Heaven or Hell? - “Lay down your life and surrender.” -

di _Greta98_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Guerra ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Shopping ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Lu ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Angelo ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Vecchie conoscenze ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Sentimenti ***



Capitolo 1
*** Prologo: Guerra ***


In un tempo lontano, troppo lontano per essere definito e in luogo deturpato dalla guerra incombente, forze bianche e forze oscure si scontrano.
<< Con una lama puntata al mio cuore io dichiaro fine alla guerra tra bene e male, tra luce e tenebra. >>
Dopo che Iris finì di dire quelle parole, la lama del pugnale che stava tenendo in mano le trafisse il cuore, quel cuore che tanto avevo amato.
Corro disperato da lei prima che il suo corpo possa scomparire, la prendo tra le braccia e la stringo a me in preda alle lacrime.
Nessuno osava fare nulla, nessuno cercava di aiutarla.
<< Iris... Perché? >>
In preda ai singhiozzi cerco di dare una logica a quanto sta accadendo.
<< Amor mio, ho sbagliato fin dall’inizio, avrei dovuto far in modo che tutto questo non accadesse, che nessuno perdesse la vita in questa inutile battaglia così distruttiva... non avrei dovuto innamorarmi di te e farti innamorare di me per poi spezzare il tuo cuore. >>
<< Non dire sciocchezze, io continuerò ad amare solo te, anche quando non ci sarai più, non è mai stato un errore amarti. >>
Mi accarezza il viso e raccoglie ogni mia lacrime.
<< Adesso ascoltami, non mi rimane tanto tempo, fra 800 anni, nascerà una ragazza, lei sarà un’immortale ma lo saprà solo al compimento dei suoi diciotto anni, non interagire con lei fino ad allora, falle compiere il suo destino, poi dovrai proteggerla perché è la chiave della fine... Se, invece, loro la trovano sarà l’inizio della fine. >>
La luce che sta salendo dai suoi piedi sta ad indicare la sua dissolvenza.
<< Ormai non mi resta tanto tempo, sento che sto per scomparire, ascoltami... Lei... Il nome della ragazza è Lu- >>
Proprio in quell’istante una freccia trapassa il collo di Iris ferendomi il braccio, la luce aumenta la sua velocità e in pochi secondi il corpo di iris si dissolve, le piccole luci salgono alte nel cielo diviso a metà tra la serenità e l’oscurità.
Ho perso il mio primo vero amore e non a causa di un litigio dove le cose si possono sistemare, l’ho perso per sempre, non avrei più toccato la sua pelle, non avrei più guardato i suoi occhi verdi, non avrei mai più rivisto quel sorriso capace di illuminare un mare in tempesta... non avrei più sfiorato le sue labbra.
Allora è questo che si prova quando si perde qualcuno a cui tieni particolarmente: dolore, un dolore insopportabile che ti scalfisce il cuore e ti consuma l’anima.
Ancora incredulo di ciò che è accaduto mi alzo e rivolgo uno sguardo pieno di odio e ira verso chi aveva scoccato quella freccia.
Alex.
C’era da aspettarselo, non ha mai sopportato che io e Iris stessimo insieme, che lei abbia scelto me a lui.
Getto indietro la testa e scoppio in una risata isterica, tutti i presenti mi guardano stupefatti, increduli a ciò che i loro occhi stavano osservando.
<< Stai diventando pazzo, Daniel. >> Fa eco Alex. << La tua pazzia sarà anche la tua morte, almeno potrai raggiungere Iris. >>
Non aspettavo altro, mi scaglio contro di lui, non ha il diritto di nominare quel nome, e non ne avrebbe mai avuto.
In pochi istanti sono davanti a lui, gli assesto un pugno in pieno volto, subito dopo gli tiro una ginocchiata allo stomaco.
Indietreggia pulendosi con il dorso della mano il sangue che è colato dal labbro inferiore.
<< Non osare dire il suo nome. >> Ringhio, lo afferro per il colletto della maglietta, o quello che ne rimaneva dopo la battaglia appena conclusa con la morte della persona che non smetterò mai di amare.
<< Calmati, ho solo velocizzato la sua dipartita, ha sofferto di meno. >> Alza le mani in segno di resa.
A quel punto la rabbia che ribolle nelle mie vene si fa sentire ancora di più, perdo la testa e lo scaravento sul terreno polveroso e sfodero la lama della mia spada.
<< Vediamo se anche la tua dipartita sarà altrettanto veloce e indolore. >> Grido con gli occhi iniettati di sangue.
<< Daniel, fermo! >> Qualcuno riesce a fermare la lama prima che possa trafiggere il cuore di quel bastardo. << Non ne vale la pena! È quello che lui vuole, poter raggiungere Iris e stare con lei in un modo o nell’altro. Trascorrerà i suoi giorni nella disperazione sapendo che non avrà mai più l’opportunità di vederla, di esserle affianco, la ama quanto te e tu questo lo sai benissimo, sento il suo dolore per aver fatto quel gesto sconsiderato. >>
Sposto la lama dal suo cuore al suo collo senza staccarla, alla fine lo libero e mi dileguo, lasciando tutto così, lasciando tutto nelle mani del destino.
 
♱♱♱♱♱♱♱♱♱♱
 
Avevo altro a cui pensare, dovevo capire come trovare “Lu” e capire come e perché Iris me lo avesse detto.
Se lo sapeva sin dall’inizio perché ha aspettato così tanto per dirmelo? Perché solo al momento della sua... della sua morte?
Sentire la parola “morte” e il suo nome mi procura una tale rabbia da poter distruggere tutto ciò che mi capita sotto mano, di uccidere chi aveva portato inizio a questa sanguinosa guerra.
Mi lascio cadere sulla sedia di fronte alla scrivania, inizio ad osservare il cielo pieno di stelle.
Un cielo così bello sopra un mondo così terribile, certo che chi lo ha creato proprio non se lo aspettava.
Sospiro pesantemente, lascio uscire i pensieri negativi che mi stanno logorando.
Sento le lacrime minacciose affacciarsi, le ricaccio indietro, non voglio piangere, la devo smettere. Prendo a pensare ancora una volta ai mille dubbi che ho in testa così sono certo che non avrei ricominciato a lagnare.
Ogni volta torno al punto di partenza.
I dubbi sono il peggior nemico di chi vuole conoscere, di chi vuole avere risposte.
Una conclusione l’ho tratta, chiunque fosse stata questa “Lu”, l’avrei tenuta al sicuro perché questo era il suo ultimo ordine, e amando Iris avrei protetto e tutelato questa ragazza, chiunque essa fosse.
Sarei diventato il suo angelo custode, l’avrei tenuta lontano dai guai.



Salve a tutti! Sono _Greta98_ (è uno pseudonimo creato a me molto caro in quanto riassume le lettere delle persone a me care) Allora, non voglio divulgare. Questa è la prima storia che scrivo, ho questa passione fin da "piccola" comunque spero che vi possa piacere e fatemelo sapere se potete e volete che la continui :) Grazie per la piccola attenzione!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Shopping ***


