Ted Lupin e il Figlio dell'Assassino

di Ramo97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Corridoio dei Senza Perdono ***
Capitolo 2: *** La paura del grande ritorno ***
Capitolo 3: *** Una grande famiglia ***
Capitolo 4: *** Diagon Alley ***
Capitolo 5: *** Vecchi luoghi, nuovi obbiettivi ***
Capitolo 6: *** Grandi e vecchie famiglie ***
Capitolo 7: *** I preparativi ***
Capitolo 8: *** La partenza ***
Capitolo 9: *** Benvenuti a Hogwarts! ***
Capitolo 10: *** Foto ricordo ***
Capitolo 11: *** Conferenze e inaugurazioni ***
Capitolo 12: *** Lo scherzo ***
Capitolo 13: *** Misteri ***
Capitolo 14: *** Una strana storia ***
Capitolo 15: *** Il lato oscuro del bene ***
Capitolo 16: *** Paure, ansie e lenzuola rosse ***
Capitolo 17: *** Un silenzio pesante ***
Capitolo 18: *** E' quasi Natale ***
Capitolo 19: *** Quidditch e brutte sorprese ***
Capitolo 20: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 21: *** Tensioni ***
Capitolo 22: *** Natale ***
Capitolo 23: *** Grandi di cuore ***
Capitolo 24: *** L'arresto ***
Capitolo 25: *** Colpevole di innocenza ***
Capitolo 26: *** Un doloroso ritorno ***
Capitolo 27: *** Dura normalità ***
Capitolo 28: *** Incontro con un estraneo ***
Capitolo 29: *** Sotto chiave ***
Capitolo 30: *** Una terribile scoperta ***
Capitolo 31: *** Un passato irrompente e un corvo irruento ***
Capitolo 32: *** Il 2 maggio ***
Capitolo 33: *** Aria di battaglia ***
Capitolo 34: *** L'inizio della tempesta ***
Capitolo 35: *** Il figlio dell'assassino ***
Capitolo 36: *** Il limite tra la vita e la morte ***
Capitolo 37: *** Nuovi misteri, ma un lieto fine (per ora...) ***
Capitolo 38: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il Corridoio dei Senza Perdono ***


Il Corridoio dei Senza Perdono


Le onde si abbattevano violentemente contro gli scogli alti e minacciosi. Il mare era in tempesta e il vento soffiava sempre più forte sulle possenti pareti della struttura. L'edificio era alto e privo di qualsiasi bellezza, ma incuteva lo stesso paura. All'interno, intanto, regnava quasi dappertutto il silenzio, l'unico rumore che si sentiva era quello di passi lungo i corridoi. Persone vestite con divise composte da scarponcini neri, pantaloni e maglioni azzurri avanzavano a gruppi di tre. Ogni gruppo da tre aveva un membro con la punta della bacchetta accesa, mentre gli altri due tenevano le mani serrate sulle loro.
Tre di loro stavano avanzando verso il terzultimo piano, la massima sicurezza.
L'ala di massima sicurezza era costruita su due piani e conteneva più o meno una settantina di detenuti, tutti condannati per i crimini più osceni del mondo magico. I tre Guardiamaghi salirono i vecchi gradini in pietra, fermandosi davanti a una porta con sbarre. Due maghi in un completo simile a quello dei tre, soltanto nero e con uno stemma rosso con una bacchetta illuminata all'interno, sorvegliavano l'entrata. Erano della Squadra Speciale Magica
- Per favore identificatevi – disse uno dei due
- Guardiamaghi Jackson, McGory e West, controllo di routine – rispose Jackson.
Subito da un tavolino di legno sull'angolo si alzò una penna, che riportò cosa aveva appena detto l'uomo. La porta si aprì.
Tutti e tre guardarono la porta, prima di entrare, e West parlò un po' titubante – Come sono stasera?
Uno degli uomini in nero si girò – Sono abbastanza calmi, solite reazioni, niente di strano.
I tre entrarono. Appena i loro passi rimbombarono per i corridoi partirono dei fischi e degli applausi.
McGory che passava rasente alla celle di sinistra fu sorpreso all'improvviso da un “Bu!” ad opera di uno dei prigionieri. I prigionieri avevano le facce dure sporche di fuliggine, i capelli erano luridi, lunghi e arruffati e le espressioni erano folli. Era il piano dei Mangiamorte. Una ventina di celle su quaranta erano occupate dai servi del Signore Oscuro, rinchiusi ad Azkaban dopo la loro cattura. I tre Guardiamaghi odiavano quel corridoio, come i tutto il personale della prigione, che lo aveva soprannominato il “Corridoio dei Senza Perdono”.
- Fratellino, secondo te quanti sudici Sanguemarcio ci sono tra questi? - disse una voce da una cella sulla destra.
Dalla cella di fronte arrivò subito una risposta – Non so Rodolphus, tre su tre? Antonin, tu che ne pensi?
- Che preferirei essere torturato da quei traditori dei Weasley o da quei codardi dei Malfoy, piuttosto che mettermi quella roba azzurrina addosso! Siete maghi o fatine? - disse un voce carica di disprezzo e ironia, provocando un coro di roche risate da tutte le celle.
- Figurati Antonin che proprio il giovane Malfoy è il padrino di tuo figlio... Immagino che i rapporti tra tuo figlio e quei codardi siano molto stretti! Quando ero a Hogwarts ho notato che Draco e la sorellina della tua cara mogliettina, Pansy, andavano molto d'accordo! - replicò una nuova voce.
Il prigioniero chiamato Antonin rise, gelido – Be' Amycus, almeno io una moglie l'ho avuta, tu sei talmente orripilante che sembri un Babbano!
Di nuovo molte risate tuonarono nel corridoio e Amycus si ritirò nell'ombra della sua cella.
- Hey Macnair! – tuonò di nuovo la voce di Antonin, quando tornò il silenzio – dovresti ucciderli tu queste bestie, non è mica il tuo campo?
Una voce pacata dalla cella di fronte a lui rispose – Io uccido le bestie pericolose, Dolohov, non i cani da guardia!
Un omone biondo spuntò dall'ombra di una delle celle e, attraverso le sbarre, sorrise ai Guardiamaghi – Vi stiamo prendendo in giro Sanguemarcio – disse con una voce piena di finto rammarico – non vi sembra il caso di risponderci?
I Guardiamaghi andarono avanti, ignorandolo, e questo lo fece arrabbiare.
- HO DETTO DI RISPONDERE, CANI! - urlò, sputando in faccia a West
- Rowle, stai calmo, non sputare addosso a nessuno – intervenne di nuovo Rabastan Lestrange – Poi magari arriva Potter e ti tortura come ha fatto con Amycus!
Tutti risero, Rowle compreso, e si sentì un mezzo mugolio di protesta dal Mangiamorte chiamato in questione.
West estrasse la bacchetta e se la puntò alla tempia, dove stava colando lo sputo di Rowle, e sussurrò – Tergeo – e lo sputo fu risucchiato dentro la punta della stecca di legno.
- Tergeo? - disse una voce che fino ad allora non aveva ancora parlato – La prossima volta che ti punti la bacchetta alla testa, pronuncia “Avada Kedavra” così pulisci la terra da un Babbano, piuttosto che la tua lurida faccia da uno sputo purosangue.
Una nuova risata riempì la stanza
- Su Yaxley, non essere così cattivo, potresti finire ad Azkaban per queste insinuazioni – disse una voce assonnata
- Rookwood ti sei svegliato? Era l'ora! – ringhiò qualcuno nella cella davanti a Rookwood.
- Buonasera Fenrir! O è buongiorno? Mi scusi buon uomo, è giorno o notte? - disse in tono beffardo rivolto a McGory, che non gli rispose.
- Oh ma che simpatico – continuò allora – mica sono velenoso sai? Al massimo è il tuo sangue che lo è, scommetto che i tuoi genitori puliscono le padelle con uno straccio.
Anche in questo caso i Guardiamaghi ignorarono i commenti sprezzanti dei Mangiamorte e andarono avanti, uscendo dal corridoio, non prima però di aver sentito Dolohov augurare ai loro genitori Babbani e ai loro figli Magonò una morte lenta e dolorosa.
A dire il vero nessuno di loro era un Nato Babbano, anzi, McGory aveva come suo ultimo parente non magico la propria trisavola, che si era sposata con un Potter, cosa che stava cercando di nascondere ai Mangiamorte più del suo Stato di Sangue.
Tutti e tre ringraziarono il cielo quando uscirono, e non per fortuna non era stato neanche una delle visite peggiori. Non sembravano per niente vittima dei rimorsi, anzi, erano più assetati di sangue che mai. Trovavano la prigione quasi come un passatempo, cosa che certamente era per i Lestrange e gli altri che erano finiti ad Azkaban anche dopo la Prima Guerra, dove i carcerieri erano ancora i Dissennatori. Salirono le scale per salire al secondo corridoio, quello degli assassini seriali, facendo un sospiro di sollievo.


Il freddo continuava a crescere e i Mangiamorte presto iniziarono a cercare le loro giacche.
Avevano diritto tutti ad una giacca di seconda mano, spesso rattoppata, ma comunque abbastanza pesante per reggere al clima non proprio mite di Azkaban. Quando i carcerieri si erano allontanati, i loro sorrisi si erano spenti ed erano ritornati al solito cupo silenzio che di solito avevano di notte. Un alone di disperazione girava, e non solo tra i prigionieri. Anche le guardie in quel momento stavano iniziando a sentirsi giù di morale, ma tutti davano la colpa alla prigione stessa, un posto in cui nessuno, sia libero sia non, non poteva sentirsi felice.
Nessuno però sapeva che, proprio in quel momento, al di fuori delle possenti mura qualche migliaio di lugubri figure, avvolte in mantelli da cui uscivano solo le mani grinzose, volavano intorno alla prigione, cercando un modo per entrare.
Le guardie pattugliavano tutti gli ingressi, ma non era ancora il momento di attaccarle, o almeno così era stato detto loro. Al segnale molte di loro sarebbero state private della loro anima.
Continuarono ad aspettare, nascosti dalle nuvole, mentre la vita nella prigione andava avanti normalmente.
Ad un certo punto quattro esplosioni illuminarono il cupo cielo notturno. La figura alta e imponente della prigione ora conteneva quattro grossi buchi, mentre le macerie cadevano nel mare o addosso alle guardie ai piani inferiori.
I Dissennatori volarono veloci verso il basso, entrando nella fortezza. Le guardie vicino alle esplosioni, stordite dalla potenza di queste, furono baciate quasi subito, mentre l'ingresso principale era stato conquistato da una sessantina di esseri con il mantello.
Alcuni animali argentati iniziarono ad aggirarsi per i corridoi bui, ma non erano abbastanza potenti da sconfiggere un così grosso numero di Dissennatori, anzi, i proprietari li facevano girare in cerchio attorno a loro e a tutte le persone che riuscivano a salvare.
Intanto al terzultimo piano gli agenti della Squadra Speciale Magica erano entrati nel Corridoio dei Senza Perdono, guardando il buco del muro in fondo alla stanza, a bacchette sfoderate. All'improvviso due Dissennatori emersero dalla nebbia, e gli furono addosso. Dopo pochi secondi, caddero a terra, privi della loro anima.
Otto palle nere entrarono dentro l'edificio e si infilarono in altrettante celle, esplodendo.
Ma le esplosioni erano diverse da quelle di prima: il fuoco che fuoriusciva era nero e, quando le sbarre saltarono in aria, i prigionieri all'interno erano del tutto illesi e, a mezz'aria davanti a loro, torreggiavano le loro bacchette. I fratelli Carrow e Lestrange, Rookwood, Dolohov, Greyback e Yaxley uscirono sgranchendosi.
- Liberate anche me, vi prego! - ululò Macnair, seguito subito a ruota da Rowle.
Rabastan Lestrange si avvicinò alla cella dell'ex-boia e mormorò -Alohomora.
Ma la porta non si aprì. Il Mangiamorte libero e quello imprigionato imprecarono nello stesso momento ma, proprio in quell'istante, la porta della massima sicurezza fu nuovamente aperta, e una decina di maghi, vestiti o di azzurro o di nero, con la bacchetta in mano, pronti al combattimento.
Greyback corse subito contro di loro, azzannando un Guardiamago che gli venne incontro, ma fu prontamente colpito da quattro Schiantesimi al petto, cadendo a terra inerte. Una decina di Dissennatori, allora, corsero incontro ai nuovi arrivati ma un ragazzo, vestito con completo e maglietta nera, li allontanò scagliando contro di loro un leone argentato. I Lestrange, intanto, si misero a correre verso il buco in fondo al corridoio, lanciando Schiantesimi contro i carcerieri. I fiotti di luce rossa, non arrivavano a toccare le divise, perché venivano bloccati da barriere invisibili provenienti dai vestiti.
- Buttatevi giù dalla torre e smaterializzatevi! - gridò Rodolphus, subito seguito dai Carrow, Yaxley e Rookwood.
Proprio quando sembravano avercela fatta, i tre Guardiamaghi che prima erano passati per il loro corridoio spuntarono dalle scale, puntando contro di loro le bacchette, ma Rookwood fu più veloce e urlò – CONFRIGO!
L'incantesimo manco di poco McGory, ma l'esplosione che provocò fece svenire tutti e tre.
Stavano per buttarsi, quando arrivarono otto calici d'argento. Insieme formavano un cerchio, che volava girando in continuazione, e si fermarono ai piedi dei sei Mangiamorte. Intorno agli oggetti brillava una luce azzurra lampeggiante. Erano passaporte.
I sei ne afferrarono una a testa, mentre Dolohov restava indietro.
Il Mangiamorte, divertendosi come un matto, stava continuando a lanciare anatemi mortali contro tutti gli inseguitori, riuscendo ad ucciderne cinque,ma proprio mentre stava per lanciare l'ennesimo, il ragazzo che stava lottando con il suo Patronus contro i Dissennatori, interropendo l'incanto, lanciò contro di lui uno Schiantesimo, colpendolo in piena faccia.
Dolohov cadde incosciente a terra e, proprio in quel momento, gli otto calici scomparirono, portando con sé i sei Mangiamorte.


Caddero tutti su un pavimento liscio e pulitissimo in uno stretto ingresso. Davanti a loro una casa e uno stretto corridoio che, passando rasente la scala, andava verso una porta aperta. Era tutto buio.
Quattro bacchette si accesero, mentre i fratelli Lestrange restarono con le bacchette tese, pronti a difendersi. Ad un cenno di Rodolphus i sei proseguirono per il corridoio lentamente, aspettandosi un attacco da un momento all'altro. Superarono una porticina nel sottoscala e spalancarono la porta con le bacchette spianate. Dentro la stanza non c'era anima viva.
Rookwood iniziò a esaminare la stanza a grandi passi, mentre gli altri si guardavano intorno storditi.
- Questo è un covo di Babbani! - urlò alla fine, facendo esplodere un vecchio televisore con un colpo di bacchetta.
- Calma Augustus - disse una nuova voce, proveniente dalla porta da cui tutti erano appena entrati.
Un signore vecchissimo, con le mani lunghe e rugose, era sulla porta. Portava una soprabito blu oceano, con un cappuccio bordato d'oro che gli copriva il volto, lasciando intravedere solo la sua bocca, anch'essa coperta di rughe.
- Non essere così violento.
- Chi sei? - disse Yaxley, mentre tutte le bacchette puntarono contro il nuovo entrato.
- Il vostro salvatore, anche se sembra che le persone che volevo salvare siano di più di quelle qui presenti. Mancano Antonin e Fenrir, dove sono?
- Sono rimasti indietro, feriti durante il combattimento in prigione – continuò Yaxley, che sembrava l'unico in grado di parlare – perché ci hai salvati?
- Questa domanda è semplice... perché, ovviamente, ho bisogno di voi. Ma se volete farmi il piacere, possiamo sederci? Sono pur sempre un povero vecchio.
A queste parole cliccò l'interruttore della luce, accendendola, poi, alzando la mano e aprendo il palmo, aspettò che un stecca di legno apparisse da una sedia e raggiungesse la sua mano.
- Un Incantesimo di Appello non verbale e senza bacchetta... straordinario, neanche il Signore Oscuro era capace di farlo – mormorò Rabastan Lestrange colpito.
- Il Signore Oscuro sapeva volare, dubito seriamente che non ne fosse capace. Era meno scaltro, ma ciò non vuol dire che fosse meno potente di me. Era decisamente più forte lui, ma io sono decisamente più discreto, lui era leggermente troppo esibizionista... oh su Rodolphus, puoi essere fedele a un morto quanto puoi, ma devi ammettere che è vero – disse affabile, riprendendo il maggiore dei Lestrange che si era un attimo incupito al commento sul suo padrone.
Si avvicinò ad un tavolo di cristallo abbastanza largo dove nove sedie erano posizionate in uno strano ordine: una a un capo del tavolo, due dall'altro, e le restanti sei disposte tre su ogni lato.
Si sedette sul capo dove c'era una sola sedia e con un pigro movimento della bacchetta allontanò le sedie sull'altro capo dal tavolo.
- Peccato sarebbero state una di Antonin e una tua Rodolphus ... be' puoi sederti al posto di Fenrir – sbuffò il vecchio dopo qualche attimo di meditazione. Restò seduto ad aspettare che i suoi ospiti si sedessero, ma nessuno lo fece, ancora troppo sbalorditi.
- Tranquilli non mordo – disse con un sorriso – sedetevi pure. Augustus, per favore, puoi aprire l'anta dell'armadietto là in fondo e prendere il Whisky Incendiario? Visto che tutti avete ancora in mano i calici, credo che sia giusto approfittarne, o no?
Rookwood si mosse e raggiunse il vecchio mobiletto, da dove tirò fuori una vecchia bottiglia molto curata.
- Del 1738? Si tratta bene – commentò con un sorriso, mostrando la bottiglia a tutti i commensali.
- Oh grazie! Ma non è una scelta mia, lo comprò mio padre per festeggiare la mia nascita, era appena stato imbottigliato.
- Lei è del 1738? - chiese Amycus Carrow, con la bocca spalancata.
- Sì, di maggio, per precisione. Per esserlo ancora di più il 2, non una data molto gradevole per voi, giusto?
Un piccolo ghigno solcò per un momento le facce dei Mangiamorte.
- Mi scusi, signore – disse Rodolphus Lestrange – potremmo sapere chi è lei?
- No, non potete, e dopo il nostro incontro o stringerete un Voto Infrangibile o verrete uccisi. Comunque potete chiamarmi “Maestro”. So che vi sembrerà un po' poco modesto da parte mia, ma preferisco essere confuso con Lord Voldemort, se qualcuno in futuro vi sentirà parlare di me, anche se non voglio assumere il suo stesso titolo .
I sei, quando sentirono il nome di colui che li aveva uniti, si guardarono inquieti tra di loro, tra il confuso e l'arrabbiato.
- E, di grazia, cosa dovremmo fare per lei? - continuò Rodolphus
- Oh questo caro Rodolphus vi sarà spiegato per bene dopo. Diciamo che ognuno di voi è fondamentale in questo piano. Antonin sarà utile più in là, mentre in questa fase del piano Fenrir sarebbe stato molto d'aiuto. Peccato ma, come ho già detto, i fondamentali siete voi.
- I Carrow sono fondamentali? Oddio, siamo messi bene – rise Yaxley, facendo sghignazzare anche Rookwood, mentre i due Lestrange abbozzarono un sorriso timoroso, per non sbilanciarsi troppo di fronte al nuovo ospite.
- Come senza ognuno di voi, il piano senza i Carrow non funzionerebbe. Anzi, non mi sbilancerei troppo, se dicessi che senza di loro saremmo ad un punto morto, senza alcuna via d'uscita.
Tutti si ammutolirono. Il tono di voce dell'uomo era calmissimo, ma tutti avevano sentito una nota di amaro stupore.
- Mi scusi, Maestro – sussurrò allora Amycus – dove siamo ora?
- Speravo tanto in questa domanda, ma prima volevo riceverne un'altra. Perché dei abili combattenti come voi non mi hanno trovato? Tra parentesi, se voi avreste usano Hominum Revelio, mi avreste subito scovato: ero nel sottoscala. Non sottovalutate mai quel sottoscala, anche se è Babbano. Detto questo, benvenuti al numero 4 di Privet Drive.
A questa rivelazione i sei per poco non si ribaltarono dalla sedia.
- La casa di Harry Potter!? - sussurrò Alecto spaventata – siamo evasi da Azkaban per venire nella casa di Harry Potter!?
- No, questa non è più la casa del signor Potter. E' stata comprata da una famiglia di Babbani che ho sottoposto al bacio dai miei Dissennatori e ora tengo sotto controllo tramite la Maledizione Imperius.
- E allora perché siamo qui? - chiese Rabastan.
- Perché, in primis, non cercheranno mai dei Mangiamorte in luoghi Babbani e, in secundis, mi è sempre piaciuto essere un po' teatrale.
- Non più tardi di dieci minuti fa ha detto che lei era discreto – disse Rookwood.
- Questo è vero, ma anche un regista è teatrale, anche se in scena non lo si vede mai.

Buon giorno. Questa è la mia prima FF su HP, anche se ne sto tenendo già due, una su Hunger Games e una su Teen Wolf. Sarà incentrata su Teddy, anche se non apparirà nemmeno nel prossimo capitolo. Be', spero che vi piaccia, se avete correzioni o suggerimenti recensite pure, ho guardato su Harry Potter Wiki ma non ho dato un'ultima controllata ai dati, quindi non sono sicuro al 100% che sia tutto giusto. Alla prossima, se vi piacerà!

Peace

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Capitolo 2
*** La paura del grande ritorno ***


Harry si svegliò di colpo. Dean Thomas lo stava scuotendo violentemente.
- Dean, sono sveglio! - gridò Harry per far smettere l'amico.
- Harry! I tuoi figli stanno ancora dormendo!
- Che ore sono?
- Le quattro di notte.
Harry si mise a sedere sul letto e inforcò gli occhiali. L'amico era in giacca e cravatta. Credeva di essersi liberato della cravatta ad Hogwarts, invece anche al lavoro si era trovato a doversela mettere.
- Perché sei in casa mia alle quattro di notte? - gli chiese. Aveva paura della risposta.
Dean si passò una mano tra i capelli e sbuffò – C'è stata un'evasione di massa da Azkaban. Sono scappati dei Mangiamorte.
Harry si alzò in piedi, assonnato ma non stupito. Era da tempo che si sentiva che sarebbe successo. Non eri Harry Potter se la tua vita andava bene per troppo tempo.
- In quanti?
- Non si sanno ancora dati precisi. Ci sono stati dei morti, un' esplosione e dei Dissennatori. La scena è ancora molto confusa e la stampa non aiuta.
- Il Profeta è già lì?
- Sì e anche tutta la stampa internazionale. Ho chiamato Percy per far bloccare tutti i tipi di trasporto non autorizzato dal Ministero nella zona, ma alcune foto sono già state scattate alla scena.
- E come ci sono arrivati?
- Tutte le difese sono state distrutte. La cicatrice ha fatto male?
Harry si passò istintivamente la mano sulla cicatrice – No, ma il mio legame con Voldemort si è rotto.
Harry si infilò il primo completo che trovò nell'armadio e si legò velocemente la cravatta al collo. Allacciò il bottone del completo grigio e applicò la spilla degli Auror sul petto. I vestiti facevano parte della collezione Scudo dei Tiri Vispi Weasley, come tutti quelli in dotazione alle squadre speciali del Ministero.
- Non mangi qualcosa? - gli chiese Ginny quando arrivò al piano di sotto. Indossava ancora i jeans e la maglietta del giorno precedente. Harry non l'aveva ancora vista dalla mattina prima, quando era partita per l'Ungheria, a vedere una partita delle qualificazioni alla Coppa del Mondo di Quidditch.
- Non ho voglia – rispose, per poi cambiare tono – sveglia i bambini e vai alla Tana. Senti tutti quelli dell'Ordine in circolazione e portali lì. Passa a prendere anche Teddy. C'è stata un evasione di Mangiamorte ad Azkban e tutte le difese sono state distrutte.
- Voldemort?
Harry abbassò lo sguardo e annuì. Credeva di essersene finalmente liberato e in quegli anni aveva lavorato per eliminare tutti i danni che aveva lasciato, ma solo lui avrebbe potuto espugnare quella fortezza.
Ginny alzò un sopracciglio – Va bene, sento Ron e partiamo. Hermione sarà ad Azkban.
Harry sorrise. Se Ginny era al suo fianco sarebbe stato tutto molto più facile.

Azkaban era un posto inospitale. L'edificio era immenso, possente, contro cui il vento e le onde si abbattevano continuamente. Harry guardò colpito quell'edificio. Anche se da ormai undici anni si recava spesso in quel luogo, non riusciva comunque ad abituarsene. In quel posto erano stati portati Hagrid e Sirius. Quel luogo era il simbolo dell'infelicità.
Nella parte alta dell'edificio c'era un grosso buco irregolare. L'esplosione.
Un brivido lo percorse e si strinse nel cappotto.
Davanti all'entrata della prigione si trovavano un gruppo di uomini della Squadra Speciale Magica.
Uno di questi alzò un braccio e li fermò.
- Signor Potter, signor Thomas – biascicò a mo' di saluto – per ordini del Ministero dobbiamo assicurarci che siate realmente voi.
I due annuirono e questi tirò fuori uno strano oggetto.
Quando superarono i controlli, entrarono. La salita di tutte le scale fu davvero faticosa. Intorno a loro la miseria e la rassegnazione regnavano incontrastate. I prigionieri erano rannicchiati nelle celle come cani e stavano fermi, come se non avessero più un motivo per vivere.
- Ciao Harry – disse cupo Kingsley quando lo vide entrare.
La scena era peggio di quanto aveva immaginato. Le celle erano sfondate, come il muro, e molti cadaveri di Guardiamaghi erano sparsi sul pavimento.
- Si sa quanti sono gli evasi?
- Non ancora – disse Pickering, un Auror sui venti che lavorava per Harry da un paio di anni – per ora siamo solo sicuri dei Carrow, Macnair e Yaxley, che sono stati visti afferrare una Passaporta, per gli altri non si sa niente, la scena era molto confusa.
Harry annuì pensoso – Sulla Passaporta invece avete qualche novità? Percy! - disse rivolgendosi verso il capo dell'Ufficio del Trasporto Magico, che stava contemplando il vuoto con aria assente – Il tuo ufficio ha rilevato qualcosa?
Percy si girò di scatto – Non so Harry, tutte le difese sono crollate, senza che l'Ufficio capisca la causa.
- Magia oscura?
- Sicuramente, ma perfino Silente non sarebbe stato capace di farle crollare dall'esterno. Sospetto che sia qualcuno all'interno del mio Ufficio. Lì dovrebbe essere più semplice. Però tutti quelli che si occupano di queste cose sono miei uomini fidati. Aprirò un'indagine interna.
- Affida le indagini agli Auror – gli disse Kingsey, per poi rivolgersi ad Harry – manda uno dei tuoi in incognito. Massima segretezza.
Harry annuì – Pickering, finisci di fare rapporto e poi ti trasferisci all'Ufficio del Trasporto Magico. Voglio rapporti settimanali e in caso di scoperte importanti devo saperlo subito.
Il ragazzo fece un cenno di assenso.
Il Ministro continuò - Non possiamo permetterci altri errori. Ora come ora stiamo brancolando nel buio, abbiamo dei Mangiamorte in libertà e dei probabili infiltrati al Ministero. Entro domani mi aspetto che la Skeeter scriva un articolo al sangue su di me.
Harry sbuffò – Se scrive qualcosa su di te, scrive anche qualcosa su di me.
Un rumore di tacchi iniziò a rimbombare sulle scale. Pochi secondi entrò dopo una trentenne dai ricci capelli castani.
- Hermione – la salutò Harry. L'amica gli fece un cenno distratto, mentre si guardava intorno con uno sguardo corrucciato.
- Abbiamo messo in quarantena la zona e abbiamo disposta ulteriori misure di sicurezza. Ho dato ordine alla Squadra Speciale Magica di iniziare a lanciare nuovamente gli incantesimi protettivi. Da regolamento il Ministro deve commissariare la struttura finché non riusciamo a trovare il colpevole.
Harry accennò un sorriso. Anche nelle situazioni più difficili, Hermione riusciva a decidere sul da farsi (e a citare il regolamento). Per questo era stata nominata vice-capo dell'Ufficio per l'Applicazione della Legge sulla Magia e Harry aveva il presentimento che sarebbe arrivata ben più in là.
- Harry, appena tornerò in studio nominerò l'Ufficio Auror a capo del carcere. Non voglio altri attacchi – disse Kingsley.
- Manda qui Dennis Canon e una squadra, oltre ai Guardiamaghi però voglio anche la Squadra Speciale Magica.
- Non dovrebbero esserci problemi – disse Hermione.
Come evocato, Dennis Canon apparve sulla porta. Magro, magrezza ulteriormente evidenziata dai vestiti neri che indossava, dai capelli biondi e dalla faccia angelica, che ricordò ad Harry quanto somigliasse al fratello.
- Harry, abbiamo capito chi è evaso: i Lestrange, Yaxley, Rookwood e i due Carrow. Dolohov e Greyback non ce l'hanno fatta. Adesso sono stati portati in altre celle nei sotterranei.
- Grazie Dennis. Da adesso prendi il comando del carcere. Piazza una squadra davanti alle celle dei due e aumenta la sicurezza su ogni piano. Con quei due ci avete parlato?
- Se ne sta occupando Hesse. Non sembrano intenzionati a parlare.
- Quei due non parleranno mai – disse Kingsley – quando ero un Auror li ho interrogati più volte. Non parlerebbero neanche con uno Schiopodo Sparacoda come compagno di cella.
- Ma c'era una sola Passaporta o erano di più? - chiese Harry.
Dennis incrociò le braccia – I testimoni dicono che c'erano più calici dei prigionieri evasi. Quindi pensiamo che siano otto. Però i due rimanenti non sono stati trovati.
- Credi che gli abbiano portati con loro? – gli chiese Harry.
- Sospetto uno o più infiltrati tra i Guardiamaghi.
- Allora non permettere a nessuno di loro di scendere nei sotterranei. I corridoi dei criminali più importanti devono essere tenuti sotto controllo dagli Auror e dalla Squadra Speciale Magica. Ci sono altri Mangiamorte meno importanti in questo carcere, tenete d'occhio anche loro, non vorrei che qualcuno stesse cercando di ricostruirsi un esercito...
- Sospetti che Voldemort sia tornato? - chiese Percy
- Non lo so. Spero di no, ma non dobbiamo sottovalutare questa ipotesi. L'ultima volta che la comunità magica ha sminuito il ritorno di Voldemort, ci siamo ritrovati con un Ministro della Magia fantoccio e Hogwarts come un luogo di tortura.
Hermione lo guardò negli occhi. Sembrava stanca. Lui la capiva benissimo. Avevano passato la loro giovinezza a combattere ogni giorno per la propria vita, vivendo alcuni momenti che neanche molti dei più vecchi potevano immaginare. Ma ora entrambi avevano figli. Se Voldemort era davvero tornato, la prima vendetta che avrebbe cercato era proprio quella su loro due e Ron. E James, Albus, Lily, Rose e Hugo sarebbero stati l'oggetto della sua rabbia.
Qualcosa nei loro sguardi cambiò; non c'era più stanchezza, ma una fiamma di coraggio. La solita che avevano sempre avuto. Neanche stavolta lui avrebbe vinto.

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Capitolo 3
*** Una grande famiglia ***


Una grande famiglia

 

- George rivoglio la mia figurina!
Questa fu la scena che Teddy si trovò di fronte quando entrò alla Tana.
Ron cercava di saltare addosso al fratello maggiore che, bacchetta alla mano, stava facendo volare una carta delle Cioccorane per tutto l'atrio.
I piccoli Rose e Hugo guardavano divertiti la scena, mentre Molly, loro nonna,  cercava di rincorrerli – Ron, ci sono i tuoi figli qui! George, che educazione vuoi dare ai tuoi se rubi ancora le figurine a tuo fratello!?
- Oh mamma su – disse George – questo qui si tiene la sua figurina in tasca da nove anni. Al lavoro ogni volta che lo cerco è in un angolo a leggere la sua descrizione. E questo è un prefetto uscito da Hogwarts? Lui e Percy rappresentano la creme de la creme della nostra società!
- George, te lo dico un'ultima volta: dammi quella figurina!
- Sennò cosa mi fai?
- Ti affatturo.
- Davvero? E io ti licenzio.
Ron aveva le orecchie bordeaux.
Teddy non ce la fece più scoppiò a ridere, subito seguito da George, i figli di Ron e Andromeda. Anche Molly si trovò a trattenersi.
- Non sei divertente, George – disse Ron.
- Davvero? Sono comunque più bello di te.
Sulla faccia di Teddy si dipinse un sorriso. Non immaginava come Ginny avesse potuto vivere con loro per diciannove anni.
Ron guardò Teddy e accennò un piccolo sorriso – Ciao Teddy, tutto bene?
- Non so, sono le cinque del mattino e sono già “sveglio” – rispose con calma, trattenendo uno sbadiglio – ho qualche dubbio a stabilire ancora se va tutto bene.
- Tranquillo, potrebbe andare peggio – intervenne George, mentre prendeva in braccio Rose – ad esempio essere figlia di Ron, vero?
- Il mio papà è il più bravo del mondo! – urlò lei tirando uno buffetto allo zio, mettendoci dentro tutta la forza che una bambina di tre anni poteva avere.
George rise – Violenta come il padre. Senza un orecchio e pure picchiato da dei bambini. Voi Granger -Weasleynon avete nessuna pietà.
Teddy amava quei bambini. Erano la sua salvezza. Da piccolo aveva vissuto tra i grandi, incontrando ogni tanto Victoire e Fred, mentre adesso i bambini erano dovunque. Preferiva di gran lunga stare con loro che con i grandi. Cioè adesso erano migliorati, ma si ricordava quando era più piccolo: i Weasley erano stati per molto tempo tristi, George più di tutti (anche se quando era con i suoi figli era al settimo cielo) e le uniche persone con cui gli piaceva stare erano sua nonna, Harry, Ginny ed Hermione. Ron invece era stato per molti anni un musone, ma da quando erano arrivati Rose e Hugo aveva ritrovato vitalità.
- Brava la mia bimba – disse Ron baciandola, per poi rivolgersi a George – a tre anni ha già capito tutto.
- Ha preso da Hermione allora – ribatté pronto il fratello.
- Hanno già iniziato a litigare, vero? - disse ad un certo punto una voce profonda che fino a quel momento Teddy non aveva ancora sentito.
Charlie Weasley entrò sorridendo insieme al fratello Bill, che teneva sottobraccio una ragazzina dai capelli biondi. Quando vide Teddy, il suo sorriso si allargò  e agitò il braccio a mo' di saluto. Lui le sorrise.
- Ti risulta che abbiano mai smesso? - disse Bill, accarezzando la testa di Victoire.
- Charlie!? - disse George stupito – perché ci degni della tua presenza?
- A quanto pare l'Ufficio Auror ha predisposto il mio rientro per discutere delle nuove misure di sicurezza.
- Quindi Harry,? - chiese Teddy.
- Sì – disse  Ginny, entrando nella stanza – stamattina era in ansia. E' schizzato fuori con Dean e mi ha detto di portarvi tutti qui. Scusate se vi ho svegliato – poi con tono minaccioso aggiunse – questo ovviamente non è un buon motivo per fare casino mentre i miei figli dormono, vero Ron e George?
Ron guardò malamente il fratello, che dopo aver cercato un attimo di sostenere lo sguardo della sorella, disse – Scusa sorellina.

 

- Quindi quest'anno andrai ad Hogwarts? – gli chiese Victoire in giardino.
- Esatto – rispose lui, guardando George che dava la caccia ad alcuni gnomi.
Non avevano voluto farli girare da soli, perché, a quanto pare, avevano paura di un attacco Mangiamorte a casa loro. Quindi avevano piazzato George a fare loro da cane da guardia.
Meglio lui che Percy pensò con un piccolo sorriso.
- E io quindi che faccio durante tutto l'anno?
- Fred ha la tua età, resta qui anche lui.
- Ma Fred non sei tu.
Teddy la guardò. Per essere una bambina di nove anni aveva già uno sguardo serio da adulta.
- Ti scriverò qualche lettera – le promise.
- Sarai in pericolo?
- Non credo, Hogwarts è molto più sicuro di questo posto.
- Ad Hogwarts è morto mio zio...
George si fermò un attimo, poi ricominciò a colpire gli gnomi con più violenza.
- Erano altri tempi – disse Teddy, con un sospiro – Hogwarts era sotto il controllo dei Mangiamorte allora.
- Ma prima papà ha detto che siamo tutti in pericolo.
- Sì, ma voi siete Weasley, io sono un Lupin, non dovrei essere in pericolo – disse con poca convinzione.
- Non saresti qui, Teddy – lo rimbeccò subito lei.
Victoire era una bambina a volte un po' pesante, fin da piccola attaccata a Teddy in ogni sua mossa, ma era molto intelligente.
- Magari mi hanno scambiato per un Weasley – butto lì cambiando i capelli, normalmente castano chiaro, in un rosso acceso come quello del papà di Victoire.
- Teddy! Teddy! Teddy! Mi fai i capelli blu? – intervenne in quel momento un bambino di cinque anni che arrivava correndo verso di lui.
Lui si alzò in piedi e gli corse incontro prendendolo in braccio e facendogli fare una giravolta, mentre il bambino gli tirava i capelli, che Teddy aveva fatto diventare blu.
- James, dove sei finito!?- gridò Ginny dall'interno della casa.
- Che palle la mamma – disse James, stringendosi tra le braccia di Teddy e guardandolo con i suoi svegli occhi castani. Teddy sorrise – Non puoi dire queste cose a tua mamma, James.
- Ma lo zio George lo dice sempre.
- Alleluja! Un nipote che mi da soddisfazione – disse il chiamato in causa da dietro le spalle di Teddy – ti meriti una scorta extra di Caccabombe.
- Sì! Caccabombe! - urlò il bambino alzando le mani al cielo, per poi incupirsi – le ultime me le ha requisite mamma perché le ho tirate contro lo zio Ron...
George sospirò – E poi dicono che questa generazione non è cresciuta con sani principi... sono i genitori che stanno rovinando i figli. Quella non è mia sorella!
Teddy scoppiò a ridere.
Come evocata, Ginny arrivò in giardino e vide il figlio in braccio a Teddy. Si fermò un attimo e sorrise, proprio quando un altro bambino dagli occhi verdi, spuntò dietro di lei e le abbracciò gamba urlando – Ho preso la mamma!
- Bravo Al! - esclamò lei e lo prese in braccio rientrando in caso.
Mancava ancora un po' di gente, ma si iniziava a notare che la moltitudine dei Weasley si stava riunendo.

 

- George, tieniti tuo figlio e fai che mi stia alla larga per un paio d'ore – disse Angelina, entrando in casa con la piccola Roxanne in braccio.
Teddy guardò la scena divertito, guardando l'amico con un ghigno in faccia.
- Fred – disse il padre serio – cos'hai combinato stavolta?
Il figlio restò zitto fino a che sua madre andò nella stanza di fianco.
- Ho fatto ingoiare una Pasticca Vomitosa alla figlia di Katie Bell.
- Perché alla figlia!? E' antipatica, ma suo padre è molto peggio. Dovevi farla ingoiare a lui!
- Scusa papà – disse Fred con una finta faccia di rimorso.
George si finse offeso, per poi avvicinarsi al figlio con fare cospiratore – Ne hai ancora qualcuna da usare contro zio Ron e zio Percy?
- Mamma me le ha requisite tutte...
- Anche quelle nei calzini?
Il bambino sorrise e tirò fuori dalle calze delle pasticche gialle e viola.
George ne prese un paio e se le infilò in tasca, scompigliò i capelli del figlio e se ne andarono insieme.
Teddy restò da solo nel soggiorno.
La Tana era da sempre rumorosa. Lo era già qualche anno prima, quando c'erano solo Teddy, Harry e gli adulti  Weasley, ma da quando erano arrivati i figli, quel posto era diventato una bolgia. Il capo della gang era diventato Fred, che aveva due anni in meno di Ted, mentre James era diventato il suo adepto preferito. A quattro anni, il figlio di Harry aveva già in attivo l'esplosione di due stanze e la copertura con Caccabombe di metà famiglia. Teddy era uno dei pochi risparmiati da entrambi. Essendo il più grande, era visto con una sorta di rispetto: alle riunioni di famiglia Fred aveva sempre dormito in camera con lui, mentre James era cresciuto vedendo spesso Teddy a casa sua. Loro due e Victoire erano quelli con cui aveva più rapporti. A quest'ultima era particolarmente affezionato. Anche se quando era con lui non lo mollava un attimo, per motivi che lui non aveva ancora capito, era stata da sempre la sua confidente. Fred era molto intelligente e sapeva essere molto serio, ma non aveva neanche un briciolo della sensibilità della cugina. Bill e Harry continuavano a impedire a Victoire di dormire con lui e Fred, cosa che lei chiedeva ogni volta. Lui di questa cosa era abbastanza contento: per quanto le volesse bene, sapeva che non se ne sarebbe stata zitta un attimo.
- Teddy – disse una voce, risvegliandolo dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Harry.
Il suo padrino sembrava distrutto. Un sorriso stanco e non troppo convinto evidenziava ancora di più il colorito pallido, mentre il completo che portava era stropicciato, la cravatta allentata. Si avvicinò a Teddy e gli scompigliò i capelli.
- Ciao – gli rispose il ragazzo ricambiando il saluto – cos'è successo al lavoro?
Lui lo guardò triste – Un grosso casino.
Ron arrivò dalla cucina e, appena vide l'amico, disse – Hermione?
Ciò che gli piaceva della relazione tra Ron e Hermione era la sua stranezza. Ginny ed Harry avevano un matrimonio felice e calmo, con litigi ogni tanto, ma comunque nella norma.
Ron e Hermione invece no. Litigavano spesso e volentieri per cose da nulla, entrambi troppo orgogliosi per chiedersi scusa, ma, mentre non si parlavano, continuavano a scambiarsi sguardi e ad andare in giro a chiedere agli altri se l'altro era tanto arrabbiato o se potevano riprendere a parlarsi.
- Hermione è con Percy, sono andati a prendere Audrey e i suoi figli. Chi manca?
- Fleur con Dominique e Louis.
- E dove sono?
- Erano a Diagon Alley a far compere.
Harry fece una faccia preoccupata – Da sole?
- Ci sono Neville ed Hannah con loro.
- Ci sono stasera?
- Sì, ma non tutti riescono a venire. Siamo noi in famiglia più Neville e Hannah. Baston e gli altri dell'Ordine non riescono a venire – rispose Ron, guardando l'amico.
- Nemmeno la McGranitt?
-  No. Neanche lei.
Harry sbuffò e si tolse giacca e cravatta – Dovrò mandarle un gufo per chiederle un appuntamento. Non possiamo lasciare Hogwarts sguarnita.
Teddy aggrottò le sopracciglia preoccupato. Cosa voleva dire sguarnita?
Harry sembrò notarlo perché aggiunse subito – Non che non sia già protetta, ma bisogna rinforzare le misure di sicurezza.
- Ma nessuno è mai riuscito ad entrare ad Hogwarts senza il volere del preside, no? - chiese Teddy.
- Primo anno – disse Ron – Voldemort entra tramite la testa di un professore...
- … secondo anno – continuò Harry – Voldemort entra grazie a un libro...
- … terzo anno, stavolta niente Voldemort, ma l'uomo più ricercato d'Inghilterra riesce ad entrare...
- … quarto anno, un Mangiamorte entra grazie alla Pozione Polisucco...
- … quinto anno, in quell'anno non entra nessuno, però c'era quella megera della Umbridge...
- … sesto anno, entra un plotone di Mangiamorte...
- … e infine, settimo anno, entriamo noi di nascosto dai Mangiamorte che comandavano la scuola.
- Forse è meglio che aumentiate la sicurezza – concluse Teddy.
In che posto lo stavano mandando?

 

La cena andò bene. A parte il fatto che Fred e George fecero saltare le sedie di Ron e Percy, provocando le risate di Audrey e qualche occhiataccia da Hermione, che riuscì a notare in tempo che nel suo dolce era stata aggiunta una Pasticca Vomitosa. Quando tutti i bambini andarono a letto, restarono svegli solo gli adulti. Arthur e Molly avevano uno sguardo rassegnato. Avevano già vissuto due Guerre Magiche. Erano stanchi di dover combattere. Neville e Hannah erano quelli con più tenacia, appoggiati sul tavolo della cucina a guardare gli altri, che trovavano interessanti solo i loro piedi.
Neville era molto cambiato, pensò Harry. Adesso era magro, privo di quella goffaggine che lo aveva caratterizzato da ragazzo. Anzi, il suo cipiglio era molto sicuro. Una volta aveva portato lui e Ron in vacanza. La vacanza era stata scappare da anaconde e animali magici nella Foresta Amazzonica per raggiungere una pianta rarissima e recuperare delle foglie. Il problema era che quella pianta era protetta da un drago e, mentre Harry e Ron cercavano di non farsi ammazzare e, nello stesso momento, di distrarre il drago da Neville, lui  continuava ad insultarli perché con i loro incantesimi stavano rovinando la flora.
- Perché ridi, Harry? - chiese Ginny, con uno sguardo tra l'interrogativo e l'indispettito.
- Mi è venuta in mente la vacanza con Neville nella Foresta Amazzonica.
- Non me lo ricordare! - esclamò Ron, passandosi una mano tra i capelli.
- Ragazzi, voi non vi rendete conto di quanto siate stati irresponsabili – sbuffò Neville – davvero, avete quasi buttato giù una Betulla Canterina!
- Sai, Neville, un drago ci stava per ammazzare – sottolineò Ron.
Il professore di Hogwarts stava per rispondere, quando fu interrotto da Hermione.
- Basta parlare di vacanze. Ora dobbiamo decidere cosa fare. Voldemort è tornato.
- C'è possibilità che in realtà non sia così? – chiese Bill Weasley, la mano stretta in quella della moglie Fleur.
- Sì – disse Harry – ma non sarà attaccandoci ai forse che vinceremo contro di lui.
Tutti rimasero zitti per quello che sembrò un'infinità, poi Charlie prese la parola – Ora cosa dobbiamo fare?
- Potenziare tutti gli incantesimi protettivi sulle nostre case, riunire l'Ordine, indagare il più possibile, passare al contrattacco se vediamo che le cose degenerano e, soprattutto, proteggere Hogwarts. Quei cani bastardi hanno già preso i suoi genitori, di certo non prenderanno Teddy! - rispose Ron, stupendo tutti, Hermione compresa.
Lui si guardò un attimo intorno e arrossì.
 – Che c'è? Ormai l'abbiamo fatto tante di quelle volte che dovremmo dirlo in automatico.
- Sai, Ron, a volte davvero non capisco perché ti sei dimesso dal mio ufficio – disse Harry – sei dannatamente bravo come Auror.
L'amico lo guardò, arrossendo ancora di più, e sbuffò – Harry, tu hai sempre lottato contro il male e la tua è una vera vocazione. Io ad un certo punto mi sono ritrovato stufo di morti e sofferenza. Quello che voglio è far sorridere la gente, far passare ai ragazzi l'infanzia che noi non abbiamo avuto. Per questo lavoro con George.
Il silenzio  scese di nuovo nella stanza, tranne per il rumore della mano di Hermione che stringeva l quella del marito, ancora rosso per i complimenti.
Dopo uno o due minuti, il silenzio fu rotto da George.
– Ronald, tutto bene? Hai bevuto o fumato? Fratellino, quando fai queste uscite mi preoccupi, sembri quasi intelligente. Ripigliati.
Sulla bocca di tutti si dipinse un sorriso, Ron compreso. Sorriso che sparì subito dopo, quando un rumore di qualcosa che sbatteva per terra si sentì dalle scale. Le mani di tutti i presenti scattarono verso le loro bacchette. Harry, il più vicino alla porta, la accese e uscì in corridoio.
Victoire, sul pianerottolo del primo piano, si stava rialzando. Quando vide lo zio si bloccò, per poi fargli segno di stare zitto. Harry annuì e lei, provocando un fastidioso scricchiolio, entrò nella camera di Teddy e Fred.
- Cos'era, Harry? - chiese Arthur, che era scattato in piedi con la bacchetta in mano.
Harry, guardando Bill e Fleur, rispose – Niente, solo un po' di amore.
Loro ricambiarono lo sguardo e, scuotendo la testa, scoppiarono a ridere.



Angolo dell'autore

Ciao a tutti, come avrete notato, ho ricomonciato ad aggiornare questa FF dopo ben due anni. Avevo perso il file con la storia, che era gia quasi finita, quando l'ho ripreso in mano, ho deciso di cambiarla considerevolmente quindi arriverà in ritardo. Per quanto riguarda il lavoro di Ron mi sono basato su  questo articolo , scritto dalla Rowling, in cui dice che Ron ha abbandonato gli Auror. Ah, ve lo dico in anticipo, ho deciso di usare il nome inglese di Teddy, ovvero Edward, e non Ted come nella traduzione italiana. Ted resterà solamente come soprannome.

Mi raccomando, recensite, non mangio!  Ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite o tra le seguite.

Alla prossima,
Ramo97

 

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Capitolo 4
*** Diagon Alley ***


Diagon Alley

 

La cosa che odiava di più di Victoire era come dormiva: se si voleva dormire in un letto ad una piazza in due, come minimo ci si sarebbe dovuti distendere verticalmente. Lei, al contrario, si raggomitolava su se stessa e si metteva in diagonale, relegando Teddy sull'orlo del letto, a rischio caduta ad ogni minimo movimento. Per qualche miracolo, quella notte riuscì a non cadere.
La sera prima Victorire era venuta in camera sua dicendo che aveva avuto un incubo e non voleva dormire sola. La nottata era finita con lei che non aveva dormito sola, ma aveva dormito solo lei.
- Scusami – fu la cosa che biascicò la mattina prima di andare a fare colazione. Teddy, invece, si era rifiutato ed era restato a letto.
Dopo un'ora o due di sano sonno era stato svegliato da Harry.
- Buongiorno campione! - disse sbattendo la porta, provocando un grugnito dal ragazzo – è l'ora di alzarsi.
- Lasciami stare Harry, non ho dormito stanotte – rantolò.
- Ci credo, avevi una donna nel letto.
- Sinceramente, quando penso a dormire con una donna, me la immagino in modo molto diverso.
Harry sorrise, scompigliandogli i capelli – Dai alzati, oggi bisogna andare a Diagon Alley  a prendere la bacchetta!
Se glielo avesse detto in un altro momento, Teddy avrebbe fatto i salti di gioia, ma in quel momento il suo unico desiderio era il letto.
- E' solo un pezzo di legno.
Harry rise – C'è anche Victoire.
- Lei è un pezzo di qualcos'altro – biascicò Teddy, facendo ridere ancora di più il suo padrino.

 

Arrivarono a Diagon Alley tramite il camino del Paiolo Magico.
Odiava viaggiare con la Metropolvere. Anzi, in quel momento odiava tutto. Se non dormiva il giusto era intrattabile.
Naturalmente Victoire era venuta con lui, nonna Dromeda e Ron (che era lì per fare da guardia del corpo), e si comportava come se non fosse successo niente. Per forza, lei aveva dormito.
Dannati i suoi incubi, la volta successiva avrebbe dormito con Fred, oppure il primo incantesimo che avrebbe fatto con la bacchetta non sarebbe stato certo uno per far volare una piuma.
- Teddy, tutto bene? - chiese sua nonna, guardandolo preoccupata.
- Sì – biascicò lui – ho solo dormito poco.
Victoire, che camminava di fianco a Ron, scoppiò a ridere. Cosa aveva da ridere? Teddy non era un ragazzo particolarmente guerrafondaio, ma in quel momento stava per scatenare la Terza Guerra Magica.
- Allora, campione – disse Ron, cercando di spezzare la catena di risposte monosillabiche del ragazzo – contento di andare a Hogwarts?
- Le donne possono entrare nel dormitorio maschile?
- Teddy! - scattò Andromeda scandalizzata, mentre Ron scoppiò a ridere.
- No, mi dispiace.
- Bene allora è un posto bellissimo. Posso andarci in questo preciso istante?
- Dai, Teddì – disse allora Victoire, imitando la pronuncia di sua madre – non essere così scontroso.
Teddy le stava per saltare addosso, ma per fortuna arrivò Hannah.
La moglie di Neville abbracciò Ron e scompigliò la testa di entrambi i ragazzi.
Teddy aveva troppo sonno per avere qualsiasi tipo di reazione, anche se probabilmente quella scompigliata lo aveva pettinato e basta, Victoire, invece, la stava per uccidere;  anche se aveva solo nove anni, sua madre la aveva cresciuta fin da piccola a curare molto il suo aspetto fisico, il che le faceva odiare tutti, Hannah in primis, quelli che osavano metterla in disordine. Stavolta fu Teddy a sorridere.
- Cosa ridi? - squittì lei, mentre si allontanava dal mostro che le aveva distrutto l'acconciatura.
- Niente. Bei capelli! – rispose e Victoire iniziò a passarsi le mani ossessivamente tra i capelli sussurrando in continuazione – Io la ammazzo.
Hannah, intanto, era indaffarata a parlare con Ron e Andromeda.
A Teddy era sempre stata tanto simpatica: la trovava un po' pazza, come suo marito d'altronde, ma fin da piccolo aveva passato molto tempo con lei al Paiolo Magico e lei continuava ad offrirgli Cioccorane.
- Benvenuti signore e signori! - urlò all'improvviso Neville, spuntando da dietro un angolo – cosa vi porta a Diagon Alley?
Ecco, Teddy lo aveva detto che era matto.
Harry quando raccontava di lui da giovane lo descriveva come timido. Ora invece era una persona estroversa, molto estroversa, a volte anche fin troppo. 
- Accompagniamo Teddy a prendere le cose per Hogwarts.
- Davvero? Ho sentito che il professore di Erbologia è un gran bell'uomo!
- Io invece lo trovo proprio brutto – commentò Hannah.
Neville finse di arrabbiarsi, ma si sciolse quando lei lo baciò.
- Ragazzi, dai venite, mia moglie adesso ci offre a tutti un Whisky Incendiario. 
Ron sorrise e prese la mano di Victoire – Forse è meglio se andiamo, non vorrei ubriacarmi proprio quando devo fare la guardia del corpo.
Il sorriso gioviale di Neville sparì.
- E' per i Mangiamorte?
Nonna Andromeda annuì – Ronald ci accompagnerà per tutto il giorno. Non credo che attacchino a Diagon Alley, ma comunque è meglio avere uno dell'Esercito di Silente con noi.
- Non sono una grande protezione – rispose Ron arrossendo.
- Su Ronald – lo rimbeccò subito Andromeda – hai ricevuto un Ordine di Merlino Prima Classe, non è una cosa da niente. Non fare il modesto.
- E hai una carte nelle Cioccorane – intervenne Victoire – zio, tu sei forte!
Ron ormai era diventato un peperone, mentre Hannah e Neville avevano acquistato un sorriso indecifrabile in faccia. Fu Andromeda a mettere fine a quella situazione, prendendo i ragazzi e il peperone e, dopo aver salutato, a portarli dentro il viale di Diagon Alley.

 

Teddy amava Diagon Alley. La associava sempre ai colori, al divertimento e alla famiglia. Ed eccola la sua famiglia, l'unico altro membro ancora in vita.
Lyall Lupin avanzava verso di loro a passo molto veloce. Era un anziano sulla settantina, leggermente ingobbito e molto magro con una grossa pelata sulla testa, contornata da una striscia di capelli sui lati, con gli stessi occhi di Teddy. Ted poteva cambiare il colore, ma si era sempre sentito in pace con quei occhi. Lo facevano sentire vicino a suo papà.
Il nonno procedeva spedito, usando il bastone con cui avrebbe dovuto sorreggersi come uno da passeggio, e arrivò ben presto davanti a Teddy e gli altri.
- Buonasera – disse con tono cerimonioso mentre stringeva la mano a Ron e alla nonna e tirava un buffetto a Teddy e Victoire.
- Ciao Lyall – rispose Andromeda – come vedi ci siamo un po' allargati.
- Ho visto: due Weasley, giusto? A cosa dobbiamo l'onore?
Ron gli sorrise – Sono qui a fare la guardia del corpo. Victoire invece non so bene perché sia qui, sarà perché c'è Teddy!
- Zio! - gridò la diretta interessata, arrossendo violentemente.
Lyall ridacchiò, tirando un'atra pacca a Teddy – Noi Lupin siamo sempre stati dei dongiovanni.
Anche Teddy arrossì. Non sopportava quando gli adulti prendevano in giro lui e Victoire, dicendo che erano innamorati, eppure sembrava che loro ci provassero gusto. E poi non era neanche vero che i Lupin erano dei dongiovanni: suo padre si era sposato a trentasette anni senza aver avuto relazioni precedenti, mentre suo nonno, per far colpo su una ragazza, aveva finto di averla salvata da chissà quale mostro, quando, in realtà, era solo un Molliccio.
- Dai nonno, per favore...
- Non hai dormito stanotte? - chiese Lyall.
- Non tanto.
- Caro ragazzo, si nota. Ogni volta che non dormi sei conciato in questo modo. Vedi ad Hogwarts di andare a letto presto o affatturi tutti.
Teddy sorrise, suo malgrado. Suo nonno sapeva sempre come prenderlo e come comportarsi. Forse dopo un figlio licantropo, poteva gestire qualsiasi tipo di bambino.
- Non sarebbe l'ora di andare? Tra un'ora c'è la pausa pranzo. E dobbiamo ancora prendere tutto – si intromise Ron.

 

Pile di scatoline arrivavano fino al soffitto in uno spazio angusto. Teddy non sapeva bene se quello che stava provando in quel momento era timore o claustrofobia.
Quando gli avevano parlato di Olivander, si era immaginato un negozio enorme con molti commessi, luminoso, lussuoso e ordinato. Mai si sarebbe aspettato una cosa del genere. Il posto era una Tana versione negozio.
Due uomini gli vennero incontro: uno era molto anziano, mentre l'altro era una giovane alto, moro e ben piantato. Appena il vecchio vide Ron, si catapultò a stringergli la mano calorosamente e Ron, ovviamente, arrossì di nuovo.
Quando ebbe finito, si rivolse a Teddy – Signor Lupin, ho avuto il piacere di consegnare la prima bacchetta a suo padre. Cipresso e peli di unicorno, dieci pollici e un quarto, flessibile. Un ragazzo timido, ma dalla bacchetta si poteva capire che sarebbe diventato un grande eroe.
Teddy fece un piccolo sorriso e annuì. Detestava il fatto che tutti gli adulti avevano conosciuto suo padre per anni e lui invece per poco meno di un mese, lasso di tempo che neanche si  ricordava.
- Questo è mio nipote Gilderoy – disse Olivander – ed è il mio apprendista. Per chi se lo stesse chiedendo sì, sua madre è una fan di Allock.
Ron trattenne una risata, come anche gli altri Weasley-Granger-Potter quando sentivano la parola “Allock”.
Iniziarono a cercare una bacchetta per Teddy. Di lui si occupava Olivander in persona, mentre il nipote serviva tutte gli altri clienti.
Dopo una mezzora le scatole di bacchette si accumulavano una sopra l'altra, mentre Teddy stava iniziando a deprimersi.
Centodue bacchette provate in un'ora e mezza e ancora nessun risultato. C'era davvero una bacchetta anche per lui? Poteva succedere che nessuna bacchetta lo volesse? Perché nessuna lo voleva? Forse perché era a metà tra un licantropo e un Metamorfmagus?
Si guardò intorno a disagio. Andromeda e Lyall osservavano la scena incuriositi, Ron sembrava preoccupato, come Victoire che però, appena si accorse che lui la stava guardando, gli fece un sorriso d'incoraggiamento. 
Dopo un altro quarto d'ora anche Gilderoy venne in aiuto.
Passarono molti minuti e un altro centinaio di bacchette furono provate senza alcun effetto. Teddy stava per prendere a testate il bancone, quando il garzone si trovò tra le mani una vecchia scatolina. Era avvolta in una spesso strato di ragnatela, come se fosse stata dimenticata da anni nel negozio.
- Zio – disse, mostrandola a Olivander – questa cos'è?
Il vecchio si illuminò e strappò la scatolina di mano al nipote.
- Non mi ricordavo di questa. Il nucleo è particolare. Me lo aveva mandato Silente trentacinque anni fa. La provi, signor Lupin.
Teddy prese il pezzo di legno di malavoglia e fece l'ennesimo gesto svogliato. Come immaginava, le scatoline iniziarono ad agitarsi senza un senso. Olivander fece una faccia rassegnata.
Le scatoline, volando disordinatamente, si accatastarono nei mobili, ordinate. Teddy non ci poteva credere.
Un sorriso a trentadue denti si aprì finalmente sul volto rugoso del venditore di bacchette.
- Signor Lupin, mi pare di capire che abbiamo trovato la sua bacchetta. Cipresso e peli di lupo mannaro, dieci pollici e un quarto, flessibile.

 

Il cipresso era una pianta di famiglia. Anche sua madre aveva una bacchetta del genere, a detta di nonna Andromeda. Lui ne era felice. Qualsiasi cosa poteva riavvicinarlo ai suoi genitori lo rendeva felice. Fin da piccolo gli avevano raccontato le imprese che i due avevano fatto per proteggere lui e combattere Voldemort, ma mai altro. Lui non voleva chiedere, gli faceva male solo pensare che loro due non c'erano più.  Se li avesse conosciuti meglio, probabilmente avrebbe sofferto di più e basta.
Era una specie di autocontrollo che esercitava fin da bambino, cercando di rendere meno profondo il vuoto che la perdita di papà e mamma gli aveva lasciato.
- Teddy, tutto bene? - chiese Victoire preoccupata, mentre uscivano da Madama McClan.
Lui le rivolese un sorriso triste -Sì, tranquilla, ho solo un po' sonno.
- Non è vero.
Teddy la guardò stupito. Victoire sosteneva il suo sguardo con un cipiglio severo, che la faceva assomigliare un po' a una Ginny con i capelli biondi.
Il contatto visivo si interruppe quando Teddy andò a sbattere contro un ragazzo. Sembrava avere la sua stessa età, era pallido, capelli corti neri e occhi azzurri. Di fianco a lui c'era una donna piuttosto alta, con tailleur e tacchi, dai capelli scuri e lo sguardo gentile.
Teddy si vergognò subito e arrossì tutto, capelli compresi.
- Metamorfmagus? - chiese lui.
Teddy annuì.
- Forte – commentò con un sorriso e poi, chiedendo permesso, passò insieme a quella che sembrava sua madre.
Quando furono abbastanza lontani Andromeda disse – Quella è Astoria Greengrass, la moglie di mio nipote Draco.
- E quello è loro figlio? - chiese Ron – Sembra avere l'età di Teddy.
- No, non è il piccolo Scorpius. Non so chi sia quel ragazzo.
- Malfoy ha chiamato suo figlio Scorpius? Ma è un nome da gufo! - esclamò di nuovo il rosso – Ma come fai a sapere tutte queste cose? Non avevi rotto tutti i rapporti?
- Mia sorella ogni tanto mi scrive una breve lettera. Credo si senta in colpa per la morte di mia figlia.
Teddy sollevò un sopracciglio. Odiava la sua prozia. Non l'aveva mai vista, ma lei e l'altra sua prozia Bellatrix avevano ripudiato e perseguitato la nonna, solo perché aveva sposato un Nato Babbano. E ora si sentiva in colpa per la morte di sua madre? Sinceramente del suo dispiacere non sapeva che farsene.
- Sua moglie è la sorella di Daphne? - chiese di nuovo Ron.
- Sì, ma è la pecora nera della famiglia. Ha litigato spesso con la sua famiglia per le sue posizioni filobabbane. Non so com'era prima della guerra, ma adesso è  una spina nel fianco per i Purosangue.
- Tua sorella ti scrive così tanto?
- No, ma ogni tanto un loro elfo domestico vieni a farmi visita e a raccontarmi le cose.
Lyall sbuffò – Poveri elfi. Non solo li sfruttano, osano anche trattarli male.
Sul volto di Ron si dipinse un grosso sorriso e disse – Dovresti conoscere mia moglie. Andreste molto d'accordo!
Teddy scosse il capo divertito. Il sorriso di Ron quando parlava di Hermione era il più grande che avesse mai visto.

 

- Perché siamo venuti qui? - chiese Teddy davanti alla porta del Serraglio Stregato.
- Io, Ginny, Harry e Hermione abbiamo deciso di regalarti un animale. Scegli quello che vuoi – disse Ron.
Teddy sorrise di nuovo. La cosa più bella di quel gesto non era il gesto in sé, ma quello che gli avevano fatto provare. Di solito era una regalo che la famiglia faceva il figlio.
- Grazie, Ron.
Il negozio era pieno di animali di tutti i tipi: gatti, gufi, civette, barbagianni e via così. Stavano tutti in gabbie e tutti facevano un gran baccano.  Nessuno sembrava particolarmente felice di essere lì, più o meno quanto James quando si trovava nella stessa stanza di Ginny e quindi non poteva far esplodere niente.
Ma la scena più strana di tutte era intorno al bancone. Due muscolosi pelatoni con i baffi a manubrio stavano rincorrendo un grosso corvo, senza riuscire ad acchiapparlo, mentre lui continuava a volare in picchiata su di loro e a beccarli. I due tiravano incantesimi alla cieca, senza guardarsi intorno, tanto che Ron fu costretto a usare un sortilegio Scudo per evitare che Victoire fosse colpita.
- Hey, fate un po' di attenzione! - gridò il rosso ai due energumeni che subito presero a scusarsi. Il corvo, invece, si diresse verso di loro con fare minaccioso.  Lyall e Andromeda  fecero subito scattare la mano alla bacchetta, mentre Ron lo mancò di poco con un getto di luce rossa. Il corvo si buttò in picchiata su di loro e Victoire tirò Teddy a terra, tra le gambe di Ron.
L'uccello ignorò gli adulti e si mise a inseguire loro due. Victoire gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre Teddy tirò fuori la bacchetta, anche se non aveva la minima idea di cosa farsene.
Quando fu addosso ai due saltò su Teddy, che si coprì gli occhi con il braccio. Ma non sentì dolore e, quando aprì gli occhi, vide che era appollaiato tranquillamente sulla sua spalla.
Una donna molto anziana spuntò dal retrobottega, incuriosita dalla situazione.
- Un corvo imperiale irlandese. Sceglie un solo padrone in tutta la sua vita. A quanto pare hai avuto tu l'onore – disse a Teddy, che guardò sbigottito l'animale.
- Teddy, sei sicuro di volere un corvo? - intervenne Ron dopo qualche minuto di silenzio, con tono molto critico.
Il corvo si girò a guardarlo con fare minaccioso.
- Okay, ho capito. Sto zitto.
La donna continuò a guardare Teddy.
- Come vuoi chiamarlo?
Il ragazzo ci pensò un attimo e poi ebbe l'illuminazione - Plenilunio.

 

Non sono tanto conteo di questo capitolo. Fatemi sapere un po' voi cosa ne pensate... Non so tra quanto aggiornerò perché sto cercando di tirare su quattro materie in due settimane, quindi ci metterò un po' forse.
Alla prossima,
Ramo97

P.S.Questa è la definizione che Pottermore da del cipresso
"Il grande fabbricante di bacchette medievale,
 Geraint Ollivander, scrisse che per lui era sempre un onore abbinare correttamente una bacchetta di cipresso al suo proprietario, perché sapeva di trovarsi in presenza di una strega o di un mago che sarebbero morti in circostanze eroiche.Ora, in tempi meno sanguinari, coloro che possiedono una bacchetta di cipresso sono chiamati raramente a sacrificare la propria vita, ma senza dubbio molti di loro lo farebbero, se necessario. Le bacchette di cipresso trovano la loro anima gemella tra i coraggiosi, gli audaci e chi è pronto a sacrificarsi, cioè coloro che non temono di confrontarsi con le proprie ombre e con quelle degli altri."

