragazza io pensi. Non so cosa tu mi abbia fatto, ma non riesco a vedere né desiderare nient’altro che te. E se devo pazientare un po’ per averti tutta per me lo farò, e il momento poi sarà ancora più bello, perché più desiderato. E so che prima o poi riuscirai a raccontarmi cosa ti è successo e cosa ti blocca davvero, ma non voglio costringerti. Sono tutte cose che tu devi fare quando ti senti pronta, io sarò comunque qui, perché ora che ho trovato una ragazza che mi stimola anche mentalmente, e non solo fisicamente, non sono disposto a farla andare via così facilmente”. Le parole di Luke mi hanno sciolto come neve al sole: non potevo desiderare una dichiarazione più bella. Qualcosa di positivo, allora, devo averlo fatto in vita mia, per meritarmi uno come lui al mio fianco. Gli sorrido, grata, e poi mi lancio su di lui baciandolo di nuovo: lui si lascia trasportare da me, restando con le mani sui fianchi e disegnando dei piccoli cerchi che mi mandano fuori di testa. In questo momento mi verrebbe da dirgli: “Oh, al diavolo i problemi, prendimi qui, sull’erba, ora!”, ma so che comincerei a irrigidirmi non appena Luke si avvicina un po’ di più a me, e voglio che questa cosa sia davvero speciale e voluta, senza troppi problemi per la testa, come quelli che ho ora. Mi godo il nostro lungo e appassionato bacio e, dopo aver finito il fiato, ci stacchiamo, sempre più ansimanti e accaldati. “Denise, se continui così avrò bisogno di un’altra riserva di ossigeno, e soprattutto, non potrò continua a mantenere la parola di starti lontano. Mi mandi fuori di testa e sei eccitante da morire”, dice, guardandomi torbido. Io lo guardo, con la gola secca: lui non ha idea che, quando dice così, è il momento in cui mi fa venire ancora più voglia di saltargli addosso. Ma adesso non è proprio il momento, devo cercare di reprimere gli istinti e risolvere prima il casino di Alex, poi i miei casini del passato, e dopo potrò godermi appieno Luke. Sospiro e mi allontano: “Beh, mi fa piacere che anche io riesco a suscitare qualche reazione su di te. Forse non sono poi così male”, dico maliziosa. Ma che cavolo sto facendo? Non avevo deciso di andarci piano e lasciar perdere tutto, fino a che non avessi risolto tutti i miei casini? Ma da dove mi sono uscite quelle parole? Forse perché Luke è così eccitante e sapere che io lo mando fuori di testa mi dà al cervello. Lui si avvicina a grandi falcate, mi prende per i fianchi e mi avvicina al suo bacino: sento la sua prepotente erezione premere contro di me, e non posso fare a meno di spalancare gli occhi e guardarlo, stupita e contenta di essere io a renderlo così. “Qualche reazione?”, mi dice con voce roca all’orecchio, cominciando a mordicchiarmi il lobo. “Questa di sembra qualche reazione? Direi che decisamente non sei male, guarda come mi riduce il solo fatto di baciarti. Ma non riesco a staccarmi da te, sei così buona”, dice, spingendo ancora di più il suo bacino contro di me e tendendomi ferma con una mano alla base della schiena, mentre con l’altra mi tira appena la testa indietro, per permettergli un più facile accesso al mio collo, dove sta lasciando una scia sexy e umida di piccoli baci. Io sospiro di piacere e mi lascio andare al suo tocco, e sento che lui grugnisce quando comincio ad ansimare più forte quando lui si struscia sul mio bacino e la sua bocca si ferma al di sopra della mia maglia. “Ti prego, Denise, non fare così, altrimenti non riuscirò a fermarmi”, sento Luke dire con voce roca e gutturale. Ma la sua voce è lontana e io non riesco quasi a sentirlo, sento solo il suo corpo su di me e il mio che risponde al suo, avido, pregando che questa cosa non finisca, perché è troppo bello. Non dico niente perché non voglio che si fermi, o per lo meno non ancora: è la prima volta che riesco a lasciarmi andare così dopo tanto tempo.

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Capitolo 23
*** la reazione ***


Prendo tra le mani i capelli di Luke, e lo sospingo ancora di più verso di me: non so cosa mi stia succedendo, ma in questo momento non ho nessuna intenzione di fermarlo. Per ora la mia testa è annebbiata dal tocco di Luke, e non riesce a pensare a nient’altro che a questo, e a me va benissimo così. Sento di potermi lasciare andare, almeno un altro po’, dato che con lui so che non mi accadrà niente di male: ha già dimostrato più volte di tenerci molto a me. Luke continua la sua esplorazione al di sopra della mi maglia ma, quando sente le mie mani che lo premono ancora di più su di me, lo prende come un gesto di assenso, e in un attimo si rimette in piedi, dalla nostra posizione un po’ scomoda, mi prende in braccio e mi fa allacciare le gambe al suo bacino, come se non volesse perdersi un attimo di quel contatto. Avendo dovuto abbandonare il mio collo, adesso è tornato a baciare famelico le mie labbra, come se allontanarsi da me per qualche istante potesse causare chissà quali drammi. In pochi passi è di nuovo sotto l’albero dove eravamo prima, e sento la mia schiena premere contro la corteccia dura dell’albero, ma non mi importa: appena sa che sono appoggiata da qualche parte preme ancora di più contro il mio bacino, e lo sento talmente tanto che sembra quasi che non abbiamo alcun tipo di barriera di vestiti a dividerci. Lui ricomincia a baciarmi il collo, e io abbandono di nuovo la testa contro l’albero e comincio a mugolare di piacere, tanto la trovo eccitante questa situazione. Lui toglie una mano dalla base della mia schiena e sento che scende piano verso le natiche: in quel momento spalanco gli occhi e, prima che lui arrivi dove voleva, inizio a dimenarmi e Luke capisce che questa cosa non mi piace più, e quindi mi libera le gambe e mi lascia tornare lentamente tornare a terra. Lui apre gli occhi e mi guarda intensamente: il suo sguardo è pieno di passione, torbido, ma anche un po’ dispiaciuto perché l’ho fermato. Credo che se resto ancora qualche attimo a guardarlo, prima prendo fuoco, e poi lo lascio fare esattamente quello che vuole. Lo guardo respirando velocemente, senza dire una parola, sconvolta da quanto sia stato facile lasciarmi andare a delle carezze più intime rispetto a un bacio, e credo che, se Luke avesse continuato la sua tortura di baci e sfregamenti senza muovere la mano, mi avrebbe portata a un punto di desiderio tale che non sarei mai riuscita a fermarlo. Ma così non è stato, ed è andata meglio così: non volevo certo che la nostra prima volta insieme si svolgesse in un parco, di giorno, dove chiunque ci potesse vedere. Se e mai succederà, dovrà essere nell’intimità di una stanza, ed io non dovrò avere più dei pensieri starni che mi girano per la testa, ma dovrei essere solo concentrata su quello che fa lui e sulle sensazioni che mi suscita. Vedo che Luke ha smesso di fissarmi negli occhi e sta fissando più in basso, verso il mio seno che si alza e si abbassa velocemente per il respiro accelerato, e sorride malizioso. Io lo guardo interrogativa, poi seguo il suo sguardo e mi imbarazzo da morire quando vedo quello che sta fissando: la maglia si è decisamente abbassata e lascia intravedere la prima parte del reggiseno di pizzo fucsia che indosso e che, se non sto attenta, tra poco lascerà poco spazio all’immaginazione. Mi tiro su la maglia velocemente, risistemandola al meglio, e poi guardo di nuovo verso Luke, che adesso è tornato a guardarmi con uno sguardo un po’ dispiaciuto. “Peccato che mi hai fermato e non mi hai fatto godere lo spettacolino di quello che hai lì sotto. Da quello che ho potuto intravedere, mi sembri ben fornita e con un ottimo gusto sull’intimo. Avrei voluto vedere come ti stava tutto questo completino, se sei in abbinato”, dice malizioso, sussurrandomi all’orecchio. Io divento paonazza: questi commenti e complimenti così espliciti sul mio corpo mi mettono sempre in un grande imbarazzo. Sento lui grugnire profondamente e dire in tono sexy: “Ti prego, smettila di fare così e di arrossire così vistosamente ogni volta che ti faccio un qualche tipo di complimento, altrimenti ti salto addosso e ti garantisco che nessuna tua parola o gesto mi farà fermare. E’ già stata dura trattenersi così, non provocarmi oltre”. Io inghiottisco rumorosamente la saliva: lui non sa quanto queste sue parole mi eccitano e quanto vorrei davvero che non si fermasse ogni volta che lo blocco, per vedere davvero dove riesco a spingermi. Ma so che per lui sarebbe una tortura in più, se lo fermassi ancora più in là, e mi sembra che si sia già trattenuto abbastanza. Sorrido, cercando di stemperare l’atmosfera rovente che si è creata: “Mi dispiace, ma non arrossisco volontariamente. E’ che nessuno mi ha mai fatto dei complimenti così espliciti. Comunque ti ringrazio per la pazienza e la forza che dimostri nei miei confronti, non sono tanti quelli che si sarebbero fermati in una situazione del genere, anzi”. Lui fa un sorriso tirato, poi dice: “E’ solo perché tengo a te e a quello che pensi, se no avrei provato a spingermi oltre, anche se mi sarei fermato lo stesso se mi avessi detto di no”. Si avvicina e poggia la fronte sulla mia, sussurrando: “Per me sei adrenalina pura, sei come una droga, non so per quanto ancora riuscirò a starti lontano, anche se proverò con tutte le mie forze a rispettare i tuoi tempi. Ma tutto di te mi manda letteralmente fuori di testa: il tuo corpo, la tua voce, come ti muovi, quello che dici, quello che fai. Ma perché non ti ho conosciuta davvero prima, così avremo evitato di perdere tutto questo tempo a battibeccarci a lezione?”. Io sorrido alla sua rivelazione: è anche per questo che trovo molto facile lasciarmi andare con lui, perché sento da lontano che lui è davvero interessato a me, e che non vuole solo sesso, come da tutte le altre ragazze. “Beh, si vede che era destino che ci conoscessimo davvero così. L’importante, alla fine, è essersi trovati, no?”, dico, continuando a tenere appoggiata la mia fronte sulla sua. Lui annuisce e sospira, come se stesse cercando di placare il fuoco che ha dentro. Forse è il caso che lo lasci sbollire tutta l’eccitazione repressa da solo. A questo pensiero, mi viene in mente che non so nemmeno che ore sono e quanto tempo ho perso, e ruoto il polso per guardare l’orologio: cavolo quanto è tardi. Tra la scenata di Alex, i chiarimenti e gli strusciamenti con Luke, ho perso completamente la cognizione del tempo. Alzo di scatto la testa e vedo che Luke mi guarda imbambolato e un po’ interdetto: “Ehi, ma che ti prende? Pensavo fosse il momento dei chiarimenti e del relax insieme”. Io sorrido, poi dico : “Prima o poi ce la faremo a stare un po’ in relax insieme, ma non adesso, abbiamo fatto troppo tardi. Manca un quarto alle tre e io ancora non ho pranzato, tra quindici minuto mi inizia un corso, e non so nemmeno se Alexandra mi stia cercando o meno, visto che sono sparita”. Lui spalanca gli occhi: “Hai detto che manca un quarto alle tre? Cavolo, io avevo un corso, di quelli facoltativi, che iniziava alle due e mezzo. Stare con te mi fa perdere la cognizione del tempo. Speriamo che il prof non noti la mia assenza e non me lo faccia pesare. Ci vediamo nell’aula del professor Wilson, va bene?”, dice avvicinandosi e dandomi un bacio frettoloso mentre poi inizia ad allontanarsi. Io sorrido al suo modo di fare come due veri fidanzati. “Va bene, a dopo”, dico, mentre lui mi guarda, sorride e mi fa un cenno con la mano. Io rispondo al saluto e poi lui si volta, iniziando a percorrere a grandi falcate il giardino. Io mi guardo intorno alla ricerca della mia borsa, e la vedo poco distante da me, dove mi ero allontanata per fare la telefonata ad Alex. Mi avvicino, la raccolgo, e inizio a frugare dentro alla ricerca del mio cellulare, mentre comincio ad avviarmi anche io verso il centro del campus. Dopo tanto scavare, finalmente riesco a trovarlo e, quando lo prendo in mano, mi viene un colpo al suolo guardare lo schermo del cellulare: ho dieci chiamate perse e almeno cinque messaggi. Accidenti che cambiamento: prima non mi considerava mai nessuno, e il mio cellulare era pressoché morto, tranne per qualche sporadica chiamata di Alexandra, adesso sembro più ricercata che un criminale dalla Cia. Sorrido e guardo le chiamate: otto sono di Alexandra e una di un numero sconosciuto e una di Alex. Sospiro quando vedo il suo nome tra la lista delle chiamate perse: cosa vorrà ancora, visto che ci siamo sentiti nemmeno mezz’ora fa e abbiamo già fissato tutto per domani sera? Sono tentata di richiamare Alexandra, ma prima voglio vedere di chi sono i messaggi, magari sia Alexandra che Alex mi hanno scritto qualcosa. I primi tre messaggi sono di Alexandra, un più preoccupato dell’altro: “Ehi, ma dove sei finita? Pensavo che ti avrei visto prima della lezione, fammi sapere se sei già lì o devo tenere io i posti”; “Mi stai facendo preoccupare, ti ho chiamato quattro volte e non mi rispondi : sicura che vada tutto bene e che non ci sia qualcosa che non va? Comunque, io ti aspetto a lezione”, e poi l’ultimo dei tre, il più bello di tutti che mi strappa un’enorme sorriso: “Io vorrei sapere dove ti sei cacciata: non sei mai in ritardo, rispondi sempre al cellulare e invece ora non sei nemmeno in aula..Ma che ti è preso? Da quando frequenti Luke e Alex sei diventata un’altra persona! Ah, giusto, magari sei con uno dei due a spassartela e io ti sto disturbando..Ok, finisci con comodo, magari ci vediamo a lezione o in camera!”. Scoppio in una fragorosa risata mentre leggo le ultime due righe del messaggio, e mi sento un po’ osservata: alzo la testa dal telefono e mi rendo conto che, senza accorgermene, mi sono avvicinata di molto al campus, e i ragazzi che incrocio mi stanno guardando come se fossi pazza. In effetti, non è tanto normale vedere una che passeggia alla velocità della luce e ride ad alta voce guardando un telefono. Cerco di darmi un contegno, anche se non riesco ad evitare di sorridere e di continuare a guardare il telefono: Alexandra non sa quanto ci è andata vicino sulla storia dello spassarmela, anche se era meglio se fossi riuscita a spassarmela davvero. Faccio un sospiro mentre varco la porta dell’edificio che porta alle aule di lezione: per fortuna mancano ancora cinque minuti all’inizio del corso, e poi i professori hanno il quarto d’ora accademico, quindi magari ce la faccio anche a prendermi un panino. Invece di proseguire per l’aula, torno indietro ed esco di nuovo fuori, alla ricerca del carretto dei panini, mentre ributto il cellulare alla rinfusa nella borsa. Ma, appena lo vedo, il mio stomaco smette di brontolare e mi focalizzo su quello che ho davanti: ci sono ancora troppi ragazzi in fila per poter fare in tempo, ma poi, soprattutto, scorgo una testa bionda che mi fa gelare il sangue. Domani sera sarò prontissima ad affrontare Alex, ma adesso proprio non me la sento, non sono pronta. Giro i tacchi sperando che non mi abbia visto e, appena mi volto, vado a sbattere contro qualcuno: cavolo, ma perché succedono sempre tutte a me? A testa bassa, senza guardare contro chi sono finita, sussurro uno “Scusa, scusa”, ma poi, senza alzare la testa, sento una voce familiare dire ad alta voce: “Denise, finalmente ti ho trovata! Ecco dove ti eri cacciata! Dai, andiamo, che se no arriviamo tardi a lezione! E poi, voglio sapere cosa hai combinato in tutto questo tempo in cui non mi hai risposto. Scommetto che hai qualche scoop piccante da raccontarmi, eh?”. Io divento paonazza, continuando a guardare per terra: so che tutti quelli che erano nelle vicinanze adesso ci stanno guardando, perché Alexandra ha avuto un tono di voce troppo elevato, e sicuramente quello che ha detto non ha fatto altro che attirare ancora di più l’attenzione su di me, cosa che in questo momento volevo proprio evitare. Prendo Alexandra per un braccio, non osando guardare dalla parte del carretto dei panini per accertami che quello fosse Alex o meno, e la trascino velocemente verso l’ingresso delle aule, sussurrandole un: “Alexandra, smettila di gridare i fatti miei ai quattro venti. Già ci sono stati degli episodi poco chiari, oggi, vorrei evitare di alimentare voci non vere sul mio conto, e poi lo sai che odio stare al centro dell’attenzione”. “Scusa, scusa, mamma mia come sei suscettibile. Ma guarda che non te la cavi così: voglio sapere cosa è successo oggi da quando ci siamo salutate, ti trovo diversa”, dice sussurrando e studiandomi di sottecchi, continuando a lasciarsi trascinare. Io sorrido e arrossisco un po’: a lei davvero non si può nascondere nulla, ma adesso non è assolutamente il momento per rivelarle qualcosa. “Denise, ehi, Denise, si tu?”, sento una voce gridare dietro di noi. Appena sento quella voce, inizio ad avere i brividi: adesso non me la sento di parlare con lui, non voglio e non sono pronta, non ho tutta la sicurezza che dimostravo di avere al telefono. Devo riuscire ad essere distaccata da lui e pronta per incontrarlo per non lasciarmi imbambolare e tenere fede al mio piano. Ma ora proprio non posso, perciò decido di fare la cosa più semplice: accelero il passo tirando anche Alexandra che continua a dire: “Ehi, ehi, vacci piano, so camminare anche da sola”, e cerco di arrivare il più velocemente possibile alla porta dell’aula, senza doverlo incontrare. Sento dei passi accelerare dietro di me, ma non ho nessuna intenzione di fermarmi, né di mostrargli che ero davvero io: per fortuna, il mio nome è abbastanza comune al campus, e lui non mi ha visto in faccia, perciò se non mi ferma e domani mi chiede qualcosa, posso dire tranquillamente che non ero io. “Denise, Denise, ma sei tu? Se sei tu, fermati, ti prego, voglio parlare con te”, lo sento urlare, disperato. Mamma mia quanto è bravo a farti sentire in colpa. Ma non ci casco: accelero ancora di più e non sento nemmeno più le proteste di Alexandra dietro di me che chiede spiegazioni, e non mi fermo fino a che non arriviamo in aula e chiudo la porta dietro di me. Appena entriamo, vedo che il professore ancora non è arrivato, ma che gli sguardi di tutti gli studenti sono su di noi, e sento un mormorio continuo: in effetti deve essere proprio strano vederci arrivare di corsa, sudate e sicuramente con il panico negli occhi, per quanto mi riguarda. Fortunatamente, ho sentito i passi di Alex fermarsi non appena abbiamo varcato l’edificio delle aule, forse perché si è reso conto che potevo non essere io o forse perché si sta preservando questa chicca per farmela tirar fuori in qualche modo domani. Sospiro: beh, se domani dirà qualcosa su questo, ci penserò domani, quando sarò sicuramente più lucida e pronta, non sconvolta da tutte le emozioni che mi ha suscitato Luke e su cui lui, adesso, ci ha messo un bel carico da novanta, solo con la sua presenza. Mi giro verso Alexandra, che si sta dimenando per liberarsi dalla mia presa e, come me ne accorgo, immediatamente la mollo, e le mi guarda con una faccia stupita, quasi incredula: in effetti, le devo essere sembrata una pazza, dopo che l’ho zittita e l’ho trascinata via dal giardino di corsa. “Si può sapere che cavolo ti è preso? Io non ti riconosco più. Adesso mi devi spiegare perché mi hai trascinato come un sacco di patate dal giardino a qui, e perché non ti sei fermata quando quel bel ragazzo ti chiamava”, mi dice socchiudendo gli occhi. Io la guardo, colpevole e imbarazzata, poi mi volto e comincio a salire le cale: tutti gli studenti stanno ancora guardando noi, e continuo a bisbigliare indicandoci e ridacchiando. Io cerco di far finta di niente mentre cerco la fila di banchi più vuota in cui sedermi,ì e, appena l’ho trovata, sto per infilarmi, quando sento Alexandra sbottare: “Oh, insomma, adesso basta! Cosa diavolo avete tutti da guardare e bisbigliare? Non avete mai visto arrivare due persone di corsa a lezione? Succede a tutti. Smettetela di comportarvi come se ci fosse sotto qualcosa e voi sapeste tutto, non sapete niente di noi e nessuno ci ha mai conosciuto. Perciò smettetela di comportarvi come se fossimo le protagoniste di un telefilm, perché la vostra vita è troppo banale, e allora avete bisogno di bisbigliare e fare congetture sulla nostra per sentirvi meno miserabili. Ma piantatela!”. Io mi volto, sconvolta: Alexandra ha gli occhi fuori dalle orbite, è rossa in volto e respira velocemente, ma ha ottenuto l’effetto desiderato: nessuno sta dicendo più niente e tutti la stanno guardando in maniera strana, come se volessero dirle qualcosa ma nessuno avesse il coraggio di farlo. Alexandra, per tutta risposta, rivolge un’occhiata gelida a tutta l’aula, e chiunque ci stava guardando si volta verso la scrivania del professore, che è appena entrato nell’aula. Io e Alexandra finiamo rapidamente di salire le scale, mentre il professore dice compiaciuto: “Oh, finalmente un po’ di silenzio in questa aula!”. Io e Alexandra ci sediamo, e mi volto a guardarla, bisbigliando: “Ehi, ma che ti è preso? Come mai questo sfogo? Comunque grazie, non credo avrei retto ancora per molto a tutti gli sguardi e i bisbigli”. “Figurati, non c’è di che. Non sopportavo più questo parlottare dietro le spalle, e nemmeno troppo nascosto. Almeno abbiano il coraggio di dircelo in faccia cosa pensano delle nostre vite, visto che non fanno altro che parlare di quelle, soprattutto della tua dalla scorsa lezione con Alex e Luke”, dice, guardandomi intensamente. Io arrossisco allo sguardo profondo e indagatorio di Alexandra: non resisto quando mi guarda in quel modo e non riesco a non raccontarle tutto. Le sorrido: “Grazie per avermi difeso e per non aver protesto troppo per averti trascinato in giardino. Ti devo raccontare tutto, e dopo lezione lo farò, intanto ti anticipo che da Alex devo e dobbiamo, in generale, starci lontane, perché non è la persona che credevo, ma domani sera lo devo vedere per chiarire diverse cose, mentre Luke è la persona con cui, adesso, mi trovo più a mio agio di tutti, e quello che mi fa stare davvero bene”, le dico, con gli occhi che brillano. Alexandra sorride e mi abbraccia forte: “Lo sapevo io che tra di voi c’era qualcosa di più dell’amicizia!”, dice soddisfatta. “Dopo però voglio sapere tutto, ma ora è meglio se smettiamo di parlare, se no ci cacciano”. Io arrossisco perché Alexandra ha capito che qualcosa è successo tra me e Luke, anche se non ho detto niente di esplicito. Annuisco e cerco l’occorrente per seguire la lezione, anche se non sarà facile perché la mia testa è decisamente da un’altra parte. Mentre cerco le penne, mi capita di nuovo in mano il telefono. Lo guardo per un attimo, poi la curiosità ha la meglio. Lo metto sotto il banco e guardo chi è che mi ha lasciato gli altri due messaggi. Mi viene un colpo quando vedo che il numero è lo stesso sconosciuto di cui ho perso la telefonata: ma chi può essere? Apro tremante il messaggio, mentre vedo che Alexandra mi guarda interrogativa: io, che non ho mai usato il cellulare se non per emergenza e mai a lezione, adesso sono in aula che smanetto tranquillamente. Le mimo un “Poi ti spiego” e apro il messaggio. C’è scritto: “Continua a ribadire che sei la cosa più bella che mi sei capitata negli ultimi anni. E prima o poi so che ti fiderai completamente di me, ti lascerai andare e mi permetterai di averti, in tutti i sensi. E questo pensiero non fa che alimentare sempre di più la mia eccitazione. E quando sarà, so che sarà una cosa completamente diversa dalle altre e speciale, perché tu sei speciale. Ci vediamo dopo”. Io trattengo il fiato a questo messaggio, anche se so che può essere di una sola persona: Luke. Apro anche il secondo messaggio: “A proposito, sono Luke. Spero davvero che non ti caccerai nei guai con Alex e che, una volta finita anche questa storia, potrai dedicarti a me, a noi, perché ti posso garantire che, adesso, mi interessi solo tu, non farti traviare dai discorsi della gente. Ora devo andare a lezione, altrimenti mi cacciano. Non vedo l’ora di essere di nuovo in punizione con te”. Il mio cuore comincia a saltare diversi battiti quando finisco di leggere questi messaggi e comincia a farmi un caldo terribile: cavolo, sentirli dire questi discorsi fa effetto, ma vederli scritti mi sconvolge completamente. Luke Edwards ha davvero perso la testa per la piccola, insulsa, Denise Jhonson. E, adesso, devo trovare qualcosa di altrettanto potente da scrivergli, qualcosa che gli faccia desiderare ancora di più stare con me, e che mi permetta di avere tutta la libertà possibile per quello che devo fare con Alex.