Il suono di quel dannato aggeggio è insopportabile, siamo nel ventunesimo secolo e ancora non hanno inventato una sveglia che invece di un assordante “Driiiiiiin”, ti sveglia con il suono di arpe suonate da angeli? Non capirò mai questa tecnologia.
Mi alzo controvoglia, sono solo le 8 del mattino, per una che è abituata ad alzarsi alle 12 è una bella gatta da pelare.
Cerco di tirarmi in piedi e di stirare ogni muscolo per svegliarmi meglio, ma non funziona, sembra che tutto il mio sistema muscolare abbia deciso di abbandonarmi, di restare a letto mentre io devo alzarmi per accompagnare Elena a fare shopping, o come lo definisce lei “Shopping pre-scuola”.
Voglio morire.
Non mi sembra vero che i tre mesi di vacanza a nostra disposizione siano già finiti e che dopodomani si ritorna a scuola.
Lascio lì i miei pensieri depressivi e mi dirigo in bagno continuando a sbadigliare come se non ci fosse un domani. Appena arrivo mi spoglio di ogni cosa e mi tuffo sotto il getto dell’acqua calda, mi lascio trasportare come una barca alla deriva in mezzo ad un oceano.
<< Signorinaaaaa! Non stia troppo sotto la doccia! >> Oddio, Maddalena, la cameriera tuttofare, ora posso giurare di essere sveglia, la sua voce stridula ti entra dentro la testa e difficilmente ne esce, però, dopotutto è adorabile e mi vuole bene.
Appena esco dalla doccia mi avvolgo in un caldo asciugamano, guardo lo specchio pieno di condensa, trascino la mano sopra per togliere quella che basta per darmi una specchiata.
Inizio a fare facce buffe tanto per far passare un po’ di tempo.
Ad un certo punto sorrido e mi deprimo un’altra volta, ho impiegato 3 mesi per far passare le occhiaie formatesi lungo il periodo scolastico e adesso che il mio viso è più che riposato, bello e asciutto dovrò tornare ad essere quella sottospecie di zombie!? Dio, no ti prego.
Mi rassegno e vado nella mia stanza, con mio stupore noto che il letto è già fatto, ma quanto tempo sono stata sotto la doccia? Ringrazio mentalmente Maddalena, anzi, glielo strillo come lei fa con me!
<< Maddalenaaaaaa! Grazie per il letto! Ma non c’era bisogno!! >>
Non mi giunge risposta ma sono sicura che mi ha abbia sentito.
Mi siedo sul letto e inizio ad asciugarmi i capelli, marroni e lisci, fin quando non sono sicura che sono tutti ben asciutti non mi alzo.
Prendo lo specchietto piccolo e tondo che si trova sul comodino, i motivetti color oro lo rendono antico ma in realtà è reduce da un regalo di Natale, cerco di vedere meglio i capelli, non saranno mai perfetti ma mi accontento, faccio uno chignon per il momento, dopo che mi sarò vestita e avrò fatto colazione li slegherò, forse.
Lascio cadere l’asciugamano a terra e apro le ante dell’armadio, visto il caldo opto per un pantaloncino nero a vita alta e una canottiera rossa con qualche stella nera qua e là, ci abbino un paio di converse rosse.
<< Et voilà! >>
Ruoto davanti lo specchio dell’armadio.
Prendo la borsa appoggiata sulla sedia e ci butto tutto il necessario: cellulare, chiavi, portafogli, soldi, lucidalabbra e occhiali da sole, la tipica borsa di un’adolescente.
A volte penso che se mi servisse qualcosa di fretta dovrei assumere una squadra di ricerca dotata di cani, caschetti con la luce e, non si sa mai, di picconi.
Scendo di sotto e vado in cucina, trovo seduta la mamma che beve una tazzona di caffèlatte mentre legge le notizie dal computer, e Maddalena che appena mi vede sprigiona il suo sorriso del “buongiorno”, mi chiedo come sia possibile che una donna così bella non abbia trovato un uomo.
Escludendo la voce un po’ stridula è veramente bella, i capelli castani legati in una coda di cavallo alta che le arriva alle spalle, e quegli occhioni verde scuro che quando ti si posano addosso è impossibile dimenticarli.
Mi avvicino alla mamma e le do un leggero bacio sulla guancia, a parte qualche ruga qua e là è sempre bella anche al mattino, forse, anzi probabilmente, anche se ci fosse una tempesta di sabbia lei si sveglierebbe sempre così bella.
Mugugna un “Mh” è il suo modo per darmi il buongiorno, deve essere impegnata per lavoro... effettivamente è sempre impegnata per il lavoro, non c’è un solo giorno che lo passiamo insieme, la cosa mi logora l’anima, vorrei che a volte stesse più tempo con la sua unica figlia.
Istintivamente guardo l’orologio appeso al muro.
<< È tardissimo! >> cerco di non farmi sfuggire l’imprecazione che avevo sulla punta della lingua, non accetterebbero mai un linguaggio simile.
Prendo un croissant e corro fuori, mangio velocemente.
Pochi minuti dopo sono al parco della libertà.
Mi siedo su una panchina per riprendere fiato, alzo lo sguardo verso il cielo, è stupendo, quell’azzurro così simile ai miei occhi, sento di far parte più di lui che di questa terra arida.
<< Luce! Sempre con la testa fra le nuvole! Non cambi mai! >>
<< Elena! Amor mio! Dovresti trovarti un ragazzo, così trascini lui a fare shopping non me! >>
Scoppio a ridere.
Mi alzo e l’abbraccio, Elena è la mia migliore amica, è alta, veramente tanto alta, ha capelli marrone scuro e occhi grigi, se i miei occhi erano il cielo sereno i suoi erano il cielo nuvoloso, eravamo così, perfette a modo nostro perché di perfezione non si può parlare mai.
Ci incamminiamo verso il viale, restando per un paio di minuti in silenzio.
<< Hai già pensato che corso seguirai? Ormai siamo in terzo e dobbiamo scegliere. >>
<< Sì, Ele... Avevo pensato di seguire il corso di giornalismo e in contemporanea quello di recitazione, sono due cose differenti è vero, però le adoro entrambe e anche se dovrò uccidermi di studio per farli entrambi sarò pronta. >>
Guardo un punto indefinito di fronte a me mentre mi torturo il labbro inferiore, tipico gesto quando sono nervosa o semplicemente pensierosa.
<< Me lo aspettavo! >> Replica quasi urlando, credo proprio di non sentirci più.
<< Tu? So per certo che non ti vedrò più, ma alla fine cosa farai? >> Mi giro e alzo il volto quel che basta per guardarla negli occhi.
Sorride.
<< Ho già scelto, seguirò i corsi di danza classica e di musica, tutto ciò che voglio è questo >>
Non c’è niente da dire, ha lottato tanto per raggiungere questo punto, si è scontrata diverse volte con i genitori ma finalmente potrà seguire i suoi sogni e non se ne pentirà mai.
<< LUCE! >> Credo di aver preso un infarto e di non avere più un timpano, siamo a due, dovrò arrendermi sarò sorda a vita.. << Entriamo là dentro c’è una camicia bellissima >>
La vedo correre come se possano rubargliela da un momento all’altro, le corro dietro.
Entriamo da “White Flowers”, è un negozio veramente bello, ha sempre qualcosa che mi illumina gli occhi ma che non compro mai nonostante la mia situazione economica.
Lascio girovagare Elena mentre io inizio a guardare dei vestiti, sposto le grucce dove sono appesi scartandoli uno a uno.
Stop.
Un vestito corto, nero e blu notte, senza spalline mi coglie impreparata, di solito scarto tutto ciò che è troppo corto, ma questo è meraviglioso.
Rimango a bocca aperta appena prendo il gancio dove è appeso, il corpetto è tempestato di brillantini blu, ha una scollatura a cuore, la gonna che facendo due più due arriva sopra il ginocchio è nera a balze. Non ho mai visto niente di più perfetto.
<< Wow! Luce, è stupendo... sembra adatto a te >> Elena interrompe i miei pensieri.
<< Già! Vado a provarmelo, tu hai trovato la camicia oppure dovrò subire le tue lamentele? >> Faccio per girarmi che mi sventola davanti la camicia che era in vetrina, una gonna nera a palloncino e un vestito rosso e bianco.
C’era da aspettarselo, lei è il mio opposto, comprerebbe tutto il negozio. Andiamo ai camerini, fortunatamente sono liberi, ne prendiamo uno a testa.
<< Lu! Prima che mi dimentichi! Cosa metti il primo giorno di scuola? >> << Elena! Sei l’ansia fatta persona! >> Rido mentre infilo il vestito. << Invece di pensare già a quella piccola prigione, mi allacci il vestito? >>
Non faccio in tempo a finire che compaiono due mani da dietro la tenda che tirano su la zip dietro la mia schiena.
<< Grazie >> Sorrido al mio riflesso.
Esco dal camerino muovendomi un po’ per testarne la comodità e non è niente male.
<< Luce, allacci il mio vestito? Dopo faccio lo stesso io >>
<< Sei ubriaca? Me lo hai appena allacciato! >> Entro nel suo camerino accennando una risata.
<< No Luce, io sono stata qui dentro fino ad ora. >> Mi salgono i brividi lungo la spina dorsale mentre il mio sorriso scompare all’istante.
Guardo il suo volto per cercare una qualsiasi traccia che mi stia prendendo in giro, che stia scherzando, ma ne rimango delusa perché il suo volto è terribilmente serio.
Mi sale il panico.
<< Sarà stata una commessa che ti avrà sentita. >> Mi rassicura mentre sorride, e forse ha ragione, mi faccio mille paranoie per cose che neanche esistono.
Usciamo insieme, guardandoci allo specchio messo appositamente fuori i camerini rimango a bocca aperta. Elena è splendida.
Il vestito rosso e bianco le fascia perfettamente il corpo, la rende più irresistibile di quello che è già.
<< Luce, sei bellissima! >> Esclama cogliendomi impreparata, nonostante siamo amiche da molti anni non posso che arrossire quando mi fa dei complimenti.
<< G... Grazie! Ma ti sei vista? Sei uno schianto, come sempre. >>
Sorrido buttandole le braccia al collo.
Ecco la nostra perfezione nell'imperfezione.
Rientro in camerino e mentre mi tolgo il vestito sento i brividi salirmi lungo la schiena.
E se fosse stato un maniaco che prima mi ha allacciato il vestito? Uno stalker? O un serial Killer?
Scaccio via quei pensieri, mi rivesto e aspetto che anche Ele finisca di provarsi i vestiti, appena fatto mi guarda con un sorriso.
<< Spero tu lo prenda. >> Esclama indicando con un gesto del volto il vestito nero e blu che mi ero appena provata.
Annuisco, lei sorride e ci dirigiamo alla cassa per pagare.
Usciamo dal negozio contente, sprizzando gioia da tutti i pori, muovendoci a destra ed a sinistra per vedere tutte le vetrine dei negozi, forse, non per cercare qualcosa in particolare, solo per divertirci, perché è vero, il divertimento è quando si fanno cose senza senso insieme a qualcuno che ne abbia voglia.
Rientro a casa per le otto di sera, avendo mangiato un croissant e un panino devo aver retto parecchio.
Mi dirigo in cucina con l’intenzione di mangiare qualcosa di sostanzioso perché se mangiassi quelle che mamma chiama “schifezze” si arrabbierebbe, sul tavolo trovo un bigliettino.

“Ciao figliola,
Sono andata via con Sandro per una sfilata in America, mi sono dimenticata di dirtelo, non penso che tornerò prima di tre settimane. Riguardo Maddalena, verrà due/tre volte a settimana per pulire, per il resto sei abbastanza grande da cavartela da sola.
Baci.
Mamma”

Tipico.
Non mi avvisa mai, a volte sembra farlo intenzionalmente, questo significa essere, in un certo senso, famosi? Non stare mai con la propria figlia? Essere troppi impegnati? È una vita che non fa per me.
Non ci farò mai l’abitudine... però ho casa libera per tre settimane!
Esulto.
Casa libera per un adolescente significa: feste e alcool, per me significa: mangio ciò che voglio senza curarmi se avrò una terribile indigestione.
La mia intenzione di mangiare qualcosa di sostanzioso è appena sfumata con il ritrovamento di questo bigliettino, apro l’armadietto e prendo un pacchetto di patatine alla paprica.
“Questa sera sono piccante!”
Penso tra me e me mentre mi avvicino al frigo per prendere la coca-cola.
Mi scaravento letteralmente sul divano in pelle bianco e inizio a fare zapping tra i canali per cercare qualcosa che mi soddisfa.
Dopo 10 minuti buoni mi fermo su un film horror e lo sguardo riempiendomi di patatine.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Lu ***