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Capitolo 5
*** Vecchi luoghi, nuovi obbiettivi ***


Vecchi luoghi, nuovi obbiettivi

 

Harry superò i cancelli di Hogwarts su una carrozza trainata da Thestral. Dopo tanti anni quei cavalli infernali non gli facevano più paura, ma li credeva gli incolpevoli portatori dei dolori della guerra. Quante persone adesso potevano vederli? Più di quelle che avrebbero dovuto. Non avrebbe più permesso che altra gente perdesse i genitori, i figli o i fratelli. Non ci sarebbero più stati altri Teddy, altre Andromeda e altri George. Non ci sarebbero stati altri Harry Potter.
Ora viveva tra convegni, indagini e famiglia, ma un vuoto dentro di lui c'era sempre. Il vuoto lasciato dai suoi genitori, un vuoto che lui, con l'impegno di ogni giorno, cercava di evitare a James, a Albus, alla piccola Lily e a Teddy.
Quanto era simile Teddy a lui? Nessuno dei due si ricordava i propri genitori, tutti e due assomigliavano come gocce d'acqua ad essi e nessuno mancava di ricordarglielo, ricalcando il dolore di non averli mai conosciuti. Ma Remus e Tonks sarebbero stati fieri di loro figlio. Era molto maturo per la sua età, tranquillo, controllato, intelligente e, soprattutto, aveva un grande cuore. Harry si rivedeva molto in lui, a parte il fatto che l'infanzia di Harry era stata un inferno, mentre quella di Teddy era stata, per quanto possibile, felice. E questo non doveva cambiare. Non avrebbe permesso che Voldemort, se davvero era lui, rovinasse altre famiglie. Aveva già fatto fin troppi danni.
La carrozza si fermò.
Una grossa figura famigliare arrivava da lontano. Hagrid. Il guardiacaccia era una delle cose che gli mancavano di più di Hogwarts. Certo, gli mancava tutto (a parte il pericolo costante) di quegli anni, ma da quando aveva iniziato a lavorare aveva trovato difficile vedere Hagrid una o due volte ogni tre mesi. La sua semplicità, la sua gioia e tutto l'affetto che gli aveva sempre dimostrato  avevano lasciato un segno profondo nel suo cuore. Quando Harry lo aveva scelto come padrino per Lily, Hagrid aveva pianto per dei giorni interi.
- Ciao Harry – disse il mezzogigante quando gli fu vicino.
- Ciao Hagrid, tutto bene?
- Abbastanza, gli studi sono molto pesanti, ma sono molto soddisfatto.
Harry, prima di seppellire la Bacchetta di Sambuco nella tomba di Silente, aveva deciso di aggiustare la sua bacchetta e quella di Hagrid. D'estate i suoi colleghi si erano messi a insegnarli le varie materie che aveva perso quando la sua bacchetta era stata spezzata.
- Come te la stai cavando? - gli chiese.
- E' dura, Trasfigurazione adesso me la insegna la professoressa McGranitt. Quando me la insegnava Audrey era più meglio. Però capisco che lei ora ci ha da fare, con due figlie. Già tu che sei papà, ci hai molto da fare, figurati una mamma. Come stanno i marmocchi?
- Tutti bene. James ha una fase ribelle già a cinque anni e Ginny è in guerra aperta con lui. Albus, da quando è nata Lily, sta tutto il tempo con lei. Molly assomiglia molto ad Audrey, mentre Lucy è più musona alla Percy.  Fred è uguale a George, e credo che lui sia molto felice di questo, compensa la mancanza di Fred Senior., invece Roxanne è un misto tra George e Angelina. Rose ha la testardaggine della mamma e del papà.
- Per le mutande di Merlino! - ridacchiò Hagrid – quella ragazza deve essere una bomba. E il fratellino?
- Hugo è nato l'anno scorso come Lily, per adesso dorme, mangia e ride, esattamente come mia figlia e Louis, il terzo figlio di Fleur e Bill. Dominique, la più giovane delle loro figlie, è identica a Ginny, un maschiaccio rosso di capelli, e Fleur non riesce a capire come preferisca il Quidditch ai trucchi. Per fortuna Victoire la soddisfa in questo campo, anche se il carattere è uguale a quello della sorella. Oltre questo, Victoire è ancora cotta di Teddy.
- Ancora? Da quanti anni ormai?
- Non so – sorrise Harry – la sua prima parola è stata “Teddy”, quindi circa otto.
- Teddy mica ci viene ad Hogwarts quest'anno?
- Sì, è il primo in famiglia che viene ad Hogwarts. E naturalmente quando lui va a scuola evadono dei Mangiamorte.
- Credi cerchino lui?
- No, dubito, ma se se lo trovassero davanti non credo si farebbero tanti problemi ad eliminarlo.
- Ci piazzerai tanti Auror qui?
Harry decise non raccontargli tutto. Per quanto Hagrid fosse una bravissimo persona, non era altrettanto bravo a tenere i segreti. Era riuscito a svelare a Voldemort come sconfiggere il cane a tre teste che stava proteggendo la Pietra Filosofale.
- No, non tanti, credo che metteremo qualche incantesimo protettivo in più e aumenteremo le ronde dei professori di notte. Hogwarts è già protettissima dal dopo-guerra.
- C'hai ragione, qualche volta Neville non è riuscito neanche ad entrare per le misure di sicurezza.
Harry scoppiò a ridere – Per quanto possa essere cambiato, è sempre lo stesso.
- L'anno scorso ha lottato con una Pianta Carnivora del Bangladesh. Gli studenti non si sono mai divertiti così tanto da quando c'erano Fred e George.
- Ma quelle piante dovrebbero essere calme finché non vengono attaccare, le usava come sentinelle Rowle  quando lo abbiamo arrestato.
- Non se ci dai da bere del Whisky Incendiario.
Harry sorrise di nuovo – Quel ragazzo sta iniziando ad avere un'insana attrazione per quella bevanda, ormai la mette dappertutto.
- Hannah lo riuscirà a calmare.
- Hannah lo continuerà ad appoggiare, da quando stanno insieme sono diventati matti. Sono di un'esuberanza che neanche i gemelli si sognavano. L'altro giorno, per inaugurare il nuovo look del Paiolo Magico, hanno finto un incendio. E' arrivata la Squadra Speciale Magica e il fuoco si è spento da solo, mostrando il nuovo aspetto del locale. Hermione era furente.
Hagrid allora fu d'accordo con lui – Quei due diventano ogni giorno più strani.
I due, mentre parlavano, erano arrivati davanti all'ufficio della preside. Davanti a questo la McGranitt stava parlando con una giovane donna molto bella, vestita con un tailleur blu chiaro.
- Audrey – la salutò Harry.
La moglie di Percy si girò verso di lui e gli sorrise – Harry! Che ci fai tu qui?
- Sono venuto a incontrare la preside.
La McGranitt sbuffò divertita – Potter, ti ho già incontrato troppe volte da studente, adesso ti devo incontrare anche da Auror?
Tutti risero.
- Ho nominato Audrey Direttrice della Casa di Tassorosso.
- Complimenti! – gridò Hagrid, facendo sobbalzare Harry.
- Ci sarà da divertirsi se Molly finisce a Tassorosso – commentò l'Auror. Audrey e sua figlia, che aveva un anno in meno di Victoire, continuavano a litigare, forse, come diceva Percy, perché avevano lo stesso carattere.
- Spero di no, se non la nominerò prefetto, mi ucciderà.
- E' veramente così scontrosa? – chiese Hagrid
- Con me sì, con Percy è tutta tenera.
Dopo una decina di minuti di amabile conversazione Audrey e Hagrid si congedarono, quest'ultimo proprio quando la McGranitt gli chiese quando avrebbero avutola prossima lezione.
Trovandosi da soli salirono in ufficio.
L'ufficio non sembrava più quello di Silente, pieno di oggetti magici dalle forme più strane, ma era invece molto sobrio, senza fronzoli di alcun tipo.
- Allora, Potter, cosa è successo? - chiese lei accomodandosi dietro la sua scrivania.
- Sono scappati sei Mangiamorte da Azkaban.
- Sono vecchia ma so ancora leggere i giornali. Intendevo, chi c'è dietro? Come hanno fatto a scappare?
Harry sbuffò – Magia potente e Dissennatori. Non sappiamo chi sia il responsabile, ma sospettiamo Voldemort.
La McGranitt annuì pensierosa, tamburellando le mani sull'antica scrivania dei presidi.
- Può essere, anche se è molto improbabile. Purtroppo ho avuto a che fare con Voldemort per molti anni. Non mette in pratica un piano del genere senza già essere molto potente. L'ultima volta che ha fatto evadere la gente da Azkaban era già resuscitato.       
- Quindi sta dicendo che è già molto potente?
Lei scosse la testa – Questo è un caso isolato. Non ci sono stati attacchi ai Babbani e non ci sono state vendette contro i Mangiamorte che hanno tradito.
- Magari gli serve prima un esercito. Adesso che ha fatto evadere i suoi, inizierà a fare le solite angherie.
- Non lo so, mi sembra strano che rischi di trovarsi te e tutti gli Auror contro prima di aver ricreato un esercito. Se è lui deve essere molto disperato.
- Non ne avrebbe motivo, noi Auror non sospettavamo niente.
- Allora è sicuramente qualcun altro. Qualcuno che può permettersi di avere tutto il tuo  ufficio alle costole senza essere intralciato. Qualcuno che ha le forze per sfidare apertamente il Ministero. Ma dal mio punto di vista, se Voldemort fosse appena risorto, terrebbe un profilo molto più basso e avrebbe attaccato te per primo, per agire simbolicamente.
Harry annuì, sperava che la McGranitt smentisse i suoi sospetti. Certo, avrebbe continuato anche a tenere d'occhio la pista Voldemort, ma doveva indagare anche su altro. Non sapeva se prendere bene o male quello che la preside gli aveva detto. Voldemort era un nemico non da poco, ma lui lo conosceva bene e sapeva le su debolezze, mentre se era qualcuno di nuovo, che sicuramente doveva avere un grande potere, aveva un effetto sorpresa che poteva essere micidiale. Doveva capire chi c'era dietro il prima possibile.
- Comunque se ha liberato dei Mangiamorte, io aumenterei le misure di sicurezza qui e al Ministero, oltre a mettere tutte le protezioni del caso nelle case di noi dell'Ordine e nei vari centri abitati.
Harry la guardò e disse – Sì ci avevo già pensato, ho preparato un piano per Hogwarts – e descrisse tutte le nuove misure di sicurezza. La McGranitt si dichiarò d'accordo.
Harry si alzò e le strinse mano. Quando stava per superare la porta dell'ufficio, la preside lo chiamò.
Aveva una lettera in mano e la guardava preoccupata.
- Dovresti aumentare le misure di sicurezze anche sulla casa di questa ragazza – gli disse porgendogli la lettera.  Harry tornò indietro e la afferrò, leggendola velocemente.
Quando alzò la testa, il suo sguardo era sconvolto.

 

La donna avanzò di gran carriera lungo i corridoi di quel castello. Odiava quando lui faceva così. Aveva preso lei, suo figlio e il figlioccio di lui e dalla loro comoda villa si erano spostati in quel castello di pietra in mezzo alle montagne, protetto da tanti incantesimi. Odiava quando suo marito fuggiva. Lo amava, e tanto anche, ma per quanti aspetti positivi lui potesse avere, ne aveva ugualmente tanti negativi. Quello che lei odiava di più, però, era la fuga dal suo passato. Lui aveva una paura enorme di tutto ciò che c'entrava con quello che era successo fino a dodici anni prima e ogni volta che se ne parlava si azzittiva e diventava molto burbero.
Entrò nella biblioteca e si fermò davanti ad una libreria, tirando un libro rosso. Si aprì un passaggio segreto.
Suo marito era seduto su una poltrona, una bottiglia di Whisky Incendiario nella mano destra e una pipa nella mano sinistra. Sul tavolino davanti a lui, c'erano due bottiglie vuote dello stesso superalcolico e del tabacco sparso.
- Draco – disse Astoria, cercando di trattenere la rabbia – come diavolo ti sei conciato?
- Sto bene – borbottò lui.
- Non me ne frega un cazzo se stai bene, Draco! Che esempio stai dando a Scorpius e Bartemius? Sei ubriaco e nascosto!
Suo marito alzò la testa di scatto, gli occhi che trasudavano qualcosa a metà tra disperazione e ira.
- Tu non sai cosa sto provando.
Lei sostenne il suo sguardo – Paura.
- Non è solo paura. Posso essere la causa della morte di tutte le persone che amo.
- E allora chiedi aiuto  al Ministero.
- Noi Malfoy non chiediamo mai aiuto, men che meno al Ministero.
- Voi Malfoy siete tutti dei coglioni. Spero che Scorpius abbia un minimo di coraggio, a differenza vostra.
Draco sembrò sinceramente ferito da quello che aveva detto e cerco di alzarsi, ma ricadde subito sulla poltrona. Astoria si addolcì un poco.
- Draco, stai seduto e dammi quella bottiglia.
Suo marito obbedì.
- Hai ragione – disse asciugandosi gli occhi lucidi – siamo dei coglioni e dei codardi.
- Scusa, ho esagerato... - rispose Astoria. Non voleva peggiorare la situazione.
- Proprio perché sono un codardo vi ho portato qui. Ho paura, è vero. Ho paura di perdere te, Scorpius e Bartemius. Ho paura che quelle persone che ora sono a piede libero vogliano indietro Bartemius. Non voglio rischiare di scontrarmi con loro,  perché se perdessi se lo porterebbero via. E ho paura del mio passato, è vero. Come crescerà Scorpius con il cognome che ha? Come  lo guarderanno? Come guardano te sapendo che sei mia moglie?
Astoria gli accarezzò il volto e lo baciò. Un sapore di alcol e fumo gli pervase la bocca.
- Preferirei essere discriminata mille volte a causa tua che non averti mai spostato. Ogni persona ha il diritto e il dovere di riscattarsi dal male che ha fatto e, da come ti stai comportando con noi, fidati che lo stai facendo.
- Ubriaco, pessimo padre, pessimo marito e pessimo padrino?
- Non sei un pessimo marito, ti amo ogni giorno di più e vedo che cerchi di farmi felice sempre. Bartemius e Scorpius ti adorano e non mi stupisce guardando come li hai cresciuti. Hai donato la felicità a due bambini che sono nati in contesti in cui trovarla è difficile. Tu, Draco, puoi avere tutti i difetti che vuoi, ma sai amare. Adesso, però, è anche l'ora di imparare a reagire. Dobbiamo vivere la nostra vita, senza farci spaventare da dei fantasmi.
- Ma ci cercheranno.
- E allora vorrà dire che prenderemo le adeguate misure di sicurezza.
- Del tipo?
- Hai ancora quella villetta a Diagon Alley?
Draco annuì.
- Andiamo lì.
- C'è troppa gente ed è troppo piccola.
- Potter avrà sicuramente messo delle misure di sicurezza molto selettive. Siamo in tre in  una villetta, io ci ho vissuto in quattro quando ero piccola e come vedi non sono morta.
- Ma ti sei sposata un coglione – aggiunse lui con un sorriso.
- Ognuno fa degli errori nella vita – ribatté lei divertita, facendo allargare ancora di più il sorriso a suo marito – qualcuno, a parte me, sa di quella casa?
- Nessuno, mi serve per dormire quando vado a comprare manufatti di Magia Oscura. Anzi, è intestata con un nome falso.
- Perfetto. Smaltisci la sbronza in fretta che domani partiamo.

 Ciao a tutti, sono tornato. Lo studio è quasi finito e da inizio giugno dovrei aggiornare con più velocita. In questo capitolo è stato introdotto il penultimo protagonista di questa FF. 
Quindi i protagonisti sono Harry, Draco e soprattutto Teddy (più un altro che verrà svelato successivamente), mentre i secondari più importanti sono Victoire, Ron, Hermione, Ginny, Dean e Astoria.
Colgo l'occasione per ringraziare chiunque segue/legge/recensisce questa mia FF. Naturalmente se mi lasciate qualche recensione in più non mi offendo :)

Alla prossima,

Ramo97

 

 

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Capitolo 6
*** Grandi e vecchie famiglie ***


Grandi e vecchie famiglie

 

- Siediti – disse George.
Appena il gemello era tornato a casa, lo aveva chiamato e lo aveva portato nella sua stanza. Ora lui stava seduto dietro  la scrivania e Teddy davanti. In mezzo a loro, sul tavolo, si trovava un sacchetto di carta.
- Teddy, Teddy, Teddy...
- Che vuoi zio? - chiese preoccupato. Era l'unico Weasley che aveva chiesto esplicitamente di essere chiamato zio.
- Oh niente, ti voglio insegnare come rendere divertente la tua istruzione magica.
Teddy ora era davvero molto preoccupato. A quanto ne sapeva, George e il suo gemello Fred erano stati una spina nel fianco per tutti i professori nei loro sette anni di scuola. Questo significava che se George voleva insegnarli come divertirsi a scuola, certo non glielo stava insegnando nel rispetto delle regole.
- Dai non essere noioso come Hermione – disse George, capendo cosa stava pensando – le regole e Gazza a Hogwarts sono come i Cannoni di Chudley: inutili.
Teddy alzò un sopracciglio e guardò  il sacchetto davanti a lui.
George lo rovesciò e due fogli caddero sul tavolo. Ne prese uno e lo mostrò a Teddy.
- Questa è una cartina fatta da me con tutti i passaggi segreti di Hogwarts. Sto studiando quella di Harry per riuscire a imitarla, ma per adesso dovrai tenertela così. - appoggiò la cartina e prese un altro foglio – questo invece è un permesso per avere tutto quello che vuoi dal mio negozio. Non deludermi, mi raccomando. Se non becchi minimo due punizioni all'anno ti diseredo.
- Zio tu non puoi diseredarmi, non sono nel tuo asse ereditario.
- Questi sono dettagli inutili, ti ci metto apposta per diseredarti.
La porta sbatté ed Hermione entrò.
- E' pronto! George, che stai facendo!? - disse, strappandogli di mano il foglio – Oddio! Lo sai che i tuoi prodotti sono vietati ad Hogwarts!
- Invece entrare in un luogo espressamente vietato con a guardia un cane a tre teste non lo è? - rispose il gemello con un sorriso gelido.
- Era una situazione molto diversa!
- Ne sono certo. E far evadere dalla torre un ricercato?
- Era innocente!
- Sposarsi Ron?
Hermione lo guardò stranita – Che vuoi dire?
- Non ti sembra illegale sposare Ron? Secondo me è da bacio del Dissennatore.-
- Ma sarà illegale sposare te!
- E già, sono talmente bello che potrei uccidere.
- Ma piantala, non ti permetto di dare a Teddy quella cosa.
- E se lo facessi cosa mi faresti, di grazia? - chiese George, guardandola con aria di sfida. La cognata rispose con un cipiglio severo.
- Mando una squadra a controllare il tuo negozio.
- Intendi una di quelle squadre che il mio negozio veste ogni giorno?
Hermione sbuffò e uscì.
- Rovina sempre la festa. Se mai diventerai prefetto, ti farò un corso su cosa non fare, ovvero ti descriverò Hermione al mio settimo anno.
Teddy sorrise. Hermione aveva detto la stessa cosa che la sua coscienza gli stava dicendo da tutto l'incontro con George. Quindi bisognava ignorarla.
- Le prendo.
- Oh bravo, questo è il mio nipote acquisito preferito!

 

Tutta la famiglia era seduta lungo una tavola rotonda in giardino. Ad un certo punto era stata comprata perché la tavola stava diventando talmente tanto lunga che le persone da una parte all'altra del tavolo non riuscivano a sentirsi. Ora invece tutti vedevano tutti.
Teddy stava seduto tra Fred e Victoire, come al solito. Era stanchissimo e mangiava lentamente il cibo perfetto che Molly anche quella sera aveva preparato, mentre gli adulti discutevano di lavoro e Quidditch. Sarebbe sembrata una normalissima cena di famiglia se non fosse stato per le facce dei grandi. Hermione era sul punto di crollare addormentata da un momento all'altro, Ron era scuro in volto, Percy era più musone del solito e anche Audrey era priva del suo solito sorriso. L'unico che aveva un minimo di allegria era George, che stava cercando di far sorridere sua moglie, che gli rispondeva con un sorriso triste. Gli altri avevano tutti uno sguardo indecifrabile. Harry non c'era, Ginny aveva detto che era ancora al lavoro e avrebbe fatto tardi. Teddy sapeva che i grandi volevano nascondere ai bambini qualcosa, e anche Victoire  e Fred lo avevano capito.
- Credono seriamente che ci arrenderemo così? - chiese Fred quando i tre si trovarono soli dopo il pranzo.
- E' da quando sono scappati quei Mangiamorte da Azkban che sono così - annuì Teddy , guardando fuori dalla finestra Molly ed Hermione che finivano  di pulire il tavolo. I movimenti delle loro bacchette non erano fluidi come al solito, ma netti e frustrati.
- Siamo in pericolo, credo sia per questo. Conoscono gli evasi e probabilmente non vogliono più averci niente a che fare. Ho sentito che due di quelli hanno torturato fino alla pazzia i genitori di Neville - rifletté ad alta voce Victoire.
L'altro Weasley scosse la testa - Sono cinque o sei contro tutto l'Ufficio Auror. Capisco che possano essere ansiosi, ma prima di pranzo mi sono messo ad origliare un po' zio Ron e zia Ginny e stavano parlando di prepararsi ad una guerra. Non credo che sei persone riescano a fare guerra all'intero Minstero. Poi non so, ho nove anni, non ho sicuramente la ragione in tasca.
A nove anni i bambini solitamente giocavano con i giocattoli, pensò Teddy, non facevano certo discorsi su gente torturata e guerre imminenti. Ma la loro famiglia era così, cresciuta tra il dolore e una gloria involontaria, non poteva essere definita in alcun modo normale.
- Io un po' mi ricordo quando c'erano ancora dei Mangiamorte latitanti, non erano così preoccupati - disse, risvegliandosi dai suoi pensieri.
- E allora cos'hanno? Non ce lo diranno mai - ribatté la bambina.
- Nessuno ha mai pensato che ce lo diranno, cuginetta - sorrise Fred - per questo lo scopriremo da soli.
Il rosso si diresse verso il suo letto e recuperò, da sotto di esso, una scatola di legno.
- Ho sempre gli strumenti del mestiere con me - disse alzandola.
Victoire guardò il cugino con sufficienza - Cos'è quella roba?
- Questa "roba", Victoire, è il paese dei balocchi. Grazie a questa ascolteremo ciò che loro si stanno dicendo di là.
-  Avranno lanciato un Muffliato, non riusciremo mai a sentirli - commentò critico Teddy.
Fred guardò i due amici e sbuffò - Dilettanti. Noi entreremo dentro la stanza. Semplice, no?
- Come bere un bicchier d'acqua, cugino. Entriamo in cucina e che diciamo: "Ciao siamo qui per bere un bicchier d'acqua e origliare un po'"?
- Victoire, quanto sei pessimista. Basta attraversare il pianerottolo. - disse Fred, prendendo in spalla la scatola e avviandosi nella camera davanti.
La aprì con un calcio e i tre entrarono. Trovarono James annoiato, sdraiato sul letto a guardare il soffitto.
Era l'unico che aveva il lusso di dormire da solo in quella casa, forse perché nessuno voleva avercelo in camera. Appena vide Fred con un saltò gli si parò davanti.
- Fred! Fred! Cosa ci fai qua?
- Sono in missione, Jamie.
- E anch'io partecipo a questa missione?
- Certamente! Tu hai un compito fondamentale!
- Quale?
- Andare fuori a fare da palo.
Victoire e Teddy si guardarono e si trattennero a stento dallo scoppiare a ridere.
Il bambinetto di quattro anni si mise sull'attenti e fece il saluto militare - Agli ordini, Comandante Supremo!
Teddy fischiò divertito - Perché lo chiami così?
Fred  ridacchiò - Gliel'ho detto io. Bene, soldato, prendi questa Caccabomba e vai fuori. Se arriva qualcuno tiragliela addosso.
James fece di nuovo il saluto militare e uscì sbattendo la porta.
- Allora, Comandante Supremo - chiese Teddy con evidente ironia nella voce - cosa vuoi fare?
Fred aprì la scatola di legno e tirò fuori un lungo pugnale appuntito e si mise a scavare nelle assi di legno.
- Stai facendo troppo rumore - sibilò Victoire - ci scopriranno!
- Tranquilla, questa è camera di James, sono abituati a sentire rumore da questo posto.
Quando ebbe finito tirò fuori dalla scatola delle Orecchie Oblunghe.
- Ma se le caliamo le vedranno - protestò Victoire.
Fred sbuffò - Per favore, Victoire, stai zitta. Queste sono il nuovo modello, sono molto più potenti. Basta inserirle in questa fessura.
La inserì ed iniziarono ad ascoltare.
- Hermione - stava dicendo Ron - la situazione è critica e tu ci dici di stare calmi!?
- Sì, infatti - rispose George - e poi ce lo stai dicendo proprio tu, prima stavo dicendo una cosa a Teddy e ci hai subito aggredito.
- Tu stavi preparando Teddy a farsi sospendere! - ribatté la diretta interessata.
- COSA!? - urlò Andromeda.
- Non ascoltare Hermione, dice palle! -
- SILENZIO! - urlò alla fine Ginny e silenzio fu.
Teddy sorrise.  George aveva appena evitato un linciaggio da parte di sua nonna.
- Vogliamo calmarci un attimo? - continuò la rossa al piano di sotto - Ora. Quello che voleva dire Hermione è che la McGranitt ha detto che può anche non essere Voldemort.
La voce di Bill la interruppe - Non possiamo vivere di condizionali, sorellina.
- Lo sappiamo tutti che Voldemort è tornato - borbottò di nuovo Ron.
Teddy, Victoire e Fred si guardarono spaventati. Fin da piccoli erano cresciuti sentendosi raccontare il male fatto da quell'uomo e non volevano finirci in mezzo anche loro. Teddy era il più colpito di tutti. Suo papà e tutti i suoi amici d'infanzia, sua mamma e suo nonno erano morti per colpa di quell'uomo. Sentì salire le lacrime. Non voleva che fossero morti invano.
Al piano di sotto qualcuno bussò alla porta.
Si sentirono alcuni passi e qualcuno la aprì.
- James, che ci fai qui? - chiese Ginny dubbiosa.
- Ciao mamma - disse lui con una vocina angelica - devo fare un regalo a zia Fleur.
Si sentì la corsa di James e il rumore di qualcosa di lanciato, poi l'urlo di Fleur e la risatina del piccolo Potter che si allontanava correndo. La puzza di cacca salì attraverso il buco per le Orecchie Oblunghe.
Fred urlò - Dannazione James! E' sempre il solito! Non ha un minimo di pazienza!
Victoire lo seguì a ruota - Ha tirato una Caccabomba a mia mamma!
Fred prese la scatola e si mise a correre, incoraggiando i due a seguirlo, prima che Ginny scoprisse anche loro.

 

Jane si stava per addormentare, mentre tornava in auto. Suo marito era al volante, con indosso la tuta della squadra di rugby in cui giocava. Quando era rimasta incinta di lui aveva sedici anni, mentre lui quasi diciotto. I suo genitori si erano inviperiti, mentre quelli di suo marito le erano state vicino tutto il tempo. Persone strane. Affabili ma terribilmente strane.
Quando lui era arrivato alla sua scuola, lei era il capo delle cheerleader, mentre lui era un campione di arti marziali e, in poco tempo, il giocatore più promettente della squadra di rugby.
Subito era entrato nel circolo dei più popolari della scuola, anche se non era troppo sveglio, e dopo due settimane Jane se lo era portato a letto. Non perché le piacesse, anzi, lo credeva uno scemo di prim'ordine, ma soltanto per aggiungerlo al suo palmares di conquiste sessuali. Ma il preservativo si era bucato.
Jane si riteneva fortunata nella sua sfortuna. Avrebbe potuto essere ingravidata da quel cretino di Jonathan, che ora si trovava in carcere, mentre prima offriva champagne a tutti almeno due volte al giorno, oppure di Tobias, che era attualmente ricercato per una truffa da miliardi di dollari.
Invece suo marito aveva preso le sue responsabilità e la aveva sostenuta durante la gravidanza. Se non si fosse dimostrato così vicino, avrebbe abortito senza alcun dubbio. Ora, invece, avevano Annie.
Suo marito era cambiato tanto: era dimagrito, gli erano cresciuti i capelli e aveva una struttura muscolare ben definita. Era diventato un giocatore di rugby professionista, capitano dei London Irish e della Nazionale Inglese di Rugby. Lei, invece, si era laureata in Medicina e ora era primaria di Pediatria.
La loro vita correva avanti ordinaria e felice, imparando ad amarsi l'un l'altra. Poi era arrivata quella lettera. Suo marito era parso molto preoccupato quando la lesse per la prima volta e aveva passato tre ore al telefono con i suoi. Jane, invece, era stranita ma felice. Se sua figlia era una maga poteva essere solo un bene. Da quel giorno suo marito era stato in silenzio, immerso in pensieri che Jane non riusciva a leggere.
- Che pensi? - gli chiese, tirandosi su dal finestrino su cui prima era accovacciata.
- Niente - borbottò lui.
- Ti ho visto oggi come giocavi. Di solito sei sempre pulito, oggi invece hai sfondato sette zigomi.
- Era l'adrenalina della partita.
- Non è vero, quella era violenza allo stato puro. Hai fatto apposta, ti conosco.
Suo marito non rispose e tirò fuori il telecomando per aprire il cancello della loro villa.
Era molto grande la loro casa, comprata dopo anni di risparmio e adornata di molti alberi. Avanzarono lungo il viottolo ciottoloso e parcheggiarono l'auto davanti alla casa.
Mentre si dirigevano verso la porta a Jane sembrò di sentire strani rumori. La stanchezza le giocava brutti scherzi.
Entrati in casa cacciò un urlo. Un uomo li aspettava all'ingresso.
Suo marito fece per attaccarlo, ma lui disse molto tranquillamente - Calmi, Babbani, vengo in pace.
Alla parola Babbani suo marito si fermò, stupito.
- Chi è lei? - chiese Jane, affiancando il marito.
- Mi chiamo Dean Thomas, vice-direttore dell'Ufficio Auror, presso il Ministero della Magia. La mia squadra è qui per lanciare degli incantesimi protettivi sulla casa. Il mio capo vi aspetta in soggiorno.
Jane restò basita. Com'erano riusciti ad entrare? I sistemi di sicurezza erano i più all'avanguardia tra quelli in vendita. Ma erano maghi, di un ufficio speciale del Ministero della Magia. Era un Ministero nascosto al pubblico dal Governo?  Gordon-Brown poteva benissimo averlo fatto. Era un maestro nell'arte del muoversi dietro alle quinte.
Procedettero lungo il corridoio ed entrarono in salotto. Un ragazzo si alzò da una delle poltrone e si diresse verso di loro. Portava jeans, giacca e camicia, cosa che, insieme agli occhiali tondi, lo faceva sembrare un bravo ragazzo. I capelli neri erano spettinati, mentre una cicatrice a forma di saetta torreggiava sulla fronte.
- Ciao Big D - disse il ragazzo a suo marito, usando il soprannome che gli davano tutti da ragazzo - ti vedo cambiato.
- C-ciao H-harry - rispose Dudley.
Il ragazzo chiamato Harry tese la mano verso Jane.
- Salve, sono Harry James Potter, direttore dell'Ufficio Auror e cugino di suo marito. E' un piacere conoscerla.

 

- Dudley, non sapevo avessi cugini...
- Non dubito - disse Harry, amareggiato - non sono mai stati fieri di me.
- Io sono fiero di te - disse il diretto interessato - mi vergogno di come ti abbiamo trattato. Ce ne vergogniamo tutti.
- Anche gli zii? - chiese Harry, evidentemente sorpreso.
Jane non capiva. Perché gli adorabili Petunia e Vernon avrebbero dovuto vergognarsi di lui?
- A mia mamma manchi, io e lei usciamo sempre insieme il giorno del tuo compleanno a festeggiarlo. Lo abbiamo capito appena ce ne siamo andati da Privet Drive. Papà sembra averti rivalutato quando la piccola Annie ha ricevuto la lettera.
- Nemo propheta in patria - commentò in modo enigmatico Harry.
- Mi spiegate cosa è successo? - chiese seccata Jane. Odiava quando le persone parlavano ignorandola.
- I miei genitori sono stati ammazzati da un Mago Oscuro, quando ero piccolo - iniziò a raccontare Harry - e lui morì cercando di uccidere anche me. Allora i maghi hanno preferito farmi crescere con i miei zii Babbani (non maghi). Il problema era che mi hanno sempre maltrattato perché ero "diverso". Non sai quante storie mi hanno fatto prima di farmi andare ad Hogwarts. Poi il Mago Oscuro è resuscitato e allora è iniziata una nuova guerra. Ci siamo detti addio appena prima della fase più cruenta.
- Quanti anni avevi quando hai fatto quella guerra?
- Dai quattordici ai diciassette anni - rispose Dudley - ha vissuto in clandestinità, ha visto morire molti amici. Lui in persona ha sconfitto il nemico.
Harry lo guardò, scioccato.
- Come fai a sapere tutte queste cose?
- Ascoltavo con Dedalus Radio Potter.
- Ah.
Jane osservò il cugino di suo marito. Sembrava davvero colpito e, forse, imbarazzato. Non doveva essere uno che si gloriava delle gesta fatte, ma sembrava soltanto un uomo con un grande senso del dovere. Anche Dudley era imbarazzato, molto più di Harry. Si continuava a guardare i piedi, e alzava solo ogni tanto gli occhi per poi riabbassarli quando Harry lo guardava.
- Perché stanno mettendo degli incantesimi protettivi sulla nostra casa? E come avete fatto ad evitare la babysitter?
Jane sperò che non avessero fatto male a Julie, la giovane che badava ad Annie quando loro non c'erano. Era una gran brava ragazza, anche se la conoscevano da due o tre mesi.
- Julie? Ha finito l'addestramento l'anno scorso, è stata piazzata in questo quartiere perché sono molti i bambini con poteri qui. Lei li tiene d'occhio. Gli Auror sono un misto tra polizia, squadre speciali e servizi segreti. Stiamo proteggendo la vostra casa perché sono evasi sei Mangiamorte, ovvero i seguaci del Mago Oscuro che ha ucciso la mia famiglia, chiamato Voldemort. Può darsi che possano attaccare anche voi e vostra figlia.
Jane si sentì svenire.

Ciao a tutti, sono tornato! Promosso senza debiti quindi posso dedicarmi di più alla scrittura. Il personaggio di Anne "Annie" Dursley è forse un po' mainstream, ma ho sempre immaginato questa storia per lui. Ringrazio chiunque abbia recensito e tutti quelli che seguono, preferiscono ecc ecc. Se fate una recensione non mi offendo.

Adelante,

Ramo97 

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Capitolo 7
*** I preparativi ***


I preparativi

 
- Tieni quel dannato corvo lontano da me, Harry - disse Ron appena il suo amico gli appoggiò la gabbia di Plenilunio vicino. Il corvo gracchiò infastidito.
- Nemmeno lui sembra tanto contento di vederti - ridacchiò il suo amico, facendo sorridere anche Teddy.
Quella mattina gli Auror avevano dichiarato ufficialmente tutte le case dei membri dell'Ordine "in sicurezza" e avevano autorizzato il loro rientro. Teddy era riuscito finalmente a rientrare a casa sua e a preparare la valigia. La sera erano arrivati anche Ron ed Harry a dargli una mano.
Più che dargli una mano avevano giocato per mezzora a tirarsi i vestiti di Teddy l'un altro come due bambini, lasciando basito il ragazzino, poi, da un momento all'altro avevano deciso che era il momento di iniziare a preparare seriamente la valigia.
Se Teddy fosse rimasto da solo, probabilmente ci avrebbe messo di meno e sicuramente Plenilunio non avrebbe fatto tutto il casino che aveva fatto.
Ron non doveva stargli per niente simpatico, mentre con Harry era calmo e si lasciava trattare con tranquillità.
Ron scese a portare giù il baule mentre Harry si sedette sul letto con Teddy.
- Perché quel corvo? Ron sostiene che ti ha assalito e secondo lui adesso ti tiene sotto ricatto.
Teddy scoppiò a ridere.
- Certo che ne ha di fantasia.
- Deve trovare un capro espiatorio per la sua preoccupazione.
Teddy lo guardò interrogativo - Preoccupazione?
- Per te. Ron è sempre stato molto strano nell'esprimere i suoi sentimenti, ma ti vuole un bene dell'anima.
- Davvero? Non credevo si preoccupasse così tanto per me da accusare un corvo.
Stavolta a ridere fu Harry.
- Siamo cresciuti tra le morti, noi due. Tu, invece, sei stata una nascita. Quando io, Ron ed Hermione  abbiamo saputo che eri nato, eravamo in piena guerra ed era appena morto un nostro amico. Tu hai rallegrato quel momento. E starti dietro fin da piccolo è stato sicuramente un grossa distrazione. Poi Ron è sempre stato un po' impacciato con i bambini, tu lo hai aiutato a sviluppare il suo rapporto genitoriale. Senza di te Hermione probabilmente avrebbe dovuto fare da unica genitrice per Rose per un paio d'anni.
Teddy sorrise.
- Hermione mi ha detto di te e George - continuò Harry.
Teddy sbuffò - Quindi mi sgriderai.
Il suo padrino gli passò una mano lungo le spalle - Non potrei essere tanto credibile. Ho infranto tante di quelle regole in quella scuola che solo mio padre, Sirius, Fred e George hanno fatto peggio. Più che altro, promettimi una cosa.
- Dimmi.
- Se ci saranno situazioni di pericolo non uscire la notte. E non farti mai beccare dal tuo professore di Difesa contro le Arti Oscure, lo conosco, non è una persona tanto permissiva.
Teddy annuì - Va bene.
Harry non si era mai arrabbiato con lui, ma aveva sempre avuto quel tono di paternale amicizia che lui adorava. Avere lui come padrino lo aveva aiutato a non sentirsi così solo, quando nei suoi primi cinque anni di vita Andromeda piangeva ogni notte nel silenzio della casa. Grazie a lui aveva accettato di essere orfano.
- Ragazzi - disse Andromeda, entrando silenziosamente dalla porta - giù la cena è pronta, Hermione e i suoi figli sono già arrivati. La tua famiglia sai quando arriva?
Harry guardò il suo vecchio orologio e sorrise ad Andromeda - Dovrebbero essere qui a breve, hai bisogno di aiuto per qualcosa?
- Andate a fare compagnia a Ron di sotto.
- Perfetto. Teddy, andiamo a far compagnia a pel di carota.

 

*

 

Ginny arrivò dopo pochi minuti che erano scesi, portando in braccio Lily e tenendo stretto per il braccio James.
Harry, appena lo vide, si alzò e gli andò incontro.
- Jamie, cosa hai fatto stavolta? - chiese sconsolato al figlio. Teddy dovette trattenersi molto per evitare di scoppiare a ridere.
- Ma niente, babbo, ho solo bruciato un paio di tende.
- Perché hai bruciato un paio di tende?
- Ma sai, sono quelle gialle di mamma, mi hanno sempre fatto schifo.
Ginny gli rivolse uno sguardo di fuoco e disse, con un tono di voce insolitamente acuto - Victoire, porta tuo cugino James a lavarsi le mani. Subito.
Da dietro di lei spuntò Victoire, che sorrise timidamente a Teddy e prese James per mano.
- Dai Jamie, andiamo.
Quando si furono allontanati Ginny sbuffò rumorosamente.
- Non so da chi ha preso James, ma in un'altra vita mi sa che ero Voldemort, per meritarmelo.
Harry si avvicinò e la abbraccio da dietro, mentre Ron e Teddy si guardavano insistentemente cercando di non scoppiare a ridere. Era ovvio da chi aveva preso James, e certo non si parlava di Harry.
- Ma come ha fatto a bruciarle? - chiese Hermione, spuntando da dietro una spalla di Ron.
Se fosse stato Ron a fare quella domanda, Teddy era sicuro che Ginny lo avrebbe impilato di nomi, ma, visto che a farla era stata Hermione, si beccò solo un'occhiataccia, subito seguita dalla risposta.
- Uno di quei cosi che ha mio padre, quella roba Babbana per accendere il fuoco, acciarini.
- Accendini - corresse Harry.
- Sì, quei cosi lì. Giuro che a mio padre gliela distruggo tutta quella roba.
Ron fischiò - Allora è proprio una caratterista delle donne Weasley, l'odio verso le cose dei Babbani.
- Invece una mia caratteristica unica è l'odio verso di te, Ronald - ribatté la sorella.
Ron si scurì e le mandò un'occhiataccia che lei ignorò bellamente.
- Al lavoro tutto bene? - chiese con disinvoltura Hermione, cercando di cambiare argomento.
Dallo sguardo di Ginny parvero uscire fiamme.
- Ho dovuto accompagnare Rita Skeeter a fare un articolo sul gossip nel Quidditch. Il suo non è giornalismo, è insana invenzione. Mi sa che darò a Viktor Krum il suo indirizzo. Sarà abbastanza vendicativo: quella megera ha tirato di nuovo in mezzo il discorso Hermione, inventandosi una relazione segreta tra i due.
Ron arrossì - Io la ammazzo.
- Mettiti in fila, Ron, prima ci sono io - ribatté sua moglie, con uno sguardo che terrorizzò Teddy.
James scese le scale di corsa urlando - Mamma, mamma!
Ginny alzò gli occhi al cielo, disperata - Dimmi.
- Mi perdoni? - le chiese il piccolo, abbracciandole una gamba.
- Ti ho già perdonato.

 

*

 

- E' fantastica questa zuppa, Andromeda - disse Harry, mentre chiamava con la bacchetta la zuppiera per riempirsi di nuovo il piatto, che aveva finito dopo neanche un minuto, imitato, da buoni figli, da James e Albus. Teddy sorrise. Sapeva che quei tre stavano sbafando tutto perché a casa loro non avrebbero mai mangiato così. Ginny sapeva cucinare, il problema è che aveva poco tempo e si mangiava bene solo quando non c'erano partite di Quidditch durante l'estate, ma quell'anno Ginny aveva scritto un libro e quindi la famiglia Potter aveva dovuto vivere a suon di toast.
- Grazie, Harry - sorrise la nonna. Era felice quando quella casa si riempiva, come Teddy. Di solito erano sempre loro due a cercare di colmare gli spazi che quel posto, troppo grande e vuoto,  lasciava.
- Lo stai facendo di nuovo - gli sussurrò Victoire in un orecchio.
- Cosa? - rispose lui, guardando l'amica.
- Ogni tanto ti isoli e ti metti guardare gli altri, sembra che analizzi la situazione dall'esterno.
Teddy sorrise. Non sapeva che dire.
- E' vero, mi diverte, a te no?
- A me diverte la tua faccia. Sembri un gatto prima di attaccare.
Teddy alzò un sopracciglio e sorrise.
- Se lo dici tu...
- Oggi ho incontrato Luna - disse ad un certo punto Hermione, ignorando i bisbigli dei due ragazzi.
- Che lavoro fa adesso? - chiese suo marito, più interessato sull'arrosto appena servito che sulla sorte della sua amica.
- E' a capo di un'organizzazione di ecologisti - disse Ginny - spesso sento suo marito Rolf  per lavoro. E' un magizoologo, mi aiuta con le mascotte delle varie squadre.
- E' incinta.
A Harry cadde la forchetta di mano. Ron iniziò a tossire convulsamente. Victoire fece una faccia schifata. Ginny fece un sorriso enorme.
- Che bella notizia! - squittì la rossa, mentre il fratello beveva freneticamente dell'acqua per evitare di soffocarsi.
Appena la sua vita fu salva commentò - Lunatica Lovegood sta per avere un figlio? Ma siamo sicuri che non ci sia una legge che impedisce questo tipo di cose? Non glieli possono requisire!?
- Ronald! - urlarono insieme Ginny, Hermione e Andromeda.
- No, vi prego. Lo zio ha ragione, è una tortura per dei bambini - aggiunse Victoire, con il ripudio che gli usciva dagli occhi.
- Victoire! - strillarono di nuovo le tre, mentre Harry, Ron e Teddy si scambiavano occhiate e ridacchiavano. Victoire odiava Luna. In primo luogo, perché ogni volta che la vedeva le scompigliava i capelli. In secondo, per come si vestiva. In terzo, Fleur odiava Luna per gli stessi motivi di Victoire e ciò gliela faceva odiare ancora di più.
- Ma Luna è la madrina di Lily? - chiese James, interessandosi alla conversazione.
- Sì - gli rispose suo padre.
- E' una rincoglionita, spero che la cicogna non le porti niente e resti cicciona tutta la vita.
- JAMES! - ruggì Ginny - CHI TI HA INSEGNATO QUELLE PAROLE!?
- Lo zio George - rispose il figlio con tutta calma. Ormai era abituato a sentire sua mamma che gli urlava addosso.
- Io sono felice per Luna! - commentò Albus, che solitamente stava zitto - è brava e simpatica. Sarà una buona mamma.
- Oh Albus, per fortuna ci sei tu - commentò la madre baciando sulla fronte il figlio, mentre James lo guardava malissimo.

 
*

 

- Secondo me dovresti cambiare colore dei capelli per andare ad Hogwarts - disse Victoire, sdraiata sul letto di Teddy. Dopo cena loro due erano saliti, mentre gli adulti e i loro figli erano rimasti di sotto.
- Perché?
- Non so, secondo me devi far vedere che sei diverso. E poi credo che possa servire a ricordarti di noi.
- Ma se ho sempre portato i capelli castani da quando ne ho memoria!
- Nessuno di noi ha mai voluto che tu li tenessi castani.
In effetti aveva ragione. A Ron non era mai piaciuto che lui usasse così poco il suo potere da Metamorfmagus, mentre Victoire e James avevano sempre chiesto che fossero blu.
- Mi mancherai lo sai, vero? - disse Victoire.
- Anche tu - sorrise Teddy - Blu, quindi?
La sua amica scoppiò a ridere - Vedo che capisci in fretta.
- Mi stai condannando, lo sai? James mi tirerà i capelli fino ad avere il mio scalpo.
Victoire rise - Te lo meriti tutto. Mi lasci da sola insieme a Fred.
I capelli di Teddy divennero di un blu lucente.

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Capitolo 8
*** La partenza ***


La partenza

 
Bartemius si svegliò di malavoglia quella mattina. Da quando vivevano in clandestinità, la vita faceva più schifo di quanto già normalmente gli faceva. E ora era anche il giorno di andare a Hogwarts.
Merda, pensò, senza la minima voglia di alzarsi dal letto. Non voleva andarci. A quanto pareva nel mondo magico tutti si scioglievano all'idea di andare ad Hogwarts, del tipo "Yeah! Adesso vado in un posto dove centinaia di persone sono morte o schiavizzate da un Mago Oscuro. Però io mi divertirò e tirerò tante Caccabombe". Invece quella di Bartemius era "Mi linceranno di sicuro". E tutto per colpa del suo cognome.
Le colpe dei genitori non avrebbero mai dovuto ricadere sui figli, ma nel suo caso le colpe di suo padre erano ricadute su di lui. E per fortuna c'era il suo padrino.
Draco era stato come un padre per lui e lo capiva, lo capiva benissimo. Era stato nominato suo padrino da Lord Voldemort in persona per gioco, sconfiggendo la flebile opposizione di suo padre. Lo volevano sfottere. Volevano dirgli che l'unica cosa che era capace di fare era badare a dei bambini, visto che i Malfoy erano diventati gli zimbelli di tutti. E avevano ragione. Draco gli aveva dato un'infanzia felice, ma era comunque un'infanzia vissuta solo nel suo nucleo famigliare. Non aveva mai avuto rapporti con persone esterne alla famiglia, a parte gli infermieri del San Mungo che curavano sua madre da quando era impazzita.
- Barty - disse Draco da oltre la porta - sei già sveglio?
- Sì - biascicò con la bocca impastata il suo figlioccio.
- Allora scendi, che abbiamo preparato la colazione.
Svogliatamente Bartemius si alzò dal letto e recuperò la felpa, sulla sedia davanti alla scrivania.
Passare dalla gigantesca villa di Draco, a un castello e infine a una villetta nascosta a Diagon Alley era stata una grande differenza. Ora non poteva girare per due stanze che era sicuro di trovare il suo padrino, Astoria o il piccolo Scorpius impegnati a fare qualcosa. Aveva bisogno della sua solitudine. Immaginare che da quel momento avrebbe dovuto vivere in un dormitorio, con altre persone che gli alitavano praticamente in faccia non lo faceva dormire la notte. Lo avrebbero fatto sentire diverso.
- Non preoccuparti - disse Draco - troverai sicuramente tanti nuovi amici.
- Con i nomi e il cognome che ho? Draco, fammi il favore.
Il suo padrino annuì comprensivo.
- Sai, anche per me è stato difficile. E, a differenza tua, io quelle cose le ho veramente fatte. Ho torturato, aiutato a compiere omicidi, ma mi sono ripreso. Non sono certo la persona che tutti vorrebbero avere come vicino di casa, ma nessuno mi aggredisce. E tu sei solo un figlio incolpevole che non ha mai vissuto la guerra né è stato cresciuto da chi gli ha dato quei nomi. Ti troverai bene, Bartemius. Non sarà facile, ma sii te stesso, difendi quello in cui credi e non cercare di mantenere l'orgoglio della mia o della tua famiglia. Sei tu che adesso devi rilanciare i nostri due nomi, noi, purtroppo, abbiamo già buttato la nostra occasione.
Bartemius grugnì. Gli aveva praticamente detto che avrebbe dovuto ritagliarsi un posto con le unghie e con i denti, mentre Bartemius era solo, timido e indifeso. Aveva passato tutta la gioventù sui libri o sulla scopa, non sapeva neanche lontanamente come rapportarsi con altri suoi coetanei.
Avrebbe potuto provare ad entrare nella squadra di Quidditch, magari così avrebbe ottenuto un po' di rispetto.
Meccanicamente raccolse i suoi bagagli e si preparò per uscire.
- Sei pronto tesoro? - chiese Astoria
- No - rispose Bartemius - ma devo partire lo stesso.

 

*

 

Con un brusco movimento Harry spinse la moto verso il basso, con un Teddy terrorizzato aggrappato al padrino come Ron al cibo. Visto che era ancora troppo giovane per la Smaterializzazione Congiunta, Harry si era proposto di accompagnarlo sulla moto di Sirius, ma la guidava come se fosse in una gara di scope. Quando atterrarono, Teddy si sentì immensamente grato a qualsiasi divinità ci fosse in cielo. Harry tirò una levetta e la moto apparve visibile a tutti.
- Divertito? - chiese il suo padrino, con un sorrisetto ironico in faccia.
- Mai più - chiarì Teddy, mentre i capelli, diventati grigi dallo stress di quel viaggio, tornavano blu.
Harry rise - Dai raggiungiamo tua nonna, che ha lei i bagagli.
Andromeda si era smaterializzata insieme a Lyall e lo aspettavano con il baule per l'anno a venire e Plenilunio. Quando li raggiunsero, Dean Thomas apparve all'improvviso dietro di loro, vestito con un completo beige e la cravatta nera. Teddy non ricordava di aver visto il collega del padrino vestito in modo diverso, a parte in qualche foto scolastica.
- Teddy - salutò, tirando uno scappellotto al ragazzo - forse è meglio se cambi il colore di capelli, i Babbani potrebbero insospettirsi.
I capelli persero subito la loro tonalità blu e tornarono del solito castano che aveva sempre sfoggiato.
Intanto una valanga di giornalisti si radunavano davanti ad un giovane in camicia e al figlio.
- E poi sarebbero i suoi capelli a farci scoprire - sbuffò Lyall - i giornalisti e le loro foto stanno attirando l'attenzione su quei due. Come faranno ad attraversare la barriera del binario 9 e 3\4 con tutta quell'attenzione adesso!?
- Ma quello è Oliver Baston! - disse ad un certo punto Teddy, riconoscendo il capitano del Puddlemere United e della Nazionale Inglese di Quidditch. Aveva già visto qualche volta Oliver, come quando Harry convocava l'Ordine della Fenice o a qualche compleanno di zio George, ma vederlo in campo con la divisa blu e vederlo di persona era sempre una cosa diversa.
Come se fosse stato interpellato, il portiere si girò verso di loro e li vide. Alzò un mano a mo' di saluto e si avvicinò. I giornalisti gli sciamarono dietro.
- Potter! - gridò uno - crede sia sicuro lasciare il suo figlioccio a Hogwarts con dei Mangiamorte a piede libero? Cosa state facendo al Ministero per riprenderli?
Harry sbuffò - Le dichiarazioni per quanto riguarda le indagini ministeriali, come lei ben sa, non possono essere rilasciate. Nella conferenza stampa di domani riveleremo quanto possiamo rivelare, ora la mia dichiarazione resta un "no comment". Per quanto riguarda lasciare andare il mio figlioccio a Hogwarts  sì, mi fido, le misure di sicurezza di quella scuola sono forti e sicure e come Ministero della Magia e Dipartimento Auror ci impegneremo duramente per mantenerle salde.
- I vostri ragazzi faranno amicizia? - chiese un'altra giornalista.
Baston alzò un sopracciglio - E che ne so? Non decidiamo noi le loro amicizie.
Harry annuì.
Teddy aveva già conosciuto il figlio di Oliver, che, come molti altri bambini dopo il 2 maggio 1998, era stato chiamati Harry. Assomiglia molto al padre, gli stessi capelli bruni e gli occhi castani. Lo sguardo però era diverso. Baston sembrava spesso concentrato e serio, mentre il figlio aveva un sorriso sbarazzino e uno sguardo sognante sul volto. Lo conosceva poco, ma gli stava a genio.
- Qualche dichiarazione, ragazzi? - disse allora un giornalista.
Harry Jr. sorrise - Sì, quanto è mortificante per dei giornalisti essere mandati ad intervistare degli undicenni?
La massa della stampa si immobilizzò e per un attimo restarono tutti in silenzio.
Teddy sorrise e anche Harry Sr. fu costretto a mettersi una mano sulla bocca.
Poi uno si rivolse a Teddy - Orfano e cresciuto dai parenti, Edward Lupin, ti senti il nuovo Harry Potter?
Harry si passò una mano tra i capelli mori e rispose al suo posto, con voce insolitamente acida - Lui è il figlio di Ninfadora Tonks e Remus Lupin e non è il nuovo nessuno. Lui è Edward Lupin e basta. Non c'è bisogno di fare paragoni assurdi.
Teddy si sentì fiero del suo padrino. Non era la prima volta che lo paragonavano a lui e la risposta di Harry era sempre la stessa "Farà grandi cose, ma non le farà all'ombra del mio nome". E sperava davvero fosse così.
Harry, però, sembrava terribilmente infastidito e fece un cenno a Dean, che si avvicinò ai giornalisti insieme a un altro ragazzo e mostrò la spilla del Dipartimento Auror.
- Signori, per misure di sicurezza, solo i parenti o i tutori legali degli studenti possono oltrepassare la barriera, quindi vi preghiamo di stare indietro. Grazie.
Altri cinque o sei Auror spuntarono dal nulla e allontanarono i giornalisti dall'ingresso del binario, ovvero un muro di metallo. Teddy strinse le mani attorno il carrello con i bagagli e corse contro il muro, oltrepassandolo. Quando si girò, vide solo un muro.  Subito dopo spunto fuori Harry Jr., anche lui affascinato dal binario,  che gli fece l'occhiolino.
- Allora, testa blu che prima era castana, sei pronto per questa nuova avventura?
Teddy si guardò i capelli. Erano diventati di nuovo blu.
- Scommetti che mi prendono nella squadra di Quidditch? - continuò il bambino, guardando Teddy ammiccante.
- Ma non si può entrare  dal secondo anno in poi?
- Regola idiota - commentò suo padre, appena apparso dal muro insieme agli altri - dopo una lunga battaglia siamo riusciti a eliminare questa regola. Harry è entrato in squadra al primo anno.
Harry sorrise - Eravate sguarniti, sono stato un tappabuchi.
Oliver lo fulminò con gli occhi - Non dire cretinate, Harry. Eri un portento.
Teddy era troppo concentrato sulla scena dei due ex-compagni di squadra per guardarsi intorno. Quando si girò, una cinquantina di persone erano in cerchio intorno a loro.
- Ma quello è Oliver Baston! - esclamò un ragazzo che avrebbe dovuto avere più o meno la sua età, guardando il giocatore di Quidditch.
- E quello di fianco è Harry Potter! - esclamò un prefetto di Serpeverde, in uniforme.
In poco meno di cinque secondi furono travolti da una massa di studenti urlanti, con pergamene e penne alla mano, pronti a spintonarsi per ricevere le firme dei loro idoli.
Harry e Oliver si guardarono preoccupati e iniziarono forsennatamente a firmare fogli. Anche a questo, purtroppo, Teddy era abituato. Fin da piccolo Harry non poteva girare per Diagon Alley senza che qualcuno gli chiedesse l'autografo, allora Andromeda aveva preso l'abitudine di portarsi dietro Percy, che era l'unico Weasley che solo raramente veniva riconosciuto per strada. Un bravo ragazzo, molto attento a Teddy e alla sua felicità, ma comunque una noia mortale.
- Rosicate, rosicate, che tanto sono i nostri di parenti, non i vostri - commentò Harry Jr., facendo ridere Teddy.
Sua nonna e Lyall lo raggiunsero immediatamente, insieme ad una donna bionda, che corse ad abbracciare Harry Jr.
- Scusa, Harry, ho fatto il prima possibile.
Il ragazzo la guardò sorridendo - Lo so, mamma, avevi il turno al San Mungo. L'ho capito quando ho trovato le uova carbonizzate come colazione.
La signora Baston sorrise - Tuo padre non sa cucinare.
Il sorriso sulla faccia di Teddy si spense. Quelle scene di quotidianità lui non le aveva mai provate. Non avrebbe mai visto all'opera la goffaggine di sua madre, né la tranquillità di suo padre. Gli unici ricordi che aveva di loro erano i loro sorrisi: grande e contagioso quello della madre, timido e amorevole quello del padre. Non avrebbe mai visto scenette di vita quotidiana tra i due, né loro lo avrebbero mai visto giocare con la scopa o diplomarsi. Quanto era ingiusto essere figlio di eroi. Chissà se Harry lo aveva mai pensato. Harry, in fondo, era come lui. Forse un giorno anche Teddy avrebbe avuto una famiglia che gli avrebbe tolto quel dolore dall'animo. Un giorno forse anche lui avrebbe avuto una Ginny e dei piccoli come James, Albus e Lily.
- Loro sarebbero fieri di te - gli disse nonna Andromeda, leggendogli nel pensiero.
- Sì - concordò nonno Lyall - e Remus girerebbe per tutta Inghilterra a mostrare a tutti le tue foto. Secondo me la cosa ti darebbe molto fastidio.  Dopo tre giorni che eri nato aveva già una trentina.
- E' vero - sorrise Harry, comparso all'improvviso - me ne mostrò qualcuna.
- Harry Potter! - esclamò una voce dietro di Harry. Era la signora Baston.
- Penelope Light! - rispose Harry stringendole la mano - è un piacere rivederti. Il vostro marmocchio sembra mio cognato George, speriamo che metta un po' di vivacità in quella scuola.
Penelope rise e dopo qualche altro convenevole si allontanò.
Quando si fu allontanata da loro Harry sorrise - Era la fidanzata a Hogwarts di Percy.
- Percy quale Weasley è? - chiese Lyall ad Andromeda.
- Quello che ci accompagna quando non ci portano Ron o Harry.
- Ah -  disse suo nonno - ho capito. Mr. Noia Mortale.
- Lyall! - disse severa Andromeda, ma con un sorriso sulle labbra.
- Certo che per passare da Percy a Baston ce ne vuole - commentò Teddy, facendo ridere tutti.
In quel momento tre persone entrarono nel binario. Uno era un ragazzo alto, biondo e dall'aria malaticcia, mentre gli altri due erano la signora e il ragazzino che Teddy aveva visto a Diagon Alley.
- Malfoy - sputò fuori con un leggero astio Andromeda.
Teddy si fece più attento. Quindi quel ragazzo era Draco Malfoy? Se lo aspettava molto più grosso e molto più tronfio. Invece sembrava quasi spaventato. Stava lontano dal ragazzino che accompagnava come se la sua presenza avesse potuto fargli male. Era uno dei pochi parenti ancora in vita e rima di allora non lo aveva mai visto.
- Quello è il figlio? - chiese Harry, guardando il ragazzino.
- No - rispose Teddy - non sappiamo chi è, ma la nonna ha detto che suo figlio ha l'età di Al.
Andromeda annuì.
- Ma chi ha permesso a un Malfoy qualsiasi di avere dei figli? - chiese Lyall, con una nota rabbiosa nella voce solitamente tranquilla.
- Gli hanno già tolto tutto - commentò Harry - lasciamogli almeno una famiglia.
Teddy lo guardò: non osservava Malfoy con astio, ma più con un cupo interessa. Conosceva quella faccia. Il suo padrino lo aveva perdonato, ma aveva paura che Malfoy non l'avesse fatto.
- Harry! - disse una nuova voce dietro di lui.
Teddy si girò nella direzione della voce e vide tre persone. Erano troppo Babbane per essere dei maghi, ma quella che doveva essere la figlia spingeva un carrello con dentro un baule e un gatto.
- Jane! - esclamò Harry, avvicinandosi alla coppia e stringendo la mano alla donna, che era una versione più alta della figlia. Entrambe erano bionde, anche se la figlia aveva degli occhi verdi che Teddy aveva già visto. Erano gli occhi di Harry e di Albus. Era molto carina.
Intanto Harry borbottava a bassa voce con l'uomo, un gigante muscoloso dai capelli biondi, che annuiva lentamente.
- Ted! Vieni qui! - disse il padrino. Teddy obbedì e arrivò da lui.
- Lui è mio cugino Dudley e sua moglie Jane - gli disse, mentre la giovane donna gli sorrideva e gli stringeva la mano e l'omone biondo faceva un cenno - mentre lei è loro figlia Anne. Lui è il mio figlioccio: Edward Lupin.
La bambina sorrise timida a Teddy, che gli sorrise nello stesso modo di rimando. Suo padre aveva un po' una faccia da maiale, ma lei invece aveva ereditato i tratti della madre.
Il treno fischiò e la gente che era ancora giù dal treno iniziò a salire. Lyall e Andromeda si avvicinarono.
- Teddy ti ricordi tutte le raccomandazioni che ti ho fatto? - chiese la nonna guardandolo severamente.
- Sì, nonna.
- Anche di metterti la divisa appena vedi il castello da lontano?
- Nonna, ho già su la camicia e i pantaloni, mi manca solo mantello, cravatta e maglione e sono pronto.
- Scrivici almeno una volta ogni tre giorni - continuò Lyall.
Teddy annuì.
- E soprattutto - concluse Andromeda - non seguire nessun consiglio che ti ha dato o ti darà tuo zio George.
Teddy annuì e Harry, da dietro,  gli fece l'occhiolino.
- Ciao campione! - gli disse mentre lo baciava sulla fronte - Ci vediamo a Natale!
Teddy baciò tutti i suoi parenti e salì sul treno insieme a Harry Jr.
Anne restò ferma a guardasi intorno, spaesata.
- Vieni con noi? - le chiese Teddy, porgendole la mano.
Lei guardò titubante i suoi genitori e poi gli sorrise, accettando la sua mano per aiutarsi a salire.

 

*

 

Prima erano passati quel traditore di Malfoy e la sua moglie ugualmente traditrice Greengrass. Rookwood onestamente non riusciva a capire come si non fossero ancora suicidati. La sola idea di abbandonare la purezza di sangue per abbracciare una teoria secondo la quale anche i Sanguesporco erano uguali a loro, lo faceva veramente vomitare. Erano solo dei viscidi vermi codardi, che non avevano voluto affrontare la loro pena per aver combattuto per un giusto ideale. Ma non erano stati i Malfoy a metterlo seriamente in difficoltà.
Un ragazzo moro percorreva tranquillamente l'atrio della stazione, ridendo insieme a un paio di Babbani, a il rampollo dei Baston, un altro traditore del suo sangue che meritava la morte e basta, e la moglie Sanguesporco di quest'ultimo. A pochi metri da loro c'era il vecchio Lupin e Andromeda Black, ovvero quella schifosa che aveva osato buttare fango sul sacro nome dei Black. La mano di Rookwood corse velocemente alla bacchetta.
- Augustus - lo ammonì una voce.
Il Maestro lo guardava, o almeno così sembrava. Indossava un impermeabile giallo e un cappello dello stesso colore, sulla bocca aveva una bandana azzurra e portava dei grossi occhiali con le lenti scure, una roba da Babbani. Anche Rookwood, con suo profondo orrore, era vestito con un gessato da Sanguesporco. Ma quelli erano gli ordini del Maestro. Da quando erano evasi non lo avevano ancora visto una volta in faccia. Abitavano in un castello sconosciuto e ogni giorno si allenavano a combattere e a fare incantesimi. Quel giorno il Maestro aveva deciso che doveva andare a controllare una cosa di persona e aveva deciso di portare Rookwood con lui. Ora si trovavano sopra una piattaforma sopraelevata della stazione a osservare i maghi che si allontanavano dal binario 9 e 3\4.
- Ma quello è Harry Potter! - sussurrò a mo' di scusa.
- Avrete la vostra vendetta, Augustus, questo è sicuro. Ma ora tu e gli altri avete giurato di essermi fedeli e non vi ho ancora ordinato di ucciderlo.
- E allora che siamo qui a fare? -
Il Maestro girò lentamente la testa e guardò l'entrata del binario - C'è un bambino su quel treno che ha un potere che a noi sarebbe molto utile. Volevo solo essere sicuro che andasse a Hogwarts. Ed è così. Sarà là, mio caro Augustus, che noi colpiremo.

Buonsalve! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ma ditemi cosa ne pensate perché io sono molto dubbioso. Ho introdotto l'ultimo protagonista della storia, ovvero Bartemius, di cui si scoprirà di più nel prossimo capitolo. Ringrazio angyp, Francescalol e CrazyFantasyWriter che ad ogni capitolo mi fanno sapere la loro opinione e ringrazio voialtri che leggete silenziosamente, o seguite silenziosamente o preferite silenziosamente.

Alla prossima,

Ramo97

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Capitolo 9
*** Benvenuti a Hogwarts! ***


Benvenuti a Hogwarts!

 

- Prima di iniziare bisogna chiarire una cosa - disse Baston buttandosi sul sedile dello scompartimento,dopo aver sistemato i bagagli - che squadra di Quidditch tifate?
- Tornados - disse Teddy sicuro.
- Aia. Tu inizi già male, Lupin. E tu, tizia di cui mi sfugge il nome?
Anne sorrise timidamente e disse in sussurro - Non so di cosa state parlando.
A Teddy fece tenerezza. Saliva su un treno di sconosciuti, diretti in un posto di cui non sapeva niente e si trovava un individuo particolare che si metteva a parlare di cose sconosciute.
- Il Quidditch è uno sport dove due squadre da sette si sfidano su delle scope con regole abbastanza complicate - le spiegò, poi si rivolse a Baton - E' una Nata Babbana, non può saperle queste cose.
- Una nata che?
- Nata Babbana, ovvero figlia di non maghi.
- Ah - commentò lei, piegando la testa imbarazzata - siamo in tanti così?
- Una valanga - rispose Teddy - mio nonno materno era un Nato Babbano, mentre mia nonna paterna era una Babbana senza poteri magici.
- Anche mia madre è una Nata Babbana. Per questo un serpente gigante l'ha quasi ammazzata una volta.
Anne sbiancò.
- Poi si è risolto tutto bene - continuò subito Baston, rendendosi conto che stava facendo più casino che altro - il suo padrino l'ha salvata.
- Il cugino di mio papà?
- Esattamente lui - disse Teddy.
- Calmiamoci un attimo - esclamò Baston - tu sei la figlia del cugino che maltrattava Harry Potter?
Anne sbiancò di nuovo.
Teddy sbuffò e lo guardò torvo. Baston capì e sbiancò anche lui.
- Certo che tu proprio sai come mettere a proprio agio le persone - commentò infine il ragazzo dai capelli blu. Sia Baston che Anne sorrisero imbarazzati.
- Allora - disse Anne - che cosa ha fatto mio cugino di secondo grado per essere così tanto famoso? Mia mamma mi ha raccontato qualcosa, ma non ne so molto.
- Ha sconfitto Voldemort, il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi. Lo aveva sconfitto già una volta quando era piccolissimo: la tua prozia ha lanciato su di lui un incantesimo che gli ha permesso di sopravvivere, rimandando l'incantesimo contro il Mago Oscuro. E' cresciuto con tuo padre e poi è venuto qui a Hogwarts e Voldemort, che non so come non era completamente morto, lo ha iniziato a perseguitare, fino a resuscitare durante il suo quarto anno. E' iniziata una guerra e alla fine sono riusciti a vincere con una battaglia proprio a Hogwarts.
- Il 2 maggio - puntualizzò Baston.
Anne guardò entrambi con interesse - E mio papà lo maltrattava?
Teddy restò zitto, mentre Baston annuiva lentamente. Calò un silenzio imbarazzante.
- Le persone cambiano. - aggiunse infine.
Anne sorrise timidamente - Con me si è sempre comportato bene. Però non sapevo che avesse un cugino.
- Se ti può consolare - disse Baston - neanche il mio di cugino è particolarmente simpatico. L'ultima volta che sono andato da lui mi ha dato una Gelatina Tuttigusti+1 al petrolio. Non ho mai vomitato così tanto. Nessuno mi batte in campo di cugini idioti. Neanche a Quidditch, in bellezza e via così, ma questa è un'altra storia.
Teddy scoppiò a ridere, mentre Anne lo guardò preoccupata. Evidentemente i Babbani non avevano caramelle al petrolio.
- Io sì - disse di nuovo Teddy - il mio cugino di secondo grado è un ex-Mangiamorte.
- Chi? - chiese Baston
- Draco Malfoy -
- Quello non vale. Mio papà mi ha raccontato di lui. Mi fanno più paura i Cannoni di Chudley.
Teddy rise, mentre il castello di Hogwarts appariva all'orizzonte.

