Beautiful novel di Primb (/viewuser.php?uid=68326)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la storia iniziò così... ***
Capitolo 2: *** piacere, sono io ***
Capitolo 3: *** e accadde che... ***
Capitolo 4: *** quando la tempesta ti si abbatte sulla testa ***
Capitolo 5: *** stupida, stupida Lily! ***
Capitolo 6: *** mi sono persa? ***
Capitolo 7: *** ti racconto una storia (la mia) ***
Capitolo 8: *** panico! ***
Capitolo 9: *** l'evoluzione ***
Capitolo 10: *** divini incontri. ***
Capitolo 11: *** de sublime. ***
Capitolo 12: *** regina di mezogne ***
Capitolo 13: *** il risveglio del caduceo/divinità sotto processo ***
Capitolo 14: *** in caduta libera ***
Capitolo 15: *** finalmente un po' d'aria ***
Capitolo 1 *** la storia iniziò così... ***
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Beautiful
novel ‡
Correvo.
Semplicemente,
correvo, il bianco vestito da sposa pieno di
macchie e strappi, lo strascico ormai ridotto a brandelli. I rami e gli
arbusti
della macchia mediterranea mi graffiavano il viso e le porzioni di
pelle
lasciate scoperte dalla veste nuziale.
Mentre
inciampavo nell’ennesima radice, sentii uno schiocco e un
improvviso bruciore alla guancia. Me la sfiorai con le dita ricoperte
dai
guanti candidi, e questi si tinsero di rosso. Sangue.
Più
rosso del sole che moriva alle mie spalle e dell’alba che,
forse, non avrei mai visto.
Sentii
delle grida, e ne fui atterrita. Ripresi a correre
ansimando, inciampando sempre di più, anche a causa dei
tacchi alti a cui non
ero abituata. Uscii dal piccolo boschetto in cui mi trovavo e notai a
sinistra,
con la coda dell’occhio, un piccolo sentiero che puntava in
alto, verso l’acropoli
di Atene.
Senza
pensarci troppo, mi affrettai a percorrerlo il più
silenziosamente possibile; cosa non facile,dato che il mio ansimare si
faceva
più rumoroso ad ogni falcata , e i battiti del mio cuore
erano talmente
violenti da poter essere scambiati con quelli di un tamburo. Mentre mi
voltavo
per vedere se i miei aguzzini si erano accorti della deviazione, andai
a
sbattere contro qualcosa di molto solido, e rovinai a terra; caddi in
malo modo
sulla caviglia, ma, per quanto il dolore fu davvero lancinante,riuscii
a non
gridare. Solo, strinsi gli occhi e morsi convulsamente le labbra,
cercando di concentrarmi
su un altro tipo di male.
-Scusami,
non volevo farti cadere. Stai bene?-
Alzai
il capo per vedere a chi apparteneva la voce che mi si
rivolgeva in tono tanto gentile. Era un ragazzo alto, a occhio e croce
sulla
ventina, con occhi azzurri e lunghi capelli scuri.
Vederlo
per me fu come riemergere dall’acqua dopo due minuti di
apnea.
Incurante
del dolore, mi attaccai alla sua tunica e gli affondai
il viso nel petto, implorandolo tra le lacrime di aiutarmi e di
portarmi via da
lì. Non so cosa mi prese in quel momento, ma, sebbene per me
quel ragazzo fosse
un perfetto sconosciuto, la mia disperazione era tale che non esitai a
chiedere, anzi, ad implorare, il suo aiuto.
E
non so nemmeno cosa mi sussurrò nell’orecchio
quando le sue
braccia si strinsero attorno alla mia vita, avevo l’animo
troppo devastato per
pensare lucidamente. Ricordo soltanto di aver aumentato la stretta su
di lui
fino quasi a fargli male; ricordo una folata di vento e un freddo
improvviso;
ricordo il vociare dei miei inseguitori farsi via via più
lontano, fino a
svanire; ricordo, infine, un odore piacevole, che sapeva di mare e di
bouganvilles.
Poi,
più nulla.
Il
mio corner…
Premetto
col dire che questa fic mi sta particolarmente a cuore,
molto più di “oltre”, per vari motivi.
Primo,
perché la protagonista si chiama Lily, che, secondo me,
è
il nome più bello del mondo.
Secondo,
perché le vicende che coinvolgono la protagonista sono
in parte ispirate ad una storia vera, che ha visto coinvolta una
persona a me molto
cara.
Terzo,
perché vorrei che avesse il sapore delle cose semplici.
Quarto,
perché a scriverla ci ho messo davvero tutto il mio
affetto.
Spero
vi piaccia, fatemi sapere.
P.s:Scusate
se il primo capitolo è tanto breve, ma non è
altro
che un incipit.
Enjoy
!!!
*1bacio*
stantuffo
|
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Capitolo 2 *** piacere, sono io ***
‡
Beautiful
novel ‡
-Ma
perché è vestita da sposa?-
-Non
ne so niente, Aiolia. Ti dico che ero sul sentiero
dell’acropoli per recarmi ad Atene quando
all’improvviso, bum!, me la sono
ritrovata praticamente addosso!-
-Tze.
Milo, sei sicuro di non esagerare anche stavolta?-
-
Ti ricordo che non è la prima donna che si butta tra le mie
braccia, caro Camus.-
-Zitto,
scemo! Si sta svegliando!-
Un
po’ disturbata da quel chiacchiericcio, aprii lentamente gli
occhi, ma me ne pentii subito: la luce del sole era intensa e
accecante, e ci misi
qualche secondo ad abituarmici; sbattei le palpebre più
volte, e finalmente
riuscii a scorgere le figure che mi stavano dinanzi.
Dodici
ragazzi, a occhio e croce miei coetanei, mi fissavano
incuriositi, mentre io me ne stavo lì, supina, ad osservare
con occhi
spalancati per lo stupore le armature d’oro che indossavano e
che mandavano
bagliori inquietanti.
Armature? No, decisamente
in quei ragazzi c’era qualcosa che non andava…
-Ciao.
Sono felice che tu ti sia svegliata. Come ti senti?- mi
chiese uno dei ragazzi, avvicinandosi in modo sospettoso.
Subito,
mi rannicchiai in posizione fetale e racchiusi la testa
fra le ginocchia con un mugolio. Stavo facendo la figura della bambina
piccola,
ma in quel momento non mi
importò. Mi
aveva spaventata. La colpa era sua.
-Ecco.
Le hai fatto paura, figurarsi.- commentò una voce in tono
aspro.
-Ma
no, dai, non devi avere paura. Sono io, il ragazzo che ti ha
aiutata ieri sera. Sono Milo, piacere di conoscerti.-
Dal
mio groviglio di gambe e braccia borbottai qualcosa di
incomprensibile in risposta, mentre nella mia mente riaffioravano,
luminosi e
taglienti come una lama, i ricordi del giorno precedente. Rabbrividii.
-Come
dici? Se parli così non capisco… Dai, fammi
vedere il tuo
musino!-
Il
tono di voce di Milo era così dolce e persuasivo che decisi
di obbedire quasi subito; così, alzai la testa e lo osservai
per qualche
secondo. Era proprio il ragazzo di ieri sera, non avevo dubbi; nel
terrore
della fuga non avevo notato quanto fosse bello. Come se non bastasse,
l’armatura che indossava gli dava l’aria di un
antico eroe.
-Sono
Lily- mormorai a bassa voce, come se il mio nome fosse la
soluzione di tutti gli indicibili misteri dell’Universo.
-Ah,
allora ce l’hai la lingua!- Milo mi sorrise, mettendo in
mostra una fila di denti bianchissimi.
-Ciao,
Lily. Il mio nome è Mur. Ieri sera, quando Milo ti ha
trovata, eri ferita. Mi sono preso la libertà di medicarti.
Avevi molti ematomi
sparsi sulle braccia e sulle gambe, e una caviglia slogata; il tendine
del tuo
piede destro era gravemente danneggiato. Oltre a questo, avevi anche un
brutto
taglio sul viso.-
La
diagnosi medica veniva da un ragazzo con grandi occhi verdi e
capelli inspiegabilmente lilla. D’istinto, mi portai una mano
al volto per
controllare l’entità del danno, ma la mia pelle
era liscia, come lo era sempre
stata, e non c’era nessun’irregolarità
che tradisse la presenza di una ferita.
Stesi le braccia e mi accorsi che nemmeno su quelle c’era la
benché minima
traccia dei graffi e dei lividi di cui Mur parlava. In compenso, il mio
polpaccio destro era avvolto da una fasciatura piuttosto rigida.
Mi
voltai verso Mur, incredula; il sorriso enigmatico che il
ragazzo mi rivolse non riuscì a celare completamente la sua
soddisfazione.
-Sono
riuscito a guarire le ferite più piccole abbastanza
velocemente, ma per la gamba ci vorrà un po’
più di tempo.-
Ma
allora era vero. Mi aveva guarita sul serio. Chi erano quei
ragazzi con l’armatura? Maghi medievali? Supereroi?
Un terrore
–ahimè- ben
conosciuto mi attanagliò il cuore e lo stomaco, e presi a
tremare
convulsamente. Quando mi spaventavo così tanto,
l’asma, disturbo di cui
soffrivo fin da bambina, non tardava mai ad arrivare. Infatti, poco
dopo mi
ritrovai ad ansimare, in preda ad una crisi, una mano stretta al petto
come a
trattenere un cuore che voleva scappare, l’altra a frugare
febbrilmente intorno
a me, alla disperata ricerca dell’inalatore che non avevo.
-Chi…Chi
siete?- riuscii a balbettare tra un respiro e l’altro.
-Hey,
ma tu stai male!- il ragazzo che mi aveva aiutata ieri
sera, Milo, tese le braccia verso di me con aria ansiosa, probabilmente
per
aiutarmi, ma io non mi lasciai toccare.
-Chi
siete?- ripetei, stavolta con tono di voce più fermo.
-Se
ti dicessimo che siamo Cavalieri d’Oro al servizio della Dea
Athena, per proteggere la pace e la giustizia
dell’Universo,ti
tranquillizzeresti?-
Feci
cenno di no con la testa al ragazzo biondo che mi tese la
mano. Nonostante l’asma, lo scrutai attentamente: teneva gli
occhi chiusi e un
bindi sulla fronte tradiva le sue origini indiane, altrimenti celate
dai colori
tipicamente nordici dei capelli e della carnagione.
-Lo
immaginavo. In ogni caso, io sono Shaka, Cavaliere della Vergine.
Lieto di fare la tua conoscenza, Lily.-
Non
saprei spiegarne la ragione, ma attorno alla sua figura
veleggiava un sentore di lieta serenità, così
decisi anch’io di porgergli la
mano come aveva fatto lui, senza smettere però di ansimare e
di singhiozzare. Shaka
mi sfiorò la punta delle dita con la sua mano e
posò un bacio delicato sul
dorso della mia. Immediatamente sentii i battiti del cuore rallentare,
il
respiro farsi più regolare e i singhiozzi cessare. Sorrisi:
stavo meglio.
-Come?!?
Da me, che ti ho salvata, non ti fai neppure toccare,
mentre da Shaka ti fai addirittura fare il baciamano? E gli sorridi,
pure?!? Sono
sdegnato!- Milo mise su un falso broncio e io mi affrettai a balbettare
parole
di scusa, condite con la giustificazione dell’asma.
-Oh,
non preoccuparti, fa sempre così quando gli viene tolto il
centro della scena. Comunque io sono Camus, Cavaliere di Aquarius.
Piacere di
conoscerti.- anche lui fece per farmi il baciamano, ma Milo glielo
impedì.
-Prima
mi sono presentato male. Sono Milo, Santo di Scorpio, e
in questo momento ti trovi all’interno della mia Casa.-
Piegai
leggermente la testa di lato e sbattei più volte le
palpebre, cercando di capire: orgoglio, gelosia, mania di protagonismo,
quale
poteva essere il sentimento che infiammava gli occhi di questo ragazzo?
La sola
cosa che mi pareva certa era che Milo era fuori come un balcone, e
decisi che
mi stava simpatico, simpatico davvero. Il suo carattere mi ricordava in
maniera
incredibile quello di mio fratello Jude.
-Ti
ringrazio per avermi salvata, Milo. Sei stato davvero un
angelo.-
Lo
vidi arrossire al mio complimento, ma non me ne stupii: ero
abituata a trattare con delle teste calde come lui, e sapevo quanto
fossero sensibili
sotto la loro corazza.
-Prima
di raccontarci la tua storia, Lily, è giusto che finiamo
di presentarci tutti. Io sono Aphrodite dei Pesci, molto lieto.- disse
un
ragazzo dai lunghi capelli celeste e occhi dello stesso colore. Il modo
di
porsi e l’aspetto eccessivamente curato lo rendevano simile
ad una donna, ma i
muscoli che si intravedevano sotto l’armatura lasciavano ben
intendere quanto
fosse uomo in realtà. Dopo Aphrodite fu Aldebaran del Toro a
presentarsi, un
omone grande e grosso dalla pelle scura, che con una sola, fragorosa
risata e
una strizzatina d’occhio si era guadagnato, ai miei occhi, il
titolo di “migliore”.
Poi,
fu il turno di Kanon e di Shura, Santi dei Gemelli e del
Capricorno, due personaggi molto silenziosi. Però, se devo
essere sincera, a
differenza di Kanon, Shura nel suo silenzio mi sembrò molto
più sereno. Quando toccò
al Cavaliere del Cancro, feci quasi fatica a trattenere le risate:
aveva un
broncio buffissimo, e cercava di fare lo spaccone in tutti i modi.
Anziché
presentarsi, mi
snocciolò contro ogni tipo di insulto, senza
un’apparente ragione, con il solo
risultato di farmi ridere ancora di più; e poi, si
presentò con un nome
talmente sciocco! Mi pare fosse DeathMask, o qualcosa di
simile…
Gli
altri ragazzi rimasero più spiazzati dal mio comportamento
che da quello del loro compagno; forse, mi pensarono matta e anche un
po’
lunatica, ma come potevo dar loro torto?
Mentre
mi asciugavo gli occhi dalle lacrime, feci la conoscenza
di Aiolia, Santo di Leo, e di suo fratello, Aiolos di Sagitter.
Entrambi con i
ricci biondi, il sorriso d’atleta e lo sguardo fiero; furono
molto cordiali. Per
ultimo, toccò ad un ragazzo più basso degli
altri, con gli occhi chiari e una
fossetta sul mento. Disse di chiamarsi Doko e di essere il Cavaliere di
Libra. Non
so perché, ma i suoi occhi erano così profondi,
che dentro di me sentivo che in
realtà era molto di più…Oh, no, non
divagare, Lily!
Mi
accorsi che tutti si aspettavano che parlassi, magari che
dessi loro anche qualche spiegazione, ma ero così
nervosa… Mi morsi il labbro e
mi costrinsi ad alzare lo sguardo, cercando, però, di non
incrociare i loro.
-So-Sono
Lily…- ripetei – ho 19 anni e non sono un
Cavaliere.-
Deglutii.
Fine. Che altro si aspettavano che dicessi? Essere al
centro dell’attenzione era una cosa che odiavo!
-E
come mai sei vestita da sposa?- mi domandò Mur con tono
pacato.
-Beh,
perché volevano che mi sposassi…Ma sono riuscita
a
scappare… -
-Chi?
Chi voleva farti sposare contro la tua volontà?- gli occhi
verdi di Aiolia si erano messi a brillare, avvertendo una possibile
ingiustizia
che andava punita. Risposi –delle persone-, ma in
realtà il mio pensiero fu:
“Pensi
davvero che abbia voglia di ricordare tutto e di
raccontartelo?” Inspiegabilmente, Mur annuì in
maniera appena percettibile,
però fu di nuovo Shaka a prendere la parola:
-Sarai
stanca. Adesso riposati un po’. Noi saremo in riunione
poco lontano da qui. Quando avremo finito, decideremo dove ospitarti.-
Alzò
la mano in segno di saluto, e, prima ancora che io potessi replicare,
prima che riuscissi a dirgli di non preoccuparsi, che avevo dormito per
quasi
dodici ore e che no, non avevo davvero bisogno di altro sonno,
sparì, e con lui
anche gli altri ragazzi.
Al
loro posto, sotto il cocente sole di Grecia, una nuvola di
polvere si sollevò da terra, danzando.
Il
mio corner
Pensavo
che, questa volta, sarei riuscita a far cominciare la
storia vera. E invece no, si è scoperto necessario un altro
capitolo di
transizione, che non è nemmeno venuto benissimo. Mi scuso
per la brevità e la
scarsa qualità di questo scritto, ma tutti questi
convenevoli sono, purtroppo,
necessari. La vera vicenda, che poi è la parte un
po’ più interessante,
comincerà a breve, abbiate fede! ;-)
Ora,
passiamo ai ringraziamenti:
Ti
con zero:
ti
ringrazio infinitamente, mi
ha fatto davvero piacere vedere che avevi lasciato una recensione!
Questo capitolo
tende ancora ad essere noioso, ma vedrai che, se riuscirò a
scriverli come si
deve, gli altri saranno più interessante! Grazie ancora!
*1bacio*
Snow
Fox:
lo so, me ne rendo conto, è stato un po’
antipatico da parte
mia inserire un capitolo così breve. Nemmeno questo
è molto lungo, ma ti
assicuro che gli altri lo saranno molto, molto di più ;-).
È stato un piacere
ricevere una recensione da te! Grazie mille, un bacione!
Ai91:
commossissima, e felice di aver punzecchiato la tua attenzione
*fa un inchino, ammiccando felice e contenta*. Grazie davvero per la
recensione, il seguito non si farà attendere troppo, vedrai.
Sei stata troppo
gentile! Un bacissimo!
Roxrox:
ooops!
Accidenti, non volevo farti imprecare! ^-^ scherzavo….
Così,
sono riuscita ad incuriosirti? Davvero? Mitico!
Grazie
per la tua recensione e per il tuo modo speciale di
lasciare una traccia ovunque vai! Sei stata carinissima! Spero che
anche questo
capitolo ti piaccia! Un bacio e un abbraccio…;-)
Infine,
grazie anche a tutti coloro che leggono in silenzio,
siete magici anche voi!!
Enjoy!!!!!!
*1bacio*
stantuffo
|
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Capitolo 3 *** e accadde che... ***
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Beautiful novel ‡
-Ti
prego, ripetimi di nuovo i motivi per cui devo restare qui!-
implorai esasperata, mentre con un pugno convinto colpivo una colonna
di marmo
bianco, tanto per fare un po’ di scena.
-Mh…vediamo
un po’…- Milo fece finta di pensarci su.
Un’ottima
recita, con tanto di indice sulla bocca e sguardo perso nel vuoto, la
classica
posa del pensatore. Sbuffai.
-Principalmente,
perché eravamo tutti dell’idea che la tua gamba
andasse sforzata il meno possibile…- se in quel momento
avessi prestato un
briciolo di attenzione in più al naso di Milo, sono sicura
che l’avrei visto
allungarsi.
-…e
poi- continuò con aria innocente – Ho insistito
per averti
qui. Pensavo ne saresti stata felice.-
-Non
ti rispondo per non sembrare cattiva-. Roteai gli occhi
infastidita, quando lui mi sorrise con fare ammiccante.
Poi,
un pensiero mi attraversò la mente, e il mio sguardo
dovette divenire triste, perché l’espressione di
Milo si fece subito grave.
-Milo…perché
non mi lasciate tornare a casa?-
Poco
prima, quando Shaka, Milo e Mur erano venuti a informarmi
dell’esito della riunione, avevano parlato di una cosa
chiamata Cosmo.
Mi
dissero che, per quanto piccola, anzi, minuscola (Shaka aveva
detto quasi infinitesimale, ma non mi era mai piaciuto come aggettivo),
possedevo
anch’io una luce che, in qualche modo, mi rendeva diversa
dagli altri uomini.
Mi spiegarono anche che di solito il Cosmo derivava dalle
costellazioni, e
forse mi raccontarono anche qualcos’altro, ma non li
ascoltai.
Ero
troppo persa a fantasticare sugli astri, ad immaginarmi a
galleggiare nel cielo, pensando,
poi, a
quanto fosse assurda l’idea che la forza di alcuni esseri
umani derivasse
direttamente dalle stelle. Non tanto per
l’assurdità della cosa in sé, ma
perché trovavo inconcepibile l’idea che gli astri
del Cielo, tanto belli, tanto
lontani, tanto immobili, decidessero di regalarsi gratuitamente a dei
comuni
mortali. Un po’ come se l’eternità fosse
in mano all’uomo. Che idea buffa,
buffa davvero.
Comunque,
il fatto di avere anch’io un Cosmo mi aveva lasciata
alquanto indifferente, e, nella mia scala dei valori,
l’informazione non aveva
occupato un gradino poi molto alto. C’erano cose che ritenevo
più importanti.
-Hai
una casa in cui tornare, Lily?-
Dirette
e dolorose come una freccia, le parole di Milo mi
distolsero dai miei pensieri. Non sapevo se il mio cuore fosse o no il
suo
bersaglio, ma aveva fatto centro, senza alcun dubbio.
Però,
riuscii a rispondere senza che la mia voce s’incrinasse.
-Una
casa dove tornare non ce l’ho- ammisi –Ma ho ancora
una
famiglia di cui prendermi cura.-
Lui
mi sorrise, con un misto di tenerezza, dolcezza e malinconia
dipinte sul volto. Non avevo mai visto qualcuno sorridere in modo
così amaro e
affettuoso allo stesso tempo. Era disarmante.
-Fortunata
te. Ti va di parlarmi di loro?-
Annuii.
Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno. Gli feci cenno
di sedersi accanto a me, facendogli spazio sulla panchina in pietra su
cui
sedevo. Ci trovavamo in un piccolo giardinetto interno
all’Ottava Casa. In
realtà, non era altro che un cortile lastricato, con un
ciliegio e uno scorcio
di natura sul fondo, ma aveva il fascio delle cose antiche e quotidiane.
-Ho
tre fratelli. Uno è più grande di me; si chiama
Albert ed è
bellissimo. È un genio, davvero, e da qualche mese
è andato a Londra a lavorare
come ricercatore. È da un po’ che non ho sue
notizie…
Poi,
c’è Andrea. Ha quattordici anni, ed è
fantastica. Ha i
capelli lunghi e neri, e grandi occhi grigi; scrive poesie, e dalle sue
mani
escono solo cose belle. Infine, c’è Jude. Lui ha
solo dieci anni, ed è quello
con cui vado più d’accordo. È anche
quello che più mi somiglia: abbiamo
entrambi gli occhi scuri, scuri davvero, la pelle diafana e i capelli
chiari.
Con l’unica differenza che i miei sono castano tendente al
rame, i suoi sono
quasi biondi-
Solo
quando ebbi finito di parlare mi accorsi di quanto avevo
gesticolato, ma non me ne curai. Guardai Milo con soddisfazione ,
conscia
dell’affetto con cui caricavo le parole tutte le volte che
parlavo della mia
famiglia.
-E
i tuoi genitori?-
-Sono
morti- risposi
automaticamente, con un tono di voce talmente piatto da lasciar
intendere la
mia voglia di troncare la conversazione. Milo capì al volo e
annuì. Poi,
inaspettatamente, mi prese in braccio e si diresse a passi lenti verso
le
stanze interne.
-Questa
mattina ti ho comprato dei vestiti, sono in questa
stanza. Spero di averci azzeccato con i gusti e con la taglia. Quando
ti sarai
cambiata, andremo ad Atene a mangiare qualcosa. Sempre se ti va, ovvio.-
Sinceramente,
l’idea di pranzare con Milo non mi tranquillizzava
molto, ma non mettevo qualcosa sotto i denti da almeno un giorno, e i
morsi
della fame cominciavano a farsi sentire. Così, accettai
l’invito di quel
Cavaliere frivolo che mi sorrideva con aria sorniona. Dopo pochi passi,
Scorpio
mi appoggiò con delicatezza sul letto di una stanza ampia e
ombrosa, e, dopo
aver fatto un commento che non ascoltai, uscì dalla stanza
lanciandomi un bacio
prima di chiudere la porta.
Con
gesto infantile, schivai il cuoricino invisibile e lo
immaginai mentre andava a stamparsi sulle “eroiche
nudità” di una statua
ornamentale del peristilio. Soffocai una risatina e mi accinsi ad
indossare i
vestiti che erano sul letto: un paio di jeans e una maglia blu con
scollo a
barca. Bene, non erano nulla di troppo appariscente; da Milo, mi sarei
aspettata qualcosa di molto peggio.
Mi
sfilai il corto chitone che mi aveva dato Aphrodite al posto
della veste nuziale, e indossai il tutto il più velocemente
possibile, per
quanto la rigida fasciatura al polpaccio me lo consentisse. Con la
maglia andò
tutto bene, ma i jeans erano strettissimi! E poi, essendo a sigaretta,
premevano in maniera fastidiosa sulla gamba offesa.
Cercando
di ignorare il malumore crescente, abbottonai quei
benedetti pantaloni con un piccolo sforzo delle dita, ma il mio
disappunto
crebbe a dismisura quando mi accorsi che le scarpe che aveva comprato
Milo
altro non erano che delle decolleté di vernice con un tacco
non inferiore ai
nove centimetri.
Se
era uno scherzo, non faceva ridere.
Saltellando
sulla gamba sinistra, uscii dalla stanza e trovai
Milo, anche lui cambiato di fresco, che mi aspettava sorridente sotto
il
porticato.
Alzai
le scarpe all’altezza del volto con fare interrogativo e
il suo sorriso si fece più ampio. Non so come fece, ma, nel
tempo di un battito
di ciglia, mi ritrovai nuovamente in braccio a lui, con entrambe le
scarpe ai
piedi.
-Ma
cos…?- borbottai, ma Milo fu più veloce di me
perfino nel
rispondere.
-Pronta
a testare l’alta velocità?- mi domandò,
con un luccichio
birichino negli occhi che mi preoccupò subito tantissimo.
-Uh?-
fu l’unica cosa che riuscii a rispondere, prima di trovarmi davanti ad un
grazioso
ristorantino che dava sul mare.
-Ma
dove, hic!, siamo?- domandai intelligentemente.
-Ah
ah! Non posso crederci! La velocità della luce ti ha fatto
venire il singhiozzo! Oddio, sei uno spasso! Aspetta,
aspetta…bu! Passato?-
Totalmente
senza parole, e alquanto divertita dall’espressione
scema che aveva Milo nel cercare di spaventarmi, mi avviai verso il
ristorante
con il naso per aria, fingendo superiorità, cercando di
appoggiare il meno
possibile la gamba già dolorante. Lui, però,
ancora sghignazzante, mi raggiunse
subito e mi prese a braccetto,
sostenendo miracolosamente quasi tutto il mio peso e
alleviando non di
poco il dolore del mio arto sfortunato.
Prendemmo
posto sulla terrazza che dava sulla spiaggia, in un
tavolino ornato con delle giunchiglie, e ordinammo il pranzo.
Durante
il pasto, Milo mi parlò di sé.
Mi
raccontò dell’addestramento sull’isola
che portava il suo
nome, mi parlò di tutte le sue figuracce e
dell’amicizia quasi fraterna che lo
legava a Camus, Santo di Acquario.
Non
una parola sulla famiglia.
Scoprii
soltanto che anche lui era orfano, come tutti i
Cavalieri del Santuario, e che considerava gli altri Gold Saints, chi
più chi
meno, alla stregua di fratelli.
Nel
corso della conversazione notai che su di me si erano posati
gli sguardi ostili di tutta la fauna femminile del locale. Sorrisi,
compiaciuta, e tornai a guardare Milo negli occhi, lasciandolo
interdetto e
facendogli interrompere a metà il discorso che aveva appena
iniziato.
-Che
succede?- domandò.
-Nulla.
È solo che tutte le ragazze del locale mi stanno
guardando con odio. Credo che venderebbero la propria madre per essere
al mio
posto.-
E
non a torto. Milo sembrava un modello con quella maglietta
nera leggermente aderente. Non solo, però. Aveva, nei gesti
e nel modo di
parlare, un qualcosa di sensuale e di protettivo allo stesso tempo, che
mi
faceva sentire orgogliosa di essere lì con lui. Se quelle
ragazze avessero
saputo quanto riusciva ad essere irritante certe volte,
però, forse mi
avrebbero invidiato un po’ meno.
-
A-ha! Che ne dici, allora, di un bacetto, giusto per farle
schiattare un po’ dall’invidia?-
Appunto.
Senza
dire nulla,gli rifilai un calcio da sotto il tavolo con la
gamba buona.
In
quel momento si avvicinò una ragazza bionda, con gli occhi
grandi e verdi e un seno enorme. Deglutii. Era talmente bella che no
potevo
nemmeno reggerle le scarpe. Abbassai lo sguardo infastidita, quando
parlò con
voce sensuale.
-Mi
chiamo Ylenia, e ho un appartamento qui vicino. Mi chiedevo
se avevi voglia di…-
-Mi
dispiace- la interruppe Milo –ma, come vedi, ho
già
compagnia.-
-Capisco-
sentii la bionda rispondere –ma io parlavo con te,
piccolina- disse mentre con due dita mi sollevava il mento, puntando le
sue
iridi smeraldine nelle mie.
Deglutii
a fatica, mentre cominciai ad avvampare e a sudare.
-Mi-Milo?-
invocai il suo aiuto, vedendo con la coda dell’occhio
che il Cavaliere di Scorpio si stava letteralmente sbellicando dalle
risate. Il
mio imbarazzo era arrivato alle stelle, e con lui anche
l’asma, quando, in un
attimo, fummo fuori dal ristorante grazie alla velocità
della luce. Mi ritrovai
accovacciata al petto di Milo, scosso dalle risate, mentre io diventavo
blu per
via del singhiozzo e dell’assenza di respiro.
Quando
si accorse del mio colorito, Milo si allarmò e
domandò
intelligentemente se stessi bene. Feci cenno di no con la testa, mentre
gli
occhi mi uscivano dalle orbite.
-Oddio,
ma tu non respiri!- avvertii che attorno a lui
veleggiava un non so chè di ansioso. Doveva essere quello
che Shaka e Doko
avevano chiamato Cosmo. Fu buffo percepire il Cosmo di Milo per la
prima volta
proprio mentre ero in preda alla peggiore crisi asmatica di tutta la
mia vita,
con lui che mi correva intorno starnazzando come un pollo,
completamente
incapace di gestire una situazione del genere.
Dio,
che brutto quarto d’ora! Dannata bionda!
Fu
in quel momento che una mano mi toccò la spalla e sentii un
Cosmo nuovo, fresco, profumato oserei dire, che riuscì in
qualche modo a
fermare la mia asma, lasciandomi sulla spiaggia ansimante e sudata.
-Tutto
bene, Lily?- mi sorrise Aphrodite dei Pesci, mentre io
annuivo, realizzando che ero sfuggita per la seconda volta da morte
sicura grazie
ad uno dei Santi di Athena.
…………………………………………………………………………………………
-Ah
ah! Non può essere vero! E tu ti saresti fatta venire un
attacco d’asma solo per una proposta un
po’…ehm…bollente? Ma non farmi ridere,
Lily!-
La
risata di Aphrodite era così argentina che non trovai
nemmeno
la forza di offendermi, rapita com’ero dalla
musicalità di quel timbro vocale.
-Di
solito non sono così delicata, però, vedi, sono
successe
tante cose… Il mio sistema nervoso è a pezzi, e
emotiva come sono,. È ovvio che
l’asma mi venga così di frequente…-
Camminavamo
lentamente lungo le strette viuzze di Atene, un po’
per gustarci l’aria di mare, un po’
perché quella era la massima velocità che
la mia gamba consentiva.
-Capisco…
Immagino che per te sia stato un bel colpo apprendere,
nella stessa mattinata, dell’esistenza di Athena e dei suoi
protettori… per non
parlare del fatto di avere un Cosmo! Le convinzione di chiunque
sarebbero
crollate a partire dalle fondamenta.-
Scossi
lentamente la testa, negando parte del discorso che
Aphrodite aveva appena proferito.
-No,
sono stati gli avvenimenti antecedenti al Santuario a
distruggermi. Sai, il matrimonio e tutto il resto… Per
quanto riguarda Athena,
non è un problema. Finora ho sempre vissuto senza credere in
nulla, senza preoccuparmi
di difendere o di negare l’esistenza di alcuna
divinità-
Aphrodite
alzò un sopracciglio, perplesso forse di sentire tali
parole uscire dalla bocca di una fanciulla. Però, non mi
interruppe, e nemmeno
lo fece Milo, così mi sentii autorizzata a continuare.
-Per
quanto riguarda voi Cavalieri, beh, sono liete che
esistiate, mi avete aperto la porta di un nuovo mondo. Se poi il Cosmo
è il
requisito per potervi permanere, allora ben venga. Mi lascio alle
spalle una
strada così piena di angosce e dubbi, che qualsiasi altra
opportunità è ben
accetta. Non fraintendetemi, non sto scappando dai miei guai.
Tornerò ad
affrontarli, quando sarò pronta, e se la mia vita
tornerà ad essere dolorosa,
almeno sarà per scelta mia e non di altri.-
Al
mio discorso seguirono alcuni minuti di silenzio, durante i
quali non smisi di domandarmi se avevo esagerato o no con le parole e
con la
confidenza. Fu Milo ad interrompere il flusso dei miei pensieri:
-Siamo
uomini, in fondo, nient’altro che uomini. Non ti giudico,
Lily, perché nel tuo dolore ritrovo anche il mio che era
sepolto. Viaggiamo
nella stessa direzione, oramai:promettimi che dividerai con me il peso
del tuo
bagaglio, quando sarà diventato troppo pesante-
Forse
fu in quel momento che mi innamorai davvero di Milo, forse
no. Forse ero nata già innamorata di lui, senza saperlo, o
forse me ne
innamorai solo più tardi.
Solo
di una cosa ero sicura in quel momento: la mia vita, il
sapore dell’acqua, la fine del mondo erano tutte
banalità, se messe a confronto
con quei frammenti di cielo che adesso non aspettavano altro che un
sì…
-Promesso.-
Sì,
promesso. Vidi l’aere sorridermi attraverso gli occhi di
Milo, ma non fui più in grado di udirne le parole, e nemmeno
sentii quelle di
Aphrodite. Le mie orecchie erano assordate dal battito di un cuore
prepotente,
che non la smetteva di gridare la sua gioia.
Mi
stupii non poco quando, più tardi, realizzai che quel suono
veniva da me.
……………………………………………………………………………………….
-Ricapitolando:
io, adesso, dovrei recarmi da una ragazzina che
voi chiamate “Lady” , per farmi conoscere giusto?
Però, sarà un incontro
parecchio formale, in cui verranno fatte domande sulla mia
identità e sul mio
passato, non è così?-
Vidi
Milo e Aphrodite annuire, all’interno del giardino fiorito
della Casa dei Pesci.
-Oh,
e Shaka si è raccomandato di non essere maleducata con la Dea.
Rispondi solo se
interpellata e dalle del “voi”- aggiunse Aphrodite.
-Certamente-
risposi con ironia – poi, mi metterò in posizione
“sacco da boxe” pronta a farmi menare, per testare
la mia pericolosità in
quanto possibile nemico. Dico bene?-
-A
grandi linee- annuì Milo, serio.
-Scordatelo-
feci per tornare sui miei passi, ma i due Cavalieri
mi trattennero per le spalle, e, incuranti delle mie proteste, mi
portarono in
quella scomoda posizione fino all’ingresso del Tredicesimo
Tempio.
Li
fulminai con uno sguardo truce, quindi, fatto un bel respiro,
spinsi i pesanti battenti di legno ed entrai in un salone ampio e
sfarzoso.
-Benarrivata.
Accomodati, entra pure.- mi accolse la voce
armoniosa di una ragazzina dagli occhi azzurri e dai lunghi capelli
viola.
Non
mi suonò come un ordine, e, anzi, il suo tono di voce fu
particolarmente gentile; così, sopprimendo quella vocina
interiore che mi
ordinava di non farlo, sorrisi a mia volta ed entrai.
Il
mio corner
Finalmente
sono riuscita a trascrivere il nuovo capitolo. Sono
sempre in ritardo, che frana! Chiedo scusa! Allora, che
dire… in alcune parti
la narrazione è noiosa e tende al frivolo, ma non
è che una sfumatura, non la
vera essenza della storia. In alcuni punti, il personaggio di Milo
potrà
sembrare originariamente OOC. In realtà, penso che anche lui
possa avere, in
certi momenti, un lato serio e dolcissimo che nell’originale
emerge poco. Non
so, io nell’intimità me l’immagino un
inguaribile romantico. Infine, non credo
che nell’Ottava Casa ci sia un peristilio come quello
descritto qui. Solo, mi
piaceva pensare che ci fosse.
Mi
rendo conto di stare trascurando un po’
“oltre”, l’altra mia
fanfic, ma di questa sono letteralmente innamorata, mi è
inevitabile
privilegiarla. Passiamo a ringraziare individualmente, ora:
ti
con zero:
capitoli che preludono qualcos’altro, dici? Non mi
è
chiarissimo come concetto,ma vedrò di fare del mio
meglio!^_^ grazie per aver
lasciato una recensione! *si inchina di 90 gradi rischiando il colpo
della
strega* *1bacio*
Ai91:hai
fatto arrossire Shaka, poverino! ^_^ gli altri Cavalieri,
invece, sono tutti contenti! Vedessi com’è pompato
Milo! (parla per te!
N.d.Milo ehm…ndme) scherzi a parte, grazie davvero per i
complimenti, sei stata
gentilissima *arrossisce fino a diventare blu*. Spero che anche questo
capitolo
ti piaccia! *1bacio*
Snow
Fox:
va bene, così, la lunghezza? No, non è la prima
fic che scrivo.
Cioè, in realtà sarebbe la seconda. La prima,
però, è formata da 4 miseri
capitolini tutti sguinci sguinci, quindi sono comunque agli inizi.
(discorso in
un italiano scorrettissimo, spero che tu ne abbia afferrato il senso lo
stesso!^_^) Acc! Mi hai beccata! Eh, sì, il personaggio di
Shaka è un po’ OOc,
o forse no. In fondo , le persone possono sempre stupire. Comunque,
sì, la
cavalleria in lui è forse un po’ forzata,
però ammetto che uno Shaka gentile non
mi dispiace. Per quanto riguarda la storia di Lily, si dovranno
aspettare un
paio di capitoli: la ragazza è molto riservata! Grazie per
la recensione, spero
che continuerai a leggere! *1bacio*
Roxrox:
hai
ragionissima, sono convinta che i Gold di buon senso ne
abbiano sempre meno! Milo è sempre il migliore, non
c’è niente da fare! *tira
fuori la maglietta con l’immagine di del fan club di Milo*.
Sì, i rischi che si
corrono nei capitoli di transizione è sempre quello. La
storia completa di Lily
si saprà solo un po’ più avanti, quando
lei deciderà di aprirsi un po’ di più
con qualcuno…ma non ti dico altro! Grazie davvero per tutti
i complimenti *me
rossa*. Vola ad aggiornare “tra i petali del
tempo”, adesso! Marsch! Scherzavo…eh
eh… tankS! *1bacione*
Ribrib20:
mi hai fatto diventare rossa! Grazie! Sai che ti dico?Se non
mi avessi lasciato questa bella recensione, in questo momento non sarei
così
felice! Perciò, grazie a te! Spero che continuerai a
leggere! ^_^ *1bacio*
Infine,
vorrei ringraziare leyda
per
aver
inserito “beautiful novel” tra i preferiti, e anemone333,
Roxrox e ancora
leyda
per aver inserito
questa storia tra le
seguite. Mi avete fatto un piacere immenso!^_^
P.s:
un’ultima cosa. Poi non rompo più, sul serio.
Qualcuno sa
dirmi cosa sono, di preciso, le Mary Sue? Lily è una Mary
Sue? Spero di no,
Lily è una Lily…vabbè, grazie a
chiunque mi darà chiarimenti su questo arcano!
Enjoy!!!!!!!!
*1bacio*
stantuffo
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Capitolo 4 *** quando la tempesta ti si abbatte sulla testa ***
‡
Beautiful novel ‡
Caddi
sulle ginocchia cercando di respirare bene, ma una scarica
di dolore mi attraversò la schiena, costringendomi a
contorcermi.
Ma
cosa mi stava succedendo?
Ero
entrata nel salone grandissimo, come mi avevano detto di
fare i ragazzi e la bambina dai capelli viola; poi mi ero presentata,
avevo
detto il mio nome e la mia età, ero stata gentile.
Di
punto in bianco, però, avevo sentito una forte pressione
schiacciarmi a terra, e, mentre cercavo di resistere a quella spinta,
mi ero
sentita come avvolta da una coperta che mi procurava incessanti
scariche di
dolore. È un paragone insolito, ma rende bene
l’idea.
Imprecai
mentalmente contro il mondo e strinsi i denti, cercando
di sopportare il male; udii una voce maschile chiedere a Milady di
smetterla.
Milady? Doveva essere la ragazzina…
Allora,
i miei sospetti non erano sbagliati: il dolore che
provavo era opera del suo Cosmo, il cosiddetto Cosmo di Athena. Pensai
con
amarezza che di Athena si poteva dire tutto, ma che certamente non
rappresentava
la giustizia.
Serrai
la bocca e i pugni quando una nuova scarica di dolore mi
costrinse a contorcermi di nuovo.
Ero
stesa a terra, ansimante, forse avevo anche la bava alla
bocca e non riuscivo a smettere di dimenarmi come un verme, nel
disperato tentativo
di scampare a quella sofferenza. Athena mi stava piegando, e non capivo
perché.
Però,
decisi che non mi avrebbe umiliata.
Era
stato per me inevitabile cadere a terra e divincolarmi in
preda agli spasmi, perché il mio fisico da comune mortale
non poteva certo
resistere alla forza di un attacco divino; però, il mio
spirito era forte,
sapevo che lo era, e
non avrei mai
mollato: non mi avrebbe tolto la dignità, anche a costo di
morire.
Non
chiesi pietà quel giorno.
Non
urlai quando la mia spina dorsale parve sul punto di
spezzarsi, e non chiusi gli occhi mentre ero in preda alle convulsioni,
benché
la mia vista fosse appannata e ogni tentativo di scorgere delle figure
si
rivelasse vano e inutile.
Riuscii
solo a percepire la presenza di alcune sagome colorate
attorno a me, ma non mi curai di approfondire la cosa,
perché le fitte che mi
percorrevano il corpo mi impedivano di concentrarmi su qualcosa di
concreto per
più di qualche secondo.
Ero
ormai certa che, se anche fossi riuscita ad uscire viva da
quella prova, la mia salute fisica, o, perchè no, anche
quella mentale, sarebbe
rimasta irrimediabilmente compromessa. Nonostante tutto, incitai
mentalmente
Athena a non smettere di torturarmi, sicura che, se davvero aveva
poteri
divini, sarebbe stata capace di leggermi nella mente.
“Sono
indifesa, continua.” Pensai con tutte le mie forze
“impegnati un po’ di più, e uccidimi.
Non deve essere troppo difficile per te, Giustizia.
Non ho difese.”
Dovette
sentirmi, perché il dolore cominciò a poco a poco
a
scemare, e potei nuovamente distinguere delle voci che si erano
aggiunte alla
prima per chiedere alla Dea di smetterla.
No,
non glielo stavano chiedendo. La stavano implorando.
Tsk.
Assurdo.
