Harry e Heather Potter: i doni della morte

di clif
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Libro 1: prologo ***
Capitolo 2: *** Libro 1: alleanze oscure ***
Capitolo 3: *** Libro 1: vuoto ***
Capitolo 4: *** Libro 1: il guerriero caduto ***
Capitolo 5: *** Libro 1: il guerriero salvato ***
Capitolo 6: *** Libro 1: l'orgoglio della famiglia Greengrass ***
Capitolo 7: *** Libro 1: Astoria Greengrass ***
Capitolo 8: *** Libro 1: il testamento di Albus Percival Wulfric Brian Silente ***
Capitolo 9: *** Libro 1: attesi risvegli ***
Capitolo 10: *** Libro 1: il mondo nel caos ***
Capitolo 11: *** Libro 1: mi fido di te ***
Capitolo 12: *** Libro 1: punto di non ritorno ***
Capitolo 13: *** Libro 1: il serpente, la civetta e la fenice ***
Capitolo 14: *** Libro 1: Godric's Hollow ***
Capitolo 15: *** Libro 1: il luogo più sicuro al mondo ***
Capitolo 16: *** Libro 1: neve rosso sangue ***
Capitolo 17: *** Libro 1: la cerva d'argento ***
Capitolo 18: *** Libro 1: non c'è più ***
Capitolo 19: *** Libro 1: prigionieri nel Malfoy Manor ***
Capitolo 20: *** Libro 1: Capitolo finale - gli specchi dell'anima ***
Capitolo 21: *** Libro 2: prologo ***
Capitolo 22: *** Libro 2: rapina alla Gringott ***
Capitolo 23: *** Libro 2: regalo gradito ***
Capitolo 24: *** Libro 2: angelo custode ***
Capitolo 25: *** Libro 2: mano alle armi... ***
Capitolo 26: *** Libro 2: ...si combatte ***
Capitolo 27: *** Libro 2: portala da me ***
Capitolo 28: *** Libro 2: la storia della regina ***
Capitolo 29: *** Libro 2: l'errore di Heather ***
Capitolo 30: *** Libro 2: verso il proprio destino ***
Capitolo 31: *** Libro 2: mezzo e mezzo ***
Capitolo 32: *** Libro 2: resa ***
Capitolo 33: *** Libro 2: battaglia violenta in sala grande ***
Capitolo 34: *** Libro 2: Caroline Prince contro Bellatrix Lestrange ***
Capitolo 35: *** Libro 2: rosso e verde ***
Capitolo 36: *** Libro 2: qualcosa che tu non avrai mai ***
Capitolo 37: *** Libro 2: l'ultimo nemico ***
Capitolo 38: *** Libro 2: il vero potere ***
Capitolo 39: *** Libro 2: verso il proprio destino... con a fianco la persona amata ***
Capitolo 40: *** Libro 2 - capitolo finale: 15 anni dopo ***



Capitolo 1
*** Libro 1: prologo ***


Harry, Ron ed Hermione partono per trovare e distruggere gli Horcrux del signore oscuro.   

Con loro ci sarà anche l’aiuto inatteso di una quarta persona.   

Da soli e in fuga, i quattro amici devono fare affidamento ora più che mai uno sull’altro…   

Ma non sarà affatto facile, soprattutto per il prescelto.   

Oltre il signore oscuro, la causa di ogni male, dovrà tenersi pronto ad affrontare anche sua sorella.   

Passata anche lei al lato oscuro della magia.   

Nel frattempo, il mondo dei maghi è caduto sotto il controllo dei Mangiamorte .   

Il ministero della magia e persino Hogwarts sono ora tenuti sotto scacco da Voldemort.   

E mentre Harry (ormai diventato il ricercato numero uno da tutto il mondo magico) combatte   

senza sosta dalla parte della luce, Heather decide di affrontare Voldemort traendo forza dal buio.   

Il momento della battaglia finale si avvicina, ma Harry ancora non sa chi sarà il suo nemico.   


N.d.A.
I capitoli verranno postati tutti i mercoledì. Buona lettura :)
Bye-Bye

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Capitolo 2
*** Libro 1: alleanze oscure ***


Il sole era calato già da alcune ore in quella fredda serata di luglio. La maestosa e antica villa della famiglia Malfoy non era mai stata lugubre come in quel momento. All’esterno dell’abitazione l’unico rumore udibile erano i pavoni di Lucius Malfoy. All’interno, invece, aleggiava un silenzio carico di tensione.   

Nell’immenso salotto erano radunate decine di maghi. In piedi, nel punto più in fondo della sala, vi era un tremolante e silenzioso Peter Minus. Poco distante da lui, fluttuante e privo di sensi, vi era il corpo di una strega. Probabilmente qualche nata babbana, oppure qualcuna contraria alla politica del signore oscuro.   

Al centro della sala era stato posto un lungo tavolo per le riunioni dei Mangiamorte. Tutti i membri di spicco erano stati richiamati:  Avery Junior, Alecto e Amicus Carrow, Antonin Dolohov, Goyle e Tiger, Fenrir Greyback, tutti i Lestrange, Macnair, la famiglia Malfoy al completo, Mulciber. Nott senior, Rookwood, Rowle, Selwyn, Travers, Jugson e Wilkes. Molti di loro erano fatti evadere da Azkaban sotto ordine del signore oscuro.   

Il mago in questione, era seduto a capotavola. In religioso silenzio, esattamente come i suoi seguaci. Ogni tanto buttava distrattamente lo sguardo  sui due posti rimasti liberi. Stavano aspettando l’arrivo degli ultimi due Mangiamorte. Infatti, dopo alcuni minuti, sopraggiunsero Yaxley e Severus Piton. Entrambi con importanti notizie.   

Il primo informò l’oscuro signore che era riuscito, dopo diverse fatiche e fallimenti, a mettere sotto Imperius Pius O'Tusoe, una delle cariche più alte del ministero. Il piano di uccidere il ministro ed impossessarsi del ministero sarebbe stato messo in atto molto presto. Piton invece portò notizie differenti, ma non per questo meno gradite.   

A quanto pareva, il ragazzo sopravvissuto sarebbe stato scortato dall’Ordine della Fenice, prima del compimento dei suoi 17 anni. Voldemort annuì, assorto nei suoi pensieri. Stava valutando il modo migliore per uccidere Harry Potter. Attaccarlo prima o dopo il trasferimento? Forse si sarebbe dovuto prima concentrare sull’attacco al ministero. A quel punto avrebbe avuto un ostacolo in meno per raggiungere il potere.   

-Prima di procedere con la riunione, devo fare una richiesta ad uno di voi- Disse il mago dal volto serpentesco. Aveva rapito Olivander, il fabbricante di bacchette, e aveva scoperto, tramite varie torture, che la sua bacchetta e quella di Potter (entrambi i Potter) erano gemelle. Ciò gli avrebbe impedito di nuocersi fatalmente a vicenda.   

Aveva bisogno di un’altra bacchetta. Scelse quella di Lucius. Ovviamente l’uomo, dopo aver perso la sua profezia due anni prima e dopo che era stato liberato da Azkaban, aveva perso la fiducia del suo padrone. Perciò gli diede la sua bacchetta senza opporre alcuna resistenza. Era molto umiliante per un mago essere sprovvisto della propria bacchetta.   

Dopo aver assassinato la strega che fino a pochi istanti prima era svenuta e fluttuante (la vecchia professoressa di babbanologia di Hogwarts, si era battuta per anni per i diritti dei Babbani), il lord oscuro dichiarò conclusa la riunione e uscì velocemente dal Manor dei Malfoy. Bellatrix rimase per qualche secondo in silenzio, osservando il punto dove il suo signore era appena scomparso.   

Era a dir poco furiosa. Una rabbia folle e terribile la stava corrodendo dall’interno. Sapeva benissimo dove il suo signore sarebbe andato. Da quella maledetta ragazzina. Come si permetteva quella sudicia mezzosangue mettersi sullo stesso livello dell’oscuro signore?! Tutti loro avevano giurato fedeltà alla Sua causa. Ma non la Potter.   

La ragazzina aveva osato proporgli un’alleanza. E la cosa che le dava più alla testa era il fatto che Lui avesse accettato. Avrebbe dovuto ucciderla due anni prima, quando ancora poteva. Ma ormai non era più possibile. La mocciosa si era guadagnata la stima e la fiducia del Lord, quando aveva assassinato Silente.   

Proprio allora, con una velocità sorprendente, Heather tirò fuori la bacchetta dalla tasca e la alzò davanti a se. Al fratello gli si mozzò il respiro. Sembrava andare tutto a rallentatore. Per un attimo vide qualcosa nella sguardo della sorella. Non l’aveva mai vista così: sembrava una bestia feroce. A quel punto fu tutto molto rapido.   

-AVADA KEDAVRA!- Disse Heather. Dalla sua bacchetta fuoriuscì un pulsante fascio di energia verde che investì in pieno Silente.  

Quella stupida della Prince aveva fallito. Probabilmente era morta quando era venuta meno al patto infrangibile, ma la cosa non le interessava più di tanto. Non avrebbe permesso alla Mezzosangue di diventare la preferita del Lord. Gliel’avrebbe fatta pagare cara. Doveva solo aspettare.   
 

Intanto il signore oscuro si smaterializzò al Riddle Manor. La sua ospite era già arrivata. Un elegante Heather Potter lo stava aspettando seduta al lato opposto del tavolo. Voldemort fece un sorriso (un sorriso freddo e crudele), ricambiato allo stesso modo dalla ragazza (anch esso freddo e cinico).   

-Perdonami se ti ho fatto attendere, mia cara- Le disse. Heather mise su un sorriso gentile quanto falso e scosse il capo. I colloqui con quell’individuo la infastidivano non poco, ma doveva cercare di mantenere un legame con lui. considerando soprattutto che era ricercata. Se Tom fosse riuscito a far cadere il ministero, lei non sarebbe più stata obbligata a nascondersi.   

-Ho appena saputo da Severus, che colui che dovrebbe essere tuo fratello verrà trasferito in un luogo più sicuro: probabilmente nella casa di qualcuno dell’Ordine della Fenice- La informò lui. Heather rimase abbastanza soddisfatta da ciò che le disse. Non tanto per la notizia, lei ne era già a conoscenza, ma perché sembrava fidarsi di lei.   

A differenza di Severus. Lo aveva riaccolto nelle fila dei Mangiamorte, ma non era uno dei suoi preferiti. Probabilmente era rimasto infastidito dal fatto che fosse stata obbligata lei ad intervenire. Se ad uccidere Silente ci avesse pensato Piton, probabilmente sarebbe diventato il suo Mangiamorte preferito.   

In ogni caso, non avrebbe permesso a Severus di morire. Era uno dei pochi parenti rimasti in vita a Caroline: non voleva che anche lei provasse il suo stesso dolore.   

Un boato risuonò ovunque, attirando la sua attenzione. Al centro della sala, nel punto dove vi era quello strano arco, Bellatrix iniziò ad esultare. La Potter era sicura di aver visto qualcosa cadere oltre il velo dell’arco. Cosa diavolo stava succedendo? Intanto Silente aveva sconfitto anche Augustus Rookwood e Rebastan Lestrange, ma nessuno sembrava prestargli attenzione.   

Remus corse a fermare Harry, che intanto urlava disperato. Solo allora la sorella si accorse di un particolare: mancava Sirius. Era lui ad essere finito oltre il velo dell’arco della morte. non poteva essere. La ragazza, per un attimo, rimase senza parole: possibile? Ma a toglierle qualsiasi dubbio ci pensò Harry.   

-Lo ha ucciso! Ha ucciso Sirius e adesso ucciderò lei!- Gridò il gemello, mentre si mise all’inseguimento di Bellatrix. La donna, dopo aver schiantato il suo odiato cugino, era fuggita dalla furia di Silente e dei membri dell’Ordine.   

Quel giorno aveva provato dolore. Può sembrare una cosa normale provare dolore, ma non per lei. Lei non era in grado di provare sentimenti, perciò quel giorno furono del tutto inaspettati. La sofferenza per la morte di Sirius l’aveva colta impreparata. Scacciò quei pensieri e si concentrò nuovamente sul mago davanti a lei.   

-Sono sicura che Harry verrà trasferito prima del compimento dei suoi 17 anni. agiranno così nel tentativo di depistarti. Se vuoi un consiglio, dovresti concentrarti sul Malocchio Moody: morto Silente, è lui il più pericoloso all’interno dell’Ordine- Lo informò la ragazza. Voldemort fece uno dei suoi sorrisi più freddi ed inquietanti.
 

La strega davanti a lui sarebbe stata un’arma e una fonte di informazioni senza fine. Ne era più che sicuro. Heather guardò il mago di fronte a lei. Sarebbe stato, qualunque scelta avrebbe fatto in futuro, un ostacolo di cui sbarazzarsi al più presto. Ne era più che sicura.   

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Capitolo 3
*** Libro 1: vuoto ***


-Chi sei?- Domandò Harry Potter. Intorno a lui vi era il nulla totale. Non riusciva a distinguere nulla di ben definito. Si sentiva sospeso in un mondo privo di forma. I colori intorno a lui erano accesi, ma vari. Nulla che gli potesse permettere di capire dove si trovasse. La situazione stava diventando snervante.   
 
-Harry Potter- Disse improvvisamente una voce. Di nuovo. Erano già alcune voce che la sentiva, ma ogni volta che cercava di capire chi fosse e da dove provenisse, non ci riusciva. Urlò nuovamente, sperando di ricevere una risposta, ma di nuovo il silenzio risuonò intorno a lui. ad un certo punto, l’ambiente intorno a lui iniziò a delinearsi leggermente.    

Nonostante continuasse a non capire dove fosse, notò l’ambiente intorno a lui assumere un forte e intenso colore rosso. Dove diavolo era? Ma quando tentò di guardarsi meglio attorno, tutto venne invaso dal buio. A quel punto, la scena cambiò completamente…   

-No! Non puoi essere tu, non ci credo! Mi rifiuto di crederlo!- Cominciò a gridare, disperato. Fino a quel momento aveva tentato disperatamente di non pensare alla situazione. ma quando aveva visto lo spirito del preside, era scoppiato: la gemella lo aveva tradito. Heather gli si avvicinò lentamente e si chinò su di lui. Harry non riuscì a trattenere un grido di dolore: gli aveva appena premuto il ginocchio sulla ferita al fianco.    

-Purtroppo invece è così. Ho sempre messo i miei obbiettivi davanti a tutto e tutti, lo sai bene. E stando accanto a te mi sarà impossibile ottenere ciò che desidero- Gli disse lei con un ghigno cattivo. Gli occhi velati di lacrime di Harry la guardarono pieni di rabbia. Se fosse per il dolore emotivo o per quello fisico, nessuno avrebbe saputo dirlo.    

-Il nostro legame è sempre stato unilaterale. L’unico motivo per cui ti stavo accanto era perché l’alternativa erano dei sudici babbani. Non hai notato che da quando abbiamo scoperto il mondo magico abbiamo cominciato ad allontanarci? Tu sei l’unico che non lo ha notato, persino quegli sciocchi dei tuoi amici se ne sono resi conto- Continuò a dire, affondando il coltello nella ferita fresca.  
  
Harry non sembrava più neanche arrabbiato. Era caduto in uno stato catatonico. Lo shock e il dolore erano stati troppo forti per resistere. Non si rese conto neanche dello schiantesimo che lo colpì in pieno, prima di perdere completamente i sensi.    

Harry si risvegliò di colpo, in un bagno di sudore. Era solo un incubo. Uno stupido e ripetitivo incubo. Erano giorni che ripeteva quei sogni. L’incubo finale era sempre lo stesso, la sorella che lo abbandonava e tradiva. Ogni volta sentiva una fitta al cuore, come se qualcuno lo stesse pugnalando. Mentre la parte prima cambiava leggermente ogni volta.   

Tutte le volte si faceva più chiara, ma non era ancora stato in grado di capre a chi appartenesse quella voce che lo chiamava insistentemente. Il ragazzo sopravvissuto scese dal letto (la sera prima, era andato a letto già vestito), e si affacciò alla finestra della sua stanza. Nel vialetto di fronte alla casa, i Dursley stavano mettendo le valigie dentro la macchina.   

A breve alcuni membri dell’Ordine della fenice li avrebbero sortati in un luogo più sicuro. Voldemort avrebbe potuto tentare di rapirli per poterlo ricattare. Il ragazzo scosse la testa, quasi divertito dalla drammaticità della situazione: non aveva alcun legame con quella parte della sua famiglia. Il sorriso scomparve, e l’espressione del suo volto si fece torva.  
 

In effetti non aveva più alcun parente accanto a se. Quell’anno non sarebbe andato ad Hogwarts. Sarebbe andato alla ricerca degli Horcrux rimasti di Voldemort, insieme ad Hermione e Ron. I suoi migliori amici. Le due persone (insieme ad Astoria) di cui si fidava di più… dopo Heather. Ormai non era più sicuro di niente.   

Le sue uniche certezze erano le persone a lui care. Ma ormai neanche quella era una verità indiscutibile. Ogni volta che pensava ad Heather avvertiva un odio profondo. Un odio verso di lei… e verso se stesso. Già, il ragazzo sopravvissuto si odiava. Perché non riusciva a smettere di voler bene alla sorella. E tutto ciò non faceva altro che causargli un vuoto all’altezza del cuore.   

GAZZETTA DEL PROFETA   

MOLTI DEI NOSTRI NEMICI HANNO ADESSO DEI NOMI E ANCHE DELLE TAGLIE   

In seguito all’attentato ad Hogwarts avvenuto il Maggio di quest’anno, in cui è morto il ben noto preside della scuola, Albus Silente, sono stati identificati numerosi seguaci di Voldemort. Alcuni anche insospettabili. Ecco una breve lista, con taglie annesse, che il ministro in persona ha fornito al nostro giornale.   

Amycus Carrow: 2.000.000 galeoni.  
  
Alecto Carrow: 2.000.000 galeoni.    

Yaxley: 3.000.000 galeoni.    

Augustus Rookwood: 4.000.000 galeoni.     

Fenrir Greyback: 5.000.000 galeoni.     

Lucius Malfoy: 6.000.000 galeoni.    

Severus Piton: 8.000.000 galeoni.     

Antonin Dolohov: 10.000.000 galeoni.    

Rebastan Lestrange: 12.000.000 galeoni.    

Rodolphus Lestrange: 15.000.000 galeoni.    

Bellatrix Lestrange: 20.000.000 galeoni.    

Heather Potter: 30.000.000 galeoni.    

Una svogliata Heather Potter richiuse la gazzetta che teneva tra le mani e la lasciò sul tavolo. Aveva la taglia più alta persino di Bellatrix. Ora sarebbe stato difficile muoversi da lì. Quasi quasi avrebbe preferito che Voldemort conquistasse presto il ministero: almeno si sarebbe potuta muovere liberamente.  
 

Sentiva una sensazione orribile all’altezza del petto. Non lo avrebbe mai ammesso con nessuno, neanche con se stessa, ma sentiva la mancanza di qualcosa. Quando aveva detto a Caroline di scappare e non tornare più, aveva sentito un piccolo rumore all’altezza della corazza che aveva intorno a cuore.   

E quella crepa all’altezza del cuore si era intensificata quando disse quelle parole ad Harry. Le parole che sancirono definitivamente la rottura del loro rapporto. Per la prima volta nella sua vita, si rese conto di quanto avesse bisogno di loro. E ciò le procurava un vuoto nello stomaco.   

In quel momento si trovava al Manor dei Prince. Subito dopo la fuga da Hogwarts, in seguito all’omicidio di Silente, Heather si era data alla macchia. Nessuno nel mondo magico (neanche Voldemort, dato che si incontravano in luoghi sempre diversi) era a conoscenza del luogo esatto in cui si era rifugiata.   

In molti avranno pensato che avesse lasciato il paese, per non essere braccata dagli Auror. Ma non poteva farlo. aveva delle cose molto importanti da fare, ed era obbligata a rimanere in Inghilterra per poterle fare. Tanto al Manor Prince era al sicuro. Era stato posto un incantesimo di disillusione, uno anti babbano, uno anti intruso, uno anti smaterializzazione, vari incantesimi difensivi, e anche un incanto Fidelis.   

Non esisteva luogo più sicuro in tutto il paese (almeno dopo l’attacco ad Hogwarts). Stava pensando proprio a questo, quando un rumore in fondo all’ingresso non attirò la sua attenzione. Ironia della sorte, qualcuno stava cercando di entrare. In quel momento, Heather si maledì in mille lingue.   

Convinta di essere in una botte di ferro, aveva lasciato la sua bacchetta al piano di sopra. che stupida! Vero che era in grado di usare gli incantesimi anche senza arma. La sua capacità magica le permetteva di sconfiggere (senza l’utilizzo della bacchetta) ad un mago di media potenza. Ma non poteva sconfiggerne uno esperto.   

Stava ancora valutando il da farsi, quando la porta dell’ingresso si spalancò di botto. Senza avere il tempo di capire cosa stesse succedendo, e perciò poter reagire in qualsiasi modo, una figura nera le fu addosso.   

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Capitolo 4
*** Libro 1: il guerriero caduto ***


Stava ancora valutando il da farsi, quando la porta dell’ingresso si spalancò di botto. Senza avere il tempo di capire cosa stesse succedendo, e perciò poter reagire in qualsiasi modo, una figura nera le fu addosso.  

-Caroline?!- Domandò la Potter, ancora leggermente frastornata dall’abbraccio dell’altra. La Prince non le diede il modo di aggiungere altro, e la baciò con trasporto. Le era mancata in quelle settimane. Intanto il pitone di Heather, Samuel, strisciò lentamente fino ai loro piedi. Era stata la sua padrona a chiedere all’altra di poterlo portare con se.
 

-Queste sono due passaporta, me le sono fatte fare dal preside: la prima ti porterà direttamente dentro casa tua, in questo modo potrai salvare tua madre, mentre il secondo vi porterà entrambe fuori dalla portata di Bellatrix. Un luogo sicuro dove potrete stare per il momento. Ti chiedo solo di portare con te anche Samuel, qui non è più al sicuro- Le disse. Mentre le porgeva le due passaporte, una gomma da cancellare e un temperino, e le affidava Samuel, grosso serpente lungo 7 metri.  

-Cosa intendevi quando hai detto che non è più sicuro qui?- Le domandò la ragazza, non riuscendo però a trattenere una nota di gioia. Quella era la scuola di Hogwarts: non esisteva luogo più sicuro di quello. Non riusciva ancora a credere che Heather l’avesse appena salvata. Le sarebbe stata debitrice a vita.  

-Non posso spiegarti tutto, ma tra poco scoppierà il finimondo. Prendi queste passaporte e vattene. Ho fatto in modo che Bellatrix fosse lontana da casa tua, in questo momento. Appena sarò al sicuro anch’io, mi farò risentire- Le giurò l’altra e, senza aggiungere altro, le mise in mano la gomma e il temperino. Caroline sentì subito uno strappo all’ombelico e intorno a lei si fece tutto buio. In pochi secondi, l’ambiente di Hogwarts venne sostituito dal salotto di casa sua.  

In quel momento sapeva che a breve sarebbe scoppiato un putiferio, ed aveva preferito che Caroline (insieme a Samuel e sua madre) fossero il più lontano possibili da lì, al sicuro. Per un attimo aveva quasi pensato (temuto) che la ragazza, nel caso remoto in cui l’avesse rincontrata, la guardasse con uno sguardo carico di sospetto e odio.
 

In fondo, era pur sempre un assassina. Invece non le aveva dato neanche il tempo di aprir bocca, che le si era gettata tra le braccia. caroline intanto stava osservando l’altra ragazza: i suoi occhi erano luminosi dalla gioia. Anche lei aveva temuto di non poterla più vedere. Quando aveva letto ciò che Heather aveva fatto, il suo primo pensiero non era stato il fatto che Heather avesse ucciso qualcuno.  

Bensì il pericolo in cui si trovava in quel momento. Era stato faticoso convincere sua madre a darle il permesso di tornare indietro. La signora Prince, non era affatto convinta con l’idea della figlia di ritornare in Inghilterra (le due erano rimaste, quelle poche settimane, in una delle loro ville in Italia). E non le si poteva dare neanche torto, non dopo la tragica morte di Albus Silente, colui che era ritenuto l’unico mago in grado di tenere testa a colui che non deve essere nominato.  

Alla fine erano arrivate ad un compromesso: Caroline sarebbe tornata al Manor dei Prince e avrebbe continuato a frequentare Hogwarts, ma non avrebbe preso parte a nulla di pericoloso. Cassiopea non voleva che la sua unica figlia (ormai tutto ciò che le restava) corresse dei pericoli mortali. Soprattutto per il fatto che i Mangiamorte non le avrebbero fatto niente, essendo purosangue.  

-Non sai quanto mi sei mancata- Le disse l’ultima dei Price, diventando improvvisamente rossa di imbarazzo. Forse non era stata una buona idea quella di baciarla così, senza alcun preavviso. Vero che erano solo loro due (tre, se si includeva il grosso rettile che le osservava in silenzio), ma non gradiva ugualmente queste cose sdolcinate. Fu per questo che rimase parecchio sorpresa quando le rispose  

-Anche tu mi sei mancata- Le disse lei, senza alcuna emozione nel tono di voce, ma non riuscendo a nascondere del tutto un piccolo ghigno soddisfatto. Caroline divenne ancora più rossa di prima, provò a dire qualcosa, ma le fu impossibile perché le sue labbra entrarono nuovamente a contatto con quelle della compagna. Questa volta però non fu lei ad approfondire il bacio.
 

Intanto, a diverse miglia di distanza, Harry Potter era intento a guardare il cielo ormai buio di Privet Drive. Entro breve sarebbero arrivati i membri dell’Ordine della Fenice per portarlo via di lì. Non sapeva ancora in che modo, Malocchio (il capo della spedizione) lo avrebbe informato una volta sul posto.  

Poco prima aveva liberato la sua civetta Edvige. Aveva visto per alcuni secondi il bianco animale fluttuare nel cielo, un contrasto netto tra bianco e nero, per poi scomparire tra le nuvole lontane. Senza poterlo impedire, la sua mente corse a briglia sciolta, focalizzando un vecchio ricordo dell’estate di 5 anni prima.  

-Adesso sono veramente stufo!- Ruggì Harry. Non potevano andare avanti così. Era da più di un mese che sua sorella ignorava il problema.  

-Ti vuoi dare una calmata? Ti stai scaldando per un non nulla- Gli rispose lei, con tutta tranquillità. Era intenta a finire i compiti che le aveva dato il professore di pozioni, Severus Piton, e non aveva alzato la testa neanche per un momento.  

-Te lo giuro, Heather. La prossima volta, me lo cucino quel tuo stupido rettile- Sibilò Harry, in direzione del pitone della sorella. Samuel. Era ormai la terza volta che succedeva, e soltanto nell’ultima settimana. Il pitone aveva tentato di mangiare Edvige, la civetta bianca del fratello.

Una volta ci era andato parecchio vicino. Se Harry fosse intervenuto anche solo un secondo dopo, non ne sarebbe rimasta neanche una piccola piuma.  

-Dovresti stare più attenta a quel pitone. È incredibile che gli zii mi obblighino a tenere Edvige in gabbia, mentre a te permettono di far scorrazzare quel coso liberamente per tutta la stanza- Disse, ancora parecchio arrabbiato. Decise poi di calmarsi, o almeno tentare.  

-Sappi una cosa, Heather. La prossima volta che succederà una cosa del genere, non ti farò più usare Edvige per mandare la posta… sono stato chiaro?- Domandò, cercando di mettere una nota dura nella voce. A quel punto Heather alzò, per la prima volta, la testa dai libri e lo guardò attentamente.
 
Era ritornato alla mente quando aveva discusso con Heather riguardo i loro animali. Non riuscì a trattenere un sorriso pieno di divertimento e di amarezza. Ancora una volta, senza poterne fare a meno, i suoi pensieri erano ricaduti sulla sorella. E ancora una volta non aveva potuto evitare di provare un intenso dolore all’altezza del cuore.  

Heather sobbalzò, improvvisamente sveglia. Aveva fatto di nuovo quell’incubo. Aveva sognato quella  voce che la chiamava, e tutto intorno a lei si faceva di un intenso colore verde. Scacciò via quegli strani pensieri e si guardò intorno: come diavolo era finita a letto? Non ricordava molto. Sul momento si sentiva un po’confusa.
 

Fu quando vide Caroline dormire beata accanto a lei (con i vestiti sparsi per la stanza), che ricordò cosa fosse successo poche ore prima. Con Caroline si era ormai lasciata andare. Aveva compreso chiaramente cosa provasse per lei, e la cosa la turbava non poco. Aveva deciso di allontanarsi dal fratello (per il suo bene). Non aveva senso legarsi in maniera profonda a qualcun altro.  

Si rivestì velocemente ed uscì dalla stanza, decisa a pensarci in seguito alla faccenda. Per il corridoio trovò Samuel. Sembrava quasi guardarla con un ghigno malizioso. Doveva sapere ciò che era successo poco prima in camera da letto. Da quando quell’essere strisciante aveva iniziato a prendersi certe libertà?  

-È arrivata proprio pochi minuti fa una lettera per lei, mia signora. È da parte del professore infiltrato tra i Mangiamorte- La informò il pitone, prima di strisciare via. Continuava a sembrare terribilmente divertito dalla cosa. Heather lo ignorò e si diresse al salotto. La lettera era stata lasciata da un gufo nero. Appena l’animale la vide, le porse la busta e volò via.  

Per Heather.  
Tuo fratello è appena partito con il resto dell’ordine da Privet Drive.  
I Mangiamorte gli hanno teso un imboscata.  
A breve ci sarà uno scontro. Sbrigati a raggiungerci.  
S.P.  

Era la fine. Ormai Malocchio lo sapeva. I suoi lunghi anni di esperienza non potevano sbagliare. Era giunta la sua ora. Appena erano partiti in volo dalla casa di Harry Potter, i Mangiamorte li avevano attaccati. Era un imboscata, qualcuno li aveva traditi. Grazie alla sua abilità in duello, era riuscito a schiantare due Mangiamorte in volo.  

Il terzo però (prima di essere schiantato anche lui) era riuscito a disarmarlo. A quel punto era sopraggiunto il signore oscuro in persona. Senza neanche usare una scopa (era in grado di volare senza) lo attaccò frontalmente. Moody non ebbe modo di difendersi. Un sortilegio lo aveva ferito gravemente ad una spalla e lo aveva gettato giù dalla scopa.  

Gli ultimi attimi furono molto confusi. Ricordò solo un forte dolore dovuto alla caduta, e il grosso pitone di Voldemort che si avvicinava a lui. Una fine assolutamente indegna.  

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Capitolo 5
*** Libro 1: il guerriero salvato ***


Era la fine. Ormai Malocchio lo sapeva. I suoi lunghi anni di esperienza non potevano sbagliare. Era giunta la sua ora. Appena erano partiti in volo dalla casa di Harry Potter, i Mangiamorte li avevano attaccati. Era un imboscata, qualcuno li aveva traditi. Grazie alla sua abilità in duello, era riuscito a schiantare due Mangiamorte in volo.

Il terzo però (prima di essere schiantato anche lui) era riuscito a disarmarlo. A quel punto era sopraggiunto il signore oscuro in persona. Senza neanche usare una scopa (era in grado di volare senza) lo attaccò frontalmente. Moody non ebbe modo di difendersi. Un sortilegio lo aveva ferito gravemente ad una spalla e lo aveva gettato giù dalla scopa.

Gli ultimi attimi furono molto confusi. Ricordò solo un forte dolore dovuto alla caduta, e il grosso pitone di Voldemort che si avvicinava a lui. Una fine assolutamente indegna.

Caroline si svegliò di soprassalto. Aveva avuto un incubo. Aveva sognato Heather allontanarsi per sempre da lei. poteva sembrare una cosa stupida, ma il suo cuore ancora batteva per lo spavento. Sicuramente quello sarebbe stato il suo incubo peggiore. Ormai aveva superato persino la sua fobia per i cani.

Si guardò lentamente intorno: dove diavolo era? Ma quando vide i suoi vestiti sparsi per terra e un grosso succhiotto all’altezza del collo, ricordò tutto. Il colore del suo viso assunse un colore da far invidia allo stemma dei Grifondoro. Ricordava tutto ciò che era successo con Heather… ed era stata una sensazione a dir poco favolosa.

Sin dal suo primo giorno di scuola, Caroline si era scontrata con la corazza di diamante che l’altra aveva intorno al cuore. Una corazza che permetteva soltanto al fratello di passare. Le altre sue compagne di Serpeverde (tra cui Pansy, Daphne e Millicent) erano state respinte da essa. Caroline invece ci aveva pazientemente scavato intorno.

E con gli anni era riuscita a farsi un posto tutto suo nel cuore della ragazza. Scosse la testa, con un sorriso sulle labbra. Chissà che fine aveva fatto Heather? Dopo essersi rivestita, scese al piano di sotto, pensando che la ragazza stesse da qualche parte a curiosare all’interno del Manor. Dirigendosi verso le scale, passò davanti alla sala dove era posto l’albero genealogico della famiglia Prince.

Si fermò un attimo sotto il grande dipinto e si mise ad osservarlo. Rimaneva sempre affascinata, di fronte a quella vista. Non le era mai interessato di essere Purosangue (esattamente come i suoi genitori), ma aveva sempre provato un moto di orgoglio ogni volta che guardava quell’arazzo. Si riscosse dai suoi pensieri ed iniziò ad osservare i vari nomi scritti sopra.

Marcus Prince, il nonno paterno di Caroline. Era stato (prima di morire nel 1979) un sostenitore della superiorità della razza Purosangue sui babbani. Era andato a scuola con Colui –che – non – deve – essere – nominato. Anche se era di qualche anno più grande. Appena i suoi occhi scesero giù, le si inondarono di lacrime.

Anthony Prince 1956 – 2004. Non passava giorno senza pensare a suo padre. Accanto a lui era posta la foto di sua madre. Cassiopea Prince, o un tempo Black, era l’ultimo genita di Cygnus Black. e sorella minore di Pollux, Marius e Dorea Black. Quest’ultima era la moglie di Charlus Potter, e madre di James Potter.

Cassiopea raccontava alla figlia sempre molti aneddoti sulla sorella maggiore. Era sempre stata il suo punto di riferimento, e l’orgoglio della famiglia Black. Caroline non faticò a capire da chi Heather avesse preso il suo fascino e il suo potere. Per un attimo faticò a trattenere una risata: lei era la zia di Heather.

Non potè proseguire per questo discorso, perché un rumore proveniente dal salotto al piano terra la fece sussultare. Chi era stato? Era stata Heather? Un po’ timorosa, ma con la bacchetta stretta in mano, la ragazza scese in fretta le scale. Per poco non le venne un colpo, quando vide la scena che l’aspettava al piano di sotto.

Heather, leggermente sudata, era appena entrata nel Manor, usando il collegamento via metro polvere del camino. Con l’ausilio della sua bacchetta, teneva un robusto corpo privo di sensi sospeso a qualche metro da terra. Quell’uomo le sembrava famigliare. Lo aveva già visto da qualche parte, ma dove?

Accanto ai suoi piedi, invece, vi era, raggomitolato su se stesso, l’enorme serpente della ragazza. Adagiato sulle sue spire, riposava una candida civetta delle nevi. Aveva un’ala rotta, ma per il resto sembrava in saluto. Un po’ stordita, Caroline si avvicinò alla ragazza e le chiese spiegazioni. Cosa diavolo stava succedendo?

-Ero stata avvisata da un informatore sicuro (o almeno spero per lui), che i Mangiamorte avevano intenzione di attaccare mio fratello, mentre abbandonava la sua (nostra) abitazione a Privet Drive. Sono sopraggiunta appena in tempo per salvare lui- Le disse la Potter. Solo in quel momento, Caroline capì chi fosse l’uomo fluttuante e privo di sensi. Alastor Moody, ex Auror ed ex professore di difesa contro le arti oscure.

A interrompere quel momento fu la porta della sala, che per l’ennesima volta si spalancò. Questa volta ad entrare fu uno strano uomo: era abbastanza robusto, ma la cosa strana erano la sua gamba ed il suo occhio, aveva una protesi di legno al posto dell’arto inferiore, che compensava con l’utilizzo di un bastone, e un occhio era sostituito da uno magico, che ruotava da tutte le parti.

-Incredibile! Quello è Alastor “Malocchio” Moody!- Esclamò Caroline, vicino a lei.

Alastor Moody, meglio noto come Malocchio Moody, era un ex Auror. Conosciuto da tutti come il migliore dell’ultimo secolo, ma anche come il più strambo. Dopo essere andato in pensione, l’anziano mago era diventato parecchio strambo e paranoico. Vedeva mangiamorte e maghi oscuri ovunque.

-Sono riuscito a salvarlo prima che morisse per le ferite da magia oscura che aveva ricevuto. Se vuoi la mia opinione, qui c’è il biglietto da visita di Voldemort- Disse Heather, facendo rabbrividire la Prince, al nome del potente signore oscuro. Intanto la ragazza sopravvissuta aveva recuperato, la civetta delle nevi e l’aveva poggiata sul tavolo al centro del salotto. Doveva essere la civetta di Harry: Edvige.

Era la fine. Ormai Malocchio lo sapeva. I suoi lunghi anni di esperienza non potevano sbagliare. Era giunta la sua ora. Appena erano partiti in volo dalla casa di Harry Potter, i Mangiamorte li avevano attaccati. Era un imboscata, qualcuno li aveva traditi. Grazie alla sua abilità in duello, era riuscito a schiantare due Mangiamorte in volo.

Il terzo però (prima di essere schiantato anche lui) era riuscito a disarmarlo. A quel punto era sopraggiunto il signore oscuro in persona. Senza neanche usare una scopa (era in grado di volare senza) lo attaccò frontalmente. Moody non ebbe modo di difendersi. Un sortilegio lo aveva ferito gravemente ad una spalla e lo aveva gettato giù dalla scopa.

Gli ultimi attimi furono molto confusi. Ricordò solo un forte dolore dovuto alla caduta, e il grosso pitone di Voldemort che si avvicinava a lui. Una fine assolutamente indegna… O almeno così credeva lui. infatti il grosso pitone che si stava avvicinando, non era affatto Nagini.

-Cosa facciamo di lui, mia signora?- Sibilò in Serpentese, il grosso rettile Samuel. Heather Potter rimase per qualche istante a guardare il corpo privo di sensi del vecchio uomo brizzolato. Non sembrava in pericolo di vita. O almeno non lo era ancora. Sarebbe stato meglio per lui ricevere al più presto delle cure mediche.

Dopo un rapido e superficiale intervento sulle sue ferite più gravi, usò un incantesimo di levitazione e si diresse lontano da quel punto. Non sia mai che qualche Mangiamorte (o peggio, Voldemort) scendesse dal cielo in picchiata per finire il lavoro con l’ex Auror. Fece per raggiungere il punto in cui si era materializzata, quando un sibilo di Samuel attirò la sua attenzione.

-Mia signora, portiamo con noi anche lei?- Le domandò il grosso rettile. Indicandole, con un gesto della coda, la candida civetta che giaceva a terra con un ala sanguinante. Heather si avvicinò ad Edvige (l’animale del fratello) e la guardò attentamente.

-È ferita, ma è ancora viva. Portiamo via anche lei- Disse la ragazza, facendo segno al suo animale di prendere la civetta del fratello. Una volta che tutti quanti furono vicini, Heather si smaterializzò nuovamente al Manor Prince.

-Caroline, avrei bisogno di un favore. Potresti dare un occhiata a questi due? Sono quasi sicura che Malocchio sia stato colpito da una maledizione oscura- La informò la ragazza, adagiando il corpo dell’uomo sul divano del salotto. Caroline, complice il suo desiderio di diventare Medimaga, era piuttosto abile nel prendersi cura dei feriti.

Ma non era tanto sicura di poter guarire ferita da incantesimi oscuri. In ogni caso, annuì e si apprestò a dare soccorso all’uomo. Mentre la Potter uscì dalla stanza, l’altra le rivolse di sfuggita un occhiata. Se n’era accorta. Aveva notato che Heather, da quando l’aveva rincontrata, era strana.

Sembrava in pensiero. Qualcosa la tormentava, ma non riusciva a capire cosa. Non le interessava la strada che avrebbe deciso di intraprendere. Qualunque cosa avrebbe fatto, lei l’avrebbe comunque appoggiata. Sperava solamente che qualunque cosa avesse, si sarebbe confidata con lei. Prima o poi lo farà… pensò speranzosa Caroline, prima di dedicarsi totalmente alle ferite del vecchio Auror. 

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Capitolo 6
*** Libro 1: l'orgoglio della famiglia Greengrass ***


Sembrava in pensiero. Qualcosa la tormentava, ma non riusciva a capire cosa. Non le interessava la strada che avrebbe deciso di intraprendere. Qualunque cosa avrebbe fatto, lei l’avrebbe comunque appoggiata. Sperava solamente che qualunque cosa avesse, si sarebbe confidata con lei. Prima o poi lo farà… pensò speranzosa Caroline, prima di dedicarsi totalmente alle ferite del vecchio Auror.

Il mal di testa di Harry non accennava a passare, tutt’altro. Ogni secondo che passava, si intensificare sempre di più. Si sentiva come colpito da una maledizione Cruciatus. Intorno a lui la situazione era a dir poco tesa. Non volava una mosca nel salotto della Tana, ma era palese l’angoscia dei signori Weasley e dei membri dell’Ordine.

George, il fratello di Ron, era rimasto ferito mentre scortavano Harry fino alla casa dei Weasley. invece Edvige e Malocchio Moody erano dispersi. Il vecchio Auror era stato visto precipitare giù dalla scopa, a causa di una maledizione di Voldemort. Tonks non riusciva a farsene una ragione e, insieme a Remus e Kingsley, si era diretta alla ricerca del suo corpo.

I Mangiamorte sapevano che lui sarebbe stato spostato quel giorno dalla casa dei suoi zii babbani. Era inutile girarci tanto intorno, la cosa era palese: qualcuno doveva averli informati. Questo significava che qualcuno delle persone vicino a lui lo aveva tradito… un’altra volta. Scosse il capo, e la voragine nel suo petto si fece nuovamente sentire.

La persona più cara a lui lo aveva pugnalato alle spalle. Non poteva più fidarsi ciecamente di nessuno. neanche di Hermione e Ron, neanche di… un rumore lo fece sobbalzare. Come un forte CRACK. Qualcuno si era appena smaterializzato nel cortile della Tana. Chi poteva essere?

Un’ora prima…

Il mal di testa di Astoria non accennava a passare, tutt’altro. Ogni secondo che passava, si intensificare sempre di più. La classica cena della famiglia Greengrass era in atto. Intorno a lei vi erano i suoi genitori e sua sorella Daphne, che mangiavano in maniera tranquilla e composta. Poteva sembrare tutto ok, se non fosse stato per il signor Greengrass, il padre di Astoria.

L’uomo, prima che gli elfi domestici servissero le prime pietanze, aveva informato la famiglia che aveva un importante annuncio da fare, un annuncio che riguardava Astoria. Il fastidio allo stomaco derivava proprio da questo: cosa poteva volere il padre da lei? aveva una bruttissima sensazione di disagio. Come se a breve avrebbe ricevuto una notizia orrenda.

-Vorrei avere la vostra attenzione per qualche secondo, per favore. Voglio informarvi di una notizia fantastica. Io e Lucius Malfoy ci siamo messi d’accordo proprio la settimana scorsa: domani firmeremo il contratto per il matrimonio, e tutto diventerà ufficiale. Sarai la moglie di Draco Malfoy- Disse il capofamiglia.

Mentre la signora Greengrass sembrava raggiante di fronte a quella “bellissima” notizia, Daphne sussultò. Il suo volto era diventato di un bianco pallido, quasi malato. Aveva temuto quella notizia da mesi. Anche se non era lei ad essere coinvolta nella faccenda, non poteva fare a meno di preoccuparsi per la salute della sorella.

Sapeva benissimo che Astoria non era come lei. Daphne aveva accettato (anche perché lo amava davvero) il matrimonio combinato con Blaise Zabini, ma la sorella era troppo combattiva e ribelle per poterlo fare. Da questo punto di vista poteva sembrare una Grifondoro. Inoltre non aveva affatto scordato la conversazione che avevano avuto l’anno precedente.

-Mamma e papà mi hanno detto che forse stipuleranno un contratto prematrimoniale con la famiglia Malfoy: a loro piacerebbe vedermi moglie di Draco. Ti rendi conto?!- Gridò l’ultima frase, con tono frustrato. Non voleva assolutamente sposare quello spocchioso figlio di papà. Daphne sbuffò e scosse la testa.

-Lo sai che vanno così le cose. Anch’io sono stata promessa all’erede dei Zabini e, una volta finita la scuola, dovrò sposarlo- Le spiegò la sorella maggiore. Quella non era una bugia, ma in realtà non era neanche una piena verità. Lei e Blaise si amavano, da almeno due anni, e lei aveva accettato il tutto solo per quello. In quel momento la colse un’illuminazione.

-Non sarai innamorata di qualcuno, vero?- Le domandò con tono da vera Serpeverde. Astoria alzò il capo fiera, ma non riuscì a nascondere il rossore sulle sue gote. Quella, per Daphne, fu praticamente un’ammissione in piena regola. Ammissione che le fece nascere un piccolo ghigno sul volto. Per un attimo l’ultimogenita fu tentata di negare, ma alla fine decise di dirle tutta la verità. In fondo lei era sua sorella, la sua confidente.

-Mi sono innamorata di Harry Potter- Disse tutto n’un fiato. Calò il silenzio, e il ghigno dal volto della bionda scomparve di colpo. Aveva sentito bene? Sua sorella si era invaghita del ragazzo sopravvissuto? Peggior nemico dei Serpeverde e gemello della regina delle serpi? Si tranquillizzò al pensiero che in ogni caso fosse una semplice infatuazione, e rispose

-Lascia perdere, Astoria. Non ne vale la pena. E poi, Potter non ti guarderebbe mai, sei pur sempre una Serpeverde- Le disse. Credeva che quelle parole avrebbero aiutato la sorella a comprendere che doveva lasciar perdere il tutto, ma servirono solamente a farla infuriare ancora di più. Come si permetteva di giudicarla?

-Sappi che io ed Harry stiamo insieme dall’anno scorso. E quest’anno non intendo più nascondere la nostra storia. Qualunque cosa diranno i nostri genitori, io non mi sposerò con Malfoy- Detto questo, Astoria uscì dalla stanza, lasciando un attonita Daphne senza parole.

Pregò mentalmente che la sorellina stesse buona e in silenzio, o che almeno non rivelasse ai suoi genitori la sua relazione che Harry Potter. Il bambino sopravvissuto. Il prescelto. Il nemico naturale di lord Voldemort. I Greengrass non erano Mangiamorte, ma non si poteva negare che fossero simpatizzanti della politica dell’oscuro signore.

Non per nulla, desideravano ardentemente che uno delle loro figlie sposasse il figlio di qualche membro di spicco all’interno della setta. Le alternative erano Theodore Nott o Draco Malfoy. A quanto pare, loro padre aveva fatto la sua scelta. Ma la situazione a quel punto precipitò. Le preghiere di Daphne non vennero ascoltate. Astoria non riuscì a contenere l’ira e parlò.

-Spiacente, ma io e il mio fidanzato Harry Potter non siamo d’accordo- Disse Astoria, con voce moderata ma carica di gelo, facendo cadere la stanza nel più completo silenzio. la sorella maggiore strinse gli occhi, non osava pensare a cosa sarebbe successo in quel momento. La madre rimase in silenzio, con sguardo orripilato, mentre il padre rimase impassibile… almeno apparentemente.

-Lasciatemi solo con Astoria- Disse il capofamiglia. Nonostante il tono non fosse stato severo, tutti avevano sentito la nota decisa. Il suo era un ordine ben mascherato da richiesta. La signora Greengrass uscì in fretta dalla sala, seguita a ruota dalla figlia maggiore. Daphne prima di uscire diede un ultimo sguardo alla sorella. Uno sguardo carico di affetto e dispiacere. A quel punto, padre e figlia rimasero soli.

-Tu sposerai il figlio di Lucius, Draco Malfoy. Questa è la mia decisione- Disse con un tono che non permetteva repliche, sicuro che la figlia non si sarebbe azzardata a controbattere. Daphne probabilmente no, ma Astoria era tutta un’altra cosa. Infatti, senza la minima traccia di paura, rispose al tono.

-Mi rifiuto di sposare Draco Malfoy, dato che sono già impegnata con un altro ragazzo. Questa è la MIA decisione- Disse lei, calcando bene sulla parola “mia”. Astoria non era una sciocca Grifondoro. Sapeva benissimo cosa sarebbe successo di lì a poco. Suo padre l’avrebbe torturata con la maledizione Cruciatus.

Ma in quel momento non le interessava. Non aveva alcuna intenzione di sposare Draco, e non intendeva separarsi da Harry (scacciò dalla sua mente il fatto che tecnicamente i due non stessero più insieme). E avrebbe fatto di tutto pur di non chinare il capo. Le sue previsioni purtroppo non furono errate.

Il padre, preso dalla fredda ira per essere stato contraddetto, la torturò con la maledizione Cruciatus per quasi un’ora. Se fosse stato abile quanto Bellatrix Lestrange, probabilmente  Astoria avrebbe rischiato di passare il resto della sua vita insieme ai coniugi Paciock: nell’ospedale Sanbuco, nel reparto psichiatrico.

Una volta che la più piccola della famiglia fu a terra agonizzante, l’uomo spalancò la porta e chiamò a gran voce la sua primogenita. Daphne corse velocemente, appena sentito il  richiamo paterno, rimanendo apparentemente impassibile quando, una volta entrata nel salotto, vide lo stato in cui riversava la sorella.

-Daphne, porta questa ingrata ragazzina nelle sue stanze: fai un incantesimo alla porta, in modo che non possa più ad uscire finchè non lo deciderò io- Ordinò il severo uomo alla ragazza bionda accanto a lui. Daphne annuì solamente, per poi usare un incantesimo di levitazione sulla sorella e portarla via.

Nella mente dell’uomo non era neanche passato il pensiero che la primogenita potesse disubbidire al suo ordine. Lei si che era una figlia modello. Quella sciocca di Astoria aveva rovinato il suo piano di ingraziarsi il signore oscuro. Infatti Greengrass era sicuro che il potente mago oscuro avrebbe a breve conquistato il mondo magico.

Sperava che Astoria potesse aiutarlo ad ingraziarselo. A quanto pare, doveva cambiare tattica. Così assorto nei suoi pensieri, quasi non si accorse che la moglie gli si era avvicinata. Il volto della donna sembrava allegro. Totalmente differente dall’espressione furente del marito. Cos’era quello sguardo? Non capiva la gravità della situazione? si domandò l’uomo.

-Cosa c’è di tanto divertente?- Le domandò infine, seccato dal suo atteggiamento allegro. La donna ignorò la sua domanda ed accentuò il suo sorriso. Trasformandolo in un vero e  proprio ghigno, carico di cattiveria.

-Sei furioso per la stupida scelta di nostra figlia. Ma a quanto pare non riesci a vedere il vantaggio che la cosa potrà darci- Disse la donna al marito. Quel nuovo colpo di scena era del tutto inaspettato, ma usato nel modo giusto, avrebbe permesso alla loro famiglia di entrare veramente nelle grazie dell’oscuro signore. 

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Capitolo 7
*** Libro 1: Astoria Greengrass ***


Sperava che Astoria potesse aiutarlo ad ingraziarselo. A quanto pare, doveva cambiare tattica. Così assorto nei suoi pensieri, quasi non si accorse che la moglie si era avvicinata. Il volto della donna sembrava allegro. Totalmente differente dall’espressione furente del marito. Cos’era quello sguardo? Non capiva la gravità della situazione? si domandò l’uomo.

-Cosa c’è di tanto divertente?- Le domandò infine, seccato dal suo atteggiamento allegro. La donna ignorò la sua domanda ed accentuò il suo sorriso. Trasformandolo in un vero e proprio ghigno, carico di cattiveria.

-Sei furioso per la stupida scelta di nostra figlia. Ma a quanto pare non riesci a vedere il vantaggio che la cosa potrà darci- Disse la donna al marito. Quel nuovo colpo di scena era del tutto inaspettato, ma usato nel modo giusto, avrebbe permesso alla loro famiglia di entrare veramente nelle grazie del signore oscuro.

Il signor Greengrass si voltò completamente verso la moglie, incuriosito dalle sue parole. Di cosa parlava? Cosa stava macchinando la sua mente da ex Serpeverde? Non dovette aspettare molto, perché la donna, notando la sua espressione interrogativa, si apprestò a rispondere.

-Il signore oscuro potrebbe usare questo fantomatico legame tra Astoria e il mezzosangue: pensa quali onori riceveremo, se riuscissimo a portargli il ragazzo su di un piatto d’argento- Disse lei, guardandolo con un sorriso ancora più diabolico. Un sorriso diabolico che spuntò anche sul volto del capofamiglia dei Greengrass.

-Potremo farci dire da lei dove si nasconde, e riferirlo poi al lord Oscuro- Rifletté lui, mentre la donna annuiva, pensando al loro futuro radioso. Intanto Daphne aveva riportato Astoria nelle sue stanze. Aveva poi recuperato una pozione che teneva nel suo piccolo studio. Quella avrebbe aiutato la sorella.

Tremava di rabbia. Giù nel salotto, era riuscita a controllare la sua rabbia, per fortuna. Come aveva potuto loro padre trattarla in quel modo? Così presa dai suoi pensieri, quasi non si accorse che Astoria aveva ripreso i sensi. La più piccola della famiglia aveva un dolore lancinante alla testa. Le ci sarebbero voluti giorni prima di guarire da quella brutta esperienza.

-Stai bene?- Le chiese la maggiore, con sguardo preoccupato. L’altra annuì, cercando di mettersi in piedi, anche se con estrema fatica. Non solo la testa, ma anche ogni singolo muscolo del corpo le faceva male. La sorella l’aiutò a rialzarsi e le passò un bicchiere d’acqua. Il saporaccio della pozione era veramente terribile.

-Devi andartene, Astoria. Devi lasciare questa casa, prima che i nostri genitori decidano di rinchiuderti qua dentro- Disse la bionda, lasciando l’altra senza parole. Perché le stava dicendo quelle cose? Cosa volevano fare quei due individui che osavano considerarsi i loro genitori? La sua mente volò inevitabilmente ad Harry. Li volevano separare in qualche modo?

-Sai benissimo anche tu, che per loro nulla è più importante dei guadagni che potrebbe ricevere la famiglia. Molto più importante di noi due. Cercherò di farti guadagnare del tempo. Intanto tu trova il modo di lasciare questa casa- Le disse Daphne, prima di uscire dalle sue stanze. Astoria rimase per qualche secondo senza parole.

Sua sorella non aveva mai preso le sue difese così apertamente. Sapeva che le volesse bene. In fondo, l’anno scorso aveva cercato di dissuaderla da una strada che avrebbe potuto farla soffrire. Ma non lo aveva mai dimostrato apertamente. A volte le persone, anche quelle che credevamo di conoscere come le nostre tasche, riescono a sorprenderci.

Scacciò via quel pensiero e si alzò dal letto. Per un attimo temette che le sue gambe non avrebbero retto. Il dolore causato dalla Cruciatus non sarebbe passato a breve. Velocemente afferrò la bacchetta che teneva sul comodino ed appellò i suoi vestiti normali. Quelli che aveva addosso, reduci dalla “cena elegante”, non erano adatti per ciò che intendeva fare.

Nel giro di pochi minuti, era pronta. Non le importava neanche delle torture che aveva subito. Ci avrebbe pensato quando, tra poco, sarebbe stata al sicuro. Con un secondo gesto della bacchetta, sciolse l’incantesimo che aveva posto al cassetto del suo comodino. Dentro aveva riposto un piccolo e ingiallito pezzo di carta. Un pezzo di carta molto importante. Un pezzo di carta che le avrebbe permesso di scappare.

-Tanto di cappello a te, contessina delle Serpi. Non avrei mai detto che fossi così coriacea- Le disse una voce. Si girò verso un cunicolo del corridoio e vide la più giovane della famiglia Weasley. Ginevra, Ginny per gli amici. Tra gli amici del suo ragazzo (perché ancora lo considerava tale, nonostante la sua testa dura), era quella con cui aveva parlato di meno.

In realtà, neanche con Ron ed Hermione aveva un così grande rapporto, ma con la ragazza di fronte a lei avvertiva una certa ostilità. Nonostante fossero quasi coetanee (Ginny aveva un anno in più di lei), non riusciva a sopportarla. Forse perché, cosa ormai risaputa anche nei sotterranei di Serpeverde, la giovane Grifondoro aveva avuto una cotta per il suo attuale compagno.

Era anche vero che ormai la ragazza si era lasciata alle spalle la sua cotta infantile (le sue storie con Michael Corner di Corvonero e con Dean Thomas di Grifondoro, ne erano una prova), ma da brava Serpe qual era, non intendeva abbassare la guardia di fronte ad una possibile rivale. Sobbalzò quando la ragazza, dopo averle poggiato una mano sulla spalla, le passò un pezzo piegato di pergamena.

-Ti tornerà utile, nel caso dovessi aver bisogno di un luogo dove stare. Stammi bene- Le disse, prima di andarsene verso la torre dei Grifondoro. Astoria rimase per qualche secondo ad osservare con sguardo spaesato, il punto in cui era scomparsa la ragazza. Sul foglio c’era scritto un indirizzo “Ottery St Catchpole, Devon, la Tana”.

Quello era il suo passaporto per la salvezza. Con uno sforzo maggiore, iniziò a correre fuori dalle sue stanze. La casa era a dir poco enorme, ma era meglio non far rumore: uno spillo che cadeva, avrebbe potuto fare un rumore udibile fino al piano terra. Non facendosi scoprire da nessuno, raggiunse il balcone che si affacciava verso il bosco.

Con un incantesimo LEVICORPUS riuscì ad atterrare sul suolo erboso, senza farsi alcun male. Il dolore però si faceva sempre più intenso. La vista cominciò a diventarle sempre più annebbiata. A breve avrebbe perso i sensi. Intorno a lei, i suoni divennero via via più distorti. Le parve di sentire delle grida. Per caso i suoi genitori si erano accorti della sua fuga?

Sinceramente non le interessava affatto. Il suo unico desiderio era raggiungere Harry e mettere da parte tutti i brutti avvenimenti, successi nelle ultime ore. Chiedendo un ultimo sforzo ai suoi nervi, uscì dalla barriera posta intorno a villa Greengrass e si smaterializzò lontano da lì. Destinazione: Ottery St Catchpole, Devon, la Tana.

Il mal di testa di Harry non accennava a passare, tutt’altro. Ogni secondo che passava, si intensificare sempre di più. Si sentiva come colpito da una maledizione Cruciatus. Intorno a lui la situazione era a dir poco tesa. Non volava una mosca nel salotto della Tana, ma era palese l’angoscia dei signori Weasley e dei membri dell’Ordine.

George, il fratello di Ron, era rimasto ferito mentre scortavano Harry fino alla casa dei Weasley. invece Edvige e Malocchio Moody erano dispersi. Il vecchio Auror era stato visto precipitare giù dalla scopa, a causa di una maledizione di Voldemort. Tonks non riusciva a farsene una ragione e, insieme a Remus e Kingsley, si era diretta alla ricerca del suo corpo.

I Mangiamorte sapevano che lui sarebbe stato spostato quel giorno dalla casa dei suoi zii babbani. Era inutile girarci tanto intorno, la cosa era palese: qualcuno doveva averli informati. Questo significava che qualcuno delle persone vicino a lui lo aveva tradito… un’altra volta. Scosse il capo, e la voragine nel suo petto si fece nuovamente sentire.

La persona più cara a lui lo aveva pugnalato alle spalle. Non poteva più fidarsi ciecamente di nessuno. neanche di Hermione e Ron, neanche di… un rumore lo fece sobbalzare. Come un forte CRACK. Qualcuno si era appena smaterializzato nel cortile della Tana. Chi poteva essere?

Harry, ignorando i richiami dei membri dell’Ordine, che lo intimavano di non uscire dalla casa prima di essersi assicurato che non ci fisse pericolo, corse fuori in cortile. In mezzo al buio potè scorgere un fagotto riverso a terra, proprio accanto all’orto della signora Weasley. Con passo felpato e bacchetta stretta nella mano, il ragazzo sopravvissuto si avvicinò alla sagoma. Una volta che fu abbastanza vicino per poterla scorgere bene, sbiancò di colpo.

-Astoria?!- Gridò il ragazzo sopravvissuto, prendendo tra le braccia il corpo privo di sensi della giovane Serpeverde. La prese in braccio, più delicatamente possibile. E avvicinò il volto al suo. Non dava segni di ripresa. Era priva di coscienza e non dava segni di vita. Il volto del ragazzo sopravvissuto perse ancor più colore di prima. Non poteva essere… non poteva accettarlo… Lei non poteva essere… 

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Capitolo 8
*** Libro 1: il testamento di Albus Percival Wulfric Brian Silente ***


Harry, ignorando i richiami dei membri dell’ordine, che lo intimavano di non uscire dalla casa prima di essersi assicurato che non ci fosse pericolo, corse fuori in cortile. In mezzo al buio potè scorgere un fagotto riverso a terra, proprio accanto all’orto della signora Weasley. Con passo felpato e bacchetta stretta nella mano, il ragazzo sopravvissuto si avvicinò alla sagoma. Una volta che fu abbastanza vicino per poterla scorgere bene, sbiancò di colpo.

-Astoria?!- Gridò il ragazzo sopravvissuto, prendendo tra le braccia il corpo privo di sensi della giovane Serpeverde. La prese in braccio, più delicatamente possibile. E avvicinò il volto al suo. Non dava segni di ripresa. Era priva di coscienza e non dava segni di vita. Il volto del ragazzo sopravvissuto perse ancor più colore di prima. Non poteva essere… non poteva accettarlo… lei non poteva essere…

I caldi giorni estivi continuavano a susseguirsi nell’accogliente Tana dei Weasley. erano successe un sacco di cose durante il trasporto di Harry Potter alla sua nuova sistemazione estiva. Ciononostante, le novità (belle o brutte) non erano finite lì. Qualche giorno dopo l’imboscata dei Mangiamorte, i membri dell’Ordine avevano ricevuto una soffiata anonima.

A quanto pare, Alastor Moody, creduto morto nel trasporto di Harry, era stato portato all’ospedale Sanbuco, in condizioni gravi. Nonostante il ragionevole dubbio, insicuri se poter ritenere affidabile una simile informazione, Tonks e Remus si diressero a controllare. A quanto pare, chiunque fosse stato a mandare la lettera via gufo, diceva il vero.

Alastor Moody era stato portato all’ospedale dei maghi proprio il giorno successivo alla sua presunta morte. qualcun altro, però, prima di portarlo lì, lo aveva medicato in maniera superficiale, permettendogli di sopravvivere fino all’arrivo in ospedale. Peccato che neanche i medici sapessero chi avesse portato lì il paziente. Che fosse stato lo stesso autore della lettera anonima?

L’Ordine brancolava nel buio, e Alastor, essendo ancora privo di coscienza, non poteva certo rispondere ai loro quesiti. Inoltre il matrimonio tra William “Bill” Weasley, il maggiore dei fratelli Weasley, e Fleur Delacure, la campionessa di Beauxbatons, si avvicinava. Ogni volta che Ron passava accanto alla futura cognata, diventava rosso come un peperone. Anche al loro primo incontro aveva avuto lo stesso effetto.

L’enorme donna, probabilmente la preside, andò a salutare il preside e si sedette accanto a lui. le studentesse invece si sedettero al tavolo di Corvonero. Una in particolare di esse sembrava attirare lo sguardo ti tutti i ragazzi presenti nella sala. Aveva dei capelli lisci e biondi, come l’oro, e gli occhi erano di un penetrante color ghiaccio.

Ma tutte quelle faccende erano del tutto futili agli occhi di Harry. Infatti il ragazzo, dal suo arrivo alla Tana, non si era più mosso dalla stanza situata nella soffitta: la stanza dove riposava Astoria. Appena Harry, giorni prima, tutto preoccupato, aveva portato un’Astoria priva di sensi, i membri dell’Ordine si erano adoperati per assistere la ragazza.

La giovane strega era stata torturata con la maledizione Cruciatus (la notizia aveva fatto vedere rosso ad Harry), fortunatamente non era in pericolo di vita. Però  riversava in gravi condizioni. Dopo una nottata intera a prepararle delle pozioni che le avrebbero attenuato i dolori dovuti alla maledizione, misero la ragazza a riposare in una delle stanze libere.

Dopo tutti quei giorni, l’ultima erede dei Greengrass non si era ancora risvegliata. Harry aveva passato tutto il tempo accanto a lei. Non lasciava quasi mai la stanza. Mangiava e dormiva li dentro. Non che dormisse molto, in effetti. Il suo sonno era sempre agitato e pieno di incubi: alla strana stanza rossa e all’ultimo incontro con la sorella, si erano aggiunti gli incubi su Astoria.

Immaginava ogni volta la ragazza che urlava sotto i colpi delle Cruciatus. Ogni volta doveva faticare per trattenere un conato. Era tutta colpa sua. Sapeva bene che sarebbe potuto succedere. Non erano chiari i particolari, ma non era necessario per capire cosa fosse successo: Astoria era stata punita per aver avuto una relazione con lui.

-Intendi ignorarmi anche qui, nonostante siamo solamente noi due?- Gli domandò Astoria, con un sopracciglio alzato e un tono di voce palesemente irritato. da quando il ragazzo l’aveva lasciata il giorno prima, con la giustificazione di non poter sopportare di metterla in pericolo, non avevano avuto più alcun confronto. Nonostante lei avesse tentato più volte.

-Ci siamo già detti tutto ieri. Non ho più nulla da dire- Le rispose con tono duro il Grifondoro. In realtà voleva interrompere la conversazione per paura di ritornare sui suoi passi. Non voleva mettere in pericolo Astoria, non se lo sarebbe mai perdonato. Ma la Serpeverde non sembrava in vena di dargliela vinta.

-In realtà, ieri hai parlato solo tu. Sappi solo una cosa: non so cos’hai in mente, probabilmente qualcuno dei tuoi assurdi piani che ti faranno rischiare la vita, ma noi due non ci siamo affatto lasciati, non per un motivo stupido come quello. Ci lasceremo solo quando lo deciderò io- Disse la giovane Serpe. E, senza lasciare il tempo ad Harry (rimasto senza parole) di ribattere, scese dalla torre e si diresse verso i sotterranei.

L’aveva lasciata per non metterla in pericolo con la sua presenza, ma era stato tutto inutile. Ormai anche lei ci era dentro fino al collo. Non avrebbe permesso più a nessuno di farle del male: chiunque avesse osato riprovare a fare del male, lo avrebbe ucciso. Solo in quel momento comprese ciò che gli aveva detto la Lestrange 2 anni prima.

-Per fare veramente del male, devi volerlo- Le disse quella notte al ministero. E aveva ragione. Così assorto nei suoi pensieri, quasi non si accorse che Hermione era entrata nella stanza. La ragazza, cercando di non disturbare il riposo della giovane purosangue, chiese ad Harry se poteva scendere un secondo in salotto. Ovviamente la risposta del ragazzo fu un secco e chiaro “no”.

-È venuto il ministro della magia in persone: voleva farci avere il testamento del professor Silente- Lo informò la ragazza, leggermente seccata dal tono sgarbato dell’amico, ma in parte comprensiva del suo stato d’animo. Harry si riscosse dalla sua apatia e si concentrò sull’amica: non si aspettava che il preside aveva lasciato loro qualcosa. La sua mente tornò, senza poterlo fare a meno, all’anno prima.

Ad un certo punto, proprio durante la cena, sul tavolo del salotto era comparsa, in una nube di fuoco, la fenice dei professor Silente. Fanny aveva stretto tra le zampe una lettera per i due ragazzi. Il preside sarebbe passato, fra due giorni, per consegnare loro il testamento di Sirius, e per parlare con loro anche di un’altra faccenda.

Il giorno in questione era infine arrivato. I signori Dursley erano seduti impettiti sul divano del salotto. Terrorizzati da ciò che poteva attenderli. Vernon e Petunia ricordavano bene il loro unico incontro con il vecchio mago, avvenuto circa quindici anni prima, e non era stata affatto una visita piacevole. Tutti e tre, compreso Dudley, sobbalzarono al suono del campanello.

I Dursley non si mossero, a differenza dei gemelli Potter che si affrettarono ad aprire. Harry guardò con la coda dell’occhio la sorella: aveva provato tutta l’estate a intavolare una conversazione con lei, ma tutti i tentativi erano andati a vuoto. Aperta la porta, si ritrovarono davanti un professor Silente parecchio sciupato, ma sorridente come sempre.

-Salve ragazzi. Mi fa piacere rivedervi. Come siete cresciuti in questi pochi mesi- Affermò, gioviale. In effetti i due Potter erano maturati molto in quei pochi mesi di lontananza dal castello. Harry si era alzato di alcuni centimetri, il suo viso era maturato, ed il suo fisico si era parecchio irrobustito. In parole povere, aveva ormai definitivamente abbandonato ogni tratto infantile, lasciando il posto ad un uomo maturo.

Anche Heather era cambiata durante quel periodo estivo. I suoi capelli, ben curati e sempre lisci (a differenza di prima che erano un po’ mossi), si erano allungati di qualche centimetro. Anche lei, come il fratello, si era fatta più alta. Le sue gambe erano più toniche e i suoi seni si erano fatto più grandi. Era a dir poco stupenda.

Harry arrossì lievemente, Heather invece non fece una piega (ovviamente). Non avevano mai avuto un rapporto confidenziale come invece aveva con il fratello. Non seppe mai dirsi il perché. Il preside, seguito dai due ragazzi, si diresse al salotto dei Dursley. I padroni di casa guardarono orripilati l’ospite, ma rimasero immobili e in silenzio. quando tutti furono seduti, l’uomo tirò fuori una pergamena e iniziò a parlare.

-In realtà, non ho molto da dire a riguardo: Sirius ha, ovviamente, lasciato tutti i suoi possedimenti esclusivamente a voi due- Cominciò a dire. Entrambi i gemelli cercarono di non pensare al padrino deceduto da poco.

Harry scosse la testa e si diresse, insieme ad Hermione, fuori dalla stanza. Avrebbe cercato di liquidare la cosa il più in fretta possibile: non voleva lasciare Astoria sola troppo a lungo. Intanto, a diversi chilometri di distanza, due ragazze pranzavano all’interno di un enorme maniero. Heather Potter e Caroline Prince.

Era l’elfo di casa Prince, ovviamente, a preparare i pasti e procurarsi gli ingredienti. Infatti le due ragazze non uscivano mai di casa. Sarebbe stato rischioso. In particolar modo per la ragazza sopravvissuta (alias: assassina di Albus Silente), dato che gli Auror ancora la cercavano per tutta l’Inghilterra.

All’improvviso, proprio al centro della tavola, divampò una lucente palla di fuoco.  Caroline sobbalzò per la sorpresa, e quasi cadde dalla sedia. Heather invece mantenne la sua solita aria fredda e impassibile: aveva capito subito cosa fosse, e non c’era nulla da temere. Infatti, quando le fiamme si dissolsero, comparve una leggiadra e maestosa fenice. Stretta nel becco teneva una lettera, con su scritto: testamento di Albus Percival Wulfric Brian Silente. 

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Capitolo 9
*** Libro 1: attesi risvegli ***


Intanto, a diversi chilometri di distanza, due ragazze pranzavano all’interno di un enorme maniero. Heather Potter e Caroline Prince.  

Era l’elfo di casa Prince, ovviamente, a preparare i pasti e procurarsi gli ingredienti. Infatti le due ragazze non uscivano mai di casa. Sarebbe stato rischioso. In particolar modo per la ragazza sopravvissuto (alias: assassina di Albus Silente), dato che gli Auror ancora la cercavano per tutta l’Inghilterra.  

All’improvviso, proprio al centro della tavola, divampò una lucente palla di fuoco. Caroline sobbalzò per la sorpresa, e quasi cadde dalla sedia. Heather invece mantenne la sua solita aria fredda e impassibile: aveva capito subito cosa fosse, e non c’era nulla da temere. Infatti, quando le fiamme si dissolsero, comparve una leggiadra e maestosa fenice. Stretta nel becco teneva una lettera, con su scritto: testamento di Albus Percival Wulfric Brian Silente.  

Rufus Scrimgeor, il nuovo ministro della magia, uscì in fretta e furia dalla Tana, per poi smaterializzarsi. Il vecchio uomo aveva appena avuto un’accesa discussione con il Prescelto. Con la scusa di portare al ragazzo i lasciti testamentali di Albus Silente, aveva tentato di parlare con il ragazzo, definito da tutti l’unico in grado di sconfiggere l’oscuro signore, insieme alla sorella.  

Sinceramente, il ministro ci credeva poco, soprattutto considerando ciò che la ragazza aveva fatto al loro mentore. Ma usare Harry Potter come pedina per dimostrare alla popolazione che collaborava con il ministero, avrebbe dato sicuramente i suoi frutti e avrebbe tranquillizzato i suoi elettori. Però la cosa non era andata come sperava.  

Il ragazzo aveva risposto con tono sprezzante al vecchio politico, negando la sua partecipazione. Facendo quasi scoppiare una lite nella piccola cucina. Scrimgeor scosse il capo. Sperò solamente che prima o poi il ragazzo si rendesse conto dell’aiuto che avrebbe potuto dare e sarebbe tornato sulle sue decisioni.  

Ma il ministro non era l’unico ad essere rimasto scosso. Anche il trio dei miracoli (Harry, Ron ed Hermione) stava riflettendo su ciò che era appena avvenuto: non solo sulla lite con il ministro, ma anche sugli oggetti che avevano appena ricevuto in eredità da Silente. Con loro grande sorpresa, anche Ron ed Hermione avevano ricevuto qualcosa. Nonostante non fossero così in confidenza con il defunto preside.  

Hermione aveva ricevuto un comunissimo libro di fiabe per bambini. Fiabe che qualsiasi bambino, cresciuto nel mondo magico, conosceva a memoria. Peccato che Hermione fosse cresciuta nel mondo babbano. In ogni caso, la strega più intelligente della sua generazione (con suo grande rammarico, subito dopo Heather Potter) era convinta che l’uomo le avesse lasciato quel libro per un motivo ben preciso. Ron aveva ricevuto, invece, il suo deluminatore.  

Tutto taceva nelle vie di Privet Drive. Il sole era ormai tramontato da alcune ore e tutti gli abitanti della zona erano nelle loro case a cenare. Le uniche eccezioni erano un gatto tigrato, che zampettava silenziosamente su un muricciolo, ed un anziano signore, vestito in un modo strano, con un paio di occhiali a mezzaluna e con una lunga barba bianca.  

Dopo essersi messo al centro della strada, l’anziano signore, tirò fuori dalla tasca uno strano marchingegno, che assorbì tutta la luce dei lampioni la presenti.  

Neanche quell’oggetto sembrava molto utile alla loro causa: trovare tutti gli Horcrux e uccidere Voldemort. E infine, Harry aveva ricevuto in eredità la spada di Grifondoro… o almeno era quella l’intenzione. Perché a quanto pare, non solo, secondo il ministro, non era consentito lasciare il manufatto magico in eredità, ma la spada era anche scomparsa.  

Nessuna sapeva che fine avesse fatto. I tre ragazzi rimasero in silenzio a riflettere su ciò che avevano saputo: un libro di fiabe, un deluminatore e la spada di Grifondoro (che comunque non possedevano). Silente li aveva voluti in qualche modo aiutare, fornendogli questi oggetti e degli indizi. Ma dovevano capire in che modo potessero aiutare.
 

Quasi sobbalzarono, quando la porta della cucina si spalancò di botto. Un agitata Molly Weasley era corsa da loro, in fretta e furia. I tre ragazzi si preoccuparono subito, vedendola così ansiosa. Soprattutto Harry, che ebbe un fastidioso e angosciante presentimento. Presentimento che venne confermato dalla matrona Weasley.
 

-Astoria si è risvegliata!- Esclamò felice. Anche Harry era sollevato dalla notizia, ma solo in parte. Perché, se da una parte era assolutamente felice dal fatto che la ragazza che amava aveva ripreso i sensi (temeva che non si sarebbe più ripresa da quella brutta esperienza), dall’altra era terrorizzato di avere un confronto con lei. Inoltre avrebbe voluto starle accanto quando riprendeva i sensi: dannazione! Ma non poteva risvegliarsi tra qualche minuto?  

Scosse la testa e, senza dire nulla a nessuno dei presenti, corse verso la camera dove Astoria stava riposando. Doveva parlarle assolutamente! Poi avrebbe anche potuto mandarlo al diavolo, ma doveva almeno concedergli la possibilità di poterle parlare. Con questi pensieri, arrivò di fronte alla porta della camera. Si fece coraggio, e bussò.  

Intanto, a diversi chilometri di distanza, per l’esattezza al Prince Manor, due ragazze stavano fissando la maestosa fenice che si era appena posata sul tavolo del salotto. La ragazza dagli occhi viola la guardava tra lo sbigottito e l’affascinato, mentre la giovane strega dagli occhi verdi aveva mantenuto la sua maschera di freddezza.  

La fenice posò sul tavolo la busta con su scritto “testamento di Albus Percival Wulfric Brian Silente”, e si andò a depositare su uno dei mobili al lato della stanza. Caroline continuò a guardare la creatura, mentre Heather si avvicinò alla lettera e la prese in mano. Appena la sfiorò, iniziò a cambiare forma e diventare un piccolo pacchetto quadrato.  

-Cos’è?- Le domandò Caroline, che ripresasi dallo spettacolo del particolare animale, si era concentrata sul piccolo pacco che l’altra aveva preso. Heather, senza rispondere alla domanda, aprì la piccola scatolina e tirò fuori l’oggetto che conteneva: un piccolo e vecchio boccino d’oro. La Prince si avvicinò per poterlo osservare meglio.  

-Boccino d’oro della partita Serpeverde – Grifondoro 1991. Cercatore: Harry Potter- Lesse ad alta voce ciò che c’era scritto su di un foglietto lì accanto. Quel boccino era lo stesso che era stato usato durante la prima partita del loro primo anno. Quella volta lei non assistette. Perse il match di Quidditch, ma non le interessò affatto.  

Heather pensò bene di concludere per quel giorno. Così prese il libro ed uscì dalla stanza, convinta che non ci fosse nessuno per i corridoi… si sbagliava.  

Un’imbarazzata Caroline la stava aspettando in fondo al piano. Heather si assicurò che la porta della stanza fosse scomparsa, prima di dirigersi verso di lei.  

-Non sei alla partita?- Domandarono in sincronia. Caroline arrossì vistosamente, mentre Heather non si scompose affatto.  

-Beh, mi stavo annoiando, e poi eravamo in vantaggio, perciò ho pensato che il risultato fosse scontato e sono tornata al castello- Le spiegò la ragazza. Heather annuì senza aggiungere niente.
 
-Visto che siamo solo noi, potremo parlare un po’?- Le domandò di botto. Heather fu sorpresa da questa richiesta ma poi, pensandoci per qualche secondo su, accettò. In fondo non aveva altro da fare.  
Le due ragazze chiacchierarono del più e del meno, senza entrare troppo nello specifico e o nella vita dell’altra. A parlare era in special modo Caroline, non era nel carattere di Heather il parlare troppo a lungo.  

Quel giorno aveva parlato per la prima volta con Heather. Era il suo ricordo più bello e prezioso. Quando doveva eseguire un Patronum, usava quel ricordo per evocarlo. Scosse la testa e mise momentaneamente da parte quei pensieri, per poi rivolgersi nuovamente ad Heather. Che intanto continuava a fissare attentamente il boccino.  

-Come mai il professor Silente ti ha lasciato quell’oggetto?- Le domandò. Caroline sapeva che Heather aveva ucciso Silente per suo ordine, glielo aveva rivelato proprio lei, ma non comprendeva in che modo potesse tornarle utile. Heather, in risposta, scosse la testa: neanche lei riusciva a capire cosa potesse significare quel gesto.  

-Avanti- Disse la voce debole ma melodiosa della piccola Serpe. Harry deglutì appena, ed entrò. La stanza, come del resto tutta la casa, era molto piccola: c’era appena lo spazio per un letto, un comodino e un piccolo armadio. Sul letto in questione, una seccata Astoria fissava il ragazzo sopravvissuto.  

La Serpeverde guardò il ragazzo con uno sguardo di fuoco. Era a dir poco estasiata di vederlo, ma la rabbia verso di lui, aveva offuscato qualsiasi altro sentimento. La gioia di rivederlo e la rabbia per ciò che le aveva detto alla fine dell’anno precedente, si dibattevano tra loro, e la ragazza non sapeva quale delle due far prevalere.  

Fu quasi tentata di urlargli contro tutta la sua rabbia. Voleva sputargli addosso tutta la sua rabbia e il suo dolore per essere stata mollata, tra l’altro per un motivo che trovava incredibilmente stupido. Si alzò in piedi, ignorando il dolore non ancora del tutto scomparso, e si preparò a tempestarlo di insulti. Lo amava, ma non l’avrebbe passata liscia così facilmente.  

Ma, quando fece per aprire bocca e sputargli addosso la sua stupidità, tutte le parole che fino a poco prima rimuginava nella testa scomparvero, lasciando spazio ad un profondo silenzio: Harry era appena scoppiato a piangere. Non riusciva a credere che stava per perderla. Se Ginny non le avesse dato quel foglio (la più giovane dei Weasley lo aveva informato qualche giorno prima), probabilmente sarebbe morta. Astoria rimase in silenzio, non sapendo cosa dire di fronte allo scoppio di emozioni del ragazzo.  

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Capitolo 10
*** Libro 1: il mondo nel caos ***


Fu quasi tentata di urlargli contro tutta la sua rabbia. Voleva sputargli addosso tutta la sua rabbia e il suo dolore per essere stata mollata, tra l’altro per un motivo che trovava incredibilmente stupido. Si alzò in piedi, ignorando il dolore non ancora del tutto scomparso, e si preparò a tempestarlo di insulti. Lo amava, ma non l’avrebbe passata liscia così facilmente.  

Ma quando fece per aprire bocca e sputargli addosso la sua stupidità, tutte le parole che fino a poco prima rimuginava nella testa scomparvero, lasciando spazio ad un profondo silenzio: Harry era appena scoppiato a piangere. Non riusciva a credere che stava per perderla. Se Ginny non le avesse dato quel foglio (la più giovane dei Weasley lo aveva informato qualche giorno prima), probabilmente sarebbe morta. Astoria rimase in silenzio, non sapendo cosa dire di fronte allo scoppio di emozioni del ragazzo.  

-Perdonami… Ti prego…- Disse il ragazzo, tra le lacrime. Sembrava piuttosto patetico, ma sinceramente non gli interessava affatto. Le gambe del ragazzo sopravvissuto cominciarono a tremare, e si gettò ai piedi della Serpeverde, rimasta senza parole. Non tanto per il gesto, ma perché aveva visto un sincero e profondo dolore negli occhi del ragazzo.  

-Ti perdono. Tu hai agito con le migliori intenzioni, nonostante sia stato un vero scemo. Ma mi devi giurare che non agirai più di testa tua, senza dirmi niente, e che non mi lascerai più- Gli disse la Greengrass, inginocchiandosi alla sua altezza e sollevandogli il capo con la punta delle dita. I loro occhi si incontrarono e Harry annaspò appena. Era già successo che qualcuno gli desse una seconda occasione per la sua stupidità.  

-So già quello che mi devi dire. E dato che sei l’unico parente che rimane (i Dursley non li conto neanche), sei… diciamo… perdonato. Ma sappi una cosa…- A quel punto si voltò verso di lui e lo guardò negli occhi. lo strato di ghiaccio che solitamente ricopriva superficialmente gli occhi della ragazza era scomparso, sciolto da un intenso calore. Adesso i suoi occhi sembravano incendiati. Harry istintivamente fece un passo indietro.  

-… Se dovessi avere altri sospetti e piuttosto che venirmene a parlare preferirai dare ascolto a qualcun altro, ricordati questo: io non concedo facilmente seconde occasioni… sono stata chiara?- Sibilò infine. Harry deglutì terrorizzato, ma fu abbastanza intelligente da annuire. Almeno aveva avuto il suo perdono, per riavere la sua fiducia gli ci sarebbe voluto ancora qualche mese.  

In quell’occasione maledì la sua stupidità mille volte. Aveva rischiato di perdere sua sorella per una sciocchezza… per poi perderla per un tradimento. Scosse la testa e si riconcentrò su di Astoria. Ormai sua sorella l’aveva persa per sempre. Guardò la ragazza negli occhi e disse con tutta la sincerità che possedeva.  

-Non ti lascerò mai più, te lo giuro- Le disse. E in qualche modo, Astoria comprese che le stava dicendo la verità. Quei suoi occhi così puri non potevano mentire. E senza aggiungere altro, i due si scambiarono un tenero bacio. “Sto diventando sempre più simile a una Grifondoro” pensò sconsolata la più piccola della famiglia Greengrass, ma non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso.  

Il matrimonio tra William Weasley e Fleur Delacure (ormai in Weasley) fu un susseguirsi di colpi di scena. La cerimonia venne svolta in maniera abbastanza tranquilla. Harry rimase tutto il tempo accanto ad una convalescente Astoria. Per evitare problemi, il ragazzo usò la pozione Polisucco per assumere una falsa identità: meno persone sapevano dove fosse, meglio era.  

Durante il rinfresco, il ragazzo sopravvissuto parlò con alcuni degli invitati al matrimonio. Victor Krum, vecchio campione di Durmstrang, e alcuni vecchi maghi, con il quale iniziò a scambiare qualche parola riguardo il defunto preside di Hogwarts. Questi maghi sembravano conoscere Silente da tempo, e in quel momento Harry non potè fare a meno di notare che lui sapeva poco o niente del suo vecchio mentore.  

Salutò il gruppetto di persone e si riavvicinò alla sua ragazza. Non voleva lasciarla troppo sola. Fu in quel momento che la situazione precipitò. Tutta la sala ammutolì, quando un Patronum a forma di lince corse al centro del tavolo imbandito. L’animale scomparve, lasciando posto ad una nube grigia. A quel punto una voce, che Harry riconobbe come quella di Kingsley, parlò.  

-Rufus Scrimgeor, il ministro della magia, è morto. Il ministero è caduto. I Mangiamorte stanno arrivando… scappate!- Recitò la voce del membro dell’Ordine. Appena la luce del Patronum scomparve, il caos più totale scoppiò tra gli invitati. Harry riuscì a vedere, prima che i Mangiamorte attaccassero, gente che correva verso le passaporte, o semplicemente si smaterializzava, o altri (i membri dell’Ordine) che si preparavano alla battaglia.  

Harry fece per aiutarli, ma prima che potesse afferrare la bacchetta, Remus Lupin lo aveva spinto verso gli altri ragazzi, gridandogli di scappare. Nello stesso momento, il licantropo tirò fuori la bacchetta e si mise a lottare contro un Antonin Dolohov appena sopraggiunto. Membri dell’ordine della fenice iniziarono a duellare contro i Mangiamorte, mentre gli altri ospiti iniziarono a fuggire.
 

Hermione, l’unica del gruppo di amici in grado di smaterializzarsi, prese in mano la situazione. fortunatamente, in vista di una partenza improvvisa (non a torto), aveva preparato i bagagli di tutti i ragazzi, rimpicciolendoli e inserendoli del suo marsupio. Si fece strada tra la folla e, non riuscendo ben a vedere davanti a se, afferrò le braccia dei suoi due migliori amici, prima di smaterializzarsi.  

Anche se la partenza era stata inattesa, era già tutto pronto da giorni: la caccia agli Horcrux aveva inizio. Sul momento, la Grifondoro non si era resa conto di aver portato con se un elemento in più. Solo quando si furono smaterializzati lontani dal giardino della tana, in una zona periferica di Londra, Hermione notò la presenza in più.
 

-Greengrass?!- Domandò scioccata, lei. anche Ron si voltò verso il punto dove stava guardando la ragazza e rimase stupito: Astoria, aggrappata al braccio del suo ragazzo, era stata risucchiata anche lei. La ragazza infatti, astuta Serpeverde, aveva capito già in precedenza il piano dei ragazzi. Proprio per questo, aveva fatto di tutto per non separarsi troppo da Harry.  

Non potendo parlare in mezzo alla strada, i quattro ragazzi andarono a rifugiarsi nel luogo più sicuro che avevano a disposizione. Grimmauld Place: ex sede dell’Ordine e attuale casa di Harry. Malocchio aveva apportato un incantesimo alla porta, in modo che Heather (l’unica oltre loro che fosse in grado di entrare), nel caso avesse provato a venire, sarebbe stata bloccata.  

-Ti rendi conto di ciò che hai fatto?! Questo non è un gioco per bambini!- Questa e molte altre frasi vennero urlate da Hermione, quella notte. La discussione tra la Grifondoro e la giovane Serpeverde andò avanti per ore. La prima continuava a dire che quel gesto era da veri irresponsabili e che venendo con loro, potrebbe rischiare di morire.
 

La serpe invece ribatté a tono, facendole notare che era più piccola di loro di soli due anni, inoltre, dato che era ormai di dominio pubblico la sua relazione con Harry Potter, rischiava molto di più tornando ad Hogwarts da sola. Hermione tentò di avere l’ultima parola, ma le difese dell’altra erano inattaccabili. In fondo aveva perfettamente ragione.  

Così i tre ragazzi, stanchi per la discussione e per la faticosa serata, decisero di andare a dormire. Hermione e Ron presero due stanze separate (in fondo, la casa era grande), mentre Astoria e Harry si stabilirono nella vecchia camera di Sirius. Il ragazzo sopravvissuto continuava a rimuginare su ciò che era successo: era felice di avere la ragazza accanto a lui, ma non poteva fare a meno di sentirsi preoccupato.  

-Quando sono scappata di casa, ho avuto giusto il tempo di prendere questo: è il mio bene più prezioso- Disse la ragazza, all’improvviso. Harry si voltò e vide tra le mani di Astoria un ciondolo fatto interamente in argento, con due gemme incastonate al centro. Non gli ci vollero più di due secondi per riconoscerlo.  

Nel giardino, ormai completamente innevato, dietro le mura del castello, una tranquilla Astoria era intenta a d osservare i fiocchi di neve che cadevano silenziosi sul terreno. Era una visione splendida. Tutto quel manto bianco che la circondava venne offuscato da un ombra nera. Qualcuno le aveva posato le mani sugli occhi.  

-Indovina chi sono?- Le domandò una voce che ormai, da lì ad alcuni mesi, aveva imparato a riconoscere. Con uno sbuffo divertito, alzò gli occhi al cielo (anche se non poteva vedere niente), e rispose  
-Uno scemo- Disse con un ghigno. Harry le tolse le mani dal viso e fece una finta smorfia offesa. Ormai era diventato un rito il loro: punzecchiarsi era diventato un passatempo davvero piacevole. In fondo, come diceva scherzosamente Astoria, veniva naturale insultare Harry.  

Nessuno dei due chiese all’altro dove fosse stato fino a quel momento. Entrambi avevano i propri segreti, e nessuno dei due voleva mettere l’altro in una situazione scomoda, così facevano finta di nulla. A rompere il silenzio fu Harry che, dopo aver afferrato un cofanetto dalla sua tasca, glielo porse alla ragazza  

-Ecco un pensierino per Natale. Scusami se te lo regalo adesso, ma dato che per natale non potremo vederci, questo era il momento più adatto- Le disse, mentre la Serpeverde apriva il cofanetto. All’interno vi era un ciondolo d’argento con due pietre incastonate sopra: un rubino e uno smeraldo. Era a dir poco bellissimo. Senza neanche rendersene conto, i due ragazzi si ritrovarono con le labbra a pochi centimetri di distanza. Distanza che i due colmarono all’instante.  

Quello non era il loro primo bacio, in quei mesi che avevano condiviso insieme si erano baciati già altre volte, ma quella volta era diverso. Più intenso. Più profondo. E ancora più meraviglioso che mai.  

Era il suo primo regalo. Senza poterlo impedire, sorrise allegro. I due ragazzi si avvicinarono, e Astoria poggiò la testa sulla spalla del fidanzato. Quella casa le piaceva particolarmente. Harry le aveva rivelato, appena messo piede lì, che fino a due anni prima era l’abitazione della famiglia Black. Prima che il suo padrino gliela lasciasse in eredità.  

-Mi piace particolarmente questa casa. un giorno potremmo venirci a vivere- Disse lei con aria distratta, come se avesse aperto quell’argomento casualmente. Harry spalancò un secondo gli occhi, preso in contropiede: non aveva affatto pensato  a quel particolare, lui amava la ragazza, e la cosa sembrava pienamente corrisposta.  

Il pensiero che avrebbero potuto, in un prossimo futuro, vivere insieme, non lo preoccupava affatto. Anzi, era un pensiero bellissimo. Con un piccolo sorriso, poggiò il capo sul letto, seguito a ruota dalla ragazza. Ne era sicuro: se fosse uscito vivo da questa guerra, sarebbe venuto a vivere con lei a Grimmauld Place.
 

-Chissà se i colori verde e rosso, e oro e argento si intonano? In fondo sono i colori degli alberi di natale- Constatò Harry, mentre Astoria sorrideva compiaciuta dall’idea. Non sarebbe stato affatto male. Ma una domanda le sorse nella mente: cos’era un albero di natale*? Dopo pochi minuti, i due ragazzi so addormentarono, stretti l’uno all’altro. Per la prima volta, dopo tanti mesi, il sonno di Harry fu tranquillo e privo di incubi.  


*Ho pensato che Astoria, essendo una strega di origini Purosangue, non possa sapere cosa sia la festività del Natale per i babbani. I Weasley sono “babbanofili”, per questo la festeggiano in questo modo.  

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Capitolo 11
*** Libro 1: mi fido di te ***


Il pensiero che avrebbero potuto, in un prossimo futuro, vivere insieme, non lo preoccupava affatto. Anzi, era un pensiero bellissimo. Con un piccolo sorriso, poggiò il capo sul letto, seguito a ruota dalla ragazza. Ne era sicuro: se fosse uscito vivo da questa guerra, sarebbe venuto a vivere con lei a Grimmauld Place.

-Chissà se i colori verde e rosso, e oro e argento si intonano? In fondo sono i colori degli alberi di natale- Constatò Harry, mentre Astoria sorrideva compiaciuta dall’idea. Non sarebbe stato affatto male. Ma una domanda le sorse nella mente: cos’era un albero di natale? Dopo pochi minuti i due ragazzi si addormentarono, stretti l’uno all’altro. Per la prima volta, dopo tanti mesi, il sonno di Harry fu tranquillo e privo di incubi.

Posò l’ennesimo tomo polveroso, con uno sbuffo che celava un profondo fastidio. Heather Potter stava rischiando di perdere la sua proverbiale pazienza. Solo il fratello, con una delle sue trovate a dir poco idiote o rischiose, finora era riuscito in quest’impresa. Ma, a quanto pare, anche quella ricerca stava per riuscirci.

Erano giorni che Heather, usufruendo della grande biblioteca della famiglia Prince, stava conducendo delle ricerche. Purtroppo però non era ancora riuscita  a trovare nulla che la potesse aiutare nel suo “progetto”. Era convinta di trovare qualche materiale di origine oscura nella biblioteca di un’antica famiglia Purosangue, ma così non fu. A quanto pare, la famiglia di Caroline era onesta come sembrava.

Caroline. Se almeno ci fosse stata lei, le avrebbe potuto chiedere aiuto e avrebbe trovato quello che cercava in molto meno tempo. Ma era stata proprio lei a convincerla ad andare via. Adesso non si poteva certo lamentare. Erano già passate diverse settimane da quando era partita. Era stato difficile persuaderla.

-Sei sicura?- Le domandò per l’ennesima volta. Ormai quello era diventato un rito quotidiano. Da una settimana a quella parte, ogni mattina appena sveglie, Caroline discuteva con Heather. Il giorno dopo sarebbe stato il primo settembre e, con grande sorpresa di tutti i maghi in età adolescenziale, Hogwarts sarebbe stata aperta anche quell’anno.

La cosa stupì non poco tutte le famiglie magiche della Gran Bretagna: in seguito alla morte di Silente (tra l’altro, da parte di una delle studentesse), avevano ancora intensione di tenere aperta la scuola? Tra l’altro, da quell’anno, la frequenza era diventata obbligatoria. Tutto cominciò a diventare più chiaro quando si venne a sapere il nome del nuovo preside: Severus Piton.

Il traditore dell’Ordine che pochi mesi prima aveva voltato le spalle a Silente per potersi schierare a tutti gli effetti tra le fila dei Mangiamorte. O almeno era quella la versione ufficiale. Ovviamente Heather aveva spiegato a Caroline la verità. Ossia che Piton, esattamente come lei, stava facendo finta di stare dalla parte di Voldemort per potersi muovere con maggiore libertà e poterlo distruggere.

Ma, in ogni caso, la situazione era chiara: Voldemort aveva preso possesso, come del ministero, della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Per questo motivo aveva imposto l’obbligo per tutti i giovani maghi di frequentare la scuola. In questo modo avrebbe potuto controllare completamente la nuova generazione di maghi.

Heather, comunque, non sarebbe certo andata: aveva progetti ben più importanti da portare a termine. Caroline anche non aveva intensione di partire quell’anno. Non che temesse ripercussioni. Era la cugina del nuovo preside, una strega Purosangue di nobile famiglia e compagna di Heather Potter, la regina Serpeverde che teneva in pugno tutti gli studenti della casa Verde argento, ma il suo problema era un altro. Non voleva abbandonare Heather durante la sua missione.

-Si, sono sicura, Caroline. Vai ad Hogwarts, li starai al sicuro, e non dovrò stare in ansia. Inoltre potrai tornare molto più utile di quanto lo saresti se rimanessi qui con me: mantieni unita la setta della serpe, ti affido il comando. Ci terremo in contatto con questo- Le disse porgendole un Galeone dalla strana forma.

Caroline ci mise alcuni istanti prima di riconoscerlo. Era lo stesso che il fratello della ragazza e il suo gruppo usava nel periodo che la Umbrige aveva preso possesso della scuola, in qualità di nuova preside. Scrivendoci sopra avrebbe potuto comunicare con lei, anche a lunga distanza. Un modo efficace per tenersi in contatto, senza rischiare di essere scoperti.

Ancora non sapeva quale comportamento avrebbero avuto gli studenti nei confronti di Heather. Anche se la Potter non sarebbe stata presente, aveva pur sempre ucciso il famoso preside di Hogwarts. Sicuramente gli studenti di Grifondoro (e forse anche le altre due case) avrebbero odiato ancora di più i Serpeverde.

Quell’anno non sarebbe stato una passeggiata neanche per lei, ma evitò di farlo notare all’altra. Sconsolata, conscia che non avrebbe mai convinta quella testa dura di Heather, annuì semplicemente. Hogwarts non sarebbe stata la stessa cosa, senza di Heather. Fece per riporre le ultime cose nel baule, ma venne richiamata nuovamente dalla Potter.

-Avrei anche un’ultima richiesta. Potresti conservare questo con te? In futuro potrà tornare utile. Mi raccomando, non aprirlo di fronte alle nostre compagne per nessun motivo- Le disse, porgendole un cofanetto, sigillato da un incantesimo. Caroline, nonostante fosse un po’ sorpresa, annuì nuovamente e depose l’oggetto dentro il suo baule.

Quella fu la loro ultima conversazione. Non l’aveva accompagnata alla stazione di King Cross. Non perché non volesse, ma Caroline aveva preferito così. Non sopportava i saluti, specialmente con lei. sarebbe stato ancora più doloroso del saperla lontana chissà dove per tutti quei mesi. Così Heather passò le seguenti settimane nel più totale silenzio. O quasi…

-Mia signora, se posso dire la mia, avrei un idea- Le disse Samuel, con voce serpentina. Essere rettilofona a volte le tornava utile. Il Manor dei Prince sembrava essere diventato uno zoo. Nel salotto sostavano, oltre il suo pitone Samuel, anche la civetta di Harry, Edvige, e la fenice di Silente, Fanny. Quest’ultima non si era più mossa da quando le aveva consegnato quel boccino.

Forse il vecchio pazzo le aveva ordinato di non allontanarsi da lei. In ogni caso, non erano affari suoi. Edvige invece l’aveva tenuta lì per ogni evenienza. In caso avesse dovuto mandare una lettera al fratello in via anonima. Scosse la testa e si riconcentrò sul suo rettile domestico, che intanto la guardava in silenzio. gli fece cenno di continuare, e lui parlò.

-Dato che la ricerca non sta dando i frutti sperati, forse dovreste cambiare biblioteca. Questa della famiglia Prince sembra del tutto sprovvista di materiale oscuro, probabilmente i genitori della signorina Caroline li hanno distrutti tutti. Magari nella biblioteca della famiglia Black sarà più fortunata, in fondo non avrà problemi ad accedervi- Le fece presente il serpente.

Heather rimase per alcuni istanti a soppesare le sue parole. In effetti aveva ragione. La famiglia Black era famosa per la sua passione per le arti oscure, inoltre entrare non sarebbe stato un problema. Lei era la legittima erede di quella casa, inoltre (quando aveva setacciato la mente di un comatoso Moody) sapeva benissimo quali fossero le difese poste, e come superarle.

Annuì in direzione del serpente e, senza aggiungere altro, uscì dal Manor, lasciandosi dietro il fidato animale. Non c’era bisogno di recuperare le sue cose, dopo avrebbe traslocato con calma e lasciato al sicuro i possedimenti di caroline. Appena fuori dai confini della casa di Caroline, si smaterializzò via. A breve avrebbe trovato il modo di creare il suo esercito oscuro. Pensò con un piccolo ghigno mal trattenuto.

Nelle fredde vie di Londra la gente camminava tranquillamente, senza badare a lei. probabilmente perché si trattava di babbani. Se ci fosse stato anche solo un mago nelle vicinanze, l’avrebbe subito riconosciuta. Ormai era diventata ancora più famosa, anche se in senso negativo. Dalla ragazza sopravvissuta era passata ad essere l’assassina di Albus Silente.

Paradossalmente, in quel momento era Harry a non poter girare liberamente dato che il ministero (ormai del tutto soggiogato dai Mangiamorte e da Voldemort) gli aveva messo una taglia sulla testa. In ogni caso, nessuno le si sarebbe avvicinata: fortunatamente aveva la sua capacità speciale, che l’avrebbe avvertita subito se un mago fosse in avvicinamento.

Mentre si sedeva al proprio posto e la partita iniziava, Heather potè percepire qualcosa di strano nell’aria.

Era una sua abilità molto particolare. Non l’aveva sviluppata di proposito, ma le si era incrementata man mano: riusciva a percepire le presenze intorno a se delle persone, in particolare de maghi, e poteva anche capire quanto fossero potenti. In mezzo a tutta quella confusione era difficile dirlo, però era convinta che ci fossero delle persone in mezzo alla folla che emanavano un energia strana.

Dopo pochi minuti, la Potter arrivò finalmente a destinazione. Di fronte a lei si ergevano gli edifici numero 11 e 13 di Grimmauld Place. Fu a quel punto che Heather ebbe un illuminazione: e se l’abitazione non fosse stata deserta? In fondo anche Harry era il legittimo proprietario, ed oltretutto era latitante, ricercato da tutto il mondo magico.

La ragazza scosse la testa, in ogni caso sarebbe dovuto entrare. Pensò intensamente al numero dodici, e magicamente, tra i due edifici, comparve l’accesso all’abitazione della famiglia Black: Grimmauld Place numero dodici. Prima di dirigersi per lo stretto corridoio, usò nuovamente il suo potere per controllare la zona. Ci aveva visto giusto: la casa non era disabitata. 

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Capitolo 12
*** Libro 1: punto di non ritorno ***


Dopo pochi minuti, la Potter arrivò finalmente a destinazione. Di fronte a lei si ergevano gli edifici numero 11 e 13 di Grimmauld Place. Fu a quel punto che Heather ebbe un’illuminazione e se l’abitazione non fosse stata deserta? In fondo anche Harry era il legittimo proprietario, ed oltretutto era latitante, ricercato da tutto il mondo magico.

La ragazza scosse la testa, in ogni caso sarebbe dovuta entrare. Pensò intensamente al numero dodici, e magicamente, tra i due edifici, comparve l’accesso all’abitazione della famiglia Black: Grimmauld Place numero dodici. Prima di dirigersi per lo stretto corridoio, usò nuovamente il suo potere per controllare la zona. Ci aveva visto giusto: la casa non era disabitata.

Come aveva sospettato, la casa era già occupata. Senza neanche pensarci, ormai era diventato un gesto incondizionato, tirò fuori la bacchetta dalla tasca e, pur tenendola con la punta verso il basso, si preparò ad usarla. Pochi maghi potevano vantarsi di poterle tenere testa in un duello. La casa non era affatto cambiata dalle uniche due volte che vi aveva messo piede. Sia l’ingresso che il quadro.

-Seguitemi. Questa è la sede centrale dell’Ordine della fenice. Un tempo era la dimora principale della famiglia Black- Spiegò il capogruppo. A quel nome, entrambi i ragazzi ricollegarono il tutto ad unica possibile persona: Sirius Black. Era stato lui a mettere a disposizione quella casa? Una volta superato il tunnel, i maghi si ritrovarono all’interno della casa vera e propria.

Ad Heather, l’aspetto ricordò incredibilmente la sala comune dei Serpeverde. Forse fu proprio per questo che, a differenza di tutti gli altri, che apparivano quasi infastiditi da tutto quel verde e quel lugubre buio, si sentiva a suo agio in quel luogo. Appena passarono di fronte ad un quadro di una donna vecchia e brutta, profondamente addormentata, Tonks sussurrò loro

-Quella è il ritratto della signora Black, non fate troppo rumore, altrimenti si sveglierà e comincerà ad urlare- Li informò lei. a passo felpato, superarono il corridoi con la vecchia donna e raggiunsero il salotto. Da dentro la porta della cucina si sentivano delle voci agitate. Alcune erano famigliari, altre un po’ meno.

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Nel più completo silenzio, Heather aveva raggiunto il punto della strada che divideva il numero 11 da numero 13 di Grimmauld Place. Concentrando i propri poteri, fece apparire la via magica che portava al numero 12: la vecchia casa della famiglia Black. L’ingresso, come del resto tutta la casa, era pieno di polvere e oggetti oscuri.

Dopotutto era la casa di un’antica famiglia purosangue Serpeverde. Una volta dentro, però, non si ricordò la regola più importante: non fare mai rumore all’ingresso di casa Black. Infatti, a causa dei suoi passi pesanti sul pavimento, il quadro di Walburga Black, Madre tanto odiata da Sirius, si risvegliò.

-CHI INVADE LA CASA DEI MIEI PADRI?! FECCIA MEZZOSANGUE! FUORI DALLA MIA CASA!- Cominciò a gridare l’orrendo ritratto della vecchia padrona di casa. In un’altra occasione, Heather lo avrebbe semplicemente ignorato o avrebbe usato la sua diplomazia per farla tacere, ma in quel momento era troppo stanza e irritata per fare una di queste cose.

La difesa posta da Malocchio all’ingresso della casa era molto scarsa. Qualunque mago di medio livello avrebbe potuto superarla. Con passo felpato, si accostò al muro, proprio vicino all’angolo da cui proveniva il potere magico. Era da solo e non sembrava forte. In ogni caso, meglio controllare. Con un gesto fluido del polso alzò la bacchetta e svoltò l’angolo, ritrovandosi faccia a faccia  con l’individuo misterioso.

-Kreacher!- Esclamò la ragazza, quando si ritrovò davanti il vecchio elfo domestico della famiglia Black. la piccola creatura sobbalzò, preso probabilmente alla sprovvista (non si aspettava di vedere la padroncina Potter), e fece per errore cadere un medaglione d’oro che teneva stretto tra le mani. fece per recuperarlo, tutto agitato, ma Heather fu più veloce.

-Cos’è questo? Un medaglione della famiglia Black?- Gli domandò la ragazza, rimirando avida il prezioso oggetto con sopra lo stemma della famiglia di appartenenza. Kreacher fu un po’ restio a risponderle, in fondo il padroncino Harry gli aveva chiesto di non farne parola con nessuno, ma lei era la padroncina. Non poteva disubbidire.

Così si mise a raccontare la storia dell’oggetto. Regulus Black, ex padrone e fratello minore di Sirius, aveva ordinato a Kreacher di prendere quel medaglione di sostituirlo con un altro, per poi distruggerlo. Il racconto era pieno di buchi e parecchio strano, ma Heather riuscì a comprendere a grandi linee la situazione: Regulus Black aveva trovato uno degli Horcrux di Voldemort e si era adoperato per distruggerlo.

Divenne più attenta però quando accennò ad Harry. Il fratello, a quanto pare, si era messo alla ricerca degli Horcrux, accompagnato dai suoi due inseparabili amici e da una nobile strega Purosangue della casa Serpeverde. Heather intuì che si trattasse di Astoria Greengrass. Le scappò un piccolo ghigno: l’ultima volta che l’aveva vista, non era stato un incontro piacevole. Almeno per lei.

In mezzo a tutto quel trambusto, nessuno si era accorto di due figure che correvano verso il portone del castello: Heather stava correndo fuori dalla barriera anti smaterializzazione, trascinando un ancora scioccato Draco Malfoy. Proprio quando furono a pochi metri dal portone, però, si ritrovarono una Serpeverde di loro conoscenza.

-Astoria!- Esclamò Malfoy. La sua voce continuava a tremare: non sapeva se essere terrorizzato più per se stesso o per la ragazza che aveva lasciato svenuta in mezzo a tutto quel casino. Ormai non sapeva più cosa pensare, voleva solamente addormentarsi e risvegliarsi il giorno dopo, scoprendo che quello appena successo era solo un brutto sogno.

-Draco!... Heather!... Cosa diavolo sta succedendo?!... ho trovato la Granger svenuta nella nostra sala comune, e poi questo casino!- Cominciò ad esclamare la giovane Serpeverde. Draco sobbalzò, sentendo quelle parole. Mandando al diavolo la prudenza, fece per chiederle se la Grifona stesse bene, ma Heather non gliene diede il tempo.
 
Con un rapido movimento del polso, tirò fuori la bacchetta e fece partire uno schiantesimo contro la compagna più giovane. Astoria non ebbe il tempo di capire neanche cosa stesse succedendo, che si ritrovò svenuta contro uno dei muri.

-Mio fratello è qui?- Domandò la Potter, scacciando via quei pensieri. Strano, non lo aveva affatto percepito. Ma prima che il piccolo elfo avesse il tempo di rispondere, un boato alle loro spalle lo interruppe. Successe tutto in pochissimi istanti. Si voltarono entrambi, attirati dal boato proveniente dal camino.

Dalle fiamme verdi della metropolvere erano appena uscite fuori quattro persone. Nessuno dei presenti ebbe modo di fare nulla. Appena i quattro individui (Harry, Hermione, Ron e Astoria) furono in mezzo al salotto, gli occhi dei due gemelli si incontrarono. Dopo diversi mesi, i due furono uno di fronte all’altro.

Tutto fu troppo veloce per poter percepire altro, ma per entrambi i fratelli Potter fu come se il tempo si fosse fermato… prima che i quattro fuggitivi scomparvero nuovamente, attraverso la smaterializzazione congiunta di Hermione. Per un secondo aveva rivisto il fratello, pensò Heather. Solo in un secondo momento si accorse di una presenza in più.

Qualcun altro aveva usato il passaggio della metropolvere per venire lì, e in quel momento si stava rialzando da terra. Con un fluido movimento del braccio, Heather alzò la bacchetta e lanciò uno schiantesimo contro l’individuo. Il mago, senza neanche rendersene conto, venne scaraventato contro il muro in fondo al salotto, e perse i sensi.

Guardandolo bene, Heather riuscì a riconoscerlo: Yaxley, uno dei Mangiamorte che lavorava al ministero. Non fu difficile rimettere insieme i vari tasselli del puzzle. Il fratello insieme al suo gruppo era andato al ministero, probabilmente aveva a che fare con la ricerca degli Horcrux, ma erano stati scoperti dalla vigilanza ed inseguiti da Yaxley. Tutto tornava.

Ma, vista la situazione, non poteva permettere al Mangiamorte di andarsene. Ormai l’incantesimo che proteggeva la casa era diventato inutile. Harry, prima di fuggire da Grimmauld Place, aveva per errore mostrato all’uomo dove fosse la loro sede. Heather si voltò verso uno stralunato Kreacher e gli prese il medaglione dalle mani.

-Questo mi tornerà proprio utile, te lo restituirò dopo. Adesso allontanati e torna solo quando te lo dirò io- Gli disse la Potter. La creaturina, ancora un po’ spaventata, annuì e scomparve con un sonoro CRACK. Ma Heather non se ne accorse neanche, era completamente concentrata sul Mangiamorte, che intanto stava riprendendo i sensi. Yaxley non ebbe il tempo di capire cosa stesse succedendo, che Heather aveva gli aveva già puntato contro la bacchetta.

-AVADA KEDAVRA!- Sussurrò la ragazza, senza la minima inflessione nella voce, e senza la minima esitazione. Il lampo di luce verde prese in pieno il mago oscuro, che con un tonfo cadde a terra. Privo di vita. Heather guardò il prezioso medaglione che teneva stretto nella mano sinistra e gli puntò contro la bacchetta.

Un qualcosa di evanescente uscì fuori dal petto della ragazza e si andò ad inserire all’interno del cimelio della famiglia Black. La Potter rimase a rimirarlo per alcuni istanti, nel più completo silenzio. L’oggetto che Kreacher aveva usato come sostituto, l’ultimo cimelio della famiglia Black, era diventato un suo Horcrux. In quel momento aveva raggiunto ormai il punto di non ritorno… per la seconda volta. 

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Capitolo 13
*** Libro 1: il serpente, la civetta e la fenice ***


-AVADA KEDAVRA!- Sussurrò la ragazza, senza la minima inflessione nella voce, e senza la minima esitazione. Il lampo di luce verde prese in pieno il mago oscuro, che con un tonfo cadde a terra. Privo di vita. Heather guardò il prezioso medaglione che teneva stretto nella mano sinistra e gli puntò contro la bacchetta.

Un qualcosa di evanescente uscì fuori dal petto della ragazza e si andò ad inserire all’interno del cimelio della famiglia Black. La  Potter rimase a rimirarlo per alcuni istanti, nel più completo silenzio. L’oggetto che Kreacher aveva usato come sostituto, l’ultimo cimelio della famiglia Black, era diventato un suo Horcrux. In quel momento aveva raggiunto ormai il punto di non ritorno… per la seconda volta.
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Proprio allora, con una velocità sorprendente, Heather tirò fuori la bacchetta dalla tasca e la alzò davanti a se. Al fratello gli si mozzò il respiro. Sembrava andare tutto a rallentatore. Per un attimo vide qualcosa nella sguardo della sorella. Non l’aveva mai vista così: sembrava una bestia feroce. A quel punto fu tutto molto rapido.

-AVADA KEDAVRA!- Disse Heather. Dalla sua bacchetta fuoriuscì un pulsante fascio di energia verde che investì in pieno Silente.

L’uomo, nel più completo silenzio, cadde giù dalla torre. I Mangiamorte (Bellatrix, Yaxley e Greybak) iniziarono  a gridare e a esultare.  Draco, ancora sconvolto e tremolante, venne afferrato per una spalla da Heather e trascinato per le scale, prima che qualcuno dell’Ordine potesse sopraggiungere.

Una volta lontana da Hogwarts, la Potter si mise a riflettere. Aveva combattuto contro il fratello, infuriato e desideroso di vendicarsi su di lei, ormai non poteva più tornare indietro. La sua strada era stata già tracciata, tanto valeva percorrerla fino in fondo. Dopotutto, se avrebbe voluto combattere ad armi pari contro il signore oscuro, avrebbe dovuto lottare nel suo stesso modo.

Tirò fuori dalla borsa, rimpicciolita tramite l’utilizzo della magia, l’oggetto che aveva sottratto qualche giorno prima dall’ufficio del preside. Aveva appena ucciso Silente, aveva appena compiuto il suo primo omicidio. Ormai la sua anima era stata mutilata, ora mancava soltanto il rito. Puntò la bacchetta contro il suo petto e fece uscire una particella della sua anima dal proprio corpo.

L’evanescente particella dell’animo di Heather cominciò a fluttuare lentamente, fino ad incastonarsi all’interno dell’oggetto che la ragazza teneva in mano. Aveva appena creato il suo primo Horcrux. Preparati, Voldemort, tra poco lotteremo ad armi pari. Pensò Heather con un ghigno malvagio.

Dopodiché, si avvicinò ad un ripiano, sempre con l’oggetto (ormai Horcrux) in mano e afferrò uno scrigno che teneva riposto lì. Inserì l’Horcrux li dentro e lo sigillò con un incantesimo. Ora doveva soltanto trovare un posto adatto dove conservarlo.

Quell’anno non sarebbe stato una passeggiata neanche per lei, ma evitò di farlo notare all’altra. Sconsolata, conscia che non avrebbe mai convinta quella testa dura di Heather, annuì semplicemente. Hogwarts non sarebbe stata la stessa cosa, senza di Heather. Fece per riporre le ultime cose nel baule, ma venne richiamata nuovamente dalla Potter.

-Avrei anche un’ultima richiesta. Potresti conservare questo con te? In futuro potrà tornare utile. Mi raccomando, non aprirlo di fronte alle nostre compagne per nessun motivo- Le disse, porgendole un cofanetto, sigillato da un incantesimo. Caroline, nonostante fosse un po’ sorpresa, annuì nuovamente e depose l’oggetto dentro il suo baule.

Heather continuò la sua ricerca nella biblioteca della famiglia Black. Aveva un buon presentimento a riguardo, era sicura che li avrebbe trovato ciò che cercava. Infatti, dopo una breve ricerca nel reparto di magia oscura (che occupava più di metà della biblioteca) riuscì a trovare i tomi che le servivano per portare avanti il suo progetto.

A quel punto, le rimaneva un solo problema da risolvere: a chi lo avrebbe affidato il suo progetto? Non poteva portarlo avanti lei, aveva altre cose da fare, ma non aveva nessuno di cui si fidasse. Forse convincere Caroline ad andare ad Hogwarts non era stata una buona idea. L’unico in quella, casa oltre lei, era Kreacher.

Il piccolo elfo in quel momento stava passando per il corridoio con al collo il medaglione che aveva reso un Horcrux. La sua anima non sembrava pesare alla piccola creatura. Heather si guardò distrattamente allo specchio posto accanto a lei: il suo volto era diventato leggermente più pallido, mentre le occhiaie, già costantemente presenti, si erano fatte più marcate.

Probabilmente solo chi la conosceva bene avrebbe potuto notare la differenza. Ma era innegabile che il suo aspetto fosse, per quanto leggermente, cambiato. A detta sua, le dava un fascino sinistro. Scosse la testa, e si riconcentrò sul suo problema. Cominciò a girare per la stanza, con aria pensierosa.

Dopo aver ucciso Yaxley e aver fatto sparire il suo cadavere, aveva provveduto a spostare tutte le sue cose dal Prince Manor a lì. Il suo baule, i suoi oggetti personali, la sua scopa volante, l’eredità lasciatale da Albus Silente e… Heather sobbalzò. Realizzò solo in quel momento che aveva degli assistenti a cui affidare il compito di portare avanti la ricerca.

Afferrò la bacchetta e scese al piano di sotto. Le sarebbe servito un incantesimo molto complesso e potente per quello che aveva in mente, ma nulla era impossibile per lei. entrò nel salotto e si guardò intorno. Coloro che le servivano, erano in fondo alla stanza.

-Ecco qui. Questo è tutto ciò che vi potrà servire per il progetto che sto portando avanti. Mi fido di voi, spero di non star facendo un errore- Disse la Potter, guardando i tre individui di fronte a lei. la figura a destra era una stupenda donna, molto giovane, non dimostrava neanche trent’anni. i suoi capelli erano setosi e rossi, dello stesso identico colore del suo lungo ed elegante vestito. I suoi occhi scuri osservavano attenti la ragazza di fronte a lei.

La figura a sinistra del trio, invece era una bambina un po’ bizzarra. Era piuttosto bassina, la pelle chiara e i capelli bianco neve. Il suo naso era leggermente sporgente, ma la maggior particolarità erano i suoi occhi: erano di un innaturale color ambra. Sembravano quelli di un rapace. Il braccio dentro era stretto in una fascia, segno che probabilmente fosse slogato.

Al centro c’era, invece la figura di un semplice bambino. Aveva dei vestiti di colore verde, cambiavano solo le tonalità tra un capo ed un altro. Il suo viso era pallido, seppur non come la bambina accanto a lui, i capelli erano invece mossi e di una tonalità tendente al ramato. Sarebbe potuto passare per un semplicissimo bambino di circa otto anni, se non fosse stato per alcuni particolari.

I suoi occhi erano di un inquietante color topazio, mentre le sue pupille (invece che due sfere nere) avevano la forma sottile ed allungata. Anche la lingua, che teneva fuori dalla bocca, sembrava troppo lunga per essere umana. Per un motivo o per un altro, quei tre individui avevano qualcosa di strano.

-Mia signora, sapete che potrete sempre contare su di me- Disse il bambino, facendo un lieve inchino ad Heather. Dall’intonazione infantile, era fuoriuscito solo un sibilo: il ragazzino aveva appena parlato Serpentese. La bambina e la donna accanto a lui lo osservarono in silenzio. Non vi era un accenno di emozione nei loro volti.

-Lo so, Samuel. Spero che la stessa cosa valga anche per voi- Disse la Potter in direzione di Edvige e Fanny. Era stato parecchio difficile utilizzare l’incantesimo inverso degli Animagus, non una, ma ben tre volte. Questo aveva però permesso ai tre animali che Heather teneva in casa di diventare esseri umani. Molto più utili per la situazione.

-Per me non c’è alcun problema. Salvo la vicinanza con quest’individuo che una volta ha tentato di mangiarmi- Disse con voce sarcastica, Edvige. Faceva una strana impressione sentirla parlare. Aveva a tutti gli effetti il tono di una bambina, in fondo era una civetta molto giovane per la sua età. Non era difficile capire a quale episodio si riferisse.

-Adesso sono veramente stufo!- Ruggì Harry. Non potevano andare avanti così. Era da più di un mese che sua sorella ignorava il problema.

-Ti vuoi dare una calmata? Ti stai scaldando per un non nulla- Gli rispose lei, con tutta tranquillità. Era intenta a finire i compiti che le aveva dato il professore di pozioni, Severus Piton, e non aveva alzato la testa neanche per un momento.

-Te lo giuro, Heather. La prossima volta, me lo cucino quel tuo stupido rettile- Sibilò Harry, in direzione del pitone della sorella. Samuel. Era ormai la terza volta che succedeva, e soltanto nell’ultima settimana. Il pitone aveva tentato di mangiare Edvige, la civetta bianca del fratello.

Una volta ci era andato parecchio vicino. Se Harry fosse intervenuto anche solo un secondo dopo, non ne sarebbe rimasta neanche una piccola piuma.

-Dovresti stare più attenta a quel pitone. È incredibile che gli zii mi obblighino a tenere Edvige in gabbia, mentre a te permettono di far scorrazzare quel coso liberamente per tutta la stanza- Disse, ancora parecchio arrabbiato. Decise poi di calmarsi, o almeno tentare.

-Sappi una cosa, Heather. La prossima volta che succederà una cosa del genere, non ti farò più usare Edvige per mandare la posta… sono stato chiaro?- Domandò, cercando di mettere una nota dura nella voce. A quel punto Heather alzò, per la prima volta, la testa dai libri e lo guardò attentamente.

-Questo sarebbe un ricatto, per te? Ti devo ricordare che non abbiamo ricevuto neanche una lettera da quando sono iniziate le vacanze?- Gli chiese, con aria tagliente. A quelle parole, la stanza cadde in un imbarazzante silenzio.

Nessuno dei due aveva ricevuto un messaggio da uno dei suoi amici. Harry era rimasto parecchio deluso: si aspettava che Hermione e Ron lo avrebbero tempestato di lettere, ma così non era stato. Aveva aspettato per settimane di vedere dalla finestra un gufo, ma inutilmente.

Anche Heather era rimasta un po’ seccata, anche se non lo avrebbe ammesso, neanche sotto tortura. Al ritorno da scuola, sull’espresso di Hogwarts, aveva scambiato con le altre ragazze Serpeverde (Pansy Parkinson, Daphne Greengrass, Millicent Bulstrode e Caroline Prince) il proprio indirizzo, in modo che si sarebbero potute sentire durante l’estate. In realtà Heather non era molto eccitata all’idea di scrivere loro, ma era rimasta un po’ offesa dal  fatto che le altre non lo avessero fatto.

Passi pure Pansy, Daphne e Millicent che, come lei, non sprecavano molto del loro tempo su certe sciocchezze, ma da Caroline si aspettava almeno una lettera a settimana, era parecchio seccata dalla cosa. Ed anche, anche se non lo avrebbe mai ammesso, un po’ offesa.

-Lascia stare, tieni la gabbia del tuo uccellaccio in lato, lontano dalla portata di Samuel, così non ci saranno problemi- Liquidò la faccenda con queste semplici parole. Harry fece per aggiungere altro, rosso di rabbia ed indignazione, ma la sorella si alzò dalla sedia e si diresse verso la porta.

-Vado a farmi una doccia… meglio sbrigarsi prima che arrivi quel mezzo maiale di Dudley, e occupi tutto il bagno per 3 ore- Detto questo uscì, lasciando la stanza nel più completo silenzio. Harry tirò un sospiro.

Rimase per 15 minuti in silenzio ed immobile, poi guardò la civetta. Forse il suo consiglio non era poi così sbagliato. Prese la gabbia di Edvige e la mise sopra l’armadio: li sopra, quel serpente, non l’avrebbe potuta raggiungere.

Erano sempre stati degli spettatori, e a volte protagonisti, silenziosi tra le faide dei due fratelli Potter. Li avevano visti litigare, ridere, supportarsi reciprocamente… e dividersi. Heather distolse lo sguardo dai due “bambini” e si voltò verso l’unica figura adulta, oltre ovviamente lei, presente nella casa della famiglia Black.

-Posso fidarmi anche di te, Fanny?- Le chiese con un ghigno. In realtà sapeva già quale sarebbe stata la sua risposta. Silente le aveva ordinato di rimanere vicino alla ragazza, perciò non avrebbe potuto disubbidire. Infatti la Fenice annuì. Heather, soddisfatta, spiegò ai tre animali quale sarebbe stato il loro compito. 

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Capitolo 14
*** Libro 1: Godric's Hollow ***


Erano sempre stati degli spettatori, e a volte protagonisti, silenziosi tra le faide dei due fratelli Potter. Li avevano visti litigare, ridere, supportarsi reciprocamente… e dividersi. Heather distolse lo sguardo dai due “bambini” e si voltò verso l’unica figura adulta, oltre ovviamente lei, presente nella casa della famiglia Black.  

-Posso fidarmi anche di te, Fanny?- Le chiese con un ghigno. In realtà sapeva già quale sarebbe stata la sua risposta. Silente le aveva ordinato di rimanere vicino alla ragazza, perciò non avrebbe potuto disubbidire. Infatti la fenice annuì. Heather, soddisfatta, spiegò ai tre animali quale sarebbe stato il loro compito.  

Le secche e rosse foglie cadute dagli alberi avevano ormai riempito le varie viottole della zona. L’estate era passata da un pezzo, lasciando spazio a un freddo e tetro autunno. Il clima era stato fortemente influenzato dalla presenza dei Dissennatori che, da quando avevano abbandonato Azkaban ed erano passati dalla parte dei Mangiamorte, si erano moltiplicati.  

Ma questo ad Heather non interessava affatto. Era venuta lì per uno scopo preciso, e non solo. Le stradine del piccolo villaggio erano praticamente deserte. Gli abitanti babbani non potevano saperlo, ma quelli appartenenti al mondo magico ovviamente si: quel giorno cadeva una ricorrenza molto importante in quel luogo.  

Godric’s Hollow. La città di origini sua e del fratello gemello. Il 31 Ottobre di 16 anni prima, i coniugi Potter erano morti, lottando contro Voldemort. I suoi genitori si erano sacrificati per salvare loro la vita. Quel giorno cadeva quella ricorrenza. Heather scosse la testa: non doveva pensare a certe cose, era lì per un altro motivo.  

Adesso poteva dedicarsi totalmente ad aiutare il fratello nella ricerca degli Horcrux, senza che lui lo venisse a sapere, naturalmente. Il progetto di creare il suo esercito personale era stato affidato a Samuel, supportato dei suoi due “assistenti”. In quel momento si era già messo all’opera: era convinta che avrebbero fatto un ottimo lavoro.

-Qui c’è tutto quello che vi potrà servire. Ho esaminato da cima a fondo tutta la biblioteca della famiglia Black, recuperando ogni possibile elemento che avrebbe potuto aiutarvi. Ci sono domande?- Chiese Heather ai tre animali trasformati, ma in particolar modo a Samuel. Fanny ed Edvige erano rimaste indietro di qualche passo, mentre la Potter discuteva animatamente con il suo pitone.  

Samuel prese tra le mani i vari appunti che la sua padrona aveva racimolato, e si mise a sfogliarli con grande attenzione. Una volta terminato, li riposò in ordine sul tavolo del salotto. Gli sembrava un progetto parecchio pericoloso, ma la sua padrona sapeva sempre cosa faceva, perciò annuì semplicemente nella sua direzione, senza aggiungere altro.  

L’ex pitone gettò una veloce occhiata verso i suoi due futuri colleghi di lavoro. Non aveva fiducia in quei due pennuti, specialmente nella fenice del vecchio preside. Il rettile la considerava una sciocca oca moralista, esattamente come il suo padrone. Meglio mettersi a capo del progetto, lasciando le altre due all’oscuro della cosa. Sarebbe bastato far loro eseguire i suoi ordini, senza discutere.  

Samuel fece un cenno affermativo in direzione di Heather, come per rassicurarla sulle sorti del suo piano, la quale, senza aggiungere altro, scomparve  con un sonoro Pof di smaterializzazione. Il silenzio scese nella sala d’ingresso del maniero di Grimmauld Place numero 12. Samuel, dopo aver distolto lo sguardo dal punto in cui era appena scomparsa la sua padrona, si concentrò sugli appunti che teneva stretti tra le mani: allevamento proibito di Basilischi.  

Attraversò il piccolo villaggio senza essere notata da nessuno. O quasi. Un paio di ragazzini, vestiti già con dei costumi da mostro (pronti per il tanto atteso “dolcetto e scherzetto”) avevano osservato, con sguardo dubbioso e un po’ timoroso, la figura incappucciata che si aggirava per le strade ormai quasi buie del luogo.  

Probabilmente l’avranno scambiata semplicemente per una strana turista, oppure per qualcuno che come loro si era anticipato sul costume di Halloween. In fondo, tra poche ore, i bambini avrebbero cominciato a girare per le case a chiedere i dolci. Dopo aver attraversato diverse stradine deserta, la ragazza arrivò di fronte ad un cancello arrugginito.  

Davanti a lei c’era tutto quello che rimaneva della villa della famiglia Potter. Erano 16 anni che nessuno ci metteva più piede. Quello sarebbe stato sicuramente il luogo ideale dove lasciare l’indizio per il fratello. Usò un incantesimo di disillusione su se stessa, e poi entrò. Il giardino sembrava non venir curato da anni (le piante e i vari rampicanti erano diventati alti praticamente due metri).  

L’interno invece era ancora peggio. Tutta quella polvere, le varie ragnatele e i muri con l’intonaco che cadeva a pezzi, dava all’ambiente un tocco sinistro. Sembrava di essere in una casa infestata da fantasmi. Come quelli che se ne vedono spesso nei film horror che guardano i babbani. Non fu quello però ad attirare maggiormente l’attenzione della giovane strega.  

Posto su uno dei mobili nel salotto vi era una fotografia, con la cornice tutta impolverata. Delicatamente la prese e, dopo averla pulita, si mise ad osservarla. In quella foto era stato immortalato il secondo dei momenti più felici della vita di James e Lily Potter: il loro matrimonio. La loro gioia si poteva vedere benissimo.  

Intorno a loro vi erano gli amici più cari. Ad Heather scappò un piccolo ed impercettibile sorriso, quando vide Sirius e Remus guardare adoranti i due amici convogliare a nozze. Il sorriso divenne gelido, trasformandosi in un freddo sguardo carico d’odio, quando vide la piccola e disgustosa figura accanto agli altri “Malandrini”.  

Peter Minus, alias Codaliscia. Il sudicio ratto che aveva tradito i suoi genitori, dicendo a Voldemort dove si nascondevano. E purtroppo era anche il suo padrino. Lì accanto c’era invece la foto che raffigurava l’altro momento più bello della famiglia Potter: la nascita dei due gemelli. Due fagottini erano stati mosti su qualcosa, probabilmente un letto.  

Uno dei due si muoveva, piangeva e scalciava a più non posso. Non era difficile capire chi fosse dei due. Heather sbuffò divertita: già all’epoca la mandava al manicomio con le sue lamentele. Fortuna che non avevano audio. Ripose sul mobile anche quella secondo fotografia e afferrò dalla borsa il libro che aveva portato con se.
 

-Esatto, signorina Potter. Voldemort si è reso immortale creando 6 Horcrux. Tuo fratello Harry è riuscito a scoprirlo solo pochi giorni fa. Ha convinto, con un pizzico di astuzia, il professor Lumacorno a farsi consegnare il ricordo di quest’ultimo che ne parlava con un giovane Tom Riddle- Le disse il preside, bonario. Heather si sentì stranita, per un attimo.  

Perché non aveva chiesto a lei di indagare sul professor Lumacorno. Senza offesa, era più abile e astuta lei del fratello in certe situazioni. Forse anche il preside non si fidava di lei, perché era una Serpeverde. Comunque il professore andò avanti a spiegarle cosa fossero gli Horcrux. A quanto pare, Voldemort aveva diviso la sua anima in sette parti e l’aveva messa dentro degli oggetti specifici.  

-Io ed Harry ci stiamo occupando di distruggerli. Per il momento, stiamo a due, ma tra poco riuscirò a trovare anche il terzo. Tieni questo libro. Credo che ti tornerò utile. Lì vi è scritto come creare e distruggere un Horcrux- Le disse il preside. A quel punto, Heather fu ancora più confusa.  

Non riusciva a capire cosa tramasse il preside: prima non le diceva dei particolari del piano, poi le dava tra le mani la più grande tentazione di tutte le arti oscure.  

Ancora oggi non aveva idea di che cosa avesse avuto in mente il preside. Perché darle quel libro così oscuro? In ogni caso, ormai lo aveva imparato a memoria. In quel momento sarebbe servito sicuramente di più ad Harry. Il fratello non era a conoscenza in maniera specifica di cosa fosse in grado di distruggere gli Horcrux.  

Li era descritto tutto nel particolare. Come crearli, ma soprattutto come distruggerli. Lo pose sul mobile, proprio accanto alle due foto che poco prima stava guardando e poi vi applicò sopra uno speciale incantesimo di disillusione. Soltanto la persona designata (in questo caso Harry) sarebbe riuscito a vederlo.  

La Potter sperò in cuor suo che il fratello sarebbe passato di lì. Non be aveva la certezza assoluta, ma era sicuramente il luogo più probabile. Afferrò il mantello e, dopo essere riuscito dalla vecchia villa dei genitori, annullò l’incantesimo di disillusione. Si guardò intorno e si diresse dalla parte opposto da cui era venuta: prima di andar via, voleva far visita a due persone.  

-Che strano. Questa scena mi è famigliare- Heather riuscì ad intercettare questo strano pensiero. Ormai era diventata molto abile nella Leggimanzia (praticamente allo stesso livello di Severus Piton), perciò riusciva a leggere nella mente delle persone senza neanche utilizzare la bacchetta. L’origine di quel pensiero fu un vecchietto seduto su una veranda di una casetta dall’altra parte della strada.  

L’uomo aveva ricordato una scena avvenuta durante l’Halloween di sedici anni prima. Anche in quell’occasione, aveva visto una sinistra figura incappucciata che girava nei pressi dell’abitazione di fronte. I suoi ricordi erano fugaci e nebulosi, così Heather lasciò perdere e smise di tentare di leggergli la mente.  

A pochi passi dall’abitazione vi era il cimitero di Godric’s Hollow: era quella la meta di Heather. La ragazza si fermò di fronte ad una lapide con uno strano simbolo: le sembrava famigliare, ma avrebbe indagato in seguito. Ma proprio quando fece per compiere un altro passo si bloccò. Le sue gambe non volevano proseguire.  

Una strana sensazione, del tutto sconosciuta per lei, le attanagliò il petto. Paura. Da quel che ricordava, non l’aveva mai provata in tutta la sua vita. Non poteva “incontrarli”. Non ne aveva la forza. Non… Così. Scosse la testa, e ritornò sui suoi passi, dirigendosi fuori dal paese. Dandosi della sciocca per l’idea che aveva avuto.  

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Capitolo 15
*** Libro 1: il luogo più sicuro al mondo ***


A pochi passi dall’abitazione vi era il cimitero di Godric’s Hollow: era quella la meta di Heather. La ragazza si fermò di fronte ad una lapide con uno strano simbolo: l sembrava famigliare, ma avrebbe indagato in seguito. Ma proprio quando fece per compiere un altro passo si bloccò. Le sue gambe non volevano più proseguire.

Una strana sensazione, del tutto sconosciuta per lei, le attanagliò il petto. Paura. Da quel che ricordava, non l’aveva mai provata in tutta la sua vita. Non poteva “incontrarli”. Non ne aveva la forza. Non… Così. Scosse la testa, e ritornò sui suoi passi, dirigendosi fuori dal paese. Dandosi della sciocca per l’idea che aveva avuto.

Ottobre era ormai passato da diversi giorni, lasciando il posto ad un freddo novembre. Mentre per tutta la Gran Bretagna imperversavano battaglie tra Mangiamorte e maghi che tentavano di resistere al potente mago oscuro, tutti i maghi (o quasi) in età adolescenziale frequentavano la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.

Quell’anno neanche il millenario castello era un posto sicuro. Non che lo fosse mai stato del tutto, in fondo in quegli anni molti studenti avevano rischiato, per un motivo o per un altro, la vita. Ma quell’anno la situazione era letteralmente precipitata. Con la morte del professor Silente, avvenuta per mano di una studentessa, considerata da molti una delle poche speranza di sconfiggere Voldemort, la scuola era caduta in mano all’oscuro signore.

Il nuovo preside, che aveva sostituito Albus Silente, era Severus Piton: considerato ormai un Mangiamorte a tutti gli effetti. Mentre le cattedre di difesa contro le arti oscure e babbanologia erano occupate dai fratelli Carrow. Amycus e Alecto Carrow, due dei Mangiamorte più fedeli della cerchia di Voldemort.

Adesso insegnavano ad odiare i Babbani, mentre “difesa contro le arti oscure” si era trasformata semplicemente in “arti oscure”. Gli altri professori, nonostante i loro sforzi e i loro buoni propositi, potevano fare ben poco nella situazione in cui si trovavano. Anche le “gerarchie” tra gli studenti avevano subito un brusco cambiamento.

Quell’anno era particolare non solo per l’ascesa di Voldemort, ma anche per l’assenza di alcuni dei più influenti studenti dell’istituto. Il Golden trio (composto da Harry Potter, Hermione Granger e Ronald Weasley) accompagnato da Astoria Greengrass, e la regina delle serpi, alias Heather Potter, non erano presenti quell’anno ad Hogwarts.

L’esercito di Silente (noto anche come ES) era stato riformato, nuovamente in clandestinità ovviamente. A capo questa volta vi erano Ginny Weasley, Luna Lovegood e Neville Paciock. Il ragazza era molto maturato negli ultimi tempi, e non si faceva mettere più i piedi in testa da nessuno. con loro si erano aggiunta tutta la casa di Grifondoro insieme a qualche Corvonero e Tassorosso.

I restanti Corvonero e Tassorosso mantenevano un profilo basso e cercavano di non mettersi in mezzo, nessuno di loro voleva finire preda delle punizioni dei terribili Carrow. Per quanto riguardava la casa di Salazar, i vari studenti si erano divisi in diverse fazioni. Draco Malfoy, che era considerato fino all’anno precedente il principe delle serpi, non era più lo stesso.

Aveva smesso di prendere in giro chi lo circondava, aveva smesso di atteggiarsi con superiorità, aveva smesso di fare tutto. Chi non lo conosceva credeva che fosse a causa della sua situazione famigliare: i suoi genitori erano diventati lo zimbello dei Mangiamorte, e la loro sorte era letteralmente appesa ad un filo.

Chi invece lo conosceva bene (come Theodore Nott e Blaise Zabini) sapeva bene che il comportamento era dovuto all’assenza di una certa Grifondoro mezzosangue. Anche se il principe delle serpi non lo avrebbe mai ammesso. Ora Tiger e Goyle, dato che il capo era fuori dal giro, si erano messi a fare i bulli con chiunque. Diventando addirittura crudeli.

A comandare nei sotterranei, però, era sicuramente la setta della serpe. Da quando Heather aveva lasciato Hogwarts, era Caroline ad aver preso il comando del gruppo. Nonostante il suo carattere mite e gentile, era riuscita a guadagnarsi il rispetto della altre sue compagne. Daphne, Pansy, Millicent e Tracy erano entusiaste di lei.

La prima però era distratta anche da un altro pensiero. La sua amata sorellina minore, Astoria. Non la vedeva da quando, in seguito alla tortura che le aveva inferto il padre, era fuggita. Le notizie dicevano che era latitante insieme ad Harry Potter. Si augurava solo, in cuor suo, che fosse al sicuro.

Gli allenamenti non erano stati interrotti, in fondo non avevano problemi con la vigilanza (erano pur sempre delle Serpeverde) a differenza dell’Esercito di Silente, l’unico intoppo era stato ad inizio anno: dovevano trovare un luogo dove continuare i loro esercizi di magia difensiva, offensiva e oscura. La stanza delle necessità era stata esclusa.

-Ci siamo tutte, bene. Seguitemi- Disse la Potter, togliendo il suo incantesimo di disillusione. Le altre sobbalzarono per la sorpresa, tranne la Prince che invece si era aspettata una cosa del genere. in religioso silenzio, e senza che qualcuno le vedesse, il gruppo delle serpi raggiunse il settimo piano del castello.

La compagne rimasero nuovamente stupite quando videro la Potter far comparire un portone in mezzo al nulla. Ma rimasero in silenzio e la seguirono all’interno della stanza appena apparsa. L’interno era piuttosto buio, come la loro sala comune, ed era pieno di candele che emanavano una lugubre e fioca luce verde. Le tende erano nere, e il centro della stanza era completamente sgombro, se si esclude uno strano simbolo triangolare: probabilmente si poteva fungere da zone di esercizi. Quella sarebbe stata la loro sala riunioni.

-Vi ringrazio per esservi presentate. Se nessuno ha delle domande da fare, potremmo dare il via alla prima riunione del gruppo- Disse Heather con tono calmo ma autoritario. Caroline rimase in silenzio, probabilmente non aveva nulla da ribattere, però le altre tre confabulavano tra loro ed erano irrequiete.

Caroline non voleva rischiare di doversi incontrare con i Grifondoro. La camera dei segreti era anch’essa da escludere a priori. Non c’era nessuna tra di loro a saper parlare il Serpentese, perciò non c’era alcun modo per entrare.

Heather ci aveva visto giusto: la camera dei segreti era il luogo adatto se volevi esercitarti con degli incantesimi (proibiti ed oscuri), senza essere scoperto. Una volta entrata dentro il bagno delle ragazze, si era rivolta a Mirtilla Malcontenta. Aveva già incontrato il fantasma 5 anni prima, ma il loro dialogo era stato parecchio sbrigativo.

Nonostante si fossero viste pochissime volte ( e fosse passato un po’ di tempo) il fantasma riconobbe subito la ragazza. Ormai Heather non era più la bambina che faceva abbassare il capo a chiunque se la ritrovava davanti, adesso era una stupenda ragazza che faceva cadere tutti i ragazzi (e non solo) che si ritrovava davanti.

Era considerata persino più bella di Daphne, il che è tutto dire. Appena dentro il bagno, aveva chiamato a gran voce il fantasma piagnone. Mirtilla non sembrava troppo contenta della sua presenza. Magari preferiva la compagnia del gemello Grifondoro.

-Ciao Mirtilla. Sono venuta qui per un motivo preciso. Potrei chiederti un piccolo favore?- Domandò la Potter, attirando l’attenzione del fantasma, il quale aveva cominciato a guardarla con un sguardo interessato. La ragazza le chiese di poter fare da guardiano al lavandino (l’entrata per la camera dei segreti), in cambio le aveva comprato un piccolo regalino: uno specchio di diamanti, non sapeva cos’altro regalarle. In fondo, cosa può essere utile ad un fantasma?

-Mi hai regalato uno specchio?! Come faccio a tenerlo in mano? Sono un fantasma! Sei come loro! Tutti coloro che parlano a Mirtilla lo fanno solo per prenderla in giro, oppure per chiederle qualcosa- Cominciò a piangere e ad urlare ancora più forte di prima.

Heather sbuffò, spazientita. Se il tentativo di corruzione non aveva dato i frutti sperati, l’avrebbe minacciata. Aveva un modo molto efficace per minacciare un fantasma, in particolar modo lei. Le si avvicinò, con passi lenti e misurati, e dopo esserle arrivata ad un palmo dal naso le sussurrò piano in un orecchio.

Se fosse stata ancora viva, probabilmente avrebbe assunto un colorito cadaverico. Ciò che la Potter le aveva appena detto l’aveva a dir poco sconvolta. Il fantasma rimase in silenzio per qualche secondo, ancore paralizzata dalla paura, per poi annuire. Con un po’ di gentilezza si ottiene tutto. Pensò sarcastica, Heather.

Così, alla fine, l’ultima erede della dinastia Prince aveva optato per l’unica, seppur rischiosa, scelta rimasta: la foresta proibita. Era certamente un luogo pericoloso dove allenarsi, ma era anche l’unica scelta sensata rimasta. Lì nessuno avrebbe potuto scoprirli. I Carrow non ci mettevano mai piede, e il preside (alias suo cugino) l’avrebbe sempre appoggiata.

La madre aveva chiesto a Severus di badare alla figlia, e l’uomo non si sarebbe certamente tirato indietro di fronte a quella promessa. Per il resto del tempo, Caroline aveva una giornata piuttosto tranquilla. Le lezioni passavano tranquillamente per lei. essendo Purosangue, i Carrow non le facevano niente; ed essendo la compagna di Heather, neanche i suoi coetanei si azzardavano a toccarla.

Il resto del tempo invece, quando non era con le altre compagne, Caroline lo passava nella sua stanza a contemplare l’oggetto che Heather le aveva affidato. Si premurava sempre di osservarlo solamente quando non c’era nessuno nei dintorni. Era preziosissimo, la Serpeverde lo aveva capito subito, ma non era solo quello: emanava una strana e sinistra aura magica.

Fu proprio durante uno di quei momenti, mentre si metteva a rimirare il prezioso cimelio, che uno strano calore all’interno della tasca attirò la sua attenzione. Era il galeone incantato che la compagna le aveva lasciato. Caroline ripose con cura l’oggetto all’interno dello scrigno e tirò fuori la moneta comunicante che teneva nella tasca.

-Consegna l’oggetto che ti avevo affidato a tuo cugino. Fai in modo che nessun altro ti veda. H.P.- Così c’era scritto su una delle due facce del galeone. Caroline rimase leggermente confusa. Perché avrebbe dovuto consegnarlo a Severus? Eppure l’aveva avvertita che fosse un cimelio di valore inestimabile.

La Prince scosse la testa. Heather sapeva sempre ciò che faceva, perciò non aveva senso rimuginare su questa sua decisione. Tirò fuori la bacchetta e la puntò sullo scrigno. L’oggetto si rimpicciolì di colpo. Dopodiché, la ragazza uscì dal dormitorio, per raggiungere l’ufficio del nuovo preside.

Quell’anno non sarebbe stato una passeggiata neanche per lei, ma evitò di farlo notare all’altra. Sconsolata, conscia che non avrebbe mai convinta quella testa dura di Heather, annuì semplicemente. Hogwarts non sarebbe stata la stessa cosa, senza di Heather. Fece per riporre le ultime cose nel baule, ma venne richiamata nuovamente dalla Potter.

-Avrei anche un’ultima richiesta. Potresti conservare questo con te? In futuro potrà tornare utile. Mi raccomando, non aprirlo di fronte alle nostre compagne per nessun motivo- Le disse, porgendole un cofanetto, sigillato da un incantesimo. Caroline, nonostante fosse un po’ sorpresa, annuì nuovamente e depose l’oggetto dentro il suo baule.

Appena fu dentro lo scompartimento dell’espresso per Hogwarts, Caroline sigillò la porta e le finestre e, dopo essersi assicurata che nessuno fosse nei dintorni, si mise a rimirare l’oggetto all’interno dello scrigno. Una spada argentata e tempestata di rubini era stretta tra le mani della giovane Serpeverde. 

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Capitolo 16
*** Libro 1: neve rosso sangue ***


-Consegna l’oggetto che ti avevo affidato a tuo cugino. Fai in modo che nessun altro ti veda. H.P.- Così c’era scritto su una delle due facce del galeone. Caroline rimase leggermente confusa. Perché avrebbe dovuto consegnarlo a Severus? Eppure l’aveva avvertita che fosse un cimelio di valore inestimabile.

La Prince scosse la testa. Heather sapeva sempre ciò che faceva, perciò non aveva senso rimuginare su questa sua decisione. Tirò fuori la bacchetta e la puntò sullo scrigno. L’oggetto si rimpicciolì di colpo. Dopodiché, la ragazza uscì dal dormitorio, per raggiungere l’ufficio del nuovo preside.

Ormai un alto strato di neve fresca aveva ricoperto completamente le strade della Gran Bretagna, sostituendo la moltitudine di foglie, cadute in seguito alla stagione autunnale. Ciò dava al paesaggio un tocco di allegria e tranquillità. Ovunque tranne che nei dintorni della terribile ed oscura fortezza di Nurmengard.

Fino a mezzo secolo prima, quel luogo era l’epicentro del potere del signore oscuro più potente dell’epoca: Gellert Grindelward. Ex-migliore amico, ex-compagno e ex-amante di Albus Silente. Fu proprio quest’ultimo a sconfiggerlo e a rinchiuderlo nella sua vecchia fortezza oscura. Per anni Gellert Grindelward era stato in solitudine in quei luoghi… fino a quel giorno.

Di fronte alla piccola cella dove un sudicio e vecchio Gellert giaceva, una giovane strega con un mantello nero lo osservava in silenzio. era splendida, nonostante il volto bianco e lo sguardo gelido: che le conferiva un aura sinistra e minacciosa. Nonostante ciò, il vecchio signore oscuro non sembrava intimorito. Anzi. Osservava la giovane strega con un ghigno divertito.

-Devo ammetterlo, sono veramente sorpreso. Erano anni che nessuno mi faceva visita, neanche Albus si fa più vedere, e adesso mi ritrovo una strega potente (perché certe cose le riesco a cogliere al volo) e bella come te. Se avessi gusti diversi, mi sentirei lusingato- Disse il vecchio con una risata, mostrando i pochi denti che gli rimanevano.

Heather apparentemente non si scompose, ma un occhio attento avrebbe potuto notare i suoi occhi stingersi leggermente. E Gellert era un uomo dall’occhio attento. La ragazza era venuta lì per chiedergli delucidazioni sui doni dei fratelli Peverell. In seguito alla sua visita a Godric’s Hollow, si era documentata sullo strano simbolo che aveva visto inciso sulla lapide.

Quel simbolo apparteneva ai tre fratelli Peverell. Gli inventori dei famosi doni, soprannominati “doni della morte”. la bacchetta più potente al mondo, la pietra della resurrezione e il mantello dell’invisibilità. Quest’ultimo apparteneva al fratello, mentre la pietra era attualmente dispersa. La bacchetta invece, fino a pochi mesi prima, era appartenuta ad Albus Silente.

Silente aveva ottenuto la bacchetta sconfiggendo proprio Grindelward, per questo Heather si trovava lì. Sperava che l’anziano mago oscuro sapesse qualcosa di più sull’argomento. Purtroppo però l’uomo non sembrava molto collaborativo, dato che non perdeva occasione di sparare battutine stupide.

-Tu sei l’assassina di Albus?- Domandò all’improvviso, togliendosi di dosso quel ghigno arrogante e insopportabile. Heather venne presa un attimo in contropiede dalla domanda, non se l’aspettava, ma poi tornò fredda e composta ed annuì con un gesto del capo. Gellert continuò ad osservarla in silenzio, ma poi parlò.

-Tom Riddle, molto probabilmente, si è già messo alla ricerca della bacchetta di Sanbuco. L’unico dei tre doni che potrà interessargli. Non ci vorrà molto prima che riuscirà a risalire a me. Poi ad Albus… e infine a te- Disse il vecchio. A quelle parole, Heather non fece una piega. Sapeva già benissimo cosa sarebbe successo.

-Se quella notte hai ucciso veramente Albus, e nessuno lo aveva disarmato prima, sei a tutti gli effetti la nuova proprietaria della bacchetta di Sanbuco. È possibile che Tom, una volta essere giunto a questa conclusione, deciderà di ucciderti personalmente- Le disse l’uomo. Heather rimase pensierosa per alcuni istanti.

Dalle scale fuoriuscì, proprio pochi istanti dopo che Harry si fu nascosto, Draco Malfoy. Il ragazzo, palesemente terrorizzato, puntava la bacchetta contro il vecchio preside. Harry rimase in silenzio ad ascoltare la conversazione tra i due. Era stato proprio Malfoy a fare entrare i Mangiamorte nel castello ed era anche il responsabile degli attentati avvenuti durante l’anno (quello a Katie Bell e a Ron).

Per un attimo, Draco credette che il preside volesse prendere la bacchetta e si preparò per disarmarlo, ma l’uomo fece scivolare la mano lontano dalla propria arma, così il Serpeverde rinunciò e rimase semplicemente con la bacchetta alzata.

Proprio allora, con una velocità sorprendente, Heather tirò fuori la bacchetta dalla tasca e la alzò davanti a se. Al fratello gli si mozzò il respiro. Sembrava andare tutto a rallentatore. Per un attimo vide qualcosa nella sguardo della sorella. Non l’aveva mai vista così: sembrava una bestia feroce. A quel punto fu tutto molto rapido.

-AVADA KEDAVRA!- Disse Heather. Dalla sua bacchetta fuoriuscì un pulsante fascio di energia verde che investì in pieno Silente.

L’uomo, nel più completo silenzio, cadde giù dalla torre. I Mangiamorte (Bellatrix, Yaxley e Greybak) iniziarono  a gridare e a esultare.  Draco, ancora sconvolto e tremolante, venne afferrato per una spalla da Heather e trascinato per le scale, prima che qualcuno dell’Ordine potesse sopraggiungere.

Heather sperò che Tom non riuscisse ad arrivare a questa conclusione. Non era sicura, ora come ora, di poter vincere contro di lui. in effetti non doveva temere di essere uccisa: aveva creato degli Horcrux per un motivo, dopotutto. Scosse la testa per l’ennesima volta e si rivolse al suo anziano interlocutore.

-Le chiederei, gentilmente, se Tom dovesse passare da lei, di non rivelargli i passi fondamentali di questa conversazione. Neanche sull’attuale possessore della bacchetta. Le dispiace?- Gli chiese la strega. Il vecchietto annuì con un sorriso sdentato. Non aveva alcuna intenzione di rivelare qualcosa a Tom, lo aveva già deciso nel momento in cui si era reso conto che lo avrebbe braccato prima o poi.

Ormai il suo tempo stava per giungere alla fine, non serviva a nulla ritardarlo. Tom lo avrebbe probabilmente ucciso, portandosi così il segreto della bacchetta di Antioch. Heather, vedendo che l’altro aveva recepito il messaggio, e che non aveva alcuna intenzione di spifferare tutto al signore oscuro,  fece per andarsene, ma Gellert la fermò di nuovo.

-Sai? Tu mi ricordi me. Anche io, esattamente come te, ero alla ricerca del potere assoluta. Anche io avevo una persona amata accanto a me, una persona amata che ala fine ho allontanato senza neanche rendermene conto. A differenza tua però non ho più possibilità di rimediare. Sei ancora in tempo a tornare indietro- Le disse, con sguardo serio.

Heather rimase, per alcuni istanti, di sasso. Come faceva a sapere certe cose? Non poteva aver usato la Leggimanzia. Anche se avesse saputo usare tale branca della magia senza la bacchetta (cosa non poi tanto scontata), avrebbe dovuto prima superare la sua barriera di occlumanzia. Le quali non erano state neanche intaccate.

Che fosse davvero tanto semplice leggerla? Oppure quell’uomo le assomigliava sul serio quanto diceva? Scosse la testa e recuperò la sua barriera di diamante che teneva intorno all’anima. Lo sguardo tornò freddo e, senza aggiungere altro, lasciò per sempre la tetra e fredda prigione di Nurmengard.

La fredda e pungente neve invernale non aveva colpito solo la Germania. Anche i territori inglesi ne erano ricoperti. Quasi tute le famiglie, magiche e no, erano rifugiate nella proprie case per evitare le bufere. Tra i “coraggiosi” che invece erano all’aperto vi erano tre maghi di nostra conoscenza. Tre… non quattro.

In una piccola tenda (allargata internamente da un incantesimo e protetta esternamente da un altro) tre maghi in età da Hogwarts stavano riprendendo le forze. Hermione era di turno a sorvegliare i dintorni, in modo da notare se i Mangiamorte li avessero attaccati. All’interno della tenda, un pensieroso Harry Potter era sdraiato in silenzio su di una brandina.

Astoria dormiva beata tra le sue braccia, mentre il ragazzo le accarezzava dolcemente i capelli. Erano di ritorno da Godric’s Hollow. A voto unanime i tre avevano deciso di visitare il villaggio natale di Harry: probabilmente avrebbero trovato un Horcrux o qualche indizio in merito. Purtroppo dell’anima di Voldemort non c’era traccia, ma non era stato un viaggio a vuoto.

Quando avevano visitato la casa dei suoi genitori aveva trovato un libro riguardante gli Horcrux. Hermione aveva trovata strana questa cosa. Come mai solo Harry era riuscito a trovarlo? Sembrava quasi che qualcuno avesse messo sopra il libro di “magie e maledizioni oscure” un incantesimo di che impediva a qualunque altro di scorgerlo.

Ancora oggi non aveva idea di che cosa avesse avuto in mente il preside. Perché darle quel libro così oscuro? In ogni caso, ormai lo aveva imparato a memoria. In quel momento sarebbe servito sicuramente di più ad Harry. Il fratello non era a conoscenza in maniera specifica di cosa fosse in grado di distruggere gli Horcrux.

Li era descritto tutto nel particolare. Come crearli, ma soprattutto come distruggerli. Lo pose sul mobile, proprio accanto alle due foto che poco prima stava guardando e poi vi applicò sopra uno speciale incantesimo di disillusione. Soltanto la persona designata (in questo caso Harry) sarebbe riuscito a vederlo.

La Potter sperò in cuor suo che il fratello sarebbe passato di lì. Non be aveva la certezza assoluta, ma era sicuramente il luogo più probabile.

Prima di abbandonare il piccolo paese, Harry era andato, accompagnato da Astoria, alla tomba dei suoi genitori. Si era sentito meno solo. Aveva davanti accanto a se tre delle persone che più amava al mondo… due persone mancavano all’appello. Sua sorella e il suo migliore amico. Ron li aveva abbandonati qualche settimana prima.

A causa dell’influenza dell’Horcrux dentro il medaglione di Serpeverde, che in quel momento era stato riposto nella borsa di Hermione, Ron se n’era andato. L’oggetto lo aveva influenzato e aveva fatto scatenare una lite tra gli amici, che si era conclusa con la rottura del gruppo. Harry era infuriato ma anche, seppur non voleva ammetterlo, preoccupato.

Continuò a coccolare la ragazza ancora per un po’, poi, colto dalla stanchezza e dallo stress degli ultimi mesi, si addormentò di colpo. I suoi sogni furono in un primo momento confusi. Inizialmente le scene si susseguirono come era ormai di consueto: il luogo  fatto di luce rossa e oro e la voce misteriosa che lo chiamava.

Dopodiché il sogno si trasformò in un vago incubo. Davanti a lui comparve la sorella. Harry tentò di raggiungerla, ma la ragazza venne avvolta dalle tenebre e la sua figura venne sostituita da quella di Voldemort che lo guardava con un ghigno crudele. L’ambiente intorno a lui cambiò nuovamente di colpo.

Intorno a lui potè vedere una stanza messa totalmente a soqquadro. Delle sedie e dei tavoli erano sottosopra e parzialmente distrutti. Al centro vide il volto di un ragazzo contratto dal dolore e dalla paura. Gli era molto famigliare. Pelle pallida, occhi azzurri e capelli rosso carota. Il ragazzo sopravvissuto cacciò un urlo disumano che fece accorrere lì Hermione e svegliare Astoria. Harry era disperato.

-Lui lo ha trovato… Lui lo ha ucciso… Il signore oscuro ha ucciso RON!- Esclamò tra le lacrime, lasciando le altre due streghe sbigottite e senza parole. Un’altra delle persone a lui care era morta. Quando sarebbe finito tutto ciò?

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Capitolo 17
*** Libro 1: la cerva d'argento ***


Dopodiché il sogno si trasformò in un vago incubo. Davanti a lui comparve la sorella. Harry tentò di raggiungerla, ma la ragazza venne avvolta dalle tenebre e la sua figura venne sostituita da quella di Voldemort che lo guardava con un ghigno crudele. L’ambiente intorno a lui cambiò nuovamente di colpo.

Intorno a lui potè vedere una stanza messa totalmente a soqquadro. Delle sedie e dei tavoli erano sottosopra e parzialmente distrutti. Al centro vide il volto di un ragazzo contratto dal dolore e dalla paura. Gli era molto famigliare. Pelle pallida, occhi azzurri e capelli rosso carota. Il ragazzo sopravvissuto cacciò un urlo disumano che fece accorrere lì Hermione e svegliare Astoria. Harry era disperato.

-Lui lo ha trovato… Lui lo ha ucciso… Il signore oscuro ha ucciso RON!- Esclamò tra le lacrime, lasciando le altre due streghe sbigottite e senza parole. Un’altra delle persone a lui care era morte. Quando sarebbe finito tutto ciò?

Heather continuò a camminare per il fitto della boscaglia buia. Il sole era calato già da parecchie ore, ma grazie al suo incantesimo LUMOS (usato senza bisogno di alcuna bacchetta, ovviamente) la Potter riusciva ad orientarsi perfettamente. Il suo obbiettivo non era lontano, ancora cinque minuti e lo avrebbe raggiunto. Fortuna che aveva i suoi poteri.

Mentre si sedeva al proprio posto e la partita iniziava, Heather potè percepire qualcosa di strano nell’aria.

Era una sua abilità molto particolare. Non l’aveva sviluppata di proposito, ma le si era incrementata man mano: riusciva a percepire le presenze intorno a se delle persone, in particolare de maghi, e poteva anche capire quanto fossero potenti. In mezzo a tutta quella confusione era difficile dirlo, però era convinta che ci fossero delle persone in mezzo alla folla che emanavano un energia strana.

Concentrata com’era nell’individuarle, non si curò minimamente della partita.

Dietro di lei, un giovane mago con lo sguardo vacuo e movimenti che ricordavano quelli di una marionetta mossa da un burattinaio inesperto. Ronald Weasley, rigorosamente sotto la maledizione Imperius, la stava seguendo senza ovviamente potersi opporre. Lo aveva incontrato pochi giorni prima. Era stata una vera fortuna… per entrambi.

Heather Potter stava camminando per le vie di un piccolo paese babbano. Era ormai buio, perciò nessuno era per strada, in questo modo non aveva bisogno neanche di camuffarsi o stare attenta a non farsi notare. La strega era lì per un motivo preciso. Era da quando ne aveva perso le tracce, che provava a percepire l’energia magica del fratello.

Purtroppo, fino ad allora, era stato un buco nell’acqua. Harry era troppo lontano per poter essere localizzato. In realtà la traccia che aveva trovato fu un vero e proprio colpo di fortuna. Per caso era riuscita a percepire dell’aura famigliare. Non era Harry, purtroppo. Ma almeno era il suo migliore amico: Ronald Weasley.

Non era riuscita a capire subito come mai il Grifondoro fosse diviso dagli altri, ma per il momento non ci fece molto caso. Meglio prima pensare a quel demente. Intorno a lui riusciva ad avvertire delle energie malvagie: probabilmente era stato circondato dai Mangiamorte, oppure dai Ghermidoni (maghi privi di scrupoli al soldo del nuovo governo).

I maghi lo avevano circondato all’interno di un pub vuoto. Stavano sghignazzando: probabilmente estasiati all’idea di aver catturato un membro del trio d’oro. I poveri stupidi non si accorsero neanche dell’anatema di colore verde che li colpì in pieno. Uno dopo l’altro, ad una velocità impressionante, tanto che non fecero in tempo a reagire, caddero al suolo, senza vita.

Ron la guardò con un sguardò intriso di terrore e disperazione. Per un attimo, Heather ebbe la sensazione di essere osservata, ma la scacciò via subito. Intanto il rosso la guardava con occhi carichi di lacrime di paura. se lo avesse attaccato, non avrebbe saputo in che modo difendersi. Seppur poco sveglio, Ron sapeva benissimo di non aver speranze contro di lei.

-IMPERIO!- Esclamò la Serpeverde, mentre l’altro era ancora imbambolato. In questo modo sarebbe stato molto più facile farlo parlare. Il ragazzo, sotto esortazione della “padrona”, spiegò ciò che gli era successo negli ultimi giorni. A quanto pareva, Ron, sotto influenza del medaglione di Salazar Serpeverde (un Horcrux, molto probabilmente), aveva litigato con gli amici di sempre.

Dopo la litigata, che era sfociata nell’insultare la compagna di Harry e, con grande fastidio di Heather, nel commentare la sua condizione di orfana (e perciò anche quella di Heather), il rosso aveva abbandonato la tenda degli amici e se n’era andato via. Solo dopo essersi smaterializzato, e aver annullato l’influenza dell’oggetto, aveva capito la gravità e lo sbaglio di ciò che aveva appena fatto.

Purtroppo non era potuto tornare sui suoi passi. Era già troppo tardi: i tre si erano già spostati in un’altra zona (per paura di essere rintracciati dai Mangiamorte). Alla fine si era dovuto rifugiare in qualche luogo per poter mangiare. Così si era ritrovato lì, in una trappola di quei tizi. Heather scosse la testa: Weasley, a volte, era quasi più scemo del fratello… quasi.

Dopo circa una settimana di ricerca ininterrotta era riuscita a rintracciare la traccia lasciata dall’energia magica di Harry: se non si fosse portata dietro l’impiccio, ci avrebbe messo la metà del tempo. A un chilometro di distanza riusciva a percepire la presenza di altri due maghi… o streghe. Dovevano essere Astoria e la Granger.

Perché però Harry si era allontanato così tanto? Dove diavolo si era andato a cacciare? Cominciò a correre in direzione del gemello, sempre seguita da un semicosciente Ronald Weasley, quando un animale dallo strano colore non le si parò davanti. In un primo momento rimase sorpresa, ma poi si ricompose e lo osservò in silenzio. Era un cervo, o meglio, una cerva argentata. Doveva essere l’incanto Patronum corporeo di qualcuno. Alla Potter le risultò vagamente famigliare.

L’alta e inquietante figura aprì, con le sue mani lunghe e scheletriche, la porta del loro scompartimento. Le tre ragazze alle spalle di Heather balbettarono terrorizzate. La giovane Potter invece rimase immobile, però anche lei sentiva una strana e per nulla piacevole sensazione. Come un brivido di freddo lungo la schiena.

La figura avvolta dal buio, cominciò a guardare le quattro ragazze la sedute, ma poi si concentrò su di Heather. Si avvicinò a lei fino a che i loro volti furono a pochi centimetri di distanza. A quel punto Heather sentì una spiacevolissima sensazione: come se  la sua felicità (non che ne avesse mai avuta tanta) venisse risucchiata via.  

I suoi occhi cominciarono ad appannarsi e il mondo intorno a lei iniziò a girare in tondo. Ebbe un capogiro e poi un altro, e poi un altro ancora più forte. Tutto intorno a lei scomparve ed iniziò a sentire delle voci in sottofondo.

-Lily, prendi i bambini e scappa! È lui! Scappa! Corri! Io cercherò di trattenerlo- Una voce maschile urlava nella testa di Heather. Il rumore di qualcuno che si precipita fuori da una stanza… una porta che si spalanca… una risatina acuta…

-No! Ti prego! Risparmiali! Loro no!- Gridò una donna con voce disperata. La risata acuta e fredda si fece risentire… si sentì il rumore di una colluttazione e poi un lampo di luce verde… il tonfo sordo di un corpo che cadeva a terra… Voldemort si avvicinò con passo misurato alla culla con i due gemelli.

Sembravano così simili, ma allo stesso tempo diversi. Non che questo interessava al signore oscuro più potente e crudele di tutti i tempi. Lui era lì per un motivo preciso: estirpare alla radice qualsiasi possibile minaccia alla sua ascesa al potere. Il maschio singhiozzava disperato di fronte alla figura serpentesca del mago, la femmina invece lo guardava in silenzio. sembrava quasi lo stesse sfidando.

-Cos’hai da guardare?- Di nuovo la voce fredda e beffarda… alzò la bacchetta contro i due bambini e pronunciò la formula  dell’anatema che uccide… il resto è storia. L’ultima cosa che Heather vide fu una luminosa cerva argentata che colpiva la grossa figura che era comparsa sul treno… e poi il buio.

Mano a mano, dopo quell’esperienza, era riuscita a recuperare sempre più frammenti di ricordi. Ormai, neanche lei sapeva come, riusciva a ricordare quasi tutto di quella notte. Non era ricordi propriamente suoi, ma probabilmente di Tom. In ogni caso non era importante: in quel momento doveva concentrarsi sulla cerva. Credeva di sapere chi fosse il padrone.

-EXPECTO PATRONUM!- Dalla punta della sua bacchetta fuoriuscì un grosso pitone argentato che cominciò ad inseguire la cerva. Heather rimase per alcuni istanti a guardarli, poi si voltò nella direzione da cui l’animale proveniva e cominciò a correre, sempre seguita da quel peso morto di Weasley.

A qualche decina di metri vide, rimanendo sempre nascosta tra la vegetazione, il fratello di fronte ad un enorme lago ghiacciato. Il ragazzo, ovviamente, senza accorgersi di lei, iniziò a spogliarsi e, dopo essersi avvicinato al punto in cui il ghiaccio era rotto, si tuffò nell’ammasso d’acqua gelida. Ma cosa diavolo stava facendo? Pensò sconsolata, Heather.

Doveva trovare il modo di aiutarlo, ma non poteva mostrarsi a lui. Non in queste condizioni. La ragazza si voltò verso Weasley, che continuava a guardare un punto indefinito davanti a se, e lo liberò dall’influsso della maledizione Imperius, non prima, però, di avergli detto le ultime raccomandazioni.

-Vai ad aiutare mio fratello! Dimenticati tutto ciò che è successo in questi giorni che sei stato sotto Imperio!- Gli ordinò la ragazza, prima di lasciarlo lì, in mezzo alla boscaglia. Ron rimase per alcuni secondi immobile e in silenzio. Poi, come se si fosse appena risvegliato da un sogno profondo, i suoi occhi tornarono pieni di vita. Si guardò per alcuni istanti intorno poi, come mosso da una forza invisibile, iniziò a correre verso il centro del lago: non sapeva il motivo, ma doveva tuffarsi il prima possibile. 

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Capitolo 18
*** Libro 1: non c'è più ***


Doveva trovare il modo di aiutarlo, ma non poteva mostrarsi a lui. Non in queste condizioni. La ragazza si voltò verso Weasley, che continuava a guardare un punto indefinito davanti a se, e lo liberò dall’influsso della maledizione Imperius, non prima, però, di avergli detto le ultime raccomandazioni.

-Vai ad aiutare mio fratello! Dimenticati tutto ciò che è successo in questi giorni che sei stato sotto Imperio!- Gli ordinò la ragazza, prima di lasciarlo lì, in mezzo alla boscaglia. Ron rimase per alcuni secondi immobile e in silenzio. Poi, come se si fosse appena risvegliato da un sogno profondo, i suoi occhi tornarono pieni di vita. Si guardò intorno per alcuni istanti intorno poi, come mosso da una forza invisibile, iniziò a correre verso il centro del lago: non sapeva il motivo, ma doveva tuffarsi il prima possibile.

La luminosa cerva argentata, dopo essersi allontanata dal lago ghiacciato,  si fermò di fronte ad un mago tutto vestito di nero: il suo creatore. Severus Piton rimase per alcuni istanti a rimirare il suo Patronum. L’animale si tramutò in una nube di fumo argentea, per poi scomparire del tutto, facendo calare il buio nella foresta.

Il nuovo preside di Hogwarts annuì soddisfatto tra se e se. La missione era stata portata a termine. Tutto merito di sua cugina Caroline, in realtà. Doveva portare la spada di Godric Grifondoro a Potter, come ordinatogli dal defunto Albus Silente, anche se non sapeva il motivo di ciò. Il problema però era un altro: la spada sembrava scomparsa.

-Consegna l’oggetto che ti avevo affidato a tuo cugino. Fai in modo che nessun altro ti veda. H.P.- Così c’era scritto su una delle due facce del galeone. Caroline rimase leggermente confusa. Perché avrebbe dovuto consegnarlo a Severus? Eppure l’aveva avvertita che fosse un cimelio di valore inestimabile.

La Prince scosse la testa. Heather sapeva sempre ciò che faceva, perciò non aveva senso rimuginare su questa sua decisione. Tirò fuori la bacchetta e la puntò sullo scrigno. L’oggetto si rimpicciolì di colpo. Dopodiché, la ragazza uscì dal dormitorio, per raggiungere l’ufficio del nuovo preside.

Suo cugino Severus, conscio che la giovane Serpeverde fosse al corrente del suo segreto, la fece entrare senza problemi. La cugina gli passò la spada di Grifondoro, lasciando l’uomo stupefatto (nonostante il suo volto non avesse fatto trasparire niente). Non gli disse da chi l’avesse avuta. Rivelò soltanto che le era stata affidata da una persona di fiducia.

Piton scosse la testa. Chiunque aveva conservato l’arma fino a quel momento, lo aveva salvato da una situazione spinosa. Albus gli aveva rivelato che il cimelio sarebbe stato indispensabile per poter annientare Voldemort una volta per tutte. Era riuscito nel suo intento. Missione compiuta. Il mago vestito di nero scomparve con un colpo di smaterializzazione.

Non aveva notato che una giovane strega lo aveva osservato per tutto il tempo. Heather Potter, a differenza di suo fratello gemello, non agiva in maniera avventata e priva di logica. In parole povere: come una Grifondoro. Preferiva essere paziente ed agire nell’ombra. E uscire dal suo nascondigli solo se necessario. In parole povere: come una Serpeverde.

Aveva osservato i movimenti di Piton, finchè il nuovo preside non se n’era andato. Sapeva che la spada in questione era una dei pochi oggetti in grado di  distruggere un Horcrux (oltre al veleno di basilisco e alla maledizione Ardemonio), perciò doveva trovare il modo di farla avere al fratello. Severus Piton, la spia migliore di Albus Silente, era sicuramente il più indicato.

Aveva mandato un messaggio a Caroline a riguardo. Sicuramente l’uomo avrebbe capito cosa doveva farne della reliquia. Era riuscito a portarla al fratello. Missione compiuta. Non aveva temuto neanche per un secondo che il fratello potesse notare qualcosa di strano nell’arma. Heather, in seguito all’omicidio di Silente, l’aveva trasformata in un Horcrux.

Harry era in grado di percepire gli Horcrux di Voldemort, ma non i suoi. Questo particolare la fece impensierire per un secondo. Possibile che…? Scosse la testa con decisione: avrebbe avuto tutto il tempo per studiare la cosa. Ora doveva allontanarsi da lì. Non prima, però, di aver fatto un ultima cosa.

-Kreacher!- La Potter chiamò a gran voce, facendo risuonare e rompendo per pochi secondi la quiete della buia foresta. Il piccolo e vecchio elfo comparve in un Pof, prima ancora che la giovane Serpeverde avesse finito di pronunciare l’ultima sillaba. Teneva la testa bassa, e il medaglione dei Black in bella vista al collo.

Heather inarcò un sopracciglio, con fare irritato. Forse non era stata una buona idea permettere al piccolo microbo di poter tenere un suo Horcrux, un oggetto così prezioso, così in bella vista. Una volta terminato il suo compito, sarebbe stato meglio ordinargli di nasconderlo da qualche parte a Grimmauld Place. Kreacher, riluttante, annuì a quest’ultimo ordine.

-Prima di andare, ti devo affidare un altro compito. Voglio che tu controlli mio fratello giorno e notte, senza farti scoprire, ovviamente. Riferiscimi tutto ciò che fa e, se dovesse essere in pericolo, corri subito ad avvisarmi: è chiaro?- Gli disse con voce gelida. Il vecchio elfo, tutto tremolante, annuì e scomparve velocemente.

Non volle rimanere un minuto di più in presenza della sua padrona. Provava un forte rispetto nei suoi confronti. Molto più di quanto ne provasse per padron Harry e padron Sirius. La casa di appartenenza aveva influenzato molto il giudizio dell’elfo. Ciononostante, aveva sempre avuto un certo timore nel guardare negli occhi la sua nuova padrona: timore che si era accentuato nelle ultime settimane.

La padrona Potter era diventata più cupa e fredda. Cosa che apparentemente credeva impossibile. Eppure era la pura e semplice verità. Persino il suo volto era lievemente cambiato: la pelle era diventata più pallida e le sue occhiaie si erano fatte più marcate. La creatura rabbrividì e si apprestò ad eseguire l’ordine: non voleva farla arrabbiare più di quanto già non fosse.

Intanto, a neanche un chilometro di distanza, Ron aveva appena salvato la vita ad Harry. Il ragazzo sopravvissuto, aveva rischiato di affogare nel tentativo di recuperare la spada di Grifondoro dal fondo del lago ghiacciato. Fortuna volle che Ron sapesse nuotare meglio di lui. la temperatura dell’acqua non aiutò, ma alla fine riuscì a tirare fuori l’amico da lì. Spada compresa.

Erano riusciti a recuperare l’arma, adesso però veniva la parte più difficile: distruggere l’Horcrux presente nel medaglione di Serpeverde. I due si allontanarono dal lago e si posizionarono in una grande radura. Lì avrebbero avuto tutto lo spazio necessario. Il ragazzo sopravvissuto tirò fuori l’oggetto dallo zaino. Ancora una volta, come ogni volta che si avvicinava ad esso, sentì una voce fredda nella sua testa.

-Sei un debole. Lo sai benissimo anche tu. Senza aiuto non sei in grado di fare nulla, ecco perché sei un debole. Non importa che tu abbia vicino i tuoi carissimi amici, perché la persona di cui avevi più fiducia non c’è più. Heather, tua sorella…- Disse la voce fredda, che Harry riconobbe come quella di Voldemort. Il suo corpo tremò, perché nel profondo sapeva che diceva la verità.

-… Sin da quando eri piccolo, sei vissuto nell’ombra della gemella perfetta. In ogni cosa ti è sempre stata superiore. Ciononostante, è anche stata il tuo porto sicuro, colei che ti ha sempre aiutato e permesso di avere fiducia in te stesso. Quando eri piccolo e quel branco di bulli babbani ti tormentava, lei era lì e ti difendeva…- Continuò implacabile la voce dell’oscuro signore.

-… Ti ha salvato da Raptor durante il tuo primo anno ad Hogwarts. Ti ha tirato fuori dai guai quando un esercito di acromantule voleva mangiarti, e ha combattuto al tuo fianco nella camera dei segreti. Ti ha dato tutte i suggerimenti  che ti servivano per il torneo tre maghi, e ti ha dato dei preziosi suggerimenti quando hai fondato l’esercito di Silente. Lei è sempre stata indispensabile. Non sei in grado di affrontarla…- Le parole vennero interrotte di colpo.

Harry aveva strattonato l’oggetto prima che potesse continuare a sputare sentenze, e lo aveva posto in bella vista su di un masso. Ron, tutto tremolante, si preparò a colpire l’orrendo oggetto con la spada che teneva stretta tra le mani. Appena Harry sussurrò una frase in Serpentese, il medaglione si aprì di colpo.

Delle fumose mani nere, uscite dall’Horcrux,  tentarono di afferrare tutto ciò che le circondava. Ron, con uno sforzo notevole, riuscì a farsi strada tra gli attacchi dell’anima mutilata di Voldemort e arrivò davanti al medaglione. Quando la punta della spada toccò il centro dell’altro oggetto, per un infinito secondo, tutto si fece bianco.

Heather iniziò a guardarsi intorno a se, nulla era definito in quel luogo, sembrava un grosso luogo bianco privo di qualsiasi logica, prima di convergere sulla figura di fronte a lei. Il volto dell’uomo, oltre ad essere in qualche modo famigliare, era anche parecchio affascinante. Guardava la ragazza con uno sguardo raggelante, predatorio: sembrava un serpente che si preparava ad attaccare.

Anche Heather, però, non era da meno. Mentre il volto dell’altro era deformato da un ghigno folle e terrificante, lei manteneva la sua maschera gelida e impassibile, la stessa che le aveva permesso di ottenere il titolo di regina delle serpi. Era una vera sfida su chi dei due incutesse più timore. Fu l’uomo a rompere il silenzio che si era venuto a creare.

-Mi fa piacere rivederti, mia cara Heather. A quanto vedo, anche tu sei riuscita a seguire il mio stesso percorso… sono orgoglioso di te- Disse l’uomo, mantenendo il suo ghigno crudele. Heather invece non fece neanche una piega. Avere davanti Tom Riddle (anche se qualche anno più grande di come lo aveva visto nella camera dei segreti) non la intimoriva affatto.

-Combatteremo ad armi pari. Quando ci troveremo veramente faccia a faccia, non avrai nessun tipo di vantaggio su di me- Disse lei con un ghigno. Ghigno che non scalfì minimamente la sicurezza dell’altro. Questo fece irritare non poco la Potter: come diavolo si permetteva quel sudicio bastardo?!

-Non combatteremo mai alla pari. Per quanto tu ti spinga nel cuore delle tenebre, quei due sciocchi che ti ostini a tenere nel tuo cuore ti impediranno sempre di trascendere e abbandonare queste tue spoglie mortali. Io ti avverto: saranno loro due, prima o poi, a portarti alla disfatta- Disse con una risata gelida e folle, prima di esplodere in mille pezzi.

La spada di Grifondoro spaccò letteralmente a metà il medaglione di Salazar Serpeverde.

N.d.A.

La “Heather” e il “Tom” presenti nella parte finale del capitolo (quella che non è scritta in corsivo) non sono quelli originali. Sono i frammenti presenti nel medaglione di Salazar Serpeverde e nella spada di Godric Grifondoro. Quando Ron si appresta a colpire l’Horcrux del signore oscuro, per un breve istante, le due anime si sono incontrate. Spero che la mia spiegazione sia stata abbastanza chiara. Bye-Bye :P 

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Capitolo 19
*** Libro 1: prigionieri nel Malfoy Manor ***


-Combatteremo ad armi pari. Quando ci troveremo veramente faccia a faccia, non avrai nessun tipo di vantaggio su di me- Disse lei con un ghigno. Ghigno che non scalfì minimamente la sicurezza dell’altro. Questo fece irritare non poco la Potter: come diavolo si permetteva quel sudicio bastardo?!

-Non combatteremo mai ad armi pari. Per quanto tu ti spinga nel cuore delle tenebre, quei due sciocchi che ti ostini a tenere nel tuo cuore ti impediranno sempre di trascendere e abbandonare queste tue spoglie mortali. Io ti avverto: saranno loro due, prima o poi, a portarti alla disfatta- Disse con una risata gelida e folle, prima di esplodere in mille pezzi.

La spada di Godric Grifondoro spaccò letteralmente a metà il medaglione di Salazar Serpeverde.

Heather rimase a fissare il cielo limpido e sereno per alcune ore. Si sentiva terribilmente sfiancata. In quel momento non poteva fare molto: in qualunque fronte aveva in qualche modo le mani legate. Non era ancora arrivato il momento per il confronto finale con Voldemort. Il signore oscuro, dopo aver ucciso uno degli ultimi proprietari della bacchetta di Sanbuco (Gregorovich), si era messo alla ricerca di Gellert Grindelward.

Ormai era solo questione di tempo: a breve avrebbe cominciato a dare la caccia a lei. Per quanto riguardava i suoi piani di attacco, anche lì era arrivata ad un punto morto. La setta della serpe aveva ricevuto l’ordine di tenersi preparata, ma finchè non avesse trovato il modo di tornare ad Hogwarts, non sarebbe servita a molto.

Il progetto per creare un esercito di basilischi aveva trovato invece alcuni intoppi. Da quel che le aveva detto Samuel, l’ultima volta che era passata a Grimmauld Place, coltivare uova di basilisco stava risultando più difficile del previsto. Molte uova di gallina non avevano retto al processo magico, e invece che trasformarsi, si erano letteralmente liquefatte.

La ricerca degli Horcrux era invece di competenza del fratello. Per quanto stesse andando leggermente a rilento, Harry aveva tutte le informazioni necessarie per recuperare i vari oggetti che Voldemort aveva scelto come contenitori per la propria anima. Doveva solo trovare dove il signore oscuro li avesse messi.

Era anche vero che Harry era ormai ricercato in tutta l’Inghilterra magica, ma fortunatamente Kreacher lo teneva d’occhio. Appena fosse stato in pericolo, in qualsiasi modo, il vecchio ma fedele elfo avrebbe avvertito all’istante la ragazza. A questo punto, doveva solamente aspettare che qualcuna di queste situazioni si smuovesse.

Neanche a farlo apposta, una di queste situazioni cambiò proprio pochi istanti dopo che la ragazza terminò di riflettere. Un sonoro POF alla sue spalle attirò l’attenzione della Potter. Appena voltata (tenendo stretta tra le mani la propria bacchetta) si ritrovò davanti la figura esile e tremante del piccolo elfo Kreacher. Al collo non aveva più il medaglione, lo aveva nascosto a Grimmauld Place, come gli era stato ordinato.

-Padrona! Kreacher è corso qui appena possibile! Padron Harry, insieme ai suoi tre amici, è stato trovato da dei maghi cattivi. Hanno combattuto, ma poi sono stati portati via tutti e quattro- Disse la creatura, continuando ad emettere urli acuti di agitazione. Heather, nonostante mantenesse un espressione fredda e indifferente, rimase lievemente turbata dalla notizia.

-Dove li hanno portati?! Dimmelo subito, Kreacher!- Sibilò la Potter, afferrando il piccolo servo per il collo. Lui non centrava niente, lo sapeva benissimo, ma doveva sfogare la sua fredda rabbia su qualcuno: era da troppo tempo che la teneva dentro senza sapere in che modo sfogarla. L’elfo, terrorizzato dall’espressione della padrona (sembrava un serpente), si apprestò a rispondere.

-Sono stati portati nella grande casa della vecchia padrona di Kreacher: Signora Narcissa Black in Malfoy- La informò, annaspando in cerca d’aria. Heather rimase per alcuni istanti immobile poi, dopo aver liberato l’elfo dalla sua stretta, si alzò in piedi. Doveva sbrigarsi. Era stata troppo ottimista: credeva, dato che non aveva ancora ricevuto brutte notizie, il fratello non si sarebbe cacciato nei guai.

-Non ti muovere da qui, Kreacher. Raggiungimi solamente se te lo ordinerò espressamente- Disse lei, mentre lui annuì con il capo. Fece alcuni passi, per prendere le distanze, e si smaterializzò di colpo. All’incirca sapeva dove andare. Sperò solamente che Harry stesse bene… lo sperò per il bene dei Mangiamorte.

-Hermione!- Una voce gridò nel buio. La ragazza in questione aprì gli occhi di scatto. Dove si trovava? Per un attimo, faticò nel ricordare cosa stesse succedendo. Lei, insieme ad Harry, Ron ed Astoria, erano stati rapiti dai Ghermidoni e portati a villa Malfoy. La ragazza aveva tentato di non far scoprire loro l’identità di Harry.

Usando un incantesimo pungente sulla sua faccia, aveva sperato di renderlo irriconoscibile. Purtroppo, la cicatrice sulla sua fronte era stata inconfondibile. Una volta nel salone di villa Malfoy, mentre gli altri tre erano stati portati nelle segrete, lei era stata presa da parte da Bellatrix Lestrange, la Mangiamorte più agguerrita della cerchia. La donna era a dir poco furiosa.

Era adirata con loro per via della spada. A quanto pareva, la spada doveva in realtà trovarsi, per ordine dell’oscuro signore, nella camera blindata della famiglia Lestrange. Dopodiché era stata portata in questa stanza terrificante, pronta ad essere data in pasto a Greyback, il feroce lupo mannaro.

Tutto tornava fino a quel punto. Solo una cosa non riusciva a capire: cosa ci faceva Draco davanti a lei? il ragazzo in questione, quando aveva visto portare i 4 fuggitivi a casa sua, era rimasto spiazzato. Era terrorizzato all’idea che potessero uccidere Hermione. Il problema non si sarebbe neanche posto, se lì con lui ci fossero stati solamente i suoi genitori.

Lucius e Narcissa Malfoy, seppur Purosangue convinti, amavano il figlio fino all’inverosimile. Nonostante Lucius non facesse molto per dimostrarlo. Sicuramente, se avesse spiegato la situazione ai due coniugi Malfoy, nonostante la smorfia iniziale del loro viso (loro figlio innamorato di una sangue sporco?!), avrebbero lasciato Hermione libera.

Peccato che insieme a loro vi erano la pazza zia Bellatrix e quel sudicio cagnaccio di Fenrir Greyback. Draco era stato costretto a rimanere immobile, mentre sentiva, nella stanza accanto, le urla di Hermione che veniva torturata dalle Cruciatus della zia.   Più di una volta aveva dovuto sopprimere a forza l’impulso di entrare la dentro e schiantarla.

Quando poi la donna era uscita, con un diavolo per capello, e aveva fatto segno al licantropo di concludere l’opera, non ci aveva più visto. Aveva aspettato che Bellatrix si fosse allontanata e aveva pietrificato Greyback, subito dopo averlo schiantato. Hermione era semplicemente svenuta, grazie al cielo.

-Draco?! Cosa sta succedendo?! Cosa ci fai qua?!- Domandò la ragazza, ancora un po’ confusa dall’abbraccio e dalla situazione in generale. Draco la liberò dalla sua stretta e l’aiutò ad alzarsi in piedi. Le Cruciatus erano state, seppur poche, parecchio pesanti. Non sapeva come comportarsi, ne cosa dire in una situazione del genere.

Cosa le doveva dire? Doveva chiederle perdono? Perdonami per essere un vigliacco? Perdonami per non aver capito fino in fondo cosa avrebbe portato tutto ciò? Perdonami per non aver saputo impormi al signore oscuro? Perdonami per non aver fatto una scelta molto tempo prima? Non disse nessuna di queste cose.

-I tuoi amici sono stati portati nelle segrete del Manor. Dobbiamo sbrigarci a farvi scappare, prima che il signore oscuro arrivi per prendere Potter- Disse ad Hermione, senza aver il coraggio di guardarla negli occhi si sentiva un vero vigliacco. Hermione, quasi comprendesse la lotta interiore dell’altro, annuì e lo seguì in silenzio.

L’ultimo discendente dei Malfoy usò un incantesimo di disillusione su di lei, permettendole così di attraversare i corridoi senza essere scoperta. Una volta giunti nei piani seminterrati, schiantarono Codaliscia (il sudicio bastardo era lì per controllare i prigionieri) e si diressero verso la cella dove erano stati rinchiusi gli altri.

A metà strada, Draco fece cenno ad Hermione (che intanto si era liberata dell’incantesimo di disillusione) di proseguire senza di lui. Non voleva farsi vedere dagli altri tre. Non doveva rendere conto certo a quei tizi. Lo sguardo penetrante di Hermione era più che sufficiente. Fece per dirigersi verso le scale, quando la voce della ragazza attirò la sua attenzione.

-Perché lo hai fatto?- Domandò esitante. Nel profondo del suo cuore, sapeva la risposta, o almeno la sperava, ma aveva bisogno di sentirlo dire da lui. Draco rimase per alcuni istanti immobile. Cosa le doveva rispondere? Cosa avrebbe voluto risponderle? Per la prima volta in tutta l sua vita (probabilmente), decise di dirle la verità.

-Il signore oscuro mi ha marchiato questa estate. Mi ha affidato un compito, se non lo dovessi portare a termine ucciderà mia madre. Devo fare entrare i Mangiamorte ad Hogwarts e uccidere Silente- Le spiegò il Serpeverde. Hermione rimase basita e in un primo momento non riuscì a replicare. Era per caso impazzito?

-Sei impazzito?! Come puoi esserti fatto mettere in mezzo in una situazione simile?! Come puoi pensare di riuscire ad uccidere?!- Cominciò a gridare la Grifondoro. Draco, per un attimo, ebbe paura che le sue urla potessero attirare l’attenzione di qualcuno: era notte, ma i fantasmi e Gazza giravano lo stesso.

-Non sarà difficile: per quanto possa essere un abile mago, cercherò di prenderlo di sorpresa- Le rispose accigliato. Neanche lui seppe dirsi perché le stava dicendo quelle cose: forse, nonostante fosse conscio che fosse rischioso, non voleva che lei lo vedesse solo come un ragazzino arrogante che faceva tutto senza riflettere.

-Non mi riferivo a quello. Tu non sei un assassino, Draco. Non puoi farlo, ti prego- Gli disse con sguardo determinato e supplichevole allo stesso tempo. Ormai erano distanti solo pochi centimetri. I loro volti erano un di fronte all’altro. Il purosangue rimase in silenzio per alcuni secondi. Gli aveva detto praticamente che lo amava ancora, o almeno aveva interpretato così le sue parole… ma non poteva più tornare indietro. Ormai era tardi.

-Perché non sono un assassino- Disse semplicemente lui, prima di andarsene. Sapeva che Hermione avrebbe capitolo che quelle parole nascondevano un significato ben più profondo. Infatti la strega annuì, senza aggiungere altro, osservando la schiena di Draco, mentre usciva in silenzio dalle segrete del Manor. 

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Capitolo 20
*** Libro 1: Capitolo finale - gli specchi dell'anima ***


-Perché lo hai fatto?- Domandò esitante. Nel profondo del suo cuore, sapeva la risposta, o almeno lo sperava, ma aveva bisogno di sentirlo dire da lui. Draco rimase per alcuni istanti immobile. Cosa le doveva rispondere? Cosa avrebbe voluto risponderle? Per la prima volta in tutta la sua vita (probabilmente), decise di dirle la verità.

-Perché non sono un assassino- Disse semplicemente lui, prima di andarsene. Sapeva che Hermione avrebbe capito che quelle parole nascondevano un significato ben più profondo. Infatti la strega annuì, senza aggiungere altro, osservando la schiena di Draco, mentre usciva in silenzio dalle segrete del Manor.  

Nello stesso momento, il gruppo composto dai tre Ghermidoni che avevano scortato Harry e i suoi amici fino lì, si stava dirigendo fuori dai cancelli del Malfoy Manor. Erano tutti doloranti e furiosi. Come si era permessa quella sgualdrina? Erano riusciti a trovare il ricercato numero uno di tutto il mondo magico: Harry Potter.

Sulla sua testa vi era una taglia di 50.000.000 di Galeoni. Trovandolo avrebbero potuto vivere di rendita per il resto dei loro giorni. Il loro errore era stato portare il fuggitivo a casa di quel viscido di Lucius Malfoy. La Lestrange aveva ricompensato il loro trionfo con degli schiantesimi e delle torture oscure. La pazza li aveva aggrediti e scacciati in malo modo.

Sembrava furiosa per via di quella strana spada ritrovata insieme ai fuggitivi. Ma gliel’avrebbero fatta pagare cara, si ripromisero il gruppo di Ghermidoni. Fecero per allontanarsi dall’antica ed imponente villa, quando la loro attenzione venne attirata da una figura poco distante da loro. Proprio di fronte al cancello vi era una giovane strega che li guardava con un espressione neutra.

-Cosa vuoi, ragazzina? Meglio che te ne vai, oggi non è proprio giornata per giocare- Le disse uno degli sciacalli del ministero. La ragazza, che altri non era che Heather Potter, rimase immobile a fissarli, senza lasciar trapelare alcuna emozione dal suo viso. Questo suo atteggiamento fece infuriare non poco il gruppo di maghi.

-Come vuoi! Vediamo un po’ chi diavolo sei. Nel caso fossi una sudicia sangue marcio, ti pentirai di essere nata- Sibilò il più vicino, seguito subito dopo dagli altri, i quali si avvicinarono alla Potter con sguardo minaccioso. Heather invece continuava a non fare una piega. Erano solo dei poveri sciocchi. La loro morte sarebbe sopraggiunta molto rapidamente.

La bacchetta?... No. Non c’era bisogno di utilizzarla contro tipi del genere. sarebbe bastata una parziale trasformazione in animagus. Appena tutto il gruppo fu davanti a lei (o meglio, davanti ai suoi occhi), la ragazza usò una parziale trasformazione. Tutto il suo corpo, apparentemente, rimase quello di sempre, meno, ovviamente i suoi occhi.

Il colore delle pupille di Heather cambiò dal verde al giallo, per un solo piccolo istante, ma fu ugualmente abbastanza per colpire tutti i maghi davanti a lei. i Ghermidoni non ebbero neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo loro, che caddero a terra, come marionette a cui avevano appena tagliato i fili. Erano tutti morti.

-Perdonate la mia maleducazione, ma non ho proprio tempo per discutere con voi: il controllo del mio stato di sangue lo faremo in un’altra occasione- Disse la ragazza, sorpassando i corpi privi di vita, senza scomporsi minimamente. Arrivata di fronte al portone del Manor, alzò la bacchetta e pronunciò una formula magica.

-ARRESTO MOMENTUM!- Gridò la Serpeverde, contro l’intero edificio. Questo le avrebbe dovuto permettere di muoversi liberamente per una decina di minuti, all’incirca. Eliminò la barriera che bloccava il portone ed entrò, senza troppi problemi. La scena che le si parò davanti poteva sembrare quasi comica, se non fosse stata tanto seria.

Il centro dell’immenso salone era pieno di persone. Immobili, naturalmente. Da un lato vi erano un gruppo compatto, pronto a smaterializzarsi. Harry, Hermione, Ron, Astoria e un folletto dal nome sconosciuto, tenevano le mani strette in quelle di un piccolo elfo domestico. Heather ci mise alcuni istanti per riconoscerlo.

-Samuel fermati!- Ordinò Heather, parlando nella lingua del serpente. Il grosso rettile si acquietò allontanandosi dallo strano essere, non prima però di avergli lanciato un ultimo sibilo. L’esserino, appena resosi conto che il pericolo era passato, smise di tremare di paura e guardò i due gemelli. I suoi occhi esprimevano gratitudine e una gioia profonde.

-Harry ed Heather Potter… che grande onore conoscervi- Disse la creaturina. Aveva delle grosse orecchie a punta, esattamente come il naso, dei grossi occhioni e degli stracci al posto dei vestiti.
-Scusa ma tu co…- Harry stava per dire “Cosa sei” ma gli sembrava troppo offensivo. Peccato che Heather non fosse dello stesso avviso.

-Cosa sei?- Domandò la giovane strega. Harry le lanciò un occhiataccia, come a voler dire “complimenti per il tatto”, ma lei lo ignorò completamente. In ogni caso, la creaturina non parve essersela presa per quella domanda. Anzi. Sorrise ancora di più e si presentò.

-Io sono Dobby, signora…- Disse riferendosi ad Heather, dato che in fondo la domanda era da parte sua.

Dobby sembrava in procinto di smaterializzarsi, seguito a ruota da tutti gli altri. Dall’altra parte del salone, proprio a pochi metri da Heather, vi erano i tre padroni di casa, con le facce contratte per la rabbia. Lucius e Narcissa Malfoy e Bellatrix Lestrange. Quest’ultima teneva in mano un coltello d’argento, pronta a lanciarlo contro i nemici.

Con un lieve gesto della mano, Heather usò un incantesimo di disarmo sulla mangiamorte: tra sette minuti(ossia quando sarebbe finito il suo incantesimo di blocco) non sarebbe riuscita a capire come avesse fatto a perdere l’arma. Heather fece per uscire da lì (Harry si sarebbe salvato senza problemi), quando un pensiero le balenò in testa.

Si avvicinò ai tre Mangiamorte (ancora immobili) e si intrufolò nelle loro menti. Chissà, magari avrebbe potuto trovare delle informazioni utili. Nelle menti dei coniugi Malfoy trovò un’informazione che le sarebbe sicuramente tornata utile, o almeno che gradiva, ma l’informazione più interessante fu nella mente della Lestrange.

Ecco trovata l’ubicazione di un altro Horcrux! A questo avrebbe pensato lei. La Potter si guardò intorno. Ormai mancavano tre minuti alla fine dell’incantesimo dell’arresto del tempo: doveva fare un’ultima cosa, e poi sarebbe potuta uscire finalmente da lì. Si guardò velocemente attorno, fino a che il suo sguardo non si posò su uno dei cimeli dei Malfoy.

Era uno scettro d’argento con delle rifiniture in oro. Si, poteva andare bene. Afferrò l’oggetto, per poi dirigersi verso la prigione seminterrata. Se quello che aveva letto nella mente di Lucius Malfoy era vero, allora Lui lo avrebbe trovato lì sotto. Infatti, proprio accanto ad una cella aperta, vi era riverso sul pavimento il suo obbiettivo.

Heather riuscì a recuperarlo(usando un LEVICORPUS), sempre con lo scettro sotto braccio, e uscire dall’enorme Manor, proprio un istante prima che l’effetto del suo incantesimo finisse. Se il suo udito fosse stato sovrumano, avrebbe potuto sentire il suono della smaterializzazione di Dobby, insieme ai suoi amici, e il grido rabbioso di Bellatrix per non avere più in mano il coltello.

-Ciao, Peter- Furono queste le prime parole che Peter Minus sentì appena sveglio. Dove si trovava? Cosa gli era successo? L’ultima cosa che ricordava era l’aprirsi della cella di fronte a lui, quella dove Potter e i suoi amici erano stati rinchiusi, seguito subito dopo da un forte dolore alla testa… e poi il buio. Capì di essere in pericolo solo quando vide la figura della Potter di fronte a se.

Minus fuggì in mezzo alla sterpaglia, cercando di seminare la sua aguzzina. Purtroppo, per lui, dopo una fuga disperata, venne colpito da in incantesimo della Potter e tornò alla sua forma umana. Il ghigno folle e crudele sul volto della giovane lo fece tremare.

-Il gioco è finito- Disse semplicemente Heather. Colpì Minus con la maledizione Imperius e lo vide colpirsi ripetutamente da solo. La ragazza rise. Una risata fredda. Crudele. Appena si stancò del “gioco”. Cominciò a colpirlo ripetutamente con la maledizione cruciatus.

Le urla di dolore dell’uomo risuonarono per tutta la foresta. Per un solo istante Heather si chiese dove fossero esattamente, a pochi metri da loro vi era il lago nero, ma non aiutava molto l’orientamento dato che il lago era enorme. Peter ansimò dalla fatica. Anche se le scariche erano finite, sentiva ancora il dolore lancinante della maledizione.

A fatica alzò il volto e incontrò lo sguardo della giovane figlioccia. Sentì un brivido lungo la schiena: il suo sguardo era identico a quello di Voldemort. Il suo stesso ghigno sadico, il suo sguardo freddo poco prima di uccidere in modo lento e brutale le sue vittime. L’uomo a terra non potè fare a meno di tremare. Provava paura. una forte e incontrollata paura.

-Non mi va più di giocare, Peter. Non sei più divertente… facciamola finita, ora vedremo se sono brava anche con la terza maledizione senza perdono- Sghignazzò con il suo ghigno simile a quello di Voldemort. Minus ancora tremava, se per gli effetti della maledizione o per paura Heather non seppe dirlo.

-T… ti prego… abbi pietà- Balbettò disperato. Ma la ragazza non sembrava in vena di essere clemente in quel momento. Alzò la bacchetta e fece per pronunciare l’anatema assassino.

-A quanto riesco a cogliere con la Leggimanzia, ti ricordi del nostro primo ed ultimo incontro. Spero che mi perdonerai se questa volta non mi fermo a giocare con te: voglio arrivare subito al dunque- Disse lei alzando la bacchetta. Minus avrebbe potuto smaterializzarsi, oppure trasformarsi in un topo e scappare: non fece nessuna di queste cose.

Non aveva la forza di fare nulla, la paura era talmente tanta che gli aveva fatto perdere la capacità di pensare. L’ultima cosa che vide, oltre il volto bianco della figlioccia contratto dall’odio, fu un SECTUSEMPRA che gli tagliò di netto la gola. Peter Minus, alias Codaliscia, esalò i suoi ultimi respiri in una pozza di sangue. Heather non batté minimamente ciglio di fronte a quella scena.

-Adesso combatteremo sul serio alla pari. Ormai non ho più punti deboli- Disse la Potter tra se e se. Il suo sguardo, privato di qualsiasi barlume di emozione, puntò sul cadavere del padrino. Un veloce movimento della mano e, come già successo due volte, un frammento della sua anima uscì dal suo corpo, per incastonarsi nello scettro appartenuto, fino a pochi minuti prima, alla famiglia Malfoy.

Camminò velocemente per i corridoi, ma proprio in quel momento l’incantesimo si annullò. Peggio di così non poteva andare, dall’altra direzione si sentivano rumore di passi. A quel punto non potè fare altro che nascondersi in una delle aule più vicine.

Rimase in silenzio dietro la porta, aspettando che i rumori di passi si allontanassero. Aspettò qualche secondo per poi tirare un sospiro di sollievo. Solo in quel momento notò lo strano arredamento della stanza: non sembrava un’aula, era completamente sgombra, tranne un enorme specchio posto al centro.

Si avvicinò lentamente ad esso, qualcosa non le tornava. Qualcosa nell’immagine riflessa era diversa… ma cosa? Solo una volta arrivata ad un metro di distanza riuscì a capirlo. Era lei ad essere diversa. Nell’immagine era più pallida, i suoi capelli erano più scuri, e portava un lungo mantello nero. Ma la cosa più inquietante era il ghigno che il riflesso faceva e gli occhi color cremisi.

-Potrò darti ciò che stai cercando: il potere. È tutto l’anno che ti osservo, tu sei uguale a me. Sei una brillante strega alla ricerca del potere. Insieme potremo conquistare veramente il mondo. Basta che tu uccida tuo fratello e mi consegni la pietra- In quel momento, l’immagine che Heather aveva visto nello specchio già dalla volta precedente, cambiò. Non raffigurava più Heather in quelle vesti, ma raffigurava Heather in quelle vesti in procinto di uccidere qualcuno.

Heather si allontanò dal corpo senza vita di Peter Minus, senza battere minimamente ciglio. I suoi occhi non avevano più il loro solito colore verde, ma erano diventati di un’inquietante tonalità rosso sangue. Lo stesso colore degli occhi di Voldemort. Gli specchi della sua anima erano diventati due sfere color cremisi. 

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Capitolo 21
*** Libro 2: prologo ***


Nell’epilogo finale.  

La battaglia tra le forze del bene e quelle del male nel mondo della magia è ora a tutto campo.  

La posta in gioco non è mai stata così alta e nessuno può considerarsi al sicuro,  

ma è Harry che potrebbe essere chiamato a compiere l’estremo sacrificio  nel momento della resa  

dei conti con Lord Voldemort… e forse non solo lui.  

Heather Potter ormai è decisa a uccidere il Lord Oscuro con le sue stesse armi.  

Anche lei adesso si è spinta fino ai limiti estremi della magia oscura.  

C’è solo un piccolo dubbio che ancora le alberga nel cuore:  

sarà pronta a voltare le spalle a Harry e Caroline?  

Tutto finisce qui.  

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Capitolo 22
*** Libro 2: rapina alla Gringott ***


Il sole era sorto da alcune ore. L’Inghilterra (sia magica che no) si stava apprestando proprio in quel momento ad alzarsi dal letto per cominciare la loro giornata. Solo una persona non era inserita in questa routine. Heather Potter, già sveglia da diverse ore, era seduta sulla cima del Big Ben a guardare l’orizzonte.
 

La vista da la su era meravigliosa. Perfetta per lei. Non tanto per ciò che si poteva vedere da un’altezza simile, ma piuttosto per l’atmosfera di pace e serenità che la giovane strega oscura poteva cogliere. Gong dell’enorme orologio, a parte. Quell’atmosfera le riportava alla memoria tanti ricordi del passato. I pochi felici della sua infanzia.  

Peter Pan. Aveva imparato a leggere ben prima del gemello, perciò (quando gli zii e il cugino non erano in casa), con sommo piacere di quest’ultimo, si dilettava a leggergli la storia. Lei Amava la parte in cui l’eterno bambino volava come per magia. In quei momenti era ancora una ragazzina. Ciononostante sapeva già di essere diversa dagli altri… superiore.
 

Negli anni, per non permettere a nessuno di ferirla, e per rendersi più forte, si era costruita un muro intorno al cuore, impedendo a chiunque di penetrarlo. Solo Harry, durante la loro infanzia, aveva il permesso di oltrepassare le sue difese. Una volta giunti ad Hogwarts, la situazione aveva poco a poco iniziato a cambiare.  

Una volta entrata a tutti gli effetti nel mondo magico, non aveva smesso di stare all’erta nei confronti degli altri. Non aveva solo se stessa a cui pensare, ma anche quell’ingenuo di suo fratello. Non poteva permettersi nessun tipo di errore, neanche il più piccolo. Questa nuova scoperta aveva piuttosto alimentato il desiderio di potere.  

Mondo magico o no, le cose non cambiavano. Gli abitanti di questa nuova realtà si comportavano nello stesso modo. Le persone che frequentava Harry erano tutte degli ipocriti moralisti. Ragazzini che si riempivano la bocca di termini come giustizia, ma senza rendersene conto, si comportavano in maniera peggiore dei così detti “cattivi”. Mocciosi che si riempiono la bocca di cose che non sanno.
 

I maghi che giravano invece intorno  a lei erano di un’altra tipologia. Seppur ugualmente prevedibili. Tutte persone in cerca di gloria, o convinti (stupidamente) di essere delle persone potenti. Le sue compagne di dormitorio facevano parte di questa prima categoria (streghe che giravano intorno a lei, desiderose di un po’del suo glorioso destino).  

Altri elementi, invece (come ad esempio Malfoy), forti della loro eredità Purosangue, si credevano i padroni della scuola… se non dell’intero mondo magico. Gli ci sono voluti anni a quei ragazzini viziati per rendersi conto della verità in cui vivevano. Era tutto uguale. Tutte le persone che aveva incontrato fino ad allora (babbani o maghi) formavano uno schema preciso e monotono.  

Solo un elemento stonava nel preciso modo in cui Heather aveva imparato a vedere il mondo circostante. Caroline Prince. Lei era l’unica persona (oltre a suo fratello) di cui non riusciva a comprendere il modo di pensare e di agire. Delle persone di cui si era circondata, era l’unica che non lo aveva fatto per un qualche proprio tornaconto.  

Lei invece no. Sin da subito aveva cominciato ad incuriosirla. E, senza rendersene conto, aveva scavato lentamente nella corazza che teneva intorno al cuore. Prima ancora di comprenderlo a pieno, si era guadagnata un posto nel cuore della gelida regina delle serpi. Solo Harry, fino ad allora, era riuscito a fare una cosa del genere.  

Per sconfiggere Voldemort, Heather aveva deciso di combattere con la sua stessa arma: Horcrux. Ne aveva creati tre, e tre sarebbero bastati. Non voleva corrodere il suo aspetto, fino a farlo assomigliare a quello di un rettile. Anche se il suo aspetto era ugualmente mutato: pelle bianca e occhi rossi come il sangue.  

Aveva rotto in quattro parti la sua anima. Questo le aveva permesso di abbandonare almeno parzialmente gli sciocchi sentimenti a cui era legata fino a poco tempo prima. Riusciva ad agire con maggior precisione e razionalità, senza che stupidaggini come la moralità o i sensi di colpa (non che ne avesse avuti mai molti) la frenassero.  

Il sentimento che la legava al fratello e a caroline, però, non accennava ad affievolirsi. Pur con un quarto di anima, continuava ad amarli entrambi. Scosse la testa, con uno sguardo selvaggio e iroso: non doveva perdere tempo in pensieri simili. Aveva cose ben più importanti a cui pensare. Senza farlo apposta, la punta della sua bacchetta cominciò ad illuminarsi proprio in quell’istante.  

Le sue piccole spie dovevano essersi appena piazzate tutte nei punti prestabiliti. A breve avrebbe avuto davanti a se l’intera mappa sotterranea della Gringott, e nel dettaglio le varie difese poste alle camere blindate delle famiglia Purosangue più in vista. Era la seconda volta che utilizzava questo piccolo trucco.  

Ad Heather non interessava affatto del villaggio, ma parlando con Harry aveva scoperto il suo piano su come poter visitarlo.   

-I gemelli Weasley mi hanno dato questa mappa- disse il ragazzo, mostrando alla sorella una mappa di Hogwarts. La particolarità però stava nei nomi che si muovevano su di essa. La mappa era in grado anche di vedere dove si trovavano coloro che giravano per il castello.  

-Con questa, e con l’ausilio del mantello dell’invisibilità, potrò andare finalmente ad Hogsmeade, senza paura di incontrare qualche professore o qualche dissennatore- Spiegò il ragazzo. Heather annuì, completamente disinteressata alla cosa. Piuttosto era preoccupata. Lontano dal castello, chissà quello scemo cos’avrebbe fatto.  

Provare a convincerlo a rimanere lì era da escludere. quando si metteva in testa qualcosa, non si poteva far desistere Harry Potter, inoltre non le interessava neanche farlo. Se voleva rischiare la vita, poteva benissimo farlo… tanto lei poteva controllarlo lo stesso. Il ragazzo salutò la sorella e se ne andò, nascondendosi sotto il suo mantello. Non si era accorto che la sorella gli aveva attaccato qualcosa sulla maglietta.  

Qualche giorno prima aveva pensato di far seguire Harry da Samuel, come ai vecchi tempi, ma il rettile si era rifiutato di strisciare in mezzo alla neve alta mezzo metro. Così la Potter dovette usare un mezzo alternativo… ma pur sempre efficace. Aveva catturato un piccolo insetto e aveva praticato su di esso due difficili incantesimi.  

Per prima cosa, lo assoggettò con la maledizione Imperius e poi, con un incantesimo di sua invenzione, che riusciva a connettere la sua vista e il suo udito con quello dell’insetto: in parole povere, sarebbe stata una microtelecamera. L’insetto in questione era appeso ad una spalla di Harry e riusciva a vedere e sentire tutto ciò che stava facendo.  

Aveva riutilizzato lo stesso metodo anche in quest’occasione. Con l’ausilio di un intero sciame di piccolissimi insetti (messi sotto l’incantesimo di disillusione), infiltrati nei piani sotterranei della famosa banca dei folletti, poteva entrare all’interno della camera blindata in questione, e prendere ciò che le interessava.  

Durante la sua visita al Malfoy Manor, aveva dato, per puro scrupolo, un’occhiata alle menti dei Mangiamorte presenti, e aveva fatto una scoperta molto interessante. Da quel che aveva potuto vedere dalla mente di Bellatrix Lestrange, il signore oscuro le aveva affidato una missione molto importante: conservare nella sua camera blindata un oggetto di inestimabile valore.  

La folle strega, nonostante fosse la Mangiamorte più vicina al suo padrone, non sapeva la reale portata del valore di quell’oggetto. heather intuì all’istante che si trattasse di un Horcrux. Una coppa d’oro, appartenuta in passato a Tosca Tassorosso. Girava voce che avesse dei poteri magici non ancora scoperti.  

-Credo sia giunto il momento. Basta rimanere qui a fissare il nulla- Furono queste parole a rompere il silenzio che si era creato da almeno due ore. Le fece una strana impressione: l’eco fu tanto potente da far rimbombare il suono per diversi metri. Dopo essersi sgranchita le gambe (rimanere immobile tutto quel tempo, le aveva fatto perdere la sensibilità alle gambe), si smaterializzò via.  

Diagon Alley ormai non era più la ridente cittadina magica dei tempi andati. Fino a pochi anni prima, per quelle vie ci sarebbe stata un’allegra folla di maghi (di ogni età) pronta ad ammirare le vetrine dei negozi, che a breve sarebbero stati aperti. Ma quelli era appunto altri tempi. Ormai l’aria di festa non era più presente nella piccola cittadina.  

Da quando il signore oscuro era tornato in possesso del suo vecchio potere, la situazione era via via peggiorata sempre di più. Ormai la paura e il sospetto si erano insidiati nella società magica. nessuno si sentiva più al sicuro. Persino i Purosangue temevano di finire, per un motivo o per un altro, nelle mire del signore Oscuro.  

Questo poteva essere, però, un vantaggio per Heather. Poteva spostarsi liberamente per le vie del paese, senza doversi neanche preoccupare di camuffarsi. Lei (a differenza del fratello) non era più ricercata dal ministero della magia, essendo ormai caduto in mano a Voldemort, ma meglio essere prudenti.  

Ancora non sapeva quanto ci avrebbe messo il signore oscuro a scoprire che era lei la proprietaria della bacchetta di Sanbuco. A breve anche lei sarebbe potuta finire sulla sua lista nera. Per il momento, meglio approfittare di questa sua libertà di movimento e aiutare il fratello scemo nella sua missione: recuperare e distruggere gli Horcrux.  

Superò alcune vie completamente deserte, nonostante fosse nel cuore della città, e arrivò di fronte alla sua destinazione. La banca dei folletti. Era il momento. Heather avrebbe fatto ciò che nessuno fino ad allora era riuscito a fare: rapinare la famosa ed impenetrabile banca della Gringott.  

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Capitolo 23
*** Libro 2: regalo gradito ***


Ancora non sapeva quanto ci avrebbe messo il signore oscuro a scoprire che era lei la proprietaria della bacchetta di Sanbuco. A breve anche lei sarebbe potuta finire sulla sua lista nera. Per il momento, meglio approfittare di questa sua libertà di movimento e aiutare il fratello scemo nella sua missione: recuperare e distruggere gli Horcrux.  

Superò alcune vie completamente deserte , nonostante fosse nel cuore della città, e arrivò di fronte alla sua abitazione. La banca dei folletti. Era il momento. Heather avrebbe fatto ciò che nessuno fino ad allora era riuscito a fare: rapinare la famosa ed impenetrabile banca della Gringott.  

La giovane strega oscura era al corrente (oltre che della planimetria dei sotterranei) dei vari sistemi di difesa di cui era munito il famoso e impenetrabile edificio. Si era documentata con tutti i mezzi (leciti e no) che aveva a disposizione. Penetrare non sarebbe stato difficile… era l’uscire la parte più difficile del piano.  

A pochi passi dall’immenso, e abbastanza asimmetrico, edificio, la strega usò su se stessa un potentissimo incantesimo di disillusione. L’incantesimo era un potente sortilegio oscuro, che la ragazza aveva appreso grazie a qualche lezioncina che Voldemort le aveva dato l’anno precedente. Ancora ricordava quel “particolare” natale.

Il salotto intorno a lei scomparve, lasciando il posto ad un ingresso buio e polveroso. Dovevano essere all’interno della villa di Voldemort. Intorno a lei vi erano degli oggetti parecchio inquietanti, tanto da far assomigliare il luogo alla casa degli orrori. Piton le fece cenno di seguirlo, lungo un corridoio lungo e stretto.

-Mantieni alta la barriera di Occlumanzia: il signore oscuro tiene sempre tutto sotto controllo- La informò sottovoce. Heather annuì appena. Neanche una vaga traccia di paura si poteva notare sul suo volto, e neanche nel suo animo. Piton aprì la porta di quello che doveva essere il salotto e, accompagnato dalla sua allieva, entrò.

Nonostante la poca luce che emanavano le varie candele poste sui mobili, si potevano ben scorgere i volti dei presenti. In fondo a destra si potevano notare tre Mangiamorte che Heather non aveva mai visto prima: erano i due fratelli Carrow, Amycus e Alecto, con la loro orribile e disgustosa faccia (Non per offendere, ma erano brutti sul serio), e un Mangiamorte di nome Rowle.

Al lato sinistro invece vi era solo la figura silenziosa di una donna: Narcisa Malfoy. La donna guardava Heather con occhi spenti. Era lo sguardo di qualcuno che temeva di perdere tutto ciò che aveva di bello nella vita. Ma la figura che attirava di più l’attenzione era quella centrale. Lord Voldemort era seduto a capotavola, e scrutava la Potter con morboso interesse.
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-Complimenti, mia cara. Sapevo che avevi del talento: neanche Bellatrix, alla tua età poteva essere paragonata a te. Nel giro di pochi mesi potresti diventare la più forte, dopo di me- Le disse l’uomo dalla voce serpentina. In effetti le sue non erano solo lusinghe dette al solo scopo di farla passare dalla sua parte. Già con l’iniziare del quarto anno, era diventata la studentessa migliore di tutte le scuole d’Europa.

E l’anno precedente era in grado di tenere testa ad alcuni dei Mangiamorte migliori della cerchia. Anche più di uno contemporaneamente. I suoi poteri erano in continuo aumento. Ormai doveva aver superato persino Bellatrix Lestrange. Abbassò la bacchetta, dopo un estenuante esercizio di magia oscura.

Fu in quell’occasione che si avvicinò al Signore oscuro. L’idea la ripugnava, ma era l’unico modo per poter agire liberamente in seguito. Come il professor Silente le aveva detto, a breve il ministero sarebbe caduto nelle mani di Voldemort. A quel punto, Harry, e tutti coloro che gli erano a favore sarebbero stati in pericolo.

Fargli credere che lei fosse dalla sua parte era una parte fondamentale del suo piano: arrivare alle spalle di Riddle e pugnalarlo a tradimento. Modo di agire da vera Serpeverde. Grazie al suo potente incantesimo, riuscì ad entrare nella banca senza essere scoperta. Intorno a lei, camminavano da tutte le parti degli indaffarati folletti. Non immaginavano neanche che la loro banca non era poi così sicura.

Una volta superato l’atrio, la strega oscura riuscì ad accedere alle gallerie che portavano nelle camere blindate sotterranee. Ora avrebbe dovuto agire con cautela. Con un po’ di impegno, sarebbe riuscita ad entrare nella camera blindata dei Lestrange senza troppa fatica, ma voleva evitare la teatralità, a meno che non fosse stato necessario.

La ragazza arrivò, dopo alcuni minuti di cammino (non avendo preso il mezzo di trasporto dei folletti, era dovuta scendere nella gola sotterranea, usando un incantesimo di levitazione), nel piano più profondo della Gringott. Ora doveva solo trovare un diversivo che le avrebbe permesso di “lavorare” in santa pace.

Il diversivo le si parò davanti proprio in quel momento. Un enorme drago, nervoso e con diverse ferite sul corpo, era incatenato al centro esatto del piano. Con il suo incantesimo di disillusione non poteva vederla, ma sembrava percepirla tramite l’olfatto, dato i suoi continui ruggiti nella sua direzione. Era proprio ciò che le serviva.

Con un rapido REDUCTO liberò l’enorme mostro di guardia e, prima che potesse capire cosa stesse succedendo, lo colpì direttamente con un incantesimo CONFUNDUS. Ora i folletti sarebbero stati occupati a sedare la stessa creatura che avevano messo di guardia ai loro possedimenti. Ad Heather questo non riguardava: avrebbe avuto tutto il tempo per penetrare nella camera che cercava.

Arrivò nella zona più remota della buia caverna e si fermò di fronte ad un’enorme porta blindata. Eccola! Lì erano custoditi i tesori della Mangiamorte più folle e potente della cerchia, compreso l’Horcrux del suo padrone. La Potter sfiorò appena la superficie della porta, rivestita da un potentissimo incantesimo di difesa, e incanalò tutta la sua magia in quel punto.

Aveva appena appreso un sortilegio proibito, in grado di spezzare blocchi e sigilli. Solitamente veniva utilizzato per rompere le barriere difensive di qualche roccaforte. Erano pochissimi i maghi in grado di usarlo. Non solo perché il ministero ne aveva proibito l’uso, ma anche perché i maghi in grado di utilizzarlo si potevano contare sulle punte delle dita. Un incantesimo di livello più basso, ma simile, lo aveva già usato prima dell’inizio del suo secondo anno.

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Heather si rimise in posizione: davanti a lei era stato posto una barriera anti intrusi, preparata da Piton in persona. Voldemort fece a Heather il gesto di procedere, e così fece. La Potter alzò fuori la bacchetta e la puntò contro la difesa davanti a li. Subito un fiotto di energia malvagia quanto potente fuoriuscì dalla punta della sua arma.

Il muro davanti a lei si piegò su se stesso e, nel giro di pochi i stanti, si infranse in mille schegge di energia. Voldemort fece una risatina fredda e crudele, mentre Piton non riuscì a trattenere una piccola espressione di sorpresa. Aveva usato i suoi poteri a piena potenza, per poter erigere quella barriera.

-Complimenti, mia cara. Veramente complimenti- Disse il potente mago oscuro, applaudendo. Per la prima volta, qualcosa aveva stuzzicato la sua attenzione. Sarebbe diventata la più grande arma a sua disposizione, pensò tra se e se. E mentre Voldemort pregustava il suo roseo futuro, Heather ripensava con soddisfazione al modo in cui lo aveva convinto ad allearsi con lei.

La potente barriera difensiva, eretta da una complicata e antica magia dei folletti, che in passato era riuscita a resistere agli attacchi combinati di famosi maghi oscuri e anche alle roventi fiamme di enormi draghi, non riuscirono a resistere che poche manciate di secondi sotto la pressione della potente magia oscura di Heather.

Appena la porta blindata si fu liquefatta, la strega entrò all’interno del Caveau del Lestrange. Era pieno di oggetti di valore, ma per lei (che possedeva una connessione mentale con l’Oscuro signore) non fu difficile trovare l’Horcrux in mezzo ad essi. Dopo aver annullato un incantesimo di protezione l’oggetto, (la piccola coppa d’oro) e un altro oggetto a caso.

Il secondo gli sarebbe servito per creare una passaporta per uscire di lì. Ormai i folletti dovevano aver capito ci fosse qualcosa di strano e, sicuramente, avevano potenziato le barriere anti smaterializzazione erette intorno alla banca. A questo punto, il modo migliore per uscire da lì era tramite, appunto, passaporta.

Sicuramente l’avrebbero percepita non appena si fosse spostata con l’ausilio di quell’oggetto d’oro (aveva un insolita forma, come la miniatura di un rapace), ma non era importante: a quel punto sarebbe già stata lontana e al sicuro. Sentì in lontananza le grida dei folletti e il bagliore del fuoco emesso dall’enorme drago. Meglio sbrigarsi.

-PORTUS- Disse la Potter, puntando la bacchetta sull’oggetto che teneva tra le mani. la miniatura del rapace, per alcuni istanti, si illuminò di una luce blu, per poi tornare del suo consueto colore. La giovane strega oscura si guardò un attimo intorno, per assicurarsi che non ci fosse nessuno intorno a lei, e poi scomparve, portandosi dietro il frammento dell’anima di Voldemort.

La passaporta la fece comparire a diverse miglia di distanza dalla Gringott. In uno sprazzo erboso, lontano dal centro abitato. Gettò a terra l’oggetto usato come mezzo di trasporto, e si mise a contemplare la piccola coppa d’oro. Voldemort aveva utilizzato tre dei quattro cimeli dei fondatori di Hogwarts.

Il medaglione di Salazar Serpeverde, la coppa di Tosca Tassorosso e, molto probabilmente, un importante cimelio di Corinna Corvonero. La spada di Godric Grifondoro era invece stata utilizzata proprio da lei. Non per lo stesso motivo megalomane del Signore Oscuro. Più che altro, per una specie di vendetta: non aveva dimenticato ciò che le era successo cinque anni prima.

Approfittando della sua distrazione, Heather con uno strattone ruppe la connessione dei loro incantesimi e fece cadere Tom all’indietro. Era il momento giusto. aveva solo pochi istanti per farlo. corse verso il diario ed afferrò la spada che il fratello aveva usato per uccidere il basilisco, pronta per trafiggere l’oggetto.

In tutta la camera risuonò un grido di dolore. Appena Heather aveva tentato di afferrare la spada, la sua mano si era pesantemente ustionata e un’enorme chiazza di sangue aveva bagnato il palmo. Perché? Cosa diavolo era successo?

-Kreacher!- Gridò la giovane strega. Il vecchio elfo domestico comparve all’istante, attento a non alzare lo sguardo da terra. La sua padrona era diventata ancora più spaventosa, da quando i suoi occhi avevano assunto quell’inquietante colore rosso. Heather gli ordinò di trovare l’altro padrone (Harry) e di consegnargli, senza farsi però scoprire, la piccola coppa d’oro che gli consegnò in quel momento.

L’elfo, ancora tutto tremante, annuì con un veloce inchino, e scomparve. Ci avrebbe pensato Harry a distruggere il frammento dell’anima di Riddle. Per lei, sarebbe stato meglio rimanere nell’ombra, per il momento. Non avrebbe saputo chi fosse stato a mandarglielo, ma sicuramente lo avrebbe considerato un regalo gradito. 

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Capitolo 24
*** Libro 2: angelo custode ***


-Kreacher!- Gridò la giovane strega. Il vecchio elfo domestico comparve all’istante, attento a non alzare lo sguardo da terra. La sua padrona era diventata ancora più spaventosa, da quando i suoi occhi avevano assunto quell’inquietante colore rosso. Heather gli ordinò di trovare l’altro padrone (Harry)  e di consegnarli, senza farsi però scoprire, la piccola coppa d’oro che gli consegnò in quel momento.

L’elfo, ancora tutto tremante, annuì con un veloce inchino, e scomparve. Ci avrebbe pensato Harry a distruggere il frammento dell’anima di Riddle. Per lei, sarebbe stato meglio rimanere nell’ombra, per il momento. Non avrebbe saputo chi fosse stato a mandarglielo, ma sicuramente lo avrebbe considerato un regalo gradito.

Harry rimase in silenzio ad osservare l’oggetto distrutto che giaceva ai suoi piedi, quello che fino a pochi minuti prima era una piccola coppa d’oro. Un altro Horcrux di Voldemort. A questo punto, ne mancavano soltanto due, e Voldemort sarebbe tornato un comune mortale, come qualunque altro mago.

In quel momento, lui, Astoria e il resto dei suoi amici, sostavano a villa conchiglia: l’abitazione dove William Weasley e Fleur Weasley (da poco) vivevano. Dopo essere riusciti a fuggire da Villa Malfoy, tutti sani e salvi (ancora non riusciva a rendersi conto di tanta fortuna), Dobby li aveva portati lì. Aveva lasciato Olivander e il folletto Unci Unci, prigionieri dei Mangiamorte, alle cure di Fleur, e si era messo a riflettere insieme ai suoi amici sulla prossima mossa da fare.

Non avevano nessun indizio su dove potesse trovarsi il prossimo Horcrux. Erano ad un punto morto. Ma proprio quando Hermione fece per rivelare agli altri un suo dubbio, un suono di una smaterializzazione attirò la loro attenzione. Era molto vicina: che i Mangiamorte li avessero trovati? Harry, seguito a ruota dagli altri tre, estrasse la bacchetta e andò a controllare.

Con sua grande sorpresa, non vide nessuno nel salotto della villa (luogo da cui era provenuto il rumore), ma solo un piccolo oggetto d’oro lasciato sul tappeto. La fitta alla sua cicatrice gli fece capire la vera natura del piccolo cimelio d’oro: quello era uno degli Horcrux di Voldemort. Senza pensarci due volte, fece mandare Hermione a recuperare la spada che tenevano in camera loro.

Velocemente Hermione afferrò la spada di Grifondoro e spaccò a metà l’oggetto oscuro. La coppa d’oro, per alcuni secondi, venne avvolta da una nube di fumo nero, per poi ricadere a terra. Il frammento dell’anima del signore Oscuro era stato distrutto. Fu a quel punto che i quattro ragazzi iniziarono a ragionare su quella strana situazione.

-Da dove è saltato fuori? E chi può essere stato a portare qui questo Horcrux?- Domandò Ron, con sguardo parecchio confuso. Non era il più sveglio all’interno del trio (anche se, adesso che Astoria era con loro, si poteva definire un quartetto), perciò sperava che i suoi amici riuscissero a fare luce sui suoi dubbi. Peccato che anche gli altri erano altrettanto confusi.

-Non so chi sia stato a mandarvi quell’oggetto, ma so da dove lo ha preso. Ho visto una coppa identica nella camera blindata della famiglia Lestrange- Fece una voce in fondo alle scale. Il folletto Unci Unci, appena sceso in salotto. Questo non fece altro che aumentare i dubbi dei ragazzi. Qualcuno aveva svaligiato la Gringott per aiutarli? Proprio in quel momento si materializzò il piccolo Dobby.

-Dobby ha visto, Harry Potter! Dobby ha sentito un elfo portare qui l’oggetto cattivo, per poi andare via! Però Dobby non è riuscito a capire chi fosse! Dobby è dispiaciuto, signore!- Esclamò la piccola creaturina, cominciando a strizzarsi le orecchie. Dopo aver fatto calmare Dobby, Harry iniziò a riflettere sulla situazione: chi poteva essere stato ad aiutarli?

-Sembra che tu abbia un angelo custode, Harry- Disse Astoria, metà divertita e metà agitata. Harry non potè fare a meno di annuire. La ragazza aveva detto il vero. Eppure queste sue parole gli diedero una strana sensazione all’altezza del petto. Sembrava quasi che una parte di lui già sapesse la risposta, eppure non riusciva a spiegarsi chi potesse essere questo suo angelo.

L’angelo in questione, che altri non era che Heather, dopo aver mandato Kreacher a consegnare l’oggetto al gemello, rimase ad osservare il cielo per intere ore. Ormai mancava poco alla distruzione del signore oscuro. Non sapeva esattamente quanti Horcrux mancassero, ma era abbastanza certa di sapere dove si trovasse il prossimo.

Nagini, il fedele pitone di Tom, doveva essere sicuramente uno di quei cosi. Non ne aveva le prove certe di ciò, ma era evidente che il Signore Oscuro avesse uno strano rapporto con quella creatura. Simile a quello che lei aveva con Samuel. Ma se ciò era vero, non sarebbe servito a niente continuare a nascondersi.

A breve, Tom avrebbe cominciato a darle la caccia (se ancora non lo aveva scoperto, a breve avrebbe saputo che lei era la legittima proprietaria della bacchetta di Sanbuco), perciò,  a quel punto, tanto valeva attaccare per prima. Se per ucciderlo, bisognava fare fuori prima il serpente, avrebbe attaccato la sua sede all’istante.

La Potter sapeva che Voldemort era rifugiato a Riddle Manor, la vecchia casa del padre babbano, nonostante passasse parte del tempo (come ad esempio le riunioni) al Malfoy Manor. Scosse la testa e si smaterializzò via: destinazione Little Hangleton. La casa di Tom Orvoloson Riddle. Appena comparsa al centro del paese, cominciò a guardarsi intorno.

Nessuno sembrava averla notata. Sembrava quasi che l’intero paese fosse sotto incantesimo CONFUNDUS. In fondo alla via si poteva scorgere la collina con in cima la villa appartenente, da diverse generazioni, alla famiglia Riddle. A quel punto, la ragazza capì tutto: la zona era stata messa sotto un potente incantesimo di disillusione. Per questo motivo i babbani non si voltavano da quella parte.

Usò il suo potere di percezione magico e avvertì la presenza di tredici maghi all’interno di quelle mura. A causa della barriera, non riuscì però a riconoscere chi fossero. Sperò solamente che non fossero Mangiamorte particolarmente potenti (come i Lestrange oppure Dolohov), perché sarebbe stato complicato affrontarli insieme a Voldemort.

Arrivata a un metro dalla barriera eretta per difendere il Manor, la giovane strega oscura iniziò a concentrare la sua magia intorno al corpo. Per entrare, sarebbe stato meglio un attacco diretto, piuttosto che un entrata silenziosa e inaspettata. Appena la magia raggiunse l’apice, Heather usò la trasformazione che fino ad allora aveva usato (completamente o parzialmente) solo tre volte.

Ninfadora Tonks si mise a duellare contro la sua odiata zia, Bellatrix Lestrange, mentre al marito, Rodolphus, ci pensò Malocchio. Kingsley invece iniziò a confrontarsi con Augustus Rookwood. Proprio mentre tutti erano nel pieno della battaglia, il pavimento iniziò a tremare.

-Cosa diavolo sta succedendo?- Gridò furioso Dolohov, mentre si portava la mano sulla bacchetta. Anche gli altri maghi si distrassero un secondo, senza capire cosa stesse causando terremoto. Dopo pochi istanti, proprio sotto i piedi di Nott, si aprì uno squarcio enorme. Il Mangiamorte venne sbalzato via da qualcosa non ben identificato, e andò a sbattere contro il muro, perdendo i sensi. Dal buco nel pavimento, fuoriuscì un serpente enorme, di almeno una ventina di metri. Appena lo videro, Moody gridò a tutti gli altri

-È un basilisco, non guardatelo negli occhi!- Gridò il vecchio auror al resto della sua squadra. Ma l’immensa creatura stava già scomparendo. Sotto lo sguardo sorpreso di tutti, il basilisco si rimpicciolì fino a riassumere le sembianze di…

-Heather!- Esclamò il fratello, vedendola.
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Dopo essersi riverso al suolo, le sue zampe si trasformarono in artigli, il suo volto assunse la forma di un grosso muso feroce e dalla sua schiena spuntarono due enormi e maestose ali. Di fronte a quella vista, neanche Heather riuscì a trattenere una piccola smorfia di stupore: Harry si era appena trasformato in un enorme, quasi dieci metri, e possente Grifone.

Heather non ebbe il tempo di lanciare alcun incantesimo, che il Grifone le saltò addosso. Fortunatamente fu abbastanza veloce da schivare il colpo. Si rialzò e anche lei si trasformò: un istante dopo un grosso grifone e un enorme basilisco si guardarono tra di loro (anche se il rettile teneva gli occhi chiusi, affidandosi unicamente ai suoi sensi).

Il quadrupede saltò addosso al grosso serpente e tentò di affondargli i suoi artigli nella carne. Carne purtroppo troppo resistente. Tentò allora di attaccare usando le sue zanne, ma Heather, con un veloce movimento, si liberò di lui e lo scagliò a diversi metri di distanza. L’enorme leone alato atterrò su di una roccia, procurandosi una ferita piuttosto grossa al fianco.
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-Come vuoi! Vediamo un po’ chi diavolo sei. Nel caso fossi una sudicia sangue marcio, tu pentirai di essere nata- Sibilò il più vicino, seguito subito dopo dagli altri, i quali si avvicinarono alla Potter con sguardo minaccioso. Heather invece continuava a non fare una piega. Erano solo dei poveri sciocchi. La loro morte sarebbe sopraggiunta molto rapidamente.

La bacchetta?... No. Non c’era bisogno di utilizzarla contro tipi del genere. Sarebbe bastata una parziale trasformazione in Animagus. Appena tutto il gruppo fi davanti a lei (o meglio, davanti ai suoi occhi), la ragazza usò una parziale trasformazione. Tutto il suo corpo, apparentemente, rimase quello di sempre, meno, ovviamente i suoi occhi.

Il colore delle pupille di Heather cambiò dal verde al giallo, per un solo piccolo istante, ma fu ugualmente abbastanza per colpire tutti i maghi davanti a lei. i Ghermidoni non ebbero neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo loro, che caddero a terra, come marionette a cui avevano appena tagliato i fili. Erano tutti morti.

Il corpo della giovane strega mutò all’istante, crescendo di diversi metri e assumendo la colorazione di un verde molto scuro. Dove fino a pochi istanti prima c’era una giovane e avvenente ragazza dai lunghi capelli neri e gli occhi rosso sangue, adesso c’era un enorme e famelico basilisco con le fauci spalancate. Con un veloce scatto, la bestia superò le barriere (senza sforzo apparente) ed entrò nel Manor, sfondando parte dell’ingresso. In questo caso, i metodi di Harry sono i migliori. 

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Capitolo 25
*** Libro 2: mano alle armi... ***


Il corpo della giovane strega mutò all’istante, crescendo di diversi metri e assumendo la colorazione di un verde molto scuro. Dove fino a pochi istanti prima c’era una giovane e avvenente ragazza dai lunghi capelli neri e gli occhi rosso sangue, adesso c’era un enorme e famelico basilisco con le fauci spalancate. Con un veloce scatto, la bestia superò le barriere (senza sforzo apparente) ed entrò nel Manor, sfondando parte dell’ingresso. In questo caso, i metodi di Harry sono i migliori.

I Mangiamorte più vicini all’entrata non riuscirono neanche a capire cosa stesse per succedere, prima che la forte onda d’urto li investisse. Tre uomini caddero a terra, privi di vita e con i corpi martoriati. Altri quattro Mangiamorte fecero per afferrare le bacchette che tenevano in tasca, ma caddero a terra morti, appena incrociarono gli occhi di Heather.

Da un corridoio laterale, grazie al suo udito sviluppato, percepì cinque uomini (probabilmente i Mangiamorte rimasti, l’odore della loro magia era inconfondibile) venire verso di lei a folle velocità. Con un rapido colpo di coda li colpì in pieno, facendo crollare nuovamente una parte della villa. Poche zone del Riddle Manor erano ancora in piedi.

Heather riprese le sue sembianze umane e si diresse verso il salone principale. Ricordava la sua ubicazione, grazie alla visita fatta l’anno precedente. Giunta nel salotto, ormai decadente, tenendo sempre in mano, si ritrovo in una sala completamente deserta. Lord Voldemort non era lì. La cosa non la sorprese più di tanto: già appena dentro la villa, non aveva percepito la sua presenza.

Però la domanda più importante restava: dove diavolo si era cacciato il Signore Oscuro? Un lamento morente attirò l’attenzione della ragazza. A pochi metri da lei, in mezzo alle macerie e ai calcinacci, un agonizzante Mangiamorte cercava di tenersi i pezzi di interiora che fuoriuscivano dallo stomaco. Non gli rimaneva molto da vivere.

Heather ci mise qualche secondo a riconoscerlo. Selwyn. Un Mangiamorte di alto rango, nonostante non facesse parte della cerchia più stretta. La ragazza, senza esitazione (le rimaneva poco tempo, prima che l’uomo spirasse sul serio), alzò la bacchetta e la puntò contro la tempia dell’uomo. Forse lui sapeva dove fosse finito il suo padrone.

Un’ora prima…
Voldemort stava in silenzio, in piedi di fronte alla finestra del suo Manor, a guardare il cielo nuvoloso. Ad un occhio distratto, sarebbe potuto sembrare tutto tranquillo. Peccato che il Signore Oscuro fosse a dir poco furioso. Aveva appena scoperto, grazie ad uno dei suoi infiltrati alla Gringott, che qualcuno aveva rubato uno dei suoi Horcrux custoditi nella banca dei Folletti.

Sicuramente era stato quella spina nel fianco di Harry Potter. Aveva già controllato i luoghi dove aveva lasciato gli altri frammenti della sua anima, ma non aveva trovato più nulla. Doveva solo sperare che il diadema di Corinna Corvonero fosse ancora al suo posto, ad Hogwarts. Altrimenti gli rimaneva solo Nagini.

Il serpente in questione, si trovava accanto a lui, protetto da una barriera magica molto potente. Voldemort fece cadere il suo sguardo sulla bacchetta che teneva stretta tra le mani. La bacchetta di Sanbuco. Quella che, secondo la leggenda, svettava su tutte le altre. Peccato che la bacchetta in questione non lo ritenesse il suo padrone.

Un’altra nota dolente: la bacchetta dava la sua fedeltà a colui che sconfiggeva il suo precedente padrone. Per poterla usare a piena potenza, avrebbe dovuto uccidere l’assassina di Albus Silente: Heather Potter. La ragazza che aveva desiderato tanto come erede. Un altro immenso spreco. Nonostante Grindelward non avesse parlato, prima di essere ucciso, sapeva che era lei la legittima proprietaria. Scosse nuovamente la testa e guardò di fronte a se.

Aveva appena chiamato a raccolta tutti i suoi Mangiamorte. Durante l’ultimo anno, c’erano state alcuni morti o scomparse misteriose all’interno delle sue fila: tra di essi vi erano Yaxley e quel buono a nulla di Codaliscia. Non sapeva se i due lo avessero abbandonato o fossero stati uccisi da qualche membro dell’Ordine della fenice, e sinceramente, neanche gli importava.

-Benvenuti, miei cari Mangiamorte. Oggi, dopo tanta attesa, otterremo ciò che è nostro di diritto: il dominio totale sul mondo magico. Adesso ci dirigeremo ad Hogwarts. È lì che si stanno per radunare le ultime forze nemiche. Siete pronti ad annientarli?!- Domandò il Signore Oscuro, incitando con le braccia le fila dei suoi seguaci.

Tutti i Mangiamorte (in particolare i Lestrange, Dolohov e Fenrir Greyback) esultarono e lanciarono grida di giubilo al loro padrone. Prima di mettersi tutti in riga, l’Oscuro Signore ordinò ad un gruppo di Mangiamorte la vicino, tra cui Selwyn, di rimanere a controllare il Manor. Nonostante il gruppo fu riluttante, fu obbligato ad ubbidire. Detto ciò, il più potente mago oscuro di tutti i tempi, uscì dall’edificio, insieme ai suoi seguaci, e si diresse verso la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.

Heather finì di leggere nella mente del Mangiamorte, proprio pochi istanti prima che l’uomo esalasse l’ultimo respiro. Ma la ragazza non se ne accorse neanche, troppo concentrata su ciò che aveva appena visto. Voldemort aveva scoperto che Harry era alla ricerca dei suoi Horcrux, e si era diretto ad Hogwarts. Dove teneva l’ultimo frammento della sua anima.

-Devo avvisare Caroline!- Esclamò la Potter, dirigendosi fuori dall’edificio diroccante. Non si rese neanche conto di aver formulato quella frase ad alta voce, ne di aver abbandonato la sua solita maschera di gelida indifferenza, lasciando il posto ad un’espressione a dir poco ansiosa. Non sapeva neanche lei quale istinto la spingesse ad andare: l’unica cosa che voleva era tenere la ragazza lontana dai pericoli.

Nello stesso momento, all’interno della scuola di magia più famosa della Gran Bretagna,  buona parte degli studenti era in fermento. I vari membri dell’ES, che nelle ultime settimane si erano nascosti all’interno della stanza delle necessità per sfuggire ai Mangiamorte Carrow, stavano informando, tramite monete incantate, tutti gli studenti sulle ultime novità.

Harry Potter, accompagnato dai suoi amici di sempre, Hermione Granger e Ronald Weasley, e, con sommo stupore di tutti i presenti, Astoria Greengrass, aveva fatto, passando per il passaggio segreto all’interno del pub “testa di porco”,  la sua entrata trionfale all’interno della scuola. Tutti i Grifondoro, in particolare Neville Paciock e Ginny Weasley, erano elettrizzati: finalmente sarebbe iniziata la rivolta.

-Siamo qui per prendere una cosa che ci aiuterà a distruggere Voi – Sapete – Chi…- Esordì il ragazzo sopravvissuto, appena tutti gli studenti che lo appoggiavano si erano riuniti all’interno della stanza delle necessità. Mentre Hermione iniziò a descrivere meglio l’oggetto (rimaneva sempre la più intelligente del gruppo), Harry iniziò a riflettere in silenzio.

Ormai mancava poco. Solo due Horcrux, e Voldemort sarebbe tornato mortale… e poi cosa sarebbe successo? Seppur mortale, il signore Oscuro rimaneva il mago più potente del mondo. In quell’ultimo anno di latitanza era diventato molto più potente. Per poter sopravvivere, aveva dovuto spingere la sua magia oltre il proprio limite.

Ormai poteva tranquillamente tenere testa ai mangiamorte, compresi i migliori luogotenenti. Era in grado di rivaleggiare con la Lestrange, ma non poteva tener testa a Voldemort… e neanche ad Heather. Harry non potè fare a meno di pensare che probabilmente la gemella sarebbe stata tra le fila dei maghi che a breve avrebbero attaccato la scuola. Il confronto con la ragazza, lo spaventava addirittura di più di quello con Voldemort. Non solo per la differenza di forza… sapeva di non aver il coraggio di attaccare la ragazza. L’anno prima era stata un’eccezione.

I due si diressero per il cortile del castello, ma quando furono ad una decina di metri dall’esterno delle barriere anti materializzazione (proprio accanto alla capanna di Hagrid) un Sectusempra sfiorò la guancia sinistra di Heather. Un lieve fiotto di sangue fuoriuscì dal taglio e andò a macchiare la sua divisa. La ragazza non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi fosse.

A pochi metri dai due Serpeverde, uno sconvolto Harry Potter teneva la bacchetta alzata contro di loro. I suoi occhi erano spiritati, il volto pallido, e il respiro affannato: sembrava un folle. Il suo sguardo saettò velocemente sulla sorella e poi sull’altro compagno. Heather fece segno a Draco di andarsene e lui, cercando di non farsi notare, si diresse fuori dal giardino del castello.

In quell’occasione, era stata la disperazione a guidarlo. Questa volta sarebbe riuscito a fare ciò che era giusto? Sarebbe stata in grado di fare ciò che era più giusto? il ragazzo sopravvissuto scosse la testa. Per quanto ci provasse, non riusciva a trovare una risposta. Risposta che a breve sarebbe stato obbligato a trovare.

-Evviva! Ci ssiamo riussciti, finalmente!- Sibilò Samuel, senza riuscire a trattenere l’entusiasmo. A diversi chilometri di distanza da Hogwarts, precisamente a Grimmauld Place numero 12, tre individui avevano appena terminato un progetto lungo un anno. Le parole gli erano uscite fuori con un “accento” piuttosto serpentesco.

Nonostante in quei mesi si fosse abituato al suo nuovo corpo bambinesco, ogni tanto faceva fatica a trattenere la lingua biforcuta. Aveva passato, insieme ad Edvige e Fanny (anch’esse trasfigurate in esseri umani) gli ultimi tempi nella vecchia villa della famiglia Black. Heather, la sua padrona, gli aveva ordinato di portare a termine la ricerca che aveva cominciato: l’allevamento di un esercito di basilischi.

Con l’ausilio di uova di gallina, pozioni per una crescita spropositata e diversi incantesimi di rafforzamento, finalmente erano riusciti a raggiungere un risultato ottimale. Nonostante la morte di decine di cavie, quattro piccoli esemplari (che grazie alla pozione, a breve sarebbero cresciuti) erano davanti a lui, appena usciti dalle uova artificiali.

-Non ci posso credere! Finalmente ci siamo riusciti!- Esclamò una raggiante bambina dai capelli bianchi, che antri non era che Edvige, la civetta di Harry Potter, anch’essa trasformata in una bambina. Finalmente erano riusciti a farcela. Così presa dall’euforia, senza neanche pensarci, abbracciò di slancio Samuel. Nella buia e polverosa stanza calò il silenzio.

-Emh… Alla fine ci siamo riusciti. Padrona Heather sarò sicuramente soddisfatta. Adesso dobbiamo solo aspettare un suo ordine- Disse Samuel, ignorando ciò che era appena successo, senza però riuscire a trattenere la lingua biforcuta, che continuava a sibilare. Sintomo di forte imbarazzo. Anche la civetta umanoide era parecchio imbarazzata, tanto che il suo volto era diventato di un rosso intenso.

La bella donna dai capelli rossi, ossia la fenice Fanny, alle loro spalle, li guardò con un piccolo sorrisino. Erano proprio divertenti quei due. Era stato bello passare quel tempo insieme a loro… peccato che quei momenti erano giunti alla fine. Senza farsi notare dagli altri due, colei che fino a pochi mesi prima era una fenice, si allontano dagli altri due, senza farsi notare.

Il suo amato Albus le aveva ordinato, proprio il giorno prima di morire, di assistere Heather Potter. Questa era stata la sua ultima richiesta. Molto difficile da esaudire. Nonostante sapesse come si erano svolti i fatti, non riusciva a non odiarla per averle ucciso il padrone. Il loro primo incontro, non era stato dei migliori, ma poi aveva iniziato a cambiare opinione su di lei.

Aveva visto, nel profondo del suo cuore, una piccola luce che neanche le tenebre riuscivano a schiacciare. Questo la rendeva più serena. In ogni caso, il suo compito era concluso. Adesso era giunto il momento di ricongiungersi con il suo amato Albus. Dopo essere entrata in una delle stanze più lontane, la donna prese fuoco improvvisamente. Un sorriso persistente sulle labbra. Dopo pochi secondi, era rimasta solo la cenere. 

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Capitolo 26
*** Libro 2: ...si combatte ***


Il suo amato Albus le aveva ordinato, proprio il giorno prima di morire, di assistere Heather Potter. Questa era stata la sua ultima richiesta. Molto difficile da esaudire. Nonostante sapesse come si erano svolti i fatti, non riusciva a non odiarla per averle ucciso il padrone. Il loro primo incontro, non era stato dei migliori, ma poi aveva iniziato a cambiare opinione su di lei.

Aveva visto, nel profondo del suo cuore, una piccola luce che neanche le tenebre riuscivano a schiacciare. Questo la rendeva più serena. In ogni caso, il suo compito era concluso. Adesso era giunto il momento di ricongiungersi con il suo amato Albus. Dopo essere entrata in una delle stanze più lontane, lo donna prese fuoco improvvisamente. Un sorriso persistente sulle labbra. Dopo pochi secondi, era rimasta solo la cenere.

-Piantatela, non ho bisogno di riposare! Sto benissimo!- Ringhiò un iroso Malocchio Moody. Tonks, seppur irritata, non potè far altro che annuire e lasciare la stanza. Era impossibile convincere Alastor. Quell’uomo era più testardo di un mulo. Dopo aver borbottato qualche imprecazione sotto voce, l’ex auror si infilò l’occhio artificiale, e raggiunse l’allieva al piano inferiore.

Da quando il ministero era caduto nelle mani di Voldemort, i membri dell’Ordine della fenice (almeno i pochi rimasti ancora in vita) erano diventati dei ricercati. Solo Harry Potter, ovviamente, aveva una taglia più alta della loro. Per non farsi trovare, cambiavano rifugio ogni settimana. In quel momento, si trovavano tutti a casa della famiglia Tonks, sotto l’incanto Fidelius.

Avevano dovuto portare via Malocchio dall’ospedale Sanbuco, nonostante le sue ferite da magia oscura non si fossero ancora rimarginate a dovere. Era stato obbligato a continuare la convalescenza da solo. Ancora si chiedeva chi potesse averlo salvato dal Signore oscuro. Era convinto che sarebbe morto quella notte, e invece.

Nel salotto si erano riuniti Malocchio, Remus Lupin, Ninfadora Tonks, i membri della famiglia Weasley presenti (Arthur, Molly, Bill, Fleur, Charlie e i gemelli), Kingsley e Andromeda Black in Tonks, la madre di Ninfadora. I membri dell’Ordine si erano riuniti li per “ordine” (scusate il gioco di parole) di Molly. La donna aveva appena ricevuto una notizia urgente dalla figlia.

-Quindi Potter, per un motivo sconosciuto, è ad Hogwarts, giusto? dobbiamo sbrigarci e raggiungerlo, prima che lo faccia Voi Sapete Chi- Ringhiò Moody per l’ennesima volta. Dovevano partire all’istante. I ragazzini non avrebbero chinato il capo di fronte a Lui, e questo li avrebbe messi tutti in pericolo.

-Chi non ha paura di morire, mi segua. Svelti!- Gridò nuovamente l’uomo, afferrando il suo bastone, e dirigendosi fuori dall’appartamento. Tutti gli altri, senza esitazione, lo seguirono. Tonks e Remus rimasero un secondo con la madre della Metamorfomagus. La donna teneva stretto tra le braccia il suo nipotino, e sembrava terribilmente preoccupata.

-Vi prego, tornate sani e salvi. Non posso perdere anche te- Disse la donna, mentre il piccolo Teddy rimaneva in silenzio. sembrava quasi capire la situazione tesa in cui era immerso.  Il marito di Andromeda, Ted Tonks, era stato ucciso qualche mese prima dai Mangiamorte. La donna non avrebbe sopportato di perdere anche la figlia.

Ninfadora annuì con un piccolo e amaro sorriso e, seguita dal marito raggiunse il resto dell’Ordine. La battaglia finale li attendeva. Intanto ad Hogwarts era in corso l’evacuazione. In seguito all’arrivo di Harry Potter e il suo seguito di amici, era iniziata la tanto attesa rivolta. I quattro capi casa (la McGranitt, Vitious, Lumacorno e la Sprite) avevano preso in mano la situazione.

Avevano affrontato direttamente i mangiamorte invasori, ossia Piton, il nuovo preside, e i due fratelli Carrow, Alecto e Amycus. Non si era fatto in tempo a festeggiare, che la voce fredda del signore oscuro era risuonata per tutte le mura del castello. Il potente e crudele mago oscuro diede un ultimatum a tutti coloro presenti nel castello: consegnargli Harry Potter prima di un’ora.

A quel punto era scoppiato il panico. Una metà dei presenti si stava preparando per “accogliere” il potente mago oscuro. Erano tutti coscienti di non poterlo fermare a lungo, ma lo avrebbero rallentando, dando ad Harry il tempo di fare ciò per cui era venuto. Mentre il resto degli studenti, specialmente quelli più piccoli, veniva fatto evacuare in fretta e furia da lì.

In tutta quella calca, solo un gruppo di studentesse era indeciso sul da farsi. Caroline Prince, Daphne Greengrass, Pansy Parkinson, Millicent Bulstrode e Tracy Davis si erano radunate nei dormitori femminili dei Serpeverde. Stavano animatamente discutendo su come comportarsi: fuggire o combattere? Era questo il dilemma.

Pansy aveva proposto di fuggire, in fondo, quella guerra non le riguardava. Millicent rimase semplicemente in silenzio, non essendo tipa da prendere decisioni. Daphne invece, preoccupata per la sorella, aveva optato per restare, seguita a ruota da Tracy, anch’essa preoccupata per la coetanea. Caroline, per tutto il tempo, era rimasta in silenzio.

-Devo avvisare Caroline!- Esclamò la Potter, dirigendosi fuori dall’edificio diroccante. Non si rese neanche conto di aver formulato quella frase ad alta voce, ne di aver abbandonato la sua solita maschera di gelida indifferenza, lasciando il posto ad un’espressione a dir poco ansiosa. Non sapeva neanche lei quale istinto la spingesse ad andare: l’unica cosa che voleva era tenere la ragazza lontana dai pericoli.

Una volta fuori dal Manor, la ragazza afferrò la moneta che utilizzava per tenersi in contatto con Caroline e mandò un messaggio alla Prince. “Prendi le ragazze e scappate. Non dovete assolutamente prendere parte al combattimento” Le scrisse. Sperò solamente che il messaggio fosse arrivato a destinazione.

Il gruppo di ragazze Serpeverde rimase in silenzio ad osservare la loro compagna. Caroline, in assenza di Heather, era quella che prendeva le decisioni del gruppo. La Prince rimase per qualche secondo ad osservare la moneta magica che teneva tra le mani, probabilmente aveva ricevuto un messaggio, per poi parlare alle compagne.

-Siete tutte maggiorenni, perciò non posso obbligarvi a fare nulla. Vi voglio ricordare una cosa, però: sono tre anni che stiamo venendo addestrate in vista di questo momento. Per poter essere preparate a questa guerra, qualunque parte si scelga di stare. Io vado. Voi fate ciò che più ritenete giusto- Detto questo, l’ultima erede dei Prince lasciò la stanza.

Le altre si guardarono per alcuni istanti, senza dire una singola parola. Intanto, nel resto del castello, la battaglia finale era infine scoppiata. Voldemort, come volevasi dimostrato, nono aveva rispettato l’ultimatum, e aveva attaccato il castello dopo neanche mezz’ora.  Appena cadute le barriere del castello, l’esercito oscuro vi si era riversato dentro. Obbiettivo: trovare Harry Potter.

-Tutto qui quello che sai fare, ragazzino?!- Ringhiò Mulciber, con un ghigno crudele, mentre lanciava un sortilegio oscuro contro il suo avversario. Con l’aiuto di Luna Lovegood e del fantasma di Corvonero, Harry, Hermione, Astoria e Ron erano riusciti a trovare l’ubicazione del quinto Horcrux di Voldemort: il diadema di Corinna Corvonero si trovava nella stanza delle necessità.

Il gruppo era stato però intercettato da Goyle e Tiger i quali, completamente invasati dal signore oscuro e dai discorsi dei loro genitori, erano andati ad avvisare il Mangiamorte più vicino: Mulciber. Una volta nella stanza delle necessità, Harry si mise a duellare contro il Mangiamorte, mentre gli altri tre corsero alla ricerca dell’Horcrux, seguiti dai due scimmioni Serpeverde.

-In realtà mi sto solo scaldando. Devo essere sincero: mi aspettavo molto di più da un pupazzo di quel folle di Tom- Rispose Harry, schivando il sortilegio e rispedendogliene contro un altro di uguale intensità. Il Mangiamorte, nero di rabbia, appellò un tavolo presente nella stanza e lo usò come scudo. Approfittando delle schegge di legno che ostruirono la vista al ragazzo, Mulciber lo colpì con un Imperio. Questa volta, Harry non riuscì a ripararsi in tempo.

-Adesso mi seguirai senza fare storie, e insieme andremo a trovare il Lord- Gli ordinò. Un ghigno diabolico era spuntato sulle sue labbra. Durante la prima guerra magica, lui aveva il compito di mettere sotto Imperio tutti i membri di spicco del ministero. All’interno della cerchia oscura era il più portato per quella maledizione. Per questo, non aveva pensato neanche per un secondo che il ragazzo potesse liberarsi.

Con l’ausilio della propria forza di volontà, il ragazzo sopravvissuto riuscì a liberarsi dalla maledizione senza perdono e, prima che Mulciber potesse rendersene conto, gli lanciò contro un SECTUSEMPRA. La maledizione colpì il polso del mangiamorte, ferendolo profondamente e facendogli perdere la bacchetta.

Tanto concentrati, non si erano resi conto subito che una persona era appena entrata nella stanza. Draco Malfoy, sotto gli occhi leggermente stupito dei due duellanti, li stava osservando con sguardo sicuro e con la bacchetta nella mano ferma. Mulciber, dopo un primo attimo di smarrimento, sorrise perfido.

-Bravissimo, Malfoy! Fai fuori questo fesso, così il Lord ci ricompenserà- Disse, mantenendo il ghigno crudele. A quel punto, Draco fece una cosa che lasciò di stucco entrambi, puntò la bacchetta contro il Mangiamorte e lo bloccò con un INCARCERAMUS. Harry, seppur ancora scosso, finì l’opera con uno schiantesimo che lo mandò a sbattere contro una grossa pila di oggetti, sommergendolo.

Il silenzio scese tra i due. Harry guardava l’ultimo erede dei Malfoy con lieve sorpresa. Sapeva della sua relazione con Hermione (l’amica gliene aveva parlato), ma non si aspettava uno schieramento a tutti gli effetti da parte sua. Un boato assordante li distolse dai loro ragionamenti. Un bagliore accecante proveniente dal fondo dell’enorme stanza attirò la loro attenzione.

Astoria, Ron ed Hermione erano riusciti a recuperare il diadema di Corvonero, proprio un istante prima di venir raggiunti dai due gorilla Serpeverde. Goyle aveva cominciato a lanciare incantesimi offensivi, Tiger maledizioni oscure ben più pericolose, ma nulla andò a segno. I tre avversari erano ben più forti di loro. Quando Goyle venne schiantato da Hermione, Tiger decise di giocarsi l’ultima carta.

-Scappate! Tiger ha appiccato il fuoco!- Iniziò ad urlare Ron. L’Ardemonio, noto per essere una maledizione molto potente e incontrollata, stava divampando per tutta la camera delle necessità. Neanche il suo padrone, troppo inetto come mago, riuscì a domarlo, infatti, dopo pochi istanti, Tiger venne divorato da una lunga lingua di fuoco.

Hermione appellò uno svenuto Goyle e, prima che le fiamme maledette li raggiungessero, i tre ragazzi si diressero verso Harry. Dovevano raggiungere l’uscita il più in fretta possibile. Prima di svoltare l’angolo, però, Astoria, con una rapida mossa del braccio, afferrò il diadema che aveva infilato nella giacca e lo lanciò in mezzo alle fiamme maledette. Un Horcrux in meno a cui pensare. 

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Capitolo 27
*** Libro 2: portala da me ***


-Scappate! Tiger ha appiccato il fuoco!- Iniziò ad urlare Ron. L’Ardemonio, noto per essere una maledizione molto potente e incontrollata, stava divampando per tutta la stanza delle necessità. Neanche il suo padrone, troppo inetto come mago, riuscì a domarlo, infatti, dopo pochi istanti, Tiger venne divorato da una lunga lingua di fuoco.

Hermione appellò uno svenuto Goyle e, prima che le fiamme maledette li raggiungessero, i tre ragazzi si diressero verso Harry. Dovevano raggiungere l’uscita il più in fretta possibile. Prima di svoltare l’angolo, però, Astoria, con una rapida mossa del braccio, afferrò il diadema che aveva infilato nella giacca e lo lanciò in mezzo alle fiamme maledette. Un Horcrux in meno a cui pensare.

La Metamorfomagus Ninfadora Tonks schivò la maledizione del Mangiamorte che le si era parato di fronte e, con un rapido movimento del polso, gli indirizzò contro un potente schiantesimo che lo fece volare contro il muro. dopo un inudibile rantolo di dolore, il Mangiamorte si accasciò a terra, privo di sensi.

Ormai la battaglia finale tra la resistenza e i Mangiamorte era scoppiata, rendendo la scuola di Hogwarts un inferno sulla terra. In mezzo a quella confusione, aveva perso di vista tutti gli altri membri dell’Ordine, salvo suo marito Remus. Il licantropo era proprio a dieci metri di distanza da lei, intento a duellare con un degli avversari più agguerriti: Antonin Dolohov.

-Bene, bene, guarda un po’ chi abbiamo qui- Disse una vocetta infantile e agghiacciante. Davanti alla giovane e goffa strega mezzosangue era comparsa la donna che più odiava al mondo: sua zia, Bellatrix Lestrange. Odiava quella Mangiamorte per ciò che aveva fatto a suo zio Sirius, due anni prima.

Ovviamente l’odio era ampiamente ricambiato. Tonks rappresentava tutto ciò che Bellatrix aveva odiato e combattuto. La mezzosangue era sua nipote, un membro della nobile e potente casata dei Black. Lei era la macchia. La pecora nera della linea purosangue dei Black. il simbolo dell’impurità della loro fece incontaminata. Qualcuno che non avrebbe lasciato in vita per nessun motivo.

Anche la nipote era però determinata a porre fine a quella faida che da troppo tempo andava avanti. Le due iniziarono a lanciare gli incantesimi più potenti del loro repertorio, sperando di uccidere l’altra una volta per tutte. Ad un certo punto, Bellatrix lanciò l’anatema che uccide, ma Tonks eresse una barriera tanto potente che fece bloccare la maledizione e perdere l’equilibrio alla zia. Era il momento di finirla.

-AVADA KEDAVRA!- E un fiotto di luce verde fuoriuscì dalla punta della bacchetta. Peccato che non fu Tonks a pronunciare quelle parole. La giovane Metamorfomagus si voltò per un istante verso il punto dove si trovava suo marito. Fece appena in tempo a vedere Remus colpito da una maledizione mortale di Dolohov.

Il licantropo si accasciò al suolo. Il suo sguardo era spento. Non emise un solo rumore quando cadde a terra. Tonks non emise un fiato, mentre assisteva alla scena. Il suo volto non mostrò alcuna emozione. Nella sua mente riuscì a formulare soltanto un pensiero: Remus era morto. Il suo Remus non c’era più. Avevano ucciso il padre di suo figlio.

Il suo volto impallidì, ma il suo corpo rimase immobile. Con il volto privo di emozioni, sembrava una statua di pietra. L’unica cosa che vedeva era la figura il corpo senza vita di fronte a se. Tutto ciò che la circondava non esisteva più per lei. Non vi era più l’ambiente circostante, ne la cruenta battaglia che si stava svolgendo. Tantomeno il secondo lampo di luce verde, partito dalla bacchetta di Bellatrix, che la investì in pieno.

Nello stesso momento, dall’altra parte del castello, di fronte alle scale che conducevano ai sotterranei, un gruppo di maghi cercava di impedire l’accesso ai mangiamorte da uno dei passaggi segreti. A capo del gruppo c’erano Fred e Percy Weasley. il secondo si era ricongiunto alla famiglia proprio poco prima dell’inizio della battaglia.

In seguito alla lite che aveva avuto con i suoi genitori, riguardo alla credibilità di Silente e del ministero, si era allontanato da tutti loro. Solo adesso aveva avuto la forza di mettere da parte il suo orgoglio, schierandosi nuovamente al fianco dei suoi cari. Il più giovane tra i due fratelli schivò all’ultimo secondo una maledizione, mentre Percy colpì il nemico con uno schiantesimo.

-Grandioso, fratello. A quanto pare, non sei capace solo di rompere  le…- Ma Fred non riuscì a terminare la frase. Una fragorosa esplosione, causata dal Mangiamorte Rookwood, provocò il crollo di un muro. Fred, prima che potesse capire cosa stesse succedendo, si ritrovò sepolto vivo. Percy fece per urlare dalla disperazione, ma si bloccò di scatto: un PROTEGO aveva impedito al fratello di rimanere ferito.
-Stai attento la prossima volta, Weasley- Disse una voce dietro di loro. I due ragazzi si voltarono, appena in tempo per vedere una figura con un mantello nero che sfrecciava via da lì. In un primo momento l’avevano scambiata per un Mangiamorte, ma in effetti il vestito era diverso. Inoltre il volto della ragazza, seppur lo avesse visto per un attimo, era famigliare. Aveva frequentato Hogwarts lo stesso anno di Ron.

-Tu e Davis non verrete- Disse perentoria, la Potter. Detto questo, nessuno osò ribattere: le sue parole erano legge. Prima di uscire dal castello, però Heather tirò fuori la bacchetta e la puntò contro le altre compagne. Subito i loro abiti si trasfigurarono in lunghe tuniche nere (per chi le conosce, come quelle che indossano i membri dell’organizzazione XIII in Kingdom Hearts N.d.A.).

-Userete queste divise quando andremo in “missione”: mettetevi i cappucci, vi aiuteranno a nascondere la vostra identità- Disse loro, prima di dirigersi verso al foresta oscura.

Caroline Prince si mise a correre verso l’uscita del castello, senza dare una seconda occhiata ai due Weasley. Aveva riconosciuto subito Fred Weasley all’istante: Lui e il suo gemello erano delle celebrità ad Hogwarts. Con un veloce gesto della bacchetta, lo aveva appena salvato da quella frana. Ora però la sua priorità era un’altra: doveva trovare subito Heather.

Nello stesso momento, fuori dalle mura del castello, Harry era appena arrivato a destinazione. Dopo aver superato, con una fatica non indifferente, la cruenta battaglia che si stava svolgendo (tra Mangiamorte, Giganti e Acromantule, sembrava diventato un inferno), aveva finalmente raggiunto la stamberga strillante.

Grazie alla sua cicatrice, la connessione che aveva con Lord Voldemort, aveva scoperto quale fosse l’ultimo Horcrux: Nagini, il serpente di Voldemort. Grazie alle sue visioni, aveva capito che il rettile, insieme al suo padrone, stava all’interno della vecchia stamberga, aspettando la fine del conflitto. In fondo, lui era interessato solo ad Harry, non a tutti i morti che avrebbe fatto.

Il ragazzo sopravvissuto si acquattò in silenzio, appena dietro la finestra della vecchia catapecchia. Con lui erano venuti, ovviamente, anche il resto della comitiva: Ron, Astoria, Hermione… e Draco Malfoy. La sorpresa del suo voltafaccia era stata evidente (anche se Ron aveva storto il naso), persino Hermione non si era aspettata che il ragazzo si schierasse apertamente con loro.

La giovane strega mezzosangue osservava in silenzio il ragazzo purosangue accanto a lei. Non aveva ancora detto niente. Aveva aiutato Harry nella stanza delle necessità. Dopo aver schiantato Mulciber, erano fuggiti tutti insieme, prima che la stanza fosse invasa dall’Ardemonio, lasciando indietro il Mangiamorte e lo stupido Serpeverde che era rimasto vittima della sua stessa maledizione. Comunque non le importava, per ora: ci sarebbe stato il tempo per parlare.

-La vostra bacchetta non funziona a dovere, mio signore? È per questo motivo che mi avete richiamato dalla battaglia?- Disse una voce atona, proveniente dall’interno della stamberga. I ragazzi si zittirono completamente, si avvicinarono ad una delle finestre e si misero ad ascoltare: ad uno dei lati della stanza c’era Piton, mentre al centro troneggiava la figura del signore Oscuro.

-So già perché la bacchetta non risponde pienamente ai miei comandi, ti ho fatto chiamare qui, perchè tu risolva il problema. E  comunque, non è necessaria la tua presenza nel campo di battaglia- Rispose Voldemort, con un ghigno freddo sulle labbra. Non aveva alcun dubbio su quel punto: il suo esercito era invincibile.

500 mangiamorte, 50 Ghermidoni (per quanto inutili), 5 Giganti, 20 Licantropi, 500 Dissennatori e 600 Inferius. I pochi sciocchi della resistenza sarebbero stati spazzati via in poco tempo. A quel punto, non gli rimaneva che cercare Potter personalmente. Il ragazzo in questione, era intento ad osservarlo, senza farsi scoprire. Fu a quel punto, che vide il suo obbiettivo.

Nagini era a pochi passi dal suo padrone. Il muso crudele rivolto verso Piton. Sarebbe stato il momento adatto (appena Voldemort avesse abbassato la guardia, avrebbe potuto ucciderla), peccato che solo in quel momento si accorse di un particolare importante: la spada di Grifondoro non era più nel suo fodero. Che fine aveva fatto?! Doveva averla persa nella foga della battaglia.

-La bacchetta risponde solo all’assassino del suo precedente padrone. Heather Potter ha ucciso Silente, il precedente proprietario. Finchè lei vive, io non potrò diventare il vero proprietario dell’arma della morte. Severus, trovala e portala da me- Così concentrato ad osservare il proprio serpente, non si accorse dell’espressione che fece il suo Mangiamorte, mentre annuiva.

Era sconvolto, ma non era il solo la intorno. Harry rimase per alcuni istanti immobile, senza sapere come comportarsi. Voldemort voleva uccidere Heather… sua sorella. La ragazza a cui aveva voluto un bene incommensurabile per 16 della sua vita. Quella ragazza che, seppur lo aveva tradito nel peggiore dei modi, e che cercava di odiare con tutte le sue forze, non riusciva a cancellare dalla sua vita.

-Cosa facciamo adesso, Harry?- Domandò Ron, tutto piagnucolante. Solo allora, Harry si accorse che i due uomini all’interno della stamberga (compreso il pitone) erano scomparsi. Dovevano essersi smaterializzati entrambi via. Ormai le barriere intorno al castello erano crollate, perciò era diventato possibile farlo. dato che Harry non rispondeva, ci pensò Hermione a farlo

-Dobbiamo tornare subito al castello e controllare la situazione. Presto!- Fece lei agli altri quattro. Annuirono tutti, tranne Harry. Il ragazzo sopravvissuto guardò i suoi amici e li rassicurò, dicendo loro che li avrebbe raggiunti dopo. I ragazzi annuirono (Malfoy fece semplicemente una smorfia), esclusa Astoria, la quale guardò il compagno con espressione preoccupata.

-Tranquilla, tesoro. Tra un attimo vi raggiungo- Disse lui. La Serpeverde, ancora un po’ titubante, annuì appena e seguì gli altri verso la scuola. Harry rimase ad osservarli per qualche secondo. I suoi pensieri erano ancora tutti concentrati sulla conversazione che aveva appena origliato. Era così preoccupato per il destino della sorella, che non si accorse dell’ombra alle sue spalle.

-Eccoti qua, Potter. Ti stavo cercando- Disse una voce gelida nell’oscurità. 

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Capitolo 28
*** Libro 2: la storia della regina ***


-Tranquilla, tesoro. Tra un attimo vi raggiungo- Disse lui. La Serpeverde, ancora un po’ titubante, annuì appena e seguì gli altri verso la scuola. Harry rimase ad osservarli per qualche secondo. I suoi pensieri erano ancora tutti concentrati sulla conversazione che aveva appena origliato. Era così preoccupato per il destino della sorella, che non si accorse dell’ombra alle sue spalle.

-Eccoti qua, Potter. Ti stavo cercando- Disse una voce gelida nell’oscurità.

-STUPEFICIUM!- Gridò Caroline, facendo volare un Mangiamorte contro una parete. Era finalmente riuscita a raggiungere le mura del castello. Ormai, superato lo sbarramento di fuoco e sangue (la battaglia era molto cruenta), sarebbe uscita tranquillamente da Hogwarts. Così presa dalla sua corsa, non si accorse che Avery, uno dei Mangiamorte più vicini, le aveva puntato contro la bacchetta.

-Argh! Dannazione!- Gridò di dolore il mago oscuro. Un grosso cobra gli si era stretto intorno alla vita e lo aveva appena morso. Dopo che il Mangiamorte, percorso da spasmi di dolore su tutto il corpo, fu a terra privo di sensi, il serpente iniziò a cambiare forma. Pochi istanti dopo, accanto all’uomo agonizzante, comparve una bellissima e giovane strega: Daphne Greengrass.

La bionda Serpeverde rimase alcuni istanti a guardare la Prince correre via, la giovane non si era neanche accorta di lei, prima di rigettarsi in mezzo alla mischia. Alla fine, la setta delle Serpi aveva deciso unanimemente di scendere in campo. Tutte loro avevano, bene o male, stima e rispetto verso Heather, erano inoltre sue debitrici.

La Greengrass, inoltre, non si sarebbe tirata indietro comunque: sua sorella era proprio nell’occhio del ciclone, e lei l’avrebbe protetta. Si legò stretta il mantello nero della sua setta, e iniziò a lanciare maledizioni intorno a se. Intanto Caroline, dopo aver evitato un Gigante furioso, riuscì a raggiungere le mura del castello.

Ora rimaneva soltanto un problema: come avrebbe fatto a trovare Heather? Sapeva che sarebbe venuta per combattere, ma come fare per trovarla? Era impossibile riuscire a rintracciarla prima che si fosse gettata nel conflitto. Fu a quel punto che uno strano luccichio attirò la sua attenzione. Cos’era? Un oggetto d’oro era stato posato sull’erba poco distante.

Harry Potter si sfilò da dosso il mantello dell’invisibilità e, con il respiro affannato, chiuse la porta dietro di se: era entrato nell’ufficio del preside senza essere visto da nessuno. Con la coda dell’occhio guardò le piccole fiale che teneva strette nella mano, per poi avvicinarsi al vecchio pensatoio di Silente. I fatti avvenuti negli ultimi minuti lo avevano lasciato sconvolto.

-Eccoti qua, Potter. Ti stavo cercando. Ti stavo cercando- Disse una voce gelida nell’oscurità. Harry non ebbe bisogno neanche di girarsi per riconoscerne il proprietario. Quella voce era troppo famigliare. Con un rapido movimento, si voltò e lanciò un SECTUSEMPRA a Severus Piton. L’uomo però non sembrava in vena di lottare.

Oltre a parare e respingere i suoi colpi, non reagiva in nessun altro modo. Dopo un minuto abbondante, finalmente il ragazzo sopravvissuto si fermò, senza abbassare però la bacchetta. Anche se non voleva combattere, rimaneva un maledetto traditore. Cosa diavolo voleva da lui? Voldemort non gli aveva appena ordinato di cercare Heather? Il pensiero gli causò una fitta al cuore.

-Prendi questi. Guardali attentamente, ti serviranno- Disse l’ex professore, distogliendolo dai suoi pensieri, e lasciando per terra una busta. Harry guardò l’uomo con uno sguardo indagatore. Cosa diavolo aveva in mente? Prima li tradiva e poi pretendeva anche di essere ascoltato? Fece per aprire la bocca, neanche lui sapeva se per parlare o maledirlo, ma Piton si smaterializzò prima.

Il Ragazzo sopravvissuto rimase per alcuni istante immobile. Non sapeva come comportarsi. Cosa c’era in quella busta? Esitante, e con la bacchetta alla mano, si avvicinò e la raccolse da terra (appurando prima che non fosse stata maledetta). All’interno erano contenute due piccole ampolle con su scritto “SP” e “HP”. Proprio in quel momento, una voce risuonò per tutta la zona.

-PER IL MOMENTO ORDINERÒ AL MIO ESERCITO DI RITIRARSI. VI CONCEDO UN’ORA DI TEMPO PER RECUPERARE I VOSTRI MORTI. HARRY POTTER, QUESTA VOLTA MI RIVOLGO DIRETTAMENTE A TE, SE NON VUOI CHE QUESTO MASSACRO CONTINUA, RAGGIUNGIMI NELLA FORESTA PROIBITA, PRIMA DELLO SCADERE DEL TEMPO, E AFFRONTA IL TUO DESTINO-

La voce amplificata del Signore Oscuro aveva fatto rabbrividire tutti coloro presenti nel castello. Dopo essersi fatto coraggio (l’ultimatum di Voldemort era stato abbastanza chiaro), si era messo sotto il mantello dell’invisibilità per poter raggiungere l’ufficio del preside e guardare quei ricordi all’interno del pensatoio.

Nel momento in cui era passato per la sala grande, per poter raggiungere le scale, aveva avuto un mancamento. I combattenti stavano radunando i morti. Tra di essi Harry riconobbe alcuni suoi compagni di scuola (quella ragazza Serpeverde in fondo alla sala era l’amica di sua sorella, Millicent Bulstrode).

Ciò che gli fece sprofondare il cuore fu però la vista delle due figure sdraiate l’una accanto all’altra: Remus e Tonks privi di vita. I suoi amici (più Malfoy) erano proprio a pochi metri da loro. Prima di cedere all’impulso di raggiungerli, Harry si voltò e raggiunse l’ufficio del preside. Decise di guardare prima le memorie su cui c’era scritto “HP”. Le lasciò cadere all’interno della bacinella e ci si immerse dentro.

-Buonasera, signorina Potter. Si accomodi pure- Le disse il preside, con tono gentile. Heather ricambiò il saluto con un semplice cenno del capo e si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania. Fanny, la fenice dell’uomo, la guardava storta. La Potter la ignorò e si concentrò sull’uomo davanti a lei. il suo sguardo non tradiva alcuna emozione.

Era la prima volta che i due rimanevano da soli, e Silente non potè fare a meno di notare quanto quella situazione gli fosse famigliare. Scosse la testa e iniziò  a parlarle. Le spiegò che i loro incontri sarebbero stati diversi da quelli del gemello, ma che entrambi servivano ad un unico scopo: la sconfitta definitiva di Voldemort. Heather annuì, e Silente, senza poterne fare a meno le fece una domanda.

-Ho saputo che ti sei allontanata da tuo fratello. Non ti chiederò di rivedere la tua scelta, nonostante sia giusto che collaboraste, ma vorrei saperne il motivo- Domandò l’uomo, conscio che questo avrebbe scatenato una rabbia fredda nella ragazza. E infatti, lo sguardo di Heather si fece freddo e pericoloso, quasi pervaso da un’aria selvaggia.

-Vorrei mettere subito le cose in chiaro, professore. Io non sono mio fratello. Non sono una tipa che si fa manipolare facilmente. Le risponderò una volta sola, poi la questione sarà chiusa per sempre: mi sono allontanata da Harry, perché stando accanto a lui non potrò raggiungere il mio obbiettivo- Gli rispose.

Il suo tono era rimasto educato, ma si poteva notare che aveva l’intonazione di un ordine: non sarebbe più tornata sull’argomento ed era meglio che Silente lo capisse subito. Sorprendentemente, almeno per lei che non lo conosceva bene, il preside sorrise gioviale. Quasi si augurasse di sentire quella risposta.

-So che tu, come alcune delle tue compagne di dormitorio, non avete bisogno di allenamenti extra- Le disse con un piccolo sorriso. Heather si sentì un po’ a disagio: che il preside fosse a conoscenza delle riunioni del loro gruppo? Scosse la testa e si disse che fosse impossibile: in fondo praticavano magie illegali, e se lo avesse scoperto le avrebbe già sospese.

-Bene, allora arriverò subito al punto: desidero che tu ti faccia alleato Voldemort- Disse. Cadde il silenzio e, per alcuni secondi, l’unico rumore che si sentiva erano i rintocchi dell’orologio posto sulla mensola in alto. La ragazza era rimasta sorpresa dalla richiesta, ma poi si riprese e domandò con un tono di voce che non faceva trasparire alcun turbamento

-Mi vuole far diventare una Mangiamorte?- Gli chiese. La notizia la infastidiva parecchio. Non tanto per il fatto di unirsi all’uomo (se così si poteva ancora chiamare), ma per il fatto di essere il soldato di qualcuno: odiava non essere la migliore, farsi comandare non era proprio per lei. Silente però negò.

-No. Ho già qualcuno infiltrato tra le fila dei Mangiamorte. Io ti sto chiedendo un ruolo più importante: dovrai fartelo alleato. In modo che possa sapere in anticipo le sue mosse, ma senza essere uno dei suoi seguaci: nelle veste di Mangiamorte sarebbe difficile poterti muovere liberamente.- Le spiegò il preside. Heather rimase semplicemente in silenzio.

-Il mio tramite tra i Mangiamorte potrà aiutarti ad avvicinarti a Voldemort. Però prima devo farti una domanda importante: accetti questo rischioso incarico?- Le domandò. Il suo tono era diventato di colpo serio, un evento strano per lui. heather continuò a guardarlo per alcuni istanti, il suo volto era una maschera imperturbabile.

-Accetto- Disse semplicemente, mentre sul viso del preside nasceva un piccolo sorriso, sorriso amaro, in realtà.
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Nell’ultima stanza dormivano le uniche due ragazze presenti in casa: Ginny Weasley e Heather Potter.

Le due ragazze non avevano parlato molto, e nell’ultimo giorno proprio per niente, almeno prima di addormentarsi. Le due ragazze andarono a letto molto presto (non volevano svegliarsi tardi il giorno dopo). La stanza cadde in un profondo silenzio. Le due ragazzine si erano infilate nei loro rispettivi letti e avevano spento la luce. Anche Samuel, il pitone, si era raggomitolato ai piedi della sua padrona.

-Heather?- La voce della piccola Weasley, seppur bassa, risuonò per tutta la stanza. La ragazza in questione aprì gli occhi. incuriosita dal fatto che fosse stata chiamata. E anche un po’ seccata. Voleva dormire.

-Posso farti una domanda?- Le domandò lei. Heather notò il tono incerto ed esitante dell’altra, e ciò la incuriosì un po’.

-È da questo pomeriggio al Ghirigoro che una cosa mi tormenta: solo te potrai placare i miei dubbi- Le disse, scatenando ancora di più la sua curiosità.

-Di che si tratta?- Domandò Heather. Il tono non aveva ancora abbandonato quella nota di indifferenza, ma dal suo sguardo si poteva scorgere la curiosità.

-Ho paura che finendo a Serpeverde, o comunque in un’altra casa, i miei fratelli non mi parleranno più. So che tu sei la prima Potter della storia ad essere finita nella casa di Salazar, perciò solo tu potrai togliermi questo dubbio. Cosa devo fare?- Sembrava davvero preoccupata. Heather rimase per qualche istante impassibile.

Poi, probabilmente per la prima volta nella sua vita, il suo volto si distese in un sorriso comprensivo. Ginny registrò velocemente la nuova fisionomia della ragazza: probabilmente non avrebbe avuto altre occasioni di vederla. Il volto era lo stesso, ma sembrava quasi più luminoso. Come se la patina di tenebre che di solito ricopriva il suo animo fosse stata momentaneamente spazzata via.

-Devi stare tranquilla. Un rapporto tra fratelli non è così facile da rompere. Io ho estrema fiducia in Harry, e lui ne ha in me. La differenza delle nostre case non ha affatto inclinato il nostro rapporto- Detto questo, il suo volto tornò distaccato e senza aggiungere altro tornò a letto. Ginny rimase qualche istante a riflettere sulle sue parole, per poi sospirare di sollievo.

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-Professore, dovrei chiederle un favore… anzi, due- Disse al vecchio uomo. Il preside annuì, e ascoltò tutto ciò che aveva da dire la studentessa di Serpeverde. Aveva chiesto un favore anche al signore oscuro. Heather sbuffò divertita: aveva chiesto un favore ai due grandi maghi, per aiutare qualcun altro. Dopo che ella ebbe finito di parlare, Silente acconsentì e le disse che avrebbe provveduto il prima possibile a ottenere ciò che le serviva. Heather annuì e fece per uscire dallo studio.

-Signorina Potter. Lei è ancora sicura di ciò che sta per fare, vero?- Le domandò il preside. Heather potè notare il suo sguardo penetrante e attento da dietro le sue lenti. La ragazza non fece una piega. Annuì distrattamente ed uscì dallo studio. Aveva già accettato mesi prima. Se quello era l’unico modo per aiutare suo fratello e Caroline, lei lo avrebbe fatto.

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Nonostante la poca luce che emanavano le varie candele poste sui mobili, si potevano ben scorgere i volti dei presenti. In fondo a destra si potevano notare tre Mangiamorte che Heather non aveva mai visto prima: erano i due fratelli Carrow, Amycus e Alecto, con la loro orribile e disgustosa faccia (Non per offendere, ma erano brutti sul serio), e un Mangiamorte di nome Rowle.

Al lato sinistro invece vi era solo la figura silenziosa di una donna: Narcissa Malfoy. La donna guardava Heather con occhi spenti. Era lo sguardo di qualcuno che temeva di perdere tutto ciò che aveva di bello nella vita. Ma la figura che attirava di più l’attenzione era quella centrale. Lord Voldemort era seduto a capotavola, e scrutava la Potter con morboso interesse.

-Salve, mia cara. Severus mi aveva avvertito che saresti venuta. Accomodati- Le fece l’essere viscido e disgustoso che stava davanti a lei. heather annuì con un cenno del capo, e prese posto su una delle sedie. Proprio di fronte al signore oscuro. I Mangiamorte interpretarono quello come un gesto di sfida, infatti si misero a ringhiare, ma Voldemort li zittì con un gesto della mano.

-Ho saputo anche che hai il desiderio di allearti con me. Insolito. Nessuno ha mai osato fare una proposta del genere. Quindi io mi chiedo: che prove ho che il tuo non sia solo un bluff?- Le domandò il signore oscuro. Tutti rimasero in silenzio, un silenzio teso, ma Heather neanche questa volta si scompose.

-Ho saputo della missione che hai affidato a Draco Malfoy- Disse con tranquillità. I Mangiamorte si fecero rigidi, mentre Narcissa trattenne un singhiozzo. I suoi occhi si erano riempiti di lacrime. Heather non notò le loro reazioni, o comunque le ignorò totalmente, e continuò la sua arringa al grande mago oscuro.

-Nel caso Draco non riuscisse a portare a termine il suo compito, lo farò io personalmente- Disse lei, senza la minima traccia esitazione. Il ghigno di Voldemort si intensificò, mentre Narcissa smise di singhiozzare. Forse per suo figlio c’era ancora speranza.

Harry fuoriuscì dal Pensatoio. Il suo sguardo era paonazzo e il cuore gli martellava incessantemente nel petto. Possibile che fosse vero tutto ciò?! Come aveva potuto dubitare di lei?! come?! Pensò disperato.


N.d.A.
Salve a tutti. Lo so, il capitolo è buona parte dedicato ai ricordi di Heather nel pensatoio, ma era importante per i fini della trama. Ho però una buona notizia: nel prossimo capitolo ricomparirà finalmente Heather :3. Alla prossima. Bye-Bye 

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Capitolo 29
*** Libro 2: l'errore di Heather ***


Harry fuoriuscì dal Pensatoio. Il suo sguardo era paonazzo e il cuore gli martellava incessantemente nel petto. Possibile che fosse vero tutto ciò?! Come aveva potuto dubitare di lei?! Pensò disperato.

Heather Potter si fermò solo quando vide in lontananza le luci del castello di Hogwarts. La sua corsa aveva lasciato il posto ad una camminata veloce. Appena aveva capito dove il signore Oscuro si fosse diretto, anche lei si era precipitata al luogo del conflitto. Si era smaterializzata a pochi chilometri da li, ed era passata per la periferia della foresta oscura.  

Nella sua mente veniva ripetuto come un mantra: non Harry… non Caroline. Heather non era mai stata una ragazzina solare ed espansiva, come lo era suo fratello. Provare sentimenti era per i deboli. L’affetto che avevano provato i suoi genitori per lei e suo fratello non aveva impedito loro di morire. L’affetto che provava Harry non aveva impedito loro di passare un’infanzia d’inferno.

Alla fin fine, solo una cosa serviva per poter realizzare i propri obbiettivi: il potere. Le emozioni ti rendevano debole. Se invece sei potente, nessuno può farti del male. Nonostante ciò, aveva aperto il suo cuore a due persone: suo fratello e Caroline. Gli anni ad Hogwarts le avevano, mano a mano, fatto cambiare la sua visione del mondo.

Le sue difese di diamante che teneva intorno all’anima avevano poco a poco iniziato ad abbassarsi e, senza neanche accorgersene, aveva cominciato ad aprirsi con il resto del mondo, o almeno con alcuni di loro. Solo con la morte di Sirius aveva realizzato veramente cosa stava facendo, e a cosa avrebbe portato la strada che stava percorrendo: l’affetto, la debolezza più grande dell’essere umano.

Fu in quel momento che iniziò ad allontanarsi da tutti, ancor prima di creare gli Horcrux. Un mezzo che le era indispensabile non per ottenere l’immortalità, ma per liberarsi delle sue debolezze. Ormai aveva solo un quarto della sua anima. Provava indifferenza verso chiunque, i suoi sentimenti sembravano cosa passata. Ma, per quanto si sforzasse, continuava a sentire un fastidioso dolore al petto, quando pensava al fratello e Caroline.

Così concentrata, quasi non si accorse della figura, avvolta da un mantello nero, comparsa di fronte a lei. In un primo momento la scambiò per un Mangiamorte, tanto che con uno scatto afferrò la bacchetta che teneva in tasca, ma appena incontrò gli occhi dell’altro, la riabbassò. Occhi di quella tonalità viola, li avrebbe riconosciuti tra mille.

-Cosa ci fai qui, Caroline?- Le domandò, mantenendo un tono neutro e distaccato. in realtà, nel suo animo mutilato si stavano dibattendo sentimenti contrastanti: gioia, confusione, sollievo… e rabbia. Rabbia perché Caroline le aveva disubbidito.  Era ancora lì, nonostante le avesse ordinato di abbandonare il castello prima dell’arrivo di Voldemort.

-Non volevo andarmene. Non potevo farlo senza averti prima visto. È stata questa spada a portarmi da te…- Disse la Prince. Solo in quel momento, Heather si accorse che l’altra teneva stretta tra le mani la spada di Godric Grifondoro: doveva avere una parte considerevole di coraggio e onestà da Grifondoro per poterlo fare. La spada di uno dei quattro fondatori: un suo Horcrux.

Solo in quel momento la ragazza si accorse dello strano luccichio presente negli occhi viola dell’altra. Erano freddi e carichi di rammarico e dolore. Cosa le era successo? Heather, in un lampo di comprensione, si trattenne da portare le mani al viso. Che, vedendo i suoi occhi rossi e il colorito del suo volto, avesse capito? No. Impossibile. Si disse.

-… Sembrava quasi che questo oggetto inanimato fosse attratto da te, proprio come una calamita. Come se condivideste una qualche sorta di legame. Ho letto molti libri di magia oscura nella biblioteca di famiglia e nello studio del preside, da quando c’è mio cugino. Esiste solo un incantesimo che può fare una cosa del genere…- Continuò Caroline.

La maschera impassibile di Heather rimase la suo posto, ma all’interno del suo animo imperversava una violenta tempesta. Caroline probabilmente aveva capitolo tutto su ciò che aveva fatto della sua anima. Neanche lei sapeva dire il perché, ma una piccola parte di se temeva il giudizio della Prince. Visto che la Potter non accennava a parlare, Caroline riprese

-… Horcrux. Un oggetto che ha in se un frammento di un anima, è attratto dall’altra parte dell’anima, presente nel corpo del proprietario. Appena fatto questo ragionamento, mi ero data della sciocca. Tu non lo avresti mai fatta una cosa simile. Però, ora che ti vedo… il tuo viso… i tuoi occhi rossi…- Guardava disperata l’altra. