Nullus amor nec foedera sunto

di MmeBovary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Persuasione ***
Capitolo 2: *** Con gli occhi chiusi ***
Capitolo 3: *** Maschere nude ***
Capitolo 4: *** Great Expectations ***
Capitolo 5: *** Cuore di tenebra ***
Capitolo 6: *** Ragione e sentimento ***
Capitolo 7: *** Illuminazioni ***
Capitolo 8: *** L'amore tanto per fare ***
Capitolo 9: *** Delitto e castigo ***
Capitolo 10: *** Doppio sogno ***
Capitolo 11: *** Guerra e pace - Parte I ***
Capitolo 12: *** Guerra e pace - Parte II ***
Capitolo 13: *** Il piacere ***
Capitolo 14: *** La decadenza della menzogna ***
Capitolo 15: *** Fuga nelle tenebre ***
Capitolo 16: *** La fontana di sangue ***
Capitolo 17: *** Closer ***
Capitolo 18: *** Moriae Encomium - Elogio della follia ***



Capitolo 1
*** Persuasione ***




CAP. 1
PERSUASIONE



Hermione fissava confusa il foglio davanti a sé.
“Stiamo peggiorando, eh signorina Granger?”
La voce odiosa di Piton le ricordava che quello era il terzo 4 del mese e che di questo passo si sarebbe rovinata la media alla grande.
“Ottimo lavoro invece signor Malfoy.”
“Grazie professore! È un gioco da ragazzi… vero Mezzosangue?”
Il biondo Purosangue reclinò il suo candido collo per rivolgere un’occhiata sprezzante alla Grifondoro, sventolandole davanti un bel 10 sottolineato tre volte.
Oltre al danno la beffa! Hermione si alzò di scatto, tremando di rabbia.
“Posso uscire un attimo professore?”
Ottenuto il permesso, la giovane corse fuori e si appoggiò sospirando ad una colonna di pietra, lasciandosi scivolare a terra. Si prese la testa tra le mani. I riccioli dorati le ricaddero sul volto dai tratti delicati; ondeggiando con lievi carezze asciugarono una lacrima in fuga sulle guance arrossate per la rabbia.
-Perché non ci riesco più?-
Ultimamente i suoi risultati erano scarsissimi in pozioni. Andava benissimo nelle altre materie, ma da un po’ in quella era peggiore di Neville.
“Qualche problema Granger?”
Ancora la voce di Draco con il suo inconfondibile tono sarcastico.
“Niente che ti riguardi Malfoy.”
La Grifondoro alzò fieramente il capo sulla figura slanciata del coetaneo. Il ragazzo camminava con studiata lentezza nella sua direzione, frugandosi in tasca. Si fermò alla colonna vicina e vi si appoggiò morbidamente. Trovato l’accendino, si mise una sigaretta fra le labbra sottili e la accese.
Hermione lo guardò con aria d’indifferenza. Inclinò leggermente il capo in avanti perché i suoi boccoli coprissero le tracce del pianto.
“Che ci fai qui fuori? Sei così bravo che non devi seguire?”
“In effetti, probabilmente è così…” celiò il biondo “ma ora sono uscito solo perché volevo parlarti.”
La Grifondoro sorrise, stupita.
“Parlarmi? Ora salti anche le lezioni per non perdere un minuto in cui potresti offendermi o umiliarmi? Perché piuttosto non te ne torni là dentro a compiacerti del tuo successo?”
Draco rise ma ribatté
“Sei ingiusta Mezzosangue. Io ero qui per farti una proposta.”
“Una proposta? Non finisci mai di stupirmi Malfoy…prima vuoi parlarmi, ora addirittura sposarmi! Ma non so se sono pronta, ti conosco appena…”
“Che spiritosa Granger”  il Serpeverde batté le mani in un finto applauso “Come se potessi anche solo immaginare di mischiare il mio sangue col tuo… Quello che volevo proporti era uno scambio.”
“Scambio di cosa?”
Il Serpeverde espirò una lunga boccata di fumo.
“Di favori. Io ti faccio prendere il massimo in pozioni e tu in cambio mi dai qualcosa che voglio.”
Hermione rimase un attimo in silenzio, pensierosa.
“Mh… e come faresti a farmi prendere di nuovo buoni voti?”
“Semplice: ti do ripetizioni e se proprio non ci arrivi ti passo i compiti.”
“Vada per le ripetizioni, ma non voglio barare e prendere le tue pozioni.”
“Stupido orgoglio Grifondoro…” mormorò il biondo.
“Comunque…” osservò Hermione “Non mi hai ancora detto cosa vuoi in cambio”
Era seriamente interessata all’ offerta: Malfoy era un gran bastardo e un razzista ma a Pozioni era il migliore.
“Prima di saperlo devi accettare…”
C’era una nota di sfida nella sua voce.
“Mi prendi per scema?” ribatté Hermione fieramente, alzandosi in piedi “Poi potresti chiedermi di tutto… Una Serpe come te potrebbe persino volermi usare per arrivare a Harry o ai Grifondoro.”
“Niente di tutto ciò Granger” Rispose Draco con molta calma e serietà, finendo la sua sigaretta “Il patto riguarda solo te.”
“Hai intenzione di usarmi come manichino per provare maledizioni?”
“Non ne ho intenzione…non sarà niente di così violento o sanguinario, anzi credo che lo troverai perfino piacevole…”
Cosa poteva mai chiederle? Di fargli i compiti per un anno? Per lei studiare era un piacere… Era pronta a tutto per un 10 in Pozioni. Eppure una vocina nel suo cervello le diceva ancora di fare attenzione, di non lasciarsi manipolare. Venire a patti con una serpe poteva essere molto, molto rischioso… Guarda cosa successe a Eva quando si lasciò convincere che un morsino a una mela non le avrebbe fatto nulla…
Oh, insomma!Al diavolo i dubbi. Un 10 per lei valeva ben più dell’Eden
“Ci sto.”
I due suggellarono il patto con una stretta di mano.
“Allora, cos’è che vuoi?”
“Voglio il tuo corpo.”
Hermione lo guardò dubbiosamente, non poteva essere serio.
“Vuoi dire che vuoi scambiare il mio corpo con il tuo e diventare una donna? Non credevo avessi di questi desideri Malfoy…”
Una smorfia di disgusto increspò le regali labbra del biondo.
“Ma che hai capito Mezzosangue! Io voglio il diritto di usare il tuo corpo per il mio personale godimento, quando più mi pare e piace.”
Sorrise beffardamente e, avvicinandosi alla ragazza, proseguì:
“Per cui… se volessi farti mia qui, ora, non potresti rifiutare, visto che hai dato la tua parola di Grifondoro.”
Gettò il mozzicone a terra, schiacciandolo sotto la punta delle sue costosissime scarpe italiane.
Hermione indietreggiò fino alla colonna. Perché non aveva esaminato questa possibilità prima di accettare?
“Da un porco come te Malfoy, ci si poteva aspettare solo una cosa così viscida.”
“Allora te lo aspettavi? E hai accettato…uh…”
“No! Non intendevo questo… ma non starai parlando sul serio? Cosa vuoi davvero?”
“Mai stato più serio Mezzosangue.”
Draco cominciò ad avvicinarsi, fino a schiacciarla col proprio corpo contro il marmo..
“Ma per ora mi basta un bacio…”
Hermione sfuggì alle sue labbra nascondendo il volto nella propria spalla.
“Hai promesso Grifondoro…”
-Stupido onore!- pensò Hermione e si decise a stare alle regole. Ormai era stata così stupida da accettare, tanto valeva andare fino in fondo. E poi non voleva dare a Malfoy la soddisfazione di farle rimangiare la parola.
“Quando vuoi.”
Lo fissò dritto negli occhi, con aria di impudenza e di sfida.
“Così mi piaci Mezzosangue.”
Il biondo si avvicinò ad una guancia. Le sue labbra ripercorsero con delicatezza il tragitto salato di una lacrima per poi unirsi a quelle di Hermione, lentamente. Draco inspirò il suo profumo mentre intrecciava le dita con i suoi boccoli bruni.
Quando cercò di approfondire il contatto però la sua lingua trovò la barriera dei denti. Provò a baciare la ragazza un’altra volta, ma non andò meglio, anzi, rimediò perfino un morso.
“Per oggi mi posso accontentare Granger… Si sta facendo tardi e non vorrei che venissero a cercarci. Avrò modo di rifarmi domani…”
Detto questo si voltò e tornò verso l’aula di Pozioni, tranquillamente e leccandosi un labbro sanguinante.
“Questo Grifone sa usare i denti…” borbottò tra sé e sé, mentre pensava a come giustificarsi per la prolungata assenza.
Hermione intanto crollò in ginocchio, senza che le gambe facessero alcun particolare sforzo per sorreggerla.
Non ci capiva più nulla: Malfoy, Draco Malfoy aveva appena cercato e ottenuto il permesso di abusare del suo corpo?!? Il mondo girava al contrario e nessuno la aveva avvertita?!?
“Che situazione…”
Aprì la finestra a cercare il sollievo dell’aria fresca per il suo viso in fiamme.
Poi tornò verso l’aula, mentre pensava a come giustificarsi per la prolungata assenza.

Quando rientrò notò con stupore che tutti la guardavano.
Si rimise a sedere accanto a Harry.
“Stai meglio Herm?”
“Come?”
Non stava male, almeno non fisicamente.
“Signorina Granger” intervenne Piton “Il signor Malfoy ci ha informato che lei stava vomitando un  po’ ovunque in corridoio… spero Gazza abbia già provveduto a pulire, o dovremmo preparare una pozione impermeabilizzante?”
Vomito? Ovunque? Che?!?
“M-ma io, veramente…”
“Non si preoccupi professore è tutto pulito ed ho personalmente soccorso la Granger che stava affogando nel proprio vomito…”
Malfoy, seduto alle sue spalle, aveva un gran sorriso di vittoria stampato in faccia.
Hermione poteva pensare ad una sola parola per descriverlo: stronzo.
“Già, chi sa cosa avrei fatto senza di lui…”
Non era certo questa la scusa che aveva pensato per giustificare l’assenza, ma non poteva neanche dire la verità.
“Bene, allora 5 punti a Serpeverde, e poi dicono che nella mia casa non sono altruisti… Ora riprendiamo la lezione sugli usi del porcospino…”
Hermione prese nota mentalmente. Uso di un porcospino: ficcarlo a Malfoy dove non batte il sole…
“Che cosa vorrà da me?” si chiese “Perché questo patto?”
La giovane ora sentiva lo sguardo del Serpeverde bruciarle sulla schiena. Una lenta e dolce tortura…
Si voltò e incrociò due iridi grigie che in effetti erano puntate su di lei. Draco distolse gli occhi e lei fece lo stesso, ma 5 minuti dopo la sensazione di avere argento fuso sulla pelle era tornata.
Il biondo osservava con interesse la figura esile ma bellissima della Grifondoro, seduta davanti a lui. Seguiva ogni minimo spostamento dei suoi morbidi boccoli bruni, al ritmo del suo respiro. Quella Mezzosangue aveva qualcosa che lo attirava, che lo ossessionava, ed ora avrebbe potuto liberarsi di quella fissazione. Come? Beh, l’unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi e ora aveva trovato il modo di farlo. Grande idea quella del patto.
“Sarai mia Mezzosangue…”

Finita la lezione, Hermione si trattenne per chiedere un chiarimento al professore. Draco voleva parlarle, quindi usò tutta la sua fantasia per riuscire ad impiegare 10 interi minuti per rimettere a posto le sue poche cose.
“Draco tutto bene?” gli chiese Goyle “Ci hai messo 5 minuti a chiudere la boccetta dell’inchiostro…”
“…e altrettanto” proseguì Tiger “A piegare un foglio per gli appunti.”
“Certo che sto bene!” ritrose il biondo “Voi scimmioni non potete capire la perfezione. E ora andatevene. Vi raggiungo dopo.”
“Va bene capo.” Dopo questa risposta in coro, i due lo lasciarono.
Ormai erano solo lui, la Grifondoro e Piton.
“Muoviti Granger…” pensò “o dovrò metterci altri 10 minuti a cercare la penna che ho già messo a posto…”
Poi la vide salutare il professore ed andarsene. Si affrettò a gettare confusamente in borsa tutto ciò che era ancora sul banco e la seguì.
“Ehi ferma Mezzosangue!”
“Non hai detto che ti bastava per oggi Malfoy?”
“Infatti” spiegò il ragazzo “Ora sta a te prendere la tua parte.”
“Quando e dove.”
“Tra dieci minuti nel mio letto?” celiò il biondo con una voce roca terribilmente sexy.
Hermione per poco non gli diceva di sì -Controllati Herm!-.
“Malfoy!!!”
riuscì a suonare sufficientemente indignata.
“Scherzavo, scherzavo… come sei nervosa Granger. Che ne dici della mia Sala Comune?”
“Non mi pare il caso… magari in biblioteca?”
“Troppa gente, non vorrei mi vedessero con te.”
“Ti assicuro che il desiderio è reciproco.”
“Allora?”
“Che ne dici della Stanza delle Necessità?” propose la Grifondoro
“Come vuoi tu Granger. Ci vediamo là dopo pranzo e porta i tuoi appunti, non ho seguito oggi.”
“Cosa?!? E tu dovresti aiutarmi?”
“Oh non preoccuparti Mezzosangue il mio è un talento naturale che non necessita di spiegazioni.”
“Sempre modesto, eh Malfoy?”    
“Sempre…” ripeté il Serpeverde mentre si allontanava “Sempre…”

A pranzo Hermione si sedette accanto a Harry come ogni volta.
“Hey Herm! Come è andata al test di pozioni?”
“Male come al solito. E a voi?”
“Se non ci capisci nulla tu” rispose Ron “Figurati noi!”
“Però potremmo studiare insieme oggi. Da tre cervelli caveremo qualcosa…”
L’offerta era partita da Harry, ma la sua amica fu costretta a declinarla
“In realtà…”
Che scusa poteva inventare? In-realtà-studio-con-Malfoy avrebbe molto probabilmente stroncato la giovane vita del Bambino Sopravvissuto con un infarto!
“In realtà… oggi devo già studiare Incantesimi e volevo farlo da sola… sai per non rischiare di lanciare un incantesimo a qualcuno…”
“Ok Herm, come vuoi.”
“Sei tu il capo!” scherzò Ron “Vorrà dire che io e Harry studieremo da soli. Soli soletti, senza l’aiuto di nessuno, senza poter sapere se facciamo errori, senza sostegno, abbandonati al nostro destino…”
“E piantala…”
Hermione si sentiva un verme. Odiava mentire ai suoi amici, ma in quel caso era necessario. Non avrebbero mai capito come aveva potuto venire a patti con la serpe.
Il moro stava facendo gli occhioni da cucciolo nella sua direzione per convincerla a cambiare idea.
“Anche tu finiscila, non cederò.”
“Ma come puoi resistere a questo sguardo?”
Ron scrollò la testa.
“È  senza cuore…”
“Non c’è altra spiegazione…”
“O cederebbe a quello sguardo languido…”
“Cedono tutte…”
“Basta ho detto! Io non sono una studentessa arrapata del primo anno che non regge l’occhiata sexy del Cercatore Grifondoro, ok? Ti conosco fin troppo bene Harry, con me non attacca…”
I due ragazzi alzarono le spalle con aria dubbiosa e decisero di lasciar perdere.
Hermione tornò a dedicarsi al pranzo che per la tensione quasi non aveva toccato. Il suo sguardo però scivolò presto verso il tavolo Serpeverde dove un sensuale ragazzo biondo sedeva, comportandosi nel suo solito modo superbo e altero, con una ragazzina attaccata al suo braccio e uno sguardo impassibile.
Eppure Hermione era sicura che quegli occhi grigi potessero avere anche espressioni più dolci… Non la nota di boriosa vanità che aveva quando parlava ai suoi compagni, non lo sfondo di lussuria che appannava il suo argento quanto lo scopriva a fissarlo e neppure la punta di disprezzo che rivolgeva a pochi fortunati, lei e Harry inclusi… no, solo uno sguardo dolce e sincero. Sereno insomma. O forse era un’ utopia la sua…
“Hey ‘Mione ti sei incantata?”
“Come?”
La voce di Harry la riscosse. Ma a che cosa si era messa a pensare?!?
“Chi stavi fissando?”
“Nessuno!”
Ma si affrettò un po’ troppo a rispondere e la sua voce suonava falsa, molto falsa.
“Ah…” Gli occhi verdi del Grifondoro si illuminarono “Non è che guardavi un ragazzo?”
“Nooo… che ti salta in mente?”
Harry diresse lo sguardo dove prima era quello della sua compagna cercando di capire chi potesse essere l’ oggetto del suo interesse. La bruna pensò seriamente di rovesciargli in testa la ciotola della gravy per impedire che vedesse Draco, ma non ce ne fu bisogno.
“Forse mi sono sbagliato…davanti abbiamo i Serpeverde, quindi a meno che tu non stia progettando di sbatterti Tiger o Goyle…”
“Harry che schifo, siamo a tavola!”
“…o quel ragazzino lentigginoso del primo anno di cui non ricordo il nome, o Malfoy…”
“Ora piantala Harry!”
Ron rideva a crepapelle, ma lei era nervosa e imbarazzata.
Harry cessò l’elenco.
“Ok, scusa Herm, non te la sei presa vero?”
“Ma no, no figurati…” lo rassicurò la sua amica “è solo che non sopportavo più la risata di Ron! Sembri un rinoceronte col mal di pancia!”
“Ehi!”
Tutti e tre scoppiarono a ridere.
Hermione tirò un sospiro di sollievo.

Draco Malfoy era seduto tra i suoi scagnozzi e una rossa del terzo anno che si strusciava contro il suo braccio come un gatto.
“Ehy tesoro, finirai per sgualcirmi la giacca…”
“Oh scusa Dracuccio!”
La ragazza si staccò dal suo arto superiore e cominciò ad accarezzargli una coscia.
-Certa gente non capisce proprio- pensò il biondo, ma la lasciò fare dato che non aveva voglia di spiegare a quella cerebrolesa che anche i pantaloni si sgualciscono.
Alzò un attimo lo sguardo verso il tavolo dei Grifondoro e vide Hermione chiacchierare con Harry. Per un secondo prima, mentre cercava di staccarsi di dosso quella ragazzina-piovra gli era parso di sentirsi osservato dalle iridi dorate della Granger. La sensazione di calore che gli provocava era inconfondibile.
Ora però il trio Grifondoro rideva allegramente, senza curarsi minimamente di lui.

Ille mi par esse deo videtur
ille, si fas est, superare divos,
qui sedens adversus identitem te
spectat et audit

dulce ridentem, misero quod omnis
eripit sensus mihi…

Quegli mi sembra simile a un dio,
quegli, se è lecito dirlo, mi sembra superiore agli dèi,
che seduto davanti a te può spesso
vederti e ascoltarti

mentre dolcemente sorridi: felicità che a me
sventurato rapisce l’uso di tutti i sensi
                                                  Catullo, carme 51


 Dopo pranzo la rossa era ancora avviluppata attorno a Draco.
“Senti, io ora devo andare…” cercò di giustificarsi il biondo “Perché non rimandiamo a stasera?”
“Ma io ti voglio ora Dracuccio…” si strinse a lui ancora più forte, intrufolando una mano dentro i pantaloni neri della Serpe.
“Ehi…”
Beh se era così decisa perché no?
“E va bene…”
La giovane emise un gridolino di gioia e iniziò a sbottonarsi la camicia.
“Aspetta non qui in corridoio!”
Mentre trascinava quella ninfomane verso un’aula vuota Draco pensava che se avesse sfogato i propri istinti ora forse avrebbe resistito alla tentazione di farlo con la Grifondoro dopo, visto che per ora lei sembrava piuttosto restia a concedersi.
“Però abbiamo solo 10 minuti…”
Detto questo Draco e la giovane compagna sparirono dietro una porta vicina.

Hermione aspettava nella stanza delle necessità già da  quasi 20 minuti quando finalmente vide entrare Draco.
“Alla buon ora! Credevo non venissi più.”
“Per pochi minuti di ritardo Granger? Non puoi proprio vivere senza di me, eh?”
“No, non potrei mai, né senza di te né senza il mio tuffo mattutino nel lago della piovra… sai io adoro farmi del male…”
“Temevi ti avessi preso in giro ieri? ”
“No, è solo che sei uscito dalla Sala Grande prima di me e poi ti sei fatto aspettare 20 minuti…”
“Sono stato trattenuto.” Tagliò breve il giovane, mentre preparava alcuni ingredienti e guardava gli appunti della Grifondoro. Intanto si tolse la giacca e si stiracchiò il collo con un sospiro di piacere e Hermione notò un segno scuro sulla pelle diafana, vicino alla clavicola.
Ripensò alla ragazzina che gli aveva visto avviluppata addosso. Poteva immaginare cosa lo avesse trattenuto… Bhe in fondo non erano affari suoi, lei lo odiava.
“Cominciamo!” sentenziò il biondo, riportandola alla realtà.
“Sissignore!” rispose prontamente Hermione e riuscì persino a strappare un sorriso a quel serio Serpeverde.

La lezione andò benissimo. Draco era un maestro eccezionale e Hermione imparava in fretta. In più c’era uno strano feeling tra loro che rendeva tutto più facile. Dopo appena due ore Herm aveva già preparato  abbondanti dosi  di quella pozione per cui si era meritata un 4.
“Sembra perfetta Granger.”
Draco osservò una fialetta controluce e la odorò.
“Non ci resta che provarla.”
“E come Malfoy? È una pozione rigeneratrice, serve a curare le ferite e nessuno di noi due ne ha.”
“A questo si può rimediare…”
Prima che la Grifondoro si rendesse conto di cosa stava succedendo, Draco prese un coltello dal tavolo e le afferrò una mano.
“Non pensarci nemmeno Malfoy! Non mi farò tagliare le vene per un compito!”
La giovane ritrasse le dita con orrore, ma in realtà il biondo le stava porgendo il manico dell’arma, non la lama.
“Che hai capito Mezzosangue? Il tuo sangue torbido mi farebbe schifo…Volevo ferissi me, ma se non vuoi…peggio per te, avresti potuto toglierti una soddisfazione…”
Hermione impallidì.
“Cosa?”
Ancora una volta la Serpe la colse alla sprovvista e senza che lei avesse realizzato le sue intenzioni, il ragazzo si procurò un lungo e profondo taglio sul braccio.
“Oh mio Dio, Draco sei impazzito?!?”
Nonostante il dolore il giovane rimase impassibile, prese una fialetta, la stappò con i denti e ne rovesciò il contenuto sulla ferita sanguinante.
Hermione cercò di fermarlo.
“Aspetta, non farlo, e se avessi sbagliato qualcosa? Non è sicuro! Dobbiamo andare da Mme Chips, dobbiamo…oh!”
Non finì la frase perché rimase a bocca aperta guardare il taglio che magicamente si rimarginava senza lasciare traccia o cicatrice.
“Wow…”
“Visto Granger?”
Lei lo guardò con vivo stupore.
“Ti sei fidato di me?”
Draco sussultò.
In effetti era così, ma non voleva farglielo sapere.
“Più che altro mi sono fidato di me, visto che ti ho sorvegliata io, chiaro?”
Hermione mise il broncio, spingendo in fuori il labbro inferiore.
“Comunque la mia pozione funziona.”
“Se non muoio entro stasera.”
“Ti starebbe bene, con lo spavento che mi hai fatto prendere.”
Lui sorrise beffardamente.
“Preoccupata per me Mezzosangue?”
Hermione avvampò.
“No certo che no, ci sarebbe stato un bastardo in meno su questa terra.”
“Uh…che cattiva che sei Granger, così mi spezzi il cuore…”
“Perché ne hai ancora uno? Sbarazzatene, prima che si sappia in giro…”
“Crudele Grifondoro…”
Hermione non poté impedirsi di sorridere, si stava proprio divertendo a stuzzicarlo.
Improvvisamente però il sorriso le morì sulle labbra.
Draco stava tremando e cadde a terra tenendosi il braccio. Hermione tentò di soccorrerlo.
“Oh no, no… Draco… no… Che ho fatto? Che hai fatto? Oh Dio Santo! Aspetta chiamo Mme…”
Si fermò quando vide un sorriso sulle labbra del biondo, sorriso che si tramutò in una fragorosa risata.
“Ah,ah,ah, Granger… avresti dovuto vederti… che faccia…”
Fece una sua brutta imitazione assumendo un tono di voce incredibilmente acuto
“Oh Dio, Draco, no… come farò senza di te… l’ omicidio finirà sul mio curriculum…”
Hermione si rialzò, rossa di rabbia
“Stronzo! Mi hai preso in giro!”
Lui si asciugò gli occhi, lacrimanti per il troppo ridere.
“Perspicace Mezzosangue… Non ho saputo proprio resistere.”
“Non è stato divertente!”
Le lacrime cominciavano a pungerle gli occhi. La aveva presa in giro e ferita nell’ orgoglio. Ma soprattutto la aveva fatta preoccupare.
Draco si risollevò da terra con calma, sistemandosi i vestiti.
“Forse non lo è stato per te Granger, ma ti assicuro che io me la sono spassata parecchio…”
Avvicinandosi a lei cominciò a sussurrare.
“…Comunque forse hai ragione, ho un po’ esagerato.”
Le asciugò una lacrima.
“Il Principe delle Serpi ammette di avere torto?”
 “Ehi, non ti allagare Granger, ho detto che forse tu hai un po’ ragione, non che io ho torto!”
“Ah, ora ha più senso…”
“Comunque, a parte la mia piccola recita…”
“Per cui, credo, sei appena stato ufficialmente nominato agli Oscar come miglior coglione protagonista…”
“Non interrompere Mezzosangue! Comunque, dicevo… a parte la mia piccola recita, la pozione non ha mostrato strani effetti e tu stai per prendere un meraviglioso voto a Pozioni.”
Il volto di Hermione si illuminò
“Non credi, Granger, che questo valga qualcosa di più del morso di stamattina?”
L’allegria della ragazza si spense: rieccoci…
“Come ti pare Malfoy.”
“Allora…”
Draco fece scivolare la mano con cui aveva asciugato la lacrima di Hermione lungo il volto della ragazza, accarezzandole la guancia fino alle labbra, che si dischiusero leggermente al suo passaggio, poi il giovane mise entrambe le mani dietro la schiena di Hermione e la attirò a sé.
Avvicinò il proprio volto a quello della fanciulla, lentamente, fermandosi a pochi centimetri dalle sue labbra. Sentiva il suo respiro caldo fondersi col proprio.
Dopo alcuni secondi, che gli parvero un’eternità, raggiunse quei morbidi petali di rosa che agognava da lunghissime ore.
Com’era assurdo ritrovare l’emozione che un così lungo intervallo aveva ricacciato in una vaga lontananza.
Provò a rendere più profondo quel contatto, assaggiando il suo sapore ed Hermione lo lasciò fare.
Ma non rispose al bacio.
La Grifondoro era immobile davanti a lui, con le braccia che le ricadevano inermi lungo i fianchi.
Il biondo pose fine a quella patetica imitazione di bacio. Era visibilmente irritato.
“Così non è molto divertente… ho visto bambole gonfiabili più coinvolte di te…”
Hermione lo guardò con aria di sfida e rimase in silenzio.
“Abbiamo un patto, ricordi Granger?”
“Certamente.”
La sua voce era calma, pacata. Vi si intendeva una malcelata nota di soddisfazione per la vittoria imminente.
“Ma tu, Draco, hai detto che vuoi il mio corpo…non il mio cuore. O sbaglio?”
Detto ciò, la bruna prese le sue cose, inclusa la pozione, e se ne andò, lasciando il ragazzo senza parole.
Come un serpente che si sia avvelenato col proprio morso.


Tum vos, o Tyrii, stirpem et genus omne futurum
Exercete odiis cinerique haec mittite nostro
Munera. Nullus amor populis nec foedera sunto.

E voi. O Tirii, la sua stirpe e tutta la futura genia
Assillate col vostro odio e recate queste funebri offerte
Al cenere nostro. Non ci siano né amore né patti tra i popoli.

Virgilio, Eneide
Libro IV, 622-624 (Didone)



…………..continua………………



§ Spazio autrice: §

Il titolo del capitolo è anche il titolo di un libro di Jane Austen (una delle mie scrittrici preferite!).
Infatti, ogni capitolo, per un mio personale capriccio (ognuno ha di queste fisime…) prenderà il proprio nome da un’opera diversa. Il libro in questione è un romanzo su una storia d’amore finita per volontà della famiglia della ragazza e tornata a rifiorire dopo anni (niente a che vedere con la mia fic, ma è il titolo da solo che calza a pennello!).
À bientôt!

P.S. Commentate numerosi come sempre, mi raccomando!
MmeBovary

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Capitolo 2
*** Con gli occhi chiusi ***




CAP. 2

CON GLI OCCHI CHIUSI


Ci sono persone che ammettono la sconfitta, che piegano il capo e riconoscono con moderazione di essere stati superati. Sono persone che riescono persino a gioire di questo lieve smacco inflitto al loro orgoglio perché esso insegna loro la piccola ma importante lezione dell’umiltà.
Draco Malfoy però non era tra queste persone.
Sconfitta, moderazione, umiltà. Parole riservate a tutti quei perdenti che andavano ad ingrossare le fila dei Tassorosso… Parole che nel suo vocabolario non erano contemplate.
Per questo non appena Hermione fu fuori dalla Stanza delle Necessità, Draco non poté che lasciare che la rabbia si impossessasse di lui.
“MALEDIZIONE!” urlò mentre rovesciava a terra tutto ciò che le sue mani trovavano sul tavolo.
Aveva stipulato un patto molto chiaro con la Grifondoro: ripetizioni di Pozioni per il diritto di usare il suo corpo, ma si era appena reso conto che non era questo ciò che voleva. Lui voleva la Mezzosangue combattiva, testarda e dannatamente cocciuta che gli aveva morso le labbra a sangue quando aveva tentato di baciarla, non un pezzo di carne con le sue fattezze.
Perché poi la volesse, non si era fermato a chiederselo. Una domanda troppo pericolosa per pensare anche solo di porsela. Sapeva che la voleva e basta e che voleva tutto di lei, dall’espressione raggelante che assumevano i suoi occhi d’ambra quando s’infuriava, alla piega capricciosa che le sue labbra avevano quando rideva con lo Sfregiato.
La Granger lo aveva capito, aveva afferrato subito che lui non mirava solo a sfogare i propri istinti virili sul suo corpo, no, perché per fare quello aveva già uno stuolo più che sufficiente di ragazze pronte gettarsi ai suoi piedi. Lei aveva capito cosa lui agognasse e prontamente glielo aveva negato.
Lo aveva beffato.
Battuto al suo stesso gioco.
Decisamente umiliato.
Se non fosse riuscito a coinvolgere anche la sua candida anima Grifondoro in quel dannato gioco di seduzione Draco avrebbe dovuto sciogliere il patto.
“Maledizione! Maledizione!”
Era abituato ad ottenere ciò che voleva e lo avrebbe ottenuto.
Si accese una sigaretta e aspirò una lunga boccata di fumo.
Attorno a lui i mille specchi formati da bocette, fiale e vasi infranti riflettevano la sua figura regale che ritrovava la sua compostezza tra le volute opaline della sigaretta accesa. Presto recuperò la calma e il controllo di sé.
Freddo e lucido come al suo solito: ora poteva uscire.
“Che io sia dannato Mezzosangue” soffiò tra la nicotina “se non avrò anche il tuo cuore…”.

Il giorno dopo Hermione marciava con passo spedito e fiero per i corridoi di Hogwarts, gioendo ancora per la propria vittoria.
“Ti ho sistemato Malfoy…”
La sua uscita lo aveva lasciato a bocca aperta. La sua focosa resistenza iniziale lo aveva divertito, ergo la migliore arma per sconfiggere il Principe di Ghiaccio doveva essere un glaciale distacco. Se lei doveva essere un vuoto simulacro su cui lui potesse sfogare i suoi bassi desideri, allora lo sarebbe stato, imponendo, certo, dei limiti ben precisi… Non si sarebbe avventurata nella camera di Malfoy per tutti gli “Eccezionale” del mondo.
Il suo cuore, comunque, sarebbe rimasto ben protetto dietro un muro di rancore e diffidenza per quella Serpe venefica.
A colazione il sorriso non aveva ancora abbandonato il suo volto, nonostante i suoi amici fossero in ritardo. Ron arrivò poco dopo ma Harry si fece attendere.
“Ehi, Herm, sei di buon umore? Sei particolarmente radiosa oggi…”
Il Cercatore Grifondoro le rivolse queste parole subito dopo averle schioccato un bacio su una guancia ed essersi seduto accanto a lei.
“Non cercare di addolcirmi signor Potter. Sei spudoratamente in ritardo.”
“Ritardo? Oh mio Dio, Herm! Credi che sia incinta?” celiò il moro
Lei rispose con una delle sue occhiate di rimprovero.
“No, davvero, scusa. Ma… sono stato trattenuto…”
La bruna assunse un’espressione interessata.
“E da chi, se posso chiedere? E ti prego non entrare nei particolari se ciò mi deve bloccare la crescita…”.
Harry si avvicinò al suo orecchio, per non essere udito da altri, soffiandovi dentro un nome che uscì amplificato un milione di volte dalle labbra di Hermione.
“GINNY WEASLEY?!?”
Senza volere la bruna aveva reagito urlando e la mano di Harry non era stata sufficientemente lesta a tapparle la bocca così che ora mezza scuola si voltò a fissare la povera Ginevra che entrava per puro caso in quel momento.
Il Cercatore Grifondoro fu tentato di stringere la presa delle dita e soffocare la sua migliore amica su due piedi.
Hermione dal canto suo si sarebbe volentieri scavata una buchetta dove seppellirsi.
Liberandosi dalla presa del moro riuscì ad articolare qualche suono.
“Ginny, dicevo… Siamo qui! Vieni!”
La rossa si fece largo tra gli sguardi con il suo solito cipiglio sicuro e prese posto accanto alla compagna.
“Herm sei sorda per caso? Non c’era bisogno che urlassi! Dove cavolo credevi che stessi andando a sedermi?”
Le labbra vermiglie della Grifondoro si piegarono in un sorriso innocente ed imbarazzato.
“Scusa… forse ho alzato un po’ la voce…”
Mentre la rossa iniziava a mangiare Hermione si scusò ancora con il suo migliore amico.
“Fa niente Herm… forse avrei dovuto essere più delicato nel darti la notizia.”
La ragazza sfoderò un sorriso e gli dette una bella pacca sulla spalla.
“Non mi resta che farti le congratulazioni mi pare!”
Ron sollevò il volto dalla ciotola del porridge.
“Congratulashioni per cosha?”
“Niente, niente Ron…” rispose il suo amico “Continua ad abbuffarti!”
Con una scrollata di spalle il rosso eseguì alla lettera il consiglio.
Finita la colazione i tre si alzarono per andare in aula e come al solito Harry salutò la sua amica con un veloce bacio a fior di labbra.
“Non credi” lo redarguì lei “Che ora che sei fidanzato dovresti smetterla di baciare altre ragazze?”
In tutta risposta il moro sfoderò il suo sguardo più limpido e puro e una risata di sorpresa.
“E perché mai ‘Mione? Non essere così maliziosa… in questo modo potrei baciare anche mia zia Petunia!”
Dopo essersi dati appuntamento per dieci minuti dopo i Grifondoro si separarono, dato che Ron, eterno distratto, aveva lasciato i libri in camera.
Hermione stava per incamminarsi verso l’aula quando un brivido le corse lungo la schiena. Era come essere a contatto con il ghiaccio. Voltatasi, incrociò gli occhi metallici di Draco. Quelle iridi plumbee le laceravano l’anima come coltelli infilati troppo forte, con rabbia. Che fosse infuriato per il giorno prima?
In realtà no… Il rancore del Serpeverde aveva radici più recenti e si era originato semplicemente dall’avere appena visto le labbra della Granger, che si rifiutavano a lui con fiera ostinazione, offrirsi allo Sfregiato Potter.
Hermione si arrestò vicino alla porta.
Con la massima naturalezza Malfoy si alzò e percorse i pochi metri che lo separavano dall’Ingresso. Nel passare accanto alla Grifondoro le sussurrò:
“Seguimi…”
Per non soccombere alla sensazione che aveva di perdere l’equilibrio, Hermione lo seguì a qualche metro di distanza ed entrò dietro di lui nei Sotterranei.
Lo aveva appena perso di vista in quei cunicoli oscuri quando si sentì afferrare e spingere addosso alla parete.
“Malfoy! Che cosa vuo…”
La bocca del Serpeverde le impedì di terminare la domanda e allo stesso tempo le diede la risposta.
Il biondo le invase la bocca suggendole le labbra e la lingua, facendola sospirare di sorpresa e di piacere. Le mani esperte del ragazzo vagarono sulla sua schiena inarcata contro la pietra e si intrufolarono fin sotto la stoffa chiara della sua camicetta.
Colta di sorpresa, Hermione si perse nel sapore inebriante di quel bacio e chiuse gli occhi.
Portò le palme sull’ampio petto del compagno, sentendo i muscoli tendersi sotto il suo tocco poco prima di perdere qualunque capacità di percezione e scivolare in una realtà confusa e assurdamente piacevole.
Cos’era quella sensazione strana e irreale che si spandeva in ogni fibra del suo corpo arrivando ad infuocarle il ventre?
Era colpa del suo sapore…
Del suo profumo…
Della sensazione unica del suo corpo premuto contro quello di lei…
Doveva smettere, doveva allontanarlo, doveva mantenersi fredda e distante…
Una domanda si fece strada nella sua mente dietro le palpebre abbassate: doveva proprio?
Quando le loro labbra si separarono per riprendere fiato la bruna si sporse subito in avanti, involontariamente, a seguire quella bocca divina che voleva saggiare ancora e ancora, nonostante la voce della sua coscienza dentro di lei urlasse con tutta se stessa per avvertirla della follia che si stava compiendo, in un ultimo disperato tentativo di farla tornare in sé. Fiato sprecato… Quella bocca di Serpe la aveva presa tra le sue spire, l’aveva fatta sua col suo più dolce veleno.
Un sorriso si distese sulle labbra sottili di Draco, ancora premute su quelle della Grifondoro. Il ragazzo lasciò scivolare una mano lungo la sua gamba e la fece risalire sotto le pieghe delle gonna, oltre le calze autoreggenti, fino alla pelle morbida e calda della coscia…
Hermione si irrigidì e spalancò gli occhi.
Ritrovato un attimo di lucidità, allontanò da sé il calore rassicurante e peccaminoso del biondo, con finta indifferenza.
“Che c’è Mezzosangue?” soffiò la Serpe, le cui labbra si piegavano ancora in un sorriso voluttuoso “Sembrava che la cosa cominciasse a piacerti…”
Hermione lo fulminò con uno sguardo sprezzante.
“Stavo solo ai patti Malfoy.”
“Allora perché mi hai fermato?”
“Sei andato un po’ troppo oltre dopo una sola ripetizione. Non mi pareva uno scambio equo.”
Lui proruppe in una risata sarcastica
“Scambio equo?”
Le sfiorò il mento con la destra e con il pollice le schiuse le labbra, umide di baci.
“E allora… perché non mi hai fermato prima Mezzosangue?”
Hermione ebbe un attimo di dubbio, ma non lo diede a vedere. Con una scrollata di testa liquidò la domanda insinuatrice e si liberò dalla presa del biondo e mentre tornava verso i piani superiori del Castello ricordò al compagno il loro appuntamento.
“Alle 3, chiaro? Vedi di non farti trattenere, non ho tempo da perdere io.”
“Ci proverò, ma, sai com’è, faccio questo effetto alle donne, non sanno resistermi, non possono evitarlo…”
“Come no Malfoy…” ironizzò la bruna, appena prima di sparire dietro l’angolo.
Ora che di lei non restava che il leggero odore di limone e vaniglia emanato dai suoi capelli morbidi, Draco si concesse un attimo per gustarsi la vittoria. Si sentiva di un passo più vicino alla meta. Inutile mentire, lei non era stata solo ai patti…
L’aveva sentita fremere sotto il tocco delle sue dita, vibrare come un violino suonato da mani esperte che sanno che corde toccare. L’aveva vista piegare le rigide regole della sua cocciuta razionalità agli istinti primari della carne.
“Preparati a darmi il tuo cuore Mezzosangue… Ormai non puoi più evitarlo.”


[…] Ainsi je voudrais, une nuit,
Quand l’heure des voluptés sonne,
Vers les trésors de ta personne,
Comme un lâche, ramper sans bruit,

Pour châtier ta chair joyeuse,
Pour meurtrir ton sein pardonné,
Et faire à ton flanc étonné
Une blessure large et creuse,

Et, vertigineuse douceur !
A travers ces lèvres nouvelles,
Plus éclatantes et plus belles,
T’infuser mon venin, ma sœur!

Les fleurs du mal,  “A celle qui est trop gaie”,
C. Baudelaire

[…] Così una notte, quando scade
l’ora delle voluttà, verso i caldi trofei
della tua carne, strisciare vorrei,
come un vigliacco, senza rumore,

per castigare la tua gioia di vita,
il petto tuo pacificato battere,
e aprirti nelle membra stupefatte
una profonda e spaziosa ferita;

ed infine (oh vertiginosa dolcezza!)
per quelle labbra novelle,
più floride e più belle,
infonderti il mio veleno, sorella!

I fiori del male, “A colei che è troppo gaia”,
C. Baudelaire


Quando Hermione quel pomeriggio arrivò nella Stanza delle Necessità con il suo usuale anticipo di 10 minuti rimase a bocca aperta, trovandosi davanti il Principe delle Serpi intento a sistemare ingredienti e calderone.
Il biondo le dava la schiena e  inclinò il capo lanciandole un’occhiata obliqua da sopra una spalla.
“Che c’è Mezzosangue ti si è paralizzata la mascella?”
Si voltò e allungò una mano ad alzarle il mento.
“Ritira in dentro la bava…”
La bruna serrò la bocca con uno scatto d’ira.
“Non sto affatto sbavando… ero solo in stato di shock per averti trovato qui con così largo anticipo.”
Un lampo di scherno le attraversò gli occhi.
“Che c’è Malfoy… hai fatto cilecca oggi?”
Il biondo arcuò le sopracciglia chiare, sorpreso dalla battuta intraprendente.
 “Io non ho di questi problemi Granger… vuoi che te lo dimostri?”
Colse la giovane di sorpresa e la afferrò di scatto per i fianchi sottili, portandola verso la scrivania alle sue spalle. Con un gesto fluido tolse di mezzo tutte le fialette e i fogli che vi erano sparsi, alcuni dei quali volarono a terra senza essere degnati della minima attenzione. Dopo di che, spinse la Grifondoro a sedere sulla superficie di legno sistemandosi tra le sue gambe.
Hermione inizialmente sussultò per il gesto inaspettato, possibile preludio di una scena simile a quella dei Sotterranei.
Meglio evitare se voleva portare a casa almeno qualche briciolo del suo già intaccato orgoglio. Scosse sconsolatamente il capo e fece per alzarsi ma il biondo la bloccò col suo corpo.
“Non sai cosa ti perdi Mezzosangue…”
Con perfetta calma lei pose una mano sul suo petto ampio e muscoloso e lo allontanò da sé per poi scendere dal tavolo.
“E non mi interessa neanche…”
Come tocco finale si lisciò la gonna e dette una scrollata ai riccioli senza smettere di fissare il Serpeverde con aria annoiata.
- Et voilà. Perfettamente distaccata. Brava.- si complimentò con se stessa.
Draco alzò le mani in segno di resa e la lasciò dirigersi verso i libri.
Con apparente nonchalance egli iniziò poi ad affettare una radice, senza però riuscire a concentrarsi.
Il sangue gli ribolliva per quanto appena successo.
Nessuno lo aveva mai rifiutato così apertamente e con tanta freddezza. E pensare che solo la mattina si era completamente abbandonata alle sue labbra con gli occhi chiusi… Dannata Mezzosangue…
“Terra chiama Malfoy. Malfoy mi senti?”
“Cosa? Che vuoi Granger?”
“Salvare quella povera radice da un crudele destino; la stai macellando con l’attenzione di un troll cieco… Lascia, faccio io…”
Draco si accorse solo allora di stare stringendo il coltello così forte che le sue nocche erano bianche e che non aveva tagliato un pezzo uguale all’altro. Sentì il lieve tocco delle dita di Hermione sulle sue e le lasciò il coltello, permettendole di continuare al suo posto.
Si appoggiò al muro alle sue spalle e rimase ad osservarla.
Hermione era concentratissima nella sua missione di creare fette sottili e regolari e sembrava non notare il suo sguardo lascivo che percorreva i tortuosi sentieri delineati dai suoi boccoli fino alle sue spalle e giù verso la curva morbida dei suoi fianchi…
“Malfoy piantala di fissarmi.” Sentenziò lapidariamente la giovane.
“Come fai a dire che ti fisso Mezzosangue” la provocò lui “se non mi puoi vedere?”
La risposta di lei lo congelò, sebbene fosse poco più che un sussurro.
“Lo sento…”
Esattamente come lui, ora che lei si era leggermente voltata, sentiva il suo sguardo scorrergli sulla pelle. Miele bollente sul suo corpo di ghiaccio. Peccato che lui non lo avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura.
-Dio che atmosfera tesa…- doveva spezzarla con una delle sue frecciatine.
“Piuttosto… sai che in quella posizione ti si vede il reggiseno Granger? E io adoro l’intimo di pizzo rosa…”
Hermione strinse con forza i lembi della camicia, serrandola fino al colletto.
“Piuttosto… sai che sei un bastardo Malfoy?”
Una risata cristallina fu l’immediata risposta.
“Veramente  io sarei un Purosangue, sei tu la meticcia…”
La Grifondoro arricciò le labbra in un sorriso sarcastico.
“E l’essere stronzi è una caratteristica ereditaria nella tua nobile linea di sangue blu?”
Draco scosse il capo con rassegnazione.
“A giudicare da mio padre…”
Più che una frase era un sospiro ma aveva in sé una tale tristezza…
“Tuo padre, cosa?” lo incitò delicatamente a continuare.
In tutta risposta però ottenne un’occhiata di puro nulla. Il grigio degli occhi del ragazzo non avrebbe potuto essere più drammaticamente inespressivo.
Non sapeva cosa lo avesse spinto a fare quel commento decisamente troppo sincero, ma sapeva che si era portato su un terreno scivoloso e che non aveva intenzione di restarvi oltre.
“Chi cazzo sei Granger, una psicologa? Perché mai dovrei parlarti della mia famiglia?”
Lei rimase immobile, in dubbio su come comportarsi per non farlo infuriare oltre. Era aggressivo come un animale ferito che attacca per non farsi attaccare.
“Torna ad affettare quella radice Granger piuttosto… o oggi non finiremo mai…”
Così Draco pose fine alla discussione. Andò a mettersi accanto alla compagna, affettando lui stesso un altro tubero.
La mente però gli correva a quanto era appena successo. Le aveva quasi parlato di suo padre. Aveva abbassato la guardia e lasciato che lei intravedesse per un attimo il mare di emozioni contrastanti che la sua mente associava al nome di Lucius Malfoy. Rispetto ma anche insofferenza, timore ma anche sprezzo, desiderio di accontentarlo ma anche voglia di essere diverso…
“A cosa stai pensando Malfoy?”
La voce della Grifondoro lo riportò ancora una volta alla realtà.
“A questo vegetale.” Mentì senza troppo sforzo di fantasia.
“Secondo me… a tuo padre”
La lama del coltello di Draco si abbassò con uno scatto secco che fece volare via mezzo tubero davanti al viso di Hermione. Lei per un attimo ebbe paura, ma non lo mostrò.
“E chi ti dice che invece non mi stia concentrando anima e corpo su questo fottutissimo asfodelo?” urlò lui.
“Beh, tanto per cominciare… non è neanche lontanamente asfodelo.”
Malfoy serrò i denti rabbiosamente.
“E poi…” continuò lei con tono piatto, come stesse dicendo al cosa più ovvia del mondo “lo vedo benissimo nei tuoi occhi.”
Il biondo era perplesso.
“Ma di che stai parlando…”
Hermione sospirò come se dovesse spiegare un concetto facilissimo ad un bambino cocciuto
“Il tuo sguardo era uguale a quello che avevi prima, quando hai nominato tuo padre.”
Draco si sentì assurdamente nudo e vulnerabile. Quella ragazza lo leggeva come un libro aperto.
“Stronzate.”
Poteva soltanto negare…
“Io invece dico che è vero.”
…Ma sarebbe servito a poco.



“Chi è quello che possa resistere ad una donna, quando le dà tempo di poter far uso dell’arte sua?
Chi fugge non può temer d’esser vinto, ma chi si ferma, chi ascolta, e se ne compiace, deve o presto o tardi a suo dispetto cadere.”

“La locandiera” Atto I  Scena XXIII
C. Goldoni (commedia, 1752)



………continua……….
 



§ Spazio autrice: §

Anche il titolo di questo capitolo è ripreso da un romanzo, “Con gli occhi chiusi”,  un'opera di Federigo Tozzi (1919)
su un podere in rovina e sull’amore infelice dell’ingenuo giovane proprietario per l’intraprendente nipotina di una delle sue serve.
La poesia che ho inserito a metà capitolo è di Baudelaire, uno dei miei autori preferiti...
MmeBovary

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Capitolo 3
*** Maschere nude ***





CAP. 3
MASCHERE NUDE


I giorni passavano, le lezioni si susseguivano e i voti di Hermione erano, con sua grande felicità, in continua ascesa.
“Tra un po’ non avrai più bisogno di me…” le sussurrò un giorno Draco, dopo l’ennesimo 10 in Pozioni.
Il biondo si era seduto proprio dietro di lei, il che significava, nella piccola stanza sotterranea di Piton, che era a meno di mezzo metro dal suo banco. Una distanza già di per sé irrisoria e che era resa ancora più insignificante dalla posa che il Serpeverde aveva assunto: abbandonate le braccia lungo il legno consumato del banco, aveva afferrato con le dita affusolate il bordo del proprio tavolo e teneva il viso affondato nell’incavo del gomito.   
“Pare di sì.” Rispose la ragazza, cercando di non farsi notare dai suoi amici.
Harry era alla sua destra, intento a scarabocchiare “Pitonpuzzolo” in tutte le grafie possibili e Ron era un paio di banchi più in là, accanto a Neville.
“Mi mancheranno le nostre lezioni Mezzosangue…” continuò la Serpe “… ma soprattutto gli incontri in corridoio…”
Hermione avvampò e cercò di scacciare dalla mente il ricordo ancora vivo delle mani peccaminose di Draco che avevano accarezzato il suo corpo e il suo viso appena un’oretta prima.
“Malfoy piantala…” rispose con voce un po’ più squillante di quanto avrebbe voluto.
Harry alzò il viso, lasciando incompiuto il sedicesimo Pitonpuzzolo. Guardò Hermione e guardò Draco. Notò il rossore di lei e l’inconsueta posizione di lui, tutto sporto in avanti sul banco fino quasi a toccare la compagna e ne dedusse che le stesse dando fastidio come al solito.
“Ehi Malfoy, che c’è non riesci a vedere bene dalla terza fila? Puoi sempre andarti a sedere in braccio a Piton, sono certo che non direbbe mai di no al suo pupillo. Basta che la smetti di alitarci sul collo.”
Draco gli lanciò un’occhiata di disprezzo e sembrò pronto ad intavolare una delle loro solite litigate.
“Sempre a rompere le palle Sfregiato?”
Non appena ebbe parlato però si lasciò subito scivolare indietro sulla sedia con un ghigno. Gli occhi fissi sul professore che avanzava verso di loro.
Harry, che non si era accorto di niente, si voltò appena in tempo per trovarsi davanti Piton con il naso adunco piegato sulla sua pergamena scarabocchiata.
“Uhm… Pitonpuzzolo… è così che prende appunti lei signor Potter?”
Calcò il cognome fino a farlo suonare come un’offesa.
Il moro girò subito il foglio.
“No. Mi scusi.”
“20 punti in meno a Grifondoro.”
“Cosa?!? Ma è un’ingiustizia…” proruppe il Cercatore, prima che Hermione potesse bloccarlo con una bella gomitata.
“25…” si corresse il professore.
Harry giudicò opportuno mordersi la lingua per non salire a 30 e Piton tornò alla sua spiegazione, seguito da una silenziosa sfilata di insulti.
Alle proprie spalle, il moro udì la risata di scherno di Draco e strinse i pugni, conficcandosi le unghie nella carne per reprimere l’istinto di girarsi, prenderlo a cazzotti e farsi espellere nel giro di dieci minuti.
Cercò di concentrarti su qualcos’altro.
“Herm… come ti è andato il compito?”
“Benissimo grazie.”
“Ma come diamine hai fatto a migliorare così in fretta?”
Hermione represse l’ondata d’imbarazzo che le assaliva le gote.
“Basta studiare Harry.”
In compagnia di chi, non lo avrebbe rivelato neanche sotto tortura.
Non sarebbe mai riuscita a spiegargli cosa c’era tra lei e il Serpeverde, e in realtà, non riusciva a spiegarlo neanche a se stessa.
Sapeva di detestare Draco esattamente come sapeva che il proprio nome era Hermione. Era un dato di fatto, una verità assodata. Eppure qualche recondita parte del suo corpo, e forse persino della sua mente, sapeva con la stessa sicurezza di agognare i baci, le carezze, i sussurri e la compagnia di quella Serpe più di ogni altra cosa al mondo.
Fu la voce del professore a riscuoterla dai suoi pensieri.
“Potter! Granger! Volete un the e due pasticcini o avete finito di parlare? Mantenete un atteggiamento scolastico per favore…”


Dieci minuti dopo la lezione era finita e Hermione era in un angolo buio sotto le scale del terzo piano in un atteggiamento decisamente poco “ scolastico” con Draco…
Dopo aver liquidato Harry con una scusa, si era allontanata di corsa per raggiungere il luogo dove si era data appuntamento con il Serpeverde. Facevano sempre così: stabilivano posto e ora e per dieci, quindici minuti si isolavano dal mondo, trascinandosi vicendevolmente in una realtà fatta di carezze leggere, baci lascivi e sospiri maliziosi; una realtà che avevano ben cura di dimenticare non appena la campanella li ripescava da questo mondo ovattato e piacevole per richiamarli al presente.
Stavolta Hermione era appoggiata al muro, i suoi capelli raccolti in una coda di cavallo tiratissima erano sfuggiti al controllo dell’elastico e un boccolo bruno si era adagiato sulla sua spalla lasciata nuda dalla camicia sbottonata.  Draco lo prese delicatamente tra le dita affusolate e lo arrotolò attorno alle proprie falangi con fare distratto mentre continuava a baciare il collo profumato della sua Mezzosangue. Lei buttò indietro il capo e si morse le labbra per reprimere un sospiro. Piegò lentamente una gamba, strusciandola con innocenza lungo l’interno coscia di Draco. In tutta risposta lui affondò i denti nella sua pelle, strappandole finalmente quel gemito che era stato così a lungo bloccato in gola.
Un attimo dopo però si bloccò di colpo e rimase immobile.
“Che c’è?” mugolò Hermione cui già mancavano le sue labbra.
“Di piuttosto chi c’è. Ho sentito dei passi.”
Una scarica di adrenalina percorse i nervi della Grifondoro che si affrettò a riabbottonare la camicia, sistemare la gonna e rifare la coda. Draco parallelamente si riannodò la cravatta e si risistemò la giacca. Però non c’era nessuno in vista.
“Forse” azzardò Hermione “Ti sei sbagliato”
Il biondo si voltò nella sua direzione, coprendole totalmente la vista del corridoio con la larghezza delle sue spalle.
“Io non sbaglio mai Granger…”
Non aveva fatto in tempo a dirlo che una voce lo fece voltare di scatto.
“Signor Malfoy! Cosa ci fa lei qui?”
La Mc Granitt gli stava davanti, gli occhietti sottili strizzati dietro le lenti in un’espressione sospettosa. Draco realizzò in un attimo che non aveva notato la presenza di Hermione alle sue spalle e sentì la ragazza farsi piccola piccola contro la sua schiena.
Il suo volto dissimulò all’istante la sua colpevolezza dietro una maschera di tranquillità e naturalezza invidiabili. L’istinto dei Malfoy a mentire e simulare era proverbiale. Dopotutto il loro stesso cognome si era originato dalla fusione delle parole francesi "Mal Foi", cioè Mala Fede.
“Salve professoressa. Io stavo… beh, ovviamente, stavo…”
“Stavi cercando un posto per leggere in pace…” gli suggerì una vocina da dietro il suo orecchio, in un sussurro appena percettibile.
“…stavo cercando un angolo tranquillo per leggere in santa pace, dato che in questa scuola c’è sempre tanto chiasso…”
Accompagnò la menzogna con un bel sorriso a trentadue denti.
I muscoli facciali della Mc Granitt si distesero in un’espressione compiaciuta.
“Bravo, fa proprio bene… questa scuola a volte è davvero troppo rumorosa, non sa cosa non darei a volte per un po’ di silenzio… ma non voglio disturbarla, torni alla sua lettura. Ma mi raccomando, non tardi a lezione.”
E se ne andò continuando a mormorare qualcosa sui suoi poveri nervi scossi dalle vocine di chi sa quali alunni del primo anno.
Draco tirò un sospiro di sollievo.
“Beh, visto che sono tanto bravo potevi anche darmi 5 punti, vecchia gallina…” borbottò con astio.
“Ringrazia il cielo che l’ha bevuta e non ce ne ha tolti 50 a testa piuttosto!” replicò Hermione facendo capolino da dietro la sua schiena “Pensa se avesse notato che non hai nessun libro… o se solo fosse arrivata due minuti fa!”
L’idea di essere beccata a fornicare con il principe delle Serpi in pieno corridoio dalla direttrice della sua Casa era un pensiero agghiacciante.
“Ora devo andare. Harry mi aspetta.”
Il biondo le sbarrò la strada appoggiando un braccio al muro.
“Non penserai di lasciarmi ancora sul più bello Granger?”
Hermione scivolò con un movimento fluido al di sotto dei suoi bicipiti senza degnarlo di troppa attenzione. Ogni loro incontro si concludeva su per giù così, con Draco che cercava invano di attirarla verso il suo letto (o qualsiasi altra superficie atta a un uso simile …) e lei che bloccava puntualmente le sue carezze troppo audaci.
“Prima di pranzo nello stanzino delle scope al quarto piano!” le gridò dietro la Serpe.
“Non so se ce la farò a venire.” Ritrose lei sparendo dietro l’angolo.
“Io dico di sì…” bisbigliò Draco mentre si avviava verso l’aula di Incantesimi, sicuro di sé come non mai.


La lezione di Storia della Magia sembrò a Hermione la più lunga della sua vita. Batteva nervosamente la penna contro il banco e il suo piede scattava in su e in giù contro ogni sua volontà.
“Herm, ti prego finiscila, fai tremare tutto e non riesco a dormire…” la ammonì Ron.
La giovane si fermò. Per dieci secondi. Poi riprese.
Il rosso sbuffò ma la lasciò fare e si concentrò sul tono soporifero del professor Rüf.
Quando finalmente quell’ora giunse ad un’insperata fine, Hermione scappò di corsa per arrivare in tempo all’appuntamento al quarto piano, dimenticando persino il libro sotto il banco.
“Herm aspetta!” Le urlò dietro Ron, ma lei non sentì.
“Glielo riporto io” si offrì Harry, stiracchiandosi le braccia intorpidite dal sonnellino schiacciato dietro le pagine di Storia della Magia “Tu intanto vai a pranzo, ti raggiungiamo là.”   


Arrivata a destinazione, la Grifondoro si accasciò contro un’armatura per riprendere fiato. Aprì la porta dello stanzino e con sua sorpresa dentro vide… una scopa. Nessuna traccia di Draco.
“Ah, bene… io ho quasi investito un Tassorosso del primo anno sulle scale per scapicollarmi qui e il signorino si fa aspettare…” borbottò irritata, sbattendo la porta rugginosa.
Stava per andarsene quando sentì due mani coprirle gli occhi. Non ci pensò due volte prima di voltarsi ed esclamare:
“ Piantala Draco sei in ritar…”
Non finì la frase, perché davanti non aveva affatto Malfoy, ma quello che si potrebbe considerare esattamente il suo opposto. Harry Potter, con tanto di espressione scioccata sul volto e libro di Storia della Magia sotto braccio.
“Draco?” pigolò il moro con aria disgustata “Che significa, Herm?”
Per un secondo nella mente della ragazza fu vuoto totale. Non sapeva che dire. Grazie al cielo non fu che un secondo, poi una scusa le corse alle labbra tremanti.
“Ah-ah! Ci sei cascato veramente! Dai scemo, avevo capito che eri tu… ti ho fatto uno scherzo…”
Il ragazzo si sciolse in un sospiro sollevato.
“Grazie a Dio… non farmi mai più di questi tiri, ho perso dieci anni di vita al pensiero che tu e Malfoy poteste… urgh… non voglio neanche pensarci…”
Hermione rise ma cercò una scusa per allontanarsi nel timore che Draco potesse sopraggiungere da un momento all’altro.
“Allora… andiamo a pranzo…”
“Sì, certo ero venuto a riportarti questo.”  Le porse il libro “Dopo la lezione sei scappata come un fulmine… a proposito, dov’è che andavi?”
“A pranzo.”
Viva la fantasia… una scusa più credibile non le era venuta in mente.
“Al quarto piano?”
In effetti…
“Beh, mi avevano detto che c’era un passaggio segreto dietro quest’armatura e volevo provarlo, ma non l’ho trovato…”
“Allora andiamo, o Ron si mangerà tutto il cibo che c’è sulla tavola.”
Un sorriso e Hermione andò verso la Sala Grande e verso la vita reale, lontano dal momento di piacevole sogno con Draco che le era appena scivolato via tra le dita come sabbia sottile.
Quando il biondo arrivò in quello stesso punto giusto un paio di minuti dopo, si stupì di non trovare nessuno. La Mezzosangue aveva detto che forse non ce l’avrebbe fatta, ma lo diceva ogni volta e poi non mancava mai. Per un secondo le sue certezze vacillarono: che non fosse voluta venire? No, probabilmente non era riuscita a sganciarsi di dosso Potter e Weasley.
La attese altri dieci minuti ma invano e così si diresse verso la Sala Grande irritato e insoddisfatto e anche piuttosto in ritardo.
Arrivato in sala da pranzo, non si meravigliò di vedere la Grifondoro seduta tra i suoi migliori amici come sempre.
Qualcosa di diverso dal solito però c’era; ogni volta che il Serpeverde si azzardava ad alzare lo sguardo sul tavolo Grifondoro, la bruna si voltava altrove e lui invece del calore di due iridi dorate trovava tutto il freddo disprezzo di due grandi occhi verdi.


Harry era nervoso. Non voleva credere che tra la sua migliore amica e il suo peggior nemico potesse esserci qualsiasi cosa, ma l’orribile sospetto era rinforzato dal fatto che Malfoy continuasse a puntare lo sguardo su di Hermione, anche se bisognava ammettere che lei non pareva accorgersene o curarsene.
Beh, Harry non era uno che amava i segreti e le incertezze, quindi si risolse a chiederglielo direttamente.
“Herm…”
La bruna si voltò mentre prendeva una forchettata di purè.
“Non è che per caso hai una relazione con Draco Malfoy, vero?”
Con un poderoso colpo di tosse Hermione riuscì a farsi finire il purè anche nel naso. Cercò di riprendere fiato e soprattutto di ritrovare la calma per dare una risposta sufficientemente indignata.
“Santo cielo, Harry ma che domanda è?”
“Una semplicissima. Rispondi solo sì o no.”
Lei scosse la testa.
“Una sciocchezza del genere non merita neanche una risposta…”
Hermione invocò mentalmente aiuto…
“Herm, devo prenderlo per un sì?”
“No!”
“No, non devo prenderlo per un sì o no non hai una tresca con Malfoy?”
Aiuto….
“Oh, Harry, che brutta parola che è tresca…”
Lui si fece serio.
“Stai divagando. Devo preoccuparmi?”
Aiuto-aiuto-aiuto-aiuto-aiuto….
“Io…”
“Herm…”
“…”
Per la prima volta in vita sua Hermione fu grata al professor Piton che ebbe l’impeccabile tempismo di prendere la parola in quel momento.
“Ho un annuncio per i Grifondoro e i Serpeverde dell’ultimo anno…”
Ron, rimasto all’oscuro del dialogo tra i suoi amici, sollevò il naso dal polpettone con patate.
“Ehi, ragazzi siamo noi…”
Piton continuò:
“Tra quattro giorni ci sarà un test di Pozioni di tre ore in cui sarà richiesto a ognuno di voi di creare quattro delle pozioni fatte quest’anno, più una nuova.”
Un mormorio di indignata disapprovazione si innalzò dai due tavoli coinvolti mentre gli altri due gioivano per lo scampato pericolo.
“Per quanto riguarda le altre Case…” la voce del professore sovrastò il baccano “… faranno lo stesso il giorno dopo.”
Fu il momento per i Tassorosso e Corvonero di protestare mentre gli altri si sentirono vagamente consolati. Come si suol dire, mal comune, mezzo gaudio.
Ron però era ancora fuori di sé.
“Cosa?!? Cinque pozioni in tre misere ore?!? Ma quello è pazzo! È fuso! I fumi di tutte quelle pozioni gli hanno dato alla testa…”
I suoi amici furono così impegnati a calmarlo che abbandonarono la chiacchierata su Malfoy.
Quando si alzarono per andare a Trasfigurazione, sia Hermione sia Harry non avevano voglia di risollevare l’argomento; lei per paura di dover mentire ancora e lui per paura di leggere negli occhi di lei la vergogna di una bugia.
 Quel pomeriggio passò come molti altri. I Grifondoro avevano lezione con i Tassorosso, quindi Hermione non rivide il biondo Serpeverde per tutta la serata. Fu solo al momento di dover tornare in dormitorio dopo cena che avvertì lungo la schiena un brivido ormai fin troppo noto. Lui la stava guardando.
Individuò la sua figura elegante abbandonata mollemente contro una colonna di pietra scura. Il pallore della sua pelle risaltava contro quella superficie nera e opaca, dando alla sua bellezza un che di etereo e irraggiungibile.
La fissò per un secondo negli occhi castani, poi si voltò e si diresse verso le scale.
Non c’era bisogno che dicesse nulla, per lei quello era un “Seguimi”.
“Vado in biblioteca a prendere un libro di Pozioni…” gridò ai suoi amici che avevano già guadagnato la via per la torre, e poi si inserì nella scia della sua Serpe tentatrice, già troppo presa dal pensiero di lui per notare due iridi verdi posarsi con preoccupazione sulla sua schiena.
Non vedeva Draco da nessuna parte nella folla di studenti che si distribuiva in ogni corridoio e scalinata, eppure sapeva di stare seguendo i suoi passi, come se avesse avuto un invisibile filo di Arianna a guidarla giù lungo i vasti ambienti gotici, le scalinate e le volte, fino ad un’entrata secondaria per i sotterranei. Lì, dall’ombra, Draco uscì alla luce.
“Credevo mi avessi perso, non ti vedevo più Mezzosangue.”
“E invece eccomi qui.”
“Oggi non sei venuta.”
Errore. Era lui che la aveva mancata di un soffio.
“Ti avevo avvertito che non avrei potuto.”
“Potter ti ha trattenuta?”
Hermione roteò gli occhi al cielo davanti ad una simile insinuazione. Sapeva bene il significato malizioso che il Serpeverde dava al verbo “trattenere”, se arrivava tardi perché una ragazza lo aveva trattenuto non voleva dire che una cosa.
“Non nel senso che intendi tu.”
“Vuoi dire che non eri a letto con lui?”
Era una punta di gelosia quella che gli arrochiva vagamente la voce?
“Per tua informazione Harry ed io siamo amici. Nient’altro.”
Chi sa perché si era sentita in dovere di dirglielo… dopo tutto non erano per niente affari suoi, il loro patto non le avrebbe impedito di frequentare qualcuno se lei avesse voluto.
“Quand’è così…”
Il biondo scivolò verso di lei per attirarla in un bacio reso prepotente e bramoso da un’attesa più lunga del solito. Incrociò le braccia dietro la sua schiena e la sollevò leggermente per poi posarla contro la porta di un’aula in disuso.
Lei si abbandonò completamente alla sua bocca e abbassò le palpebre. Una sensazione di bollore le risalì il ventre mentre le labbra di Draco tracciavano infiniti arabeschi sul suo mento, il suo collo, il suo petto, i suoi seni costretti nel pizzo scuro di un reggiseno che rischiava di essere ben presto slacciato…
“Draco aspetta…”
“Mh?”
Il biondo si limitò a mugolare sulla sua pelle una risposta che esprimeva tutto il suo attualmente scarso interesse per i discorsi e per tutto quello che non fosse fisico.
“Hai sentito Piton oggi? Devi darmi un’ultima lezione prima della prova e poi il patto è sciolto.”
Lui scattò in piedi con aria preoccupata.
“Sei seria Mezzosangue?”
“Serissima.”
Draco scosse la testa bionda ed accorciò le distanze dal suo corpo.
“Riusciresti davvero a fare a meno di questo?”
 Riprese a baciarle il petto e i muscoli frementi dell’addome per darle un’idea di cosa intendesse con “questo”.
Lei si incurvò sotto il suo tocco e portò una mano tra i suoi capelli setosi.
“Sto solo ai patti Malfoy…”
Una frase ripetuta decine di volte e ormai completamente priva di significato. Il ripeterla non era più che una mera formalità da rispettare per non dover ammettere che tra loro stava nascendo qualcosa che andava ben oltre il reciproco scambio di favori.
Da dietro le palpebre abbassate Hermione percepì la lingua di Draco scivolare in basso oltre l’ombelico e le sue mani correre alla zip della gonna.
Aprì gli occhi, decisa a fermarlo, ma quello che vide le tolse la forza di compiere qualunque azione.
“No…” fu l’unico suono che riuscì ad articolare, o meglio, che sfuggì involontariamente dalle sue labbra dischiuse.
Il Serpeverde si bloccò.
“Dimmi che non c’è ancora la Mc Granitt…”
“Peggio…”
Davanti a lei, imporporato di rabbia e di disgusto, la Grifondoro non aveva altri che il suo più caro e fidato amico Harry Potter.
Draco ruotò su se stesso facendo perno sui talloni e condivise con Hermione la vista del nuovo arrivato. Un ghigno gli fiorì sulle labbra umide di baci.
“Ma guarda un po’ chi si vede… Potter-Fotter lo Sfregiato… Sei venuto a fare il guardone o vuoi proporre una cosa a tre? Perché non so se reggeresti il confronto con il sottoscritto…” celiò ponendosi intanto con fare istintivamente protettivo davanti alla Granger che si riallacciava maldestramente la camicetta.
“Malfoy piantala!”
Il tono asciutto non ammetteva repliche.
“Hermione…”
La ragazza uscì da dietro le spalle del Serpeverde come un cagnolino con la coda tra le gambe.
Il moro la fissava in silenzio, un silenzio che per lei era una tortura.
“Harry ti prego, dì qualcosa…”
“Cosa vuoi che ti dica?! Auguri e figli maschi? Ti rendi conto di cosa stai facendo Hermione?”
Lei ebbe un fremito.
“Penso di essere adulta abbastanza da saperlo.”
“Se sei tanto adulta, perché allora mi hai mentito?” la incalzò il Grifondoro.
“Non potremmo parlarne dopo…”
Lei provò a spingerlo via, ma il moro rifiutò il suo tocco.
“Perché ora cos’hai da fare?!”
“Niente, è solo che forse a mente fredda le cose ti appariranno diversamente…”
“Come diamine mi dovrebbero apparire Herm?! Ti stava facendo la respirazione bocca a bocca perché stavi morendo? Non credo ci voglia tanta lingua per quella…”
“Harry, ti prego, stai sragionando…”
“No, tu stai sragionando!” esplose il ragazzo “Cazzo, Herm ti rendi conto di chi stiamo parlando?” sollevò un braccio in un gesto disperato, puntandolo verso la figura regale di Draco che assisteva alla scenata con indifferenza“Perché proprio lui Hermione?”
Il biondo rivolse i suoi occhi grigi sulla Grifondoro, curioso di sentire la sua risposta. Cosa ci trovava in lui che potesse giustificare l’aver accettato le sue avances e l’aver mentito a Potter?
 Ma Harry non le concesse il tempo di aprire bocca.
“Ti stai solo comportando come una delle sue puttane…”
Draco si interpose tra i due Grifondoro.
“Non ti pare di stare alzando un po’ troppo i toni Potter?”
“Tu stanne fuori Malfoy, non sono affari che ti riguardano.”
La veemente replica del biondo fu stroncata sul nascere da un’occhiata severa di Hermione.
“Davvero, restane fuori…”
Il Serpeverde, senza parole, poté solo guardarla seguire il compagno di Casa ed andare via verso il loro dormitorio.
Un’ondata di rabbia sorda gli rigirò lo stomaco. Non gliene fregava nulla di essere stato beccato da Potter, ma l’idea che per la Mezzosangue quello non fosse affar suo lo faceva semplicemente uscire di testa.


