To the death... Or maybe not.

di Reflection2190
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Forever yours ***
Capitolo 2: *** Traitor ***
Capitolo 3: *** Back to you? ***



Capitolo 1
*** Forever yours ***


La mia mano tremava. La piuma intinta nell’inchiostro si muoveva incerta sul foglio ancora vuoto. Non mi era stato concesso di vedere mio marito per l’ultima volta. Non avevo potuto avere il conforto della sua voce, delle sue mani, delle sue labbra…
Cercavo di immaginarle, prima che il boia mi prelevasse dalla cella in cui ero rinchiusa. Cercavo di concentrarmi su cosa gli avrei detto, se fosse stato lì con me, nei miei ultimi istanti di vita. E così…
Così scrissi.

“Stéphane,
vorrei non arrecarti questo dolore. Vorrei essere stata meno caparbia ed averti confidato di quel piano, che poi si è rivelato la mia trappola.
Vorrei che tu fossi ancora lontano, di modo che non fossi costretto ad udire i sussurri che staranno certamente riempiendo l’intera città, ed al contempo vorrei che fossi qui.
Vorrei che mi stringessi tra le tue braccia e mi dicessi che andrà tutto bene. Che siamo una famiglia e che questo è soltanto un brutto incubo. Che vivremo insieme, a lungo, e saremo felici.
Vorrei sentire di nuovo le tue labbra sulle mie, il calore del tuo corpo, la dolcezza delle tue carezze. Vorrei guardare ancora nei tuoi occhi e dirti che ti amo… Ti amo più di quanto io sia in grado di dire a parole.
Ti ho amato dal primo istante, sebbene me lo sia negata tante, troppe volte. Ti ho amato quando mi lanciavi i tuoi sguardi smaliziati, quando mi sfidavi a quel tuo gioco di seduzione al quale avrei voluto resistere e cedere al contempo. Ti ho amato in quel lontano pomeriggio nel tuo giardino e quando sapevo stessi condividendo il tuo letto con la donna che più ho detestato al mondo. Ti ho amato anche quando ti ho odiato. Ti ho amato quando ci siamo uniti per la prima volta, e nel giorno del nostro matrimonio, e sempre… In ogni istante. Anche quando ero conscia del tuo tradimento. Ti ho amato quando sono giunta qui… Qui, dove ora tutto avrà fine.
E ti amo ancora, e ti amerò sino al mio ultimo respiro.
Non ti chiederò nulla. Soltanto... Abbi cura di mio figlio. Digli che l’ho amato. Diglielo, ogni giorno.
E non cedere alla vendetta. Sei un uomo migliore di quanto tu creda. Quando sarò andata, non chiuderti nella tua gabbia di odio. Non chiudere il tuo meraviglioso cuore all’amore. Ama, ama ancora, mio amore! E sappi che dovunque io sarò… Dovunque tu sarai e con chiunque sarai, io continuerò ad amarti come il primo giorno.
Per sempre tua, come ti ho promesso…
Lola.”



(Breve premessa, una lettera che verrà ripresa più tardi nella storia.) 

