Beeeeenissimo, ecco qui la seconda parte!!!
Ne approfitto, prima dei
ringraziamenti, per segnalarvi la mia altra Chrimon,
Quel che non si dice, nella sezione originali, a cui tengo molto moltissimo
perché è dedicata ai “miei” Pooh!!!
E ora i grazie, veloci xkè la uno sennò si arrabbia!!!
Jeeeeee: Ce ne saranno a iosa, temo, di fiction su questi due personaggini... e spero che le leggerai tutte!!!
Mari: Ecco qui il dopo...che
invece è proprio quel dopo, cara mia!!! Altro commentino, mi raccomando!!
1 e 3: alle vostre mega
recensioni rispondo insieme così potete leggere prima... siete meravigliose,
come sempre... ed è solo merito della 1 se i Chrimon
esistono, per cui... grazie, ‘more!!!
Temperance
The First Touch
A Mr.Big.
Carrie xD
"Lo so."
Porta aperta."Ma diciamo che mi piacerebbe che tu la vedessi... da
un'altra angolazione."
Porta chiusa.
"Un'altra angol...
Chris!" Esclamò Monique, stupita, al sentirsi mancare all'improvviso
l'appoggio delle braccia di Christian,
atterrando sul materasso morbido. "Questo..." Biascicò, ridendo e
scostandosi una ciocca da davanti al viso, mentre lui la guardava soddisfatto.
"Questo non è per niente carino."
"Lo so." Replicò lui, calciando le scarpe da una
parte e sedendosi sul letto per iniziare a slacciare piuttosto velocemente il
fiocco di una delle tennis bianche di lei. "Ma la tentazione è stata
troppo forte. Potrai mai perdonarmi?"
Monique sorrise, osservando con tenerezza i suoi gesti
precisi e delicati.
"Je ne sais pas, professeur, non lo so. Lei incominci a terminare
quello che ha iniziato..." Suggerì, tendendo verso di lui la gamba non
ancora libera dalla calzatura. "E poi si potrà, eventualmente, parlare di
perdono."
"La dolce Monique versione perfida... mi piace!"
Esclamò Christian, sfilandole l'altra scarpa senza troppe cerimonie e
gattonando sul letto fino a ritrovarsi con il viso esattamente sopra al suo, le
mani appoggiate ai due lati della sua testa.
"Dolce? Guarda che ti confondi, quella è Coco."
"Tu dici?" Chiese lui, fintamente perplesso.
"Aspetta un po'..." Socchiudendo gli occhi, si chinò a posarle sulle
labbra un delicatissimo bacio 'rovesciato', soffermandosi un secondo in più del
necessario ad accarezzarle le labbra con la lingua. "Hai ragione."
Decretò infine.
"Che?" Domandò lei, gli occhi ancora chiusi, una
mano nei capelli lisci e chiari di lui.
"Non c'è traccia di dolcezza, proprio no. Monique senza
zucchero."
"Oh, oh, frena, sono diventata un cibo dietetico,
ora?"
Chris sorrise, scuotendo il capo.
"No, no, no... sei un piatto condito alla perfezione. C'è
un po'di limone, qui." Si chinò nuovamente a deporle un bacio sulla
fronte. "Per i momenti difficili. Poi sale e pepe, proprio qui." Un
bacio per ogni guancia. "Per l'allegria. E qui... qui invece... aspetta..."
I baci sulla punta del naso furono almeno quattro. "Eh sì, mi dispiace
dirtelo, ma qui un po'di zucchero c'è, ma è proprierà
privata."
"Ah, davvero?" Chiese ancora lei, senza riuscire a
togliersi quell'insolito sorriso dalle labbra. "E di chi, se posso chiederlo?"
"Mon."
"Non si..." Quel 'dice' morì ancora prima di
nascere, affogato in un nuovo bacio, questa volta un po'più ardito.
"Se non mi lasci finire, però.... mancava la spezia più
importante, quella che dà sapore a tutto il piatto."