“TI SEI SVENDUTA PER UN VOTO?!”
Hermione aveva cercato di spiegare al suo migliore amico il patto che aveva con Draco, ma lui sembrava non voler capire.
“Ti prego, Harry non urlare, ti sentiranno tutti!”
Erano da soli nella camera del moro; lei era seduta sul suo letto e lui, con insistenza estenuante, faceva avanti e indietro sul tappeto davanti ai suoi occhi dorati.
“Non me ne frega niente! Tu sei andata a letto con Malfoy perché ti aiutasse a Pozioni?!”
“Non ci sono andata a letto!”
Si sentiva in dovere di puntualizzarlo, per difendere il proprio orgoglio.
“Beh, quando vi ho interrotto mi sembrava che ci foste molto vicini.”
“Questo non puoi dirlo!”
“Dico solo ciò che ho visto!”
La Grifondoro gemette frustrata, afferrando il copriletto con entrambe le mani per trattenersi dal prendere a schiaffi quel cocciuto del suo amico di sempre.
“Tu non capisci! Vuoi ascoltarmi o preferisci andare avanti a sentire solo quello che vuoi sentire?!””
Il moro si fermò.
Immobile, con le braccia inerti lungo i fianchi e gli occhi oscurati dall’espressione aggrottata della fronte rimase a guardare la sua migliore amica come se la vedesse per la prima volta da quando era entrato in quella stanza.
La bruna lo fissava con i suoi grandi occhi color cioccolata che brillavano per le lacrime e per il desiderio frustrato di riuscire a fargli capire cosa stesse provando in quel momento.
Harry si passò una mano tra le ciocche ribelli dei suoi capelli corvini, scompigliandoli ulteriormente e la sua fronte si distese in un’espressione più comprensiva.
Vedere Hermione avvinghiata con Malfoy gli aveva letteralmente mandato il sangue al cervello e tolto ogni capacità di pensiero. Neanche si era chiesto cosa provasse la sua amica! Aveva dato per scontato di doversi sentire personalmente tradito e offeso da un simile comportamento, ma ora che ci ripensava non trovava un vero motivo per farlo.
Senza aggiungere un’altra parola si gettò sul letto accanto a lei con un sospiro.
“Fin dove sei disposta ad arrivare Herm?”
Il suo tono di rimprovero aveva lasciato il posto ad una nota di empatia quasi paterna.
“Io… io non lo so… ho accettato questo stupido patto senza neanche saper cosa lui volesse da me e ora sono io a non sapere cosa voglio…”
“Ti sei innamorata di lui?”
Diretto come al solito.
Peccato che lei non avesse una risposta soddisfacente.
“Io non ne ho idea…”
Una lacrima le rotolò sulla guancia per infrangersi sul labbro che si stava mordicchiando come faceva ogni volta che era indecisa.
Harry le offrì la sua spalla e lei vi si abbandonò, senza però permettere ad altre stille salate di seguire il percorso della prima. Non aveva intenzione di piangere.
“Capisco che tu volessi migliorare a Pozioni…” rifletté a voce alta il moro “Ma lui che ragioni aveva di ingegnarsi tanto per trovare una ragazza?”
“Io… non lo so…”
Non si era mai fermata a riflettere sulle ragioni che avessero spinto Draco a macchinare tutto quel piano per sedurla. Che fosse solo perché non avrebbe potuto averla in altri modi? Forse voleva semplicemente aggiungere un altro trofeo alla sua collezione.
“Non so che dirti ‘Mione… da un serpente come Malfoy ci si potrebbe aspettare di tutto.”
“Io credo che non abbia cattive intenzioni.” Azzardò lei, sorprendendosi da sola delle proprie parole.
“Lo credi o lo speri?”
“Forse tutti e due…” sospirò la bruna.
Harry la strinse a sé in un abbraccio fraterno ed altamente consolatorio che lei accettò volentieri.
Una mano grande e delicata le accarezzava i riccioli castani.
“La mia Herm…” sospirò il Cercatore “Proprio di quella Serpe dovevi andarti ad innamorare…”
Una risata amara uscì con un singhiozzo dalla gola di Hermione, seguita da una nuova lacrima.
-Oh, Santo Cielo…- pensò - È tutto così assurdo…-



[…] Je sens fondre sur moi de lourdes épouvantes
Et de noirs bataillons de fantômes épars,
Qui veulent me conduire en des routes mouvantes
Qu’un horizon sanglant ferme de toutes parts.

Avons-nous donc commis une action étrange ?
Explique, si tu peux, mon trouble et mon effroi :
Je frissonne de peur quand tu me dis : « Mon ange ! »
Et cependant je sens ma bouche aller vers toi. […]

Les fleurs du mal,  “Femmes damnés”,
C. Baudelaire
 

[…] Sento immani paure piombarmi addosso
E cupi battaglioni di larve sparsi,
Che vogliono spingermi per dirupi
Che un sanguigno orizzonte sbarra da tutte le parti.

Abbiamo dunque commesso atti strani?
Spiegami, se puoi, il mio dubbio e il mio terrore:
Io tremo di paura quando mi dici : “Angelo mio!”
Eppure sento la mia bocca andare verso di te. […]

I fiori del male, “Donne dannate”,
C. Baudelaire



………continua……….
 


§ Spazio autrice: §

Il titolo del capitolo odierno, “Maschere nude", è una raccolta di testi di Luigi Pirandello.
MmeBovary

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Capitolo 4
*** Great Expectations ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!



CAP. 4
GREAT EXPECTATIONS


Restane fuori…
Due parole riecheggiavano nella mente di Draco come pipistrelli impazziti, sbattendo le loro ali viscide sulle pareti del suo capo dolorante.
Il Serpeverde si portò le mani alle tempie ed emise un borbottio a metà tra l’annoiato e lo scioccato.
Secondo Hermione quella storia non lo riguardava... Possibile? Non riguardava lui e riguardava Potter? Secondo quali assurda logica?!
Si accese una sigaretta, incurante del divieto di fumare all’interno dell’edificio e restò un po’ a girovagare per i sotterranei bui di Hogwarts, quasi come se l’oscurità penetrante di quei luoghi potesse aiutarlo a capire meglio l’oscurità che si celava nel suo animo.
C’era un altro pensiero che lo tormentava: Potter ora sapeva tutto. Probabilmente non sarebbe andato a dirlo in giro però, per non ferire la sua amica. Certo, sarebbe stato così, Draco poteva stare tranquillo, la voce che frequentava la Granger non sarebbe mai arrivata ai Serpeverde. Non che fossero i suoi compagni stessi a preoccuparlo… no, loro lo veneravano come un Dio. Ultimo erede di una nobile genia, dannatamente bello e schifosamente ricco, tutto quello che doveva fare era trovare una moglie alla sua altezza per poi farle mettere al mondo un paio di copie di se stesso da condannare alla un’esistenza scintillante e vuota come la sua. Se il caro paparino Lucius però fosse venuto a conoscenza del suo interesse per una Mezzosangue, Grifondoro e per di più amica viscerale dello Sfregiato… Non osava neanche immaginare le conseguenze.
Il suo filo di pensieri fu interrotto da un rumore di passi goffi e pesanti.
“Draco… sei tu?”
La voce cavernosa di Tiger lo fece voltare.
“No… il suo fantasma…”
La figura massiccia del suo compagno arretrò di un passo, come incerta sul da farsi.
“Certo che sono io Tiger, cosa vuoi?”
Aveva dimenticato che il sarcasmo andava ben oltre le possibilità di comprensione del ragazzo.
L’altro lo raggiunse e gli porse una lettera.
“È arrivata questa per te.”
Bastò un’occhiata alla carta bianchissima e sottile e al sigillo in ceralacca verde con inciso il suo blasone per fargli indovinare il mittente. Suo padre.
“Va bene puoi andare.”
Tiger si voltò e prosegui tranquillamente verso il dormitorio.
Draco sospirò.
“La lettera lasciamela però…”
Ancora una volta il ragazzo fece retrofront e si fermò davanti al biondo che gli tolse dalle mani, unticce di chi sa quale dolcetto, la busta in questione. Aprì il sigillo e poi si rese conto che c’era ancora un’ingombrante mole a coprire la flebile luce delle torce.
“Tiger… ora puoi andare.”
Come un cagnolino ubbidiente, il Serpeverde trotterellò via, urtando con poca grazia il muro nello svoltare l’angolo. Scuotendo la testa, come a scacciare l’evidenza che potessero esistere persone tanto ottuse, Draco aprì la missiva di suo padre.
Se qualcuno fosse arrivato mentre leggeva avrebbe assistito all’inconsueto spettacolo di vedere i suoi nobili tratti cambiare colore e spaziare dal bianco morte al rosso rabbia, al verde nausea in meno di un minuto.
Quando la sigaretta si fu consumata fino al filtro e gli bruciò le dita non si accorse neanche del dolore. Un dolore ben più forte stava dilagando nel suo corpo a partire da un punto indefinito nel suo petto e soffocava qualsiasi altra sensazione, emozione o pensiero.
Uno dei suoi incubi peggiori stava diventando realtà.


Hermione si era addormentata nel letto di Harry, sfinita dal pianto, e il Grifondoro le aveva adagiato sul corpo infreddolito una coperta, regalo di Natale della Signora Weasley, per poi uscire silenziosamente. La sua amica era talmente sconvolta dopo essere stata sorpresa con Draco che era tornata alla sua Casa con il trucco disfatto, la camicia mezza sbottonata e senza neanche rimettersi il maglione che, infatti, giaceva ora abbandonato a terra in mezzo ad un mucchio di vestiti sporchi di Harry.
La bruna sospirò nel sonno e si avvolse nella coperta, rigirandosi di lato. Nel movimento, la camicia le scivolò lungo la spalla nuda cosicché se qualcuno l’avesse vista in quel momento avrebbe potuto benissimo pensare che non aveva altro indumento che quel pleid color rosso e marrone.
Harry intanto si era seduto in Sala Comune, o per essere più precisi si era lasciato sprofondare nel divano con un lungo gemito angosciato, prendendosi il capo tra le mani.
Che situazione… La sua più cara e fidata amica e quel verme di Malfoy…
Meglio non pensarci. Si tirò su e afferrò dal tavolo una rivista sul Quidditch, iniziando a leggere a caso, solo per occupare la mente.
Stava giusto leggendo un articolo sull’influenza dei rumori nello spostamento dei Boccini quando sentì dei passi leggeri alle proprie spalle e due piccole mani femminili coprirgli gli occhi.
Le prese delicatamente e le portò alle labbra.
“Ciao Ginny…”
La rossa si liberò dalla sua stretta e andò a sedersi sul bracciolo della sua poltrona, ma vedendo che Harry non le prestava attenzione, gli si accoccolò direttamente sulle ginocchia.
Lui sospirò, come se fosse scocciato da quel gesto di affetto e Ginny sentì riaffiorare al petto una sensazione di oppressione dolorosa che provava già da un po’. Stava con il suo ragazzo da solo tre settimane eppure il loro rapporto non neanche vagamente simile a quello su cui aveva fantasticato per anni. Harry era dolcissimo e gentile, ma vagamente… come dire… fraterno. La Grifondoro cominciava a temere che loro due fossero fatti per essere solo amici. Ma non voleva mollare così presto.
Si allungò verso il suo viso fino a unire le loro labbra.
“Sembri preoccupato amore…” soffiò sulla sua bocca, sentendo che rispondeva svogliatamente al bacio.
“Chi, io? No… stavo solo leggendo una cosa interessante… sai qui dicono che i Boccini sono allontanati da rumori forti tipo grida e urla ma sono attirati da sussurri, bisbigli e persino ansiti e gemiti…”
Lei rise, prendendo ad accarezzargli i muscoli tesi dell’addome, sotto la camicia.
“Veramente? Ti ci vedo… a cavallo della tua scopa a simulare un orgasmo per vincere la partita…”
Harry scosse il capo.
“In quello siete più brave voi donne.”
“Io non ho bisogno di fingere…” gli sussurrò lei in un sorriso prima di riprendere a baciarlo.
Poco dopo si staccò con una smorfia insoddisfatta.
“Non sei collaborativo… Che hai? A me puoi dire tutto?”
“Davvero non c’è niente.”
“Allora… facciamo schizzare tutti i Boccini di Inghilterra in questa stanza…” celiò la ragazza con voce seducente.
“No, dai Ginny, non ho voglia…”
Lei cominciò a baciargli il collo e il petto, senza prestare ascolto alle sue parole.
“Basta… potrebbe entrare qualcuno…”
Non sapeva che scuse inventare ma non si sentiva proprio dell’umore giusto per questo genere di cose, giacché l’immagine di Draco che copriva di baci il corpo seminudo della sua amica gli stringeva lo stomaco. Il problema era che non poteva spiegare alla sua ragazza perché la stava rifiutando senza tradire il segreto di Hermione.
“Allora…” suggerì la rossa “…andiamo in camera tua.”
Peccato il suo letto fosse già occupato.
“No, non ho proprio voglia…”
“Te la farò venire io…” gli bisbigliò la Grifondoro, strusciando maliziosamente il proprio bacino contro il suo, in una richiesta molto esplicita, prima di alzarsi e correre per le scale.
“No! Aspetta!”
Harry tentò di fermarla ma il suo polso sottile scivolò dalla sua presa e la giovane corse ridendo ad aprire la porta della sua camera.
La maniglia si abbassò.
I cardini oleati ruotarono su se stessi.
Il suo cuore piombò verso il basso.
Ci mise un attimo a registrare l’immagine che le si offriva agli occhi: la pelle nuda di Hermione che spuntava dalla coperta, il suo maglione a terra tra i vestiti di Harry, il suo trucco disfatto dai baci.
Un attimo… e il suo sorriso si contrasse in una smorfia di dolore.
Richiuse la porta sbattendola.
“Cosa ci fa lei nel tuo letto? NUDA?!”
“Sta solo dormendo e non è nu…”
“E non ce l’ha un letto suo?! Ma soprattutto cosa facevate prima che si addormentasse?! SOTTO LA COPERTA DI MIA MADRE?!”
“Lei…”
Non poteva dirle tutta la verità, rivelarle le ragioni per cui Hermione si era ritrovava ad inondare di lacrime il suo letto e la sua spalla. Non sapendo cosa dire, restò in silenzio troppo a lungo.
“Non vuoi rispondere Harry?”
Lei scese le scale a grandi passi, gli arrivò davanti e con calma glaciale gli assestò uno schiaffo in pieno viso.
“Tanto, posso immaginarlo da sola.”
Harry era troppo confuso per pensare, così passarono diversi secondi prima che la lucetta “crede che tu l’abbia tradito: spiegale la verità!” si accendesse nel suo cervello. Per questo quando le gridò dietro di fermarsi, la Weasley era già fuori dal quadro della Signora Grassa.
“Merda!” ringhiò il Grifondoro, sbattendo un pugno con rabbia contro il caminetto.
Le sue nocche sbucciate lasciarono una lieve traccia rossa sulla pietra.
Come diavolo faceva a uscire da quella situazione?


Hermione fu svegliata dal gran trambusto. Stiracchiò le braccia e si riavvolse nella coperta che le lasciava scoperte le spalle nude. Per un attimo non capì dove fosse, poi si ricordò della chiacchierata col suo migliore amico. Doveva essersi addormentata in camera sua.
Beh, meno male che non era entrato nessuno però o la situazione avrebbe potuto essere fraintesa.
Sia alzò e aprì la finestra per far entrare l’aria frizzante della notte.
Nella luce fredda della luna una civetta bianca con un sottile collare di piume nere intorno al collo volava nel cielo, sicura ed elegante nell’oscurità.
Senza volere Hermione si ritrovò a fantasticare su dove stesse dirigendosi, pervasa da un insensato romanticismo.
Magari portava una lettera d’amore…

Nei sotterranei bui di Hogwarts, noti soltanto ai Serpeverde più esperti, si aggirava con passo celere una figura elegante e coronata da sottili capelli biondi che parevano risplendere alla flebile luce delle torce.
Draco Malfoy aveva ripiegato malamente la lettera di suo padre, la aveva accartocciata nella propria tasca e si era diretto ad ampi passi verso il Dormitorio.
Doveva trovare una risposta, e in fretta.
Attraversò la Sala Comune in tre falcate, oltrepassando senza un saluto Tiger, Goyle, Blaise Zabini e Pansy.
“Ehi Dra, non hai mica un accendino?”
Il biondo frugò in entrambe le tasche e ne estrasse un accendino metallico che lanciò a Blaise.
“Grazie… sai preferisco non usare la bacchetta per le sigarette dopo che l’ultima volta mi sono dato fuoco alle sopracciglia. Per un mese ho avuto un’espressione da ebete assurda...ehi, te lo ridò dopo?” urlò dietro al compagno che già si avviava verso le scale.
“Sì, sì, certo…”
La risposta arrivò quasi dalla porta della camera.
“Draco aspetta!” gridò Pansy scattando in piedi “Ti è caduto qualcosa!”
Ma la sua affermazione si infranse sul mogano chiodato che il Serpeverde aveva chiuso dietro di sé.
La ragazza raccolse da terra un foglio spiegazzato, scivolato fuori dai pantaloni del biondo quando aveva preso l’accendino.
“Glielo riporto io…” sbuffò la Purosangue.
Mentre saliva le scale però le cadde l’occhio su una frase scritta su quel foglio e si bloccò di colpo. Distese subito le pieghe della carta e lesse con curiosità bramosa:

“Caro Draco,

Con questa breve lettera è mia intenzione comunicarti la lieta notizia che la nostra famiglia, e certamente anche tu, aspettavate da anni. È con immenso piacere che ti annuncio che ti ho trovato una moglie. Non la conosci, ma sono certo che ciò non sia un problema.”

Trovato una moglie. Ecco le parole che avevano attirato l’attenzione di Pansy. Con un tuffo al cuore si era illusa che fossero riferite a lei. Aveva sempre creduto che Lucius Malfoy avesse destinato a lei il suo primogenito, ma i Malfoy sono delle infide serpi ed è sempre un’imprudenza fidarsi di loro. Mentre le sue speranze di avere fra le mani una proposta di matrimonio si infrangevano miseramente il suo sguardo scorreva le righe restanti.

“È la discendente di una nobile famiglia Purosangue danese, i Kirpsiengaard, le cui origini antichissime sono paragonabili quasi solo a quelle dei Malfoy. Ha solo un anno meno di te e anche la sua famiglia è entusiasta per questa unione, soprattutto suo padre Sonder, visto che condivide con me molte idee e fedeltà.”

Condivide con me molte fedeltà… bel giro di parole per dire che erano tutti Mangiamorte…

“Naturalmente non ti chiedo di sposarla subito. Potrai aspettare finanche i 21 anni per fare di lei la signora Margharete Augusta Sondersen Kirpsiengaard Malfoy.
Aspetto con ansia la tua opinione in proposito, pur sapendo già che sarà positiva.
Tuo padre,
Lucius Malfoy.”

Pansy restò a bocca aperta.
Una parte del suo animo si sentiva spiacente per Draco. Era chiaro dal tono della lettera che l’unione era già fatta e che il ragazzo era incastrato senza vie d’uscita in un matrimonio combinato con quella sconosciuta… Un’altra parte ben più importante della sua pietà era però rivolta verso se stessa e le proprie speranze distrutte.
Quella stronzetta danese credeva di poter piombare nella sua vita e rubarle il miglior partito di Inghilterra restando impunita? Oh, no… i Parkinson non sono gente che cede il passo facilmente. Lei avrebbe lottato per Draco, eccome se lo avrebbe fatto…
Ripiegò la lettera con mani tremanti di rabbia e salì un altro gradino, ma subito si fermò ancora, decisa a rileggerla per essere sicura di non aver frainteso niente.
“Non farlo.”
Due parole la colpirono come lame, togliendole il respiro. Se anche avesse voluto, non sarebbe stata fisicamente in grado di sollevare un dito. Draco troneggiava su di lei dall’alto della scala.
Dietro la sua venustà impassibile si celava una rabbia sorda che sfuggiva al suo controllo solo negli occhi, accesi di un grigio furibondo.
“Ti è caduta questa. Te la stavo riportando.”
La Serpeverde abbassò lo sguardo, incapace di resistere a quelle iridi di ghiaccio.
Draco le afferrò la lettera dalla mano con un movimento morbido ma deciso, senza smettere di fissarla.
“Non l’hai letta vero?”
“No, ma che dici, sai che non lo farei mai…”
Il biondo parve esitare, indeciso se crederle o no, ma poi pensò che non aveva tempo da perdere in queste sciocchezze, si voltò e rientrò in camera.
Quando la porta si richiuse con un tonfo, sulle scale Pansy ricominciò a respirare.
In camera sua invece Draco ansimava di rabbia e frustrazione.
Aspetto con ansia la tua opinione…” gli scriveva suo padre.
Come se avesse potuto dargliela davvero!
Caro papà… piuttosto che portare all’altare quella snob danese, il cui unico pregio sembra essere l’avere un nome impronunciabile e una famiglia di fanatici Mangiamorte, preferirei andare a fare un allegro picnic con un Lupo Mannaro.
È abbastanza positiva la mia opinione?
“Dio, quanto lo odio!” ringhiò contro il proprio pugno in cui era serrata la lettera.
Doveva rispondere e doveva farlo in modo vago e non vincolante, remissivo ma non succube.
Altrimenti poteva sempre sperare che un fulmine colpisse suo padre in pieno entro quella sera.
Uhm… Nessuna nuvola castigatrice in vista.
Pazienza.
Prese inchiostro e penna e attaccò a vergare il foglio.

Caro padre,
Come da Voi richiesto rispondo alla Vostra lettera.
Ovviamente concordo con Voi nel dire che questa unione appare conveniente per entrambe le famiglie."

Fin qui tutto bene. Era abbastanza distaccata e impersonale.

Naturalmente spero dalla Vostra concessione di aspettare fino ai 21 anni (età, devo dire, però ancora piuttosto giovane) che vogliate concederci di conoscerci. Certamente concorderete con me nel dire che decisioni avventate in questo campo sono fortemente sconsigliabili. Pertanto spero abbiate il buon senso di non pretendere che io subito…

No, troppo diretto e appassionato.

Pertanto sono certo che capirete se rimando un giudizio più perentorio e definitivo a una futura occasione. Inoltre non sarebbe prudente discutere troppo apertamente gli interessi della nostra famiglia in una lettera. Posticiperei quindi senza dubbio qualsiasi altra decisione al momento in cui avremo occasione di vederci.

Cioè tra mesi…

Nonostante ciò devo ammettere che la Vostra notizia ha avuto indubbiamente un impatto…

Da incubo? Orrendo? Tragico? Da infarto? Mortale?!

…un impatto notevole su di me, specialmente in quanto relativamente inaspettata.
Con la speranza che la presente soddisfi le Vostre aspettative,
Vi porgo i miei rispettosi saluti,
Vostro figlio Draco Malfoy.”  
 
Ricopiò tutto ordinatamente su di un foglio con la sua grafia semplice ma elegante e legò la busta alla zampa del gufo che suo padre usava sempre per comunicare con lui.
Emerald, un magnifico uccello bianco con un sottile collare di piume nere attorno al collo e due brillanti occhi verdi.
Così dieci minuti dopo l’animale volava con sicurezza nella fredda luce lunare, seguito dallo sguardo dorato di una Grifondoro e faceva nascere nella mente di quest’ultima un pensiero sdolcinato che non si avvicinava neanche lontanamente alla dura realtà dei fatti.

Quando Hermione la mattina dopo scese in Sala Comune e rivide i suoi amici si chiese cosa mai fosse successo.
Harry e Ron sedevano ai lati opposti del divano e il rosso sembrava rifiutarsi di volgere lo sguardo sul suo amico. La tensione tra i due era talmente evidente che nessuno aveva osato occupare i posti vuoti tra loro, quasi ci fosse il rischio di venire fulminati.
Hermione provò a salutare Ron con un sorriso ma lui si voltò da un’altra parte.
Oh no… allora Harry gli aveva detto di lei e Draco! Ecco la ragione di tanto astio. Per lei, che non sapeva nulla del malinteso con Ginny, questa era l’unica spiegazione possibile.
Eppure Harry aveva giurato di tenere il segreto.
Gli rivolse un’occhiata di rimprovero, scuotendo la testa.
Il Cercatore si alzò di scatto.
“Eh no! Non anche tu Herm!”
Non aveva fatto nulla a nessuno dei due eppure entrambi lo consideravano un traditore.
“Questa faccenda dovrà essere chiarita” tuonò mentre marciava verso l’uscita “ma non qui e non ora…prima fatevi sbollire la rabbia.”
Un attimo dopo aveva lascito la Sala dove i Grifondoro più mattinieri scendevano già per la colazione.
Hermione rimase leggermente confusa ma non diede troppo peso a quelle parole e si sedette sul bracciolo accanto a Ron.
“Harry te l’ha detto?”
Bisbigliò, riferendosi alla sua storia con Draco.
“Sì.”
Ringhiò il rosso, adattando quella frase generica al presunto tradimento di Harry.
“È per questo che sei arrabbiato?”
“E per che cos’altro Herm?!”
La sua voce prese una nota acuta di disperazione che fece voltare con finta indifferenza più di un Grifondoro.
“Oh Ron, non è il caso di farne una tragedia… lo so che sembra assurdo, ma sta succedendo e basta, non posso farci nulla…”
“Ne parli con una certa leggerezza mi pare!” Si scandalizzò il ragazzo.
“Beh, in fondo chi mi impediva di farlo?”
“Ma lui era fidanzato!”
Draco fidanzato? Non che lei sapesse… e poi a Ron cosa importava?
“Ma no, lui ha sempre qualche storiella di sesso senza importanza con qualche oca…”
Ron si alzò dal divano così velocemente che lei per poco non perse l’equilibrio e volò in terra.
Senza rendersene conto Hermione aveva appena dato a sua sorella Ginny della sgualdrina.
“COME TI PERMETTI?!”
Ora tutti nella Sala avevano gli occhi fissi su di loro.
Hermione cercò di calmare il suo amico.
“Ti prego, Ron non urlare. Non c’è alcun bisogno che tu te la prenda tanto a cuore. Questi sono solo affari miei.”
“Solo affari tuoi?!”
La voce gli uscì strozzata in un sibilo tanto la rabbia gli ostruiva la gola.
“Sono anche affari miei Hermione, visto che tre delle persone a me più vicine sono coinvolte!”
Tre?
“Come tre?”
“Tu, Harry e Ginny!”
La Grifondoro era decisamente confusa ora.
“Che diamine c’entra Ginny?”
“Come che c’entra?! Cazzo Herm, TU SEI ANDATA A LETTTO CON IL SUO RAGAZZO! Mi pare che c’entri!”
Ginny era la ragazza di Draco? No, non era possibile, lei stava con Har… oh mio Dio! Che aveva capito Ron?
“Harry? Credi che sia stata a letto con Harry?”
Non c’era più un Grifondoro in quella stanza che non fosse immobile e con gli occhi fissi sulla discussione in atto. Sembrava che qualcuno avesse lanciato un incantesimo di congelamento su ognuno di loro. Dopotutto la coppia Potter-Granger era uno scoop senza precedenti.
“Ora non cadere dalle nuvole! Lo hai ammesso tu stessa trenta secondi fa!”
“No! Io stavo parlando di D…ehm…”
Si bloccò appena in tempo, notando lo sguardo bramoso di pettegolezzi dei suoi compagni di Casa, il cui numero era in aumento. C’era anche chi era appena sceso, in pigiama o con lo spazzolino tra i denti, pur di non perdersi una parola.
“Ma voi non avete di meglio da fare che stare qui ad ascoltare noi? Tipo farvi scagliare maledizioni senza perdono?!”
“Lascia stare Hermione.” la zittì Ron “Tanto io non ho più niente da dirti.”
La bruna cercò invano di fermarlo, di spiegargli quel malinteso, ma Harry aveva ragione: tutto avrebbe dovuto essere chiarito ma non lì e non in quel momento.
Si appoggiò al divano per cercare un sostegno. La situazione era sempre più assurda.
“Ehm, Hermione… non è che mi rilasceresti un’intervista per caso?”
La ragazza incenerì il povero Colin Canon con uno sguardo.
“No eh?”
Non lo degnò neanche di una risposta, lo oltrepassò come se fosse trasparente e uscì per andare a prendersi una boccata d’aria.
Sul giardino semideserto avanzavano nubi grigie e cariche di pioggia che diminuivano ancora la luce già scarsa del primo mattino. Gli abeti della foresta oscillavano delicatamente creando un fruscio continuo e monotono che ben si intonava con quella mattina umida e color piombo.
Hermione camminò nell’erba bagnata fino alla riva del lago. Al di là della sua linea scura, si intravedeva una striscia di cielo chiaro, quasi insufficiente a contenere la grande luna rossa che in pochi minuti salì al di sopra di quello spazio chiaro, fra i cumoli di nuvole.
Soffiava un venticello malinconico, e il lago appariva quanto mai sinistro ma Hermione vi si sentì a suo agio.
Si sedette vicino alla riva e prese a giocare con i fili d’erba, arrotolandoli attorno alle dita per poi lanciarli sull’acqua e vederli andare alla deriva sulla superficie scura.
Così si sentiva lei, un filo d’erba in preda alla corrente, incastrata com’era in un quiproquo di dimensioni colossali.
Era così stanca… Tutti i pensieri di quei giorni, tutte le preoccupazioni, le menzogne, le accuse e le lacrime si accavallavano sui suoi poveri nervi scossi fino a sfinirla. Appoggiò il capo sull’erba fresca e l’odore pungente del terreno le entrò nelle narici, rilassandola.
Si addormentò; scivolò dolcemente tra le braccia di Morfeo, come i fili d’erba scivolavano sul fondo del lago, attirati dai gorghi tumultuosi che segnalavano la presenza della piovra.


Quando Hermione non si presentò a colazione nessuno nella sua Casa lo giudicò strano, neanche Harry e Ron, seduti agli estremi quasi opposti della tavola, visto quanto era appena successo.
Solo Draco era preoccupato. Aspettò senza quasi toccare cibo l’arrivo della sua Mezzosangue, ansioso di sapere come avesse reagito alla chiacchierata con Potter. Se quell’idiota la aveva ferita non l’avrebbe passata liscia.
“Draco, aspetti qualcuno?”
Il biondo si voltò verso Blaise che addentava in quel momento una grossa fetta di bacon gocciolante d’olio. Incredibile come la sua dieta a base di grassi e proteine non gli impedisse di avere un fisico perfetto, ma forse era merito della “ginnastica” che faceva a letto con mezze ragazze di Hogwarts…
“Nah… davo solo un’occhiata alla Sala.”
“Hai notato che Potter e lenticchia Weasley sono seduti lontano? Chi sa che è successo…”
“Blaise, in tutta sincerità… non me ne potrebbe sbattere meno.”
Detto questo si alzò con la scusa di andare a fumare una sigaretta e sparì oltre la porta.
Senza riflettere andò in giardino, nonostante niente potesse far pensare che Hermione si trovasse lì e non nella propria camera e dopo un breve girovagare si ritrovò in prossimità del lago.
Lei era là. Il capo abbandonato su un braccio; i boccoli dorati che si coprivano di rugiada; addormentata su quel prato, incurante del freddo e della pioggia imminente.
La pacatezza e l’oblio del sonno sembravano aver trasfigurato i suoi lineamenti in quelli di un angelo e Draco non poté impedirsi di pensare che fosse l’immagine più bella che avesse mai visto.
Si sedette accanto a lei e le scostò alcune ciocche dal volto con un gesto leggero. Lei arricciò il naso e si strinse le braccia al petto con un brivido.
Il Serpeverde allora si sfilò la pesante giacca invernale e gliela posò sopra le spalle.
In quel momento la ragazza prese un lungo respiro, sbatte le palpebre un paio di volte e poi il mondo ebbe di nuovo il privilegio di vedere i suoi caldi occhi dorati.


[…] Ô lac! Rochers muet! Grottes! Forêt obscure!
Vous que le temps épargne ou qu’il peut rajeunir,
Gardez de cette nuit, gardez belle nature,
Au mois le souvenir !

Qu’il soit dans ton repos, qu’il soit dans tes orages,
Beau lac, et dans l’aspect de tes riants coteaux,
Et dans ces noirs sapins, et dans ces rocs sauvages
Qui pendent sur tes eaux !

Qu’il soit dans le zéphir qui frémit et qui passe
Dans les bruits de tes bordes par tes bords répétés,
Dans l’astre au front d’argent qui blanchit ta surface
De ses molles clartés !

Que le vent qui gémit, le roseau qui soupire,
Que les parfums légers de ton air embaumé,
Que tout ce qu’on entend, l’on voit et l’on respire,
Tout dise : « Ils ont aimé ! »

Alphonse De Lamartine, « Le Lac » (1820)

[...] O lago ! rocce mute ! grotte ! foresta oscura!
Voi che il tempo risparmia o che può ringiovanire,
Conservate di questa notte, conservate, bella natura,
Almeno il ricordo!

Che sia nel tuo riposo, che sia nelle tue tempeste,
Bel lago, e nell’aspetto dei tuoi ridenti pendii,
E in questi neri abeti e in queste rocce selvagge
Che pendono sulle tue acque!

Che sia nello zefiro che freme e che passa
Nei rumori delle tue sponde dalle tue sponde ripetuti,
Nell’astro dalla fronte d’argento che imbianca la tua superficie
Con i suoi molli chiarori!

Che il vento che geme, il giunco che sospira,
Che i profumi leggeri della tua aria odorosa,
Che tutto quello che si ode, si vede e si respira,
Tutto dica: “Essi hanno amato!”

 Alphonse De Lamartine, « Il lago » (1820)


Hermione vide attraverso il torpore del riposo una figura bionda curva su di lei.
“Mh… Draco…” masticò con voce impastata dal sonno “…ancora cinque minuti…”
Ci mise invece cinque secondi a rendersi conto di cosa aveva detto.
“Oh Dio, dove siamo? Che è successo?”
“Perché siamo al mondo? Essere o non essere?” le fece eco il biondo con tono tragico.
La bruna lo fulminò con un’occhiataccia. Le era preso un colpo a svegliarsi accanto a Malfoy dato che per un attimo, sospesa tra sogno e realtà, vedendolo lì aveva avuto l’impressione di essere a letto con lui… Invece si era addormentata in giardino.
“Cos’è che volevi fare Mezzosangue, schiacciare un pisolino in attesa che alla piovra venga voglia di fare colazione con te?”
Lei emise una risatina sarcastica.
“Magari… per quel che gliene fregherebbe a Ron e Harry e tutti gli altri…”
“Sei davvero convinta che non dispiacerebbe a nessuno perderti?”
“Credo che chiunque mi conosca ora mi butterebbe direttamente in quel lago con un bel calcio…”
Il biondo scosse la testa evitando di guardarla e indeciso se continuare o no quella conversazione che rischiava di entrare in un terreno per lui scivoloso.
“E poi io chi tormenterei con i miei ricatti e le mie frecciatine Granger?”
Buttò lì quella frase ironica con noncuranza, come per fare dello spirito ma dietro c’era molto di più di una battuta e Hermione lo capì. Era forse a se stesso che si riferiva quando le aveva chiesto se era certa che non sarebbe dispiaciuto a nessuno perderla? Forse a lui sì…
La Grifondoro sentì un sorriso affiorarle alle labbra assieme ad un singhiozzo strozzato e si tuffò a nascondere il viso nel petto di Draco.
Lui appoggiò il mento sulla sua testa ricciuta e lei accostò l’orecchio al suo cuore.
Poteva sentirne i battiti accelerati così come poteva immaginare gli occhi grigi del Serpeverde, velati di tristezza e di dubbi, profondi e misteriosi più di quel lago nero che faceva da sfondo alla loro personale tragedia.
Draco prese delicatamente il suo viso tra le mani e inspirò il suo profumo, cercando le sue labbra, già dischiuse e tremanti. Hermione lo lasciò fare e chiuse gli occhi. Sentì le sue mani accarezzarle la schiena e scivolare sotto i suoi vestiti per poi afferrarla e portarla a cavalcioni sulle gambe di lui, petto contro petto, cuore contro cuore.
Sentì la sua lingua invaderle la bocca e rubarle l’aria e quel poco autocontrollo che le restava.
Senza più pensare fece scendere le mani lungo il maglione nero che fasciava la sensuale figura della sua Serpe e prese ad armeggiare con la sua cintura.
Contro ogni logica fu Draco a fermarla.
“Per quanto in questo momento io non desideri altro che farti mia su questo stesso prato, purtroppo Mezzosangue temo che sia un po’troppo freddo e umido, visto che inizia a piovere, senza contare che tra poco gli studenti cominceranno a uscire per le lezioni…”
Hermione avvampò fino alle orecchie. Cosa stava per fare?
“Razza di pervertito! Io non stavo affatto facendo quello che insinui!”
“Ah no? Allora i miei pantaloni si sono sganciati da soli?” soffiò lui con un ghigno malizioso.
Dannazione. Colpita e affondata: Malfoy 1 – Granger 0.
“Non c’è niente di male Mezzosangue, sai faccio questo effetto alle donne…”
“Malfoy avrei una gran voglia di prenderti a schiaffi…”
“Davvero?” Dette alla sua voce una nota roca ed estremamente sensuale e parlò sporgendosi verso le labbra della Grifondoro che subito si schiusero per lui.
“Strano, a me sembra che tu abbia voglia di baciarmi piuttosto…” ironizzò indietreggiando di nuovo.
Malfoy 2 – Granger 0.
“Fottiti maledetto.”
“Con te?”
Ok, Malfoy 3 – Granger 0. Gioco, partita e incontro per Malfoy. Hermione ritenne fosse meglio ritirarsi, onde evitare ulteriori umiliazioni. E tentazioni.
Si alzò facendo pressione sul suo petto e si incamminò verso la scuola.
“Sarà meglio che vada.”
“Lo credo anch’io… solo non pensi che qualcuno possa insospettirsi se ti vedono arrivare con mezza divisa Serpeverde addosso?”
Lei si rese conto solo allora di avere sulle spalle la sua giacca. La sete pregiata con cui era foderata all’interno profumava di fumo di sigaretta e costoso dopobarba al muschio bianco.
Decisamente era la sua.
Il biondo si alzò per andare a riprenderla e approfittò della vicinanza per strappare alla Grifondoro un altro bacio. Lei però non gli dette soddisfazione e serrò ostinatamente le labbra.
“Non te lo meriti…” sibilò allontanandosi.
Il Serpeverde sorrise divertito e si accontentò di guardarla andare via, mentre le gocce di pioggia cadevano sempre più fitte.
“Forse semplicemente…” sussurrò “…forse semplicemente Mezzosangue, non merito te.”
Parlò più a se stesso che non a Hermione e quando si mosse per tornare anche lui al castello, sotto la pioggia ormai battente, la sua confessione si era già persa nel vento e nel fitto picchiettio delle gocce sulle foglie.


La lluvia tiene un vago secreto de ternura,
algo de soñoléncia resignada y amable,
una música húmilde se despierta con ella
que hace vibrar el alma dormida del paisaje.

[...]

La nostalgia terrible de una vida perdida,
el fatal sentimiento de haber nacido tarde,
o la ilusión, inquieta de un mañana imposible
con la inquietud cercana del color de la carne.

El amor se despierta en el gris de su ritmo,
nuestro cielo interior tiene un triunfo de sangre,
pero nuestro optimismo se convierte en tristeza
al contemplar las gotas muertas en los cristales.

“Lluvia”, Garcia Lorca

La pioggia ha un vago segreto di tenerezza,
una vaga sonnolenza rassegnata e amabile,
si desta con lei un’umile musica
che rende vibrante lo spirito addormentato del paesaggio.

[...]

La nostalgia terribile di una vita perduta,
il fatale sentimento di essere nati tardi,
o l’inquieta illusione di un impossibile domani
con l’inquietudine prossima del colore della carne.

L’amore si ridesta nel suo grigio ritmo,
il nostro cielo interiore ha un trionfo di sangue,
ma il nostro ottimismo si muta in tristezza
vedendo le gocce morte sopra ai vetri.

“Pioggia”, Garcia Lorca




………continua……….
 

§ Spazio autrice: §

Per quel che riguarda il titolo di oggi, è ripreso dal romanzo di Charles Dickens “Great Expectations” (in italiano “Grandi speranze”), la drammatica e affascinante storia del povero orfano Pip la cui vita ha una brusca svolta quando egli si vede assegnata da un misterioso benefattore un’inaspettata fortuna che lo porterà a intraprendere un turbolento percorso di crescita e pieno tanto di gioie quanto di dolori (l’ho scelto semplicemente perché le “expectations” si possono riferire a Draco e al fidanzamento). È meraviglioso, come tutti i romanzi di Dickens, che consiglio calorosamente a tutti.
Uhm… Credo sia tutto.
A presto,
MmeBovary^^

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Capitolo 5
*** Cuore di tenebra ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!



CAP. 5
CUORE DI TENEBRA

Toc - toc.

Hermione si rigirò sotto le pesanti coperte tiepide del suo baldacchino.

Toc - toc.

Alzò controvoglia le palpebre quanto bastava per controllare l’ora sull’orologio appeso alla parete davanti a lei. Le 5.30.
Meglio tornare a dormire.

Toc - toc.

Fece lo sforzo di voltarsi verso l’ingresso per controllare che non ci fosse qualcuno a bussare, ma da dietro la porta socchiusa non si intravedeva nessuno.
Per un attimo aveva sperato fosse Ron, dato che non era ancora riuscita a parlargli.
Impossibile, i maschi non potevano arrivare fino a lì.
Di nuovo si acciambellò sotto il piumone.

Toc - toc.

Oh, per Merlino! Ma cos’era, un incantesimo per non far dormire? Con uno sforzo di volontà si alzò a sedere sul letto, rabbrividendo non appena le venne a mancare il contatto delle coperte.

Toc - toc. Toc - toc. Toc - toc.

Si rese conto che il rumore sembrava provenire dalla finestra, così vi si diresse e si trovò davanti ad una grossa civetta grigia che sbatteva furiosamente il becco contro il vetro, chiedendo il permesso di entrare.
Hermione spalancò le imposte e si pentì subito di non essersi prima messa addosso qualcosa. Quando l’uccello fu entrato nella stanza, la ragazza si affrettò a ricacciare fuori il freddo vento inglese e si avvicinò al fuoco.
La civetta era appollaiata sulla mensola del camino e le tendeva docilmente una zampa, cui era legata una busta. La Grifondoro la prese e offrì all’animale uno dei cracker che teneva per Edvige come ricompensa.
Mentre il volatile riempiva il pavimento di briciole, lei osservò quell’inaspettato messaggio. La pesante pergamena su cui era stato scritto era fermata con ceralacca verde, le iniziali H. J. G. sul davanti indicavano la destinataria e quelle sul retro, D. L. M. il mittente. Non c’erano molte possibilità di errore.
Esitò un attimo sul da farsi, titubante riguardo all’aprire o meno una lettera così misteriosa.
Vinta dalla sua innata curiosità, staccò il sigillo facendo ben attenzione a tenere la missiva il più lontano possibile da sé.
Niente. Non esplose nulla e non le fu scagliato alcun incantesimo. Era già meglio di quanto si aspettasse. Non restava che leggere.

“Gettala nel fuoco.”

Il messaggio sibillino si esauriva in queste tre parole.
“Prego?” chiese Hermione, come la lettera potesse darle una risposta.
Cos’era che doveva gettare nel fuoco? Rigirò il foglio in cerca di spiegazioni, ma non ne trovò.
Lo scricchiolio dell’ultimo pezzo di cracker attirò la sua attenzione sulla civetta. “Gettala nel fuoco…”… Uhm non è che per caso…
Come a scacciarle quell’assurdo pensiero dalla testa, l’animale gonfiò le penne ed emise un piccolo sibilo.
No, farne un arrosto non sarebbe stato utile in alcun modo.
Appoggiò la lettera sul comodino per controllare che non le fosse caduto per terra magari qualche oggetto o qualche polvere e si ritrovò involontariamente a pulirsi le mani sui pantaloncini del pigiama. Erano stranamente unticce… Ricontrollando la pergamena notò con gioia che le sue fibre erano immerse in una sorta di liquido viscoso, impregnato di una polvere leggermente opalescente.
Eureka! Ecco cosa doveva gettare nel fuoco!
Si apprestò a farlo, ma il rumore di Lavanda che si rigirava sotto le coperte le ricordò che non era sola.
Eccitata come una bambina per la scoperta corse giù per le scale in punta di piedi, dimenticandosi di avere indosso solo un piccolo pigiama di seta rosa e pizzo nero, regalatele da sua madre il Natale prima.
Arrivò davanti al camino della Sala Comune e, accertatasi che non ci fosse nessuno, lasciò cadere la pergamena tra le fiamme.
Fiamme verdi, rosse e nere alte due metri, draghi di fuoco che invadevano la stanza, urla e grida strazianti che svegliavano mezza Hogwarts, ecco cosa si sarebbe aspettata di scatenare.
E invece niente.
La lettera si consumò con un impercettibile crepitio e dopo qualche secondo non ne rimase che un mucchietto di cenere e una vaga traccia verdastra nel colore delle fiamme.
“Accidenti, allora non dovevo bruciare questa…”.
Si voltò, decisa ad andare a perquisire la civetta in cerca di un allegato a quella lettera quando sentì una voce alle proprie spalle.
“Che bel panorama che ho da qui, Mezzosangue…”.
Un brivido le corse lungo il corpo dalla nuca alla fine della schiena su cui erano posati senza pudore gli occhi di Draco Malfoy.
Hermione si voltò di scatto mentre il rossore le assaliva le gote.
“Malfoy! Mio Dio, sei tu?”
“Chi ti aspettavi Granger?”
“Beh, o tu o Babbo Natale…”
Il biondo le restituì uno sguardo interrogativo.
“Chi?”
“Niente, roba babbana…”
“Quel pigiamino invece…” soffiò la Serpe “Deve essere stato vittima di una magia di rimpicciolimento perché non può essere stato creato con così poca stoffa neanche dal più pervertito dei babbani…”.
Hermione sentì il rossore salirle fino alla punta delle orecchie e cercò di tirare al massimo la seta del suo misero indumento per coprirsi il più possibile, ma con scarsi risultati.
“Se tu mandi misteriosi messaggi per comunicazioni via fuoco alle cinque del mattino, non puoi pretendere che io sia presentabile!”
“Oh, no ti assicuro che sei assolutamente presentabile… Anzi, se ti presentassi qui ora non mi dispiacerebbe affatto…” ironizzò il biondo con uno sguardo famelico su tutta la sua figura.
La Grifondoro incrociò le braccia sotto il seno con aria di autorità.
“Insomma, Malfoy mi hai svegliata solo per fare due battute?”
“Certo che no Granger… non oserei mai… Volevo solo fissare il nostro prossimo appuntamento.”
La bruna inclinò il capo, dubbiosa.
“Perché non avevamo detto oggi alle sette nella Stanza delle Necessità?”
Vide il Serpeverde grattarsi la nuca con aria vagamente colpevole.
“Malfoy?”
“È sorto un piccolo problema…”
Lei detestava i problemi.
“Vedi, temo mi sia sfuggito con Blaise un accenno all’esistenza di quella stanza…”
La cosa non prometteva bene.
“…E temo che mi sia involontariamente scappato detto che sarebbe stato il posto perfetto per…”
“…studiare?” ipotizzò la Grifondoro.
“…fare una festa Mezzosangue! Cristo Santo, vuoi provare a ragionare un attimo con la mente di un Serpeverde?”
“Facile. Basta spengere il cervello.”
Questa frecciatina le costò un’occhiata di rimprovero dal compagno.
“Appunto. Mentre tu vorresti andare lì a studiare, loro saranno a organizzare il party dell’anno, a base di alcool e musica…”
Hermione aprì la bocca per fare una delle sue tirate riguardo alla responsabilità e la necessità di porre lo studio davanti a tutto ora che erano al settimo anno, ma con uno sbuffo di sofferenza Draco le rubò la parola.
“Ti prego Granger, risparmiati la ramanzina …”
Hermione arricciò le labbra, scocciata.
“E se lo andassi a dire alla Mc Granitt? Blaise dovrebbe rimandare la festa.”
“Non oserai tradire una confidenza e accoltellarmi alle spalle, Mezzosangue?”
Lei si morsicchiò un labbro, come faceva ogni volta che era indecisa, ma poi annuì. Non avrebbe tradito la fiducia che aveva riposto in lei.
Ora però come avrebbe fatto? Non c’era molto tempo prima di quella che era già stata soprannominata “La Grande Prova di Piton”.
Stava ribollendo di rabbia e Draco lo notò.
“Quindi ti volevo proporre una soluzione…”
La Grifondoro sfoderò un’aria scettica. L’ultima volta che lui le aveva proposto una soluzione al suo problema con Pozioni si era ritrovata incastrata in un perverso patto che aveva quasi rovinato il suo rapporto con tutti i suoi amici.
“Sentiamo.”
Ormai tanto valeva dargli una possibilità.
“Dato che stasera tutti i Serpeverde (e una buona parte degli studenti delle altre Case) saranno a questo party… la lezione potrebbe svolgersi in camera mia.”
Lo disse con il tono più candido e naturale del mondo, eppure per poco a Hermione non venne un colpo. Intrufolarsi di notte nella tana delle Serpi da sola con la peggiore di loro?
“Spero tu stia scherzando Malfoy, oppure devo preoccuparmi. Per caso sei caduto dalla scopa? O ti sei fatto un incantesimo di memoria e ti sei dimenticato che io sono una Grifondoro?!”
“Nessuna delle due Granger… Questa è la sola soluzione, se non ti va bene ripassa con lo Sfregiato e poi vediamo quanto prendi... ”
Dannazione. Ecco che toccava il suo punto debole, i risultati scolastici.
Hermione si torturò a sangue il labbro inferiore nel disperato tentativo di riflettere.
“Allora?”
Maledetta Serpe. La aveva sempre vinta lui.
“Accetto.”
Un sorriso di soddisfazione gli si distese sul viso.
“Allora ti aspetto alle dieci stasera. La parola d’ordine per entrare è Semper fidelis.”
La Grifondoro accennò un sì con il capo. Ci sarebbe stata.
“E magari porta quel pigiamino, Mezzosangue… è eccitante…”
Il Serpeverde concluse la provocazione con un’occhiata di pura lussuria.
“Per tua informazione…” ribatté Hermione “Piaceva molto anche a chi me l’ha regalato…”
Colpito in pieno… Era per caso gelosia quella che ora deturpava la statuaria calma del biondo?
“E chi sarebbe questo maniaco?” ringhiò con voce strozzata.
La Grifondoro pensò bene di evitare di spiegargli che il “maniaco” era sua madre e si alzò ignorando completamente la domanda.
“Mezzosangue torna qui!”
Che sbraitasse pure. Lui aveva ottenuto la sua vittoria spingendola ad accettare di recarsi in camera sua ma lei aveva diritto alla sua piccola vendetta. Lo lasciò quindi a crogiolarsi nella sua gelosia e tornò al suo dormitorio, anche se sapeva benissimo che non sarebbe riuscita più a chiudere occhio.


Se Hermione credeva che quella giornata non potesse andare peggio, si sbagliava di grosso. L’unica cosa che voleva fare era chiarire tutto quel malinteso con Ron, peccato però che il Grifondoro la evitasse come la peste.
I suoi spostamenti sembrarono un piano organizzato dalla CIA: arrivò a colazione dieci minuti prima delle lezioni, dopo che lei se ne era andata. All’ora di Pozioni si sedette accanto a Seamus, a Incantesimi vicino a Neville, poi fu salvo perché aveva due ore di Divinazione mentre Hermione era incastrata ad Antiche Rune e infine cenò prima che lei fosse uscita dall’ultima lezione. Fu così che la sera arrivò senza che i due avessero condiviso la stessa aria per un tempo sufficiente a dirsi “Ciao”.
In compenso però Hermione riuscì a parlare con Harry e a capire da dove aveva avuto origine l’idea insensata che loro due fossero stati a letto insieme.
“Oh mio Dio e Ginny ha creduto che…”
“Esattamente.”
“E non sei riuscito a parlarle ancora?”
Il Cercatore scosse il capo e si appoggiò al davanzale della finestra aperta. Erano dovuti andare fino in una piccola torre isolata a parlare perché in qualunque altro luogo c’era qualcuno pronto a osservarli furtivamente, avido di pettegolezzi.
“Mi evita accuratamente.”
“So cosa vuoi dire… Ron oggi ha saltato il pranzo pur di non vedermi…”
“Testardaggine alla Weasley.”
Hermione sorrise. Almeno Harry le era rimasto accanto.
“E se provassimo a incastrarlo stasera prima di andare a letto?” soffiò il moro in una nuvola di fumo.
“Perfetto… allora verso le… oh no cavolo, non posso…”
La ripetizione con Draco!
“Che hai da fare di così importante Herm?”
Il moro rise e aggiunse con fare scherzoso “Non avrai mica lezioni notturne con la Serpe malefica…”
La voglia di scherzare gli passò vedendo l’aria colpevole negli occhi della compagna, subito pronti a schivare i suoi. Per poco la sigaretta non gli cadde dalle labbra.
“Oh no ‘Mione… dimmi che non è vero.”
“È l’ultima volta Harry. Lo giuro.”
“Ma di notte? Con lui? Non è difficile capire cosa abbia in mente per dopo la lezione, sai…”
Hermione avvampò. Aveva cercato con tutte le sue forze di ignorare il fatto che si stava recando in camera di Draco, che sarebbe stata a pochi centimetri dal suo letto e che ultimamente sapeva controllarsi ben poco quando lui la sfiorava con quelle sue mani grandi e calde…
“Non essere ridicolo. Non è mai successo niente tra noi e mai succederà.”
Lui si limitò a soffiare piccoli cerchi di fumo.
“Non ti fidi di me Harry?”
Il Grifondoro gli rivolse uno sguardo di sincero stupore e le passò un braccio attorno alle spalle.
“Oh Herm, come puoi anche solo dubitarne…” La attirò a sé e le depose un leggero bacio sulla testa. “…Ma è di quella Serpe che non mi fido affatto. Ricorda che per quanto possa sembrarti dolce e rispettoso c’è qualcosa di oscuro in lui…”
Hermione sorrise e prese la sigaretta dalle sue dita.
“Il Bambino sopravvissuto che fuma come un turco…”
La fece evanescere con un tocco della bacchetta.
“…Direi che c’è qualcosa di oscuro anche in lei caro signor Potter.”
Il moro accettò l’annotazione con una risata e si accese semplicemente un’altra Marlboro.
“Vorrà dire che con Ron ce la vedremo domani mattina.”
“Grazie.”
Hermione si sporse a dargli un bacio sulla guancia che gli lasciò un vago segno umido di lucidalabbra.
“Sono le nove. Per caso devi andare dal tuo Principe delle Tenebre?”
“No, ho ancora tempo… Credo che farò una passeggiata.”
“E io credo che andrò a fumarmi un altro paio di sigarette in cortile.”
La bruna scosse il capo.
Ognuno ha diritto al suo lato un po’ meno da Santarellino.
I due uscirono insieme, incrociando un paio di Grifondoro del secondo anno che additarono con una risatina il segno del bacio sulla guancia di Harry e corsero via.
“Perfetto… Non ci mancava che questo…” sbuffò Hermione.
“Non preoccuparti domani chiariremo tutto.”
Lei annuì e si incamminò verso il giardino mentre l’amico prese per il cortile Nord, lasciandosi dietro una vaga scia di fumo.
L’aria fuori era fresca e frizzante. Appena ebbe messo un piede oltre la porta Hermione sentì il bisogno di nascondere il viso infreddolito nella grande sciarpa lavorata ai ferri che stava indossando, fatta dalla Signora Weasley il Natale precedente. Da allora era passato così poco tempo, eppure quante cose erano cambiate….
Scese lungo il prato già cosparso di brinata e seguì le aiuole di erica fino alla riva del lago.
Solo un anno prima non avrebbe accettato di recarsi in camera di Draco Malfoy neanche sotto tortura e invece ora eccola lì, in trepidante attesa che scoccassero le dieci.
Si sedette su di una grande pietra lucida e fredda e osservò il riflesso della luna sullo specchio d’acqua. Alcune nuvole la coprivano in parte, lasciando in ombra un’ampia zona di bosco alle spalle della Grifondoro.
Solo la sera prima, sotto la pioggia, mentre lei era su quella stessa riva, all’apice della disperazione poche parole di Draco erano bastate a ridarle il sorriso, a farla sentire amata…
Amore… che strana parola associata al nome di Malfoy. Poteva forse essere davvero questo quello che stava nascendo tra loro?
Ciò che la spaventava, che la frenava nell’abbandonarsi quando erano insieme era l’idea che questo Draco così affettuoso e protettivo non fosse che una finzione creata col solo scopo di fare di lei il suo ennesimo trofeo sessuale. Forse tutte le sue belle parole non servivano che a nascondere nelle magnifiche pieghe dell’eloquenza l’oscura aridità del suo cuore. La sua capacità di incatenarla a sé con quella sua voce bassa e sensuale e quelle sue parole scelte con cura forse non era che un’arma… Uno stupefacente, sublime e infimo, palpitante torrente di luce o un ingannevole flusso scaturito dal cuore di una tenebra insondabile…
Il fluire dei suoi pensieri fu interrotto da un rumore alle sue spalle.
Un tenero spicchio di luna illuminava un angolo di foresta, dove un alto ragazzo biondo si faceva strada tra i rami a passi ampi.
Possibile che Draco fosse lì per lei?
Hermione si alzò d’istinto per rivolgergli la parola, ma una nuvola oscurò nuovamente il cielo e lei lo perse di vista.
Seguì il rumore dei suoi passi sull’erba ghiacciata fino al limitare del bosco e fu lì che vide qualcosa che forse avrebbe preferito non vedere.
La luna estendeva di nuovo i suoi raggi lattiginosi sulla scena, delineando la figura di Draco, ma non solo.
Hermione realizzò con una stretta allo stomaco che qualcuno lo stava aspettando nella foresta.
Pansy Parkinson era in piedi davanti a lui con indosso nient’altro che un pesante mantello invernale foderato di volpe bianca e la biancheria intima.
La pelliccia e il sottile pizzo lavorato brillarono alla luce luna quando la Serpeverde, con uno slancio appassionato, si gettò fra le braccia del biondo e unì le proprie labbra alle sue.
Hermione chiuse gli occhi e corse via, annaspando nel buio per ritrovare la strada tra le lacrime che le rotolavano giù dalle guance come perle gelate.
Che stupida che era stata…
Perché illudersi? Perché fantasticare di qualcosa che non poteva nascere?
Amore… no… Il cuore di Draco probabilmente era davvero di una tenebra impenetrabile.
E lei lo aveva semplicemente capito troppo tardi.


Une Idée, une Forme, un Être
Parti de l’azur et tombé
Dans un Styx bourbeux et plombé
Où nul du Ciel ne pénètre ;

Un Ange, imprudent voyageur
Qu’a tenté l’amour du difforme,
Au fond d’un cauchemar énorme
Se débattant comme un nageur,

Et luttant, angoisses funèbres !
Contre un gigantesque remous
Qui va chantant comme les fous
Et pirouettant dans les ténèbres ;

Un malheureux ensorcelé
Dans ses tâtonnements futiles,
Pour fuir d’un lieu plein de reptiles,
Cherchant la lumière et la clé ;

[…]

- Emblèmes nets, tableau parfait
D’une fortune irrémédiable,
Qui donne à penser que le Diable
Fait toujours bien tout ce qu’il fait !

 Les fleurs du mal,  "L’irrémédiable",
C. Baudelaire


Un’Idea, una forma, un essere
Partito dall’azzurro e caduto
In uno Stige limaccioso e muto
Dove mai occhio di Cielo penetra;

Un Angelo, imprudente viaggiatore
Tentato dall’amore del difforme,
Che tra le spire di un incubo enorme
Si divincola come un nuotatore,

E che lotta, angoscia di morte!
Contro un gigantesco mulinello
Che va cantando come un forsennato
E piroettando nelle tenebre;

Un infelice stregato
Nei suoi brancolamenti futili
Per fuggire da un luogo pieno di rettili,
Cercando la luce e la chiave;

[…]

- Lampanti simboli, quadro perfetto
Di una fortuna irrimediabile,
Che dà da pensare che il Maledetto
Fa sempre bene quel che fa!

 I fiori del male, “L’irrimediabile”,
C. Baudelaire



………continua……….
 


§ Spazio autrice: §

Saluti!
Riguardo al titolo di oggi, si tratta del romanzo di Joseph Conrad “Heart of Darkness” (“Cuore di tenebra”), un resoconto di un viaggio in Congo che è anche un viaggio nel proprio inconscio, una denuncia degli orrori del colonialismo inglese di fine ottocento che si arricchisce di sfumature psicanalitiche, scritto con una lingua semplicemente magnifica. La parte sull’eloquenza che c’è nel finale della mia ff infatti è ripresa con opportune modifiche dalla seconda parte finale.
La poesia inserita alla fine è ancora una volta del sublima Baudelaire che non finirà mai di ispirarmi e stupirmi. Questa è una delle mie preferite (ormai la so praticamente a memoria!) e ho pensato che l’Angelo caduto che si divincola tra le spire di un incubo enorme potesse essere Hermione che ha ceduto alla tentazione della sua Serpe…
A presto,
MmeBovary

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Capitolo 6
*** Ragione e sentimento ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!




CAP. 6
RAGIONE E SENTIMENTO


Pansy Parkinson era in piedi davanti a Draco con indosso nient’altro che un pesante mantello invernale foderato di volpe bianca e la biancheria intima.
La pelliccia e il sottile pizzo lavorato brillarono alla luce della luna quando la Serpeverde, con uno slancio tanto appassionato quanto improvviso, si gettò fra le braccia del biondo e unì le proprie labbra alle sue.
Draco la spinse via molto poco gentilmente.
“Che cazzo ti è saltato in mente Pansy?!”
In quel momento, un rumore come di passi che si allontanavano, lo fece voltare, ma nell’oscurità della notte la sua vista non percepì alcun movimento.
“Mi sembra chiaro Dracuccio…”
Tornò a posare lo sguardo sulla giovane che gli ammiccava con aria spavalda.
“Mi mandi un biglietto in cui mi dici che devo venire subito qui, mi scrivi che è questione di vita o di morte, poi ti presenti praticamente nuda e mi salti addosso. E hai il coraggio di dire che è chiaro quello che hai in testa? Un gran vuoto forse…”
La Serpeverde fece alcuni passi verso di lui e gli accarezzò una guancia con il dorso della mano.
“Voglio fare l’amore con te…”
Come risposta non ottenne che una risata glaciale.
“…L’amore con me? E pensi che basti così poco? Due moine e un po’ di biancheria costosa?”
“Beh di solito basta anche meno…” soffiò la ragazza, passandogli ora la mano sul petto.
“Tu credi?”
“Non ho mai dovuto neanche chiedere.”
“E tu sei veramente convinta di avere fatto l’amore con me tutte le volte che ti ho permesso di venire a scaldare le mie lenzuola? Era l’amore secondo te che ti spingeva fuori da quel letto subito dopo senza una parola?”
Il biondo sentì la sua piccola mano inanellata bloccarsi di colpo sul suo petto.
“Draco perché mi parli così?” piagnucolò la Serpeverde, ritraendo le dita e portandosele al mantello per richiuderne i lembi, improvvisamente vergognosa della propria nudità.
“Stai sprecando il tuo tempo con me Pansy, ma soprattutto stai sprecando il mio e sai benissimo che questa è una cosa che detesto.”
Vide il labbro inferiore della giovane tremare impercettibilmente.
“Tu sei mio Draco…” sussurrò con voce rotta dal pianto imminente.
Ancora una volta la risata di lui le ferì le orecchie come il colpo di una lama.
“Tu non hai capito proprio nulla Pansy…”
La spinse con forza contro il tronco di un albero, inchiodandola al legno ruvido con il proprio corpo.
La vide abbassare le palpebre e aspettare un bacio che non sarebbe arrivato.
“Non hai capito che io non sono tuo… né di nessun altro.”
Neanche di suo padre. Nessuno, nessuno avrebbe deciso per lui del suo futuro.
Si allontanò con uno scatto, disgustato dal contatto con il corpo della Serpeverde.
“Draco ti prego…”
“Falla finita Pansy. Neanche tu sei così stupida da credere che io possa cambiare idea.”
Le sollevò il mento con una mano e lei ancora una volta chiuse gli occhi e gli offrì le proprie labbra, incapace di arrendersi.
“Beh se proprio sei in calore…” soffiò il biondo sulle sue labbra “Puoi sempre andare a farti qualcun altro.”
Subito dopo dovette bloccare lo schiaffo che stava per abbattersi sulla sua guancia. La ragazza tremava e stringeva i denti, fissandolo con rabbia.
Finalmente aveva recepito il messaggio. Quella sera da lui non avrebbe avuto altro che il suo disprezzo.
Senza degnarla di un saluto, Draco le rivolse le spalle e tornò al Castello per il sentiero da dove era arrivato, seguito da un coro di singhiozzi e insulti ben poco lusinghieri.


