Weird

di Tefnuth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strange ***
Capitolo 2: *** Unruhe ***
Capitolo 3: *** Chimera ***
Capitolo 4: *** Niente da perdere ***
Capitolo 5: *** Il B.P.R.D ***
Capitolo 6: *** Feuer und Eis ***
Capitolo 7: *** Telecinesi e Elettricità ***
Capitolo 8: *** Jung und nicht mehr Jungenfrei ***
Capitolo 9: *** L'ombra della bestia ***
Capitolo 10: *** On the Edge ***
Capitolo 11: *** Autopsia ***
Capitolo 12: *** Throwback ***
Capitolo 13: *** Crepe ***
Capitolo 14: *** Furia cieca ***
Capitolo 15: *** Rette mich ***
Capitolo 16: *** Dolore ***
Capitolo 17: *** Ice ghost ***
Capitolo 18: *** Il canto del lupo ***
Capitolo 19: *** Alien ***
Capitolo 20: *** Ich bin da ***
Capitolo 21: *** Heilig ***



Capitolo 1
*** Strange ***


Georg

Berlino.
La prima volta che scoprì l’esistenza dei suoi poteri aveva solo sei anni ma anche una gran voglia di sapere cosa lo rendesse diverso da tutti gli altri bambini. Georg era sempre stato uno di quei bimbi che noi potremmo definire “emarginati” o “asociali” perché raramente lo si vedeva parlare con i suoi coetanei, e non sarebbe mai accaduto che gli altri ragazzini si facessero avanti per parlargli e chiedere se per caso avesse voluto giocare a calcio con loro. Erano quasi tutti spaventati da quel ragazzino che con occhi di falco li scrutava così intensamente che sembrava voler passare la loro pelle e vedere cosa ci fosse all’interno di quelle minuscole masse di muscoli che non facevano altro che muoversi a casaccio nel tentativo di far entrare il pallone dietro cui si spaccavano i piedi in una piccola rete tenuta su con dei paletti di plastica. Georg, da parte sua, preferiva  guardare da lontano tutto quello che facevano quei ragazzino che andavano matti per quel pallone usato talmente tanto da avere il rivestimento esterno quasi consumato dalle loro scarpe firmate.

 Georg non era un bambino povero, anzi, suo padre lavorava in un’agenzia molto prestigiosa ma non se ne andava a vantare in giro come gli altri e, soprattutto, preferiva impiegare il proprio tempo libero dagli studi con una buona lettura per allenare la mente o ascoltare musica. Anche suo padre che all’inizio insisteva molto per incitarlo a dialogare con “gli altri della sua specie” dovette presto arrendersi all’evidenza che suo figlio non era come loro, non era come il figlio più piccolo che in quel momento viveva con la madre in un’altra città e che aveva occasione di vedere due volte al mese; al contrario lui era forse fin troppo socievole.

Tutto accadde in una giornata di sole, per Georg sembrava una delle solite giornate noiose in cui avrebbe dovuto aspettare l’arrivo del padre, in ritardo come sempre, davanti alla scuola e invece un piccolo evento sconvolse tutta la sua monotonia: il bulletto della scuola aveva deciso di parlargli dopo la solita piccola umiliazione ricevuta in classe.
 “Ehi tu, saputello, non tieni mai la bocca chiusa?” gli aveva detto quel bambino con la bocca ancora sporca di briciole, Georg inizialmente avrebbe voluto semplicemente ignorarlo ma poiché quello gli si era messo davanti bloccandogli la visuale aveva risposto  “Io ho risposto semplicemente perché conoscevo l’argomento e, quindi, la risposta. Non è colpa mia se non riesci a memorizzare cose semplici come queste” “Già, tu sei quello che deve sapere tutto. Siamo sicuri che tua madre e tuo fratello non se ne siano andati perché eri troppo noioso?” ribattè il bullo scoppiando in una risata, la testa di Georg invece aveva fatto un mezzo giro e gli occhi di falco erano andati a scontarsi con gli occhi a palla dell’altro bambino.

Improvvisamente l’atmosfera si fece strana: i giochi di plastica avevano iniziato a produrre  uno strano rumore e sembrava che le piante all’interno dell’edificio si muovessero pur in assenza di vento. Anche il bambino cattivo sentiva che qualcosa non andava, si sentiva troppo leggero e quando vide gli occhi di Georg che luccicavano di una strana luce costrinse i propri occhi a guardare i piedi che, con sua grande sorpresa, non erano più posati sul pavimento in legno “Che stai facendo?” chiese, anche gli altri bambini che stavano aspettando i genitori assieme alle loro maestre erano rimasti increduli allo spettacolo “E’ un mostro” sussurrarono alcuni “Maestra gli dica di farmi scendere, per favore” diceva il piccolo bullo “Georg basta così, non è un atteggiamento tollerato” esclamò la maestra più anziana, bastò un solo sguardo e anche lei si trovò coi piedi per aria “ Non credo che lei abbia la possibilità di darmi ordini signora, non è nemmeno la mia insegnante” le disse il ragazzino, tenere in aria due persone richiedeva l’aiuto di una mano.

Georg non sapeva perché aveva agito così, forse sentiva solo il bisogno di farlo per dimostrare agli altri chi fosse veramente: un diverso che nel suo inconscio non aveva fatto altro che aspettare con impazienza la scintilla che avrebbe fatto scattare tutto. Il coro degli altri bambini che continuavano a ripetergli di smetterla gli riempiva le orecchie di gridolini striduli e fastidiosi, Georg si trattenne dal farli levitare tutti solo per il semplice fatto che sapeva di non potercela fare. Fu il rumore del motore della macchina del padre a distoglierlo dalla sua apparente incapacità di ascoltare “Finalmente è venuto a prendermi” disse, ma non lasciò subito la presa sull’insegnante e sul bambino che in quel momento stava rischiando di vomitare l’abbondante spuntino di mezza mattinata, aspettò che il padre entrasse e vedesse tutto prima di sentire l’energia che gli scorreva dentro scomparire. Fu incredibile la velocità con cui corse in macchina

“Non parti, mi vuoi picchiare perché non sono normale?” domandò Georg non appena il padre si mise al posto di guida senza toccare il volante, era pronto a difendersi se necessario “No. Ti rendi conto di quello che hai appena fatto?” domandò a sua volta il padre guardandolo con gli occhi grigio-verde che aveva ereditato il figlio “No…anzi si, ma non so dirti il perché” era quasi in procinto di scusarsi “Hai dei poteri psichici!” non sembrava arrabbiato, la sua voce era alta per l’emozione “E’ una cosa grave? Mi manderai a far analizzare?” domandò Georg, aveva mal interpretato la risposta del padre “Certo che no, tu hai un dono, dobbiamo solo farci l’abitudine”.


Gustav
Amburgo, qualche tempo dopo.

“Forza Gustav, esci dalla vasca” gli gridò la madre fuori dalla porta del bagno ma Gustav non aveva affatto intenzione di ubbidirle, da qualche tempo ormai sentiva quasi il bisogno di stare a sguazzare dentro l’acqua non troppo alta della vasca da bagno e percepire la sensazione di immensità che gli dava.
“Quante volte ti devo chiamare per farti uscire da lì? Sei diventato peggio di un pesce” diceva la sua mamma, non lo stava rimproverando (lo si poteva percepire dal tono divertito della voce), anzi era felice che il figlio amasse tanto stare in acqua almeno quanto lei odiasse anche solo immergere la testa  “Lo sai che non mi può succedere niente, l’acqua non è alta” rispose il bambino biondo, era appena uscito dalla vasca e non si era accorto del piccolo laghetto ai suoi piedi “So che è impossibile che tu affoghi in quei pochi centimetri d’acqua, ma tu conosci il motivo della mia paura perciò capiscimi” quando era giovane la donna aveva visto una sua amica affogare e da allora ne era rimasta traumatizzata “Non preoccuparti, io sto sempre attento” disse Gustav da sotto l’asciugamano, non ebbe risposta dalla madre che era andata in cucina a controllare le padelle sul fuoco, stava preparando la cena.

Il biondo prese il phon dal mobile sotto al lavandino (ogni oggetto era perfettamente ordinato come solo sua madre sapeva fare) e ne srotolò il filo. Stava per inserire la spina nella presa di corrente quando vide una piccola saetta fuoriuscire dal buco della presa, toccargli il dito e attraversargli la mano. La casa piombò nel buio.

Sua madre corse immediatamente in bagno, temeva che lo avrebbe visto carbonizzato, e invece lui era in piedi e perfettamente in salute al centro della stanza…buia come il resto della casa “Che è successo?” domandò il bambino spaventato, avrebbe voluto che sua madre lo abbracciasse ma lei restava ferma sulla porta “Sarà…è stato di sicuro un blackout, vedrai che tra poco la corrente tornerà e riavremo la luce. Però…” la donna aveva fermato il discorso a metà, come se stesse studiando qualcosa “Però?” domandò Gustav, la mano ancora gli formicolava “Bhè…” la donna non sapeva che dire “Mamma, perché non ti avvicini?” “Non posso” una risposta difficile da dare al figlio, se solo lui avesse potuto vedere ciò che lei aveva davanti agli occhi “Perché? Non sono stato io” aveva i lacrimoni agli occhi, la madre lo poteva sentire dalla voce strozzata perciò tentò di rassicurare il figlio “Lo so tesoro, tranquillo” “E allora perché? Cos’ho che non va?” gridò Gustav.

La luce tornò come se fosse stata richiamata dalla voce del bambino e la madre si rasserenò, quello che vedeva prima era scomparso e sicura che non lo sarebbe accaduto niente poté correre ad abbracciare suo figlio “Assolutamente niente caro, è tutto a posto adesso. Tuttavia sarà meglio chiamare tuo padre” come avrebbe potuto dire a lui che nel buio della stanza lei aveva visto il suo corpo attraversato dall’elettricità?

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Capitolo 2
*** Unruhe ***


Salì le scale lentamente, arrivò alla porta di una camera e la aprì senza bussare; sapeva che le persone che stava cercando, i figli, erano lì dentro e infatti loro erano seduti sui loro letti. Georg era seduto con le gambe incrociate, il suo sguardo era fisso sullo specchio, invece Gustav era sdraiato a guardare lo spettacolo sul soffitto : alcuni oggetti stavano svolazzando per aria formando diversi cerchi. Alcuni oggetti erano scomposti in diversi frammenti e tra questi Hans, il padre, riconobbe immediatamente i cocci che componevano la preziosa lampada in porcellana che gli aveva regalato qualche anno prima la cognata antipatica dai pessimi gusti. Tutte le volte che entrava in quella camere la trovava sempre in quello stato, ma lui sapeva che ogni singolo pezzo sarebbe tornato al posto giusto nel giro di pochi istanti: sarebbe accaduto non appena il figlio gli avrebbe rivolto l’attenzione sciogliendo l’incantesimo che faceva levitare gli oggetti.

Attese molto, forse una ventina di minuti, ad aspettare sulla porta aperta osservato dal figlio minore che si era accorto del suo arrivo. Hans  avrebbe potuto far qualcosa per attirare l’attenzione del figlio maggiore, ma la prima e l’ultima volta che lo aveva fatto ogni oggetto era ricaduto a terra frantumandosi e Georg aveva subito perso i sensi per risvegliarsi un paio di ore dopo ancora intontito; stava per dirgli che l’ex moglie nonché madre di Georg, Kelly, lo aveva chiamato per raccontargli del blackout…e di Gustav. Da allora era passato un po’ di tempo (Georg e Gustav avevano ormai rispettivamente 16 e 15 anni mentre Kelly aveva deciso di tornare a convivere con l’ex marito) e da quell’esperienza Hans aveva imparato ad attendere il segnale giusto sulla soglia.
Avrebbe anche aspettato per ore, ma la sua pazienza sarebbe sempre stata ripagata da una lunga e interessante conversazione. Finalmente, dopo tanta piacevole attesa, Hans vide che i cocci della lampada avevano iniziato a ricomporsi e anche gli altri oggetti avevano smesso di volteggiare per andare a posarsi sui mobili ai loro legittimi posti: quello era il segnale di via libera.

“Devi sempre decomporre la lampada a quel modo?” domandò Hans “E’ l’unico oggetto che posso scomporre senza rischiare di rovinarlo, se lo facessi con i libri correrei il rischio di comporre frasi senza senso o capitoli estranei al racconto” rispose Georg, ogni volta che i due iniziavano un discorso sembrava che stessero per litigare mentre in realtà era solo il loro modo per rompere il ghiaccio.

“Perché sei qui?” chiese Gustav sistemando gli occhiali da vista che gli erano leggermente scivolati sul naso “Ho avuto una telefonata dall’ufficio, hanno indetto una riunione e devo andare. Vostra madre è già andata al lavoro, badate voi alla casa?” domandò Hans “Certo, al massimo faremo un giro nei dintorni ma non staremo via per molto” rispose Georg, doveva fare alcuni acquisti per la scuola e voleva approfittarne per guardare i negozi di abbigliamento. “Come volete, ma ricordate di chiudere tutto e lasciare un biglietto sul tavolo nel caso che vostra madre rientri prima di voi. Non dimenticate i cellulari” preoccupazioni inutili “Agli ordini capo” disse Gustav facendo il saluto militare “Quand’è così…ci vediamo più tardi ragazzi” Hans uscì di scena salendo sulla BMW bianca che sparì velocemente dalla vista che la finestra della camera permetteva ai ragazzi.

Si prepararono ad uscire, gli bastarono dieci minuti (il tempo necessario ad indossare una maglia, i jeans e le scarpe). Avrebbero fatto anche prima se Gustav non avesse indossato la solita maglia improponibile “E smettila di indossare quella maglia, va a cambiarti” gli disse Georg non appena vide il fratello scendere dalle scale con una maglia bianca decorata con un bruttissimo disegno geometrico “Che devo mettermi?” domandò Gustav che non capiva cosa non andasse in quel pezzo di stoffa “Quello che ti pare ma non quell’orrore, hai un sacco di maglie più decenti nel tuo cassetto. Anzi te lo dico io che metterti, non vorrei ripetere la scena: la maglia nera dei Metallica”. Obbediente Gustav tornò in camera sua, cambiò la maglia bianca con quella che gli aveva suggerito il fratello e si presentò sulla rampa col nuovo outfit “Così va bene, se non impari a vestirti per bene come farai a trovarti una ragazza?” scherzò Georg mentre chiudeva la porta di casa con quattro giri di chiave, dopo aver atteso che Gustav uscisse.

Abitando a Jagerstrasse nella Berlino centro-est ai ragazzi occorse veramente poco per raggiungere Friedrichstrasse, una delle due importanti arterie commerciali di Berlino. Visitando la strada i due poterono fare gli acquisti necessari per la scuola e allo stesso tempo osservare le vetrine dei negozi di abbigliamento, dalle boutique costosissime a quelle più alla loro portata. Fu davanti ad una di queste che Georg iniziò ad avere una strana sensazione: era come se avesse un’ombra addosso o qualcosa che gli pesava sulle spalle.  Tuttavia preferì non pensarci e non dire niente a Gustav, anche se quel presentimento non lo abbandonò neppure una volta rientrati a casa.

Dal momento che nessuno dei due genitori non era ancora tornato (la madre aveva lasciato un messaggio in segreteria per avvertire che sarebbe tornata per cena) Georg propose a Gustav di fare un po’ di esercizio nel cortile dietro casa, coperto da sguardi indiscreti da un’alta staccionata in legno dipinto. Era un occasione di esercizio soprattutto per Gustav che aveva timore di esercitare il suo potere in casa o con intorno persone che non fossero Georg, aveva paura di ferirle e con l’elettricità non si scherza. Georg infatti riusciva a fargli visualizzare meglio l’elettricità che produceva il suo corpo (Gustav ancora non si rendeva conto di quanti volt raggiungessero le sue scariche) in  modo da poterla sempre tenere sotto controllo, e per aumentare ancora di più il livello di sicurezza Gustav preferiva realizzare delle sfere grandi più o meno quanto le sue mani piuttosto che cercare di creare veri e propri fulmini: quella volta che ci aveva provato aveva fatto saltare il generatore ausiliario dei vicini. Quella sera però Georg non sembrava molto concentrato sul suo lavoro, ancora percepiva quel senso di angoscia, perciò l’esercitazione durò poco.

Anche quando Kelly e Hans rientrarono a casa Georg non disse loro della sua sensazione, non voleva che i suoi famigliari si preoccupassero di qualcosa che avrebbe potuto anche non essere relativamente importante, ma non tutti furono ingannati dalla sua finta serenità “Qualcosa non va’?” gli domandò la madre mentre lui la stava aiutando a pulire i piatti dopo cena, era da lei che Georg aveva ereditato il colore degli occhi e, forse, anche il suo spirito indagatore “No, è tutto come al solito” sapeva già che la sua risposta non avrebbe soddisfatto la donna, era sempre stato così “Mmmmh, non me la stai raccontando giusta. Sputa forza” lei lo schizzò con l’acqua riuscendo a prenderlo in faccia “E va bene – Georg chiuse l’acqua e prese un canovaccio per asciugare i patti - . Oggi, mentre ero con Gustav, ho avuto…non so…una strana sensazione. Era come se ci fosse sempre qualcuno dietro di me” “E perché non l’hai detto subito?” domandò lei, aveva quasi fatto cadere un piatto “Non è niente di importante” “Tutto è importante, soprattutto se si tratta di te. Ce l’hai ancora questa sensazione vero?” Kelly aveva riposto l’ultimo piatto e aveva puntato il suo sguardo sul figlio, non si era lasciata sfuggire il fatto che Georg avesse parlato al presente “…Si” rispose Georg. Non poteva mentirle dato che più passavano i minuti e maggiore era il senso di angoscia che provava.
---Nota autrice------
Se siete ancora qui, grazie mille a tutti perchè non mi ritenete pazza. Siamo giunti al secondo capitolo e presto non solo faranno comparsa i gemelli ma anche tutti gli altri elementi che caratterizzano questa fan fiction per quello che realmente è.
Spero che ci sarete anche nei prossimi capitoli.
 

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Capitolo 3
*** Chimera ***


Ora che aveva detto la verità a sua madre la tensione di Georg si era leggermente allentata, anche se l’inquietudine che provava non gli permise di trascorrere una serata tranquilla. Alla fine si arrese al fatto che niente sarebbe riuscito a distrarlo e appena l’orologio, attaccato al muro dietro la televisione, segnò le 22.05 salì in camera e si sdraiò sul letto in attesa che il suo corpo si decidesse a dormire. Niente da fare.

Georg era ancora sveglio quando la porta si aprì ed entrò Gustav, erano le 23.30 “Qualcosa non va, vero?” gli domandò il biondo, non poteva essere altrimenti per lui dal momento che il fratello di solito si addormentava appena toccato il cuscino “Ho un presentimento: da oggi mi sembra di avere qualcosa di pesante sulle spalle” rispose Georg sedendosi, non si era nemmeno cambiato “Brutta cosa – Gustav si sedette a gambe incrociate sul letto di Georg - . Cosa credi che sia?” “Non lo so. Forse niente, forse tutto. E’ la prima volta che mi succede e non so cosa pensare” Georg si maledì per non aver ancora saputo dare una risposta a questo interrogativo “Capisco ma non serve che ci perdi il sonno” fu il tentativo di Gustav di tranquillizzare il fratello maggiore “E invece sì. Pensa se volesse dire che siamo in pericolo” ipotizzò Georg, non era troppo lontano dalla realtà “E chi sei Spiderman? ” scherzò Gustav facendo riferimento al senso di ragno, dal momento che gli piacevano moltissimo i fumetti gli piaceva quando poteva fare dei paragoni; il biondo non potè trattenersi dal ridere. Una risata che contagiò anche Georg, fino a che il corpo del moro non venne attraversato da brividi di freddo.

Georg smise di ridere e si irrigidì come un ghiacciolo, il suo cuore invece batteva fortissimo. La voce di Gustav, che gli chiedeva cosa gli stesse succedendo, gli sembrava ovattata e la vista si era alterata: per quanto ci provasse non riusciva a focalizzare il fratello, le immagini che vedeva erano di tutt’altro genere.
“Che succede Georg? Che hai?” chiedeva insistentemente Gustav, per quanto strattonasse il fratello lui restava rigido e sembrava proprio che non riuscisse più a vederlo, inoltre i soprammobili e i libri si erano messi a volteggiare caoticamente per la stanza. La cosa peggiore cui Gustav dovette assistere però arrivò subito dopo, quando Georg inarcò la testa per guardare verso l’alto, azione che fu accompagnata da un rumore di passi sul tetto e un ruggito animalesco; poi Georg cadde all’indietro evitando per un soffio la testata del letto con la testa, gli oggetti che stavano levitando caddero a terra.

“Georg ti prego svegliati” la voce del fratello lo aveva fatto svegliare, finalmente il suo mondo era tornato alla normalità “Che è successo?” domandò il moro “Sono io a chiedertelo cazzo, ti sei irrigidito e tutto qua ha cominciato a girare” gli gridò Gustav, non era difficile credergli visto il casino che c’era sul pavimento. Le parole di Gustav fecero si che Georg ricordasse cosa avesse visto nel momento della sua trance, e non era piacevole “Siamo in pericolo, dobbiamo scappare” la mano di Georg strinse con forza il braccio di Gustav, poi i due sentirono il grido della madre dal piano inferiore.

Corsero in fretta giù per le scale fino al salotto dove i genitori ancora stavano guardando alla televisione il loro programma preferito, almeno fino a pochi istanti prima che una creatura orribile si introducesse nella loro casa. Ciò che videro i ragazzi appena varcata la soglia ad arco che separava il soggiorno dal corridoio d’entrata infatti fu una pozza di sangue che ricopriva la moquette prima grigio chiaro, allo stesso modo anche le pareti bianche erano schizzate di sangue e ogni arredo era messo sotto-sopra. I corpi dei loro genitori, ormai sicuramente morti dal momento che le teste erano state strappate e lanciate chissà dove, erano stati orribilmente mutilati e accantonati nell’angolino vicino alla finestra. Il rumore che proveniva da dietro il divano diceva ai due fratelli che l’assassino era ancora in casa.

“Esci fuori” gridò Georg in direzione del divano, pronto ad affrontare qualunque uomo vi si fosse celato dietro, tuttavia ciò che uscì dal nascondiglio non era un uomo bensì una vera e propria Chimera; l’essere mitologico con il corpo di leone, coda di serpente e testa di capra sul dorso li stava guardando con le fauci insanguinate aperte. “Roarrrr” ruggiva il mostro da dietro il divano, si era leggermente accucciato preparando un balzo che sarebbe sicuramente arrivato poco dopo “Ma che diavolo?” Georg aveva perso la sua verve iniziale, come avrebbe mai potuto immaginare di vedere un mostro mitologico in casa sua? Come avrebbe potuto affrontarlo? Quando era caduto in trance era venuto a conoscenza del pericolo imminente, ma quella specie di visione che aveva avuto non lo aveva avvertito della morte dei suoi genitori, né della bestia che avrebbe trovato.

 Un fulmine partì dalla lampada posta sul comò vicino al divano e colpì in pieno la creatura, sembrava non  avergli fatto alcunché ma forse l’aveva intontita “Dobbiamo scappare, subito” Gustav aveva preso in mano la situazione e con forza aveva portato il fratello fino alla porta e da lì la fuga per le strade deserte. Ormai era mezzanotte, era ufficialmente iniziata la domenica, e nel lungo rettilineo di Friedrichstrasse le uniche presenze erano quelle dei manichini che si vedevano nelle vetrine, ma a loro non si poteva chiedere aiuto “Corri, ci verrà sicuramente a cercare”  Georg si era ripreso dallo shock e ora guidava il duo attraverso le vie secondarie di Berlino, sperando che la belva non avesse un fiuto migliore dei cani.

Nella folle corsa tuttavia, Gustav venne urtato da qualcuno venuto da un vicoletto perpendicolare alla strada che lui stava percorrendo con Georg “Attento a dove vai” gli gridò quello, parlava tedesco ma si sentiva dall’accento che era americano. Era un ragazzino esile con corti capelli neri, ad eccezione di un ciuffo più lungo che copriva un occhio, il suo abbigliamento consisteva in un paio di jeans sdruciti, una maglia rossa aderente e un giubbotto di pelle nero e bianco, nonostante la poca luce che illuminava la strada Gustav vide anche un piercing al sopracciglio e un altro che sbriluccicava sulla lingua. Eccentrico, pensò Georg, ma la cosa più strana era vedere lo strumento che quello portava al braccio: una lama incurvata la cui punta andava oltre la mano e la coda finiva oltre la spalla; non aveva una superficie regolare, non sembrava nemmeno fatta di acciaio e non era tenuta attaccata al corpo da un bracciolo bensì da uno strano materiale azzurrino che ricopriva parte dell’avambraccio.
“Lascia stare quei due, sta tornando” una voce, in Americano, proveniente dallo stesso vicolo da cui era comparso lo sconosciuto: un altro ragazzo, o almeno così sembrava dal momento che non si riusciva a scorgerne bene i lineamenti del viso; era circondato da fiamme blu.
“Eh ma che cazz…?” imprecò Georg, gli sembrava di essere finito in un film degli X-men. Un ruggito interruppe qualunque possibile iniziativa di richiesta di spiegazioni, la chimera li stava guardando appesa alla facciata di un edificio.

Pow. Un forte colpo di pistola riempì l’aria e pochi secondi dopo la bestia cadde a terra, gli mancava metà del muso e l’altra metà stava fumando “Eddai papà, dovevi proprio tirare fuori la Samaritan?” disse il ragazzo infuocato ad una gigantesca sagoma che si nascondeva nel buio della strada da cui aveva sparato “Ce l’avremmo fatta da soli” aggiunse l’altro, era come se avessero dimenticato la presenza di Georg e Gustav e questo a loro non piaceva “Lo so ragazzi ma la boccia per pesci insiste che si faccia presto. Mi ha spaccato i timpani, altrimenti vi avrei lasciato giocare ancora un pò” spiegò la sagoma, aveva una strana voce. “Il solito rompiballe” le fiamme blu si spensero rivelando un ragazzo identico all’altro con la strana arma: erano gemelli omozigoti, con l’unica differenza che avevano due modi diversi di vestire, questo infatti portava i dread e vestiti fin troppo larghi per il suo fisico.

“Si può sapere che diavolo succede?” gridò Georg a squarciagola attirando l’attenzione di tutti, non si era accorto che il suo scatto d’ira aveva fatto saltare gli allarmi antifurto delle auto lì intorno oltre ad aver fatto sfarfallare le luci dei lampioni “Oh porca” il ragazzetto con i capelli neri, la cui arma era sparita chissà quando, lo stava guardando attonito “Almeno hai attirato la loro attenzione” sussurrò Gustav a Georg.
“Ma bene, questo sì che è interessante” disse la sagoma nera. Quando la figura finalmente decide di mettersi sotto la luce del lampione, i due fratelli videro un grande uomo dalla pelle rossa con una gigantesca mano di pietra (più grande dell’altra), la coda e quelle che sembravano delle corna limate “Hellboy !!!” esclamò Gustav, aveva letto fin troppi fumetti per sbagliarsi.

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Capitolo 4
*** Niente da perdere ***


“E’ un telecineta. Non avrei mai pensato di poterne vedere uno in carne e ossa” esclamò tutto contento il gemello dai capelli corti “Già ma deve essere ancora un principiante, o non sarebbe scappato a gambe levate dalla Chimera” disse l’altro con i dread, il suo sguardo era più severo rispetto a quello del gemello “Principiante, io?” pensò Georg, se non avesse avuto un urgente bisogno di risposte lo avrebbe spedito subito sulla luna. “Calma ragazzi, è normale che siano scappati: non avranno mai visto mostri qua in giro” disse Hellboy, in bocca aveva un grosso sigaro acceso mentre con la mano di dimensioni normali impugnava una grossa pistola, la Samaritan.

