Best Friends

di Cara_Sconosciuta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My Best Friend ***
Capitolo 2: *** The First Touch ***



Capitolo 1
*** My Best Friend ***


Bueno

Bueno!!!

Ecco qui una twoshot  molto awww che pubblico da casa della socia *saltella perché ha convinto i suoi* su una coppia...beh, su una coppia.

Eh sì, perché scambiare tutte le coppie immaginabili all'interno delle singole storie non era più sufficiente, quindi ci siamo date al crossover!!!! A voi la lettura!!!

I miei personaggi sono miei e quelli della socia suoi XD

Buona  lettura!!!

Temperance

Best Friends


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I was tired of hurting

So tired of searching

Till you walked into my life

“Non ne posso più!”

“Ehm... ciao.” Salutò Christian, sistemandosi gli occhiali sul naso e lasciando entrare Monique che, a passo di marcia, superò l’ingresso ed arrivò in sala da pranzo, iniziando a lisciare con attenzione maniacale e rasentante l’isteria tutte le pieghe sulla tovaglia di tessuto bianco.

“Chiederti cosa è successo mi sembra superfluo.” Rifletté il giovane insegnante, chiudendo la porta e tornando a sedersi dove, fino a pochi minuti prima, stava consumando, in pace con se stesso e col mondo, un buon piatto di cibo giapponese rigorosamente take away. “Quindi mi limiterò a mangiare.”

“Questa roba? Assolutamente no!” Esclamò la donna, sottraendogli il piatto e lasciandolo con le bacchette sospese in aria.

“Immagino di no... litigato con Gerry?”

“Oh quello!” Con gesto rabbioso, Monique svuotò il piatto nella spazzatura, facendo sì che Christian si vedesse svanire da davanti agli occhi la possibilità di una cena degna di tale nome. “Gli ho dato un ultimatum: o libera l’appartamento entro domani sera o...”

Chris inarcò un sopracciglio, incoraggiandola a continuare.

Nessuna risposta.

“O...?”

“Non lo so, Christiàn! Gli ho detto di andarsene e basta!”

“Tu...” Cominciò, puntandole contro una bacchetta. “Non sei un granché come stratega. E io ho fame.”

“Scusami... È che io... non lo so, non so perché dovresti starmi ad ascoltare... nemmeno ci conosciamo così tanto, dopotutto... scusa, Chris, me ne vado subito...”

“Ehi, ehi, calmati...” Esclamò lui, afferrandola per un polso prima ancora che potesse pensare di raggiungere la porta d’ingresso. “Sei calda, Monique...”

“Lo so, mi... mi viene la febbre quando sono nervosa.”

“Siediti, ti faccio un tè.”

“Christiàn...”

“Siediti.”

Annuendo velocemente, Monique si accomodò sulla piccola poltrona del minuscolo salotto, collegato alla sala da pranzo e alla cucina solo attraverso un arco totalmente privo di porte.

Era strana, quella casetta... sembrava una grande villa in miniatura, con tutto perfettamente in ordine...

“Come sta Lulù?” La raggiunse la voce di Christian dalla cucina.

“Bene... è da Coco. Con quei tre si diverte di certo più che a casa con quello.”

“Ehi... è stato il tuo fidanzato fino a ieri, forse chiamarlo per nome non sarebbe una cattiva idea.”

Monique annuì, senza pensare che lui non poteva vederla.

“Hai ragione, ma...”

“Il tè è in infusione.” Sorrise il giovane uomo, accovacciandosi davanti alla poltrona, i gomiti poggiati sulle cosce e le mani portate a sostenersi il viso.

“Non mi piace il tè... mi hai bloccata prima che riuscissi a dirtelo.”

“Ma il mio tè è speciale!” Esclamò lui, schiacciando un occhio.

“Oh, non ne dubito...”

“Monique... Monmon, dai, fammi un sorriso...”

Lei scosse il capo, abbassando lo sguardo sul parquet chiaro.

“Tu ti rendi conto che ti conosco da quattro mesi e ti ho vista sorridere solo una volta?”

“Beh, sei già stato fortunato... visto poi il periodo in cui mi hai presa...”

“Già... ora però tu mi spieghi bene che ti succede... altrimenti il tè speciale me lo bevo tutto io!” Sorrise lui, arricciando il naso e sfiorando con un dito la punta di quello di lei.

“Si vede che sei abituato a lavorare con i bambini... non sei mai serio, eh?”

Christian parve pensarci, poi scosse la testa con fare deciso, facendo in modo che gli occhiali gli si stortassero sul naso.

Con una mano Monique si coprì la bocca, soffocando a stento una risatina.

“Ma quanto sei scemo!”

“Esattamente il minimo indispensabile per tirarti fuori dal tuo stato catatonico.”

Era sempre stato così, sempre, da quando si erano conosciuti, quattro mesi prima, quando lei era andata a prendere Lulù, messa in punizione per aver morso il vicino di banco. E lei, appoggiata alla cattedra, si era lanciata in un’invettiva contro ‘quell’idiota del suo fidanzato che non sapeva fare altro che criticare e criticare e criticare’.

Un’ora dopo erano in un café del centro a godersi una coppa di gelato, mentre Christian raccontava la storia di come aveva lasciato l’America in seguito alla decisione di ricominciare da zero dopo l’ennesima storia finita male.

L’aveva fatta ridere, ridere come una pazza, le aveva ridato il buon umore... ma un sorriso non glielo aveva strappato neppure lui. Quelli erano riservati a Luciane...e a Gerry, fino a poco tempo prima.

Però Christian era diventato importante per lei, era il suo punto di riferimento, l’unica persona che riusciva a non farla sentire terribilmente sola, così come le capitava fin troppo spesso, da qualche tempo a quella parte.

Importante.... chissà che non fosse proprio quello il problema con Gerry...

 

“Dove sei stata?”

“Fuori...” Rispose Monique, intrecciando velocemente le ciocche bionde di Lulù.

“Con quell’americano?”

“È italiano, Gerard. Siamo andati a bere un caffè; è reato, ora?”

“Lo è per me, se passate più tempo insieme voi due che noi!”

“Gerry, per favore, la bambina...”

“La bambina, certo... hai sempre una scusa, eh?”