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Capitolo 24
*** Una vera amica ***


La lezione passa in maniera piuttosto tranquilla, in aula regno uno strano silenzio da quando Alexandra ha fatto quella scenata, e sembrano tutti concentrati a seguire quello che il professore sta spiegando. Sarebbe l’atmosfera ideale per imparare e riuscire a prendere tutti gli appunti del mondo senza nessuna interruzione e senza nessun bisbiglio intorno, e prima sarebbe stato così, avrei amato questo silenzio e ringraziato per il fatto che niente e nessuno potesse distrarmi dalle lezioni e dallo studio, ma oggi non è decisamente più così. La mia testa continua a tornare ad oggi pomeriggio, a me e Luke, alle sue parole, al suo corpo, al suo esserci fisicamente ed emotivamente per me, e al fatto che sono riuscita a lasciarmi andare quasi del tutto con lui, una cosa che mi spaventa da morire ma che mi fa anche sentire di nuovo quasi totalmente viva. Non riesco quasi a ricordarmi più della scenata di Alex e perché mi sono impuntata così, eleggendomi a paladina della giustizia per le altre ragazze indifese, visto che io non lo sono mai stata e che adesso non riesco a far altro che a pensare a quanto in intimità mi sono lasciata andare con Luke. E poi, ci sono quei due messaggi che continuano a stare aperti sul mio cellulare, che tengo appoggiato alle gambe, e che non posso fare a meno di continuare a leggere e rileggere, pensando cosa posso rispondergli, perché vorrei riuscire a dire delle cose potenti come lui, ma ho paura che lasciandomi andare troppo, non riuscirò più a tornare indietro, e mi spaventa diventare di nuovo quasi dipendente da una persona, anche se Luke non è certo Marcus. Già Marcus… Il primo amore, quello che avevo creduto essere l’amore della mia vita, la persona senza la quale non sarei riuscita a vivere, e che invece mi aveva trascinato in un buco nero senza fine. Non so chi o cosa mi abbia dato la forza di uscire da quell’incubo, e di rialzarmi, riuscendo poi a costruire una vita quasi normale, anche se questo ha significato dover chiudere tutti i ponti con il passato e con tutte le persone che ne facevano parte. Ripensare a lui e a tutta quella storia mi fa ancora male, non credevo che, passati cinque anni in cui ero riuscita a cancellare quasi del tutto il mio passato, ogniqualvolta ci ripenso mi faccia sempre male, come se fosse un dolore perpetuo, che non è destinato a scomparire, nonostante io ci provi con tutte le mie forze. Certo, sono diventata una ragazza più forte, e ci sono tante cose che ora mi influenzano meno e decisamente non cedo più a facili moine, ma con Luke è stato tutto diverso, lui ha ribaltato tutto e, pian piano, sta abbattendo tutti i muri di cui mi sono circondata per non fare avvicinare più nessuno e per non permettere più a nessuno di arrivare così in intimità e da far sì che io mi fidassi così tanto da lasciargli fare qualunque cosa volessero, tanto da arrivare ad annullarmi per loro e diventare totalmente un’altra persona, come un automa che pensa solo a far felici certe persone e non pensa più con il proprio cervello, diventando semplicemente una marionetta nelle mani di chi diceva di amarmi e volermi bene. Mi vengono i brividi a pensare a quelle situazioni e a me in quello stato e, nonostante ora ci sia Luke nella mia vita, sento che cercare di capire cosa fa Alex alle ragazze e vedere se riesco a fermarlo per riuscire a fermare anche un po’ dei miei demoni del passato, sia la soluzione ottimale per cercare di avere un po’ più di pace e tranquillità. Certo, dovrei anche cercare di capire con quali ragazze di è divertito e cercare di incontrarle e capire cosa gli ha fatto davvero, anche se non sarà facile. Anche se, forse, un’idea ce l’ho, e non è nemmeno di difficile realizzazione. Sorrido come una scema alla mia idea: sapere di poter far qualcosa per cercare di far sì che ad altre ragazze non succeda di essere risucchiate da una personalità maschile troppo prepotente, mi fa sentire forte e ancora più sicura di quello che voglio fare, anche se significa mettermi in mostra e stare al centro dell’attenzione, ma tanto, ormai, ho perso la mia quota di invisibilità da quando le persone mi hanno visto entrare in aula con Alex e avere atteggiamenti strani con Luke. Se solo sapessero tutti cos’altro è successo davvero con Luke, passerei sicuramente per una poco di buono che cerca di spassarsela con due ragazzi, tra l’altro i due più belli e popolari dell’università, anche se nessuno sa che con Alex, di base, n on c’è mai stato niente, nonostante abbia cercato di marcare il territorio quando mi ha lasciato in aula. Ma, forse, non fosse stato per quel suo gesto così esplicito, Luke non si sarebbe deciso a fare quel passo che, probabilmente, entrambi volevamo così fortemente, ma eravamo troppo spaventati e attaccati alle nostre relative reputazioni per poterci provare davvero. In un certo senso, devo ringraziare Alex per avermi fatto avvicinare così tanto a Luke e, soprattutto, devo ringraziare il suo atteggiamento di oggi in mensa che mi ha fatto aprire gli occhi su che razza di persona sia lui davvero, e su chi ho io davvero ora accanto. Nonostante Luke sia sempre stato spavaldo e pieno di donne che non facevano altro che cadere ai suoi piedi ed essere a sua completa disposizione solo per averlo, con me si è dimostrato essere la persona più dolce e comprensiva del mondo, che ha deciso di rispettare i miei tempi nonostante non sappia niente di quello che mi è successo in passato. Sospiro lievemente a questo pensiero: prima o poi dovrò decidermi a raccontargli tutto, anche se forse quello che dirò lo farà scappare o andare fuori di testa, conoscendolo più probabilmente la seconda opzione, ma io non voglio che lui finisca nei guai per una cosa che è successa nel passato e da cui mi sono più o meno liberata, anche se ogni tanto torna a farmi visita nei miei incubi, o quando succede qualcosa che mi ricorda determinate situazioni. “Ehi, bella addormentata, ci sei?”, sento la voce di Alexandra sussurrarmi ad un orecchio. Io sbatto gli occhi, cercando di tornare in aula e di smettere di perdermi tra i miei pensieri che continuano a collegarsi tra loro in un maniera sempre più strana, portandomi a rivivere situazioni del passato e del presente nello stesso momento. “Sì, ci sono, scusa, mi ero un attimo persa nei miei pensieri”, bisbiglio di rimando. “Non ti ho mai vista così distratta ad una lezione, soprattutto non a questa, visto che Storia dei Media, è sempre stata la tua materia preferita. Ma sei proprio assente, come se stessi vivendo in un mondo tutto tuo, e ti ho vista arrossire, sorridere e sospirare da sola, come se fossi persa da qualche parte. E poi, continui ad avere quel cellulare sulle gambe e guardarlo come un’ebete, anche se non riesco a capire che cosa ti sia stato scritto e soprattutto da chi, visto che sei così assente. Cosa è successo oggi in pausa pranzo, da renderti così strana?”, mi chiede, sgranando gli occhi, preoccupata. Io la guardo, non sapendo bene cosa rispondere: ha ragione, mi sono persa in un mondo tutto mio, e non mi sembra nemmeno di essere più la Denise che ero due giorni fa, sono cambiata e sono diventata un’altra persona, anche se ancora non riesco a decidere se mi piace questa nuova versione di me oppure no. Riesco ancora a conservare un qualcosa della vecchia me, della ragazza diligente e studiosa che vuol raggiungere il suo obiettivo, ma dentro di me ora è stata accesa una miccia che è pronta ad esplodere, e non credo di avere nessuna intenzione di fermarla, per quanto pericoloso potrà essere. Sono scappata, mi sono nascosta, ho fatto perdere le mie tracce e ho cercato di andare avanti, ma sembra che tutto questo non abbia funzionato molto e, ora che ho una persona al mio fianco che sembra darmi tutta la fiducia e l’appoggio del mondo, non ho nessuna intenzione di tirarmi indietro davanti a quello che il destino ha avuto in mente di farmi trovare di nuovo nel mezzo. Forse era un modo per dirmi che, scappando, il capitolo non era chiuso, e ora mi si sta riproponendo la stessa cosa, anche se in termini più soft. Ma ora non sono più la ragazzina spaventata di cinque anni fa, e non ho nessuna intenzione di scappare, ma voglio risolvere le cose sia per le ragazze come me, che per darmi un po’ di tregua e perdonarmi, capendo di aver fatto tutto quello che potevo fare e sperando di riuscire a capire che non è stata colpa mia tutto quello che è accaduto, cosa che gli altri mi hanno sempre fatto credere. “Non voglio metterti nei guai con i professori, Alexandra, perciò ti prometto che ti racconterò tutto appena finita la lezione. E’ vero, è successo qualcosa in pausa pranzo che mi ha cambiato, ma il mio cambiamento è avvenuto quando Luke è entrato come un tornado nella mia vita, e ha fatto vacillare tutte le cose in cui credevo fermamente e tutto quello che credevo che fosse importante, fino ad ora, cose che adesso non credo più che siano così fondamentali. E il messaggio è suo, ma non so come rispondere”, bisbiglio, decidendomi a passarle il cellulare e a farle leggere quello che c’è scritto. Vedi gli occhi di Alexandra che si spalancano per la sorpresa, quando legge quello che c’è scritto sopra, e soprattutto da chi proviene il messaggio: ha un espressione buffissima in questo momento, sembra un panda dei cartoni animati. Si gira verso di me con lo stesso sguardo sorpreso, ma con gli occhi che le brillano dalla felicità, poi mi abbraccia velocemente e mi dice: “Io non ci posso credere. Come cavolo hai fatto a far diventare Luke Edwards quasi un fidanzato perfetto? Lui, che ha sempre corso dietro qualunque gonna si trovasse attorno, adesso fa la persona seria con te? Mi devi spiegare come hai fatto a renderlo così. E poi, che vuol dire che vuole averti in tutti i sensi e che è eccitato? Cosa cavolo avete combinato oggi pomeriggio? Non mi puoi tenere sulle spine, c’è ancora un’altra ora prima che finisca la lezione!”. Io la guardo, sorridendo: è proprio buffa quando è così curiosa, ma non sono così cattiva da lasciarla sulle spine per molto: “Beh, diciamo che abbiamo avuto un po’ di intimità, anche se non è successo niente”, mi affretto a dirle, quando mi strizza il braccio e mi guarda con gli occhi sempre più spalancati. “Diciamo che lui è molto bravo a rispettare i miei tempi, e non mi forza a fare niente che non voglia, e per questo lo ringrazio. Non è la persona che pensavo che fosse, e tutti questi suoi accorgimenti nei miei confronti mi fanno capire che, per lui, non sono una come tutte le altre, da portare a letto e basta, ma ci tiene davvero a me, a quello che provo e a quello che penso. Non avrei mai detto che Luke Edwards potesse provare dei sentimenti che non fossero direttamente collegati ai suoi pantaloni, ma in realtà è una persona con un cervello ed un cuore molto grande, solo che non lo fa mai vedere a nessuno, ha la sua reputazione da macho man da mantenere, ma con me non è mai stato così”, dico sorridendo. Vedo Alexandra che spalanca sempre di più i suoi occhioni color smeraldo e poi sorride felice: “Io non so come tu abbia fatto a cambiare una persona come Luke, credo che chiunque sia stata con lui abbia avuto il desiderio, almeno un po’, di diventare davvero la sua ragazza. E tu, che non gli hai dato niente, sei riuscita a farlo diventare quel ragazzo attento e premuroso che tutte vorremmo. Io non riesco a capire come tu riesca a trattenerti da una tale macchina del sesso, bello ed eccitante da morire, io non ho saputo resistere”, dice, mettendosi subito dopo la mano davanti alla bocca. Io la guardo interrogativa, anche se, in effetti, la sua ultima frase mi ha accesso una punta di gelosia: non avevo ricollegato che la mia migliore amica era stata con quello che io sto frequentando, e che loro si sono visti nudi, e sinceramente questa cosa mi dà alquanto fastidio, visto che ora sto iniziando a tenerci davvero a Luke come persona. So che lui è stato con tante ragazze, ma sapere che è andato anche con la mia migliore amica, che ha sempre detto che è uno molto bravo a letto, mi fa proprio rabbia, anche perché io non sono bella ed espansiva come Alexandra, e ho paura che anche lui faccia un confronto tra me e lei, confronto che io perderei sicuramente, come faccio sempre quando provo a confrontarmi con lei. “Oddio, scusa, non volevo..”, mi sussurra, Alexandra, imbarazzatissima. “Non avrei mai pensato di non voler essere andata con qualcuno solo perché interessa a te, e di sicuro non con uno come Luke Edwards. Ma davvero, tra me e lui è stato solo sesso, e te lo avevo già detto, ma niente di più, perché lui non voleva niente di più da nessuna, figurati da me, e a me stava benissimo così, anche io volevo solo divertirmi. Ma ora per me c’è Andrew, e Luke non me lo ricordo nemmeno più come è fatto, è stata una bella esperienza, sì, ma niente di più di questo”,. Io mi scanso da lei, e poi la guardo intensamente: in effetti, che diritto ho io di essere gelosa delle donne del passato di Luke? Lo sapevo che è sempre stato pieno di donne, e non lo ha mai nascosto, quindi non posso certo essere gelosa di tutte quelle che sono state con lui e che lo hanno visto nudo, altrimenti dovrei essere gelosa di più della metà delle studentesse di Harvard. Ma sapere che è stato con tante altre mi dà fastidio relativamente, lo sapevo già, ma ricollegare che anche Alexandra è stata con lui, non so perché ma mi da particolarmente fastidio, anche se è stata una cosa passata che non ha significato niente per nessuno dei due. Sospiro: “Lo so che tra te e Luke non c’era nessun sentimento, ma sapere che la mia migliore amica è andata a letto con il ragazzo che mi interessa, mi infastidisce un po’. So che non posso essere gelosa del suo passato, anche perché di ragazze ne ha avute veramente tante, ma sapere che tu sei stata in intimità con lui, mi dà particolarmente fastidio. Ma mi passerà, non te ne voglio fare una colpa né essere gelosa, alla fine il passato è passato giusto?”, dico, facendo un sorriso tirato e non credendoci nemmeno un po’ all’ultima frase che ho detto. Alexandra, che mi ha guardato un po’ preoccupata per tutto il tempo che ho parlato, ora si apre in un piccolo sorriso: “Immagino che ti possa dar fastidio, ma ti garantisco che per me ora c’è solo Andrew e non mi interessa nient’altro. Luke è stato un piacevole diversivo per una serata, ma niente di più. E sono sicura che il tuo momento con lui sarà più magico di quello che qualunque altra ragazza ha passato con lui, perché ti vuole tutta, sentimenti e pensieri compresi e, in questo senso, credo che tu sarai la prima, quindi non devi sentirti inferiore alle altre che ha avuto né essere gelosa di nessuno, perché nessuna ha mai avuto quello che hai tu adesso da Luke Edwards”. Io la guardo un po’ interdetta per un attimo, come se mi sembrasse che stesse cercando di dare meno importanza a quello che ha fatto con Luke, poi scrollo le spalle e decido di ascoltare quello che lei ha detto: lui può essere stato fisicamente con tante ragazze, ma mentalmente e con il cuore forse non è mai stato davvero con nessuna, e forse la prima potrei essere io. Sorrido a questa ide, e spero davvero che prima o poi riuscirò a darmi completamente a lui, per sapere cosa significa andare davvero con Luke. “Lo so che per te ora c’è solo Andrew, e sono felice per te, e so che Luke è stato solo un divertimento. Ma sicuramente è meglio se non ci penso che ci sei stata, voglio solo pensare che, se e quando succederà qualcosa con me, sarà una cosa totalmente diversa da quella che ha fatto con tutte le altre”, le dico sorridendo. Lei mi sorride, poi mi ripassa il telefono e dice: “Oh, sì, da quello che ti scrive direi che sarà una cosa totalmente diversa. Direi che è il caso che tu risponda a dei messaggi così, no?”. Riprendo il telefono e rileggo quei messaggi, poi sospiro e annuisco. Alexandra si rimette a seguire la lezione ed io, di getto, scrivo il messaggio: “Anche tu sei speciale per me, e ti garantisco che non mi sono mai lasciata andare con qualcuno come ho fatto con te oggi. Spero che avrai la pazienza per aspettarmi, e ti prometto che non ti deluderò. Anche tu sei la cosa più bella che mi è capitata in questi ultimi cinque anni, la persona che mi sta facendo ricredere sul genere maschile. E non preoccuparti per Alex, lui con me non ha nessun tipo di speranza, ma è una cosa che devo fare, e ti prometto che starò attenta. E, dopo, forse, potrò raccontarti tutto e stare liberamente con te. Non vedo l’ora che sia oggi pomeriggio, passare il pomeriggio in punizione con te è la cosa migliore che potessi desiderare. A dopo”, e poi, senza pensarci troppo, premo invio. Sorrido soddisfatta per la mia risposta, e provo a seguire un po’ la lezione, anche se non è una cosa facile con tutti questi pensieri che mi ronzano in testa e che sembra che non abbiano proprio intenzione di uscire da lì. L’ultima ora di lezione passa abbastanza tranquilla, e riesco anche a prendere qualche appunto nonostante abbia sempre la testa da un’altra parte. Io e Alexandra aspettiamo, come sempre, che l’aula inizi a svuotarsi prima di uscire e, mentre gli altri stanno uscendo e continuano a guardarci e a lanciarci occhiate torve, soprattutto verso Alexandra che, per tutta risposta, li guarda ancora più male di come loro guardano lei, costringendogli a girarsi dall’altra parte e ad uscire il più velocemente possibile dall’aula, lei mi dice: “A parte tutta questa gente che sembra abbia bolgia di uccidermi solo perché ho detto la verità, mi vuoi dire adesso cosa è successo tra te e Luke, visto i messaggi roventi che vi state scambiando?”. Io la guardo e arrossisco vistosamente: nonostante lei sia la mia migliore amica e mi abbia sempre raccontato quasi tutto delle sue esperienze, a volte anche troppo, mi imbarazza raccontarle certe cose, ma so che, dopo averla trascinata nel mezzo con Alex che ci urlava contro, non posso non dirle niente, quindi sospiro e dico, cercando di essere il più breve possibile: “Dopo che tu te ne sei andata dall’aula, io sono rimasta a sistemare le mie cose e, mentre mi stavo alzando per andarmene, è comparso Luke, ha chiuso la porta e si è avvicinato a me senza dire una parola e poi, guardandomi negli occhi, mi ha baciata, un bacio di quelli da film, che ti fanno sciogliere e ti fanno tremare le ginocchia, e non siamo riusciti a staccarci da quella posizione per molto tempo. Poi, finalmente, siamo riusciti un po’ a parlare, e mi ha detto che ha fatto quel gesto perché aveva visto Alex che mi aveva accompagnato in aula e mi aveva baciato, ed è diventato talmente geloso che ha dovuto provare a fare qualcosa. E da lì ho capito che mi interessava più lui che Alex. Poi ci siamo salutati ed io sono andata in mensa, dove un ragazzo abbastanza sporco e strano ha cercato di abbordarmi e, nonostante sapessi difendermi da sola, è arrivato Alex che, senza tanti complimenti, lo ha preso a pugni e ha continuato a calciarlo mentre era a terra, senza nessuno segno di pentimento per quello che stava facendo”. Mi fermo un attimo per vedere la reazione di Alexandra, che mi guarda a bocca spalancata e incredula, incitandomi con la mano ad andare avanti. Io mi guardo intorno e, appena vedo che intorno a noi non c’è quasi più nessuno e siamo rimaste praticamente da sole, tranne per qualche studente delle ultime file che sta finendo di uscire dall’aula, torno ad usare un tono più normale e proseguo: “Questa sua cattiveria e questo suo picchiare la gente senza pietà, mi ha spaventato molto e sono fuggita via. Ho corso per tutto il giardino, allontanandomi dalla zona delle aule e cercando un posto più tranquillo in cui andare e cercare di pendere il controllo di me stessa, perché vedere lui in quel modo mi aveva sconvolto tanto. Mentre correvo, un braccio mi ha fermato e, quando ho scoperto che era Luke, mi sono sciolta: gli ho raccontato tutto, abbiamo parlato, mi ha raccontato che Alex sfrutta le ragazze più deboli, ma non mi ha voluto dire altro, e allora ho deciso che, comunque, dovevo chiudere questa storia, prima di riuscire a stare davvero bene con Luke, e che quindi sarei uscita di nuovo, domani sera, con Alex, per cercare di capire cosa fa davvero lui con le ragazze e dargli una lezione, perché non mi sono mai piaciuti i ragazzi come lui che cercano di sottomettere in tutti i modi le donne. Luke non era molto d’accordo, ma alla fine ha desistito e mi ha lasciato fare come voglio e, tra tutti questi nostri discorsi, ci siamo confessati un po’ di paure e siamo entrati più in intimità, in tutti i sensi. Ci siamo baciati ancora e ancora ma, quando lui ha provato a spingersi oltre, io l’ho fermato perché non me la sentivo, e questo è tutto. E’ anche il motivo per cui, prima, quando ho capito che era Alex quello al carretto dei panini, ho fatto finta di non essere io e ti ho trascinato in aula, perché non sono pronta per affrontarlo, non adesso. Domani sera a cena sarò psicologicamente pronta perché so che dovrò affrontarlo, ma così dal niente non sono affatto pronta né sicura di riuscire a fare quello che voglio fare”. Mi zittisco e aspetto la reazione di Alexandra, che non tarda ad arrivare: chiude la bocca, che ha tenuto spalancata per tutto il racconto, aprendo più o meno gli occhi in base a che parte di racconto ero ed esclama: “Che cosa???Alex è un tipo poco raccomandabile, che prende a pugni uno solo perché ha cercato di rimorchiarti e Luke ti lascia uscire lo stesso con lui? E che lezione vorresti dargli, scusa? Lui è più forte di te di dieci volte, rischia di schiacciarti, in tutti i sensi. E così, finalmente, sei riuscita a baciarti con Luke, eh? Ora capisco il perché di tutti quei messaggi roventi, cavolo vorrei averle visto anche io queste scene! Sono davvero contenta per te!”, dice abbracciandomi, mentre salta da un discorso ad un altro. Io mi lascio soffocare dal suo abbraccio, poi mi scanso e le dico: “Anche io sono felice, ma so che non potrò mai stare in pace con Luke se prima non risolvo questa storia con Alex. Ma lo sai che hai detto le stesse cose di Luke, quando ho detto che volevo vedere Alex per chiudere e dargli una lezione? Ma come ho risposto a lui, non ti preoccupare: so difendermi, e poi ci sarà anche lui a cena in quel ristorante con un’altra, anche se non mi ha voluto dire con chi verrà, per tenere sotto controllo la situazione e intervenire se ho bisogno, ma non credo sarà necessario”, e sento che Alexandra sospira di sollievo a queste parole. “Bene, ora che sai tutto, stai lontana da Alex, se mai ti ronzasse intorno, mi raccomando. E mi raccomando, mantieni il segreto su me e Luke: non vogliamo che gli altri sappiano che ci stiamo frequentando, non per il momento. Dobbiamo vedere se siamo capaci di stare insieme, io e lui, prima di mettere nel mezzo tutta l’università che, sicuramente, avrà da dire la sua. Abbiamo deciso di andarci con calma e di non sbandierare la cosa ai quattro venti. Ora andiamo che vedo se riesco a mangiare qualcosa prima di tornare in camera a studiare un po’, che poi ho di nuovo la punizione con Luke”, dico sorridendo, come se stessi andando ad un appuntamento, invece che in punizione. Alexandra mi sorride, poi dice: “Giuro che terrò il tuo segreto per me e sarete coi a decidere quando rendere pubblica la cosa. Io e Andrew vi possiamo coprire ogni qualvolta ne avrete bisogno”, mi dice sorridendo. Io le mormoro un “Grazie”, e poi scendiamo le scale a braccetto e usciamo dall’aula, sempre abbracciate l’una all’altra. Appena varchiamo la porta, mi blocco, e la stessa cosa fa Alexandra, strizzandomi forte il braccio e guardandomi allarmata, non appena vede chi ci si è parato davanti: “Ciao Denise, mi sembrava che fossi tu prima. Che dici, possiamo parlare un po’ anche ora, invece di aspettare domani sera? Vorrei chiarire alcune cose e riuscire a passare una bella serata con te domani”, dice la voce accattivante e melliflua di Alex, che guarda intensamente prima me e poi Alexandra. Perfetto, non ci mancava altro che lui adesso. E ora, come me la cavo?

