C'è qualcuno che devo proteggere

di WandererS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** “La prego, mi prometta di non morire” - Riza Hawkeye ***
Capitolo 2: *** “Non posso sopportare l'idea di perderti” - Roy Mustang ***



Capitolo 1
*** “La prego, mi prometta di non morire” - Riza Hawkeye ***


La prego, mi prometta di non morire” - Riza Hawkeye









 
Quel mostro dall'aspetto di donna aveva disintegrato Barry il Macellaio con un solo, fluido movimento della mano, quasi noncurante, squarciando teschio e armatura con quelle sue dita simili a lame affilate.
Riza Hawkeye, tenente dell'esercito di Amestris, era pronta, entrambe le mani strette sull'impugnatura della pistola saldamente puntata davanti a sé. Era concentrata, i muscoli tesi e pronti all'azione, la mente sgombra. Non si era lasciata distrarre dalle chiacchiere di quell'essere, nonostante le parole che, ripetute dalla voce infantile di Alphonse Elric, le avevano mandato un brivido gelido lungo la schiena, come un presentimento: sacrificio; due.
La donna – signorina Lust, l'aveva chiamata Barry – le rivolse un sorriso beffardo e crudele.
«E adesso, caro tenente, ti spedisco immediatamente a fare compagnia al tuo superiore.»
Quella frase la colpì come un maglio, lasciandola stordita, inerme, incapace di reagire. Nella sua mente raggelata quelle parole crudeli si fecero strada come una lama incandescente.
«Aspetta...»
Per la prima volta nella sua vita e nella sua carriera militare, Riza Hawkeye si ritrovò ad implorare un istante di misericordia ad un nemico impietoso.
«Hai parlato di due sacrifici in una notte sola...»
Quell'essere si stava avvicinando con deliberata lentezza, a passi decisi e controllati, e con lei la consapevolezza del significato delle sue parole.
«Non vorrai dire...»
Sentì la sua voce incrinarsi, le mani tremare intorno all'impugnatura ormai tiepida della pistola.
«Non vorrai dire...»
Un ghigno più ampio, spietato, fu la sola risposta.
No...
Riza avvertì qualcosa spezzarsi dentro di sé, nella parte più profonda della sua anima e del suo cuore, e con essa la sua voce, che si ruppe in un grido di dolore e di rabbia a sovrastare il rumore degli spari.
«Maledetta!»
Aveva aperto il fuoco, la mira perfetta nonostante gli occhi velati di lacrime: voleva cancellare quel sorriso crudele, sfregiare quel volto perfetto, inumano, distruggere quel corpo sensuale che celava un essere mostruoso.
No!
Quasi non si rese conto delle urla strazianti che le sue labbra lasciavano sfuggire mentre svuotava il primo caricatore contro quella Lust. La calma, posata, metodica Riza Hawkeye era ora preda del dolore e della rabbia, accecata dalle lacrime. La furia con cui si aggrappava alla sua pistola la rendeva quasi irriconoscibile, la sofferenza distorceva i suoi bei lineamenti, colmando i suoi occhi di disperazione.
Neppure vedere i suoi proiettili sfregiare la pelle pallida e priva di imperfezioni di quella donna, di quel mostro, riusciva ad appagarla, non dopo quello che aveva detto, non dopo quello che aveva fatto. E non dopo che rimaneva in piedi, indietreggiando appena, ad ogni salva di spari.
Quando il grilletto scattava a vuoto, Riza gettava via la pistola ormai inutilizzabile e, con un gesto reso ormai automatico da anni di addestramento e di abitudine alla battaglia, ne prendeva un'altra da una fondina sotto l'ascella, rompendo il breve istante di silenzio con una nuova scarica di proiettili, instancabile nella sua furia.
Quell'essere mostruoso aveva ucciso il suo Colonnello, glielo aveva portato via, e ora tutto quello che lei voleva era fargliela pagare, e infliggendo una morte dolorosa alla sua assassina vendicare così Roy Mustang.
Due pistole erano ormai a terra, inutilizzabili, i caricatori vuoti, e la terza, stretta tra le sue mani imperlate di sudore, fremeva ad ogni proiettile che esplodeva attraverso la canna.
Riza, ribollente d'ira, attraverso il velo di lacrime aveva visto ogni sparo andare a segno, marchiare la pelle e la carne di Lust con un foro scuro e perfettamente circolare, costringerla a indietreggiare per la violenza dell'impatto. Eppure, la donna era ancora in piedi.
Uno sparo.
Un altro.
E, alla fine, uno scatto a vuoto.
Il suo dito si contrasse sul grilletto, premendolo ancora e ancora, nella disperata quanto vana attesa del rassicurante rumore di una detonazione.