Quando arrivò all’entrata del proprio dormitorio, incrociò Blaise con in braccio uno scatolone che si aggirava loscamente per i corridoi, controllando che non ci fossero professori in giro.
“Ehi Blaise, è arrivata la consegna?”
Il moro gli rivolse un sorriso smagliante e inclinò verso di lui la scatola, mostrando un cospicuo numero di bottiglie di whisky incendiario appena arrivate dalla Testa di Porco via gufo.
“Sarà una festa grandiosa Dra… Ci vediamo lì tra poco?”
“Purtroppo mi sa che non potrò essere presente.”
L’altro lasciò andare la mascella in caduta libera.
“No… Non puoi farmi questo… il mio compagno di bagordi preferito non può darmi buca così a meno di un’ora dall’inizio del party!”
Il biondo scosse la testa.
“E invece temo che lo farò.”
“Spero che tu abbia una buona scusa almeno per questo tradimento signor Malfoy.”
“Oh sì, una magnifica scusa…”
Gli occhi azzurri del suo amico si illuminarono.
“Ah-ah… ora capisco… Una ragazza…”
Draco si limitò ad annuire leggermente.
“Beh, ti ricordi cosa ci ha detto la Cooman oggi a lezione?”
Il biondo arcuò le sopracciglia. No che non ricordava.
“Come se io ascoltassi quel vecchio pipistrello ubriacone.”
“Beh, non è che io penda dalle sue labbra… Ma oggi, quando è venuta a vedere la nostra sfera di cristallo, ti ricordi che ha sfoderato un sorriso a trentadue denti e se n’è uscita con uno stridulo: - l’amore! Stasera uno di voi troverà l’amore! -. Che cosa stavi facendo tu? Dormivi?”
“Probabile.”
Aveva passato quell’insopportabile ora a pensare ai fatti propri e aveva solo distrattamente avvertito dall’odore di alcool e scarsa pulizia la presenza della professoressa vicino al proprio banco. Figurarsi se aveva ascoltato cosa blaterava.
“Io non darei molto peso alle parole di quella ciarlatana, Blaise.”
“Sarà, ma forse uno di noi due incontrerà l’anima gemella: io vado a ubriacarmi, mentre tu passerai la serata con una fanciulla… Io ci rifletterei su Dra… Chi di noi due ha più chance di trovare l’amore?”
Il biondo rise di cuore.
“Dopo cinque burrobirre tu troveresti l’amore anche in Millicent Bulstrode Blaise…”
“Vero anche questo…Comunque vedremo domattina se quella sottospecie di prof per una volta ci ha azzeccato. Ora devo andare e non preoccuparti per stasera, farò in modo che non ti disturbi nessuno, mentre sei… in compagnia.”
Concluse la frase con un’esagerata strizzata d’occhio e sparì oltre l’angolo assieme allo sciaguattio continuo del suo scatolone.
Draco scosse la testa con un sorriso.
Il solito Blaise. Chi sa quando si sarebbe deciso a crescere…
Sempre sorridendo, il biondo varcò l’entrata e si trovò in mezzo ad una folla di Serpeverde eccitatissimi e pronti per prendere parte alla festa dell’anno.
L’aria era impregnata di note profumate, provenienti dalle abbondanti dosi di profumo e acqua di colonia che ogni studente aveva indossato e lo scoppiettio del fuoco era quasi soffocato dal fitto vociferare e dal fruscio della crinolina, della seta e delle altre stoffe pregiate di cui ogni ragazzo o ragazza faceva sfoggio in completi più o meno provocanti. Ma Draco passò distrattamente oltre la calca di gente e si chiuse nella propria camera, prendendo a predisporre tutto il necessario per la lezione con la Granger.
Non riusciva ancora a credere di avere rinunciato a un tale evento per una serata di studio. Draco Malfoy, il re delle feste, un cacciatore di donne nato, che di solito non chiedeva niente di meglio che trovarsi in mezzo ad una folla di fanciulle disinibite e innamorate perse di lui, si stava volontariamente allontanando da un così ricco terreno di caccia per tre ore d’intenso studio con una Mezzosangue babbanofila… E la cosa peggiore era che lo faceva senza alcun rimorso.
Avrebbero dovuto legarlo e portarlo via di peso per impedirgli di essere dove era in quel momento.
Tirò fuori da un baule una serie di ingredienti e con un semplice incantesimo di appello chiamò a sé il tavolo che si trovava dall’altra parte della stanza.
Aveva persino rinunciato a Pansy… In realtà da quando la Granger aveva iniziato a cedere al suo gioco, non si era dedicato a nessun’altra. Non perché si sentisse in colpa a tradirla. No, il senso di colpa non faceva neanche parte del suo vocabolario. Semplicemente non aveva provato il desiderio di farlo. Hermione riempiva le sue giornate e la sua mente… era come un liquido denso e tiepido che si fosse sostituito progressivamente al suo sangue e all’aria che respirava, legandolo indissolubilmente a lei.
Ormai il pretesto del patto era più che superato.
Mentre andava a togliere il calderone dall’armadio, Draco si sporse in Sala Comune e notò con piacere che era ormai quasi vuota. Solo qualche paziente accompagnatore attendeva ancora che la propria ragazza si decidesse a scegliere tra la pochette rosa di Valentino o quella bordeaux di Fendi e scendesse finalmente le scale del dormitorio femminile.
Mezz’ora dopo la Sala era deserta e lui aveva preparato tutto.
La sua stanza aspettava chiaramente una donna. Tutto rivelava una speciale attenzione, una cura delicata che si riserva solo a qualcuno che si ama. Gli ingredienti per le pozioni erano distesi sul tavolo con cura; nel camino ardeva un grande pezzo di legno di ginepro che diffondeva, bruciando, il proprio aroma nell’aria; un mazzo di rose si apriva sul camino, sporgendo in avanti come ad offrirsi a colei che di lì a poco avrebbe varcato la soglia di quel luogo.
Draco si mise a sedere su di una poltrona, prendendo a sfogliare a caso un vecchio libro di poesie di Rimbaud, rilegato in pelle rosso cupo.


…Où, teignant tout à coup les bleuités, délires
Et rythmes lents sous les rutilements du jour,
Plus fortes que l’alcool, plus vastes que nos lyres,
Fermentent les rousseurs amères de l’amour !...

I versi del giovane poeta maledetto scivolarono attraverso i suoi occhi fin nel suo animo, rendendo ancora più dolorosa l’attesa.
Si alzò e prese ad andare avanti e indietro per la stanza, sistemando particolari già perfetti e spolverando con gesti distratti della mano mobili già lustri.
Se quella Mezzosangue non si fosse presentata entro cinque minuti, sarebbe uscito di testa.
Per sua fortuna il fato volle risparmiargli la follia e prima che avesse il tempo di riprendere la lettura del Bateau Ivre udì il rumore del muro che si apriva al piano di sotto e corse alla porta.
Vestita con la sua solita divisa rosso e oro, Hermione attraversava la Sala Comune con circospezione, quasi si aspettasse di vedere saltare fuori qualche vipera velenosa da dietro ogni pietra.
“Mezzosangue… finalmente.”
Eccolo lì - pensò lei - il più velenoso dei serpenti. L’unico di cui avrebbe dovuto aver paura e l’unico di cui non riusciva ad averne.
“Malfoy…”
Il Grifone lo raggiunse.
“Benvenuta nella mia umile dimora.”
Lei lo oltrepassò senza dargli troppa retta, ma appena entrata rimase a bocca aperta.
Quella camera era tutto, tranne che umile.
Arazzi fiamminghi e oli preziosi ne ornavano le pareti; un grande lampadario sospeso per magia come da catene invisibili spandeva un vago rossore sui vari ornamenti antichi che si affiancavano a libri, vasi di fiori e ingredienti per le pozioni.
Hermione avanzò di alcuni passi. Il profumo del ginepro che si consumava nel camino le stordì leggermente i sensi, così arrivò al letto del Serpeverde senza neanche accorgersene. Era un grande baldacchino in mogano con tendaggi verde e argento, abbinati alla soffice trapunta che andava da un’estremità all’altra del materasso. Hermione vi si sedette sopra, abbandonando a terra la borsa e il mantello e allungò le mani verso le fiamme tremolanti del camino.
“Fa freddino qua sotto.”
“Noi Serpi abbiamo la pelle dura.”
Lei scosse il capo.
“Ma se dormi sotto dieci coperte davanti al camino…”
“Non disprezzare il mio letto…” ribatté lui con uno dei suoi ghigni malefici alla Malfoy “… perché potresti anche finirci.”
Hermione provò l’istinto di alzarsi di scatto, quasi la trapunta si fosse trasformata in una coltre di ortiche, ma non volle dare al biondo una tale soddisfazione.
“Non dormirò da te, se è questo che speri.”
“Oh no Mezzosangue… perché dovrei sperare che tu dorma qui? Potremmo fare ben altro in quel letto…”
La situazione si stava scaldando decisamente troppo e non per merito del camino.
“Allora, cominciamo questa lezione? Ci vorranno quasi tre ore.”
Hermione andò a posizionarsi dietro al tavolo di lavoro e prese in mano qualche erba a caso, giusto per occupare la mente. Non voleva lasciarsi incantare di nuovo da Draco. Non dopo quello che aveva visto poco prima in giardino.
“Va bene. Cominciamo.”

Asfodelo, Bezoar, ortiche, dittamo, polvere di piovra, alghe dall’odore rivoltante e fiori dai colori sgargianti, chicchi di melagrana e fango di palude. I più svariati elementi si susseguirono tra le dita delicate di Hermione che seppero maneggiare con cura ognuno di loro per poi utilizzarlo nel momento e nel modo più giusto.
Circa due ore e mezzo dopo la simulazione della Grande Prova era perfettamente riuscita.
“Non ci posso credere…” mormorò la Grifondoro mentre faceva colare in una provetta una modesta quantità di una pozione invecchiante e Draco faceva evanescere il resto dal calderone.
“Soddisfatta?”
Lei gli restituì un sorriso di pura gioia.
“Sì! Grazie mille… ti adoro…”
Si morse subito la lingua quando si rese conto di quanto aveva appena detto.
La sua puerile confessione fece sorridere il Serpeverde.
“Oh Granger… così mi fai arrossire…”
Ma nessun rossore turbò la bellezza delle sue guance eburnee, mentre quelle di Hermione rasentavano sempre più la stessa tonalità della melagrana.
“Che c’è Mezzosangue… hai paura di me?”
Il biondo si avvicinò a lei e la bloccò col proprio corpo contro una colonna del baldacchino.
“Io paura?” ribatté lei con aria di finta spavalderia, tenendo il volto rivolto verso la propria spalla destra e gli occhi lontani il più possibile dalle iridi di Draco.
“Allora perché tremi e ti ritrai?”
Hermione girò il viso verso sinistra e si ritrovò con il fiato caldo del Serpeverde sule proprie labbra.
La testa le diceva di scappare ma il cuore la teneva inchiodata lì.
“Cosa vuoi adesso Malfoy?”
“Cosa voglio?”
Il biondo portò una mano sul suo viso, accarezzandole dolcemente una guancia. Lei abbassò le palpebre, rapita.
“Voglio la mia parte Mezzosangue, quella che mi spetta da contratto... per l’ultima volta…”
Si sporse in avanti, sfiorandole la punta del naso con le labbra.
“…prima che tu ti scordi di me…”
“Scordarmi di te…?”
La frase di Hermione si spense in un alito delicato sulla bocca del compagno, sempre più vicina alla sua, una dannata tentatrice che la spingeva al peccato.
Tutta la sua ragione e razionalità scuotevano il suo cervello nel disperato tentativo di avere la meglio sui sentimenti che le scoppiavano nel petto, ma senza successo.
Ormai non aveva più controllo di sé.
“Sì Granger… tra poco il nostro patto sarà sciolto e noi due torneremo ad odiarci cordialmente come prima...”
Sfiorò con le labbra dischiuse tutta la sua guancia fino a raggiungere l’orecchio.
“…oppure no?”
Hermione si morse un labbro, tormentata dal dubbio.
Le stava forse proponendo qualcosa più di un patto? Era una dichiarazione quella?
Per non doverci pensare Hermione passò all’attacco.
Si slanciò in avanti catturò il lobo dell’orecchio di Draco tra le proprie labbra, per poi passare a dargli leggeri baci sul collo.
Lo sentì fremere sotto le sue labbra, respirare profondamente per mantenere il controllo.
Si sentì lacerata da quelle sue iridi di ghiaccio quando il Serpeverde la fissò negli occhi. Ma non abbassò lo sguardo. In qualche paradossale perversa maniera il calore doloroso che quel contatto visivo le provocava, le piaceva da morire.
Draco intrecciò le dita coi suoi boccoli bruni e le fece reclinare il capo, incapace ormai di resistere oltre. Senza chiederle il permesso s’impossessò delle sue labbra e le invase la bocca con bramosia fatale.
Facendo attenzione a non interrompere quel contatto bollente, incrociò le braccia dietro la sua schiena e la sollevò leggermente per poi deporla su suo letto.
Hermione gli afferrò la cravatta e lo attirò a sé mentre indietreggiava verso i cuscini. Sfilò quell’inutile accessorio dal collo del biondo e lo lanciò a terra, dove fu presto seguito dalla camicia e dal maglione Serpeverde.
La Grifondoro allungò una mano verso il petto ampio e caldo di Draco, sfiorando con la punta delle dita il suo corpo perfetto. Percepire il suo respiro sotto la propria pelle era l’unica cosa che la facesse sentire viva in quel momento.
Il biondo si spinse ancora più vicino a lei e le sbottonò la camicetta, beandosi della sua vista.
“Sei bellissima…” le sussurrò in un bacio.
Hermione arrossì e lasciò che ancora una volta fosse lui a condurre il gioco, trascinando la sua lingua in una danza misteriosa e arcana.
Draco intanto portò una mano sulla sua gamba, risalendo lentamente su per il polpaccio, su per la rotondità del ginocchio, su per la pelle bollente della coscia e ancora su…
Hermione sentì un’ondata di calore esploderle nel ventre e un gemito le sfuggì per andare a fondersi con il bacio della Serpe.
Un’altra sensazione però le stava attanagliando la gola.
L’immagine di Pansy nuda tra gli alberi e della sua bocca incollata a quella che ora divorava con tanta passione la sua, si affacciava oltre il baratro del ricordo, facendosi viva e dolorosa come mai prima.
Chi sa Draco se era stato così dolce anche con lei… se anche nel suo orecchio aveva sussurrato parole d’amore… se quella non era che l’ennesima rivisitazione di una scena vissuta miglia di volte.
Con uno scatto d’ira allontanò il corpo del Serpeverde da sé.
Il biondo rimase sconcertato.
“Scusa... ti ho fatto male?”
Lei scosse la testa, a capo chino, così che i suoi ricci coprissero il luccichio delle lacrime imminenti.
Draco tentò di riavvicinarsi, anche perché non è che la spinta lo avesse allontanato poi molto.
“N-no, ti prego…” singhiozzò lei “Non farlo… non giocare con me... non lo sopporterei…”
Lui si bloccò, immobile e senza parole.
“Giocare? Credi che io stia giocando?”
La Grifondoro non rispose, si alzò semplicemente da quel letto disfatto e afferrò in fretta le proprie cose.
Sentì una presa ferrea cingerle il polso e si fermò. Draco era dietro di lei, in piedi. Pochi metri la separavano dalla porta, pochi centimetri da lui.
“Dove vuoi andare Hermione...?”
Lei trattenne un singhiozzo e cercò disperatamente di ignorare la miriade di sensazioni che le erano state date dal suono del proprio nome sulle labbra di lui.
“Voglio andare via…” sussurrò con tutta la forza che le restava.
Non ne riuscì che un sussurro quasi impercettibile.
Draco la attirò ancora più vicina a sé, fino a farle sentire il battito accelerato del proprio cuore contro la schiena.
“Non vuoi fare l’amore con me?”
Perché? Perché doveva sembrare così dannatamente perfetto per lei? Perché doveva farle credere di essere così giusto, quando invece era tanto sbagliato?
Con il cuore e il cervello che si contendevano in una disperata lotta il diritto di rispondere, Hermione si morse ancora una volta un labbro.
Strinse forte quel sottile lembo di pelle fino a sentir male.
Dolore. Ecco cosa avrebbe ricavato restando.
“No. Voglio andare via.”
Sentì la presa sul suo polso allentarsi dolcemente e fu libera di andare.
Ma mentre attraversava la Sala Comune e cercava tra le lacrime l’uscita, sentì una morsa ben più forte e opprimente stringersi attorno al suo cuore.


O anima addolorata,
ora bruci nel fuoco or sei fredda
e riprendi fiato. Ma perché piangi?
Quando nutrivi in seno
l’ inesorabile Eros, non sapevi
di nutrire un nemico?
Non lo sapevi?
Questo il tuo compenso per averlo nutrito: avere fuoco
e fredda neve insieme. L’hai voluto,
e sconta la pena, la giusta pena
per quello che hai fatto: tu sarai
sempre bruciata da miele di fuoco.
 
Asclepiade (A.P. XII, 132a)





………continua……….
 




§ Spazio autrice: §

Per chi non mastica il francese, do qui di seguito la traduzione di quella strofa del Bateau Ivre (“Il battello ebbro”) di Rimbaud che ho messo a metà capitolo:

“dove, tingendo di colpo l'azzurrità, deliri
e lenti ritmi sotto il vivo splendore del giorno,
più forti dell'alcol, più vasti delle nostre lire,
fermentano gli amari rossori dell'amore!”

Il titolo invece è ripreso da un altro romanzo di Jane Austen le cui protagoniste sono due sorelle molto diverse tra loro: una è figlia delle passioni, dei desideri, dei sogni, l’altra della ragione, delle regole sociali, del giudizio ma entrambe si trovano a vivere storie d’amore tormentate e difficili che avranno esiti diversi, proprio a causa delle differenze nei loro caratteri.
Nel mio capitolo queste due figure si fondono ovviamente nella sola Hermione, combattuta tra istinto e ragione, soprattutto nella scena finale…

A presto,
MmeBovary.^^

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Capitolo 7
*** Illuminazioni ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!





CAP. 7
ILLUMINAZIONI




Un filosofo di nome Heidegger una volta scrisse che gli uomini possono scegliere due vie dell’esistenza: quella dell’autenticità e quella dell’inautenticità.
Il modo di essere inautentico si basa su tre forme di deiezione, strettamente legate tra loro: chiacchiera, curiosità e equivoco.
La chiacchiera, inconsistente parlare tanto per sentito dire, nasconde le responsabilità di chi giudica dietro un impersonale “si dice” e porta ad un’esistenza così vuota da far sentire sempre il bisogno morboso di futili novità di cui spettegolare. Ecco allora che si cade nella curiosità, una curiosità però che si ferma all’apparenza visibile delle cose e reca perciò con sé, inevitabilmente, l’equivoco.
Quel mattino mentre andava in aula, Hermione pareva essere la prova vivente che la popolazione di Hogwarts aveva aderito in massa ad un’esistenza inautentica.  
Camminando, o meglio correndo, per non arrivare in ritardo a Incantesimi, si sentiva osservata da mezza scuola. Il suo solo apparire scatenava una serie infinita di pettegolezzi su come lei avesse finto di essere amica di Harry Potter per sette anni solo per portarselo a letto, di come lo avesse sedotto mentre era fidanzato con un’altra, di come ciò avesse rovinato i rapporti con Ronald e tanto altro ancora.
Notizie più o meno spudoratamente false giravano attorno a lei come un ronzante sciame d’api, passando di bocca in bocca e arricchendosi ogni volta di qualche succoso particolare inventato, ma nessuna di esse rasentava neanche lontanamente la verità, una verità troppo assurda per essere anche solo concepibile, e cioè che tutto quel putiferio era nato semplicemente dalla sua storia con Draco Malfoy. Lei, orgogliosa Grifondoro Mezzosangue si era abbandonata tra le braccia peccaminose del Principe delle Serpi e ora ne pagava le conseguenze.
Guardò in cagnesco un gruppetto di studentesse del primo anno che si erano fermate a osservarla e proseguì a passo svelto verso l’aula. Quella mattina si era svegliata tardissimo, si era vestita in dieci minuti ed era corsa fuori per non mancare all’appuntamento fissato con Harry per parlare a Ron. Uscendo dal ritratto aveva incrociato Ginny e per un attimo aveva pensato di fermarla, ma la rossa, che, come lei aveva notato con sorpresa, indossava ancora gli abiti della sera prima e aveva il trucco distrutto, era corsa via immediatamente. Hermione era andata allora in Sala Grande ma non aveva trovato nessuno dei suoi amici e si era precipitata a lezione senza neanche mangiare.
Quando arrivò in aula aveva il fiato corto. Gettò la borsa sul banco accanto a Harry e si lasciò cadere sulla sedia, appoggiando una guancia sul fresco legno lucido del banco.
Dal coro di sbadigli e sospiri alle proprie spalle seppe di non essere l’unica ad avere un po’ di sonno da recuperare, con la sola differenza che se il suo riposo era stato disturbato dai dubbi e dai problemi, ciò che aveva trattenuto gli altri studenti fuori dai propri letti era la scatenata festa Serpeverde. Una buona metà dei banchi Corvonero era ancora vuota e i pochi presenti tra un sonoro sbadiglio e l’altro non facevano che ricordare quanto fosse stato fantastico quel party (per quanto potessero rammentare tra un’amnesia da alcool e l’atra…).
Prima che Harry reclamasse la sua attenzione, Hermione percepì alcuni frammenti di conversazione contenenti espressioni che variavano da “è stato uno sballo totale” a “ho raccattato una bionda da paura”, a “Zabini è sparito così presto”, a “bisogno di un analgesico”.
“Che fine hai fatto Herm? Dovevamo chiarire con Ron stamattina e invece ti ho aspettato invano per un’ora!”
Gli occhi verdi del Cercatore lo fissavano con aria di rimprovero.
“Scusa…” borbottò la Grifondoro.
La sua frase si spense in un alone di vapore sul banco.
“Dormito poco?”
Il tono sarcastico del moro tradiva i suoi pensieri maliziosi.
“Non per le ragioni che si immagina la tua mente perversa… Ho passato una nottata orribile.”
Il Cercatore sbuffò in una risatina ironica.
“Malfoy fa così schifo a letto?”
La bruna sollevò il volto dal banco per guardarlo bene in faccia.
“Te lo dirò una volta sola: tra me e Malfoy non è successo niente.”
Harry scosse il capo, divertito dal tono offeso della compagna.
“Sai che lo dici come se ti dispiacesse, Herm?”
La bruna sospirò languidamente, ma l’entrata del professore le risparmiò l’imbarazzo di dover rispondere.
“Bene ragazzi, oggi ci eserciteremo con gli incantesimi ingozzanti, prendete i vostri ratti!”


Un’ora dopo la campanella interruppe i tentativi, più o meno riusciti di far aumentare le dimensioni di quegli sventurati topi. Mentre già tutti gli studenti afferravano le proprie cose e si preparavano ad andarsene, il professore chiese se qualcuno poteva restare a rimpicciolire le cavie. La domanda fu seguita da una fuga di massa, dato che né i Grifondoro né i Corvonero avevano intenzione di sobbarcarsi tale onere. Hermione invece alzò la mano di scatto.
“Io, Harry e Ron lo faremo volentieri.”
Un’occhiata sconcertata partì da entrambi i suoi amici.
“Herm… io non muoio proprio dalla voglia di farlo…” le bisbigliò Harry, che aveva già un piede fuori dalla porta.
“Così avremo modo di parlare a Ron…” sussurrò lei di rimando.
Il moro si illuminò in un sorriso di ammirazione. Bel piano.
“Allora ragazzi, dieci punti a testa per esservi offerti e ci penserò io a comunicare al professore della vostra prossima lezione che arriverete in ritardo per causa mia.”
Detto ciò, il professore seguì la coda di studenti che usciva dall’aula, schivando per un pelo l’assalto di un enorme ratto alto due spanne più di lui.
Quando si voltò verso Ron, Hermione vide che le teneva il broncio.
“Ma brava Hermione, ora io posso anche andarmene e lasciare voi due piccioncini da soli. Così potrete darvi alla pazza gioia…”
“Non era questa l’idea.” Ribatté la bruna, già vagamente irritata dal tono indisponente dell’amico.
“Non le voglio neanche sentire le tue idee! Piuttosto ascolto quelle di questo coso!”
Ron indicò il povero ratto di Neville, cui il ragazzo aveva saputo ingrossare solo la testa e le orecchie, rendendolo spaventosamente simile a Mickey Mouse, poi si voltò e fece per andarsene.
Uno Schiantesimo lanciato pochi centimetri sopra la sua spalla gli bloccò la strada.
Il suo primo istinto fu girarsi verso Harry ma vide subito che il moro aveva la bacchetta in tasca.
Quella di Hermione al contrario era ancora sollevata.
“Ma ti sei bevuta il cervello? Mi hai quasi schiantato!”
“Preferirei ucciderti piuttosto che farti uscire da questa stanza senza che ci siamo chiariti una volta per tutte.”
Ron alzò le mani in segno di resa e si mise a sedere su un banco.
“Allora spara pure. Quello che devi dirmi, intendo. Non un altro Schiantesimo…”
La ragazza ripose la bacchetta cercò per un attimo le parole giuste da dire.
“Ok, allora, prima di tutto: io - non - sono - andata - a - letto - con - Harry!”
Scandì bene ogni parola, calcando particolarmente il non.
Il rosso scosse la testa.
“Ti prego… ma se ne abbiamo parlato per mezz’ora…”
“Io credevo stessimo parlando di qualcun altro! Credevo fossi arrabbiato per un segreto che avevo detto a Harry e che credevo ti avesse ridetto su una cosa che aveva scoperto e che io non gli avevo detto…”
Forse non era stata chiarissima. Ron sembrava piuttosto confuso.
“È una storia un po’ intricata mi pare…”
“Talmente intricata che è vera.” Confermò Harry.
Il giovane Weasley guardò i suoi amici a turno, incerto se fidarsi o no.
“E quale sarebbe questo segreto?”
Hermione aprì la bocca per comunicargli nel modo più delicato possibile la notizia, ma Harry la batté sul tempo.
“Che Hermione si sbatte Malfoy.”
Ron sbiancò letteralmente. Gli occhi gli uscirono dalle orbite quasi quanto al topo di Neville.
“Io non mi SBATTO Malfoy!” si sentì in dovere di precisare la Grifondoro, dopo aver assestato un pugno nelle costole al suo migliore amico.
“Ahi… scusa, è che morivo dalla voglia di dirlo.”
Ron intanto sembrava regredito a uno stato vegetale. Si lasciava scivolare giù lungo il banco tenendosi le ginocchia al petto e mugolava ripetutamente:
“Non ci credo… non ci credo…”
La sua amica gli si avvicinò con cautela.
“Tutto bene? Scusa la brutalità di Harry. Quello che voleva dire è che ho avuto una specie di brevissima quasi storia con Malfoy, ma non era neanche una vera storia e non ci sono assolutamente andata a letto e poi comunque è praticamente finita.”
Gli occhioni chiari del Grifondoro la fissarono.
“Perché proprio lui Herm?”
Tutti le facevano la stessa domanda. Come se ci fosse stato un motivo!
“Beh… è cominciato tutto perché si è offerto di aiutarmi a Pozioni.”
Un lampo attraverso le iridi blu del ragazzo, come in un’illuminazione.
“Ecco perché sei migliorata tanto velocemente…”
Lei annuì.
“Questo però non spiega perché eri nel letto di Harry.” Precisò poi il rosso, con un tono nuovamente diffidente.
“Mi ci ero addormentata dopo che avevamo parlato a lungo di Draco.”
Ronald fece una smorfia.
“Mio Dio, lo chiami anche per nome adesso…”
“Santo Cielo, non è così mostruoso se lo conosci…”
“Io non voglio conoscerlo!”
Il suo tono di voce si era fatto più stridulo.
Hermione scosse la testa. Il suo amico era proprio un gran cocciuto.
Harry intanto si era messo a rimpicciolire i topi, riportando alla dimensione normale delle bestie che variavano dalla taglia di un barboncino a quella di un alano.
La sua attenzione fu però catturata da una domanda di Ron.
“Hai detto che è finita quindi tra te e lui?”
Anche il moro era curioso di sapere cosa sarebbe successo tra lei è Malfoy. Lasciò andare un ratto con delle enormi zampe da canguro e si mise di nuovo in ascolto.
Hermione sembrò esitare un attimo. Si mordicchiò il labbro inferiore, obbligandosi a sorridere.
“Beh, suppongo di sì… se non dovessimo decidere di continuare a vederci dopo le ripetizioni…”
“Quindi, dato che tu deciderai di non farlo, è finita?” incalzò Ron, con voce accesa di speranza.
La ragazza stirò le labbra in un sorriso piatto, cercando di prendere tempo. Era peggio che essere a un processo. Era molto peggio, perché in questo loro piccolo processo, Ron era giudice e giuria e aveva già deciso il suo verdetto. La sua storia con Draco era condannata a morte.
“No, io suppongo che non avremmo ragione di continuare a vederci…” sussurrò infine con un enorme sforzo di volontà.
I suoi amici non nascosero la loro gioia. Il rosso in particolare si dimostrò entusiasta e scattò ad abbracciare la sua amica.
“Oh mio Dio, è fantastico Herm… Ora che tutto è risolto, Harry e Ginny torneranno insieme e tu non dovrai più vedere Malfoy. Tutto tornerà come prima.”
Mentre rispondeva all’abbraccio dell’amico, Hermione sapeva, dentro di sé, che avrebbe dovuto condividere la sua gioia, però non ci riusciva.
Tutto sarebbe ritornato come prima… e lei era felice prima, giusto? Allora perché si sentiva così oppressa da una sensazione di vuoto disperato?
Un dubbio s’insinuò, scavando come un tarlo negli spazi più irrazionali della sua mente: non è che per caso dopotutto era più felice adesso di prima?
“Harry, senti, mi dispiace di aver dubitato di te.”
Ron sciolse l’abbraccio e andò verso l’amico, tendendogli la mano.
“Fa niente. È acqua passata.”
I due si strinsero fraternamente le mani.
Tutto tornava come prima ora che la verità era venuta a galla e aveva posto tutti i fatti sotto una nuova luce.
Tutto tornava inesorabilmente alla sua perfetta armonia da copione.
“Che ne dite di darci da fare con questi ratti?” propose Hermione, giusto per trovare qualcosa da fare e non avere il tempo di rimuginare su quei pensieri.
Ron tirò su per la coda un topolino cui un mago piuttosto maldestro aveva fatto crescere solamente il naso, il quale aveva ora una forma aquilina e dimensioni sproporzionate.
“Questo però potremmo tenerlo così…” sghignazzò il Grifondoro “…e chiamarlo Piton!”


Dopo pranzo Ron prese in disparte sua sorella e le spiegò tutta la situazione, omettendo solo il nome di Draco. Hermione e Harry osservarono la scena da lontano.
Si sarebbero aspettati di vederla saltare di gioia dopo quella delucidazione, invece la ragazza scoppiò in lacrime e corse via, coprendosi il volto.
“Ginny, no aspetta!” urlò Harry, correndole dietro.
“Ma cosa le è preso?” boccheggiò il fratello, cercando una spiegazione dall’unica donna presente.
“Non so…” rispose Hermione, sconcertata.
Neanche lei capiva bene cosa fosse successo.
“Forse si sente in colpa per aver dubitato di Harry, o forse è arrabbiata perché lui non le ha spiegato subito tutto, o forse…”
“Ok, basta ho capito.” La interruppe il rosso.
“Capito cosa?”
“Che io le donne non le capirò mai!”
Hermione rise, ma la sua fu una risata amara.
Ronald non riusciva a capire la propria sorella, ma non solo. Non comprendeva neanche i sentimenti di lei, della sua migliore amica. Non tentava neanche di chiedersi se magari per lei Draco era importante, se la rendeva felice, se voleva provare a conoscerlo meglio.
Per lui la questione era già chiusa.
Harry tornò davanti a loro col fiatone. Appoggiò i palmi sulle ginocchia e prese un respiro.
“L’ho persa nella folla, ormai sarà in camera sua… Non è che potresti parlarle tu dopo Hermione?”
La bruna annuì.
“Non c’è problema. Ora però comincia a essere l’ora di andare a lezione.”
“Allora, adesso Ron ed io abbiamo Divinazione e tu Antiche Rune, giusto? Quindi ci vediamo dopo Herm.”
“A dopo.”
Hermione salutò i suoi amici e s’incamminò verso il sesto piano, riflettendo su quanto era accaduto quella mattina.
Lei, Harry e Ron erano di nuovo amici fidati.  Quelle loro semplici parole, quei “Ci vediamo dopo” così naturali e spontanei le riecheggiavano ancora nelle orecchie; erano qualcosa cui non avrebbe saputo rinunciare. Draco valeva forse la rovina di un’amicizia durata sette anni? In fondo, lei non era sicura neanche di interessargli veramente.
La sera prima lo aveva visto baciare Pansy per poi tentare di sedurre anche lei. Era forse questo il genere di persona per cui era disposta a sacrificare la fiducia e la stima dei suoi migliori amici? No, certo che no… e allora perché non riusciva a smettere di pensare a lui? I suoi sussurri deliziosi, la notte prima, tra i baci, il tocco così delicato delle sue mani sulla sua pelle, come se avesse avuto paura di sciuparla, la sua voce mentre la chiamava per nome… Possibile che fossero solo un’esperta simulazione, tesa solo ad ingannarla ed usarla?
“Granger…”
La Grifondoro si fermò. Eccolo lì, lupus in fabula.
“Malfoy… come mai da queste parti? Che io sappia tu non studi Antiche Rune.”
“Cercavo te.”
Erano soli, visto che ancora mancava una discreta quantità di tempo all’inizio delle lezioni.
Hermione si perse un attimo a fissare la sensuale figura del biondo davanti a sé. Indossava un morbido maglione grigio fumo con lo stemma di Salazar Serpeverde e pantaloni neri e stretti che fasciavano con garbo le sue gambe muscolose. Portava il mantello appoggiato sulla spalla sinistra con eleganza innata.
Con quel fisico scolpito e quell’aria da eterno dannato ispirava pura lussuria.
“Cambiato idea Mezzosangue?” soffiò in un ghigno, notando l’attrazione che si rifletteva in quegli occhi dorati.
Hermione capì a cosa si riferiva.
“Nient’affatto. Non volevo andare a letto con te ieri sera e non lo voglio adesso.”
“Suppongo di non poter fare nulla per farti mutare opinione, vero?”
“Supponi bene.”
“Posso almeno provare?”
“E come?”
Un lampo di pura voluttà infuocò quelle iridi cineree.
“Un paio d’idee io ce le avrei…”
Le afferrò i fianchi, avvicinandola rapidamente a sé, possessivo, fino a far sfiorare le punte dei loro nasi. Le mordicchiò un labbro, trovandola arrendevole e pronta a dischiudere la bocca per lui. Allora si allontanò leggermente dal suo corpo, la prese per mano e la trascinò con sé in un’aula vuota.
“Malfoy, tra poco ho lezione, che ti sei messo in testa di fare?”
La risposta le arrivò in un bacio, famelico e appassionato. Due mani forti le lambirono la vita, bisognose di un contatto più intenso col suo corpo.
Draco si perse subito nel sapore della sua bocca, un piacere che gli era mancato da morire. Nessuna baciava come lei.
Appena fu libera di prendere fiato e articolare un suono, la Grifondoro parlò.
“Era solo per questo che mi cercavi?”
“Non basterebbe?”
Draco scese più in basso a mordere la pelle chiara del suo collo, lasciando dietro di sé una lieve scia di segni rossi.
“Non più…”
“Che vuol dire non più?”
La bruna dovette mordersi un labbro per trattenere un gemito ora che la bocca dannata del suo dolce torturatore era passata a baciare i muscoli tesi del suo ventre.
“Voglio dire che con l’avvicinarsi del Test di Pozioni il tuo potere su di me sta svanendo…oh…”
Si lasciò sfuggire un sospiro traditore mentre la lingua del biondo le torturava l’ombelico.
“Sì, certo, lo sento quanto poco potere ho su di te…” ironizzò il Serpeverde, alzando intanto gli occhi. Cercò lo sguardo di lei, appannato di piacere sotto le palpebre abbassate.
“Comunque hai ragione Granger…”
Interruppe le proprie carezze e si rialzò in piedi davanti alla Grifondoro.
“…Non ero venuto a cercarti solo per questo.”
Hermione aprì gli occhi e scosse le proprie membra intorpidite dal piacere. Dovette conficcarsi le unghie nelle mani per impedirsi di lanciarsi sulle sue labbra, di toccare il suo corpo.
“Quello che volevo dirti riguarda noi due… quello che c’è tra noi insomma.”
“Il nostro patto?”
Il biondo scoppiò in una risata.
“Non fingere una freddezza che non provi, Mezzosangue. Sappiamo entrambi che quella del patto è una scusa ormai. Anche se le ripetizioni finiscono ufficialmente con il test di domani, non c’è una legge divina che ci impedisca di…”
Si bloccò a metà frase.
“Di…?” lo incalzò Hermione, con una voce che tradiva tutto il suo nervosismo. Il Serpeverde aveva appena pronunciato ad alta voce quei pensieri confusi che si aggrovigliavano nella sua mente da giorni. Voleva forse chiederle di iniziare una relazione seria?
Senza lasciarle il tempo di annaspare nei suoi dubbi e senza una parola, Draco la afferrò per un polso e la trascinò sotto la cattedra.
“Malfoy che ti salta in testa?”
“Sht…”
Il biondo le tappò la bocca con una mano e indicò silenziosamente la porta che si stava aprendo.
In quel momento qualcuno fece un passo dentro l’aula.
Hermione sbatté le palpebre, incerta se credere o no alla propria vista.
Quando poi un’altra figura si affiancò alla prima, la Grifondoro credette di avere le allucinazioni.
Non era proprio possibile.
Non lei.
Non con lui.
Che cavolo significava?
Perché Ginny Weasley e Blaise Zabini erano appena entrati nella stanza, mano nella mano?
Non voleva sapere.
Questa storia prometteva guai.
Voleva, andare via… Ma la presa ferrea di Malfoy la inchiodava al pavimento.
Che stava succedendo?
Un milione di dubbi si scontrarono con un singulto contro la mano di Draco che le tappava la bocca. Hermione affondò il viso nel suo petto, sperando di non dover vedere o sentire più nulla e tutto ciò che rimase fu il silenzio totale, rotto solo dal cigolio dei cardini e dal tonfo della porta che si richiudeva.



[…] Une douleur très simple et non mystérieuse,
Et, comme votre joie, éclatante pour tous.
Cessez donc de chercher, ô belle curieuse !
Et, bien que votre voix soit douce, taisez-vous !

Taisez-vous, ignorante ! âme toujours ravie !
Bouche au rire enfantin ! Plus encore que la Vie,
La Mort nous tient souvent par des liens subtils.

Laissez, laissez mon cœur s’enivrer d’un mensonge,
Plonger dans vos beaux yeux comme dans un beau songe,
Et sommeiller longtemps à l’ombre de vos cils !

 Les fleurs du mal,  "Semper Eadem",
C. Baudelaire


[…] Un dolore molto semplice e non misterioso,
E che, come la vostra gioia, si sprigiona per tutti.
Smettete dunque di chiedere, o bella curiosa!
E, benché la vostra voce sia dolce, tacete!

Tacete, anima ignara! Sempre in estasi rapita
Bocca dal ridere di bimba! Più ancora che la Vita
La Morte ci tiene a sé con legami sottili.

Lasciate, lasciate il mio cuore inebriarsi di una menzogna,
Immergersi nei vostri begli occhi come in un bel sogno,
E dormire lungamente all’ombra delle vostre ciglia!

I fiori del male, “Semper Eadem”,
C. Baudelaire




………continua……….
 





§ Spazio autrice: §

Il titolo di oggi è ripreso dalla raccolta di poesie “Illuminations” di un poeta francese di fine Ottocento, Arthur Rimbaud.
MmeBovary

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Capitolo 8
*** L'amore tanto per fare ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!




CAP. 8
L’AMORE TANTO PER FARE


Hermione accolse con orrore il suono della porta che si richiudeva e faceva in pezzi ogni sua speranza che Ginny e Blaise cambiassero idea e decidessero di non entrare.
Sentì la mano di Draco scivolare via dalla sua bocca ma non emise un suono, troppo confusa e scioccata per poter articolare un pensiero compiuto. Tutto ciò che le occupava la mente era la consapevolezza che se fosse rimasta lì avrebbe sentito qualcosa che non voleva sapere.
“Dobbiamo andare via…” sussurrò con voce impercettibile a Draco, prima di tentare di sgattaiolare fuori da sotto la cattedra. Il biondo la afferrò per un polso e la attirò nuovamente a sé, intrappolandola tra le sue braccia.
“Ti vedranno…” soffiò nel suo orecchio, stringendola maggiormente contro il proprio petto.
La Grifondoro sospirò ma dovette arrendersi all’evidenza e dare ragione al biondo: non c’era modo di uscire senza palesare la propria presenza. Ginny era in fondo all’aula, con le spalle appoggiate alla parete e teneva le braccia incrociate al petto e lo sguardo fisso su Blaise; quest’ultimo era andato a sedersi dalla parte opposta della stanza, sopra la cattedra. Hermione vedeva i suoi piedi sfiorare il terreno davanti a lei e da una fessura nel legno distingueva anche l’esile figura della rossa mordersi le labbra senza trovare il coraggio di aprir bocca.
“Dobbiamo parlare di ieri notte.” Cominciò finalmente Ginevra, rompendo il silenzio.
“Sì, anch’io volevo parlarti… non ho fatto altro che pensare a te da quando…”
“Vorrei che fingessimo che non fosse mai successo.” Lo interruppe la Weasley tutto d’un fiato, tenendo gli occhi fissi a terra.
“Cosa?!”
“Sì, io vorrei che dimenticassimo di esserci mai incontrati…”
La frase della ragazza fu interrotta da un singhiozzo che non era riuscita a reprimere.
“Ma ci siamo incontrati invece! Ed era destino, come era destino che succedesse quello che è successo dopo!”
Blaise scattò in piedi e le sue gambe coprirono per alcuni attimi la visuale di Hermione, la quale si tappava inutilmente le orecchie.
“Dio, ti prego dimmi che hanno giocato a scacchi ieri notte…” mugolò a Draco.
“Piuttosto…” il biondo trattenne una risata “…direi che hanno giocato al dottore…”
Una gomitata nelle costole da parte della bruna gli tolse la voglia di fare dell’ironia.
Zabini intanto aveva raggiunto Ginevra, la quale cercava mestamente di allontanarlo da sé, respingendo i suoi tentativi di prenderle le mani.
“Ti scongiuro, lascia perdere… È stato un errore. Ero arrabbiata con Harry, mi sentivo tradita e ho fatto una stupidaggine. Non avrei dovuto seguirti a quella festa, non avrei dovuto neanche parlarti, figuriamoci fare quello che ho fatto. Ora sto di nuovo con Harry e vorrei mettere una pietra sopra a questo piccolo incidente…”
“Incidente?” si alterò Blaise “Tu lo chiami incidente? E poi come puoi rimetterti con lui dopo quello che ti ha fatto?”
“Non sta a te giudicare!” tuonò la rossa, allontanandosi bruscamente da lui “Cristo Santo, io non ti conosco nemmeno!”
“Sì che mi conosci invece!” Il moro la afferrò per le spalle, costringendola a guardarlo “Mi conosci eccome! Abbiamo fatto l’amore ieri notte!”
Hermione si sentì morire. Dalla gola non le uscì alcun suono. Avrebbe voluto urlare, uscire da sotto quella dannata cattedra e gridare a quei due di tacere e che erano dei maledetti stupidi! Perché erano entrati proprio in quella stanza in quel momento, costringendola ad essere partecipe di un segreto così tremendo che prometteva di tornare a sconvolgere la rinnovata tranquillità della sua vita? Era appena riuscita a chiarire tutto con Harry e già una nuova rete di bugie e problemi si era formata attorno a lei, ancora più intricata e pesante della prima.
Abbiamo fatto l’amore…Questa frase urlata con sentimento e disperazione le arrivò come una staffilettata al cuore e in quello stesso momento sentì Draco accarezzarle morbidamente i capelli e stringerla al petto, come avrebbe potuto fare con una bambina bisognosa di essere consolata.
La Grifondoro lo abbracciò più forte e cercò di non ascoltare le voci che la raggiungevano dal fondo dell’aula, ma esse arrivarono fin troppo chiaramente alle sue orecchie.
“Sì abbiamo fatto sesso Blaise! E allora? Lo avrai fatto con decine di altre ragazze, perché non puoi semplicemente dimenticarti di questa volta e promettermi che non ne farai parola con nessuno?”
Grandi lacrime salate rotolavano giù dalle guance di Ginevra, mentre singhiozzava e respingeva l’ennesimo tentativo del Serpeverde di prenderla tra le braccia.
“Lo farò se vuoi… non lo dirò in giro.” Mormorò il ragazzo, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi “Ma, ti prego, non chiedermi di dimenticarti, perché non posso proprio farlo… La scorsa notte per me è stata unica. Non mi sono mai sentito tanto vicino ad una persona in vita mia…”
Ginny portò le mani al viso, trattenendo un gemito e si lasciò cadere contro il petto di Blaise, trovandosi subito avvolta da un caldo abbraccio che ricambiò con forza disperata.
Affondò il viso nel petto del moro Serpeverde e una serie di ricordi scattò nella sua mente quando percepì il suo profumo ancora una volta così vicino…
“Ginny… ti prego, stai con me…”
Lei scosse vigorosamente il capo e si allontanò da lui di scatto, come se si fosse appena accorta di dove si trovasse.
“No…no…” mormorò senza guardarlo, prima di correre via e sparire oltre la porta.
Il moro rimase come abbagliato nella semioscurità della stanza, tendendo invano le braccia al niente.
“Dannazione!”
Sbatté il pugno contro un banco, facendo risuonare tutta l’aula dell’eco sordo della sua disperazione.
Si portò una mano alle tempie, inspirando forte. Ritrovato il controllo di sé uscì anche lui dalla stanza.
Hermione ci mise qualche attimo a registrare quanto era appena successo e a ricordarsi della sconveniente posizione in cui si trovava con Draco. La Serpe sembrava piuttosto divertita dall’assurdità della situazione e ridacchiava tra sé e sé continuando a stringerla al petto.
La Grifondoro lo allontanò con un gesto di stizza e uscì velocemente da sotto lo spazio ristretto della cattedra che le sembrava ormai di una piccolezza soffocante.
“Non posso credere che siamo rimasti qui a origliare!”
La consapevolezza di quanto aveva appena appreso cominciava a farsi strada oltre la confusione del momento.
“Mia povera piccola onesta Grifondoro… Cosa farai ora? Ti terrai il segreto o andrai a dirlo a San Potter?”
Il Serpeverde fece con le mani l’imitazione di una bilancia.
“Tradire la Weasley…” abbassò una mano “…o tradire lo Sfregiato?” abbassò l’altra mano “Cosa deciderai?”
Hermione si mordicchiò un labbro. Non aveva idea di cosa fosse meglio fare.
Come faceva a ficcarsi sempre in queste situazioni del cavolo?
“È tutta colpa tua Malfoy!” sbottò all’improvviso, pungolandolo con l’indice in pieno petto.
“Mia?!”
“Sì, per Merlino! Tua! Se tu non mi avessi trascinato in quest’aula per soddisfare i tuoi bassi istinti non avrei mai sentito quello che ho sentito!”
“È colpa mia se lo Sfregiato si è fatto cornificare?!”
“Non è questo il punto… Io non dovrei saperlo…”
Il biondo arcuò le sopracciglia, meravigliato.
“Quindi i tuoi amici possono tradirsi e ferirsi quanto pare loro necessario, purché ciò non pesi direttamente sulla tua coscienza?”
“No, non sto dicendo questo…”
“Mi sembra di sì invece.”
Hermione strinse le labbra e tornò a poggiare l’indice contro le costole del Serpeverde.
“Tu… tu non osare giudicarmi! Che cosa vuoi saperne tu di morale, scrupoli di coscienza e onestà? Sei solo una Serpe calcolatrice e meschina che lega a sé le persone con subdoli patti…”
Il ragazzo posò una mano su quella che la bruna teneva puntata su di lui e la portò alle labbra.
Hermione tacque e lo guardò con il più totale stupore, chiedendosi a cosa dovesse un simile gesto di affetto dopo una tale fiumana di offese da parte sua.
“È vero… ma era proprio per questo che ero venuto a cercarti. Non avevo pianificato l’improvvisata di Blaise, ma possiamo riprendere dove lo avevamo interrotto, il discorso su quello che c’è tra noi.”
La Grifondoro ritrasse la mano dalla sua presa.
Ecco un’altra decisone da prendere, un’altra bilancia su cui si sfidavano i suoi nascenti sentimenti per Draco e il lungo rapporto che la legava a Ron e Harry.
Decisamente non si sentiva pronta ad affrontare un simile dilemma.
“Ora devo andare a lezione. Parleremo un’altra volta.”
Senza lasciare al biondo diritto di replica scivolò fuori dall’aula in fretta e si diresse verso la classe di Antiche Rune pregando silenziosamente che lui non la seguisse e lasciasse cadere il discorso.
Forse, se avesse saputo quanto la situazione sarebbe cambiata da lì a pochi minuti, forse allora non avrebbe espresso una tale preghiera e non si sarebbe neanche rallegrata tanto di vederla avverarsi.


Draco vide la porta sbattergli davanti e porsi fra lui e la Mezzosangue.
Per un attimo pensò di seguirla e tentare ancora una volta di parlarle, ma poi cambiò idea, pensando che fosse meglio lasciarle un po’ di tempo per schiarirsi le idee.
Picchiettò un pacchetto di sigarette per farne uscire una e la prese tra i denti per poi spostarsi in corridoio e imboccare le scale che portavano all’esterno.
Mentre giocherellava facendo scorrere il filtro tra le labbra, il suo pensiero correva a tutti fatti accaduti di recente e in particolare a quanto aveva appena sentito dire a Blaise.
“Ehi Draco!”
Si parla del diavolo…
Alzò una mano per fare un cenno di saluto all’amico.
“Vai a fumare? Ti accompagno… Devo assolutamente parlarti.”
“Perfetto…” ironizzò il biondo.
Non era proprio un tipo che amasse le chiacchiere e gli sfoghi d’amore e sapeva già di cosa il moro volesse parlargli. Comunque, in nome della loro amicizia, decise di fare uno sforzo.
“Forza Blaise, spara…”
Nel giro di cinque piani il Serpeverde gli snocciolò l’intera storia: la sera prima era uscito dalla festa per portare in camera Goyle, che era tanto ubriaco da non reggersi neanche in piedi, e tornando su aveva sentito qualcuno piangere in un bagno. Così aveva incontrato Ginevra Weasley, l’aveva invitata alla festa per distrarla un po’ ed erano finiti a chiacchierare e scherzare per ore, con una facilità e una spensieratezza tanto inaspettati quanto piacevoli, e poi alla fine…
“La notte più bella della mia vita. Non è stato solo sesso fatto tanto per fare, Draco. È stato molto, ma molto di più, te lo assicuro, non avevo mai provato niente di simile.”
Draco scosse la testa, scettico.
“Se non era sesso, forse era amore fatto tanto per fare, Zab. Voglio dire… non credi di esserti innamorato un po’ troppo in fretta? Forse la Weasley ti ha colpito tanto solo perché esula un po’ dai canoni di quelle svampite che ti porti a letto di solito.”
“Credimi amico, non è così.” Insistette Zabini “Ho trovato l’amore. Ne sono sicuro.”
Il biondo si lasciò sfuggire una risata amara.
“Allora eri tu quello di cui parlava la Cooman…”
“Già…” convenne il moro con una risata “Aveva detto che uno di noi due si sarebbe imbattuto nell’anima gemella e a quanto pare sono stato io. Non preoccuparti Dra, prima o poi succederà anche a te…”
Malfoy aspirò una lunga boccata di fumo e accennò un sì con la testa. Forse l’aveva già trovata la sua metà perfetta… Doveva solo capire se anche lei la pensava allo stesso modo.
“Comunque…” riprese il moro “Oggi provo a parlarle e lei che fa? Mi dice che devo dimenticarla perché si è rimessa con Potter! Come può anche solo pensare di stare con lui dopo quello che le ha fatto?!”
“Perché, cosa avrebbe fatto San Potter?” ridacchiò Draco “L’ha tradita con Lenticchia-Weasley?”
“Beh, c’hai preso sul tradire ma hai sbagliato con chi. Ginny l’ha beccato con la Granger…”
Draco si bloccò. La sigaretta gli scivolò dalle dita, rigide come quelle di un morto.
“Sei sicuro di quello che dici?” sibilò tra i denti.
“Certo che sono sicuro! Ne parla praticamente tutta la scuola! Weasley, sì insomma, quel Ron, ha fatto una scenata alla Granger in Sala Comune e lei ha risposto qualcosa sul fatto che aveva il diritto di stare con chi voleva e che nessuno doveva immischiarsi e poi è stata ripetutamente beccata a nascondersi con Potter in torri e aule vuote per non parlare dei baci che... Ehi Draco dove vai?!”
Il biondo si era voltato di scatto e marciava a grandi passi verso il bosco, tenendo le mani piantate nelle tasche anteriori dei jeans.
Incurante dei richiami del suo amico, il Serpeverde imboccò un sentiero poco praticato e presto si trovò solo in un’isolata radura.
Il sole basso del pomeriggio stentava a penetrare il fitto intrico dei rami e pochi cespugli di bacche viola rilucevano ai suoi raggi, tingendosi di un colore sanguigno. Neanche un alito di vento sfiorava quel luogo e l’unico rumore udibile erano i passi rigidi di Draco e il suo respiro affannoso.
Il ragazzo si fermò al centro del piccolo spiazzo vuoto coperto di foglie e rametti, davanti ad una grossa quercia nodosa e urlò.
Urlò forte e senza una ragione apparente, urlò e basta.
Il gelido, impassibile Malfoy dette sfogo a tutta la sua rabbia in un grido lacerante che fece sollevare un gruppo di storni terrorizzati. Il loro sbattere d’ali scosse le foglie ancora cariche di pioggia cosicché alcune gocce caddero a terra e fu come se la natura avesse versato quelle lacrime che Draco si ostinava a ricacciare dietro la sua maschera di freddezza.
Il biondo cadde in ginocchio, stremato e appoggiò una mano chiusa a pugno sulla corteccia della quercia, premendo fino a sentir male.
“Perché Mezzosangue…” mormorò piano.
Rabbia, rancore, disgusto, questi sentimenti si accalcavano sul suo animo orgoglioso ma non erano niente in confronto a ciò che più lo tormentava: un desolante senso di vuoto all’altezza del petto.
Aveva dato il suo cuore a Hermione e lei lo aveva fatto a pezzi. Aveva creduto di legarla a sé quando era lui che si impigliava sempre più indissolubilmente nelle trame della sua falsità. Lei aveva osato dargli del bugiardo, dell’insensibile e poi era andata a letto con Potter…
Si rimise in piedi e una carezza di vento gli sfiorò i capelli mentre sferrava un cazzotto feroce all’albero, facendosi sanguinare le nocche. Tracce scure si persero nelle pieghe della corteccia, infiltrandosi nelle scritte lasciatevi da vari studenti. Dichiarazioni d’amore, cuoricini, iniziali, nomi che si tinsero di rosso, di odio e soprattutto di vendetta. Perché mentre prendeva una sigaretta e tornava verso il Castello, Draco non pensava che a una cosa: spaccare la faccia a Potter alla prima occasione.


Quando la lezione di Antiche Rune fu finita, Hermione si rammaricò di non avere più nulla che le ingombrasse la mente. Non voleva pensare a Draco o a Ginny o a qualunque cosa che richiedesse di prendere una decisione.
Il filosofo danese Kierkegaard sosteneva che la vita umana è fatta di scelte che cambieranno irreversibilmente la nostra esistenza futura ed è la consapevolezza di questa necessità inevitabile di decidere che genera nell’uomo una continua, inestinguibile angoscia. Quella sera Hermione, raggiungendo finalmente il ritratto della Signora Grassa, non poteva che dargli ragione; in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non dover incontrare Ginny o Harry e dover prendere una posizione, ma il destino è un giocatore sleale e crudele che poco si cura dei nostri desideri…
“Herm!”
La bruna alzò gli occhi e si trovò davanti Ginny che si apprestava a entrare nel Dormitorio. La salutò con un cenno frettoloso e tornò a concentrarsi sulla Signora Grassa.
“Scintille Purpuree…”
Le due Grifondoro pronunciarono la parola d’ordine nello stesso istante; si sforzarono di ridere per quel coretto casuale, ma la tensione strozzò il loro tentativo di spontaneità. Si mossero ancora all’unisono e sbatterono le spalle l’una contro l’altra nel tentativo di varcare il quadro.
“Ehm… prego, prima tu Herm…”
La rossa si fece da parte.
“No, figurati, vai tu…”
“No davvero…”
“Sul serio, è uguale…”
“Oh insomma quante storie!” sbottò la Signora Grassa “Cosa avete stasera signorine? Se non vi date una mossa non faccio entrare nessuna delle due!”
Hermione si affrettò a passare, seguita a ruota dalla rossa che appena messo piede nella Sala Comune la fermò per un braccio.
“Ti devo parlare…”
La bruna chiuse gli occhi e si fece coraggio.
Sapeva cosa voleva confessarle.
“…di Harry.”
“Di me e Harry? Ti assicuro che non è successo davvero nulla…” cercò di divagare.
“Io ti credo!” singhiozzò la giovane mentre una lacrima le rigava una guancia “Ed è proprio questo il problema!”
Hermione la prese delicatamente per un polso e la portò fino alla propria camera, dove la fece accomodare sul letto.
“Dimmi tutto.”
“Io ora so che lui non mi ha tradita…” le sue parole furono spezzate da un singhiozzo di pianto “E-ed è per questo che mi-mi sento così in colpa pe-perché i-io…”
Hermione lottò con la terribile tentazione di tapparsi le orecchie e non dover sentire.
“I-io… ho tradito Harry sono stata con Blaise!”
Lo confessò tutto d’un fiato, senza un respirare, accecata dalle lacrime e tremante di paura.
La sua amica andò a porle un braccio attorno al collo e le offrì la sua spalla.
“Tranquilla…”
“Oh Herm… l’ho tradito… l’ho tradito…”
Queste furono le ultime parole che disse, poi non furono che singhiozzi e gemiti nel pianto.


Il tempo peggiorò improvvisamente col calare della sera; il cielo terso si coprì di grandi nuvole nere gravide di pioggia e fulmini e il vento riprese a soffiare con forza. Diversi studenti che si erano concessi una passeggiata al sole dovettero rientrare in fretta e furia all’interno del Castello, tenendosi cappelli e mantelli ben stretti per evitare che qualche raffica li facesse volare fino alla foresta. Furono in molti a cena a lamentarsi di un tale peggioramento, ma tra di loro non vi fu certo Draco.
Il Serpeverde si sentiva più che in sintonia con la furia degli elementi, anzi sembrava proprio che il soffitto magicamente inconsistente della Sala Grande fosse più uno specchio sul suo animo che sul Cielo. Il rombare dei tuoni era niente in confronto al rimestio sordo del suo rancore.
Il biondo fissava insistentemente Hermione e aspettava solo che ella alzasse gli occhi su di lui. Cullava la segreta speranza che lei gli rivolgesse uno sguardo puro e sincero che bastasse a discolparla da ogni accusa. Aveva bisogno di conferme da lei perché di conferme riguardo alle voci su Potter ne aveva avute fin troppe, in pratica tutta la scuola ne era al corrente. Però se solo lui avesse potuto leggere in quelle pozze dorate una qualche emozione che potesse dargli una speranza, allora avrebbe dimenticato tutto quello che aveva appena saputo.
La Grifondoro però era più ostinata del solito nell’ignorarlo e non alzava gli occhi su di lui neanche per sbaglio.
Hermione si sentiva osservata ma la sensazione che ne provava non era piacevole come al solito, anzi era inquietante. Quegli specchi di ghiaccio sapevano darle un piacere intenso e perverso percorrendo con desiderio ogni curva del suo corpo e penetrando fin sotto la sua pelle, ma stasera tutto quello che le trasmettevano era angoscia.
“Cosa ti ho fatto, Draco?” pensò, fissando lo sformato di patate e broccoli.
Non volle alzare lo sguardo semplicemente perché era già abbastanza disperata da sola e non le serviva certo l’aiuto di Malfoy per peggiorare la situazione.
Il biondo teneva la testa appoggiata sul dorso della mano, il gomito puntellato sul tavolo e lo sguardo puntato davanti a sé.
“Ehi Draco, c’è una ragione particolare per cui sei così incazzoso stasera o sono io che ti metto di buon umore?”
Il compagno gli rispose con un mugolio indistinto che Blaise decise di interpretare come un no.
Vedendolo tanto concentrato cercò di capire dove stesse guardando e si sorprese di vederlo tanto interessato al tavolo Grifondoro.
“Problemi con qualche Grifone?”
Il biondo si irrigidì.
“No.”
“Allora potresti smettere di diffondere tanto odio nell’aria? Mi stai rendendo amara la zuppa…”
“Non è l’odio Blaise, è il veleno che mi permetterà finalmente di non doverti stare continuamente a sentire…”
Il moro rimase con il cucchiaio fermo a metà strada.
“Stai scherzando vero? Tu non mi avveleneresti mai…”
Guardò con preoccupazione il volto truce e accigliato del ragazzo e posò il cucchiaio.
“Non lo faresti, vero?”
“No, ma se non stai zitto potrei cambiare idea…”
Blaise fu soddisfatto della rassicurazione e poté tornare a godersi la zuppa.
Draco invece tornò a convogliare tutte le sue attenzioni sulla Mezzosangue.
“Andiamo alza gli occhi…” mormorò contro il proprio pugno.
Non poteva arrendersi all’idea che lei si fosse comportata così meschinamente con lui.
Dopotutto però ora gli pareva che la cosa non fosse poi del tutto inaspettata. A pensarci bene, lei non faceva che ripetere che stava con lui solo per il patto. Forse si era illuso che si fosse fatta coinvolgere quanto lui e cieco d’amore le aveva attribuito una passione non sua, una devozione inesistente.
Maledetta Mezzosangue… Lo aveva accusato di giocare con lei e poi era stata l’unica a non fare sul serio, a limitarsi ad una fredda aderenza alle clausole del patto.
Ebbene, se era quel dannato accordo tutto ciò che la teneva ancora legata a lui, che con esso finisse pure tutto! Non sarebbe stato certo lui a strisciare ai suoi piedi pregandola di non lasciarlo!
Il giorno dopo sarebbe finita ogni cosa.
Niente più patto, niente più dolore.
“Addio Mezzosangue…”
E Draco abbassò gli occhi.


Nunc iam illa non volt; tu quoque, inpotens, noli,
nec quae fugit sectare, nec miser vive,
sed ostinata mente perfer, obdura.
[…]
Scelesta, vae te, quae tibi manet vita?
Quis nunc te adibit? Cui videberis bella?

Ma ormai lei non vuole; anche tu, incapace di dominarti, non volere,
e non inseguire lei che fugge, non vivere da infelice,
ma con animo fermo persevera, resisti.
[…]
Scellerata, guai a te, che vita ti rimane?
Da chi dunque andrai? Chi ti vedrà bella?
                                                  Catullo, carme 8




………continua……….
 






§ Spazio autrice: §

Il titolo è ripreso da un romanzo giallo di Carlo Cassola, autore che, come al solito, vi consiglio calorosamente (in particolare delle sue opere io amo “La ragazza di Bube”, 1960).

MmeBovary

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Capitolo 9
*** Delitto e castigo ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!




CAP. 9
DELITTO E CASTIGO



Una goccia scivolava pigramente su un vetro appannato della torre Grifondoro, ultima superstite di un furioso temporale notturno. La sua forma panciuta si riempiva della luce mattutina mentre il primo albeggiare si intrufolava nel Dormitorio femminile.
Hermione si rotolò sotto le coperte e aprì svogliatamente gli occhi verso il cielo pallido, ora sgombro delle tetre nuvole nere che lo avevano affollato la sera prima.
I raggi tardivi del Sole cominciarono a farsi ampiamente strada oltre il profilo delle montagne lontane, il che per la Grifondoro era il segno inconfondibile che ormai era proprio ora di alzarsi.
Probabilmente quella stella millenaria non aveva idea delle conseguenze che il suo sorgere avrebbe avuto quel giorno sulla vita di diversi studenti. Per i Grifondoro e i Serpeverde dell’ultimo anno l’arrivo del mattino non significava che una cosa: test di Pozioni.
Hermione posò a terra i piedi infreddoliti e si stiracchiò le braccia sopra la testa, sbadigliando.
Si prese tutto il tempo che le serviva per prepararsi e poi scese in Sala Grande, dove trovò che i suoi amici la avevano preceduta già da un pezzo.
Il tavolo della colazione era letteralmente inondato di pergamene e libri nella cui lettura erano immersi tutti gli studenti più grandi, diversi dei quali sembravano sul punto di annegare nella disperazione.
Harry e Ron erano tra coloro che tentavano un disperato ripasso dell’ultimo minuto.
“La radice di asfodelo va prima o dopo la pelle di girilacco?” piagnucolò il rosso, scorrendo ansiosamente le indicazioni per una pozione ingozzante.
“Prima Ron, parecchio prima, prima ancora della polvere di unicorno.”
“Polvere che?! Oh Dio Harry, non vedo unicorni qui…”
Il moro gli mise davanti i propri appunti.
“Ma sì, guarda qui è scritto chiaramente che…”
“Che stai guardando la ricetta sbagliata! Quella è per l’invecchiante.”
“Cazzo, hai ragione… Allora, no. L’asfodelo va dopo e poi ci va…”
 Hermione gettò la borsa sul tavolo, spazzando via metà delle pergamene e si lasciò cadere seduta.
“Ragazzi ora basta, vi prego!”
Si massaggiò le tempie e affondò il volto tra le mani. Aveva dormito malissimo a causa di tutti i dubbi che le affollavano la mente e ora cercava solo una tregua.
“Scusa tanto Herm se non siamo rilassati come te…” borbottò Ron “Non tutti abbiamo avuto un insegnante di ripetizioni personale…”
La bruna lo fulminò con lo sguardo.
“Tanto a questo punto sapete quello che sapete e il resto non potete certo sperare di impararlo un’ora prima del test dalla lettura di una pergamena unta di burro e marmellata!”
Harry arrossì con aria colpevole e cercò di dare una rapida ripulita ai suoi appunti, con il solo risultato di spandere le macchie.
Hermione scosse il capo e si voltò a cercare Draco con lo sguardo ma la sua regale e bellissima figura non si mescolava come al solito con quelle degli altri Serpeverde.
“Lui non c’è.” la informò il Cercatore Grifondoro.
La bruna lasciò ricadere di nuovo la testa tra le palme.
No, lui non c’era. Draco non si era neanche presentato a colazione, come se la stesse evitando. Gli aveva forse fatto qualcosa? Il ricordo del suo sguardo gelido della sera prima era ancora fresco sulla sua pelle.
Hermione sospirò e un pensiero le attraversò al mente. Forse per lei era meglio che Malfoy non ci fosse; almeno non avrebbe dovuto continuare la chiacchierata del giorno prima riguardo al loro rapporto…
Un disgusto profondo per se stessa si raccolse nel suo stomaco quando si rese conto di quanto quest’idea fosse vigliacca. Lei era una Grifondoro, per Merlino, e se c’era da affrontare un problema lo avrebbe fronteggiato a testa alta, non si sarebbe certo nascosta dietro la scusa che quella Serpe la stava evitando. Se il signorino non si degnava di rivolgerle la parola, allora lo avrebbe fatto lei.
Rianimata nell’orgoglio, la Grifondoro si voltò verso Ron e rimase un attimo titubante, davanti all’espressione del suo amico che pareva aver appena avuto una folgorazione mistica.
Il rosso la guardava senza vederla, pensando a qualcos’altro, gli occhi persi nel vuoto, le labbra aperte.
“E se…” cominciò dopo alcuni secondi il ragazzo “E se… ci scrivessimo dei suggerimenti?! Delle piccole note!”
“Sulle braccia?” propose Harry.
“No, no troppo scontato… Facciamo che tu te le scrivi dietro il lobo dell’orecchio e poi ti siedi davanti a me e ogni tanto ti gratti l’orecchio e mi fai leggere che c’è scritto.”
Harry inclinò il capo, perplesso.
“E come ce li facciamo entrare tre libri di roba in quattro centimetri quadrati di pelle?”
“Beh… Magari con un incantesimo.”
“Sì, ma poi se anche funziona per te, io come faccio a guardarmi dietro l’orecchio?”
Ron si grattò la testa.
“Non ci avevo pensato, forse Hermione potrebbe sedersi davanti a te e fare lo stesso…”
La bruna si alzò scuotendo il capo e afferrò un cornetto alla crema. Fece un cenno di saluto ai suoi amici e se ne scappò in fretta da quel manicomio, giusto in tempo per non sentire Ron che proponeva di minacciare Piton di lanciargli una pozione allargante sul nasone se non dava Eccellente a tutti.
Appena fu fuori dalla Sala Hermione tirò un sospiro di sollievo e prese a scendere verso l’aula di Pozioni addentando la sua colazione.
Il sapore zuccherino del croissant ebbe un momentaneo effetto consolatorio, ma sparì presto sul fondo del palato, portando con sé anche l’illusione agrodolce di poter non pensare a Draco per un po’.
Il biondo infatti era appoggiato al muro accanto alla porta ancora chiusa dell’aula e aspirava lunghe boccate di fumo da una sigaretta che presto sarebbe andata ad aggiungersi alle altre già accartocciate ai suoi piedi.
Doveva essere lì da parecchio.
Quando notò la presenza della Grifondoro, Draco spense il mozzicone contro il muro ed esso cadde a terra, dove morì in un lieve crepitio di braci.
“Sei arrivata presto Mezzosangue… Nervosa per la grande prova?”
Il suo sguardo era distante e la sua voce priva di qualsiasi gentilezza e Hermione sentì improvvisamente tutto il freddo dei sotterranei scivolarle nelle ossa.
“Direi che sono più calma di molti altri. Tu, piuttosto, sembri agitato.”
Draco girò leggermente il viso fino a poterla guardare negli occhi ma sembrò cambiare idea e tornò a fissare la parete di fronte a sé.
“Ero un po’ nervoso, ma una gentile studentessa del quarto anno si è offerta di farmi un bel massaggio rilassante…” masticò con voce poco convinta, sparando la prima cattiveria che gli veniva in mente.
Hermione sentì lo stomaco che le si annodava.
Perché le diceva una cosa simile? Perché era ancora così gelido con lei?
“Sei un maniaco.” Lo rimbrottò tra il serio e il faceto.
Una risata sarcastica riempì l’aria umida.
“Senti da che pulpito viene la predica…” ironizzò il biondo, decidendosi finalmente a fissarla negli occhi.
La Grifondoro aprì la bocca per parlare ma lo sdegno le bloccava la gola: per caso il bastardo aveva appena insinuato che anche lei fosse della sua stessa pasta?!
“Come osi…”
Strinse gli occhi fino a ridurli a sottili fessure bronzee. Il sangue le pulsava nelle vene con rabbia.
“Non fare la santarellina con me Granger.”
Il Serpeverde la raggiunse con poche falcate e la intrappolò contro una parete inchiodando le braccia ai lati della sua testa. Il suo corpo muscoloso aderiva perfettamente alle curve leggere di Hermione fino a schiacciarle nel petto il proprio respiro.
La bruna cercò di sfuggirgli ma non poté muoversi di un millimetro.
“A che gioco stai giocando Malfoy?”
Lui avvicinò il proprio viso al suo fino ad accarezzare il suo naso col proprio fiato caldo.
“Tu credi sempre che io stia giocando, vero Mezzosangue?” le sue labbra scorrevano lungo la sua guancia senza toccarla “Anche l’altra sera… in camera mia, mi hai detto di non giocare con te, ricordi?” le sue parole sottili si perdevano nel contatto con l’orecchio di Hermione “Eppure alla resa dei conti, non mi pare proprio di essere stato il più falso di noi due…”
La sua ultima frase assomigliava più ad un ringhio sofferto che ad un’affermazione. Hermione sentì le ginocchia cedere mollemente sotto il peso di tanto disprezzo. Forse se avesse immaginato quali pettegolezzi avevano raggiunto il Serpeverde la sera prima, avrebbe capito le ragioni di quel comportamento da bastardo possessivo, ma in quel momento ai suoi occhi tanta cattiveria era totalmente ingiustificabile.
“Io sarei falsa?!” mormorò con la forza che un’ondata di rabbia le aveva finalmente ridato “Non sei stato forse tu a chiedermi di essere qualcuno che non sono?”
Draco si allontanò da lei quanto bastava per poterla guardare in viso e lei ne approfittò per affondare una mano in tasca.
“Io avrei fatto cosa, Mezzosangue?”
“Non mi hai forse chiesto di essere docile e arrendevole sotto le tue labbra? Di concederti un diritto sul mio corpo che io spontaneamente non ti avrei mai dato?!”
La bruna estrasse la mano dalla tasca, portando alla luce la bacchetta che stringeva tra le dita e puntandola al petto del Serpeverde.
Il biondo le gettò un’occhiata veloce, ma non sembrò prendere in considerazione l’ipotesi che la Grifondoro potesse colpirlo veramente.
“Quindi…” ribatté con voce melliflua “…hai fatto conto di essere un’altra e mi hai concesso il tuo corpo per affari…”
Si spinse di nuovo verso di lei, lasciando che il sottile bastoncino di legno incantato premesse sul suo sterno, sprezzante del rischio. Accarezzò una guancia della sua Mezzosangue e le prese il mento tra le dita. Lei non smise di fissarlo. Sembrava così fiera, meravigliosa, pura e invece lui la vedeva come la più meschina delle traditrici.
“Quindi ti sei data a me…” proseguì sulla sua bocca dischiusa “…come una puttana…”
Forse avrebbe suggellato quell’affermazione divorando con un bacio rabbioso le labbra della Grifondoro, se solo lei gliene avesse lasciato il tempo.
Invece non fu così. La scarica di sdegno furioso che partì da quelle iridi color cioccolato si propagò direttamente fino alle sue dita e scaturì in uno Schiantesimo non-verbale che prese Draco in pieno petto.
Il biondo accusò il colpo e cadde indietro boccheggiando. La aveva sottovalutata.
“Sei solo un bastardo Malfoy…”
La voce le uscì dalla gola incerta e spezzata, più di quanto non volesse.
“Sei il peggiore dei bastardi! E vorrei tanto non averti mai incontrato!”
Lo vide portarsi una mano al petto e stringere i denti.
“La mia sola fortuna” incalzò la bruna “è che tra meno di quattro ore non dovrò più rivolgerti la parola!”
Draco tenne lo sguardo ostinatamente rivolto al pavimento.
Quattro ore e sarebbe finito tutto.
“Forse Granger… è la fortuna di entrambi…”
Hermione chiuse gli occhi per un istante, poi si girò e corse via.
Mentre fuggiva da quel sotterraneo senza voltarsi indietro, gli occhi le si riempirono di lacrime calde che rotolarono giù dalle sue guance arrossate e si infransero a terra.
Quelle delicate stille salate non erano che le ultime vittime di un amore maledetto che aveva già preteso il sacrificio inutile del suo orgoglio, della sua sincerità, del rapporto con i suoi amici.
Draco le guardò mischiarsi alla polvere sporca che copriva il pavimento e perdere la loro purezza. Quella era stata la fine che aveva fatto il suo rapporto con la Grifondoro, era caduto dalla beatitudine assoluta allo squallore immondo, come un angelo ribelle cacciato dal Paradiso e scagliato all’Inferno senza possibilità di appello.
Il biondo si rimise in piedi, aggrappandosi alla parete.
Quella mattina era andato direttamente in aula senza fare colazione per non dover incontrare la Granger e invece se l’era vista arrivare davanti. Una parte di lui che non era riuscito a soffocare aveva gioito di quell’angelica visione, ma il suo orgoglio ferito aveva affogato quei sentimenti nella mera sete di vendetta. Il tradimento che lei aveva commesso era un delitto imperdonabile e meritava un castigo adeguato.
Ora che la Mezzosangue era sparita di nuovo dalla sua vista, però Draco non sapeva più cosa provasse. S’imponeva di odiarla, ma non poteva. Inspiegabilmente avrebbe voluto invece correrle dietro, stringerla nel suo abbraccio, sentire i palpiti accelerati del suo cuore contro la sua anima e mormorale che la perdonava, che andava tutto bene, che non c’erano né giochi, né patti, né inganni, solo loro due. Insieme.
Pensieri lodevoli, certo, ma più che mai lontani dall’essere tramutati in azioni.


