Molly and the Doctor

di esse198
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


premesse: salve a tutti! torno dopo una lunga assenza a scrivere e a cimentarmi in qualcosa un po' complicata per me, ma le idee sono abbastanza chiare e la voglia è molta :) 
quindi eccomi a far incontrare due personaggi che amo molto. ci saranno anche gli altri.
quel che mi preme puntualizzare è che alcune avventure non saranno farina del mio sacco. la prima che andrete a leggere prende molto da un fumetto italiano che si chiama Gea, realizzato da Luca Enoch e edito da Bonelli Editore dal 1999 al 2007. ho preso da esso l'albero vita, alcune vicende realtive all'albero, alcuni personaggi. ma non è un crossover nel crossover.
spero vivamente vi piaccia! buona lettura!



Aveva parcheggiato i Pond nella loro nuova casa, con tanto di macchina nuova. Tutto era tornato al suo posto e anche lui avrebbe dovuto fare quel che era già scritto: morire sul Lago Silenzio.
Ma prima di quel momento decise di andarsene in giro ancora un po’ e fu allora che conobbe una delle persone più dolci, pazienti e coraggiose che avesse mai conosciuto.
 
 
Il primo incontro tra Molly Hooper e il Dottore fu abbastanza burrascoso. Come quasi tutti gli incontri del Dottore, del resto.
Avvenne il giorno in cui fece irruzione nel laboratorio di Molly col suo look da professore universitario, il suo farfallino e la sua giacca di tweed. Le porte si erano spalancate di colpo, il Dottore era entrato con foga e si era messo a cercare qualcosa, guardando dappertutto, soprattutto negli angoli bui e puntando minaccioso il suo cacciavite sonico. Concluse il suo giro puntandolo, assieme ai suoi occhi verdi e sospettosi, su Molly. Quest’ultima lo guardava disorientata, ma molto seccata.
- Dove li hai nascosti? – esordì il Dottore usando un tono basso e una smorfia diffidente.
Molly non rispose alla sua domanda, ma ribatté con una protesta:
- Come si permette? Fuori da qui! Sto lavorando!
Il Dottore cambiò repentinamente espressione, tono e registro:
- Ha ragione! Scusi! Ma non riesco proprio…
Non terminò la frase: una luce abbagliante li avvolse e l’attimo dopo non erano più nell’asettico laboratorio.
La luce abbagliante si diradò rapidamente come era apparsa e gli occhi di Molly e del Dottore fecero una gran fatica ad abituarsi alla totale oscurità che li circondava. Molly non aveva dubbi sul fatto che si fossero spostati, che quell’oscurità non fosse un blackout. Conosceva il laboratorio come fosse casa sua: era sparito quell’odore terribile, ma per lei rassicurante, di ospedale, di soluzioni chimiche; la temperatura era diversa, il gelo si era fatto più pungente; il suolo sotto i suoi piedi non era più perfettamente levigato ed erano spariti i rumori del traffico che normalmente arrivavano ovattati da fuori.
Molly provava un forte dolore agli occhi per via dello sforzo che faceva per riuscire a scorgere anche un minimo luccichio o un’ombra, un alone che potesse minimamente somigliarle, e la assalì un senso di nausea e vertigine in mezzo all’immenso vuoto. Si sentiva mancare, ma avvertì un leggero profumo, lieve e quasi infantile e, assieme ad esso, il respiro del tipo che era apparso improvvisamente in laboratorio. Non lo vedeva, non si vedeva nulla, ma pensò che doveva essere lui, forse lo sperò.
Allungò le braccia in varie direzioni e non riuscì a incontrare niente.
- Molly
Sentì il suo nome nella voce che aveva sentito poco prima e subito dopo la lucina del cacciavite sonico si insinuò impertinente nell’oscurità. Il faccione del Dottore si illuminò e Molly provò un leggero sollievo. Il sollievo divenne calore quando la mano del Dottore le carezzò la guancia sinistra e le disse che andava tutto bene. Poi le si affiancò e sembrò guardarsi attorno in cerca di qualcosa.
Piccoli puntini luminosi spiccarono nell’oscurità e più si avvicinavano più crescevano fino a diventare morbidi batuffoli bianchi, soffici pon pon poco più grandi di palline da baseball. Emettevano dei versi simili a mugolii, acuti e brevi come quelli dei neonati o dei cuccioli. Erano in cinque e fluttuavano nel vuoto come in una specie di danza allegra.
Il volto del Dottore sorrise.
L’uomo afferrò la mano di Molly e attese il primo scatto dei batuffolini e appena questi si mossero i due li seguirono in una corsa assurda incuranti degli ostacoli che un “vuoto” non avrebbe potuto avere.
La luce li colpì violentemente. E il Dottore fu il primo a distinguere la sagoma del suo Tardis e dopo essersi fermato un attimo per accertarsene proseguì la sua corsa trascinando con sé la ragazza.
Molly era frastornata, confusa, annebbiata.
Tutto continuava ad andare velocemente, troppo velocemente. C’era stato il bagliore accecante e di nuovo la corsa, un rumore di porta che si apre e poi si chiude e finalmente vide qualcosa. Un ambiente estraneo, ma non per il suo compagno di disavventure: lo vide girare e saltellare veloce attorno a una struttura maestosa su cui pigiava tasti, spingeva leve e premeva bottoni. Ancora un rumore assordante, uno scossone e poi finalmente la calma.
A quel punto il Dottore le andò incontro.
- Come stai? – chiese in tono accondiscendente e timoroso.
Molly, che era rimasta aggrappata alla ringhiera attorno al Tardis, era davvero fuori di sé, completamente confusa e smarrita.
- Scusa… - continuò il Dottore – Sono burrascoso, ma di solito non così tanto.
- Tu chi sei? – aveva scandito Molly.
- Sono il Dottore, sono un signore del tempo e questa è la mia macchina del tempo, il Tardis. – completò allargando le braccia per presentarla in tutta la sua maestosità.
Questa presentazione però confuse ancora di più Molly.
 