Le tue labbra di neve, i
sospiri di mare
Le tue labbra più rosse mi
fanno impazzire
"E sta nella mia bocca?"
Ignorando la domanda, Christian si mosse, facendo un altro
mezzo giro del letto e finendo per posizionarsi esattamente sopra di lei, le
ginocchia appoggiate a pochi centimetri dai suoi fianchi. Delicatamente, le
passò una mano sotto alla schiena e l'altra dietro alla nuca, sollevandola un
poco e chinandosi, al contempo, per sfiorarle la pelle tesa del collo con la
punta del naso, per poi tornare a compiere lo stesso percorso con labbra e
lingua.
Monique si aggrappò a lui, inarcando appena la schiena.
"A... a quanto pare non è solo nella mia bocca,
eh?" Chiese, per nulla desiderosa di interrompere quel loro piccolo gioco
così presto. "Christiàn?" Chiamò poi, dopo aver atteso inutilmente la
risposta di lui.
E, in effetti, lui non sembrava più essere lì.
Il suo sguardo di cielo era fisso sul suo viso e tanto
intenso da togliere il fiato.
Lentamente, spostò la mano che teneva dietro al suo collo e
la posò sulla sua guancia, passando poi il pollice sul labbro inferiore,
leggermente arrossato, dopo tutti quei baci.
"Peperoncino." Mormorò, continuando in quella sua
delicatissima ed estenuante carezza. "Piccante, sensuale, forte. Come te."
Senza parlare, Monique intrecciò la mano con quella di lui,
portandosela poi davanti alle labbra e posando un bacio leggero sul dorso.
Senza mai distogliere gli occhi dai suoi.
"Vous avez faim?"
Chris inclinò leggermente il capo, decisamente troppo
concentrato su altro per capire anche una lingua che non fosse una delle sue
natie.
"Finiscila di parlare in francese..."
"Est romantique."
"Anche l'italiano
è romantico."
"Non fare l'idiota... lo sai che non lo capisco,
l'italiano."
"Inglese?"
"Non serve parlare per... l'angolazione che immagino tu
avessi in mente di propormi."
"Ma io ho bisogno
di parlare!" Esclamò lui, quasi inorridendo all'idea di dover rimanere
zitto. "Per me parlare è la base di tutto, è come..."
"Oh, non ti dispiacerà fare uno strappo alla
regola." Mormorò lei, con la voce più sensuale che le riuscì di trovare,
afferrandolo per il colletto della camicia ed attirandolo verso di sé.
"Ma io..."
"Zitto." Ripeté, togliendogli gli occhiali e
riponendoli da qualche parte sul comodino a lei più vicino, per poi deporre due
baci leggeri sulle palpebre chiuse.
"Così non ci vedo, Monmon..."
"Mmm, mmm...." Ribatté
la donna, scendendo con le labbra lungo la guancia non proprio perfettamente
rasata e la mandibola di lui, terminando sul collo e facendo in modo che lui
gettasse il capo all'indietro, dimenticando per un istante l'uso di qualsiasi
lingua, conosciuta e non.
"Monique, ascolta...."
"Dimenticati quei
cavolo di occhiali! Lo sai come sono fatta!"
"Sì, però..." Un
paio di labbra si posarono proprio al centro della sua clavicola, mentre due
mani slacciavano fin troppo velocemente i bottoni della sua camicia.
"Però... però... Monmon, che stai facendo?"
"Ti tolgo la camicia.
Christiàn, si può sapere cosa c'è che non va? Non vuoi?" Domandò, tra
l'altro in modo per nulla leale, vista l'attività delle sue mani sul petto di
lui che non era affatto cessata.
E che lui cercò di ignorare.
Con scarsi, scarsissimi
risultati.
"Non c'è
niente..." Cos'è che voleva dire?
No, così proprio non andava.