 

*

 

- Teddy! - urlò un vocione, sovrastando i fischi del treno.
Il Metamorfmagus si girò e riconobbe la grossa figura che gli stava venendo incontro con una lanterna in mano.
- Hagrid! - urlò sbracciandosi, mentre Baston e Anne si guardavano preoccupati.
- Perché è così grande? - chiese sottovoce Anne, cercando di non farsi sentire da Teddy.
- E' un mezzogigante, sua madre era una gigantessa e suo padre un umano.
- Teddy, tutto bene? E' stato un buon viaggio?
- Fantastico, Hagrid.
Tutti i bambini della famiglia lo chiamavano zio, a parte Teddy, visto che, essendo nato prima, era stato abituato a chiamarlo come lo chiamavano i grandi.
- Questi sono i tuoi amici?
- Sì, lui è Harry Baston, mentre lei è Anne Dursley.
Al sentire "Dursley" Hagrid si immobilizzò e guardò meglio la bambina. Dopo poco si aprì un sorriso dolce sul suo grosso faccione barbuto - Hai gli stessi occhi di Lily...
- Lily? Chi è Lily? - disse Anne, con una voce strana.
- Non ti hanno detto chi è Lily Evans!? - sbraitò Hagrid - E' la buona volta che lo ammazzo davvero Dursley!
- HAGRID! - urlò Teddy - calmati, per le mutande di Merlino.
- Scusate. Lily era la tua prozia, la mamma di Harry Potter. Tu sai chi è Harry Potter, vero?
Anne annuì intimorita e Hagrid parve contento.
- Primo anno! Primo anno da questa parte!
I ragazzi del primo anno, una volta che ci furono tutti, seguirono Hagrid su un sentiero impervio, che portava a un lago. Teddy ne aveva già sentito parlare in "Storia di Hogwarts", un libro che era stato quasi praticamente obbligato a leggere da Hermione, mentre Harry e Ron si scambiavano occhiate di rassegnazione. Conosceva quello sguardo, Hermione doveva averli tediati non poco con quel libro. Quel lago, oltre a una piovra e altri mostriciattoli carini con cui Teddy non avrebbe mai voluto avere niente a che fare, aveva ospitato anche una prova del Torneo Tremaghi, dove Harry era arrivato secondo.
Delle barchette erano disposte lungo la riva.
- Salite sui vascelli! - tuonò Hagrid - Non più di quattro per vascello!
Teddy, Baston e Anne si diressero verso un vascello e si sedettero. Teddy aveva una certa fifa, ma cercò di non allarmare gli altri. Bastava già Baston per mettere in ansia Anne, poteva evitare di mettersi in mezzo anche lui.
Le barche si riempirono in fretta e, alla fine, solo un ragazzo si trovò fuori dalla barca. Era il ragazzo che aveva incontrato a Diagon Alley, quello che viveva con Malfoy.
Si guardò intorno scoraggiato e poi si fermò su di loro. Era l'unica barca con ancora un posto.
- Posso? - chiese avvicinandosi titubante.
- Certo - disse Teddy facendogli cenno di salire.
Hagrid si guardò intorno e disse - Ci siamo tutti? Bene, partiamo!
Le barchette iniziarono a muoversi da sole, mentre Teddy faceva di tutto per non osservare l'acqua. Gli sarebbe venuto un malore se avesse visto una sirena, un tritone o peggio, la piovra gigante.
Si concentrò verso il nuovo arrivato, che osservava il mare con uno sguardo triste.
- Mi chiamo Edward - disse porgendogli la mano - ma puoi chiamarmi Ted.
Il moro la guardò, la strinse con poca flemma e rispose assente - Bartemius.
Anche Anne e Baston si presentarono e poi lui tornò ad immergersi nei suoi pensieri. Sembrava spaventato da loro, anche se non capiva perché. Certo, Baston era un po' particolare e Teddy girava con dei capelli blu, ma Anne non aveva niente di spaventoso. Era una normalissima undicenne.
Il castello che stava vedendo in lontananza era bellissimo. Nessuna descrizione su un liboi, quadro o fotografia sarebbe mai stato in grado di trasmettere l'emozione che quell'edificio provocava.
L'immensità, la robustezza e la luminosità datagli dalle torce lo facevano sembrare un luogo così sicuro, non un luogo di morte come era stato in realtà. Si immaginò gli eserciti del Signore Oscuro che marciavano contro di esso, mentre all'interno Harry e i suoi genitori si preparavano a combattere fino all'ultimo respiro.
Raggiunsero una specie di porto sotterraneo in mezzo alle scogliere, con una scala ripida che portava in alto, verso una non precisata metà. Teddy sperò di non doversi fare tutti quegli scalini, preoccupazione che, a quanto si poteva vedere dagli sguardi degli altri, era condivisa da tutti.
E invece Hagrid iniziò a salire proprio per quelle strade. Solita sfiga. Gemiti e sbuffi iniziarono a uscire dalle bocche di quasi tutti gli studenti di primo anno.
Arrivarono davanti ad un grosso portone. Hagrid bussò tre volte. La porta si aprì all'istante.
Un signore molto basso, vestito di una tunica verde e cappello a punta, con una folta barba bianca, li aspettava dentro quello che doveva essere l'atrio della scuola.
- Ecco gli studenti del primo anno, Filius - gli disse Hagrid
- Grazie, Rubeus - rispose con una vocina acuta - ora me ne occupo io. Raggiungi il tavolo degli insegnati, Neville è abbastanza in forma oggi.
Hagrid andò avanti  mormorando - Quel ragazzo ci deve dare una calmata.
Il piccoletto chiamato Filius portò tutti in una piccola saletta, oltre la Sala d'Ingresso. Quando furono tutti dentro parlo - Salve a tutti, sono Filius Vitious, vicepreside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Benvenuti! Prima che abbia inizio il banchetto di inizio anno, verrete smistati. Ciò vuol dire che verrete assegnati ad una delle quattro Case di Hogwarts: Corvonero, Tassorosso, Grifondoro e Serpeverde. Vivrete nel dormitorio della vostra Casa, mangerete al suo tavolo, cercherete di entrare nella sua squadra di Quidditch, parteciperete alle lezioni con i vostri compagni di casa del vostro anno. Se vi comporterete bene o eccellerete in qualcosa verranno assegnati punti alla vostra Casa, se vi comporterete male verranno sottratti. Possiamo assegnare punti solo noi professori e la preside, mentre anche i caposcuola e i prefetti possono toglierli. Tutto chiaro?
Tutti i bambini annuirono.
- Perfetto, allora seguitemi in fila per due. Guardate a terra mentre camminate.
I ragazzi ubbidirono e la porta si aprì. Un enorme sala si aprì davanti a loro. Teddy non aveva mai visto un locale così grande. Sicuramente almeno due o tre Tane ci sarebbero state comodamente.
Erano disposte quattro tavolate in verticale, mentre in fondo alla sala ne trovava una in orizzontale. Una per ognuna della quattro Case e una per i professori.
Davanti ai quattro tavoli c'era una scritta in nero.
"Un tempo guardavate il soffitto per vedere i vostri sogni. Fatelo, ma guardate anche il pavimento. Lì c'è la terra grazie alla quale voi potete sognare"
Teddy guardò il corridoio centrale. Sembrava un tappeto argentato. Quando però si avvicinò notò che non era un tappeto, ma tante targhette d'argento. Su ognuna c'era un nome. Ne riconobbe alcuni. I fratelli di  Molly, Fabian e Gideon Prewett, il gemello di George, Fred, Lily Evans e James Potter, i genitori di Harry. Sicuramente c'erano anche i suoi genitori. Quelli erano tutti i nomi dei caduti nelle due Guerre Magiche. Si fermarono davanti al Cappello Parlante. Tutti alzarono la testa a guardare il Cappello, ma la vera attrattiva per Teddy erano i nomi per terra. Si fermò su una targhetta con scritto Sirius Black III. Teddy sapeva chi era, sua nonna gliene parlava sempre. Era stato il suo cugino preferito, un Grifondoro in una famiglia di Serpeverde, il padrino di Harry. Era morto per difendere il suo figlioccio. Se andava fiero di avere del sangue Black nelle vene era per lui e sua nonna.
Il Capello si animò all'improvviso:

 Nel nome della memoria io vengo
per conoscere il tuo portento
per guardare nella tua  mente
e renderti di una Casa il nuovo appartenente.
Quale sarà?
Sarà Grifondoro dell'Eroe Prescelto?
O Tassorosso del Campione Maledetto?
Oppure Corvonero, del Diadema Tradito?
Se in nessuna di queste verrai Smistato
La tua Casa è Serpeverde, del Preside Onorato.
Nessuna Casa è colpevole
del male supremo di cui siamo state vittime,
ma il tuo dovere
come uomo e studente
è quello di portare avanti un lieto presente!

 Teddy capì ogni singolo riferimento nel canto del Cappello e si sentì più che mai l'ansia addosso. Non si sentiva degno dei suoi genitori. Alcuni Nati Babbani  guardavano il Cappello sorridendo, mentre gli altri lo guardavano con tristezza. Notò che Bartemius, da solo a qualche metro di distanza dagli altri studenti, aveva le lacrime agli occhi.
Ammirò il Cappello. Quando erano sul treno Baston gli aveva detto che avrebbe detestato finire a Serpeverde e aveva sentito molti ragazzi esprimere il suo stesso pensiero mentre salivano le scale. A lui non sarebbe dispiaciuto, era una grande Casa. Sua nonna era stata una Serpeverde, ma anche Regulus Black, Severus Piton e Malocchio Moody. Sarebbe stato un onore.
- Ringraziamo il Cappello per questa splendida canzone - disse una voce poco sopra di loro, che Teddy riconobbe subito.
Con  doppiopetto, camicia, cravatta e mantello si ergeva sopra di loro Neville, i capelli biondi ben pettinati, mentre Vitious stava raggiungendo il suo posto di fianco alla preside. Una donna austera, che osservava con dura tenerezza gli studenti.
- Adesso - disse Neville - leggerò il vostro nome. Venite qui, vi poggerò il Cappello in testa e lui deciderà dove sistemarvi.
- Baston Harry Fred - chiamò Neville.
Baston raggiunse lo sgabello e si sedette. Il Cappello dopo neanche dieci secondi urlò - TASSOROSSO!
Baston si alzò e scattò diretto verso il tavolo dei Tassorosso borbottando qualcosa come "Stupido Cappello".
- Bones Edgar Harry.
- TASSOROSSO!
- Boot Albert.
- CORVONERO!
- Brown Eleanor Hermione.
- GRIFONDORO!
- Campbell Minerva Ginevra.
Una ragazzina alta e mora si avvicinò a passo deciso verso il cappello, lo sfilò dalle mani di Neville e se lo ficcò in testa. Non ebbe neanche il tempo di infilarselo bene che lui urlò - GRIFONDORO!
- Crown Susan.
- CORVONERO!
- Doge Harry Ronald.
- GRIFONDORO!
- Dolohov Bartemius Salazar Antonin Augustus Abraxas Rabastan Rodolphus.

Il silenzio calò nella sala. Prima si sentiva il chiacchiericcio degli studenti e gli applausi quando un nuovo studente veniva smistato. Ma ora erano tutti zitti e prestavano attenzione al ragazzo che si stava per sedere sullo sgabello. Quelli erano nomi da Mangiamorte.
Non si era mai interessato di nomi di Mangiamorte, ma Dolohov lo aveva già sentito varie volte. Era uno dei più fidi uomini di Voldemort. E lui doveva essere suo figlio.
Bartemius sedette sullo sgabello, bianco come un cencio.
Dopo qualche minuto il Cappello esclamò - SERPEVERDE!
Bartemius si alzò e si diresse a passo spedito verso il tavolo della sua Casa, mentre pochi applausi arrivavano dagli studenti. Due di questi erano Anne e Teddy.
Gli insegnanti si guardarono preoccupati, poi Neville continuò - Dursley Anne Lily Petunia.
Anne guardò verso Teddy terrorizzata e poi si diresse a grandi passi verso il Cappello. Teddy capì perché prima era interessata al nome di Lily. Era il suo secondo nome. Forse il cugino di Harry era davvero cambiato.
Neville glielo mise in testa e il Capello iniziò a muovere la punta silenziosamente. Passò un po' prima che urlasse - TASSOROSSO!
Anne sembrò visibilmente tranquillizzata e si andò a sedere di fianco a Baston.
- Easter Jacqueline.
- CORVONERO!
- Lupin Edward Remus.
Teddy ci mise un attimo per capire che Neville lo aveva appena chiamato. Ormai aveva già visto tante di quei ragazzi fare quella azione che gli sembrò strano farla in prima persona e non osservarla. Si diresse verso Neville e salì i gradini che collegavano il tavolo degli insegnanti alle altre tavolate. Si sedette sullo sgabello e Neville gli calò in testa il Cappello.
Lupin borbottò il Cappelo nella tua testa e Ninfadora Tonks. Bella coppia. Coraggio da vendere, ambizione, gentilezza, buon cuore, straordinaria intelligenza. Dove ti posso mettere?
- Decidi tu - sussurrò Teddy.
Certamente non Serpeverde, hai le qualità per esserlo, ma ti manca quella scintilla di determinazione astuta che li caratterizza. Corvonero... Difficile, molto difficile, ma escluderei anche Corvonero. Hai una grandissima intelligenza, ma ti manca quel pizzico di individualità.
- Va bene - disse Teddy. Restavano Tassorosso e Grifondoro. Le Case dei suoi genitori.
Grifondoro è la Casa dei coraggiosi, Tassorosso quella dei buoni di cuore. Non so che dire, hai le perfette qualità di tutte e due le Case. Non so davvero dove metterti. Dove pretesti essere più utile? A Grifondoro vivresti nell'ombra del tuo padrino, mentre a Tassorosso saresti con i tuoi amici. Fidati quando ti dico che i ragazzi che sono quest'anno a Tassorosso faranno grandi cose, con gli aiuti più inaspettati. Ho deciso ti vedo bene a...
- TASSOROSSO! - ruggì il Cappello.
Teddy sorrise, sarebbe andato dove aveva studiato mamma.
Neville sembrò colpito, mentre Audrey gli sorrideva sorniona e gli faceva la linguaccia. Teddy era certo che avessero scommesso su quale casa sarebbe finito.
- Bravo Teddy! - disse alla fine il professore di Erbologia - Sei minuti e venti secondi. Sei un Testurbante, Teddy!
Non sapeva bene cos'era un Testurbante ma sorrise.
- Manderò subito un Patronus a Harry - disse Neville.
Teddy corse a destra verso il tavolo di Tassorosso e si sedette di fianco ad Anne.
- Ora che siete qui tutti e due - disse Baston - chiariamo una cosa. D'ora in poi mi chiamerete Baston, ci sono troppi Harry per i miei gusti.
- Prewett Ronald Harry Bilius - disse Neville, come leggendo nella mente di Baston.
- GRIFONDORO!
- Rosier Eva Bellatrix.
Di nuovo calò il silenzio. Non conosceva il cognome, ma conosceva benissimo il nome Bellatrix.
- SERPEVERDE!
- Shafiq Yassin Harry.
- CORVONERO!
- Terry Henry.
- GRIFONDORO!
- Turner Helen.
- TASSOROSSO!

Quella fu l'ultima ad essere smistata. Il Cappello e lo sgabello furono portati via e la preside si diresse verso il leggio a forma di gufo per parlare.
- Benvenuti ai nuovi studenti e bentornati a chi c'era già l'anno scorso! Auguro a tutti voi un felice anno scolastico, che sia fruttuoso sia da un punto di vista scolastico che umano! Vorrei inoltre darvi alcuni avvisi. Con il ritiro di madama Bumb, che alla veneranda età di centonove anni ha deciso che era il momento di abbandonare il suo ruolo, è stato assunto per sostituirla il professor Lee Jordan.
Un ragazzo di colore con i rasta si alzò e fece un inchino. Teddy lo aveva già visto ai compleanni di Fred.
- Ovviamente la Casa di Tassorosso non può rimanere senza un Responsabile. Per questo incarico è stata nominata la professoressa Audrey Plunkett.
Il tavolo di Tassorosso, Teddy in primis, scoppiò in un applauso fragoroso. Audrey alzò il pugno in segno di vittoria.
- Ora, ricordando a tutti gli studenti che qualsiasi prodotto dei Tiri Vispi Weasley è severamente vietato - continuò la McGranitt - è l'ora di osservare un'usanza recente, di appena dodici anni. Vedete queste piastrine d'argento? Su ognuna ci sono dei nomi. Queste persone morirono tutte per combattere contro il male e morirono qui, a Hogwarts. Forse per alcuni di voi questi nomi saranno cari, oppure nessuno, ma tutti, con lo stesso cordoglio, alziamoci e osserviamo un minuto di silenzio per gli eroi delle due Guerre Magiche.
Tutti si alzarono contemporaneamente e fu lì che Teddy li vide. Appena sotto James e Lily Potter, poco lontani da Sirius e appena sopra Edward Tonks c'erano due targhette con i loro nomi: Remus J. Lupin e Ninfadora Tonks.

 

Angolo dell'autore

 Allora, questo capitolo è più lungo del solito e onestamente vorrei sapere cosa ne pensate, perché per me è un capitolo molto importante. Bartemius è il figlio di Dolohov. Chi conosce la storia di Remus Lupin, può capire perché ho scelto questo personaggio. Come potete vedere ci sono anche pochi studenti: credo, infatti, che gli studenti nati sotto la guerra fossero pochi e quasi tutti con nomi Purosangue (Rosier, Boot, Shafiq, Bones, Urquart,Prewett, Dolohov, Doge, Brown, Baston), visto che i Nati Babbani in quel momento pensavano ad altro che a procreare (tipo avere salva la vita).
Ho anche mantenuto l'impianto della cerimonia come fatto nella Pietra Filosofale, ma ho deciso di modificare come i personaggi hanno fatto i vari passaggi: Vitious si comporta in modo diverso dalla McGranitt, come la McGranitt si comporta in modo diverso da Silente. Ultima puntualizzazione: ho messo Neville a mettere il Cappello in testa alla gente perché Vitious è troppo basso per farlo (e sì, Neville è biondo, l'ho scoperto in un'intervista e su Pottermore. Sono scandalizzato anch'io, ma ho preferito restare canon.)

 Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 10
*** Foto ricordo ***


Foto ricordo

Il prefetto di Serpeverde li stava scortando al loro dormitorio, dopo la cena.
L'inizio era stato umiliante.
Sperava che il suo nome passasse inosservato, ma evidentemente il figlio del temibile Antonin Dolohov non veniva smistato tutti gli anni. Vedere gli sguardi pieni di ripudio degli studenti di Hogwarts, Serpeverde compresa, era stato fin troppo. L'unica cosa positiva è che, essendo l'unico maschio Serpeverde del suo anno, avrebbe avuto un dormitorio tutto per lui.
- Siamo arrivati - disse gentilmente il prefetto, un riccio castano.
Una porzione di muro, decorata con due cobra di pietra, si trovo davanti a loro.
- Allora - disse nuovamente - per entrare avete bisogno della parola d'ordine. Quella attuale è Preside Piton.
Una porzione di muro si aprì e il prefetto si girò, non vedendo così lo sguardo accigliato di Bartemius. Ma davvero? Quella era una parola d'ordine segreta?
- Ora, se non vi dispiace, vi lascio - disse il prefetto - e salgo di sopra. A domani.
Sia lui che Eva lo salutarono e il riccio si allontanò su una scala a chiocciola con serpenti intarsiati sul corrimano.
Bartemius si guardò intorno. L'ambiente era ampiamente illuminato da cinque camini che, in contrasto con le finestre verdognole che davano sul lago, illuminavano con una luce tetra la stanza. Sopra ogni camino c'era un quadro, ne riconobbe due: su quello più a destra, con un capello a punta e un ricco mantello, stava Merlino, che guardava la libreria intorno lui con bieco interesse. Come aveva letto su un libro, Merlino era un Serpeverde. Su un altro, più centrale, si trovava un uomo con i capelli lunghi neri con qualche filo bianco e la barbetta. Dormiva beato, con un medaglione con incisa una S in mano. Salazar Serpeverde.
- Lui è diverso dagli altri. E' simpatico - disse Eva da dietro di lui.
Bartemius la guardò per la prima volta bene. Aveva i capelli castani, come i suoi occhi, legati in uno chignon e sembrava stanca.
- In che senso? - le chiese
- E' forse uno dei pochi che ci ha trattati bene questa sera.
Bartemius restò senza parole. Non era l'unico ad averlo notato. Non sapeva come reagire però.
- I tuoi ci credono ancora? - le domandò.
- I miei sono in carcere entrambi. Mio fratello era Evan Rosier.
- Il Mangiamorte ucciso nel 1981?
- Lui. Mio padre era un compagno di scuola di Voldemort. Mi ebbe poco prima del 2 maggio.
- E ora con chi vivi?
- Con Roger Davies e Katherine Orwell. Roger è il parente più prossimo che io abbia ed è quello che considero mio padre. Io non voglio essere considerata una Mangiamorte.
Bartemius annuì - Tranquilla, appena si saprà in giro che sei stata cresciuta da due persone normali smetteranno. E poi sei stata cresciuta Roger Davies, il cacciatore più valido dei Puddlemere United e capocannoniere dell'ultimo mondiale, dovrà pur valere qualcosa.
Eva sorrise nella direzione del ragazzo.
- Tifi per il Puddlemere?
- No, mi fanno cagare. Tifo Tornados.
Lei rise. Per la prima volta sentiva di avere un'amica.
- Tu invece devi essere proprio cresciuto tra i Mangiamorte, se tifi Tornados.
- I Malfoy - rispose lui stringendosi dalle spalle.
- Draco? - chiese lei.
- Sì. E la moglie. Astoria Greengrass.
- E' la Medimaga che ha fatto nascere mia sorella.
Bartemius sorrise - Sì, si occupa di quel campo principalmente.
- Non sei stanchissimo?
- Sì - annuì il ragazzo.
- Andiamo a dormire? -
- Va bene, mamma - rise lui.

*

- Ted svegliati - disse una voce sopra di lui.
Teddy aprì gli occhi e si trovò davanti due occhi verdi che gli erano molto famigliari.
- Harry, ti prego, lasciami dormire...
- Non sono Harry - disse stizzita la voce. Una voce femminile.
Teddy si tirò su a sedere.
- Dove sono? - disse guardando il letto a lui sconosciuto e la ragazza.
- Ma stai bene? - gli chiese Anne, guardandolo torva.
Teddy sbadigliò, sbatté le palpebre e si sedette.
- Benissimo. Ho il risveglio lento. Che ore sono?
- Le sette e trenta.
- Ma le lezioni iniziano alle nove! - si lamentò Teddy affranto.
- Beh sì - disse lei titubante - ma visto che eravamo tutti svegli... ho pensato che volessi essere svegliato.
- Quindi vuol dire che Edgar e Harry stavano parlando di Quidditch e sembravi loro un alieno perché non sai niente di queste cose?
Lei sorrise timidamente - Esatto. Cioè non fraintendermi, mi stanno simpatici, ma non capisco davvero niente di quello che dicono.
Questa volta a sorridere fu Teddy. Edgar era un bravissimo ragazzo,da quel poco che ci aveva parlato la sera prima: gentile, educato, fine ma fin troppo simile a Baston. Ovvero una persona che aveva molti interessi, ma un solo argomento di cui parlare: il Quidditch.
- Continuano a parlare di quello sport con le scope. Ti giuro che non ci capisco niente.
Teddy si alzò e si sgranchì, mentre si avvicinava la suo baule. Era contento che Anne si fosse un po' sciolta, almeno con lui. la sera prima erano rimasti svegli per qualche ora a parlare con i prefetti e i ragazzi più grandi e sospettava che lei, come lui, si sentisse veramente a casa. Tanta gente, tutta gentile e disponibile, gli aveva fatto passare una bella serata, con tanto di festa di benvenuto grazie al cibo dato loro dagli elfi domestici. Non sapeva perché tutti denigravano I Tassorosso, ma quello che aveva capito la sera prima è che per loro ognuno era importante.
- Hey, ma tu sei una donna! - esclamò all'improvviso Teddy, ricordandosi delle parole di Ron.
Anne arrossì.
- Come hai fatto ad entrare? Ron mi ha detto che il castello non permetteva a nessuna donna di andare nel dormitorio maschile e viceversa.
La ragazza restò senza parole e divenne più rossa di quanto lo era già diventata prima, se possibile.
- Cosa vuol dire? C'è un incantesimo di protezione? Mi riempirò di pustole in men che non si dica? Oddio!
- Stai calma! - disse Teddy - Ron si sarà sbagliato.
- Ma tu ti sei abituato al fatto che tutto questo esista? - gli chiese isterica.
Teddy sorrise. Non aveva mai pensato a come una Nata Babbana doveva sentirsi con la scoperta del Mondo Magico.
- Tu sei abituata a quei cosi che usate per chiamarvi l'un l'altro?
- I telefoni?
- Credo che siano loro.
- Per forza, ci convivo dall'infanzia.
Teddy annuì - Per me è lo stesso con la magia. Ora, se non ti dispiace, puoi tornare da Harry così posso cambiarmi?

*

Dopo un'ora stavano facendo colazione al tavolo, quando Audrey arrivò consegnando gli orari ai vari Tassorosso. Quelli del primo anno avrebbero avuto lei alla prima ora, insieme ai Corvonero.
- Com'è lei? - chiese Baston, mentre i tre uscivano dalla Sala Grande.
- Brava- rispose Teddy - ma severa, o almeno così dice mio zio Percy.
- E lui come la conosce? - intervenne Anne.
- Sono sposati.
- La professoressa di Trasfigurazione è tua zia!? - chiesero in coro i suoi due compagni di classe.
- Sì, cioè, non proprio... E' la moglie di un membro di una famiglia che era molto legata ai miei genitori.
A Teddy non piaceva parlare della sua famiglia, adottiva e non. Non sapeva perché aveva chiamato Percy "zio", di solito non lo faceva mai all'esterno della famiglia. Evidentemente Baston sapeva della sua condizione famigliare, visto che se ne restò zitto. Anne invece preferì non fare domande.
- Ma tu leggerai tutte quelle lettere? - gli chiese Baston, cercando di cambiare argomento. Prima infatti gli erano arrivati un bel po' di gufi portando lettere da sua nonna e da tutte le famiglie Weasley.
- Appena arriveremo al dormitorio - rispose - tanto tra quanto inizia lezione?
- Venticinque minuti.
- Ne leggerò qualcuna.
Raggiunsero il corridoio del dormitorio. Era caldo e accogliente, sempre pieno di buoni odori, a causa anche della cucina, che era poco distante.
Un insieme di botti era davanti a loro e Baston colpì ripetutamente a ritmo la seconda botte dal basso, nella seconda fila. Essa si aprì e li lasciò entrare nella Sala Comune.
La Sala Comune era circolare, con alcune finestre in alto, questa erano esattamente sul livello del terreno. Inondavano di luce la sala comune, la quale sembrava una locanda molto retrò, con pareti in legno un camino grane e accogliente, con il quadro di Tosca Tassorosso sopra. Su ogni fianco del camino c'erano due porte circolari che sembravano intagliate in una botte. Quella di sinistra faceva accedere al dormitorio femminile, mentre quella a destra a quello maschile.
- Ma quand'è che iniziano la selezioni per la squadra di Quidditch? - chiese Baston a Teddy, che scosse la testa.
- Non sarà difficile passarle - continuò percorrendo il corridoio dei dormitori maschili - questi pappamolla non sapranno vedere neanche da lontano una pluffa.
Teddy sorrise. Baston non aveva ancora accettato di essere finito a Tassorosso e per questo era dalla sera precedente che stava sparando a zero sui suoi compagni di Casa, definendoli "pappamolla" o "idioti", anche se a fine serata aveva dovuto ammettere che erano stati gentili.
- Se faccio un pisolino adesso, mi sveglio per Trasfigurazione? - chiese Teddy quando arrivarono in camera.
- Stamattina io e Edgar abbiamo provato a svegliarti e non abbiamo ottenuto niente, neanche un grugnito. Sembravi morto.
Teddy rise - Ma chi ha voglia di svegliarsi alle sette se le lezioni iniziano alle nove?
- Stamattina con la Gazzetta del Profeta c'era l'inserto sul mercato delle squadre di Quidditch. Quindi io avevo voglia di svegliarmi.
Teddy alzò un sopracciglio, mentre apriva la lettera inviata da Harry.
- A te cosa te ne frega del mercato? Tanto tuo papà non se ne andrà dal Puddlemere neanche sotto tortura.
- Conosci il tuo nemico! - replicò Baston, recuperando il suo libro di Trasfigurazione.

Caro Teddy,

Complimenti! Qui a casa abbiamo saputo tutti del tuo Smistamento! Un Testurbante! Dicono che ce ne sia uno ogni cinquant'anni e di solito combineranno grandi cose! Noi, James e Albus siamo molto contenti per te. Mi raccomando, se vuoi farti mettere in punizione aspetta almeno un paio di mesi. E non farti beccare dall'insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.
Come disse un caro amico di tua mamma: vigilanza costante!

Baci,
Harry,
Ginny, James, Albus e Lily.

P.S. Sono Ginny, ignora Harry e non farti mettere in punizione.
P.P.S. Ginny alla tua età ha fatto di peggio, fai come ti dico, Teddy, ma non esagerare. Fare come George è divertente, ma tua nonna Andromeda non la prenderebbe molto bene.

*

Le lezioni furono abbastanza leggere il primo giorno. Audrey fu molto clemente e spiegò solo i principi base, dopo ovviamente aver detto frasi di rito su quanto fosse pericolosa la sua materia. Per la restante mezzora si divertì a trasformare qualsiasi cosa in animali, tra gli sguardi stupiti degli studenti. Audrey gli piaceva, era sempre stata solare e gentile, molto diversa dall'ombroso marito. Quando la lezione finì, non facendosi notare dagli altri studenti, gli fece l'occhiolino.
Il professore di Difesa contro le Arti Oscure, al contrario, fu molto esplicito. Entrò quando tutti i Tassorosso e i Grifondoro erano già seduti, sbattendo la porta e andando a grandi passi verso la cattedra.
- In questa classe non volerà una mosca, se non sarò io a dirlo. Non si estrarrà la bacchetta, se non sarò io a dirlo. Non si aprirà un libro, se non sarò io a dirlo. - disse minaccioso - Il mio nome è John Dawlish, ex-capo dell'Ufficio Auror presso il Ministero della Magia e da qualche anno insegnante di Difesa contro le Arti Oscure. Studiate ed esercitatevi e saremo migliori amici, fate il contrario sarà peggio per voi.
Dawlish era un uomo grosso, molto muscoloso, dai capelli grigi.
- In questa classe non imparerete solo a combattere, a difendervi dalle Arti Oscure e a sapervi relazionare con esse. Voi imparerete lezioni di vita.
Tutta la classe lo ascoltò in silenzio - Io ho fatto molte nefandezze in passato. Nella Seconda Guerra Magica io stavo dalla parte dei cattivi. Non perché fossi contro i Babbani, anzi, non ho mai fatto distinzioni di questo tipo, ma perché ero ossessionato dal mio lavoro da Auror e dalla mia lealtà al Ministero. Io oggi sono qui per farvi capire anche cos'è giusto e cos'è sbagliato. E lo capirete, ne sono certo.
Tutti restarono senza parole, mentre lo osservavano. Li guardava duramente, non con odio, ma con qualcosa di più simile a orgoglio. Iniziò a spiegare il programma del primo anno e, quando suonò la campanella, le razioni furono diverse.
Harry Doge, un Grifondoro molto amico di Baston, ne esaltò le qualità - Che classe. E che stile. Da grande vorrei essere come lui.
- Un Mangiamorte? - chiese cupo Baston.
- Perché dici questo?
- Perché è quello che era. Ha scortato tanti di quei Nati Babbani davanti ai Dissennatori che avrebbe potuto fare a gara con Bellatrix Lestrange.
Anne sbiancò. Teddy invece chiese, curioso - Come fai a saperlo?
- Mio papà ha conosciuto mia mamma così. Lui, Kingsley Sheckbolt e altri attaccarono un convoglio che stava portando da Azkaban al Ministero dei Nati Babbani, tra cui mia madre. A capo di quel convoglio c'era Dawlish. Riuscirono nell'attacco e salvarono i prigionieri, ma Dawlish cercò di ucciderli. Per questo i miei lo odiano. Ma la preside a quanto pare non vuole rinunciarci e i miei si fidano ciecamente della McGranitt.
Baston non sembrava più il solito. La sua faccia era contratta in uno sguardo di rabbia. Teddy lo capiva, ma al contempo provava anche una certa compassione verso Dawlish. Anche se era burbero e abbastanza militaresco, non sembrava un uomo felice.

*

Dopo pranzo ebbero lezione con Vitious. Per la prima volta in vita loro iniziarono ad usare la bacchetta e, con suo grande stupore, notò che non se la cavava affatto male. Dopo pochi tentativi, i movimenti divennero immediati, e fu il primo della classe ad ottenere quel risultato. Il secondo fu Albert Boot di Corvonero e poi Anne. Baston, invece, sembrava un po' un troll di montagna. Agitava la bacchetta come una clava e rischiò seriamente di ammazzare Vitious, dando fuoco ad uno dei libri che lui usava per riuscire a vedere oltre la cattedra. Harry una volta gli aveva detto che da giovane Vitious era stato un incredibile duellante, ma a vederlo così fu difficile da credere.
L'ora successiva invece ebbero Storia della Magia. Un anziano signore entrò e iniziò a spiegare quanto fosse bella e impegnativa la storia magica in Inghilterra. Il nome del professore era Elphias Doge. Il vecchio fantasma che insegnava prima di lui, Ruf, era appena diventato Gran Maestro dell'Ordine dei Fantasmi della Gran Bretagna e aveva dovuto abbandonare la cattedra da un paio d'anni.
Doge metteva passione in ciò che diceva e notò che anche i due Serpeverde ascoltavano attentamente la lezione. I due, anche se c'erano molti posti, si erano messi notevolmente distanti dai Tassorosso e sembravano cercare di evitarli in tutti i modi.
Scena che si ripeté anche durante Pozioni, con il professor Lumacorno, che passò la prima lezione a illustrare i vari strumenti che avrebbero usato quell'anno.
Lumacorono era un uomo molto in carne, molto gioviale, che aveva fin da subito notato Baston e Lupin, e il Metamorfmagus sospettava già il perché.
A fine lezione li fermò entrambi e li invitò a partecipare a una seratina intima organizzata di lì a breve. Entrambi non volevano, ma accettarono per cortesia. Harry glielo aveva detto che sarebbe stata la sua condanna.
- Ti prego, Ted, fingiamoci malati - supplicò l'amico mentre raggiungevano al Sala Grande con Anne - quel tricheco mi fa paura. Sembra il clown Babbano di cui avevo paura da piccolo.
- Il che? - chiese Teddy
- Clown - spiegò Anne, contenta per una volta di essere lei quella a spiegare qualcosa - è un uomo che si colora la faccia e fa cose buffe per far ridere la gente.
- Come George, solo che lui non si colora la faccia.
- George Weasley? - saltò su Baston - Lui è un genio! Quanto amerei avere un po' della sua roba per fare uno scherzo al pozionista trippone.
- Mi ha detto che se voglio mi manda roba gratis, se vuoi me la procuro.
- State seriamente pensando di fare uno scherzo ad un professore? - chiese Anne alzando un sopracciglio.
-Sì! - risposero in coro i due.
- Ma vi metterà in punizione!
- No, se non ci facciamo beccare - ammiccò Baston - Ted, tu sei dalla mia, vero?
Teddy si guardò intorno. Certo, non era proprio nel suo stile, ma lo divertiva l'idea di fare qualcosa contro le regole, di essere il James della situazione.
- Ovvio. - rispose.
- Voi state male. -
Baston sorrise e si buttò sulla panca del tavolo di Tassorosso.
- Comunque, sarà Mangiamorte quanto volete, ma quella Rosier è un bel bocconcino.
Teddy scosse la testa e rise.
- Neanche due giorni e sei già all'attacco.
Anche Baston rise - Ho vissuto undici anni con mia madre e le mie nonne come uniche donne intorno a me. E' il momento di darsi alla pazza gioia.
Anche Anne sorrise. Teddy intanto addentò una fetta d'arrosto, mentre ripensava a quella volta che lui e Victoire, quando il ragazzo aveva cinque anni, si erano convinti che ogni bambino incontrava la sua anima gemella nella prima bambina che conosceva e che quindi loro due sarebbero stati costretti a sposarsi. Arrossì al pensiero, principalmente per la risposta che aveva dato loro George.

*

Caro Teddy,

A casa mia tutti ti fanno i complimenti: mamma, papà, Domi e anche Louis ha fatto un gemito quando gliel'ho detto. Papà è stato al settimo cielo, ha detto che si ricorda di tua madre quando era in quella Casa e ha detto che non potevi finire in casa migliore (anche perché, essendo convinto che io sarò una Grifondoro, per fare il simpatico ha detto che così non saremo nello stesso dormitorio. Ah ah, il solito burlone). Ovviamente scrivimi tanto, visto che qui, anche se sono passati due giorni sento già la tua mancanza. Oggi Fred mi ha mostrato il suo nuovo arsenale insieme a James, che non ho ancora perdonato per la Caccabomba su mia madre. Insomma, una noia mortale, è stato quasi più divertente quando zio Percy ci ha mostrato la sua collezione di premi scolastici.
Spero di sentirti davvero presto.

Sempre tua,
Victoire

Teddy sorrise di nuovo. Un pochino gli mancava Victoire. Non sapeva se era perché o era stanco o perché era da solo nella Sala Comune, ma sentiva la mancanza della sua migliore amica. Era strano sapere che non l'avrebbe vista per mesi, quando per una vita l'aveva vista più di una volta a settimana. Alzò la testa dalla lettera. Stava diventando sentimentale. Notò delle foto sopra l'ingresso dei dormitori maschili. Sopra di esse c'era la scritta "Per non dimenticare".
Una rappresentava era un signore alto con i capelli lunghi scuri, la cui etichetta segnava il nome Edgar Bones.
Doveva essere un parente del suo compagno di stanza.
La seconda invece ritraeva un ragazzo abbastanza sportivo, alto, con gli occhi grigi e i capelli neri. Quando lesse il nome capì perfettamente chi era: Cedric Diggory.
Ma il suo sguardo cadde subito sulla terza foto. Dalla cornice gli sorrideva suo nonno, il suo omonimo. Era un personaggio panciuto, gioviale, con una chioma di capelli biondi.
Fu preso da un dubbio. Se lì c'era suo nonno, allora davanti ai dormitori femminili ci doveva essere lei. Velocissimo raggiunse la parte opposta e la vide.
Era lì, che gli sorrideva con lo stesso sorriso di suo nonno, che gli era rimasto impresso nella memoria. Lo salutava, muovendo velocemente la mano, e sventolava i capelli rosa shocking.
- Ciao mamma... - disse alla foto. Lei parve sorridere di più.

Angolo dell'autore

Bentrovati, oggi pubblico questo capitolo, che quasi sicuramente sarà l'ultimo per il prossimo mesetto, in quanto vado via da venerdì prossimo senza Internet. Mi rifarò sicuramente al ritorno, visto che il computer me lo porterò dietro, ma mi raccomando continuate a seguirmi.
In questo capitolo ho introdotto i vari professori, ho inserito Doge al posto di Ruf per risanare le quote Serpeverde nel collegio docenti e ho introdotto Dawlish, uno degli Auror che nel quinto libro cerco di arrestare Silente, come professore. E' un peronaggio in cerca di redenzione e creerà un rapporto ben definito con Teddy e Bartemius.
Nel prossimo capitolo ci sarà spazio soprattutto per i grandi, che sono ignoranti da un po'.
Spero di riuscire a pubblicare ancora un capitolo, se non sarà così, buone vacanze!

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 11
*** Conferenze e inaugurazioni ***


Conferenze e inaugurazioni

- Signor Potter, glielo chiedo senza giri di parole: il Mondo Magico è al sicuro? - chiese Rita Skeeter, con il solito sorriso falso e malizioso.
Harry odiava quella situazione. Non che non rispettasse i giornalisti, anzi molti li stimava, come Seamus,  ma altrettanti cercavano più che i fatti una frase da trascrivere per tirare su un polverone. E Rita Skeeter era la regina di quest'arte.
Harry sistemo i fogli sopra il leggio davanti a lui, contrassegnato dal logo del Ministero, e alzò gli occhi verso la giornalista. Era in piedi, vestita con un tailleur verde vomito, e si guardava intorno con fierezza, osservando gli altri giornalisti seduti, i cui sguardi però erano rivolti ai due leggii, quello di Harry e quello di Kingsley.
- Credo, signora Skeeter, che il Ministero della Magia e l'Ufficio Auror stiano facendo del loro meglio. Vuole che dica che non siamo al sicuro? Le dirò che non lo sappiamo, ma abbiamo aumentato la sicurezza in ogni luogo con misure che neanche durante la Seconda Guerra Magica erano così rigorose e precise. Posso dirle che ho ragione di ritenere che la salute dei maghi non sia a rischio, se le regole e le misure di sicurezza verranno rispettate.
Kingsley lo guardò e gli fece un cenno d'assenso.
- Per questo il Ministero inizierà a distribuire dei depliant con le misure da rispettare e manderà spot via radio. Preghiamo che voi li pubblichiate, il nostro Ufficio Stampa li ha inviati tramite gufo alle vostre redazioni. Come al solito il vostro contributo è fondamentale.
Kingsley sembrava calmo, ma Harry sapeva bene che non lo era. Negli ultimi giorni era stato fisso nell'ufficio di Harry a fare summit di ogni tipo con praticamente tutte le personalità di spicco del Ministero. Oltre a quelli Harry aveva analizzato tutti i fascicoli sui prigionieri di Azkaban e su una gran parte di dipendenti del Ministero, ma non avevano ancora trovato nulla: i Mangiamorte si erano come volatilizzati.
- Qualcuno dentro al Ministero può essere coinvolto? - chiese invece Thomas Wellington, un giovane giornalista di Radio Potter, l'emittente proprietà di George Weasley.
- Tutto può essere - rispose Harry, con la solita voce controllata che usava per l'occasione. Dentro era molto stanco, ma non doveva farlo vedere.
- Potrebbe essere anche uno dei capi di questa indagine?
- Di questa indagine me ne occupo io per l'Ufficio Auror e la vicedirettrice Granger per l'Ufficio della Regolazione della Legge Magica, mentre ad Azkaban è fisso l'auror Dennis Canon, che gode della mia massima stima personale e lavorativa. Non ho alcun dubbio di dubitare del piccolo team interforze che si occupa della direzione del caso.
La Skeeter si alzò di nuovo in piedi, interrompendo la domanda di un piccolo giornalista tedesco - Quindi il suo vice, Dean Thomas, è stato estromesso dall'incarico? Ci sono stati degli screzi sul modo di condurre le indagini?
Ormai Harry sapeva benissimo come replicare alla Skeeter. Da quando aveva iniziato quella conferenze aveva fatto installare un registratore che registrava tutto quello che gli intervistati dicevano e ciò era stato molto utile per smentire gli articoli della Skeeter. Ormai il tutto si giocava su un gioco di astuzia tra i due.
- Il vicedirettore Thomas attualmente è impiegato nel delicato compito di mettere in sicurezza i luoghi più a rischio e di coordinare le ricerche sul campo, quando avrà finito questo incarico si occuperà tanto quanto me di portare avanti un corretto svolgimento delle indagini.
- Non puoi dirci qualcosa di più sul lavoro di Thomas? - chiese Zacharias Smith, da poco passato dalla Gazzetta del Profeta all'Eco di Diagon Alley, un giornale nato da poco e facente capo alla Gringott.
- Ovviamente no - rispose Harry, che non aveva mai sopportato più di tanto quel ragazzo - si tratta di temi che concernono la sicurezza nazionale, sono sottoposti al massimo grado di segretezza.
- Cormac McLaggen, deputato presso la Confederazione Internazionale dei Maghi, sostiene che il Ministro della Magia non ha svolto il suo compito e dovrebbe dimettersi, tu che ne pensi? - gli chiese di nuovo Smith.
- Penso che McLaggen, come credo tutti abbiano capito, aspiri a candidarsi alle vicine elezioni e cerchi in tutti i modi di far sfigurare il suo sfidante. Credo che il Ministro abbia fatto una saggia scelta a non dimettersi, in quanto senza di lui sarebbe venuta a mancare un'esperienza e una capacità non comune e una continuità amministrativa che avrebbe sicuramente rallentato il corso delle indagini. Credo che nelle crisi non ci sia niente di meglio che avere Kingsley Shacklebolt in prima linea.
- Niente di meglio tranne che avere Harry Potter in prima linea - replicò il Ministro, con un sorriso.

 

*

 

- Signore e signori, benvenuti! Oggi siamo qui a Hogsmeade per aprire finalmente il secondo negozio dei Tiri Vispi Weasley! - disse George Weasley, sgargiante nel suo smoking bordeaux con tuba nera.
Harry sorrise guardando chi aveva di fianco a sé, sulla pedana rialzata con il banco da dove parlava George. Ron era vestito uguale al fratello, ma si guardava intorno imbarazzato chiedendosi che cosa lui ci facesse in quel posto.
- La signora del piano di sopra - continuò il gemello, indicando Hogwarts - cerca sempre di farci scacco matto, vietando i nostri pacchi e controllando minuziosamente gli studenti alla ricerca dei nostri scherzi. Per questo noi non ci fermeremo e continueremo in quella direzione ostinata e contraria che noi Weasley abbiamo sempre avuto per le regole. Ringrazio tutti voi paesani, Zonko che ci ha venduto il locale e tutti coloro che sono presenti oggi, dal professor Neville Paciock, che alla fine di questo evento tornerà nostro avversario, a Harry Potter, grande amico sempre vicino a noi in ogni nostri piccolo e grande passo.
Harry fece un sorrisetto amaro. Purtroppo ai Weasley aveva portato solo disfatte. Fred era morto perché combatteva per lui.
- Harry, per l'ennesima volta, non è cola tua - disse una voce femminile dietro di sé. Ginny lo guardava con il solito sguardo gli fuoco che gli riservava quando iniziava a soffrire di quella che lei chiamava "Sindrome dell'Eroe". Di fianco a sé i loro bambini le ronzavano intorno.
- Papà! - gridò James, e gli abbracciò la gamba.
- Jamie, hai fatto qualcosa di male? - gli chiese il padre, sospettoso nei confronti del figlio. Per quanto lo amasse non poteva fare a meno di essere dubbioso, lo conosceva molto bene e sapeva che non si comportava mai così, se non stava per combinarne una delle sue.
- Non che io sappia - gli rispose Ginny, anche lei parecchio sospettosa.
- Io non ho fatto niente!
- "Non ho fatto niente" o "non ho fatto ancora niente?", Jamie? - chiese Harry. Ormai erano quasi cinque anni che era nato, e fin da subito aveva ereditato il gene esagitato delle due famiglie. Aveva quella spensieratezza tipica del defunto padre di Harry, ma si stava anche sviluppando quel calcolo quasi scientifico tipico dei gemelli. Per questo sia George che Fred Jr. lo avevano da subito apprezzato. Certo, fino a quel momento era stata una grandissima peste molto difficile da sopportare, ma stava crescendo con un certo carattere e una certa testardaggine. Un po' come Ginny, anche se questo paragone non si poteva fare davanti a lei, visto che quel bambino era l'amorevole incubo di sua moglie.
- La prima, papà - rispose il bambino, risvegliando Harry dal suo osservare amorevole il figlio.
- Quindi non hai Caccabombe nascoste nei posti più improbabili?
- Nessuna.
- E zio George non ti ha promesso di regalartele oggi?
- No - disse il bambino con voce angelica, ma Harry riconobbe benissimo la scintilla nei suoi occhi che appariva sempre quando mentiva.
Ginny guardò Harry e poi si girò a guardare George, che continuava a parlare dalla banchina.
- Io mio fratello lo ammazzo -
- Non vorrei essere lui alla fine della sua filippica - gli sorrise il marito, facendo sorridere anche lei.
- Ma povero zio - commentò Albus. Era sempre così tenero e calmo, il contrario di suo fratello, che a volte Harry non capiva come quei due potessero essere fratelli. Ma entrambi avevano un amore incondizionato per la piccola Lily, anche se James cercava di non farlo vedere.
- Tuo zio è pericoloso, Albus, imparalo - lo ammonì allora Ginny, ancora concentrata a distruggere con lo sguardo il fratello - riuscirebbe a traviare anche Teddy.
Harry sorrise. Ci era già riuscito. Qualche giorno prima era arrivata Hermione infuriata nel suo ufficio, dicendo che George stava cercando di fornire a Teddy il suo materiale per gli scherzi e sostenendo che era compito di Harry fermare suo cognato, visto che era il padrino di Teddy. Ma Harry sperava che il suo figlioccio facesse qualche piccola trasgressione, lo avrebbe sciolto un po' di più da quella tenera seriosità che teneva quasi sempre.
- E quindi vi ringrazio tutti per la vostra partecipazione oggi e, per questo, vi ringrazieremo con un piccolo regalo - concluse George, agitando la bacchetta verso la vetrina del negozio, coperta da un telo nero. Subito si sentì un boato e il velo cadde in avanti rivelando un grosso dragone rosso, grande quanto Hogwarts, che uscì a fauci spalancate verso la folla. Poi si erse in cielo e scoppiò, lasciando le due "W" che erano sempre stato il marchio dei gemelli. Tutti applaudirono, anche se molti sembravano sul punto di avere un attacco di cuore, mentre qualche bambino scoppiò a piangere. Tra questi, per sfortuna di George, c'era anche sua nipote Lily.
- Io giuro che lo ammazzo - disse Ginny tra i denti, stringendo la figlia in braccio e dirigendosi a passo veloce da suo fratello. Harry la seguì. Era suo compito evitare che la sua amata moglie non finisse ad Azkaban, soprattutto ora che il suo Ufficio aveva ricevuto l'incarico di sorvegliarlo. Come la avrebbero trattata gli Auror, sapendo che era la moglie del capo e una strega molto potente?
- George - urlò Ginny, con un tono di voce molto minaccioso, quando fu a una decina di metri dal fratello - cosa diavolo ti è venuto in mente di architettare davanti a dei bambini?
Il fratello le sorrise e fu sul punto di risponderle, ma fu anticipato da una vocetta - A me è piaciuto.
- Stai zitto, Fred - disse di nuovo Ginny e Harry si girò verso la voce, aspettandosi di trovare il gemello di George. Invece vide il figlio. Harry si fermò e sentì il suo cuore che cadeva in mille pezzi. Non sapeva perché aveva avuto quell'aspettativa, ma la mancanza del gemello si fece sentire ancora. Osservò il figlio: non era pallido come i Weasley, ma neanche scuro come Angelina; aveva la pelle olivastra, a differenza della sorella, che era la copia sputata della madre. Per il resto, Fred era uguale a George.
- Mia figlia sta piangendo - continuava intanto a urlare Ginny - mentre tu vuoi dare a mio figlio quello che espressamente ti ho vietato di dargli!
- Se continui a urlare, sorellina, sono certo che Lily continuerà a piangere. E io non darò niente a James, te lo prometto.
Ginny gli rivolse un'occhiata di fuoco, per poi allontanarsi da lui per andare verso Hermione, che guardava con lo stesso odio George, mentre cercava di consolare il piccolo Hugo. Intanto, il gemello fece un occhiolino a Neville, che allungò un pacco verde nel sacchetto di pelle che James teneva in mano. Cadde dentro e scomparve. Non volle sapere perché suo figlio avesse un sacchetto con applicato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile, che oltretutto era vietato fare senza l'autorizzazione del Ministero della Magia, né voleva sapere qualcosa riguardo il coinvolgimento di Neville. Entrambe quelle notizie era meglio non riferirle a Ginny.
- Allora - disse Ron, spuntandogli a fianco - sono tanto ridicolo vestito così?
- Abbastanza - sorrise Harry.
- Io lo avevo detto a George che volevo vestirmi normale, ma mi ha Schiantato di nascosto e mi ha vestito.
Harry scoppiò a ridere, mentre Ron osservava il fratello con risentimento, il quale stava consegnando un pacco a Lee Jordan. George replicò con un sorrisetto e un bacino, cosa che fece fare a Ron un gestaccio.
- La Stamberga Strillante è pronta - sussurrò una voce nell'orecchio dei due facendoli sobbalzare.
Dean Thomas si trovava dietro di loro. Harry lo apprezzava veramente tanto come Auror, ma il problema era che, dopo l'addestramento, non era riuscito a modificare le camminate a seconda della situazione e quindi continuava a camminare a passo felpato, spuntando da dietro alle persone all'improvviso e facendo prendere un colpo a tutti.
- Ottimo - disse Ron.
- Cosa dobbiamo fare ora? -
- Massima cautela - bisbigliò Harry - nessuno deve sapere che c'è una pattuglia fissa di Auror in quel posto. La squadra del giorno, che sarà dalle otto alle venti, sarà diretta da te, quella della notte, invece, sarà diretta da Hesse. Tutte le attività di Hogwarts saranno sotto controllo e vi fornirò anche la mia Mappa del Malandrino. Ogni giorno, prima di andarvene, dovrete fare rapporto alla squadra successiva. Iniziate da domani.
- Qui a Hogsmeade io e George ci daremo il cambio una volta al mese. Il negozio apre alle nove e chiude alle venti, ma noi saremo di supporto fino alle ventidue - aggiunse Ron.
- Perfetto - assentì Dean.
- Se proveranno a entrare, ci troveranno pronti - concluse Harry, guardando la sua vecchia scuola, che si ergeva in lontananza.

Angolo dell'autore

Allora, bentrovati. Sono in montagna e sto caricando questo capitolo con l'hotspot del telefono. Spero vi piaccia, sono ritornato a usare un po' gli adulti, anche se mi diverto molto di più a scrivere di Teddy e compagnia bella. Per chi sarà il pacco che George ha dato a Lee? Lo scopriremo nel prossimo capitolo. Spero di sentirvi.

A presto,
Ramo97 

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Capitolo 12
*** Lo scherzo ***


Lo scherzo

Era passato quasi un mese da quando la scuola era iniziata e Teddy si stava divertendo un mondo. Riusciva bene in tutte le materie e i professori stavano iniziando a guardarlo con curiosità, più per il suo rendimento che per il fatto che era il figlio di due eroi di guerra. La prima lezione con Neville era stata piuttosto strana: erano entrati nella serra e non lo avevano trovato. I banchi erano sistemati in mezzo a piante di ogni tipo, mentre una lavagna a rotelle torreggiava di fronte a loro.
Appena si sedettero trovarono una carta delle Cioccorane appoggiata su ogni banco. Era quella di Hermione. Passarono pochi secondi, dove alcuni studenti esultavano perché mancava alla loro collezione e altri ancora sbuffavano perché ce l'avevano già, quando la voce di Neville arrivò da in fondo alla serra.
- Sapete chi è quella signorina sulla carta? - disse mentre avanzava a passo lento verso di loro.
- Hermione Granger - disse Baston, seduto nel banco a fianco a Teddy.
- Esatto. Sapete, forse qualcuno di voi sospetta che Erbologia sia una materia inutile, senza senso. "Che schifo piantare piante, è un lavoro da Babbani, non da maghi!". Bene, non c'è niente di più sbagliato di questo pensiero. Quella strega, con cui io ho avuto il piacere di studiare e combattere al suo fianco, senza l'Erbologia sarebbe ancora nella nostra infermeria, pietrificata da un basilisco. Grazie all'Erbologia la signorina Granger si è rivelata fondamentale prima nella lotta aperta contro Voldemort e in secondo luogo nella Resistenza clandestina e nella ricostruzione del Mondo Magico inglese. Io vi insegnerò la sottile arte del piantare piante, del riconoscere i loro effetti e le loro pericolosità. Io vi permetterò di conoscere come salvare vite con un paio di foglie.
Dopo due settimane, invece c'era stata la prima lezione di Volo. Lee Jordan era un insegnante fantastico. Oltre a essere molto giocoso e simpatico con gli studenti, era anche molto paziente e, alla fine della prima lezione, tutti erano riusciti a stare in aria per più di un minuto con la loro scopa. Teddy e Baston, insieme ai due Serpeverde, sapevano già volare e si erano tranquillamente messi a volare in tondo a tre metri da terra.  Baston a un certo punto si era anche messo a fare dei giri della morte a venti metri d'altezza, cosa che un professore normale avrebbe punito con una cinquantina di punti in meno per Tassorosso, ma il professor Jordan diede un cinque a Baston, poi una decina di punti e infine un occhiolino. A fine lezione, però, aveva chiamato da parte lui e Teddy. Perché? Non ne aveva idea.
- Questo è per voi - gli disse Jordan, dando loro un sacco nero - mi ha detto George di darvelo. Spero ne facciate buon uso. Lumacorno è un buon obbiettivo.
Teddy sbiancò e Baston fece finta di non aver capito di cosa diavolo stesse parlando.
- Ragazzi, sono dalla vostra - disse di nuovo il professore, sorridendo alla reazione dei due - lavoro a stretto contatto con i Weasley da anni. Secondo voi faccio come unico lavoro il professore? Che barba.
- C'è tutto quello che ho chiesto? - chiese timidamente Teddy.
- Tutto. Anche se io e George abbiamo messo a posto un paio di cose  nel vostro piano. Era un buon punto di partenza, ma la sicurezza in alcuni punti era un po' carente. Ecco qua, Teddy, George te lo ha riassunto in questa lettera. Mi raccomando, non fatevi beccare.
Teddy prese la lettera e annuì. Ecco come gli studenti stavano riuscendo a ottenere i prodotti Weasley anche con l'aumento dei controlli. Li portava dentro il professor Jordan dal negozio di Hogsmeade. Sorrise. Zio George era sempre geniale.
La lettera era stata studiata ossessivamente nei giorni a seguire, soprattutto dopo il primo incontro del Lumaclub. Una serata di gala dove Lumacorno aveva analizzato tutti gli invitati, cercando le loro potenzialità e il loro sbocco futuro. Alcuni erano stati cacciati, altri no. Sfortunatamente Teddy e Baston erano tra i secondi. Baston aveva colpito Lumacorno per le sue capacità a Quidditch, in quanto era diventato portiere titolare della squadra di Tassorosso non subendo neanche un gol, mentre Teddy era rimasto dentro per i suoi voti. Al prossimo incontro avrebbe partecipato anche Anne. Insomma, se lei avesse partecipato a quell'incontro probabilmente avrebbe evitato di definire quello che i due ragazzi stavano facendo in quel momento come  "uno stupido e demente giochino da ragazzini". Un linguaggio che per quello che lui l'aveva conosciuta non aveva mai usato prima d'ora. Non si era aspettato una reazione così da lei, con strilli e sbattimento di piedi. Ora girovagava da sola per il settimo piano, probabilmente a parlottare e a insultarli.
- Hai finito da quel lato? - chiese Baston , mettendo via il cacciavite nel sacco di pelle dove avevano nascosto tutto l'occorrente per il da farsi.
- Sì - rispose lui, stringendo l'ultimo bullone.
- Bene, forse è meglio se ci andiamo a nascondere.
La loro opera davanti a lui si ergeva perfetta. Lungo la scala dei sotterranei era stato aggiunto, in fondo, un gradino di legno colorato, che lo faceva sembrare assolutamente uguale agli altri. Dentro c'era tutto il ben di Dio che I Tiri Vispi Weasley potevano offrire.
- Secondo te funzionerà? - chiese Baston, osservando scettico lo scalino.
- Il gradino sarà azionato con il suo peso, quindi immagino che funzionerà.
- Ma perché lo stiamo facendo?
- Perché le Pasticche Vomitose sono troppo poco originali e ormai perfino mio nonno le riconoscerebbe.
Baston lo guardò stranito - Chi sei tu? E che hai fatto del mio amico?
Teddy scoppiò a ridere ma se lo chiese anche lui. Se prima di iniziare Hogwarts gli avessero detto che lui avrebbe fatto una cosa del genere, non avrebbe potuto pensare altro che fossero pazzi ma, probabilmente a causa del nuovo ambiente, dei nuovi amici e dell'insana presenza costante di suo zio George  (gli scriveva più lettere di quante gliene scrivesse sua nonna) si era un po' trasformato.
- Quindi siamo sicuri che non succederà niente se qualche innocente ci passa sopra?
- A meno che non pesi come Lumacorno sì, e immagino che debba ancora nascere la persona che riesca ad eguagliare quell'uomo in peso.
Baston rise e si osservò i vestiti. Era una divisa di Corvonero, come quella che indossava Teddy. Si erano travestiti per non farsi riconoscere: Baston aveva una parrucca di capelli rossi e un paio di grossi occhiali dalla montatura nera, mentre a Teddy era bastato diventare biondo e cambiare la forma di naso e bocca per non sembrare più lui.
- Potrei essere chiunque, pure Lumacorno.
- Che ficata essere un Metamorfmagus, quante ragazze puoi cuccare facendo sfoggio di quelle attività. Qual è il tuo vero colore di capelli?
- Il nero, come quello dei Black.
- Il blu ti sta meglio.
Teddy sorrise. Anche a lui il blu piaceva di più, il nero gli ricordava troppo Bellatrix, l'assassina di sua madre. Chissà se sua madre sarebbe stata contenta di lui per quello che stava facendo. Beh, forse lei sì, ma suo padre probabilmente gli avrebbe fatto una bella ramanzina. Sembravano una strana coppia quei due: suo padre, quello controllato e calmo, gentile e timido da un parte, mentre sua madre dall'altra, sgangherata, fuori dagli schemi, esuberante e felice. Gli sembrava sbagliato che entrambi fossero morti.
- John - disse Baston, usando il nome in codice che avevano stabilito - sta arrivando il tricheco. Teddy annuì e si nascosero dietro una parete.
Lumacorno scendeva tranquillo, con la pancia che rimbalzava e una camminata onduleggiante, facendo gradino. Quando arrivò all'ultimo esplose. Intorno a lui apparvero tante McGranitt in tutù che si misero a ballare,mentre un intonatissimo Vitious in tutina aderente nera cantava con grinta una canzone rock. Lumarcono per poco non prese un colpo e subito dopo le sue gambe iniziarono a muoversi da sole, mentre le varie McGranitt iniziarono a fare dei passaggi come il professore fosse una palla. In poco tempo fu coinvolto in un ballo sfrenato.
- Hey voi due - urlò tra un ansimare e un altro - fate smettere immediatamente questa orribile maledizione!
Baston lo guardò e gli fece una pernacchia, poi buttò per terra della polvere Buiopesto e tutto fu scuro.

*

Bartemius stava camminando lentamente lungo il corridoio del settimo piano. Amava stare in solitudine, soprattutto dopo i recenti avvenimenti. Tutti i ragazzi più anziani lo guardavano con sospetto, mentre i suoi coetanei lo guardavano con pena, a parte quel Baston, che sembrava detestarlo. Insomma, il più delle volte in quel posto si sentiva inutile e fuori luogo. L'unica persona che lo trattava come un amico era Eva, l'unica Serpeverde del suo anno. Dopo poco lei era stata inglobata nella massa, avendo scoperto che era la figlia adottiva di Roger Davies, e, anche se passava molto tempo con lui, c'erano dei lunghi spazi dove si trovava da solo. Si sedette per terra e aprì il libro di Difesa contro le Arti Oscure.
Dawlish non gli stava particolarmente simpatico, ma era un bravo professore. Non che le cose che aveva spiegato non le sapesse già, ma comunque una ripasso era meglio farlo. Posizioni base del duellante, mossa di schivata semplice e lancio di scintille come richiesta di aiuto. Tutta robetta da quattro soldi. Sapeva già farlo, Draco glielo aveva insegnato quando aveva poco più di tre anni. In casa sua usava la magia fin da bambino, visto che la Traccia indicava che incantesimi venivano svolti vicino ad un bambino e non se le faceva quello stesso bambino. Insomma, lui probabilmente avrebbe battuto a duello un qualsiasi ragazzo del quarto o quinto anno, senza particolari problemi. Ma comunque meglio ripassare, pur se era stato un servo dei Mangiamorte, Dawlish ora sembrava abbastanza contrario alla loro attività. E come al solito ci sarebbe andato di mezzo lui. In dieci minuti ripassò tutto e si mise a giocare con spruzzi di scintille colorate. Fu in quel momento che sentì quel rumore di passi. Alzò gli occhi e la vide. Anne Dursley, conosciuta in tutta la scuola come la "cugina di Harry Potter", si guardava intorno spaesata.
- Scusa - gli chiese titubante - tu sai uscire da questo dannato piano? Io non riesco a fare altro che perdermi. E' troppo grande questo castello.
Bartemius fece un timido sorriso - Certo. Devi girare a destra, poi a sinistra e poi di nuovo a destra.
Lei alzò il sopracciglio - Mi puoi accompagnare?
Lui arrossì. Era la prima volta che parlava con una Nata Babbana, non sapeva cosa dire e cosa fare. Magari avevano una diversa concezione dell'educazione, oppure non gradivano certi argomenti. I libri di Babbanologia che aveva letto non gli davano grandi spiegazioni sul suo comportarsi.
Chiuse il libro e annuì.
- Ti chiami Bartemius, giusto?
- Sì.
- Io sono Anne - disse allora la ragazza, porgendogli la mano. Lui gliela strinse, anche se lo aveva già fatto sul Lago di Hogwarts.
- Hai capito l'ultima lezione di Difesa contro le Arti Oscure? - gli chiese di nuovo lei, indicando il libro - io ho avuto alcune difficoltà a memorizzare le varie posizioni di duello.
- No, per me è stato abbastanza semplice invece. Sarà che ho una buona memoria.
- Noi due facciamo lezione insieme?
Bartemius ci pensò su e poi disse - Il venerdì alla prima ora, mi pare. Che ci fai senza gli altri due?
Si vergognò subito della domanda. Non erano affari suoi.
- Chi? Ted e Harry? - sbuffò lei - sono in giro a farsi espellere.
- In che senso?
- In quel senso - sbottò lei, alzando gli occhi al cielo e indicando all'orizzonte. Due Corvonero stavano correndo verso di loro, veloci come la luce. Quello rosso prese il polso di Anne e la trascinò con loro urlando - GAZZA!
La bionda si aggrappò a Bartemius che allora, suo malgrado, fu trascinato dietro quei due matti.
- Nella Stanza delle Necessità! - disse allora l'altro, un gracile ragazzo biondo.
Corsero a perdifiato contro un muro, quando, all'improvviso, spuntò una porta. Il biondino la aprì con una spallata e furono dentro.
La stanza era spoglia, con qualche comodo divano e un paio di letti. Su di questi erano poggiati due zaini.
- Siete due cretini! - urlò Anne quando furono dentro - ma cosa vi salta per la testa!?
- Idee geniali - disse il rosso, togliendosi gli occhiali e buttandoli sul letto. Il biondo rise.
- Voi siete scemi! Vi siete anche fatti beccare.
- Gazza ci ha individuato ma non ha ben capito cosa è successo. Siamo fuggiti prima che lui vedesse cosa è successo a Lumacorno. E poi avrà cent'anni, neanche a cavallo riuscirebbe a starci dietro - replicò il biondo. In poco tempo i capelli diventarono blu e i suoi lineamenti cambiarono. Era Ted Lupin. L'altro si tolse i capelli rossi e si rivelò essere Baston. Bartemius iniziò ad avere mal di testa: che ci facevano quei due vestiti da Corvonero? Che cosa c'entrava Lumacorno?
- Ma quello è il figlio del Mangiamorte? - disse ad un certo punto Baston, indicando insistentemente verso di lui. Ted e Anne lo fulminarono con gli occhi e lui sembrò capire, abbassando gli occhi.
- Scusalo, Bartemius - disse Anne, sbuffando - non è un genio nei rapporti sociali.
- Però sono un genio del Quidditch!
- Certamente non di umiltà - replicò allora Ted.
Bartemius annuì - Non fa niente, tanto è vero, mio padre era un Mangiamorte.
Era meglio non prendersela per una cosa del genere, soprattutto davanti al figlio di due eroi di guerra deceduti e di uno il cui padre era un amico di Harry Potter.
- Tranquillo, nessuno qui ti giudica - disse allora il Metamorfmagus, afferrando una mela da un tavolino e addentandola.
- Beh forse io un po' s... - disse Baston, ma un'occhiata torva degli altri due lo richiamò all'ordine - no, certamente, nessuno. Anzi, chiamami se ti succede. Lo concio io per le feste.
Bartemius si guardò intorno allibito. In che gabbia di matti era finito?
Anne parve capirlo - Genio Ted e Genio Baston... - iniziò a spiegare, ma fu interrotta dai due che alzarono la mano esclamando - Presente!
- ... sì bravi, siete simpatici. Dicevo, quei due tizi lì hanno voluto fare uno scherzo a Lumacorno. Non so bene il perché: credo che Baston lo abbia fatto perché insomma, guardalo, non ti aspetti tanto da lui.
- Hey, sono un ottimo giocatore di Quidditch!
- Sbaglio o l'hai già detto? - chiese allora Ted, con il lieve sorriso che Bartemius gli aveva sempre visto fare e non il ghigno che aveva quando era entrato.
- Uno o due volte - rispose l'amico.
- Comunque - continuò Anne - hanno avuto la magnifica idea di chiamare in causa lo zio di Teddy.
- George Weasley! - esultò Baston alzando le braccia al cielo.
- La smetti di interrompermi, Harry? - urlò allora Anne, dando uno schiaffetto all'amico.
- Quello del negozio di scherzi? - chiese allora Bartemius. In effetti non poteva che essere lui. I Weasley erano imparentati con Harry Potter e Ted era il suo figlioccio, quindi per forza doveva conoscerli.
- Esatto, lui. In un modo che non mi vogliono dire è riuscito a fare avere a loro due il materiale per fargli uno scherzo e soprattutto delle istruzioni per migliorarlo. In tutta questa faccenda non so cosa c'entri tu, Ted! Di solito sei il più calmo dei tre!
Ted alzò gli occhi verso di lei. Sembrava dispiaciuto.
- Non è nel mio stile, lo sai Anne. Ma capirai quando farai una di quelle dannate cene. Vederlo lanciato in aria da varie McGranitt in tutù come se fosse una pluffa è forse stata una delle scene più belle di tutta la mia vita.
Bartemius scoppiò a ridere, seguito da Baston e Ted. Anche Anne dovette trattenersi.
- Voi due siete due matti - commentò il moro.
- Quello che so per certo è che faranno diventare matta me - disse Anne.
E così iniziò la loro amicizia.

Salve a tutti,
Sono ritornato! Finalmente sono tornato con un capitolo con Teddy. Non ne sono convintissimo, ma è un capitolo che serve per i fini della storia. Adesso nascerà il rapporto tra Teddy e Bartemius.

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 13
*** Misteri ***


Misteri

- In nome della nostra vecchia alleanza dovete concedere il passaggio ai miei uomini, lo sapete. Avete giurato. Non potete ritirarvi così, senza ricadere nelle conseguenze: la morte - disse il Maestro, seduto su un tronco d'albero. Davanti a lui un grosso centauro dai capelli e dal manto corvino lo guardava con astio. Non che al Maestro gli interessasse. Per lui quella bestia poteva morire tranquillamente. Non c'erano più i centauri di una volta.
- Abbiamo preso una scelta. Non ci schieriamo più con i Mangiamorte.
Il Maestro sbuffò - Ronan, smettila con questa sceneggiata. Ora non sono più dei Mangiamorte, sono al mio servizio. E vorrei che non mi paragonassi a Voldemort. Era un mago troppo rozzo per essere veramente utile.
- Tuo figlio lo ha servito.
- Mio figlio ha servito molte persone. Ma sì, con Voldemort ha proprio ricevuto una sbandata.
- E noi perché dovremmo servire te?
- Non so... Hai presente tuo fratello Dorian?
Ronan sbiancò.
- Cosa gli hai fatto, lurido verme?
- Io? - disse il Maestro - Io ancora niente, ma ora come ora è nelle mani dei Lastrange. E a loro ho detto di tenerlo in vita, non di lasciarlo incolume.
- Sei un mostro.
- Me lo dicono in tanti, ma no, non sono un mostro. Sono conscio di quello che voglio e so come ottenerlo.
- Vuoi solo il nostro diritto di passaggio?
- Non è che lo voglio. Siete costretti a darmelo in virtù del giuramento, se non volete rispettarlo morirete. Quello che voglio è che voi rendiate il passaggio dei miei uomini in queste terre una passeggiata. Dovrete scortarli e ovviamente non fare loro del male o permettere che qualcuno degli altri glielo faccia.
- I miei uomini non accetteranno mai, lo sai.
Da sotto il cappuccio, il Maestro sorrise.
- Oh, io invece credo proprio di sì - disse, estraendo una manciata di foto. Su ognuna c'erano una decina di centauri, tutti sanguinanti e incatenati.
- Diciamo che tuo fratello non è l'unico parente che mi sono preso. Non potevo lasciarlo solo.
Ronan sembrava un cadavere.
- N-ne devo parlare con gli altri.
- Oh certo - disse tranquillo il maestro - porta anche le foto. Potrebbero essere d'aiuto.
Ronan si allontanò, lanciando un ultimo sguardo di orrore al Maestro.
Il Maestro sapeva già come sarebbe tornato. Con la coda tra le gambe, sconfitto e con la testa china, pronto a sottomettersi al suo nuovo padrone. Mai sottovalutare gli accordi del passato, soprattutto se stipulati con lui. Prima o poi sarebbe ritornato a riscuotere la sua parte.
- Siamo d'accordo - disse il centauro, quando tornò, tutto mogio.
- Bene, bestia - esclamò il Maestro, rivolgendosi con superiorità al centauro - d'ora in poi mi dovrete chiamare padrone. O i vostri parenti moriranno.
- Questo non era previsto nel patto che ci hai appena proposto.
Il Maestro rise - No, Ronan, tu non hai ancora capito. Questo non è un accordo tra pari, voi siete inferiori a me. Non mi ubbidirete? Morirete tutti, moriranno i vostri cari e io vi sostituirò con un gruppo di centauri a me fedeli. Vi sto dando una possibilità perché oggi mi sono svegliato con il buon umore e non ho particolare voglia di vedervi morti. Se domani decido che il patto non mi va, vi ammazzo tutti.
Ronan piegò la testa. Sembrava sul punto di piangere.
- Sì... padrone.
- Bravo Ronan, ora inginocchiati e baciami l'anello.
E così fece. Il Maestro aveva vinto. Di nuovo.