Il mattino arriva sempre troppo presto.
Mi alzo dal divano, credo di essermi addormentata la sera prima con la televisione accesa e in mezzo alle patatine, che schifo.
Sono piena di briciole e anche il divano non è messo un granché, mi ripulisco e poi penso a lui.
Mi dirigo subito in bagno, ho patatine dappertutto, il mio deve essere stato un sogno parecchio agitato.
Mi butto sotto il getto dell’acqua calda, come sempre l’acqua lava via tutto.
Chiudo gli occhi e faccio arrivare lo spruzzo anche sul viso, sorrido appena per la dolce sensazione, mi passo le mani dal viso ai capelli.
Mi giro di schiena e spalanco gli occhi, ho le mani completamente coperte di sangue, abbasso lo sguardo e tutto il mio corpo è pieno di sangue.
Mi volto schiacciando la schiena al muro, invece di uscire acqua limpida e cristallina esce sangue.
Esco dalla doccia e apro il rubinetto ma anche da lì la situazione si ripete, mi avvolgo in un asciugamano ed esco dal bagno.
<< MAMMA!! MAMMA!!! >>
Dio è vero, mamma non c’è e Maddalena non so se verrà, sto morendo di paura.
Scendo al piano inferiore per chiamare i soccorsi, carabinieri o chiunque mi possa aiutare in una situazione simile.
Mi blocco all’inizio della scalinata, in fondo c’è qualcuno.
Dalla corporatura azzarderei dire un uomo, ha il volto coperto da un passamontagna, è munito di guanti neri in pelle, molto simili a quelli dei serial killer, ed è vestito completamente in nero e indossa degli occhiali da sole... cosa da pazzi infatti che siamo all'interno.
Mi guarda inclinando il volto a destra e poi a sinistra, rimango paralizzata, sarà alto almeno uno e ottanta.
Mi sento piccola sapendo che sono più bassa di lui di venti centimetri buoni.
Mette un piede sul primo gradino, ha intenzione di salire.
Inizio a tremare, ma mi faccio coraggio e corro verso la mia stanza, sento i passi e in pochi secondi è in cima alle scale.
Continuo a correre tenendo l’asciugamano, ci manca solo che rimango nuda con un maniaco o serial killer in casa.
Mi volto per vedere dove sia e quanto lontano da me si trova.
È dannatamente veloce, continuo a correre.
Raggiungo la mia stanza e mi ci chiudo dentro a chiave, metto una sedia sotto la maniglia per stare ancora di più al sicuro.
Predo due cose dall'armadio e me le infilo il più in fretta che posso, mi metto a cercare il telefono e mi accorgo di averlo lasciato di sotto la sera prima.
Sono ufficialmente nella merda.
Sento sbattere contro la porta, cerco un posto dove nascondermi, forse mentre lui cerca in un altro punto riesco a scappare e chiamare qualcuno.
Mi metto dietro la porta e mi munisco di una mazza da baseball, regalatami tempo prima da mio padre, le sue parole mi rimbombano nella testa.
“Luce, stai diventando grande e tua madre inizia a lasciarti sola a casa, io non mi fido della gente in giro, prendi questa se dovesse servire saprai difenderti.”
L’avevo trovata un’idea alquanto stupida, adesso ringrazio mentalmente mio padre.
La impugno saldamente e faccio dei lunghi respiri.
All'improvviso la porta viene scaraventata a terra e io provo a colpirlo ma svelto si gira fermando con l’ausilio di una sola mano la mazza, l’afferra con forza e la scaraventa al muro.
Terrorizzata provo a correre via ma prevedendo il mio piano mi afferra per i capelli e mi fa volare a terra, cerco di strisciare via, ma lui si mette a cavalcioni sopra di me.
Cerco di tirargli qualche pugno, di scalciare ma è tutto inutile o quasi, riesco a graffiarlo sul collo dove noto un tatuaggio una piccola scritta “Lu”.
Continuo cercando di liberarmi.
<< Lasciami andare! Lasciami! >>
Urlo disperata sperando che qualcuno mi senta, che venga in mio aiuto.
<< Chi sei? Cosa vuoi da me? >>
Sento le lacrime rigarmi il volto, non voglio morire giovane, non posso morire così, cosa direbbe la mamma? E papà?
Non voglio che mia madre debba avere i sensi di colpa per avermi lasciata sola, non voglio vedere mio padre distrutto per la morte della sua principessa.
Perché nessuno può morire per la decisione o il gusto e piacere di qualcun altro.
Urlo ancora più forte vedendo che non mi risponde e aumento la forza nei pugni, riesco a muovere una gamba e gli tiro una ginocchiata dritta nei genitali, si butta su un lato dolorante.
Mi alzo il più velocemente che posso, corro fuori, cerco di fare in fretta ma sono parecchio stanca, ho il respiro affannato.
Raggiungo la sala e prendo il telefono, sento i suoi passi, si è rialzato e non intende lasciarmi stare.
Vado in cucina e mi nascondo dietro la penisola, inizio a comporre il numero dei carabinieri, fosse per me chiamerei l’esercito per la forza sovrumana che ha quel tizio.
Inizia a squillare.
<< Pronto? >>
“Bip Bip Bip”
No.
Deve aver staccato la linea telefonica, impreco mordendomi la lingua.
Mi alzo e controllo la sua posizione, mi assicuro che non sia nei paraggi e con cautela cerco di raggiungere il mio telefonino.
Lo prendo in mano e digito ancora una volta il numero.
Mi giro di scatto e me lo trovo addosso, più arrabbiato di prima, cerca di bloccarmi le mani mentre io le muovo per non far riuscire il suo piano.
Mi afferra il polso destro e me lo spezza, un grido allucinante esce dalla mia gola, le lacrime scendono a dirotto, fa lo stesso con il sinistro, un altro urlo.
Incapace di muovere le mani cerco di capire perché stia facendo tutto questo.
<< Perché? Cosa vuoi da me? >>
Niente, nessuna risposta.
<< COSA CAZZO VUOI DA ME? >>
Questa volta provo più aggressiva ma ciò che ottengo è uno schiaffo.
Lo vedo tirare fuori da dietro la schiena un coltello nero con la lama seghettata.
<< Cosa ci vuoi fare? Fermo ti prego! Prenditi tutto ciò che vuoi ma non farlo per favore >>
Lo supplico con le lacrime agli occhi mentre vedo la mia vita passarmi davanti, mentre vedo tutti i ricordi di diciassette anni.
Tanti ricordi per così pochi anni.
Lo impugna e vedo la lama scendere dritta sul mio collo, l’aria sembra tagliarsi a metà al suo passaggio e in pochi secondi il coltello perfora il mio docile collo.
Nessun urlo, solo suoni di dolore.


Urlo mettendomi seduta sul divano.
Un sogno, un sogno così realistico.
No, un incubo.
Mi porto le mani al collo, se è stato un incubo perché le mani mi fanno male da impazzire?
Sembra che sia morta veramente.
Mi siedo portandomi le ginocchia al petto e inizio a piangere.
Odio questo lato di me, quello che piange per qualcosa del genere, che piange per ogni cosa spiacevole.
Tremante prendo il telefonino e digito il numero di Elena, mi risponde al terzo squillo.
<< Pronto? Luce? >> Ha la voce impastata dal sonno segno che stava ancora dormendo, ma che ore sono? Getto rapida un’occhiata all'orologio vicino al televisore:
6:03.
<< Ele, scusa, puoi venire qui da me? >> Cerco di parlare con i singhiozzi che mi attanagliano la gola.
<< Ehi piccola! È tutto okay? Dammi 10 minuti e arrivo subito! >>
Riattacca subito dopo.
Lascio cadere il telefono sul divano, i polsi mi fanno ancora male, li guardo per vedere se ci sono segni di violenza o altro, ma non c’è nulla.
Devo auto-convincermi che era solo un sogno, che ho dormito in una posizione scomoda che mi ha costretta ad alzarmi con i polsi doloranti e che il collo non mi fa realmente male, è solo un trauma post-incubo.
“È stato solo un sogno.”
Continuo a ripetermi fino allo sfinimento.
Prendo un bel respiro, ma quando sento il campanello suonare sussulto.
Mi alzo prudente e vado alla porta.
<< Chi è? >> Chiedo titubante.
<< Babbo Natale e le dieci renne! >>
<< Non erano nove? >> Chiedo aprendo la porta trovandomi davanti Elena, perfetta anche quando ha solo 10 minuti per mettersi apposto.
Mi abbraccia forte deve aver notato il mio pianto.
<< Cosa ti è successo Luce? >> Chiede continuando a stringermi.
Appena mi lascia ci sediamo sul divano, ma prima tolgo un po’ di patatine.
<< Ele, ho fatto un incubo ma era terribilmente reale >> Sento le lacrime affacciarsi sugli occhi ma le ricaccio indietro, è così stupido piangere per una cosa che non è successa, ma a volte la paura ha la meglio.
Le racconto cosa ho sognato cercando di non ricominciare a piangere.
<< Oh, Lu! Sei soltanto scossa! Cerca di stare calma! >> Mi rassicura.
Elena è come una sorella per me, riesce a tranquillizzarmi con poche parole, perché in fondo una vera amica è così.
<< Cosa? Come mi hai chiamata? >> La guardo spalancando gli occhi ancora gonfi per il pianto.
<< LUCE! Calmati! Non farti mille paranoie è solo un’abbreviazione. >>
Mi guarda contrariata, mi abbraccia.
<< Scusa. >> Sussurra dolcemente nel mio orecchio, la stringo ancora più forte.
Resta a casa da me fino a dopo pranzo, sapendo ciò che è successo ne approfitto e faccio la doccia mentre lei prepara il pranzo.
Dopo aver messo vestiti puliti mi siedo e pranzo con lei.
<< Luce >>
<< Mh? >> Alzo lo sguardo dal mio piatto.
<< Sei paranoica >> Scoppia a ridere, ma non sa quanto abbia ragione, mi unisco nel ridere. << Sono seria Lu, a volte, anzi, spesso ti abbatti per ogni minima cosa, cerca di essere più forte. >>
Mi stringo nelle spalle, ha terribilmente ragione.
Rimaniamo in silenzio per il resto del pranzo, quando finiamo metto tutto nella lavastoviglie.
<< Penserai al tuo incubo per tutto il giorno a deprimerti? >> Mi guarda mentre si accende una sigaretta. Brutto segno, lei fuma solo quando è nervosa o arrabbiata.
<< No, do una ripassata alle materie per domani. >> Replico guardandola. << Passamene una >>
Sbianca in un millesimo di secondo e si volta accigliata.
<< Tu non hai mai fumato prima d’ora! >>
<< In realtà ho già fumato, l’anno scorso, quando stavo con Mirco. >>
Vedendo che non replica gli accenno il mio piccolo segreto. << Fumo di nascosto, nessuno lo sa però sono un po’ stanca di tutti questi “non lo dire a nessuno” o “non lo devo dire a nessuno” >>
Dopo quella rivelazione si convince.
Sussurro un grazie e accendo la sigaretta.
<< Luce, io devo andare altrimenti è la volta buona che mia madre mi uccide. >>
<< Aspetta, ti accompagno alla porta. >>
<< Stai pure, la conosco la strada >> Mi ammicca un occhiolino e poi mi da un bacio sulla guancia. << A domani... e cerca di stare tranquilla, di dormire serena. Ma se c’è un problema o qualcosa che non va chiamami. >>
Detto ciò va via, sento la porta chiudersi poco dopo.
Vado nella mia stanza e prendo i libri, arrivo in sala e butto tutto sul divano.
Ecco la mia domenica pomeriggio, tra i libri di scuola per il giorno dopo. “Che bella la vita da studentessa”
Ironizzo la situazione alquanto disagiata.
Si fanno presto le otto di sera ed è meglio se mangio qualcosa, non come la sera prima.
Apro il frigo e opto per una bella frittata accompagnata da insalata.
Mangio tutto e metto nel lavandino, non ho voglia di lavarli, sono stanca.
Prendo i libri e li ripongo nella borsa scolastica, metto tutto il necessario per affrontare un noiosissimo giorno di scuola.
Metto il mio bel pigiamino e vado a letto, mi fermo un istante a pensare a quel tatuaggio “Lu” è una cosa stupida forse, anzi lo è.
“È solo un sogno Luce! Datti una regolata!”
Mi giro su un fianco e cerco di dormire, fortunatamente il sonno arriva subito senza lasciare spazio ai pensieri.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Angelo ***