“Gerry...”

 

It was a feeling

I’d never known

And for the first time

I didn’t feel alone

 

E forse aveva ragione Gerry ad essere un po’geloso, perché lui a farla sentire come la faceva sentire Christian non ci era riuscito mai.

Mai a farla ridere per un nonnulla, mai a farle dimenticare tutti i suoi problemi solo con una carezza sulla punta del naso.

Mai.

“Beh, ti sei incantata?” Domandò Christian, agitandole una mano davanti al viso. “Monmon?”

E poi quanto, quanto le piaceva l’adorabile accento con cui pronunciava il suo nome?

“No, no, pensavo...”

Sedendosi accanto a lei sul bracciolo della poltrona, Chris prese qualcosa dalla tasca dei jeans, per poi fingere di estrarre quello stesso qualcosa da dietro l’orecchio di lei.

“Un penny per i tuoi pensieri.”

“Quello è un euro...”

“È perché i tuoi pensieri valgono di più.”

Monique scosse il capo, intenerita, e si appoggiò al fianco di lui.

“Come fai, me lo spieghi?”

“A fare cosa?” Chiese lui, scompigliandole i capelli leggermente mossi.

“A essere così... te stesso.”

Chris ridacchiò.

“Incommensurabilmente idiota, intendi? Non saprei... credo di esserci nato.”

“Sensibile, intendo, e dolce più di qualsiasi altro uomo.”

Chris si strinse nelle spalle.

“Credo dipenda dal fatto di essere gay.... sai com’è, tendiamo a sentire in modo un po’diverso e...”

“Lo sei davvero?”

Monique si morse la lingua... non intendeva fargli quella domanda assurda, ma non era proprio riuscita a trattenersi.

Christian soppesò la domanda, continuando a tormentare con le dita le ciocche scure di Monmon.

“Io amo... la persona di cui mi innamoro, suppongo. Il sesso è un carattere abbastanza secondario. Per caso sono sempre stati uomini... che poi non so se posso dire di essermi mai innamorato sul serio.”

“Sì, ma potresti?”

Chris la guardò, confuso.

“Che cosa, innamorarmi?”

“Di una donna...” Completò lei, lo sguardo di nuovo basso.

Che diamine le stava succedendo? Non arrossiva, lei!

Christian, però, inaspettatamente, sorrise, chinandosi a cercare i suoi occhi.

“Forse potrei. O forse l’ho già fatto, chissà.” Rispose, chinandosi ancora un po’di più e tornando a sfiorarle la punta del naso con quella carezza leggera diventata ormai un loro piccolo rito.

“Chri...”

“L’acqua si fredda, vado a togliere le bustine.” Comunicò lui, senza darle il tempo nemmeno di finire di pronunciare il suo nome.

 

You’re more than a lover

There could never be another

To make me feel the way you do

Oh, we just get closer

I fall in love all over

Every time I look at you

 

Monique si appoggiò alla parete dell’arco che univa sala da pranzo e cucina, le braccia incrociate al petto, e si prese qualche istante per osservare Christian che, con la cura che metteva in ogni minimo gesto, toglieva l’infuso dalla tazza e lo buttava nella spazzatura.

Tutto quello che faceva l’affascinava e anche questo era nuovo per lei... ammirare ogni movimento, anche il più sciocco o banale, con occhi che lo vedono assolutamente, totalmente speciale.

Diverso da qualsiasi altro.

Come lui.

“Come mai solo una tazza?” Domandò, ritrovandosi ad avvicinarsi senza aver dato ai piedi l’ordine di muoversi.

Christian si strinse nelle spalle, voltandosi a sorriderle.

“Avevo solo una bustina di tè speciale e ho deciso di sacrificarmi.”

“Christiàn... non dovevi... te l’ho detto, non mi piace il tè. Bevilo tu.”

Chris si voltò del tutto, appoggiandosi con la schiena al ripiano accanto al lavandino e guardò Monique fissamente per un istante, prima che il suo viso assumesse una strana smorfia, come se stesse tentando di trattenere una risata.

“Che c’è?” Chiese lei, perplessa, avvicinandosi. “Stai... ridendo?”

Christian scosse velocemente il capo, mentre uno sbuffo divertito sfuggiva alle sue labbra.

“Sì, stai ridendo!” Ripeté la donna, puntandogli un indice contro il petto. “Sono così comica, professore?”

“No, è che...”

“Che?” Lo spronò, spingendo con il dito sul taschino della camicia verdina  di lui.

Risatina.

“Christiàn!”

“Ecco, è questo!” Esclamò lui, lasciandosi andare, finalmente, ad una squillante risata liberatoria.

“Il tuo nome?” Domandò lei, ancora più perplessa.

Christian annuì, spostando la mano di lei dal suo petto.

Monique non oppose resistenza, troppo occupata a classificare le sensazioni che la risata di Chris aveva provocato in lei.

“Ma... perché?”

“È come lo pronunci... mi fa morire!”

“Sbaglio? Dovevi dirmelo!”

“E perché? Mi piace da impazzire.” Mormorò con giocosa malizia, muovendo mezzo passo verso Monique, che non indietreggiò.

“Ma io voglio dirlo giusto...”

“E dai, non fare i capricci, ora...”

“Christiàn.”

“Sposta l’accento.”

Monique chiuse per un momento gli occhi, cercando inutilmente di concentrarsi sulla pronuncia del nome e finse di non accorgersi che Chris si era avvicinato ancora di qualche centimetro.

“Christiàn...” Mormorò, aprendo gli occhi.

Non ricordava che i suoi fossero così chiari.

“Christian.” Disse lui, con voce ferma.

“Christìan.”

“Christian.”

“Christian...” Soffiò, finalmente con l’accento al posto giusto. E la lezione finì.

“Monique...” Replicò lui, con lo stesso tono che aveva usato lei, passandole le braccia intorno alla vita.

“Christiàn...” Mormorò Monique, un’ultima volta, sulle labbra di lui, mentre Chris la stringeva a sé, sorridendo, al sentire nuovamente il nome pronunciato come prima.

Forse non era poi così male...

“Non imparerai mai, vero?” Mormorò,  invertendo le posizioni, in modo che Monique si ritrovasse con la schiena poggiata contro il ripiano e le ginocchia incredibilmente molli, per quanto questo, con la posizione, non c’entrasse poi molto.