*

Bartemius non era male. Nel mese a seguire allo scherzo, Teddy e lui avevano stretto un rapporto più stretto. Entrambi avevano voglia d'apprendere, amavano il Quidditch (epiche erano state le litigate con Baston ed Eva, convinti sostenitori del Puddlemere, e loro, fieri tifosi dei Tornados). Teddy aveva scoperto di avere una straordinaria passione per gli incantesimi offensivi e il Serpeverde gli aveva prestato dei libri, che lo avevano aiutato molto. Il programma di Difesa di quell'anno lo aveva già finito, almeno dal punto di vista pratico, mentre era già arrivato alla metà dei libri di Trasfigurazione e Incantesimi. A parte il lunedì che era occupato dalle nove alle diciannove, gli altri giorni staccava circa verso le diciassette, anche se il mercoledì riprendeva alle ventiquattro con la lezione di Astronomia. Certo negli anni successivi non sarebbe stato così, visto che si sarebbero aggiunte delle materie, ma per adesso riusciva agilmente a finire i compiti in tre quarti d'ora e poi a buttarsi avanti con il programma insieme ad Anne. Baston appariva ogni tanto, sempre vestito da portiere, con la scopa in mano, si buttava sulla sedia della biblioteca sporco di fango, appoggiava i piedi sul tavolo e puntualmente diceva: - Siete ancora qui a studiare? Godetevi un po' la vita, con questo sole non si può stare sui libri. Per le mutande di Merlino quanto mi fate pietà.
Dopo quella frase, che di solito avveniva verso le diciannove, dopo un'ora e un quarto di approfondimento e due ore totali di studio, abbandonavano la biblioteca e si dirigevano fuori dal castello solo per scoprire che stava piovendo, senza traccia del sole di cui aveva parlato Baston. L'unico sole che splendeva, in conclusione, era quella della voglia di non studiare del nuovo portiere di Tassorosso.
Bartemius lo si vedeva soltanto quando erano a lezione insieme o alla sera, quando evadevano il coprifuoco con il beneplacito del professor Jordan e si rifugiavano nella Stanza delle Necessità, ma quasi mai prima di cena. A quanto aveva detto, cercava di far studiare Eva, che da quando era entrata a far parte nella squadra di Quidditch (mentre Bartemius non c'era riuscito, visto che il capitano era un Cercatore come lui) aveva iniziato  a interessarsi alla scuola più o meno quanto Baston. Anche per questo, Baston le sbavava dietro. Ma quel sabato tutto si poteva fare. Eva era all'allenamento di Quidditch, mentre Baston si era buttato a capofitto sul libro di Difesa contro le Arti Oscure, visto che Dawlish aveva programmato una verifica lunedì su tutto il programma e lui non aveva ancora aperto libro. Bartemius, Anne e Teddy invece erano liberissimi. Così decisero di andare da Hagrid.
- Ma chi? il professore-guardiacaccia? - chiese quando Teddy  glielo propose.
- Lui - rispose Anne, che ormai aveva fatto amicizia con il mezzogigante e ora non la preoccupava più di tanto.
- Ma voi avete la minima idea di cosa hanno fatto gli amici di mio papà o forse lui stesso a quell'uomo?
Teddy lo capiva. Aveva notato come guardava in modo diffidente le persone. Anche loro, nelle prime settimane che lo avevano coinvolto nel loro trio era stato molto diffidente. Sembrava che avesse paura di essere vittima di uno scherzo per vendicarsi di suo padre. C'era voluto un po' di tempo per toglierli dalla testa quell'idea.
- Su non fare il noioso, Bartemius. Mio padre pestava Harry Potter - replicò Anne.
- Il mio probabilmente lo ha torturato. Voi andate, io resto qui.
- Bartemius, non farmi arrabbiare.
- Non mi interessa se ti arrabbi, Anne. Nessuno riuscirà a smuovermi da qui.
Dopo cinque minuti erano in cammino verso il capanno di Hagrid, con Bartemius con un orecchio rosso e il polso immobilizzato dalla mano di Anne, come se lei avesse paura che scappasse.
Davanti a tutta questa scena, Teddy osservava divertito i due con un sorriso stampato sulle labbra. Sembrava tutto così normale. Quando aveva lasciato casa aveva pensato che tutto gli sarebbe sembrato strano, che avrebbe messo molto tempo per entrare nell'ottica della scuola, che avrebbe sofferto molto la mancanza di casa. Erano già a novembre e tutte le sue preoccupazioni erano svanite. Si alzava ogni mattina con il sorriso in faccia, anzi no, quello era impossibile, ma comunque era felice dei suoi amici. Oltre alla cerchia ristretta formata da Anne, Bartemius, Baston ed Eva (anche se con lei non aveva ancora il rapporto che aveva con gli altri tre), c'erano anche gli amici di Baston ed Edgar Bones, il loro compagno di stanza. Non era solo e ciò lo rendeva immensamente felice. Anne buttò quasi giù la porta di Hagrid quando bussò alla porta. Il mezzogigante la aprì subito e la ragazza scattò dentro, tirandosi dietro Bartemius.
- Ci hai tutto a posto, Anne? - chiese titubante Hagrid, osservando la ragazza.
- Io, perfettamente - rispose la Tassorosso - è lui che non voleva venire qui perché diceva che suo padre ti aveva procurato troppo dolore.
Bartemius era bordeaux.
- Certo, ha pensato bene. Non voglio avere figli di Mangiamorte in casa mia.
Dal bordeaux di prima, il moretto si fece piccolo piccolo e sbiancò totalmente. Teddy guardò malissimo il guardiacaccia, che scoppiò a ridere.
- Sto scherzando, stacci tranquillo!
Bartemius abbozzò un sorriso, ma più che tranquillizzarsi sembrava un gatto sulla difensiva.
- Qualcuno vuole un po' di the e di biscotti?
- Solo the, grazie! - gridarono all'unisono Teddy e Anne, che avevano già avuto a che fare con i biscotti duri come il cemento di Hagrid.
Bartemius invece no e iniziò a dire - Io li prenderei un po' di biscotti!
Anne e Teddy iniziarono a fargli convulsamente segno di no e allora ritrattò: - Anzi no, non ho ancora digerito il pranzo.
Teddy si tirò una manata in faccia: erano le undici, l'ora di pranzo non era ancora arrivata. Per fortuna Hagrid non sembrò accorgersene.
- Allora, come va la scuola? - chiese dopo essersi seduto.
- Tutto bene - rispose Teddy - niente di nuovo. Va tutto bene, sia a scuola sia a casa.
- Certo, certo. Ci avete sentito lo scherzetto  hanno fatto al professor Lumacorno? A me non mi piacesse per niente se sarei uno di quelli che l'hanno fatto, la McGranitt sembra in guerra.
Teddy fece un piccolo sorrisetto. La preside non aveva visto di buon occhio lo scherzo, aveva tolto cento punti a Corvonero e stava cercando giorno e notte il colpevole, annunciando tutto questo davanti a un Lee Jordan che rideva a crepapelle. Zio George si era fatto spedire una lettera da Teddy con il discorso parola per parola della preside e lo aveva appeso nel suo studio. Non contento, aveva inviato anche un mazzo di rose alla McGranitt, definendola "la sua professoressa musona preferita". Tutto questo aveva portato Baston a procurarsi una sua foto e a erigere un altarino nel dormitorio, che difendeva gelosamente. Nei momenti di difficoltà, che nel suo caso erano le tirate di studio da dieci ore visto che non aveva aperto libro da inizio anno, iniziava a dire continuamente la stessa frase: "Che George Weasley sia con noi".
- Perché ridi, Teddy? Non ci è mica niente di divertente! Il professor Lumacorno si è offeso molto con i Corvonero. Pensate che non li invita più alle sue cene.
Teddy e Bartemius scoppiarono a ridere, mentre Anne borbottò - Magari è per questo che l'hanno fatto.
Anche Anne si era trovata a partecipare a quelle cene e alla fine si era scusata con i due, capendo il perché lo avevano fatto. L'unico che si godeva la sua non partecipazione al club era Bartemius, che quando Lumacorno si complimentava con lui per la buona riuscita di una pozione, gli ricordava di chiamarsi Dolohov, in modo che il disprezzo di Lumacorno verso i Mangiamorte fosse più forte delle capacità dello studente.
Hagrid sembrò sul punto di rispondere, quando un fortissimo urlo ruppe la quiete.
Il guardiaccia si alzò di scatto, rovesciando il tavolo. Bartemius riuscì a evitarlo, tirandosi dietro Anne, mentre Teddy era già scattato alla finestra. Una figura umana era accasciata a terra, con di fianco quella di un animale, forse di un cavallo.
- Un centauro a terra - gridò Bartemius ad Hagrid dopo aver dato un occhio fuori dalla finestra.
Il mezzogigante corse fuori dalla casetta, ma fu superato dal Serpeverde a bacchetta sguainata. Teddy lo seguì. La scena che si trovò davanti fu agghiacciante.
Un centauro dai capelli rossi e dal manto castano era a terra, con il viso esangue. La sua mano era stretta su un pugnale dall'impugnatura argentata, il quale era conficcato nel petto. Il sangue sgorgava velocemente fuori dalla ferita, senza niente a fermarlo.
- RONAN! - gridò Hagrid, appena riconobbe il centauro. Si inginocchiò e gli toccò il collo.
- E' morto - sussurrò.
Bartemius alzò la bacchetta e urlò - Periculum!
Una pioggia di scintille rosse si levò dalla sua bacchetta e colorò il cielo.
- Ha una lettera in mano - bisbigliò Anne, che era stata in silenzio fino a quel momento.
Teddy guardò la mano sinistra, quella libera, e vide un pezzo di pergamena. Si avvicinò e lo raccolse. Diceva:

Nella mia vita non ho mai piegato la testa.
Credevo che nessuno del mio popolo potesse essere sopraffatto.
Ma quasi duecento anni fa facemmo un patto con un uomo
e lo stesso uomo ora ci ha piegati con la forza e siamo costretti a obbedire,
pena la morte.
La morte me la infliggo da solo, perché senza dignità non so cosa mi resta.
Non posso dirvi molto altro, ma solo che la scuola e voi umani siete in pericolo,
agite di conseguenza.
Addio,
Ronan

Teddy rilesse il foglio ed ebbe paura, lo lasciò a Bartemius, che se lo trascrisse su un foglietto. Pericolo? Ma non poteva essere tutto un po' più semplice e pacifico quel posto? Era una scuola, non la sede dell'Ufficio Auror!
- Hagrid, stai bene? - chiese al mezzogigante, ancora scosso davanti al cadavere del centauro.
- Sì - balbettò in risposta - voi state tutti bene? Scandalizzati?
Bartemius sussurrò qualcosa che sembrava terribilmente: "E secondo te come diavolo dovremmo stare?", mentre Anne si guardava ancora in giro scioccata.
Dopo poco arrivarono la preside McGranitt e il professor Dawlish.
- Chi è stato a lanciare le scintille? - chiese il professore.
Bartemius alzò timidamente la mano.
- Ottimo lavoro, Dolohov. Cinque punti a Serpeverde - rispose il professore distratto, esaminando la lettera del centauro che la McGranitt gli aveva appena dato.
- Avete visto qualcosa, voi? - chiese la professoressa, il viso anziano che guardava con preoccupazione i ragazzi.
Teddy guardò la professoressa e rispose - Abbiamo solo sentito un urlo, poi niente.
- Siete sicuri?
- Sì, professoressa - dissero i tre all'unisono.
- Professoressa - disse una voce che Teddy ben conosceva. Dean Thomas era arrivato silenziosamente e ora osservava apprensivo Teddy.
- Mi dica, Thomas.
- Per questioni di sicurezza nazionale bisogna nascondere questa notizia alla stampa e isolare questa zona evitando che terzi riescano a vederla. Ho contattato Harry, tutto ciò è molto strano.
- Thomas, dovresti essere abituato. Hai visto molte più stranezze tu che tutti gli studenti di questa scuola messi insieme.


Angolo dell'autore

In questi ultimi tempi sono abbastanza celere a caricare nuovi capitoli. In questo ho dato una svolta un po' dark per iniziare a entrare nel vivo della storia. E' morto anche un personaggio appartenente alla saga principale, Cassandro, il centauro antipatico apparso in "Harry Potter e la Pietra Filosofale", il quale, visto che la Rowling ha sostenuto che i centauri avevano cambiato atteggiamento verso gli umani, con un ultimo gesto ha avvisato gli umani,per quanto possibile dal giuramento, del pericolo.
Oltre a questo voglio ringraziarvi davvero tanto per il sostegno che ho ricevuto in questi ultimi capitoli, dove il numero di chi ha messo la storia tra le preferite e le seguite è aumentato esponenzialmente. Il numero di recensioni, a parte la solita Francesca lol (leggete le sue "Cronache di una Nata Babbana", storia che merita) e CrazyFantasyWriter che ora è sotto esami, quindi pregate per lei ahahah (e se vi va leggete la sua storia "Harry Potter e la maledizione segreta"), è diminuito, ma se volete recensire mi fareste un immenso piacere, per capire cosa vi piace e cosa magari non avete capito o non vi è piaciuto.
Spero di aggiornare a breve.

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 14
*** Una strana storia ***


Una strana storia

- Possibile che ci deve sempre finire in mezzo la tua famiglia, Harry ? - chiese Dean, mentre camminavano per i corridoi dell'Ufficio Auror.
- Fidati Dean, me lo chiedo da quando avevo undici anni, purtroppo non ho ancora ottenuto nessuna risposta.
Dean accennò un sorriso, ma Harry sembrò non farci caso. Era successo un casino e Teddy c'era finito in mezzo. L'unica cosa che non avrebbe mai voluta era che lui finisse anche solo una volta a impicciarsi in affari pericolosi. Non che fino a quel momento avesse fatto cose granché pericolose, ma si sapeva, prima si iniziava con un cane a tre teste e poi si finiva a sconfiggere il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi.
Era preoccupato. Ora capiva cosa provava la signora Weasley mentre vedeva il suo bambino ficcarsi in guai più grossi di lui ogni anno. Non pensava di finire prima o poi dall'altra parte della barricata.
- Hai convocato i tutori? - chiese Harry all'amico.
- Sì. Sono tutti arrivati, sono nella sala d'attesa del tuo ufficio.
- Chi è il tutore di quel Bartemius?
- Era chi immaginavi. Malfoy.
- Da quando lo ha in custodia?
- Da dopo la Battaglia di Hogwarts. Hanno tolto la patria potestà a Dolohov e allora l'ha ottenuta lui, che è il suo padrino. Ha anche un altro figlio, chiamato Scorpius Hyperion. Che razza di nome gli ha dato?
- Comunque meglio di quelli che ha dato Dolohov al suo - disse Harry prendendo il fascicolo sulla custodia che gli aveva appena dato Dean - Bartemius Salazar Antonin Augustus Abraxas Rabastan Rodolphus, questo ragazzo è condannato fin dalla nascita.
- Sei sicuro che non c'entri? E' cresciuto con Malfoy.
Harry scosse la testa - Ho conosciuto Ronan, mi sembra molto nel suo stile. Dubito che lui c'entri qualcosa. Che si sa di sua madre?
- E' impazzita dopo la cattura del marito. Ora è al San Mungo. E' la sorella di Pansy Parkinson.
- Povero ragazzo, spero che Malfoy si comporti bene con lui.
- Credo di sì, i controlli imposti dal Wizengamot ogni due anni hanno testimoniato un grandissimo affetto sia nei confronti di Draco che di sua moglie. Ho avuto delle difficoltà a trovarlo, la villa di famiglia era disabitata. Ho dovuto andare da sua moglie al San Mungo per riuscire a contattarlo. Si stanno nascondendo. Pensi che c'entrino con i Mangiamorte?
- E' sospetto, ma spero di no. Come spero che questa storia non c'entri niente con l'evasione.
Dean annuì.
- Vuoi partecipare agli interrogatori, Harry?
- Certo, vai a preparare il tutto. Io parlo con i tutori e arrivo.
Dean voltò a sinistra, mentre Harry andò dritto, verso la sala d'attesa del suo ufficio. Quando arrivò, trovò tre persone ad aspettarlo: Andromeda, Jane e Malfoy.
La moglie di suo cugino, appena lo vide, scattò  verso di lui.
- Harry, cosa è successo? Perché state interrogando Anne?
- Tranquilla, Jane,  non sta succedendo niente di grave. Hanno soltanto visto un semplice incidente e ora dobbiamo ricostruire le dinamiche. Tutto regolare. Ora se aspettate vicino alla sala interrogatori che i vostri ragazzi escano, potrete parlarci un attimo. Per misure di sicurezza non potete parlare a loro prima, dovrete aspettare in corridoio. Andromeda, conosci la strada?
La nonna di Teddy annuì - Durante la Prima Guerra ero sempre in quella sala. Vieni, cara, andiamo.
Le due donne se ne andarono e Harry fece per seguirle, ma una morsa si strinse sul suo braccio.
- Gli Aurur non si occupano mai di un semplice incidente, Potter. Lo sappiamo bene sia io che te. Ora dimmi: cosa è successo, per davvero?
- Non sono tenuto a giustificare l'operato del mio Ufficio con te, Malfoy.
- Si tratta del mio figlioccio - rispose il biondo, con la voce che buttava fuori disgusto. Era pallido e teso, con due grosse occhiaie, come se non dormisse di notte.
- Anche del mio, Malfoy. Tu, piuttosto, dove vivi adesso? La tua residenza ufficiale è disabitata.
- Ho il diritto di non dirtelo.
Harry lo guardò male. Stava nascondendo qualcosa.
- E io invece ho il dovere di scoprirlo. E se scopro anche solo una tua minima partecipazione alla fuga dei Mangiamorte, giuro su tutto ciò che ho di più caro che ti farò passare ad Azkaban anche tutti gli anni che ti ho risparmiato dieci anni fa.

*

La saletta d'attesa in cui erano stati messi Bartemius, Anne e Teddy era anonima. Bianca, con delle sedie in legno e due porte, anch'esse di legno. Una portava al corridoio dove erano venuti, l'altra al posto dove, come aveva detto il vicedirettore Thomas, "gli avrebbero fatto qualche domanda per comprendere l'accaduto". Hagrid era entrato per primo ed era ancora sotto interrogatorio, gli altri tre invece se ne stavano zitti e in silenzio, senza parlare. Era successo un casino e Bartemius c'era finito in mezzo. Non che avesse fatto niente di male, ma sapeva che un pregiudizio poteva fin da subito chiudere un'indagine. Il vicedirettore Thomas ne era un esempio. Dopo aver scoperto il suo nome lo aveva osservato per tutto il tempo con sospetto. Bartemius aveva paura. Sapeva che non poteva essere incastrato in nessun modo, ma quella diffidenza lo aveva distrutto psicologicamente.
- Andrà tutto bene, Barty - gli disse Teddy, dandogli una pacca sulla spalla - non abbiamo fatto niente di male. Li conosco quelli che lavorano in questo ufficio, sono persone a posto, non si faranno condizionare da chi sei figlio.
Bartemius gli fece un piccolo sorriso. Gli piaceva Teddy. Non era il gentile ragazzo scontato che aveva inquadrato la prima volta, ma era una persona molto riflessiva, come lui, ed era anche spaventosamente empatico. Non sapeva come, ma ogni volta riusciva a capire cosa pensava la gente e riusciva a farsi stare simpatico chiunque e a stare simpatico a chiunque. Era difficile trovargli un difetto, anche piccolo. Sembrava una di quelle persone destinata a fare grandi cose, ma che a loro non interessava e il loro unico obbiettivo era quello di essere felici. Però questo obbiettivo, nel caso di Teddy, non sembrava completamente c'entrato. Alcune volte sembrava triste, come se gli mancasse qualcosa. Doveva essere difficile essere i figli di eroi. Tutti li avevano conosciuti, tutti ne parlavano bene, e ciò ti faceva sentire ancora di più la sua mancanza. Si sentì quasi fortunato a essere il figlio di uno dei cattivi, uno di quelli di cui eri fiero di non averci mai avuto a che fare.
- Ma cosa ci faranno? - chiese Anne, cercando di iniziare una conversazione.
- Ci porteranno dentro e ci faranno qualche domanda.
- Il mio patrigno è anche stato incatenato.
- Il tuo patrigno era  un Mangiamorte - disse Teddy, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
- E quindi? - chiese Bartemius, mettendosi sulla difensiva.
- Ci sono procedure speciali per loro.
Visto? Era impossibile che dicesse anche solo una cattiveria. Era troppo buono.
- Quindi non ci incateneranno? - chiese Anne, ancora preoccupata.
- Credo proprio di no - disse il vicedirettore Thomas, che era spuntato silenziosamente dalla porta della sala interrogatorio - Bartemius, vieni pure.
In automatico il ragazzo si alzò e seguì l'Auror, che lo condusse dentro un corridoio scuro.
Ora mi torturano per farmi dire qualcosa. pensò il ragazzo. La sua ansia stava diventando ossessiva.
Thomas lo condusse fino ad una stanza in pietra, con un grosso tavolo al centro. Dietro il tavolo stava un uomo, sul quale le torce che illuminavano la stanza stavano facendo alcuni giochi di luce. Solo quando fu più vicino poté capire di trovarsi davanti ad Harry Potter. Lo aveva visto su molti libri di Storia della Magia e anche sulla Gazzetta della Profeta, ma di persona era molto diverso. Nei libri lo aveva sempre visto o con uno sguardo timido o con uno infastidito. Sembrava non amare particolarmente i fotografi. Ora invece sembrava più sereno, come se la vista di Bartemius lo intenerisse. Si sentì un po' meglio.
Thomas si sedette vicino al suo capo, coprendolo un po' dalla luce, cosicché Bartemius riuscì a vederlo un po' meglio, essendosi abituato alla semioscurità. Gli occhi verdi erano esattamente uguali a quelli di Anne, mentre i capelli scuri gli ricordavano un po' i suoi.
- Ciao Bartemius - disse lui. Una leggenda vivente lo chiamava per nome. Non poteva credere di avere davanti quell'uomo. Era la stessa persona che aveva combattuto contro Voldemort, contro i Dissennatori, contro draghi e Inferi. Ma non furono quelli i pensieri che lo colpirono di più. Lui aveva conosciuto i genitori di Teddy. Gli avevano chiesto di fare il padrino a loro figlio. Bartemius non poteva credere che una persona riuscisse ad aver fatto così tante cose. Gli sembrava il personaggio di un romanzo.
- S-salve - balbettò.
- Stai tranquillo, non è successo niente - disse Potter, sorridendogli. Gli fece qualche domanda inerente ai fatti e poi lo salutò, facendolo accompagnare da Thomas nella saletta da dove era venuto. Per tutto il tragitto il vicedirettore se ne restò in silenzio, continuando a guardarlo con la solita aria sospettosa.
Prese con se Anne e disse a Bartemius che per misure di sicurezza doveva uscire. Il ragazzo uscì in corridoio e trovò tre persone. Una era sicuramente la nonna di Teddy, visto che era quasi identica a Bellatrix Lestrange, mentre l'altra era una copia sputata di Anne, anche se aveva gli occhi azzurri. L'ultima persona era Draco. Lo osservava preoccupato, totalmente bianco.
- Stai bene? - disse, dopo essergli corso incontro e averlo abbracciato. Non erano da lui quei gesti di affetto.
- Non ti hanno fatto niente, vero?
- No, niente, il direttore Potter si è comportato benissimo.
Draco annuì - Per fortuna. Hanno fatto domande su dove abitiamo?
- No, ma anche se lo avessero fatto non glielo avrei detto.
- Perché mai?
Bartemius guardò il padrino. Lo conosceva bene.
- Perché ho capito che non vuoi che si sappia.
- Sei sempre stato un ragazzo intelligente. A scuola tutto bene?
Bartemius alzò un sopracciglio - A parte un centauro suicida?
Draco annuì. - Hai ragione, scusa, non è stata una domanda particolarmente intelligente.
Bartemius annuì. A volte Draco era un po' impacciato, ma ce la metteva tutta per essere un bravo genitore per lui.
- Comunque sì, ho degli amici adesso. Tuo cugino, la nipote di Harry Potter, il figlio di Baston e la figlia di Rosier. Magari non ne sarai contento, ma mi hanno accettato e mi trovo bene con loro.
Draco lo guardò. Aveva paura di averlo deluso, ma soprattutto aveva paura che lui non fosse d'accordo con le sue nuove amicizie. E lui, come al solito, sembrava capire le sue paure.
- Barty - disse lui, piegandosi per essere alla sua altezza - Io non giudicherò mai le tue scelte. Certo, non sono mai andato d'accordo con i genitori di nessuno di quelli, ma sono i tuoi amici, se sei felice con loro io sarò sempre al tuo fianco, qualsiasi cosa tu faccia.


Angolo dell'autore

Sono tornato. Scusate un po' il ritardo ma sono ammalato e ho scoperto la bellezza di The Sims 4.Questo capitolo è più corto degli altri, perché volevo approfondire la reazione di Bartemius e Draco a questo interrogatorio e poi perché nel prossimo capitolo tornerà anche lui, il mitico Draco Malfoy, per la prima volta scritto dal suo punto di vista. Non ho mai scritto di Draco, ma vediamo come andrà. E ora è arrivata una bellissima notizia: in questo link si vede un tweet della Rowling che da due notizie sconvolgenti:
1. James Srius Potter inizia la sua avventura scolastica nel settembre 2015 (in bocca al lupo James!), quindi ha due anni in più di Albus e non uno come si pensava. Verrà mandato a Grifondoro, come tutti si aspettavano.
2. Teddy è Caposcuola all'ultimo anno, ed è un TASSOROSSO. E sbam, scusatemi ragazzi ma pensare che ci ho azzeccato mi rende troppo felice.

Alla prossima,
Ramo97


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Capitolo 15
*** Il lato oscuro del bene ***


Il lato oscuro del bene

Era bella. Molto bella. Era di una bellezza di quelle spontanee, come quella di una margherita al tramonto. E il bello era che lei non sembrava rendersene conto. La prima volta che l'aveva vista era rimasto stranito, una ragazzina di undici anni così gentile, eppure così fiera, così Serpeverde. Non l'aveva molto considerata quando era a Hogwarts, anzi l'aveva disdegnata. Una Purosangue che osava parlare con Sanguesporco di Tassorosso? Non meritava altro che sguardi di rimprovero. Ma poi l'aveva rincontrata dopo il processo. Un periodo buio. Notti passate in bianco, frustrazioni e umiliazioni pubbliche, come l'amnistia nei suoi confronti ottenuta grazie agli interventi in suo favore di Potter e Granger. E poi aveva visto lei. In un attacco di rabbia si era messo a prendere a calci tutto quello che si trovava davanti, e aveva colpito anche un otre di una strana pozione. Risultato: un intera gamba coperta di pustole.
Quando era arrivato al San Mungo tutti erano fermati a guardarlo, come se fosse un bimbo che aveva rotto un vaso che valeva centinaia di galeoni. Nessuno aveva pensato di soccorrerlo, ma tutti dicevano una sola parola a mezza bocca: "Malfoy". Ad un certo punta una ragazza era uscita dallo stuolo di Guaritori e Medimaghi, vestita con giacca e pantaloni entrambi di jeans e lo aveva portato via. Dopo che si furono sposati gli rivelò che lo fece perché gli faceva pietà, anche se era finito il suo turno.
Fortunatamente non era nulla di che, quindi, in pochi minuti, il tutto fu risolto. Lui però non la riconobbe. I capelli castani erano più scuri e la faccia più seria. Non sfoggiava più quel sorriso che aveva sempre stampato sul volto a scuola. L'aveva riconosciuta solo dopo, quando l'aveva incontrata al Paiolo Magico e avevano preso qualcosa insieme. In realtà non presero niente insieme, ma si sedettero per caso vicini al bancone. Parlano. E da quel giorno si videro ancora e ancora. E lui si innamorò. Capì cosa voleva dire amare davvero qualcuno diverso dalla sua famiglia. Pansy era stato un giocattolo con cui divertirsi, Astoria invece no. Era strano che lui, cupo, tradizionale e tutto fuorché fuori dagli schemi si innamorasse di lei, filobabbana, creativa, divertente, solare ma comunque seria. Era stata una boccata di aria nuova nella sua vita. Da quando c'era lei la sua vita era cambiata: era iniziato a uscire di casa, aveva smesso di crogiolarsi nel dolore e aveva iniziato a investire il patrimonio di famiglia in alcuni negozi esteri, per garantirsi una rendita senza dover cercare lavoro in Inghilterra. Era tentato di andarsene definitivamente via, insieme a Bartemius, arrivato da poco in casa Malfoy, ma alla fine era stato fermato da lei che, nella sera in cui gli avrebbe voluto dire addio, gli disse: "Sai che sono innamorata di te?". Loro due in un bar. Lui, giacca, cravatta e doppiopetto, seduto compostamente su una sedia. Lei, jeans babbani e giacca verde scuro più grande di lei, stravaccata su una sedia con i piedi sul tavolo. E con loro le parole più belle che Draco avesse mai sentito. In quel momento si dimenticò di Harry Potter, di Voldemort e il Wizengamot, nessun pregiudizio e nessun sospetto, ma c'erano solo loro, Draco e Astoria, e la loro felicità. Aveva aspettato a baciarla, perché era una cosa talmente intima che non avrebbe voluto condividere quel momento con nessun altro. Il loro primo bacio fu a Londra, in un parco babbano. Con Pansy i baci erano rabbiosi, vogliosi e portati alla soddisfazione dei bisogni del suo colpo. Con Astoria il bacio fu delicato, dolce, e soddisfò il suo cuore. Un cuore deriso, più volte spezzato e inacidito dal fato.
Dopo neanche due settimana Astoria si trasferì da lui, nella sua villa poco fuori da Godric's Hollow, dove  si era dovuto trasferire per poter ottenere la custodia di Bartemius, visto che non avrebbe potuto vivere con i suoi genitori. In poco tempo, Astoria ottenne anche il favore del bambino e iniziarono un'esistenza felice. Non che le paure di Draco, le sue insicurezze e le sue debolezze fossero sparite, ma con lei vicino si sentiva sicuro. Si erano sposati, era nato Scorpius e avevano iniziato a portare avanti una vita quasi normale, anche se molto riservata. Alla fine, però, era arrivata la lettera di Bartemius e con essa la depressione di Draco: come avrebbe fatto il suo bambino a sopravvivere a ragazzi educati ad odiare i nomi che lui portava? Per qualche struggente settimana era stato distrutto, dopo c'era stata l'evasione e da lì tutto era peggiorato. Ora però sapeva che Bartemius stava bene, che aveva degli amici. Amici che venivano da famiglie che non avevano Draco in simpatia, ma pur sempre amici, e immaginava brava gente. Però era finito in un pasticcio. E quel centauro morto sembrava una cosa molto strana, fin troppo. Sospettava che dietro ci fosse qualcosa di ben più grande di un semplice  incidente. E non si fidava di Potter. Grande Auror e combattente, ma quel nemico bisognava estirparlo alle radici, non metterlo ad Azkaban. E a quello ci avrebbe pensato lui, Draco Lucius Malfoy.
- Cosa credi di fare? - chiese Astoria, appena alzata dopo la dormita che aveva fatto in seguito al turno notturno, in reggiseno e mutande, e con una camicia di Draco aperta. Sapeva di essere bella e di avere un fisico perfetto, e molte volte gli piaceva istigare Draco quando tornava a casa. Quella doveva essere stata l'intenzione di sua moglie, ma era subito finita quando lui gli aveva detto che era stato dagli Auror per Bartemius. Poi gli aveva spiegato il suo piano.
- Credo che cercherò a Notturn Alley, sicuramente anche una piccola pista ci sarà.
- Non vorrai andare nella Foresta Proibita?
- Non ne uscirei vivo, lo sai anche tu.
- Lo so, Draco, ma spesso e volentieri non brilli per avere idee geniali.
- Grazie mille, Astoria, sempre dolce e gentile.
- Come te, insomma.
Draco fece un piccolo sorriso. 1-0 per lei. Sapeva sempre cosa dire.
- Credo sia abbastanza ovvio che pensi che l'evasione e la morte del centauro siano legate, vero?
- Credi bene - rispose il marito, guardandola dritta negli occhi.
- E chi c'è dietro?
- Sicuramente non Voldermort. Ho avuto il dispiacere di lavorarci a fianco e non è il suo stile. Un evasione del genere non l'avrebbe fatta. Il controllo dei Dissenatori era suo, certo, ma l'ho visto morire. Stava per vincere, non avrebbe finto di morire se ci fosse stato un altro Horcrux in giro. Avrebbe vinto e basta. Deve esserci qualcun'altro? Qualcuno che adesso può contare di una forza tale da passare inosservato pure se circondato da bestie pericolose e criminali.
- Hai dei sospetti?
Draco scosse la testa e si sedette - Non ne ho idea. Sanno nascondersi.
- Più di uno?
- Forse, sembra di sì, ma un qualcuno di veramente forte può anche farcela da solo.
- E capirai chi è?
Draco sorrise, prese il soprabito che aveva appoggiato sul tavolo e se lo rimise su.
- Beh Astoria, io ero solo di passaggio, ora è il momento di farsi un bel giretto nei bassifondi.

*

L'aria di Notturn Alley era umida, puzzolente e putrida. L'odore di alcol scadente e quello di urina si mischiavano insieme, lasciando a Draco l'impressione di quanto quel posto fosse misero. Una cosa che doveva riconoscere a Potter e Shacklebolt era che avevano tentato di riabilitare quel quartiere, cercando di strapparlo di mano alla criminalità, ma l'unica cosa che erano riusciti era il ferimento di due Auror e una missione repressiva ordinata dal Wizengamot, anche se sconsigliata dallo Stregone Capo McGranitt e dagli altri membri dell'Ordine della Fenice che si trovavano al'interno (Potter,  Granger, Ronald, Percival e Arthur Weasley e il Ministro in persona). Il tutto era quindi tornato come prima e il comando era diviso tra vari capibanda, di cui uno era Hepburn, un mendicante che si era arricchito rubando tutto alle vittime uccise dai Mangiamorte e che Draco teneva sottomano, avendo molte prove contro di lui.
- Buonasera, Hepburn - disse Draco, trovandolo in sudicio bar. Era un signore abbastanza esile e ricurvo, con in testa una tuba perennemente stropicciata e le dite sudice ricoperte di anelli. Sembrava un personaggio innocuo, ma in realtà era una bestia. Si raccontava che nella notte, dalle cantine del suo palazzo in mezzo a Notturn Alley, venissero grida umane.
- M-malfoy - replicò l'uomo guardando con i suoi occhietti da ratto due energumeni, che tirarono fuori le bacchette e le puntarono contro il biondino.
- Non ti dispiace Malfoy se loro due rimangono dove sono, vero? - riprese spavaldo Hepburn.
- Certo che no - rispose Draco, sedendosi sulla poltrona davanti a quella di Hepburn. Si tolse il cilindro che aveva in testa e lo appoggiò su un tavolino lì a fianco. Intanto dalla manica della sua giaccia uscì la bacchetta. Con un rapido movimento le due guardie del corpo furono disarmate e pietrificate. Sorrise gelido a Hepburn.
- Così rimangono esattamente dove sono, contento?
Lui sbiancò. Dracò si alzò e si rivolse alla gente dentro al bar, che lo guardava sconvolta - Potete uscire o devo vedere se sono ancora bravo ad usare le Maledizioni Senza Perdono?
La folla uscì di colpo dal locale, senza staccare gli occhi da Malfoy, ipnotizzati.
Quando furono tutti fuori tornò dal suo interlocutore.
- C-cosa vuoi?
- Informazioni, Hepburn, semplici informazioni.
- Su cosa?
- Tutto quello che sai riguardo all'evasione dei Mangiamorte da Azkaban.
- Era il 1996 - iniziò a dire Hepburn.
- Non mi sembra il caso di essere spiritoso, Hepburn. Intendo ovviamente quella di due mesi fa.
- N-non so niente - disse lui, abbassando lo sguardo.
- Mi chiedo come tu possa essere arrivato così in alto nella catena criminale senza saper mentire, lurido caprone. Voglio la verità.
- Forse so qualcosa, ma dobbiamo fare un Voto Infrangibile se vuoi che te lo dica.
- Non sei nelle condizioni di chiedermelo, userò quello che mi dirai solo con chi mi fiderò, questa è la massima garanzia che posso darti.
Hepburn lo guardò male, ma accettò.
- I miei uomini si procurano della certa roba sui monti Cambrici, non voglio dirti cosa.
- E a me non interessa.
- C'è un gruppo di centauri in quei boschi. Il loro capo è un tale Dorian. Una fonte locale ci ha detto che un paio di giorni fa un centinaio di maghi, dall'accento ucraino, russo, mediorientale e chissà di quanti altri tipi hanno cacciato per quelle montagne e li hanno catturati. A capo di questa spedizione c'erano i fratelli Lestrange.
- Chi te lo ha detto?
- Mundungus Fletcher.

Angolo dell'autore

Benvenuti in questo nuovo video sono Fav... okay, no ho sbagliato qualcosa. Beh sono di nuovo io che volevo fare un'entrata ad effetto (piuttosto fallimentare) per dirvi che ho pubblicato questo nuovo capitolo e che sì è corto, ma ho preferito farlo tutto su Draco piuttosto che dividerlo con altri personaggi (per fortuna nel prossimo capitolo ritorna Teddy, mi mancava). Ho dipinto un Draco desideroso di proteggere la sua famiglia, come un vero Malfoy, e per questo un po' diverso da quello della serie. Quello della serie era più immaturo e viziato, qui l'ho voluto rappresentare come un personaggio che è cresciuto molto, segnato dal dolore, ma che ama la sua famiglia e che farebbe di tuto per proteggerla. Ditemi voi cosa ne pensate, ho cercato di restare fedele alla vita futura di Draco, descritta dalla Rowling su Pottermore. Il sostegno per questa storia aumenta sempre di più e per questo vi ringrazio, magari non sarà seguitissima ma tratto comunque un personaggio di nicchia come Teddy, ma a me non importa. Siete magnifici, grazie!


Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 16
*** Paure, ansie e lenzuola rosse ***


Paure, ansie e lenzuola rosse

Harry gli aveva detto di starne fuori, di evitare di indagare e di fare stupidaggini. Gli aveva detto che era meglio per lui e per la sua salute. Infatti appena era tornato a Hogwarts era andato a dormire. E ora si trovava in biblioteca, visto che casualmente gli era venuta voglia di cercare qualcosa su antichi giuramenti tra esseri magici.
- Niente - disse dopo diverse ore di ricerca.
- Niente neanche qui - ribadì Anne sconsolata.
- Neppure qui - disse Baston, che si era interessato talmente tanto alla vicenda da riuscire a stare cinque ore di fila in biblioteca.
- Io ve l'avevo detto - concluse un annoiato Bartemius, intento a leggere un libro sul Quidditch - non troverete mai nessuna alleanza fatta dai Centauri su libri di Storia della Magia umani. Non hanno fatto tanti patti con gli uomini, l'unico che mi viene in mente è quella con Harry Potter durante la Battaglia di Hogwarts, ma non è stato niente di formale. Sono solo arrivati lì e hanno aiutato l'Ordine della Fenice a vincere.
- Quindi stai dicendo che per forza la persona che ha istigato al suicidio del centauro non è umana? - chiese Eva, spuntando da dietro un grosso libro polveroso.
- Quindi ora che si fa? - chiese Baston.
- A meno che non vuoi andare nella Foresta Proibita e indagare di persona credo che l'unica cosa da fare e quella più sensata sia smettere di cercare - rispose il moretto.
- Bene, quando andiamo?
- Era ironico, Baston - disse Eva ridendo.
- Lo so, io invece no. Quando andiamo?
Eva scoppiò a ridere.
In quel momento Teddy chiuse il libro.
- Niente da fare. Non troveremo nulla, ha ragione Bartemius. Siamo ad un punto morto. Andiamo a pranzo.
Il pranzo fu passato in silenzio dai ragazzi. Baston probabilmente era così perché stava per addormentarsi, visto che per avere tempo libero per le ricerche aveva studiato tutta notte. Dawlish aveva lo stesso tenuto la verifica il lunedì, anche se da un paio di giorni si era ritirato nel suo ufficio e non usciva neanche per i pranzi.
Dopo pranzo Bartemius andò ad aiutare Eva, mentre Baston andò a dormire. Anne e Teddy decisero allora, imbacuccati, di uscire a godersi uno degli ultimi giorni di sole. Mancava ancora un mese e mezzo alla vacanze di Natale e il tempo scozzese stava ormai diventando brutto.
- Sai, non ci credo ancora di essere qui. E' tutto così strano - disse Anne mentre osservavano il Platano Picchiatore che si scrollava via di dosso le poche foglie ancora rimaste.
- Strano bello o strano brutto?
- Non lo so - disse lei scuotendo la testa - il posto è così bello, se stessi parlando con un Babbano direi "magico", ma non credo sia la parola giusta per definire il mio stupore con un mago.
Teddy sorrise.
- Ma non sono felice, Ted. Sono angosciata, ho paura. Non avevo mai visto nessuno morire, non avevo mai visto un centauro. Sono terrorizzata. Sta per succedere qualcosa.
Lei lo guardava triste, come se si aspettasse che lui la consolasse. Tutti nel gruppo lo avevano preso come quello serio, quello che sapeva sempre cosa fare e cosa dire. Ma lui ne era davvero in grado?
Più di cercare di essere quello che lo credcevano non sapeva che fare. Lui non loro era.
- E' un incidente, Anne. Stai tranquilla che non sta per succedere niente. Il Mondo Magico è complicato, ha molte sfumature, ma su una cosa sono certo: questo posto è il più sicuro in cui ci possiamo trovare.
Quella frase era ormai un cliché. La ripetevano tutti come un mantra, eppure durante gli anni di scuola di Harry non era stato un luogo così tanto sicuro. Sembrava una frase fatta per autoconvincersi di essere al sicuro. E in quel momento Teddy la stava usando proprio a quello scopo.
- Ne sei sicuro?
- Beh, non proprio sicurissimo - disse Teddy.
- Cosa vuol dire “non proprio sicurissimo”?
- Ehm... no – disse sorridendole.
Anne lo guardò e scoppiò a ridere. Non era una risata rilassata, tranquilla e liberatoria, ma isterica, stressata e tesa.
- E come facciamo adesso? Siamo dei testimoni di una morte.
Teddy pensò di nuovo al cadavere di Ronan e senti un brivido salirgli lungo la schiena. Era un essere magnifico, ma così disperato. Gli ricordava un lato di sé stesso. Quello nascosto, dove il dolore per la morte dei suoi genitori era ancora presente.
- Chiunque ci sia dietro, non riuscirà mai ad espugnare la scuola. Magari riuscirà ad arrivarci, ma Harry non glielo permetterà mai di fare del male a qualcuno di noi..
- Di questo ne sei davvero sicuro?
- Sì di questo sì.

*

- Harry, che diavolo stai facendo? - chiese Teddy guardando scandalizzato l'amico.
Baston era avvolto in un lenzuolo color porpora e si dirigeva a passo furtivo verso lo stadio, sotto l'occhio scettico suo e di Anne. Il ragazzo si fermò e si girò lentamente verso gli altri due, mettendosi il dito indice davanti alla bocca. Teddy e Anne si guardarono. Già Baston aveva mostrato segni di squilibrio fin dal primo giorno, ma entrambi credevano che ci avrebbe messo qualche anno per arrivare alla pazzia totale.
- Sono in missione – sussurrò.
- Per conto di Dio? – chiese Anne, con un sopracciglio alzato e un tono molto critico.
- Meglio.
- Meglio di Dio?
- Sì – annuì Baston – sono in missione per la squadra di Quidditch di Tassorosso.
- Oh misericordia – sbuffò rumorosamente Anne – Ted, digli qualcosa. Sta diventando una malattia.
- Abbassa la voce o mi scopriranno, Anne! - borbottò a bassa voce Baston.
- Ma sei ridicolo, Baston, sembri Madre Teresa di Calcutta!
- Chi? - chiesero in coro Teddy e Baston.
- Oh lasciate stare. Maghi!
- Cosa dovresti fare in questa missione? - chiese Teddy, cercando di trattenere le risate. Il suo amico era avvolto in un lenzuolo rosso, ma lo vestiva con fierezza, guardando con sufficienza lui e Anne, come se si sentisse davvero importante a fare quella missione.
- Devo spiare l'allenamento dei Grifondoro.
- Ah per questo porti quel magnifico lenzuolo. E' la divisa ufficiale da spia? - chiese Anne, con la faccia di una che si stava trattenendo dal picchiarlo.
- Non dire stupidaggini, Anne. Non è la divisa ufficiale, è la divisa da campo. Secondo te andrei con la divisa ufficiale da spia a spiare un allenamento? Si vede che non sei esperta di queste cose.
La ragazza annuì – Oh, sì, hai proprio ragione! Come ho fatto ad essere così scema? Ma tu ti rendi conto che stai sparando delle gran idiozie o ci credi anche?
Baston la guardò con sufficienza e si rivolse a Teddy – Poverina, non capisce questo ruolo.
Teddy sorrise – Non so proprio come faccia, Baston, davvero. Non credevo fosse così stupida.
- Hai ragione, non lo so neanche io. Ma secondo me non è stupidità, è solo che è Babbana. Secondo me lei va a spiare gli allenamenti di quel noioso gioco con ventidue persone che corrono dietro ad una palla.
Anne si piazzò una manata sulla fronte – Baston, Ted ti sta prendendo in giro. Non è serio.
Baston li guardò entrambi e disse – Voi non capite. Tornate a studiare, io vado a rendermi utile alla mia Casa.
E detto questo si girò e andò verso lo stadio.
Teddy guardò l'amico che si allontanava e scoppiò a ridere.
- Ma secondo te è normale?
Teddy non fece in tempo a rispondere che arrivò Eva, anche lei avvolta in un lenzuolo rosso. Dietro di lei Bartemius la guardava scandalizzato.
- Ma io sono circondata da idioti – disse Anne, quando anche la Serpeverde si fu allontanata.
Bartemius annuì – Stavamo studiando, ad un certo punto si è alzata, è andata da uno del quinto anno, ha preso un lenzuolo e se n'è andata, dicendo che doveva spiare i Grifondoro.
- Ma lei mi sembrava intelligente. – disse Anne –  Con Baston avevo perso le speranza, ma lei la credevo con tutti i neuroni in regola.
- Sono un bella coppia – disse allora Teddy, guardando i due lenzuoli rossi in lontananza.
- Sì, figurati che se sommano i loro voti magari un Accettabile lo prendono.
I tre scoppiarono a ridere.

*

Baston ed Edgar dormivano  tranquillamente, nel dormitorio di Tassorosso. Mentre Teddy stava seduto, con le coperte addosso a guardare uno dei letti vuoti davanti a lui.
Era da due mesi che si trovava a Hogwarts. Due mesi che considerava belli, divertenti, utili. Ma gli ultimi due giorni lo avevano fermato. Lo avevano turbato. Non era solo la morte del centauro che gli impediva di prendere sonno, ma tutto quel mistero che c'era intorno. Un alone di mistero che lo turbava. Non aveva delle risposte. E odiava non averne. Lo  distruggeva. Non voleva che scoppiasse una nuova guerra. Certo, era molto difficile che accadesse, anzi, quasi impossibile, ma quel fatto lo aveva turbato. Se fosse  morta sua nonna o Harry o qualunque dei Weasley, non sapeva come lo avrebbe accettato. Perché era morto quel centauro? Chi aveva interesse ad averlo voluto morto? Perché una persona qualsiasi dovrebbe volerne morta un'altra? Non comprendeva questa cosa. La felicità non comportava la morte, anzi ne era l'antitesi. E lui lo sapeva bene. Suo papà e sua mamma non c'erano più per un capriccio di una persona geniale ma malata, assetata di potere. La morte dei suoi genitori dipendeva da un uomo  che aveva camminato per gli stessi corridoi che lui percorreva ogni giorno, un semplice studente come tanti altri. Chi gli diceva che tra i ragazzi che frequentava adesso non c'era un futuro Voldemort?
- Ted, sei sveglio? - disse biascicando una voce.
Baston se ne stava dritto sul letto, i capelli spettinati e la faccia stanca. Gli occhi erano sgranati, stanchi, cerchiati da occhiaie.
- Sì.
- Perché?
- Perché non prendo sonno.
- Strano – disse l'amico, strofinandosi gli occhi – di solito tu dormi come un ghiro. Cosa c'è che non va?
- Niente.
- Il tuo tono di voce non è tanto credibile. E' per il centauro, vero?
Non si aspettava che Baston lo capisse. Era sempre abituato a vederlo fare lo scemo, che a volte pensava che davvero lo fosse. Ma ogni tanto aveva un attimo di profondità e si vedeva una persona nuova, nascosta. Un Harry Baston maturo e non solo concentrato sul Quidditch. Era già successo quando avevano conosciuto Dawlish. Era un Harry Baston con cui si poteva confidare.
- Sì, è per il centauro.
- Credi che sia un pericolo serio quello della lettera?
- Non lo so, spero di no. Ma un centauro non si suicida tutti i giorni, che io sappia.
- Beh, al penultimo anno di mio papà è stato scoperto che c'era un basilisco nella scuola.
- Era spaventato?
- No, in realtà lo avrebbe ucciso lui a mani nude se ne avesse avuto l'occasione. Avevano sospeso il campionato di Quidditch. Mica strisciava in campo quella bestia. Bah, chi li capisce i professori.
Baston. Un marchio di fabbrica. Fissati di Quidditich dalla nascita. Educati al Quidditch. E probabilmente anche destinati a morire con i guanti da portiere in mano.
- Sai mio papà ha avuto come professore il tuo – continuò Baston.
- Com'era?
- Ha detto che era bravo. Ogni suo studente era importante. Li seguiva tutti, dal primo all'ultimo.
- Come Dawlish.
Baston lo guardò male, ma poi sorrise – Sì, a parte che tuo papà non era una Mangiamorte. Non come il papà di Bartemius. Quanto lo odia, secondo te?
- Da una scala da uno ad Anne – disse Teddy – credo che sia arrabbiato con lui come Anne con te quando ti vesti con il lenzuolo da spia.
- Lei non capisce. Sono cause di forza maggiore, quelli lì hanno una squadra degna del Puddlemere , bisogna almeno cercare di capire le loro tattiche, così possiamo fermarli.
- Per fortuna che i Tassorosso sono leali.
- Oh ma io l'ho detto che dovevo andare a Grifondoro. E' quello stupido cappello che mi ha mandato qua. Ha mandato qui anche Anne, hai mai visto un Tassorosso sclerare come lei?
Teddy sorrise.
- Comunque io non dovrei parlare con te – disse Baston.
- Perché?
- La prossima settimana c'è la partita Tornados-Puddlemere United. Non parlo con il nemico.
- Tanto lo sai che perderete, Baston.
- Visto? Stai già iniziando a rosicare adesso.
- Sei malato.
- Sembri Anne.
- Meglio che sembrare te.
- Lurido Tornados.
Non c'era niente da fare, Baston era pur sempre Baston.


Angolo dell'autore

Sono tornato. Sì, sono un po' in ritardo, ma la gita in Grecia di quinta, il lavoro, il calcio, la scuola e l'attivismo politico mi hanno creato qualche problema ad aggiornare. Spero che non vi siate già disinteressati. Vi avviso che gli aggiornamenti saranno un po' più radi di questa estate, magari uno a settimana/10 giorni.

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 17
*** Un silenzio pesante ***


Un silenzio pesante

- Quindi non sapete niente di questo accordo? - chiese Harry al centauro che si trovava davanti a lui.
Il funerale di Ronan era appena finito e i centauri stavano tornando alle loro occupazioni. Gli era sembrato strano essere invitato a quell'evento, i centauri non invitavano mai nessuno ai loro eventi. Secondo Hermione era un segnale, una richiesta d'aiuto.
- No, Harry Potter, non conosciamo di cosa stai parlando.
- Quindi non potete dirmi niente.
- No.
- Non potete perché non sapete o perché non potete parlarne?
- No, Hermione Granger.
- Sei stato chiarissimo – rispose allora la strega. Qualcuno aveva un accordo con loro. Ed era pronto a farlo rispettare con il sangue.
- La Foresta è sicura? - domandò Harry.
- Non è mai stato sicuro questo luogo.
- Ci sono dei rischi per la scuola?
- Harry Potter, quella scuola è mai stata sicura?
Per quanto gli fosse sempre stato detto che era al sicuro, sapeva qual era la risposta giusta. I ricordi che lo animavano ogni volta che entrava in quella scuola avevano un gusto amaro. I morti nella Sala Grande, le persone riverse a terra, Voldemort che combatteva con Kingsley, Lumacorno e la professoressa McGranitt, Bellatrix Lestrange, la famiglia Malfoy. Dopo la guerra una commissione si era occupata di restaurare le magie protettive che custodivano la scuola. Avevano fatto un ottimo lavoro, ma non poteva dire con certezza che gli incantesimi erano forti come prima.
- Non è stato un buco nell'acqua, vero? - disse Hermione mentre uscivano dalla Foresta Proibita.
- Non lo so. Sicuramente sappiamo che quello che ha scritto Ronan è vero. Però ne sappiamo tanto quanto prima. Potremmo mandare qualcuno a seguire i centauri.
Hermione fece una smorfia – No, verrebbe ammazzato. Chiunque sia dietro a tutta questa storia è riuscito a mettere nel sacco i centauri, un Auror non dovrebbe essere un problema per lui.
Harry annuì. Hermione aveva ragione. Non avrebbe mandato al macello un suo uomo per niente. Sarebbe andato lui.
- Harry non pensare stupidaggini. Hai tre figli, non te lo puoi permettere.
- Come fai a sapere quello che penso? - chiese l'Auror, stupito.
- Ti conosco da quasi vent'anni, conosco la tua faccia da “mi sacrifico per tutti”. Sei più prezioso da vivo che da morto. E se riuscissi a portare avanti la missione da solo e a completarla, ti ammazzerebbe Ginny.
Harry sorrise. Hermione aveva la ragione. La “Sindrome dell'Eroe” era forse la cosa che Ginny più odiava di lui.
- Ragazzi – chiamo allora una voce dietro di loro.
Neville li seguiva a passo spedito,  con addosso solo un doppiopetto e una camicia. Harry ebbe freddo per lui.
- Non hai freddo, Neville? - chiese Hermione, mossa dal senso materno che aveva iniziato a nutrire dalla nascita di Rose.
In tutta risposta il professore iniziò a passarsi le mani lungo le braccia, cercando di scaldarsi.
- Un po' sì Hermione, ma mi sono dimenticato la giacca. Dovrei ricordarmi di portare la Ricordella, ma me la dimentico.
I tre scoppiarono a ridere.
- Vi hanno detto qualcosa i centauri?
- No. Ci hanno solo confermato che è un pericolo.
- E cosa pensate di fare?
Harry si passò la mano lungo il mento, riflettendo sul da farsi. E gli venne un'idea.
- Domani sera liberati da qualsiasi impegno, Neville – disse all'amico.
- Perché?
- Domani si riunirà l'Ordine della Fenice.

*

La casa di Grimmauld Place non era così di piena da anni. Harry, dopo la guerra, aveva vissuto per qualche tempo lì, ma dopo un po' si era trasferito in una graziosa villa a Godric's Hollow insieme a Ginny, vicino al cimitero dove si trovavano i suoi genitori. Nella casa di fianco a loro si erano poi trasferiti Hermione e Ron e la vecchia casa di Sirius Black era diventato un ritrovo solo occasionale per quando doveva restare a Londra o di quando aveva bisogno di un po' di tranquillità. Ora invece stava tornando operativo. Lui, Molly e George avevano passato tutto il tempo a mettere a lucido la casa. Molti letti erano stati portati nelle camere per ospitare, in caso di necessità, tutta la famiglia Weasley. E ora erano lì. Il Prescelto stava seduto ad un capo di un lunghissimo tavolo, con molti commensali seduti. Le stoviglie volavano via su ordine della signora Weasley e la tovaglia si era levata a mezz'aria e si stava piegando da sola. All'altra estremità del tavolo la professoressa McGranitt discuteva con Kingsley Sheckbolt, seduto alla sua destra. George e Percy ridevano di gusto, mentre Angelina cercava di rimanere seria. Audrey ed Hermione parlavano tranquillamente di incantesimi, mentre Ron le guardava sconsolato, per poi lanciare uno sguardo ad Harry per cercare appoggio. Hermione era pur sempre Hermione. Neville e Hannah stavano facendo una buffa imitazione della Umbridge e Lee Jordan era letteralmente caduto dalla sedia dal ridere. Arthur e Molly parlavano con Seamus e Dean, Fleur e Bill invece erano presissimi da un racconto Penelope Light, mentre Baston stava chiedendo spiegazioni dell'Accettabile che Ginny gli aveva dato nel pagellino dell'ultima partita.
- Ho fatto quella parata con capovolta che nessuno sa fare! Quello valeva da solo un Oltre Ogni Previsione!
- Sì, Oliver, ma poi ti è sfuggita una palla che neanche mia figlia riuscirebbe a mancare. Avresti meritato un Troll  per quella.
- Ma quello è colpa del Cacciatore a cui è sfuggita!
- Infatti quello lì ha beccato un Troll. A te ho dato Accettabile per fare un media tra i due. E sono stata larga.
Baston sbuffò e Harry vide Luna e suo marito che toccavano la pancia di lei, più grossa del solito, mentre Susan Bones, Cho Chang e Abeforth Silente guardavano interessati, anche se quest'ultimo cercava di non farlo vedere.
Quando il pasto fu finito, Harry prese la forchetta e la batté tre volte contro il bicchiere di cristallo. Nella stanza calò in silenzio.
- Buonasera a tutti e benvenuti – disse Harry, dopo essersi alzato – purtroppo devo oggi riconvocare oggi l'Ordine della Fenice per prepararci al peggio.
Fleur storse il naso e nello stesso momento Dennis Canon fece una smorfia. Quel ragazzo da quando era rientrato dalla sua missione ad Azkaban era diventato più deciso e si stava buttando nell'indagine con tutto sé stesso. Harry sospettava che uno degli evasi fosse l'assassino di suo fratello.
- Come immagino tutti voi abbiate letto, sono evase dei Mangiamorte da Azkaban. In particolar modo si parla dei Lestrange, Yaxley, Rookwood e i due Carrow. Non si sa nulla di quello che è successo e di come hanno fatto. L'unica cosa che si sa è che chi li ha liberati ha il potere sui Dissennatori, in quanto li ha usati per aiutarli nell'evasione.
- Infine – continuò Hermione – Ronan, un centauro della Foresta Proibita, si è suicidato sostenendo che non vuole rispettare un patto, il quale ci metterebbe in pericolo. Non possiamo sapere altro perché probabilmente i centauri morirebbero se rivelassero qualcosa.
- Che tipo di giuramento è? - chiese Rolf Scamandro, il marito di Luna, che era un magizoologo di fama mondiale.
- Non ne abbiamo idea – disse Harry – speravamo che lo sapessi tu.
Rolf scosse la testa. - I centauri sono animali complicati e nascosti, non si sa molto di loro. Proverò a indagare, ma non posso garantire niente.
Harry annuì. Per quello che aveva conosciuto i centauri poteva sospettare che neanche i più grandi studiosi del campo avessero notizie precise su di loro.
- Sto cercando qualcosa a riguardo nella Sezione Proibita con il professor Dawlish, ma per adesso non abbiamo trovato niente. Puoi unirti a noi, se vuoi – intervenne la McGranitt. A sentir nominare Dawlish, Penelope, Baston e Dennis si scurirono. Molte persone non avevano accettato che la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure andasse a uno che aveva servito il Signore Oscuro. Harry, d'altro canto, l'aveva visto in modo positivo. Piton aveva avuto una storia simile a Dawlish e ora uno dei figli di Harry aveva il suo nome. Restava il fatto, però, che bisognava anche tenerlo d'occhio. Poteva essere un Piton come poteva essere un Barty Crouch Jr., anche se, avendoci lavorato insieme, credeva che assomigliasse un po' di più al primo.
- Quindi ora dobbiamo tenere tutti gli occhi aperti – disse Ron, serio – Rolf tu ti unirai alla ricerca, gli Auror si occuperanno di fare il loro lavoro e noialtri faremo dei turni per tenere sott'occhio la Foresta.
- Come? - chiese Baston.
- Nel modo più  semplice: ci voliamo sopra.
- Ronald, smettila di dire cose intelligenti, tu devi essere quello stupido – scherzò George.
- Beh, George, la parte dello stupido la fai già tu, non ce ne servono altri.
Tutti scoppiarono a ridere, George compreso.
- Hey, Percy ha fatto una battuta! - disse sorridendo il gemello, ma poi si fermò. Una frase del genere era stata già detta. Da Fred.

*

- Mundungus Fletcher – disse Draco quando si trovò davanti il ladruncolo.
Gli occhietti furbi dell'uomo si spalancarono e fece per Smateliarizzarsi, ma non ci riuscì.
- Incantesimi anti-Smaterializzazione, mio caro codardo. Sono qui per chiacchierare, ma se preferisci ti ammazzo.
- M-m-malfoy – disse Mundungus, bianco in volto.
- Grazie, Fletcher, so benissimo come mi chiamo. Ovviamente vorrei sapere qualcosa che non so.
- I-i-io non so niente.
- Tipica risposta di chi sa qualcosa.
- Non so di cosa stai parlando.
Draco tirò fuori la bacchetta e la puntò contro Mundungus – Va bene, ultime parole?
Mundungus sbiancò ancora di più – Cosa vuoi sapere?
- Tutto quello che sai sugli evasi.
Il ladro annuì e si sedette sulla sedia davanti a quella dove era seduto Malfoy. Il monolocale di Mundungus sembrava davvero la tana di un topo: sporca, scarna, pronta a cadere a pezzi. Era fatto di un legno scadente e consisteva in una piccola cucina, un letto sfatto, un tavolino pieghevole e due sedie, quelle dove erano seduti lui e Draco.
- Erano in tanti e parlavano in tante lingue. A capo di questa banda c'erano i Lestrange.
- Non mi sei utile, Fletcher. Senti questo ticchettio? Sono gli ultimi secondi della tua vita che se ne vanno.
- Parlavano tra di loro dicendo che dovevano prendere tutti i centauri.
- Perché?
- Perché gli serviva come “incentivo” per far passare qualcosa per la Foresta Proibita.
- Cosa?
- Non ne ho idea. Dicevano che dovevano prendere qualcuno dalla scuola.
- Chi? Un professore? Un ragazzo? - chiese Draco. Il suo pensiero corse subito a Bartemius. Sperava davvero che non volessero lui.
- Non ne ho idea. So che lo vogliono vivo e immagino sia un uomo. Non so se giovane o vecchio. Ah, un'altra cosa.
- Ovvero?
Mundungus tremò tutto – Hanno detto che ti prenderanno e ti squarteranno nella piazza di Hogsmeade.


Angolo dell'autore

Salve a tutti sono tornato con un capitolo nuovo d zecca. Ditemi per favore cosa ne pensate!

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 18
*** E' quasi Natale ***


E' quasi Natale

- Come stai? - chiese Ginny sedendosi di  fianco a lui. James e Albus erano a giocare con Rose  nella casa a fianco, mentre Lily era con Hermione e Hugo al San Mungo, per un controllo di rito. Erano in casa da soli.
Harry era chino sulla sua scrivania, con una dozzina di fogli scritti fittamente davanti agli occhi. Non si erano fatti tanti passi avanti nell'indagine, ma non c'erano stati neanche strani segnali dalla Foresta. L'Ordine della Fenice stava dando un enorme mano, ma era comunque abbastanza insicuro. Tutto ciò gli ricordava i suoi anni a Hogwarts. Lunghi periodi di quiete, per poi all'improvviso essere colpiti da un attacco. Il suo sesto senso gli diceva che era così.
- Sono un po' stressato – rispose alla moglie – ma fisicamente sto bene, solo un po' di stanchezza.
- Quanto hai dormito stanotte?
Ginny era tornata quella mattina dal Belgio, dove la Nazionale Inglese di Quidditch aveva concluso le Qualificazioni alla Coppa del Mondo, arrivando prima nel suo girone. Non avevano dormito insieme, quindi non poteva sapere che lui non era proprio andato a letto.
- Tre ore – le disse, per risultare credibile.
Ginny si sedette davanti a lui e lo guardò negli occhi.
- Non sei andato a letto, vero?
Harry sorrise. Non poteva nasconderle niente. Annuì.
- Sei un cretino. Non salvi il mondo se non dormi. Perché non hai provato a combattere contro Voldemort dopo una settimana che non dormivi? Magari funzionava, crollavi a terra addormentato, lo spiazzavi e lui andavi fuori di matto e si uccideva.
- Ero in ritardo con il lavoro.
Ginny prese uno dei documenti sul tavolo e lo lesse – Sinceramente non so quanto il “Club dei Pozionisti Principianti” possa nascondere un mago che ha fatto evadere dei Mangiamorte dalla prigione più sicura al mondo.
- Magari ci va nel tempo libero.
- Non sapete più dove sbattere la testa, vero?
Harry scosse la testa – Non possiamo che aspettare o avere una botta di fortuna. Mi sto convincendo che l'unico modo per risolvere questa indagine sia la Felix Felicis.
- Oppure c'è qualcosa di meglio – disse Ginny, la voce insolitamente allegra.
- Del tipo?
Ginny fece un sorrisetto malizioso e alzò le sopracciglia. Si alzò e si diresse verso di lui, passando un dito sull'orlo della scrivania.
- Siamo in casa da soli – gli sussurrò nell'orecchio, facendo in modo che lui venisse attraversato da un brivido - e James e Albus torneranno solo tra tre ore.
-Magari tornano prima – disse Harry, stando al gioco.
Lei, in tutta risposta, gli tolse la piuma dalle mani e la mise nel calamaio.
- Per questo esiste il Muffliato.
Con un lento movimento recitò l'incantesimo e chiuse la porta a chiave. Le tende si srotolarono e coprirono le finestre.
- Ora nessuno ci può vedere, Harry – disse lei, avvicinandosi al marito e baciandolo.
Fu un bacio voglioso e ardente. Il leone dentro Harry ruggì forte come se fosse la prima volta che lo faceva. Lui la amava e la voleva. E in quel momento sentiva che lo stesso era anche per lei.
Le braccia della ragazza corsero verso la sua schiena, strappandogli la camicia dai pantaloni. Lui le tolse la maglia e subito dopo  il reggiseno. Partì anche la sua camicia, lasciandolo a petto nudo. Un petto muscoloso ma snello, pieno di cicatrici e segni di guerra. Lei iniziò a baciargli il collo, mentre lentamente gli slacciava la cintura e poi i pantaloni. Ginny allora prese a scendere, dal collo al petto e da lì sempre più giù.

*

Teddy non amava particolarmente il freddo, ma adorava il Natale. I vestiti rossi, le sciarpe, i regali e la famiglia erano solo una parte minuscola delle motivazioni per cui adorava quella parte dell'anno. Il clima che tirava in quella parte dell'anno era bello: rilassato, amorevole e tranquillo.
- La smetti guardare quel dannato albero e mi ascolti, Ted? - chiese seccata Eva, di fianco a lui. Bartemius si era ammalato qualche giorno prima e allora Teddy aveva deciso di sostituirlo come insegnante di Eva. Si aspettava un compito ostico, come quando lui e Anne obbligavano a studiare Baston, invece era molto più semplice. I voti della ragazza erano intorno all'Oltre Ogni Previsione, con qualche Eccezionale ogni tanto, ma aveva qualche problema di organizzazione. Se non la si obbligava a studiare, lei non studiava, ma se qualcuno si metteva lì con lei in poco tempo apprendeva tutto. Baston, invece, anche dopo ore legato ad una sedia (e non per modo di dire, Anne lo aveva fatto davvero) riusciva a trovare qualsiasi scusa per non studiare. L'unica materia in cui andava bene era Difesa contro le Arti Oscure e non perché gli interessasse la materia in sé, ma perché detestava il professore e non accettava insufficienze da lui.
- Sì, scusa, dove eravamo rimasti?
- Abbiamo finito. Ti stavo chiedendo se vieni con me in Biblioteca a trovare Baston?
Teddy la guardò, credendola pazza – Baston? In Biblioteca? Ma sei sicura di quello che dici? Intendi Harry Baston?
Lei scoppiò a ridere e annuì – Tranquillo, non sta studiando, ha trovato la sezione Quidditch e si è fissato con quella.
Okay, problema risolto. Gli sembrava troppo strano che Baston stesse davvero studiando.
- Bartemius come è conciato? - chiese a Eva, non sapendo bene di cosa parlare. Non capiva bene come Bartemius ed Eva potessero essere così amici. Bartemius era riservato, a volte scontroso, estremamente insicuro e silenzioso. Eva era totalmente il contrario, vivace, estroversa e in alcuni momenti eccessivamente loquace. Sembrava un misto tra Anne e Baston.
- Stamattina era a letto a leggere un libro sulla Magia Nera.
- Con trentanove di febbre?
- Oh sì, ha detto che lo aiuta a concentrarsi e a non cadere del tutto ne “l'oblio della malattia”.
- Davvero ha detto così?
- Ti giuro. Poi è tornato a leggere e mi ha ignorato.
- Ma dove l'ha preso quel libro? - chiese Teddy curioso.
- Un paio di giorni fa ci siamo intrufolati nella Sezione Proibita e lui ha preso qualche libro.
- Perché vi siete intrufolati nella Sezione Proibita? -  chiese stupito, non si immaginava Bartemius che si intrufolava di nascosto in un posto dove non poteva andare. Sicuramente lo aveva obbligato Eva.
- Non sapevamo cosa fare e allora Bartemius ha proposto di andare lì. Siamo andati con un sacco, ha preso dei libri e ce ne siamo andarti.
Teddy restò colpito, non immaginava che Bartemius avesse un lato del genere.
- Sì, tranquillo  - disse Eva, capendo quello che stava pensando - anch'io non credevo alle mie orecchie, ma poi l'ha fatto davvero quindi ho rivalutato questo suo lato. E' un ragazzo che si fida di poche persone, ma quei pochi sono davvero fortunati. Metà del suo tempo libero me lo dedica per farmi studiare.
Aveva ragione.
Arrivarono in biblioteca poco dopo la fine della conversazione e video Baston in fondo alla sala. Leggeva un enorme libro che sembrava piuttosto vecchio. Appena li vide lo chiuse frettolosamente e ne aprì uno più piccolo e recente.
- Baston che stai leggendo? - chiese Eva, buttandosi sul libro che Harry aveva appena chiuso.
- Storia degli Incantesimi? - disse leggendo il titolo – stai davvero leggendo qualcosa che non c'entra con il Quidditch!?
Il ragazzo arrossì e balbettò – N-no, non è vero, lo stavo leggendo per sbaglio!
Teddy lo guardò e scoppiò a ridere.