Furono necessarie molte spiegazioni e chiarimenti, domande e interrogativi, risposte e rassicurazioni. Perché Molly era finita davvero troppo bruscamente nel mondo di quello strano tipo che si faceva chiamare Dottore.
Il Dottore da parte sua ne era consapevole e si era accorto dal cartellino che aveva appena caricato una Dottoressa. La dottoressa Molly Hooper.
- Ma… quindi? Cos’è successo prima? – chiese Molly dopo aver recuperato un po’ di lucidità.
Il Dottore era ancora in piedi davanti alla console e il suo sguardo era pensieroso.
- Non lo so… - poi i suoi occhi si posarono sullo schermo e si fece ancora più preoccupato.
I batuffoli avevano comunicato al Dottore delle coordinate temporali e lui le aveva impostate sul Tardis.
- Adesso dobbiamo accompagnare questi batuffoli dai loro simili!
L’uomo assunse il suo solito entusiasmo e invitò la ragazza a seguirlo.
- Preparati a vedere qualcosa di grandioso! – aveva concluso aprendo lentamente la porta.



 

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Capitolo 2
*** II ***


II
 
Qualcosa di grandioso non era soltanto l’essere usciti da una cabina telefonica, ma molto di più.
Quel che videro fu una grande valle al centro della quale troneggiava un enorme albero il cui tronco copriva ettari di terreno, la chioma era come un altro grande pezzo di cielo verde e alla base le radici fuoriuscivano dal terreno ed erano coperte da bozzoli che ospitavano migliaia di persone.
 - È un albero-vita – annunciò solenne il Dottore. – Il più colossale essere senziente dell’universo.
Molly non credeva ai suoi occhi: era una pianta immensa, maestosa, infinita.
- Dottore… dove siamo?
- Hope, uno dei più grandi asteroidi poco fuori dalla Galassia. Cinquantunesimo secolo.
- Siamo nel futuro? – fu la domanda incredula.
Il Dottore le strizzò l’occhio complice e poi prese a camminare. Lo faceva sempre sorridere quando non riuscivano a credere all’evidenza delle cose.
- I nostri amici batuffoli devono aver trovato la loro comunità qui. – annunciò il Dottore.
I due così s’incamminarono insieme verso l’immenso albero. Più si avvicinavano più potevano cogliere l’imponenza della pianta. Intorno all’albero migliaia di creature, umane e meno umane, affollavano le radici e il tronco. Vi era una gran vitalità, trivialità anche. Vi erano diversi gruppi intenti a confrontarsi, a preparare da mangiare, a lavorare. E poi c’era un gruppo di creature con zampe di capra e busto umano e due corna sulla testa, molto allegri e casinisti che si davano alla pazza gioia e tracannavano birra.
- Sembrano satiri – disse Molly, memore di alcune figure viste su libri che raccoglievano racconti mitologici.
- Lo sono. – confermò il Dottore.
Alzarono lo sguardo verso l’alto: era quasi impossibile riuscire a vedere la sommità dell’albero.
- Nel cinquantunesimo secolo la terra non c’è più da tempo e molti terrestri hanno cercato altri insediamenti nello spazio. Qui, in particolare, vi è una convivenza pacifica tra terrestri e altre specie dell’universo. È l’esempio vivente della tolleranza. Non è magnifico?
Spiegò il Dottore e c’era dell’emozione nella sua voce. Poi si avvicinò ad una radice e vi poggiò una mano.
- È vivo. È una delle creature più generose ed altruiste dell’universo.
- Sembri preparato! – la voce arrivò alle loro spalle.
E quando si voltarono videro una bella donna, mora, dai lineamenti orientali e con quattro braccia. Le sue vesti erano molto colorate: una lunga gonna a coprirla fino ai piedi, un corpetto stretto al busto, una generosa scollatura e un velo sulla testa. Il sorriso era attento, ma accogliente. Sguardo intelligente.
- Tea? – propose la donna. 

