Metamorphosis

di EmmaStarr
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** I ***


-Capitolo I-
 

Do you know what's worth fighting for
When it's not worth dying for?
Does it take your breath away
And you feel yourself suffocating

-21 Guns, Green Day



Erano due settimane che Kidd si trovava in quella situazione, e non era sicuro che avrebbe mai visto la fine di quell'incubo. Sporse la testa fuori dall'oblò e rimase lì per qualche minuto, beandosi di quel poco di aria fresca che aveva a disposizione prima che il sottomarino si immergesse di nuovo.

Oh, ma cos'aveva fatto per meritarsi un destino tanto atroce? D'accordo, aveva ammazzato un considerevole numero di persone, ma solo perché era stato provocato, andiamo! E la condizione in cui si trovava era così assurda e crudele che gli sembrava una punizione decisamente troppo pesante.

«Ah, sei qui! Sbrigati, che stiamo per tornare sott'acqua!» lo richiamò quella specie di ragazzino dal nome assurdo (perché va bene tutto, ma Penguin), e Kidd dovette abbandonare di malavoglia il suo punto di osservazione. Il cielo era particolarmente azzurro, quel giorno: non si vedeva neanche una nuvola.

«Dai, muoviti! Se fai il bravo scommetto che il capitano ti permetterà di stare in sala da pranzo mentre mangiamo: prima, quando gliel'ho chiesto, ha praticamente detto di sì!» continuò a blaterare il ragazzino, eccitato. Kidd fece del suo meglio per ignorarlo, ma non poté impedire a un ringhio soffocato di sfuggirgli tra le labbra. Dover dipendere dalla magnanimità di quel... di quel coglione che, pur facendosi chiamare pirata, non aveva nemmeno la decenza di navigare in superficie come i comuni mortali, era una condizione peggiore della morte.

Lanciò un ultimo sguardo vagamente nostalgico all'oblò e si voltò, zampettando senza voglia, mentre l'azzurro terso del cielo lasciava posto al blu ipnotizzante degli abissi.

«Bravo cagnolino!» esclamò allora Penguin battendo le mani. Kidd cercò di urlargli un insulto, ma non emise altro che uno stridulo abbaiare: possibile che neanche quello sapesse fare? Insomma, non riusciva ancora a capire come modulare il suono. Se solo avesse potuto parlare, avrebbe gridato a quel minorato mentale di smetterla di trattarlo come se fosse il suo animaletto da compagnia, avrebbe ordinato di essere riportato dalla sua ciurma, avrebbe insultato Trafalgar in ogni lingua conosciuta e lo avrebbe obbligato a procurarsi una nave degna di questo nome. Avrebbe parlato per il semplice gusto di parlare, e di essere ascoltato.

Ma non poteva: ogni cosa che cercava di dire si traduceva in miseri guaiti o sordi ringhi che non potevano essere in alcun modo interpretati.

E tutti continuavano a crederlo morto.

 

* * *

 

Due settimane prima, Great Line

 

 

Kidd sbuffò, seccato: possibile che avessero fatto così presto? D'accordo, per mare tendeva sempre a perdere il senso del tempo, ma arrivare a Binks con un'intera settimana d'anticipo non aveva precedenti: doveva assicurarsi in tutti i modi che lui non lo venisse a sapere, o lo avrebbe preso per il culo a vita. Paura di arrivare in ritardo per l'appuntamento, Eustass-ya? Ti mancavo così tanto?

«Allora, capitano! Cosa facciamo, adesso?» chiese Heat, sogghignando. «Ho sentito dire che su quest'isola facciano il sakè migliore di tutta la Great Line!»

Kidd annuì: gli sembrava di ricordare che avessero scritto addirittura una canzone su quel benedetto sakè. Beh, visto che erano lì... «E allora andiamo, ciurma! Stasera vedremo di distruggere qualche locale!» ruggì, battendo un pugno sul parapetto della nave. Dalla sua ciurma si levò subito un grido di giubilo, e persino Killer pareva soddisfatto dalla piega che avevano preso gli eventi. Kidd sogghignò: era sicuro che sarebbe stata una serata da non dimenticare.

Raggiunsero il primo locale che erano tutti già mezzi ubriachi: come, non è dato saperlo. Ma d'altronde si poteva dire di tutto sui Pirati di Kidd: che erano crudeli, sadici, assetati di sangue, dei mostri, anche. Ma bisognava ammettere che, quando si trattava di fare baldoria, ci sapevano davvero fare.

Successe all'apice del divertimento, saranno state le due di notte: un paio di uomini avevano già iniziato a spogliarsi, qualcuno ballava sui tavoli e il sakè scorreva a fiumi -su quello niente da ridire, era il migliore del mondo- quando alla porta d'ingresso fece la sua comparsa un uomo. Dire che avesse una corporatura massiccia era dire poco: per un soffio riuscì a infilarsi nell'apertura, e con la testa quasi sfiorava il soffitto. Kidd non era ancora ubriaco perso, e una parte del suo cervello si ritrovò impegnata a chiedersi cosa diavolo ci facesse un uomo tanto immenso e dall'aria così importante in una locanda sul punto di andare in pezzi come quella. D'altra parte lui non era certo uno facile da impressionare, e si dimenticò del nuovo arrivato appena distolse lo sguardo. Fu quindi con stupore che, qualche istante più tardi, sentì una mano che gli si appoggiava sulla spalla.

«Eustass Captain Kidd?» chiese una voce roca, contraffatta.

«Dipende da chi vuole saperlo» replicò Kidd, improvvisamente guardingo. Non gli erano mai andati a genio gli impiccioni: la sua fama non era sufficiente per tenersi alla larga da lui? Si voltò per fissarlo negli occhi, e si trovò suo malgrado costretto a inclinare la testa verso l'alto.

«Seguimi» ordinò l'individuo, dopodiché si voltò.

Kidd inarcò un sopracciglio, scettico: «Intanto, non ti permettere di darmi ordini» esordì. «E poi, io non vado proprio da nessuna parte. Mi sto godendo un po' di meritato riposo con la mia ciurma, e non ho nessuna intenzione di mollare tutto proprio adesso!» concluse quasi gridando. Ma lo sapeva, quell'imbecille, con chi aveva a che fare?

L'uomo si fermò e si voltò con studiata lentezza. «Porto un messaggio dal mio capo, Kaido» sillabò come se stesse confidando il più importante dei segreti. Poi ripeté: «Seguimi».

Kidd aveva pochi secondi per decidere se rimanere lì o se andare dietro allo sconosciuto. Il suo primo obiettivo in realtà non era Kaido, ma Shanks il Rosso. Sapeva che c'era già Trafalgar a occuparsi di lui, ed erano rimasti d'accordo sul fatto di non intralciarsi l'un l'altro. D'altra parte... che motivo poteva mai avere uno dei Quattro Imperatori per cercarlo? La situazione era fin troppo irresistibile, e Kidd non era mai stato un tipo cauto. Forse fu per l'alcol, o per l'eccitazione, o per semplice curiosità: fatto sta che alla fine il pirata scrollò le spalle e si decise ad andare dietro allo sconosciuto.

Lo raggiunse affrettando il passo, e mentre uscivano dal retro del locale gli poggiò una mano sulla spalla. «Allora, cosa...» iniziò, ma venne improvvisamente catapultato avanti, sbattuto contro un ammasso di legno e mattoni che una volta doveva essere stato una casa. «Ehi!» esclamò, furibondo, rialzandosi senza esitazioni.

«Ancora vivo?» sghignazzò l'uomo, riponendo un'arma dalle dimensioni di un lanciafiamme. «Allora sei davvero in gamba come dicono». Persino in quel vicolo scarsamente illuminato, i suoi occhi viola acceso sembravano brillare di luce propria. Aveva un aspetto completamente diverso da prima, adesso, un'aura molto più pericolosa.

Kidd non ci mise più di due secondi per richiamare a sé il maggior numero di strumenti di metallo che riuscì a trovare nei dintorni. Un ammasso di spade, fucili, posate, bulloni e molto altro si radunarono velocemente attorno alla sua figura, componendo una sorta di enorme mano meccanica. «Adesso apri bene le orecchie, pezzo di merda» sibilò, gli occhi ridotti a due fessure. «Mai mettersi contro il Capitano Kidd, sono stato chiaro?» gridò poi, facendo per scagliare quell'immensa mole di oggetti meccanici contro il suo assalitore.

Quello non parve minimamente impressionato. «Direi che il rosso ti si addice abbastanza bene, sì» mormorò quasi tra sé e sé. Chiuse gli occhi, come se si stesse concentrando molto intensamente su qualcosa. Kidd si preparò a sferrare uno dei suoi attacchi più potenti, quando l'uomo si fiondò contro di lui e lo sfiorò con il palmo della mano. Tutto il ferro che fluttuava nell'aria cadde a terra con un rumore assordante.

Sconvolto, Kidd cercò di richiamare a sé il suo potere, ma era inutile: oltretutto, quand'era caduto per terra? Cercò di rialzarsi, ma aveva le membra come intorpidite. «Cosa mi hai fatto, bastardo?» fece per gridare, ma dalla gola non gli uscì che un flebile suono strozzato. L'aveva solo toccato, maledizione! Com'era possibile che fosse stato messo a terra così in fretta?

L'uomo che gli si stagliava davanti si mise a ridere sguaiatamente. «Oh, un altro dei miei capolavori!» si vantò, allungando due mani simili ad artigli verso di lui.

In quel momento si precipitarono fuori dal locale tutti i Pirati di Kidd, attirati dal rumore. «Cos'è successo?» gridò Killer, trafelato.

Oh, era ora! Esultò internamente Kidd. Ma, invece di conciare per le feste quel bastardo grosso come un armadio, Killer gli parlò: «Scusa, hai visto da queste parti il nostro capitano? Capelli rossi, corporatura massiccia... non è stato lui a evocare tutte queste armi?»

Che stai dicendo? Sono qui! Voleva urlare Kidd. Ma Killer lo ignorò, rivolgendo uno sguardo preoccupato all'uomo che gli stava di fronte. «Ah, intendi Eustass Kidd? L'ho visto lottare contro un uomo vestito di nero. Si sono diretti verso la foresta» mentì quello con una facilità impressionante. E ancora più impressionante fu che Killer annuì a labbra strette, ringraziandolo. «Forza, ragazzi, andiamo!» gridò, e ben presto dei suoi uomini non rimase più traccia.

Kidd fece per corrergli dietro, ma si sentì afferrare dal suo avversario per... un momento: per cosa lo stava tenendo? Per la prima volta, Kidd si guardò le mani. Solo che non erano mani, erano zampe. Due zampe ricoperte da un folto pelo rossiccio. Fece risalire lo sguardo, sempre più sconvolto, e i suoi occhi incontrarono una pancia coperta da rada pelliccia rosso pallido, seguita da due zampe posteriori e -ma com'era potuto succedere- da una folta coda rosso fuoco, che il suo avversario teneva saldamente con entrambe le mani.

«Sorpreso?» rise quello, mettendo in mostra gli sporchi denti gialli. «È il potere del mio frutto. Riesco a trasformare le persone in animali, e viceversa» spiegò con baldanza, ignorando gli strattoni di Kidd, che lottava per liberarsi. «Inutile che ti sforzi, i tuoi poteri non torneranno» aggiunse, fissandolo con commiserazione. «A meno che, ovviamente, il grande Kaido non ti ritenga degno del... diciamo, giusto addestramento. Vedrai, ti abituerai in fretta al tuo nuovo corpo: da domani entrerai nell'armata degli animali da combattimento dell'imperatore Kaido!»

Kidd, che non ne aveva nessuna intenzione, reagì morsicando violentemente la mano dell'uomo. Quello gridò, ma prima che Kidd potesse rendersene conto sentì un forte dolore dietro la testa, e poi fu tutto nero.

 

* * *
 

Il mondo sapeva di plastica e ferro, e il caldo sembrava investirlo a intervalli regolari, come un'onda che non lasciava scampo. Poi arrivava dolore.

Kidd cercò di alzarsi in piedi, ma il risultato fu una specie di capriola storta che gli causò seri giramenti di testa, oltre che una musata contro il pavimento ruvido. Giusto, come aveva fatto a dimenticarsene? Ormai non aveva più nemmeno un viso da ferirsi, o due gambe su cui reggersi.

Alzarsi a quattro zampe si rivelò più semplice del previsto, e Kidd ebbe finalmente la possibilità di guardarsi intorno: si trovava in una piccola cella, illuminata da una fioca lampadina dalla tetra luce rossastra. Adesso abbaio, si ritrovò a pensare. Abbaio così forte che quegli stronzi saranno costretti a venire qua a prendermi a calci in culo. Poi scapperò, insomma, mi inventerò qualcosa.

Prese fiato e fece per dar fondo ai polmoni, quando la porta della cella si aprì con uno scatto. «Ah, siamo svegli, allora! Bene, bene, Kidd: sapessi quante cose abbiamo da fare...» esordì un uomo. Aveva un aspetto molto diverso da quello che l'aveva trasformato: era basso e grassottello, e il suono della sua voce infastidiva Kidd oltre ogni misura. Sembrava più o meno... come un'oca col raffreddore, sì. Kidd si stupì di questa considerazione, temendo già che l'istinto canino stesse prendendo il sopravvento su di lui. Cercò di darsi un contegno e ringhiò: oh, questo gli veniva bene, considerando che aveva praticamente passato tutta la vita a ringhiare. Solo, sotto forma di cane veniva molto meglio.

«Ringhia pure quanto vuoi, ora però è il momento di portarti dal capitano Jacob Moore! Quindi mettiti questo qui, e...» disse, armeggiando con uno strano affare. Kidd capì troppo tardi di cosa si trattasse, ed era ancora troppo debole per opporsi adeguatamente: fu questione di pochi istanti, e si trovò ingabbiato in uno stretto guinzaglio. Una guinzaglio a lui, Eustass Kidd! Inghiottì la bile e si fece trascinare dall'uomo fuori dalla cella, verso l'esterno.

Capì subito di essere in mare. Prima era ancora un po' stordito, ma appena mise la testa fuori dalla stanza lo riconobbe: era l'odore del mare, cento volte amplificato dal suo nuovo, sensibilissimo olfatto. L'odore fresco e frizzante dell'aria salmastra, la salsedine appiccicosa e il sale tra i capelli. O la pelliccia, ecco. Era decisamente su una nave.

Raggiunsero il ponte, con Kidd che continuava a strattonare il guinzaglio e a rendere più difficile il lavoro del suo carceriere, ed entrarono in una piccola stanza arredata elegantemente. «Si è svegliato, Capitano Moore!» esclamò quello, gongolando. «E non sono passati neanche due giorni! Non è incredibile?»

Kidd voltò la testa di scatto: aveva sentito un nuovo odore, e non gli piaceva per niente. Appena riuscì a mettere a fuoco, poi, ne capì subito il motivo: si trattava dell'uomo che lo aveva trasformato! La sua stazza immensa era impossibile da non notare. In quel momento Kidd aggiunse alla lunga lista per cui lo avrebbe fatto fuori anche il fatto di aver ottenuto un olfatto tanto sviluppato: il suo odore nauseabondo gli faceva venir voglia di vomitare, era un misto di frutta marcia e pelliccia bagnata. Jacob Moore, eh? Si fece l'appunto mentale di non dimenticarsi di quel nome. «Solo due giorni? Abbiamo un cane davvero speciale, qui, dico bene?» latrò l'uomo, sorprendentemente allegro. «Adesso devo scendere, stiamo facendo scalo sull'isola di Arō. Potrei portarmelo dietro, così cominciamo subito» propose. Kidd strattonò il guinzaglio con tutte le sue forze, e l'uomo che lo stringeva dovette usare tutte e due le mani per trattenerlo.

Moore si accigliò immediatamente. «Cosa... cosa sta facendo?»

«Non è stato calmo un secondo» sbuffò il suo carceriere. «Continua a tirare, ringhia... non è una cosa normale?» domandò poi, notando l'allargarsi dell'espressione adirata dell'uomo.

Se ti aspettavi che me ne stessi buono buono ad aspettare i tuoi comodi caschi male, stronzo, pensò Kidd, ringhiando più che poteva.

«Significa che la droga non ha avuto effetto? Di solito non ricordano nulla, e sono sempre incredibilmente docili!» tuonò Moore, in collera. Droga? Kidd non era certo di aver capito tutto, ma il fatto di essere immune a una roba del genere lo inorgogliva parecchio.

Approfittando del momento di distrazione, diede un forte strattone al guinzaglio e si liberò dalla presa dell'uomo; allora si voltò e corse di gran carriera verso l'uscita. Moore aveva detto che stava per sbarcare, giusto? Allora dovevano essere già vicini a riva. Conosceva vagamente l'isola di Arō: di certo, una volta là, avrebbe escogitato qualcosa.

Udì delle voci dietro di lui che gli intimavano di fermarsi, ma si guardò bene dall'obbedire, e in men che non si dica fu a terra.

Finalmente un vantaggio della sua nuovissima condizione: la velocità. Schizzava tra le gambe della gente come se non avesse fatto altro in vita sua, evitando gli ostacoli con salti vertiginosi. Ringraziò di non essere stato trasformato in un barboncino qualsiasi: era abbastanza grande, anche se non quanto avrebbe voluto. Arrivava appena alle ginocchia dei passanti, ma riusciva in ogni caso a guadagnare sempre più terreno sui suoi inseguitori. Era quasi convinto di avercela fatta, quando si sentì spingere violentemente in avanti. Sbatté la schiena contro il muro del vicolo in cui si trovava e rimase a terra per qualche istante, stordito. Solo allora si rese conto del sangue che si spandeva copioso sotto di lui, e del dolore proveniente dalla zampa destra davanti.

Sentì una voce gridare «L'ho preso!», e qualcun altro complimentarsi con lui. Kidd ringhiò, e in qualche modo riuscì a rialzarsi, tremando. Ignorò la fitta alla zampa e piantò lo sguardo negli occhi di Jacob Moore, appena accorso sul luogo, l'aria affannata. Cercò di concentrarsi sulle possibilità di fuga che gli rimanevano: se fosse riuscito ad oltrepassare i tre uomini che aveva alle spalle... «Allora, qualcuno mi spiega cosa sta succedendo?» gridò l'uomo, il fiato corto. «Quando mai si è visto uno di loro che... che si ribella, ringhia, morde, scappa? Ma se non funziona, beh, è inutile: abbiamo sprecato un mese per niente, ve ne rendete conto?» Kidd si chiese confusamente cosa intendesse con quell'affermazione: un mese intero? In che senso? Lo avevano spiato prima di trasformarlo, o... Ma i suoi pensieri vennero interrotti dall'ultima frase di Moore. «A questo punto, tanto vale ucciderlo. Sbrigatevi, prima chiudiamo la questione meglio è. Kaido mi ammazzerà» sbuffò, agitando la mano.

Kidd vide solo lampi di coltelli e ghigni spaventosi, e prima che potesse solo pensare di muoversi il dolore esplose in mille piccoli fuochi d'artificio in ogni angolo del suo corpo.

Dopodiché, il vuoto.

 















Angolo autrice:
Salve a tutti! Era tantissimo che non pubblicavo qualcosa in questo fandom, e quale occasione migliore per tornare che una KiddLaw nuova di zecca? Sto lavorando a questo progetto da davvero tanto tempo, e ora che ho quasi completato le scene finali mi sono decisa a iniziare a pubblicare il primo capitolo. Spero vi sia piaciuto! Trovo che Kidd sia un personaggio stupendo, e mi piace troppo immedesimarmi in lui... spero non abbiate trovato il suo linguaggio un po' troppo, uhm, scurrile. Dovevo calarmi nel personaggio, capitemi ù.ù
Nel prossimo capitolo assisterete alla reazione di Law... come credete che si comporterà nello scoprire che il suo bello è stato brutalmente assassinato? (questa è la ragione principale per cui ho scritto questa storia. Law disperato perché Kidd è morto, quel genere di disperato che è tuto no-non-me-ne-frega-un-cazzo-giuro ma in realtà è morto dentro. Vedrete, vedrete!)
Grazie di cuore a chi è arrivato fin qui, ci riaggiorniamo venerdì prossimo!
Un abbraccio
Emma

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Capitolo 2
*** II ***




 

-Capitolo II-

 

 

Does the pain wear out the pride
And you look for a place to hide?
Did someone breack your heart inside?
You're in ruins

-21 Guns, Green Day


«Ehi, Capitano! Dove vai?»

«Ancora un giro, per favore!»

«Capitano, resta ancora un po'!»

Law sbuffò, annoiato, appoggiando il boccale sul bancone: che confusione... «Lo sapete che domani dobbiamo partire presto» spiegò, paziente. «Fate come volete, ma vi assicuro che se cadrete addormentati durante il turno di guardia o mentre siete al timone, ne risponderete direttamente a me» minacciò, sollevando lo sguardo con aria apparentemente indifferente.

I suoi sottoposti deglutirono, vagamente terrorizzati, prima di decidere all'unanimità che, dopotutto, quella di tornare al sottomarino non era poi un'idea così terribile.

«Non vedo l'ora di arrivare a Binks» ridacchiò Penguin, saltellando in avanti. Sachi lo affiancò immediatamente, annuendo con entusiasmo. «Dici che sono già là? Intendo, Killer e gli altri» chiese.

Law si passò una mano sulla fronte. «Non ne ho idea, Sachi. Conoscendoli, temo che faranno tardi come al solito» pronosticò, pessimistico.

Penguin sbuffò. «Non certo a causa di Killer.» protestò.

«Già! La colpa è sempre di Kidd!» aggiunse Sachi, scuotendo la testa melodrammatico.

Law permise ad un leggero sorriso di affiorargli alle labbra. «Su questo siamo d'accordo.»

Erano quasi alla fine del paese e Law riusciva a vedere un sacco di stelle, in quella notte senza luna: era un bello spettacolo, dovette ammettere a se stesso. Pensò a quello che Kidd avrebbe potuto dire se fosse riuscito a leggergli nella mente e rabbrividì.

Non poteva negare a se stesso di essere impaziente di rivederlo: era passato decisamente troppo tempo dalla loro ultima... conversazione, già. Ma ormai mancava davvero poco all'appuntamento, e se aveva calcolato bene i tempi sarebbero giunti a Binks in anticipo di un paio di giorni. Quindi sì, non riusciva a vedere un solo motivo per cui non avesse il diritto di godersi appieno quanto la vita aveva da offrire anche a un pirata come lui.

«Ehi, Capitano! Capitano, presto, vieni!» strillarono improvvisamente Penguin e Sachi, distogliendolo dai suoi pensieri. Il primo si era chinato a terra in un vicoletto dall'aria dismessa, e l'altro si agitava come un forsennato nella sua direzione. «Avanti, forza! È urgente!» continuava a urlare.

Incuriosito, Law gli si avvicinò in fretta, e quello che vide gli fece sollevare appena un sopracciglio: sdraiato in mezzo alla strada, in un lago di sangue, stava un grosso cane dal pelo rossastro. Aveva tutta l'aria di essere morto.

«Law, devi curarlo! Guardalo!» gridò Sachi, implorante.

«Ti prego, ti prego, sta morendo!» aggiunse Penguin, congiungendo le mani.

Law scosse la testa. «Oh, per favore, andiamo. Ormai c'è ben poco che io possa fare.»

Sachi alzò lo sguardo, oltraggiato. «Cosa dici! Non sei tu il famoso Chirurgo della Morte, il solo e unico pirata in grado di curare ferite impossibili, strappare dalla morte anche i più...»

Law li fulminò con un'occhiataccia. «Fate sempre così, ormai non ci casco più: è ora di piantarla. Ogni volta che vedete un animale in fin di vita mi costringete a raccattarlo e a rimetterlo in sesto. Ma qualcuno di voi due si ricorda che ne è stato dell'ultimo... cos'era, un gatto?» domandò, severo. Penguin borbottò qualcosa di incomprensibile. «Prego?» chiese di nuovo Law.

«Abbiamo dovuto buttarlo a mare perché non faceva che graffiarci e rovinava il sottomarino!» ripeté a voce un po' più alta Penguin, imbarazzato.

«E quel gabbiano con l'ala spezzata?» proseguì Law, le mani sui fianchi.

«Ha... ha fatto i suoi escrementi nella presa d'aria» mormorò Sachi, abbassando lo sguardo.

Law annuì. «E potrei continuare all'infinito. Dovete smetterla, lo dico per voi: vi fate prendere troppo da queste cose. Sono solo animali» concluse, fermo nelle sue convinzioni.

Penguin sollevò lo sguardo, disperato. «D'accordo, ma... andiamo, guardalo! È un cane, con un cane non abbiamo mai provato.»

«Appunto!» aggiunse Sachi. «E poi chissà, magari si affezionerà a te, e...» tentò, ma Law lo interruppe, ghignando.

«A me? Andiamo, Penguin, sii realista. E poi, insomma, guardalo: se non è morto, ci manca davvero poco. Dico bene, sacco di pulci?» aggiunse, rivolgendosi beffardo all'animale steso a terra.

E in quel momento accadde qualcosa che Law non si sarebbe mai aspettato: quasi come se l'avesse sentito, il cane aprì di scatto gli occhi e ringhiò, l'aria offesa a morte. Un ringhio roco, profondo, quasi provocatorio.

Il sangue continuava a uscire da una profonda ferita all'addome, al posto di una zampa si vedeva solo un ammasso di carne e tendini spezzati, per non parlare del muso spaccato o delle altre innumerevoli ferite in tutto il resto del corpo. Eppure, nonostante il dolore che doveva sicuramente provare, quel cane... aveva avuto la forza di ringhiare, peggiorando oltretutto le proprie condizioni. Law non sapeva perché, ma quell'atto di sfida lo conquistò immediatamente. «Ah, avresti qualcosa da ridire?» ghignò, accucciandosi a terra. «Non intendi crepare così facilmente, allora?»

Penguin e Sachi saltellavano dietro di lui, le mani giunte in preghiera, alternandosi nel gridare frasi come «Law, ti prego, possiamo tenerlo?» e «Andiamo, guarirà di sicuro: non vedi che razza di forza di volontà si ritrova?»

Nello sguardo del cane Law credette quasi di indovinare una sorta di fastidio malcelato nei confronti dei ragazzini che non facevano che schiamazzare dietro di loro. Si trattenne dal ridere e tastò con gesti rapidi e esperti il corpo dell'animale. «Non è proprio spacciato» si sbilanciò. «Ma se vogliamo combinare qualcosa dobbiamo farlo adesso.»

I due non credevano alle loro orecchie. «Davvero?»

«Sì, ma non vi prometto niente» disse Law, secco, sollevando il cane tra le braccia. Avrebbe potuto giurare di averlo sentito tremare, mentre lo prendeva in braccio. Un tremito che aveva poco a che fare col dolore. «Piuttosto, avvisate gli altri che possono tornare alla locanda: qui ne avrò fino a domattina come minimo, non possiamo partire prima di mezzogiorno.»

Ma chi glielo faceva fare? Possibile che Penguin e Sachi finissero sempre per convincerlo? No, stavolta non era per questo. Mentre Law attivava la sua Room per teletrasportarsi al sottomarino -ogni secondo poteva essere fatale, a questo punto- si chiese se davvero tutto quel nuovo interesse non fosse scaturito da quell'unico ringhio del cane. Forse, realizzò con una punta di divertimento mista a curiosità, era perché quel particolare ringhio gli suonava stranamente... familiare.

 

* * *

 

Law sbuffò, passandosi svogliatamente una mano sulla fronte. Diede un'occhiata all'orologio e sollevò le sopracciglia: le undici? Di già? d'accordo, verso le sei si era preso un paio d'ore di pausa per dormire, ma non immaginava che ci avrebbe messo così tanto tempo. Si concesse uno sguardo compiaciuto al suo ultimo capolavoro: quando era arrivato a bordo del suo sottomarino quel cane era praticamente spacciato, mentre adesso... Menomale che aveva studiato tutti quei vecchi libri di anatomia animale appena Bepo era entrato nella sua ciurma, senza saltare neanche un capitolo.