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Capitolo 2
*** Traitor ***


“No! No, vi prego! Elizabeth ti prego!” Urlai a pieni polmoni, mentre i miei occhi si fissavano sull’uscita di quel buio tunnel. Lì, dove il patibolo si ergeva, maestoso e crudele, al centro della piccola piazza antistante il castello della Regina d’Inghilterra.
Ma la mia voce era un suono vacuo, che risuonava su quella fredda pietra e lì si perdeva. Nessuno avrebbe risposto al mio grido. Il boia mi trascinava con una forza tale da impedirmi di fuggire, ed ormai non tentavo neanche più di divincolarmi da quella presa.
Rude, grezza, ricoperta di un orribile guanto in pelle nera, la sua mano era avvolta intorno al mio braccio e premeva, premeva, tanto che mi chiesi quanto ci avrebbe impiegato a scavare le mie carni. Eppure, non sentivo dolore. Nel mio cuore regnava il gelo, la mia mente era vuota. Di lì a poco, nulla avrebbe più avuto senso.
Il popolo inglese avrebbe goduto del macabro spettacolo della mia testa staccata brutalmente dal mio corpo, e “Lady Lola” sarebbe divenuto soltanto un nome come gli altri. Un sussurro, il vago ricordo di una delle tante attentatrici alla vita di una regina impulsiva e caparbia. Una regina a cui io mi ero sinceramente affezionata, ma che non poteva, nel mio cuore, neanche lontanamente equiparare Mary.
Giunta al punto di dovermi schierare, avevo scelto la mia amica. Avevo scelto la mia regina. Avevo scelto la mia patria. Ed ora ne avrei pagato le conseguenze.
Giusto, indubbiamente. Mi ero lasciata coinvolgere troppo. Ero stata una stupida nel credere di poter risolvere l’eterno conflitto tra Inghilterra e Scozia. La politica non mi apparteneva, i subdoli giochi di potere mai erano stati parte del mio essere. Avevo giocato male la mia partita e, da perdente, avrei abbandonato la vita.
Si poteva morire per un’illusione? Per una lealtà che aveva finito per sfuggire dalle mie mani? Sì.
Pochi passi… pochi passi ancora e tutto sarebbe finito.
Oh, quanto avrei voluto che tutti i momenti più belli scorressero nella mia mente! Avrei trovato il conforto nel ricordare la prima volta che avevo stretto tra le braccia mio figlio. John, il mio piccolo John che ora sarebbe rimasto solo al mondo! Senza un padre, senza una madre… Mi augurai che Stèphane se ne prendesse cura.
Sì, lo avrebbe fatto…
Oh, Stèphane! Il mio amore, mio marito! Eravamo stati separati così a lungo… Il nostro matrimonio non aveva mai avuto realmente inizio ed ora che avevamo creduto di esserci ritrovati, di esserci lasciati quei tradimenti e quel dolore alle spalle, ecco che di nuovo le nostre strade avrebbero preso direzioni diverse. E stavolta, per sempre.
“La lettera… Fate avere a mio marito la mia lettera, ve ne prego!” Urlai con la voce rotta dal pianto, mentre il panico ora si faceva strada in tutto il mio corpo. Potevo avvertire il vento fresco che spirava fuori da quel lugubre posto in cui io ed il boia ci trovavamo, segno che ormai ero prossima alla morte.
Udivo il vociare della folla che avrebbe assistito al mio atto finale, e pregai con tutto il cuore che /lui/ non fosse lì. Stèphane non meritava questo dolore. Non avrebbe dovuto guardarmi, poiché sarebbe stato ancora più struggente separarci… Due anime destinate a stare insieme stavano per essere ora brutalmente divise, e no… Lui non avrebbe dovuto vedere il filo della mia vita mentre veniva reciso. Non meritava di guardare i miei occhi spegnersi.