Mi sveglio sentendo quell’assordante “Driiiiin” mi alzo, sono solo le sette e da qui a giugno sarà sempre così, e sono sicura che quella maledetta sveglia non arriverà neanche all'anno nuovo.
Vado in bagno per farmi una rinfrescante doccia, ho ancora il terrore a causa del sogno.
Prendo un lungo respiro e mi getto sotto l’acqua, faccio il più in fretta possibile, cinque minuti e sono fuori, lo dovrei annotare, è un record personale.
Faccio un altro respiro e tiro un’ultima occhiata alla doccia come se da un momento all'altro il mio sogno diventasse realtà.
Mi avvolgo in un asciugamano e vado diretta nella mia stanza.
Spalanco la porta dell’armadio per cercare qualcosa di decente da indossare, qualcosa di semplice e fresco viste le condizioni atmosferiche.
Prendo un paio di jeans blu scuro e una maglietta a tre quarti bianca, ci abbino un paio di converse rigorosamente bianche, ne possiedo di tutti i colori per poterle abbinare alle magliette.
Indosso il tutto ed è perfetto, semplice e adeguato per la scuola, prendo un giubbotto leggero e ho finito.
Vado in cucina, bevo una tazza di caffè e mi siedo cinque minuti a riflettere, quel “Lu” mi sta perseguitando, mi sento collegata in qualcosa più grande di me e la cosa non ha un filo logico!
“Chissà se il tabacchino qui vicino vende le sigarette ai minorenni, ormai non manca tanto, forse lo convinco.”
Prendo lo zaino e vado diretta da Lello, il proprietario del tabacchino, entro un po’ incerta.
<< Buongiorno Lello! >> Lo saluto con un cenno della mano e un sorriso, è un uomo di una certa età ma è un amico di famiglia, quando ero piccola giocavo sempre con il nipote che era mio compagno di classe l’anno precedente, adesso per motivi a me sconosciuti ha cambiato, non solo scuola, quartiere.
<< Ciao Luce! Quale buon vento ti porta qui? >> Si avvicina al bancone.
<< Ti devo chiedere un favore, però non lo dire ai miei >> Mi tocco una spalla incerta mentre abbasso lo sguardo sulle converse. << Potresti vendermi un pacchetto di sigarette? >>
Lo vedo annuire incerto mentre lo sbircio.
<< Non potrei ma posso fare un’eccezione. >> Afferra un pacchetto da dieci e me lo pone. << Luce, non iniziare, fa male, te lo assicura uno che fumava pacchetti su pacchetti. >>
Annuisco sapendo che se prendo il vizio sarà difficile lasciarlo andare, pago le sigarette e mi avvio verso la porta.
<< Ora meglio se vado, ciao e grazie ancora Lello. >> Gli sorrido inclinando leggermente la tasta di lato.
<< Ciao Luce e rifletti su quello che ti ho appena detto. >>
Appena sono fuori prendo le cuffie e ascolto a tutto volume le canzoni dentro il mio telefono.
Mi incammino canticchiando, mi fermo diverse volte quando devo attraversare la strada, al terzo semaforo pedonale però c’è qualcosa di diverso... di strano.
Non sono l’unica persona che deve attraversare eppure ho una strana sensazione, come se avessi mille occhi puntati contro ma nessuno presta attenzione a me.
Fermo la musica e inizio a muovermi nervosamente spostando il peso da un piede all'altro, mi mordo il labbro inferiore per cercare di tranquillizzarmi o per lo spostare l'attenzione su altro.
"Quanto ci mette a diventare verde questo dannato semaforo?"
Faccio dei lunghi respiri e riprendo il controllo di me stessa, finalmente il semaforo cambia colore.
Vado per scendere il gradino e attraversare quando un ragazzo mi passa accanto dandomi una botta sulla spalla sinistra.
<< Ehi! >> Sbottò irritata dall'atteggiamento del ragazzo con la felpa bianca, che nemmeno si degna di chiedermi scusa, anzi in tutta risposta alza il dito medio.
Penso se rincorrerlo e rompergli il dito con cui ha avuto la gentilezza di scusarsi o andare a scuola, opto per la seconda opzione per sua fortuna.
Continuo a camminare e quando sono a scuola spengo la musica, entro dentro l’atrio e vedo Elena che chiacchiera animatamente con Susanna, le vedo saltellare sul posto e battere le mani senza fare rumore.
Alzo un sopracciglio, mi avvicino e vedo che la metà delle ragazze sta, letteralmente, sbavando.
<< Ele! Susy! Che diavolo state facendo? Sembrate... >> Non riesco a finire la frase che Elena senza neanche salutarmi mi afferra un braccio e mi tira vicino a sé mostrandomi il motivo di così tanta agitazione.
E poi lo vedo, felpa bianca, la stessa di quel gentilissimo ragazzo di poco prima.
Sorride a destra e a manca facendo strage di ragazze che lo guardano con gli occhi a forma di cuore e la bava alla bocca.
Si accorge che lo sto fissando con uno sguardo quasi assassino, mi sorride superiore e mi fa la linguaccia.
Seriamente mi ha fatto la linguaccia? A me? In tutta risposta alzo il dito medio.
<< Sei veramente di una gentilezza sorprendente. >> Scoppia a ridere avvicinandosi a noi.
<< Lo conosci? >> Ele mi da una gomitata emozionata.
Continuando a guardarlo rispondo alla domanda di Elena.
<< Te lo stavo per raccontare! È lo stronzo che questa mattina mi ha dato una botta e per scusarsi mi ha mandato a quel paese >>
I suoi occhi neri si incastrano con i miei, continua a fissarmi spudoratamente.
Mi sento violata, come se stesse leggendo la mia vita, come se stesse aprendo la mia mente e scoprendo i miei pensieri.
<< Sei intrigante. >> Ride, adesso che lo guardo meglio ha un piercing al labbro inferiore, un piccolo anellino d’argento.
I suoi capelli sono dello stesso colore degli occhi, neri come la notte anzi sembrano ancora più scuri, sembrano in continua guerra con il pettine a giudicare da come sono sistemati. Ribelli.
<< Non posso dire lo stesso di te da come ti sei “presentato” questa mattina... >> Sospendo la frase a metà, come è che si chiama...?
<< Alex, Alex Hall. >> Squadra me e le ragazze che fino a quel momento hanno taciuto. << E voi signorine? >> Sorride facendo un gesto elegante per chiedere a loro di presentarsi, simile ad un inchino, mi viene il volta stomaco.
<< Susanna Rossi, ma puoi chiamarmi Susy. >> Si butta letteralmente addosso ad Alex, trattengo una risata.
Susy è una ragazza adorabile, un po’ impacciata e pettegola, se c’è un ballo, una festa, un matrimonio, gli alieni sono arrivati sul pianeta Terra o la vicina di casa è rimasta incinta ma il figlio non è del marito, lei lo sa.
I capelli di Susanna sono biondi e mossi, gli occhi verde smeraldo e quando sorride le si può notare l’apparecchio argentato.
<< Okay Susy. >> Scandisce bene il nome della mia amica poi sorride rivolgendosi a Ele.
Alzo gli occhi al cielo, questo tizio da l’impressione di essere uno stronzo con le ragazze, e sinceramente non credo che andrò molto d’accordo con lui.
<< Elena. >> Risponde continuandolo a guardare con la bocca spalancata. Ed ecco che la mia migliore amica si fa subito riconoscere.
Ele è fatta così rimane incantata sugli occhi delle persone.
Soffoco una risata prima che non mi parli più, ma la scena è comica.
<< Elena. >> Ripete Alex come ad imprimerselo nella mente per ricordarselo meglio.
<< E tu Angelo? >> Sorride rivolgendo i suoi bellissimi occhi su di me.
<< Scusa? >> credo di non aver chiaro di come mi abbia appena chiamato, Susy ed Ele soffocano le risate che stanno inutilmente cercando di trattenere, infatti Susanna è la prima ad allontanarsi per evitare una figuraccia.
<< “Scusa”, cercherò di ricordarmelo, non dovrebbe essere difficile. >> << No, non hai capito nulla, ripeti come mi hai chiamata. >> Ma chi crede di essere!?
<< Angelo. >> Sorride e con fare professionale, come se fosse un gesto quotidiano, si tocca il mento come a pensare.
<< Scherzi? Non chiamarmi così, odio i soprannomi. >> Cerco di essere gentile ma il mio tono è irritato.
<< Io sarò l’eccezione che conferma la regola, Angelo >> Sorride beffardo.
Ora gli salto al collo e gli strappo prima il piercing e poi la lingua. Sbuffo infastidita mentre vede Ele bianca, lei sa meglio di chiunque altro perché odio i soprannomi.
<< Non importa, tanto non ti vedrò più ed è meglio così, odio gli sbruffoni come te. >> Scandisco ogni singola parola e ci butto sopra del veleno.
Vado per andarmene quando la rivelazione successiva mi rovina completamente la giornata.
<< Okay Angelo, solo un’ultima informazione, vedi io sono nuovo e non conosco niente della città tanto meno dei professori, seguo il corso con il Signor Monsoni e la Signorina Beccafava, per caso li conosci? >>
Deglutisco rumorosamente che anche fra la confusione e la mia posizione dietro di lui, alle sue spalle sono sicura che mi abbia sentita.
<< Ma... Non sono i professori che insegnano ai rispettivi corsi di recitazione e giornalismo? >> Interviene Elena mente sento le gambe molli, dovrei sopportare per tre anni il soprannome “Angelo”, o se ho fortuna uno o due anni sperando che lo boccino? No.
<< Sì, e la lezione di recitazione inizia tra poco, non voglio arrivare in ritardo. Ci vediamo dopo Ele, salutami Susy. >> Mantengo la calma facendo un gesto con le mani.
<< Angelo, aspetta, vengo con te. >> Si affretta a raggiungermi. << Ciao Elena >>.