*

Bartemius se ne stava a letto, con un gran librone nero tra le mani. I fogli erano vecchi,  ingialliti e trasudavano un odore di chiuso che lo attraeva.
Era riuscito a convincere Eva a entrare nella Sezione Proibita. A dirla tutta non era stato difficile e la aveva anche spiazzata, ma aveva bisogno di entrare in quel posto. Tutti credevano che a lui non interessasse indagare su ciò che era successo, ma invece era diventato il suo chiodo fisso. La malattia che lo aveva colpito era stata una manna dal cielo, in quanto gli aveva permesso di passare tutto il tempo a letto a leggere qui libri. Alcuni scritti di certi Maghi Oscuri dei secoli precedenti riportavano le usanze dei centauri nei minimi dettagli. E adesso quei manoscritti erano in mano sua. Trovava estremamente interessante quegli esseri (anche se non avevano accettato lo stato di “esseri” in quanto non volevano essere paragonati alle megere). Avevano una cultura fuori dal normale e una vita basata sullo studio e una rigida morale. L'unico problema era che erano molto legati ai pregiudizi che loro si facevano sugli altri. Un figlio di un Mangiamorte non poteva fare altro che stare loro alla larga, se non voleva rischiare la vita.
- Hai trovato qualcosa? - disse la voce di Eva, facendolo sobbalzare.
- Niente di che, com'è andato lo studio oggi?
- Ted è bravo, studio bene con lui.
Bartemius annuì. Da una parte era contento che Eva avesse trovato qualcuno con cui studiare mentre lui stava male, così lui poteva riposarsi e leggere i suoi libri in Santa Pace. Dall'altra invece era geloso del suo rapporto con Eva. Era la sua migliore amica, l'unica persona con cui si sentiva completamente libero di dire tutto.
- Come stai?
- Ho la febbre e mi sento stanco.
- Allora perché continui a leggere? - gli chiese, sedendosi sul suo letto e passandosi una mano nella lunga chioma di capelli castani.
Bartemius si strinse nelle spalle. Stava leggendo tutti quei libri per capire e per aiutare.
- C'è qualcosa, vero? Non hai preso quei libri solo per prenderti gioco della bibliotecaria.
Bartemius annuì. Ciò che amava della sua amica era la capacità di interpretare i suoi silenzi.
- Stai cercando di capire cosa c'è dietro a quel suicidio? Ho visto che i libri parlano di centauri.
- Esattamente.
- Non dovresti fare tutto da solo.
- Mica sto combattendo contro Voldemort.
- Beh tuo papà non ti darebbe la paghetta se tu ci provassi.
Bartemius sorrise. Gli piaceva quel modo di scherzare di Eva. Detto da qualcun altro gli sarebbe sembrata un'offesa, ma detta da lei era una un'altra cosa. Come lui sapeva cosa voleva dire avere come padre un Mangiamorte, e quel modo di sdrammatizzare gli sembrava così carino.
- La cosa peggiore – rispose – è che se ci provassi, tuo papà non mi permetterebbe più di vederti.
- Oh, sì, finché sono io non ci rimarresti tanto male – disse lei con un'occhiata confidenziale – più che altro se il papà di Anne ti impedisse di vederla, tu sì che avresti dei problemi.
Il moretto arrossì dalla testa ai piedi.
- Cosa stai dicendo!? - le disse, con un voce più strozzata di quanto volesse.
- Io? Niente – disse lei, con un sorrisetto fiero stampato in faccia.
Lui la guardò malissimo.
- Che lezione ha adesso? - gli chiese lei.
- Ora sta studiando nella sua Sala Com... o ma stai zitta, Eva – rispose Bartemius, se possibile più rosso  di prima. La compagna di Casa sorrise sornione, ma restò zitta. Non aveva una cotta per Anne, anche se la trovava molto bella. Si trovava bene con lei ma niente di più, o forse sì? Doveva smettere di ascoltare Eva, era pur sempre una Serpeverde: maliziosa.
Ed era malizioso pure lui.
- Ma Gradgrind, il capitano della squadra di Quidditch? E Baston, l'amico di Ted?
- Per nulla al mondo m'innamorerai di Baston –
- Quindi Gradgrind?
- O ma stai zitto – disse lei, arrossendo come un peperone.
1-1, la partita era di nuovo in parità.

Angolo dell'autore

Ciao a tutti, sono tornato! Ho avuto dei problemi con lo studio ma comunque ho finito questo capitolo e sono a metà del prossimo (scrivo cinque righe al giorno quindi non credo arriverà prima della prossima settimana). Spero che vi sia piaciuta, soprattutto la parte con Harry e Ginny.Mi sembrava restringente ignorare completamente quella parte della relazione anche da adulti. Ditemi cosa ne pensate, alla prossima!

Ramo97

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Capitolo 19
*** Quidditch e brutte sorprese ***


Quidditch e brutte sorprese

Baston quel giorno si alzò molto presto. Certo non aveva il sonno pesante come Teddy, ma il sabato era impossibile che si alzasse prima delle dieci. Invece quando Teddy si svegliò non lo trovò già più. Ci mise un attimo per ricordarsi che c'era la partita. Quel giorno era il fantomatico giorno di Tassorosso-Serpeverde. In allenamento, il Cercatore dei Serpeverde si era infortunato e quindi quel giorno  avrebbe giocato Bartemius. Bartemius ed Eva contro Baston. Nella loro comitiva era visto come un derby. I Serpeverde erano una squadra molto forte, con tutti e tre i Cacciatori molto forti, tra cui Eva, e due Battitori con un mira straordinariamente precisa. Invece i Tassorosso erano una squadra molto affiatata, grazie alla tipica capacità Tassorosso di essere molto bravi a collaborare. I Cacciatori giocavano con passaggi corti e veloci, cosa che solitamente metteva in grossa difficoltà la squadra avversaria, mentre i bolidi erano sempre lanciati in coppia, cosa che rendeva molto difficile evitarli. Queste buone attitudini erano ulteriormente sottolineate dalle prestazioni di Baston. Era un fuoriclasse e questo si era già capito fin dalla partita contro Corvonero, dove non aveva subito neanche un gol. Tra parate spettacolari e rilanci perfetti, si era costruito un'ottima reputazione anche tra i ragazzi più vecchi.
Teddy e Anne arrivarono alle dieci e mezza in una Sala Grande ormai coperta di decorazioni natalizie e alberi di Natale. Baston era lì, nella divisa gialla da Quidditch, che parlava con Edgar. Teddy si sedette davanti a lui.
- Buongiorno, dormiglioni! Pronti per vedere il più grande portiere di tutti i tempi in azione?
Teddy gli sorrise, ancora troppo assonnato per rispondergli, mentre Anne gli tirò un'occhiataccia.
- Sì, Gradgrind è un gran bravo portiere, Baston, mi piace molto guardarlo – disse allora una voce maschile dietro di loro.
Bartemius ed Eva stavano in piedi dietro di loro, con le braccia incrociate e un sorriso sornione stampato in faccia.
- Certo – rispose allora Baston, rivolgendo uno sguardo di sfida ai due – purtroppo non si può dire lo stesso della Cacciatrice castana e del Cercatore.
Eva gli fece la linguaccia, mentre Bartemius alzò solamente le sopracciglia.
- Baston, muoviti! Dobbiamo andare al campo – disse un Tassorosso di qualche anno più grande, interrompendo la conversazione.
- Ho dimenticato la sciarpa – urlò Anne appena si trovò da sola con Teddy – già devo andare a vedere quello stupido gioco, se poi ho anche freddo preferisco stare qua.
- Baston ti ucciderebbe.
- Meglio che vederlo tutti i giorni.
- Oppure potrebbe starti addosso ancora più del solito e portarti all'esaurimento.
Anne sbuffò e borbottò – Dai, andiamo a prendere questa maledetta sciarpa.
Teddy sorrise. Sapeva che sarebbe riuscito a convincerla.
Andarono insieme nei dormitori di Tassorosso, dove lui aspettò nella Sala Comune. Dopo dieci minuti arrivò con la sciarpa giallo-rossa della sua casa.       
- Muoviamoci dai. Sia mai che Sua Maestà Baston non abbia da dire sul fatto che siamo arrivati in ritardo.
Iniziarono ad avviarsi lungo il corridoio quando una risata mostruosa si levò dalle cucine, vicino al loro dormitorio. Teddy e Anne si fermarono immediatamente, rabbrividendo. Non aveva nulla di umano, anzi, sembrava un misto tra risucchio che faceva il lavandino quando si svuotava dall'acqua e lo stridore di un gesso sulla lavagna.
- Cosa diavolo è? - mormorò Anne, estraendo la bacchetta.
- Non lo so – rispose Teddy, attraversato da un brivido di paura – andiamo a vedere.
- Tu sei matto.
- Ci sono degli elfi domestici lì dentro. Non possiamo lasciarli morire!
- Dei che? - chiese Anne, turbata.
Teddy la ignorò e tirò fuori la bacchetta. A passi silenziosi si avvicinò alla porta della cucina. Quello che si trovò davanti lo turbò. Un qualcosa di gobbo, verde e con mani grinzose aveva legato tutti gli elfi domestici e stava intorno ad un calderone, mescolando convulsamente con un remo di legno. Coperto da un mantello nero e con il cappello a punta, il mostro faceva ancora più paura. Ma non era solo l'aspetto a far paura. Teddy sapeva cos'era quella cosa.
Il mostro alzò lo sguardo sui due Tassorosso.
- Bambini – disse aprendosi in un sorriso – tanta fame. Voglio bambini. Voi sarete il mio pasto.
- Ted? - chiese Anne con un brivido nella voce – Cosa dobbiamo fare?
- Corri Anne corri!

*

Corsero verso la porta ma quella sbatté e si chiuse.  A niente valse cercare di tirare con tutta la forza che avevano in corpo. Erano chiusi dentro. Il mostro rideva di nuovo, e veniva verso di loro con il remo in mano. Teddy era sempre più terrorizzato. Era una megera. Un mostro di cui si parlava solo nelle storie per bambini, ma che esisteva davvero. A Teddy fin da bambino le storie con dentro quell'essere gli avevano fatto davvero paura, si ricordava che più volte aveva dormito nel letto di sua nonna, dopo che Ron gliele aveva raccontate.
Ed ora una megera era davanti a lui. I denti appuntiti erano pronti a mangiarlo e il remo era ben stretto nelle sue mani.
 - Expelliarmus! - urlò Teddy, cercando di usare gli incantesimi che aveva imparato nei suoi compiti extra. Il remo sfuggì dalle mani della megera e le cadde in testa, rallentandola un attimo. Anne e Teddy allora fuggirono dall'altra parte della stanza.
- Che cos'è quella cosa? - chiese Anne, la bacchetta stretta nella mano tremante.
- Una megera.
- Ed è pericolosa?
- Non so, mangiare bambini per te è pericoloso?
La ragazza sbiancò e urlò – Aiuto vi prego aiutateci.
- Voi siete il mio cibo, bambini. Non pensate di scapparmi – disse la megera, la voce che sembrava un gesso che graffiava la lavagna. Con uno scatto  fu loro addosso. I suoi denti si strinsero attorno al braccio di Teddy e iniziò a sanguinare copiosamente. Un dolore lancinante colpì Teddy, che iniziò a sentirsi senza forze.
Ad un certo punto la pressa attorno al braccio si alleggerì e poi scomparve. La megera si era allontanata. Anne la aveva percossa con il suo remo.
La vista di Teddy si annebbiò mentre il sangue continuava a sgorgare. Anne, invece, faceva levitare pentole e le lanciava addosso alla megera che si rintanva in un angolo. Fu allora che lo vide. Kreacher. L'elfo domestico amico di Harry era lì, che lo guardava preoccupato mugolando. Le corde e il bavaglio lo tenevano stretto. Eppure era un elfo domestico, avrebbe dovuto riuscire a liberarsi. Ma così non sembrava. Si dibatteva convulsamente. E allora gli venne un'idea . Prese un coltello dal tavolo e iniziò a tagliare le corde che legavano l'elfo. Kreacher lo guardò negli occhi e capì. Appena le corde furono tagliate, l'elfo si tolse lo straccio dalla bocca e sparì.
- Molto utile il tuo amico – disse Anne, tra un Wingardium Leviosa e l'altro. Continuava a tirare addosso pentole, posate e piatti addosso alla megere, anche se ciò lo stancava sempre di più. Teddy avrebbe voluto aiutarla, ma non ci riusciva. La vista ballava davanti a sé e si annebbiava sempre più.
- Non ce la faccio più – sbuffò Anne, bianca come un cencio.
Le gambe di Teddy cedettero. La vista era talmente annebbiata che riusciva a vedere solo le figure. Sentì la porta sfondarsi e una grossa figura entrare.
- Avada Kedavra! - urlò. E lui svenne.

*

Teddy si risvegliò in infermeria quando il sole stava scendendo. Davanti a lui c'era Harry. Sembrava stanco, con grosse occhiaie dipinte sotto gli occhi e un sorriso spento aperto in faccio.
- Sai – disse con una voce triste – dicono che se non finisci in Infermeria almeno una volta i tuoi anni di Hogwarts siano inutili.
Teddy sorrise debolmente – Tu quante volte ci sei finito?
- Fin troppe per i miei gusti. Come stai?
- Mi fa male il braccio, non si può eliminare la ferita con qualche pozione?
- No, il morso di una megera è guaribile solo alla Babbana. Te la sei vista brutta, se Dawlish non l'avesse uccisa sareste entrambi morti. Bella idea quella di usare Kreacher.
Lui annuì.
- Com'è riuscita a entrare?
- Non ne abbiamo la minima idea. Ha evaso qualsiasi tipo di sicurezza, nessuno l'ha vista – disse Harry, visibilmente amareggiato – scusami.
- Hai fatto tutto il possibile, non hai niente da scusarti.
Harry annuì – Tu piuttosto stai alla larga dai guai. Se vedi o senti qualcosa di strano, chiama i più grandi e allontanati il più possibile. Non fare come me.
- Tu hai mai affrontato una megera?
- Alla tua età no, però avevo affrontato un troll di montagna, un cane a tre teste, un Tranello del Diavolo, una partita a scacchi dove facevo una pedina e un professore. In effetti è stato il mio anno più tranquillo a Hogwarts.
E se quello si poteva definire “tranquillo”, Teddy non voleva sapere come fosse stato il più complicato.
- Anne come sta?
- E' nel suo dormitorio a dormire, era molto stanca. Dawlish vi ha dovuto portare in braccio tutti e due fino a qua.
Teddy annuì – Ginny, Hermione e Ron sanno di questo attacco?
- Sì, ho perso molto tempo a trattenerli dal venire qua. Sarebbe sembrato strano ai giornalisti vedere così tanti eroi insieme.
- Giornalisti?
- Ci sono inviati a Hogsmeade che monitorano tutto il tempo movimenti strani. Dopo i miei anni a scuola hanno capito che l'ambiente scolastico non è così noioso come immaginavano. E poi Hagrid regala titoli di prima pagina come caramelle: gli animali che alleva suscitano l'interesse e lo sdegno dei lettori almeno una decina di volte l'anno.
Teddy sorrise. In effetti gli animali che giravano intorno alla casa del guardiacaccia erano piuttosto
spaventosi.
- Teddy! - urlò una voce da in fondo all'Infermeria. Bartemius, Baston ed Eva correvano verso di lui, le divise da Quidditich ancora addosso.
- Abbiamo appena finito la partita. Scusa, abbiamo saputo solo ora. Come stai? – spiegò Baston, trafelato.
- Anne dov'è? - chiese invece Bartemius.
- Anne sta bene, è in camera sua – disse Teddy – invece a me fa solo un po' male il braccio, niente di che. Poteva andare molto peggio. Chi ha vinto?
- Serpeverde – disse Eva, senza emozione – ma solo perché Bartemius ha preso il boccino. Noi non abbiamo fatto un gol e anche il nostro portiere ne ha parati molti. Il migliore è sicuramente stato Baston.
Normalmente, se avesse sentito queste parole, il suo compagno di Casa avrebbe girato per due giorni con il petto tronfio ripetendole a chiunque. Invece era un po' pallido e sembrava svuotato di qualsiasi tipo di felicità. Sembrava che quello che stesse male fosse Baston, non Teddy.
- Beh, ragazzi, io vi lascio con Teddy e vado a cercare di capire cosa è successo in cucina. Divertitevi e non mettetevi nei guai, mi raccomando – disse Harry, calcando bene l'ultima frase.
- Ma quello era Harry Potter? - disse Bartemius, risvegliandosi dalla trance in cui sembrava essere caduto.
Eva e Baston annuirono.
- Siete scemi, comunque – sbottò all'improvviso Baston – che vi è venuto in mente di affrontare una megera? Posso capire Anne che non sapeva minimamente cos'era, ma tu, Teddy, sai benissimo a cosa andavi incontro.
- Ho sentito un rumore e volevo controllare – cercò di difendersi il Metamorfmagus.
- Non sei Harry Potter – rincarò Bartemius – non sei il Prescelto di niente, sei un normale studente. Non fare idiozie che ti potrebbero ammazzare.
Un silenzio imbarazzante cadde nell'Infermeria che fu rotto solo dopo una decina di secondi da Baston – Comunque tra una megera e una partita di Quidditch, io preferisco il Quidditch. Certo che voi due siete strani.

*

Harry era furioso. La sua camminata era veloce e nervosa, quasi violenta, tanto che calciava tutta la neve che si trovava di fronte. Una megera era entrata nella scuola e né gli Auror né l'Ordine avevano la minima idea di come avesse fatto. Eppure la scuola era sotto controllo ventiquattro ore su ventiquattro.
Raggiunse la Stamberga Strillante in poco meno di venti minuti ed entrò sbattendo la porta.
- Cosa cazzo avete fatto in tutto questo tempo?
Dean e gli altri Auror si guardarono tra di loro, stupiti e amareggiati – Una cosa dovevate fare. Una sola cosa! Fare in modo che niente entrasse in quella dannatissima scuola! E avete fallito! Due ragazzi si stavano per far ammazzare, per colpa vostra! Non è passato un procione o uno Gnomo da Giardino, ma una fottutissima megera!  Uno dei pochi mostri che mangiano i bambini è entrato in una scuola piena del suo cibo preferito. Ma voi siete idioti! Dovrei licenziarvi tutti e mandarvi nel cazzo di ufficio che si occupa dei centauri, dove nessuno fa mai niente, visto che voi non fate niente!
Tutti ammutolirono. Alcuni, come Dean, lo guardavano tristi, altri invece si ammiravano le scarpe vergognosamente.
- Non abbiamo la minima idea di come abbia fatto ad entrare. Sappiamo solamente che sono crollati gli incantesimi Anti-Disillusione. E' entrata senza che noi la vedessimo.
Harry sbuffò – Chi ha fatto quegli incantesimi?
- La Squadra Speciale Magica, ma li controllavo io personalmente ogni sera. Erano in ordine ieri.
- E' una sfida – capì Harry – ci sta dicendo che può entrare quando vuole. Ci sta dicendo che non sono mai al sicuro. Dean, aumenteremo gli uomini qui dentro. Manderò una squadra di una decina di Auror dentro la scuola. Voglio la massima vigilanza, voglio che i turni aerei sulla scuola raddoppino, voglio che chiunque entri ad Hogwarts abbia un'autorizzazione firmata o da me o dal Ministro Shacklebolt e queste autorizzazioni devono arrivare a voi cinque giorni prima del giorno previsto. Chi si avvicina troppo senza autorizzazione, verrà Schiantato all'istante e arrestato. Capito?
Gli Auror annuirono.
- Signori, se vogliono la guerra con gli Auror, la avranno.


Angolo dell'autore

Ho finito di scrivere sia questo capitolo che il successivo ma ehm, mi sono dimenticato di caricarlo... Ecco a voi, spero vi piacerà.
Alla prossima,
Ramo97

PS E lasciatemela una recensione, dai!

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Capitolo 20
*** Ritorno a casa ***


Ritorno a casa

Il treno che frenava alla stazione di King's Cross svegliò Teddy. Gli ultimi giorni erano stati molto stancanti. Non per la scuola, da cui era stato esonerato, ma dalle cure che gli continuavano a somministrare. Intrugli schifosi, densi, che provocavano terribili dolori, per fare in modo che sparissero le cicatrici dal suo braccio. Adesso mancavano non c'erano più segni, ma il retrogusto di medicine gli invadeva ancora la bocca. Aveva dormito pochissimo in quei giorni e, per questo, appena si era seduto nello scompartimento scelto dai suoi amici, era crollato.
- Ben svegliato – disse Anne, sorridendogli.
- Buongiorno – le rispose, la voce ancora impastata.
- Siamo arrivati.
- Ho notato. Ho dormito per così tanto?
- Sì. Se ti può consolare, non hai russato.
- Oh! Adesso sì che questo viaggio ha senso – disse lui sorridendo. Lei scoppiò a ridere.
- Non sei andato a scuola per una settimana e hai ancora sonno, sei proprio strano tu – intervenne Baston.
- Sono convinto che comunque abbia studiato più di te – rispose Bartemius alzando un sopracciglio.
Tutti scoppiarono a ridere, compreso Baston. Una cosa bella di quella brutta situazione era che il gruppo si era unito. Anche persone come Baston e Bartemius, che fino a poco prima si limitavano a una educata sopportazione (anzi, sopportazione e basta, educata solo da parte di Bartemius, visto che Baston è... Baston), adesso erano amici. Insieme si erano più volte infiltrati al capezzale di Teddy, gattonando sopra un tavolino a rotelle.
Fuori dal treno la massa dei genitori era molto compatta. Tante persone aspettavano i loro figli sulla banchina. Ma solo una era quella che risaltava di più. George Weasley si ergeva sulla folla con un completo arancione, una cravatta nera e un doppiopetto a quadri scozzesi rossi e verdi. In tesa un cilindro nero. Di fianco a lui c'erano Andromeda e Lyall. La prima lo guardava con disappunto, il secondo ridacchiava divertito. Il fratello di Ginny parlava tranquillamente con Baston e intorno a loro si stavano già accalcando genitori e studenti a caccia di un autografo.
- Ecco il mio nipote preferito! - urlò George appena vide Teddy. Si fece largo e lo abbracciò – Lui sì che mi dà delle soddisfazioni.
Andromeda si accigliò – Hai fatto qualcosa che dovrei sapere, Edward?
- No! - risposero in coro il ragazzino e George. Lei li guardò male, ma per fortuna una signora di una certa età si avvicinò a lei e la salutò. Lei si distrasse e iniziò una conversazione.
- Oh mio grande divinità! - urlò Baston, inginocchiandosi davanti a George e alzando le braccia al cielo.
Il gemello restò interdetto e guardò prima lui e poi Teddy.
- Che problemi ha il tuo amico?
- Harry, per la barba di Merlino, alzati e smettila di fare il cretino – intervenne allora Oliver Baston.
- Ah, è il figlio di Baston – disse, capendo la situazione – si capiscono tante cose. Oliver, è tuo figlio, ma non potrà mai essere cretino come te. E sua madre stava con Percy quindi mi dispiace, piccolino, lo so che per te dev'essere stato difficile crescere con due persone così.
Baston lo guardò torvo – Per fortuna i tuoi figli hanno Angelina.
- Sarà pure una fortuna per i miei figli, ma per te non lo è tanto. Non oserei mai ricordarti il fatto che l'anno scorso Angelina ti ha fatto in venti minuti dodici gol. E non vorrei mai ricordarti che il giorno dopo Ginny ti ha dato “Desolante” e ti ha soprannominato “Colabrodo”. Bravo campione.
- Ero appena rientrato da un infortunio.
- Eri rientrato da due mesi.
- Ero comunque ancora acciaccato.
- No, hai fatto semplicemente schifo.
Una piccola folla si era raggruppata intorno alla scenetta, divisi tra i tifosi del Puddlemere, che guardavano con disapprovazione George, e tutti gli altri, che ridevano di gusto.
- Il Puddlemere fa schifo! - urlò una voce in mezzo alla folla.
Subito dal lato del Puddlemere arrivò la risposta – Tua madre non diceva lo stesso ieri sera!
Tutti scoppiarono a ridere.

*

Andromeda e Lyall lo portarono in un posto dove prima non era mai stato. Era una grande casa polverosa, nascosto alla vista di tutti, tranne che dopo un'occhiata attenta. All'interno sembrava una casa nobiliare, ma di quelle cadute in disuso, vecchie e dirottate.
- E' da tanti anni che non entravo qui dentro – disse sua nonna, guardandosi intorno -  brutti ricordi.
George annuì. Sembrava che fosse appena stato picchiato. Si guardava intorno con nostalgia, gli occhi lucidi e la bocca serrata in una sottile striscia. L'unico che non sembrava divorato dai ricordi era Lyall, che si guardava intorno con curiosità.
- Ah fantastico, quindi questo è il famoso quartier generale dell'Ordine della Fenice. Lo credevo un po' più grande e maestoso.
- Purtroppo è stata abbandonata per molti anni, sia prima che dopo la Seconda Guerra Magica – disse una voce nuova. In fondo al corridoio, da quella che sembrava essere una sala da pranzo uscì Ron. Aveva una camicia spiegazzata e un grosso maglione marrone con una R bianca sopra.
- Ron, che diavolo ci fai qui? - chiese George all'improvviso.
- Sai fino a Natale stiamo qui e dopo andiamo alla Tana, quindi ci vivo per questo periodo.
- E in negozio chi c'è? Non avrai lasciato a quell'imbecille di Owen?
- Sì, a chi avrei dovuto lasciarlo?
George si passò una mano sulla faccia e sbuffò – Perché diavolo hai deciso di smettere di fare l'Auror, almeno lì non facevi danni.
- Dai, George, non farla lunga. Prendo la giacca e vado, tanto ho già mangiato.
- No, vado io. Non voglio lasciarti fare casino per altro tempo.
Detto questo si rimise in testa il cilindro e uscì.
- Cosa aveva quel caro ragazzo, Ronald? - chiese Lyall, guardando perplesso la porta da cui George era uscito.
Ron si scurì in volto e si strinse nelle spalle – Immagino che sia per nostro fratello Fred. Qua dentro avevano pensato a come fare il negozio e si erano divertiti parecchio. Qua hanno vissuto il loro ultimo anno di scuola.
- Capito – annuì il nonno di Teddy. Doveva essere molto dura per George. Perdere il gemello e poi affrontare ogni giorno i luoghi dove aveva vissuto con lui. Doveva sentire un vuoto dentro di sé difficilmente colmabile.
- Teddy! – disse una voce femminile. Molly Weasley spuntò da dietro il figlio e corse verso di lui ad abbracciarlo. Come ogni abbraccio della signora Weasley, Teddy si trovò a soffocarsi.
- Com'è andata? Tutto bene? Ti sta piacendo?
Evidentemente Harry non le aveva detto niente sulla megera. A dirla tutta anche Andromeda lo era venuto a sapere soltanto tramite una lettera della scuola, visto che Harry glielo aveva omesso.
- Teeeeeeeeeddyyyy! - disse una nuova voce. Ci fu un lampo biondo e cadde all'indietro, con qualcuno sopra di lui.
Victoire lo guardava con un sorriso più grande dell'intero castello di Hogwarts.
- Come va? Tutto bene? Ti stai divertendo? Stai studiando? Ti piace? Ti sono mancata? Certo che ti sono mancata, ma quanto? Uno? Dieci? Cento? Mille? Hagrid?
Era decisamente la nipote di Molly. Amava i Weasley. E Victoire gli era mancata tanto.
- Finché non mi sei saltata addosso stavo molto bene. Ora credo di aver la schiena distrutta.
- Stai dicendo che sono grassa? - disse lei, spegnendo il sorriso che prima aveva stampato in faccia.
- Assolutamente no! - replicò Teddy, veloce come un fulmine. Sperò di essersi salvato, una cosa del genere poteva costargli la vita.
- Perfetto. Non ti sei fatto niente a scuola, vero?
- Niente.
Lei lo guardò perplessa – Guarda che lo capisco quando menti. Lo so che mi stai raccontando una bugia.
Molly lo guardò insospettita.
- Mamma, Teddy avrà sicuramente fame. Sono quasi le otto. Hai bisogno di aiuto in cucina? - chiese Ron, capendo la situazione.
- Ah sì, certo! Vieni, Ron, andiamo!
- Molly, vengo anch'io – dissero in coro Lyall e Andromeda.
Andromeda era un'ottima cuoca, ma Teddy pensò che lo facesse solo per cortesia, non amava cucinare ciò che gli altri decidevano. Invece Lyall era un patito di cucina e ogni volta che si trovava in mezzo ai fornelli si apriva in un sorriso grosso come una casa.
Alla fine rimasero solo Teddy e Victoire.
- Cosa devi dirmi? - disse lei, guardandolo dritto negli occhi.
- Che stai benissimo con la nuova acconciatura?
- E' la solita, non riuscirai ad evadere anche questa domanda.
- Ho fatto uno scherzo ad un professore.
- Ti ha beccato?
Teddy sorrise – Certo che no, George mi ha aiutato.
- E cosa gli avete fatto?
Teddy le raccontò per filo e per segno lo scherzo e se ne risero di gusto. Poi lei lo portò nella stanza che avevano scelto per lui.
Entrò e trovò una camera per una sola persona. Trovò strana questa cosa. Erano in tanti, perché lui era da solo?
- Harry ha preferito lasciarti questa camera solo a te e na ha chiusa un'altra. Non sappiamo bene perché, ma io so soltanto che verrò qua a dormire perché camera mia sembra un pollaio. Siamo io, Dominique, Molly, Lucy e Rose.
- E i maschi sono in una camera tutti insieme anche loro?
- James e Albus sì, mentre Fred e Roxanne dormono a casa loro perché lo zio è triste e qua vuole venire il meno possibile. Più o meno come quando veniva alla Tana una sola volta l'anno, pranzava e tornava a casa, non so se te lo ricordi.
Teddy se lo ricordava bene. Fino a qualche anno prima George si comportava esattamente come aveva descritto Victoire. Nessuno era riuscito a capire il perché prima del matrimonio viveva tranquillamente in quella casa e dopo non era più riuscito ad entrarci. Nei primi anni di vita, Teddy e Victoire riuscivano a vedere lo zio solo a casa di altri parenti o nel suo negozio.
- Hugo e Lily?
- Dormono con i loro genitori.
- Ma quante stanze ci sono qua dentro?
Victoire si strinse nelle spalle – Non lo so, un po'. E poi è infestata di bestie, zio Harry e nonna Molly hanno passato due giorni per renderla presentabile e mi hanno raccontato che ai tempi in cui ci entrò lo zio la prima volta era molto messa peggio.
- Di chi era questa?
- Sirius Black.
Teddy capì dove si trovava. Sirius Black, il cugino di sua nonna. Il padrino di Harry. Gli stemmi di Grifondoro che riempivano la stanza, le foto di moto e la foto con dei giovani indicava proprio quello. Era la camera di colui che aveva dato il secondo nome a James. E uno dei ragazzi nella foto era proprio suo papà.
- Ma è lui? - chiese Victoire, guardando curiosa Remus Lupin.
- Sì.
- Che belli che erano insieme. Sembravano molti amici. Quello è uguale ad Harry!
Teddy annuì – E' suo padre James.
- Sono morti tutti in guerra?
Teddy annuì.
- Chi li ha uccisi?
- James Potter da Voldemort e Sirius Black dalla mia prozia, Bellatrix Lestrange.
- E tuo papà?
Teddy non seppe cosa rispondere.
- Non lo so, e onestamente non mi interessa. Non voglio odiare una persona in più.
Victoire sembrò capire, visto che annuì e si sedette sul letto.
- Voi cosa avete fatto in tutto questo tempo che sono stato via?
- Ah guarda, non credevo che Fred e James potessero essere più fantasiosi di come li hai lasciati. Invece non si sono dati pace un attimo. Perfino zio George si è trovato a non saper più che scuse usare per difenderli da Angelina e Ginny. Una volta hanno piazzato sotto il tappeto nel salotto nella Tana delle Caccabombe sottili a pressione.
- Delle che?
- Una cosa che ha appena inventato. Zio Percy è passato sopra il tappeto e sono esplose, inondandolo di Caccambomba liquida.
Teddy scoppiò a ridere.
- Non ridere! Tu non ti sei dovuto subire mio zio che pontificava su quello che dei figli di Eroi di Guerra possono o non possono fare.
- Pontificava?
Victoire sorrise – E' il termine che ha usato lui quando zio George gli ha fatto notare che parlava troppo.
Quel posto era una casa di matti.
- Teddy! - dissero in coro due voci. Davanti alla porta c'erano i due fratelli Potter. James, cinque anni e il solito sguardo da birbante, e Albus, che sembrava sempre un angioletto.
- Ciao ragazzi!
- Tutto bene a scuola? - gli chiese Albus, facendogli un grosso sorriso.
- Certamente – rispose Teddy, scompigliando i capelli del bambino.
- Io non ne sono così sicuro – ribatté James, con il solito sorriso che tirava fuori dopo aver tirato un a Caccabomba.
Victoire si girò di scatto verso il cugino, interessata – Cosa sai?
- Ho spiato papà e mamma un paio di giorni fa. So cose molto interessanti.
- Del tipo?
- Non tradisco il mio comandante.
Teddy scoppiò a ridere e tirò una pacca a James. Il fatto che sapesse qualcosa, però, lo preoccupava.
Victoire guardò male tutti e due e prese in braccio Albus, che sorrideva divertito.
- Hey gente, sono arrivato anch''io! - disse all'improvviso Fred, dopo aver aperto la porta con un calcio.
- Ciao campione! - disse a Teddy, per poi tirare un pugno a James e un cinque ad Albus – ciao cugina, ti sono mancato?
Victoire alzò gli occhi al cielo – Ancora tu! Non ci posso credere.
- E invece credici, cara cugina, perché sennò vengo ad abitare da te.
- Angelina non ti darà mai un permesso.
Fred strizzò gli occhi – Non mi serve il suo permesso, serve che mi cacci di casa. E fidati, ci sono vicino.
- Sei il solito cretino.
- Lo dice sempre anche a me – disse James, con uno sguardo di ammirazione verso Fred.
- Perché noi siamo i migliori, Jamie, e lei è solo gelosa della nostra gloria.
Victoire sbuffò – La cretineria non è gloria.
- Per questo non sei gloriosa.
- Simpatico, Fred.
- Lo so, me lo dicono tutti.
- Fatti due domande.
Fred le strizzò l'occhio – Ciao, Fred, come stai? Qual è la tua squadra di Quidditch preferita? Va bene, così? O devo anche rispondere?
Victoire lo guardò interrogativa.
- Mi sono fatto due domande, come mi avevi detto tu.
- Sei proprio spassoso, Fred – rispose lei, piatta.
- Ha già iniziato a rompere? – disse una nuova voce. Molly Weasley Jr. varcò la porta della camera, con la sua camminata annoiata. A differenza della sorella Lucy, che era composta come il padre, Molly aveva un'insofferenza verso la rigida disciplina insegnatagli dal padre.
- Ciao cugina, tutto bene? - chiese Fred, tentanto l'approccio che aveva usato prima con Victoire.
- Fred, stai zitto.
- Anch'io ti voglio bene.
- Fred, chi ti ha ridato la facoltà di parlare?
- Eh dai cugina non essere così antipatica.
- Fred, muto, dai. Magari sembri anche intelligente se stai zitto.
- Ma...
- Sai cos'è il silenzio, Fred? E' una bella cosa e se lo infrangi ancora ti infilo una padella in parti che non si possono nominare.
Teddy sorrise. Era tornato a casa.


Angolo dell'autore

Eccomi qua sono tornato! Il trimestre stava per finire e allora non sono riuscito a scrivere, poi durante le vacanze ho dormito e cazzeggiato, quindi non sono riuscito a caricare nuovi capitoli (però ne ho scritti altri due, ditemi voi: ne carico uno domani e uno dopodomani o uno a settimana?).
Che ne pensate di questo capitolo? Vi va di commentarlo? Non odiatemi troppo!

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 21
*** Tensioni ***


Tensioni

Draco lo portò nella villetta in cui si erano trasferiti quell'estate. Diagon Alley sembrava sorvegliata giorno e notte. Auror e membri della Squadra Speciale Magica controllavano quasi tutte le strade, sia camminando sia volandoci sopra sopra le scope. Questo era lo spettacolo a cui giorno e notte Bartemius assisteva, guardando dalla sua finestra.
Draco era nervoso, aveva tutelato la casa con tutti gli incantesimi, ma di notte sentiva il rumore del suo andare avanti e indietro per il salotto, fino a ora tarda. Si sentiva un ricercato. Anzi, forse lo era davvero. Come tutta la sua famiglia.
L'unico che sembrava divertirsi era Scorpius. Aveva preso tutta quella situazione come un gioco e si divertiva a nascondersi dovunque. Bartemius dopo due giorni aveva già finito i compiti delle vacanze e passava il tempo leggendo libri e giornali. Non potevano neanche più fare magie, in quanto ogni magia che facevano vicino ai bambini arrivava al Ministero e vedere delle magie di difesa e d'attacco vicino a un bambino, in un periodo così teso, non poteva che destare sospetto.
Sbuffò e spense la luce. Non poteva fare altro che dormire.

*

Draco si guardò svogliatamente allo specchio. Il suo corpo nudo era snello, muscoloso, ma il suo viso era segnato dalla la stanchezza. La tensione  di quei mesi si stava facendo sentire. E ora avere in casa non solo Scorpius, ma anche Bartemius lo caricava ancora di più di responsabilità.
- Sai, hai proprio un bel culo – disse una voce dietro di lui. Astoria lo guardava, ed era bellissima. Indossava una camicia bianca e una gonna nera. Un sorriso stanco le colorava la faccia, anche lei stressata come lui.
- Stavo per andare nella vasca a lavarmi.
- Davvero? Credevo che in queste condizioni fosti pronto per andare a correre.
Ironica come sempre, anche nei momenti di più grande difficoltà.
Si avvicinò a lui e lo baciò teneramente sulla bocca.
- Bartemius e Scorpius stanno dormendo.
Disse guardandolo maliziosa e passandogli un dito lungo la linea addominale.
- E io oggi non mi sono ancora lavata.
Si slacciò la camicetta e la lasciò cadere. Poi fu la volta della gonna.
Allora Draco le si avvicinò e iniziò a baciarle il collo, salendo sempre di più. Passò le labbra lungo il lobo del suo orecchio e le emise un piccolo sospiro di piacere. Le tolse il reggiseno e fece scivolare la sua mano lungo tutto il suo corpo, per poi sfilarle le mutande. Lei prese il suo membro in mano e iniziò a muovere la mano su e giù, in un movimento continuo. Draco fu colpito da una fitta di piacere.
La prese e la sollevò, mettendola dentro la vasca piena di acqua caldo.
- Muffliato – disse, puntando la bacchetta contro la porta. Poi rivolse la bacchetta verso sé stesso e si impose le protezioni. Entrò nella vasca e Astoria lo tirò verso di sé. Si avvinghiarono l'uno all'altra, in un bacio appassionato. Iniziò a penetrarla. E lei si lasciò andare in mormorii di piacere.

*

- Abbiamo bagnato dappertutto – disse Astoria ridendo, mentre chiudeva in un asciugamano il corpo ancora umido. Draco sorrise. Agitandosi e cambiando sempre posizione, avevano inondato tutto il bagno.
- La prossima volta è meglio se usiamo il vecchio e caro letto – rispose il biondo.
Lei fece un sorrisetto malizioso e lo baciò sulla bocca. La amava, non c'era niente da fare per dissuaderlo da questa cosa.
- Davvero? Io preferirei il tavolo della sala da pranzo.
Draco la guardò scandalizzato – Ma lì ci mangiano tutti i giorni Bartemius e Scorpius!
Astoria si strinse nelle spalle – Beh, poi puliamo ovviamente. E poi quando mangiamo usiamo la tovaglia, quando scopiamo no. O vuoi usarla?
Draco scoppiò a ridere – Solo se usiamo quella a scacchi, la trovo particolarmente eccitante.
- Non ti bastano queste – disse lei, passandosi una mano lungo i seni.
- Sei malata, lo sai?
- No, ho solo un marito bellissimo, è un reato volerlo?
- Solo se non lo è volere te.
Si guardarono e poi scoppiarono a ridere.
- Stiamo diventando troppo romantici? – chiese lei.
- Il matrimonio ci fa male.
- Troppo.
- Molte cose ci fanno male – disse Draco, tornando serio.
Astoria annuì – Sai qualcosa di nuovo?
- I centauri che avevano rapito servivano per ricattare i centauri della Foresta Proibita. Per far passare qualcosa nella Foresta. Immagino che questo qualcosa sia la megera che ha attaccato mio cugino e la cugina di Harry.
- Edward Lupin è tuo cugino?
- Il figlio di mia cugina Ninfadora. Sua madre e la mia sono sorelle.
Astoria sfece una smorfia – Tua madre l'ha ripudiata perché era normale?
Il rapporto tra la moglie di Draco e i genitori di lui era molto teso. Si stavano educatamente sulle scatole. Da principio era stato per una questione ideologica. Astoria era filo-Babbana, Narcissa e Lucius invece erano chiusi sulla loro posizione anti-Babbana. All'inizio solo Draco sapeva di questa antipatia reciproca ma un giorno, qualche anno prima, avevano portato Scorpius da loro, con addosso vestiti Babbani. Lì era iniziato un finimondo. Narcissa e Astoria che si urlavano addosso, Lucius che camminava avanti e dietro per casa nervoso, Bartemius che portava fuori a giocare uno scandalizzato Scorpius e infine, lui, Draco, che si vergognava del comportamento dei genitori. Avevano delle convinzioni troppo vecchie e, anche se queste erano state smentite già troppe volte, continuavano a credere in una fantomatica superiorità dei Purosangue, quando quasi tutti i grandi della storia recente erano Mezzosangue o Nati Babbani. Ora i rapporti tra Astoria e i suoi genitori, principalmente Narcissa, erano tesi, ma il comportamento neutro da entrambe le parti evitava la guerra.
- Si era sposata con un Nato Babbano.
- Davvero? Immagino molto più intelligente di suo marito.
- Astoria – la riprese stancamente Draco – lo so che non ti stanno particolarmente simpatici i miei genitori, ma comunque mi dà fastidio che li insulti.
- Scusa – disse lei – quindi ora come si agirà?
- Ho chiesto in giro, Goyle sa qualcosa. Mi incontrerò con lui in una casa abbandonata a Hogsmeade.

*

- Potter come siete messi con le indagini? E' giusto dire che brancolate nel buio? - chiese la calca di giornalisti nell'atrio del Ministero della Magia. Ognuno si spintonava armati di taccuini volanti e macchine fotografiche.
- Stiamo mettendo in sicurezza tutti i punti sensibili. Per quanto riguarda le nostre ricerche non posso dire niente e voi conoscete molto bene il livello di segretezza che il Ministro ha imposto a queste indagini.
Una decina di addetti alla sicurezza intervennero e evitarono che i giornalisti lo circondassero, permettendogli di raggiungere l'ascensore.
I giornali stavano diventando molto irritanti, volevano la sua testa, volevano farlo passare come un incapace. Ma una parte dei giornalisti, comandati da Seamus, e l'opinione pubblica stavano dalla sua. La luce si spense e l'ascensore si fermò.
- Signor Potter – disse una voce dietro di lui, quando le luci si riaccesero.
Harry scattò, la bacchetta ben salda nella mano, e la punto contro il suo interlocutore.
- Keats – disse, riconoscendolo e mettendo via la bacchetta. Era James Keats, capo dell'Ufficio Misteri. Forse l'unica persona più misteriosa del contenuto del suo ufficio. Trentaquattro anni, Serpeverde, con un passato nella Resistenza anti-Voldemort. Uno dei pochi Serpeverde che aveva combattuto il regime. Portava i capelli scuri corti, ma non cortissimi, e un completo nero. L'unica cosa bianca era la camicia, che faceva pendant con il pallore estremo della sua pelle.
- Buon lavoro con il caso dei Mangiamorte evasi, ho trovato la strategia di ricerca e protezione molto efficacie.
- Quei dati sono segreti – sibilò Harry – ci state spiando?
- Il mio Ufficio sa tutto di tutti, è il nostro compito. Ovvio che vi spiamo. Tutto quello che è segretato non lo è per noi. Ma ti posso assicurare che nessuno di noi c'entra con quell'evasione, tutti i miei dipendenti sono sotto controllo.
Harry annuì – Quindi tu sei l'unico sospettato dell'Ufficio Misteri?
- Immagino che sia tuo compito indagare anche su di me. Ti considero un ottimo Auror e so che dovrai valutare anche questa pista.
- Comunque tu non sei qui per dirmi questo.
- Esattamente.
- E allora perché sei qui?
- Perché ho qualche chicca per te – disse Keats, tirando fuori un fascicolo di fogli, all'interno di una cartelletta nera – qui c'è dentro qualche appunto interessante che il mio Ufficio ha raccolto in questi giorni. Sappiamo come sono stati ricattati i centauri di Hogwarts.
- Come?
- Hanno rapito dei centauri. Draco Malfoy lo sapeva.
Harry si accigliò. Gli sembrava strano che Draco avesse fatto qualcosa che avrebbe potuto nuocere anche al suo figlioccio.
- Come fai a dirlo?
- Ha circolato nel luogo del rapimento dei centauri negli ultimi tempi. Ha incontrato una persona.
- Chi?
- Una tua vecchia conoscenza: Mundungus Fletcher.


Angolo dell'autore

Questo è l'ultimo capitolo che ho scritto, il prossimo è a metà. Ditemi cosa ne pensate.

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 22
*** Natale ***



Natale

- Davvero i Babbani credono che sia un grasso uomo vestito di rosso a portare i regali? - chiese Arthur Weasley, affascinato da quello che gli stava raccontando Hermione.
- Non tutti i Babbani, soltanto i bambini. I grandi se li scambiano come noi.
Harry sorrise guardando l'amica e il suocero che parlavano insieme. "Suocero". Suonava ancora strano per lui chiamare il signor Weasley "suocero". La televisione Babbana gli aveva insegnato che i suoceri erano persone arcigne e cattive pronte a tutto pur di farti lasciare con loro figlia, non certo i coniugi Weasley, quelli che appena lo vedevano si aprivano in enormi sorrisi. Era bello avere una famiglia. Da quando aveva conosciuto Ron lo aveva sempre invidiato per la sua famiglia e ora ne faceva parte e ne era contento.
- Papà! - urlò Albus dietro di lui.
- Hey campione! - rispose lui, prendendolo in braccio.
Diventare papà lo aveva sempre spaventato e aspettare che Ginny partorisse era stato molto più difficile che combattere contro Voldemort. Ma le gioie che gli avevano dato i suoi figli non le aveva mai provate. Dalle birbanterie di James ai sorrisi sdentati di Lily, passando per la straordinaria dolcezza di Albus. Quest'ultimo era quello in cui più si rivedeva. Forse anche lui sarebbe stato così bravo e dolce se mai avesse avuto una famiglia che lo amasse.
- Ehilà – salutò Ron, entrando nella stanza – ecco dove eravate.
- Ciao zio! – disse Albus, aprendo un grande sorriso sulla sua piccola bocca.
- Ciao campione. Ti sta cercando Rose.
Albus guardò il papà, come per chiedergli il permesso di andarsene.
- Vai, tesoro – replicò Harry, mettendolo a terra e scompigliandogli i capelli.
- Non sono fantastici? - chiese Ron, guardando Albus uscire dalla stanza.
- Sono la cosa più bella che ci sia mai capitata.
- Se vuoi c'è ancora tempo per il tuo giro, mancano ancora due ore al pranzo.
Harry annuì. Dopo la guerra ogni Natale si recava a Godric's Hollow, a visitare tutti quelli che lì erano stati seppelliti. Per lui era importante. Era come passare un po' della felicità che i vivi provavano intorno all'albero a chi non c'era più.
Prese la giacca e si allontanò dalla Tana. Uscì dal cancello e si smaterializzò.
Apparse in un'innevata Godric's Hollow. La statua dei suoi genitori era lì davanti, alta e fiera. La superò ed entrò nel cimitero.
I morti di guerra non erano tutti lì. Remus era con Tonks e Sirius, vicino a Londra. Lì però c'erano i suoi genitori.
- Ciao mamma e papà – disse, osservando la lapide dei genitori – come state? Da noi tutti stanno bene. Papà, James sembra come te da giovane. Albus invece è buono come te, mamma. Lily è ancora piccola, ma spero vi assomigli. Appena saprò qualcosa di più verro a dirvelo. Dite a Remus e Tonks che loro figlio sta bene, si è messo nei guai un paio di volte a scuola e una volta è stato quasi ammazzato da una megera. Chiedete a loro scusa da parte mia, non sono riuscito a proteggerlo.
Si fermò e scoppiò a piangere – La verità è che ogni volta vedo loro due al posto suo. E' così ingiusto che non gli abbia conosciuti. E' così uguale e così diverso da loro. Remus sarebbe stato un ottimo padre, eppure non lo farà mai. E io, nel mio compito di sostituto, ho fallito.
Si fermò e singhiozzò. Si sentiva male per Teddy. Cosa aveva sbagliato? Perché anche se si impegnava non riusciva a proteggerli? Remus e Tonks lo consideravano ancora degno di fare da padrino a Teddy?
In risposta a quello che stava pensando il suo sguardo si spostò sulla lapide a fianco. Recitava una sola parola “Sempre”. Quella parola gli parve una risposta. La lapide su cui era scritta era nera lucida. Recitava un nome: Severus Piton.
- Ciao Piton – riprese a parlare mentre si asciugava gli occhi – o Severus. Onestamente non so come vuoi che ti chiami. So solo che non sarei qui se non mi avessi aiutato. E so che te lo ripeto ogni volta e probabilmente mi guardi da lassù con un sopracciglio alzato, pregando di poter tornare in vita solo per mettermi in punizione. Ma sappi che ai miei figli ho detto che sei un eroe. Perché lo sei. E che Albus Severus gira per casa vantandosi di avere il tuo nome. Non posso ridarti la vita, ma spero che questo possa renderti un po' più dolce il riposo.
Lasciò una rosa rossa sulla tomba dei suoi genitori e una bianca su quella del suo ex-professore. Covava tanta tristezza nel cuore, ma c'era una certa poesia in quella situazione. Piton, che aveva amato e aveva vissuto nel ricordo di sua madre, ora riposava di fianco a lei. Per sempre.

*

- Nonno non ci credo che i regali ci vengono portati da un grassone vestito di rosso su una slitta tirata da renne volanti. E' ridicolo – disse Fred, respingendo il tentativo di nonno Arthur di fargli credere in Babbo Natale.
Teddy sorrise guardando la scena. Il signor Weasley era da tutta la mattinata che cercava qualcuno che gli credesse. Evidentemente i Babbani erano più creduloni dei maghi.
- Io l'ho sempre detto che il nonno è pazzo – disse Molly Jr., seduta di fianco a Victoire.
- Molly – sussurrò Percy, dopo averla sentita – sii educata con tuo nonno.
- Disse quello che non ci ha parlato fino alla Battaglia di Hogwarts – commentò musona la figlia.
Il padre arrossì e tornò a concentrarsi sulla sua zuppa.
- Come va a scuola, Teddy? - chiese Hermione, cercando di tirarsi fuori da una conversazione sui vestiti in cui Fleur l'aveva incastrata.
- Bene – rispose il ragazzo, non sapendo cosa dire. “Mi ha solo assalito una megera e ho visto un centauro suicidarsi”.
- I professori come sono? - chiese di nuovo la moglie di Ron, senza scoraggiarsi dopo la prima vaga risposta.
Audrey alzò la testa di scatto e lo guardò.
- Non ho problemi. La mia materia preferita è Difesa contro le Arti Oscure.
Audrey si schiarì la gola.
- … e Trasfigurazione – completò Teddy.
Audrey lo guardò e alzò il pollice.
George rise – Che c'è Teddy? Hai paura di un professore? E soprattutto hai paura della moglie di Percy? Si è sposata Percy, dovresti compatirla, non temerla.
Percy guardò male il fratello, anche se si lasciò andare in un piccolo sorriso.
- Ah beh, George, allora cosa dovrebbero dire di me? - chiese Angelina, facendo scoppiare a ridere tutta la tavola.
Il gemello le prese la mano – Devono dire che stai con il più bello dei Weasley, che anche senza un orecchio riesce ad essere tre volte più bello di tutti gli altri.
- Il mon Bill c'est il Weasley più bello – intervenne allora Fleur.
- Neanche il mio è brutto – protestò Hermione, soltanto per dare contro a Fleur.
Ginny e Harry si guardarono, ridendo sotto i baffi.
- Il mio è il più intelligente – disse Audrey.
George scoppiò a ridere – Ma dove? Ma in che mondo vivi Audrey? Percy intelligente? Uno che si portava la spilla da Prefetto e Caposcuola in bagno?
- Per quanto continuerai a raccontare questa storia? - sbuffò Percy.
- Per tutta la vita, fratellone.
Mentre i due fratelli continuavano con botta e risposta, un gracchiare si fece sempre più vicino. Plenilunio apparse sopra la porta e si mise a volteggiare sopra il tavolo. Tutti iniziarono a guardarlo preoccupati, mentre Ron si nascondeva dietro a Hermione.
- Ron, mi stai usando come scudo? - chiese sua moglie divertita.
- Quel corvo è pericoloso!
- Hai combattuto contro dei Mangiamorte, hai cavalcato un drago e al secondo anno sei stato inseguito da dei ragni giganti e hai paura di un corvo?
- Lui mi odia Hermione.
- Perché invece a Malfoy e Dolohov stavi simpatico?
Il corvo si appoggiò sulla spalla di Teddy. E lui cadde addormentato.

*

- Il corvo sente quando una persona è stanca – disse un vocione appena Teddy riprese conoscenza.
- Ne sei sicuro? Mi è nuova – disse la voce preoccupata di Harry.
- Sì, probabilmente sarà dovuta allo stress degli ultimi giorni. Il corvo non contiene Magia Oscura – disse Hermione.
Quando aprì gli occhi si trovò una quarantina di facce addosso. Lyall, Andromeda, Harry, Hermione, Hagrid (ecco di chi era il vocione), Victoire, Fred e George, Ginny e Ron.
- Cos'è successo?
- Non lo sappiamo. Plenilunio ti si è appoggiato sulla spalla e tu ti sei addormentato. Hai dormito per mezzora – disse Harry, che era bianco come un cadavere.
Guardò Plenilunio. Lo osservava come se fosse incuriosito. Harry invece sembrava sul punto di uccidere il corvo, desiderio che sembrava condiviso anche da Victoire e George. Non aveva mai visto quella faccia sul gemello. Sembrava un m misto tra disprezzo e paura.
- Non mi è successo niente, ero solo stanco.
Hagrid annuì – Io ce l'avevo dietto.
- Siete ancora a tavola?
- Ci siamo fermati appena sei stato male – disse Ginny, con uno sguardo da mamma che averebbe fatto arrossire perfino la signora Weasley.
- Tornate a tavola, io arrivo.
Nessuno si mosse.  Teddy allora guardò Ginny, cercando aiuto in lei.
- Su ragazzi, circolare, tutti a tavola – disse la moglie di Harry, cacciando via tutti dalla stanza.
- Hagrid, mi aiuti  ad alzarmi? – disse allora Teddy. Il mezzogigante tornò indietro.
- Quello che hai detto sui corvi  è falso, vero? - gli chiese. Sospettava che dicesse una bugia, aveva usato lo stesso tono che sua nonna usava con lui da piccolo, quando le chiedeva dove erano i suoi genitori e lei gli rispondeva che erano partiti per un lungo viaggio.
- No – rispose, ma sembrava nervoso. Si toccava la barba nera, colorata di grigio.
- Hagrid – lo riprese Teddy.
Il mezzogigante lo aiutò ad alzarsi e lo portò in cucina, senza incrociare più il suo sguardo.

*

- Amore, è pronto il ripieno? - chiese Draco mettendo gli ultimi piatti in tavola. Quella mattina si erano alzati alle sei per mettersi a cucinare il pranzo di Natale. Era una tradizione che c'era da anni. Non aveva mai amato il Natale, né cucinare, ma da quando aveva ottenuto la custodia di Bartemius aveva dovuto imparare a fare da mangiare. Un tempo però aveva bruciato tutto il pranzo di Natale e si era trovato ad un'ora alla fine senza nulla da dare a Bartemius. Astoria era passata per un saluto e alla fine si erano trovati in cucina a dirigere insieme un intero corredo di pentole. Da quel momento a Natale cucinavano sempre insieme.
- Sì, dov'è Scorpius?
- Bartemius! - urlò il biondo, mentre con una mano agitava la bacchetta, impiattando gli antipasti, e con l'altra mescolava il brodo.
- Dimmi Draco – rispose il figlioccio, apparendo da dietro la porta.
- Dov'è tuo fr...Scorpius?
- Sta giocando a nascondino.
Se non avesse avuto quaranta cosa da fare in meno di venti secondi probabilmente avrebbe sorriso. Scorpius continuava a nascondersi per casa, credendo di non essere visto, ma i suoi capelli lo tradivano sempre. Tutti fingevano di non vederlo per un po', aspettando che lui dichiarasse la vittoria, a parte quando doveva andare a letto o a tavola. Era bello che almeno uno dei quattro non fosse giù di morale. Lui era a pezzi, Bartemius percepiva la paura che aleggiava nella casa, mentre Astoria, anche se fingeva di stare bene, aveva spesso gli occhi lucidi.
- Draco – lo chiamò Bartemius – qui c'è una lettera per te.
Il biondo si immobilizzò. Come facevano a sapere dove si trovava? Nessuno lo sapeva. La strappò di mano a Bartemius e la aprì.

Caro Draco,

A quanto pare ti abbiamo trovato. Quando eravamo al potere eri solo un codardo, ora sei pure un Traditore del tuo Sangue. Ci fai vergognare.

A presto,
I tuoi amici non più detenuti

P.S. Salutaci tua moglie, Scorpius e Bartemius. Ben presto vorremmo conoscerli di persona.

Con la lettera c'era anche una foto, che ritraeva tutti gli evasi davanti alla casa in cui Draco era nascosto. Alzò lo guardo e incontrò quello di Astoria. Erano in pericolo.

Angolo dell'autore

Ciao a tutti, ecco un nuovo capitolo. Ho visto che, sebbene ci siano nuovi lettori e nuove persone che seguono/preferiscono la storia, siano un po' calate le recensioni. Dai ragazze/i fatevi sentire! Ho una domanda da farvi: volete che scriva un capitolo con un punto di vista che non ho ancora usato da inizio storia?

Alla prossima,

Ramo97

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Capitolo 23
*** Grandi di cuore ***


Grandi di cuore

Teddy guardava i suoi regali di Natale quasi spaventato. Per la maggior parte erano dei volumi di più di ottocento pagine. E il problema era che gli piacevano anche. Era davvero così secchione?
- Se te lo stai chiedendo, devo ancora capacitarmi di come tu riesca anche solo ad alzare libri del genere – gli disse Victoire, sbadigliando. Teddy sperava scherzasse quando aveva detto che avrebbe dormito tutte le notti in camera sua, ma a quanto pare non era così. Ma poi la cosa che non capiva era un'altra: se aveva un letto tutto suo, in una stanza dove teneva tutte le sue cose, perché doveva venire in un letto con un'altra persona a un piano diverso della casa. Victoire era strana. Molto strana.
- Ma qualcosa di normale ce l'hai? Leggi continuamente, cambi colore di capelli come se fosse quello dei calzini e giri con un corvo.
Plenilunio gracchiò dalla sua gabbia, guardando male Victoire.
- A proposito del corvo – continuò la più vecchia dei giovani Weasley – puoi toglierlo dalla stanza, mi spaventa vederlo ogni sera.
- No – le rispose Teddy, aprendo una confezione di Cioccorane – se non lo vuoi vai a dormire nella tua stanza.
Sperò che Victoire decidesse di andarsene da lì, ma invece sbuffò e prese una Cioccorana. Appena aprì la scatola saltò e le cadde in bocca.
- Teddy Teddy Teddy – disse una voce all'improvviso.
George era sulla porta e sorrideva guardando i due – Iniziano togliendo le tue cose dalla camera da letto e finiscono per proibiti di far esplodere cose nello studio. Ricordatelo quando voi due vi sposerete.
Teddy diventò bordeaux. Victoire iniziò a boccheggiare sommessamente.
- Io con lui? - disse lei, dopo essersi ripresa – Ma tu stai male zio, non mi sposerei mai con lui!
- Oh, tenera – disse George – sei tutta tuo zio Ron, fai i suoi stessi identici discorsi.
- Ma lui alla fine non si è sposato con Lavanda Brown!
- Infatti questi discorsi non li ha fatti parlando di Lavanda Brown, in effetti con Lavanda Brown non parlava tanto. Ti dico solo che dei discorsi del genere li faceva su un'altra ragazza. Ora sono sposati e hanno due figli.
Victoire strinse i pugni e guardò malissimo lo zio.
- Ora sembri tua zia Ginny e ciò mi spaventa, forse è meglio se me ne vado.
- Forse è meglio.
George e Fred non erano venuti alla Tana in pianta stabile. Da quando si erano allontanati da Grimmauld Place George era apparso più spesso, ma lui e Fred dormivano a casa loro, sopra al Negozio e si svegliavano presto per inventare nuove cose. Roxanne e Angelina invece restavano alla Tana, forse per paura di quei due.
Quando se ne andò, Victoire si girò verso di lui. I loro occhi si incontrarono, quelli castani di lui con quelli blu di lei. Victoire distolse lo sguardo.
- Che cosa c'è,? - le chiese. Non gli piaceva quando lei si sentiva triste, perché si sentiva triste anche lui.
- Niente.
- Odio quando voi ragazze dite “niente”, lo dice sempre anche Anne.
Victoire scattò in piedi – Chi è Anne!?
- Una mia compagna di Casa.
Lei sollevò un sopracciglio – E perché non me ne hai parlato!?
- Dovevo?
- Certo che dovevi. Quindi tu hai degli amici là dentro!?
- Sì.
- Bene, questa Anne non te la approvo.
Teddy iniziò a sentirsi infastidito. Odiava quando faceva così.
- Scusami, da quand'è che devo riferirti tutto e chiedere la tua approvazione?
- Da adesso, Edward Remus Lupin.
- E se non fossi d'accordo?
- Non mi interessa, questa Anne ti sta portando sulla cattiva strada.
- Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo, Victoire?
- Ti odio, T...Edward!
- Vai via Victoire.
Lei si girò e sparì fuori dalla porta, seguita dalla scia di capelli biondi.

*

Harry aveva passato tutto il giorno sulle tracce di Draco Malfoy. Mundungus era sparito, quindi l'unica fonte che ci fosse sul rapimento dei centauri sui Monti Cambrici era Draco Malfoy. Sperava di non doverlo arrestare.
Il suo lavoro era anche questo: distruggere i cattivi. Più volte quelli che arrestava erano convinti di essere nel giusto e non si pentivano della loro causa. C'era una Giusto e un Sbagliato? Harry pensava di no. Il massimo che un uomo poteva fare era seguire la sua idea del Giusto e combattere per affermarla. Disprezzava i Mangiamorte, ma se avesse avuto le loro idee si sarebbe comportato allo stesso modo. Non aveva tante remore a catturarli e a sbatterli per la vita ad Azkaban, ma con Malfoy sì. Aveva dei figli e una moglie. Aveva un figlioccio che era molto amico di Teddy, cosa avrebbe significato tra di loro se un padrino avesse arrestato l'altro?
Sperava in un cambiamento, sperava che dopo tutto quello che aveva passato durante la Guerra avrebbe rigato dritto.
- Non sai la novità – disse la voce di Ginny, risvegliandolo dai suoi pensieri.
- Quale?
- I due sposini hanno litigato!
Harry si strinse nelle spalle – Sai che novità...
- Come che novità? E' da quando sono nati che vanno d'accordo!
- Non stiamo parlando degli stessi sposini, a quanto pare.
Ginny sorrise – Tu di chi parli?
- Ron e Hermione, no? - disse Harry – Quelli sono sempre dietro a litigare.
- No, io parlo di Teddy e  Victoire!
Per poco il bicchiere di Whisky incendiario che Harry aveva in mano rischiò di cadere.
- Cosa!? - chiese stupito. Era impossibile che Teddy si arrabbiasse con qualcuno, mentre per Victoire era impossibile arrabbiarsi con Teddy.
- Perché?
- A quanto pare hanno litigato per Anne, almeno da quando ha detto Teddy. Victoire si è chiusa in camera sua a piangere e ha saltato due pasti.
- Per Anne? - chiese Harry – cosa c'entra Anne? Anne la figlia di mio cugino?
Ginny annuì – Teddy dice che le ha detto che assomigliava ad Anne e lei si è messa a chiedergli chi era quest'Anne e poi ha dato fuori di matto.
- Oh sì – disse Ron, entrando dalla porta della cucina e prendendo un panino dal tavolo – scena fantastica. Non ho mai visto una scena del genere.
- Io sì – gli rispose la sorella – però il protagonista della scenata era un uomo e il nome incriminato era “Viktor Krum” e non “Anne”.
Ron arrossì talmente violentemente da far preoccupare Harry.
- E quindi ora che si fa? - chiese Harry.
- E' il tuo figlioccio – rispose Ron.
- Grazie, Ron, vedo che sei d'aiuto. Devo parlare con Teddy?
- Per dirgli cosa? - chiese Ginny – Lui non ha fatto niente di male.
- Devo parlare con Victoire allora?
- Ti ammazzerebbe.
- Era più facile quando si andava a caccia di Horcrux – commentò Ron, facendo sorridere l'amico.
Hermione entrò con un tazza vuota in mano.
- Come sta Victoire? - chiese Ron.
- Dopo due ore io e Fleur siamo riuscite a entrare. Sembra che sia appena stata torturata.
- Ha smesso di piangere? - chiese Ginny.
- Sì, ma non è escluso che possa riniziare. Ha bevuto la cioccolata ed è tornata sotto le coperte.
- Teddy sa che ha pianto? Ha capito il perché? - domandò Harry.
Hermione accennò un sorriso – Hai presente Remus? Ci ha messo degli anni per capire che Tonks lo amava. Forse Teddy è anche messo peggio.
- Dovremmo dirglielo?
Ginny scosse la testa – Rovineremmo i passi futuri di Victoire. E' come se Ron ti avesse detto al mio primo anno che avevo una cotta per te.
Harry e Ron si scambiarono una sguardo colpevole. Ginny lo notò.
- Ronald Weasley – disse con voce bassa ma indispettita– non dirmi che lo hai fatto davvero.
- Non l'ho fatto davvero – disse lui con voce poco convinta, evitando il suo sguardo.
- Per la barba di Merlino quanto sei idiota, Ron!