Iniziò a riordinare gli arnesi da lavoro. «Ehi, voi due, lo so che siete lì» disse quasi sovrappensiero, senza distogliere lo sguardo dalla sua occupazione. «Ho finito, potete entrare.»

Subito Sachi e Penguin si catapultarono dentro, come se avessero passato le ultime nove ore incollati alla porta nell'attesa di quel suo comando. «Allora? Come sta?»

Law esitò appositamente qualche secondo prima di comunicare il verdetto. «Non è più in pericolo di vita. Anzi, direi che si riprenderà prestissimo, considerata la tempra che ha dimostrato» rivelò, sorridendo appena.

I suoi sottoposti esplosero in un grido di gioia che Law bloccò subito, agitando la mano. «Certo, non è andato tutto liscio come l'olio: ho dovuto chiedere a Peter di aiutarmi con questa, vedete...» spiegò di malavoglia, alludendo alla zampa anteriore destra del cane.

Peter era il meccanico di bordo, un omaccione dai lunghi baffi a punta e dal sorriso gioviale. Ricopriva nella loro ciurma il ruolo che un carpentiere avrebbe avuto su una nave fatta di legno. Se Penguin e Sachi si erano chiesti in che modo il meccanico avesse potuto essere d'aiuto in un'operazione come quella, fugarono i loro dubbi con un'unica occhiata al cane profondamente addormentato: al posto della zampa spiccava un grosso arto meccanico, con rotelle e placche metalliche in bella vista. «È un prototipo, Peter mi ha assicurato che appena possibile ne realizzerà uno migliore» assicurò, stiracchiandosi. «Bene, io me ne lavo le mani, ora è tutto vostro. Si sveglierà tra un paio di giorni, i tubi dovrebbero bastare a nutrirlo fino ad allora.» Si voltò e si avviò verso la sua cabina. «Levate le ancore, si salpa!» gridò prima di uscire dalla stanza. «Siamo già abbastanza in ritardo!»

Penguin e Sachi si guardarono negli occhi. «Tu ci avresti scommesso, che l'avrebbe salvato?» chiese il primo.

«Neanche per un secondo» ammise l'altro, sconvolto. «Ero sicuro che avrebbe fatto finta di niente e l'avrebbe lasciato morire come ha fatto con quel pappagallo che...»

Penguin sbuffò. «Quel pappagallo era già morto, e lo sai benissimo.»

«Okay, ma in ogni caso non avrei mai detto che avrebbe passato tutta la notte ad operarlo. Vuol dire che era messo davvero male, e invece che mollarlo lì lui ha addirittura tirato fuori i tubi!» disse Sachi, scuotendo la testa con veemenza.

Penguin annuì, fissando il cane con aria concentrata. «Chissà che carattere ha. Speriamo che sia un cane docile, altrimenti la vedo dura.»

Sachi ridacchiò. «Il mio sesto senso mi dice che questa bestia ci darà del filo da torcere, altroché!»

In quel momento, mentre si agitava nel sonno mugolando fastidiosamente, il grosso cane colpì una fiala sul tavolo e la scagliò a terra, rovesciandone il contenuto sul pavimento. Penguin scoppiò in una fragorosa risata, e non poté che dare ragione all'amico: ne avrebbero viste delle belle, con quel cane a bordo.

 

* * *
 

«Terra! Quella è Binks, ci siamo!» gridò Kain, il più giovane dei membri della ciurma di Law. Era bassino di statura, ma in compenso non faceva che correre dalla mattina alla sera: era un po' il tuttofare della ciurma, e in quel momento era di guardia al periscopio, scrutando l'orizzonte alla ricerca dell'isola verso cui si dirigevano.

«Davvero? Di già?» si stupì Penguin. «In anticipo di tre giorni, addirittura!» gridò, e corse a cercare Sachi per informarlo.

Nel frattempo, Law aveva appena finito di pranzare -se si poteva considerare pranzo quel misero avanzo di carne che aveva ripescato dal fondo del frigo poco prima, impegnato com'era nello studio di uno degli ultimi libri che aveva acquistato ad Arõ. Appena sentito l'annuncio di Kain, però, mise via tutto e si diresse verso il ponte di comando: voleva dare personalmente gli ordini per l'emersione e il successivo sbarco. Prima di cominciare, però, si ricordò di un dettaglio: «Ah, Penguin» richiamò il giovane, che correva a rotta di collo per tutto il sottomarino gridando “terra, terra!” con un entusiasmo davvero poco elegante. «Visto che stiamo per scendere, dimmi, come sta il vostro cane? È sveglio? Cioè, voi l'avete tenuto d'occhio, vero?» aggiunse, con un filo di preoccupazione. Una volta eseguita l'operazione lui si era completamente disinteressato della faccenda, ma forse... D'altronde, aveva trovato una libreria discretamente interessante ad Arõ, e siccome si era rifornito un po' aveva passato gli ultimi giorni immerso nella lettura.

«Ma certo!» sorrise però Penguin. «Io e Sachi l'abbiamo osservato praticamente tutto il tempo, sia ieri che il giorno prima: dovessi vedere come si agita nel sonno! Poi ogni tanto ringhia o fa come se stesse per abbaiare. Sta per svegliarsi, ne sono sicuro!»

Law annuì. «Se volete restare a bordo per assicurarvi che si svegli...»

Ma Penguin scosse la testa, deciso. «Siamo pur sempre i tuoi secondi in comando, veniamo a terra con te. Magari torniamo tra un paio d'ore o giù di lì, così vediamo se si è svegliato!»

Law permise a un leggero sorriso di spuntargli sul viso e annuì di nuovo. «Bene, come volete, allora. Vai ad avvisare Sachi e fila al tuo posto, che cominciamo le manovre di emersione!»

«Subito!» Penguin sorrise e corse via. Law continuò a camminare con calma, pregustando già il momento in cui avrebbe messo piede a terra. Era da pazzi sperare che Kidd fosse già lì, giusto? Mancavano ancora tre giorni buoni all'appuntamento, dopotutto... Eppure, al pensiero di essere così vicino al momento del loro incontro, non poté fare a meno di ghignare piano. Niente da fare, almeno nella sua mente poteva ammetterlo senza vergognarsene: non vedeva l'ora di vederlo.

 

* * *

 

La voce di Killer arrivava ovattata e confusa alle orecchie di Law, come in un sogno. Un incubo. Nessuno si era aspettato di trovare la nave dei Pirati di Kidd già ancorata al porto principale di Binks, ma all'inizio avevano semplicemente gridato al miracolo senza preoccuparsi di nulla, nulla.

Law aveva subito dato l'ordine e si erano diretti senza esitazione verso la sua nave, senza nemmeno lontanamente immaginare che... eppure, lo sguardo di tutti i membri della ciurma -erano tutti tranne uno, tranne uno, tranne lui- gli avevano fatto subito intuire che c'era qualcosa che non andava. Qualcosa di grosso.

E ora tutti i membri dei pirati Heart stavano guardando verso di lui, l'espressione devastata e timorosa, quasi avessero paura di vederlo scoppiare in lacrime da un momento all'altro. Ma il viso di Law era una maschera di ghiaccio mentre chiedeva: «Avete idea di chi sia stato?»

Davanti a sé vedeva un baratro nero come la morte, e in testa ormai la vendetta sembrava l'unico appiglio per evitare di cadere, di urlare, di impazzire. Killer sospirò. «Quando siamo arrivati, c'erano solo ossa sul fondo di un cratere. Ossa e brandelli di carne, insieme a qualche straccio. Non un'anima viva nelle vicinanze. Però ci è stato riferito di una nave arrivata quella sera e ripartita in tutta fretta la mattina seguente, questo è il jolly roger che svettava sulla bandiera» aggiunse, porgendogli un foglietto spiegazzato.

Law lo aprì, le mani che tremavano leggermente. «Lo conosco» annunciò senza un briciolo di emozione nella voce dopo pochi istanti. «È un affiliato di Kaido. Il Capitano Moore, se non sbaglio.» Law si era informato su tutti gli alleati di Kaido non appena aveva scoperto il legame di Doflamingo con lui. Certo, non aveva mai creduto seriamente che sarebbe servito a qualcosa nell'immediato futuro, e invece... all'improvviso quel grumo nero di disperazione e apatia che aveva nella gola sembrò indirizzarsi tutto in una sola direzione.

La notizia lasciò a bocca aperta tutti i membri della ciurma di Kidd. «Ma cosa... cosa potrebbe volere un uomo come Kaido da noi?» sputacchiò Wire.

«Beh, c'è la faccenda di quel bastimento che abbiamo affondato il mese scorso...» sembrò riflettere Heat.

Law agitò la mano. «Se non ricordo male, è di stanza nel mare Meridionale. Di più non so» aggiunse restituendo lo schizzo a Killer. Poi prese un profondo respiro. «Per il... il corpo...» la voce sembrò quasi cedere sull'ultima parola, ma si riprese subito. «Avete detto che è praticamente irriconoscibile. Come siete sicuri che sia lui?»

Killer esitò un attimo, poi si voltò ed entrò nella sua cabina. Ne uscì qualche istante dopo, reggendo in mano un oggetto a Law terribilmente familiare. «Questi... sono i suoi occhialini da aviatore. Non ne esistono di uguali in tutta la Rotta Maggiore. Erano sul cadavere» sussurrò. «Oltretutto, abbiamo setacciato l'isola da cima a fondo. Non l'abbiamo trovato da nessuna parte, e non manca nessuna nave a parte quella di cui ti abbiamo parlato.» Fece una pausa, e Law per un attimo intravide attraverso la sua maschera l'ombra di un dolore davvero grande, forse quanto il suo. «Volevamo chiederti se... insomma, visto che sei un capitano, eravamo d'accordo nel chiederti se... ti andrebbe di officiare la cerimonia?»

Law sgranò gli occhi, sorpreso. Non aveva mai immaginato il... il funerale di Kidd, neanche una volta. Loro non parlavano mai di queste cose. Sicuramente nessuna chiesa avrebbe mai potuto svolgere il compito adatto. No, non era da Kidd: conoscendolo, avrebbe sicuramente preferito un funerale in mare. «Qui sulla nave va bene?» chiese, passandosi una mano sugli occhi.

I membri della ciurma dei pirati di Kidd annuirono, sollevati. «Se si potesse fare entro oggi... sai, è vecchio di quasi tre giorni, ormai...»

Law annuì seccamente. «Vado a... a prepararmi» disse, il tono di voce che non ammetteva repliche. Si voltò e tornò velocemente verso il suo sottomarino. Vide Bepo che faceva come per venirgli dietro, ma sollevò una mano per impedirglielo. Aveva bisogno di stare da solo.

Percorse meccanicamente i corridoi bianchi che conosceva come le sue tasche, senza vederli: davanti a sé volteggiava solo l'immagine di Kidd. Lo vedeva dietro ogni angolo, lo vedeva anche se chiudeva gli occhi. Kidd, arrabbiato o con le labbra deformate in un ghigno, sempre baldanzoso e arrogante... Kidd, nudo sopra di lui mentre sussurrava il suo nome.

Morto.

Law era un pirata, e sapeva benissimo cosa voleva dire: la morte era la loro compagna più fidata, impossibile fingere il contrario. Aveva già sopportato quel dolore anni prima, con la sua famiglia, la sua città, e poi con Còrazon. Era solo un bambino quando aveva assaggiato per la prima volta quella morsa terribile che attanagliava lo stomaco, quel cappio invisibile che mozzava il fiato: il dolore del sopravvissuto. In teoria avrebbe dovuto esserci abituato, avrebbe dovuto dare per scontato che le persone morivano, che tutti potevano morire. Ma non Kidd. Tutti in quel mare sarebbero potuti morire, ma non Kidd, non prima di lui, non così improvvisamente, senza un avvertimento, senza che Law provasse niente di diverso dal solito. Cosa stava facendo mentre Kidd moriva? Stava dormendo, probabilmente.

Morire... Andiamo, Kidd era il ritratto della vita, non riusciva a stare fermo due secondi di fila. Ed era forte. Oh, ma com'era possibile che si fosse fatto battere così facilmente? Dov'era con la testa? E tutte le loro promesse di rivedersi, di combattere insieme, di altre notti come quelle passate...

Sferrò un pugno al muro, incapace di trattenersi. Quello stronzo. Come si era permesso, eh? Come si era permesso di morire? Di tutto quello che era Kidd, che era stato, rimanevano solo ossa, ossa e poco altro. Quegli occhialini dai vetri infranti e dai bordi anneriti che reggeva ancora tra le mani, senza il coraggio di fissarli troppo a lungo, senza il coraggio di lasciarli andare.

Entrò nella sua cabina e si lasciò cadere a peso morto sul letto, gli occhi asciutti e spenti, quando sentì un terribile ululato provenire dalla sala operatoria.

* * *
* * *



Angolo autrice:
Salve a tutti! Scusatemi per ieri, ho avuto un imprevisto e non sono riuscita ad aggiornare. Alla fin fine credo sia più comodo il sabato, quindi settimana prossima restiamo tra venerdì sera e sabato mattina, okay? ^^
Allora, per quanto riguarda il capitolo... grazie al provvidenziale intervento di Penguin e Sachi Law è riuscito a salvare Kidd, tre urrà per i più rompiscatole della ciurma! Noto sempre troppo spesso nel fandom che Penguin c'è dappertutto mentre Sachi si vede solo ogni morte di Papa. Invece secondo me quei due tipetti sono praticamente inseparabili, dai: hanno persino i cappellini quasi uguali, sono praticamente un tutt'uno ù.ù
Insomma, quindi in questa fanfiction li vedrete praticamente sempre appaiati perché a me piace immaginarli così. Per il resto, beh, ho cercato di rendere la reazione di Law il più verosimile possibile: non mi aspettavo che si mettesse a piangere senza ritegno o che iniziasse a fare lo sdolcinato pensando a quanto disperatamente amasse Kidd o a come preferirebbe essere morto lui al suo posto. Cioè, sicuramente sta malissimo, ma ho cercato di rendere la sua reazione proporzionata al personaggio, ecco. Ditemi se vi è sembrato troppo freddo o troppo sentimentale, mi raccomando!
Beh, adesso arriva la parte interessante: mentre Law stava per abbandonarsi al suo drammatico momento di dolore, nella sala operatoria Kidd si è svegliato. E a giudicare da come strilla non credo abbia preso bene la cosa della zampa mancante, ecco. (insomma, sì, tutta questa storia in realtà è il mio headcanon su come Kidd abbia perso il braccio. Finché Oda non ci dirà la verità, il che potrebbe accadere fra venti o trentanni).
Una cosa: la canzone che ho messo all'inizio è 21 Guns dei Green Day, una canzone che adoro (e i più astuti tra voi avranno notato che è la stessa che c'era anche nello scorso capitolo, solo che quella era la prima parte della prima strofa e questa è la seconda parte.) Vi direi di ascoltarla, perché per me è molto legata a questa storia.
Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qui; grazie anche ai tre santi che hanno recensito e a tutti quelli che hanno messo la storia tra le ricordate, seguite e preferite!
Un abbraccio, vostra
Emma ^^

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Capitolo 3
*** III ***


-Capitolo III-

 

When you're at the end of the road
And you lost all sense of control
And your thoughts have taken their toll
And your mind breaks the spirit of your soul




Non era possibile. Non era possibile non era possibile non era possibile non era possibile. Prima diventava un cane. Poi per poco non lo ammazzavano, e adesso… Il suo braccio!

Kidd non poteva crederci. Aveva passato due giorni d'inferno, alternando momenti di incoscienza ad altri in cui credeva di sentire due persone parlare, mentre il dolore lo assaliva ad intervalli regolari e gli sembrava di avere il corpo cosparso di spilli ora bollenti ora ghiacciati. Eppure non si era accorto di aver perso un pezzo -un bel pezzo- di sé fino a pochi minuti prima, quando era riuscito ad aprire gli occhi e si era sentito abbastanza in forze per reggersi sulle zampe. Allora si era accorto di non averle più tutte.

Nella foga era scivolato giù da quella sorta di lettino su cui era stato messo, facendo cadere un groviglio tremendo di tubi e rovesciando flaconi mezzi pieni. Nel sentire il suono che la sua nuova gamba aveva fatto colpendo il pavimento iniziò ad ululare dalla disperazione e dal dolore, agitandosi e ingarbugliandosi ancora di più nei tubi, mentre la pelliccia gli si sporcava di qualunque cosa si fosse appena rovesciata per terra.

Rimase in quella condizione per quasi un minuto, stremandosi a furia di urlare -ululare, stava ululando- finché la porta non si spalancò e apparve, furente, l'ultima persona che Kidd avrebbe voluto che lo vedesse in quello stato. «Cosa succede qui? Fa' silenzio!» gridò niente meno che Trafalgar Law, giusto un po' troppo forte per i suoi standard.

Kidd era ancora abbastanza sconvolto per conto suo, e qualunque problema potesse avere Trafalgar era di certo meno importante del suo, ma una piccola parte di sé dovette ammettere che non lo aveva mai visto in quelle condizioni. Smise quindi di agitarsi e prese a fissarlo con più attenzione: con i suoi sensi canini nuovi di zecca riusciva a sentire l'odore di Trafalgar fin da lì; quell'odore che di solito riusciva a cogliere soltanto a letto, tra le lenzuola stropicciate in mezzo a un groviglio di braccia sudate e muscolose. Ma non poteva lasciarsi distrarre, assolutamente. C'era dell'altro, in lui, qualcosa di sbagliato: a un primo sguardo era difficile accorgersene, ma Kidd lo conosceva abbastanza bene da sapere che quegli occhi così infossati e vacui non erano normali, per non parlare delle mani strette a pugno, scosse da un tremore che si sforzava invano di celare. Da quando si conoscevano, Kidd non aveva mai visto le mani di Trafalgar mosse dal più piccolo tremito, neanche in situazioni disperate. Il fatto che avesse urlato così forte, poi, era ancora più strano: dov'era finita la sua solita calma, sempre in grado di farlo esplodere dalla rabbia?

Nel vedere che il cane gli aveva obbedito subito, Law corrugò la fronte. Kidd si accorse troppo tardi di cosa aveva fatto -non voleva certo dargli l'impressione di essere un cagnolino ben addestrato!-, ma prima che potesse rimettersi ad ululare l'altro sospirò piano, agitando una mano. Subito Kidd si trovò sospeso nell'aria, immerso nella Room del famigerato Chirurgo della Morte, e nel giro di pochi istanti tutto il disordine provocato dalla sua rovinosa caduta fu sistemato. A quel punto Trafalgar fece come per uscire, poi però sembrò ripensarci e si sedette lì, su una sedia vicino a una scrivania, e appoggiò la testa fra le mani. Sembrava semplicemente stanco, troppo stanco perfino per tornare nella sua cabina. Kidd strinse leggermente gli occhi e inclinò la testa da un lato: cosa diavolo stava succedendo?

«Che stronzo» mormorava intanto Trafalgar, a se stesso o a nessuno in particolare. «Che razza di coglione!» aggiunse con una mezza risata, che però sembrò incastrarsi a metà della gola, terminando con una specie di tremulo singhiozzo.

Kidd non ci stava ufficialmente capendo più niente. Lungi da lui l'idea di preoccuparsi per Trafalgar -nemmeno sapeva cosa ci facesse lui nel sottomarino di Trafalgar, oltretutto-, ma vederlo in quelle condizioni era... era troppo strano, andiamo!

«Oh, smettila di guardarmi così» sbottò improvvisamente l'altro, infastidito. Kidd trasalì impercettibilmente, ma poi si riprese subito e ringhiò piano, sfoderando i denti. Ma con chi credeva di avere a che fare, eh? Solo perché era un cane, non voleva dire che quello stronzo potesse trattarlo peggio che uno zerbino! «Insomma, te la sei cavata per il rotto della cuffia, non mi sembra il caso di mettersi pure a lamentarsi» continuò Law, scoccandogli un'occhiata truce. «E ti svelerò un segreto, pulcioso: si sopravvive anche senza una zampa! Fossi in te, anzi, mostrerei un briciolo di gratitudine in più.» Sembrava quasi, notò Kidd con uno strano senso di confusione, che Trafalgar avesse voglia di litigare, e che non trovando nessun degno sostituto se la fosse presa con lui, un cane. Ma la sua voce era diversa dal solito, alle sue insinuazioni maligne mancava quel sorriso malizioso che di norma non gli scompariva mai dal viso, quella curva derisoria delle sue labbra, ora tese a formare una linea retta. Mancava quel guizzo di ilarità negli occhi che Law rivolgeva sempre a tutti prima di colpire l'avversario nei punti deboli, rendendo la provocazione ancora più efficacie.

Mentre sfoderava i denti e si preparava a balzargli addosso, Kidd sentiva come l'impulso di scrollare Law, di svegliarlo, di farlo tornare alla normalità. Ma prima che potesse muovere anche solo un muscolo, la porta si spalancò con impeto e fecero la loro comparsa i due ragazzini della ciurma di Trafalgar, quelli con i cappelli strani che facevano una confusione terribile e che Kidd personalmente odiava. «È sveglio!» esclamò uno di loro -Kidd si rifiutava di ricordarsi di quale dei due si trattasse-, quando si sentì afferrare da sotto la pancia e sollevare di peso.

«Ah, c-capitano...» balbettò poi l'altro, notando solo in quel momento la figura di Law seduta lì vicino. «Grazie per... ehm... per esserti preso cura di lui?» terminò, quasi fosse una domanda. Kidd emise quello che in teoria sarebbe dovuto essere un verso sprezzante. Quel cretino? Preso cura di lui? Ma se l'aveva insultato e basta!

«Noi siamo... saremo nelle nostre cabine, se hai bisogno di...» continuò l'altro, balbettando in maniera francamente ridicola. Ma cosa stava succedendo? Kidd non ci capiva più niente, punto. Da quando in qua Trafalgar si sentiva tanto male da poter “avere bisogno” di qualcosa dai suoi sottoposti? Qualcuno poteva spiegargli cosa diavolo stava succedendo?

«Shh, tu vieni con noi» lo zittì uno dei due -c'era scritto Penguin sul cappello, quindi Kidd ipotizzò che quello fosse il nome. Uscirono a passo spedito dalla stanza, lanciandosi alle spalle qualche sguardo dispiaciuto. «Devi perdonare il nostro capitano, oggi è proprio un giorno orribile per lui» proseguì, l'aria sinceramente addolorata.

Me ne vado per un attimo e lui si mette nei pasticci, pensò Kidd. Se avesse potuto, avrebbe alzato gli occhi al cielo. Ora mi spiegate cosa sta succedendo, o devo azzannarvi alla gola finché non sputerete il rospo?

«Vedi,» aggiunse l'altro -andando per esclusione, quello doveva essere Sachi o qualcosa del genere-. «Law ha appena scoperto che il suo amante è... è morto» spiegò con voce rotta.

Kidd smise di divincolarsi all'istante, cercando di registrare le parole di quel ragazzino. Ma... nel senso che... «Oh, lui mi ucciderebbe se sapesse che l'ho chiamato così, ma dire “ragazzo” o “fidanzato” per loro due ci è sempre sembrato strano» aggiunse l'altro parlando con foga, velocissimo. «D'altronde, il capitano si ostinava a dire che tra loro non c'era nulla, ma era evidente che non era vero. Si chiamava Eustass Kidd, l'hanno ucciso qualche giorno fa sull'isola di Binks. Il capitano, lui non sta mostrando nessuna emozione, tanto che non diresti mai che sta soffrendo.» Non era vero, Kidd se n'era accorto subito, ma non pensava che...

«Su, ora vieni con noi, è il caso di lasciargli la sua privacy» concluse Penguin, entrando nella cabina che probabilmente gli spettava. C'erano due amache, una scrivania e poco altro. «Deve prepararsi per il funerale» spiegò con un sorriso amaro.

Per Kidd quello fu semplicemente troppo: si divincolò in modo da sfuggire alla presa di Penguin e corse indietro ungo quei corridoi che conosceva, maledizione, li conosceva anche troppo bene. Sono io, sono qui, guardami! Pensò con una vena di disperazione. Come fai ad essere così cretino da credere che io sia morto? Dopo che ti avevo detto che ci saremmo scontrati nel Nuovo Mondo! Oh, e cosa staranno pensando Killer e gli altri?

Non appena era stato trasformato in cane, aveva dato per scontato che i membri della sua ciurma l'avrebbero cercato. In qualche modo, poi, appena si era accorto di essere sul sottomarino di Trafalgar, aveva tirato un respiro di sollievo: l'incubo è finito. Non era morto, e anche se gli bruciava ammetterlo doveva dire che l'intervento di Trafalgar gli aveva salvato la vita all'ultimo secondo. Quel Jacob Moore lo avrebbe sicuramente creduto morto, e a breve Law e i Pirati di Kidd si sarebbero incontrati: sperava che in qualche modo sarebbe riuscito a comunicare con la sua ciurma in modo da farsi riconoscere, e poi avrebbero cercato una soluzione. Trafagar leggeva così tanto, vuoi che non ci fosse una cura per la sua condizione?

Ma non aveva messo in conto questo: Moore aveva predisposto tutto in modo che gli altri lo credessero morto. Probabilmente aveva preso un cadavere qualsiasi e gli aveva messo addosso i suoi vestiti per poi renderlo irriconoscibile con un'esplosione o cose così, e tutti gli altri c'erano cascati!

Ecco a chi erano rivolti quegli insulti bofonchiati da Trafalgar, ecco il motivo di quella sua espressione vuota, del tremore delle sue mani. Lo insultò mentalmente in tutti i modi che conosceva. Ma come si fa ad essere così stupidi? Ci vuole altro per uccidermi!

Fece irruzione nella sala operatoria scivolando malamente sulla protasi nuova di zecca -era così strano, così poco naturale- e investì in pieno il Chirurgo della Morte, che stava uscendo proprio in quel momento.

Trafagar fu abbastanza pronto di riflessi da afferrare la maniglia della porta per rimanere in piedi, ma quando tutto il peso di Kidd gli finì addosso perse la presa e capitombolarono entrambi sul pavimento. «Ma che cazzo hai?» ansimò il medico dopo qualche istante, rialzandosi traballante in piedi. «Quando mai ho dato retta a Penguin e Sachi...» abbassò lo sguardo sul cane, che lo fissava con aria di sfida, ringhiando piano. «E adesso che c'è? Che c'è, perché ringhi in quel modo?» proseguì, quasi si aspettasse davvero una risposta.

Kidd appiattì le orecchie ed emise un verso gutturale, come se si stesse preparando a saltargli addosso. Ma prima che Law potesse anche solo pensare di, insomma, sopprimerlo o cose del genere -non che Kidd gli avrebbe reso le cose facili, beninteso-, Penguin e Sachi fecero nuovamente irruzione nella cabina. «Ma guarda, pare si sia affezionato a te» esclamò Penguin con forzata allegria.

«Ehm, a parte questo... Killer chiede se sei pronto» sussurrò Sachi, ed entrambi abbassarono lo sguardo, sinceramente dispiaciuti. «Hanno già tirato fuori-» esitò, ma Law era una statua di sale. Sachi deglutì rumorosamente e continuò. «Hanno tirato fuori il corpo, è in una bara chiusa. Dicono che comunque non c'era niente da vedere» concluse precipitosamente.

Le mani di Law tremavano, nonostante lui cercasse di nasconderlo. Quell'immagine disturbò Kidd oltre ogni dire, anche se nemmeno lui avrebbe saputo spiegare perché. Allora decise di prendere un provvedimento drastico, e gliele morse con forza, affondando i canini nel palmo pallido e osservando con vaga soddisfazione il sangue che colava lungo le dita sottili. Nessuno se l'era aspettato, quindi il cane godette per un istante dell'effetto sorpresa prima che Law lo sbattesse indietro con foga, scaraventandolo contro il muro -probabilmente con l'aiuto dei suoi poteri- e sibilando un'imprecazione. L'impatto con la parete gli fece mancare il fiato per un secondo, e udì un'inquietante clangore metallico quando la zampa meccanica andò tragicamente in pezzi, ma nel complesso si ritenne abbastanza soddisfatto del suo operato.