Quando, Dio, quando era regredita all’età di quattordici anni?

“Non ne ho alcuna intenzione, in effetti....” Pausa. Sguardo decisamente pestifero negli occhi di lei. “Christiàn.”

E poi di parlare non ci fu tempo più.

Di slancio, Christian sollevò il corpo sottile di Monique fino a posarla delicatamente sul ripiano e lei, d’istinto, gli allacciò le braccia dietro alla nuca, catturando le sue labbra con le proprie con un desiderio tale da poter essere definito quasi affamato.

Con un mugolio soddisfatto, Chris si sistemò tra le sue gambe, spostando una mano dalla schiena al capo di lei, affondandola tra i suoi capelli per spingerla ancora di più verso di lui, tentando di approfondire ulteriormente quel contatto tanto atteso e mai confessato.

E così rimasero, persi l’uno nell’altra, esplorandosi vicendevolmente in una corsa di mani, labbra e lingue... finché qualcosa che nemmeno lei avrebbe saputo definire riportò Monique alla realtà in modo incredibilmente brusco e violento.

Che cosa accidenti stava facendo?

È vero, si era sempre sentita attratta da Chris in modo quasi insano.

È vero, erano amici, si volevano bene, forse stava iniziando ad innamorarsi di lui... o forse lo era già, innamorata.

È vero, nessuno l’aveva mai fatta sentire come lì, in quel momento, con lui.

Tutto vero, ma c’era un piccolo, insignificante ma...

“Non è successo davvero.” Dichiarò, allontanandosi da lui per quanto la profondità del cucinotto glielo permettesse. “Non è successo assolutamente niente, tra noi.”

Chris inarcò un sopracciglio, perplesso.

“Monmon, temo che questo non possa essere classificato come niente.” La corresse, sporgendosi per riguadagnare i centimetri persi.

“Questo cosa? Non è successo niente, come puoi pensare che sia successo qualcosa, eh, Christiàn? Spiegami, questo co...”

“Questo questo.” Dichiarò l’uomo, tornando a cercare le labbra di lei.

E sentendola, suo malgrado, rilassarsi per un istante, prima di tornare a cercare di negare tutto.

“No!” Esclamò, secca, spingendolo via. “No, tu... tu...”

“Io io cosa?”

“Tu sei... homosexuel.” Soffiò in francese, troppo agitata per pensare alla parola in inglese.

“Primo, non parlare in francese che impiego eoni per realizzare cosa stai dicendo e le mie tesi perdono di credibilità, se esposte a velocità lumaca. Per quanto, in effetti...” Chris inclinò leggermente il capo da un lato, abbozzando un sorriso. “...mi rimanga sempre il mio adorabile sguardo da cucciolo bastonato. Secondo, non ci vedo proprio niente di male nel fatto che io sia o sia stato homosexuel, come dici tu.”

“Non è che sei stato! O lo sei o non lo sei, non è che si cambia così!”

“E tu che ne sai, scusa? Sei mai stata lesbica?”

“No, ma...”

“Sarebbe la prima volta che senti parlare di una persona che da etero diventa gay o vice versa?”

“Ehm... no, però...”

“E ora dimmi... dimmi questo, Monique.” Ok, si doveva evidentemente essere persa un passaggio... perché altrimenti non avrebbe mai potuto spiegarsi quel suo repentino cambio di espressione. Quando era diventato così tremendamente serio? “Tu... tu non senti un brivido, come quando hai la febbre, che ti corre su per la schiena, quando io faccio questo?” Mentre parlava, le sfiorò la punta del naso con le dita, in quel piccolo gesto soltanto loro.

Monique socchiuse gli occhi, trattenendo il fiato.

“Perché io lo sento. E quando ti abbraccio... non avresti voglia, una voglia incredibilmente forte, di restare così per tutta l’eternità?”

“Christiàn...”

“Sssh....” La zittì, posandole due dita sulle labbra. “Ti mangerei di baci ogni volta che mi chiami in quel modo.”

“Ma non...”

“Monmon... io sono innamorato di te... un po’di più ogni volta che ti guardo... dimmi solo... è un amore univoco? Se è così fammelo sapere subito, non sto a perderci tempo, però se...”

“Christiàn, viens ici....” Soffiò la giovane, scivolando di nuovo in avanti e chiudendo le gambe intorno alla vita di Chris, che più vicino di così non avrebbe potuto andare nemmeno volendolo.

Je dois vous dire un secret...

 

When my world goes crazy

You’re right there to save me

You make me see how much I have

 

 

“Un segreto? A me? Ma è stupido... ci siamo solo noi...”

Viens... jouer avec moi.

Con un sorriso, Chris lasciò che lei accostasse le labbra al suo orecchio ed iniziasse a sussurrare, come se fossero in mezzo a mille e mille altre persone... eppure, anche in tutto quell’andirivieni, non esistesse nulla, nulla a parte loro.

“Tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata, Christiàn... anzi, Christian. Dopo Lulù, s’intende... Sei sempre, sempre lì per me, quando ne ho bisogno, mi hai fatto capire che non sono poi così sola, dopotutto e credo...credo che sarei persa, senza di te. Tu sei... sei molto, molto più di un innamorato, per me...”

Je t’aime, Monique.” Bisbigliò Christian, suo malgrado quasi con le lacrime agli occhi, dopo quella mezza dichiarazione, passando nuovamente le braccia intorno ai fianchi di lei e prendendola in braccio. “Je t’aime.

E Monique sorrise, accarezzandogli i corti capelli biondi per poi scendere sul viso e chinarsi a posargli un bacio delicato sulla punta del naso.

Ti amo anco io...” Disse, in italiano, appoggiando la fronte contro quella di lui.

Anche io.” Corresse lui. “Ci sono riuscito...”

“A fare che cosa?”

“A farti sorridere.”

“Oh...” Replicò semplicemente Monique, mentre le sue guance si coloravano di rosso. “Già... non me n’ero nemmeno accorta.”

“Bugiarda...” Soffiò Christian, posando le labbra su quelle di lei in un leggerissimo bacio.

Che lei decise essere assolutamente troppo leggero.