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Capitolo 25
*** prime spiegazioni ***


Sento che Alexandra mi stringe ancora di più il braccio, mentre io guardo lui, seria, e poi lei, che mi sta guardando pregando con gli occhi che gli dica di no. Ma so che non posso continuare ad evitarlo, e se mi vuole dire qualcosa ora è meglio che lo faccia in un posto dove ci sono persone e di giorno, anche perchè non credo che farebbe niente di strano dentro al campus. Sospiro: “Ciao Alex. Avevo sentito qualcuno prima chiamarmi, ma ero in ritardo e non potevo fermarmi. Io adesso non ho molto tempo, ma se proprio vuoi parlare, facciamo una cosa da una mezz’oretta, che poi devo tornare in camera a studiare. E domani sera avrai tutta la mia attenzione e il mio tempo”, dico, cercando di fare la carina, anche se il mio sguardo nei suoi confronti è di ghiaccio. “Bene, ti prometto che non ti porterò via molto tempo. Se vuole, può venire anche la tua amica”, dice, rivolgendo un’occhiata languida e maliziosa verso Alexandra. Lei lo guarda, quasi schifata, e a me viene da sorridere: e pensare che, prima che le dicessi come si era comportato con quel ragazzo e che reazioni mi aveva suscitato, diceva che avevo vinto al lotto uscendo con lui, che era un bel ragazzo e che sicuramente si comportava meglio di Luke, e mi aveva spinto ad accettare di uscire con lui. Ora sembra che lo voglia uccidere con lo sguardo, ma spero che non dica niente di storto e che non mi rovini il piano. Mi guarda intensamente, prima di rispondere, anche se io le sto dicendo con gli occhi di non venire, perché non vorrei che rovinasse tutto quello che ho in mente. Lei mi studia, poi risponde: “No, grazie, io ho altro da fare e poi il mio fidanzato mi sta aspettando”, dice gelida Alexandra. Alex la guarda, studiandola, poi scrolla le spalle e, molto tranquillamente dice: “Ok, nessun problema, pensavo che Denise volesse avere compagnia e io non ho niente da nascondere, però se non puoi non ci sono problemi”, e le sorride. Alexandra gli fa un sorriso tirato, poi si gira verso di me e dice: “Io vado, ti aspetto in camera, non fare troppo tardi perché dobbiamo sistemare quel progetto per domani. Tanto avrete tempo per parlare di più domani sera, no?”, dice sorridendo, guardando prima lui, poi me. Lui annuisce, io la guardo intensamente e le dico: “Sì, certo, vai tranquillamente, tanto tra poco arrivo. Mangio qualcosa al volo al bar, faccio due chiacchiere con Alex e torno in camera”, dico, mostrando una tranquillità che non provo affatto. Alexandra mi guarda di sottecchi, mentre io guardo Alex che sorride vittorioso, poi dice: “Ok, io allora vado. Buon pranzo”, dice, lasciandomi il braccio e allontanandosi, continuando a guardare verso di me mentre esce dal portone dell’edificio. “Carina anche la tua amica. Se voleva poteva unirsi a noi anche con il suo fidanzato, io non ho niente da nascondere e mi interessi solo tu”, dice Alex avvicinandosi a me, quando Alexandra si è allontanata. Io faccio un passo indietro per rimettere la giusta distanza tra di noi, anche se sono pericolosamente vicina al muro, e tra poco rischio di trovarmi incastrata con lui, senza via di fuga. “Lo so che non hai niente da nascondere, se no non le avresti detto di unirsi a noi, anche se io preferisco parlare da soli, se hai qualcosa da dirmi”, dico sicura. In effetti, non so come mai abbia detto ad Alexandra di unirsi, se voleva parlare di quello che aveva fatto a mensa. Magari lei nemmeno lo sapeva quello che era successo, ma forse voleva farmi semplicemente stare più tranquilla, nella speranza che lei dicesse di no, visto che sembrava una sorta di appuntamento. “Certo che ho qualcosa da dirti, se no non ti avrei mai chiesto di vederci adesso. Ti ho sentita particolarmente sconvolta al telefono, e non voglio che tu ti faccia un’opinione completamente sbagliata su di me o su quello che ho fatto. Ti devo spiegare, e prima lo faccio e meglio è, così possiamo goderci la serata di domani in tutta tranquillità, senza stress”, dice sollevando una mano e accarezzandomi piano il volto. Io rabbrividisco a quel contatto: se prima mi avrebbe fatto piacere un po’ più di intimità con lui, adesso mi spaventa, e mi sembra di tradire Luke ogni volta che lui mi sfiora. Ma so che non posso fargli capire niente, non posso fargli nemmeno intuire che il contatto con lui non mi piace o che nella mia testa c’è qualcos’altro, quindi faccio un profondo respiro e sguscio da sotto il suo braccio, sorridendo: “Sono d’accordo con te, meglio chiarire adesso. Andiamo al bar, che sto morendo di fame? Così mi dici tutto quello che mi devi dire”, dico tranquilla. Lui mi guarda, un po’ interdetto per il fatto che sono sgusciata via, ma poi sorride e dice: “Certo, andiamo, non si dica mai che Alex Mitchell ha fatto morire di fame una bella ragazza”. Io sorrido, mostrando una contentezza a quel complimento che non provo, e non arrossendo nemmeno un po’, cosa che mi succede costantemente quando qualcuno mi fa un complimento. Ma adesso ho la guardia altissima, e credo che niente di quello che Alex potrà dirmi, mi farà cambiare idea su quello che ho in mente, e su quello che sto pensando di lui. Ci incamminiamo verso il portone di uscita, e sento che lui si avvicina a me, cercando la mia mano: la cosa mi provoca non poco imbarazzo, perché non voglio prenderla, anche se stamani l’ho fatto, e davanti a tutti, ma ora le cose sono molto cambiate, in tutti i sensi, e non lo trovo giusto né nei con fronti di Luke né nei miei, perciò mi metto a far finta di cercare qualcosa in borsa e allontano la mia mano dalla sua. Sento Alex che rallenta un pochino il passo, e si allontana un po’, mentre io cerco di non dare peso a quello che sta succedendo, e che sia del tutto una casualità il fatto che, proprio adesso mentre lui cerca di prendermi per mano, io abbia qualcosa da cercare in borsa. Continua a scavare, cercando forsennatamente qualcosa che non faccia capire che, in effetti, volevo scansare questo contatto, anche se credo che lo abbia già capito, poi mi viene un lampo di genio, e tiro fuori un fazzoletto, facendo finta di soffiarmi il naso. Sento Alex che si riavvicina a questo mio gesto, quasi rilassato, poi lo guardo e dico, fingendomi imbarazzata: “Scusa, sono un po’ raffreddata, lo so che non sono un bello spettacolo”, Lui mi guarda, sorridendo, uno di quei sorrisi che ti farebbero venire voglia di dire: “dimmi e fammi quello che vuoi, sono tua”, con quegli occhi neri che ti studiano e sembrano bramarti, e ti fanno sentire quasi nuda sotto quello sguardo attento, poi dice, avvicinandosi al mio orecchio e facendomi venire i brividi: “Tu sei sempre un bello spettacolo, anche quando ti soffi in naso o non sei in tiro per una cena. Non ti devi scusare, anzi, è bello vedere una ragazza davvero umana, che non cerca a tutti i costi di essere perfetta per piacermi”. Il suo alito vicino all’orecchio mi fa surriscaldare: cavolo, ma perché il mio corpo ha delle reazioni così potenti quando mi trovo sia vicino ad Alex che a Luke? Eppure so che Alex è pericoloso, e il mio cervello e il mio cuore si sta totalmente distaccando da lui, guardandolo solo in maniera critica, come qualcuno a cui dare una lezione per quello che fa, mentre il mio corpo e i miei ormoni sembrano impazziti alla sua vicinanza come a quella di Luke, e questa cosa mi spaventa: non vorrei che, prima o poi, le reazioni del mio corpo sovrastassero i pensieri della mente e del cuore e, quindi, per ovviare a qualsiasi tipo di problema, devo cercare di stare il più distante possibile da lui e dai suoi occhi, che mi hanno sempre ipnotizzato in un modo che non credevo possibile, anche se quelli di Luke mi dicono molte più cose di quelli Alex. Ma il mistero che si cela sempre dietro quelle pozze nere e che lasciano trapelare veramente poco di quello che davvero ha per la testa, sono un attrattiva veramente troppo forte per me, e devo cercare di non farmi ipnotizzare dal suo sguardo e da tutte le sensazioni che mi suscita. Comincio a far finta che mi stia per scappare uno stranuto, e lo allontano un po’ da me: poi ovviamente lo starnuto non arriva, e di nuovo mi scuso, come se non fosse davvero colpa mia: “Scusami, non vorrei che lo prendessi anche tu il raffreddore per colpa mia. Dai, muoviamoci, e andiamo a mangiare qualcosa, così magari riesco a riscaldarmi un po’ ”, dico, iniziando a grattarmi il naso e facendomi rossa, come se mi stessi davvero raffreddando. “Certo, non voglio che ti ammali proprio per domani sera. Ti voglio in forma, e anche io voglio essere in forma, voglio passare davvero una bella serata con te. E adesso vorrei chiarire con te quello che è successo oggi”, mi dice, guardandomi serio. Io mi blocco un attimo, fissandolo intensamente, poi faccio un sorriso timido e dico: “Mettiamoci a tavolino e poi mi dici tutto quello ch e devi, anche perché io davvero non ho molto tempo, e stare mezza e mezza non aiuta”, dico quasi dispiaciuta. Lui mi guarda sorridente e comprensivo, poi accelera il passo e arriva davanti alla porta del bar, tenendomela aperta. Io accelero il passo ed entro dentro prima di lui, lasciando che richiuda la porta dietro di me. Appena entro, mi avvicino subito al bancone: la fame che prima mi era un po’ passata per via dello stress, adesso è tornata con tutta la sua prepotenza, e quindi scelgo un bel panino farcito con una bottiglietta d’acqua. Arrivo alla cassa per pagare, sto per aprire la borsa, quando sento la mano di Luke sulla mia, che mi ferma: “Offro io. Dovrò iniziare a farmi perdonare in qualche modo per la paura che suppongo di averti fatto oggi”, dice con un sorriso accattivante. Io lo guardo, interdetta: non mi piace che sia sempre lui a pagare, soprattutto quando lui nemmeno mangia e mi fa sentire sempre e comunque in debito. “No, Alex, non importa, davvero. Faccio io, tu nemmeno pranzi, non mi sembra giusto”. La ragazza dall’altra parte della cassa sbuffa sonoramente, e io mi volto a guardarlo con uno sguardo freddo e tagliente: “Scusa, hai qualche problema?”, le chiedo. Lei mi guarda, indecisa su rispondermi o meno, poi sembra prender coraggio e apre bocca: “Io non ho nessun problema, ma quando un bel ragazzo come lui ti vuol offrire da mangiare, la cosa più carina che puoi fare e accettare e ringraziare, non voler pagare a tutti i costi di tasca tua”, dice, guardando Alex con gli occhi a cuoricino. Io la guardo come se volessi ucciderla, poi in tono freddo, dico: “Beh, quello che faccio io non è un problema tuo, perciò, se non ti dispiace, saresti pregata di farti gli affari tuoi e non intrometterti in cose e persone che non conosci nemmeno”. La ragazza apre la bocca, come se volesse far uscire un qualche suono, ma poi la richiude velocemente perché non sa cosa rispondermi e perché, soprattutto, Alex ha già messo i soldi in mano a lei, mentre io ero presa a discutere. Lei lo guarda, grata, e porge a me stizzita lo scontrino, mentre io guardo incattivita Alex: “Perché hai voluto pagare per forza tu, quando ti avevo chiesto di non farlo? E poi, quella ragazza non doveva intromettersi in cose che non la riguardano, e dovevi lasciarmi finire quello che avevo da dire”. Alex mi guarda, interdetto, poi sospira passandosi una mano tra i capelli: “Scusa, volevo fare un gesto carino e volevo evitare delle scenate inutili per un panino di qualche dollaro. Non volevo offenderti, pensavo ti facesse piacere che ti offrissi qualcosa, ma forse ho sbagliato.”. Io lo guardo, confusa: come fa a riuscire sempre a farmi sentire una scema, per una cosa che in realtà lui ha fatto per carineria, e io la vedo sempre e solo come un modo per tenermi sotto controllo, anche se si tratta solo di un semplice panino? Forse sto davvero esagerando. Sorrido e scuoto la testa, poi lo guardo e dico: “No, scusami tu, è che sono un po’ stressata in questi giorni. Grazie per il panino, sei stato molto gentile”. Lo sguardo di Alex si illumina, contento della mia risposta, poi dice: “Vai a sederti a un tavolino, che il panino te lo prendo io. Non vorrei che lo lanciassi in testa alla cameriera”, aggiunge sottovoce ridacchiando. Io lo guardo in tralice e poi gli faccio la linguaccia, mentre lui sorride a questo mio gesto infantile. Alex si dirige verso il bancone e io scelgo un tavolino vicino alla vetrata in modo che, se anche dovesse succedere qualcosa, ci sono fuori dei ragazzi che vedrebbero tutto. Scuoto la testa, cercando di togliermi quei pensieri negativi dalla testa: perché devo sempre pensare che succederà qualcosa di brutto? Magari da questa chiacchierata riesco a capire meglio come è davvero Alex, e mi farà trovare la strada migliore per fare quello che devo fare nel migliore dei modi e con più impatto possibile per fare in modo che non risucceda più. Lo guardo, mentre sorride e chiacchiera amabilmente con quella iena di cameriera: lei continua a guardarlo con gli occhi a cuoricino, e sembra pendere dalle sue labbra e da qualunque parola lui le dica. Io la guarda con gli occhi sbarrati mentre fa finta di fare la timida mentre gli porge il mio panino, anche se non mi sfugge che, sotto il piatto, ha fatto scivolare un bigliettino: il fascino di Alex ha colpito ancora! Ora capisco perché riesce sempre ad avere un sacco di ragazze nuove con cui uscire e fare ciò che vuole: sembrano tute pendere dalle sue labbra e dai suoi sguardi. Lui si avvicina sorridendo, mi mette il panino davanti e cerca di sfilare il bigliettino da sotto il piatto per non farmelo vedere, ma io sono più veloce di lui e glielo strappo di mano sorridendo, trionfante: “Allora, che c’è? Non volevi che vedessi che hai rimorchiato un’altra ragazza mentre prendevi un panino per me? Pensavi di prendere il bigliettino e di nasconderlo, in modo da poterla chiamare?, dico, facendo finta di essere gelosa per testare la sua reazione, anche se in realtà non me ne importa un granché, nonostante mi farebbe davvero piacere se lui desse il due di picche a quella ragazza che non sa pensare agli affari suoi. Lui mi guarda, divertito: “Che c’è Denise, sei gelosa? Mi fa piacere che il tuo interesse per me sia sempre così vivo ma, come ti ho già spiegato, a me interessi tu ora, non mi importa di nessun altra ma, siccome scommetto che, come tutti, ti capiti di mangiare qui molto spesso, non volevo che quella ragazza ti sputasse nel cibo o ti facesse cose strane con il tuo panino, perciò ho fatto il carino e ho preso il suo biglietto. Lo volevo togliere perché non volevo che lei vedesse che tu lo buttavi via o cose del genere, ma volevo farle credere che avesse una chance con me, in modo che tu potessi venire qui a mangiare in tranquillità, senza trovare brutte sorprese nel cibo”, dice tranquillo. Io lo guardo in tralice: la sua spiegazione potrebbe avere anche una logica, anche se, di base, non mi importa un granché, quindi la accetto come buona. Anche perché il suo comportamento con lei, che è una ragazza normale senza lode né infamia, mi ha fatto capire come riesce ad accalappiare le ragazze e a tenerle in suo potere, perché ha un modo di fare che, spesso, se non ci sto attenta, manda in tilt anche me, e le altre che non sanno niente, come ero io prima, sono facili prede che cadranno nella sua rete. Io annuisco e inizio a mangiare il mio panino, mentre la ragazza continua a fissarci: finalmente, avere qualcosa sullo stomaco mi fa tornare concentrata su quello che devo fare. Alex mi guarda, divertito, poi dice: “Beh, visto che ora ti stai abbuffando, e non puoi replicare, direi che è il momento giusto per spiegarti quello che è successo oggi. Premetto che non è mi abitudine perdere il controllo così, ma siccome conosco Mark, e so che è un poco di buono, che quando ha puntato una preda non molla la presa fino a che non ha ottenuto quello che vuole, non ci ho visto più quando ho capito che la preda nella sua rete eri tu. Da quel poco che sono riuscito a conoscerti, so che tu ti sai difendere da sola, ma ho pensato che, se ti difendevo io, era meglio. Non mi piace che qualcun altro si metta in mezzo tra me e le mie cose. So che tu non sei una mia proprietà”, aggiunge, quando mi vede sgranare gli occhi e quasi soffocare con il panino, “ma non volevo che ti succedesse niente, perché so come si comportano con le ragazze e, siccome ci tengo a te, ho ben pensato di risolvere il problema nell’unico modo che so che loro capiscono: fare una scazzottata. Probabilmente ho esagerato, ma quando ero lì davanti a lui non ci ho visto più, pensando a quello che avrebbe potuto farti, e non sono riuscito a fermarmi, credo che sia questo quello che ti ha fatto fuggire spaventata, giusto?”, mi dice, guardandomi intensamente. Io deglutisco a forza un gigantesco boccone di panino, e ne appoggio meno della metà sul tavolo, prendo una lunga sorsata d’acqua e lo guardo dritto negli occhi: “Sì, mi ha spaventato il tuo comportamento, la tua mancanza di pietà nei confronti di un ragazzo che era a terra, inerme, e che, di base non aveva fatto niente, tranne provarci in un modo un po’ viscido. Io capisco marcare il territorio, ma così mi sembra un po’ eccessivo e, ripeto, io non sono proprietà di nessuno. E poi, mi dici perché quei ragazzi parevano conoscerti tanto bene? Hanno detto qualcosa come “tanto lo sanno che, quando avevi finito con me, qualcosa toccava anche a loro”..che cosa intendevano dire? Cosa hai a che spartire tu con quei ragazzi?”, chiedo, non riuscendo a fermarmi e dicendo tutto quello che avrei voluto tenere per domani sera. Vedo lo sguardo di Alex incupirsi e farsi stranamente serio, alle mie domande, poi mi guarda e dice serio: “Io lo so che a volte ho delle reazioni eccessive, soprattutto se certe situazioni riguardano delle persone a cui sto iniziando a tenerci davvero. E questo è un mio problema, è vero, anche se sono riuscito a fermarmi. Cerco di tenerlo sotto controllo questo lato di me, ma non sempre è facile, soprattutto se vedo qualcuno a cui tengo in pericolo. Capisco che questa cosa possa spaventarti, davvero, ma non ho mai fatto del male alle persone a cui tenevo, di solito mi arrabbio e perdo il lume della ragione con chi si avvicina per fare del male a quelle persone. E per il mio rapporto con quei ragazzi… Beh, è vero, è tanto che ci conosciamo, andavamo alle superiori insieme e ne abbiamo passate tante, ma io sono cambiato e loro no. Ho scoperto, da non molto tempo, che alcune delle ragazze con cui uscivo io e con cui, poi, mi sono lasciato, hanno finito per uscire anche con loro per disperazione, o per non pensare, visto che usano anche sostanze poco consone, ma non credo siano mai andate troppo in là questo tipo di rapporti. Ma non credo proprio che questo sia il tuo caso”, dice, guardandomi sorridendo. Io deglutisco il groppo che mi si è formato in gola: non riesco a capire se mi ha detto una parte di verità o se si è inventato tutto di sana pianta. Credo che la parte del carattere rabbioso sia la verità, e forse anche il motivo per cui conosce quei ragazzi, ma credo che mi abbia mentito spudoratamente sul perché loro abbiano detto quella frase. Ma è una cosa che dovrò cercare di scoprire davvero domani sera, anche perché adesso è veramente troppo tardi, anche se qualche risposta sono riuscita ad ottenerla. “Va bene, Alex, ti credo, anche se c’è ancora qualcosa che non mi torna in questa storia. Ma domani avremo tempo di approfondire il tutto, anche perché ora è davvero tardi e devo davvero scappare”, dico guardando l’ora. Lui mi guarda sorridendo, poi si alza in piedi e io faccio altrettanto: “Domani sera potrai chiedermi tutto quello che vuoi, e ti racconterò tutto, ma per ora mi basta sapere che ti sei tranquillizzata un po’ e che non sei più spaventata da me”, mi dice, avvicinandosi alla mia guancia. Io sospiro rumorosamente, rabbrividendo a quel contatto: cavolo, ma perché il mio corpo deve avere delle reazioni così evidenti? “Va bene, Alex, domani sera ti interrogherò, e ti garantisco che non sono più così spaventata da te”, gli dico sorridendo. Lui si avvicina un altro po’ a me e mi dà un lieve bacio sulla guancia, prima di voltarsi per andarsene dicendo: “A domani, Denise, sono contento della nostra chiacchierata”, e si incammina per uscire. Io rimango per un attimo con la mano sulla guancia, sentendo un calore che mi pervade, ma comincio a scuotere la testa per cercare di levarmi di dosso quella sensazione: devo pensare a Luke, non ad Alex. Mi volto per prendere la borsa dalla sedia e mi sento osservata. Alzo la testa per guardare fuori dalla finestra e mi si gela il sangue: fuori dal bar c’è Luke che mi sta guardando come se mi volesse uccidere, e penso proprio che abbia visto tutta la scena con Alex. Io rimango impietrita a fissarlo: oggi è veramente una giornata di merda.

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Capitolo 26
*** Una discussione sfiancante ***