“Mi volete rispondere?” domandò Georg, cominciava ad essere stufo di essere ignorato “C’è da spiegare qualcosa? Quella Chimera voleva uccidere e siamo intervenuti” il ragazzo con i dread era sempre più sfrontato, si vedeva dagli occhi che gli piaceva sentirsi superiore a lui “Grazie fin lì ci sono arrivato. Quella cosa ha ucciso i nostri genitori, e sembrava che ce l’avesse proprio con noi!” disse Georg indicando i resti della bestia “Per forza: con la vostra presenza stavate minacciando il suo territorio” disse l’altro gemello, sembrava stesse nascondendo qualcosa “Quello che i miei figli vogliono dire è che…la Chimera abitava sotto forme umane nel vostro quartiere. Deve avervi visto mentre esercitavate i vostri poteri e, sentendosi minacciata, ha deciso di agire” spiegò Hellboy; ai due fratelli vennero in mente i fruscii che avevano sentito quel pomeriggio tra le foglie mentre si stavano allenando, se era stata la Chimera doveva averli spiati chissà quante altre volte.

“Ma perché avete deciso di intervenire proprio ora? Come facevate a sapere che si sarebbe rivelata?” una giusta domanda da parte di Gustav “Ci sono stati altri omicidi, non qui ma nella città vicina. I segni sui corpi erano stati chiaramente fatti da una Chimera: prima della caccia grossa si divertono su animali…o umani, all’occorrenza. Voi eravate la caccia grossa” disse il demone rosso, non sembrava particolarmente interessato dalla cosa; Georg e Gustav invece si sentivano carne da macello.
“E’ ora di andare ragazzi, Johann non la smette di lamentarsi” Hellboy si avvicinò al corpo della bestia e se la mise su una delle grosse spalle, avrebbe levato subito i tacchi se non avesse notato lo sguardo che si stavano scambiando i gemelli “Qualcosa mi dice che state per chiedermi qualcosa” disse loro il gigante rosso “Loro possono venire con noi?” chiesero in coro i gemelli, la loro sincronia era perfetta “Non credo, avranno qualcuno che li aspetta” ipotizzò Hellboy, tuttavia venne subito smentito da Georg “In realtà…no” non sapeva perché ma gli era venuto spontaneo dirlo “Bhè, quand’è così… se vogliono, saranno i benvenuti”.

Georg e Gustav si presero qualche minuto, e qualche metro, per decidere sul da farsi; in realtà il più incerto dei due era proprio Georg mentre Gustav era entusiasta all’idea di andare ad abitare con persone più simili a loro “Avanti Hobbit, che abbiamo da perdere in fondo? Se anche riuscissimo a trovare alcuni dei nostri parenti non è sicuro che ci vogliano, e poi dovremmo comunque nasconderci per non rischiare di essere rinchiusi in chissà quale laboratorio di analisi che ci vivisezionerebbe. Io non voglio una vita così, preferisco che mi considerino morto o svanito chissà dove” a volte Gustav era capace di osservazioni veramente brillanti; la sua osservazione convinse il moro che la decisione più giusta era andare col bestione.

Non dovettero camminare molto dal punto in cui si erano incontrati, Schloss-platz, per raggiungere il furgone del BPRD, camuffato da camion dell’immondizia, in Alexander-platz. Giusto il tempo che occorse a Georg e Gustav per conoscere i nomi dei gemelli, Tom e Bill, e qualcosa sull’agenzia per cui lavoravano, il BPRD (bureau per la ricerca e la difesa del paranormale). Dalla piazza il furgone li condusse fino all’aeroporto Schonefeld dove, nascosto tra gli aerei sulla pista, c’era un jet grigio scuro che li avrebbe portati fino alla sede segreta del BPRD,in America.

Appena salito, Hellboy si diresse verso una donna esile dai capelli a caschetto, una fata in confronto al gigante rosso, e la baciò; un gesto semplice seppur insolito data la coppia, che confermò a Georg e Gustav che i gemelli erano figli biologici di Hellboy dal momento che nei tratti del viso e nella corporatura vedevano molto della donna (non potevano dire lo stesso per quanto riguardava il padre).
“Ciao Red” lo salutò lei con la sua voce leggera e un poco rauca, poi vide Georg e Gustav e domandò chi fossero; probabilmente se lo stava chiedendo anche il pilota del jet “Giusto, giusto. Loro erano inseguiti dalla Chimera, li abbiamo incontrati a Schloss-platz” disse Hellboy, non potè aggiungere altro dal momento che non conosceva i loro nomi. A quello ci pensò Georg presentando sé e il fratello, stava anche per dirgli delle loro abilità quando venne anticipato da Bill “Lui è un telecineta” aveva mantenuto lo stesso entusiasmo di prima “Tuo fratello invece che sa fare?” domandò Tom facendo finalmente trapelare un po’ di impaziente curiosità “Genero e controllo l’elettricità” rispose il biondo, gli sarebbe piaciuto usare un termine specifico, sarebbe stato più figo, ma non gli veniva in mente nessuna parola adeguata “Uao – esclamò entusiasta la fata - . Io sono Lyz, sono una pirocineta. Immagino che, se siete qua, verrete con noi” “Non abbiamo nessun altro” ripeterono insieme i fratelli, la sincronia non era stata perfetta come quella dei gemelli ma neanche da buttar via “Allora va bene; benvenuti nella nostra famiglia” il viso di Lyz era pieno di luce, era proprio una fata.

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Capitolo 5
*** Il B.P.R.D ***


Avrebbero voluto godersi il viaggio, guardando dall’oblò del jet il panorama sotto di loro; invece tra le chiacchiere dei gemelli e la vibrazione dei sedili, Georg e Gustav si addormentarono senza neanche accorgersene.

Quando riaprirono gli occhi, aiutati dalla rombante voce di Hellboy che festeggiava il ritorno a casa, il jet aveva già posato le ruote sul cemento della pista d’atterraggio e stava per rientrare nell’hangar “Finalmente a casa! Una bella doccia non me la toglie nessuno” esclamò Tom tutto contento mentre, scendendo dall’aereo, si sgranchiva le braccia. “Tu, Hellboy! Ti devo parlare” a parlare era stato un uomo non troppo alto, quasi del tutto pelato, vestito con giacca e cravatta; stava puntando fermamente il dito contro il gigante rosso.
“Chi è quello?” domandò Georg ai gemelli, quel tipo non gli piaceva molto “Un rompiballe: crede di essere il capo, ma è solo una mezza calzetta” rispose Bill alzando gli occhi al cielo appena l’uomo passò oltre loro “Tom Manning. L’unica sua utilità è quella di evitare che le nostre operazioni vengano scoperte, ma con papà non ci riesce quasi mai” aggiunse Tom, dai suoi occhi si percepiva che se avesse potuto avrebbe volentieri fatto a meno della presenza del signor Manning.

“Ragazzi, perché non portate i nostri ospiti a conoscere Abe, fintanto che non sappiamo dove dormiranno stanotte? Noi vi raggiungiamo più tardi” propose Elizabeth che si era avvicinata a loro mentre il compagno se la vedeva con Manning “Certo!” esclamarono di nuovo in coro i gemelli, la loro sincronia era qualcosa di stupefacente.
Come proposto dalla donna, i gemelli condussero Georg e Gustav attraverso lunghi corridoi nei quali, oltre agli esseri umani, si potevano vedere creature di ogni sorta; era come essere in un regno di fiaba in cui non c’erano fate bensì troll e altri esseri simili “Figata assurda” sussurrò Gustav a Georg mentre passavano accanto ad un troll, ammanettato e scortato da tre agenti. Nel percorso i corridoi si fecero meno affollati, più silenziosi e anche i “mostri” sparirono del tutto; infine i gemelli si fermarono davanti ad una porta che chiudeva il corridoio, e la aprirono. Dietro alla porta c’era una sala enorme con un alto soffitto; era una biblioteca, la più bella che Georg e Gustav avessero mai visto, ricolma di libri posti in scaffali che andavano dal pavimento al soffitto. In fondo alla sala c’erano due rampe di scale che portavano al rispiano superiore, dove le scalette movibili non potevano arrivare; al piano terra vi era anche un piccolo soppalco circolare su cui stava un tavolino vicino ad un camino; la luminosità della struttura compensava la totale assenza di finestre. Sulla destra, l’unico punto in cui non vi erano scaffali ma una grande vasca con i bordi molto rialzati rispetto al pavimento, vi erano quattro leggii vuoti e non molto lontano da essi una piccola rampa di scale che portava al bordo della piscina.

“E’ bellissima” disse Georg, avrebbe potuto passarci tutta la sua vita dentro a quella sala “E non avete ancora visto niente” disse Tom che, dopo essersi avvicinato alla vasca e indicò ai due fratelli qualcuno non troppo lontano dal loro lato della vasca. Quel qualcuno era un vero e proprio uomo pesce, e stava nuotando nella grande vasca muovendo le mani a ritmo della musica che stava ascoltando attraverso le cuffie wireless. Non si era accorto della loro presenza, perciò i gemelli bussarono sul vetro; la creatura si girò rivelando due grandi occhi neri, due fessure al posto del naso e una bocca senza labbra.
“Ciao zio Abe” lo salutarono Bill e Tom “Zio?” domandò Gustav un po’ sconcertato (come potevano essere parenti di un pesce?) “Non sono veramente loro zio: io e il loro padre non abbiamo legami di sangue, tuttavia ci consideriamo fratelli. Voi due siete i nuovi acquisti: Georg il telecineta e Gustav il manipolatore di elettricità. Piacere di conoscervi, io sono Abraham Sapien; per favore chiamatemi pure Abe o Blu” la voce di Abraham si sentiva forte e chiara nonostante stesse parlando sott’acqua “Ma come fa?” domandò Georg, quel luogo per lui era appena diventato la caverna delle meraviglie “Ha un lobo temporale molto sviluppato che lo rende un telepate; inoltre, se tocca un oggetto, può vedere gli eventi che sono accaduti attorno ad esso” spiegò Bill mentre l’uomo-pesce risaliva in superficie per uscire dalla vasca.

Quando Abe si presentò davanti a loro, Georg e Gustav poterono vedere la sua pelle blu screziata di bianco “Forte! E puoi respirare anche fuori dall’acqua?” domandò Gustav “Solo per un periodo limitato, se devo andare in missione devo indossare uno speciale apparecchio respiratorio” spiegò l’uomo-pesce mimando con le mani quello che sembrava un collare.
Un forte rumore indicò che la porta si era di nuovo aperta: Hellboy e Elizabeth entrarono con un gran sorriso sui volti “Buone notizie! Resterete qua con noi; saremo i vostri tutor, o genitori adottivi come preferite. Da stasera dormirete a casa nostra” disse Lyz con l’entusiasmo di una bambina, inavvertitamente aveva ripetuto la scena che uno dei suoi figli aveva fatto quando aveva visto il potere telecinetico di Georg “Sicuri che per voi non sia un disturbo?” domandò il fratello moro “Macché, scommetto che non sentirò volare una mosca; a meno che non ci siano di mezzo i miei mostriciattoli” scherzò Hellboy “Li metteremo a posto noi” esordì Gustav incrociando le braccia “Attento caro, sei nel mio territorio adesso. Qua sono io che faccio le regole” ribatté Tom, ma si vedeva che stava scherzando “Va bene, basta ragazzi. Che ne dite se vi portiamo a vedere casa?” propose Elizabeth sedando quello che sarebbe diventato un piccolo dibattito “Certo” la seguì Georg.

Ancora lunghi passi, un lungo corridoio e poi una grossa porta blindata che Hellboy aprì senza nemmeno pensarci. Dietro di essa c’era un’ampia casa costituita da tre stanze: in quella più grande (la prima che si vedeva appena entrati) c’era il letto matrimoniale, alcune televisioni di diverse generazioni e una porta che nascondeva il bagno; delle altre due stanze (identiche per misura), una fungeva da camera da letto per i gemelli; l’altra invece era arredata a mo’ di salotto con tanto di libreria (sicuramente tutti libri di Lyz) e un divano-letto che sarebbe servito ai due fratelli come sistemazione temporanea fino all’indomani. Mancava la cucina perché, come i gemelli spiegarono a Georg e Gustav, ci pensava la cucina che serviva l’intero edificio a portar loro da mangiare.

Nel resto della giornata la nuova famiglia stette nella casa: a Hellboy e ai gemelli ci voleva un po’ di riposo dopo la corsa fatta per le strade di Berlino, e Georg e Gustav ne approfittarono per ambientarsi e per sistemare al meglio la loro nuova camera.

Poi si fece la sera, e venne per tutti l’ora di andare a dormire; o forse no. Non riuscendo a dormire, o piuttosto non volendo dormire, Georg lasciò la sua camera e si intrufolò nella stanza dei gemelli. Nonostante ci fossero due letti, Bill e Tom stavano dormendo l’uno abbracciato all’altro sul letto che aveva una sponda attaccata al muro (probabilmente era il letto di Tom, dato che i vestiti sulla testiera di fondo erano i suoi): Bill stava dormendo con la testa appoggiata alla scapola destra del fratello, Tom invece teneva Bill vicino a sé con il braccio destro e, a sua volta, aveva appoggiato la guancia sulla fronte del gemello. Sebbene i due dormissero come angeli innocenti, Georg percepiva un’aura di guardia provenire da loro, soprattutto da Tom.

“Non riesci a dormire?” la figura esile di Elizabeth gli era scivolata vicino dalla stanza matrimoniale, la donna indossava un baby- doll azzurro in seta e dei pantaloncini neri in cotone “No, in effetti no. Non ho la fortuna di Gustav, lui riuscirebbe a dormire anche in aperta campagna” rispose Georg mentre osservava Tom muoversi leggermente (che si fosse accorto della loro presenza?) “A volte dormono così, in alcune occasioni li lascio sui loro letti e li ritrovo su uno solo” con la mano Lyz accompagnò Georg nella sua camera, Gustav si era aggiudicato tutta la coperta in appena cinque minuti.
“A proposito di quello che avete fatto prima, io…” stava per ringraziarla per averli accolti con loro “Non c’è problema, lo abbiamo fatto volentieri, solo dovrete farvi il callo a sopportare i miei gemelli: sono un po’ irrequieti a volte, ma non sono cattivi. Mentre dormivate, in aereo, mi hanno confessato che gli siete simpatici” sussurrò la fata, poi diede un’occhiata fugace all’orologio digitale, era tardi “Sarà meglio che tu ora vada a dormire, domani sarà una giornata intensa” aggiunse Lyz lasciandolo nella sua camera.

 

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Capitolo 6
*** Feuer und Eis ***


Ancora non ci credeva, Georg, quando al suo risveglio vide il soffitto della sua nuova camera. La coperta gli era stata rubata da Gustav per l’ennesima volta durante la notte, tuttavia il riscaldamento gli aveva permesso di non soffrire il freddo mentre dormiva. Non sapeva che ore fossero, ma i rumori che provenivano dalla camera vicina gli dicevano che anche i gemelli si erano svegliati; il russare leggero che sentiva dietro la sua schiena, invece, gli diceva che Gustav ancora dormiva.
“Svegliaaaaaaa, dormiglioni!” la forte voce di Tom ruppe il silenzio della camera, quasi spaccando i timpani a Georg e facendo trasalire Gustav che si svegliò di soprassalto “Ma che diavolo succede?” domandò il biondo, poi vide Tom e comprese.
“Non vorrete restare a dormire tutto il giorno!” la testa di Bill aveva fatto capolino da sopra la spalla del fratello “Ok arriviamo. Dateci solo un secondo” mugugnò Gustav cercando di svegliarsi del tutto stropicciando un po’ gli occhi con le mani. Venne aiutato da Tom che si gettò a capofitto sul letto, a pochi millimetri da lui. Nonostante la corporatura esile il contraccolpo del materasso fece fare a Gustav un piccolo salto che per poco non cadde a terra; Georg aveva fatto appena a tempo ad alzarsi. La voce di Elizabeth giunse subito dall’altra stanza per criticare il comportamento dei gemelli “Ragazzi, comportatevi a modo”, se lei era seria Hellboy invece stava a stendo trattenendo una risata “Gli abbiamo solo dato una mano a svegliarsi, non abbiamo fatto nulla di male” ribattè Bill in pronta difesa del fratello “Non credo che a loro sia piaciuto. Potevate semplicemente chiamarli” Elizabeth continuava per la sua idea.

Fecero colazione tutti e sei attorno al castello che era stato portato da uno degli agenti, in realtà i porta vivande erano due (di cui uno era tutto per Hellboy) e conteneva una svariata serie di cose da bere e mangiare. Era stata Elizabeth a ordinare una colazione mista, non sapeva cosa piacesse da mangiare ai nuovi membri della famiglia e quindi non si era fatta mancare nulla “Spero ci sia qualcosa di vostro gradimento” disse la donna a Georg e Gustav; era stata fin troppo generosa nell’ordinare tutte quelle prelibatezze “Sto avendo una crisi di esistenza, non so che prendere” disse Gustav prima di optare per un waffle su cui mise su un bel cucchiaio di marmellata ai frutti di bosco. Indeciso sul da farsi, Georg iniziò con una tazza di caffè latte addolcito con un cucchiaino di zucchero e solo dopo decise di imitare il fratello con waffle e nutella.
 
Dopo la meravigliosa colazione i ragazzi si vestirono (per Georg e Gustav erano stati portati dei vestiti nuovi che gli stavano a pennello), poi uscirono e seguendo Hellboy e Elizabeth si diressero in una zona sotterranea dell’edificio, attraverso corridoi molto austeri. I due fratelli non fecero domande durante il percorso e anche i gemelli non dissero nulla, sebbene non mancarono di scambiarsi delle piccole occhiate di intesa e dei sorrisetti. Alla fine dell’ennesimo corridoio i gemelli presero una porta sulla sinistra mentre loro, assieme ai due tutor, presero quella che stava loro davanti. All’interno della porta c’era una grande sala comandi, divisa con un grosso vetro rinforzato da un’altra area vuota (ribassata rispetto a dove erano loro) con un grosso soffitto.
 
“Eccovi qui” Abraham era seduto ai comandi e accanto a lui c’era…una tuta, simile a quelle dei palombari, con dentro niente se non del fumo bianco “Guten tag” pronunciò la tuta con un perfetto accento tedesco “E lui..,.cos’è?” domandò Georg. Non era stato educato da parte sua rivolgersi a quello come ad un oggetto, ma definirlo un uomo era impossibile “Johann Krauss, sono un medium spirituale. Perdonate il mio aspetto: è stato un incidente a ridurmi così” spiegò quello strano personaggio “Aspetta…sei tu la boccia per pesci?” guardando la parte della testa a Gustav era venuta in mente la particolare espressione usata da Hellboy a Berlino “Ehm…già  – Johann guardò verso Hellboy -. Avrei voluto presentarmi prima, in effetti ieri ero a Berlino, ma sono dovuto scappare ” sicuramente Johann era imbarazzato, ma la sua condizione gli permetteva di nascondere ogni emozione.
“Allora, sono pronti i miei ragazzi?” domandò Elizabeth per cambiare discorso “Sono appena entrati” Abe indicò i gemelli che salutavano dall’altra parte del vetro, avevano indossato delle tute nere sintetiche in due pezzi “Pronti per cosa?” Gustav si sedette sulla sedia accanto all’uomo-pesce “Per il loro allenamento. Le tute che indossano hanno dei sensori che ci fanno costantemente sapere le loro funzioni vitali; il vetro serve per proteggere noi da loro” Abe aveva iniziato ad armeggiare sui tasti del computer, le finestre sullo schermo si aprivano e chiudevano in continuazione finchè non si aprirono due schede intitolate con i nomi di Bill e Tom. “Allora possiamo cominciare? Io mi sto annoiando” Bill stava bussando insistentemente sul vetro, Tom si era seduto a gambe incrociate fingendo di dormire “Ya, potete cominciare” rispose Johann per Abe.
 
Bill e Tom si posizionarono alle due estremità della sala, l’uno di fronte all’altro, un sorriso malizioso decorava i volti di entrambi. Non si dissero nulla, proprio come nel corridoio che li aveva portati fin lì, ma i loro occhi (inquadrati dalle telecamere interne) sembravano celare una lunga conversazione “Non iniziano?” domandò Gustav che non vedeva l’ora di vedere i due in azione “A momenti lo faranno, credo stiano decidendo a chi tocchi la prima mossa” rispose Hellboy, l’unico rimasto in piedi, che guardava tutto da dietro le spalle di Elizabeth “E come? Non si dicono nulla” Gustav lo stava guardando in modo molto interrogativo. Fu Georg  a dargli la risposta “Sono telepatici, vero? Anche prima, nel corridoio, sghignazzavano senza dire niente” “Sehr gut Georg! Bill e Tom hanno un legame mentale costante” esclamò Johann, per la seconda volta nella giornata i timpani di Georg rischiarono di spaccarsi. Un piccolo rumore alla loro sinistra e i due fratelli si ritrovarono presto davanti agli occhi le cartelle aperte dei gemelli: c’era un’analisi psico-fisica dettagliata fin nei minimi particolari per entrambi.
 
  • Nome: Tom
  • Data di nascita: 1-09-1989
  • Abilità: pirocinesi (le sue fiamme sono blu; nere se è alterato)
  • Caratteristiche: preferisce la lotta a mani nude in cui può usare la forza; abile nei combattimenti corpo a corpo; idoneo al lavoro di squadra tuttavia ha la tendenza a fare il leader (dimostra anche di essere impulsivo).
 
  • Nome: Bill
  • Data di nascita: 1-09-1989
  • Abilità: criocinesi
  • Caratteristiche: predilige l’uso delle armi che crea lui stesso; agile e veloce; stratega
Ciò che colpì i fratelli, più del fatto di leggere le loro abilità, fu la nota aggiunta da Abraham alla voce “Altro”: “i gemelli hanno un legame telepatico molto profondo; inoltre hanno già dato prova di essere empatici (non solo per quanto riguarda le emozioni, se uno viene colpito anche l’altro ne risente fisicamente). Pertanto ritengo che non debbano essere mandati in missini separate: non so quali possano essere le reazioni dell’uno se l’altro venisse ferito in sua assenza. Di umano hanno solo l’aspetto”.
“Schederete così anche noi?” domandò Georg, l’idea non gli piaceva “Si, ma non pensate male: tutto questo serve a noi per capire quanto, e come, un soggetto può sviluppare le proprie abilità. Questo è solo un punto di partenza” spiegò la fata. Un lampo richiamò l’attenzione di tutti, Bill era stato scagliato contro il vetro all’interno di una sfera di fuoco blu. Il vetro non aveva subito danni, era stato costruito apposta, e quando le fiamme si spensero chi era all’interno della sala  vide Bill rialzarsi senza battere ciglio. Il ragazzo era completamente ricoperto da un’armatura di ghiaccio e su entrambe le braccia c’erano delle lame, la fattura era la stessa che già Georg e Gustav avevano visto la sera prima.

“Forza fratellino, fammi divertire” Tom, avvolto da una splendida spira di fiamme bluastre, incitò Bill a fare la propria mossa. Raccogliendo la sfida  Bill pose le mani a terra, la sala iniziò a ghiacciarsi in pochi istanti e quando ghiaccio arrivò ai piedi di Tom della punte fuoriuscirono dal pavimento creando una gabbia attorno a lui “Ti piace questo?” lo provocò Bill. Il momento di gloria durò poco: un’ondata di calore sciolse la gabbia e tutto il ghiaccio attorno. “Smettila di fare questi giochetti e affrontami faccia a faccia” a Tom non piacevano gli attacchi a distanza, a differenza del fratello (più veloce che forte) erano pochi quelli che potevano tenergli testa in un corpo a corpo e infatti Bill si lamentò subito “Ma così non vale, vinci sempre tu” quando faceva così sembrava un normalissimo ragazzino “Eh dai, fammi contento” lo pregò il gemello facendo gli occhioni; Bill si arrese alla scena.

Il gemello dai capelli corti iniziò a correre verso il fratello (che si era messo in posizione di guardia) e quando gli fu abbastanza vicino scivolò in terra e con calcio teso ai piedi lo fece cadere a terra mentre lui si rialzò subito. Immediatamente Tom reagì con un up-kick al mento del fratello il quale indietreggiò di qualche passo dando così modo a lui di alzarsi, andargli dietro le spalle ed infliggergli la mossa dell’anaconda cui Bill potè sottrarsi solo creando delle estroflessioni appuntite sulla propria schiena. Il contrattacco di Bill arrivò subito con un calcio al mento che il ragazzo effettuò mentre si metteva in verticale; ciò gli permise anche di effettuare dei salti per poter distanziarsi dal fratello. Tom aveva accusato il colpo ma stava ridendo “Credo che per oggi possa bastare” disse e si allontanò di qualche metro in modo da poter tornare alle loro posizioni di partenza.

Di nuovo ai lati della sala, i due prepararono le mosse finali: le fiamme di Tom si spensero per restare accese solo nella mano destra; le lame che Bill aveva alle braccia si sciolsero e sulle nocche comparvero delle punte. A un segnale convenuto (che solo i gemelli sapevano), entrambi corsero l’uno verso l’altro e quando si incrociarono due ondate (l’una gelida e l’altra infuocata) riempirono la sala. Quando tutto tornò vuoto, Georg Gustav e tutti gli altri videro i gemelli fermi al centro della sala minacciandosi l’un l’altro con i pugni fermi a pochi centimetri dai volti. In quel momento i loro volti avrebbero dovuto essere seri,  e invece i due scoppiarono a ridere prima di abbandonare le loro posizioni. Georg e Gustav erano rimasti stupefatti, tanto che gli dispiacque di non aver visto l’inizio del combattimento presi com’erano dalle schede descrittive.

“Bene, adesso tocca a voi. Chi di voi due vuole entrare per primo?” disse Abraham, era ovvio che ce l’aveva con Georg e Gustav e per i due fratelli fu uno shock “”Cosa??” esclamarono insieme, le loro gambe già tremavano “Già che siamo qui mi sembra un buon modo per iniziare” l’uomo pesce stava di nuovo premendo i tasti del computer per chiudere le schede relative ai gemelli, era facile pensare che ne stesse creando di nuove “E con chi diavolo dovremmo combattere? Non tra di noi spero” disse Georg “No davvero. Tu farai la tua prima lezione con Tom, di conseguenza Gustav la farà con Bill”.
                           

 

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Capitolo 7
*** Telecinesi e Elettricità ***


Non avevano ancora fatto a tempo a ribattere, che Hellboy e Elizabeth li avevano già accompagnati all’interno della sala degli allenamenti; la cosa buona era che non gli avevano fatto indossare quelle tute, i due fratelli odiavano le cose troppo aderenti. Appena varcata la porta blindata gli sguardi dei gemelli si erano immediatamente fissati su di loro “Vi è piaciuto lo spettacolo?” domandarono insieme “E ce lo domandate? Certo che si!” esclamò Gustav ancor prima che il fratello potesse dire qualunque cosa “Adesso tocca a voi” disse Bill tutto contento, non vedeva l’ora di cominciare “Non esagerate, mi raccomando” Elizabeth ammonì subito i suoi figli poiché sapeva che, se non stavano attenti, avrebbero potuto farsi prendere troppo la mano e sarebbe stato un problema, i due gemelli fecero segno di giuramento; una volta tranquillizzata la fata tornò in sala comando, anche se il suo occhio vigile non si sarebbe mai staccato dai figli.