Il
Cosmo di Athena abbandonò finalmente il mio corpo, ed io
cominciai a respirare normalmente, supina, godendo della frescura
piacevole che
sentivo sulla pelle al contatto con il marmo del pavimento. Mi rialzai
sulle
ginocchia dopo pochi secondi, e subito sentii delle braccia cercare di
sorreggermi, ma mi ribellai.
-Non…toccatemi…-
biascicai.
Riuscii
ad appoggiarmi malamente sulle gambe molli, e, in
precario equilibrio su me stessa, mi volsi a guardare la ragazzina.
Era
seduta sul trono in modo scomposto, ansimante, con gli occhi
chiusi e una mano a reggersi la fronte imperlata di sudore.
Sembrava…stanca.
Il
ragazzo biondo, Shaka, e quello che mi aveva detto di
chiamarsi Doko di Libra le stavano accanto, ai lati del trono, e
tendevano le
braccia verso di lei con aria ansiosa.
Gli
altri Cavalieri erano tutti dietro di me, eccetto
Kanon, Shura e
Camus, che, invece, non
si erano mossi di un centimetro, apparentemente estranei a tutto quel
che stava
accadendo.
Mi
girai e lanciai uno sguardo deluso a Milo e Aphrodite. Il
primo chinò la testa, come i bambini quando vengono sgridati
dopo una
marachella; il secondo, invece, assunse un’espressione di
sincera
costernazione, con tanto di occhi lucidi.
Patetico
e inutile, inutile davvero.
Mossi
qualche passo incerto e barcollante verso la Dea,
che intanto aveva aperto
gli occhi e mi fissava spaesata e incuriosita.
Indossavo
ancora i tacchi, e per tutto il tempo la mia gamba non
aveva smesso di dolere; io, però, ero troppo concentrata a
non urlare per
rendermene davvero conto. Furono, comunque, i tre passi più
dolorosi di tutta
la mia vita.
Mi
fermai e alzai la testa , raddrizzando la schiena il più
possibile, il mento alto e il volto immobile, in un chiaro
atteggiamento di
sfida. Puntai con decisione i miei occhi sui suoi, che in quel momento
mi
parvero fragili; nero e azzurro, notte e giorno, perforai le sue iridi
chiare
con le mie color ebano, ma non vi lessi rimorso, né senso di
colpa.
-Mi
disgusti- pronunciai con immenso disprezzo quella coppia di
parole, e la mia voce era ferma, e il timbro forte.
Fui
orgogliosa di me, di non essermi mostrata debole, ma poi
focalizzai la mia attenzione su Athena, ancora una volta.
Decisi che due parole per
lei erano anche troppe, e, fermamente convinta a non spenderne altre,
mi girai,
mi tolsi i tacchi, e, a testa alta, uscii da quella stanza maledetta
senza
degnare di uno sguardo i ragazzi, che per tutto quel tempo non avevano
fiatato.
Non
appena cominciai a scendere i gradini, tra le proteste della
mia gamba, sentii qualcuno afferrarmi il polso e costringermi a
voltarmi.
-Dove
vai?- la domanda veniva dal Cavaliere dei Gemelli.
-Lasciami
andare, Kanon. Me ne vado di qua. Torno a casa.-
dissi, mentre cercavo di liberarmi dalla sua presa salda.
-Saga.
Non Kanon, Saga. Sono suo fratello-
-Affascinante,
Saga.
Due gemelli per l’armatura dei Gemelli. Originali, non
c’è che dire.-
Non
ero mai stata una persona sarcastica, ma ero nervosa,
delusa, frustrata, e avevo solo una gran voglia di piangere.
-Perdonami,
ma non puoi lasciare il Santuario. Vieni con me, ti
ospiterò nella Terza Casa. Ti va un caffè?-
Feci
cenno di no con la testa, in preda al nervoso. Non volevo
un caffè, no.
-Lo
vuoi un amico?-
Questa
volta feci cenno di sì. Sì, non avevo mai avuto
bisogno
di un amico come in quel momento. Ma i miei amici ora erano tutti via,
tutti
lontani, ognuno perso nei casini della propria vita.
E
poi, dove l’avrei trovato, al Santuario, un amico? Mica
crescevano sugli alberi! E non esistevano nemmeno i distributori.
Distributori
di amici, che idea…
-Sfogati
con me, se serve-
Lo
guardai meglio. Alto, capelli scuri, occhi azzurri ed
espressione forzatamente gentile. Quando mi aveva chiesto se volevo un
amico,
la sua voce profonda si era tinta di una nota d’imbarazzo.
Di
certo, non doveva essere un comportamento a lui consono.
-Mi
hai letto nel pensiero, vero?- provai. Milo mi aveva detto
che alcuni di loro avevano questa capacità.
Lui
annuì.
-Così,
hai capito che mi sentivo tradita e avevo bisogno di
qualcuno che mi stesse vicino.-
Annuì
di nuovo.
-Se
non fosse stato così, non mi avresti mai chiesto
“lo vuoi un
amico?” con un tono così gentile. Non è
da te, giusto?-
Annuì
una terza volta.
-Ultima
domanda: avresti preferito che la Dea
Athena
non ti avesse affidato l’incombenza di prenderti
cura di me, vero? Se
non ti fosse stato ordinato, di me te ne saresti fregato bellamente.-
Saga
annuì un’ultima volta, ed io sorrisi, nonostante
tutto.
Almeno era sincero.
-Andiamo
alla terza Casa, allora.- così dicendo, gli piombai in
braccio con poca grazia.
Quest’improvvisa
confidenza lo lasciò un po’ spiazzato, ma il
secondo dopo fummo comunque all’interno di quella che doveva
essere la cucina
della Casa dei Gemelli.
Ignorai
l’arredamento moderno, e, senza aspettare il permesso
del padrone di casa, mi buttai su una sedia e appoggiai la fronte al
tavolo.
Sentii Saga muoversi lentamente dietro di me, poi il rumore del
caffè quando
viene macinato e dell’acqua che scorre. Non alzai il capo
quando lui mi posò la
tazzina vicino alla testa, e restai in quella posizione per qualche
minuto.
Quando non fui più in grado di sopportare il silenzio, alzai
lo sguardo con uno
scatto irritato ed esclamai:
-Siete
solo dei gran vigliacchi!-
Saga
continuò a sorseggiare il suo caffè, che ormai
era finito,
senza guardarmi.
-E
Athena? Cosa credeva di fare? Non doveva farmi solo delle
domande? E quando ha visto che il suo pericolosissimo e panoplitico
nemico- e
qui mimai le virgolette con due dita – non reagiva, e, anzi,
stava quasi
morendo torturato, perché non si è fermata?
E nessuno di voi che si sia mosso! È dunque
questa la
Giustizia che difendete
con tanto ardore? Siete…siete solo degli ipocriti, mi fate
schifo!-
Ormai
stavo urlando. Avevo perso il controllo.
-Le
tue mani- fece Saga –stanno sanguinando.-
Mi
osservai i palmi. Era vero.
Mentre
la Dea
“testava la mia pericolosità”, mi ero
piantata le unghie nelle mani con tanta
forza da penetrare nel vivo. E adesso, quattro piccole mezzelune per
mano mi
sorridevano, macabre, con la loro bocca insanguinata. Sospirai.
-Tanto
non m’importa. Non m’importa quasi più
di nulla. Non sono
nemmeno più capace di piangere.- alle mie parole, Saga
aprì un po’ di più gli
occhi.
-Parli
così- mi disse – solo perché hai subito
un’ingiustizia?
Dici di non avere più interesse per nulla solo
perché ti senti sola? E non hai
nemmeno lottato. Dai, lo sappiamo tutti e due che le tue spalle possono
reggere
pesi più grossi di questo.
Magari
non saprai più piangere, ma frignare ti riesce ancora
benissimo. Scusami tanto, ma sei tu che fai schifo a me.-
Prima
che potessi rendermene conto, il mio pugno chiuso scattò
verso il suo volto, nonostante il tavolo fra noi due fosse un
impedimento non
da poco. Nel momento dell’impatto ci fu un rumore sordo, e
una fitta lancinante
partì dalle mie dita e arrivò fino al gomito. Mi
ritrassi, mugolando e con gli
occhi in fiamme.
-Dovevo
avvisarti del rischio che avresti corso picchiandomi. Ti
sei rotta tre dita, scusami.-
“Ti
sei rotta tre dita, scusami.”? Ma che razza di frase era? E
di che cosa era fatta la sua faccia, di cemento? Oh, in questo posto
era tutto
così crudelmente assurdo…
Mi
raggomitolai sul divano in posizione fetale, come facevo
tutte le volte che avevo paura, e comincia a singhiozzare.
Quando
Saga si sedette vicino a me, le lacrime iniziarono a
scendere. Piansi tantissimo quella volta, rovesciando nelle lacrime
tutta la
mia tensione.
Piansi
al tramonto, piansi quando arrivò la luna, piansi quando
vidi le stelle e quando Saga provò a farmi una carezza
timidissima sul braccio.
Cielo,
stavo male, male davvero.
Cullata
dal silenzio del ragazzo che mi stava accanto e dal
dolce frinire delle cicale che entrava dalla finestra, piansi.
Sì,
quella notte piansi, piansi, piansi.
………………………………………………………………………………………….
Aprii
gli occhi disturbata da un raggio di sole, e mi scoprii in
un letto con delle lenzuola blu notte. Stupita, mi drizzai a sedere e
trovai
Saga che mi sorrideva con fare fraterno, seduto sul bordo.
-Sei
stata bravissima- mi disse, e sembrava sincero.
Solo,
non capivo a cosa si riferisse.
-Alle
lacrime. E al fatto che alla fine sei riuscita a lasciarti
andare. Ah, già…le cose che ho
detto…beh, erano solo una provocazione. Non le
penso davvero.-
Oh.
Ecco cosa intendeva.
-Grazie
Saga. Però, per piacere, smettila di leggermi nel
pensiero. Non ti terrei mai nascosto nulla,ma chiedimele le cose,
invece di
scoprirle da te.- mi ero totalmente calmata, e il tono della mia voce
era
tornato pacato.
-D’accordo,
scusami. Comunque, ci tenevo a dirti che se la Dea si è comportata
in quel modo, deve aver avuto
le sue buone ragioni. Non so quali siano, non ci siamo ancora
consultati in
merito. Tu, però, potevi evitare di offendere Saori: non
è stata lei a metterti
alla prova, ma Athena.-
-A
parte il fatto che questo non è un discorso da fare a una
persona che si è appena svegliata,- sbadigliai io- secondo
me anche Saori è un
po’ responsabile: in fondo il corpo è il suo, no?-
-Non
è così semplice: lei mette a disposizione il
proprio corpo,
ma quando Athena decide di prenderne completamente possesso non
può opporsi in
alcuna maniera.-
Saga
sembrava un professore, perso com’era nella sua logica
spiegazione di un fenomeno che di logico non aveva proprio nulla. Il
mio
cervello, però, era ancora troppo assonnato per seguire i
suoi ragionamenti.
Così,
quando sentii pronunciare le parole “appendice
spirituale”
e “confinamento dell’inconscio”, decisi
che era arrivato il momento di uno dei
miei tanti viaggetti mentali, e mi immaginai Saga vestito da medium che
ripeteva le medesime cose di quel momento a degli increduli e ammirati
clienti.
Davvero,
avrebbe fatto una fortuna con un turbante in testa, i
tarocchi e tutte quelle parolone specifiche sullo spirito umano.
Risi,
fu inevitabile.
-Hey,
ma mi stai ascoltando?- mi chiese Saga seccato, fecendomi
tornare coi piedi per terra.
-Non
mi sono persa una parola- mentii, sperando che non mi
leggesse nel pensiero.
-È
inutile. Non faccio apposta, sul serio, ma i tuoi pensieri
sono così forti che è quasi impossibile evitarli.
Non sono io a entrare nella
tua mente: è il tuo cervello che mi vomita addosso tutto
quello che elabora.-
Arrossii.
Va bene, non avevo un gran cervello, ma nessuno
l’aveva mai sfottuto così. Antipatico…
-Comunque-
tentai, cercando di sviare la sua attenzione dalle
mie scarse doti intellettuali – prima di perdermi, mi
è sembrato di capire che
Saori è una sorta di contenitore dello spirito di Athena,
una scatola, no?-
-Mettila
come vuoi. Milady, comunque, è ancora scossa per
l’accaduto. Faresti bene a scusarti.- storsi il naso alla
proposta di Saga, ma
lo lasciai continuare:
-E
poi, stamattina, mentre dormivi, ho dovuto più volte
respingere gli assalti di Milo. È davvero mortificato e non
vede l’ora di
vederti. Anche Aphrodite ha detto di volersi scusare. In modo
più discreto di
Milo, certo. Dovrai chiarire anche con loro, Lily.-
Sorrisi
leggermente pensando a quei due, poi domandai:
-Posso
lasciare il Grande Tempio?-
Ero
speranzosa, ma fui smontata dalla risposta del Cavaliere dei
Gemelli:
-No.
La Dea è stata
categorica. Mi dispiace, ma ti vuole
ancora qui.-
Sospirai.
Non c’era una cosa che andasse per il verso, e
c’era
sempre di mezzo “la Dea”
, in qualche modo.
-Almeno
mi porti la colazione a letto?- miagolai, con un tono di
voce a metà tra il piagnucoloso e il persuasivo.
Saga
sorrise.
-È
quasi mezzogiorno, mia cara. Siamo invitati a pranzo da
Aldebaran. Ci saranno tutti i Cavalieri. A proposito, Milo ti ha
comprato un
vestito per l’occasione. Mi raccomando, non perdere troppo
tempo a cambiarti.-
a fine discorso, era già praticamente uscito, chiudendo la
porta.
Sospirai
di nuovo e presi la borsa. C’era un bigliettino
attaccato che diceva:
“Alla
mia piccolina. Spero che ti piacciano i colori forti =)
bacio, Milo.”
Scagliai
lontano il biglietto con un grugnito e aprii la borsa.
Nel farlo, le dita cominciarono a farmi malissimo.
Accidenti,
mi ero scordata di essermene rotta tre!
Con
la mano sinistra, rovesciai sul letto il contenuto della
sporta.
Oddio.
Che schifo.
Avevo
tra le mani un abitino lungo appena sopra le ginocchia, di
un sobrissimo rosa fluo con dei fiori bianchi stilizzati sparsi qua e
là.
Non solo: ancora una
volta, Milo aveva pensato bene di prendermi dei tacchi, questa volta
tacco 11, dello
stesso, delicatissimo colore del vestito, come se non avessi una gamba
quasi
rotta.
Decisi
che i tacchi li avrei usati per timbrargli la fronte, e
continuai a frugare.
Quel
deviato mentale mi aveva comprato anche la biancheria!
Mi
ritrovai a reggere un tanga nero, con Hello Kitty che faceva
il medio stampato sia sul davanti che sul retro. Il reggiseno, con la
stessa,
stupidissima stampa, era imbottito.
Ero
orgogliosissima della mia terza, e non avevo certo bisogno
di un’imbottitura di rinforzo.
Certo
che non mi sarebbe dispiaciuto avere il seno un tantino
più grosso…
Vabbè,
per stavolta l’avrei indossato, ma solo per gentilezza
nei confronti di Milo, sia chiaro!
Misi
quel reggiseno reprimendo il naturale ribrezzo che avevo
sempre avuto nei confronti di Hello Kitty, Winnie The Pooh e affini e
indossai
con calma quel vestito dal colore così forte che quasi
cavava gli occhi.
Uscii
dalla stanza e cercai Saga, camminando in doloroso
equilibrio su quelle trappole mortali. Tanto, ormai, il mio tendine era
andato.
-Stai
davvero benissimo, Milo aveva ragione- la cortesia di
circostanza di Saga non mi sfiorò neppure, ma mi
colpì la strana smorfia che
aveva dipinta in volto, a metà tra il divertimento e la
colpevolezza.
Scrollai
le spalle e uscii dalla Terza Casa con l’andatura
claudicante che oramai mi caratterizzava.
-Milo
sarà felice di sapere che sei stata così gentile nei suoi confronti!-
trillò il
Santo di Gemini.
Istintivamente,
mi portai una mano al seno e arrossii, guardando
Saga con odio crescente:
-T-tu…-
-Sì,
sì, scusami, non ti leggerò più la
mente. Adesso non farti
venire l’asma, però! Su, andiamo.-
Mi
prese in braccio e io non replicai, perché quella era la
prima volta che lo vedevo ridere, e la cosa mi aveva totalmente
affascinata.
Vedere
Saga ridere di gusto era una cosa che faceva piacere,
scaldava il cuore.
-Aspetta,
Saga. Prima di andare, c’è una cosa che ti dovrei
chiedere.-
-Dimmi
pure.-
-Vedi,
quando chiudo gli occhi riesco a vedere, al posto delle
persone, delle sagome colorate. E se stringo gli occhi fortissimo,
riesco anche
a captare le sensazioni legate a quel colore. Sono malata?-
Saga
sorrise leggermente, ci pensò su qualche secondo e infine
rispose:
-No,
credo sia il tuo modo di sentire il Cosmo. Da quanto tempo
riesci a farlo?-
Mi
strinsi nelle spalle.
-Non
lo so. Non ci avevo mai fatto caso più di tanto, ma adesso
mi è tornato in mente.-
-Tu
noti le cose più banali, mentre quelle più
importanti ti
sfuggono. Sei una frana, Lily.-
-Ecco,
per esempio, io vedo la mia sagoma arancione, quasi color
rame. Quella di Milo invece è azzurra come i suoi occhi. La
sagoma di Aphrodite
è rosa intenso, mentre quella di
Kanon è grigio fango. E poi…No, scusa, stavi
dicendo? Mi ero persa…-
-Sei…Sei
una…bah, lasciamo stare! Tanto non mi ascolteresti! Per
curiosità, il mio Cosmo di che colore lo vedi?-
Chiusi
gli occhi e li strizzai, massaggiandomi le tempie ed
emettendo suoni gutturali. Non era per niente necessaria una scenata
del
genere, ma volevo colpire Saga con le mie capacità.
Invece
fu lui a colpire me.
In
testa.
Con un coppino.
M’indignai,
anche se in realtà non mi fece troppo male.
-Colpirmi?
Solo perché sei in grado di percepire il Cosmo?
Ragazza mia, tu sei troppo imbranata per essere vera!-
Mi
aveva di nuovo letto nel pensiero! Oh, che antipatico,
antipatico davvero.
-E
io che pensavo che tra te e Kanon fossi tu il simpatico!
Adesso il colore non te lo dico!-
-Davvero?
Sai, credo proprio che mi chiuderò in uno sgabuzzino a
frignare…-
-Ah,
ecco dov’eri il giorno in cui ho conosciuto gli altri
Cavalieri! Mi chiedevo perché tu non ci fossi!-
-Andiamo
o ne hai ancora per molto?-
Stava
sbuffando e voleva troncare la discussione.
Evvai.
Avevo vinto io.
-No,
aspetta! Non possiamo ancora andare alla festa! Sento un
Cosmo violetto provenire da lassù;- e indicai la cima della
collina –
appartiene a qualcuno che si sente solo. Devo andare da lui!-
Saga
mi squadrò a fondo, come se fossi un’aliena, e
parve voler
aspettare a lungo prima di parlare.
Io,
però, avevo fretta: quel Cosmo era davvero difficile da
sostenere senza intristirsi, denso e disordinato
com’era…
Incitai
nuovamente Saga e lui annuì.
Mi
ritrovai, l’istante dopo, davanti ad una porta di mogano.
-Dove
siamo?- chiesi ingenuamente.
-Dove
hai detto tu. Il Cosmo di cui parli proviene da qui. Ti
spetto fuori da questa porta. Non metterci troppo, mi raccomando!-
Annuii,
ma in realtà ero ancora confusa, spaesata dal repentino
cambiamento dovuto al’alta velocità a cui, ormai
ne ero certa, non mi sarei mai
abituata.
Mi
accinsi ad entrare, ma Saga mi bloccò per un polso.
Quando
le sue iridi color ciclamino si specchiarono nelle mie,
persi completamente attenzione per ogni altra cosa, e solo pochi
secondi dopo
che mi ebbe lasciato il polso, realizzai che mi aveva parlato.
-Coraggio,
bambina- aveva detto – sii forte, mi raccomando. Mi
fido di te.-
Allora,
in quel momento, capii chi avrei trovato dietro quella
porta; quando entrai sospirando, Saori Kido sussultò.
Sembrava
sorpresa quanto me di vedermi lì, e mi accorsi subito
che i suoi occhi, come i miei, erano pieni di ombre.
Eravamo
entrambe turbate, turbate davvero.
Il
mio corner…
Cap
finito con tanto sudore. Vediamo, che dire? Sono in ritardo?
Spero di no, anche se di solito lo sono sempre…
Allora,
riguardo ciò che ho appena scritto, ci tenevo a
precisare una cosa: non sono contro Saori Kido, è un
personaggio che mi
affascina, semplicemente, senza piacermi né dispiacermi.
Dunque, quello che fa
nei confronti di Lily non è un gesto di pura e gratuita
cattiveria.
Semplicemente,
quando le viene fatto un torto la nostra
protagonista non è sempre obiettiva, e fa passare tutto come
degli enormi
crimini fatti ingiustamente contro di lei T.T
Il perché di tale
prova,comunque,
verrà chiarito nel prossimo capitolo.
Oddio,
sto imbiancando casa! La mia camera l’ho fatta verde ed
ora è…piccolissima! Sì, si
è proprio ristretta! Che figata! *_*
Vabbè,
passiamo ai ringraziamenti:
ti
con zero:
concetto chiarissimo! Scusa tanto, ma a
volte anche il mio cervello va un po’ a rilento! *corre ad
oliare gli
ingranaggi gnick gnick*. Sì,
concordo,
il personaggio di Milo è davvero uno dei più
affascinanti *_*. Ti ringrazio per
aver recensito e per i chiarimenti sulle MarySue, ho scoperto
cose…illuminanti!
Spero che la mia storia ti piaccia ancora! *1bacio*
roxrox:
ciao Roxy! *_* mi fa piacere, allora, di non aver fatto una
cavolata pazzesca col mio cap di transizione! Sono felice di averti
fatta
ridere, e poi sì, alcune gag
sono carine
^_^ . grazie per la recensione, i tuoi complimenti mi fanno sempre
piacere! A
presto! *1bacio*
ribrib20: 0///////0 tu
esageri…
mi fai troppo arrossire! Hai ragione quando dici che devo lasciare
qualche
segreto per tenere alta la curiosità,
ma…è più forte di me! Quando
c’è da dire
qualcosa di misterioso, la mia boccaccia vuole sempre parlare! Non
ditemi mai
dei segreti, potrebbero sfuggirmi!
Comunque,
riguardo alle MarySue, ora so cosa sono! *esulta di
gioia iniziando il balletto della felicità* si tratta di
personaggi femminili
troppo perfetti per essere veri: ragazze bellissime, fortissime e
buonissime
che fanno sempre innamorare l’eroe di turno e che fanno
trionfare le forze del
bene grazie al loro indispensabile contributo. Atrocemente antipatiche.
Davvero
disegni Milo? Ti andrebbe di farmi vedere una tua creazione? (sempre se
vuoi,
s’intende!). sappi che il tuo entusiasmo mi fa sempre
piacere( nota quanto ho
scritto!xd!) e, mi raccomando, se vedi che sbaglio, che la storia si fa
noiosa,
la scrittura diventa lenta oppure noti qualsiasi altro difetto o
imperfezione,
NON ESSERE INDULGENTE. Devo sapere se e quando sbaglio, quindi non
avere pietà.
Intanto ti ringrazio, sei gentilissima, continua così!
*1bacio*
Volevo
ringraziare anche HOPE87
per
aver
aggiunto “beautiful novel” tra le fic seguite.
Evvai, ma allora tu leggi quello
che scrivo!! Mi fai strafelice! *_* Che carica, grazie!
Grazie
anche a RedStar12
per aver inserito la mia
fic tra le sue preferite! Che bello, ci sei anche tu! Evvai!
Infine,
un abbraccio grande come il cielo a tutti quelli che
leggono senza commentare. Almeno leggete, mica è poco!
Danke!
*1bacio*
stantuffo
|
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Capitolo 5 *** stupida, stupida Lily! ***
‡
Beautiful novel ‡
Eravamo
in silenzio da almeno cinque minuti buoni, e nessuna delle
due sembrava volersi decidere a parlare.
Io
ero seduta per terra con le gambe incrociate e non toglievo gli
occhi di dosso a Saori, che
se ne stava
su un divanetto, con lo sguardo basso e le mani incrociate sul grembo.
-Io…-
balbettò dopo un po’, continuando a tenere lo
sguardo basso.
-Lascia
stare.- la interruppi – scuse accettate.-
-Perché
sei qui, allora?- domandò lei, e il suo tono di voce era
talmente flebile ed insicuro che mi venne quasi voglia di abbracciarla.
-Ero
davvero arrabbiata con te. – risposi –Mi hai fatto
male, male
davvero, sai? Ero furibonda. Poi, però, ho sentito il colore
del tuo Cosmo. Non
sei triste, e nemmeno dispiaciuta. Sei…confusa, direi, e
anche un po’
amareggiata. Spiegami.-
Ero
stata eccessivamente dura, e il timbro della mia voce era
risultato più severo di quello che avrei voluto, ma
pazienza. Non volevo
sembrare troppo tenera, l’avrebbe scambiata per insicurezza.
-Io…io
non intendevo farti del male. Sono obbligata ad agire in
questo modo per il bene del mondo. È da quando sono nata che
Athena è in me,
che Athena è me, e
lotto, lotto
continuamente per la salvezza di voi uomini. Pensavo che questo
concetto fosse
chiaro anche a te, sebbene tu sia completamente profana in materia
divina. Però
quelle parole, così cariche di disprezzo…tu pensi
che io sia malvagia, vero?-
-Sì-
La
vidi abbassare gli occhi con uno scatto iracondo. Pochi secondi
dopo, la sua voce era quasi un ruggito:
-Insolente! Non so
perché mi
ostini ad ospitarti qui al Santuario!-
-È
la stessa cosa che mi chiedo anch’io. Avevo una vita prima di
tutto questo, sai? E poi, tu mi hai fatto una domanda e io ho risposto
con
sincerità, tutto qui!- risposi io, velenosa.
Colpita
e affondata.
Saori
abbassò lo sguardo ancora una volta, e restò
immobile. Solo
il suo Cosmo tradiva una grande tristezza, altrimenti celata dalla
maschera
d’impassibilità che quella ragazzina si era creata
nei suoi pochi anni di vita.
-Io
non ti ho strappata via dal tuo mondo. Sei tu che sei entrata
di prepotenza nel mio.- la ragazzina in questione cercava di mantenere
una voce
forzatamente altezzosa, perché io non ne notassi le
incrinature; il risultato,
però, era solo un tono teso e spezzato. Lo sapevo,
perché era la stessa maniera
in cui mi comportavo anch’io quando volevo sembrare forte e
non lo ero per
niente.
-Però
mi trattieni qui. Tu mi imprigioni, Saori.-
-Ma
non posso farne a meno! Tu non capisci, non capisci niente! Sei
come tutti i grandi, non sei diversa neanche un po’!-
urlò Saori, e oramai la
sua voce era stridula, era una crepa nella sua maschera, e le lacrime
lavavano
via il trucco di scena: ormai non aveva più parti da
recitare.
Quanto
a me, beh, ero morta.
Morta,
risorta e poi morta un’altra volta.
Le
sue parole mi avevano fatta a pezzi, perché erano le stesse
che
mi urlava contro mia sorella Andrea alla fine di ogni litigio.
Quella
ragazzina non aveva ancora quattordici anni, mentre io ne
avevo quasi venti: era più che normale che mi vedesse come
una “grande”.
In
più, circondata com’era da uomini e donne
più grandi di lei, che
le dimostravano rispetto ma non affetto, doveva sicuramente sentirsi
sola.
Magari, sentiva il bisogno di una madre.
Una
merda, sì, in quel momento mi sentii una merda grossa e
puzzolente.
“Andiamo,
Lily, ti comporti come se non avessi mai avuto a che fare con
un’adolescente!
Un po’ di controllo, su!”
-E
sai qual è la cosa peggiore?- continuò Saori tra
le lacrime,
distogliendomi dai miei pensieri – è che tutti i
Cavalieri mi avevano parlato
bene di te! Avevano detto che eri piacevole, ma assolutamente
imperfetta, e a
me stavi simpatica! Poi, quando ti ho convocata al synagein, sorridevi
ed eri
gentile! Mi piacevi, Lily! E sono perfino arrivata a pensare che forse,
forse
potevamo diventare amiche! Sono una stolta…-
singhiozzò rumorosamente,
ignorando quanto avesse girato il coltello nella piaga.
-Tu…tu
volevi un’amica?- chiesi con il tono più gentile
che avevo.
“E daje con ‘sta storia degli
amici…questo posto è davvero una valle di
solitudine…” pensai, mentre
aspettavo che Saori rispondesse.
-Dimentica
quello che ho detto. Sono la Dea Athena,
e sono sola. Non ho bisogno di
nessuno.-
Pazzesco.
Tale e quale a mia sorella quando si impuntava su
qualcosa!
-Non
è vero. Nessuno è solo finchè
è al mondo.-
Mi
alzai e mi sedetti di fianco a lei, sorridendo.
-Sai?
Ho una sorella della tua stessa età. Si chiama Andrea, e
quando è triste dice più o meno le stesse
stronzate che dici tu.-
-Rispetto,
mortale, io sono Athena!-
-Sì,
certo, certo. Comunque, cosa ti fa pensare che non potremo
essere amiche? Certo, non è una cosa che si può
decidere così, a tavolino, ma
possiamo provare ad andare d’accordo. Tu che dici?-
-Quello
che mi chiedi è impossibile.-
-Alt!-
alzai un braccio, interrompendola con il mio grido.
-“Spesso
tutti sono convinti che una cosa sia impossibile, finchè
non arriva uno sprovveduto che non lo sa e la realizza.”
Queste sono le parole
di un uomo che ci sa fare, e non di una “profana”
come me. Impossibile. Tsk. Se
ti sento ancora pronunciare quella parola, giuro che vengo lì e ti sciacquo la bocca
personalmente.-
Saori
mi guardò, e nei suoi occhi azzurri vidi passare la
tempesta.
Potevo sentire il Cielo agitarsi e sconvolgersi dentro di lei.
Poi,
come dopo ogni tempesta che si rispetti, la quiete.
Abbassò
il capo e mormorò leggerissime parole di scusa. Mi
intenerii quando mi accorsi che piangeva, e le chiesi, con tono dolce,
come
mai, durante quello che lei aveva chiamato synagein, mi avesse
riservato un
simile trattamento.
-In
realtà, non ho fatto nulla. Il tuo Cosmo è
piccolo, ma molto,
molto intenso. Io non ho fatto altro che toccarlo, e il dolore che hai
sentito è
stata semplicemente una tua reazione al mio contatto.-
-Vuoi..vuoi
dire che..?- balbettai, confusa.
-Sì,
non ti ho attaccato. Ho solo cercato di avere un contatto con
te. Il tuo Cosmo è particolare, dev’essere di
natura maligna per reagire in
modo così esagerato all’aura della Giustizia. Ed
è probabilmente un potere di
natura divina.-
-No,
aspetta, fammi capire: il mio Cosmo è malvagio, e il tuo
è
buono. Fin qui ci sono. Quando tu hai cercato di toccarmi, il mio Cosmo
maligno
si è rifiutato, e ha scatenato quella dolorosissima
reazione, giusto? Quindi
non sei stata tu a farmi del male! Tu ti sei solo ostinata
a…”toccarmi” a
lungo, non è così?-
Lei
annuì, docile.
-Se
è così, scusami se te lo dico, ma potevi
lasciarmi stare un po’
prima. Non è stato piacevole, sai?-
Non
era un vero rimprovero, e il tono della mia voce era scherzoso,
infatti riuscii a strapparle un mezzo sorriso.
-Ma
scusa un attimo: la malignità del mio Cosmo non ti preoccupa
nemmeno un po’?-
Ero
basita. Poco fa, Saori aveva ammesso, con il tono più
tranquillo del mondo, che io ero un nemico. Un nemico malvagio, per di
più.
Quando
si era trattato di chiedere scusa,
mi era sembrata molto più a disagio.
-Se
il male che è in te avesse voluto uccidermi,
l’avrebbe già
fatto. E poi tu sei buona, Lily. Ci sono come due anime incompatibili
dentro di
te, e la tua, quella che davvero ti appartiene, ha sempre avuto la
meglio.-
-Mi
stai dicendo che dentro di me c’è un Mister Hyde
pronto ad
uscire?-
-è
ancora presto per dirlo, le mie sono solo ipotesi.-
-è
per questa ragione che non vuoi che me ne vada dal Grande
Tempio, vero?-
-Sì.
Oh, e preferirei che i Cavalieri non venissero a conoscenza di
tutto ciò. Li informerò io quando tutto
sarà più chiaro, anche se dubito che
elementi come Shaka o Doko tarderanno molto ad accorgersene.-
Io
non risposi. La notizia stava avendo impatto su di me solo in
quel momento.
Ero
il contenitore di un’entità immortale,
presumibilmente
malvagia, che si spacciava per divinità.
Questo
almeno era quello che avevo capito.
Cominciai
a girare nervosamente per la stanza massaggiandomi le
tempie e brontolando qua e là qualche frase sconnessa,
cercando di
tranquillizzarmi: se continuavo così,
all’isterismo si sarebbe presto aggiunto
un altro attacco d’asma, e proprio non ne avevo voglia.
Cominciai
a scuotere la testa mentre camminavo, e mi accorsi di
avere dentro al petto un ringhio sordo, come una belva che voleva
balzare
fuori.
E
io la feci uscire: gridai, con tutte le mie forze, un grido senza
senso, orfano, che aveva il solo scopo di allentare la tensione in
tutto il mio
corpo.
Non
avrei mai accettato una cosa simile: non ero di nessuno e non
lo sarei mai stata.
Cielo,
non avrei mai tollerato che qualcuno commettesse empietà con
le mie mani, mentre la mia parte buona, il mio Dottor Jekyll, se ne
stava lì,
inerme e impotente.
No,
non l’avrei mai permesso. Piuttosto, sarei anche arrivata ad
uccidermi…
Oddio,
ma cosa stavo pensando? Jekyll, Hyde, erano solo
supposizioni che facevo da sola: Saori non aveva confermato nulla, e la
mia
mente stava solo facendo dei gran viaggi mentali. In realtà,
non sapevo né se
questa cosiddetta parte maligna esisteva davvero e né se, in
fondo, aveva
davvero qualche peso.
Voglio
dire, la mia vita finora era andata come doveva andare,
senza l’influenza di una seconda anima dentro di me.
Troppi
viaggi mentali per niente.
Oddio,
tutte queste elucubrazioni mi stavano vaporizzando il
cervello, e…
-Su,
non preoccuparti. Dimentica quello che ho detto: sono solo una
ragazzina, e potrei aver interpretato male quello che ho percepito.
Sicuramente
mi sbaglio. Sii serena, Lily. -
Annuii,
e cercai comunque di credere a quelle parole che suonavano
maledettamente come una bugia.
-Mi
ha fatto piacere parlare con te, comunque.-
Accompagnai
le mie parole con un sorriso un po’ forzato: non vedevo
l’ora di andarmene di lì e di svagarmi un
po’, senza troppi pensieri per la
testa.
-Ora,
però, sono in ritardo: Saga mi ucciderà,
l’ho fatto aspettare
quasi due ore. A proposito, vieni anche tu alla festa di Al?-
Saori
scosse impercettibilmente il capo.
-No,
mi sento a pezzi. Ti ringrazio, comunque. Vieni, ti accompagno
alla porta, così Saga non ti sgriderà.-
L’idea
mi parve buona, anzi, provvidenziale. Così, accettai ed
uscimmo insieme dalla stanza.
Quando
mi vide uscire, Saga imprecò contro la mia lentezza; poi,
però, quando si accorse della presenza di Saori, si
inchinò toccando quasi
terrà, snocciolando un’infinità di
“perdonatemi Milady” e “ non pensavo ci
foste anche voi…”
-Che
bravo zerbino, reciti anche il rosario!- lo canzonai io, ma
lui non reagì. Anzi, quando Saori tornò nella sua
stanza augurandomi una buona
serata, si rialzò e mi squadrò da capo a piedi,
stupefatto.
-Come
hai fatto?-
-A
farmela amica, dici? Oh, beh, amiche non lo siamo, in
realtà, ma
con un po’ di buona volontà siamo riuscite ad
andare d’accordo per dieci minuti
buoni. Non pensavo di avere un autocontrollo così ferreo.
Comunque, alla fine
non è poi così male.-
-Beh,
contente voi…Ma adesso muoviamoci, siamo in ritardo di due
ore e rischiamo lo scotennamento da parte di Al!-
-Va
bene!- esclamai, ritrovando la mia energia, e gli saltai in
braccio.
-Non
dirmi che devo portarti di nuovo io!-
-Guarda
che in due ore il danno al tendine mica passa!-
-Sarà,
ma tu te ne approfitti.-
-Non
lo farei mai-
Invece
era proprio così: non solo mi stavo impigrendo, ma
cominciavo anche a trovare un gusto infantile nel farmi portare qua e
là in
braccio, proprio come una principessa.
-Non
sei brava a dire le bugie- scherzò Saga.
-Smettila
di leggermi nel pensiero!-sbottai io, indignata.
-Ah
ah! Non l’ho fatto, questa volta. Ho letto la tua faccia, e
ci
ho azzeccato lo stesso! Sei una frana, bambina!-
-Saga,
la festa!- gli ricordai, mentre lui continuava a ghignare.
-Sì,
scusa…pronta?-
-Via!-
urlai, mentre, sorridendo, chiudevo gli occhi e la bocca per
non farmi venire il singhiozzo.
Quando
li riaprii, la
Casa del Toro era davanti a me.
………………………………………………………………………………………....
-Saga,
accidenti a te, sono quasi
le due! Si può sapere dove vi eravate cacciati?-
Fu
la voce di Aldebaran ad
accoglierci, impetuosa e leggermente divertita nonostante il rimprovero.
-Scusaci,
Al, ma la signorina qui
presente è stata in colloquio con la Kido.
-
-Ma
dai? Un colloquio non
ufficiale? E non siete venute alle mani?- mi chiese il Cavaliere del
Toro
mentre, sorridente, portava un vassoio carico di tramezzini.
-C’è
mancato poco, in realtà. Ma
lasciamo stare – scossi la mano un po’ scocciata,
come a voler allontanare una
mosca fastidiosa, poi domandai:
-
Piuttosto, ho una fame da lupi!
Dov’è il cibo? E dove sono gli altri Cavalieri?-
-Vieni,
è tutto di qua in veranda.
Anche gli altri sono affamatissimi, sai? Non t’immagini la
fatica che ho fatto
per impedire a DeathMask di cominciare senza di voi!-
Risi
forte all’idea di quel
pazzoide del Cavaliere del Cancro che si avventava famelico sul cibo,
bestemmiando con tanto di bava alla bocca, occhi fuori dalle orbite e
tutto
quanto.
Poi,
un pensiero sciocco, che in
quel momento, però, mi parve intelligente quanto reale, mi
fece bloccare.
-Oddio…
abbiamo fatto tardi per
colpa mia…Quindi, quello lì mi odia!- rabbrividii
e sgranai gli occhi, cercando
di immaginarmi quel che avrebbe potuto farmi un DeathMask incazzato e a
digiuno.
Saga
e Aldebaran non risposero, il
primo intento a scuotere la testa borbottando, il secondo troppo
occupato a non
soffocare dal ridere per poter dire qualcosa.
Che
bel senso dell’umorismo!
Io
rischiavo il linciaggio da parte
di un Cavaliere psicopatico (perché era uno psicopatico, oh,
sì, lo si capiva
anche solo dagli occhi!) e loro se la ridevano di gusto!
-Hey,
Al, hai bisogno o …?- due
occhi azzurri fecero capolino da dietro lo stipite della porta.
-Lily!
Saga! Siete arrivati,
finalmente!- salutò Milo, entusiasta come sempre.
-Lascia
perdere, Milo, è persa in
un altro dei suoi viaggi mentali.-
Con
quest’ultimo, acido commento,
Saga lasciò la stanza.
-Scusate,
ma Saga è sempre così
dolce e simpatico?- chiesi, tra l’infastidito e il sorpreso.
E
dire che a prima vista il Santo
di Gemini mi era sembrato una così buona persona…
-Infatti,
di solito è buono come il
pane… dev’essere la tua vicinanza che lo irrita,
Lily! Adesso tutti a tavola,
marsch!-
Quella
di Al era chiaramente una
battuta, e non aveva nulla di ostile, no davvero, ma a me
sembrò dannatamente
la verità.
-Ciao,
Lily!-
Mi
ritrovai all’improvviso tra le
braccia di Milo, mentre lui lasciava che mi ubriacassi del suo profumo.
-Ma…ma
non ti avevo già salutato?-
chiesi, mentre, leggermente a disagio, rispondevo
all’abbraccio.
-Sei
arrabbiata con me?- domandò
Milo, ignorandomi completamente e facendomi rabbrividire al suono della
sua
voce, così sensuale e vicina.
Arrabbiata?
Io? E per cosa?
Ah,
già, il “trattamento” di
Athena!
Milo
non sapeva nulla del
chiarimento che c’era stato tra me e la sua Dea, quindi
pensava che nutrissi
ancora del rancore nei suoi confronti.
Mi
venne da ridere: con un po’
d’astuzia, avrei potuto volgere a mio favore tutta la
situazione.
Dico
avrei potuto, perché poi
il profumo di Milo(mare, sole,
bouganvilles, come facevo a resistere?) mi fece perdere nuovamente la
testa, e
il Cavaliere di Scorpio divenne ancora una volta il fulcro dei miei
pensieri.
-Arrabbiata?
No…-
Avevo
un tono di voce talmente
infantile e trasognato, che ancora mi chiedo come abbia fatto Milo a
non
credermi ubriaca.
-Perfetto,
allora a tavola!-
Sciolse
l’abbraccio e mi afferrò
per un polso con la sua solita allegria, ed io realizzai che avrei
dovuto
sviluppare un’immunità alla sua bellezza,
perché ne ero talmente succube che
avrei fatto qualsiasi cosa se solo me l’avesse chiesto lui.
E
non andava bene, non andava bene
davvero!
Stupida,
stupida Lily!
Piuttosto,
quello scemo di uno
Scorpione si era almeno reso conto di aver appena spezzato, senza alcun
tatto,
uno dei momenti più magici della mia vita?!?
Il
mio corner
Autrice
in ritardo
pazzesco!!!!!!!!!!!! Chiedo venia, questa settimana ho avuto qualche
problema
di salute, ma per il resto tutto ok!
Allora…
what about questo cap?
La
citazione che fa Lily con
Saori è di Albert Einstein.
Che
dire, ancora? Forse a
qualcuno la reazione di Lily potrà sembrare troppo
tranquilla, ma che ci volete
fare, la ragazza è così, un po’ tra le
nuvole. Si rende conto di quanto sia
grosso un problema solo quando ci sbatte i denti contro.
Vabbè,
basta divagare, passiamo
ai ringraziamenti!