“Dove mi porti?” Domandò al sentirlo muovere, allontanandosi da lui il minimo indispensabile per riuscire a parlare.

“In un posto che voglio farti vedere da un po’...”

“Dove?”

“In camera mia.”

“Io ho già visto la tua camera...”

Christian sorrise, leggermente malizioso, ricambiando il bacio sul naso di poco prima.

“Lo so.” Porta aperta. “Ma diciamo che mi piacerebbe che tu la vedessi... da un’altra angolazione.”

 

And I still tremble

                                                    When we touch

And oh the look in your eyes

When we make love

(Tim McGraw, My Best Friend)

 

Continua....

 

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Capitolo 2
*** The First Touch ***


The First Touch

Beeeeenissimo, ecco qui la seconda parte!!!

Ne approfitto, prima dei ringraziamenti, per segnalarvi la mia altra Chrimon, Quel che non si dice, nella sezione originali, a cui tengo molto moltissimo perché è dedicata ai “miei” Pooh!!!

E ora i grazie, veloci xkè la uno sennò si arrabbia!!!

 

Jeeeeee: Ce ne saranno a iosa, temo, di fiction su questi due personaggini... e spero che le leggerai tutte!!!

 

Mari: Ecco qui il dopo...che invece è proprio quel dopo, cara mia!!! Altro commentino, mi raccomando!!

 

1 e 3: alle vostre mega recensioni rispondo insieme così potete leggere prima... siete meravigliose, come sempre... ed è solo merito della 1 se i Chrimon esistono, per cui... grazie, ‘more!!!

 

Temperance

The First Touch
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A Mr.Big.

Carrie xD

 

"Lo so." Porta aperta."Ma diciamo che mi piacerebbe che tu la vedessi... da un'altra angolazione."

Porta chiusa.

"Un'altra angol... Chris!" Esclamò Monique, stupita, al sentirsi mancare all'improvviso l'appoggio delle braccia di  Christian, atterrando sul materasso morbido. "Questo..." Biascicò, ridendo e scostandosi una ciocca da davanti al viso, mentre lui la guardava soddisfatto. "Questo non è per niente carino."

"Lo so." Replicò lui, calciando le scarpe da una parte e sedendosi sul letto per iniziare a slacciare piuttosto velocemente il fiocco di una delle tennis bianche di lei. "Ma la tentazione è stata troppo forte. Potrai mai perdonarmi?"

Monique sorrise, osservando con tenerezza i suoi gesti precisi e delicati.

"Je ne sais pas, professeur, non lo so. Lei incominci a terminare quello che ha iniziato..." Suggerì, tendendo verso di lui la gamba non ancora libera dalla calzatura. "E poi si potrà, eventualmente, parlare di perdono."

"La dolce Monique versione perfida... mi piace!" Esclamò Christian, sfilandole l'altra scarpa senza troppe cerimonie e gattonando sul letto fino a ritrovarsi con il viso esattamente sopra al suo, le mani appoggiate ai due lati della sua testa.

"Dolce? Guarda che ti confondi, quella è Coco."

"Tu dici?" Chiese lui, fintamente perplesso. "Aspetta un po'..." Socchiudendo gli occhi, si chinò a posarle sulle labbra un delicatissimo bacio 'rovesciato', soffermandosi un secondo in più del necessario ad accarezzarle le labbra con la lingua. "Hai ragione." Decretò infine.

"Che?" Domandò lei, gli occhi ancora chiusi, una mano nei capelli lisci e chiari di lui.

"Non c'è traccia di dolcezza, proprio no. Monique senza zucchero."

"Oh, oh, frena, sono diventata un cibo dietetico, ora?"

Chris sorrise, scuotendo il capo.

"No, no, no... sei un piatto condito alla perfezione. C'è un po'di limone, qui." Si chinò nuovamente a deporle un bacio sulla fronte. "Per i momenti difficili. Poi sale e pepe, proprio qui." Un bacio per ogni guancia. "Per l'allegria. E qui... qui invece... aspetta..." I baci sulla punta del naso furono almeno quattro. "Eh sì, mi dispiace dirtelo, ma qui un po'di zucchero c'è, ma è proprierà privata."

"Ah, davvero?" Chiese ancora lei, senza riuscire a togliersi quell'insolito sorriso dalle labbra. "E di chi, se posso chiederlo?"

"Mon."

"Non si..." Quel 'dice' morì ancora prima di nascere, affogato in un nuovo bacio, questa volta un po'più ardito.

"Se non mi lasci finire, però.... mancava la spezia più importante, quella che dà sapore a tutto il piatto."

 

Le tue labbra di neve, i sospiri di mare

Le tue labbra più rosse mi fanno impazzire

 

"E sta nella mia bocca?"

Ignorando la domanda, Christian si mosse, facendo un altro mezzo giro del letto e finendo per posizionarsi esattamente sopra di lei, le ginocchia appoggiate a pochi centimetri dai suoi fianchi. Delicatamente, le passò una mano sotto alla schiena e l'altra dietro alla nuca, sollevandola un poco e chinandosi, al contempo, per sfiorarle la pelle tesa del collo con la punta del naso, per poi tornare a compiere lo stesso percorso con labbra e lingua.

Monique si aggrappò a lui, inarcando appena la schiena.

"A... a quanto pare non è solo nella mia bocca, eh?" Chiese, per nulla desiderosa di interrompere quel loro piccolo gioco così presto. "Christiàn?" Chiamò poi, dopo aver atteso inutilmente la risposta di lui.

E, in effetti, lui non sembrava più essere lì.

Il suo sguardo di cielo era fisso sul suo viso e tanto intenso da togliere il fiato.

Lentamente, spostò la mano che teneva dietro al suo collo e la posò sulla sua guancia, passando poi il pollice sul labbro inferiore, leggermente arrossato, dopo tutti quei baci.

"Peperoncino." Mormorò, continuando in quella sua delicatissima ed estenuante carezza. "Piccante, sensuale, forte. Come te."

Senza parlare, Monique intrecciò la mano con quella di lui, portandosela poi davanti alle labbra e posando un bacio leggero sul dorso.

Senza mai distogliere gli occhi dai suoi.

"Vous avez faim?"