*

George si era svegliato alle cinque quella mattina. Aveva deciso di dormire alla Tana con gli altri quella notte, forse anche per testare sé stesso. Ogni volta che stava in quella casa vedeva il gemello, il suo gemello. Fred. Quanta cose avevano fatto in quella casa? Felici, tristi, noiose, divertenti. Non era mai mancato niente a loro. Aveva vissuto lì prima di sposarsi con Angelina e aveva sofferto tanto, ma alla fine era riuscito a tornarci.
Quella casa era il simbolo della bellezza della sua vita con Fred, del divertimento, dei sogni. Non come Grimmauld Place. Non riusciva a entrare in quella casa. Tutte le ansie e i dolori della guerra la impregnavano. La morte di Fred era tangibile in ogni cosa di quel posto.
Si guardò allo specchio.
- Ciao Fred – disse, come faceva ogni mattina.
Si preparò ed uscì dalla sua stanza. Tutti dormivano ancora. Passò silenziosamente tra i piani della Tana, osservando da uno spiraglio della porta i suoi figli. Roxanne dormiva beata. George osservò la bellissima pelle mulatta di sua figlia e i suoi capelli neri così lucidi da brillare anche al buio.
Fred invece dormiva in modo molto più disordinato. I capelli rossi spettinati, in netto contrasto con la stessa pelle della sorella, e la bocca era aperta in una smorfia buffa.
Uscì silenziosamente dalla casa e si Smaterializzò.
Hogsmeade era ancora totalmente addormentata. Era stata una buona mossa comprare il vecchio Emporio di Zonko, adesso era molto più facile far entrare gli scherzi a Hogwarts e gli affari andavano a gonfie vele.
Oltretutto era chiuso durante le vacanze di Natale, quindi era un posto perfetto per fare esperimenti stando da solo.
Entrò e andò nel laboratorio, una grossa stanza con tavoli, strumenti pozionistici e alchemici. Aprì la cassa di legno che si trovava sotto un tavolo e tirò fuori il suo esperimento. Era un piccolo gioiello, un prodotto per scope in grado di distribuire un Sortilegio Scudo intorno al manico di scopa. Faceva parte delle attrezzature che stava producendo per il Ministero.
- Zio! - disse una voce proveniente dall'ufficio. George strinse la mano intorno alla sua bacchetta e si avvicinò lentamente alla porta. Poteva essere una trappola.
La porta si aprì e George fece per estrarre la bacchetta.
- Eccoti qui, zio! - disse Victoire.
George estrasse la bacchetta – Con chi hai litigato ieri e per cosa?
Victoire lo guardò male – Voi grandi siete sempre così previdenti' Con Teddy per Anne.
George mise via la bacchetta, stupito. Gli sembrava più probabile che fosse una trappola piuttosto che Victoire venisse a parlare con lui. Era stata tutto il giorno precedente a evitare persino sua madre, perché ora doveva parlare con lui?
- Victoire, cosa c'è?
La bambina incrociò il suo sguardo, per poi abbassarlo subito dopo. Non sembrava stare molto bene. I suoi capelli, solitamente in ordine perfetto, erano tutti scompigliati, aveva delle grosse occhiaie e uno sguardo triste.
- Parliamo ipoteticamente – disse lei e George dovette trattenersi molto dal non ridere. Che strano sentire da una bambina così piccola una parola così forbita.
- Parliamo come vuoi.
- Allora tu ipoteticamente cosa faresti se ti piacesse una persona e questo ti parlasse di un'altra persona?
George era ancora più stupito. Victoire non aveva mai ammesso di avere una cotta per Teddy, anche se era palese da quando aveva un anno. Perché tra tutti doveva parlarne proprio con lui?
- Senti zio non mi sono alzata alle cinque del mattino e ho usato la Metropolvere per venire fino a qua per vedere mentre mi guardi come un pesce lesso. C'è già mio fratello per questo. Sei il mio padrino o no?
In effetti George era il suo padrino, anche se lei non sembrava darci tanto peso. Non avevano un rapporto come Sirius e Harry o come Harry e Teddy. Era stato scelto da suo fratello perché Charlie era stato già il suo testimone di nozze e Percy aveva rifiutato perché non si sentiva degno. Lui aveva accettato.
- Sì, lo sono. Sempre parlando ipoteticamente, potrebbe essere che quella persona  ha parlato di quell'altra persona alla persona che ha una cotta per la prima persona non perché questa terza persona gli piace davvero, ma magari solo perché è una sua amica.
- E ipoteticamente se alla persona interessata piacesse davvero questa persona cosa dovrebbe fare?
- Quanti anni ha questa ipotetica persona interessata?
- Nove.
- Ipoteticamente?
- Certo.
George si passò la mano lungo il mento – Dal mio punto di vista, parlando ipoteticamente sia chiaro, dovrebbe aspettare. Quando si è piccoli si crede di avere i più grandi sentimenti del mondo, ma crescendo se ne scoprono di sempre più forti. Ciò non vuol dire che i sentimenti che tu provi adesso...
- Che quella persona ipotetica prova – lo corresse Victoire.
- Sì scusami, ciò non vuol dire che i sentimenti che quella persona ipotetica prova siano falsi, ma aspettare a volte è la cosa migliore.
La bambina annuì.
- Hai fatto colazione? - gli chiese il gemello.
La nipote scosse la testa. George la portò nel negozio e  gli diede un pacco di biscotti e una Burrobirra.
- Cosa direbbe lo zio Fred di questa discussione ipotetica ? - gli chiese indicando in alto, dove una grande foto incorniciata di Fred Weasley Sr. regnava sul negozio.
George sorrise e iniziò a sentirsi gli occhi lucidi.
- Probabilmente qualcosa come “State zitti o vi tiro una Caccabomba” oppure “Se andrete avanti così diventerete Prefetti”.
Victoire rise, con una di quelle risate cristalline e contagiose tipiche dei bambini. Si avvicinò a lui e lo abbracciò – Ti voglio bene, zio!
- Ipoteticamente? - le chiese George, rispondendo all'abbraccio.
- Ipoteticamente.
Stettero per qualche secondo abbracciati. Quando alzò la testa George lo vide. Un uomo li osservava, a una decina di metri dalla vetrina, con un ghigno in faccia. George lo riconobbe. Rookwood. L'assassino di suo fratello.
- Chi è zio? - chiese Victoire, impaurita.
- Victoire, ritorna nel mio ufficio e prendi la Metropolvere. Sveglia tutti, soprattutto zio Harry, e digli di venire qui. Digli che ci sono i Mangiamorte.
Victoire ubbidì e corse via, mentre George estraeva la bacchetta. Avrebbe vendicato il suo gemello.

Angolo dell'autore

Sono tornato più in fretta che mai. Questo capitolo mi ha appassionato talmente tanto che l'ho finito in pochi giorni, spero di riuscirvi a passare lo stesso entusiasmo che ho provato nel scriverlo. Ho aggiunto anche il punto di vista di George, personaggio a cui voglio dare molta importanza nelle vicende di Teddy. E' un adulto nuovo e il suo relazionarsi con i ragazzi è molto più divertente e diverso di quello degli adulti "tradizionali" della saga. Voi cosa ne pensate? Trovate che sia IC? Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, in questo capitolo per me conta molto di più che negli altri!

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 24
*** L'arresto ***


L'arresto

George stava correndo a perdifiato. Per essere uno che era stato in carcere per undici anni, Rookwood era in allenamento. Non gli sarebbe sfuggito, aveva preso tutte le precauzioni. La prima cosa che aveva fatto era stabilire una bolla anti- Smaterializzazione su tutta Hogsmeade.
- Rookwood se ti arrendi subito ti ucciderò velocemente! - gli urlò George, stringendo forte la bacchetta.
Il Mangiamorte rise.
- Stupeficium!
Lo Schiantesimo mancò Rookwood di poco.
- Weasley, per favore, sei ridicolo, ti ammazzerò come il tuo caro fratellino! Me lo ricordo quando è morto: la sua risata che si spegneva, il colorito del volto che lo lasciava. Un traditore del Sangue in meno, mi sono sentito fiero di me stesso!
- Avada Kedavra! - urlò George, lanciando un getto di luce verde, che il Mangiamorte schivò abilmente. Era la prima volta che il gemello usava quella maledizione.
- Vieni a prendermi Weasley, vieni a morire! - gli disse Rookwood prima di sparire dentro una vecchia catapecchia.
George fece per entrare, poi si fermò. L'immagine di Angelina, Fred e Roxanne gli si parò davanti agli occhi. Non sapeva cosa c'era oltre quella porta, ma non avrebbe rischiato di morire inutilmente, non voleva dare lo stesso dolore che lui aveva provato alla sua famiglia.
Isolò la casa con la magia, impedendo che chiunque potesse Smaterializzarsi all'interno,  poi alzò la bacchetta al cielo e sussurrò – Periculum!

*

Draco camminava nella catapecchia buia. L'unica fonte di luce era la sua bacchetta, null'altro. Tutte le finestre erano oscurate, e non sentiva alcun rumore da fuori. Era finito in una trappola e scappare non lo avrebbe aiutato. Lo avrebbero preso lo stesso, ma lo avrebbero considerato più codardo di quanto lo consideravano già.
- Goyle – chiese ad alta voce, cercando di mascherare la paura con la strafottenza. In quello era bravo. Molto bravo.
- Goyle dove diavolo sei? Dai non farmi perdere tempo, non ne ho.
- Neanche noi ne abbiamo – disse una voce dal buio. Un lampo di luce rossa apparve all'improvviso e la bacchetta  gli sfuggì di mano. Ci fu il buio più totale.
Una luce si accese. Un uomo dai lunghi capelli neri e dalla barba ben curata lo osservava con un ghigno disegnato in faccia e la bacchetta illuminata stretta nella mano.
- Zio – disse Draco, riconoscendo Rodolphus Lestrange.
- Nipote – gli rispose il marito di Ballatrix, allargando il suo ghigno.
- Come hai fatto a sapere dove mi sarei incontrato con Goyle?
Il suo interlocutore scosse la testa – Credi davvero che sia difficile lanciare una Maledizione Imperius su Goyle?
Draco annuì.
- Dai fai in fretta e ammazzami. Guardami negli occhi, mentre lo fai.
Rodolphus si piazzò a quattro metri da lui e gli puntò la bacchetta contro. Draco cercò di resistere all'impulso di chiudere gli occhi. Nessuno avrebbe saputo come era morto, ma avrebbe dimostrato a Rodolphus che non aveva paura. I volti di Astoria, Bartemius e Scropius si pararono davanti ai suoi occhi e le lacrime iniziarono a salire verso gli occhi. Si concentrò per fermarle. La morte non era la fine. Sarebbe molto nel tentativo di salvarli. Astoria sapeva che sarebbe potuto succedere.
- Avada Kedrava! - sussurrò Rodolphus. Un lampo di luce verde partì dalla sua bacchetta e Draco si preparò a morire.

*

- Stiamo mettendo la zona in sicurezza – stava dicendo Dean Thomas mentre Harry osservava la casa abbandonata. Che casino.
 Stava facendo colazione quando Victoire era spuntata dal camino. Tutto spaventata e tremante gli aveva detto che i Mangiamorte erano al negozio di George a Hogsmeade. Le aveva detto di dirlo a tutti e si era precipitato fuori da casa per Smaterializzarsi. Quando era arrivato lì Dean e due giovani Auror erano già sul posto. George li aveva chiamati e Dean aveva preso due degli uomini di guardia a Hogwarts ed era corso lì. Poco dopo erano arrivati anche Dennis Canon e una squadra dal Ministero, subito seguiti da Hermione, Percy e Bill, tutti e tre in pigiama. Avevano iniziato l'assedio dell'edificio. Hermione, dopo essersi cambiata, aveva fatto evacuare tutte le case della zona dalla Squadra Speciale Magica, mentre gli Auror facevano dei controlli magici sulla casa, per evitare eventuali trappole.
- Ron dovevi stare con i bambini! Se moriremo entrambi chi li crescerà? - urlava Hermione contro il marito. A quanto pare i vari adulti si erano messi d'accordo per mandare un solo genitore per famiglia, per evitare che i bambini restassero senza alcun genitore. Ma Ron aveva fatto di testa sua.
- Ha ucciso mio fratello, Hermione, voglio esserci quando verrà preso.
- Quanto sei dannatamente cretino, Ron?!
- Ragazzi – disse Harry, mettendosi in mezzo ai due – ormai Ron è qui, non possiamo farci niente. Cerchiamo un modo di ridurre i rischi anziché litigare. E' l'unica soluzione.
I due si zittirono, ma si guardavano entrambi in cagnesco.
- Harry – disse Percy, anche lui cambiato – ho fatto isolare Hogsmeade. Tutti gli spostamenti precedenti al blocco sono attualmente sotto la lente d'ingrandimento di tutto il mio ufficio.
- Sai che c'è un infiltrato, non mi fido tanto del tuo ufficio, Percy.
- Ho diviso personalmente il materiale da analizzare e il tuo uomo terrà d'occhio tutti i miei dipendenti in modo discreto.
Harry annuì. Se Pickering teneva d'occhio la situazione si sarebbe fidato.
Dennis spuntò con un altro Auror di fianco.
- Abbiamo ottenuto la piantina dell'edificio. Dai sopralluoghi ci sono tre persone dentro.
Il direttore dell'Ufficio Auror si sentì sollevato. Se George fosse entrato quella situazione sarebbe finita molto male.
Qualcosa si librò nell'aria. Tutti gli uomini del Ministero che aspettavano fuori alzarono la bacchetta in quella direzione. Era una donna. Sembrava giovane, venticinque anni al massimo,  vestita con una camicia da notte e una collana. Era posta a mezz'aria davanti alla casa, come se fosse addormentata, con i capelli che fluttuavano in modo irreale. Nel cielo apparse il Marchio Nero. La ragazza era morta.
Il corpo cadde.
- Non toccatela! - urlò Harry, colto da un brutto presentimento – Hermione, controlla la collana.
Hermione capì al volo. Fece un rapido incantesimo e annuì – Prendete la collana! - disse ai suoi uomini – ma usate i quanti. Un solo dito di pelle toccata vi ucciderà.
- Perché fanno così? - chiese Dennis Canon, scandalizzato. A differenza di Dean e Harry non si era mai battuto in prima persona contro i Mangiamorte, non si era mai abituato alla loro macabro senso dell'umorismo.
- Perché si divertono. Ci stanno sfidando.
- Possiamo irrompere, Dennis – chiese Dean, guardando il corpo della vittima con risentimento.
Il ragazzo annuì.
- Allora irrompiamo – decretò Harry – Dennis, tu preparati a irrompere con una seconda squadra se non ci sentite per più di venti minuti. Dean, prendi gli uomini migliori e preparali.
- Harry! - disse George, sputando dietro di lui – Voglio venire anch'io.
L'Auror sbuffò – No, George, non puoi.
- Ha ucciso mio fratello!
- Capisco, so cosa provi, ma non puoi. Non duelli dalla Battaglia di Hogwarts, ti metteresti solo in pericolo.
- O mi dai il permesso o entro da me.
- Va bene – disse Harry, tirando fuori la bacchetta. Con unico colpo gli legò le mani con un luminoso filamento rosso.
- Wilde, Turner – disse ai due Auror che vide più vicino – tenetevelo stretto fino a quando non saremo entrati.
George lo guardò malissimo.
- Voleva entrare con voi? - chiese Hermione.
Harry annuì.
- Fai in modo che lui e Ron non facciano stupidaggini.
Hermione guardò i due Weasley e rispose – Farò il possibile.
- Signori – disse raggiungendo Dean e gli altri dieci Auror – voglio che sia un lavoro pulito. Ogni persona che vedete dovrà essere schiantata immediatamente, non voglio Maledizioni Senza Perdono se non sono strettamente necessarie. Avete tutti la spilla?
Tutti controllarono di avere la spilla con la A di Auror applicata sul vestito. Erano state preparate da George un paio d'anni prima e, oltre al Sortilegio scudo di cui erano impregnati anche i vestiti, avevano un particolare incantesimo che permetteva loro di vedere in mezzo alla polvere Buiopesto.
Tutti annuirono.
- Bene, entriamo.

*

Teddy si svegliò di soprassalto. Un trambusto incredibile girava per casa. Fred dormiva ancora beato. Quella notte l'amico era rimasto a dormire alla Tana e a quanto pare era stanco morto. Si alzò.
Vide Arthur e Molly girare affannosamente per la casa, mentre Angelina e Ginny camminavano avanti e dietro per la cucina. Raggiunse il piano di sotto. Fleur era in un angolo e stava abbracciando Victoire, che piangeva sommessamente. Anche Angelina piangeva.
- Che sta succedendo? - chiese in un sussurro, credendo che nessuno lo ascoltasse.
Audrey però lo sentì. Era agitata anche lei, ma era seduta e guardava insistentemente il camino.
- I Mangiamorte sono stati avvistati a Hogsmeade... da Victoire. E' venuta qua per avvisarci, ma George è restato là a combattere. Non sappiamo ancora niente – gli disse e fece per aggiungere qualcosa, ma un luccichio di lacrime negli occhi la fece fermare.
Teddy si immobilizzò. George era rimasto da solo a combattere con i Mangiamorte. Suo fratello era morto nonostante fosse abituato a combattere, mentre George non lo era più. Sarebbe sicuramente morto.
- Dovevo andare io e non Harry – disse Ginny.
- Harry è lì? - chiese Teddy, ancora più terrorizzato.
- E anche Bill, Percy, Ron ed Hermione – borbottò Andromeda, che insieme a Molly sembrava distrarsi mettendo in ordine la casa.
Il Metamorfmagus iniziò a sentir venir meno la terra sotto i suoi piedi.
- Ginny non dir stupidaggini – le disse la madre – sapevamo tutti quello che aspettava Harry quando è diventato un Auror.
- No, mamma, non lo sapevamo. Scusami se non pensavo che si sarebbe mai trovato di nuovo a combattere con dei Mangiamorte. Dovevo esserci io al suo posto.
- Per poi farti ammazzare, Ginevra? No. Sappiamo tutti che lui è la persona migliore in questa situazione.
Ginny iniziò a girare ancora più nervosa per casa. Poi si fermò e scoppiò a piangere.
Molly si avvicinò e la abbracciò. Madre e figlia.
- Mamma, io non ce la faccio. Non voglio provare di nuovo i sentimenti che provavo dodici anni fa. Non voglio guardarlo uscire dalla porta non sapendo mai se tornerà. Non voglio girare in giro per questo mondo sempre pronta a difendermi. Io voglio una vita normale, mamma, perché non riesco ad averla?
Molly la abbracciò e restò in silenzio, mentre la figlia singhiozzava.
Teddy si staccò da tutte quelle persone e cercò un posto dove stare solo. La cosa brutta di quella situazione era che nessuno di loro poteva fare qualcosa per risolverla. L'unico rimedio era l'attesa, ma sembrava più una tortura.
- Teddy – disse una voce dietro di lui. Si era chiuso nello sgabuzzino, dove poteva stare in Santa Pace, ma Victoire lo aveva seguito.
- Sei ancora arrabbiato con me? - gli chiese. Certo che lo era! Lo aveva trattato malissimo.
- Lo immaginavo – continuò lei – possiamo fare una tregua? Ho davvero bisogno di te.
Teddy annuì. La bambina si avvicinò e lo abbracciò, mentre lentamente scoppiava a piangere.

*

L'incantesimo si infranse contro il muro e Rodolphus Lestrange scoppiò a ridere – Quanto è bello vedere le tue facce mentre cerchi di fare il coraggioso?
Draco avrebbe voluto ammazzarlo. Fece per alzare la bacchetta, per poi ricordarsi che era da qualche parte in quella stanza, immersa nella penombra.
- Non è nel nostro piano ucciderti, Draco Malfoy. O almeno non subito.
- E quale sarebbe il vostro piano?
Lestrange rise, poi il suo volto cambiò di nuovo e assunse un'espressione spaventata.
- Scappa, Draco, scappa! Non devono prenderti! - urlò.
Subito dopo ci fu un esplosione e il buio totale si diffuse nella stanza. Polvere Buiopesto Peruviana.
- Auror! - urlarono varie voci – Che nessuno si muova!
Come in un sogno scattò in avanti. Non vedeva niente, ma una cosa che aveva imparato durante la guerra era studiare una stanza appena ci entrava. Recuperò la bacchetta dov'era caduta e corse verso le scale che aveva intravisto prima del suo incontro con suo zio. La raggiunse e si fece scivolare giù dal corrimano. Se avesse provato a fare gli scalini sicuramente sarebbe  inciampato.
Aveva capito il gioco dei Mangiamorte. Rodolphus gli aveva urlato di scappare, fingendo di mostrarsi davvero interessato a lui. Se lo avessero catturato sarebbe stato sicuramente accusato di essere un loro complice. Doveva sparire prima che lo arrestassero o lo riconoscessero. Appena scese dalle scale ritornò a vedere, ma non aveva tanto tempo. Puntò la bacchetta contro una porta che era  a pochi passi  da lui e la fece spalancare. Corse fuori. Non poteva Smaterializzarsi, sicuramente gli Auror avevano bloccato ogni tipo di trasporto nella zona, iniziò a correre.
- Fermo! - urlarono delle voci. Nel correre notò due teste rosse, sentì una forte botta e poi fu tutto scuro.

Angolo dell'autore

Ciao a tutti sono tornato! Questo nuovo capitolo non so se mi piaccia o no, penso che non sia scritto tanto bene... spero mi smentiate!

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 25
*** Colpevole di innocenza ***


Colpevole di innocenza

- Irresponsabili! Avreste potuto morire! - urlò Hermione. Lei, Harry, Kingsley, Ron e George si trovavano nell'ufficio del capo degli Auror. I due Weasley erano riusciti a sfuggire alla guardia di Hermione e degli Auror e avevano schiantato Malfoy. Harry non se la sentiva di dire loro qualcosa. Anche lui lo avrebbe fatto al posto loro. In situazioni simili lo aveva sempre fatto.
Ma Hermione no. Era su tutte le furie e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, si era spaventata. Quando Harry aveva raggiunto Ron, lui e il fratello avevano appena schiantato Malfoy. Hermione era arrivata appena dopo. Non aveva la rabbia in faccia, ma una maschera di terrore. Aveva avuto paura per suo marito. Poi era arrivata anche l'arrabbiatura.
- Ma abbiamo catturato il sospettato.
- Ma non eravate allenati, Ronald!
- E' da quando ho diciotto anni che combatto contro i Mangiamorte – disse George.
- E' da quando ne hai venti che non lo fai più, Goerge. Hai due figli, non puoi fare certe stronzate!
Harry e Kingsley si guardarono scandalizzati. Hermione non diceva mai parolacce.
- E tu, Ronald, non hai pensato a me? Non hai pensato a Rose e Hugo?
Ron era rosso di rabbia – Sì, ci ho pensato. Ho fatto questo per voi tre. Per evitare che dobbiate vivere in un mondo con certa gente in libertà.
- Ron, è il mio lavoro – disse Hermione addolcendosi – me ne devo occupare io.
Harry fece un respiro di sollievo. Il litigio sembrava acquietarsi, per fortuna. Si era già preparato a sopportare mesi di musi lunghi e litigate tra i due, ma sembrava che entro fine giornata si sarebbero calmati.
- Evidentemente se devo farlo io il tuo lavoro, non lo sai fare – le rispose Ron. Come non detto. Una cretinata peggiore era difficile da dire.
Hermione si zittì. Prese la sua giacca  e si diresse verso la porta.
- Un'ultima cosa, Ron – disse al marito – io tornerò a dormire a casa nostra. Tu resterai alla Tana. Fino a quando Teddy sarà alla Tana ci resteranno anche i ragazzi, poi torneranno a casa con me. Tu non disturbarti.
E uscì sbattendo la porta.
Sull'ufficio cadde un silenzio imbarazzante.
- Tu la pensi come quella là? - chiese Ron all'amico.
“Quella là” è tua moglie pensò Harry.
- No, ma la capisco. Potevi evitarti quel commento sul suo lavoro.
Ron sbuffò ed Harry evitò di andare avanti. Già lui ed Hermione non si sarebbero parlati per un bel pezzo, se poi avesse smesso di parlare pure con Harry il clima sarebbe diventato troppo teso. George, per tutta la durata di quella scena, era rimasto in silenzio. Era strano. Solitamente quando quei due litigavano era il primo che si metteva a intervenire e a incitare la rissa. Invece, in quel momento, stava guardando in modo assente il pavimento.
- George, va tutto bene?
George annuì – Sì, scusa. Ora devo andare al lavoro, deve arrivare un fornitore importante.
- Quale fornitore? - chiese Ron.
Il fratello lo fulminò con lo sguardo – Dobbiamo andare, Ron.
Ron capì e lo seguì fuori dalla porta, lasciando Harry e Kingsley un po' interdetti.
- Come pensi l'abbia presa George? - chiese il Ministro a Harry.
- Penso che se si trovasse davanti Malfoy lo ammazzerebbe seduta stante.
- Quanto ci metterà a tranquillizzarsi?
- Si è riaperta una ferita che non si era mai rimarginata del tutto. Anche solo per dimenticarsi la faccia di Rookwood ci metterà degli anni.

*

Il nome di Malfoy non era ancora stato reso pubblico e Harry pensava che fosse la cosa migliore. Kingsley aveva dichiarato che c'era stato un arresto quella mattina legato alle indagini ma non era sceso nei dettagli. La stampa ora sarebbe stata meno cattiva nel dire che il suo Ufficio non sapeva dove sbattere la testa, ma sarebbe diventata ancora più pressante per  sapere il nome dell'arrestato.
Draco Malfoy. Quante volte, quando era scuola, aveva sognato di portarlo in manette ad Azkaban?
Tante, eppure ora non voleva farlo. Sperava ancora che non c'entrasse niente. Che fosse stato incastrato. Se lo sentiva che non c'entrava. Mentre lo guardava dallo spioncino capì che non aveva la faccia del colpevole. Aveva uno sguardo spaventato, arrabbiato.
- Harry – disse Dean – abbiamo appena finito di analizzare la bacchetta.
- E?
- E' stato Malfoy. Gli ultimi due incantesimi sono Wingardium Leviosa e Avada Kedavra. Ha ucciso lui la ragazza e ha anche lanciato il Marchio Nero.
Harry annuì.
- Proviamo a vedere cosa ci dice.
I due entrarono nella stanza. Malfoy era seduto stancamente sulla sedia, incatenato.
- Malfoy – disse Harry, sedendosi davanti al biondo.
- Potter – rispose lui. Non aveva un tono sprezzante, ma diffidente. Non si fidava di lui. Strano per un colpevole. Aveva interrogato tanti criminali. Di solito non reagivano così. Trovavano l'interrogatorio come una sfida. Lui sembrava stanco. Sembrava più uno di quei piccoli delinquenti che l'Ufficio per l'Applicazione della Legge Magica fermava ogni giorno.
- Ti devo dire che sei attualmente indagato per attività Mangiamorte, omicidio, resistenza a pubblico ufficiale e concorso in evasione. Come ti dichiari?
- Innocente – rispose Malfoy, lo sguardo stanco ma deciso.
Thomas scoppiò a ridere. Era una risata sprezzante. Era la risata di chi aveva in mano il proprio nemico e stava decidendo se ucciderlo o lasciarlo vivere. A differenza di Harry, Dean aveva un rancore cieco nei confronti dei Mangiamorte, dopo che era stato costretto a fuggire per tutto quel tempo solo perché Nato Babbano.
- Che cosa c'è di divertente, Thomas? - disse Malfoy, con un tono che riportò Harry ai suoi giorni a Hogwarts.
- Sai cos'è questa, Malfoy? – gli chiese Dean, tirando fuori dalla tasca interna della giacca la bacchetta di Draco.
- Ma davvero? La mia bacchetta, è abbastanza ovvio.
- Bene, sai cosa hanno trovato nella tua bacchetta?
- Illuminami Thomas.
- La Maledizione Mortale, compiuta poco prima che un cadavere fosse rinvenuto lì vicino.
Malfoy impallidì, spalancando la bocca.
- Io non c'entro niente.
- Sì, certo, Malfoy. C'è anche l'incantesimo con cui  l'hai fatta svolazzare davanti a noi.
- Thomas, io non c'entro nulla! Sono stato incastrato!
- Chi ti ha incastrato? - chiese Harry. Il suo sesto senso gli credeva.
- Dai Harry! Non crederai a questa cretinata? - sbottò Dean. La sua capacità di giudizio era fortemente compromessa, il suo unico obbiettivo era sbattere Malfoy ad Azkaban per tutta la vita.
- Dean, vai fuori.
- Harry non dire stronzate!
Harry si girò e lo guardo dritto negli occhi. Anche se lui era seduto e Dean in piedi, lo fulminò lo stesso.
- Vai. Fuori. Subito.
Il suo vice scattò verso la porta e uscì sbattendola.
Harry e Malfoy restarono da soli.
- Chi ti avrebbe incastrato?
- Rodolphus Lestrange.
- C'era anche lui nella casa?
Malfoy annuì – Eravamo gli unici.
- Testimoni hanno visto chiaramente Rookwood.
- Non lo so, non l'ho visto né sentito.
Harry annuì, i rilievi che avevano fatto prima di irrompere avevano rivelato che c'erano tre persone all'interno. Malfoy, Lestrange, Rookwood. Probabilmente la ragazza era già stata uccisa.
- Raccontami tutto, Malfoy, non sei nella condizione di tenermi nascosto nulla.
Draco sollevò un sopracciglio – Chi mi dice che mi posso fidare di te, Potter?
Harry sbuffò – Le persone che stiamo cercando hanno collaborato a uccidere mia madre e mio padre, hanno ucciso uno dei miei cognati, il mio padrino e i genitori del mio figlioccio. Credo sia un po' difficile che io mi unisca a loro.
Malfoy restò impassibile ma poi parve accettare.
- Come puoi immaginare, dopo che io e la mia famiglia abbiamo testimoniato contro di loro, ci detestano. Appena sono evasi ho fatto delle ricerche in giro e ho saputo del rapimento dei centauri.
- Da chi?
- Da Hepburn.
- Il capo di una delle bande di Notturn Alley?
Malfoy annuì.
- E' lui che ti ha mandato da Mundungus Fletcher?
- Mi controllavate? - chiese Malfoy offeso.
- Non il mio Ufficio, non cambiare argomento. Perché ti ha mandato da Fletcher?
- Diceva che sapeva qualcosa.
- E la sapeva?
- Sì, ha detto che dovevano far passare qualcosa per la Foresta Proibita. Vogliono qualcosa da dentro la scuola.
- Cosa?
- Non so. Sicuramente una persona, non so se uno studente o un professore. Hanno usato i centauri dei Monti Cambrici per ricattare quelli della Foresta Proibita. Sono imparentati.
Harry si accasciò sulla sedia. Ecco cosa avevano i centauri. Era preoccupato. La scuola era sotto attacco. Potevano volere Teddy o Anne perché erano imparentati con lui.
- Perché eri in quella casa?
- Perché dovevo incontrare Goyle, ma a quanto pare era una trappola. Era sotto la Maledizione Imperius.
- Hai prova di tutte le cose che stai dicendo?
- Solo Fletcher.
- Non posso liberarti senza prove. Come possono averti preso la bacchetta?
- Sono stato disarmato da mio zio. Era buio, qualcuno avrebbe potuto prenderla nella penombra e poi rimetterla a posto.
Harry sbuffò – Ti terrò nelle celle dell'Ufficio e metterò una squadra a proteggerti. Non posso fare altro senza prove.
- Lo so – disse Draco – puoi farmi un favore, Potter?
- Dimmi.
- Proteggi la mia famiglia.

Angolo dell'autore

Ciao a tutti, sono tornato! Ecco a voi il nuovo capitolo. Nei prossimi si ritornerà a Hogwarts, quindi Teddy e Bartemius riprenderanno la loro parte dominante nel racconto. Ditemi cosa ne pensate di questo e ancora grazie a tutti per il seguito che sto ricevendo per una storia con un protagonista così di nicchia!

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 26
*** Un doloroso ritorno ***


Un doloroso ritorno

Teddy aveva avuto paura di quel giorno. Non perché non volesse tornare a Hogwarts, anzi, era felicissimo, ma per Bartemius. Non sapeva come stesse e come avesse reagito all'arresto del suo padrino, ma Teddy credeva che avesse deato la colpa a lui. Harry era il suo padrino, non gli avrebbe dato torto se lui avesse voluto prendersela con lui. Eppure non era stato così.
Teddy era stato uno dei primi ad arrivare al binario 9 e ¾, accompagnato dai suoi nonni e Percy. Bartemius era arrivato tra gli ultimi, scortato da una stravolta Astoria, che tentava di nascondere con un sorriso il dolore che aveva negli occhi. Trovava molte somiglianze tra sua nonna e quella giovane donna. Cercava di essere forte per i suoi bambini, ma Bartemius era Bartemius. Capiva il dolore molto di più di quanto lo capiva Teddy, e si vedeva che non si era bevuto la forza di facciata che mostrava Astoria..
Bartemius aveva salutato tutti con distaccata cordialità e si era seduto nel loro stesso scompartimento. Non parlava tanto, anzi per la maggior parte del tempo finse di dormire. Ciò colpì molto Teddy. Molte persone si sarebbero chiuse da soli in uno scompartimento e non avrebbero voluto vedere nessuno, ma Bartemius no. Era così tanto riservato che non si fidava a far vedere il suo dolore, anche se Teddy lo percepiva benissimo.
Eva e Baston avevano passato tutto il viaggio a parlare del Puddlemere, che attualmente era in testa al campionato, senza degnare della benché minima attenzione gli altri tre ragazzi. Teddy, dopo un'ora a studiare attentamente ogni gesto di Bartemius, si era messo a studiare un libro di Storia della Magia che gli avevano regalato per Natale. Anne invece era restata ferma immobile. Il viso corrucciato e le braccia incrociate. Aveva guardato Bartemius tutto il tempo. Se lui voleva nascondere il suo dolore, con lei non ci era riuscito. Se ne restò zitta e non volle sollevare la questione davanti a tutti ma la sera, davanti al camino della Sala Comune, si sedette di fianco a lui. Baston era andato a infiltrarsi di nascosto nel campo da Quidditch insieme a due del quarto anno per fare due tiri. Erano rimasti solo loro due.
- Che succede? - gli chiese Anne, guardandolo dritto negli occhi.
Teddy chiuse il libro che stava leggendo – Hanno arrestato il padrino di Bartemius.
- Perché?
- Attività Mangiamorte.
Lei si accigliò – E' davvero colpevole?
- Harry crede di no.
- Che c'entra Harry?
- L'ha arrestato lui.
Lei si lasciò scivolare lungo lo schienale – Ce l'avrà con noi?
Teddy scosse la testa – E' questo il problema. E' troppo maturo per avercela con noi. Se ce l'avesse con noi sarebbe più semplice, perché potrebbe dare la colpa a qualcuno. Credo provi qualcosa di ancora peggiore: ha dei dubbi sull'innocenza del suo padrino.
Non sapeva com'era provare una sensazione del genere. Era cresciuto tra persone considerate Eroi di Guerra, insigniti di tutti i titoli onorifici possibili e immaginabili. Gente famosa per la loro assoluta coerenza. La famiglia di Bartemius era più difficile, erano in una zona grigia. Draco Malfoy era un colpevole, un Mangiamorte, un criminale, anche se giovane. Si era sempre mostrato come un pentito, un uomo nuovo, ma non sarebbe stato difficile condannarlo con i suoi trascorsi. Per questo non lo sapeva nessuno. Harry voleva prima delle prove certe prima di fare qualunque cosa, ma si notava, da come ne parlava, che avrebbe fatto di tutto per proscioglierlo da ogni accusa.
Non voleva dirlo a Bartemius per evitare che si arrabbiasse con lui o non so cosa. Voleva prima vedere come si sarebbe comportato.
- Cosa possiamo far per lui? - chiese Anne, sinceramente preoccupata.
- Non lo so, a volte non lo capisco. E' così cupo e addolorato che è difficile anche solo scalfire la sua barriera di potezione.
Lei annuì tristemente. Teneva molto a Bartemius. Anne era stata la prima persona con cui aveva parlato di quel gruppo e forse quella con cui si apriva di più. Ogni tanto litigacchiavano, ma Bartemius teneva sempre in considerazione cosa diceva lei.
- Forse dovresti parlarci, Anne.
- Io? Non è meglio se lo fai tu o Eva?
Teddy scosse la testa – Eva sicuramente lo avrà già fatto o lo starà facendo in questo momento, ma a te da sempre ascolto.
- E che dovrei dirgli?
- Dovesti solo ascoltarlo.
- Mi consideri più importante di quanto sono per lui.
- O forse tu ti consideri meno importante di quanto tu sia in realtà.
Lei sorrise – Va bene, ci proverò. Non garantistico nulla, però.
Teddy si strinse nelle spalle – Sono sicuro che ce la farai.
- Come sono andate le vacanze? - gli chiese lei, dopo un paio di minuti in silenzio.
Teddy si trattenne dallo scoppiare a ridere. Gli era appena venuta in mente la faccia di Victoire quando aveva scoperto l'esistenza di Anne.
- “Movimentata” credo sia il termine adatto per definirlo.
- Perché?
- Ma niente le solite cose: svenimenti, litigi di famiglia, combattimenti con Mangiamorte, stato di sicurezza. Cose simili insomma.
Anne lo guardò stranita. Non doveva sembrare così normale a una Nata Babbana.
- State tutti bene?
Teddy annuì. Nessuno stava male fisicamente. Lui era arrabbiato con Victoire e non le parlava, Ron ed Hermione erano nel bel mezzo di un litigio, Harry era stressato e Fred e James avevano sfruttato l'anarchia per partire con una serie di attacchi a sorpresa che avevano portato perfino George a indispettirsi. Quest'ultimo era strano, non scherzava, ma per la maggior parte del tempo stava zitto a guardare il vuoto.
- Tu invece che hai fatto per Natale?
Anne sospirò divertita – I miei nonni paterni non sapevano cosa dire e fare. Mio papà ha detto loro che sapevo cosa avevano fatto Harry ed erano troppo imbarazzati. Io ogni tanto accennavo alla magia e loro si guardavano intorno disorientati.
Teddy sorrise. Se lo meritavano.
- Mia mamma mi ha detto che aspetta un bambino.
Teddy sorrise. Quando era piccolo aveva invidiato le felicità degli altri bambini mentre aspettavano dei fratelli. Victoire che aspettava Dominique, Fred che aspettava Roxanne, James che aspettava Albus. Poi aveva capito che doveva solo essere felice per loro.
- Si sa già se è un maschio o una femmina?
Lei scosse la testa – Spero sia una femmina. Perché se fosse un maschio potrebbe rischiare di essere stupido anche solo la metà di Baston. Non riuscirei a sopportarlo.
Entrambi scoppiarono a ridere.


*

Bartemius piangeva a dirotto. Le lacrime sgorgavano lungo il suo viso senza tregua e lui non si opponeva. Ormai non singhiozzava neanche più, si era rassegnato. Perché tutte a lui?
Non capiva cosa poteva aver fatto di male per aver avuto una vita così tanto dura. Baston e Anne erano cresciuti felicemente e perfino Eva e Teddy, che non avevano avuto una vita facile, avevano vissuto meno disavventure di lui. Perché tra tutte le persone che potevano arrestare per l'evasione dei Mangiamorte era stato arrestato Draco? Ciò lo distruggeva.
Era innocente? Non lo sapeva dire.
Era colpevole? Non sapeva neanche questo.
Aveva pensato tanto al suo padrino in quegli ultimi terribili giorni e alla fine era giunto a una conclusione: non sapeva quasi niente di lui. Sapeva chi erano i suoi genitori, chi era sua moglie, ma non sapeva che lavoro facesse. Gli aveva detto più volte che non era d'accordo con i Mangiamorte, ma avrebbe potuto tranquillamente mentirgli.
Aveva sempre immaginato che vivere con suo padre, un Mangiamorte, sarebbe stato duro. Pensava che sarebbe stato maltrattato e insultato per ogni minimo errore, ma sarebbe stato davvero così? Magari aveva vissuto con un Mangiamorte per dieci anni e non se n'era accorto, anzi addirittura lo ammirava.
La cosa che gli dava più fastidio, però, era che non gli importava se fosse stato un Mangiamorte o se non lo fosse. L'affetto che provava per lui non sarebbe cambiato. Avrebbe voluto odiarlo, ma non ci riusciva. Non riusciva a fare niente, a parte fingersi normale di giorno e piangere tutta la notte.
- La recita non ti sta riuscendo bene, Barty – disse una voce a poca di stanza da lui.
Riemerse da sotto le coperte e si guardò intorno. Eva lo guardava dal letto di fianco, in un pigiama rosa di flanella e una vestaglia rossa.
Il ragazzo prese il fazzoletto e si asciugò gli occhi.
- Che ci fai qui? - le chiese, cercando di non avere la voce rotta. Non ci riuscì.
- Ero preoccupata per te e volevo vedere come stavi. Credo di aver ottenuto la risposta.
- Non mi sembrava di dare nell'occhio.
- Tu non dai mai nell'occhio, per questo la gente è costretta a osservarti bene per capirti. Ted e Anne lo hanno capito subito. Io l'ho notato perché la biondina ti ha osservato per tutto il viaggio.
Bartemius arrossì. Anne lo aveva osservato per tutto il viaggio.
- E' per il tuo padrino? - chiese lei, guardandolo dritto negli occhi. A volte Bartemius non la sopportava, spariva tutto il giorno e lo ignorava, girava con i più grandi, giocava nei sotterranei con Baston. Ma nel momento del bisogno c'era sempre. Insieme ad Anne era la sua migliore amica. Anne viveva i suoi problemi, Eva li capiva.
Annuì.
- Non credo sia colpevole – gli disse lei, continuando a guardarlo dritto negli occhi – però sappiamo tutti e due che non lo crederai senza prove. Anch'io farei così. Dobbiamo cercare di scoprirlo.
Bartemius sorrise. Avrebbe voluto avere quel genuino ottimismo che Eva aveva.
- E come?
- Roger ha saputo dell'arresto da George Weasley. Gli ha detto che avevano circondato una catapecchia e isolato mezza Hogsmeade. Il nome del tuo patrigno non è apparso sul giornale, ma le foto della maxi-operazione a Hogsmeade sì. Sappiamo qual è la catapecchia e possiamo andare dentro a controllare.
Bartemius la guardò male – Non lo farò mai.
- Allora andrò io con Baston.
- Quello lì farebbe qualsiasi cosa tu voglia. Ti sbava dietro.
Eva si strinse nelle spalle – Lo so, cambierà idea prima o poi, devo solo aspettare. E' un bravo ragazzo.
- Ti prendi gioco di lui?
- No, però ci piacciono le stesse cose, quindi mi piace stare con lui.
- Non è avere una cotta questa?
- Non credo, poi ho undici anni, non devo cercare marito!
Bartemius annuì. Neanche parlare con lei lo faceva stare meglio, ma forse l'idea di Eva non era per niente stupida.

Angolo dell'autore

Eh sì, sono tornato. Ho avuto una simulazione di Terza Prova che mi ha obbligato a stare davanti ai libri per un bel po'. Ho scritto questo capitolo, ma non ne sono troppo contento. E' troppo meccanico, anche se non so perché. Vabbè spero sia solo un mio problema. Ditemi un po' cosa ne pensate.

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 27
*** Dura normalità ***


Dura normalità

Bartemius notava che la vita era una serie continua di routine alternate. Ogni tanto c'era qualche cambiamento, ma dopo un po' ci si abituava e il cambiamento veniva inglobato nella routine. L'unica cosa che ti salvava dalla routine quotidiana erano i sentimenti. Se eri felice, la tua vita ti sembrava così reale e viva, se eri triste, invece, il tuo vivere pareva solo una grande macchina meccanica, ripetitiva e rumorosa. La sua vita era così. Alzarsi. Lavarsi. Colazione. Lezione. Pranzo. Lezione. Studio con gli amici. Cena. Letto. Questa era la sua vita, con variazioni ogni tanto, come le cene da Lumacorono o gli allenamenti di Quidditch. Poteva essere felice con questa vita? Lui credeva no. Il tempo migliore era quello passato con gli amici. Ted e la sua gentilezza, Baston e la sua idiozia, l'ironia pungente di Eva e Anne. Le voleva tanto bene. Era perfetta in ogni sua parte. Anche dopo una notte di studio la trovava la ragazzina più bella che avesse mai scritto. Non che Eva non fosse bella, anzi anche lei lo era molto, ma non aveva quella spontaneità che emanava Anne. Aveva tanti piccoli dettagli che la rendevano perfetta, come la ciocca di capelli biondi che le era sfuggita dallo chignon in cui la sua capigliatura era relegata.
- Che c'è? - gli chiese Anne con un sorriso timido, notando che la stava guardando. Bartemius impallidì. Che le avrebbe risposto.
- Ti... ti è uscita una ciocca dai capelli – disse goffamente. Lei scoppiò a ridere e lo ringraziò.
Ecco, che deficiente. Aveva fatto la figura dell'idiota. Non ne andava bene una. Ted e Baston parlavano con tutti tranquillamente, ridevano scherzavano ed erano amici con tutti. Lui non voleva questo, ma voleva esserlo con Anne. Eppure era così  difficile. Aveva sempre paura di dire qualcosa di sbagliato. Magari lei lo odiava a causa della sua famiglia. Sarebbe stato giusto.
Draco era ancora dentro e ora il sospetto che fosse colpevole si era trasformato quasi del tutto in certezza. Nessuno fortunatamente sapeva di lui. Già era malvisto da più di metà della scuola, se avessero scoperto che il suo padrino e tutore era stato arrestato, sarebbe andato diretto a Durmstrang.
- E' per il tuo padrino? - chiese Anne alzando la testa dai libri e guardandolo dritto negli occhi. Sembrava preoccupata.
- No, non è niente, tranquilla – rispose lui. Non voleva annoiarla, stancarla, esasperarla. Voleva che stando con lui si sentisse bene, non angosciata dalle ansie che ogni giorno lo affliggevano.
- No, non è niente, Bartemius. Tu stai male, lo si vede lontano un miglio e ogni volta che cerchi di nasconderlo è come se lo gridassi al mondo intero.
- Davvero?
Anne annuì. Bartemius poteva aver paura di volerla angosciare, ma lei lo era già. Perché lo era? Cosa poteva spingerla a preoccuparsi per lui? La risposta arrivò come un fulmine e lo fece sorridere. Gli voleva bene, per questo era preoccupata.
- Non so se è colpevole. Io devo saperlo. Mi hanno rovinato la vita i Mangiamorte, se il mio padrino lo è ancora, io lo devo sapere.
- Tu ti fidi di lui?
- Non lo so. Mi è sempre stato vicino, mi ha allevato, mi ha dato tutti i miei principi. Non sono uguale ai miei genitori proprio grazie a lui.
- E allora perché dovrebbe essere uguale a loro?
Una domanda così semplice lo mise in difficoltà. Perché? Perché avrebbe dovuto crescerlo aizzandolo contro i Mangiamorte se poi era lui stesso un Mangiamorte? Nell'ansia di pensar male, si era completamente dimenticato di pensare razionalmente.
- Harry crede che sia stato incastrato.
Bartemius rimase di sasso.
- Harry chi? - chiese, anche se sapeva già la risposta.
- Mio cugino.
Bartemius rimase spiazzato. Non si aspettava tutto questo. Non sapeva come comportarsi. Certo il dubbio di colpevolezza rimaneva, ma si era molto ridimensionato. Tutto grazie alla semplicità di Anne.

*

La scopa di Eva volava bassa sotto le fronde degli alberi. Dietro di lei Baston la seguiva. Stava facendo forse la più grande della sua vita, ma lo stava facendo per una giusta causa. Dopo un centinaio di metri, riemersero dalla boscaglia e si diressero verso Hogsmeade.
- Sicura che non ci possano scoprire? - chiese Baston aggrappato al suo manico.
- Certo che no.
- Grandioso! - urlò il ragazzo. Sembrava davvero felice che il ragazzo fosse felice di infrangere le regole. Per questo aveva scelto lui: era certa che non ci avrebbe pensato due volte a seguirla. Forse stava sfruttando la cotta che aveva per lei, ma lo stava facendo per una buona causa.
Erano le cinque di pomeriggio e il cielo stava diventando rosso. Il rischio di essere scoperti era molto alto, di essere espulsi anche. Insomma, i presupposti non erano dei migliori, ma se avessero scoperto qualcosa ne sarebbe valsa la pena.
Con una brusca virata verso l'alto uscì dalla foresta. Per fortuna. Le metteva ansia quel posto.
- Harry mantieniti basso – disse all'amico – non devono individuarci.
Il ragazzo obbedì e restò rasente agli alberi.
Eva apprezzava davvero quel ragazzo. Avevano lo stesso carattere,  gli stessi interessi, ma c'era anche qualcosa di più. Faceva il cretino spesso e volentieri, ma in realtà, molto in fondo,  era molto intelligente ed era buffo. Non capiva assolutamente niente di rapporti umani, non aveva tatto e faceva certe uscite che avrebbero portato la McGranitt al suicidio, se lo avesse sentito. Era un suo buon amico, niente di più. Avevano undici o dodici anni, trovava stupido parlare di cotte e di storie amorose, anzi, era quasi riduttivo. Non si parlava di amore, ma di semplici cotte. Come quella che Baston aveva per lei e Bartemius aveva per Anne, anche se in quest'ultimo caso lui non se ne rendeva conto.
- Sta per finire il bosco – disse Baston – Scendiamo e proseguiamo a piedi?
Eva annuì e planò dolcemente verso il basso. Nascosero le scope sotto un lenzuolo che Baston si era portato e silenziosamente si avviarono verso Hogsmeade.
- Il piano quindi qual è? - chiese Baston allacciandosi la sciarpa intorno al collo. Il freddo e la neve governavano il territorio di Hogsmeade. La cittadina sembrava il tipico paesino incantato frequente nelle storie che Roger le raccontava da piccola. Ma in quelle storie si alternavano fratelli maghi che avevano sconfitto la morte, non studentelli a forte rischio di espulsione.
La ragazza tirò fuori un ritaglio di giornale. Era riuscita a recuperare una copia della Gazzetta del Profeta uscita il giorno dopo l'arresto di Draco e aveva ritagliato una foto della casa in cui era avvenuto il tutto.
- Come facciamo a trovarla? - chiese Eva.
- Rookwood è stato avvistato per la prima volta davanti al negozio dei Weasley. Partiamo da lì.
Eva annuì. Aveva ragione.
Baston ovviamente sapeva perfettamente dove si trovasse il negozio. Baston conosceva tropppo bene Hogsmeade. Eppure non ci aveva mai abitato. Sospettava che ogni tanto ci andasse di sua iniziativa al posto di fare lezione.
- Da una parte c'è la strada da cui siamo venuti, dall'altra una parte che non abbiamo visto – disse Baston – la casa prima di qui non c'era, quindi dobbiamo per forza seguire l'altra strada.
La trovarono dopo pochi minuti. Era la tipica casa da storia dell'orrore. Diroccata, buia, mancava qualche lampo e la scena sarebbe stata perfetta.
La voglia di entrare le passò di colpo.
Baston, invece, andò  verso una finestra aperta ed entrò. Eva non poté fare altro che seguirlo.
- Lumos – mormorò lei quando fu dentro, ricordandosi la lezione di Incantesimi della settimana prima. La punta della sua  bacchetta si illuminò. Baston la imitò.
- Cosa stiamo cercando? - chiese Baston ad alta voce, preoccupando Eva.
- Shh! Sussurra. Non sappiamo chi ci sia qui dentro.
- Ma chi vuoi che ci sia? E' stata perquisita dagli Auror e la terranno sott'occhio. I Mangiamorte non la useranno mai più.
Eva annuì.
- Allora che stiamo cercando?
- Prove. Qualsiasi cosa possa provare che Draco Malfoy sia innocente.
Baston annuì e iniziò a guardare per terra. Eva fece lo stesso. La casa era polverosa e vecchia. Ogni mobile era impregnato di ragnatela e nulla lasciava presupporre una qualsivoglia presenza umana negli ultimi vent'anni. Baston si era messo a perquisire la cucina e la sala da pranzo, mentre Eva aveva deciso di dirigersi al piano di sopra, dove un corteo di impronte portava. Probabilmente erano le impronte delle squadre di Auror che avevano fatto irruzione.
Entrò in una grossa stanza quadrata, totalmente buia e iniziò a guardarsi intorno. Le impronte erano dappertutto, in qualsiasi direzioni. Una serie correva verso le scale, ma spariva. Probabilmente chi l'aveva fatto era sceso scivolando sul corrimano, che era liscio e pulito. Doveva essere stato Draco che tentava di scappare. Le altre impronte correvano da tutte le parti, ma decise di controllarle tutte. Per sicurezza. Quella fu la sua fortuna.
Dopo una decina di minuti a controllare le varie scie di impronte ne trovò alcune che finivano nel nulla. Finivano davanti al muro. Chi le aveva lasciate? Un fantasma? Impossibile. I fantasmi non lasciavano impronte.
- Sotto  non c'è niente! - disse Baston, entrando nella stanza e camminando sopra a tutte le impronte lasciate nella polvere, distruggendole. Eva lo guardò basita.
- Che c'è? - chiese guardandola in faccia e appoggiandosi al muro con la spalla. Ci sprofondò dentro.
Ci fu un tonfo e poi l'amico urlò – Ahi! Ma qui c'è un corridoio!
Eva vedeva le gambe di Baston, ma il resto era dentro il muro. Prese coraggio e passo attraverso la parete. Una sensazione fredda le attraverso il corpo e si trovò dall'altra parte. Si trovavano su un pianerottolo oscuro, illuminato solo da fievoli fiaccole. Davanti a loro c'era uno strettissimo corridoio, che virava verso il basso.
- Presumo che dovremo scendere – disse Baston, alzandosi e tirando fuori la bacchetta. Eva non sapeva se essere contenta di essersi portata dietro Baston o meno. Faceva tutte le cose che a lei mettevano paura tirandola in mezzo. Sicuramente senza di lui non sarebbe entrata in casa né avrebbe mai trovato il nascondiglio, ma per colpa sua poteva anche non uscirne più. Quel ragazzo non aveva alcun senso di autoconservazione.
- Ti muovi? - gli chiese urlando dallo stretto corridoio.
Lei sbuffò e lo seguì. Dopo il lungo tunnel che procedeva verso il basso si trovarono in una larga stanza illuminata da fiaccole e da un camino acceso.
- Qualcuno è stato qui di recente – disse Baston guardando il camino.
- E tornerà a breve – continuò Eva – nessuno lascerebbe il camino acceso se non avesse intenzione di tornare in poco tempo.
Al centro della stanza c'era una tavola rotonda. C'erano una dozzina di sedie, ma solo una di queste era stata spostata. Sul tavolo c'era un piatto e un bicchiere sporchi.
Baston ed Eva si guardarono per un momento. Un lungo momento di silenzio. Poi iniziarono a correre a perdifiato. Si precipitarono su per il tunnel e si buttarono fuori dalla porta.
- Andate da qualche parte, ragazzi? - chiese una voce dietro di loro.

Angolo dell'autore

Ciao a tutti sono tornato. Ci ho messo un po' per colpa dello studio, ma non voletemi male, vi ho già detto che sarà un po' così fino all'esame. Trovo questo capitolo molto più bello del precedente, anche se non ho scritto la parte di Teddy (che sarà oggetto di una parte del prossimo capitolo, a meno che non cambi idea) a causa della suspense finale.
Intanto ho iniziato a scrivere una storia fantasy tutta inventata da me. Se volete appena finisco il primo capitolo, lo carico.

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 28
*** Incontro con un estraneo ***


Incontro con un estraneo

Harry si Materializzò esattamente davanti alla filiale dei Tiri Vispi Weasley di Hogsmeade.
Si trovava a Diagon Alley a comprare un regalo per i suoi figli, quando era arrivato un Patronus da parte di George, che gli diceva di correre subito ad Hogsmeade. In neanche cinque minuti era lì.
Il viale della cittadina era deserto, a parte per due Auror davanti alla porta del negozio e tanta, tanta neve. Salutò i due ed entrò nel negozio.
Dentro una decina di Auror camminavano affannosamente per tutto lo stabile, fermandosi a parlare con uno stremato Dean. Quest'ultimo aveva la camicia stropicciata, con le maniche arrotolate. Il nodo della cravatta era talmente allentato che rimbalzava ad ogni suo piccolo movimento.
- Cosa succede qui? - chiese ad alta voce, così che tutti lo sentissero. Tutti gli Auror nella stanza si immobilizzarono e lo guardarono con un'espressione che non gli piacque affatto. Sembrava quella che adottava Albus quando, raramente, faceva qualcosa di brutto. Una colpevolezza quasi imbarazzata.
Dopo qualche secondo di silenzio, Dean decise di prendere parola - Hai presente Harry Baston ed Eva Rosier?
Harry annuì - Sono amici di Teddy.
- Li abbiamo sorpresi all'interno della casa dove abbiamo arrestato Malfoy.
- Voi cosa?! - esclamò il capo degli Auror, cercando di evitare di infuriarsi subito. Si erano fatti fregare da dei ragazzini. Prima la megera, poi questo. La situazione stava diventando insostenibile.
- Li avevamo individuati quando entravano in città e poi gli abbiamo pedinati fino alla casa. Erano passati con la scope per La Foresta - intervenne un altro Auror, parlando lentamente e con stampata in faccia la paura di essere ammazzato da Harry.
Il capo degli Auror si tolse i guanti, la sciarpa e il soprabito e li buttò sul bancone, per poi lasciarsi cadere su una sedia.
- Non siamo riusciti a individuarli prima? - chiese sconsolato.
Molti presenti scossero la testa.
- Ce l'avete messa tutta?
Dean annuì - Controlli aerei, controlli ai limiti del bosco. Mandiamo Woolf che è un Animagus in perlustrazione una volta al giorno. Nessuno dei nostri incantesimi di controllo ha funzionato.
- Allora è inutile piangere sul latte versato. Manderò più uomini ai confini nei boschi. Dean, chiama Percy, digli di estendere il controllo per qualsiasi mezzo di trasporto nell'arco di trenta miglia. I dati devono essere gestiti solamente da lui e devono finire solo nelle nostre mani. Woolf, vai a chiamare la preside McGranitt. Voglio che tutti gli ingressi siano chiusi ermeticamente e che i portoni possano essere aperti solo da una magia del preside, del vicepreside o dal nostro capoturno. D'ora in avanti deve essere impossibile per uno studente uscire da lì. Le classi che fanno Cura delle Creature Magiche dovranno essere accompagnate da una dozzina di Auror. Fate trasferire Hagrid nel castello. Per le partite di Quidditch ci deve essere il massimo controllo. Requisite tutte le scope, catalogatele e mettetele tutte in uno sgabuzzino. La gita a Hogsmeade è da considerarsi sospesa fino a data da destinarsi.
- Non ti sembra di essere un po' troppo duro, Harry? - chiese Dean, guardandolo per la prima volta dall'interrogatorio con Malfoy senza risentimento.
Harry  scosse la testa - Un tempo ero io lo studente che strisciava fuori evitando gli Auror. Cerco soltanto di fermare il me studente. Ho rischiato di morire più volte, qualcuno potrebbe avere meno fortuna.
- Ma mi distruggi la clientela così! - esclamò George.
- Non credere che non sappia dei tuoi giri di contrabbando all'interno della scuola, Geroge. Meglio se stai zitto.
Il gemello fece un piccolo sorriso, uno dei pochi che aveva fatto da quando aveva incontrato Rookwood.
- Vuoi vedere i tuoi eredi? - chiese George.
Lui sbuffò e annuì, seguendo il Weasley verso la zona degli uffici con Dean.
Qui stavano seduti i due ragazzi. Eva, capelli castani e sguardo mogio, guardava vergognosamente verso il basso, mentre Baston si guardava intorno divertito.
- Io l'avevo detto che avrebbero chiamato il boss - urlò Baston appena vide Harry - vedi che avevo ragione? Ciao boss.
- Ciao Harry.
Eva sbiancò e guardò di sfuggita Harry. Conosceva quello sguardo. Sembrava un po' Hermione quando per le prime volte aveva infranto le regole. La differenza era che al suo primo anno Hermione non era evasa da scuola in sella a una scopa.
- Perché ogni volta che c'è un casino in questa zona, voi o i vostri amici siete sempre in mezzo?
- Potrei farti la stessa domanda - controbatté Baston, fiero della risposta che stava dando.
Harry si accigliò. Che diavolo di domanda era?
- Questo è il mio lavoro, Harry. Per forza sono qui ogni volta che voi studenti vi mettete nei casini.
- Ci metteremo pure nei casini, ma intanto abbiamo trovato una stanza segreta di cui voi Auror non sapevate neanche l'esistenza.
Harry alzò lo sguardo su Dean, stupito. Il collega annuì. Era vero.
- Come abbiamo fatto a non trovarla? - gli chiese Harry.
- Perché non c'arrivate - disse tranquillamente Baston, mentre Eva ormai aveva il colorito di un fantasma.
- Ho chiamato L'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, ma non hanno compreso l'incantesimo. Allora è arrivato Keats dell'Ufficio Misteri e ha detto che è una magia antica. Può trovarla solo chi vuole trovarla.
Baston alzò entrambe le sopracciglia e fece un sorriso sornione. Eva gli tirò un calcio.
- Per stavolta sarò clemente - disse il padrino di Teddy - vi rimanderò di nascosto al castello senza dirlo alla McGranitt, ma la prossima volta sarò costretto  a dirglielo.
- Dirmi cosa, signor Potter? - disse una voce dietro di lui. La professoressa Minerva McGranitt era in piedi sulla porta e non sembrava per niente di buon umore.
Eva sembrava prossima al collasso. Non doveva gradire nemmeno lei l'arrivo della preside. Perfino Baston era rimasto a bocca aperta.
- Signorina Rosier, signor Baston - disse la McGranitt con fare accusatorio - il vostro comportamento è intollerabile. Affiderò al responsabile della vostra Casa il compito di scegliere una punizione che duri due mesi. Avreste potuto rischiare la vita. Cinquanta punti in meno a Serpeverde e Tassorosso.
- Suvvia professoressa, sia più clemente - disse Harry, cercando di aiutare i ragazzi.
Non l'avesse mai detto. La McGranitt lo fulminò con lo sguardo - Potter, se non sbaglio è ancora una mia responsabilità decidere come punire i miei alunni, a meno che il tuo Ufficio non mi tolga anche questa prerogativa.
La McGranitt era offesa. Era offesa perché Harry non la stava più coinvolgendo nella questione difese sulla scuola. Come darle torto? Effettivamente era stato tanto impegnato negli ultimi tempi che si era preoccupato solo di dare ordini, senza consurtarla. Si sentì in colpa e anche un pochino spaventato. Non avrebbe mai voluto offendere la McGranitt, una persona di cui aveva sempre avuto una grande stima. Perdere il suo rispetto sarebbe stato un duro colpo.
- Dean - disse all'Auror - puoi riportare Eva e Harry a Hogwarts? Vorrei parlare privatamente con la professoressa.
Il collega annuì e portò i ragazzi con sé.
Quando furono soli Harry fece segno alla professoressa di sedersi su una sedia davanti alla scrivania e lui si sedette su quella a fianco. Le sembrava scortese sedersi dietro.
- Cos'è questa faccenda su Hogsmeade?
- Niente più gite, professoressa. Con la Foresta Proibita in mano ai Mangiamorte non possiamo permetterci troppi studenti liberi.
- E quindi chiudete tutto? - chiese lei, critica.
- Professoressa non possiamo fare altro, finché non li troveremo. Vorrei tanto avere un'altra soluzione, ma se uno dei suoi studenti fa una brutta fine non ci andrei di mezzo solo io, anche se me lo meriterei, ma anche lei che è innocente.
La professoressa scosse la testa, ma capì. Il lato umano della McGranitt tornò alla ribalta - Potter, nessuno in tua presenza potrà fare qualcosa ai nostri studenti.

*

Teddy si trovava nella Foresta Proibita. Sapeva che era vietato e particolarmente pericoloso andarci, l'unica cosa che non sapeva era il perché si trovasse in quel posto. Era andato a trovare Hagrid da solo, visto che non era riuscito a trovare nessuno dei suoi quattro amici e, quando era uscito, si era trovato particolarmente attratto dalla foresta. All'inzio aveva pensato di essere sotto la Maledizione Imperius, ma aveva realizzato di essere libero di tornare indietro. Solo non voleva. E così si era incamminato dentro la Foresta. Percorse duecento metri e si fermò. Ora aveva paura. Iniziò a cercare la bacchetta freneticamente in tutte le tasche. Non la trovò. Dove diavolo l'aveva messa?
E poi si ricordò. Era nella borsa scolastica che aveva lasciato nel dormitorio. Che idiota! Aveva bisogno di qualcosa per difendersi. Fortunatamente gli alberi aveva impedito che la neve coprisse l'intero terreno, lasciando solo qualche chiazza quà e là. Trovò un solo sassolino a terra e lo strinse nella mano destra. Non era enorme, ma molto spigoloso, probabilmente avrebbe fatto male se avesse preso qualcuno.
Si guardò intorno, nervoso. Non c'era nessuno. Si girò e fece per andarsene.
- Edward Remus Lupin - disse una voce dietro di lui. Seppure fosse una voce calma, pacata e amichevole, il ragazzo fu scosso da un brivido di paura.
Si girò. A cinquante metri da lui c'era un uomo fermo. Era dritto, di media statura e vestito in modo trasandato. Non vedeva il viso, in quanto aveva il cappuccio nero del mantello che lo copriva, e ciò lo inquietava. Di solito le persone di buoni propositi si facevano vedere in faccia.
- Con chi parlo? - chiese, cercando di nascondere la paura nella sua voce.
- Il mio nome non ti interessa. Sappi che sono una persona amica.
- Sei tu che mi hai obbligato a venire qui?
- No, tu hai fatto tutto da solo - gli rispose tranquillamente, senza alcun accenno di arroganza nella voce. Era strano per Teddy, quella voce lo tranquillizzava. Magari era un incantesimo. Rabbrividì. Non doveva permettergli di sottometterlo.
- Cosa vuoi?
- Metterti in guardia.
Era in mezzo alla Foresta Proibita, con un tizio innominato con il cappuccio che voleva metterlo in guardia. Solo a lui la situazione sembrava paradossale?
- Togliti il cappuccio.
- Non lo farò.
Teddy sbuffò. Ci aveva provato. Non era nella posizione di contrattare, in effetti.
- Da cosa vuoi mettermi in guardia?
L'incappucciato si guardò intorno e poi parlò di nuovo con la sua voce calma - Bartemius Dolohov è un ragazzo speciale. Devi fare di tutto perché i Mangiamorte non lo tocchino. Ricorda: più volte si incontrano le stirpi, a volte nel segno della morte, a volte nel segno della vita. Combatti per la seconda e sarai nel tuo giusto.
Detto questo si allontanò, lasciando Teddy spaventato e senza parole.

Angolo dell'autore

Ciao a tutti. Mi sono divertito a scrivere questo capitolo, era da molto che lo avevo in fretta. Ci si avvia verso la fase finale, in una decina di capitoli vorrei concludere questo primo libro (soprattutto perché ho superato le 100 pagine di Word, quindi circa 220 pagine in totale, mio obbiettivo iniziale). Spero che questo capitolo vi piaccia. Recensite per favore, per me sarebbe davvero importante! Inoltre, se vi va date un'occhiata all'urban fantasy
 che sto scrivendo. E' al primo capitolo, ma è una storia che cancello e scrivo fin da bambino. Spero la seguiate! :)

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 29
*** Sotto chiave ***


Sotto chiave

Al rientro al castello Teddy trovò Dawlish ad aspettarlo. Il professore lo guardava dallo stipite del portone, guardandolo con un'espressione indecifrabile.
- Lupin - disse a mo' di saluto quando lui gli passò di fianco.
- Buonasera professore.
- Ora la compagnia è completa.
Teddy lo guardò stranito. Quale compagnia? In quel posto tutti stavano dando i numeri. Prima il tizio nella foresta, adesso Dawlish.
- Mi scusi, professore?
Dawlish sorrise - I tuoi due amici ora sono in presidenza. Stavamo cercando te e gli altri due per vedere se eravate coinvolti. Dove sei stato?
Teddy si sentì arrossire. Lo stava accusando.
- E-ero da Hagrid - disse intimorito - lui può confermare. Chi è in presidenza?
- Indovina.
- Baston ed Eva - buttò lì senza pensarci. Dawlish annuì. Che avevano combinato quei due?
Mentre si allontanava per raggiungere la Biblioteca, vide Dean Thomas che con la bacchetta chiudeva le porte. Perché le chiudeva? Erano solo le sei di sera.
Stavano definitivamente succedendo troppe cose strane.
Raggiunse il Terzo Piano, dove si trovava la Biblioteca, ma non ci entrò. Vide Bartemius e Anne in un angolo. Anne sembrava preoccupata, Bartemius furente.
- Qualcuno mi spiega cosa sta succedendo? - chiese ai due amici, cercando di sembrare il più discreto possibile. Non voleva che Bartemius lo ammazzasse.
- C'entri anche tu? - urlò Bartemius, avanzando minacciosamente con l'indice puntato viso di lui.
- Con Eva e Baston? Assolutamente no.
- Dawlish avevano detto che non ti trovavano e che magari c'entravi anche tu - disse Anne, in tono accusatorio, ma con più tranquillità.
- Ero nella Foresta Proibita.
- Ah per fort.... TU COSA? - urlò di nuovo Bartemius - Ma uno che rispetta le regole qui dentro c'è? Non ci posso credere che vi trovate sempre in mezzo ai casini.
- Io in realtà non ci sono quasi mai - lo corresse Anne - di solito sono Baston e Ted quelli che sono sempre in mezzo ai casini.
- Con la megera c'eri anche tu – rispose a sua volta il Metamorfmagus.
- Ma per colpa tua. Sei tu che volevi andare a controllare.
Aveva ragione. Nei casini che accadevano c'era sempre di mezzo lui. A parte in quel caso, visto che erano avvenuti in contemporanea. Avrebbe potuto usate un Giratempo e partecipare con Baston ed Eva.
- Mi spiegate cosa hanno fatto?
Anne sbuffò – Sono scappati con due scope da Hogwarts e sono andati a Hogsmeade. Gli Auror li hanno presi lì.
- Ma perché? - chiese Teddy, senza riuscire a spiegarsi il gesto. Certo erano strani tutti e due, ma almeno Eva sperava avesse un minimo di cognizione.
Bartemius si guardò intorno inquieto. Era palese che sapeva qualcosa, ma sembrava non voler parlare se c'erano troppi alunni intorno.
- Sono andati a controllare la casa dove hanno arrestato il mio padrino – disse Bartemius quando i due studenti che stavano passando oltrepassarono la porta della Biblioteca.
- Perché? - chiese Teddy – L'hanno già controllata gli Auror.
- Non so perché. Ma so che li hanno beccati e ora sono nei guai a causa mia.
- Sai che non è così, Bartemius – disse Anne – avrebbero fatto un casino entro fine anno, lo sapevamo tutti. Tu hai solo dato loro un'occasione. Se tu non lo avessi fatto, si sarebbero inventati qualcosa da soli. E forse sarebbe stato peggio.
Bartemius annuì, ma non sembrò esserne convinto. Come al solito si riteneva colpevole di tutto quello che stava accadendo.
- Tu invece che ci facevi nella Foresta Proibita?
Teddy fu tentato di raccontare loro dell'uomo che aveva incontrato, ma si fermò. Non avrebbe fatto pesare a Bartemius più cose di quelle che poteva sopportare.
- Niente, mi era sembrato di vedere un uomo.
- Come un uomo? - scattò Anne, con gli occhi che le uscivano dalle orbite - bisogna subito dirlo a Harry!
- Poi ho controllato, era solo un albero – mentì spudoratamente. Fortunatamente Anne e Bartemius non erano come Victoire. Anche se lui era un buon bugiardo, lei lo avrebbe scoperto.
- Hey ragazzi – disse una voce dietro di loro – indovinate chi è appena tornato dalla presidenza?
Era Baston. Aveva un enorme sorriso stampato sul volto, come se avesse appena vinto una medaglia. Eva, invece, era pallidissima e sembrava distrutta. Ma a Bartemius non importava.
- Eva – disse tra i denti, furente – come diavolo hai osato fare una cosa del genere? Sapevi bene che non volevo. Perché devi farti gli affari miei se non voglio?
Lei lo guardò, decisamente a disagio – Perché sono tua amica.
- E quindi? Anche Anne è una mia amica! Eppure non si fa gli affari miei e non si fa cacciare per mettere il naso in quello che faccio.
- Non mi hanno cacciato – disse lei, tenendo gli occhi bassi. Teddy sentì un peso togliersi dal suo stomaco. Non li avevano cacciati. Era una buona notizia.
- Hai avuto solo una dannata fortuna, Eva!
- Avremmo avuto fortuna – disse Baston, con un'espressione furba – ma il tuo padrino ora è libero.
Bartemius restò senza parole. Baston lo guardava vittorioso, Anne e Teddy e si guardarono stupiti. Pure Eva alzò lo sguardo per guardare Bartemius.
- C-come? - chiese stupito.
- Abbiamo trovato una stanza segreta - disse Eva, che sembrava aver recuperato un po' di colore - se Draco avesse saputo che c'era, sarebbe sicuramente corso lì, non avrebbe cercato di scappare dal retro. Inoltre la McGranitt ci ha detto che c'era già una lettera minatoria mandata dai Mangiamorte a Draco. Da sole non basterebbero per rilasciarlo, ma insieme danno abbastanza libertà a Harry di liberarlo.
Tutti si girarono a guardare Bartemius, aspettandosi una relazione di qualsiasi tipo, ma lui rimase fermo, stupito. Poi gli angoli della sua bocca si alzarono, facendo un sorriso che Teddy non gli aveva mai visto in faccia. Un sorriso di pace.

*

Bartemius stava aspettando che Eva tornasse dalla punizione. Da più o meno un mese Lumacorno si faceva aiutare a mettere a posto la dispensa, fino a tarda sera. Le era andata meglio di Baston, a cui la professoressa Plunkett aveva ordinato di pulire le cucine due volte a settimana, facendo giurare agli elfi domestici di non aiutarlo. A entrambi erano stati proibiti gli allenamenti e le partite di Quidditch fino alla fine della punizione. Ciò li aveva esauriti.
- Mi hai aspettato di nuovo sveglio – gli disse lei quando varcò l'ingresso della Sala Comune.
Sembrava distrutto. Non era tanto la punizione a essere faticosa, ma le occhiate che le rivolgevano gli altri Serpeverde. Non era facile perdonare chi ti aveva fatto perdere cinquanta punti tutto d'un colpo.
- Certo.
- Sai che non sei obbligato, Barty.
- Lo so perfettamente – replicò il moro – ma lo sto facendo lo stesso.
La ragazza annuì e si lasciò cadere sulla poltrona a fianco della sua.
- Mi perdoneranno mai?
Bartemius la capiva. Ora si sentiva emarginata, sola, una sensazione che non doveva aver mai provato, ma che lui conosceva benissimo.
- Qualche mese e saremo di nuovo in vantaggio. Tu sarai ricordata come quella che ha messo un po' di pepe nella competizione.
Eva sorrise, ma non sembrava convinta. Guardò le foto appese alla parete, sotto la scritta “Per non dimenticare”. C'erano in tutti le Sale Comuni, per ricordare i martiri della guerra contro Voldemort della propria casa. I Serpeverde ne avevano meno degli altri, ma qualcuno anche loro: l'ex-Auror Malocchio Moody, il Ministro della Magia Rufus Scrimageour, Regulus Black e altri.
- Volevo solo fare qualcosa di buono – disse Eva dopo qualche minuto di silenzio – volevo dimostrare che non ero come i miei genitori. E' così sbagliato?
Bartemius scosse la testa. La capiva perfettamente. Provava quel sentimento fin da piccolo.
- Noi siamo migliori di loro, Eva.
- Come fai a dirlo? Io non li ho mai conosciuti. Sono entrambi in carcere. A volte vorrei essere come mia sorella. Con un cognome normale.
Bartemius annuì. Purtroppo non poteva dire lo stesso di Scorpius. Era un Malfoy e, come per lui, la sua strada sarebbe stata tutta in salita.
- Io non ho mai conosciuto mio papà. Mia mamma sì. E' una Parkinson. Ogni tanto io e mia zia Pansy la andiamo a trovare. Non so se mia mamma ha mai fatto del male a qualcuno. Mia zia e Draco dicono di no. Ma mio padre invece sì. Ha ucciso, torturato e non se n'è pentito. Io credo di essere migliore di lui. Voglio essere migliore di lui. Tu vuoi essere buona?
Eva annuì.
- Allora sei comunque migliore di loro.
- Non lo so, Barty. Chi decide cosa è giusto e cosa è sbagliato?
Bartemius si strinse nelle spalle. Molto spesso si era fatto quella domanda – Noi. Noi decidiamo cos'è giusto e cosa è sbagliato. Non so se ci sia un giusto assoluto, so che per il mio personale giusto ciò che ha fatto mio padre è sbagliato. Per lui probabilmente non lo è.
- Ma loro credono di essere nel giusto. E se avessero ragione?
- Non so, Eva. Non so se c'è un giusto assoluto. E se anche ci fosse, non saprei dirti se è il nostro, quello dei Mangiamorte o quello di qualcun altro. Tu pensi che abbiano ragione?
- No, io credo di no.
Bartemius la guardò negli occhi – Allora non c'è alcuna risposta, oltre la tua.
Eva iniziò a giocherellare con i suoi capelli.
- Eva, tu hai fatto un gesto bellissimo. Hai evitato che venisse rovinata la vita a un innocente, hai aiutato gli Auror. Sei in punizione solo perché vogliono farti capire che hai rischiato la vita, non perché hai fatto qualcosa di sbagliato. Non devi sentirti sbagliata per questo.
- Tu non ce l'hai con me, vero?
- No, non ce l'ho con te. Hai salvato il mio padrino. La prossima volta che vuoi fare una cosa del genere, almeno avvertimi.
- Non ci sarà una prossima volta.
Bartemius sorrise – Eva, io non ci credo e non ci credi neanche tu. E sono anche abbastanza sicuro che Teddy e Anne ci finiranno in mezzo.
- Beh loro di solito ci finiscono involontariamente.
- Diciamo che con la megera se la sono cercata.
- Se ci sarà Anne di mezzo, tu sarai sempre al seguito – disse allora Eva, recuperando il suo solito sorriso fastidiosamente pieno di sottintesi.
- Eva la smetti con questa storia? Non è vera!
- Aspetta che ci credo... no scusami, non ci riesco!
- Ma smettila. Non hai proprio nulla da fare.
La ragazza si strinse nelle spalle – A parte mettere a posto tutto il magazzino di Lumacorno niente, in effetti.
Entrambi scoppiarono a ridere.

*

- E quindi siamo vediamo un piatto sporco e capiamo che c'era qualcuno lì. Iniziamo a correre fuori da questa stanza e ci troviamo Dean e gli altri Auror con le bacchette sfoderate – disse Baston, gesticolando e girando in tondo per la Sala Comune. Ormai erano rimasti solo loro tre: Baston, Teddy e Anne.
- E' da un mese che ci racconti la stessa storia. Cosa abbiamo fatto di male? - chiese Anne. Da quando era stato messo in punizione, Baston era diventato esagitato. Troppo esagitato.
- Non posso giocare a Quidditch, cosa aspettate che faccia?
- Studiare! – dissero in coro Teddy e Anne, stremati dal loro amico.
- E' così banale studiare.
- Raccontare la stessa storia per un mese invece è una cosa fortemente innovatrice – disse stanca Anne. Teddy la guardò preoccupata. Aveva passato tutto il giorno a far studiare Eva, era esaurita. Se Baston fosse andato avanti, lo avrebbe ucciso.
- Cambiamo storia – ordinò Anne – come siete messi con i compiti di Difesa contro le Arti Oscure?
- Neanche iniziati – disse Baston tranquillamente. Come al solito avrebbe studiato la notte prima, riuscendo comunque a ottenere un buon voto. Non se la cavava male in Difesa.
- Io ho finito tutti i compiti – rispose invece Teddy.
- Quando fa la verifica?
- Domani – risposero in coro Anne e Teddy.
- Cazzo! - urlò Baston, sbiancando – corro in camera a studiare!
Appena Baston corse via, Anne scoppiò a ridere – Dovremmo dirgli che la verifica è venerdì?
Anche Teddy sorrise – Assolutamente no. Per una volta che studia in anticipo non voglio interromperlo.
- Noi che facciamo?
- Proviamo a irrompere nell'ufficio di Dawlish e a rubare le verifiche?
Anne rimase spiazzata – Stai scherzando?
Ci fu un momento di silenzio, poi l'amica chiese – Le avrà già preparate?
- Io non lo dicevo sul serio. Ci andresti davvero?
- La prossima settimana abbiamo anche Trasfigurazione, Incantesimi e Pozioni. Non sarebbe male prepararsi prima una verifica. E poi ci sono Auror per tutta la scuola, nessuno potrà farci del male.
- Non hai paura di essere scoperta? - chiese lui, sempre più stupito dall'amica. Non credeva che Anne potesse anche solo concepire di evadere una regola.
- Quindi come si fa? Non ho mai girato la sera.
Teddy era sempre più stupito. Lui era giù uscito qualche volta la sera, insieme a Baston. Più che altro per andare in cucina o, per un paio di volte, per andare a piazzare delle Caccamine, delle Caccabombe sottili a pressione che Fred e James avevano già da tempo, nell'ufficio di Lumacorno.
- Va bene andiamo.
Uscirono di nascosto, con il cappuccio sollevato. Teddy aveva cambiato il colore dei suoi capelli, da azzurri a neri, per evitare di essere riconosciuto a distanza. C'erano Auror e professori dappertutto. Dovettero prendere un passaggio segreto, ma anche lì un giovane Auror, sorvegliava attentamente. Non seppero come, ma riuscirono a passate, sbucando poco distanti dall'Aula di Difesa contro le Arti Oscure.
Si girò e guardò Anne. Era totalmente bianca, sembrava tesa, ma aveva un certo ritegno.
- Se non ci beccano, saremo dal mentre bravi che potremo affrontare Voldemort – disse l'amica, cercando di smorzare la tensione. Teddy sorrise.
Si avvicinò alla porta e la socchiuse. Non sentì alcun rumore. Sembrava vuota. Fece un sospiro di sollievo. Non aveva alcuna intenzione di farsi beccare da Dawlish, un ex-uomo dei Mangiamorte.
Ma che diavolo gli era venuto in mente quando aveva deciso di andare lì? Ogni tanto la sua razionalità veniva meno e faceva delle stupidaggini. Stavolta stava rischiando grosso.
Silenziosamente si avvicinarono alla scala che portava all'ufficio del professore.
- Ti sto nascondendo perché mi sei utile, sennò ti ammazzerei senza problemi – disse una voce chiara nel silenzio della notte.
Teddy e Anne si guardarono spaventati. Si nascosero sotto le scale. Esattamente sotto a dove era venuta quella voce. La voce di Dawlish.
- Se io uscissi di qui e andassi dagli Auror tu sareste nei guai – replicò un'altra voce che, nonostante stesse minacciando, sembrava intimorita.
- Se gli Auror ti arrestassero, tu finiresti nel doppio dei guai e i Mangiamorte non farebbero fatica a trovarti, Mundungus.
- Chi l'ha detto?
- Hanno fatto esplodere metà Azkaban, uccidere uno sgorbio come te sarà un gioco da ragazzi.
L'uomo chiamato Mundungus sbuffò.
- Cosa vuoi?
- Lo stesso che hai fatto fino a ora.
Mundungus grugnì – Va bene.
- Perfetto, ora andiamo.
Dawlish e Mundungus si allontanarono. Teddy, però vide solo Dawlish. Capì. L'altro doveva indossare un Mantello dell'Invisibilità.
Appena la porta si chiuse, Anne sbottò – Cosa diavolo abbiamo appena visto?
- Non lo so, per le mutande di Merlino.
La porta sbatté e le luci si accesero di colpo. Teddy sbuffò. Era spacciato.
Alzò lo sguardo e fu sorpreso di non vedere Dawlish. Dennis Canon e due Auror, entrambi in giacca e cravatta avanzavano verso di loro. Dennis sembrava molto arrabbiato.
- Edward Remus Lupin! Diamine! Non puoi stare fermo un attimo?! Ora venite entrambi con me oppure vi Schianto!


Angolo dell'autore

Sono tornato. Ecco a voi un nuovo capitolo. Ditemi cosa ne pensate!

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 30
*** Una terribile scoperta ***


Una terribile scoperta

Teddy e Anne vennero riportati a forza nel Dormitorio dagli Auror. Dennis non fece rapporto alla McGranitt, ma il giorno dopo un gufo gli recapitò una lettera di Harry, nella quale lo avvisava di non fare più altri gesti avventati, altrimenti sarebbe stato costretto a dirlo a nonna Andromeda. Stranamente a Teddy non importava. Ormai la sua curiosità aveva superato la sua osservanza nei confronti delle regole.
- Ma siete sicuri che fosse Dawlish? - disse Bartemius.
- Al cento percento – rispose Anne. Si trovavano in un angolo del cortile di Trasfigurazione, insieme a Baston e ai due Serpeverde.
- Quindi Dawlish sta nascondendo qualcuno che non dovrebbe nascondere all'interno del castello? - chiese Eva, perplessa – Ma perché dovrebbe farlo?
- Perché è un criminale. Lo era durante la guerra, perché non dovrebbe esserlo adesso? - aggiunse Baston, scuro in volto. Aveva sempre odiato Dawlish e la sua opinione non era cambiata in quei mesi.
- Quindi ora che facciamo? - continuò Bartemius.
- Cerchiamo di capire chi è questo Mundungus, no? - gli rispose Anne. Eva, Baston e Bartemius la guardarono come se un Bolide l'avesse colpita in testa.
- Stai bene, Anne? - chiese Baston, preoccupato – Hai bevuto qualcosa di strano?
- No, niente. perché mi guardate come se fossi deficiente?
- Perché tu, insieme a me, sei quella che segue le regole – le fece notare Bartemius.
- Dawlish rispetta le regole? No e allora perché noi dovremmo rispettarle?
- Perché Dawlish è un ex-Auror. Un combattente esperto, noi dei ragazzini del primo anno.
- Quando troveremo qualcosa andremo da Harry – stabilì Teddy. Aveva usato un tono che non ammetteva repliche, cosa che stranì gli altri ragazzi. Non aveva mai usato quei toni.

*

Per un altro mese non ebbero un solo momento libero. Arrivò aprile e con esso il compleanno di Teddy. Tutti ne avevano fatto una gran festa. Harry si era presentato a scuola a portargli un regalo, mentre Anne, Baston, Bartemius ed Eva gli avevano organizzato una festa a sorpresa. Victoire gli aveva scritto una lettera di cinque pagine per fargli auguri, mentre Teddy aveva affrontato quel giorno come se fosse un giorno normale. Anzi, aveva usato l'occasione del suo compleanno per farsi regalare qualche libro sulla recente storia. Voleva trovare qualcosa su questo Mundungus. Aveva già preso tutto quello che poteva prendere in Biblioteca, ma molti libri erano già stati presi da altri ragazzi più grandi, probabilmente perché stavano studiando quel periodo in Storia della Magia. Era quasi tentato di chiedere un consiglio al professor Doge, ma poi aveva desistito. Dawlish probabilmente non stava facendo nulla da solo, doveva avere come minimo un complice.
- E anche in questo non ho trovato nulla – disse Anne, girando l'ultima pagina di Dalla Nascita al Declino, la storia dei Mangiamorte.
Si trovavano sul letto di Teddy, insieme a una pila di una decina di libri.
- Non sembra ci sia niente su questo Mundungus. Nulla.
- Magari non ha partecipato alla Guerra Magica. Magari ha provocato i Mangiamorte solo dopo la loro evasione.
Teddy annuì. Poteva essere. Ma doveva capire cosa stava succedendo. Aveva un'idea.
- Dove posso trovare una copia della Gazzetta del Profeta di oggi?
- Ne aveva prima una Eva.
- E dov'è adesso Eva?
- Diceva che sarebbe andata in cucina a prendere qualcosa da mettere sotto i denti.
- Perfetto – disse, scattando giù dal letto e dirigendosi a grandi falcate verso la Sala Comune.
- Hey Ted, che diavolo stai facendo?
Lui non rispose, uscì anche dalla Sala Comune e andò diretto verso le cucine. Spalancò la porta e si buttò in mezzo agli elfi, alla ricerca di Evie.
La trovò seduta su uno sgabello, intenta ad assaporare una coscia di pollo.
- Eva!
L'amica sobbalzò.
- Ted! Che diavolo ci fai qui?
- La Gazzetta del Profeta.
L'amica lo guardò se fosse pazzo, ma gli porse l'edizione del giornale.
- Grazie mille! - le rispose, strappandoglielo dalle mani. Corse via, seguito da una sempre più confusa Anne.
Salì ai piani superiori e si diresse a passo sicuro verso l'ingresso. Ed era lì. Dennis Canon stava parlottando silenziosamente con Audrey. Probabilmente qualche ordine da Harry. Se erano rinchiusi dentro la scuola, sicuramente si era riunito l'Ordine della Fenice. Si fermò un attimo. Che strano parlare dell'Ordine della Fenice.  Lo aveva sempre visto come un periodo lontano, raccontatogli da sua nonna e da Harry, eppure ora poteva ritornare una realtà. Stava succedendo qualcosa di grosso, anche se non sapeva cosa.
Appena la professoressa di Trasfigurazione si allontanò, Teddy e Anne si avvicinarono.
- Dennis – lo chiamò il ragazzo a mo' di salute.
L'Auror alzò la testa e sbuffò – Ancora voi due? Possibile che non c'è giorno in cui non vi veda? Eppure ci sono centinaia di studenti.
- Mi puoi chiarire una cosa? - gli chiese Teddy, fingendo di leggere una pagina a caso della Gazzetta del Profeta.
Dennis lo guardò perplesso – Dov'è la fregatura?
- Nessuna fregatura. Ho letto questo nome, un tale Mundungus. Un tipo un po' losco. Mia nonna qualche volta l'ha citato. Tu sai chi è?
Dennis sembrò tranquillizzarsi.
- Un ladruncolo che ogni tanto ci da delle noie. Faceva parte dell'Ordine della Fenice. Un codardo cronico.
- Perché non l'avete mai preso?
- Conosce molto bene i bassifondi, è difficile da trovare. E poi non è tanto importante da essere seguito dagli Auror.
- Ah, speravo qualcosa di più esaltante – disse Teddy, fingendosi dispiaciuto – va beh, grazie Dennis.
- Figurati, Teddy.
Quando si furono allontanati Anne disse – Tutto qui? Un ladruncolo? Magari gli serve per procurarsi qualcosa di illegale da rivendere.
- Oppure per usarlo come messaggero con i Mangiamote. Uno così passava inosservato sia tra i bassifondi, sia tra gli Auror.
Anne sembrò pensarci su – Può essere, ma perché dovrebbe contattarli? Ha una vita tranquilla, uno stipendio. Non è oppresso dalla società. Non capisco perché debba fare tutto questo casino.
- Magari è solo cattivo, come crede Baston, oppure vuole il potere, ma qui ormai nessuno glielo darà mai, dopo il suo passato con i Mangiamorte.
- Cosa pensi di fare?
Teddy si fermò, in mezzo a una scala in movimento. Cosa poteva fare? Lui era uno studente del primo anno, anche se avrebbe potuto tranquillamente sostenere il terzo,mentre Dawlish era stato uno degli Auror più forti del recente passato. Non avrebbe neanche fatto in tempo a tirar fuori la bacchetta che si sarebbe ritrovato stecchito.
- Dobbiamo dirlo alla McGranitt.
Anne scoppiò a ridere – Dovremmo trovare delle prove prima. Senza prove neanche lei può fare qualcosa.
- Beh almeno la avviseremmo.
- Sì, così magari indaga e fa insospettire Dawlish.
- Credo sia più adatta di noi per indagare. Lei può tenergli testa.
- Non mi fido.
Anne lo guardò come se fosse scemo – Cosa vuol dire “non mi fido”? E' la preside.
- Magari è lei la complice.
Anne sembrò sempre più sconvolta.
- Ma è la McGranitt! Ho letto su quei libri che ha fatto, è sempre stata in prima linea contro Voldemort.
- Le persone cambiano.
- Come te, ad esempio. Stai andando fuori di testa, Ted.
Teddy sbuffò. Forse aveva ragione, ma sentiva che doveva essere lui a scoprire tutto. Non era un pensiero da lui, di solito era razionale, ma l'incontro di due mesi prima con l'uomo incappucciato lo aveva incuriosito. Doveva arrivare fino in fondo.
- Ragazzi! - urlò qualcuno dietro di loro. Eva li stava raggiungendo di corsa -  Avete visto Bartemius?
Entrambi scossero la testa.
- Dove diavolo è finito?
- Perché? Cos'è successo? - chiese Teddy.
- Prima era in Biblioteca con me e ora sono tornata dalle cucine e non c'è più.
- Magari stava cercando un altro libro, no? - buttò lì Anne.
- Minerva Campbell mi ha detto che l'ha visto uscire di corsa.
Strano. Cos'era successo a Bartemius? Era un comportamento insolito, perfino per lui.
- Avrà letto qualcosa di brutto, magari – intervenne di nuovo Anne – andiamo in Biblioteca.
I tre si diressero verso la Biblioteca.
- Era seduto qui – disse Eva, indicando un tavolo. Su di questo erano aperti vari libri, tutti di fattura molto recente, di varie grandezze. Tutti parlavano della Seconda Guerra Magica. Uno conteneva le biografie di tutto l'Ordine della Fenice. Era aperto su “Remus John Lupin”.
Il ragazzo lo lesse interessato. Conosceva già la vita di suo padre. Amico di James Potter, lupo mannaro, insegnante di Harry e infiltrato per l'Ordine. Le ultime due righe però non le conosceva. E gli tolsero il fiato.
“Lupin morì durante la Battaglia di Hogwarts per mano del Mangiamorte Antonin Dolohov”.
Suo padre era stato ucciso da quello di Bartemius.

Angolo dell'autore

Capitolo breve ma con un finale intenso. Ditemi cosa ne pensate.

Alla prossima,
Ramo97

P.S. Se volete passate per la mia altra storia, un fantasy ambientato nella Londra moderna

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Capitolo 31
*** Un passato irrompente e un corvo irruento ***


Un passato irrompente e un corvo irruento

Bartemius era nascosto dietro un'armatura al settimo piano. Era in un corridoio lontano dalla Stanza delle Necessità, un posto nascosto, appartato. Un posto dove poteva stare da solo.
Era distrutto. Non credeva che un libro potesse distruggere una persona. Eppure era successo.
Dannato lui che aveva deciso di aiutare Anne e Ted nella loro ricerca. Dannato lui che quando aveva visto il capitolo dedicato al papà di Ted si era fermato a leggerlo. Dannato suo padre, che non faceva altro che rovinargli la vita ogni giorno, anche se stava marcendo in carcere.
Non poteva essere. Tra tutte le persone che suo padre avrebbe potuto uccidere, non Remus Lupin. Non il papà di uno dei suoi pochi amici.
- Bartemius – disse una voce dietro di lui. Lui si girò lentamente e trovò Anne.
- Sapevo che ti avrei trovato qui – disse, aggiungendo un timido sorriso.
Sembrava preoccupata per lui. Era un bellissimo sorriso, per un attimo lo fece sentire meglio.
- Come facevi a sapere che ero qui?
-  La prima volta che ci siamo parlati eri qui. Ho provato a vedere se c'eri ancora. Come stai?
Bartemius abbassò lo sguardo. Male. Sicuramente male. Ma non sapeva descrivere quello che provava. Un misto tra disgusto, nausea e senso di colpa.
- Ted ha letto quella pagina sul libro.
Bartemius sentì venir meno quel poco colore che gli rimaneva sul volto.
- Come ha reagito? - sussurrò. Aveva molto paura della risposta. Non voleva perdere Ted.
- Era abbastanza turbato, ma non ce l'ha con te. Ti stava cercando anche lui. E' il solito, si è preoccupato per te.
Odiava quell'aspetto di Ted. Era sempre così dannatamente buono. Era impossibile farlo arrabbiare ed era molto difficile trovargli un difetto. Era talmente bravo che a volte Bartemius si sentiva anche solo in colpa a farlo preoccupare. Ma odiava il fatto che non odiasse.
Era snervante per una persona come Bartemius, che aveva sempre covato odio e il cui odio era quasi un amico, vedere una persona che davanti alle stesse situazioni reagiva in modo più composto  e tranquillo, senza aver voglia di distruggere tutto e bruciare qualsiasi cosa.
- Bartemius si parla di tuo padre, non di te. Ted ha capito benissimo.
- E' proprio questo che è fastidioso, Anne – sbottò Bartemius – non deve capire. Deve odiare, deve odiarli tutti. Sono il male. E quel male ha generato me. Deve odiarmi, io sono il male.
Anne lo guardò accigliata – Io sono la figlia di uno che picchiava Harry Potter. Eppure non picchio nessuno. Anche se adesso sono molto tentata di picchiare te.
- Perché?
- Perché sei così stupido, Bartemius! Tu vuoi farti del male, di continuo. Tu vuoi essere triste, perché hai paura della felicità! Hai paura che, diventando felice, crolli tutto e tu ritorni di nuovo triste. Ma questa è la vita. Soffrire è vivere, amare è vivere. Ma insieme, senza felicità o senza tristezza non si vive.
Bartemius la osservò a bocca aperta. Non si aspettava quella sfuriata. Non sapeva cosa dire. Anne si avvicinò a passo deciso verso di lui. Ecco, gli avrebbe tirato uno schiaffo. Invece lo abbracciò.
Era strano essere abbracciati, non gli succedeva spesso. Draco e Astoria non lo facevano, perché lui si ritirava sempre. Eppure sentire la stretta di Anne lo faceva sentire bene, al sicuro.
- Non è colpa tua. Non è colpa tua. Non è assolutamente colpa tua.
Si staccò. Bartemius si sentì vuoto. Con Anne che lo stringeva tra le sue braccia aveva provato un qualcosa mai provato prima. Un momento di completezza.
- Abbiamo scoperto chi è Mundungus – gli disse – quindi ora vai da Ted, chiarite che non ve ne frega niente di chi ha ucciso chi, e ritorniamo al lavoro. Dobbiamo salvare questa maledetta scuola.
Bartemius annuì – Cosa avete scoperto su Mundungus?
- E' un ladruncolo che faceva parte dell'Ordine della Fenice, che conosce perfettamente i bassifondi magici. Dawlish lo starà sicuramente usando per tenersi in contatto con i Mangiamorte.
- Oppure perché sta indagando anche lui.
- E' lo stesso che ho detto io a Ted – disse Anne sorridendo – ma non è d'accordo.
- Tu e Ted vi state troppo scaldando con questa storia.
- Nessuno nasconderebbe un criminale per fare del bene, Bartemius.
- Draco è stato arrestato perché era in una casa con dei Mangiamorte e poi è stato rilasciato. Le apparenze non rappresentano sempre la verità.
Pensò ai suoi nomi. Tutti da Mangiamorte, eppure lui li stava combattendo.
- Magari hai ragione, Bartemius, ma dobbiamo controllare prima di arrivare a delle conclusioni.
- E allora controlliamo.

*

Teddy era rimasto scandalizzato. Sapeva che suo padre era stato ammazzato da un Mangiamorte, ma non gli era mai nemmeno passato per la testa che quel Mangiamorte era il padre di Bartemius. Eppure poteva essere una possibilità, perché non ci aveva mai pensato?
Non era colpito tanto dal fatto in sé, ma più che altro che lui non ci avesse mai pensato.
- Al quarto piano non c'è – disse Baston, spuntando da dietro la porta.
- Nemmeno al sesto – disse Eva.
- Nemmeno qui – concluse Teddy – per le mutande di Merlino, dov'è finito?
- E' qui – disse una nuova voce. Era Anne, con un silenzioso Bartemius a fianco.
- Grazie a Silente! - sbottò Eva. Sembrò mossa dall'impulso di abbracciarlo, ma si trattenne. Era pur sempre Bartemius, che quando si parlava di gesti d'affetto era simile a un gatto sotto attacco.
Teddy si rese conto solo in quel momento di essere in imbarazzo. Che gli avrebbe detto? Come si sarebbero chiariti?
Anne finse un colpo di tosse ed Eva annuì. Dovevano uscire e lasciarli soli. Baston invece restò fermo. Anne fece un nuovo colpo di tosse. Baston non si mosse ancora. Un altro. Niente. Un altro ancora.
- E basta, Anne! - sbottò Baston – Capisco che stai male, ma allora vai in Infermeria! E' fastidioso!
La bionda sbuffò – Baston. Era un modo carino per farti sloggiare senza dovertelo dire chiaramente. Ma visto che mi obblighi...
Anne estrasse la bacchetta e la agitò, recitando una formula a Teddy sconosciuta. U na serie di scintille iniziarono a colpire Baston sotto il sedere. Il Tassorosso iniziò a saltellare verso la porta urlando una serie di “ahi”
Se non fosse stato così imbarazzato, Teddy sarebbe sicuramente scoppiato a ridere.
- Ted – disse Bartemius a mo' di saluto.
- Bartemius – salutò di rimando.
- Tutto bene?
- Potrebbe andare meglio.
Bartemius sbuffò – Che domanda idiota.
Ted scoppiò a ridere – Abbastanza.
- Loro che si aspettano che diremo?
- Non lo so, pianti e abbracci consolatori?
Questa volta fu Bartemius a ridere. Poi si fece serio – Mi dispiace.
- Per cosa?
- Che tuo papà sia stato ucciso dal mio.
Teddy scosse la testa – E perché dovresti chiedermi scusa? Io non ho i meriti dei miei genitori, figurati se tu devi avere le colpe dei tuoi. Il sangue non porta premi o penitenze.
- Ma non ti interessa minimamente chi ha ucciso i tuoi?
- Tanto sono morti – replicò il Tassorosso stringendosi nelle spalle – non posso riportarli indietro. Non so come reagirei se ce lo avessi davanti, ma ora come ora non lo odio.
Era vero., non odiava Dolohov. Non più di quanto odiasse qualsiasi altro Mangiamorte. Però voleva bene a Bartemius. Era un suo amico e non voleva perderlo.
- Chiariti?
Bartemius annuì.
- Ora che facciamo?
Il Serpeverde si strinse nelle spalle – Come siamo messi con Mundungus? Anne mi ha detto che avete capito chi è.
Teddy annuì – Ora dobbiamo trovare delle prove da portare a Harry.
- E come facciamo?
- Andiamo a spiare Dawlish.
- Spiare un ex-Auror? Buona fortuna.
- Ci possiamo riuscire.

*

Tutti erano seduti intorno a un tavolo in Biblioteca. Eva aveva i capelli legati  in uno chignon e teneva i piedi appoggiati sul tavolo. Baston sedeva a fianco, spettinato e con un ghigno in volto.
Dall'altra parte Bartemius e Teddy erano divisi da Anne, che sedeva in mezzo.
- Vogliamo spiare Dawlish? - stava chiedendo Eva. Lei e Bartemius avevano preso il ruolo che di solito aveva Anne. Razionali e rispettosi delle regole. Probabilmente perché Bartemius non voleva mettere nei guai i suoi amici, mentre Eva voleva evitare l'espulsione.
Teddy prese parola – Mi sembra l'unico modo per capire cosa sta succedendo. Se non capiamo cosa sta combinando potrebbe succedere qualcosa di grave.
- Se ci scopre a spiarlo potrebbe succederci comunque qualcosa di grave – disse Eva – vi ricordo che ha lavorato come Auror per una vita.
- Anche Voldemort aveva vissuto una vita da Mago Oscuro, ma un ragazzo di diciassette anni lo ha ammazzato definitivamente – puntualizzò Bartemius, attirandosi gli occhi di tutti.
- Ma tu da che parte stai? - chiese Eva, guardandolo avvilita.
- Non sono d'accordo con loro, ma è vero. L'età non c'entra, dobbiamo trovare un modo per tenerlo d'occhio senza che che ci veda.
Teddy annuì. Il problema era che nessuno sapeva come. Avrebbe potuto scrivere George, ma lui avrebbe subito avvertito Harry. Non sapeva come poteva fare.
- Possiamo mettere un campanello così ogni volta che esce dalla stanza possiamo sentirlo – propose Baston. Tutti lo guardarono come un deficiente.
- Hey! E' una bella idea! - protestò lui.
- Bellissima – commentò ironica Anne – come quella dell'armatura magica che doveva farti i compiti di Pozioni o la glassa parlante che ti doveva suggerire durante Trasfigurazione.
Teddy sorrise. Baston ogni tanto sfornava idee balzane irrealizzabili e per un paio di settimane trascurava lo studio (strano) e si buttava su dei libri di magia avanzata per cercare di capire come realizzarle. Alla fine finiva sembra con un'esplosione e una giornata in Infermeria.
- Prendimi pure in giro Anne, sappi che quella maledetta armatura, entro il nostro settimo anno, sarà funzionante.
La bionda lo fulminò con lo sguardo – Certo, Baston, e io imparerò a giocare a Quidditch.
- Anne non te lo vorrei dire... ma tu non sei buona a giocare.
Anne sbuffò – Ero sarcastica, per Dio. Possibile che non lo capisci mai?
Baston le diede una pacca sulla spalla, con un sorriso sornione – Come no, come no, Anne. Lo dici solo perché ti ho smontato il tuo sogno.
Anne alzò gli occhi al cielo. Sembrò prossima ad ammazzarlo.
- Qualcuno ha un'idea, a parte Harry che ne sta avendo troppe, su come pedinare Dawlish? - chiese Eva, appoggiandosi su Baston. Lui sorrise come un ebete, facendo sorridere tutti gli altri. La sua cotta per lei era fin troppo palese, quasi ridicola.
- Ah, siete voi. Ne ero sicuro – disse una voce da dietro di loro. Teddy sentì il sangue gelarsi nelle vene. Era Dawlish.
Tutti si guardarono terrorizzati. Non sapevamo cosa fare.
- Buongiorno, professore. Cosa vuole? - chiese Baston, con un eccessivo sangue freddo. Sembrava quasi sfidarlo.
- Stavo facendo delle ricerche e sentivo un borbottio continuo. Ero quasi sicuro che foste voi. Mai sentito degli studenti così rumorosi.
- Beh lei ha altri giri oltre agli studenti – replicò Baston, con una vena di rancore. Tutti lo guardarono terrorizzati.
Dawlish non sembrò darvi peso – Certo, Baston, a differenza tua sono pieno di donne.
- Ecco come sperpera lo stipendio!
Dawlish sorrise e sbuffò – Farò finta di non aver sentito, Baston. Ora filate fuori, prima che vi tiri via altri cinquanta punti.
Bartemius, Anne, Teddy ed Eva non se lo fecero ripetere due volte e scattarono via, tirandosi dietro Baston, soddisfatto per il suo battibecco con Dawlish.
- Ma sei scemo? - disse Bartemius appena furono fuori dalla Biblioteca – Mi ero convinto che tu avessi qualcosa nel cervello, ma a quanto pare sono stato troppo ottimista!
- L'idea di pedinarlo, se già era traballante, ora è ufficialmente impossibile – decretò Teddy, lasciandosi cadere sul pavimento.
- Quindi che facciamo? - disse Baston, ignorando le occhiatacce che gli arrivavano dagli altri quattro.
- Andiamo a cena, Baston, mi sembra l'unica cosa da fare, visto che qualcuno ha rovinato tutto.
Baston si guardò intorno – Chi è il deficiente?
Teddy sbuffò. Lo avrebbe preso a schiaffi, anche se era una persona pacifica Ci aveva messo ben otto mesi per farlo sclerare, ma infine ce l'aveva fatta.
- Io vado a farmi un bagno. Ci vediamo a cena.
Si buttò nella vasca da bagno come se fosse una liberazione. L'acqua calda gli sciolse un attimo i nervi. Non sapeva cosa gli stesse succedendo, ma non gli piaceva.
Non era solo una questione delle cose che gli accadevano intorno, ma anche sua personale. Non gli piaceva il suo carattere. Non si era mai comportato in modo così cocciuto, egoistico e individualista. Stava indagando da solo su un professore, mettendo in pericolo tutti i suoi amici, solo perché non voleva fare una brutta figura davanti a Harry. Sapeva di sbagliare tutto. Se suo papà e sua mamma fossero stati lì sicuramente non avrebbero approvato. Sembrava una cosa da Fred e James, più che una cosa da Teddy.
Doveva parlare con George. Lui era l'unico che poteva consigliarlo nel modo adatto, senza giudicarlo. Si lasciò cadere nel acqua. Il corpo stanco si sentì più vivo e lui si perse a guardare i suoi capelli blu che ondeggiavano davanti ai suoi occhi. Finché non sentì quel verso. Era un suono stridulo ma gutturale, che gli provocò un brivido lungo tutto il corpo. Riemerse e per poco non gli venne un colpo. Davanti a lui c'era Plenilunio.
- Che ci fai qui? - disse al corvo, che lo osservava con gli occhi intelligenti.
Lui per tutta risposta zampettò sul suo braccio. Era pesante e i suoi artigli gli graffiavano la pelle. A un certo punto gracchiò di nuovo e lo infilzò con gli artigli. Teddy sentì un dolore lancinante e la sua vista fu offuscata.
Non era più in quella stanza, ma stava volando sopra Hogwarts. Sorvolò una parte del castello e notò che poteva vedere attraverso le pareti. Dawlish era nel suo studio e stava sbrigando delle scartoffie. Poi si alzò e andò verso la Sala Grande. Teddy capì. Non era lui a volare, ma Plenilunio. Non erano cose che stavano succedendo, ma erano cose passate. Plenilunio stava spiando Dawlish per loro.

Angolo dell'autore

Sono tornato! Nell'ultimo capitolo non mi avete minimamente cagato... ho pianto per giorni :'''''''''''(. Davvero fatemi sapere cosa ne pensate. Ovviamente le turbe mentali di Bartemius non sono che all'inizio, non è che si è concluso tutto. Ditemi anche se volete vedere qualche nuovo punto di vista, tanto per variare.

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 32
*** Il 2 maggio ***


Il 2 maggio

- Oggi siamo qui per ricordare. Ricordare la grande semplicità degli uomini, che non per loro scelta, sono diventati eroi!
Harry stava in piedi su un palco, con un leggio davanti. Gli stendardi del Ministero della Magia e di Hogwarts troneggiavano per tutta la Sala Grande, mentre tutti gli studenti e i professori sedevano su delle gradinate di legno poste davanti al palco, nel posto solitamente occupato dai tavoli. Su di esso c'erano un centinaio di sedie, dove sedevano i combattenti di Hogwarts e le loro famiglie. Era il 2 maggio, la Festa della Vittoria. La festa da cui aveva preso il nome Victoire, perché nata in quel giorno.
A Teddy era stato chiesto se voleva salire sul palco, come aveva fatto fino all'anno prima, ma aveva preferito stare in mezzo ai loro amici.
- Oggi siamo qui per ricordare tutti i morti che, volontariamente o involontariamente, si sono opposti a Voldemort e sono morti per questo – continuò Harry – siamo qui per ricordare Cedric Diggory, Sirius Black, Albus Silente, Malocchio Moody. Siamo qui oggi per ricordare chi ha dedicato la sua intera vita alla redenzione, perché loro sono eroi tanto quanto gli altri! Siamo quindi qui per ricordare Regulus Black e Severus Piton!
Un caloroso applauso dell'intera platea lo interruppe. Teddy si unì, ma era triste. Ogni anno, quel giorno, si ricordava quanta gente aveva perso per causa di quella stupida guerra. I suoi cugini, Sirius e Regulus, il suo nonno omonimo, sua madre e suo padre.
- Siamo qui a ricordare le vite spezzate di quei giovani ragazzi, che avevano la vostra età o poco più, che trovarono la morte per permetterci di essere liberi! Ricordiamo Fred Weasley, che ha dedicato la sua vita alla felicità ed è morto per difendere la nostra! Ricordiamo Colin Canon, che ha combattuto con tutto sé stesso per abbattere chi non gli permetteva di esercitare la magia perché Nato Babbano. Per lui e per tutti i Nati Babbani che sono morti e che hanno combattuto oggi dobbiamo ricordare! Per tutte le famiglie stroncata dalla violenza razzista dei Mangiamorte! A Edward Tonks, il cui nipote oggi porta orgogliosamente il suo nome!
Teddy aveva la pelle d'oca. L'applauso scatenato da quell'ultima affermazione lo aveva reso felice e ancora più triste nello stesso tempo. Felice perché era fiero del nome che portava, triste perché non sapeva se ne era degno. Suo nonno aveva combattuto due guerre, lui invece stava infrangendo una cinquantina di regole, indagando in proprio. George era pallidissimo. Guardava assente le foto che erano state appese dietro di loro, quelle di tutti i caduti. Dennis Canon era dello stesso colorito ed era appoggiato contro una parete, a capo chino. Nonna Weasley stava piangendo, mentre Andromeda e Percy avevano gli occhi lucidi.
- A chi ha sacrificato la bellezza di essere genitore per garantire ai propri figli un mondo migliore! A James e Lily Potter, a Frank e Alice Paciock, a Ninfadora Tonks e Remus Lupin!
Andromeda scoppiò a piangere e Teddy si sentì cadere. Non sapeva perché, ma ogni volta che Harry, ogni anno, pronunciava i nomi dei suoi genitori, sentiva qualcosa rompersi dentro di sé. Sperava fino all'ultimo che i suoi genitori fossero ancora vivi e che da un momento all'altro spuntassero all'improvviso e lo abbracciassero, ma tutto crollava quando Harry pronunciava i loro nomi.
Guardò gli spalti. Alcuni applaudivano, altri erano più mogi. Gli studenti più vecchi erano entrati in quella scuola negli anni immediatamente successivi alla guerra e avevano conosciuto studenti che avevano frequentato Hogwarts sotto i Carrow. Bartemius in un angolo si asciugava gli occhi. Non si erano parlati tanto in quei pochi giorni tra la scoperta dell'assassino del papà di Teddy e la festa del 2 maggio. Bartemius aveva preferito chiudersi in te stesso e darsi la colpa per suo padre, come al solito. Avrebbe voluto parlarci, ma Anne gli aveva detto di desistere, non sarebbe stato utile.
- Siamo qui per ricordare tutti coloro che sono morti, feriti, tutti coloro che si sono impegnati per farci lavorare, studiare, vivere in libertà! Ma il ricordo non è nulla senza l'impegno. Non abbiamo bisogno di eroi, ma di gente consapevole! Studiate, leggete, informatevi. E a chiunque oggi scappa, che vuole minacciare la nostra libertà e si rifugia, aspettando il momento giusto per attaccarci, sappiate che chi di dovere agirà e vi colpirà, senza alcuna pietà!
Un tripudio di studenti e fischi si alzò dalla folla, mentre Harry salutava la folla. Sembrava stanco. Era un bravo oratore, ma il discorso di quel giorno non era stato bello ed emozionante come quelli che aveva fatto negli anni precedenti. Pareva che non avesse la minima voglia di salire su quel palco. Lo capiva, non doveva essere semplice commemorare delle persone che erano morte per fermarne delle altre, mentre quelle altre erano di nuovo in libertà. Capiva Harry. Come lui e Bartemius si sentiva in colpa per tutto. Era da anni che si dannava per qualsiasi piccolo errore della sua vita, per ogni morte che era accaduta in guerra. Certe volte, quando stavano insieme, notava che Harry lo osservava triste, come se vedesse i suoi genitori.
Un misto di studenti e sopravvissuti si alternavano davanti al leggio, leggendo i nomi di tutti i morti uccisi dai Mangiamorte. Victoire intanto si stava arrampicando sulla gradinata alla sua ricerca.
- Teddy – urlò quando lo vide. Baston e Anne scoppiarono a ridere, mentre molti studenti più anziani si giravano a guardarli. Teddy arrossì e sentì sprofondare. Come faceva quella diavolo di bambina a fregarsene di tutto quello che le accadeva intorno?
Victoire lo abbracciò – Mi sei mancato!
Teddy si sentì un po' come il gatto di Hermione, Grattastinchi. Victoire lo stritolava e lui miagolava dolorosamente. Ora volevo miagolare dolorosamente pure lui.
- Anche tu Victoire, auguri! - biascicò, stritolato dalle braccia della bambina.
Victoire era nata due anni dopo la Battaglia di Hogwarts, la prima della nuova generazione Weasley.
- Grazie mille! E' il mio compleanno – urlò alla platea.
Molti la ignorarono, altrettanti le urlarono gli auguri, la McGranitt sorrise. Bill Weasley si guardava intorno imbarazzato, mentre George lo guardava sorridendo malignamente. Era il primo sorriso che il gemello faceva quel giorno.

*

Sua nipote era un genio, pensò George guardando Victoire. Quando lui era piccolo, anche se era tutto tranne che timido, era comunque in difficoltà a relazionarsi con una ragazza che le piaceva. Lei invece era un'abbordatrice da bar, andava dritta verso il suo obbiettivo fregandosene di tutto quello che le accadeva intorno. Tipo che si trovavano in mezzo a una cerimonia di commemorazione o che un intera scuola la stava osservando. Che bello essere menfreghisti, non avrebbe mai voluto essere nei panni di Teddy. Era talmente rosso che perfino i suoi capelli stavano assumendo sfumature di quel colore.
Era grato a Victoire. Quel tocco di gioia che stava dando alla giornata copriva il nero più profondo in cui George era stato immerso fino a quel momento. Odiava il 2 maggio, odiava il 2 maggio con tutto il suo cuore. Ogni volta che si svegliava quel giorno, si ricordava tutto di quel giorno. Ogni singolo gesto. Si ricordava il suo risveglio, la colazione con Fred, tutte le battute che avevano detto prendendo in giro loro  madre, la notizia della Battaglia, l'arrivo a Hogwarts, le battute su Percy, la morte di Fred. Ogni 2 maggio si alzava e vedeva il parallelo tra quella giornata e quella della morte di suo fratello.
- Cos'è quel sorriso? - le chiese Angelina di fianco a lui, piacevolmente stupita. Non doveva essere facile essere sua moglie, soprattutto in quei giorni, dove stava chiuso in sé stesso per la gran parte del tempo. Era strano la vita con lei. Litigavano spesso, anche se meno di suo fratello ed Hermione, ma gli piaceva vivere con lei.
- Nostra nipote – rispose alla moglie a mo' di spiegazione.
- Quello è sangue Weasley, George
Lui annuì – Della miglior specie. Sicuramente non ha preso da Flebo.
- Nemmeno da Percy.
- Hey vi sento! - bisbigliò il diretto interessato.
- Come se ce ne fregasse qualcosa, Percy – disse George, facendo scoppiare a ridere Angelina.
Percy sbuffò e tornò a guardare cerimoniosamente il leggio, dove un Grifondoro stava leggendo alcuni nomi di caduti.
Finalmente la cerimonia finì. Non che non capisse l'importanza del momento, ma ogni anno era sempre una sofferenza più grande. Fred non avrebbe mai conosciuto i suoi bambini, non era stato suo testimone al suo matrimonio. Aveva chiesto un permesso al Ministero per poterlo celebrare senza testimone, in modo da lasciare simbolicamente la testimonianza a Fred.
- Zio – disse una voce dietro di lui.
Teddy lo aspettava seduto appena fuori dalla Sala Grande.
- Teddy – disse rivolgendogli un sorriso.
- Ho bisogno di parlare con te.
- Ti serve della roba?
- No, sta succedendo un casino. Ho bisogno di parlarne con qualcuno che non sia Harry.
George si stupì. Se Teddy doveva parlare con un adulto, quello era Harry. Non gli era neanche mai passato per la testa di parlare con qualcun altro. Perché adesso non voleva più parlare al suo padrino? E soprattutto perché, tra tutte le persone di buon senso, aveva deciso di rivolgersi a lui?
- Dimmi pure.
- Non qui – borbottò Teddy guardandosi intorno guardingo – abbiamo bisogno di un posto dove nessuno possa sentirci.
George annuì e si diresse verso i sotterranei, aprendo un passaggio segreto che ormai conosceva bene. Lo avevano usato lui e il suo gemello come magazzino segreto.
- Non c'era questo nella mappa che mi hai fatto.
George sorrise – L'abbiamo costruito io e Fred quando eravamo a scuola, al nostro ultimo anno. Ci serviva per nascondere della roba dalla preside di allora. Una strega del peggior tipo. Che volevi dirmi?
Teddy si guardò di nuovo intorno, come se avesse paura che qualcuno lo spiasse. Quel modo di comportarsi ricordò a George quando Victoire era venuta da lui a parlare “ipoteticamente” della sua cotta. La mattina in cui aveva visto Rookwood, quel lurido bastardo.
- Abbiamo pedinato dei professori – disse bruscamente Teddy, interrompendo il flusso di pensieri di George.
- E?
- Dawlish collabora con i Mangiamorte.
George annuì. Non gli era mai piaciuta la scelta di piazzare quell'uomo come insegnante, ma si era fidato del raziocinio di Harry e della McGranitt. D'altro canto, se dopo la morte di Silente avesse trovato Piton, lo avrebbe ucciso. Lo stesso con Sirius prima che scoprisse chi era veramente.
- Come fai a esserne sicuro?
- Lo abbiamo visto parlare con Mundungus Fletcher.
Il gemello si sentì morire. Nessuno sapeva del rapporto tra Fletcher, Malfoy e di ciò che aveva visto sui Monti Cambrici, a parte l'Ordine della Felice e l'Ufficio Misteri. C'erano pochi dubbi, Dawlish era invischiato in quella faccenda.
- Cosa devo fare, zio? - gli chiese il ragazzino, con un misto di paura e fierezza negli occhi. La stessa espressione che aveva suo padre. La stessa che suo padre aveva prima di morire.
- Torna a scuola e non fare nulla di pericoloso. Al tuo padrino è andata bene, ma della gente è morta per molto meno. Dawlish è pericoloso, tu, per quanto geniale, sei un ragazzo.
- Non lo dirai a Harry?
George guardò il ragazzo. Sembrava distrutto dai sensi di colpa.
- Lo dirò, Teddy, e lui, anche se non lo dirà ad alta voce, sarà fiero di te.
- Fiero?
- Credi davvero che Harry reputa quello che fai sbagliato? Tu hai pedinato solo un insegnante, lui lo ha fatto più volte. Tu hai visto un centauro suicidarsi, lui ha affrontato un cane a tre teste. Da una parte ha paura per te, dall'altra si rivede.
- Non si arrabbierà?
George sorrise, addolcito dallo sguardo dubbioso di Teddy.
- No, non si arrabbierà. Magari eviterò di dirlo a Hermione. Farebbe l'ennesima scenata.
- Lei e Ron hanno fatto pace?
- Ancora qualche mese e forse ritorneranno a parlarsi – rispose George con un risata. Ma dentro di sé non c'era felicità, solo una nuova grande paura.

*

Teddy non riusciva a dormire. Guardava fisso il baldacchino del suo letto, mentre i suoi due compagni di stanza erano silenziosamente assopiti.
Il 2 maggio era sempre così per lui; triste, violento e solitario. La presenza della morte come fatalistico e inderogabile finale di ogni vita si faceva palese. Lui era solo e non poteva fare niente per porci rimedio. Avere amici, parenti o divertimenti di ogni sorta era solo una distrazione dalla inevitabile sconfitta della vita: la morte. Forse allora era davvero meglio cadere in battaglia, mentre si combatteva per ciò in cui davvero si credeva. Una morte eroica, indimenticabile, quasi inumana, affrontando a viso aperto la morte stessa. Non sdraiato su un letto, circondato dai propri cari, divorato da una malattia che gli toglieva ogni fierezza, che lo rendeva, più di altra cosa, un uomo. Un uomo che si spegneva esattamente come un Mangiamorte, mentre affrontava in modo triste e doloroso la fine definitiva.
Un gracchio ruppe il silenzio della stanza, svegliando del tutto il già insonne Teddy.
Plenilunio lo osservava dalla cima di uno dei tanti letti vuoti nella stanza, cosa che provocò al ragazzo un colpo al cuore.
- Che ci fai qui? - sussurrò rivolto al corvo.
Quello, in tutta risposta, uscì dalla stanza.
Teddy sbuffò e si alzò dal letto. Notò che non si era ancora tolto la divisa. La festa, Victoire e la chiacchierata con George lo avevano talmente stremato che si era perfino dimenticato di mettersi in pigiama. Se non fosse stato così tanto triste, forse avrebbe trovato la cosa quasi ironica. Calzò le scarpe e recuperò la bacchetta, poi uscì. Il corpo svolazzava silenziosamente per una buia e vuota Sala Grande, come se lo stesse aspettando. Appena lo vide, volò fuori dalla porta.
- Lumos – mormorò Teddy, mentre seguiva il suo animale domestico.
Come al solito sapeva che stava facendo una cosa sbagliata, ma, sempre come al solito, la sua curiosità stava avendo la meglio sul suo buonsenso. Odiava quella sua parte di sé.
Teddy si sentiva attirato da dove stava andando. Doveva andarci.
Vari Auror controllavano i corridoi, ma nessuno riusciva a vederlo. Passava loro di fianco con assoluta tranquillità e nessuno di loro lo notava. Sembrava che Plenilunio lo stesse rendendo invisibile. E la cosa strana era che a Teddy sembrava una cosa normalissima.
Arrivarono alla Stanza delle Necessità. Dentro la stanza era spoglia, a parte per un'enorme poltrona.
Fu allora, come quella volta nella Foresta Proibita, che capì che il suo desiderio di venire in quel posto era irrazionale. Ma, come quella volta nella Foresta Proibita, non era solo.
- Edward Remus Lupin – disse una voce femminile dalla poltrona.
Una donna incappucciata dava le spalle a Teddy, fluidamente seduta. Sul suo polso era appoggiato  Plenilunio.
- Sei della stessa setta del tuo amico?
Quella rise. Non era una risata cattiva o rancorosa, ma divertita, gioiosa, felice. Anche a Teddy venne voglia di sorridere. Si sentiva così a suo agio con lei, come se la conoscesse da anni.
- Sì, possiamo dire così; siamo nella stessa “setta” - gli rispose lei.
- E cosa vuoi? Aiutarmi anche tu?
La testa incappucciata annuì.
- Altri enigmi stupidi?
- No, quelli li lascio al mio caro collega. Io sarò diretta: i Mangiamorte attaccheranno tra due settimane. Ci saranno più offensive e sono sicuro che gli Auror, per quanto bravi, se ne lasceranno sfuggire almeno una.
- Perché avvisi me? Io sono solo uno studente del primo anno.
- Perché sei l'unica persona con cui posso parlare.
- E per quale motivo?
La donna sospirò – Quando sarà il momento capirai.
E sparì.

Angolo dell'autore

Sono tornato! Era da un po' che non mi si vedeva, a causa della Maturità. Si procede verso la conclusione, spero tanto che vi piaccia. Lasciate una recensione!

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 33
*** Aria di battaglia ***


Aria di battaglia

Teddy era disagio. Dopo che la sconosciuta l'aveva avvertito dell'attacco si era recato in presidenza e in quel momento si trovava lì, con la preside in vestaglia, un assonnato Harry e George, che invece sembrava più sveglio che mai e di cui il ragazzo non capiva tanto il perché della sua partecipazione.
- Questa è la stanza di Hogwarts che conosco meglio. Questo e il suo vecchio ufficio ovviamente, professoressa.
Harry fece un sorriso stanco, mentre la McGranitt era talmente assorta nei suoi pensieri che sembrò non sentirlo.
- Quindi Lupin hai visto due uomini nei confini protetti di Hogwarts? - gli chiese la preside dopo l'ennesimo avanti e dietro per tutto l'ufficio.
- Uno nella Foresta Proibita e uno nella Stanza delle Necessità.
- Com'è possibile? - chiese rivolta a Harry.
- Non lo so, abbiamo controllato centinaia di volte tutte le protezioni, sono integre.
- Anche noi professori. Io stessa ho controllato più volte. Nessun vivo può entrare qui senza il mio permesso.
- Un fantasma? - chiese George.
Teddy scosse la testa – Non erano fantasmi, non era trasparenti e sembravano ben solidi.
Harry si accasciò sulla sedia e si portò nervosamente le mani ai capelli.
- Come diavolo hanno fatto?  - chiese sconsolato.
Tutti e tre si girarono verso la McGranitt, ma questa continuò a camminare, scura in volto.
- Non ho la risposta – disse dopo qualche minuto – anzi, non ne ho proprio la minima idea. Dovrei controllare nella Sezione Proibita.
- Noi non esistiamo? - disse un quadro. Era Phineas Nigellus Black, che doveva essere un lontano parente di Teddy.
- Phineas, tu lo sai?
- No, Minerva, ma avresti dovuto chiedermelo.
- Decido io cosa fare, Phineas, non tu.
Un risatina zittì i due litiganti. Albus Silente osservava divertito la scena, da dietro i suoi occhiali a mezzaluna.
- Albus tu che ne pensi? - chiese la McGranitt, ignorando lo sguardo scioccato di Phineas.
- Ho alcune idee, ma preferisco non renderle pubbliche, per adesso.
- Professore, ne abbiamo bisogno – disse Harry, scattando in piedi e guardando con speranza il quadro dell'ex-preside.
- Lo so, Harry, ma a volte la verità deve essere compresa, non svelata. Non considerate nemico tutto ciò che non capite.
E si addormentò (o finse di farlo), lasciando tutti gli altri con più dubbi di prima.
- Mi mancava Silente. Mai una volta che dica qualcosa di chiaro, riuscirebbe a rendere misterioso qualsiasi cosa, pure dire che va in bagno – disse George, facendo sorridere Teddy, mentre Harry e la McGranitt si guardavano tacitamente.
- Questa vicenda si fa sempre più strana – commentò il capo degli Auror, in evidente difficoltà.
- Possiamo fare un'unica cosa – replicò lei.
- Nuovi uomini?
La preside annuì – Nuovi uomini.
- Nudi – aggiunse George, beccandosi uno sguardo severo dalla McGranitt. Teddy non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
- Non sai quanto desidererei metterti in punizione, Weasley – lo ammonì duramente la McGranitt.
- E non sa quanto sono felice di essermene andato, professoressa – controbatté George con un sorriso.
Ma alla fine anche la McGranitt sorrise, rendendosi conto che forse per molto tempo non ne avrebbe più avuto modo.

*

Le due settimane erano ormai passate ed Harry era ogni giorno più ansioso. L'Ordine della Fenice, o più precisamente una sua selezione, si trovava nell'ufficio della McGranitt. La preside sedeva dietro la sua scrivania assorta nei suoi pensieri. George era appoggiato al muro con Ron a fianco. Dall'altra parte della stanza c'era Hermione che guardava in cagnesco il marito, con particolare astio. Neville sedeva con Harry, Dean e Dennis. In un angolo, infine, si trovavano Percy e Kingsley.
- La mia fiducia in Dawlish è assoluta – disse perentoriamente la preside.
- Anche la mia la era, professoressa – replicò Harry esausto – ma non possiamo permetterci di fidarci delle persone in modo assoluto, soprattutto se uno ha già collaborato con i Mangiamorte.
- E quindi Piton e Black non erano degni di fiducia?
- Non ho detto questo, professoressa. Ma ricordiamoci di Minus e del sosia di Moody. Va bene non essere esclusivi, ma non bisogna neanche essere chiusi nella propria visione.
Non gli sembrava vero. Lui, Harry Potter, stava sgridando Minerva McGranitt per il suo comportamento. Non poteva essere vero.
La preside però si  stava comportando in modo strano. La McGranitt difendeva una posizione senza un minimo di raziocinio; non era da lei comportarsi in modo così sentimentale, senza tenere conto delle prove. O era andata fuori di testa oppure c'era qualcosa che gli stava nascondendo. Harry scosse la testa. Era impossibile che la McGranitt stesse nascondendo qualcosa, doveva essere lui che stava impazzendo. Negli ultimi mesi e in particolare in quelle due settimane si era trovato a sopportare una tensione che non provava più da undici anni. Certo, stavolta aveva il Ministero e i giornali dalla sua parte, l'esercito con cui si confrontava non era così grande e potente come quello di Voldemort, ma poteva comunque essere pericoloso.
Per lui una morte era una morte, sia che fosse un caso isolato sia che fosse una cosa diffusa. Se fosse morta anche solo una persona sarebbe stata una sconfitta e lui non solo voleva evitarlo, ma doveva.
- Professoressa – disse Kingsley – capisco il suo punto di vista e capisco la fiducia che ripone nel suo corpo docente, ma dobbiamo mettere Dawlish sotto controllo. Ci ho lavorato per anni ed è sempre stato fedele al Ministero e alla Legge, anche quando avrebbe dovuto opporsi, ma le persone possono cambiare. Può aver preso la sua mancata nomina a capo dell'Ufficio Auror e i suoi procedimenti giudiziari come un attacco personale e forse potrebbe aver deciso di vendicarsi. Bisogna tenerlo d'occhio.
Neville annuì – Sono d'accordo con Harry e il Ministro, professoressa. Non possiamo permetterci dei dubbi su un professore all'interno della scuola. Per quanto l'orgoglio personale sia profondo, dobbiamo essere molto cauti se intorno a noi ci sono dei bambini.
Tutti gli altri annuirono e lo sguardo di Harry si posò nuovamente sulla McGranitt. La preside sembrava rassegnata, come se avesse perso una sfida personale. Niente riusciva a togliere a Harry la sensazione che lei gli stesse nascondendo qualcosa; magari lui stava diventando paranoico, e con il suo lavoro era anche piuttosto probabile, ma di solito quel suo sesto senso aveva ragione. Si fidava della McGranitt, ma preferiva vederci chiaro.
- Cosa c'è Potter? -  gli chiese la preside, notando che la stava osservando.
- Niente, professoressa. Avrei bisogno del fascicolo di Dawlish e un elenco di tutte le sue lezioni, permessi e cose simili.
La McGranitt annuì assente e si prese un appunto su un foglio.
- Io metterò sotto sorveglianza i suoi trasporti – disse Percy.
- Metti sotto controllo i trasporti di tutti i professori e il personale di Hogwarts – disse Kingsley, guardando acidamente la McGranitt. Pure lui sembrava capire che c'era qualcosa che non quadrava.
Percy annuì.
- Dai ordine all'Ufficio Misteri di passarmi tutte le informazioni che hanno, anche quelle che prendono illegalmente – chiese ora Harry a Kingsley. L'Ufficio Misteri sapeva tutto di tutti ed Harry non trovava particolarmente etico il lavoro di Keats. Se non fosse stato eletto Kingsley, ma un politico un po' meno integro, l'immenso controllo dell'Ufficio Misteri avrebbe potuto portare a una dittatura. Kingsley, pur non approvando le pratiche di Keats, le considerava necessarie e chiudeva un occhio a quelle continue invasioni della privacy delle persone.
Il Ministro lo guardò stranito.
- E voglio che quelli lì non abbiano più potere di controllo sulle mie indagini, ma che dipendano direttamente da me.
- Harry sai che non posso farlo.
- Kingsley tu non “puoi”, devi.

*

Il negozio di George a Hogsmeade era in subbuglio. Un continuo viavai di Auror, di membri dell'Ordine e di autorità varie lo aveva obbligato a chiuderlo e  a trasformarlo in un centro operativo per l'azione di quella notte. Adesso stranamente era vuoto, con solo Harry e il gemello dentro.
- Tre linee difensive di Auror nella Foresta. La Squadra Speciale Magica nel parco, altri Auror all'interno. Neville comanda dentro, Hermione nel parco e io nella Foresta. L'Ordine con a capo Baston vola su tutto il perimetro. Non riusciranno a passare.
- Sai quanti sono? - chiese Goerge, mentre svogliatamente si buttava in bocca una Cioccorana.
- Né i miei rapporti né quelli che ho ordinato a Keats di mandarmi hanno un qualsiasi dato utile.
- Dubiti di Keats?
Il capo degli Auror si strinse nelle spalle – Ha troppo potere nelle sue mani. Non possiamo permetterci che passi al nemico, l'unica cosa da fare è limitarlo.
George annuì. Non aveva mai trovato particolarmente simpatico quell'uomo, ma non sapeva se avrebbe potuto o meno tradire il Ministero. Sapeva soltanto che effettivamente aveva troppo potere: niente in Inghilterra poteva accadere senza che lui lo sapesse, eppure un gruppo di Mangiamorte era latitante da mesi.       
- E poi Teddy – continuò Harry, che sembrava nel bel mezzo di un attacco di panico – Della gente lo contatta e lui non mi dice niente! E' nel bel mezzo di questo casino e continua ad andare avanti. Perché non me ne ha parlato?
George guardò il cognato con tranquillità – Tu non sei Sirius, Harry. Sei diverso. Non puoi  pretendere che lui si comporti con te come tu ti comportavi con lui. Sirius era un amico, con il suo fascino e i suoi difetti, e tu lo vedevi così. Lui vede te come un punto di riferimento, un qualcosa a cui aspirare, più come un padre. Non vuole deluderti facendo quello che tu non vuoi che faccia.
Harry si lasciò cadere sulla sedia – Preferisco che si comporti come facevate tu e Fred e me lo dica, piuttosto che si comporti perfettamente e non mi dica nulla.
- Crescendo lo capirà, per ora prova ancora una specie di timore reverenziale.
- Secondo te cercherà di essere d'aiuto durante l'attacco ai Mangiamorte?
George si strinse nelle spalle – Se ne avrà l'occasione sì. Ci assomiglia, Harry, che ti piaccia o no. E' più responsabile di noi, ma non si tirerà mai indietro se potrà combattere.
- Lui non sa combattere.
- Tu al tuo primo anno sapevi combattere?
Harry restò zitto per qualche secondo, massaggiandosi con la mani gli occhi stanchi.
- Io ho avuto fortuna. Non tutti sono stati fortunati come me e non è detto lo stesso valga anche per lui.
- Vero, allora impegniamoci per evitare che la battaglia arrivi fino a lui e aiutiamolo se non ci riusciremo.
Un rumore di passi affannati si fece sempre più e la porta del negozio si spalancò. Un giovane Auror si fiondò nella stanza, mettendosi sull'attenti vedendo Harry.
- Signor direttore, abbiamo individuato i nemici. Stanno puntando verso la scuola.


Angolo dell'autore

Nell'ultimo periodo sono stato molto impegnato per l'esae di Maturità, devo chiedervi scusa. Per questo anche la qualità dei capitoli è inferiore a quelli iniziali, o molto meno tempo e sono molto più stanco, e di questo me ne dispiaccio. Mi farò perdonare quando tutto sarà finito.

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 34
*** L'inizio della tempesta ***


L'inizio della tempesta

Harry guardava dritto davanti a sé. Tutto, nella Foresta Proibita, era buio e silenzioso. Gli Auror erano schierati su tre linee, una ogni cento metri. Un totale di cento Auror era pronto a dar battaglia nella Foresta Proibita. Stavano sdraiati a terra, con la bacchetta puntata verso la foresta.
L'unico in piedi era Harry, avvolto nel suo Mantello dell'Invisibilità, che controllava con estrema minuziosità che tutto fosse a posto.
Ogni Auror indossava un Mantello Camaleontico, un mantello inventato da George che impediva l'individuazione tramite magia e si adattava perfettamente al terreno su cui si trovava e grazie a questo erano praticamente invisibili, cosa che gli dava un certo vantaggio nei confronti dei Mangiamorte.
Woolf, l'Animagus che stava osservando i Mangiamorte, mandava ogni tanto dei Patronus, grazie ai quali erano riusciti a identificare il luogo esatto dove avrebbero cercato di sfondare. La difesa, con tanto di effetto a sorpresa, era praticamente imbattibile, ma Harry era lo stesso inquieto.
Hermione aveva circondato con il castello i suoi uomini, mentre altre cinque linee difensive erano state messe nel parco, pronte a fermare gli eventuali superstiti scappati agli Auror.
Baston e l'Ordine erano già a cavallo delle loro scope ed erano pronti ad attaccare dall'alto. L'unico problema erano i fratelli Weasley. Come al solito, quando si trattava di combattere, un solo coniuge scendeva in battaglia. In questo caso ovviamente Harry ed Hermione, che lo facevano per lavoro, erano stati  una scelta obbligata. A Ginny andava bene, a Ron, come al solito, no.
Era certo che il suo migliore amico in quel momento si trovasse con il fratello a Hogsmeade e, alla prima notizia di battaglia, sarebbe corso lì. Era preoccupato per quello. Ron sapeva combattere, molto bene anche, ma era da qualche tempo che non si trovava in mezzo alla mischia. Se si fosse messo in pericolo ed Hermione lo avesse visto si sarebbe catapultata in suo aiuto. Se fossero caduti entrambi, Rose e Hugo sarebbero diventati orfani. Come Teddy. Come lui.
Si era ripromesso che mai più avrebbe permesso altri orfani, che mai più un bambino sarebbe dovuto crescere senza i propri genitori. Questa era la sua più grande paura.
Un rumore di zoccoli lo risvegliò dai suoi pensieri. Non era un rumore di galoppo, solo qualche lenta zoccolata. Alzò gli occhi alla ricerca della fonte di quei rumori e vide un centauro su una collinetta lì vicino. Si bloccò. Non aveva previsto questa cosa. Cosa ci faceva uno di loro qui? Era stato obbligato dai Mangiamorte a controllarli e fare la spia? Erano talmente soggiogati che erano stati costretti ad attaccarli?
Non poteva permettersi questi dubbi. Estrasse la bacchetta e iniziò a muoversi silenziosamente verso il centauro. Passo dopo passo si avvicinò sempre di più. Fu a quasi due metri di distanza quando lo riconobbe. Era Fiorenzo.
- Harry Potter – disse il centauro.
Harry restò zitto.
- Mi sono reso conto che ti celi sotto il tuo Mantello dell'Invisibilità, ma per quanto voi umani possiate camminare silenziosamente, riconoscerei il rumore di tuoi passi tra milioni di altri.
- Che ci fai qui, Fiorenzo? - chiese secco l'Auror, tenendo la bacchetta puntata contro il centauro.
- Nessuno si trova mai in un luogo a caso.
- Qualcuno ti ha mandato?
Il centauro scosse la testa – Per quanto la libertà del mio popolo non sia più tanto ampia, oggi agisco in piena libertà.
- Perché?
Il centauro si girò, ma Harry preferì restare di nuovo nascosto sotto il mantello. Fiorenzo non poteva dirgli niente, ma forse aveva trovato un modo per passargli delle informazioni.
- Sto aspettando un mio fratello. E' a cinquecento metri da noi e cammina velocemente. Sara qui tra uno o due minuti massimo.
Harry sorrise. Fiorenzo gli stava annunciando l'arrivo dei Mangiamorte.
- Grazie, Fiorenzo.
- Non ringraziarmi, Harry Potter, io sto solo aspettando un amico.
Harry scese giù correndo verso i suoi uomini, che non si erano mossi di un millimetro.
- Signori – disse dopo aver lanciato un Muffliato verso il bosco – il nemico sarà qui a breve. So che in questi momenti vorreste solo non pensare, ma oggi non possiamo permettercelo. Siamo l'ultima linea prima dell'oblio: difendiamo il futuro.
Un mormorio si diffuse tra gli Auror, ma si prepararono compostamente. Fu felice di questo. I suoi uomini erano pronti a combattere.
Non amava il fatto di dover alzare la bacchetta contro altri maghi, ma era necessario per salvare delle vite. Lo aveva fatto più volte nella sua vita e lo avrebbe fatto altre volte ancora.
Così aveva addestrato i suoi Auror: devoti a nessuno se non alla sicurezza del loro popolo. Non avrebbero mai servito un Ministro dispotico, non sarebbero stati dei nuovi Dawlish, anzi. Erano i più grandi difensori dei valori che il Ministero portava avanti. Se fosse cambiata la linea del Ministero, gli Auror non la avrebbero cambiata. Sarebbero stati fedeli fino alla morte agli ideali di libertà e uguaglianza che avevano contraddistinto Harry in tutto il suo cammino.
- Capo, Mangiamorte a ore dieci - sussurrò un Auror di mezza età.
Un gruppo di una settentina di uomini avanzava verso di loro, bacchetta alla mano.
- Al mio segnale preparatevi al fuoco.
Si facevano sempre più vicini. Erano tutti vestiti di scuro e camminavano in religioso silenzio, come un'armata di Dissennatori.
- ORA! - urlò, lasciando cadere il Mantello dell'Invisibilità e schiantando tre assalitori. Subito lo seguì una silenziosa ondata di schiantesimi, che fecero cadere una ventina di uomini. Harry sorrise, l'affetto a sorpresa aveva avuto effetto.
Lanciò una manciata di scintille fucsia verso la seconda linea, come concordato con Dean, e si mise alla testa dei suoi uomini. I nemici sembravano spaventati e ciò era perfetto per i piani dell'Auror.
- CARICA! - urlò con tutte le sue forze, guidando i suoi uomini in battaglia.