“Signore, dagli la forza…” Mormorai, ancora in preda al pianto. Non volevo morire.
Ah, sciocca, sciocca me quando mi ero ostinata a voler portare a termine quell’assassinio! Avrei dovuto ascoltare mio marito, fuggire con lui per mai più guardarmi indietro! Avremmo vissuto una vita felice… Io, lui, John e quelli che sarebbero stati i nostri figli.
Chiusi gli occhi a quell’immagine di pace e gioia che ora la mia mente mi stava regalando. L’immagine di quella famiglia felice che tanto avevo bramato, sin da bambina… E che mai si sarebbe tramutata in realtà.
Ormai dovevamo essere quasi fuori dalle prigioni, ed il mio cuore aveva preso a battere più forte che mai… Non tanto per ciò che sarebbe accaduto, quanto per il terrore che mio marito fosse lì. Oh, come doveva sentirsi, in quel momento? Lì, in attesa che io venissi giustiziata? “No… No, ti prego… fa’ che non ci sia… Non posso morire guardandolo negli occhi…” Pensai, inspirando a fondo.
Poi, qualcosa mi lasciò improvvisamente perplessa. Il boia mi costrinse a fermarmi con uno strattone che per poco non mi indusse a saggiare la fredda pietra del pavimento. Mi voltai nella sua direzione, lo sguardo interrogativo e le lacrime che avevano cessato di cadere. L’uomo mi fece cenno di guardare dinanzi a me. Dall’altra parte del corridoio, alla stessa distanza dalla quale io mi trovavo rispetto alla porta, un altro uomo di nero vestito teneva per il braccio una donna. Non vidi il suo volto, coperto com’era da un grezzo sacco stretto intorno alla sua gola. Indossava uno dei miei abiti. La sua pelle diafana, così simile alla mia, contrastava con quel porpora intenso delle gonne e con quei candidi fiori rosa antico del corpetto.
Quell’abito… L’abito con cui, per la prima volta, in un tempo remoto, mi ero avvicinata a Stéphane. Non capii. Stetti a guardare quella copia di me –almeno dal busto in giù- per qualche ampio minuto.
“Che… Che succede?” Mormorai con voce rotta, mentre la donna prendeva a dimenarsi tra le braccia di quel boia. Nessuno dei due uomini rispose. L’altro condusse la donna senza volto fuori, mentre la folla prendeva ad inneggiare alla sua morte.
“Lady Lola, traditrice ed assassina!” Udii, come un’eco lontana, quelle parole zittire il pubblico. Poi, un urlo straziante si levò tra le voci ora basse degli spettatori.
“Lola… No!”
“Stéphane…” Mormorai, dimenandomi dalla presa dell’uomo che ancora mi teneva dietro quella porta. Uomo che tappò la mia bocca e mi immobilizzò ancora una volta.
“Sei fortunata, traditrice. Oggi non è il tuo giorno… Ma, forse, rimpiangerai di non trovarti su quel patibolo…” Il suo alito era fetido ed il tono sprezzante.
“Chi è… Chi è quella donna?” Chiesi quando mi diede di nuovo modo di respirare. Ma, di nuovo, l’uomo si chiuse in un macabro silenzio. Un silenzio che si era esteso anche fuori. Udii il colpo d’ascia, di nuovo l’urlo disperato di mio marito.
“Per il mondo, sei morta.”
Rise, il boia, mentre io tremavo nel sentire il disperato lamento di Stéphane.
“Sono viva…” Avrei voluto urlargli. Ma un dolore sordo sul retro della mia nuca mi fece perdere i sensi di lì a poco, e calò il buio intorno a me. Forse… forse viva non lo ero più.