Li accolse in un carro, piccolo, coperto e ornato di pizzi, festoni e merletti di diversi colori. Sembrava il carro di una zingara e in lei c’era infatti un che di magico, di stregonesco. La donna li fece sedere e si presentò:
- Io sono Tara. Mi occupo di questa grande comunità. – disse, mentre le quattro braccia servivano elegantemente il tea a Molly e il Dottore.
Guardandosi attorno Molly notò tante cassettiere. Osservandole più attentamente capì che si trattava di erbe, per lo più medicamentose. La donna infatti si rivelò esperta di tisane, erboristeria e rimedi omeopatici.
- Vi ho notati per via dell’abbigliamento e perché riconosco chi non fa parte della nostra comunità. Avete bisogno di qualcosa? – chiese Tara.
Il Dottore sorseggiò il tea, apprezzandone molto la bontà. Poi raccontò dei batuffolini che aveva inseguito e da cui era stato poi aiutato a fuggire dallo strano buio. E li aveva riportati a casa.
- Vi ringrazio allora! – disse Tara. 

- Oh, Tara! Dammi qualcosa per questo dannato mal di testa! – a imprecare era stata una ragazza. Era entrata con impeto, incurante degli ospiti. Una ragazza bionda, alta, mascolina nei modi che contrastava molto con il suo aspetto fisico: capelli lunghi e ondulati, fisico asciutto, ma muscoloso, indossava una veste chiara, stretta sotto il seno e si allargava fino al ginocchio, piedi nudi.
Tara preparò con calma e proverbiale gentilezza, quasi con fare materno, una tisana per la ragazza. Quest’ultima accortasi dei due nuovi arrivati si rivolse a loro:
- Ah! Benvenuti! Qui c’è posto per tutti, ma non fate casini, seguite le regole e andrà tutto bene.
Prese la tisana e se ne uscì, così come era entrata.
- Gea, la nostra leader. – spiegò Tara con un sorriso serafico. 

Tara li aveva invitati a restare, così il Dottore e Molly ne approfittarono per fare un giro in quello strano posto.
La ragazza era meravigliata e divertita per tutto ciò a cui aveva assistito. Faticava ancora a credere di essere su un asteroide in compagnia di creature così diverse e strane e si chiedeva chi fosse davvero il suo accompagnatore.
- Quindi gli alieni esistono. – concluse la ragazza. – E tu te ne vai in giro a incontrarli e conoscere posti nuovi?
- Beh, più o meno… - disse il Dottore in una smorfia.
La passeggiata li aveva portati sull’altro lato dell’albero, dove scorreva un fiume. L’acqua aveva uno strano colore.
- Vi consiglio di non toccarla. – aveva avvertito la voce della ragazza isterica incontrata nel carro di Tara. – continuo a chiedermi il perché di questo colore, eppure l’albero –vita dovrebbe occuparsi anche di questo.
- Di purificare l’acqua?
- Sì – disse Gea. – La guerra è finita da anni, ma da allora molte cose sono cambiate, vi sono molti alberi-vita sparsi nell’asteroide e tutti accolgono piccole comunità come la nostra.
- Ma vi sono ancora delle strane scariche elettriche, non è così? – chiese il Dottore.
- Sì. – la ragazza lo guardò con una certa curiosità. Poi spostò lo sguardo su Molly. – sembrate venire da un altro mondo.
Il Dottore vide un ponticello e lo attraversò, Molly si fermò a metà del ponte. Avvertì un odore acre e un leggero mancamento. Si accovacciò e una sua mano sfiorò l’acqua sottostante. E subitaneo un fiotto d’acqua si alzò dal letto del fiume, avvolse la ragazza e la tirò a sé. Molly sparì nell’acqua e il corso del fiume tornò calmo come prima, come se niente fosse successo.
Il Dottore rimase a guardare attonito. Non ebbe il tempo di reagire. Vide sparire la sua compagna di viaggio, inerme.
 
 
 
 

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