«Cosa fai!» inorridì Penguin, correndo verso di lui con uno sguardo terrorizzato. «C-capitano, perdonalo, sicuramente è ancora sotto shock e...» attaccò, ma Law già non lo guardava più, intento com'era a tamponare con aria esperta la ferita.

Quando sollevò lo sguardo, Kidd si aspettava di leggerci rabbia, o dolore, o qualcosa. Ma i suoi occhi sembravano quelli di uno sconosciuto. «Dite a Killer che sto arrivando. E appena finiamo lassù» aggiunse, distaccato, «il cane finisce fuoribordo.»

Ignorando le proteste dei due, Law concluse la sua accurata fasciatura e uscì dalla stanza, sbattendo la porta dietro di sé.

«È la prima volta che sbatte una porta da che lo conosco» sussurrò Sachi, spiazzato. Anche Kidd aveva appena pensato la stessa cosa, troppo stordito per muoversi.

«Tu l'hai fatta proprio grossa, sai?» sospirò Penguin, raccogliendo i pezzi della zampa meccanica ormai inutilizzabile e prendendo Kidd in braccio. Sospirò di nuovo, più forte, gli angoli della bocca sollevati in un sorriso amaro. «Non credevo che sarebbe stata così dura, per lui.»

Sachi annuì, e si incamminarono, trascinando Kidd ad assistere al suo stesso funerale, che si sarebbe molto probabilmente concluso con la sua morte.

 

* * *

 

«Attenti là dietro!»

«Si immerge di nuovo, fermateli!»

«Fuoco!»

La battaglia infuriava da fin troppo tempo, e la marina stava per essere sopraffatta per l'ennesima volta. Kidd e Law, le mani insanguinate e i volti fradici di pioggia e sudore, combattevano spalla a spalla contro l'ultimo manipolo di soldati rimasto in piedi. L'unico osso duro rimasto era un sottufficiale anziano dotato dei poteri di un frutto del diavolo, un paramisha che però gli aveva dato un bel po' di problemi. Ormai stava calando la sera, e combattevano da troppo tempo perché chiunque di loro potesse sperare di usare i poteri dei frutti del mare senza stramazzare a terra, esausto: si sarebbe deciso tutto a colpi di spada, di coltelli, di cannoni. Sangue e morte, proprio come piaceva a loro.

«Abbiamo vinto.»

Anche l'ultimo soldato era crollato, e sul ponte della nave la pioggia lavava via il sangue prima ancora che si coagulasse. I cannoni erano muti, e l'odore della pioggia cancellava quello della polvere da sparo. Solo i corpi stesi a terra ricordavano la terribile strage che era appena avvenuta, quelli e le ferite sui corpi dei due capitani.

«Come sempre.»

Kidd sbuffò, spolverandosi i vestiti, e Law si sedette a terra. Ansimava leggermente, ma i suoi occhi brillavano di una luce scaltra e maliziosa che non si spegneva mai. «A un certo punto ho quasi sperato che stessi per tirare le cuoia» scherzò, alludendo al momento in cui il sottufficiale aveva sfruttato i suoi poteri, la singolare capacità di inclinare il piano su cui camminava, per far rovinare Kidd fuori bordo. A Law era bastato allargare la sua Room e scambiare Kidd con un marine di fronte a lui per scongiurare il pericolo, ma di certo non intendeva lasciar correre la cosa senza divertirsi un po'.

«Nah, tu ne saresti uscito distrutto» minimizzò Kidd sedendosi con uno sbuffo soddisfatto accanto a lui. «Non morirò prima di averti fracassato i coglioni a sufficienza, mi spiace per te.»

Law ghignò. «Vedi di non fare cazzate mentre non ci sono, allora» sussurrò, la tempesta che infuriava sempre più forte dietro di loro. «Vai nel Nuovo Mondo, mh?»

Kidd annuì con baldanza. «Assolutamente! E ti conviene muovere il tuo grosso culo sfondato se non vuoi che io trovi lo One Piece prima di te!» aggiunse ghignando.

Law sollevò lo sguardo verso le nuvole scure, l'ombra di un sorriso sul volto. «Quando?» chiese semplicemente.

«Tra un mese» fece l'altro. «Giusto il tempo di sistemare le ultime faccende in sospeso. Tu aspetterai come minimo un anno o due, non è così?»

Law annuì sempre senza guardarlo. Si conoscevano fin troppo bene, e sapevano che nessuno dei due sarebbe sceso a compromessi sulla strategia da seguire: ciascuno di loro avrebbe seguito la propria strada, anche se significava avere quell'immensa linea rossa a dividerli per più di un anno. «Ci vediamo a Binks. Tra un mese» disse all'improvviso Law, distogliendo lo sguardo dal cielo grigio e burrascoso e posandolo sulla figura di Kidd. «È sulla strada, no?» aggiunse con un mezzo ghigno.

L'altro rispose al ghigno e annuì. «Andata, ci sarò. E preparati, perché dovrò fare il pieno per tutto il tempo in cui resterai a fare il coniglio in questo mare così palloso» aggiunse con arroganza.

Law emise un verso sprezzante, inarcando un sopracciglio. «Pensala come ti pare, Eustass-ya. A differenza di te, però, io rifletto prima di buttarmi a capofitto in un mondo sconosciuto» gli ricordò. Kidd stava per ribattere, ma un tuono forte come mai ne avevano sentiti scosse la nave da cima a fondo. I due capitani si alzarono, scrutando l'orizzonte alla ricerca delle proprie imbarcazioni. «Te l'avevo detto che aveva poco senso assaltarli direttamente sulla loro nave» fece notare seccamente Law.

«Oh, senti, questi coglioni non si decidevano a scendere, ci avvicinavamo al ciclone e ho pensato che-» iniziò a inalberarsi Kidd, poi però si interruppe. «Ah, la mia nave!» Law notò il suo sottomarino che scompariva nei flutti poco lontano. «Ehi, siamo qui!»

Quando entrambi furono a bordo delle loro imbarcazioni, Law mise le mani a coppa davanti alla bocca. «Allora, tra un mese a Binks!» gridò, cercando di farsi sentire sopra il fragore della tempesta.

Kidd ghignò. «Mi raccomando, ti voglio puntuale, dolcezza!» Rise ignorando il dito medio di Law e proseguì. «E cerca di non farti ammazzare nel frattempo!»

Law alzò gli occhi al cielo. «Vale anche per te, cretino» sbuffò.

«Eh?» gridò Kidd, mentre la nave già si allontanava.

«Capitano, scusa se ti interrompo, ma dobbiamo immergerci!» lo avvisò Bepo, spaventato.

Law annuì e fece un gesto a Kidd, come a dire “niente, lascia stare”. Quello si strinse nelle spalle e si voltò, sollevando il braccio in un rude cenno di saluto mentre già dava ordini a destra e a manca alla sua ciurma. Law permise a un fugace sorriso di fare capolino sul suo volto.

Che gran coglione, quell'Eustass Kidd.

 

* * *








Angolo autrice:
Eccomi, non sono morta! Scusate il ritardo, ma c'è stato il ponte e la mia allegra famiglia ha deciso di partire, e -indovina indovinello- là dove siamo andati non c'era il wifi. In ogni caso sono tornata, pronta per voi con questo sfolgorante nuovo capitolo!
Allora, la faccenda è che Law è molto molto scosso e cerca in tutti i modi di contenersi, mentre Kidd semplicemente non riesce a sopportare la situazione, agendo seguendo l'istinto: praticamente reagiscono l'uno l'opposto dell'altro. Volevo evidenziare questa cosa nel loro primissimo incontro, ecco. Poi, va beh, Kidd a modo suo si preoccupa tantissimo vedendo Law in questo stato, e queso è un dato di fatto. Che poi reagisca male è un altro conto. Per quanto riguarda il flashback... risale al loro ultimo incontro prima dell'inizio della storia.
Ditemi cosa ne pensate del capitolo, mi farebbe molto piacere leggere i vostri commenti!
Grazie di cuore anche a tutti quelli che seguono, preferiscono, ricordano e recensiscono! Un bacione, vostra
Emma ^^

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Capitolo 4
*** IV ***


-Capitolo 5-

Your faith walks on broken glass
And the hangover doesn't pass
Nothing's ever build to last
You're in ruins

 

 

La cerimonia fu breve, anche perché nessuno, lì, avrebbe potuto sopportarne una più lunga. Law aveva compiuto tutto come si doveva, assicurando alla salma un trapasso sicuro e all'anima un comodo viaggio verso l'aldilà. Non che Kidd credesse a quelle cose quand'era in vita, ma sarebbe stato fin troppo irrispettoso non degnarlo di una cerimonia degna di questo nome, e Law aveva fatto tutto alla perfezione, senza sbagliare neanche una formula.

Killer aveva chiesto di poter pronunciare un discorso, e ovviamente Law aveva acconsentito subito: era stato davvero molto bello -Law aveva visto Penguin soffiarsi il naso, mentre teneva tra le braccia quella bestia. Oh, buttarla a mare sarebbe stato l'unico momento appagante della giornata, senza dubbio: si sarebbe assicurato di gettarlo fuori bordo con le sue mani.

Alla fine arrivò il momento di gettare la salma in mare: era il momento che Law temeva più di tutti, quello in cui ogni speranza veniva definitivamente abbandonata, l'estremo saluto. Stava per dire definitivamente addio a quello che rimaneva di Kidd, del Kidd che aveva conosciuto. Avrebbe preferito morire, avrebbe davvero preferito morire piuttosto che vivere per l'ennesima volta un distacco del genere.

Eppure le cose dovevano andare così, ormai non c'era assolutamente niente che Law potesse fare: fu quindi con sguardo duro e imperscrutabile che osservò la bara scivolare lungo il ponte di comando e cadere in acqua, affondando con qualche schizzo senza riemergere più. Era una bella giornata, nonostante tutto: l'acqua era calma e il cielo era terso. Era tutto così bello che Law avrebbe semplicemente voluto tornare bambino e urlare, come quando era morto Còrazon: urlare la sua rabbia e la sua impotenza al mondo intero. Perché il mondo non doveva permettersi di continuare ad essere bello, come se niente fosse.

«E adesso, cosa farete?»

Killer si grattò la testa. «Beh, andremo a cercare quel Moore, ovviamente. Rotta verso il mare meridionale.»

Law lo studiò per qualche istante. «Se volete, potete unirvi a noi. Non avete più un capitano, e sono sicuro che nessuno nella mia ciurma avrà delle rimostranze ad accogliervi nel nostro sottomarino.»

Killer esitò un istante. «Grazie per l'offerta, ma...»

«Non siete interessati. Ne ero sicuro» lo anticipò Law con un sorriso stanco. «Ma supponevo di doverlo chiedere comunque.»

Killer annuì. «Siamo sempre i pirati di Kidd, nonostante tutto.»

Lo sguardo di Law vagò un po' sul mare in cui la bara era appena affondata. «Andremo anche noi a caccia di Moore. Lo sai» disse piatto.

Killer sospirò. «Immagino di non potervi dissuadere. Quindi seguiremo la stessa rotta?»

Law si stiracchiò e iniziò ad allontanarsi. D'improvviso la vista del mare gli faceva troppo male. «Direi di sì. Noi però proseguiremo sott'acqua, quindi non credo che avremo modo di passare molto tempo insieme. In ogni caso ci possiamo tenere in contatto tramite Lumacofono, e per le emergenze...» Ficcò la mano in tasca e ne estrasse un piccolo foglietto di carta con su scritto il suo nome. «Questa è una Vivre Card. Sai come funziona?»

Killer annuì, cauto, e allungò la mano verso il foglietto di carta. «Sono rare, in questo mare» commentò quasi con reverenza. «È solo la seconda volta che ne vedo una dal vivo.»

Law, in realtà, l'aveva preparata per Kidd. Come garanzia mentre sarebbero stati lontani. Stiracchiò un sorriso e saltò giù dalla nave atterrando sul suo sottomarino. «Allora è il caso di mettersi in viaggio, dico bene?»

Killer annuì seccamente. «Siate prudenti» consigliò soltanto.

Law fece una smorfia. «Preoccupati per voi, piuttosto, Killer-ya» cantilenò. «Siete rimasti solo in tre, dico bene?»

Una ciurma così piccola, Law gliel'aveva sempre rinfacciato. Pochi ma buoni, Trafalgar! Ribatteva sempre Kidd, stizzito.

Mentre si addentrava nel sottomarino, dovette passarsi una mano sulla fronte: si sentiva vecchio, come se di colpo gli fossero piombati mille sulle spalle. Spalancò la porta della cabina di Penguin e Sachi. «Allora, dov'è il cane da annegare?»

I due si guardarono negli occhi, visibilmente terrorizzati. «È... scappato» pigolò alla fine Sachi, nascondendosi subito dopo dietro Penguin.

Law assottigliò lo sguardo. «Scappato?» ripeté, tanto per essere sicuro. Gli altri annuirono. «L'avete riportato dentro, dopo?» indagò, evitando accuratamente di pronunciare la parola “funerale”.

«S-sì, era con noi. L'abbiamo lasciato un istante in cabina da solo, e...» balbettò Penguin.

«Qualcuno l'ha visto uscire dal sottomarino?» chiese di nuovo Law, la voce pacata.

«N-no, non è possibile, era tutto chiuso. E comunque, non abbiamo nemmeno attraccato al porto» disse in fretta Sachi, incespicando sulle parole. In un certo senso, a Law era sempre piaciuto avere quell'effetto sulle persone. Ma non era decisamente il momento.

«Quindi possiamo ragionevolmente dedurre che si trovi ancora su questo sottomarino? Un sottomarino che, ricordiamolo, non è un luogo tanto grande?» chiese, facendo qualche passo verso di loro.

«S-sì...»

«Allora avete un'ora per trovarlo» sibilò Law. Non era dell'umore, dannazione! Possibile che non lo capissero? «E non ho intenzione di aspettare un secondo di più! Ci siamo capiti?» aggiunse.

Penguin e Sachi pigolarono un «Certo!» e schizzarono via.

Allora Law sospirò, e si avviò a passo di carica verso la sua cabina, con una gran voglia di dormire. Poteva concedersi un'ora.

 

* * *

 

Andò a finire che, un'ora e mezza dopo, Penguin e Sachi bussarono tremanti alla porta del loro capitano balbettando che no, non erano proprio riusciti a trovarlo, e che probabilmente doveva essersi infilato nella nave dei Pirati di Kidd mentre nessuno guardava.

In realtà era tutto il contrario: Kidd aveva semplicemente fiutato aria di tempesta e si era cacciato in fondo alla stiva in attesa di un momento più propizio. Aveva ascoltato la conversazione tra Law e Killer, e oltre a un moto di gratitudine verso il suo primo luogotenente aveva provato un bruciante desiderio di vendetta: stavano andando verso Moore, quindi lui doveva assolutamente rimanere a bordo di quel maledetto sottomarino. Unico inconveniente: il suo proprietario lo voleva morto. Aveva provato a scappare nella sua nave, visto che anche i suoi compagni stavano puntando nella stessa direzione, ma c'erano due uomini davanti all'ingresso e non sarebbe riuscito ad evitarli.

Alla fine aveva deciso di nascondersi lì: con un po' di fortuna nessuno lo avrebbe trovato fino a che non fossero arrivati nell'isola di Moore, e a quel punto, beh, Law avrebbe avuto problemi più seri di un cane fuggitivo.

Non aveva il problema del cibo, ma quello della noia sì: Kidd passò quasi due giorni nascosto nel buio della stiva, e per poco non impazzì. All'imbrunire del secondo giorno, improvvisamente, la porta della stiva si spalancò. Kidd fece un balzo all'indietro, ma non si aspettava una tale irruzione a quell'ora: l'ora di cena era già passata!

Fortunatamente -o sfortunatamente, dipende dai punti di vista- ad aver aperto la porta era stato quell'idiota di Penguin. Spalancò la bocca e corse ad acchiapparlo. «Non posso crederci, sei qui! Ma avevamo controllato due volte!» Certo, per come controllavano quei due Kidd non aveva neanche dovuto fare fatica a nascondersi. «Sei fortunato, il capitano è appena sceso in paese!» esclamò, allegro. «Abbiamo attraccato, siamo a Saem. Sono qui per fare l'inventario di quello che ci manca. Dai vieni su, vedrai che Sachi sarà felicissimo di vederti. E non ti ho ancora presentato Bepo!»

Kidd gemette internamente, mentre si faceva trascinare fuori con aria rassegnata. Dopotutto, gli era mancata la luce del sole.

 

* * *

 

«Nella stiva, figuratevi un po'!»

«Dev'essere un cane davvero furbo, avete fatto bene a tenerlo!»

Kidd non avrebbe mai immaginato che l'intera ciurma sarebbe stata tanto deliziata dall'averlo a bordo: anche quelli dall'aria più dura non si erano risparmiati un commento divertito, e lui iniziava a chiedersi su che razza di sottomarino fosse capitato.

Era da poco passato mezzogiorno. Kidd poteva dirlo perché si trovavano miracolosamente all'aperto, sul ponte di comando: avevano appena attraccato su quell'isoletta sperduta che Kidd non aveva mai visto, e Law era sceso da solo perché, a sentire Bepo, “dopo l'ultima volta il capitano non si fida a lasciarci scegliere cosa mangiare”. L'isola non era grande, ma che evidentemente doveva essere abituata all'arrivo di pirati in cerca di ristoro: le facce che si vedevano camminare lungo il molo non erano delle più rassicuranti, ecco. Kidd si sentiva già a casa. Questo non toglieva che si sentisse prossimo a una crisi di nervi a causa di quella ciurma, in particolare dei due pazzi che al momento non facevano che vantarsi di come loro l'avessero eroicamente salvato.

Un'altra mano che puzzava di disinfettante si avvicinò per accarezzargli la testa, e fu semplicemente troppo: non era un fottuto animale da compagnia, e che diamine! Si ribellò con uno scatto e saltò giù dalle goffe braccia di Penguin, per poi spiccare un poderoso balzo verso il molo. La mancanza di una gamba fu una sensazione così vertiginosa da rischiare di farlo cadere in acqua, ma in qualche modo riuscì a rimanere in equilibrio: saltellò per un po' a destra e a sinistra per riassettarsi, e poi corse ad infilarsi nelle strette vie del paese. Ringraziò di aver avuto così tanto tempo da solo nella stiva: aveva eliminato a morsi tutti i residui della sua vecchia gamba di metallo, che al momento sarebbero stati davvero d'intralcio. Non aveva un vero e proprio piano, anche perché sapeva benissimo che l'unico modo per trovare Moore era rimanere a bordo del sottomarino. Più probabilmente sarebbe rientrato quella sera, senza farsi vedere da nessuno, e avrebbe continuato il viaggio nella stiva: non poteva reggere quell'eccesso di attenzioni un secondo di più.

Stava per addentrarsi ancora di più nelle vie quando sentì una voce fargli accapponare la pelle. «È la ciurma di Trafalgar Law? Sei sicuro?»

Kidd si immobilizzò, guardandosi intorno con aria sospetta. Dietro di lui c'erano due uomini alti e robusti, chini uno vicino all'altro. Quello che aveva parlato aveva un occhio bendato e una pipa in bocca; l'altro era dotato di una lunga barba incrostata di sporco. Puzzavano entrambi da far paura.

«Ti dico di sì! E il loro capitano non c'è, l'ho visto entrare nell'emporio di Bertz cinque minuti fa. Mi sono già accordato con Benny, ha detto che lo terrà impegnato come minimo per un quarto d'ora... È un'occasione d'oro!» Sghignazzarono entrambi, e Kidd non poteva credere alle sue orecchie. «Oh, saremo anche cacciatori di taglie, ma non siamo mica stupidi. Il capitano è troppo per noi, ma in ogni caso la ciurma da sola varrà i suoi cento milioni di berry... Tu vai a chiamare i ragazzi, ce la sbrigheremo in meno di cinque minuti!»

Kidd aveva pochissimo tempo per pensare. Aveva riconosciuto i due come i capi di una banda di cacciatori di taglie piuttosto famosa nella Great Line, ma sinceramente non se n'era mai preoccupato troppo: la gente tremava al pensiero di avvicinarsi a lui, figurarsi di catturarlo. Eppure ricordava di aver letto di alcuni pirati con taglie da oltre cinquanta milioni di berry venire catturati dalla loro banda. Ora come ora temeva che la ciurma di Law non sarebbe riuscita a tenergli testa: non dubitava che fossero abbastanza forti -Trafalgar non avrebbe mai portato con sé dei pesi morti, questo lo sapeva bene-, ma...

Fece dietrofront prima ancora di aver preso una vera decisione, zigzagando tra le case con lo sguardo rivolto verso l'alto, finché non lo trovò: dopotutto, in un'isola piccola come quella ci poteva essere un unico “emporio di Bertz” che soddisfacesse le aspettative di uno come Trafalgar Law. Fece subito irruzione e andò a sbattere proprio contro Trafalgar, impegnato in un'accesa discussione con un commesso che evidentemente non voleva a nessun costo vendergli qualcosa. Smettila di perdere tempo qui mentre la tua ciurma è nella merda!, cercò di urlare, ma gli uscì un mugolio strozzato. Possibile che persino abbaiare fosse così dannatamente complicato?

Gli occhi di Trafalgar si accesero di rabbia. «Ah, guarda un po' chi si rivede!» esclamò con un tono decisamente poco amichevole. Kidd però non aveva tempo da perdere: se il sottomarino fosse stato affondato, chissà quanto ci avrebbe messo Law a trovare Moore! E poi, forse, una piccola parte di lui stava pensando che Trafalgar ne avesse già passate abbastanza, nell'ultima settimana, per perdere anche tutta la sua ciurma. Traballante sulle sue tre zampe rimase fermo immobile a fissarlo, e cercò di trasferirgli con gli occhi tutta l'urgenza che stava provando. Dannazione, smettila con quello sguardo, lo sai che con me non attacca!, pensò con un po' di esasperazione. Kidd era abituato ad avere quegli occhi puntati addosso, ma non gli erano mai sembrati così sospettosi, così cupi. Pregò che gli desse retta, o sarebbero stati davvero guai. Ringhiò piano, come a mettergli fretta, e l'altro sobbalzò leggermente.

«Eri sul sottomarino, giusto?» mormorò Trafalgar con aria concentrata. «Mi stai dicendo che è successo qualcosa?»

Mi prende sul serio, realizzò Kidd con stupore. Mi guarda come guarderebbe una persona. Ha capito sul serio.

Si riscosse abbastanza in fretta e cercò di annuire goffamente, poi gli scoccò un'occhiata significativa insieme a un verso che doveva suonare come uno sbuffo esasperato, ma che in realtà sembrava un borbottio di stomaco. Trafalgar sospirò. «Torno subito» disse al commesso, che nel frattempo era diventato pallidissimo.

«A-aspetti, non darà mica retta a quell'ammasso di pulci...» balbettò con una risatina nervosa che tradiva lo stato di panico in cui si trovava.

Law assottigliò lo sguardo. «Perché no?» chiese a bassa voce.

Kidd non resistette più: da quando era un cane quella era stata decisamente la parte più divertente. Ringhiò con un sorriso deliziato sul volto canino e addentò con forza la gamba del commesso, Benny, se non ricordava male dal discorso dei due. Il ragazzo si accasciò a terra urlando, e Kidd sbirciò in direzione di Trafalgar. Sembrava quantomeno impressionato.

Si riscosse immediatamente: non c'era tempo da perdere. Si voltò e fece per correre verso l'uscita, sbandando leggermente verso destra. Si sentì improvvisamente sollevare dal nulla, e si accorse che Law aveva attivato la sua Room. «Dove credi di andare con tre zampe?» sospirò, facendolo atterrare tra le sue braccia. Tra le sue braccia. Se Kidd avesse potuto ucciderlo, ora l'avrebbe fatto con piacere. Ma come si permetteva? Lui era il grande Capitano Kidd, lui non si faceva prendere in braccio da nessuno, tanto meno da quel chirurgo da quattro soldi che... non riuscì a terminare il pensiero che si sentì come strattonare violentemente dall'interno, e nel giro di un istante si trovavano sul molo.

 

* * *

 

Law non aveva la minima idea del perché avesse dato retta a quell'ammasso di pulci, per dirla alla maniera del commesso. Forse era stato per quello sguardo così umano, così diverso dai normali sguardi acquosi e vuoti degli animali in generale. O forse per quel suo maledetto modo di ringhiare: gli ricordava qualcosa, ne era sicuro. Fatto sta che aveva deciso di fidarsi e di tornare in gran fretta al sottomarino, se non altro per dare una lavata di capo a Penguin e Sachi: era davvero così difficile trovare un cane in uno spazio così ristretto? Oppure gliel'avevano tenuto nascosto per tutto il tempo?

Ma appena fu lì gli bastò un'occhiata per comprendere al volo la situazione: il suo sottomarino era sotto attacco. Riconobbe all'istante gli intrusi come alcuni tra i peggiori cacciatori di taglie della zona, e per quanto la sua ciurma si stesse battendo valorosamente non sarebbe stata in grado di resistere a lungo. Si accorse a malapena del cane che si divincolava dalla sua stretta, preso com'era ad evocare di nuovo la sua Room: in meno di un istante spazzò via più di metà della banda di quei cacciatori, e gli altri si congelarono sul posto.

Leggermente ansimante per lo sforzo, Law camminò a passo volutamente lento per il ponticello. «Che strano, non mi ricordo bene. Bepo, avevamo previsto qualche visita per oggi?» Dannazione, se gli girava la testa... ma una mossa del genere era stata essenziale per bloccare gli avversari prima che causassero altri danni. Il grande orso bianco scosse freneticamente il capo, mentre il cacciatore di taglie contro cui stava combattendo fino a pochi istanti prima cercava disperatamente di scivolare via senza dare nell'occhio. Bastò uno sguardo di Law per farlo congelare.

«Sapete, tendo a non essere molto comprensivo con chi attacca a tradimento la mia ciurma mentre io non ci sono» proseguì, godendo dell'effetto che le sue parole stavano facendo sulle persone. Forse non era più nel pieno delle sue forze, ma loro erano rimasti in pochi, e sembravano abbastanza sotto shock: ormai batterli sarebbe stato un gioco da ragazzi. «Quindi ora lasciate andare immediatamente tutti i membri della mia ciurma.» scandì, assottigliando lo sguardo. Un paio di uomini abbassarono precipitosamente le armi e qualcun altro si premurò di sciogliere i lacci con cui avevano legato alcuni compagni di Law. Il capitano fece scivolare lo sguardo su tutto il ponte di comando, godendo dell'evidente terrore che leggeva sui volti dei cacciatori di taglie. Improvvisamente però corrugò le sopracciglia, stringendo le labbra. «Ho detto tutti i membri della mia ciurma» scandì con voce controllata, attivando bruscamente la Room. Sapeva di non avere più molte forze, ma non poteva rischiare di non fare in tempo. Nel giro di un istante si ritrovò tra le braccia un ammasso di pelo rossastro, mentre l'uomo col coltello in mano si ritrovò a fissare una foglia secca. «Così va meglio» sogghignò, godendosi le espressioni incredule e grate di Sachi e Penguin. Si concesse di abbassare lo sguardo sul cane, e nei suoi occhi lesse un tale disappunto, come se Law gli avesse fatto un gravissimo torto, che non riuscì a trattenere il suo primo, vero sorrisetto da quando Kidd era morto.