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<< Aula 45, aula 45, eccola! >>
Quando entro noto ogni dettaglio, le grandi finestre con le tende blu, la scrivania in legno, i banchi uniti due a due, ci sono complessivamente sei file di banchi, siamo una trentina di studenti all'incirca.
Noto che in molti sono già ai loro posti e io devo assolutamente liberarmi di Alex, non lo sopporto, per quando sia bello, diciamo che la mia simpatia nei suoi confronti è direttamente proporzionale alla sua bellezza.
Mi affretto a trovare un posto in ultima fila, fortunatamente c’è qualcuno che non ha il compagno di banco, perfetto.
Abbandono Alex sulla porta e vado diretta verso la ragazza intenta a leggere un libro.
<< Ciao! È libero? >> Indico il posto accanto a lei.
<< Sì sì, siediti pure >> Annuisce.
Mi siedo e volto la mia attenzione verso Alex che sembra non gradire la piccola sorpresa, non mi farò rovinare l’anno dal suo stupido soprannome, poco dopo si siede due file davanti a me.
<< Come ti chiami? >> Cerco di instaurare un rapporto e di fare un po’ di conversazione.
<< Luana Pozzetti, tu? >> Sorride mostrando una dentatura perfetta, ben curata.
<< Luce, Luce De Vangeli. >> Sorrido a mia volta nonostante cerco di dimenticarmi di ciò che prima ha scatenato la mia ira.
<< De Vangeli? Tua madre è la stilista Anita De Vangeli? >> Chiede stupefatta.
Prima che possa rispondere entra il Professore Monsoni.
<< Buongiorno ragazzi, spostate i banchi e mettetevi in cerchio, il più in fretta possibile. >>
Mentre spostiamo i banchi e attendiamo che tutti si mettano in cerchio mi avvicino a Luana.
<< Luana! Sì, mia madre è la famosissima stilista. >> Forse l’ho detto con troppa sfrontatezza.
<< Non ne sei contenta? Sai che bello vivere nel lusso e avere sempre tanti vestiti? Avere tutto ciò che desideri? >>
<< Non è come pensi, non è tutto rose e fiori come tutti fanno credere >>
Mugugna un “mh” poi rimaniamo in silenzio attendendo le parole del professore.
<< Bene. >> Batte le mani facendoci sussultare << Ragazzi, non vi mangio, rilassatevi. >> Scoppia a ridere.
Il Signor Monsoni è veramente strano, sembra severo ma i baffi e i capelli bianchi lo rendono meno minaccioso di quello che sembra, sul naso grosso ha un paio di occhiali tondi color oro e degli occhietti vispi, sembrano essere pronti a prenderti per il culo, è bassetto e tozzo.
Indossa un maglioncino nero, una giacca marrone chiaro e i pantaloni sono dello stesso colore, le scarpe nere lucide.
“Che carino.”
È il primo commento che mi viene da dire.
<< Uno ad uno presentatevi, solo il nome perché mi sono messo d’accordo con la professoressa Beccafava di farvi fare un progetto a coppie. >> Sorride furbo.
Ritiro il commento di prima, credo che questo uomo è veramente diabolico.
La mattinata giunge al termine dopo due ore passate a recitazione, una a matematica e le altre a italiano, sono riuscita ad evitare accuratamente Alex. Mi affretto ad uscire dalla scuola, ad attendermi davanti il cancello ci sono Ele, Susy e una terza persona.
Oh no, non dimmi che hanno fatto amicizia con Alex, non ho voglia di sentirmi chiamare “Angelo”.
Prendo l’uscita sul retro e mando un messaggio ad Ele spiegandole che ho un impegno imprevisto e devo correre a casa.
Sbuffo.
<< Ehi! Luce, aspetta! >> Una voce dietro le mie spalle in lontananza mi chiama, mi giro e vedo Luana corrermi incontro.
<< Corri parecchio eh! >> Si ferma per prendere fiato.
<< Scusa Luana >> Mi tocco una ciocca di capelli istintivamente.
<< Non chiamarmi Luana, è terribile, abbrevia, “Lu” andrà benissimo >>
Sorride piegandosi su se stessa portando una mano al fianco.
Rabbrividisco ricordando il sogno, l’uomo armato che mi trafiggeva il collo con quel coltello, il tatuaggio che sono riuscita a vedere sul suo collo.
<< È tutto okay? Sei bianca cadaverica >> Mi chiede riportandomi alla realtà.
<< S-sì. >>
<< Non sembra, vieni ti porto a casa, ho la macchina >> Tira fuori un mazzo di chiavi sventolandomele davanti.
Per tutta l’andata parliamo di come è andato il primo giorno ma nonostante tutto non mi concentro molto sulla conversazione, ho troppi pensieri riguardo ciò che è accaduto nel mio sogno, appena arrivo ringrazio, cento, mille volte Lu...ana.
Inserisco le chiavi nella toppa della serratura e quando sono dentro lascio scivolare la borsa a terra, mi getto sul divano e resto lì per un po’ assorta nei miei pensieri.





Salve! Ehm... Scusate se ieri non ho messo il capitolo ma il computer era dal tecnico.
Buon proseguimento e alla prossima! Ciao :)

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Vecchie conoscenze ***


Apro gli occhi stirachiandomi e... Bum!
<< Cazzo! >> Impreco.
Mi alzo da terra massaggiandomi una natica.
Guardo l'orologio, pensavo fosse più tardi invece ho dormito solo per un paio d'ore, sbuffo, non ho compiti per domani e niente da ripassare, cosa posso fare?
Prendo il telefono e... ODDIO!
Sette chiamate perse e tre messaggi.
Apro per vedere chi mi pensa così intensamente, sei chiamate e un messaggio sono da parte di mia madre, apro il messaggio e leggo:

“Ciao Tesoro! Ho provato a chiamarti ma non mi rispondi, sei arrabbiata perché sono partita senza avvisarti? Se è per questo scusami ma lo sai che ho molti pensieri per la testa quando ci sono in mezzo grandi sfilate.
Baci, ti richiamo quando sono libera”

Tipico, quando è libera Lei.
Una chiamata e un messaggio hanno un numero sconosciuto, non registrato in rubrica, decido prima di aprire l’altro che è di Ele, sicuramente sarà riguardo a cosa le ho detto prima o di come è andato il primo giorno di scuola, chi lo sa.
Mi decido ad aprirlo e sento la rabbia ribollirmi nelle vene, è la volta buona che la uccido.

“Ehi Baby! Ehm... Non so come dirtelo ma... Sai oggi eri bellissima e... tanto vale dirtelo subito invece di cercare di corromperti con i miei complimenti.
Ho dato il tuo numero ad Alex! Prima che urli ascolta (sì, è un messaggio ma ti conosco troppo bene), sembra interessato a te e io non so il perché esattamente ho pensato che potesse farti piacere, ti voglio bene non uccidermi.”

<< Tranquilla Ele, non ti uccido. >> penso ad alta voce mentre continuo a tenere il telefono tra le mani, lo stringo sempre più forte. << Al massimo ti torturo per tutta la vita. >>
Ho un’espressione strada sul viso, arrabbiata e sadica.
Sbuffo e mi risiedo sul divano, immagino che il numero sconosciuto dell’altro messaggio e della chiamata siano di Alex.
Apro il messaggio e infatti non mi sbaglio.

“Ehi Angelo! La tua amica mi ha dato il tuo numero, gesto molto azzeccato! Non vedo l’ora di rivederti.
p.s. Ho provato a chiamarti”