“Allora, chi comincia?” domandò Georg sfregandosi le mani “Andremo io e te, i bambini si devono riposare. Gustav e Bill possono restare qua a vedere dal vivo, tanto non sarà una cosa pericolosa. Almeno credo.” rispose Tom, anche se la piccola fitta nella testa gli diceva che a qualcuno non era piaciuto essere chiamato bambino “Va bene però…, io so solo far lievitare oggetti e qui non c’è niente” osservò il moro, gli dispiaceva recare tanto disturbo ma se doveva dimostrare quanto aveva sviluppato le sue capacità gli serviva qualche oggetto da poter manipolare “Non c’è problema, Bill  può creare delle sfere che tu potrai usare” una facile soluzione al problema. Immediatamente, mentre Tom e Georg si disponevano ai loro posti, Bill generò delle sfere perfette di diverse dimensioni ai piedi di Georg; erano otto globi di ghiaccio disposti a circolo attorno al moro, proprio come aveva desiderato lui; poi il gemello dai capelli corti si sedette accanto a Gustav.

“Prego, a te la prima mossa, fammi vedere che sai fare” disse Tom a Georg, prima di iniziare a fare qualunque cosa insieme aveva bisogno di vedere cosa poteva fare il nuovo arrivato. Dopo alcuni brevi istanti di concentrazione Georg iniziò a far levitare attorno a sé le sfere di ghiaccio, non erano molto pesanti e sentiva di poterle muovere anche ad una certa velocità; poi frantumò metà dei globi a mo’ di dardi in modo da aumentare le frecce al suo arco “Mmmh niente male, almeno riesci a manipolare più oggetti in contemporanea. Che ne diresti ora di provare a lanciarmeli contro? Ma non credere di potermi colpire facilmente” propose Tom mettendosi in posizione di guardia. Subito dopo alcuni dei dardi indirizzarono le proprie punte verso il ragazzino e pochi secondi dopo, come dei proiettili, si lanciarono contro Tom in un attacco frontale o, almeno, quello che sembrava essere tale. Georg sapeva l’inutilità di un azione così semplice perciò mutò la strategia facendo girare i dardi attorno a Tom con l’intenzione di colpirlo da dietro le spalle. I dardi stavano per andare a segno quando un’ondata di calore li vaporizzò all’istante “Sei sleale, non si attacca alle spalle” lo rimproverò Tom “Ci ho provato, un attacco frontale sarebbe stato troppo semplice” si giustificò il moro aprendo le braccia “Sleale ma intelligente; ora tocca a me – le mani di Tom presero fuoco, fiamme blu che danzavano eleganti e minacciose tra le dita del ragazzo - . Hai mai provato a controllare oggetti che ti venivano lanciati addosso? O almeno a bloccarli?” domandò Tom giocando con le mani, sembrava stesse creando un globo di fuoco “Non ne ho mai avuto l’occasione, ma posso provarci; tanto credo che tu mi lancerai lo stesso quella sfera” ipotizzò Georg mentre cercava già di concentrarsi sulla sfera blu “Hai indovinato” il braccio del gemello caricò il colpo e poi lanciò la sfera, sembrava una cometa con la piccola coda che si lasciava dietro.

Con la mente Georg cercò di fare presa sul globo, in modo da poterla poi spostare o bloccare ( a seconda di quello che gli sarebbe riuscito fare), però a causa dell’inconsistenza dell’elemento per quanto ci provasse non riusciva a “farlo suo”. Dovette scansarsi per non rischiare di prenderlo in pieno volto e Tom non tentò di fermarla, così la sfera andò a schiantarsi poco sopra la testa di Bill che non si mosse, lo stesso non si potè dire di Gustav.
“Ah no, non ci siamo. Eppure ero sicuro che ce l’avresti fatta” Tom si grattò la testa, pensieroso “Possiamo riprovare, per favore?” gli chiese il moro, gli bruciava  il non esserci riuscito “Ma certo, siamo qua apposta, e per essere sicuri controllerò la sfera; non voglio che tu ti faccia del male”.

 Riprovarono ancora una, due, cinque volte ma il risultato era sempre lo stesso e finiva con Georg che si scansava e la palla di fuoco che tornava nelle mani di Tom; in un’occasione Georg si fece anche male al gomito sinistro perché era inciampato e ricaduto di peso sul pavimento nell’evitare il proiettile “No, no, no! Così non và proprio; dobbiamo trovare un sistema per farti smuovere un pò” disse Tom cui venne l’idea osservando Gustav “Potremmo provare un approccio più diretto – aggiunse -, magari potemmo usare il fratellino” la sua proposta era agghiacciante “Che stai blaterando?” domandò il moro, già poteva sentire la tensione allo stomaco “Un mio pensiero e Bill potrebbe congelarlo in un istante; lo ritroveresti a terra frantumato in minuscoli cristalli” lo sguardo del figlio di Hellboy era inquietante, non sembrava stesse scherzando e il particolare colore dei suoi occhi non aiutava “Non oseresti!” esclamò Georg adirato.
Il grido di Gustav riempì subito la sala: la mano gelata di Bill stava stringendo l’avambraccio del biondo, uno strato di ghiaccio si era formato nel punto in cui lo stava toccando, era stato impossibile per Gustav non gridare. “Lascialo subito!” gridò il telecineta a Bill, ma il ragazzino non gli obbedì “Lui da retta solo a me” replicò Tom “Allora digli di lasciarlo andare” Georg sentì l’energia aumentare dentro di sé, era qualcosa che non aveva mai sentito prima “No se questo è l’unico modo per farti usare i tuoi poteri” gridò deciso Tom “Fallo! Ora!”. Un’ondata di energia cinetica si propagò dal corpo di Georg per tutta la sala, i gemelli che furono investiti in pieno dall’onda d’urto si ritrovarono scaraventati a diversi metri rispetto a dove erano; solo Gustav era rimasto al suo posto.      

“Oh si! Sono uno psicologo formidabile” esultò Tom non appena si fu rialzato, tuttavia la sensazione di vittoria fu presto sostituita dallo stupore: Georg stava levitando a un metro da terra. “Oh porca troia” scappò detto al demone di fuoco, se la madre fosse stata nella sala gli avrebbe tirato uno schiaffo dritto in faccia (Elizabeth odiava che si dicessero parolacce) “S…sto levitando?” borbottò Georg iniziando istintivamente ad agitare le braccia “Che ti avevo detto? Sapevo che non eri buono solo a spostare le cose” esultò di nuovo Tom che, in seguito, aiutò il moro a ritornare con i pedi ben saldi a terra “Non mi era mai successo, ho sentito qualcosa che non avevo mai percepito” realizzò il telecineta “Certi sentimenti ci fanno sprigionare il nostro vero potere – spiegò Tom mentre i due si dirigevano dai rispettivi fratelli - . Eri arrabbiato perché io stavo minacciando Gustav, e la voglia di proteggerlo ti ha fatto generare l’onda d’urto ma attento: se reagisci usando solo la rabbia, o sentimenti simili, rischieresti di perdere il controllo” poi il ragazzino si rivolse a Bill e Gustav e disse loro “Adesso tocca a voi”.

Il biondo e il gemello si alzarono immediatamente, i loro posti da spettatori furono presi da Tom e Georg “Non mi è piaciuto per niente lo scherzetto di prima, sappilo bene” gridò Gustav al signore dei ghiacci (una volta che si furono disposti), il quale rispose molto semplicemente “Per così poco? Non ti avrei mai fatto del male” non gli riusciva molto difficile fare la faccia da innocente “Si si certo, sei un angioletto. Ora vedi come ti sciolgo, ghiacciolo” rispose baldanzoso il biondo. Essendo più competitivo e impulsivo del fratello Gustav preparò subito l’attacco, aumentò il voltaggio all’interno del proprio copre fino a che non vide delle piccole scintille serpeggiare tra le sue dita: voleva mettere Bill al tappeto prima ancora che lui potesse generare la sua armatura di ghiaccio. Subito dopo il segnale di inizio, dato da Tom, la prima scarica partì veloce dalle mani di Gustav; sarebbe stato un colpo veloce e preciso se fosse andato a segno, tuttavia il fulmine si bloccò a metà percorso per poi spandersi su quello che sembrava una lastra di vetro: era un’invisibile barriera di ghiaccio che si disfece davanti ai suoi occhi.

“Ma come?” si domandò Gustav confuso, eppure Bill non si era mosso, poi vide la bocca del ragazzino semiaperta e con le labbra leggermente corrugate, come quando si soffia, e capì che a lui era bastato un soffio per creare un muro invalicabile “Non dovevi farmela pagare? Hai per caso le pile scariche?” domandò Bill a Gustav provocandolo apposta per fargli tirare fuori il suo meglio “Ora vedrai stuzzicadenti!” il biondo si rimboccò le maniche e generò altri fulmini che, per quanto potenti, non colpirono mai l’obiettivo : con l’aumento della potenza la precisione ne risentiva sempre di più, i fulmini andavano così a colpire il soffitto o il pavimento. “Per fortuna sono un demone, o sarei già morto di vecchiaia” lo insultò ancora Bill rischiando di provocare perfino le ire di Georg, il quale stava affondando le unghie nel cemento pur di non intervenire “Smettila di prendermi per il culo! Parli proprio tu che mi sembri una ragazza. Dimmi una cosa, la pipì la fai in piedi o seduto?” sbottò Gustav in un attacco d’ira. Bill non rispose all’insulto però i suoi occhi divennero molto inquietanti, non erano più quelli di un bambino bensì quelli di un predatore che aveva puntato la sua preda; la brina ricoprì il suo viso e sul braccio sinistro comparve una lama di ghiaccio dal filo seghettato.
Compreso di averlo insultato troppo, Gustav tentò di scusarsi immediatamente come meglio poteva; disse di aver sbagliato e che non pensava veramente quelle cose. Di nuovo il signore dei ghiacci non rispose, non a parole : con un solo balzo il ragazzino atterrò il biondo, gli bloccò le braccia ai lati del corpo con le gambe e rivolse il braccio con la lama verso il petto di Gustav, che aveva uno sguardo terrorizzato “Credo di aver vinto io. Ti do un consiglio: quando insulti una persona assicurati di poter vincere” gli occhi color ghiaccio di Bill erano fissi su quelli di Gustav. La voce di Elizabeth irruppe nella sala attraverso il microfono “Basta ragazzi, per oggi abbiamo finito” sembrava innervosita, forse perché aveva rischiato di perdere uno dei figliastri.

Uscirono dalla sala, i gemelli si rivestirono nello spogliatoio, e poi si rincontrarono con i genitori e Abraham “Ottimo lavoro ragazzi, se permettete ora vorrei che mi seguiste in infermeria” propose Blue con il suo solito modo cordiale, rifiutare era impossibile.
L’infermeria somigliava molto di più ad un laboratorio per tutti gli strumenti che c’erano, da quelli più tradizionali ad altri di cui i fratelli non sospettavano nemmeno l’esistenza; i gemelli non erano entrati con loro, erano rimasti fuori a parlare con i genitori (forse Elizabeth stava sgridando Bill per quello che aveva fatto). Il posto non era vuoto, intenta ad osservare una cartella c’era una donna con i capelli a caschetto color fucsia, con gli occhi bicolore e un fisico atletico, ma non troppo asciutto, nascosto da un lungo camice bianco “E lei chi è?” domandò Georg “Il mio nome è Nahila, aiuto Abraham quando occorre” rispose lei, la sua voce era calda e sembrava quella di una ninfa; Gustav si sentì improvvisamente imbarazzato da quella presenza. “Dire che mi aiuta è limitativo, lei è un medico e la sua vista è un dono straordinario. Può vedere ciò che si cela sotto la pelle delle persone, a diversi livelli, può decidere se vedere solo gli organi o lo scheletro. Anche l’energia che scorre dentro una persona dotata” spiegò l’uomo- pesce “Tu, per esempio – lei indicò Gustav – tu sei una centrale elettrica ambulante. L’energia elettrica pervade tutto il tuo corpo, ed è solo grazie alla tua pelle che non fulmini chi ti tocca” lei aveva quasi le stesse movenze di Abraham “E io?” chiese Georg “Tu hai bisogno di un po’ di disinfettante, hai dei graffi sul gomito”. Nahila prese subito dell’acqua ossigenata, ne mise qualche goccia su del cotone e lo passò con delicatezza sulle piccole ferite; poi, le sue mani, presero a danzare  esperte sul corpo di Georg. Sembravano le brezze leggere che gli piaceva assaporare seduto sulla veranda di casa sua durante l’estate; gli occhi di lei erano fissi, quasi spiritati.

“Posso farti una domanda?” domandò il ragazzo nel momento in cui gli occhi bicolore di lei incrociarono i suoi grigio-verde, la domanda sembrò distoglierla dalla sua trance “Certo che puoi” rispose Nahila molto cordialmente “Io non ho altre ferite, oltre a quella che hai già curato. Cosa stai cercando?” “Domanda lecita. Sto…anzi, stavo leggendo la tua energia cinetica. La tua abilità è diversa da tutte quelle che ho visto fin ora, volevo capire in che modo si diffonde” spiegò lei “E quindi?” domandò di nuovo il moro “Essendo un telecineta il tuo potere nasce tutto nella parte inconscia della tua mente. A differenza di altri, tu non hai bisogno del tuo corpo per utilizzare le tue capacità; a volte usi le mani per aiutarti ma quello è solo un modo per espandere il tuo raggio di azione sul piano fisico. Se tu riuscissi, mentalmente, a porre te stesso su un altro piano potresti far tutto ciò che vuoi senza sforzare un dito” una spiegazione difficile da comprendere e infatti la faccia di Georg diceva che lui non aveva capito “Come ti ho detto il tuo potere nasce nel tuo subconscio, ma tu lo stai sfruttando con la parte conscia di te. Agendo così è come se ti mettessi dei freni inibitori, un filtro che impedisce di arrivare al tuo massimo” spiegò meglio la donna “Come se già non fossi abbastanza frustrato perché non riesco a spostare una palla di fuoco” il moro si riferiva al fallimento di prima “Un potere come il tuo è difficile da controllare, specie se non sei nelle condizioni giuste per allenarti” cercò di consolarlo Nahila “Come invidio i gemelli, più piccoli di me e sono già abilissimi nello sfruttare le loro capacità”. Nahila si mise a ridere “Li invidi per così poco? E’ solo frutto di anni di allenamento, e ancora hanno tanto da imparare. E’ vero, la loro natura li aiuta a comprendere ciò che sono, tuttavia sanno anche che in futuro potrebbero esserci dei cambiamenti fisici che limiteranno loro la possibilità di agire indisturbati tra la gente comune durante il giorno senza conseguenze. Tu e Gustav invece potrete agire senza problemi sempre e comunque. Inoltre il loro essere figli di un’umana, anche se dotata, li rende bersagli delle prese in giro degli altri demoni” Le parole di Nahila fecero capire ai due che lei aveva provato quell’esperienza sulla pelle.

 

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Capitolo 8
*** Jung und nicht mehr Jungenfrei ***


Se qualcuno avesse detto loro che avrebbero trascorso la loro vita a caccia di demoni, Georg e Gustav lo avrebbero sicuramente preso per un pazzo. Mai avrebbero potuto pensare che avrebbero combattuto contro creature di cui avevano sentito parlare solo nella mitologia (o nelle leggende urbane, che tanto stavano spopolando), che avrebbero vissuto con un demone rosso, la sua moglie pirocineta e i loro due figli che di umano ( a sentire Abraham e Nahila) avevano solo l’aspetto; invece, dopo anni, erano proprio lì. Nella loro nuova famiglia, Georg  Gustav impararono molto su loro stessi e sulle loro abilità (di certo potevano fare ben più che spostare oggetti o lanciare piccole scariche); gli anni di allenamento temprarono al meglio i loro corpi, trasformandoli da adolescenti a due giovani uomini con una muscolatura ben pronunciata che faceva girare la testa alle ragazze che li vedevano passare per strada.
Inoltre, passando ogni giorno assieme ai fratellastri, poterono veder sbocciare in loro i tratti demoniaci che nell’infanzia erano rimasti celati e che ora si intravedevano sul loro fisico che(ad eccezione dell’altezza, di un velo di barba e qualche pelo nella zona tra ombelico e pube) non era cambiato di molto (Abraham chiamava ciò “istinto di sopravvivenza genetico”, un camuffamento dei tipici tratti demoniaci per non attirare eventuali nemici): una sottile e leggera rete di glifi sulla pelle chiara, orecchie leggermente appuntite, occhi di un colore anomalo (rosso scarlatto per Tom e ghiaccio per Bill, una delle poche cose che li distingueva fisicamente) e una certa indifferenza di fronte a situazioni pericolose.

Anche Georg e Gustav, pur non essendo figli di un demone, avevano delle caratteristiche che li rendevano diversi dagli altri esseri umani: Georg aveva un lobo temporale più sviluppato (nel corso degli anni aveva scoperto di avere anche capacità telepatiche, come Abraham); Gustav invece aveva due sistemi bio-elettrici all’interno del suo organismo, il primario che regolava le normali funzioni corporee (e che non mutava mai) e il secondario (del tutto autonomo dal primo, cui contribuiva ogni singola cellula) che gli permetteva di generare l’elettricità che poi si riversava all’esterno attraverso la pelle.
Si erano allenati insieme giorno per giorno, all’inizio era stato difficile (molto difficile), tuttavia con pazienza e dedizione i risultati arrivarono presto tanto che un anno dopo il loro arrivo i due fratelli poterono già partecipare alle missioni che venivano affidate a Hellboy, Elizabeth e i gemelli. Nell’anno dei 19 anni di Georg (18 per Gustav, 17 per i gemelli) poterono finalmente compiere una missione senza il tutorato di Hellboy e costituire una squadra autonoma. Non c’era un vero leader nel gruppo, anche se solitamente Manning si rivolgeva a Georg perché di tutti era il più grande (questo quello che il pelato voleva far credere, in realtà era solo perché il moro era l’unico a non prenderlo in giro), avevano creato un rapporto talmente saldo tra loro da compensare le proprie lacune a vicenda e da chiamarsi “fratelli”.
 
Si era svegliato nel cuore della notte, sudato e con un terribile mal di testa, per non parlare della nausea che gli stava stringendo lo stomaco. Erano anni che non avvertiva questa terribile sensazione, l’ultima volta era stata la notte in cui una Chimera era entrata nella sua casa di Berlino e aveva ucciso i suoi genitori naturali. Conoscendo le conseguenze di quel brusco risveglio, ossia che non si sarebbe mai più addormentato, si alzò nel buio della camera che condivideva col fratello che ancora dormiva beato nel letto, dall’altra parte della stanza. Dopo aver controllato che lui stesse bene, un vizio che gli era rimasto sin dall’infanzia, aprì la porta ed entrò nella camera di Bill e Tom. I due gemelli stavano dormendo tranquillamente nei rispettivi letti, che a stento riuscivano a contenere l’altezza dei loro occupanti, ma forse nulla li avrebbe svegliati, se non qualcosa di estremamente pericoloso; durante la notte il corpo di Bill si ricopriva di un sottile strato di ghiaccio, mentre Tom emanava un’aura calda che Georg aveva imparato presto a percepire per evitare di entrare nella “zona di sicurezza” (non aveva ancora dimenticato quando lo aveva fatto e Tom si era svegliato di soprassalto spaventandolo a morte). Anche con loro Georg fece il suo giro di controllo, un abitudine che gli era sorta spontanea (forse perché dei quattro era il più grande) e che lo faceva stare bene. Tutto a posto, forse Tom era rientrato da poco perché il suo sonno non era profondo ma nulla di cui preoccuparsi .
Rientrò nella propria stanza, dive Gustav lo stava aspettando seduto sul proprio letto con l’orologio digitale tra le mani “Un po’ presto per una passeggiata” il biondo gli mostrò l’ora, erano le tre di mattina. Bastò uno sguardo del telecineta affinché l’orologio svolazzasse via dalle mani di Gustav per tornare al proprio posto sul comodino, sotto la lampada blu a neon “Allora?” Gustav pretendeva una risposta “Che dirti? Oggi sono mattiniero” rispose Georg facendo l’evasivo, non voleva che il fratello conoscesse il motivo della sua passeggiata “Certo sì, proprio tu. Mi piacerebbe sentirti dire il vero motivo, qualche volta” il biondo sapeva che il fratello gli stava nascondendo qualcosa “Visto che ormai siamo entrambi svegli, e visto che Red e Lyz non ci sono,… che ne dici di andare in palestra?” domandò Georg per cambiare argomento “Ah – sospirò il biondo – non cambierai mai. D’accordo, andiamo in palestra, ma non credere che mollerò l’osso”.

I fratelli si vestirono, lasciarono la loro camera per poi uscire dai loro alloggi passando dalla stanza di Hellboy  e Elizabeth (vuota, dal momento che i due erano fuori per una missione). Nonostante l’ora i corridoi del B.P.R.D. erano pieni zeppi di agenti che svolgevano il loro lavoro con assiduità; era sempre così, era raro che si riuscisse a passare senza rischiare di scontrarsi con qualcuno. Anche in palestra c’erano degli agenti che si stavano allenando: uomini e donne che, una volta terminato il turno (o prima di iniziarlo), scaricavano lo stress sugli attrezzi. Per Georg e Gustav quello era il luogo in cui tutti (dotati, umani e demoni) diventavano degli esseri alla pari, talvolta divertendosi facendo dei tornei a braccio di ferro; il primo giorno che i due erano entrati in palestra assieme ai gemelli, avevano visto una decina di uomini monopolizzati da Nahila,  che stava facendo sfoggio della sua incredibile elasticità muscolare tanto da far invidia ad una contorsionista.

“Ora che siamo qui, mi dici perché ti sei svegliato così presto?” domandò nuovamente Gustav mentre assisteva il fratello che, sdraiato sulla panca, stava facendo delle alzate con il bilanciere “Nulla di che, te l’ho detto, solo un brutto sogno” rispose Georg evasivo “Ho già sentito una cosa simile, e non è andata bene. Devo preoccuparmi di nuovo?” il biondo ricordava molto bene la sera in cui la Chimera aveva attaccato “Tranquillo, ho imparato la lezione: se avrò qualche presentimento ti farò sapere” il telecineta finì l’esercizio e posò il bilanciere sulle aste che lo sostenevano.  Una brezza leggera e fredda entrò nella palestra vincendo, per qualche istante, il riscaldamento della stanza: Bill era entrato e l’aria che aveva portato con sé aveva attirato l’attenzione, e le lamentele, di tutti; si vedeva che si era appena svegliato perché ancora portava i pantaloni del pigiama, l’unica cosa che usasse per dormire, lasciando in bella vista il fisico scultoreo tempestato di tatuaggi.

“Notte turbolenta eh, Georg?” il signore dei ghiacci si appoggiò ad una delle colonne di sostegno della stanza; non aveva messo un elastico per legare i lunghi capelli neri che, lasciati crescere nella sola parte centrale della testa, erano andati a coprire le zone laterali dove invece erano quasi rasati “Ma che cavolo! Non dorme nessuno oggi?” domandò il moro “IO stavo dormendo, è stato Tom a sentirti passeggiare in camera nostra. Sono venuto io perché non aveva voglia di alzarsi” rispose Bill prima di fare un sonoro sbadiglio senza curarsi di usare una mano per coprire la bocca e i denti bianchissimi “Che capriccioso. Com’è  che non ha alzato il suo bel culetto?” chiese Gustav mentre scaricava il bilanciere usato fino a poco prima dal fratello “Ha fatto le ore piccole: è stato fino a tardi al mercato dei troll. Sapete quanto gli piace partecipare alle lotte clandestine che si tengono là, anche se mamma e papà non sono d’accordo. Peccato che non voglia che venga anche io” il figlio di Hellboy fece comparire magicamente un elastico dalla tasca dei pantaloni e con quello si legò i capelli in un codino “ E tu lo lasci andare tranquillamente?” domandò Georg che, come Red e Lyz, non aveva mai approvato l’hobby del fratellastro “Che dovrei fare, legarlo a letto? Neanche io sono d’accordo, visto che mi sveglio sempre con i lividi – Bill fece vedere un piccolo ematoma violaceo che era magicamente comparso sul costato - , però se so che sta bene questo mi basta” “Non capirò mai come funziona questa cosa tra voi due” disse Gustav, forse un po’ invidioso “Nemmeno io, è sempre stato così, ma non mi ha mai dato motivo per pentirmene; inoltre così so sempre come sta e dov’è” gli occhi di Bill divennero fissi per qualche istante, poi lui si mise a ridere “Ora sta sognando” aggiunse “Cosa? Dai spara sono curioso” disse Gustav in trepidante attesa, sperava fosse qualcosa su cui avrebbe potuto scherzare in futuro, però Bill era riluttante nel rivelare i segreti del fratello “Forza ghiacciolo, siamo curiosi” disse Georg appoggiando la richiesta del biondo “E va bene ma la colpa è vostra, tanto lo sapete che mi becca: sta sognando una spiaggia assolata e delle bellissime ragazze, cazzo quanto sono gnocche” rispose il signore dei ghiacci, dalla faccia si poteva capire che avrebbe voluto essere nel sogno di Tom.

Di nuovo la porta della palestra si aprì, da come i presenti si girarono fermando i loro esercizi non fu difficile intuire che ad entrare era stata Nahila la quale, vestita col solito camice bianco da lavoro, aveva portato con se una busta rettangolare bianca “ Eccovi qua – disse lei avvicinandosi al trio - , vi ho cercato dappertutto. Ci sono state segnalazioni : i troll delle fondamenta non fanno altro che fare avanti e indietro per la metropolitana. Manning vuole che andiate a controllare il perché di tutti questi spostamenti; ha precisato inoltre che non vuole risse in strada” la donna diede la busta ai ragazzi, intanto teneva d’occhio un paio di agenti che non le staccavano gli occhi di dosso “Ci fa muovere per così poco?” domandò contrariato Bill “Che barba, speravo in qualcosa di più movimentato” aggiunse Gustav “Accontentatevi per questa volta. Manning vi aspetta su nell’hangar, credo voglia assicurarsi che non facciate nulla di strano come dice lui. Mi racconterete tutto al ritorno” Nahila finì di parlare e se ne andò, non prima di avvertire uno dei due agenti guardoni “Io starei più attenta se fossi in te, hai delle microfratture alla mano destra; se non ti metti un tutore te la romperai di sicuro”.
 
 

 

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Capitolo 9
*** L'ombra della bestia ***


Come aveva detto Nahila  Manning stava aspettando i ragazzi nell’hangar, come sempre aveva le braccia conserte mentre faceva avanti e indietro quasi scavando un fossato nella piccola porzione di pavimento occupata dai suoi piedi

“Giusto te cercavo! Ma una missione più movimentata no?” domandò Tom a Manning facendogli venire la pelle d’oca sulla nuca

“Modera i termini giovanotto! IO comando e IO decido” rispose Manning agitando l’indice sinistro davanti alla faccia del pirocineta

“Se crederci può contribuire a mantenerti abbastanza sano di mente, possiamo far finta  che sia vero” aggiunse Bill dal retro dei suoi occhiali da sole

“Con te non ci parlo!- Manning si rivolse a Georg – Allora, Nahila vi avrà già detto di cosa si tratta, non è così?” domandò il pelato

“Ci ha detto che sono stati rilevati degli eccessivi spostamenti di troll delle fondamenta, e che tu vuoi saperne il perché” rispose Georg, il quale cercava sempre di essere gentile con Manning

“Esatto, alcuni nostri informatori ci hanno detto che oggi ci sarà in programma un nuovo arrivo, a New York. Io vorrei che lo interrogaste: penso che voi saprete essere molto persuasivi, ma non esagerate!” disse Manning rivolgendosi soprattutto a Gustav, dal momento che l’ultima volta aveva carbonizzato un demone senza averne reale motivo

“Tranquillo, non alzeremo un dito” promisero in coro tutti i ragazzi prima di salire in tutta fretta sul camion, anche se il pelato sapeva che almeno due di loro avevano incrociato le dita dietro la schiena.
 