RedStar12:
disturbare?!? Tu?? Tu non disturbi mai! Anzi, sono così
felice di sentirti! E
che bello sapere che anche tu segui “Beautiful
novel”! *me saltella per la
stanza lanciando fiori*. Come ho detto, Lily è troppo
tranquilla e sulle nuvole
per mandare davvero qualcuno a quel paese. Però, credo che
andando avanti
imparerà a tirare fuori le unghie. Hey, non preoccuparti per
i tuoi
“sproloqui”, a me fanno ridere! ^_^. Per quanto
riguarda “oltre”…beh, sì, la
sto un po’ trascurando. Il fatto è che mi sono
fatta coinvolgere un po’ troppo
da questa fic, a danno dell’altra, e, un po’ per il
tempo che manca, un po’ per
la mia incapacità di fare bene troppe cose
contemporaneamente, “oltre” è solo
temporaneamente sospesa. Tempo un mesetto, però, e la
riprenderò in mano!
Grazie per aver recensito, spero che continuerai a seguirmi! *1bacio*
Gufo_Tave:
ci
sei
anche tu! Anche tu leggi quello che scrivo! *emozione*. Beh, ti confido
che, in
realtà, la mia intenzione era quella di fare una storia non
OOC. Pero, ero
sicura che qualche personaggio mi sarebbe sfuggito di mano, per motivi
troppo
lunghi da spiegare qui. Perciò, ho messo
l’avvertimento OOC.
Invece,
il tuo chiarimento su
Athena mi spiazza completamente. Davvero, finora avevo sempre pensato
che la
volontà divina si manifestasse solo in determinate
occasioni, e che per il
resto Saori Kido restasse semplicemente Saori Kido. Tremendo.
Comunque,
come puoi vedere, ora
ho cambiato gli avvisi. Pensi che sia necessario che modifichi anche la
storia
o va bene così? Non lasciarmi a brancolare nel buio *_*.
Comunque, grazie, mi
ha fatto un piacere immenso ricevere una tua recensione! Spero
continuerai a
seguirmi! *!bacio*
Ribrib20:
eh eh!
Ciao! Pure io ho finito di scrivere questo cap di notte, e se
ciò che è venuto
fuori ti sembra incoerente è colpa dell’ora troppo
tarda u.u dimmi cosa ne
pensi!
Wow…
non solo disegni Milo, tu
sai pure colorarlo! *_* * me ti ammira!* ho provato, una volta, a fare
un
disegno di Milo, colore compreso…sembrava 1 condor!
Sì, sembrava un uccellaccio
cattivo! L’ho buttato via perché mi
spaventava…*_*
Inutile
dire che sono ansiosa di
vedere le tue creazioni, faccio il tifo per te, e poi ormai
l’idea mi ha troppo
caricata! *go, ribrib!* ^_^
Infine,
anch’io trovo che Hello Kitty
e tutti i suoi compari annessi e connessi siano una
cosa…disgustosa. Al di là dei
discorsi di consumismo
e globalizzazione
( che,diciamocelo, annoiano!) sono dei pupazzetti semplicemente banali!
Mah, lasciami
perdere, io e le mie crociate contro Hello Kitty! Grazie mille per aver
recensito,
spero che questo capitolo ti piaccia! *1bacio*
Roxrox:
naa,
tranquilla,
non ti sei persa nulla! ^_^
Cavoli,
questo capitolo non fa ridere
per niente, ma rimedierò… mi piace troppo
l’idea di vederti rotolare dal ridere
per la biblioteca di facoltà! Scherzavo! Non farei mai una
cosa tanto sadica alla
mia Roxy! ^_^ ( e fu menata a sangue dalla precedentemente citata
Roxrox per eccesso
di stupidate). Scherzi a parte, spero di aver sfamato e stimolato
(contemporaneamente)
la tua curiosità! Cosa ne pensi di questo capitolo? Grazie
davvero per aver recensito!
*1bacio*
Poi…
Grazie
a roxrox
e Terry
Alchemist
22
per aver inserito questa storia tra le loro preferite! ^_^ e a Ribrib20
e a Bloody_star per aver aggiunto “beautiful novel”
alle seguite! Un abbraccio affettuosissimo!
E
un bacio, un abbraccio, un tutto
quello che c’è a RedStar12
per
avermi aggiunto tra gli autori preferiti! Te quiero, cara!
Infine,
grazie anche a tutti quelli
che leggono in silenzio. ^_^
*1bacio*
stantuffo
|
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Capitolo 6 *** mi sono persa? ***
‡
Beautiful novel ‡
Il
pranzo andò a gonfie vele, fu un vero tripudio di
serenità.
Al
non scherzava quando diceva di avere la veranda: si trattava
di un ampio spazio coperto da una tettoia che dava su un lato della
collina,
proprio quello da cui passava il sentiero nascosto.
La vista di cui si godeva
, già bella così, piena di verde e natura, era
resa più suggestiva dalla
presenza del Porto di Atene come sfondo.
Mangiare
e chiacchierare in quell’angolo di Paradiso fu una
delle cose più rilassanti che feci durante la mia permanenza
al Santuario.
Prima
di iniziare a mangiare, mi riappacificai anche con
Aphrodite: anche lui era convinto che io lo ritenessi responsabile di
ciò che
era accaduto al synagein. Io,però, fui con lui sincera sin
dal primo momento,e
bastò un sorriso per fargli capire che in realtà
di quell’episodio mi ero quasi
scordata. Figurarsi!
Dal
canto suo, il Cavaliere dei Pesci si dimostrò ben
più leale
di Milo nel chiedere scusa, senza ricorrere ad infide trappole di
seduzione in
cui sarei inevitabilmente caduta.
-Milo,
Lily, vi siete messi d’accordo sui vestiti?-
trillò
Aiolia non appena ci vide entrare.
Effettivamente,
il Cavaliere di Scorpio era quasi più ridicolo
di me.
Indossava
una maglia nera con le cuciture e la stampa
fosforescenti ( dico, ma si potrà?), dei jeans a vita bassa
strappati in più
punti e delle scarpe grandi, anzi, enormi, con le stringhe di due
colori
diversi. Ovviamente fluo.
Sembrava
un ragazzino in piena fase “ribellione”.
Certo,
io, con il mio discretissimo vestito rosa shocking potevo
solo tacere, ma di sicuro, di noi due, quello ad avere un pessimo gusto
era
Milo.
Senza
dubbio.
Camus,
che mi era seduto a fianco, disse di condividere in pieno
l’occhiata di sdegno che rifilai al suo amico, ed io
approfittai dello spiraglio
che si era aperto tra le maglie della sua riservatezza per aprire un
dialogo
con lui.
In
realtà, fui io a parlare per tutto il tempo, mentre lui
interveniva solo di tanto in tanto, con brevi frasi e cenni
d’assenso quando
concordava con ciò che dicevo, o di diniego quando invece
esprimevo concetti
che non gli andavano a genio.
Così,
scoprii che Camus era appassionato d’arte e amava la
letteratura.
Non
l’avrei detto, perché da fuori il Cavaliere
dell’Acquario
sembrava la tipica persona interessata alla scienza e ai numeri,
insensibile e
freddo come mostrava di essere.
Invece,
si era rivelato quasi empatico.
Trovavo
straordinaria la sua capacità di riuscire ad
“assorbire”
tutto quello che gli stava intorno, fino all’ultimo
particolare, e,
contemporaneamente, di non lasciar trapelare nulla di sé
stesso agli altri.
Tuttora
so poco di Camus.
Conosco
solo ciò che l’enigmatico Maestro dei Ghiacci mi
ha
permesso di sapere, perché dai suoi gesti, dalle sue parole,
dai suoi oggetti,
della persona che è davvero traspare poco o nulla.
-Bianchina,
passami il vino!-
Una
voce poco armoniosa mi riportò alla realtà.
-Uh?
Dici a me?- chiesi a DeathMask, che mi guardava con un
cipiglio annoiato, la mano tesa ad indicare la brocca poco distante da
me.
-Sei
sorda? L’unica Bianchina qui sei te, direi…-
Mi
osservai le braccia, più incuriosita che offesa da
quell’insolita critica.
Era
vero, ero pallidissima! Se messa a confronto con la pelle
abbronzata della maggior parte dei Cavalieri, poi, la mia sembrava
quasi
trasparente…
Però
non c’era bisogno di offendere!
Mi
girai verso DeathMask, ripassando mentalmente tutti gli
insulti che conoscevo, pronta a lanciarglieli addosso alla prima
occasione.
Aphrodite, però, mi precedette:
-Sii
un po’ più garbato con la nostra Lily, Angelo.-
Il
Santo dei Pesci era insolitamente duro quando si rivolgeva a
DeathMask, e, nonostante il suo aspetto dolce, era chiaramente una
persona che
non amava farsi mettere i piedi in testa dal primo prepotente di turno.
-Chiamami
un’altra volta con il mio nome di battesimo e ti
soffoco con la tua stessa cipria!- fu l’acida risposta del
prepotente in
questione.
-Hey,
non parlare così ad Aphrodite! Ed ecco il tuo vino,
maleducato!-
Con
fare poco elegante, sollevai la brocca con uno strattone e
la sbattei con un tonfo davanti al muso del Cavaliere del Cancro. Parte
del
nettare cremisi fuoriuscì, creando sulla tavola una piccola
macchia che aveva
la vaga forma di una rosa. Fortuna che il vetro resistette
all’urto, altrimenti
avrei sicuramente combinato un bel danno!
Soddisfatta
del mio operato, rivolsi un sorriso a trentadue
denti a quello che ormai consideravo il mio alleato.
Aphrodite,
però, scosse la testa, in un’espressione che
esprimeva sia divertimento che disappunto.
-Una
signorina per bene non si abbassa mai a gesti del genere,
Lily. –
-Ma
io…- replicai, delusissima dalla reazione del Santo dei
Pesci.
-Ti
è andata male, carina! Ah ah! Aphrodite non approva i
maleducati!-
Rise
sguaiatamente, quel maleducato di DeathMask, fregandosene
del mio sguardo d’odio e dell’
“appunto” che Aphrodite mormorò tra i
denti.
Mi
stava antipatico, antipatico davvero.
Tutto
del Cavaliere della Quarta Casa mi dava la sensazione di
un qualcosa di disarmonico, cacofonico, spiacevole.
Come
se ogni sua singola
caratteristica si fosse trovata lì solo per caso, a dare
forma a quell’essere
spregevole che era.
Mah.
Aphrodite
era decisamente meglio, con la sua gentilezza antica e
un po’ distaccata.
Alle
volte, però, avevo l’impressione che volesse
nascondere,
con l’illusione della bellezza e dell’armonia,
qualcosa di sé che lo spaventava
e gli faceva ribrezzo.
Le
mie, però, erano semplici considerazioni basate
sull’osservazione, e non su dati oggettivi.
Solo
del passato di Milo conoscevo i dettagli, perché era stato
lui stesso a raccontarmeli. Delle esperienze che avevano segnato la
vita degli
altri Cavalieri, invece, non sapevo praticamente nulla, se non che le
loro
strade erano state quasi sicuramente tracciate nel dolore.
Decisi
di smetterla di scervellarmi su cose che non mi
riguardavano e che non dovevano riguardarmi, e mi concentrai su quel
che mi
stava accadendo intorno.
Presa
com’era a dialogare un po’ con tutti, non mi ero
accorta
dell’assenza di due Cavalieri. Me ne accorsi soltanto quando
cominciai a
contare i bicchieri, per distogliere la mia attenzione dalle
scempiaggini di
DeathMask; erano undici, e non tredici come avrebbero dovuto essere.
- Camus, manca qualcuno?-
Il
mio taciturno interlocutore annuì leggermente, poi ,
socchiudendo gli occhi, si portò un bicchiere alle labbra.
Bevve quel liquidi
zuccheroso con estrema lentezza, ed io rimasi estasiata a contemplare
un gesto
che era speciale solo perché compiuto da lui.
Com’era
elegante, anche nel movimento più banale e consueto!
Certo,
tutti quei ragazzi trasudavano fierezza e raffinatezza,
perfino Milo e DeathMask, che erano rispettivamente il più
solare e il più
rozzo dei Cavalieri. Però, in quanto a grazia, Camus non era
secondo nemmeno ad
Aphrodite, che pure aveva, nel modo di fare, un’innata
leggiadria.
Non
riuscii a reprimere un moto di ammirazione e di invidia.
-Doko
si è recato ai Cinque Picchi dal suo allievo. Mur, invece,
e nel Jamir, alla ricerca di un’acqua miracolosa.-
Aveva
parlato tenendo gli occhi chiusi e il bicchiere accostato
alle labbra; dopo qualche secondo di un silenzio che non osai spezzare,
posò il
calice e puntò le sue iridi ghiacciate nelle mie.
-Per
te- disse, con intensa naturalezza.
Arrossii
violentemente, ma, prima di voltare il capo per un
imbarazzo che, a dire il vero, era del tutto ingiustificato, riuscii a
scorgere,negli occhi del Cavaliere dell’Acquario, il guizzo
di un sorriso
divertito, nonostante il volto immobile.
“In
fondo, dev’esserci un po’ di caldo anche in
Siberia…”
-M-ma
perché avrei bisogno di un’acqua miracolosa?
Cos’ho che
non va, da aver così bisogno di un miracolo?-
Un
secondo.
Questa
volta, il guizzo divertito negli occhi di Camus durò solo
un secondo.
-La
tua gamba. Si ostina a non guarire.-
In
effetti, era vero.
Ero
al Santuario da ormai tre giorni, ma la mia caviglia continuava
ad essere livida e gonfia nonostante la medicassi ogni sera.
Però,
non me ne preoccupavo: tra i tacchi e le passeggiate,
avevo certamente sforzato il mio tendine oltre i limiti consigliabili.
Era
ovvio che, poi, la guarigione procedesse a rilento.
Ma
in fondo, andava bene anche così.
Se
la
Dea Athena si era presa la briga di spedire uno
dei suoi
protettori addirittura in Jamir ( non sapevo dove fosse, ma dal suono
era
chiaro che si trattava di un posto molto, molto lontano), voleva dire
che avevo
una certa importanza.
Lady
Saori si ostinava a volermi tenere al Santuario, si apriva,
si lasciava andare con me e si preoccupava del mio benessere.
Tutto
questo, sommato alla conversazione che avevo avuto con lei
poco fa, mi mandava in confusione.
Se
non altro, la prigione in cui ero rinchiusa era piuttosto
amena. Magra consolazione!
Però,
la solita domanda mi tormentava con un’urgenza via via
crescente:
-Cosa
ci faccio qui? Durerà a lungo?-
Camus
non mi rispose, impegnato in uno scambio di sguardi con
Milo, seduto al suo fianco, che aveva udito anche lui la domanda.
-Toh,
è tornato Mur!- esclamò all’improvviso
Aiolia.
Mur
dell’Ariete doveva essere una persona molto amata: alla
notizia del suo ritorno, tutti avevano manifestato, in modo
più o meno palese,
allegria e sollievo.
Io,
dal canto mio, strizzai gli occhi per individuare il colore
del Cosmo del Cavaliere della Prima Casa.
Lo
trovai dopo pochi secondi: un rassicurante color lavanda,
come i suoi capelli.
E,
proprio in quel frangente, Mur entrò. Indossava
l’armatura
d’oro, con le lunghe corna dell’Ariete a cingergli
il collo; sotto braccio
reggeva l’elmo, e nella mano destra un’ampolla con
del liquido trasparente.
Il
mantello bianco che ondeggiava dietro di lui contribuiva a
rafforzare l’imponente regalità tipica, da quel
che avevo visto, di tutti i
Santi d’Oro.
Le
occhiaie e il sorriso stanco erano l’unica nota stonata in
una sinfonia i dettagli e particolari altrimenti perfetta.
Mur
salutò cordialmente i suoi compagni, che ricambiarono in
modo amichevole; poi il suo sguardo frugò un po’
per la sala, sino a posarsi su
di me.
Mi
sorrise, ed io cercai di non notare quanto sul suo volto la
stanchezza fosse sempre più evidente.
-Tieni,
Lily, è per te. Bevila tutta, mi raccomando.- mi disse,
porgendomi l’ampolla, una volta che si fu avvicinato.
-
Grazie, Mur.-
Nel
prendere l’ampolla, gli sfiorai le dita: erano calde.
Forse
mi sbagliavo, forse questi ragazzi erano più umani di quel
che pensavo; forse non era vero che avrei dovuto condividere me stessa
con
qualcuno di malvagio, e forse il Santuario non era davvero una prigione.
Forse,
forse…
Le
certezze erano diventate un lusso raro, ormai.
Però,
quel giorno c’era un gran sole, ed io riuscii a
convincermi che un futuro c’era, ed era roseo. Con
quell’idea in testa, mandai
giù tutto il liquido insapore dell’ampolla.
La
felicità?
Ci
credevo, ci credevo davvero.
…………………………………………………………………………………………………………
Frugai
nell’armadio di Saga alla ricerca di qualcosa di
più
comodo di quel dannato vestito.
Trovai
solo una maglia bianca e sformata e dei vecchi boxer.
Indossai ogni cosa in fretta e furia e mi legai i capelli con uno degli
elastici che portavo sempre al polso.
Sbuffai.
Non
appena avevo bevuto quella strana pozione magica, la mia
gamba aveva cominciato a guarire:
il colore
della pelle, bluastro a causa dell’ematoma, era tornato, a
poco a poco, della
tonalità della mia carnagione, mentre il gonfiore era
completamente scomparso.
Nel
giro di pochi minuti, la mia gamba era tornata come nuova.
I
ragazzi avevano assistito allo spettacolo con sorrisi ed
entusiaste parole d’incoraggiamento. Io avevo balbettato un
timido “grazie” nei
confronti di Mur ed ero scappata via, dicendo che dovevo andare in
bagno.
Invece,
ero uscita di corsa dalla Seconda Casa ed ero arrivata
alla Terza.
Ero
atterrita.
Non
volevo vedere nessuno di loro.
Fino
a quel momento si era parlato di Santi, di Cosmo e
Divinità, è vero; mi era stato presentato un
mondo fuori da ogni
razionalizzazione, sì, ed io vi avevo creduto senza batter
ciglio e senza pormi
troppe domande.
Ma
adesso, oh, adesso era diverso.
Quella
loro cosa magica
era entrata in contatto con me, aveva forzato le leggi della natura, mi aveva dato la prova
pratica di una realtà
che avevo accettato di riconoscere solo in teoria.
E
fa paura la realtà, fa paura davvero.
Quando
mi ero resa conto che, per quei ragazzi, una cosa così
comune era la normalità, mi ero sentita…sbagliata.
Io
non c’entravo nulla col loro mondo, nulla davvero, e non
avrei mai potuto farne parte.
Non
avrei mai voluto.
Il
Fato, però, doveva pensarla diversamente. Fino a quel
momento, la mia vita non era stata altro che il passaggio da una
prigione
all’altra. Non mi ero nemmeno mai concessa il lusso di
sognare la libertà.
Mai,
però, la mia prigionia era stata così
rassicurante e angosciante
al tempo stesso come lo era al Santuario.
Arrivata
nella Terza Casa, mi ero diretta verso le stanze di
Saga: c’ero già stata e sapevo dove si trovavano.
Avevo
raccattato da un cassettone quei vecchi indumenti, e li
avevo indossati buttando per terra il vestito fluo, in un gesto che
aveva
dell’isterico.
Avevo
bisogno di sentirmi.
Volevo
essere me stessa, Lily, senza tacchi, trucchi,
comportamenti da “signorina per bene” e finzioni
varie.
In
quel momento non volevo compiacere nessuno: cercavo solo di
trovare una traccia di me in un mondo che mi era completamente estraneo.
“Ti
sei
persa, Lily.”
Cominciai
a piangere come una bambina quando la verità mi
piombò
addosso, e a piedi nudi uscii dalla Casa di Gemini.
Cosa
volevo fare? Percorrere la gradinata?
No,
avrebbe solo aumentato il mio senso di smarrimento. Girai
lentamente su me stessa, descrivendo un giro completo, mentre con la
mente
indagavo le risorse di cui disponevo.
Riuscii
ad articolare un solo pensiero: mi trovavo su una
collina.
Incapace
di smettere di piangere, scavalcai la bassa balaustra
della gradinata, e mi ritrovai con i piedi a diretto contatto con
l’erba secca.
Mugolai,
un po’ perché il terreno scottava e un
po’ perché la
vegetazione secca e bassa mi provocava dolore a ogni passo. Mi
inginocchiai,
allora, e raggiunsi carponi quel lato di collina spoglio di templi ma
ricco di
arbusti e sterpaglie: prima
di
schiantarmi addosso a Milo, il giorno del nostro primo incontro, venivo
proprio
da lì.
Scrollai
le spalle e iniziai a salire, diretta alla vetta, dove
speravo ci fosse la libertà ad attendermi.
Non
volevo scappare, oh, no.
Ero
controllata da dodici ragazzi con una forza e un potere
sovrumani, capaci di chissà quali
trucchetti…Darsi alla fuga, per una come me,
sarebbe stata pura follia.
Nessuno
mi aveva seguita, però.
Magari
avevano intuito il mio stato d’animo, o, più
probabilmente, mi avevano letto nel pensiero e avevano capito che non
avevo la
minima intenzione di fuggire. Non lo sapevo.
La
sola cosa certa era che, comunque, mi avevano lasciata stare;
il resto non importava.
Giunta
a metà scalata, la pendenza divenne molto più
ripida,
tanto che fui costretta ad arrampicarmi sia con le gambe che con le
braccia, il
ventre a stretto contatto con la terra, come se stessi scalando
l’Everest e non
una normale collina.
Durante
la salita, le lacrime e i singhiozzi mi lasciarono in
pace; anche il dolore ai piedi era sparito, e la morsa che mi aveva
stretto il
cuore andava a poco a poco sciogliendosi.
Ricominciai
a respirare…
Attribuii
questa momentanea serenità alla terra: era
l’elemento
che più amavo, e mi sentivo legata a lei, sapevo di
appartenerle.
Il
tocco del terriccio, caldo per l’ora inclemente, con il mio ombelico, anche
attraverso la maglietta,
mi faceva ridere e sentire viva.
Ah,
la terra! Come l’amavo!
Era
una madre, la terra, e aveva miliardi di figli. Anch’io,
come lei, sarei stata una madre, un giorno? Questi erano gli
interrogativi che
mi ponevo da bambina, mentre mi rotolavo nel giardino della Clara Domus.
Mi
fecero sorridere questi ricordi, che io ormai considerava
perduti tra le pieghe della mia memoria.
Cullata
da questi pensieri antichi, ero arrivata in cima. Lo
spazio era davvero esiguo: non si trattava di una radura, era
semplicemente un
cucuzzolo ornato qua e là da piccoli cespugli di macchia
mediterranea.
La
cime della testa di un uomo già avanti con la calvizie, ecco
cosa sembrava quella collina.
Che
immagine sciocca, sciocca davvero!
Mi
lascia andare ad una risata, nonostante
l’assurdità dei miei
pensieri, perché sapevo di averne un dannato bisogno.
Poi,
subito dopo il riso, tornarono le lacrime, come fossi
schizofrenica, e assieme alle lacrime, l’asma.
L’asma.
Mi
ero dimenticata di citarlo, nell’elenco delle mie disgrazie.
Mi
distesi supina su quel giaciglio per niente soffice di spine
e scheletri di foglie, e aspettai, con il preciso intento di non
muovermi da lì
finchè la crisi respiratoria non fosse passata.
L’asma
doveva smettere di tormentarmi, era una questione di
principio ormai.
O
la spuntavo io, o sarei morta lì.
Questi
erano i miei assurdi pensieri, mentre mi lasciavo andare
ad una delle mie solite sciocchezze.
Ero
chiaramente confusa e frustrata, non capivo più nulla: di
solito ero una persona assennata. Ansimavo in maniera rumorosissima e i
miei
pensieri non la smettevano di correre.
Quando
ero ormai incerta che sarei impazzita, una sagoma azzurra
si disegnò, nitida, nella mia mente.
Conoscevo
quel Cosmo e quel colore.
Nonostante
la mia volontà di non vedere nessuno, non mi
dispiacque sapere che in quel momento Milo era accanto a me.
…………………………………………………………………………………………
Eravamo
rimasti supini per non so quanto tempo, io a consumare
in singhiozzi la mia frustrazione, Milo intento a masticare la spiga di
un’erbaccia che aveva trovato lì.
Gli
fui grata di aver rispettato il mio silenzio.
Mi
rizzai a sedere, e nel farlo avvertii un dolore ben noto.
Già
pronta a lamentarmi, sollevai la maglietta quel tanto che bastava per
constatare che, nonostante la stoffa, ero riuscita a scottarmi il petto.
Dannato
sole!
-
Succede
a chi ha la pelle così chiara! – rise Milo,
cercando con
gli occhi un lampo di stizza che brillasse nei miei. Non lo
trovò, e questo
sembrò rincuorarlo.
-
-Va
meglio?- mi chiese con dolcezza.
-Un
po’ – ammisi, lo sguardo
timido e le spalle basse.
-
Ti va di parlare un po’?-
domandò allora lui, mentre si sedeva a gambe incrociate.
Annuii.
Non mi serviva un
confidente, in realtà. Avevo solo bisogno di sentire il
suono della mia voce,
per capire se ancora mi apparteneva o se anche lei mi aveva tradito.
-Allora
racconta. Vediamo, mi
piacerebbe sapere qualcosa …mmm…sul tuo passato,
sì .-
Allora
anch’io mi sedetti a
gambe incrociate, e, guardandolo negli occhi, straripai come un fiume
in piena.
Gli
vomitai addosso una storia
che era come un caco acerbo: bella alla vista, ma tremendamente
difficile da
mandare giù.
Così,
come io conoscevo il suo
passato, anche Milo conobbe il mio.
Il
mio corner
Questo
capitolo è stato
partorito con dolore, tra il caldo asfissiante, la pigrizia e il tempo,
che è
sempre poco. Forse, Lily potrà sembrare pazza o esagerata in
queste righe, ma
io non credo che sia così. Chi si comporta razionalmente nel
momento in cui
scopre che il mondo in cui deve vivere non è fatto per lui?
Beh,
credo che per ora non ci
sia altro da aggiungere. Ho alcune considerazioni da fare, ma i tempi
non sono
ancora maturi.
Finalmente,
nel prossimo
capitolo , si scoprirà qualcosa sul passato di Lily (sempre
che interessi a
qualcuno, sigh…=_=)
E
ora, i ringraziamenti!
Ribrib20:
sei
sempre la prima a recensire, tu fai davvero la mia gioia! ^_^ sisi, ora
sto
bene. Ho avuto solo una banalissima (quanto pessima! D’oh!)
influenza allo
stomaco, ma ora sto benone! ^_- sono felice che questo storia ti
coinvolga a
tal punto, non sai che piacere. Comunque sì, ci ho
riflettuto un po’: Milo in
bianco e nero renderebbe proprio zero *_*. Vai di colori! xD
mmm… non sono
sicura di sapere esattamente come potresti pubblicare i disegni,
perché con la
tecnologia sono una frana! ( già il codice html mi ha
mandata in crisi *_*) ma
ho un amico che di queste cose se ne intende, chiedo a lui e in qualche
modo ti
farò sapere! ^_- cosa ne pensi di questo capitolo? Intanto,
grazie per aver
recensito, sei la migliore! Alla prossima! *1bacio*
Gufo_tave:
troppo
immatura, dici? In effetti, potrebbe essere, ma è anche
questione di come la si
vede. In fondo, se un giorno Saori avesse una reazione del genere, non
mi
stupirebbe ( tralasciando il discorso Saori = Atena). Per quanto
riguarda
l’ooc, ti confesso che avevo messo l’avvertimento
solo perché, essendo io
inesperta del mondo di Saint Seyia, ma trovandolo abbastanza
affascinante da
scriverci sopra, ero sicura che avrei in qualche modo storpiato il
carattere di
qualche personaggio. E, infatti, è stato così.
Chiedo venia, mi sto impegnando per
migliorare. Infine, sì, Lily è italiana da parte
di padre, ma la sua mamma è
inglese. ^-^ ops, scusa se ti ho scritto una
risposta così lunga…^_^ grazie per
la recensione e per non avermi
abbandonata! *1bacio*
HOPE87:
di cosa
ti scusi, non devi giustificarti di nulla!^_- mi rendo conto che, fino
ad ora,
“beautiful novel” segue uno stile narrativo
classico e per nulla originale: la
solita tipa che si ritrova senza sapere perché
nell’universo dei Cavalieri,
nasconde una forza che nemmeno conosce e si innamora del figo di turno.
Questa
è solo apparenza, però. La storia è
cominciata, si può dire, solo ora, e spero
che già dal prossimo capitolo possa apparirti in qualche
modo diversa dalle
“solite cose”. Forse la mia è
presunzione, forse solo illusione. Ti chiedo di
avere fede e pazienza ( pazienza soprattutto) , e vedrai che questa fic
ti
sembrerà un po’ particolare, se non per la trama,
almeno (spero!) per la
semplicità. Grazie per aver recensito, comunque, mi ha fatto
davvero tanto
piacere sapere cosa ne pensi! =) *1bacio*
Roxrox:hey,
Roxy, figurati, ti capisco benissimo! “ritardo”
è il mio secondo nome =) sì,
anch’io trovo che Lily sia un po’ troppo buona e
sulle nuvole per essere
ritenuta normale, ma che ci vuoi fare, l’ho voluta
così e adesso me la tengo!
xD e comunque, Deathy un po’ di dieta se la merita, in fondo
non gli fa certo
male! xD. Sono contenta che finora la storia ti piaccia. Cosa ne pensi
di
questo capitolo? Trovi che sia troppo introspettivo? Fammi sapere cosa
ne
pensi, ci tengo alla tua opinione! Grazie di tutto, e ancora auguri per
la
laurea! * 1bacio*
e
ora, vorrei ringraziare
infinitamente djibril88
che
ha aggiunto questa fic tra le sue preferite! Grazie *_*!
*1bacio* e un abbraccio.
Infine,
grazie anche a tutti
coloro che leggono in silenzio!
Enjoy!
stantuffo
|
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Capitolo 7 *** ti racconto una storia (la mia) ***
‡ Beautiful novel ‡
-Sono
nata la sera di un’estate di quasi vent’ anni fa,
mentre nel
cielo moriva una stella.*
I
miei genitori volevano un maschio, e invece nacqui io. Però,
mi
diedero lo stesso un nome e mi trattarono sempre con tutto
l’amore di cui furono
capaci.
Abitavamo
tutti insieme in una casa piccolina, dentro il giardino
di una villa che invece era enorme e che noi chiamavamo “Clara Domus”.-
-
“Clara Domus”?-
-Sì.
Fu mia madre a chiamarla così. Lo considerava un tributo al
suo libro preferito, “Il giardino dei Finzi
Contini”**. L’hai mai letto?-
-
No, mi dispiace.-
-
Oh, poco importa. Abitavamo lì perché mio padre
era il custode di
quella gigantesca villa, che i proprietari utilizzavano solo per le
vacanze
estive. Quelle persone avevano una ricchezza smisurata, che aveva quasi
del
disgustoso.-
Presi
una pausa e chiusi gli occhi, sentendo sulla lingua quel vago
sapore di ricordi, che amavo così tanto e che raramente
rievocavo.
-
La mia vita e quella dei miei fratelli – continuai -
è sempre
stata abbastanza normale: i miei genitori avevano a cuore
l’idea che il denaro
non fosse tutto, anzi, non fosse proprio nulla, e hanno cercato di
insegnarci
fin da piccoli valori diversi, come il rispetto, l’amore, la
lealtà.-
-
È molto bello quello che dici.-
Guardai
Milo con gratitudine, ma forse lui fraintese, perché subito
abbassò lo sguardo mormorando un “scusa,
continua”, che in bocca a lui mi
sembrava incredibilmente inadeguato e dissonante.
Ma
non mi soffermai su questo particolare, perché la memoria mi
chiamava con voce suadente, ed io non vedevo l’ora di
lasciarmi andare al
passato, dove la nostalgia ricopriva ogni cosa come un tenue velo di
polvere.
Amavo
ricordare, amavo il passato e lo preferivo al presente, forse
perché immutabile, forse perché lontano, forse
perché non più mio.
Mi
sforzai di sorridere, e tornai a raccontare:
-
Vivevamo una vita felice e banale, di quelle che interessano,
dopotutto, solo a chi la vive. Poi mia madre morì , e con
lei morirono il
nostro equilibrio e la nostra serenità. Avevo undici anni, e
la mia infanzia mi
disse addio per sempre.-
-
Come morì?- mi domandò Milo, con uno sguardo
leggermente
preoccupato, probabilmente pensando di violare troppo, con quella
domanda, la
mia intimità.
-
È qui che sta l’assurdo. È morta
partorendo mio fratello Jude.-
La
bocca del Santo di Scorpio si spalancò per lo stupore,
mentre io
pronunciavo quelle parole senza più alcun dolore,
perché ormai erano diventate
come una litania e non significavano più nulla.
-
Nel XXI secolo è ancora possibile morire di parto? In un
paese
industrializzato, poi?-
-
Me lo sono chiesto anch’io. Ma mia madre è sempre
stata debole di
salute, e al momento del parto, il suo fisico troppo debole non ha
retto
l’anestesia che le hanno fatto per effettuare il cesareo.-
-
Lily, questa storia non mi piace, è troppo inverosimile.-
-
Eppure è stato così, è stato
dannatamente così. -
-
Possibile non ci siano altre spiegazioni? Mi sembra una morte
così anormale…-
Presi
un lungo, lungo respiro.
-
Quale morte è “normale”, Milo? E
comunque, mia madre è morta. Non
m’importa come, so solo che adesso lei non
c’è più. E vorrei che almeno la sua
anima riposasse in pace. -
-
Cos…? –
-
Ce l’ha insegnato mio padre: voleva che ricordassimo nostra
madre
per come era vissuta, non per come era morta. Lui non ha mai voluto
sapere la
causa della scomparsa della donna che amava.-
Milo
tacque per un po’, ed io con lui.
Cominciava
a fare caldo, lì sulla collina, caldo davvero, ed
entrambi avevamo le guance rosse e la fronte imperlata di sudore.
Presi
ad asciugarmi le goccioline più fastidiose un po’
su tutto il
corpo, sicura che Milo non si sarebbe nemmeno accorto dei miei gesti,
assorto
com’era.
Dopo
pochi minuti di afa che a me sembrarono interminabili, girò
il
volto verso di me, e mi chiese, semplicemente:
-
Ha il lieto fine la tua storia?-
No,
Milo.
La
vita non
è una favola, e non ha il lieto fine. Non voglio raccontare
una storiella ad un
ragazzo annoiato. Voglio parlare di una vita di sudore, di denti
stretti e di
memorie rattoppate.
Una
vita
che fa male, e che non è ancora finita, ma che di sicuro no,
non avrà il lieto
fine. Quello è per gli eroi, ed io eroe non sono.
Sono
queste le parole che avrei voluto dire a Milo, se solo ne
avessi avuto il coraggio, se solo ne avessi avuto la forza.
Invece,
risposi accondiscendente come sempre, scuotendo la testa e
liquidando i fantasmi che mi torturavano con un sorriso flebile,
l’unica arma
che avevo.
-
Non credo abbia il lieto fine. Ma non si può mai dire. Abbi
fede.
-
Com’era
ovvio, una risposta così vaga non bastò a
soddisfare
l’infantile curiosità del Cavaliere dello
Scorpione.
Che
strano, però.
Si
comportava come se non avesse mai sentito nessuno raccontare
storie, nemmeno da piccolo, e si mangiava ogni mia parola con la stessa
voracità con cui un lupo sbrana la sua preda.
-Che
accadde, poi?-
Sospirai,
arrendendomi al caldo e all’insistenza che leggevo
nell’azzurro
di quegli occhi, e andai avanti:
-
Da quel momento mio fratello maggiore, Albert, cominciò a
studiare come un matto, con la promessa che nessuno sarebbe
più morto per delle
sciocchezze simili quando lui fosse diventato un medico. Tre anni dopo,
vinse
una borsa di studio a Londra, e partì. È da
allora che non lo vedo, e mi manca
da morire.-
-
Non hai mai avuto sue notizie?-
-
Oh, certo. Mail, lettere, telefonate… Ma parlarsi
guardandosi
negli occhi è un’ altra cosa. –
-
Sicuro. - annuì lui, comprensivo.
-
Ma non credi sia stato egoista andarsene, da parte di tuo
fratello?- chiese, poi, il secondo dopo.
La
domanda di Milo, tanto ovvia e banale, mi mandò in bestia, e
forse fu proprio a causa della sua ovvietà.
-
Non parlare avventatamente di cose che non conosci! Albert è
sempre stato un ragazzo sensibilissimo, e la morte di mia madre
l’ha toccato
profondamente…lui se n’è andato con
l’intento di farci del bene.- mentre
parlavo, mi ero alzata con il pugno chiuso sul petto, il solito gesto
che
sottolineava il mio coinvolgimento emotivo in un discorso.
Milo
alzò entrambe le mani, come a schermirsi, e con tono gentile
si scusò:
-
Perdonami, non intendevo offendere nessuno. Considera la mia come
l’osservazione di un estraneo. –
Sospirai
e tornai a sedermi.
Subito,
un lampo furbetto dipinse di malizia lo sguardo del
Cavaliere di Scorpio.
Oh,
tanto sapeva che l’avevo già perdonato.
-
Pace fatta?- chiese, sornione.
-
Pace fatta, ma non fare gesti stupidi.- concessi, sorridendo.
-
Dai, allora finisci di raccontarmi. Mi parlavi della vostra vita
dopo la partenza di tuo fratello.-
-
Ah, già.
Da quel momento,
io e Andrea aiutammo mio padre meglio che potemmo a mandare avanti i
lavori
nella villa, e, contemporaneamente,a crescere Jude senza fargli mancare
una
figura materna. Non fu facile.-
Feci
una lunga pausa, durante la quale gli occhi di Milo non
smisero mai di esortarmi a continuare.
Ma
non ce la facevo, le lacrime cominciavano a pungermi gli occhi
ed io prima o poi avrei ceduto, e questo non andava per niente bene.
-
E poi?- incalzò Milo, notando che la muta preghiera del suo
sguardo ormai non faceva più il suo dovere.
-
Poi basta. Ti racconto un altro giorno.-
La
delusione si dipinse in un secondo sul volto del giovane, che mostrò il
suo sdegno affilando lo sguardo
e stringendo le mani a pugno.
-
Ma avevi detto che mi avresti parlato del tuo passato.-
sibilò.
-
Infatti. Ma ora basta, sono stanca e ho mal di testa. Domani,
forse, finirò di raccontare.- risposi io, secca.
-
Domani? Non si era parlato di domani.-
-
Non essere infantile. Ti ricordo che eri venuto qua con
l’intento
di consolarmi, non con quello di farti raccontare una storia.-
Lui
si bloccò un istante a riflettere, poi tornò
subito alla
carica.
-
Sì, ma ormai…- tentò, ma io lo
interruppi:
-
Milo, a casa mia quello che stai facendo tu ora ha un nome ben
preciso: si chiama capriccio. Non è esattamente la parola
che più si addice ad
un Saint di Athena, no?-
Ferito
nell’orgoglio.
Avevo
fatto centro. Tutti i Cavalieri l’avevano di proporzioni
smisurate.
-
Non era un capriccio. Semplicemente curiosità.-
Forse
avevo esagerato. In fondo, non aveva fatto domande poi tanto
indiscrete, e la sua voce, in quel frangente così indulgente
e… sottomessa?,
fece sgretolare le mie difese. La capacità di persuasione di
quel ragazzo era
strabiliante, non avrei mai potuto resistere; ma non cedere,ormai, era
una
questione di principio.
Cercai
di sviare il discorso.
-
Ma perché una storiella ti interessa tanto? Non ne hai mai
sentita una?-
-
Pochissime, e mai una vera. E poi, in addestramento circolavano
solo false leggende inventate da noi apprendisti. Non le ricordo
nemmeno più.-
sorrise, Milo, al ricordo dell’infanzia passata sudando e
faticando, per
diventare una macchina da guerra al servizio di una ragazzina.
Chissà,
magari in fondo era stata un’infanzia felice.
-
Quindi, tu non conosci nessuna favola?- domandai, spalancando gli
occhi esterrefatta.
-
Beh, no… Sai, le favole o le storie in genere non sono mai
state
la mia priorità…-
Milo
era chiaramente a disagio, ma a me non importava nulla:
diventare scrittrice di favole o storie per bambini era da sempre il
mio sogno,
e avevo davanti un bell’esemplare di “potenziale
lettore adulto”, ancora da
iniziare al mio meraviglioso mondo.
-
Milo, dobbiamo assolutamente rimediare!- quasi urlai, tanto era
il mio entusiasmo.
Il
mio amico greco, invece, era palesemente in difficoltà.
-
Allora, prima di farti leggere qualcosa di mio, sarebbe meglio
iniziare con un autore famoso, come Esopo o, che so, Fedro…
anche perché i miei
manoscritti sono ancora tutti alla “Clara Domus”, e
io a quel posto non mi avvicino
di certo… però forse si potrebbe iniziare con
qualche romanzetto di un autore
latino americano, magari…-
-
Stooop!- il santo di Scorpio fermò il mio viaggio mentale
con un
dito alzato e un’espressione troppo seccata.
-
Le storie mi piace ascoltarle occasionalmente. Non voglio leggere
nuovi romanzi. Per quello ho Camus, che m’importuna a
sufficienza-
Lo
sbalordimento per l’affermazione di Milo non
lasciò molto spazio
al gelo e alla delusione che altrimenti mi avrebbero inevitabilmente
colpita :
non sopportavo chi disprezzava senza provare.
Ma
i conti non tornavano.
-
Camus importuna te? Dai, non scherziamo. Il contrario, semmai.-
-
La sola presenza dei tomi che compaiono di tanto in tanto
all’Undicesima Casa può essere catalogata come
“disturbo”.-
-
Eretico. Non sai di cosa parli.-
-
Stiamo diventando un po’ troppo impertinenti, per i miei
gusti.-
Non
sapevo se Milo fingeva o se
quel cipiglio un po’ pauroso era frutto di una rabbia
autentica, ma preferii
starmene dalla parte dei bottoni e buttare la faccenda sul ridere:
-
Ah, si? Beh, adesso l’impertinente qui presente ti
sfinirà a
forza di solletico, Cavaliere di Athena!-
Cominciai
a punzecchiare le ascelle, i piedi, il collo del ragazzo
che mi stava di fronte e si contorceva come un’anguilla,
combattuto tra la sua
dignità di uomo adulto e la voglia di lasciarsi andare a
un’allegria infantile
che, immagino, per lui era del tutto nuova.
Poi,
improvvisamente, fui io a contorcermi dalle risate, in una
situazione che aveva dell’assurdo: Milo stava sopra di me,
ghignante, e
continuava a farmi il solletico canticchiando un “ ghiri ghiri” che mi dava sui
nervi.
-
Bast…ah ah, Milo, ti prego…-
-
Ti arrendi, piccola impertinente?-
-
Ma neanche…ih ih… No, dai, basta… eh
eh… Va bene, maledetto,
pietà, pietà!- implorai, facendo un giuramento
mentale a me stessa: Milo di
Scorpio me l’avrebbe pagata.
Prima
o poi.
Adesso
c’era solo il presente, ed era bello: perché
guastarlo?
-
Ti sei arresa, ho vinto io!- Esultò Milo.
-
Bella vittoria. Sei due spanne più alto di me e hai il
triplo dei
muscoli. Ti piace vincere facile, eh? E comunque ho vinto io, tu sei
stato
sleale.-
-
Non se ne parla, è stata una vittoria ottenuta lealmente.-
bofonchiò lui,ormai prossimo ad una crisi di orgoglio.
-
Vorrà dire che la storia non te la racconto neanche domani!-
gli
feci la linguaccia, mentre cominciavo a rassettarmi la maglietta.