Non riesco a togliere gli occhi dallo sguardo duro e incattivito di Luke: non l’ho mai visto così, neppure quando abbiamo preso la nostra discussione in aula. Sembra arrabbiato nero e anche fortemente deluso. Lui ovviamente non sa che non è successo niente tra me e Alex, e che quello che ha fatto era solo un gesto di saluto, ma vedo da come mi guarda che non ha nessuna intenzione di stare a sentire una mia qualsiasi spiegazione. Alza le braccia come a tentare di volermi dire qualcosa, ma poi mi guarda di nuovo attraverso il vetro e, facendo un grosso respiro abbassa la testa e si volta, cominciando a camminare velocemente come per allontanarsi il più possibile da me. Come lo vedo iniziare a prendere le distanze, non ci penso due volte: esco di corsa dal bar e gli corro dietro, non mi importa se gli altri ci guardano e mi vedono correre come una pazza dietro a lui. “Luke, per favore, fermati, hai sicuramente frainteso!”, urlo a squarciagola, sperando di riuscire a fermarlo: è troppo veloce per me, non riesco a raggiungerlo se non si ferma. Anche se, quando lo vedo bloccarsi alle mie parole e indietreggiare in maniera rabbiosa, mi sale il panico: cavolo, non avrà mica intenzione di fare una scenata qui davanti a tutti? Avevamo detto di non farci notare dagli altri e di tenere la cosa nascosta, ma qui le cose si stanno facendo più difficili del previsto. E poi, non vorrei che le persone cominciassero a parlare in giro delle nostre discussioni, come se fossimo due fidanzatini che litigano, almeno poi non riuscirei nemmeno a fare quello che voglio fare con Alex. Deglutisco più volte, cercando di calmarmi e di essere più tranquilla possibile, in modo da non rispondere alzando i toni se lui urlasse e cercando di farci notare il meno possibile, anche se sarà una cosa praticamente impossibile da fare, mentre lui si avvicina inferocito. Arriva a due centimetri dal mio volto, e urla, con gli occhi che mandano fulmini e che si sono fatti di un terribile blu scuro: “Cosa??!! Che cosa dovrei aver frainteso, visto che ti ho vista di nuovo farti baciare da Alex! Dio, Denise, ma ti diverti così tanto a mandarmi fuori di testa? Io non capisco cosa ci sia che non va in te”, urla esasperato. Fortunatamente, non ci sono troppe persone in giro a quest’ora, ma le poche che passeggiano intorno a noi, si sono fermate tutte a vedere questa scena , che da fuori deve essere davvero esilarante: Luke Edwards che urla inviperito contro Denise Jhonson, come se la discussione con lui, l’accompagnarmi in aula di Alex e il suo saluto con un bacio, e il pugno in faccio dato da Alex a Mark in mensa, non fossero già abbastanza per farmi additare da tutti nel campus. So che è stata colpa mia, e che non dovevo permettere una tale effusione in pubblico ad Alex, soprattutto perché chiunque ci poteva vedere dall’esterno del bar, ma per me quel contatto con lui non ha significato nulla, solo un saluto e un modo per farlo entrare più in confidenza con me, cercando di farmi raccontare quello che davvero voglio sapere, niente di più. Guardo Luke con gli occhi sbarrati, impaurita, non sapendo bene cosa aspettarmi da lui: non voglio cercare delle inutili spiegazioni che non ci sono, ma vorrei che si calmasse un attimo e mi desse il tempo di spiegargli come sono andate davvero le cose, ma nello stato in cui è ora, non credo che mi darebbe tanta relazione. Sospiro, continuando a guardarlo impalata, senza riuscire ad aprire bocca: cavolo, ma perché sono così imbranata quando ci tengo davvero alle persone? Vedo che lui si passa una mano sul volto, agitato, poi mi prende per le spalle e comincia a scuotermi, non abbassando il tono della voce: “Insomma, si può sapere cosa vuoi da me? Prima siamo amici, poi no, poi ci facciamo delle lunghe chiacchierate, poi stiamo insieme, poi no, poi sì, poi mi urli di fermarmi e che ho frainteso, e ora non apri bocca? Certo che sei veramente un bel tipo, sai? Che c’è, trovi divertente far impazzire tutti i ragazzi che trovi sul tuo cammino, fingendoti riservata e con un grande segreto, in modo che loro si prendano cura di te? Eh?! Coraggio, rispondimi, dimmi cosa vuoi davvero, perché io una situazione così non sono più in grado di sostenerla, è iniziata da poco ma non ce la faccio già più”, continua, urlandomi in faccia e stringendomi ancora più le spalle. Un brivido di paura mi pervade, e la reazione di Luke, insieme ai suoi occhi cupi e senza alcun sentimento verso di me, mi fanno ritornare ai miei tempi oscuri, anche se non credevo che potesse essere proprio Luke a trascinarmi di nuovo dentro di essi. “Mi..mi fai male Luke..Ti prego, lasciami, mi stai facendo male..”, riesco a dire debolmente e con le lacrime agli occhi. Non riesco a credere di essere di nuovo finita in una situazione molto simile al passato, soprattutto non mi sarei mai aspettata che ci sarei finita con Luke, l’unica persona di cui mi stavo cominciando a fidare davvero. Lui mi guarda, imperturbabile, come se non gli interessasse niente di quello che dico o di quello che mi sta facendo, continuando a stringermi forte le spalle, incurante delle mie proteste e dei miei occhi lucidi, come se non gli importasse più nulla di me: vedere quell’ardore negli occhi che aveva fino a poche ore fa nei miei confronti sostituito da un buio profondo, senza alcun sentimento se non rabbia e delusione, è peggio di aver ricevuto una coltellata al cuore. “Luke..per favore…lasciami..posso spiegarti..non è successo niente…ma mi stai facendo veramente male…non riesco a parlare così con te..”, dico in un sussurro, mentre la mia voce si fa sempre più implorante e singhiozzante, e non posso fare a meno che una lacrima mi cada piano su una guancia, senza riuscire a fermarla e, forse non avendo nessuna intenzione di farlo, per vedere se, da qualche parte dentro di lui, nonostante la delusione che ha provato poco fa, c’è rimasto del sentimento per me. Sento che le persone che passeggiavano distrattamente intorno a noi si sono osservate a guardare la scena, anche se da lontano, probabilmente non riuscendo a capire perché un incattivito Luke Edwards sta stritolando la stessa Denise che gli ha urlato contro in aula ma lei, ora, invece di avere sempre la risposta pronta, sta piangendo come una bambina. Certo che da fuori dobbiamo sembrare proprio strani, se non addirittura ridicoli, penso, mentre continuo a guardare negli occhi Luke, ed ogni tanto lancio occhiate fugaci in giro, per cercare di smettere di attirare l’attenzione, ma non è una cosa per niente facile. Luke non stacca dagli occhi da me, e vedo che non gli è sfuggito il fatto che continuo a guardarmi incontro come se, piuttosto che cercare di risolvere questo malinteso che si è creato, a me interessi di più quello che la gente pensa di noi. Ma non è così. Cerco di evitare di attirare ancora di più l’attenzione perché, a parte il fatto che il mio anonimato mi serve e mi è tornato molto utile in questi anni rendermi invisibile, non voglio che la nostra discussione diventi di dominio pubblico e che ognuno possa dire tranquillamente la sua, influenzando quello che noi pensiamo l’uno dell’altro. Continuo a guardare Luke, implorante, sperando torni in sé, smetta di stringermi e mi lasci parlare, cercando di restare il più calmo possibile. Lo sento sospirare, allentare un po’ la presa, e abbassare le spalle, come se si sentisse un po’ in colpa, anche se credo che non abbia nessuna intenzione di dirmelo, visto che i suoi occhi, comunque, non si sono staccati dai miei e continua a mandare lampi di rabbia. Cerco di fare un mezzo sorriso tra la tristezza che sento, anche se non è semplice e penso che mi sia uscita più qualcosa di similare ad una smorfia, ma era solo un modo per ringraziarlo di aver allentato la presa, anche se è sempre arrabbiato con me. “Grazie Luke, io davvero non sarei riuscita a parlare con te se mi avessi stritolata ancora un po’. Credo che mi avresti rotta, per sempre e allora sarei stata davvero irrecuperabile. Ti ringrazio per essere quella persona che mi ha ridato fiducia nel genere maschile”, dico con la voce tremante e guardandolo grata. Vedo che l’espressione di Luke non cambia alle mie parole, anzi, sembra quasi che lo abbiano fatto imbestialire di più, anche se non vedo come sia possibile, visto che gli ho fatto solo complimenti. Sento che sbuffa forte, non lasciando mai le mie spalle, come se avesse paura che fuggissi e non potesse avere una spiegazione da me, e questo un po’ mi rincuora, perché vuol dire che, in fondo, per quanto sia arrabbiato, sa che non ho fatto nulla di male e che deve esserci una spiegazione. Vedo che abbassa per un attimo lo sguardo, fissa per terra qualche istante, poi lo rialza su di me, e in quel momento sento il gelo percorrermi la schiena: adesso mi sta guardando come se fossi l’ultima persona della terra degna della sua considerazione, come se non fossi niente, ha un sguardo freddo, algido, che mi fa venire voglia di sotterrarmi e scomparire dalla faccia della terra. Credo che sia uno sguardo molto simile al mio, tagliente, duro, praticamente privo di qualsivoglia sentimento o emozione, e riceverlo da lui fa male, molto male. Pensavo che le prime parole di senso compiuto che ero riuscita a dire avessero stemperato quell’atmosfera così tesa, ma a quanto pare mi sbagliavo e non sono servite a niente, se non a farlo arrabbiare di più. Fa un mezzo sorrisetto sardonico, poi dice duro: “Io ti ho ridato fiducia nel genere maschile? Ma come puoi dire una cosa del genere? Vedi come mi ha ridotto stare dietro a te? Non mi era mai successo, con nessuna, di trovarmi ad urlare in mezzo a un prato, stringendola fino a farla piangere e, probabilmente, se non avessi visto quella lacrima, non so fino a dove mi sari potuto spingere. Ma io non sono così, Denise, non lo sono mai stato. Ho sempre avuto un rispetto quasi reverenziale per le donne, e mi è stato insegnato che non si toccano nemmeno con un fiore, ed è così che ho sempre agito. Ma con te mi viene voglia di fare cose che potrei fare solo ad un ragazzo, e non mi piace quello che mi stai facendo diventare. Perciò per te sarò anche una sorta di àncora a cui aggrapparti per uscire dalla tua strana situazione, ma per me sei la devastazione, io non voglio essere così, e non voglio certo diventarlo per te”. Una, due, tre, quattro, cinque…Ho smesso di contarle, ormai, le stilettate che mi sta infliggendo Luke nel cuore, solo con ogni sua parola. Mi sento distrutta, disgregata, come se non avessi nessun potere su me stessa per reagire a quello che mi sta dicendo. Ho iniziato a fidarmi così tanto di lui che ora non riesco altro che a sentire dolore su dolore dentro di me, e l’unico spiraglio di luce che vedevo per tornare ad essere felice, ormai si è richiuso, lasciandomi sprofondare ancora di più nella marea nera dei mie ricordi, da cui ora non potrò avere più scampo. Lui che mi dice che io lo rendo una persona peggiore quando, fino a tre ore fa, mi diceva che ero l’unica che lo faceva davvero sentire un essere pensante con un cervello, mi sta facendo morire dentro ma, nonostante tutto il male che mi sto e gli sto facendo in questo momento, non sono ancora disposta a perderlo. Faccio un respiro profondo, cerco di ricacciare indietro le lacrime che ormai stanno per avere il sopravvento e, appena mi rendo conto che non riesco più a trattenerle, le lascio libere di andare, continuando a guardare Luke e non abbassando lo sguardo, non vergognandomi di quello che sto sentendo e di come mi sta facendo stare male con le sue parole, voglio che lo sappia, e che capisca quanto lui sia davvero importante per me,così da potermi finalmente anche sfogare come non facevo da tempo, come se la situazione da cui ero scappata avesse trattenuto per sé anche le mie emozioni e le mie lacrime, che invece scopro di avere ancora e di essere ancora capace di provare tanto dolore da piangere, come un vero essere umano, e non come il robot privo di sentimenti ed emozioni che mi ero imposta di essere fino a qualche tempo fa, visto che provare delle emozioni mi aveva reso troppo debole, cosa che non volevo più essere. Ma, grazie a Luke, avevo riscoperto di possedere ancora anche io tante sfumature di sentimenti, e non volevo perdermi questa riscoperta, perché ancora ero riuscita a tirarne fuori troppo poche e speravo che, passare del tempo con Luke, mi avrebbe di nuovo reso una persona normale a tutti gli effetti.. Tra la vista annebbiata dalle lacrime, vedo che gli occhi di Luke abbandonano per un attimo il loro buio e tornano per un istante quasi chiari, come se il vedermi piangere gli avesse scatenato una qualche reazione. Cerco di approfittare del momento di tregua che mi ha dato e sottovoce, perché comunque le persone stanno continuando a fissarci, anche se cercano di fare finta niente, e con la voce tremante, dico: “Mi dispiace se ti ho reso una brutta persona, non era questo il mio intento. Pensavo che avessi detto che ero l’unica che ti faceva sentire un ragazzo che aveva davvero un cervello, e mi dispiace se adesso pensi questo di me. Ma qualunque cosa tu possa dirmi, e per quanto male tu mi stia facendo adesso, io invece non smetterò mai di ringraziarti per avermi fatto ritrovare me stessa, per avermi ridato delle emozioni che pensavo che non potessi più provare, per avermi reso di nuovo umana, e non la macchina che mi ero imposta di essere. Tu mi hai travolto con il tuo carattere, le tue battute, il tuo farmi arrabbiare e la tua passione. E di questo non smetterò mai di ringraziarti. E non sono disposta a perdere tutto questo, a perdere te, per una sciocchezza che davvero non è stata niente. Sono disposta a lottare con le unghie e con i denti per potermi prendere anche io un po’ di felicità, e tu sei l’unica persona che è riuscita a ridarmela dopo tanto. O, per lo meno, a farmi sentire come se potessi essere di nuovo davvero felice. E sono disposta a raccontarti tranquillamente quello che è successo con Alex, anche se davvero non è successo niente, abbiamo solo parlato, e chiunque sia stato nel bar quei dieci minuti o sia passato da qui te lo può confermare, ma ti prego, facciamolo in un posto più tranquillo, non sopporto più di avere tutti questi sguardi addosso, come se tutte le persone non avessero una loro vita, ma dovessero soltanto pensare alle nostre”, concludo. Durante tutto il mio discorso, nonostante la voce tremante e le lacrime che hanno smesso di scendere solo a metà di esso, Luke mi guardava intensamente, cercando di non mostrarmi nessuna emozione, né positiva, né negativa, aspettando che finissi semplicemente di parlare, anche se, ogni tanto, vedevo che qualche emozione passava dai suoi occhi, nonostante cercasse di farla passare subito. Mentre parlavo ha smesso anche di stringermi le spalle, adesso ha solo le mani appoggiate sopra di esse delicatamente, senza nessun istinto di potere o di possessione che avevo sentito poco fa. Sono contenta di essere riuscita a dirgli tutto, nonostante le emozioni che mi hanno travolta come un fiume in piena e, se davvero decidesse che qualunque spiegazione gli possa dare non gli basta perché non riesce a fidarsi di me, ci starei male, malissimo, ma lo capirei e poi andrei avanti, cercando di non perdere di nuovo quello che lui è riuscito a ridarmi. Lo guardo trattenendo il fiato, asciugandomi ogni tanto le guance con la mano e cercando di tornare ad avere un aspetto presentabile, nonostante non credo sia una cosa molto fattibile in questo momento. Mi sento come se fossi sull’orlo di un precipizio, e ancora non sapessi se devo finire giù o posso essere salvata e posso stare sulla terraferma. Questi secondi mi sembrano lunghi una vita, e nell’aria non si sente altro che gli uccellini cantare e le persone camminare piano, come se anche loro avessero paura di rovinare questo momento catartico con i loro movimenti. Luke continua a guardarmi, intensamente, come se stesse cercando di leggermi dentro, come se stesse cercando di capire o se gli sto dicendo la verità, e io mi lascio esplorare dai suoi occhi, così profondi, così belli, come non ho mai lasciato fare a nessun altro, sperando che riesca a leggermi nell’anima e riesca a vedere che tutto quello che gli ho detto è solo la verità e quello che penso davvero di lui, di noi. Dopo qualche attimo di occhi negli occhi, dove nessuno dei due fa un movimento o muove un muscolo, Luke fa un sonoro sospiro, e io inizio a irrigidirmi: ci siamo, ha preso la sua decisione e, per quanto possa piacermi o meno, so che la devo rispettare e lasciarlo fare quello che lui crede sia meglio per lui. Abbassa lo sguardo, dondolandosi prima su un piede, poi sull’altro, come se fosse indeciso su quello che deve dire. Poi, dopo qualche istante che a me sembra infinito,alza lo sguardo e mi guarda, ed io inizio a rilassarmi un po’, anche se non del tutto: dai suoi occhi è sparito tutto quel buio dovuto all’astio e alla delusione,e adesso riesco a leggere solo un senso di certezza e sicurezza in quello che sta per dirmi. Faccio un profondo respiro e mi preparo ad ascoltare la sua sentenza, qualunque essa sia.

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Capitolo 27
*** tutta la verità ***