Appena arrivati a New York  Georg si appostò all’interno della metro, la sua posa del tutto naturale che prevedeva che stesse seduto su di una panchina, non destava alcun sospetto. Il bruttissimo orologio analogico il cui vetro era stato rotto chissà come e quando, e che era affisso sulla parete di fronte a lui, gli diceva che era passata circa mezz’ora da quando si era messo di vedetta; trenta minuti in cui il suo cervello era sempre stato all’erta, in attesa di percepire l’aura del demone che stava cercando. A poca distanza da lui, seduto anch’esso su una panchina che non nascondeva i vari strati di vernice che le erano state date, Bill fingeva di giocare col cellulare; il cappuccio nero ben calato sulla testa e gli occhiali da sole nascondevano la reale direzione del suo sguardo: totalmente rivolto verso Georg, in attesa di un segnale.

Georg si era quasi stancato di sondare le menti dei pendolari che scendevano dai treni, aveva già cambiato tre volte la posizione delle sue gambe e se si fosse prolungata la sua presenza avrebbe di sicuro attirato l’attenzione dei poliziotti di pattuglia; quando il suo sonar captò ciò che stava cercando (l’aura putrida di un troll), la sua testa fece immediatamente cenno a Bill che il loro bersaglio era arrivato: un uomo basso, tarchiato, con un trench logoro e una camminata molto nervosa (segnale tipico dei demoni che non sono abituati a camminare tra gli umani). Gli ignari passeggeri, a causa dell’effetto glamour (ciò che permette a demoni e ad altre creature di nascondere il proprio reale aspetto agli umani), non potevano certo rendersi conto che vicino a loro c’era una creatura che solitamente vive sottoterra; ciò non valeva per Georg che, con i suoi poteri, poteva vederlo per quello che era: un bruttissimo troll a quattro braccia, pieno di bitorzoli e con un occhio cieco.
Non appena la creatura passò davanti alla panchina su cui era seduto Bill, il ragazzo alzò i suoi occhi di ghiaccio per permettere a Tom, fuori in attesa con Gustav, di avere un’immagine nitida del soggetto. In seguito lo tallonò per tutto il percorso divertendosi a soffiargli aria fredda sul collo dimodoché lui, sentendosi minacciato, andasse esattamente dove voleva lui: l’uscita più vicino.


Fuori dalla galleria, come in una staffetta, il compito di inseguirlo passò a Gustav e Tom che lo pedinarono fino al parco pubblico, pieno di bambini che giocavano con i genitori; in realtà i suoi passi furono guidati da Tom, il quale emanava un’onda di calore ogni qualvolta che il troll tentava di prendere una nuova strada. Nel parco il troll si sedette sull’erba, sembrava essersi rilassato ora che non percepiva più il soffio gelido di Bill o l’aura minacciosa di Tom, era il momento giusto per venire allo scoperto

“Bella giornata, vero?” gli domandò Tom sedendosi vicino a lui, il troll tentò di scappare con lo scatto più veloce consentito dalla sua stazza, tuttavia la mano di Gustav si posò rapidamente sulla sua spalla e si ritrovò paralizzato
“Non vorrai rovinare questa bell’atmosfera, vero?” domandò Gustav sedendosi anch’esso accanto al troll, ormai in mano loro.

Due ombre alle loro spalle gli dissero che Georg e Bill li avevano raggiunti, per qualunque evenienza erano rimasti in piedi (la creatura poteva non essere sola)

“Cosa volete da me?” chiese il troll, la paralisi gli rendeva difficile parlare

“Sapere perché, ultimamente, tu e i tuoi amichetti puzzolenti vi state facendo vedere in giro così spesso; non è la stagione giusta per le formiche” gli sussurrò il pirocineta, la sua voce fece venire i brividi al troll

“Lasciatemi andare, io non so nulla” rispose il troll che si beccò una scarica elettrica nel cervello, cosa che gli fece un male tremendo oltre a provocargli degli spasmi incontrollati alle dita

“Non ho sentito bene, puoi ripetere?” ripetè Tom, però il troll continuò a negare di avere qualunque informazione a riguardo.

Indispettito dal comportamento dell’essere, Georg si posizionò davanti ad esso e cominciò a minacciarlo “Sai che posso ucciderti col pensiero, vero? Potei cavarti il cuore senza muovere un dito; potresti morire carbonizzato o congelato da uno dei gemelli, oppure fulminato da mio fratello. A meno che tu non preferisca rispondere alla nostra domanda, a te la scelta” per il troll quelle opzioni, eccetto una, rappresentavano i modi peggiori per cui morire e così decise di cedere

“STIAMO SCAPPANDO! Nei bassifondi si mormora di strani esseri che durante la notte uccidono tutto ciò che incontrano; la settimana scorsa sono stati sterminati due clan: sono stati squartati e macellati, i loro organi erano dappertutto” piagnucolò il troll

“I soliti fifoni, vi riproducete come gli scarafaggi e riuscite lo stesso a farvi metter sotto da un paio di topi di fogna” lo rimproverò Gustav

“VACCI TU LA PROSSIMA VOLTA!” una nuova scarica attraversò la materia grigia del troll, bloccandogli temporaneamente la parte sinistra del corpo

“Sta tranquillo, se servirà andremo, e ora smamma forza” lo congedò Georg; subito dopo l’aver ripreso il controllo dei proprio muscoli il troll scattò in piedi e se ne andò a gambe levate, quasi rischiando di finire sotto un’auto

“Sarà davvero il caso di andare a controllare?” chiese Bill mentre col cellulare avvertiva l’autista del furgone che li aveva portati fin lì di tornare a prenderli

“Non credo, solo se ci saranno altri coinvolgimenti, non mi dispiace che qualcuno si mangi quei troll. Almeno tiene sotto controllo il loro numero” rispose Georg.
 
Attenzione, entrata mezzi nell’hangar” la voce metallica dell’altoparlante annunciò il ritorno del furgone su cui stavano i fratelli; odiavano dover usare un camion che somigliava a quelli che portano la spazzatura, ma tutti gli sforzi fatti per ottenere il permesso di muoversi con mezzi propri (tutti e quattro avevano sia una moto che una macchina personale) non erano valsi a niente. Ad aspettarli nell’hangar c’era Elizabeth, bellissima nella sua divisa da lavoro che così tanto le donava, tuttavia nella sua espressione si poteva scorgere un’ombra che offendeva la sua luce

“Ciao mamma, come stai?” le domandò Tom subito dopo che l’ebbe abbracciata, la differenza d’altezza la faceva sembrare una ragazzina

“Io sto bene” rispose Lyz, ma il suo tono di voce fece scattare un campanello d’allarme nella testa del pirocineta e, di conseguenza, in quella di Bill il quale chiese subito alla madre cos’era accaduto mente loro non c’erano

“Siamo stati attaccati da una strana creatura, io non ho riportato ferite ma vostro padre…” Lyz si corrucciò ancora di più

“Cosa gli è successo?” domandò Georg interrompendola prima ancora di sentire il resto della frase

“Per difendermi da quel demone, qualunque cosa fosse, è stato morso al braccio; Abe lo sta curando in infermeria” l’ombra della preoccupazione invase totalmente il suo viso, non era un bel segno.

Tutti e quattro si precipitarono immediatamente in infermeria, dove Abraham e Nahila, sotto la supervisione di Johann, stavano curando il braccio sinistro di Hellboy: sull’arto del demone rosso c’erano i segni di due morsi, l’uno in verticale e l’altro (che conteneva il primo) in orizzontale; nonostante la dimensione ridotta dei fori, questi erano talmente in profondità che i due medici furono costretti a mettere i punti per richiuderli dopo aver ripulito la zona circostante dai residui di saliva che già avevano iniziato ad intaccare lo strato superiore dell’epidermide.

“Guten tag” li salutò il medium spirituale, come al suo solito

“Che diavolo è successo?” domandarono in coro i gemelli, visibilmente turbati alla vista della brutta lacerazione che deturpava il braccio del padre; non era certo la prima volta che Hellboy tornava da una missione con delle ferite, ma una cosa del genere loro non l’avevano mai vista

“Il mostriciattolo ha pensato che fossi buono da mangiare. Tranquilli ragazzi, ne ho passate di peggio. Quando lo rivedo lo faccio secco” rispose il gigante rosso cercando, nella voce, di non far sentire il proprio dolore

“Il morso è arrivato molto in profondità, fortuna vuole che tu non abbia cercato di liberartene con degli strattoni o ti avrebbe strappato il muscolo; già alcune fibre muscolari si sono rotte, ti verrà un bell’ematoma” spiegò Nahila mentre aiutava Abraham a mettere i punti

“Com’era fatto, questo demone?” domandò Georg che voleva sapere il più possibile su quel mostro

“Di base sembrava un gorilla, o almeno così mi è sembrato, ma aveva tre code lunghe e sottili tempestate di aculei ossei che muoveva come fruste; la pelliccia copriva solo alcune zone del corpo e dove non c’era aveva una specie di pelle dura e squamata” Hellboy si fermò qualche istante a riflettere altri possibili particolari, poi continuò “La bocca… oh si, quella era proprio strana: era messa in verticale, e quando l’ha aperta dentro ce n’era un’altra in orizzontale” il diavolo rosso indicò, con il dito della mano sana, una linea verticale che dal prolabio andava giù fino alla bocca dello stomaco

“Che?” domandò Gustav, stupito come tutti gli altri

“Ho cercato informazioni, ma sfortunatamente non ho trovato nulla a riguardo” disse Johann, quasi scusandosi per il suo insuccesso; era visibilmente turbato dalla cosa

“Comincio a pensare che sia il risultato di un qualche incrocio genetico; sarebbe l’unica spiegazione plausibile alla mancanza di dati nei nostri archivi” ipotizzò Abraham che, terminato di mettere i punti, aveva iniziato a mettere le bende

“Dove lo avete incontrato?” domandò Tom, stava tenendo stretta a sé la madre con il braccio destro

“Allo sbocco di un tunnel della vecchia ferrovia: c’erano state segnalazioni di strani movimenti e siamo andati a controllare. Quel bastardo è spuntato fuori dal nulla, perlomeno ho preso io il colpo e non tu, Lyz” il gigante rosso osservò Abraham che terminava la bendatura.

In quell’istante, lo squillo della sirena rimbombò in tutto l’edificio.
 

 

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Capitolo 10
*** On the Edge ***


Manning irruppe nell’infermeria ansimando, quasi avesse appena corso la maratona di New York, il cuore gli batteva così forte che il pelato si mise una mano al petto
“Oh, il tuo cuore sta battendo all’inverosimile – disse Nahila osservando, con i suoi occhi prodigiosi, il muscolo cardiaco di Manning - . Io me lo farei controllare, non può essere così sotto pressione per una corsetta” la dottoressa prese lo stetoscopio e gli si avvicinò ma Manning la respinse a malo modo
“Via tu! Io sto benissimo. E’ successo un grosso incidente, al ponte…” iniziò il pelato prendendo fiato tra una parola e l’altra
“E quindi?” domandò Hellboy
“E’ la stessa creatura che avete incontrato tu e Lyz, ha ancora addosso il tracciante del tuo proiettile. Ha bloccato il ponte di Queensboro e sta seminando il panico” finalmente sembrava che Manning si fosse ripreso
“Andiamo noi” disse immediatamente Georg certo che il fratello e i gemelli erano d’accordo con lui e i cenni d’assenso che i tre fecero con la testa confermarono la sua teoria.
Anche Hellboy, desideroso di vendicarsi del morso subito, si alzò dalla branda su cui era sdraiato dicendo di voler andare in missione; un’idea che si scontrò con le obiezioni di Elizabeth, Johann e dei figli “Hai bisogno di riposo. Non puoi di certo usare il braccio in quelle condizioni” disse la pirocineta che già aveva perso qualche anno di vita quando il compagno era stato morso
“Tranquilla tesoro, non avrà tempo di riprovarci, ma tu resta qui: con questo braccio non posso proteggerti come si deve nel caso ce ne fosse bisogno” disse il gigante rosso accarezzando il volto della donna, ma la sua sicurezza non bastò a tranquillizzarla
“Io e Bill gli faremo da supporto nel caso abbia delle difficoltà” propose Tom appoggiando la mano sulla spalla della madre; appoggiare l’idea di Hellboy era l’unica cosa da fare dato che era impossibile fargli cambiare idea
“Promettetemi che starete attenti, tutti e cinque” ordinò la donna, non voleva che qualcuno dei suoi uomini di facesse del male. Ogni volta che la pirocineta parlava così Georg si sentiva felicissimo di far parte di quella famiglia, a volte c’erano anche occasioni in cui pensava che se la Chimera non avesse ucciso i suoi genitori la sua vita sarebbe stata meno felice.

In vista del futuro scontro Abraham rinforzò la bendatura al braccio di Hellboy mettendoci sopra anche una fascia tubolare più spessa, in modo da ridurre al minimo le sollecitazioni alla ferita; dopo che tutti si furono sistemati le due squadre salirono sul furgone che li condusse all’imbocco del ponte di Queensboro. Il furgone non oltrepassò l’ingresso, era il punto più sicuro per gli agenti umani che erano venuti con loro su un secondo furgone e che avevano il compito di tenere alla larga eventuali intrusi indiscreti. Su tutto il ponte, fin dove l’occhio poteva arrivare, si vedevano le carrozze dei tram lasciate vuote e ribaltate sul cemento e le automobili con il cofano o il tetto sfondato, segno evidente del passaggio della creatura. Non c’era la polizia, gli era stato impedito di giungere sul posto grazie a uno stratagemma di Manning, sembrava un ponte fantasma.
Hellboy scaricò dal furgone la scatola che conteneva la sua adorata Samaritan, la aprì e la caricò con i proiettili che lui stesso aveva creato anni prima; non fu lo stesso per i ragazzi, loro non avevano bisogno di armi poiché loro stessi lo erano
“Prudenza ragazzi, è grosso ma si muove velocemente” li ammonì Hellboy quando il gruppo mosse il primo passo sul ponte. Era passato tanto  tempo dall’ultima volta che i quattro ragazzi avevano fatto squadra col gigante rosso, ma nessuno aveva scordato il proprio ruolo e come un orologio svizzero ogni componente si preparò a fare la propria mossa.
Fu Georg ad aprire le danze utilizzando quella piccola parte telepatica che era in lui per individuare dove fosse il loro avversario; era difficile dato che si trattava di un cervello primitivo, però il moro riuscì ugualmente a captare le deboli vibrazioni che provenivano da una mente a lui sconosciuta ed ostile
“E’ sull’impalcatura, a circa 50 mt da noi. Sa che siamo qui, ci ha fiutati” disse il telecineta al resto del gruppo
“Perfetto! Andiamo a fargli un salutino” disse Hellboy che non vedeva l’ora di bucare quella specie di demone con i suoi proiettili.

Procedendo con attenzione e cercando di fare il minimo rumore il gruppo camminò finchè Georg non diede l’alt e fece cenno col capo di guardare in alto, così tutti lo videro
“Che cazzo è?” esclamò Gustav, nonostante gli fosse già stato descritto dal gigante rosso la vista del demone lo sorprese ancora di più: nei lineamenti e nella postura ricordava un gorilla – uno un po’ troppo cresciuto -, tuttavia la pelliccia grigia non lo ricopriva per intero e, dove non c’era, al suo posto c’era una spessa pelle squamata grigio verde; dietro di esso si muovevano tre lunghe code uncinate e la bocca esterna era un taglio orizzontale, chiuso da una dentatura esterna, che dal prolabio scendeva giù fino al diaframma. Definirlo un orrore era dir poco e persino i gemelli, che tra i demoni ci erano nati, rabbrividirono davanti a lui.

“Roaaaaaaar” ruggì la bestia con la grande bocca mostrando anche quella interna, le cui ghiandole secernevano saliva verde; sembrava che si stesse prendendo gioco delle persone che la stavano guardando dal basso
“Eccoli lì, maledetto bastardo!” esclamò trionfante Hellboy la cui mano stava fremendo dalla voglia di premere il grilletto
“E’ ancora più brutto di come ce l’avevi descritto” commentò Gustav
“Non avrà il tempo per vedere la luce del prossimo sole” disse Tom dando fuoco al proprio corpo, la bestia ruggì di nuovo quasi fosse rimasta sorpresa nel vedere le fiamme blu del ragazzo e i suoi glifi illuminati
“Calma Tom, ancora non sappiamo cosa sa realmente fare. Dobbiamo agire con calma” disse Georg fermando i bollenti spiriti del fratellastro, poi si rivolse a Bill “Ci fai un po’ di atmosfera?”. Seguendo l’ordine del telecineta, il signore dei ghiacci trasse un profondo respiro e, quando espirò, fece fuoriuscire dalle sue labbra una corrente d’aria gelida che, a contatto con l’aria più calda, creò una fitta nebbia che lentamente fece sparire ogni cosa attorno a loro; per la bestia che li guardava erano diventati dei fantasmi.

POW!

Dalla canna della Samaritan uno dei proiettili speciali di Hellboy si andò a conficcare nella trave d’acciaio sui cui stava la creatura
“L’hai mancato” osservò il biondo constatando, grazie alla facoltà di vedere l’elettricità nel corpo dei viventi, che il loro avversario era ancora in perfetta salute
“Era solo un avvertimento” ribattè il gigante giustificando quello che, in realtà, era stato un tiro impreciso
“Non mi sembra che lo abbia colto – affermò Georg con gli occhi al cielo - , è ancora al suo posto. Vado a fare le presentazioni come si deve”. Concentrando la propria energia su di sé, il moro si librò in aria fino a poter vedere la creatura in volto; era merito di Johann e Nahila se ora poteva provare il brivido del volo e se poteva fare più cose contemporaneamente senza creare picchi di energia che, se non controllati, erano il preludio a grandi onde d’urto. Atterrò sulla trave e diradò un poco la nebbia, ora erano faccia a faccia
“Sei tu che hai combinato questo casino, vero?” chiese a quella specie di gorilla; mentre parlava il moro cercava di percepire le intenzioni della creatura, una cosa che poteva fare solo con i cervelli primitivi poiché non aveva particolari capacità telepatiche
“ROOOAAARGH – Uccidi - AAAAAARGH ” gridò la bestia battendo con forza le sue grosse zampe sulla trave che sosteneva il loro peso, dalle bocche gocciolava la saliva verde e acida (la stessa che aveva ustionato la pelle di Hellboy)
“Una visita dal medino no, eh?” sdrammatizzò il telecineta, una mossa pericolosa che gli fece perdere la concentrazione impedendogli di percepire ciò che gli era arrivato alle spalle: un grosso cane a tre testa con un serpente come coda. Fu una delle sfere infuocate di Tom a salvare la testa di Georg dalle grinfie del Cerbero il quale, dopo aver fatto un balzo dall’asse su cui aveva posato le grosse zampe, venne immobilizzato a mezz’aria dal telecineta. Anche il demone gorilla tentò un attacco alle spalle, tuttavia anch’esso subì la stessa sorte del cane ritrovandosi nella completa incapacità di muoversi, con entrambe le bocche aperte e la saliva che scendeva
“Ragazzi! – chiamò a gran voce il moro – Se vi avanzasse del tempo per darmi una mano mi fareste un favore” tenere fermi due demoni di quella stazza non era affatto facile, soprattutto perché sentiva i loro muscoli possenti contrastare la sua presa.

Rispondendo alla richiesta di aiuto del telecineta, che stava perdendo la presa sui due mostri, il gruppo che era rimasto a guardare salì sull’impalcatura del ponte; Hellboy non li seguì a causa delle condizioni del braccio. Mentre i gemelli si arrampicavano sullo scheletro, Gustav lo percorse correndo in verticale su di esso come un ninja (grazie all’energia elettrostatica) e poi colpì subito il demone gorilla con una forte scarica che fece vibrare l’aria. La bestia, non più sorretta da Georg, stramazzò sul suolo di duro cemento in evidente stato confusionale creando col proprio corpo una grossa voragine; ad aspettarlo c’era Hellboy, tutto sorridente, con la sua pistola
“Eccoti qua, stronzetto” gli disse sogghignando prima di scaricare l’interno caricatore della Samaritan dopo avergliela ficcata in bocca.

Nel frattempo sull’impalcatura Bill, con le sue lame di ghiaccio, tagliò in un sol colpo una delle teste laterali del Cerbero; il sangue che ne uscì cadde giù come una cascata tinteggiando di rosso il ponte. Il moncone venne poi incendiato da Tom (la pelle dei cani a tre teste è ignifuga, ma il resto no), un gesto che provocò il grido disperato delle alte due teste specialmente di quella più vicina che si ritrovò con parte del muso ustionato
“Un bel fuoco d’artificio” trionfò il pirocineta mentre osservava il Cerbero fare il tutto possibile per spegnere l’ incendio che si stava propagando all’interno del suo corpo, carbonizzandolo dall’interno; era una richiesta silenziosa che fu esaudita da Bill il quale lo congelò prima che Georg lo frantumasse in una miriade di pezzi che caddero a terra come neve al suolo
“Quanto mi piace quando fai esplodere le mie statue” commentò Bill felice come un bambino in un negozio di dolciumi, come al solito le punte dei suoi capelli si erano congelate dandogli l’aspetto di un porcospino
“Lo so, è per questo che lo faccio” rispose il moro al signore dei ghiacci.
Un brivido lungo la schiena costrinse Georg a guardare verso il basso, non dove Hellboy che stava festeggiando la rivincita inveendo sul cadavere del gorilla ma a qualcuno dietro di lui: una presenza col mantello e cappuccio scuro. Georg stava per avvertirlo, la sua bocca si stava già aprendo per dirgli di girarsi, ma nello sporgersi dalla trave scivolò sul sangue ancora fresco del cane, perse l’equilibrio e cadde nel vuoto; un salto brevissimo e lunghissimo allo stesso tempo, finchè la mano salda di Gustav non prese la sua
“Tutto bene?” gli domandò il fratello mentre lo aiutava a risalire sull’impalcatura
“I…io…, credo di sì” rispose Georg, poteva sembrare confuso ma in realtà era solo alla ricerca dell’entità che aveva visto pochi istanti prima e che era scomparsa
“Sicuro? Sembra che tu abbia visto un fantasma” ribattè Tom
“STO BENE! Tranquilli” gridò il moro, forse in modo troppo brusco; la verità era che quello sconosciuto aveva suscitato in lui un’ansia che non provava da tempo. In cuor suo Georg capì che, forse, la brutta sensazione che aveva provato quella mattina non era stata solo la conseguenza di un incubo di cui non aveva memoria.

 

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Capitolo 11
*** Autopsia ***


Una volta scesi dall’impalcatura i ragazzi e Hellboy trasportarono il corpo del demone gorilla fino al container che era stato portato in volo con un elicottero e, con un po’ di fatica, ce lo misero dentro in attesa dell’autopsia. Risaliti sul proprio camion dell’immondizia attesero il ritorno a casa festeggiando la vittoria, tutti tranne Georg il quale, dopo essersi scusato con i fratelli per la brusca risposta, cadde in un mutismo da cui raramente si destava. Durante il percorso Hellboy iniziò a smanettare con la fascia tubolare, voleva togliersela ma non ci riusciva e così dovette chiedere aiuto ai figli
“Ragazzi aiutatemi a togliere questo arnese per favore” disse il gigante rosso agitando il braccio per aria
“Blue non sarà contento, per niente” replicò Bill ricordando che l’uomo-pesce aveva espressamente vietato loro di togliere la fasciatura
“Ora lui non c’è, e poi il braccio è il mio e se lo tengo ancora perderò il braccio” tagliò corto il demone lamentando l’eccessiva aderenza della benda. I gemelli non poterono far altro che obbedire e togliere la fasciatura tubolare, prima provando a sfilarla e poi strappandola in più pezzi, facendo attenzione a non strappare i punti
“Oh il mio braccio. Grazie ragazzi” ringraziò Hellboy prima di stringere a sé i figli con le poderose braccia, forse un po’ troppo
“Ehi piano, ci dobbiamo lavorare con loro” scherzò Gustav cercando di coinvolgere il fratello ottenendo solo un mezzo sorriso
“Che muso lungo, ti ricordo che hai appena ucciso due fetidi belli grossi” disse il gigante al moro, ma la risposta che ottenne fece capire a lui e agli altri che Georg non era in vena di festa “Festeggerò solo quando saprò che sta succedendo”.
 
“Finalmente siete tornati!!!” esultò Elizabeth appena vide i suoi uomini scendere dal mezzo che li aveva riportati a casa, si vedeva che erano in perfette forze ma passarono tutti egualmente ad un veloce check-up eseguito dalla pirocineta
“Tranquilla ma’ . La nostra spada si è abbattuta sulle loro teste” le disse Bill mentre la madre le volteggiava attorno come un avvoltoio alla ricerca di eventuali ferite sotto ai buchi della maglietta; era una battuta come un’altra che voleva suscitare un po’ di ilarità nella donna, ma ebbe l’effetto contrario
“Le loro teste?” sentire il plurale aveva riacceso la preoccupazione nella pirocineta      
“Erano in due: il gorillone e un cane a tre teste che è spuntato fuori dopo. Ma erano entrambi delle mezze calzette e insieme siamo riusciti a ucciderli senza subire danni” affermò subito Hellboy abbracciando la compagnia per sottrarre i ragazzi ad un possibile controllo secondario, poi la portò fino al container per farle vedere il corpo del demone gorilla
“Accidenti, non me lo ricordavo così grosso, ma è lui di sicuro: ha ancora la mia bruciatura sulla zampa posteriore” dichiarò Elizabeth dopo aver osservato il cadavere, prima che venisse trasportato nella sala autopsie in attesa di essere “visitato” da Abraham.