Chris inclinò leggermente il capo, decisamente troppo concentrato su altro per capire anche una lingua che non fosse una delle sue natie.

"Finiscila di parlare in francese..."

"Est romantique."

"Anche l'italiano è romantico."

"Non fare l'idiota... lo sai che non lo capisco, l'italiano."

"Inglese?"

"Non serve parlare per... l'angolazione che immagino tu avessi in mente di propormi."

"Ma io ho bisogno di parlare!" Esclamò lui, quasi inorridendo all'idea di dover rimanere zitto. "Per me parlare è la base di tutto, è come..."

"Oh, non ti dispiacerà fare uno strappo alla regola." Mormorò lei, con la voce più sensuale che le riuscì di trovare, afferrandolo per il colletto della camicia ed attirandolo verso di sé.

"Ma io..."

"Zitto." Ripeté, togliendogli gli occhiali e riponendoli da qualche parte sul comodino a lei più vicino, per poi deporre due baci leggeri sulle palpebre chiuse.

"Così non ci vedo, Monmon..."

"Mmm, mmm...." Ribatté la donna, scendendo con le labbra lungo la guancia non proprio perfettamente rasata e la mandibola di lui, terminando sul collo e facendo in modo che lui gettasse il capo all'indietro, dimenticando per un istante l'uso di qualsiasi lingua, conosciuta e non.

"Monique, ascolta...."

"Dimenticati quei cavolo di occhiali! Lo sai come sono fatta!"

"Sì, però..." Un paio di labbra si posarono proprio al centro della sua clavicola, mentre due mani slacciavano fin troppo velocemente i bottoni della sua camicia. "Però... però... Monmon, che stai facendo?"

"Ti tolgo la camicia. Christiàn, si può sapere cosa c'è che non va? Non vuoi?" Domandò, tra l'altro in modo per nulla leale, vista l'attività delle sue mani sul petto di lui che non era affatto cessata.

E che lui cercò di ignorare.

Con scarsi, scarsissimi risultati.

"Non c'è niente..." Cos'è che voleva dire?

No, così proprio non andava.

Con un immane sforzo di concentrazione, Chris si costrinse ad afferrare i polsi di lei in modo piuttosto saldo, per poi chiudereper un istante gli occhi e prendersi il suo tempo per formulare un pensiero coerente.

"Non c'è niente che non va, assolutamente. E io... voglio.... beh, sì, voglio. Però..."

"E allora rilassati un po', accidenti!" Esclamò lei, in modo un po'irruento, ma con un'espressione decisamente divertita, liberandolo definitivamente dalla camicia. "Non ho mai mangiato nessuno, chiedi a Ger.. oddio, no, no, no, questa era infelice! Scusami, Chris, non volevo paragonarti a ne..."

"Il punto è che non l'ho mai fatto con una donna, ok?" Esalò lui in un unico respiro, le mani di lei ancora immobili sui suoi polsi, intorno ai quali giaceva, arrotolata, la camicia. "Non l'ho mai fatto con una donna, quindi non ho idea di come comportarmi, per cui ho paura e, dato che ho paura, parlo. Parlo perché quando sono spaventato tendo a diventare logorroico... beh, più logorroico e..."

"Christiàn...." Lo chiamò Monique, premendogli una mano sulla bocca.

"Mmm?"

"Taci."

Con un sorriso, lui incrociò gli occhi come per guardarsi la punta del naso, per poi depositare una microscopica pernacchia sul palmo di lei.

"Scemo!" Fu la risposta, accompagnata da un giocoso scappellotto sulla nuca. "Tu e la serietà siete due concetti diametralmente opposti."

"Credevo avessimo già chiarito questo punto di là.... ma non ho nessun problema, se non hai capito ci torniamo e..."

"Vieni qui!" Esclamò lei, dandogli una spinta all'indietro e salendo a cavalcioni sulla sua pancia.

"Non è comodo per niente, lo sai?" Domandò Chris, le braccia bloccate vicino al corpo dalla camicia, oramai ridotta a poco più di uno straccio arrotolato.

"Così forse mi spieghi bene, senza agitarti troppo." Disse lei, stendendosi sul suo corpo, una mano poggiata sul cuscino, l'altra intenta a seguire percorsi tortuosi sul suo petto.

"Così non è che mi fai stare tranquillo, eh..."

"Christiàn..."

Sospiro.

E poi via.

"Ma sì, Monmon, non è niente di grave... solo che sono uno stupido bambino di trent'anni e le cose che non conosco tendono... beh, a spaventarmi a morte." Confessò, riuscendo, nel frattempo, a districare un braccio dal polsino ed affondando immediatamente la mano nei capelli di lei, che sussultò per il tocco inaspettato, tornando subito dopo a rilassarsi e a fare quel che stava facendo, in attesa del seguito della spiegazione.

Che non arrivò.

Quindi, evidentemente, toccava a lei parlare...

"Lo sai che sei dolcissimo?"

"Immagino..." Replicò lui, agitando la mano libera in un gesto tipicamente italiano.

"Ma è vero! Sei... come si dice... un trésor." Continuò, convinta, Monique, dandogli un pizzicotto leggero sul mento.

"Un fifone, magari. Trent'anni e paura di fare l'amore... sembro... non lo so nemmeno cosa sembro."

"Non sembri niente di male, Chris! Sembri un uomo, dolce e sensibile come credo non ne facciano più."

"Ma che bello...."

"Smettila di prenderti in giro! Tu sei... meraviglioso..." Biascicò, arrossendo appena sulle guance.

"Meraviglioso, addirittura! Non ti sembra di esagerare un po'?"

"Christian..."

"Addirittura l'accento giusto... allora la cosa è seria, eh?"

"Trésor, certo che è seria..." Rispose lei, alzandosi a sedere ed accarezzandogli una guancia, mentre la mano di lui si lasciava scivolare placidamente lungo il suo corpo.  "Je veux..."

"Monique..."

"Niente francese, lo so." Sospirò la giovane, mentre anche l'altra mano di Chris si liberava del polsino e andava a posarsi sul fianco di Monique, iniziando a scorrere su e giù sotto alla felpa e alla t-shirt.

"Parfait. Che mi stavi dicendo?"