 



 

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Capitolo 5
*** V ***


-Capitolo 5-

 


Come si era permesso? Quante umiliazioni voleva ancora infliggergli quel medico da strapazzo prima di ritenersi soddisfatto? Kidd davvero non ne poteva più, non era possibile! Quando era stato magicamente teletrasportato nel porto, aveva pensato bene di filarsela il prima possibile -era tra le braccia di Trafalgar, di Trafalgar!-, e si era diretto senza ulteriori indugi verso la cara, vecchia stiva. Aveva fatto il suo dovere e aveva salvato la baracca, ma che non si aspettassero che diventasse l'animaletto di compagnia della ciurma! Improvvisamente, però, si sentì afferrare per la collottola. «Sei il cane di prima!» ringhiò una voce gracchiante. Kidd alzò lo sguardo e si ritrovò davanti uno dei due uomini che aveva sentito parlare al porto. Law stava ancora parlando in sottofondo, ma l'uomo non sembrò accorgersene, intento com'era a sollevare il pugnale che teneva stretto tra le mani. Kidd non si fece intimidire e ringhiò sommessamente, mostrando i denti. L'uomo fece per abbassare la lama e Kidd era pronto a saltare, quando... «Ho detto tutti i membri della mia ciurma.»

E d'improvviso Kidd era ancora tra le braccia di Trafalgar. Ma se se la stava cavando benissimo anche da solo! D'accordo, forse era leggermente svantaggiato dal momento che il suo avversario era armato, ma... In ogni caso, come aveva osato quel medico da strapazzo trattarlo alla stregua di una damigella in difficoltà?

I nemici se la diedero a gambe, mentre i compagni di Trafalgar li inseguivano con le spade sguainate, improvvisamente rinvigoriti. Kidd stava per tentare l'ennesimo, disperato ritorno alla stiva quando sentì qualcosa di pesante cadergli addosso: Trafalgar si era seduto a terra, o per meglio dire, si era accasciato addosso a lui e respirava profondamente, la fronte tra le mani. Kidd riconosceva quella posizione: serviva a Trafalgar a recuperare le forze dopo aver abusato del suo potere. Solo che stava premendo la schiena contro la sua pelliccia, e per quanto disperatamente desiderasse andarsene, non poteva semplicemente spostarsi. Andiamo, possibile che Trafalgar fosse così stupido da sprecare la sua Room a destra e a sinistra come se nulla fosse? Aveva sgominato metà della banda di cacciatori di taglie più potente del paese, certo, ma in ogni caso non era normale che si sfiancasse tanto per così poco. Aveva già sfruttato il suo potere quella mattina? Oppure, realizzò Kidd con un fastidiosissimo groppo in gola, c'entravano qualcosa quelle occhiaie così marcate e l'aspetto emaciato di chi non ha dormito né mangiato nulla negli ultimi tre giorni.

Conclusione: il suo corpo si rifiutava di muoversi, quindi rimase fermo a fare da sostegno a Trafalgar mentre il resto della ciurma tornava alla spicciolata verso di loro e lo riconosceva, condannandolo ad un'eternità di grattini sulla testa e voci francamente rivoltanti che lo chiamavano. «È il nostro cane!», «Dev'essere stato lui ad avvertire il Capitano!», «Oh, che gran cane che abbiamo!», «Capitano, come stai?», «Menomale che sei arrivato, Capitano!», «Oh, ma che bravo cagnolino che sei!»

Kidd sospirò, rassegnato, ma non si mosse di un millimetro finché Trafalgar non si tirò in piedi e gli dedicò uno sguardo indagatore, scannerizzandolo con gli occhi prima di concedere: «E va bene, può stare sul sottomarino, purché non interferisca con i miei studi.» Kidd lo fissò a lungo, stringendo gli occhi: eh sì, era ridotto a uno straccio. Non dormiva da un'eternità. Lo conosceva, sapeva che era capace di rimanere sveglio oltre i limiti umani, ma non poteva essere un bene, giusto?

«Dite a Peter di preparargli una gamba nuova. E non vi azzardate a dargli un nome!» ordinò poi, voltandosi e dirigendosi verso la propria cabina.

Kidd strabuzzò gli occhi: non ci aveva pensato, ma la sola idea gli faceva venire i brividi. Ringraziò mentalmente Trafalgar per avergli risparmiato una simile tortura.

«Non c'è problema, possiamo chiamarlo “il cane”» assicurò Penguin, sprizzante di gioia. «Come stai, bel cagnaccio? Vieni, ti faccio vedere dove dormirai: la cabina comune andrà benissimo, ti preparo una cuccia!»

Kidd abbassò il muso, sconsolato: sarebbe stato un lungo viaggio.

 

* * *

 

Avevano attraccato da qualche ora, e Law aveva appena finito un capitolo particolarmente interessante quando sentì la porta spalancarsi di botto e vide la forma sfocata del loro ultimo ingresso catapultarsi nella sua cabina. Il cane sembrava non essersi nemmeno accorto di essere finito nella sua stanza, quando sentì la voce di Penguin dal corridoio e si ficcò senza tante cerimonie sotto la scrivania di Law.

In quell'istante la testa di Sachi fece capolino da dietro la porta. «Capitano, hai visto il cane?»

Law inclinò la testa. «Vi è scappato di nuovo?» domandò, sollevando un sopracciglio. «Se non siete in grado di prendervene cura...»

A quel punto apparve anche Penguin. «No, no, è sicuramente qui in giro! È solo che, Capitano, avevamo appena preparato la vasca da bagno, e...»

«E ci è scappato! Eppure è tutto sporco, non può continuare a riempire di terra il sottomarino...» si lamentò Sachi.

Law riabbassò lo sguardo sulla sua lettura. «In quel caso toccherà a voi due pulire tutto» si limitò a stabilire. «E ora levatevi di mezzo, che sto leggendo.»

I due si allontanarono prodigandosi in mille scuse, e ben presto il rumore dei loro passi scomparve sotto al costante ronzio del sottomarino. «E tu vedi di non farti mai più vedere qui dentro, sono stato chiaro? Se ti serve un nascondiglio scegliti un altro buco» aggiunse allora, sempre senza staccare gli occhi dal libro.

In risposta ricevette un ringhio indignato, al che si decise a sollevare lo sguardo. Il cane stava dritto su una gamba metallica nuova di zecca, e lo fissava con astio. «Su, sbrigati ad andare, altrimenti chiamo di nuovo Sachi e Penguin» sbottò, stizzito. La minaccia parve funzionare, perché il cane si voltò con arroganza e uscì dalla cabina a passo di carica.

Law sospirò: non sapeva perché, ma relazionarsi con quel cane lo metteva a disagio. Da un lato era sicuro di detestarlo, dall'altro invece sentiva come un bisogno tangibile di averlo vicino. Chiuse il libro e si sdraiò a letto, cercando di recuperare qualche ora di sonno. Era inutile: non chiudeva occhio dal giorno del funerale. Allontanò la stanchezza passandosi una mano sulle palpebre abbassate, e strinse i denti fino a farsi male: gli occhialini da aviatore erano sempre lì, le lenti spezzate, in bella vista sulla sua scrivania. Non doveva pensare a lui, non doveva pensarci affatto. Anche se tutto, persino quel cane, con i suoi occhi così spaventosamente umani, glielo ricordava.

 

* * *

 

Viaggiavano da settimane, e quasi quasi Kidd rimpiangeva la solitudine della stiva. Dopo l'entusiasmo dei primi giorni, l'equipaggio aveva iniziato a prestargli un po' meno attenzione di prima: solo i due idioti continuavano a cercarlo e a grattarlo sulla schiena ogni due per tre. Ma insomma, non avevano dei compiti, su quella nave?

Per quanto riguardava Law, non lo vedeva praticamente mai. Nemmeno Penguin e Sachi lo vedevano, in effetti, e si sfogavano spesso con lui. Il capitano non usciva dalla sua cabina se non per dare ordine di attraccare o, molto raramente, per fare incetta di beni alimentari di prima necessità più o meno una volta ogni due giorni. Quando usciva, poi, sembrava quasi normale: nella sua voce non si coglieva nessuna incrinatura, i suoi occhi erano svegli e attenti, e nei suoi discorsi c'era la solita fermezza e la solita sicurezza. Kidd però lo vedeva, che stava lentamente crollando a pezzi. Nei piccoli gesti così innaturali, nelle mani che a volte si mettevano a tremare, negli occhi che evitavano accuratamente quel paio di occhialini da aviatore esposti sulla sua scrivania.

Raggiunsero la loro prima meta circa due settimane dopo, durante le quali Kidd si era quasi abituato alla routine del sottomarino: il ronzio dei motori, l'aria che puzzava di disinfettante, le stanze in cui poteva entrare e quelle in cui non poteva. L'equipaggio di Trafalgar non era poi così male, alla fine: certo, erano gente tranquilla, a parte i due esagitati. Non erano i tipi da far scoppiare una rissa al minimo inconveniente, ma erano tutti svegli e abbastanza scaltri da riuscire a cavarsela in ogni situazione.

Questa volta erano scesi a terra solo Penguin e Sachi, borbottando qualcosa sul fatto che Trafalgar doveva riposarsi e che volevano vedere Killer, e non tornarono prima di pomeriggio inoltrato.

All'improvviso lo videro mentre stava giusto cercando di svignarsela in una dannata stanza vuota. «Ehi, bello, vieni qua!» Prima che Kidd riuscisse a schizzare via -dannata gamba finta!- Sachi lo agguantò. «Dobbiamo andare dal Capitano» spiegò. «E potrebbe servirci il tuo supporto morale. Abbiamo una proposta da fargli!» spiegò, eccitato.

Bussarono alla porta della cabina e ricevettero un secco “avanti”. Trafalgar stava leggendo, sai che novità: era seduto alla sua scrivania, il vassoio col pranzo ancora intonso al suo fianco.

Penguin esitò, dondolandosi sui talloni. «Ehi, Capitano! Dobbiamo chiederti una cosa. Ecco...» attaccò, senza guardarlo negli occhi.

Kidd si agitò piano, leggermente a disagio. Cosa volevano, quei due? Perché sembravano tanto preoccupati all'idea di parlare con Trafalgar?

«Sull'isola, stasera, ci sarebbe una festa» concluse precipitosamente Sachi. «La ciurma di Kidd ha deciso di andare. Non erano molto in vena, ma Killer ha detto che Kidd avrebbe voluto che andassero, così...»

Kidd rizzò le orecchie, irato: no, non era per niente quello che voleva. Loro non dovevano divertirsi, non dovevano fare come se niente fosse! Lui era morto, dannazione, no? Cioè, ovviamente no, ma loro non lo sapevano, era questo il punto. Stava cominciando, realizzò con un moto di orrore misto a disperazione. Stavano tutti già cominciando a dimenticarlo. Sì, stavano andando a vendicarlo, ma una volta fatto? Probabilmente si sarebbero messi l'animo in pace e l'avrebbero completamente rimosso.

No, Kidd scosse la testa: non doveva farsi prendere da pensieri del genere. Una volta sconfitto Moore avrebbe riottenuto il suo corpo, ne era sicuro. Ma se non fosse stato così?

Law li soppesò con lo sguardo, poi si lasciò sfuggire un leggero sospiro. «Andate pure, non avete bisogno di chiedermi il permesso» disse atono.

Ma Penguin e Sachi non sembravano soddisfatti. «Capitano, per me dovresti venire anche tu» si decise alla fine Penguin, schietto. «Voglio dire, ti farebbe bene.»

Sachi annuì, sorridendo incoraggiante. «Una bella sbronza, come ai vecchi tempi! Che male può fare?»

Law lo fulminò con lo sguardo. «L'ultima volta che siamo usciti a bere» disse piano, scandendo bene le parole. «Ve la ricordate?»

Penguin sembrava confuso, ma Sachi assunse un'espressione colpevole e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio, tra cui si riuscivano a cogliere le parole “cane” e “Kidd”. Oh. Quindi Law non sarebbe andato alla festa, giusto? Kidd si sentiva sollevato. Poi si diede dello stupido.

«E allora cosa vuoi fare, smettere di andare a divertirti per tutta la vita?» si arrabbiò però Penguin, mentre Sachi tentava inutilmente di frenarlo. «Andiamo, Capitano, facci questo favore!»

Law si passò una mano sul viso, come a cercare di scacciare la stanchezza. «Ci penserò» promise alla fine, abbassando di nuovo lo sguardo sul libro che stava leggendo.

Kidd iniziò a ringhiare, ma Sachi fu veloce ad afferrarlo per la collottola. «Vieni, andiamo» sussurrò. «È già un ottimo risultato, sai. Se dice che ci penserà, ci penserà davvero. Però si è messo a leggere, quindi ora non ci ascolterà più qualunque cosa diremo» spiegò con aria compiaciuta, come se Kidd non sapesse già tutte queste cose. Così come sapeva esattamente che c'era un modo per farsi ascoltare da quel chirurgo del cazzo, anche mentre stava leggendo uno dei suoi preziosissimi libri.

Dopodiché, mentre si lasciava trascinare via, cercò con tutte le sue forze di cancellare quel maledetto groppo in gola: scosse la testa e l'immagine di lui che si gettava di peso sopra un Trafalgar impegnato nella lettura, strappandogli un gemito e una risata, sfumò insieme al sapore dei suoi baci.

Sarebbe tornato umano. Doveva farlo.

 

* * *

 

Alla fine era andato davvero. Diciamo pure che era stato costretto: le espressioni di tutta la sua ciurma al completo erano state troppo, e aveva dovuto acconsentire. Il cane, però, restava nel sottomarino. «Ma Capitano, cosa farà qui così tutto il tempo?» si era lamentato Penguin.

«Non possiamo lasciarlo solo, e se dovesse stare male?» gli aveva dato man forte Sachi.

Bepo aveva coronato il tutto con un “dopo tutto quello che ha fatto per noi...” e Law aveva ceduto per pura esasperazione. Non si sarebbe goduto la serata comunque, con o senza quel cane.

«E va bene, andiamo» sospirò, rassegnato.

Gli parve di scorgere un vago scontento negli occhi del cane, ma non si fermò ad indagare: gli facevano un certo effetto, in realtà, quegli occhi. Come una sensazione che gli solleticava un angolo della mente, un ricordo assopito che insisteva per farsi riconoscere. Era frustrante fissarlo troppo a lungo, forse era per questo che tendeva ad evitarlo il più possibile. Recentemente gli era successo abbastanza spesso di fissarlo negli occhi e poi di distogliere in fretta lo sguardo, turbato: semplicemente, quelle iridi chiare e liquide avevano un che di disturbante. D'altronde, lui non era mai andato d'accordo con gli animali, Bepo escluso: relazionarsi con qualcuno che non poteva capire lo infastidiva. Eppure gli sembrava sempre di essere a un passo dal comprendere esattamente quello che quel cane intendeva dire, come in quel momento: c'era qualcosa che non andava, lo capiva benissimo. Solo, sarebbe stato bello sapere cosa.

Alla fine si strinse nelle spalle. «Basta che me lo tenete lontano» stabilì, incamminandosi. Dal villaggio si alzavano già le prime note dei balli di gruppo e l'odore della birra e del sakè si spargeva pungente in mezzo a loro.

Forse una bevuta gli avrebbe fatto bene. Forse gli sarebbe servita a riempire quel buco nel petto che continuava a non farlo dormire la notte. Forse avrebbe semplicemente dimenticato, per qualche ora.

Sospirò. Dio, se ne aveva bisogno.

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Capitolo 6
*** VI ***


-Capitolo 6-


 

Kidd non ci poteva credere. Non ci voleva credere, perché aveva già sopportato l'indicibile, quella sera: vedere tutti i suoi uomini che, piano piano, si abbandonavano ai festeggiamenti era già abbastanza brutto senza questo: Trafalgar, palesemente ubriaco fradicio, stava ridendo a pieni polmoni. Kidd aveva osservato i due menomati mentali col cappello costringerlo con la forza a buttare giù bicchiere dopo bicchiere, finché non aveva perso definitivamente il controllo. L'atmosfera, Kidd doveva ammetterlo, era bellissima: l'isola estiva in cui si trovavano riluceva di falò, lanterne e lampade accese; l'alcool scorreva a fiumi e tutti suonavano, cantavano, ballavano, ridevano. A tratti scoppiava qualche rissa, ma niente di troppo serio. Kidd si era rimpinzato di avanzi ed era anche riuscito in qualche modo a scolarsi mezza bottiglia di rum, prima di vederli.

Perché quello addosso a cui Trafalgar si strusciava era un altro uomo, e stavano ridendo, e l'altro lo stava abbracciando, e Kidd non riusciva a guardare. Quel tipo era altissimo, grosso come un armadio, con un accenno di barba a colorargli il mento scuro e lo sguardo baldanzoso di chi ha sempre ottenuto tutto e subito dalla vita. Nel momento in cui la sua mano scivolò sotto il tavolo a cui erano ancora seduti, un grande tavolo di legno all'aperto, perfetto per nascondere cose a cui Kidd nemmeno voleva pensare, non ci vide più: fece dietrofront e si diresse verso il sottomarino.

Non gli importava. Non gli importava. Non gli importava affatto.

Non che fosse geloso o cose del genere, figuriamoci. Non faceva male il pensiero di come quella sgualdrina lo avesse rimpiazzato in meno di una settimana, per niente. Era solo deluso, ecco tutto: evidentemente quello stronzo lo aveva sempre preso in giro, fin dall'inizio. Chissà quante altre volte era successo, magari in una festa come quella. Oh, ma appena avrebbe riavuto il suo corpo, gliene avrebbe dette quattro!

Raggiunse il ponte del sottomarino, ma quando cercò di aprire la porta realizzò che era chiusa: sarebbe dovuto rimanere fuori ad aspettare gli altri. Dopotutto, non era così grave: la notte era tiepida, e il rumore delle onde gli era mancato, vivendo in quel sottomarino del cazzo. Sì, Kidd era arrabbiato. E non ci vedeva niente di male, era perfettamente legittimato a farlo. Non voleva nemmeno pensare a cosa stesse facendo Trafalgar in quel momento. Non doveva pensarci. Non gli interessava, poteva scoparsi chi voleva, a lui non gliene fregava un emerito cazzo.

Si tirò in piedi di scatto: gliene fregava eccome, invece. Ora la cosa giusta da fare era catapultarsi subito là e mordere quel deficiente e il suo nuovo amico dove sapeva lui, così forte che non sarebbero riusciti a sedersi per due settimane buone, ecco cosa. Stava per mettersi a correre quando un rumore improvviso lo fece sobbalzare: dove pochi secondi prima c'era un mucchio di corde, comparve di colpo la figura accasciata al suolo di Trafalgar Law, una bottiglia quasi vuota in mano.

«Ho-ho sbagliato?» biascicò, guardandosi intorno con aria confusa. Cercò di alzarsi in piedi, ma barcollò e ricadde seduto a terra. Gli scappò un singhiozzo. «No, sono fuori» borbottò poi tra sé e sé.

Kidd inclinò il capo: vedere Trafalgar così ubriaco era uno spettacolo raro persino per lui. Gli si avvicinò piano, circospetto. L'altro parve notarlo solo in quel momento, perché strinse gli occhi alla luce della luna piena e gli puntò contro la bottiglia. «Sei tu!» esclamò, la voce tremante ma vagamente soddisfatta. «Perché non sei ancora là fuori? Io? Beh, diciamo che sono battuto in ritirata» ridacchiò amaramente.

Kidd gli si avvicinò, circospetto. I vestiti sembravano a posto, non aveva l'aria di esserseli rinfilati alla rinfusa. Allora... «Non ce la faccio.» Fu un sussurro spezzato, quasi uscito di propria volontà dalle labbra sottili del ragazzo. Raccolse le gambe al petto e vi nascose la testa. «Non ci riesco» mormorò con voce roca, quasi disperata.

Kidd gli si avvicinò circospetto, poi esitò un attimo gli annusò la mano. Non sapeva perché lo stava facendo, era più un istinto che altro. Ma se non altro Law sollevò la testa, ed era abbastanza buio perché Kidd si convincesse che i suoi occhi apparissero più lucidi del solito per uno strano gioco di luce, nient'altro. «Io non ce la faccio proprio» ripeté allora Trafalgar, gli angoli della bocca piegati nel sorriso più triste e amaro che gli avesse mai visto fare. «E non credo che ce la farò mai. È così sbagliato. Pensavo di averlo superato, di averlo elaborato. Voglio dire, è morto: cosa posso farci, ormai? Non devo sentirmi in colpa. Credevo di... ma non ho sopportato neanche che un altro mi toccasse.» Fece una pausa, mascherando un singhiozzo con un colpo di tosse. Si portò la bottiglia alla bocca e bevve a grandi sorsi tutto il rimanente del suo contenuto. «Sono patetico, vero?» aggiunse, una risatina tremula. «Mi manca così tanto» sussurrò alla fine, prima di portarsi una mano alla bocca e di voltarsi verso il parapetto, rimettendo tutto quello che aveva mangiato per cena. Kidd allora fece due passi verso di lui, molto lentamente, e si strusciò piano contro i pantaloni di Trafalgar.

Non c'era nulla che potesse fare, e tanto meno nulla che potesse dire. Non sapeva nemmeno cosa pensare di tutta quella situazione: si sentiva solo molto turbato, una confusione terribile in testa.

Non immaginava che sarebbe stata così dura, per lui: certo, l'aveva quasi sperato. Aveva desiderato con tutte le sue forze non essere dimenticato né rimpiazzato, ma così... Non era sicuramente questo, quello che voleva. Alla fine Law si risistemò sul bordo del parapetto, la schiena appoggiata ad un barile e la testa ciondolante, profondamente addormentato. Allora Kidd si accucciò accanto a lui, vegliando sul suo sonno finché non spuntò l'alba.

 

* * *

 

Law si risvegliò con un mal di testa indicibile, senza ricordare praticamente nulla della sera precedente. Preda di un orribile presentimento si controllò velocemente, ma tirò in fretta un sospiro di sollievo: sembrava non esseri nemmeno spogliato, e il suo corpo non recava segni di nessun genere. Non aveva fatto cazzate. Non sapeva come avrebbe potuto reagire al pensiero di aver tradito Kidd a così breve distanza dalla sua morte, anche se probabilmente si sarebbe gettato direttamente in mare.

Si stiracchiò, cercando di scacciare il mal di testa: a giudicare dalla luce, l'alba doveva essere passata da poco. Stava per alzarsi quando lo sguardo gli cadde su una massa rossa che russava piano ai suoi piedi. All'improvviso lo investì un'ondata di consapevolezza nel ricordare dettagli della sera precedente: quel tizio, quello del paese, che ci provava con lui. L'immagine di una testa rossa che si sovrapponeva al suo volto. E nei suoi ricordi era Kidd che lo stringeva, Kidd che lo toccava. Law ricordava di essersi chinato verso di lui e di aver sussurrato il suo nome. Solo che quello non era Kidd. E quando se n'era accorto c'era stato solo il dolore, poi il viso accartocciato e la fuga, inciampando un milione di volte. Alla fine aveva provato a usare la Room per tornare al sottomarino, ma invece che nella sua cabina, si era ritrovato sul ponte. Lì, gli occhi chiari e luminosi nell'oscurità, aveva visto lui: il cane. Non ricordava bene cosa gli avesse detto, ma era abbastanza certo di avergli parlato di Kidd.

Si passò una mano sul viso, intimandosi all'istante di smettere di pensarci. Non poteva, non poteva e basta. La sera precedente aveva quasi sperato di essersi guadagnato un paio d'ore di oblio, ma nell'istante in cui quel coso ci aveva provato, Law aveva visto distintamente il volto di Kidd. E quando, subito dopo, quell'immagine era sparita, beh... Law aveva sentito un enorme senso di vuoto, dentro, tanto da fargli male fisicamente. Non ce la faceva più, quindi era scappato.

Eppure, in tutto quel casino, ricordava una cosa positiva. Era come un tocco gentile, esitante, sulla sua mano. E un qualcosa di morbido, morbido sotto le sue dita, terribilmente familiare. Doveva essere stato un sogno, niente di più. Eppure per tutto il giorno continuò a sentire sui polpastrelli la consistenza dei capelli di Kidd.

 

* * *

 

Raggiunsero il mare Meridionale senza altri avvenimenti particolari. Kidd non riusciva a capire come fosse possibile, ma a quanto pareva la ciurma di Trafalgar aveva conoscenze un po' dappertutto. Nel giro di una settimana passata a chiedere indicazioni, avevano un'idea abbastanza precisa di dove si trovasse il covo del capitano Moore.

«Riel è protetta in mille modi possibili» aveva bofonchiato un anziano barista su un'isola di cui Kidd non ricordava il nome. «Non ce la farete mai ad entrare.»

Riel era il nome dell'isola di Moore. Non era propriamente un mistero, perché a quanto pareva tutti sapevano dove si trovava. Il problema era arrivarci.

«Puntiamo dritti là e facciamo irruzione» propose Wire, battendo un pugno sul tavolo. «Non ci fanno paura.»

Trafalgar sospirò senza sollevare gli occhi dalle carte che stava consultando. «Non è questione di paura, Wire-ya. Ma di buonsenso» cantilenò stancamente. «Dovremmo come minimo sapere dove stiamo andando, prima di lanciarci allo sbaraglio in una possibile trappola.»

Killer annuì. «Non vorrete combinare qualche scemenza proprio ora» li avvertì.

Kidd roteò la testa grugnì. Lui era dello stesso parere di Wire, principalmente perché non ne poteva più di essere in quel corpo. Era passato quasi un mese, e la situazione era sempre più dura da sopportare. Non solo per una questione fisica, ma anche... Okay, gli dava fastidio non parlare mai con nessuno. E forse, ma solo forse, una minuscola parte di lui aveva voglia di parlare con Trafalgar. Di ascoltarlo. Di infastidirlo. Oh, se gli mancava rompergli i coglioni.

«Shhh» lo ammonì Sachi, rivolgendo di nuovo lo sguardo al centro del tavolo. Stavano facendo una riunione per mettere insieme le informazioni che avevano racimolato in quell'ultima settimana: c'erano tutti gli uomini di Kidd, Trafalgar, Penguin e Sachi. E quei due avevano insistito per farlo entrare, a patto che se ne stesse zitto e buono.

«Allora cosa proponi? Vorresti andare a perlustrare la zona col tuo sottomarino?» sbuffò Heat.

«Nessuno vi dice che non abbiano dei radar o che so io» aggiunse Wire, incrociando le braccia. «Io dico che dovremmo...»

«Oh, eccola. C'è una mappa» li interruppe Trafalgar, stendendo un grande foglio ingiallito in mezzo a loro. In alto era stampato il nome di Riel, e il resto del foglio era occupato da una grande forma ovale riempita di nomi e simboli che Kidd non riuscì ad identificare.

Subito Heat e Wire ci si tuffarono sopra. «Sei sicuro che sia corretta?»

Penguin sorrise, entusiasta. «Sapevo che Yata-san ci sarebbe stato utile! La sua biblioteca ha sempre tutto, qualunque cosa riguardi il mare Meridionale!»

«Possiamo fidarci al cento percento» assicurò Sachi, deciso.

Killer fece un cenno e gli altri due gli passarono la mappa. «Se lo dite voi sono tranquillo» asserì, e Penguin e Sachi si gonfiarono come due pavoni. Se avesse potuto, Kidd si sarebbe passato una mano sulla fronte: quei due deficienti avevano una vera e propria ammirazione per il suo secondo in comando. Sembrava che lo avessero preso in simpatia sin dal primo giorno, e ad onor del vero a Killer non dispiaceva nemmeno più di quel tanto. Anzi, sembrava quasi divertito dalle loro bizzarre attenzioni. Kidd non lo capiva proprio.

«Immagino che ci siano delle sentinelle» attaccò Law, pratico. «Ma a quanto mi hanno detto la sua ciurma non è molto numerosa. Questo significa che saranno ancora più pericolosi» aggiunse. «Potremmo attraccare di sera, dopo il tramonto. Questa zona sembra sicura» propose Killer indicando una piccola insenatura a est dell'isola.

