Le ali della Regina

di Tactolien
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Matrimonio ***
Capitolo 2: *** Riflessione ***
Capitolo 3: *** Decisione ***
Capitolo 4: *** Piano per una rivincita ***
Capitolo 5: *** Sorpresa ***
Capitolo 6: *** Doppia sorpresa ***
Capitolo 7: *** Verso Avalon ***
Capitolo 8: *** Iceberg all'orizzonte ***
Capitolo 9: *** Un passo indietro ***
Capitolo 10: *** Let it go (Frozen) Per ridere insieme ***
Capitolo 11: *** Visita ufficiale ***
Capitolo 12: *** Essere un Guardiano ***
Capitolo 13: *** La teca di cristallo ***
Capitolo 14: *** La storia di Avalon ***
Capitolo 15: *** La vera storia ***
Capitolo 16: *** I rancori che affiorano ***
Capitolo 17: *** Avalon a rischio ***
Capitolo 18: *** Allarme alla Centrale ***
Capitolo 19: *** Gemma alla riscossa ***
Capitolo 20: *** Una preziosa informazione ***
Capitolo 21: *** Vittime all'ovest ***
Capitolo 22: *** Soccorso ***
Capitolo 23: *** Ancora poco ***
Capitolo 24: *** Avalon in pericolo (prima parte) ***
Capitolo 25: *** Avalon in pericolo (seconda parte) ***
Capitolo 26: *** Sorpresa ***
Capitolo 27: *** Le ali della Regina ***



Capitolo 1
*** Matrimonio ***


 
 



La Chiesa di Lady Mab, era il luogo di culto più grande e importante di tutta Cantuccio.

Dedicata alla prima regina del Popolo, era munita di mille posti a sedere, immense vetrate colorate, e una decina di statue poste ai lati della grande navata. Più una più grande proprio dietro l’altare, che rappresentava la nobile regina nell’atto di benedire i suoi sudditi: una splendida creatura dai lunghi capelli ornati di fiori, e due grandi ali sulla schiena.

Al matrimonio erano stati invitati tutti gli agenti della LEP. Dalla Ricog ai semplici vigili del traffico: non capitava tutti i giorni di assistere al matrimonio di un Comandante.

Esattamente. Il Comandante Grana Algonzo aveva finalmente fatto la fatidica domanda. E lei aveva risposto sì.

Il fratello minore, Brucolo, stava ritto in piedi, stranamente ben composto nel suo ruolo di testimone; mentre tre elfe sconosciute fungevano da damigelle.

E poi c’erano loro: Artemis Fowl e Leale. Gli unici umani invitati alla cerimonia senza neanche che lo sposo sapesse perché.

Messi a sedere nelle ultime file poiché più alti di tutti, i due Fangosi si guardavano intorno ammirando la splendida struttura, profumata d’incenso.

Per la guardia del corpo in particolare fu un sollievo trovarsi in un posto dove potesse stare dritto in piedi senza ingobbirsi. Accanto a loro, sedevano Polledro e Cavallina, che ogni tanto messaggiavano con la baby-sitter, per assicurarsi che i loro figli rimasti a casa non combinassero guai: erano veramente delle pesti, quei puledrini.

"Tesoro, non ci usano i cellulari in chiesa"

"Mi dispiace, Cavallina, ma è più forte di me. L’ultima volta che li abbiamo lasciati soli hanno distrutto l’impianto idraulico"

"Ma lo sai che c’è la baby-sitter con loro"

"E’ la terza che assumiamo questo mese. Le altre sono scappate via dopo un esaurimento nervoso".

"Ricordamelo… perché abbiamo accettato di venire qui?" bisbigliò Leale, mentre uno gnomo impettito celebrava la funzione.

Artemis non staccò gli occhi dalla sposa col volto coperto dal velo bianco: "Per cortesia, e perché sarebbe stato interessante"

"Mmm…" borbottò l’omone, poco convinto.

E per supporto morale. Aggiunse il ragazzo, preferendo non dirlo ad alta voce. Sapeva bene che a una certa persona costava molto tutto quello.

"Vuoi tu, Grana Algonzo… -continuò il cerimoniere- Prendere quest’elfa come tua legittima sposa, per amarla, rispettarla, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finché morte non vi separi?"

"Sì, lo voglio" annuì sicuro Grana, senza ombra di dubbio nella voce.

Artemis sospirò. Proprio come aveva temuto. Si fece attento, ora veniva il turno della sposa.

Quell’ultima sollevò il velo.

Il volto sorridente di Lili Foglietta, riempì raggiante la chiesa.

"E tu, Lili Foglietta, vuoi prendere quest’elfo come tuo legittimo sposo per amarlo, onorarlo, in ricchezza e povertà. Finché morte non vi separi?"

"Sì, certo che lo voglio!" squittì lei, come una bimbetta eccitata.

"Se qualcuno è a conoscenza di un motivo per cui questi due elfi non debbano unirsi in matrimonio, parli ora o taccia per sempre".

D’istinto, Artemis si voltò a guardare Spinella. Immobile e silenziosa al suo fianco, fissava il vuoto davanti a sé come se neanche stesse ascoltando. Conosceva bene i sentimenti che aveva sempre provato per il suo collega e Comandante, e per un attimo si chiese se dovesse metterle una mano sulla spallo, oppure no.

Decise di no. Non voleva che pensasse che la stesse compatendo, o altro.

"Col potere a me conferitomi, vi dichiaro marito e moglie. Puoi baciare la sposa" concluse lo gnomo soddisfatto.

"Siete sicuri di non voler venire al pranzo?" chiese Polledro alla fine della funzione.

"Sì, ormai in superficie è notte fonda, e per noi è ora di andare" spiegò Artemis, stringendogli la mano.

Leale annuì. Da quando il ragazzo era tornato in vita, i Signori Fowl gli proibivano categoricamente di star fuori casa fino a un certo orario. Restrizione insolita per lui che era abituato ad andarsene dove voleva e quando voleva, ma ad Artemis Senior era bastato minacciargli di bloccare tutti i suoi conti bancari nel caso si fosse azzardato a tardare anche solo una volta.

"Senza contare che non credo saremmo i benvenuti. E’ già tanto se ci hanno invitato allo scambio delle promesse"

"Capisco. E tu, Spinella?".

Al suo fianco, Cavallina fu svelta a dargli una gomitata per farlo tacere.

Il Capitano Tappo non rispose subito. S’irrigidì appena e tirò le labbra in un sorriso forzato. Si era presentata al matrimonio in alta uniforme come tutti i suoi colleghi, ma per il resto non aveva detto una parola.

"Al pranzo? -borbottò incerta- No, grazie. Ho lo stomaco chiuso".

Il centauro annuì comprensivo.

Stomaco chiuso un corno. Tutti lo sapevano bene. Non doveva essere facile per lei stare lì ferma a far buon viso a cattivo gioco, davanti ai novelli sposi che si baciavano.

Chi l’avrebbe mai detto. Alla fine il Comandante della LEP aveva scelto proprio Lili Foglietta, la pupattola dalle trecce bionde che si autoproclamava "principessa", per la sua discendenza dall’antico Re elfico.

"Va bene -sospirò poi il centauro- Ti terrò da parte una fetta di torta".

Puoi anche tenertela per quel che mi riguarda.

 

La Mela d’Oro, era uno dei ristoranti più esclusivi di Cantuccio. Era lì che si sarebbero svolti i festeggiamenti, dal pranzo al pomeriggio, alla cena.

Nei mesi precedenti, i due neosposi avevano progettato tutto il ricevimento nei minimi dettagli, dalle portate all’orchestra. Ma per quanto Grana Algonzo avesse cercato di dissuaderla, Lili Foglietta era stata irremovibile sulla sua decisione: la torta nuziale avrebbe dovuto essere alta non meno di dieci piani. Molti agenti della Lep si erano chiesti se voleva essere sicura che tutti avessero lo loro fetta, o se si trattava solo di un ulteriore sfoggio di vanità.

Dopo la cerimonia nella chiesa di Lady Mub, sposi e invitati ci misero un quarto d’ora ad arrivare, ma appena Grana e Lili scesero dal loro mezzo di trasporto…

"Signori Algonzo! Signori Algonzo!" li raggiunse di corsa uno spiritello buffamente vestito da maitre, sudato e sconvolto: "Signori Algonzo"

"Signori Algonzo -ridacchiò felice la sposa- Come suona bene"

"Che succede, Signor Merry?"

"Ecco… -esitò a rispondere- Io non so come dirvelo… -si allargò il colletto della camicia con le dita- Ve lo giuro… ero in cucina quand’è successo. Altrimenti mai l’avrei permesso"

"Permesso cosa?".

Colpiti da un tremendo presentimento, i due elfi, subito seguiti da Polledro e Cavallina, si fiondarono dentro il ristorante. Appena i loro occhi inquadrarono…

"Noo!" piagnucolò isterica Lili, cadendo in ginocchio e sbattendo ripetutamente il bouket di fiori a terra.

Là, al centro della sala che avrebbe dovuto esporre la torta a dieci piani… Bombarda Sterro stava spaparanzato sul tavolo devastato, completamente ricoperto di crema e rimasugli di pandispagna. A terra, la statuina degli sposi giaceva fortemente masticata.

"Tu…" sibilò Grana Algonzo, cercando di contenere la rabbia.

Alle sue spalle, Polledro trattenne le risate.

"Viva gli sposi" ruttò il nano, pulendosi la bocca con la manica dello smoking.









 

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Capitolo 2
*** Riflessione ***


 



 

"Com’è andata la cerimonia, caro?" chiese Angeline Fowl, non appena Artemis e Leale rientrarono a casa.

"Molto bene, madre. Una chiesa superba, in tutti i miei viaggi non ho mai visto un’architettura simile. Mi sarebbe piaciuto vedere anche il ristorante, ma dovevo rispettare gli orari stabiliti da mio padre".

La donna sospirò. Il figlio era davvero incorreggibile; perfino la sua ultima "avventura" non gli aveva tolto quel viziaccio di chiamarla "madre".

C’era stato un periodo, quando era tornato in vita, in cui non faceva altro che chiamarla "mamma". Ma era solo l’amnesia, e una volta recuperata la memoria era tutto tornato alla normalità. Anche se… normalità era una parola grossa per quella famiglia.

"Hai fatto bene, perché mancavano solo dieci minuti allo scadere del tempo, meglio se vai a salutarlo subito"

"Dov’è?"

"Nel suo ufficio, non mi stupirei se stesse già chiamando la banca per i tuoi conti".

Mentre Artemis si affrettava su per le scale, Angeline non mancò di rivolgersi a Leale: "E’ andato tutto bene?".

"Sì, signora. Ormai sono ben tre settimane che non ha più vuoti di memoria. Anzi, durante il viaggio di ritorno non ha fatto altro che parlare dello stile della chiesa, menzionando un sacco di scultori e architetti di cui neanche ricordo i nomi".

Angeline ridacchiò: "Bene, allora possiamo considerarlo completamente guarito".

La riabilitazione del ragazzo non era stata facile. Non tanto quella fisica, quanto quella mentale. La prima volta che Artemis rientrò in casa subito dopo la resurrezione non riconobbe né la madre, né il padre, né i fratellini. Nei giorni seguenti capitava addirittura che si perdesse per il grande maniero perché non ricordava più dove fosse la sua camera.

Era strano conciliare il famoso genio criminale Artemis Fowl con quella creatura smarrita.

"E Spinella?" chiese la donna, passando ad altri argomenti "Come sta? E’ da tanto che non la vedo".

La guardia del corpo scosse la testa: "Un po’ triste. E’ stato strano vedere Grana Algonzo insieme a quella là. Lo sapevano tutti che lui le piaceva, probabilmente sarà il pettegolezzo più discusso di tutta la Centrale Lep".

"Povera cara. Umani o Popolo… alla fine le pene d’amore sono sempre quelle. Penso spesso a lei. Combatte sempre per tutti, mettendo in gioco la sua stessa vita, ma non ne ricava mai niente per se stessa"

"Non credo che Spinella faccia quello che fa per ottenere una ricompensa"

"Ad ogni modo penso sia frustrante trovarsi in una crisi un giorno, e invischiati in un’indagine degli Affari Interni il giorno dopo. Mai nessuno che le dica grazie".

Leale rifletté su quelle parole. Ora che ci pensava non si era mai veramente soffermato a chiedersi cosa provasse l’amica elfa nel venire costantemente usata come capro espiatorio dal suo stesso popolo, soprattutto ora che il Comandante Julius Tubero non c’era più; e Grana Algonzo non aveva certo la stessa influenza.

Mi ritorna in mente ciò che è successo dopo il ritorno di Artemis. Si grattò la testa il gigantesco eurasiatico.

Dopo il fallimento dell’ultimo piano di Opal Koboi, tutti credevano che Artemis Fowl fosse morto, tant’è che il giorno del funerale del ragazzo il Consiglio aveva mandato un agente Ricog in perlustrazione, per assicurarsi che si svolgesse davvero. Ma quando mesi dopo il geniale Fangosetto era rispuntato fuori, molte alte autorità avevano cominciato a farsi delle domande; in particolar modo quando, utilizzando accurati scan a raggi x, avevano appurato che la tomba del giovane Artemis era ancora piena del suo corpo originale.

In seguito la verità era venuta fuori: Artemis era ritornato in vita grazie a un corpo artificiale, ideato da Polledro e Spinella Tappo.

La clonazione era proibita al Popolo, tuttavia ad avere le conseguenze maggiori fu Spinella: se il centauro se la cavò con una semplice sospensione dal lavoro per un mese, nonostante fosse stato lui a coltivare il clone… all’elfa avevano dato ben tre mesi di sospensione senza paga più una salatissima multa da pagare. Ci fu chi optò di licenziarla del tutto dalla Lep, poiché sembrava che ad ogni crisi ci fosse sempre in mezzo lei, ma Grana Algonzo protestò fortemente, ricordando il contributo che aveva dato al Popolo, finché la punizione venne conciata.

Riuscì a pagare la multa solo perché nel testamento Artemis le aveva lasciato i lingotti d’oro, avanzati dal suo rapimento. Altrimenti si sarebbero presi la sua casa.

Era stato Bombarda a darle quell’informazione. Spinella era troppo orgogliosa per farlo.

Udì di una porta che si chiudeva e il rumore di passi lungo la scala: Artemis usciva dallo studio del padre.

Un’altra porta si aprì, i gemelli Myles e Beckett si fiondarono fuori dalla camera, per salutare il fratellone.

"Artemis è tornato dal paese delle fate?" chiese subito Beckett, che ogni volta rimaneva incantato nel sentire le avventure del fratello maggiore.

"Si chiama Cantuccio" sospirò Myles "E non è un paese, è la più grande metropoli del sottosuolo".

Artemis ridacchiò, il fratellino cominciava a somigliargli ogni giorno di più.

"Com’è andata mentre ero via? Hai ripassato l’alfabeto Beckett?"

"Beckett odia l’alfabeto" parlò in terza persona lui "Preferisce i vermi"

"E tu Myles hai ripassato la tavola periodica?"

"Che domande fai? Ho imparato a memoria la tavola periodica ben otto mesi fa. Adesso mi sto dedicando al mio nuovissimo super-computer".

"Bene, continuate così. Nel frattempo anch’io continuerò a lavorare al mio Progetto".

Da quando aveva ripreso le piene facoltà mentali, il ragazzo aveva rispolverato il suo vecchio cuboghiaccio sperando di renderlo migliore del prototipo precedente.

E speriamo che anche la presentazione sia migliore della precedente. L’ultima volta siamo stati attaccati da una navetta proveniente dallo spazio.

 

Spinella Tappo rientrò a casa subito dopo la cerimonia nuziale. Provò un immediato senso di sollievo nel ritrovarsi nella propria tana, dopo tante ore in cui si era costretta al silenzio, e lasciare che il matrimonio andasse avanti.

Si spogliò dell’alta uniforme e la lasciò cadere sul pavimento senza più degnarsi di raccoglierla. Uno in più o uno in meno non fa differenza. Si disse, rimanendo in canotta e calzoncini. Guarda qui che disordine.

Ormai restava poco casa, e quando accadeva era troppo stanca per mettersi a riordinare. Quando ogni strumento di Opal Koboi scoppiò in quello che venne considerato l’Armageddon, molti criminali goblin erano fuggiti dal Picco dell’Ululo e tutti gli agenti della LEP erano stati mobilitati per la loro cattura. Per non parlare dei disordini a Cantuccio, e di quelli in superficie per i migliaia spazzamente che avevano dovuto usare. Il lavoro non mancava di certo.

Spinella si servì dal frigo. Succo d’ortica, l’ideale per tirarsi un po’ su.

Tuttavia c’è qualcosa che non và.

Aveva sempre amato il suo lavoro. Ora più che mai che poteva dare il suo aiuto al Popolo, ma ultimamente percepiva un gran vuoto dentro di sé. Un vuoto che neppure il lavoro riusciva a colmare.

Si fermò un attimo a contemplare le fotografie sugli scaffali. Ce n’erano di tutti i tipi, e tutte con persone che amava: lei da bambina, lei insieme ai suoi genitori ormai morti, lei insieme ai suoi amici. Ne aveva perfino una con N°1, il giovane Demone stregone partito per la luna mesi prima.

Sospirò. N°1 sarebbe dovuto restare via due anni, che già erano tanti; ma a causa del disastro di Opal non si sarebbe fatto rivedere per ancor più tempo: a causa delle difficoltà nel riparare la navetta, diceva qualcuno.

Sì. Perché l’Armageddon era arrivano perfino sull’amato satellite della Terra, e non era cosa facile farsi spedire tutto ciò che serviva per la manutenzione.

Vagando per casa, gli occhi dell’elfa caddero poi sul cassetto del comodino, quello accanto al letto. Lo aprì e ne tirò fuori una lettera molto particolare. La rilesse per l’ennesima volta, stringendola tra le mani. Le era stata recapitata il mese prima, e aveva ancora un mese per decidere cosa farne.

Inizialmente le sue idee erano state ben chiare: restare là dov’era, ogni scusa era buona.

Ma allora… perché non rifiutava e basta? Ci sarebbe voluto tanto poco. Una semplice lettera di risposta per ringraziarli per aver pensato a lei, e tutto sarebbe finito.

Invece l’aveva conservata rileggendola ogni volta che ne capitava l’occasione.

Si guardò intorno, facendo il punto della situazione.

Polledro è sposato e con figli. Grana è sposato. N°1 è via. Artemis ha i suoi fratellini e il suo Progetto. E Bombarda… bè è Bombarda. Sospirò avvilita. Ma io che cos’ho?.

Erano pensieri che le capivano spesso ultimamente. Ancor prima dell’arrivo di quella lettera. Anzi in una pagina del suo diario aveva perfino scritto di odiare i suoi amici per ciò che avevano.

Erano parole scritte nell’ira, questo lo sapeva. Non li odiava affatto. Ma c’era anche del vero in loro.

Che fosse ora di dedicarsi a qualcosa di diverso dal suo lavoro?

Che il suo tempo a Cantuccio fosse finito?.

Si guardò allo specchio, gli occhi spaiati di colore diverso: uno nocciola e l’altro azzurro, appartenente al corpo dell’Artemis originale. Quasi le dispiacque pensare che l’altro suo occhio nocciola fosse andato perso per sempre.

Si passò una mano sul viso, e per la prima volta ebbe il coraggio di chidersi…

"Ma che ci sto a fare io qui?".




 

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Capitolo 3
*** Decisione ***


 

Due settimane dopo.

Centrale della LEP.

 
 

"Allora hai proprio deciso di lasciarci?" chiese Grana Algonzo, quando Spinella si presentò nel suo ufficio con una lettera di dimissioni.

"Sì, è tempo che mi dedichi a qualcosa di diverso dalla LEP"

"Capisco che tu ne abbia passate tante negli ultimi anni, ma sappi che… sarai sempre la benvenuta qui da noi nel caso non ti trovassi bene col nuovo lavoro".

Spinella accennò un sorriso. Non riusciva a credere di averlo fatto davvero: fin dal primo giorno aveva fatto i salti mortali per esser degna della Ricog come prima femmina ad esserci entrata… e ora se ne andava così.

Si chiese se dovesse rimproverarsi o no.

Non c’è niente da rimproverare. Si disse. Vado via perché mi vogliono da un’altra parte, non perché non mi vogliono qui. Vado via perché sono brava in quello che faccio.

"Certo che… è proprio una grossa opportunità" continuò il Comandante, rileggendo per la terza volta la lettera ricevuta dall’elfa il mese prima "E’ un reparto molto prestigioso. Fossi stato in te avrei accettato anch’io ".

Spinella non disse una parola. Da qualche tempo il suo temperamento ribelle e sarcastico si era chissà come assopito. Molti l’avrebbero definita più mansueta.

"Quando comincerai?".

"Tra una settimana, ho già preparato tutto".

"Allora non posso far altro che augurarti buona fortuna".

Si strinsero formalmente la mano. In quel contatto Spinella percepì chiaramente che la cosa era definitiva. Non si tornava più indietro.

"Grazie" sorrise, improvvisamente sollevata "Me l’auguro anch’io".

"Sei sicura di volertene andare così, senza una festicciola d’addio? Magari possiamo improvvisare qualcosa".

L’elfa quasi rise: "Oh, no, ti prego. Niente festa, e niente sviolinate. Questo è il mio ultimo giorno di lavoro qui, e voglio passarlo normalmente. Anzi, adesso dovrei anche andare a salutare Polledro, non sa ancora niente e c’è una cosa che devo chiedergli".

"Prima che tu vada… non è che potrei farne una copia di questa?" fece Grana, sventolando la lettera.

"Per farci che? Vuoi sostituire il mio nome col tuo?".

Una battuta pungente. Grana lo vide come un buon segno.

"No, voglio solo esporla nella nostra bacheca, così tutti sapranno cosa ti sei meritata e creperanno d’invidia".

 

 

Casa Fowl.

Il pomeriggio seguente.

 

 

Artemis tirò un pugno, ma si fece più male lui del sacco. Provò allora con un calcio, ma scivolò e cadde rovinosamente a terra.

Leale… che lo guardava dall’alto dei suoi due metri e passa… semplicemente scosse la testa: "Hai la coordinazione di un elefante in una cristalleria"

"Grazie per la similitudine" lo guardò di sbieco il ragazzo, rimettendosi in piedi.

"Avanti, ricomincia".

"Non possiamo fermarci qui e basta?".

"Neanche per sogno, le due ore di allenamento non sono ancora finite. Non dimentico poi che l’ultima volta che mi hai promesso di esercitarti da solo ti sei messo a fabbricare un aereo a pannelli solari con tanto di superlaser"

"Non mi perdonerai mai quella storia, eh?".

Dopo altri tre quarti d’ora passati a fare una figuraccia dietro l’altra, Leale pietà di lui e gli permise di lasciare la palestra.

Fu durante una buona doccia per liberarsi dal sudore che la trasmittente di Artemis prese a trillare silenziosa sul materasso del letto. Il ragazzo non la udì, e dopo dieci squilli precisi, il congegno tacque definitivamente.

 

Cantuccio.




Spinella riattaccò vagamente amareggiata, ma passò in fretta. L’idea era quella di chiamare Artemis per chiedergli se poteva passare da lui, perché aveva bisogno di parlargli di persona.

Non è grave. Pensò. Vorrà dire che andrò da lui direttamente.

Guardò l’orologio. Sì, c’era ancora tempo. Si mise lo zainetto in spalla e uscì di casa. Prima di chiudere la porta… la guardò in tutta la sua ampiezza; era così strana, così spoglia.

 

Casa Fowl.

Tre ore dopo.

 

Raramente "felice" poteva essere un aggettivo associabile ad Artemis Fowl Junior. Tuttavia, dopo il miserabile fallimento dell’allenamento, il suo umore migliorò parecchio quando suo padre gli chiese di accompagnarlo per un viaggio d’affari in Spagna. Il ragazzo aveva accettato subito, e l’ora dopo padre e figlio si trovarono sul loro JeatLear personale, in viaggio per Madrid.

Per quella volta, Leale non li accompagnò. Era stato Artemis ad insistere.

"Per una volta che possiamo stare soli" aveva detto.

E Leale non aveva potuto fare altro che cedere, pregando che nulla accadesse loro.

Stava facendo i suoi soliti giri di ronda intono alla grande tenuta, quando intravide uno scintillio alla sua sinistra.

Agì d’istinto. Estrasse la Sig. Sauer e la puntò in quella direzione.

La faccia sorridente di Spinella emerse da quella foschia: "Calma, guardia del corpo".

Leale rinfoderò l’arma sbuffando: "Smettila di fare così, un giorno o l’altro finirò con l’ucciderti per sbaglio".

"Lo faccio per tenerti sempre in forma, e comunque tendi a mirare troppo in alto per colpire un membro del Popolo"

"D’ora in poi porterò sempre con me i miei occhiali speciali".

La sera del rapimento di Spinella, anni addietro, Artemis aveva sezionato un elmetto della LEP per farne un paio di occhiali in grado di neutralizzare la schermatura e rendere invisibile qualunque creatura nei paraggi.

"A cosa dobbiamo la visita?" chiese poi l’eurasiatico, abbracciando l’amica.

"Artemis è in casa?" chiese di rimando lei.

"No, l’hai mancato di poco: è andato in Spagna con suo padre. Tornerà domani pomeriggio".

Leale inarcò la fronte sorpreso, nell’osservare meglio l’elfa: era la prima volta che vedeva Spinella Tappo in abiti civili. Da che la conosceva indossava solo uniformi della LEP, forse perché non era mai capitato che si vedessero al di fuori di qualche crisi. Mentre adesso vestiva di una canotta bianca con sopra un giacchetto di jeans, e un paio di corti pantaloncini. Uno zainetto monospalla sulla schiena.

"Oh, be’, peccato. Volevo parlarvi ad entrambi, insieme, invece mi auguro che lo fari tu da parte mia"

"Se vuoi fermarti qui da noi ad aspettarlo sono sicuro che la Signora Angeline sarà felice di ospitarti"

"No, ti ringrazio, ma non ho tempo fino a domani. Vedi… -esitò un attimo- Sto andando via"

Leale storse gli occhi: "Ma sei appena arrivata".

"No, non in quel senso -scosse la testa lei, cercando di tenersi calma- Sto andando via sul serio. Ho aspettato che Artemis stesse meglio, sono venuta a salutarvi".

Stranito, la guardia del corpo fu lì per chiedere spiegazioni, quando una serie di rumori dentro la grande casa attirarono la sua attenzione.

"Che è stato?".

"Niente, sono solo i gemelli che bisticciano" gli rispose Spinella, che poteva contare su un udito molto più sviluppato di quello degli esseri umani "Sembra che Beckett abbia fatto scappare il criceto di Myles dalla sua gabbietta"

"Forse è meglio che vada a dare un’occhiata"

"Non ce n’è bisogno, sta già arrivando la tata"

"Sì, ma per sicurezza è meglio controllare".

Fece per andarsene, ma l’elfa avanzò di un passo, insistendo: "Oh, andiamo, Leale, devo parlarti di una cosa importante, tutto ciò che chiedo sono solo cinque minuti del tuo tempo".

Aveva usato uno strato tono, Leale se ne accorse subito, tuttavia il suo senso del dovere ebbe la meglio e rientrò nel maniero dicendo…

"Sistemo questa cosa e torno subito da te".

"Sì -sospirò l’amica, rassegnata- Certo".

Quando venti minuti dopo Leale tornò nell’ampio giardino… Spinella Tappo non c’era più.

 

 



 

 

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Capitolo 4
*** Piano per una rivincita ***


 


 

Finalmente. Era di nuovo libero.

Lo gnomo varcò il cancello del penitenziario con passo sicuro, del tutto immune alla paura o alla esitazione. Una valigia stretta in mano e un sorrisetto compiaciuto stampato in volto.

Si fermò un attimo a respirare l’aria fresca che i grandi ventilatori sotterranei usavano per simulare il vento. Era esattamente la stessa di quando stava in carcere, ma in quel momento gli parve più dolce.

Era passato più di un anno da quando era stato arrestato per la sua complicità criminale con Raponzo Tubero. L’avevano trovato svenuto con qualche osso rotto, nel corridoio subacqueo di una navetta-infermeria, insieme a uno spiritello senz’ali di nome Special (Unix ne La Cassaforte Segreta). Non aveva avuto scampo davanti agli agenti della LEP. I suoi agenti. Quelli che un tempo aveva comandato quando era ancora Comandante della Libera Eroica Polizia.

Aveva patteggiato, per una pena ridotta a centovent’anni, ma per un classico errore burocratico era finito per uscire molto prima. Cosa che non gli dispiacque affatto.

Sì. Argh Sgrunt non poteva desiderare di meglio.

No. Non è vero. Si ritrovò a pensare, imbronciando il viso. C’è una cosa che desidero molto di più della libertà. La vendetta.

Non dimenticava i responsabili del suo arresto; coloro che gli avevano tolto tutto: quel Demone Stregone, N°1, che aveva detestato fin dalla sua comparsa; quell’insulso nano, Bombarda Sterro… ma soprattutto quei maledetti ficcanaso di Artemis Fowl, Leale, e Spinella Tappo.

Niente avrebbe mai potuto descrivere la gioia che aveva provato quando, mesi prima, era venuto a sapere della morte del geniale Fangosetto.

Alleluia! Aveva avuto quel che si meritava.

Dopo tanti anni di piani andati in malora, Opal Koboi si era finalmente resa utile, e aveva eliminato per lui l’ostacolo più grande. Peccato che non fosse riuscita ad attivare il potere del Danu per spazzare via tutti gli altri esseri umani. Che incapace.

Poi la scioccante notizia… Artemis Fowl era tornato in vita.

Sgrunt non poteva tollerarlo. Quel maledetto umano ce l’aveva fatta di nuovo.

Non gli andrà bene per sempre. E io farò in modo che accada.

Dopotutto… quante volte un ragazzino poteva sfuggire alle fauci della morte?.

 
 

Non perse tempo.

Dopo aver lasciato Cantuccio, resosi invisibile agli occhi della LEP, e aver preso possesso di un nuovo rifugio, lo gnomo si diede da fare per escogitare un piano.

L’idea era semplice: annientare i suoi nemici. Ma doveva farlo con cautela.

Ma prima andiamo con ordine.

La prima cosa da fare era capire dove fossero esattamente i suoi obiettivi. Non si disturbò a fare ricerche su Artemis e Leale: sapeva benissimo dove si trovava Casa Fowl. Più difficile però fu rintracciare il nano Bombarda Sterro; l’ultima volta che era stato visto era stato per il…

"Ma pensa un po’ -storse gli occhi Sgrunt, leggendo la notizia sull’internet del Popolo- Quello sbarbatello di Grana Algonzo ha sposato Lili Foglietta".

Un impiastro e un’oca. Una coppia perfetta.

Digrignò i denti. Mai lo gnomo avrebbe dimenticato come quell’elfo avesse ignorato i suoi ordini, durante la sua carica a Comandante. Dopo la morte di Julius Tubero gli aveva ordinato un’unica cosa molto semplice: disintegrare Spinella Tappo. E lui si era rifiutato.

Decise che la sua vendetta si sarebbe abbattuta anche su di lui, appena eliminati i soggetti principali.

Si diede da fare per scovare anche l’elfa.

Giravano voci che non fosse più nella Ricog. Che avesse mollato per dedicarsi a un altro tipo di lavoro, e quando Sgrunt digitò Spinella Tappo sul motore di ricerca… e vide lampeggiare la voce Notizia più cliccata… ci diede un’occhiata, suo malgrado incuriosito.

Inarcò la fronte. Quella proprio non se l’era aspettata.

Si afflosciò sulla sedia con le braccia incrociate, riflettendo.

Se Spinella Tappo era là… allora cosa poteva diventare molto più complicata del previsto.

Sobbalzò. Anzi, no. Era proprio quello che ci voleva.

Pregustò già gli avvenimenti futuri.

C’era solo un piccolo problema… era solo. Privo di alleati.

Come avrebbe potuto annientare i suoi nemici e dare il resto del Popolo in pasto agli umani, se c’era solo lui?. Senza contare che avrebbe dovuto fare i conti anche con Leale, la gigantesca guardia del corpo; l’unico umano che era stato capace di abbattere un troll in un corpo a corpo. Lui non bastava di certo per fare tutto il lavoro.

Non poteva contare su altri membri criminali del Popolo: i soli che conosceva erano morti o guardati a vista nei carceri di massima sicurezza.

No. Gli serviva qualcun altro. Qualcuno che non fosse sotto la giurisdizione della LEP; qualcuno facile da manipolare; e soprattutto qualcuno che condividesse il suo stesso odio nei confronti di Artemis Fowl e Spinella Tappo.

Rimase fermo a pensarci per un’ora esatta, quando poi si accese la lampadina.

Sì. Era un’ottima idea. Sapeva a chi rivolgersi. Erano due, e sapeva anche dove trovarli.

Sì. Sarà perfetto. Uno è rinchiuso in America. L’altro a Taiwan.





 

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Capitolo 5
*** Sorpresa ***




Un mese dopo.


 

"Prendi il volo di stasera? Con così poco preavviso poi" parlò Leale, standosene sullo stipite della porta a guardare Juliet che faceva frettolosamente i bagagli.

"Sì, è vero. Ma per me non è un problema. Sono contenta comunque".

Non trascurò niente: vestiti, scarpe, spazzola, spazzolino, dentifricio e naturalmente la scatola dei cosmetici. Ma più di tutti si soffermò sul vestitino in attesa sopra il letto, con tanto di mascherina. Quello verde. Quello della Principessa di Giada.

Quella giornata era cominciata come tante altre: la tata era in ferie e come al solito Juliet era stata chiamata a sostituirla. Era strano come badare a due bambini potesse essere così divertente e snervante allo stesso tempo.

Poi la svolta. Il cellulare della ragazza aveva cominciato a suonare.

Il cuore di lei aveva quasi perso un battito quando si era resta conto che dall’altra parte stava il manager della sua vecchia compagnia di wresling.

Una sola domanda le aveva fatto: "Saresti ancora disponibile a tornare sul ring come la Principessa di Giada?".

Juliet aveva assentito senza esitazione.

Ora che i danni dell’Armageddon erano stati risolti, la gente d’Irlanda e del mondo poteva finalmente tornare a permettersi di dedicare parte della loro vita agli interessi più svariati, dal wresling alla semplice collezione di francobolli. E Juliet non faceva eccezione.

Naturalmente suo fratello Domovoi era molto felice per lei, ma era anche un po’ rattristato: gli piaceva avere la sorellina intorno, e la sua improvvisa partenza avrebbe lasciato un gran vuoto nel suo cuore.

"Non sarai un po’ frettolosa?" provò a dire.

L’altra lo guardò sorridendo: "Frettolosa? Non speravo altro! I miei amici sono stati tutti richiamati dal manager che sta rimettendo in moto gli affari, finalmente tornerò a fare ciò che mi piace. In fondo… non potrò sempre stare qui a badare a Myles e Beckett, ti pare?".

Leale sospirò. A volte dimenticava che sua sorella non era più una bambina.

 

I saluti si tennero nell’atrio principale. Solo Juliet, Leale e Artemis. I signori Fowl erano fuori per una cena romantica tra adulti.

"Mi raccomando, chiama appena arrivi" s’abbracciarono fratello e sorella.

"Non ti preoccupare, andrà tutto bene".

Artemis si limitò a stringerle la mano dicendo incerto…

"Allora… come si dice in questi casi? Stendili tutti".

Non era certo il tipo di linguaggio che era abituato a usare, ma in quel caso seppe che era il più appropriato.

"Arrivederci a tutti voi, e salutatemi i bambini".

Senza esitare oltre… la giovane Leale si precipitò fuori dal portone, ma non appena discese gli scalini… andò a sbattere contro qualcosa. Qualcosa d’invisibile.

"Ohu!" esclamò il qualcosa, accompagnato dal tonfo di un corpo che cadeva a terra.

Perplessa, Juliet si guardò intorno. Non c’era nessuno.

A meno che…

"Leale! Artemis! Venite, portate gli Occhiali!".

I due accorsero immediatamente; la guardia del corpo con gli Occhiali speciali già sul naso e la mitraglietta Sig. Sauer in mano.

Da tempo i membri del Popolo erano i benvenuti a Casa Fowl, perciò se qualcuno si aggirava schermato senza permesso difficilmente poteva avere buone intenzioni. Ma appena Artemis e Leale arrivarono… trovarono seduta a terra una figura femminile. Un agente Ricog nella sua uniforme con tanto di ali sulla schiena.

Gli umani si rilassarono: sapevano di chi si trattava. Il volto era nascosto dall’elmetto, certo, ma c’era una sola femmina a far parte della Ricog.

"Spinella, stavolta te la sei proprio andata a cercare" sospirò Leale, rinfoderando la Sig. Sauer.

Artemis si fece avanti, improvvisamente di buon umore: finalmente la sua amica si faceva rivedere.

L’ultima volta che l’aveva vista era stato per il matrimonio di Grana e Lili, e da allora era passato un mese. Quando poi nell’ultima settimana aveva cercato di ricontattarla… la trasmittente la dava per irraggiungibile come fosse costantemente senza segnale.

La figuretta si rialzò scrollandosi via la terra di dosso.

"Finalmente, Spinella, cominciavo a preoccuparmi -disse il ragazzo- Sei stata impegnata col lavoro?".

Fu a quel punto che la figura parlò.

"Mi dispiace, ma mi state scambiando per qualcun altro" e si tolse l’elmetto.

Artemis, Leale e Juliet s’irrigidirono.

Vero. Quella non era Spinella Tappo, ma un’elfa sconosciuta che non avevano mai visto. Snella, lineamenti delicati, occhi dorati e capelli violacei decisamente insoliti perfino per un membro del Popolo.

Tra la sorpresa e la curiosità… Artemis provò anche delusione.

"Mi chiamo Agata Rosaspina , sono un nuovo capitano della Lep. Vengo da parte del Demone Stregone N°1".

Facendo sfoggio di emozioni… Artemis inarcò un sopracciglio: "N°1? Sta tornando dalla Luna?".

"Sì, esatto. Circa domani pomeriggio. Vorrebbe vedervi tutti per salutarvi"

"A me piacerebbe tantissimo -sorrise Juliet- Ma purtroppo non posso, sto partendo".

"Io e Leale invece ci saremo senz’altro. E’ una bella sorpresa sapere che rivedremo il nostro amico con un anno di anticipo"

"Infatti -gli rispose l’elfa- A causa dei danni provocati dall’Armageddon la stazione lunare è diventata instabile, perciò il Consiglio ha pagato di tasca propria una grande navetta per l’evacuazione"

"Immagino siano rimasti solo gli addetti più preziosi per renderla nuovamente operativa, prima che i nostri satelliti si accorgano della sua presenza".

Agata Rosaspina annuì. Quel giovane Fangoso era davvero intuitivo come dicevano. Era la prima volta che lo vedeva di persona; aveva dovuto sforzarsi per tenere un atteggiamento calmo e professionale perfino davanti alla gigantesca guardia del corpo.

Che montagna! Era perfino più grosso di quanto apparisse nell’immagine del file dell’elmetto. Meglio non farlo arrabbiare.

"Sei nuova della Ricog?" cambiò improvvisamente argomento Artemis, squadrando la fatina da capo a piedi.

Quell’ultima alzò il mento piena d’orgoglio: "Sì, sono entrata nel reparto due settimane fa"

"Immagino che l’operato di Spinella Tappo abbia aperto nuovi orizzonti per le femmine nella LEP" intervenne Leale.

"E’ vero, ci sono altre tre candidate per questo reparto. Spinella Tappo è stata un’ispirazione per tutte noi"

"Sarà felice di avere altre colleghe femmine, finalmente"

"Io? Certamente?".

Artemis scosse la testa: "No, non tu. Spinella".

Storcendo gli occhi… l’elfa lo guardò perplessa: "Sicuramente lo sarebbe stata, non saprei"

"Come sarebbe -parlò Juliet- non è una tua collega?"

"Oh, no. Spinella Tappo ha lasciato la LEP e Cantuccio da un pezzo. Strano non lo sappiate, nel sottosuolo non si parla d’altro".

Concentrandosi solo sulla prima parte del discorso, Artemis si scoprì scioccato.

Non sorpreso. Scioccato. Il che non capitava molto spesso.

Spinella Tappo aveva lasciato la LEP.

Quella Spinella Tappo aveva lasciato la LEP. Gli parve inconcepibile.

Lasciato Cantuccio dal un pezzo. Aveva detto Agata.

Sobbalzando… la sua mano corse nel taschino interiore della sua giacca nera Armani.

Ne estrasse la trasmittente.

Questo significa che…

 





 

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Capitolo 6
*** Doppia sorpresa ***


 

 

"Siamo molto felici che tu sia tornato N°1" gli strinse la mano Grana Algonzo, appena il Demone Stregone varcò il portello della navetta.

"Sì, lo sono tanto anch’io. Non avrei mai creduto che stare sulla Luna fosse così noioso"

"Mi sorprende sentirtelo dire, dai miei rapporti risultava che ti piacesse stare lassù"

"Be’ noi Demoni siamo molto sensibili alla Luna, qualcuno ipotizzava perfino che Hybras, la nostra isola, fosse un blocco di Luna schiantatosi sulla Terra. C’erano volte in cui la sua influenza mi faceva levitare contro la mia volontà; ma il paesaggio è tutto uguale, non si fa che lavorare e tutti mi trattavano in modo troppo formale. Sono felice di rivedere i miei vecchi amici. Allora… dove sono Artemis, Leale e Spinella?".

Il Comandante esitò un attimo prima di rispondere: "Ecco… a questo proposito… Spinella be’… purtroppo lei…".

Bhoaf!!

Riecheggiò il suono di un secondo portellone che sbatteva.

I due si voltarono. Se Grana si fece serio e seccato… N°1 contrariamente sbocciò in un raggiante sorriso a trentadue denti: Artemis e Leale avanzavano verso di loro a passo svelto e deciso.

"Artemis e Leale!" corse incontro il diavoletto. Che gioia era vederli. Tese le braccia verso il ragazzo; ignorandolo completamente quell’ultimo passò oltre continuando a camminare. L’espressione seria e la fronte leggermente aggrottata.

"Come avete potuto non dirmi niente!?" esclamò contro Grana, mostrandogli la trasmittente ormai inutilizzabile.

A qualche passo più in là… N°1 storse gli occhi: "Leale?" chiese.

La guardia del corpo si limitò a mandargli un’occhiata, posandogli poi l’enorme mano sulla testa.

"La domanda non è perché non te lo abbiamo detto -ribatté il Comandante della LEP- La domanda è come hai fatto tu a non saperlo prima?".

"Di che stai parlando?".

 

Si spostarono all’interno della centrale, Grana si chiuse con loro nel suo ufficio senza più lasciar entrare nessuno.

"Spinella se n’è andata già da un mese, e tu non ti sei accorto di niente".

Il diavoletto s’irrigidì. Spinella… andata? E dove? Ma lasciò che fosse Artemis a continuare.