-
Ma così non è corretto!- si lagnò il
mio amico greco, alzandosi
in piedi e asciugandosi il sudore dalla fronte.
-
Taci, ormai hai perso!- risi io, mentre cercavo di scendere da
quell’irto tratto di collina senza farmi troppi danni.
-
Dove vai, Lily? – chiese Milo, probabilmente preoccupato.
Lo
tranquillizzai con uno dei miei soliti sorrisi, senza aspettarmi
troppo. Non avevo mai convinto nessuno, mostrando i denti.
Invece,
quel giorno, sulla collina, funzionò.
Forse
perché era la prima volta, dopo tanto tempo, che mi sentivo
allegra senza bisogno di fingere. Stavo bene, bene davvero.
Scesi
per il versante quasi saltellando, e con passo leggero mi
diressi alla Terza Casa.
Ignorai
Kanon, salutai Saga e mi scusai con lui per avergli preso
dei vestiti senza chiedere. Lui rispose che non c’erano
problemi e mi diede il
permesso di entrare nella sua stanza, dove poco prima avevo gettato con
stizza
il vestito dal colore improbabile che mi aveva regalato Milo.
Lo
raccolsi e lo rassettai con cura, poi lo piegai.
Incredibilmente,
adesso lo trovavo bellissimo.
……………………………………………………………………………………
Mi
risvegliai in un letto a due piazze, con delle insolite lenzuola
rosso porpora, che sapevano ancora di sogni.
Pigramente
mi alzai e mi diressi verso il bagno, dove trovai il
coraggio di scrutare la Lily
che mi guardava riflessa nello specchio.
Fortuna
che, per la prima volta, avevo dormito da sola, in una
delle stanze del Tredicesimo Tempio. Chiamare
“templi” le abitazioni del luogo
mi faceva ancora uno strano effetto. Certo, neanche all’idea
di vivere in un
Santuario mi ero ancora abituata.
Fatto
sta che quella mattina ero davvero inguardabile: occhi gonfi,
naso rosso, trucco sbavato…
Sbuffando,
scrollai le spalle e cominciai la mia lenta ma
inesorabile opera di pulizia.
Mentre
mi stavo asciugando i capelli, qualcuno bussò alla porta.
Riconobbi il colore fresco e rasserenante di quei Cosmi, e andai ad
aprire con
una certa carica di allegria.
-
Camus! Milo! Che piacere!-
-
Buongiorno, Lily. Ti abbiamo portato la colazione. Non è una
cosa
che si fa spesso, qui, ma dato che tu sei nuova abbiamo pensato che ti
avrebbe
fatto piacere.-
-
Eccome se mi fa
piacere!
Ho una fame!- esclamai tastandomi il ventre, come a sottolineare la
veridicità
della mia affermazione. Così, ci sedemmo sul letto, mentre
la bava continuava a
colarmi dalla bocca.
-
Cosa c’è di buono?- chiesi, spazientita dalla
lentezza dei due
ragazzi.
Milo
rise davanti alla mia fretta,
Camus no.
-
Via quegli occhi da lupo famelico! Ci sono solo paste di riso, le
più leggere.-
-
Uff… Ma non volevo fare la
dieta…Vabbè, mi toccherà
accontentarmi!-
Non
avevo ancora finito di brontolare, che già mi trovavo con
una
pasta per mano. Beh, ero fatta così: amavo lamentarmi, lo
trovavo divertente
quasi quanto un hobby, e lo facevo spessissimo. Ognuno ha i propri
difetti, e
questo era uno dei miei, punto e basta.
-
A cosa devo tutta questa cura?- chiesi rivolgendomi a Camus, dato
che da quando era entrato non aveva ancora detto una sola parola.
-
La
Dea. Ti
vuole vedere.- rispose il ragazzo, come al solito parsimonioso di
parole.
-
Che significa?- questa volta mi rivolsi a Milo, dato che Camus
sembrava aver esaurito il numero giornaliero di frasi da dedicarmi.
-
Lady Saori ha convocato un altro synagein, un po’ diverso dal
solito e meno ufficiale. Solo tu e lei, per intenderci. Vuole parlarti
da sola
faccia a faccia.-
Feci
una faccia delusa e un po’ scandalizzata, che Milo
imitò in
maniera piuttosto comica.
Che
scemo, mi faceva ridere anche quando non ne avevo voglia!
-
Quindi, la colazione in camera è un contentino prima della
pena,
vero?-
-
Non prendertela- si intromise, eccezionalmente, Camus –
è solo
che allo scorso synagein le cose non sono andate molto bene. Ma tutti
ci
tengono a farti capire che non siamo dei sadici torturatori, e tra i
Gold sono
parecchi quelli che ti apprezzano.-
Rimasi
un po’ stupita da questo discorso, sia per il contenuto, sia
perché era la cosa più lunga che Camus mi avesse
mai detto da quando ero al
Santuario.
-
Quindi c’è anche chi non mi apprezza, vero?-
-
Non dirmi che non te ne sei accorta- rispose il Maestro dei
Ghiacci, infilandosi in bocca un minuscolo pezzetto di pasta.
-
Bah, cosa vuoi che me ne importi! Ho in programma di andarmene da
qui il prima possibile!-
Non
notai lo sguardo preoccupato che corse tra i due ragazzi,
allora. Ero serena, finalmente, e rifiutavo qualunque cosa, anche
evidente, che
minacciasse di turbare questo mio stato di tranquillità.
-
Va bene, quando devo incontrare la Dea?-
-
Subito. – rispose Milo, passandomi una sporta con una
maglietta e
un paio di jeans, insolitamente sobri e anonimi.
Finalmente.
……………………………………………………………………………………
Ero
pronta ad un altro salto nel vuoto.
Spinsi
ancora una volta il battente del pesante portone di legno,
ed entrai nella stessa stanza lussuosa dell’ultima volta.
-
Benvenuta. –
La
solita voce squillante e un po’ costruita, stavolta priva
delle
incrinature dovute a un’adolescenza oppressa dal dovere.
-
Salve.- risposi io, sedendomi a terra a gambe incrociate.
Lady
Saori storse il nasino davanti al mio gesto, ma non dimostrò
apertamente il suo disappunto.
-
Allora, Lily… Ho voluto vederti perché ho preso
una decisione su
di te, e intendo rendertene partecipe privatamente, prima che la cosa
diventi
pubblica.-
U-oh.
Brutte notizie in arrivo.
La
Milady
stava
girandoci troppo intorno, senza mai centrare il punto della situazione,
e la
cosa non mi piaceva.
-
Ebbene? – incalzai.
-
Ebbene, come immaginavo, i Cavalieri d’Oro non hanno tardato
ad
accorgersi della natura maligna del tuo Cosmo. Ho parlato con Shaka e
Doko, e
insieme siamo riusciti a trovare una soluzione.-
-
Una soluzione a quale problema?- più per quello che mi aveva
detto, ero rimasta stupita dalla pacatezza costante con cui mi aveva
parlato.
Decisamente, quella ragazzina non l’avrei mai capita.
Com’era
prevedibile, Lady Saori ignorò completamente la mia
domanda.
-
È come se il Cosmo che è in te si fosse assopito.
Lo è stato per
quasi vent’anni, e forse possiamo fare in modo che resti
così per sempre.-
-
Come…? Cosa…?-
-
Allenamento, mia cara. Da domani imparerai a controllare il tuo
Cosmo. Riesci a tenerlo sedato in stato normale, se ti allenassi
potresti
persino reprimerlo fino a quasi annullarlo. E se, a quel punto, dovesse
manifestarsi in te una personalità maligna, non
costituirebbe più un problema.-
No,
davvero, non capivo. Ma il danno sembrava ormai inevitabile.
Deglutii.
-
Quando?-
-
Comincerai domani, giusto il tempo di formalizzare la mia
decisione.-
E
così, venne sancita ufficialmente la data d’
inizio dei miei
allenamenti. Non diedi gran peso alla cosa, la consideravo una delle
tante
pazzie di quel mondo assurdo.
Non
ero nemmeno preoccupata, perché
“allenamento” non era una
parola che mi spaventava.
Che
stolta.
Se
solo avessi saputo prima cosa mi sarebbe aspettato nei giorni
successivi, sono sicura che sarei scappata a gambe levate.
Il
mio corner!
Acc,
questa volta sono davvero in ritardo pazzesco! Chiedo venia,
ma tra il caldo la scuola, il numero da organizzare il tempo
è volato, e sono
riuscita a sistemare questo capitolo solo ora. All’inizio
avevo deciso di
scrivere tuuutta la storia di Lily in un solo capitolo, ma la cosa si
faceva
lunga e noiosa. Così, ne ho messa solo una parte. Il resto
sarà in parte ne l
prossimo capitolo, insieme all’azione ( sì,
finalmente i personaggi cominceranno
a muoversi!!! xD)
Gli
asterischi:
*
la storia di questa nascita è un
po’ ispirata ad una citazione di un brano di Shakespeare e un
po’ alla nascita
(vera!) di mio fratello, che è uscito dalla pancia della
mamma mentre passava
una stella cometa (beato lui! *_*)
**
tratto da “il giardino dei Finzi
– Contini” di Giorgio Bassetti ( il nome originale
della casa, però, è “Magna
Domus”) ^^
E
adesso, i ringraziamenti:
Gufo_Tave:
ho
deciso
di chiamare Andrea
la
sorellina di Lily perché è un nome che deriva dal
greco, e
significa “coraggioso/a”,e, come dici tu,
all’estero è un nome molto usato
anche per delle ragazze. Io l’ho scelto appunto per il suo
significato, perché,
come si vedrà più avanti, la piccola Andrea
è una ragazzina con le palle. Cosa
pensi di questo capitolo? La tiro troppo per le lunghe? T.T fammi
sapere, e
grazie per la recensione! *1bacio*
Ribrib20:
grazie,
carissima, forse tra tutte le tue recensioni questa è quella
che mi è piaciuta
di più, non chiedermi perché ( mai farlo,
potrebbe essere dannoso! xD!) sappi
che ho fiducia nei tuoi disegni e aspetto con ansia che tu li
pubblichi! ^_-
sono sicura che mi stupiranno! ^_^ Per quanto riguarda gli errori di
battitura,
chiedo scusissima! * si auto-punisce con una frusta*. Il fatto
è che spesso
finisco di scrivere i capitoli molto tardi, con il risultato che,
quando vado a
postare, alcuni errori mi sfuggono. Per i tag chiusi male non riesco a
trovare
una soluzione: in anteprima è tutto perfetto, poi quando do
l’OK viene quella
roba! Argh! HTML, ti odio! * sbatte la testa contro il muro in preda ad
una
crisi isterica* per il resto, tutti gli altri errori ho cercato di
correggerli,
ma quel codice maledetto è la mia morte!se conosci il modo
per neutralizzare
questa piaga me lo diresti? Grasie…*_*
Tornando a noi,mi fa piacere che ti piaccia
l’umanità dei Gold, perché in fondo
io li vedo così, dei ragazzi, dopotutto…
però forse, con questo capitolo
narrativo ho tirato un po’ troppo la corda, tu che dici?
Grazie per la
recensione, sei un angelo! *1bacio*
Roxrox:
ciao! Che
piacere! Mi rincuora sapere che l’introspezione dei
personaggi è un argomento
che non dispiace, e sono felice di aver scelto di non snobbarlo ( anche
se con
l’ennesimo cap di transizione forse ho un po’
esagerato, ma che ci vuoi fare, tutta
questa storia è per me una grande scommessa…xD).
Mi dispiace, ma per la storia
completa dovrai aspettare un altro cap, ma non preoccuparti: quando
l’azione
comincerà, sarà difficile fermarla! XD grazie per
aver recensito, sei stata
gentilissima! Alla prossima! *1bacio*
Grazie
anche a kira_the_rebel,
Megarah_witch, Gufo_Tave e
darkalexandra85 per aver inserito la mia storia tra le seguite.
Un
grande abbraccio anche a tutti
quelli che leggono “Beautiful novel” in silenzio.
*1bacio*
stantuffo
|
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Capitolo 8 *** panico! ***
‡
Beautiful novel ‡
I
giorni dell’addestramento furono tremendi, ne serbo ancora un
ricordo dolorosissimo.
Per
una settimana, le mie giornate furono scandite da un
massacrante valzer di pesi, corse, lacrime e meditazione.
I
miei “maestri” cambiavano di volta in volta, dato
che nessuno
sembrava capace di sopportare troppo a lungo una frana come me. In
linea di
massima erano Milo, Aiolia e Aldebaran a seguirmi in quello che doveva
essere
un allenamento: mi esercitavo correndo e sollevando pesantissimi otri
pieni
d’acqua, ed ero pure “tenuta ad imparare le
tecniche basilari dell’arte del
combattimento”, come diceva Shaka. Purtroppo,
però, non c’era una cosa che mi
riuscisse bene, e dopo mezz’ora di urletti e mosse
sfacciatamente inventate sul
momento, Aiolia e gli altri si stancavano e mi facevano correre tutto
il santo
giorno.
Così
almeno mi facevo il fiato, dicevano.
La
parte dell’addestramento che prevedeva il controllo del Cosmo
era, ovviamente, curata dal biondo custode della Sesta Casa, la cui
pazienza
era messa a dura prova dalla mia disarmante incapacità di
usare anche solo un
briciolo della mia aura.
Shaka
diceva che dovevo chiudere gli occhi e concentrarmi su me
stessa; secondo lui, dovevo riuscire a trovare una traccia di me al di
là delle
cose materiali, perfino al di là delle stelle.
I
suoi erano bei discorsi, molto aulici e filosofici, certo, e
il biondo asceta li sosteneva anche con convinzione, ma di sicuro non
andavano
bene per me, che il concetto di Cosmo non l’avevo ancora
capito!
Mi
limitavo, quindi, a strizzare gli occhi come sapevo fare,
cercando di espandere la macchia arancione che vedevo aleggiare intorno
a me.
Ero riuscita, in due giorni, a farlo vibrare leggermente lungo i
contorni.
Di
espandersi, però, quella dannata macchia non ne voleva
proprio sapere.
I
miei primi progressi avevano lasciato soddisfatto Shaka, ma
già al terzo giorno di addestramento, vedendo quanto la mia
energia spirituale
fosse stagnante, il mio biondo insegnante aveva preso
l’abitudine di andarsene
senza dire una parola, deluso da quella che secondo lui era solo una
grave
mancanza d’impegno e concentrazione.
Quando
Shaka si stancava difficilmente tornava ad allenarmi, e
recarsi alla Sesta Casa per pregarlo di chiudere un occhio e riprendere
l’addestramento era solo una perdita di tempo, e
l’unico risultato che ero
riuscita ad ottenere le poche volte che ci avevo provato era stato un
pacato e
sereno rimprovero su quanto fosse grave mancare di rispetto ad una
persona non
impegnandosi e disturbando, tra l’altro, la sua meditazione.
Se
riuscivo a non demoralizzarmi, mi recavo alla Settima ad
implorare Doko di continuare quello che Shaka aveva lasciato a
metà.
Il
più delle volte, però, il Cavaliere di Libra non
si trovava
al Santuario, e l’essere snobbata da tutti gli altri
cosiddetti maestri mi
buttava il morale sotto i piedi.
A
quel punto capitava che Mur, impietosito, si offrisse di darmi
una mano, con una pazienza e una bontà d’animo che
avrebbero fatto invidia ad
un santo.
Così,
la fatica, i fallimenti e la frustrazione erano tornati ad
essere la mia routine. Perciò, più o meno ogni
sera, facevo una corsa su per la
scalinata e mi recavo da Milo o da Camus, a seconda del mio stato
d’animo.
Con
Milo urlavo, ridevo e mi sfogavo, perché parlare con lui mi
aiutava a distrarmi e a liberarmi da tutti i dubbi e le insicurezze che
mi
sentivo addosso. La presenza del greco mi dava la forza di pensare
positivo,
guardando senza paura i guai che sicuramente erano in agguato, appena
fuori dal
Santuario.
Se
è vero che le serate con Milo mi aiutavano ad andare a
dormire con il sorriso sulle labbra, è altrettanto vero che
quelle passate con
Camus erano più benefiche del disinfettante su una ferita.
Solitamente,
appena varcata la soglia dell’Undicesima, scoppiavo
in lacrime, frignando e lamentandomi di tutto e tutti.
E
Camus non mi incoraggiava mai.
Ascoltava
la mia disperazione in silenzio, senza alcun'
espressione che tradisse il suo stato d’animo.
Poi,
mentre ancora singhiozzavo, mi poggiava una mano sulla
spalla e con tranquillità mi spiegava per quale ragione,
secondo lui, avevo
torto.
Non
era piacevole sentirsi continuamente contraddire, anzi, era
estremamente fastidioso, ma al mondo non c’era niente di
più costruttivo: mi
trovavo, mio malgrado, a riflettere su ogni cosa, perfino quella che
ritenevo
più scontata o assoluta.
Al
di là delle difficoltà, comunque, la mia vita
sociale al
Santuario era stata molto incrementata
per via dell’addestramento.
Avevo
conosciuto tanti giovani apprendisti che mi avevano preso
in simpatia. Così, tra tutti gli abitanti del Santuario,
Kanon e Shura erano
gli unici che ancora si ostinavano a non rivolgermi la parola.
Il
rapporto che avevo con Saga era, invece, particolare e
incostante: alternavamo momenti di allegria e di confidenza a silenzi
ostinati
e risposte fredde. Quell’uomo non riuscivo proprio a capirlo.
Tuttavia, non lo
trovavo spiacevole, e non disdegnavo la sua compagnia.
Con
Aphrodite le cose erano ancora più complicate di
così:
quando eravamo insieme ci sentivamo entrambi a nostro agio, e ci
comportavamo
con naturalezza, come se ci conoscessimo da tempo. Davanti agli altri
Saint,
però, Dite (ormai lo chiamavo così) si comportava
come se fossimo due perfetti
sconosciuti.
Penso
portasse una maschera, dentro di sé, ( ricordo che la
indossava specialmente quando aveva a che fare con il Cavaliere del
Cancro), e
avesse una parte sgradevole da recitare. Spesso le persone, per paura
di
mostrarsi a nudo e farsi scoprire vulnerabili, preferiscono fingere di
avere un
carattere che magari detestano.
A
quel tempo, però, pensavo che scambiare la vita per una
finzione fosse prerogativa di tutti i ragazzi, e mi sentivo fiera di
essere
superiore in quanto donna.
Com’ero
ingenua!
Non
me ne rendevo neanche conto, ma con tutti i miei
lambiccamenti e le mie teorie sulla vita, più che saggia,
come credevo di
essere, mi mostravo buffa. E lo ero, lo ero davvero!
Ma
adesso torniamo a noi.
La
mia condizione al Santuario, dicevo, era tremendamente
instabile e altalenante, ma non mi dispiaceva. Cominciavo ad amare il
sole di
Grecia.
Che
fosse per colpa di quell’esuberante ragazzo con gli occhi
azzurri che mi faceva ridere e battere il cuore? Può darsi.
Un
giorno, però, anche quest’instabile impalcatura di
serenità
fu stravolta.
Mur
era in missione, Doko ai Cinque Picchi e Shaka mi aveva,
ancora una volta, abbandonata.
Così,
mi recai sul mio solito cucuzzolo, dove avevo intenzione
di fare un pisolino all’ombra di un giovane ulivo.
Mi
ero appena distesa, che un Cosmo azzurro cielo entrò
nell’orizzonte dei miei occhi chiusi.
Sorrisi,
immaginando Milo correre verso di me con l’entusiasmo
di sempre.
Invece,
sentii solo una secchiata d’acqua gelata, seguita da una
risata inarrestabile.
Quell’idiota
mi aveva tirato un gavettone! Dannato!
Mi
alzai con un ringhio, e gli corsi dietro tutta gocciolante.
-
Vieni qui, Milo caro, fatti abbracciare! –
-
Ih ih… Conciata così, non ci penso nemmeno!
Coraggioso,
il ragazzo.
Ebbe
perfino la faccia tosta di ridermi in faccia, dopo il danno
che aveva fatto!
Gli
fui addosso in un balzo, e gli strappai di mano il secondo
palloncino che aveva. Poi, con una risata sadica che
spaventò perfino me,
glielo ruppi proprio in testa, lacerandolo con le unghie.
Così,
bagnati come due pulcini, cominciammo a ridere come dei
matti.
Poi
a Milo venne la bell’ idea di inseguirmi per farmi pagare
“la mia insolenza”, ed io, per scappare dalle sue
grinfie, cominciai a rotolare
giù dalla collina.
Ah,
mi ci voleva un attimo di pausa, dopo tanto sudore!
Mentre
correvo, però, qualcosa attirò la mia attenzione:
un
aquilone rosso con due code, una nera e una blu, si librava alto nel
cielo, a
poca distanza dal punto in cui mi trovavo.
Ebbi
un tuffo al cuore: era troppo improbabile che si trattasse
di una coincidenza.
Mi
dimenticai di Milo e cominciai a correre, stavolta seriamente,
seguendo la direzione del vento per arrivare al punto da cui partiva
l’aquilone.
Fu
allora che vidi un ragazzo girato di spalle, alto più o meno
come Milo, con una folta chioma castana.
Subito
non lo riconobbi, ma mi avvicinai comunque.
Sentendo
il rumore dei miei passi incerti, il ragazzo si girò,
rivelando due occhi verdissimi, dal taglio forse un po’
troppo fine per un
uomo.
Quegli
occhi cancellarono ogni mio dubbio.
Corsi
incontro al ragazzo con le braccia aperte, respirando
affannosamente, perché, al solito, l’emozione era
stata accompagnata da quella
cosa odiosa che era l’asma.
-
Lily?- domandò Albert stupito, mentre anche lui ricambiava
l’abbraccio.
Piansi
e non risposi, e presi a baciargli la fronte, il collo,
le mani…
Ero
così felice di rivederlo!
-
Albert! Cosa ci fai qui?-
Alla
mia domanda, la serenità abbandonò il viso di mio
fratello,
che si tinse di preoccupazione e sospetto.
-Oh,
Lily, finalmente ti ho trovata! Ho saputo quello che è
successo al matrimonio, tutto quel casino, ed ero venuto qui a
riflettere…-
-
Riflettere?- chiesi.
Per
un attimo avevo dimenticato che, quando aveva tanti pensieri
per la testa, mio fratello faceva volare il suo aquilone. Diceva che lo
aiutava
a pensare.
-
Sì, sapevo che eri sparita qui sulla collina, e ho pensato
che
fosse il posto migliore per…-
-
Lily!-
Una
voce affannata interruppe quella profonda di Albert.
Mi
girai, un po’ allarmata, e trovai Milo che fissava prima me
poi mio fratello con fare interrogativo.
-Milo…-
cercai di avanzare verso di lui, ma il braccio di
Albert, teso davanti a me, mi costrinse a fermarmi.
-
Chi è lui, Lily?- mi domandò, freddissimo.
Deglutii.
Il suo tono non mi piaceva.
Mio
fratello era sempre stato affettuoso, e mai così aspro e
duro. Ora che ci facevo caso, era cambiato anche fisicamente: aveva
messo su
due spalle da combattente, e si intravedevano i pettorali da sotto la
maglietta
aderente. Era più abbronzato di come me lo ricordavo, e la
pelle scura
contrastava piacevolmente con gli occhi chiari.
Non
mi era mai sembrato così bello, eppure mi faceva paura.
Temevo la sterile determinazione che gli leggevo negli occhi, e tutto
in lui mi
sembrava maledetto, arido, eppure dannatamente attraente.
Deglutii
e risposi:
-
E’ un mio amico. Si chiama Milo e…-
-
È un Cavaliere di Athena? –
Sia
io che Milo sgranammo gli occhi, allibiti: ma come diavolo
faceva Albert a sapere?
Milo
fu il primo a riaversi dalla sorpresa.
-
Milo di Scorpio, custode dell’Ottava Casa, Cavaliere
d’Oro
nonché umile servitore della Dea Athena. E tu chi saresti?-
Albert
gonfiò il petto e assottigliò lo sguardo.
Immaginai i
suoi denti serrati, digrignati, e la bile che si accumulava a poco a
poco in
lui. Presi a tremare, anche se non ne capivo la ragione.
-
Mi chiamo Albert, Albert Valentino, e sono qui per riportare a
casa mia sorella.-
Cosa?
Mi riportava a casa? Con lui? Oh, Albert!
-
No. –
La
voce di Milo, secca e imperiosa come non l’avevo mai sentita,
ruppe il lieve filo di sollievo che avevo filato sperando tanto
intensamente. E
la mia ragnatela di emozioni, che
si
fondava proprio sulla speranza, crollò.
-
Lily è qui per ordine di Athena, e qui deve restare.
–
Mai
come in quel momento Milo mi sembrò degno di essere chiamato
Saint: non era più il ragazzo entusiasta con cui avevo
scherzato fino a pochi
minuti prima. Era un uomo, in quel momento, non più un
ragazzo. Un uomo e un
guerriero, un guerriero della giustizia, di Athena.
Ma
mio fratello, adesso, cos’era?
Non
lo sapevo, e tutto questo mi inquietava tanto, tanto
davvero.
Albert
parlò pacato, camminando lentamente verso Milo senza
tradire alcun’emozione:
-
Cavaliere di Scorpio, ti chiedo di concedermi il permesso di
riportare a casa una ragazza innocente, che non appartiene al vostro
mondo.-
-
Lily ha un Cosmo. – rispose Milo con una punta di disprezzo.
–
E comunque- continuò – Non sono io ad avere il
potere di fare concessioni di
questo tipo.-
Erano
a pochi passi di distanza.
-
Allora, portami da Athena. Chiederò il permesso direttamente
a
lei.-
Milo
scosse la testa, palesemente offeso.
-
Un mortale senza Cosmo non può profanare il Santuario. Lily
resta qui, e non si discute. –
Adesso
erano uno di fronte all’altro. Col cuore in gola, mi
avvicinai anch’io.
Alle
parole di Milo seguì un silenzio teso, durante il quale i
due ragazzi non smisero di lottare con gli sguardi.
Blu
contro verde, verde contro blu.
Pregai
mentalmente tutti gli dei di cui mi ricordavo, nella
speranza che Milo non avesse intenzione di passare alle mani,
altrimenti Albert
non ne sarebbe uscito vivo. Anche se mio fratello si dimostrava ogni
secondo
più antipatico, gli volevo comunque bene. Condividevamo lo
stesso sangue,
dannazione!
Milo
parlò per primo:
-
Lily, vieni, saluta tuo fratello. Noi ora torniamo al
Santuario.- mi prese saldamente il braccio, avendo cura di non farmi
troppo
male, ne sono sicura, e mi tirò a sé.
Io
ero disorientata, davvero: non capivo cosa stesse esattamente
succedendo, né perché.
-
Milo, io…- tentai, ma Albert mi interruppe e con uno
strattone
mi liberò dalla presa di Milo.
-
Va via, Lily! – ringhiò.
-
Cos…?-
-
VELOCE!-
Un
urlo del genere non era mai uscito da quelle labbra, e la
voce di mio fratello non mi aveva mai fatto piangere.
Fino
a quel giorno. Cosa, o chi, chi aveva cambiato Albert a tal
punto?
-
Adesso basta! –
Milo
fece un ultimo, minaccioso passo avanti. Sia io che lui,
però ci trovammo totalmente impreparati davanti alla mossa
di Albert : con un
guizzo rapidissimo, spruzzò sul viso di Milo uno spray che
divenne subito una
nuvoletta biancastra.
Il
Cavaliere di Scorpio, logicamente,
non respirò quel gas, ma, come scoprii
più
tardi, quello era un nuovissimo tipo di anestesia, ancora in fase
sperimentale,
che aveva la proprietà di penetrare nei pori del paziente
senza per forza
passare per le vie aeree.
-
Adesso mi sono stufato, Lily! Alzati e andiamocene!-
Mi
alzò tirandomi per un polso, mentre io, impotente, non
riuscivo a staccare gli occhi da quelli di Milo, che si facevano sempre
più
vitrei.
Vidi
la mandibola del mio amico rilassarsi, poi il suo corpo si
afflosciò.
Quello
spettacolo rimbombò come un tuono dentro di me, e trovai
la forza di ribellarmi alla stretta di Albert.
-
Milo! -
Lo presi tra le braccia,
quasi come una madre, cercando di sorreggergli la nuca. Il respiro era
ritmico,
e il cuore batteva con regolarità.
Per
fortuna, sembrava solo addormentato.
-
Lily, dannazione, sto facendo tutto questo per te! –
Mio
fratello mi prese in braccio, costringendomi a lasciare
Milo, e mi issò sulle sue spalle senza alcuno sforzo.
-
Per me? E cosa faresti per me, stronzo? Uccidere gente
innocente? Lasciami! –
-
Non è morto e non è innocente. E io non sono uno
stronzo.-
-
Sì che lo sei! E che colpa avrebbe Milo? Quella di essere
l’unica persona che mi considera, forse?-
Stavo
uscendo dai gangheri: quello non era davvero mio fratello,
non poteva esserlo!
-
Ma che stai dicendo?!? Sia io che il signor Brain nutriamo una
grande stima di te, e…-
-
A-ha! Il signor Brain! Ecco spiegato tutto! È colpa sua, ti
deve aver fatto il lavaggio del cervello! –
-
Ma quale lavaggio del cervello! I Cavalieri di Athena ti
avevano rapita, e quell’uomo sta ancora cercando di
riportarti indietro! Adesso
lo andiamo a trovare, così…-
-
Rapita? Andarlo a trovare? Tu sei pazzo! Pazzo e di nuovo
stronzo! Brain voleva che lo sposassi contro la mia volontà!
La nostra famiglia
si è sventrata per colpa sua! –
Arrivammo
ad una macchina nera e lunga, dall’aria costosa. Una
Mercedes? E da quando potevamo permettercene una?
-
Brain mi aveva detto che avresti reagito male! Dannati! Ti
hanno pure plagiata!-
Con
un gesto irato ma fluido, Albert mi sbatté dentro la
macchina e chiuse la portiera con uno scatto, facendole fare un sonoro
botto.
Mi massaggiai il polso, mi aveva fatto male.
-
Cosa diamine vuoi fare?- chiesi – Vuoi davvero lasciare Milo
là da solo?-
Vidi
la mascella di mio fratello tendersi e le nocche sbiancare,
strette al volante.
-
Smettila di preoccuparti per lui. Gli ho solo somministrato
un’anestesia innovativa. Ne avrà per
un’oretta buona.-
-
Gli farà del male?- domandai, cominciando a singhiozzare
sonoramente, mentre sentivo che l’aria mi veniva via via a
mancare.
-
Ti ho detto di smetterla, Lily!-
-
Se mi preoccupo per lui, è perché gli voglio
bene!-
-
Ma quella gente non te ne vuole, dannazione! Io, Andrea, Jude,
lo stesso Brain… Noi ti vogliamo bene!-
-
Fanculo!-
Lo
schiaffo arrivò violento e inaspettato, ed io mi ritrovai
con
una guancia gonfia e un labbro sanguinante. Per la violenza del
contraccolpo,
avevo anche sbattuto la testa contro il finestrino. Stronzo,
sì. E col cavolo
che continuavo a ritenerlo mio fratello!
Mai,
prima di allora, Albert si era sognato di alzare le mani su
di me.
Cominciai
a piangere, offesa a morte, e contemporaneamente mi
accorsi che anche fuori aveva cominciato a piovere.
-
Albert, perché non mi credi?- sputai fuori tutto il mio
orgoglio per pronunciare quelle parole senza tremare o mugolare dal
dolore
-
Brain è malvagio… mentre eri via, mi ha fatto un
sacco di
male…-
Il
muro di odio di mio fratello parve incrinarsi un poco davanti
alle mie lacrime. Evidentemente, si sentiva anche in colpa per lo
schiaffo, ma
si sarebbe ucciso piuttosto che ammetterlo.
-
Cosa ti avrebbe fatto? Mi ha sempre tenuto informato circa la
tua salute e quella degli altri due. Sembrava così
affettuoso e premuroso, che
non sono mai stato in ansia per voi. Ma tu dici che ti ha trattata
male. Non
stai mentendo, vero Lily?-
Scossi
la testa,perché le lacrime e i singhiozzi che avanzavano
non mi lasciavano parlare. Sapevo di essere ormai diventata paonazza.
-
E cosa ti avrebbe fatto? Parla, ti prego! Mi sono sbagliato
sul suo conto? Ho sbagliato tutto, finora?-
Annuii.
Sì,
Albert, hai proprio sbagliato tutto. Tu hai sempre creduto nella
persona
sbagliata, e mai in me. Hai sempre inseguito un ideale fasullo, e non
ti sei
fatto scrupoli di attaccare i deboli e i giusti.
E
hai
pure fatto del male a Milo.
Sì,
dannazione, hai proprio sbagliato tutto!
Forse
i miei pensieri arrivarono con forza diritti al cuore di
mio fratello, perché si chinò su di me e mi
scrutò come se mi vedesse per la
prima volta, con quella sua tenerezza antica che, per fortuna, non era
morta.
Ora
finalmente riconoscevo in quello sguardo mio fratello,
nonostante la violenza della crisi respiratoria ormai in corso mi
appannasse
quasi la vista.
Strano,
non mi era mia successo.
-
Albert… - invocai il suo aiuto tra i singhiozzi, allarmata
da
quel nuovo sintomo che con il mio solito asma non si era mai
manifestato.
-
Lily, che hai? Perché
l’asma è così forte?-
Prese
a battermi delle sonore pacche sulla schiena, illudendosi,
forse, che servissero a qualcosa. Volevo rassicurarlo, farlo stare
tranquillo,
dirgli che per un po’ di asma non sarei certo morta, ma non
ne ero sicura
nemmeno io.
Sollevai
leggermente la testa, e mi accorsi della curva che
avremmo tagliato tra pochi secondi. Il buio e la pioggia lo
nascondevano, ma
sapevo che lì, oltre la scarpata, ci attendeva un mare nero
e furioso.
E
mio fratello era troppo concentrato su di me per rendersi
conto in tempo del pericolo.
Il
panico mi prese, l’asma aumentò, comincia ad
essere presa
dalle convulsioni.
Mi
sentivo vibrare nell’anima, come un diapason.
Prima
che la vista mi si annebbiasse completamente e io perdessi
il controllo di me stessa, ebbi solo la forza di gridare:
-
ALBERT, LA
STRADA!-
Il
mio corner
Quanto
tempo! Lo so, sono in un ritardo imperdonabile, e non ho
davvero scuse. Tra l’altro, la qualità di questo
capitolo mi sembra
deprimentemente(?) bassa -.-
L’intento
iniziale era quello di mettere i Cavalieri contro una
cosa alternativa e forse pericolosa come la tecnologia…
l’idea sembrava buona e
invece ne è uscito un obrobrio… *me
depressaaaaaaaaa*
Ma
no problema! Dai, il prossimo capitolo verrà fuori migliore!
Che la forza della gioventù sia con me! *si esalta da sola
legandosi alla
fronte una bandana che fa molto Rambo* *_*
Oh,
una cosa. Parto, starò via un mesetto e probabilmente non
avrò internet. Quindi, la fic verrà sospesa (e
anche tutte le recensioni).
Ma
che nessuno si preoccupi! ( fotte sega alla gente della tua
fic! NdDeathMAsk sigh…la verità non si
può negare…ma tu te ne approfitti! Ndme)
Intanto,
mi rimbocco le maniche per preparare un capitolo più
avvincente. Intanto, godetevi (?) questo, e buona estate a tutti! ^^
E
adesso, ringrazio per le recensioni:
Tsukuyomi:
Grazie
infinite di tutto, per la recensione
e per la fiducia. Non preoccuparti se è solo dal settimo
capitolo che parti a
recensire, so cosa vuol dire non aver il tempo di far nulla, e a me
capita
spessissimo di trascurare le recensioni o le letture! Sono felice che
ti
piaccia Lily, è un personaggio un po’
così, non sapevo se a lungo andare
sarebbe piaciuto o no… bene bene, quello che hai scritto mi
fa davvero piacere!
Grazie di tutto! *1bacio*
Ribrib20:
ciao!!!!!! Che bello sentirti di nuovo! ^^ *felice fa clap
clap* Prima di iniziare a ringraziarti per la recensione, sappi che la
mia curiosità
è giunta ai limiti estremi! Quindi, devo vedere quei
disegni! Ormai li hai
pubblicizzati troppissimo, daaaaaaai, se non me li fai vedere frigno,
ecco!
>-< *sghignazza sadicamente mentre frigna*. Tornando
serie…concordo con
te, e mi aggrego nella battaglia contro
l’html…semplicemente, non si può! Sono
sempre più felice che “beautiful novel”
si appassioni, anche se come scrittrice
faccio acqua da tutte le parti! xD ed eccoti
fregata…dell’allenamento c’è
ben
poco! Questo perché è Lily che narra, e pigrona
com’è ha cancellato dalla sua
memoria quell’addestramento brutale e
ne
ha parlato solo a grandi linee! ^_- Ci si sente presto! *1bacio*
Ora,
un ringraziamento speciale a ti
con zero, Saphiras,
Desyree92
per avere inserito “Beautiful novel” tra le
seguite, e
Heather91,Mymoon96
e mik92
per aver aggiunto la mia storia
tra le preferite. Grazie, mi avete fatta felice *_*
*inchino*
Grazie
anche a tutti coloro che leggono in silenzio.
*1bacio*
stantuffo
|
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Capitolo 9 *** l'evoluzione ***
Chiedo
scusa.
Sono
in ritardo. Atrocemente, pazzescamente, tremendamente in ritardo, e non
ho scuse.
Spero solo che il capitolo vi piaccia.
Dato
che sono passati mesi e mesi dall’ultima pubblicazione, ecco
qua un breve riassunto
per ricordare come sono andate le cose.
Riassunto:
Quando
Lily arriva al Santuario, è vestita da sposa, e fugge da
tutti i suoi aguzzini.
Per puro caso, va a sbattere proprio contro il Santo di Scorpio, che
decide di
aiutarla. Inizia così la convivenza di Lily von i vari
Saints, che non tardano
a scoprire, dopo il primo, violento incontro con Athena, che la ragazza
ha un piccolissimo
Cosmo di origine divina. Così tra alti e bassi cominciano
gli allenamenti, e,
proprio mentre cercava di evitare uno di questi, Lily ritrova Albert,
suo
fratello maggiore; il ragazzo però è strano,
diverso da come lo ricordava sua
sorella. A sorpresa, infatti, Albert stordisce Milo con una sostanza di
sua
invenzione, scaraventa Lily in macchina e dà inizio ad una
folle fuga sotto la
pioggia.
‡
Beautiful novel ‡
L’evoluzione.
Doveva
essere un lavoro semplice, e guarda questa svampita cosa mi combina.
Qua va a
finire che se non intervengo ci lascia la pelle, e io con lei.
Mentre
sentivo queste parole invadermi la mente, cariche di un disprezzo
puro e disarmante, una fitta coltre di nebbia invase il mio campo
visivo, perciò
non riuscii a vedere la smorfia di terrore di Albert, né il
guardrail che
cedeva sotto la spinta dell’auto e nemmeno il mare scuro che
si faceva sempre
più vicino.
Però
sentii.
Sentii
mio fratello gridare disperato, sentii il balzo anomalo
dell’auto, sentii l’asma insistermi sui polmoni
fino quasi a soffocarmi.
Sentii
la vampata di calore che oggi mi è familiare salire dalla
punta dei piedi e invadermi tutto il corpo.
Non
avevo mai percepito nulla del genere, nemmeno durante gli
allenamenti con Shaka, e questo mi spaventò da morire.
Strinsi la mano di
Albert, pregando per un miracolo nella speranza che il mare non ci
inghiottisse.
Hey
Pecora, svegliati una santa volta! Impegnati, fammi vedere chi sei.
Ardi.
Ancora
la voce di prima, e ancora quel calore. Stavo impazzendo?
La
cosa più incredibile è che tutti quegli eventi si
svolsero
nell’arco di una manciata di secondi, giusto il tempo di
precipitare in una
scarpata, eppure ricordo ancora ogni minimo dettaglio con estrema
chiarezza.
La
mia stretta sulla mano di Albert aumentò, l’avevo
sentito
rilassarsi, forse era svenuto.
All’improvviso
fui abbagliata da un lampo di luce ramata, l’asma
finì e sentii la pioggia lambirmi il viso e scivolarmi
addosso con un tintinnio
metallico che subito non riuscii a spiegarmi.
Trovai
il coraggio di aprire gli occhi, e mi resi conto di non
avere più la vista appannata.
Vidi
l’automobile scomparire inghiottita dai flutti neri, tra
gorghi e bollicine, e solo allora mi resi conto di essere sospesa nel
vuoto,
con mio fratello, incosciente, che ciondolava appeso alla mia mano.
Non
ero aggrappata a niente, nessuno mi reggeva in alcun modo.
E
allora perché restavamo sospesi?
Mi
accorsi che era merito mio solo quando, scuotendo la testa,
notai un cimiero lungo e rosso che mi penzolava sulla spalla.
Dunque,
indossavo un elmo? Pareva di sì, e anche
un’armatura
completa, con tanto di calzari alati, tutta color rame. Era
un’attrezzatura di
prim’ordine, robusta e resistente, che però non
pesava per niente.
Preoccupandomi
di non allentare la presa sul mio inerme fratello
e di non farlo cadere in mare, provai a sgambettare nel vuoto, e,
galleggiando
nell’aria in modo piuttosto ridicolo, riuscii a raggiungere
la banchina.
Adagiai
Albert sull’asfalto, tanto la strada era deserta, mi
sfilai il magnifico elmo che indossavo e appoggiai l’orecchio
sul suo petto
cercando di captarne i battiti.
Erano
debolissimi, perché?
Sentii
nel cuore uno schianto all’idea di poter perdere mio
fratello. L’avevo appena ritrovato.
Questo
pensiero aprì con forza la strada ad altri, che, come un
doloroso rosario, mi sfociarono nell’anima frantumando il mio
autocontrollo.
Scoppiai
a piangere.
Una
lacrima per il pericolo scampato, una per la mia infanzia.
Una lacrima per quell’aguzzino di Brain, una per il terrore
del matrimonio con
lui. Una per Milo, una per il Santuario e i suoi Cavalieri,
un’altra per la
bambina dai capelli viola.
Piansi
per Andrea e Jude, i fratelli di cui avevo perso le
tracce. Piansi per Albert, che avevo appena ritrovato e già
rischiavo di
perdere. Piansi per Mur, perché aveva fatto tanta fatica per
portarmi un’acqua
miracolosa che non sarebbe servita a niente, perché tanto
sarei morta lì, sul
ciglio di quella strada, di dolore, di stanchezza e
d’ignoranza.
Piansi
per Shaka e Dhoko, perché anche loro avevano sprecato
fiato e tempo ad insegnarmi a manipolare quell’ombra strana
che loro chiamavano
Cosmo, e, quando avevo avuto bisogno di un’armatura, quella
si era materializzata
da sola, senza bisogno di tanti sforzi.
Piansi
per Milo, perché mi aveva sempre tenuto compagnia, mi
aveva regalato sorrisi senza risparmiarsi, ed io da quando ero
lì non avevo fatto
altro che frignare, e non gli avevo ancora detto quanto già
gli volevo bene, nonostante
ci conoscessimo da poco.
Piansi
per Camus, Aldebaran, Dite e tutti gli altri, perfino per
DeathMask, perché tanto avevo ancora un sacco di lacrime da
spendere.
E
mentre piangevo, l’armatura che indossavo non faceva altro
che
sfavillare, come se il mio dolore la rinvigorisse.