Trafalgar annuì. «Credo sia il posto migliore. A quanto ho sentito, è da poco che la ciurma di Moore si è stabilita qua. Un paio d'anni al massimo.»

«Da quel che so io, la sua prima taglia risulta di un anno e mezzo fa» aggiunse Wire.

«Questo significa che ovviamente la mappa non fa cenno a nessuna eventuale modifica alla topografia dell'isola che potrebbe aver creato Moore» proseguì Trafalgar. «Ma se ha dovuto costruire una base, ci sono buone possibilità che l'abbia fatto qui.» Picchiò il dito su un largo altopiano nel centro dell'isola. «Ampio, libero da ostacoli, facilmente difendibile. La buona notizia è che potrebbero non accorgersi del nostro arrivo, quando approderemo. Quella cattiva è che sarà semplice per loro cercare di respingerci, una volta identificati.»

«Hai detto che ha una ciurma molto ridotta, giusto?» domandò Heat, pensoso.

«Quattro o cinque uomini, più o meno» confermò Law.

«E nessun esercito di tirapiedi?» chiese Wire inarcando un sopracciglio.

«Una sola nave. Nessuna flotta. Di questo siamo sicuri» confermò Killer.

«Ma c'è l'esercito demoniaco!» lo interruppe Penguin, preoccupato.

«Prego?» fece Wire.

Law alzò gli occhi al cielo. «Ne abbiamo già parlato, Penguin. Sono voci» spiegò pazientemente.

Ma Sachi alzò la testa, fiero. «Non è vero! Ne parla un sacco di gente. Insieme con Moore, nel ventre della sua nave, viaggia un intero esercito di demoni bestiali dalla forza animale mostruosa! Altrimenti che se ne fanno di una nave così grossa?»

Heat assottigliò gli occhi. «Come degli Zoo-zoo?»

«No, proprio degli animali veri. Ma con gli occhi strani. Indemoniati» spiegò Penguin.

Trafalgar si passò una mano sulla fronte. «Non dico che non sia possibile che al suo fianco Moore abbia una qualche sorta di arma segreta» iniziò. «Sarebbe da ingenui pensarlo. Ma accade spessissimo che i pirati inventino storie come questa per ingigantire la propria fama, e non dobbiamo farci ingannare. La nave grande potrebbe essere un dono di Kaido, o qualcos'altro che non possiamo sapere. Ma i demoni non esistono, e questo è un dato di fatto. Potremmo aspettarci al massimo un esercito di animali addestrati o di mercenari provenienti da qualche isola misteriosa, ma niente di sovrannaturale. Quello che sappiamo per certo è che Moore è un ottimo spadaccino, e che ha i poteri di un Frutto del Mare. A proposito, qualcuno di voi ha idea di quale sia?» domandò, scrutando tutti i presenti.

Kidd ringhiò piano: lui lo sapeva benissimo, grazie tante! E aveva anche una mezza idea di cosa potessero essere quei famosi demoni. Tutti si limitarono a scuotere la testa: si diceva che fosse un potere terrificante, ma nessuno l'aveva mai visto all'opera.

«Allora, quando attacchiamo?» chiese alla fine Wire.

«Il prima possibile» fu la risposta di Trafalgar. Kidd dovette nascondere un gesto di stizza al pensiero che alla fin fine era lui, fra tutti gli altri, il vero e proprio leader. Tecnicamente Killer era al suo stesso livello in quanto nuovo capitano dei Pirati di Kidd, ma a Trafalgar spettava sempre l'ultima parola. Non era così, una volta, quando intraprendevano avventure insieme. Allora sì che potevano dirsi riunioni, quelle...

«Direi già domani sera, se siete pronti. Noi abbiamo una buona scorta di armi e munizioni, se volete favorire» aggiunse stancamente. Lo sapevano già, ovviamente: Kidd si era sempre chiesto come facesse la ciurma di Trafalgar ad essere sempre così provvista di, beh, qualunque cosa somigliasse vagamente ad un'arma. Ormai i Pirati di Kidd rubavano sempre meno armi -un lavoraccio, quello- e si limitavano a scroccarle a Trafalgar ogni volta che si avvicinavano all'esaurimento scorte. Il suo problema, diceva sempre Killer, era che non riusciva ad attirare ferro se si trovava in acqua. Altrimenti, con tutte le navi della marina cariche di armi che faceva affondare, non avrebbero avuto nessun bisogno di faticare.

«D'accordo, per domani sera» acconsentì Killer, e la riunione fu tolta.

Penguin e Sachi presero subito Kidd per la collottola e lo spinsero via. «Il Capitano non è di buon umore» sussurrò il primo.

«Anzi, questo dev'essere un vero momentaccio per lui» rincarò la dose l'altro, senza ritenere necessario aggiungere nulla di più.

Ma Kidd l'aveva già capito. Aveva visto Trafalgar riprendere a mangiare e a dormire come si deve, l'aveva visto allenarsi per ore e ore e tutto solo in funzione di questo momento. Voleva sconfiggere Moore, era evidente. Solo che, quando anche l'avesse sconfitto... andiamo, Kidd non era stupido. E per quanto detestasse ammetterlo, credeva di riuscire a capire come si stesse sentendo Trafalgar.

«Che ne dici, vai a fargli un po' di compagnia?» sorrise Sachi strizzandogli l'occhio.

Nelle ultime settimane Penguin e Sachi si erano messi in testa di far socializzare il loro capitano con la nuova mascotte della ciurma, quindi gli imponevano di passare un sacco di tempo nella cabina di Law. Kidd di solito non si lamentava: Trafalgar leggeva e basta, e lui aveva un po' di tregua da quei due esagitati. Quel giorno, però, quando Penguin e Sachi lo scaricarono davanti alla porta della cabina Kidd trovò che il suo proprietario era seduto sul letto, lo sguardo perso nel vuoto.

Kidd inclinò il capo, confuso, ma Trafalgar sembrò non notarlo nemmeno.

«Sei pronto anche tu per domani, mh?» domandò improvvisamente. Kidd rizzò le orecchie, sorpreso: doveva essere la quarta o quinta volta che Trafalgar gli rivolgeva direttamente la parola da che era un cane: di solito si limitava ad ignorarlo. Ringhiò piano, sollevando il meno con aria di sfida. Certo che avrebbe combattuto! O credevano di farlo rimanere chiuso nel sottomarino ad ammuffire? Piuttosto se la sarebbe svignata da solo, altroché! Trafalgar inarcò un sopracciglio. «Lo immaginavo» mormorò poi, sospirando e alzandosi in piedi. «Ora esci, ho bisogno di riposare» ordinò seccamente.

Kidd mostrò i denti, seccato: lui non prendeva ordini da nessuno! Poi però notò uno strano bagliore nelle mani di Trafalgar: il luccicare di un vetro infranto, una rossa fascia consunta che conosceva fin troppo bene.

Trafalgar appoggiò i suoi occhialini da aviatore sulla scrivania e Kidd uscì dalla stanza.














Angolo autrice:
Rieccomi! Ci avviciniamo al fulcro della storia: nel prossimo capitolo si affronterà l'armata di Moore, e chissà che non succeda qualche pasticcio durante l'attacco?
Un paio di parole sul capitolo: finora, è stato uno dei più interessanti da scrivere, specialmente la prima parte. Insomma, la scena di Trafalgar ubriaco è praticamente la prima che mi è venuta in mente quando ho ideato questa storia! Ho pensato che l'unico modo per fargli ammettere i suoi veri sentimenti sarebbe stato quello di essere ubriaco fradicio, altrimenti col suo carattere potevamo stare freschi! La reazione di Kidd è complicata: da un lato è contento di non essere stato dimenticato, di sapere quanto è importante per Law; dall'altro, però, odia vederlo in questo stato. Cioè, Kidd non è uno da "preferisco che mi dimentichi purché sia felice": non ce lo vedo a fare dei ragionamenti del genere, è troppo orgoglioso. Però è evidente che c'è qualcosa che non va, e reagisce a modo suo, vegliando su Trafalgar tutta la notte e facendosi accarezzare (e infatti Law si sveglia credendo di aver sognato di accarezzare i capelli di Kidd, io- aw).
Grazie come al solito a tutti quelli che sono arrivati fin qui, se mi lasciaste un commento mi fareste immensamente felice! Un abbraccio, a settimana prossima!
Emma

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Capitolo 7
*** VII ***


-Capitolo 7-



«Ripetete un'altra volta il piano.»

«Ma Capitano, ormai lo sappiamo letteralmente a memoria!»

«...»

«Va bene, va bene! Allora: Killer e gli altri approdano dove c'è la nave di Moore per farla affondare. Si occuperanno anche dell'esercito demoniaco...»

«Se esiste, ovviamente. In ogni caso abbiamo un Lumacofono per le emergenze.»

«Noi nel frattempo attracchiamo dall'altro lato dell'isola e ci introduciamo verso il palazzo, dando per scontato che non ci scoprano prima, ovviamente.»

«Dopodiché troviamo Moore e tu lo fai fuori!»

«Nel frattempo Killer e gli altri si occuperanno del resto della ciurma di Moore, visto che ad affondare una nave vuota ci vuole poco...»

«A meno che non ci trovino dentro i demoni!»

«… Che però potrebbero non esistere, giusto.»

Law si passò una mano sulla fronte, sospirando. L'idea di separarsi da subito dai Pirati di Kidd non gli andava troppo a genio, ma Killer e gli altri avevano insistito: dopotutto, quella di affondare le navi era una mania che anche Kidd aveva sempre avuto. Inoltre, in questo modo Law e i suoi avrebbero attirato l'attenzione di Moore, dando a Killer il tempo di agire. E una volta distrutta la nave di Moore, beh, sarebbero stati a metà strada dalla vittoria. A quel punto il piano prevedeva che Killer e gli altri li raggiungessero al palazzo, dove avrebbero affrontato il resto della ciurma di Moore.

«Bene, possiamo andare» ordinò quindi Law sistemandosi la nodachi dietro la schiena. Lanciò un'occhiata alla sua ciurma dietro di lui: inutile nasconderlo, era affettivamente legato a ognuno di loro. Non avrebbe sopportato di perderli per soddisfare una sua sete di vendetta che con la sua ciurma aveva ben poco a che fare. «Non siete obbligati a partecipare a questa missione» esordì senza guardarli negli occhi. «Non sappiamo a cosa stiamo andando incontro, ma il nostro nemico è uno dei più importanti affiliati di Kaido. Non è una battaglia che ci riguarda direttamente e...»

Fu interrotto da una poderosa pacca sulla spalla. «Il Capitano ha finito di dire scemenze! Andiamo!» esclamò Penguin con allegria, prima di scoccargli un'occhiata fin troppo eloquente. Law rimase paralizzato per un attimo, poi sorrise e annuì, chiudendo gli occhi per un istante.

Tutti i membri della sua ciurma sorrisero e seguirono Penguin fuori dal sottomarino, dandogli pacche sulle spalle e assicurandogli il loro consenso con delicatezza, come avevano imparato a trattarlo in tutti quegli anni.

Per ultimo, passò anche il cane. Gli si fermò davanti fissandolo intensamente, quasi come se volesse rimproverarlo di qualcosa. Poi soffiò e gli passò di fianco urtandolo -volontariamente?- alla gamba. Ma Law avrebbe potuto giurare di aver notato un lampo di divertimento nel suo sguardo, un istante prima di uscire.

 

* * *

 

Kidd aveva una brutta sensazione.

Avevano raggiunto la base di Moore -era esattamente dove si aspettavano che fosse, sull'altopiano che avevano visto sulla cartina- ma non c'era neanche un misero corpo di guardia. Niente. Sembrava che l'isola fosse abbandonata.

«Capitano, cosa facciamo?» sussurrò Sachi, guardingo.

Law corrugò la fronte, concentrato. «È sicuramente una trappola» commentò, pratico, «il che significa che ci stanno aspettando dentro. Non possono non aver visto la nave e il sottomarino, questo ce l'aspettavamo.»

«Entriamo lo stesso, allora!» propose Penguin con foga. «Dimostriamogli con chi hanno a che fare!»

Bepo schizzò in piedi, terrorizzato. «Ma c-cosa dici! Dobbiamo prima di tutto e-elaborare una strategia, non...»

«No, Penguin ha ragione» lo interruppe però Law sollevando una mano. «Non ha senso perdere tempo, a questo punto: l'unico modo per scoprire con chi abbiamo a che fare è attaccare per primi.» Ghignò senza entusiasmo. «Di certo è l'ultima cosa che si aspettano da noi.»

Il cane sembrava il più entusiasta di tutti.

 

* * *

 

Kidd era decisamente soddisfatto: quello si chiamava parlare! Non vedeva l'ora di attaccare, era stufo di tutte quelle discussioni e strategie: l'unica cosa da fare in quel momento era darsi da fare e mostrare a quel Moore di che pasta erano fatti!

Avrebbe riavuto il suo corpo. Avrebbe potuto parlare di nuovo con tutti, rassicurare Killer e gli altri, dare un pugno a Trafalgar per essersi comportato in quel modo e uccidere tra mille tormenti quei minorati mentali di Sachi e Penguin. Oh, quante cose che avrebbe fatto, e tutto era appena a pochi passi da lui. Bastava sconfiggere Moore, e quell'incubo sarebbe finito.

«Andiamo!»

Si portarono davanti al portone della base. Era un grosso edificio di metallo senza finestre, ma il portone non sembrava poi così resistente: lo sfondarono a colpi di cannone. Kidd fu il primo a catapultarsi dentro, pronto ad attaccare, ma… «Ehi, ma qui non c'è nessuno!» esclamò Sachi, confuso.

Kidd si guardò intorno: erano in una specie di enorme stanzone molto alto, con un sacco di strani aggeggi ammassati contro le pareti. C'erano vari soppalchi raggiungibili tramite traballanti scalette di acciaio che conducevano ad altrettanti portoni chiusi. Il luogo era silenzioso e calmo, ma lui aveva una strana sensazione... Trafalgar si irrigidì immediatamente dietro di lui. «C'è qualcosa» avvisò. «Arrivano.»

Maledetto lui e il suo Haki dell'Osservatore. I pirati Heart si misero subito in postazione, e dopo pochi istanti tutti i portoni crollarono a pezzi.

 

* * *

 

Erano animali. Ma Law doveva ammetterlo, non aveva mai visto animali del genere in vita sua. Per quanto fosse certo che non fossero demoni -i demoni non esistevano-, sicuramente non erano animali comuni. Avevano un che di diverso nello sguardo, come se capissero esattamente cosa stava accadendo. Oh, e combattevano meglio dei peggiori mercenari della Great Line.

Dovevano essere almeno una cinquantina, di tutte le dimensioni: da topi a tigri, da giraffe a lucertole. La sua ciurma stava combattendo bene, ma non riuscivano a farsi strada verso i piani superiori, dove Law immaginava dovesse trovarsi Moore.

Attivò la Room appena in tempo per evitare l'attacco combinato di una zebra e un gatto particolarmente arrabbiato e stava per scaraventarli contro un altro gruppo di animali quando si accorse della presenza del loro cane in mezzo a loro, quindi corresse la traiettoria e li sbatté contro il muro opposto. Certo che, nonostante la protesi che aveva al posto della zampa, quel cane ci stava dando dentro. Anzi, sembrava quasi divertirsi. Law si concesse un sorrisetto divertito prima di tornare a concentrarsi sul combattimento.

Passarono pochi minuti, e i Pirati Heart stavano lentamente conquistando terreno, quando percepì una presenza molto potente poco lontano da loro. Dovette impegnarsi per trattenere una risata: eccolo. Era Moore.

Un portone si spalancò e fece la sua comparsa un uomo alto quanto un armadio, che osservava la situazione con un sorrisetto soddisfatto sul volto. Nel combattere Law si era casualmente ritrovato abbastanza vicino al cane, e in quel momento si stupì della sua reazione: sembrava completamente uscito di testa alla vista di Moore. Ringhiando, si liberò del suo avversario e fece per lanciarsi verso di lui, ma un gorilla lì vicino approfittò della sua distrazione e lo atterrò con una zampata. Law sobbalzò suo malgrado: le ferite non sembravano profonde, ma il colpo era stato sufficiente a stordirlo quanto bastava perché l'altro terminasse il lavoro. Sachi dietro di loro gridò, ma Law fu più veloce e sferrò un fendente con la sua nodachi diretto al gorilla, che venne sbalzato parecchi metri indietro in una pozza di sangue.

«Capitano, attento!»

Law non fece in tempo a rallegrarsi della sua opera che sentì un dolore bruciante alla schiena, e perse l'equilibrio. Una pantera dagli occhi assetati di sangue svettava su di lui, e tutto quello che riuscì a pensare fu che sarebbe morto per colpa di un inutile cane, senza nemmeno aver vendicato Kidd.

Kidd. Quasi quasi, pensando di essere così vicino a raggiungerlo, gli venne da sorridere. Ma prima che l'animale potesse fare alcunché, un boato terribile scosse la stanza: tutta la quantità di metallo che si trovava sopra di loro crollò con un clangore assordante travolgendo la pantera e lasciando a Law il tempo di rialzarsi, stringendo i denti per il dolore alla schiena.

Si guardò intorno per cercare di capire cosa fosse successo, e incontrò gli occhi del cane spalancati e increduli mentre ansimava pesantemente, traballante sulle zampe.

 

* * *

 

Kidd non riusciva a crederci: era Moore, finalmente! Dopo tutto quel tempo passato a maledirlo, eccolo là, a pochi centimetri da lui. Senza pensarci due volte spiccò un salto puntando alla sua gola, ma qualcosa non andò come previsto: invece che addosso a Moore si trovava sul pavimento, senza fiato dal dolore. Sentì gridare uno dei due deficienti e avrebbe voluto urlargli di stare zitto ma davvero, la testa girava e non riusciva a capire dove fosse il pavimento e dove finisse il soffitto.

Un clangore metallico lo riscosse, e alzò lo sguardo giusto in tempo per osservare la nodachi di Trafalgar sistemare quell'animale che gli stava sbarrando la strada.

Non ebbe tempo di infuriarsi -ma chi gliel'aveva chiesto, si poteva sapere?- che un altro grido squarciò l'aria: «Capitano, attento!»

E Kidd osservò con orrore crescente la zampa di una pantera avventarsi sulla schiena di Trafalgar, buttandolo in ginocchio. E se fosse morto, se Trafalgar fosse morto adesso, senza sapere che lui era vivo, per colpa sua, Kidd, lui… Sentì un'energia terribile ribollirgli nelle vene. No, si ritrovò a pensare. Non esiste proprio che succeda adesso. Lo sguardo gli cadde su una caterva di aggeggi meccanici che si trovava poco sopra di loro, e semplicemente successe. Fu come risvegliare una forza immensa che si era dimenticato di possedere, come un arto che aveva tenuto fermo tutto il tempo. Fissò lo sguardo su quei rifiuti metallici e vi indirizzò contro tutto il suo potere, spostandoli con facilità e facendoli cadere addosso all'animale prima che alzasse un dito su Trafalgar. O zampa, era irrilevante.

Così come era arrivata, quell'incredibile sensazione di potere svanì, lasciando Kidd come svuotato di ogni energia. Cercò istintivamente lo sguardo di Law, e stranamente non si stupì nel constatare che lo stava fissando. Stupito, eh, stronzo? Il grande Capitano Kidd ti ha di nuovo salvato il culo, già, non serve che mi ringrazi. Accennò un sorrisetto, e Trafalgar corrugò le sopracciglia, confuso.

Ma prima che potesse muovere un passo nella sua direzione, Moore parlò. «Ma che sorpresa! Niente meno che Trafalgar Law, il Chirurgo della Morte!»

Trafalgar lo fissò con un'espressione di ghiaccio. «Il Capitano Moore, suppongo» ribatté. Dopodiché, senza battere ciglio si teletrasportò con la sua Room allo stesso livello di Moore, e sfoderò la nodachi. Anche Moore estrasse la sua spada, e iniziarono a lottare. Si scambiarono qualche fendente prima che un altro boato scuotesse la costruzione: questa volta Kidd non c'entrava nulla, quindi sobbalzò e perse di vista la piattaforma su cui Moore e Trafalgar stavano lottando. Quando si riscosse, dei due non c'era più traccia. «Capitano! Capitano, dove sei?» iniziarono a gridare i suoi compagni, ma non ottennero risposta. «Sbrighiamoci a liberarci di quelli e andiamo a cercarlo!» gridò qualcuno, e Kidd non poté fare altro che obbedire. Ma se osa morire qua, dopo tutto quello che ho fatto per lui, si ritrovò a pensare, se osa morire qua giuro su qualunque cosa che gli spezzo la testa.

 

* * *

 

Law si guardò intorno, sorpreso: dopo l'esplosione di quella dannata bomba che Moore teneva nascosta nei vestiti -sleale fino al midollo-, erano sprofondati in un piano sotterraneo. Cercò di alzarsi e dovette trattenere un gemito di dolore: tra quello e le ferite di prima, era un miracolo che si reggesse ancora in piedi.

Law cercò di attivare la Room, ma si sentì violentemente spingere contro la parete opposta. L'Haki di quel bestione era quasi pari a quello di Vergo, dannazione! Sentì in bocca il sapore del sangue, ma non perse la calma e schivò il colpo successivo.

«Si può sapere perché ce l'hai tanto con me, a parte tutto?» ghignò Moore, sfoderando una spada e parando il colpo della nodachi di Law. Non sembrava minimamente provato, mentre Law era ormai quasi al limite: doveva sbrigarsi ad uscire da quella situazione il più in fretta possibile.

Schivò all'ultimo un fendente potenzialmente mortale e inarcò un sopracciglio. «Cosa te lo fa pensare?» chiese, attaccando di nuovo. Tentare di attivare la Room diventava sempre più complicato: stava esaurendo le energie. Eppure, se fosse stato al pieno dei suoi poteri, sconfiggere quel pallone gonfiato non sarebbe stato poi tanto difficile...

«Sei venuto qui con quel Killer, quindi immagino che anche il tuo scopo sia ottenere vendetta per il capitano Kidd, dico bene?» ghignò Moore, godendosi l'effetto che quel nome faceva ancora su Law. Che avrebbe sempre fatto.

Bastò quel minuscolo istante di esitazione. Bastò che Law si abbandonasse per un solo secondo al ricordo di quella testa rossa per decretare la sua sconfitta. Con un brusco movimento di polso, Moore fece volare via la nodachi di Law e lo colpì duramente al petto. Poi rise, vittorioso, e lo spinse a terra. Law mugolò di dolore, tenendosi lo stomaco con un braccio: tentò di attivare la Room, ma si sentiva come prosciugato da ogni energia. Sputò un grumo di sangue e si limitò a fissare Moore con uno sguardo di fuoco. «Non fai più lo spiritoso, adesso, giusto?» ghignò quello, svettando sopra di lui. «Ora te la racconto io, una cosa divertente. Vuoi sapere come ho ucciso quel bastardo del tuo amichetto?»

Non questo. Tutto ma non questo. Quel bastardo non doveva neanche provarci, a sporcare con la sua sudicia lingua il nome di Kidd. Law serrò i denti, lo sguardo carico d'odio. «Non ti azzardare...» sibilò, la voce spezzata.

«Forse non lo sai, ma anche io sono un utilizzatore dei Frutti del Mare» si vantò l'altro, senza dar segno di averlo ascoltato. «Ma si tratta di un paramisha molto particolare, tanto che posso usarlo solo una volta al mese. Ho il potere...» fece una pausa, e rise nel calpestare con forza il polso di Law. Quello emise un gemito, ma non gridò. «Di trasformare le persone in animali» rivelò allora Moore, ghignando sadicamente.

Law strabuzzò gli occhi. «Cos...»

«L'esercito di ibridi addestrati al servizio di Kaido, una volta erano tutti umani!» rise sguaiatamente. «Avevamo intenzione di usare anche quell'Eustass, ma si è dimostrato troppo ribelle» continuò, premendo con più forza sul braccio di Law. «L'abbiamo scaricato ad Aro e l'abbiamo ucciso. Peccato, era un bellissimo cane» concluse, preparandosi a dargli il colpo di grazia.

Aveva già sollevato la spada, godendo dell'effetto drammatico che le sue parole avevano avuto, ma fu interrotto da un suono del tutto inaspettato: Trafalgar Law, steso a terra sotto di lui a un passo dalla morte, stava ridacchiando. Il petto sussultava velocissimo, e i singulti passarono velocemente da un tono sommesso alle risa più sguaiate.

«Non stai scherzando, vero?» chiese Law, le lacrime agli occhi. «Un cane, hai detto? Ad Aro?» E giù a ridere, ancora più forte.

Moore, fuori di sé dalla rabbia, fece un passo indietro e alzò la katana. «Cosa ci trovi di tanto divertente?» ringhiò.

«Magari un bastardo dalla pelliccia rossa, la coda lunga e un pessimo carattere?» rise di nuovo Law, tenendosi le mani sulla pancia. «Questo spiega la faccenda di prima. Era lui» sussurrò poi, quasi a se stesso.

«Vedremo se lo troverai ancora così divertente quando sarei cibo per pesci» sibilò Moore, e fece per affondargli la katana nel petto.

A quel punto Law si calmò e sfoderò un macabro sorriso. «Perdonami, ma credo di non potertelo permettere.» Non adesso, di certo non adesso. Devo trovarlo. Si issò sulle braccia con un lampo di gioia selvaggia negli occhi, subito spazzato via da un'espressione decisa e determinata. «Room

 





Angolo autrice:
Salve a tutti! Ed eccoci finalmente al momento tanto sperato: Law ha scoperto che Kidd è ancora vivo! *cori dell'alleluia*
Questa scena è stata una delle mie preferite da scrivere, mentre la battaglia è stata una tortura -non sono capace di scriverle, quelle cose, accidenti a me. Ditemi se qualche passaggio vi è risultato poco chiaro!
Un grazie speciale a Ria-chan che mi ha recensito tutti gli scorsi capitoli: sei stata gentilissima, appena avrò tempo ti risponderò come si deve ^^
Grazie ancora a tutti quelli che leggono, preferiscono e tutto il resto, ci sentiamo settimana prossima!
Emma

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Capitolo 8
*** VIII ***


-Capitolo 8-

 

L'orario dell'appuntamento col capitano dei Locker Pirates era passato da un pezzo, ma Kidd e Law erano ancora all'interno del locale.

«Eustass-ya, mantieni la calma» cantilenò Law alzando gli occhi al cielo dopo l'ennesimo sbuffo. «Sai che il suo potere ci serve, se vogliamo attaccare quella base della marina. Dobbiamo convincerlo a diventare nostro alleato.»

Kidd gli dedicò una delle sue peggiori occhiatacce. «Può avere il potere che gli pare, nessuno fa aspettare il Capitano Kidd per... saranno tre ore, ormai!» sbraitò.

Law scosse la testa, divertito. «Non può essere più di un'ora e mezza, smettila di esagerare come al solito. È la diplomazia che ti manca, sai? Mi chiedo come tu abbia fatto a sopravvivere tutto questo tempo. Merito di Killer-ya, suppongo.»

Kidd grugnì. «Un'alleanza l'ho stretta, mi pare» frecciò, ghignando.

Law si strinse nelle spalle. «Chi ti dice che io non ti stia solo usando per la tua forza bruta, e che non abbia intenzione di venderti alla marina alla prima occasione?» domandò con noncuranza.

Kidd ghignò: «Nah, ti diverti troppo con me in circolazione, ammettilo.»

Law gli concesse un sorrisetto appena accennato. «Può darsi. Questo spiegherebbe perché io non ti abbia ancora dissezionato il cervello.»