"Ma dov’è adesso? Perché la mia trasmittente non la ritrova più?"

"Proprio tu mi fai questa domanda? Sei un Fangosetto intelligente, sono sicuro che un’idea te la sarai già fatta".

"Poche chiacchiere, Grana -prese la parola Leale- Parla chiaro".

"Spinella è andata in un luogo dove le frequenze radio sono diverse dallo standard del Popolo. Non è nel sottosuolo e non è neanche nello spazio" ribatté Artemis freddo solo in apparenza.

"Bingo" lo sfotté l’altro.

"Questa è un’altra faccenda, ma non spiega perché nessuno si sia preso la briga di dirci nulla".

"Ha chiesto a me non farvi sapere niente" s’aggiunse una quinta voce.

Tutti si voltarono. Polledro sulla soglia aperta dell’ufficio, incurante del divieto d’entrata.

"Ha chiesto a me di non divulgare la notizia se non all’ultimo minuto -si rivolse poi ad Artemis- Perché sapeva che le avresti impedito di partire".

L’espressione del ragazzo non mutò, tuttavia sapeva che era così. Dal suo computer a Casa Fowl poteva avere accesso a qualunque sistema del Popolo, incluse le navette che partivano per luoghi lontani. Sarebbe stato uno scherzo per lui cancellare il nome di Spinella da qualunque prenotazione o trasferimento.

"Volete sapere dov’è? -riprese Grana andando verso la bacheca e staccando il foglio desiderato- E’ andata qui".

Era scritto in gnomico, ovviamente. Artemis lo lesse ad alta voce in modo che anche Leale potesse capire.

 

 
 

Gentile Spinella Tappo,

posso solo immaginare la sorpresa che proverete nel ricevere questa presente, ma già da molto tempo il nostro consiglio tiene particolarmente in considerazione il vostro operato. Tra la curiosità e la passione, abbiamo preso a seguire il vostro lavoro fin dal primo giorno, e da allora non abbiamo mai smesso di stupirci.

Un rapimento in cui lei stessa salvò la vita di uno dei suoi aggressori.

Una rivolta goblin sventata.

Il contributo che diede per evitare l’incontro tra Fangosi e il Popolo orchestrato da Opal Koboi.

L’intera ottava famiglia del Popolo riportata sulla Terra dopo mille anni d’assenza.

Per non parlare del suo costante infrangere le regole ogni volta che qualcuno a bisogno d’aiuto.

Coraggio.

Lealtà.

Determinazione.

Generosità.

Questi sono i requisiti che cerchiamo in un Guardiano.

Perciò dopo molte riflessioni… la invitiamo caldamente a trasferirsi qui da noi, nella nostra amata Avalon, a ricoprire un ruolo da Guardiano con possibilità di un’avanzata carriera.

Capiamo bene che una decisione simile non è facile da prendere così su due piedi, perciò le concediamo due mesi di tempo per rifletterci sopra.

Attendiamo risposta.

 

Cordialmente vostro.
Baltus Ferroso.

 

 

"Spinella si è trasferita definitivamente, è difficile che decida di ritornare" parlò il centauro con una nota di tristezza nella voce.

"E’ una grande occasione per lei, e poi le farà bene cambiare un po’ aria" continuò il comandante.

"Ma potremo andare a trovarla, vero?" si fece avanti il demone stregone.

Polledro e Grana presero un bel respiro, non volevano agitarlo subito: "Temo… che per questo ci siano dei problemi".

"Avalon non è un posto accessibile a tutti".

"Esattamente come la Luna".

"Ma che genere di città è Avalon?" chiese Leale.

"Non è una città, è un’isola. L’unico luogo rimasto al mondo dove i membri del Popolo possono tornare a vivere sulla superficie. Vi lascio immaginare quanto sia ambito" spiegò il centauro.

"Ma è comunque non è sulla Luna -ribatté N°1- Perché non possiamo andarla a trovare?!".

Polledro lo guardò triste. Il povero diavoletto era decisamente inquieto. Oltre a lui solo pochi altri conoscevano l’immenso affetto che provava per Spinella, e l’idea di non poterla più rivedere come prima senza neanche averla salutata doveva lacerargli l’anima.

La prima volta che N°1 finì sulla terra. Fu catturato e imprigionato da Minerva Paradiso e spaventato a morte da Billy Kong. E prima ancora veniva vessato da Leon Abbot. Spinella è stata la primissima figura positiva della sua vita. Ciò che gli diremo gli spezzerà il cuore.

"Il fatto è che Avalon, oltre a essere un’isola che non compare su nessuna mappa dei Fangosi, è anche una sorta di riserva naturale. Anzi… diciamo che è uno stato a parte del Popolo, dove il nostro Consiglio non ha giurisdizione".

Fu poi il turno di Grana: "Stato diverso. Regole diverse. E una di queste regole è quella di permettere l’ingresso all’isola solo a un certo numero di persone alla volta. Non una di più. Perfino chi vuole fare una semplice vacanza attende secoli solo per la conferma del biglietto. E chi vuole trasferirsi del tutto deve pregare in una morte improvvisa, perché anche il numero degli abitanti è limitato. Se hanno chiamato Spinella è perché dev’essere successo qualcosa. Chissà… magari uno dei loro Guardiani è morto sul lavoro".

"Stai dicendo che non la rivedremo mai più?!" gli occhi del piccolo demone stregone erano già velati di lacrime, ma né il comandante della LEP, né Polledro poterono mentire.

"Questo proprio non so dirlo. Certo non la rivedremo più con la frequenza di prima, questo è certo. Anche solo per parlare con lei bisogna aspettare una buona recezione. Avalon è come fosse un luogo sperduto nel mondo. Magari potrebbe venirci a trovare lei durante le ferie".

"Non siamo così pessimisti -si fece avanti Leale, stringendo piano una spalla di N°1- Potrà venirci a trovare quando dovrà fare il Rituale. Dovrà tornare in Irlanda per forza".

Polledro si grattò la testa: "Temo che quello del Rituale sia una falsa speranza. Anche ad Avalon è possibile svolgere il Rituale".

"Com’è possibile?!"

"Avalon è un antico pezzo d’Irlanda che si staccò millenni fa. Anch’essa è considerata Terra Sacra, perciò Spinella non avrebbe alcun motivo di tornare qui quando può svolgere il Rituale direttamente là".

Mentre gli altri discutevano animatamente… Artemis non staccò un attimo gli occhi dalla lettera che stringeva in mano. Spinella se n’era andata. Non solo da Cantuccio ma da tutto il sottosuolo; in un posto dov’era pure difficile chiamarla.

Sempre se la trasmittente che abbiamo in comune serva a qualcosa.

Tuttavia c’era ancora qualcosa che non gli tornava in quella faccenda: la prima domanda che si era posto, e che aveva rinfacciato a Grana.

"Ma perché…- sbottò con involontaria enfasi- perché non ci ha detto niente. Perché non mi ha avvertito che stava andando via? Non una chiamata né un accenno".

Polledro storse gli occhi: "Strano. L’ultima volta che ho visto Spinella ha detto che l’avrebbe fatto all’ultimo momento, per non darti il tempo di combinare qualcosa. Non è passata da voi a Casa Fowl?.

A quelle parole… la schiena di Leale sembrò di colpo irrigidirsi: "Oh, cavolo…" borbottò.

Gli altri lo guardarono. A nessuno sfuggì che perfino il suo volto era sbiancato.

"Che vuol dire? -lo esortò Artemis, già preso da un temibile sospetto- Ti ha detto qualcosa?!".

"Qualche settimana fa è venuta da me, voleva parlarci, ma tu eri andato in Spagna" esitò un attimo.

"E allora?! Continua!".

"Ha detto che voleva salutarci… che stava andando via, ma io sono stato preso da altro e…"

"Come, scusa?! Ti ha detto che stava per andarsene e non mi hai detto niente?"

"Non avevo capito che si stesse trasferendo definitivamente, l’ho vista solo per pochi attimi"

"E dopo cos’è successo?" lo esortò Grana Algonzo.

La guardia del corpo sospirò. Tanto valeva vuotare il sacco.

"Sono rientrato a casa, Spinella ha cercato di fermarmi perché voleva parlami con urgenza, ma io non le ho dato retta. Quando poi sono ritornato da lei non c’era più"

"E perché non hai chiamato subito me per avvertirmi?" fece Artemis, con una preoccupante espressione di rimprovero.

"Avevo dato per scontato che se fosse stata una cosa urgente avrebbe richiamato. Poi me ne sono completamente dimenticato".

"Hai dato per scontato- disse il Comandante, accompagnando il tutto con una breve sghignazzata- Tipico di voi".

Leale lo fulminò con gli occhi. Chiunque altro sarebbe scappato urlando, ma non Grana.

"Che diavolo stai insinuando?".

"Dico che Spinella ha fatto tanto per voi. Perfino più di quanto meritereste -la voce dell’elfo era ferma e severa- Hai presente la lettera. Accenna a quando vi ha salvati dal Troll, quando chiunque altro, io per primo, vi avrebbe lasciato morire. Per non parlare di tutto quello che la lettera non dice. In cambio Spinella ha chiesto solo pochi minuti della vostra attenzione… e non siete riusciti a darle neppure quelli".

La guardia del corpo strinse i pugni. Cinque minuti della sua attenzione: erano le stesse parole usate da Spinella a Casa Fowl.

"La verità è che siete voi per primi a darla per scontata. Nessuna meraviglia che se ne sia andata così".

"Non ti permetto, Comandante. Noi abbiamo sempre apprezzato…"

"Quando! -lo interruppe Grana- Quando c’è da rimediare ai vostri guai?! Eppure vi ci è voluto un mese per accorgervi della sua assenza, ma intanto la notizia del suo trasferimento è già pubblica da un pezzo".

"Dov’è?! -chiese di botto Artemis, stringendo la lettera fin quasi a strapparla- Dove si trova esattamente Avalon? A che coordinate?!".

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Verso Avalon ***


 


 
Mentre la Fowl Star Seconda navigava alla massima velocità verso la sua destinazione, Artemis ebbe modo di riesaminare l’ultima conversazione avuta con Grana e Polledro prima di partire.
 
 

“Dove si trova esattamente Avalon?! -sbottò di colpo Artemis- A che coordinate?”.
Polledro sospirò. Aveva già capito: “Vuoi andare la lei, vero?”.
“Scordatelo -intervenne subito Grana- Neppure noi della LEP possiamo andarci senza autorizzazione. Pensate sul serio che farebbero entrare due Fangosi con tutto quello che fanno per tenere l’isola segreta?”
“Sì, se accompagnati da altri membri del Popolo -si rivolse poi a N°1- Ti va di venire con me?”.
Il diavoletto sorrise felice: “Sì, certo! Andiamo a trovare Spinella!”
“Non sperate nella mia collaborazione”
“Non mi serve la tua collaborazione Grana, mi basta solo sapere dov’è l’isola”.
“Ma perché non ti decidi a lasciarla un po’ in pace?”.
Il ragazzo esitò un istante, prima di rispondere: “Voglio solo parlare con lei”.
“No, tu vuoi solo convincerla a tornare indietro, niente di più -ribatté il comandante, con una sghignazzata tagliente- Sarai anche un genio, ma resti comunque un bambino con la palla”.
“Bambino con la palla?” li guardò di sbieco N°1.
Fu Polledro a rispondere in quel caso: “E’ un modo di dire. Un bambino nel suo box insieme a due giocattoli: una macchinina e una palla. Lui gioca con la macchinina senza degnare la palla di uno sguardo, ma appena qualcuno prende la palla il bambino lascia subito la macchinina e si riprende la palla”.
Il piccolo Demone stregone non ci capì molto. Da dove veniva tutto quell’astio tra Artemis Fowl e Grana Algonzo?.
Lì vicino, Leale ascoltava senza intervenire. Non ce n’era bisogno: il suo giovane protetto sapeva benissimo come gestire una discussione, anche se per lo più riguardavano il lavoro.
“Un’analogia interessante, Comandante, ma del tutto fuori luogo”.
“Allora perché t’interessi a Spinella solo adesso che se n’è andata?”.
Il ragazzo si lasciò sfuggire un’impercettibile smorfia di stizza, prova del suo disappunto: “Ti ho già detto che a me è sempre importato di…”
“Quand’è il suo compleanno?” lo interruppe di punto in bianco.
Artemis s’irrigidì interdetto: “Come?”.
“Il compleanno di Spinella, quand’è? Con tutti i file della centrale che sottrai dai nostri computer avrai sicuramente dato un’occhiata alla scheda del capitano Tappo”.
E per la quarta volta in vita sua… Artemis Fowl rimase senza parole. Non conosceva la data di nascita di Spinella.
“Il suo colore preferito allora? -insisté Grana- Vi conoscete da anni ormai, saprai almeno questo”.
Artemis continuò a non rispondere. La quanta volta in vita sua… e prima volta a così poca distanza dalla  precedente.
L’elfo alzo lo sguardo su Leale: “Tu lo sai? Non vi è mai capitato di parlare del più e del meno una volta tanto?”.
Neppure lui rispose.
“Lo vedi, Fowl? Negli affari sei bravo, ma nei rapporti personali non vali niente. In ogni caso non pensare che qui qualcuno ti dia l’ubicazione di Avalon -lanciò un’occhiata al centauro- O verrebbe subito licenziato”.
Pochi secondi… e Artemis Fowl gli voltò le spalle per tornarsene sulla navetta che lo avrebbe riaccompagnato a casa. Leale lo seguì, e lo stesso fece N°1 che in teoria sarebbe dovuto tornare a Cantuccio.
“Non avrai esagerato un po’?” chiese Polledro a Grana.
“Non c’è pericolo per quello. Ricorda che una mente come la sua non rimane sopraffatta a lungo dalle emozioni. Lo dice sempre anche lui. Tra due minuti sarà come non fosse successo niente”.
“Sei  molto duro con lui. Lo sai che a modo suo adora Spinella”.
“Hai detto bene. A modo suo. Le mente, la sfrutta e la caccia nelle peggio situazioni. Non oso immaginare cosa farebbe se non l’adorasse”.

 
 
“Guarda, qui dice che Avalon è la riserva naturale del Popolo da secoli, e che ospita dozzine di specie di creature rare” lo riscosse dai suoi pensieri, N°1 che consultava un volantino turistico preso chissà dove.
Era partiti due giorni dopo; il tempo di organizzare in tutta la fretta la nuova nave di famiglia, quella che Artemis Fowl Senior usava per le consegne all’estero. La Fowl Star Seconda. Quando l’aveva acquistata l’anno precedente aveva solo sperato che fosse più fortunata della sua predecessora.
“C’è anche scritto che è grande quanto l’Irlanda”.
Però Artemis non lo ascoltava; stava là seduto nella sua cabina in silenzio, a fissare il nulla dall’oblò. Leale stava al timone.
Era stato Qwan a dar loro tutte le informazioni che servivano. Anche diecimila anni fa Avalon aveva preso una certa importanza, sembrava essere l’unico luogo al mondo dove l’essere umano non aveva mai messo piede, e all’epoca non aveva certo modo di arrivarci. Perciò era diventato un posto sicuro prima di passare sottoterra.
N°1 aveva semplicemente chiesto al maestro se ne sapeva qualcosa e quell’ultimo aveva detto che si trovava nel bel mezzo dell’oceano atlantico, a poche centinaia di chilometri al largo dall’Irlanda. Un paio d’altre domande… e già avevano latitudine e longitudine.
“Ma dovete fare attenzione -aveva aggiunto il vecchio stregone- Se sono riusciti a tenerla nascosta fino adesso significa che avranno un ottimo sistema di difesa, potrebbero anche decidere di affondarvi la nave”.
Di questo Artemis non si preoccupava affatto. Dall’internet del Popolo aveva scoperto che il sistema di difesa di Avalon era basato sull’inganno e giocava su due fronti. Il primo consisteva nel rendere invisibile l’isola agli occhi dei satelliti umani, tramite alcuni sofisticatissimi  Distorsori che mostravano solo mare aperto dove invece c’era terra. Il secondo invece consisteva nel tenere lontane le navi che passavano di lì. Un’idea geniale nella sua semplicità. Bastava usare degli ologrammi sia per nascondere l’isola che per proiettare una serie di iceberg, molto comuni nell’atlantico, per costringere le navi a passare da un’altra parte.
“Artemis?”.
Il ragazzo non diede segno di reazione.
“Artemis?” lo scosse per una spalla.
Finalmente il ragazzo si riscosse: “Sì?”.
“Dici che Spinella sarà felice di vederci?”.
Accennò un sorriso: “Di vedere te di sicuro, lei ti crede ancora sulla luna quindi le farai una bella sorpresa”.
“Parli come se sarà felice di vedere anche te e Leale”.
Sorprendentemente… Artemis ridacchiò.
Probabilmente penserà che non so stare un minuto senza intromettermi negli affari del Popolo.
Sto andando ad Avalon.
Secondo gli umani Avalon era la mitica isola dov’era sepolto Re Artù, o comunque un luogo mistico dove gli antichi praticavano magie. Sicuramente qualcuno aveva avuto accesso al posto riportandone gli avvenimenti, prima che tutto piombasse nella leggenda.
Sì, probabilmente si arrabbierà.
Ripensò a ci che aveva detto Grana.
Non aveva mai pensato che la sua presenza fosse deleteria per Spinella. Anzi da quando era tornato in vita erano uniti più che mai, riuscivano anche a vedersi al di fuori delle crisi per salvare il mondo.
Ora che ci pensava… tutto poteva essere cominciato dal matrimonio di Grana e Lili. Mai Spinella aveva accennato l’idea di trasferirsi. Quel che era certo era che l’elfa non era il genere di fanciullina che scappa via dopo una delusione d’amore.
Anche se quello che dice Polledro è vero: probabilmente avrei fatto di tutto per fermarla.
O sabotarla. Lo ribeccò una voce maligna nella sua testa.
Artemis sospirò. Spinella aveva fatto tanto per il Popolo, per il mondo e soprattutto per lui. Se aveva deciso di cambiare vita e tentare una carriera diversa non aveva nessun diritto di fermarla.
Ma almeno voglio poterla rivedere per salutarla come si deve.
“Artemis, N°1 -li chiamò la voce di Leale dall’interfino della nave- meglio se venite a vedere”.
I due corsero sul ponte. Leale guardava l’orizzonte attraverso il binocolo. Lo passò al suo giovane datore di lavoro.
“Da quella parte” indicò.
Con mani improvvisamente tremanti… Artemis guardò oltre le grandi lenti.
Iceberg a prua.
  
 
 




 

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Capitolo 8
*** Iceberg all'orizzonte ***



“Leale, controlla il radar”. Ordinò Artemis, senza staccare gli occhi dal binocolo.
La guardia del corpo obbedì veloce. La linea verde spazzò tutto il tendo schermo finché… Bip… pigolò accendo svariate lucine rosse.
Chinandosi appena, Leale batté un dito sullo schermo.
Che scherzi son questi? Aggrottò la fronte perplesso. Quelli che vedeva dovevano essere solo degli ologrammi. Immagini illusorie. Non sarebbero dovute apparire nel monitor.
Mandò un’occhiata agli iceberg. A meno che…
Prese il comando del timone e si mise all’opera.


“Leale, che stai facendo?!”. Lo richiamò Artemis appena vide la nave virare verso sinistra.
“Cambio rotta. Quegli iceberg sono reali, appaiono sul radar”.
“Prosegui dritto”. Ordinò invece.
“Ma Artemis, così ci schianteremo!”.
“Ti dico di no, prosegui la rotta. Fidati”.
E Leale lo fece, anche se quelle montagne di ghiaccio non promettevano niente di buono.
Riprendendo a guardare oltre le grandi lenti, il giovane irlandese non poté impedirsi un mezzo sorriso.
Era ovvio. L’aveva previsto. Sapeva che quei cosi sarebbero risultati reali sui monitor. O almeno… alcuni lo erano sicuramente. D’altronde che razza di nascondiglio sarebbe stato se fosse risultato diversamente?. La tecnologia del Popolo era sempre una passo avanti.
Una nave di notte potrebbe non vedere gli iceberg, quindi è necessario che appaiano sui computer. E poi potrebbero verificarsi delle sgradite indagini se tutti i marinai andassero a dire che in questo punto d’oceano i radar non funzionano.
Un guasto poteva sempre accadere a chiunque, ma non a tutti.
Uno degli iceberg cominciò a farsi sempre più vicino.
“Ehmm… -borbottò il diavoletto N°1- Artemis, forse questo dovremo evitarlo”.
Il ragazzo lo guardò: “Riesci a distinguere gli iceberg falsi da quelli veri?”.
“Ti assicuro che riesco a vedere cose di cui farei volentieri a meno. E’ stato l’ultimo argomento di conversazione che ho avuto con Spinella. Infatti qualche giorno fa ho visto i microbi di un nano che aveva lasciato la patta posteriore aperta, e…”
“Bando alle ciance. Quello là davanti è vero?”.
Ciance? Artemis Fowl aveva davvero detto ciance? Non vide l’ora di raccontarlo a Polledro.
“Sì, e se non ci sbrighiamo gli spuntoni sotto l’acqua ci devasteranno la chiglia”.
Una volta dato l’ordine a Leale, la nave cominciò a virare di nuovo, verso destra questa volta. Aggirarono la grande montagna, vi passarono molto vicino. Anche troppo: un grosso pezzo di ghiaccio si staccò dalla bianca fiancata; quando finì in acqua alcuni alti spruzzi finirono addosso ad Artemis e N°1.
“Che freddo!!”. Esclamò quell’ultimo avvolgendosi tra le braccia.
Artemis non fece una piega, in fondo era coperto da un pesante giaccone con tanto di cappuccio. Era una fortuna che ne avessero di ricambio nelle cabine.
Una volta superato quel primo iceberg… se ne ritrovarono davanti uno ancora più grosso, e stavolta non c’era tempo per schivarlo.
“Tranquilli, questo è fasullo”. Li rassicurò il diavoletto, già avvolto in una calda sciarpa.
“Leale! Prosegui così!”.
L’enorme eurasiatico obbedì, ma trattenne il respiro. Quel coso sembrava perfino più reale di quello vero, con tanto di onde che scrosciavano ai suoi fianchi.
“Sei sicuro?”.
“Sicurissimo, vai!”.
Iceberg contro prua. Quaranta metri all’impatto.
Trenta metri.
Venti metri.
La fronte di Leale cominciò a sudare malgrado la bassa temperatura. Sul ponte… Artemis e N°1 non fecero una piega.
Dieci metri.
Cinque metri.
Un metro. Tanto vicino da poterlo toccare con mano…
La lamiera dello scafo entrò all’interno del ghiaccio, attraversandolo da parte a parte.
“Sì!!”. Sentirono esultare la guardia del corpo.
“E’ divertente”. Ridacchiò il diavoletto, pronto a riconoscere il prossimo ologramma.
Al suo fianco… Artemis si limitò ad accennare un sorriso. Fin lì stava andando tutto bene.
“Anche il prossimo è falso –lo avvertì N°1- Però i prossimi due vanno evitati”.
“Riesci a vedere l’isola?”.
“Adesso sì. Apparirà anche a voi una volta finiti gli iceberg”.
“Bene”. Prese in mano la trasmittente: “Leale, credo sia il caso di indossare subito gli elmetti”.
Non potevano pensare di andare su un’isola segreta senza gli elmetti del Popolo. Non sarebbe stato da Artemis Fowl commettere una simile imprudenza. Quello di Leale era stato modificato apposta per il suo enorme testone rasato.
Ne avevano portati cinque. Tre per i passeggeri della Fowl Star Seconda, e due di riserva. Meglio tenersi pronti per ogni evenienza.
Arrivarono appresso al secondo iceberg… e come da copione attraversarono pure quello.
Gli occhi di N°1 sono davvero straordinari. Si ritrovò a pensare Artemis. Io stesso avrei dovuto usare qualche accorgimento tecnologico per distinguere i singoli ostacoli.
Fu poi la volta delle ultime due montagne di ghiaccio. Leale fu rapido a virare malgrado la stazza della nave. Merito del nuovissimo motore ideato da Artemis Junior in persona.
E appena si furono lasciati tutti gli iceberg alle spalle… di colpo la realtà intorno a loro sembrò sciogliersi per poi ricomporsi sotto nuova forma.
“Incredibile”. Borbottò l’eurasiatico.
Il mare e il cielo erano ancora al loro posto… ma all’orizzonte dove prima c’era solo spazio aperto… ora stava una grande terra.
Continuarono ad avanzare.
Eccola là. Avalon. Strinse Artemis le mani sul binocolo. Pensò a Spinella, a cosa le avrebbe detto. Ogni metro che stava facendo lì in mare era un metro che lo avvicinava a lei.
Preferì non pensare che il suo comportamento avrebbe potuto metterla nei guai. In fondo non sapeva nulla della gente per cui lavorava. Già era stato difficile farsi accettare da Cantuccio, figuriamoci ora che stava invadendo lo stato di qualcun altro.
“Bene, e ora che facciamo? –li raggiunse la guardia del corpo, lasciando il lavoro a un pilota automatico- Come ci presentiamo?”.
“Presentarci? Sicuramente loro ci conosceranno già. Dobbiamo solo dire che siamo venuti a trovare una persona”.
“Questo è il piano? E’ la prima volta che la fai così facile”. Aggrottò la fronte poco convinto.
“Artemis”. Lo chiamò N°1.
Lui non staccò gli occhi da binocolo: “Sì?”.
“Credo che ci sia qualcuno qui”.
Finalmente Artemis si decise a guardarsi intorno, e d’istinto Leale scattò ad estrarre la mitraglietta Sig. Sauer.
“No, mettila via -lo ammonì il ragazzo- Se ci vedono armati potrebbero pensar male”.
In cielo non si vedeva nulla di anomalo… o almeno… nulla che si potesse vedere a occhio nudo.
Attivarono i filtri antischermo.
Stock… stock… udirono improvvisamente.
Rumori d’urto sul ponte.
Abbassarono lo sguardo… e videro una sfera luminosa rimbalzare vicinissima verso di loro.
Una stordibomba!! Capì subito il giovane irlandese, attivando immediatamente la protezione dell’elmetto.
Non fece in tempo ad avvertire i suoi compagni che la stordibomba esplose, tramortendoli.
Leale e N°1 caddero svenuti, Artemis invece si ritrovò a carponi sul ponte con le mani sul visore nel vano tentativo di proteggere gli occhi.
Accidenti! Che potenza. Non era la prima volta che vedeva una stordibomba, ma di sicuro era la prima volta che la sperimentava di persona come bersaglio. Aveva previsto una mossa del genere da parte della polizia di Avalon, ma aveva sperato nell’aiuto di Leale e del diavoletto.
Schiuse un poco le palpebre e alzò lo sguardo. Finalmente le vide: piccole ombre volanti che guizzavano da tutte le parti intorno alla nave. Sicuramente si stavano assicurando che non ci fosse nessun altro oltre loro.
Uno di loro scese di quota posando i piedi davanti a lui. Probabilmente il caposquadra.
Non svenire. Non svenire! Supplicò Artemis Fowl a se stesso. Se fosse svenuto non sarebbe riuscito a parlare con loro e cosa peggiore li avrebbero sottoposti a spazzamente.
A meno che non si chiedano prima casa ci fa un Demone stregone con noi.
“Che diavolo ci fate qui!?”. Parlò il caposquadra di Avalon, togliendosi l’elmetto.
Il ragazzo sorrise appena ne riconobbe la voce. Per non parlare dei graziosi lineamenti affilati, dei corti capelli ramati , della carnagione color caffè e degli occhi nocciola.
“Spinella…”. Borbottò un attimo prima di svenire.



 

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Capitolo 9
*** Un passo indietro ***


 
 
 
Erano venuti tutti i suoi colleghi a salutarla. Tutti i compagni di Lep con cui aveva condiviso mazzate e ore di lavoro. In particolare Cicca Verbil, lo spiritello appiedato scampato ad un assalto dei goblin.
“Oh, mia cara Spinella –esibì il suo lato seduttore- Come farai là da sola, senza il mio fascino a tenerti compagnia”.
L’elfa sorrise quasi rammaricata: “Temo che dovrò farmene una ragione”.
E come potevano mancare Polledro, Cavallina e Bombarda Sterro?.
“Mi raccomando, mandaci presto un sacco di e-mail con altrettante fotografie del posto”. L’abbracciò la centaura cercando di contenere l’emozione.
“Sì, due anni fa abbiamo fatto richiesta per un visto turistico –aggiunse Polledro- speriamo di poterti far visita presto”.
“E io ne sarò ben felice”. Annuì Spinella Tappo, avvertendo un gran peso sul cuore.
“Non dimenticarti del tuo vecchio socio, la tua vita non sarà più la stessa senza di me?”. Gonfiò il petto il nano.
Stavolta… l’elfa rise di cuore: “Di questo non ho il minimo dubbio. Mi mancherà sentire la tua puzza ogni volta che entri in una stanza”.
“Ehi! Questa è crudele”.
Si abbracciarono. Spinella dovette trattenere il respiro. Già gli mancava quel vecchio furfante.
Erano al navettiporto di Cantuccio, il viaggio di Spinella si sarebbe svolto in due fasi: non c’erano navette pubbliche che trasportavano le persone dal sottosuolo direttamente ad Avalon. Prima l’avrebbero portata in un navettiporto vicino ad Atlantide, poi una seconda navetta privata -chiamata apposta- l’avrebbe fatta risalire verso la superficie.
Baci. Abbracci. Strette di mano.
Poi arrivò la prima navetta.
“Sei proprio sicura della tua scelta?”. Chiese ancora Cavallina.
L’elfa si sforzò di sorridere: “Ormai è tardi per cambiare idea”.
“Non è mai tardi per cambiare idea”. Si fece largo il Comandante Grana Algonzo.
Spinella lo guardò, gli fece un cenno col capo. Nei suoi occhi c’era un grande rispetto.
Si strinsero la mano: “Ricorda che da noi sarai sempre la benvenuta”.
“Lo so. Ti ringrazio”. E salì sulla navetta fermandosi un attimo sugli scalini a salutare nuovamente tutti un’ultima volta.
 
 
Ad Atlantide, nell’attesa della seconda navetta…
Spinella era nervosa, inutile tentare di nasconderlo. Il terminal era vuoto quella notte, in giro non c’era un’anima se non quei pochi agenti di sorveglianza che vagavano qui è là, assicurandosi che tutto andasse bene.
Brr… che freddo. Rabbrividì lei.
Il sistema di riscaldamento doveva essere fuori uso. Erano in fondo all’oceano atlantico, era sempre freddo, perciò era diventata regola tassativa che terminal e navettiporti fossero forniti di una temperatura più accogliente.
Non è mai tardi per cambiare idea. Le frullarono in testa le parole dei suoi amici. Sei proprio sicura della tua scelta?. Poi di nuovo la voce di Bombarda. La tua vita non sarà più la stessa senza di me.   
Spinella si torse le dita. Certo che era sicura della sua scelta. In fondo aveva aspettato due mesi per decidere di partire. Sapeva perfettamente cosa rappresentava quel trasferimento.
Vide dei fari all’orizzonte. Una navetta si avvicinava.
Si alzò in piedi per farsi notare, mentre i dubbi cominciavano già a mangiarle il cuore in un monologo interiore.
Non fare la sciocca. Ad Avalon c’è gente che ti aspetta, non puoi deluderla così.
La navetta si avvicinava.
E chi se ne importa! Non è affar tuo.
Ma io ho dato il mio impegno. Mi hanno già assegnato un appartamento.
Ce l’hai anche qui un appartamento. E un lavoro. E degli amici che ti vogliono bene.
La navetta si avvicinava.
Perché devi partire per forza?!.
La navetta si fermò. Le portiere si aprirono proprio davanti a lei. Uno specifico invito a fare una scelta definitiva.
Perché devi partire per forza?. Continuava a chiedergli quella vocina nella testa.
Devo partire perché… Perché…
“Allora? –la esortò l’autista della navetta- Devi salire?”.
Guarda che se sali su quella scaletta non si torna più indietro.
E Spinella si guardò indietro. Vero, c’erano momenti belli. Vero, c’erano momenti brutti. Così funzionava la vita: un cerchio di cose brutte e belle che giravano e si alternavano. Non era certo per schivare quelle brutte se aveva deciso di partire.
Semplicemente aveva deciso di cambiare. Di fare qualcosa per se stessa.
Certo sarò triste all’inizio. E’ normale che sia così. Però parto perché voglio farlo.
E salì sulla scaletta del mezzo, prendendo posto. Le portiere si richiusero.
Ora non si torna più indietro.
 
 
 
Adesso.
 
 
 
Bip… Bip… Bip…
Cominciò a pigolare il monitor.
L’addetto guardò gli schermi: “Oh, no”.
Si affrettò a chiamare la squadra di turno, quella capitanata dal nuovo acquisto dei Guardiani, Spinella Tappo; che fin dal primo giorno aveva dimostrato il suo valore, guadagnandosi un posto da caposquadra nel giro di due settimane.
“Che succede, Alvin?”. Chiese quando fu convocata.
“I sistemi di sicurezza sono in allarme. C’è del lavoro per voi”.
“Chi sta uscendo?”.
“Non è qualcosa che esce, ma qualcosa che entra”.
 
 
Era politica della Guardia di Avalon di non agire mai da soli. Ogni squadra doveva contare un minimo di quattro elementi.
Spinella e i suoi compagni si affrettarono a indossare un paio di ali e sfrecciare verso quel qualcosa che stava attraversando la barriera di iceberg olografici, senza mai scontrarsi con quelli veri.
“Gemma, tieniti pronta”.
“Agli ordini, capitano”. Annuì quell’ultima, tenendo in mano una stordibomba, pronta per essere scagliata.
E quando la nave fu ben visibile davanti a loro…
Fowl Star Seconda. Diceva la fiancata.
“Non ci posso credere…”. Borbottò tra sé.
“Tre sul ponte –esclamò Gemma- prendete questo!”.
“No, aspetta!!”. Cercò di fermarla la caposquadra.
Troppo tardi. La sfera metallica già rimbalzava sul ponte, luminosa e innescata.
Esplose. Due intrusi sul ponte svennero nell’immediato, mentre il terzo cercava ancora di reggersi in piedi.
Spinella scese da lui con aria non troppo felice.
“Che diavolo ci fate qui?!”.
 

 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Let it go (Frozen) Per ridere insieme ***


 
 
Questo capitolo vuole essere un bizzarro Break dal resto della storia per scucire a voi lettori un paio di risate (se è possibile). Perciò eccovi un artistico arrivo di Spinella sull’isola, mentre canta la famosa canzone Let it go, o All’alba sorgerò, tratto dal film Frozen. Consideratela una piccola parodia. Ovviamente alcune parole saranno diverse, ma nel complesso cercherò di attenermi alla canzone servendomi anche della traduzione della versione originale in lingua inglese. Per il resto temo dovrete servirvi di un po’ d’immaginazione.
Spero vi piaccia. Ma come ho detto… è solo per ridere.
 
 
 
 
La navetta venuta a prenderla ad Atlantide stava percorrendo l’Atlantico direttamente in superficie quando Spinella uscì sul ponte.
Non era mai stata su quel mezzo di trasporto prima d’ora. Era veramente all’avanguardia; a Polledro sarebbe piaciuto. Non avrebbe saputo dargli un nome concreto, ma si trattava sicuramente di tecnologia ibrida: in un primo momento avevano percorso le gallerie del sottosuolo come tutte le altre navette, ma poi aveva cambiato forma e si era modificata in un imbarcazione simile a un enorme motoscafo che sfrecciava sull’acqua, invisibile a occhi indiscreti.
Spinella si tirò su un poco la sciarpa. Faceva freddo lassù, anche se ormai cominciava già ad abituarsi.
Dopo la storia a Vatnajokull, in Islanda, difficilmente il freddo può spaventarmi. Rifletté accennando un sorriso. Non dimentichiamo poi quella volta in cui dovetti tuffarmi nelle acque dell’Artico per recuperare il padre di Artemis.
In genere il Popolo odiava il freddo; alcuni ne avevano una tale fobia che addirittura non mangiavano neppure il gelato. Anche a Spinella non piaceva, ma grazie alle avventure passate aveva imparato a rendersi del tutto indifferente a esso.
O almeno… quasi.
Brrr…
Originariamente anche ad Avalon le temperature erano rigide; in fondo si trattava di una terra nel bel mezzo dell’atlantico, circondata da iceberg; ma col progredire della tecnologia erano stati impiantati dei grossi regolatori termici che rendevano l’isola più calda e sopportabile almeno per l’inverno. 
Spinella respirò a fondo. Non vedeva l’ora di arrivare, anche se di tanto in tanto la tristezza per quello che si era lasciata indietro tornava a perseguitarla. Era là… su una navetta completamente vuota -fatta eccezione per il pilota- senza nessuno con cui parlare.
Era notte fonda quando cominciò a nevicare.
 
 
Parte la musica.
 
 
La neve che cade sopra di me, copre tutto… col suo oblio.
Di un regno di isolamento, la regina… sono io. (A Kingdom of isolation and it looks
like I’m the queen)
Ormai la tempesta nel mio cuore irrompe già. Non la fermerà la mia volontà.
 
 
Spinella ripensa al passato e tutti i grattacapi datele dal Consiglio.
 
 
Ho conservato ogni follia, per il mondo la colpa è solo mia.
Così non va, non sentiròòò…
Un altro noooo.
 
 
Spinella gioca entusiasta con scintille magiche azzurre che gli sprizzano dalle mani.
  
 
D’ora in poi lascerò che il cuore mi guidi un po’.
Let it go! Let it go! Allontanati e sbatti la porta. (Turn away and slam the door).
Sai che c’è?! Vado via perché!.
Infuria la tempesta. (Let the storm rage on).
Il freddo non mi da più fastidio.
 
 
Spinella si toglie la sciarpa e la lascia volar via. S’incammina verso la prua della navetta.
 
 
E’ buffo come la distanza faccia sembrare tutto così piccolo. (It’s funny how some distance makes everything seem small)
I problemi che prima mi controllavano ora mi sono indifferenti. (And the fear that once controller me can’t get to me at all)
 
 
 
All’orizzonte appaiono gli iceberg, poi la terra. Spinella sorride.
 
 
E’ tempo ora di cambiare.
Di tornare a vivere e respirare.
Nessun ostacolo per me. Perchééé!.
 
 
La navetta attracca al porto e Spinella corre sulla scaletta in salita.
 
 
Let it go! Let it go! Sono tutt’uno con vento e cielo. (I am one with the mind and sky)
Let it go! Let it go! Non mi vedrai mai piangere. (You’ll never see me cry)
Sono qui! E qui resterò!. (Here I stand and here I’ll stay)
Infuria la tempesta (Let the storm rage on).
 
 
 
Spinella guarda il panorama e rimane affascinata dalla grande foresta.   
 
 
La vita si spalanca intorno a meeee.
Il verde irrompe e copre ogni cosa accanto a séééé.
I rami mi accolgono in questa spirale d’aria gelida.
Il resto è storia ormai, che passa e se ne va.
 
 
Spinella si strappa un’insegna della LEP dalla spalla e la getta via. L’alba comincia a sorgere all’orizzonte del mare e lei ne rimane incantata perché è reale e non un ologramma come a Cantuccio.
 
 
Io lo sooo, sì lo so, come il sole tramonterò.
Perché poi, perché poi, all’alba sorgerò.
Sono qui! Alla luce del giorno! (Here I stand in the light of day)
Infuria la tempesta!!  (Let the storm rage on).
Da oggi il destino appartiene a me.
 
 
 
Spinella entra nell’ufficio centrale e le porte si chiudono dietro di lei.
 

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Capitolo 11
*** Visita ufficiale ***


 

 
“E’ veramente incredibile –sibilò tra i denti Spinella Tappo, appena Artemis fu sveglio e a carponi davanti a lei- Non posso credere che tu abbia combinato anche questa. Ma proprio non capisci quand’è il momento di stare al tuo posto?!”.
Artemis si portò le mani alle orecchie: per i suoi sensi destabilizzati dalla stordibomba, quella paternale sembrava un ruggito insopportabile.
“Spinella…”.
“Caposquadra Tappo? –si avvicinò un elfo dal volto coperto dall’elmetto- Dovremmo sottoporli a spazzamente”.
“Sarebbe inutile con lui. Credimi, io lo so”.
“Conosce questi Fangosi?”. S’aggiunse l’agente Gemma, continuando a tener sotto tiro uno svenuto Leale. Difficilmente avrebbe ripreso i sensi prima di trenta minuti, ma con un umano tanto grosso era meglio stare allerta.
“Sì, sono miei amici. Non temete, li conoscono tutti a Cantuccio. Togliete loro quegli elmetti, fateli respirare”. Sospirò suo malgrado lei, aiutando Artemis a togliere il suo.
“D’accordo –borbottò Gemma, rinfoderando l’arma- Speriamo solo che non si svegli di scatto”.
“Ehi! Ma questo qui non è il famoso Demone Stregone, N°1?”. Esclamò un quarto agente, appena vide il terzo occupante della nave.
“N°1?!”.
Spinella si precipitò da lui; lo sollevò di poco reggendogli la testa. Non aveva fatto molto caso al terzo passeggero della Fowl Star Seconda. Inizialmente credeva fosse Juliet, o Bombarda Sterro. Chi avrebbe mai pensato che sotto quel giaccone ci fosse il suo amico diavoletto, che credeva incastrato sulla luna per altri due anni?.
“N°1?!... -lo scosse, cercando di svegliarlo- N°1!?”.
Prese la boccetta d’acqua attaccata alla cintura e gliene buttò un po’ sul viso.
“Mmm…”. Mugolò immediatamente il piccolo stregone.
“N°1?”.
Aprì gli occhi. Il volto di Spinella riempì il suo campo visivo.
Batté le palpebre, incredulo: “Spinella?... Spinella!!”. Si issò ad abbracciarla forte.
L’elfa non poté far altro che contraccambiarlo ben felice della sorpresa: non pensava che lo avrebbe rivisto ancora così presto.
Pochi metri più in là… Artemis la guardò senza dire una parola. Semplicemente sorrise.
 