La
odiai da subito, la odiai talmente tanto che cominciò a
sanguinarmi un orecchio. Non è una stupidaggine, tutto
quell’odio doveva pur
trovare una via di fuga.
E,
tanto per fare capire a quella corazza quanto profondo fosse
il mio odio, piansi anche per lei, su di lei.
E
poi il rame è un colore veramente orribile.
Eppure,
nonostante quella situazione drammatica e
incomprensibile, mi sfiorò un pensiero atroce ed incoerente:
con tutta quella
pioggia, la mia meravigliosa armatura si sarebbe certamente arrugginita.
Ma
quella riflessione non era da me, no davvero. I conti non
tornavano per niente. Il cinismo e la freddezza erano sempre rimasti
estranei
alla mia anima. Fino a quel momento.
Guardai
Albert inerme sotto la pioggia, i capelli bagnati e il
volto teso, e mi sembrò quasi uno sconosciuto, un semplice
campione di umanità
che non mi interessava per nulla.
Ecco,
l’avevo fatto di nuovo. Ma da quando nei miei pensieri
trionfava la crudeltà?
Nonostante
tutto, non ebbi reazioni, nemmeno l’asma, se non
quella di continuare a piangere.
Nel
mio cuore già vorticavano paura, speranza, disperazione,
odio e confusione; qualsiasi altra emozione l’avrebbe fatto
esplodere, ne sono
certa. Già con l’odio avevo avuto degli
inconvenienti non da poco.
Sentivo,
però, qualcosa che cercava di annullare la mia
volontà,
voleva violentarmi dall’interno, e le vampate di calore che
avevo sentito prima
c’entravano certamente qualcosa.
Che
lagna! Stai sempre a piangere, pecora!
Rieccola,
quella voce. Ancora sprezzante, ancora odiosa.
Chi
sei? Domandai, in silenzio.
Chi
vuole saperlo?
Rispose quella, col tono annoiato del sovrano che si rivolge al
servo.
Prima
che potessi replicare, una voce nasale interruppe il
silenzioso dialogo tra me e la creatura che mi abitava.
-
Guarda un po’ chi abbiamo qui.
Bentornata, mia piccola Sponsa.
Sgranai
gli occhi, e un respiro mi rimase tronco.
Non
poteva essere vero.
Mi
girai, lenta e tremante, e incrociai i miei occhi in quelli
porcini di Brain. Mi venne un rigurgito: sempre il solito cranio calvo,
il
solito muso suino, il solito aspetto da larva gigante.
Alzai
un sopracciglio quando vidi i due gorilla alle sue spalle:
mai che si sbrigasse le sue questioni da solo, quell’ uomo.
-
Sempre a circondarti di leccaculo, Brain.- allusi, indicando
gli omoni alle sue spalle – allora è vero che il
marcio attira altro marcio.-
-
Io non farei tanto la spiritosa se fossi in te, Sponsa.
Comunque, vedo che sei finalmente riuscita a tirare fuori la
divinità. Bene,
bene.-
Divinità?
Parlava forse dell’armatura?
Cercai
di dissimulare la sorpresa, solamente per non fargli
piacere.
-
Va bene. Allora, prima di tutto liberiamoci delle zavorre.-
Ad
uno schiocco di dita di quel verme, i bodyguard fecero
qualche lento passo avanti, quel tanto che bastava per mettersi tra me
e il
lurido.
Anche
loro, come me, ostentavano un’armatura. Solo che le loro
erano veramente tremende: erano di un colore insensato, tra il prugna e
il
marrone direi, prive del più banale richiamo al classicismo
o di un
qualsivoglia gusto artistico; inoltre avevano applicata, al centro del
petto,
una sfera trasparente al cui interno comparivano, di tanto in tanto,
dei lampi
bluastri.
Praticamente,
una sfera natalizia con dentro un parafulmini.
E
poi dicono che i cattivi hanno più stile. Mah.
Ero
pronta a deriderli per quelle corazze ridicole, davvero;
d’altronde, ne avevo ben ragione: la mia era bellissima,
anche se la odiavo
dovevo ammetterlo, era riccamente decorata e perfetta in ogni dettaglio.
Purtroppo,
però, non appena quei due ceffi si mossero verso di
me, alla mia perfetta armatura
venne la
grande idea di sparire. Svampò così, in un
attimo, senza avvisi, sublimando in
una nube ramata che mi si infilò negli occhi, nel naso,
nella bocca, ed io la
respirai tutta quanta.
A
quel punto, se non mi avessero fatto fuori Brain e compagnia bella,
sarei comunque morta di avvelenamento per tutto il rame che avevo
inalato.
Non
appena l’armatura scomparve, mi sentii nuda: come ho
già
detto non aveva alcun peso, e la percepivo come una seconda pelle.
Averla
addosso mi era sembrato…naturale. Il problema veniva adesso,
che mi sembrava
una forzatura non averla.
Insieme
a lei svanì ogni cosa: la sensazione di calore, la
sicurezza, l’arroganza, tutto, e rimasi la solita ragazza di
sempre, quel
pallido fantasmino con il cuore di coniglio.
Con
la coda dell’occhio vidi che Albert non si era ancora
ripreso, e mi ritrovai a promettere a me stessa che sarei morta, prima
che
Brain riuscisse a fargli del male.
Intanto
i due gorilla si erano girati verso quella larva umana
con aria interrogativa. Lui, per tutta risposta, aveva cominciato a
sbuffare
come una teiera, mentre il suo volto si tingeva di un colorito purpureo
che non
aveva niente di sano.
-
Minne ! Bupalo! –
A
quel grido, i due ceffi con l’armatura si misero
sull’attenti.
Quindi si chiamavano così. Proprio aggraziati anche nei
nomi, pensai.
-
Non so come sia riuscita a far scomparire la Sacra
Armatura, ma ce ne
impossesseremo comunque! Prendetela! – gridò
ancora Brain, schiumante di
rabbia.
Minne
e Bupalo mi furono addosso ad una velocità di cui credevo
capaci solo i Cavalieri di Athena, e uno di loro mi bloccò i
polsi,
premendomeli contro la schiena.
Ero
nei guai, e soprattutto rischiavo la vita di Albert.
Perché
non si svegliava? Aveva certamente bisogno di cure, il
battito del suo cuore era così debole… Senza
contare che eravamo inzuppati
d’acqua da un bel po’, questo non poteva di certo
fargli bene…
Niente
da fare, questa volta Brain non l’avrebbe avuta vinta.
Mi
misi a scalciare come un cavallo, urlando, mordendo e
graffiando tutto ciò che toccavo, impazzita. Diedi una
capocciata contro
qualcosa di duro, ma non mi fermai neanche quando sentii il sangue
colarmi giù,
dalle tempie fino al collo. Mi ruppi anche diverse unghie, ma in
qualche modo
riuscii ad arrivare a mio fratello e a buttarmici sopra a peso morto,
in un
maldestro tentativo di fargli da scudo.
Udii
Brain ridere.
-
Quindi è il fratellino il problema, Sponsa? -
domandò,
cantilenando.
-
Cane. - sibilai io, furibonda.
-
Non preoccuparti, ce ne liberiamo subito. Ormai non ci serve
più. Bupalo, procedi. –
Uno
dei due ceffi mi scostò con uno strattone violento e mi
tenne ferma per le spalle, mentre io continuavo a ringhiare.
L’altro,
Bupalo presumo, alzò il braccio e lo puntò verso
mio
fratello con il palmo rivolto in avanti. Ci fu un lampo di luce bianca
e
Albert…scomparve.
-
Cos…? –
La
risata sguaiata di Brain mi interruppe, allarmandomi da
morire.
-
Dov’è andato Albert? Cosa gli avete fatto?
Dov’è mio fratello?
–
Lo
scimmione che mi teneva stretta mi lasciò andare, ed io
potei
vedere che gli sanguinava un occhio. Forse ero stata io,
nell’impeto di poco fa.
Amaramente, sorrisi.
-
Posso, signor Brain? –
-
Basta che non la uccidi. –
Pam.
Uno
schiaffo mi colpì in pieno viso.
Caddi
per terra sputando sangue, e sentii il labbro inferiore
gonfiarsi quasi subito. Mentre ero a terra ansimante,
quell’individuo, ben
protetto dall’armatura, continuava a darmi calci e pugni,
senza nemmeno
lasciarmi lo spazio di un respiro. Mi ricordava ciò che era
successo la prima
volta che avevo incontrato Athena.
Minne
continuò a malmenarmi per un po’,
finché un ceffone più
forte degli altri mi fece perdere conoscenza.
Benvenuta
nel limbo dell’incoscienza, Pecora.
Chi
sei?
Ancora
con questa sciocca domanda? Se mi prometti che poi farai quello che ti
dico, te
lo rivelerò. D’accordo?
…
Ebbene?
Sì.
Sono
colui che è rapido e malizioso, protettore dei ladri, guida
dei morti,
apportatore di sogni, creatore di prodigi e di illusioni, eterno
vagabondo tra
cielo, terra ed inferno. La mia intelligenza è lucida, il
mio occhio vede
chiaro, eppure appartengo alla Notte.
…
Sei un dio?
Sì.
Oh.
Già.
E
noi, Pecora, siamo nei guai.
Perché
continui a chiamarmi Pecora?
Come
perché? Perché sei una Pecora.
No,
non lo sono, dammi retta. Io mi chiamo Lily.
Non
mi
importa di come ti chiami, per me sei sempre una Pecora.
…
Allora,
dicevo: siamo nei guai. Quei patetici umani hanno inventato una
diavoleria che
cattura i Cosmi, poco fa ne ho percepito il malefico influsso nella
corazza di
quella feccia. Non posso materializzarmi.
Non
mi sarai d’aiuto?
Fisicamente
no.
Ma
tu sei l’armatura?
Sei
stupida? Ti ho detto che sono un dio!
Ah,
già…
Oh,
Padre Zeus… comunque non devi preoccuparti, io me la cavo
sempre.
Anch’io.
…
Beh?
…S-Sì.
Ad ogni modo, ho mandato una richiesta d’aiuto ad Athena,
tra fratelli ci si intende. Manderà qui alcuni dei suoi
dorati protettori,
anche il tuo amichetto, si è ripreso e sta arrivando.
E
mio fratello?
Dimenticalo,
è per sempre perduto.
Vuoi
dire che è morto?
Sì.
…Non
sento dolore…
È
la mia
anima che allontana il dolore dalla tua.
Oh.
Allora smettila, per piacere.
Non
se
ne parla, non mi piace per niente quando soffri e ti viene
l’asma.
Già,
non piace nemmeno a me.
Congelerò
il dolore per la morte di tuo fratello, e lo libererò solo
quando la tua psiche
sarà abbastanza solida da non rimanerne danneggiata. Ora sei
troppo fragile per
subire altri colpi.
Così
mi condanni ad un futuro di dolore. Lo sai, vero?
Tu
pensa
al presente, godine il fiore. Il frutto del domani, se qualcosa va
storto, non
potrai coglierlo.
Ma
perch…?
Taci,
ti
stai svegliando. Combatti per la dignità, Pecora, resisti
fino all’arrivo di
Athena. E ricorda: non sei sola.
Un
ringraziamento
particolare a ribrib20. Questo capitolo è tutto tuo.
Grazie
anche
a chi non ha smesso di seguirmi.
*Beso*
stan
|
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Capitolo 10 *** divini incontri. ***
‡
Beautiful novel ‡
Divini
incontri.
Quando
riaprii gli occhi, non riuscii a capire dov’ero.
Avvertivo
un tormento di fitte in tutto il corpo, e le mani e i
piedi erano allacciati ad una sedia con del filo di ferro, che mi aveva
abraso
la carne fino a farla sanguinare.
La
schiena mi doleva per via della posizione scomoda, e le
tempie pulsavano in maniera fastidiosa.
Se
queste sofferenze potevano comunque sembrarmi sopportabili,
il dolore causato dalle bruciature di sigaretta che avevo in tutto il
corpo era
qualcosa di insostenibile: le ustioni, seppur lievi, ardevano sulla
pelle
implacabili come un incendio.
Per
colpa di quelle cicatrici circolari, che mi mandavano
illusioni crudeli, immagini di morte, di eroi inceneriti, non riuscivo
a
focalizzare la mia attenzione su qualcosa che non fosse quel
dolore.
Che
brutto ricordo.
Intanto
Brain aveva notato che avevo ripreso conoscenza, per cui
decise di iniziare il suo patetico spettacolino dando il meglio di
sé.
Tanto
per cominciare afferrò tutti i miei capelli, che allora
erano piuttosto lunghi, e se li attorcigliò intorno alla
mano con un solo,
magistrale gesto; poi tirò, con l’espressione di
chi compie solo l’ordinario
dovere.
-
Tira fuori la divinità, Sponsa! –
ruggì, scuotendomi il capo
con violenza.
Io,
però, ero ancora troppo stordita dal dolore delle bruciature
per sentirne altri, ed ero determinata a seguire il consiglio del dio
che era
in me; decisi, perciò, di resistere alla violenza del mio
aguzzino senza
perdere la dignità.
A
onor del vero, devo anche ammettere che parlare con la
divinità mi aveva istupidita parecchio, forse
perché il mio fisico era stato
indebolito dalle botte, e le provocazioni di quell’uomo mi
giungevano irreali e
ovattate come in un sogno.
Solo
più tardi ripresi coscienza di ciò che stava realmente accadendomi.
Forse
fu per le violente tirate di capelli di Brain, o magari il
merito fu ancora una volta del dio che custodivo.
Di
fatto, però, mi ritrovai improvvisamente sveglissima,
nonostante
mi dolessero tutte le giunture, come fossi una vecchia bambola.
Ebbi
l’idea di guardarmi intorno, giusto per capire dove mi
trovavo. Ero in un ambiente chiuso, stretto e lungo, illuminato solo da
luci al
neon, che a volte si fulminavano, scoppiando in un’epifania
di fumo e scintille
blu. Sembrava vagamente un vecchio hangar.
Brain
continuava a strillare e dimenarsi, e nonostante i buoni
propositi di non reagire alle sue violenze, la mia pazienza era
già troppo
logorata da tutte quelle prove per non incrinarsi.
E
ovviamente accadde.
All’ennesimo
urlo, seguito dall’ennesima tirata di capelli,
scattò in me una scintilla.
Qualcosa
mi ruggì dentro, una fiammata di coraggio mi
divampò,
sottile, sotto le membra. Sfiorò le punte dei piedi e
arrivò a quelle dei
capelli fino ad irrorarmi il cuore, spruzzandomi l’anima di
una speranza
arrogante.
Esibii
uno sguardo orgoglioso e sprezzante, prima di sputare in
faccia a Brain.
Proprio
così, gli sputai addosso dopo aver preso la mira con
cattiveria, e lo centrai proprio nell’occhio destro, neanche
fossi stata una
cecchina.
Ovviamente,
quella larva gigante si arrabbiò moltissimo, ma la
cosa non mi preoccupò, anzi, servì perfino a
procurarmi un perverso senso di
piacere. Riuscii addirittura ad esibire un ghigno vagamente malefico.
-
Mi sono stufato, mocciosa che non sei altro! Non mi faccio
certo umiliare da una poppante, io!- esplodeva, intanto, Brain
– Minne, vieni
subito qui! –
-
Sissignore. –
Il
tirapiedi si avvicinò sfregandosi le mani, mentre con la
lingua compiva movimenti lenti e circolari intorno alle proprie labbra.
Se a
questi movimenti inquietanti si sommano gli occhi spalancati e fissi
nel vuoto,
devo ammettere che in quel momento mi fece un po’ paura. Un bel po’, ecco, sarò
sincera.
-
Sai una cosa mia cara?- continuò Brain imperterrito. Pensai
che quell’uomo avesse un ego infinito, e una gran mania di
protagonismo;
qualunque cosa gli capitasse intorno, lui doveva parlare e dire la sua.
– Io
sono uno scienziato, e studiando le stelle sono riuscito a carpire
tutti i
segreti dell’Universo, compresa la questione dei Cosmi. Pensa
che sono
addirittura riuscito a sfruttare queste conoscenze per impadronirmi
dell’energia dei quasar più lontani. Ora essa
è convogliata nelle armature di
Minne e Bupalo. Affascinante, non trovi? –
-
Meraviglioso, oserei. –
-
Poco sarcasmo, Sponsa. Forse non sai che ho inventato una
macchina in grado di percepire i Cosmi, vero? Con quella, posso anche
assorbirli o riprodurli. Per tua fortuna, ora è disattivata
per motivi
energetici: esigo che l’energia sia al massimo, quando la tua
Armatura si
materializzerà di nuovo. –
-
E a me che importa? –
-
Dovrebbe importarti, tesoro, visto e considerato che questa
condizione è solo causa tua. –
-
Che vuoi dire? –
-
La sera che la costruii ero nel laboratorio della Clara
Domus, e si attivò per pura
casualità. Fu proprio grazie a quel colpo di fortuna che
scoprii che avevi un
Cosmo, e di natura divina, per giunta! Che inaspettata sorpresa,
nevvero? –
-
Aspetta un momento. Vuoi dire che tu… -
-
Esatto. All’inizio optai per impadronirmi del tuo Cosmo nella
maniera meno violenta possibile, perciò scelsi lo
stratagemma del matrimonio.
Ma la tua cocciutaggine e l’entrata in scena di Athena mi
hanno costretto a
cambiare piano.-
Finalmente
Brain fece una pausa ed io potei assorbire ogni
parola, ma non trovai comunque la forza di rispondere, tanto ero
turbata.
Compiaciuto,
Crapa Pelata continuò:
-
Intanto, tuo fratello Albert era tornato dall’Inghilterra.
Era
un chimico eccellente, quel ragazzo, ma era troppo ingenuo e troppo
poco
arrivista. Non sarei mai riuscito a farne un mio suddito devoto. Decisi
di
eliminarlo, dopo averlo usato. Gli raccontai una storiella in cui i
Cavalieri
di Athena erano gli antagonisti, e lui ci credette subito. Venne a
cercarti di
corsa, e il resto più o meno lo conosci. –
Come
promesso dal dio, nessuna
delle informazioni sulla sorte di mio fratello mi procurò
dolore, ma sorpresa
sì, inevitabilmente.
Non
avrei mia immaginato che il casino di Brain avesse preso
questa piega durante il mio soggiorno al Santuario. Maledizione.
-
Ed è proprio un’invenzione di tuo fratello, mia
cara Sponsa,
ciò che voglio mostrarti ora. – disse ancora il
verme, mentre dalla tasca della
giacca estraeva una siringa dall’aria minacciosa che
conteneva un liquido
roseo.
-
Questa sostanza è opera del tuo caro Albert –
ribadì ancora,
caricando volutamente di enfasi le ultime due parole.
Che
squallido. E così voleva torturarmi nell’anima, eh?
Sapeva
quanto ero legata a mio fratello, e cercava di far leva
sul dolore per spezzare tutte le difese che avevo, e magari per farmi
liberare
il Cosmo divino. Un avversario infelice ed emotivamente fragile
è un avversario
già vinto, mi aveva insegnato proprio lui,
quand’ero piccola, alla Clara Domus.
Peccato
non sapesse che avevo una nuova forza in me in quel
momento, un calore che mi proteggeva senza bruciare, la certezza di un
ricordo
senza dolore. Potevo vedere il mio passato senza subirne il peso, la
mia anima
non si sarebbe incrinata mai più, ero imbattibile.
O
meglio, lo ero sul piano emotivo, ma fisicamente ero molto, molto
provata.
Come
se avesse intercettato i miei pensieri, o più semplicemente
per dar sfogo alla sua implacabile vena violenta, Brain mi
piazzò altri due bei
ceffoni in pieno volto, seguiti dalla classica tirata di capelli.
Ma
io dico, mi fai del male a caso e riesci comunque ad essere
noioso? Cielo, quell’uomo era monotono anche nel picchiare!
Certo,
se i fili di ferro non avessero premuto in modo
dolorosissimo su polsi e caviglie, se non fossi stata debolissima per
via delle
percosse e del sangue perso e se non mi avessero inchiodata senza
troppo garbo
ad una sedia, avrei certamente risposto alle botte con altre botte.
Ormai,
però, mi rimaneva solo la mia forza emotiva, che mai come
in quel momento mi era sembrata una cosa inutile.
Dove
diavolo si erano cacciati i Gold Saints? Dovevano essere
arrivati già da un pezzo…
-
Adesso basta Sponsa. Tira fuori l’Armatura, altrimenti
dovrò
farti una punturina... –
-
Sai che paura, Crapa Pelata. –
-
Fossi in te, ne avrei. È una sostanza che agisce sul sistema
nervoso, simulando la sensazione del dolore. –
-
Cioè sentirò male senza subire danni? –
-
Ne avrai eccome di danni, a livello psichico. Il dolore sarà
talmente intenso che l’unica via di fuga per te
sarà la pazzia. A meno che non
tiri fuori la Sacra Armatura.
In quel caso, ti somministrerei l’antidoto.- così
dicendo, Brain tirò fuori
dalla tasca un’altra siringa contenente un liquido ambrato.
-
Sai di essere vile, vero? – chiesi.
-
Oh, ma è per questo che mi amo. –
soffiò lui. Poi, con
espressione trionfante, prese la siringa rosata come se fosse un
pugnale, e
senza tanti preamboli me la conficcò nel collo.
Strizzai
gli occhi per lo stupore, e fu in quel momento che la
mia mente si riempì di tante chiazze colorate: azzurre, blu,
rosse, verdi…
All’inizio
mi sembrarono infinite, ma concentrandomi con più
precisione compresi che erano sei.
Finalmente.
Mur,
Milo, Shaka, Aiolia, Camus e Aldebaran, se non andavo
errando.
La
divinità che incarnavo doveva essere piuttosto potente, se
Athena stessa si privava della metà dei suoi guerrieri per
venire in mio aiuto.
Questa
mia riflessione, però, così come ogni altro
pensiero,
rimase in sospeso di colpo.
Le
convulsioni erano cominciate.
Una
fitta feroce mi attraversò la spina dorsale, i polmoni
vennero offesi da un’asma dalla violenza indefinibile ed io
non potei fare a
meno di gridare, perché tra il dolore che sentivo realmente
e quello che invece
era solo presunto, non ne potevo davvero più.
Finalmente,
i Gold si decisero ad entrare buttando giù un muro.
Nelle
entrate ad effetto sono sempre stati bravi, devo
ammetterlo.
Dalla
breccia creata dai ragazzi filtrò la luce del sole,
odorosa di terra e di gelsomino, segno che ormai aveva smesso di
piovere. I
raggi solari contrastavano piacevolmente con la fredda luce al neon
dell’hangar
in cui ci trovavamo, e in un altro momento avrei notato la differenza.
In
quell’istante, però, non ero proprio in vena di
ammirare i
giochi di luce della natura; come mio solito, ero troppo impegnata a
piangere
di dolore e di sollievo. Almeno, però, ammettevo di essere
una piagnucolosa
cronica, era un bel passo avanti.
Promisi
a me stessa che alla fine di quella storia avrei dovuto
imparare ad essere avara di lacrime. Ovviamente, non fui mai di parola.
Minne
e Bupalo furono subito addosso ai Gold, che però erano in
netta superiorità numerica, tanto che ogni tirapiedi di
Brain si vedeva
costretto ad affrontare ben due Santi di Athena.
-
Ragazzi… - mugolai, felice al pensiero di essere salvata
(che
sempliciotta che ero! )
Milo
fu subito al mio fianco, mentre Camus si preparò ad
affrontare Brain; gli altri Cavalieri erano già impegnati
nelle rispettive
battaglie.
-
Milo… - cercai di chiamarlo e sorridergli, ma sentivo
davvero
troppo male per risultare convincente. Ero vicina al limite.
-
Lily, ma cosa ti hanno fatto? Stai ferma, ti libero subito. –
E
in un attimo mi ritrovai stesa a terra in fondo alla stanza,
la schiena sul pavimento nudo, mentre la battaglia si consumava lontano
dalla
mia vista.
-
Ma cosa…? – Milo intanto mi esaminava con sguardo
critico. In effetti,
dovevo avere un aspetto orribile. Provai invano a sorridere
un’altra volta.
-
Bruciature di sigaretta?!? Camus, dammi il cambio! –
Camus
indietreggiò fino a giungermi al fianco, mentre Milo,
furioso come non l’avevo mai visto, con un solo gesto si
liberò delle sue Sacre
Vestigia, che andarono a comporre la forma di uno scorpione poco
lontano da
lui.
-
Milo, che fai? – domandò il Cavaliere
dell’Acquario,
probabilmente allarmato, o forse solo curioso.
Il
greco non rispose, si limitò ad avanzare verso Brain con
aria
sempre più minacciosa, i muscoli tesi e lo sguardo da
predatore. Perfino io mi
ritrovai percorsa da un brivido di paura, nonostante le convulsioni.
-
Certe cose vanno risolte tra uomini. E poi, per un verme come
lui l’Armatura dello Scorpione è sprecata.
–
Conosceva
Brain da solo due secondi, e già aveva capito che era
un verme. Adoravo Milo.
Purtroppo,
però, non riuscii a vedere lo scontro tra i due,
perché il composto chimico ideato da mio fratello stava
facendo il suo dovere:
le fitte aumentarono d’intensità costringendomi ad
inarcare la schiena,
invocando senza ragione il nome di Camus quando il male pareva
insopportabile.
Sentii
le mani gelate del Santo di Aquarius cingermi le spalle
senza che questa sensazione mi procurasse alcun sollievo, e scorsi il
pugno
nudo di Milo colpire Brain con precisione, in pieno volto, mentre il
pelato
barcollava sotto quell’inaspettata potenza.
Poi,
grazie al cielo, fu di nuovo il buio più totale.
Bentornata.
Allora è vero che chi non muore si rivede.
Mmm…
dove
mi trovo?
Nel
tuo
inconscio, al solito posto.
Oh,
quindi tu sei il dio.
Sì,
sono
io.
Sono
incosciente da molto?
Da
cinque giorni, e in parte è anche colpa mia.
Che
vuoi
dire?
Il
dolore prodotto da quella pozione era evanescente, aveva la consistenza
di un
miraggio, così l’ho esorcizzato con
un’altra illusione, equivalente ma
contraria. Ho agito solo quando il tuo sistema nervoso cominciava a
subire dei
danni.
Vuoi
dire che stavo impazzendo?
Può
darsi.
Allora
grazie di avermi salvata.
Non
ringraziarmi, l’esercizio prolungato del mio Cosmo ha provato
troppo il tuo
fisico, ecco perché stai impiegando tanto tempo per
recuperare.
L’esercizio
del tuo Cosmo? Ma io e te non siamo la stessa cosa?
La
stessa cosa? Cielo, no!
Ma
Saori
e Athena…
Io
ti
abito da quando sei nata, ma sono un’entità libera
per natura. Siamo due anime
in un corpo, ma non siamo la stessa cosa.
Mi
userai solo quando dovrai manifestarti?
Sì.
Però
io
dovrò accordarti il permesso di lasciarmi usare.
Se
volessi, Pecora, potrei sottometterti anche subito.
Non
credo lo faresti.
Cosa
te
lo fa pensare?
Affari
miei. Il mio nome è Lily, tu come hai detto di chiamarti?
Non
l’ho
detto.
Io,
però, mi sono presentata.
Hai
fatto bene, vuol dire che sei una persona educata.
Allora
tiro ad indovinare! Vediamo, sei…
Ti
prego, Pecora, risparmiami quest’agonia, te lo dico. Sono
Hermes, messaggero
degli dei. Contenta?
Ahahahaha!
Cosa
ridi?
Sono
posseduta da un postino!
Messaggero,
stupida Pecora mortale e blasfema, sono il Messaggero Divino, e non
solo!
Va
bene,
non ti offendere.
…
Sei
ancora qui?
…
Hermes?
Ti sei arrabbiato?
…
Oh,
non
essere ridicolo!
…
Uff…e
va
bene. Scusa per quello che ho detto.
Dicevi,
Pecora?
Mpf.
Ora
che ti sei svegliato, abbiamo dei compiti da svolgere?
Non
subito, il mio Cosmo è ancora in stato embrionale.
Non
capisco.
Non
importa. Vieni, ti devo presentare qualcuno di speciale.
Vieni?
Dove?
Ora
intreccerò la mia anima alla tua e voleremo
sull’Olimpo. Non avere paura, mi
raccomando…
Potevo
sentire tutto. Ogni cosa, ogni dettaglio, pur essendo
solo anima, più leggera di un alito di vento. Era fantastico.
Ebbi
come la sensazione di salire in alto, sempre più su verso
un mondo splendente, e man mano che salivo mi sembrava di sgravarmi da
ogni
peso terreno.
Così,
la ma anima giunse all’Olimpo rigenerata.
Hermes
mi condusse verso una fiamma enorme, doveva essere uno
spirito molto potente. Probabilmente, quella fiamma aveva anche un
volto, ma
nel suo continuo baluginare non riuscivo a scorgerne le fattezze.
Intuii,
però, che la lingua infuocata sedeva, per così
dire, su
un trono altrettanto enorme, di marmo bianco e dorato.
Era
tutt’altro che buffa, anzi, incuteva rispetto e timore.
Salve,
Padre.
Ve l’ho portata.
Benarrivato,
figliolo.
Così,
questa donna è la coraggiosa custode
del tuo Cosmo. Come ti chiami, bambina?
L-Lily,
Signore.
Ciao,
Lily. Ora che mio figlio Hermes si è svegliato, ti spetta
un compito arduo. Per adesso, però, non angustiarti, hai
ancora tempo per
riposare, e tutti noi dèi ti siamo vicini e alleati.
Qualunque offesa ti sarà
recata, ti vendicheremo. Noi dèi siamo entità
molto suscettibili, sai? E Hermes
ci è così caro…
Grazie
infinite, Padre.
Tornate
giù, ora, e portate ad Athena il saluto di Zeus. Non
preoccuparti, giovane Lily, tu ed Hermes agite con il mio consenso e la
mia
benedizione…
Vorticai
giù senza nemmeno avere il tempo di rispondere, e il
mio spirito si ritrovò nuovamente incollato al corpo
immobile.
Parlare
con Zeus non è una cosa che capita tutti i giorni nemmeno
alle divinità come
me, sai?
Immagino.
Sarà…
ad
ogni modo, l’incontro con il Padre ha sanato tutte le tue
ferite, il suo Cosmo
è straordinario. Stai per svegliarti, abbiamo giusto il
tempo per le ultime
domande.
D’accordo.
Io e te stiamo parlando da molto tempo, e dormo da ancora di
più: al Santuario
sono preoccupati?
Sì,
e anche
parecchio.
E
come
stanno i Gold? Sono feriti?
No,
stanno tutti bene, durante gli scontri non hanno avuto grosse
difficoltà.
Neanche
con la macchina che risucchia i Cosmi?
Ricorda
che quella diavoleria è stata costruita da mano umana:
è imperfetta. Anche se
per un po’ li ha indeboliti, non aveva certo il potere di
imbrigliare sei Cosmi
dorati contemporaneamente.
Sì,
giusto. E Brain che fine ha fatto?
È
scappato, avvolto da un Cosmo così sottile che io e gli
scagnozzi di Athena
l’abbiamo percepito solo troppo tardi. Però non mi
sembrava molto contento, il
Cavaliere dello Scorpione l’aveva quasi ucciso di botte.
Milo…
Quel
ragazzo ti vuole particolarmente bene, e ho notato che anche
tu…
Dai,
piantala, non è vero!
Non
provare a mentirmi, Pecora! Tutte le volte che si avvicina ti viene
l’asma,
oppure il mal di pancia, oppure mi sconquassi il Cosmo senza
accorgertene… Da
quando te sei arrivata al Santuario, io vivo nel panico!
Ecco…Io…
Dopo
tutte le pene che mi hai inflitto per il tuo patetico sentimento
mortale, non
mi dai neanche la soddisfazione di sentirmi dire la verità?
Mah,
veramente…
Con
parole tue, Pecora, con parole tue…
Milo…uff…Io…
Oh,
Zeus! Non ho tutta la giornata, io!
Tze!
Come se avessi di meglio da fare!
Ce
l’ho,
infatti! Il mio passatempo preferito è torturare le Pecore
irriverenti che si
credono furbe! Allora, ti piace o no?
Tanto…
Ridicola.
Stronzo.
Di
colpo le mie ciglia si sollevarono e potei tornare a godere
del sapore della luce, dopo il mio forzato soggiorno in un mondo di
tenebre e
anime.
Fu
un bel risveglio, e mi ritrovai stesa a letto con addosso un
panno di lino bianco, avvolta in lenzuola, bianche anch’esse,
che frusciavano
come fossero di seta.
Mi
sentivo un foglio di carta candido, intonso, ancora puro. La
sorpresa fu grande, quando mi accorsi che due occhi sereni stavano
incidendo
sopra di me la loro azzurra calligrafia.
Milo
sorrise, quieto, ed io gli sorrisi a mia volta.
Oh,
sì, fu davvero un gran bel risveglio.
Buon
pomeriggio a tutti. =)
Non
avete idea di quanto mi infastidisca dover iniziare ogni
volta quest’angolo con delle scuse per il ritardo, ma
tant’è…
Il
mio pc da ancora dei problemi, ma cercherò di usufruire
delle
case e dei pc altrui per riuscire a postare i cap…Data la
difficoltà della
cosa, però, non garantisco di postare i capitoli con
regolarità, chiedo
venia!!! =(
E
adesso è il momento dei GRAZIE:
Tsukuyomi:
Ciao, carissima!!! Che piacere vedere un tuo commento! ^_^
Sì, alla fine sono tornata, anche se è stata un
po’ dura… Come vedi il nuovo
aggiornamento è arrivato, anche se con un po’ di
difficoltà, spero ti piaccia…
Grazie ancora di tutto! Beso.
Ai91:
Ciao!!!!
:D Hai visto, alla fine sono tornata ad aggiornare!!! Sì,
purtroppo era
necessario eliminare Albert *_*, cose che capitano… Spero
che questo capitolo
ti piaccia, grazie infinite per non aver smesso di seguirmi!! :DDD Beso.
Ribrib20:
Ciao,
cara! =) Sì, è davvero tutto merito tuo. Non
credo di
doverti dire altro, se non che spero tanto che questo capitolo ti
piaccia. Ancora
grazie, grazie davvero di tutto. =))))))) Un Beso.
Infine,
grazie anche
a tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite/seguite e
a colore
che continuano a leggere. Vamos ya!
Beso.
stan
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Capitolo 11 *** de sublime. ***
‡
Beautiful Novel ‡
†
De sublime. †
Quando
mi risvegliai, mi ritrovai a fare i conti con gli occhi
di Milo.
Non
avevo il solito sguardo affettuoso e arrogante, no, stavolta
quell’azzurro sgarbato mi scivolava addosso con
curiosità, mi scrutava con forza,
intensamente, come se io non fossi realmente presente.
Lui
continuava a restare in silenzio ed io facevo lo stesso,
domandandomi se davvero ero sveglia o se stavo continuando a sognare.
Infine
Milo parlò, rompendo il surreale torpore che mi
avvolgeva. Pronunciò frasi di circostanza che non ricordo
nemmeno, ed io
risposi educatamente con parole altrettanto vuote. Ma il nostro scambio
di
cortesi formule precotte non durò a lungo, e tra noi
tornò a calare un silenzio
denso e pieno di dubbi.
Non
dimenticherò mai quanto fossero ostinati gli occhi di Milo:
era come se mi attraversassero, come se volessero incidere sulla mia
pelle, con
cilestrina calligrafia, parole molto più interessanti e
sincere di quelle che
finora erano uscite dalle nostre labbra.
-
è inutile. – mi disse – Non riesco a
vedere altro che te. Non
c’è traccia di divino, non trovo un senso al tuo
Cosmo. Davvero non riesco a
capire.-
Cosa
c’è da capire, avrei voluto chiedergli.
Io
non ho mai visto in te, in voi, nient’altro che uomini, anzi,
ragazzi. In Saori stessa non ho mai visto altro che una bambina
spaventata.
Voi
non siete Cavalieri, io non sono un dio.
Tutta
questa farsa stellare è assurda, è una cosmica
presa in
giro.
Non
siamo altro che uomini, in fin dei conti.
Non
so perché, ma non riuscii a trovare la forza di dirgli tutto
questo. Però penso che Milo capì comunque,
perché mi sorrise e mi disse che mi
avrebbe portata in un posto speciale.
Mi
prese in braccio così, senza nemmeno darmi il tempo di
guardarmi allo specchio, di sistemarmi i capelli o di cambiarmi la
tunica
ospedaliera che indossavo. Per la verità, non ebbi neanche
il tempo di
brontolare.
Un
fruscio, un senso di vuoto allo stomaco, una leggera
vertigine e lo scenario intorno a me era cambiato. Non ero
più in una camera
bianca e luminosa che odorava di disinfettante, ma su una piccola
spiaggia,
vuota e silenziosa.
Era
l’ora del tramonto, e le onde erano attraversate da un
bagliore rossastro, lo stesso che tingeva i bassi arbusti di tamerici
dietro di
me.
Nel
complesso, era il luogo più armonioso e affascinante che
avessi mai visto.
-
Benvenuta nell’isola di Milo, mia cara. Benvenuta a casa mia.
–
Tentai
di sorridere, e magari di rispondere in maniera
spiritosa, ma un conato di vomito mi fece accasciare.
Fantastico,
gli effetti della supervelocità si manifestavano
sempre nei momenti e nei modi meno opportuni!
Chiaramente
Milo scoppiò a ridere, così per distrarlo e
rimediare alla mia figuraccia proposi un bagno in mare.
Il
problema arrivò quando constatai che sotto la tunica
ospedaliera indossavo solo gli slip. Del reggiseno neanche
l’ombra.
Dal
canto suo, Milo si era già spogliato di maglia e pantaloni e
sguazzava felice in acqua, canticchiando la propria allegria e
schernendo il
mio balbettare insicuro.
Ero
restia a lasciarmi andare, ma il richiamo delle onde era
troppo invitante e la voce di lui troppo suadente, così alla
fine cedetti.
Mi
sfilai la tunica con un gesto deciso, maledicendo i miei
stupidi, pallidi seni, e mi gettai in acqua dopo essermi assicurata che
almeno
le mutande fossero ben ancorate alle chiappe. Dovevo pur conservare un
briciolo
di dignità, insomma!
-
Ma che ti ridi? – sbuffai verso Milo, che non la smetteva di
sghignazzare.
-
Mi perdoni, Miss Pudore! – ammiccò lui,
chiaramente in cerca
di rogne. La guerra di schizzi che cominciò subito dopo fu
un’inevitabile
conseguenza delle sue insolenze.
Smettemmo
di giocare con l’acqua solo quando Milo mi fece notare
che una luna tonda e gialla come un pompelmo aveva sostituito il sole
senza che
noi ce ne fossimo accorti. Solo allora sentii che l’acqua del
mare bruciava
sulle ferite che ancora riportavo. Nonostante le intense cure, il
labbro
spaccato in un angolo, il taglio sopra il sopracciglio e i vari graffi
nelle
gambe continuavano a dolere in modo molto fastidioso.
Dovevo
essere un vero schifo.
Milo
invece era più bello che mai, così profondamente
immerso
nel suo ambiente naturale. E quella luna, quell’atmosfera,
tutta quella
surreale natura sembrava voler contribuire a donare vigore al suo
fascino.
Improvvisamente
mi sentii inopportuna, inferiore, e provai una
gran vergogna.
Uscii
dall’acqua di corsa e senza parlare, e cercai subito la
tunica per nascondere le mie nudità, che mai mi erano
sembrate tanto
fastidiose, deformi, rivoltanti. Ma dove cavolo era finito quello
straccetto?
Frugavo
la spiaggia con lo sguardo, quasi con smania, ansiosa di
trovare qualcosa, qualsiasi cosa con cui coprirmi.
Di
colpo avvertii una sensazione di calore sulle spalle:Milo mi
aveva appoggiato addosso un asciugamano. Ma dove diavolo
l’aveva trovato?
-
Asciugati, prima di ammalarti. Io intanto provo ad accendere
un falò. Ti piacciono i falò? Anche a me. Poi mi
dici cosa ti è preso, intesi?
–
Un
tono dolce, pacato e rigido. Obbedii.
-
Non è che avresti una maglietta da prestarmi? –
-
Puoi usare la mia, io non ho freddo. –
Lo
osservai mentre accendeva il falò e mentre estraeva della
carne da uno zainetto nascosto in un cespuglio. Ecco da dove aveva
preso
l’asciugamano!
-
Hai fame? –
-
Da morire. –
-
Allora siediti, che mangiamo.-
Mi
invitò a sedere al suo fianco sopra un telo dai colori
sgargianti,e mangiammo in silenzio. Prendevamo i pezzi di carne con le
mani e
ci leccavamo le dita quando il grasso colava giù,
perché non avevamo di che
pulirci e ci sembrava che sciacquarci le mani in mare fosse
un’eresia, uno spreco
di quel sapore squisito.
Terminata
la nostra primitiva cena decidemmo di stenderci a
guardare le stelle, mentre poco lontano da noi il falò
andava lentamente
spegnendosi.
-
Vuoi dirmi cosa non va, adesso? – mi chiese finalmente.
-
Tanto non trovo le parole, non ha senso che te lo spieghi. –
-
Mi devi una spiegazione, Lily, e non darmi mai più una
risposta del genere, mi spazientisci! –
La
verità era che mi sentivo stupida, una bambina cretina che
sollevava questioni immature, e non avevo nessuna voglia di chiarire il
mio
comportamento. Però era anche vero che conoscere il
perché delle mie reazioni
lunatiche era un suo diritto, o quantomeno lo era ricevere le mie
scuse…
Così,
tentai di spiegargli la mia sensazione di disagio davanti
alla sua statuaria perfezione, e la cosa lo fece irritare ancora di
più.
Borbottò
qualche imprecazione incomprensibile, si mise a sedere
e si passò una mano tra i capelli.
Mi
alzai anch’ io, con un’angoscia crescente che mi
martellava
il petto. Perché le mie ridicole paranoie dovevano sempre
rovinare tutto?
Inaspettatamente
il suo braccio mi cinse le spalle, ed io potei
di nuovo godere di quell’aroma mediterraneo che ancora mi
affascina.
-
Perdere tempo su dei simili paragoni è la cosa
più sciocca,
inutile e dannosa che potessi fare! – commentò,
secco.
-
Lo so, e… -
-
No, non è vero. Tu non sai un bel niente, non hai la minima
consapevolezza di ciò che sei: sei totalmente incosciente di
te stessa.-
Ci
sono momenti in cui la verità è come
un’offesa. Un serpente
pieno di spine, che ti scivola dentro lentamente, e punge,punge ovunque.
-
Ma io… - tentai, già con le lacrime agli occhi.
-
No, taci. Non parlare. –
Il
tono arrogante di Milo mi fece salire la bile alle
stelle,facendo muovere freneticamente il serpente che era in me,in una
dolorosa
danza dettata ora dall’offesa, ora dalla rabbia, ora dalla
vergogna.
Poi,però,
lui si fece scappare un sorriso lieve,un fulmineo
movimento del viso. Durò solo un istante, ma
bastò a dissipare le tenebre del
malumore che mi stava prendendo.
Milo
era così, era il bagliore di un fiammifero in una notte
buia: la sua luce non bastava a fare giorno, ma era sufficiente a
dissipare le
paure, a farmi sentire meno sola. Per me non era vita, eppure ne aveva
il
sapore.