Il corpo del demone fu subito trasportato nell’obitorio. Ci vollero cinque agenti per riuscire a trasferirlo sulla piattaforma che lo avrebbe portato alla sua ultima casa; era necessario fare l’autopsia il prima possibile poiché non conoscendo l’anatomia dell’essere c’era la remota possibilità che gli organi interni si decomponessero di lì a poco. Abraham chiese a Hellboy e Lyz se volessero assistere ma loro rifiutarono gentilmente dicendo che erano troppo stanchi per farlo e che volevano solo andare nei loro alloggi; così fecero anche i ragazzi nascondendo quella che era la verità ossia che odiavano certi spettacoli. Fortunatamente l’uomo pesce trovò due validi assistenti in Johann e Nahila. La sala autopsie era in una sala buia con una luce ultravioletta ad illuminare il tavolo operatorio, anzi i due tavoli che Abraham e Johann accostarono per far si che nessuna parte del demone scivolasse per terra. I tre si prepararono disinfettando accuratamente mani e braccia e mettendo delle mascherine per non inalare eventuali gas nocivi; prima di procedere Abraham chiese a Nahila di verificare se poteva agire in totale sicurezza, che non ci fossero gas o liquidi nocivi all’interno dell’animale; con la sua vista miracolosa la donna oltrepassò in un battito di ciglia la pelle del mostro controllandone muscoli, organi e infine lo scheletro
“Tutto a posto, puoi procedere” affermò poi Nahila mantenendo la vista a raggi x.
 Utilizzando il bisturi a laser Abraham incise il ventre della creatura; dovette ripassare la ferita più volte, lavorando strato per strato, prima di riuscire a vedere gli organi interni: un intricato complesso di apparati che nulla aveva a che fare con i normali animali, e il cui fetore riuscì a far inorridire persino Johann. Con cautela Nahila estrasse lo stomaco dalla sua cavità e percepì a tatto la strana membrana che circondava l’organo
“Aveva mangiato da poco” osservò la donna che con i suoi occhi aveva visto dei resti di cadavere nell’organo
“Ti prego non dire queste cose, tienitele per te” la pregò Abraham deglutendo la cena che stava per ritornare alla bocca
“Deve essere progettato per resistere alla saliva acida ” ipotizzò Johann toccando lui stesso l’organo spugnoso e teso.
Dopo la vivisezione dello stomaco toccò al cuore anzi ai due cuori, uno più piccolo dell’altro, che fino a poche ore prima alimentavano il demone; dato che erano entrambi divisi in due sole camere (non in quattro come un normale cuore), i tre dedussero facilmente che uno pompava il sangue ossigenato e l’altro quello con l’anidride carbonica; anche questi due erano ricoperti dalla stessa membrana attorno allo stomaco
“Non ho mai visto una cosa simile” confessò Nahila tastando anche la milza e l’intestino, al tatto quelli erano più viscidi e sembravano anche essere più sottili
“Non tutti insieme” proferì Johann all’improvviso alzando le braccia in segno di vittoria
“Cosa vuol dire?” domandò Abraham mentre riponeva sul tavolino il polmone che stava esaminando
“Ci sono arrivato solo ora, questi sono organi che si trovano in altri demoni. Qualcuno si è preso il disturbo di metterli insieme e creare questo” spiegò il medium spirituale soffiando un paio di volte dagli sportelli sulla testa della tuta
“Allora la nostra ipotesi si è rivelata esatta, questa creatura non è nata naturalmente” esclamò Abraham, seguito a ruota da Nahila  
“Non dobbiamo esultare troppo per aver capito subito la verità – li ammonì Johann – perché se il nostro nemico è riuscito a creare uno di questi, nulla può avergli impedito di farne altri ancora più pericolosi. Ho idea che i nostri ragazzi non potranno farcela da soli, anche con l’aiuto di Hellboy” due sbuffi dalla testa di vetro terminarono una frase densa di preoccupazione
“Dovremo prepararci al peggio, dunque?” chiese Nahila ritornando seria; i suoi pensieri andarono subito ai quattro ragazzi, dovette faticare molto per non farsi passare davanti agli occhi le terribili immagini che stava producendo la sua mente
“Ho paura di si, cara mia”
“Allora dovremmo informarli subito” propose Abraham
“Non ora, attendiamo domani: devono riposare con serenità” disse Johann
Mentre Johann, Nahila e Abraham  visitavano il nuovo inquilino dell’obitorio, Georg e tutti gli altri si erano rifugiati nei loro alloggi dove li attendeva già un lauto pasto che Hellboy trangugiò in poco meno di un quarto d’ora
“Red sei un maiale” ridacchiò Elizabeth dando una pacca sulla schiena del compagno, aveva la bocca talmente sporca che la donna dovette ripulirgliela con un fazzoletto.

In realtà non ci furono molti festeggiamenti, l’ora era così tarda che tutti andarono a coricarsi poco dopo aver cenato; non Georg che prima di ritirarsi attese ancora un’oretta per fare una doccia veloce e per lavare gli abiti che si erano sporcati durante la lotta. Quando passò dalla camera dei gemelli li vide coricati sullo stesso letto (quello di Tom), abbracciati l’uno all’altro come la prima notte in cui li aveva conosciuti; come al solito si era già alzata l’aura di guardia di Tom e il corpo di Bill si era ricoperto di un sottile strato di ghiaccio. Nell’altra camera, quella sua e di Gustav, il fratello si era cambiato d’abito lasciando i vestiti sul pavimento e si era messo con il solo intimo sotto le coperte
“Non hai perso tempo tu, eh?” pensò il moro ridacchiando in silenzio prima di augurare la buona notte al biondo e a se stesso. Tuttavia nonostante l’augurio la nottata di Georg non fu per niente tranquilla: l’ansia gli attanagliò lo stomaco e dopo un sonno inizialmente privo di sogni, quello che seguì fu un incubo terribile.

Nero. Il primo colore che vide quando aprì gli occhi del suo Io onirico. Il nero della terra arida e marcia su cui non sarebbe mai potuto crescere più niente; gli alberi erano rinsecchiti e si erano piegati verso il suolo, senza più forza. Non c’era alcun rumore nell’aria, solo la morte. Nel sogno Georg non fece mai un passo, ogni cosa gli compariva dinnanzi in sequenza come in un vecchio film e se avesse potuto il moro avrebbe volentieri tagliato un frame in particolare: i suoi fratelli morti ai suoi piedi e l’oscura figura del ponte che stava a pochi centimetri da lui
“Li perderai Georg. Moriranno tutti sotto i tuoi occhi e tu non potrai far niente” anche se lo sconosciuto era a un palmo dal suo naso, il moro non ne vedeva il volto (d’altronde non aveva visto quale fosse il suo aspetto)
“NOOOOOOOOOOO” gridò il telecineta; un urlo talmente forte da rompere la barriera del sonno, così intenso che il ragazzo si risvegliò di colpo che ancora stava urlava. Accanto al suo letto Gustav, i gemelli e i genitori adottivi lo stavano guardando a occhi spalancati. Intorno a loro gli oggetti stavano volando disegnando orbite senza controllo.

 

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Capitolo 12
*** Throwback ***


Questo che state per leggere è il secondo dei capitoli extra che scriverò per voi. Il testo che seguirà darà risposta ad alcune vostre domande del tipo: perché i gemelli dormono insieme? Perché Tom innalza l’aura di guardia durante la notte?

Per darvi una risposta facciamo un salto indietro nel tempo, a quando i gemelli avevano appena dieci anni e vivevano con i genitori in una casetta di campagna che Hellboy aveva costruito mattone su mattone assieme a Abraham e Johann; una casa grande abbastanza per quattro persone molto speciali come loro, con uno spazio esterno che sembrava non finire mai. Le loro giornate passavano tranquille tra studio, allenamenti e risate. Fino alla notte in cui tutto cambiò.


Era una calda serata di luna nuova, il cielo era terso e stellato e tutti erano a dormire. Anzi, non tutti. Dalla finestra della camera che condivideva con la compagnia Hellboy scalò agilmente il pergolato che ornava la parete dell’abitazione; lo faceva ogni volta che non riusciva a dormire – Elizabeth ne era consapevole – ed era sempre stato bravo a non farsi sentire dai figli. Così almeno credeva: la camera matrimoniale era attigua a quella di Tom e ogni volta che il gigante rosso metteva piede sull’erba le sensibili orecchie del giovane pirocineta lo destavano dal suo sonno.

Mai Tom aveva seguito il padre, di solito riusciva a reprimere la vocina nella sua testa che gli diceva di seguirlo; non ci riuscì quella notte
“Solo una volta, che può succedere?” si convinse il ragazzino prima di saltar giù dalla finestra di camera sua, il padre già era sparito all’orizzonte tuttavia con la sua stazza aveva piegato l’erba alta segnando il percorso fatto. Corse più veloce che poteva attraverso il bosco, perse la strada almeno un paio di volte ma alla fine vide la schiena del padre : era seduto su una roccia in riva al laghetto che usavano come piscina.
“Che fai qua papà?” domandò il bimbo sedendosi immediatamente sulla roccia vicina cosicché il padre non potesse mandarlo via
“Dovrei essere io a chiedertelo – il gigante rosso pose una mano sulla testa del figlio -. Ci sono notti che non riesco a dormire, e allora vengo qua” rispose Hellboy
“Ma è noioso” ribattè Tom che si aspettava qualcosa di più
“Però funziona” Red sembrava in parte accogliere la mozione del figlio
“E non hai paura che succeda qualcosa?” chiede il bambino
“A me? Ah, vorrei vedere chi ne ha il coraggio. E poi so che a casa c’è un mio degno sostituto, vero ometto?” disse Red riferendosi al più grande dei gemelli, quello che era proprio davanti a lui
“Ma io ora sono qui” osservò il ragazzino battendosi un paio di volte il petto con le mani per far vedere che era reale e non una proiezione
“Sempre la risposta pronta tu, eh? (Red sospira) Mamma e Bill sanno cavarsela da soli, e comunque siamo sperduti nel bosco: nessuno ci può…” il gigante rosso si interruppe vedendo l’espressione di terrore che ad un tratto si era disegnata sul volto del figlio; quegli occhi non volevano dire nulla di buono.

(Cambio scena)

A casa anche Bill si era svegliato poco dopo la partenza del gemello, ma non era l’assenza del fratello il motivo per cui aveva lasciato il comodo letto su cui dormiva: la casa stava paurosamente scricchiolando. Il criocineta uscì dalla propria camera e andò in corridoio, dove il rumore sembrava più forte; anche ai suoi piedi sembrava che le assi stessero leggermento oscillando
“Ma che?” sussurrò, prima di sentire il rumore del pavimento del piano inferiore che si spaccava. Ebbe appena un decimo di secondo per spostarsi dal punto in cui era, prima di vedere un enorme millepiedi oltrepassare il legno e il soffitto
“AAAAAAAAAH” gridò il ragazzino congelando il pavimento (e parte del corpo del millepiedi) per la paura. Due mani leggere lo fecero alzare e una voce femminile gli intimò di correre, era la madre
“Dov’è tuo fratello?” domandò Elizabeth mentre percorreva il tratto che divideva il corridoio dalla porta d’ingresso
“Con papà, nel bosco” rispose subito Bill seguendo a ruota la madre. Non appena furono a contatto con l’aria esterna i due si diressero nel bosco lasciando dietro di se la casa e l’insetto gigante.
Quando la casa fu inghiottita dal bosco Lyz lasciò che fosse il figlio a condurla dal compagno e dall’altro figlio, eppure nonostante una guida sicura il loro percorso fu interrotto da una figura con mantello nero e cappuccio calato sulla testa
“Chi sei tu?- domandò la donna avanzando e coprendo Bill con il braccio sinistro, lo sconosciuto tacque – Rispondi!”.
Invece che aprire bocca lo straniero alzò le mani, coperte dai guanti, ed emanò un fascio di energia che impattò contro la barriera di ghiaccio creata da Bill
“Lascia stare la mia mamma!” lo rimproverò il ragazzino
“Inutile esserino” bastò un secondo attacco dell’individuo per far sì che Bill si ritrovasse a sbattere con la schiena contro un albero vicino
“Non osare toccare ancora mio figlio!” Elizabeth attaccò l’aggressore con una sfera di fuoco che, tuttavia, sparì nel nulla come se fosse stata assorbita da un buco nero.

(Cambio scena)

“Presto Tom, trovali” ordinò Red al figlio subito dopo essersi messi alla ricerca dei due componenti della loro famiglia. Per il pirocineta non era una cosa facile perché, pur vedendo con gli occhi del fratello, non riusciva ad orientarsi nel buio della foresta; la cosa peggiore era che aveva sentito la paura del gemello nel momento in cui il millepiedi aveva sfondato il pavimento della casa e il non trovarlo lo faceva innervosire ancora di più
“Ancora niente?” domandò Hellboy in un momento di riposo
“No…- piagnucolò il pirocineta- Bill…dove sei?” poi una voce chiara e forte, quella del fratello, gli illuminò la strada
“AIUTO!”.

Facendosi seguire dal padre Tom corse più veloce che potè nella direzione che gli suggeriva la testa; i polmoni gli facevano male ma non gli importava, era stato così veloce che riuscì a far perdere le sue tracce anche al padre il quale, a causa della sua stazza, rimase indietro intrappolato in alcuni rami. Al suo arrivo Tom trovò un’amara sorpresa: la madre, svenuta, tra la braccia di Bill che tentava di proteggere entrambi con uno scudo di ghiaccio. Il ragazzino, senza pensarci su, lanciò una pirosfera (inchiostrata di nero) alla testa dell’individuo costringendolo a fermare gli attacchi ripetuti
“Ah, ce n’è un altro” osservò l’aggressore con la sua voce alterata
“Tom” lo chiamò Bill rincuorato, non avrebbe resistito a lungo
“Lasciali in pace. VATTENE VIA!” ordinò Tom arrabbiatissimo, non si era accorto di aver preso fuoco e che le sue fiamme avevano iniziato ad assumere sfumature nere
“Oooh, che paura” lo schernì l’estraneo
“VATTENEEEEEEE” una seconda pirosfera, più nera che blu, aveva lasciato le mani di Tom. L’individuo pensava che avrebbe potuto subire l’attacco in tutta tranquillità senza dover usare il trucchetto di prima, tuttavia quando la sfera toccò il suo viso la pelle ne fu ustionata
“AArgh, il fuoco dell’inferno!” l’individuo si era pentito della sua scelta
“Lyz, ragazzi” finalmente Hellboy li aveva trovati, grazie alla luce emanata dal figlio, in tempo per vedere l’individuo sparire nel nulla; in tempo per vedere l’ombra delle corna di Tom.

Date le circostanze, dato che la loro casa ormai era persa, alla famiglia non restò che tornare al B.P.R.D. dove Hellboy e Elizabeth furono re-integrati come agenti attivi. Sembravano tutti gentili e felici di conoscere i figli dei due agenti più famosi dell’agenzia, ma ai ragazzini sembrò che di tutti solo Johann e Abraham (che già conoscevano da anni) fossero felici della loro presenza.
Durante la prima notte passata nella nuova casa, dopo un terribile incubo, Tom non riuscì a prendere sonno nonostante il cuscino morbidissimo: il senso id colpa per aver lasciato il fratello e la madre da soli, si non essere riuscito a trovarli prima che si facessero male, gli aveva fatto venire la nausea. Si alzò dal letto, e senza accendere la luce si avvicinò al letto del gemello (non dovette fare molta strada dato che ora condividevano la camera); anche Bill era sveglio.
“Neanche tu dormi?” constatò Bill parlandogli mentalmente
“Io…ehm” il pirocineta non sapeva che dire: come poteva spiegare la sua paura, il suo timore che, se avesse chiuso gli occhi, sarebbe successo ancora qualcosa di brutto?
“Ho capito” disse Bill dopo una breve indagine nella mente del fratello, in realtà anche lui aveva desiderio di dormire col fratello quella notte per paura che un altro demone spuntasse dal pavimento. Non servirono parole, o gesti, bastò che il piccolo criocineta si scostasse quel poco per permettere al gemello di mettersi sotto le coperte e di abbracciarlo.
 Se all’inizio era per paura, presto diventò un’abitudine a cui i gemelli raramente si sottrassero; sapevano di essere più forti insieme e questo vezzo gli regalava sonno sempre sereni. Inoltre Tom imparò anche a creare una propria zona di calore mentre dormiva in modo che, se qualcuno si fosse avvicinato a loro, se ne sarebbe accorto; similmente Bill aveva imparato a coprire il proprio corpo di ghiaccio.
 
Che ne dite? Vi è piaciuta? E’ stata esauriente? Aspetto commenti.

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Capitolo 13
*** Crepe ***


Aveva osservato per tutto il tempo la superficie tremante dell’acqua dentro il bicchiere che Elizabeth gli aveva messo tra le mani; non ne aveva ancora bevuto una goccia, il suo stomaco era così in subbuglio che avrebbe rigettato anche il minimo liquido

“Forza Georg, cerca di riprenderti: era solo un sogno” la fata era inginocchiata davanti a lui e gli stava accarezzando la gamba. Gustav e i gemelli erano seduti vicino al telepate e Nahila (in piedi vicino a Abraham, Red e Johann) osservava con i suoi occhi miracolosi l’energia nel suo corpo

“Sei in sovraccarico, rischi di scatenare un’onda d’urto” disse la dottoressa

“La fai facile Nah, non hai visto quello che ho sognato” rispose il moro, i suoi occhi erano segnati da profonde occhiaie

“Appunto! Era un sogno, per quanto fosse brutto era solo frutto della tua immaginazione” affermò Gustav stringendo la mano del fratello, in realtà era solo un modo per convincere se stesso (già aveva il dubbio che non fosse solo quello)

“Non capite…” lamentò Georg.

La seduta di psicanalisi fu interrotta dall’arrivo di Manning con in mano un grosso plico di foto

 “Queste le dovete vedere” esclamò il pelato porgendo nelle mani di Hellboy le immagini, gli dispiaceva di aver interrotto la conversazione ma non aveva potuto farne a meno

“Oh porca…” commentò il gigante rosso scorrendo le foto, erano immagini strazianti che mostravano demoni trucidati nei peggiori modi possibili

“Li hanno trovati poco fa, il coroner dice che il fatto è accaduto nel primo pomeriggio” spiegò Manning mentre aiutava Hellboy a passare le foto anche agli altri presenti

“E’ il clan dei demoni delle fondamenta” disse Abraham riconoscendo gli stemmi sui gilet dei cadaveri

“Li hanno uccisi tutti,… anche i bambini” la tristezza oscurò la voce di Johann

“Non si sa chi è stato, vero?” chiese Bill passando velocemente al gemello una foto con una vecchia troll il cui corpo era stato separato dalla testa

“Qui viene il bello: quando gli agenti sono arrivati il colpevole era ancora lì; un uomo con mantello nero e cappuccio che ha rivendicato la cosa prima di sparire” precisò Manning.

Crack. Il bicchiere era caduto dalle mani di Georg, si era solo incrinato ma l’acqua che ne era uscita aveva schizzato i pantaloni di Elizabeth

“Che hai?” esclamò immediatamente Gustav temendo in un attacco di panico del fratello

“I…io, ho visto quell’uomo” confessò il telecineta, era il momento di dire la verità

“Quando?” domandò Tom

“Nel mio incubo, e anche sul ponte: era proprio dietro Hellboy” il moro si strinse di più nella coperta che aveva sulle spalle

“Ecco perché ti eri sporto così tanto, ma perché diavolo non l’hai detto prima?” chiese Bill alzandosi dal letto, non era molto felice come gli altri del resto

“Perché poi è sparito! Ho creduto di aver avuto un’allucinazione” provò a spiegarsi il moro mentre cercava dia sciugare il tappeto bagnato estrapolando l’acqua dal tessuto, era un buon modo per mantenere il controllo

“Non assillatelo – intervenne Lyz, materna come sempre - . Non avemmo potuto fare niente

“Possiamo farlo adesso andando sul posto, chissà che non ci siano ancora delle tracce” propose Hellboy a Manning

“Sono venuto proprio per questo. Ma non andrete tutti, solo Bill e Georg; se vuoi puoi accompagnarli tu Red, ma nessun’altro” ordinò il pelato

“E perché? Siamo sempre andati insieme!” replicò Gustav nervoso, con il fratello in quelle condizioni era pericoloso restare separati

“Col casino che è successo dareste troppo nell’occhio; inoltre la zona era un’ex industria chiusa per inquinamento del terreno. Se andassero Tom e Gustav rischierebbero di far esplodere tutta l’area” ribattè Manning inamovibile

“Manny ripensaci, è un grosso errore: non sanno con chi hanno a che fare e se fosse ancora là…” provò Johann quasi supplicante

“Vorrei ma non posso, davvero – Manning si rivolse poi a Bill e Georg - . Preparatevi, il furgone è pronto per partire” disse andandosene.

Rassegnati alla decisione del pelato Georg, Bill e Hellboy si prepararono per la loro uscita; nessuno di loro era tranquillo dopo la serata che avevano passato e infatti alle raccomandazioni di Elizabeth si aggiunsero quelle di Nahila, Gustav, Abe e Johann. Una richiesta molto speciale fu fatta al telecineta che fu preso in disparte da Tom

“Senti so che non è un bel momento ma… volevo chiederti un favore” proferì il pirocineta
“Certamente, tutto quello che vuoi” rispose subito Georg

“Potresti tenere d’occhio Bill? E’ una richiesta stupida ma… non sono tranquillo e non voglio che gli succeda niente di male” domandò Tom esternando il proprio malcontento per la questione della squadra ridotta
“Lo proteggerò a costo della mia vita. Solo non mi uccidere se torna a casa con dei graffi” promise il moro scherzando un po’
“Ho un buon margine di tolleranza” ridacchiò il pirocineta
“Andiamo?” la voce di Bill li interruppe, i suoi occhi erano malinconici nel guardare il fratello.

Salutato il pirocineta Georg raggiunse il criocineta, gli diede una pacca sulla spalla e gli disse che presto sarebbero tornati a casa e avrebbero passato ore a parlare di ragazze e altre cose varie riuscendo così a suscitare una piccola risata nel fratellastro. Durante il tragitto il trio si preparò, indossando gli abiti comodi che di solito usavano per i combattimenti ( era sempre meglio essere pronti per ogni evenienza); agganciarono anche i comunicatori alle cinture perché il posto era grande e si sarebbero divisi in due gruppi per coprire un’area più vasta. Il posto era un vecchissimo cimitero di troll, proprio vicino al mercato, tanto vecchio che persino le pietre sbozzate poste a mo’ di croce si erano ricoperte di muschio e fiori e le fosse erano diventate le tane perfette per vermi e scarafaggi; in lontananza si vedevano ancora i fumi della vecchia discarica che copriva la zona industriale, il motivo per cui erano andati solo in tre

“Da brivido” sussurrò Bill cercando di non scivolare sui sassi ricoperti di muschio ammuffito, maledicendosi di aver messo le scarpe nuove con la zeppa
“Che ti aspettavi? Mausolei e alberi in fiore?” ribatté Georg mentre scrutava l’orizzonte con gli occhi e sondava l’ambiente con la mente. Niente.

Anche Hellboy aveva iniziato la sua ricerca e si era allontanato dai ragazzi, non era agile quanto loro e scivolò un paio di volte sul muschio, atterrando sulle tombe lì vicino
“Dannazione” imprecò il gigante rosso dopo aver constatato di essersi sporcato la giacca con il fango puzzolente; avrebbe potuto giurare di aver sentito qualcuno ridere. Forse era uno dei ragazzi, forse no.

Non trovarono niente, neanche cercando negli stessi posti dove erano stati ritrovati i cadaveri dei troll
“Che sfigati: non escono mai e quando lo fanno li uccidono in massa” disse il telecineta constatando l’assurdità della cosa
“C’è chi nasce yella…” il criocineta si interruppe: aveva sentito un rumore. Senza parlare e senza avvertire il gigante rosso, i due si diressero verso il luogo da cui sembrava provenire il suono: un mausoleo. Si avvicinarono alla porta della struttura, con molta cautela, il rumore sembrava essersi fermato
“Forse è solo caduto qualcosa lì dentro” ipotizzò il criocineta, il suo respiro calmo nascondeva il battito accelerato
“Qualcosa è caduto si, ma perché c’è qualcuno qua dentro” lo contraddì Georg che, finalmente, era riuscito a vedere la presenza.

Anche il gigante rosso aveva trovato qualcosa: orme fresche sul terreno che gli avevano fatto subito posare la mano sulla Samaritan
“Merda” bisbigliò il demone che avrebbe voluto chiamare i ragazzi ma non li vedeva più e anche il comunicatore non dava segni di vita
“Cazzo! Non ora” imprecò Hellboy prima di sentire qualcosa afferrargli la gamba, una mano artigliata che aveva infilzato il polpaccio del diavolo con le sue unghie.

 

Pow,pow. I colpi di arma da fuoco attirarono l’attenzione dei ragazzi che girarono la testa per cercare di capire cosa stesse succedendo, ma anche per loro Red era fuori portata
“Papa!” gridò Bill allarmato più che mai e infatti, senza pensarci su troppo, si allontanò lasciando il telecineta solo davanti al portone dell’edificio funerario. Non fu una decisione saggia perché quando il criocineta fuoriuscì dal campo oculare di Georg il legno di cui era fatta la porta iniziò a scricchiolare, come se qualcosa la stesse grattando dall’interno
“Ecco, lo sapevo” commentò il telecineta allontanandosi di qualche passo dalla soglia, il punto ideale per osservare il legno crollare sotto i colpi del demone che c’era dietro; un lupo mannaro con la schiena irta di lunghi aculei.

 

Pow,pow.
“Muori bastardo schifoso” imprecava Hellboy a ogni nuovo colpo che usciva dalla pistola. Con il primo proiettile era riuscito a liberare la gamba da quella specie di zampa artigliata che gli aveva lasciato un bel segno sul polpaccio. Il problema ora stava tutto nel riuscire a scovare l’essere che aveva osato fare ciò perché il putrido, come lo chiamava Red, si muoveva sottoterra a gran velocità
“Papà” lo chiamò Bill una volta che lo ebbe raggiunto, il suo corpo era già ricoperto da una spessa armatura di ghiaccio e sul braccio destro era spuntata una lama
“Stai indietro! E’ SOTTO di noi” lo ammonì il diavolo rosso protendendo una mano verso di lui
“Bhè, se è solo questo il problema” il criocineta posò le mani a terra e congelò il terreno sotto i loro piedi
“Ky.kyriiiiii” .
Dal terreno sbucò un enorme verme con delle estroflessioni che terminavano in quelle che sembravano mani artigliate; non aveva pelo perciò il freddo lo aveva tanto disturbato da uscire fuori.
Pow. Un colpo secco alla testa e il verme ricadde all’indietro disegnando una fontana verde col sangue che gli usciva dalle cervella
“Bravo ragazzo” si complimentò Hellboy col figlio.

 

“Regalo in arrivo!” la voce di Georg ammonì i due del lupo che il telecineta aveva lanciato in aria e spedito verso di loro; la bestia atterrò non molto distante da Red e il criocineta e fece ancora qualche metro grazie alla lastra di ghiaccio su cui era ricaduto
“Bleah che brutto” commentò Bill osservando l’ibrido che si rialzava in piedi cercando di capire cos’era successo
“Questo obbrobrio ha aspettato che te ne andassi per uscire fuori” disse il moro
“Che sfacciato – scherzò Bill - . Vuoi una mano?”
“Non serve che ti disturbi grazie. Lo sistemo e poi ce ne torniamo a casa” rispose il telecineta che stava solo aspettando una mossa dell’avversario prima di concludere del tutto
“Grrrrrrrrrr, rrrroooooaaar” ringhiò il lupo con fare minaccioso, poi si girò e lanciò alcuni dei suoi aculei
“E adesso sei morto” un pensiero del telecineta fece sì che i pungiglioni si bloccassero a mezz’aria, girassero su se stessi e ritornassero al mittente trapassandolo.

 

Clap,clap.
“Bravo Georg, ma mi sarei aspettato di meglio da te” una nuova voce, non troppo estranea, rovinò il bel momento dei tre. L’uomo dal mantello nero.
“Proprio te cercavo” gli disse Hellboy puntando la Samaritan alla testa dell’individuo
“Peccato che io cercassi solo il telecineta; ora se vuoi scusarmi” un gesto della mano e Red si ritrovò catapultato contro la dura parete del mausoleo che aveva fatto da tana all’ibrido. Similmente Bill e Georg furono scaraventati a terra
“Li perderai tutti Georg, non resterà più nulla di loro” l’individuo non si era mosso dal suo posto, eppure Georg sentiva l’energia che scorreva nel suo corpo: pure quello aveva poteri psichici, anche era difficile comprenderne la natura.
“Non succederà mai!” ribattè il moro, deciso più che mai a difendere la sua famiglia
“Comincia il conto alla rovescia” un lampo accecante seguì quelle parole.

Georg sentì di essere urtato da qualcosa e cadde di nuovo con la schiena a terra. Quando il bagliore si diradò il moro vide Bill sopra di lui (il corpo era in parte protetto dall’armatura di ghiaccio) e dietro due lance apparse  da chissà dove
“Mi ha evitato un bel colpo” pensò Georg credendo che le aste si fossero conficcate per terra e  senza  far caso al liquido che sentiva scorrere sul corpo; solo quando abbassò lo sguardo vide che era il sangue di Bill: le lance avevano trapassato la sua armatura perforandogli il fianco e la spalla; Georg si sentì morire.
“E’ tutto ok?” domandò il criocineta sdraiandosi sul fianco sano, del sangue gli stava uscendo dalla bocca ma sembrò non importargli
“STUPIDO!” urlò in lacrime il telecineta, probabilmente quelle parole erano per sé per non essere riuscito ad impedire che accadesse.
Il criocineta respirava a fatica, vinto da quelle alabarde che avevano bucato la sua armatura su cui si era disegnata una fitta rete di crepe
“Che delizioso quadretto, quasi mi sorprende che lui sia un demone di ghiaccio. Credevo che fossero tutti egoisti e insensibili” commentò l’individuo
“ZITTO! Tu non sai niente di lui, e non sai niente di me” ringhiò Georg emanando un’onda d’urto
“Forse non saprò niente su di lui, ma so moltissime cose su di te. Forse più di quante ne conosca tu” l’individuo alzò una mano, rosea come quella di un essere umano, e Georg si sentì opprimere la gola. Non riusciva più a respirare.
“Fottiti” pensò il moro sperando che quello avesse capacità telepatiche abbastanza forti da poterlo sentire
“Vorrei tanto chiacchierare con te ma il tempo stringe; io devo tornare a casa e anche tu” proferì l’aggressore che, prima che fosse troppo tardi, lasciò la presa sulla gola di Georg.

Il telecineta provò ad alzarsi per rispondere al fuoco ma prima che potesse usare le proprie capacità l’individuo pose sulla sua fronte un congegno freddo e metallico che lo paralizzò con una scarica
“Sono curioso di sapere chi ti ucciderà: io o quel mostro di fuoco che con tanta stupidità chiami fratello?” chiese l’individuo mentre attivava il localizzatore sulla cintura di Georg. Fu l’ultima cosa che il moro vide.

 

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Capitolo 14
*** Furia cieca ***


“Come va?” sentì dire il telecineta da una voce estranea, gli sembrava quella di Gustav ma non poteva essere la sua perché il biondo era rimasto a casa
“La scarica lo ha solo messo temporaneamente k.o.; non aveva lo scopo di provocargli danni permanenti” una seconda voce, femminile, gli era arrivata all’orecchio; anche quel suono non gli era del tutto sconosciuto, ma la persona che lo rievocava non poteva essere lì con lui in quel cimitero. Anche la sensazione che percepiva sotto la schiena era insolita: non gli sembrava la fredda e putrida terra del cimitero, piuttosto sentiva qualcosa di morbido e caldo il cui profumo gli riempiva le narici. Fu il ricordo del bastardo che li aveva aggrediti a farlo capire: la mano lercia che gli attivava il localizzatore, la sensazione di vuoto e ora questo. Qualcuno lo aveva trovato e portato a casa.
Un secondo flash gli attraversò la testa: Bill, immobile su di lui, che incassa il colpo al posto suo; le lance che gli perforano il fianco e la spalla e lui che ricade sul fianco come una bambola. Poi…niente. Dov’era Bill?
“Bill!” Georg si risvegliò gridando il nome del fratellastro, con gli occhi e la mente lo cercò  ma lui non c’era; al suo posto, nella stanza dell’infermeria, c’erano Gustav, Johann, Nahila, Abraham e i suoi genitori adottivi (Red aveva la testa fasciata)
“Che è successo?” domandò il telecineta
“Vi abbiamo trovato svenuti al cimitero” rispose Nahila, accanto a lei c’era Elizabeth con le lacrime agli occhi
“Bill dov’è? E’ stato ferito…” balbettò il moro rimettendo ordine nella sua testa
“Lui non c’era. Abbiamo cercato dappertutto ma di lui è rimasto solo il sangue su quelle dannate lance” disse Hellboy triste. Georg si sentì sprofondare nel letto e non riuscì a dire niente
“Devo parlare con Tom, gli devo…” iniziò Georg
“E’ meglio che tu non parli con lui, per ora – disse Abraham interrompendolo - . Non è dell’umore adatto”
“Ma io…” provò a ribattere il moro
“Nein, non ora. E’ rimasto scioccato dalla cosa: ha percepito il colpo subito dal fratello e poi ha perso i contatti; ha avuto un attacco di panico” spiegò Johann
“Non è stato un bello spettacolo” aggiunse Gustav che aveva visto la scena in prima linea
“Manning e Abe stanno facendo di tutto per trovare Bill, ma fino ad ora tieniti alla larga da lui. E’ pur sempre un demone” ordinò Hellboy.
 
Per due giorni il team si impegnò, anima e corpo, nelle ricerche del criocineta. Anche Georg, appena potè rimettersi in piedi, partecipò combattendo ogni minuto con il mal di testa che gli aveva regalato il congegno che lo aveva paralizzato. L’unico che non partecipò attivamente fu Tom, che si era rinchiuso nella sua camera; non mangiava, a malapena beveva (solo perché costretto dalla madre, l’unica che poteva scambiare un paio di parole con lui), e forse nemmeno dormiva.
​Alla fine del secondo giorno, stufo dell’ordine impostogli da Hellboy, Georg rientrò nei suoi alloggi senza essere visto dagli altri colleghi ed entrò nella camera dei gemelli. Il pirocineta era seduto ai piedi del suo letto con il cuscino del fratello premuto forte sul naso. Aveva pianto tanto, e sul volto si vedevano i segni del digiuno; una visione straziante per il moro.
“Tom, io…” sussurrò il telecineta, talmente piano che il fratellastro non lo sentì.
Il telepate si avvicinò, mantenendo sempre un po’ di cautela, si inginocchiò e pose una mano sulla spalla di Tom che continuava a dondolarsi avanti e indietro inspirando l’odore del gemello
“Perdonami, ho cercato di fare il possibile” gli sussurrò all’orecchio. Sulle prime il pirocineta non rispose, smise solo di dondolarsi per segnalare che lo aveva sentito, tuttavia Georg era così concentrato sul dolore del fratellastro che non percepiva quello che gli stava frullando in testa
“Mi avevi promesso che lo avresti protetto” disse Tom alzando lo sguardo, i suoi occhi erano iniettati di sangue.
“Mi dispiace” ripetè il moro che non sapeva cosa dire
“Me lo avevi giurato” la voce del pirocineta era diventata minacciosa, un segnale di pericolo che il telecineta non colse nemmeno quando arrivò Gustav che, potendo leggere le attività cerebrali altrui e avendo intuito il pericolo imminente, gli aveva intimato di allontanarsi
“Ho tentato di tutto” provò a spiegare il moro
“SULLA TUA VITA!” un’ondata di aria bollente fece si che Georg sbattesse contro il muro. Il demone si era rivelato.
Gustav corse in aiuto del fratello in tempo per difenderlo da una pirosfera con una barriera. Dal livello del pavimento Tom sembrava ancora più imponente di quanto già non fosse: le fiamme, ora nera, ne circondavano il corpo che stava letteralmente bruciando da dentro; gli occhi scintillavano di un rosso scarlatto come i glifi mentre sotto il torace pulsava il cuore evidenziato di azzurro; inoltre, ad uno sguardo più attento, tra le fiamme si potevano scorgere le ombre delle corna e della coda
“Merda!” Georg si era reso conto solo in quel momento del guaio in cui si era cacciato
“Fermo Tom !” ordinò la voce imperiosa di Hellboy, arrivato assieme ad Elizabeth
“No, lui…” ringhiò Tom, la sua voce alterata somigliava al ruggito di un drago e faceva tremare le pareti
“Non è colpa sua, sistemeremo la situazione; riporteremo a casa Bill” disse il gigante rosso al figlio avvicinandosi con cautela; gli occhi di lava del pirocineta si posarono torvi sul padre
“Ti prego tesoro” la dolce voce di Lyz bilanciava il tono più rude del compagno.
“No! Lui deve pagare per quello che ha fatto; ha permesso che lo portassero via” mentre parlava il pirocineta continuava a tenere gli occhi fissi sul telepate; tra loro due Gustav era pronto a bloccare ogni nuovo assalto
“Ora basta, stai esagerando” gridò Hellboy, pur essendo molto vicino al figlio non sembrava aver l’intenzione di fermarlo; anche Elizabeth stava tergiversando e ogni tanto dava un’occhiata alla porta, rimasta aperta, come se stesse aspettando qualcuno.
Poco dopo infatti arrivò Abraham. In mano aveva una siringa con dentro un vischioso liquido bluastro, sicuramente era un sedativo per Tom. Con una mossa veloce il gigante rosso bloccò il figlio con una mossa a tenaglia e Lyz, l’unica che si poteva avvicinare senza ustionarsi, prese la siringa dalle mani dell’uomo-pesce e iniettò il liquido nel collo del figlio. Il respiro del ragazzo si regolarizzò man mano che il liquido si spandeva nel corpo del pirocineta, evidenziando le vene che attraversava; le fiamme si spensero. Tom si inginocchiò, inerte, ancora abbracciato dalle poderose braccia del padre e poi da quelle esili della madre.

 ------(Cambio scena)------
Gli aculei sulla coda della bestia si erano piantati con forza nel cemento, a poca distanza dal braccio sinistro di Bill; se il ragazzo non si fosse spostato si sarebbe ritrovato un colapasta al posto dell’arto. Le ferite che aveva riportato per salvare Georg ancora gli lanciavano delle fitte lancinanti al cervello offuscandogli la vista; attimi pericolosi in cui il suo corpo non rispondeva  a dovere e prendere un pugno o un calcio diventava molto più facile. Se Bill non fosse stato un demone le sue ossa e gli organi interni avrebbero già ceduto.
Avrebbe potuto facilmente uccidere il lupo istrice congelandolo con un respiro, ma quando era svenuto lo avevano incatenato e messo delle manette con su incisa una formula per bloccarne temporaneamente i poteri; anche il contatto mentale col fratello gli era precluso. Nonostante non fosse in una bella situazione i suoi pensieri continuavano ad andare a Georg e Hellboy; l’ultima volta che li aveva visti erano svenuti al cimitero e non in buone condizioni. Aveva cercato di impedire all’ibrido, che aveva solo fatto finta di essere morto, di sollevarlo da terra e portarlo via; aveva scalciato, tirato pugni e anche congelato parte della schiena ispida e pelosa dell’essere. Era stato l’uomo dal mantello nero a costringerlo a perdere i sensi, chissà per quanto.


“Ben svegliato” gli disse l’individuo non appena arrivò, si era messo in controluce in modo da non farsi riconoscere (anche se la voce tradiva la sua natura demoniaca)
“Grazie, ma avrei preferito una più piacevole compagnia. Magari una bella ragazza” rispose il criocineta tenendo d’occhio il lupo, fermatosi all’arrivo del padrone; il ragazzo provò ancora a strattonare un paio di volte le manette ma niente da fare.
“Non sprecare le tue forze, solo io posso togliere quei sigilli” proferì lo sconosciuto
“Chi sei tu?” domandò Bill, se doveva morire voleva avere più informazioni possibili da poter passare al fratello (se mai ci fosse riuscito)
“Hans Listing, il padre di Georg e Gustav” affermò l’estraneo, sembrava esserne molto orgoglioso
“E’ impossibile! Lui è morto con la moglie, la sera in cui la Chimera ha attaccato in casa loro. C’erano i cadaveri” replicò il ragazzo
“E’ facile scambiare un corpo per un altro quando non se ne vede la testa” ridacchiò Hans
“E tua moglie? L’hai uccisa tu?” chiese ancora il criocineta
“E’ stata una sofferenza, ma il suo corpo mi serviva per un esperimento” spiegò l’aggressore
“Come me? Anche io sarò una tua cavia? Non credo ti poterti dare molto su cui lavorare” disse Bill guardando le numerose gabbie vuote dietro ad Hans e gli strumenti sul tavolo da chirurgo
“Per la riuscita del piano è necessario che tu sia vivo, anche se avrei preferito tuo fratello” Hans stava armeggiando con qualcosa
“Come sono stato cattivo: ti ho rovinato il piano” almeno Bill aveva una cosa si cui essere felice
 “In realtà non troppo. Invece del demone di fuoco, mi servirò del fantasma di ghiaccio” Hans si girò, tra le mani aveva un collare di metallo con delle incisioni che fecero venire la pelle d’oca a Bill. Il criocineta conosceva quei simboli, rune antiche e oscure che non avrebbe mai voluto avere davanti agli occhi.

 -------(Cambio scena)------
Dopo quello che era successo, Tom era stato isolato in una stanza speciale in cui si poteva regolare il livello d’ossigeno; era stata costruita appositamente per i demoni di fuoco troppo irruenti: un basso livello d’aria negava loro la possibilità di creare le fiamme. Per il ragazzo avevano azzerato la circolazione di ossigeno così, al suo risveglio, il pirocineta si era ritrovato con una maschera per l’ossigeno sulla bocca; non era collegata ad alcun tubo (per evitare che il ragazzo ne sfruttasse l’aria) e l’unica fonte di alimentazione erano delle capsule da sostituire a intervalli regolari
“E’ una cosa da barbari” commentò Gustav davanti al grande vetro che lo separava dal fratellastro
“Non c’è stata altra scelta, ha rischiato di incendiare l’intero edificio” replicò Manning mentre leggeva la cartella che gli aveva consegnato un agente; l’espressione sul suo volto non aveva niente di rassicurante
“Che succede?” domandò Hellboy, aveva appena dato uno sguardo al pelato ed era ritornato subito a guardare il figlio
“Il nostro nemico non si ferma mai: ha attaccato di nuovo, e questa volta sono dei civili” Manning sospirò e si sedette sulla sedia, lasciando che le foto scivolassero dal plico e appoggiò la testa alla mano prima di riferire cos’altro aveva letto
“Forse c’è anche Bill con lui, il trasmettitore è attivo”
“Potrebbe essere una trappola” ipotizzò Elizabeth
“O forse no- esordì Georg -. Quello vuole lo scontro finale, ci sta invitando ad uscire allo scoperto”
“Vuoi dire che è così scemo da tirarsi la zappa sui piedi da solo? Vuol farci vedere Bill dopo averlo torturato?” domandò Gustav
“E’ molto sicuro di sé. Voleva sfruttare il legame tra i gemelli per far si che Tom ci si rivolgesse contro, ma se riusciamo a far capire a nostro fratello chi è il burattinaio dietro tutto questo avremo un’arma distruttiva pronta a sfogarsi su di lui. Tom deve venire con noi” ordinò il moro
“Ti ammazzerà appena varcherai la porta; non può usare le fiamme ma le mani si” commentò Manning
“Se riesco a farlo ragionare no” ripetè il telecineta
“Alzare il livello d’ossigeno per far entrare anche solo una persona è pericoloso, Tom potrebbe approfittarne” ribattè Abe
“Ci parlo io, non ho bisogno di aria” si propose Johann, in certi casi la sua condizione era utile
“D’accordo, ma fai attenzione; non si sa mai cosa potrebbe combinare. Per quello che sappiamo sarebbe capace di usare l’ossigeno nel suo corpo pur di uscire da qui” lo avvertì il pelato.
Come concordato, Johann entrò nella cella in cui era rinchiuso Tom.
“Salve ragazzo, posso stare con te?” domandò il medium senza ricevere risposta
“Lo prendo per un si – il tedesco si sedette - . Non male il posto, manca giusto una finestra” osservò, la sola risposta che ricevette fu uno sbuffo contrariato
“Capisco ciò che provi, però potresti pensare che non è colpa di Georg: il nemico ha attaccato loro e ha portato via Bill; se avesse potuto far qualcosa tuo fratello non lo avrebbe mai permesso. Ti dirò che sta già pensando ad un piano per salvarlo. Certo che sarebbe un peccato se, tra tutti, mancassi proprio tu; oh è un vero peccato che tu non possa uscire da qui” disse Johann
“Certo che voglio andare a salvarlo, ma dove? Io non lo sento più, ho solo il vuoto in testa” rispose finalmente Tom lasciando scorrere una lacrima sul viso
“E se ti dicessi che lo abbiamo localizzato? Il suo trasmettitore è ancora attivo. Di certo è una trappola del nostro avversario per portarci da lui, ma possiamo sfruttare la cosa a  nostro vantaggio” affermò il medium
“Non mi prendi in giro?” chiese Tom con una voce da bambino
“Nein, è la pura verità: c’è stato un altro attacco e abbiamo avuto conferma che tuo fratello è con lui” disse Johann
“Portami da lui, ti prego. Se passo ancora un giorno senza vederlo o sentirlo, esploderò” lo pregò il pirocineta
“Non farai del male a Georg, vero?” domandò il medium, era la sua prova del nove
“Sfogherò tutta la mia ira contro colui che ha osato portar via l’altra parte della mia anima!”
 

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Capitolo 15
*** Rette mich ***


Nonostante la situazione sembrasse sotto controllo, Georg e Tom non si parlarono per tutto il tempo necessario alla preparazione della squadra; anche quando salirono sul furgone che li avrebbe condotti a destinazione, nonostante la vicinanza forzata, non ci fu alcuno scambio di parola. Sembravano essere diventati due perfetti estranei che collaboravano solo perché nessuno dei due poteva essere sostituito. Il moro avrebbe anche voluto provare ad esternare nuovamente le sue scuse, ma gli occhi assenti del pirocineta e i cenni di diniego di Gustav gli fecero tenere la bocca chiusa
 “Abbi pazienza, è stato un duro colpo per lui” gli sussurrò Nahila che inaspettatamente si era unita al gruppo per combattere e per prestare soccorso nel caso di necessità.

Al loro arrivo la scena era veramente raccapricciante: le case e i palazzi del centro erano ridotti in macerie, persino il cemento delle strade era stato divelto creando un percorso sconnesso; un ulteriore, terribile ornamento, erano i corpi dei civili trafitti da enormi aculei o sciolti in parte da un acido che aveva creato dei buchi persino nella dura pietra. Ciò che colpì di più gli occhi dei ragazzi furono i cristalli di ghiaccio che ricoprivano quei pochi edifici rimasti in piedi, anche se fortemente danneggiati. Come sempre si divisero in due gruppi: i ragazzi fecero squadra con Hellboy, mentre Nahila, Elizabeth, Abraham e Johann erano un altro gruppo. Gli agenti che erano venuto facevano conto a se. A ognuno di loro era stato dato un diverso compito e quello dei fratelli e Hellboy era di ritrovare Bill.

Per farlo il quartetto seguì il percorso tracciato dai cristalli di ghiaccio mantenendo occhi e orecchie ben aperti, e cercando di non lasciarsi troppo impressionare dall’orribile spettacolo che si parava loro davanti a ogni passo. Dato poi che Tom sembrò avere di nuovo dei piccoli segnali dal gemello, Georg lasciò che fosse lui a guidarli quando non ci furono più i cristalli a segnare il loro tragitto e se il pirocineta doveva fare il segugio, gli altri avevano l’ingrato dovere di guardargli le spalle dal momento che Tom sembrava così intenzionato a cercare il gemello da non far caso neanche a dove metteva i piedi. E infatti non ci volle poi tanto prima che il loro aiuto si rivelasse prezioso, quando Tom rischiò di essere colpito da una nube di dardi di ghiaccio : se non fosse stato per il moro e il gigante rosso, le frecce sbucate dal nulla avrebbero colpito la testa del pirocineta invece della barriera di Gustav.

“Kyaaaaaaaaaah” un ruggito acuto attirò l’attenzione dei ragazzi, e quando si accorsero a chi apparteneva quel ringhio per un attimo non riuscirono a respirare. Era Bill.
Il suo corpo filiforme era interamente ricoperto di ghiaccio, reso rilucente dalla rete di glifi che formavano arabeschi blu sul corpo albino del ragazzo; i capelli neri si erano congelati in una cresta; degli occhi si vedevano solo le iridi di ghiaccio e le estroflessioni, che solitamente spuntavano solo sulle braccia, erano anche comparse lungo la colonna vertebrale fino a ricoprire anche parte della lunga coda, rendendolo inavvicinabile da dietro. L’unica cosa che interrompeva quel paesaggio bianco era il denso colore rosso di due ferite recenti che ancora bruciavano sul gemello della creatura.
“Bill” sussurrò Tom con la voce rotta in gola, vedere il fratello in quello stato gli aveva spezzato il cuore. Avrebbe voluto correre da lui per abbracciarlo, e dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma la testa gli suggerì che non era la mossa giusta
“Kyaaaah” ruggì di nuovo il criocineta, un grido straziante creato dalle corde vocali congelate e che squarciò in mille pezzi l’anima del pirocineta
“Oh povero figliolo” commentò Hellboy, come avrebbe potuto combattere contro il figlio?
Crack, stonk. Delle pietre accanto a Bill si mossero, rivelando il lupo istrice in piena forma
“Ma quello non era morto?” chiese il gigante rosso a Georf e puntando la Samaritan contro l’ibrido
“E ora che si fa?” domandò Gustav, all’interno del suo corpo il voltaggio stava già aumentando (e il biondo sperava di non doverlo usare contro il fratellastro)
“Voi occupatevi di Bill, io ammazzo il fetido” comandò Red
“Ne sei certo? Non vuoi una mano?” chiese Tom
“Siete più utili a vostro fratello: dovete riportarlo alla forma umana – poi Hellboy si rivolse al lupo istrice - . Che ne dici se facciamo una serenata io e te, e lasciamo i ragazzi da soli?” fu strano da vedere, eppure l’ibrido sembrò comprendere perfettamente le parole del gigante rosso e, dopo aver scambiato qualche ruggito con il criocineta, invitò Red a seguirlo.

Ora che erano rimasti solo loro tre di fronte al demone di ghiaccio, non restava che elaborare una strategia per salvare il loro fratellino
“Dobbiamo scoprire cosa gli ha indotto la trasformazione: deve avere qualcosa addosso” teorizzò Georg
“Con ciò vuoi dire che qualcuno deve attirare la sua attenzione mentre gli altri lo perquisiscono. Potevamo portare un tatuatore e dei vestiti alla moda” scherzò il biondo, ma la sua ipotesi non era del tutto sbagliata
“Potrebbe farlo Tom: una volta Blu mi ha detto che Bill è sensibile alle radiazioni termiche, se aumenta il suo calore monopolizzerà la sua attenzione” propose il moro
“Mi farò così bello che non mi staccherà gli occhi di dosso” rispose Tom con quell’ironia che ai due fratelli piaceva tanto.

In un istante Georg e Gustav videro il fratellastro abbandonare l’aspetto umano per assumere le sembianze demoniache, le fiamme blu e nere che incorniciavano il suo corpo gli donavano un’eleganza regale incorniciata dalle lunghe corna. Era la stessa creatura che poco prima aveva cercato di ucciderlo, ma l’aura minacciosa che prima sgorgava dagli occhi color lava del pirocineta era svanita del tutto. Fu come aveva detto Georg: il maggior calore prodotto da Tom attirò subito lo sguardo di Bill, che guardava il fratello inclinando leggermente la testa ed emettendo un basso ruggito come se si stesse chiedendo cosa fosse successo
“Forza, vediamo chi è il più forte! – Tom alzò le mani all’altezza delle spalle – Come quando eravamo piccoli”.
Stuzzicato dal fratello, il criocineta scese dal cumulo di macerie che avevano fatto da sfondo alla sua comparsa; sul suo volto si era scolpito un ghigno malizioso e tenero allo stesso tempo. Per Georg sembrò di assistere nuovamente al primo allenamento dei gemelli, vedendoli affrontati al centro del campo di lotta mentre si scrutavano per decidere chi doveva fare la prima mossa; ma questa volta era diverso
“Forza Bibi, hai paura di scottarti?” incitò Tom il criocineta, gesticolando anche con le mani
“Khyyyyyyyaaaaaaaaaaah” ringhiò Bill, sembrava aver perso la capacità di parlare come un essere umano anche se il pirocineta continuava a riconoscere il gemello, in alcune movenze del mostro che aveva di fronte.

Quando fuoco e ghiaccio congiunsero le mani e iniziarono a far leva sulle gambe, il contrasto del contatto tra i due elementi generò della nebbia accompagnata da scricchiolii. Come era prevedibile Tom dimostrò subito di essere fisicamente più forte del gemello tuttavia il criocineta, dopo aver ceduto un paio di passi, bloccò i propri piedi a terra ancorandoli con il ghiaccio
“Non vale!” lo rimproverò Tom che non poteva fare altrettanto. Bill sembrò ridere (o almeno il ringhio che fece sembrava una risata) prima di sciogliere la presa e colpire il fratello al volto e poi al costato, in modo da atterrarlo. Per sferrare il secondo attacco il criocineta si buttò a cavalcioni sul pirocineta, bloccandogli le braccia con le gambe, e tempestandone il volto di pugni. Tom fu liberato da Georg e Gustav che intervenirono scagliando delle ondate di energia per far rimbalzare Bill contro un muro
“Non intromettetevi – ringhiò il demone di fuoco – a lui ci penso io. Voi trovate il modo per staccargli la spina” il rumore alle sue spalle lo fece scattare in piedi, il gemello si era rialzato ed era piuttosto arrabbiato
“Rrrooooar” ruggì al cielo aprendo le braccia, fu allora che i ragazzi videro qualcosa attorno al collo esile di Bill
“Ha qualcosa sul collo, sembra un collare di metallo” disse Gustav riserbandosi il beneficio del dubbio, dato che il ghiaccio che ricopriva l’oggetto gli impediva di individuarne il materiale. Ciò nonostante Georg sentì che da quell’arnese proveniva una strana aura che lo indusse a fare un’indagine più accurata che svelò l’orribile arcano
“E’ quel coso che lo costringe ad essere così: ha inciso dei sigilli demoniaci; inoltre sento che emana delle scariche elettriche, forse per tenerlo scatenato” proferì il moro con un po’ di tristezza: il fratellastro sarebbe stato costretto a combattere anche oltre il limite consentito dal suo fisico.
“Non resisterà a lungo così, non con quelle ferite” affermò Gustav osservando gli aloni rossi che, forse, si stavano allargando sul corpo del criocineta
“Dobbiamo levarglielo, SUBITO! Dobbiamo bloccarlo e…” Tom sembrava essere andato in tilt dopo quella notizia
“Se riuscissi a toccarlo, potrei confondere temporaneamente il sistema nervoso per impedirgli di muoversi. Sarebbe indolore” propose il biondo, sottolineando il termine indolore
“Io potrei fondere il collare, ma se non tornasse normale? Come facciamo?” domandò il pirocineta che non poteva stabilire un vero contatto col gemello
“Nel caso posso pensarci io: in questo momento Bill sta usando la parte primitiva del cervello, non è veramente cosciente. Posso farcela” disse Georg, avrebbe fatto di tutto pur di riunire la famiglia
“Allora io lo distraggo e voi fate il resto” Tom caricò subito un attacco correndo contro il gemello. Il criocineta riuscì a parare il colpo, tuttavia le estroflessioni sulla schiena si impiantarono nel cemento della parete dietro; era bloccato e, per evitare scherzi, il pirocineta bloccò in alto le braccia del gemello.
“E’ il momento!” gridò Tom ai fratellastri, non si era accorto che la coda di Bill si stava avvinghiando come un serpente attorno al suo avambraccio sinistro. Georg e Gustav iniziarono subito ad avvicinarsi, tuttavia Bill congelò il terreno sotto i loro piedi e creò delle stalagmiti che bloccarono la corsa del moro e del biondo; inoltre iniziò a stringere sempre di più la coda attorno all’arto del fratello arrivando quasi a rompergli l’osso
“Aargh, lasciami Bill” lo implorò Tom sentendo lo scricchiolio dell’osso.

POW.POW.
Lo sparo della Samaritan riecheggiò nell’aria, facendo vibrare le sculture di ghiaccio create da Bill il quale, attirato dal suono, liberò il braccio del fratello e liberò se stesso dal muro rompendo le estroflessioni sulla schiena. Il gigante rosso era apparso sul tetto a terrazzo dell’edificio, in mano aveva la testa decapitata dell’ibrido; il suo cappotto era strappato e una delle maniche era sporca di sangue (si erano rotti i punti).
“Oh Bill, non devi far male a tuo fratello” disse Red rimproverando il figlio minore che gli rispose con l’ennesimo ruggito scontroso.
Con un salto il gigante si calò giù dal tetto e, mentre era ancora in sospensione poco prima di atterrare, colpì il figlio al volto con la mano di pietra
“Khyyy” si lamentò il criocineta che ingaggiò un corpo a corpo col genitore, sotto gli occhi del gemello e dei fratellastri; anche se era alto il ritmo di lotta del giovane ragazzo, che sferrava colpi e incassava quelli del padre, il tremore dei muscoli del criocineta era un brutto segnale del progressivo cedimento del fisico
“Red bloccalo! Abbiamo un piano” disse il moro al gigante che bloccò subito il criocineta con le poderose braccia. Per quanto Bill si dimenasse Hellboy non lasciò mai la presa, per dar modo ai ragazzi di mettere in atto il piano
“Maledizione Bill, sta fermo” ordinò il demone rosso dopo che le lame sulle braccia del figlio avevano rischiato di colpirlo in faccia.

Quando Gustav premette le mani sul corpo gelido di Bill, una fortissima scarica di elettricità penetrò il ghiaccio fino ai nervi, mandando temporaneamente in corto circuito il sistema di trasmissione degli impulsi ai muscoli volontari. Il mostro di ghiaccio si inginocchiò, gridando di dolore con la sua voce tagliente come una lama; sotto l’armatura si potevano vedere i muscoli muoversi spasmodicamente a causa dell’elettricità che vi scorreva dentro.
“E’ del tutto immobile, però sbrigatevi a togliere quel coso: l’effetto non durerà molto” spiegò il biondo
“A questo penso io” disse Hellboy alzandosi le maniche. Bastò un sol colpo per liberare il collo del criocineta che, però, non ritornò allo stato normale.
“Va bene, allontanatevi” Georg pose le mani attorno alla testa di Bill e penetrò nella sua testa. Non fu difficile per il moro sfondare le barriere mentali che il fratellastro aveva creato, nel tentativo di resistere al potere delle rune e, quando raggiunse la parte inconscia e vera della mente di Bill, trovò un suo Io adolescente in lacrime e terrorizzato
Ho paura Georg, non ho più il controllo” gli disse il giovane criocineta che lo aveva subito riconosciuto
Tranquillo, ora è tutto finito. Vieni, ti stiamo tutti aspettando” il moro porse virtualmente la mano del fratellastro e, prima di riemergere, sentì una piccola mano stringere la sua.

Il demone di ghiaccio, con un ultimo e forte ruggito che gli si spense in gola, cadde all’indietro tra le braccia del gemello. Lentamente Tom sentì l’armatura di ghiaccio scricchiolare sotto le sue dita e cadere giù, fino a che non sentì di nuovo la pelle morbida del fratello
“Sei tornato da me” esultò il pirocineta baciando la fronte del gemello; non aveva ancora ripreso fattezze umane e a chi poteva assistere alla scena quasi vennero le lacrime
“Mi dispiace, mi dispiace” disse Bill, ma era ancora confuso per l’accaduto e lo sforzo era stato tanto che svenne subito dopo
“Sssh, non è colpa tua” nonostante il fortissimo dolore al braccio Tom stringeva a sé il fratello, cullandolo dolcemente e dandogli un bacio sulla guancia di tanto in tanto. Tutti videro la vita riaccendersi negli occhi del pirocineta, era come se si fosse riunito al fratello dopo anni. C’era però una cosa che Georg voleva sapere, l’idea che il fratellastro potesse aver visto in volto il nemico gli martellava in testa come un picchio sulla corteccia dell’albero
“Tom, forse non è il momento, ma ho bisogno di sapere se lui ha visto chi gli ha fatto questo. Puoi farlo?” domandò il moro al pirocineta
“Ci provo, ma non ti do la certezza: la sua mente è sottosopra” fu la risposta.

Tom mise una mano sulla fronte del gemello, chiuse gli occhi e poi iniziò ad addentrarsi nel labirinto che era diventata la testa di Bill. Vide tutto quello che era successo: lo scontro al cimitero, il momento in cui gli era stato messo a forza il collare (quando tutto divenne spaventoso), poi la luce; vide anche chi era stato l’artefice, sentì tutto, ma la risposta non era felice
“E’ stato tuo padre, lui ha messo in piedi tutto questo. Ha solo fatto finta di essere morto” proferì Tom.
Alla notizia Georg scattò subito in piedi, senza chiedere nulla, con i pugni stretti
“Dove vai?” domandò Gustav
“Ad ammazzare quel bastardo di nostro padre. Se vuoi provare a fermarmi fallo pure, ma sarà la prima volta che ti prendo a calci nel culo” affermò il telecineta
“Non servirà: vengo anch’io e te lo tengo fermo” disse il biondo puntando se stesso con il pollice sinistro
“No! Devi stare con i gemelli, non si sa cosa possa esserci qua intorno” ribatté il moro
“Nemmeno per sogno, anch’io ho diritto a riempire di botte quel traditore” rispose il biondo
“Basta litigare! Andrete tutti e tre, io porterò Bill da Nahila – proferì Hellboy coprendo il criocineta con la sua giacca - . Sono sicuro che avete tutti e tre qualcosa da dire a questo qua”
“Gli romperò qualche osso anche per voi due. Cosa volete che firmi col vostro nome? La testa è mia” il pirocineta era pronto a far stragi
“Quello che vuoi, ma lascia qualcosa ai tuoi fratelli maggiori” scherzò il gigante rosso mentre sollevava Bill come una piuma, tenendolo bel saldo
“Allora dovranno sbrigarsi ad arrivare prima di me” ridacchiò Tom salutando un’ultima volta il gemello con l’ennesimo bacio, all’angolo della bocca
“Buona fortuna ragazzi, state attenti” fu l’ultimo augurio di Red prima di vedere i figli allontanarsi.

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Capitolo 16
*** Dolore ***


Ecco un nuovo capitolo extra. Rispetto a dove siamo rimasti, questa volta torniamo indietro nel tempo fino a quando Georg, Bill ed Hellboy sono al cimitero dei troll. Ecco questa scena, che si svolge al B.P.R.D., si svolge in quel lasso temporale. Così voi potete farvi un’idea di cosa sia successo quando Tom ha percepito il dolore di Bill. Ditemi poi cosa ne pensate, sono proprio curiosa.
 
 
Da quando avevano visto Georg e Bill partire a bordo del furgone, assieme a Hellboy, Tom era molto inquieto: si aggirava per l'edificio come un fantasma, senza parlare con anima viva (una cosa quasi impossibile). Per Gustav era come rivedere il proprio fratello, quando girovagava per le strade si Berlino evitando tutto e tutti; per questo il biondo decise di portarlo fuori a fare una passeggiata, per parlare e farlo sfogare
"Che ti passa per la testa? Gli alieni ti hanno fuso il cervello?" domandò Gustav al pirocineta , intorno a loro gli agenti facevano jogging
"No, nulla del genere. Sono solo in pensiero: è la prima volta che io e Bill ci separiamo" spiegò Tom che non aveva un buon presentimento"
"Se la caverà benissimo, a meno che tu non ti fidi di Georg" avanzò il biondo mentre evitava una radice esposta
"Sciocchezze, io mi fido di lui. E' solo che...bho non lo so nemmeno io" disse il pirocineta, confuso
"Secondo me è la tipica crisi che hanno i fratelli maggiori, quando vedono i più piccoli uscire da soli per la prima volta. Se fai così ora, quando uscirà con una ragazza cosa farai? Li seguirai di nascosto? Ti ci vedrei bene, vestito come una spia americana" ipotizzò Gustav suscitando un piccolo sorriso nel fratellastro.
Sembrava che tutto andasse per il meglio, finchè Tom non fermò il proprio passo spalancando gli occhi. 


           ------(dal capitolo Crepe)-----------------                     
Georg sentì di essere urtato da qualcosa e cadde di nuovo con la schiena a terra. Quando il bagliore si diradò il moro vide Bill sopra di lui (il corpo era in parte protetto dall’armatura di ghiaccio) e dietro due lance apparse da chissà dove
“Mi ha evitato un bel colpo” pensò Georg credendo che le aste si fossero conficcate per terra e senza far caso al liquido che sentiva scorrere sul corpo; solo quando abbassò lo sguardo vide che era il sangue di Bill: le lance avevano trapassato la sua armatura perforandogli il fianco e la spalla; Georg si sentì morire.
“E’ tutto ok?” domandò il criocineta sdraiandosi sul fianco sano, del sangue gli stava uscendo dalla bocca ma sembrò non importargli
“STUPIDO!” urlò in lacrime il telecineta, probabilmente quelle parole erano per sé per non essere riuscito ad impedire che accadesse.
Il criocineta respirava a fatica, vinto da quelle alabarde che avevano bucato la sua armatura su cui si era disegnata una fitta rete di crepe.
                         -------------------------

Tom cadde carponi a terra, urlando come un forsennato per una ferita che non c'era
"No! Dimmi che non è vero" blaterava lui tra un lamento e l'altro
"Che hai?" chiese il biondo allarmato; anche alcuni agenti lì intorno accorsero per osservare la scena e qualcuno andò immediatamente a chiamare Elizabeth.
Gli occhi vacui del pirocineta, che magicamente erano diventati color ghiaccio, dissero a Gustav  che, qualunque cosa stesse succedendo, riguardava Bill e non Tom. Il biondo fece sdraiare il fratellastro a terra, a pancia in su, e gli alzò la maglietta: in corrispondenza del fianco e della spalla sinistra erano comparsi due grossi ematomi violacei, tendenti al nero, che quasi imponevano di distogliere la vista.
"Oh cazzo - si lasciò sfuggire Gustav-. Tom ascoltami: non è reale tutto questo; quello che senti è il dolore di tuo fratello, non il tuo" una cosa terribile e crudele da dire, ma vedere il fratellastro agitarsi e ansimare a quel modo avevano mandato Gustav in tilt. Il peggio era che Tom aveva iniziato a sputare sangue, e anche gli ematomi sanguinavano leggermente.

"Was passiert hier? Sagt mihr etwas, bitte" chiese Johann, arrivato assieme ad Elizabeth e Nahila
"Stavamo passeggiando, e..." il biondo si bloccò e non andò oltre nel racconto
"E' un profondo ematoma, quasi come se avesse un'emorragia interna" osservò Nahila grazie ai suoi particolarissimi occhi
"B...Bill" sussurrò Tom, aveva smesso di lamentarsi e il color lava degli occhi indicava che era riemerso dallo stato in cui era caduto, tuttavia dal suo viso sembrava che qualcosa gli avesse tolto la forza vitale
"E' quello che volevo dire: credo che stia percependo qualcosa che è accaduto al gemello" spiegò Gustav, finalmente era riuscito a parlare. I presenti si guardarono tutti con timore, per paura di ciò che poteva seguire all'accaduto.

Johann e Gustav aiutarono il pirocineta a rimettersi in piedi e lo accompagnarono nella sua camera, dove volle sdraiarsi sul letto del gemello
"Tranquillo tesoro, sono certa che Bill sta bene" provò a rassicurarlo Elizabeth, l'unica che era rimasta nella stanza
"Tu menti" rispose Tom con tono aggressivo, mai aveva parlato in questo modo alla madre
"Ancora non sappiamo niente, a meno che tu non sia in grado di dirmi altro" disse la fata
"E' QUESTO IL PUNTO! NON SENTO NIENTE, LA MIA TESTA E' VUOTA!" urlò Tom prima di scoppiare a piangere
"Cosa?" domandò la pirocineta
"Non lo sento più, il nostro contatto è svanito. Il peggio è che non so come sta, l'unica cosa che mi è rimasta sono queste dannate ferite che mi fanno un male del diavolo" spiegò Tom, che poi afferrò il cuscino del gemello e se lo premette in faccia per sentirne l'odore, nel tentativo di calmarsi.
Elizabeth non seppe più cosa dire, mai aveva dovuto affrontare un simile problema, l'unica cosa che potè fare fu quella di esaudire il desiderio del figlio di essere lasciato da solo. Si riservò il solo diritto di ascoltare le sue grida disperate dietro la porta chiusa della camera, e di piangere assieme a lui fino al ritorno di Hellboy e Georg. Quando dettero la notizia che Bill era stato rapito, le pareti di tutto il Bureau ascoltarono l'urlo isterico di Tom e il suo inveire contro il telecineta
"LO UCCIDERO'".

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Capitolo 17
*** Ice ghost ***


Eccomi con un nuovo capitolo extra, come vi avevo promesso. Andiamo leggermente più avanti rispetto a dove ci siamo fermati l’ultima volta: Bill è imprigionato e Hans gli ha appena messo il collare.


“Cazzo fa male, troppo male” pensò Bill mentre si contorceva dal dolore che gli stava causando quel dannato dispositivo. Gli era stato infilato a forza da Hans, mentre il lupo istrice lo teneva fermo con le sue luride zampe con gli artigli arcuati, che avevano anche graffiato in più punti la pelle del criocineta. Nell’istante in cui Hans aveva chiuso il collare, per il criocineta fu come se il corpo non fosse stato più il suo: sentiva qualcosa, dentro, che si era impossessato di ogni muscolo e che stava lottando per avere la meglio su di lui. Si sentiva quasi come un burattino cui avevano appena messo i fili.

I glifi sulla pelle si erano illuminati e il ghiaccio aveva iniziato ad avanzare, ricoprendo velocemente e inesorabilmente la pelle di Bill il quale, con tutte le sue forze, cercò di resistere riassorbendo il ghiaccio o sbattendo le parti anatomiche già congelate contro il muro o il pavimento, creandosi altre contusioni sul corpo. Niente da fare, ogni suo sforzo veniva ripagato con più dolore e una disperazione più grande e inoltre, ad ogni secondo che passava, sentiva la sua coscienza che cadeva sempre più nell’oblio; aveva anche iniziato a sentire un rumore singolare in lontananza, come di un cristallo che crepava.

“E’ inutile resistere, lasciati andare. So che senti dimenare il fantasma di ghiaccio, nella tua testa: mostrami cosa sei veramente” la voce di Hans risonava lontano, come se lui fosse in un’altra stanza e non lì, a pochi metri da Bill

“FOTTITI” rispose il criocineta, anche la voce non gli apparteneva più: era tagliente come un rasoio, a causa delle corde vocali che si erano congelate.
Ormai la maggior parte del corpo di Bill si era trasformata in qualcosa di del tutto estraneo, e nemmeno il criocineta si riconosceva più: non erano sue quelle orribili mani artigliate, non le lame di ghiaccio che erano spuntate sulle braccia, nemmeno le estroflessioni che si erano create sulla colonna vertebrale, e neanche la lunga coda che creava un rumore orribile quando si muoveva.

“No! No!” rantolò Bill sentendo il collo ricoprirsi di quell’odiosa armatura che scricchiolava, anche parlare gli era diventato difficile e la sua mente era quasi del tutto immersa nel buio.

Ormai era finita, il mostro si era liberato dalle catene e la risata di Hans era l’estrema sconfitta; poco prima che tutto diventasse nero, Bill rivolse l’ultimo pensiero alla famiglia e ai fratelli: che lo perdonassero per non essere stato in grado di fermare Hans e avergli permesso di usarlo come arma contro di loro
“Perdonatemi” sussurrò in una lingua a metà tra l’umano e il demoniaco e poi, una volta esaurite le forze, il ragazzo si rinchiuse nell’oblio lasciando che il mostro prendesse il sopravvento ed emettesse il suo primo ruggito
                                                                                  “Khyaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah”
 
Finito, un piccolo siparietto tanto per tenervi caldi/e prima di ritornare al presente. Tecnicamente non avrebbe dovuto esserci questo capitolo, ma una sera mi è venuto in testa e da allora non se n’è più andato quindi ho detto: scriviamolo. Dopo questo manca solo un capitolo extra, quello dello scontro tra Hellboy e il lupo-istrice, poi riprende la normale linea temporale (per la vostra gioia). Spero di non annoiarvi con questi extra, anzi spero che vi facciano piacere, ma dovevo scriverli o la storia non mi sarebbe sembrata completa. Fatemi sapere che ne pensate, vielen kusses.

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Capitolo 18
*** Il canto del lupo ***


Ecco a voi il capitolo extra su Hellboy e il lupo istrice, l’ultimo della serie prima di tornare alla storia principale. Non so se ci saranno altri capitoli extra, forse si forse no, comunque per il momento mi dedicherò principalmente al corpo principale. Come sempre, se vi fa piacere, vorrei conoscere le vostre opinioni in merito. Buona lettura a tutti voi.


Seguendo l’ibrido Hellboy era arrivato in quella che, fino a poche ore prima, era una piazza minore; dato il rumore delle esplosioni che poteva sentir riecheggiare non doveva essere troppo lontana dagli altri luoghi di scontro. Come il resto della città, anche quella zona era stata completamente distrutta e le merci dei negozi si confondevano fra loro.
“Finalmente ti sei deciso, iniziavano a farmi male i piedi” disse il gigante rosso, restando a debita distanza
“Avevi detto di voler restare da solo con me. Ho solo cercato un luogo appropriato” proferì improvvisamente il lupo in un parlato corretto
“Toh, questa è buona: hai anche un cervello” ironizzò Red facendo scattare la sicura della Samaritan
“E tra poco il tuo sarà pittura sui muri” lo minacciò l’ibrido sfoderando gli artigli, incrostati del sangue di chissà quale vittima
“Sbagli: TU diventerai pittura” ribattè Hellboy, accompagnando l’obiezione con un colpo d’avvertimento della pistola, giusto per scaldarsi un po’. Il lupo non si mosse, nonostante il colpo fosse passato molto vicino alla sua testa.

BAM. Un colpo sordo riempì l’aria, probabilmente creato dal combattimento che i ragazzi stavano sostenendo con il loro fratello; un attimo in cui il gigante rosso svoltò istintivamente la testa, per essere poi travolto dal lupo istrice e subire, subito dopo, una leva al braccio. Fortunatamente Red non aveva mai perso la presa sulla Samaritan e così, dopo esser riuscito ad alzarsi leggermente da terra, sparò in aria facendo sì che il proiettile trapassasse un orecchio dell’ibrido il quale, seguendo un riflesso condizionato, lasciò subito la presa ed indietreggiò.
“Di che ti lamenti? Ti ho fatto il buco per l’orecchio, e gratis” gli disse Hellboy mentre caricava un nuovo colpo della pistola
“Non mi ucciderai mai, con quella” ringhiò il lupo ignorando completamente ciò che aveva detto il rosso
“E’ vero, ma intanto ti faccio male” osservò Red, non aveva tutti i torti ma le parole dell’avversario lo fecero riflettere sulla priorità di trovare qualcosa con cui finirlo.
                                                                                                                 
Macelleria

Quell’insegna gli illuminò la giornata, e nella sua testa comparve subito l’uguaglianza Macelleria= coltelli affilati. Avrebbe decapitato il fetido.
Per poter percorrere il breve tragitto che lo separava dal negozio, Red corse scalando agilmente i detriti che avevano occupato la strada; non fece caso agli aculei che facevano fischiare l’aria quando gli passavano vicino, nemmeno quando sentì il cappotto che veniva strappato dai dardi. Gli ultimi tre metri li coprì saltando direttamente all’interno della macelleria, con un gran fracasso di vetri rotti e la rottura dei punti al braccio.
“Che fai, scappi?” si sentì chiamare dall’ibrido che, a quanto pare, non era poi così intelligente da capire la scritta sull’insegna. Se fosse stato un altro momento Hellboy sarebbe tornato indietro, a combattere, ma la necessità di trovare un’arma più efficace della Samaritan lo bloccò.

Aveva ancora qualche secondo prima che l’avversario arrivasse, tempo prezioso che Red occupò dirigendosi nel laboratorio dove veniva preparata la carne. I quarti di manzo a terra erano i soli cadaveri rimasti, segno che probabilmente chi vi lavorava era riuscito a scappare. Gli strumenti di lavoro erano caduti a terra dopo che una crepa sul muro aveva fatto staccare il supporto che li teneva su; tra questi riluceva una grossa mannaia appena affilata (si vedeva dalla lucentezza del filo). Lo scricchiolio dei vetri nell’altra stanza fu il segnale che il tempo a sua disposizione era finito, perciò Hellboy afferrò l’arma e si nascose dietro alla porta per prendere l’avversario in contropiede.

“Dove sei scimmia?” domandò il lupo istrice che avanzava fiutando l’aria, tuttavia la sua mutazione innaturale gli aveva fatto perdere gran parte del fiuto; un elemento che aiutò Red a tenersi sotto copertura fino al momento in cui non vide sbucare la testa dell’avversario oltre la porta del laboratorio.
La mano che portava la mannaia scattò e si abbatté sul collo del lupo: una, due, tre volte…finchè la testa non si staccò
“Resisti a questo stronzetto” esultò il gigante rosso alzando da terra il prezioso trofeo, lo avrebbe portato in trionfo dai figli.

Hellboy rifece il percorso all’indietro, dopo essere salito (grazie ad un grosso cumulo di macerie) su uno dei tetti a terrazza delle case che lo circondavano, e ritornò al punto di partenza giusto in tempo per sentire il grido di Tom che pregava il fratello di lasciarlo andare. Il gigante rosso sparò in aria attirando l’attenzione del criocineta, che allentò la presa sul braccio del gemello per poi lasciare libero l’arto.

“Oh Bill, non devi fare male a tuo fratello” lo rimproverò Hellboy.

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Capitolo 19
*** Alien ***


~Quando i ragazzi trovarono Hans, vicino all’ingresso del ponte, lui era comodamente seduto su un cumulo di cadaveri intento a creare cerchi di fumo grigio con la sigaretta; per l’occasione aveva abbassato il cappuccio che gli aveva sempre coperto la testa, mostrando così i capelli biondi, gli occhi grigio-verde e un’importante cicatrice
“Cari figlioli, quanto tempo è passato. Mi dispiace di avervi lasciato soli, ma è stata una necessità cui non ho potuto sottrarmi. Oh Tom, sei magnifico, dovresti seriamente pensare di abbandonare per sempre quell’insulsa forma umana che hai ereditato dalla tua genitrice” li salutò Hans con un fare molto tranquillo, per niente coerente con la situazione
“Non farmi la corte, perché non attacca” ringhiò il demone di fuoco, le cui fiamme tornarono a colorarsi di nero
“Quanto sei permaloso, era solo un commento sincero” ribatté Hans con tanta nonchalance
“Parli proprio tu? Bastardo traditore, avvicinati e ti carbonizzo” lo insultò Gustav facendo uscire in un sol colpo l’ira accumulata
“E non è stato nemmeno troppo intelligente, visto che ha usato Bill contro di noi. Sapevi che ti saremmo venuti a cercare col mitra bello carico, no?” aggiunse Georg a braccia conserte
“L’ho fatto solo per movimentare il gioco: è stato molto divertente vedere voi tre contro il vostro fratellino; in realtà sono rimasto meravigliato dalla sua forma demoniaca. A proposito, come sta adesso?” domandò Hans, stava ridendo
“Stronzo! Volevi portarlo alla morte! Sei stato fortunato che io non ero lì quando l’hai portato via, perché stai certo che ti avrei strappato le mani a morsi” gli occhi del pirocineta erano iniettati di sangue
“Quante storie, l’ho solo reso ciò che è veramente, per fargli provare l’ebbrezza di percepire il suo vero essere. Ma tu lo sai, dato che ora sei nella sua stessa condizione, lo sapevi già: ti è già successo una volta” Hans rise ancora, prima di ricominciare a parlare “Era una notte di luna nuova, se non sbaglio, e tu eri al lago con tuo padre. Qualcuno ha attaccato casa vostra, tua madre e tuo fratello sono scappati nel bosco dove hanno incontrato un altro demone. La dolce Elizabeth era troppo debole per fronteggiarlo da sola e l’unica cosa che ha potuto fare tuo fratello è stata quella di difenderla con una barriera. Poi sei arrivato tu, eri riuscito a seminare tuo padre nel bosco, e hai scatenato la bestia anche se per poco; mi hai lasciato un bel segno” Hans indicò la cicatrice, avrebbe aggiunto altro se Tom non gli avesse lanciato una pirosfera nera “Anche quel giorno è iniziata così: una stupenda sfera blu inchiostrata di nero, lanciata da un cucciolo che voleva difendere sua madre” Hans sembrava crogiolare nel fiume di ricordi
“Eri tu! Sei stato tu!” ruggì Tom, le fiamme si fecero ancora più nere e vorticose, le corna divennero più lunghe.

Al fine, per non farlo parlare oltre, il pirocineta si lanciò contro il nemico il quale, con un semplice gesto della mano, bloccò il demone di fuoco e lo scagliò in aria con tutta l’intenzione di lasciarlo cadere in acqua. Lo fermò Georg che si frappose al suo incantesimo, richiamando a se il fratellastro e facendogli fare un atterraggio morbido
“Bravo Georg, hai affinato i tuoi poteri. Sono proprio curioso di vedere cos’altro sapete fare ora tu e Gustav” disse Hans
“Non dovrai aspettare tanto: tra poco te le suoneremo” lo minacciò il moro serrando i pugni
“Non servirà a molto la forza bruta: in tutti questi anni ho esplorato ogni angolo delle mie possibilità; inoltre conosco i vostri poteri” osservò Hans.

Le sue parole erano vere, Georg e Gustav erano sempre stati all’oscuro delle capacità del padre e, anche se avevano constatato che anche lui era un telecineta, non sapevano in che modo aveva sviluppato il suo potere
“Dobbiamo giocare d’astuzia ragazzi” suggerì Georg agli altri tre sottolineando, in un’unica frase, la necessità di trovare una soluzione per sopperire alla mancanza di dati utili
“Una brutta gatta da pelare” disse Gustav mentre osservava il genitore che fumava tranquillamente, una cosa che lo faceva innervosire sempre di più
“Quando volete, io sono pronto” Hans richiamò la loro attenzione, aveva appena tirato l’ultima boccata dalla sigaretta e gettata per terra; una sfida che i ragazzi accettarono con piacere.
Quando il trio impattò contro il muro invisibile, che Hans aveva eretto in sua difesa, fu peggio che andare a sbattere contro un blocco di cemento grezzo
“Insulsi” commentò Hans che non si era mosso dal cumulo
“Verme” ribatté Gustav che, ancor prima di alzarsi, lanciò una potente scarica verso il padre il quale protese in avanti due dita della mano sinistra, assorbì l’elettricità e la scaricò sulla struttura in metallo del ponte; l’energia si propagò anche nell’acqua creando delle mini-scariche che camminavano sulla superficie
“Se permettete, credo che adesso tocchi a me” proferì Hans facendo materializzare dal nulla cinque lunghe lance, le stesse che avevano trafitto il corpo di Bill. Ancora una volta Georg fece da scudo creando una barriera che, innalzandosi, creò anche un muro di cenere da cui poi fuoriuscì, a sorpresa, Tom che cercò un attacco frontale. Il pugno con cui il pirocineta voleva attaccare Hans finì a terra.