 
“Allora, che storia è questa?!”. Ricominciò il capitano Tappo, appena anche Leale ebbe la sua dose d’acqua in faccia.
“Che storia è questa dovrei chiedertelo io –ribatté pronto Artemis- Te ne sei andata così, senza dir niente a nessuno; era ovvio che prima o poi ti avrei raggiunta”.
“Certo, perché?! Credi forse di avere un’esclusiva su di me? Credi che io non possa fare quello che voglio senza chiedere il tuo permesso?”.
“No di certo, ma sei partita senza neanche salutare”.
“Sì, ed è stato un bene, o avresti potuto mandarmi all’aria il viaggio”.
“Perché tutti pensano che ti avrei mandato all’aria il viaggio?!”. Sbottò Artemis Fowl rievocando la sgradevole conversazione avuta con Grana Algonzo.
Leale buttò gli occhi in aria; N°1 si grattò la testa imbarazzato. Perché l’avrebbe fatto senza ombra di dubbio
“Piuttosto… -prese la parola l’enorme eurasiatico- Devo scusarmi con te, Spinella. Quando sei venuta a Casa Fowl hai cercato di dirmi qualcosa d’importante e io non ti ho dato retta”.
“Non nego che la cosa mi abbia molto infastidito, perciò lasciamo perdere. Anzi, visto che sei sicuramente tu al timone, devo chiederti di invertire la rotta e tornarvene da dove siete venuti”.
“Ma come non ci fai stare un po’ con te?”. Chiese il piccolo demone stregone.
Era stato uno shock per lui venire a sapere che non avrebbe più rivisto Spinella per molto tempo. Aveva accettato di seguire Artemis al solo scopo di riabbracciarla. Possibile che ora lei li liquidasse con quella facilità?.
“E tu, piuttosto? –cambiò discorso il capitano Tappo- Come mai sei qui? Non dovevi stare in orbita per un bel po’?”.
“Questione di sicurezza. A causa dei danni provocati dall’Armageddon hanno deciso di evacuare la stazione lunare”.
“L’Armageddon è arrivato fin sulla luna?!”.
“Sì, Opal Koboi ha molto di cui rispondere. O almeno… ce l’aveva”.
L’elfa annuì distrattamente. Opal Koboi, la geniale folletta criminale era morta il giorno stesso in cui era “morto” Artemis. Rovinata dalla sua stessa follia.
Era certamente la fine che meritava, ma c’erano volte in cui Spinella la rievocava nei suoi incubi: non era stato un bel vedere, quei occhi furenti e quel volto mezzo mangiato dalla magia nera.
Leale stava seguendo il dibattito tra il capitano Tappo e diavoletto quando -abbassando inavvertitamente lo sguardo- si accorse dell’altra femmina del gruppo che li circondava.
Poteva essere un’elfa. O forse no. Era giovane, ancor più di Spinella; con corti capelli rossissimi da cui spuntavano le orecchie a punta; una carnagione pallida e occhi che tendevano al grigio. Contrariamente al resto della banda, non portava ali meccaniche tutt’uno con l’uniforme. Anzi non aveva ali di nessun genere. Osservava fisso la guardia del corpo squadrandola da capo a piedi con insistente curiosità. Leale intuì che non avesse mai visto un umano così grosso, così da vicino.
Provò a intimidirla con un’occhiataccia, ma non servì. Strano, considerando quant’era efficace con tutti gli altri membri del Popolo.
“Sei imparentato con un orco?”. Chiese all’improvviso.
“Che dici?!”.
Spinella rise: “Questa è una domanda che mi sono fatta anch’io. Vi presento l’agente Gemma Twist, è con noi da due settimane. Ha ancora molto da imparare, incluso come si trattano i Fangosi”.
L’altra arrossì in imbarazzo.
“Sei anche tu di Cantuccio?”. Ruppe il ghiaccio Artemis in perfetto gnomico.
“N… No. Sono nata e cresciuta ad Avalon, questa è la prima volta che vedo dei veri Fangosi: li ho solo studiati dai documentari”.
Stavolta fu N°1 a parlare: “Eh eh! Ti posso assicurare che qui abbiamo due Fangosi assolutamente unici nel loro genere: Artemis Fowl è un giovane genio ex-criminale, ha derubato il Popolo; mentre Leale è l’uomo più grande e forte del mondo, ha sconfitto un troll in un corpo a corpo”.
“Allora è davvero imparentato con un orco!”.
Leale grugnì irritato, strinse gli occhi e irrigidì la bocca.
“Perfino la sua espressione sembra quella di un orco”.
“Sentimi bene, signorina!...”.
“Be’, in ogni caso qui non potete restare –li interruppe Spinella, accennando ai suoi uomini di abbassare le armi- Non posso farvi entrare ad Avalon senza autorizzazione”
“In verità avrei questo”. Tirò fuori dal suo giaccone N°1, un foglio arrotolato.
Il capitano Tappo lo lesse. Il suo sopracciglio destro si sollevò come un ponte levatoio. Guardò Artemis e N°1 piena di sottintesi.
“E’ un visto –spiegò il diavoletto- Il Demone Stregone N°1 in visita ufficiale coi suoi ospiti, valido per una settimana. C’è il sigillo della Sezione Otto, perfettamente legale”.
“Permette, caposquadra?”. Si avvicinò uno degli altri agenti.
Lei gli passò il foglio, lui lo consultò. Artemis pensò che fosse un esperto burocrate.
“Sì, è valido. Non abbiamo nessuna autorità per scacciarli. Tuttavia dubito che qualcuno verrebbe a lamentarsi se decidesse di fare un’eccezione, dato gli… ospiti”.
“Grazie Amaro”.
Capiva perfettamente ciò che stava dicendo: non c’erano mai stati Fangosi ad Avalon. Non c’era motivo per cui dovessero arrivare ora.
Sospirò: “Voi sarete la mia rovina”.
“Allora possiamo restare!?”. Esultò N°1.
“Sì. Chiamerò il sindaco per avvertirlo che non c’è nulla di cui preoccuparsi”.
Artemis aggrottò appena la fronte. Non bisognava essere dei geni per capire che Spinella li avrebbe voluti fuori dai piedi il prima possibile.
“Caposquadra, ce n’è un altro! –uscì dalla nave il quinto elemento della squadra, insieme ad un nano con le mani alzate- Se ne stava nella stiva refrigerata per nascondersi ai controlli termici”.
“Tu qui!?” Esclamò Fowl, sinceramente sorpreso.
Bombarda Sterro salutò allegro: “Ciao, Spinella”.
“Ecco”.          
 
 



 

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Capitolo 12
*** Essere un Guardiano ***


 



 
“Il porto è dritto davanti a voi, ci vediamo là. I miei compagni vi scorteranno. Gemma, tu vieni con me”.
“Agli ordini, caposquadra”. Annuì entusiasta quell’ultima.
Detto questo, le grandi ali meccaniche della Caposquadra si spiegarono; mentre Gemma evocò direttamente la magia per farne apparire un paio tutte sue: azzurre e luccicanti dalla forma a libellula.
Entrambe si librarono in aria verso l’isola.
“Wow! Avete visto che roba?! -esclamò il diavoletto- Ma come fa?!”.
“Gemma Twist è una fata. Solo loro sono in grado di evocare le ali in quel modo”. Spiegò l’elfo Amaro.
“E sono fatte interamente di magia?”. Chiese Artemis per la sua pura abitudine di raccogliere informazioni.
“Sì. Le scintille azzurre si uniscono tra loro, compattandosi, prendendo forma fisica”.
“Immagino che questo richieda un certo spreco di magia: dovrebbe eseguire il Rituale più spesso”.
“No, non in questo caso: le fate hanno un incremento di energia maggiore, rispetto alle altre razze del Popolo. Per compensare. Comunque è vero: devono stare attente a non evocare le ali troppo spesso, o rimarrebbero a secco”.
“E ce ne sono altre come lei?”.
“Non a Cantuccio, se è questo che intendi. E neanche ad Atlantide. Gemma idolatra Spinella Tappo: segue la sua carriera da quando entrò nella Lep. Quasi svenne dalla gioia quando seppe che stava venendo qui”.
Artemis annuì. Non era ancora sbarcato ad Avalon e quel viaggio si stava già rivelando pieno di sorprese.
Un momento…
“A proposito di sorprese… Bombarda, come mai sei qui?”.
“Io che mi perdo una gita ad Avalon? Non sia mai detto”.
“E come sei salito a bordo?”.
Il nano rise scoccando occhiate astute dal ragazzo a Leale: “Caro Fangosetto, se riesco a fare avanti e indietro da Casa Fowl senza farmi beccare dal grand’uomo, posso anche intrufolarmi su una nave”.
La guardia del corpo grugnì nel ricordare che Sterro aveva un rifugio tutto per sé sotto la proprietà dei Fowl; e che ogni qual volta gli serviva qualcosa se lo prendeva per conto suo senza dir niente a nessuno; come i pregiatissimi vini trafugati dalla cantina, o le pellicce ecologiche della signora Angeline.
Una grave pecca del sistema di sicurezza che neppure lui era riuscito a sistemare.
“Meglio che vada ai comandi –sbuffò scostando via il nano- ormai siamo quasi arrivati”.
 
 
A quella velocità ci misero poco più di un quarto d’ora per arrivare.
Il porto era sgombro; attraccarono con facilità. E appena la passerella si spiegò davanti loro per farli scendere… Artemis storse gli occhi.
Dicevano che non c’erano mai stati umani ad Avalon. Be’ quello che vide lassù lo fece non poco dubitare.
C’era un uomo a poca distanza davanti a loro. Un uomo adulto sulla trentina, fiancheggiato da Spinella Tappo e Gemma Twist. Alto circa un metro e settantacinque; impettito in un abito poco convenzionale in stile ottocentesco, a guardarli sorridendo benevolo.
Esteriormente non aveva nessuna caratteristica insolita; sembrava veramente un tipo ordinario: capelli castani, occhi verdi. Un essere umano.
O almeno in apparenza.
Artemis, Leale, Bombarda e N°1 li raggiunsero. Quell’ultimo andò subito a mettersi appresto a Spinella.
“Amici, vi presento Baltus Ferroso. Il Sindaco di Avalon”.
L’espressione del giovane Fowl non mutò, ma il suo cuore perse un colpo nel riconoscere quel nome.
Baltus Ferroso. E’ il tizio che ha spedito la lettera.
Per una frazione di secondo il ragazzo provò una strana antipatia nei confronti di quell’uomo. Era del tutto irrazionale, lo sapeva… tuttavia non riuscì a non considerarlo come il responsabile per l’allontanamento di Spinella.
Quello avanzò di due passi: “Artemis Fowl, Leale e il Demone Stregone N°1, siate il benvenuti ad Avalon. La vostra fama vi precede, le storie delle vostre gesta sono arrivate fino a noi”.
“Ehi, non sta dimenticando qualcuno?!”. Si mise le mani sui fianchi un indispettito Bombarda.
“Non rivolgerti così al nostro Sindaco!”. Gli sbottò subito contro Gemma.
L’altro la calmò con un cenno, tornando a rivolgersi al nano: “Se ho commesso qualche errore vi prego di scusarmi. Con chi ho il piacere di parlare?”.
Artemis inarcò un sopracciglio. Quell’individuo aveva uno strano modo di parlare; perfino più formale del suo.
“Bombarda Sterro –gonfiò il petto quell’ultimo, mostrando la medaglia che non aveva più lasciato da quando gliel’avevano data- Il nano che in più di un occasione ha salvato il mondo a rischio della vita”.
“Oh certo, ora ricordo. Il Caposquadra Tappo mi ha parlato di te: avete gestito un’agenzia investigativa insieme”.
“Solo questo vi ha detto?! Spinella come hai potuto?!”.
L’uomo ridacchiò: “Si rincuori signor nano, la nostra Spinella ci ha detto molte altre cose su di lei e i suoi amici. Anzi… devo ammettere che sono rimasto sorpreso quando la LEP ha deciso di tenere nascosta la vostra partecipazione fino a poco tempo fa”.
“Eh, che le devo dire –allargò le braccia Bombarda, con aria da martire- La grande LEP non è in grado di accettare che uno come me possa essere la loro unica speranza”.
Sorridendo, Spinella scosse la testa. Sempre il solito testone.
“Sir. N°1 mi dicono che siete in visita”.
“Sì, signor Sindaco”. Annuì felice il diavoletto mettendo in mostra il suo documento.
“In tal caso lasciate che sia io a guidarvi tutti in un giro turistico dell’isola”.
“Sì, volentieri. Vieni anche tu, Spinella?”.
“No, io sono ancora in servizio. Finirò il turno tra tre ore, poi vi raggiungerò”.
“Di questo non dovrete preoccuparvi –parlò ancora Baltus Ferroso- Dato che siamo qui il nostro giro comincerà subito dalla Centrale. Così avrete modo di conoscere il mestiere del Guardiano”.
Come un incantesimo quelle parole ridestarono subito l’interesse di Artemis Fowl.
Giusto. Il mestiere del Guardiano. In cosa consisteva? Se Spinella aveva accettato non poteva essere un lavoro inferiore a quello della Ricog.
Una folata di vento freddo scompigliò loro i capelli; ad eccezione di N°1 e Leale, ovviamente; e in quella frazione di secondo, Artemis riuscì a vedere le orecchie del Sindaco, dapprima nascoste. Leggermente a punta, seppur molto più piccole rispetto alle altre razze del Popolo.
Quindi non è un essere umano. Intuì. Mi pareva strano. Che sia un Lucente? (vedi la storia Il Sigillo si Scilla) Eppure non vedo segni sul suo corpo. Di sicuro sarà interessante scoprirlo.   
 
 
La Centrale della Guardia era ampia e spaziosa, molto più di quella di Cantuccio. A Leale parve impossibile di poter stare in una stanza del Popolo in tutta la sua altezza.
“Come sicuramente saprete oltre a essere un regno indipendente, Avalon è anche una riserva naturale per tutte le creature non convenzionali del pianeta”. Cominciò a spiegare il Sindaco Ferroso.
Artemis lo guardò lasciando che continuasse. Creature non convenzionali?.
“E come ogni riserva che si rispetti, c’è bisogno di qualcuno che vigili su queste creature. E’ questo il compito di un Guardiano di Avalon: si assicura che nessuno lasci l’isola ed entri in contatto coi Fangosi. In caso in cui l’animale riesca a scappare bisogna immediatamente riportarlo indietro e, se possibile, sottoporre a spazzamente chiunque l’abbia visto”.
“Immagino consista anche impedire l’accesso ai Fangosi, ehm cioè agli umani, nel vostro spazio privato”. Parlò Leale, massaggiandosi gli occhi ancora leggermente irritati dalla stordibomba.
“Esattamente. Quello è uno degli incarichi fondamentali. In genere la nostra catena di iceberg è sufficiente, e il tutto è protetto da potenti Distorsori che mandando false informazioni ai satelliti. Ma in caso di necessità mandiamo una squadra a portar via gli intrusi, com’è successo a voi”.
“Quali creature vivono su quest’isola?”. Chiese poi Artemis.     
Baltus annuì sorridendo: “In gergo tecnico parliamo di cripto-zoologia”.
N°1 storse gli occhi: “Cripto zoll… criinco… Cripto che?”.
“Cripto-zoologia –gli spiegò Spinella- Sono animali misteriosi, sconosciuti alla scienza umana”.
“In alcuni casi sono addirittura animali mitologici –s’inserì la fata Gemma- Come il mostro di Loch Ness o gli unicorni”.
“Vuoi dire che esiste veramente il mostro di Loch Ness?”. La guardò interessato Leale.
“Ma certo che sì, uomo-orco, una volta viveva sul serio nel grande lago scozzese. Poi è stato trasferito qui”
“Capisco… -storse gli occhi lui, irritato dal nomignolo- Troppi avvistamenti”.
“Esattamente. Qualunque creatura misteriosa sconosciuta ai Fangosi, o è scappata da Avalon o si trova sulla terra ferma senza mai esser stata trasferita in precedenza. Per questo non mancano creature come gli enormi serpenti marini o i Chupa Kabras. Anche se quelli ormai sono quasi tutti qui”.
Artemis non poté trattenersi dall’inarcare le sopracciglia: quella Gemma, dapprima così timida e
svampita, ora stava lì a far loro da maestrina, prendendo anche in giro la guardia del corpo. Perfino Spinella l’ascoltava ammirata senza interromperla. Sebbene sapesse già tutto.
“Chupa Kabras?”. Chiese Bombarda Sterro, parlando per la prima volta da quando era iniziato il giro.
“E’ una creatura che secondo alcuni succhia il sangue alle capre -rispose pronto Artemis- Alcuni lo paragonano addirittura al vampiro”.
Gemma si voltò di scatto: “Come si permettono di…!”
Il sindaco Ferroso tossicchiò nel pugno quasi a volerla interrompere: “Ti intendi dell’argomento, quindi”.
“Solo da quello che leggo da internet”.
“O da quello che trafughi da Polledro”. Rise Spinella.
Il Sindaco fece per tornare a parlare… quando un grosso lampeggiante rosso prese a brillare sulle pareti d’emergenza.
“La squadra Tre è richiesta in sala controllo –chiamò una voce all’altoparlante- Ripeto. La squadra Tre è richiesta in sala controllo”.
“Ops… -sogghignò il caposquadra Tappo, sempre pronta ad entrare in azione- Andiamo, Gemma. Questo è lavoro per noi”.
“La seguo a ruota, caposquadra”.
Lasciando Sindaco e ospiti indietro, l’elfa e la fata corsero per i corridoi; salirono le scale e si fiondarono all’interno di una stanza.
“Bè, che aspettiamo –batté le mani Baltus- seguiamole. Non vorrete mica perdervi i Guardiani all’azione”.
Senza farselo ripetere due volte, il diavoletto N°1 scattò correndo imboccando la stessa porta delle altre due. Artemis è gli altri lo imitarono tranquillamente, attirando su di loro gli sguardi sconvolti dei presenti. Fangosi ad Avalon?! Come poteva il loro buon Sindaco permettere una cosa del genere?!.
 
 
“Che cos’abbiamo, Alvin?”. Chiese Baltus all’operatore ai computer.
Quello esitò un attimo prima di rispondere, troppo impegnato a guardare confuso i Fangosi dietro di lui.
“Tranquillo, loro sono nostri ospiti e amici. Allora, l’emergenza?”.
“Ehmm, sì. La squadra Tre capitanata da Spinella Tappo è già in volo. Un grifone è uscito dal nostro perimetro protetto”.
Artemis li guardò sorpreso, cosa che non capitava spesso. Quell’elfo aveva veramente detto “grifone”?.
“Grifone? -ripeté Bombarda, dando voce ai pensieri di tutti- Volete dire quei cosi metà aquila e metà leone?! Quei Grifoni?!”.
“Qwan mi ha dato un libro su di loro”. Annuì N°1.
“Esistono anche quelli?”. Si unì alle domande Leale.
“Sì… tra le altre cose”. Borbottò Alvin.
“Sicuro che si tratti di un Grifone? –continuò a parlare il Sindaco- Di norma sono animali molto territoriali, è strano che si allontani così”.
“Sicurissimi. Pare che questo esemplare si sia scontrato con un giovane drago e abbia avuto la peggio”.
“Capisco. Scappa perché ha perso ed è stato scacciato”.
“Sì, per di più è ferito, quindi la squadra dovrà stare attenta”.
“Draghi?! –rifece ancora il nano- Ha detto veramente draghi?!”.
Contrariamente coi grifoni, Artemis non fu sorpreso come si sarebbe aspettato.
I draghi sono presenti in quasi tutte le culture antiche del mondo. Era ovvio che qualcosa fosse esistito veramente.
Alvin portò una mano sull’auricolare: “Buone notizie, Sindaco; la squadra è già di ritorno, stanno spingendo il grifone verso l’isola”.
“Se davvero il grifone è ferito avrà presto bisogno di un posto in cui riposare”. Intuì ad alta voce il ragazzo.
“Esattamente. Bè, Alvin, appena il grifone sarà sotto le cure dei Guardiani Veterinari avvisa il caposquadra Tappo che sto portando i nostri ospiti al palazzo reale”.
 
 
Appena furono fuori dalla Centrale…
“Ebbene, che ve ne pare?”.
“E’ un posto davvero meraviglioso”. Saltellò entusiasta N°1.
“Hai detto che c’è un palazzo reale… -si strofinò le mani Bombarda- Allora dovrà esserci anche un mucchio di roba di valore. Oro, gioielli, tesori”.
“Ah ah, non ci speri troppo, signor nano. Ci sono Guardiani anche per quelli”.
Artemis non parlò. Prese una profonda boccata d’aria e guardò verso il cielo. N°1 aveva ragione. Un’isola immersa nella natura; boschi, animali e aria pulita. Quello era veramente l’ambiente adatto per un membro del Popolo, nessuna meraviglia che Spinella avesse deciso di andarci. Per lei doveva essere un sogno stare sempre in superficie dopo un’intera vita passata nel sottosuolo.
“Noto che essere Guardiani non è molto dissimile che essere LEP. Animali invece di criminali. E’ un lavoro tranquillo”.
“Dire tranquillo è un parolone. Come in tutti i mestieri anche in questo ci sono alti e bassi. Oggi si tratta di un grifone, ma la prossima volta potrebbe essere qualcos’altro. L’anno scorso uno dei nostri agenti è morto dopo esser stato morso da un Idra. Per noi questo lavoro significa preservare gli ultimi esemplari rimasti sulla terra, col giusto rispetto. Questo è essere un Guardiano”.   
 

 
      





 

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Capitolo 13
*** La teca di cristallo ***


 



 

 

"Chi sono i regnanti di Avalon –chiese N°1 quando si avviarono verso il palazzo- Non sapevo che ci fosse un re o una regina".

"Infatti non ce ne sono. Non più almeno". Rispose pronto il Sindaco Baltus, accennando un sorriso triste.

"Allora c’è un Consiglio come nel sottosuolo?". Ribatté Bombarda Sterro.

"No, neanche. Al momento alla guida dell’isola ci sono solo io. Da quasi duemila anni, ormai".

Artemis lo fissò cercando un qualsiasi gesto nel linguaggio del corpo che gli rivelasse qualcosa in più su quello strano tipo.

Duemila anni, aveva detto. Esistevano davvero esseri così longevi? Certo… Qwan aveva oltre diecimila anni, ma solo perché era rimasto pietrificato. E poi com’era possibile…?! Quel Baltus non dimostrava per niente la sua età: duemila anni e passa e sembrava un umano di neanche quarant’anni. Perfino Julius Tubero aveva più rughe di lui.

Sì. Molto probabilmente è un Lucente.

In fondo… che altro poteva essere?.

 

I nani adoravano le cose luccicanti.

Non era uno stereotipo, ma un fatto.

Potevano rimanere incantati per ore a fissare qualcosa che brillava senza più muoversi.

E in quel momento… Bombarda Sterro stava facendo proprio questo.

Stava lì, a bocca aperta con occhi sgranati… a contemplare lo spettacolo davanti a lui.

"Signori… -presentò il Sindaco- Benvenuti al castello reale di Avalon".

Era immenso, brillante… e completamente fatto di cristallo bianco e azzurro.

Bombarda era allucinato.

Artemis, esterrefatto.

N°1, incantato.

Leale, impressionato.

Non dissero niente, ma alle loro facce Baltus non poté fare a meno di ridacchiare.

"L’interno è anche meglio".

Riprendendo contegno, tre degli ospiti tornarono a seguirlo; eccetto il quarto che rimase ancora impalato dov’era a fissare il cristallo luccicante, finché Leale non tornò a riprenderlo per la collottola.

 

"Ha detto che non ci sono regnanti –parlò Artemis per la prima volta- Quindi chi ci sta là dentro?".

"Ci vivo io da solo, ma principalmente è un museo per turisti. Il palazzo racconta la storia della nostra isola, sarò lieto di narrarvela una volta alla sala del trono".

Si bloccò di colpo. Si voltò guardando verso l’alto: "Ah, eccola che arriva".

"Che?" Borbottò il diavoletto.

La risposta non si fece attendere. Spinella Tappo e Gemma Twist atterrarono a pochi metri da loro.

"Giusto in tempo! –allargò le braccia il Sindaco- Stavamo per entrare. Immagino che il grifone sia già al suo posto".

"Lo sarà di sicuro. Appena ho saputo che venivate qui mi sono fatta raggiungere dalla squadra Due come rinforzo. Ho ritenuto fosse meglio raggiungervi subito per tener d’occhio un certo soggetto". E lanciò un’eloquente occhiata a Bombarda.

"Ehi non è giusto che mi tratti così! Che fine ha fatto la fiducia?".

"Lasciare un nano cleptomane in un luogo come questo è come sventolare una bottiglia di wisky davanti a un ubriacone: e’ sicuro che tenterà di prenderla".

"Ih ih, questa è buona". Fece Gemma.

Tuttavia, Spinella non mancò di scoccare un secondo sguardo anche ad Artemis.

"Di’ un po’ tu… -riprese il nano, parlando con la fata- perché stai costantemente addosso a Spinella? E’ vero che ci hanno detto che l’adori, ma così mi sembra esagerato".

Senza nascondere un violento rossore imbarazzato sulla pallida carnagione, Gemma strepitò: "Non sono affari tuoi?!".

"Calma voi due –alzò la mano Spinella- Gemma è un’apprendista, quindi il regolamento vuole che debba starmi vicino per addestrarla".

Baltus rise: "E’ sempre bello vedere dei buoni amici che bisticciano allegramente. Temo però di dovervi interrompere: il castello chiude al tramonto, quindi dovremo affrettarci"

 

Come promesso dal bizzarro Sindaco, gli interni erano favolosi.

Artemis aveva fatto di tutto nella sua giovane vita: aveva viaggiato per il mondo, rapito e ricattato, sventato rivolte goblin, salvato suo padre, visto il limbo di Hybras, viaggiato nel tempo e perfino tornato in vita; ma mai prima d’ora aveva visto un simile splendore.

Come di fuori il palazzo era ancora di cristallo, però stavolta i colori variavano dal blu al viola. Corridoi lunghissimi, soffitti a volta altissimi ornato da archi rampanti; a completare il tutto erano le grandi vetrate colorate di cui ognuna rappresentava un evento del passato.

Artemis si soffermò su una in particolare: una donna con grandi ali sulla schiena e i lunghi capelli decorati con fiori.

La regina Mab. Aveva già visto una sua statua nella chiesa di Cantuccio il giorno del matrimonio di Grana Algonzo.

"Noto che hai già avuto modo di ammirare la nostra regina più amata". Lo raggiunse Baltus notando il suo interesse.

"Sì, devo dire che queste sono opere d’arte di gran pregio".

"Vero. Sono fabbricate dai nostri migliori artigiani. Tutte quante raccontano una storia. Questa, per esempio è il giorno dell’incoronazione. Lady Mab salì al trono e vi rimase per mille anni –passò poi alla vetrata successiva- Questa, invece, rappresenta una scena di battaglia contro i Fangosi".

"E questa cos’è?". Volle sapere il diavoletto N°1, indicando la decima vetrata più in là.

Era magnifica. Trasudava amore a sol guardarla. Rappresentava la regina con in braccio una piccola fata neonata dalle ali bianche.

"Questo è il giorno in cui la Regina Mab presentò ai sudditi sua figlia, la principessa Titania. La loro è una storia molto più complicata… Signor Sterro… le conviene posare ciò che sta prendendo, per la sua incolumità".

Tutti si voltarono verso il nano.

"Che…?". Balbettò Gemma.

Com’era possibile? Lo aveva tenuto d’occhio tutto il tempo.

Adesso la Caposquadra Tappo penserà che sono un’incapace.

Bombarda lo guardò perplesso, cominciando poi a svuotare le tasche, riponendo tutti i preziosi soprammobili di cristallo che si stava portando appresso.

Come ha fatto a vedermi? Sono stato attento e lui era voltato di spalle.

Mostrò loro e balconi dove la regina era solita tenere i suoi discorsi; la sala da pranzo provvista di un lungo tavolo per gli ospiti più prestigiosi. Poi si fermò davanti a una grande porta chiusa.

Dall’architrave Leale fu lieto di costatare che anche il quel caso non avrebbe avuto bisogno di abbassarsi.

"Questo è il pezzo forte del castello, lo conservo sempre per ultimo ai visitatori".

Spinella sorrise: "E’ vero, l’ha fatto pure con me".

I quattro trattennero il respiro. Che altro poteva esserci di ancor più splendido lì?.

Gemma addolcì lo sguardo. Era sempre un piacere visitare il palazzo.

"Ebbene, signori… ecco a voi la Sala del Trono". E spalancò i battenti.

Completamente bianca. L’alta volta a cupola. Un lungo tappeto di velluto rosso che partiva da loro e attraversava tutta la navata fino a raggiungere un trono di cristallo bianco e azzurro, rialzato su tre gradini. Ai lati riapparivano le vetrate colorate, e stavolta non narravano un singolo evento: erano frammenti di una storia.

Bombarda si congelò nuovamente incantato, pensando a che altre rubare sperando di non essere beccato.

Leale si guardò intorno quasi a torcersi il collo.

N°1 pareva un bambino davanti all’ennesima meraviglia della vita.

Artemis aggrottò la fronte. Quel trono non sembrava affatto a misura di fata come Gemma: sembrava per qualcuno di stazza più grande.

"Tuttavia… ciò che mi premeva maggiormente a farvi vedere… sono queste". Indicò Baltus, avvicinandosi ad una teca posta a destra del trono.

Gli ospiti inarcarono le sopracciglia. Era una comunissima teca di cristallo trasparente; ciò che sorprendeva di più era quello che vi stava all’interno: un paio di grandi ali castane, ripiegate a riposo.

"Queste sono le ali della Regina Mab. Separate dal corpo il giorno della sua morte".

Seguì un attimo di silenzio. Tutto passato a fissare le ali come se avessero potuto dire qualcosa. Erano ancora in perfette condizioni.

Conservate con la magia, indubbiamente. Intuì Artemis.

Guardò Gemma… e guardò le ali. C’era qualcosa che non quadrava.

"Queste sono le ali di una fata? –chiese- Credevo che avessero ali fatte di magia come lei, e che svanissero una volta finite di usarle. Queste invece sono vere ali tangibili, fatte di pelle, ossa e piume".

Il Sindaco annuì condiscendente. Cosa che infastidì non poco il giovane Fowl: di solito era lui a usare quello sguardo.

"Il termine fata viene molto spesso usato a sproposito dai Fangosi. Per voi tutti i membri del Popolo sono fate. La nostra Gemma è una fata. Ma la Regina Mab e sua figlia Titania erano entrambe Fate Regine; che, come avrete capito, sono leggermente diverse dalle comuni fate".

"Anche il fisico doveva essere diverso. Ho notato che quelle ali sono molto grandi, quasi sproporzionate se messe su una come Gemma".

"Infatti. Le Fate Regine erano più alte. Mab misurava un metro e sessantacinque. Non era altissima secondo gli standard dei Fangosi, ma lo era per i suoi sudditi. Per di più… era bellissima. Qualcuno pensa che le Fate Regine abbiano ispirato gli angeli delle vostre religioni".

"Come i Lucenti?".

"Sì, quasi. Anche se i Lucenti sono creature mutate dalla magia. Le Fate Regine invece erano una razza a sé".

"Sì. Noi siamo stati presenti quando Spinella divenne una Lucente per breve tempo. Trasformata da Pandora, per combattere contro Scilla".

"Spinella una Lucente?! –squittì improvvisamente Gemma- Voi siete stata una Lucente, caposquadra?! Perché non ne ho mai sentito parlare? E perché non lo raccontate mai a nessuno? Io andrei in giro a vantarmene da qui all’eternità".

Spinella la guardò. Aveva molta simpatia per quella ragazza, anche se a volte avrebbe voluto tapparle la bocca.

"Non posso vantarmi di qualcosa che non ricordo. Mi sono svegliata in ospedale con un sacco di lunghi capelli in testa".

"Voi l’avete conosciuta? -chiese Leale a Baltus- Mab dico".

"L’ho servita finché non è venuta a mancare".

"Immagino che sia stato triste per un Lucente come voi essere privato di una tale compagnia"

"Artemis?!". Sbottò Spinella.

Inaspettatamente… Baltus storse gli occhi: "Lucente?".

"Sì, voi. Non siete un Lucente?".

Dietro di lui… sentì Gemma ridacchiare.

"No. Probabilmente la mia altezza ti ha tratto in inganno. La mia Famiglia del Popolo ha molti nomi: Stregoni, Immortali, Notturni. Ma voi umani ci conoscete più col nome di Vampiri.".

A quella parola… Artemis e Leale raggelarono.

A quella reazione… il Sindaco di Avalon rise di gusto; e per la prima volta… non si coprì la bocca con la mano.




 

 

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Capitolo 14
*** La storia di Avalon ***


 



 
Vampiro?!.
Baltus era veramente un Vampiro?!.
In quell’isola variopinta abitata da fate e creature fantastiche, Artemis scopriva addirittura l’esistenza dei Vampiri.
Perché non li ho mai tenuti in considerazione?.
Era ovvio che esistessero i Vampiri.
Longevità, ipnosi, allergia all’acqua benedetta, il non poter entrare in casa se non invitati: erano tutte caratteristiche tipiche del Popolo. Ed esattamente come i draghi, anche i Vampiri apparivano in moltissime leggende del mondo; forse vampiri, forse demoni, ma comunque mostri succhiasangue.
Dietro di lui… intravide Leale portare la mano verso la Sig. Sauer.
“Calmatevi, voi due –li ribeccò Spinella notando il loro turbamento- Non crederete certo a tutto quello che dicono di loro?”.
“Ero convinto che i vampiri fossero una razza del Popolo estinta da secoli”. Saltò su Bombarda Sterro.
Il Sindaco annuì tristemente: “Quasi, anche se non del tutto. Abbiamo imparato a vivere in mezzo ai Fangosi senza farci notare. Non riusciremmo mai a stare nel sottosuolo come molti altri”.
Stavolta fu Leale a sobbalzare: “Un momento, ma lei è rimasto sotto il sole per tutto il tempo? Non dovrebbe ridursi in cenere?”.
Di colpo, Spinella, Gemma e Baltus scoppiarono a ridere. La guardia del corpo non riuscì a togliere gli occhi da quei canini appuntiti.
“Quello è solo uno dei tanti stereotipi dei Fangosi –parlò la fata- Tutto perché gli occhi dei Vampiri vedono bene al buio esattamente come al giorno”.
“E se ve lo chiedete… no… Nessuno di noi succhia il sangue agli umani”. Li rassicurò Baltus.
“No?”.
“No, anche quella è una leggenda ispirata dai nostri denti così accentuati”.
Stavolta toccò ad Artemis fare le domande: “E che mi dice dell’aglio, è vera quella storia?”.
“Quella sì. Non posso mangiarlo, mi si gonfia la gola”.
“E quella del palo nel cuore?”.
“Per forza, chi non morirebbe”.
“Ci sono altri Vampiri qui ad Avalon?”. Alzò la mano N°1.
“No, sono tutti in giro per il mondo. Io devo restare qui a guardia dell’isola, come avevo promesso alla Regina Mab”.
“A guardia contro cosa? –ribatté il giovane Fowl, desideroso di assorbire altre informazioni- Mi sembra che l’isola sia al sicuro”.
Annuendo soddisfatto come se avesse aspettato quella domanda, Baltus Ferroso si mosse e si piazzò davanti alla prima vetrata.
“Questa storia risale a moltissimi anni fa. Sarò lieto di raccontarvela”.
 
 
 
Il guerriero fece irruzione nella Sala del Trono, rammaricato di essere proprio lui il latore di una brutta notizia.
“Navi di umani si avvicinano con vento favorevole, Vostra Maestà. Abbiamo tentato di farli deviare, ma stanno puntando dritto contro di noi”.
La regina Mab si alzò in piedi, lo sguardo serio e determinato di chi sapeva cosa fare: “Allora dovrò intervenire io stessa. Tu, Baltus, resterai a riva a soccorrere gli altri”.
Il Vampiro annuì. Sarebbe andato fino all’inferno per la sua isola e la sua regina. Aveva lasciato il suo comodo posto di Consigliere reale per indossare l’armatura e guidare i Guardiani di Avalon contro i Fangosi invasori, e mai avrebbe permesso loro di conquistare l’isola o far del male alla sua gente.
Guardò la Fata Regina raggiungere il balcone. Spiegò le grandi ali castani e s’innalzò in volo, sfrecciando verso la flotta nemica.
Vi arrivò in pochi secondi: le ali delle Fate Regine erano un vero portento, velocissime e resistenti. Nessun tipo d’ala artificiale come quelle degli altri Guardiani reggeva il confronto.
“Ecco di nuovo quei demoni!”. Urlarono gli uomini vichinghi, sulle loro navi dalla prua a forma di drago.
“Distruggiamoli!”.
“Cacciamoli via da quella terra!”.
Con un ultimo colpo d’ali… Mab si fermò restando sospesa a mezz’aria proprio davanti a loro.
Un capitano umano tese un arco pronto a colpirla.
Fermatevi, Fangosi –cantilenò lei con voce carico di fascino ipnotico- Non c’è bisogno che qualcun altro si faccia male, oggi. Ritiratevi. Dimenticate questa terra, non parlatene mai più con nessuno”.
 
 
Sebbene Baltus non poté sentire niente dal grande castello di cristallo, intuì perfettamente ciò che stava succedendo.
“Così la regina ha deciso di usare il fascino in massa”.
In genere il fascino era un potere che si poteva usare su una persona per volta, considerato che necessitava di contatto visivo con gli occhi; ma in quanto Fata Regina, Mab era in grado di usarlo su larga scala, ipnotizzando dozzine di persone contemporaneamente.
Un ottimo espediente per piegare il nemico e costringerlo alla resa senza neppure combattere; peccato non potesse essere utilizzato più di una volta a occasione: il dispendio di energia era troppo caro.
 
 
“Sapete una cosa, amici? –abbassò immediatamente l’arco, il vichingo capitano- Non c’è bisogno che qualcun altro si faccia male. Andiamocene via”.
“Andare dove? Non c’è terra per miglia e miglia”. Disse un altro.
“Ma questa mappa dice che c’è un isola proprio davanti a noi”.
“Sciocchezze. Non vedi? Non c’è terra qui. Non parliamone mai più”.
Ansimando preda di un improvviso affanno, Mab sorrise lieta della riuscita del suo piano. Non si scherzava col fascino di massa. Non andava usato se non in caso d’emergenza.
Fu proprio mentre le navi nemiche si apprestavano a fare dietro-front che…
Boam… Boom. Spaccò i timpani il boato di un’esplosione, accompagnato da un lampo incandescente.
Allibita, Mab si riparò il volto con le braccia. Dovette faticare per non essere sbalzata via dallo spostamento d’aria.
Che stava succedendo?!.
Una delle navi era esplosa. Ma come?.
Forse qualche Fangoso affascinato aveva fatto qualcosa che non doveva?.
Una seconda esplosione la fece trasalire. Un’altra nave era sparita in una nube di fuoco e fumo.
Gli umani sulle altre navi non fecero una piega. Erano talmente affascinati da non rendersi neppure conto di quanto stava accadendo.
“Ehi, che succede!?”. Si lasciò sfuggire la regina.
Una sagoma sfrecciò fuori dal fumo, innalzandosi sopra la flotta. Spiegò le grandi ali bianche e lanciò un incantesimo che fece saltare anche la terza nave.
Mab sgranò gli occhi.
“Titania!!”. Urlò.
Quell’ultima non la udì. Riprese il suo massacro ridendo sguaiatamente: “Morite, Fangosi! Morite!”.
Stava già per avventarsi sulla quarta imbarcazione, quando la regina le afferrò un braccio, torcendoglielo.
L’altra si divincolò liberandosi: “Madre, perché mi fermi?!”.
“C’è da chiederlo?! Guarda cos’hai combinato. Quanta sofferenza provochi”.
La figlia accennò una smorfia disgustata: “La sofferenza l’hanno provocata prima loro a noi. Hanno ciò che si meritano! Tu sei la regina di Avalon, non hai forse intenzione di proteggere il tuo popolo?!”.
Mab la guardò intensamente. Negli occhi della principessa non c’era né pietà né amore. Non era lo sguardo di chi combatteva per qualcosa: era solo smania personale.
Scosse la testa: “Non così. Torna a palazzo. Poi faremo i conti”.
Rimasta sola a guardare la madre che ripercorreva la via verso l’isola, Titania non poté far altro che pensare…
Appena sarò regina spazzerò via i Fangosi dalla faccia della terra. La tua opinione non conterà più niente.
Perché era certo che sarebbe successo. Lei era l’unica figlia di Mab. E soprattutto era una delle pochissime Fate Regine rimaste in circolazione. Tutte le altre erano state sterminate dagli umani, insieme a molti simili di Baltus. Era ovvio che sarebbe diventata lei la regina.
 
 
“Baltus, vorrei parlarti in privato”.
“Certamente, Maestà”.
“Per prima cosa vorrei che mandassi un messaggio nel sottosuolo. Ho deciso di acquistare gli ultimi ritrovati tecnologici che ci permetteranno di nascondere l’isola ai Fangosi”.
“Gli ologrammi? Sì, ha preso la decisione giusta”.
Baltus guardò fuori dalla finestra. Ormai nessun posto sulla terra poteva dirsi sicuro per il Popolo. Avalon tanto meno. Molti avevano deciso di ritirarsi sottoterra e fondare città come Cantuccio o Atlantide; ma quanto tempo avrebbero impiegato i Fangosi ad arrivare anche là?. L’unica cosa che potevano fare era mettere l’isola in sicurezza e cancellarla dalle mappe degli umani. Non sarebbe stato facile, ma col tempo…
“E c’è un’altra cosa di cui vorrei parlarti” Riprese la regina con una strana espressione in volto.
“Mia Signora?”.
“Tu sei il mio Consigliere più fidato. Di te non ho mai dubitato, perciò vorrei una risposta sincera”.
Il Vampiro annuì esitante.
“Cosa pensi di mia figlia?”.
“La Principessa Titania?”.
“Chi altre. Ho bisogno di un tuo parere, temo che il mio amore materno possa offuscare la mia capacità di giudizio”.
Baltus attese qualche minuto prima di rispondere. Chiuse gli occhi soppesando attentamente quanto doveva dire.
Inutile. Non poteva negarlo. Quando l’altro giorno Titania aveva fatto strage di umani sulle loro navi… una parte di lui non aveva potuto impedirsi di gioire.
Degli umani… gli esseri che stavano sterminando la sua razza di Stregoni Immortali… erano morti. Dei Fangosi in meno.
Con dolore rievocò l’immagine di sua moglie e dei suoi fratelli che venivano massacrati da una folla urlante.
Vampiri, avevano preso a chiamarli. Esseri diabolici che succiavano il sangue altrui. Una sciocca favola nata da un banale equivoco: durante lo scontro tra un Fangoso e una Strega Immortale, quell’ultima si era ritrovata a pochi centimetri dal collo dell’uomo, e non avendo altre armi a disposizione usò direttamente le lunghe zanne per ferirlo.
Da allora tra gli umani si era scatenata una caccia spietata che aveva decimato gran parte dei suddetti Vampiri.
Per gli altri membri del Popolo non andava certo meglio. Non era forse giusto volere la morte di quegli esseri inferiori?.
Baltus sospirò. No. Non era quello il modo in cui si conquistava la pace.
“La principessa è ancora molto giovane, mia Signora…”.
“Ti ho chiesto una risposta sincera. Risparmia i convenevoli”.
E l’altro gliela diede: “E’ malvagia e crudele. Ogni sua mossa è ordita per far del male. Quando da ragazza scoprì di avere un potere maggiore rispetto a quello di tutte le altre Fate Regine iniziò subito a impiegarlo per schiacciare il prossimo e ottenere ciò vuole. L’altra volta se l’è presa coi Fangosi, ma non esiterebbe a fare la stessa cosa ad altri del Popolo”.
Si fermò, temendo di aver osato troppo. Stava pur sempre parlando della principessa, in fondo.
Dopo un attimo di silenzio assordante… Mab aprì gli occhi. Erano tristi e addolorati.
“Sì. Ne ero sicura”.
Baltus non disse niente.
“Mia figlia… ciò che amo di più. Speravo che col tempo maturasse e mettesse su giudizio ma…”.
“Voi avere fatto del vostro meglio, Maestà. Siete un’ottima madre”.
Con un secondo sospiro la regina si alzò dal trono ponendosi davanti a una finestra aperta: “Può darsi di sì… e può darsi di no. Avevo preso questa decisione da tempo; ora so che è la cosa giusta da fare”.
“Quale decisione?”.
“Mia figlia non diventerà mai regina. Non sarà lei a succedermi sul trono. Troverò qualcun altro”.
Al di fuori della finestra… qualcuno li ascoltava furioso. I denti digrignati e un paio d’ali bianche.
 
 
 
“E finisce così?”. Chiese N°1 quando il Sindaco s’interruppe.
“Certo che no. Sto solo riprendendo fiato”.
“Il Consigliere Baltus siete proprio voi? O è un vostro omonimo?”. Chiese Bombarda Sterro.
Il Vampiro ridacchiò: “No. Sono proprio io. Ho vissuto questa vicenda in prima persona e la racconto agli altri per tenerla sempre viva”.
“Continui la storia, Sindaco”. Lo pregò Gemma.
“Ma Gemma tu la conosci già”. La guardò di sbieco Spinella Tappo.
“Sì, ma è sempre bella”.
“Come va a finire poi?”. Insistette il diavoletto.
Leale a Artemis Fowl, ascoltarono senza dire una parola.
 
 
 
“Non fare neanche un passo!”. Si sentì dire Mab appena rientrata da un viaggio sul continente.
Guardò in fondo alla sala. Titania sedeva sul suo trono. Lo sguardo di sfida di chi è pronto a combattere.
“Che stai facendo?”.
“Credevi davvero che me ne sarei rimasta lì buona buona mentre tu mi porti via ciò che mi spetta?!”.
La Fata Regina impallidì.  Lo sa!.
“Titania…”
Ormai era giunta l’ora dei conti. Nulla avrebbe potuto fermarle.
“Può esserci sono una regina ad Avalon –continuò la figlia, alzandosi dallo scranno- E quella regina ovviamente sarò io!”.
E con un singolo colpo d’ali distrusse una delle statue di sua madre.
 
 
“Seguì un violento scontro –proseguì il Sindaco, continuando a spiegare gli eventi illustrati sulle vetrate- Raramente due Fate Regine hanno combattuto l’un l’altra. E sfortunatamente…”.
“La regina Mab ebbe la peggio”. Completò la frase Artemis.
“Sì, ma anche no”.
“Che significa?”. Fece Leale.
“Si sono uccise a vicenda. Mab era certamente più potente di Titania, ma potete ben capire: non si può chiedere a una madre di uccidere la propria figlia. Titania spirò per prima, e quando io soccorsi la mia regina agonizzante…”.
 
 
 
“Baltus, ho un favore da chiederti”. Ansimò la Fata Regina stesa sulla battigia, un occhio perso e un rivolo di sangue che le colava dalla bocca.
Poco più in là… il corpo di Titania galleggiava nell’acqua di mare a pancia in già.
“Sì, mia signora. Qualunque cosa”.
“Puoi tagliarmi le ali?”.
“Che dice?!”.
Con respiro spezzato Mab trovò la forza di richiamare a sé una larga serie di scintille magiche che le ballarono intorno. Non le usò per curarsi. No. Ormai era troppo tardi. Le concentrò tutte nelle sue ali.
“Ho racchiuso quel poco di potere che mi è rimasto in esse. Avevo promesso al Popolo che avrei trovato una nuova regina per Avalon. Bene… saranno le mie ali a farlo per me”.
“Ma, Altezza Reale, neanche in diecimila anni potremmo mai trovare una nuova regina degna di voi”.
La Fata Regina piegò le labbra in un sorriso sereno: “Quando arriverà il momento…”.
 
 
 
“Fu così che con la morte nel cuore amputai le ali alla mia regina per metterle in quella teca –concluse Baltus Ferroso- A detta di Mab sarebbero state le ali stesse a rivelare la nuova regina per Avalon. Alcuni la stanno ancora aspettando, ma se non si è ancora trovata dopo mille anni è probabile che non accadrà mai più”.
“Che storia triste”. Cantilenò N°1, ammirando le ali castane.
“A puro titolo informativo… esistono qui dei gioielli della corona?”. Strinse gli occhi da furbetto Bombarda.
“Sei il solito ingordo insensibile!”. Sbottò Spinella.
“E questa vetrata cosa rappresenta?”. Indicò Artemis, una vetrata che avevano saltato.
Raffigurava la crudele Titania in una versione gigante, che teneva l’isola tra le mani. Da esse sembravano uscire delle scintille magiche.
Baltus esitò un attimo prima di rispondere: “Quella? Oh, niente di particolare. E’ solo una rappresentazione della principessa se fosse diventata regina”.
Artemis non disse nulla, ma capì immediatamente che c’era qualcosa che non andava. Di sicuro era una faccenda d’approfondire.
Din… Din… Din… risuonò il tintinnio di una campanella.
“Già così tardi? –guardò l’orologio il Vampiro- Siamo qui da parecchio. Bene signori, il castello sta per chiudere, è meglio affrettarci. Se non avete un posto per dormire sarò ben lieto di accordarvi delle stanze”.
Bombarda si strofinò le mani. Una notte al castello di cristallo? Non poteva desiderare di meglio.
“Cielo no! –sbottò immediatamente Spinella- Non deve disturbarsi. I miei amici sono venuti a trovare me, perciò li ospiterò io a casa mia. Ho posto per tutti”. E scoccò un’occhiataccia al nano.
Quell’ultimo si smorzò subito.
 
 
“E’ stata proprio una bella storia, quella di poco fa”. Affiancò Artemis il Sindaco, quando uscirono dal palazzo.
Spinella, Gemma, Bombarda e N°1 erano più in là a parlare e bisticciare.
“Sì, a molti piace. Io invece la trovo una storia terribile”.
“Lo immagino. Peccato che sia incompleta”.
Baltus scattò a guardarlo. Leale inarcò un sopracciglio. Che stava dicendo il suo giovane protetto?.
“Come fai a dirlo?”.
“La vetrata di cui ho chiesto. Non sembrava per niente una rappresentazione ipotetica. Sembrava proprio la Principessa Titania che lanciava un incantesimo contro l’isola prima che venisse uccisa. E a pensarci bene non ha senso che siano delle ali a scegliere una nuova regina. Almeno… per quello che ci ha raccontato”.
Dopo dieci secondi precisi di silenzio… Baltus sospirò: “Il giovane Fowl è veramente in gamba come si dice –altri dieci secondi di silenzio- Sì, è vero. C’è una parte della storia che tengo nascosta, e vorrei che rimanesse tale”.
“Certo, per non scatenare il panico. Ha la mia parola”.
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 15
*** La vera storia ***


 
 
 

“Non fare neanche un passo!”. Si sentì dire Mab appena rientrata da un viaggio sul continente.
Guardò in fondo alla sala. Titania sedeva sul suo trono. Lo sguardo di sfida di chi è pronto a combattere.
“Che stai facendo?”.
“Credevi davvero che me ne sarei rimasta lì buona buona mentre tu mi porti via ciò che mi spetta?!”.
La Fata Regina impallidì.  Lo sa!.
“Titania…”
Ormai era giunta l’ora dei conti. Nulla avrebbe potuto fermarle.
“Può esserci sono una regina ad Avalon –continuò la figlia, alzandosi dallo scranno- E quella regina ovviamente sarò io!”.
E con un singolo colpo d’ali distrusse una delle statue di sua madre.
Quell’ultima la guardò seria, tuttavia…
“Davvero è a questo punto che siamo arrivate, Titania? I tuoi pruriti ti hanno spinta a tanto?”.
“Titania? –sorrise feroce l’altra- Puoi chiamarmi regina Titania. E ho un solo prurito al momento… cioè quello di distruggerti!”.
Sfondarono la grande cupola della Sala del Trono e si trovarono a volare all’aperto, scambiandosi violente sfere di energia magica nel tentativo di soppiantarsi a vicenda. O almeno… così faceva Titania. Era risaputo da tutti che Mab fosse la più forte delle Fate Regine, perciò si limitava a schivare e lanciare bolle di egual potenza per dissolvere quelle della figlia. Finché quella non si mise a scagliare fulmini; allora la storia diventò molto più complicata.
“Che sta succedendo?!”. Uscirono dalle loro case gli abitanti di Avalon nel sentire il trambusto.
Baltus Ferroso alzò lo sguardo al cielo, improvvisamente rischiarato da lampi blu intermittenti, seguiti da due figure alate che sfrecciavano in cielo.
Trasalì.
“La regina e la principessa si stanno battendo!”. Esclamò qualcuno.
 
 
Si fermarono a mezz’aria, squadrandosi l’un l’altra. Erano andate avanti per quasi tre ore filate, mai una volta erano scese a terra per far riposare le loro instancabili ali. Tuttavia nessuna delle due era uscita incolume: c’era una ragione se due Fate Regine evitavano di scontrarsi.
Mab… la fronte aggrottata, il respiro pesante, un occhio accecato e svariati tagli su tutto il corpo.
Titania… un rivolo di sangue dal naso, la punta di un orecchio mozzato e la spalla sinistra ustionata.
“Nessuna delle due ha più completato il Rituale –parlò la regina- Non abbiamo più magia per continuare. O comunque troppo poca per guarire. Smettila, Titania, non sei alla mia altezza, e Avalon non sarà mai tua”.
Quell’ultima digrignò i denti.
No. Non poteva finire così. Non poteva farsi battere da sua madre. Che sarebbe successo poi? Sarebbe stata messa in prigione, o esiliata come un comune criminale?!.
No. Non posso permetterlo.
Guardò in basso, verso l’isola. Il Popolo di Avalon le fissava ansioso.
Fu in quel momento che venne l’idea.
Puntò sulla madre due occhi folli e un sorriso trionfante.
“Se non posso avere io Avalon… -strillò- allora non l’avrà nessuno!!”.   
Giunse le mani richiamando a sé una miriade di scintille azzurre.
Mab la guardò preoccupata. Che intenzioni aveva?!.
La principessa compattò la magia andando a formare un pentacolo sempre più grande.
“No, ferma!!”.
Titania ghignò. Troppo tardi. Scagliò il pentacolo contro l’isola: “Muori, Avalon! Muori!”.
Con uno sfrenato sbatter d’ali Mab si scagliò contro il simbolo magico. Tese una mano quasi a volerlo afferrare: non poteva permettere che toccasse terra, o quella sarebbe sprofondata negli abissi del freddo oceano.
Sotto di loro… gli abitanti di Avalon correvano e gridavano impazziti. Baltus rimase al suo posto, fermo e risoluto: inutile scappare, un incantesimo come quello non lasciava scampo. Chiuse gli occhi. Stava per morire. Si sorprese nello scoprirsi perfettamente calmo. Sorrise.
Moglie mia, fratelli miei… sto per raggiungervi.
Il pentacolo era arrivato a un centinaio di metri dal suolo, quando esplose di colpo.
Il Vampiro fu sbalzato via da un brusco spostamento d’aria; tuttavia, quando tornò a guardare… né l’isola, né gli abitanti avevano subito danni.
Una piccola figura distante attirò la sua attenzione. Una figura che cadeva a peso morto.
“Regina Mab!
Si precipitò verso la spiaggia. Si tuffò in mare e soccorse la Fata.
“Mia Signora! Mi sente?! –la scosse per le spalle, disperato- La prego, Mia Signora!”.
Quella schiuse lentamente gli occhi: “Baltus…”.
 
 
Dall’alto del cielo… Titania ansimava con difficoltà, il movimento ritmico delle ali sempre più debole. L’incantesimo che l’aveva prosciugata di ogni energia.
“Maledizione”.
Smise di opporre resistenza. Si lasciò andare. Si lasciò cadere senza più la forza di reagire.
Maledetta Mab. Anche questa volta l’aveva vinta: aveva bloccato il suo incantesimo, le ultime scintille magiche che le restavano. Ora era veramente a secco, non sarebbe riuscita a guarire neanche volendo.
Splash… risuonò l’acqua del mare. Titania affondò per parecchi metri prima che il mondo intorno a lei si oscurasse.
 
 
“Io non posso guarirvi, mia signora, non ho quel genere di magia. La supplico, non muoia”. Pianse Baltus, continuando a sorreggere la testa della sua regina.
Gli Stregoni Immortali, o Vampiri come venivano chiamati dai Fangosi, potevano vantare numerosi poteri, tra cui una rapida guarigione di se stessi. Tuttavia, contrariamente agli altri membri del Popolo, non erano in grado di guarire gli altri.
Mab non rispose, voltò a fatica la testa verso il mare. Il corpo di Titania galleggiava nell’acqua senza vita.
“Figlia mia…”. Le lacrime si mescolarono al sangue.
“Stia tranquilla, regina Mab, la porto subito via di qui”.
“No, fermo”.
“Ma che sta dicendo? E’ ferita gravemente, dobbiamo farla curare”.
Senza ascoltarlo, la Fata Regina lo costrinse a riadagiarla a terra.
“Baltus, ho un favore da chiederti”.
“Sì, mia signora. Qualunque cosa”.
“Puoi tagliarmi le ali?”.
“Che dice?!”.
Con respiro spezzato Mab trovò la forza di richiamare a sé una larga serie di scintille magiche che le ballarono intorno. Non le usò per curarsi. No. Ormai era troppo tardi. Le concentrò tutte nelle sue ali.
Baltus la guardò perplesso: “Che cosa avete fatto?”.
“L’incantesimo di Titania non è stato senza conseguenze, sono riuscita a fermarlo solo in parte”.
“Regina Mab state dicendo che…”.
“Avalon rimarrà intatta fino a quando la magia nelle mie ali non si dissolverà –tossì sputando sangue- Devi tenerle al sicuro fino al giorno in cui non arriverà qualcuno al mio posto”.
Baltus scosse la testa, sempre più confuso.
“Avevo promesso al Popolo che avrei trovato una nuova regina per Avalon. Bene… saranno le mie ali a farlo per me”.
 
 
Artemis e Leale ascoltavano con attenzione. Spinella, Bombarda e N°1 che visitavano i giardini reali senza sentirli.
“Quindi sta dicendo che…”.
“Sì –lo guardò serio Baltus- la regina Mab s’immolò per salvare quest’isola. Se avesse usato le ultime scintille di magia per curarsi, tutto sarebbe stato vano. Ha preferito racchiudere l’incantesimo di conservazione nelle sue stesse ali”.
“Quanto tempo manca prima che quelle perdano la loro efficacia?”. Chiese la guardia del corpo.
Il Vampiro trasse un bel respiro; non aveva dubbi sulla risposta: “Cento anni”.
“Soltanto?”.
“Sono andate avanti senza decomporsi per oltre mille anni. Doveva capitare prima o poi”.
“Gli abitanti di Avalon lo sanno?”. Parlò ancora Artemis.
“No. In quel momento c’eravamo solo io e Mab. Per tutto questo tempo ho mandato avanti l’isola senza più muovermi da qui. Dovevo tenere le ali al sicuro. Anche qui abbiamo avuto tentativi di furto, e se ali venissero distrutte o danneggiate…”. Non completò la frase, avevano capito benissimo.
“E cosa hai intenzione di fare?”.
“Non c’è niente da fare. Quando il momento si avvicinerà… dirò la verità e farò evacuare l’isola”.
“A meno che non si trovi una nuova regina”.
“Esatto. Se non riuscirò a trovare qualcuno entro un secolo… tutto questo sprofonderà nel nord-atlantico”.
Il ragazzo annuì debolmente. Non dubitò per un attimo che fosse la verità. Finalmente tutti i punti coincidevano perfettamente. A tal riguardo non poté astenersi dal chiedere…
“E’ per questo che ha proposto a Spinella di trasferirsi qui? Perché sperava che fosse lei la nuova regina?”.
Di nuovo Baltus ridacchiò: “Non ti si può nascondere nulla, eh?. Sì, anche questo è vero. Avevo molte speranze su Spinella. Quell’elfa è forte, coraggiosa, fa di tutto per la sua gente ed ha un gran cuore: tutte caratteristiche fondamentali per una grande regina”.
I due umani annuirono all’unisono. Soprattutto Leale: non avrebbe mai dimenticato quando Spinella salvò la vita sua e di Juliet da un troll, nonostante il rapimento.
O dopo la sparatoria di Londra.
E Artemis… bè… non sarebbe bastata tutta la giornata per raccontare le migliaia di volte in cui Spinella aveva fatto qualcosa per lui.
“Ma non è successo niente, vero?”.
“Già. Oh, non fraintendere, giovane Fowl; Spinella è una grande risorsa per Avalon, non ho intenzione di rimangiarmi la parola con lei. Adesso fa parte della nostra comunità e ci resterà per tutto il tempo che vorrà”.
“O almeno per tutto il tempo che Avalon resterà in piedi”.
“Vero. Mab disse che sarebbero state le ali a riconoscere la vera regina. Io non posso impormi o forzare le cose. Ogni anno porto centinaia di visitatori ad ammirare il castello, aspettandomi una qualche reazione delle ali. Ma niente. Forse dovrei rassegnarmi e basta”.
“Ora capisco perché era così riluttante a raccontare tutta la storia –parlò Leale- Non si preoccupi, manterremo il segreto”
“Sindaco Ferroso… -si avvicinarono Spinella e Gemma- Abbiamo finito il turno. Possiamo andare o avete ancora bisogno di noi?”.
Quello sollevò le mani: “Mie care fanciulle, non dovete render conto a me. Dovete avvisare la Centrale”.
“Allora ci vediamo tra due giorni, Caposquadra –salutò la fata- Ospiterà i suoi amici a casa?”.
“Sì. Primo, li terrò d’occhio. Secondo, dubito che qualcun altro sia disposto a ospitare dei Fangosi”.
“Soprattutto l’uomo-orco”. Accennò a Leale.
“Vuoi smetterla con questa storia dell’orco!”. Sbottò quell’ultimo, facendo sobbalzare tutti, Baltus compreso.
Stranamente Gemma non fece una piega: “E perché? Non è mica un’offesa. Il mio fidanzato, Edward, è un orco”.
 
 
“Che bella! Questa è la tua casa?!”. Si entusiasmò N°1 appena entrarono.
“E’ molto più grande di quella di Cantuccio”. Annuì ammirato Bombarda.
Artemis e Leale si guardarono intorno. Era ampio, spazioso e molto moderno; ma soprattutto aveva un alto soffitto. Per una volta Leale poté stare in una stanza del Popolo in tutta la sua altezza, la cosa lo mise subito a suo agio.
A misura di Vampiro… e di orco.
“Ti sei portata dietro tutti i tuoi vecchi mobili, eh?”. Continuò il nano, battendo la mano su una scaffalatura di nero ebano.
“Ne dubitavi? Sono i mobili della mia famiglia dai tempi del bisnonno Cupido”. Sorrise l’elfa, togliendosi l’uniforme da Guardiano, restando in pantaloncini e canottiera.
Il giovane Fowl la guardò provando una strana sensazione. Conosceva Spinella da tanti anni, e mai era stato a casa sua a Cantuccio nonostante fosse sceso nel sottosuolo molte volte. Neanche sapeva com’era fatta, al contrario di Bombarda e del diavoletto.
E mai una volta che gliel’abbia chiesto io.
“Uno Spyral a cristalli gassosi di ultimissimo modello!”. Si precipitò N°1 di fronte a uno schermo appeso alla parete.
“L’ho comprato col mio primo stipendio, ormai l’altro televisore era antiquato”.
“Il lavoro da Guardiano ti permette di comprarti uno Spyral così grande?!.”. Storse gli occhi Bombarda.
“Sì, non mi posso lamentare”.
“Dov’è il telecomando!?, Ah, eccolo!”. Lo accese immediatamente il giovane demone stregone.
La qualità dell’immagine era perfetta e l’audio sembrava proprio dal vivo. Sullo schermo spiccava una stravagante folletta con un sorriso a trentadue denti.
“Oh, no. Il programma gossip di Brigida Perl”. Si lasciò sfuggire Artemis.
Tutti i presenti si voltarono a guardarlo. Come faceva a conoscerlo?.
“Il dottor Argon lo guarda sempre –si affretto a spiegarsi- Durante la mia riabilitazione non parlava d’altro”.
“Ecco a voi una delle ultime news più piccanti della settimana –parlava la conduttrice- Il mese scorso tutta Cantuccio era in fermento per il matrimonio più atteso di sempre: quello tra il Comandante Grana Algonzo della LEP, e il caporale Lili Foglietta. Ebbene miei cari telespettatori oggi siamo venuti a sapere che una settimana dopo la cerimonia hanno divorziato”.
“Bha! –imprecò Spinella- Il mio matrimonio sarebbe durato almeno il doppio”.
“Cioè due settimane”. Non si trattenne il nano.   
 
 
Cenarono nella grande serra. Non avendo una tavola così larga, Spinella aveva improvvisato un pic-nic al chiuso: stese un telo a quadri bianchi e rossi sull’erba e lasciò che gli ospiti vi si sedessero intorno. Non c’era pavimentazione a piastrelle, solo erba.
Servì del simil-pollo, e naturalmente dovette sopportare Bombarda che si lamentava per la mancanza di pollo vero.
Quando portò in cucina i piatti vuoti, fu raggiunta da Artemis. L’unica occasione che aveva per parlarle a quattr’occhi.
“Posso aiutarti?”.
“Artemis Fowl che lava i piatti? Questa la vorrei proprio vedere. Comunque no, non ce n’è bisogno: ho la lavastoviglie”.
Il ragazzo si avvicinò di altri due passi. Stava per dire qualcosa quando l’elfa lo anticipò.
“Parla schiettamente, Fangosetto. Sei venuto a supplicarli di tornare a Cantuccio”. Quella non era per niente una domanda.
“Inizialmente sì”.
“Bè, almeno lo ammetti senza giri di parole –mise l’ultimo piatto nell’acquaio, poi tornò a parlare più dolcemente- Artemis… apprezzo il tuo interessamento, ma le mie scelte di vita non sono affar tuo”.
“Questo so lo. Infatti ho detto inizialmente. Poi ho visto questo posto e il lavoro che fai. Non posso negarlo: stai molto meglio qui che a Cantuccio. No, tutto ciò che volevo sapere era cosa ti ha spinto a prendere una decisione così drastica”.
La Guardiana Caposquadra attese un paio di minuti prima di rispondere: voleva essere sicura di scegliere bene le parole.
“Mi hanno spinta tante cose. E credimi… il matrimonio di Grana non c’entra niente; lo so che tutti vanno a dire che sono scappata per quello”.
Artemis accennò un sorriso: “Questo non l’ho pensate neanche per un momento”.
“Semplicemente mi sono resa conto che non era rimasto più niente per me a Cantuccio, sia sul piano professionale che sentimentale –fece un risolino- Ormai non faccio più colpo laggiù: sono la testa calda della LEP. Ti rendi conto che l’ultimo ad avermi corteggiata è Orion?”.
“E Polledro?”
“Lui ha moglie e figli, io non sono una priorità”
“E il tuo lavoro alla Ricog?”.
“Per amor del cielo, Artemis. Mi hanno dato più problemi che altro. Non sarei mai salita di grado. Guardami adesso: neanche un mese e sono già diventata una Caposquadra, tra non molto sarò anche in lizza per diventare la Comandante della Centrale dei Guardiani. Pensi davvero che a Cantuccio me l’avrebbero permesso?”.
“Certo che no, non c’è dubbio”. Dovette ammettere il ragazzo.
Seguì qualche minuto di silenzio, rotto solo dal chiacchiericcio dei loro amici nella serra. Bombarda si stava mangiando tutte le porzioni di simil-pollo, mentre Leale e N°1 protestavano animatamente.
“Ehi! E noi!?”.
“Senti un po’, diavoletto, sono uscito da quel castello di cristallo senza niente in tasca, almeno fatemi mangiare a volontà. Ma ci credete?! Un castello di cristallo!”.
“Io e Leale partiremo domani mattina -parlò infine Artemis Fowl- Il visto di N°1 è valido per una settimana. Conoscendolo vorrà restare con te ancora un po’, spero che voi o il sottosuolo non abbiate problemi a riportarlo indietro. Sai, era triste all’idea di non poterti vedere tanto come prima”.
L’elfa annuì. Non le dispiaceva che i suoi amici fossero venuti a cercarla, l’ultima cosa che voleva era ferirli.
“Tre sei mesi prenderò le ferie –sospirò poi- potrei passarle a Cantuccio, in modo da vederci. Tanto ho conservato il vecchio appartamento”.
Il quindicenne le sorrise di rimando: “Sono sicuro che ne sarebbe felicissimo”.
E anche io. Pensò, guardandosi bene dal dirlo ad alta voce.
Una musichetta interruppe la loro conversazione. Il cellulare di Spinella.
Quell’ultima andò a rispondere.
“Pronto… Comandante? Che succede?”.
L’espressione dell’elfa cambiò all’istante. Senza staccare il telefono dall’orecchio appuntito… si voltò a guardare Artemis, allucinata.
“La Fowl Star Seconda è esplosa”.
 
 
 








 

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Capitolo 16
*** I rancori che affiorano ***


 
 


  
BOOAMM!!!.
Fece la Fowl Star Seconda sotto gli occhi allibiti di chi aveva assistito alla scena, in una nube di fumo e fiamme.
“Attenti! Mettetevi al riparo!”. Urlò qualcuno mentre i rottami accartocciati della nave precipitavano a terra, rischiando di colpire qualcuno.
“Che diavolo è successo?!”.
“Perché è esplosa?”.
La prima cosa che fece il Comandante della Centrale fu avvisare il Sindaco Baltus; lui per primo doveva essere messo al corrente di tutto ciò che accadeva ad Avalon. La seconda cosa, invece, fu chiamare Spinella. In fondo erano i suoi amici a essere nei guai.
 
 
Dall’alto della sua postazione, Argh Sgrut si godette lo spettacolo ridendo e applaudendo come un bambino di fronte a un clown. Era stato proprio un bel botto.
Non si preoccupò se qualcuno fosse rimasto coinvolto nell’esplosione, non gli interessava.
“Ottimo lavoro –disse all’individuo alla sua destra, che stringeva in mano un detonatore a distanza- Questo manderà loro un bel messaggio”.
“Sì, le bombe sono la mia passione”.
“Non potevano farla esplodere alla fine, con loro sopra?”. Chiese invece l’uomo alla sua sinistra.
“Con Leale e tutti i suoi controlli antibomba? Se ne sarebbe accorto subito”.
L’altro annuì controvoglia. Leale. Gli bastava sentir pronunciare il nome per fremere di rabbia. Non vedeva l’ora di trovarselo davanti per pareggiare i conti.
 
 
Artemis Fowl, Leale e Spinella Tappo avevano vissuto molte avventure nella loro vita. Avevano affrontato molteplici avversari. Certo… la più famosa e pericolosa di tutte era sempre stata Opal Koboi; e quando era morta non erano stati pochi a tirare un sospiro di sollievo, pensando che ormai il peggio era passato.
Ma non bisognava neanche dimenticarsi dei goblin, di Jon Spiro, di Leon Abbot, di Damon Kronsky, di Raponzo Tubero o di qualche altro giovane genio criminale che sperava di metter le grinfie sul Popolo.
Sfortunatamente… in moltissime storie si tende a sottovalutare le potenziali vendette di figure più secondarie. Ed era quello che stava accadendo in quel momento.
Argh Sgrunt sogghignò, soddisfatto di se stesso. A Cantuccio nessuno lo stava cercando, perfino quell’infame equino di Polledro aveva smesso di tenerlo d’occhio: era ovvio che nessuno l’aveva mai visto come una minaccia.
Ma si sbagliano di grosso. E lo dimostrerò.
E non sarebbe stato da solo. Guardò i suoi alleati.
Quello a sinistra era stato il più facile da reclutare. Stava in una prigione americana dopo esser stato coinvolto in alcuni strani avvenimenti a Chicago; per non parlare di una sparatoria a Londra, dove aveva ucciso un uomo. O almeno… così pensava.
Era stato uno scherzo per Sgrunt farlo uscire di galera con qualche trucco informatico.
Alto due metri e passa, sembrava un armadio a due ante che camminava; capelli decolorati, due pirateschi cerchi d’argento su entrambe le orecchie. Aveva una dentiera personalizzata coi denti appuntiti che lo faceva assomigliare a uno squalo umano.
Arno Tozz, ex guardia del corpo di Jon Spiro.
 
 
Sgrunt guardò poi l’individuo alla sua destra, quello con il detonatore in mano. Lo aveva rintracciato in una prigione taiwanese, e ci sarebbe rimasto a vita se non fosse stato per lui.
Era stato il più difficile da scarcerare, in quell’occasione lo gnomo si era dovuto recare personalmente a Taiwan ad affascinare dozzine di dirigenti e secondini pur di farlo uscire.
Era stato uno degli ultimi avversari di Artemis Fowl prima della sua generosa dipartita temporanea; molto esperto in armi, esplosivi e arti marziali. Esattamente l’opposto di Arno: magro e smilzo e parecchio giovane per la sua sfilza di crimini.
Afflitto da un odio morboso nei confronti di Spinella Tappo e quell’intrigante di N°1… Billy Kong era un elemento perfetto per quella missione.
Lo gnomo sorrise. Un po’ difficile da tenere a bada, ma non è a questo che serve il fascino?.
Vero. Billy Kong doveva essere tenuto sotto controllo quasi costantemente, era l’unica grana, ma la considerò come un piccolo prezzo da pagare per la riuscita della vendetta. Sgrunt conosceva bene l’astio che quell’uomo provava per il Popolo, o meglio… per i demoni che –secondo lui- avevano ucciso suo fratello Erik; ma quando si era presentato a Taiwan per una proposta di lavoro… gli era subito saltato al collo, gridando… : “Demone!!”.
Era dovuto ricorrere al fascino per calmarlo.
 
 
“Calmati, Jonah –iniziò, chiamandolo col suo vero nome- Io sono tuo amico. Mi manda tuo fratello”.
Le mani di Kong allentarono immediatamente la presa: “Mio fratello?”.
“Oh sì. Lavoravamo insieme nella società segreta che dava la caccia ai demoni”.
Il giovane ergastolano taiwanese cadde in ginocchio piangendo con le mani tra i capelli: “Noo! I demoni! Non sono riuscito ad annientarli! Erik, fratello mio!! Volevo vendicarti e ho fallito!!”.
Argh Sgrunt esitò un paio di secondi prima di riprende: quel Fangoso era decisamente squilibrato, e il fascino non lo migliorava granché.
“Sì, lui sa cos’hai cercato di fare, è per questo che ha mandato me. Voleva che ti dicessi che non è stata colpa tua. E’ tutta colpa di quell’Artemis Fowl, che ha rovinato tutto. Lui e i suoi complici, sicuramente ricorderai”.
Billy Kong si paralizzò di colpo. La mente persa in mezzo a ricordi rabbiosi che lo tormentavano ogni giorno.
Artemis Fowl, quell’impiastro che gli aveva impedito di distruggere Hybras. Il diavoletto N°1, che più di tanto non gli interessava, era solo un rospetto inutile.
Tra i suoi complici… c’è qualcun altro, lo so. Ma…
Sbarrò gli occhi. La diavolessa!!. Quella femmina dalle orecchie a punta. Lei per prima l’aveva messo in ridicolo in Francia a Casa Paradizo. Gliel’aveva fatto da sotto il naso e questo non poteva tollerarlo.
“Sì… -sorrise Sgrunt- Fai bene a odiarli. Ma non ti devi crucciare perché, come grande amico di Erik, sono venuto a darti una seconda possibilità. C’è una nuova isola dei demoni”.
Kong alzò lo sguardo su di lui.
 
 
“Ecco, adesso siamo pronti per la fase due”. Ghignò il taiwanese, allontanandosi.
Arno Tozz non lo perse di vista un momento. Non gli piaceva avere quel mentecatto intorno.
“Era proprio necessario portarlo con noi? Non distingue l’immaginazione dalla realtà”.
“Abbiamo bisogno di lui. Non possiamo fare tutto noi due soli”.
Il gigantesco neozelandese digrignò i denti. Quando lo gnomo si era presentato da lui non aveva voluto credere che si trattasse di un membro del Popolo. Uno gnomo, addirittura. Ma appena gli aveva rivelato la verità su Artemis Fowl, e sul fatto che Leale fosse ancora vivo…
 
 
“Leale è morto! Io gli ho sparato, è venuto da me dal mondo dei morti, l’ho visto!”.
“AHAHAH!! –aveva riso di gusto Sgrunt- Povero illuso. Ti ha fregato alla grande. Quello che hai visto non era altro che un telo schermante, o più volgarmente… un mantello dell’invisibilità tecnologico. Leale è vivo e vegeto”. Non contento gli mostrò alcuni articoli di giornale del Popolo con varie fotografie recenti. Artemis Fowl affiancato da un vivissimo Leale.
“Ma… non è possibile!”.
“Certo che è possibile. Una guarigione può farla un qualunque idiota. Allora… ti interessa quel che ho da proporti?”.
Ad Arno ci vollero meno di trenta secondi per decidere: “Accetto!”.
“EHI! –esclamò indignato il compagno di cella del neozelandese, Jon Spiro- Se c’è una missione contro Artemis Fowl sono anch’io della partita”.
Argh Sgrunt lo guardò con falsa pietà: “Spiacente, Fangoso, ma qui si accetta solo persone con una certa utilità –si rivolse ancora al gigante- Sarai fuori entro tre giorni”.
E esattamente tre giorni dopo… la cella si aprì.
 
 
“Sì, ma non siamo soli”.
Lo gnomo scoppiò a ridere: “Certo, perché abbiamo anche i compari di Kong”.
“Che cos’hanno i miei che non va?”.
“E’ una domanda seria?”.
Tozz guardò i colleghi che si era portato appresso, una coppia di idioti che ricordavano dei bulldog umanizzati: Pecto e Pata che si mostravano reciprocamente bicipiti e addominali facendo apprezzamenti.
L’omone con la dentiera s’irrigidì, chiedendosi per l’ennesima volta cosa mai l’avesse spinto a riassumere quei due incapaci.
Poco più in là, invece, gli uomini di Kong facevano l’inventario delle armi che si erano portati.
“Quando potrò far fuori qualche demone?”. Tornò il giovane taiwanese.
“Quando saranno più vulnerabili -Sgrunt accese davanti a loro un tablet con la piantina di Avalon- Noi siamo qui. L’isola è resa invisibile all’occhio umano da ologrammi, ma quelli si trovano nella centrale dei Guardiani e non possiamo avvicinarci fin là. Perciò dobbiamo puntare ai Distorsori”.
“Distorsori?”. Chiese Tozz.
“Degli aggeggi che mandano false informazioni ai satelliti umani. Per loro questo è tutto oceano aperto”.
Il grosso neozelandese sogghignò, aveva già capito.
“Senti, mostriciattolo…- lo afferrò per il bavero Billy- non mi va di giocare, io voglio subito la testa di quei demoni!!”.
Calmati, Jonah –cantilenò pieno di fascino- fa tutto parte del piano di Erik. E noi non vogliamo che vada a monte, giusto?”.
Billy lo lasciò subito andare, gli occhi dalle iridi sfilacciate come sbranate da tanti piranha: “Sai una cosa…? Non voglio che vada a monte. E’ di Erik, continua”.
Lo gnomo si rassettò la giacca, infastidito: quel Fangoso gli faceva sprecare un sacco di magia in fascino.
“Bene, stavo dicendo… ah, sì. Dobbiamo puntare ai Distorsori situati ai quattro angoli dell’isola –sul tablet apparvero quattro puntini rossi intermittenti- Dobbiamo dividerci in squadre e distruggerli contemporaneamente”.
“A quel punto che accadrà?”. Chiese il taiwanese.
“Non ci arrivi?. L’isola sarà visibile al primo satellite del meteo che passa, stupido mentecatto” Inveì Arno Tozz.
Nella mano di Kong apparve un pugnale: “A chi hai dato del mentecatto, brutto scimmione?!”.
“Piantatela voi due! –li ribeccò Sgrunt- Fatemi finire. A quel punto l’isola cadrà nel panico, manderanno degli agenti per riparare i Distorsori; e se conosco Fowl vorrà impicciarsi per forza. Sarà allora che colpiremo lui e i suoi compagni”.
  
 
 

 



 

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Capitolo 17
*** Avalon a rischio ***


 
 


 
Artemis era stupefatto, cosa che non capitava tutti i giorni: “Come sarebbe che la Fowl Star Seconda è esplosa?!”.
“Quello che ho detto –ribatté pronta Spinella, fiondandosi subito a rimettere l’uniforme da Guardiano- La vostra nave ha fatto boom”.
“Come mai non riusciamo a fare una gita senza qualcosa debba esplodere?”. Pensò ad alta voce N°1, alzando le braccia al cielo.
“Com’è successo?”. Chiese poi Bombarda, scrollandosi rimasugli di cibo dalla barba.
“Hanno detto che è tutto successo all’improvviso. Ora la stanno spegnendo con gli idranti”.
“E’ un avvertimento -intervenne subito Leale, stringendo i pugni- Non può essere altrimenti. Se no perché far esplodere una nave con nessuno a bordo?”.
“Forse opera di qualcuno che non vuole Fangosi sull’isola”. Ipotizzò il diavoletto.
“Può darsi. Oggi non sono state poche le lamentele. In ogni caso hanno ripreso tutto con le telecamere”.
Non credo sia solo un avvertimento. Strinse gli occhi Artemis, avvertendo uno strano formicolio lungo la schiena.
Erano arrivati ad Avalon solo da qualche ora, e la nave era attraccata proprio sotto gli occhi della Centrale della Guardia.
Che sia stato proprio un Guardiano?.
Escluse anche quello. Spinella aveva appena detto che c’erano dei video di sorveglianza, perciò sarebbe stato molto sconveniente per un Guardiano agire in quel modo così imprudente e sconsiderato.
Erano isolati su un’isola segreta, alla larga dalla protezione della LEP e sicuramente i Guardiani avrebbero avuto di meglio da fare che proteggere un pungo di turisti sconosciuti.
Sconosciuti… bè, si fa per dire, dato che tutto il Popolo sa chi siamo. Scosse la testa scacciando quei pensieri puerili. In parole povere… non siamo più nel nostro territorio, siamo un bersaglio facile.
Ma bersaglio di chi? Chi poteva essere così determinato da seguirli su Avalon?.
 
 
“Stavamo dicendo… -borbottò Sgrunt, riprendendo il tablet- Oh, sì. La fase due. I Distorsori”.
“Hai detto che si trovano ai quattro angoli dell’isola”. Lo guardò serio Billy Kong.
“Esatto, perciò dobbiamo affrettarci: Avalon è grande quasi quanto l’Irlanda e i nostri avversari potrebbero intuire i nostri piani”.
“Ma non abbiamo un mezzo di trasporto per tutti –ribatté Arno Tozz- Siamo arrivati solo con due navette”.
Lo gnomo sogghignò: “Non temete, ho già pensato anche a questo”.
Aprì un grosso baule d’acciaio che si portato dietro, vietando categoricamente agli altri scagnozzi di toccarlo.
Billy e Arno sobbalzarono: “Ma questi sono…”.
“Esatto, è un equipaggiamento fatato, me lo sono portato via durante il mio ultimo lavoro. Senza permesso ovviamente, sapevo che mi sarebbe stato utile”.
Nel breve periodo in cui era stato Comandante della LEP Ricog, Argh Sgrunt non aveva saputo trattenersi dal confiscare illegalmente alcuni beni dai magazzini della Centrale.
“Sai cosa sono queste, Billy? –gli chiese sollevando il congegno- Sono le ali che i demoni usano per volare sull’umanità”.
Il taiwanese strinse i pugni. Le ricordava bene, ne aveva viste un paio anche addosso alla diavolessa alleata a Fowl.
“E questi, invece?”. Parlò Tozz, sollevando una specie di mantella.
Lo gnomo scoppiò a ridere: “Quello ti piacerà senz’altro. E’ uno dei teli schermanti di cui ti ho parlato. Leale ti ha fregato con uno di quelli –e gli mostrò come funzionavano- Ora mi vedi… e ora non mi vedi più!”.
Il neozelandese digrignò la dentiera. Stavolta Leale non avrebbe avuto scampo e soprattutto non ci sarebbero state fatine a salvarlo.
“Io mi occuperò del Distorsore vicino alla Centrale, quello dell’est –riprese Sgrunt- Tu Kong, invece prenderai tre dei tuoi uomini e vi dirigerete verso ovest. Arno, tu e i tuoi… animaletti… –guardò Pecto e Pata che non prestavano la minima attenzione a ciò che succedeva- e andrete a sud. Il resto della banda si dirigerà a nord”.
“Come riconosceremo questi Distorsori?”. Chiese Tozz.
“Facilissimo. Sono sfere meccaniche con un’antenna. Stanno tutte su scogliere, non potete sbagliare –fece una pausa e consegnò a Kong e agli altri delle ali confiscate e teli schermanti per rendersi invisibili- Tenetevi in contatto, dobbiamo agire insieme. Avvisate quando trovate i congegni ma non fate nulla senza mio ordine”.
Billy Kong lo guardò furioso. A chi dava degli ordini quel nanerottolo?!. Poco importava che fosse amico di Eric. Nessuno dava ordini a lui. Imparò immediatamente a librarsi con quelle ali diaboliche e, seguito dai suoi uomini, sfrecciò a rasoterra in direzione ovest.
 
 
“Meglio che parta anch’io”. Si mise in spalla l’attrezzatura Arno Tozz.
“Pronto per affrontare il grande Leale?”. Sogghignò lo gnomo.
L’altro caricò una pistola: “Più che pronto”. E si allontanò insieme a Pecto e Pata.
Anche la terza squadra si mise in marcia, e Sgrunt rimase da solo.
Quell’ultimo si voltò, guardò la Centrale. Il Distorsore più vicino si trovava poco lontano da lì; sperò vivamente di non farsi beccare da qualche Guardiano.
Scosse la testa. No, non c’era problema, nessun Guardiano aveva motivo di trovarsi da quelle parti: loro servivano solo per tenere a bada la fauna locale. E poi adesso erano tutti presi dall’esplosione della Fowl Star Seconda.
Non si prese neanche la briga di schermarsi che già si avviò. Aveva fatto credere ai suoi uomini che per smascherare Avalon davanti a tutto il mondo, tutti e quattro i Distorsori andavano distrutti. In realtà ne sarebbe stato solo uno, ma non era tanto ingenuo da credere che alla Centrale non ci fossero dei congegni di riserva per quell’eventualità.
E poi devo riuscire a dividere la squadra. Ghignò nuovamente.
La squadra: Artemis Fowl, Leale, Spinella Tappo e N°1. Non c’era verso di sconfiggerli finché restavano insieme. Avrebbe avuto maggiori possibilità se presi uno ad uno, separatamente. 






 

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Capitolo 18
*** Allarme alla Centrale ***


 
 



“Caposquadra Tappo!”. Le corse incontro l’agente Twist, appena la vide arrivare coi suoi amici.
“Gemma, anche tu qui?”.
“Sì, sono stati mobilitati tutti i Guardiani di Avalon, anche quelli in licenza. Ordini dall’alto”.
L’elfa storse gli occhi: “Da Baltus? E’ così grave”.
“No, il Sindaco non è ancora arrivato. L’ordine è del Comandante, pare abbia già controllato i video di sorveglianza”.
“E che mostrano?”. Si fece avanti N°1, non poco preoccupato dalla piega che stava prendendo la situazione. Non era molto pratico di procedure militari, ma la faccia della fata non prometteva nulla di buono.
Alle sue spalle… Artemis e Leale ascoltavano in silenzio, mente Bombarda si limitava a guardarsi intorno come se la cosa non gli riguardasse.
“Venite a vedere voi stessi”. Li invitò una voce sconosciuta.
Spinella e Genna s’irrigidirono: “Comandante Legnetto!”. Esclamarono all’unisono.
Artemis, Leale, Bombarda e N°1 lo guardarono.
Un elfo dai corti capelli bruni, gli occhi verde smeraldo e la mascella squadrata li fissava serio sulla soglia della sala comandi; dritto in un tutta la sua altezza, con tono marziale.
Cyrus Legnetto, Comandante della Centrale della Guardia di Avalon. La massima autorità in circolazione, seconda solo al Sindaco Vampiro.
“Avanti, venite”.
 
 
Il video era molto nitido, di ottima definizione; inquadrava il porto dov’era attraccata la Fowl Star Seconda, con molti curiosi che le giravano intorno. Solo in secondo momento un paio di agenti apparvero nello schermo intenti a disperdere la folla.
“Quelli sono gli agenti Ector e Boa –parlò il Comandante- Li ho mandati io per far circolare il pubblico”.
Dopo che i due ebbero finito, lo schermo divenne calmo e silenzioso, l’inquadratura perfettamente il linea con la nave, che riprendeva parte del fianco e della prua.
Accelerarono l’immagine di un paio d’ore e…: “Ecco, fate attenzione”.
Una strana ombra traslucida apparve nel campo visivo della telecamera e si fece strada per il porto, salendo poi a colpo sicura sulla Fowl Star Seconda tramite la passerella ancora piazzata lì.
“Non ci posso credere”. Borbottò il nano.
Videro chiaramente anche grossa porta d’acciaio a tenuta stagne aprirsi e richiudersi appena l’ombra si fu intrufolata.
“Ma che diavolo era?”. Chiese il diavoletto.
“E non è ancora finita”. Parlò il Comandante, accelerando l’immagine fino ad arrivare un quarto d’ora dopo.
La porta della nave si aprì di nuovo. Solo di uno spiraglio, come a volersi assicurare che in giro non vi fosse nessuno; poi l’ombra uscì in fretta e si dileguò scomparendo dalla portata del video.
“E quaranta minuti dopo c’è stata l’esplosione”. Concluse Cyrus Legnetto, bloccando l’immagine.
“Il colpevole è stato identificato?”. Chiese Gemma.
“No, è per questo che ho richiamato tutti gli agenti”.
“Quello scintillio era strano”. Parlò Artemis Fowl, senza staccare gli occhi dal computer.
“Te ne sei accorto, eh?. E’ per questo che vorrei fare due chiacchiere con voi”.
“Ehi! Ehi! –sobbalzò Bombarda Sterro, agitando le mani- Non sospetterà mica di noi!? Che senso avrebbe far saltare in aria la nostra nave? E poi a quell’ora eravamo tutti a casa di Spinella”.
“Sì, è vero”. Annuì lei.
“Non vi sto accusando di niente. So che non avrebbe senso. Voglio solo farvi delle domande, e gradirei la massima sincerità”.
N°1 arretrò nascondendo appena dietro le gambe di Leale: non gli piaceva la faccia di quell’elfo.
“E’ per via di quella vibrazione diversa dal solito, vero?”. Chiese invece Artemis, arrivando dritto al punto.
“Esattamente. Non si tratta di uno schermo come gli altri. Qui si tratta di un telo schermante”.
“Un telo schermante?”. Fece eco la guardia del corpo.
Naturalmente sapeva cos’era un telo schermante, ne aveva anche usati in passato, ma non capiva che centrasse con l’esplosione della nave.  
“Quando una creatura magica decide di schermarsi il suo corpo vibra a una velocità invisibile a occhio nudo –spiegò Legnetto- Solo una videocamera ad alta definizione potrebbe smascherarlo. Se poi si blocca l’immagine è possibile vedere il soggetto completamente allo scoperto”.
Artemis sorrise nostalgico: gli ricordava troppo l’assedio a Casa Fowl, durante il rapimento di Spinella. Lì aveva scoperto quelle cose.
“Ma un telo schermante è diverso. Alle telecamere lascia un’ombra diversa e quando si blocca l’immagine non è possibile vedere nulla, poiché il telo riflette ciò che si trova dietro. Perciò la mia domanda è… oltre a voi c’è qualcun altro ad essere il possesso di congegni del Popolo?”.
I due umani si scambiarono un’occhiata perplessa.
“Non che io sappia. No”. Scosse la testa la guardia del corpo.
Il ragazzo invece porse domanda decisiva: “Perché lo pensa?”.
“Perché al momento del video ho contato personalmente tutti i teli schermanti che abbiamo qui; sono congegni esclusivamente per Guardiani, è impossibile che un privato cittadino ne abbia uno. Bhè, ci sono tutti, non ne è stato rubato nessuno”.
“Crede che a compiere il gesto sia stato un Fangoso?”. Chiese poi Spinella, intuendo dove stesse andando a parare.
“E’ l’unica spiegazione possibile: un membro del Popolo non avrebbe bisogno di un telo schermante per farlo”.
“A meno che non volesse nascondersi dalle telecamere, sapendo che col semplice schermo sarebbe stato visibile”.
Senza dire una parola… Artemis si avvicinò al monitor e indicò l’ombra ancora chiara: “Il comandante ha ragione. Guardate bene l’immagine. E’ sproporzionata; o meglio… è troppo alta per uno del Popolo. E il soggetto più alto in circolazione è il solo Sindaco Baltus”.
“Che cosa stai insinuando?!”. Reagì immediatamente Gemma Twist.
“Assolutamente niente. Il sindaco Baltus non avrebbe ragione di fare una cosa simile. Che io sappia. –tornò a rivolgersi all’elfo- Avete già perquisito la nave? Sono stati ritrovati i resti dell’ordigno esplosivo?”.
“Ci stanno lavorando adesso, se lo trovassimo sapremmo con chi abbiamo a che fare”.
Il ragazzo si massaggiò le tempie, come faceva sempre quando pensava. Ogni volta che tentava di trascorrere una tranquilla giornata tra amici, questa si tramutava in un rebus che solo lui era in grado di risolvere. Non seppe dire se fosse un bene o un male.
“Se davvero fosse opera di un Fangoso, la vera domanda sarebbe: dove si è procurato il telo?”.
“Un vecchio modello per di più”. Parlò ancora Gemma..
Tutti si voltarono a guardarla, ammutolirono in attesa che continuasse.
Nel vedere tutti quegli sguardi su di sé, il pallido viso della giovane fata arrossì di colpo. Forse avrebbe fatto meglio a stare zitta: era nuova del mestiere, non le erano concessi certi commenti.
“Bhe… -balbettò poi, cercando di spiegarsi- Era chiaro, no? Dall’immagine. Era un telo schermante antiquato. I nostri in dotazione sono di ultima generazione, non lasciano un’ombra così chiara alle telecamere. E da quel che ne so la nostra Centrale è passata a quelli appena un anno fa, mentre gli altri sono stati tutti ritirati”.
Il comandante controllò sul suo computer da polso. Era sua abitudine portare con sé tutti i dati di Avalon, dall’elenco degli agenti (sia in carica che in pensione), all’attrezzatura disponibile.
Digitò teli schermanti e attese qualche secondo.
La fronte di Gemma s’imperlò di sudore, mentre iniziò a sentir caldo dappertutto.
Cyrus Legnetto inarcò un sopracciglio: “E’ vero, hai ragione. Anche i numeri dei teli coincidono. Ne avevamo cento dei vecchi modelli, e cento ne hanno portati via per far posto a quelli nuovi”.
“Un’altra prova che l’attentatore si tratta di un esterno ad Avalon”. Annuì Spinella, mandando un sorriso a Gemma. Non immaginava che ne sapesse così tanto sui teli schermanti.
Quell’ultima si grattò la testa imbarazzata, ma felice: finalmente era stata d’aiuto alla sua caposquadra.
“Chi altri sapeva della vostra visita qui?”.
“Nessuno, Comandante, è stata una decisione improvvisa. I miei genitori non conoscono neanche le coordinate”.
La grossa mano di Leale gli si posò sulla spalla: “Ma qualcuno lo sa di sicuro. Non v’è dubbio che i bersagli siamo noi”.
“Avete rivisto qualche nemico umano del passato, in questo mese?”. Chiese Spinella.
“No di certo. Dopo Opal Koboi non ho più litigato con nessuno. Cioè, da quando sono tornato in vita. Non saprei proprio chi possa avercela con noi”.
“Ed ecco perché ho richiamato tutti Guardiani di Avalon –continuò Legnetto- Abbiamo umani non autorizzati in circolazione, in possesso di tecnologie del Popolo. Siamo in codice rosso, perciò fin tanto che i colpevoli non verranno fuori… voi amici dell’agente Tappo resterete qui in osservazione”.
Artemis non l’ascoltava. C’erano ancora troppe lacune in quella storia e non gli piaceva per niente.
Umani con tecnologie del Popolo?. Pensò. E dove le avevano prese?! Fu immediatamente sicuro che dietro le quinte ci fosse qualcun altro. Ma chi?.
La porta di una seconda sala comandi si spalancò di botto. Alvin, l’addetto alla sorveglianza, ne uscì scioccato.
“Comandate! Il Distorsore dell’ovest ha smesso di funzionare!”.
“Cosa!? Ma com’è possibile?”.
“Sabotaggio”. Sentenziò immediatamente il giovane Fowl.
“Che dici?!”.
“Ha ragione, Comandante –si fece avanti Spinella- Prima la nave, adesso questo. E’ chiaro che qualcuno vuole metterci nei guai”.
“Qualcuno che conosce addirittura l’ubicazione dei Distorsori –continuò l’irlandese- Bisogna mandare immediatamente qualcuno sul posto”.
“Non sei tu a dare gli ordini, Fangosetto!”.
“Comandante Legnetto, so che non mi conosce, ma converrà con me che ora tutta l’isola è a rischio. E chiunque sia questo criminale dubito si accontenterà di disattivare un singolo Distorsore, poiché sicuramente ne avrete di ricambio in magazzino. Bisogna proteggere anche gli altri tre”.
L’elfo e l’umano si fissarono intensamente per svariati secondo quando…: “Agente Tappo!”.
“Comandante?”.
“Affido a te e alla tua squadra il compito di cambiare e proteggere i Distorsori. Gli altri perlustreranno Avalon in cerca degli attentatori”.
“Ma Signore, io…”.
“Inutile discutere. Tutto questo è stato causato dalla presenza dei tuoi amici Fangosi, per cui è tua la responsabilità di mettere tutto a posto. Vediamo se il grande Capitano Tappo è degna della fama che la precede”.
Quell’ultima sospirò rassegnata: “Sissignore”.
E quando il Comandante li lasciò soli…: “Agente Twist!”.
“Sì, caposquadra”.
“Cerca l’agente Amaro e gli altri. Ci divideremo i compiti”.
“Noi veniamo con te”. Si fece avanti Artemis.
Spinella non mancò di mandargli un’occhiataccia: “Non pensarci neanche. Non mi hai già messo abbastanza nei guai?”.
“Sei ingiusta, non gli ho mica invitati io. Non puoi dare la colpa a me ogni volta che succede qualcosa”.
“In ogni caso voi non vi muovete da qui. Ordini del Comandante”.
“E tu da quando fai tutto quello che ti ordinano?”.
“Forse è meglio dar retta a Spinella, per stavolta –intervenne Leale, prima che qualcuno si facesse scappare qualche parola di troppo- Non siamo più in Irlanda. Non è un mondo che conosciamo. Lasciamo fare a loro”.
Un terzo agente si unì a loro. Artemis lo riconobbe subito: Amaro, era insieme a loro all’arrivo su Avalon.
Inizio con un tipico saluto militare: “Caposquadra”.
“Agente Amaro, dov’è Dave? E’ il nostro tecnico, ci serve per controllare i Distorsori”.
“Purtroppo Dave non c’è. E’ partito per Cantuccio questo pomeriggio, prima dell’allarme. E’ in ferie e non c’è modo di farlo tornare indietro adesso”.
“Come sarebbe non c’è modo di farlo tornare indietro!? A noi serve subito un tecnico”.
“Bhe’, possiamo rivolgerci a Curtis”.
“Il tecnico della squadra sei? No, non possiamo, dobbiamo arrangiarci tra noi. Sono tutti a caccia d’intrusi”.
Artemis si schiarì fortemente la gola. Un chiaro tentativo di attirare l’attenzione. La guardò sorridendo sotto i baffi.
Cercavano un tecnico? Bhe’ lì avevano il migliore.
Leale scosse la testa, rassegnato all’ennesimo guaio in cui il suo capo li aveva cacciati. Tutto sommato però… una strana eccitazione gli attraversò la schiena; non si sentiva più così da molto tempo.
“D’accordo… -sospirò infine il caposquadra Tappo- Gemma… tu e N°1 andrete a sud. Artemis e Leale rimarrete da queste parti; qui vicino c’è il Distorsore dell’est, è dietro quella collina. Verso nord ci manderò gli agenti Much e Muschio, voi non li conoscete ma sono sempre della mia squadra. Io e Amaro andremo a ovest”.
“Un momento… -alzò la mano N°1 come un bimbetto che chiedeva il permesso di parlare- Ma se Artemis rimane qui come può riparare il Distorsore dell’ovest?”.
“Immagino che i Distorsori di riserva siano già sul posto, in qualche cassa di sicurezza –intuì il ragazzo- Non vuole che mi allontani troppo per non andare contro il Comandante. Alla faccia del tecnico”.
“Esatto, Fangosetto –lo guardò l’elfa- Non ho intenzione di farmi licenziare il primo mese di lavoro. E poi anch’io sono capace di collegare qualche cavo”.
“Vorrà dire che ci limiteremo a sorvegliare il congegno in caso di guai”. Caricò la Sig. Sauer Leale.           
    
 
 
Verso ovest. Pochi minuti prima.
 

 
Billy Kong si lustrò gli occhi prima di proferire parola.
Eccolo, l’aveva trovato alla fine. Il Distorsore dell’ovest: una sfera metallica dal diametro di due metri con le antenne.
“Ecco, guarda Eric –sussurrò già con la mente annebbiata- il congegno che protegge l’isola dei demoni”.
Prese in mano la trasmittente. Gli ordini erano quelli di avvertire e di aspettare che tutti fossero in posizione prima di agire, ma si trattenne. Strinse il pugno, una goccia di sudore gli scese lungo la fronte.
“Quel dannato nanetto… Come si permette di darmi ordini. E quel Tozz… chi ha bisogno di lui”.
“Signor Kong, state bene?”. Si avvicinò uno dei suoi uomini.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Si mise le mani tra i capelli e urlò.
“ARHG!!!”.
Estrasse una pistola di grosso calibro dalla fondina del suo compagno e svuotò l’intero caricatore contro il Distorsore.
Quell’ultimo crepitò e smise di funzionare.
Al diavolo Sgrunt e i suoi piani. Stavolta avrebbe fatto da solo. Non gli restava altro che aspettare. 
 
  






 
 

 

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Capitolo 19
*** Gemma alla riscossa ***


 

 
 
“Bombarda? –si guardò intorno Spinella- Dov’è finito?”.
“Non lo so, era qui un momento fa”. Scrollò le spalle Leale.
Artemis sospirò: “Se l’è svignata. Lo sapete com’è: non gli piace essere coinvolto in certe questioni. In fondo era qui solo per una vacanza”.
“Perfetto –accennò un sorriso forzato l’elfa- Un nano cleptomane in giro per Avalon durante un’emergenza, per una vacanza senza permesso, nelle vicinanze del castello di cristallo. Un altro punto a mio sfavore agli occhi di Legnetto”.
“Non ti starai facendo condizionare troppo? In fondo a Cantuccio hai fatto di peggio e non è mai successo niente”.
“Ma se quelli del Consiglio volevano prenderle la casa!”. Saltò su Gemma, per poi pentirsene subito. Non era educato raccontare i fatti altrui.
“Come? E quando è successo?”. La guardò N°1.
“Non ha importanza, e comunque è passato da un pezzo –puntò Spinella gli occhi su Gemma, che abbassò subito i suoi, imbarazzata- Be’, che aspettiamo?! Abbiamo o no un’isola da proteggere? Muoviamoci!”.
E uscirono dalla Centrale, prendendo direzioni diverse. Spinella e Amaro spiegarono le ali meccaniche verso ovest; Gemma evocò le sue grazie alla magia e insieme al demone stregone sfrecciarono a sud; dall’altra parte invece ci avrebbero pensato i misteriosi agenti Much e Muschio. Verso la scogliera, poco distante dalla Centrale, si diressero tranquillamente a piedi Artemis e Leale.
“Tu lo sapevi, vero?”. Chiese di punto in bianco il giovane irlandese, una volta rimasti soli.
“Che cosa?”.
Il ragazzo neanche si voltò: “Che volevano togliere la casa a Spinella. Dev’essere successo mentre ero ancora morto perché non ne so niente”.
La guardia del corpo sospirò, avvilito: “In effetti sì, lo sapevo. E’ successo mentre eri in riabilitazione. Il Consiglio ha voluto multare lei e Polledro per la tua clonazione, che come sai è una pratica illegale”.
“E scommetto che la multa di Spinella è stata più alta di quella del centauro”.
“Molto più alta. Già. E’ riuscita a pagarla solo grazie ai lingotti d’oro che le avevi lasciato, o le avrebbero pignorato la casa”.
“Scommetto che questo avrebbe reso felici molti membri del Consiglio –per un attimo la sua voce s’indurì, una manifestazione di sentimento molto insolita per Artemis Fowl- Perché non ha detto niente? Avrei potuto aiutarla di più”.
Leale accennò un sorriso. Non dubitava per niente che l’avrebbe fatto, magari anche pagando lui stesso l’intera somma.
“Lo sai com’è fatta Spinella. E’ orgogliosa, non parla mai di queste cose. Quando sono gli altri ad avere bisogno d’aiuto non si tira mai indietro, ma se è lei ad averne si chiude a riccio. Non l’avrei saputo neanch’io se non me l’avesse detto Bombarda”.
Senza smettere di camminare, Artemis Fowl annuì debolmente. Cominciò a pensare che tutto quel servilismo nei confronti di Legnetto celasse la paura di doversene andare di nuovo. Ma soprattutto cominciò a pensare alle vere conseguenze delle sue azioni.
 
 
Mentre volava portando N°1 con sé, Gemma Twist non poté fare a meno di pensare alla sua vita, alla sua carriera nella Guardia di Avalon, e alla sua linguaccia lunga.
Una banalissima fata di una famiglia benestante che viveva sull’isola fin dai tempi della regina Mab. In tanti secoli i suoi genitori avevano avuto solo tre figli, che per il Popolo era un record da guiness dei primati: due folletti maschi e una femmina.
Tra il Popolo tutti sapevano che le Fate, sia comuni che Regine, erano solo femmine: non esistevano maschi in grado di evocare le ali come faceva lei. La cosa più interessante era che le Fate potevano procreare con qualsiasi altra razza del Popolo, dall’elfo, al nano al goblin. Quando ciò accadeva… le femmine erano automaticamente Fate, mentre i maschi a seconda del padre.
Continuando a sbatter le ali con la velocità di un colibrì, Gemma sorrise triste nel ripensare a suo padre. Oliver Twist: un folletto altolocato, dirigente della centrale elettrica ecologica di Avalon. Fin da piccola aveva sempre pensato che ci fossero sentimenti contrastanti, tra loro.
Oh, non che non mi volesse bene, almeno spero. Rifletté tra sé. E’ solo che non si aspettava granché da me. Io, piccola appassionata di moda che perdeva tempo a disegnare… mentre gli altri due figli maggiori erano sistemati e di successo.
Per molto tempo non aveva più saputo cosa fare. Poi aveva sentito la “chiamata”. La Guardia di Avalon la stava aspettando.
Appena aveva dato la notizia… suo padre le aveva riso in faccia. Figuriamoci. Lei. Una femmina senza nessun talento particolare che diventava una Guardiana di Avalon.
In quel momento Gemma si era sentita talmente mortificata, da sgonfiare qualunque sua intenzione. Com’era possibile che non sapesse far niente? C’erano tanti modi per essere un Guardiano: i Guardiani di sorveglianza che assicuravano la segretezza dell’isola; i Guardiani di terra che si prendevano cura delle creature rare; e infine c’era il comunissimo lavoro d’ufficio.
Per un po’ aveva accantonato l’idea d’iscriversi all’Accademia della Centrale; poi erano seguiti due avvenimenti importanti nella sua vita. Il prima era stato l’incontro con Edward, un Guardiano di terra che presiedeva sulle specie dell’ovest, che aveva risvegliato il suo interesse per il mestiere. Il secondo invece era stata Spinella Tappo, che l’aveva convinta del tutto.
Come una teen-ager in visibilio per la sua band preferita, Gemma aveva seguito la carriera dell’elfa di Cantuccio fin dagli inizi. La storia della prima femmina ad entrare nella Ricog, aveva fatto notizia anche ad Avalon.
Gemma l’aveva presa come un segno, un esempio da seguire. E pochi anni dopo… contro ogni parere del padre… s’iscrisse all’Accademia di Avalon. Studiò, s’impegnò molto e infine superò gli esami sia scritti che nel simulatore della navetta.
“Incredibile - dicevano i suoi fratelli maggiori- Chi pensava che quell’incapace di Gemma sapesse pilotare una navetta”.
Lei non ci fece caso. Ormai aveva smesso di sentirli. L’opinione loro o di Oliver non contava più nulla per lei. Stava imparando a camminare da sola e non avrebbe permesso a nessuno di ostacolarla.
Nel frattempo… le cose con Edward si erano fatte sempre più serie, finché addirittura non avevano deciso di andare a vivere insieme.
“Assolutamente no! -aveva detto il vecchio Twist- Questa è un’idea ancor più folle dell’entrare tra i Guardiani! Non permetterò che mia figlia frequenti un orco”.
La reazione non sorprese molto Gemma. In fondo… quando mai suo padre era stato d’accordo con le sue decisioni. Neanche in quell’occasione si fece influenzare: proseguì i suoi studi da Guardiana e con la sua relazione con Edward.
Poi un giorno… la grande notizia. Spinella Tappo si sarebbe trasferita lì ad Avalon; e fortuna delle fortune… lei, Gemma Twist, era diventata un membro della sua squadra.
Confesso che non me lo aspettavo proprio. Sorrise, senza rallentare il volo. Pensavo che mi avrebbero messo a fare lavoro d’ufficio, o alla cure delle creature. Invece sono diventata una vera sorvegliante. Chi l’avrebbe mai detto?.
Se suo padre avrebbe potuto vederla… be’… probabilmente avrebbe avuto da ridire anche su quello.
“Siamo quasi arrivati?”. La riscosse la voce di N°1.
“Sì, il Distorsore è oltre quella collina, tra poco atterreremo”.
Lo fecero ancor prima del previsto, Gemma non aveva ancora svolto il Rituale per ricaricarsi di potere magico, e sentiva che il suo era già agli sgoccioli. Le rimaneva magia sufficiente per il volo di ritorno, doveva risparmiare il più possibile.
Scesero a terra e proseguirono a piedi.
“Da quanto tempo lavori con Spinella?”. Ruppe il ghiaccio il diavoletto, mentre camminavano in discesa.
“Solo da tre settimane, in effetti”.
“E siete amiche?”.
“Be’, non so se amiche sia la parola giusta. Di sicuro è la mia maestra, e non c’è nessuno migliore di lei”.
“E lei si trova bene qui da voi?”.
La fata lo guardò, aveva capito benissimo dove voleva andare a parare. Di sicuro sta molto meglio qui che a Cantuccio. Pensò, senza dirlo ad alta voce.
Scosse la testa dandosi della stupida: sembrava una ragazzina gelosa.
“E’ ad Avalon da poco ma sembra essersi ambientata bene”. Disse invece.
“Mmm…” Borbottò l’altro, sospettando che gli tacesse qualcosa.
“Eccolo, il Distorsore -indicò Gemma una sfera metallica con le antenne, dopo che ebbero camminato veloci per una ventina di minuti- Meno male, è ancora intatto; non l’hanno danneggiato”.
Fece per corrergli incontro, quando…
“No, ferma!”. L’afferrò per il polso N°1.
“Che ti prende?”.
“C’è qualcosa che non va!”.
In quanto demone stregone più potente della terra, N°1 aveva la capacità di vedere e sentire cose che agli altri sfuggivano; e in quel momento c’erano ben quattro qualcosa in attesa in mezzo agli alberi.
“Cosa? Ma che stai…”. Non ebbe neanche il tempo di completare la frase che una nera rete lanciata da chissà dove schizzò fuori dalla vegetazione, avvolgendo la fata.
“Argh!”. Esclamò quella, riparandosi con le braccia.
“Signorina Gemma!”. Squittì il diavoletto, rimasto libero.
“Ma guarda, ci sono sul serio altri mostriciattoli”. Parlò qualcuno alle sue spalle.
N°1 si voltò. Quattro umani si rivelarono, uscendo da teli schermanti. Due erano sicuramente orientali, forse cinesi; gli altri due invece parevano scimmioni che a stento distinguevano la destra dalla sinistra.
“La femmina è decisamente più carina del rospetto, vero Pecto?”. Continuarono a parlare.
“Assolutamente, Pata. Una l’abbiamo catturata, l’altro lo useremo come sacco da box”.
Gemma li guardò impaurita. Chi diavolo erano quegli energumeni?.
Che domanda stupida. Erano i complici di quelli che avevano fatto saltare la Fowl Star Seconda, ovviamente. Erano già al Distorsore e li stavano aspettando.
Per un momento si paralizzò dalla paura. Era quasi sicura di essere stata addestrata a gestire simili eventualità, solo che ora non le veniva in mente più nulla.
“Presto, prendiamolo! E’ il demone che vuole il Signor Kong!”. Si fecero sotto gli altri membri della gang.
N°1 storse gli occhi nel riconoscere quel nome. Kong? Come Billy Kong?! Era lì ad Avalon?! Doveva avvertire Spinella al più presto possibile.
I due si precipitarono su di lui con pistole a dardi.
Lo stregone non si fece intimidire. Billy Kong probabilmente non lo sapeva… ma lui non era più il diavoletto di una volta.
Gli bastò un singolo gesto della mano a quattro dita… e i due sicari si bloccarono, come congelati. N°1 ridacchiò: un piccolo incantesimo insegnatogli da Qwan.
“Attento!”. Esclamò la voce di Gemma.
STOM… Provocò un suono sordo il cozzare della testa di N°1, contro il calcio di una pistola.
Stramazzò a terra, privo di sensi. I due pietrificati tornarono subito a muoversi: un incantesimo immobilizzante non aveva più valore se non c’era nessuno a tenerlo in piedi.
“Facile, no?”. Rise Pata, dando una pacca a Pecto, l’espressione fiera e un’arma in mano. Gli era bastato approfittare della distrazione del rospetto, per colpirlo alle spalle.
“E adesso passiamo al congegno”. Disse uno degli uomini di Kong, sgranchendosi il collo.
“Ma abbiamo l’ordine di aspettare che tutti siano in posizione, l’ha detto Sgrunt”. Obiettò Pata.
“Lo gnomo non conta nulla. Noi obbediamo solo al Signor Kong, e ci ha detto di distruggere il Distorsore, una volta neutralizzati i demoni”. E si diressero verso la sfera metallica.
“Oh no. No -supplicò Gemma Twist- Lasciatelo stare!”.
“Taci, mostriciattolo. Poi penseremo anche a te”.
Lei chiuse gli occhi. Già distruggere un Distorsore era un grosso danno per Avalon, ma addirittura due… Non sapeva se quello dell’ovest fosse poi stato rimpiazzato; se permetteva che anche quello venisse danneggiato, si ricominciava tutto daccapo.
Si lasciò cadere in ginocchio, schiacciata da un forte senso d’impotenza. Era la sua prima missione seria, senza l’aiuto della squadra e si era fatta fregare come una pivella.
Se ci penso bene… sono una pivella. Ripensò a suo padre e ai suoi fratelli. Possibile che avessero ragione su di me?.
Riaprì gli occhi. No! Non finirà così!.
Estrasse la sua Neutrino 3000 e con un ampio arco tagliò la rete che la tratteneva. Appena fu libera…: “Ehi, voi!!”.
I quattro energumeni si voltarono: “Ma guarda, la fatina si è liberata”.
Uno degli uomini di Kong estrasse la pistola a dardi.
Senza un attimo di esitazione, Gemma evocò le ali e, rapida come un insetto, scattò qui e là senza dare il tempo di prendere la mira.
“Sta ferma, maledizione!”.
“Così va meglio?”. Sorrise quella, librandosi proprio davanti a lui.
Premette il grilletto.
Gemma scattò di lato, lasciando che il dardo tranquillante s’infilzasse nel petto del suo compagno, proprio dietro di lei. Quell’ultimo si afflosciò svenuto nel giro di pochi secondi.
“Chang, scusa”. Fece d’istinto l’asiatico.
La fata non si fece sfuggire l’occasione, s’innalzò in volo di parecchi metri e calò in picchiata, colpendo il manigoldo in testa con un calcio, con tutto il suo peso. Il suo ginocchio fece uno schiocco alquanto sinistro, ma almeno anche il secondo cattivo si ritrovò a terra, privo di sensi.
Ma non era ancora finita.
Bene. E adesso…
Ne restavano altri due. I più grossi. Ma anche i più stupidi.
“Ehi, hai visto che roba, Pecto?”.
“Sì, Pata. Quella cosina ha fatto… wroom, wroom e con un colpo bang. Aspetta, forse dovrei spararle”.
Non fece neanche in tempo ad estrarre la pistola che la cosina fu già loro appresso; l’espressione determinata e gli occhi puntati su di loro.
“Che?...”. Sobbalzarono, sorpresi.
Gemma agì. Con loro la forza non serviva: fisicamente erano molto più possenti degli altri due, non sarebbe mai riuscita ad atterrarli. No. Con loro un altro metodo era più che sufficiente.
Non agitatevi. Va tutto bene -cantilenò, con voce carica di fascino- Non c’è più nessun pericolo. Siete stanchi, e volete dormire”.
L’effetto fu immediato. I due Fangosi stupidi presero a sbadigliare ripetutamente.
“Non sei stanco anche tu, amico?”.
“Sì, Pecto, non riesco a tenere gli occhi aperti. Credo che mi metterò a dormire un po’”.
“Sì, anch’io”.
 
 
N°1 non seppe quanto tempo fosse passato, ma quando si risvegliò trovò Gemma Twist intenta a legare i quattro invasori coi loro lacci delle scarpe. Erano svenuti o addormentati, ma comunque inoffensivi.
La guardò: “E li hai messi K.O. tutta da sola?”.
“Certo –rispose secca lei- In fondo sono una Guardiana”.
 

     
 
    
 
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** Una preziosa informazione ***


 
 
 
“Wow!!”. Esclamò entusiasta Gemma Twist, mentre sfrecciava in cielo più veloce che mai.
Avvitamenti, giri della morte, picciate. Non aveva mai volato così prima.
“Argh!! Ti prego Gemma, rallenta! Rallenta!”. Si coprì gli occhi arancioni un disperato N°1, costretto a simili evoluzioni.
“Incredibile, la carica di magia che mi hai trasmesso è eccezionale”.
“Che cosa ho fatto!?”. Ribatté il diavoletto, pentitosi di quell’atto di generosità.
L’aveva fatto pochi minuti prima. Dopo essersi risvegliato con un terribile mal di testa, aveva notato che il livello di magia della giovane fata era sceso ulteriormente.
“Sì, è vero –aveva risposto lei- Ho dovuto curarmi un ginocchio. Ma dovrebbe essermi rimasta magia sufficiente per tornare indietro”.
Era stato solo per ringraziarla se le aveva fatto una trasfusione della sua miscela speciale, per riempirle il serbatoio. E ora era costretto lì in volo, a subire giravolte aeree, mentre cercava di non vomitare.
“Sicura che andrà tutto bene con quelli là? -chiese poi- Non sarebbe stato meglio tenerli d’occhio?”.
“Fidati, li ho affascinati per bene. E poi ho già avvisato la Centrale”.
 
 
Pochi minuti prima.
 
 
“Che ne facciamo di loro? Li portiamo con noi?”.
Gemma scosse la testa: “Sarebbe impossibile portarli tutti. La mia cintoluna può alleggerire i pesi, sì, ma fino a un certo limite. E fare più viaggi… no, ci vorrebbe troppo tempo”.
“Allora chiamiamo rinforzi”.
La fata guardò i quattro manigoldi svenuti. Strinse i denti. Doveva pur esserci un modo per portarli via da lì tutti quanti.
Il suo sguardo si spostò sugli ultimi due che aveva affrontato. Pecto e Pata, se aveva ben capito. Le venne un’idea.
Prese la sua boccetta d’acqua e la schizzò in faccia ad entrambi: “Sveglia!”.
“Ma che stai facendo!?”. Sobbalzò il diavoletto.
Quella non lo ascoltò. Appena i due energumeni tornarono coscienti, si piazzò davanti a loro con voce soave: “State tranquilli. Non ricordate? Voi lavorate per me”. Li affascinò.
Con gli occhi meravigliati di un bambino, Pata diede una gomitata all’amico: “Ehi, Pecto. Hai visto? E’ quella per cui lavoriamo”.
L’altro la guardò battendo le palpebre, stranito: “Sì, mi sembra familiare. L’abbiamo già incontrata”.
Gemma non poté fare a meno di inarcare la fronte. Molti Fangosi diventavano quasi apatici quando erano sotto fascino. Questi invece sembravano quasi lucidi.
“Bene, ehmm…-riprese- Vedete quei due laggiù? Il vostro compito sarà quello di portarli verso la Centrale della Guardia. Continuate a camminare verso est e non fermatevi per nessuna ragione al mondo- consegnò loro la pistola a dardi- Se dovessero svegliarsi usate questa e rimetteteli a nanna”.
 
 
Adesso.
 
 
“Non ci saranno problemi. Il sentiero che gli ho fatto prendere li porterà dritti a destinazione. Ed ho già avvisato i miei colleghi affinché gli vadano incontro”.
“Be’, intanto la squadra del sud ha già completato la missione. Il Comandante Legnetto non avrà di che lamentarsi, e Spinella sarà contenta. Speriamo che vada tutto bene”.
Gemma annuì silenziosamente. Per Spinella Tappo aveva sempre provato un’ammirazione sconfinata; se mai fosse diventata anche solo la metà di lei si sarebbe ritenuta più che soddisfatta.
Per Cyrus Legnetto, invece… provava emozioni contrastanti. Contrariamente ad altri cadetti dell’Accademia, lei non era stata ammessa col massimo dei voti. Anzi era passata per il rotto della cuffia e questo la diceva lunga su di lei.
Tra gli esaminatori c’era chi suggeriva di farle ripetere l’addestramento, altri di scartarla completamente, altri ancora pensavano di metterla alle dogane o a lavoro d’ufficio per pura scarsità di personale.
Se era stata messa alla sorveglianza dell’isola era stato solo grazie a Spinella Tappo. L’aveva vista durante gli esami la simulatore, ed era rimasta molto colpita dal suo modo di muoversi in volo e dal suo modo di interagire con gli animali di Avalon, qualunque essi fossero: un’ottima tecnica per calmarli quand’erano sconvolti, soprattutto se volavano.
Così era stato deciso un periodo di prova, direttamente sotto la sua supervisione.
Mi hanno concesso una grossa opportunità, e io non ho intenzione di sprecarla.
 Dopo quella prova al Distorsore… finalmente cominciava a credere che il suo posto nella squadra non fosse del tutto campato in aria. E tutto questo perché una singola elfa aveva creduto in lei.
 
 
Ciò che segue è un secondo Break musicale per ridere ancora insieme. Dedicato a Gemma Twist che mentre vola ripenserà ai flashback con la sua famiglia e col suo lavoro, sotto le note di Ci Sono Anch’io, tratto dal film Il Pianeta del Tesoro. Mi è bastato solo cambiare due parole in tutto il testo.
Vi prego un po’ di clemenza e immaginazione.
 
Parte la musica.
 
 
Gemma ripensa a se stessa da bambina, nel sentirsi così inadeguata agli occhi del padre.
 

 
Io, di risposte non ne ho. Mai avute e mai ne avrò.
Di domande ne ho quante ne vuoi.
E tu, neanche tu mi fermerai. Neanche tu ci riuscirai.
Io non sono quel tipo di fata e non lo sarò mai.
 
La piccola fata corre incontro al padre per fargli vedere i suoi disegni da modaiola, in cerca di complimenti, ma lui la scosta poco interessato.
 

 
Non so se la rotta è giusta o se mi son perduta ed è troppo tardi per tornare indietro, così meglio che io vada via.
Non pesarci è colpa mia.
Questo mondo non sarà mio!.
 
Gemma e i suoi studi poco fruttuosi per diventare una Guardia di Avalon.
 

 
Non so, se soltanto fantasia, o se solo è una follia, quella stella lontana laggiù.
Però io la seguo e anche se so che non la raggiungerò, potrò dire…
Ci sono anch’io.
 
Gemma diventa parte della squadra e viene istruita da Spinella Tappo in persona.
 

 
Non è stato facile perché, nessun altro a parte me, ha creduto.
Però ora so che tu vedi quel che vedo io.
Il tuo mondo è come il mio, e hai guardato… in quella che sono e sarò.
 
Elfa e fata si allenano con le Neutrino ai bersagli. Un colpo di Gemma va a vuoto e lei s’intristisce pensando di aver chiuso. Poi Spinella la incoraggia a riprovare.
 

 
Ti potranno dire che…
Non può esistere…
Niente che non si tocca, o si conta, o si compra perché…
Chi è deserto non vuole che qualcosa fiorisca in te!.
E so! Non è solo fantasia.
Non è stata una follia.
Quella stella la vedi anche tu.
Perciò, io la segue e adesso so che io la raggiungerò, perché al mondo
Ci sono anch’io.
Perché al mondo ci sono anch’io.
Ci sono anch’io. Ci sono anch’io.
 
 
 
 
Alla scogliera est.
 
 
 
Argh Sgrunt friggeva dalla rabbia: “Maledizione. Stupido Billy Kong. Ha rovinato tutto. Non toccate il Distorsore finché non siamo tutti in posizione, avevo detto. E lui che cosa fa? Manda all’aria i piani prima del tempo. Avrei dovuto affascinarlo meglio”.
Si costrinse alla calma. Doveva riflettere e ragionare con calma. In fondo non tutto era perduto, quella sciocchezza non cambiava granché i suoi piani: Avalon era senza copertura e non ci sarebbe voluto molto prima chi i satelliti umani si accorgessero di essa. E poi c’era anche la questione vendetta.
“Di sicuro Fowl e i suoi si sono mobilitati. Spero vada tutto bene”.
Aveva dato ai suoi uomini tutto il necessario per affrontare un membro del Popolo, perfino un paio di occhiali a specchio per contrastare il fascino.
“Anche se alcuni saranno stati così stupidi da farne a meno. Come quegli idioti di Pecto e Pata”.
Per un momento si preoccupò per Tozz. Appena era stato segnalato che il Distorsore dell’ovest era partito anzitempo, l’aveva immediatamente richiamato lasciando che fosse il suo gruppo ad occuparsi di tutto.
Uno armadio a due ante del genere non passa inosservato. Speriamo che torni senza troppi problemi.
Dei rumori attirarono la sua attenzione.
Voci.
Voci familiari.
Sgrunt si schermò e si nascose in mezzo alle fronde.
“Ormai ci siamo quasi, la scogliera non è lontana”.
Lo gnomo digrignò i denti. Impossibile non riconoscere la voce di quell’odioso Artemis Fowl.
Lo vide sbucare fuori dalla vegetazione, accompagnato da Leale. Si nascose ancor di più: pregò che il gigante non avesse addosso i suoi famosi occhiali modificati, antischermo.
Quell’ultimo si fermò.
“Che c’è, Leale?”.
Non rispose. Si guardò intorno e fiutò l’aria: “C’è qualcosa che non va. Credo ci sia qualcuno”.
Sgrunt si scoprì a sudare freddo. Possibile che quel Fangoso l’avesse già scoperto?.
Fu un attimo. La gigantesca guardia del corpo estrasse la Sig. Sauer e la puntò nella direzione opposta alla loro.
Una figura era già lì: “Calma, signor Leale, sono io”. Alzò le mani il Baltus Ferroso, mostrando che non era armato.
 
 
Lo gnomo sospirò di sollievo. Grazie al cielo. Così quello era il famoso Baltus Ferroso, il Sindaco di Avalon. Anche se più che un sindaco… poteva essere un vero e proprio re o un custode. Si prese un momento per squadrarlo meglio. Uno Stregone Immortale. Altrimenti conosciuto come Vampiro. Era da secoli che non ne vedeva uno. D’altronde quella non era una razza del Popolo che aveva accettato di ritirarsi in superficie.
Ma che diavolo è venuto a fare fin qui?.
 
 
“Sindaco, che ci fa qui?”. Si fece avanti Artemis Fowl.
Leale rinfoderò la mitraglietta e fissò il Vampiro. Incredibile. A quanto pare non tutte le cose che sappiamo sono inventate di sana pianta.
Il Sindaco era riuscito a raggiungerli e ad avvicinarsi a loro senza un fruscio, come uno spettro privo di consistenza. Se fosse stato un nemico… anche uno come Leale avrebbe potuto vedersela brutta.
“Sono venuto a sapere della situazione in cui si trova Avalon, mi hanno detto che voi due eravate diretti qui”.
“Sì, stiamo cercando il Distorsore dell’est”.
“Lasciate perdere, voi non potete andare in giro per Avalon senza scorta, senza sapere con chi avete a che fare”.
“E voi lo sapete, invece?”. Ribatté Leale.
“No, lo ammetto. Ma temo che la situazione sia molto più grave di quel che sembra”.
Artemis comprese immediatamente: “Teme che questo sia un diversivo per arrivare alla teca di cristallo?”.
“Già. Sarò paranoico ma temo che l’isola non sia in pericolo solo perché rischia di venire scoperta dai Fangosi. Temo per la sua distruzione totale”.
 