ANGELO.
Lancio il telefono senza nemmeno memorizzare il numero.
Mi alzo cercando di far svegliare i muscoli dopo di che mi metto le scarpe e prendo la borsa, ci vuole una buona camminata, prima di andare recupero anche il telefono.
Esco di casa e accendo la musica con gli auricolari, non c’è niente di meglio che un paio di cuffiette e tutto il mondo si spegne, tutte le chiacchiere, tutti i pettegolezzi... tutto.
Inizio a camminare canticchiando diretta al parco medioevo, adoro quel posto, c’è una pace quasi innaturale.
Dopo venti buoni minuti sono all'entrata del parco, mi ritrovo davanti all'imponente cancello di ferro, accarezzo il freddo materiale.
Quando ero piccola ci venivo sempre insieme ad Ele, ci passavamo interi pomeriggi, ricordo le ore passate a giocare sull'altalena e sullo scivolo come se fosse ieri.
Sorrido spontaneamente nel ricordare di quanto l’infanzia può essere spensierata e felice, di quanto ero felice prima che mia madre tradisse mio padre, il mio sorriso scompare al ricordo di quanto abbia sofferto quando l’adozione è stata affidata a mia madre.
Sospiro mentre spingo il cancello, mi incammino sul viale di ghiaia costernato di alberi verdi e possenti.
Quando sono quasi a metà svolto e mi inoltro nel verde, cammino per un paio di minuti svoltando a destra e a sinistra per poi ritrovarmi di fronte ad una quercia secolare.
Mi siedo a terra appoggiando la schiena a quel possente tronco, faccio lunghi respiri e ripenso a tutto ciò che è accaduto in questi due ultimi giorni.
È tutto così strano, prima la mia vita era così noiosa e adesso in solo due giorni ho sognato che un maniaco mi uccideva, ho incontrato Luana.
Sospiro.
E Alex, che mi chiama Angelo, io che odio i soprannomi, riuscirebbe a rovinarmi la giornata con poco, la cosa strana e preoccupante è che mi sembra di conoscerlo.
Chiudo gli occhi scacciando tutti i pensieri per cercare un po’ di relax, mi arrendo al leggero venticello che sembra essersi alzato, non è freddo né caldo, è piacevole.
Mi sposto una ciocca che il vento mi ha portato davanti al volto, un piccolo spostamento allerta i miei sensi, spalanco gli occhi e mi alzo, mi volto e trovo due occhi marroni che mi guardano sorpresi.
<< Luce? >> La sua voce non tradisce l’incredulità.
<< Marco?! >> Gli salto addosso abbracciandolo, gli circondo le spalle con le braccia.
<< Da quando tempo! Quando sei tornato? >> Mi stacco velocemente imbarazzata.
<< Non sei cambiata eh?! >> Sorride mostrando una dentatura perfetta. << Sono tornato ieri, questo è il primo posto dove volevo tornare dopo ciò che è successo tre anni fa, prima che partissi. >>
Sorrido al ricordo, sposto una ciocca dietro l’orecchio abbassando leggermente il volto.
<< Sei bellissima quando sorridi. >> Sorride a sua volta.
Mi scosto leggermente imbarazzata dalla situazione, Marco è il primo ragazzo a cui ho dato il primo bacio, il primo amore che ho creduto di aver dimenticato ma che con la sola presenza è riuscito a far ribattere il mio cuore.
<< Allora, come è stato studiare fuori per tre anni? >> Alzo lo sguardo e vedo quando è cambiato.
I capelli neri si sono allungati, gli sfiorano gli occhi, sembrano così morbidi, darai qualsiasi cosa pur di toccarli, è più alto di quanto mi ricordo, non che io sia una gigante, il mio metro e sessanta mi rende un nano da giardino, sul suo volto è comparso un leggero strato di barba che lo rende più adulto.
<< Bello quasi quanto rivederti >> Sorride inchiodando i suoi occhi nei miei.
<< Come mai sei tornato? Cioè non dovevi stare via e non tornare più? >> Cerco di non balbettare e non sembrare del tutto idiota.
<< Non mi vuoi? >> Chiede facendo il broncio.
Dio che labbra! Certo, non come quelle di Alex.. Ma perché adesso ho pensato a lui?!
<< Ehm... No, no! Sono contenta che sei tornato. >> Sorrido, continuando a guardarlo.
Si scosta da me e si passa una mano sui capelli che si ribellano a quel gesto.
<< Luce, c’è un motivo per cui sono tornato qui mentre la mia famiglia è rimasta là >> Si volta verso di me e si avvicina. << Luce, io voglio ricominciare con te, ho impiegato molto tempo a chiarire i sentimenti che provo per te e la distanza non ha fatto altro che farmi capire che voglio stare con te >>
Mi prende le mani tra le sue e mi guarda dritto negli occhi.
<< Ma se non vorrai cercherò di esserti amico, cercherò di starti vicino senza secondi fini >>
Sorride mostrando un po’ di speranza e positività.
<< Marco... Io non so cosa dire... Non mi aspettavo che tu tornassi... >>
Lo guardo e i suoi occhi si rattristiscono ma continuano ad avere quella scintilla di speranza.
<< Luce se nella tua vita c’è già un ragazzo non c’è bisogno che menti >> Sorride cercando di nascondere la tristezza e il dolore.
<< No no! Non c’è nessuno nella mia vita. >> Mi scosto girandomi di schiena, con una mano mi tocco la spalla sperando di spostare l’attenzione. << Ma, così su due piedi non so cosa rispondere, Marco, siamo cresciuti e senza volerlo, senza accorgercene, siamo cambiati e non sono sicura che riusciremo ad andare d’accordo come prima, il mio carattere è inevitabilmente mutato, sono responsabile sì, ma ho una marea di difetti >>
Mi volto solo per vedere la scintilla nei suoi occhi spegnersi, mi avvicino e gli alzo il volto cercando di sorridere.
<< Però provare non costa nulla >> Sorrido accarezzando il volto segnato dalla leggera barba cresciuta, non sopporto vedere le persone a cui voglio bene star male.
Sorride stringendomi in un abbraccio e sussurra un “grazie” nel mio orecchio, ricambio l’abbraccio.
<< Signorina Luce De Angeli, posso avere l’onore di accompagnarla a casa? >> Mi porge il braccio in maniera elegante, tutto di lui è elegante.
Non riesco a trattenere una risata, sembra così buffo e bello.
<< Accetto molto volentieri Sir. Marco Moretti solo se mi promette che prenderemo la strada più lunga e non smetterà di parlare. >>
Ci incamminiamo verso l’ingresso del parco.
<< Angelo, cosa fai? Mi tradisci? >> Una voce alle mie spalle mi costringe a voltarmi, difficile non riconoscere quel tono di voce.
Quando mi giro vedo l’unica persona che mi chiama Angelo. Appoggiato ad un albero c’è Alex i suoi occhi hanno un so che di divertito, sposta lo sguardo su Marco e diventa incredibilmente serio e affilato.
<< "Angelo?" "Mi tradisci?" Eh? >> Marco guarda me e Alex senza capire cosa stia accadendo.
<< Lascia stare >> Rivolgo il mio commento mentre mi volto per andare via.
<< Aspetta! Che intende dire quel ragazzo? >> Mi afferra delicatamente un braccio costringendomi a voltarmi.
<< Niente >> Rispondo secca.
<< Andiamo Angelo >> Alex si stacca dall'albero venendo verso di noi. << Scusa la mia maleducazione, sono Alex Hall, il suo ragazzo >>
COSA!?
Lorenzo mi lascia il braccio e mi guarda incredulo, io sbianco, la sua mandibola potrebbe cadere a terra.
Alex scoppia a ridere.
<< Ah Ah Ah! Simpatico! >> Lo guardo con una profonda rabbia da far gelare anche il deserto del Sahara.
<< Che sbruffone >> Replica acido Marco spostando lo sguardo in un punto alle mie spalle.
Alex si avvicina e mi tira a se, in una manciata di secondi mi ritrovo tra le sue forti e muscolose braccia, il suo profumo mi invade le narici, un odore di sigarette e menta, alzo lo sguardo solo per vedere le sue labbra curvarsi verso l’alto e i suoi occhi brillare, i miei muscoli si atrofizzano e non riesco a staccarmi dal suo corpo marmoreo.
I miei pensieri iniziano a prendere una brutta piega, il colore del mio volto cambia, sento il calore salirmi sulle guance.
Marco sbianca e mi guarda non sapendo cosa fare e dire, resto frema tra quelle braccia così forti e possenti.
<< Vedo che Alex Hall non ha tutti i torti. >> Rimane teso mentre mi guarda con delusione, si infila le mani nei jeans e si dirige all'ingresso.
<< Ci si rivede Luce >>
<< Aspetta! >> Cerco di parlare ma Alex sovrasta il suono della mia voce con le sue dure parole.
<< Si, sì! Contaci! >> E se la ride anche il bastardo!
Mi scosto bruscamente da lui e lo guardo dritto negli occhi, cerco di mantenere un minimo di contegno ma sento di non riuscire nell'impresa, infatti sbotto.
<< Ma che cazzo di problema hai? Questa mattina ti comporti da stronzo e adesso da stronzo possessivo? Spunti nella mia vita così a caso e pensi di poterti comportare così da... >>
<< Attenta Angelo, insultami ancora e ti giuro che non riuscirai a parlare. >> Mi guarda dall'alto in basso con aria seria come a dirmi “Io non scherzo mai”.
Per niente spaventata e intimorita dalla sua stupida minaccia e gli rispondo a dovere, io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno.
<< Stavo dicendo, da BASTARDO! >> Sbatto un piede a terra involontariamente.
Alex si avvicina velocemente a me e preme le sue labbra sulle mie.
Le sue braccia si stringono attorno alla mia schiena, poco sopra al sedere, le sue mani calde mi stringono forte, le sue labbra hanno un gusto amaro ma piacevole.
Le mie mani involontariamente si posano sui suoi bicipiti, i miei occhi, da prima, spalancati guardano i suoi chiusi dal piacere, il mio respiro si blocca e il mio cuore sta per esplodere come un esplosivo detonato.
Mi lascio leggermente andare e chiudo gli occhi, le sue labbra sembrano una droga, una volta assaggiate se non ti fermi ne diventi dipendente, e poi, nessuno mi ha mai baciato in questo modo.
Dopo poco si stacca da me e io non oso aprire gli occhi per la vergogna, si accosta al mio orecchio e riesco a sentire il suo respiro leggero.
<< Angelo, io ti ho avvertita. >> Non lo vedo ma lo sento, sorride.
Si stacca e se ne va lasciandomi li come un’imbecille, ed effettivamente lo sono.
Ma come mi è saltato in mente di non scostarmi dal suo corpo da dio greco? E come ho potuto lasciarmi trascinare con quel bacio?
Batto un pugno sulla coscia e me ne vado impettita per il mio comportamento e per quello di Alex.
Cammino a testa basta per tutto il tragitto, cammino velocemente come a scappare da ciò che è appena accaduto.
Sento qualcuno urlarmi dietro mi volto e mi ritrovo con la faccia schiacciata su un petto maschile, mi scosto di un passo e alzo lo sguardo per vedere il ragazzo che mi stava urlando di fermarmi.
<< Hai perso questa. >> Sorride porgendomi il mio foulard, non mi ero accorta di averlo perso.
<< Ehm... Grazie. >> Lo prendo e mi dirigo verso casa non prima di essermi girata per rivedere quel ragazzo.
Se esistesse una classifica di occhi spettacolari i suoi rientrerebbero tra i primi cinque.
Un azzurro così l’ho visto solamente d’estate, guardando il cielo sereno senza nuvole, dovrebbe essere vietato un colore così intenso.
Lascio quel povero ragazzo così gentile lì, ma non sono proprio dell’umore e mi dispiace moltissimo.
Quando entro in casa mi accascio porto le ginocchia al petto, vi ci appoggio il mento mi lecco le labbra, il sapore di Alex è ancora incastrato lì, sorrido ripensando che alla fine non mi è dispiaciuto baciarlo, che non è stato tanto male.
<< Ma cosa dico?!? >>
Mi alzo da terra e appoggio tutto sul divano, mi ci siedo e prendo il telefono e mando un messaggio veloce ad Ele.

“Ele, Marco è tornato e mi ha chiesto di frequentarci, ci siamo incontrati al parco. Poi abbiamo incontrato Alex che, come forse dicevi tu, è interessato a me perché... mi ha abbracciata e Marco se ne è andato e io ho iniziato ad insultarlo poi per farmi stare zitta mi ha baciata! Ti rendi conto?! E a me non dispiace aver toccato quelle labbra! Voglio picchiarlo perché dopo avermi baciata mi ha lasciata li come un’idiota! Ed è così perché lo sono!
Ele, non conosco Alex ma domani se farà allusione a qualcosa che ti ho raccontato per favore, fa finta di nulla me lo devi dopo avergli dato il mio numero.
P.s. Non chiedermi i dettagli”

Indugio qualche secondo prima di inviarlo ma poi premo quel dannatissimo invio, dopo pochi minuti Ele mi risponde.

“No problem Baby! Terrò la bocca chiusa su questa storia.”

Eccola la mia migliore amica, poche parole ma utili, perfette per far intendere la situazione e per farmi capire che posso stare tranquilla.
Sospiro mentre chiudo il messaggio quando lo sento vibrare, un messaggio da un numero sconosciuto.
Oh no, tutti ma non lui!
Sospiro e leggo il messaggio sapendo che sicuramente sarà Alex, non può spendere i suoi soldi in qualcosa di più utile tipo trasferirsi e non farsi più vedere? Stare lontano dalle mie labbra, deglutisco consapevole che io non potrei stare lontana dalle sue labbra nemmeno un secondo, ma cosa mi ha causato? E poi perché? Lo conosco da così poco tempo!

“Angelo, non vedo l’ora di riassaggiare le tue labbra, hanno un sapore dolce, sanno di cioccolato bianco, sono gustose.
Baci Angelo.”