Hermione arrestò la propria fuga solo quando ebbe raggiunto il primo piano.
Respirava a fatica per la corsa e il pianto imminente che le spezzavano il fiato con lunghi singhiozzi. Si appoggiò a una statua e chiuse gli occhi, tentando di ricacciare indietro le lacrime, ma non riuscì a sentirsi per niente meglio.
Un’amara sensazione di soffocamento le risaliva lo stomaco facendole tremare le labbra, annunciando il pianto inevitabile.
Un gruppetto di Serpeverde del primo anno intanto scendeva le scale davanti a lei. Cosa poteva esserci di più umiliante che farsi trovare in un angolino a piangersi addosso? Con la rapidità della disperazione, Hermione notò la porta del bagno delle ragazze alle proprie spalle, la aprì e la oltrepassò in silenzio. Si nascose in un gabinetto qualunque, sperando che nessuno da fuori sentisse i suoi singulti e di poter così finalmente avere un attimo di pace.
Si sedette sulla tazza chiusa e lasciò cadere indietro la testa, fissando il soffitto picchiettato di macchie d’umido. Subito calde lacrime ripresero a scendere dai suoi occhi dorati e scivolarono giù lungo il suo collo.
Si sentiva così sola… Non avrebbe voluto che una cosa in quel momento: essere con Draco. Si ripeteva che doveva dimenticarlo, che lui le aveva appena dato della puttana, la aveva illusa, umiliata, disprezzata ma non riusciva a convincersi che lasciarlo la avrebbe fatta felice. Avrebbe voluto che lui le fosse corso dietro, che l’avesse stretta nel suo abbraccio, contro il suo petto ampio e rassicurante per dirle che andava tutto bene, che non c’erano né giochi, né patti, né inganni, solo loro due. Insieme. Al tempo stesso però non osava neppure sperare che il Serpeverde potesse anche solo formulare simili pensieri.    
No, Draco non era lì ad asciugare le sue lacrime e non c’era da sperare che arrivasse. A separarlo da lei si trovavano un paio di muri, qualche strato di pietra e sette anni di disprezzo.
Amarlo era il suo delitto, soffrirne il suo castigo.
Improvvisamente un singhiozzo proveniente dalla sua destra la fece sussultare.
Non si era resa conto che ci fosse qualcuno nel bagno accanto al suo.
La voce salì più chiara in un prolungato gemito di disperazione e Hermione la riconobbe.
“Ginny?!”
“Herm?”
Le due ragazze restarono un attimo in silenzio, fissando la parete di cartongesso verde scuro che si ergeva tra loro.
Fu la rossa la prima a ritrovare la parola.
“Herm, perché stai piangendo?”
“E tu?” svicolò la bruna.
“H-Harry…”
Un altro singhiozzo riempì l’aria.
Hermione si mise in piedi sulla tavolozza del water, asciugandosi le lacrime, ma non riusciva lo stesso a vedere la compagna. Allora puntò la bacchetta su di sé e mormorò un Wingardium Leviosa che le permise di sollevarsi di qualche decina di centimetri.
“In che senso Harry?”
Ginevra alzò il capo e per poco non cadde in terra dallo spavento, vedendo la Grifondoro fluttuare nell’aria, come sospesa da fili invisibili.
“Non ho il coraggio di parlargli…” mormorò con titubanza, quando si fu ripresa dallo shock “Mi sento così in colpa!”
“Puoi sempre confessargli il tuo piccolo tradimento. Dopotutto non è così grave… vi eravate lasciati, no?”
“Sì, ci eravamo lasciati da poche ore e io già l’ho tradito!” esplose la rossa, nascondendo il viso tra le palme.
Hermione si torturò un labbro. La situazione era complessa.
“Se preferisci, puoi non dirglielo, ma poi temo che dovrai fare i conti con la tua coscienza. Non so se riusciresti ad essere serena al suo fianco con una simile spada di Damocle sulla testa.”
La replica di Ginevra non fu che un lungo gemito scoraggiato.
La bruna pregò che nessuno dal corridoio la sentisse e cercò di calmarla.
“Dai Ginny, non disperarti così… Vedrai che si sistemerà tutto. Se ami Harry, un piccolo incidente non v’impedirà di stare insieme.”
Stranamente questo bel discorso non ebbe l’effetto calmante che avrebbe dovuto, anzi non fece che aumentare l’intensità del pianto della giovane Weasley.
“Se Blaise non ha significato nulla, non ti ci vorrà molto per dimenticarlo…”
Qualcosa non andava. Perché Ginevra invece di calmarsi era sempre più scossa dai tremiti del pianto?
“Ehm… tutto bene?”
“No!” gridò la ragazza tra le lacrime “Non va bene! Io lo amo, dannazione, lo amo!”
Sebbene sollevata da terra, Hermione si sentì sprofondare.
“Quando dici -lo amo- non intendi Harry, vero?”
“No! Blaise… Io-io…” la sua voce si spense nell’ennesimo singulto “…io lo amo.”
“Oh Dio, ma sei matta?” si lasciò sfuggire Hermione.
“Non ti ci mettere anche tu, per favore! Sto già abbastanza male con il solo pungolo della mia coscienza…”
“Scusa…”
La bruna sospirò. Che diritto aveva lei di criticare? Non era forse anche lei in quello stesso bagno a piangere per un Serpeverde il cui amore le era proibito?
“Probabilmente…” proseguì la rossa “Lui non si ricorda neanche di me…”
“Ma se ha detto che non ti avrebbe mai dimenticata!”
Hermione si morse la lingua per averlo detto. Questa era un’informazione che lei non avrebbe dovuto avere perché la aveva carpita quando si era trovata ad origliare di nascosto da sotto una cattedra.
“È vero… ma se non fosse stato serio?” sussurrò la giovane Grifondoro per poi esitare un attimo, come se ci fosse qualcosa che non capiva bene “…scusa, ma tu come facevi a saperlo?”
“Me lo hai raccontato tu ieri sera, non ricordi?”
Ecco che mentiva di nuovo ad un’amica. Hermione si sentì un verme. Aveva giurato di essere sincera, ma stava già deviando dal suo buon proposito.
Le tornarono alla mente le parole di Draco: “Non mi pare proprio di essere stato il più falso di noi due…”. La menzogna, tarlo maledetto, aveva forse scavato così profondamente nella sua vita da rodere ogni possibilità di avere un rapporto sincero con qualcuno? Era ormai troppo tardi per liberarsene? Forse no.
“Senti… magari posso chiedere a Malfoy se può parlare lui a Blaise e chiedergli cosa prova per te.”
Gli occhi della Grifondoro si illuminarono di un’intensa speranza.
“Davvero lo faresti?! Parlare con Malfoy? E pensi che ti darebbe retta?”
La bruna sorrise dolcemente.
Forse era il momento di metterla al corrente di alcuni dei recenti avvenimenti. Si preparò a rivelare finalmente il suo segreto, a spalancare la porta del suo cuore…
La porta si spalancò di botto. Non quella del cuore però, bensì quella del bagno.
“Hermione, cavolo sei qui?”
Il moro aveva urlato tenendo la testa voltata verso il corridoio, per non dover guardare nel bagno femminile.
“Harry? Che vuoi?!”
Il ragazzo si voltò e i suoi occhi smeraldini si spalancarono increduli vedendo la sua amica volteggiare un metro al di sopra del terreno.
“Herm, io capisco che i water non siano esattamente pulitissimi, ma non è un po’ scomodo farla da lassù?”
“Non fare lo scemo.” Lo redarguì la bruna per poi mormorare un controincantesimo e scendere delicatamente verso il basso. Si diresse velocemente verso il Cercatore, lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori prima che potesse notare la presenza di Ginevra.
“Che cosa volevi?” chiese dolcemente, una volta in corridoio.
“Che cosa volevo?! Ma eri a farti una canna in quel cesso, Herm? Il test di pozioni, cazzo! Comincia tra cinque minuti!”
“COSA?!”
La bruna lanciò uno sguardo orripilato all’orologio e si rese conto di essersi completamente dimenticata del test più importante dell’anno. Una scarica di adrenalina le percorse il corpo e mosse le sue gambe in fretta e furia verso i sotterranei.
Harry la seguì a fatica, evitando per miracolo di travolgere un paio di ragazzine del primo anno che volevano probabilmente fermarlo per chiedergli un autografo.
Quando arrivarono in aula tutti erano già al proprio posto ad attendere il professore e diversi occhi si girarono sui ritardatari.
Hermione procedette a capo basso verso la prima fila e si scontrò per sbaglio con i gomiti bitorzoluti di Goyle che sporgevano dal banco, decisamente troppo piccolo per la sua mole.
“Ehi Mezzosangue, sta un po’ più attenta!”
Nervosa per il poco sonno, la mattinata difficile e la corsa, Hermione non riuscì a rispondergli molto civilmente.
“Oh mio Dio, Goyle, ma allora sai parlare! E io che credevo grugnissi e basta…” vide gli occhi plumbei di Draco puntati su di sé “Ti ha insegnato il tuo padroncino Malfoy? Perché lui con le parole è proprio bravo…”
Bravo a ingannare, bravo a ferire.
“Tu invece potresti morderti la lingua Granger…” sibilò in risposta il biondo, puntellando i gomiti sul tavolo e lasciandovi ricadere il mento con aria annoiata. “Sputeresti meno veleno e spareresti meno cazzate…”
Hermione sentì il petto gonfiarlesi di rabbia e si preparò a rispondere, ma l’ingresso di Piton la interruppe.
“Allora, siete tutti pronti? Signorina Granger, vuole andare a sedersi o ha bisogno di un invito scritto?”
La ragazza raggiunse Harry e si sedette al suo fianco, lanciando occhiate in tralice a Malfoy. Il Serpeverde manteneva la sua posizione languida, giocherellando con una piuma. Non sembrava minimamente toccato da quello che era successo quella mattina.
Piton intanto aveva raggiunto la lavagna che a un suo tocco si riempì di ingredienti fittamente scritti.
“Allora, siete tutti ai vostri posti? Su… Cominciate! Avete tre ore!”
Hermione prese un respiro.
Tre ore e sarebbe finito tutto.
Lanciò un’ultima occhiata a Draco, seduto una sola fila dietro di lei e ora intento a sminuzzare una radice.
Tre ore e gli avrebbe detto addio… Addio a Draco, il suo unico delitto, il suo eterno castigo.





E se almeno la sorte gli avesse concesso il pentimento, un pentimento cocente, di quelli che spezzano il cuore, che scacciano il sonno, un tale pentimento che, con i suoi terribili tormenti, portasse a bramare il cappio o l’acqua dello stagno! Oh, come se ne sarebbe rallegrato! Torture e lacrime sono anch’esse vita. Ma egli non si era pentito del proprio delitto.

Fëdor Michajlovič Dostoevskij, “Delitto e castigo”, 1866

 




………continua……….
 




§ Spazio autrice: §

Il supposto tradimento di Herm è un delitto e l’odio di Draco il conseguente castigo; per lei amare il Serpeverde è un delitto e soffrirne è il giusto castigo; Draco stesso alla fine riassume, in quanto fonte di amore e di odio, le due cose insieme.
Dirvi da cosa sono ripresi il titolo e la citazione finale è quasi superfluo: dal celeberrimo “Преступление и наказание” (leggi: “prestuplenie i nakazanie”, cioè “Delitto e castigo”) di Dostoevskij, uno dei romanzi più intensi e meravigliosi di tutti i tempi. La storia, intessuta dei più svariati temi, dal protosocialismo al superomismo, ruota attorno alle vicende di Raskol’nikov, giovane studente russo che, spinto soprattutto da considerazioni teoriche, uccide una vecchia usuraia, condannandosi al rimorso e alla nevrosi.
Le frasi che ho citato sono una riflessione che si trova nella parte finale e che quando ho letto il libro mi avevano abbastanza colpita. Ho pensato che potesse adattarsi bene sia a Hermione che a Draco, convinti entrambi al momento di aver fatto uno sbaglio ma incapaci di pentirsene.

MmeBovary.

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Capitolo 10
*** Doppio sogno ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!




CAP. 10
DOPPIO SOGNO


Un pizzico di polvere di corno di unicorno.
Tre gocce di succo di arancia sanguigna.
Due petali di camelia bianca.
Otto foglie di ortica secca.
Il pentolone di Hermione emise un gorgoglio roco e poi la sua superficie si increspò in un rincorrersi di bolle. Pochi secondi e tutti quei rigonfiamenti esplosero con un soffio stanco e sputarono verso l’alto una sottile linea di fumo azzurrognolo che andò a sommarsi a quella appena innalzatasi dalla pozione di Draco.
La Grifondoro seguì inconsapevolmente la traccia evanescente del vapore fino agli occhi del biondo, senza però incrociare il suo sguardo, fisso sul suo banco di lavoro, apparentemente incurante di qualsiasi altra cosa.
Hermione si dette mentalmente della stupida per essersi distratta e cercò di focalizzare anche lei tutta la propria attenzione sul compito. Dette un’occhiata veloce alla lavagna e constatò che doveva ancora aggiungere il dittamo e la corteccia di faggio, ma prima la pozione aveva bisogno di essere girata: 12 volte a sinistra, 6 a destra, 9 a sinistra.
Immerse il lungo manico di legno chiaro nel composto che andava addensandosi e iniziò a raschiare il fondo con lenti movimenti circolari.
Un giro a sinistra…
Due giri a sinistra…
Tre giri a sinistra…
Ancora poco e quella pozione rigenerante sarebbe stata finita.
Sei giri a sinistra…
Era assurda la casualità del destino: quella era stata la prima pozione che aveva preparato con Draco e sarebbe stata anche una delle ultime.
Undici giri a sinistra…
Hermione si passò il dorso della mano sulla fronte imperlata da piccole goccioline di sudore e si allargò il colletto tirandolo con l’indice. Tutti quei dannati calderoni a bollire sul fuoco surriscaldavano l’ambiente da impazzire.
Dov’era rimasta? Ah, sì…
Un giro a destra…
La pozione parve reagire al brusco cambio di direzione e iniziò a bollire più velocemente, assumendo anche una colorazione più scura ed un intenso aroma pungente.
Quattro giri a destra…
Quell’odore penetrante aggredì improvvisamente le narici di Hermione e schizzò su fino al suo cervello, risvegliando il ricordo sopito della prima ripetizione con Draco, di quando lui si era ferito e aveva provato su se stesso i risultati del suo lavoro, fidandosi di lei.
Si era sentita così strana quella volta… Era stato così assurdo trovarsi a tu per tu con il biondastro a fare qualcosa di diverso dal mandarsi solo reciprocamente al diavolo. Per non parlare di quant’era stata imprevedibile la sensazione provata al contatto con le sue labbra, con le sue mani, con il suo corpo…
Santo Cielo, faceva ancora più caldo di prima o era una sua impressione?
Cinque giri, no sei forse… a sinistra, no, destra? Sì, sì a destra…
Un’altra ora scarsa, un’altra pozione e poi lei e Malfoy si sarebbero detti addio. Niente più pomeriggi passati a ridere davanti ai fumi di qualche stomachevole preparato, niente più baci rubati fuori dall’aula due secondi prima di entrare e scusarsi col professore per essere ancora una volta in ritardo, niente più batticuore nell’attesa di sentire ancora le sue mani scorrere sulla propria pelle…
Nove giri, macché dieci, no forse undici… da che parte?
Hermione si bloccò di scatto.
Merda. Si era distratta.
Aveva perso totalmente il conto.
Gettò un’occhiata disperata alla preparazione bluastra che bolliva ai suoi piedi, quasi che essa potesse ricordarle quanto ancora doveva girare.
“Ancora sette volte verso sinistra…”
La Grifondoro si voltò di scatto verso la fonte dell’inaspettato suggerimento. L’ultimo da cui si sarebbe aspettata un aiuto: Draco.
“Grazie…” sussurrò, abbassando il capo.
Tornò subito a dedicarsi alla sua pozione. Sette giri a destra ed essa assunse una tonalità violacea.
Hermione aggiunse il dittamo e la corteccia tritata, infine spense il fuoco.
Un’altra pozione perfettamente riuscita, pronta per essere versata in un paio di fialette, etichettata e consegnata al professore.
Quando si alzò e andò a posare il suo lavoro sulla cattedra, Hermione sentì un movimento alle proprie spalle e percepì la presenza di Draco accanto a sé; anche lui doveva aver terminato.
La Grifondoro si fermò davanti al tavolo di legno scuro su cui si accalcavano ormai decine di provette e senza rendersene conto restò ad attendere che il biondo si facesse più vicino.
Tutto il suo corpo si tese nell’istante in cui avvertì la compattezza del suo petto premerle contro la schiena. Fu una reazione involontaria, totalmente irrazionale; per un attimo la sua mente si offuscò e tutto ciò cui riuscì a pensare fu che Draco era dietro di lei, abbastanza vicino da sentire il suo cuore pulsare e il suo braccio sfiorarle un fianco mentre allungava la mano verso la cattedra. Aveva bisogno di toccarlo… Socchiuse gli occhi. Chi sa cosa sarebbe successo se si fosse voltata e lo avesse baciato lì in mezzo alla classe, sotto il naso del professore…
“Signorina Granger vuole spostarsi o il signor Malfoy deve calpestarla per riuscire a consegnare il suo compito?”
Alla voce di Piton, Hermione ebbe un sussulto e si rese conto di essere ferma da mezzo minuto davanti alla cattedra con gli occhi di mezza classe piantati addosso.
“Io no… cioè, sì… scusi, vado a posto…”
Si voltò di scatto e senza volere si trovò a sbattere contro Draco.
“Ehi Granger, vedi di fare un po’ più attenzione a dove metti i piedi…”
La bruna non si fermò a rispondergli e proseguì a diritto verso il banco, lottando contro il rossore che le aggrediva le guance.
Per la seconda volta nel giro di mezz’ora si dette dell’idiota. Ma cosa diamine le era preso?!
Inspirò forte e attese che Piton scrivesse alla lavagna gli ingredienti della prossima pozione.
Intorno a lei gli altri studenti si affaccendavano ancora sui propri calderoni, cercando di finire in tempo. La pozione di Harry, a giudicare dalla fatica che il moro faceva a girarla, era troppo densa, ma tutto sommato accettabile per colore e odore, quella di Ron tendeva vagamente al verde e quella di Neville… beh, purtroppo ci sarebbe voluta molta fantasia anche solo per chiamare quell’ammasso grumoso e puzzolente “pozione”.
Il povero ragazzo sudava terribilmente e tentava invano di completare il suo compito, il quale aveva raggiunto però una consistenza tale da restare completamente attaccato attorno al mestolo, come fosse impasto per biscotti. Invece di versarlo, Neville dovette pigiarlo con le dita dentro la fialetta…
“Tempo scaduto!” tuonò Piton, cancellando di colpo gli ingredienti alla lavagna e scrivendone di nuovi.
“Ultima pozione!”
Hermione si mise al lavoro. Chiuse la mente a qualunque distrazione esterna: stavolta c’erano solo lei, i suoi ingredienti e il suo calderone di argento che mezz’ora dopo era già pieno di un liquido madreperlaceo e inconsistente come l’acqua.
Preparandosi a concludere questo ennesimo successo, Hermione controllò ancora una volta la situazione dei suoi compagni.
Neville era nel panico. Circondato da fialette vuote e ingredienti sparsi a casaccio sul tavolo, pareva totalmente ignaro di ciò che stava accadendo nel suo calderone.
“Paciock!” lo apostrofò il professor Piton “Non dovrebbe sudare nella sua pozione, lo sa?”
Una risatina di scherno si sollevò dalla zona dei Serpeverde.
“Altrimenti, essa risulterà pessima…” un sorriso maligno gli stirò le labbra sottili “Ma sicuramente il suo lavoro sarà orribile comunque. Quindi si sciolga pure dentro quel pentolone…”
Il povero Grifondoro sembrava veramente desideroso di sciogliersi e scomparire nelle fessure della pietra. Tremava come una foglia.
“Sa, Paciock… no, probabilmente non lo sa… quello che sta tentando di realizzare è un leggero Veritaserum. Chi lo ingerisce non dice obbligatoriamente la verità, ma se prova a mentire poi si smaschera da solo: sente l’irrefrenabile impulso di ridere o di picchiarsi o di darsi del bugiardo… Ma visto l’aspetto del suo compito…” concluse dando un’occhiata al liquido colloso e grigio “…è più probabile che inizi a sudare come un maiale…”
Hermione sentì un’ondata di rabbia risalirle il petto mentre le risate delle Serpi costringevano Neville ad abbassare gli occhi arrossati.
Il ragazzo sembrava ormai sul punto di svenire: i capelli gli si erano attaccati alla fronte madida di sudore, gli occhi chiari erano vacui e acquosi e la mano che reggeva il mestolo tremava violentemente.
“Ehi, Neville, tutto bene?” si informò Hermione.
Il Grifondoro deglutì rumorosamente e accennò un sì incerto con la testa. Un grosso gocciolone di sudore rotolò giù schiantandosi sulla polvere di piovra che si era sparsa sul tavolo. Neville prese una manciata di artigli di lupo e li trascinò dentro il calderone, mischiandoli con un’eccessiva quantità di piovra.
La bruna pensò di chiedergli se aveva bisogno di una mano, ma un’occhiata sospettosa di Piton la dissuase, così tornò a dedicarsi al proprio lavoro. Aggiunse un crine di unicorno e il suo Veritaserum divenne trasparente, come da ricetta.
“Perfetto.” Costatò la ragazza, cominciando a riempire varie provette.
L’odore nauseante della pozione di Neville riempiva l’aria.
“P-professore?” balbettò il ragazzo.
“Che c’è adesso Paciock?”
“C-credo di non sentirmi m-molto bene…”
Piton avrebbe voluto dirgli di fare poche storie e stare zitto, ma non fece in tempo perché il Grifondoro terminò la frase cadendo a terra con un sonoro tonfo. Nel farlo, urtò violentemente il proprio calderone che gli si rovesciò addosso e colpì dal basso il tavolo più vicino, cioè quello di Hermione.
La ragazza fu abbastanza svelta da afferrare un paio di fialette di Veritaserum, ma tutto quello restante fu sbalzato in aria dall’impatto che aveva letteralmente mandato a gambe all’aria il suo banco. Il liquido trasparente volò in aria e fuoriuscì dai piccoli contenitori di vetro per andare a rovesciarsi sulla fila dietro a quella di Hermione.
“TU, PACIOCK! STUPIDO MAIALE INUTILE!” urlò Draco, sputando a terra la pozione che gli era colata dai capelli su tutto il volto.
“Malfoy, tappati quella fogna!” si infervorò Ron.
“Weasley! Cinque punti in meno a Grifondoro!”
“Ma professore! È Malfoy che ha cominciato…”
“SILENZIO!”
Ogni rumore cessò, tranne il lento sobbollire delle pozioni e il gorgoglio sordo che usciva dalla gola di Neville. Piton cercava disperatamente un modo per evitare che quell’insignificante studente morisse e per riuscire al tempo stesso a concludere il test.
“Se vuole professore, posso accompagnare io Neville in infermeria. Tanto ho già finito il compito.” Si offrì Hermione, porgendogli una delle fialette superstiti.
“Va bene, vada Granger, vada…” mormorò stancamente il professore, facendole un gesto distratto con la mano, più simile a quello che si fa per scacciare una mosca fastidiosa che per dare a qualcuno il permesso di uscire.
La bruna cercò di rialzare il compagno steso a terra, ma invano. Il ragazzo se ne stava disteso con la bava alla bocca e non collaborava minimamente agli sforzi sovrumani che Hermione faceva per sollevarlo.
In quel momento Draco si avvicinò alla cattedra.
“Professore, forse dovrei dare una mano alla Granger, visto che ho finito anch’io.”
Piton guardò vagamente stupito il suo alunno prediletto che si offriva di aiutare due Grifondoro.
“Così magari mi faccio dare anche un’occhiata da Mme Chips.” concluse Draco.
“Sì, sì, certo signor Malfoy, vada pure…”
Il biondo si affiancò a Hermione e sollevò con un gesto deciso la mole considerevole di Neville.
“Tu prendilo dall’altra parte Mezzosangue.”
La ragazza ubbidì e si passò il braccio del Grifondoro attorno al collo, poi, con passo un po’ incerto, lo strano trio uscì dall’aula.


Dopo soli due piani Hermione sentì il bisogno improrogabile di fermarsi un attimo a riposare.
“Aspetta Draco… devo riprendere… anf… fiato.”
Mollò al biondo tutto il peso e si accasciò contro una colonna, sventolandosi con la mano.
Il Serpeverde rimase a fissarla. Era meravigliosa anche così, con i capelli in disordine, le guance arrossate dalla fatica e il petto percorso da sottili stille di sudore, anzi era quasi più bella del solito. Lo sforzo rendeva ancora più vivida la luce dei suoi occhi e Draco indugiò un attimo nel fantasticare su quanto dovessero essere belle quelle iridi dorate, accese di lussuria mentre la Mezzosangue faceva l’amore… Probabilmente lui non lo avrebbe mai saputo.
“Perché mi hai aiutata?”
La domanda della Grifondoro lo colse impreparato.
“Cosa?” La voce gli uscì più roca di quanto non volesse, impastata dal desiderio che aveva provato nel guardare la ragazza.
“Perché mi hai aiutata?” ripeté lei lentamente.
“Non credo che saresti mai riuscita a portare questo bestione fino al quinto piano, quindi non lamentarti.”
Lei scosse il capo.
“Intendevo prima, con la pozione.”
Draco si prese un attimo prima di rispondere.
“Sarebbe stato il colmo se dopo settimane di ripetizioni tu avessi mandato a puttane tutti i miei sforzi per una distrazione del genere. Ne andava del mio onore in quanto tuo insegnante.”
Non aveva neanche finito di parlare che udì una vocina sottile nella testa martellargli il cervello. “Non è vero, non è vero, non è così… Stai mentendo… L’hai fatto perché tieni a lei… stai mentendo…
Il biondo provò a scacciare questo borbottio colpendosi la fronte e prendendosi le tempie tra le mani. Ma cosa diamine gli stava succedendo?
Davanti a lui Hermione esibiva un ghigno malefico degno del principe delle Serpi.
“Cos’hai da ridere Granger?”
“Rido perché stai mentendo… e perché ora so che il mio Veritaserum funziona perfettamente.”
Con nonchalance si affiancò di nuovo al biondo e prese il braccio di Neville sulle spalle, ma Draco non si mosse di un passo.
“Non sarai così meschina da approfittare di questa situazione?”
Voleva suonare spavaldo, ma una nota di preoccupazione incrinava la sicurezza della sua voce.
“Può darsi…” ritrose Hermione senza smettere di sogghignare.
“I Grifondoro non si comportano così…”
La bruna gli si parò davanti, lasciandogli di nuovo tutto il peso di Neville.
“I Grifondoro fanno anche di peggio!”
Gli piantò in faccia due occhi di pura fiamma.
Doveva chiederglielo.
Ora o mai più.
“Sei stato a letto con Pansy Parkinson?”
Di tutte le domande possibili, questa era una delle ultime che il Serpeverde si sarebbe aspettato.
“Più di una volta.”
“Intendo due giorni fa.”
“La sera della ripetizione?”
La sera in cui Pansy si era offerta a lui in giardino e lui la aveva rifiutata. La sera in cui aveva chiesto alla sua Mezzosangue di concedersi a lui e lei lo aveva rifiutato.
“E se anche fosse?”
“Rispondi.”
“Non sono tenuto a farlo.”
“RISPONDI!”
“NO! Non l’ho fatto, va bene? Non sono stato con nessuna da quando ti do ripetizioni, era questo che volevi sentire?!”
Lasciò andare di colpo Neville che si accasciò a terra facendo rimbombare il corridoio. Hermione cercò di soccorrerlo, ma il Serpeverde le sbarrò la strada e afferrò con rabbia il braccio che lei aveva teso verso l’amico.
“Sei contenta ora? Ora che lo sai? Ti fa sentire tanto scaltra sapere che io non ti ho tradita?” Parlava con rabbia, stringendole il polso “Bella idea il Veritaserum… magari ti sei messa pure d’accordo con questo verme perché me lo rovesciasse addosso, eh?” Ignorò la debole protesta di lei che scuoteva il capo e cercava di prendere invano la parola “Ti senti meglio ora Mezzosangue? O forse non è così? Avresti forse preferito sapere che ti ho tradita per sentirti meno in colpa?!”
Hermione si divincolò dalla sua stretta. Il suo sguardo, tagliente come una lama, le faceva paura.
“Draco, lasciami! Mi fai male!”
Lui mollò subito la presa, come se la sua pelle avesse preso improvvisamente a bruciare.
Si allontanò da lei e le rivolse la schiena, passandosi una mano tremante tra i capelli ancora umidi di pozione per poi colpire violentemente il pugno con il muro.
Le lanciò un’occhiata da sopra la spalla.
“Come vedi Mezzosangue… Ancora una volta non sono io né il più doppiogiochista né il più falso dei due…”
Poche parole dette con odio e disprezzo, poi il Serpeverde si voltò e sparì nella volta delle scale.
Hermione si trovò da sola.
Sola con il suo dolore e i suoi dubbi. Intorno a lei, un corridoio vuoto in cui il solo rumore udibile era il gorgoglio continuo che risaliva la gola di Neville assieme ad una bava bluastra.
Dio solo sapeva cosa c’era in quella pozione che aveva ingerito… Doveva assolutamente essere portato in infermeria.
Con un enorme sforzo di volontà la Grifondoro si rialzò da terra, ma lo stesso sforzo di volontà non le fu sufficiente per riportare in piedi anche l’amico svenuto.
“Dannazione…” imprecò tra i denti, mentre il ragazzo le scivolava di mano per la terza volta.
“Mi scusi signorina, le serve aiuto?”
Hermione si guardò intorno. Non c’era nessuno in corridoio… Allora chi aveva parlato?
“Signorina?”
La bruna si rese conto in quel momento che la voce proveniva dal muro alle sue spalle, o meglio da un quadro appeso ad esso. Un vecchio nobiluomo baffuto si sporgeva cortesemente verso di lei, offrendole i suoi servigi e sorridendole con garbo.
“Grazie…” mormorò, un po’ confusa “Ma, senza offesa, non vedo come lei possa aiutarmi…”
Il signore gonfiò il petto con orgoglio.
“Sir Rupert Chivalson trova sempre il modo di aiutare una fanciulla in difficoltà, anche se è rilegato dietro un metro quadrato di tela.”
Con questa frase enfatica sparì oltre il bordo della cornice ed uscì dalla visuale di Hermione, che gli urlava invano di lasciar perdere e non disturbarsi.
Due minuti dopo il pomposo signore imparruccato era di ritorno.
“Le ho portato soccorsi.” Dichiarò tutto tronfio, additando le scale da cui saliva un rumore di passi.
Pochi secondi dopo il volto di Hermione si allargò in un sorriso.
“Harry!”
Il moro la salutò con un gesto veloce e nascondendo la propria bocca con la mano le bisbigliò piano, affinché il quadro non sentisse:
“Herm, ma quello svitato, chi è?”
Lei alzò le spalle.
“Ha visto chi le ho portato, madama?” berciava intanto il canuto nobiluomo “Harry Potter! Un eroe moderno, il Bambino Sopravvissuto!”
Il Cercatore arrossì fino alle orecchie e la sua amica si lasciò sfuggire una risata.
“Addirittura un eroe moderno, Harry?”
“Vuoi una mano o me ne torno via?” borbottò lui, irritato.
“No, scusa, aiutami a tirare su Neville, altrimenti non ce la farò mai… Aspetta un attimo, ma il test di Pozioni?!”
“È finita anche la terza ora, ‘Mione… Quel che è fatto è fatto. Sinceramente ho qualche dubbio sulla consistenza della terza pozione, però credo che se avessi…”
“Sono sicura che sei andato benissimo, ora però dammi una mano.” tagliò corto Hermione che intanto tentava di rialzare il compagno. Il moro si precipitò a darle manforte.
“Che schifo, sbava verde…” costatò, una volta vicino.
“Verde?! Prima era blu… Sarà un buon segno?”
“Ne dubito. Muoviamoci.”
I tre procedettero per un po’ su per varie scalinate con passo un po’ incerto e risparmiando il fiato.
Fu Harry a interrompere il silenzio
“Scusa se te lo chiedo…” incominciò con un po’ d’imbarazzo “Ma perché non sei con Malfoy? Credevo ti dovesse aiutare lui.”
“Abbiamo litigato al primo piano…” sospirò la bruna abbassando gli occhi.
“Tutto bene tra voi?”
Hermione rivolse al suo migliore amico uno sguardo esterrefatto. Da quando le chiedeva notizie della sua storia con Draco?
“Non guardarmi così!” la rimbrottò il moro “Già è difficile affrontare l’argomento, e sappi che lo faccio solo per amor tuo, se poi mi fissi come se fossi pazzo… Comunque se non vuoi parlarne non è un problema.”
“No, no…” si affrettò a rispondere lei “Voglio parlarne.”
Il suo cuore traboccava di gratitudine per il suo amico. Il primo che l’aveva compresa, l’unico che aveva messo da parte l’odio per Malfoy in nome dell’amore per lei, il solo pronto ad ascoltarla senza giudicare.
Le vennero le lacrime agli occhi.
“No… Non va bene… non va bene per niente…” un singhiozzo le ruppe la voce “Oh Harry, io credo che lui mi odi …”
In quel momento un grosso gocciolone di bava color fucsia si schiantò a terra a due centimetri dalle scarpe di Harry.
“Bleah… Credo sia meglio rimandare a dopo le chiacchiere, Herm. Ora portiamo su questo peso piuma.”
Il moro allungò una mano per asciugarle una lacrima, ferma al limitare della sua mascella.
“Vedrai che si sistemerà tutto.”
Hermione sospirò.
Avrebbe tanto voluto credergli…


Affidato Neville alle cure di Mme Chips, i due Grifondoro furono liberi di andare e presero a scendere verso la Sala Grande.
“Oh Dio, Neville dovrà pagarmi il chiropratico!” sbraitò Harry, massaggiandosi le spalle doloranti.
“Glielo faremo sapere non appena smetterà di sbavare tutti i colori dell’arcobaleno, ok?”
“Già, hai visto? Era arrivato al lilla!”
Improvvisamente Harry si fermò e tirò in disparte la sua amica, in una nicchia vuota che aveva avuto una volta la funzione di ospitare una scultura.
“Allora… Vuoi riprendere il nostro discorso sulla Serpe malefica?”
Hermione sentì il suo cuore prendere la rincorsa e battere più forte, come se dovesse uscirle dal petto.
“Oh Harry…” si gettò con un singhiozzo tra le sue braccia “Io non so che fare… non so che pensare…”
Il moro la accolse sul proprio petto e le prese il volto tra le mani, avvicinandola a sé per farle riposare la fronte sulla propria.
“Tranquilla Herm… Tranquilla…”
Ma le lacrime di lei gli continuavano a scivolargli tra le dita.


Quando aveva lasciato Hermione sola, Draco era andato in infermeria, si era fatto dare un’occhiata e un antidoto. Mentre Mme Chips gli ficcava giù per la gola un cucchiaio di chi sa quale stomachevole preparato, aveva avuto il tempo per riflettere su quanto appena accaduto e per pentirsi della propria impulsività. Forse era stato un po’ infantile fare quella sfuriata e mollare la Mezzosangue in mezzo al corridoio con quel bisonte bavoso di Paciock in stato semi-comatoso… Per non darle alcuna soddisfazione doveva mostrarsi superiore ai suoi sordidi giochetti, non vendicarsi così puerilmente.
Per questo, appena sfuggito alle cure di Mme Chips prese uno stretto passaggio che portava da dietro l’arazzo “Battaglia di Hastings” direttamente al quadro “Paesaggio estivo” al primo piano, dove si aspettava di trovare la Mezzosangue ancora alle prese con quel quintale d’inutilità, meglio noto come Paciock.
Era così certo di vedersela davanti che quando si trovò in un corridoio vuoto, rimase piuttosto deluso.
“Granger?”
Nessuna risposta. Si incamminò per le scale, sicuro di beccarla pochi gradini più su, intenta a non affogare nella bava del suddetto bisonte.
“Draco, finalmente ti ho trovato!”
Il biondo si voltò verso la fonte di quella voce familiare, che però non era quella della Mezzosangue.
“Blaise…” biascicò in saluto.
“Cos’ha detto Mme Chips, tutto bene, vero? Senti, avresti cinque minuti per me?”
Draco sbuffò e gli riservò uno sguardo annoiato.
“Quando dici così vuol dire che vuoi parlare e quando dico parlare intendo riversare addosso a me tutti i tuoi problemi per due ore.”
Il moro lo liquidò con un’alzata di spalle.
“Farebbe bene anche a te sfogarti, Dra.”
“Vuoi parlare o ascoltare me?” ribatté Malfoy con una sigaretta già tra le labbra. Se doveva sentire ancora del suo idilliaco amore per la babbanofila Weasley, aveva bisogno di nicotina.
“Parlare. Vieni giù in Dormitorio, così abbiamo un po’ più di privacy?”
“Devo andare in infermeria.” Si lasciò sfuggire il biondo, maledicendosi un secondo dopo per non aver saputo inventare una scusa.
“Non ci sei appena stato?”
Appunto.
“Non ti sfugge niente, eh?” ironizzò aspirando una lunga boccata di fumo “Vado a trovare qualcuno.”
“Chi, Paciock?”
Il Serpeverde lo fulminò con lo sguardo.
“Scherzavo, scherzavo…”
Scosse la testa mora in cui un pensiero frullava insistentemente da giorni. Un pensiero che prese forma in una frase buttata lì con noncuranza.
“… lo so che andavi a trovare la Granger.”
In un secondo tutta la persona di Draco fu scossa da un brivido. La sua pelle eburnea sembrò sbiancare ancora di più e i suoi occhi si fecero di ghiaccio. Blaise seppe allora di aver centrato il bersaglio, anche se in fondo era scontato: conosceva quella Serpe troppo bene e da troppo tempo per poterlo mancare.
“Come?”
La voce del biondo non uscì più forte di un soffio e si perse nel vorticare del fumo della sigaretta.
“Andiamo… La guardi continuamente, la punti da lontano, ti siedi sempre dietro di lei e quando ti ho detto che la avevano beccata con Potter ti ho visto schizzare il sangue al cervello. Non vorrai negare con me, il tuo migliore amico?”
Draco aveva negli occhi il terrore di chi vede cadere ad una aduna tutte le barriere che si era costruito.
“Non essere ridicolo Zabini.”
Perché tirare fuori questa storia ora? Ora che tutto era finito, ora che anche l’ultimo legame che lo univa alla Mezzosangue, il loro patto, era sciolto?
“Sarò anche ridicolo… Ma se fosse così…”
Il biondo scosse il capo, rassegnato.
“Dicevo, se fosse così non potresti chiedere alla tua Granger di mettere una buona parola per me con Ginevra?”
“Ancora quella Weasley?”
“Non riesco a parlarle, mi evita, è tornata da quell’idiota di Potter e io non so più vivere senza di lei… E risparmiami questo sguardo scettico Dra, è così, al cuor non si comanda…”
Draco annuì, più in risposta ad un proprio pensiero che non alle richieste dell’amico.
“Lo farai allora?”
Il biondo gli riservò un sorriso enigmatico e riprese a salire le scale, ignorando la sua voce che arrivava su dal primo piano.
“Draco, lo farai? Allora? Draco!”
Malfoy alzò gli occhi al Cielo… Certo che Blaise era proprio innamorato cotto…
Però era bello vedere qualcuno pronto a lottare per il proprio amore. Lui lo aveva forse mai fatto davvero? Aveva creduto da subito che la Granger fosse sua legittima proprietà e che non lo avrebbe mai rifiutato e invece non era stato così. Poi, quando le cose sembravano cominciare a funzionare un pettegolezzo era bastato a rovinare tutto.
Un pettegolezzo… Dopotutto quanto poteva crederci? Lui la aveva forse mai vista davvero tra le braccia di Potter? Credeva davvero a quelle chiacchiere? Forse no, non sul serio, altrimenti niente lo avrebbe trattenuto dal togliere il Cercatore Grifondoro da questo mondo.
Magari poteva pensare di concedere a Hermione un’altra chance se lei la avesse chiesta, magari tra loro poteva ancora nascere qualcosa.
Riflettendo così era arrivato al quarto piano e sarebbe salito fino all’infermeria se qualcosa non avesse attirato in quel frangente la sua attenzione.
In una nicchia appartata, un movimento veloce.
Un corpo femminile e delicato che si lasciava cadere tra le braccia di un ragazzo alto e moro.
Due mani circondate da una cascata di boccoli bruni, pronte ad accogliere il suo viso e ad attirarlo in quello che sembrava un bacio che Draco si rifiutò di vedere.
Aveva già visto abbastanza. Anzi, aveva visto troppo.
 “Potter sei finito…”


Il pranzo quel giorno ebbe per Draco il sapore amaro della rabbia e al tempo stesso quello dolce della vendetta che già progettava di prendersi nei confronti dello Sfregiato. Come aveva osato rubargli l’unica persona su questa terra cui tenesse ancora davvero?
Lo faceva impazzire vederlo chiacchierare allegramente assieme alla sua Mezzosangue… anzi probabilmente avrebbe dovuto dire semplicemente alla Mezzosangue, perché ormai non aveva più alcuna ragione per ritenerla sua.
Tutta la sua frustrazione si sfogava nel gesto ripetitivo di afferrare un grissino dopo l’altro e spezzarli in due con un colpo secco. Ovviamente nella sua testa, lo scricchiolio sinistro del pane sbriciolato si sovrapponeva già a quello delle ossa che progettava di rompere a San Potter…
“Ehi Draco, tutto bene?”
Blaise era un po’ preoccupato dalla montagna di grissini spezzati che andava accumulandosi nel piatto dell’amico.
“Una meraviglia, perché?”
“Sembri un po’ teso…”
“Non lo sono affatto.” Ringhiò il biondo mentre le schegge della sua ultima vittima farinacea si spandevano sulla tovaglia.
Blaise alzò le spalle.
“Buono a sapersi.”
Era inutile insistere con lui, lo conosceva da troppo tempo ormai per pensare di poter ottenere qualcosa in quel momento.
“Sei riuscito a parlare alla Granger di quello che ti avevo chiesto?”
L’ennesimo grissino andò in briciole mentre Harry si sporgeva a dire qualcosa nell’orecchio di Hermione.
“No.”
“Ci hai provato almeno?”
“No.”
Blaise sospirò.
“Buono a sapersi.”


Hermione sorrideva impercettibilmente, persa nei propri pensieri, mentre i suoi compagni discutevano animatamente del test di Pozioni.
Il ricordo della chiacchierata con Harry era ancora fresco nella sua mente. Come sempre le aveva fatto bene aprirsi con lui, non solo perché le aveva permesso di sfogarsi un po’ ma soprattutto perché le aveva fatto capire cosa volesse veramente.
Lei voleva Draco, voleva stare con lui, lo voleva come non aveva mai voluto nessuno prima…
Non aveva senso continuare a mentire a se stessa e negarsi una felicità che se ne stava a pochi passi da lei, così vicina che sarebbe bastato allungare una mano per sfiorarla. Sarebbe bastato parlare a Draco, chiarire qualsiasi dubbio lui avesse sulla sincerità dei suoi sentimenti e poi niente avrebbe potuto ostacolare il sorgere di quel tenue sentimento ancora senza nome che le dava una morsa allo stomaco ogni qualvolta gli occhi grigi di lui le sfioravano la pelle.
“Sei di buon umore Herm?”
Ron le diede una pacca sulla spalla.
“È perché sei libera, vero?”
La Grifondoro parve non capire.
“Come?”
“Sì, sei libera dal patto con Malfoy… Da oggi non dovrai più rivolgergli la parola, giusto?”
“Ecco, io…”
Dannazione… già sorgeva un primo ostacolo… Come lo spiegava al rosso che non aveva alcuna intenzione di dimenticare quella Serpe?
Per sua fortuna Harry, che aveva prestato orecchio ai loro discorsi, intervenne per distrarre il suo amico.
“Ehi Ron, ti va una sfida a scacchi dopo?”
“E me lo domandi? Non vedo l’ora di provare una nuova mossa di cui ho letto, che credo sarà…”
Bla, bla, bla… Le sue chiacchiere assunsero per Hermione il contorno indistinto di un inconsistente blaterare che non le impedì di rituffarsi nel mare dei suoi pensieri.
Non appena il pranzo fu finito, la Grifondoro cercò Draco con lo sguardo. Lo vide alzarsi da tavola ed avviarsi fuori scortato da una decina di Serpeverde, così provò a seguirlo da lontano, nell’attesa che fosse solo.
Circa cinque minuti dopo il biondo si era liberato di tutto il suo corteo, fatta eccezione per una biondina riccioluta che non sembrava minimamente intenzionata a lasciar andare il suo avambraccio.
Hermione decise di prendere in mano la situazione.
“Malfoy, posso parlarti?”
Il Serpeverde si fermò e si voltò nella sua direzione. I suoi occhi, alla luce delle torce avevano una colorazione intensa e spaventosa.
Á propos de quoi, ma petite putain? ”
Riguardo a cosa, mia piccola puttana ?
La biondina attaccata al suo braccio batté le mani con entusiasmo.
“Oh Dra-dra, sei così sexy quando parli spagnolo…”
Spagnolo? Il ragazzo si limitò a gettarle un’occhiata di fredda indifferenza. Aveva parlato in francese proprio per non farle capire.
Hermione intanto rispose mantenendo il suo stesso tono.
Á propos, mon cher bâtard, de nous deux…
A proposito, mio caro bastardo, di noi due …
La Serpe annuì.
“Tu puoi andare.” ordinò alla bionda.
“Perché? Io voglio stare con te…” piagnucolò quest’ultima, strusciandosi contro il suo petto.
Hermione non seppe trattenere uno scatto d’impazienza.
“Allora Riccioli d’oro, non capisci più neanche la tua lingua? Fuori dai piedi!”
La giovane la guardò un po’ spaventata, poi sembrò esitare un momento, offesa, ma infine girò i tacchi e sparì.
Draco batté lentamente le mani alla bruna davanti a sé.
Chapeau, ma petite putain… Io stesso non avrei saputo dirlo meglio.”
“Piantala di chiamarmi piccola puttana o potrei farti del male.”
“Preferisci puttana e basta?” soffiò la Serpe.
“Preferisco Hermione.”
Una risata amara riempì l’aria
“E io preferirei non doverti vedere mai più Granger, ma a quanto pare nessuno dei due sta avendo quello che vuole…”
La Grifondoro fu scossa da un brivido. Perché era così freddo con lei? Le riservava uno sguardo gelido e sprezzante che niente aveva a che fare con quello morbido e languido che gli aveva visto nelle tante volte in cui si erano mormorati parole confuse tra i baci e le carezze nei sottoscala e nelle aule vuote. Era quello sguardo che rivoleva indietro.
In fondo però un po’ se lo aspettava. Se fosse stato facile ragionare con lui non sarebbe stato Draco Malfoy. Un cher bâtard, un caro bastardo.
“Cos’hai a dirmi Granger? Non ho tempo da perdere io.”
La bruna gli fece cenno di seguirla e si infilò in un bagno in disuso poco distante.
“Volevo finire il discorso che avevamo iniziato ieri.”
Draco trattenne a stento una risata sarcastica. Il giorno precedente gli sembrava lontano secoli. Solo 24 ore prima aveva trascinato la Mezzosangue in un’aula vuota per chiederle di trasformare il loro assurdo patto in una relazione vera e propria. Ora l’unica cosa che voleva era allontanarsi da lei, la sua più perversa e dolorosa tentazione.
“Riguardo al nostro patto quindi.”
Cercò di sembrare indifferente. Doveva liquidarla in fretta e porre fine ai crudeli giochi che lei faceva col suo cuore.
“Credevo non volessi più parlare di un patto per descrivere quello che c’è tra noi.” Ribatté la Grifondoro, affatto scoraggiata dalla sua freddezza.
“Giusto…” il biondo si lasciò cadere mollemente verso la parete “Perché ormai non c’è più neanche quello. Ora parlerei di mutuo disprezzo.”
La vide ammutolire e seppe di aver scosso le sue certezze.
Hermione si morse un labbro. Cosa doveva rispondere ad una simile affermazione?
“Ma ieri tu stavi dicendo…”
“Ieri è lontano.”
“Non molto in realtà.”
“Abbastanza da non riesumare discorsi ormai privi di senso.”
Privi di senso? Il loro rapporto era privo si senso allora? La Grifondoro sentì un labbro tremarle e le lacrime pungerle gli occhi, perché se quel discorso era una sciocchezza allora la sua vita ormai era un folle sogno.
“Non lo pensi davvero.”
“Io credo di sì.”
“Io credo di no.”
“E come cazzo lo sai Granger? Me lo leggi negli occhi o roba del genere?” si sporse in avanti verso di lei, premendola contro un lavandino “O è un’abilità da Mezzosangue? Vuoi darmi ancora del Veritaserum per esserne sicura?”
“È per questo che sei arrabbiato, Draco? Per il Veritaserum?”
Il biondo si allontanò da lei scuotendo la testa.
“Non me ne frega un cazzo, Granger… Esattamente come non me ne frega niente di te.”
Non poteva essere vero, non poteva pensarlo davvero.
Hermione deglutì e provò ad andare avanti.
“Allora vorresti sciogliere il nostro patto?”
“Mi pare sia già sciolto.”
“E interrompere qualsiasi contatto tra noi?”
“Oh, no…” si prese un secondo per osservare i suoi occhi dorati bruciare di speranza “Possiamo continuare ad odiarci come sempre. Non ti toglierei mai questo piacere.”
Vide quella speranza cocente consumarsi nel disinganno e morire sotto i colpi del suo sarcasmo.
Ma vide anche qualcos’altro rinascere in quelle iridi, una nuova determinazione, forte e disperata risorta dalle proprie ceneri come una fenice.
“Non è vero.”
La Grifondoro parlò con decisione per poi afferrare il maglione che fasciava la figura sensuale del Serpeverde ed attirarlo a sé. Si sedette su di un lavandino e trascinò il biondo tra le proprie gambe. Un attimo dopo si era sfilata il maglione ed era rimasta in biancheria intima.
Non ragionava più, non pensava più, si sentiva distante, come in una dimensione parallela in cui lei non era lei, Draco non era Draco e lei decisamente non stava facendo la colossale sciocchezza, così estranea al suo carattere, che stava invece facendo.
Voleva solo che lui capisse, che capisse quanto era importante per lei.
“Mezzosangue rivestiti…”
“Vuoi andare via Draco?”
Lui le rivolse un’occhiata appannata dal desiderio.
“Sì, voglio andare via…”
Le sfiorò la pelle morbida dello stomaco e del petto, in un gesto molto poco coerente con le proprie parole. Si beò del brivido che percorse il suo corpo esile e curvilineo e della passione che accese le sue iridi color cioccolato, così simile a quella su cui aveva fantasticato quel pomeriggio in corridoio ed eppure ancora così lontana dal suo apice.
Arrivò a giocare con l’orlo della sua gonna, mentre Hermione gli metteva le mani attorno al collo, intrecciando le dita coi suoi capelli biondi, per poi attiralo verso le proprie labbra. Fu un bacio veloce e violento, un contatto contrastato di bocche che si cercavano e si respingevano.
Draco voleva ritirarsi, voleva sottrarsi al suo potere, ma non ci riusciva, non riusciva a fare a meno di quel sapore divino che avevano le sue labbra… Quel contatto lo inebetiva e lo trascinava in uno stato d’incoscienza simile a quello di un incubo da cui voleva ma non poteva svegliarsi. O forse era esattamente il contrario: avrebbe potuto ma non voleva farlo.
La bruna lo fissò con occhi languidi e ripeté la domanda.
“Vuoi andare via?”
Lui annuì col capo, lottando per non rituffarsi sulle sue labbra peccaminose.
“Non vuoi fare l’amore con me, Draco?”
Il giovane rise amaramente ricordando la sera di soli due giorni prima, quando in camera sua era stato lui a porre quella stessa domanda alla Granger. Sembrava un’epoca lontanissima.
“Draco?”
“No Mezzosangue, non voglio fare l’amore con te. Perché non corri da Potter invece?”
“Che cosa c’entra Harry ora?”
Il Serpeverde si allontanò da lei, lentamente, inspirando il suo profumo delicato, con la convinzione che probabilmente non avrebbe mai più potuto sentirlo da così vicino.
“Addio Granger.”
E con un suono sordo la porta si chiuse alle sue spalle.



[…] Je suis la plaie et le couteau!
Je suis le soufflet et la joue!
Je suis les membres et la roue,
Et la victime et le bourreau !

Je suis de mon cœur le vampire,
- Un de ces grands abandonnés
Au rire éternel condamnés,
Et qui ne peuvent plus sourire!

Les fleurs du mal, “L’Héautontimorouménos”
C. Baudelaire

[…] Io sono la piaga e il coltello!
Io sono lo schiaffo e la guancia!
Io sono il corpo e la ruota,
E la vittima e il boia!

Io sono il vampiro del mio cuore stesso,
- Uno di quei grandi diseredati
Al ridere eterno condannati,
E a cui sorridere non è più concesso!

I fiori del male, “L’Eautontimorumenos”,
C. Baudelaire




………continua……….
 





§ Spazio autrice: §

Riguardo al titolo, questa volta l’ho ripreso dal romanzo “Doppio sogno” di Arthur Schnitzler, autore fra l’altro del mio libro preferito “La signorina Else” (racconto brevissimo ma semplicemente me-ra-vi-glio-so!). La storia originale riguarderebbe gli smarrimenti paralleli di una coppia di giovani ed ordinari sposi: il marito partecipa quasi per caso ad una sorta di misteriosa festa in maschera, tanto strana da sembrargli un sogno e la moglie invece dormendo tranquilla nel suo letto fa un sogno di una sconcertante attinenza col reale. Io ho voluto, come al solito, riprendere solo il titolo senza attinenza alla trama e ho impiegato il motivo del doppio sogno per trasmettere l’idea che sia Draco sia Herm si sentono, quando sono insieme, lontani dalla realtà, come in una dimensione onirica tutta loro in cui però ancora non riescono a ritrovarsi pienamente e a comunicare tra sé. Uniti dall’essere in un sogno, divisi dal non essere nello stesso.
A presto!
MmeBovary


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Capitolo 11
*** Guerra e pace - Parte I ***



Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!



CAP. 11
GUERRA E PACE – Parte I

Le fiamme danzano…
Non c’è verbo migliore per definire i labili tremolii che scuotono le lingue di fuoco nel camino.
Danzano.
Si contorcono per un millesimo di secondo, come pervase da chi sa quale inesprimibile dolore o estasi per poi svanire nel fumo e nel nulla.
Un movimento decisamente affascinante, o comunque abbastanza ipnotico da aver catturato l’attenzione di Harry Potter da una mezz’oretta buona.
Il moro sedeva languidamente abbandonato sul divano davanti al camino con il libro di Storia della Magia buttato sulle gambe distese e aperto al capitolo “Antiche credenze sulle erbe magiche: Machiavelli e la mandragola”. Le dieci pagine che avrebbe dovuto leggere per il giorno seguente erano così noiose che era bastato il crepitio del fuoco a distrarlo, dopodiché le movenze delicate delle fiamme avevano incatenato il suo sguardo smeraldino.
L’armonia di quella danza infuocata fu sconvolta da una leggera folata di vento quando la porta del Dormitorio femminile si aprì e Harry fu portato ad alzare la testa per cercare la fonte di quel disturbo.
Ginny stava silenziosamente scendendo le scale e quando vide il moro girarsi verso di lei ebbe un fremito subitaneo e abbassò lo sguardo, come un bimbo colto con le dita nel barattolo della marmellata. Il ragazzo parve non notarlo e allungò il braccio verso di lei, invitandola ad avvicinarsi. La rossa, dopo un attimo di esitazione, obbedì e si andò a sedere sul bracciolo del divano.
“Ehi, Ginny… Non ti ho visto a pranzo oggi, tutto bene?” chiese il Cercatore, passandole intanto le braccia dietro la vita per attirarla a sé.
“Io… non stavo bene…”
Puntò le mani delicate sul petto di Harry, facendo resistenza con le braccia alla forza del suo abbraccio. Non voleva dimostrargli una passione che non provava più ma non riusciva a trovare il coraggio di rivelargli quello che sentiva. Temeva di ferirlo più di ogni altra cosa…
“Non sto bene.” Aggiunse, quasi a giustificarsi della propria riluttanza.
Il moro le prese gentilmente il volto tra le dita e le labbra di lei furono increspate per un attimo da una smorfia di fastidio, quasi tremasse all’idea di un bacio, ma Harry voleva solo osservarla da vicino.
“Sei un po’ pallida in effetti… Sembri stanca. Cosa c’è che non va?”
Lei scosse il capo e nascose gli occhi lucidi dietro una cascata di capelli rosso acceso il cui scivolare leggiadro ricordava vagamente il danzare del fuoco.
“Non c’è niente che non va… Solo, credo di aver un po’ d’influenza… Forse è contagiosa, magari è meglio se me ne vado…”
Tentò invano di scivolare via dalla presa del Grifondoro che le bloccò una mano e aprì la bocca per offrirsi di accompagnarla in Infermeria.
In quel momento però il quadro della Signora Grassa si spalancò e Hermione fece il suo ingresso nella stanza così che Harry fu distratto a sufficienza perché Ginny potesse sgattaiolare via senza farsi notare.
“Ehi Herm!”
La ragazza procedeva a capo chino, senza guardare dove mettesse i piedi. Sentendosi chiamare si girò di colpo e andò a sbattere contro Seamus Finnigan facendo finire a terra entrambi.
“Ehi Hermione guarda un po’ dove metti i piedi!”
Lei balbettò uno “scusami” incerto e fece per rialzarsi. Seamus le offrì una mano per tirarsi su e notò che il maglione Grifondoro che le copriva le braccia fino alle mani era infilato al contrario.
“Ma ti sei vestita al buio stamattina?” scherzò “Hai il golf alla rovescia…”
La giovane ebbe un tremito di vergogna e nascose frettolosamente le cuciture del polsino sotto la stretta delle unghie, come a voler negare quel particolare rivelatore che non sfuggì però all’attenzione di Harry.
Il moro la prese subito a braccetto e la portò verso il camino ammiccando.
“Vestiti stropicciati, eh Herm? Risparmiami i particolari… ma con la Serpe è andata bene quindi?”
In tutta risposta lei alzò verso di lui il suo sguardo più disperato. Tutto l’oro delle sue iridi si era spento in un marrone smorto, scuro come la terra dei cimiteri. Tutta la speranza che vi era arsa giaceva sotto uno strato immenso di dolore.
“Oh no…” soffiò il suo migliore amico, stringendola al petto “Il bastardo ti ha lasciata, vero?”
Era bastata un’occhiata a spiegargli tutto, non servivano parole tra di loro, il suo bisogno di conforto superava la mera comunicazione verbale.
Con un singhiozzo la bruna si gettò tra le sue braccia e scoppiò in singhiozzi e mentre veniva portata su in camera dal suo migliore amico, dietro di lei Seamus Finnigan, ignaro di tutto, si chiedeva da quando la Granger era così permalosa da scoppiare in lacrime per un’annotazione sui suoi vestiti…


Hermione si lasciò trascinare dalla mano ampia e calda del Cercatore Grifondoro fin nella sua camera vuota. Fissò per tutto il tempo con sguardo vacuo l’oscillare ad ogni suo passo del suo maglione color vinaccia sui muscoli della sua schiena e poi si lasciò mettere a sedere sul letto.
Si accorse solo distrattamente che il ragazzo le aveva fatto una domanda.
“Come?” balbettò incerta.
“Non ha voluto stare con te?” ripeté pazientemente il moro.
Hermione abbassò lo sguardo e serrò le labbra. Per quanto dette con dolcezza quelle parole erano troppo vere per non ferirla profondamente. Qualcosa dentro di lei sembrava aver preso a sanguinare. Era il suo orgoglio ferito? O forse il suo povero cuore?
Harry le prese il viso tra le mani e le asciugò le lacrime con i pollici per poi far combaciare le loro fronti. Quel contatto fresco fu un sollievo per la mente stanca della bruna.
“Allora, se non ti vuole è un idiota. E se è un idiota non ti merita e tantomeno merita che tu soffra per lui.”
La ragazza scosse il capo, incapace di arrendersi a quel pensiero così drastico e definitivo.
“No, deve essere colpa mia, devo aver sbagliato qualcosa, devo avergli dato qualche impressione errata…”
Frugava nella propria mente alla ricerca di indizi che le rivelassero dove poteva nascondersi l’incomprensione, ma non capiva. In fin dei conti, per quanto Draco la accusasse di essere falsa era proprio con lui che era stata più sincera che con gli altri… i suoi sussurri e sospiri mentre la accarezzava, i suoi baci infuocati, i suoi sguardi languidi… Non erano forse queste le più veritiere prove d’amore che poteva dargli? E poi non gli si era forse appena offerta apertamente?
Harry la strinse al proprio petto.
“Herm, Herm, Herm… spero tanto che sia vero e che tutto si risolva, ma se non dovesse essere così…”
Lei crollò con forza la testa ricciuta, rifiutandosi ostinatamente di accettare l’idea.
“Se non dovesse essere così” proseguì il suo amico “comunque non dovresti restare troppo sorpresa. È pur sempre di un Malfoy che stiamo parlando.”
Due piccole mani sottili si puntellarono con forza sui muscoli del suo petto mentre Hermione si distanziava da lui quel che bastava per guardarlo negli occhi. Quel gesto fu inaspettato ma non fu ciò che lo stupì. A stupirlo ci pensarono le iridi della Grifondoro. Così ferventi e tempo stesso carezzevoli al come non le aveva mai viste.
“In lui c’è più di quello che appare…” soffiò la ragazza in un sussurro con tono distante, come se si stesse stupendo ella stessa delle proprie parole “Non è solo un Malfoy, lui è Draco Malfoy… Con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, ma comunque lui… Non è solo il suo cognome.”
Harry restò spiazzato da una tanto appassionata difesa. Aveva capito da tempo che la sua amica non stava con Malfoy solo per quella specie di patto che avevano stipulato, ma ora un sospetto tremendo s’insinuava nella sua mente… Possibile che lei… che lei si fosse innamorata davvero?
“Non dovresti affezionarti troppo a quella Serpe.”
La Grifondoro inspirò profondamente e si strinse nelle spalle indolenzite.
“Mi credi così stupida da farmi delle illusioni su di lui?”
Alzò le lunghe ciglia brune, appesantite dal pianto e incontrò gli occhi smeraldini del suo migliore amico. Ebbe come un fremito e subito si costrinse a guardare altrove.
Era come se Harry le avesse letto l’anima.
“Non credo che tu sia stupida Herm…” le sussurrò il moro posando le labbra fresche sulla sua gota sfumata di un tenue rossore, dovuto all’imbarazzo quanto alla stanchezza “Ma ciò non toglie che tu possa esserti innamorata.”
Hermione chiuse gli occhi, ma un’unica piccola lacrima sfuggì alla presa serrata delle sue palpebre, un’unica piccola lacrima, testimone scomoda di un sentimento che lei avrebbe voluto poter non provare.