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Capitolo 3
*** Back to you? ***


Credevo che la morte fosse… Pace. Silenzio. Assenza di ogni dolore, di ogni pena.
Credevo che, una volta che la mia vita fosse terminata, tutto si sarebbe annullato ed io avrei semplicemente cessato di pensare. Di vedere. Di sentire. Le mie palpebre pesanti si aprirono lentamente. Intorno a me regnava il buio, il gelo mi penetrava le ossa.
Dov’ero? Cos’era accaduto?
Richiusi gli occhi e mi sforzai di capire… Avevo memoria del boia. Avevo intravisto il patibolo. Poi… Poi c’era stato un frusciare di gonne, e c’era del porpora intenso, e delle urla… Sprazzi di un ricordo che stentavo a figurarmi.
Dovevo essere morta, di questo ero certa. Avevo vissuto i miei ultimi attimi di vita.
Dunque ora dove mi trovavo? Spinta dal desiderio di capire, cercai di alzarmi. Un dolore atroce al di dietro della mia nuca mi fece cadere a peso morto in terra; le gonne si gonfiarono appena e ricaddero sul pavimento umido, sporco. Le mie mani corsero immediatamente al mio collo. Era integro. Nonostante avvertissi un peso immane su di esso, avevo realizzato che la mia testa fosse ancora al suo posto.
Man mano, come un animale che si sveglia dal suo letargo, iniziai a rendermi conto del mio corpo. Dolore e freddo erano le sensazioni che mi avviluppavano. Tremavo, mi resi conto. Ed il mio stomaco brontolava. E la mia testa faceva male, tanto. La gola era riarsa, le mie labbra sembravano terra bruciata… Bramavano acqua.
“Dove…. Dove mi trovo?” La mia voce rauca si perse nel vuoto di quel luogo che non riuscivo a decifrare. Era stato appena un sussurro, un lieve gracchiare che aveva a malapena rotto il silenzio di cui quella stanza pareva pregna. Avvertii le lacrime riempirmi gli occhi, a causa di quel dolore dietro alla nuca che pareva irradiarsi lungo tutta la schiena.
“Accidenti…” Udii dei passi. Passi pesanti, trascinati, accompagnati da un tintinnio. I miei occhi tentarono di mettere a fuoco le mura che mi circondavano, quando ad un tratto una luce abbagliante li raggiunse, accecandoli. Portai la mia mano tremante a coprirli, quando un nuovo dolore si manifestò all’addome, lì dove uno stivale vi aveva appena piantato un calcio. Il respiro mi mancò per qualche secondo, boccheggiai.
“Buongiorno, principessina”
Sarcasmo, pungente sarcasmo ed una voce che avrei riconosciuto ben più che facilmente. Il boia di Elizabeth.
Ripetei la mia domanda di poco prima, chiesi dell’acqua. Tutto ciò che ottenni fu una frustata in pieno petto.
“Ti avevo promesso che avresti rimpianto l’esecuzione…La mia regina te la farà pagare. Lentamente.”
[…]
Il tempo aveva smesso di scorrere. Giorno, notte… Non esistevano più. Vivevo nel buio, nel sudiciume di quella cella, con il cuore in gola nell’attesa che quell’uomo tornasse. Lui ed Elizabeth avevano ragione: stavo rimpiangendo di essere ancora viva. Se viva potevo definirmi.
La mia schiena bruciava per le frustate, il mio petto non era da meno. Le mie labbra erano gonfie, tumide per i colpi di quelle mani troppo grandi per me. Riuscivo a malapena ad aprire il mio occhio destro. Forse avevo la febbre, i brividi mi scuotevano non appena tentavo di dormire. Ed in quei rari casi in cui riuscivo a cadere in un sonno profondo, le uniche cose a cui riuscivo a pensare erano il dolore, il terrore, ed il volto di quella regina e del suo boia. Desideravo morire.
Non sarei mai tornata da John o da Stéphane… dunque, che senso aveva vivere in quel modo? Cosa voleva ottenere Elizabeth? Che la implorassi di uccidermi?
Forse… Forse lo avrei fatto, presto. Forse ero codarda, ma ero esausta. Udii di nuovo dei passi al di là della porta. Mi rannicchiai, il tremore che mi scuoteva senza darmi tregua. E poi, quella porta si aprì. Rassegnata, alzai lo sguardo verso il mio torturatore…. E vi scoprii Gideon. L’unico volto amico che avessi mai avuto alla corte inglese.
“Santo Dio… Allora è vero. Sei proprio tu… Sei viva!” Sussurrò, chiudendosi la porta alle spalle.
“G-Gideon…” L’uomo si abbassò, stappò una boccetta e finalmente le mie labbra si rianimarono, mentre il fresco vino fluiva nella mia gola, dandole tregua. Fu come spegnere un incendio durato troppo a lungo, come ritornare a vita nuova.
L’effetto dell’alcol, nel mio stomaco vuoto, fu immediato. Il dolore si attenuò appena… Avrei voluto quasi abbracciarlo, per quel primo, piccolo gesto gentile che ricevevo dopo chissà quanto tempo.
“Ho udito Elizabeth parlare con quel boia mercenario e quando hanno fatto il tuo nome… Dio, non potevo credere che Mary, tuo marito fossero all’oscuro del fatto che tu sia viva!”
“Mary… Stéphane! Loro… Loro stanno bene? E John? Dov’è il mio piccolo?”
Le domande fluirono come un fiume in piena dalle mie labbra.
“Shh, shhh calmati… Calmati. Mary ha ripreso il suo trono. La guerra con Elizabeth è ormai agli inizi, ma può contare su validi supporti. John è in Francia. Mary ha ritenuto che dovesse crescere con quella che, dopo tutto, è la sua famiglia. E tuo marito… Lord Narcisse è tenuto prigioniero dalla regina, poiché ha ucciso due guardie durante la tua… Beh, durante l’esecuzione di quella che presumo fosse una copertura. Non credevo che Elizabeth ti avesse risparmiata, anche se deduco che si stia dando il suo da fare per vendicarsi…”
Le mia mani si aggrapparono alle sue braccia
“Chi era quella donna?” Chiesi. Portavo sulla coscienza anche quella morte.
“Non lo so. Non ne ho idea…”
“Hai detto che John è in Francia. Da… Catherine?”
Le mie labbra si indurirono, lo sguardo colmo di furia.
“Sì, suppongo…” rispose, aggrottando appena la fronte.
“NO! No, lei non può avere MIO figlio! Ha già avuto mio marito… Non avrà anche lui!” Sbottai all’improvviso, con una forza che credevo avesse abbandonato ormai il mio corpo. “Calmati! Non urlare… Qualcuno potrebbe sentirci. Ascolta, ti tirerò fuori di qui. Dovrò partire per la Scozia a breve, studierò un piano.”
“Lo dirai a Stéphane…?” Le lacrime raggiunsero i miei occhi, mentre ora l’emozione di quella promessa ed il pensiero di mio marito tornavano a rinfrancare il mio cuore.
No. Non è saggio. Questi muri hanno occhi ed orecchi ovunque. Farò sì che venga liberato e lo spedirò da Mary. Lì sarà al sicuro e solo quando anche io e te giungeremo lì, farò sì che vi rivedrete.”
Annuii… Annuii mentre sbocciava di nuovo la speranza in me. Quel giorno, sopportai il torturatore in silenzio.
[…]
Ero addormentata. Sognavo di abbracciare mio figlio, distesa su di un prato… Il verde della Scozia, della mia casa mi circondava. Così come due forti braccia, strette intorno al mio ventre rigonfio. Non lo vedevo, ma sapevo che era /lui/. Ero felice. Ero spensierata. Il dolore era svanito. Poi, qualcosa all’orizzonte mutò. Tutto divenne più scuro, cupo. Udii uno scricchiolio, ed il mio nome ripetuto una, due, tre volte.
“Lola… Lola…Dobbiamo andare”
Sobbalzai. Gideon era lì, che mi scuoteva dolcemente per risvegliarmi. Mi aveva avvolto un mantello intorno alle spalle ed ora mi stava sollevando. Il poco cibo che avevo ingerito negli ultimi giorni non era servito a molto. La febbre mi aveva distrutta, privata di ogni forza, e non ero affatto guarita. Lo sentivo sin dentro le mie ossa. Ma in quell’istante mi sentii incredibilmente viva.
“Stiamo andando da Stéphane?”
“Sì… Proprio lì.”
Mi sorrise, mentre sgattaiolava silenziosamente dalla cella. Le mie palpebre erano pesanti. Sentivo il mio corpo muoversi, seguendo quello di Gideon. Quando l’aria gelida dell’esterno colpì il mio viso, capii che dovevamo essere fuori dal castello. Mi sforzai di riaprire gli occhi. Vidi il cielo stellato, e le ombre degli alberi, e la sagoma di una carrozza al di là del cancello. Gideon corse in quella direzione. Un uomo uscì dalla carrozza e lo aiutò a caricarmi all’interno del veicolo. “Tranquilla… E’ uno scozzese. Fedele alla tua regina. Alla /nostra/ regina.”
“Elizabeth ti ucciderà…” Sussurrai, sfinita.
“Non se non mi troverà. MacKenzie! Parti!” Con uno strattone che si ripercosse per tutto il mio dolorante corpo, la carrozza si avviò. Ero salva. Ero viva. Avrei rivisto mio marito e mio figlio di lì a poco. Ero felice.
“Sto arrivando… Sto arrivando…” Mormorai, prima di piombare in un lungo sonno.

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