Con un immane sforzo di
concentrazione, Chris si costrinse ad afferrare i polsi di lei in modo
piuttosto saldo, per poi chiudereper un istante gli
occhi e prendersi il suo tempo per formulare un pensiero coerente.
"Non c'è niente che non
va, assolutamente. E io... voglio.... beh, sì, voglio. Però..."
"E allora rilassati un
po', accidenti!" Esclamò lei, in modo un po'irruento, ma con
un'espressione decisamente divertita, liberandolo definitivamente dalla
camicia. "Non ho mai mangiato nessuno, chiedi a Ger..
oddio, no, no, no, questa era infelice! Scusami, Chris, non volevo paragonarti
a ne..."
"Il punto è che non
l'ho mai fatto con una donna, ok?" Esalò lui in un unico respiro, le mani
di lei ancora immobili sui suoi polsi, intorno ai quali giaceva, arrotolata, la
camicia. "Non l'ho mai fatto con una donna, quindi non ho idea di come
comportarmi, per cui ho paura e, dato che ho paura, parlo. Parlo perché quando
sono spaventato tendo a diventare logorroico... beh, più logorroico e..."
"Christiàn...." Lo
chiamò Monique, premendogli una mano sulla bocca.
"Mmm?"
"Taci."
Con un sorriso, lui incrociò
gli occhi come per guardarsi la punta del naso, per poi depositare una
microscopica pernacchia sul palmo di lei.
"Scemo!" Fu la
risposta, accompagnata da un giocoso scappellotto sulla nuca. "Tu e la
serietà siete due concetti diametralmente opposti."
"Credevo avessimo già
chiarito questo punto di là.... ma non ho nessun problema, se non hai capito ci
torniamo e..."
"Vieni qui!"
Esclamò lei, dandogli una spinta all'indietro e salendo a cavalcioni sulla sua
pancia.
"Non è comodo per
niente, lo sai?" Domandò Chris, le braccia bloccate vicino al corpo dalla
camicia, oramai ridotta a poco più di uno straccio arrotolato.
"Così forse mi spieghi
bene, senza agitarti troppo." Disse lei, stendendosi sul suo corpo, una
mano poggiata sul cuscino, l'altra intenta a seguire percorsi tortuosi sul suo
petto.
"Così non è che mi fai
stare tranquillo, eh..."
"Christiàn..."
Sospiro.
E poi via.
"Ma sì, Monmon, non è
niente di grave... solo che sono uno stupido bambino di trent'anni e le cose
che non conosco tendono... beh, a spaventarmi a morte." Confessò,
riuscendo, nel frattempo, a districare un braccio dal polsino ed affondando
immediatamente la mano nei capelli di lei, che sussultò per il tocco
inaspettato, tornando subito dopo a rilassarsi e a fare quel che stava facendo,
in attesa del seguito della spiegazione.
Che non arrivò.
Quindi, evidentemente,
toccava a lei parlare...
"Lo sai che sei dolcissimo?"
"Immagino..."
Replicò lui, agitando la mano libera in un gesto tipicamente italiano.
"Ma è vero! Sei... come
si dice... un trésor." Continuò,
convinta, Monique, dandogli un pizzicotto leggero sul mento.
"Un fifone, magari.
Trent'anni e paura di fare l'amore... sembro... non lo so nemmeno cosa sembro."
"Non sembri niente di
male, Chris! Sembri un uomo, dolce e sensibile come credo non ne facciano più."
"Ma che bello...."
"Smettila di prenderti
in giro! Tu sei... meraviglioso..." Biascicò, arrossendo appena sulle
guance.
"Meraviglioso,
addirittura! Non ti sembra di esagerare un po'?"
"Christian..."
"Addirittura l'accento
giusto... allora la cosa è seria, eh?"
"Trésor, certo che è seria..." Rispose lei, alzandosi a sedere
ed accarezzandogli una guancia, mentre la mano di lui si lasciava scivolare
placidamente lungo il suo corpo. "Je veux..."
"Monique..."