Quando Draco entrò in Sala Comune e Blaise lo vide da sopra l’orlo del proprio bicchiere, il moro non poté impedirsi di pensare che quello era lo sguardo più torvo che gli avesse mai visto in faccia. Malfoy teneva i pugni serrati con tale forza che le sue nocche erano divenute bianche e la sua mascella si muoveva impercettibilmente, come per un tic nervoso, digrignando i denti dietro le labbra perfette.
Solo un idiota non avrebbe capito che era il caso di lasciarlo in pace.
Peccato che fosse proprio un’idiota quella che lo aspettava seduta sul divano.
“Dra-dra!” lo apostrofò con la sua voce squillante Alissa, la biondina ricciuta che lo aveva seguito dopo pranzo.
Il biondo girò il volto di lato mentre lei gli saltava al collo e lo trascinava verso il divano.
Un secondo dopo era cavalcioni su di lui e gli baciava avidamente il collo di cigno.
Il ragazzo lasciava semplicemente che lei abusasse del suo corpo, standosene fermo e distante. Se invece di accarezzarlo lo avesse preso a schiaffi non lo avrebbe visto più coinvolto.
“Mi sei mancato Dra-dra…” gli soffiò la bionda “Che cosa doveva dirti quella stupida Mezzosangue?”
La reazione del biondo a quella parola fu subitanea. Con uno scatto ribaltò la giovane sul divano accanto a sé, serrandole la gola con la mano tremante di rabbia.
“Tu…” sibilò “…non... osare… mai più…”
Non riusciva neanche a parlare, non capiva cosa stesse facendo, non sapeva cosa gli fosse preso.
La Serpeverde pigolava come un pulcino spaventato.
“Draco ti prego lasciami…”
In quel momento Blaise afferrò l’amico per le spalle e lo tirò via.
“Ehi, che cazzo ti prende?”
Il biondo si scrollò dalla sua presa con un ringhio furioso e fissò in maniera agghiacciante la Serpeverde raggomitolata sul divano.
“Sparisci…”
Una parola bastò a farla correre via.
“Draco sei impazzito per caso? Cosa credevi di fare?”
Il biondo, ritrovata la propria calma glaciale non seppe cosa rispondere. Il solo sentir nominare Hermione con un tale tono lo aveva mandato in bestia… Cosa gli era preso?!
“Non mi scassare Zab…” tagliò corto “Sono già abbastanza nervoso senza che tu mi faccia il terzo grado.”
“Si è già visto quanto tu sia nervoso, mi pare…” ironizzò il moro “Hai parlato con Hermione quindi?”
“Deve per forza essere lei la Mezzosangue di cui parlava Addison?”
“Alissa.”
“Quello che è.”
“Sì deve essere lei, o non avresti reagito così.”
Ovviamente non ottenne risposta.
Il biondo infatti ignorò la provocazione e si buttò mollemente tra i cuscini del divano. Si sporse in avanti e prese dal basso tavolino un pesante bicchiere di cristallo in cui versò un’abbondante dose di whisky incendiario. Blaise vide alcune gocce ambrate cadere sul tappeto scuro: la mano con cui Draco reggeva la bottiglia tremava ancora leggermente. Tutta la frustrazione che aveva accumulato in quei giorni era esplosa con forza animale nel brusco gesto di poco prima e ora faticava a diminuire. Si propagava invece come un’aura di rabbia attorno alla sua figura, sfumando nei cerchi concentrici che increspavano la superficie del suo whisky.
Nonostante ciò Zabini non seppe resistere alla tentazione di fargli un’altra domanda.
“Quindi, per caso, non è che le hai parlato di me e Ginny?”
Draco fece roteare il bicchiere, osservando il morbido movimento del liquido alcolico.
“Certo.”
“Davvero?!”
Il biondo si portò il cristallo alle labbra con un ghigno.
“Certo… che no.”
Blaise si buttò sul divano accanto a lui con la testa tra le mani.
“Tu giochi col cuore di un uomo morto.”
Il principe delle Serpi roteò gli occhi con aria annoiata, senza alzare la bocca dal whisky. Si divertiva a tenere il suo amico un po’ sulle spine.
“Non essere melodrammatico…”
“Non sono melodrammatico Dra, sono innamorato. Capisci? I-n-n-a-m-o-r-a-t-o… Ce l’hai presente? Credo di sì, perché mi sa che tu non stai messo tanto meglio di me.”
Se un’occhiata avesse potuto uccidere probabilmente Blaise sarebbe caduto a terra stecchito perché il suo amico non gli risparmiò uno sguardo abbondantemente truce.
“Non dire cazzate.”
“Sì, sì, nega pure… intanto però sei cotto a puntino.”
“Fanculo.”
“Cotto… innamorato cotto…”
“Blaise ripetilo un’altra volta e giuro che domani avrai tutti i requisiti per entrare nel coro delle voci bianche.”
“Dillo tu allora.”
Il biondo alzò un sopracciglio, confuso.
“Dire cosa?”
“Dì che non la ami.”
Draco scosse il capo. Una risata nervosa s’infranse sulla superficie di quel che rimaneva del suo whisky. Perché mai avrebbe dovuto fare una cosa tanto stupida? Che bisogno c’era di dimostrare che non provava più amore per la Mezzosangue dopo che l’aveva vista tra le braccia di Potter?
“Draco?”
“Nh?”
“Dillo. Ti sfido a convincermi.”
L’unico suono che seguì quelle parole fu quello del tappo della bottiglia che veniva tolto e del suo contenuto che riforniva il bicchiere di cristallo.
Non voleva dirlo. Dentro di sé qualcosa glielo impediva. Paura, dovette ammettere con se stesso. Paura che dicendolo ad alta voce sarebbe diventato irreversibile o paura di scoprire in quelle parole la falsità di un autoinganno? Questo non lo sapeva neanche lui.
Ma non poteva rifiutare una sfida così diretta. Fissò il suo migliore amico negli occhi. Era sempre stato il migliore nel dissimulare qualsiasi emozione, una maschera di ghiaccio copriva ogni possibile tremito della sua voce o anche la più piccola contrazione del suo viso: non poteva perdere questa sfida.
“Io non sono innamorato di Hermione.”
Scandì bene le parole, calcando il non, distese la bocca in un sorriso diplomatico, fece tutto quello che faceva sempre… eppure qualcosa andò storto.
Un lampo attraversò le iridi blu di Blaise e Draco seppe di aver perso.
“E io sono Minerva Mc Granitt…” rispose il moro con un sorriso.
Non gli aveva creduto neanche per un secondo.
-Coglione- si disse mentalmente Draco -sei un coglione-. Quella volta neanche tutta la freddezza made in Malfoy era stata sufficiente per far passare per veritiera la più grande balla del secolo.
Lui amava Hermione. La amava alla follia, ecco la verità, per quanto avrebbe voluto odiarla,
odiarla come odiava Potter che la aveva strappata dal suo abbraccio… e questo si era sentito fin troppo chiaramente in quelle sei misere parole.
“Sei un coglione Draco.” Blaise dette voce ai suoi pensieri. “Perché rifiuti di lottare per la ragazza che ami e soffri come un cane e perché rifiuti di aiutare me con la ragazza che io amo e fai soffrire anche me come un cane!”
Il Serpeverde si passò le dita tra i capelli chiarissimi, scuotendo la testa.
“Zab, a volte sai essere la persona più fastidiosa che conosca…”
“Più di Pansy?” ironizzò il moro, sapendo quanto il suo amico odiasse la vocina acuta della compagna.
“…ma ho deciso…” continuò il biondo “…di aiutarti lo stesso.”
Il volto di Blaise si accese di una speranza nuova e sincera, fresca come un fiore appena sbocciato.
“Davvero?!” sembrò esitare un attimo “No, probabilmente ti stai prendendo di nuovo gioco di me. Lasciamo perdere.”
Fece per alzarsi e andare via, ma la voce profonda e impastata dall’alcol di Draco lo fermò.
“Io volevo aiutarti sul serio. Ma se preferisci andartene…”
Non fece in tempo a finire la frase che il suo amico era tornato a sedere al suo fianco.
“Le parlerai?!”
Il biondo scosse il capo.
“Dato che non ho nessuna intenzione di rivolgerle la parola…”
Blaise espresse il suo dissenso per tanta caparbietà con un’occhiata di rimprovero che il suo amico si lasciò scivolare addosso con indifferenza.
“…Suppongo che non ci resti che scriverle Zab… e vedrai che riporterà il tuo messaggio a quella babbanofila Weasel.”
“Ginevra!”
Il biondo finì l’ultimo sorso di alcol con un ghigno sarcastico. Adorava far innervosire il suo amico…
“Sì, sì, quella lì.” Borbottò schivando un cazzotto scherzoso.
…e ora che era così innamorato era anche troppo facile.


Hermione si lasciava cullare dalle braccia del suo amico, troppo stanca ormai anche per singhiozzare come aveva fatto fino ad allora.
Si sentiva vuota senza Draco, inutile, incompleta.
Quando era successo- pensò -quando era diventato così importante per lei?
Non era forse iniziato tutto come un freddo scambio di favori? Quando aveva abbassato le sue difese, il muro della diffidenza e del rancore, al punto da affezionarsi tanto al Serpeverde? Al punto da innamorarsi…
E lui l’aveva rifiutata in modo così spietato… Possibile che per lui il loro rapporto non significasse nulla? Le sue labbra avevano detto questo, ma le sue mani, le sue mani che l’avevano accarezzata morbidamente, i suoi occhi, così umidi e brillanti di passione… Quelli parevano mandare un messaggio diverso.
La bruna si passò una mano sul viso. Stava piangendo? Non se ne accorgeva neanche più…


“…Queste non son più lacrime, che fuore
Stillo dagli occhi con sì larga vena.
Non suppliron le lacrime al dolore:
finîr, ch’a mezzo era il dolore a pena.
Dal fuoco spinto ora il vitale umore
Fugge per quella via che agli occhi mena…”

L. Ariosto, L’Orlando furioso

…Queste che stillo dagli occhi con tanta
Abbondanza non sono più lacrime.
Le lacrime non furono sufficienti per sfogare
Tutto il mio dolore: finirono, quando il dolore
Era a metà appena. Ora quel liquido che esce, spinto
Dalla cocente passione, dalla via che porta agli occhi,
È l’essenza della mia vita stessa…


Harry la attirò al proprio petto, appoggiando le labbra fresche sulla sua fronte accaldata, e le asciugò due grossi lacrimoni che correvano lungo le sue gote.
“Va un po’ meglio?” le mormorò sulla pelle.
“Insomma…”
Hermione detestava sentirsi debole, odiava piangere e non lo faceva quasi mai. Ma quel giorno si sentiva semplicemente annientata.
“Cosa ti farebbe stare meglio?” continuò con voce piacevolmente carezzevole il Cercatore “Gelato? Una cioccolata calda? Patatine e tanta salsa? Un bel libro?”
La Grifondoro osservò l’orologio.
“Tra venti minuti iniziano le lezioni.”
“Non devi andare per forza. Non stai bene, ci penserò io a dirlo ai professori.”
Hermione puntò le mani sul suo petto e si distaccò leggermente da lui, quanto bastava per guardarlo con i suoi caldi occhi castani.
“Non hai capito… Quello che mi serve sono due ore di Aritmanzia e un’ora di Difesa contro le Arti Oscure.”
Harry scosse la testa.
“Certo che a volte sei strana Herm…”
“Sono fatta così.” Ribatté lei sorridendo, finalmente.
Il suo amico era riuscito persino a strapparle un sorriso. I muscoli intorpiditi del suo viso fremettero quando furono contratti in quella semplice espressione di gioia, come se non lo avessero fatto per troppo tempo.
Riprese a farsi cullare dolcemente tra le braccia di quel Grifondoro per colmare un po’ la vuota desolazione del proprio cuore.
“Posso restare da te stanotte Harry? Non mi va di dormire sola.”
“Certo che puoi…”
“Dillo a Ginny però” celiò la bruna “O succederà ancora un casino come l’ultima volta!”
Harry non rise a quella battuta e Hermione sollevò verso di lui lo sguardo. I suoi occhi smeraldini erano fissi nel vuoto, la sua mente rapita da un filo di pensieri.
“Glielo dirò...” rispose dopo quella lunga pausa “Se riesco a parlarle… Ultimamente sembra evitarmi.”
La ragazza lo abbracciò stretto. Lei sapeva le ragioni per cui Ginny era così distante e titubante, sapeva cosa la rossa provasse per il proprio ragazzo e cosa per Blaise… Un moto di compassione le attanagliò lo stomaco.
“Mi dispiace…”
“Fa niente. In realtà era da un po’ che le cose non funzionavano molto tra noi. Anche da prima che succedesse quel putiferio per cui ci eravamo lasciati.”
Il moro sospirò leggermente, ma poi il sorriso tornò sul suo volto.
“Non pensare a me ora Herm. Sei tu quella da consolare!”
In quel momento Hermione ringraziò il Cielo che le aveva posto affianco quell’angelo custode dagli occhi verdi, perché senza di lui non ce l’avrebbe mai fatta. Di amici come Harry ce n’erano pochi al mondo. Se quella sera, quando tornò in quella stanza, Hermione riuscì ad addormentarsi fu solo perché percepiva il suo corpo accanto al proprio e il calore del suo abbraccio attorno a sé.


Il sole non aveva ancora fatto capolino oltre la linea dell’orizzonte quando Hermione fu svegliata dallo stridere di una civetta.
Il grosso uccello grigio puntinato di marrone si era posato sul davanzale della Torre e chiedeva imperiosamente di entrare, arruffando le penne.
La Grifondoro scivolò via da sotto le coperte e andò ad aprire. Sentì Harry mugolare qualcosa d’indistinto per poi cercare a tentoni gli occhiali sul comodino.
Non appena fu libera di farlo, la civetta volò dentro la stanza, appoggiandosi sulla spalliera di una poltrona e Hermione le accarezzò delicatamente la testolina piumata. Edwige dal suo trespolo protestò per quell’invasione di territorio emettendo un lungo fischio acuto.
“Sht…” le intimò la bruna, sperando che gli altri ragazzi lì a dormire non si fossero svegliati. Fortunatamente, un grugnito assonnato proveniente dal letto di Ron fu l’unico segno di vita.
“Che è?” masticò Harry arrivando a fianco alla sua amica, ancora semi-addormentato.
“Una lettera…” rispose la ragazza sciogliendo la busta bianca che era stata legata alla zampa dell’animale.
Sul retro della carta bianchissima erano vergate solo le iniziali del mittente.
D. L. M.
Harry porse alla civetta un cracker (gesto che provocò un'altra rumorosa protesta di Edwige) e questa volò via soddisfatta, dirigendosi verso la guferia. Un rigirarsi sotto le coperte fece sospettare ai due amici che gli altri Grifoni stessero per svegliarsi. Di comune accordo si spostarono in bagno, dove avrebbero avuto un po’ più di privacy.
“È da parte di Malfoy?” chiese il Cercatore avendo adocchiato le sue iniziali.
La reazione istintiva della sua amica fu di stringere la busta al petto, di nasconderla.
“Non è detto…” ribatté senza troppa convinzione “Potrebbe essere una Dorothea Lucy Marlen o un Dexter Lucas Mabbof… no? Ci saranno tanti D. L. M. al modo…”
“Non essere sciocca ‘Mione. Vuoi leggerla da sola? Me ne vado…” si offrì il moro.
“No!” esclamò subito lei bloccandolo per un braccio.
Non aveva il coraggio di aprire quella busta, ma doveva sapere cosa contenesse.
“Leggila prima tu, Harry…”
Il Cercatore storse le labbra.
“Sei sicura? Potrebbe essere molto personale.”
“Sarà solo un mare di offese…”
Il moro la guardò. Se era così allora Malfoy conosceva davvero una lista infinita di offese perché il pacco era tanto voluminoso da far pensare che contenesse più fogli.
 “Non è che esplode appena la apro?”
Quel pensiero gli aveva attraversato subito la mente. Considerando da chi veniva la busta…
“No, cioè credo di no… Non vedo perché dovrebbe!”
“Allora sei certa di non volerla vedere tu?”
“Dalle prima un’occhiata e se non è così brutta come penso me la farai leggere.”
“E va bene…”
Harry strappò il sigillo in ceralacca nera e tirò fuori tre fogli ripiegati.
Davanti a lui Hermione seguì con ansia ogni minimo cambiamento nella sua espressione.
Il suo volto all’inizio restò calmo, vagamente contrariato forse, ma sempre tranquillo. Quando proseguì nella lettura però tutto cambiò. Una rabbia sorda e cieca deformò i suoi lineamenti sorridenti. Le sue mani tremarono.
Non poteva credere a quello che stava leggendo.





………continua……….
 





§ Spazio autrice: §

Salve gente.
Ecco a voi anche il capitolo XI che è la prima parte di un “capitolone” (neologismo che Word mi sta già segnalando come errore!) diviso in due parti di lunghezze relativamente disuguali (questa è parecchio più corta). Il titolo stesso è doppio: “Guerra e pace” ( o Война и мир se masticate il russo…), ovviamente ripreso dal capolavoro di Lev Tolstoj, un vero e proprio pilastro della letteratura russa (e pilastro è il termine più adatto per definire un libro di duemila pagine!
Tanto per chiarire, la citazione nel mezzo presa dall’Orlando Furioso pari pari è quella sopra, mentre quella sotto è la parafrasi che ho aggiunto per renderla più comprensibile.
Niente Baudelaire stavolta, chi sa come mai!
MmeBovary.
 

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Capitolo 12
*** Guerra e pace - Parte II ***



Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!




CAP. 12
GUERRA E PACE – Parte II


“La vita, per tutte le sfacciate assurdità, piccole e grandi, di cui beatamente è piena, ha l’inestimabile privilegio di poter fare a meno di quella stupidissima verosimiglianza, a cui l’arte crede suo dovere obbedire.”
L. Pirandello


La vita è assurda, illogica, imprevedibile più del più fantasioso romanzo.
Non è pensabile che sia regolata da leggi imperscrutabili. Quale legge mai potrebbe mettere in gioco tante variabili, orchestrare tante apparenti casualità, coordinare tanti dettagli? No… è inutile nascondersi dietro la confortante illusione che regole più grandi di noi determinino il nostro destino…
L’assurdo è ciò che regna nella vita umana.
Harry Potter lo aveva appena sperimentato sulla sua pelle. Un attimo prima stava consolando la sua migliore amica perché il suo cuore era a pezzi e l’attimo dopo era il suo stramaledetto cuore ad essere andato in frantumi.
Il ragazzo strinse convulsamente la presa delle dita attorno alla lettera e proseguì imperterrito nel leggerla. Non voleva correre il rischio di cadere in un equivoco, non voleva fraintendere, ma in quei tre fogli c’era ben poco che potesse essere frainteso.
Hermione lo osservava, preoccupata.
“È così brutta come penso?”
Il moro lasciò ricadere il braccio. Si sentiva assurdamente stanco, come se quel pezzo di carta avesse risucchiato tutta la sua voglia di vivere, e al tempo stesso ogni suo muscolo si corrodeva in una rabbia cocente e folle, pronta ad esplodere.
“Tutt’altro…”, rispose con una calma che lui stesso non si sarebbe aspettato “…è una bellissima lettera d’amore.”
La bruna credette per un secondo che la stesse prendendo in giro. Una lettera d’amore da parte di Draco? Era più probabile che Goyle fosse diventato Ministro della Magia piuttosto.
“Per me?!”
“No. Per Ginny.”
A Hermione servì un attimo per capire. Un attimo lungo un’ora in cui la sua mente riempì i vuoti lasciati sottintesi da quelle poche parole e ricostruì quanto appena successo. Quella dannata lettera doveva contenere qualche esplicita dichiarazione di Blaise per la sua amica.
-Cretina- si disse -sei una cretina-.
Come le era venuto in mente di far leggere una lettera di Draco a Harry?! Neanche nei suoi più folli incubi si sarebbe mai permessa una simile leggerezza e invece quella mattina il sonno, la stanchezza, lo stress accumulato e la frustrazione la avevano spinta ben oltre il limite della sua logica imperterrita e previdente.
Aveva avuto paura. Aveva tremato di fronte alla lettera di Draco, di fronte a Draco, e queste erano le conseguenze.
“Non sembri particolarmente sorpresa…”, commentò il Cercatore, notando come la sua amica avesse a malapena reagito ad un annuncio che per lui era stato a dir poco sconvolgente.
La ragazza tentò invano di trovare una giustificazione.
“Harry, io…”
La colpevolezza nel suo sguardo parlò per lei.
Il suo migliore amico serrò gli occhi, nascondendo dietro le palpebre forzatamente chiuse la verità dolorosa del tradimento.
“Tu lo sapevi!”, ringhiò, tornando a fissarla “Tu lo sapevi e non mi hai detto niente!”
Hermione provò un approccio dolce.
“Harry, tesoro, mantieni la calma…”
“MANTIENI LA CALMA UN CORNO, HERM!”
“È stato quando vi eravate lasciati…”
“LEI! MI AVEVA LASCIATO LEI!”
“Credeva la avessi tradita! Calmati ora!”
Il moro prese un profondo respiro, ma la sua rabbia non sbollì affatto.
“Forse quando leggerai questa, capirai perché non posso essere calmo.”
Le porse quei tre fogli ormai mezzi accartocciati e Hermione notò subito che erano vergati da due calligrafie diverse. Il primo era occupato solo in una piccola striscia da una scrittura elegante, essenziale, fredda, che lei riconobbe subito. I restanti erano stati riempiti fittamente da una mano evidentemente agitata, frettolosa, incapace di trattenere le emozioni che stava riversando nel foglio.
Hermione iniziò a leggere. Neanche un saluto su quella prima pagina, nessuna formalità.

“Mezzosangue, non pensare che ti scriva perché ho cambiato idea su quello che ci siamo detti poco fa o perché voglio scusarmi per qualunque colpa tu mi addossi.”

Gentile come sempre.

“L’unica ragione che mi spinge a contattarti dopo che ti avevo promesso di non farlo più è l’amicizia che mi lega a un mio compagno, Blaise Zabini. Leggendo il suo nome probabilmente avrai già capito cosa vuole da te. È suo desiderio che tu interceda per lui presso Ginevra Weasley. Non so se lei ti abbia mai parlato di Blaise, ma ti assicuro che il mio amico non fa altro che tormentarmi riguardo a quanto la ami e a come non possa scordare la notte che hanno passato insieme.
Pensi di riuscire a portare il resto di questa lettera alla Weasley o mi odi troppo anche per aiutare un mio amico?
Ah, dimenticavo… Auguri con San Potter.

Draco L. Malfoy”

 Da qui iniziava una lunga e appassionata lettera d’amore che Hermione lesse senza neanche capire cosa ci fosse scritto. Nella sua mente tutto ciò che rimbombava con insistenza erano le parole di Draco.
Quando ebbe finito, alzò gli occhi verso il suo migliore amico, fermo davanti a lei con la mascella serrata e lo sguardo verde che assumeva tinte omicide.
“Capisci ora?”
La bruna scosse il capo.
“Harry, temo che dovrai accettarlo…”
“ACCETTARLO?! Vuoi forse che metta la coda tra le gambe e abbandoni Ginny alle mire di quella Serpe?!”
Per un attimo Hermione sentì dentro di sé il prurito fastidioso di una risposta acida che sgomitava per essere formulata. Perché, cosa c’era di così tremendo nell’abbandonarsi a una Serpe?
Ma quello non era il momento di riportare la conversazione su se stessa; per quanto distrarre Harry sarebbe stato consigliabile, tirare in ballo Malfoy non era la mossa giusta per ispirare nel Cercatore Grifondoro sentimenti esattamente pacifici.
La cosa importante era farlo ragionare e frenare la sua rabbia prima che uscisse col passo di una belva inferocita per far saltare in aria il Dormitorio Serpeverde.
Cercò con attenzione le parole giuste.
“Sai io credo che se si amano veramente…”
Vide le pupille del suo migliore amico dilatarsi come se quella frase avesse sprigionato in lui un tale orrore da ispirare al suo corpo la muta richiesta di più luce.
Forse non aveva scelto bene le sue parole…
“Non ho intenzione di stare qui ad ascoltare certe cazzate!”
“Harry…”
“No, Herm, no! Qualsiasi cosa tu voglia dirmi, no! Non ragionerò, non starò calmo, non mi tirerò indietro, va bene?! L’unica cosa che farò è trovare Zabini e spaccargli la faccia!”
La bruna scosse il capo, chiedendosi perché i maschietti non si fossero più evoluti dal tempo in cui gli uomini primitivi si prendevano a pugni sui corpi pelosi e coperti solo da pellicce di animali scuoiati per conquistarsi il diritto di possedere una compagna.
“Non essere sciocco…”
Evidentemente l’approccio materno era inutile in quel momento, quindi l’unica opzione rimasta era imporsi con un po’ di autorità.
Peccato che in quel momento Harry Potter dell’autorità se ne fregasse altamente. Senza degnare di un’altra parola la sua amica, il moro partì in quarta verso il corridoio e si sbatté la porta alle spalle.
Hermione alzò gli occhi al cielo. Avrebbero dovuto chiamarlo il Bambino Cocciuto, non il Bambino Sopravvissuto, tanto era testardo…
Andò tranquillamente verso la porta, certa di poterlo ancora fermare, qualunque cosa avesse in mente, ma una parola pronunciata fuori da quella stanza da bagno ebbe il potere di gelarle il sangue.
Colloportus!”
Si gettò sulla maniglia con la disperazione di chi si è appena reso conto di non aver calcolato proprio ogni possibile reazione. Tirò, spinse e strattonò invano.
Era chiusa dentro.

 
Da una delle piccole finestre allungate che si intervallavano sui muri del Dormitorio Serpeverde Blaise guardava un grosso allocco marrone volare verso la Torre Grifondoro. Alla sua zampa aveva legato molto più che una busta… aveva legato il suo cuore e le sue speranze. Poteva solo pregare che arrivassero a destinazione.
“Quell’animale recapiterà la lettera, vero Draco?”
Il biondo sedeva mollemente abbandonato sul divano davanti alle braci quasi spente del camino. L’ennesimo bicchiere di Firewhisky in mano, teneva la testa reclinata all’indietro e le palpebre abbassate, cercando di combattere l’emicrania che la nottata insonne passata a scrivere quella dannata lettera gli aveva lasciato.
“No che non la recapiterò Blaise… Ci accenderà il fuoco e inizierà a ballarci intorno…”
Il moro sbuffò, senza smettere di cercare con lo sguardo l’uccello, ormai perso nel cielo ancora scuro.
“Devi sempre rispondere con una delle tue frecciatine acide, eh?”
“E tu devi sempre fare domande così idiote?”
“Mi preoccupavo solo dell’affidabilità di quella bestia che hai preso in Guferia… Emerald che fine ha fatto?”
Al nome del suo gufo il biondo appoggiò il bicchiere sul tavolino davanti a sé e si passò le mani tra i capelli per poi fermarsi con le braccia incrociate dietro la testa. Il suo sguardo era pensieroso.
“L’ho usato per spedire una lettera a mio padre e ancora non ho avuto la risposta.”
Blaise distolse lo sguardo dalla finestra per concentrarsi sul suo amico. Diversamente da quanto molti credevano, dietro un’apparenza di cordiale e freddo rispetto, Draco non era certo in buoni rapporti col padre, quindi se gli aveva scritto doveva essere successo qualcosa di grosso.
“C’è qualcosa di cui vuoi parlarmi?”
Il ragazzo ruotò leggermente la testa sull’avambraccio arrivando a cogliere nello sguardo blu di Blaise una nota di sincero interesse.
Solitamente Zabini era il suo solo ed unico confidente. Lo conosceva da una vita ed erano praticamente cresciuti insieme.
Gli unici ricordi felici della sua infanzia erano probabilmente, oltre a quelli con sua madre, quelli legati a quel Serpeverde che gli stava lì davanti... Quante volte da bambini si erano dati appuntamento sotto il tavolo del buffet per fuggire dalla noia degli interminabili convenevoli di un ballo di gala! Bei momenti quelli… Momenti in cui 50 centimetri di tovaglia di purissimo lino bianco si frapponeva come un sipario tra loro e quella mascherata di vecchi ipocriti che pensava solo a mettersi in mostra alla festa.
Peccato che poi fossero puntualmente puniti per quel comportamento “poco signorile”.
E se la punizione preferita della signora Zabini era proibire al figlio di usare la scopa per una settimana, il buon vecchio Lucius pareva riteneva che una maledizione senza perdono potesse servire meglio allo scopo.
Era così che ogni sera, quando la tovaglia del buffet veniva alzata di scatto da una mano rabbiosa in cerca di un figlio disobbediente, i due bambini davanti agli occhi plumbei di Lucius si scambiavano un ultimo sguardo disincantato e si dicevano addio fino al giorno successivo senza poter essere certi però che la mattina dopo sarebbero stati entrambi ancora in vita.
Ed era così che Blaise ogni volta il giorno dopo sgusciava fuori di casa all’alba per andare a mettersi sotto la finestra di Draco a Malfoy Manor. Quei minuti in cui tirava sassolini al vetro intarsiato del palazzo erano i più angoscianti che avesse mai passato. Ogni pietra che colpiva invano i lineamenti di piombo fuso che delineavano i disegni di quelle vetrate era una spina che si conficcava nel suo cuore e gli serrava la gola. Ogni secondo del silenzio che seguiva l’impatto sapeva di sangue. E se il signor Malfoy la sera prima avesse esagerato? E se si fosse fatto prendere la mano e il Cruciatus fosse andato oltre il semplice scopo punitivo?
Afflitto da questi pensieri, il ragazzo riprendeva a respirare davvero solo quando la testa bionda del suo migliore amico faceva capolino dietro le pesanti tende di broccato e lui sapeva finalmente per certo che era ancora vivo.
“Draco, allora? C’è qualcosa che non mi hai detto?”
Il biondo di riscosse dai propri ricordi.
Non aveva mai avuto segreti con Blaise.
Mai.
 “Niente.”
Da quel giorno però ne creò uno.
Il suo sguardo argenteo restò placidamente fisso in quello blu del suo amico senza mostrare alcun segno di nervosismo, dissimulando perfettamente la menzogna.
“Allora perché hai scritto a tuo padre?”, lo incalzò il moro.
“Una semplice formalità fiscale riguardo dei terreni da intestare a mio nome.”
Era la prima scusa che gli fosse venuta in mente e sembrò funzionare perché Blaise con una smorfia annoiata accettò quella menzogna come una limpida verità e tornò a cercare con lo sguardo il lento batter d’ali di un grosso allocco marrone.
Draco chiuse di nuovo le palpebre e sentì gli occhi pulsarvi contro al ritmo cadenzato del suo battito cardiaco, come se premessero per uscire e fuggire da quella testa piena di falsità e ipocrisie. Aveva appena creato un precedente pericoloso: aveva spudoratamente mentito al suo migliore amico. Doveva farlo, era inevitabile. L’alternativa sarebbe stata dirgli tutto del fidanzamento combinato che suo padre aveva programmato per lui e questo lui non voleva farlo. Dirlo ad alta voce lo avrebbe reso dannatamente reale…
E poi perché far preoccupare Blaise? Dopotutto non c’era ancora nulle di definitivo, poteva ancora scappare da quella situazione…
Eppure il pensiero di aver nascosto un fatto di tale portata al suo amico gli causava uno strano formicolio sconosciuto al petto. Che fosse un senso di colpa?
Scrollò il capo per scacciare quegli sciocchi pensieri moralisti, degni di un Grifondoro. Lui una morale non poteva proprio permettersela.
S’infilò la mano in tasca alla ricerca delle sigarette, ma le sue dita si scontrarono prima con la superficie liscia di un oggetto sottile e allungato. I suoi polpastrelli accarezzarono il biancospino lucidato così come la sua mente accarezzò un’idea che vi aleggiava ormai da un pezzo e le sue labbra emisero una risata soffocata.
Aveva appena trovato il modo perfetto per occupare la mente e prendersi anche una piccola soddisfazione.
“A cosa stai pensando?”, lo interrogò Blaise che si era accorto dell’improvviso cambiamento nel suo umore.
Draco sfilò la mano dalla tasca stringendo ancora la bacchetta tra le dita.
“Sto pensando…”, soffiò verso il suo amico con un ghigno “…che avrei proprio voglia di un duello…”


Un duello. Due bacchette che si sfidano, puntandosi fiere l’una verso l’altra.
La tensione che si distende, palpabile al pari di un velo, tra gli sfidanti.
Harry già pregustava in fondo al palato il sapore dell’adrenalina crescente che accompagnava ogni sfida.
Tutto quello che doveva fare era trovare Zabini e spaccargli la faccia.
Semplice a dirsi, meno a farsi, dato che era a malapena l’alba e in giro non si vedeva praticamente nessuno. Poteva sempre far saltare in aria l’entrata del Dormitorio Serpeverde però.
Si diresse a grandi passi giù per le scale, schivando per un soffio la figura zoppicante di Gazza che rientrava dall’ispezione notturna. Non vide neanche i gradini di marmo dell’ultima scalinata che si susseguivano sotto i suoi piedi e quasi si sorprese quando arrivò davanti alla porta dei sotterranei.
Il tempo di abbassare la maniglia e già era sparito tra quei cunicoli oscuri.
Passò silenziosamente davanti alle stanze di Piton e scivolò oltre l’ingresso delle cucine.
Se non ricordava male il Dormitorio dei Serpeverde doveva essere lì da qualche parte in uno di quei dannati cunicoli bui e freddi che si assomigliavano tutti spaventosamente.
Si strofinò le braccia con le mani, trattenendo il battere dei denti.
“Forse potevo mettermi la divisa invece di uscire in pigiama…”, confessò a se stesso, riprendendo a camminare, mentre i suoi piedi a contatto con la pietra si facevano via via più insensibili e il suo odio per gli abitanti di quel posto sempre più cocente.
“Dannati Serpeverde…”


Hermione emise un gemito rabbioso e strattonò malamente la maniglia del bagno mentre l’ennesima forcina andava in pezzi nella serratura e veniva gettata a terra.
“Ma come diamine fanno nei film ad aprirci le porte?!”, borbottò, scegliendo volontariamente di ignorare il fatto che le porte dei film babbani non sono bloccate da incantesimi sigillanti.
Incapace di arrendersi, puntò per la decima volta la bacchetta contro il buco della chiave.
Alohomora!”
Niente. Quell’incantesimo era inutile se la porta era stata sigillata con la magia. Era stato già stupido provare ad usarlo una volta, ma tentare per undici di seguito sarebbe stato veramente troppo per il suo ego.
Pestò i piedi a terra e incrociò le braccia sotto al seno.
Detestava quella situazione, il sentirsi in trappola come un uccellino in gabbia.
Lei non era un uccellino, dannazione, era un Grifone e un Grifone non si fa certo rinchiudere.
Percorse con lo sguardo l’intera stanza, alla ricerca di un qualche oggetto che potesse permetterle la fuga.
Umh… forse se fosse stata nel bagno femminile avrebbe potuto mischiare insieme tutte le cremine, gli unguenti, i saponi, i trucchi, le lozioni e gli oli con cui Calì e Lavanda s’impiastricciavano quotidianamente e ne sarebbe scaturita una reazione chimica abbastanza feroce da sciogliere la serratura…
Peccato però che fosse nel bagno dei ragazzi e che la popolazione maschile dei Grifondoro sembrasse non fare minimamente uso di una tale serie di cosmetici.
Scalciò nuovamente il pavimento, con il solo scopo di sfogare la rabbia. La lettera gettata prima a terra si accartocciò sotto le sue dita scalze e lei la prese in mano.
“Malfoy…”
Quel nome salì alle sue labbra assieme ad un’ondata di bile.
Codardo e vile, aveva preferito mandarle una lettera compromettente piuttosto che abbassarsi a parlarle di nuovo e risolvere la questione a voce, ed ecco il risultato.
Chi sa perché, quando lei finiva nei casini, ultimamente c’era sempre di mezzo lui.
Hermione passò le dita su quel primo foglio, occupato solo da poche righe eleganti, concluse dalla sua firma, dal suo nome.
Il contatto dei polpastrelli con quelle ultime parole le dette un brivido inaspettato.
Draco Lucius Malfoy… un suono che le riempieva la bocca di un sapore troppo intenso per essere semplice ricordo di baci passati. Era quel nome stesso che lei percepiva in ogni sua cellula anche solo leggendolo.
Maledetto. Avrebbe dovuto odiarlo per tutte le grane in cui l’aveva trascinata e invece con tutta la sua buona volontà non ci riusciva proprio.
Forse anche perché al momento la sua rabbia trovava la propria valvola di sfogo in un pensiero diverso: la prospettiva deliziosa di riuscire a mettere le mani su Harry e fargli la scenata del secolo per aver osato rinchiuderla lì!
“Oh, per Merlino, ora mi sono stufata!”
Prese in mano la bacchetta e fronteggiò la porta.
Forse era un’idea folle, ma ormai era l’unica che le fosse rimasta.
“Speriamo solo di non fare troppo rumore.”


Draco si alzò con un gesto fluido dal divano nero e portò le braccia verso l’alto, stiracchiando con un lungo gemito soddisfatto i muscoli intorpiditi.
“Non farai sul serio?”
Il biondo posò sul suo amico due occhi di ghiaccio.
“Ti sembra che io sia in vena di scherzi Blaise?”
“Sinceramente mi sembra che tu sia in vena di cazzate Dra e la cosa mi preoccupa.”
“Un duello non è una cazzata.”, borbottò irritato il rampollo Malfoy sgranchendosi anche le dita con movimenti studiati.
“E chi sarebbe il fortunato che vorresti sfidare, sentiamo?”
“Non fare domande inutili. Potter ovviamente.”
“Ovviamente… e sentiamo, come vorrei sfidarlo? Pensi di entrare nel Dormitorio Grifondoro a quest’ora o credi che dorma in giardino?”
Draco sbuffò irritato. Detestava che si contrastassero i suoi eccessi d’ira con motivazioni tanto razionali.
“A costo di far saltare in aria la torre Grifondoro Zab, stasera lo Sfregiato duellerà con me.”
Il moro alzò gli occhi al cielo.
“Un duello per una pulzella… è roba da Medioevo! Non sarebbe più facile se tu parlassi con la Granger invece di fare a fettine il suo ragazzo?”
Quella frase che avrebbe dovuto far ragionare il Serpeverde con un po’ di calma ebbe invece il potere di mandare in fiamme ogni sua singola terminazione nervosa.
Il suo ragazzo…
Mai e poi mai avrebbe accettato che un simile epiteto fosse usato per definire San Potter in relazione alla sua Mezzosangue!
Blaise colse il lampo che attraversò le sue iridi a quelle parole.
“Che c’è, Dra? Ti dà fastidio che chiami così Potter? C’è un solo modo per evitare che lo faccia. Domani parli alla tua affascinante Grifondoro, metti da parte per un po’ il tuo dannato orgoglio e cerchi di riconquistarla!”
Il biondo sfoderò un ghigno degno del peggiore dei Malfoy.
“No, Blaise, c’è anche un altro modo…”
Oh sì, c’era un altro modo, dannatamente più divertente, per far diventare lo Sfregiato un ex della Mezzosangue: un morto non può essere il ragazzo di nessuno…
Senza un’altra parola ruppe gli indugi e si diresse con la sua falcata più decisa verso l’uscita.
“Cazzo, Draco, aspetta…”
Il moro fece per seguirlo, ma dovette prima fermarsi a rimettere i bicchieri e la bottiglia di Firewhisky nel nascondiglio segreto, casomai Piton o Gazza avessero deciso di fare capolino nella Sala.
Perse meno di mezzo minuto, eppure quando anche lui ebbe varcato l’uscita si trovò davanti un corridoio vuoto.
“Dannazione Draco, vuoi ragionare? Dove sei andato a ficcarti?”
Lasciandosi dietro una scia di improperi ben poco gentili si diresse per la via più breve verso la scalinata che portava ai piani superiori, immaginando che il suo compagno dovesse aver preso quella direzione.
L’orlo del suo mantello scomparve lungo le pietre opache del pavimento e, con un ghigno soddisfatto, una figura bionda, che non si era mai mossa di lì, uscì dall’ombra di una nicchia in cui si ergeva un’armatura vuota.
Draco scrollò il capo. Era stato fin troppo facile.
Rigirandosi lentamente la bacchetta tra le dita s’incamminò nella direzione opposta a quella del suo amico, verso un’uscita laterale.
Ci mise pochi minuti a raggiungerla, esperto com’era di quei luoghi, ma questo breve lasso di tempo gli parve un’eternità. Non voleva avere momenti liberi per pensare, avrebbe preferito poter iniziare quel duello all’istante. Perché se lasciava che la sua mente indugiasse su quel che stava facendo rischiava di convincersi che era una follia. Una follia rischiare l’espulsione per una Mezzosangue, una follia imbastire un duello per una che gli aveva preferito qualcun altro, una follia sperare di riuscire a rintracciare Potter.
Fortunatamente era già arrivato alla porta che conduceva all’Ingresso.
“Dannati Serpeverde…”
Il biondo si voltò di scatto sentendo una voce fin troppo familiare provenire dall’altro lato della sala.
Che Merlino potesse fulminarlo in quell’istante se non appena aveva sentito proprio lo Sfregiato, colui che stava cercando, mandare al diavolo la sua Casa. L’assurdo era che gli pareva pure che quella voce fosse uscita dai Sotterranei attraverso la porta laterale socchiusa all’altro capo dell’Ingresso.
Doveva essere colpa dell’alcool. O della nottata insonne.
“Calmati Draco, adesso hai pure le allucinazioni…”, mormorò a se stesso col solo risultato di sentirsi ancora più pazzo per aver parlato da solo.


Blaise arrivò di corsa fino alla porta principale e abbassò la maniglia appoggiandovisi con una forza tale che non si sarebbe meravigliato troppo se l’avesse ridotta in briciole.
Davanti a lui ancora solo l’immenso Ingresso vuoto.
L’istinto di chiunque sarebbe stato di proseguire il folle inseguimento scapicollandosi su per le scale per raggiungere il suo amico prima che arrivasse al Dormitorio Grifondoro. Lui però non era chiunque e conosceva Draco abbastanza bene da sapere che il giovane Narciso biondo non era il tipo da darsela a gambe a tutta velocità. Non perdeva il suo aplomb e la sua statuaria calma neanche in una situazione del genere. Quindi se non era lì in quel momento voleva dire solo una cosa: era ancora nei Sotterranei. Probabilmente a ridere sotto i baffi per averlo fregato così facilmente.
Il moro richiuse la porta con un tonfo e tornò a grandi passi verso il Dormitorio, imprecando tra i denti.
“Allora, la vogliamo finire con queste cazzate?!”, gridò al corridoio vuoto, incurante della possibile presenza di qualche professore o prefetto “Mi spieghi a cosa diamine serve un duello?”
Una voce inaspettata lo sorprese alle spalle, bassa e suadente, e rispose alla sua domanda.
“In genere Zabini… ad avere vendetta.”


“Cazzo, mi sa che mi sono perso…”, gemette Harry, portandosi una mano tra i capelli spettinati.
Nella foga della rabbia non aveva pensato di portare con sé la Mappa del Malandrino e in quel momento se ne pentì amaramente. Quei dannati corridoi si assomigliavano tutti. Chilometri di muri umidi e scuri illuminati costantemente da fiaccole tetre che proiettavano ombre sfocate.
Fu proprio una di quelle ombre a colpire in quell’istante il suo sguardo smeraldino.
Il guizzare verde e argento di una fugace forma indistinta era appena sparito dietro l’angolo.
Un brivido discese lungo la sua colonna vertebrale fino a serrare spasmodicamente la stretta delle sue dita attorno alla bacchetta.
Trovato.
Non poteva credere alla sua fortuna.
Improperi di ogni sorta accompagnavano il passaggio di quel Serpeverde, rimbombando nei corridoi. Harry udì distintamente la voce di colui che quasi disperava di trovare guidarlo fino al suo Dormitorio.
Lì Blaise si fermò e prese ad urlare, apparentemente contro solo una vecchia armatura vuota, chiedendo a cosa servisse un duello.
Il Cercatore Grifondoro non riuscì a trattenere la risposta.
“In genere Zabini… ad avere vendetta.”
Vide gli occhi blu del Cacciatore dilatarsi per la sorpresa. Probabilmente era convinto di essere vittima di qualche Confundus… Harry Potter non poteva trovarsi lì a quell’ora. E poi perché gli puntava addosso la bacchetta? E soprattutto, perché diamine era in mutande?!
“Sei caduto giù dal letto direttamente quaggiù nelle profondità della terra, Potter?”
Il Cercatore distese le dita lungo la bacchetta, sentendola fremere della sua stessa eccitazione.
“Tra poco ti passerà la voglia di scherzare Zabini. O quella di mandare lettere d’amore alle ragazze altrui.”
La sua voce si spense in un sussurro strozzato dall’impazienza.
“Ahn…”, convenne il moro “Ora capisco…”
Un sorriso stanco increspò le sue labbra perfette. A quanto pareva la sua missiva non aveva raggiunto il destinatario giusto. Ecco cosa succedeva a fidarsi dei gufi della scuola. Doveva ricordarsi di fare un bel discorsetto a Draco riguardo l’affidabilità di quelle bestie.
“Ed esattamente cos’è che vorresti da me?” si informò con tono cortese, conscio che si trovava in una posizione debole rispetto al Grifondoro. Dopotutto era vero che gli aveva rubato la ragazza e che il moro aveva un certo diritto di essere arrabbiato.
“Te l’ho già detto mi pare, Zabini… vendetta.”
Il Serpeverde trattenne una risata al pensiero che gli aveva appena attraversato la mente. Harry e Draco, così opposti e in quel momento così uguali.
“Anche tu sei il tipo che si batte a duello per una fanciulla?”
Il Grifondoro non colse l’allusione a Malfoy celata dietro quell’“anche”.
“Io sono il tipo che spacca la faccia a chi gli ruba la ragazza.”
“Ma non mi dire… San Potter?”
“Sono pieno di sorprese…”
Il moro distolse da lui gli occhi azzurri, guardando se per caso Draco non fosse nei paraggi. Riportare il suo compagno alla ragione restava la sua priorità e dell’onore da difendere di Potter gli importava ben poco.
“Non ho intenzione di battermi con te Harry.”
“Peccato perché io sì.”
“Senti, se non ti spiace avrei altro da fare…”
“Per caso hai paura Zabini?”
Blaise scosse il capo. Ah, il ragazzo si sbagliava di grosso se credeva di poterlo convincere giocando sul suo orgoglio. Non era mica Draco lui!
“Non farmi ridere. Io non ho bisogno di dimostrarti nulla. Quindi ora levo il disturbo…”
“Devo dedurre che non te ne importa proprio niente di Ginny, dato che non sei nemmeno disposto a rischiare il tuo regale fondoschiena per lei?”
La voce del Grifondoro si ridusse ad un sibilo velenoso mentre si giocava anche l’ultima arma. Se non fosse andata a segno neanche questa provocazione probabilmente avrebbe dovuto cominciare a prendere in considerazione l’ipotesi di lasciar perdere.
La frecciata però non manco il bersaglio.
“Cosa?!”
Una nuova nota faceva vibrare la voce sempre così bassa e distesa di Blaise e Harry la trovò semplicemente meravigliosa perché era esattamente quella la punta di rabbia che gli avrebbe fatto accettare la sfida.
Il Serpeverde infilò la mano in tasca e quando la ritrasse stringeva tra le dita la sua bacchetta.
“Quando vuoi Harry.”


Una parola.
Una sola parola.
Undici lettere che se inanellate nel modo giusto formano uno degli incantesimi più comuni, eppure anche più efficaci.
Un suono che se pronunciato da un babbano è una ridicola formuletta al pari di un abracadabra qualunque, ma se intonata da un mago si trasforma senza indugio in un fiotto di luce rossa dalla forza distruttiva.
Stupeficium!”
Harry lo sentì uscire dalle proprie labbra nei Sotterranei, mentre concentrava tutta l’attenzione dritto al cuore dello sfidante.
Blaise lo udì un secondo prima di gettarsi a terra e vedere un lampo rosso sfiorargli il lobo dell’orecchio sinistro.
Draco lo sentì provenire da un punto indefinito alle sue spalle e si decise ad andare a vedere cosa fosse successo.
I Grifondoro del Settimo anno credettero di averlo sognato un attimo prima però di veder andare in pezzi la porta del loro bagno e di trovarsi davanti il prefetto Hermione Granger con la bacchetta ancora fumante e uno sguardo vagamente colpevole negli occhi castani.


Hermione si fece largo tra i resti polverosi della porta.
Ok, forse aveva un po’ esagerato, ma non le veniva in mente altro modo per uscire di lì.
Mentre si scrollava di dosso la cenere che svolazzava nell’aria per merito del suo forse troppo enfatico incantesimo, si accorse di avere puntati addosso gli occhi ancora semi-chiusi dal sonno dei suoi compagni di corso.
Solo Ron mancava all’appello, dato che neanche il tonfo del legno che andava in frantumi era stato sufficiente a turbare il suo sonno profondo.
“È tutto a posto ragazzi, ora rimedio… Reparo!”
Con un rapido gesto del braccio la bruna fece tornare ogni scheggia al suo posto e siglò la riuscita di quell’“evasione” con un bel sorriso di circostanza.
Seamus e Dean la fissavano ancora stropicciandosi gli occhi. Il primo pensò persino di darsi un pizzicotto sul braccio per accertarsi di non stare dormendo, ma nella confusione del dormiveglia afferrò la pelle del compagno di stanza che sobbalzò per il dolore.
“Bah… non ho sentito nulla…”, biascicò Seamus, ancora convinto di aver azzeccato la mira sul proprio avambraccio “Vorrà dire che è un sogno…”
Hermione colse la palla al balzo.
“Certo… è così… a letto ora…” soffiò con voce cantilenante “…tornate a dormire…”
Con delicati gesti delle mani indicò ai diciassettenni semi addormentati i propri letti vuoti e questi, incespicando con la grazia di un branco di zombie, andarono subito ad occuparli, convincendosi nel giro di un minuto di aver semplicemente sognato qualcosa di assurdo come la Granger che faceva saltare in aria il bagno del loro Dormitorio.
Hermione intanto era già corsa giù per le scale fino alla stanza che ospitava le ragazze del sesto anno.
“Ginny! Ginny! Dannazione svegliati e apri questa porta!”
Il lento cigolio del letto e un rumore di passi strascicati precedettero la comparsa dietro l’anta di legno di una testa rossa spettinata e confusa.
“Herm? Cosa è successo?”
La Weasley sbatté un paio di volte gli occhi azzurri e cercò distrattamente l’orologio alla parete, incapace di determinare da sola che diamine di ore fossero.
“Si tratta di Harry…”
“Oh, è questo? Io ti giuro che glielo dirò… solo non ho ancora trovato il momento adatto…”
Il prefetto scosse vigorosamente il capo.
“No, non hai afferrato. Harry sa tutto… oh, accidenti, non c’è tempo, ti spiego per strada!”
E senza sprecare ulteriore tempo afferrò la povera Ginevra, ormai totalmente sicura di stare solo avendo un incubo particolarmente realistico, fuori dal Dormitorio e giù per un centinaio di rampe di scale.


Expelliarmus!”
Harry si abbassò di scatto, gettandosi alla propria sinistra ed evitò per un soffio di perdere la bacchetta. Facendo leva sulla mano libera che poggiava a terra, si sollevò quel che bastava per includere l’avversario nella propria linea di tiro.
Incendio!”
Rispose al semplice incantesimo di disarmo di Zabini con uno ben più incisivo, che però andò a vuoto come il precedente schiantesimo.
Il Serpeverde lo aveva infatti parato sfilando lo scudo dall’armatura nella nicchia e usandolo per proteggere se stesso.
Vedendo che però non rispondeva all’attacco, Harry si spazientì.
“Allora Zabini, vuoi combattere o hai intenzione di continuare a scappare?!”
Il moro imprecò a bassa voce mentre estraeva a fatica le dita da dietro la placca metallica dello scudo, reso bollente dal calore della magia e fuso in vari punti.
Non voleva combattere, ma di certo non aveva intenzione di tirarsi indietro.
L’eco metallico dello scudo gettato a terra non era ancora cessato, quando si decise finalmente a fare sul serio.
Petrificus Totalus!”
Protego!”
Harry respinse l’incantesimo con un gesto annoiato del braccio e fisso gli occhi verdi sulla figura di Blaise, ancora immobile con la bacchetta puntata su di lui.
“Non ci siamo capiti, allora… o non sei proprio in grado di fare una magia decent…aahhh”
La sua frase si spense in un gemito di dolore quando un secondo incantesimo, stavolta non verbale, lo colse di sorpresa e lo raggiunse al braccio. Le sue dita si serrarono attorno alla bacchetta e tutti i suoi muscoli fino alla spalla parvero farsi di pietra.
“Allora Potter, ne hai abbastanza o dobbiamo continuare?”
“Bastardo…”
Con uno scatto rabbioso Harry afferrò con la sinistra la propria bacchetta e la sfilò a fatica dalla morsa delle proprie dita spasmodicamente rigide.
Wingardium Leviosa!”
Come previsto, Zabini si scansò di nuovo, ma non fece caso a ciò che il suo incantesimo era andato a colpire, cioè il pesante elmo piumato dell’armatura alle sue spalle.
Un attimo dopo una ventina di chili di metallo lavorato colpivano in pieno la sua testa. Il Serpeverde provò un’intensa fitta di dolore e mille stelle esplosero davanti ai suoi occhi mentre le lacrime pungevano per uscire ed entrambe le sue mani correvano istintivamente al capo.
Dannazione, si era fatto fregare con un trucchetto del genere…
La sua vista appannata fu sufficiente a fargli mettere a fuoco la figura del Cercatore che si rimetteva in posizione d’attacco, pur tenendo sempre il braccio destro grottescamente rigido.
Tastò il terreno alla cieca, cercando la propria bacchetta, mentre la formula pronunciata dal suo avversario già gli riempiva le orecchie.
Stupef…
STUPEFICIUM!”
Un potente fiotto rosso s’infranse sul muro, mancando l’orecchio destro di Harry per un soffio.
Il moro si voltò con un ringhio verso la fonte di quell’interruzione.
“Malfoy…”
Il biondo incedeva verso di lui, la bacchetta ancora sollevata.
“Questo era solo un avvertimento Potter. Sta pur certo che il prossimo colpo non ti mancherà.”
“Avrei paura di essere preso da te Malfoy, solo se stessi mirando a qualcuno a due metri da me.”, ironizzò il Grifondoro.
Il biondo arricciò il labbro superiore in una smorfia irritata.
“Aspetta solo di cominciare il nostro duello e non solo non avrai più voglia di fare battute sulla mia mira, ma tu e la sfregio che aggiungerò alla tua collezione sarete eterni testimoni di quanto essa sia infallibile.”
Harry sembrò rendersi conto solo in quell’istante delle intenzioni del biondo. Non era lì per difendere il suo compagno. Era lì per sfidare lui a duello.
“Non so se te ne sei accorto, Malferret, ma avrei già una sfida in corso!”, squillò con voce piccata, indicando con un gesto di stizza l’avversario steso a terra che si massaggiava la nuca dolorante.
“Questa tua stupida ripicca per una di cui nemmeno t’importa davvero viene dopo il nostro problema Sfregiato.”
“Quale problema?”
Quale problema? Quale problema?! Il finto tonto aveva anche il coraggio di chiedergli quale fosse il problema? Il problema era che lui gli aveva strappato dalle braccia l’unica donna di cui gli fosse mai importato qualcosa, ecco, qual era il suo problema!
“Se c’è una cosa che detesto sono quelli che fingono di non capire Potter…”
Il moro strabuzzò gli occhi. Che diamine gli era preso al biondastro? Lui non aveva davvero idea di cosa gli avesse fatto. Certo, non ci voleva un vero motivo per lanciare un paio di fatture a quella Serpe e negli anni le occasioni in cui si erano amabilmente schiantati l’un l’altro non erano mancate, ma al momento non vedeva una sola ragione per cui interrompere un duello per lui.
“Allora Sfregiato? Combatti o devo iniziare io?”, lo incalzò il Serpeverde.
“Prima deve finire con me…”
Draco si ritrovò a fissare incredulo il suo compagno di Casa che tentava di rimettersi in piedi.
“Falla finita Blaise, tu non volevi neanche combattere.”
“Ma ora non ho nessuna intenzione di dargliela vinta.”
Aggrappandosi anche con le unghie alla pietra del muro riuscì a riportarsi in posizione eretta.
“Allora Harry, dove eravamo rimasti?”
“Da nessuna parte!”, lo interruppe Draco, parandoglisi davanti.
“Dannazione Malfoy, vuoi capirlo che non ho intenzione di combattere con te?”
“Invece lo farai Sfregiato…”, ringhiò il biondo, mentre la rabbia già gli scivolava lungo le vene fino alla punta delle dita per poi trasformarsi in piccole scintille argentee che scaturirono dall’estremità della sua arma.
“No.”, sentenziò lapidariamente il Grifondoro.
“Sì.”, ribatté il biondo.
“No!”
“Tu stanne fuori, Blaise! Ora devo spaccare la faccia a Potter”
“No!”
“Sì!”
“No!”
“NO!”
Una voce si aggiunse al loro bisticcio. Una voce dolce e soave come il canto di un cardellino, ma ferma e decisa come il ringhio di un leone.
Prima ancora di voltarsi e vederla, Draco già sapeva chi aveva parlato.
Lei…
“Herm, cosa ci fai qui?”, sbottò Harry.
La bruna sembrò farsi incandescente. La voce le tremò un attimo per l’assurdità di quella domanda.
“Cosa ci faccio qui?”, soffiò con un fil di voce “Tu osi chiedermi cosa ci faccio qui?!”, il suo tono diveniva sempre più irato “Harry James Potter… dopo avermi rinchiuso con la magia in un bagno per venire qui a sfogare i tuoi eccessi di testosterone, tu osi chiedermi cosa ci faccio qui?!”
Il moro abbassò lo sguardo verso il pavimento con aria colpevole, mentre la Grifondoro oltrepassava Draco e raggiungeva il suo amico per poi borbottare un contro incantesimo e sciogliere i muscoli irrigiditi del suo braccio.
Il biondo Serpeverde non poté trattenersi dal ridere. Lo Sfregiato con la coda tra le gambe mentre la sua Mezzosangue lo rimbrottava a dovere era uno spettacolo impagabile.
Quella risata sommessa lo fece notare da Hermione.
“E tu…”, sibilò la ragazza, puntando l’indice verso di lui “E tu…”
Il biondo alzò il mento, guardandola con sprezzo dall’alto del suo metro e ottantacinque.
Lei lo fissò dritto in quegli occhi argentei che si ritrovava e le sue membra furono percorse da un’intensa sensazione di calore. Dannazione. Avrebbe dovuto odiarlo in quel momento, e invece… Dio, perché amava tutto di lui, dalla piega superba delle sue labbra, alle sue ciglia chiare, al suo tono di voce strascicato e annoiato, al sapore della sua pelle che conosceva così bene… perché?
“E io, cosa Mezzosangue?”, la sfidò a continuare il Serpeverde.
“E tu, che fai tanto l’offeso…”, riprese lei “…con questi tuoi atteggiamenti da maschio tradito, mi spieghi cosa diamine ti ha fatto Harry? O cosa diamine ti avrei fatto io, tanto per cominciare?!”
Il biondo alzò gli occhi al cielo, esasperato. Cos’era quello? Il raduno dei finti tonti?
“Davvero non ci arrivi da sola Mezzosangue?”, soffiò verso di lei, portandosi a pochi centimetri dal suo viso. La sentì fremere nell’attesa di un contatto che però le negò e soprattutto che negò a se stesso. Non voleva toccarla, non voleva sentire la morbidezza della sua pelle oltre la stoffa sottile del pigiama. Voleva mantenersi superiore e distante e se la avesse avuta tra le braccia di certo non ce l’avrebbe fatta. Già pochi istanti prima, quando gli era passata accanto, il solo ondeggiare dei suoi boccoli aveva sparso un profumo sufficiente a mandargli in tilt il sistema nervoso.
La bruna scosse il capo lentamente. Non capiva, ma voleva sapere, chiarire tutto una volta per tutte.
“Vieni con me…”, le sussurrò il biondo, indicando un corridoio laterale dove avrebbero potuto parlare in privato.
La Grifondoro annuì, ma prima di seguirlo aveva un’ultima cosa da fare.
Si voltò verso il corridoio da cui era arrivata.
“Ginny, puoi venire qui, per favore?”
Una cascata di capelli rossi fece capolino da dietro l’angolo, seguita dal profilo delicato di un volto coperto di lentiggini e di vergogna.
Ginevra fece qualche passo incerto verso la sua amica, che le tendeva la mano con fare incoraggiante. Non riusciva ancora a credere a quello che le stava succedendo attorno.
Hermione le sussurrò qualche parola di incoraggiamento che lei non capì assolutamente. Fece cenno di sì con la testa, senza avere idea di cosa le avesse detto.
Guardò Harry e guardò Blaise. Una fitta le strinse il cuore nel notare che quest’ultimo si reggeva a malapena in piedi.
Poi vide Hermione sparire in un cunicolo laterale, seguita a ruota dal suo principe delle Serpi e seppe di essere sola con la propria decisione da prendere.
In fondo al cuore però lo sapeva già, quella decisione era presa da tempo


Hermione appoggiò la schiena contro la parete di un oscuro sottoscala.
“Allora? Ora hai intenzione di spiegarmi per quale cavolo di motivo ce l’hai tanto col mondo?”
Draco invece di risponderle o anche solo di prenderla in considerazione si portò una sigaretta alle labbra e fece per accenderla.
Le dita della Grifondoro furono più leste delle sue e gli sfilarono il sottile bastoncino di tabacco dalla bocca, spezzandolo in due con una leggera pressione delle dita.
“Non fumare ora. Parla.”
Il biondo contrasse il volto in un’espressione furiosa. Non solo la Mezzosangue gli aveva rovinato il divertimento portandolo via dal duello che agognava, ma ora gli sottraeva pure un bene di prima necessità come la nicotina!
“Posso fare molte cose e parlare…”, sussurrò con voce roca mentre una nuova sigaretta prendeva il posto della precedente “…o ti sei già scordata quante volte qua sotto abbiamo parlato mentre io ero intento a fare anche qualcos’altro…”
Hermione avvampò fino alle orecchie. Fu come se avesse sentito di nuovo le sue mani sul suo corpo, le sue labbra così vicine da farla impazzire.
“Non divagare.”, tagliò corto “Dimmi solo cosa ti ha fatto Harry.”
“Mi pare ovvio.”, ritrose lui.
“Forse nel tuo infantile ed egocentrico mondo in cui tutti pensiamo come te, ma ti assicuro che nella realtà per me non è ovvio per niente!”
Il giovane sospirò con aria annoiata e mise via la sigaretta. Senza smettere di fissare i suoi occhi dorati si avvicinò alla sua Mezzosangue, fino a schiacciarla col proprio corpo contro la parete.
Ad ogni passo che faceva nella sua direzione i battiti di entrambi si facevano più accelerati, finché i loro corpi si toccarono e tutto ciò che essi riuscirono a sentire fu il rumore dei reciproci respiri e il rombo del sangue nelle orecchie.
“Se non lo avessi capito, Mezzosangue…”, soffiò lui sulla sua guancia arrossata “… voglio fare a pezzi Potter per colpa tua…”
“Mia?”, ribatté lei con un fil di voce. La vicinanza col suo corpo la faceva impazzire. Quanto tempo erano stati lontani? Mesi? Giorni? No, solo poche ore… Possibile?
“Sì Granger…”, chiarì il biondo “Perché tu preferisci lui a me.”
Hermione portò le mani sul suo petto, giocando con la sua cravatta.
“Tra me e Harry non c’è quello che c’è tra me e te…”
“Perché io e te non stiamo insieme e voi sì?”
“Io e Harry non stiamo insieme!”
Draco si irritò ulteriormente davanti a quella che giudicò come l’ennesima menzogna.
La prese per i fianchi e la attirò a sé, ringhiando la risposta alla sua affermazione dritta dentro il suo orecchio.
“Però andate a letto insieme…”
“Cosa?!”
Il Serpeverde lasciò la presa sulla sua vita e sbatté violentemente i palmi sul muro accanto al suo volto.
“Ho detto basta menzogne!”
“E io non ne ho dette!”, si difese la bruna, incredula davanti a tali accuse.
La Serpe si allontanò velocemente da lei, come se non sopportasse più quel contatto così intimo col suo sguardo.
Si decise ad accendersi finalmente quella dannata sigaretta.

Mulier cupido quod dicit amanti,
in vento et rapida scribere oportet aqua.

Ciò che la donna dice all'innamorato
bisogna scriverlo nel vento e nell'acqua che scorre.

Catullo, Carme LXX

Hermione si ritrovò a fissare la sua schiena che veniva circondata da sempre più fitti cerchi di fumo.
“Draco, io non ti sto mentendo. Non sono mai andata a letto con Harry.”
Il Serpeverde ringraziò il cielo di stare rivolgendo le spalle alla Mezzosangue. Le sue mani ebbero un tremito a quelle parole e un impalpabile mucchietto di cenere cadde verso le sue costose scarpe italiane.
Perché la voce della Granger suonava così sincera? Se si fosse voltato e la avesse guardata negli occhi, cosa vi avrebbe visto? La vergogna di una bugia o la sfida ad accettare la più pura verità?
“Draco, guardami.”
Lui non variò la sua posizione di un millimetro.
Se la avesse guardata avrebbe retto la sfida?
Hermione si irritò per la sua ostinatezza nel non considerarla minimamente.
“Accidenti a te Malfoy, vuoi dirmi come diamine ti è entrata in testa l’idea che Harry ed io siamo stati insieme?!”
Il biondo soffiò l’ennesima boccata di fumo.
“Ma se lo sa tutta la scuola… E poi è per questo che la Weasley ha conosciuto Blaise. Potter la aveva tradita. Con te. E se non bastasse, ti ho vista con i miei occhi gettarti tra le sue braccia dopo il test di Pozioni.”
La sua risposta arrivò a Hermione come uno schiaffo in pieno viso. Dopo averla ignorata mezz’ora si decideva a risponderle e tutte le giustificazioni che le dava erano queste?
“Non ti facevo così stupido.”, lo provocò, senza ottenere grandi risultati.
Al posto delle parole, ancora non riceveva che cerchi di fumo.
“E nemmeno così codardo.”, aggiunse allora, incrociando le braccia sotto al seno con aria autoritaria.
“Codardo io?”, sbuffò il Serpeverde in una risata. “Ora le ho sentite proprio tutte…”
“Se non lo sei voltati.”
La sigaretta consumata finì a terra, schiacciata dalla punta di una scarpa dalla lucida superficie nera.
Draco inspirò forte.
Non poteva rifiutare una sfida così aperta.
Ancora un secondo per racimolare in ogni angolo del proprio corpo il coraggio e poi lo fece.
Si voltò.
E fu allora che sentì il nodo che gli stringeva la gola sciogliersi in un gemito dannatamente felice che ebbe cura di ricacciare in fondo allo stomaco. Perché fu allora che capì.
La sua Mezzosangue lo guardava negli occhi, bella, sicura, fiera e soprattutto sincera.
Attraverso quelle pozze dorate poteva vedere la sua anima e leggervi l’indignazione per quelle accuse insensate che le aveva rivolto e la volontà di mostrargli quanto non se le fosse meritate.
Quegli occhi così caldi, dolci e forse, perché no, innamorati, non potevano celare alcuna menzogna.
“Tutte quelle chiacchiere” cominciò Hermione “Su me e Harry sono nate perché mi ero addormentata nel suo letto dopo che avevo pianto sulla sua spalla per ore, per colpa tua. Ginny mi ha vista dormire e si è fatta un’idea sbagliata, ma ora è tutto risolto. E riguardo all’essermi buttata tra le braccia di Harry, come dici tu, forse in quel momento eri troppo occupato a trarre conclusioni affrettate per accorgerti che stavo semplicemente scoppiando in lacrime e indovina un po’ per colpa di chi? Ancora tua, maledetta Serpe… Colpa tua, che mi avevi fatto del male…”
Mentre la guardava sfogare la sua rabbia, Draco lottava per reprimere un sorriso di tenerezza che rischiava di deturpare la sua statuaria freddezza e di rovinare per sempre la sua fama di uomo di ghiaccio.
Come aveva potuto credere che quella ragazza che gli stava davanti, l’unica che gli avesse mai fatto tremare il cuore, potesse averlo tradito?
Si sentì improvvisamente un idiota per aver bevuto una tale serie di sciocchezze, proprio lui che si era sempre ritenuto superiore ai pettegolezzi.
“Ti ho fatto del male quindi?”, soffiò verso la sua dea, avvicinandosi di un passo.
“Più di quanto immagini.”, fu la risposta tremante di quell’angelica voce commossa e sfinita.
“E vuoi stare con me lo stesso?”
La prese di nuovo tra le braccia, come poco prima, ma certo stavolta di non volerla lasciar andare mai più.
“Sì…”, mormorò lei allacciando le braccia dietro la sua nuca.
“Allora…”, Draco avvicinò le labbra al suo collo latteo “…stai con me. Ti farò del male con tutta la dolcezza che posso…”, e affondò i denti nei suoi muscoli tesi, leccando ogni centimetro di pelle che riusciva a raggiungere.
Hermione gemette per il dolore e il piacere vicino al suo orecchio, aumentando il contatto del proprio bacino con il suo e premendo i polpastrelli sulla sua schiena fino a che divennero bianchi per la mancanza di afflusso sanguigno.
Il desiderio per quel corpo divino, bello come quello di un Dio pagano, crebbe nel suo ventre, strisciando come una serpe verso le sue labbra, trasformandosi in un sussurro strozzato.
“Draco…”, mugolò al limite del proprio autocontrollo.
Il biondo fu scosso da un fremito a quel suono. Niente e nessuno gli avrebbe potuto impedire in quell’istante di prendere la sua Mezzosangue tra le braccia e trascinarla nel proprio letto per poi chiudersi in camera per l’intera giornata.
Allontanò le labbra dal suo collo. Voleva un bacio, Dio se lo voleva…
Hermione sorrise, leggendo la passione nelle sue iridi chiare. Stavolta non si sarebbe tirata indietro.
Avvicinò il volto a quello del suo angelico tentatore. Sentiva le labbra andarle a fuoco e sapeva che solo una persona avrebbe potuto estinguere l’incendio che ardeva in lei…
I loro visi si fecero sempre più vicini…
No, niente avrebbe potuto impedire loro di amarsi quel giorno…
Niente…
…o quasi.
STONF!
Con un sonoro strepitio di penne una civetta bianca con un sottile collare di piume nere attorno al collo terminò la sua picchiata sbattendo sul petto di Draco, il quale non si preoccupò di trattenere una serie di improperi.
“Ma cosa cazzo…”
Le parole gli morirono in gola non appena riuscì a fermare l’animale, chiudendogli le ali attorno al corpo e si trovò a fissare gli occhi verde intenso del suo Emerald.
Legata alla sua zampa c’era una lettera scritta in pregiata carta bianca e sigillata da uno stemma che conosceva fin troppo bene.
Il blasone dei Malfoy.
Alzò gli occhi verso quelli pieni di confusione della sua Mezzosangue e una morsa d’ira gli serrò i polmoni. Doveva aprire quella lettera, ma non poteva farlo lì.
Dannazione. Per colpa di suo padre avrebbe dovuto rinunciare a lei ancora un po’.
“Io… devo andare.”
Schioccò un veloce bacio sulla fronte della Grifondoro e le rivolse le spalle per incamminarsi a grandi passi verso il proprio Dormitorio, affrettandosi ad allontanarsi perché sapeva che se avesse indugiato non avrebbe più trovato la forza di staccarsi da lei.
“Ma… Draco…”
La bruna tese la mano verso di lui, trovandosi improvvisamente a stringere l’aria.
Inizialmente la delusione rese più amaro il sapore del bacio negato, poi però la giovane decise di concedere al biondo un po’ di tempo. Qualunque cosa fosse successo doveva essere importante e loro due avrebbero avuto da allora in poi tutte le occasioni del mondo per stare insieme.
O almeno così le pareva in quel momento…


Quando vide il volto di Ginny sporgersi dietro l’angolo Harry trattenne il fiato. Il suo corpo si paralizzò nell’attesa di vedere cosa lei avrebbe fatto. Sarebbe corsa ai suoi piedi? Avrebbe pianto e supplicato per il perdono, dicendo che quell’idiota di Zabini non significava nulla per lei?
La rossa fece qualche passo incerto verso Hermione e il moro sentì la sua amica sussurrarle “So che qualunque cosa farai, sarà la scelta giusta. Segui il tuo cuore Ginny…”.
Riprese a incamerare aria nei polmoni, gonfiandosi il petto dell’idea che mai Ginny, la sua amica da anni, avrebbe potuto preferirgli un Serpeverde, l’avventura di una notte.
Tutta la sua sicurezza però scivolò via in un soffio quando la rossa alzò gli occhi prima su di lui e poi su quell’altro.
Possibile che ella riservasse un simile sguardo proprio a Zabini? Non c’era forse possibilità che si fosse sbagliata? Lo scintillio di tenera preoccupazione che illanguidiva i suoi occhi azzurri poteva forse essere per lui e non per quella Serpe?
Rendersi conto che non poteva essere così fu un boccone amaro da mandare giù per il povero Grifondoro.
Quando Ginevra gli si avvicinò per parlargli sapeva già cosa gli avrebbe detto.
“Harry…”
Il moro piantò i suoi occhioni verdi nei suoi, sperando di infonderle coraggio. Se quella era la sua scelta, voleva sapere perché.
“Harry… io… scusa…” la sua frase fu interrotta da un singhiozzo “Io non volevo… non ti avrei mai fatto questo… ma mi sentivo tradita e ferita e sola e le cose tra noi non sono mai davvero andate come avrei voluto, come ho sognato per anni…”
Si bloccò per riprendere fiato. Parlare era così difficile… E poi ci si metteva anche il suo stesso corpo a tradirla. Ogni suo muscolo era teso nello sforzo di restare lì davanti a Harry e non correre tra le braccia di Blaise, come inconsciamente avrebbe tanto voluto.
“Lo so…”, mormorò il Cercatore con un sorriso che la lasciò esterrefatta.
“Io lo amo Harry…”, sussurrò con l’ultimo briciolo di coraggio che le restava.
Il moro abbassò lo sguardo verso i propri piedi nudi. Quelle parole gli avevano fatto male, anche se le aspettava. Anche se sin dalla prima occhiata che la rossa aveva rivolto al Serpeverde aveva già capito di aver perso, accettarlo non era semplice.
“Harry… se mi vuoi bene…”, proseguì Ginny senza che lui la guardasse “…lasciami andare.”
Il Cercatore girò leggermente il capo in direzione di Blaise, che guardava la scena come se loro due fossero state le Parche in persona e stessero discutendo se tagliare o no il filo della sua vita. Anche per lui la rossa era importante…
Tornò a fissare Ginny negli occhi, regalandole finalmente un sorriso sincero e disinteressato.
“Certo che ti voglio bene scema…”
Strinse tra le braccia la ragazza che a quelle parole era scoppiata in lacrime e si era gettata sul suo petto.
“Scusa Harry…”
“No, scusa tu Ginny… Ero troppo affezionato a te per capire che quello che ci legava non era amore e anche troppo pigro per lasciarti. Ti ho tenuta legata a me senza alcun diritto. Tu meriti questo amore. Perdonami.”
“Oh Harry…”
La Grifondoro si strinse forte al suo petto, incapace di credere alle sue orecchie.
Ce l’aveva fatta. La verità era venuta a galla e aveva trascinato dietro di sé il suo pesante carico: l’amore.
“Quanto a te…”, soffiò il Bambino Sopravvissuto verso il Serpeverde che li guardava da lontano “Falla soffrire e giuro che il mal di testa che hai ora ti sembrerà una cosa da nulla rispetto a quello che ti farò.”
Il moro annuì e una luce nuova accese i suoi profondi occhi blu mentre una cascata di capelli rossi inondava il suo petto e lui poteva sentire di nuovo da vicino il profumo inebriante di quella creatura che in una sola notte gli aveva fatto scoprire l’amore.
Harry si voltò senza smettere di sorridere.
A volte la vita è davvero assurda. Era andato in quei sotterranei per fare a pezzi Zabini e ora gli aveva appena dato la sua benedizione per stare con una delle persone più importanti della sua vita.
Assurdo, semplicemente assurdo.
Scosse la testa, mentre si avviava a cercare l’uscita. Svoltò in un corridoio laterale e senza volere andò a sbattere contro Malfoy che procedeva in quarta verso di lui.
“Ehi, Malferret, perché tanta fretta?”
Il biondo non si curò minimamente di rispondergli. Come se non gli avesse appena tirato una spallata pazzesca, anzi, come se non lo avesse proprio visto, procedette a diritto verso il proprio Dormitorio, stringendo una lettera ben salda tra le dita.
“Bah…”, bofonchiò Harry, massaggiandosi la spalla ammaccata “Cosa ci troverà Herm in lui…”
Draco e Hermione: ecco un altro esempio lampante di come la vita possa essere assurda.
Una coppia decisamente fuori dall’ordinario la loro, certo… ma forse per questo in qualche modo imperfetta?
No… solo assurda. Semplicemente, puramente, meravigliosamente assurda.