Lust si rizzò lentamente, noncurante di ferite che avrebbero dovuto essere mortali.
«Hai finito?»
Quelle poche parole, pronunciate con un tono canzonatorio intriso di disprezzo, colpirono nel segno.
Sì, aveva finito.
Aveva finito le munizioni, aveva finito quel debole, patetico tentativo di resistenza, aveva finito di vivere.
Aveva fallito.
Non era riuscita a proteggere il suo Colonnello, e ora non era stata neppure in grado di vendicarlo.
Quelle poche parole infine la spezzarono.
Le lacrime a lungo trattenute le rigarono il volto, il suo respiro si ruppe in singhiozzi soffocati.
Impotente, si accasciò a terra, allentando la stretta sulla pistola oramai inutile, arrendendosi alla sofferenza e cedendo al pianto.
Le sue orecchie si riempirono di un brusio indistinto, a malapena si rendeva conto di ciò che accadeva intorno a lei, passi e parole e inutili rumori. Sapeva di essere in pericolo, sapeva che a pochi passi da lei c'era un nemico dalla potenza disumana, sapeva che l'avrebbe vista inerme e l'avrebbe attaccata...
Sapeva di stare per morire. Ma non le importava.
Aveva perso la voglia di vivere quando aveva capito che Roy Mustang era morto, e ora che aveva perso anche la possibilità di lottare per vendicarlo non c'era più nulla che la trattenesse su questa terra.
Maledisse tra le lacrime quell'idiota del Colonnello, che si era andato a invischiare in una situazione più grande di lui, che si era messo contro dei nemici potenti e immortali, che si era cacciato nei guai per l'ennesima volta, che aveva suggerito di dividersi in due gruppi, che si era fatto ammazzare da un'avvenente donna che non era una donna...
Aveva sempre pensato che sarebbe morta prima di lui. Era la sua guardia del corpo, il suo braccio destro, il suo compito era guardargli le spalle e proteggerlo, dopotutto. Aveva sempre saputo che erano semplici esseri umani, mortali, e la carica di Colonnello, unita alle ambizioni e all'idealismo di Roy Mustang, attirava abbastanza guai anche senza considerare il carattere avventato del suo capo, ma pensava che, quando quel giorno sarebbe arrivato, quando si fossero ritrovati circondati da nemici, avrebbe dato la sua vita per proteggerlo, per portare con lei nella tomba quanti più avversari possibile, per dargli una possibilità di scampo, e, se anche questo non fosse stato possibile, sarebbe morta sapendo di aver fatto tutto ciò che era in suo potere per salvarlo.
E invece lui era morto senza di lei al suo fianco, a coprirlo, a proteggerlo, a morire per lui e con lui.
L'aveva abbandonato.
E ora lei moriva lontana da lui, spezzata e inutile.
La raggiunsero, ovattati e indistinti, a malapena distinguibili alle sue orecchie assordate dagli spari e dalle parole crudeli di Lust, i rumori di uno scontro.
Riconobbe attraverso il velo delle lacrime una figura imponente, che le si era parata davanti come a farle da scudo: Alphonse Elric, il ragazzino col corpo di armatura.
Ma Riza Hawkeye non voleva protezione, non quando era stata lei la prima a fallire nel proteggere la persona a lei più cara. Non voleva che Al, poco più che un bambino, rischiasse la vita per difendere la sua.
Perché la vita di Riza non aveva più alcun significato, ormai.
Anche se, contro ogni probabilità, fosse sopravvissuta, non aveva intenzione di continuare a vivere come se niente fosse.
«Alphonse, vattene via, lasciami qui.»
Lasciami morire qui.
Se non poteva distruggere la creatura che aveva ucciso il Colonnello Roy Mustang, poteva almeno morire per mano sua. Poteva avere almeno quell'illusione di vicinanza, alla fine.
«No.»
Stupido. Tu non capisci... Vattene!
«Vai, scappa!»
Scappa, lontano da questo luogo di dolore e di morte...
«No.»
Io mi porterei questo dolore nel cuore, ovunque, non avrei che un modo per sfuggirgli, ma tu...
«Devi salvarti!»
Per me non c'è salvezza ormai...
«Ho detto di no! Sono stanco di vedere gente che muore davanti a me. Ne ho abbastanza! Nessuno dev'essere più ucciso. Vi proteggerò io!»
Riza sollevò lo sguardo velato di lacrime, sorpresa dalla forza vibrante che risuonava in quelle parole. Quel ragazzino aveva l'idealismo di un bambino e la tenacia e lo spirito di sacrificio di un adulto, le ricordava...
Qualcuno che aveva visto morire troppi uomini, che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per proteggere le persone a cui teneva: la sua squadra, i suoi amici... lei.
«Ben detto, Alphonse Elric!»
Roy.









 

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Capitolo 2
*** “Non posso sopportare l'idea di perderti” - Roy Mustang ***


Non posso sopportare l'idea di perderti” - Roy Mustang









 
«Mai e poi mai! Non farò una trasmutazione umana, e non aprirò il portale!»
Roy Mustang si sentiva ribollire di rabbia.
L'Alchimista d'Acciaio era sparito, lui e i suoi compagni erano stati bloccati e resi inoffensivi da quella manica di tizi tutti muscoli, e ora era costretto a sentire il blaterare fastidioso di quel ripugnante dottore.
Sentiva l'ira montare dentro di lui come un fuoco, e la menzione di Maes Hughes non aveva fatto altro che gettarvi altra benzina: non sopportava che quel nome a lui tanto caro fosse insudiciato con tanta noncuranza dalle labbra di quel vecchio.
Maes Hughes ormai era morto, neppure l'alchimia avrebbe potuto riportarlo indietro, ne era consapevole. Non avrebbe mai collaborato con quei mostri.
Il dente d'oro del dottore scintillò al riflesso delle torce, come in un presagio di minaccia.
«Te l'ho già detto: il nostro tempo sta per scadere.»
Un rumore simile ad un fruscio, un gemito soffocato. Il suo sguardo fu attirato da un improvviso spruzzo vermiglio. Sangue. E proveniva dalla gola di...
«Tenente!»
Riza.
Quel nome gli affiorò alla mente in un istante, anche se erano passati molti, troppi anni dall'ultima volta che le sue labbra l'avevano pronunciato a voce alta.
«Tenente... Tenente!»
Una sola parola, venata di angoscia.
Non distolse lo sguardo dal suo viso pallido, da quei capelli d'oro sparsi sul freddo pavimento di pietra, dove si stava allargando una macchia vermiglia di sangue.
«E adesso, ti decidi ad aprire il portale, colonnello Mustang?»
Quel tono freddo, tagliente, incurante della sua angoscia, alimentò la sua furia.
Se solo il suo cerchio alchemico non fosse stato spezzato dallo squarcio nel guanto, se solo non avesse avuto quei due scimmioni aggrappati ai fianchi ad impedirgli ogni minimo movimento, se solo avesse potuto scatenare tutto il suo potere, di quel vecchio bastardo non sarebbe rimasto altro che uno sbuffo di cenere in balia delle fiamme.
Il suo cuore ardeva dalla brama di vendetta.
«Maledetto, me la pagherai!»
La vista degli occhi sbarrati del tenente Riza Hawkeye, del sangue denso e scuro che le scorreva tra le dita, del suo corpo abbandonato e inerme trascinato con malagrazia sul pavimento gelido lo gettò in un panico totalizzante.
«Tenente! Mi senti? Rispondimi!»
È un ordine, Tenente. Rispondimi! Apri gli occhi! Non morire!
«Avanti, esegui una trasmutazione umana e diventa il quinto sacrificio.»
Con la voce del dottore rimontò in lui la furia, quella rabbia cieca e ardente che scatenava il suo potere più devastante, alimentata dall'angoscia per il destino di Riza.
«Su, muoviti, se non ti sbrighi questa donna perderà la vita. Ah, ma forse ho capito, preferisci trasmutarla quando è già morta, non è così? Beh, anche questo è possibile...»
No, non può morire! Non può abbandonarmi! L'alchimia può davvero salvarla? Se c'è anche la più remota delle possibilità, devo tentare...
Un sussurro debole, spezzato, troncato dalla sofferenza, lo fece trasalire.
«No, io non morirò... Perché devi sapere che... ho ricevuto il preciso ordine di non morire.»
Riza!
Un'ondata di sollievo lo travolse.
La mia cara, testarda subordinata, che adempie sempre agli ordini...
Riza era viva, ed era l'unica cosa che contava.
«Se si potesse ottenere un corpo immortale facilmente non sarebbe molto leale, non trovi?»
I suoi occhi non la lasciarono un istante mentre il vecchio riprendeva a blaterare. Sapeva che avrebbe dovuto tentare di valutare le sue condizioni, stimare la quantità di sangue che aveva perso, analizzare la situazione e trovare un modo per uscirne vivi, ma il suo cervello sembrava rifiutarsi di collaborare, la rabbia e la preoccupazione infuriavano in lui impedendogli di pensare lucidamente. Si sentiva come se fosse ritornato in quel labirinto con Envy, sopraffatto dall'ira, le fiamme che prendevano il controllo... E anche quella volta era stata Riza a soffrire, e non solo a causa dell'homunculus.
Non aveva intenzione di deluderla di nuovo.
«Mustang, mi comunichi qual è la tua scelta? La tua preziosa donna sta per lasciarci... se non fai niente morirà dissanguata.»
Non posso permetterlo. Non potrei sopportarlo.
Tentò di leggere il suo sguardo, di interpretare la muta supplica di quei grandi occhi castani, ora socchiusi dal dolore.
Ci dev'essere un modo per uscirne vivi!
Aprire il Portale, diventare un sacrificio... Non prometteva affatto bene. Sapeva che i fratelli Elric avevano pagato a caro prezzo il tentativo di eseguire una trasmutazione umana, e non moriva dalla voglia di essere sacrificato.
Ma doveva proteggere Riza.
Si sarebbe sacrificato, per lei.
Se solo avesse potuto avere la certezza che la trasmutazione avrebbe funzionato... che Riza sarebbe guarita, che una volta raggiunti i suoi scopi quel maledetto dottore l'avrebbe lasciata andare...
«Ma per fortuna io sono un medico che sa usare l'alchimia, e inoltre, caso vuole che sia in possesso di una pietra filosofale.»
Trasalì, lo sguardo attratto inesorabilmente dalla boccetta comparsa tra le dita del dottore e dal suo contenuto color del sangue.
«Questo significa che potrei con assoluta certezza salvare la vita di questa donna, e ci riuscirei senza fare il benché minimo sforzo. Ma se lei muore prima che tu abbia preso la tua decisione non potrò più fare nulla per poterla salvare...»
Sapeva di non potersi fidare di quel pazzo, ma non vedeva alternative. Se poteva salvarla...
«Oh, che silenzio. È diventata molto taciturna; strano, non vorrei che fosse già morta...»
No!
Non può...
No...
«Colonnello...»
Quell'unica parola, quasi un sospiro, lo fece trasalire. Quante volte l'aveva sentita sfuggire da quelle labbra...
Nonostante il sollievo, la debolezza che traspariva dalla sua voce lo preoccupò.
«Non c'è alcun bisogno che lei... esegua la trasmutazione... che le ha chiesto.»
Aveva la voce rotta, il viso pallido, le labbra esangui. La spossatezza parve sopraffarla.
«Ma tu lo farai, non è vero Mustang?»
Non posso lasciarti morire!
Sapeva che Riza sarebbe morta per lui, ma non poteva permetterlo, non se lo sarebbe mai perdonato.
Ma era probabile che se avesse assecondato i piani di quei mostri sarebbe stata lei a non perdonarlo, gli parve quasi di poterglielo leggere negli occhi. Non voleva deluderla, non di nuovo. Avrebbe dovuto convivere con quella decisione, con quella delusione, per il resto della sua vita, per quanto breve potesse essere.
Eppure, preferiva quello a vederla morire qui, ora...
La pietra filosofale poteva salvarla. Aveva la stessa sfumatura vermiglia del sangue che imbrattava le dita del suo Tenente...
«Allora?»
Disperato, incatenò gli occhi in quelli di Riza.
Perdonami.
Riza sollevò lo sguardo al cielo, come in un sussulto di sofferenza.
O forse...
Gli era sembrato piuttosto un gesto calmo, deliberato. Che volesse dirgli qualcosa?
Non ne era sicuro. Eppure...
Ormai aveva le spalle al muro. Doveva prendere una decisione.
Si sottrasse allo sguardo del suo Tenente, temendo di leggervi accusa, delusione, disperazione.
Sopraffatto, chinò il capo.
«D'accordo.»
Perdonami.
Sperò con tutte le sue forze di non essersi sbagliato, di non aver preso la decisione peggiore della sua vita. Sperò che lei potesse perdonarlo.
«Bravo! Allora farai ciò che ti ho chiesto?»
L'eccitazione nella voce del dottore era palpabile.
«D'accordo, Tenente. Non eseguirò una trasmutazione umana.»
Vedere il vecchio rimanere a bocca aperta a quelle parole, sbalordito, gli diede una punta di soddisfazione.
Non riuscì a guardare il Tenente: temeva di vedere lo sguardo di una donna ferita, abbandonata al suo destino dall'uomo che poteva salvarle la vita.
Il dottore sembrò leggergli nella mente.
«La vuoi abbandonare? È un gesto molto crudele.»
Quell'insinuazione che aveva messo in parole i suoi timori lo trafisse come un pugnale.
Spero solo di non essermi sbagliato.
«Abbandonare? Non accetto critiche da chi tratta gli uomini come pedine da sacrificare.»
Confidò che il tono sprezzante mascherasse a sufficienza le sue preoccupazioni e le sue speranze.
«Loro sono felici di dare la vita per una giusta causa. Li ho nutriti quando i genitori li avevano abbandonati, sarebbero morti tutti di fame se non fossi intervenuto io. Ho dato loro un'istruzione di prim'ordine, ho dato loro un valido motivo per vivere, per questo i miei uomini mi sono profondamente grati.»
Mentre il dottore blaterava, Roy Mustang rifletté. Se non aveva mal'interpretato lo sguardo del Tenente, e lo sperava con tutto il cuore, stava per capitare qualcosa. E alcuni dei loro alleati erano da qualche parte nell'edificio... Le chimere...
Con la coda dell'occhio colse un movimento in alto, sul soffitto, e capì.
«Ecco perché rimarrai di sicuro molto sorpreso, dottore.»
Quello ebbe appena il tempo di borbottare qualcosa, confuso, e sparì.
Nel giro di pochi istanti, la ragazzina di Xing e la chimera-lupo erano piombati nella stanza e pugnali ed aculei piovvero sugli uomini del dottore. Roy, approfittando del momento di distrazione, si divincolò dai suoi due gorilla e, buttatili a terra (il primo con uno dei kunai di May Chang nel braccio, il secondo con la spada nel compagno conficcata nella coscia), si lanciò verso il Tenente, immobile al centro della stanza.
Un uomo gli si parò davanti, ma senza rallentare lo spazzò via con una fiammata.
«Levati di mezzo!»
Non aveva tempo da perdere, solo una cosa importava in quel momento.
Riza.
Si gettò in ginocchio sul pavimento gelido e la strinse tra le braccia.
«Tenente... Non mi devi abbandonare...»
Non potrei sopportarlo.
Il viso di Riza era pallido, le labbra esangui appena socchiuse.
«Tenente, apri gli occhi!»
La sua voce era spezzata dal dolore mentre scuoteva invano quel corpo esanime.
«Tenente! Tenente! Tenente!!!» urlò, la disperazione crescente nella voce.
Nessuna reazione.
È colpa mia.
Sta morendo per colpa mia.
Avrei dovuto proteggerla.
Non sapeva che cosa stava accadendo attorno a lui, e non gli importava. Lì, su quel fazzoletto di pavimento insanguinato, tutto il suo mondo stava andando in pezzi.
La strinse più forte a sé in un abbraccio disperato.
«Non morire!»
È un ordine, ricordi? Non puoi morire!
«Tenente, resta con me!»
Non posso sopportare l'idea di perderti.
La sua voce si ruppe in un singhiozzo di dolore.
Quasi non si accorse della ragazzina che si precipitava accanto a lui, gridando qualcosa.
È un'esperta nell'alchimia di guarigione!
Roy rimase a guardare impotente mentre May usava il sangue di Riza e i suoi kunai per creare un cerchio alchemico. Non poteva far altro che sperare.
Un'intensa luce blu avvolse la donna.
Sperava...
Un movimento, una smorfia di dolore.
Riza!
«Tenente!» il sollievo era palpabile.
La strinse a sé con trasporto, in un abbraccio più stretto di quanto fosse probabilmente consigliato per una persona in quelle condizioni, ma non gli importava.
Sei viva... Sei viva...
«Per il momento ho fermato l'emorragia, ma devi trovare subito un vero medico.»
May Chang le aveva salvato la vita.
«Grazie mille, ti sono debitore.»
Ti devo la vita.
Senza Riza, nulla aveva senso.
Finalmente, lei aprì gli occhi. Sollevando il viso verso di lui, accennò un sorriso.
«Colonnello, mi dispiace molto...»
No, non sei tu che devi dispiacerti. È a causa mia se hai sofferto tanto, se sei stata sul punto di morire...
È solo colpa mia.
Perdonami...
«Non parlare adesso, pensa a riposare.»
Pensa a te stessa, per una volta.
«Mi creda, sono così felice che si sia accorto del mio cenno...»
Roy sorrise.
Speravo solo di non essermi sbagliato.
«Siamo stati insieme talmente a lungo...»
E lo saremo ancora per molto, molto tempo. È una promessa.
«Ho visto che mi lanciavi delle occhiate come per dire “Se osi eseguire la trasmutazione ti sparo!”»
Non potrei sopportare di vivere senza questo sorriso.
 
 
 
 





 

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