Appoggiò
la sua fronte contro la mia, mentre con una mano mi
accarezzava i capelli bagnati. Mi disse ancora di tacere, stavolta
sussurrando,e potei avvertire sulla pelle il calore del suo respiro.
Io
intanto restavo immobile e incredula, sicura che stessi
vivendo un sogno e non la realtà. Chiusi gli occhi e attesi,
senza riuscire a fare
altro che sperare e pregare. Avrei voluto vivere quell’attimo
in eterno.
Poi
accadde.
Le
labbra di Milo erano proprio come le immaginavo: morbide,
leggere e un po’ umide. Schiusi le labbra e risposi al bacio,
mentre sotto la
mia pelle divampava un fuoco sottile.
Tenevo
gli occhi ostinatamente chiusi, ma l’intensità
dell’emozione era tale che se anche avessi provato ad aprirli
non sarei
riuscita a vedere nulla.
Per
un po’ l’unico suono udibile, oltre a quello del
mare,
furono le nostre labbra ansanti che frugavano, mangiavano,
danzavano…Poi ci
furono sospiri interrotti, gemiti malcelati, morsi, strappi e
l’assordante
percuotere di due cuori che si riconoscono. Nella mia anima era il
caos, e
lasciarmi andare ai miei istinti più primordiali fu una
dolce resa.
Milo
mi spogliò della sua maglietta con una lentezza calcolata,
che gli costò non poco, a giudicare dai tremiti e dal
respiro affannoso. Io
invece gli sbottonai i pantaloni con dita tremanti, rivelando una
fretta e
un’ansia che non avevo mai avuto e non pensavo di avere,
perché non avevo mai
desiderato così tanto un uomo prima di Milo.
Gli
attimi che precedettero l’amplesso furono i più
frustranti
della mia vita. Quell’attesa, quello sguardo, quel futuro
promesso e
taciuto…non dimenticherò mai nemmeno un istante
di quella notte.
Poi,
finalmente, Milo entrò in me, e potei godere di un atto
privo di qualsiasi perversione, di qualsiasi dolore, di qualsiasi
rimorso.
Non
c’era niente di cavalleresco in quei movimenti animali, nei
nostri roventi palpeggiamenti. Il sacro e il divino erano ben lontani
da noi,
non avevano nulla a che fare con quell’intrico profano di
gambe e vite.
Eravamo
solo noi due, irraggiungibili, invincibili e mortali.
Non
avevo mai vissuto qualcosa di così violento e sublime.
Finalmente
sono tornata!!!
Chiedo infinitamente scusa, ma il
computer mi crea non pochi problemi,
e faccio fatica a postare!-.-‘’
Tra
l’altro ci scappa pure un viaggio,
quindi non riuscirò ad aggiornare prima di 3
settimane. =(
Chiedo
venia!!!!!
Intanto
ringrazio tutti, ma veramente
tutti per il sostegno. Oggi
non faccio in tempo a ringraziarvi uno per uno come meritereste, ma mi rifarò la prossima volta.
Spero che
questo capitolo vi piaccia!
Enjoy!
*stan*
|
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Capitolo 12 *** regina di mezogne ***
‡
Beautiful novel ‡
Regina
di menzogne.
Non
avevo mai infranto nessuna regola, nemmeno da bambina. Non
perché avessi una natura particolarmente remissiva e
subordinata, anzi. La
verità è che ho sempre avuto paura di perdere.
Ero
governata, no, posseduta dal terrore che se fossi caduta non
sarei mai più stata in grado di rialzarmi. Ero certa che se
mi fossi lasciata
andare un pochino di più mi sarei persa, senza alcuna
possibilità di
ritrovarmi. Mai più.
Per
questo ero sempre stata molto attenta a non fare pazzie, a
restare in carreggiata, sempre preoccupata per tutto, impegnandomi a
fare ciò
che gli altri si aspettavano da me e non ciò che desideravo,
come invece
sarebbe stato giusto.
Non
volevo deludere le persone a me care.
Forse
è anche per questo che non mi ero mai innamorata. Ma non
si può scappare dall’amore, adesso l’ho
imparato.
Ora
sono cambiata profondamente, complici un falò, un mare calmo
e scuro, una spiaggia odorosa. E un uomo incredibile, con braccia
forti, occhi
chiari e la pelle che sa di Mediterraneo.
Se
mi chiedessero di dare un volto all’amore, descriverei quello
di Milo. Perché lui è stato come un colpo di
spugna sulla polvere della mia
vita, una pennellata di colori densi e improbabili sul grigiore della
mia
esistenza.
Quella
notte era stato amore, lo sapevo bene.
Per
questo il mattino dopo ero così dispiaciuta: la prima e
unica volta che avevo ceduto all’istinto e infranto le
regole, c’erano state
delle spiacevoli conseguenze. E non solo per me.
Quando
aveva scoperto della “fuga” senza permesso di Milo,
il
Gran Sacerdote era andato su tutte le furie, e si era recato dalla Dea
stessa
per chiederle immediati provvedimenti.
Così,
una volta tornati al Santuario Athena aveva convocato
privatamente il Cavaliere di Scorpio, pretendendo spiegazioni
sull’accaduto e,
a quanto ne so, rimproverandolo severamente.
Io
però non potevo tollerare che Milo venisse punito a causa
mia. Del resto lui era l’unico, in quella gabbia di matti, a
farmi sentire
davvero felice e apprezzata.
Perciò
raccolsi tutto il mio coraggio e pregai Hermes di
manifestarsi. Quella volta non udii nessuna voce divina gracchiare
nella mia
testa, ma sentii che un alone caldo e rassicurante mi avvolgeva le
membra,
facendomi sentire più forte.
Entrai
nella Tredicesima casa con passo fiero, le spalle dritte
e il mento alto, sicura che tutti i presenti avrebbero riconosciuto in
me
un’autorità divina, e non una ragazzina spaventata
a cui tremavano perfino le
ginocchia.
Per
fortuna, la regale presenza di Hermes fu più evidente della
mia angoscia, e nessuno fece caso alla mia smorfia inquieta. Il Gran
Sacerdote
mi condusse a capo chino in un salone grande e ben arredato, lo stesso
in cui
avevo incontrato Saori Kido la prima volta, e mi fece educatamente
attendere
mentre lui mi annunciava alla Dea.
Entrai
in silenzio, i pugni chiusi e la mascella rigida, e
avanzai fino al cospetto di Athena, la quale cercava di mascherare
dietro uno
sguardo severo la sorpresa di vedermi lì.
Mi
affiancai a Milo, che era inginocchiato proprio di fronte a Saori,
e lo osservai un momento per analizzarne la reazione. Mi guardava senza
sorpresa né rabbia, nei suoi occhi c’era solo
un’immensa curiosità che non
riusciva in nessun modo a celare.
-
Scorpio, credo sia il caso di rimandare a più tardi la
nostra
conversazione. Per adesso puoi andare, ma non considerarti impunito.-
Milo
fece cenno di aver capito, chinò leggermente il capo e si
alzò con cautela, senza smettere di guardarmi. Mentre si
avviava lentamente
verso la porta, si girò varie volte verso di noi con
un’espressione interessata
e divertita, come se si aspettasse un colpo di scena da un momento
all’altro.
Ma
tu guarda! Aveva appena ricevuto una strigliata da Athena in
persona e aveva ancora il coraggio di scherzare! Quel ragazzo era
incredibile!
Mi
scappò un sorriso che Saori intercettò subito.
-
Quello che avete fatto ieri notte è… -
- È
tutta colpa mia. – la interruppi io.
Le
sue divine iridi si spalancarono per lo stupore: era
sicura
-
Cosa vorresti dire? – il suo tono era molto sospettoso, avrei
dovuto giocare le mie carte con estrema abilità.
-
Quando mi sono svegliata, ero in panico. Sentivo fluire in me
il Cosmo di Hermes, il mio corpo era un delirio, ardevo, e nella mia
mente
turbinavano tante immagini distorte, raccapriccianti,
confuse…Temevo di
impazzire. – feci una pausa per dare più effetto
alle mie parole, mentre
l’alone intorno a me acquistava nuovo vigore e si
intensificava. Sembrava che
il Cosmo di Hermes fosse euforico.
-
Ma il Cavaliere di Scorpio era lì, pronto a sostenermi, a
soddisfare ogni desiderio del vostro amato fratello come voi,
Glaucopide, gli
avete ordinato. –
Athena
assottigliò lo sguardo aspettando il seguito, ed io
proseguii:
-
Gli chiesi di portarmi immediatamente fuori dal Tempio, in un
posto tranquillo e sereno in cui il mio spirito tormentato avrebbe
potuto
ritrovare un po’ di serenità. Mi portò
nell’isola di Milo. –
Tirai
un sospiro, prima di raccontare la balla decisiva:
-
Poco dopo, però, il Cavaliere di Scorpio mi propose di fare
ritorno
al Tempio, poiché era mortificato per aver disobbedito ad un
Vostro ordine. Io
allora mi vidi costretta ad imporre la mia divina autorità,
obbligandolo a
proteggermi con la sua presenza e a passare anche la notte
sull’isola, perché
come ben sapete, cara sorella, da sempre le tenebre nutrono e
rigenerano il mio
potere.-
Il
volto di Saori adesso era più disteso,
l’espressione serena e
lo sguardo tranquillo. L’avevo quasi persuasa, eppure non
avrei mai pensato di
essere così convincente.
-
Quello che voglio dirvi, o Athena, è che Milo di Scorpio non
è
venuto meno a quanto voi avevate ordinato, tutt’altro.
Obbedendo ad un mio
capriccio, ha pienamente soddisfatto quello che era un desiderio Vostro
e del
Padre Zeus, pertanto ritengo che non meriti alcuna punizione.
–
Gran
finale con botto. Meritavo un Oscar.
In
più, tirare in ballo Zeus era stata la ciliegina sulla torta.
-
Ma certo, Hermes. Mi siete da sempre caro, fratello mio, ed un
piacere fatto a Voi è un piacere fatto alla mia stessa
persona. Per questa
volta, il Cavaliere di Scorpio non verrà punito. –
Riuscii
miracolosamente a nascondere la mia espressione
trionfante dietro un sorriso mite e pieno di benevolenza.
-
Inoltre, sorella cara – continuai – temo sia giunto
il momento
di congedarmi da voi, non posso approfittare troppo a lungo della
vostra
cordialità.-
-
Permettetemi di dissentire. Voi siete uno Xenòs, un ospite,
e
in quanto tale siete sacro. Anzi, Voi lo siete in maniera particolare.
Considerate questo Santuario a vostra completa disposizione fino a data
da
definirsi.-
-
Siete troppo buona.- sorrisi, inginocchiandomi e prendendole
la mano per baciarla con grazia.
-
Come ho già detto, è un piacere.-
Athena
sorrise languida, gli occhi cerulei che le brillavano di
gioia e sincero affetto.
Avevo
vinto su tutta la linea.
Mentre
mi chiudevo la pesante porta di legno alle spalle, sentii
una voce graffiante rimbombarmi chiaramente nella testa:
Babbea…
Prima
di recarmi da Milo per dirgli la buona notizia, decisi di
approfittare del fatto di essere nella Tredicesima per farmi un bel
bagno in
una di quelle sale enormi arredate con vomitevole sfarzo.
Mentre
mi crogiolavo nel tepore dell’acqua piena di sali, in una
vasca grande quanto una piscina, Hermes si manifestò.
Complimenti,
Pecora. Ingannare Athena con menzogne così ridicole
non è certo cosa da tutti.
Ti
ringrazio. Però è strano, come diavolo ha fatto
una Dea così potente a bersi
quella vagonata di bufale?
Merito
mio.
E
ti
pareva!
Guarda
che dico sul serio!
Ti
hanno
mai detto che sei un monumento alla vanagloria?
Irriverente
di un’umana! Come ti permetti di parlare così a un
dio? Meriteresti di essere fulminata! E se la tua ignoranza non fosse
pari a
quella di un primate sapresti che non sono solo il Messaggero degli
Dei, ma
anche Guardiano degli Inferi, protettore dei viaggiatori e signore dei
ladri e
dei bugiardi!
Ne
sei
sicuro?
Certo
che sono sicuro! Lo saprò chi sono, non credi?
Se
lo
dici tu…
Devo
insegnarti un sacco di cose, Pecora, sarà una
faticaccia…
Potresti
cominciare con alcune spiegazioni…come mai hai deciso di
possedermi proprio
adesso?
Possederti?
Non sono un demonio! Io abito in
te, non come lo spirito di Athena…tu continui a preservare
la tua identità, io la mia. Ma il corpo è uno
solo, e lo condividiamo.
Non
capisco…
Due
anime, un corpo. Non è difficile. Pecora. Anzi, no. Asina!
Se,
se…ma
perché proprio adesso?
Perché
prima non ho mai avuto bisogno di manifestarmi.
Mah…la
tua coscienza potrebbe mai prendere il sopravvento sulla mia?
Non
mi tentare, cara.
Parlo
seriamente!
Anch’io!
Comunque ora non ne ho la forza, il mio Cosmo in gran
parte è ancora sopito.
Questa
conversazione è sfibrante…
Oh,
non dirlo a me!
Senti,
e
quando avrai la forza di prevalere su di me cosa farai?
Prenderò
il sopravvento solo quando sarà necessario. Negli scontri,
per esempio, o nelle missioni. Ma non preoccuparti, tu resterai sempre
cosciente, seppur immobile, come adesso lo sono io.
Vuoi
dire che tu vedi quel che vedo io, tocchi quel che tocco io…?
Sì.
Quindi
anche ieri sera…?
Sì,
mentre facevate…
Non
dirlo!
Sì,
c’ero. E ho visto tutto.
Cos-?
E
se posso permettermi…
No!
Non
puoi!
Mettiti
a dieta.
Ho
detto
che non potevi!
È
per il tuo bene.
Ti
odio!
Non
lo credevo possibile, eppure avvertii chiaramente Hermes
sorridere, da qualche parte dentro di me.
Più
irritata che mai, uscii dalla vasca di scatto e afferrai un
asciugamano. Poi mi diressi a grandi passi verso lo specchio (quella
stanza era
enorme!) con l’intenzione di smentire le parole del dio:
l’ultima cosa di cui
avevo bisogno era una cura dimagrante!
Non
sono nemmeno in grado di descrivere lo sgomento che mi prese
quando, specchiandomi, non trovai il mio volto bagnato e indispettito a
restituirmi il riflesso, bensì quello candido e paffuto di
un neonato, con
tanti boccoli dorati e grandissimi occhi nocciola.
Istintivamente
cacciai un gridolino, ma il bambino si portò
l’indice alla bocca intimandomi di tacere.
-
Pecora fifona, parli con me ma non hai il coraggio di
guardarmi in faccia! – disse, con una vocina squillante, che
mi ricordava il
tintinnare di una sonagliera.
-
Parlare con te? Piccolo, io sono sicura di non averti mai
visto prima!- mi tremava la voce per l’apprensione, ma ero
riuscita a
nasconderlo piuttosto bene.
-
Per Zeus, Pecora! Che fatica che mi fai fare!-
-
Her…mes? – chiesi, stavolta balbettando.
-
Ma brava! Hai vinto una caramella! – cantilenò il
bimbo,
pizzicandosi le guanciotte per schernirmi.
-
Che ci fai nello specchio? –
-
Volevo farmi conoscere
e mostrarti il mio attuale aspetto, perché quando il mio
Cosmo si risveglierà
diventerò adulto. Oh, e poi volevo spaventarti. –
aggiunse.
-
Sei malefico. –
-
Dispettoso, lo preferisco. –
Il
bambino si esibì in un ghigno che non aveva niente di
rassicurante, ma non potei replicare perché
all’improvviso le mie ginocchia
cedettero, e mi ritrovai a terra con la testa che vorticava.
-
Forse è presto per manifestarsi così, il tuo
fisico deve
ancora abituarsi. Torno nei ricettacoli più bui della mia
anima, Pecora, per un
po’ potrai fare a meno della mia compagnia. –
Appena
l’eco di queste parole si disperse nelle
profondità della
sala la fiacchezza mi abbandonò, la mente tornò
lucida e le gambe furono di
nuovo in grado di reggermi.
Più
tardi ripensai all’accaduto, e non nego che mi
sfuggì un
sorriso: tra tutte le splendenti divinità che potevano
reincarnarsi in me, mi
era toccato proprio un neonato dispettoso con deliri di onnipotenza ,
balla
facile e tendenza al poltergeist.
Peggio
di così non poteva andare.
-
Milo? Posso entrare? –
Senza
aspettare risposta varcai la soglia dell’Ottava Casa,
elettrizzata
al pensiero di poter raccontare le ultime novità al suo
Custode. Ma
l’accoglienza fu un tantino diversa da quella che mi
aspettavo.
-
Sei arrivata anche tu. Perfetto, posso continuare. - sibilò
una voce, molto più fredda e tagliente di quella di Milo.
-
Ciao Camus… - esordii, in palese imbarazzo.
Ero
giunta all’Ottava Casa passando dal sentiero segreto che mi
era stato mostrato da Saga pochi giorni dopo il mio arrivo al
Santuario, perciò
non avevo avuto modo di vedere, passando, se la Casa
dell’Acquario fosse vuota o no. Per questo,
una volta entrata, mi aspettavo di vedere Milo sorridermi, e non Camus
con le
braccia conserte e il sopracciglio alzato in segno di rimprovero.
Con
un solo gesto della mano mi fece cenno di sedermi sul divano
accanto a Milo, che fece spallucce e alzò i palmi in segno
di resa.
-
Da Milo potevo aspettarmi qualsiasi gesto sconsiderato, ma da
te, Lily! In tutta sincerità, ti ritenevo più
intelligente! –
Cercai
nello sguardo di Milo qualcosa che potesse rassicurarmi,
ripararmi da quell’ingiusta sgridata, anche se sapevo di non
avere del tutto
torto. Come al solito, avevo bisogno di conferme.
Senza
farsi vedere da Camus, mi prese la mano e intrecciò le
dita con le mie, in un gesto che mi fece sussultare il cuore.
-
Incoscienti!- continuava, intanto, Aquarius – adesso Milo
pagherà per la vostra avventatezza! –
-
Oh no, Camus. – dissi finalmente, trovando il coraggio di
interromperlo – per concessione di Athena e di Hermes - mi
girai per sorridere
a Milo – il Cavaliere dell’Ottava Casa non
verrà punito. –
I
due sbarrarono gli occhi e mi chiesero di spiegarmi meglio,
così raccontai loro della conversazione che avevo avuto con
Athena e del dialogo
con Hermes. Riguardo quest’ultimo,
però, decisi di omettere alcuni dettagli come quello dello
specchio o i
commentini imbarazzanti del dio sul mio aspetto fisico. Vergogna a
parte, certe
cose preferivo tenerle per me.
Dopo
qualche commento Camus si congedò, con
un’espressione
piuttosto pensierosa stampata in volto. Non sembrava molto sereno, ma
in quel
momento le mie attenzioni non erano certo concentrate su di lui.
Tirai
un sospiro di sollievo e mi stiracchiai, appoggiando la
testa sulla spalla di Milo.
-
Ciao – sussurrò, finalmente rilassato.
-
Ciao – miagolai – come stai? –
-
Bene. Molto più di quanto pensassi. E tu, come stai?
–
-
Stanca. Però sto bene.-
In
effetti era quasi sera,e tutti gli avvenimenti della giornata
mi avevano prosciugato le energie.
-
Mmm… dormi qui stasera? –
-
Sicuro che non sia contro le regole? – domandai, mentre
giocavo
con una ciocca dei suoi capelli.
-
La regola è che non dobbiamo
uscire dal Santuario senza permesso. E poi, anche se fosse
proibito… -
-
Vuoi dire che ormai siamo dei fuorilegge? – scherzai.
Milo
sorrise.
-
Voglio dire che abbiamo dalla nostra parte il Pinocchio più
convincente che esista. – disse, scompigliandomi i capelli
senza troppo garbo.
-
Va bene, allora resto qui!- gli feci la linguaccia, felice nel
profondo, e gli diedi un bacio lieve sulle labbra.
-
Prima, però, la cena! –
Cercai
di improvvisarmi cuoca,ma la cosa non mi era mai riuscita
bene. In più, Milo aveva congedato tutti gli inservienti e
gli aiutanti che di
solito infestavano l’Ottava Casa: quella sera aveva bisogno
di intimità, aveva
detto.
Ero
d’accordo con lui, ma alla fine mi ero ritrovata a dover
usare il forno senza l’aiuto di nessuno, e nel tentativo di
rosolare la carne
l’avevo bruciata. Carbonizzata, per essere precisi.
La
vista dei miei sforzi andati in fumo mi depresse un sacco, ma
Milo cercò di consolarmi dicendo che quella sera avremmo
mangiato verdure.
Stizzita, gli lanciai uno straccio umido ringhiando qualcosa come
“allora
adesso pulisci tu!”, ma ciò non bastò a
scalfire il suo improvviso e
inspiegabile buonumore.
Mi
prese una fitta allo stomaco: con che coraggio potevo
rovinare quel sorriso? Come sarei riuscita a raccontargli tutta la
verità su
Hermes? Inoltre, il dio aveva chiaramente parlato di
“missioni”: io non avevo
osato chiedere nulla, ma era chiaro che per me e Milo questo
significava dover
essere diversi e lontani,anche
contro
la nostra volontà. Oh, perché proprio adesso? La
mia esistenza aveva appena
cominciato ad avere un senso e già…
-
Lily, che cos’hai? Non mi sembri serena stasera. Qualcosa non
va? –
Forse,
se avessi espresso ad alta voce tutte le mie paure quelle
sarebbero evaporate. Sì, sarebbero sfumate a contatto con
l’aria, eclissate,
eliminate. E forse, forse, a quel punto la mia vita sarebbe stata di
nuovo
serena e ordinata. Con Milo.
Dovevo
dirglielo.
-
Ecco, vedi…- deglutii, le parole mi si erano seccate in
gola.
Coraggio, non era certo il momento di vacillare!
-
Hermes… - tentai, ma quando vidi lo sguardo di Milo
affilarsi
e l’espressione farsi subito più concentrata la
forza di continuare mi
abbandonò.
-
Hai problemi con Hermes? Ti senti male a causa sua? –
-
In un certo senso… - ero sicura che, dentro di me, il dio mi
stesse insultando senza troppi riguardi.
-
Parla Lily, avanti!-
Infatti,
Lily! Parla, su! Mi feci mentalmente coraggio, presi un
respiro e:
-
Per te non è un problema il fatto che custodisca in me una
divinità? Il fatto che io non sia completamente umana e non
lo sarò mai più, e
che soprattutto abbia accettato tutto questo senza batter ciglio non ti
sembra
gravissimo? –
Bugia.
Anzi, mezza verità. Non ero stata capace di dirla tutta.
Ero un’insulsa, schifosa, pavida vigliacca. Mi disgustavo.
Milo
prese un bicchiere, si versò dell’acqua e ne bevve
una
lunga sorsata. Poi si asciugò le labbra con il dorso della
mano, si spostò un
ciuffo di capelli dagli occhi e sospirò.
-
No. Non mi importa. Anzi, per quel che mi riguarda la più
umana tra noi due sei tu. Sai cosa vuoi, non aspiri a fama, potenza,
splendore;
ami la normalità, anche se non sei una persona ordinaria;
nonostante la
situazione in cui ti trovi, non hai perso la tua identità, e
che io sappia non
hai mai fatto nulla che non volessi fare. Sei migliore di me.
–
-
Penso che nemmeno tu abbia mai fatto qualcosa contro la tua
volontà.-
-
Sì, invece.-
-
Per esempio? –
-
Ho ucciso. –
Sussultai,
nel vano tentativo di immaginare Milo nell’atto di
stroncare brutalmente una vita.
-
E’ stato tanto tempo fa – continuò lui,
il tono distaccato e
gli occhi immobili – quando la trama dell’inganno
era fitta, Athena lontana e i
miei occhi ciechi. -
Adesso
il suo tono era più basso, quasi un sussurro, come se
stesse rivelando a sé stesso, e non a me, le sue
più intime debolezze. Nel suo
sguardo lontano potevo scorgere il filo sottile ed etereo che lega i
ricordi al
presente, e nel rievocare provoca dolore.
Decisi
di tacere.
Dopo
quella breve confidenza mi si era aperta una minuscola
finestra sul cuore di Milo, un piccolo scorcio che mi permetteva di
sfiorare la
sinuosità delle sue emozioni. Me li immaginavo
così, i suoi sentimenti, come
tante piccole volute di fumo che serpeggiavano quietamente dentro di
lui. Non
so perché, ma quando stavo con Milo ogni cosa mi appariva
più palpabile, più
concreta.
Ci
ritrovammo sul suo letto, nudi e impazienti, mentre in cucina
la scarsa cena che ero riuscita a preparare si rassegnava a
raffreddarsi nei
piatti, insipida e ignorata.
Avevamo
voglia di tutt’altro sapore.
Milo
cominciò a baciarmi il collo, prima quasi con cautela, poi
con crescente trasporto. Scese lentamente lungo il mio corpo mentre le
sue
labbra si facevano via via più umide. Quando
arrivò ai seni si mise a giocare
con un capezzolo, provocandomi brividi talmente intensi da inibire ogni
mia
resistenza, se mai davvero ne avessi avuta una.
Continuammo
a stuzzicarci a vicenda, a scoprirci senza pudore,
ad ansimare su ogni strusciamento rovente aspettando che il piacere
giungesse
all’apice.
Quando
Milo entrò in me non sentii alcun dolore, anzi, stavolta
in lui non c’era alcun segno della brutale urgenza con cui mi
aveva penetrata
la prima volta. Venne completamente dentro di me, ansimando flebili
scuse, ed io
provai a sorridere e gli baciai la punta del naso.
-
Non sono mai andata all’università…
– sussurrai dopo un gemito
– ho abbandonato lo studio e cominciato a lavorare non appena
finite le
superiori. Facevo la cameriera. - la mia voce uscì roca e
flebile tra gli
spasmi del piacere ancora pulsanti.
Milo
adesso era disteso accanto a me, prono, sudato e con il
fiato corto. Con un braccio mi cingeva stancamente il petto, mentre la
sua
schiena si alzava e abbassava velocemente, al ritmo del respiro.
Sollevò la
testa dal cuscino e mi guardò con aria interrogativa.
-
Anch’io ho fatto scelte contro la mia volontà
– provai a
spiegare, tra un respiro e l’altro – diventare
archeologa era il mio sogno, e
ho deciso di rinunciarvi… -
Milo
si sporse in avanti e mi baciò le labbra con leggerezza.
Poi, non senza qualche difficoltà, riuscì ad
insinuare il proprio braccio sotto
la mia schiena e mi tirò a sé, in un abbraccio
umido e odoroso.
-
Mmm…i sogni…- mugugnò, ormai
prossimo ad addormentarsi – adesso…come ti
sembra… di vivere? Sei in un sogno…o
sei sveglia? –
Le
sue palpebre si chiusero su quest’ultima, delirante frase, e
a me fu preclusa la vista di quegli occhi spettacolari. Non risposi e
gli
baciai l’incavo fra l’occhio e il sopracciglio,
sicura di non svegliarlo perché
era chiaramente scivolato in un sonno profondo e senza sogni: quelli
erano
rimasti fuori, potevo scorgerli impigliati fra le sue ciglia.
Chiusi
gli occhi a mia volta, arrendendomi alla stanchezza.
Stavolta sapevo che l’indomani, al mio risveglio, non sarei
stata sola.
Sogno
o realtà, veglia o illusione: non mi importava.
Qualunque
fosse il sentimento che mi percuoteva il petto in quel
momento, avevo deciso di viverlo tutto.
Fino
all’ultimo istante.
Che
dolorosissimo travaglio!!!! Però…bye bye
pigrizia! Sono
riuscita a postarlo, finalmente! La mia vacanza è finita
(sob!) ed ecco qui,
come promesso, un nuovo capitolo! Però rega…11
pagine…mi sembra di non aver mai
scritto così tanto! :D
Ho i crampi alle
dita! xD
Dato
che il troppo lavoro mi fa delirare ( lavoro? O_o), passo
subito ai doverosi ringraziamenti:
Gea_Kristh:
Ciao!
:D Tanto per cominciare, sono veramente molto felice di
conoscerti. Lily ti ringrazia di cuore, è molto raro che
qualcuno la trovi
divertente! (detto fra noi, è troppo frignona per stare
simpatica alla gente,
ma è meglio non dirglielo! ;-) ). Hermes invece è
stato una scelta quasi
obbligata…lo amo da sempre, soprattutto nei suoi lati meno
conosciuti, che
mostrerà più avanti! :D E poi devo scusarmi:
è vero, il fatto che Lily e Milo uscissero
dal Santuario senza permesso era inverosimile, ma necessario ai fini
della
storia. Nello scorso capitolo però ho preferito non
specificarlo, in effetti
sono stata più attenta a tacere molte cose che a
rivelarle…Infine grazie,
grazie grazie per tutti i complimenti! Troppo gentile! ^^ Waaa, ho
scritto una
risposta lungherrima!!! Mi dispiace, non leggerla tutta se non vuoi!
>.<
Ribrib20:
che
piacere sentirti! :D davvero ti è piaciuto?? Sono molto
contenta, lo sai che ho
un’alta considerazione della tua opinione! Grazie mille!
*rotola* Piuttosto,
penso di avere qualche problema con le e-mail (te ne ho mandate 2, una
lunga
quanto un papiro e una in risposta alla tua), non penso ti arrivino.
Non
sapendo in quale altro modo comunicartelo te lo scrivo qui…
p.s.
non ringraziarmi per averti messo nei preferiti: penso
davvero che tu sia brava, e quando avrò un briciolino di
tempo passerò a farti
le recensioni che meriti! ;)
ashar:
Hello!!!
:D Penso che anche per te valga lo stesso discorso di
rib: ti ho ringraziata per avermi inserita tra i preferiti, ma la mail
*sospira* non dev’esserti arrivata! L Perciò ti
ringrazio qui, ufficialmente, dato
che non so più come contattarvi! ç_ç *
E sappi che per me è un onore sapere che
la mia storia ti abbia presa tanto! Grazie ancora!!! :D (abuso di
questa
parola, eppure non mi sembra mai abbastanza!)
Infine
grazie a tutti quelli che hanno inserito “Beautiful
novel” tra le preferite,
le seguite e le storie
da ricordare!!! *inchino* e a tutti quelli che continuano a
leggere nonostante i miei continui ritardi!!!!
Un
bacio
*stan*
|
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Capitolo 13 *** il risveglio del caduceo/divinità sotto processo ***
‡
Beautiful novel ‡
Il
risveglio
del caduceo / divinità sotto processo.
Svegliarsi
con lo stomaco che gorgoglia per la fame è una
sensazione bruttissima, non la auguro proprio a nessuno. Ti senti
attraversare
le interiora da un risucchio gelido, e il tepore del sonno viene
spazzato via
dal viscerale ruggito di una caverna vuota: il tuo stomaco.
Così,
quando quella mattina riaprii gli occhi, la mia
disposizione nei confronti del mondo non era certo alle stelle.
Ma
il fastidio si trasformò presto in malumore, quando
constatai
che Milo non giaceva nel letto accanto a me, come avevo sperato. Le
lenzuola
erano fredde e spiegazzate nella parte in cui aveva dormito lui, segno
che si
era già alzato dal letto da un pezzo, e a quanto pareva
aveva deciso di non svegliarmi.
Che
nervoso.
Bighellonai
un po’ stesa sul letto, chiedendomi se fosse il caso
di alzarmi o no. Alla fine decisi che non potevo poltrire tutto il
giorno, e
comunque i morsi della fame erano troppo insistenti per essere ignorati
a
lungo.
Così
scesi dal letto un po’ controvoglia, e cominciai a cercare
i miei slip per terra: non avevo alcuna intenzione di farmi vedere nuda
da
tutti gli inservienti dell’Ottava Casa.
Poi
rovistai per tutta la stanza, alla ricerca di un indumento
adatto a coprirmi, perché non potevo farmi bastare solo gli
slip. Avevo ancora
un briciolo di pudore, all’epoca.
Trovai
una camicia blu notte che mi piacque molto, e senza
pensarci troppo mi abbottonai un solo bottone, all’altezza
del seno. Milo era
più alto di me, perciò la sua camicia mi copriva
metà coscia, quasi come un
vestito.
Mi
trascinai verso la cucina (ci misi un po’ a trovarla,
perché
stranamente la
Casa
era deserta) e cominciai a smangiucchiare un biscotto in maniera
piuttosto
annoiata, perché nel frattempo la fame era passata.
Sentivo
che quella era una giornata da dimenticare, anche solo
per il modo in cui era cominciata.
Dopo
la mia simbolica colazione tornai in camera da letto, con
l’intenzione dare una parvenza d’ordine a quella
stanza massacrata. Avevo
appena cominciato a fare il letto quando sentii dentro di me un suono
come di
percussione, che mi fece vibrare fin dalle fondamenta.
Bum.
Bum.
Quella
sensazione sgradevole continuò a ripetersi, inclemente. I
battiti del mio cuore accelerarono, e le solite difficoltà
respiratorie non
tardarono a fare la loro comparsa. Stranamente la mia vista non si era
ancora
appannata, anche se non sapevo cosa volesse significare. Forse che,
almeno
questa volta, il mio malessere non dipendeva da Hermes?
La
risposta me la trovai davanti poco dopo, quando alzai lo
sguardo.
Avevo
di fronte un giovane molto alto, con la pelle luminosa, i
capelli corvini e degli occhi così azzurri da fare
concorrenza a quelli di
Milo. Indossava un’armatura aperta sul ventre, che mi
colpì subito per la raffinatezza
e le sfumature: all’inizio mi parve argentea, ma poi mi
accorsi che ad ogni
passo cambiava colore.
Anche
se era un ragazzo piuttosto imponente, il suo volto era
fine e i lineamenti gentili, e in un’altra occasione
l’avrei trovato perfino
amabile. Nell’istante in cui si avvicinò,
però, la sensazione di essere
percossa da un martello si fece più intensa e logorante.
-
Ciao – disse lo sconosciuto, che aveva una voce molto
profonda –
io mi chiamo Alfie, piacere di conoscerti.-
Chiusi
gli occhi e non risposi, troppo presa a controllare
l’odiosa nausea che mi stava devastando le viscere.
-
Tu devi essere Lily, non è così? –
Adesso
sudavo terribilmente.
-
Stai tranquilla, non voglio farti del male. Devo solo parlare
con te e con il divino Hermes. –
Sapevo
di essere ormai diventata paonazza, con due vene enormi
sul collo.
Bum,
bum, bum. Ancora l’anima, ancora il cuore.
Scoppiai.
Ci
fu un botto, un’epifania di scintille dorate, e caddi a terra
ansante, con il mento dolorante per l’urto e i capelli sparsi
sul viso in
ciocche scomposte. Ero incapace di muovermi, avevo appena la forza di
respirare.
Il
ragazzo di nome Alfie corse immediatamente al mio fianco e si
inginocchiò, mentre riflessi di colori diversi continuavano
a danzare sulla sua
armatura.
Con
un gesto quasi materno mi sollevò la nuca, mentre con
l’altra
mano mi scostava i capelli dal viso.
Aveva
uno sguardo che non riuscivo completamente a decifrare,
potevo scorgervi solo un’accalorata apprensione. In
verità ero troppo
concentrata a chiedermi cosa diavolo fosse successo per concentrarmi
sui
pensieri di uno sconosciuto che, in fin dei conti, stava cercando di
aiutarmi,
per quanto la situazione fosse strana.
Per
questo fui presa da uno sconforto infinito quando Alfie
sussurrò qualcosa come “non preoccuparti, ci penso
io”. Lo
sconforto si trasformò presto in sorpresa
e la sorpresa in ribrezzo quando quell’individuo si
chinò di scatto su di me e
mi baciò.
E
non fu un casto bacio a fior di labbra, o un gesto
disinteressato come può essere un bacio dato ad occhi
aperti, nossignore! Quel
disgustoso ragazzone mi baciò con trasporto, chiudendo
perfino gli occhi, e mi
infilò in gola tutta la lingua che aveva. Con quel suo
viscido tentacolo scavò
a fondo, arrivando perfino a provocarmi dei conati.
Che
schifo!
Desideravo
ribellarmi con tutta me stessa, eppure il mio corpo
non obbediva alla mia volontà, come se fossi stata una
bambola vuota, un
burattino.
Quando
ormai pensavo di morire per soffocamento, o magari dal
voltastomaco, quello decise di
staccarsi.
Tornai
a respirare avidamente aria fresca, limpida e soprattutto
asciutta.
-
Ti senti meglio, Lily? –
No,
ma dico. Hai appena tentato di strangolarmi con la tua
rivoltante, filamentosa lingua e mi chiedi se mi sento meglio?!? Non
contento,
hai pure la faccia tosta di chiamarmi per nome! Chi te l’ha
detto, il mio nome?
E chi ti ha dato il permesso di usarlo?
Quell’individuo
era un chiaro insulto alla decenza, ed era
capace di risvegliare in me pensieri ed istinti omicidi che credevo
sepolti.
Peccato
solo che quell’inspiegabile paralisi non volesse saperne
di abbandonarmi.
-
Perché non parli? Sei forse timida? –
domandò il bellimbusto,
mentre mi passava un pollice sule labbra. Rabbrividii di disgusto a
quel tocco,
e al pensiero del dopo.
Con
mio sommo orrore, fece scorrere quel dito maledetto fino al
mento, disegnò lentamente la curva del collo e scese fino al
seno, per lottare
con l’unico bottone che teneva chiusa la camicetta. La
resistenza di quella
piccola goccia d’avorio fu vinta con facilità,
liberando le sue mani prepotenti,
che andarono a chiudersi senza troppo garbo su uno dei miei seni.
L’esplosione
fu immediata.
Alfie
volò dall’altra parte della stanza e si
schiantò contro il
muro, tirando giù due quadri di paesaggi.
Io
finalmente mi scoprii libera di alzarmi, mentre intorno mi
sfolgorava un alone di luce divina, intenso come non era mai stato.
Percepii un
potere talmente forte da scacciare ogni altra sensazione, a parte
quella di
essere diventata più alta e maestosa.
E
all’improvviso il mio punto di vista cambiò.
Vedevo le cose
dall’alto, da un angolo della stanza che mi permetteva di
scorgere la scena
alla perfezione.
Per
prima cosa vidi me stessa.
Indossavo
l’Armatura di Hermes, che scintillava nel suo divino
splendore. Rimasi ancora una volta stupita dalla magnificenza di quella
panoplia, completa di tutto e perfetta in ogni dettaglio: dalle rosse
piume del
cimiero, che mi ondeggiava purpureo dietro le spalle, alle ali sottili
formate
da lamine d’oro, che spuntavano dai calzari come graziose
appendici.
E
anch’io ero bella, bella come non lo ero mai stata.
Il
mio volto, i miei occhi, i miei capelli, tutto sembrava
risplendere di una luce che sapevo non appartenermi. Chiaramente quella
parentesi di splendore era dovuta alla potenza del dio che si
manifestava,
tutto qua. Sapevo di non poterne vantare il merito.
Dall’altra
parte della stanza Alfie si stava alzando, irritato,
spostandosi i capelli dal viso con fare stizzito.
Lily,
il tuo spirito sta
vagando. Torna qui, riallacciati al corpo.
La
voce di Hermes stavolta mi risuonava in testa con una cadenza
grave. Doveva essere molto, molto arrabbiato.
Risposi
mentalmente di sì e il mio spirito fluttuò verso
il
corpo; poco dopo mi ritrovai ad avere la mia visuale di sempre, e potei
gustarmi da lì lo spettacolo di Hermes che entrava in azione.
-
Viscido mortale – sentenziai, ma la voce che uscì
non era la mia
– come hai osato avvicinare la mia protetta? Sfiorarla? Farle
del male? Come hai
potuto spingerti a tanto? –
Sentivo
il disprezzo scivolarmi via dalle labbra, denso e velenoso
.
-
Tsk. L’agitarsi del tuo Cosmo le stava facendo del male, ho
cercato di aiutarla. Il mio bacio dona benessere, non ricordi? -
rispose
l’interpellato. Anche la voce di Alfie era scomparsa,
sostituita da una di
donna, che sembrava essere sul punto di incrinarsi per quanto era acuta.
-
Benessere ?!? – tuonò Hermes – Proprio
non direi! Stava avendo
un arresto cardiaco, Iris! Ancora un po’ e il tuo pupillo
avrebbe stuprato un
cadavere! –
Arresto
cardiaco? Iris? Stuprare? Oh, Zeus…
-
Non era quella la mia intenzione, o Divino! –
replicò Alfie,
stavolta con la sua solita voce. Fu però messo a tacere
praticamente da sé
stesso, mentre la dea prendeva di nuovo il sopravvento.
-
Tu taci! Dopo faremo i conti! – strillò. Poi
disse, rivolta a
me:
Hermes,
il fatto che la vita della tua protetta fosse a rischio
per così poco non può che rammaricarmi, in quanto
ciò indica in lei il
risveglio del tuo Cosmo è ancora a livello embrionale. La
sola compresenza dei
nostri due Cosmi basta a metterla fuori gioco, e ciò
è male. –
-
Se anche fosse, non vedo perché ciò dovrebbe
interessarti. Non
mi sembra di doverti alcuna spiegazione. –
-
Non voglio spiegazioni, ma fatti. – rispose asciutta la dea
– il
Cosmo di Iris ha trovato nel corpo di Alfie l’ambiente giusto
per crescere e
prosperare. Peccato che di te e della tua umana non si possa dire lo
stesso.-
-
Non costringermi a ripetermi, Iris! Non vedo in che misura
questa faccenda possa riguardarti! – replicò aspro
Hermes.
-
Mi riguarda eccome, mio caro. Anche se abbiamo quasi lo stesso
compito, il tuo potere è molto più ampio del mio.
–
Incrociai
le braccia al petto, arricciai le labbra e scossi
ritmicamente la testa, in un gesto spavaldo voluto dal dio, senza il
quale
sarei risultata poco credibile.
-
Già. – gongolò Hermes – Non
tutti hanno la fortuna di nascere
belli, forti, astuti e soprattutto figli
di Zeus.-
Alfie
arricciò appena il naso, ma Iris ebbe la forza di astenersi
da qualsiasi commento e andare avanti.
-
E il fatto che il tuo potere non sia ancora pienamente attivo,
significa che Zeus ha delegato a me il dovere di adempiere anche ai
tuoi
compiti. E, per quanto si tratti di una situazione temporanea, non ho
alcuna
intenzione di fare ciò che non mi compete, con il doppio
dello sforzo e la metà
del riconoscimento. –
Stavolta
Hermes tacque, e la dea riprese a parlare mentre Alfie
camminava lentamente per la stanza, condendo le parole di Iris con ampi
gesti.
-
Che io sappia, però, un caso come il nostro non si era mai
verificato, almeno non da quando l’uomo ha memoria.
Perciò ogni tentativo di risvegliare
pienamente il tuo Cosmo, Hermes, potrebbe rivelarsi vano: eppure la mia
disperazione è tale che ho deciso di tentare ugualmente.-
Detto
questo, Alfie schioccò le dita, e tra le sue mani apparve
un lungo bastone ramato, appuntito ad un’estremità
e decorato all’altra.
All’altezza dell’impugnatura erano raffigurati due
serpenti che,
intrecciandosi, mordevano un pomo.
-
Vorrai perdonarmi – continuò Iris – se
mi sono presa la libertà
di prelevare dal tuo tempio il caduceo.-
Senza
che io lo volessi, mi conficcai le unghie nel palmo fino a
farmi sanguinare.