 
Dal suo nascondiglio, Argh Sgrunt non ci capì nulla. Distruzione totale? Teca di cristallo? Ma di che cavolo stavano parlando quei dementi?.
 
 
“Immagino quindi che abbiate già richiamato tutti i Guardiani affinché proteggano il castello di cristallo”.
“Sì, mi dispiace per i Distorsori, ma ora essere scoperti è l’ultimo dei miei problemi. L’ho già comunicato al Comandante Legnetto”.
“Sarà rimasto molto perplesso da quest’ordine. In fondo non gliel’avrà mica detto che se le ali della regina Mab venissero distrutte, anche’isola sprofonderebbe”.
Il Vampiro scosse la testa: “No, non l’ho fatto. Anche se una grossa parte di me avrebbe voluto. Ho trovato un’altra scusa, ma…”.
Un movimento in alto attirò la loro attenzione, e per poco Leale non estrasse nuovamente la pistola. Si tranquillizzarono quando videro che si trattavano di Gemma e N°1.
“Ehi, amici!”. Si entusiasmò quell’ultimo, appena atterrarono.
“Sindaco Baltus”. Accennò rispettosamente la fata.
Artemis li guardò entrambi: “Problemi?”.
“Oh, niente che non fossi in grado di affrontare”. Rispose la fata, con un pizzico di baldanza.
“Gemma ha affrontato quattro Fangosi tutta da sola! –raccontò N°1- Io ero svenuto, e lei mi ha salvato”.
Vampiro e umani la guardarono sorpresi: “Lei, ha salvato te?”.
Che cosa strana. A prima vista Gemma Twist sembrava una fanciulla indifesa, e invece era stata in grado di prendere le difese del più grande stregone del mondo.
“Ehi, aspettate, non perdiamo di vista la situazione! –cambiò tono il diavoletto, diventando molto più allarmato- Artemis, Leale, c’è Billy Kong sull’isola!”.
Per un momento fu il gelo. Perfino Artemis Fowl dovette prendersi un minuto di troppo per recepire quelle poche parole.
“Billy Kong? –fece eco Leale- Sei sicuro? L’hai visto?”.
“No, ma gli umani che abbiamo incontrato hanno detto di lavorare per lui”.
“Chi è Billy Kong? Una vostra conoscenza?”. Chiese Gemma.
Il giovane irlandese preferì porsi domande più sensate: “Come fa ad essere qui? –scosse la testa- Ma certo, che domanda stupida. Ce l’ha portato la mente di tutto questo. Dove sono i suoi scagnozzi?”.
“Per strada, diretti qui. Ho affascinato i due scimmioni, li terranno buoni per tutto il tempo. Due idioti di nome Pecto e Pata”.
Di nuovo il gruppo si raggelò. Un’altra coppia di nomi conosciuti.
Leale si scoprì a sudare. Pecto e Pata erano due vecchi dipendenti di Jon Spiro, ma di certo non erano pericolosi.
Non possono essere qui da soli. C’è anche Arno Tozz, ne sono sicuro.
Arno Tozz. Il tizio che gli aveva sparato a Londra anni fa. Aveva sperato di non rivederlo mai più, soprattutto da quando si era finto morto ai suoi occhi.
Lui era sicuramente un avversario temibile, e se di mezzo c’era anche Billy Kong… allora la questione diventava molto più complicata del previsto.
“A che stai pensando, giovane Fowl?”. Lo guardò serio Baltus.
“Al momento ho solo la conferma di ciò che pensavo prima: a tirare i fili c’è un membro del Popolo che ci conosce abbastanza bene da assoldare i nostri vecchi nemici per vendicarsi”.
“Ma abbiamo già sconfitto Opal Koboi. Hai idea di chi sia?”. Ribatté l’enorme eurasiatico.
“In tutta sincerità no. E questo mi disturba molto: lui sa tutto di noi, mentre io non so nulla di lui. E’ seccante”.
Esibì il suo miglior sorriso da vampiro. L’accettò come una sfida. Un ottimo esercizio per sua mente dopo mesi di inoperosità.
Si riscosse, preso da un terribile presentimento.
“Dov’è Spinella?!”.
Gemma lo guardò perplessa: “Lo sai dov’è, è al Distorsore dell’ovest”.
“Si è più fatta sentire? L’avete chiamata?”.
“Artemis, che ti prede?”. Aggrottò la fronte Leale. Era strano vedere tanto allarme nel suo datore di lavoro. Non gli piacque per niente.
Il ragazzo non fornì spiegazioni. Non c’era tempo da perdere: “Gemma, prova a chiamarla, ti prego”.
“D’accordo”. Borbottò la fata perplessa, armeggiando col suo computer da polso.
Tic-tic-tic… fece la tastiera.
Attivò l’altoparlante: “Caposquadra Tappo?”.
Attese qualche secondo. Nessuna risposta. Solo elettricità statica.
“Caposquadra Tappo?”. Ancora niente.
Gemma picchiettò il computer con le dita: “Bho, potrebbe essere danneggiato”.
Il cuore di Artemis accelerò i battiti, preso da un terribile presentimento: “Non c’è altro modo per comunicare con lei?”.
“Sì, dalla Centrale”.
“Allora andiamo”. E cominciò a correre, ripercorrendo la strada a ritroso.
 
 
Una volta rimasto solo, Argh Sgrunt uscì dal suo nascondiglio. Non ebbe più bisogno della schermatura.
Che interessante conversazione aveva assistito. Se una parte di lui friggeva di rabbia all’idea che non lo considerassero nemmeno come un nemico del passato da ricordare, l’altra gli fece piegare le labbra in un sorriso malvagio.
Le ali della Regina Mab, all’interno del castello reale.
Distruggerle significava distruggere l’isola di Avalon.
La trovò una preziosa informazione da usare a suo vantaggio.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 21
*** Vittime all'ovest ***


 
 


 
“Sindaco Baltus”. Borbottò Alvin, il responsabile tecnico della Centrale, appena li vide arrivare in tutta fretta.
“Dov’è il Comandante Legnetto?”.
“E’ a guardia del castello, come da voi richiesto, signore”. Aggrottò la fronte, mandando occhiate ai due Fangosi, al demone stregone N°1 e all’agente Twist.
“Oh, giusto… e di Sp…”.
“Di Spinella Tappo avete notizie?”. S’intromise Artemis Fowl, incapace di trattenere l’impazienza.
L’elfo lo guardò stranito. Come si permetteva quel Fangosetto di interrompere il Sindaco?. Guardò quell’ultimo, chiedendo consiglio.
Baltus Ferroso annuì. Poteva rispondere senza riserve.
“Ehmm, no. Non abbiamo ricevuto nessuna chiamato dalla Caposquadra Tappo. Il Distorsore dell’Ovest risulta ancora in avaria”.
“Potete provare a chiamarla voi? Gemma non riesce”.
Se pur riluttante ad eseguire le assurde richieste di uno straniero umano, Alvin acconsentì. Trafficò un attimo sulla tastiera e premette INVIO.
Niente. Solo elettricità statica, come prima.
“No, non riesco a contattarla, che strano”.
“Allora significa che il suo computer da polso è guasto”. Ribatté Gemma, controllando il suo che funzionava benissimo.
“Guasto un accidente! I miei congegni non si guastano mai!”.
Leale inarcò un sopracciglio. Gli parve quasi di vedere Polledro. Guardò poi il suo giovane datore di lavoro; faceva di tutto per non darlo a vedere… ma era preoccupato. Lui stesso lo era: con Billy Kong in giro non si poteva mai sapere.
“E che mi dite dell’agente Amaro? -riprese il ragazzo- Almeno lui possiamo chiamarlo?”.
“Giusto, Amaro è il partner di Spinella, ci dirà lui che succede”. Fece N°1, sperando in meglio.
Spinella starà sicuramente bene. Si disse. In fondo ne ha passate di peggiori. Perché mai dovrebbe andare male adesso? Il suo computer da polso è solo difettoso.
“Bene, proviamo con Amaro”. Annuì Alvin, tornando allo schermo.
Tap-tap- tap… batté velocemente il piede Artemis, in un tic nervoso. Che si sbrigasse!!.
Il tecnico aggrottò la fronte, ritentò la chiamata e osservò il lampeggiante verde sul nome di Amaro.
“Strano”.
“Che succede?”. Chiese il Sindaco.
“Amaro non risponde, eppure il suo computer da polso è funzionante. Riceve la chiamata, ma non risponde. O non lo sente vibrare, oppure…”.
“Oppure è impossibilitato a farlo”. Completò il giovane Fowl.
“Volete dire che è capitato qualcosa di grave?”. S’impaurì il piccolo demone stregone.
Leale gli mise una mano sulla spalla: “Sono sicuro che Spinella sta benissimo. Potrebbero esserci un mucchio di ragioni per cui non rispondono”.
Artemis non ne fu tanto convinto. Un computer da polso rotto, e un agente che non rispondeva: non era buon segno, e il brutto era che non potevano farci assolutamente niente.
“Non sapete dove si trovano? -chiese nuovamente Baltus- Credevo che tutti gli agenti fossero provvisti di un localizzatore”.
“Sì, ci ho appena guardato, è integrato nel computer da polso. L’ultimo segnale e dato nell’ovest, proprio nei pressi del Distorsore. Ma solo quello dell’agente Amaro funziona –sbuffò- Significa che quello della Caposquadra è proprio rotto”.
“Nei pressi del Distorsore… -borbottò Gemma, riflettendo ad alta voce- Chissà se Edward è ancora da quelle parti?”.
Leale storse gli occhi: “Ti pare il momento di pensare al tuo fidanzato?”.
“Certo, uomo-orco. Lui opera da quelle parti. Nell’ovest c’è una sezione riservata ai basilischi”.
“Basilischi? Vuoi dire serpenti?”.
“Sì, Edward è l’unico che riesce a guardarli negli occhi senza morire di paura”.
 
 
 
Pochi minuti prima, all’ovest
 
 
 
“Pensi davvero che quei due Fangosi possano aiutarci col Distorsore?”. Chiese Amaro alla sua caposquadra, mentre volevano fianco a fianco.
“Se li conosco un minimo avranno già finito”.
“Vi fidate molto del giovane Fowl, vero Spinella?”.
Quella lo guardò di sbieco. Adesso si andava sul personale.
“Artemis Fowl conosce benissimo la tecnologia del Popolo –accennò un sorriso suo malgrado- Certo, riconosco che ci sono volte in cui vorrei prenderlo a schiaffi dalla mattina alla sera, ma se c’è un guaio lui è la persona più adatta per risolverlo”.
“Ne avete passate molte insieme, o almeno così si dice”.
“Anche troppe, oserei dire”.
Amaro esitò un momento prima di continuare: “Alcuni dicono che vi siete trasferita ad Avalon per disfarvi di lui, è vero?”.
Spinella scattò a guardarlo, bloccò il volo e rimasero lì a mezz’aria per parlarsi come si deve. L’elfo temette di esser stato troppo invadente, stava per sempre parlando con una sua superiore.
“Sentimi bene, e voglio essere ben chiara in modo che tu passi l’informazione anche a questi alcuni –fece una pausa- La ragione per cui mi sono trasferita ad Avalon è perché volevo disfarmi di tutto quanto. Tutto quello che avevo a Cantuccio, per ricominciare daccapo. Il fatto di aver lasciato indietro i miei amici, Artemis Fowl compreso, è stata solo una perdita collaterale. Ammetto che mi ha messo nei guai in diverse occasioni, ma lui non c’entra niente con la mia decisione. Sono stata chiara?”.
Amaro la guardò. Annuì: “Trasparente”.
“Bene. Adesso muoviamoci, abbiamo perso anche abbastanza tempo”. E tornarono a fiondarsi in volo.
Tuttavia Amaro non aveva ancora finito: “E che mi dite di Gemma? Sarà all’altezza del suo compito? Non sarebbe stato meglio mandare qualcun altro?”.
Sorvolarono un grande lago cristallino. Alcune leggende volevano che là dentro vivesse la Dama del Lago, custode di Excalibur.
“Hai così poca fiducia nei membri della tua squadra?”.
“So che ha poca esperienza, e questa è la sua prima missione seria. Da sola, per di più”.
Spinella rise: “Tranquillo, non è affatto da sola. C’è N°1 con lei. Se ci fossero guai quel piccolo Demone stregone userebbe la sua magia, e anche se non ci riuscisse Gemma sarebbe perfettamente in grado di risolvere la situazione”.
L’elfo storse gli occhi: “Gemma? Risolvere la situazione?”.
“Certo. E’ una fata molto dotata, anche se ancora non se ne rende conto. Un giorno potrebbe diventare una perfetta Caposquadra –sulla visiera di entrambi lampeggiò qualcosa- Oh, guarda! I segnali di allerta. Stiamo per entrare nel territorio dei basilischi”.
E fecero calare sulla visiera un secondo vetro a specchio che li avrebbe protetti.
Era risaputo tanto dal Popolo quanto dai Fangosi quanto fossero pericolosi i basilischi: orribili serpenti con una crestina sulla testa e occhi rossi in grado di uccidere al solo sguardo. Erano stati importati dalla terraferma dalle più svariate aree del mondo, quando ancora Avalon era agli inizi della sua riserva naturale. Molte autorità dell’isola si erano opposte a quella decisione: perché portare simili mostri in mezzo a loro… quando potevano restare dov’erano e far fuori qualche Fangoso?.
Infine si era optato per trasferirli ad Avalon, e in quel frangente si scoprì che per annullare il loro potere bastava non guardarli direttamente negli occhi. Fu allora che negli elmetti in dotazioni furono installati delle lenti a specchio.
Un po’ come per il fascino. Si ritrovò a pensare Spinella.
In ogni caso il pericolo non consisteva solo in quello; oltre ad essere serpenti perfino più grandi dei pitoni e delle anaconda, i basilischi erano rapidi e velenosi: per una squadra di Guardie era proibitissimo entrare nei loro territori senza un antidoto.
E’ una fortuna che siano molto territoriali. Da secoli non un solo basilisco ha sconfinato oltre la zona dell’ovest.
Ripensò a Edward, il ragazzo di Gemma. La sola Guardia in tutta Avalon a potersi permettere di lavorare a stretto contatto con quei serpenti senza conseguenze e senza lenti a specchio.
La prima volta che Spinella l’aveva visto… era rimesta scioccata.
“Ci stiamo avvicinando, Caposquadra”. Interruppe i suoi pensieri la voce di Amaro.
L’elfa si riscosse: “Pronti all’atterraggio”.
E cominciarono a scendere.
 
 
In giro non sembrava esserci nessuno. Spinella la trovò una cosa decisamente strana. Eppure non s’intravvedevano presenze estranee da quelle parti.
“Ma guarda come l’hanno ridotto -digrignò i denti Amaro, avanzando di qualche passo verso il Distorsore- E’ una fortuna che ci siano quelli di scorta”.
Spinella annuì. Proprio sotto il macchinario devastato dai colpi di pistola stava una scatola d’acciaio chiusa da un lucchetto; se quell’ultimo non era stato toccato significava che il Distorsore nuovo era ancora intatto e pronto all’uso.
“Bene, tieni, ho qui le chiavi”. Aggiunse lei, lanciandogli un piccolo mazzo.
Amaro le prese allegramente al volo: “Agli ordini, Caposquadra”.
Avrebbero agito insieme: la sfera metallica era troppo grande affinché un elfo da solo potesse sollevarla e posizionarla.
“Se posso permettermi un’altra domanda…”.
Spinella lo guardò, invitandolo a continuare.
“Quando hai detto che ti sei trasferita per ricominciare daccapo… intendevi in tutti i sensi? Anche sul piano personale?”.
Dietro la grande lente a specchio, l’elfa inarcò la fronte. Le stava dando del tu, era buon segno.
Sorrise. Capiva benissimo il significato di quella domanda: “Soprattutto per il piano personale”.
Amaro sorrise a sua volta: “Eh, già. Non si vive di solo lavoro –rimase lì in silenzio per qualche secondo quando finalmente si decise- Capisco che siamo superiore e subalterno… ma sarebbe una violazione delle regole se ti invitassi a bere un simil-caffè con me?”.
Lui non poteva vederla… ma Spinella arrossì sotto l’elmetto.
Amaro la stava corteggiando? Era passato molto tempo dall’ultima volta che qualcuno l’aveva fatto. A stento ormai ricordava l’unica volta che era uscita con Grana Algonzo: una serata disastrosa.
Era una bella sensazione. E Amaro poi… forse quella era la prima volta che lo guardava con occhi diversi. Lo trovò un elfo molto attraente.
In fondo… perché no?.
Sorrise di nuovo: “No, Amaro. Non la considererei una violazione delle regole. Se tu m’invitassi… accetterei volentieri”.
Gli occhi di lui brillarono: “Wow… Ti dirò che non ci speravo. In tal caso sbrighiamoci a finire questa missione, così potremo mandare al diavolo il Comandante Legnetto”.
Entrambi risero. Ma prima ancora che potessero avvicinarsi troppo al Distorsore…
BANG
Amaro stramazzò a terra. L’erba sotto di lui s’impregnò di sangue che usciva da un foro fumante, proprio all’altezza della fronte.
Paralizzata… Spinella rimase a guardarlo inebetita. Gli occhi sgranati e l’espressione allucinata.
“Amaro?”.
Quello non si mosse, il computer sulla visiera dell’elmetto diede linea piatta: nessun battito. Amaro era morto.
BANG… risuonò un secondo colpo di pistola. Diretto a lei.
La colpì alle spalle, ma forò solo le ali meccaniche, bloccandosi.
Non posso volare via. Trasalì Spinella, mentre veniva sbalzata in avanti. Riuscì a non cadere, estrasse la Neutrino e cercò gli aggressori. Chi le stava sparando, e da dove? Non vedeva nessuno!.
BANG… un terzo colpo la centrò in testa, ma contrariamente ad Amaro l’elmetto si spaccò a metà, deviando il proiettile.
L’elfa cadde di lato stordita. Si portò la mano alla tempia. Era un brutto taglio e sanguinava forte.
La Neutrino. Si riscosse da vero soldato. Dov’è la mia Neutrino?.
Non l’aveva più in mano: doveva averla persa durante la caduta.
Cercò di rialzarsi in piedi; ebbe un brusco capogiro e ricadde sull’erba.
“Ma guarda chi c’è”. Saltò su una voce vagamente familiare.
Lei aggrottò la fronte. Lo vide avvicinarsi accompagnato da altre sagome
“Non sei più così spavalda come l’altra volta, vero?”.
Sobbalzò: “Billy Kong?!”.
Il calcio arrivò all’improvviso, Spinella non ebbe neanche il tempo di ripararsi con le mani. La colpì al volto, buttandola all’indietro.
“In persona, piccola diavolessa. Non ti aspettavi di vedermi qui, eh? Be’, riconosco che neanche io mi aspettavo di vederti qui adesso. Non ti avevo riconosciuta prima. E’ una fortuna che tu non si morta come quello là. Non avrei sopportato che finisse tutto così in fretta”.
Ignorando il dolore e il sangue che le usciva da naso, probabilmente rotto, l’elfa si guardò intorno cercando di mantenere il sangue freddo.
Oltre a Kong c’erano altri tre individui, tutti attrezzati con occhiali dalle lenti a specchio per evitare il fascino. Ma come aveva fatto a non vederli? Dovevano essere nascosti nella foresta con qualche telo schermante; com’era possibile che non avessero nemmeno rilevato le fonti di calore?.
Billy dovette leggerglielo negli occhi. Ridacchiò sprezzante: “Divertente, vero? Tutta questa tecnologia e vi siete fatti fregare così. Chissà cosa direbbe il tuo amichetto morto?”.
Spinella lanciò un’occhiata all’elmetto spaccato a metà. La lente a specchio ancora calata sul visore. Sbiancò.
Lo specchio!. Capì. Quando avevano azionato la lente per proteggersi dai basilischi, avevano automaticamente disattivato i filtri della schermatura e del calore. Si erano avvicinati ai nemici come due pivelli senza neanche accorgersene.
Guardò Amaro. Si sentì colpevole. Come aveva potuto lasciare che accadesse?!.
“Ora finalmente siamo soli, mia cara -la riscosse Kong- Il tuo amichetto lo ucciso con un sol colpo, ma con te voglio divertirmi ancora”.
Spinella tornò in sé, non era ancora il momento per il cordoglio. Attivò la magia e guarì il taglio alla fronte e il naso. La sua Neutrino era finita oltre i quattro uomini, c’era un solo modo per riprenderla.
Scattò di corsa, schermandosi. Aveva magia a sufficienza e con la nuova uniforme Billy e i suoi non l’avrebbero mai vista muoversi col classico scintillio, anche così vicino.
“Povera stupida”. La riprese il taiwanese per la collottola, risbattendola dove stava prima.
Filtri antischermo sugli occhiali!. Realizzò improvvisamente spaventata. Come quelli di Leale!.
“Credi veramente che non sia stato informato delle capacità di voi demoni?!”. E cominciò a prenderla a calci, costringendola a tornare visibile.
Nuovamente lei evocò la magia per guarire.
“Farà così tutte le volte?”. Chiese uno dei tre, rimasti in disparte.
Billy Kong sorrise viscido, guardando sia lei che loro pieno di sottintesi: “Tante volte quanta sarà la magia che le resta. Capito, signorina? –un altro calcio al fianco, l’elfa avvertì chiaramente una costola spezzarsi- Continuerò a darti addosso, finché alla fine non guarirai più”.
Senza più scampo, la mano destra di Spinella si mosse veloce sul polso sinistro: verso il computer da polso. Un disperato tentativo di chiedere aiuto.
Niente da fare. Kong le fu immediatamente addosso; prima l’atterrò con un calcio, poi cominciò a pestarle violentemente il braccio fino a romperle sia il computer che l’avambraccio.
“Arrg!!”. Urlò lei, nell’avvertire l’inquietante scrocchio.
Tremò per lo shok. Non era mai stato colpita in quel modo prima. Solo una volta Raponzo Tubero l’aveva presa a calci, ma non erano neanche lontanamente paragonabili a quelli.
Pochi secondi dopo il computer di Amaro prese a trillare senza ricevere risposta. Spinella non s’illuse di riuscire a raggiungerlo.
Il taiwanese non perse tempo ad aspettare che guarisse; semplicemente cominciò a sfogare su di lei tutta la rabbia e la frustrazione accumulata in anni di prigione dalla prima volta che l’aveva incontrata a Casa Paradizo. Senza contare che la credeva responsabile della morte del fratello Eric.
“Maledetti demoni –sibilò tra un calcio e l’altro- Avete ammazzato mio fratello, farò saltare voi e la vostra isola!”.
Gli altri tre umani non dissero niente. Certo, dubitavano fortemente che quello gnomo, Argh Sgrunt, avesse davvero conosciuto il fratello del loro capo, ma non era il caso di contraddire quell’ultimo quando era in quello stato.
Si voltò a guardarli: “E voi che fate? Ho bisogno d’aiuto per svuotarla della sua magia”.
Quelli non obiettarono. La circondarono ai quattro lati e parteciparono al pestaggio senza batter ciglio. In fondo… che importanza aveva se si trattava di una lotta completamente impari? Quella fata… quella cosa… non era neanche un essere umano. Perché farsi degli scrupoli? E poi erano pagati bene per cose del genere.
Quando finalmente Billy ordinò di smettere, fu solo perché cominciavano a fargli male i piedi, non perché fu sicuro di aver rotto qualche altro osso.
“Ebbene? Cosa aspetti a guarire?”.
L’elfa a malapena riuscì a respirare; per quanto si fosse raggomitolata a terra, cercando di ripararsi, sapeva di aver le gambe e diverse costole rotte; un occhio tumefatto e un paio di dita spezzate. Mugolò di dolore e in bocca avvertì il sapore del sangue.
All’uscita di Kong… non poté impedirselo. Sapeva che sarebbe stato inutile e che tra poco avrebbero ripreso tutto daccapo, ma almeno per un momento volle far sparire quel dolore insopportabile.
Per la terza volta evocò la magia che avvolse il suo corpo in un bozzolo azzurro.
Che sia questa la mia fine?. Si chiese mentre sentiva una delle gambe rimettersi in linea.
Ne aveva passate di tutte nella sua vita, aveva perfino viaggiato nel tempo e contribuito a salvare l’intera popolazione dei demoni; tra le altre e più cose.
E per cosa? Per essere uccisa da uno squilibrato a suon di botte? Tanto valeva restarsene a marcire a Cantuccio!.
Si lasciò sfuggire una lacrima. Lei, un’elfa grande quanto un bambino, in mezzo a quattro balordi umani che la circondavano. Che speranze poteva avere? Pochissime volte si era sentita così debole e impotente.
La prima era stata alla morte del Comandante Tubero; la seconda quando venne catturata dagli Estinzionisti; la terza, quando fu asservita dalla runa di Raponzo Tubero; la quarta, invece, quando non riuscì ad impedire ad Artemis di sacrificarsi al suo posto.
Quelle quattro volte, che già erano tante, le aveva superate grazie all’aiuto e il sostegno dei suoi amici. Ma dov’erano si suoi amici adesso? Non c’erano. Non sapevano che lei era in quella situazione. Nessuno sarebbe venuto ad aiutarla.
Il bozzolo di scintille si dissolse. Magia esaurita del tutto.
Un tirapiedi fece per darle nuovamente addosso, ma Billy lo fermò scostandolo via. Sorrise compiaciuto, ora gli altri non gli servivano più, poteva fare da solo.
Sollevandosi a carponi, Spinella tossì sputacchiando sangue. L’addome le diede delle fitte lancinanti. La magia non l’aveva guarita del tutto, si era solo concentrata sulle ferite più gravi: ossa rotte e lesioni interne, ma alcuni tagli ripresero sanguinare e l’occhio sinistro non si sgonfiò neppure.
“Sei solo una bestiolina patetica –tornò a parlare il taiwanese, dandole un nuovo calcio nello stomaco- Quella volta a Nizza ti ho sottovalutato perché non conoscevo le tue capacità, ma una volta privata della magia sei soltanto una personcina con le orecchie a punta”.
A Spinella mancò il respiro, si portò le mani sulla pancia, accasciandosi. Provò ad arretrare, a strisciare sull’erba in un disperato tentativo di allontanarsi ma le sue gambe si mossero appena. Ancora Kong la percosse mirando al viso; l’elfa riuscì ad alzare la mano per ripararsi l’occhio ferito ma il risultato fu un avambraccio nuovamente rotto. Il secondo tentativo andò a segno spaccandole il labbro inferiore, rovesciandola supina. Completamente esposta.
“Che intenzioni hai con lei, capo?”. Chiese uno dei tre scagnozzi.
“Semplice, prima di tutto mi prenderò le sue belle orecchie per appenderle al muro come trofeo. Poi semplicemente la farò finita, e la prima sarà sistemata”. Ed estrasse un pugnale.
Spinella respirò profondamente cercando di non svenire. La prima sarà sistemata, aveva detto lui. Era chiaro che i prossimi sarebbero stati i suoi amici.
Peccato… Stavolta non sarò con loro ad aiutarli.
Si voltò debolmente verso Amaro. Una seconda lacrima le uscì dall’occhio sano, piena di rimpianti per ciò che avrebbe potuto essere. Quell’elfo le era piaciuto fin da subito.
Mi dispiace. Non potremmo più prendere quel simil-caffè insieme.
E fu proprio quando Billy Kong cominciò ad accostarsi a lei con la lama in pugno… che un verso spaventoso s’innalzò dalla vegetazione. Un qualcosa a metà tra l’urlo e il ruggito.
Tutti, Spinella inclusa, si voltarono verso destra.
Una scia di alberi cominciò a cadere da tutte le parti come se un qualcosa di enorme ci stesse correndo in mezzo, puntando dritto verso di loro.
“Ma che…?”. Borbottò qualcuno, arretrando di un passo.
Che cos’è?. Ebbe la forza di chiedersi Spinella tossendo un altro fiotto rosso. Quale creatura era tanto forte da abbattere gli alberi?.
Un basilisco? No. I serpenti non ruggivano in quel modo.
Un troll, allora. Che altro poteva essere? Anche ad Avalon ce n’erano; anche se in genere preferivano starsene nel sottosuolo fino al tramonto per evitare la luce.
Un troll attirato dall’odore del mio sangue. Tremò l’elfa all’avvicinarsi della furia.
“Preparatevi, uomini!!”. Latrò Billy Kong, estraendo la pistola.
Gli altri lo imitarono, si tennero pronti.
Che stupidi. Avrebbe voluto dire Spinella. Pensavano davvero di abbattere un troll con quei giocattoli?.
Prima avrebbe fatto scorpacciata di carne umana. Poi avrebbe avuto lei come dessert.
Quasi quasi preferivo il pestaggio.
E appena la furia uscì allo scoperto…
  






 

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Capitolo 22
*** Soccorso ***


 



 
“Come hai detto che si chiamano? Naselli Tessili?”. Parlavano del più e del meno Gemma e N°1, per scaricare la tensione.
“No, Ragnetti Tessili. Sono delle piccole nano-macchine dalla forma di ragno che cuciono o modificano il vestito direttamente addosso a chi lo porta”.
“Come mai non ne ho mai sentito parlare?”.
“Perché è un metodo all’avanguardia che si usa solo qui ad Avalon. Vedessi l’effetto alle sfilate: la modella è in passerella con un abito blu con la gonna… e subito dopo il vestito cambia colore e foggia, diventando rosso coi pantaloni aderenti”.
Il piccolo Demone Stregone l’ascoltava ammaliato: “E come funzionano?”.
“Prendi un modello disegnato su carta, lo infili nell’apposita fessura e programmi le nano-macchine in modo che possano replicarlo fisicamente –sospirò melodrammatica- Anch’io speravo di usarle se fossi entrata nel campo della moda. Pensa che avevo perfino disegnato un abito per la nuova regina di Avalon per quando sarebbe arrivata”. E gli mostrò il disegno sul suo cellulare. Uno splendido abito verde non troppo vistoso che lasciava scoperte le spalle; lunghe maniche che terminavano a punta, aderente e non molto lungo in modo che lasciasse le gambe libere; all’altezza delle scapole scendeva un’elegante strascico con un motivo a foglie.
“Volete smetterla di ciarlare voi due!?”. Sbottò Artemis, stanco di quei discorsi.
“Avvertite la stampa, signori: Artemis Fowl ha usato la parola ciarlare”. Gli strizzò l’occhio la guardia del corpo, sperando di tirargli su il morale. Non funzionò.
In un insolito tic nervoso il ragazzo prese a battere velocemente il piede sul pavimento.
Non va bene. Pensò. Non va bene per niente.
Dov’erano finiti Spinella e Amaro?! Era successo loro qualcosa, ne era certo; e raramente il suo intuito sbagliava.
Ma soprattutto… Dov’era finito Bombarda Sterro?. Era scappato così, senza dir niente a nessuno, e senza dare il suo contributo alla crisi di Avalon.
Oh, ma io so esattamente dove sarà adesso. Il giovane irlandese strinse gli occhi. Non v’era dubbio che il nano fosse al castello di cristallo, a fare una visitina ai tesori che racchiudeva. L’unica cosa che avevano trovato di lui era una buca che sprofondava nel terreno, in una lunga galleria.
Peccato. Avrebbe potuto esserci utile.
“Buone notizie”. Lo riscosse la voce di Alvin.
Umani, fata e diavoletto furono tutt’orecchi: “Abbiano traccia di Spinella?”.
“No. Ma il Distorsore dell’ovest risulta attivo. E’ stato sostituito con successo”.
“Ma dove sono Spinella e Amaro!?”. Alzò la voce Artemis, senza più trattenersi.
L’elfo scattò in piedi: “Senti un po’, Fangosetto, non m’interessa se sei amico della caposquadra Tappo; non ti permetto di parlarmi così!”.
Fu Gemma ad intervenire per dividerli: non poteva garantire l’incolumità di Alvin se fosse stato Leale a farlo.
“Calmatevi tutti e due. Artemis, se il Distorsore è stato sistemato significa che tutto è andato a posto. Tra non molto la caposquadra e Amaro saranno qui, perfettamente illesi”.
“Amaro non tornerà più”. La corresse una voce affaticata dietro di loro.
Tutti si voltarono all’unisono.
N°1 sgranò gli occhi.
Leale corse a stringere la Sig. Sauer.
Artemis sussultò, tuttavia la sua espressione non mutò.
“Caposquadra Tappo!”. Esclamò Gemma, raggiungendola di corsa.
All’entrata della sala comandi, la Guardia Spinella Tappo alquanto malconcia li guardava a fatica, tenuta in braccio da un inquietante essere ancor più grosso di Leale.
Quello grugnì alla vista dei due ospiti Fangosi. Era certamente stato avvisato della loro presenza tuttavia era meglio non farlo arrabbiare.
L’eurasiatico dovette percepirlo perché poco a poco allontanò la mano dalla mitraglietta.
“E questo chi è?”. Deglutì il piccolo demone stregone, nascondendosi appena dietro la gamba della guardia del corpo.
Gemma non ebbe dubbi. Sorrise raggiante: “Edward! Lui è Edward”.      
  
 
Pochi minuti prima.
 
 
“Preparatevi, uomini!!”. Latrò Billy Kong, estraendo la pistola.
Gli altri lo imitarono, si tennero pronti.
Che stupidi. Avrebbe voluto dire Spinella. Pensavano davvero di abbattere un troll con quei giocattoli?.
Prima avrebbe fatto scorpacciata di carne umana. Poi avrebbe avuto lei come dessert.
Quasi quasi preferivo il pestaggio.
E appena la furia uscì allo scoperto…
Era enorme; la bocca spalancata in un verso rauco che non aveva nulla di umano. La pelle grigia e rugosa simile alla pietra; neri capelli tagliati corti e tirati all’indietro. Occhi infossati, privi di sopracciglia e il suo volto ricordava vagamente quello di un gigantesco gorilla. Indossava un paio di braghe blu mezze stracciate e un gilet verde con lo stemma della Guardia di Avalon ricamato sul pettorale.
Non era un troll. Era un orco. O più precisamente…
“Edward!”. Esclamò strozzata Spinella, con quel poco di voce che le restava.
Quello era Edward! Il fidanzato di Gemma! Era venuto in suo soccorso?.
Sebbene ogni fibra del su corpo gli urlasse di scappare, Billy Kong non cedette: “Fuoco! Fuoco! Fuoco!!”.
Senza esitare lui e gli altri scaricarono contro l’orco tutti i caricatori che avevano. I proiettili rimbalzarono sul petto e sulla testa della creatura, là dove la pelle era più coriacea. Solo pochi andarono a segno: un paio sulle gambe, coperti da strani stivali alti fino al ginocchio; e cinque sull’avambraccio sinistro, utilizzato da Edward per ripararsi gli occhi.
Senza risentire di nulla… continuò imperterrito la sua corsa.
I quattro Fangosi non ebbero scampo; senza avere il tempo di ricaricare, il mostro si avventò su di loro come una mandria di tori infuriati. Con un solo manrovescio scaraventò Billy e altri due a ben dieci metri di distanza.
“AAHH!!” Urlarono a mezz’aria per poi rotolare sull’erba.
Kong sbatté la testa e perse i sensi.
Il taiwanese rimasto in piedi, il più vicino, sfoderò una seconda arma. O almeno ci provò, poiché con un altro manrovescio l’orco lo mandò a schiantarsi contro un albero. Si spezzò collo e spina dorsale e stramazzò a pochi passi da Spinella. Fuori uno.
Quell’ultima lo guardò allibita.
Non ci poteva credere. Era davvero Edward, quello?.
E’ tutto un fascio di violenza bruta.
Lo aveva visto una sola volta, e nonostante la mole e l’aria minacciosa si era rivelato molto calmo e addirittura gentile. Le fu quasi impossibile conciliare lo spasimante di Gemma con la furia scatenata che vedeva ora.
“Via, scappiamo!!”. Corsero gli altri due uomini più in là, lasciando il loro capo dov’era. Non erano pagati abbastanza per rischiare la vita in quel modo.
L’orco rimase a guardarli allontanarsi per pochi secondi, poi strinse gli occhi a due fessure nere senza fondo.
Spinella capì immediatamente, e se avesse potuto… lo avrebbe fermato.
“No… Ti prego… non farlo!”.
Troppo tardi. Con rumorosi tonfi sul terreno Edward raggiunse il primo di loro: lo agguantò sollevandolo sopra la sua testa e lo divise a metà con la sola forza di mani e braccia; gettò quindi la parte superiore addosso all’altro Fangoso, facendolo cadere.
“No! No! Pietà!!”. Provò a supplicare quello, appena lo vide sopra di sé.
Nessuna pietà. Con un forte colpo di tacco degli stivali la creatura gli schiacciò la testa, impregnando la terra di sangue e materia grigia.
Fuori tre.
Una dolorosa fitta alla spalla lo riscosse costringendolo a voltarsi.
Digrignò le lunghe zanne all’insù, ringhiò furioso: Billy Kong in piedi, con un paio di coltelli da lancio tra le mani.
“Maledetto demone! -sibilò a denti stretti, la mente offuscata e le iridi degli occhi sfilacciate da troppo fascino- MALEDTTO DEMONE!!”.
Edward grugnì, con la mano andò a estrarre il pugnale nella sua spalla. Lo gettò via e gli corse incontro urlando.
Kong non si mosse; lanciò un secondo pugnale ma l’altro riuscì a scansarlo via con la mano, procurandosi solo pochi graffi. Ci sarebbe stato da aspettarsi che lanciasse anche la terza lama, ma la tenne per sé fino all’ultimo. Rimase al suo posto in attesa del nemico.
Impossibilitata a muoversi, Spinella non poté far altro che restare a guardare.
Ma che sta facendo quel pazzo? Dopo quanto è successo ha intenzione di sfidare Edward così?.
Conosceva già l’esito dello scontro, e tutto sommato… non le dispiacque più di tanto.
Kong si tenne pronto, non un accenno di nervosismo trapelò dal suo corpo. E appena il mostro gli fu appresso caricando un pugno devestante… scartò velocemente con una rapida capriola laterale.
Edward si sbilanciò in avanti e l’umano ne approfittò per menare altri due fendenti sul suo braccio, là dov’era più vulnerabile. Il primo andò a segno, aprendogli un profondo taglio sanguinante; l’altro invece colpì quella che doveva essere una placca corazzata, perché il pugnale rimbalzò senza fargli alcunché.
L’orco si riassettò, tentò un nuovo colpo, ma nuovamente Billy Kong lo evitò con l’agilità di un gatto. Si allontanò a suon di acrobazie.
Kong è esperto di arti marziali. Ricordò Spinella, ripensando alle avventure de “La colonia perduta”.
L’altro grugnì frustrato e tornò alla carica. Con uno scatto del braccio quasi invisibile, il taiwanese lanciò un nuovo pugnale. Doveva colpire gli occhi se voleva qualche possibilità di batterlo, e doveva farlo al primo colpo o le sue lame sarebbero finite.
Niente da fare. Tra tutte le possibilità che c’erano, l’arma colpì la fronte di Edward solo con l’elsa. Non ebbe il tempo di lanciare l’ultimo pugnale che l’orco gli fu già appresso.
Un terzo pugno… e lo centrò al braccio.
Con un urlo di sofferenza il Fangoso fu sbalzato a una decina di metri più in là. Fu fortunato a non sbattere la testa su una roccia, o a non spezzarsi il collo per la caduta.
Stranamente Edward non lo raggiunse. Rimase fermo dov’era ad aspettare la sua prossima mossa. Spinella dubitò che ci fosse.
Ebbe ragione. Billy Kong si rialzò a carponi soffocando gemiti di dolore, tenendosi stretto il braccio ferito. Sicuramente rotto, o fratturato.
Strinse i denti. Maledizione, non ho più pugnali. Per un bestione del genere l’ideale sarebbero state le granate, ma quelle le aveva il suo collega morto più in là. Kong dubitò fortemente che gliele avrebbe lasciate prendere.
Non ebbe altra scelta.
Voltò loro le spalle e si dileguò all’interno della foresta.
Un sospiro rumoroso… ed Edward si rilassò. Poté dedicarsi all’elfa ancora prona a terra.
“Non lo insegui?”. Ebbe la forza di chiedere. Quello era un umano pericoloso, l’idea di averlo in giro per Avalon, anche se ferito, non le piaceva per niente.
“No bisogno”. Parlò lui con profonda voce rauca, facendo per prenderla in braccio.
Per un attimo la caposquadra fu tentata di chiedere perché. Poi ricordò dove si trovavano. C’era appena stata una strage, vero, ma rimanevano pur sempre nel territorio dei basilischi. Avrebbero pensato loro a Billy Kong.
“No, aspetta! Il Distorsore!”.
Detto fatto, l’orco ci mise appena due minuti per cambiarlo e collegarlo. Spinella intuì che alla Centrale avrebbero recepito il nuovo segnale.
Non attesero oltre, l’elfa aveva bisogno di cure immediate. Lui la prese delicatamente in braccio… e sfrecciò via.
 
 
Ora. Alla Centrale.
 