*

Della gente a qualche chilometro da lì stava morendo. Quello era il macabro mantra che Teddy si stava ripetendo da tutta la serata. Non riusciva a scollarsi la sensazione che il pericolo fosse imminente, a due passi dalla sua stanza.
Baston e Anne sedevano con lui davanti al camino. Il primo era afflosciato sulla sua poltrona, ma con un mano ben stretta sulla bacchetta, mentre l'amica era ritta contro il proprio schienale, pronta a scattare al minmo rumore. Nessuno dei tre indossava l'uniforme, avevano referito vestirsi comodi, nel caso di un'eventuale fuga.
- Voi avete intenzione di andare a dormire? - chiese Teddy, guardando i suoi amici.
-  Neanche se mi paghi - disse Baston.
- Non c'è un posto dove possiamo imbottirci di caffè in questa scuola? - si lamentò Anne.
- Di che? - chiesero gli altri due.
- Caffè.
- E sarebbe?
Anne alzò un sopracciglio.
- In questo diavolo di mondo non c'è il caffè?
Baston si girò verso Teddy  - Tu sai cos'è il caffè?
- Un vestito?
- Forse un tessuto. Ha detto che vuole imbottirsi.
- Un tessuto non imbotte, idiota - disse Anne - è una bevanda Babbana.
- Ah - risposero all'unisono gli altri due. In un momento normale forse sarebbero scoppiati a ridere, ma nessuno in quel momento ne aveva voglia.
Teddy si sentiva come un condannato a morte. Vedeva la fine della sua vita aleggiare ntorno a sé, ma non sapeva quando sarebbe arrivato il boia a eseguirla. Guardava la porta con un misto di terrore e trepidante attesa. Sperava che succedesse, ma anche che non succedesse.
E, come se l'avesse sentito, la porta si aprì.
I tre scattarono in piedi, puntando le bacchette contro la porta. Se non avessero notato la statura di chi era appena entrato, probabilmente  avrebbero dato fuoco all'intera Sala Comune.
- Delphi! - esclamò Teddy, abbassando la bacchetta - Ci hai spaventato, per le mutande di Merlino.
Delphi era una Tassorosso del loro anno, che dormiva nello stesso dormitorio di Anne. Era una persona sempre molto dolce e disponibile, con dei strani capelli argentati dalle punte blu.
- Ragazzi, anche voi no però! - disse la ragazzina con un esasperato sorriso gentile - C'è talmente tanta gente preoccupata in questa scuola che tra poco viene un attacco di panico pure a me. Ci sono Auror ovunque.
 Anne abbassò la bacchetta - Scusaci, Delphi. Tutte queste difese ci stanno rendendo paranoici. Baston, abbassa la bacchetta.
- No.
Gli altri tre si girarono verso di lui. Teddy era sbigottito e Anne infastidita, ma Delphi invece era qualcosa di più strano: sembrava interessata.
- Come scusa? - ripeté Anne.
- Non abbasso la bacchetta. Potrebbe essere un Mangiamorte che ha bevuto Pozione Polisucco, potrebbe ammazzarci tutti da un momento all'altro, se non prestiamo attenzione.
Delphi sorrise. Non sembrava spaventata da Baston, anzi, sembrava perfino divertita. A Teddy questo sembrò strano. Certo Baston non era un mago provetto, ma trovarsi una bacchetta puntata a pochi centrimetri dal proprio volto non doveva essere particolarmente divertente.
- Falle una domanda a cui un Mangiamorte non potrebbe rispondere - ordinò Baston ad Anne.
Lei lo fissò critica, per poi cercare appoggio in Teddy, che invece la guardò negli occhi e annuì.
Allora Anne, dopo aver alzato gli occhi al cielo, chiese all'amica - Dove si trova il tuo letto?
- E' il terzo da sinistra.
Anne annuì - Risposta giusta, lasciatela andare.
I due si scostarono e lasciarono andare la ragazza verso i dormitori, non prima che lei avesse dato loro una buona notte, con un'altra occhiata divertita a Baston.
- Ma siete matti? Sospettate di Delphi Diggory? - chiese Anne, guardandoli con gli occhi spalancati.
Teddy si strinse nelle spalle, mentre Baston rispose - Non mi piace quella ragazza, ha qualcosa di inquietante...  a proposito di cose inquietanti, quello non è Plenilunio?
Anne e Teddy si girarono dove il loro amico stava indicano ed effettivamente Plenilunio era lì, apporggiato su una mensola, intento a guardare male Baston.
- Scusa, amico, ma sei davvero inquietante - rispose al corvo, per poi continuare a voce bassa - Maledetto uccellaccio.
Plenilunio gracchiò.
- Ma quello sente tutto? - chiese a Teddy.
- Evidentemente...
L'animale si mise a svolazzare per la Sala Comune, con i tre che lo guardavano preoccupati.
- Io mi alzarei la manica, se fossi in te - disse Anne - non vorrei che ti tagliasse di nuovo la felpa.
Teddy annuì. Plenilunio, quando gli trasmetteva le sue visioni, era solito ficcargli le unghie sempre nello stesso punto sul braccio, lacerandogli ogni volta la camicia o la maglietta che indossava.
- Sì, infatti, che poi tocca a me cucire - aggiunse Baston. Il ragazzo era rimasto affascinato dal cucito, che aveva visto fare da una ragazza Nata Babbana del terzo anno. Da quel momento se lo era fatto insegnare e nel tempo libero, ovvero quando non giocava a Quidditch, lo si poteva trovare in un angolino a cucire qualcosa o lavorare a maglia. Non lo avrebbe mai ammesso, ma gli piaceva molto.
Il corvo, all'improvviso, si fiondo versò di lui, permettendogli appena di poter alzare la manica della felpa, prima che i suoi artigli penetrassero nella carne viva. Subito l'ormai famigliare dolore si diffuse per tutto il corpo, facendogli scappare un grido strozzato, mentre la vista gli si offuscava. Crollò a terra.
- Hey ma di solito non fa così! - gridò stupito Baston.
- Stai zitto e aiutami a tirarlo su - sbottò Anne.
- Ce... ce ... la faccio - borbottò Teddy, appigliandosi però al braccio di Baston.
- Cosa hai visto? - gli chiese il Tassorosso.
- Sono qui. Sono nei sotteranei. Vogliono attaccare il dormitorio dei Serpeverde.
- Bartemius! - gridò Anne, precipitandosi verso la porta.

*

Rodolphus Lestrange camminava lentamente per i sotterranei, estasiato. Grazie al grosso aiuto che aveva ricevuto da dentro era potuto entrare senza alcun problema.
Gli ordini del Maestro erano stati chiari: entrare nella scuola e prendere il ragazzo. Ma la sua fedeltà non era al Maestro. Era e restava fedele al Signore Oscuro e a chi era stato nominato per sostituirlo. Ma chi di dovere gli aveva ordinato di rimanere, per ora, fedele al Maestro e lui così aveva ubbidito.
- La tua fonte ti ha detto anche qual è la parola d'ordine per entrare? - chiese Rookwood, che camminava a fianco a lui. Erano un drappello da una quindicina di uomini, di cui solo lui e Rookwood erano Mangiamorte. Gli altri erano uomini "di fiducia" del Custode, ovvero una branca di galeotti della peggior specie messi al loro completo servizio.
- Però, che bel lavoro la tua fonte, ha ripulito tutto un piano da quei maledetti servetti di Potter.
Rodolphus sorrise - La mia fonte è molto brava in questo genere di cose.
In effetti molti Auror giacevano svenuti a terra, lasciando il territorio totalmente libero per i Mangiamorte.
Ed ecco la porta del dormitorio di Serpeverde. Era da molto tempo che non la vedeva, ma subito si ricordò l'invicibilità che provava quando era un ragazzo. La stessa invicibilità che provava in quel momento.
- Signori, è l'ora di riprenderci il sangue del nostro sangue: è l'ora di riprenderci Bartemius Dolohov.

Angolo dell'autore

Buonasera a tutti, sono tornato! Ho un po' più di tempo, visto che il mio orale è l'11 luglio, quindi ho potuto dedicare un po' di tempo ai miei libri. Questo capitolo, oltre ad aprire qualche pagina nuova (chi ha letto recenti news capirà), ha una cura molto maggiore di quelli precedenti, fatti quando ero ancora a scuola. Ditemi cosa ne pensate! Quando finirò il libro cercherò di eliminare quei meccanismi meccanici che mi hanno caratterizzato di recente e cercherò di abbellire stilisticamente i vari capitoli, così da eliminare quel calo che ho avuto per cause scolastiche.
Alla prossima,
Ramo97

P.S. Vi lascio l'altra mia storia dateci un occhio! 

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Capitolo 35
*** Il figlio dell'assassino ***


Il figlio dell'assassino

Bartemius era in attesa nella Sala Comune di Serpeverde. Come quasi sempre quando si trovava lì, gli altri avevano abbandonato la sala, lasciandolo solo con Eva. Certo, la sua amicizia con Ted lo aveva fatto lievemente rivalutare, ma l'unico cambiamento era che lo osservavano con una sospettosa curiosità e non più con odio.
- Non fare caso a loro, sono degli idioti. E poi si lamentano se i Grifondoro li considerano dei deficienti - disse Eva, mentre si allentava la cravatta della divisa.
- I Grifondoro devono smetterla di fare i furbi, li stiamo asfaltando nella Coppa delle Case.
Eva sorrise. Era vero. Nonostante la fuga ad Hogsmeade della ragazza, i Serpeverde in poco tempo avevano recuperato tutti i punti di cui avevano bisogno e ora erano in vantaggio di cento punti.
Bartemius la osservò. Negli ultimi tempi aveva messo la testa a posto e si era de-Bastonizzata. Non che adesso ignorasse il Tassorosso, ma aveva smesso di rompere un centinaio di regole al giorno con lui e aveva iniziato a studiare compulsivamente, riuscendo a non prendere mai meno di Oltre Ogni Previsione. Ma ora era chiaramente stressata. Tutta ciò che era accaduto a Teddy e l'avviso successivo dell'attacco a Hogwarts avevano gettato tutti e cinque i ragazzi nel panico, soprattutto Eva e Bartemius. Cosa sarebbe successo se fossero riusciti a superare le difese del Ministero e a entrare lì dentro? Cosa sarebbe successo a loro due, due figli di Mangiamorte?
- Hai paura - osservò Eva.
- Anche tu.
L'amica annuì e Bartemius non fece a meno di notare che sembrava triste.
- Non riesco a sopportarlo, Barty. Non ci riesco per davvero.
Bartemius aprì la bocca per parlare, ma si rese conto che era senza parole. Non si era trovato mai a consolare una persona. Non era comprensivo come Anne o come la stessa era, ma non era neanche carismatico come Ted. Non credeva di esserene capace.
- Non so consolarti, Eva, vorrei tanto ma non sono capace. Ti posso solo dire che noi siamo immersi nel problema fino al collo: siamo figli di Mangiamorte e saremo sempre visti come colpevoli per questa storia, se gli studenti la verranno a sapere. Dall'altra parte i Mangiamorte ci pensano colpevoli perché siamo traditori del nostro sangue. Dobbiamo solo fare una scelta: di quale delle due siamo davvero colpevoli? Essere dei Mangiamorte oppure essere traditori del nostro sangue?
- Quindi stai dicendo che abbiamo una sola scelta.
- Certo, diventare Mangiamorte.
L'amica rimase senza parole e lo guardò scandalizzata, finché Bartemius sorrise.
- Hai appena fatto una battuta? Davvero? - gli chiese scandalizzata.
Bartemius annuì compiaciuto.
- Cioè vuoi dirmi che la tua prima battuta di quest'anno la vuoi fare adesso?
- Se avessi tempismo nelle battute sarei Harry Baston.
- Quello che diceva battute davanti alla preside su tutte le furie?
- Ehm, magari George Weasley...
Eva sorrise. Sembrava un po' più rassicurata. Magari il suo tentativo di consolazione non era stato un completo fallimento.
La porta della stanza si aprì. Chi poteva essere a quell'ora della notte? Il coprifuoco era già passato da un pezzo. Capì, prese Anne e la buttò dietro la poltrona. Ma non fu abbastanza veloce.
- Chi nascondi dietro la sedia, Bartemius Salazar?
Davanti a lui c'eranio una ventina di Mangiamorte, avvolti nei loro mantelli neri come la pace. La faccia era coperta da delle maschere terrificanti.
Aveva già visto i Mangiamorte; su alcuni libri che aveva trovato delle foto delle loro maschere, scattate dopo la loro seconda sconfitta, ma dal vivo facevano molta più impressione. Non sembravano umani, ma emissari di morte.
- Bartemius - disse gentilmente il Mangiamorte che prima aveva parlato - che piacere vederti. Era da quando eri poco più di uno sgorbietto che non ti vedevo.
- Cosa volete da lui? - chiese Eva, alzandosi di fianco al ragazzo.
- Lei chi sarebbe? - chiese il Mangiamorte a Bartemius - Ho sentito che questa gloriosa casa ha preso la brutta abitudine di prendere anche Nati Babbani. Non starai tradendo il tuo sangue?
A Bartemius venne subito in mente Anne e sentì il sangue bollirgli dentro, ma preferì non replicare. Doveva evitare che non uccidessero Eva e lei non sembrava essere molto accomodante.
- E' la figlia di Rosier.
Lei lo guardò scioccata.
- Bene, non sapevo che la figlia di Rosier fosse già in età scolare. Saluti da tuo papà, piccola Eva.
-  Può morire con tutti voi. E dolorosamente, magari, come voi meritereste.
- Simpatica. Un'indottrinata dell'Ordine della Fenice. Purtroppo abbiamo ordini di portare con noi solo lui, ma tranquilla, piccolina, torneremo anche per te.
- E perché vorreste Bartemius? Cos'ha di così tanto speciale da spingervi contro una morte certa come entrare a Hogwarts? - chiese la ragazzina in preda a quello che sembrava un attacco di rabbia.
Rodolphus sorrise - Diciamo che ha una caratteristica un po' particolare, vero Bartemius?
Loro sapevano. Non sapeva come ma sapevano. Non ne aveva mai parlato con nessuno, neppure con Draco, eppure chi non doveva scoprirlo lo aveva scoperto.
- Non so di cosa stai parlando - disse freddamente il Serpeverde, cercando di mostrarsi il più sicuro possibile davanti alla maschera del Mangiamorte.
- Certo, Bartemius. Chi credi di prendere in giro? Ora verrai con noi e non farai storie.
- Non credo proprio - disse una voce da in fondo alla stanza. Ted Lupin si stagliava sulla porta con la bacchetta in mano, con dietro Anne e Baston, anche loro pronti a dar battaglia.
- Tu guarda quando è piccolo il mondo - disse ironicamente Rodolphus, con una risata tagliente - il mio carissimo pronipote è qui. Per quanto l'impurezza del tuo sangue non mi faccia sentire minimamente legato a te, ho sempre sperato incontrarti. Vorrei capire come un bambinetto mezzo lupo e mezzo Sanguesporco riesca a vivere una vita tranquilla, senza che non voglia ammazzarsi.
- Mi dispiace zio, ma il desiderio non è reciproco. Sai di solito io sto in mezzo ai vincenti e tu non lo sei.
- Infatti si vede come sono vincenti i tuoi genitori. Non ci sono più.
- Come tua moglie. Ma lei non ti ha mai amato o sbaglio? Ti usava come rimpiazzo, vero? E' bello essere servo dell'uomo che tua moglie ama?
- Qualunque cosa ti abbia detto tua nonna è una bugia - sibilò Rodolphus, ma a Bartemius sembrò che Ted avesse colto nel segno.
- E' una bugia o tvuoi autoconvincerti che lo sia?
Roldophus sembrò sul punto di rispondergli, ma poi si fermò. Si alzò da quella posizione curva che aveva assunto dopo le parole di Ted e tornò a mostrarsi in tutta la sua imponenza.
- Non voglio continuare oltre, uccidete i ragazzini e prendete Bartemius.
Non fece neanche in tempoa finire di dare gli ordini che un mago dall'accento francese urlò - Avada Kedavra! -
Un getto di luce verde schizzò contro Teddy, che lo schivò buttandosi a lato.
- E adesso che facciamo? - chiese Anne, riparandosi dietro una sedia.
- Expelliarmus! - urlò Teddy in risposta, cercando di prendere tempo - Aspettiamo rinforzi.
- Periculum - disse allora Baston e delle scintille rosse volarono fuori dalla Sala Comune di Serpeverde.
Intanto due Mangiamorte si lanciarono contro Bartemius, che però gli schiantò prima che riuscissero ad avvcinarsi troppo.
Lestrange applause - Molto bravo, Bartemius. Sai fare uno Schiantesimo al tuo primo anno, ma non sarà un banda di bambini a fermarci.
- Questo lo dici tu! - gli urlò Baston di rimando e si buttò a capofitto nella mischia. Con un'agilità impressionante saltò su una poltrona e poi su un'altra, con getti di luce verde che gli passavano a pochi centimetri dal volto. A un certo punto scansò di lato, sparendo dietro un'altra poltrona, riapparendo dopo pochi secondi con una mazza da Battitore in mano.
- Quando vuoi, Eva! - urlò.
Questa si guardò intorno velocemente e vide alcune sfere di cristallo abbandonate su un tavolo, ne prese una alla volta e gliele lanciò. Con colpi precisi Baston mise ko cinque Mangiamorte, o quel diavolo che erano. Rodolphus fece un lento movimento con la bacchetta e la mazza di Baston si incendiò.
- Ma che bravi, questi bambini - disse con la solita insopportabile ironia - devo ammettere che morirete con dignità.
- Rodolphus Lestrange - disse una voce dietro di lui - ma che piacere.
Il professor Paciock entrò nella stanza con una decina di Auror. Camminava tranquillamente, ma c'era qualcosa in lui che fece capire a Bartemius che si aspettava lo scontro da un momento all'altro.
- Paciock, i tuoi genitori stanno bene?
- Meglio di tua moglie.
- Oh che ridere, voi dell'Ordine fate sempre le stesse battute?
- Le cambieremo quando voi vincerete una guerra, quindi mi sa che dovrai abituartici.
Rodolphus scosse la testa, per poi lanciare un fiotto di luce verde contro il professore. Da lì iniziò il finimondo. Maledizioni e incantesimi volarono per la stanza, mentre i ragazzi si rifugiarono dietro a delle poltrone. Non sapendo come, Bartemius si trovò di fianco a Ted.
- E ora che facciamo? - chiese Baston, una bacchetta nella mano e la mazza bruciata nell'altra.
- Aspettiamo - decretò Ted, tenendo la bacchetta ben stretta nella mano.
Rodolphus i batteva abilmente contro gli Auror, che si trovavano a cadere vittima dei suoi incantesimi. Neville intanto era bloccato a combattere contro cinque Mangiamorte, che gli davano poco stampo.
- Tu - disse Rodolphus a un Mangiamorte che si era appena risvegliato - prendi il ragazzo.
L'uomo si alzò e si diresse claudicando verso le sedie, ma fu colpito in pieno petto da uno Schiantesimo proveniente dalle scale che portavano ai dormitori.
Bartemius riuscì a individuare un viso da in cima alle scale e lo riconobbe. Era il prefetto che il primo giorno lo aveva accompagnato al dormitorio.
Rodolphus stese un altro Auror e alzò con la forza due altri Mangamorte doloranti.
- Siate utili per una volta - gli disse spingendoli contro le poltrone, per poi dare fuoro alle scale con un distratto colpo di bacchetta prima di tornare a combattere.
Bartemius osservò la situazione; erano due Mangiamorte contro cinque bambini che non potevano contare né sugli Auror né sugli altri Serpeverde, che non potevano uscire dai dormitori se non volevano essere bruciati.
- Stupeficium! - urlò, ma il Mangiamorte parò il colpo.
 Bartemius si trovò con le spalle al muro, senza alcuna idea sul come riuscire a scappare, salvando anche i suoi amici. Doveva consegnarsi, a meno che... fece un profondo respiro di sollievo. Era il giunto il momento di usare il suo potere, che per tanto tempo era rimasto segreto.
- Incendio - disse, e l'abito di un Mangiamorte prese fuoco.
- Abbiamo poco tempo ragazzi - disse rivolto agli amici. - imitatemi.
Puntò la bacchetta per terra e sussurrò - Serpensortia.
Un grosso serpente nero spuntò dalla punta della bacchetta di Bartemius e cadde pesantemente a terra. Il ragazzo continuò a ripetere l'ncantesimo e, dopo un iniziale sbalordimento, lo seguirono anche gli altri.
- Calmi - disse rivolto ai serpenti e questi smisero di strisciare verso i ragazzini. Quando ce ne furono una ventina Bartemius ordinò - Attaccate i Mangiamorte e lasciate stare Auror, professori, studenti e chiunque sia alleato con loro. Non voglio che nessun altro venga risparmiato.
I serpenti annuirono in assenso e attaccarono i Mangiamorte che ormai avevano domato le fiamme.
- Amico - disse Baston spaventato, come gli altri tre ragazzini - in che diavolo di lingua hai parlato?

*

Harry avanzava nel buio della notte. Intorno a sé decine di membri della Squadra Speciale Magica stavano portando via i corpi svenuti di tutti i Mangiamorte o quel diavolo che erano che avevano fermato. Loro avevano subito un morto. Un solo morto che però Harry non riusciva a digerire. Immaginava la famiglia che lo aspettava a casa, i bambini che forse aveva, gli amici. Ogni morte non era una statistica per lui, ma memoria di ciò che gli era accaduto.
- Harry - disse Dean dietro di lui - non devi disperarti. Lo sapeva sicuramente anche Bosch quali erano i pericoli del nostro lavoro.
- Sì, Dean, ma io sono il direttore!
- Certo, Harry. Il direttore, non Dio. Il tuo compito è guidare la squadra e ottenere risultati, non proteggerla, quello è dovere di ogni singolo Auror. E' morto per una giusta causa.
- Anche Lupin e Tonks sono morti per una giusta causa, Dean, eppure loro figlio è orfano.
- Orfano ma non schiavo.
Harry rimase in silenzio. Sapeva che quello che diceva Dean era vero, ma non placava comunwue il suo senso di colpa. Se ci fosse stata Ginny avrebbe detto che era di nuovo vittima della Sindrome dell'Eroe. Forse era vero, ma non riusciva a placare il senso di corsa.
Calò il silenzio tra i due amici, mentr entrambi guardavano mogi a terra, fino a quando non arrivò un Auror correndo. Aveva gli occhi dilatati ed era paonazzo, come se avesse corso per un lungo tratto senza riposarsi.
- Signori - urlò - sono nel castello!
Entrambi si riscossero immediatamente dai loro pensieri e chiesero - Chi?
- I Mangiamorte.
- Dove sono?
- Nella Sala Comune di Serpeverde, signore.
Harry annuì, cercando di ritrovare la calma. Poteva ancora evitare che il disastro diventasse tragedia.
- Dean resta qua e organizza la squadra - disse, per poi rivolgersi a un gruppo di una ventina di Auror - voi con me!
Insieme corsero verso la Foresta, dove videro uno dei luogotenenti di Hermione.
- Dov'è lei? - gli urlò Harry.
- Appena saputa la notizia è corsa via con una squadra.
Harry annuì e proseguì nella sua corsa. Davanti al cancello li aspettavano già una decina di Auror.
- Signore - disse uno di questi - che cosa dobbiamo fare?
Harry lo osservò, in preda all'ansia, alla paura e al dolore - Prendeteli tutti. Se non ci riuscite, ammazzateli.
Detto questo scese con i venti uomini nei sotterranei, raggiungendo in poco tempo la Sala Comune di Serpeverde.
La porta era aperta, ma Harry faticò a capacitarsi che quella fosse davvero la Sala Comune di Serpeverde. I cinque camini crepitavano come al solito, mentre i tavoli, le poltroncine e gli scaffali erano rovesciati, con libri sparsi ovunque. Le scale che portavano ai dormitori erano in preda alle fiamme.
- Voi due - disse ai primi due Auror che gli capitarono a tiro - spegnetete l'incendio.
Quei due annuirono e si avvicinarono alle fiamme lanciando spruzzi d'acqua.
Harry allora si concentrò sui corpi a terra. Otto Auror giacevano morti a terra, il volto pallido ma concentrato, come se fossero morti nel pieno dello scontro. Altri corpi irriconoscibili invece costellavano la sala, gonfi e coperti di quelli che sembravano morsi.
- Cosa diavolo è successo qui? - chiese a sé stesso, cercando di ragionare razionalmente e di mettere a tacere le emozioni che lo tormentavano.
- Serpenti, Harry - disse una voce flebile da un angolo della Sala.
Neville era sdraiato lì, coperto di sangue e di tagli.
- Neville! - esclamò l'amico, correndogli incontro - come stai? Chiamate un Medimago!
Un paio di Auror si staccarono dal gruppo e uscirono correndo.
- Sono stati serpenti. I Mangiamorte volevano catturare Bartemius - si fermò e strinse i denti - noi abbiamo tentato di fermarli, ma erano più forti. Ora sono scappati e Teddy e gli altri li stanno inseguendo. Hermione, Ron e George pure.
Harry si sentì morire. Non solo Neville, uno dei suoi migliori amici, stava morendo nelle sue braccia, ma Teddy  rischiava la morte ogni secondo di più.
- Serpenti? - chiese in preda alla disperazione.
- Lasciami qui, Harry, me la caverò. Salvali. Bartemius parla Serpentese.
Harry si precipitò fuori.

Angolo dell'autore

Tadà! Sono tornato. Sono in pieno clima vacanzifero e quindi sto scrivendo più lentamente. Battete un colpo se ci siete ancora. Ora vado via, quindi per le prossime una forse due settimane non riuscirò ad aggiornare.

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 36
*** Il limite tra la vita e la morte ***


Il limite tra la vita e la morte

Teddy, Bartemius e Baston camminavano silenziosamente con la bacchetta in mano. Si erano lanciati all'inseguimento dei Mangiamorte insieme alle due ragazze ed erano stati presto raggiunti da Hermione, Ron e George. Proprio quando sembrava mettersi male per i cattivi, Lestrange aveva lanciato un incantesimo contro la porta del Secondo Piano e i tre adulti e le due ragazze erano rimasti fuori. I tre ragazzini invece era riusiti a superare la porta prima che l'incantesimo-barriera bloccasse loro l'ingresso e ora si trovavano da soli in territorio nemico. Perlomeno sembrava che i cinque Mangiamorte sopravvissuti ai serpenti non se ne fossero accorti.
Bartemius parlava Serpentese. Quando lo aveva visto quasi non ci aveva creduto, ma dopo aver visto i rettili attaccare i Mangiamorte aveva capito che aveva assistito davvero a qualcosa di raro.
Molti avrebbero detto "qualcosa di raro e sbagliato" ma Teddy non era di questo pensiero. Forse era un illuso, ma era certo che Bartemius fosse buono. Certo, lo aveva molto spaventato quando aveva fatto uccidere a morsi una una mezza dozzina di Mangiamorte, ma era certo che anche suo papà e sua mamma durante la guerra avessero ucciso qualcuno, così come erano stati uccisi. Non sapeva se pensasse ciò per lo stato di shock adrenalitico in cui si trovava o per chissà quale altra cosa, ma la certezza dell'onestà di Bartemius era per lui un dato di fatto.
Ma non er quello il momento adatto di pensare ad altro. Dovevano evitare d essere scoperti.
- Vuoi ancora usare i serpenti? - disse Baston, parlando talmente a bassavoce da sembrare a malapena udibile.
Bartemius puntò la bacchetta contro il Mangiamorte in fondo al corridoio e sussurrò - Muffliato.
- Non posso usare i serpenti adesso, se ci individuano non avremo Auror a difenderci -disse ad alta voce.
- Ma sei pazzo? - squittì stizzito Teddy - Ti sentiranno!
- Ho lanciato su di loro il Muffliato, fidati che non faranno assolutamente un bel niente.
- Ma perché conosce così tanti incantesimi? - chiese Baston rivolto a nessuno in particolare.
- Qualcuno nel tempo libero gioca a Quidditch, qualcun altro studia come difendersi - ribatté il Serpeverde.
- Ragazzi mi sembra un battibecco inutile - disse Teddy, interrompendo una risposta piccata di Bartemius - siamo da soli noi tre con un gruppo di Mangiamorte, senza sapere bene cosa fare e con un rischio di morire che supera di molto il 50 percento. Dobbiamo trovare un modo per uscire di qui.Vivi. E impedire che Bartemius venga catturato.
- Soprattutto proteggere Bartemius - disse Baston.
- Stai dicendo che sacrificheresti la tua vita per la mia libertà, Baston?
Il Tassorosso si strinse nelle spalle - Non devono averla vinta.
- Mi hai quasi commosso, poi dovrò vedere che cosa hanno messo nel tuo cibo.
Teddy sbuffò. Quei due stavano parlando troppo e non pensavano a come uscirne.
- Bene ragazzi, ora state zitti e pensate a cosa fare?
I due si zittirono.
- Ci buttiamo dalla finestra?
- Troppo in alto, Baston.
- Potremmo usare un Incantesimo di Appello.
- Lo sai fare solo tu, Bartemius, e non credo che riusciremo ad aprire una finestra senza che si accorgano di noi.
Una porta si aprì cigolando e una voce disse - Entrate, vi stavo aspettando.
Teddy si sporse oltre il muro e vide la porta dell'Aula di Difesa contro le Arti Oscure spalancata e Dawlish davanti appoggiato alla parete. I Mangiamorte entrarono tranquillamente, dando pacche sulle spalle al professore.
- Brutto bastardo - sibilò Baston e si lanciò verso la porta spalancata. Teddy restò di sasso. Lo avrebbero ammazzato.
Come se lo avesse chiamato spuntò Plenilunio, che volò sopra Baston e lo rese invisibile.
Bartemius lo guardò stupito - Che facciamo ora?
Teddy sbuffò - Affrontiamo il pericolo nella maniera più stupida, come nostro solito.
Si buttò dietro a Baston, seguito da Bartemius e, protetti dall'invisibilità del corvo, entrarono dentro la classe.
Da vuota l'aula sembrava talmente ampia da essere paragonabile alla Sala Grande, anche se sapeva che non era vero.
Dawlish sembrava perfettamente a suo agio insieme a dei Mangiamorte, come se fosse in mezzo a una compagnia di amici di una vita.
Teddy credeva nel cambiamento, ci aveva sempre creduto. Era stato un illuso però a credere che Dawlish fosse davvero pentito e cambiato. A vederlo lì, capì quanto in era realtà era stato stupido. Non aveva mai voluto cambiare, ma vendicarsi. Vendicarsi di coloro che lo avevano emarginato perché aveva eseguito degli ordini, coloro che lo avevano disprezzato per la sua cieca fedeltà al Ministero. Teddy credeva che non capisse quale fosse la differenza tra ciò che era giusto e ciò che era sbagliato e che quindi assimilava ciò che era giusto per lui in quello che era giusto per il Ministero. Quando poi era stato condannato per aver ubbidito al Ministero si era trovato senza punti di riferimento e aveva maturato l'odio per il Ministero che lo aveva condannato, che aveva condannato un ubbidiente. Aveva interiorizzato quel Ministero come sbagliato, non quello di Voldemort.
- Non ci hai fornito l'aiuto che ci serviva, Dawlish - disse Lestrange - ho dovuto arrangiarmi un'altra maniera.
- Mi dispiace, Rodolphus. Gli Auror mi stavano tenendo d'occhio, non potevo fare mosse esageratamente sospettose. Come ti sei arrangiato?
- Non mi fido di te, Dawlish, lo sai. Non te lo dirò.
Il professore sorrise - Beh, se è così, allora posso anche finire questa stupida sceneggiata.
Tutti nella stanza rimasero sorpresi da quella frase, compresi i tre studenti.
- Che vuoi dire? - disse un altro dei Mangiamorte, che Teddy credeva si chiamasse Rookwood.
- Intende che non siete intelligenti quanto credete - disse una voce autoritaria da sopra le scale.
Davanti alla porta dell'ufficio di Dawlish c'era Minerva McGranitt, con un sorrisetto divertito che Teddy non le aveva mai visto usare.
- Cosa ci fai lei qui, Dawlish?
- Credo sia chiaro, Lestrange. La mia fedeltà va al Ministero della Magia e alla preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts: Minerva McGranitt. Credevate di essere così infallibili? Mi avete permesso di avere molte più informazioni di quanto avreste voluto. In tre parole: siete in trappola.
- Questa sì che è una frase ad effetto! - sbottò Baston, ma nessuno sembrò sentirlo.
La McGranitt gli diede man forte - Potter e un gruppo dell'Ordine pronto a farvi le feste hanno appena buttato giù la barriera che avevate costruito, mentre un gruppetto di professori è già nascosto in questo piano.
I Mangiamorte restarono per qualche secondo in silenzio, poi partirono all'attacco.
Uno fu steso immediatamente dalla McGranitt, che però si trovò a fronteggiare Lestrange, che si muoveva astutamente. Dawlish invece ne combatteva tre insieme, finché la porta non si spalancò e tutti i professori (tra cui uno spaventatissimo Lumacorno) entrarono lanciando incantesimi a raffica.
In breve fu il putiferio.
I Mangiamorte e i professori iniziarono rapidi scambi di sortilegi, che volavano in tutta la stanza irradiandola di luce. Più di una volta i tre ragazzi dovettero scansarsi e buttarsi a terra per evitare sortilegi e fu così che, rialzandosi, Bartemius fu colpito. Rotolò fuori dalli'invisibilità del corvo e cadde ai piedi di Rookwood. Teddy non vide da che incantesimo fosse stato colpito, ma non si muoveva. Neanche un movimento.
Teddy rimase senza parole e cadde in ginocchio. Bartemius era morto. Non poteva essere vero. Non doveva essere vero. Le lacrime iniziarono a riempirgli gli occhi.
Bartemius giaceva ai piedi del Mangiamorte quando Harry e gli altri entrarono. Colti all'improvviso dai nuovi arrivati altri due Mangiamorte caddero, lasciando in piedi solo Lestrange e Rookwood.
- Il ragazzo da quando è ai tuoi piedi? - chiese il prozio di Teddy, accorgendosi del corpo di Bartemius.
- Non lo so, Rodolphus. Ma ora che lo abbiamo sarà meglio andarcene.
Un incantesimo passò a pochi centimetri dall'orecchio di Rookwood.
- Tu non vai da nessuna parte, Rookwood, noi due abbiamo un conto in sospeso.
George si stagliava minaccioso davanti agli altri, con una faccia che Teddy non gli aveva mai visto in faccia. Era odio, odio allo stato puro.
Harry, Ron ed Hermione invece sembravano preoccupati. Solo loro sapevano che i ragazzi avevano superato la barriera e avevano capito che gli altri due non potevano essere tanto lontani. Vedere Bartemius lì a terra per loro poteva dire una sola cosa: che anche lui Baston erano morti, ma che il loro cadavere non era tanto importante da essere recuperato.
Erano in due e stavano per scappare, portandosi dietro il cadavere di una delle menti più brillanti che avesse mai conosciuto, del suo più grande amico, la persona più simile a lui che avesse mai conosciuto. Non poteva permetterlo.
- Pronto Baston? - disse tirandosi in piedi e asciugandosi le lacrime.
- Sono nato pronto - rispose l'amico tra i denti, con un colorito bianco cadaverico e una faccia furente.
- Grazie Plenilunio, puoi andare.
Il corvo parve guardarlo tristemente, come se dissentisse con il suo padroncino, ma poi si girò su sé stesso e volò via.
Appena l'invisibilità fornita loro dal corvo scomparve i due si gettarono a capofitto sui Mangiamorte.
- Expelliarmus! - urlò Teddy.
- Incendio! - disse invece Baston.
L'incantesimo del Metamorfmagus fu parato facilmente da Rookwood, mentre il fuoco di Baston venne controllato senza problemi da Lestrange, che con un colpo di  bacchetta lo fece esplodere, creando una barriera a semicerchio di fuoco che, con l'aiuto del muro, isolava i due Mangiamorte, i due ragazzini e George dal resto dei buoni.
- Interessante il fatto che sappiate rendervi invisibili - sghignazzò Lestrange - poi Bartemius ci spiegherà come voi facciate.
Lestrange non si era ancora reso conto che Bartemius era morto.
- Voi due venite dietro di me - disse George, mentre si preparava per il combattimento.
Baston e Teddy ubbidirono. Teddy si sentiva strano. Era triste, molto triste, ma era determinato. Di solito quando stava male voleva mollare tutto e nascondersi, mentre in quel momento era più determinato che mai a vendicarsi del suo amico. Non aveva mai capito come lui e Baston fossero finiti nella stessa casa, prima di allora. Gli sembrava troppo diverso da lui per essere anche in un solo aspetto uguale, ma ora aveva capito. La lealtà, il rispetto e l'amicizia verso le persone a cui volevano bene li accomunavano, questo li rendeva davvero dei Tassorosso.
- Ho sempre sognato di completare la mia collezione. Uccidere un solo gemello da un grande senso di incompletezza, non lo sai? - disse Rookwood con tono divertito a George.
In tutta in riposta il gemello gli lanciò addosso uno schiantesimo, che quello parò. I Mangiamorte replicarono con getti di luce verde, che i tre schiavarono. Era giunto il momento.
Con un cenno del capo a Baston diede il segnale e insieme iniziarono a lanciare tutti gli incantesimi che conoscevano.
- Expelliarmus!
- Incendio!
- Reducto!
- Wingardium Leviosa!
- Stupeficium!
- Teddy com'era quello che Anne usa sempre verso di me? Ah sì... Petrificus Totalus.
Nessuno degli incantesimi andò a segno ma l'ultimo di Baston mise in difficoltà Rookwood, che rischiò di perdere l'equilibrio. E fu in quel momento, mentre cercava di mantenersi in piedi, che venne colpito in piena faccia da uno schiantesimo di George. Cadde all'indietro, svenuto, mentre un sorriso rancoroso si apriva sulla faccia del gemello. Non sembrava felice, più che altro sollevato. Ma il sollievo non durò a lungo. Lestrange lanciò un anatema mortale e George fu costretto a buttarsi a terra, per evitare di essere ammazzato. Mentre cadde prese un brutto colpo alla testa e non si rialzò più, anche se sembrava respirare ancora. Lui e Baston si misero davanti al corpo per evitare che il Mangiamorte potesse finire l'opera e si prepararono a continuare lo scontro.
Proprio quando Lestrange sembrò pronto a lanciare l'ennesimo incantesimo, l'attenzione dei tre fu attirata verso un movimento fuori dalla finestra. Due manici di scopa vuoti erano appena arrivati davanti alla finestra e sembravano aspettare qualcuno.
- Beh ragazzi, mi dispiace ma per oggi è finita qui. Vi ammazzerò un'altra volta - disse ghignando il Mangiamorte e, con un colpo di bacchetta, frantumò la finestra, saltando sulla scopa con il corpo di Bartemius e volando via.
- Brutto errore salire su una scopa quando ci sono io - disse Baston con un tono cinico, molto lontano dal suo usuale modo giocoso - vieni Teddy.
Corse verso la finestra e la scavalcò atterrando sopra la scopa a cavalcioni. Teddy lo seguì.
- Teddy, Harry, non fatelo! E' pericoloso - urlò Harry da dietro la barrira di fuoco. Lanciò un incantesimo, ma la barriera lo respinse.
Loro lo ignorarono.
L'ultimo ricordo che avrebbe avuto di Harry era la sua faccia disperata in mezzo a una coltre di fuoco. Perché era ovvio: lui non sarebbe sopravvissuto. La battaglia sua e di Baston era una battaglia persa in partenza, fatta solo per rallentare un attimo Lestrange e farlo raggiungere dagli Auror. Perché dovevano morire per riprendersi un cadavere? A un occhio esterno il loro sacrificio poteva sembrare stupido e immotivato, ma non lo era. Si sentivano in dovere di farlo, come se avessero un debito nei confronti di Bartemius.
Lestrange volava veloce e pulito, con esperienza. Baston, però, non era da meno. Guidava a velocità elevatissima, ma con una precisione ammirevole, che rendeva evidente il pieno controllo che l'amico aveva sulla scopa. La distanza tra le due scope si affiavoliva sempre di più, anche se Lestrange non sembrava essersene accorto.
- Harry scendi subito da quella scopa! - urlò una voce sopra di loro. Oliver Baston e altri tre maghe stavano planando verso di loro. Teddy riconobbe Katie Bell, Cho Chang e Alicia Spinnet.
Lestrange si girò.
- Ed ecco che papà ha distrutto l'effetto a sorpresa - borbottò il figlio.
- Vi volete fare ammazzare?
- No, papà - disse Baston furioso - cazzo per questo puntavamo tutto sull'effetto sorpresa.
Lestrange era ormai arrivato al limite della Foresta e stava per entrarci dentro. Dovevano sbrigarsi a raggiungerli o lo avrebbero perso.
Fu lì che Baston fece qualcosa di sorprendente; con un colpo di reni improvviso si buttò in picchiata, lasciando di stucco tutti i presenti, a parte il padre, che lo seguì immediatamente. Erano quasi arrivati al limite della foresta quando Baston si girò verso il genitore e urlò - Incendio!
La coda della scopa di Oliver prese fuoco, facendolo frenare all'istante.
- Cosa diavolo hai fatto? - disse Teddy, stupito da quel gesto improvviso.
- Se devo morire, meglio che muoia solo io e non anche mio padre. Mia madre e mia sorella soffrirebbero troppo.
Teddy annuì. Se in un primo momento non aveva capito il gesto, ora non solo lo comprendeva, ma lo condivideva. Anche lui lo avrebbe fatto, se avesse avuto dei genitori e dei fratelli.
Si ritrovarano nella Foresta da soli, senza aiuti. Qualche centinaio di metri davanti a loro volava Lestrange, ora convinto di nuovo di essere solo.
Baston lo seguiva a grande velocità e Teddy non riusciva proprio a capacitarsi di come riuscisse a muoversi con tale precisione in mezzo a tutti quegli alberi.
Il Baston che era con lui quella sera era un Baston inedito. Non aveva niente del solito Baston, ma era un concentrato di determinazione, serietà e coraggio. Proprio la persona perfetta con cui morire.
Che strano però era vedere la morte così vicina. Si era sempre chiesto cosa avrebbe pensato prima di abbracciare la morte. In quel momento si rese conto che non pensava a "qualcosa", ma a "qualcuno": pensava a Victoire. Non era Harry la persona che gli sarebbe più mancata, né i suoi nonni, ma lei. La sua prima amica, la persona con cui aveva vissuto tutto prima di quell'anno. La persona con cui più si era più aperto, l'unica con cui aveva litigato. Pregò mentalmente i suoi genitori di aiutarla dall'altro mondo, di esserle vicino mentre soffriva, perché lui non sarebbe riuscito a sopportare che lei stesse male a causa sua. Capì che non voleva morire non per qualche egoistico pensiero, ma perché non voleva che lei stesse male. Era sempre stato il suo obbiettivo fin da bambino e ora stava fallendo.
Perdonami, ma devo farlo per Bartemius. Glielo devo. Non piangere per me. pensò il ragazzo, come in un ipotetico dialogo con lei.
Lestrange si fermò di colpo, costringendo i due inseguitori a nascondersi in fretta e furia, scese dalla scopa e sollevò il corpo di Bartemius con un colpo di bacchetta. Era strano, sembrava che il Mangiamorte non si fosse ancora accorto che era morto.
- Adesso, caro il mio ragazzo, aspettiamo il passaggio che ci porterà via di qua.
Teddy capì che avevano un po' di tempo.
- Muffliato - disse rivoltò a Lestrange, imitando l'incantesimo che aveva lanciato prima Bartemius, per poi tornare a parlar con Baston - sai essere più veloce di quanto sei andato finora senza schiantarti?
Baston annì.
- Allora prendi la scopa e vai a chiamare rinforzi, io lo occupo fino ad ora.
- Io non ti lascio da solo, Ted. Morirai.
- Lo so, ma se resterai, anche tu morirai ed entrambe le nostre morti saranno inutili, Lestrange scapperà con il corpo di Bartemius e noi avremo fatto solo una morte da fessi. Se tu vai puoi tornare qui con i soccorsi e io morirò per una giusta causa.
- Perché non il contrario? Perché non resto io e tu vai a chiamare i soccorsi?
- Io ho studiato incantesimi di attacco e difesa fino al quarto anno con l'aiuto di Bartemius, quindi posso resistergli qualche minuto in più. Tu invece sai volare più velocemente e quindi riuscirai a chiamare aiuto più in fretta.
- Non possiamo lanciare un segnale e restare tutti e due?  - No, Harry, c'è il rischio che non lo vedano.
Baston non sembrava troppo convinto, come se Teddy volesse fregarlo per salvargli la vita.
- Non ti sto raccontando palle. E' meglio così. Se farai come ti dico non diventerai un egoista che non ha sacrificato la sua vita, ma fermerai i Mangiamorte. E' come una partita a scacchi: io sono il cavallo da sacrificare per fare scacco matto.
Baston restò in silenzio per qualche secondo, poi prese il manico di scopa. Ci salì a cavalcioni e poi alzò lo sguardo. Fissò negli occhi l'amico e gli tese la mano. Teddy la strinse.
- Addio Edward.
- Addio Harry.
E volò via.
Teddy rimase da solo, indeciso sul da farsi.
- O la va o la spacca - disse per darsi coraggio, per poi aggiungere - per Victoire.
Corse fuori da dietro l'albero dietro cui si era nascosto e urlò - LESTRANGE!
Suo prozio si girò stupito.
- Ancora qua, Edward Lupin. Vuoi proprio morire.
- Credo sia di famiglia.
Il Mangiamorte ghignò - Stai per morire e sai ancora essere spiritoso. Te ne do atto, se non fosse per il tuo miscuglio di sangue infetto e immondo, saresti stato un ottimo Mangiamorte.
- Le maschere a teschio non mi donano - disse Teddy, modificando il suo volto a forma di teschio per poi farlo ritornare normale.
Lestrange lo osservò per nulla sorpreso - Bravo, piccolino, come la mammina sei un Metamorfmagus? Peccato che questo non l'ha salvata e non salverà neanche te. Avada Kedavra!
Teddy schivò di poco l'anatema e replicò - Petrificus totalus!
Lestrange parò l'incantesimo senza dire una parola. Era quello il più grande svantaggio di Teddy, ovvero il fatto che il Mangiamorte non diceva mai una parola.
Per questo fu colpito dal getto di luce rossa che scaturì all'improvviso dalla bacchetta del nemico, perdendo la bacchetta.
- Oh oh! Ora non scherzi più Lupin.
Teddy iniziò a indietreggiare, finché non inciampo in una radice e cadde ai piedi di un albero.
- Preparati a rivedere mamma e papà.
Una voce parlò da davanti a Teddy - Non credo proprio, Rodolphus.
Il Tassorosso alzò e gli occhi e davanti a sé vide due uomini, un maschio e una femmina, avvolti in famigliari mantelli blu con il cappuccio alzato. Erano i due misteriosi amici che aveva già incontrato.
Lestrange sembrava spaventato, ma tirò comunque un anatema mortale. Colpì in pieno petto l'uomo, ma non successe nulla.
- Mi pare sia il momento di replicare, mio caro - disse la donna.
- Certo, mia cara - disse l'uomo.
Entrambi alzarono la bacchetta e iniziaro a lanciare schiantesimi uno in fila all'altro. Lestrange in un primo momento iniziò a pararli, ma poi fu costretto alla fuga sulla sua scopa, lasciando il corpo di Bartemius a terra.
Quando ormai il Mangiamorte fu lontano i due smisero di lanciare incantesimi e si avvicinarono alla salma del Serpeverde. La donna si iginocchiò davanti al corpo e controllò il battito.
- E' stato solo schiantato, Edward Lupin - disse dopo un breve controllo - è ancora vivo.
Dettò ciò i due si allontanarono in silenzio, lasciando da solo Teddy con Bartemius.
Il Tassorosso recuperò la bacchetta e si avvicinò all'amico. Respirava molto flebilmente, ma respirava. Non aveva visto l'incantesimo che lo aveva colpito e subito aveva pensato al peggio, ma era ancora vivo. Bartemius era ancora vivo.
- TEDDY! - iniziarono a urlare delle voci, tra cui riconobbe quelle di Harry e George.
- SONO QUI! - urlò in risposta.
Stava iniziando a sentirsi stanco. L'adrenalina gli aveva dato molta forza, ma aveva usato molti incantesimi troppo avanzati per la sua età. Si sentì privo di qualsiasi e energia e si chinò a terra, svenendo dopo pochi attimi.


Angolo dell'autore
Sono di nuovo tornato!  Dopodomani parto, quindi non riuscirò a caricare gli ultimi due capitoli prima del ritorno dalle vacanze. Per me questo è un capitolo importante, ditemi cosa ne pensate!

Ramo97

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Capitolo 37
*** Nuovi misteri, ma un lieto fine (per ora...) ***


Nuovi misteri, ma un lieto fine (per ora...)

Harry bussò alla porta e aspettò finché da dentro una voce non gli diede il permesso di entrare.
- Buongiorno professoressa - disse appena entrato, cercando la sua vecchia insegnante nel grande studio. La trovo seduta su una poltrona in un angolo, mentre sorseggiava un bicchiere di Whisky Incendiario.
- Ne vuoi un po', Potter? - chiese indicandogli il bicchiere.
- Ammazzerei per qualcosa di forte - disse lui. Si sentiva in imbarazzo per vari motivi: aveva sospettato di lei per Dawlish, quando in realtà lui era sempre stato dalla loro parte, la aveva attaccata, ma sopratutto lei non glielo aveva detto. Perché non gli aveva detto che aveva un infiltrato tra i Mangiamorte?
Un bicchiere di Whisky volò per tutta la stanza e si poggiò tra le sue mani.
- Immagino che tu sia abbastanza confuso in questo momento.
- Confuso è un eufemismo, professoressa.
- Tradito?
Harry si immobilizzò - No.
- Deluso?
- Costernato credo sia il termine più adatto - disse lui - Ho fatto qualcosa per deluderla, professoressa?
Lei si girò di scatto - Non ci pensare neanche, Potter. Tante persone mi hanno deluso nella mia vita, ma tu non sei tra questi.
- E allora perché non mi ha detto di Dawlish?
Lei sorrise piano.
- Nessuno doveva sapere di lui. Qualcuno dentro il Ministero è in combutta con il Maestro (così si chiama il nostro nemico, ma non so altro) e sarebbe stato pericoloso spargere la voce. La sua vita era in pericolo per causa mia, non avrei mai voluto fargli fare una brutta fine per una disattenzione.
- Io sarei una disattenzione?
La McGranitt scosse la testa - Non abbiamo mai avuto a che fare con qualcosa del genere, Harry, e volevo limitare le colpe di un errore. Se Dawlish fosse morto sarebbe stata colpa mia e solo mia. Non volevo che gravasse su di te, sulla signorina Granger o su chiunque altro.
Harry annuì e bevve un sorso, sentendo subito il calore dell'alcolico scendere lungo tutto il corpo. Davanti alla preside non si sentiva altro che lo studentello che diciannove anni prima aveva iniziato a studiare lì.
- Ci troviamo davanti a qualcosa di diverso, Potter - disse la professoressa, ritornando all'uso del cognome - il Maestro non è forte come Voldemort, ma combatte in un modo più scaltro. Un modo che nessuno di noi si è mai trovato ad affrontare. Per questo l'attacco di stanotte non mi sembra logico. Non è nel suo stile. Il suo scopo non era prendere il signor Dolohov, ma fare qualcos'altro che non comprendo. Chissà se loro sarebbero capaci di capirlo - disse guardando i quadri di Piton e Silente, profondamente addormentati.
- Potter credi che sia all'altezza di questo ruolo? - chiese la McGranitt, guardando fisso davanti a lei.
Harry sorrise - Senza alcun dubbio professoressa.
- Non sono come Silente o Piton.
- Neppure io sono come mio padre, professoressa, e forse è meglio così. Lei non deve essere "la nuova Albus Silente" ma la prima e unica Minerva McGranitt.
- Eppure il senso di colpa non se n'è andato ancora oggi - commentò di nuovo la preside, guardando il quadro di Piton.
- Per questo ha assunto Dawlish? Per cercare di redimersi per Piton?
La preside annuì.
- Non credo che il senso di colpa passerà in fretta, professoressa. Il mio per Sirius, per Remus e Tonks è ancora forte. Ma credo professoressa che con Dawlish abbia fatto uno dei gesti più belli che io abbia mai visto. Ha preso un uomo distrutto, senza uno scopo, e gli ha dato un motivo per cui vivere. Credo che Silente e Piton siano profondamente fieri di lei dall'aldilà. Il suo Piton è Dawlish, lo aiuti a essere accettato, cosa che Silente non è riuscito a fare con Severus.
La McGranitt sorrise - Ti abbiamo proprio educato bene, Potter.
- Sì, credo di aver imparato un paio di cose - gli fece eco lui, sorridendo di rimando.

*

Teddy aprì gli occhi e per un momento non riconobbe dove si trovava. Poi capì. Era l'infermeria. Due volte in un anno, George sarebbe stato fiero di lui.
Ma perché si trovava lì? Ah, è vero. Aveva combattuto contro dei Mangiamorte, avevano colpito Bartemius e  aveva inseguito Lestrange per riprendersi il corpo del Serpeverde, per poi scoprire che era vivo. Girò faticosamente la testa alla sua sinistra e vide che l'amico stava dormicchiando nel letto di fianco al suo.
- Uno Schiantesimo lo ha colpito sulla testa. Fortunatamente nulla di grave, ma ha preso una bella botta - disse una voce da in fondo al suo letto.
Harry lo osservava, la pelle pallida e gli occhi stanchi.
- Ciao Harry.
- Ciao campione. Giornata movimentata ieri, eh?
Teddy sorrise - Più tranquilla di quando Victoire va a fare shopping. Tu come stai?
Harry si strinse nelle spalle - Ho perso una decina di uomini, ho visto quasi morire il mio figlioccio e probabilmente il Wizengamot aprirà un'inchiesta sul mio ufficio, ma per fortuna siamo riusciti a respingerli.
- Mi dispiace.
- Non dispiacerti, Teddy, fin da piccolo mi sono trovato invischiato in questi guai, ormai non saprei e non vorrei fare altro nella mia vita. Ma tu sei ancora in tempo per scegliere qualcosa di diverso.
Teddy scosse la testa. Aveva davvero il diritto di poter scegliere la sua strada? Teddy credeva di no. I tizi avevano cercato lui, Plenilunio aveva cercato lui e, proprio mentre combatteva contro i Mangiamorte, aveva capito di trovarsi al suo posto. Gli piaceva questo? Assolutamente no, ma sapeva che non avrebbe mai avuto una vita normale se prima non avesse risolto quel problema.
- Non credo di poter scegliere, Harry. Ci sono dentro fino al collo.
Harry parve accusare il colpo, ma non sembrava stupito. Si aspettava che Teddy dicesse così.
- Purtroppo non posso né voglio tirarti fuori da questa vicenda. So benissimo che tenendoti fuori andresti comunque avanti. Le persone tendevano a tenermi fuori dai pericolo quando ero piccolo e io ci finivo dentro sempre e comunque. Sarò al tuo fianco Teddy, ma ti prego, fidati di me. Dimmi le cose subito, non aspettare che ci siano dei casini. Non farò gli errori che gli adulti hanno fatto quando ero giovane, ma tu non fare i miei.
Teddy annuì.
- Adesso ci occuperemo noi di loro. Se tu noti qualcosa di strano che ti accade intorno devi dirmelo immediatamente. Non cercare il pericolo.
- Non lo farò, se non ci sarà nessuno in pericolo.
Harry sorrise - Tassorosso è la più forte delle Case, Teddy. Non c'è nulla più forte dell'amore e i Tassorosso hanno l'amore più genuino che io conosca. Amore incodizionato per gli amici, per la vita e per il bene. Hai una grande fortuna a provare tutti questi sentimenti, ricordatelo, ma usali con saggezza. So che ce la farai.

*

Il Maestro sorrideva tranquillo. Erano passati una decina di giorni da quando era avvenuto l'attacco a Hogwarts e lui non poteva che ritenersi profondamente soddisfatto. L'attacco in sé stesso era fallito, ma chi aveva mai detto che il suo obbiettivo fosse quello di riuscire?
Potter si trovava in mezzo all'ennesimo processo (anche se il suo amico, vicedirettore della Gazzetta del Profeta, Finnigan aveva evitato che uscisse sul giornale), la McGranitt era passata come una vecchia megera rimbambita, mentre i Mangiamorte erano passati come invincibili mostri. E soprattutto aveva avuto ciò che voleva. Rapire in questo modo Bartemius Dolohov? No, non era nel suo stile, ma doveva ammettere che Rodolphus ce l'aveva quasi fatta (grazie al suo aiuto  segreto, che teneva gelosamente nascosto, ma che il Maestro aveva già scoperto). Il suo stile era molto più paziente e molto più complicato. Per questo in quel momento stava caminando tranquillamente nel cortile sotto la Torre dell'Orologio di Hogwarts.
- Buongiorno, professor Paciock - gli disse un Corvonero che incrociò per strada.
- Buongiorno - rispose il Maestro, imitando in tutto e per tutto i modi gioviali del professore.
- Sta meglio oggi? Ho sentito che era al San Mungo.
- Sì, un po' sto meglio, ma fino al prossimo anno scolastico non potrò insegnare. Sono venuto qui per prendere un paio di cose, poi dovrò tornare agli ordini di quei macellai del San Mungo.
Il Corvonero scoppiò a ridere.
- Buona guarigione, professore.
- Grazie mille, non vedo l'ora di tartassarvi di nuovo in classe.
E quando il ragazzo si fu allontanato riprese a camminare, fingendo di zoppicare finché lo studente non scomparve dalla sua vista. Poi riprese a camminare normalmente, ridendo al pensiero del povero Paciock che era ancora in ospedale, mentre lui si prendeva gioco di tutti usando le sue sembianze. Grazie di nuovo a Roldophus, che aveva rubato un po' di suoi capelli.
Curioso. Il metodo che stava usando per preparare il rapimento di Bartemius Dolohov era stato usato in un modo simile proprio da colui che aveva dato il nome al ragazzo: Bartemius Crouch Jr.  
Ed ecco che, salite le scale, si trovò proprio nella stanza dell'orologio, dove una persona stava ferma di spalle. Ecco, proprio dove gli avevano detto che si sarebbe trovato. La chiave per arrivare al ragazzo.
Sorrise, alzò la bacchetta e sussurrò - Imperio!

Angolo dell'autore

Eccoci di nuovo! Spero che questo penultimo capitolo via sia piaciuto. Vi aspetto numerosi per l'epilogo!

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 38
*** Epilogo ***


Epilogo

- Entri pure, Lupin - disse il professore.
Teddy entrò nell'ufficio di Dawlish con una certa riluttanza. Non aveva un rapporto privilegiato con i professori come aveva avuto il suo padrino e nella materia di Dawlish eccelleva, quindi non capiva come poteva aver attirato l'attenzione del professore. Certo, se si soprassedeva su quel piccolo passaggio in cui si era infiltrato nella sua aula e si era quasi fatto ammazzare.
- Immagino tu sappia perché sei qui - disse di nuovo il professore, con una tono di voce abbastanza brusco.
Teddy rimase in silenzio.
Il professore continuò - Sei stato tu a dire a Potter e combricola che io ero invisichiato con i Mangiamorte.
- Non sapevo che lei era innocente, credevo di fare la cosa giusta.
- So perfettamente cosa sapevi tu, invece questo era quello che sapevo io: sapevo che eri nella stanza qundo c'era Mundugus e sapevo che eri nella stanza quando i Mangiamorte sono entrati. Non mi capacito di come tu possa essere stato invisibile la seconda volta. Un mantello è da escludere, dopo che siete tornati visibili non ce n'era traccia e non credo siate capaci di fare l'incantesimo d'invisibilità.
Teddy rimase zitto. Non aveva alcuna intenzione di parlare di Plenilunio, né di parlare di nuovo dei suoi aiutanti. Lo avevano aiutato, non voleva che fossero oggetto della ricerca di Dawlish e dell'Ordine.
- Ho interrogato molte persone, Lupin. Immagino tu lo sappia.
- Sì, signore.
- Quindi immagino tu sappia che capisco quando tu mi nascondi qualcosa.
- Sì, signore.
- E vuoi continuare a tenermela nascosta?
- Sì, signore.
Teddy temette per un attimo che il professore iniziasse a usare la Legilimanzia, o il Veritaserum, ma rimase stupito nel vedere che lui si lasciò cadere sulla sedia.
- Non vedo altro motivo per trattenerti, Lupin. Puoi andare. E non rispondermi "sì, signore" anche stavolta per favore.
- Va bene. Grazie signore - rispose il ragazzo, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la porta.
Per fortuna era finita. L'incontro più difficile della sua vita. E aveva combattuto contro una megera e dei Mangiamorte.
- Ancora un attimo Lupin.
Ecco. Mai cantare vittoria troppo presto.
- Conoscevo tua madre. Abbiamo lavorato insieme.
Teddy rimase senza parole. Quante persone che conosceva avevano lavorato con sua madre, quanti ci avevano parlato? Era straziante pensare che quella persona davanti a lui un tempo aveva lavorato con sua madre, ci aveva parlato, le aveva stretto la mano. Come era strano pensare che per poco tempo lui non era stato un orfano. E ogni volta che ci pensava, un altro pensiero si faceva strada nella sua testa: e se non fosse finita così? Se mamma e papà fossero sopravvisuti?
- Sarebbe fira di te, Lupin, profondamente fiera di te.

*

Bartemius si sveglio che ormai era già mattina inoltrata. Si era svegliato per la prima volta la sera prima, dopo un paio di giorni che aveva passato svenuto. Madama Chips lo aveva costretto a bere strani intrugli e a riposarsi, ma tutto ciò che voleva era uscirsene da quel posto. Era stato solo troppo a lungo per rimanerlo di nuovo.
- Oggi tutto bene? - gli chiese Anne, che appena avea saputo che si era svegliato si era precipitata lì.
- Esattamente uguale a ieri. Ovvero bene. Dovrebbero farmi uscire, ma quella megera mi vuole usare come cavia umana per i suoi intrugli e quindi devo rimanere qua.
- Guardi che la sento, signor Dolohov - urlò l'infermiera dal suo ufficio.
- Buon per lei - urlò il ragazzino di rimando.
Anne rise. Era la prima volta che la vedeva dal quando era stato ricoverato, anche se Draco quella mattina gli aveva detto che l'aveva incontrata più volte in infermeria quando lui era ancora svenuto. E appena si era svegliato era stato quello il suo primo desiderio: vederla.
Povero Draco, aveva davvero preso un gran paura, ma non si era arrabbiato. Anzi, a dirla tutta, sembrava incolparsi, cosa tipica del suo padrino.
Anne lo guardava preoccupata, cosa che lui odiava. Odiava sentirsi sempre il cucciolo indifeso, mentre tutti gli altri sembravano girargli intorno per proteggerlo e basta.
- Cosa mi stavi raccontando mentre inseguivamo i Mangiamorte? Baston ha attaccato una vostra compagna di Casa?
- Ma cosa stai dicendo? - disse l'amica, guardandolo come se fosse scemo.
- Me lo hai detto tu, Anne! Una che non ho mai sentito, Delphi mi pare.
- Hai preso una botta in testa, Bartemius, io non conosco nessuna Delphi.
Boh. Doveva aver beccato davvero una bella botta. Era assolutamente convinto che gli avesse detto davvero quella cosa, ma lei non aveva motivo di mentirgli e soprattutto lei non aveva subito ferite di alcun tipo.
- Riguardo quella cosa dei serpenti - continuò Anne, abbassando lo sguardo.
Bartemius impallidì. Ecco aveva rovinato tutto.
- Lasciami spiegare, Anne.
- No, Bartemius. Lasciami parlare... volevo solo dirti che a me va bene. Baston mi ha spiegato che a quanto pare non è una cosa tanto comune e che spesso è stata una caratteristica dei maghi oscuri, ma voglio dirti che non mi interessa. Per me sei quello di sempre e ti voglio bene esattamente come prima. E mi hai anche salvato la vita, quindi ti devo pure ringraziare.
Bartemius arrossì. Come al solito aveva subito pensare al peggio, quando invece si trovava davanti alla cosa più bella che una persona gli avesse mai detto.
Ed eccola di nuovo, quella sensazione. Quel nodo allo stomaco che gli veniva quando guardava Anne. Non sapeva cosa volesse dire, ma gli piaceva provarla.
- Non ringraziarmi. Grazie al nostro lavoro di squadra siamo sopravvissuti, e grazie anche a quel ragazzo che ha attaccato i Mangiamorte dalle scale. Chissà chi era.
- Un prefetto: Jim Irons. A quanto pare Harry ha voluto incontrarlo e appena finita la scuola inizierà l'addestramento da Auror.
- Lo conosco. E' quello che mi ha accompagnato per la prima volta nella mia Sala Comune. Non mi ha mao trattato come gli altri, è bravo.
- E' lo stesso che ha detto Eva.
- Lei come sta?
- Bene, quelli che stanno peggio sono Baston e Teddy. A quanto pare si sono fatti quasi ammazzare per salvarti.
Bartemius scosse la testa - Che scemi, non dovevano.
Anne lo guardò torvo - Tu non l'avresti fatto?
Bartemius non rispose.
- Sei il solito. Ma forse perderesti un po' il tuo fascino da personaggio oscuro. Va bene, Bartemius, ci vediamo domani sul treno.
Lui annuì.
- Ti voglio bene - gli disse Anne quando fu sulla porta.
- Anch'io, Anne - rispose lui e si trovò a sorridere come uno scemo per mezz'ora.

*

Teddy stava finendo di fare la valigia. Aveva provato a farla con la magia, ma faceva più fatica che farla a mano. Magari negli anni successivi sarebbe riuscito a farla con più facilità.
- Anch'io al mio primo anno facevo così. Cercavo sempre di migliorarmi. Ho provato a rifarmi il letto con la magia l'ultimo giorno. Inutile dire il risultato. Sono stato due ore a cercare di slacciare tutti i nodi che avevo fatto alle coperte.
Teddy sobbalzò. Ma riconobbe la tranquillità di quella voce.
L'uomo con il cappuccio era di fianco alla porta del dormitorio.
- Come fai a entrare qui? - gli chiese Teddy - Nessuno si può smaterializzare o materializzare dentro i confini di Hogwarts.
- Non credo di potertelo dire.
- E chi te lo impedisce?
L'uomo misterioso si strinse nelle spalle - Anche questo non posso dirtelo.
Teddy lo guardò accigliato - E per caso puoi dirmi come hai fatto a resistere a un anatema mortale?
- No, non credo.
- C'è qualcosa che puoi dirmi, allora?
- Sono qui per dirti qualcosa.
Teddy alzò gli occhi al cielo - Grazie a Merlino. Mi aiuterà a capire cosa diavolo sta succedendo?
- No, immagino ti creerà soltanto altri problemi.
Il Tassorosso sbuffò sonoramente. Con tutti i dubbi che aveva avrebbe potuto ritirarsi in un eremo e scrivere canzoni tristi per Celestina Warbeck.
- La prima volta che ci siamo incontrati avevi dimenticato la bacchetta, ti ricordi?
- Sì, ma tu come lo sai? - chiese il ragazzo, spaventato.
- Sentendoti in pericolo cosa hai fatto?
- Ho raccolto il primo sasso che ho trovato a portata di mano.
L'incappucciato annuì.
- Esatto. E hai mai buttato quel sasso?
Teddy scosse la testa - Non ricordo.
- Controlla nella tasca dei tuoi pantaloni.
Teddy ubbidì, ma non trovò niente.
- Controlla più a fondo.
Teddy si infilò di nuovo le mani nelle tasche e lo trovò. Un piccolo buco, da cui estrasse una pietra. Si rese conto che non era un sasso, ma qualcosa di molto più simile a un gioiello.
- Tiene quella pietra con te. Non farla vedere a nessuno, nessuno deve sapere che la hai tu. Il tuo corvo, il tuo svenimento a Natale, io e l'altra donna che ti siamo apparsi, dipendiamo tutti da quella pietra e dallo strano potere che tu gli imponi.
- Che cos'è questa pietra? - disse il ragazzo.
- Non posso dirti altro. Anzi, devo andarmene.
E detto questo si diresse verso la porta.
- Hey no aspetta! Puoi almeno dirmi come ti chiami?
- Devi scoprirlo tu. Per ora puoi chiamarmi Lunastorta.

FINE.

Angolo dell'autore

Grazie a tutti. E' questa la prima cosa che mi è venuta in mente quando ho finito di scrivere questa storia. Ho scritto tanto, sia di mio che online, ma questa è la prima storia in assoluto che completo. Vi chiedo una pagella finale per vedere cosa migliorare e cosa invece è andato bene. Vi chiedo anche qual è il vostro personaggio preferito, tanto per curiosità. Nel mio libro ci sono personaggi di The Cursed Child, come avrete notato. E' un sequel del settimo, ma a differenza di molti a me è piaciuto anche The Cursed Child, quindi sarà anche un prequel dell'ottava storia (Delphi, se non l'avete capito, sta diventando un cattivo non principale, ma che si farà sentire di nuovo). Mi scuso perché ci ho messo così tanto ad aggiornare, ma per scusarmi ho scritto anche il prologo del secondo libro (è online "Ted Lupin e il Potter Club").

A presto,
Ramo97

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