Continuo a guardare Luke in attesa, e mi sembra che ogni minuto che passa sia un’eternità. Non voglio dimostrarmi troppo impaziente, con la paura che la mia fretta gli faccia dare una risposta troppo repentina e che, probabilmente, a me non piacerà nemmeno, perché lo sto mettendo troppo sotto pressione con la mia ansia, o perlomeno questo è quello che succede sempre a me. Me ne sto in silenzio, trattenendo il fiato e non riuscendo a staccare i miei occhi dai suoi, e vorrei tanto urlargli di darsi una mossa, che mi sta uccidendo dall’ansia così, ma non riesco a proferire una parola e aspetto solo la sua sentenza, sperando che arrivi in fretta, perché il non sapere è peggio di una risposta negativa detta subito. Continuo a tenere i miei occhi fissi su Luke, non avendo nessuna intenzione di abbassarli, nemmeno quando lui finalmente si deciderà a parlarmi, perchè non ho niente da nascondere, mi sono completamente aperta a lui con tutti i miei sentimenti e con quello che provo davvero verso di lui, e non ho nessuna intenzione di tornare indietro, se lui mi vuole ancora, perchè questo è un passo da gigante per me. Finalmente, dopo alcuni istanti che mi sono sembrati un'eternità, apre la bocca e dice piano, mentre io trattengo il fiato e resto immobile: “Denise, anche tu mi hai travolto, in tutti i sensi. Non credevo fosse possibile che qualcuno mi facesse perdere la testa così tanto, sia perché non riesco a far altro che pensare a te e a come mi hai reso la vita più piena da quando ti sei lasciata andare un po', sia perché mi mandi fuori di testa con questi tuoi comportamenti assurdi che mi fanno perdere il lume della ragione, perché proprio non riesco a capirli. Sei come una droga per me, dalla quale non riesco a staccarmi ma che ho anche paura che mi faccia troppo male, visto come mi sono comportato con te oggi. Io ti voglio credere, davvero, sul fatto che non sia successo niente con Alex, ma il fatto che tu voglia comunque vederlo per un appuntamento, per una tua sorta di giustizia personale, veramente non riesco a capirlo. Non ti voglio costringere a dirmi ciò che ti è successo, se non vuoi, ti avevo detto che ero disposto ad aspettare i tuoi tempi, ma io così impazzisco, perché non trovo nessun senso logico al tuo comportamento con lui e, di conseguenza, con me. Io ti voglio nella mia vita, ma non così, così rischi di mandarmi al manicomio e di farmi diventare la persona che non sono. Per questo da te vorrei o tutto o niente: o ti fidi totalmente di me da raccontarmi tutto quello che è successo, per farmi capire questa tua voglia di rivalsa nei confronti di Alex, così potente da non farti nemmeno preoccupare del fatto che potessi perdermi se avessi visto una cosa del genere, e la potevi tranquillamente immaginare la mia reazione, oppure la smettiamo qui, perché non sei così fiduciosa nei miei confronti, e io comincio a non esserlo più nei tuoi, perché mi prometti che lo vedrai solo a quel famoso appuntamento di domani sera, dove sarei stato presente anche io al ristorante, e poi ti becco che, di soppiatto, lo incontri al bar per parlare, cosa che avresti comunque fatto domani. Quindi a te la scelta: o la totale fiducia da parte di entrambi, o niente, perché questo rapporto così potente appena iniziato io non lo posso sostenere se non posso fidarmi completamente di te. So che, probabilmente, per te, sarà una cosa molto difficile da fare, ma ti prometto che non ti giudicherò qualunque cosa tu voglia raccontarmi: il tuo solo provarci mi dimostra che ci tieni davvero a me e che ti fidi. Ma io ho bisogno di questo, Denise, per andare avanti e, probabilmente, farà bene anche a te sfogarti con qualcuno, se non lo hai mai fatto e, visto che hai detto che io ti ho permesso di aprirti di più e di provare di nuovo dei sentimenti, forse è giunto il tempo anche per te di liberarti completamente della zavorra del passato e cominciare a vivere di nuovo. Io sono qui, pronto ad ascoltarti, senza giudicarti. Voglio solo capire questa tua voglia di rivalsa verso “quelli come Alex”, come li hai definiti tu, e non riesco a capire, a fidarmi e a lasciarti fare se non mi spieghi. Se tieni davvero a questo rapporto appena iniziato, forse dovresti iniziare a fidarti un po' più di me”, dice, sorridendo appena e tirando un lungo respiro, dopo il suo monologo. Io lo guardo, interdetta e con gli occhi spalancati: e così, per avere un'altra possibilità con lui, dovrei raccontargli e renderlo partecipe di tutto l'orrore del mio passato? E se poi se ne andasse comunque, perché troppo spaventato da quello che gli dico? O peggio, facesse qualche pazzia per la paura e mettesse sia me che lui nei guai? Avevo giurato a me stessa che non avrei raccontato quella storia mai a nessuno, nella speranza che, se fosse rimasta nel passato dove nessuno mi conosceva e sapeva ancora chi ero, lì sarebbe rimasta e sarebbe sparita, non avendo più alcuna influenza sul mio futuro. Ma non avevo calcolato che il mio passato, avrebbe continuato ad avere conseguenze sul mio comportamento e che, se mai qualcuno si fosse avvicinato, avrei dovuto renderne conto. E adesso ho Luke che si è avvicinato, e sono combattuta tra due fuochi: da una parte la paura di perderlo se non gli dimostro la mia fiducia, cosa che lui ha comunque fatto nei miei confronti accettando, anche se malvolentieri, il mio appuntamento con Alex, e poi io l'ho subito tradita andandoci a pranzo senza dirgli niente, e dall'altro la paura di perderlo lo stesso se conoscesse la verità sul mio passato, anche se sto continuando a ripetermi da allora che non è affatto colpa mia. Sospiro e poi abbasso agli occhi, perché adesso non riesco a reggere la tensione tra di noi, e soprattutto i suoi occhi così limpidi che sono carichi di aspettativa nei miei confronti. Io non credo di essere pronta, adesso, a raccontargli tutto, avevo iniziato ad accarezzare il pensiero di farlo prima o poi qualche giorno fa, ma ora trovarmi di fronte ad una scelta obbligata mi lascia spiazzata. Avrei voluto essere pronta io a raccontare tutto, e che lui rispettasse i miei tempi come aveva promesso di fare qualche giorno fa, ma ora le cose non stanno più così, e una scelta la devo comunque fare: o lasciare che il mio passato condizioni ancora la mia vita futura e mi impedisca di vivere una relazione vera, senza più segreti, con qualcuno, oppure lasciare che Luke accolga tutto il mio dolore del passato e sperare che riesca a capirmi, senza fuggire comunque per lo spavento. La paura più grande che ho sempre avuto in vita mia, è stata proprio questa: riuscire finalmente ad aprirmi con qualcuno e raccontare davvero tutto di me, ma farlo scappare lontano perché incapace di reggere la mia situazione passata. Mentre studio i fili d’erba mossi lievemente dal vento, in cerca di una qualche risposta da dargli, sento la mano di Luke che mi lascia una spalla e un dito che mi alza delicatamente il volto: con questo suo gesto, mi ha dimostrato che sta cercando di credere a tutto quello che gli ho detto, ma che vuole da me lo stesso atto di fiducia; che ancora ha una sorta di qualche sentimento per me e che non mi vuole lasciare andare così facilmente, ma che vuole una dimostrazione dello stesso interesse anche da parte mia. Il problema è che, alzandomi il volto, mi trovo ad agganciare i miei occhi nei suoi, e in questo istante sono ufficialmente persa: i suoi occhi sono gli stessi che mi hanno fatto battere il cuore qualche ora fa, puliti, limpidi ma pieni di passione e ardore, uno sguardo in cui ti ci potresti perdere dentro e annegare, come se niente intorno a te avesse più importanza, e l’unica cosa più importante al mondo fosse solo stare a guardare per sempre quegli occhi, che ti dicono e dimostrano così tanto anche senza parlare. Non so se il mio sguardo ha la stessa capacità di suscitare tanti e tali potenti sentimenti come quelli di Luke, ma se solo ne facessi provare un quarto a chi mi guarda, mi sentirei fortunata. Sospiro, rimanendo per qualche istante ancora agganciata a lui, con lo sguardo implorante di chi chiede solo di conoscere la verità, ma non per una sorta di curiosità o per giudicarti, ma solo per conoscermi davvero, per cercare di capirmi completamente. E in quel momento, in quello sguardo così supplichevole e carico di promesse di chi sembra che non abbia nessuna intenzione di lasciarti andare prima di aver lottato davvero per te, capisco quello che devo fare. “Ti capisco, sai, Luke?”, dico in un sussurro. Lui sbatte un attimo le palpebre, come se si stesse riprendendo da una sorta di trance, come è successo anche a me mentre ci guardavamo, e mi guarda incuriosito, incitandomi con la mano ad andare avanti a parlare. Prendo un profondo respiro e proseguo: “Lo so che non è facile starmi vicino, che sono una persona un po’ particolare che difficilmente abbassa le sue difese. E so che per te non è facile fidarti di me, non dopo che ti avevo promesso che avrei visto Alex domani sera, e invece poi l’ho visto oggi a pranzo. Non era programmata la cosa, ma io volevo sapere un po’ di cose, e ho accettato, anche se continuo a garantirti che non è successo niente, ma ancora io non ho finito con lui, ho bisogno di altre informazioni che, spero, mi darà domani sera. Ma capisco che, per qualunque persona estranea al mio passato, questa sorta di rivincita su una persona con cui sono uscita e pensavo mi piacesse, sembra strana, soprattutto perché sembra che io voglia “punire” lui per fare giustizia su tante altre cose. E da una parte questa è la verità, voglio punire lui perché conosco lui, ma se conoscessi qualcun altro con lo stesso carattere, non mi tirerei indietro e cercherei di punire anche lui per evitare che altre ragazze debbano passare quello che io ho passato. Sai, mi piacerebbe anche parlare con queste ragazze che cadono nelle trappole di questi tipi qui, per spiegargli che fuori c’è di meglio, che loro si meritano di meglio, e non di essere completamente sottomesse a qualcun altro. Ma tu e nessun altro può capire questa mia voglia di ergermi a paladina in difesa della ragazze deboli, se non conosce la mia storia e il mio passato e, giustamente, non ti puoi fidare di me se non sai esattamente chi sono. E’ per questo, perché ci tengo molto a te, perché voglio che tra di noi non ci siano più segreti e perché, finalmente, penso di aver trovato qualcuno che sappia ascoltarmi senza giudicarmi che, con un grande sforzo, ho deciso di raccontarti tutta la verità, su di me e sul mio passato”, dico, con la voce incrinata e in un sussurro, non essendo nemmeno sicura di quello che gli ho detto davvero. Vedo che Luke spalanca gli occhi, sorpreso, forse nemmeno lui si aspettava che mi decidessi davvero a dirgli tutto e, in uno slancio di felicità, non preoccupandosi delle persone che continuano a camminare intorno a noi e che continuano a fissarci incuriosite, mi abbraccia forte, come se non volesse lasciarmi scappare mai più. Io soffoco nel suo abbraccio, ma in questo momento mi importa poco: aver accettato di raccontare la verità sul mio passato, mi ha già iniziato ad alleggerire il mattone che ho sempre sul cuore ed avere questa sua totale manifestazione di affetto non mi fa altro che bene, perciò mi lascio inglobare dal suo abbraccio e sento tutte le tensione tra di noi che pian piano si sciolgono, lasciando il posto ad una straordinaria tranquillità. Resto qualche istante immersa in quell’abbraccio, cercando di recuperare un po’ di autocontrollo, poi pian piano inizio a sciogliermi dall’abbraccio e Luke mi lascia fare, non cercando più di trattenermi. Quando siamo di nuovo l’uno di fronte all’altro, mi guarda sorridendo e dice: “Grazie, Denise, davvero, per volerti aprire con me. Non pensavo fosse possibile che tu mi dicessi di sì, e invece mi hai dimostrato che ti fidi di me e che ci tieni davvero a noi. E non potevo chiedere dimostrazione di fiducia più grande perché, anche se non so cosa ti sia successo, so che raccontarmi tutto ti costa una fatica colossale, e ti ringrazio per tutta la fiducia. Ti giuro che è ben riposta e ricambiata, e che niente di quello che dirai mi farà scappare da un’altra parte: niente mi terrà più lontano da te, non voglio più provare la rabbia e il dolore che ho provato poco fa”. Io lo guardo, sorridendo appena: sono contenta di aver deciso di raccontargli tutto, anche se messa alle strette, e voglio davvero che lui sia l’unica persona a conoscere davvero tutto di me. Per una volta nella vita, voglio davvero fidarmi di qualcuno che, pur conoscendomi a malapena, mi ha donato tutto sé stesso e i suoi sentimenti in un attimo, e questo lo devo necessariamente ricambiare. “Ringrazio io te per avermi costretta a decidere se il mio passato doveva ancora influenzare il mio futuro, è grazie a te che, in un modo o nell’altro, mi sarò liberata di un peso che non ho mai raccontato a nessuno. Ma è una cosa che devo fare adesso, prima che abbia troppo tempo per ripensarci e che decida che è meglio che nessuno sappia niente. Ma questo non è il luogo giusto per una tale confidenza: già abbiamo dato spettacolo con i nostri comportamenti, e ormai credo che in diversi abbiano capito che qualcosa tra noi è successo, quindi evitiamo di dare altro spettacolo facendo sapere a tutti i fatti miei. Se per te va bene, ti faccio tornare in stanza da me, c’è Alexandra, ma posso facilmente farla uscire”, dico, con un mezzo sorriso. Luke mi guarda, un po’ perplesso, poi scrolla le spalle e mi fa un sorriso finalmente rilassato: “Hai perfettamente ragione, per farmi delle confidenze così importanti devi essere in un luogo in cui ti senti a tuo agio, perciò va benissimo la tua stanza anche se, prima o poi, vorrei riuscire a portarti anche nella mia”, aggiunge con un tono malizioso. Io lo guardo avvampando, e lui comincia a ridere: “Quanto mi è mancato questo tuo arrossire ad ogni mia provocazione, oggi pensavo davvero di non vederlo più. Ma torniamo a noi. A me non interessa, come ti avevo già detto, se gli altri sanno di noi. Io so che tu ancora non vuoi far sapere niente, per lo meno fino a questo fantomatico appuntamento con Alex, e io non dirò niente, e se la gente sparla che lo facciano, da me non avranno né conferme, né smentite. E ora, sei pronta ad andare e a raccontarmi tutto?”. Io lo guardo, sorridendogli grata: nonostante tutto, rispetta ancora la mia volontà di andarci piano e di non far sapere a tutti che, beh, praticamente stiamo insieme, e so che questo per lui è un grande sforzo, perché vorrebbe marcare il territorio in modo che nessun altro mi si avvicini, e anche a me piacerebbe farlo con lui, ma ancora non è il momento. “Vieni, andiamo”, gli dico sorpassandolo e lasciando che mi segua, in silenzio, fino all’ingresso del nostro lato dei dormitori. “Adesso aspetta qui, non voglio che la gente ti veda entrare con me in camera mia. Fai finta che sei qui per caso, e poi casualmente ti appoggi alla mia porta e entri, Di solito in questo corridoio non c’è mai tanta gente”, dico, indicando il io che si snoda a sinistra dall’ingresso in cui ci troviamo, “Ma visto la fortuna che ho, di sicuro adesso sarà pieno di gente. Faccio uscire Alexandra e, non appena la vedi passare, inizia ad incamminarti con nonchalance nel mio corridoio, poi aspetta che non ci sia nessuno ed entra da me. Tutto chiaro?”, gli chiedo sussurrando. Luke ridacchia piano: “Sì, signor agente della CIA”. Io gli tiro un cazzotto lieve e mi allontano velocemente, per non perdere nemmeno un istante della voglia che mi è presa di raccontare la verità. Arrivo come un fulmine in camera, ed Alexandra sobbalza sulla sedia: “Cavolo, Denise, mi hai spaventato!”, urla. “Pensavo che Alex ti avrebbe trattenuto un po’ di più. Per fortuna sei tornata e tutto è andato bene, giusto?”, dice guardando la mia faccia sicuramente un po’ sconvolta. Io la guardo perplessa, avendo completamente dimenticato lo pseudo pranzo fatto con Alex: è passato in secondo piano con tutto quello che è successo poi con Luke. Annuisco e dico: “Sì, tutto bene, è stato abbastanza tranquillo, anche se ha voluto spiegarmi qualcosa. Ma le cose più grosse ce le teniamo per domani sera. Ora ti devo chiedere un favore: potresti lasciarmi la camera libera, tipo adesso?”. Vedo gli occhi di Alexandra che si spalancano per lo stupore, poi si alza e corre ad abbracciarmi, saltando felice: “Oddio, non sai da quanto tempo aspettavo questo momento! Finalmente la mia Denise si è decisa a darsi da fare, eh? E scommetto che chi ti ha dato questa svegliata è stato proprio il nostro amico Luke, eh? Brava, ottima scelta! Tranquilla, me ne vado subito, vado da Andrew, non è un problema. Te la lascio per tutto il tempo che vuoi la stanza, tanto poi ho un’altra lezione e poi vado a cena, perciò fai con comodo”, dice, continuando a saltellare. Io rido per la sua gioia, poi riesco a fermarla dal suo saltellare e tenermi abbracciata a lei: “Ehi, calma, la stanza non mi serve per quello che pensi, E’ vero, deve venire Luke, ma solo per parlare in un posto più tranquillo, perché volevo evitare scenate davanti a tutti, visto che mi ha visto mentre salutavo Alex al bar”, dico, celando una parte di verità. So quanto le dispiacerebbe sapere di non essere stata la prima a cui ho raccontato tutto, proprio lei che mi è sempre stata vicino, perciò mi sembra inutile darle un tale dispiacere. La sua faccia cambia in un istante, tornando seria: “Oddio, mi dispiace tanto Denise. Sicuramente avrà frainteso. Comunque, ti lascio la stanza lo stesso quanto vuoi: magari quando avete chiarito avrete anche voglia di fare la pace come si deve!”, dice, facendomi l’occhiolino e cominciando a raccogliere velocemente le sue cose. Dopo cinque minuti è già pronta sulla porta che mi dice un: “Poi voglio sapere tutto!”, mi saluta con la mano e se ne va, lasciandomi a guardare la porta sorridendo. Appena è uscita, mi sale l’ansia: adesso devo raccontare davvero tutto a Luke e non so da che parte cominciare. Mi siedo sul letto, cercando di fare ordine tra le idee, e cercando di trovare il modo migliore per traumatizzarlo il meno possibile, ma mi rendo conto che un tale modo non esiste, perché quello che devo dire è abbastanza traumatizzante. Faccio dei profondi respiri cercando di non farmi prendere dall’ansia, e quando sento la porta della maniglia di camera abbassarsi, capisco che è davvero arrivato il momento della verità. Luke entra velocissimo dalla porta e si volta subito verso di me, sorridendo. Vedere il suo sorriso così luminoso mi tranquillizza per un attimo, e torno a respirare regolarmente. Lui si avvicina e, senza dire una parola, si siede vicino a me sul letto, e mi bacia, con una tale passione che credo di affogare: sembra quasi un bacio disperato, come se avesse paura che potessi fuggire di nuovo, ma non ne ho nessuna intenzione, perché solo lui mi fa sentire così viva, e questo bacio racchiude tutta la forza che mi serviva per raccontargli la verità. Ricambio il bacio con la stessa passione, tirandogli i capelli e avvicinandolo sempre di più a me, come se non ne avessi mai abbastanza. Dopo qualche minuto ci stacchiamo, ansimanti e con le labbra gonfie e gli occhi lucidi. Lui mi guarda, con un tale ardore che non credo di avergli mai visto, e anche io devo avere lo stesso sguardo famelico, perché sussurra, con voce roca: “Ti prego, Denise, non guardarmi così, se no non parleremo più, e non credo che questa volta riuscirò a fermarmi. Ma non è per questo che sono venuto qui. Ti ho chiesto la verità ed è quella che voglio: per il resto abbiamo tempo, anche se mi sei mancata in queste ore, soprattutto poco fa, quando pensavo che ti avevo perso perché non potevo fidarmi di te”. Io guardo Luke respirando velocemente, e annuisco: se lui non si fosse staccato non so dove potevamo arrivare, avevo bisogno di sentirlo in tutti i modi possibili in questo momento, per sapere davvero che era qui con me e che non se ne sarebbe più andato. Faccio un respiro profondo, cercando di rallentare i battiti e mi allontano un po’ da lui, cercando di prendere le distanze per essere più lucida. “Hai ragione, non possiamo stare troppo vicini, se no non ti racconterei niente. Mi devi promettere una cosa, però, prima: che non chiederai e non mi interromperai fino a che non avrò finito, altrimenti rischio di non farcela a dirti tutto, e ti garantisco che è già abbastanza difficile così”, dico, buttando giù il groppo in gola che mi si è formato non appena ho realizzato che è arrivato il momento di smettere di nascondersi. Luke annuisce, improvvisamente serio, senza nessuna traccia di ardore nei suoi occhi, ma solo voglia di sapere. Sospiro e, abbassando gli occhi, comincio a raccontare, come se rivivessi tutto di nuovo: “Io provengo da un paesino di provincia molto distante da qui. La mia è sempre stata una famiglia normale, con due normalissimi genitori, anche se mio padre non era quello naturale ma il secondo marito di mia madre, anche se io, con lui ci ero praticamente cresciuta. Questo è quello che pensavo fino a sei anni fa, di essere cresciuta in una famiglia comune. Una sera, avrò avuto sì e no sedici anni, ero uscita con un paio di amiche, ma sono rientrata prima del previsto. Ho sentito vari voci maschili provenire dal salotto, e allora mi sono avvinata per vedere chi ci fosse a quell’ora: ho visto mio padre con altri tre – quattro uomini della sua età che si passavano qualche sorta di bustina mentre la controllavano alla luce della lampada, e altri quattro ragazzi più giovani. Uno di loro mi attirò subito, perché lo trovavo bellissimo: moro, con due profondi occhi neri, che aveva proprio la classica aria di bello e dannato, quello che fa davvero girare la tesata a tutte. Io ero immobile sulla soglia della porta, e i nostri occhi si sono incontrati per un istante: era lo sguardo più intenso e carico di promesse che avessi mai visto. Avvampai subito a quello sguardo così sfacciato, e il ragazzo sussurrò qualcosa a bassa voce al mio patrigno, che si voltò subito verso di me. Pensavo fosse arrabbiato perché mi ero “intromessa” nella serata con i suoi amici, ma al contrario mi guardava sorridendo compiaciuto e mi disse: “Denise, vieni in mezzo a noi, che ti faccio conoscere un po’ di persone”. Io ero sempre stata una ragazza molto timida, e mi vergognavo a trovarmi da sola in mezzo a tutti quegli uomini, ma alla fine mi dissi che tanto c’era il mio patrigno e che sicuramente non avevo niente da temere”. Prendo un respiro e provo ad alzare lo sguardo con Luke: vedo che mi guarda, interessato, ma nei suoi occhi non c’è alcun cenno di giudizio. Mi fa un cenno con la mano come ad incitarmi a proseguire e io decido di tenere lo sguardo su di lui: ormai sono partita e non ho intenzione di fermarmi. “Entrai in salotto e il ragazzo, che poi si presentò come David, mi fece cenno di sedermi accanto a lui, e iniziammo a chiacchierare e a conoscerci, mentre gli altri uomini continuavano a girarsi varie bustine ed anche Davide ogni tanto prendeva qualcosa da qualcuna e lo assaggiava. Io li guardavo, incuriosita, ma non avevo il coraggio di chiedere cosa stessero facendo, anche se un’idea ce l’avevo. Ma David mi piaceva, ed era la prima volta che un ragazzo più grande mi dedicava tanta attenzione, e io mi sentivo apprezzata ed adulta, anche perché il mio patrigno approvava la compagnia. Da quella sera, sono sempre stata presente a quelle riunioni, anche perché avevo cominciato a frequentare David, e pian piano mi avevano iniziato a far assaggiare quello che loro si giravano, e avevo capito che era droga. Ma, purtroppo, dopo la prima volta che l’ho provata non ne ho più potuto fare a meno, perché mi rendeva più sciolta e disinibita di quanto non fossi mai stata e a David questo piaceva, e parecchio, e il mio patrigno non era altro che contento che facessi un po’ la scema con il mio ragazzo davanti ai suoi clienti, perché erano invogliati a comprare più roba e a venire da lui, perché potevano avere qualche spettacolo dal vivo. Con il tempo, ho scoperto che mi madre sapeva che mio padre spacciava da tempo, ma a lei stava bene così perché portava a casa tanti soldi. Una sera, in cui ero completamente strafatta, ho deciso di donarmi a David, perché sentivo di essere innamorata di lui e, fino a qualche tempo dopo, ho creduto che fosse la scelta migliore che avessi fatto. Ma così non era, ovviamente. Io lasciavo fare di me a David quello che voleva, talmente ero strafatta e innamorata di lui. Non mi ricordo nemmeno più cosa significhi davvero fare l’amore con qualcuno, forse perché non l’ho mai fatti davvero con la testa”, dico con un sospiro e abbassando lo sguardo, convinta di aver detto troppo a Luke. Sono sicura che non gli fa piacere sapere che la ragazza che sta frequentando ha perso la verginità mentre era drogata, ma per ora ha rispettato la mia richiesta e non ha detto niente. Sento la sua mano che si appoggia sulla mia e due occhi profondi che mi guardano dispiaciuti mentre mi sussurra un: “Vai avanti, tranquilla, io sono qui”. Lo guardo grata poi, facendo un altro respiro e tenendo sempre la mia mano nella sua, riprendo a parlare: “Una sera ero sola a casa con il mio patrigno, stavamo guardando la tv, quando lui a un certo punto mi palpa il sedere. Io, senza pensarci due volte, gli stampo una cinquina e lui, arrabbiato come mai lo avevo visto prima, mi tira un cazzotto in faccia, così forte che mi fa quasi perdere i sensi, facendomi un occhio viola e cadere a terra mentre lui mi urla: “Che fai, la schizzinosa ora, lurida puttanella? Ma se quando sei con David ti fai fare di tutto! Io vi vedo, sai, quando salite in camera, e David mi lascia sempre un pezzo di porta aperta, così che io possa masturbarmi mentre vi guardo. Perciò non fare storie e fai divertire anche il tuo paparino, o hai bisogno di una dose per essere espansiva?”. Questa frase me la ricordo a memoria, è impressa nella mia mente e torna costantemente nei miei incubi: non credevo che una persona potesse essere così meschina e cattiva. In quel momento, ho davvero avuto paura di lui, sono corsa su per le scale e mi sono chiusa a chiave in camera, iniziando ad ansimare mentre le lacrime cominciavano a scendermi silenziose. Dentro di me pensavo che non potevo piangere per lui, che dovevo essere più forte di tutto questo, ma non era facile. Sentivo i passi pesanti del mio patrigno salire lentamente le scale, mentre ridacchiava e urlava: “Denise, lo sai che non potrai scapparmi per sempre, tanto David lo sa che vi guardo, e se gli chiedo di partecipare alle vostre seratine, non mi dice certo di no. Coraggio, rendi le cose più facili a tutti, esci di lì e fammi divertire, sarà più piacevole che se lo facessi anche con David”. In quel momento, con quello parole, il mio patrigno mi ha letteralmente ucciso: non riuscivo a credere che David sapesse che lui ci guardava e che lo avesse sempre lasciato fare. Il mio patrigno ha continuato per un po’ a tentare di aprire la mia porta, poi per fortuna è arrivata mia madre e mi ha lasciato in pace. Da quella sera sono stata sempre meno in casa, in particolar modo cercavo di non essere mai da sola con lui, litigavo sempre con David ma poi facevamo pace e io mi drogavo sempre di più per non pensare. Sapevo perfettamente che le cose non dovevano andare così, ma non riuscivo a liberarmi del rapporto malato che avevo con David. E’ capitato, più di una volta, che anche David, quando era strafatto, mi abbia picchiato, ma io pensavo di meritarmelo, perché non mi comportavo bene. In tutto questo, mia madre non ha mai detto niente, per il quieto vivere, anche se vedeva che mi coprivo i lividi con chili e chili di trucco. Una sera ero a un parco con David e credo di essermi drogata talmente tanto da essere svenuta, perché quando mi sono svegliata mi sono trovata in ospedale, perché una signora mi aveva trovato la mattina nel parco. Quello è stato il momento della mia rinascita. L’ospedale mi ha mandato in un centro di riabilitazione, il mio patrigno non voleva, ma mia madre sì, e per fortuna gli assistenti sociali mi hanno costretto ad andare perché lì, oltre al ripulirmi del tutto, che è stata una delle esperienze più devastanti della mia vita, mi hanno insegnato anche l’autodifesa e le arti marziali, perché avevano capito che io, come tante altre, non sapevo difendermi da chi diceva di amarmi, ma avevo una tale voglia di rinascere che ci ho messo tutta me stessa, e alla fine il mio impegno è stato premiato. Sono uscita dopo un anno e mezzo, completamente rinata, non volevo tornare a casa ma mia madre mi ha costretto, e allora ho iniziato a girare sempre con un coltello nei pantaloni, per evitare spiacevoli sorprese, anche notturne. La prima sera in cui ero tornata a casa, il mio patrigno non c’era, ma David si è presentato alla mia porta, urlando come un matto e strafatto fino ai capelli e, per paura che svegli tutto il vicinato e che chiamino i carabinieri, andiamo al parco vicino a casa mia, poiché volevo chiudere quella storia una volta per tutte” Faccio un altro respiro e smetto di guardare Luke negli occhi, mettendomi a fissare il pavimento: se la storia della riabilitazione era stata brutta, rispetto a quello che stavo per dire ora era una passeggiata. Riprendo a parlare, stringendo sempre più forte la mano di Luke, che non molla la mia: “Nel parco, purtroppo, c’era anche il mio patrigno insieme. Appena lo vedo, mi volto e inizio a correre per scappare da lì, ma David mi placca tenendomi per le braccia, mentre il mio patrigno si avvicina e mi tira prima un cazzotto nello stomaco che mi fa mancare il fiato, dicendomi “Questo è per non esserci stata per un anno e mezzo. E adesso, finalmente, viene il mio divertimento”, mi sussurra mellifluo all’orecchio, mentre comincia a cercare di slacciarmi i pantaloni e David mi accarezza il seno. Io comincio a dimenarmi come una pazza, avendo capito quello che quei due drogati hanno intenzione di fare e comincio a tirare calci al mio patrigno e gomitate a David. I primi colpi vanno a vuoto e mi ritrovo riempita di botte e cazzotti da entrambi ma, quando sento che il mio patrigno inizia a tirami giù i pantaloni mi concentro e riesco a tirargli un calcio in testa che lo lascia mezzo tramortito, mentre David, rimasto imbambolato dalla scena, si prende una gomitata nello stomaco che lo fa piegare a metà e liberarmi le braccia, e poi un cazzotto in testa. Per essere sicura che nessuno dei due mi dia più fastidio, tiro fuori il mio fidato coltello dalla tasca e tiro prima una coltellata a David nello stomaco, e poi un’altra a mio padre. Non ho idea se li ho uccisi o meno, ma ero talmente spaventata che me ne sono andata quella notte stessa, scappando dalla mia casa e dalla mi città, e non facendomi più vedere. E questa è tutta la verità sul mio passato”, dico, tirando un sospiro di sollievo e sentendomi finalmente libera da quel macigno che mi ha tenuto oppressa per tutto questo tempo. Alzo gli occhi da terra, per vedere quello che Luke sta provando, ma mai mi sarei aspettata di vedere quello che incrocio nel suo sguardo.

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Capitolo 28
*** La reazione di Luke ***