-
Tu, lurida meretrice, vergognosa ladra, figlia di bastardi!
Come hai osato, tu…?!? -
Alfie
ghignò, e senza dare a me e ad Hermes il tempo di reagire
scagliò il caduceo proprio contro il mio petto.
L’arma mi colpì in pieno, ma
inspiegabilmente non mi ferì: venne rapidamente assorbita
dall’Armatura senza
nessuna conseguenza immediata.
Poi
avvertii in me l’eco di una detonazione lontana, tante
scintille mi divamparono sotto la pelle, il battito del mio cuore
divenne un
ruggito e il mio sguardo si riempì di un fuoco di rabbia.
Subito
balzai addosso ad Alfie, e mentre l’alone del mio Cosmo
diventava da arancione a dorato e da dorato a scarlatto, sgorgavo sul
ragazzo
tutta l’impetuosità della mia violenza. I nostri
avversari non si difendevano,
forse sopraffatti da quell’esplosiva potenza, e nel mio corpo
il furore era
tale che non riuscivo a capire se i colpi che infliggevo fossero voluti
da
Hermes o da me.
Poi
un Cosmo dorato, gentile e autorevole si impose tra me ed
Alfie, ci separò e ci costrinse
all’immobilità.
Poco
dopo nell’Ottava Casa comparve la figura di Athena, seguita
da tutti i suoi paladini.
Era
arrivata rivestita con un’armatura scintillante, che
più che
ad una vera guerra sembrava adatta ad una parata militare. Indossava
anche
l’elmo, e sotto di esso le sopracciglia sottili erano
corrugate in
un’espressione che non riusciva a nascondere una certa
urgenza. Forse stavolta
l’avevo fatta davvero grossa.
-
Salve, Glaucopide…- mormorò Alfie, rosso in viso
– chiedo
perdono per il caos che io e Iris abbiamo portato nel vostro tempio, ma
non
avevamo assolutamente intenzioni bellicose. –
Lo
sguardo della Divina era severissimo e traboccante d’ira, ma
riuscì a trattenere un discreto controllo, e con tono rigido
ci ordinò di
seguirla all’interno della Tredicesima Casa.
Io
e Alfie obbedimmo mestamente, ma in me la fiamma che aveva
acceso Hermes non si era ancora spenta, né tantomeno il
Cosmo si era placato.
Così,
giungemmo alla Tredicesima Casa con le mascelle digrignate
e i pensieri che turbinavano. Una volta arrivata Athena si sedette sul
trono, e,
senza nemmeno spogliarsi dell’Armatura, ordinò ai
suoi cavalieri di disporsi ai
lati di esso.
Io
e Alfie rimanemmo in piedi davanti a lei, non troppo lontano
perché non fossimo costretti ad urlare per capirci e non
troppo vicino per non
mancarle di rispetto.
-
Per Alfie e Lily dev’essere una situazione insolita
e…sgradevole, oserei dire.- esordì Athena dopo
qualche istante di riflessione.
-
È vero, o Divina. Sarebbe opportuno portare qui degli
specchi,
affinché la faccenda risulti più chiara a tutti.-
disse Iris per mezzo di
Alfie.
La
Glaucopide
annuì, e a un
cenno del suo capo due inservienti fecero un inchino e uscirono dalla
stanza.
Ricomparirono qualche minuto dopo, accompagnati da due colleghi. Ogni
coppia di
giovani trasportava uno specchio grande almeno quanto una porta, con
cornici
stuccate come ornamento, che dovevano pesare moltissimo.
Posizionarono
gli specchi di sbieco, uno a fianco a me e uno a
fianco ad Alfie, poi sparirono con un altro inchino.
All’inizio
non compresi la ragione di quel gesto, poi mi accorsi
la superficie vitrea di entrambi i mobili cominciava a contrarsi, a
pulsare,
mentre dai bordi delle cornici fuoriusciva una nebbia leggera.
Focalizzai l’attenzione
sul mio specchio, e vidi il mio aspetto mutare poco a poco, fino a che
la mia
immagine riflessa non fu sostituita da quella di un giovane ragazzo
alto,
muscoloso e pieno di riccioli biondi. Indossava un’armatura
identica alla mia,
e il suo sguardo esprimeva una rabbia cieca, al confine con la follia.
Anche
il riflesso nello specchio di Alfie era mutato: adesso
mostrava l’immagine di una donna snella e pallida, con
lunghissimi capelli neri
e lucenti e occhi color lavanda.
-
Bene, fratelli. Eccovi dunque comparire con il vostro vero
aspetto. Lily, Alfie, ora vi prego di tacere e di lasciar parlare le
vostre
Divinità. Ebbene, Iris: sei entrata nel Tempio di Athena
senza permesso,
avvalendoti della tua posizione di divinità messaggera, e
hai attaccato un mio
ospite. Cos’hai da dire a tua discolpa?-
-
Sono stata costretta, Divina Athena, - cominciò Iris, la
voce
alta e melodiosa in perfetta armonia con la figura sottile –
in quanto non ho
la forza di svolgere sia i miei compiti che quelli del divino Hermes.
Mi
rammarico di aver invaso un luogo a te sacro, ma non avevo altra
scelta.-
-
E come mai il Cosmo di Hermes sarebbe esploso non una, ma ben
due volte? – indagò ancora Athena, assottigliando
lo sguardo.
-
A questo posso rispondere io – intervenne Hermes, riflesso al
mio fianco. Notai con una punta di amarezza che nel giovane che avevo
davanti
non c’era già più traccia del bambino
vivace ed entusiasta che avevo conosciuto
poche ore prima.
-
L’ultima esplosione che avete percepito, Milady, è
stata
provocata da Iris in persona. La mia sgradita collega ha pensato bene
di
intrufolarsi nel mio tempio per rubare il caduceo, la mia arma
più potente, che
era custodito all’interno di esso. Riesce a realizzare
l’entità dell’onta che
ho subìto? Una sgualdrinella semimortale ha
l’ardire di intrufolarsi nel mio
tempio, violare il mio onore e rubare il mio oggetto più
sacro! Rubare! A me,
il dio dei ladri!- qui Hermes soffocò un ringhio animalesco
e Athena lo invitò
a contenersi.
-
E non è tutto. – continuò il dio,
contraendo la mascella per non
urlare – ha anche cercato di attentare alla mia persona,
provando a ferirmi con
l’arma prediletta. L’esplosione del Cosmo non
è stata altro che una conseguenza
del contatto tra Armatura e Caduceo, che ha provocato il totale
risveglio del mio
spirito. Ma la prima esplosione…-
-
La prima è stata provocata dalla tua reazione esagerata,
nient’altro- lo interruppe Iris, roteando gli occhi magnifici
con fare
esasperato.
-
Esagerata?!? Fingendo di aiutarla, il tuo sicario stava per
violentare la mia protetta!-
A
quelle parole trasalii, e un brivido mi percorse la schiena
nel ricordare quel momento disgustoso. Cercai lo sguardo di Milo nella
folla
dorata davanti a me, e nel cielo sereno dei suoi occhi riuscii a
catturare un
lampo di ira e di sdegno. Nel mio intimo ne fui compiaciuta.
-
Violentare? Come ti permetti di muovermi accuse tanto gravi?
–
strillò Iris, al colmo dell’indignazione.
-
Sì, violentare! C’era pura perversione negli occhi
di quel
ragazzo, come se i fatti non bastassero! –
A
quelle parole gli occhi di tutti i presenti si spalancarono, e
un tenue brusio si diffuse per la stanza. Sfiorai lo specchio con le
dita per
suggerire ad Hermes di moderarsi. Il dio fece cenno di aver capito e
continuò:
-
Ma al di là di questo, Iris, tu mi hai offeso, e renderai
conto di ciò davanti a Zeus. E sai bene che il Padre degli
dei non è tollerante
verso chi pecca di tracotanza.-
-
Non ti permettere, Hermes! – strillò Iris
scuotendo il bel
capo corvino – Non ho fatto nulla di così vile da
giustificare il tuo odio nei
miei confronti! -
-Come
se il dover sopportare la tua vista non fosse già un grave
insulto…- miagolò il dio con noncuranza, mentre
si fingeva intento a misurare
la lunghezza delle proprie unghie. Iris si morse le labbra rosee e
soffiò:
-
Molto divertente, se a dirlo non fosse stato un marmocchio che
non sa fare altro che suonare la lira e rubare vacche!* In tanti anni
che
cammini su questa terra non hai ancora imparato il significato della
parola
“coerenza”!-
-
Sarà meglio che cominci a zampettare sul tuo ridicolo
arcobaleno fino a rifugiarti sotto il trono di Hera, o niente
riuscirà a
salvarti dalla mia ira! – tuonò Hermes gonfiando
il petto.
-
Signori! Vi ordino di smetterla, almeno per rispetto nei miei
confronti! – intervenne Athena dopo un sospiro.
-
Mi duole inoltre comunicarvi- continuò – che se
non
risolverete in giornata e in questa sede i vostri dissapori,
sarò costretta a
chiedere l’immediato intervento di Zeus come giudice supremo.
E ho motivo di
credere che la notizia dell’ennesima lite fra i suoi
Messaggeri potrebbe farlo
alterare non poco.-
Evidentemente
l’ira di Zeus era un motivo più che sufficiente
per andare d’accordo, perché le due
divinità, udite quelle parole, si
acquietarono di colpo.
-
E sia. – disse Hermes – io veglierò sui
bugiardi, sui ladri e
sui viandanti, e sarò il più abile e veloce
Messaggero che Zeus abbia mai
avuto. Ti devo però chiedere, Iris, di aiutare Caronte nel
suo compito di
traghettatore infernale. –
-
Non se ne parla. Quel compito spetta a te. – rispose Iris.
Lo
so perfettamente, ma non posso portare Lily negli Inferi: non
ha né l’aspetto né
l’autorità per farsi rispettare dalle anime dei
dannati.
Guardala: è già allo stremo delle forze solo
perché mi sono concretizzato, e
per giunta da pochi minuti! –
Era
vero, in effetti avevo un fiatone non indifferente, ma tutto
sommato non si poteva dire che stessi male. Però intuii che
se mi fossi
mostrata fisicamente debole io e Hermes ne avremmo tratto qualche
profitto.
Quindi cominciai a strabuzzare gli occhi e a rendere più
rauco e teatrale ogni
mio respiro. Pensai anche di simulare conati o svenimenti, oppure
un’asma da
record, ma alla fine decisi che non era il caso e mi accontentai di una
performance moderata.
-
Invece il tuo protetto sembra fatto apposta per adempiere al compito
alla perfezione. – terminò il Divino Messaggero.
Iris
parve pensarci un po’, con la testa reclinata da una parte,
poi sospirò.
-
E sia. – disse – Ma non voglio avere altri compiti.
Dovrai
occuparti tu di tutti i desideri della Madre Hera. Io ora mi ritiro,
sono molto
stanca e il tuo volto non è un belvedere. Addio, Glaucopide,
e grazie per la
tua infinita disponibilità. Saprò sdebitarmi. -
La
Dea
dell’Arcobaleno chiuse gli occhi e congiunse le mani, come a
voler pregare,
finché lei ed Alfie non sparirono in un turbinio di
scintille multicolore. Lo
specchio, svuotato del suo splendido contenuto, sembrava adesso un
oggetto
pacchiano e fastidiosamente opaco.
Guardai
fuori dalla finestra, e vidi che, anche se non pioveva,
c’era l’arcobaleno.
Anche
Hermes lo notò, e borbottò un “ Che
Cerbero ti sbrani!”
neanche troppo sottovoce, tanto che riuscì a guadagnarsi
un’occhiataccia da
parte mia e di Athena.
-
Divino fratello, puoi ritirarti. E tu, Lily, vai pure a riposare
in una delle mie stanze: devi essere distrutta.-
L’acqua
era molto calda e la vasca immensa, in quel Santuario
avevano il vizio di costruire stanze monumentali per onorare la loro
Dea. Non
che mi dispiacesse godere di tutto quel lusso, ma quando si
è abituati a vivere
in un bilocale, fare il bagno in una stanza ampia quanto un campo da
calcio
mette un tantino a disagio, tutto qui.
Ad
ogni modo mi trovavo nella Tredicesima Casa, e per l’ennesima
volta mi stavo rigenerando con l’aiuto di acqua calda e Sali
da bagno.
Afferrai
una saponetta e presi a strofinarmela addosso con
energia, per poi immergermi sott’acqua a lavoro compiuto.
Compii varie volte
questo giochino, fino a che non sentii bussare alla porta.
-
Chi è? –
-
Sono io. Posso entrare? –
Era
la voce di Milo.
-
Ehm…sono nuda…- balbettai, arrossendo.
-
Oh. E perché dovrebbe essere un problema? –
Un
istante di silenzio. Poi mi arresi.
-
Ok, entra pure. –
Milo
entrò e si sedette su uno sgabello sul bordo della vasca.
Contrariamente a quanto pensavo, non mi sentivo a disagio nel sapere
che mi
guardava, e non avvertii l’impulso di coprirmi. Del resto,
non era certo la
prima volta che mi vedeva senza vestiti, anche se la situazione era un
po’
diversa.
Nuotai
fino a lui e uscii dalla vasca, tamponandomi il corpo con
un asciugamano che poi usai per coprirmi, legandomelo sul seno a
mo’ di tubino.
-
Come ti senti?- domandò Milo, apprensivo.
-
Un po’ provata, ma non sto male, anzi. Non ho un attacco
d’asma
da almeno due giorni.-
Sorrisi,
ma Milo non mi imitò come mi aspettavo.
-
Hey, che cos’hai? – gli chiesi, mentre ansie e
dubbi di ogni
tipo si facevano largo nella mia mente.
-
Ti…ti va di raccontarmi cos’è successo
di preciso all’Ottava
Casa? –
Oh,
cavolo! La scenata di Hermes doveva averlo preoccupato più
di quel che pensavo.
-
Niente che valga la pena di essere riportato, davvero. Credimi
se ti dico che non ho subito nessuna violenza, neanche la
più piccola.-
-
Questo perché Hermes l’ha impedito.-
mormorò lui stringendo i
pugni.
-
Hermes è il dio dei bugiardi. Ha mentito anche stavolta. Non
so se ci
hai fatto caso, ma senza questa scusa la sua aggressività
nei confronti di Iris
sarebbe stata del tutto ingiustificata.-
Milo
non pareva convinto.
-
E l’esplosione del suo Cosmo a cos’era dovuta?
–
-
Alla rabbia, direi.-
-
Rabbia perché Iris voleva farti del male. Ed io non
c’ero.-
-
No, rabbia perché la sua peggior nemica stava cercando di
cambiarmi lo stato d’animo con i suoi poteri. Hermes
è stato mosso soprattutto
dall’orgoglio, come succede alla maggior parte degli uomini.-
Anche
se non avevo detto precisamente la verità, le mie parole
avevano rassicurato Milo quel tanto che bastava a rasserenarlo.
Mi
sedetti a cavalcioni su di lui, senza preoccuparmi di
bagnarlo, e gli cinsi il collo con le braccia.
-
Fammi un sorriso, uomo tenebroso – sussurrai, mentre col mio
naso sfioravo il suo.
-
Non mi piace prendere ordini – borbottò. Ma
sorrise.
-
Però l’hai fatto. Buffone! – bisbigliai,
baciandolo con leggerezza.
Lui fece un finto broncio, mi sollevò di peso e mi
buttò sulla sua spalla come
fossi un sacco di patate.
-
Pagherai cara quest’offesa! – ghignò
– non m’importa se sei
provata, se hai il mal di testa, se hai il ginocchio della lavandaia o
i
capelli bagnati: stasera si fa l’amore!-
Scoppiai
a ridere fino alle lacrime, nonostante la posizione
scomoda.
-
No, ti prego! Lascia almeno che mi asciughi i capelli!-
Milo
ebbe un bel da fare a dire che no, non aveva voglia di
aspettare, ma io mi impuntai a tal punto che riuscii ad averla vinta, e
lui
dovette attendere un po’ per liberarsi del peso della
passione.
Mi
leccai le labbra e ridacchiai, mentre cercavo di ignorare il
fiatone e il cuore che rombava come fosse il motore di una macchina da
corsa.
-
Perchè ridi? – mormorò Milo, anche lui
col fiato corto. Avevamo
appena finito l’amplesso e nudi, sudati e odorosi ci stavamo
perdendo nella
contemplazione di un cielo che ci lasciava senza parole, avvinghiati
come se
temessimo di essere separati da un momento all’altro.
Dalla
finestra entrava una brezza tiepida, che ci sfiorava con
il suo inconfondibile sentore marino.
-
Trovo buffo – risposi, masticando un po’ le parole
– il fatto
che ogni sera ci ritroviamo immancabilmente a ruzzare per il tuo letto.-
-
Ruzzare, dici? –
-
Sì, ruzzare. Come fanno i cuccioli.-
-
Oh, beh, se stai cercando di dirmi che non ti piace
“ruzzare”
con me, sarò costretto ad offendermi.-
Lo
baciai.
- Lo
sai che lo adoro. –
Milo
sorrise sincero, chiuse gli occhi
e si abbandonò sul cuscino, mentre con un pollice mi
accarezzava la guancia.
-
Milo? – mormorai dopo un po’.
-
Mh?-
-
Tu mi vuoi bene?
-
Di più…-
-
Quindi…mi ami? –
Lui
non rispose, mi sollevò il mento con le dita e mi
baciò a
lungo. E mentre i dubbi mi affollavano la mente, il cuore si riempiva
di una
gioia inspiegata e arrogante.
Forse
non era una vera risposta. Però per quella sera decisi che
bastava.
*Iris
si rifà al
mito della nascita di Hermes, secondo il quale il dio neonato avrebbe
rubato una
mandria di vacche sacre ad Apollo per il semplice gusto di fare un
dispetto. Si
sarebbe poi fatto perdonare regalando al dio del sole uno strumento
inventato da
lui sul momento: la lira.
Rieccomi,
finalmente!
Arrivo
con un ritardo di almeno un mese, che è difficile da
mandare giù. Quando ho pubblicato lo scorso capitolo questo
era solo da
assemblare, perciò pensavo che non avrei impiegato molto
tempo a pubblicarlo.
Invece non è stato così, e non per scarsa
organizzazione stavolta, ma per vera
e propria mancanza di tempo (o eccesso di cose da fare!). So che
è odioso dover
aspettare all’infinito (e a volte anche invano)
l’aggiornamento di un solo
capitolo, per cui se non riesco a ritagliare un po’ del mio
tempo per questa
fic penserei quasi di sospenderla, almeno finché non
arriveranno tempi più
rosei. Lo so, non è una soluzione molto felice (per niente!
Ç_ç) ma mi rendo
conto che certi ritardi sfiorano la soglia della mancanza di rispetto!
Per
adesso scelgo di continuare, poi si vedrà! Abbiate fede,
cercherò di fare quello che posso per pubblicare in maniera
costante! ^^
P.s.
Cosa
pensate della
storia? Si capisce il passaggio umano/divinità o non
è chiaro? C’è qualcosa che
vi sfugge? No, perché questo capitolo non mi sembra il
massimo in quanto a chiarezza,e
sono disposta a correggerlo, se necessario! ;)
Adesso
tocca ai ringraziamenti per le recensioni! J
Ashar:
Già,
Milo è un
esibizionista non da poco! Se poi aggiungi i commenti inopportuni di
Hermes,
certe situazioni imbarazzanti diventano proprio inevitabili! ^_^ Grazie
mille
per la tua recensione, spero davvero che anche questo capitolo ti
piaccia! :D
Un bacione!!!
Ribrib20:
ç_ç
Di sicuro
ti arrabbierai per questo enoooooorme ritardo, ma spero di farmi
perdonare con
il capitolo! :D *fa occhioni dolcissimi e sguinzaglia Milo nella sua
versione
più sexy per meritarsi il perdono* Spero che Hermes e Lily
non ti deludano, in
questo capitolo erano piuttosto agitati! (soprattutto il dio!) Grazie
infinite
per la tua recensione e per seguirmi sempre! ^^ Se puoi fammi sapere
cosa pensi
di questo capitolo, sono in un’ansia tremenda! :S Intanto ti
mando un bacio
grande così! :D
Tsukuyomi:Nah,
non
scusarti se salti gli aggiornamenti. Dato che io sono sempre in
ritardo, direi
che siamo pari! xD Grazie,grazie,grazie davvero per tutti i
complimenti!
*arrossisce* Hermes mi ha detto che sarebbe molto contento di fare da
soprammobile sul tuo comodino, come compenso si accontenta di poter
intrufolarsi nella tua vita privata…cosa che, a quanto pare,
gli riesce bene!
xD spero che anche quest’aggiornamento ti piaccia, fammi
sapere! :D un beso!
LoVe_PeAcE:Eccolo,
eccolo
qua il seguito! Scusa per averti fatto attendere tanto, spero ti
piaccia! ;)
Grazie mille per la recensione, e fammi sapere cosa pensi del resto! :D
Un
bacione!
Infine
grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le
seguite, tra le preferite e le ricordate. J
E
grazie anche a tutti quelli che leggono.
Alla
prossima! ;)
Un
bacio
*stan*
|
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Capitolo 14 *** in caduta libera ***
‡
Beautiful Novel ‡
In
caduta libera.
Sono
una
pessimista.
Mi
hanno
sempre definita così, nel migliore dei casi. Altrimenti, nei
momenti in cui la
gentilezza scarseggiava arrivavo ad essere disfattista, tragica,
fatalista,
catastrofica, e, in mancanza di fantasia, rompipalle.
È
vero, sono
una di quelle persone che vede il bicchiere mezzo vuoto, che gira
sempre con
l’ombrello nella borsetta e controlla il testamento ogni
sera, prima di andare
a letto.
Sì,
a
vent’anni avevo già fatto testamento, non si sa
mai. Non che avessi granchè da
lasciare, ma almeno sulla carta sarei stata pronta al peggio, quando
ciò
sarebbe accaduto.
Non
c’era mai
stato un posto in cui mi sentissi realmente al sicuro, al riparo da
ogni
disgrazia: nemmeno tra le braccia di mia madre, o avvolta nelle
lenzuola di
flanella del mio vecchio lettino.
Però
c’erano
persone, gesti e sensazioni che riuscivano a farmi stare bene. Non
cancellavano
la mia innata negatività, questo no, ma riuscivano a farmela
dimenticare,
almeno per un po’.
Milo
era una
di queste cose. Era il disinfettante sulla ferita, l’acqua
fresca sulla gola
riarsa, era il colore di un fiore che sboccia sotto la neve e spaventa
l’inverno.
Quella
mattina
mi risvegliai abbracciata a Milo, con il suo respiro caldo che mi
scivolava sul
collo, e mi ritrovai a pensare che a volte l’eccezione pesa
più della regola, e
ci sono attimi in cui l’illusione del mondo si sfalda per
lasciare spazio a
emozioni confuse, colorate, piene di luce.
Piena
di luce.
Quella
mattina
era così, in perfetta assonanza con il mio animo.
Quella
mattina
non avrei corso pericoli ad attraversare la strada, non avrei avuto
bisogno di
alcun ombrello e il mio bicchiere non era mezzo vuoto, ma ricolmo, e
traboccante di vita.
Ero
felice,
quella mattina.
-
Che fai, non
mangi? – chiese Milo masticando.
Chinai
lo
sguardo sulla colazione che mi aveva preparato: un toast con sopra due
uova al
tegamino per gli occhi e una striscia di bacon al posto della bocca.
Doveva
assomigliare ad una faccina felice, ma le uova stavano colando e la
striscia di
bacon non ricordava per niente un sorriso, anzi. Repressi la nausea con
una
smorfia.
-
Veramente,
la mattina non mangio mai cose salate… -
-
Ah no? –
Milo strabuzzò gli occhi e mi guardò come se
fossi un’aliena.
-
No. – ripetei,
leggermente infastidita dalla sua sorpresa.
-
Allora…cosa
mangi? –
-
Cose dolci!
–
Milo
si grattò
la testa.
-
Pane e
marmellata, crema al limone, fette di torta, cioccolata… -
Alla
parola
“cioccolata” lo sgomento del Santo di Scorpio
raggiunse il suo apice.
-
Cioccolata?!?
E per di più a colazione! Ti farà malissimo al
fegato, e in più ti riempirai di
brufoli!- esclamò, con la sua solita delicatezza.
Ringhiai.
-
Ehm…-
balbettò, dopo qualche istante di smarrimento –
Vado a prepararti
qualche…uhm…qualcosa…qualcosa di
dolce, sì!-
-
Sarebbe
anche il caso! – m’imbronciai.
-
Direi di sì:
sei acida. –
-
E tu cafone!
–
-
Vipera! –
-
Trattore! –
-
Eh?
Trattore? –
-
Russi, mio
caro! –
-
Non è vero!
–
-
Milo, ho
fame! –
-
Tsk.-
Milo
si alzò
da tavola dritto come un manico di scopa, le spalle strette e un naso
rivolto
talmente all’insù che pareva un segugio che fiuta
una traccia.
Mi
ero
dimenticata di quanto fosse permaloso quel ragazzo.
Mi
alzai
anch’io, presi la rincorsa, e, dato che era voltato di
spalle, gli saltai sulla
schiena gridando e coprendolo di baci. Bastava davvero poco a farlo
tornare di
buonumore.
-
Adesso vado
ad allenarmi, finirò stasera. – disse Milo
abbottonandosi i pantaloni leggeri.
Io
mi stavo
lavando i denti nel bagno di fronte alla camera da letto. Tenevo la
porta
aperta, così potevo vedere nello specchio il riflesso del
Cavaliere dello
Scorpione che si preparava per l’allenamento.
-
Come mai
così tardi? – chiesi, sciacquandomi la bocca dalla
schiuma del dentifricio.
-
Ordini di
Athena. Oggi devo allenarmi con i Bronze Saints. –
-
Cosa sono i
Bronze Saints? – domandai ancora, entrando nella stanza e
rubando la maglietta
che stava per mettersi.
-
Sono miei
subordinati. Giovanissimi, quasi dei bambini con l’Armatura.
Li credevo dei
morbidi, invece alcuni hanno dimostrato di avere le palle. Eddai,
ridammi la
maglietta! –
-
Hey,sembra
una storia interessante! – sorrisi, incuriosita.
-
Se vuoi
stasera a cena te la racconterò. La maglia, Lily! –
Appoggiai
le
dita sui suoi pettorali scolpiti, e fu un piacere bearmi anche solo per
un
secondo della sua pelle calda e compatta. Lui rabbrividì, ed
io ghignai: sapevo
di avere le mani gelide per via dell’acqua fredda con cui le
avevo lavate, e
stuzzicarlo con certi dispettucci mi divertiva da morire.
-
Guarda che
mi fai fare tardi! –
-
Uff, e va
bene! – sghignazzai, restituendo il maltolto – Ma
torna presto, mi raccomando.
–
Sorrise
e mi
strinse a sé, per darmi un bacio lieve.
-
Piuttosto,
dovresti allenarti un po’ anche tu. Da quanto tempo non vai
da Shaka per
migliorare nel controllo del Cosmo? –
-
Mh. –
-
Lily? –
Sbuffai,
soffiando via una ciocca di capelli che mi ricadeva sulla fronte.
-
Oggi ci
vado, te lo prometto. –
-
Brava. – mi
sorrise Milo. Si sporse verso di me per darmi l’ennesimo
bacio, poi uscì.
-
A stasera. –
gridò, ormai fuori dalla porta.
-
A stasera. –
All’improvviso,
rabbrividii.
Dalla
finestra
era entrato un vento gelido che mi fece venire la pelle
d’oca. Agitava le
fronde degli alberi e sferzava la terra, producendo il rumore di una
grande
muta di cani che si lancia all’attacco. Un altro brivido.
Chiusi
la
finestra.
-
Ciao, Shaka.
–
-
Buongiorno,
Lily. Cosa ti porta alla Casa della Vergine? –
Non
avrei mai
colto Shaka di sorpresa, o impreparato, o fuori posto. Erano appena le
otto del
mattino, eppure lui era lì, bello, pettinato, perfetto,
luminoso e splendente
nella sua Armatura dorata.
E
aveva anche
l’aria di chi ha già cominciato la giornata da un
po’ e si appresta a compiere
i propri doveri con energia.
-
Pensavo
fosse il caso di esercitarmi un po’ con il Cosmo…-
-
E’ molto che
non ti alleni.-
Una
semplice
constatazione. Stavolta non c’era la solita ironia pungente
nelle sue lapidarie
risposte. Il Cavaliere doveva essere inspiegabilmente di buonumore.
Decisi
di
farmi i fatti miei, e senza fare domande lasciai che Shaka mi guidasse
nel
Giardino all’interno della sua Casa. Mi sedetti ai piedi
dell’enorme albero
fiorito, chiusi gli occhi e cominciai a meditare, senza più
curarmi di Virgo e
della sua immotivata contentezza.
L’oscurità
delle mie palpebre calate fu a poco a poco bucata da una miriade di
punti
luminosi: i Cosmi degli abitanti del Santuario.
Potevo
scorgere una macchia lilla in corrispondenza di Mur e della Casa
dell’Ariete, e
riuscivo a riconoscere Aldebaran in uno spruzzo di energia giallo
limone; il
Cosmo della Dea Athena splendeva come una piccola stella, e quello
azzurro di
Milo scintillava per lo sforzo, circondato da una moltitudine di Cosmi
colorati
che non avevo mai visto ( che fossero i tanto famosi Bronze Saints? ).
Del Cosmo di Camus
non c’era traccia,forse era
partito per una missione. Mi parve strano.
Il
Cosmo di
Aiolia invece riluceva quieto nella Quinta Casa, mentre ero sicura di
aver
sentito dire dagli inservienti che era via per conto di Athena. E se la
gioia
silenziosa di Shaka dipendesse proprio dalla sua presenza? Del
resto…
Quando
hai finito di fare la
panoramica delle love story del Santuario fammi un
fischio…Pecora idiota.
Ma
come siamo gentili. Sai, invece, cosa ho
scoperto?
Che
tra quei due c’è più di
un’amicizia non è mai stato un segreto per
nessuno, Genio del Male.
Ma,
ma…
Oh,
Zeus! Cos’è quella
faccia? Lo sanno tutti qui, nono rimanerci male!
Oggi
sei proprio odioso, Hermes.
Odioso,
dici? Beh, se la
prendi così quando ti dico che tra Virgo e Leo
c’è del tenero, non oso pensare
a come reagirai quando ti dirò che Babbo Natale non esiste.
Uff…ma
che vuoi?
Dobbiamo
parlare.
Un
colloquio con me costa 100 euro al minuto.
…
Eddai,
era una battuta!
…
Beh?
Se
non fossi fatto di
spirito, in questo momento tenterei di ammazzarmi.
Ok,
sono seria.
Bene,
allo-
Oh,
solo una cosa,solo una cosa! Hai visto come
sono stata brava a concentrarmi? Ci siamo parlati quasi subito! E non
mi sento
affatto stanca, anche se siamo in contatto da un po’!
Miglioro di giorno in giorno,eh?
Sei
petulante nei giorni in
cui io non ne ho nessuna voglia, Pecora. Come posso spiegartelo senza
ferirti?
Vediamo…io sono in te, tu sei in me; con la giusta dose di
volontà e
concentrazione (cosa che ti manca in gran quantità, assieme
ad un considerevole
numero di neuroni ) siamo in grado di agire in perfetta sincronia.
Certi tipi
di allenamento aiutano, altri sono solo specchietti per le allodole.
D’accordo,
ma…
E
non rompere! Non dobbiamo
parlare di questo, adesso!
Uff…
Allora,
Pecora, facciamo seriamente
il punto della situazione: come siamo messi, io
e te?
Non
lo so, come siamo messi?
Siamo
messi maluccio : io
sono sveglio e innegabilmente adulto, e ciò significa che
non abbiamo più
scuse, dobbiamo svolgere i compiti che ci verranno assegnati senza fare
troppe
storie. In secondo luogo, Iris, la Dea
Messaggera, si è dimostrata a noi
ostile. Per adesso si è
ritirata, ma è un nemico valido e molto vendicativo:
dobbiamo tenere gli occhi
aperti.
D’accordo.
E poi?
Poi
c’è il problema
dell’umano che ti perseguita. Dovrebbe chiamarsi…
Brain.
Sì,
lui. Si è ritirato nel
suo covo ormai da un po’, ha avuto tutto il tempo di
organizzare una
contromossa. E ho motivo di credere che non tarderà ad
agire.
E
poi c’è Albert.
Giusto,
tuo fratello. Ho
arginato in te il dolore per la sua morte, riposa in un angolo remoto
della tua
anima. Ma prima o poi dovrò liberarlo, e allora tu dovrai
essere diventata
forte, con uno spirito indistruttibile.
Mi
chiedo se tutto questo sia giusto.
Non
so risponderti. Non
conosco altre vie.
Beh…fine
del quadro catastrofico?
Pecora…forse
la situazione
non ti è chiara, ma se le cose stanno così
mettiamo in pericolo la vita di
Athena.
Che
c’entra adesso la vita di Athena?
Ragiona.
Non possiamo
rischiare di provocare i nostri nemici fino ad esasperarli, o finiremo
per
soccombere. Ora siamo in un momento di pace temporanea, ma non
durerà a lungo.
Se Iris riesce ad ottenere l’appoggio di Hera, siamo fregati.
E lo stesso vale
per il tuo nemico umano: non possiamo permettere che si impossessi di
nuove
tecnologie, o saremo perduti.
Non
ti seguo del tutto. La cosa di Brain mi è
chiara, ma perché hai tirato fuori Hera?
Iris
è la Messaggera prescelta da
Hera, è la sua diletta, come io lo sono di Zeus. Ora come
ora, la mia cara
collega non si azzarderebbe ad attaccarci, siamo sotto la protezione di
Athena,
che è molto più forte di lei.
Ma
se Hera si schierasse dalla sua parte le cose
cambierebbero…
Vedo
che cominci a capire.
E
tu pensi che Hera sarebbe disposta ad attaccare
Athena, se solo Iris glielo chiedesse?
Non
me la sento di
escluderlo. Iris è un nemico valido e vendicativo: il suo
rancore non si
spegnerà, questo è certo.
E
se non facciamo attenzione rischiamo…
Rischiamo
una nuova Guerra
Sacra.
Oh…che
intendi fare?
Con
Iris e Hera? Niente, per
adesso. Per prima cosa voglio sistemare quel dannato umano.
Brain?
Ma lui è cosa da poco!
Eppure
ci ha messo in
difficoltà già una volta, non dimenticarlo. Anche
il tuo amico, il Cavaliere di
Scorpio, a causa sua ha passato un brutto quarto d’ora.
È
vero, ma secondo me non ne vale lo stesso la
pena.
Avanti,
Pecora! Se non lo
facciamo ora che siamo nel pieno delle forze, quando dobbiamo farlo?
Sarà,
ma tu non me la racconti giusta.
Non
capisco cosa tu voglia
dire.
Andiamo,
Hermes! Qual è il vero motivo di questa
decisione?
Te
l’ho appena spiegato.
Voglio
la verità.
È
questa.
Bugiardo.
Onorato.
Hermes!
Tu sei in me, io sono in te. L’hai detto
tu, proprio poco fa! Non devi nascondermi nulla!
Umpf.
Mi …ato.
Cosa?
…ato.
Se
bisbigli non sento.
Mi
ha ingiuriato! Ha offeso
la mia persona, ha oltraggiato la mia autorità, ha sminuito
la mia importanza,
ha ferito il mio orgoglio! Ti basta?
Così
va bene. Ceto che sei permaloso!
Pf.
Questa volta faccio finta
di non aver sentito, mortale dalla lingua biforcuta.
Tse.
Ci
serve un piano d’attacco,
Pecora: adesso usciamo di qui, smontiamo baracca e burattini e poi
torniamo
alla tua vecchia casa, la Clara Domus…
sono sicuro che quel verme si trovi là. Poi lo secchiamo e
ci ritiriamo nella
mia dimora sul Pireo, quella gestita da mio figlio. Meglio restare ad
Atene,
sembra che questa città sia diventato il punto di ritrovo di
tutte le divinità
reincarnate…
Hey,
frena un secondo! Vuoi dire che non torneremo
al Santuario?
No,
direi di no.
E
perché mai?
Per
svincolarci da Athena. Se
non ci protegge, non rischia di essere coinvolta.
Athena
ha dei valenti paladini che servono proprio
a questo.
Pensavo
che non volessi
assolutamente mettere in pericolo la vita dei tuoi amici e del tuo
amato.
Ma
nemmeno voglio perdere la loro amicizia e il suo
amore.
Se
dovessero infrangersi alla
prima difficoltà, credimi, sarebbero dei legami da poco.
Non
me la sento Hermes, non sono pronta.
Ti
conosco, Pecora. Non sarai
mai pronta.
Non
voglio lasciarlo.
Ora
non conta.
Lo
amo.
Al
punto di vederlo
soccombere per le tue debolezze, il tuo egoismo, la tua
stupidità?
Lotterei
con lui.
Lily,
questo non importa! Non
possiamo rischiare che una guerra devasti il mondo per i tuoi capricci.
Lo
so, però…
È
un compito che ci è stato
assegnato, un destino che non abbiamo scelto. Lo so che è
ingiusto, ma va
affrontato. Non possiamo continuare a sopravvivere e basta.
…
E
adesso perché piangi? Guada
che lo sento…
…
Ascoltami,
Lily. Se ora non
compi questo passo, potresti non avere più un futuro. Sarai
arrivata fin qui,
ti sarai ferita e affannata per niente. Ti chiedo di lasciare andare la
sua
mano, per adesso. Più avanti la riallaccerai alla tua,
quando il mondo che hai
costruito con i tuoi sforzi sarà un posto un pochino
più giusto.
Sniff.
Stringi
i denti.
Milo
questa non me la perdonerà.
Certo
che lo farà.
No,
sniff…né io potrò mai perdonare me
stessa. Mi
odierò, e diventerò acida e cattiva, e mi
richiuderò dentro di me, e mi verrà
la gobba sulla schiena, e mi resterà addosso per sempre. Mi
trasformerò in una
chiocciola e invecchierò di cento anni in un giorno solo.
Non
credere che lasci che il
corpo che mi ospita vada in rovina. Ci tengo alle apparenze, io!
Pf.
Però sono sola al mondo, stavolta
definitivamente.
Pecora!
Non offendermi, per
Zeus! Non sei mai stata sola, né lo sarai mai:
sarò sempre con te, che tu lo
voglia o no!
Suona
come una minaccia.
Molto
peggio, è una promessa.
…Grazie,
Hermes. Ti voglio be…
Prova
a dirmi una smanceria
del genere e in meno di due minuti ti spedisco a sciogliere le lande
ghiacciate
dell’Ade con un cerino.
Glom!
Mi
trovavo
alla Tredicesima Casa, davanti al portone di legno intarsiato che
conduceva
alla sala dove poco tempo prima si era tenuto l’ultimo
synagein. Se chiudevo
gli occhi potevo vedere il Cosmo di Athena fluttuare quietamente sul
trono di
marmo. Segno che forse la coscienza della Dea era a riposo e Saori Kido
aveva
il pieno controllo di sé stessa.
Bussai,
e fui
invitata ad entrare. Un po’ esitante varcai il portone che si
era spalancato
magicamente davanti a me.
Mi
avvicinai
alla ragazzina dai capelli viola percorrendo un lungo tappeto rosso, e
la
salutai chinando il capo quando raggiunsi la distanza giusta.
-
Ciao, Lily.
–
-
Ciao,
piccola Saori. –
Se
Lady Kido
fu in qualche modo infastidita dal mio eccesso di confidenza, non lo
diede a
vedere.
-
Cosa ti
porta qui? Il Cavaliere di Virgo mi ha confidato di averti visto molto
turbata.
–
In
effetti,
Shaka aveva sentito il mio Cosmo agitarsi ed intorbidirsi durante la
meditazione, e quando mi aveva visto andarmene con gli occhi gonfi di
pianto
era rimasto palesemente inquieto. Però non pensavo avesse
già informato la Dea del mio stato.
-
Infatti. C’è
una cosa di cui devo parlarti, o Pallade.
Lo
sguardo di
Saori si fece più serio, non sembrava più tanto
una ragazzina. Era diversa rispetto
ai primi tempi in cui l’avevo conosciuta, sembrava
più matura, più consapevole
del suo ruolo, e forse, in qualche modo, più triste. Mi
ricordai del giorno in
cui mi aveva rivelato le sue paure: nella sua confidenza appena
accennata avevo
potuto scorgere tutta la fragilità di quella creatura divina
e sola.
Chissà
se
avrebbe capito che la mia non era una fuga, né un abbandono.
Chissà
se
avrei avuto la forza di dirle che le volevo bene, e che un giorno sarei
tornata.
Chissà
se in
realtà sarei tornata davvero.
Chissà…
-
Di che si
tratta? –
Inspirai
a
fondo, prima di dire addio alla Dea dagli occhi azzurri.
Del
resto era
un pessimo giorno per andarsene, io me lo sentivo.
Anche
se era
quasi sera l’aria brillava ancora di azzurro, il profumo del
mare era intenso e
penetrante, e gli uccelli si ostinavano a cantare, a celebrare quel
sole che,
ignaro delle leggi della natura, non voleva saperne di spegnersi.
Era
come se
tutto il Creato si fosse messo d’accordo, come se
l’ Universo intero tramasse
per non far sopraggiungere la sera e ostacolare la mia partenza.
E
poi c’era
quella musica.
Avevo
sentito
le prime note di quella melodia rimbalzare tra le colonne di marmo
della sala
del synagein.
Chi
la
cantava?
Forse
qualcuno
si stava esercitando, ma chi?
Forse
venivano
dal cuore di Athena, dal punto esatto in cui io l’avevo
spaccato.
Forse
era una
musica immaginaria, e la sentivo soltanto io.
La
Dea
se ne stava davanti a me, immobile nella sua
bellezza diafana, apparentemente insensibile a quelle note dolorose.
E
se il
profilo nobile della divinità si manifestava imponente,
incrollabile e
maestoso, la ragazza che lo ospitava piangeva.
Piangeva,
ma
lo faceva con dignità, quasi con discrezione. Fui grata a
Saori per questo, e
non nego che qualche lacrima sfuggì anche a me.
-
Chiamami
tutte le volte che avrai bisogno. Athena è con te.
–
-
Grazie di
tutto, amica mia. – mormorai prima di andare.
E
mentre mi
dirigevo verso la porta, dando le spalle alla Dea che piangeva per me,
riconobbi finalmente le parole di quella canzone.
Erano
versi di
Saffo:
“
…molte cose
mi disse, e anche questo:
Ahimè,
così terribilmente soffriamo
E
ti lascio senza volerlo per nulla.”
Se
separarmi
da Athena era stato inaspettatamente difficile, dire addio a Milo
sarebbe stato
pressoché impossibile. Per non parlare degli altri Saints.
Con
che
coraggio sarei partita? Con che faccia? Cosa gli avrei detto, come
potevo?
La
mia
razionalità cominciava a venir meno, e l’unico
chiodo fisso che avevo era
quello di non risultare patetica agli occhi della persona che amavo.
Sembra
stupido, ma in quel momento il mio problema più grosso era
sparire nel modo più
dignitoso che mi venisse in mente, cercando di cancellare ogni traccia
del mio
passaggio. Non volevo che mi ricordassero come un persona debole, o,
peggio,
una traditrice.