"Solo..." Cominciò Monique, abbassando lentamente la lampo della felpa e lasciandosi scivolare l'indumento giù dalle spalle. "Che ti voglio. Ora. E se tu vuoi me, fidati che la paura ti passa..."

"Ma io non ho la minima idea di come... cosa... cioè..."

Monique ridacchiò, chinandosi a baciarlo sulle labbra.

"Non sarà poi così diverso da..." Chris inarcò un sopracciglio in modo piuttosto eloquente. "Ok, forse lo è. Ma tu seguimi, va bene?"

"Monmon?"

"Per favore, dammi ascolto..."

"No, non hai capito..." Replicò lui, ridacchiando. "Volevo solo dirti che non riesco a toglierti la maglietta se non alzi le braccia."

"Oh..." Fu il suo unico commento. "Quindi...?"

"Quindi." Ripeté Christian, sollevandosi un poco per baciarla di nuovo.

"Che bel suono che ha questa parola!" Esclamò lei, con una risata decisamente liberatoria, mentre, docile, alzava le braccia per permettere a Chris di fare ciò in cui poco prima era stato ostacolato.

"Stupendo, sì..." Dichiarò lui, con un sorriso sornione. "Ora, però... permetti?" Domandò a puro scopo formale, circondando il corpo di Monique con le braccia e rotolando con lei, invertendo le posizioni, senza nemmeno darle la possibilità di protestare.

 

I tuoi seni di luna, la fronte sudata

Il tuo amore nascosto da muri di seta

E ti amo ti amo ti amo ti amo

Ti amo con tutto l’amore che ho dentro

 

Monique abbozzò un sorriso, interrotto quasi immediatamente dall’ennesimo bacio di Chris, che si gettò sulle sue labbra ad occhi chiusi, quasi fosse l’unico modo che gli fosse riuscito di trovare per non guardarla, per non pensare.

Per non pensare a quanto meravigliosamente diversa fosse dai partner avuti fino ad allora.

Per non pensare a quanto delicata sembrasse.

Peccato che questo non fosse esattamente ciò che anche lei desiderava.

“Se non mi guardi, però, non imparerai mai...” Sussurrò appena fu in grado di allontanarsi da lui del minimo indispensabile.

Chris annuì, respirando a fondo, per poi farsi coraggio ed aprire di nuovo gli occhi, trovandosi davanti il sorriso incoraggiante di lei.

“Non cambia poi molto, visto quanto ci vedo...” Mormorò velocemente, decisamente nervoso.

“Fidati.” Ripeté ancora una volta la giovane, accarezzandogli una guancia.

“E se ti faccio male?”

Monique ridacchiò, afferrando il polso della mano destra di lui.

“Tu lo sai che per me non è la prima volta, vero?”

“Sì, ma...”

“Chris...”

“Sì, lo so, mi fido.”

Bon enfant...

Merci, mademoiselle Monmon.” Replicò lui, strofinando il naso contro quello di Monique, mentre lei accompagnava la sua mano in un lento movimento che, dall’orlo dei pantaloni, la portò fino al reggiseno rivestito di leggerissima seta bianca.

“Biancheria di seta, mademoiselle? Cos’è, avevi programmato tutto? Era tutto un piano per sedurre il povero ed innocente me?”

“Farti stare zitto è totalmente impossibile, eh?” Domandò lei, divertita.

“Totalmente, sì.” Rispose, mentre la sua mano si insinuava sotto alla schiena di lei, che si inarcò leggermente, alla ricerca del gancino del reggiseno.

Ed esitò, il dorso appoggiato sul materasso fin troppo morbido.

“Che c’è?”

“Io... ehm... non credo di...”

Monique ridacchiò, sollevandosi un po’di più sul gomito sinistro ed usando il destro per slacciare il sottile indumento, mentre le guance di Christian assumevano un’adorabile tonalità aragosta.

“Scusa.” Soffiò, lasciando ricadere il capo ciondoloni. “Sono un impedito totale.”

“Certo che lo sei: è una prerogativa dell’essere uomo. Questo non posso assicurarti che lo imparerai... il reggiseno è nemico naturale dell’essere umano di sesso maschile.”

Questa volta fu il turno di Christian di ridere.

“Questo mi consola, devo ammetterlo.”

“Ora però puoi fare da solo...”

Improvvisamente serio, Chris chiuse gli occhi ancora per un secondo, prese un profondo respiro e li riaprì.

E lei era bella. Bella come non l’aveva vista mai.

“Monique...” Mormorò, chinandosi a deporre una serie di delicatissimi baci sulla pelle candida del seno di lei, scoperto a metà, e facendo scivolare le spalline sottili lungo le sue braccia abbandonate. “Mon Monmon...”

Lei sorrise, permettendogli di liberarla del tutto del piccolo indumento.

“Che cosa devo fare?” Domandò, lasciando correre le punte delle dita sulla pelle appena scoperta e facendo sì che Monique inarcasse la schiena, lasciandosi sfuggire un mormorio soddisfatto.

“Così è.. è perfetto. Non credo proprio che ti servano istruzioni.”

“Non dire scemenze: nessuno è perfetto, io tantom...”

“Chris?”

“Sì?”

“Sta’zitto e baciami.”

Senza farselo ripetere, Christian chinò il capo a sfiorarle le labbra con le proprie.

“Non lì, trésor...” Mormorò Monique con un sorriso decisamente malizioso.

E Chris arrossì violentemente, come un ragazzino colto dalla mamma a fare ciò che non avrebbe dovuto.

“Bene, prima di compromettermi irrimediabilmente ci sono un paio di cose che vorrei dirti.”

Monique sbuffò, divertita.

“Certo, così domani mattina siamo ancora qui.”

Christian mise su un broncio per nulla realistico, scoppiando a ridere subito dopo.

Portò una mano a sfiorare il collo niveo di lei, ma la ritrasse immediatamente, scuotendo il capo e mettendosi a sedere con le gambe incrociate ed affondandosi le mani nei capelli.

“Sono ufficialmente un disastro.” Biascicò a testa bassa, gli occhi azzurri così lucidi da fare tenerezza a Monique. “Solo che ti amo troppo, Monmon, assolutamente troppo per fare brutta figura.”

E lei decise che, forse, era il caso di prendere in mano la situazione.