Luke continua a fissarmi con quell’espressione strana: ultimamente, mi è sempre riuscito facile capire cosa gli passava per la testa guardando i suoi occhi, sempre così espressivi e incapaci di nascondere per molto le emozioni che sta provando, ma adesso è diverso, adesso vedo solo un groviglio di emozioni che si aggira nei suoi occhi, mentre mi osserva a bocca aperta, e in questo momento non sono affatto sicura di aver fatto bene a raccontargli la verità. Certo, io adesso mi sento finalmente più leggera, libera da questa mia parte di passato, anche se il dubbio di essere un’omicida o meno non mi passerà mai. Ma non ho nessuna intenzione di andare a verificare se ho ucciso davvero uno dei due, non mi importa più di nessuno, ormai, in quel paese, e non mi interessa neanche se mia madre sia preoccupata per me o stia bene: non mi ha mai difeso, sapeva ma taceva, e per me, adesso, quello è definitivamente un capitolo chiuso, mi sono data tanto da fare per cancellare quella mia vecchi identità, che adesso non mi importa di sapere come sono andate le cose, mi importa solo di sapere cosa sta pensando Luke ma credo che, nonostante tutto, anche se le cose con lui andassero male, io potrò finalmente essere una persona migliore, davvero libera dal suo passato perché, finalmente, è riuscita a condividerlo con qualcuno, e di questo non smetterò mai di ringraziare Luke in tutta la mia vita. Anche se adesso vorrei davvero sapere cosa gli sta passando per la testa, visto che ho sganciato una serie di bombe colossali, e che lui non ha mostrato nessun segno di emozione, nessun accenno a chiedere niente, esattamente come gli avevo chiesto io fino a che non finivo di parlare. Dopo qualche istante che mi sembra un secolo, Luke si alza dal letto, si avvicina a me, mi si siede accanto, poi, senza dire una parola, mi abbraccia forte, inglobandomi tra le sue braccia, e cominciando a tremare come una foglia. Io rimango shoccata dalla sua reazione, mi lascio stritolare e soffocare nel suo abbraccio, anche se non capisco perché stia tremando così tanto. Ad un tratto, mentre mi continua a stringere forte fino quasi a farmi mancare il respiro, mi sussurra ad un orecchio, con voce rotta: “Mi dispiace così tanto Denise..Io, non sapevo… Magari, se avessi saputo, mi sarei risparmiato tante cose che ti ho detto…Io, nono so come tu abbia fatto..”, e poi comincia a piangere, un pianto disperato, ininterrotto, che lo scuote e mi fa scuotere, mentre io resto impietrita abbracciata a lui. Vedere Luke così devastato per quello che mi è successo mi fa aprire il cuore e mi fa stare male allo stesso tempo, perché non volevo assolutamente che qualcun altro soffrisse per quello che mi era successo nel passato, e invece eccomi qui, abbracciata a questo ragazzone alto e prestante, che sembrava non avere paura di niente e di nessuno, e che invece si è sciolto alla mia storia, e questo non può far altro che farmi piacere e farmi sentire felice e un po’ più tranquilla sul fatto di aver raccontato una cosa così importane ad una persona che se la merita davvero, che mi ha ridato fiducia nelle persone e, soprattutto, nel genere maschile, e che sembra quasi che lo abbia vissuto in prima persona, da quanto mi sta facendo sentire che gli dispiace. “Avanti, Luke, calmati”, gli dico, con gli occhi lucidi, mentre gli accarezzo la testa. “E’ una cosa passata, nessuno mi farà più de male adesso, puoi scommetterci. Ma se sapevo che ti avrei scatenato una reazione del genere, mica ti avrei detto niente, sai?”, dico ridacchiando, anche se la voce mi trema un po’, cercando di smorzare la tensione. Sento che lui cerca di calmarsi e di tornare padrone di sé stesso, ma non gli risulta facile, visto che, nonostante abbia smesso di tremare per il pianto, mi continua a stringere forte a sé, come se avesse paura che scappassi. Sospiro, e continuo ad accarezzargli la testa, sorridendo con gli occhi offuscati un po’ dalle lacrime, perché mai mi sari aspetta una tale reazione di comprensione e di dispiacere nei miei confronti. “Dai, Luke, basta adesso, davvero, ormai è una cosa passata, e non mi interessa sapere cosa sia successo a tutti. Io non ho più una famiglia da diversi anni, e non mi interessa nemmeno andarla a ricercare. Tutti loro stanno bene nel passato ed è lì che devono rimanere, e non voglio che condizionino ancora la mia vita. Ti ringrazio per la tua empatia nei miei confronti, ma adesso mi stai iniziando a far sentire in colpa per quello che ti ho detto, visto lo stato in cui ti trovi”. Luke smette di tremare un po’ alle mie parole, tira sul con il naso e poi, finalmente, si decide a mollare un po’ la presa e a lasciarmi libera di respirare di nuovo, anche se non si allontana di un centimetro da me, e continua a tenermi le mani appoggiate alla vita. I suoi occhi incrociano i miei, e non può che stringermi il cuore vedere quei suoi occhioni blu ancora più chiari e trasparenti per le lacrime che ha appena versato per me. Nonostante sia tutto arrossato in volto e sembri un cagnolino bastonato, credo che Luke non sia mai stato così bello. Gli sorrido, conforto nate. Lui mi fa un mezzo sorriso, poi prende un lungo respiro e, con la voce ancora tremante, dice: “Denise, io..Non o che dire. Non so come posso aiutarti, e non so come tu abbia fatto ad essere una ragazza così normale, così forte, dopo tutto quello che ti è capitato. Avrei voluto conoscerti tanti anni fa per poterti difendere, per poterti offrire un po’ di protezione, certe cose non dovrebbero succedere a nessuno, soprattutto alle ragazzine della tua età. Dio, ma come si fa a fare una cosa del genere? Non so come hanno fatto a non rovinarti per sempre. Forse, perché sei una cosa talmente rara e speciale che nemmeno la feccia peggiore del mondo è riuscita ad offuscare la bella luce limpida che emani”, dice, accarezzandomi piano una guancia. Io mi appoggio alla sua mano e sorrido, mentre una lacrima mi riga la guancia. Non so se è un lacrima di tristezza per la me del passato, o una lacrima di felicità per le belle parole di Luke e la me del presente, ma quella lacrima riesce a portarmi via gran parte di quel dolore che ho tenuto segregato dentro di me in tutti questi anni e che non ho mai voluto raccontare a nessuno, proprio per il terrore di aver fatto io qualcosa di sbagliato. “No, ti prego, Denise, non piangere. Anche se ne avresti tutto il diritto”, mormora Luke, continuando a guardarmi e ad accarezzarmi la guancia, mentre mi avvicina al suo petto. Sorrido per questo suo bel gesto di protezione nei miei confronti. “Non permetterò mai più a nessuno di farti del male, adesso ci sono io con te, e nessuno ti toccherà mai più, non prima di essere passati su di me. Tu non avrai nessuna intenzione di andarti ad assicurare se sono morti entrambi, ma io non voglio restare con il dubbio che questi rimangano impuniti per quello che ti hanno fatto e, se non sono morti, ci penserò io a loro. Credimi, preferiranno essere morti che vedersela con me”, dice, con una strana luce negli occhi. Io mi alzo di scatto, avvertendo il terrore a quelle parole: “No, Luke, tu non farai assolutamente niente. A me non interessa sapere se sono vivi o morti, mi interessa che nessuno fino ad ora mi ha cercato e che questa storia non è mai venuta fuori, mi interessa continuare a vivere la mia vita nell’anonimato. Non voglio più avere niente a che fare con nessuno di loro o dei loro parenti, e non voglio che tu ti faccia del male o commetta qualcosa per cui rischieresti di rovinarti la vita. Per cosa poi? Per una sorta di punizione? Il mio patrigno non è riuscito ad ottenere quello che voleva da me, David si è preso quello che si meritava, tanto era solo un mero drogato che, se non l’ho ucciso io, sarà morto da solo di overdose. Come il mio patrigno, dopotutto. Perciò, visto che in sei anni nessuno ha mai indagato su questa storia o, per lo meno, nessuno è mai risalito a me se mai avessi fatto davvero qualcosa, vorrei che le cose restassero così, non voglio andare ad alzare un polverone che sicuramente mi metterebbe solo nei guai, e sono stata così brava a far perdere le mie tracce che nessuno è riuscito a trovarmi. E voglio che le cose restino così. Mi devi promettere che non farai nessuna sciocchezza, e che lascerai perdere il mio passato, siamo d’accordo Luke?”, gli dico serio, prende dogli il volto tra le mani e guardandolo intensamente. Lui mi fissa, cercando di trovare un qualche segno di cedimento nel mio sguardo ma, quando non lo trova, sbuffa e scuote la testa per liberarsi dalla mia presa. “E va bene, ti prometto che non farò niente. Anche se non si meritano di restare impuniti, nel caso non fossero morti. Ma se un girono scoprirò davvero i loro nomi, non ti posso promettere che non andrò a cercarli, voglio rovinare le loro esistenze come loro hanno rovinato la tua, costringendoti a vivere una vita nascosta e con il terrore che potessero sempre ritrovarti”. Sospiro rumorosamente a questa affermazione poi, vedendo nello sguardo di Luke la sicurezza di uno che non ha nessuna intenzione di cedere, dico: “Va bene, a me basta che mi prometti che non farai niente adesso e che non cercherai di capire chi sono. Tanto, se queste informazioni non le avrai da me, nessun altro potrà dartele, perciò diciamo che sono abbastanza tranquilla sul fatto che rispetterai la promessa e non farai niente”. Lo guardo sorridendo più tranquillo, mentre lui mi fa un mezzo sorriso poco rassicurante, che decido di ignorare, perché so che nessuno è in grado di risalire alla mia famiglia, visto che ho cambiato identità. “Io spero solo che tu non pensi di aver fatto qualcosa, per meritarti tutto quello che ti è successo, vero?”, Chiede Luke, dopo qualche attimo di silenzio in cui lui mi ha fatto accoccolare sul suo petto e mi accarezza piano la testa. Io mugolo contrariata a questa domanda, perché adesso mi stavo veramente rilassando a sentire il battito del suo cuore e a sapere che lui per me c’era, sempre, e nonostante tutto quello che gli avevo raccontato, no sarebbe fuggito via da me, e questo mi dava una tale pace e tranquillità che non provavo da quella lontana sera di sei anni fa in cui avevo conosciuto David. Sospiro. “Beh, io penso di essere stata una ragazzina molto stupida, che si è fatta traviare da un ragazzo che non sapeva nemmeno cosa volesse dire amare o avere il rispetto per un’altra persona, lui voleva una cosa e se la prendeva, senza tanti giri di parole. E per un po’ di tempo ho pensato che le attenzioni del mio patrigno nei miei confronti fossero dovute a qualcosa che avevo detto o fatto, che in qualche modo fossi stato io a provocarlo e a fargli venire certe idee”, dico in un sussurro e con la voce tremante, mentre mi tornano in mente le notti in cui ero a casa e, chiusa in camera e distesa sul letto, avvolta dall’oscurità, ero convinta che fosse colpa mia quello che mi stava succedendo, convinta che io fossi stata cattiva e fosse giusto che mi stessero punendo così, convinta che il mio patrigno avesse ragione a farmi le sue avances, perché probabilmente ero io che lo avevo provocato e che gli avevo lasciato intendere che ero disponibile in quel senso. “No, Denise, non devi assolutamente pensare una cosa del genere”, mi dice Luke, che adesso è scivolato sdraiato sul letto accanto a me, trovandoci con i volti vicini e occhi negli occhi. “Mi hai capito, Denise?”, dice, prendendomi delicatamente il volto tra le sue mani. “Tu non devi mai più pensare una cosa del genere, non dovevi pensarla nemmeno quando quelle cose sono successe, non è mai stata né sarà mai colpa tua se il tuo patrigno è un malto mentale e un drogato e il tuo ex ragazzo un drogato senza palle, capace di farsi vedere grande solo con una ragazzina più piccola di lui che della vita non sa niente. Capito, Denise? Non è colpa tua se sei nata in una casa in cui la famiglia non sapevano nemmeno cosa volesse dire e se hai avuto come genitori delle persone codarde, violente e malate. Tu non c’entri niente, hai solo avuto la sfortuna di essere nata nella famiglia sbagliata”. Io lo guardo intensamente negli occhi poi mi stringo forte a lui e inizio a piangere, disperata. Lui mi culla tra le sue braccia, sussurrandomi ogni tanto un “Ora, passa, dai, tranquilla, ora passa” e un “sfogati, Denise, piangi e sfogati per tutto quello che non hai mai potuto dire a nessuno”. Le sue parole, la sua presenza e la sua dolcezza mi fanno piangere a dirotto e, pian piano, calmare. A un certo punto smetto di tremare e di singhiozzare, mentre lui continua a tenermi abbracciata a se e ad accarezzarmi la schiena pian piano, senza fretta, come se non avesse nessuna intenzione di andar via dalla mia stanza o di lasciarmi da sola. Quando mi sono calmata per bene e sono quasi certa di non avere più gli occhi arrossati dal pianto, alzo la testa e lo guardo: lui mi guarda con un espressione beata e serena, come se non si volesse trovare da nessun altra parte se non lì con me e come se quello che gli ho raccontato faccia già parte del passato e non sia successo davvero a me. Gli sorrido e dico: “Scusa per lo sfogo, ti devo aver bagnato anche tutta la maglietta”, e lo vedo mentre si tasta la maglia vicino al mio viso dicendo, mentre mi sorride: “Oh, sì, sembra che tu ci abbia tirato una secchiata di acqua addosso. Ma non è un problema, se ti serve come sfogo puoi bagnarmi quante magliette vuoi”. Io lo guardo, riconoscente, poi gli dico: “Beh, visto che ho ritrovato le lacrime che avevo perduto da un sacco di tempo, probabilmente accetterò di bagnarti un sacco di magliette. A parte gli scherzi, non stavo piangendo per me e lo so che non è stata colpa mia quello che mi è successo. O per lo meno, diciamo che l’ho capito molto tardi che non è stata colpa mia. Piangevo perché mi sono ritornate in mente le nottate della me del passato che, impaurita, passava le notti sveglia al buio nella sua stanza, dicendosi che era colpa sua e dei suoi atteggiamenti se il suo patrigno aveva certe idee su di lei e David la trattava sempre male. Ma, credimi, quando sono andata a disintossicarmi, ho fatto un lungo periodo dagli psicologi che mi hanno fatto capire che io non avevo fatto niente, ma che era il mio patrigno ad essere malato. Ma ti garantisco che ho passato un bruttissimo periodo in cui pensavo che fosse tutta colpa mia e che mi stavo meritando quello che mi era successo, perché probabilmente ero stata cattiva e non mi stavo comportando bene. E’ per questo che piangevo, perché avrei voluto tanto avere la forza che ho adesso e spiegare a quella ragazzina impaurita che lei non aveva fatto niente di male, si era solamente trovata nella famiglia sbagliata, che di sicuro non aveva scelto”. Luke mi guarda intensamente, annuendo alle mie parole, poi mi stringe forte a sé e mi chiede: “Ma è per questo che vuoi andare fuori con Alex? Vuoi cercare di dargli una qualche sorta di punizione in modo da punire anche David e il tuo patrigno? Perché adesso che mi hai raccontato queste cose capisco molto di più di te, e capisco anche perché spesso ti scansi quando ci avviciniamo troppo, e adesso non ti forzerò più a fare niente e non mi spingerò mai più in là dei nostri bellissimi baci, ma aspetterò che sia tu a fare la tua mossa quando sei pronta, ma non riesco a capire cosa c’entri Alex con il tuo passato. Anche se dai una sorta di punizione a lui, mi dici cosa cambia nel tuo passato e nel tuo presente? Secondo me è solo un modo per affogare di nuovo nei ricordi dai quali avevi detto di volerti staccare, e non è punendo lui che le cose del tuo passato cambieranno. E poi, punire in che modo?”. Io lo guardo, seria: lui davvero ancora non ha capito perché mi son o infervorata così tanto su Alex quando ho visto il suo comportamento e lui mi ha raccontato un po’ di cose sul suo passato? Sospiro: “Lo so perfettamente che non posso cambiare il mio passato, ma sbagli quando dici che non può incidere sul mio presente. Lo faccio per quelle ragazze che sono come ero io, timide, indifese e facilmente plasmabili se trovano qualcuno che riesce a farti sentire speciale e che poi ti fa fare tutto quello che vuole lui, spacciandolo come qualcosa che vuoi davvero anche te ,e se riesco a salvare almeno una delle ragazze che sono come ero io, allora posso ritenermi soddisfatta. Anche io avrei voluto che qualcuno che ci era passato prima di me fosse venuto a darmi una mano, a cercare di farmi cambiare idea, a dare una lezione a lui per fermarlo, consegnandolo anche nelle mani della giustizia se era arrivato a limiti intollerabili, che succede quasi sempre, ma io non avevo nessuno. Fino ad ora non mi ero mai avvicinata a nessun altro tanto da capire quello che poteva essere davvero, ma ora che ho incominciato a intravedere come può essere Alex, che a tratti mi ricorda tantissimo David, non posso stare a guardare senza fare niente, e una lezione gliela devo dare. Magari non servirà a niente, ma magari avrò salvato qualche ragazza dalle sue grinfie”, dico sicura. Luke mi guarda un po’ scettico, poi dice: “Secondo me non sarà facile che tu riesca a dare una lezione ad Alex. Ma comunque io sarò presente, domani sera, e se hai bisogno di una cosa, una qualunque cosa, per darti un mano io sarò lì per te. Non ti lascerò più da sola e, appena avrai finito questa cena con Alex, farò sapere a tutto il campus che stiamo insieme, che tu sei mia, e che nessuno si deve azzardare, in nessun modo, a farti del male, altrimenti se la dovranno vedere con me. Non sei più da sola, Denise, hai me al tuo fianco adesso, per qualunque cosa ti serva”. Io lo guardo, grata, poi non resisto e lo bacio con passione. Lui risponde subito al bacio e continua a tenermi stretta a sé, come se gli mancasse l’ossigeno se mi allontano per un attimo, ma non si azzarda ad andare oltre, non sposta nemmeno le mani dalla mia schiena, rispettando quello che ha appena detto, e non facendo nessuna mossa per spingersi oltre, se io non faccio niente. Ma adesso mi sento finalmente più libera, e non so se ho molta voglia di fermarmi questa volta.

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Capitolo 29
*** finalmente libera ***


Io e Luke continuiamo a baciarci con passione per qualche minuto, che sembra allo stesso tempo poco o un infinità. Sento che lui si agita, e si vede che cerca di trattenersi dal fare quello che davvero vuole, perché mi ha promesso che non andrà oltre fino a che non sarò io a chiederlo, ma adesso non credo che nemmeno io riesco a resistergli. E sento che c’è qualcosa di stranamente familiare in questa situazione. Non so bene cosa sia, ma mi sembra di aver già vissuto una cosa del genere, anche se non credo sia possibile, visto che io e Luke abbiamo iniziato a frequentarci da qualche tempo. Ma questo sensazione mi fa sentire ancora di più “a casa” tra le sue braccia, e il solo fatto di avere così tanto rispetto per me e per essere la prima persona in assoluto che ha ascoltato la mia storia e non mi ha giudicato, mi fa venire ancora più voglia di togliermi tutti i freni inibitori che mi sono tenuta addosso per tutti questi anni, e sentirmi finalmente libera. Con questi pensieri che mi girano per la testa e con le nostre labbra che non riescono a staccarsi un attimo le une dalle altre, prendo una decisione. Con un movimento repentino mi stacco da lui, che apre gli occhi di scatto, sorpreso e imbambolato perché sembra non riuscire a capire che cosa abbia fatto o cosa stia succedendo, e gli monto a cavalcioni sopra, sorridendogli complice. Vedo che il suo sguardo, da sorpreso che era, si incupisce e si fa tremendamente sexy, come se non aspettasse nient’altro da me. Lui si alza un po’ sul busto per avvicinarsi a me, mentre io comincio ad accarezzargli piano le spalle, e mi sussurra all’orecchio, con voce roca e sensuale: “Sei sicura di quello che stai facendo? Guarda che non ci sarà un’altra volta in cui te lo chiederò. Io ti voglio, Denise, ti voglio da impazzire, ti voglio anche solo per dimostrarti che l’amore è una cosa bellissima se fatta davvero con chi ti vuole bene e che ti rispetta, non con chi vuole solo divertirsi e farti fare ciò che vuole. Ma voglio che tu sia convinta, perché una volta partito non credo di essere capace di fermarmi”, mi soffia in un orecchio, scostandosi un po’ e guardandomi negli occhi. Questo contatto così ravvicinato e sensuale, insieme alle sue parole, mi fa venire i brividi in tutto il corpo, e in questo momento sono assolutamente certa di quello che voglio e che non me ne pentirò in futuro. Lo guardo, con la vista annebbiata dalla passione, ormai il mio cervello ha smesso di ragionare e, per una volta dopo tanto tempo, sono gli ormoni e l’istinto a farla da padrone. Gli sorrido sensuale e, guardandolo dritto negli occhi, gli prendo il bordo della maglietta e gliela sfilo, lasciandolo a petto nudo davanti a me. Vedo Luke che mi fissa, stupito e divertito, mentre io non riesco a togliere lo sguardo da quello che ho appena rivelato: il busto di Luke è perfetto, ha dei pettorali e degli addominali scolpiti e una sensuale V che sparisce all’interno dei jeans. Sento un gran calore addosso, ho il viso che mi va a fuoco, mentre fisso quella V così sexy. “Ti piace lo spettacolo, piccola Denise?”, dice Luke, divertito. Io alzo appena lo sguardo per guardarlo, e mi blocco non appena incrocio i suoi occhi: mi sta guardando, sì, divertito, ma ha un tale fuoco dentro che penso che mi squaglierò se continua a guardarmi così voglioso e sensuale. Sento la bocca secca e provo ad aprirla per parlare, ma non mi esce nessun suono. In questo momento mi sento così stupida. Chissà quante ragazze navigate ha avuto che non si fanno impressionare per due addominali scolpiti e non restano lì ferme a fissarlo ma agiscono, e anche molto bene. Ma io non ho mai visto uno come Luke senza maglietta, e devo ammettere che è uno spettacolo che, in effetti, non mi potevo perdere. Continuo a fissarlo negli occhi, come un ebete e lui, ad un tratto, interrompe il nostro contatto e mi sfila la maglia, lasciandomi in reggiseno davanti a lui. Io mi rendo conto solo dopo qualche secondo di quello che sta facendo e, quando realizzo che sono praticamente mezza nuda davanti a lui, il danno è già fatto, e il mio primo istinto è quello di coprirmi con le braccia: nessuno, a parte David, mi ha mai visto così svestita, e questo mi provoca un notevole imbarazzo. Prima che riesca a coprirmi, vedo gli occhi di Luke che mi fissano vogliosi e forse anche stupiti, ma non gli lascio il tempo di indagare che mi copro subito con le braccia. Quando Luke si accorge che il suo spettacolino è finito, mi guarda con un espressione scontenta e dice, con un tono furbo: “Eh, no, Denise, non funziona così. Prima mi provochi togliendomi la maglia e restando a fissarmi come se non avessi mai visto qualcosa di così bello, e poi vuoi privarmi della tua splendida visione non appena riesco a toglierti la maglia? No, no, non ci siamo, voglio rifarmeli anche io gli occhi, anche perché quello che ho intravisto, mi è sembrato alquanto interessante”. Vedo che Luke di avvicina ancora di più a me, mentre continuo a stare seduta sulle sue gambe, anche se sento che qualcosa ha iniziato a svegliarsi anche se, questa volta, non mi scanso spaventata, ma me ne resto ferma, guardandolo negli occhi, contenta che forse è stata la mia visione mezza nuda che l’ha fatto iniziare a svegliare. Lo guardo sorridendo divertita, mentre continuo a coprirmi ostinatamente con le braccia, e Luke mi sorride a sua volta: “Hai capito la mia timida Denise? Hai sentito che il solo intravederti in reggiseno ha risvegliato il mio amichetto là sotto, eh? E, dalla tua espressione, mi sembra che la cosa ti faccia piacere, giusto?”. Io lo guardo, provo ad aprire la bocca ma ancora la mia voce sembra non aver intenzione di uscire, e quindi mi limito ad annuire piano con il capo, diventando di nuovo rosso come un peperone in un nanosecondo. Luke sorride, anche se ora la sua espressione si è fatta più cupa ed eccitata. Infatti, dice con voce roca: “Denise, non puoi cominciare a fare così. Il mio amichetto non reggerà per molto se arrossisci per qualunque cosa di sensuale ammetti di provare. E, visto che hai perso la voce, che provvederò comunque a farti ritornare, ma mi hai fatto capire che ti fa piacere che mi sto eccitando per te, che ne dici di smetterla di coprirti e farmi vedere che spettacolo sei davvero?”. Io arrossisco ancora di più alle sue parole, e la sua eccitazione nello sguardo e nelle parole, mi fanno sciogliere ancora di più e, alla fine, desisto e tolgo le mani dal mio seno, lasciando che Luke mi guardi nel mio reggiseno di pizzo fuxia, chiudendo subito gli occhi. Sento che Luke mi guardo, e lo sento deglutire più di una volta, poi sussurra piano: “Denise, ti prego, apri gli occhi, guardami”. Le sue parole, così sensuali, così gentili, mi anno aprire gli occhi, e quello che mi ritrovo davanti è un Luke famelico, eccitato, che non fa altro che spostare lo sguardo dal mio seno ai miei occhi. “Se sapevo che mi perdevo uno spettacolo così, era un pezzo che ti avevo fatto parlare, Denise. Dio, non ho mai visto nessuno più bella di te, hai un seno perfetto, magnifico, e non vedo l’ora di dedicargli tutta la mia attenzione”, dice, guardandomi torbido. Io deglutisco forte mentre arrossisco ancora di più, grata di tutti questi complimenti che n on fanno altro che farmi stare bene con me stessa, che ne ho davvero bisogno. Ma non ho intenzione di lasciare parlare e agire solo lui, voglio godermi appieno questa esperienza che ho deciso di fare e non voglio fare la ragazzina timida e impaurita che non sa da che parte rifarsi e lascia fare tutto agli altri. Voglio toccarlo e sentirlo anche io. Faccio un respiro profondo e, con le dita tremanti, appoggio la mia mano sulla sua spalla possente e comincio ad accarezzargli piano le spalle. Vedo che Luke mi guarda, sempre più eccitato, poi sospira e si allontana un pochino da me, stendendosi un po’ sul letto e socchiudendo gli occhi. Io interpreto il suo gesto come un via libera ad esplorare il suo corpo, ed era proprio quello che volevo: so che dopo starà a lui e la cosa mi imbarazzerà ancora di più, ma adesso è il mio momento e voglio godermi appieno tutto questo ben di Dio che mi è capitato tra le mani. Faccio un leggero respiro e comincio ad accarezzargli anche l’altra spalla mentre, pian piano, con entrambe le mani, scendo verso il suo petto, disegnando i contorni perfetti dei suoi addominali. Sento Luke respirare rumorosamente alle mie carezze leggere, ma non si muove di un centimetro e mi lascia libera di esplorare. Lo ringrazio mentalmente per il suo gesto, anche se se sento che il suo amico là sotto adesso si è definitivamente svegliato, e si sveglia sempre di più ad ogni carezza che faccio. Molto bene, mi piace avere questo potere e influenza su Luke. Inizio ad accarezzargli piano i capezzoli e sento che lui grugnisce forte e, deducendo che gli piaccia, lo faccio una, due, tre, quattro volte, fino a che i suoi respiri accelerano e mi prende una mano per fermarmi, sussurrandomi, sempre ad occhi chiusi: “Se non ti fermi, la tua esplorazione finisce qui, perché ti faccio mia subito, all’istante. Non credo di poter reggere ancora molto l’eccitazione se continui con queste tue carezze dolci ma insistenti su una parte così sensibile”. Io sorrido compiaciuta all’affermazione di Luke, poi mi avvicino al suo orecchio e sussurro semplicemente: “Ok”. Prima che riesca a tornare alla mia esplorazione, lui gira di scatto la testa e mi bacia con passione, infilandomi la lingua in bocca e dando il via ad una danza disperata, senza fine. I nostri respiri si fanno sempre più veloci, io sento sempre più caldo e i nostri corpi hanno iniziato a strusciarsi di propria volontà l’uno contro l’altro. Sento la mano di Luke che mi prende le natiche e le stringe, avvicinandomi ancora di più a sé e facendomi sentire tutta la sua eccitazione. Io spalanco gli occhi per lo stupore, ma sono anche felice di questa reazione di Luke, e lo lascio fare, continuo a baciarlo e lo guardo mentre lui, ad occhi chiusi, mi stringe e mi palpa il sedere, in maniera sexy ma anche dolce, e io comincio a strusciarmi contro la sua eccitazione, per sentire che effetto fa. Sento che lui blocca qualsiasi movimento appena si accorge che mi sto strusciando su di lui e spalanca gli occhi, guardandomi inebetito: “No, Denise, fermati. Voglio che tu ti goda tutto il viaggio, mentre così arriviamo subito alla fine. Se tu ti strusci così contro di me, non riesco a resistere, ti spoglio in due minuti e ti faccio subito mia. Ma con te voglio che sia speciale, voglio che ti godi tutte le sensazioni fino in fondo, ed anche io ti voglio godere fino in fondo. Così andiamo troppo di corsa”, dice, anche se noto che gli è costato molta fatica dire queste cose. Io lo guardo, un po’ arrabbiata perché mi ha fermato e la cosa mi stava iniziando a piacere parecchio, ma allo stesso tempo grata per pensare così tanto a me e a farmi godere tutto. “Va bene, mi calmo”, riesco a dire in un sussurro sulla sua bocca. Sento Luke sorridere e dire: “Oh, finalmente sono riuscito a farti ritrovare la voce. Vedrai quanto ti piacerà esserti fermata e non avere corso”, aggiunge malizioso. Io lo guardo con aria di sfida, mi risollevo da lui e continuo la mia esplorazione. Questa volta, nonostante le mie mani siano ancora un po’ tremanti, le mie carezze si fanno più decise e seguo con forza i contorni della sua stupenda e perfetta tartaruga di addominali, accompagnando le carezze con dei piccoli baci. Sento che Luke si irrigidisce quando si accorge che pian, piano sono scesa e sto accarezzando la sua bellissima e sensuale V, mentre ci lascio sopra una scia di baci, fino a fermarmi sull’orlo dei suoi jeans. Sento che lui respira rumorosamente, poi mi prende per la vita e mi fa tornare distesa accanto a lui. Io sbuffo sonoramente e lo guardo arrabbiata: avevo tutta l’intenzione di finire il mio viaggio esplorativo e di arrivare finalmente a conoscere il “piccolo Luke”, ma non mi ha voluto accontentare. Luke mi guarda, ridendo divertito: “Su, non fare la bambina arrabbiata. Il tuo premio arriverà, eccome se arriverà. Ma non adesso. Adesso è il mio turno di fare l’esploratore”, dice sensuale. Io lo guardo, allarmata ma, prima che possa dire qualunque cosa, lui si è già spostato velocemente sopra di me ed ha iniziato ad accarezzarmi piano il collo, lasciando una scia di baci dietro alle sue dita e io smetto di pensare, lasciandomi solo guidare dalle sensazioni che le mani e la bocca di Luke mi danno. Comincio a respirare sempre più velocemente mentre lui scende pian piano sulle spalle e, in un attimo, sento le sue mani a coppa sui miei seni, mentre gli stringe e li soppesa piano. Io inizio a farmi scappare dei piccoli mugolii di piacere mentre le sue mani accarezzano piano il mio seno. “Oddio, Denise, è perfetto. E’ grande quanto la mia mano, lo posso accogliere, è sodo e tondo, non ho mai visto un seno più perfetto del tuo”, mi sussurra piano. Io gemo di piacere, sia per le carezze che per i complimenti, pii sento le sue mani che velocemente si spostano sulla mia schiena e, in un attimo, il mio seno è libero dal reggiseno. Provo ad aprire piano un occhio per vedere l’espressione di Luke, e non mi aspettavo certo di trovare quell’espressione sul suo viso: sembra incantato, come se avesse visto una cosa bellissima per la prima volta in vita sua. “Ti prego, quando siamo soli non mettere mia più un reggiseno, hai un seno bellissimo da vedere, non avevo ami visto niente di più perfetto”, dice roco e, in un attimo, mentre i richiudo gli occhi sorridendo, la sua bocca è sul mio seno, prima leccandolo, poi baciandolo, poi dandogli dei piccoli morsini, fino a che non inizia a torturarmi i capezzoli e a succhiare e mordicchiare prima l’uno poi l’altro, facendomi perdere completamente la testa e gemere e dimenare come una pazza. Quanto sento che sto perdendo il lume della ragione, Luke si ferma, come se avesse capito anche lui che stavo arrivando al limite, e mi guarda, compiaciuto e divertito: “Oltre ad essere bellissima, sei anche molto sensibile, Denise. Credo che ci divertiremo molto insieme” e, con uno strano luccichio negli occhi, continua a scendere, baciandomi la pancia e l’ombelico e provocandomi dei brividi in tutto il corpo. Io continuo ad agitarmi e ad ansimare piano e Luke si ferma sul bordo dei miei pantaloni. Lo sento armeggiare con i bottoni e quel rumore mi risveglia dal mio stato di trance, visto che Luke non aveva smesso per un attimo di baciarmi la pancia. “Che..che stai facendo?”, gli chiedo inebetita, tirandomi su un pochino e guardandolo. Luke mi guarda, poi sorride sornione: “Secondo te? Voglio vedere se il completino intimo è al completo e se sei sensibile quanto sul seno”, dice, con uno sguardo ancora più torbido. Io lo guardo, eccitata e sorpresa, ma senza alcuna intenzione di fermarlo, e mi ributto sul letto, assaporando tutte le sensazioni che mi sta dando. Lo sento sorridere contro la mia pancia per il mio totale abbandono a lui, poi smette di armeggiare con i bottoni e comincia a tirarmi giù i pantaloni. Io gli do’ una mano sollevando il sedere, e in meno di due secondi i miei pantaloni sono volati fuori dal letto. Sento che il respiro di Luke si fa sempre più affannato e lo sento mormorare: “Mmm, qui la cosa si fa interessante, non solo avevi coordinato il completino, ma hai un profumo che mi sta facendo uscire di testa. Io ti devo assaggiare”, e, così dicendo e senza che io abbia nemmeno il tempo di rendermi conto di quello che sta facendo, le mie mutande volano per terra insieme ai pantaloni e la sua lingua comincia a leccarmi piano. Io lancio un mezzo grido per la sorpresa ma comincio subito a gemere piano quando mi rendo conto di quello che Luke sta facendo e che mi piace da morire. Le sue carezze con la lingua si fanno sempre più intime, più profonde, più veloci e io credo di impazzire. Inizio a gemere forte e gli prendo la testa tra le mani, spingendolo ancora di più contro di me, anche se lui non ha nessuna intenzione di spostarsi. Sento salire l’orgasmo, e una miriade di sensazioni mi riempiono, cominciando anche a sentire come se una cosa del genere l’avessi già vissuta con lui, come se queste cose le avessimo già fatte. Cerco di dare un filo logico a questi pensieri, cercando di trattenere quelle immagini offuscate che mi stanno tornando alla mente, come un ricordo lontano, ma non riesco ad afferrarle, perché Luke continua nella sua tortura e io mi lascio andare ad un violento e intenso orgasmo. Sento Luke che si stende accanto a me e mi abbraccia, anche se riesco a malapena a sentire i suoi movimenti, visto che sono ancora persa in un mondo di tranquillità e pace tutto mio. Non pensavo fosse possibile provare delle emozioni così intense, soprattutto con uno conosciuto da così poco tempo. Sorrido tra me. “Ehi, ti stai divertendo senza di me?”, dice divertito Luke. Apro piano gli occhi e sorrido divertita. “Ah, vedo che l’esperienza ti è piaciuta e ti ha rilassato. Bene, sono molto contento. Ti dirò, è piaciuta molto anche a me, sei molto sensibile e ti lasci andare facilmente, e questo è molto eccitante”, sussurra, accarezzandomi piano un fianco e tornando ad accarezzarmi un seno. Io sorrido e mi godo le sue carezze poi, ad un tratto, mi ricordo che io non ho finito la mia esplorazione, e che la mia esperienza con Luke non è ancora finita. Spalanco gli occhi e lo guardo, mentre lui continua ad accarezzarmi il seno. “Beh, che c’è? Hai un seno molto bello, è eccitante toccarlo”, mi dice serio. Io lo guardo sorridendo, poi rispondo: “Beh, ma anche io ti voglio toccare”. Lui sorride eccitato, poi toglie le mani dal mio seno, spalanca le braccia e dice: “Prego accomodati”. Io lo guardo, sempre più stupita di quanto sia perfetto, fino a che mi accorgo che ha fatto sparire anche i suoi pantaloni e le sue mutande, e un pene eretto si erge in tutta la sua grandezza in mezzo alle sue gambe. Io lo guardo, ammirata ed eccitata, poi comincio ad accarezzargli di nuovo i pettorali, gli addominali e a disegnarli con entrambe le mani la V che finisce proprio sul suo pene. Sento che il suo respiro si è fatto più accelerato fino a che sono arrivata alla V, ma questa volta non mi ha fermato, e, un po’ titubante, comincio ad accarezzarlo piano, su e giù, con delicatezza. E’ una sensazione molto bella sentire che si indurisce sotto il mio tocco e sento Luke gemere e grugnire più forte, ed io accelero il movimento delle mie mani, sentendo che più che vado veloce e più che geme forte, irrigidendosi. Faccio per avvicinare la mia faccia a lui, che sento che mi ferma, poi mi prende mi mette sul letto sotto di lui, mentre lui si posiziona sopra, mentre mi sento enormemente piccola rispetto alla sua prestanza fisica. Lo guardo interdetta per non avermi lasciato finire di fare quello che volevo provare, e lo vedo sorridere: “Denise, non potevo lasciarti fare anche quello, altrimenti sarei venuto subito. Io invece volevo entrare dentro di te, diventare una sola cosa con te” e, così dicendo e dandomi un bacio in bocca, entra piano dentro di me. Io sussulto a quella strana invasione, a quella sensazione che non provavo da tempo ma, appena sente che da parte mia non c’è nessuna resistenza, affonda piano dentro di me, con calma. Lo sento respirare forte, come se si stesse trattenendo, ma io non voglio: voglio sentirlo tutto e voglio avere Luke in tutti i sensi, senza che si trattenga, anche perché adesso quella situazione di familiarità di è fatta sempre più forte, e non la voglio lasciare scappare. Comincio a muovermi e a spingermi contro di lui, sento che cerca di fare resistenza ma io non m i fermo. “Denise…ti prego…non resisterò a lungo così”, mugola tra un gemito e l’altro. “Non devi farlo… io ti voglio adesso, senza che tu ti trattenga”, dico sussurrando tra i gemiti. Alle mie parole Luke accelera i movimenti e le spinte, facendoci sentire sempre più vicini. Io mi godo le sensazioni di puro piacere e libertà che mi sta donando e raggiungiamo insieme il culmine: mentre entrambi abbiamo un orgasmo, io vedo varie immagini che pensavo di aver perso e riesco a ricollegare tutto e, adesso, sembra che tante cose stia tonando al proprio posto e ad avere un senso.