Ciò nonostante, a causa della fiamme che avvolgevano il corpo del demone di fuoco, Hans non fece caso al fumo che usciva dalla bocca e dalle narici del ragazzo; fu una sorpresa per lui essere investito dalla fiammata che uscì dalla bocca di Tom. Anche per Georg e Gustav fu una cosa nuova, nemmeno sapevano che lo potesse fare; avevano visto una cosa simile con Bill quando una volta, messo alle strette da un demone, aveva espirato aria congelata dalla bocca; il ghiaccio che poi si era formato sulle labbra gli aveva dato un aspetto ancora più spettrale, come ora il fumo donava un aspetto più terribile a Tom.
“Merda” imprecò Hans indietreggiando mentre spegneva il fuoco sul viso con le mani, era stato del tutto colto di sorpresa e per ripagare il pirocineta lo imprigionò in una bolla d’acqua (ancora elettrificata) richiamata dall’oceano “Fatti una bella doccia” disse il telecineta, poco prima che Tom vaporizzasse la sua prigione con una ondata di calore.

Senza prendere fiato, Tom attaccò di nuovo Hans con un pugno che oltrepassò la barriera del suo avversario, colpendolo nuovamente al volto; la forza che il pirocineta aveva messo in quel colpo era stata tanta l’osso dell’arto sinistro, già incrinato prima da Bill, si ruppe. Il piccolo lamento che uscì dalla bocca del demone di fuoco fu l’unica soddisfazione che potè avere Hans
“Che cosa hanno sentito le mie orecchie: a quanto pare Bill ti ha lasciato un regalino” commentò l’aggressore ridacchiando.

Hans teletrasportò se stesso vicino a Tom e lo colpì con un’onda di energia psichica, all’addome. Il pirocineta sputò sangue e, dopo un tentato contrattacco andato a vuoto, ricevette una seconda ondata che lo mise kappao, facendogli perdere anche la forma demoniaca
“Finalmente il cucciolo si è messo a dormire” proferì Hans scuotendo un paio di volte il polso, per scaricare la tensione accumulata durante gli assalti al demone di fuoco
“TOM” chiamò Gustav, avvicinandosi al fratellastro
“Sta bene: è di tempra dura. Non è certo di lui che vi dovete preoccupare” disse Hans, senza mostrare alcun briciolo di pietà
“Perché hai fatto questo?” chiese Georg, per dare tempo al biondo di controllare il pirocineta
“Per il caos: vedere voi, che con tanta lena vi affaticate nel tentativo di salvare questo schifo di mondo, è per me fonte di piacere. Voglio vedere la terra spaccarsi in due sotto i vostri piedi” rispose il padre, era come se stesse raccontando una favoletta
“Se vuoi distruggere tutto, perché hai fatto dei figli?” domandò ancora il moro
“Per divertimento, credo – ci pensò un istante-, sinceramente non ricordo nemmeno il perché. In ogni caso avevo sperato che voi vi uniste a me, un giorno, ma poiché è ovvio che non sarà mai così mi toccherà uccidervi, come ho fatto con vostra madre. Siete diventati un minaccia, soprattutto tu, Georg, dato che hai il dono della telecinesi come me; Gustav posso gestirlo in sicurezza, tu invece sei complicato” era la risposta più offensiva che si potesse sentire
“Io sarei facile da gestire? Ti faccio vedere io!” Gustav si alzò in piedi, pronto a scatenare la sua frustrazione con tutta l’energia che aveva accumulato nella mano destra. Ciò che colpì non fu il corpo del padre, né il suo viso, bensì un’altra barriera psichica un po’ più particolare; con essa Hans poté assorbire il fulmine e rispedirlo al mittente. Il biondo ne risentì così tanto da fare la stessa fine di Tom.
“Manca ancora il colpo decisivo” affermò Hans mostrando, sulla punta dell’indice sinistro, l’elettricità che ancora non aveva scaricato
“NON OSARE” gli gridò Georg, le cui iridi avevano cominciato a risplendere di un bellissimo color argento
“Ti avevo avvertito, figliolo, che avresti perso la tua famiglia prima di morire” Hans caricò il colpo, aumentando l’effetto dell’elettricità con la propria energia: voleva colpire Tom e Gustav in una sola volta.

Ciò che accadde in seguito si svolse in una manciata di secondi: in un ‘esplosione d’ira Georg colpì il padre con un’onda di energia psichica tanto forte da generare un’onda d’urto secondaria che, da sola, creò uno squarcio nel cemento. Hans si ritrovò, suo malgrado e con gran sorpresa, catapultato contro uno dei pali di sostegno del ponte; se non fosse stato per una barriera d’emergenza da lui creata, si sarebbe fracassato tutte le ossa. Quando riportò lo sguardo sul figlio vide uno spettacolo senza precedenti: il corpo di Georg era scomparso, in favore di una sagoma fatta di pura energia psichica color argento
“E’ mio figlio, quello?” si domandò Hans, un quesito che si fece anche Georg.

Nell’istante in cui tutta la sua rabbia era esplosa, il moro aveva perso ogni contatto con il proprio corpo: non capiva più dove iniziasse e finisse; percepiva solo un enorme e rassicurante flusso si energia. Solo in seguito capì che, forse, era la sua vera forma tenuta insieme dalla sua coscienza.
“Incredibile” si sorprese a sussurrare Hans, che sentiva di invidiare quella figura delicata e potente allo stesso tempo. Tuttavia, il telecineta non ebbe tempo per contemplare il figlio, perché il suo cuore fu stretto da una morsa invisibile; chiedere di chi fosse la mano sarebbe stato inutile poiché gli bastò alzare lo sguardo, per vedere la mano di Georg protesa in avanti e leggermente chiusa, come se stesse stringendo qualcosa. Provò a resistere, creando una barriera attorno al prezioso organo, ma non era nulla in confronto alla potenza del figlio.
Georg stesso si era accorto di non essere più in minoranza, e con un colpo secco strappò il cuore del padre che, negli ultimi suoi istanti prima di morire soffocato nel suo stesso sangue, si maledì per aver ceduto a quell’unico atto di debolezza: avere dei figli.

Come in un ritorno di fiamma, l’energia psichica che si era sprigionata rientrò nel corpo di Georg, ridonandogli consistenza; la cosa fu così repentina che il moro risentì del colpo, come se fosse stato colpito da mille elastici. Il telecineta cadde a terra, e con lui tutto ciò che era stato soggetto a levitazione. Tutto intorno a lui era ridotto in macerie, i palazzi sarebbero potuti crollare da un momento all’altro, ma Georg era troppo stanco per muoversi e a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti. Pochi istanti prima di perdere conoscenza vide i volti di Gustav e Tom: gli stavano parlando, ma lui non capiva niente: vedeva solo le labbra dei fratelli che si muovevano, i loro volti preoccupati e, poi, il buio.

“Georg, mi senti?” domandò Tom al moro, senza ricevere risposta
“E’ svenuto, ma sta bene: non ci sono anomalie nel suo sistema nervoso” spiegò Gustav
“Bene, allora possiamo tornare dagli altri” il pirocineta era pronto a prendere il moro in spalla
“Lascia, faccio io. Con quel braccio non avresti vita facile” sin intromise il biondo che, prontamente, prese il fratello in braccio.
 

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Capitolo 20
*** Ich bin da ***


Non appena il trio fu visibile a coloro che erano al punto di raccolta, ci fu una grande ovazione generale: non c’era agente che non applaudisse, e la cosa fece arrossire Gustav e Tom. Fortunatamente non ‘cerano state vittime, tra coloro che avevano partecipato alla missione; per lo più si trattava di feriti più o meno gravi. Uno di questi era stata la tuta di Johann, che ora vagava per il campo col suo solo corpo di puro spirito, prestando soccorso a chi ne aveva bisogno.

“Eccovi finalmente! Mi stavo preoccupando” disse loro Hellboy non appena li vide; la prima cosa che fece fu quella di abbracciare Tom, senza preoccuparsi delle condizioni in cui versava il suo braccio, tanto che se ne rese conto solo quando sentì “ouch”. Poi salutò Gustav, che intanto aveva lasciato che un agente prendesse in custodia Georg, e si fece raccontare tutto quello che era successo. Il biondo gli fece una cronaca dettagliatissima, riportando anche quello che era successo al fratello (il suono dell’onda d’urto emanata dal telecineta lo aveva fatto svegliare, permettendogli di assistere alla scena); il pirocineta invece era andato subito dalla madre.

Anche Elizabeth aveva combattuto, e ne erano una testimonianza i graffi che portava sul viso, e su cui Tom passò delicatamente la mano

“Dovresti vedere quelle bestiacce – ridacchiò la fata-. Ma là dentro c’è qualcuno che non vede l’ora di vederti” disse lei, indicando con la testa il furgone dove Nahila stava apportando le prime cure a Bill, ancora svenuto.

“Come sta?” domandò Tom salendo sul convoglio, destando Nahila (sporca di sangue altrui) dal suo compito

“Stabile, ma il suo fisico è debole: ha sopportato un grosso sforzo quando si è trasformato. La cosa positiva è che, mentre era in forma demoniaca, il ghiaccio ha occluso i fori che gli avevano lasciato le lance, impedendogli di perdere altro sangue. Quando saremo a casa gli farò una flebo per fargli recuperare i liquidi persi, e gli ricucirò le ferite” rispose Nahila dopo essersi alzata in piedi, per permettere a Tom di accovacciarsi accanto al gemello. Il pirocineta prese la mano di Bill, era fredda e non aveva opposto alcuna resistenza alla sua presa

“Mmmmmh” si lamentò il criocineta, era ancora incosciente, ma la sua espressione tesa diceva tutto del dolore che stava provando e anche Tom stava iniziando a percepirne l’entità, ora che il loro contatto non era più disturbato

“Lo so, fa male, ma vedrai che presto passerà tutto” sussurrò Tom al gemello, come se potesse sentirlo, poi si ricordò che Nahila aveva appena pronunciato il verbo “cucire”

“Hai detto che devi cucire le ferite? Intendi, proprio con ago e filo?” domandò il pirocineta

“Per forza: il ghiaccio che al momento sta impedendo al sangue di defluire si sta velocemente sciogliendo. Se non intervengo con un modo efficace tuo fratello ricomincerà a sanguinare, e nelle condizioni in cui è non è proprio una delle opzioni possibili” spiegò la donna

“Ma non c’è altro modo?” chiese Tom, non voleva che il gemello venisse trattato come un pezzo di stoffa

“Cauterizzare la ferita, sarebbe un eccellente alternativa, ma per quella mi serviresti tu”

“Non voglio fargli del male, gli causerei solo altre sofferenze” replicò il pirocineta

“Sarebbe molto meglio che usare ago e filo, comunque la decisione spetta solo a te: ora lui è sotto la tua responsabilità” concluse la dottoressa, continuare sarebbe stato inutile.

Tom ci pensò qualche istante, cercando di vincere il proprio conflitto interiore; chiese consiglio anche ai genitori e a Johann, i quali gli risposero allo stesso modo

“Devi decidere tu” gli dissero in coro, consapevoli che, se avessero fatto loro quella scelta, Tom avrebbe di sicuro avuto da ridire. Alla fine il ragazzo, dopo aver velocemente ponderato quale delle due opzioni fosse meno dolorosa (anche a lungo termine), optò di cauterizzare le ferite del gemello.

Facendosi aiutare da Nahila a posizionare il braccio rotto, Tom infilò le punte dei due indici nelle ferite del gemello, il quale non si lasciò sfuggire un piccolo gemito di disapprovazione

“Scusami, non piace neanche a me” disse il pirocineta, sentendo con le dita i muscoli di Bill che si contraevano, poi si rivolse a Nahila in attesa di ordini

“Aumenta la temperatura delle tue dita, lentamente, così da avvertire la sua pelle di quello che succederà e dargli il tempo di proteggersi. Quando vedrai il ghiaccio, darai la fiammata” gli spiegò lei. Tom eseguì ciò che aveva detto Nahila, ripassando a mente ogni punto dell’elenco; come detto da lei la pelle di Bill si ricoprì di un sottile strato di ghiaccio, nei punti in cui la temperatura stava aumentando. Era il momento: con un’unica fiammata il pirocineta cauterizzò le ferite del gemello. Il pirocineta sentì il fuoco percorrere il percorso aperto dalle lance e fuoriuscire dal lato della schiena, bruciando leggermente la pelle intorno al foro; aveva anche sentito il dolore percepito dal gemello, e una volta finita l’operazione il pensiero del pirocineta andò al fratello (che si era lasciato sfuggire un riflesso condizionato)

“Sssssh, è finita. Perdonami” si scusò Tom, accarezzando i capelli di Bill, e cercando di non respirare l’odore di carne bruciata

“Gli passerà presto, il suo corpo sta già reagendo” osservò Nahila, potendo vedere che all’interno del criocineta il ghiaccio stava già rimediando al fuoco di Tom; lei dovette solo applicare un unguento per evitare infezioni, poi fu libera di andare.

Poco dopo, prima di partire, anche Gustav salì sullo stesso furgone dove era Tom; con se aveva Georg, che aveva ricevuto il primo soccorso. Una volta che le ruote del convoglio avevano iniziato a girare, sotto di loro, erano rimasti soli.

“Come sta?” domandò Gustav a Tom, avvicinandosi, sembrava l’occasione buona per parlargli

“Credo stia bene, ma ancora non posso dirlo con certezza: non riesco a comunicare bene con lui” rispose il pirocineta, un po’ sconsolato

“Sicuramente perché è ancora molto debole, vedrai che Nahy e Abe lo rimetteranno in sesto” il biondo quasi si commosse nel vedere come Tom stringeva la mano del gemello

“Mi spiace, per la reazione che ho avuto: il fatto è che, dopo quello che era successo, quando ho percepito il suo dolore, il nostro contatto si è interrotto. Per la prima volta nella mia vita ho sentito il vuoto dentro di me, mi sembrava di aver perso una parte della mia anima. Quello che mi ha fatto più male è stato non poter sapere se lui stava bene o no. Poi Georg è tornato, lui non c’era, e tutta la mia disperazione è esplosa. Non sono più riuscito a contenermi” si scusò Tom

“Ti capisco, una volta rotto l’argine è difficile contenere il fiume” disse il biondo con una delle sue perle di saggezza

”Spero che un giorno mi possiate perdonare” sperò il pirocineta

“C’è forse qualcosa da perdonare? La tua reazione era più che comprensibile, spaventosa forse, ma normale” disse il biondo

“Son pur sempre un demone – poi Tom sembrò illuminarsi-. Aspetta…vostro padre era un demone, e anche vostra madre presumo, quindi voi…” il pirocineta non terminò la frase, ma non ci voleva un genio per far quadrare il cerchio

“Oh porca…” commentò Gustav.

Alla fine le loro espressioni sorprese erano così buffe che  scoppiarono entrambi a ridere.

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Capitolo 21
*** Heilig ***


Appena rientrati a casa, tutte le attenzioni furono riservate a Bill e Georg, soprattutto al primo che tra tutti era l’unico ferito grave. A nulla valsero le suppliche di Abraham ed Elizabeth, che più volte pregarono Tom di farsi visitare il braccio che nel frattempo era diventato violaceo; a niente servì inseguirlo con il tutore: il pirocineta aveva occhi solo per il gemello, e non permetteva a nessuno ad eccezione di Nahila di avvicinarcisi

“Ecco che ricomincia con le sue manie da fratello iperprotettivo” commentò Elizabeth, osservando da lontano che il figlio non se la prendesse con qualcuno in modo troppo pesante. Anche Manning fu vittima dell’istinto di protezione del pirocineta

“Abbassa la cresta giovanotto! Stanno solo facendo il loro lavoro” disse il pelato al ragazzo, ma sarebbe stato meglio se non avesse aperto bocca

“ZITTO! E’ anche colpa tua se è successo questo” ruggì il pirocineta puntandogli contro l’indice.

Osservare Tom quando non inveiva contro gli altri era quasi come vedere un fantasma che, invisibile, inseguiva il proprio corpo e assisteva alla meticolosa cura cui era sottoposto. Così lui entrò nell’infermeria e osservò Nahila che con maestria curava le ferite che Bill si era procurato mentre cercava di respingere il potere del collare, prima di collegarlo ad una flebo il cui ago era stato inserito nel braccio sinistro del criocineta. Solo allora lasciò che la dottoressa gli controllasse l’arto

“Ti ci sei messo d’impegno per farmi dannare” osservò la donna, prima di emanare la sua diagnosi “Rottura in due punti, potevi andarci piano con quel pugno; almeno sono nette e non ci sono frammenti ossei in giro”

“E togliermi il piacere di prendere a pugni Hans? Quello è già stato fin troppo fortunato che è riuscito a mettermi fuori gioco: avrei lottato con tutte le ossa rotte, pur di riportarlo a casa” disse il ragazzo mentre Nahila gli fasciava con cura il braccio con un tutore speciale, meno ingombrante di un gesso ma molto più funzionale, per aiutare l’osso a riposizionarsi a dovere

“Così dovrebbe andare, non servono tiranti esterni” constatò la donna

“Grazie mille” la ringraziò il pirocineta, ma i suoi occhi si erano già nuovamente fissati sul gemello

“Guarda che non scappa” ribattè Nahila, sogghignando

“Lo so, però guardarlo mi fa stare meglio. Sento che, se mi allontanassi, potrei impazzire” spiegò Tom

“Va bene, ma cerca di farti passare la gelosia: ho visto che hai ringhiato a qualche dottore” disse la madre, entrando con la sua solita leggerezza

“Ops, non l’ho fatto apposta” si scusò Tom

“Non ne avevo dubbi, ma hai fatto paura a un po’ di persone. Non ti stupire se ti eviteranno, per un bel pezzo” disse Elizabeth, si era avvicinata al letto e stava accarezzando il figlio. Tom si sorprese a provare il desiderio di allontanarla, ancora serbava il pensiero che nessuno dovesse toccare il gemello

“Non so quando si sveglierà, Lyz” disse Nahila alla fata

“Mi importa solo che sia a casa, e che stia bene” rispose la pirocineta

“Su quello posso assicurarti che non avrà danni permanenti, eccetto le due cicatrici. Dobbiamo solo aspettare che si ricarichi la batteria” specificò la dottoressa

“Questo mi solleva – Elizabeth diede un’occhiata al volto di Tom, cogliendo la sua vogli a di restare da solo-. Credo sia meglio andare, ora” fece l’occhiolino a Nahila, che capì subito

“Ma certo, così vado a vedere se Johann ha bisogno di aiuto con Georg” rispose la dottoressa. Entrambe se ne andarono, dando solo un’ultima occhiata veloce al pirocineta

“Sarà prudente lasciarlo da solo?” domandò Elizabeth all’amica, mentre percorrevano il corridoio

“Sicuramente è più sicuro che farlo stare con altri: anche la mia sola presenza gli dava fastidio, mi ha accettato solo perché ero necessaria alle cure del fratello. Finché Bill non si riprenderà è meglio così, o rischieremo di avere altri pazienti con il nome di Tom inciso sulle ferite” spiegò Nahila.

 

Quando Georg si svegliò, Gustav e Lyz erano intorno al suo letto con i volti stanchi per la notte passata in bianco, Hellboy invece aveva volentieri ceduto all’incantesimo del sonno. Poco più in là Johann e Nahila erano concentratissimi ad osservare la sua cartella clinica e i monitor. Fu il biondo il primo ad accorgersi del suo risveglio, aveva diverse bende attorno alle braccia e un paio di graffi sul volto

“Ehi ragazzone, come va?” gli domandò

“Mi sento una frittella, e la mia testa è un macigno” rispose il telecineta, che poi si ricordò di non essere l’unico paziente “Bill e Tom?” domandò subito dopo

“Sono nell’altra stanza -intervenne Elizabeth-. Tom sta bene, ha solo un braccio rotto e qualche contusione, invece Bill è ancora incosciente: il suo fisico ha risentito moltissimo di quello che è accaduto”

“Mi dispiace moltissimo” si scusò il moro, in risposta la donna gli baciò la fronte per fargli capire che non lo riteneva assolutamente responsabile dell’accaduto

“Nahy ha detto che si rimetterà, ha solo bisogno di riposare” gli disse Gustav, la sua espressione era abbastanza convinta

“Lo andrò a trovare, appena riuscirò a rimettermi in piedi, se Tom non mi uccide prima” la minaccia del demone che covava nel fratellastro gli faceva tremare le gambe, già deboli

“Non lo farà: hai riportato Bill a casa, e hai sconfitto il nemico nonostante fosse tuo padre. Potrà ancora essere arrabbiato, ma di certo ti ha già personato; lo conosco bene” disse Hellboy, che si era destato

“Tu credi? Ho qualche dubbio” osservò Georg

“Se non ci credi possiamo anche provare adesso, ti porto io” propose il gigante rosso, sicuro di vincere. Georg accettò senza pensieri, doveva assolutamente risolvere la cosa il prima possibile.

 

Nella sua solitudine, Tom continuava ad accarezzare dolcemente la testa del gemello; grazie alla flebo l’aspetto del criocineta era migliorato, tuttavia il suo gemello non riusciva a togliersi dalla testa l’orribile condizione in cui lo aveva costretto Hans. Iniziò a piangere, non si fermò, e cominciò a parlare a Bill sperando che lo sentisse

“Ascoltami bene, testa di rapa: devi assolutamente svegliarti, capito? Io non ce la faccio senza di te; sono già disperato a vederti su questo letto, anche se mi dicono che starai bene. Sto rischiando di far saltare tutto per aria, e tutto perché mi sento vuoto dentro. Voglio di nuovo sentire la tua voce nella testa, voglio che tu mi assilli ogni secondo. Io e te vivremo e moriremo insieme, che tu lo voglia o no, perciò io resterò qua finché non ti vedrò riaprire gli occhi” nel parlare aveva preso con la mano destra quella di Bill e l’aveva portata alla guancia. Poi una flebile voce, nella testa, lo chiamò per nome: l’inconfondibile voce di Bill.

“Tom,...resta…qui” ancora non aveva aperto gli occhi, ma non ci volle molto prima che il criocineta mostrasse le sue iridi color ghiaccio

“Ciao piccolo” lo salutò Tom, sapeva che al gemello no piaceva essere chiamato così ma non potè farne a meno

“E smettila, non ho cinque anni” una risposta prevedibile, ma il fatto che era stata data per via telepatica diceva che il criocineta era ancora troppo debole per parlare; una cosa positiva era il suo sorriso, e la presa della mano

“Allora mi hai sentito” affermò Tom, nei cui occhi si era accesa una nuova luce

“Come non farlo? Hai una voce così forte” scherzò Bill

“Meglio così” rispose il pirocineta.

Poco dopo le lacrime iniziarono a scendere sul volto di Bill: ancora aveva nelle orecchie il rumore dell’osso del gemello, che si incrinava sotto la pressione della sua coda

“Perdonami” disse il criocineta, non a mente ma a parole

“Non c’è niente da perdonare, mi importa solo che tu sia qui con noi; con me” rispose Tom che si sedette sul letto, dalla parte destra dove non c’era il tubo della flebo.

Con un po’ di sforzo anche Bill si mise a sedere, e si avvicinò ancora di più al gemello in cerca di un abbraccio che non gli fu negato; il contatto col fratello era l’unica cosa di cui aveva bisogno. Poi Bill ricoprì il tutore del gemello con un sottilissimo strato di ghiaccio, era il suo modo per chiedere scusa.

 

Fuori dall’infermeria, Georg aveva assistito alla bellissima scena. Con lui c’erano anche il fratello e i genitori adottivi, che si erano commossi; anche il moro si era lasciato sfuggire un paio di lacrime, tuttavia il rimorso di essere il responsabile dell’accaduto non lo faceva gioire come dovuto

“Non mi perdonerà mai” ripetè il moro

“Si invece, lo ha già fatto, devi solo entrare e abbattere l’ultimo muro: devi dargli una spinta, e permettergli di parlarti” gli disse Hellboy

“Ti do una mano io” Gustav mise una mano sulla schiena del fratello, aprì la porta e con forza lo spinse dentro “Deve dirvi una cosa” disse ai gemelli, prima di chiudere la porta.

 

“Tom,io…” balbettò Georg  senza riuscire a continuare, l’azione di Gustav era del tutto imprevista e ora non sapeva che dire; Tom non disse nulla, semplicemente raddrizzò la schiena in attesa che terminasse il discorso

“Forse è ancora presto, ma spero che tu un giorno possa perdonarmi. Credimi, te lo giuro sulla mia vita, se avessi potuto avrei preso il posto di Bill senza esitazioni. Sono stato un completo idiota e non so davvero come potrei mai redimermi” si scusò il moro

“Se non ci fossi stato tu…lui non sarebbe ritornato a casa. Non so se sarei mai riuscito a riportarlo alla forma umana, forse sono io a doverti chiedere scusa. Non ho avuto la testa per controllare la mia parte demoniaca, e sono esploso come aveva pianificato Hans” rispose Tom, suscitando un sorriso nel gemello

“Non c’è niente da perdonare: la tua reazione era più che giusta. Spero solo che, un giorno, tutto possa tornare come prima. Voi due siete dei fratelli per me, allo stesso modo in cui lo è Gustav, e non vorrei mai che vi accadesse qualcosa di male. Già solo per quello che è successo mi strapperei in mille pezzi” continuò il telecineta, più parlava e meglio gli uscivano le parole

“Forse potrebbe tornare tutto come prima, già ora” suggerì il pirocineta, parole che fecero piangere il moro

“Grazie mille” Georg si precipitò ad abbracciare i gemelli, poco dopo entrò anche Gustav per completare il cerchio.

 

 

                                          Epilogo

Non passò molto tempo, prima che la squadra tornasse all’opera, più forte che mai. Dopo la scoperta della loro natura demoniaca Georg e Gustav si allenarono intensamente per poter interagire con il lato di se che ancora non avevano esplorato. Anche Bill e Tom si esercitarono per poter sfruttare la “vera” forma senza perdere il controllo; fu più difficile per Bill, visto quello che aveva passato, ma con l’aiuto e l’incoraggiamento del gemello, che si era presentato un giorno con un tatuaggio che raffigurava le cicatrici del criocineta, riuscì ad accettare il fantasma di ghiaccio

“Ma che hai fatto?” gli aveva chiesto Bill, appena visto il tatuaggio

“Così ora siamo proprio uguali, non mi andava che le avessi solo tu” aveva risposto Tom.

Restavano ancora dei quesiti su Hans, ad esempio come avesse fatto a creare gli ibridi, ma dato che le creature con cui si scontrarono in seguito erano dei normalissimi demoni, non ci fecero più caso. A loro bastava sentire la sirena, per essere pronti a menar le mani.

 

Nota autrice:

Purtroppo la storia è giunta alla sua fine. Mi tremano le mani mentre scrivo queste poche righe perché questa FF, nata così per gioco, è diventata l’opera cui tengo di più. Si è scritta da sola, piano piano, suggerendomi le idee più disparate. Ne sono felice, perché mi ha fatto rendere conto di quanto sia migliorato il mio modo di scrivere; non lo dico per presunzione perché basta leggere DNA o Un tuffo al cuore, per capirlo. Volevo ringraziare tutti i lettori per essersi avventurato in questa pazzia con me. Comunque sia, è l’ora delle belle notizie: Weird avrà un sequel.

Il titolo sarà Weird- The Sorceress. Per movimentare le cose, ho deciso di inserire due new entry nel cast, la nuova villan e un altro personaggio della vita reale (e ora vorrei vedere la faccia di chi so io quando leggerà di chi sto parlando). Vi dico solo il nome, che tanto si capisce: Andy.  Bene, ora che vi ho detto tutto, resta solo di augurarvi buona lettura. Stay tuned ;)

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