Kidd stava per replicare -e forse quelle ore di attesa non sarebbero state poi così noiose, dopotutto- quando una voce li interruppe. «Ah, menomale, siete ancora qui!» esclamò un ometto più basso persino di Penguin, che avanzò barcollando tra i tavoli. Kidd lo riconobbe immediatamente dall'avviso di taglia che Trafalgar gli aveva mostrato: era Jeremias Keylor, il capitano dei Locker Pirates. Il Frutto del Mare che aveva ingerito gli conferiva la capacità di scassinare qualsiasi porta, lucchetto o cassaforte. «Scusate il ritardo, la pioggia ha ritardato la mia nave» si scusò, prendendo posto accanto a loro. Kidd lo guardò meglio, e storse il naso: baffetti ben pettinati, giacca senza l'ombra di una piega, sguardo scaltro e schizzinoso. Non era esattamente il suo tipo. Anche quello parve non apprezzare il look di Kidd, perché inarcò impercettibilmente un sopracciglio e tossicchiò leggermente. «È... rossetto, quello?» domandò con un velo di ribrezzo.

«Sì, e con questo?» domandò con tono di sfida.

«Sono felice di vedere che sei arrivato, nonostante gli inconvenienti. Come avevo già accennato, ti abbiamo chiamato per proporti un'alleanza. Vogliamo conquistare la base della marina che si trova a est di quest'isola» li interruppe Law, scoccando a Kidd un'occhiataccia che gli intimava di non rovinare tutto.

«Sì, sì, conosco i dettagli, ne abbiamo già discusso» lo liquidò Keylor con un sorriso compiaciuto. Decisamente, le maniere di Law gli andavano più a genio di quelle di Kidd. «E quando pensavate di attaccare?»

«Il prima possibile» spiegò Law, schietto. «Meglio approfittare della stagione delle piogge, finché dura.»

«Odio questo tempo» borbottò Kidd diretto a nessuno in particolare. «Non capisco cosa ci trovi la gente a correre sotto la pioggia, bagnarsi da capo a piedi eccetera. È una gran seccatura.»

«A me invece piace, ha un che di nostalgico, di letterario» si vantò Keylor gonfiando il petto.

«Sì, anche io personalmente lo trovo affascinante» commentò Trafalgar senza curarsi di nascondere un sorrisetto soddisfatto. Kidd sentiva ribollire il sangue nelle vene: perché dava retta a quel deficiente?

Keylor però non parve accorgersene, perché continuò: «Sa, signor Trafalgar, trovo che lei sia una persona davvero a modo. Le andrebbe di approfondire i dettagli del piano a cena, stasera? Conosco un ristorante molto raffinato nelle vicinanze. Ovviamente è invitato anche il signor Eustass, sempre che, ecco...»

«Sempre che cosa, esattamente?» fece Kidd a voce un po' troppo alta. «Che c'è, non mi ritieni all'altezza?»

«No, Eustass-ya, è stato solo svelto a capire che sei un troglodita» spiegò Trafalgar senza scomporsi.

Kidd non ne poteva più di sentirsi preso in giro: si alzò di scatto, rovesciando la sedia. «Ripetilo» ringhiò.

Keylor sembrava abbastanza spaventato, ma si sistemò il cravattino e scoccò a Kidd un'occhiata di rimprovero. «Che modi! Le persone per bene non ringhiano, sa, signor Eustass?»

Law non riuscì a trattenere una risata, subito soppressa da una mano davanti alla bocca. Fissò Keylor come se fosse stato un raro esemplare di una specie in via d'estinzione, poi sorrise a Kidd. «Non ha tutti i torti, sai.»

Kidd non ci vide più e richiamò all'istante tutte le ferraglie che riuscì a raggiungere indirizzandole verso Trafalgar, che però fu veloce a teletrasportarle tutte via con la sua Room. I clienti e Keylor fuggirono terrorizzati, mentre Law faceva volare i tavoli in cerchio sopra di loro rovesciando ogni cosa in testa a Kidd, che si difese evocando un muro di posate.

I due si fissarono per un istante, la tensione quasi tangibile nell'aria intorno a loro. Poi Law sorrise. «Se ne sono andati tutti» comunicò, facendo cadere tutti i tavoli.

Kidd sospirò, scagliando all'indietro le ferraglie che andarono a sbattere contro la parete opposta. «“Le persone per bene non ringhiano”? Sul serio?» ironizzò, sbuffando.

Law si strinse nelle spalle. «Cazzo, era insopportabile» ridacchiò, recuperando una sedia e gettandocisi sopra. «Menomale che ce ne siamo sbarazzati. Dico, hai sentito come parlava?»

Kidd annuì con enfasi, un po' sollevato: all'inizio aveva temuto davvero che Trafalgar avesse intenzione di allearsi con un soggetto del genere. Magari addirittura a scapito della loro alleanza. Ma no, scosse velocemente la testa dandosi dell'idiota. Non era certo quel tipo di persona. «Damerino del cazzo» borbottò. «Hai visto come mi ha trattato? E anche tu, a dargli retta! Ti sei divertito, eh?»

«Qualcuno è geloso, qui» ridacchiò Law.

Kidd strinse i pugni. «Prova a ripeterlo...» ringhiò.

«Oh, dai, scherzavo. Ma Eustass-ya...» sussurrò Law, alzandosi di scatto e portandosi a pochi centimetri dal volto di Kidd. «Le persone per bene non ringhiano, sai?» sussurrò, prima di incastrare la sua lingua con quella dell'altro.

Kidd pensò per un attimo di interrompere il bacio per dirgliene quattro, ma desistette velocemente. Dopotutto, lo sapeva bene: la vita del pirata non dava molte certezze. Ma nonostante tutto quello che poteva dire, nonostante le lotte e le urla, Kidd era certo che Trafalgar Law non l'avrebbe mai, mai tradito. E per il momento bastava questo.

«La attacchiamo da soli, la base della marina?» biascicò Kidd dopo quelle che parvero ore.

Law annuì. «Non ci serve quel tipo. Useremo l'esplosivo, posso mandarci qualcuno dei miei. Sai che ci toccherà combattere corpo a corpo sul ponte delle navi? Con così pochi uomini sarà inevitabile.»

Kidd sbuffò. «Se ti preoccupi per il paramisha che inclina i pavimenti sprechi il tuo tempo, lo sconfiggerò in un batter d'occhio» lo liquidò Kidd. «Domani?»

«Non vedo perché no» fece Law, e ripresero a baciarsi. E davvero, a Kidd bastava questo: dopotutto, erano soli in un locale pieno di alcolici. Kidd aveva qualche idea su come concludere la serata.

 

* * *

 

«Capitano!» gridarono tutti quanti, correndogli incontro.

«Cos'è successo? Come hai fatto ad uscire? Dov'è Moore?» attaccò Penguin, ma si bloccò di colpo quando si accorse dell'espressione di Law: il suo capitano, l'uomo che rispettava e conosceva come le sue tasche, stava sorridendo. Un sorriso ampio, genuino, che quasi non si sforzava nemmeno di nascondere. Era come se si fosse appena levato dalle spalle un peso immenso. «Va... tutto bene?» domandò, esitante.

Law annuì, criptico, senza smettere di sorridere. Aveva un'aria così soddisfatta, così genuinamente euforica, che per un istante Penguin temette che avesse subito un danno celebrale. «Meravigliosamente» affermò però Law, assumendo finalmente un'espressione più seria. «Moore è scappato, e in queste condizioni non sono riuscito a inseguirlo. La sua ciurma era con lui, sono venuti a prenderlo e si sono ritirati immediatamente nelle aree più interne del palazzo, il che in realtà per noi è un bene. Ora dobbiamo ritirarci e trovare la ciurma di Kidd. A questo punto, c'è la posssibilità che nella nave ci fossero altri ibridi, quindi dobbiamo sapere se sono riusciti ad affondarla o meno. Domani all'alba sferreremo il colpo decisivo.» Si guardò intorno, come alla ricerca di qualcosa. «Il cane?» chiese, impaziente.

Kidd rizzò le orecchie, sentendosi chiamato in causa: come mai tutta questa attenzione? Doveva preoccuparsi? «Oh, è qui» disse subito Penguin, prendendolo goffamente in braccio. Kidd cercò di opporsi, ma le ferite cominciavano a bruciare e quindi si limitò a scoccargli un'occhiataccia, mostrando i denti. «È stato una forza, vero? Insomma, tu non hai visto tutto, ma dopo quella strana faccenda del ferro ha continuato a lottare come una furia! Ha fatto fuori più nemici lui che io e Sachi messi insieme...» continuò a sproloquiare Penguin, gonfio di orgoglio.

In effetti, rifletté Kidd con un certo orgoglio, era vero: quando Trafalgar era sparito si era fatto in quattro per cercare di sconfiggere tutti i nemici in modo da liberare la sala e poterlo andare a cercare. Denti e artigli si erano rivelate armi più utili ancora di spade e pistole, e la zampa metallica era anche più pericolosa di quelle normali. Alla fine tutto quel macello non si era nemmeno rivelato necessario, perché quel deficiente di un Trafalgar era apparso dal nulla in mezzo a loro mettendo in fuga i pochi superstiti dell'esercito animale di Moore.

«Interessante» commentò Trafalgar, studiandolo con un sorrisetto appena accennato. C'era qualcosa di diverso, in lui, decise immediatamente Kidd. Aveva uno sguardo molto più acceso, più vivo, in aperto contrasto con le sue condizioni fisiche: sul serio, alcune ferite sanguinavano ancora e zoppicava leggermente, per non parlare dei lividi e dei vestiti a brandelli. Ma gli occhi avevano una luce tutta nuova. Trafalgar si accorse che Kidd lo stava studiando col capo inclinato e gli rifilò un'occhiata obliqua, sorridendo come a conoscenza di un segreto che avrebbe voluto rivelargli con lo sguardo. Kidd soffiò e ricambiò con un'occhiataccia, mostrandogli i denti.

«Voi state tutti bene? Nessun ferito grave?» chiese allora Law a Sachi, staccando quasi di malavoglia gli occhi da lui.

L'altro annuì con forza. «Solo un paio di graffi, e, beh, il cane avrebbe bisogno di un controllo approfondito, ma noi non eravamo sicuri di...» esitò.

«Me ne occupo io» fece subito Trafalgar, come se non stesse aspettando altro. «Voi non ne capite nulla di anatomia animale, dico bene?»

«Ma capitano, tu sei quello più ferito di tutti! Devi farti curare, e...» iniziò a protestare Penguin, ma Trafalgar lo interruppe. «Appena finisco con lui» stabilì con un tono che non ammetteva repliche. E senza aggiungere altro prese Kidd per la collottola e si avviarono verso il sottomarino.

Quello si accorse con crescente preoccupazione che non riusciva a divincolarsi dalla sua presa, tanto l'altro stava stringendo. D'accordo, c'era ufficialmente qualcosa che non andava: forse voleva dissezionarlo per capire come aveva fatto a smuovere tutta quella quantità di ferro? Ah, dannazione! La prossima volta che gli veniva in mente di fare un favore a quel medico del cazzo ci avrebbe pensato su almeno dieci volte! Kidd cercò di strattonarsi, ma la mano di Trafalgar era salda. «Stai buono» cantilenò, sorridendo malizioso. Non era la prima volta che gli parlava così, sbeffeggiandolo, ma stavolta c'era qualcosa di diverso. Pareva scoppiare dalla voglia di fare qualcosa, e Kidd temeva di sapere cosa. Entrarono nel sottomarino, ma invece che nello sgabuzzino o nella sala operatoria, Law lo portò nella sua cabina. Ecco, ci siamo: ora mi disseziona. gemette internamente Kidd. Ma avrebbe venduto cara la pelle, altroché! Era già pronto a lottare con tutte le sue forze; invece, subito dopo aver chiuso la porta, Trafalgar si lasciò cadere sul letto a pancia in su e chiuse gli occhi.

«Certo che ce la siamo vista brutta, oggi, eh?» sospirò alla fine, proprio quando Kidd stava iniziando a chiedersi se per caso non fosse passato all'altro mondo. Ma che gli prendeva? Non si aspettava mica che Kidd potesse rispondergli, giusto? «Soprattutto quando hai fatto quella roba assurda con tutto quel ferro» proseguì Trafalgar, sempre senza aprire gli occhi. «Sai una cosa? È un po' che ci penso. Tu mi ricordi davvero qualcuno.»

Kidd drizzò le orecchie. Possibile che...? «Tanto per cominciare, hai il suo stesso identico caratteraccio.» Aprì gli occhi e gli dedicò un ghigno carico di malizia. «Glielo dicevo sempre, e mi ricordo che era una cosa che non sopportava...» Kidd ringhiò: ma dove voleva arrivare? «Vedi? Non sai stare al tuo posto, proprio come lui. Mi fai impazzire a furia di combinare disastri, e anche lui, quando ci si metteva, era una mina vagante. Per non parlare della tua orrenda pelliccia: mi ricorda in maniera impressionante i suoi capelli. Erano veramente inguardabili.»

Kidd appiattì le orecchie e si preparò a saltargli addosso: ferito o non ferito, non si doveva azzardare a parlare così del grande Capitano Kidd! Trafalgar sembrò accorgersene, perché si issò a sedere, indirizzandogli uno sguardo che definire malizioso sarebbe stato riduttivo. «E aveva addirittura un potere che somigliava a quello che hai sfoderato tu oggi. Sai, se tu non fossi un po' troppo vecchio, direi che saresti la sua reincarnazione. Anche se immagino che avrebbe odiato rinascere come cane, sul serio, non riesco proprio a figurarmelo.»

Dentro di sé, Kidd fremeva dall'impazienza. Che senso aveva quel discorso? Se non intendeva dissezionarlo, perché l'aveva portato lì? Ma soprattutto, perché aveva iniziato a parlare di lui con tanta leggerezza? Kidd si ricordava bene della notte in cui aveva scoperto Trafalgar ubriaco sul ponte. Era sicuro che, in quel momento, il pensiero della sua morte lo avesse quasi distrutto dal dolore. E invece adesso ne parlava così, come se niente fosse! A parte tutto, lo stava anche insultando. Non sopportava sentire Trafalgar parlare di lui in quel modo. Non si erano mai fatti problemi a prendersi a male parole, ma sempre in faccia, mai alle spalle: e cos'era adesso questa storia della reincarnazione? La trovava una cosa divertente?

Trafalgar però non parve preoccuparsi della sua reazione e continuò. «O se ci fosse un modo per trasformare gli uomini in animali. Sì, se esistesse una persona in grado di farlo...» esitò un attimo, puntò gli occhi in quelli di Kidd e proseguì. «Quel Moore, per esempio... Allora direi proprio che tu sei Eustass Kidd trasformato in cane» concluse, schiudendo le labbra in un sorriso compiaciuto.

Kidd strabuzzò gli occhi. Cos... ma allora sapeva! Moore doveva averglielo detto! E invece di adoperarsi per trovare una soluzione, aveva preferito passare il suo tempo a prenderlo in giro, insultandolo senza pudore e ridendo alle sue spalle. Iniziò a ringhiare: per quanto ancora aveva intenzione di portare avanti quella farsa? Trafalgar si limitò a sfilarsi il cappello e a posarlo con calma sul letto di fianco a sé. «Ehi, parlavo in linea ipotetica. E poi, non dovresti comportarti così: le persone per bene non ringhiano, sai?»

Fu la goccia che fece traboccare il vaso: quella era un'allusione così evidente che qualunque idiota avrebbe saputo coglierla. Kidd non resistette più, prese la rincorsa e spiccò un balzo verso di lui, facendolo ricadere di schiena sul letto e schiacciando il muso contro il suo viso. Poi, fissandolo negli occhi con aria di sfida, ringhiò di nuovo. Law chiuse gli occhi e sorrise, sospirando. «Sempre le solite cattive maniere, Eustass-ya» si limitò a mormorare. Aveva parlato con un tono sommesso, quasi avesse paura di esprimersi ad alta voce. Ma le sue labbra erano tese nel sorriso più ampio che gli avesse mai visto fare.

Kidd, dal canto suo, non riusciva a crederci: per quasi un mese aveva vissuto in quel corpo, in quella situazione orribile, senza sapere se sarebbe mai riuscito a farsi riconoscere di nuovo dai suoi amici, senza sapere se avrebbe dovuto passare la sua intera esistenza guardando le persone che conosceva farsi una vita e dimenticarlo. Soprattutto Trafalgar, non riusciva a concepire l'idea di vederlo fottere qualcun altro, punzecchiare qualcun altro, allearsi con qualcun altro, rimanendo lo stupido animaletto da compagnia nello sfondo. E invece adesso Trafalgar lo aveva riconosciuto, gli aveva parlato come gli parlava sempre, lo aveva chiamato Eustass-ya e per una volta quel soprannome gli era sembrato addirittura piacevole da ascoltare. In quel momento Trafalgar aprì gli occhi e li incastrò nei suoi, e in quelle iridi grige come un cielo in tempesta lesse così tante emozioni diverse che non ci fu bisogno di aggiungere niente di niente.













Angolo autrice:
Rieccomi qua! Stavolta sto aggiornando di sabato perché non so se domani riuscirò. Ed eccoci al momento culminante della storia: Law ha scoperto che Kidd è il cane e Kidd ha scoperto che Law sa. Finalmente la parte drammaticamente angst è terminata, con estremo sollievo da parte di tutti.  Ah, la scena iniziale risaliva a prima dell'altro flashback, quello che si è visto prima del funerale, per intenderci: la base della marina di cui parlano è quella che alla fine attaccheranno nella loro ultima missione insieme, prima di darsi appuntamento per andare a Binks. E il paramisha di cui parla è sempre quello che hanno affrontato quella volta. In realtà ho inserito quella scena perché fosse comprensibile l'uscita di Law: prendendolo in giro dicendogli "le persone per bene non ringhiano" l'ha a tutti gli effetti riconosciuto come Eustass Kidd senza perdersi in smancerie. Seriamente, non ce lo vedevo proprio a corrergli incontro a braccia spalancate, doveva almeno giocarci un po' prima di sganciare la bomba, non vi pare?
A breve ci sarà lo scontro finale contro Moore! Ci stiamo avvicinando alla conclusione... Grazie a tutti quelli che leggono, recensiscono e tutto il resto! A settimana prossima, vostra
Emma

 

 

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Capitolo 9
*** IX ***


-Capitolo 9-

 



Era vivo. Era vivo. Era vivo.

Law non riusciva a crederci, aveva il terrore di svegliarsi di botto e di scoprire che era tutto solo un sogno. In quel momento, però, non riusciva a non sentirsi immensamente e stupidamente felice: Kidd era lì, era vivo, dannazione, era vivo! Gli era mancato così tanto, in ogni singolo istante, tanto da fare male. Gli era mancato sfotterlo e ridere di lui, prenderlo in giro e farlo uscire di testa, sedurlo e confonderlo in ogni maniera possibile. Gli era mancato così tanto che ora, sapendo che era vivo, non riusciva a capire come diavolo avesse fatto a resistere per quasi un mese senza impazzire.

Sì, doveva ammetterlo: si era divertito da matti a tormentarlo, prima. Parlare così apertamente male di lui -e dei suoi capelli, addirittura- era un modo sicuro per farlo uscire di testa al cento percento. D'altronde, cos'avrebbe dovuto dire? Come introdurre la questione in maniera che non fosse un shock? Inoltre, Kidd aveva avuto il privilegio di osservarlo crollare pezzo dopo pezzo dopo la sua presunta morte, il che -Law rabbrividì al pensiero- gli avrebbe dato infiniti spunti per prenderlo in giro a vita. “Ah, quindi stavi così male credendomi morto?” “Non credevo di farti quest'effetto, buono a sapersi!” “Ma non eri tu che dicevi che se fossi schiattato sarebbe stata una soddisfazione?” Insomma, finché poteva un po' di divertimento gli era concesso, no?

Eppure non riusciva proprio a concentrarsi su questi dettagli: in quel momento, sdraiato nel suo letto con Kidd sopra di lui, i suoi occhi d'ambra a pochi millimetri dal suo viso... Era quasi surreale. Come aveva fatto a non accorgersene prima? Ecco perché quel modo di ringhiare gli era sempre sembrato così familiare. Ma soprattutto, ecco perché gli faceva così male guardarlo troppo a lungo negli occhi: quella strana sensazione non era frutto della sua mente bacata, erano davvero gli occhi di Kidd.

Quasi senza rendersene conto, Law sollevò la mano destra e la affondò nella folta pelliccia del cane. Assaporò per un istante quella sensazione, spiazzato: aveva la stessa consistenza dei suoi capelli. Se solo avesse dato retta a Penguin e Sachi e l'avesse accarezzato anche solo una volta, era sicuro che se ne sarebbe accorto subito.

Sorprendentemente, il cane parve gradire il gesto: infatti si strofinò contro quella mano senza esitare neanche un istante, il che diede a Law un'idea. Piano piano iniziò a grattare delicatamente il collo di Kidd, poi alzò anche l'altro braccio e impiegò entrambe le mani per grattargli la schiena. Negli occhi improvvisamente consapevoli del cane Law lesse un lampo di preoccupazione, ma fu più veloce e, alzandosi di scatto, lo spinse di peso sul pavimento, poi prese a grattargli senza pietà la pancia. «Non riusciamo ad opporci all'istinto canino, quindi, eh?» commentò deliziato, proseguendo imperterrito. Aveva osservato Penguin e Sachi abbastanza a lungo per sapere come fare a farlo andare fuori di testa. Rise di gusto nell'osservare i vani sforzi di Kidd a cercare di rimanere serio, mentre brividi di piacere lo scuotevano in tutto il corpo. «Questo dev'essere imbarazzante» ridacchiò Law, continuando impietoso. «Non vedo l'ora di raccontarlo a Killer-ya.»

Fu in quel momento che la porta si spalancò. «Capitano, volevamo sapere se-» iniziò Bepo, poi sbarrò gli occhi con aria terrorizzata quando capì a cosa aveva appena assistito. Nei suoi occhi, osservò Law, balenava la paura che potesse ucciderlo in quanto scomodo testimone.

«Sì?» chiese Law, continuando a grattare la pancia di Kidd.

Bepo si fece piccolo piccolo contro la porta. «V-va... tutto bene?» pigolò alla fine.

Law smise a malincuore di infliggere la sua tortura a Kidd e sospirò. «Sì, tutto a posto. Il cane ha un paio di costole incrinate e qualche ferita superficiale, ma niente di serio, ho appena finito di controllare» mentì spudoratamente, quasi sfidando Bepo a contraddirlo. «Posso fasciarlo in cinque minuti.»

«I-io intendevo... N-noi ci chiedevamo se avessi intenzione di farti curare, Capitano» balbettò Bepo a voce ancora più bassa.

Law sospirò. Era sicuro di non essere messo molto bene, ma non era niente che non potesse sistemarsi nel giro di mezz'oretta. «Andiamo in sala operatoria» stabilì, mentre il cane lo seguiva senza staccare lo sguardo oltraggiato da lui. «Ah,e, Bepo...» aggiunse Law senza guardarlo. «Quello che hai visto non esce da questa stanza» chiarì, scoccandogli un'occhiata in grado di far rabbrividire un morto.

Bepo deglutì, terrorizzato, e si prodigò ad annuire vigorosamente. «C-certo che no, ovviamente!» strillò prima di scappare via a gambe levate.

Law sorrise soddisfatto, poi puntò lo sguardo sul cane. «Vuoi che informi Killer-ya e gli altri della situazione?»

Il cane lo fissò con gli occhi sgranati, poi annuì vigorosamente, lasciandosi scappare un gemito per via delle costole. Probabilmente Law avrebbe anche dovuto pensarci prima, rifletté mentre annuiva in risposta: sapeva quanto Kidd fosse legato alla sua ciurma, dopotutto. «Dobbiamo vederci tra poco per fare il punto della situazione, ti porto dietro» stabilì. Poi gli parve di cogliere qualcosa nei suoi occhi e ghignò. «Oh, vorresti ringraziarmi?» domandò, deliziato. Kidd ringhiò, ma davvero, quegli occhi non avrebbero mai avuto segreti per Law. Se solo se ne fosse accorto. «Non c'è di che, Eustass-ya» disse, solenne, prima di voltarsi e iniziare a camminare spedito, la tesa del cappello abbassata sugli occhi. Perché anche Kidd, per quanto detestasse ammetterlo, era sempre stato bravo a cogliere le espressioni dei suoi occhi. E non poteva assolutamente farsi vedere da lui adesso: altrimenti, chissà cosa avrebbe pensato.

 

* * *

 

«Eccoci, siamo arrivati!» salutò la voce di Killer. Kidd rizzò le orecchie, eccitato: finalmente. Finalmente avrebbe potuto far sapere a tutti che era ancora vivo, avrebbe potuto cancellare dal viso dei suoi compagni quell'espressione vuota che non spariva mai dal loro viso.

All'inizio aveva avuto paura che a Trafalgar nemmeno venisse in mente di informare la sua ciurma, ma alla fine si era rivelato più sveglio di quello che pensava.

Nel vedere i suoi uomini non poté frenare un moto di orgoglio: eccola, la sua ciurma, i pirati più pericolosi della Rotta Maggiore. Ancora in piedi senza il loro capitano, ancora a testa alta nonostante tutto. All'improvviso, però, lo colse un pensiero orrendo: come avrebbe potuto presentarsi davanti a loro in quelle condizioni? Lo assalì un'ondata di vergogna: non poteva sopportare i loro sguardi imbarazzati mentre si chinavano a grattargli la schiena, o peggio, ad accarezzargli la testa! Trafalgar li stava facendo accomodare tutti, ma c'era ancora tempo: Kidd gli si avvicinò e ringhiò piano, catturando la sua attenzione. «Che vuoi?» sbottò a mezza voce, facendogli cenno di allontanarsi. Kidd però ringhiò un po' più forte, accennando con la testa alla porta della stanza.

Trafalgar allora sospirò e si scusò con la ciurma di Kidd prima di uscire, sbattendosi la porta dietro di sé. «Allora, che problema c'è?» domandò, le mani sui fianchi, impaziente.

Kidd guaì piano, dedicandogli un'occhiataccia. Si aspettava forse che gli potesse rispondere? Un po' di intuito, dannazione!

«Tu sai che io non capisco quello che dici, vero?» sospirò Law, passandosi una mano sulla fronte. «Bene. Hai fame?» Kidd ringhiò con aria omicida. Seriamente? «No, d'accordo, non c'è bisogno di fare tanto lo scontroso, sai?» fece Trafalgar alzando un sopracciglio. «Ti fa male qualcosa? Devo controllare?» Ti piacerebbe mettermi le mani addosso, eh, stronzo? Pensò Kidd, scuotendo decisamente il capo. Poi, visto che la faccenda sembrava protrarsi per le lunghe, alluse col capo alla porta chiusa dietro di loro: dopodiché scosse violentemente il capo, cercando di trasmettergli il messaggio con lo sguardo. Law corrugò la fronte per un istante, poi il suo viso si distese in un ghigno che non faceva presagire niente di buono. «Oh, davvero? È questo?» chiese, accucciandosi alla sua altezza e prendendogli il muso con la mano. «Ci vergogniamo a farci vedere in questo corpo così carino?» Kidd si divincolò con aria indignata mentre Trafalgar non si curava nemmeno di mascherare una risata sadica, tirandosi di nuovo in piedi. «Ho indovinato?»

Kidd abbassò lo sguardo, furente di rabbia. Beh, in un certo senso era così, ma non esattamente. La sua idea era più... Insomma, la vera riunione sarebbe avvenuta una volta riottenuto il suo corpo, ecco. Non avrebbe avuto senso rovinare quel momento con un'impacciato gruppo di uomini adulti intorno a un cane.

Law sospirò, sempre senza smettere di sorridere. «Quanta fatica che mi fai fare... Ma guarda che me le sto segnando tutte: quando riavrai il tuo corpo ho in mente un bel po' di maniere per farmi ripagare» aggiunse, malizioso. Il modo in cui aveva detto “quando” e non “se”, con tutta la sicurezza e la tranquillità del mondo, confuse Kidd abbastanza da fargli dimenticare di fulminarlo con lo sguardo, il che rese il ghigno di Trafalgar ancora più ampio. «Va bene, ci penso io a spiegargli tutto. Tu resta qui» ordinò, e rientrò nella sala sbattendo la porta dietro di sé.