Sorrido al messaggio senza volerlo, ma appena me ne accorgo torno seria, non permetterò di comportarsi così con me, non sono quel tipo di ragazza che dopo un bacio puoi trattarla come vuoi e portartela a letto, se è questa la sua intenzione.
Faccio dei lunghi respiri e decido di rispondergli al messaggio nel modo più cattivo possibile.

“Io spero di non dover ripetere più un’esperienza come quella, ti sei comportato da STRONZO!
P.s. Le tue labbra invece erano amare”

Spero non risponda ma dentro di me voglio che mi mandi un messaggio, dentro di me voglio poter baciarlo ancora.
Mi alzo dal divano lasciando il telefono li, devo chiarire cosa mi stia succedendo e perché Alex mi crea un tale effetto, riesce a farmi andare in tilt il cervello, riesce a non farmi capire cosa provo nei suoi confronti.
Amore? Odio? Desiderio?
Faccio una doccia veloce e prima di buttarmi sul letto mangio qualcosa per far passare un po’ il brontolio che ho nello stomaco.
Mi lascio cadere sul letto e ripenso ad Alex.
Il suo corpo, il suo profumo, i suoi occhi e le sue labbra, sorrido al pensiero di poterle sfiorare ancora.
Mi sto comportando da stronza, forse dovrei solo lasciarmi andare.
Mi addormento al pensiero di stare ancora tra le sue braccia.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Sentimenti ***


Mi sveglio puntuale con una forte emicrania, prendo un’aspirina per alleviare almeno in parte il dolore.
Vedo il led del cellulare illuminarsi a intermittenza, mi siedo sul divano ancora un po’ addormentata.
Sblocco lo schermo e guardo il mittente: Alex.

“Attenta Angelo, se mi insulti potrei baciarti ancora e non solo.”