 
“Lasciate fare a me! Spinella sta male!!”. Si agitò il diavoletto N°1, appena sdraiarono l’elfa sul divanetto più vicino.
“Anche tu Edward sei ferito, ti curo io”. Si premurò invece Gemma.
Edward era sicuramente una creatura che faceva fuggire i troll al primo sguardo, tuttavia neppure con lui le ferite da taglio o da fuoco andavano trascurate.
Leale non riuscì a staccargli gli occhi di dosso. Un racconto incredibile. Quell’essere aveva fatto fuori quattro uomini senza alcuna fatica. Si scoprì a stringere ancora la Sig. Sauer, pur non essendoci alcun pericolo.
Artemis stava accanto all’elfa mentre il demone stregone le infondeva nuova magia. Non l’avrebbe mai ammesso apertamente… ma il suo cuore aveva perso un colpo nel vedere l’amica in quelle condizioni. Aveva subito un pestaggio brutale e sarebbe anche stata uccisa, se non fosse stato per l’orco.
Vide le scintille rosse di N°1 affondare nel suo corpo. E com’era tipico di tutte le grandi guarigioni… Spinella perse definitivamente i sensi.
“Bene, ora lasciamola stare –borbottò il diavoletto, scostandosi- La magia l’ha messa a nanna per un po’. Quando si riprenderà sarà confusa e spossata, ma come nuova”.
“Meno male –sospirò la fata curando lei stessa il suo compagno- Fortuna che c’era Edward da quelle parti”.
Artemis lo guardò. Appena le sue ferite si rimarginarono giurò di vedere una placca corazzata ricrescere dove prima c’era solo pelle. Contro un avversario come quello perfino il suo fidato Leale avrebbe avuto la peggio.
Avrebbe voluto ringraziarlo, ma ora le sue attenzioni andavano tutte a Spinella. La magia di N°1 che le ronzava intorno come un mucchio di api diaboliche.
Non ci volle molto. Appena quella cominciò a scemare, l’elfa prese subito a russare tranquilla come un marinaio ubriaco. Sospirò di sollievo.
“Hai sistemato tu il Distorsore?”. Si fece avanti Alvin.
“Sì –parlò il gigante- Poi subito tornati”.
Il quindicenne irlandese aggrottò appena la fronte. Qualcosa non quadrava.
“Un momento… Com’è possibile? Il Distorsore è stato attivato poco fa. Dovevate essere già in viaggio dall’ovest. C’è qualche problema col nuovo congegno?”.
Gli altri lo guardarono perplesso.
“No –ribatté Gemma- Ti sta dicendo che prima ha attivato il Distorsore e poi è corso subito qui. Il Distorsore ha dato un segnale immediato”.
Neppure a Leale i conti tornavano: “Ma per tornare dall’ovest ci vuole il suo tempo”.
“No, con gli Stivali delle Sette Leghe ci mette un attimo”.
Con un ghigno soddisfatto l’orco batté due volte il piede a terra.
Artemis li guardò interessato. Gli Stivali delle Sette Leghe apparivano solo nelle favole più classiche: un solo passo… e coprivi una distanza per l’appunto di sette leghe. Quel tipo poteva girare tutta l’isola per più volte in meno di un giorno.
Con un sussulto la guardia del corpo si riscosse: “Un momento! Dov’è finito Kong? Hai detto che l’hai lasciato andare?!”.
“No preoccuparti”.
Leale strinse il pugno. Andava bene essere un tipo di poche parole, ma almeno che desse una spiegazione completa.
“Ma hai una vaga idea di che tipo è quello?!”.
Stavolta fu Gemma a rispondere. Con un piccolo colpo d’ali magiche si sedette sulla spalla destra del suo compagno come fosse una bambolina: “Se Edward è tranquillo significa che il problema è già risolto”.
 
 
 
 Kong correva cercando di muovere il braccio il meno possibile.
“Maledetti demoni –continuò a sibilare- Maledetti demoni! Eric, avrò mai un’altra possibilità? Certo che l’avrò, in fondo non è ancora finita!”.
Per un attimo si chiese perché quel gigante grigio l’avesse lasciato andare. Non poteva essere perché era disarmato, no, altrimenti avrebbe risparmiato anche i suoi uomini.
Be’, non importava. L’unica cosa che devo fare è raggiungere quell’Argh Sgrunt e metterlo al corrente di tutto.
Peccato non aver più l’equipaggiamento speciale, l’aveva lasciato tutto là quando si era avventato sulla diavolessa.
Un movimento alla sua destra lo costrinse a fermarsi. Niente. Eppure gli era sembrato di…
Un sibilo… alla sua sinistra.
Un fruscio di piante tutto intorno.
“Che diavolo succede?!!”.
Come avesse dato un segnale, una dozzina di figure striscianti si materializzarono di fronte a lui.
Serpenti grossi e neri con una strana crestina sulla testa. Sibilarono inquietanti.
Il cuore di Billy accelerò i battiti. Che diavolo erano?! Anaconda? No. Sembravano più grandi!.
Uno di loro alzò testa e collo fino a diventare ancor più alto di lui. L’uomo non poté far a meno di guardarlo in quei suoi occhi rossi.
Un profondo terrore senza nome gli attraversò le membra.
Un urlo agghiacciante scosse la foresta spaventando gli uccelli che scapparono in tutte le direzioni.
Quella fu la fine di Billy Kong.  
 
 











 

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Capitolo 23
*** Ancora poco ***


 



 
Spinella dormiva sul divanetto. Intorno a lei, i suoi amici parlottavano facendo il punto della situazione; Alvin rimaneva incollato ai monitor. Edward stava in piedi ritto in tutta la sua altezza; Leale ogni tanto si voltava a guardarlo come per accertarsi che fosse ancora lì: non era facile sentirsi a suo agio accanto a un essere ancor più grosso di lui.
“Se posso chiedere?... – borbottò N°1 a Gemma- Come vi siete conosciuti tu ed Edward?”.
La fata storse gli occhi: “Ancora non capisco perché tutti mi pongono quella domanda con quel tono. In fondo siamo una coppia come chiunque altro –sorrise tornando a toni più amichevoli- E’ successo quasi cinque anni fa, quando ancora ero indecisa se entrare nella Guardia di Avalon oppure no. Ero a fare una scampagnata nel villaggio oltre le colline dell’ovest. Ero da sola perché non volevo gente intorno, e come classico mi sono persa. Senza rendermene conto era entrata nel territorio delle manticore, che è subito prima di quello dei basilischi. Sai cos’è una manticora, vero?”.
Il diavoletto scosse la testa.
“Sono ferocissime creature col corpo da leone, il volto da umano con la bocca piena di denti aguzzi, e una velenosissima coda da scorpione. Sono enormi! Più grosse dei Grifoni”.
“Certo che qui ad Avalon non vi fate mancare niente”. Ridacchiò la guardia del corpo, nell’ascoltare la storia.
“E questo è niente, una sessantina d’anni fa uno scienziato tentò di clonare un Megatroll partendo da un fossile. Fortuna che il nostro Sindaco Baltus glielo proibì categoricamente”.
“Un Megatroll?”. Chiese Artemis, incuriosito suo malgrado.
“E’ un antico troll preistorico ancor più brutto e stupido di quelli attuali. Un troll alto quasi quindici metri.”.
“Oh, santo cielo!”. Si sedette a terra Leale, coprendosi il volto con le mani. Non avrebbe mai dimenticato il suo primo incontro con un troll, a Casa Fowl durante l’assedio. Erano già abbastanza pericolosi così… figuriamoci quand’erano alti quindici metri.
“Perché mai ha voluto fare una cosa simile?”. Chiese N°1.
“Voleva creare un parco a tema, riportando in vita molti esemplari estinti”.
Stavolta Leale rise: “Ah Ah! Ha copiato da quel film, vero?”.
“E’ il film che ha copiato lui!”.
“E con la storia delle Manticore, invece?”. La incitò il piccolo stregone.
“Oh, giusto. Dov’ero rimasta? Sì, mi ero persa senza sapere di essere nel territorio delle manticore e ad un tratto…”.
Bip bip bip… trillò un segale dai computer. Alvin si affrettò a controllare. Interrompendo il suo racconto, Gemma e tutti gli altri si misero in ascolto. Artemis si alzò in piedi.
L’elfo annuì: “Ricevuto, li informo subito –poi si rivolse a loro- C’è notizia buona e notizia cattiva. La buona è che gli agenti Much e Muschio hanno sventato il gruppo di Fangosi del Distorsore nord”.
“Ne ero sicura –sorrise Gemma- Se ci sono riuscita io da sola era impensabile che loro fallissero”.
“La cattiva notizia, invece, è che richiedono rinforzi perché sono scappati e non sono più riusciti a ritrovarli”.
“Io vado da loro”. Si propose l’enorme orco, senza tirarsi indietro.
Alvin annuì. Se c’era qualcuno in grado di ritrovare degli intrusi in giro per Avalon quello era proprio Edward.
“In quanto a te, Gemma, il Comandante Legnetto ha bisogno che tu vada al castello reale: serve supporto aereo”.
Per un momento la fata si sentì lusingata e felice del fatto che il suo superiore abbia chiesto direttamente di lei, ma poi…
“Se permette vorrei restare qui con la caposquadra Tappo”.
“Non è una richiesta: è un ordine”.
“Ma non ha già tutti gli agenti che vuole?!”.
L’elfo la guardò. Voleva davvero discutere l’autorità del suo Comandante?. Quella dovette leggerglielo nel pensiero, perché infine sospirò.
“D’accordo, ci vado”.
“No angustiarti troppo, fatina –rise l’altro- ormai il peggio è passato. I Distorsori sono al loro posto e tutti i Fangosi arrestati. Non c’è di che preoccuparsi”.
Rimessosi seduto accanto al divanetto, Artemis lo guardò freddo. Non c’è di che preoccuparsi? Non credo proprio. Abbiamo i complici, ma non la mente. E questo non gli piaceva affatto.
Uscita dalla Centrale, Gemma evocò le sue ali magiche, cariche e perfette dopo il lavoretto di N°1, e sfrecciò verso il castello di cristallo più velocemente di quanto avesse mai fatto. Perfino chi stava a terra guardava in alto chiedendosi cosa fosse quella sagoma passata sopra di loro.
“Bene –sospirò Alvin, rivolgendosi agli altri tre- Io dove allontanarmi un attimo, voi vedete di non toccare niente”.
Leale accennò un sorriso. Chiedere ad Artemis Fowl Junior di non toccare niente, era come chiedere a Bombarda Sterro di stare lontano da un mucchio d’oro rimasto incustodito: del tutto inutile. Fortuna che in quel momento il giovane irlandese sembrava molto preso da Spinella, ancora incosciente dopo la cura del diavoletto.
Già, Bombarda. Pensò l’eurasiatico. Chissà dove si sarà cacciato quel vecchio furfante?.
 
 
Castello reale.
 
 
Gemma controllava il perimetro aereo del palazzo della Regina Mab insieme ad altri colleghi di altre squadre.
Lassù era tutto tranquillo. Perché il Comandante Legnetto pensava che ci fossero problemi dall’alto?. Alzò lo sguardo. Un grosso aereo di linea pieno di Fangosi li sorvolava senza poterli vedere. Ciò era buon segno, significava che tutto il sistema di sicurezza era ancora in funzione.
Ma un pericolo dev’esserci per forza. Guardò in basso. Il Comandante si affaccendava a dare ordini a destra e a manca. Si chiese se il Sindaco Baltus non c’entrasse qualcosa; lui che con una sola parola poteva disporre di tutto e tutti come voleva.
 
 
“Avete perquisito dappertutto, capitano?”. Chiese Legnetto.
“Due dei miei stanno controllando l’ultima ala del castello, Comandante”.
“Nessun movimento sospetto?”.
L’altro lo guardò perplesso, prima di rispondere disciplinato: “No, Signore, tutto tranquillo”.
“Bene, continuate a tenere gli occhi aperti e se vedete qualcuno di sospetto fermatelo subito”.
“Agli ordini, Comandante”.
 
 
“Possibile che nessuno qui conosca il motivo di tutto questo casino?”. Chiedeva l’agente Edgar Rosone, uno spiritello dalla pelle verde pallido, mentre controllava dietro un arazzo sulla parete.
“Pare che il Sindaco sia preoccupato che qualcuno possa entrare nel palazzo”. Rispose l’agente Amina Gray, una folletta dai corti capelli castani, mentre controllava sotto un tappeto.
“Ma è una fesseria. Tutto il castello è sorvegliato, e anche se entrassero cosa mai troverebbero?”. Aprì un cassetto, svuotandolo truce.
“I gioielli della corona, magari -scrollò le spalle la collega, armeggiando col computer da polso- Ricorda che si tratta di oggetti dal valore inestimabili, appartenuti alla regina Mab. Ci sono collier di diamanti, bracciali, orecchini, tutto ciò che una donna può sognare; per non parlare della corona”.
Senza dare troppo peso alle sue parole, lo spiritello continuò ad ispezionare i posto più assurdi, come l’interno di un vaso o dietro un quadro: “Sì, ma che io sappia quelle cose sono al sicuro in uno scomparto segreto nella sala del trono. Nessuno riuscirebbe a trovarli”.
Annuendo suo malgrado, la folletta si mise poi le mani sui fianchi: “Sai che ti dico? Che se siamo a questo punto è tutta colpa degli amici Fangosi di Spinella Tappo. Tutto è cominciato da quando sono arrivati loro”.
“Be’, sicuramente è stata una sorpresa che degli umani siano arrivati ad Avalon”.
“Il Sindaco non doveva permettere che restassero. Doveva mandarli via subito”.
Rosone la guardò pieno di sottintesi: “Non sarai un po’ gelosa di quell’elfa?”.
L’altra arrossì punta sul vivo: “Io? Gelosa? E per cosa?”.
“Per il successo che ha avuto in così poco tempo. Sia per quello professionale che per quello sentimentale”.
“Di sicuro mi da fastidio. Io sono nella Guardia di Avalon da anni e non ho ancora avuto una promozione, mentre quella Tappo di Cantuccio arriva a in meno di un mese è già Caposquadra di un team tutto suo –prese un respiro e continuò- Sai, quando il precedente Caposquadra è venuto a mancare il candidato più papabile era Amaro”.
“Che a te piace tantissimo”.
“Mi piaceva tantissimo, al passato. E lui invece di prendersela per essere stato sorpassato dall’ultima arrivata, non sono ne è felice, ma pare che gli piaccia anche”.
“Mmm… Spinella Tappo e Amaro Orange. Bella coppia”.
La folletta trasalì: “Cosa?!”.
“Ah, piantala di lamentarti e aiutami a perquisire tutto”.
Aprirono sgabuzzini, alzarono soprammobili, guardarono sotto i vasi e quando i posti più strambi finirono…: “Siamo noi –parlò lo spiritello al computer da polso- Abbiamo controllato tutto, qui non c’è nessuno”.
“Tu pensi davvero che Spinella e Amaro potrebbero mettersi insieme?”.
“Ma che vuoi che ne sappia?!”.
Uscirono. E appena il silenzio più assoluto regnò nella stanza… la grata del condotto di areazione si aprì.
“Che razza di idioti -uscì Bombarda Sterro, sistemandosi la tuta da nano- E poi si chiedono perché non hanno mai avuto una promozione. Yhuu, c’è nessuno?”. Li prese in giro parlando all’interno di un vaso.
Era stato un giochetto riuscire ad entrare. I Guardiani di Avalon erano sicuramente pronti per molte evenienze, ma di sicuro non erano pronti per uno scassinatore del suo calibro.
“Grazie, grazie”. S’inchinò ad un pubblico immaginario.
Si guardò intorno, ammirando l’architettura e l’arredamento; quella parte del palazzo non l’avevano visitata con Baltus Ferroso, era tutto assolutamente meraviglioso. Si fermò davanti a un arazzo blu, ricamato con motivi arabeschi.
Sospirò. Peccato non potersi portare via tutto. Non sapeva in che guaio si fosse cacciata tutta l’isola, ma di una cosa era certo: non sarebbe andato via a mani vuote. Mentre i suoi amici erano occupati a giocare a fare gli eroi, lui ne avrebbe approfittato per aggiungere qualche pezzo nuovo alla sua collezione di oggetti rubati nel suo rifugio sotto Casa Fowl.
Ripensò alla conversazione di quei due agenti.
Gioielli della Corona, eh?. Sorrise mostrando tutti i suoi denti a lapide. Si strofinò le mani pelose. Questo il caro Vampiro non l’aveva detto.
 
 
Non c’era nessuno all’interno del palazzo. Tutti erano a perlustrare fuori e si vociferava che nel gruppo ci fosse anche Gemma.
“Se lei è qui significa che l’affare coi Distorsori è andato bene. Ma sicuramente Artemis e Spinella avranno intuito che io sono qui. Quindi devo sbrigarmi prima che mi raggiungano per una lavata di capo; non conosco bene le leggi di Avalon, ma sono certo che neppure qui il furto sia visto di buon occhio”.
Arrivò davanti al portone della sala del trono, e appena lo aprì… le ali della regina Mab spiccarono bellissime nella loro teca di cristallo trasparente. Bombarda si fermò un attimo per ammirale meglio.
Sospirò avvilito: “Peccato non potermi portar via queste. Purtroppo sono troppo scomode da trasportare”.
Si diede un’occhiata in giro. Dove cominciare a cercare uno scomparto segreto?.
“Ma per favore”. E si diresse a colpo sicuro verso il grande ritratto della Fata Regina, in bella mostra sulla parete.
Esattamente come aveva previsto, c’erano delle fessure con una maniglia dietro il quadro. Perché mettere dei gioielli tanto importanti in un posto così prevedibile?.
Il nano sobbalzò. Già, perché?.
Improvvisamente ne fu sicuro. Aveva troppa esperienza sul campo per farsi fregare così.
Semplicemente perché i gioielli non sono qui. Questo è uno specchietto per le allodole, chissà quanti allarmi si scateneranno appena cercherò di forzarla?.
Decise di perquisire tutta la sala. Meglio non lasciare nulla d’intentato.
Controllò vicino al trono; intorno al grande piedistallo della teca; picchiettò sulle pareti.
Niente. Non indizio o una fessura sospetta. Chissà? Magari quella stupida folletta si era sbagliata?.
Mosse un passo. Uno strano scricchiolio si sentì sotto il suo piede.
Bombarda s’irrigidì di colpo. Di nuovo sorrise a trentadue denti.
Slanciò via il sontuoso tappeto. Trovò un riquadro di legno con intagliate due ali con un mezzo una corona, proprio lì, al centro della sala. Spinse l’intaglio… e il riquadro si sollevò grazie all’azione di una molla.
Quando tutto si fermò…: “Oh! Buon Natale in anticipo, Bombarda Sterro!”. Si mise le mani sul cuore il nano, in modo assai teatrale.
Ora davanti a lui si apriva una vetrata piena di polvere. All’interno… gioielli, bracciali, collane, esattamente come aveva detto la folletta. Ma ciò che spiccava più di tutto là dentro… era la corona: un cerchio d’oro splendente con uno smeraldo romboidale all’altezza della fronte, mentre sui lati si alzavano per una spanna le solite ali. Valeva una fortuna.
“E felice anno nuovo”.
Il nano si leccò le labbra. Allungò la mano per prendersi qualcosa, probabilmente tutto.
E fu proprio in quel momento che avvertì un rumore, proprio fuori dalla porta.
Trasalì. I Guardiani stavano forse arrivando?.
Non stette lì a chiedersi altro. Rimise cassettiera e tappeto a posto e corse a nascondersi dietro il trono.
La porta si aprì. Una figura sconosciuta entrò nella sala.
 
 
Centrale della Guardia.
 
 
Alvin non era ancora tornato. Spinella non si era ancora svegliata. Artemis, Leale e N°1 languivano senza far niente da quasi mezz’ora. Sembrava che tutte le forze di Avalon fossero impegnate al castello senza che nessuno di loro potesse farci niente.
Artemis irrigidì le labbra e si massaggiò le tempie. Era restio ad ammetterlo, ma non aveva proprio idea di chi potesse esserci dietro. Avrebbe voluto essere là a palazzo ad essere di aiuto in qualche modo, ma una grossa parte di lui si rifiutava di lasciare Spinella sola, ancora incosciente.
Bip… Fece improvvisamente il monitor di Alvin, rimasto acceso.
Il giovane irlandese non poté impedirsi di guardarlo.
Una scritta lampeggiava rossa e inquietante.
DISTORSORE EST DISATTIVATO.
 
 
 
 

    
 

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Capitolo 24
*** Avalon in pericolo (prima parte) ***


 
 
 
DISTORSORE EST DISATTIVATO.
Continuava a lampeggiare la parola sullo schermo.
Artemis Fowl si guardò intorno; Alvin ancora non si vedeva. Che irresponsabile! Lasciare così la sua postazione. Con lui in giro per giunta!.
Senza starci a pensare troppo si sedette davanti al computer armeggiando col sistema di Avalon, come se sapesse usarlo da sempre.
“Artemis?”. Aggrottò la fronte Leale.
“Lo so, Leale, ma devo capire che succede”.
Ticchettò esperto sulla tastiera virtuale. Ci mise pochi secondi a rendersi conto.
Fortunatamente il Distorsore non era stato distrutto come quello dell’ovest, non c’era bisogno di cambiarlo: era solo stato spento.
Quindi dovrei riuscire a riattivarlo direttamente da qui.
Premette INVIO…
IMPOSSIBILE RIATTIVARE DISTORSORE.
“Che?”.
Che scherzo era quello?. Quando mai un computer si rifiutava di obbedirgli?.
Ritentò la procedura.
IMPOSSIBILE RIATTIVARE DISTORSORE.
Riprovò cercando di aggirare il programma.
Niente. Era come se ci fosse un blocco: il computer non era in grado di far funzionare il congegno là dalla Centrale.
Tuttavia…
DISPONIBILE PROCEDURA MANUALE.
 
Procedura manuale? Significa andare là?!.
Quella proprio non ci voleva.
Eppure… perché adesso?. La fronte del ragazzo s’increspò di pochi millimetri.
Che fosse una mossa disperata della mente criminale contro Avalon?. Non lo escluse. Tutti i suoi complici erano stati arrestati e gli altri Distorsori erano al loro posto.
“Che succede, Artemis?”. Gli chiese la voce di N°1.
Il quindicenne non rispose. Si massaggiò le tempie a riflettere.
“Sshh –borbottò la guardia del corpo- Zitto. Artemis sta pensando”.
Non c’era molto da pensare. Qualcuno doveva andare al Distorsore sulla scogliera lì vicino. Ma chi? Tutti gli agenti erano impegnati al castello; Baltus Ferroso non si era più fatto vedere, e Spinella sarebbe rimasta fuori combattimento ancora per un po’.
Sbarrò gli occhi. Improvvisamente tutto gli parve chiaro.
Quel Distorsore spento… non è altro che un diversivo per arrivare al vero obiettivo.
Poco tempo prima lui e Leale si stavano dirigendo proprio al medesimo Distorsore; poi erano stati raggiunti dal Sindaco Vampiro, dove avevano parlato delle ali della Regina Mab e delle conseguenze se fossero state distrutte.
E se la misteriosa mente ci avesse sentito?.
Se possibile… Artemis Fowl divenne ancora più pallido. E più ci pensava più si rendeva conto che poteva essere vero. Insomma… tutte le altre squadre nemiche erano già al loro posto… quella magari si era nascosta nel sentirli arrivare, ecco perché non aveva smontato subito la sfera metallica.
Gli fu immediatamente chiaro ciò che doveva fare.
“Leale”.
“Sì?”.
“Devi andare immediatamente al castello di Mab, avverti il Comandante Legnetto e se possibile trova il Sindaco Baltus”.
Di norma la guardia del corpo evitava le domande, poiché sapeva che avrebbero trovato risposta solo al momento più opportuno, tuttavia quella non riuscì a trattenerla.
“Tu che farai, Artemis?”.
Lui lo guardò tirando un sorriso ironico: “Tranquillo, non ho intenzione di sacrificarmi come l’altra volta –si alzò dalla postazione- Trova Baltus. Ho un brutto presentimento su quello che sta per succedere. Se capisci cosa intendo”.
Stavolta anche Leale sbiancò.
Senza capirci molto di quello che stavano dicendo, N°1 non poté astenersi dal chiedere: “E io che faccio?”.
“Tu resti qui con Spinella, almeno ci sarà qualcuno di noi quando si risveglia”.
“Hai già capito chi c’è dietro a tutto questo?”. Ribatté l’enorme eurasiatico.
“No, ma più o meno ne ho capito le mosse. Bisogna assolutamente impedire che qualcuno si avvicini a quelle ali”.
 
 
Pochi minuti dopo…
“Mmm…”. Cominciò a mugolare Spinella, aggrottando la fronte confusa.
“Spinella? -la chiamò qualcuno- Spinella?”.
L’elfa riuscì ad aprire gli occhi. Il viso del diavoletto occupava il suo campo visivo.
“Spinella, ti sei svegliata. Stai bene?”.
“Mmm… N°1? –si sfregò le palpebre lei- Che succede?”.
“Non ricordi? Ti ho messa a dormire per la guarigione”.
In un lampo la Caposquadra ricordò tutto: Billy Kong, il pestaggio, l’intervento di Edward… la morte di Amaro.
Amaro… D’un tratto fu colta da una schiacciante tristezza. Nonostante non provasse più alcun dolore, si sentiva debole e spossata sia nel corpo che nello spirito. Tentò di mettersi in piedi; le gambe tremolanti come gelatina cedettero in pochi secondi.
“Aspetta, ti aiuto”. Si offrì il demone stregone, rimettendola seduta e sventolandole aria con le mani.
Lei si guardò attorno, nella sala comandi non c’era più nessuno.
“Dove sono gli altri?”.
N°1 esitò un momento prima di rispondere: “Be’… Alvin è andato e non è più tornato, Gemma ed Edward sono stati convocati altrove, e Artemis e Leale sono partiti di gran carriera in direzioni opposte”.
“Si sono divisi? Dove? Perché?”.
Una bruttissima sensazione le piombò addosso. Artemis che agiva senza Leale… e Leale che glielo permetteva. Poteva significare solo una cosa.
Guai. Guai grossi.
“Non ci ho capito granché –riprese il diavoletto- Artemis si è diretto al Distorsore est, mentre Leale è corso al castello di cristallo per avvertire il Sindaco e il Comandante”.
Gli occhi spaiati dell’elfa caddero sul computer ancora acceso di Alvin.
DISPONIBILE PROCEDURA MANUALE. Diceva lo schermo.
Artemis sta andando a rimettere in moto il Distorsore da solo. Leale al castello perché...
Un atroce presentimento le invase la mente.
“Dimmi, N°1…”.
Lui batté le palpebre. Che strano tono aveva preso la sua voce.
“Che altro hanno detto?”.
Scrollò le spalle: “Hanno solo parlato di non far avvicinare nessuno alle ali”.
Spinella sbiancò: “Le ali?! Oh No!”.
Si mosse bruscamente; di nuovo cadde a terra.
“Spinella ma che ti prende?! Sei appena uscita da una guarigione, non devi avere emozioni forti”.
Emozioni forti? Tirò un sorriso lei. Tra non molto tutta l’isola sarà un’emozione forte.
“N°1, ho un compito molto importante per te”.
Le sue parole suonarono come una richiesta disperata, giovane stregone non seppe opporsi. Annuì attento.
“Raggiungi immediatamente Leale al castello, e se trovi anche il Sindaco Ferroso digli solo che… i nostri nemici sanno”.
“I nostri nemici sanno?”.
“Solo quello, lui capirà. Fidati”.
E lui si fidò.
“Un’altra cosa, ricordi quelle ali nella teca? Devo chiederti anche di proteggerle con la tua magia”.
“E tu che farai?”.
A fatica l’elfa riprese ad alzarsi: “Io devo raggiungere Artemis. Il Distorsore è montato sul fianco della scogliera: dovrà arrampicarsi per raggiungerlo e gli servirà aiuto”.
 
 
Leale corse come un razzo sotto gli sguardi allibiti dei passanti. Alcuni si spaventarono nel vedere un Fangoso così grosso a piede libero, altri invece non recepirono affatto.
“Era Edward quello che è passato?”.
“No, Edward è più grosso. Forse era un giovane orco”.
Devo fare presto, dove fare presto!. Continuava a ripetersi l’enorme eurasiatico, schivando qualunque ostacolo avesse davanti.
Grazie al cielo il castello non era molto distante dalla Centrale, ci arrivò di corsa in meno di un quarto d’ora; il respiro affannato e la fronte imperlata di sudore.
Stava già per avvicinarsi al grande portone quando una violenta scarica elettrica gli attraversò il corpo tramite la gamba. Stramazzò a terra momentaneamente paralizzato.
“Fermo lì, Fangoso!!”. Sbraitarono un paio d’agenti puntandogli contro le Neutrino.
“Potrebbe essere in combutta coi nemici di Avalon”.
La guardia del corpo mugolò, tentando di muoversi. Era chiaro che quelle due Guardie non avevano mai sentito parlare di lui o della sua amicizia con Spinella.
“Immobilizziamolo e portiamolo dal Comandante Legnetto”.
“Cerco Baltus”. Parlò strozzato l’omone, rimettendosi poco a poco su un ginocchio.
“Che dici?”.
“Cerco Baltus”.
Una seconda sfrizzata elettrica lo ricostrinse a terra: “Per te è il Sindaco Ferroso, Fangoso”.
“Fermi!!”. Gridò una voce femminile dall’alto che Leale riconobbe subito.
Gemma Twist atterrò davanti ai due spiritelli, parandosi tra loro e l’umano: “Che diavolo state facendo!?”.
“Che diavolo stai facendo tu. Abbiamo l’ordine di catturare qualunque individuo sospetto nei pressi del castello”.
“E chi c’è di più sospetto di un Fangoso alto due metri?”.
La giovane Fata roteò gli occhi: “Ma questo è un nostro amico. Ci sta aiutando”.
Si guardarono perplessi: “Un nostro amico?”.
“Sì be’… e’ amico della Caposquadra Tappo, lui ed altri sono ad Avalon da poco”.
“Siamo molto confusi”.
“Gemma… -riprese a tirarsi su Leale, lieto di vederla suo malgrado- Dov’è Baltus?”.
“Non lo so è da un po’ che non lo vedo. Forse lo sa il Comandante Legnetto”.
“Portami subito da lui”.
 
 
Non accadeva molto spesso che Artemis Fowl avesse qualche difficoltà a mettere in atto i suoi piani. In teoria era semplice: andare alla scogliera e riaccendere manualmente il Distorsore. Se non fosse stato per un piccolissimo dettaglio che si erano scordati di menzionare.
Il Distorsore si trova sul lato della scogliera, attaccato alla roccia a strapiombo. Ignorò il vento freddo, osservando dove si trovava il prezioso congegno.
“E come ci arrivo laggiù?”.
La sfera metallica si trovava ad almeno una ventina di metri più in basso. Ancora più giù s’infrangevano grosse onde marine in una gola a ferro di cavallo.
Il ragazzo deglutì: là sarebbe andato a finire se qualcosa fosse andato storto.
Si guardò indietro. Era troppo tardi per andare a prendere una pitocondra o un paio d’ali meccaniche: doveva scendere giù, arrampicandosi.
“Questo Leale non lo approverebbe di certo”.
Ma in fondo che poteva succedere ancora? Doveva solo mettere i piedi dove serviva per andare e tornare.
Aveva affrontato goblin, troll, follette pazze, viaggi nel tempo e una recente resurrezione. Una piccola discesa non sarebbe stato un problema, giusto?.
Per fortuna gli spuntoni rocciosi sono tanti e grossi.
Cominciò ad andare, non ci volle molto prima chi e suoi costosissimi abiti da sartoria cominciassero a sporcarsi in maniera irrimediabile, in particolar modo i mocassini. Quello sinistro alla fine gli si sfilò, cadendo nel vuoto.
Artemis sospirò poggiando il piede coperto solo dal calzino sulla fredda pietra: “E ti pareva”.
Continuò la discesa, i muscoli tesi e qualche sassolino che ricadeva nel baratro sotto di lui.
 
 
“Dannazione! Dannazione!”. Imprecava furiosa Spinella Tappo, cadendo per l’ennesima volta.
Appena aveva capito ciò che stava accadendo si era subito precipitata per raggiungere Artemis.
Aveva preso il primo paio d’ali che le era capitato a tiro; avevano retto circa cinque minuti per poi andare fuori uso per una questione di batteria.
Si era ritrovata a dover scendere e proseguire a piedi il più velocemente possibile consentitogli dalle sue gambe malferme, pesanti come sacchi di piombo.
Ce la devo fare. Ce la devo fare!.
Le gambe cedettero. Cadde con la faccia a terra. Ancora una volta percepì quell’orribile sensazione d’impotenza che aveva sentito durante il pestaggio da Kong e i suoi compagni.
Compagni… S’irrigidì, sollevandosi poco a poco. I miei compagni. Amaro.
Aveva perso Amaro. Ora rischiava di perdere i suoi amici… insieme a tutta Avalon.
Oh, sì. Lei conosceva bene il segreto che Baltus Ferroso custodiva così gelosamente.
L’aveva capito giusto due giorni dopo essere sbarcata sull’isola.
 
 
Il Sindaco era veramente entusiasta di avere la famosa Spinella Tappo tra la Guardia di Avalon. Non poteva negare a se stesso che aveva sperato che fosse lei la nuova Regina attesa dalle ali nella teca. Ma purtroppo quando l’aveva portata davanti ad esse per il consueto giro del castello… non avevano mostrato reazione.
No. Non poteva essere lei la Regina.
Era il tramonto quando la ritrovò davanti alla vetrata raffigurante Titania con l’isola tra le mani.
“Agente Tappo?”.
Quella lo guardò appena. Era seria non c’era che dire.
“Come mai siete tornata qua?”.
“Volevo rivedere queste opere d’arte. Speravo d’incontrarla”.
“Volevi chiedermi qualcosa? Per caso riguarda il nuovo lavoro? Per quello dovrà rivolgersi al Comandante Legnetto”.
L’elfa accennò un sorriso triste: “In realtà… volevo chiederle chi è l’artista di queste vetrate”.
Il Vampiro trattenne il respiro per due secondi buoni, poi riprese contegno.
“Come mai lo vuoi sapere?”.
“Per chiedergli di questa vetrata in particolare. E’ diversa dalle altre”.
Ferroso fece un risolino: “Non direi. E’ solo una rappresentazione artistica”.
“Appunto. E’ diversa. Le altre raccontano la storia così com’è andata. Questa invece è un’ipotesi mai concretizzata. O almeno… è ciò che l’artista vuol far credere”.
Ora il Sindaco era nervoso: “Che sciocchezze”.
“Ho notato che ci sono altre storie su vetro in giro per il palazzo. Lo stile è diverso e c’è la firma dell’artista in piccolo sull’angolo. In queste invece no –la ragazza elfica lo guardò intensamente- Siete voi l’artista, vero?”.
I due si guardarono negli occhi. Il Vampiro rimase quasi folgorato dall’intensità di quegli occhi spaiati, azzurro e nocciola. Capì subito che continuare a mentire non sarebbe servito a niente.
Sospirò: “Come l’hai capito?”.
“Sono rimasta molto tempo a contatto con un genio criminale, qualcosa ho imparato. Allora, qual è la vera storia?”.
E Baltus gliela raccontò.
“Quanto tempo ci rimane?”.
“Un secolo o giù di lì, se non troviamo presto la nuova regina”.
“Così poco? Peccato. Sarei voluta restare qui ad Avalon più a lungo”.
 
 
Sarei voluta restare qui ad Avalon più a lungo. Ricordò. Adesso Avalon si ritrova a poter sprofondare con tutta la sua popolazione!.
E adesso ci si metteva anche Artemis con la sua missione in solitaria. In altre occasioni non avrebbe obiettato, se non fosse stato per le discutibili capacità atletiche del Fangosetto.
L’avrebbe raggiunto e gli avrebbe dato una mano. Grazie al cielo si era portata dietro la sua pitocondra. Perché c’era un altro piccolo dettaglio da calcolare…
Sono settimane che la Guardia progetta di spostare il Distorsore, e ancora non l’hanno fatto. Quella parte di scogliera sta franando!.
Cadde di nuovo. Si alzò a carponi e gridò al vento: “ARTEMIS!!”.
 
 
Nascosto dietro il trono, Bombarda Sterro ci mise mezzo secondo a riconoscere l’individuo appena entrato.
Argh Sgrunt?! Che ci fa qui?!.
In un attimo seppe che era lui la causa di tutti i danni ad Avalon. Ma come mai stava lì alla sala del trono, invece di essere da qualche parte a latrare ordini insulsi?.
Si avvicinò alla teca di cristallo guardando attentamente ciò che conteneva.
In mano il suo vecchio bastone col grosso pomo in cima.
 
 
 
Nota dell'autrice: Scusate il ritardo, ero un po' indecisa su cosa fare. Dato la lunghezza del capitolo originale ho dovuto tagliarlo in due parti. Non temeto, è tempo che la storia giunga alla sua conclusione, spero vi piaccia.




 

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Capitolo 25
*** Avalon in pericolo (seconda parte) ***


 


 
 
“Che diavolo vuole questo scimmione?” Incrociò le braccia il Comandante Legnetto.
Molti trattennero il respiro. Non era molto saggio dare dello scimmione ad un umano alto due metri e passa.
“Lasci perdere lo scimmione, ho bisogno di parlare con Baltus”. Cercò di mantenere la pazienza Leale.
“Il Sindaco ha di meglio da fare che parlare con te”.
“Gli dia ascolto, Comandante, è urgente”. Insisté anche Gemma Twist.
Legnetto la guardò con sufficienza: “Se è così urgente perché non lo dice a me? Di che si tratta?”.
La fata si zittì spiazzata. In effetti non lo sapeva.
“Visto? Neanche tu sai tutta la storia e pretendi che dei Fangosi stranieri ci diano ordini al primo schiocco di dita. Non so proprio come abbiano fatto ad ammetterti nella Guardia”.
Era un commento pesante. Leale riprese subito la parola prima la nuova amica si sentisse troppo in imbarazzo: “Non siamo noi ad aver decretato l’emergenza; veniamo per conto di Spinella Tappo”.
Il Comandante fu tutt’orecchi: “L’agente Tappo ha già concluso la sua missione coi Distorsori? E che fine hanno fatto lei e gli altri”.
“Amaro è morto”. Rispose secca Gemma, lasciando tutti di stucco; in particolar modo una folletta dai corti capelli castani, che distorse il suo volto in una maschera di dolore fino alle lacrime.
Come poteva essere?.
Amato, morto?.
Ma non era possibile. Era sempre stato il migliore di loro.
“Spinella al momento è molto debilitata –riprese la guardia del corpo- Per questo sono venuto io. Devo vedere il Sindaco immediatamente”.
“Se non credete a lui, allora credete alla Caposquadra Tappo –si rivolse Gemma direttamente ai colleghi in ascolto- Sbaglio o ha salvato la vita a quasi tutti voi nell’ultimo mese?”.
Molti si guardarono tra loro; si grattarono la testa quasi a vergognarsi di doverlo ammettere.
“In effetti… -cominciò uno spiritello- Due settimane fa ho quasi rischiato di perdere le ali. Un Grifone inferocito mi ha attaccato, e Spinella con la sua magia mi ha aiutato”.
Poi fu la volta di un elfo: “Al primo giorno di lavoro di Spinella avevo stupidamente dimenticato il mio antidoto per il veleno delle Manticore. Quando una di quelle mi ha punto con la sua coda, Spinella mi ha subito iniettato la sua dose d’antidoto, e per poco non rimaneva ferita anche lei”.
Gemma annuì soddisfatta: “Visto, di fronte e tutto questo perché ora non potete essere voi d’aiuto a lei? Per favore, Comandante, ci dica dov’è Baltus”.
Legnetto esitò un istante prima di rispondere. Mandò un’occhiata a tutti i suoi uomini che lo guardavano in attesa. Quello che aveva detto la giovane Fata era vero, ma c’era solo un piccolo problema…
“Io non lo so”.
“Che significa che non lo sa?!”. Esclamò Leale.
“Che non lo so. Era qui in giro una mezz’oretta fa. Forse è dentro il castello”.
 
 
Mentre nei giardini si svolgeva quell’insolita discussione, qualcos’altro all’interno stava accadendo. Qualcosa di molto più grave e pericoloso.
Argh Sgrunt rimase a fissare le ali nella teca per ben sei minuti. In mano il suo vecchio bastone con un grosso pomo arrotondato in cima.
“Bene, dunque è questa la chiave per disfarmi di tutti i miei nemici –parlò, ignaro di essere sentito- Mi basterà sistemarle a dovere e tutto sarà finito”.
Da dietro il trono, Bombarda Sterro aggrottò la fronte. Di che diavolo stava parlando quello squinternato? Perché ce l’aveva tanto con le ali?.
“Bene. Non indugiamo oltre!!”. E sollevò il bastone pronto a colpire.
Fu un attimo. Una grande sagoma piombò dall’alto, parandosi tra lui e la teca.
“ARHHH!!”. Urlò Baltus Ferroso mettendo in mostra le sue lunghe zanne appuntite.
Colto alla sprovvista lo gnomo sbalzò all’indietro cadendo sul fondoschiena.
Bombarda deglutì. Eccolo! Il volto di uno Stregone Immortale arrabbiato: lineamenti deformati in una smorfia malvagia, vene gonfie e denti digrignati come a volerselo mangiare. Un vero Vampiro da Bram Stoker.
Non c’è da stupirsi che i Fangosi abbiano montato un sacco di storie su di loro.
Il Sindaco Baltus, che fino a quel momento si era sempre mostrato come una persona gentile e affabile… sembrava ora un demonio uscito dall’inferno.
“Tu! –parlò quello, raggiungendolo a grandi falcate- Maledetto, non toccherai Avalon!”.
Allungò la mano per afferrarlo per il bavero quando…
Bang bang bang… risuonarono tre colpi di pistola. Uno raggiunse il Vampiro alla spalla e gli altri due andarono a vuoto.
“Sorpresa!”. Sogghignò Arno Tozz, spuntando fuori da un telo schermante.
Appena lo vide riprendere nuovamente la mira, Baltus fu costretto a spostarsi, lasciando scoperta la teca; con un balzo fuori dal comune si issò verso l’alta volta restandovi attaccato con mani e piedi come un grosso ragno. Si mosse veloce a quattro zampe, incurante di qualsiasi legge di gravità.
“Ma che roba è!?”. Urlò il neozelandese, palesemente sconvolto. Riprese a sparare appena vide lo strano essere puntare dritto verso di lui: “Noo!!”.
Vi scaricò contro quasi tutto il caricatore: scattava da una parte all’altra evitando i proiettili come se li vedesse arrivare, e non c’era verso che la ferita alla spalla lo rallentasse di poco.
Mentre l’enorme umano dai capelli decolorati teneva a bada il Vampiro, Argh Sgrunt riportò la sua attenzione sulla teca di cristallo. Ora o mai più!.
Non c’era tempo per romperla a bastonate. Semplicemente afferrò una delle corte gambe del piedistallo e lo spinse con tutte le sue forze.
La teca si rovesciò frantumandosi in mille pezzi che andarono a spargersi ovunque.
Le ali della Regina Mab si afflosciarono sul pavimento, senza alcuna protezione.
Vedendo quello scempio, Baltus lasciò immediatamente perdere Arno Tozz andando ad avventarsi contro lo gnomo.
Grave errore. Appena il Vampiro gli voltò le spalle, l’omone su svelto a piazzargli un paio di pallottole su schiena e gambe. Con un grido di dolore l’essere stramazzò a terra, sanguinando copiosamente.
“Spiacente, Sindaco Baltus –parlò Sgrunt- Ma ora può dire addio alla sua amata isola”.
Arno Tozz si avvicinò al Vampiro inerme. Era ancora vivo; incapace di muoversi, certo, ma era bene non rischiare. Meglio farlo fuori subito.
“Lo gnomo mi ha detto che per voi non è necessario un paletto nel cuore –caricò l’arma- vediamo se è vero”.
“TOOZZZ!!”. Urlò qualcuno avventandosi su di lui con la forza di una montagna.
Bombarda sobbalzò. Leale!.
 
 
Appena dai giardini l’enorme eurasiatico sentì gli spari, una strana sensazione si era impadronita di lui. Uno sgradevole dolore al petto, proprio là dove anni fa era stato colpito a Londra. Era come se il suo corpo sapesse ancor prima della sua mente.
Non è possibile. Si era detto. Oppure sì?.
“Spari all’interno del castello! –esclamò il Comandante Legnetto agli agenti- In formazione!”.
“Leale! Dove vai!?”. Gli gridò dietro Gemma, vedendolo correre oltre il grande portone.
“Nessuno entri!”. Ordinò a pieni polmoni, senza neanche voltarsi.
Il Comandante della Guardia di Avalon irrigidì le labbra. Come si permetteva quell’uomo-orco di dar ordini a lui?!. Tuttavia non ribatté: obbedì.
 