 

* * *

 

«Tutto bene?» domandò subito Killer, appena fu rientrato.

Law annuì, sedendosi al tavolo che stava in mezzo alla stanza. Gli altri tre erano già seduti di fronte a lui. «Allora, come probabilmente sapete oggi abbiamo sfondato il portone nord e abbiamo sconfitto l'esercito principale di ibridi» attaccò Law, spiccio. «Voi avete affrontato il resto dell'esercito sulla barca, dico bene?»

«E l'abbiamo anche affondata» ghignò Heat, soddisfatto. «Avevano lasciato un corpo di guardia francamente ridicolo. Invece voi avete affrontato il grosso dell'esercito, vero? Com'è stato?»

«Assurdo, non diresti mai che degli animali possano comportarsi così» commentò Killer, le mani unite davanti alla bocca. «Sembra che abbiano davvero una volontà propria.»

«Questo perché una volta erano umani» sorrise leggermente Law, tranquillo.

Wire sgranò gli occhi. «Cosa?»

«Me l'ha detto Moore mentre credeva di essere in vantaggio» sogghignò Law, portandosi le mani dietro la testa e guardando in alto. «Oh, l'ha presa alla lontana: visto che aveva per così dire il coltello dalla parte del manico, ha pensato di deliziarmi col resoconto dell'assassinio di Eustass Captain Kidd» rivelò con estrema calma, tra le esclamazioni strozzate degli altri.

«Quel bastardo!» sputò Heat.

«Precisamente» convenne Law. «Allora mi ha spiegato che col suo frutto del mare ha il potere di tramutare le persone in animali, e voleva fare lo stesso con Eustass-ya: quindi ha preso un cadavere qualsiasi e l'ha carbonizzato per farci credere che fosse lui, e si è portato via il vostro capitano trasformato in cane. Un bel cane rosso. Poi però Eustass-ya si è dimostrato poco collaborativo, quindi l'ha lasciato sull'isola di Aro, subito dopo avergli scaricato in corpo un'ingente quantità di piombo» concluse serafico.

«Senti un po', come osi parlare in questo tono di...» iniziò Wire, alzandosi in piedi, ma Killer lo trattenne con un braccio.

«V-voi siete passati da Aro, prima di venire a Binks» balbettò, alzandosi a sua volta. «Me l'hanno detto Penguin e Sachi. Hanno detto che è lì che avete trovato il vostro...» si lasciò cadere seduto sulla sedia, mentre sul volto degli altri due apparivano le stesse identiche espressioni di consapevolezza. «... cane» esalò alla fine Killer, sconvolto.

Law annuì, un sorriso malizioso a riempirgli il viso. «Era messo davvero male. Non capivo come mai qualcuno avesse potuto accanirsi tanto contro un animale. Ho dovuto asportare completamente una gamba anteriore, il che significa che quando riotterrà il suo corpo, Eustass-ya sarà senza un braccio, ma... meglio di niente, giusto?» ammiccò.

Ci fu un attimo di silenzio, poi i tre iniziarono a gridare, saltare di gioia e abbracciarsi l'un l'altro, asciugandosi rudemente gli occhi e battendosi vigorose pacche sulle spalle. «È vivo, è vivo!» gridavano, e Law non riuscì a trattenere un moto di autentica felicità. Fino ad allora gli era quasi sembrato di vivere in un sogno, e che si sarebbe potuto svegliare da un momento all'altro realizzando che Kidd era ancora morto, che non era vero niente. Invece, in quel momento, la consapevolezza esatta di quello che era appena successo lo investì in pieno. Kidd era vivo. Era vivo. Lo avrebbe riavuto.

Improvvisamente, i tre smisero di urlare e di abbracciarsi e si avvicinarono a Law. Presero un respiro profondo e si inchinarono profondamente davanti a lui. «Grazie per aver salvato il nostro capitano!» esclamò Wire.

«E per averlo tenuto con voi tutto questo tempo!» continuò Heat a gran voce.

«La ciurma dei Pirati di Kidd vi è debitrice» proclamò solenne Killer, «e non lo dimenticheremo mai.»

Law rimase abbastanza sorpreso, ma si riprese in fretta. «È stato un piacere» concesse, abbozzando un sorriso. «Immagino che capirete che, nelle sue condizioni, preferisca non farsi vedere adesso. La vostra strappalacrime riunione è solo rimandata, state tranquilli.» Ci fu un mormorio di assenso, e Law intuì che per loro sarebbe stato imbarazzante quanto per il loro capitano vedersi in quel frangente. Era stato meglio così. Si schiarì la voce per continuare. «Conosco una persona dal potere simile a quello di Moore: si chiama Sugar, è una seguace di Doflamingo. Il suo potere consiste nel trasformare le persone in giocattoli. Il punto è: come si inverte il processo?» Si assicurò che lo stessero tutti ascoltando attentamente e proseguì. «Basta far perdere i sensi al possessore del frutto del diavolo per ritrasformare tutte le vittime in esseri umani. E intendo tutte. Questo significa che, nel caso riuscissimo a tramortire Moore abbastanza da farlo svenire, ci ritroveremmo comunque un'accozzaglia di feccia della peggior specie da affrontare. Sempre che non siano abbastanza svegli da riconoscere i loro salvatori. In sostanza, ho bisogno che stiate tutti nella sala principale insieme alla mia ciurma. Troverete quello che rimane dell'esercito ibrido di Moore e i suoi sottoposti più pericolosi: uno spadaccino, due Zoo-Zoo. Pensate di farcela?»

Killer annuì immediatamente. «Di' alla tua ciurma di concentrarsi sugli ibridi rimasti, noi ci occuperemo di loro. Tu andrai da Moore?»

«Ci andremo io e Eustass-ya» lo corresse Law.

Gli altri annuirono. «Non preoccuparti di noi, pensate solo a sconfiggere quel bastardo!» gridò Wire, alzando i pugni al cielo. «Deve pagare, hai capito?»

Law sfoderò un macabro sorriso. «Ci puoi scommettere.» Fece una pausa e riprese. «In ogni caso non posso garantirvi che riuscirò a spostare il combattimento con Moore lontano da voi. State attenti alle sue mani: gli basterebbe toccarvi per trasformarvi in animali. Il suo potere è ancora ad uno stato primordiale, per cui può farlo funzionare una volta al mese. Anche con Sugar era così, all'inizio, poi si è impratichita ed ora riesce a farlo quando preferisce. In ogni caso domani sarà un mese che ha trasformato Kidd, quindi dobbiamo prepararci all'eventualità che tenti di trasformare anche noi. Fate attenzione» concluse prima di alzarsi. «Ci troviamo all'alba davanti al cancello principale» aggiunse prima di uscire.

Quando aprì la porta notò subito la scomparsa di Kidd: dov'era finito? Law avrebbe scommesso che sarebbe rimasto con l'orecchio incollato alla porta. La risposta arrivò qualche istante più tardi, quando Law riconobbe la voce allegra di Penguin e Sachi oltre il corridoio. «E non sta bene origliare, sai? Oltretutto, il Capitano ormai avrà quasi finito e non è il caso che ti veda, sai com'è fatto. Anche se prima ti ha voluto a tutti i costi portare in sala operatoria da solo, e quando abbiamo chiesto a Bepo cos'era successo è letteralmente scappato via... Oh, Capitano!» lo salutò Sachi, sventolando la mano. «Finito? Tutto a posto?»

Law annuì, divertito. «Sì, tranquillo. Dove lo portate?» domandò, alludendo col capo alla figura di Kidd, saldamente trattenuto da entrambi per la collottola.

«Oggi è lunedì, quindi dobbiamo fargli il bagno!» esclamò Sachi, radioso.

Law colse lo sguardo indignato e furibondo di Kidd e dovette mettere una mano davanti alla bocca per nascondere una risata. «Mi spiace, a loro non glielo dico» sussurrò, malizioso. Il cane ringhiò profondamente, sfoderando la peggiore delle sue occhiatacce, e gli abbaiò addosso, l'espressione tradita e furiosa.

«Cosa?» chiese Penguin, inclinando la testa.

«Niente, niente. Divertitevi!» li salutò Law prima di dirigersi verso la sua cabina sogghignando sotto i baffi. Kidd gliel'avrebbe fatta pagare, certo, ma per il momento... niente da fare, era troppo divertente!

 










Angolo autrice:
Rieccomi qua! Perdonatemi per il capitolo di transizione: non succede un granché, ma per lo meno Killer e gli altri ora sanno che Kidd sta bene! ^^ Poverini, mi dispiaceva troppo per loro. Quindi ormai in due o tre capitoli dovremmo cavarcela, direi. Grazie a tutti quelli che leggono, recensiscono e tutto il resto, ci sentiamo settimana prossima!
Emma

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Capitolo 10
*** X ***


 

-Capitolo 10-

 

Kidd non aveva dubbi: l'avrebbe ucciso. E sarebbe stato lento e doloroso, com'era solito fare lui. Lasciarlo in balia di quei due idioti! Un conto era assecondare le loro follie quando nessuno era al corrente della sua vera identità; un conto invece era prendersi così impunemente gioco di lui! Era sull'orlo di una crisi di nervi quando la porta del bagno si spalancò.

«Penguin, Sachi, avete finito o no?» domandò quello stronzo di Trafalgar, un sorrisetto mal trattenuto che gli incurvava gli angoli della bocca. Kidd lo fulminò con lo sguardo: se sperava che questo salvataggio ritardato contasse qualcosa, beh, si sbagliava!

«Volevamo fare un'ultima passata di shampoo...» attaccò Penguin, speranzoso, ma Law agitò la mano. «Beh, lo farete un'altra volta, il cane ora mi serve» stabilì categorico.

I due non parvero troppo entusiasti, ma alla fine accettarono di allontanarsi dal bagno e lasciarono Law solo col cane, non prima di averlo asciugato con energia.

E adesso cos'hai da guardare? Kidd non capiva il senso di quell'incursione, per quanto non potesse dire di non averla apprezzata. Alla fine Trafalgar si decise a parlare: «Domani attaccheremo di nuovo» affermò, fissandolo negli occhi. «E questa volta, sarà la battaglia definitiva. Affronterò Moore, e volevo chiederti se te la senti di venire con me» aggiunse, gli occhi brillanti di malizia. Per essere alla sua altezza si era accucciato a terra, e Kidd non si sarebbe potuto sentire più preso in giro di così.

Abbaiò con orgoglio, gonfiando il petto e scoccandogli un'occhiata torva: e c'era anche da domandarglielo? Avrebbe fatto rimpiangere a quel pirata da strapazzo il giorno in cui si era messo contro il grande Capitano Kidd!

Trafalgar abbozzò un sorriso. «Ne ero sicuro. Ma se vorrai venire, ho bisogno che tu dimostri di potermi essere davvero utile.»

Kidd corrugò la fronte, inclinando il capo: non aveva già sconfitto mezzo battaglione della famosa armata animale di Moore? Cosa voleva di più quel chirurgo da strapazzo?

«Oh, non credere che per affrontare Moore bastino quei tuoi dentini affilati, Eustass-ya» ghignò Trafalgar. «Stiamo parlando di un pirata spadaccino al servizio di Kaido, con i poteri di un Frutto del Mare. Ma sta' tranquillo, non ti chiedo niente di troppo complicato: vieni con me» ordinò, alzandosi e avviandosi verso la porta.

Kidd lo seguì, dubbioso: che Trafalgar volesse allenarlo? Dotarlo di un'arma nuova di zecca? Doparlo? Innestargli gli arti di un qualche altro animale?
Alla fine, scoprì che erano diretti verso la rimessa del sottomarino. Kidd non l'aveva mai esplorata a dovere, principalmente perché non c'era davvero niente di interessante: solo una grande stanza ricolma di viti, bulloni, pannelli di metallo, chiodi e ogni tipo di pezzo di ricambio che potesse risultare utile in un sottomarino in caso di guasto. Una volta dentro, Trafalgar prese una vite da una cassa di ferro su uno scaffale e la lasciò cadere a terra. «Prendila» ordinò, secco.

Kidd, confuso, azzardò un passo nella sua direzione. «Non così, cretino! Fa' quella cosa che hai fatto prima. Usa il tuo potere» spiegò Trafalgar con impazienza. E Kidd capì: se volevano avere qualche chance contro Moore, le sue capacità sarebbero potute risultare decisive. Assurdo, non ci aveva nemmeno più pensato! Ma se c'era riuscito prima, non vedeva perché non ci dovesse riuscire anche adesso. Si concentrò intensamente sulla piccole vite abbandonata sul pavimento, sentendo il suo potere ribollirgli nelle vene. L'oggetto tremò impercettibilmente, ma non si mosse di un millimetro.

«Andiamo, Eustass-ya, puoi fare di meglio» lo schernì Trafalgar. «O devo dedurre che quello di prima è stato solo un caso?»

Non osare parlarmi in quel modo!, ruggì internamente Kidd, e la vite schizzò completamente fuori controllo verso il soffitto.

«No, devi controllarla. Fa' in modo che cada esattamente tra le tue zampe» lo riprese Trafalgar, serio. «Concentrati sullo scopo, lascia perdere tutto il resto.»

Lentamente, Kidd cercò di fare come gli era stato detto: incanalare la sua forza attraverso quel corpo era cento volte più faticoso di quando era umano. Si sentiva ancora un ragazzino, un quindicenne spaventato che aveva appena perso l'abilità di nuotare guadagnando in cambio le capacità fisiche di una calamita da frigorifero. Ci aveva impiegato due anni per conquistare una completa padronanza del suo potere, e ora doveva ricominciare da zero in meno di dodici ore? Cosa si aspettava che fosse, un supereroe?

La vite tremò leggermente sotto il suo sguardo concentrato, poi prese a spostarsi lentamente verso di lui.

«Tutto qui?» lo schermì Trafalgar degnandolo di un sorrisetto ironico. «Prova a visualizzare il tuo potere come qualcosa di concreto. Una corda, una sala operatoria, cose così» suggerì, senza smettere di sfoggiare quel suo sorrisetto sarcastico.

Kidd lo incenerì con lo sguardo, e la vite accelerò considerevolmente la sua corsa, procedendo solo un po' a zig-zag.

«Oh, così va decisamente meglio» concesse l'altro. «Avevi solo bisogno di un po' di incoraggiamento, dico bene?»

Kidd sbuffò forte e troncò il legame che attirava a sé la vite, che rimase immobile in mezzo alle sue zampe. Ricordava che, quando stava ancora imparando a usare il suo potere, gli riusciva più semplice immaginarlo come una corda che poteva tirare per avvicinare qualcosa a sé. Poi aveva iniziato a vederlo come un'enorme campo da gioco in cui era lui a stabilire le regole, giostrando contemporaneamente tutti i pezzi.

«Molto bene. Ora riportala nella mia mano» sorrise Law. Questo era più difficile, perché doveva far salire la vite anche in verticale. Ma Trafalgar lo guardava come a sfidarlo, e il grande Capitano Kidd non si sarebbe fatto mettere sotto così facilmente!
Sollevando il mento in segno di sfida, catalizzò tutti i suoi pensieri sull'unico obiettivo di spostare la vite. Sentiva il suo potere irradiarsi intorno a lui come un vero e proprio campo magnetico, percepiva gli innumerevoli pezzi di metallo dietro di lui. Oh, quella stanza era un vero e proprio parco divertimenti! La vite vibrò a mezz'aria e si fermò esattamente sopra la mano di Trafalgar, che sollevò un sopracciglio con aria vagamente colpita. «Beh, direi che stai andando bene» si sbilanciò.

Kidd grugnì, gonfiando il petto. «Ah, vuoi dire che potresti fare di meglio?» sorrise allora il pirata, sedendosi a gambe larghe su una cassa di ferro lì per terra. «Dimostramelo.»

Kidd non aspettava altro. Chiuse gli occhi per un istante e lasciò fluire il suo potere attraverso tutto il corpo, dalla cima delle orecchie fino alla punta della coda. Lo sentiva bruciare in ogni vena, sentiva l'aria crepitare di energia e il ferro intorno a lui che vibrava. Spalancò gli occhi di botto e l'intera stanza prese a vorticare.

 

* * *

Law sorrise: non si aspettava niente di meno da uno come Eustass Kidd. Aveva visto cos'era riuscito a fare contro Moore, ed era convinto che non ci sarebbe voluto molto per fargli recuperare pienamente i suoi poteri. Il suo era più probabilmente un blocco psicologico, che ora pareva essere completamente superato.

Kidd aveva gli occhi puntati verso l'alto, il muso deformato da quello che poteva tranquillamente passare per un ghigno vittorioso. Un intero sciame di oggetti metallici vorticava ad una velocità esorbitante sopra le loro teste: gli oggetti più grandi si muovevano anche verticalmente, e sbattendo l'uno contro l'altro sembravano quasi dare il ritmo all'intera scena. «Il solito esibizionista» sbuffò Law a metà tra il colpito e il rassegnato.

Kidd lo sentì e sollevò un sopracciglio, come a dirgli sta' a guardare. Si concentrò per un istante e improvvisamente il vortice prese la forma di una grossa mano metallica, che fu veloce ad abbassare tutte le dita tranne il medio. Law non riuscì a trattenere una risata genuina. «Ah, davvero?» sorrise, sollevando un sopracciglio e attivando la sua Room. Kidd guaì di protesta nel trovarsi a fluttuare a mezz'aria, agitando le gambe come un forsennato. «Non mi sembri nella posizione di fare tanto l'arrogante, Eustass-ya» lo canzonò, facendolo cadere a terra senza tanti complimenti.

Kidd ringhiò, un'espressione che sembrava dire riprovaci e sei morto. Poi spalancò gli occhi come se avesse avuto un'idea improvvisa, e di colpo una piccola quantità di viti, bulloni e altri piccoli oggetti si rovesciò nella sua direzione. Law assottigliò gli occhi, poi li sgranò di botto quando si rese conto di cosa stava facendo Kidd: aveva scagliato via la protasi che aveva al posto della gamba e si era assemblato una sferragliante opera meccanica di prima qualità, snodabile e letale. Una volta fatto, Kidd la provò correndo per un breve tratto e si lasciò sfuggire un mugolio di soddisfazione.

«Non male» concesse Law. Kidd si voltò di scatto verso di lui, furioso. Come, non male? Volevi dire strepitoso, forse! Gridavano i suoi occhi. «Beh, c'è ancora un ampio margine di miglioramento» continuò Law con un sorrisetto. «Dopotutto, qui c'erano solo bulloni e cacciaviti, con quella roba non potrai certo ammazzare nessuno» esagerò, godendo internamente nel farlo infuriare. Ma proprio mentre Kidd stava per saltargli alla gola o cose del genere, aggiunse: «Vieni, andiamo nell'armeria.» E non c'era niente di meglio del guaito elettrizzato di Kidd per chiudere la giornata migliore che Law avesse avuto nell'ultimo mese.

 

* * *

 

Il sole non era ancora sorto all'orizzonte quando i pirati Heart con la ciurma dei pirati di Kidd lasciarono le loro navi alla volta del palazzo di Moore.

Nessuno parlava, ma Killer e gli altri non facevano che lanciare occhiatine furtive al grosso cane rosso che zampettava al fianco di Law. Penguin e Sachi, a cui un Law estremamente divertito aveva spiegato tutta la faccenda, stavano ben alla larga dall'animale, temendo per le loro vite.

Giunsero in fretta davanti al portone del palazzo, e si fermarono. «Ci siamo» disse Law.

«Facciamo vedere chi siamo!» gridò Killer, e in un secondo tutto il gruppo oltrepassò il cancello, riversandosi nella sala principale.

Moore, i suoi uomini e l'esercito di ibridi li stavano aspettando.

Kidd ringhiò, e Law annuì brevemente. «Lo so che sei impaziente, Eustass-ya» cantilenò. «Sarò breve.»

Moore esplose in una fragorosa risata. «Cosa c'è, non ne hai avuto abbastanza, ieri?»

«A me sembra che sia stato tu a battere in ritirata, l'ultima volta» commentò Law, abbozzando un sorriso. «Siamo tornati per concludere quello che abbiamo iniziato ieri.»

Il sorriso scomparve dal viso di Moore. «Ormai sapete troppe cose: nessuno di voi uscirà vivo da qui!»

Law osservò che aveva la mano destra coperta da un guanto: che fosse per evitare di trasformare per errore qualcuno dei suoi? Come immaginava, non era ancora abbastanza allenato nell'utilizzo del suo potere; ma era sempre meglio avere una conferma definitiva.

Kidd ringhiò di nuovo: quella era la parte che aveva sempre sopportato di meno, la chiacchierata prima del combattimento. Law aveva un bel dire che era un momento essenziale per studiare l'avversario e identificare i suoi punti deboli, Kidd non riusciva semplicemente a trattenersi. «E va bene» concesse allora, prima di evocare la sua Room e scagliare improvvisamente via dieci animali contemporaneamente. «Andiamo!»

Kidd ruggì di gioia e si tuffò nella mischia, di fianco a Law, ed entrambi si diressero senza esitazioni verso Moore, che li aspettava poco lontano con un sorriso soddisfatto sul volto.

Era cominciata.

 

***

 

Killer e gli altri iniziarono subito a lottare contro i membri umani della ciurma di Moore, mentre i pirati Heart si concentrarono sul tenere occupati gli ibridi in modo da permettere a Kidd e Law di raggiungere Moore relativamente indisturbati.

Kidd non riusciva a crederci, non stava più nella pelle: era arrivato il momento, finalmente, avrebbe potuto vendicarsi di Moore per tutto quello che gli aveva fatto!

Il pirata, vedendoseli arrivare addosso, indietreggiò in direzione di un'altra sala poco distante, e Law e Kidd lo seguirono.

Si ritrovarono ben presto separati dal resto del gruppo, e Kidd si guardò intorno con attenzione: c'era abbastanza ferro anche lì, non sarebbe stato un problema per lui seppellire vivo quel bastardo.

Kidd avrebbe voluto saltargli subito addosso, ma doveva attenersi al piano: ringhiò tenendosi un po' in disparte, indirizzando tutti gli insulti che conosceva a quel cretino di Trafalgar che andava ad inventarsi certe cazzate.

 

* * *

 

«E tu te ne stai qui, facendo attenzione a non farti notare» proseguì Trafalgar, indicando un punto del grande tabellone sopra al quale stavano studiando la strategia migliore.

Kidd ringhiò immediatamente, contrariato: stare nascosto? No, grazie!

«Perché, Capitano? Non basterebbe che il can... cioè, che Kidd gli facesse crollare in testa la stanza?» propose Penguin a debita distanza dall'animale.

Law scosse la testa. «Quello è uno spadaccino serio. Avete presente, tutta la faccenda delle spade “che tagliano anche l'acciaio”. Riuscirebbe a difendersi da un attacco del genere, e avremmo perso l'effetto sorpresa. State a sentire quello che faremo, invece.»

 

* * *

 

«Arrenditi, non hai scampo! Ti reggi a malapena in piedi» lo schernì Moore, ghignando diabolico.

Law lo ignorò, concentrandosi sullo schivare i colpi ricevuti. Effettivamente aveva visto giorni migliori, ma era stato messo decisamente peggio in più di un'occasione. Assottigliò gli occhi prima di attaccare di nuovo, facendo sì che il combattimento si spostasse un po' più vicino al punto in cui era nascosto Kidd.

«Ce l'hai ancora con me per quel tuo Capitano Kidd? Guarda che non è stato niente di personale» continuò a provocarlo Moore, parando i suoi colpi e infliggendogliene di nuovi, più pesanti.

«Certo che tu parli un sacco» cantilenò Law, abbassandosi all'ultimo secondo. Pur avendo caricato la sua nodachi di Haki, non riusciva ancora a ferirlo.

«E certo che tu sei testardo per essere un semplice alleato che vuole vendicare un amico» frecciò Moore. «Non sarà che tutte le voci che giravano sul vostro conto erano vere?»

Law sgranò leggermente gli occhi, e in quell'istante Moore lo disarmò, scaraventandogli la nodachi dall'altro lato della stanza. Law si tuffò per recuperarla, ma con un calcio nello stomaco Moore lo spedì a terra. «Di' un po', speravi davvero di battermi?» ghignò Moore, svettante sopra di lui. «Potrei ucciderti, ma ho deciso di essere misericordioso.» Con un gesto teatrale si sfilò il guanto che teneva alla mano destra e si sgranchì le dita, lasciando cadere la sua katana poco distante, fuori dalla portata di Law. «Entrerai a far parte della mia collezione!»

E prima che né lui né Kidd avessero il tempo di fare alcunché, Moore posò le dita sulla testa di Law.

 












Angolo autrice:
Mi prostro davanti a voi col capo coperto di cenere: ebbene sì, sono una pessima persona. Vi chiedo perdono! La scuola mi ha letteralmente risucchiata viva, e non ho fatto in tempo a terminare il capitolo in tempo.
Grazie a tutti quelli che comunque continuano a seguire la storia: ormai manca poco! Il prossimo sarà l'ultimo capitolo ufficiale, ma a seguito verrà un bell'epilogo, quindi non temete, ne mancano ancora due. Intanto... quale sarà il piano di Law? Qualcosa è andato storto o sta andando tutto secondo i piani?
Ci sentiamo, direi intorno al prossimo weekend, a Dio piacendo. Pregate per me!
Un abbraccio, vostra
Emma <3

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Capitolo 11
*** XI ***


-Capitolo 11-



Kidd fremeva dalla tensione, nascosto nel suo angolino. Dobbiamo ottenere l'effetto sorpresa, aveva detto quell'idiota. E deve abbassare il livello di Haki!, come se fosse semplice far abbassare la guardia a un tizio del genere.

 

«Ecco che cosa faremo» disse Law appoggiando entrambe le mani sul tavolo. «Io e Eustass-ya ci sposteremo con Moore in uno spazio abbastanza libero, da cui Eustass-ya sarà in grado di far precipitare una gran quantità di metallo addosso a Moore. Dopodiché, lui rimarrà nascosto mentre io combatterò contro di lui, senza usare la Room» proseguì senza scomporsi.

Kidd ringhiò. «C-capitano, ma come...» tentò Sachi, ma Law lo fulminò con lo sguardo. «A quel punto fingerò di essere sconfitto, e mi farò disarmare. Se tutto va secondo i piani, anche Moore abbasserà la spada.»

Killer aggrottò la fronte. «E perché dovrebbe...»

Ma Kidd aveva capito, e ringhiò sommessamente: la cosa non gli piaceva affatto. «Sarà appena scaduto un mese. Vorrà trasformarmi in uno dei suoi ibridi da collezione» spiegò Law con semplicità.

Penguin e Sachi sbarrarono gli occhi. «Capitano, non puoi permettere che accada!»

«Ovviamente quello sarà il momento in cui interverrà Kidd» buttò lì Heat.

«Assolutamente no: conoscendolo, manterrà alta la concentrazione per tutta la durata del processo. Avrà l'Haki della percezione a livelli altissimi» lo interruppe subito Law. «Dovrò permettergli di toccarmi. In questo modo, quando si accorgerà che non mi sarò trasformato in un animale, andrà in crisi e perderà la concentrazione. Solo a quel punto Eustass-ya potrà sfoderare il suo attacco e metterlo al tappeto» concluse con un piccolo ghigno di vittoria.

Tutti intorno al tavolo lo fissarono con tanto d'occhi. «Non... non ti sarai trasformato? Ma com'è possibile?» balbettò Bepo alla fine.

 

Moore sbatté le palpebre, costernato. Premette i polpastrelli sulla fronte di Law, poi sulle guance, sulle braccia, il volto invaso da puro terrore. «Ma cosa...»

Law si limitò a sorridere, diabolico. «Qualcosa non va?»