 

 

Mi chiami ti chiamo e mi corri incontro

Le tue gambe nervose la pelle più nuda

La tua voce ora è un soffio ma sembra che grida

 

“A parte il fatto che non capisco perché dovresti fare brutta figura.” Ribatté lei, mettendosi a sedere allo stesso modo. “Se vuoi parlare parliamo, così ci leviamo il pensiero... ti dispiace, intanto, se mi metto comoda?”

Christian si strinse nelle spalle senza alzare lo sguardo.

“Vedi, il problema essenzialmente è uno. Io non so cosa fare, non ho idea di come sia fatto il corpo di una donna e non so dove... Monique, che stai facendo?” Domandò, arrossendo violentemente al ritrovarsi improvvisamente la pancia di lei a pochi centimetri dal viso.

“Mi metto comoda, te l’ho detto.” Rispose lei con noncuranza, sciogliendo il fiocco che fermava la coulisse dei suoi pantaloni  alla misura giusta. “Secondo me si tratta solo di provare.... insomma, fai conto di essere vergine: nessuno conosce il corpo dell’altro prima di esplorare.”

“Sì, ma è...” Tentò di replicare, perdendosi, però, nel cercare di decifrare, in quell’insieme di macchie di colore che il mondo era per lui, i movimenti che Monique stava compiendo. “Monmon, non vedo quello che fai...non... non riesco a concentrarmi e non è un discorso...” Si bloccò, trattenendo il fiato per un istante, quando la punta del suo naso sfiorò per un istante l’ombelico di lei. “...facile.” Esalò.

“Come come? Christiàn senza parole?” Domandò lei, tornando a sedersi ed allungando le gambe davanti a sé, esattamente sopra a quelle di Chris, cominciano, poi, a far scivolare lentamente i pantaloni su di esse.

“No.” Disse lui, alzando un indice davanti al proprio volto e deglutendo rumorosamente. “Quello che sto cercando di dire è che...”

“Mi dai una mano?” Domandò lei, con un sorriso sornione che lui, ovviamente non vide. “Non ci arrivo a sfilarli del tutto.”

Bene.

Anche senza occhiali, non ci voleva certo una scienza per capire dove Monique avesse intenzione di arrivare.

Però lui quelle cose gliele doveva dire.

Doveva, assolutamente, o quel pensiero non lo avrebbe lasciato in pace... mai...

“Non mi aiuti?” Chiese ancora lei, sbattendo un paio di volta le palpebre con le labbra atteggiate ad un adorabile broncio.

Vedendo che Chris non sembrava avere intenzione di reagire, la donna finì di sfilarsi i pantaloni da sola e si sistemò in braccio a lui, addosso solo un paio di calze e dei sottili slip di lucido tessuto bianco, esattamente identico a quello del reggiseno.

“Dai, dimmi, o non ci schiodiamo più.” Gli mormorò all’orecchio, facendo aderire la propria pelle a quella di lui in un modo che gli fece letteralmente morire il respiro in gola. “Je n’aime pas rester ferme, Christiàn.

“Che...che cosa?” Biascicò lui, mentre le parole del suo lungo e bellissimo discorso gli si rimescolavano in testa come in un grande minestrone.

“Non mi piace stare ferma...” Ripetè lei, la voce praticamente inudibile ed una mano affondata nei capelli di lui. “Proprio no...” Continuò, soffermandosi un istante più del dovuto con le labbra sul suo lobo.

Un istante più di quanto il suo autocontrollo fosse in grado di sopportare.

Con un verso a metà strada tra un sospiro e un ruggito sul frustrato andante, Christian la circondò con le braccia, chinandosi ad assaggiare nemmeno troppo gentilmente la pelle delicata del suo collo.

J’ai gagnè...” Sospirò Monique in un sussurro leggermente arrochito che, però, nella testa di Christian risuonò come un grido.... il più dolce grido di vittoria che gli fosse mai capitato di sentire.

Mauvais...” Sussurrò in francese, posandole una lunga serie di baci lungo il profilo della spalla destra.

Oui, mon amour... je suis mal… ”

« Ah, sei il male, eh ? » Chiese lui, abbassandosi a sfiorarle un seno con le labbra, mentre una mano di lei, scendeva a slacciare la cintura che fermava i suoi pantaloni. Lui nemmeno se ne accorse. “In questo caso, mi vedo costretto a dichiarare il mio passaggio al lato oscuro.”

Monique abbozzò appena un sorriso, dandogli una spinta per farlo distendere sul materasso per poi abbassare con decisamente poca grazia la lampo dei suoi jeans.

Aveva aspettato assolutamente troppo per perdersi in dettagli come la sensualità della lentezza, il gusto dell’attesa eccetera.

Voleva fatti, Monique.

E, liberandosi dai pantaloni più in fretta che poté, Christian decise che i fatti sarebbero stati ciò che le avrebbe dato.

Bienvenue, Monsieur Prato.

E poi per le parole non ci fu più tempo.

 

I tuoi occhi più larghi i capelli bagnati

I tuoi fianchi impazziti restiamo aggrappati

E ti amo ti amo ti amo ti amo

Ti amo con tutto l’amore che posso

 

Chris non si sarebbe mai aspettato che andasse così, non che tutte le sue paure sparissero in una bolla do sapone... o per lo meno, non che lo facessero così in fretta.

Senza nemmeno rendersi conto di come fosse successo si ritrovò, senza più niente addosso, a stringerla a sé come se da questo fosse dipesa la sua intera esistenza.

E poi sopra di lei, con lei, in lei ancora e ancora e ancora e sempre in modo diverso, sempre più intenso sempre più bello.

Sempre più loro.

Mai, mai era stata più bella, mai più vera davanti ai suoi occhi, né mai, era convinto, lo sarebbe stata di nuovo.

Avrebbe presto cambiato idea, ma questa è un’altra storia e si dovrà raccontare un’altra volta.

In quel momento tutto ciò che contava era lei, la sua Monmon, distesa sotto di lui, le gambe strette intorno ai suoi fianchi, il corpo in movimento a ritmo perfetto con il suo.