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Capitolo 30
*** una nuova scoperta ***


Resto per qualche interminabile minuto sdraiata abbracciata a Luke, con quella sensazione di beatitudine che solo fare l’amore con chi ti piace riesce a dare. Non riesco ancora a credere di essere andata a letto con Luke Edwards, pensavo fosse una cosa che non mi sarebbe mai successa nella vita, e invece è successa, ed è stata una delle esperienze più appaganti di tutta la mia vita. Rimango ad occhi chiusi mentre sento il respiro di Luke che pian piano torna normale me rilassato, mentre mi accarezza piano la schiena. Io rimango così, sospesa in un limbo di beatitudine e tranquillità che non avevo mai conosciuto, cercando di rimettere insieme quelle immagini che, sporadiche, mi sono tornate alle mente mentre facevo l’amore con Luke. So che hanno un senso, un senso logico, ma non riesco a capire come possano essere collegate a me e Luke. Ho provato e rivisto cose che devo avere già vissuto ma che, per un motivo e per un altro, la mia mente ha deciso di cancellare, e pian piano stanno ritornando a galla in modo disconnesso. Sospiro rumorosamente, cercando di riafferrare quelle immagini che mi sono tornate alle mente, ma sento che piano piano stanno scivolando via, e io non posso far niente per fermarle. Luke si gira verso di me e, anche se ho gli occhi chiusi, sento che mi sta fissando intensamente. “Tutto bene?”, mi chiede, con la voce bassa e roca, come se si fosse appena svegliato. Io apro piano gli occhi e sorrido quando vedo il suo sguardo serio e un po’ preoccupato che mi guarda, come se pensasse di aver fatto qualcosa di sbagliato. “Tutto bene, non ti preoccupare. Anzi, direi che non sono mai stata meglio di così in vita mia”, sussurro stringendomi ancora un po’ di più a lui. Sento che si rilassa, e chiude di nuovo gli occhi, mentre mi bacia delicatamente sui capelli. Visto che siamo così rilassati, chiedo: “Luke, posso farti una domanda un po’ strana?”. Sento che si irrigidisce di nuovo a questa mia domanda, e spalanca gli occhi, guardandomi preoccupato. Non dice niente, ma annuisce lentamente. Io sospiro e, sperando che non mi prenda per pazza, dico: “Mentre facevamo l’amore, non ti è sembrato come se..ecco…come se magari ci fosse qualcosa di vagamente familiare in tutto questo? Non ti sono tornate in mente delle scene un po’ confuse, che però sapevi che avevano un senso? Come se, in un’altra vita, avessimo già vissuto tutto questo?”, aggiungo piano, sperando che non mi prenda per pazza. Vedo Luke spalancare gli occhi e tirarsi su a sedere, confuso. Io lo seguo e mi siedo a mia volta, sperando che non stia pensando che sta con una pazza. Vedo che mi guarda, un po’ interdetto, poi sospira e dice: “Denise, io non so di cosa tu stia parlando. Certo, questa è stata una delle più belle esperienze sessuali di tutta la mia vita, forse perché finalmente ho fatto l’amore, e non sesso, con una persona che mi interessa davvero e che mi rispetta per quello che sono, non per il bell’aspetto fisico che ho. Però non ho provato nessuna sensazione che mi facesse pensare che noi avessimo vissuto questa cosa anche in un’altra vita. Ma sono convinto che, se tu lo hai sentito, probabilmente qualcosa insieme in passato lo abbiamo fatto. Magari vuoi riprovare, per vedere se hai le stesse sensazioni?”, e mi guarda malizioso. Io sbuffo, prendo il cuscino e glielo lancio in faccia, ridendo come una bambina: non mi sono mai sentita così libera con qualcuno, è una sensazione bellissima e che non voglio assolutamente perdere. Luke, per tutta risposta, si rigira e comincia a farmi il solletico, fino a che non ho le lacrime agli occhi e dico: “Basta, basta, ti prego, hai vinto tu!”. Lui si siede delicatamente sopra, di me, senza schiacciarmi, unisce le mani e le alza sopra la testa in un gesto di vittoria. Io lo guardo e rido come una pazza di tutto cuore: è così buffo. Lui mi guarda sorridendo e con uno sguardo felice, poi si sdrai di nuovo vicino a me e mi guarda intensamente, accarezzandomi il viso: “Non sai quanto mi piaccia sentirti ridere”, dice serio. “Dopo quello che mi hai raccontato, ho capito perché eri una persona così distaccata e fredda con tutti, ma sapere che con me ti sei lasciata andare e sentirti ridere perché non pensi a niente e sei felice, è il regalo più bello che potessi farmi. Finalmente non mi sento solo un bel faccino, ma qualcuno che può davvero aiutare qualcun altro. E di questo devo ringraziare solo te. Come ringrazio che, fino ad oggi, non hai lasciato avvicinare nessuno tranne me, altrimenti in troppi avrebbero vissuto di questa tua luce riflessa, e non avrei potuto averti tutta per me”, dice stringendomi. Io lo guardo, con gli occhi lucidi: nessuno mi aveva mai detto parole più belle. “E tu non sai da quanto tempo aspettavo una persona come te, che mi facesse sciogliere e mi aiutasse ad abbassare tutte queste inutili barriere di cui mi sono circondata. Se sapevo che dire la verità sul mio passato mi avrebbe reso così libera e felice, lo avrei fatto tanto tempo fa. Ma forse aspettavo solo che ci fosse una persona come te che, nonostante le apparenze, mi facesse capire che aveva un cuore e un cervello pensante, oltre ad essere bellissimo. E io ringrazio te per aver lasciato scoprire solo a me quanto fantastico sei anche dentro, oltre che fuori Non avevo mai conosciuto un ragazzo come te, che fosse allo stesso tempo dolce e forte, sensibile e protettivo. Non potrò mai ringraziarti abbastanza per avermi fatto uscire di nuovo dal mio guscio”. Lui mi guarda, sorridendo felice, mentre continua a cullarmi tra le sue braccia. Credo che potrei restare così per sempre, anche se so che non è possibile. Sospiro e mi lascio andare sul suo petto: tutte le belle parole che mi ha detto Luke non possono che farmi piacere, ma ancora non smettono di ronzarmi in testa quelle immagini e sensazioni di cose già provate, non nuove, eppure con Luke è la prima volta che faccio l’amore. Ma chissà perché a me sono tornate a galla queste immagini mentre a lui niente. Sento il respiro di Luke che si è fatto più pesante: probabilmente si è addormentato. Vorrei rilassarmi anche io così tanto da poter dormire un po’, questa giornata piena di emozioni e sbalzi di umore avrebbe stancato chiunque, ed anche il solo fatto di aver raccontato la verità è stato abbastanza estenuante. Per non parlare dell’attività fisica del pomeriggio, ma non riesco a non pensare a quelle immagini sfuocate di me che entro in una casa sconosciuta e finisco nel letto di uno sconosciuto, senza però riuscire mai a vederlo in volto. Sospiro arrabbiata, perché ho capito a quale situazione si sta riferendo il mio cervello, ma non riesco a vedere nulla di più di quello che anche io mi ricordavo, anche se mentre facevo l’amore con Luke, qualcos’altro si è smosso, ma non sono riuscita ad afferrarlo per ricordarlo nitidamente. Anche se, forse, potrei provare a chiedere una cosa a Luke per vedere se riesco a far quadrare le cose o se ancora devo cercare altrove per capire quello che il mio corpo e la mia testa stavano cercando di dire. Mi allungo per vedere che ore sono e quasi salto sul letto quando guardo l’orologio: le 17.30! “Luke, svegliati, è tardissimo!”, urlo, iniziando a scuoterlo. Lui si lamenta, mugolando, poi apre piano un occhio e mi guarda, interdetto: “Che succede? Perchè urli? Dai, torna qui con me e rilassati, su”, dice, cercando di farmi sdraiare di nuovo. Io mi alzo dal letto e mi metto in piedi accanto a lui, e cerco di tirarlo per un braccio per farlo alzare, ma è come provare a spostare un macigno. Sbuffo per lo sforzo, e continuo a scuoterlo sempre più forte: “E dai, è tardi, dobbiamo prepararci, tra poco abbiamo la punizione, e lo sai cosa succede se non ci presentiamo!”, dico urlando. Vedo Luke aprire entrambi gli occhi, e sorridere sornione guardando me che continuo a tentare di tirare il suo braccio: “Sei proprio buffa, sai? E’ divertente vedere te, nuda, che cerchi di spostarmi dal tuo letto. Certo, hai un modo un po’ brutale di svegliare le persone, dopo tutte le coccole che ci siamo fatti, ma ammetto che sei anche divertente e che mi fai svegliare allegro. Dammi altri cinque minuti per riprendermi, e poi mi alzo”, dice, socchiudendo di nuovo gli occhi. Io sbuffo, rossa in volta perché non mi sono resa conto di essermi alzata dal letto completamente nuda, e di sicuro non ho niente di sexy o sensuale mentre tiro il braccio di Luke. Dopo le sue parole mi arrendo, e decido di andarmi a fare una breve doccia, per rendermi di nuovo almento presentabile. Raccolgo le mie cose e vado in bagno, mentre Luke continua a dormire beato. Se tra cinque minuti non si sveglia e non si dà una mossa, lo lascio qui, e pois e la vedrà lui da solo con il professor Wilson. Mi chiudo a chiave nel bagno, anche se, probabilmente, dopo che mi ha visto nuda e in quella posizione ridicola per cercare di tirarlo via dal letto non ce ne sarebbe bisogno, ma ho ancora bisogno della mia intimità. Soprattutto, ho bisogno di qualche attimo da sola per riflettere davvero su quello che ho fatto oggi. Apro l’acqua della doccia e lascio che scivoli piano sul mio corpo, chiudendo gli occhi e rilassandomi per un attimo: la doccia è sempre stato il mio luogo preferito, soprattutto dopo che stavo con David perché, nonostante fossi convinta di essere innamorata di lui e convinta di tutte le scelte che avevo fatto per lui, tutte le volte che facevamo l’amore dopo avevo bisogno di lavarmi, come se effettivamente avessi fatto qualcosa di “sporco”. Forse il mio cervello stava cercando di dirmi proprio questo, quando mi faceva fare tutte le volte la doccia dopo essere stata con lui, ma il mio cuore non voleva sentire ragioni, e continuava a fare le stesse cose a ripetizione, solo per compiacerlo. C’era stato un periodo in cui non ero nemmeno più io, ma vivevo solo in funzione di quello che a David piaceva fare e di quello che David voleva da me. Pensavo mi piacesse quella vita, essere sempre al suo servizio e disposta a fare tutto ciò che voleva, ma questa non era la verità, e solo una dose di troppo mi aveva provato ad aprire gli occhi. Scuoto la testa per far uscire questi pensieri, e cerco di concentrarmi solo su quello che abbiamo fatto di bello oggi con Luke. Sorrido come un ebete da sola, quando ripenso a quanto gentile e premuroso sia stato nei miei confronti, a quanto sia stato attento a fare solo quello che volevo io e a trattenersi per farmi provare tutte le reazioni possibili del mio corpo, prima di pensare a sé stesso. Non credevo che esistessero questo tipo di ragazzi, e soprattutto non pensavo che Luke fosse uno di questi, pensavo che questi tipi così premurosi esistessero solo nei film e che, alla nostra età, tutti pensassero solo al proprio piacere, senza questa storta di timore reverenziale che Luke aveva nei miei confronti. Questa volta il mio farmi la doccia non è per scacciare qualcosa di brutto che penso di aver fatto, ma è solo per rilassarmi e cercare di riprendere il controllo su me stessa, per apprezzare al meglio tutto quello che abbiamo condiviso con Luke. Mentre rifletto ad occhi chiusi, sento bussare forte alla porta del bagno, e qualcuno dire qualcosa che non capisco. Spengo l’acqua e rimango in ascolto. “Ehi, è possibile fare una doccia?”, sento Luke dire dall’altra parte della porta. Mi avvolgo in un asciugamano e vado ad aprire. La visione che mi si presenta davanti mi lascia totalmente sconvolta: Luke è coperto solo da un lenzuolo, ha i capelli sconvolti e uno luccichio negli occhi. Trovarmelo davanti in quel modo mi fa mancare il fiato e la mia mano molla in automatico l’asciugamano che mi stava coprendo, tanto sono rimasta scioccata dalla sua bellezza appena sveglio. Luke guarda il mio asciugamano volare a terra, e il suo sguardo si fa sempre più famelico. Con due passi entra nel bagno e chiude la porta, schiacciandomi contro la parete in fondo. Sento dal lenzuolo che il piccolo Luke si è svegliato di nuovo, e il suo sguardo pieno di ardore e desiderio mi fa perdere la testa. Mi bacia famelico, come se gli mancasse l’aria, ed io gli rispondo, incurante del fatto che sono nuda davanti a lui nella luce del giorno, una cosa che mi ha sempre imbarazzato tantissimo. “Denise, mi mandi fuori di testa, non puoi far cadere un asciugamano davanti a me mostrandomi tutta la tua bellezza e aspettarti che io non faccia niente”, dice affannato quando si stacca dal bacio, e appoggia la testa contro la mia. “Beh, veramente sei tu che mi hai sconvolto con la tua bellezza appena sveglio, e la mia mano non ha retto e ha lasciato cadere l’asciugamano. Non era una cosa voluta, anche perché siamo in ritardo”, rispondo con lo stesso respiro affannato, cercando di riacquistare un po’ di lucidità, anche se avere questo ben di Dio così vicino non rende affatto le cose facili. Lui sorride e poi si spinge ancora di più contro di me, facendomi sentire di nuovo la sua eccitazione: “Vedi cosa mi fai? Basta una tua parola o un tuo gesto che io vado in tilt. Non posso presentarmi alla punizione così, sarebbe una situazione troppo imbarazzante, non credi?”, mi dice sorridendo malizioso, mentre due ciuffi gli coprono gli occhi. Io lo guardo, estasiata, anche se quell’immagine di lui così vestito me ne fa venire in mente un’altra, anche se non credo che questa cosa sia possibile. Scuoto la testa, cercando di far uscire quei pensieri e di godermi di nuovo il momento con il mio ragazzo, ma non ci riesco: più che lo guardo e più che quell’immagine mi torna alla mente. E poi, un campanello di allarme inizia a suonarmi nella testa: non può essere vero, non è possibile, è solo una coincidenza quello che la mia mente, adesso sta cercando di ricollegare. Vedo Luke che mi guarda, un po’ preoccupato, poi sospira staccandosi un attimo e osservandomi: “Che c’è, scuoti la testa perché non mi vuoi? Pensavo ti fossi divertita prima, e che volessi replicare, ma a quanto pare non è così”, dice deluso. Io continuo ad osservarlo, come se non lo stessi davvero guardando, ma stessi cercando di ricollegare la sua immagine a qualcos’altro che il mio cervello sta cercando di riportare a galla, ma che sembra che non riesca ad afferrare in pieno. Non mi sono neanche resa conto di quello che Luke ha detto, sono rimasta imbambolata dalla sua immagine, cercando di sovrapporla a quella che mi era venuta in mente, per vedere se le cose effettivamente corrispondevano. Ma quando mi rendo conto che Luke si è allontanato ancora di più da me e,a desso, invece di avere lo sguardo famelico e malizioso che aveva qualche istante fa, ha solo uno sguardo fortemente deluso, mi risveglio e chiedo: “Luke, che succede? Non ho detto e fatto niente, perché mi stai guardando in questo modo così strano? Credevo ci stessimo divertendo”, butto lì, anche se ero completamente persa nei miei pensieri. Lui mi guarda, sbalordito, e poi dice amaramente: “il problema è proprio questo, non hai fatto niente, anzi, qualcosa hai fatto, hai scosso la testa come se non mi volessi, come se le cose poco fa non ti fossero affatto piaciute. Ed io che mi sono impegnato tanto per stare attento alle tue esigenze e per farti provare tutto..Ma a quanto pare non sono così bravo, visto che mi respingi, no? Hai ragione tu, siamo in ritardo ed è meglio andare”, conclude duro. Io lo guardo inebetita, non capendo a cosa si stia riferendo, perché io sono stata benissimo con lui oggi, e non pensavo che un’altra persona mi avrebbe fatto stare così bene e in pace con me stessa, e avrei anche voluto replicare, se solo non mi fossi incanta a guardare quella sua espressione… Non riesco a dire una parola mentre lo guardo intensamente, per cercare di catturare quel dettaglio che mi manca per completare il puzzle che mi si è formato in testa e che sto cercando disperatamente di rimontare. Ma questo non centra niente con quello che lui mi ha fatto provare oggi pomeriggio. Apro la bocca per parlare, ma poi lui mi guarda con quella espressione così delusa e ferita, che cercavo da tanto tempo, che i pezzi si ricompongono e tornano tutti al loro posto: la festa, i cocktail, la casa lussuosa, il letto che ho condiviso con quello sconosciuto, quegli occhi chiari che mi guardano delusi dal corridoio mentre scappo, lasciando quel bel ragazzo coperto solo da un lenzuolo sulla porta. Era Luke, è sempre stato Luke, per tutto questo tempo. Tiro un sospiro di sollievo e sorrido, perché finalmente ho capito con chi ho fatto l’amore quella sera e perché rifarlo con lui mi continuava a dare una situazione di familiarità: perché era sempre con lui che l’avevo fatto per la prima volta dopo David. Vedo Luke che, adesso, mi guarda con un’espressione interrogativo e si è anche rabbuiato un po’. “Che c’è, ora anche sorridi per farmi capire che non sono stato abbastanza bravo per te, Denise? Ma brava, certo che sei un fenomeno per far passare la gente dalle stelle alle stalle in meno di trenta secondi!”, dice arrabbiato. Io lo guardo, interdetta, perché ero persa nei miei pensieri e non ho capito come ha fatto a pensare certe cose, ma ci penserò dopo. Mi avvicino a lui, incurante della sua espressione arrabbiata, poi gli do’ un lieve bacio sulle labbra e lo guardo, mentre lui continua a guardarmi accigliato: “Non so cosa tu abbia capito dalle mie espressioni, ma hai frainteso tutto. L’esperienza di oggi pomeriggio è stata una delle più belle della mia vita e non vedevo l’ora di fare il bis, se solo non ti avessi visto così. Oltre ad essere bello ed eccitante da morire nella tua forma più naturale, mi hai fatto tornare in mente una serata che credevo ormai persa e che non avrei più ritrovato nei miei pensieri. Mentre facevamo l’amore, ti ho detto che le cose mi sembravano famigliari e che secondo me era una cosa che, in qualche modo, era già successa, ma non riuscivo a ricollegare né dove né quando. E adesso, vedendoti così, tutto è tornato al suo posto e il puzzle finalmente è completo”, dico sorridendo. Luke mi guarda sempre più stupito, anche se adesso la sua espressione si è un po’ addolcita da quando gli ho detto che tutto quello che abbiamo fatto oggi pomeriggio mi è piaciuto parecchio. Lo vedo sospirare e passarsi una mano tra i capelli, poi dice: “Che cosa vuoi dire Denise? Cosa ti ha fatto tornare in mente fare l’amore con me?”. Io lo guardo, un po’ stupita del fatto che lui non si ricordi di me, ma probabilmente facevo parte di quelle da una botta e via quella sera. Sospiro un po’ amareggiata, poi chiedo: “Ti ricordi la sera della festa dove c’era quasi tutto il college e dove la maggior parte delle persone era ubriaca? C’ero anche io quella sera, e so che sei tornato a casa con una ragazza con un vestito color corallo che la mattina dopo non si è voluta nemmeno presentare ed è scappata di corsa dal tuo appartamento, senza degnarti nemmeno di uno sguardo”. Luke mi guarda sempre più stupito. “E tu come fai a sapere certe cose? Non l’ho raccontato a nessuno, e credo che neanche lei la mattina dopo sapesse chi fossi”. “Allora non ti sei scordato di lei”, dico, fingendomi arrabbiata. Lui mi guarda, con espressione colpevole, e un po’ dispiaciuto si avvicina a me e mi prende il viso tra le mani: “Ascolta Denise, non mi sono scordato di lei fino a che non ho conosciuto davvero te. E’ stata una cosa strana, perché nessuna ragazza è mai scappata dal mio appartamento senza nemmeno presentarsi, di solito hanno sempre voluto fare almeno il bis. Ma lei no, lei è fuggita via con il terrore che la riconoscessi, e ho passato diversi giorni a cercarla invano nel campus. Non la riconoscevo in nessuna delle ragazze che frequentavo. Ma adesso è storia passata, adesso ci sei solo tu per me. Ma dimmi, come fai a sapere di questa storia? Chi te l’ha raccontata? Consoci quella ragazza?”, chiede, incuriosito. Io sorrido, furba. “Oh, certo che la conosco, ed anche molto bene. Quella ragazza sono io”.