Per
questo
corsi a perdifiato lungo il sentiero che fiancheggiava i Templi Sacri,
per
poter giungere all’Ottava Casa a raccattare i miei pochi
averi, senza essere
costretta a mentire a tutto il Santuario.
Ero
così
immersa nei miei pensieri che non mi accorsi di una presenza che mi
veniva
incontro, e gli rovinai addosso rotolando a faccia in giù
sul selciato.
Quando
rialzai
la testa, non mi stupii di incontrare gli occhi di Camus: avevo
già intuito la
sua identità spiando il Cosmo color avorio che lo avvolgeva.
Probabilmente era
tornato dalla sua missione e stava recandosi da Athena a fare rapporto.
Il
Cavaliere
di Aquarius mi guardò con un’aria contrariata e
insieme interrogativa. Sentii
le lacrime pungermi gli occhi: non ero in grado di rispondere alle
domande, e
forse neanche alle accuse, che mi rivolgeva con quello sguardo
silenzioso.
Mi
rialzai di
scatto, afferrai una delle sue mani e gliela baciai.
Cercai
di
sostenere il suo sguardo più a lungo che potevo, ma un
istante fu già troppo.
Chinai la testa di colpo, mormorai un “mi dispiace”
strozzato e corsi via.
Non
mi fermò.
Non una parola, non un gesto.
“Grazie”
pensai.
Arrivai
finalmente all’Ottava Casa. Avevo il fiatone, le gote
arrossate e pareva che
tutte le energie del mio corpo fossero impiegate nel titanico sforzo di
non
piangere.
Cominciai
a
frugare un po’ alla cieca nella camera da letto di Milo,
ammassando le mie cose
sul letto quando le riconoscevo. In fondo all’armadio trovai
una valigia, e
decisi di usarla per portare via i miei beni.
Mancavano
pochi oggetti, ancora pochi, fottutissimi dettagli e me ne sarei
andata. Pochi
dettagli, poche cianfrusaglie, era davvero necessario affannarsi
così tanto per
portarle via?
Sì,
non volevo
che a Milo restasse di me una traccia equivoca. Non volevo che un
giorno
provasse odio o rancore nel guardare un oggetto che mi era appartenuto.
Il
mio era un
bisogno infantile, è vero, eppure mi sembrava indispensabile.
Poche
cose e
avrei finito, ancora poche cose…
“Testa,
cuore,
per favore, non cedete. Non abbandonatemi adesso!”
E
in quel
momento, in quel dannato momento ( mancavano davvero poche cose ) un
piccolo
puntino, azzurro e luminoso, bucò la nebbia dei miei
pensieri disordinati.
Milo.
Mi
bloccai di
colpo e pregai con tutto il cuore di diventare invisibile.
-
Ciao, Lily! Sono tornato. –
Non
si era
ancora accorto del mio stato d’animo, forse potevo fingere
fino all’ultimo che
andava tutto bene, potevo mentire, sì…
No,
non potevo
farlo. Non potevo fare anche questo,
non a Milo.
Sospirai,
e le
difese che avevano arginato le mie emozioni si ruppero come se fossero
fatte di
carta. Scoppiai a piangere in maniera disperata, prendendo di tanto in
tanto
ampi respiri perché mi veniva a mancar l’aria.
-
Lily, che ti
succede? È per qualcosa che ho fatto? Shaka mi ha detto che
eri inquieta, ma
non pensavo di trovarti così… -
Mi
abbracciò,
ed io mi aggrappai a lui con disperazione, come un naufrago che trova
un
appiglio.
-
M-Milo, io…
- singhiozzai, da persona banale quale ero. Lui mi accarezzò
dolcemente la
testa, e per tutta risposta io aumentai la stretta, arrivando perfino a
graffiarlo.
-
Io…io –
Cosa
avrei
voluto dire? Che lo amavo, certo.
“Io
ti amo”,
le tre parole più semplici del mondo.
Tempo
addietro
ne avevo abusato tante volte, senza rimorsi e senza vergogna, e ora che
succedeva? La prima volta che amavo davvero, non usciva niente.
Ero
tutta
sbagliata. Lo sono sempre stata, dal momento in cui sono nata. Uno
scherzo
della natura, un dispetto di qualche Dio. Io, Lily, non ero altro che
una burla,
un errore, una svista.
Solo
così
riuscivo a spiegarmi perché ero nata storta, completamente
inesatta rispetto al
mondo. C’è stato un equivoco, lassù in
cielo, ed è da lì che sono nata.
Sono
fatta
talmente male che quando Milo si staccò da me con una
carezza e andò a
prendermi un bicchiere d’acqua, non dissi altro che
“va bene”.
Mi
trovavo
ridicola.
Ma
se non
altro, in quel breve lasso di tempo riuscii a ricompormi, a ritrovare
lucidità
e focalizzare il punto della mia missione.
Richiamai
tutte le forze che mi erano rimaste ed invocai Hermes.
Quando
Milo
tornò e mi vide con indosso la Divina
Armatura fece cadere il bicchiere per la
sorpresa. Però non
disse nulla, lì per lì. Era stato preso da una
rigidità anomala, come se fosse
stato colpito da un’improvvisa paralisi.
Io,
dal canto
mio, non sapevo più che cosa fare per tenermi unita, per non
cadere a terra e
sfracellarmi in mille pezzi.
E
di colpo,
quasi per scherno, mi tornarono in mente i versi di Saffo che avevo
udito poco
fa, e a questi se ne aggiunsero altri:
“
Vai e stai
bene, e di me
Ricordati,
perché sai
Come
ti ho
amato”
Anche
se
dentro sentii scuotermi con la forza di un terremoto, non lo diedi a
vedere. Mi
tenni stretta la mia maschera fino all’ultimo,
chissà poi perché. Chissà
perché
nella vita uno preferisce mentire, certe volte.
Così,
quella
volta lì, mentii.
Avrei
voluto
dirgli che l’amavo.
Invece
dissi
solo:
-
Io vado.-
Eccomi
qua. Ritardo pauroso, lo so. Chiedo
infinitamente, e ancora una volta, scusa.
Ora
come ora non penso di riuscire ad avere il
tempo di ringraziarvi uno per uno. Vi manderò una mail uno a
uno il prima
possibile. Alla fine del prossimo capitolo, invece,
preciserò a quali frammenti
di Saffo i versi facciano riferimento.
Grazie
del tempo che buttate per me, grazie della
pazienza, grazie della fiducia. Soprattutto tu, rib! J
Spero
che il capitolo vi piaccia!
Un
bacio
stan
|
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Capitolo 15 *** finalmente un po' d'aria ***
Anche
questa va a
ribrib20. Per la
sua infinita pazienza
nel riportarmi, ogni benedetta volta, nel mondo reale. Grazie.
‡
Beautiful Novel ‡
Finalmente
un po’ d’aria.
-
NO! HERMES, BASTA COSì! –
Lily,
ma che diavolo ti prende?! Lily? LILY!
-
Non muoverò un altro passo da qui, sia chiaro! Io non mi
muovo!
–
Urlavo
a squarciagola contro il vuoto, disperatamente, anche se mi
faceva male la gola e sentivo in bocca il sapore del sangue.
Ci
trovavamo in un quartiere di Atene che non conoscevo, ma che
non doveva essere molto distante dal centro. Per fortuna era notte
fonda e in
strada non c’era nessuno, altrimenti avrei passato dei guai.
Alzai
la testa al cielo, cercando un briciolo di conforto in
quelle stelle che Milo ammirava ogni sera prima di addormentarsi, ma
non ve ne
trovai traccia. Sopra di me c’era solo una fitta coltre di
tenebre, un’oscurità
così densa che se mi ci fossi immersa ne sarei stata
inghiottita. A quanto
pareva, quella sera anche il cielo mi aveva voltato le spalle.
Che
vuol dire che non ti muovi? Non puoi stare in mezzo alla
strada con indosso l’Armatura!
Ancora
la voce di Hermes a torturare i miei poveri nervi, già
sufficientemente logorati da tutte le prove di quella notte. Anche il
dio
doveva essere piuttosto frustrato, o quantomeno esausto,
perché non aveva mai
avuto un tono così stridente.
Singhiozzai
senza lacrime prima di urlargli addosso.
-
Mio Dio Hermes, che hai fatto? Che ho fatto? – caddi a terra
sbattendo le ginocchia con violenza, ma non mi curai del dolore. Con un
gesto
fiacco mi sfilai l’elmo e mi passai una mano tra i capelli, e
solo allora le
lacrime cominciarono a scendere copiose.
Allora
mi investirono i ricordi di quella notte, e un’ennesima
piaga, profonda e pulsante, si aprì sul mio cuore
già lacerato.
Pochi
attimi prima ci trovavamo alla Clara Domus, la mia vecchia
casa.
Hermes
aveva preso pieno possesso del mio corpo, perché sosteneva
che dopo l’addio a Milo io fossi troppo sconvolta per
mantenere il controllo
della situazione.
Mio
malgrado mi ero trovata d’accordo con lui, così
avevo obbedito
senza protestare.
Sotto
forma di coscienza mi ero ripiegata su me stessa e avevo
trovato un anfratto della mia anima in cui riposare. Da lì
potevo vedere tutto
senza agire, ero come spettatrice della mia stessa vita.
Hermes
si muoveva veloce, con grazia, usava il mio corpo alla
perfezione, mortale veicolo dei suoi gesti sublimi.
Arrivammo
alla Clara Domus in un attimo, e senza esitare
penetrammo nel suo antico cuore di marmo. Trovammo Brain quasi subito,
non ci
fu nemmeno bisogno di cercarlo. Non so se lui si aspettasse una nostra
visita o
se si trattò di un incontro casuale, ma il fatto che
indossasse una vestaglia
da notte mi fece pensare che uno scontro ravvicinato con Hermes non
fosse
esattamente nei suoi piani.
Inutile
dire che i suoi scagnozzi arrivarono subito dopo, avvolti
nelle loro Armature tintinnanti e fasulle, che sfavillavano di una luce
illegittima.
Anche
loro sembravano sorpresi di vedermi.
Hermes
agì subito, senza dar loro il tempo di riaversi dalla
sorpresa.
Pronunciò un discorsetto ironico e pomposo, uno di quelli
che era solito fare,
e che le forti emozioni di quella sera mi avevano fatto scordare; poi
cominciò
a bruciare il suo Cosmo immenso.
Quei
poveri diavoli provarono a sferrare qualche attacco, ma ogni
resistenza si dimostrò vana, e dovettero presto piegarsi
alla forza impetuosa
sprigionata dal dio.
La
concentrazione di Hermes era all’apice, così come
la sua furia,
potevo percepirlo benissimo. Aprì il palmo della mano destra
e contrasse
leggermente le dita: si materializzò una sfera densa di
luce, che proiettava
riflessi ramati lungo le pareti. Di qualunque diavoleria si trattasse,
sembrava
non costare troppo sforzo al dio, che in cuor suo si rallegrava, ed io
potevo
sentirlo, di poter ottenere la sua vendetta senza nemmeno sforzarsi di
sfoderare il caduceo.
Notai
che il viso di Brain aveva perso colore, e gli occhi dei
suoi scagnozzi erano sgranati per la paura. Anche Hermes se ne accorse
e
ghignò, per poi scagliare contro di loro quel concentrato di
pura energia. Ci
fu un grido quasi disumano, poi i tre uomini scomparvero senza lasciare
traccia.
Non
realizzai subito cosa fosse accaduto. Mi sentivo frastornata,
come se mi trovassi dentro ad un sogno, o chiusa dentro ad una campana
di
vetro, ermetica al mondo.
Poi
la realtà mi colpì, improvvisa come lo scoppio di
un petardo.
Avevo
ucciso.
Sentii
un brivido scivolarmi lungo le membra,e nelle mie orecchie
si diffuse il suono sgradevole che emette il ghiaccio quando viene
perforato.
Ebbi come la sensazione che in me qualcosa si rompesse. Una crepa
nell’anima,
ecco cos’era. Una crepa che andava a poco a poco
allargandosi, trasformandosi
in un baratro.
All’improvviso
mi tornarono le forze, mi sentivo vuota e
invincibile allo stesso tempo, come una brocca che non teme di essere
rotta.
Gonfiai
la coscienza fino a che la mia anima, espandendosi, non
riuscì ad occupare lo spazio originario. Hermes
tentò di imporsi ma non ci fu
verso, ero più forte perfino di lui. Lo relegai ad un
brandello di subconscio,
poi bruciai il Cosmo, azionai le ali dei calzari e volai via da quel
posto
maledetto.
Non
pensavo di essere in grado di fare cose del genere; in
effetti, tutte le azioni che compii quella sera andavano al di
là di ogni mia
immaginazione.
Ma
quando stavo sorvolando un viottolo poco lontano dal centro la
misteriosa energia che mi aveva mosso venne meno, e
all’improvviso precipitai.
Fu
Hermes ad impedire la caduta, prendendo ancora una volta il
controllo. Ostinata, però, io mi imposi di nuovo,
rivendicando la legittima
proprietà del mio corpo e delle mie azioni.
Non
sarebbe accaduto mai più.
Nessuno
mi avrebbe più usata per fare del male.
Avevo
lasciato che gli altri manovrassero la mia volontà, che
decidessero per me, e alla fine ero diventata così passiva
da lasciare che un
omicidio si consumasse davanti a me senza che avessi il coraggio di
fare nulla.
Come
avevo fatto a cadere così in basso senza rendermene conto?
-
NO! HERMES, BASTA COSì! –urlai.
Lily,
ma che diavolo ti prende? Lily? LILY!
-
Non muoverò un altro passo da qui, sia chiaro! Io non mi
muovo!
– singhiozzai.
Che
vuol dire che non ti muovi? Non puoi stare in mezzo alla
strada con indosso l’Armatura!
-
Mio Dio, Hermes, che hai fatto? Che ho fatto? –
Caddi
in ginocchio, senza neanche trovare la forza di curarmi dei
singhiozzi che stavano trasformandosi in asma.
L’elmo
non mi lasciava respirare. Me lo sfilai dalla testa, e con
le lacrime che scorrevano senza freni lo scagliai lontano, sul selciato
pietroso. Osservai il cimiero scarlatto ondeggiare nella polvere per
poi
fermarsi, come un serpente esotico che riposa.
Il
colore di quelle piume ornamentali mi ricordò quello del
sangue, e dovetti reprimere un conato per non rimettere.
Vidi
le ali dei calzari agitarsi, segno che ancora una volta il
dio cercava di prendere il sopravvento.
Bestemmiai
mentalmente tutte le divinità che conoscevo, e di
nuovo, con uno sforzo sovrumano, sovrastai la coscienza di Hermes.
Nemmeno
ora riesco a spiegarmi come quella sera sia riuscita a tenerlo
sottomesso per tanto tempo. Ma ormai evito di chiedermelo: quella notte
le
stelle, al riparo sotto la loro coltre di nuvole, assistettero a scene
impensabili ed uniche, quasi si trattasse di pura magia.
In
quel momento, però, non riuscivo a pensare lucidamente. Il
mio
turbamento non faceva altro che crescere, assieme alla moltitudine di
domande
che mi affollava la testa. Come faceva Hermes a non comprendere
l’entità della
mia angoscia? Come poteva pensare che io fossi d’accordo con
lui, che
acconsentissi ad uccidere un uomo, per quanto meschino?
Io
pensavo che volesse limitarsi a rendere Brain innocuo, magari
cancellandogli la memoria o esiliandolo in qualche universo parallelo.
Mi
aspettavo che gli infliggesse una di quelle punizioni tipiche degli
eroi buoni,
di quelli che sconfiggono i nemici ma non li annientano.
Invece
l’aveva ucciso. Con le mie mani, poi.
Più
ci pensavo e più saliva l’indignazione, che si
trasformava
prima in rabbia e poi in frustrazione, quando realizzavo che ero troppo
piccola
e troppo debole per gestire ciò che mi stava accadendo.
Lily,
dammi retta…
-
Vaffanculo, Hermes. –
In
un attimo mi ritrovai con la faccia a terra, tutte le membra
schiacciate da una forza invisibile e un braccio piegato
all’indietro, in
maniera innaturale. Gemetti per il dolore.
Ascoltami
bene, mortale. Solo per il fatto che mi sono affezionato
alla tua stupidità, non puoi permetterti tutto. Sono
comunque un dio, portami
rispetto! A denti stretti ho sopportato che tu, per capriccio,
scagliassi via
le mie Sacre Vestigia. Ma adesso è troppo! Non osare
ingiuriarmi, Pecora! Non
osare.
Non
risposi nulla, mi limitai a tirare su con il naso. Avvertii
che la tensione che mi avvolgeva gli arti andava sciogliendosi, e anche
l’asma
andava a poco a poco svanendo.
Ora
ci teletrasportiamo dove dico io, e non azzardarti a
protestare.
Tacqui
ancora. Fu il buio attorno a me, e un istante dopo si aprì
una luce lontana. Poi di nuovo il buio.
Sognai
Milo quella notte, ma non fu un sonno lieto. Mi rovesciava
addosso il suo colpo segreto, lo Scarlet Needle, come se fossi il suo
peggior
nemico. Io non avevo ancora visto quell’attacco di persona,
ma lo sognai come
un fiotto di scintille che mi avviluppava ustionandomi.
Lentamente,
il rosso cominciò ad avvolgermi. Mi vorticava intorno
feroce, e a poco a poco il volto di Milo scomparve, inghiottito da quel
gorgo
sanguigno.
Riaprii
di colpo gli occhi, e subito fui costretta a richiuderli,
perché mi colpì un intenso mal di testa, poco
diverso da quelli che seguono
un’ubriacatura. Ironia della sorte, mi ritrovai distesa in un
letto con le
lenzuola color porpora; anche le pareti della stanza in cui mi trovavo
erano
tinteggiate di una tonalità molto scura di rosso, e come se
non bastasse dalla
finestra potevo scorgere il mare, così ingiustamente
azzurro, umido come lo sguardo
di Milo quando mi aveva vista scappare in quel modo così
vigliacco.
Andatevene
tutti al diavolo, pensai.
Come
facevo a dimenticare il Cavaliere di Scorpio, se lo vedevo in
ogni cosa? Sembrava quasi che ogni dettaglio della mia ridicola,
sciocca vita
traboccasse di lui.
Serrai
gli occhi con forza e sentii una lacrima vibrare tra le
ciglia chiuse. Sarei certamente scoppiata a piangere se una voce
sconosciuta
non avesse interrotto quel patetico attimo di autocompatimento.
-
Vedo che ti sei svegliata. Ti senti bene? –
Mi
drizzai a sedere e subito, per via delle lacrime, non potei
scorgere con esattezza i lineamenti di chi aveva parlato. Intuii
però una
figura esile e slanciata, con una macchia molto chiara in
corrispondenza dei
capelli.
Se
ne stava ritta in mezzo alla stanza, combattuta tra la
curiosità di avvicinarsi al letto e il timore di farmi una
scortesia.
Alla fine decise di mettere
da parte l’imbarazzo, e camminando in maniera piuttosto
impacciata arrivò fino
al mio letto e si sedette sulla sponda. Aveva un modo bizzarro di stare
seduto:
la schiena leggermente sbilanciata all’indietro, le braccia
tese a sostenere il
peso del corpo e le gambe lunghe distese davanti a sé.
Era
così alto che si comportava come se non sapesse dove
mettersi
per non dare fastidio, e le fattezze del suo corpo lo mettevano
chiaramente a
disagio. Provai per quello sconosciuto un moto improvviso di
comprensione e
simpatia.
Quando
mi chiese ancora una volta se stavo bene, mi pulii gli
occhi con il dorso della mano per scrutarlo meglio in viso.
I
capelli luminosi e lisci incorniciavano un ovale diafano, in cui
erano incastonati due occhi plumbei, di madreperla. Il cromatismo di
quel viso
era straordinario, delicato e indelebile allo stesso tempo.
Il
naso era elegante e ben proporzionato, le labbra piccole ma
piene. Aveva dei lineamenti soavi, quasi femminili dopotutto, ma la
voce con
cui mi aveva parlato, per quanto argentina, era senza dubbio quella di
un uomo.
Arrivai
a dubitare seriamente della sua sessualità quando scorsi
una traccia di rimmel sulle ciglia, già nere e folte per
loro natura. Non che
avessi dei pregiudizi, per carità, ma
quell’individuo era una contraddizione
continua. Dire che fosse stravagante era niente.
-
Chi sei? – chiesi allora, completamente dimentica
dell’educazione
e delle domande che mi aveva rivolto poco fa.
Quel
tipo destava la mia curiosità molto più del posto
in cui mi
trovavo, per quanto anch’esso fosse piuttosto stravagante.
La
creatura davanti a me parve colpita, sgranò per un attimo
gli
occhioni perlacei e infine sorrise, dando mostra di una perfetta fila
di denti
piccoli e lucidi.
-
Il mio nome è Richard, ora ti trovi a casa mia.
E…beh, in teoria
sono tuo figlio.- rispose candidamente.
-
E in teoria ti sbagli, perché non è possibile.-
risi io, completamente
convinta che si trattasse di uno sciroccato.
-
In effetti non sono proprio figlio tuo. Hermes è mio padre,
tutto qui. –
A
sentire il nome di Hermes mi rabbuiai.
Richard
dovette accorgersene, e si affrettò a dire:
-
Oh, non preoccuparti. Il divino Hermes sta riposando ora, era
molto stanco. Il suo Cosmo è appena stato risvegliato e si
è già trovato
costretto ad abusarne. –
Annuii
meccanicamente, appena rinfrancata dal pensiero che per un
po’ il dio non avrebbe interferito con i miei pensieri. Dopo
quello che era
successo lo sentivo come un traditore, un corpo estraneo che desideravo
espellere il prima possibile.
-
E così, tu saresti Lily. –
Annuii
ancora. Non avevo alcuna voglia di intavolare una
conversazione con quell’insolita creatura, ma le circostanza
non mi
permettevano di essere scortese. E a dirla tutta, avevo bisogno di
distrarmi
dal pensiero di Milo e degli altri Gold Saints.
Mi
resi conto solo in quel momento di non averli nemmeno salutati
tutti. Aldebaran mi avrebbe uccisa, se fossi tornata senza una scusa
decente.
-
Non sapevo che Hermes avesse figli – mugugnai con la voce un
po’
roca, anche se mi sforzavo in tutti i modi di risultare amichevole.
-
Il fatto è che non va molto fiero di questa cosa. Comunque,
oltre a me ha messo al mondo altri due disgraziati. Per rispondere ai
tuoi
interrogativi sul mio aspetto, io sono la reincarnazione di
Ermafrodito.-
Inarcai
un sopracciglio, scettica.
-
Ermafrodito, figlio di Hermes e di Afrodite. –
Benissimo,
ora lo conoscevo. Peccato che la cosa non mi
interessasse quasi per niente. Ma lui continuò, imperterrito:
-
Ho ereditato da mio padre la scaltrezza e l’intelligenza, i
miei
pregi migliori. Da mia madre, invece, ho preso tutte le debolezze.
-
Davvero? – domandai. Va bene che di lui non mi importava
nulla,
ma un po’ di curiosità non mi avrebbe certo fatto
male.
In
risposta Richard mi sorrise, malizioso, eppure in qualche modo
sincero.
-
Vedo che la nostra conversazione comincia ad interessarti, mia
cara. E’ proprio vero che la curiosità
è donna! –
-
E’ solo cortesia. – mentii.
-
Ah, ingenua e bugiarda. Ora capisco perché mio padre ha
scelto
di reincarnarsi in te, è una mescolanza di
qualità che lo diverte molto. E non
nego che affascina anche me.-
-
Quando Hermes si è reincarnato in me non poteva certo
prevedere
quale sarebbe diventato il mio carattere – replicai,
vagamente risentita.
Richard
inclinò appena un angolo della sua bocca delicata in una
smorfia che poteva sembrare un ghigno. In quell’istante le
sue labbra mi
sembrarono petali sgualciti, i suoi occhi scrigni di vetro vuotati del
contenuto. Era dotato di una bellezza innaturale ed inspiegabile, il
suo volto
era un componimento di parole vuote ma dolcissime. Non riuscivo a
smettere di
contemplarlo.
-
Ho ereditato da mia madre la capacità di amare. –
continuò,
riprendendo il discorso da dove era stato interrotto.
-
E perché sarebbe una debolezza? – domandai,
convinta di non
voler conoscere davvero la risposta.
-
Lo è, quando ami il Creato e l’Amore sopra ogni
cosa. –
-
Quindi vuoi dirmi che tu…ami l’amore? –
-
Amo l’amore, e non solo. –
-
Senti, ho avuto una serataccia. Ho un mal di testa terribile, mi
sono svegliata in un posto che non ho mai visto e sto conversando da
parecchi
minuti con una persona che non conosco. Puoi, per pietà,
farmi il favore di
risparmiarmi queste rispostine enigmatiche? –
Una
vaga smorfia di delusione deformò il volto del mio
interlocutore, appena un attimo, poi su quei lineamenti perfetti
tornò la pace.
-
Ti credevo un’entusiasta. E’ un peccato che la mia
esibizione da
vate sibillino non ti sia piaciuta. –
-
Sono cose che mi danno i nervi. – stavolta sorrisi,
sinceramente
cordiale: Richard cominciava a starmi simpatico.
-
Ad ogni modo – continuò – quello che
stavo cercando di dirti è
che anch’io, pur essendo figlio di Afrodite, sacerdote
dell’Amore e devoto ad
Eros più che a mia madre stessa, ebbene, anche io mi sono
innamorato, e di una
donna, una soltanto. –
-
Oh. – sussurrai appena, rapita più
dall’enfasi con cui Richard
raccontava che dalla storia stessa.
-
A dire la verità non era proprio una donna,era una ninfa. Si
chiamava Salmace, ed era bellissima. Aveva dita sottili, e labbra rosse
come le
ciliegie. Come ti ho già detto, me ne innamorai
perdutamente.-
Qui
Richard si fermò a prendere fiato, passandosi una mano tra i
capelli. Lo sguardo perso nella memoria e la malinconia della sua
espressione
avrebbero dovuto obbligarmi ad un rispettoso silenzio, ma la
curiosità di
conoscere la fine della storia era così tanta che mi
ritrovai a sfiorargli un
braccio, senza pensare, con l’attesa dipinta in volto.
-
Amai lei. – riprese lui – Solo lei, lei e basta.
L’amai di
giorno, di notte, nel corpo e nell’anima. L’amore
che per natura provavo verso
il resto del mondo non era affatto diminuito, e questo era curioso, ma
ciò che
provavo per Salmace era un sentimento che andava oltre, trascendeva
regole e
obblighi. –
Il
mio interlocutore fece una nuova pausa, seppur breve, per
leccarsi le labbra riarse. Era di una lentezza sfibrante.
-
Quando il mio cuore fu così pieno d’amore che
pensavo sarebbe
esploso, il Fato ci colpì sotto forma di dèi
capricciosi.-
Annuii.
Dèi capricciosi. Ne sapevo qualcosa.
-
Erano invidiosi del nostro amore, e quando chiedemmo loro di
restare uniti per sempre ci presero in parola. Saldarono insieme le
nostre
membra, con il preciso intento di farci il peggiore dei torti. Ma non
sanno che
da quel momento il nostro amore non fece che crescere, e anzi,
benedimmo
quell’unione che ci rendeva tanto vicini da non poter
più distinguere dove
finissi io e dove iniziasse lei.-
-
Vuoi dire che gli dèi hanno fuso i vostri due corpi?
–
-
Tanto che adesso non è più possibile distinguere
il mio sesso da
quello di Salmace, proprio così. –
-
Ma è abominevole. –
-
Da fuori lo può sembrare, e così sperarono gli
dèi invidiosi.
Invece da quel momento il nostro sentimento è completo.-
La
leggenda di Ermafrodito, la creatura senza sesso.
Colui
a cui avevo sempre pensato come ad un errore, un aborto
della natura, ora si rivelava essere la più alta espressione
d’amore.
Amore
senza confini, amore senza giudizio, amore senza paura.
Da
quella creatura avrei imparato molto più di quel che pensavo.
A
quel punto mi sembrò doveroso chiedergli perché
aveva deciso di
raccontarmi una storia tanto intima.
-
Perché nel tuo amore ho intravisto l’ombra del mio
– rispose – e
voglio aiutarti. E perché mio padre ha dimenticato da troppo
tempo qual è il
vero sapore dei sentimenti. E’ ora che ricordi, e spero nel
tuo sostegno.-
Non
feci altre domande, perché mi sembrava che quelle parole
sgorgassero da una ferita interiore molto antica, ma ancora pulsante e
viva.
-
Dimmi cosa devo fare, Richard. Come posso insegnargli ad amare?
–
-
Non devi insegnargli – precisò lui –
devi aiutarlo a ricordare.
Non sarà difficile, la sola cosa che ti chiedo è
di ritornare ad uno stato
primordiale.-
-
Scusa ma non capisco… - farfugliai.
-
Come chi ha appena imparato a parlare, devi descrivergli ciò
che
senti, vedi, desideri e speri.-
-
Non credo proprio che sarà sufficiente.- replicai, piuttosto
scettica.
-
Sì, se sarai sincera. Il suo cuore non è ancora
del tutto
impermeabile ai sentimenti. Capirà, vedrai.-
Detto
questo, Richard mi congedò con un timido inchino. Disse che
aveva la sensazione che molto presto Hermes si sarebbe svegliato, e
temeva che potesse
scoprire i nostri piani, mandandoli all’aria.
Rimasta
sola, cominciai ad esplorare un po’ la stanza in cui mi
trovavo. Era a pianta rettangolare, con le pareti di un insolito color
porpora;
anche le lunghe tende erano della stessa tonalità di rosso,
perciò non c’era da
stupirsi se quando mi ero svegliata la prima cosa che mi era balzata
agli occhi
era stata quella tinta inusuale.
Ora
che me ne accorgevo, però, anche l’arredamento non
aveva nulla
di ordinario. Soprammobili dal design moderno erano affiancati in
maniera
stridente ad antichi ornamenti di stampo orientale, mentre un camino
decorato
in marmo verde dava lugubre mostra delle sue ceneri spente in un angolo
della
sala.
Quattro
semicolonne sottili definivano
l’architettura dell’intera stanza, che aveva un
soffitto molto alto e terminava
con una volta a crociera. Notai che, all’interno della volta,
le quattro
lunette delimitate dai costoloni erano decorate con un ciclo di
affreschi,
mentre nelle vele, poco più piccole, potevo scorgere dei
bassorilievi che
raffiguravano dei falli.
Imparai
dopo che quello era il simbolo di Hermes, ma sul momento
preferii non farmi domande.
Non
feci in tempo a interessarmi del contenuto degli affreschi,
perché la mia attenzione fu catturata da un’enorme
libreria che prima non avevo
notato.
Avevo
delle conoscenze di filologia molto essenziali, ma sapevo
certamente riconoscere quando un tomo era antico; e sono sicura che in
quella
biblioteca fossero racchiuse opere rarissime, in edizioni che
risalivano ai
primi anni dell’Umanesimo. Ero affascinata.
Senza
pensarci, presi in mano una copia de “La Gerusalemme
Liberata”.
Sopra la pergamena della copertina, annerita dal tempo, era posta
un’etichetta
sicuramente moderna, su cui erano appuntate le cifre 1581.
Ingenuamente, per
prima cosa pensai che si trattasse del prezzo.
Non
è il prezzo, stupida. E’ l’anno della
prima edizione
integrale, e tu sei pregata di mettere a posto quel tomo prima di
disintegrarlo. Non puoi nemmeno immaginarne il valore.
Rabbrividii,
mentre due pensieri mi folgorarono: stavo toccando un
tomo raro, il cui valore superava il mio peso in oro. Wow.
La
seconda cosa che pensai fu che Hermes si era svegliato davvero
di pessimo umore. Per riuscire a combinare qualcosa di buono con lui
avrei
dovuto fare appello a tutta la mia pazienza.
Appoggiai
il tomo su un tavolino di vetro, poi mi avvicinai a
grandi passi verso uno specchio che prima non avevo notato.
Hey,
Pecora! Rimettilo subito dov’era!
Ignorai
gli strepitii di Hermes, che giudicai piuttosto come una
richiesta di attenzioni, e cominciai a scrutare l’immagine
che mi restituiva lo
specchio.
Ero
sempre io, né più grassa né
più magra, alta esattamente come
prima. L’unica differenza con la Lily
di qualche giorno fa erano solo le occhiaie più marcate
e il colorito insano della pelle e dei capelli. Ma per il resto non ero
assolutamente cambiata.
Non
nego la delusione che provai per questo.
Andiamo,
avevo fatto una scelta importante, il cuore mi si era
spaccato a metà, stavo dando una svolta radicale alla mia
vita e mi sembrava
doveroso, da parte del mio corpo, cambiare in base alle mie esigenze.
Non so,
speravo di avere gli occhi più luminosi, le spalle
più ampie…un cambiamento, di
qualsiasi tipo. E invece niente.
Ti
conviene lavarti. In fondo alla stanza c’è una
tenda, e dietro
quella una vasca. Dentro uno scrigno troverai un olio a base di
ambrosia, usa
quello, diventerai più bella. Anche se per
un miracolo così mi chiedo se l’ambrosia sia
sufficiente…
Sempre
più ostinata ad ignorare ogni tipo di provocazione mi recai
verso la tenda indicatami dal dio. Mi ritrovai a sorridere,
perché nonostante
l’assurdità della situazione il pensiero di una
doccia rigenerante non poteva
che mettermi di buonumore.
Dopo
la doccia, mi ero vestita con una tunica bianca, semplice ma
preziosa, che Richard aveva lasciato sul letto assieme ad alcuni
bracciali
dorati e un nastro per i capelli. Mi guardai allo specchio
così agghindata, non
ero niente male! Sembravo completamente rinata, l’ambrosia
faceva davvero
miracoli.
Trovai
in un angolo della stanza una sacca contenente alcuni
medicinali, un cappello dalla tesa molto larga e qualche altro oggetto
strano
che non identificai. Ripiegato sul tavolo di vetro c’erano
anche un mantello
dall’ampio cappuccio e una sciarpa blu.
Mi
sfuggì un risolino entusiasta: Richard non aveva lasciato
niente al caso, non c’era un dettaglio che potesse andare
storto.
Qui
c’è qualcosa che mi puzza. Cosa diavolo stai
tramando?
Il
mondo reale era scomparso, e un mondo onirico aveva preso il
suo posto. Lo scenario della nostra battaglia sarebbe stato quello,
dunque.
-
Non voglio nasconderti niente, Hermes. Torno al Santuario di
Athena, voglio dire a Milo che lo amo e che sono stata
un’idiota. –
Tu
sei impazzita. Mi sembrava che ne avessimo già parlato.
-
Il fatto è che nel profondo del mio cuore non ho avuto il
coraggio di contraddirti. –
Ma
che…? Pensavo che non volessi metterlo in pericolo, Lily!
Credevo che le mie ragioni fossero abbastanza valide!
-
Le ragioni del cuore lo sono di più! –
“Le
ragioni del cuore”, ma certo. Hai incontrato quella checca di
mio figlio, vero? E’ stato lui ad infilarti in testa certe
idee! Se lo prendo,
per Zeus…
-
Richard non c’entra niente! L’idea di tornare al
Santuario è
solo mia. E tra parentesi, è una persona eccezionale ed
intelligente. Non
dovresti darlo così per scontato. –
Talmente
intelligente che ora si ritrova fuso con una sgualdrina.
-
Quella che tu chiami sgualdrina è la donna che lui ama!-
Sì,
certo, certo. Dunque questo stupido atto di ribellione sarebbe
un’idea tua, eh?
-
Proprio così. –
Va
bene, allora...tu ami Milo, non è così?
-
Sì. –
Però
l’hai lasciato solo.
-
Contro la mia volontà.-
Se
l’avessi amato davvero saresti rimasta con lui.
-
Lo so. E’ per questo che voglio tornare al Santuario.
–
E
una volta al Santuario, cosa farai?
-
Gli dirò quanto lo amo. -
Ma
non è la verità, Lily. Senza di lui mangi, dormi
e respiri
comunque. La vita ti è cara anche se lui non
c’è, il pensiero di togliertela
per amore non ti ha mai nemmeno sfiorata. Non è vero che lo
ami, sei diventata
bugiarda anche tu.
-
Sei tu che menti, Hermes, e lo sai. Il mio sentimento non è
una
bella veste, non è una ferita da mostrare con orgoglio.
E’ uno scorrere
impetuoso, un gorgo ardente, un desiderio intimo. E’ segreto,
è sacro, è
nostro. –
Sei
solo una Pecora che vomita luoghi comuni.
-
Ma non lo vedi il mio amore, tu che vivi in me? -
Non
vedo proprio niente.
-
Allora sei cieco, oltre che bugiardo. -
Stai
diventando patetica.
-
Amo Milo. Amo il rumore dei suoi passi sul marmo del tempio, amo
ogni singola cosa che mi ha insegnato; amo il modo in cui le sue mani
mi
sfiorano mentre camminiamo, amo tutte le parole che non mi ha detto;
amo il
suono del suo nome, amo il modo in cui i suoi occhi luccicano mentre
facciamo
l’amore; amo il suo profumo, amo i momenti in cui i nostri
sguardi si
incrociano, amo tutto ciò che vede quando guarda lontano. Io
lo amo, e se tu
non sei disposto ad accettarlo sei un vigliacco. Tu, che sei fuggito
dall’amore, ora fuggi via da me, perché io ho
deciso di arrendermi, di
arrendermi a Milo, e se tu non sei d’accordo sigillati in me,
chiudi la tua
coscienza per non aprirla mai più, lascia che la tua stella
si spenga e che
tutte le persone che ti sono care si dimentichino di te. Va’
via, vincitore,
colpevole di non aver avuto il coraggio di accettare la resa. -
Il
mondo onirico in cui mi ero trovata immersa si dileguò, e mi
ritrovai supina sul letto dalle lenzuola color porpora.
Il
mio petto si alzava e abbassava a scatti irregolari, scosso dai
singhiozzi, e gli occhi erano talmente incrostati di lacrime che
faticavo ad
aprirli; sulla tempia una vena mi pulsava dolorosamente.
Sentivo
una mano tremante accarezzarmi i capelli con una dolcezza
insicura, come se volesse consolarmi ma fosse trattenuta da qualche
timore. La
discussione con Hermes doveva essere stata terrificante a vedersi, se
perfino
il calmissimo Richard versava in quello stato di panico.
Con
uno sforzo eroico aprii totalmente gli occhi e mi sollevai.
Vedere che la stanza era in condizioni disastrose, con i vetri
infranti, i
soprammobili a pezzi e qualche buco nel muro non mi stupì
più di tanto. Del
resto, durante il nostro confronto avevo percepito il Cosmo del dio
ribollire
di sdegno e rabbia, soprattutto alla fine. Era ovvio che sarebbe
esploso,
dovevo aspettarmelo.
Mi
alzai in piedi e cominciai ad aggirarmi per la stanza, sotto lo
sguardo preoccupato di Richard.
Mi
sentivo dentro un tenue sentimento di trionfo, come uno squillo
di tromba suonato a basso volume.
Mi
fermai di fronte al grande specchio, spaccato in una raggiera
di frammenti dal divampare del Cosmo divino.
Al
mio timido sguardo di vittoria Hermes ne sovrappose uno ferito,
furibondo. Il vetro mi restituiva l’immagine di un ragazzo
dai capelli
arruffati, le spalle esili, le gote pallide e i polsi sottili.
Hermes
non mi sembrava più imponente, la sua figura non mi
incuteva più il timore di un tempo. Eravamo alla pari,
adesso.
-
Ti odio – sibilò, ma per un secondo mi
sembrò di cogliere nel
suo sguardo una scintilla di divertimento e approvazione.
-
Odio te e le tue lacrime dannatamente giuste.- disse poi, a voce
più alta.
-
Avanti, adesso renditi presentabile, che dobbiamo andare. –
mi
intimò poi, infastidito dal mio silenzio.
-
Andare dove? –
-
Al Santuario di Athena, stupida. Sarò anche il signore degli
ingannatori, ma so riconoscere una sconfitta. E poi, è
arrivato il momento di
fare le cose come vanno fatte. –
Lanciai
un gridolino di vittoria, che lui smorzò subito con una
frase del tipo “Altrimenti chissà quanto frignerai
ancora!”.
Lo
stesso mi esibii nel più radioso dei miei sorrisi, cosa che
non
facevo veramente da tanto tempo, e so che anche Hermes fu tentato di
imitarmi.
Ma non lo fece, il suo orgoglio non gli avrebbe mai permesso di
piegarsi anche
a questo.
Ce
l’avevo fatta, avevo sconfitto me stessa, il nemico
più grande.
La
ruota cominciava a girare, finalmente.
Alloraalloraallora?
Si capisce
bene? Com’è venuto? Atrocemente noioso? Roba da
maledirmi dopo due righe? *ansia!*
Cooomunque,
scusate il ritardo!
Sono un’animale, c’è poco da dire.
Vi
giuro però che non credevo
fossero già passati mesi dall’ultima volta che
avevo pubblicato! ( è meglio che
prenoti una visita neurologica, ne sono consapevole!
ç_ç)
Passiamo
ai DOVEROSI
ringraziamenti:
Ribrib20:
Niente rosa, per carità. Non volevo, giuro, ma per un
avvoltoio
mi sembrava un colore simpatico! XD Vada per il corvaccio nero, allora!
:D Come
vedi il capitolo è finalmente qui, non era proprio il caso
di perdere altro
tempo! Come ti sembra? E’ troppo complicato, anche a livello
di struttura e di
stile? Lily e gli altri sono odiosi e pallosi presi da soli?
E’ una sgradevole
sensazione che non riesco a levarmi di dosso! .-. Ormai non riesco
più a
trovare il modo di ringraziarti senza sembrare una disgustosa lecchina,
ma tu
sai quanto il tuo aiuto sia prezioso! J
Tsukuyomi:
Ciao! :D Ci hai visto giusto, direi. Hermes ha un passato molto
interessante che non tarderà ad emergere (
cercherò di inserire qualche spunto
originale senza allontanarmi troppo dal mito originale), e Lily deve
solo
svegliarsi. Ha tanto potenziale, ma lo scoprirà solo strada
facendo. Come ti
sembra questo passo verso il cambiamento? Banale, scontato? Oddio, mi
sento una
di quelle insostenibili madri ansiose! D: Grazie per aver seguito
questa storia
fino a qua, con i miei insopportabili alti e bassi! Spero che questo
capitolo
non ti deluda! ^_^
LoVe_PeAcE:
Ciao, che piacere sentirti! ;) Come vedi, Hermes aveva qualcosa
di nascosto, ma la verità non è ancora venuta del
tutto a galla! Dal prossimo
capitolo dovremmo avere anzi un po’ d’azione, spero
che la cosa non ti
dispiaccia! :D Grazie tante per la recensione, sei stata davvero molto
carina!
LadyVirgo:
Ciao! Mi dispiace tanto, ma alla fine quella fifona di Lily se
l’è svignata senza nemmeno salutare tutti i Saint!
Ma se tornerà al Santuario,
penso che qualcuno non gliela farà passare liscia! ;) Sono
veramente felice che
la mia storia ti emozioni, non sai che piacere! J
anche per te, vale lo stesso discorso: dimmi
assolutamente cos’hai trovato pesante o malfatto in questo
cap, perché non mi
convince! .-. Grazie ancora per la recensione!
Grazie
infinite anche a chi ha
letto questa storia fino a qui e chi l’ha inserita tra le
seguite o le
preferite! *scodinzola*
Ciao
Hitsu! :D
Un
bacio
stan
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