E poi i capelli, umidi di un sudore dal sapore della passione e gli occhi... quei grandi occhi scuri, così terribilmente e meravigliosamente diversi dai suoi, a volte chiusi in un’espressione di puro piacere, e poi, subito dopo, spalancati al massimo delle loro potenzialità e velati da quel qualcosa che lui non era mai, mai riuscito a definire, forse anche perché non gli era mai capitato di vederlo.

Ne aveva sentito parlare, certo, ma vedendolo... beh, vedendolo, catalogarlo semplicemente come piacere era a dir poco riduttivo.

 

Amore.

Amore nel suo stato più puro, più fisico e tangibile.

 

E ancora, c’erano mille e mille cose che avrebbe potuto osservare di lei, in quei momenti, e che, malgrado la situazione non fosse precisamente definibile come adatta alla mera osservazione, non fu in grado di lasciarsi sfuggire.

Come il tremito sempre più forte dei muscoli tesi.

Come le sue labbra che si aprivano e si richiudevano ai battiti di un ritmo solo loro, a volte senza lasciar scappare più di un sospiro sommesso; altre sussurrando il suo nome in modo tanto dolce e sensuale al tempo stesso da farlo rabbrividire.

 

Come fosse stato l’essenza stessa della vita.

 

“Chri...Christian...” Si lasciò sfuggire lei, per l’ennesima volta, la voce appena più alta di un respiro, ma con un timbro diverso, leggermente più stridulo.

E lui la strinse forte, circondandole totalmente la vita con un braccio, portando l’altro dietro alla sua testa per attirarla a sé in un bacio che era semplicemente uno tra i milioni che si erano scambiati quella sera e che, come ognuno di essi, gridava a gran voce tutto il suo amore per lei.

 

Il più forte che avesse mai provato.

 

Un amore celato, ripudiato, rifiutato, nascosto e poi esploso, finalmente, travolgendo entrambi in una bufera di sentimento e passione che avrebbero voluto non cessasse più.

 

Ti chiamo, ti chiamo, mi senti tu adesso?

Le tue braccia più grandi i tuoi occhi più chiusi

Posso pure morire sui tuoi fianchi indifesi

 

N’arret pas toi...” Soffiò Monique all’orecchio di lui. “S'il vous plaît, Christiàn...”

Non la capì.

Non aveva la testa per capirla.

Non in quel momento.

Non in quel francese concitato.

“Non... non... ti capisco...” Esalò, spingendosi dentro di lei ancora un po’di più.

Monique scosse il capo, sorridendo quanto la situazione glielo permise.

“Non imp... Chris!” Quasi urlò, cercando in vano un appiglio sulla schiena di lui.

“Non parlare.” Sussurrò l’uomo con voce dolce e roca al tempo stesso, scostandole con una mano una ciocca di capelli da davanti agli occhi.

Paradossale, detto da lui.

Eppure di parlare, in quel momento, non aveva nessuna voglia.

“Ma io...”

“Zitta.” Ripeté, stringendola forte, più forte che poté.

Ecco.

Se fosse morto lì in quel momento, con lei, non avrebbe potuto essere più contento.

Se il suo ultimo ricordo fosse stato quello, ne era certo, sarebbe stato l’uomo più felice del mondo.

Ti amo, tesoro mio...” Soffiò Christian in italiano, mentre Monique si stringeva ancora più forte alle sue spalle, tendendosi come una corda di violino.

“Monique...”

 

...meraviglioso...

 

E ti amo ti amo ti amo ti amo

Ti amo con tutto l’amore rimasto

E ti chiamo ti chiamo e tu mi hai risposto

(Claudio Baglioni, La prima volta)

 

Il mattino dopo l’amore è uno dei momenti più strani.

Soprattutto quando l’amore è stato tale per la prima volta.

Svegliarsi con una sensazione strana nel cuore, come dopo un bel sogno che sogno, però, non è stato, e trovarsi spiazzati da un viso profondamente addormentato a pochi centimetri dal proprio.

Un viso di donna, amato per tanto tempo da lontano perché non si può, perché lei è fidanzate e tu, ehi, Christian, che diamine, tu sei gay!

E poi cercare un motivo, almeno uno per cui tutto possa essere classificato come un errore, e, allo stesso tempo, annegare ogni singola paranoia nel primo raggio di sole senza darle nemmeno il tempo di nascere davvero.

Sorridendo, Chris allungò una mano in direzione del capo di lei, con tutta l’intenzione di affondare le dita in quei capelli morbidi e spettinati, quando il cellulare posato sul suo comodino prese a vibrare con insistenza.

Fulmineo, il professore si allungò oltre il corpo addormentato di Monique, tentando in ogni modo di accettare la chiamata prima che lei si svegliasse.

“Pronto?” Rispose, in inglese.

Una voce di donna, all’altro capo della linea, appena più sottile di quella di Monmon.

Un attimo di esitazione perché, naturalmente, non si aspettava certo che fosse un uomo a rispondere.

“Ehm... buongiorno... credo di aver sbagliato numero...”

“Sei la sorella di Monique.” Constatò lui, sorridendo a se stesso.

“Sì... ma... Gerry?” Azzardò la ragazza.

Lui ridacchiò, mentre Monique, al suo fianco, si alzava lentamente a sedere, sbadigliando sonoramente.

Sorridendo, Christian le fece un veloce gesto di saluto con la mano.

“No, non sono Gerry.”

“Ma si può sapere con chi parlo? Mia sorella avrebbe dovuto tornare a casa ieri sera e invece ancora non... Monique è lì con lei?”

“Chi parla?”

“Gabrielle.” Rispose Chris, facendole l’occhiolino e pregandola, così, di lasciarlo divertirsi ancora un po’.

Monique annuì, soffocando a sua volta una minuscola risata.

E lui pensò che era dannatamente facile amarla e che di svegliarsi accanto a lei non si sarebbe stancato mai e poi mai.

“Sono Christian, Gabrielle.” Disse nella cornetta, mentre Monmon si accoccolava contro al suo fianco con un nuovo, tenero sbadiglio. “E sì, Monique è qui.”

“Christian? Christian chi? Senta, io...”

“Passiamo a prendere Gabrielle tra un paio d’ore. A dopo.”

E attaccò.

Dopotutto, in due ore si possono fare ancora un sacco di cose.

 

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