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Capitolo 31
*** l'ultimo scontro ***


Vedo che Luke mi guarda, con la bocca e gli occhi spalancati: sembra che per lui sia impossibile credere anche solo ad una mezza parola di quello che gli ho appena detto. Anche io sono rimasta stupita quando il mio cervello ha fatto due più due, e ha iniziato a ricordare i vari dettagli di quella serata, dettagli che pensavo non avrei mai ricordato, ed è proprio grazie al fatto che sto con Luke che il mio cervello ha potuto ricollegare la sua fantastica immagine nel mio bagno con quella di quel bel ragazzo sconosciuto, che mi guardava scappare come una fuggitiva. “Io…Io…non ci credo”, dice balbettando e guardandomi sempre più sconvolto. “Com’è possibile che non ti abbia mai riconosciuta? Eppure, dopo quella sera, ho girato tutto il campo alla ricerca di quella ragazza, ma non l’ho mai trovato, e ho pensato che fosse di un’altra scuola e non l’avrei mai più rivista. C’era qualcosa nel suo sguardo, qualcosa nel fatto che si era allontanata scappando da me, mentre tutte non volevano far altro che restare la mattina dopo, che mi ha fatto perdere la testa per lei. Ho passato giorni a guardarmi intorno per vedere se riuscivo a cogliere il suo sguardo da qualche parte, ma niente, alla fine mi sono arreso. E poi ho conosciuto te, che mi hai sconvolto in tutti i sensi, e mi hai fatto passare la voglia di cercare quella ragazza che mi aveva così colpito. E ora mi stai dicendo che tu e quella ragazza siete la stessa persona?”. Lo guardo sorridendo, poi dico: “Già. Sai, quella è stata una delle poche serate in cui ho deciso di lasciarmi un po’ andare,e d Alexandra ha pensato a sistemarmi e a rendermi meno riconoscibile da tutti, un’altra me, quella persona che tenevo nascosta da tanto tempo e che avevo poca voglia di far uscire. Da quando sono scappata di casa, sono sempre vissuta nell’anonimato, e non ho mai voluto mettermi in mostra, anzi, meno mi vedevano e meglio stavo. Ma quella sera ero proprio giù di corda, e Alexandra ha deciso che era arrivato anche per me il momento di divertirmi. Mi ha sistemata tutta, rendendomi bellissima in un modo che non credevo fosse minimamente possibile, e, appena arrivata a quella vesta, ho visto che i ragazzi mi guardavano in modo diverso, come se finalmente tutti mi vedessero, e ho deciso che la cosa mi piaceva e, per una sera, potevo non essere la solita Denise noiosa di sempre, ma potevo essere un’altra ragazza, libera da tutti i suoi problemi e dal suo passato. Ho deciso che per sciogliermi un po’ avevo bisogno di bere, ma probabilmente ci sono andata giù pesante, anche perché la mattina dopo non mi ricordavo assolutamente niente, non sapevo chi tu fossi e come avevo fatto a finire nel tuo appartamento. A proposito, complimenti, vivi in un posto bellissimo”. Lui mi guarda, sorridendo: “Avrei voluto portarti lì a breve, e farti vedere dove vivo davvero, ma non ce n’è mai stata l’occasione. Io, a differenza di te, sono stato un ragazzo molto fortunato, famiglia benestante, figlio unico, tutti al mio servizio, e nessuno che mi abbia mai messo i bastoni tra le ruote. Anche se i miei ci tenevano tantissimo che i seguissi le loro orme, ma non hanno mai fatto troppe pressioni e mi hanno sempre lasciato libero di scegliere quale fosse la cosa più giusta per me. Credo che, comunque, seguirò un po’ delle loro orme, perché mi piace quello che fanno, anche se voglio fare comunque le cose a modo mio, e loro questo lo sanno e lo apprezzano, perché dicono che porterei una ventata di nuove idee nella società, ma non hanno nessuna intenzione di farmi partire dal grado più alto perché sono loro figlio, anzi, mi faranno partire dal gradino più basso perché comunque me lo devo meritare, e non smetterò mai di ringraziargli abbastanza per questo insegnamento che mi hanno dato, per il fatto che sì, sono nato fortunato, ma me la devo mantenere questa fortuna, guadagnandomela come tutti”. Io lo guardo, ammirata: non ho mai sentito nessuno parlare così bene dei propri genitori, soprattutto uno che ha sempre avuto tutto dalla vita, ma non è cresciuto come un ragazzino viziato ma sa che la pagnotta e il suo posto in società se lo deve comunque guadagnare, anche se ha avuto dei privilegi, come il bellissimo appartamento in cui vivi, che le altre persone nemmeno si sognano. “Che bello, Luke, sentirti parlare così della tua famiglia. Si sente che ci tieni e che sei molto orgoglioso di loro. Sono contenta che mi hai raccontato qualcosa della tua famiglia, non sapevo niente di te, e sapere che, nonostante potessi avere tutto, loro non ti hanno mai viziato, è una bellissima dimostrazione d’affetto. Cosa fanno di bello i tuoi genitori?”, chiedo curiosa. “Mio padre è il titolare del quotidiano “The Press”, e mia madre la titolare della rete televisiva “National One”. Tutti e due hanno sempre lavorato nel campo dell’informazione e dei media, ed è così che si sono incontrati, poi entrambi provenivano da famiglie bene stentanti e, insieme, hanno comprato un giornale e una rete televisiva che non voleva nessuno, e le hanno rese due di quelle di punta di tutto il paese, nei rispettivi ambiti. Sono molto orgoglioso di loro, mi hanno insegnato che, anche se parti da una posizione avvantaggiata, se non ti impegni rischi di perdere tutto mentre, al contrario, se sfrutti le tue risorse per creare qualcosa in cui credi davvero, i tuoi sforzi saranno ripagati. Ed è quello che voglio fare anche io”. Io spalanco la bocca, alle rivelazioni di Luke: “No, non ci credo…I tuoi genitori sono Catherine e James Edwards?”. Lui annuisce, quasi sconsolato. “Oh mio Dio, sono due delle persone che ho sempre ammirato tanto, proprio perché sono nate dal niente e sono riusciti a creare un’impero basato sulle verità delle notizie. Ho sempre voluto essere come loro, e cercare di portare la verità nel mondo, anche per difendere le persone più deboli. Non avrei mai pensato che loro avessero un figlio, e soprattutto lo avessero cresciuto bene come te, pensavo che fossero dediti solo alla carriera, e invece sono decisamente umani. Eh, sì, direi che sei stato molto fortunato”, dico sorridendo. Lui mi guarda, un po’ interdetto, poi sospira e dice: “Beh, di solito tendo a non dire chi sono i miei genitori se no c’è il rischio che, oltre che per il mio bel faccino, le persone si avvicinino a me per i miei soldi o per le opportunità che potrei offrirgli nel mondo della stampa o della televisione, per questo di solito mi guardo bene dal dire chi è la mia famiglia. Ma a te lo posso dire, tu mi hai conosciuto come un ragazzo normale e ti sei fidata di me, perciò io mi sono fidato di te e ti ho raccontato chi sono davvero, perché so che stai con me perché sono io, non perché ti posso offrire un qualche vantaggio lavorativo. Anche perché le persone non lo sanno, ma se i miei genitori capiscono che le persone che gli porto non sono valide e non sanno lavorare, le cacciano, indipendentemente che abbiano con me una qualsivoglia relazione”. Io lo guardo, grata per avermi raccontato chi sia davvero, e poi lo abbraccio: lui rimane un attimo sorpreso, ma poi si lascia andare e mi stringe forte. “Grazie per esserti fidato di me, adesso so che la mia fiducia in te era ben riposta. Allora, sei contento che quella famosa ragazza fossi io?”, dico, tornando al discorso da cui eravamo partiti. Lui si scansa un attimo e mi guarda, divertito: “Beh, sinceramente non mi fa altro che piacere che te e lei siate la stessa persona. Almeno adesso so che eri tu, sei sempre stata tu, quella adatta a me, quella che mi faceva perdere la testa anche quando non la conoscevo. Adesso capisco cosa c’era che mi intrigava in lei, esattamente la stessa cosa che mi ha colpito in te: questo strano mistero che vi portavate dietro, e che adesso ho capito cos’è, ma allo stesso tempo la voglia che avete negli occhi di donarvi agli altri e di conoscere davvero gli altri, anche se la tenete gelosamente nascosta. Ma è bastato guardarti per quell’attimo entrare in quell’ascensore per capire che avevi tanto da donare agli altri, non so come spiegarlo, avevi uno sguardo così pieno di emozioni e di parole non dette, ma anche di paure, che ho rivisto nei tuoi occhi quando ci siamo scontrati fuori dall’aula, anche se in quel momento avevo già smesso di pensare a lei, ma ero completamente preso da te. E sapere che comunque l’unica volta che ti sei lasciata andare e che hai fatto comunque l’amore dopo David è stata comunque con me anche se non te lo ricordavi, non può che farmi piacere”, dice attirandomi di nuovo a lui e baciandomi con passione. Io ricambio, anche se sorpresa, il bacio, ma dopo un pochino mi stacco, e vedo che Luke mi guarda, un po’ dispiaciuto. “Anche io sono felice di essermi lasciata andare solo con te, si vede che era destino e che il mio istinto aveva capito che eri una persona di cui ci si poteva andare e che, per quanto brilla, eri quello che mi dava più fiducia. Sono contenta di aver ritrovato quell’unica persona che mi ha fatto dormire una notte senza incubi, e sono contenta che, dopo il nostro scontro, tu non abbia mai mollato la presa con me, perché sei riuscito a rendermi una persona libera e capace di fidarsi di nuovo delle persone, in qualunque modo andranno a finire le cose tra di noi. A prescindere da tutto, non potrò far altro che esserti grata per sempre per avermi fatto uscire da quella prigione che mi ero creata e per avermi fatto sentire di nuovo una ragazza di vent’anni. Ma, ora che tutti i segreti sono stati svelati, direi che è il momento di tornare alla realtà, e alla punizione che ci aspetta. Ormai il danno lo abbiamo fatto, e ci tocca per forza andare”, dico sorridendo. Luke mi guarda intensamente per qualche istante, poi sorride a sua volta e mi fa cenno di passare: “Prima le signore”, dice divertito. Io lo guardo, un po’ interdetta, poi comincio a spostarmi e passo vicino a lui. Lui mi prende per un fianco e mi blocca, lasciando cadere il lenzuolo e baciandomi con passione, quasi a lasciarmi senza fiato. Io rispondo al suo slancio e poi, quando si stacca, lo guardo con occhi offuscati e vogliosi. Lui mi guarda, sorridendo malizioso, poi dice: “Beh, volevo salutarti per bene prima di tornare a comportarci come due conoscenti fuori da questa stanza”. Io lo guardo, divertita, e poi il mio sguardo non può far altro che scorrere su quel corpo nudo e perfetto che non chiede altro che di essere amato. Io osservo attentamente ogni suo centimetro di pelle e lui si mette in posa per farsi osservare meglio, senza alcun imbarazzo. Io gli accarezzo leggermente i pettorali e gli addominali scolpiti, facendolo sospirare al mio tocco leggero ma, quando arrivo vicino all’inguine, mi blocco e tolgo la mano. Lui apre gli occhi, e mi guarda, deluso. Io mi avvicino al suo orecchio, sorridendo sorniona e bisbigliando: “Stasera avrai il resto, ma adesso è davvero tardi, e se ricominciamo rischiamo di non uscire più da qui per una settimana. E non vogliamo che la nostra relazione metta a repentaglio le nostre carriere scolastiche, no?”. Lui mi guarda, un po’ arrabbiato, poi dice: “Lo sai che sei proprio crudele, a volte? E sai che questo scherzetto stasera ti costerà molto caro, vero? Non avrai scampo, e mi rifarò per quello che hai appena fatto, lasciandomi insoddisfatto”, e mi guarda malizioso e provocante. Io sento un improvviso caldo assalirmi, poi gli dico, con un tono che cerca di essere il più sensuale possibile: “Beh, stasera vedremo quello che ti meriti. Dai, ora andiamo, che si sta facendo veramente tardi”, ed esco di corsa dal bagno, lasciano dolo in piedi, nudo. Vado verso il mio letto e comincio a sistemare tutto il casino che abbiamo lasciato: sorrido vedendo che, finalmente, anche il mio letto ha un po’ di quella confusione che è sempre toccata a quello di Alexandra. Sento l’acqua della doccia che si apre, e capisco che finalmente Luke si è deciso a darsi una lavata e a muoversi per non fare troppo tardi. Sorrido al pensiero che, finalmente, ho qualcuno con me, nella mia stanza, che non sia una dei ragazzi di Alexandra: no, lui è tutto per me, e questa cosa non cambierà per molto tempo, perché entrambi ci abbiamo messo una vita a fidarci di nuovo del sesso opposto, e sarà difficile che gli altri riescano a metterci facilmente i bastoni tra le ruote, non adesso che siamo così fiduciosi l’uno verso l’altra. Mentre finisco di sistemare le ultime cose e preparo la borsa per la punizione, sento che Luke ha cominciato a cantare a squarciagola, e rido per la sua poca intonazione, ma mi fa piacere che si senta talmente a suo agio da fare anche queste cose sapendo che io dall’altra stanza lo posso sentire. All’improvviso, sento bussare alla porta della camera, ma la cosa non mi turba più di tanto: probabilmente è Alexandra che non usa la chiave per non trovarsi in imbarazzo e quindi, sempre sorridendo come una scema alla canzone stonata di Luke, vado ad aprire la porta. Il sorriso mi muore sul volto quando vedo chi ho davanti, e una paura cieca mi attanaglia. “Ehi, ciao Denise, ho deciso di venire a farti un saluto, perché, dopo la nostra chiacchierata di oggi, ho riflettuto e ho capito che non posso aspettare fino a domani, voglio chiarire tutto adesso e voglio stare con te”, mi dice la voce dolce di Alex. Io rimango impietrita sulla porta, non sapendo come giustificare il fatto che Luke sia nel mio bagno a lavarsi. Lui mi scruta attentamente e, non sentendo nessuna risposta, si accorge di una voce maschile che canta nel mio bagno. I suoi occhi si riducono a due fessure di rabbia, poi mi guarda, con quel suo sguardo duro da cui è di nuovo sparita un qualsiasi tipo di emozione e c’è solo un abisso nero e oscuro, e sibila: “Chi cavolo c’è qui con te?”, e mi spintona dalla porta, riuscendo ad entrare in camera. Io rimango impietrita, non riuscendo a dire una parola, sono paralizzata dalla paura, dal non sapere quello che succederà quando Luke uscirà mezzo nudo dal bagno e Alex lo vedrà. Cerco di aprire bocca, ma non m i esce niente, poi Alex mi prende per un braccio e mi sbatte contro il muro della camera, stringendomi forte: “Allora, si può sapere chi cavolo c’è qui con te? Guarda che lo so che è un altro ragazzo, spiegami a che razza di gioco stai giocando!”, dice, urlandomi in faccia e stringendomi ancora più forte il braccio. Io lo guardo con gli occhi sbarrati, incapace di dire una qualunque cosa e tornando ad essere la sedicenne terrorizzata che ero qualche tempo fa, anche se pensavo di essere diventata più forte. Sento che l’acqua della doccia si è finalmente fermata e spero vivamente che Luke esca e mi faccia rinsavire, perché qui la vedo veramente brutta. “Allora, mi vuoi rispondere, brutta puttana?”, mi urla Alex, scuotendomi ancora più forte e urlandomi sempre più vicino al viso. Credo che mi stia per arrivare una schiaffo in faccio e chiudo forte gli occhi, ma non sento arrivare niente, ma anzi, sento che improvvisamente il mio braccio è libero e Alex non lo sta più stringendo. Mi decido ad partire piano gli occhi, e la scena che mi trovi davanti mi spaventa più di Alex che mi urlava in faccia: Luke, tutto gocciolante e con solo un asciugamano in vita che tiene per una spalla Alex e lo guarda come se lo volesse uccidere, mentre Alex che lo guarda, incattivito e stupito di trovarlo lì. “Che cazzo stai facendo, eh, Alex? Cosa diavolo ti credevi di fare? Non la devi toccare, hai capito? Non la devi nemmeno più guardare”, gli urla Luke in faccia, scaraventandolo a terra, con gli occhi che fiammeggiano. Io rimango appoggiata tremante al muro, guardando la scena, incapace di muovermi o di fare una qualunque cosa, osservando impaurita la scena, non sapendo cosa può succedere davvero. Alex guarda Luke, dal pavimento, quasi sorridendo, come se Luke non lo spaventasse abbastanza, Poi si rialza e si mette davanti a Luke, urlandogli in faccia: “Che c’è, Edwards, questa è la tua nuova puttanella? Complimenti, sei stato più bravo di me, almeno tu te la sei scopata, a me non ha voluto dare nemmeno un bacio. Ma magari, dopo che hai finito con lei, si è ammorbidita e viene anche con me, eh, Denise?”. Vedo un destro partire da Luke, con una rabbia e una forza tale che Alex finisce con il naso sanguinante per terra. Luke si avvicina a lui, e lo tira su per il colletto della maglia: “Non ti azzardare mai più a parlare di lei in questo modo, è chiaro? La devi lasciare in pace, vai a cerare qualcun’altra a cui tendere le tue trappole. Avrà fatto un errore ad uscire una volta con te, ma infatti non si è mai lasciata andare, ed è per questo che voleva uscire con te domani, perché ieri l’avevi spaventata e voleva troncare del tutto con te, perché ora sta con me, e non lascerò mai che gente come te si azzardi a toccarla o ad avvicinarsi di nuovo a lei, mi sono spiegato?”, gli urla Luke in faccia. Alex continua a sorridere come un coglione, come se non gli facesse né caldo né freddo che Luke lo abbia picchiato, anzi, sembra non preoccuparsi nemmeno che lui è molto più alto e forte di Alex, ma continua a guardarlo lo stesso sorridendo. “Hai capito, o vuoi un altro cazzotto per spiegartelo meglio?”, tuona Luke. Alex lo guarda, poi gli scosta la mano dalla maglia, si rimette in posizione eretta davanti a lui e gli dice: “Ho capito Edwards, ho capito. Adesso la puttanella è il tuo nuovo giocattolino, e non vuoi che nessuno te la tocchi. Ma tanto ti stuferai di lei, come ti stufi di tutte, e allora io sarò lì, pronto a gustarmi la mia vendetta”. Luke lo guarda, inferocito, poi alza di nuovo la mano, ma a quel punto io lo fermo: “Basta, smettetela”, urlo. Vedo entrambi che si girano verso di me, Alex che sorride, divertito, e Luke che mi guarda, arrabbiato e interdetto. “Io non m i sono mai fidata di te, Alex, ma volevo uscire con te per capire cosa fai davvero alle ragazze. Ma, dopo quello che hai fatto adesso con me, non mi interessa più scoprirlo. E sì, io ora sto con Luke, e niente di quello che puoi fare o dire cambierà questa cosa. Perciò, sì, mi dispiace di averti fatto credere che poteva esserci qualcosa tra di noi, ma non è così, e adesso sei pregato di lasciare la mia stanza e uscire dalla mia vita, non abbiamo più niente da dirci”. Alex mi guarda, continuando a sorridere come un coglione: adesso mi verrebbe davvero voglia di dargli un cazzotto anche a me, per vedere che effetto fa. “Oh, guarda guarda, la signorina ha tirato fuori le unghie. Non ti preoccupare, per il momento non ti disturberò più, non mi piacciono le cose difficili, ho altre prede molto più facili. Ma sappi che non te la caverai così. Io te la farò pagare, prima o poi, te la farò pagare per avermi fatto fare la figura del coglione davanti a tutta la scuola, di quello che ti veniva dietro, mentre tu tranquillamente te la spassavi con Edwards. Ma la mia vendetta sarà lenta e crudele, e succederà quando meno te lo aspetti. Nessuno si prende gioco di Alex Mitchell e la passa liscia!”dice urlandomi in faccia. Io lo guardo, terrorizzata per un attimo dalla minaccia, poi Luke si avvicina a me e mi abbraccia mentre guarda incattivito Alex: “Vattene ora e non osare più minacciarla, o non rispondo più di me”. Io continuo a tremare come una foglia tra le braccia di Luke, mentre Alex apre la porta e, voltandosi un’ultima volta verso di noi, sussurra cattivo: “Non ti scorderai facilmente di me, Denise, tu non sai di quali risorse dispongo. E quando compirò la mia vendetta, non avrai più il tuo Luke a proteggerti. Potrà volerci del tempo, ma non importa: io so aspettare e, quando finalmente mi sarò vendicato, potremo dire definitivamente conclusi i nostri rapporti”. Io lo guardo, spaventata, mentre Luke chiude con un calcio la porta, abbracciandomi di nuovo forte subito dopo. Io scoppio in un pianto isterico e scivolo a terra, mentre Luke mi avvolge con tutto il suo corpo, cullandomi e sussurrandomi: “Tranquilla, ci sono qua io, nessuno potrà più farti niente, ora”. Mi ci vuole qualche minuto per smettere di tremare, poi guardo Luke con gli occhi umidi e dico: “E se lui si vendicasse davvero? E se scoprisse qualcosa di quello che ti ho raccontato sul mio passato? Non posso passare la vita in ansia per quello che luii potrà fare”, dico sospirando. Luke mi abbraccia forte, poi dice: “Denise, tu non ti devi più preoccupare, ci sono io qui con te,e n on ti lascerò mai. Se troppo importante per me, e non lascerò che ti accada niente. Se mai Alex, un giorno, dovesse davvero fare qualcosa per vendicarsi e ferirti, lo affronteremo insieme, perché io sono qui per te e non ti lascio più andare, perché ti amo, hai capito? Io TI AMO”. Io lo guardo, sempre più confusa, ma il mio cuore esplode di gioia a sentire quelle tre parole magiche: “Anche io ti amo, Luke, sono innamorata di te da quando abbiamo inziaito a frequentarci. Ma pensavo che fosse troppo presto per dirlo. Ma ora, con te al mio fianco, so che posso affrontare tutto, anche quello che Alex potrà fare un giorno. Ma nessuno potrà mai divederci, non dopo tutto quello che abbiamo condiviso. Mai”. “Mai”, ripete Luke, abbracciandomi e baciandomi per infondermi tutto il suo amore e la sua sicurezza. Io ricambio il bacio e, con lui accanto, sono più forte e sicura che posso di nuovo affrontare tutti gli ostacoli che la vita mi metterà davanti.

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