 
Si fiondò dritto alla sala del trono. Le porte erano aperte, e ciò che vide non gli piacque affatto: Arno Tozz incombeva su Baltus Ferroso, pronto a sparargli in testa.
Gli andò immediatamente addosso come fosse un giocatore di football americano: testa bassa da toro infuriato e lo spintonò via con tutto il suo peso.
Entrambi gli omoni sbalzarono a terra; quello dai capelli decolorati perse la pistola di mano.
Argh Sgrut digrignò i denti. Maledizione, il tirapiedi di Fowl!.
Doveva fare presto. Pregò che Tozz riuscisse a tenerlo a bada abbastanza a lungo.
Tozz e gli altri Fangosi che ho portato sull’isola non possiedono ali meccaniche per quando sprofonderà. Scrollò le spalle. Pazienza. Un piccolo sacrificio per me. In fondo… sono solo Fangosi.
Dall’altra parte della sala, i due giganti continuarono.
Il neozelandese non ebbe il tempo per stupirsi, riprese il controllo di sé e fece del suo meglio per scrollarsi il vecchio nemico di dosso. Eccolo là, dunque. Il grande Leale. Quindi lo gnomo non mentiva quando diceva che era ancora vivo.
Be’, non importava, perché ora sarebbe riuscito ad ucciderlo. E stavolta per davvero!.
Leale non si fermò. Appena atterrò Arno gli saltò sopra e lo colpì a ripetizione con una serie di pugni al volto. Prima di tutto doveva metter fuori combattimento lui, per riuscire ad occuparsi dello gnomo senza problemi.
Superando il dolore e il naso rotto, Tozz reagì prontamente: spinse via l’avversario, allungò il braccio e riuscì ad afferrare una lunga scheggia di vetro, appartenente alla teca frantumata.
Non prese la mira. Semplicemente la piantò sulla gamba destra di Leale, mancando di poco l’arteria femorale.
Lasciandosi sfuggire un singhiozzo spaventato l’enorme eurasiatico cadde su un ginocchio scosso da dolori lancinanti ad ogni movimento. La mano sulla gamba e il sangue che infuppava i pantaloni. Dannazione!!.
Non ebbe scelta: estrasse la Sig. Sauer dalla fondina all’interno della giacca e la puntò.
L’altro non si fece cogliere impreparato: un calcio ben assestato… e stavolta fu Leale a perdere la pistola.
Se una parte di Arno Tozz fremeva per saltargli addosso e strangolarlo con le sue stesse mani, l’altra decise di andare sul sicuro: con tre rapidi passi si slanciò andando a recuperare la sua pistola.
La puntò verso Leale.
Scoprì i finti denti da squalo in un sorriso trionfante. Sarebbe stato un colpo perfetto: l’eurasiatico lì, disarmato e incapace di muoversi.
“Muori!”.
Stava per premere il grilletto quando un qualcosa di tracagnotto e peloso, dalle grosse mascelle dai denti a lapide, gli azzannò il braccio armato senza più lasciarlo andare.
“Arggg!! -urlò il neozelandese, agitando freneticamente l’arto- Lasciami maledetto! Lasciami!”.
“Bombarda!!”. Esclamò Leale.
Era venuto in suo aiuto. Da dov’era saltato fuori? Dal trono?. In ogni caso correva un grave pericolo: Tozz aveva ancora la pistola in mano.
Che diavolo era quel coso?! Si chiedeva quell’ultimo mentre cercava di liberare il braccio. Sì, lo riconosceva. Era Lance Escava, uno dei sicari mandati a prendere il giovane Fowl per portarlo alla Guglia Spiro anni fa. Ma non era morto?.
Qui sembra che tutti i morti debbano resuscitare.
Bombarda Sterro serrò ancor di più le fauci, quasi sentì le ossa del gigante scricchiolare. Stava là a farsi sballottare da tutte le parti ma non mollò.
“Te scistemo ao!”. Riuscì a biascicare senza cedere.
In genere non era un tipo da eroiche imprese, anche se alla fine gliel’avevano data la medaglia per quello; tuttavia quando aveva visto l’amico Fangoso in pericolo non aveva esitato: con un’energica sgassata dal didietro era partito come un razzo, andando a agguantare il braccio nemico.
“Sbagata Laala!”.
E Leale si sbrigò. Con un grosso sforzo si cavò la punta di vetro dalla gamba e partì all’attacco.
Le cose non andarono esattamente secondo i piani. Appena l’enorme eurasiatico aggredì nuovamente Tozz, sbalzarono all’indietro andando a sfondare la vetrata di Titania… e caddero tutti e tre di sotto.
 
 
Una volta rimasto solo, Argh Sgrunt accennò un sorriso. Era andata assai meglio di quanto si aspettasse.
Si voltò puntando gli occhi sulle ali abbandonate a terra.
Riprese in mano il suo bastone col pomo.
Calò il primo colpo.
Fu allora che con un boato terribile tutta Avalon prese a tremare.
 
 
 











 

 

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Capitolo 26
*** Sorpresa ***


 
 
“Finalmente! L’ho raggiunto!”. Esultò Artemis Fowl, in un eccesso di contentezza per essere riuscito a calarsi sul Distorsore tutto intero.
La sfera metallica era proprio lì a meno di un metro alla sua destra; coi piedi poggiati direttamente sulla piattaforma che la sorreggeva, poté lavorarci tranquillamente.
Rimase ad esaminarlo un paio di minuti, tanto per farsi un’idea di ciò che doveva fare. Esteriormente sembrava solo una grossa palla con le antenne in stile satellite Sputnik; non c’erano tasti o leve in bella vista.
Dunque la leva dell’accensione manuale deve trovarsi all’interno. E puntò dritto all’unico sportello disponibile.
Grazie al cielo non servivano chiavi per aprirlo; chiunque fosse stato a disattivarlo non riteneva necessario ulteriori impedimenti.
Probabilmente perché non si aspettava altri intoppi.
Un piccolo sforzo… e rialzò la leva di attivazione. In mezzo secondo il Distorsore tubò di una serie di rumori rassicuranti a indicare il buon funzionamento; l’attimo dopo tutta l’isola fu nuovamente invisibile ad occhi indiscreti. Fu una fortuna considerando che poco dopo un satellite meteo passò sopra di loro, senza rilevare nulla.
“Fiuh… -si asciugò la fronte Artemis, improvvisamente sudata- Meno mano. E’ stato facile”.
Richiuse lo sportello. Alzò lo sguardo sulla scogliera fredda e ripida. Strofinò il piede scalzò sull’altra gamba.
Sospirò avvilito: “Adesso mi tocca risalire”.
Non era mai stato un grande atleta, Leale aveva sempre cercato di fargli fare un minimo di attività fisica, tra sollevamento pesi e prendere a pugni un sacco imbottito, ma non c’era stato verso: lui era uno stratega non un culturista! E l’unico sport a cui si era mai dedicato era l’equitazione, e solo perché era il cavallo a fare tutto il lavoro.
Adesso si ritrovava lì da solo a dover arrampicarsi su una scogliera senza corde. Davvero incredibile per Artemis Fowl.
“Chiederò una ricompensa per questo –parlò tra sé- Chissà quanta bella tecnologia c’è qui, rispetto a Cantuccio”.
Poggiò il piede su uno spuntone di roccia; al suo tocco si sgretolò precipitando nel mare sottostante.
Sentendo il cuore accelerare i battiti, il giovane irlandese spostò il piede da un’altra parte. Lo tastò più volte per sicurezza, prima di metterci tutto il suo peso. Si issò lentamente. Un brutto presentimento si fece largo nella sua mente.
Deglutì. Poco a poco un consistente numero di rocce e sassolini cominciò a cedere intorno a lui.
Sta franando!. Rabbrividì.
Cercò di mantenere la calma. Tentò subito di aumentare la velocità della salita, ma in pochi minuti si ritrovò nella condizione di non poter più né scendere né salire: era lì incastrato senza possibilità di muoversi.
Dannazione! Adesso Leale mi ucciderà!. Era una cosa che accedeva spesso negli ultimi anni. Come faceva una povera guardia del corpo a fare il suo lavoro se il protetto insisteva a saltare nella fossa dei leoni?!.
“Aiuto!”. Gridò. In quella situazione non poté fare altro.
E come se il destino ci avesse lo zampino… : “Artemis!”. Rispose qualcuno dall’alto.
Il ragazzo sollevò gli occhi. Spinella Tappo si sporgeva dalla scogliera, guardandolo preoccupata.
“Spinella! Credo che… sta franando!”.
“Non muoverti! Vengo a prenderti”.
Fissò le funi che si era portata dietro intorno a un tronco d’albero e cominciò a calarsi.
Artemis Fowl si guardò intorno. Doveva pur esserci un appiglio per salire almeno un po’. Nulla: doveva aspettare l’elfa.
Sospirò avvilito. Sarò anche un genio… ma sono una palla al piede per i miei amici.
“Ecco, afferra questa!”. Esclamò l’amica, arrivata a neanche due metri da lui, lanciandogli un altro po’ di corda.
Il quindicenne fece per afferrarla. Fu in quel momento che tutta l’isola scoppiò in un tremendo boato.
“Arrgg! Che succede!!?”. Urlò Spinella pur conoscendo già la risposta.
“Le ali sono danneggiate!!”. Perse gli appigli. Artemis Fowl precipitò sbattendo contro la piattaforma del Distorsore.
“Artemis!”.
Quell’ultimo si mosse debolmente; fortuna che non sbatté la testa. Si girò prono e si issò a quattro zampe. Si prese un momento per assicurarsi che tutto fosse a posto.
Mamma che botta. L’impatto era stato doloroso ma non fatale: la schiena era intatta così come tutte le altre ossa del corpo.
“Artemis!”. Lo chiamò ancora l’elfa caposquadra.
Un secondo tremore dell’isola lo spronò a rimettersi in piedi, sfortunatamente anche quella piccola parte di piattaforma cedette alla scogliera e lui cadde ancor più in basso. Ignorando il dolore alle mani e delle dita scorticate riuscì a reggersi sulla roccia; la paura di cadere e la polvere che gli cadeva negli occhi.
Sopra di lui Spinella riprese a scendere con la corda. Arrivata a un certo punto… la corda finì, e Artemis Fowl era ancora ad una decina di braccia da lui.
 
 
 
“Wow! Che impressione!”. Esclamò un esaltato Argh Sgrut guardando il panorama smosso dalle finestre.
Aveva colpito le ali di Mab con tutte le sue forze. Era bastata una prima mazzata per smuovere l’isola fin da fondale. Tuttavia non era ancora abbastanza: ci sarebbero voluti almeno altri tre o quattro colpi per assicurarsi lo sprofondare di Avalon.
Alzò nuovamente il bastone. Diede la seconda percossa, lo sguardo folle di chi non si preoccupava di niente e di nessuno: forse non prendeva neppure in considerazione l’idea di poterci rimettere la vita lui stesso. O magari lo sapeva ma non gliene importava niente da tant’era deciso ad annientare chi l’aveva umiliato.
Quell’insulso demone stregone! Quei due Fangosi impiastri! Quella maledetta elfa!.
Aveva cominciato la sua carriera di Comandante della LEP subito dopo la morte di Julius Tubero. In un primo momento si era pensato che fosse stata Spinella Tappo ad ucciderlo, e Sgrunt aveva colto la palla al balzo di riuscire a disfarsi della mela marcia della Ricog. Ma così non era stato: Spinella si era dimostrata innocente, e lui aveva fatto brutta figura.
Poi c’era stata la storia dei demoni, dov’era stato licenziato per aver scritto una sconvenienza su un rapporto ufficiale.
Alla fine c’era stato il servizio presso Raponzo Tubero. Anche in quell’occasione Artemis, Spinella, Leale, N°1 e quell’irritante Bombarda Sterro avevano avuto la meglio su di lui.
“Ma non questa volta!”.
Fece per dare l’ultima mazzata. Le ali a terra sembravano una scura massa informe con solo poche piume al loro posto.
Calò il colpo.
Uno strano scudo magico di materializzò intorno alle ali.
Appena il bastone lo toccò il contraccolpo fu abbastanza forte da sbalzare lo gnomo all’indietro.
“Ma che diavolo…! –si voltò verso l’entrata della sala- Tu?!”.
Il diavoletto N°1 lo guardava furioso, le mani a quattro dita tese in avanti a sorreggere lo scudo: “Non ti permetterò di farlo!”.
Era corso lì su ordine di Spinella. Gli aveva esplicitamente chiesto di proteggere quelle sacre reliquie, e ora finalmente capiva perché: “Ci penserò io a proteggerle e fermarti!”.
Sulle labbra dello gnomo si dipinse un ghigno malefico: “Chi è che vuoi fermare tu?”.
Non esitò un attimo. Da una fondina nascosta dentro la giacca estrasse un’arma del tutto fuori dal comune: una pistola ad aria compressa modificata a tavolino, che sparò contro il demone stregone tre abbondanti spruzzi di grasso animale. Due lo raggiunsero alle mani, annullando così la sua magia dello scudo; il terzo gli arrivò dritto agli occhi.
Urlando colto da un’orrenda sensazione, N°1 si portò automaticamente le mani al volto, peggiorando la situazione.
“Ah Ah! –rise sguaiato Sgrunt, continuando a sparare grasso fino a metterlo a carponi- Ecco il famoso stregone!!”.
Ripose l’arma. Tornò a rivolgersi alle ali.
 
 
 
Non stiamo forse dimenticando qualcuno?.
Subito dopo esser caduti dalla finestra, Leale, Bombarda e Arno Tozz fecero un volo di almeno una ventina di metri. Sotto di loro, tetti e bastioni; ancor più sotto, terra nuda e dura.
Si sarebbero ammazzati tutti e tre se il nano non avesse dato una potente gassata dal didietro, afferrando la guardia del corpo; il neozelandese si aggrappò a sua volta ad una caviglia di quell’ultimo.
Sforzandosi al massimo col rischio di qualche danno interno, Bombarda continuò la sua flatulenza verso il basso in modo da rallentare le caduta. Ci riuscì fino a raggiungere la prima terrazza, ma gli ultimi otto metri furono costretti a farseli in caduta libera.
“Woaa!!”. Esclamarono tutti.
Grazie al cielo, nessuno si fece male: un impatto del genere avrebbe dovuto rompere qualche gamba, invece Leale se la cavò con una storta al piede.
Il nano non tenne più. Non era mai una buona cosa superare i limiti in quel modo. Stramazzò sul cristallo, improvvisamente debole e debilitato.
“Bombarda, vecchio mio”. S’avvicinò l’enorme eurasiatico.
“Attento…”. Riuscì a gracchiare quello, puntando il dito.
Leale sobbalzò. Venne afferrato alla gola alle spalle e tirato all’indietro: Tozz tornava all’attacco.
Reagì senza pensarci due volte, tirò calci, pugni e testate; tuttavia l’avversario non fu da meno dato che riuscì perfino a superarlo in velocità. Lo centrò con un cazzotto al volto. Leale indietreggiò col naso rotto e sanguinante.
“Lo gnomo mi ha detto che da Londra non sei più lo stesso –sorrise viscido il neozelandese- Dev’essere vero, o non ti avrei mai colpito così”.
L’enorme eurasiatico strinse gli occhi, il respiro affannoso e il petto che si faceva sempre più pesante. Dannato kevlar.
Arno aveva ragione: era più lento rispetto al passato; mentre lui nel corso degli anni in prigione doveva essersi allenato, diventando più forte.
“Alla fine qualcosa in quel ristorante ti ho fatto”. Ripartì alla carica l’altro.
Andarono avanti per un’altra manciata di minuti, Leale sembrò finalmente recuperare un minimo di vantaggio finché un secondo terremoto dell’isola non gli fece perdere l’equilibrio.
Sbatté la testa su una parete di cristallo e cadde stordito. Dovette faticare per non perdere i sensi, ma intanto Tozz già arrivava.
Fu in quel momento che la finestra della sala del trono esplose in una luce dorata.
 
 
 
 
 
“Dammi la mano! Presto!”. Gridò Spinella Tappo, allungandosi il più possibile verso il Fangosetto.
Aveva usato tutta la corda a sua disposizione, tutto ciò che poteva fare era riuscire a calarsi giù per la scogliera pregando che non franasse.
Artemis Fowl tese la mano più in là che poté, i muscoli doloranti contratti nello sforzo. Doveva resistere. Doveva!.
Ma anche se riuscissimo a risalire… Pensò. Che senso avrebbe?.
L’isola stava sprofondando. Sentiva chiaramente le ondate sotto di lui farsi sempre più alte e forti. Anche se si fossero salvati dalla scogliera sarebbero morti tutti poco dopo.
Sobbalzò. Noi… stiamo per morire?!.
Lui, Spinella, Leale, i suoi amici… tutta Avalon.
E i suoi genitori? Che avrebbe fatto non vedendolo più tornare?. Li avrebbe distrutti una terza volta: prima nei tre anni d’assenza nel limbo; poi la morte dopo la sconfitta di Opal… e adesso questa. Solo che ora non aveva più un piano per tornare indietro.
“Artemis!!”. Lo riscosse la voce dell’elfa.
“Sì! Eccomi!!”.
Si sporse ancora un po’. Le loro mani erano proprio lì quasi a sfiorarsi quando gli appigli di Artemis Fowl cedettero.
“AAHHAA!!”. Cadde nel vuoto.
Spinella urlò, strillò sconvolta, e agendo per puro istinto… si buttò anche lei.
Riuscì ad afferrarlo.
 
 
 
In quel medesimo istante, al palazzo di cristallo, proprio nel momento in cui Argh Sgrunt si apprestava a dare l’ultima mazzata decisiva alle ali di Mab, le poche piume ancora intatte di quelle ultime s’accesero di una luce dorata irradiandosi dappertutto.
Lo gnomo calò il colpo. Le ali sfrecciarono via, fuori dalla finestra. Il grosso pomo del bastone si frantumò in mille pezzi.
 
 
 
Artemis non poteva crederci: perfino in quella situazione di morte imminente il suo cervello non smetteva di pensare.
Stavolta però non pensava ad oro, ricchezze, poemi o soluzioni matematiche. Pensava a Spinella. Attaccata alla sua mano, mentre la trascinava giù con sé.
Senza ali meccaniche o funi d’emergenza, la sua amica non aveva esitato a buttarsi nel vuoto pur di salvarlo.
Adesso però morirà anche lei.
Si sentì molto in colpa. Quante cose avrebbe voluto dirle.
Fu allora che dall’alto della scogliera furono raggiunti da uno strano fascio d’oro.
“Arrhh!”. Gridò Spinella, avvertendo un forte bruciore alla schiena.   
 
 

   
 

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Capitolo 27
*** Le ali della Regina ***


 
 


 
“Che… che succede?”. Si guardò intorno preoccupata Spinella, ritrovandosi in uno spazio completamente vuoto e bianco.
“C’è nessuno?!”.
Era immenso, la sua voce faceva l’eco. Si accorse della sua mano, ancora chiusa in pugno con la sensazione di stringere qualcosa.
Sobbalzò: “Artemis!”.
Vero. Stava cadendo. Stavano cadendo.
Era morta e ora si trovava nell’aldilà?.
Sospirò avvilita. Aveva fallito e ora anche Artemis era morto. Ma d’altronde cosa credeva di fare buttandosi in quel modo?. Se l’era proprio andata a cercare.
Accennò un sorriso. Tutto sommato doveva ritenersi fortunata: aveva vissuto moltissime avventure, salvato il Popolo dozzine di volte e rischiato la vita; poi si era trasferita ad Avalon, che era considerato un onore invidiabile da tutti. Quali altri agenti LEP Ricog potevano dire altrettanto?.
Doveva capitare prima o poi. Si disse. Non si può vincere sempre.
Ma se quello era l’aldilà… dov’erano sua madre Coral Tappo, il Comandante Tubero e Amaro?. Era forse destinata a rimanere sola in quel vuoto bianco per sempre?.
“Non temere, mia cara”. Echeggiò una voce di donna alle sue spalle.
L’elfa si voltò. Una figura apparve dal bianco, e subito quell’ultimo si trasformò in un corridoio del palazzo reale, tappezzato di vetrate. Spinella vide subito che mostravano eventi del suo passato.
La figura s’avvicinò, i suoi contorni andarono a definirsi del tutto.
Una bellissima Fata più alta di lei, dalle orecchie a punta, lunghi capelli bianchi ornati di fiori ed enormi ali castane sulla schiena.
Spinella la riconobbe subito: la Regina Mad.
“Quindi sono… veramente morta”.
L’altra sorrise benevola: “No, Spinella Tappo. Questo è solo un limbo in cui ho racchiuso la mia anima, in attesa di quella giusta”.
“Quella giusta?”.
La Fata Regina tornò a parlare: “Sei stata molto coraggiosa a far quello che hai fatto. Sei sempre pronta a mettere in gioco la tua vita pur di salvare le persone che ami, e anche quelle che non conosci. Ma tutto questo sarebbe stato inutile se non fosse successo qualcos’altro”.
“Qualcos’altro? Che intende?”.
“Dei sentimenti che tutti i tuoi amici provano per te; inclusi quelli dei tuoi nuovi colleghi qui ad Avalon, di cui hai conquistato la stima. E infine il tuo gesto ha salvato tutta Avalon dalla maledizione di mia figlia”. Fece una pausa, mentre camminavano in mezzo alle vetrate; Spinella riconobbe il suo rapimento, e il salvataggio di Leale dal troll.
“Titania non l’aveva mai capito. Pensava che una regina fosse solo una padrona, ma una vera regina per il suo Popolo è prima di tutto un esempio”.
Essere un esempio. Rifletté Spinella: erano le stesse parole usate da Julius Tubero tanti anni prima.
“Ma perché mi trovo qui? –chiese in ansia- Dov’è Artemis, è morto?”.
“No. Appena sono venute da te il tempo si è fermato”.
L’elfa aggrottò la fronte. Sono venute da me? Di che sta parlando?.
“Ho atteso mille anni. E tu ora finalmente sei qui. Hai dimostrato di essere quella giusta, Spinella Tappo”.
“Giusta? Ma giusta per cosa?”.
 
Ridete pure.
Ecco a voi un’altra parodia tratta da una canzone dei My Little Pony.
 
Parte la musica.
Spinella e Mab passano in mezzo alle vetrate di eventi: l’assalto goblin, il salvataggio di Artemis Fowl Senior, la guarigione di Leale a Londra.
Mab prende a cantare.
 
Sei qui, dopo tanta strada.
Sei qui. Aspettavo solo te.
Crescevi e fiorivi.
Crescevi e capivi.
 
Passano davanti alla vetrata della morte di Julius Tubero e al salvataggio dei demoni dal Limbo.
 
Non hai mai fallito.
E nel mio cuore orgoglio c’è per te.
 
Passano davanti alla sconfitta di Opal Koboi, alla resurrezione di Artemis e infine ai vari eventi accaduti ad Avalon fino alla vetrata finale: Spinella che afferra Artemis in caduta.
 
Il tempo è arrivato e tuuu… sei pronta,
il passato non c’è più.
Per andare a scoprire, vedere e provare.
Trovare la strada, perché è tempo ormai.
E adesso tu sarai…
 
Mab spalancò le grandi ali. Quelle s’illuminarono dorate. Ancora una volta Spinella percepì quel bruciore alla schiena.
Un secondo bagliore… e Spinella si trovò nuovamente a cadere dalla scogliera con la mano di Artemis stretta nella sua.
Durò appena mezzo secondo perché d’istinto spiegò le ali castane che magicamente le si erano attaccate tra le scapole, riprendendo subito quota.
 
 
Artemis Fowl non riusciva a credere ai propri occhi.
Vedeva davvero quello che stava vedendo… o era uno scherzo del suo cervello?.
Magari si era spiaccicato tra le rocce e ora il suo inconscio gli mandava quelle immagini per addolcire la pillola.
Ma sembrava così reale!. Il vento, il vuoto che sfrecciava sotto di lui… Spinella che volava!.
Spinella sta volando. Realizzò infine. E non sembrava affatto un’illusione. Credo di aver capito.
 
 
Spinella non era in grado di pensare. Agiva e basta. Si sorprese della naturalezza con cui muoveva quelle ali, era come se sapesse usarle da sempre.
Virò, evitò uno spuntone di roccia a destra, poi subito un altro facendo attenzione a dove spostava il peso. Per un secondo fu come se la vista e la mente non le appartenessero.
Che succede?. Riuscì finalmente a chiedersi. Da dove vengono queste ali?... Oh, sì, ricordo. E’ stata la Regina Mab.
Fu come svegliarsi da un sogno. D’improvviso ricordò di avere il ragazzo con sé. S’innalzò verso l’alto cercando un buon punto per l’atterraggio.
No! Pensò invece. Non è ancora tempo per fermarsi.
Non seppe dire perché. Sapeva solo… che lo sapeva. C’era ancora da fare sia al castello che ad Avalon.
Sfrecciò sopra gli alberi e la vegetazione, i ricordi e le esperienze della Regina Mab dentro di lei che le insegnavano come domare le grandi ali.
In tutto quel trambusto la mente di Artemis non smise di lavorare, e una volta superata la sorpresa per l’inaspettato salvataggio, riuscì a farsi sola una domanda.
E’ una mia impressione… o la mano di Spinella sembra più grande?.
“Ti devo lasciare qui!”. Urlò lei, superando il vento che sferzava le loro orecchie.
“Che?!”.
Mollò la presa.
Colto alla sprovvista, il giovane irlandese cadde gridando per parecchi metri prima di essere preso al volo dall’orco Edward, che passava di lì portandosi dietro due Fangosi affascinati e altri legati come salami.
“Oohh! Ha visto che roba, Pecto?”. Cantilenarono gli umani affascinati.
“Sììì, Pata. Eccola un’altra che vola”.
“Ce ne sono di bestioline strane qui”.
“E’ successo qualcosa di straordinario”. Tornò a parlare il ragazzo, riprendendosi dallo scombussolamento.
“Ali della Regina”. Grugnì Edward.
E quando si mosse… Artemis Fowl poté sperimentare il potere degli Stivali delle Sette Leghe.
“Oohh! E’ sparito. Hai visto Pecto?”.
“Sì, Pata. Prima era apparso… ora è sparito”.
 
 
“E quello cos’è?!”. Puntarono le dita gli abitanti di Avalon, vedendo una figura alata sfrecciare sopra di loro.
“Aiuto! Aiuto!”. Gridava un piccolo folletto che cercava disperatamente di reggersi ad una radice sporgente; i piedi penzolanti in un abisso in cui rischiava di cadere.
Era accaduto il caos durante il primo terremoto. In tutta l’isola si erano aperti profondi crepacci che avevano inghiottito qualunque cosa vi fosse: case, negozi… persone.
La radice si spezzò.
Il piccolo folletto cadde per due metri esatti prima di essere afferrato da qualcosa che lo riportò immediatamente sulla terra sicura.
“Ma che diavolo…?”. Borbottarono i fortunati che la videro.
 
 
Spinella chiuse gli occhi. Non aveva mai provato un così forte senso di libertà.
Quelle ali erano straordinarie. Così, senza pesi morti da portarsi appresso, la velocità di volo era addirittura raddoppiata. Un’altra spinta… e divennero ancor più veloci delle ali meccaniche progettate da Polledro.
Chissà a che altezza arrivano?.
Scosse la testa. Non era quello il momento per simili romanticherie: Artemis era sotto le cure di Edward, ma c’era ancora chi aveva bisogno di lei.
Arrivò al castello reale. Intravide un individuo attraverso una vetrata rotta che la guardava esterrefatto.
Argh Sgrunt?! Lui qui?! Chi l’avrebbe mai detto?.
Non stette lì a prendersi la briga di raggiungerlo: una seconda figura era apparsa alle sue spalle, pronta a bloccarlo.
Fece il giro della torre. Un’altra vetrata era distrutta. Sotto… qualcuno. Si buttò in picchiata, pronta ad intervenire.
 
 
Ma che diavolo era successo alle ali?! Non faceva che chiedersi Sgrunt. Stava per colpirle… e invece erano volate via da sole!.
Diede un’occhiata fuori. Il terremoto era finito, Avalon non stava più cadendo in pezzi.
E appena alzò lo sguardo verso l’orizzonte…: “Non è possibile…”.
Una creatura volante girava attorno al castello, fissandolo tra lo stupore e il disprezzo.
Era Spinella Tappo quella che vedeva?! Stentava a crederlo. Che diavolo ci faceva con quelle ali addosso?!.
Non poté impedirsi un’espressione colorita quando l’elfa decise d’ignorarlo per andarsene altrove.
“Ah sì?! –fremette lo gnomo- Vediamo se ignori pure questo?!”. E le puntò contro l’arma modificata, usata per N°1.
Non sapeva cosa fosse successo all’ex capitano della LEP, ma nessuno poteva niente contro il grasso animale.
Non ebbe neanche il tempo di prendere la mira che si sentì strattonare all’indietro.
Cadde a terra. Qualcuno lo immobilizzò, torcendogli un braccio. Un paio di manette scattarono ai suoi polsi.
“Siete in arresto per tradimento e tentato omicidio”. Parlò sicura Gemma Twist, continuando a tenerlo a terra.
A Sgrunt venne quasi da ridere: la fata novellina della Guardia.
Messo nel sacco da una così.
Il secondo dopo molti altri agenti irruppero ad armi spianate.
 
 
Un pugno sullo zigomo. Un altro alla mascella. Leale sentì le forze venirgli meno ad ogni colpo che riceveva.
Quando Tozz gli era corso addosso mentre lui era ancora a terra, gli era bastato un calcio ben assestato nello stomaco per rimetterlo in riga. Purtroppo era durato poco.
Nonostante ci avesse provato con ogni mezzo a lui disponibile, Arno finiva sempre col rimettersi in piedi pronto a tornare all’attacco.
Inutile. Ansimò l’enorme eurasiatico, avvertendo il petto appesantirsi sempre di più. Non sono più quel genere di guardia del corpo. Non sono in grado di batterlo.
Mandò un’occhiata a Bombarda Sterro, riverso a terra debole e svenuto.
Non aveva ancora ripreso conoscenza dalla discutibile discesa che avevano avuto. Le interiora dei nani erano robuste, certo, ma trasportare due omoni della loro stazza era uno sforzo troppo grande per una creatura così piccola.
Si ripromise di portarlo subito a farlo curare da N°1, se ne fosse uscito vivo.
“Visto che caos –prese a parlare il neozelandese- E’ successo un bel macello”.
Leale non rispose. Quel Tozz cercava solo di distrarlo.
“Immagino che tu sappia cosa significhi. Saranno talmente occupati per i fatti loro da non mandare nessuno ad aiutare te”.
“E chi dice che abbia bisogno d’aiuto?”. Non si trattenne la guardia del corpo, pur sapendo di mentire spudoratamente.
“Il sudore della tua fronte… il respiro pesante… e i movimenti limitati –sorrise terribile- Sei mio Leale”.
La spallata arrivò violenta e del tutto inaspettata. Leale stramazzò sul cristallo accanto a Bombarda, battendo la testa.
Irritante fu la risata trionfante di Tozz.
Estrasse un coltello dalla caviglia. Gli si avventò contro urlando.
Leale strinse i denti. Era davvero quella la sua fine? Assassinato da un tirapiedi di serie B?.
Be’… probabilmente lo sarebbe stata se un’alquanto cambiata Spinella Tappo non fosse intervenuta a salvargli la pelle come al solito.
Gli si parò davanti e con un singolo energico sbatter d’ali… creò una ventata così violenta che investì Tozz, scaraventandolo giù per la torre.
Chiunque altro si sarebbe sfracellato a terra, ma la fortuna volle che il neozelandese precipitasse su alcuni alberi che gli attutirono la caduta.
Gemette stordito. Le Guardie nei paraggi furono svelte ad appioppargli un paio di manette a prova di troll, immobilizzandolo.
 
 
Spinella non rimase da quelle parti a lungo. Appena Leale fu salvo sfrecciò in giro per tutta Avalon aiutando chi poteva e dando prova di nuovi poteri magici che prima non aveva.
In tutta l’isola non vi fu un solo individuo che non alzò lo sguardo incantato, indicando la femmina volante che passava portando sollievo.
“Cos’è?”. Si chiedevano.
“Ma chi è?”.
“Possibile che…?”.
 
 
Ci volle almeno un’oretta, poi la frenesia del mutamento e i vari ricordi della regina Mab cominciarono a scivolare in fondo alla sua mente, fino a perdersi del tutto.
Spinella tornò alla sala del trono passando direttamente dalla finestra in un atterraggio perfetto. L’interno era un po’ in disordine: fori di proiettile alle pareti, e la teca di cristallo distrutta sul pavimento.
“Ragazzi”. Parlò per la prima volta.
Vi trovò tutti: Artemis, Leale, un Bombarda appena rinvenuto, N°1, Gemma ed Edward. Tutti a guardarla allucinati come fosse una bestia rara.
“State tutti bene?”. Ruppe il ghiaccio.
Inizialmente fu silenzio assoluto, poi come un bambino esaltato N°1 le corse incontro abbracciandola stretto. Lo stesso fecero tutti gli altri stando ben attenti a non toccare quelle grosse ali che ancora si portava sulla schiena.
Tuttavia c’era ancora qualcosa ad essere cambiato. Se n’erano accorti tutti, ma sembrava che la diretta interessata no.
“Spinella… sei più alta”. Disse Artemis mettendosi accanto a lei per un confronto.
“Più alta di cosa?”.
“Di prima! Sei pochi centimetri più bassa di me!”.
“Ha ragione, guarda qui che differenza!”. Si unì Bombarda Sterro, che era sempre stato più alto dell’elfa.
Quell’ultima sgranò gli occhi girando su se stessa per essere sicura che non scherzassero. No. Nessuno scherzo: era veramente diventata più alta, riusciva addirittura a guardare negli occhi sia Artemis che N°1, che era alto un metro e mezzo!.
“Siete bellissima, caposquadra -si unì la fata Gemma, senza nessun accenno di ruffianeria- Prima siete stata una Lucente, e adesso siete una specie di Fata Regina… Be’… non proprio una Fata, più un’Elfa Fata Regina. C’è qualche definizione per questo?”.
Il giovane Fowl la guardò attentamente. Prima Spinella misurava un metro scarso, ora invece portava almeno sessanta centimetri in più.
Come la Regina Mab.
Fino a poco tempo fa sarebbe stato in grado di tenerla in braccio senza problemi, ma adesso…
“Forse è per via delle ali –ipotizzò- La loro magia ha modificato il tuo corpo per riuscire a tenerle. Altrimenti sarebbero state troppo sproporzionate”.
“Ciò significa che appena si steccheranno tornerò ad essere come prima”.
Senza pensarci due volte l’alta elfa si portò le mani tra le scapole per tastare l’attaccatura. Non ci riuscì.
“N°1, prova a tirarle”.
Il diavoletto obbedì. Il risultato fu rischiare di cadere all’indietro.
“Sono incollate in profondità”.
“Come si staccano, non posso tenerle”.
“Non credo sia qualcosa che si possa staccare -aggiunse Leale- Sono tue e basta”.
“Lo sai che sembri proprio una regina come quelle delle vetrate?”. Scherzò N°1.
“Forse perché ora lei è una regina”. Si fece sentire la voce di Baltus Ferroso.
S’avvicinò zoppicando, le ferite su spalla e gambe che già cominciavano a guarire.
“Sindaco Baltus, che significa?”.
“Che il desiderio della Regina Mab si è avverato”. Completò la frase Artemis Fowl.
“Esattamente. Non è forse la storia che racconto a tutti? Aveva detto che un giorno sarebbero state le ali stesse a scegliere la nuova Regina di Avalon. E così è stato”.
Il cuore di Spinella perse un colpo. Ora finalmente si spiegavano le parole di Mab in quel limbo bianco.
“Ma io… non posso essere io. Non so nulla su come si fa la regina”.
“Nessuno sa come si fa. Lo si impara poco alla volta; e non dovete preoccuparvi, perché ci sarò io ad aiutarvi”.
L’elfa storse gli occhi: “Mi da del lei?”.
“Certo. Non potrei riferirmi in altro modo alla Regina di Avalon. Io mi sono sempre ritenuto il custode del trono, nessuno era più in alto di me in quanto autorità; ma ora… io sono vostro suddito. Siamo tutti ai vostri ordini, Mia Signora”. E s’inchinò, subito seguito da Gemma ed Edward.
Allibita, Spinella si rivolse ai suoi amici in cerca d’aiuto. Per tutta risposta… Artemis Fowl fu il primo a inchinarsi, imitato dagli altri. Confuso, Bombarda lo fece con qualche secondo di ritardo.
“Il titolo di Regina non può essere che tu, Spinella –parlò il ragazzo quindicenne, guardandola serio- Quando Baltus mi ha detto che ti aveva fatto venire ad Avalon per vedere se eri tu la nuova regina, mi sorprese che non fosse accaduto niente fin da subito. Non c’è nessuno più adatto di te in tutto il Popolo”.
Leale lo guardò sorpreso. Era strano sentire certe parole uscire dalla bocca del suo protetto. Angeline Fowl avrebbe detto… il più lungo discorso di argomento non scientifico che ti abbia mai sentito fare.
“Tu ne hai passate tante, Spinella, talvolta a causa mia. E nonostante tutto continui a mettere a rischio la tua vita per me e per gli altri. Come hai fatto su quella scogliera. Questa è la tua ricompensa per tutto quello che hai fatto. Julius Tubero sarebbe fiero di te”.
Camminando leggermente sbilanciata dal peso sulla schiena, l’elfa si avvicinò ad una finestra rimasta intatta.
Contemplò il proprio riflesso. Quasi non si riconobbe, così alta con quelle ali enormi.
Era davvero lei quella giusta come diceva Mab? Poteva essere Regina? Essere l’esempio di cui tutti avevano bisogno?.
Ripensò ad una frase di Julius Tubero poco prima di morire. Questa promozione non è per te, è per il Popolo.
“Accidenti –sospirò sorridendo suo malgrado- Quando mi dissero che venendo qui avrei avuto la possibilità di carriera non mi aspettavo certo questo”.
 
 
Diario di Artemis Fowl. In codice.
 
 
Devo riconoscere che questa è stata un’avventura diversa dalle altre. In genere ero sempre io, col mio intelletto superiore, a salvare la situazione del momento. Su Avalon invece ho solo dato un piccolo contributo; non posso dire che mi dispiaccia perché il resto della scena l’ha avuta Spinella.
Sono molto felice per lei, soprattutto perché andando ad Avalon ho avuto modo di metter le mani su un gran mucchio di dati interessanti.
Ma non è solo questo. Pensavo veramente quello che le ho detto nella sala del trono, anche se mai più lo ripeterei. Adesso che la mia amica è regina sono sicuro che per lei le cose andranno per il meglio. Non solo perché ha il ruolo che più merita, ma anche perché è lei stessa ad essere cambiata: non ha ricevuto solo ali e centimetri, ma anche un tipo di magia del tutto diverso da quello di prima. In parole povere… sono più tranquillo perché ora nessuno potrà più farle del male.
Tra poco ripartirò per l’isola. Ho dovuto strappare a mio padre il permesso per andarci di nuovo. Dopo che ha saputo dei guai in cui mi ero cacciato è un miracolo che mi lasci ancora uscire di casa, perciò dovrò essere di ritorno entro due giorni e chiamare ad ogni ora, o mi farà bloccare tutti i conti bancari.
Bombarda mi raggiungerà al porto, stavolta legalmente. E a N°1 è piaciuta così tanto Avalon che non ha più voluto andarsene: Spinella lo ospita nel suo nuovo palazzo.
Stento quasi a crederlo: Spinella ha palazzo reale tutto suo.
Ci saranno tutti all’evento di dopodomani. E io non posso mancare.
In fondo… è il giorno dell’incoronazione.
 
 
 
 
La piazzetta del palazzo di cristallo era ghermita di gente di tutte le razze del Popolo e di tutte le sue autorità più influenti. Non capitava spesso d’essere invitati in superficie per una celebrazione così importante, come l’incoronazione di una regina.
In mezzo a loro… due figure spiccavano per altezza: Artemis e Leale si guardavano intorno, fiancheggiati da N°1 e Qwan. Bombarda Sterro non si vedeva, probabilmente da qualche parte a razziare un buffet.
Là tra tutti riuscirono a scorgere i membri del Consiglio di Cantuccio, che si rodevano il fegato per il passato turbolento di Spinella.
Più in là c’era Lili Foglietta, avvinghiata al braccio di un elfo d’alto rango. Grana Algonzo, invece, stava solo in pompa magna in mezzo a tutti i suoi agenti, composto nel suo ruolo di Comandante.
Artemis lo guardò tirando su sogghigno ironico. Poveraccio. Ha preferito una falsa principessa ad una vera Regina.
Squillarono le trombe. Baltus Ferroso uscì sul balcone: “Amici miei! Oggi e un gran giorno per il Popolo. Dopo mille anni d’attesa è per me un onore presentare la nuova sovrana di Avalon. La Regina Spinella Tappo!!”.
Furono applausi scroscianti. Il corteo delle Guardie prese a sfilare, il Comandante Legnetto in testa: “E’ pronta, Caposquadra Twist?”.
Gemma fece il saluto militare, raggiante nella sua alta uniforme con mostrine luccicanti nuove di zecca: “Con piacere”. E s’innalzò in volo seguita dalla sua squadra in una coreografia acrobatica aerea.
E all’interno del palazzo, poco prima del balcone…
 
Musica di Frozen.
 
Spinella avanza vestita nella sua uniforme da Guardia. Si ferma e dei Ragnetti Tessili cominciano a camminarle addosso.
 
Let it go! Let it go!
E come l’alba risorgerò
Let it go! Let it go!
La perfect girl is gone! (la ragazza perfetta è sparita).
 
L’uniforme scopare. I Regnetti Tessili lo sostituiscono e al suo posto compare l’abito disegnato da Gemma: verde con corta gonna e strascico.
Spinella si presenta a tutti.
 
Ecco qua la tempesta cheee non si fermeràààà.
 
Spiega le ali e vola via. Si posa sopra un iceberg senza alcun disagio.
 
Il freddo non mi da più fastidio.
 
 
 
Fine.
 
 
 
 
Nota dell’autrice: Ehh! Lo so. Questa storia è stata leggerissimamente diversa. Probabilmente non è neanche all’altezza delle altre, visto che ho voluto fare un miscuglio di opere che mi son piaciute. Comunque non esitate a farmi sapere le vostre opinioni. Che dite? Avete trovato esagerate le canzoni? Il mio problema è che quando c’è qualcosa che mi frulla in testa devo per forza scriverlo affinché si calmi. Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita, e chissà… magari un giorno potrebbe venirmi in mente un continuo.
Grazie a tutti!.

 

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