Moore, paonazzo, strinse i pugni in un impeto di rabbia «Com'è possibile?» ruggì, facendo per raggiungere la spada. Quella però si innalzò di qualche centimetro e scivolò poco lontano, senza che nessuno la toccasse. Moore allora voltò lentamente la testa, per fronteggiare un Law di nuovo in piedi con le mani intente a governare la sua Room. «Ah, non te l'avevo detto?» fece quello, una volta accortosi di essere osservato. «L'intera stanza è sotto il controllo della mia Room, fin dall'inizio.» Poi, prima che Moore avesse il tempo di capirci qualcosa, esclamò a gran voce: «Ora!»

E il mondo crollò a pezzi.

 

«Ma sei sicuro che funzionerà?» domandò Penguin, apprensivo.

Law annuì. «Ve l'ho detto, il potere di Sugar era identico al suo. All'inizio funziona solo con i polpastrelli della mano destra. Basterà invertirglieli con quelli della mano sinistra senza che se ne accorga, e poi fargli credere di aver vinto.»

Law sorrise e lasciò passare qualche momento perché l'informazione penetrasse nelle menti di tutti. «Quindi... tutta la stanza sarà già sotto il controllo della tua Room?» chiese Wire.

«Esatto» rispose Law.

«E gli... gli scambierai i polpastrelli mentre non è attento? Non credi che se ne accorgerà?» domandò Killer, scettico.

Law abbozzò un sorriso. «Tu te ne sei accorto, Wire-ya?» domandò, sollevando la mano che ancora governava la Room.

Wire si portò le mani davanti al viso, terrificato. «D-d'accordo, mi hai convinto. Adesso però rimettili a posto» gridò, sulla difensiva.

Law sorrise e agitò una mano, riportando tutto alla normalità. «Queste sono mosse relativamente semplici per me. Invertire le dita, le sopracciglia, le orecchie...»

Penguin e Sachi rabbrividirono, come se stessero rivivendo ricordi che avrebbero preferito dimenticare. Kidd, che ancora non aveva dimenticato la storia del bagno, sfoderò un ghigno soddisfatto.

«E qui entra in scena Kidd, giusto?» chiese Heat, seduto a gambe larghe.

Law annuì, gli occhi fissi in quelli di Kidd. «Dovrà essere una cosa veloce. E letale. Non voglio che si risvegli in cinque secondi: ci serve come minimo il tempo di riprenderci, ritrovarci tutti alla spiaggia e salpare. Credi di riuscirci?»

Kidd mostrò i denti, ringhiando: con chi credeva di avere a che fare? Si raddrizzò e gonfiò il petto: certo che poteva farlo.

Law abbozzò un sorriso. «Molto bene.» Fece per aggiungere qualcosa, poi ci ripensò all'ultimo e scosse la testa. «È tutto, ci vediamo domattina prima dell'alba.»

 

Qualcosa era andato fottutamente storto, pensò Kidd con un'ondata di rabbia mista a panico. Aveva fatto tutto quello che doveva, no? Moore aveva abbassato la guardia, se n'era accorto benissimo. Law era riuscito a ingannarlo, la sua spada era lontana, e la valanga metallica che gli aveva scaraventato addosso sarebbe stata sufficiente a far fuori un esercito intero.

Ma allora, perché era ancora un cane?

La polvere che la sua esplosione aveva procurato non si era ancora abbassata del tutto, e dalla sua altezza si faceva fatica a vedere: fu quindi con un mezzo infarto che si accorse di qualcuno che lo stava afferrando dalle spalle.

«Non troppo felice di vedermi, eh, Eustass-ya» borbottò Law alle sue spalle. Kidd ringhiò: conosceva quell'espressione. Lo sguardo di Law grondava disappunto, come accadeva ogni volta che qualcosa non andava secondo i suoi piani. Sembrava un bambino a cui avessero sottratto il gioco preferito, e di solito Kidd si divertiva moltissimo a vederlo in quelle condizioni, ma quello non era decisamente il momento. «Dev'essere intervenuto qualcuno. Non sarebbe riuscito a difendersi da solo. Significa che Killer-ya e gli altri...» iniziò Trafalgar, ma Kidd lo fulminò con lo sguardo: non esisteva che i suoi ragazzi si fossero fatti fregare. Che pensasse a un'altra spiegazione.

«Credevate davvero di potermi ingannare?» sghignazzò una voce da dietro di Loro. Si voltarono entrambi di scatto, ma non videro nulla. «Siete riusciti a privarmi del mio potere, e ve ne rendo atto. Non so che sporco trucco abbiate usato, ma questo non mi fermerà!» Kidd tirò internamente un respiro di sollievo: non si era accorto dello scambio di polpastrelli, grazie al cielo. «D'altronde, io sono il grande capitano Moore! Credevate davvero che non avessi un asso nella manica?»

E d'improvviso lo videro. Stava in piedi sopra uno di quei soppalchi che si trovavano un po' ovunque in quel palazzo, uno di quelli che Kidd non aveva fatto precipitare, ma non era solo: di fianco a lui stava un essere che Kidd non aveva mai visto, un misto tra un leone e un uccello, gli occhi duri come acciaio che li fissava con odio. A giudicare dalle sue ali, doveva essere stato lui a salvare Moore un istante prima che venisse sepolto vivo. «Vi piace? È un regalino di Kaido, un grifone in carne e ossa! Non c'entra nulla con quegli altri laggiù: lui è intelligente, capisce quello che diciamo.» E in quell'istante l'animale spalancò il becco e dalla sua gola uscì una vampata di fuoco.

 

* * *

 

Law riuscì a malapena a teletrasportarsi poco lontano con la sua Room, mentre Kidd si difese usando una barriera di metallo come scudo, che si fuse quasi subito. Ma quanto era potente qulla vampata di fuoco? Kidd non sarebbe mai riuscito a seppellire vivo l'animale come voleva il piano iniziale. Se fosse stato al pieno delle sue forze non era escluso che sarebbe riuscito a rovesciargli addosso una quantità tale di ferro da impedire che lo sciogliesse abbastanza in fretta, ma così...

«Allora, che te ne pare?» gongolò Moore, raccogliendo la sua spada e mettendosi in posizione.

Law lanciò un'occhiata a Kidd, e ne intercettò lo sguardo. Quello lo fissò con un'espressione risoluta, come a dire “lascia fare a me”. Il Grifone gli si stava avvicinando, pronto ad eruttare nuovamente il suo getto fiammante, ma questa volta Kidd era più preparato: Law non doveva preoccuparsi.

Ciascuno si voltò verso il proprio avversario e la battaglia cominciò.

 

* * *

 

Kidd schivava con una prontezza di riflessi che, da umano, non avrebbe mai avuto. Sul serio, se non fosse stato che, beh, era tutta colpa di Moore, avrebbe quasi dovuto ringraziarlo.

Prima che il Grifone -che diavolo era un grifone, poi? Chi l'aveva mai sentito nominare?- riuscisse a caricare un altro getto di fuoco, Kidd aveva già richiamato a sé abbastanza metallo per ricostruire la sua cara, vecchia, gigantesca mano di metallo e gliel'aveva scaraventata addosso. Sfortunatamente il Grifone riuscì a evitarlo, ma Kidd guadagnò abbastanza tempo per lanciare un'occhiata al combattimento tra Law e Moore. Non stava andando bene.

Kidd imprecò mentalmente: nelle condizioni in cui era Law, non sarebbe durato a lungo in un incontro prolungato. Il giorno prima era ridotto in condizioni pietose, e aveva già sprecato abbastanza energie per mantenere attiva la sua Room fino a quel punto. Avevano bisogno di concludere, e in fretta.

Spostò il combattimento un po' più vicino a loro, e iniziò a sentire dei pezzi della loro conversazione.

«… se anche fosse?» stava commentando Trafalgar, un sopracciglio inarcato.

Moore sembrava sul punto di perdere la pazienza. «Ma non è possibile! Era morto!»

Ah. Kidd nascose un ghigno compiaciuto mentre schivava l'ennesimo attacco del Grifone. Non sono così facile da far fuori, stronzo!

Sia Trafalgar che Moore riportavano solo alcune ferite leggere, ma Law non stava più usando la Room, e aveva le labbra strette, come a trattenere una smorfia di dolore. In qualche modo Kidd riuscì a colpire il Grifone abbastanza forte da stordirlo per pochi secondi, giusto in tempo per indirizzare un pezzo di metallo contro la spada di Moore, che deviò dalla sua direzione salvando all'ultimo secondo la pelle a Trafalgar. Come faresti se non ci fossi io, eh? Non fece in tempo a finire di pensarlo che si sentì teletrasportare poco lontano, mentre un cumulo di macerie veniva incenerito nell'esatto punto in cui si trovava pochi istanti prima. D'accordo, uno a uno, concesse a denti stretti mentre ignorava il sorrisetto supponente di Trafalgar.

Sembrava che avessero qualche possibilità di cavarsela quando Kidd si lasciò sfuggire un guaito di dolore: una vampata del Grifone gli aveva ustionato la pelliccia della schiena. Si riprese subito: non era niente di grave, riusciva ancora a combattere. Ma nel sentirlo abbaiare Law si era distratto, e quell'istante di distrazione fu sufficiente a Moore per disarmarlo. Kidd sgranò gli occhi e, completamente incurante del Grifone alle sue spalle, si scaraventò contro Moore per impedirgli di abbassare la spada su un Trafalgar disarmato.

Istintivamente Moore alzò le mani per difendersi, dopodiché fu come se il mondo si fosse capovolto, e Kidd cadde a terra.

 

* * *

 

Ce l'aveva fatta. Insomma, era stato complicato, e buona parte del suo piano si basava sulla fortuna, ma cosa importava? Ce l'aveva fatta.

Moore non aveva capito come funzionava il giochetto dei polpastrelli, quindi non si era curato di proteggere la mano destra mentre combatteva. Inoltre Law non poteva esserne sicuro al cento percento, ma senza l'adeguato addestramento era possibile che toccando un essere umano trasformato in animale con le dita giuste dopo lo scadere del mase, l'effetto venisse invertito. Dunque era bastato farsi disarmare per spingere Kidd a volare in suo aiuto, dopodiché c'erano buone probabilità che in qualche modo la mano destra di Moore sfiorasse la pelliccia di Kidd. E a quel punto, beh, non dubitava che con i suoi poteri di nuovo al massimo Kidd sarebbe riuscito a far crollare l'intera stanza in testa a quel bastardo e al suo animaletto da compagnia.

Tutto andò miracolosamente secondo i piani: Kidd saltò addosso a Moore e quello lo prese in pieno con entrambe le mani. La scena che gli si parò davanti aveva dell'incredibile: il corpo di Kidd sembrava fatto di gomma, allungandosi e restringendosi a velocità folli, e poi... e poi ecco la sua pelle sempre tanto pallida, e quelli erano i suoi capelli rossi, e il collo, gli occhi, le gambe, le... no, un braccio solo. Ricacciò indietro il groppo che gli si era formato in gola, rimandandolo a un altro momento. Non riuscì a formulare altri pensieri perché, prima ancora che Kidd potesse riprendersi del tutto da quella sua istantanea trasformazione, Moore ruggì di rabbia e gli si scaraventò addosso, la spada alzata.

La nodachi di Law era troppo lontana, non ce l'avrebbe fatta a tuffarsi e recuperarla. Tentò di attivare la Room, ma una feroce fitta alla testa lo fece desistere in fretta. Non si fermò troppo a riflettere, non ebbe chissà quale eroica rivelazione. L'unica cosa che riusciva a pensare era non di nuovo. Vi prego, tutto ma non questo, non di nuovo. Non posso passarci di nuovo.

Allungò le braccia e spinse Kidd a terra, stringendo i denti quando la spada di Moore lo colpì.

 

* * *

 

Kidd ci mise poco a capire cos'era successo, e in un secondo l'intera stanza era ridotta a un cumulo di macerie, Moore e il Grifone sepolti chissà dove. Non gli importava. Non si era mai sentito tanto forte, tanto ribollente di rabbia. Rabbia verso Moore, ma soprattutto rabbia verso Trafalgar.

Trafalgar che non si muoveva, steso a terra di fianco a lui.

«Ehi. Ehi, svegliati. Non fare scherzi!» La voce usciva roca, gracchiante. In un qualsiasi altro momento si sarebbe fermato a pensare a quanto tempo era passato da che aveva sentito la propria voce, e a quanto gli fosse mancato poter anche solo parlare, ma in quel momento non riusciva a pensare ad altro che a Trafalgar, immobile, che non rispondeva. E se fosse morto, se fosse morto davvero... «Ehi, stronzo, non prendermi per il culo!» gridò, un velo di panico nella voce.

Kidd stava per fare qualcosa di drastico -non sapeva ancora cosa, ma di certo non se ne sarebbe stato lì con le mani in mano- quando Trafalgar sbatté le palpebre, l'aria vagamente confusa.

«Sempre con queste cattive maniere, eh, Eustass-ya?» mormorò, la voce impastata. Poi sfoderò il suo classico ghigno strafottente.

Kidd si sentì come sollevato da un peso immenso. Per un istante il sollievo fu tale da impedirgli di parlare, ma ben presto lasciò il posto alla rabbia. «Ah, ti sembra divertente? Ma cosa diavolo avevi nella testa, si può sapere? Se magari una volta ogni cent'anni mi mettessi al corrente dei tuoi piani, io...» Sarebbe potuto andare avanti per ore, visto e considerato quante cose aveva da rinfacciargli, ma fu interrotto da un dito che gli premeva sulla bocca.

«Ma che bravo, Eustass-ya, hai ritrovato l'uso della parola» lo blandì Law, la voce roca. «Ora vediamo se questa bella bocca riesci ad usarla anche per qualcos'altro.»

Quello spense immediatamente ogni rimostranza di Kidd.

 

* * *

 

Dio, Dio se gli era mancato. Tutto, tutto quanto: dalle battutine stizzose agli abbracci violenti, dagli sguardi maliziosi ai baci appassionati come quello. La lingua di Law si muoveva sensuale nella bocca di Kidd, che, affamato, sembrava non averne mai abbastanza. Law gemette quando Kidd gli morse il labbro superiore, passandogli una mano dietro la testa e stringendolo ancora di più a sé. Era tutto al suo posto, tutto perfetto. L'odore di Kidd, i suoi capelli folti, molto più lunghi della pelliccia del cane. Si era sentito come privo di una parte di sé senza l'ingombro del corpo di Kidd sopra il suo, caldo e palpitante, e i muscoli che guizzavano sotto la pelle diafana, quasi trasparente.

«A qualcuno sono mancato» ansimò Kidd con un sorrisetto soddisfatto quando interruppero il bacio per mancanza d'aria, le labbra ancora a pochi millimetri di distanza.

Non puoi immaginare quanto. Law abbozzò un sorrisetto e lo fissò dritto negli occhi, quegli occhi fieri e coraggiosi che non avrebbe mai smesso di inseguire, di desiderare. Eppure in quegli stessi occhi aveva scorto un terrore incredibile quando si era svegliato dopo lo stordimento del colpo di Moore, e poi un sollievo tanto genuino da scaldargli il cuore. E davvero, bastava questo.

* * *

 

Law si tirò un po' indietro, stiracchiandosi. «Non lo so, a me sembra che sia tu quello che se l'è quasi fatta sotto, prima.» Kidd non rispose, fulminandolo con lo sguardo. «Andiamo, te lo si leggeva in faccia, potresti anche ammetterlo.»

Gli occhi di Law brillavano di malizia, e sebbene facesse fatica a tenersi seduto, figuriamoci in piedi, non gli era mai sembrato più attivo di così.

E va bene, Kidd si era preoccupato, e quindi? Come se a Trafalgar non gliene fosse mai fregato niente di lui. In tutta quella storia non gli sembrava proprio di essere stato il più sentimentale, o si sbagliava? E in ogni caso, non era colpa sua se a Trafalgar piaceva fare il drammatico.

«Credevi davvero che non avrei usato la Room in un frammento simile? Ho deviato la lama di Moore un istante prima che mi colpisse, così mi ha preso solo di striscio» spiegò Trafalgar come se fosse stato ovvio, scoccandogli uno sguardo di vago rimprovero.

E gli costava tanto farglielo sapere, invece che rimanere lì steso a terra? Gli era preso un colpo!

«Dai, dobbiamo andare dagli altri. Scommetto che Killer-ya e gli altri muoiono dalla voglia di rivederti.» Si alzò traballante in piedi, poi gli dedicò un'occhiata molto interessata. «Ripensandoci, forse è il caso che ti metti qualcosa addosso, prima.»

Kidd avvampò, considerando solo in quel momento che si trovava completamente privo di vestiti.

Law gli dedicò un sorriso che partiva dagli occhi, vero come raramente ne aveva visti, e gli passò la sua lunga giacca nera.

Sulla spalla Kidd poteva vedere la ferita che Moore gli aveva inferto, l'ultima. Era ancora un po' imbambolato a causa dell'improvvisa trasformazione, ma aveva fatto perfettamente in tempo a vedere gli occhi di Law. E poteva dire quello che voleva, ma Kidd non se la sarebbe mai bevuta: quello non era lo sguardo di uno che ha un asso nella manica. Law non sapeva che sarebbe riuscito ad usare la Room fino all'ultimo istante.

Sogghignò pensando a come farglielo pesare per il resto dell'eternità -pronto a sacrificarti per me, davvero?- e lo seguì, verso la vita che era riuscito a riprendersi con le sue mani.






















Angolo autrice:
Scusateeee! Davvero, sono imperdonabile. In questi ultimi tempi ho studiato davvero tanto, e mi spiace che abbiate dovuto aspettare tanto per questo capitolo. Ma abbiate fede, ormai era l'ultimo! *momento di panico*
Okay, in realtà ci sarà anche un epilogo (che prometto solennemente, arriverà entro una settimana. Almeno questo).
Che ve ne pare del capitolo? (è anche ben più lungo del solito, eh. Mi sono proprio sprecata, è che volevo terminare la battaglia per non lasciarvi col fiato sospeso. Che brava sono?)
Spero che sia stato tutto chiaro, se ci sono scene un po' confuse non esitate a chiedere! Mi piace molto progettare battaglie con colpi di scena su colpi di scena, solo che poi tendo a incasinarmi mentre lo butto giù. Ma nella mia testa era un intrico di piani e contro-piani peggio di games of Thrones, giuro!
E finalmente Kidd è tornato umano... ForseEDICOFORSE nell'epilogo avremo qualcosa di più di questo casto e pudico bacio (Law era mezzo morto, però, quindi non è che potessero fare chissà cosa).
Grazie di cuore a tutti quelli che sono arrivati fino a qua!
Ci sentiamo presto!
Emma ^^

 

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Capitolo 12
*** Epilogo ***



 

-Epilogo-

 

E senti allora,
se pure ti ripetono che puoi
fermarti a mezza via o in alto mare,
che non c'è sosta per noi,
ma strada, ancora strada,

e che il cammino è sempre da ricominciare.

Eugenio Montale - A galla


 

Law inarcò la schiena, scosso da un brivido di piacere, mentre Kidd ansimava, il petto che si alzava e abbassava sotto le dita fredde di Law.

«Beh» commentò Kidd dopo un po', allungando la mano per scostare le lenzuola umide e calde. «Beh. Non è... non è stato male» concluse, come a corto di parole.

Law nascose con le mani una risatina. «Tu dici?» ribatté, un sorriso da gatto.

Dalla finestra aperta entrò un leggero soffio di vento, che rinfrescò di poco la stanza accaldata. Erano sulla nave di Kidd -il capitano si era categoricamente rifiutato di mettere di nuovo piede sul sottomarino per i successivi dieci secoli o cose del genere-, nei pressi di un'isola estiva. Le loro ciurme erano scese a fare baldoria per festeggiare la recente vittoria contro Moore e la sua ciurma, ma loro due se l'erano svignata quasi subito. Le stelle sembravano enormi, dalla porzione di cielo che riuscivano a scorgere dalla loro posizione.

Kidd sollevò un poco la schiena e fece per tirargli un pugno, ma l'instabilità dovuta alla mancanza di un braccio lo fece traballare. Strinse i denti: Law era stato un istruttore paziente nel spiegargli come doveva comportarsi per evitare danni alla schiena e in generale a non perdere l'equilibrio, e in ogni caso aveva imparato a sopperire a ogni mancanza col suo nuovissimo braccio meccanico. Ma quello ora giaceva in mille pezzi ai piedi del letto, pronto per essere riassemblato la mattina dopo, e la cicatrice rossastra là dove sarebbe dovuto cominciare il suo braccio contrastava con le lenzuola candide in un modo che a Kidd dava il voltastomaco.

Law se ne accorse -se ne accorgeva sempre, accidenti a lui- e sorrise piano, sfiorando la cicatrice con le sue dita ghiacciate. «È una vera opera d'arte, sai?» sussurrò, fissandola. «Raramente me ne sono venute di così perfette.»

«Perché non ci fai una foto e la incornici, allora?» ribatté infastidito Kidd, scostandosi.

Ma Law lo riafferrò e se lo spinse vicino, sogghignando. «Perché invece non mi ringrazi come si deve per averti riaggiustato tutto?» propose.

Kidd strinse labbra. «Mi sembra che tu abbia fatto un bel lavoro di merda, invece.»

Law non rispose, ma continuò ad accarezzare la cicatrice con dita leggere, disegnando figure complicate e facendo scendere a Kidd brividi freddi lungo la schiena. Kidd non l'avrebbe mai ammesso, ma era una sensazione che non gli dispiaceva affatto.

«A me sembra che la tua ciurma non si sia lamentata troppo» commentò Law alla fine.

In effetti, Killer e gli altri erano stati così felici di vederlo che la storia del braccio era passata totalmente in secondo piano. C'erano state pacche sulle spalle, urla, rozzi abbracci e gridi di gioia prima che si ricomponessero abbastanza per intavolare una conversazione degna di questo nome. Kidd aveva molti problemi col relazionarsi con le persone, ma su una cosa non avrebbe mai avuto dubbi: per quei ragazzi avrebbe fatto qualunque cosa, punto. E quando aveva manifestato la volontà di costruirsi il braccio meccanico, avevano passato il pomeriggio tutti insieme a progettarlo in modo da renderlo il più letale e maneggevole possibile. «Cazzo, sarai ancora più pericoloso!» aveva esclamato Wire alla fine. «E chi lo ferma più, adesso?» aveva aggiunto Heat.

Insomma, a Kidd non importava particolarmente di aver perso un braccio: molti tra gli uomini più forti della Great Line, dopotutto, convivevano con lo stesso handicap; bastava pensare a Shanks il Rosso. Soltanto la sera, a volte, sentiva bruciare la ferita e si alzava imprecando, il corpo sudato. Allora però bastava avvicinarsi al corpo fresco di Law, addormentato di fianco a lui, per recuperare il sonno. Non lo aveva mai visto dormire così sereno, mentre era un cane. E allora gongolava al pensiero di essere lui la causa, lui la ragione. Perché aveva visto come Law, a dispetto di tutte le apparenze e di tutti i suoi discorsi, tenesse davvero a lui. E sotto sotto, la cosa non gli dispiaceva. Non gli dispiaceva affatto. Forse allora qualcosa di buono quell'avventura lo aveva anche portato, alla fine.

«A cosa stai pensando?» chiese Law, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.

«Niente» rispose subito Kidd. Figuriamoci se gli diceva una cosa del genere.

Ma Law capì lo stesso -capiva sempre, accidenti a lui- e si avvicinò un po' di più, sorridendo di quel suo sorriso speciale, quello che arrivava fino agli occhi e lo faceva sembrare un'altra persona.

Kidd allora sospirò e gli passò il braccio buono intorno alle spalle, sentendo le spalle di Law irrigidirsi per la sorpresa e poi rilassarsi subito dopo, come complice di un tacito accordo.

Rimasero lì in silenzio per quelle che parvero ore, a fissare le stelle fuori dalla finestra e sentendosi invincibili, così stretti da poter sentire il battito del cuore l'uno dell'altro.

E andava bene così.

 





























Angolo autrice:
E la storia è ufficialmente conclusa! *grida di gioia in lontananza*. Insomma, in questo epilogo non è successo davvero nulla a parte un po' la summa di tutto quello che è stato in questa storia: Kidd e Law tirano le conclusioni dell'avventura vissuta e decidono cosa imparare da tutto l'ambaradan che ne è scaturito. La poesia all'inizio è un pezzetto di una poesia di Montale che mi piace molto, e mi sembrava che si adeguasse abbastanza al contesto ^^
Un grazie davvero di cuore a tutti quelli che mi hanno accompagnata durante la stesura di questa storia!
In particolare grazie a:


1 - 2001lau2
2 - akiralovemanga
3 - An11na
4 - cola23
5 - GretaChan
6 - KikiShadow93
7 - Lady_Fujoshi
8 - letmepurr
9 - Winchester_D_Fra
10 - _Falsa Pista_

Che hanno inserito la storia tra le preferite: non sapete quanto mi avete resa orgogliosa!

Un grazie va anche a:


1 - girosolomina
2 - Gold D Akame

Che l'hanno messa tra le ricordate: grazie davvero!

E poi come non ringraziare quelle splendide persone che l'hanno messa tra le seguite, e cioè:


1 - ale09
2 - AlexisSlyterin
3 - Alle97
4 - Azzu___
5 - Bloodlily
6 - Edda_LaRaccontaStorie
7 - evy88
8 - girosolomina
9 - Giulia_Uzumaki_415
10 - Gold D Akame
11 - kiddo_Traffy
12 - liliky
13 - millow95 [
14 - Musical
15 - red queen
16 - Ria-chan
17 - Synacky_
18 - TheLadyVampire97
19 - toru90
20 - Yellow Canadair
21 - Zehel

Siete tantissimi e mi avete spronata ad andare avanti anche quando il tempo scarseggiava, quindi grazie davvero di cuore!

ma il grazie più importante va a chi ha deciso di spendere qualche minuto del suo tempo per recensire questa storia: niente puù rendere uno scrittore più felice di una recensione ben fatta, ve l'assicuro! Quindi grazie a:

Jules_Kennedy: Grazie di cuore per le splendide recensioni, sei stata preziosa! Sono felice che questa storia ti sia piaciuta, e spero di aver reso giustizia alla tua otp! ^^

OrenjiAka: Grazie mille, leggere le tue recensioni è sempre un piacere! Spero che quest'ultimo capitolo non ti abbia delusa!

red queen: grazie mille per le tue bellissime recensioni, sei stata gentilissima ogni volta! Ti ringrazio molto per aver seguito questa storia, spero che anche l'epilogo sia stato di tuo gradimento! ^^

cola23: ciao, è sempre un piacere trovarti tra le nuove recensioni! Grazie mille per essere passata, spero che questa storia ti sia piaciuta!

Ria-chan: Eccoci! Non so davvero come ringraziarti: ti sei presa la briga di recensire tutti i capitoli uno per uno, sei stata gentilissima e sempre divertente e mi hai davvero spronato ad andare avanti anche quando era difficile per me trovare un momento per scrivere. Grazie di tutto, spero di risentirti presto!

Nereisi: ciao! Grazie di cuore per essere passata, sei stata gentilissima a lasciarmi il tuo parere! Spero che la storia ti sia piaciuta^^

Musical: Grazie mille per la recensione, sei stata gentilissima a lasciarmi il tuo parere! Fammi sapere anche se quest'epilogo è stato di tuo gradimento!

Bluly: ciao! Grazie di cuore per avermi lasciato la tua recensione: anche se devo ancora rispondere l'ho apprezzata tantissimo! Spero di risentirti presto!

_Falsa Pista_: Ciao! Grazie mille per essere passata, la tua recensione mi ha fatto davvero molto piacere! ^^ Risponderò al più presto, intanto sappi che ho davvero apprezzato!

2001lau2: ciao! grazie mille per avermi lasciato il tuo parere, mi hai resa felicissima ^^ Spero che anche questo epilogo ti abbia soddisfatta!

Bene, dovrei aver detto tutto: alla prossima, grazie ancora a tutti per avermi accompagnata fin qui!
Un bacione, vostra
Emma <3

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