"Niente francese, lo
so." Sospirò la giovane, mentre anche l'altra mano di Chris si liberava
del polsino e andava a posarsi sul fianco di Monique, iniziando a scorrere su e
giù sotto alla felpa e alla t-shirt.
"Parfait. Che mi stavi
dicendo?"
"Solo..." Cominciò
Monique, abbassando lentamente la lampo della felpa e lasciandosi scivolare
l'indumento giù dalle spalle. "Che ti voglio. Ora. E se tu vuoi me, fidati
che la paura ti passa..."
"Ma io non ho la minima idea di come... cosa...
cioè..."
Monique ridacchiò,
chinandosi a baciarlo sulle labbra.
"Non sarà poi così
diverso da..." Chris inarcò un sopracciglio in modo piuttosto eloquente.
"Ok, forse lo è. Ma tu seguimi, va bene?"
"Monmon?"
"Per favore, dammi
ascolto..."
"No, non hai
capito..." Replicò lui, ridacchiando. "Volevo solo dirti che non
riesco a toglierti la maglietta se non alzi le braccia."
"Oh..." Fu il suo
unico commento. "Quindi...?"
"Quindi." Ripeté
Christian, sollevandosi un poco per baciarla di nuovo.
"Che bel suono che ha
questa parola!" Esclamò lei, con una risata decisamente liberatoria,
mentre, docile, alzava le braccia per permettere a Chris di fare ciò in cui
poco prima era stato ostacolato.
"Stupendo, sì..."
Dichiarò lui, con un sorriso sornione. "Ora, però... permetti?"
Domandò a puro scopo formale, circondando il corpo di Monique con le braccia e
rotolando con lei, invertendo le posizioni, senza nemmeno darle la possibilità
di protestare.
I tuoi seni di luna,
la fronte sudata
Il tuo amore
nascosto da muri di seta
E ti amo ti amo ti
amo ti amo
Ti amo con tutto
l’amore che ho dentro
Monique abbozzò un sorriso,
interrotto quasi immediatamente dall’ennesimo bacio di Chris, che si gettò
sulle sue labbra ad occhi chiusi, quasi fosse l’unico modo che gli fosse
riuscito di trovare per non guardarla, per non pensare.
Per non pensare a quanto
meravigliosamente diversa fosse dai partner avuti fino ad allora.
Per non pensare a quanto
delicata sembrasse.
Peccato che questo non fosse
esattamente ciò che anche lei desiderava.
“Se non mi guardi, però, non
imparerai mai...” Sussurrò appena fu in grado di allontanarsi da lui del minimo
indispensabile.
Chris annuì, respirando a
fondo, per poi farsi coraggio ed aprire di nuovo gli occhi, trovandosi davanti
il sorriso incoraggiante di lei.
“Non cambia poi molto, visto
quanto ci vedo...” Mormorò velocemente, decisamente nervoso.
“Fidati.” Ripeté ancora una
volta la giovane, accarezzandogli una guancia.
“E se ti faccio male?”
Monique ridacchiò,
afferrando il polso della mano destra di lui.
“Tu lo sai che per me non è
la prima volta, vero?”
“Sì, ma...”
“Chris...”
“Sì, lo so, mi fido.”
“Bon enfant...”
“Merci, mademoiselle Monmon.” Replicò lui,
strofinando il naso contro quello di Monique, mentre lei accompagnava la sua
mano in un lento movimento che, dall’orlo dei pantaloni, la portò fino al
reggiseno rivestito di leggerissima seta bianca.
“Biancheria di seta, mademoiselle?
Cos’è, avevi programmato tutto? Era tutto un piano per sedurre il povero ed
innocente me?”
“Farti stare zitto è
totalmente impossibile, eh?” Domandò lei, divertita.
“Totalmente, sì.” Rispose,
mentre la sua mano si insinuava sotto alla schiena di lei, che si inarcò
leggermente, alla ricerca del gancino del reggiseno.
Ed esitò, il dorso
appoggiato sul materasso fin troppo morbido.
“Che c’è?”
“Io... ehm... non credo
di...”
Monique ridacchiò,
sollevandosi un po’di più sul gomito sinistro ed usando il destro per slacciare
il sottile indumento, mentre le guance di Christian assumevano un’adorabile
tonalità aragosta.
“Scusa.” Soffiò, lasciando
ricadere il capo ciondoloni. “Sono un impedito totale.”
“Certo che lo sei: è una
prerogativa dell’essere uomo. Questo non posso assicurarti che lo imparerai...
il reggiseno è nemico naturale dell’essere umano di sesso maschile.”
Questa volta fu il turno di
Christian di ridere.
“Questo mi consola, devo
ammetterlo.”
“Ora però puoi fare da
solo...”
Improvvisamente serio, Chris
chiuse gli occhi ancora per un secondo, prese un profondo respiro e li riaprì.
E lei era bella. Bella come
non l’aveva vista mai.
“Monique...” Mormorò,
chinandosi a deporre una serie di delicatissimi baci sulla pelle candida del
seno di lei, scoperto a metà, e facendo scivolare le spalline sottili lungo le
sue braccia abbandonate. “Mon Monmon...”
Lei sorrise, permettendogli
di liberarla del tutto del piccolo indumento.
“Che cosa devo fare?”
Domandò, lasciando correre le punte delle dita sulla pelle appena scoperta e
facendo sì che Monique inarcasse la schiena, lasciandosi sfuggire un mormorio
soddisfatto.
“Così è.. è perfetto. Non
credo proprio che ti servano istruzioni.”
“Non dire scemenze: nessuno
è perfetto, io tantom...”
“Chris?”
“Sì?”
“Sta’zitto e baciami.”
Senza farselo ripetere,
Christian chinò il capo a sfiorarle le labbra con le proprie.
“Non lì, trésor...” Mormorò Monique con un sorriso
decisamente malizioso.
E Chris arrossì
violentemente, come un ragazzino colto dalla mamma a fare ciò che non avrebbe
dovuto.
“Bene, prima di
compromettermi irrimediabilmente ci sono un paio di cose che vorrei dirti.”
Monique sbuffò, divertita.
“Certo, così domani mattina
siamo ancora qui.”
Christian mise su un broncio
per nulla realistico, scoppiando a ridere subito dopo.
Portò una mano a sfiorare il
collo niveo di lei, ma la ritrasse immediatamente, scuotendo il capo e
mettendosi a sedere con le gambe incrociate ed affondandosi le mani nei
capelli.
“Sono ufficialmente un
disastro.” Biascicò a testa bassa, gli occhi azzurri così lucidi da fare
tenerezza a Monique. “Solo che ti amo troppo, Monmon, assolutamente troppo per
fare brutta figura.”
E lei decise che, forse, era
il caso di prendere in mano la situazione.
Mi chiami ti chiamo
e mi corri incontro
Le tue gambe nervose
la pelle più nuda
La tua voce ora è un
soffio ma sembra che grida
“A parte il fatto che non
capisco perché dovresti fare brutta figura.” Ribatté lei, mettendosi a sedere
allo stesso modo. “Se vuoi parlare parliamo, così ci leviamo il pensiero... ti
dispiace, intanto, se mi metto comoda?”
Christian si strinse nelle
spalle senza alzare lo sguardo.
“Vedi, il problema
essenzialmente è uno. Io non so cosa fare, non ho idea di come sia fatto il
corpo di una donna e non so dove... Monique, che stai facendo?” Domandò,
arrossendo violentemente al ritrovarsi improvvisamente la pancia di lei a pochi
centimetri dal viso.
“Mi metto comoda, te l’ho detto.”
Rispose lei con noncuranza, sciogliendo il fiocco che fermava la coulisse dei
suoi pantaloni alla misura giusta.
“Secondo me si tratta solo di provare.... insomma, fai conto di essere vergine:
nessuno conosce il corpo dell’altro prima di esplorare.”
“Sì, ma è...” Tentò di
replicare, perdendosi, però, nel cercare di decifrare, in quell’insieme di
macchie di colore che il mondo era per lui, i movimenti che Monique stava
compiendo. “Monmon, non vedo quello che fai...non... non riesco a concentrarmi
e non è un discorso...” Si bloccò, trattenendo il fiato per un istante, quando
la punta del suo naso sfiorò per un istante l’ombelico di lei. “...facile.”
Esalò.
“Come come? Christiàn senza
parole?” Domandò lei, tornando a sedersi ed allungando le gambe davanti a sé,
esattamente sopra a quelle di Chris, cominciano, poi, a far scivolare
lentamente i pantaloni su di esse.
“No.” Disse lui, alzando un
indice davanti al proprio volto e deglutendo rumorosamente. “Quello che sto
cercando di dire è che...”
“Mi dai una mano?” Domandò
lei, con un sorriso sornione che lui, ovviamente non vide. “Non ci arrivo a
sfilarli del tutto.”
Bene.
Anche senza occhiali, non ci
voleva certo una scienza per capire dove Monique avesse intenzione di arrivare.
Però lui quelle cose gliele doveva
dire.
Doveva, assolutamente, o
quel pensiero non lo avrebbe lasciato in pace... mai...
“Non mi aiuti?” Chiese
ancora lei, sbattendo un paio di volta le palpebre con le labbra atteggiate ad
un adorabile broncio.
Vedendo che Chris non
sembrava avere intenzione di reagire, la donna finì di sfilarsi i pantaloni da
sola e si sistemò in braccio a lui, addosso solo un paio di calze e dei sottili
slip di lucido tessuto bianco, esattamente identico a quello del reggiseno.
“Dai, dimmi, o non ci
schiodiamo più.” Gli mormorò all’orecchio, facendo aderire la propria pelle a
quella di lui in un modo che gli fece letteralmente morire il respiro in gola.
“Je n’aime pas rester ferme, Christiàn.”
“Che...che cosa?” Biascicò
lui, mentre le parole del suo lungo e bellissimo discorso gli si rimescolavano
in testa come in un grande minestrone.
“Non mi piace stare
ferma...” Ripetè lei, la voce praticamente inudibile ed una mano affondata nei
capelli di lui. “Proprio no...” Continuò, soffermandosi un istante più del
dovuto con le labbra sul suo lobo.
Un istante più di quanto il
suo autocontrollo fosse in grado di sopportare.
Con un verso a metà strada
tra un sospiro e un ruggito sul frustrato andante, Christian la circondò con le
braccia, chinandosi ad assaggiare nemmeno troppo gentilmente la pelle delicata
del suo collo.
“J’ai gagnè...” Sospirò Monique in un
sussurro leggermente arrochito che, però, nella testa di Christian risuonò come
un grido.... il più dolce grido di vittoria che gli fosse mai capitato di
sentire.
“Mauvais...” Sussurrò in francese,
posandole una lunga serie di baci lungo il profilo della spalla destra.
“Oui,
mon amour... je suis mal… ”
« Ah,
sei il male, eh ? » Chiese lui, abbassandosi a sfiorarle un seno con
le labbra, mentre una mano di lei, scendeva a slacciare la cintura che fermava
i suoi pantaloni. Lui nemmeno se ne accorse. “In questo caso, mi vedo costretto
a dichiarare il mio passaggio al lato oscuro.”
Monique
abbozzò appena un sorriso, dandogli una spinta per farlo distendere sul
materasso per poi abbassare con decisamente poca grazia la lampo dei suoi
jeans.
Aveva
aspettato assolutamente troppo per perdersi in dettagli come la sensualità
della lentezza, il gusto dell’attesa eccetera.
Voleva
fatti, Monique.
E,
liberandosi dai pantaloni più in fretta che poté, Christian decise che i fatti
sarebbero stati ciò che le avrebbe dato.
“Bienvenue, Monsieur Prato.”
E poi per
le parole non ci fu più tempo.
I
tuoi occhi più larghi i capelli bagnati
I
tuoi fianchi impazziti restiamo aggrappati
E
ti amo ti amo ti amo ti amo
Ti
amo con tutto l’amore che posso
Chris non si sarebbe mai aspettato che andasse così, non che
tutte le sue paure sparissero in una bolla do sapone... o per lo meno, non che
lo facessero così in fretta.
Senza nemmeno rendersi conto di come fosse successo si
ritrovò, senza più niente addosso, a stringerla a sé come se da questo fosse
dipesa la sua intera esistenza.
E poi sopra di lei, con lei, in lei ancora e ancora e ancora e sempre in modo diverso, sempre
più intenso sempre più bello.
Sempre più loro.
Mai, mai era stata più bella, mai più vera davanti ai suoi
occhi, né mai, era convinto, lo sarebbe stata di nuovo.
Avrebbe presto cambiato idea, ma questa è un’altra storia e
si dovrà raccontare un’altra volta.
In quel momento tutto ciò che contava era lei, la sua
Monmon, distesa sotto di lui, le gambe strette intorno ai suoi fianchi, il
corpo in movimento a ritmo perfetto con il suo.
E poi i capelli, umidi di un sudore dal sapore della
passione e gli occhi... quei grandi occhi scuri, così terribilmente e
meravigliosamente diversi dai suoi, a volte chiusi in un’espressione di puro
piacere, e poi, subito dopo, spalancati al massimo delle loro potenzialità e
velati da quel qualcosa che lui non era mai, mai riuscito a definire, forse
anche perché non gli era mai capitato di vederlo.
Ne aveva sentito parlare, certo, ma vedendolo... beh,
vedendolo, catalogarlo semplicemente come piacere era a dir poco riduttivo.
Amore.
Amore nel suo stato
più puro, più fisico e tangibile.
E ancora, c’erano mille e mille cose che avrebbe potuto
osservare di lei, in quei momenti, e che, malgrado la situazione non fosse
precisamente definibile come adatta alla mera osservazione, non fu in grado di
lasciarsi sfuggire.
Come il tremito sempre più forte dei muscoli tesi.
Come le sue labbra che si aprivano e si richiudevano ai
battiti di un ritmo solo loro, a volte senza lasciar scappare più di un sospiro
sommesso; altre sussurrando il suo nome in modo tanto dolce e sensuale al tempo
stesso da farlo rabbrividire.
Come fosse stato
l’essenza stessa della vita.
“Chri...Christian...” Si lasciò sfuggire lei, per l’ennesima
volta, la voce appena più alta di un respiro, ma con un timbro diverso,
leggermente più stridulo.
E lui la strinse forte, circondandole totalmente la vita con
un braccio, portando l’altro dietro alla sua testa per attirarla a sé in un
bacio che era semplicemente uno tra i milioni che si erano scambiati quella
sera e che, come ognuno di essi, gridava a gran voce tutto il suo amore per
lei.
Il più forte che
avesse mai provato.
Un amore celato, ripudiato, rifiutato, nascosto e poi
esploso, finalmente, travolgendo entrambi in una bufera di sentimento e
passione che avrebbero voluto non cessasse più.
Ti chiamo, ti chiamo, mi senti
tu adesso?
Le tue braccia più grandi i
tuoi occhi più chiusi
Posso pure morire sui tuoi
fianchi indifesi
“N’arret pas toi...” Soffiò
Monique all’orecchio di lui. “S'il vous
plaît, Christiàn...”
Non la capì.
Non aveva la testa per capirla.
Non in quel momento.
Non in quel francese concitato.
“Non... non... ti capisco...” Esalò, spingendosi dentro di
lei ancora un po’di più.
Monique scosse il capo, sorridendo quanto la situazione
glielo permise.
“Non imp... Chris!” Quasi urlò, cercando in vano un appiglio
sulla schiena di lui.
“Non parlare.” Sussurrò l’uomo con voce dolce e roca al
tempo stesso, scostandole con una mano una ciocca di capelli da davanti agli
occhi.
Paradossale, detto da lui.
Eppure di parlare, in quel momento, non aveva nessuna
voglia.
“Ma io...”
“Zitta.” Ripeté, stringendola forte, più forte che poté.
Ecco.
Se fosse morto lì in quel momento, con lei, non avrebbe
potuto essere più contento.
Se il suo ultimo ricordo fosse stato quello, ne era certo,
sarebbe stato l’uomo più felice del mondo.
“Ti amo, tesoro mio...”
Soffiò Christian in italiano, mentre Monique si stringeva ancora più forte alle
sue spalle, tendendosi come una corda di violino.
“Monique...”
...meraviglioso...
E ti amo ti amo ti amo ti amo
Ti amo con tutto l’amore
rimasto
E ti chiamo ti chiamo e tu mi
hai risposto
(Claudio Baglioni, La prima
volta)
Il mattino dopo l’amore è uno dei momenti più strani.
Soprattutto quando l’amore è stato tale per la prima volta.
Svegliarsi con una sensazione strana nel cuore, come dopo un
bel sogno che sogno, però, non è stato, e trovarsi spiazzati da un viso
profondamente addormentato a pochi centimetri dal proprio.
Un viso di donna, amato per tanto tempo da lontano perché
non si può, perché lei è fidanzate e tu, ehi, Christian, che diamine, tu sei
gay!
E poi cercare un motivo, almeno uno per cui tutto possa
essere classificato come un errore, e, allo stesso tempo, annegare ogni singola
paranoia nel primo raggio di sole senza darle nemmeno il tempo di nascere
davvero.
Sorridendo, Chris allungò una mano in direzione del capo di
lei, con tutta l’intenzione di affondare le dita in quei capelli morbidi e
spettinati, quando il cellulare posato sul suo comodino prese a vibrare con
insistenza.
Fulmineo, il professore si allungò oltre il corpo
addormentato di Monique, tentando in ogni modo di accettare la chiamata prima
che lei si svegliasse.
“Pronto?” Rispose, in inglese.
Una voce di donna, all’altro capo della linea, appena più
sottile di quella di Monmon.
Un attimo di esitazione perché, naturalmente, non si
aspettava certo che fosse un uomo a rispondere.
“Ehm... buongiorno... credo di aver sbagliato numero...”
“Sei la sorella di Monique.” Constatò lui, sorridendo a se
stesso.
“Sì... ma... Gerry?” Azzardò la ragazza.
Lui ridacchiò, mentre Monique, al suo fianco, si alzava
lentamente a sedere, sbadigliando sonoramente.
Sorridendo, Christian le fece un veloce gesto di saluto con
la mano.
“No, non sono Gerry.”
“Ma si può sapere con chi parlo? Mia sorella avrebbe dovuto
tornare a casa ieri sera e invece ancora non... Monique è lì con lei?”
“Chi parla?”
“Gabrielle.” Rispose Chris, facendole l’occhiolino e
pregandola, così, di lasciarlo divertirsi ancora un po’.
Monique annuì, soffocando a sua volta una minuscola risata.
E lui pensò che era dannatamente facile amarla e che di
svegliarsi accanto a lei non si sarebbe stancato mai e poi mai.
“Sono Christian, Gabrielle.” Disse nella cornetta, mentre
Monmon si accoccolava contro al suo fianco con un nuovo, tenero sbadiglio. “E
sì, Monique è qui.”
“Christian? Christian chi? Senta, io...”
“Passiamo a prendere Gabrielle tra un paio d’ore. A dopo.”
E attaccò.
Dopotutto, in due ore si possono fare ancora un sacco di
cose.