<< Non solo >>
Guardo un punto indefinito davanti a me, prendendo a torturarmi il labbro inferiore, cosa intende? Scuoto leggermente la testa come a scacciare via quelle parole dalla mia mente.
Sospiro impercettibilmente.
Mi alzo facendo la solita routine mattutina prima di andare a scuola, questa mattina sicuramente passerà Maddalena, per non farla stancare troppo passo la scopa e faccio il letto.
Appena ho fatto prendo tutto l’occorrente per la mattinata, apro la porta di casa e spalanco gli occhi.
<< Cosa ci fai davanti casa mia? E come fai a sapere che vivo qui? Sembri uno stalker o forse lo sei! >> Lo accuso contrariata dal fatto che ha invaso il mio territorio: Casa mia.
Alex scoppia a ridere realmente divertito.
<< Angelo, non ti basta insultarmi? Ora mi dai anche dello stalker? >>
Sbuffo sbattendo la porta alle mie spalle, mi incammino ignorandolo.
Prendo una sigaretta dal mio pacchetto semi-nuovo, la porto alla bocca poggiandola delicatamente sulle labbra, aspiro il dolce veleno che velocemente inizia a pervadermi.
Alex si avvicina a me come un leone alla sua preda e con lo stesso effetto di un elefante in compagnia di un topo in una vetreria mi toglie dalle labbra la sigaretta.
<< Che cazzo fai? >> La mia sopportazione è al limite anzi, con lui credo che la parola pazienza si sia auto-cancellata dal mio vocabolario.
<< Angelo, non dovresti fumare, fa male e poi non si addice a una creatura dolce come te. >> Mi accarezza la guancia con il dorso della mano, dentro mi sciolgo come un ghiacciolo lasciato per troppo tempo al sole.
<< Sei così bella che in confronto a te tutto è niente >>
<< Perché ti comporti così con me? >> Interrompo la magia creatasi << Cioè, mi conosci da un giorno e ti comporti come se fossi il mio ragazzo, ti sei insinuato nella mia vita e nella mia mente, riesci a mandare in confusione tutto, soprattutto i miei sentimenti >> Forse l’ultima frase non avrei dovuto dirla, mi mordo il labbro inferiore come a cancellare l’ultima frase.
<< Angelo, ho l’impressione di conoscerti da sempre, ecco perché mi comporto così. >> La stessa sensazione che ho io nei suoi confronti.
<< Ma questo non ti da il consenso di comportarti in questa maniera e di causarmi tali sensazioni >> Mi allontano bruscamente da lui portando lo sguardo sulle mie Converse che sono diventate improvvisamente interessanti.
<< Luce! >> Il tono autoritario che ha usato sembra non presumere niente di buono, alzo lentamente gli occhi per incontrare le sue pozze nere, dolci pozze nere dove poter affogare << E che sensazioni ti causo? >>
Mi rifiuto a rispondere a questa domanda perché neanche io lo so, lo vorrei abbracciare e baciare fino allo sfinimento e allo stesso tempo tempestarlo di pugni... e tutto questo in un solo giorno? Ci manca solo che inizio ad affermare di aver visto una mucca guidare un camion con doppio rimorchio, e dopo il reparto di psichiatria avrò una nuova paziente.
<< Okay, non vuoi rispondere, te lo concedo >> Da dove viene fuori tutta questa gentilezza? << Se andassimo per gradi mi concederesti una chance? >>
<< Chi ti dice che io voglia provarci con te e non con Marco? >>
<< Non mi sembra che tu abbia obbiettato ieri e poi lo hai detto anche tu, quando sei con me non capisci più nulla e questo dovrà pur significare qualcosa, non credi? >> Astuto il ragazzo, lo devo ammettere.
Avvampo pericolosamente sia per la rabbia sia per l’imbarazzo, non saprei dire quale delle due sia più forte.
<< Questo non significa niente! >> Lo guardo furiosa.
<< Sicura? >> Mi istiga e mettergli le mani addosso.
“ Alex, non provocarmi!” Penso.
<< Sì >> Mento.
<< Angelo >> Ride divertito. << Io non ti lascio andare così facilmente,tanto meno frequentare un altro ragazzo >>
Spalanco gli occhi e gli tiro una sonora sberla, il suono sordo rimbomba e la sua guancia si tinge di rosso.
Alex mi guarda sbalordito mentre si accarezza il punto dove la mia mano si è posata con una forza tale che non credevo di avere, senza aspettare una risposta o un gesto da parte sua mi volto con l’intenzione di andare a scuola con passo svelto.
<< Continuerai a fuggire così Angelo? >>
Ignoro la sua spavalderia e continuo per la mia strada, dopo un paio di minuti mi fermo, non ho molta resistenza nonostante abbia praticato atletica leggere un paio di anni fa, anzi con molta probabilità l’ho abbandonata per questo motivo.
<< Angelo, sei già stanca? >>
<< Non ti è bastato lo schiaffo di prima? >> Mi volto per fronteggiarlo nonostante sia affaticata.
<< Dimmi, per non farmi insultare ti devo baciare, per non farmi schiaffeggiare? >> Il suo tono ha assunto una nota perversa mentre nei suoi occhi sgorgo uno scintillio malizioso.
<< Vaffanculo! >> Sbotto, ora ne ho abbastanza! << Smettila di seguirmi e di comportarti come se fossi di tua proprietà, non sono un fottuto oggetto ne una ragazza facile, se cerchi qualcuna di loro vai altrove >>
<< Luce! >> Il tono della sua voce è furioso. << Io non ho mai pensato che tu fossi una facile, te l’ho detto ieri, mi intrighi e non intendo mollare la presa, questa volta non permetterò a nessuno di mettersi in mezzo, non ora >>
Le sue parole continuano a rimbombarmi nella testa: Intrigante, non intendo mollare la presa, mettersi in mezzo, non ora.
Barcollo leggermente intontita, che Elena abbia ragione? Che sia vero che Alex è interessato a me?
<< Luce! >> Una voce famigliare e allegra alle mie spalle mi risveglia dai miei pensieri riportandomi con i piedi a terra. << Tutto bene? >> Mi volto per vedere Marco chinarsi per darmi un innocente bacio sulla guancia, sento alle mie spalle Alex irrigidirsi.
Gli occhi preoccupati di Marco indugiano su di me per poi spostarsi su Alex.
<< Come mai quella guancia rossa, Alex? >> Vedo gli angoli della bocca di Marco alzarsi verso l’alto.
<< Niente, Luce mi ha tirato uno schiaffo, niente di grave >> Sposta lo sguardo su di me sorridendo.
Cretino!
<< E come mai lo ha fatto? >> Indugia lo sguardo su di me.
<< Perché se lo meritava. >> Rispondo prima che Alex possa commettere qualche stronzata o farmi incazzare. << Te che ci fai qui? >>
Rimango di spalle ma dopo una manciata di secondi mi volto verso Marco e mi addolcisco.
<< Jogging >> Sorride.
Solo ora noto che indossa una tuta, la T-shirt nera attillata mette in evidenza il corpo e i muscoli delle braccia sembrano essere state scolpite da uno scultore professionista.
Sposto lo sguardo sul suo volte, sorride notevolmente, mi ha beccata mentre lo contemplavo! Merda che vergogna.
Alex tossisce per attirare la nostra attenzione, mi volto per vederlo mentre si passa una mano tra i capelli.
<< Angelo, adesso dovremmo andare, lo sai che tra dieci minuti iniziano le lezioni? >> Sorride mentre mette le mani nelle tasche posteriori dei jeans strappati.
<< COSA?!?! >> Urlo.
Non posso fare tardi il secondo giorno di scuola, è fuori discussione, non è da me, guardo l’orologio e con angoscia crescente ammetto che Alex ha ragione, inizio ad agitarmi.
<< Angelo. >> La voce di Alex è dolce e comprensiva, come se gli facessi pena. << Ti accompagno a scuola. >> Indica una moto alle sue spalle, una Yamaha rosso fuoco, una bellissima e pericolosa moto.
Poggio le mani sui fianchi e inizio a torturarmi il labbro inferiore pensando ai pro e ai contro, la proposta è allettante, non sono mai salita su una simile bellezza, intendiamoci, la moto, continuo a fissarla mentre nella mia mente prendono vita i contro... e se facessimo un incidente e rimanessi gravemente ferita?
<< Angelo, andrà tutto bene. >> Afferma Alex come se mi avesse letto nella mente.
<< E va bene! >> Sistemo meglio lo zaino sulle spalle, non vorrei che si staccasse magicamente mentre siamo in corsa << Però diamoci una mossa >>
Alex sorride, credo proprio di averlo preso contro piede.
<< Allora andiamo Angelo >>
<< Ci vediamo Marco >> Mi alzo sulle punte dei piedi e gli lascio un leggero bacio sulla guancia.
Alex prende due caschi e me ne passa uno.
<< Dimmi un po’, avevi progettato tutto? >> Inarco un sopracciglio per sottolineare il fastidio che questa cosa mi ha causato.
Alex si sistema sulla moto, allaccia il giubbetto in pelle che gli fascia il corpo in maniera impeccabile, indossa il casco nero e si gira verso di me.
I miei pensieri prendono una nota poco dignitosa, Alex è terribilmente sexy in queste condizioni, mi mordo il labbro inferiore.
<< Vuoi un invito ufficiale? >>
Prendo il casco e cerco di infilarmelo nella maniera meno impacciabile possibile, Alex sembra divertirsi nel guardarmi combattere con quell'aggeggio.
Prendo un bel respiro e salgo, prima che la mia mente possa formulare qualsiasi tipo di pensiero Alex mi afferra il braccio destro e se lo porta all'altezza dell’addome.
Un misterioso calore mi avvolge espandendosi in tutto il corpo, ma più di tutto il mio viso va a fuoco come se qualcuno lo avesse immerso nella benzina e poi lanciatoci sopra un fiammifero.
<< Angelo, tieni forte a me con entrambe le mani o rischi di farti seriamente male. >> Il tono della sua voce trasmette preoccupazione, non me lo faccio ripetere due volte.
Mi stringo al suo corpo, le spalle larghe e la schiena mi coprono la visuale, il mio petto è schiacciato contro il suo, chiudo gli occhi.
Un minuto dopo stiamo sfrecciando in autostrada, apro gli occhi ma non vedo nulla, a mala pena sento il vento che mi sfiora.
Riprendo la calma e cerco di scorgere un qualsiasi segnale che Alex mi stia portando veramente a scuola, vedo la vecchia fabbrica abbandonata, sì, ha sta mantenendo la parola data.
Per tutto il tragitto non parlo e lui segue il mio esempio, scorgo l’uscita per arrivare a scuola, ancora un paio di minuti e rimetterò i piedi a terra, però il destino vuole che non sia così.
Alex, infatti, salta l’uscita e continua a correre a gran velocità sulla strada.
<< Che stai facendo? L’uscita era... >>
<< Lo so. >> Risponde secco aumentando la velocità.
<< Alex rallenta! >> Terrorizzata stringo di più le braccia intorno a lui.
<< Non temere, rallenterò solo se mi prometti che non ti vedrai con quel Marco >>
<< Cosa?! >> Sbotto.
<< Angelo, promettilo! >> Accelera sempre di più, la paura inizia a farsi sentire, lo sapevo che non dovevo salire su questa macchina infernale, Sento il volto inumidirsi dalla lacrime mentre alzo la testa oltre la spalla di Alex, stiamo sfiorando i 220 km/h.
<< Va bene! Sì! Ora rallenta ti prego! >> Urlo disperata, sento il vento farsi più leggero fino a placarsi del tutto.
Alex si è fermato in un’aria di sosta., scendo dalla moto tremante, non riesco neanche a trattenermi in piedi, lui si toglie il casco.
Mi volto appoggiandomi al guard rail e levo il casco mentre mi guarda divertito.
<< Angelo, suvvia, non è stato poi tanto male >>
<< “Non è stato poi tanto male”!? Sei un cretino senza un minimo di cervello! Potevamo ammazzarci solo perché il tuo smisurato ego di merda non vuole che io mi veda con altri ragazzi! >>
Sono sconvolta e non trattengo la rabbia, è come se dentro le mie vene il sangue ribolla ad una temperatura così alta che neanche l’inferno brucia tanto.
<< Ehi! Calmati, avevo tutto sotto controllo, sono anni che la guido sono abituato a correre tanto >>
Alex scende dalla moto, il suo volto è cambiato, il divertimento sfuma lasciando posto alla preoccupazione.
<< Non me ne importa un cazzo! Non c’eri solo tu sulla moto, io ero dietro di te! Non mi importa se sei abituato a correre a una tale velocità! >>
La pazienza e la calma sono rimaste qualche chilometro più indietro e cercano di raggiungermi a passo d’uomo.
<< Angelo, sei sconvolta e ne hai pienamente ragione, ma non è successo nulla, non avrei mai lasciato che ti accadesse qualcosa e non ti avrei mai fatto salire se non fosse stato sicuro, non credi? >>
Mi afferra il volto tra le mani mentre i miei occhi iniziano a lacrimare per l’emozione troppo forte, istintivamente mi butto tra le sue braccia e lo stringo forte.
<< Sei uno stupido! >> Grido mentre cerco di ritrovare un po’ di contegno infatti che la mia dignità dopo questa azione si è sotterrata.
<< Lo so, e mi dispiace >> Stringe le sue braccia intorno al mio gracile corpo. << Non pensavo che ti avrei causato una reazione simile, non era mia intenzione >>
Annuisco mentre sento ancora quell'odore, sigaretta e menta, un mix letale.
<< Vuoi che ti porti a casa? >> Mi scosta leggermente guardandomi negli occhi.
<< No, voglio andare a scuola >> Prendo un lungo respiro, mi ripulisco il volto e con mani tremanti mi infilo il casco.
<< Frema, faccio io. >> Alex lo allaccia vedendo la mia difficoltà. << Sei sicura? >>
<< Sì, non voglio iniziare a fare delle assenze. >> Il tono deciso che ha assunto la mia voce sorprende anche me. << Però non andare veloce altrimenti mi lancio dalla moto! >>
Alex scoppia a ridere.
<< Tranquilla Angelo, andrò piano, se manterrai la promessa, voglio sentirtelo dire >>
Alza il mento in alto a far intendere che è superiore.
<< Alex le vuoi buscare? >> Affermo fissandolo negli occhi.
Il suo volto si scurisce e per un attimo rimaniamo in silenzio, un silenzio tombale, quasi ultraterreno.
Immobile davanti a me con la mascella contratta dalla rabbia valuta se lasciarmi qui, mandarmi a quel paese, provocarmi o continuare a fare il muto, prendo io l’iniziativa, siamo sempre noi donne a prendere le redini in mano.
<< Alex, tu non puoi piombare nella mia vita in questo modo e pretendere tutto ciò che ti passa per la testa... >> Sospendo la frase per vedere che effetto hanno queste miei parole su di lui, ma niente resta impassibile << Io non ti conosco e tu non conosci me, sembra che veniamo da due mondi differenti >>
<< Ma non ti è dispiaciuto baciarmi ieri >>
<< A chi non piacerebbe un bacio come quello? >> Alzo le braccia al cielo. << Alex quello che voglio dire è... >>
<< Luce a me non frega un cazzo di ciò che tu vuoi dire, tu mi appartieni e io appartengo a te, poi anche pensare che sono uno stronzo possessivo o quello che vuoi, ma questo non cambia le cose e non voglio più tornare a discutere su questa storia. >>
Si volta senza lasciarmi concludere la frase.
<< Ma chi ti credi di essere? >> Cerco di nascondere il tono irritato ma fallisco, questo ragazzo riesce a farmi saltare ogni singolo nervo del corpo.
Ignora completamente ciò che ho appena detto e rimonta sulla moto. << Hai cinque secondi per salire dopodiché sgommo via >>
Inizia a contare alla rovescia e io mi sbrigo a salire sulla sua vettura.
Per tutto il tempo di arrivo da dove eravamo fino alla scuola non pronuncio una parola, indispettita da come Alex si dimostra essere.
Trenta minuti di ritardo, entro nell'atrio indiavolata, dovevo arrivare in tempo e invece per colpa sua ho fatto una clamorosa figuraccia, non si può far ritardo il secondo giorno, non è da me.
Mi siedo sulle poltrone consapevole che sono costretta a entrare un’ora dopo ed a portare la giustificazione, so già cosa scriverci “Una certa testa di cazzo di nome Alex Hall mi ha quasi uccisa con la sua vettura”.
Parli del diavolo spuntano le corna.
<< Scusa. >> Passa la mano sui capelli ribelli e schiacciati dal casco. << Non volevo farti perdere un’ora >>
Ah ecco, la scusa è per questo, mica dal comportamento che ha avuto.
<< E poi, volevo anche scusarmi per come mi sto comportando con te. >> Alza gli occhi e li inchioda ai miei, mi sento vuota per come mi osserva.
Questa non me l’aspettavo.
<< Scuse accettate. >> Balbetto mentre lo continuo a guardare, ma che cosa mi prende? Un attimo prima sono furiosa quello dopo mi rimbecillisco perché i guarda in quel modo? Da cane bastonato? << Vorrei sapere perché ti comporti così >>
Sorride spostando lo sguardo, adesso se ne uscirà con una sua battutina.
<< Lo vuoi sapere seriamente, Angelo? >>
Annuisco.
<< Bene >> Prende una sedia e la posiziona di fronte a me, si siede e le nostra si sfiorano, una scarica elettrica attraversa per intero il mio corpo. << Di solito tutte le ragazze cadono ai miei piedi, tu no. Luce, non prenderla come un “Allora per te sono solo una sfida” >> Il tono con cui dice l’ultima frase non fa che farmi ridere.
<< Stavo dicendo, io voglio seriamente provarci con te, come ti ho detto il primo giorno, sei intrigante, voglio vedere fino a che limite posso spingermi per riuscire a conquistarti, non è un gioco che sia chiaro, perché la prima cosa che mi ha colpito di te, non è stata la bellezza di cui sei dotata ma il carattere. >> Prende un lungo respiro. << Sei determinata, forte, testarda e non hai paura di niente e nessuno, non vuoi farti mettere i piedi in testa da nessuno e ammiro un tale atteggiamento, sotto-sotto sono sicuro che si nasconde una Luce dolce, adorabile e che è capace d’amare, io voglio trovare la vera te, Angelo, quello che sto cercando di farti capire è che mi hai fatto innamorare di te dal primo momento che hai posato quei zaffiri su di me >>
Passano interminabili secondi e io non so cosa dire, la bocca leggermente socchiusa e gli occhi spalancati.
<< Se non sai cosa dire non parlare, dammi solo una possibilità >>
Vedo il suo pomo d’Adamo andare giù mentre stringe le mani l’una dentro l’altra, segno che anche lui è nervoso.
Annuisco leggermente, la mia gola, le mie labbra e la bocca sono asciutte, anche se volessi non riuscirei a dire neanche una lettera.
Mentre lo vedo sorridere penso che tutti ci meritiamo una seconda possibilità, che nonostante si abbiano fatto azioni poco consono tutti meritano avere un’altra opportunità per rimediare, spero di non aver fatto uno madornale sbaglio a fidarmi delle parole di Alex, ma dai suoi occhi trasudava serietà.
La campanella mi distoglie dai miei pensieri, appena mi alzo Alex afferra la mia mano.
<< Grazie Angelo >>

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