………continua……….







§ Spazio autrice: §

Il titolo ve l’ho spiegato l’altra volta, però diciamo che se la prima parte era la “pace”, questa è la “guerra”. Da notare, come l’incipit e la fine abbiano preso un’inaspettata nota esistenzialista che proprio non avevo previsto… Ecco cosa succede a leggere Camus e poi scrivere!
MmeBovary

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Capitolo 13
*** Il piacere ***



Piccolo avviso
: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!




CAP. 13
IL PIACERE


Una bottiglia di whisky incendiario quasi vuota, un bicchiere in frantumi sul pavimento, una pergamena accartocciata tra le schegge sottili e Draco sprofondato nel suo letto con il braccio ancora alzato verso il muro, dove, da una grossa macchia ambrata, una sottile ragnatela di gocce alcoliche scivolava a terra.
Questo fu il quadro desolante che si presentò agli occhi di Blaise quando, ingenuamente armato di sorriso ed ottimismo, entrò in camera di Draco.
Il suo poco appropriato entusiasmo si spense in una smorfia preoccupata.
“Draco?”
“No.”
Incoraggiante…
“Strano, eppure gli somigli…”
“Cazzo vuoi Blaise?” soffiò il giovane senza preoccuparsi di nascondere l’evidente frustrazione che poco prima era esplosa nel gesto di scaraventare contro la parete tutto ciò che gli capitava a portata di mano.
“Credevo volessi parlare di quello che è successo poco fa là fuori nei sotterranei…”
Zabini si portò di fronte al compagno. Le schegge di cristallo scricchiolarono sotto i suoi piedi sbriciolandosi in frammenti sempre più piccoli.
Draco gettò un’occhiata distratta nella loro direzione. Probabilmente in quel momento in una parte non meglio identificata del suo petto stava succedendo qualcosa di simile. Il suo cuore, se ne aveva ancora uno, non era più che un mucchietto di cocci polverizzati dal peso insostenibile di aspettative secolari, obblighi familiari, Case e casati, bugie e sotterfugi.
“Allora Draco… Con Hermione non è andata come speravi?”
“Vuoi sapere com’è andata?!” sbottò il ragazzo, irato “Stavo per baciarla dannazione, ecco com’è andata! E togliti di quell’aria da ‘io-la-sapevo-lunga’ dalla faccia perché non ti si addice proprio… Comunque stava andando a meraviglia… peccato però…”
Distolse gli occhi dal pavimento e parve riflettere un attimo prima di continuare. Valeva la pena di dire a Blaise come stavano in realtà le cose? Rovinare la sua felicità perfetta con i propri problemi? Potevano Lucius Malfoy e le sue lettere spedite con tempismo impeccabile rovinare la gioia di due Serpeverde quel giorno?
“Peccato che cosa? È successo qualcosa?”
“Nh…”
“Sarebbe un no?”
“Sarebbe un ‘è meglio che ti fai i fatti tuoi’ se ci tieni a non far perdere lo smalto a quel sorriso che sfoggi con tanto orgoglio…”
Blaise si fece scuro in volto mentre si piegava sulle proprie ginocchia portandosi col viso al livello di quello dell’amico disteso sul letto.
“Pensi che potrei starmene tranquillo a fare finta di niente sapendo che c’è qualcosa che ti tormenta? Mi ritieni un amico così meschino ed egoista?”
Draco fece scivolare gli occhi grigi lontano dal suo volto. Ecco che si sentiva di nuovo in colpa… Che sensazione strana per una Serpe senza coscienza… Ma forse era colpa (o merito?) di quella dannata dolcissima Mezzosangue che nel giro di poche settimane aveva saputo cambiarlo così profondamente da renderlo irriconoscibile persino, e soprattutto, a se stesso… Che gli avesse inculcato persino quella fastidiosissima presenza che i Grifoni sfoggiano con tanto orgoglio sotto l’etichetta di coscienza?
“C’è un particolare della mia vita di cui non ti ho parlato Zab.” borbottò con voce atona “Un particolare che ultimamente si sta facendo piuttosto… come dire… insistente…”
Vide le sopracciglia scure dell’amico incurvarsi sopra gli occhi blu manifestando il suo sconcerto.
“Un particolare di che genere?”
“Del peggiore…” soffiò il Serpeverde, andando a raccogliere la lettera accartocciata a terra e porgendola al compagno.
Blaise la lesse velocemente e il suo viso parve perdere colore ad ogni parola che scorreva sotto il suo sguardo. La rabbia si sostituì presto all’incredulità.
“Non posso crederci!” urlò, letteralmente fuori di sé “Cristo Santo! Tuo padre crede di poterti combinare un matrimonio? Ma dove siamo, nel Medioevo?”
“Le tradizioni dei Malfoy sono ferme più o meno a quel periodo, dovresti saperlo…” convenne il giovane versandosi una generosa dose di whisky in un bicchiere nuovo.
“Cosa hai intenzione di fare?”
Draco fermò il liquore ambrato a pochi centimetri dalle labbra.
“In che senso?” soffiò increspando la superficie del liquido scuro.
“Con Hermione, intendo.”
Draco gettò indietro la testa mentre svuotava il contenuto del bicchiere nella propria gola in un lungo sorso. Il bruciore che gli invase la bocca si espanse con un formicolio piacevole fino alle narici e alla base del collo.
Senza aggiungere una parola, e con un ghigno che Blaise non poté giudicare niente meno che preoccupante, riprese la lettera, afferrò la propria scopa dall’armadio ed uscì fuori sbattendo la porta.


Hermione si sentiva leggera.
Non letteralmente, è ovvio. Leggera dentro
Sentiva pioverle nel petto una sensazione di leggerezza così nuova ed estasiante che era come se ogni sua singola terminazione nervosa fosse in festa. Come se ogni sua cellula stesse urlando di gioia…
Tutto era chiarito. Tutto era risolto. Non poteva ancora crederci.
Per Merlino, ora poteva stare con Draco!
Si presentò davanti alla Signora Grassa con un’espressione di gaiezza così sincera e coinvolgente che la donna la lasciò passare senza neanche chiederle, com’era invece sua abitudine, per quale ragione mai stesse scorrazzando fuori dal Dormitorio a quell’ora del mattino.
Solo dopo aver messo piede dentro la Sala Comune si ricordò dell’esistenza del resto del mondo e che forse non proprio tutto era sistemato…
Decine di occhi la guardavano straniti. Grifondoro di ogni età si erano appollaiati sulle scale e sui divani della stanza in attesa che l’integerrimo prefetto Granger tornasse e desse loro una spiegazione sul perché era corsa fuori dal dormitorio in pigiama all’alba schiantando una porta e trascinandosi dietro la Weasley.
Hermione puntò le mani sui fianchi e assunse il suo solito cipiglio severo.
“Beh, che c’è, mai vista una ragazza in pigiama? Cosa ci fate tutti qui a quest’ora? Filate in camera vostra a prepararvi per le lezioni o sarò costretta ad inviare una nota al Preside per insubordinazione collettiva…”
In realtà una simile nota era da redigersi solo nel ben più grave caso in cui un’intera Casa si rifiutasse di prendere parte alle lezioni, ma cosa potevano saperne i suoi compagni che ovviamente non si erano mai sognati di leggersi il regolamento della scuola? Nel giro di mezzo minuto la Sala era rimasta vuota, fatta eccezione per una chioma rosso fuoco che spuntava ancora dalla tromba delle scale del Dormitorio maschile.
“Allora Herm? Puoi dirmi cosa sta succedendo?! Che diamine ti è preso adesso?”
Oh no… La bruna sentì come un peso soffocante stringerle la gola. Non era tutto risolto come le era sembrato poco prima in corridoio. C’era ancora una questione fondamentale da sistemare. Ron, uno dei suoi due migliori amici da anni, meritava una spiegazione. Dopotutto gli aveva detto che il suo flirt con la Serpe era finito e invece…
In quel momento però non si sentiva davvero in grado di affrontare l’argomento.
“Senti Ron, non è che possiamo riparlarne più tardi? Adesso dovrei andare a cambiarmi per le lezioni, ma ti giuro che poi oggi ti spiego tutto.”
Sbatté le ciglia scure, mordendosi il labbro inferiore con aria così dolcemente infantile che il suo compagno non poté dirle di no.
Nuovamente felice la giovane corse su per le scale ed infilò nella propria camera, già vuota, dato che Calì e Lavanda erano chiuse in bagno a prepararsi (o “restaurarsi” come diceva lei) da almeno una mezz’ora buona. Vedendosi riflessa nello specchio prese improvvisamente coscienza del proprio abbigliamento.
Santo Cielo, era uscita in pigiama! Aveva girellato per la scuola fuori dall’orario consentito e senza neanche i vestiti addosso. Le venivano i brividi mentre già si immaginava portata per le orecchie da gazza nello studio di Silente e costretta a sorbirsi una ramanzina con i fiocchi senza neanche la protezione della divisa addosso. Forse c’era persino una regola contro quello che aveva fatto…
Infilò la testa nell’armadio e cominciò a gettare sul letto i primi indumenti che trovava, avendo fretta di vestirsi propriamente. Stava lottando per sfilarsi la canottiera del pigiama, che come al solito si era ingarbugliata con i suoi capelli, quando udì un suono ben noto giungere dalla finestra alle sue spalle.
Toc-toc…
Il suo primo pensiero andò al gufo di Draco che già altre volte la aveva raggiunta nella sua stanza. Forse portava un messaggio, un chiarimento riguardo l’inspiegabile comportamento del Serpeverde, che poco prima la aveva piantata in mezzo al corridoio con le labbra che bruciavano per il bacio mancato.
Con quest’idea si liberò della canottiera con uno sbuffo annoiato e alzò gli occhi sullo specchio che aveva di fronte e che ricopriva l’intera anta aperta dell’armadio.
L’immagine che la superficie vetrata le restituì però non era quella di un gufo.
Si voltò di scatto, incrociando le braccia sul seno nudo con un’aria vergognosa che scatenò una risata ironica.
“Mezzosangue non dirmi che ti vergogni… di me?”
A cavallo della sua scopa Draco la fissava da dietro la finestra chiusa, le nocche ancora appoggiate al vetro colorato su cui aveva bussato, gli occhi incollati invece su di Hermione.
“Mi hai fatto prendere un colpo!” lo rimbrottò la Grifondoro.
“E io che pensavo di farti una gradita sorpresa… ma se vuoi me ne vado…”, parlò curvando leggermente l’inclinazione della sua scopa, cosicché essa iniziò a scendere.
“No!” esclamò Hermione prima di poter pensare a quello che diceva.
Vide il Serpeverde fuori dalla finestra sogghignare vittorioso e arrossì furiosamente.
“Beh ormai, sei qui… sarebbe sciocco andartene…” cercò di svicolare, non volendo ammettere che avere di nuovo Draco accanto a sé era l’unica cosa che desiderasse davvero in quell’istante.
“Allora mi apri o devo sfondare la finestra?”
“Ne saresti capace”, convenne la ragazza “Ma aspetta un secondo. E non guardare!”
Si voltò e andò ad infilarsi in fretta la prima camicia che trovò su letto. Quando tornò a fissare Draco si rese conto che egli non si era perso uno solo dei suoi movimenti.
“Ehi, quale parte di ‘non guardare’ non avevi capito?!”
Il ragazzo piegò le labbra in un sorriso sornione mentre la finestra Grifondoro veniva aperta perché lui potesse spingersi a violare quella camera che mai prima di allora aveva accolto la presenza di una Serpe. Posò i piedi a terra e lasciò ricadere la scopa contro il muro alle sue spalle, mentre il suo corpo si muoveva quasi da solo verso la ragazza dei suoi desideri.
“Grazie”, sussurrò ormai a due centimetri dal volto di Hermione, “Cominciavo a credere che mi avresti lasciato là fuori a congelare…”
La giovane fu tentata di indietreggiare, spaventata non dal tono morbido e sensuale di lui quanto dall’irrazionalità dei propri pensieri. Nella sua mente un solo bisogno si faceva strada oltre tutti.
Faceva caldo… tanto caldo…
Le sue labbra bruciavano ormai al limite apparente dell’autocombustione e in qualche strana e perversa maniera Hermione era certa che solo il contatto bollente con quella bocca di Serpe che aveva di fronte avrebbe saputo placare la sete che le corrodeva la gola.
“Di niente…” mormorò, sentendosi subito un’idiota per non aver saputo trovare una frecciatina in risposta alle frasi di Malfoy.
Pensò di chiedere perché mai il ragazzo si fosse preso il disturbo di volare fino lì ma la sua domanda le morì in gola quando Draco le passò un braccio dietro la schiena e la attirò a sé di colpo, premendola contro il proprio petto fino a sentir male. L’altra mano restò chiusa a pugno, stringendo qualcosa che la giovane non notò.
Lei appoggiò la guancia sul suo torace, meravigliandosi di sentire il suo cuore battere così veloce.
“Herm…”
“Sht…” lo zittì, completamente disinteressata in quel momento a qualunque cosa non fosse il rapido ticchettio del suo muscolo cardiaco, così rincuorante ed eccitante al tempo stesso.
Era proprio lei a causargli quell’emozione così forte?
Senza riflettere, voltò il viso, strofinando la guancia contro la stoffa morbida della sua camicia per poi lasciarvi andare la fronte e insinuare le labbra sul sottile lembo di pelle nuda visibile tra un’asola e l’altra.
Draco si lasciò sfuggire un sospiro roco e gettò indietro la testa, inspirando forte per non perdere il controllo. Era lì per un motivo e non poteva lasciarsi distrarre…
Non poteva…
Hermione fece saltare via i primi bottoni, scoprendo il suo petto, percorrendo le linee dei suoi muscoli con le labbra dischiuse.
No, non poteva proprio...
La punta rosea della sua lingua s’insinuò tra le sue labbra, rotonde e arrossate, pronta a gustare ogni centimetro di pelle profumata, mentre ormai la camicia con lo stemma Serpeverde scivolava via dalle spalle del ragazzo.
Beh… forse invece poteva…
Draco fece scorrere via il braccio destro da dietro la schiena di Hermione, sostituendolo con l’altro, nel cui pugno giaceva, ormai dimenticata, una lettera.
La sua mano libera risalì lo stomaco della ragazza davanti a sé, accarezzò il suo costato e si chiuse a coppa sul suo seno nudo, strappandole un gemito.
I respiri di entrambi si fecero più accelerati, gli occhi più lucidi, i desideri più torbidi…
“Draco…”, mugolò Hermione mentre i denti del Serpeverde affondavano nella carne del suo collo.
Rabbrividì delle sensazioni che si propagavano nel suo corpo e chiuse gli occhi. Si chiese cosa sarebbe successo se per una volta avesse smesso di pensare alle conseguenze di quello che faceva e si fosse concessa alle misteriose trame del fato. Se avesse lasciato che fosse quella sensazione vorticosa alla bocca dello stomaco e non più il cervello a gestire il suo volere. Se semplicemente si fosse abbandonata alle mani di Draco…
Se solo non avesse sentito di nuovo quel rumore!
Toc-toc…
Con un mugolio di frustrazione la Grifondoro allontanò il calore rassicurante del corpo di Draco e si sporse oltre la sua spalla.
“Scusate l’interruzione…”
Rosso d’imbarazzo e con lo sguardo fisso al suolo, lontano decine di metri sotto la sua scopa, Harry tentennava nell’indecisione. La sua migliore amica si richiuse frettolosamente a camicetta e nello scivolare via dall’abbraccio di Draco ebbe una strana sensazione di dejà-vu. Con la sola differenza che quella prima volta che Harry aveva interrotto i baci del Serpeverde lo aveva fatto con rabbia e odio e tutta l’intenzione di rimproverarla a dovere, mentre stavolta nei suoi occhi c’era solo il bisogno di parlarle, di confidarsi con lei e il rammarico di averle rovinato un attimo di felicità.
Hermione lottò momentaneamente con l’irrazionale tentazione di serrare le tende e ignorare il bussare sul vetro, ma si dette subito della sciocca per un simile pensiero e corse alla finestra borbottando qualcosa sulle “dannate scope e i dannati uomini e la loro dannata mancanza di fantasia”…
“Vieni, entra.” mormorò con voce gentile, mascherando al meglio la delusione.
“Preferisci che vada via?” accennò Harry, esitando a farsi avanti.
“Non importa, io stavo per andarmene.” mentì spudoratamente Draco, dopo essersi ritirato la camicia sulle spalle ed aver afferrato la propria scopa.
Hermione annuì distrattamente, vagamente meravigliata che il Serpeverde non se ne fosse uscito con una delle sue frecciatine. Quest’ultimo la salutò con un veloce bacio sulla fronte e poi volò via, il pugno sempre serrato attorno alla lettera che non aveva avuto il tempo di mostrarle, lasciandole sulle labbra un bruciore sempre più insopportabile.
“Io non so più che fare Herm…”
La ragazza si voltò verso il proprio migliore amico come se si fosse riscossa da un sogno.
“Come?”
“Non so più che fare, non so più che cazzo succede!” urlò il Bambino Sopravvissuto con la testa tra le mani “Tu e Malfoy a fare i fidanzatini, Ginny che si innamora di Zabini… Oh Cristo, ma il mondo ha preso a girare al contrario e vi siete scordati di avvertirmi?!”
Hermione sorrise amaramente mentre si portava a sedere accanto a lui.
“Tesoro, temo di non avere neanche io una spiegazione razionale per tutto questo. Vorrei tanto che ci fosse, ma comincio a credere che non sia così.”
Il Cercatore le rivolse un’occhiata stupita.
“Hermione Granger che non riesce a capire le cause di qualcosa? Questa devo proprio segnarmela…”
“Non essere sciocco. Sai benissimo cosa voglio dire.”
“Già… Al cuor non si comanda, giusto? Accettiamo queste pillole di saggezza degne delle scatole di cioccolatini come se fossero vere risposte! E al mio di cuori che ci pensa?”
Concluse il suo piccolo sfogo fissando il soffitto sopra di sé, tanto perché la forza di gravità gli desse una mano a ricacciare indietro quelle stupide lacrime che gli pungevano gli occhi.
“Oh, Harry… vieni qui. Lo sai che per te ci sarò sempre…” gli sussurrò la ragazza, stringendolo tra le proprie braccia con fare materno. Quando lei aveva avuto bisogno, il suo migliore amico non la aveva mai giudicata, né condannata, né abbandonata.
Ora il minimo che lei potesse fare era ricambiargli il favore, per quanto le sue labbra aride reclamassero ancora da una certa Serpe un bacio che tardava da troppo ad arrivare.


Mentre entrava in Sala Grande per la colazione, Hermione cercò Ron con lo sguardo. Lo vide seduto al suo tavolo addentare con aria assente un croissant al cioccolato e imprecare sommessamente quando il cacao ricadde in uno sbuffo scuro sugli appunti di Trasfigurazione che il ragazzo stava ripassando.
“Buon giorno.” gli sussurrò con un sorriso, sedendosi al suo fianco e rubandogli con due dita la punta del croissant.
“Ehy!” protestò bonariamente il ragazzo, prima di afferrare un’identica pasta e metterla nel piatto vuoto della compagna.
“Allora ‘Mione? Ti sei finalmente decisa a spiegarmi cosa ti sta succedendo? In quest’ultimo periodo ho come l’impressione che tu e Harry mi stiate escludendo da tutto.”
La giovane scosse il capo e inghiottì in fretta un grosso boccone della propria colazione.
“Non essere sciocco. Sai che non lo faremmo mai; è solo che… è successo un po’ di casino, per essere brevi.”
“Io non voglio che tu sia breve.”
“Davvero, è una storia lunga e decisamente questo non è né il luogo né il momento adatto per discuterne.”
“E quindi preferisci tenermi all’oscuro ancora un po’?!” s’infervorò il Grifondoro.
Le sue mani tremarono leggermente, nonostante egli avesse lottato per mantenere basso il tono della propria voce e non attirare l’attenzione. Alcune gocce del caffè che stava versandosi macchiarono la tovaglia candida e Hermione capì che la sua pazienza stava arrivando al limite.
“Senti, ti andrebbe bene se ci vedessimo prima di pranzo dietro la serra del dittamo?”
“E mi spiegherai tutto?”
“Ti spiegheremo tutto.”
Diversamente da quanto Ron poteva immaginare, quel ti spiegheremo non aveva per soggetti tanto lei e Harry, quanto lei, Harry, Ginny, Blaise e Draco.
Hermione stava per incamminarsi verso l’aula di Trasfigurazioni quando si bloccò.
Il suo amico si voltò nella sua direzione.
“C’è qualcos’altro?”
“No, cioè, sì… Potresti promettermi…”
“Cosa? Che non ne farò parola con nessuno? È ovvio…”
“No, in realtà vorrei che… che tu non portassi la bacchetta.”
Le sopracciglia fulve di Ron balzarono a fare compagnia all’attaccatura dei suoi capelli quando i suoi occhi chiari si dilatarono per lo stupore.
“E perché mai?”
“Niente è che a volte prevenire è meglio che curare e voi siete un po’ impulsivi, quindi…”
Voi chi?”
“Oh, senti, lascia stare, prometti e basta e ci vediamo alla serra, ok?”
Scavalcò rapidamente la panca e schioccò un bacio in fronte all’amico, allontanandosi prima che quello potesse risponderle.
“Bah…”, bofonchiò Weasley, “A volte, chi la capisce è bravo…”


Tremuli fiori azzurri offrivano le proprie gole profumate alle carezze del vento invernale, prima che dita intirizzite di studenti Serpeverde e Tassorosso le stroncassero con un gesto deciso dai loro steli.
La professoressa Sprite chiacchierava con Hagrid e osservava distrattamente il procedere della prima lezione di quel giorno, godendosi la vista del prato costellato di gigli dei ghiacci da dentro l’ambiente tiepido della serra.
“Quella maledetta…” ringhiò Draco mentre la professoressa versava con calma una tazza di cioccolata calda per sé e il Custode delle Chiavi, lottando con il golosissimo Thor che le saltellava intorno.
Il Serpeverde andò a gettare l’ennesima corolla nel cestino che condivideva con Blaise e riprese a bofonchiare.
“Lei se ne sta al caldo a poltrire e noi qui a congelarci il culo.”
“La vita è ingiusta, amico”, sospirò il compagno con filosofia “E a proposito di ingiustizie… sei riuscito a spiegare a Hermione di tuo padre?”
Uno stelo di giglio si spezzò malamente sotto il tocco nervoso di due dita rese violente dalla rabbia.
Blaise capì che era meglio cambiare argomento.
“Io vado a svuotare il cestino in serra, ok?”
In risposta ottenne una via di mezzo tra un consenso e un’imprecazione, quindi prese i fiori raccolti e seguì i ciottoli semi-congelati del vialetto fino al luogo dove si raccoglievano quei rari e delicati ingredienti per pozioni.
Draco approfittò di quell’attimo di solitudine per lasciarsi cadere sull’erba umida di brina e riposare la schiena, distrutta da quell’ora passata ricurvo su quei dannati gigli.
Mugolò di soddisfazione quando poté stirare le braccia sopra la testa, ma un tocco familiare sulle spalle rovinò la sua perfetta pace.
“Che diamine vuoi Pansy?” soffiò senza neanche voltarsi, mentre le afferrava i polsi sottili e interrompeva quel massaggio non richiesto.
“Mi sembravi infreddolito.” si giustificò la ragazza, spostandosi una ciocca corvina dietro l’orecchio con aria sensuale.
Draco riprese ad ignorarla, chiedendosi adesso come avesse potuto una volta sopportare la sua compagnia.
La giovane restava in piedi dietro di lui e si scambiava ogni tanto sguardi carichi di sottintesi con le compagne alle proprie spalle.
“Ti va un po’ di tè caldo, per caso?”
Il Serpeverde le lanciò un’occhiata traversa da sopra la spalla. Non aveva fatto colazione e oltre allo stomaco vuoto aveva un fastidioso cerchio alla testa per la nottata praticamente insonne.
Forse per una volta in vita sua la Parkinson avrebbe potuto essere utile a qualcosa.
Allungò una mano verso di lei, che con un gridolino di gioia corse a riempirgli un bicchiere di polistirolo facendo un innaturale giro su se stessa, passandosi il bicchiere dietro la schiena, prima di porgerglielo.
Draco abbozzò un sorriso di cortese ma freddo ringraziamento prima di portare la bevanda bollente alle labbra. L’odore acidulo del limone gli invase per primo le narici, seguito poi da una nota estremamente dolce.
“L’ho fatto con poco zucchero, come piace a te.” uggiolò Pansy, carezzandogli una spalla con le lunghe unghie laccate di rosso cupo.
Il suo sguardo non si staccava un momento dalla bocca seducente del ragazzo, aspettando solo di veder scivolare il liquido dorato verso la sua gola… e il suo cuore.
Tè per scaldargli il corpo e Filtro d’Amore per bruciargli l’anima.
La avrebbe amata come una dèa, come la musa cui non avrebbe potuto più rinunciare. Forse l’effetto non sarebbe durato tutta la vita, ma i capelli di Veela e i chiodi di Garofano che componevano quella benedetta pozione appena versata nel suo bicchiere lo avrebbero stregato almeno per un paio di giorni. E questo bastava per convincerlo a scrivere a Lucius Malfoy che l’unica donna che lui avrebbe mai sposato portava il nobile cognome dei Parkinson.
Già si vedeva con la fede al dito e il conto in banca triplicato…
Assorta nei suoi pensieri si riscosse solo quando Thor prese ad abbaiare a pochi metri di distanza.
“Ti piace?” chiese a Draco che aveva ancora le labbra appoggiate all’orlo del polistirolo.
Il ragazzo si alzò in piedi, stringendo ancora tra le dita il bicchiere.
“Molto. Grazie…” soffiò con voce bassa.
Pansy fu scossa da un brivido di vittoria ed eccitazione.
“Tanto per curiosità…”, mugugnò, avvicinandosi al suo corpo con movenze da gatta, “Come mi trovi oggi?”
Draco inarcò un sopracciglio, portando le proprie labbra a un centimetro dal suo orecchio.
“Meravigliosa…”
La Serpeverde era tanto estasiata da quella parola che, diversamente dal solito, non si arrabbiò nemmeno quando il grosso cane di Hagrid prese a girellare attorno a lei e al ragazzo per poi fermarsi dietro a quest’ultimo.
“Dici sul serio?”
“Ovvio. Così bella che neanche un cane potrebbe resisterti.”
La ragazza curvò il capo, incerta sul significato di quello strano complimento.
“In che senso?”
Lo sguardo che il Serpeverde le rivolse nell’allontanarsi dal suo viso per poi spostarsi di lato avrebbero dovuto farle capire che qualcosa non andava. Il suo ghigno sadico poi avrebbe dovuto preoccuparla seriamente. In quel momento di sublime estasi però Pansy era troppo occupata a complimentarsi con se stessa per notare questi particolari. Quando vide che il giovane lasciava cadere a terra un bicchiere di tè mezzo pieno e che dietro di lui Thor si leccava beatamente i baffi non ebbe più tempo per riflettere.
Un secondo e si trovò spalmata a terra con un quintale di cane a schiacciarle le costole e laccarle amorevolmente il viso.
“Che schifo! Levatemelo di dosso!”
La risata di Draco le ferì le orecchie come veleno.
“Visto Pansy? Così bella che neanche un cane potrebbe resisterti.”
La risposta della ragazza si perse tra un mare di improperi, urla isteriche e vari rimproveri degli insegnanti che si erano avvicinati di corsa per capire l’inspiegabile comportamento del cane.
Blaise si avvicinò al proprio migliore amico e poggiò a terra il cestino vuoto.
“C’entri forse qualcosa?”
“Chi, io?” ridacchio il Principe delle Serpi con finta innocenza.
Dopotutto Pansy se l’era cercata. Era davvero così sciocca da pensare che un pozionista come lui non avrebbe riconosciuto all’istante il profumo dolciastro di chiodi di garofano di un Filtro d’Amore? Aveva solo dovuto fingere che esso stesse facendo effetto per qualche secondo prima che Thor, guidato dalla propria golosità e attirato da quell’essenza zuccherina corresse a leccare via il tè dal bicchiere alle sue spalle e si beccasse una cotta per la Serpeverde.
“Sei crudele.” lo rimproverò Blaise.
“Oh, andiamo, non dirmi che all’improvviso tieni a quell’oca!”
“In realtà io mi riferivo al cane. Mi fa una gran pena…”
Draco scoppiò a ridere di gusto, allietato ancora maggiormente dalla voce esausta della Sprite che tentava invano di tirare via Thor e urlava ai suoi alunni ridacchianti che la lezione era finita.
Il Serpeverde si concesse ancora qualche minuto di quell’appagante scenetta e poi si diresse verso il Castello.
L’erba ghiacciata scricchiolò sotto i suoi piedi e il vento freddo si intrufolò sotto le pieghe morbide della sciarpa di lana. Draco vi affondò il viso e alzò lo sguardo. Un’esile figura bruna che procedeva a fatica tra le raffiche gelate che le scompigliavano i riccioli scuri entrò nel suo campo visivo e lo portò ad accelerare il passo.
“Ciao…”, sussurrò lasciando cadere a terra la borsa a tracolla quando fu a pochi passi da lei.
“Ciao.” rispose con un sorriso Hermione.
Erano soli ma la giovane accennò lo stesso ad un piccolo sentiero che conduceva verso il bosco e il Serpeverde la seguì per pochi metri.
“Devo parlarti…”, iniziò la Grifondoro, fermandosi in un punto riparato da alcuni cespugli di ginepro.
“Come posso aiutarla, mia dama?” celiò Draco con un misto di curiosità e impazienza.
“Prima di pranzo. Alla serra del dittamo.”
Il ragazzo rise. Si avvicinò a lei e le strinse i fianchi per attirarla a sé.
“Che fai? Mi dai ancora gli appuntamenti negli angolini nascosti?” ridacchiò.
Lei pose i pugni chiusi sul suo petto, esitando a lasciarvi andare anche il volto imporporato dal contatto col vento freddo.
“No, scemo, è importante.”
Ora che lui era così vicino era difficile resistere alla tentazione di lasciar perder Ron e Harry, con i quali aveva fissato prima il ritrovo alla serra, e chiudersi con quel Serpeverde in camera per tutta la vita.
“Ora devo scappare”, mugolò controvoglia, sentendo dei passi avvicinarsi, “Ho lezione tra un minuto.”
Si allontanò da lui, si voltò e corse via. Draco tese involontariamente la mano verso la sua immagine che si faceva più piccola, lasciandolo solo con la sensazione amara di un colloquio durato troppo poco e a consolarlo giusto la prospettiva di un nuovo incontro, dolce come il profumo dei gigli di ghiaccio che arrivava fin lì, trasportato dal vento vagabondo di novembre.


Finita l’ultima lezione della mattinata e dell’intero giorno, Draco corse verso il proprio Dormitorio. Entrò in camera gettando la borsa e il mantello sul copriletto trapuntato da sottili fili argentati. Le piume e le pergamene vi rotolarono sopra e si sparpagliarono in ogni direzione, scivolando a terra con schianti cristallini. Emerald, appollaiato sul suo trespolo, prese ad agitarsi e a sbattere le ali.
Reparo!” mormorò stancamente il suo padrone.
L’animale però non si calmò. Volò anzi verso gli oggetti appena rimessi insieme e prese tra gli artigli acuminati una piuma e un foglio che depositò sulla scrivania cui era seduto Draco.
“Che vuoi?”
Il gufo prese a punzecchiargli le mani con il becco ricurvo, incitandolo a scrivere una risposta che evidentemente gli era stato ordinato di riportare celermente.
“Basta!” urlò, scansandolo con uno scatto furioso del braccio. Emerald schioccò il becco e volò via, stizzito, andando a posare gli artigli attorno al prezioso bracciolo intarsiato di una poltrona in ebano scuro e levigato.
Draco lo fulminò con lo sguardo, conscio tanto quanto l’animale di avergli già ripetuto un milione di volte che a lui era proibito stare lì e che altrettante volte il gufo aveva disobbedito al suo ordine, testardo e infido quanto il proprio padrone.
Voleva che rispondesse a suo padre, eh? E cosa? Questo sapeva forse dirglielo? No, certo che no… e chi avrebbe potuto?
Il Serpeverde si alzò di scatto e afferrò l’ultima lettera di Lucius, ficcandola malamente dentro la tasca del mantello che riafferrò con un gesto ampio e rabbioso. I bordi scuri dell’indumento si sollevarono, roteando fino a sfiorare la poltrona dalle rifiniture in ebano. Emerald sbatté le ali per non perdere l’equilibrio.
“Sai cosa ti dico?” gli ringhiò contro Draco, sorprendendosi di stare davvero parlando con un animale “Che sarà lei a decidere!”
Avrebbe mostrato la missiva a Hermione e avrebbe agito come lei gli avrebbe detto. Dopotutto chi, meglio di lei, che già disponeva del suo cuore, avrebbe potuto guidare anche le redini del suo destino?
Corse così veloce verso il luogo dell’appuntamento da arrivare primo. Dopo aver ripreso fiato rimase in attesa e le parole della lettera riapparvero davanti ai suoi occhi, chiare nel ricordo come sulla carta, per via di tutte le volte che le aveva rilette.

“Caro Draco,
    Spero che la presente ti trovi nel pieno possesso delle tue forze e nella migliore delle disposizioni d’animo, perché ho grandi notizie per te. Sappi che presto…”

Un fruscio tra gli alberi lo strappò a quei pensieri, trascinandolo di nuovo sulla terra e poi su verso il Paradiso.
“Granger…”
“Malfoy.”
Tutto ciò cui riuscì a pensare il Serpeverde mentre bruciava le distanze e stringeva finalmente tra le braccia la sua amata Mezzosangue fu “Finalmente!”. Dimentico di tutto ciò che non fosse l’odore della sua pelle e dei suoi capelli o la consistenza carnosa delle sue labbra contro il proprio collo, le affondò le dita tra i boccoli scuri, mentre lei allacciava le braccia dietro i suoi fianchi.
“Mi sei mancata.” le sussurrò.
Il suo fiato caldo le carezzò la nuca.
“Ci siamo visti poco fa…”
“Intendevo, dall’ultima volta che ci siamo baciati.” Puntualizzò il ragazzo, con voce roca e graffiante per l’impazienza e il desiderio.
D’istinto Hermione si portò le dita alle labbra. Erano fredde. E allora perché le pareva bruciassero tanto?
Socchiuse gli occhi. Lui era lì, a pochi centimetri, fresca sorgente di vita e fonte di ristoro sicuro. Come non abbandonarsi a lui?
I loro volti si avvicinarono ancora, finché la Grifondoro sentì il tocco sensuale delle sue labbra contro le proprie nocche piegate…
Poi ancora un fruscio e Harry uscì dalla vegetazione, staccandosi di dosso foglie e rami costellati di spine.
“Porca miseria, ho beccato tutti i cespugli di ortiche di questo dannato post…ops!” si morse la lingua quando vide Hermione ritrarsi con uno scatto dal suo Principe delle Serpi. Li aveva interrotti di nuovo. Vide Draco stringere le mascelle e serrare i pugni e poté giurare che le vene del suo collo avessero preso a pulsare più velocemente mentre andava ad appoggiare il petto alla schiena di Hermione e, da dietro, le circondava la vita con le braccia.
“Dì un po’ Sfregiato, hai seguito un corso apposito o ti viene proprio naturale di arrivare sempre nel momento e nel luogo più inopportuno?!”
“Draco piantala”, lo rabbonì la sua Mezzosangue “Gli ho detto io di venire qui oggi.”
Il Serpeverde la fissò con aria interrogativa.
“E aspetti altre visite per oggi?”
In tutta risposta Ginny uscì dai cespugli, stringendo la mano di Blaise. Nel vedere Harry le sue guance raggiunsero la stessa tonalità dei suoi capelli, ma il sorriso amichevole che il Bambino Sopravvissuto le rivolse fu sufficiente a calmarla.
“Perfetto…” bofonchiò Draco mentre la sua idea di un incontro a quattr’occhi con finale in camera da letto andava al diavolo.
“Manca nessuno all’appello, Mezzosangue?”
“Probabilmente”, accennò una voce tra gli alberi “Io.”
Ronald si fece largo alle loro spalle, scrutando ogni particolare con aria sospettosa. Valutò seriamente l’idea di andare a sbarbare una mandragola e farla finita per sempre, perché doveva essere diventato improvvisamente pazzo. Altrimenti come si spiegava che sua sorella stringesse la mano di una Serpe sotto lo sguardo accondiscendente del proprio ragazzo e che Malfoy se ne stesse avvinghiato alla sua migliore amica?!
“Bene, ci siamo tutti.” Sentenziò la Caposcuola Grifondoro, sciogliendo l’abbraccio del Serpeverde alle sue spalle e contemplando i presenti con un misto di terrore ed eccitazione.
“Harry, Ginny, Ron…”
Lo avrebbe detto, lo avrebbe detto…
“Cosa, Herm?” la interruppe l’ultimo nominato, fissandola con due occhioni da cucciolo spaurito che misero a dura prova la sua determinazione.
“Harry, Ginny, Ron…”
Lo avrebbe detto subito, stava per dirlo…
Cosa Herm?”
“La pianti di interrompermi, Ronald?!”
“Oh, al diavolo, Mezzosangue!” la sovrastò Draco con poco garbo, “Glielo vuoi dire a Lentiggini che io e te stiamo insieme o aspetti la folgorazione divina?”
La delicatezza non era mai stata il punto forte di Malfoy, ma almeno la aveva tolta dall’imbarazzo di dover proseguire in quella farsa tragicomica di dialogo.
“COSA?!”
L’urlo di Ron fece volare via uno storno di uccelli appollaiati poco lontano e parve propagarsi all’infinito verso il cielo brumoso. Hermione ringraziò il Cielo per aver pensato di dire al suo amico di non portare la bacchetta, altrimenti in quell’istante probabilmente avrebbe avuto inizio una strage.
Alla vista della sua smorfia disgustata però sentì la rabbia sovrastarla.
“Cosa cosa? Non cadere dalle nuvole con quell’aria Ronald Weasley, perché te ne avevo già parlato!”
Blaise nel frattempo si avvicinò a dare una pacca sulla spalla del compagno di Casa.
“E bravo Draco, finalmente ti sei deciso a parlare chiaro, eh? E per quel che riguarda quella letter…”
Non terminò mai la frase, interrotta dalla sadica puntualizzazione del suo migliore amico.
“E comunque, Donnola, lui sta con tua sorella, non Potter!”
Sospirò di sollievo quando vide il Grifondoro incendiare con gli occhi l’altro Serpeverde e fu certo che l’argomento lettera non sarebbe stato ritirato fuori nell’immediato. Quando aveva sentito nominare quella parola gli era parso che il foglio nella sua tasca pesasse una tonnellata e dovesse cadere a terra con un tonfo assordante.
“Che cosa?!”
“Ok, forse di questo non ti avevo ancora accennato…” ammise Hermione.
“Già, forse ti era sfuggito!”
Si voltò verso Zabini che rivolgeva insulti a Malfoy in tutte le lingue conosciute, verso sua sorella, che pareva sul punto di incendiarsi tanto era rossa e infine verso il suo migliore amico, del tutto indifferente e anzi, Ron avrebbe potuto quasi scommetterci, all’apparenza anche vagamente… divertito?
“Ginevra, dimmi che non fai sul serio…” mormorò con un filo disperato di voce.
La ragazza parve ritrovare un po’ del suo naturale coraggio.
“Perché, se facessi sul serio che problema ci sarebbe?”
Ron rimase allibito, a bocca aperta. Si mise le mani nei capelli e cominciò a girare senza meta, borbottando nervosamente qualcosa tra sé. Ogni tanto alzava la testa o mugolava di disappunto. Il resto del gruppo lo fissava con apprensione, eccezion fatta per Malfoy, ovviamente, che sembrava essersi appassionato alla nobile arte del calciare sassolini e la applicava a qualsiasi minerale rientrasse nel raggio d’azione delle sue gambe, ignorando completamente il Grifondoro. Finché questi non se ne uscì con una frase finalmente comprensibile.
“Non può funzionare.”
“Cosa?” domandò il Serpeverde, tentando di circondare di nuovo la vita della sua Mezzosangue con le braccia, ma trovando la sua resistenza.
“Questo.”
Malfoy rise beffardamente, irritato però dall’abbraccio rifiutato.
“Solo perché lo dici tu Lentiggini?”
“Perché è così e basta. Grifoni e Serpenti non sono fatti per volare insieme e tantomeno per strisciare come te Malfoy…”
Il ragazzo rispose con uno sbuffo dal tono agguerrito, emesso arricciando le labbra sottili e contratte.
Una voce femminile dette eco ai suoi pensieri inespressi.
“Queste sono solo cazzate!”
Gli occhi di tutti si fermarono su Ginny che aveva appena parlato, stupendo tutti con un linguaggio decisamente poco consono al suo solito registro.
“E io non credevo che tu fossi così stupido da crederci, Ron.”, rincarò la dose.
Hermione le diede manforte, ben decisa a non mollare la lotta per un sentimento che le aveva dato tante emozioni così tragicamente e dolcemente diverse in poche settimane e che mai fino ad allora era stato stabile e sicuro per più di pochi attimi.
Draco vide una luce accendersi nel fondo delle sue iridi dorate e sorrise della sua determinazione. Aveva le guance accese di porpora intensa e le labbra serrate fino allo spasmo, ma non per questo era meno bella, anzi lo era di più. Non le staccò mai gli occhi di dosso mentre lei ribatteva prontamente e con lucidità ad ognuna delle obiezioni mosse dal suo compagno, attirato da quell’aura misteriosa di sicurezza che pareva alleggiarle intorno.
“Tu non hai nessuna coscienza, nessuna idea, nessuna cognizione che possa permetterti di arrogarti il diritto di sputare sentenze!” concluse con forza.
Ron tentò l’ultima carta, rivolgendosi a Harry.
“Tu non sarai d’accordo con questa follia voglio sperare?! Andiamo, si tratta di Zabini, di Malfoy, per la miseria! Malfoy, il tuo nemico da sempre! Non crederai che sia sincero, non crederai a lui?!”
Il Grifondoro gli sorrise, conscio di quanto fosse difficile da accettare. Lui c’era già passato e poteva dire che era stata un’esperienza a dir poco scioccante, che lo aveva costretto a rimettere in gioco le proprie convinzioni e le proprie certezze, ma non senza lati positivi: la felicità e la pace di due delle persone che più amava.
“A costo di suonare retorico”, rispose, “Io credo nella verità e la verità è che sia Ginny che Hermione sono felici con loro e questo mi basta. E, sinceramente, credo che possa bastare anche a te.”
Le ragazze annuirono con convinzione.
“Se ci vuoi bene, cos’hai incontrario alla nostra serenità?” incalzò sua sorella.
Il ragazzo affondò il volto tra le mani con un mugolio doloroso che fece disperare molti. Quando alcuni minuti dopo riemerse però, contro ogni previsione, le sue labbra accennavano un sorriso.
“So già che me ne dovrò pentire”, spiegò scrollando le spalle, “Ma se è questo che volete… per me va bene.”
Ginny emise un gridolino di felicità e saltò tra le braccia spalancate del Serpeverde alle proprie spalle, il quale si impossessò all’istante delle sue labbra.
“Ehy, almeno non davanti a me!” si scandalizzò suo fratello.
La ragazza si voltò all’istante, rossa di vergogna.
“Scusa… L’entusiasmo.”
Risero tutti di quella piccola uscita. Finalmente tutti. Insieme.
Hermione tirò un sospiro di sollievo e si lasciò ricadere contro il petto di Draco, chiudendo gli occhi. Lui appoggiò le labbra tra i suoi riccioli e le strinse finalmente le braccia attorno alla vita, cullandola leggermente.
“Ci vediamo in Sala Comune”, le disse Harry, allontanandosi con Ron, “Tanto stasera non abbiamo lezioni.”
La ragazza annuì leggermente e fece lo stesso per salutare Blaise e Ginny che sparirono per un altro viottolo intricato. Adesso erano solo lei e Draco.
Il Serpeverde serrò maggiormente la stretta del proprio abbraccio e stavolta la giovane non oppose resistenza.
“Se avessi rifiutato ancora il mio tocco…” la informò il Principe delle Serpi, “Non avrei più risposto delle mie azioni.”
Hermione sorrise, ascoltando il lento strusciarsi del vento contro le poche foglie rimaste e beandosi del calore che trapelava dai vestiti intirizziti dall’umidità dell’inverno.
Sollevò il viso verso quello di Draco e in quel preciso istante in cui trovò il suo sguardo, le parve di potersi mescolare a lui, fondersi, bersi. Entrambi sentirono un bisogno reciproco impellente e bruciante e videro il mondo scomparire in un abisso profondo e lasciarli soli con un pensiero unico. Non c’erano che loro, senza patti, senza malintesi, senza pregiudizi.
Allora Draco sfiorò il volto della sua Mezzosangue con lentezza crudele per poi accarezzarle il mento con le dita affusolate.
“Hermione…”. Sussurrò piano, assaporando il gusto di quel nome.
Lei sorrise.
“Draco…”
Lui sorrise.
Erano così vicini da sentire i propri respiri caldi mentre parlavano. Così vicini che quando Draco sollevò leggermente il mento di Hermione, inevitabilmente, le loro labbra si incontrarono.
Fu come un tuffo nel ghiaccio, fu come respirare per la prima volta dopo secoli. Come ossigeno, una sensazione irreale di piacere si diffuse nei loro corpi, sospinta nel sangue dal battito accelerato dei loro cuori.
Hermione si aggrappò alle braccia del biondo che le lambiva le labbra, dissetando il suo bruciante bisogno di lui. Quello era benessere allo stato puro, stillato dalle morbide labbra di una Serpe, il più dolce dei veleni, ambrosia divina che eccitava i suoi seni.
Draco sentì che avrebbe potuto passare la vita in quel contatto, fosse morto in quell’abbraccio non avrebbe avuto rimorsi, dato che poteva forse esserci qualcosa di meglio del morire tra le mani candide di un angelo?
Tutto attorno a loro si fece ovattato. Il mondo divenne un pallido riflesso di quello che era, nessun suono fu più udibile, tranne quello cadenzato dei loro respiri e quello umido delle loro labbra che si rincorrevano.
Quando si separarono restarono senza fiato né coscienza di sé. I loro occhi velati dal desiderio s’incontrarono di nuovo e Draco sentì le membra della Grifondoro tremare sotto il suo tocco.
Tu as peur, mon amour?” bisbigliò nel suo orecchio.
Hai paura, amore?
La ragazza scosse il capo e avvicinò le sue labbra alla sua gola, cosicché la propria risposta sarebbe stata un sussurro strozzato sulla sua pelle.
Je crains ce que j’éspère…”
Temo quel che spero.
Si allontanò da lui, prima indietreggiando lentamente con gli occhi fissi nei suoi, poi voltandosi solo ogni tanto, per vederlo mentre la seguiva.
A quelle poche parole Draco si era sentito catturare e trascinare fuori dal mondo reale. Non si rese neanche conto di essere rientrato a scuola, di aver attraversato l’atrio e i corridoi dei Sotterranei, di aver detto la parola d’ordine e aver varcato l’ingresso del Dormitorio, vuoto a causa del pranzo in corso. Riprese contatto con la realtà solo quando udì la porta della propria camera richiudersi alle proprie spalle.
Hermione era in piedi davanti a lui. Bella, fiera, indomabile Grifondoro, lo fissava con aria di sfida mentre un sorriso malcelato le increspava le labbra vermiglie.
Si sfilò il maglione con un unico gesto fluido e lo lanciò in terra, poi iniziò a far scivolare i bottoni della camicetta fuori dalle asole ricamate in rosso e oro.
Draco si appoggiò morbidamente allo stipite della porta, osservando ogni suo gesto con attenzione.
“Sai che non dovresti farlo, vero Granger?”
Forse non era ancora il momento, c’erano ancora particolari da chiarire, dettagli da definire, lettere da mostrare…
Lei inclinò la testa.
“E perché? Sentiamo.”
“Beh, perché io sono Draco Malfoy.”
L’infida Serpe che ancora cova in seno segreti non svelati.
La Grifondoro replicò con una risata cristallina.
“E io sono Hermione Granger. Piacere. Ora che le presentazioni sono fatte…”
Gli si avvicinò e lo aiutò a togliersi la giacca. Lui le bloccò il polso.
“Fai sul serio Granger?”
“E tu?”
Lui si abbassò a sfiorarle le labbra dischiuse.
“Non sto giocando, se è questo che mi chiedi.” le mormorò sulla bocca.
Hermione gli sfilò anche la camicia, lasciandolo a torso nudo e prese a baciargli il petto e le spalle.
“Allora ricordami perché non dovrei farlo…”
Draco rise della provocazione e la sospinse lentamente verso il letto.
La sua mano percorse la sua schiena in una carezza oscena che terminò sotto la stoffa della gonna.
“Non me lo ricordo…” celiò, baciando avidamente ogni centimetro di pelle visibile sul suo corpo perfetto.
E in realtà, in quel momento, mentre amore e piacere si mescolavano nel suo sangue risalendo il suo corpo e insinuandosi in ogni sua fibra più segreta, mentre l’aria si riempiva di gemiti, sospiri strozzati e nomi sussurrati all’infinito, in realtà in quel beato oblio poteva dire di non ricordare veramente.



…[Mavors] in gremium [...] saepe tuum se
reicit aeterno devictus vulnere amoris,
atque ita suspiciens tereti cervice reposta
pascit amore avidos inhians in te, dea, visus,
eque tuo pendet resupini spiritus ore…

…[Marte] spesso rovescia il capo nel tuo grembo,
 vinto dall’eterna ferita d’amore,
e così mirandoti con il tornito collo reclino,
in te, oh dea, sazia anelante d’amore gli avidi occhi,
e alla tua bocca è sospeso il respiro del dio supino…

Lucrezio, De rerum natura, I, vv. 33-37, (Inno a Venere)






………continua………






    
§ Spazio autrice: §

“Il piacere” è ovviamente ripreso dal romanzo di Gabriele D’Annunzio, che ho letto l’estate scorsa, innamorandomene perdutamente. La storia è piuttosto scarna e ruota tutta attorno alle vicende di personaggi dai caratteri morbosamente esasperati, in particolare a quelle del giovane e attraente nobile Andrea Sperelli, innamorato di due donne e della propria filosofia di esteta. Devo precisare che il dialogo in francese dell’ultima scena è ripreso proprio al libro (giusto le due battute in lingua, che mi erano piaciute tanto).
La citazione finale invece è un brano del “De rerum natura” che descrive l’atto amoroso della divina Venere e del suo amante Marte. L’ho scelta perché mi pareva perfetta per descrivere l’unione di Hermione e Draco, tutto qui.

Con affetto,
MmeBovary  

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Capitolo 14
*** La decadenza della menzogna ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia! 




CAP. 14
LA DECADENZA DELLA MENZOGNA



Une orange sur la table 
Ta robe sur le tapis 
Et toi dans mon lit 
Doux présent du présent 
Fraîcheur de la nuit 
Chaleur de ma vie.
« Alicante », Jacques Prévert  

Un’arancia sul tavolo
Il tuo vestito sul tappeto
E nel mio letto, tu
Dolce dono del presente
Frescura della notte
Calore della mia vita.

«Alicante », Jacques Prévert  


Una Luna grande e pallida si stagliava ormai su un cielo di perla quando Draco riaprì gli occhi dopo un sonno tranquillo e insolitamente privo di incubi.
Non poté fare a meno di piegare le labbra in un sorriso mentre, rigirandosi nel torpore del risveglio, avvertì la tiepida morbidezza del corpo nudo di Hermione accanto al proprio. La ragazza mugolò qualcosa d’indecifrabile e si voltò verso di lui, continuando beatamente a dormire come una bambina.
Draco puntellò il gomito nel cuscino e appoggiò il capo al palmo aperto, osservando i tratti gentili della giovane, rilassati dal sonno. L’innocenza delle sue rotonde palpebre abbassate sotto le ciglia brune aveva qualcosa di divino, eppure l’invitante sporgenza delle sue labbra dischiuse e umide era quanto di più peccaminoso Draco potesse immaginare. Non poté resistere alla tentazione di sfiorare quei vellutati petali vermigli…
“Mh…”
Hermione arricciò il naso e affondò il volto nel cuscino, scacciando la sua mano come se fosse una zanzara fastidiosa.
Il Serpeverde rise leggermente e tornò ad osservarla da lontano. Una parte di lui avrebbe voluto svegliarla e ricominciare da capo con le coccole, le carezze, i baci bollenti e i gemiti intrisi di piacere che avevano costellato la loro notte, prima che, stremati, si arrendessero al sonno. D’altra parte però, anche solo poterla guardare in un momento di così sublime pace come non ne avevano mai condivisi prima, era molto più di quanto avesse mai ritenuto di meritare.
Avvicinò il volto ai suoi capelli, lasciando un bacio impigliato tra i suoi boccoli ribelli.
Avrebbe potuto passare la vita lì sdraiato accanto a lei… purtroppo però il fato capriccioso sembrava mettersi d’impegno per rovinare ogni stilla di felicità che egli riusciva ad agguantare.
Il cigolio dei cardini che roteavano lo fece voltare di scatto.
“Draco, sono io, posso entrar…”
Il giovane balzò in piedi, afferrò una vestaglia al volo da una sedia e si precipitò fuori prima che Pansy Parkinson potesse infilare la sua testolina curiosa nella sua stanza. Si tirò dietro la porta con uno scatto secco.
Tra i due compagni di Casa serpeggiò per un minuto il silenzio.
“Chi era quella?” sibilò la ragazza, indicando la camera di cui aveva avuto una visione troppo rapida per cogliere più che la volatile impressione di due corpi nel letto del suo amato.
Draco non si prese neanche il disturbo di considerarla e sfilò una sigaretta dal pacchetto che teneva nella tasca della vestaglia in seta scura e dai riflessi color onice.
“Che vuoi Pansy?” alitò tra le spire evanescenti del fumo.
“Una volta eri più felice di vedermi…”, piagnucolò la giovane, “Ora sembri scocciato.”
“Forse”, replicò lui, “Lo sembro perché lo sono.”
Fissò con rabbia la porta chiusa alle proprie spalle, come se stesse ammirando il Paradiso perduto e ogni attimo che passava con quella vipera della Parkinson fosse una piuma strappata alle ali che gli sarebbero servite per risalirci.
“Insomma, puoi dirmi che cazzo vuoi?” sbottò, irritato dal mutismo ostile della Purosangue.
Lei si fece scura in volto e arricciò il labbro inferiore.
“Niente… è solo che, sai com’è, lui voleva sapere dov’eri, ma non ti si è visto tutto il giorno, né a pranzo né a cena, nessuno sapeva dirglielo; Blaise gli ha giurato che in camera tua non c’eri, ma io sono venuta a controllare lo stesso, e a quanto pare Zabini si sbagliava, e ora lui…”
“Chi voleva sapere dov’ero, Pansy, chi?!”
Lei sgranò gli occhi.
“Oh, come, non te l’avevo ancora detto? Tuo padre, ovviamente… È di là che ti aspetta.”
“Mio padre?” mormorò il ragazzo con un filo di voce.
“Ma sì! È arrivato poco prima di cena e poi… ehy, Dra, sembri pallido, va tutto bene?”
No, non andava tutto bene.
Non andava per niente bene.
Draco deglutì a fatica e in quel momento pregò che la terra si spaccasse e lo lasciasse sprofondare, ma nessuna voragine si aprì sotto i suoi piedi. C’era già all’inferno…


“Mh… Draco…” mugolò Hermione con voce bassamente impastata dal sonno, rigirandosi nel letto.
Il rumore della porta che si chiudeva la aveva svegliata e ora le sue mani scorrevano la superficie setosa delle lenzuola alla ricerca di Malfoy. Non trovando niente, la giovane aprì gli occhi.
“Draco?”
Si tirò su a sedere tra i cuscini di piume e si guardò intorno. La camera era immersa nella semioscurità della sera. Dalle piccole finestre incantate entrava una luce verdognola e evanescente che si sommava a quella delle tremule fiamme del camino per illuminare la vasta stanza da letto. Il fuoco era quasi spento e Hermione avvertì un brivido di freddo. Si alzò per andare a raccogliere un maglione di Draco, abbandonato su di una poltrona poco lontano e lo infilò, frizionando piacevolmente la lana pungente contro la pelle nuda delle proprie braccia.
Si lasciò cadere di nuovo sul letto e passò le mani sul punto in cui aveva dormito Malfoy. Era ancora molto caldo, quindi doveva essersi alzato da poco. Dove poteva essere andato?
Hermione affondò il volto nel suo cuscino per un lungo attimo, riscoprendo con gioia l’odore salato della sua pelle, poi si guardò di nuovo intorno, sedendo tranquillamente con le ginocchia raccolte al petto.
Dalla mensola scura del camino un mazzo di rose di vario colore pareva offrirsi alle sue carezze, lasciando ricadere a terra una pioggia di petali nivei e purpurei. In un angolo c’era il calderone di Draco in cui lei stessa aveva preparato pozioni su pozioni durante le loro ripetizioni. Il pensiero di quei momenti la fece sorridere inconsciamente. Per quanto si fosse maledetta per averlo accettato, probabilmente stipulare quel patto era quanto di meglio avesse fatto in vita sua.
Si portò nuovamente in piedi per andare a riattizzare le fiamme del camino, ma inciampò malamente nel mantello di Draco, accartocciato a terra, e sbatté l’alluce contro una gamba della scrivania.
“Ma porca…”
Si morse la lingua per reprimere un’imprecazione piuttosto pesante e, zoppicando, raccolse il mantello incriminato. Dalla tasca scivolò fuori una lettera ripiegata più volte e piuttosto stropicciata, come se fosse stata letta ripetutamente.
Con innocente curiosità Hermione la prese in mano. In quel momento però la porta si aprì di nuovo per far entrare il padrone di casa.
“Ehy… buongiorno.” lo salutò la Grifondoro, lasciando perdere all’istante quell’inutile pezzo di carta.
“Buongiorno mia dèa.” Le fece eco il ragazzo, accogliendola tra le proprie braccia.
Hermione si sollevò appena sulle punte per arrivare a depositare un tenero bacio sul suo mento.
“Dov’eri andato?”
Draco non rispose, ma piegò il capo e si impossessò delle sue labbra, mentre le sue mani le torturavano la pelle sensibile della schiena e del ventre. La giovane sciolse il nodo della sua vestaglia, iniziando a retrocedere verso il letto, ma il Serpeverde la bloccò.
“Ehy, senti… Scommetto che hai fame…”
Hermione rimase spiazzata. Sinceramente il cibo era l’ultimo dei suoi pensieri in quel momento, però a pensarci bene, dopo aver saltato sia il pranzo che la cena uno spuntino avrebbe aiutato a recuperare un po’ delle energie bruciate quella notte.
“Effettivamente…” ammise, senza capire dove il ragazzo volesse andare a parare.
“E se andassi a prenderti qualcosa in cucina?”
La Grifondoro mise il broncio e assunse la sua consueta aria vagamente saccente.
“In quanto fondatrice e amministratrice unica del C.R.E.P.A. sono assolutamente e irremovibilmente contraria a questo genere di sfruttamento degli elfi domestici.”
Draco le restituì un’occhiata scettica.
“Non fare la moralista come a tuo solito, Mezzosangue! Saranno avanzate tonnellate di cibo dalla cena. Vado, lì, ne prendo un po’ e torno. Gli elfi non si accorgeranno nemmeno di me!”
Hermione esitò, mordicchiandosi un labbro, finché fece per replicare ma fu interrotta dal brontolio del proprio stomaco vuoto. Arrossì furiosamente mentre Draco sghignazzava.
“Lo prendo per un sì…”, ironizzò, evitando il cuscino che la Grifondoro aveva appena scaraventato nella sua direzione, “Quindi… potrei riavere il mio maglione per uscire?”
Vide la Mezzosangue guardarsi quasi con stupore a causa di quella richiesta. Entrando, egli aveva notato subito come lei avesse indossato qualcosa di suo e sebbene la avesse trovata a dir poco mozzafiato si era subito ripromesso di farla arrossire un po’ con una richiesta di quel genere.
“Ne hai a decine.” replicò Hermione.
“Ma io voglio quello.” si impuntò il Serpeverde, liberandosi intanto della vestaglia per sostituirla con un paio di boxer e di pantaloni.
La Grifondoro sbuffò ma decise di accontentarlo e si sfilò l’unico indumento che aveva indosso con un gesto fluido e, secondo la prospettiva di Draco, dannatamente sensuale.
“Lo vuoi solo perché sei un bamboccio viziato e incontentabile.” gli sibilò, a metà tra il serio e il faceto.
“No” la corresse lui, sfiorando il suo orecchio con le labbra mentre le toglieva di mano il maglione “Lo voglio perché così potrò sentire il tuo profumo anche mentre non ti starò accanto…”
Hermione avvertì chiaramente la vampata di calore che le tinse di rosso le gote e le orecchie a quelle parole, eppure non poté impedirsi di sorridere.
Draco intanto però, dopo un ultimo bacio a fior di labbra, aveva già raggiunto la porta.
“Torno tra un attimo. Tu non aprire a nessuno, ok?”
“Sì, papà…” ironizzò la ragazza, tornando a rovistare tra i vestiti della sera prima, in cerca di qualcosa da mettersi.


Draco si richiuse la porta alle spalle e il sorriso che gli piegava le labbra morì all’istante.
“Ce ne hai messo di tempo…” puntualizzò Pansy, guardando l’orologio a pendolo appeso in corridoio.
“Potevi andartene.”
“Non ho detto che volevo andarmene.”
“Non ho detto che volevo che mi aspettassi.”
La Serpeverde si morse il labbro inferiore, incapace di replicare. Solitamente era solita ignorare le frecciatine di Draco rigirandole nella propria mente fino a farle apparire prive di cattiveria e anzi, ironicamente gentili, ma con quell’affermazione la possibilità di fraintendimento era praticamente nulla.
“Dov’è mio padre?” le chiese seccamente il Purosangue, finendo di allacciarsi la cintura.
“Ti sta aspettando nell’Ingresso.”
La risposta della ragazza fu strascicata e lagnosa e nascose un’amara punta di delusione cocente.
Mise il broncio, sperando di intenerire il Principe delle Serpi e di strappargli una gentilezza.
Povera illusa.
Draco le rivolse le spalle senza troppi complimenti e s’incamminò verso l’entrata, bloccandosi a metà corridoio solo quando si rese conto che qualcosa non andava, o meglio che qualcuno non se ne andava
“Pansy, non starai pensando di entrare, vero?” sibilò, assottigliando gli occhi e fissando la porta della propria camera.
“Chi, io?! Pensi che sia così stupida? Non oserei mai…”
Il ragazzo si dimostrò scettico di fronte a quella commediola di sentito rispetto, ma, per quanto non si fidasse affatto a farlo, fu costretto a correre via e a lasciare la Parkinson sola davanti alla sua porta con la minaccia che se avesse osato abbassare quella maniglia se ne sarebbe pentita per il resto della vita.
Pansy attese di vederlo svoltare l’angolo. Non era stupida, no, e non sarebbe entrata in camera di un Malfoy senza il suo permesso per pura curiosità o civetteria.
Ma per gelosia, per quella sì…
Afferrò il pomello bronzeo e spinse la porta, mossa da un solo pensiero.
Se Draco non poteva essere suo, non sarebbe stato di nessun’altra in quella scuola…
Un flebile odore di legna bruciata, entrando, le colpì l’odorato e le fece bruciare gli occhi che faticarono leggermente ad adattarsi all’oscurità di quella camera dopo che ella era stata tanto a lungo in piedi sotto una delle torce del corridoio. Eppure la giovane vide benissimo quello che voleva vedere.
Una ragazza era in piedi davanti alla scrivania di Draco e si specchiava nella superficie liscia di una cornice per foto, sistemandosi i lunghi capelli ricci.
“Già di ritorno, Draco?”
Sentendo lo scattare della porta, Hermione alzò il viso e si girò nella direzione in cui si aspettava di trovare Malfoy. Quel gesto però le riservò una brutta sorpresa.
“Oh… Pansy.” biascicò, pronunciando il suo nome come se avesse un sapore schifoso “Se cerchi Draco, torna tra poco.”
La Serpeverde sbuffò, incredula, puntando le mani sui fianchi.
“Che fai, Mezzosangue, gli onori di casa?”
Hermione non si scompose. Stava con Draco ormai e aveva tutto il diritto di essere lì.
“Ti stavo solo dando un’informazione,” puntualizzò con tono paziente, “Vuoi che ripeta? H-a-i c-a-p-i-t-o?”
Accompagnò il suo scandire con gesti delle mani, come se avesse avuto a che fare con qualcuno dalle abilità cognitive estremamente limitate.
“Guarda che non sono scema.” Si sentì in dovere di far presente Pansy.
La Grifondoro si lasciò scappare un insomma a fior di labbra, ma l’altra non lo notò, troppo presa a seguire il filo dei propri pensieri.
“Dio…” mormorò all’improvviso con una smorfia, “Non ci credo che Dra s’è portato a letto una cosa come te.”
“Ehy, cosa dillo a qualcun altro,” ribatté prontamente la strega dagli occhi dorati “Io sono una persona.”
“Mezzosangue. Quindi mezza persona…” sibilò la Serpeverde, sprezzante.
Hermione scosse il capo. Se credeva di destabilizzarla con questa storia trita e ritrita era fuori strada. Al massimo rischiava di beccarsi una fattura Orcovolante se non si sbrigava a toglierle dalla vista quel suo muso da carlino.
“Insomma Parkinson, che accidenti vuoi?”
“Oh, nulla…” biascicò indifferente la Purosangue “Volevo solo vedere chi si era scelto Draco per scaldarsi le ossa mentre io ero occupata e non poteva avermi. Strano che abbia scelto una Mudblood, anche perché ora temo che quelle lenzuola dovrò farle bruciare… ”
“Sei patetica.” le fece notare Hermione, ottenendo che la sua pelle chiara si tingesse di un intenso color pesca, cioè quanto di più simile al rossore avesse mai sperimentato.
“Io sarò patetica ma tu non sei da meno,” frecciò la Serpeverde, prendendo a girellare per la stanza, nuovamente indifferente,“Se ti illudi di poter restare tanto a lungo in quel letto.”
“Risparmiati la tirata.”
La Granger la bloccò con un gesto annoiato della mano. Ne aveva abbastanza di sentire sciocchezze per quella sera. Voleva solo che Draco tornasse e si dedicasse di nuovo interamente a lei. Ma perché diamine ci metteva tanto? Eppure le cucine erano lì vicino…
Pansy prese a sfogliare distrattamente le rose rosse poste sopra il camino, raccogliendone i petali vellutati nell’incavo della mano.
“Beh, mi ha fatto molto piacere fare due chiacchiere con te Parkinson,” ironizzò Hermione “Ma, ora che hai visto quello che volevi vedere puoi anche andartene, no?”
La Serpeverde si voltò verso di lei, mordicchiando distrattamente un petalo di rosa.
“Se è per questo potresti andartene anche tu, perché temo che Draco sarà di cattivo quando rientrerà da questo incontro e dubito che avrà voglia di vedere ancora la sua amante Sanguesporco ad infestargli la stanza.”
“Io non sono la sua amante!” berciò la Grifondoro “Sono la sua ragazza, ficcatelo in quella testaccia vuota che ti ritrovi, ok? E comunque lui è solo andato in cucina, non è a nessun incontro.”
“In cucina? È questo che ti ha detto… Povera cara… Evidentemente era questa la versione studiata per la sua amante.”
Pansy spinse in fuori il labbro, fingendo una compassione che non provava, specialmente ora che già pregustava la stoccata finale che stava per infliggere.
“Io sono la sua ragazza, ci arrivi?”
“Ma senti un po’! E da quando, da prima o dopo che si fidanzasse ufficialmente con un’altra?”
Hermione deglutì a vuoto, mentre sentiva la terra mancarle per un attimo sotto i piedi. No, non era vero, non era possibile.
“Risparmiami queste fesserie.” tagliò corto.
“Saranno anche fesserie…”, strascicò Pansy, “Ma io lo so per certo da una lettera che Draco stesso mi ha mostrato e poi la cosa ormai è quasi pubblica, voglio dire, se non te lo avessi detto io probabilmente lo avresti letto tra qualche giorno sulla Gazzetta del Profeta.”
“Vai via…” alitò Hermione con un filo di voce, fissando il pavimento.
La Serpeverde sorrise. Il petalo di rosa tra i suoi denti perlacei si era fatto più scuro, del colore macabro del sangue.
“Oh, mi dispiace tanto di aver rovinato la tua piccola illusione”, mentì, lasciando ricadere a pioggia sul pavimento la corolla distrutta che aveva in mano, “Ma tu per lui sei solo una delle tante puttane…”
Se ne andò con il sorriso sulle labbra, gioendo dell’aver trascinato con sé nell’inferno del rifiuto qualcuno che non avrebbe dovuto trovarvisi.
Se Draco non poteva essere suo, non sarebbe stato di nessun’altra in quella scuola…
Hermione sobbalzò quando sentì il tonfo della porta che veniva sbattuta malamente sui cardini. I suoi occhi s’incollarono al pavimento cosparso di petali vermigli. Davanti a sé vedeva tutto rosso e una parola le aleggiava davanti agli occhi: fidanzato. Tentò di fare due passi, ma le girava la testa e non percepiva più chiaramente la stanza attorno a sé.
Calmati Herm – si disse – Mantieni il controllo.
In fondo, non era successo nulla. Respirò a fondo. Poteva essere tutta una menzogna della Parkinson. Sì, certamente era così. Draco non le avrebbe mai mentito ancora, glielo aveva giurato: niente più giochi, niente più inganni. Sapeva che lei non avrebbe potuto sopportarlo.
Ritrovato il controllo si appoggiò alla scrivania con entrambe le mani, per riprendere fiato e le sue dita si scontrarono di nuovo con il foglio accartocciato che lei stessa aveva gettato lì per andare incontro a Draco.
Era una lettera, come aveva detto la Parkinson. Senza neanche rendersene conto la aprì, la lesse, impallidì.

“Caro Draco,
    Spero che la presente ti trovi nel pieno possesso delle tue forze e nella migliore delle disposizioni d’animo, perché ho grandi notizie per te. Sappi che presto verrò a trovarti, per definire gli ultimi particolari del fidanzamento con la cara Margarethe. Poco dopo spero di poterla portare da te, giacché intuisco dalla tua lettera sia desiderio tuo (e ti assicuro anche suo) trovarvi finalmente più vicini.
Sappi che mi ha fatto estremamente piacere ricevere la tua risposta affermativa e sapere che gioisci anche tu come tutti noi all’idea di queste nozze, così auspicabili. Sono fiero del fatto che onorerai come si deve la stirpe Malfoy con una sì nobile ragazza e sono certo che tu e la nostra cara signorina Sondersen Kirpsiengaard sarete perfetti insieme dopo le nozze come mi apparite adesso al tempo del fidanzamento.
Con rispetto,
Lucius Malfoy.”

Hermione gettò via quel foglio come se fosse stato un essere rivoltante, messo tra le sue dita per sbaglio e per cattiveria.
Si portò le mani alla gola, senza fiato.
Si sentiva soffocare, le mancava l’aria, le serviva l’aria! Doveva andare via da quelle quattro mura, doveva fuggire…
Afferrò il proprio mantello e si voltò verso l’uscita…


Draco percorreva i corridoi dei Sotterranei quasi correndo. Un presentimento nero gli attanagliava la gola come una mano nemica; l’idea di non avere abbastanza tempo per risolvere tutto, la paura che la situazione gli sfuggisse di nuovo di mano.
Dannato Lucius! Aveva scritto che sarebbe venuto presto ed eccolo lì, con tempismo perfetto per rovinargli uno dei pochi momenti felici della sua vita. Lo aveva persino costretto a mentire a Hermione, cosa che aveva giurato a se stesso di non fare mai più.
Entrò nell’atrio spalancando la porta a due mani e vi trovò Lucius Malfoy intento a conversare con un Blaise dall’aria piuttosto reticente.
“…e poi mi raccomando, saluta tua madre da parte mia.”
“Non mancherò… oh Draco! Aspettavamo giusto te.”
Il Serpeverde sembrava molto desideroso di togliersi di torno.
“Padre. Blaise.” li salutò freddamente il giovane, riuscendo miracolosamente ad apparire composto anche dopo una corsa a perdifiato.
“Oh, Bene! Allora la signorina Parkinson ti ha trovato!” esordì suo padre.
“A quanto pare.”
“Scusa”, gli sussurrò il suo migliore amico di nascosto “Non sono riuscito a fermarla.”
Draco crollò il capo, lasciando intendere che apprezzava lo sforzo ma capiva come contro la testardaggine di quella ragazza ci fosse poco da fare.
“Signor Malfoy”, si congedò intanto Zabini, “A presto.”
“A presto Blaise.”
Draco prese il posto dell’amico, al fianco del padre.
“Bravo ragazzo quello…”, borbottava Lucius, “È fidanzato che tu sappia? Ci sarebbe una tua cugina sennò che…”
“Sì, è felicemente fidanzato. Cosa volevate da me, padre?”
“Ah, fidanzato dici? Che peccato… Comunque, è ovvio che sono qui per il tuo di fidanzamenti, Draco.”
Il ragazzo si sedette su una delle lunghe panche di legno scuro che ornava l’Ingresso e suo padre lo imitò.
“Non mi aspettavo di vedervi così presto.”
“Eppure te lo avevo scritto nella mia lettera.”
“Già, la lettera…”
Draco trattenne una risata ripensandoci. Aveva stentato a credere ai propri occhi quando la aveva vista. Era incredibile come suo padre avesse manipolato le sue fredde parole di disinteresse per trasformarle in una risposta affermativa ed entusiasta al suo folle progetto. Lui ricordava di aver scritto che voleva andarci piano e la risposta era stata una visita immediata.
“Comunque ero nei paraggi”, aggiunse Lucius, “E ho colto l’occasione. E poi perché sprecare tempo. Tu sei d’accordo e la famiglia di lei lo è, quindi, pensavo, magari potremmo organizzare la cerimonia anche per l’estate prossima…”
“L’estate prossima?! Credevo avreste voluto concedermi almeno tre anni.” sbottò Draco, allibito.
Suo padre inclinò leggermente il capo, sorpreso da tanto slancio e carezzò lentamente la testa d’aquila scolpita nel pomello metallico del proprio inseparabile bastone, come faceva spesso quand’era pensieroso.
“Capisco. Hai paura…”
“Io non ho paura.”
“E allora perché tanti indugi? Devi farlo, vuoi farlo, e quindi che problema c’è se cambia la data?”
Draco assottigliò gli occhi plumbei, stringendo convulsamente le nocche sulle proprie ginocchia, da sopra la stoffa scura dei jeans.
“Siete venuto qui per discutere…”, sibilò, “O solo per mettermi davanti ad un fatto compiuto?”
Lucius sbatté pesantemente a terra il proprio bastone, facendo risuonare la stanza della propria irritazione.
“Non osare rivolgerti a me con quel tono ironico!”
“Ah, no? E che tono dovrei usare allora? Io ti scrivo per prendere tempo per sganciarmi da questa assurda faccenda e tu vieni qui a chiedermi il colore dei confetti? Se non c’è da essere ironici qui…”
Suo padre scattò in piedi con un balzo, come se la panca lo avesse morso.
“Assurda faccenda…”, sibilò, mentre la sua sicurezza iniziava a incrinarsi.
Draco lo fissò con malcelato disprezzo.
“Non ti è mai neanche venuto in mente che potrei non volermi sposare con chi dici tu?”
Malfoy Senior non celò il proprio stupore.
“Assurdo. E perché non dovresti?”
“Forse perché amo un’altra?”
“Ah, l’amore…” sibilò il Purosangue con una smorfia, “L’infido male che ha rovinato tanti elementi valorosi. No, Draco, noi Malfoy non siamo fatti per l’amore, lasciatelo dire. Non so cosa tu creda di provare adesso o cosa tu voglia dimostrare con questa tua insolenza, ma sappi che non durerà. Ti scivolerà via dalle dita, lo distruggerai, lo farai marcire con la tua natura, decadere dietro un mare di menzogne. Non puoi evitarlo, è scritto nei tuoi geni…”
“Basta!” urlò il ragazzo, portandosi in piedi di scatto. La panca dietro di lui si ritrovò scaraventata al muro. “Tu non sai di che parli! E io non sono come te…”
Lucius ghignò, stranamente soddisfatto.
“Lo credi ora, ma presto mi darai ragione.”
“HO DETTO BASTA!”
Suo padre reclinò leggermente il capo, con accondiscendenza.
“Come vuoi, non c’è bisogno di urlare. Quando avrai cambiato idea, e lo farai, sai dove trovarmi. Nel frattempo non credere che smetterò di occuparmi della cosa.”
“Fuori…” ringhiò suo figlio “Fuori da questa scuola!”
Lucius si voltò, stringendo forte il proprio bastone da passeggio. Le parole di suo figlio, per quanto a suo dire immature e dettate da un’inesperienza su cui era disposto per il momento a sorvolare, gli erano arrivate in faccia come uno schiaffo.
Si incamminò verso la porta e uscì, senza proferire un’altra sillaba, rimuginando su come portare comunque a termine quella faccenda ora che non poteva più negare che suo figlio non fosse d’accordo.
Draco si lasciò cadere di nuovo sulla panca, con il volto tra le mani. Ancora non credeva a quello che aveva appena fatto, a quanto aveva detto a suo padre. Adesso non restava che un’ultima cosa da sistemare: informare Hermione di tutto e spiegarle quell’assurda faccenda.
Hermione!
Il pensiero di lei si risvegliò improvviso.
Lo stava ancora aspettando! Si alzò di scatto, facendo finire definitivamente la panca a gambe all’aria, e corse in cucina, dove si procurò in fretta e furia un vassoio ricolmo di dolci, succo di zucca, fragole e biscotti.
Quando arrivò alla propria camera e aprì la porta non poteva immaginare quanto tutto fosse cambiato, in pochi minuti.
“Ehy, Mezzosangue, guarda cos’ho…”
Lei si bloccò in mezzo alla stanza, il piede già proteso verso l’uscita e la mente ripiegata tutta sulle parole odiose che aveva appena letto. Voleva solo andare via e non rivedere Draco mai più. E invece eccolo lì.
Crollò il capo e si fece strada verso la porta, sbattendo goffamente contro la spalla di lui. Il Serpeverde rimase basito, incapace di comprendere, finché lei alzò i suoi occhi verso di lui e gli rivolse l’occhiata più fredda che potesse immaginare.
C’era la morte in quelle iridi castane, inquietantemente posta a guardia di speranze decadute e illusioni distrutte.
Draco lasciò cadere a terra il vassoio, calpestando malamente il suo contenuto di cocci infranti e dolci martoriati.
“Hermione, che c’è? Che ti succede?”
Cercò di prenderla tra le braccia, per calmarla, per proteggerla, ma lei rifuggiva il suo tocco, aborriva il contatto con lui, con le sue mani, con le sue labbra.
“Lasciami…”
“Mi vuoi dire che c’è?”
Hermione si strattonò dalla sua presa, guardandolo con furia.
“Dov’eri?” gli sibilò.
“Come dov’ero? In cucina, te l’ho detto…”
“Sei un bugiardo!” gridò la ragazza, serrando i pugni e le palpebre.
Era scossa da brividi di rabbia incontrollabili, semplicemente fuori di sé.
“So tutto! Ho letto la lettera! So che sei già fidanzato! Mi stai illudendo! TU STAI SOLO GIOCANDO!”
Lui cercava invano di calmarla, trattenendole le braccia, che lo colpivano con rabbia cieca al petto e al volto.
“FARABUTTO! CAROGNA! BUGIARDO! Lasciami!”
“Hermione, calmati!”
“Dov’eri?!”
Draco sospirò, rassegnato.
“Con mio padre…”
Con uno scatto repentino Hermione liberò i polsi dalla sua presa e sfoderò la bacchetta.
Stupeficium!”
Malfoy evitò l’incantesimo per un soffio. I suoi occhi spalancati contemplarono per un attimo con stupore il solco che si era aperto nella sua parete, prima di doversi concentrare di nuovo per non essere colpito.
Stupeficium! Stupe…”
“Adesso basta, Hermione!”
Il Serpeverde deviò la direzione della magia ghermendo di nuovo le braccia della sua Mezzosangue. Il raggio rosso andò a colpire il vaso di rose sopra il camino, mandandolo in frantumi. Una pioggia di candida neve profumata si sparse al suolo, mescolandosi con i petali purpurei distrutti da Pansy.
“Amore, guardami…”
Lei non parlava più, né alzava lo sguardo, appannato dalle lacrime. Quando, poco dopo, sentì la presa sulle proprie braccia allentarsi si diresse a grandi passi verso la porta, decisa a non sentire più una parola.
“Mezzosangue, ascolta, non è come credi…”
La Grifondoro si voltò di nuovo verso di lui.
“Non voglio sentire.”
Troppe volte la aveva ingannata con le sue belle parole, con le sue promesse e le sue scuse tirate su ad arte. Ora avrebbe potuto chiamare Dio a testimone della propria condotta: non lo avrebbe perdonato lo stesso.
Draco tentò di avvicinarsi a lei, per prenderla tra le braccia e calmarla con il battito lento del proprio cuore sfinito, ma lei si ritirò come se fosse stata la Morte stessa ad abbracciarla.
“Non toccarmi”, sibilò con una voce metallica che non sembrava nemmeno la sua, “Mi fai schifo. Tu sei… tu sei…”
La sua voce si spense in un singhiozzo strozzato mentre apriva la porta e gli rivolgeva le spalle.
“Hermione, io…”
“Addio.”
Un’unica parola, sussurrata senza far più rumore di un petalo di rosa che cada sul prato, fece il cuore di Draco in tanti piccoli pezzi, perché in quell’unica parola era racchiusa tutta l’amarezza delle mille altre ricacciate in gola.
“Perdonami.” mormorò il Serpeverde, gli occhi chiusi, le braccia tese in avanti, non sapendo più che fare. Provò l’innaturale impulso di umiliarsi, strisciare ai suoi piedi e implorare perdono, ma sapeva che non sarebbe servito a niente, non con lei, non in quel momento.
Per un lungo attimo attese che il corpo gracile di lei tornasse a riempire le curve piegate delle sue braccia, poi udì il rumore della porta che si richiudeva e infine solo il vuoto silenzio e un’amarezza che sapeva di disincanto.
Aveva avuto giorni per mostrare a Hermione quella lettera, poi ore, poi minuti, poi più nulla.
Il tempo gli era sfuggito, come una farfalla cui avesse preteso di legare le ali, scivolando via come il sangue da una ferita aperta.
Aveva indugiato, aveva sbagliato, rovinando tutto.
Le parole di suo padre gli risuonarono in testa.
No, Draco, noi Malfoy non siamo fatti per l’amore…
Non durerà…
Lo distruggerai, lo farai marcire con la tua natura, decadere dietro un mare di menzogne…
Non puoi evitarlo, è scritto nei tuoi geni…
Era vero? Lo aveva fatto? Aveva polverizzato da solo l’unica occasione della propria vita di essere felice?
Con un gemito, cadde a terra, sulle ginocchia che non sapevano più reggerlo, schiacciato da una sofferenza che minacciava di spezzargli la schiena mentre gli strappava una ad una le fibre del cuore, contando all’indietro, uno per uno, i secondi che avevano segnato la sua fine.



Le Plaisir vaporeux fuira vers l’horizon
Ainsi qu’une sylphide au fond de la coulisse ;
Chaque instant te dévore un morceau du délice
A chaque homme accordé pour toute sa saison.

Trois mille six cent fois par heure, la Seconde
Chuchote : Souviens-toi ! – Rapide, avec sa voix
D’insecte, Maintenant dit : Je suis Autrefois,
Et j’ai pompé ta vie avec ma trompe immonde !

[…]

Souviens-toi que le Temps est un jouer avide
Qui gagne sans tricher, à tout coup ! c’est la loi.
Le jour décroît; la nuit augmente, souviens-toi !
Le gouffre a toujours soif ; la clepsydre se vide.

Les fleurs du mal,  "L’horloge ",C. Baudelaire


Il Piacere diafano fuggirà verso l’orizzonte
Così come silfide dietro le quinte;
Ogni istante ti divora un frammento della povera gioia
Che a ogni uomo in vita fu concessa;

Per tremila seicento volte all’ora il Secondo
Ti bisbiglia: Ricorda!  Rapido, con la sua voce
D’insetto, Adesso dice: Io sono Poco fa,
e ti ho succhiato la vita con il mio pungiglione immondo!

[…]

Ricorda che il tempo è un giocatore avido
Che vince senza barare, ad ogni ruota! è la legge.
Il giorno scema; la notte aumenta, ricorda!
L’abisso ha sempre sete; la clessidra si vuota.

I fiori del male, “L’orologio”, C. Baudelaire






………continua………






    
§ Spazio autrice: §

Il titolo è ripreso da un dialogo di oscar Wilde, The decay of lying, in cui l’autore afferma che la vita deve imitare l’arte e non il contrario, perché la menzogna e la poesia sono sorelle mentre il realismo, in voga al suo tempo, è uno sciatto abominio che sta insterilendo la bellezza.
Le poesie iniziali e finali sono state scelte per essere diametralmente opposte: la prima è la dolcissima “Alicante” del poeta francese Jacques Prévert, famoso per i suoi versi d’amore, mentre la seconda è frutto del genio di Charles Baudelaire. Mi pareva che la differenza tra i due stili si intonasse bene al cambio di atmosfera che si crea tra l’inizio e la fine della fanfic.

MmeBovary.


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Capitolo 15
*** Fuga nelle tenebre ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!




CAP. 15
FUGA NELLE TENEBRE


Uscita dalla camera di Draco, Hermione corse senza vedere dove stesse andando.
Le lacrime le offuscavano la vista, il dolore non le faceva sentire la fatica. Era come se il suo corpo si stesse muovendo da solo, per fuggire dall’oscurità dei Sotterranei e seppellirsi in un tipo di tenebre ben peggiore: quelle del rancore, del disincanto e della solitudine incolmabile.
Mentre i suoi piedi raggiungevano la Torre, la sua mente era rimasta indietro, immobile in quella camera a fissare stupita il ragazzo di cui si era fidata, che aveva amato e che invece per tutto il tempo la aveva bassamente ingannata.
“B-bolle di sapone…” mormorò alla Signora Grassa, quando raggiunse l’ingresso Grifondoro.
“Entra pure, cara. Ma… cosa ti è successo pulcino mio?”
Hermione scosse il capo e varcò la soglia, nella direzione del Dormitorio maschile, cercando di ritrovare un contegno che poteva quasi dare per perso.
Bussò forte alla porta e fu Neville ad aprire.
“Oh, ciao Hermione! Grazie per avermi portato in Infermeria ieri. Mme Chips ha detto che…”
“Ciao Neville.” tagliò corto la ragazza, sorpassandolo poco delicatamente per entrare nella stanza.
Paciock a causa dello spintone perse leggermente l’equilibrio ed incespicò sui propri piedi, ritrovandosi improvvisamente sul pianerottolo mentre la porta si richiudeva alle sue spalle.
Hermione lo sentì lontanamente bussare per farsi riaprire, ma il rumore le arrivò come l’eco distante di un ricordo senza peso, più leggero del respiro regolare di Seamus e Dean che dormivano lì accanto. Raggiunse il baldacchino di Harry, dove il Cercatore e il suo migliore amico si stavano esercitando con Trasfigurazione, tentando di tramutare un libro in un cane.
La ragazza scansò leggermente una delle tende del letto e fu accolto dai latrati di un grosso libro con la copertina pelosa e due lunghe orecchie da cocker.
“Ehy, Herm, che ne dici? Non ha ancora la forma giusta, ma almeno abbaia. La versione precedente declamava capitoli di Storia della Magia.”
Harry alzò gli occhi sulla sua amica solo dopo aver parlato e fu allora che la vide. O, meglio, non la vide, perché quella ragazza pallida e fragile che sembrava sul punto di scomparire in un lampo di luce o in un mucchietto di polvere non poteva essere la più brillante e coraggiosa strega che lui avesse mai incontrato. In quel momento Hermione Granger non era più che il vuoto simulacro di se stessa.
“Che ha fatto ancora il bastardo?”
“Oh, Harry!”
La giovane gli si buttò tra le braccia, in singhiozzi, mentre Ron, tentando di tenere a bada il libro-cucciolo uggiolante, borbottava a mezza bocca una schiera di proverbiali “Io ve l’avevo detto…”.


La mattina sorprese Hermione stretta tra il calore rassicurante di due corpi amici. Harry dormiva supino, con un braccio riverso tra i cuscini e il capo della sua migliore amica poggiato sul suo bicipite, mentre Ron riposava su di un fianco, un braccio posto a circondare la vita di Herm e l’altro penzoloni fuori dal materasso con una piega quasi innaturale.
Era ancora molto presto. La Grifondoro si alzò delicatamente, facendo attenzione a non rubarli ai loro sogni, quando lei tutta la notte era stata tormentata da un incubo. Ricordava di aver provato nel sonno una sensazione di freddo e il sapore metallico del sangue sotto la lingua, ma il resto erano impressioni sfumate che preferiva cancellare.
Mentre si vestiva scorse con la coda dell’occhio Harry grattarsi distrattamente la cicatrice e voltarsi su un fianco, colpendo involontariamente Ron con la mano. Il ragazzo emise una specie di grugnito e si portò prono, sprofondando nel cuscino.
Hermione sorrise impercettibilmente e uscì con passi leggeri, tenendo le scarpe in mano. Si fermò per indossarle in Sala Comune e si mise a sedere sul divano. Sobbalzò quasi per lo spavento quando intravide una figura occupare la poltrona davanti a lei. Quando la riconobbe, si pose una mano sulla bocca per evitare non più di urlare, ma di ridere.
Neville dormiva profondamente tra i cuscini cremisi del sofà, stringendo al petto un paralume coperto di pizzo. Poveretto – pensò Hermione. Quando si era chiuso fuori dalla camera nessuno lo aveva sentito bussare, così si era rassegnato a passare la notte lì e non avendo dietro il suo fedele Prugna, il suo affezionato orso di peluche, aveva dovuto ripiegare su di un paralume per addormentarsi.
La Grifondoro si alzò delicatamente e uscì con cautela, per non svegliare neanche lui, lasciandosi alle spalle la Signora Grassa immersa, come tutta la scuola, in un sonno ristoratore e intenta a russare della grossa.
Arrivata in giardino, lasciò che la fresca aria della mattina le pungesse il viso e la facesse sentire finalmente di nuovo viva e sensibile.
La pesante nebbia inglese si depositava in minuscole goccioline sui suoi vestiti e sulle sue gote da dove lavava via le tracce delle lacrime versate la notte precedente.
Aveva pianto, sì, aveva mutato in calde lacrime tutto il suo dolore e la sua frustrazione, riversa tra le braccia dei suoi amici, tremante e fragile da far pensare di poterla spezzare solo toccandola. Decisamente non si era riconosciuta in se stessa quella notte: lei, Hermione Granger, che si proferiva in singhiozzi per un ragazzo! Si sarebbe quasi fatta pena da sola, se non fosse stato che la causa del suo pianto non era un ragazzo qualunque, ma quel ragazzo. Draco Malfoy, colui che le aveva rubato il cuore per gioco e per sfizio, promettendole la dolcezza dell’amore sincero e riservandole l’amaro piatto del tradimento. Lui che le aveva dato le ali per sfiorare le soglie del Paradiso e poi la aveva scagliata giù tra le tenebre dei dannati.
Lo odiava per ciò che le aveva fatto.
E lo amava, Dio se lo amava…
E odiava se stessa, perché non riusciva a non amare lui.
Si prese il capo tra le mani, maledicendosi per quella debolezza così estranea al proprio animo. Era così distrutta da non poter più neanche fare affidamento sul suo orgoglio Gryffindor?
Si diresse verso il lago, pur sapendo che quella vista avrebbe risvegliato in lei i ricordi dolorosi dei primi baci scambiati sotto una pioggia leggera, quando ancora quel patto sembrava un passatempo e il pericolo di scottarsi con quel fuoco con cui giocava era impercettibile e trascurabile.
Arrivata sulla sponda di quelle acque scure però Hermione trovò ben più di un ricordo ad attenderla.
Draco era seduto sull’erba gelata. Con una mano lanciava pietre verso il lago, increspandone la superficie di centri concentrici, con l’altra teneva una busta.
La Grifondoro indietreggiò, inciampando su di un ramo secco, che si spezzò con un rumore acuto.
Malfoy girò il capo di scatto e la vide voltarsi con aria decisa e riprendere la direzione del Castello.
“Mezzosangue, aspetta!”
Le sue parole non ebbero altro effetto che farla accelerare. Il Serpeverde allora la raggiunse di corsa e la bloccò, afferrandole un braccio. Hermione lo strattonò, gli occhi rivolti altrove.
“Lasciami…” ringhiò tra i denti.
“Non è come credi. Io…”
“NON VOGLIO SENTIRE!”
Draco si bloccò. Le pose semplicemente una busta nella mano e allentò la presa sul suo avambraccio.
“Lo so. Ma almeno promettimi che aprirai questa.”
Hermione chiuse le dita attorno all’involucro cartaceo, titubante, e alzò gli occhi dorati verso il ragazzo alle proprie spalle. Il bel viso pallido del giovane Malfoy sembrava più affilato e recava i chiari segni di una stanchezza fisica e morale lasciatagli da due notti quasi insonni.
La Grifondoro sollevò leggermente la mano libera, fino a sfiorare il suo volto stremato e lui abbassò le palpebre, lasciando che la propria guancia si abbandonasse a quella carezza, giacendo inerme nel suo palmo tremante. Sovrappose la propria mano a quella della ragazza, intrecciando le loro dita, attirandola a sé.
Hermione oppose subito resistenza al suo abbraccio, allontanandolo bruscamente e tornò a rivolgergli le spalle, vergognosa del proprio attimo di debolezza.
“Herm…”, gli sussurrò lui sulla base del collo. Il suo fiato le carezzò la schiena e le sciolse il respiro. Un singhiozzo le sfuggì dalle labbra serrate. Le sue dita strinsero convulsamente la busta, per poi lasciarla ricadere all’interno di una tasca della divisa.
“Va via…” gli intimò, sapendo di non poterlo fare lei stessa, perché le gambe non la avrebbero retta.
Draco aumentò le distanze dal suo corpo e probabilmente avrebbe accontentato la sua richiesta di essere lasciata sola, se in quel momento una figura non fosse apparsa dalla nebbia.
“Hermione? Sei qui?”
La ragazza si passò una mano sotto gli occhi, ormai lucidi e cercò di allontanarsi in fretta dal Serpeverde per raggiungere Harry, che sembrava non averli ancora visti.
“Sì, eccomi, arrivo…”
Il Grifondoro fece ancora qualche passo prima che la sua migliore amica gli si gettasse letteralmente tra le braccia e cercasse di trascinarlo via.
“Ehy, Herm, non sai che colpo quando mi sono svegliato e non ti ho trovata. Che ci facevi qui?”
“Niente… io, passeggiavo…”
Il ragazzo, insospettito dall’incertezza del suo tono, le sollevò il mento per incontrare i suoi occhi sfuggenti, il tremito delle sue labbra stirate in un sorriso di circostanza e l’espressione sconvolta che si nascondeva dietro l’apparente calma. Guidato da una semplice intuizione cercò nella nebbia sempre più fitta e vi scorse i colori argentei di una divisa Serpeverde.
“Lui…” ringhiò tra i denti, capendo all’istante cosa avesse sconvolto tanto la sua amica.
“Harry, lascia stare, torniamo dentro.”
Il Cercatore però non la ascoltava. I denti serrati e i pugni contratti si dirigeva verso Malfoy con la decisione di un toro nell’arena.
“Ehy, Malferret!”
Il Serpeverde rimase ad aspettarlo, le mani nelle tasche anteriori dei jeans e lo sguardo grigio fisso su di lui.
“Problemi Sfregiato?”
“Sì, tu…” gli sibilò il Bambino Sopravvissuto, spintonandolo sul petto.
Malfoy scosse il capo e ghignò alla sua solita maniera, mentre Hermione si precipitava a cercare di riportare la situazione alla calma.
“Harry, ti prego, lascia perdere, andiamo via.”
“Ti piacerebbe che ce ne andassimo, eh Malferret?” urlò il Grifondoro, rivolto al giovane davanti a sé “Per poter tornare a strisciare nei tuoi Sotterranei e trovarti un’altra da ingannare, usare, per il tuo divertimento, per spremerle tutte le energie finché il tuo immenso ego non si riterrà soddisfatto?!”
“Non parlare di cose che non sai, Potter.” gli intimò il Serpeverde, mentre una luce sinistra dardeggiava nel fondo delle sue iridi grigie.
“Ah, queste sono cose che non so?! Io so che per colpa tua, lurido bastardo, la mia amica ha sofferto e io avevo giurato a me stesso che se tu le avessi fatto versare anche una sola lacrima te l’avrei fatta pagare cara…”
Draco esplose in una risata sarcastica. Come se la Mezzosangue fosse stata l’unica a soffrire quella notte…
“Uh, che paura…” lo schernì, rimanendo in attesa di un qualche fatto che seguisse tutte quelle parole. Anche Hermione aspettava, preoccupata e a disagio, tirando inutilmente il suo miglior amico per una manica.
Draco rivolse su di lei il suo sguardo.
“Hai bisogno che San Potter ti faccia da protettore adesso, Mezzosangue?”
La Grifondoro puntò le braccia sui fianchi e rispose con una specie di verso oltraggiato, cui avrebbe fatto seguire senz’altro una risposta per le rime, se Harry, che aveva ora entrambe le braccia libere, non la avesse anticipata, colpendo Malfoy con un destro sullo zigomo.
L’urlo di sorpresa di Hermione non si era ancora esaurito che già Draco aveva afferrato il Grifondoro per la giacca e lo aveva trascinato a terra con sé, rifilandogli anche una ginocchiata.
“Bastardo!”
“Sfregiato!”
“Codardo!”
“Idiota!”
Tra un coro d’insulti i due non smettevano di rifilarsi pugni, calci… e morsi.
“Ahi, cazzo Potter, mi hai quasi staccato una mano! Spero tu non abbia qualche strana malattia!”
Hermione alzò gli occhi al cielo, incredula, mentre il Grifondoro rispondeva con un improperio che avrebbe fatto drizzare i capelli in testa a Merlino stesso e tornava a colpire il Serpeverde con cui stava rotolando sull’erba.
“Ora basta! Avete, capito? Basta!”
Le parole della giovane si perdevano al vento, come le foglie della Foresta in quei freddi giorni d’inverno.
Forse era il caso di passare alle maniere forti.
Levicorpus!”
Un attimo e entrambi i ragazzi di fronte alla sua bacchetta si ritrovarono sospesi a mezz’aria, come se qualcosa li trattenesse per una caviglia.
“Mettimi giù!” urlarono in sincrono, guadagnandosi anche un’occhiataccia reciproca per quel coretto da asilo.
“No, finché non vi sarete calmati, accidenti!”
Passò un minuto di totale silenzio in cui Hermione evitò di guardare Draco, Draco non guardò che Hermione e Harry divise i suoi sguardi tra entrambi, sospirando amareggiato.
Quando ritenne che ne avessero avuto abbastanza, la Grifondoro lasciò ricadere i due giovani, che si rialzarono senza degnarsi di uno sguardo.
Mentre Hermione aiutava il suo migliore amico a rimettersi in piedi, Draco sputò a terra il sangue che gli invadeva la bocca da uno spacco sul labbro e prese la via per i Sotterranei, furioso e insoddisfatto.
Tra borbottii vari raggiunse l’ingresso della sua Casa e lo oltrepassò incenerendo con lo sguardo chiunque osasse anche solo guardarlo. Figurarsi Goyle che tentò un vero e proprio suicidio chiedendogli ingenuamente cosa gli fosse successo… rischiò decisamente di ritrovarsi schiantato al muro.
Una volta in camera si lasciò cadere sul letto ancora sfatto e poggiò il capo sulle proprie braccia, ripiegate sopra la testa.
La scazzottata con lo Sfregiato gli aveva permesso di sfogare un po’ di rabbia, ma decisamente non abbastanza. Sentiva ancora le contrazioni spasmodiche dei propri muscoli tesi, il respiro che stentava a farsi regolare.
L’ansia lo assaliva ogni volta che non riusciva ad impedirsi di pensare alla Mezzosangue. Era uscito presto, dopo non essere riuscito quasi a chiudere occhio, con in mano la busta che rappresentava la sua ultima speranza. Un misero, disperato tentativo di salvare dal naufragio il relitto del proprio rapporto. Pensava di darla a Hermione entro la mattinata, e invece l’aveva trovata subito.
Cosa ci faceva là a quell’ora? Neanche lei riusciva a riposare lontano dal loro abbraccio?
Aveva sofferto, a quanto diceva lo Sfregiato… Per colpa sua…
Draco si tirò su a sedere sulle coperte, il volto tra le mani chiuse a coppa.
La faceva soffrire… La faceva sempre soffrire…
Con un gemito disperato scaraventò a terra tutto quello che aveva sulla propria scrivania. Un libro cadde rumorosamente sulla pietra scura, aprendosi dove spiccavano nitidamente i fili vecchi e logori che si erano lacerati quando una pagina era stata strappata con forza.
Draco lo raccolse e ne carezzò la copertina ruvida, rivestita in pelle scura e granulosa, con incise lunghe striature dorate e la sua mente corse lontano, verso una torre distante decine di piani dalla sua stanza e miglia e miglia dal suo cuore.


Hermione rientrò nella propria camera per cambiarsi la camicia, macchiata del sangue che Harry perdeva da un taglio sotto l’occhio destro. Lo aveva medicato e spedito nel suo Dormitorio con una lavata di capo che avrebbe ricordato per un bel po’.
Come cavolo gli era venuto in mente di fare a botte con Malfoy?! Per cosa, poi? Per lei? Come se questo avesse cambiato nulla. Draco restava un bugiardo e lei un’illusa, con la sola differenza che ora erano un bugiardo con un labbro rotto e un’illusa con una camicia da buttare.
Sbuffando, Hermione gettò sulla sedia il proprio mantello e si cambiò di fronte allo specchio. Lasciò che i propri boccoli castani le ricadessero a lungo sulle spalle nude, come una carezza segreta, prima di tirarsi la stoffa morbida della camicetta sulla schiena lattea. Quei gesti le avevano ricordato il momento in cui il giorno prima Draco era volato fin lassù ed era stato vicino tanto da farle perdere la ragione; la aveva sfiorata con quelle sue mani calde e grandi e sovrastata dall’alto del suo metro e ottantacinque osservandola con una dolcezza che la aveva fatta sentire immensamente unica…
E invece non lo era.
Il pensiero la colpì come una stoccata al petto. Lei non era unica, era un passatempo per trastullarsi in attesa della cara e tanto amata fidanzatina ufficiale…
Hermione si sentì una sciocca per aver indugiato in ricordi inutili e afferrò in fretta il proprio mantello, decisa ad uscire.
Una busta però cadde dalla tasca e scivolò sulle piastrelle di travertino chiaro fino nel punto illuminato da un pallido raggio di sole.
La filigrana leggera della carta luccicava quasi sotto la luce diretta del mattino, lasciando intravedere all’interno un foglio più scuro.
Hermione tremò.
Aveva quasi dimenticato quel messaggio, postole tra le mani da colui che avrebbe voluto dimenticare. Perché lo aveva preso? Perché non lo aveva gettato immediatamente nel Lago Nero?
Per rimediare a quell’ultimo sbaglio lo afferrò con entrambe le mani e prese fiato, per trovare il coraggio di fare quella che riteneva la cosa più giusta.
Chiuse gli occhi mentre la pressione delle sue dita in due direzioni opposte iniziava a lacerare la carta e il fruscio della cellulosa distrutta sembrava invadere la stanza intera…


Draco richiuse il libro con uno scatto. Si cambiò la camicia, sporca di sangue e erba, e uscì di nuovo in giardino.
Il terreno umido cedeva sotto il peso dei suoi passi e piccoli solchi crepitanti si formavano alle sue spalle. Un falco gettò uno strido, nella Foresta, che riecheggiò tutto intorno, sempre più distante, corrisposto poi dal timido cinguettio di altri uccellini.
Draco si fermò, colto da un pensiero improvviso. Nella natura nulla sembrava imperfetto, nulla pareva disarmonico. Perché allora la vita umana, e la sua in particolare, erano così dannatamente costellate di errori?   
O forse la natura era semplicemente più brava a nascondere le sue falle, rifletté il Serpeverde, mentre con un colpo della propria scarpa rovesciava un sasso coperto di soffici licheni gialli e azzurrini e rivelava un covo di vermi contorti.
Con una smorfia Draco si allontanò, senza guardare in che direzione stesse andando. La vista del Lago gli rese la concezione dello spazio e seppe di avere alle proprie spalle la Torre Grifondoro.
Si portò sotto le mura, laddove l’erba era rimasta in ombra, sotto le terrazze, e ancora il ghiaccio non si era sciolto, e sfiorò le ruvide pietre esterne con la punta delle dita.
Qualche decina di metri più in alto si trovava la sua Mezzosangue, che forse – e Draco pregava fosse così – in quell’istante stava leggendo il suo messaggio.
Dentro quella busta c’era la sua ultima speranza, l’ultima luce accesa nella via del suo destino. Distrutta quella, restavano solo le tenebre…


Hermione si lasciò sfuggire un singhiozzo. I suoi denti strusciavano dolorosamente sotto le mandibole serrate, digrignati verso quella busta che non era riuscita a strappare. Non faceva che fissarla da un minuto abbondante, indecisa se prolungare la piccola frattura creatasi nel centro o aprirla normalmente e leggerla.
Al diavolo, si disse, ormai aveva sofferto abbastanza da poter guardare in faccia anche la Morte con sprezzo, figurarsi una lettera.
Uscì in terrazza, inspirando l’aria frizzante del mattino. Osservò il paesaggio lontano: le nuvole scure e rade, il lago increspato dal vento, la foresta, coperta per larghi tratti ancora di brinata, che andava perdendosi nella nebbia. Per il resto del mondo era una mattina d’inverno come le altre, per lei forse la fine di una fase fondamentale della propria vita.
Guardò la busta tra le proprie mani ancora alcuni istanti e poi la aprì.
Conteneva un unico foglio, di carta giallastra e spessa, senza il solito monogramma DLM. Dopo un attimo Hermione notò che la maggior parte dello scritto non era neanche stata vergata a penna, ma era stampata. Era una pagina strappata da un libro, nel cui angolo basso erano state appuntate poche parole.
Col fiato trattenuto che le esplodeva nei polmoni, la Grifondoro divorò con gli occhi ogni singola sillaba:

“Sopra un fiume d'Inferno mi fanno attraversare il Paradiso:
spettro squisito; è notte.
Il remo è un cuore che frange onde di porcellana...

Sono tutte le cose che hai perduto. Non mi perdonerai,
Il mio ricordo continua ad intralciare la tua storia.
Non c'è nulla da perdonare. Non mi perdonerai.
Anche a me stesso nascosi il mio dolore; solo a me stesso lo rivelai.

C'è da perdonare ogni cosa. Non potrai perdonarmi.
Se in qualche modo tu avessi potuto essere mia,
cosa non sarebbe stato possibile a questo mondo?


 Non fuggire via da me. Non uccidermi così.
Tuo, sempre e per sempre,
Draco L. Malfoy.”

Hermione ripiegò quella pagina con la sensazione che una parte non trascurabile della propria anima si stesse rannicchiando in fondo alla sua coscienza, pronta al peggio.
Chiuse gli occhi per frenare le lacrime e scosse il capo.
Non c’era nulla da perdonare… Non avrebbe perdonato.
Mentre qualcosa dentro di lei, come previsto, si lacerava, lasciando cicatrici che avrebbero sanguinato a lungo, Hermione strappò le spesse trame della carta giallastra.
Se in qualche modo avesse potuto essere sua… Non lo sarebbe stata. La realtà non era una favola, lei lo sapeva bene e Draco, probabilmente anche meglio. Perché illudersi allora?
Un gemito ricacciato in gola, lo sguardo volto altrove e con un tocco di bacchetta la Grifondoro fece prendere il volo ai minuscoli coriandoli che aveva raccolto in mano.
Come petali di ciliegio nel vento quei brandelli di una speranza morente si lasciarono trasportare per tutto il giardino e fino alla superficie tremula del Lago Nero, che li accolse come una tomba tra gorghi muti e tenebrosi.


Draco osservò mille frammenti di carta spargersi nel cielo da una terrazza Grifondoro. Alcuni ricaddero ai suoi piedi. Erano tutto ciò che restava della sua lettera, della sua sola speranza.
Sospirò, tornando al Castello, dove aveva un’altra missiva da scrivere e da affidare stavolta a Emerald.
Le sue scarpe calpestarono inevitabilmente i brandelli di quell’inutile tentativo andato a vuoto.
No, non lo aveva perdonato.
Non lo avrebbe mai perdonato.








………continua………








    
§ Spazio autrice: §

Stavolta mi sono ispirata al romanzo Fuga nelle tenebre di Arthur Schnitzler (l’autore anche di Doppio sogno).
La poesia che Draco manda a Herm è di Agha Shahid Ali, da A Country Without a Post Office. Non posso dirvi altro su questi magnifici versi perché sinceramente ho cercato informazioni sull’autore e sulle sue opere ma non sono riuscita a trovare nulla. Questi versi erano posti prima dell’inizio di Shalimar il clown di Salman Rushdie e li ho trovati appunto leggendo questo romanzo. Poiché mi avevano particolarmente colpita ho voluto capire meglio chi ne fosse l’autore ma internet sembra non saperne niente… Se avete qualche informazione voi, sarò felice se vorrete condividerla con me.

MmeBovary.

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Capitolo 16
*** La fontana di sangue ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a quel genio di J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia! ^_^

 
 
 
 
CAP. 16
LA FONTANA DI SANGUE
 
 
Hermione volava.
In alto, tra il vento pungente e lo stridore dei corvi, volava a cavallo di una scopa verso il nero dell’orizzonte, oltre i cancelli di Hogwarts, oltre la Foresta Proibita, oltre Hogsmeade e i binari dove ogni anno l’Espresso di Hogwarts depositava il suo carico di alunni, alunne, sogni e speranze.
L’aria serale le carezzava le guance arrossate e increspava il suo sottile vestito perlaceo. Ormai il tramonto stendeva le sue dita rosate sulla terra, racchiudendola in una morsa sempre più scura e avida di luce.
Con un gesto morbido Hermione curvò il proprio manico verso il basso, consapevole in qualche recesso della propria coscienza di essere giunta a destinazione.
Il terreno parve accelerare nella sua direzione, finché i suoi piedi nudi si posarono sull’erba verdissima e umida. Davanti a lei c’era una fontana, alta poco più di un metro e mezzo, composta da due rotonde vasche concentriche dal bordo ondulato come le valve di una esotica conchiglia. Al centro di tali recipienti zampillava un getto cristallino che scivolava giù per ogni increspatura, fino a raggiungere un piccolo ruscello roccioso tra l’erba e mescolarsi alle acque di un vicinissimo lago, il cui fondale si intravedeva nitido per metri e metri, dove sfumava in un intenso blu, reso violaceo dalle bizzarre colorazioni del tramonto.
Abbandonata la scopa, la Grifondoro mosse i suoi passi verso lo specchio d’acqua, da cui si sollevava un leggero vapore opalino. I suoi piedi sfiorarono i ciottoli rotondi del fondale e si spinsero sempre più avanti, finché Hermione sentì l’acqua incollarle addosso la veste per tutto il corpo, fino alle spalle.
Socchiuse gli occhi, abbandonandosi alla leggerezza di quelle sensazioni, mentre i suoi riccioli castani galleggiava tra le leggere increspature della superficie lacustre.
Quando riaprì le palpebre c’era Draco accanto a lei e un attimo dopo, prima che potesse dire qualsiasi cosa, il giovane la stringeva tra le braccia, mormorando nel suo orecchio.
Hermione tentava di capire cosa le stesse dicendo, ma tutto ciò che percepiva era un fischio fortissimo, una sorta di sibilo acuto e penetrante che sembrava farle esplodere i timpani mentre sulla sua pelle si espandeva una sensazione di freddo raggelante. Si portò prepotentemente le mani a tappare i padiglioni doloranti ai lati del capo, stringendo i denti fino quasi a spezzarseli. Non sentiva più le dita, intirizzite dal gelo e vedeva le acque attorno a lei tingersi di rosso.
Sangue, sangue ovunque.
Sgorgava copioso dalla fontana alle sue spalle, macchiando il volto impassibile di Draco, i suoi occhi rovesciati, il suo petto, le sue mani, impregnandole le vesti e insinuandosi in ogni luogo mentre il giovane scivolava giù inerme, verso il fondo del lago, trascinandola con sé nel suo abbraccio mortifero…
 
 
Il me semble parfois que mon sang coule à flots,

Ainsi qu'une fontaine aux rythmiques sanglots.

Je l'entends bien qui coule avec un long murmure,

Mais je me tâte en vain pour trouver la blessure.
 
[…]J'ai cherché dans l'amour un sommeil oublieux;

Mais l'amour n'est pour moi qu'un matelas d'aiguilles

Fait pour donner à boire à ces cruelles filles!
 
Les fleurs du mal,  "La fontaine de sang ", C. Baudelaire
 
Mi pare a volte che il mio sangue coli a fiotti,
così come una fontana dai ritmici singhiozzi.
Lo sento bene scorrere con un lungo mormorio,
ma mi tasto invano per trovare la ferita.
 
[…] Ho cercato nell’amore un sonno che fa dimenticare;
ma l’amore per me non è che un materasso di aghi
fatto per dissetare col mio sangue queste amanti crudeli!
 
I fiori del male, “La fontana di sangue”, C. Baudelaire
 
 
“NO!”
Ancora una volta Hermione si svegliò urlando, le mani serrate spasmodicamente attorno al bordo del lenzuolo e la schiena coperta di sudore freddo. Riprese fiato e si rese conto di aver solo sognato un’altra volta.
“Herm, ancora quell’incubo?”
La voce assonnata di Lavanda le fece capire che doveva aver gridato, svegliando tutta la stanza. Vide anche Calì tirarsi su dai cuscini di piume e sfilarsi controvoglia dal volto la mascherina che indossava per dormire.
“Si può saper cos’è che vedi e che ti fa urlare praticamente ogni santa notte da un mese a questa parte?!”, sbottò la giovane, stropicciandosi gli occhi scuri. La Brown annuì, esprimendo così la stessa curiosità della compagna. Hermione però non era in vena di confidenze.
“Non ricordo, ve l’ho detto. Dimentico tutto appena mi sveglio.”
Con uno sbuffo annoiato le altre ragazze si rimisero sotto le coperte e decisero che i propri sogni erano nettamente più interessanti degli incubi di quella stramba della Granger.
Hermione si lasciò ricadere sul materasso e deglutì a vuoto. Aveva mentito: ricordava perfettamente ogni dettaglio di quell’incubo ricorrente, dalla sensazione del vento sulle guance al sapore metallico del sangue che ora, come al solito, le avrebbe impedito di riprendere sonno.
Da quando aveva rotto con Draco non era più riuscita a dormire per una notte intera. Era stata più volte in Biblioteca e con profondo scetticismo aveva rimesso mano ai manuali di Divinazione per cercare un’interpretazione al proprio sogno. Tuttavia non aveva avuto grande fortuna e le conclusioni cui era arrivata erano piuttosto insignificanti e vaghe: il volo tra i corvi era dato come simbolo di manifesto egoismo, mentre la semplice presenza di quegli uccelli neri era considerato presagio di momenti cupi. L’acqua simboleggiava un desiderio di rinascita, quindi lei probabilmente sentiva il bisogno di rinnovarsi, di cambiare, ma si immergeva nel lago solo fino al collo; perché non immergeva la testa? La sua mente non era forse pronta a voltare pagina? L’acqua fredda poi era associata ad un odio dichiarato. Ma per chi? Per Draco, forse? O per se stessa?
E il sangue? I libri davano astruse e talvolta contrastanti spiegazioni in proposito, ma nessuna era del tutto convincente. Essere sporca di sangue poteva indicare forse senso di colpa? Vederlo accanto a sé era la sublimazione di un ricordo doloroso? Oppure il berlo, seppure involontariamente, era presagio di una ritrovata vitalità?
“La Divinazione è un assurdo passatempo per vecchiette lunatiche e ragazzine impressionabili.”,  aveva concluso, rimettendo i libri a prendere la polvere sugli scaffali.
Intanto l’incubo però si ripresentava puntuale ogni notte da più di quattro settimane.
Come previsto, anche quella mattina Hermione non riuscì a riprendere sonno e quando si incamminò verso l’aula di Storia della Magia era così stanca che sbagliò strada tre volte, facendosi fregare dalle scale che cambiavano più veloce di quanto la sua mente sapesse lavorare in quel momento. Entrata in aula si lasciò scivolare su un banco in ultima fila e appoggiò il mento sugli avambracci piegati, con un sospiro stremato.
Quando la lezione iniziò il tono del professor Rüf pareva più strascicato e cantilenante che mai, come una strana ninnananna che cantasse di troll e guerre medievali.
In fondo – pensò Hermione, socchiudendo le palpebre – che male c’era nel riposare gli occhi per qualche istante? Non si sarebbe certo addormentata…
“Ranfelus in Grandioso fondò la stirpe dei…” cantilenava il professore.
Volava tra i corvi nel cielo rosato del tramonto…
“Gli scontri con il casato rivale si fecero più intensi…”
…atterrava sull’erba soffice vicino al lago cristallino…
“Finché il diciottesimo discendente di Mogor l’Oppressore decise di porre fine…”
…Draco la abbracciava…
“Si scatenò così quella che è ricordata come una delle peggiori…”
freddo, sangue, tanto sangue!
“…e più sanguinose stragi della storia dei troll di montagna.”
“Ah!”
Hermione scattò a sedere urlando terrorizzata e un secondo dopo pregò stare avendo un altro incubo.
Oddio… non si era addormentata in classe vero?! A giudicare dalle decine di facce Grifondoro e Tassorosso che la guardavano con aria stralunata avrebbe scommesso il contrario.
“Signorina Granger, non immaginavo che le vicende di Mogor l’Oppressore potessero sconvolgerla tanto,” travisò il professore, “Vuole forse uscire un momento?”
“Le vicende di…? Oh, sì, sì, certo quello… Sì, posso andare?” farfugliò, precipitandosi fuori dalla classe sotto lo sguardo perplesso di tutti i suoi compagni.
La questione dei sogni andava risolta al più presto, prima che interferisse seriamente con il resto della sua vita.
Dopo pranzo si incontrò con Ron e Harry in Biblioteca per ulteriori ricerche. Rilessero tutti i libri di Divinazione e sfogliarono volumi su volumi riguardo fatture e maledizioni che disturbassero il sonno, ma nessuna pareva fare al caso loro.
“Basta! Io mi arrendo! Per me, devi vedere uno strizzacervelli. A stasera.”
Ron sbatté “Fatture e Fattucchiere: magie per la vita domestica” sul tavolo e uscì di scena, convinto che se una soluzione per quegli incubi esisteva, non era da cercarsi nella magia.
Tanto demoralizzata quanto testarda, invece, Hermione continuava a prendere libri dagli scaffali, sfogliarli, riporli e riprenderne altri.
Stava giusto leggendo come un cerchio incantato fatto con polvere di corno di unicorno disegnato sotto il letto di qualcuno possa permettere di leggere la sua mente nel sonno, quando la mano di Harry le chiuse il libro, facendola sussultare sulla sedia.
“Basta Herm. Sei sfinita.”
“Non voglio arrendermi.”
Harry sospirò.
“Se non vuoi arrenderti puoi almeno prendere in considerazione un’altra strada?”
“Quale strada?”
“Una che non preveda la magia, tanto per cominciare?”
“Intendi che dovrei soffocarmi col cuscino e smettere di soffrire?” ironizzò la Grifondoro.
“Intendo che forse la soluzione è la più ovvia. Dimentica Draco e forse non lo sognerai più.”
“Facile a dirsi…” sospirò Hermione, ricordando quante volte aveva fallito nel non pensare più a lui.
“Potresti provare almeno, però.”
“E come?”
Harry si strinse nelle spalle.
“Trovati un altro.”
Hermione scosse il capo.
“Non basterebbe una scappatella con uno qualsiasi per sostituirlo, temo.”
“Non mi dire… Malfoy è così bravo a letto?” ironizzò il Cercatore, guadagnandosi un’occhiataccia di rimprovero.
Si sedette sul davanzale di una delle finestre e poggiò la nuca al vetro.
La sua amica lo raggiunse e lasciò ricadere la testa sul suo petto, il cui ritmo lento e leggero ad ogni respiro la aveva cullata e rassicurata per così tante notti quando aveva rotto con Draco.
“È stupido. E sbagliato, lo so. Ma non posso evitare di pensare che mi manca…” sospirò sul suo torace.
“Ti capisco.”
Hermione sollevò lo sguardo e seguì gli occhi di Harry fino oltre il vetro leggermente appannato della finestra, tra le aiuole verdi dei giardini in cui le coppiette passeggiavano mano nella mano.
“Ti sei pentito di averla lasciata andare?” chiese, certa che il ragazzo avrebbe capito a chi si riferiva. I loro pensieri in quel momento potevano quasi dirsi in comunicazione.
“No. Con Zabini è più felice che con me.”
Strinse le braccia attorno alla vita della propria migliore amica e chiuse gli occhi, mentre il pensiero correva ai ricordi della sua ultima e forse unica storia importante, quella con Ginny.
“Però a volte non è facile essere soli.”
Hermione scosse la testa, nuovamente poggiata su di lui con le palpebre abbassate.
“Tu non sei solo Harry. E non lo sarai mai finché ci sarò io.”
Il ragazzo si portò in piedi, lasciandosi scivolare giù dal davanzale. Le sue gambe si portarono ai lati di quelle di Hermione, che non si mosse dal calore del suo abbraccio.
“Herm…”
La ragazza sollevò svogliatamente un sopracciglio, tanto per comunicargli che lo stava a sentire.
“Stavo pensando…”
Le parole del Grifondoro si spensero in una scia di sottintesi e in uno sfumare di toni bassi. Le sue mani si erano portate stranamente in prossimità del suo fondoschiena…
“Harry, cosa…?”
“Stavo pensando…” riprese lui, guardando altrove, come in imbarazzo, “…che magari potremmo aiutarci a vicenda a sentirci un po’ meno soli, sai?”
“Spero davvero di aver frainteso.” lo redarguì Hermione.
“Vieni con me stanotte. Tu dimentichi Malfoy e io sono un po’ meno solo. Che ne pensi?”
La Grifondoro distese le labbra in un sorriso accondiscendente, si allontanò leggermente dal petto del suo amico e poi gli chiarificò esattamente cosa ne pensasse.
SHAFF!
Il suo schiaffo centrò in pieno la guancia sinistra del Cercatore, rendendola appena più rossa di quanto non fossero quelle della ragazza, infiammate dall’indignazione.
“Ahia, Herm, ma sei scema?!”
“Harry James Potter! Come osi anche solo fare una proposta del genere?!”
La Grifondoro incrociò le braccia al petto e lo squadrò severamente come avrebbe potuto fare con un novellino del primo anno che si fosse avventurato in Biblioteca con le mani sporche di marmellata.
“Beh, scusa tanto!” urlò il ragazzo “Non so più che inventare! Da un mese non riesco più a vederti felice come un tempo! Non dormi, non mangi, passi le ore a fissare il vuoto o peggio, a fissare quello stronzo che ti ha ridotta così! Questa era la mia ultima idea, mi dispiace, ma non so che altro potrei fare per aiutarti!”
Hermione si morse le labbra con espressione pentita. Forse aveva avuto una reazione esagerata.
Stava per scusarsi, ma la voce della bibliotecaria stroncò il suo tentativo di prendere parola.
“Ehilà! Ma dove credete di essere? Allo stadio?! Non si urla in Biblioteca! Fuori di qui ragazzini!”
I due corsero fuori ridacchiando come due sciocchi, prima che Madame Prince potesse riconoscerli e spedirli dritti dalla Mc Granitt.
Si fermarono a riprendere fiato solo due piani più in basso, piegati in due per la corsa e il ridere.
Hermione si tirò indietro i capelli dalla fronte sudata, sventolandosi con una mano, mentre Harry si accasciava a terra annaspando.
Le risate di complicità strozzavano il respiro di entrambi, impedendo loro di riprendersi del tutto. Con un cazzotto amichevole sulla spalla del suo amico la Grifondoro pose fine all’imbarazzante questione aperta in Biblioteca.
“Sei un idiota Harry James Potter.”
Il Cercatore si strinse nelle spalle.
“Non sapevo davvero più che inventare per farti sentire un po’ meno sola Herm…”
“Certo, e quando voi maschietti non sapete più che inventare dov’è che va la vostra immaginazione? Fammi pensare… sesso. Tipico.” sentenziò, sigillando quella verità assoluta con un enfatico gesto della mano.
“Siamo creature semplici noi uomini,” la prese in giro Harry, “mica come voi che vi rovinate il sonno per il più idiota degli idioti che non meriterebbe neanche l’onore di sentirvi respirare…”
 Hermione sospirò, stanca di sentirsi dare dell’ingenua o della folle.
“Dio… ho bisogno di una tregua…”
Si prese la testa tra le mani e le palpebre sembrarono incollarsi tra loro tanto erano pesanti.
“Mi dispiace di non aver saputo trovare un rimedio, Herm.” la confortò il ragazzo di fronte a lei, stringendola al petto.
Improvvisamente Hermione però scattò lontano da lui con un salto brusco e inatteso.
“Ehy non ci stavo provando…” si offese Harry, travisando il suo gesto.
“Cosa? Oh, no, no… Ho solo appena realizzato che… oddio che sciocca che sono! Come ho potuto non pensarci subito? Un rimedio! Certo e dove altro?”
Concluse il suo sproloquio con una risata isterica  e prese la via delle scale, borbottando un saluto al suo migliore amico che poté solo osservarla sparire dietro un angolo senza avere anche solo minimamente spartito con lei quell’attimo di illuminazione.
Dove cavolo stava correndo quella pazza di Hermione?!
 
 
Un cranio di topo, vuoto e rosicchiato, cadde sul fondo metallico della gabbia argentata in cui riposava Emerald.
Il volatile si piegò goffamente, sbattendo le ali per mantenere l’equilibrio, e recuperò i resti della propria cena, tornando a spolparli con macabra devozione.
Draco lo osservava compiere quei gesti istintuali e ancestrali, radicati nella sua natura di predatore, stupendosi di quanto fosse simile a lui.
Aveva avuto in pasto la sua Mezzosangue.
La aveva consumata, spolpata, lacerata, sfinita e poi… persa. Le era scivolata come il piccolo teschio era scivolato dal becco rapace di Emerald, con la sola differenza che il suo piegarsi con umile e goffo battito d’ali non era bastato a ridargliela indietro.
Sospirò amaramente e si alzò per andare a posare la lettera che aveva in mano insieme alle altre inviategli da suo padre durante le ultime settimane. Il numero di quelle maledette missive, nonché il numero di fogli che le componeva cresceva tristemente di volta in volta.
Quel giorno che aveva raccolto i pezzi del proprio animo distrutto per poi gettarli al vento come quelli della lettera lacerata da Hermione, era tornato in camera e aveva affidato a Emerald una nuova lettera per suo padre. Poco più che un biglietto in realtà.  
“Hai vinto.
Farò come ti pare.”
Due frasi che avevano avuto per risposta una lunga e pomposa autocelebrazione di Lucius Malfoy, costellata di frasi del tipo “Esattamente come avevo previsto.”, “Forse non sei sciocco come sembri.”, “Una volta tanto vedi di essere degno del tuo cognome.”, oppure la sua preferita in assoluto: “Questa era l’unica possibile fine.”, che gli era arrivata al cuore come un colpo di spada.
Già, questa per lui era l’unica possibile fine.
Accartocciò malamente la voluminosa busta che conteneva la lista degli invitati della sposa mentre Blaise varcava la soglia.
“Ehy Draco, sei libero stasera per un’uscita a Hogsm…e quelle che sono?”
Il Serpeverde lasciò cadere le spalle verso il basso, appesantito dall’ennesima sconfitta.
Beccato in flagrante. Il suo reato? Non aver ancora confessato al suo migliore amico di essere in procinto di sposarsi.
“Lettere?” ironizzò, spingendo i fogli dentro il cassetto e chiudendolo a chiave.
“Di tuo padre?”
Il ragazzo fece un cenno affermativo col capo, ma non aggiunse altro, preparandosi al peggio. Blaise non l’avrebbe presa bene.
“Cosa vuole ancora? Non ha capito che non hai intensione di sposarti?”
Draco storse la bocca e mugolò un incerto “Potrebbe non averlo capito…”
L’espressione dubbiosa di Zabini richiedeva una spiegazione supplementare.
“Potrebbe non averlo capito…” completò “…perché ho effettivamente accettato di sposarmi a giugno.”
Vide la bocca di Blaise spalancarsi e contorcersi in una valanga di emozioni che si espandevano dallo shock completo al disgusto. Una ventina almeno di improperi si confusero in un tartagliare della sue labbra da cui non uscì che un curioso sommarsi di pensieri.
“Ma che ca…no… tu-hai-cosa?! Ma, no! No, voglio dire… e Herm…che?! Ma vaff… oh insomma? Mi prendi in… no! No, io no… non ci credo, sei… oddio sei serio! Ma porc… tu…”
Draco si limitò ad annuire.
“Non mi fai gli auguri?”
Decisamente Zabini in quel momento non era in vena di auguri.
La sua sola reazione fu la più spontanea e sincera dimostrazione di affetto che gli salì alle labbra… o meglio, alle mani: un cazzotto.
Senza un’altra mezza parola colpì col destro il volto di Draco, scaraventandolo a terra.
Scosse le nocche doloranti, senza smettere di scrollare il capo, incredulo.
“ALLORA?! Reagisci?!”
Il ragazzo rimase a fissarlo in silenzio, immobile e a capo chino. Non aveva altro da aggiungere.
“BENE! Allora io e te caro Draco riparleremo solo quando ti sarai ripreso le palle che tuo padre al momento porta probabilmente appese al collo come trofeo, cazzo!”
Uscì e il tonfo della porta sui cardini, sommato allo scricchiolare del teschio tra le fauci di Emerald, fu tutto ciò che rimase attorno al vuoto che divorava l’animo di Draco.
Ora era davvero solo…
 
 
Hermione si fermò a riprendere fiato. Poggiò le palme aperte sulla porta davanti a sé e inspirò a fondo, incapace di credere che quell’idea non le fosse venuta prima.
Aveva bisogno di un rimedio e qual era il primo posto dove normalmente si cercano rimedi e cure?
Un ultimo respiro per riaversi dalle decine di scale percorse in tempo record e poi bussò. 
Meno di mezzo secondo dopo la porta scattò aperta per magia, quasi addosso alla Grifondoro. 
“Sì?”
La voce di Mme Chips riecheggiò per l’Infermeria prima che la donna si facesse effettivamente strada tra le numerose fila di letti.
“Ehm… salve. Io volevo solo sapere se ha un rimedio per…”
La cortese richiesta di Hermione fu interrotta da un improvviso gesto dell’infermiera che le prese le guance tra le mani e la attirò a sé per osservarla da meno di un pollice di distanza.
“Uh-uh… Tu non stai bene signorina! Prendi questo…”
Senza permetterle replica, le cacciò tra le labbra un enorme tocco di cioccolata magica che andò ad otturarle direttamente la trachea…
Hermione si colpì ripetutamente il petto per evitare il soffocamento e cercò di finire la sua richiesta.
“Io… cough-cough… io, volevo solo un rimedio per… cough-cough… perché non riesco a dormire…”
“Non riesci a respirare?” fraintese l’infermiera.
La Grifondoro alzò gli occhi al cielo. Se non riusciva a respirare non era che colpa sua!
“No, non riesco a dormire!”
“Ah… capisco… ecco il perché di quelle occhiaie… Seguimi, possiamo trovare qualcosa.”
La ragazza si pose nella scia di Mme Chips, ignorando volontariamente il poco cortese accenno alle sue occhiaie per concentrarsi piuttosto sulla neonata speranza di riuscire a godersi finalmente otto ore di sonno ininterrotto.
L’infermiera rovistava tra gli scaffali di un disordinatissimo armadietto, riempito all’inverosimile di bottiglie di ogni colore.
“Dovrei avere dell’estratto di artiglio di ghiro con valeriana essiccata che farebbe dormire anche il peggiore degli insonni…”
Hermione si rigirava nervosamente le mani in grembo, cercando con lo sguardo quell’estratto nella confusione di bottiglie.
“È sicura che sia là?”
“Oh cara, certo che sono sicura… È qui da qualche parte…”
Da qualche partein un armadietto evidentemente ampliato dalla magia per avere la capacità di un vagone merci non era proprio una prospettiva rassicurante…
“Eppure ricordavo di averla messa proprio qui accanto all’estratto di dente di leone…” bofonchiava l’infermiera, spostando manciate di flaconi che sciaguattavano e tremolavano in maniera nientemeno che inquietante, seppure tra dita esperte.
Hermione cominciava già a credere che la ricerca sarebbe durata ore, ma non aveva calcolato possibili interruzioni. Proprio mentre Mme Chips iniziava a rovistare nei cassetti, la porta si aprì per far entrare la professoressa Sprite e il professor Vitious con due studenti, chiaramente reduci da un duello. La professoressa spingeva davanti a sé una studentessa Serpeverde, apparentemente del primo anno, la cui intera pelle aveva assunto una colorazione verde smeraldo, più intensa persino di quella della sua divisa, mentre il collega si trascinava, letteralmente, dietro un Grifondoro della stessa età le cui articolazioni sembravano aver raggiunto la consistenza della gomma. Mentre la professoressa spiegava all’Infermiera la situazione, Vitious manifestava il suo assenso con enfatici gesti del capo, lottando nel frattempo con le gommose movenze del ragazzo.
“Questi ragazzini, ogni anno la stessa storia! Li abbiamo beccati a duellare dietro la serra delle mangrovie… Ma quando impareranno…”
Vitious era riuscito intanto a scaricare il suo carico su un letto.
“Eh, sí, sí…” annuì con la voce resa ancora più acuta del solito dalla fatica, “Suppongo che lei possa fare qualcosa per questi incantesimi andati male, vero? Questi ragazzi sono così sciocchi! E almeno prestassero attenzione a lezione! Lavinia, non lo abbiamo studiato due giorni fa l’incantesimo della pastoia? Guarda un po’ che risultato che hai ottenuto tu! Sarebbe stato da Troll ad un esame!”
La Serpeverde in versione smeraldo sbuffò, chiaramente più preoccupata dalla propria pigmentazione che da un brutto voto. 
“Vedo, vedo…” borbottava Mme Chips, spostando i due malcapitati in un altro reparto, “So io cosa ci vuole per questi due. Professori, vi potete lasciarli a me e tu signorina Granger… uhm… ti spiacerebbe cercarti da sola il tuo estratto? E’ in una bottiglia viola di vetro di Murano. Due gocce prima di dormire, due gocce sole, non di più, mi raccomando!”
Meno di mezzo minuto dopo la voce di Mme Chips era diventata un brusio di sottofondo, proveniente dall’altro estremo della sala e Hermione si era ritrovata da sola a rovistare tra decine di bottiglie di cui almeno un quarto erano in dannato vetro di Murano viola…
“Estratto di aculeo di vespa purpurea… essenza di rododendro selvatico… cenere di drago… ma dove accidenti è questo estratto di artiglio di ghiro?!”
La Grifondoro sbuffò, accaldata dalla ricerca e frustrata dall’idea di stare perdendo tempo. Si tolse la giacca e sbottonò il colletto della camicia Grifondoro che le fasciava la gola sotto il nodo della cravatta. Incapace di darsi per vinta quanto lo era di trovare la bottiglia giusta, si accoccolò sulle proprie ginocchia di fronte all’armadietto e vi infilò dentro fino al busto.  
Dieci minuti dopo, il cigolio della porta che si apriva non le parve abbastanza interessante da interrompere le proprie ricerche.
“Mme Chips è occupata al momento, tornerà tra poco.”, si prese la briga di urlare dall’interno dell’armadietto. Quando realizzò che non aveva ottenuto alcuna risposta si disse che forse era meglio dare un’occhiata di persona al nuovo venuto, per controllare che non fosse un novellino del primo anno troppo spaventato per risponderle e ricevere l’aiuto di cui aveva bisogno.
“Mi hai sentito? Ho detto che… oh… sei tu.”
Le ultime due parole si fecero strada graffiando nella sua gola, per poi essere lasciate cadere con un sussurro.
Sei tu.
Era lui.
“Mezzosangue, da quando ti hanno assunto a riordinare gli scaffali dell’Infermeria? Cerchi di arrotondare un po’ le misere entrate babbane?”
Hermione non rise sarcasticamente, né mise il broncio o incrociò le braccia sotto al seno come faceva sempre quando era offesa. Un senso di patetica falsità le impediva di reagire a quelle ben note provocazioni di Draco con la naturalezza di una volta. Era così che doveva andare? Finito tutto si tornava al vecchio Mezzosangue-Malferret? Al duello di provocazioni ignorate e offese sussurrate a mezza bocca? Quella stessa bocca che le aveva sussurrato di odio, di amore, di promesse, di lealtà e di tradimento. Una bocca di serpe, sempre pronta a mordere e ora disposta a farlo per salvare le apparenze.
“Che hai fatto al labbro Malfoy?”, si limitò a chiedergli. Se lui voleva fare finta che le cose potessero tornare come prima, che i mesi passati potessero sparire dalla loro memoria, dal loro cuore, dalla loro carne, allora era libero di farlo. Ma lei non era altrettanto brava a fingere.
Lo aveva lasciato e non aveva intenzione di ritornare sui propri passi, ma ciò non significava che fosse capace di comportarsi con lui come se nulla fosse mai successo. Forse un giorno, chi avrebbe mai potuto dirlo, ma ancora decisamente no.
Il ragazzo si portò il dorso della mano alla ferita, come se si fosse improvvisamente ricordato della sua esistenza, e si strinse nelle spalle.
“Nh… nulla di che. Goffaggine. Hai detto che Mme Chips ha da fare?”
Hermione annuì. La sua mente come al solito lavorava troppo di fantasia, ma non poteva impedirsi di chiedersi come mai Malfoy fosse in Infermeria da solo con quella che era fin troppo chiaramente una ferita da rissa. Che fine aveva fatto colui che aveva infranto la linea perfetta delle sue labbra di serpe? Se ne era andato illeso? Oddio, almeno se ne era andato sulle sue gambe?!
“Non è che c’è qualcuno là fuori ad affogare nel proprio sangue per mano tua vero?”
Malfoy si voltò verso il corridoio alle proprie spalle, confuso.
“Come, scusa?”
“Ho visto troppe scazzottate stando accanto ad Harry per bermi che quel livido viene da uno scivolone sulle scale, quindi se c’è qualcuno là fuori in condizioni pietose per colpa tua dillo subito così posso fare il mio dovere e aiutarlo. Non ti denuncerò, non preoccuparti.”
“Molto nobile da parte tua Granger… Direttamente dal manuale del perfetto Grifondoro: diffida della Serpe e mostrati magnanimo e compassionevole. Beh, che tu cu creda o no nessun’altro ha riportato ferite più gravi di una sbucciatura sulle nocche, quindi torna pure alle tue mansioni di inventario e io vedrò di sollevarti dal peso della mia presenza.”
Le sputò addosso la sua sentenza e la sua superiorità con la fredda grazia che lo contraddistingueva, facendola sentire un verme per averlo giudicato e lasciandola al tempo stesso con tante domande da rovinarle il sonno per tutto l’anno a venire. Lei aveva bisogno di mettere una pietra sul passato e smettere di rimuginarci sopra e ora Draco veniva a sventolarle sotto il naso una situazione piena di lacune e contraddizioni su cui speculare? La crudeltà dell’uomo non ha limiti.
“Aspetta!”, lo bloccò, allungando una mano verso di lui e ritirandola subito, piena di vergogna.
Il ragazzo interruppe il suo passo, la punta delle scarpe in pelle nera tesa a sfiorare il pavimento, il tallone sollevato e immobile nell’aria.
“Cosa?”
La speranza, la frustrazione, l’odio, il rancore, l’autoimposizione di non illudersi che quell’aspetta fosse nulla più che l’anticipazione di un’altra tediosa domanda di routine da prefetto.
“C’è un kit di primo soccorso qui. Posso curare io quel taglio. Se vuoi, ovviamente.”
Hermione si torturò il labbro inferiore, pregando per una risposta affermativa. Doveva sapere come era successo che Draco Malfoy fosse stato preso a cazzotti e non avesse restituito nemmeno una pacca su una spalla. Cosa diamine gli era successo in quel mese in cui erano stati separati?
Il ragazzo non rispose, ma la sua mano scivolò verso la maniglia della porta ancora aperta.
Hermione chiuse gli occhi. Il suono della porta che si chiudeva le arrivò come una condanna a morte. Probabilmente neppure una botte di estratto di artiglio di ghiro le avrebbe concesso tregua ora…
“Allora Granger, che fai? Ti sei addormentata?”
La Grifondoro sussultò per la sorpresa. Il Serpeverde era ancora davanti a lei, anzi, più vicino di prima. La porta alle sue spalle era chiusa, ma lui era chiuso dentro la stanza con lei.
“Oh, sì, certo… ehm… siediti lì, io prendo il necessario.”
Si maledisse mentalmente per la propria goffaggine, e imprecò tra i denti quando la bottiglietta di liquido rigenerante le cadde quasi dalle dita tremanti e quando il tappo le scivolò a terra. Forse mettersi nella situazione di essere così vicina a quella Serpe non era stata questa grande idea…
 
 
Draco trattenne una risata quando un improperio masticato tra i denti stretti lo raggiunse assieme allo sciaguattio di una bottiglietta quasi caduta. La Granger sembrava nervosa. Eppure era stata lei a chiedergli di restare.
Perché? Puro masochismo? La muoveva forse lo stesso basso istinto di autolesionismo che aveva mosso lui a cercare il profumo dei suoi boccoli dorati tra i cuscini per giorni dopo che lei se ne era andata, forse per sempre? Stare vicini faceva male, eppure non riusciva a non desiderare di essere accanto a lei. Dopotutto, se respirare diventasse ad un tratto doloroso: potremmo forse allora convincerci a smettere di incamerare prezioso ossigeno nei polmoni?
Hermione appoggiò una bottiglia e del cotone sul letto accanto a lui. Era bella in quei suoi gesti da crocerossina: attenta e delicata come lo era solo quando maneggiava ingredienti e ampolle.
O quando faceva l’amore.
Ma forse era meglio non pensare a quello in quel momento. C’è un limite anche al masochismo.
Il tappo della bottiglia scivolò sul pavimento, fino al lettino, dove un piede di Draco pose fine alla sua fuga.
Hermione lo recuperò da sotto la sua suola, ormai rossa in viso per la frustrazione di non riuscire a comportarsi normalmente. Che diamine! Sembrava tutt’a un tratto essere diventata più goffa di Neville!
“Sicura di farcela, Granger?”
“So disinfettare un taglietto.”, si difese la Grifondoro.
“Non è questo che intendevo.”
Già, intendeva esattamente quello che, seppure non volesse ammetterlo, aveva pensato anche lei. Poteva farcela a stargli vicino senza soffrire più di quanto si potesse mai soffrire per una stupida scazzottata?
“Sono in grado di resistere alla tentazione di saltarti addosso, se è a questo che alludi, Malfoy.”, ribatté con tono asciutto.
Il pensiero che la ferì mentre parlava fu che, volente o nolente, era appena tornata anche lei al vecchio Mezzosangue-Malferret, alle frecciatine e alle false scortesie.
Il Serpeverde scosse la testa, come concorde sulla tristezza di quella situazione e accennò un sorriso amaro, subito tramutato in una smorfia di dolore dall’espandersi della sua ferita.
“Resta immobile, o il taglio si allarga.”, lo redarguì Hermione.
“Non credo sarà difficile. Non ho molti motivi per ridere ultimamente.”
La ragazza gli rivolse le spalle mentre versava una pozione Rigenerante e un estratto di erbe disinfettanti su di un batuffolo di cotone idrofilo. Perché Draco le sembrava tanto abbattuto e distrutto quanto lei? Perché non era freddo e strafottente, felice del proprio fidanzamento e soddisfatto della sua conquista, come se lo immaginava lei nei suoi sfoghi d’odio?
Gli appoggiò il batuffolo umido sulle labbra con fare distratto, evitando di guardarlo in quegli occhi plumbei che aveva imparato a leggere come un libro aperto. Il grigiore smunto che vi aleggiava ora non era la traccia lasciata dalla gioia o dalla soddisfazione. Draco non era forse felice?
Che avesse…
La sua mano tremò, facendo grondare alcune gocce di pozione fuori dal batuffolo.
Possibile che, magari, avesse rotto il fidanzamento?
Draco le afferrò il polso con le dita bianche e lei rimase immobile nella sua stretta, stregata da un pensiero folle che non avrebbe voluto concepire.
“Penso possa bastare Granger.”
Sulle sue labbra restava solo un leggero livore, laddove una volta si apriva una profonda ferita.
“Allora mollami il braccio.”
Il ragazzo allentò la stretta delle sue dita. Le fece scorrere per il suo polso, il suo palmo semichiuso, le sue falangi che stritolavano il batuffolo insanguinato come l’unico appiglio per difendersi dall’attacco di quel predatore per cui Malfoy poteva ora apparire.
“Pozione Rigenerante a base di estratto di sequoia, eh? Ti ricorda nulla Granger?”
Certo che sì. Quella era la prima pozione che avevano fatto insieme, il primo argomento delle loro ripetizioni. Sembravano passati secoli da allora.
Hermione strinse i cotone nella mano e con un gesto secco lo gettò nella spazzatura.
“No. Non mi ricorda niente. E ora, se non ti spiace, avrei da fare.”
Gli volse le spalle e tornò a cercare la propria bottiglia di vetro viola. Draco scese dal letto in silenzio e si sedette sulle punte dei piedi, piegando le ginocchia, proprio dietro di lei, immersa nel ripostiglio di prima. Solo il suo fiato la sfiorava, nessun’altra parte del suo corpo, per quanto tutte fossero tese nel desiderio di farlo.
“Non avevo intenzione di mentirti.”
“Sta zitto.”
Draco esitò un attimo, incerto se continuare. Ma, in fondo, cosa aveva da perdere?
“Stavo per dirtelo quando…”
“Zitto.”
“…quando mio padre ha mandato all’aria…”
“Ho detto DI FARE SILENZIO!”
Hermione urlò, sfinita e distrutta, appoggiandosi con le mani alle ante dell’armadietto per non cadere. Non aveva la forza di resistere alle sue parole, al calore del suo corpo così vicino. Se ora le avesse detto, come temeva, che aveva rotto il fidanzamento per lei, probabilmente le sue difese sarebbero cadute come le mura stremate di una città ridotta alla fame da un assedio troppo lungo, troppo inutile, perso in partenza. Se le avesse detto che aveva mandato la sua famiglia al diavolo per lei, forse le sarebbe bastato per concedergli quell’ultima possibilità che aveva giurato a se stessa di negargli per sempre. Per questo voleva solo che facesse silenzio e la lasciasse libera di odiarlo.
O almeno di tentare di odiarlo.
“Non vuoi proprio ascoltarmi?”
“Hai avuto le tue occasioni di parlare. Le hai buttate. Quello che viene ora sono solo parole vuote. Ora lasciami libera. Ti prego…”
Il pianto le incrinava la voce e anche se Draco poteva vedere solo la sua schiena sottile, immaginava ad una ad una le lacrime che le rigavano il viso e le sentiva bruciare come lava sul proprio corpo. Le stava facendo del male, le stava solo facendo di nuovo del male.
Cristo Santo, perché non poteva lasciarla libera di vivere la sua vita ed essere felice come gli chiedeva? Era come lasciare libera una parte vitale di se stesso. Farlo probabilmente avrebbe ucciso lui, ma ciò era sempre meglio che vederla soffrire ancora.
Doveva liberarla. Spezzare il legame dorato che li univa come facevano le sue coperte di seta quando si rotolavano nel suo letto…
Basta con questi pensieri. Doveva strappare quella seta, infrangere quel legame dorato. Farsi del male, ma risparmiarlo a lei ora che per un “noi” non c’era proprio alcuna speranza.
Prese un respiro, chiudendo gli occhi. Se la sua voce avesse tremato allora, non ce l’avrebbe fatta.
“Mi sposo a giugno.”
Non trovò di meglio da aggiungere. Non sapeva cosa fare per consolarla, anzi, sapeva di non doverla consolare. Il taglio era stato netto, la ferita avrebbe sanguinato, ma, proprio per questo, poi alla fine avrebbe potuto risargire. Sapendo che lui era ormai di un’altra, forse avrebbe potuto dimenticarlo e smettere di soffrire.
In silenzio come era entrato, uscì da quella stanza con una ferita in meno al labbro e una in più al cuore.
Con un gemito di dolore Hermione si accasciò a terra non appena fu sola. Era come se quelle parole le fossero arrivate addosso con la forza di un treno, spezzandole giunture e legamenti.
Mi…
Addio alla forza delle gambe.
…sposo…
Addio al sostegno delle braccia.
a giugno.
Addio alla forza inutile che spingeva il suo cuore a sputare sangue nelle vene?
No, quella continuava, inutile e indesiderata. Avesse potuto, Hermione se lo sarebbe strappato dal petto con le unghie quel muscolo sciocco che continuava a remarle contro e che ora bruciava come se dovesse sciogliersi.
No, decisamente Draco non aveva rotto il fidanzamento per lei.
Illusa, illusa e ancora illusa.
Sciocca illusa.    
Le mancava il respiro, ma lottò per scacciare le lacrime e piantò le unghie nel legno dello scaffale per rimettersi in piedi, seppure su gambe che parevano di gelatina.
Quando Madame Chips ritornò, due minuti dopo, con la bottiglia di valeriana che “Guarda un po’ che strano, le era rimasta nell’altra stanza!”, non si accorse neanche che lei avesse pianto.
“Prendine due gocce prima di andare a letto, non di più, in nessun caso, chiaro? Dormirai come un bimbo, cara.”
“Lo spero tanto…”
La voce le uscì come un soffio leggero, spento, arido.
Prese la boccetta e, senza voltarsi indietro, uscì.
 
 
 
 
 
…………..continua………………
    
 
 
§ Spazio autrice: §
 
Scusate il ritardo nel pubblicare.
Il titolo del capitolo era lo stesso della poesia iniziale, di Baudelaire.  

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Capitolo 17
*** Closer ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a quel genio di J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!

 

 

 

 

CAP. 17

CLOSER

 

La notte ruba i colori alle cose.

La notte si infila negli angoli delle stanze, colando nero sugli oggetti che fanno da sfondo alle nostre vite. Confonde i contorni, muta le forme, sfuma i dettagli.

E ogni tanto la notte si infiltra anche nei nostri cuori, impedendoci di vedere i veri colori di quei sentimenti che ci rifiutiamo di accettare.

Era notte attorno ad Hogwarts, ma il buio più profondo era quello che si scioglieva sull’animo esausto di Hermione. Buio che ovattava il dolore della perdita, buio che fondeva il suo dolore in una sensazione di nausea incessante.

“Herm, non vuoi accendere qualche altra candela?”

Hermione scosse il capo alla parole che si aspettava Harry le avrebbe rivolto. Quando era entrata in camera del suo migliore amico poche ore prima, tornando dall’infermeria, tutte le luci erano accese e rivaleggiavano ancora con i raggi del tramonto per dare colori alla stanza. Ma lei di colori non voleva vederne. Voleva tenebra, voleva oblio, voleva la sensazione rasserenante di non potersi affidare agli occhi per afferrare la realtà delle cose – una realtà che faceva ben troppo male. Aveva spento tutte le candele con un colpo di bacchetta e si era rannicchiata sul petto del suo migliore amico come fosse l’ultimo porto sicuro in quella tenebrosa notte di tempesta.

E poi… non aveva pianto. Non ci era riuscita, per quanto avrebbe voluto. Era troppo stanca anche per piangere, troppo vuota per pensare. Si ripeteva di essere forte, voleva sentirsi fragile, si malediva per non essere superiore a certi sentimenti, si crogiolava nel biasimo della propria testardaggine. E, inevitabilmente, un tale miscuglio portentoso di sentimenti non poteva non premerle contro le tempie come se qualcuno avesse scagliato un incantesimo di tempesta alla sua materia grigia.

Ora Ron si era unito a loro, ripassando incantesimi di trasfigurazione, ed era contro la sua spalla nodosa che Hermione stava borbottando le sue infinite proteste sulla mancanza di anima della Serpe Malfoy.

“E come lo ha detto… Si sposa, lui… come se mi facesse un favore. A realizzare i suoi piccoli piani di grandezza…”

Harry si stava preparando per andare a letto e, contro ogni sua voglia, le aveva fatto revocare l’incantesimo da un paio di candele, riaccendendole perché a suo dire “Non era una cattiva idea… Tanto per non rimetterci l’alluce su ogni singolo spigolo della stanza…”.

Hermione, in attesa del suo turno per il bagno, estrasse la bottiglietta ricevuta da Mme Chips e riempì un bicchiere dalla brocca che gli elfi domestici riempivano premurosamente di acqua fresca e posavano sulla cassettiera di ogni giovane mago.

Harry uscì dal bagno in quel momento.

“Ti conviene andare a cambiarti ora, Herm, prima che Neville si senta pronto per il suo lungo incontro serale con la toilette… Credo abbia mangiato fagioli e broccoli al bacon stasera…”

Hermione scattò in piedi per andare a cambiarsi prima che l’intera stanza fosse dichiarata arma chimica e mise la bottiglietta di valeriana in mano a Ron prima di sparire dietro la porta chiusa.

“Il bicchiere è sul tavolo, segui le istruzioni sulla boccetta.”

Il Grifondoro avvicinò a una candela l’etichetta sbiadita dal tempo e dalla poca dimestichezza con lo spolverare di Mme Chips, ma la luce fioca non era sufficiente per distinguere bene i caratteri vergati a mano con un inchiostro rossastro su carta marrone.

“Uhm… fers…, no versare in acqua… esattamente… oddio, che numero e’ questo? Uhm… 20 meno gocce… per ottenere colore evat…che? E che cavolo vuol dire?”

Tentò di riaccendere un’altra candela, ma non sapeva come annullare l’incantesimo del buio di Hermione.

“Herm? Come si annulla questo coso?”

“Come? Non ti sento?”

“Lascia perdere… Harry, tu lo sai?”

“Nah…” ammise il giovane. Quando si trattava di annullare qualcosa fatto da Hermione ci voleva Hermione, ormai lo sapeva.

“Beh, io intanto metto le 20 gocce, poi cerco di decifrare il resto.”

Una dopo l’altra ogni piccolo orbe purpureo si schiantò sulla pellicola d’acqua per poi diffondersi in ramificazioni sempre più densamente rossastre.

Quando Hermione uscì dal bagno e ingoiò la propria medicina, l’intero contenuto aveva ormai venature sinistramente sanguigne.

“Wow…” commentò la ragazza, “questo intruglio sa decisamente molto di valeriana per essere 2 gocce in un bicchiere.”

Alle sue parole i suoi amici gelarono. Tuffatisi entrambi vicino alla luce flebile della candela, si resero allora conto che l’etichetta non recitava affatto “20 meno”, ma “2 o meno gocce, per ottenere un colore rosato.”

Ops.

“Che succede?” si allarmò Hermione, davanti alle loro facce colpevoli.

“Ecco…” balbettò Ron, “potrebbe esserci stato un leggero errore nelle dosi. Un errore un tantino per eccesso.”

La Grifondoro sospirò. Non aveva né la forza né la volontà di arrabbiarsi.

“Al massimo dormirò un po’ di più. Tanto ci siete voi per svegliarmi, no?” 

Di tutte le ansie che le assalivano il cuore in quel momento la paura di dormire un po’ troppo non era tra le più nere…

 

 

 

Una luce tremola carezzava le ombre sul viso di Draco. Il ragazzo sedeva sul divano della sua Sala Comune e osservava le ultime fiamme spengersi nel vano tentativo di spargere un minimo di luce sulla sua scura espressione di fallimento.

Un fallito, ecco cosa si sentiva l’erede Malfoy in quel momento. Per una volta in vita sua che aveva veramente voluto qualcosa, l’amore di qualcuno, e per una volta che era stato pronto a lottare per averlo, si era fatto sfuggire di mano fino all’ultima occasione di ottenerlo.

Draco sorseggiò un goccio di Apricot Brandy da un panciuto calice di cristallo. Osservò le onde dorate del liquido patinare la superficie del bicchiere mentre il movimento della sua mano creava piccole onde concentriche. Per un istante il Lago Nero gli tornò alla mente e con esso l’immagine di Hermione addormentata sulla riva quella sera piovosa…

Basta pensarci.

Dio, se era una tortura.

Tornò a concentrarsi sul brandy.

Non aveva mai desiderato tanto poter affogare in un centimetro di liquido.

Beh, magari non poteva affogarcisi, ma affogare i propri dolori sì.

Un’altra sorsata di ambrato alcool scese giù per la sua gola fino ad infiammargli lo stomaco. Draco aveva sempre amato quella leggera sensazione di dolore che accompagna il piacere dell’alcool. L’idea di gettare nel proprio corpo qualcosa così meravigliosamente forte da risvegliare i suoi sensi fino alle viscere gli faceva dimenticare altri dolori.

Come quello causato dalla perdita di Hermione.

Eccolo che ci ripensava.

Via un altro sorso di Brandy. Ma ormai la sua gola si stava abituando e ingoiare bruciava sempre meno. Un po’ come con suo padre: più si trovava a vivergli accanto e meno dolore provava ogni volta che veniva ferito e la sua vita era ridotta a brandelli dai piani del suo insensibile progenitore. Di questo passo entro i trent’anni non avrebbe più avuto un’emozione neanche a prenderlo a calci.

Un altro sorso di brandy.

E probabilmente non avrebbe avuto neanche più un fegato.

 

 

 

 

Hermione volava.

In alto, tra il vento pungente e lo stridore dei corvi, volava a cavallo di una scopa verso il nero dell’orizzonte, oltre i cancelli di Hogwarts, oltre la Foresta Proibita, oltre Hogsmeade e i binari dove ogni anno l’Espresso di Hogwarts depositava il suo carico di alunni, alunne, sogni e speranze.

Era l’alba e le dita rosate delle nuvole stavano prendendo il sopravvento sul nero della notte, strappando il cielo scuro il larghe strisce, come fosse fatto di carta.

Con un gesto morbido Hermione curvò il proprio manico verso il basso, i suoi piedi nudi si posarono sull’erba verdissima e umida. Davanti a lei c’era la solita fontana. Abbandonata la scopa, la Grifondoro mosse i suoi passi verso lo specchio d’acqua, dove l’attendeva Draco accanto, deciso come sempre a mormorare nel suo orecchio.

Hermione tentava di capire cosa le stesse dicendo, e finalmente sentiva.

Non voltarmi le spalle Hermione, non ora, lo sai cosa potrei fare a me stesso senza di te, non andartene via… torna da me…”

E il ragazzo usciva dall’acqua e le faceva gesto di seguirla. Hermione si lasciò condurre, docile come un’ombra, fino a sparire con lui nell’orizzonte…

 

 

 

 

Toc-toc

Draco sobbalzò leggermente, nascondendo il brandy dietro lo schienale del divano. Chi diamine aveva bussato? Un professore? Assurdo, se volevano beccarlo con alcolici di contrabbando bussare non era la migliore idea. Probabilmente era Goyle che si era scordato per la duecentesima volta la parola d’ordine.

Si alzò per andare ad aprire.

 

 

 

 

Hermione aprì gli occhi. O almeno così sarebbe parso a qualcuno che l’avesse vista spalancare le palpebre nell’oscurità della camera di Harry. Perché chi avesse guardato da più vicino si sarebbe reso conto che gli occhi vitrei e immobili di Hermione erano tutt’altro che aperti e lei era tutt’altro che sveglia. Eppure la ragazza si alzò da letto, scansò le lenzuola con un gesto stanco e mise piede sul pavimento senza fare un suono.

Harry dormiva ancora come un bambino e l’orologio sul muro era vicino allo scoccare delle tre.

Hermione mosse un passo verso la porta e le sue membra si mossero in perfetto accordo, ma con una grazia fragile e molle che ricordava quella di un burattino in mano ad un burattinaio esperto, capace di tirare tutti i fili giusti, di creare l’illusone della vita. Qualunque magia fosse il burattinaio di Hermione, in quel momento aveva deciso di farla camminare verso la porta. I suoi piedi si fecero strada tra le riviste di Quidditch accartocciate e i calzini appallottolati che decoravano l’intero pavimento dei ragazzi come le foglie cadute sui prati d’autunno. I suoi occhi erano sempre vitrei e spenti come quelli di un cadavere.

La sua mano aprì la porta senza che il suo cervello avesse la minima idea di cosa stesse facendo.

Se Hermione, la maniaca del controllo che impazziva se non programmava ogni propria mossa, dal colore dei calzini da indossare all’ordine esatto dei libri da leggere, se si fosse potuta vedere in quell’istante sarebbe andata fuori di testa. Perché un po’ di controllo era letteralmente l’ultima cosa che potesse dire di possedere in quell’istante.

 

 

 

 

Draco andò ad aprire il ritratto del sotterraneo con lo stesso entusiasmo con cui si sarebbe andato ad un the con un branco di orchi. Prese mentalmente nota che era il caso di regalare a Goyle una qualche agenda in cui potesse segnarsi le parole chiave. O magari di regalargli un cervello.

Fece scorrere il dipinto con un gesto di stizza.

“Ma ti pare l’ora e il modo di rompermi le pa…”

Le parole gli morirono letteralmente in gola.

“Mezzosangue.”

Hermione, i piedi nudi incollati al pavimento di fredda pietra, solo una leggera camicia da notte addosso, le braccia intirizzite dal gelo dei corridoi e gli occhi fissi a terra, si trovava davanti a lui. Era letteralmente il destino che bussava alla sua porta.

“Cosa ti porta qui a quest’ora del mattino?”

Cercò di darsi una certa aria di calma, di mascherare il tono impastato dal brandy e di on mostrarsi troppo speranzoso.

Il suo stomaco intanto però faceva capriole alla rovescia.

La ragazza non rispose, ma sollevò su di lui due occhi da cadavere che gli fecero drizzare i peli del collo.

“Cristo santo, Granger, che hai fatto?”

Hermione gli rispose con uno sguardo stordito. I suoi occhi gli ricordavano spaventosamente quelli di un pesce lasciato troppo tempo all’asciutto.

Poi la ragazza fece un passo verso di lui, entrò nella sua Sala deserta e si fermò a due centimetri dal suo corpo.

Draco ebbe un fremito.

E anche un paio di pensieri osceni, ma quelli riuscì a nasconderli discretamente.

“Granger che ti è successo?”

Provò a prenderla per le braccia per avvicinarla a sé e capire cosa le fosse successo, ma fu come se il contatto delle sua dita sulla pelle della giovane le avesse provocato una reazione subitanea di terrore. Il suo intero piccolo corpo fu scosso da un lungo brivido che le fece piegare le ginocchia e in un istante Draco si trovò non ad attirarla ma a sorreggerla per le braccia. 

La sorresse fino al divano, dove si aspettava di vederla accasciarsi.

Mai aspettare l’ovvio dalla Granger però.

In un istante il brivido di terrore si rivelò per quello che era quando Hermione agguantò la camicia di Draco per trascinarlo su di sé, facendolo scivolare tra le sue gambe dischiuse. Altro che terrore, era lascivia che aveva scosso il giovane corpo addormentato.

Malfoy si lasciò trascinare verso il pavimento, facendo attenzione a che Hermione non si facesse male, ma scansò il suo viso quando la Grifondoro si sporse in cerca delle sue labbra.

“Mh… vieniii qui…” sospirava la ragazza con la dizione di un ubriaco.

Draco fermò nei propri pugni quelle tenere mani che cercavano il suo viso. Guardò Hermione in cerca di un indizio che gli rivelasse cosa la avesse ridotta in quello stato di sonnambulismo semicosciente. I suoi occhi vitrei lo spaventavano meno del suo comportamento inspiegabile; era come avere di nuovo Hermione ma non averla per davvero. Era una fantasia, un essere privo di controllo che si muoveva in preda a qualche incantesimo o pozione, schiavo di vecchi impulsi, di emozioni che non esistevano più. Ma almeno non sembrava niente di oscuro, di certo non era un Imperio e aveva tutta l’aria di essere semplicemente un’overdose di tranquillanti magici. I suoi respiri sembravano normali, qualunque cosa l’avesse resa uno zombie se ne sarebbe probabilmente andata con una buona dormita.

Se quello era spiegabile, meno chiaro era il perché in quel momento Hermione si fosse trovata a bussare alla sua porta.

Più Draco la guardava, e ora lei sembrava volersi addormentare pacificamente sul divano Serpeverde, più si ripeteva che se era venuta da lui in quello stato di sonnambulismo e se aveva cercato di baciarlo non era perché lo volesse davvero, ma solo in conseguenza di qualche strano riflesso condizionato.

No, di certo la Granger non avrebbe avuto lo stesso comportamento senza lo stato confusionale in cui si trovava. Forse nemmeno sapeva dov’era. Forse pensava di baciare Potter per quel che ne sapeva lui.

“Mh…Draco…” 

Il suo nome lo colpì come il vento inglese colpisce i volti allo svoltare degli angoli. Era freddo, ma bruciava sulla pelle. Era il suo nome che aveva varcato di nuovo quelle labbra. Ok, allora magari sapeva dove fosse o almeno dove aveva voluto andare.

“Draco…”

“Dimmi, Granger.”

Ma la ragazza non sembrava davvero in grado di dire nulla di concreto. Continuava semplicemente a mugolare il suo nome, come se ne gustasse il piacere sulla lingua.

“Draco.”

Malfoy non riuscì a trattenere un sorriso pieno di dolore. Era talmente surreale vederla su quel divano a chiamarlo come se fosse stato nei suoi sogni.

E quando Draco pensava che Hermione non potesse fare niente di più sconsiderato e senza senso, la ragazza si rialzò dal divano, barcollò sulle proprie gambe per un paio di passi mentre Draco cercava il modo di farla rimettere a sedere e poi… si tolse la camicia da notte. La sfilò in un unico gesto fluido e istintivo talmente veloce e talmente non anticipabile che il Serpeverde non poté che rimanere a guardarla a bocca aperta mentre la camicia da notte passava in rapida sequenza dal suo corpo alle sue mani, alla bocca del camino.

Draco ingoiò a secco. La gola gli era diventata particolarmente arida.

A quanto pareva la Granger non dormiva che con mutandine e camicia da notte, e la seconda andata alle fiamme… beh, non c’era molto lasciato all’immaginazione.

“Dannazione, Granger, ti ha dato di volta il cervello?”

Soffiò Draco, trattenendosi dall’urlare per lo shock. Ma cosa diamine le era venuto in mente?

Guardò la ragazza davanti a lui, praticamente nuda davanti alle fiamme, gli occhi fissi nel nulla e le ginocchia leggermente piegate, come se stesse per lasciarsi afflosciare a terra. Fece un passo verso di lei e Hermione si lasciò di nuovo andare in caduta libera verso il pavimento.

Il Serpeverde la riprese ancora una volta e la posò sul divano, dove gli parve di vederla finalmente addormentarsi sul serio.

Che serata assurda.

Malfoy allungò una mano verso il viso rilassato della ragazza per scostare una ciocca ribelle dalle sue labbra.

Hermione era così bella…

“Dannata Granger, dovevi proprio venire a torturami ancora un po’, eh?”

Le sue dita erano ancora tra i suoi capelli crespi e spettinati, incapaci di lasciare andare quel ricciolo ribelle, neanche fosse stato l’ultimo appiglio di un naufrago destinato ad affogare.

Era strano trovarsela di nuovo davanti ed era bello rimanere per un po’ con le mani tra i suoi capelli, solo spettatore dello spettacolo unico che era il suo viso addormentato.

Non avevano avuto che una notte insieme e un solo risveglio nello stesso letto, ma a Draco sembrava che l’idea di non averla mai più accanto fosse pari a quella di perdere un braccio o una gamba, qualcosa di cui aveva sempre avuto bisogno e che non avrebbe mai potuto rimpiazzare.

Sarebbe potuto rimanere fermo per sempre in quell’istante di tenera illusione, se non avesse sentito dei passi nelle camere attigue a ricordargli che per quanto lo volesse loro due non erano affatto soli e per di più si trovavano nella Sala Comune Serpeverde, il luogo dove la Granger era tra i meno benvenuti al mondo. Riportarla dai Grifondoro nuda nel mezzo della notte in quello stato era fuori questione. Come minimo Gazza l’avrebbe beccato e la Mc Granitt l’avrebbe accusato di aver drogato la sua preziosa pupilla Grifondoro.

“Bisogna che ti nasconda per stanotte Mezzosangue, qualcosa in contrario?”

La ragazza continuava a ronfare beatamente.

“Lo prendo per un no.”

Draco la sollevò delicatamente e Hermione, indubbiamente, sorrise una volta accoccolatasi contro il suo petto, cosa che lasciò Malfoy non poco turbato. Quella ragazza non finiva di sconvolgere il suo mondo. La portò verso la propria camera, affondando il mento tra i suoi capelli profumati, cercando di ignorare il desiderio di stringere al petto quel corpo nudo e meraviglioso, e pregando Merlino e tutti i maghi che nessun Serpeverde finisse con l’essere testimone di una scena tanto inimmaginabile.

 

 

 

 

 

Il sole naturalmente non ha grande accesso ai Sotterranei, ma a Hogwarts poco importa cosa succede per natura. Al sorgere del mattino l’aria delle camere sotterranee si riempie di luce, come se filtrasse dalle pareti e il sole ha il suo modo di andare a risvegliare anche le serpi.

O i Grifoni che si ritrovino un po’ fuori posto in baldacchini verde e argento.

“Mh…”

Hermione stiracchiò le braccia. Per la prima volta da tempo immemorabile sentiva di aver fatto una bella dormita e non si era svegliata dopo aver sognato laghi di sangue.

Si rotolò su di un fianco e il lieve freddo percepito sulle spalle nude la portò meccanicamente a cercare di risollevare le spalline della camicia da notte.

Inutile dirsi che quando non si sentì addosso alcuna camicia, una scarica di adrenalina le face da sveglia molto meglio del sole sorgente.

Hermione scattò a sedere sul letto, guardandosi furiosamente intorno. Per prima cosa prese coscienza del fatto di essere effettivamente pressoché nuda, per seconda capì di non essere in camera di Harry e per terza riconobbe il camino, il letto, i libri e semplicemente l’odore di quella stanza. Si portò le mani alla bocca per impedirsi di urlare.

Per la barba di Merlino, come c’era finita in camera di Malfoy?

Poco importava, l’importante era levarsi di torno prima che Malfoy si facesse vivo?

Scattò in piedi, ma era ancora stordita dagli effetti della valeriana e il primo passo che fece le costò la perdita dell’equilibrio, mandandola a sbattere miseramente un piede contro un tavolino ornato da una serie di fialette di vetro che risuonarono per tutta la stanza come campanelli.

Hermione si immobilizzò.

Sembrava non ci fosse nessuno intorno. O almeno lo credeva lei. Un attimo dopo la fine dello scampanellio, infatti, una figura maschile si alzò da un divano rimasto in ombra in un angolo che Hermione non aveva notato. Era Draco, risvegliato dalla goffaggine mattutina di Hermione.

La ragazza ci mise un secondo a fare i conti di quello che sembrava fosse successo: si era praticamente data una dose da cavallo di sonnifero e si era svegliata nuda nella stessa stanza con Malfoy, la cosa non aveva un bell’aspetto.

“Oh, Granger, buon giorno e ben tornata tra i viv…”

“Brutto maniaco stupratore come hai osato abusare di me in una situazione in cui non ero chiaramente io che si certo non avrei accettato qualsiasi cosa tu mi abbia fatto fare oh mio dio non posso credere….”

“Granger, frena il fiume di parole, non ti seguo.”

Draco non era troppo in vena di una sfuriata.

“Sei un maniaco stupratore, Malfoy. Aggiungo la violenza sessuale al tuo curriculum.”

Il ragazzo scosse la testa. Tipico della Granger correre a certe conclusioni.

“Oh, se ti riferisci al fatto che sei nuda nel mio letto Mezzosangue, è perché ti sei presentata qui, hai dato i tuoi vestiti in pasto al camino e poi ti sei accasciata come una mandragola secca sul divano della Sala Comune, nuda come la testa di un elfo, quindi ho pensato fosse il caso di mettermi sotto delle lenzuola. Tranquilla io ho dormito sul divano.”

Hermione rimase leggermente spiazzata. Era decisamente confusa sul da farsi.

Draco pose fine ai suoi dubbi per lei.

“Ora, se non ti spiace, ti chiederei di andartene. Puoi prendere qualcosa dai miei vestiti per uscire. Non mi importa riaverli.”

Era stato abbastanza orribile vederla nel proprio letto e saperla non sua, guardarla dormire sapendo che al risveglio lo avrebbe coperto di offese, respirare il suo profumo senza poter sentire il suo sapore. Era l’ora che la Granger uscisse dalla sua vita o lo avrebbe reso folle. 

“Oh, io…” – balbettò Hermione – “ok…grazie.”

Era così umiliante pensare di aver fatto quello che Draco diceva e poi averlo pure accusato di averla violentata. Sentiva la sua dignità fasi piccola piccola.

Scivolò in un lungo maglione grigio e stava per sgattaiolare fuori silenziosamente quando una voce proruppe dal corridoio a rovinare il suo piano di fuga.

La voce di Gazza risuonò fino alla camera di Draco.

“Ispezione a sorpresa! Fuori dai letti viziati marmocchi! So che avete delle caccabombe qua sotto e state pur certi che io e la Professoressa Mc Granitt non ce le faremo sfuggire!”

Hermione e Draco si scambiarono una lunga occhiata di terrore mentre i passi del guardiano si facevano sempre più vicini.

Ora sì che la situazione poteva diventare spiacevole.

 

 

 

JULIET: Wilt thou be gone? it is not yet near day:

It was the nightingale, and not the lark,

That pierced the fearful hollow of thine ear;

Nightly she sings on yon pomegranate-tree:

Believe me, love, it was the nightingale.

 

ROMEO: It was the lark, the herald of the morn,

No nightingale: look, love, what envious streaks

Do lace the severing clouds in yonder east:

Night's candles are burnt out, and jocund day

Stands tiptoe on the misty mountain tops.

I must be gone and live, or stay and die.

 

William Shakespear, Romeo and Juliet, Act III, Scene V.    

 

 

 

…………..continua………………

 

 

 

 

 

§ Spazio autrice: §

 

Beh, che dire, erano circa due anni che non aggiornavo.

Non so quali siano i miei sentimenti verso questa ff a questo punto. L’ho iniziata che avevo 16 anni e a rileggere i primi capitoli mi viene da ridere. Ci sono talmente tante cose che cambierei ora. Ma credo che questa storia mi piaccia anche per questo, perché siamo cresciute insieme. :) Pensare che quando ho iniziato a buttare giù l’idea della storia non era nemmeno uscito il sesto libro, io ero ancora alle superiori e scrivere era la cosa più naturale del mondo.

Ah, quasi dimenticavo, il titolo Closer (più vicino, come Hermione e Draco, che sembrano essere pericolosamente vicini) è quello di un romanzo di Dennis Cooper, uno scrittore contemporaneo statunitense, rappresentante della scena punk e della drug-culture di Downtown Manhattan anni ‘80. E per saltare di palo in frasca la citazione finale era ovviamente la scena del risveglio di Romeo e Giulietta in cui i due amanti si devono separare per non essere beccati (mi pareva appropriata per la situazione di Herm e Draco).

 

Grazie per i commenti e la pazienza.

A presto.

 

Baci,

MmeBovary.

 

 

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Capitolo 18
*** Moriae Encomium - Elogio della follia ***


Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a quel genio di J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia! ^_^

 
 
 
 
CAP. 18
MORIAE ENCOMIUM - ELOGIO DELLA FOLLIA
 
“Ispezione a sorpresa! Fuori dai letti viziati marmocchi! So che avete delle caccabombe qua sotto e state pur certi che io e la Professoressa Mc Granitt non ce le faremo sfuggire!”
Hermione e Draco si scambiarono una lunga occhiata di terrore mentre i passi di Gazza si facevano sempre più vicini.
I Serpeverde correvano avanti e indietro per i corridoi come formiche il cui riparo stesse andando in fiamme, gettavano intere scatole nei camini, sperando che bruciassero prima dell’arrivo del guardiano.
Hermione, sebbene non vi fosse alcuna caccabomba in camera sua, era ugualmente disperata, semplicemente perché l’idea di essere beccata dalla McGranitt in quel dormitorio le faceva tremare le ginocchia. Si guardò intorno in cerca di un’uscita, ma non c’erano finestre da cui scappare e la porta principale l’avrebbe gettata tra le braccia della professoressa.
“Quella dove va?” chiese, indicando una porta alla fine della stanza.
“È un ingresso secondario nel bagno,” rispose Draco, “è in comune con la stanza di Blaise, ma poi da lì puoi tornare solo in Sala Comune.
“Merda.” Fu la delicata risposta del prefetto Grifondoro.
E ora come se ne usciva senza farsi beccare? Passò la stanza al microscopio in cerca di un nascondiglio, ma dall’armadio allo stretto spazio sotto il letto tutti i posti sembravano così prevedibili…      
Draco invece sembrava calmissimo.
“Io ho una soluzione. Ma non so se l’accetterai Mezzosangue.”
Hermione storse la bocca. La proposta non suonava delle migliori e l’ultima volta che aveva accettato l’aiuto di quella Serpe le cose non erano andate per il meglio.
Draco le porse una fiaschetta contenente un liquido dal colore giallastro.
“Immagino tu sappia cosa sia la Pozione Polisucco, Granger.”
Ora era Hermione ad aver assunto un colore giallastro. Mai e poi mai si sarebbe trasformata in una Serpeverde.
“Se vai in bagno trovi la spazzola di Blaise, prendi un capello, ce lo butti, bevi questo intruglio e magicamente sei autorizzata a trovarti qui a quest’ora. Blaise tanto è già fuori con la Weasley per vedere l’alba o qualche cazzata del genere.
Hermione scosse energicamente il capo.
“Non ho intenzione di rischiare una follia simile. Perché invece non mi metto nella doccia, apro l’acqua e fai credere a Gazza che Blaise si stia lavando?”
“Sembra debole come scusa…”
“Almeno non include l’uso di pozioni la cui ricetta si trova solo nel reparto proibito!”
“Quello è l’unico reparto in cui vale la pena guardare, Granger.” 
Malfoy le porse ancora il liquido melmoso.
La voce della McGranitt era ora chiaramente udibile mentre rigirava la camera accanto da cima a fondo.
“Allora Granger?”
Lei si morse le labbra, poi afferrò la fiaschetta.
“Al diavolo…”
Corse in bagno e si tirò la porta dietro le spalle. Accanto al lavandino di destra, su di un massiccio ripiano di granito nero, giaceva una spazzola squadrata in madreperla in cui erano rimasti incastrati un paio di corti capelli neri. Hermione ne prese uno e lo gettò in un bicchiere assieme ad un sorso di pozione. Il risultato fu un composto dal colore blu scuro, quasi violaceo, molto brillante.
Hermione sospirò.
“Speriamo Blaise non abbia gatti.”
Prese il bicchiere in mano, poi lo sguardo le cadde sulla doccia alle spalle e rivalutò il proprio piano. Posò nuovamente il bicchiere, completamente indecisa sul da farsi…
 
 
 
 
Draco finse di dormire, aspettando che Gazza entrasse in gran furore dentro la sua stanza. Sbadigliò con calma magistrale mentre il guardiano, seguito dalla professoressa di Trasfigurazione, cominciava col frugare sotto il suo letto.
“Signori… posso aiutarvi?”
“Signor Malfoy, siamo qui per accertarci che non vi siano in suo possesso oggetti proibiti dal regolamento. Se non le spiace ora Gazza inizierà un’accurata ispezione.”
Draco si strinse nelle spalle.
“Controlli pure, non mi importa.”
Gazza si mise a ribaltare il contenuto dei mobili e dei cassetti, frustrato dalla mancanza di risultati interessanti. Draco ebbe un leggero fremito di irritazione quando tra i contenuti gettati all’aria i furono le lettere di suo padre, la lista degli invitati alle nozze che aveva ricevuto solo la sera prima e l’anello di fidanzamento di famiglia che avrebbe dovuto presto infilare al dito della sua promessa. Avrebbe preferito non rivederli mai più e invece eccoli sparsi per tutto il pavimento.
L’acqua della doccia iniziò a scorrere.
La professoressa McGranitt parve sconcertata.
“Chi c’è in bagno signor Malfoy? Sa che non è consentito avere ospiti femminili in questa parte del dormitorio, vero?”
“Oh, è semplicemente Blaise.”
La professoressa lo guardò storto.
“Strano, dato che aveva richiesto il permesso di trovarsi fuori dal castello a quest’ora per degli studi di astronomia…”
Draco imprecò silenziosamente. Dannato Zabini. E studi di astronomia un corno. Semmai era anatomia applicata che stava ripassando con la Weasley.
“Forse ha cambiato idea.”
Seppure pronunciata con assoluta calma, questa frase convinse la professoressa che qualcosa puzzava di losco.
“Signor Zabini, venga fuori immediatamente o dovrò mandare Gazza a prenderla!” ordinò, certa di veder uscire qualche studentessa avventurosa che non avrebbe dovuto trovarsi in quel dormitorio.
Ci fu un secondo di silenzio mentre l’acqua della doccia si chiudeva, poi un altro lunghissimo in cui la professoressa faceva cenno a Gazza di andare ad aprire la porta del bagno.
Draco cominciava ad essere nervoso. L’aveva detto che quella della doccia era una pessima idea.
 
 
 
 
 
Harry si svegliò quando Edvige, rientrando da una battuta di caccia mattutina, fece sbattere un po’ troppo sonoramente le ante della finestra.
“Uhm…”
Il ragazzo si rigirò dalla parte opposta a quella della luce mattutina, rifiutandosi di aprire gli occhi.
“Herm, vai a chiudere la finestra…”
Nessuna risposta.
“Hermione?”
Sporse un braccio verso il lato del letto in cui avrebbe dovuto trovarsi la sua amica, ma tastò un lenzuolo freddo in cui nessuno sembrava aver giaciuto per ore.
“Oh, merda.”
Scattò in piedi, preoccupato che la dose da elefanti del sedativo l’avesse fatta stare male. Controllò il bagno, ma non la trovò, allora scese in Sala Comune e poi nei corridoi, dopo essersi velocemente infilato un maglione sopra al pigiama. Hermione non era nemmeno lì. 
“Buongiorno Harry!”
Il ragazzo si voltò verso la nicchia di un’armatura, da cui Luna Lovegood emergeva, il capo sporco di polvere e ragnatele, tenendo in mano un buffo attrezzo formato da una bottiglia di burrobirra vuota, qualche bastoncino colorato, nastro adesivo e una marea di perline.
“Luna, cosa stai…?”
“Strimiotteri,” spiegò la ragazza con un sorriso, “Padma mi ha detto di aver sentito dei cigolii venire da quest’armatura e ho pensato che potesse essere infestata da strimiotteri. Adorano le armature.”
“Quindi quello sarebbe un cerca strimiotteri?” chiese Harry, additando la bottiglia decorata.
“Questo? Oh, cielo, no! Questo è per neutralizzare i poteri ipnotici di quelle creature. Altrimenti sarebbe rischiosissimo cercarli.”
Harry sorrise. Sebbene probabilmente nessuno oltre Luna avesse mai sentito parlare di strimiotteri, la ragazza era ben intenzionata a scovarli, in barba a tutto e tutti. Quella ragazza ne aveva di testardaggine e volontà.
“Non è che per caso oltre agli strimiotteri hai beccato un’Hermione Granger qua attorno?”
“Hermione? No, non l’ho vista. Come mai la cerchi a quest’ora, non dovrebbe essere a dormire?”
“È una storia lunga.”
“Comunque qui non c’è. Vuoi aiutarmi a cercare invece?”
Harry scosse il capo.
“Temo non ci sia nulla oltre a polvere lì dietro, Luna, e non ho mai neanche sentito rumori. Padma deve essersi sbagliata.” La informò il Cercatore, sapendo che la ragazza si divertiva a volte a inventare delle storie del genere per ridere dei tentativi di Luna di scovare creature inesistenti.
Le si avvicinò, spolverandole i lunghi capelli biondi pieni di ragnatele.
“Oh, che peccato. Ma se vuoi possiamo andare insieme a cercare in altre nicchie!”
Harry sorrise. Non era il suo modo ideale di passare la mattinata.
“Non ti stanchi mai di cercare queste cose assurde, Luna?” le chiese dolcemente, sinceramente interessato.
“Niente è assurdo, Harry. Alcune cose hanno solo bisogno di essere viste con occhi diverse per essere capite.”
Filosofia interessante. Decisamente si applicava al caso di Hermione e Draco: sarebbe stato assurdo pensare che avevano fatto un tale putiferio per tentare di stare assieme a meno di provare a guardare le cose con occhi nuovi, dimenticando pregiudizi, vecchi rancori e ostacoli simili che impedivano a quei due di essere una coppia come un’altra.
A proposito di Malfoy… Harry fu colto da un dubbio.
“Luna, devo andare a prendere una cosa in camera. Perché non entri un attimo in Dormitorio con me? Ti offro una cioccolata calda.”
“Oh, ok.”
La ragazza lo seguì sempre sorridendo nella Sala Comune Grifondoro mentre Harry correva in camera a controllare la Mappa del Malandrino. Vide il puntino di Hermione esattamente dove si aspettava di vederlo: in camera di Draco Malfoy. Magari i due avevano fatto pace alla fine. Lo avrebbe chiesto alla sua amica non appena fosse tornata.
“Tutto a posto?” gli chiese Luna vedendolo scendere più tranquillo.
“Sì, tutto a posto. Un po’ assurdo magari, ma come dici tu, non se lo si guarda da altri punti di vista.”
Luna gli sorrise a pieni denti, felice di avergli trasmesso il suo messaggio e felice anche che Harry stesse sciogliendo una bustina di cioccolata al latte in polvere in una tazza d’acqua resa bollente dalla magia.
“Purtroppo non ho di meglio da offrirti.” Si scusò Harry, porgendole la cioccolata leggermente grumosa.
“Oh, questa andrà benissimo. Mio padre non mi fa quasi mai mangiare cioccolata. Dice che a noi Lovegood causa un’eccitazione troppo forte. In effetti a volte dopo che l’ho bevuta non riesco a smettere di sorridere.”
“Magari facesse quest’effetto a tutti,” rise Harry.
In realtà per lui spesso era Luna stessa ad avere un tale effetto esilarante. Con la sua semplice gioia e le sue parole sempre dolci e comprensive la Corvonero l’aveva tirato fuori da momenti bui più di una volta.
Gli venne in mente un’idea assurda. No, non assurda, solo nuova.
“Luna non è che ti andrebbe di farti offrire qualcosa di meglio una di queste sere? Magari a Hogsmeade? Potremmo uscire io e te.”
La ragazza inclinò leggermente il capo.
“Mi stai chiedendo di uscire?”
Harry annuì, leggermente spaventato che potesse ridergli in faccia.
“Ok!” esultò invece Luna, sorseggiando la sua cioccolata, “Purché tu non mi offra succo di zucca,” aggiunse poi con mortale serietà, “perché mi fa venire un singhiozzo tremendo. Una volta ho singhiozzato talmente forte che ho sbattuto la testa sul soffitto. Va detto che ero a casa di un nano di montagna…”
Il Grifondoro sorrise ancora. Di sicuro non sarebbe stato un appuntamento noioso.
 
 
 
 
 
 
Ben lontano dal calore della cioccolata calda e della prospettiva di un felice primo appuntamento, nei Sotterranei Serpeverde invece Draco tentava di risolvere quella situazione improbabile, dando alla professoressa una buona ragione per togliersi di torno.
“Professoressa, il suo zelo mi pare un po’ eccessivo. Non credo che nessuno di noi voglia vedere Blaise nudo nella doccia.”
La donna arrossì leggermente per il pensiero, ma mantenne la sua impeccabile rigidezza.
“Sono certa che il signor Zabini, se davvero di lui si tratta, ha un asciugamano a sua disposizione per potersi coprire prima di presentarsi a noi.”
“Esatto, Draco, non penserai che mi presenti nudo come un verme davanti ad una signora.”
Il Serpeverde sobbalzò vedendo niente meno che Blaise uscire in accappatoio ammiccando con il suo solito fare galante alla professoressa. Solo un’attenta osservazione avrebbe rivelato il nervosismo e la falsità assoluta del sorriso che Hermione/Blaise si sforzava di mantenere per sviare ogni sospetto.
La Mc Granitt distolse lo sguardo, soddisfatta, dopo che Gazza si fu assicurato che non vi fosse nessun’altro in bagno.
“Bene. Voi due siete a posto. Prossimo appartamento!” borbottò la donna, prima di trascinare il suo lungo mantello nella stanza attigua.
La tensione nella stanza svanì. Hermione riprese a respirare dopo attimi di infinita tensione. Alla fine prendere la pozione era stata l’idea migliore.
Draco squadrò la Grifondoro in forma maschile con aria pensosa.
“Tieni,” le disse lanciandole dei pantaloni, delle scarpe e un mantello, “mettiti questi, avvolgiti nel mantello e vedi di tornare in camera tua senza farti vedere. E soprattutto senza incrociare Blaise.”
Hermione ubbidì silenziosamente, cercando peraltro di non guardarsi (o guardare Blaise in pratica) mentre si infilava i pantaloni, e il risultato fu accettabile.
Almeno esteriormente era pronta per andarsene.
Draco finiva di attizzare il fuoco e teneva lo sguardo sui tizzoni morenti, mentre gli occhi di Hermione vagavano sulle linee scure, pallidamente illuminate dall’alba, di quella stanza che l’aveva vista piangere, ridere, gemere, soffrire e gioire come in una giostra infinita di emozioni senza senso. 
Malfoy non diceva una parola e le rivolgeva le spalle e senza una ragione precisa Hermione cominciava a sentire l’irrefrenabile impulso di avvicinarsi e toccarlo, come a volte quand’era in classe ad ascoltare una tiritera noiosissima di storia della magia e le veniva un’incredibile voglia di mettersi a urlare. Di solito resisteva ai suoi impulsi folli e se ne stava buona e in silenzio, ma quella volta le sue dita sfiorarono il tessuto proibito del maglione di Draco che immediatamente si alzò di scatto, come se i loro corpi avessero causato una reazione esplosiva sulla sua pelle.
Hermione tremava.
“Io…”
Le si spezzò la voce in gola.
“Io devo andare.”
Imboccò la porta e scappò via. Ancora una volta era in fuga da quella stanza ma soprattutto da se stessa e dalle sensazioni che quel luogo le faceva provare.
Arrivata in corridoio si appoggiò ad un muro per riprendere fiato. Attorno a lei si spegnevano gli ultimi echi della bufera di perquisizioni; Gazza trascinava per le orecchie un paio di ragazzetti trovati con pergamene autoscriventi e altri più fortunati se ne tornavano a letto.
Da dietro una maschera da imperturbabile Serpeverde, Hermone si torturava come solo lei sapeva fare per quanto era appena successo e non prestava la minima attenzione a quello che le accadeva intorno. Era talmente presa da se stessa che neppure si accorse che qualcuno si stava avvicinando per salutarla.
“Blaise! Che piacere vederti!”
Hermione ovviamente si era già dimenticata di non essere se stessa.
“Blaise?”
Le ci volle un attimo per ricordarsi della pozione e rendersi conto che stavano chiamando lei. Quando finalmente interruppe il filo dei propri pensieri per sollevare lo sguardo la mascella le cadde a precipizio verso il suolo.
“Merda…” soffiò tra i denti.
“Come, prego?”
“No, niente, buongiorno dicevo,” deglutì a vuoto, “…signor Malfoy.”
Hermione cercò di imprimersi un bel sorriso ebete sulle labbra perché davanti a lei si ergeva nel suo metro e ottanta di spocchiosa nobiltà niente meno che Lucius Malfoy.
“Eri sovrappensiero Blaise? Non volevo disturbarti. Stavamo andando da Draco.”
“Stavamo?”
Malfoy era così spocchioso da parlare di se stesso al plurale?
In realtà Hermione non aveva notato una giovane ragazza alle spalle dell’uomo.  
“Sì, io e la cara Margarethe.”
Con un sorriso mellifluo Lucius si fece da parte per rivelare una diciassettenne bionda e magrissima, fasciata da un elegantissimo vestito in seta e broccato rossi, stretto sul giovane petto e sui fianchi e tendente ad allargarsi a sbuffo verso le gambe.
“Blaise ti presento Margarethe Andersen Odensys. Una futura Malfoy.”
Hermione avrebbe preferito essere schiantata che sentire quelle parole, ma incassò il colpo con dignità e fece persino un breve inchino di cortesia. 
Così era lei quella che le aveva rubato il cuore di Draco.
“Sono felice per te.” Mormorò alla danese, la cui unica risposta fu un’occhiata confusa e un gesto di stizza della sua mano guantata.
Confusa, Hermione si chiese a cosa dovesse tanta freddezza. Forse tra i nobili non era uso farsi gli auguri? Se doveva mandarla a quel paese invece non aveva problemi…
“Purtroppo Margarethe non parla ancora la nostra lingua” chiarì Lucius, “ma sono certo che la imparerà presto.”
“Non sapevo Draco parlasse il danese.”
“Probabilmente perché non lo parla affatto, mio caro!” rise Lucius come se avesse sentito una gran battuta.
“Ma allora come si sono parlati?”
Ora Malfoy senior sembrava confuso.
“Blaise, ma cos’hai? Mi pare ovvio che non si siano mai parlati.
Il cuore di Hermione fece un balzo.
“Loro… non si sono mai nemmeno parlati? E come ha fatto Draco a sceglierla?”
“Per tutti i Troll, Blaise! Ma cosa ti prende, è ovvio che sia stato io a scegliere la ragazza giusta per mio figlio. Anzi, voglio andarlo a trovare proprio per fargli un serio discorso sulle sue responsabilità. A te ha accennato niente ultimamente su di una ragazza che stava frequentando qui a Hogwarts? A me ha rifilato delle stupidaggini assurde sull’essersi innamorato l’ultima volta che ero qui. Ridicolo. Come se potesse prendersi di queste libert…ma Blaise mi stai ascoltando?”
No, Hermione era in un altro mondo. Il suo cervello stava rimettendo insieme i pezzi di quel puzzle assurdo che era stata la sua storia con Draco negli ultimi mesi. Draco aveva cercato persino di rompere il fidanzamento combinato prima che lei lo lasciasse credendosi tradita?
“Draco è in camera?”
“C-come?”
Hermione non ascoltava più. Riusciva solo a pensare a quanto volesse tornare da quella Serpe maledetta per finirla con tutte le bugie, gli scatti d’orgoglio inutili, le accuse e la paura. Che andassero tutti e tutto a farsi divorare dagli orchi! Nulla le avrebbe impedito di correre nei Sotterranei seduta stante.
“No,” mentì, “Draco non è in camera, lui è… ehm… ad una lezione di Erbologia nella Foresta. Una pianta che va vista fiorire al mattino presto, sa… Perché non va ad aspettarlo in Sala Grande?”
Nel finire la sua menzogna additò la sala e si rese conto che le grandi mani forti e scure di Blaise si stavano assottigliando e le unghie si facevano pericolosamente tondeggianti e femminili. La pozione finiva il suo effetto.
Nascose subito la mano, ma Lucius non pareva insospettito.
“Va bene. Arrivederci Blaise.”
“Arrivederci signor Malfoy e signorina… ehm… Odensa-che-ne-so…” bofonchiò Hermione rituffandosi intanto nei Sotterranei e poi nel passaggio per entrare nel dormitorio Serpeverde, approfittando del fatto che due studentesse ne stavano uscendo.
Corse più veloce che poteva. Non le importava di essere presa per pazza, di incontrare magari la Mc Granitt o di essere notata da chiunque. Sentiva che i vestiti le andavano sempre più larghi e sapeva che si fosse fermata sarebbe stata scoperta per la Grifondoro che era, eppure correva verso il pericolo, sempre più nel profondo della tana delle serpi, verso il serpente che le aveva divorato il cuore.
Entrò in camera di Draco sbattendo la porta.
Il rampollo Malfoy usciva allora dalla doccia e, a testa bassa, si frizionava il capo bagnato con un asciugamano.
“Blaise,” incominciò vedendo solo le scarpe del compagno, “se hai incontrato te stesso non sei pazzo, ti spiego appena ti decidi a parlarmi di nuovo.”
Hermione lo ignorò e prosegui con passo da leonessa verso di lui, conscia che ormai anche i suoi ricci castani stavano avendo la meglio sui capelli corvini di Blaise e che finalmente era se stessa.
Draco con una stretta allo stomaco riconobbe il suo passo prima ancora di vederla. Lasciò scivolare l’asciugamano dal suo capo a terra e fissò gli occhi in quelli della Granger.
Il giovane corpo femminile sguazzava nei vestiti da uomo troppo grandi. I pantaloni calarono a terra e Hermione se ne liberò in due passi, le scarpe le erano sfuggite dai piedi appena entrata e il mantello, scivolato sulla spalla sinistra, copriva appena la sua figura nuda, lasciando ai lunghi capelli il compito di censurare spalle e petto.
Draco si lasciò ricadere verso una colona del baldacchino e osservò da sotto le palpebre quella visione, senza riuscire a nascondere il desiderio che gli suscitava.
“Perché sei tornata indietro Mezzosangue?” le soffiò, “Dimenticato qualcosa?”
Hermione sorrise, scosse le spalle per liberarsi del mantello, che cadde a terra con un gesto fluido.
“Sì, ho dimenticato qualcosa di mio…”
Incedette verso il biondo fino a premerlo contro il baldacchino. La sua pelle nuda sembrava bruciare a contatto con il petto ancora umido di lui.
“Ho dimenticato te.” Concluse, mentre Draco spalancava le braccia, offrendole la protezione del suo petto. Subito si persero nel profumo dei reciproci copri, nel calore di quell’abbraccio tanto agognato, piacevole fino a provarne un dolore quasi fisico.    
Draco serrò gli occhi. La vista gli era superflua, tutto il suo essere era ebbro del profumo di lei, della morbidezza delle sue carni, della delicata pressione delle sue unghie sulla sua schiena. Non sapeva perché fosse tornata, ma sapeva che non l’avrebbe più lasciata andar via.
Anche Hermione abbassò le palpebre e lo fece per trattenere le lacrime che premevano per uscire.
Il Serpeverde si accorse del tremore delle sue labbra contro il collo.
“Sht…”
Avvicinò le labbra al suo viso, asciugandone le lacrime, poi al suo orecchio.
“Ce ne hai messo di tempo per ficcarti in testa che non ti stavo prendendo in giro, eh…” le sussurrò.
Lei affondò il viso nella sua clavicola per aspirare l’odore pungente della pelle bagnata.
“In realtà è stato tuo padre a convincermi…”
Una poderosa alzata di sopracciglia le comunicò lo sconcerto di Malfoy junior. Proprio non ce lo vedeva suo padre a convincere la sua Mezzosangue del suo amore.
“Naturalmente era convinto di parlare a Blaise, ma mi ha detto che eri qui per toglierti dalla testa delle stupidaggini riguardo come tu fossi innamorato di un’altra e non della tua fidanzatina col pedigree impeccabile. Fatto sta che mi sono convinta a venire da te e l’ho spedito in Sala Grande con una scusa.”
Draco rise di cuore.
“La mia piccola manipolatrice! Allora i sinceri Grifondoro ingannano pure bene, che strano!”
“Sai cosa è strano?” ribatté Hermione a due millimetri dalla sua bocca, “Che sono qui nuda da almeno dieci minuti e non hai nemmeno tentato di baciarmi.”
“Ho paura che se lo faccio,” soffiò lui con la bocca socchiusa in un sorriso, “che se ti bacio io possa svegliarmi da questo sogno stupendo.”
Ridendo lei si allungò verso il suo collo per mordergli delicatamente la pelle candida, fino a lasciargli un violento segno rossastro.
“Ora sei convinto che sono reale?”
“Mh,” sospirò Draco, “Quasi.”
Una scintilla di sfida brillò negli occhi della Grifondoro.
“Chissà cosa posso fare per convincerti…”
Una sua mano prese a scivolare sui pettorali della Serpe fino all’orlo dell’asciugamano legato in vita, dove la mano di Draco la fermò, ridendo di nuovo dolcemente.
“Non puoi convincermi Hermione perché sempre e comunque se sei vicina a me mi sento così spaventosamente pieno di vita e di amore che a malapena riesco a sentire di vivere…”
La sua dichiarazione si spense contro le labbra dischiuse della Grifondoro. Le loro bocche si unirono morbidamente in un contatto perfetto. Mentre si baciavano tutto, dai loro volti alla stanza attorno a loro, divenne luccicante e ovattato attraverso il velo caldo delle lacrime di gioia che non poterono impedirsi di versare.
Draco spinse Hermione verso il letto, accarezzandone finalmente le curve morbide e nude, stringendola a sé come se una parte di lui avesse ancora paura che potesse svanirgli come sabbia tra le dita.
“Sei davvero decisa a restare al fianco di un disgraziato mezzo-Mangiamorte come me Granger?”
La ragazza annuì mentre gli accarezzava i capelli umidi. Non si sarebbe tirata indietro davanti a niente e nessuno.
“Sei più folle di quanto pensassi allora, Mezzosangue.”
Lei rise.
“A volte un pizzico di follia fa bene.”
Stavolta fu lui a ridere, perché mentre parlava Hermione si era inginocchiata e gli faceva ora il solletico col naso e le labbra dischiuse sul basso ventre, appena sopra l’asciugamano.
Draco la riportò verso l’alto fino ad essere di nuovo occhi negli occhi con lei, stranamente serio.
“Aspetta.”
“Che c’è ora?” sbuffò Hermione, preoccupata che ci fosse ancora qualcosa da dire o da chiarire.
Lui le accarezzò dolcemente una guancia con il pollice della sinistra, lasciandole accoccolare il viso nel suo palmo. La ragazza sovrappose la propria mano alla sua, stringendo delicatamente le sue dita bianche. Gli sguardi di entrambi i ragazzi si soffermarono sull’anulare di Draco. Hermione fece scorrere tra i polpastrelli un anello di pesante oro bianco. L’anello di fidanzamento. Lo sfilò senza che lui dicesse una parola e lo posò su di un tavolino, poi tornò a riposarsi sul petto di Draco, come nulla fosse, come si fosse liberata solo di un piccolo insetto fastidioso.
Il ragazzo guardò quel piccolo cerchietto d’oro.
“Sai,” sussurrò Malfoy allungando la mano verso il tavolino da cui prese una scatoletta di velluto, “Quell’anello ha un compagno…”
 Al momento non c’era altra mano femminile su cui volesse vederlo se non quella della Granger.
Hermione sorrise, ma bloccò la mano che stava per aprire la scatola dell’anello.
“Malfoy… Ti amo, ma se stai per chiedere quello che credo, dovresti sapere prima che non esiste che io mi sposi prima dei venticinque anni. Devo ancora prendere i MAGO, fare domanda al Ministero, ci sarebbe uno stage estivo che pensavo di…”
“Sht…” la interruppe il Serpeverde, ora ridendo sul serio, “Non entrare nel panico Mezzosangue! Tu, il tuo spirito femminista e la tua carriera potete stare tranquilli. Peccato però, era un bell’anello.”
Fece per farglielo vedere, ma lei lo bloccò subito.
“Non rovinare la sorpresa per quando potrai farmi la proposta dopo che avrò raggiunto il picco della mia favolosa carriera! Devo vederlo allora ed esserne stupita, no?”
Draco rise, abbracciandola stretta.
“Ah, addirittura sai già che quel giorno arriverà?”
 Hermione alzò il capo, soddisfatta e spavalda.
“Sei mio, Malfoy, facci l’abitudine… Io so tutto.”
Il Serpeverde la baciò più volte, beandosi della risata di lei.
In fondo la amava anche per quelle sue follie.
Al diavolo anelli, matrimoni, genitori, famiglie, al diavolo il mondo, se aveva quella Grifondoro al suo fianco poteva fare ogni cosa.
“Ti amo, Mezzosangue.”
Lei sorrise, gli slegò l’asciugamano e lo buttò sul letto, mettendosi a cavalcioni su di lui.
“Ti amo, Malfoy.”
Lui la prese tra le braccia, le loro gambe si intrecciarono, i respiri si fusero, persino i battiti dei loro cuori sembravano andare all’unisono mentre facevano l’amore, perdendosi l’uno nel desiderio dell’altro, dimenticando il mondo intero.
Niente giochi, niente bugie, niente menzogne. Ora c’erano solo loro due.
Il mondo poteva attendere.
 
 
 
 
~*~ THE END ~*~
 
 
 
 
§ Spazio autrice: §
 
Ultimo capitolo! Spero vi sia piaciuto il lieto fine – anche per Harry (alla fin fine sono una romanticona).
Ultimo capitolo (il titolo era originariamente il titolo di un trattato filosofico, ma mi piaceva in vista del tono del finale)… quindi arrivederci a tutte e tutti! Finalmente, c’est fini! It’s over! Wo-hoo! 
Sono passati anni dall’inizio di questa fic e ora ne vedo i tanti difetti (e magari un giorno mi metterò a ripubblicarla migliorando la story line o magari no, chissà), ma anche qualche pregio! In fondo mi sono affezionata a questa storia come a una mia creatura. Fa strano pensare di non dover aggiornare.
Magari tornerò a pubblicare qualcos’altro – ho varie storie iniziate e mai concluse in varie cartelle senza nome. Se la Bocconi non risucchia proprio tutto il mio tempo magari le finisco. Quanti magari.
 
Per ora,
 
adieu,
 
MmeBovary.  

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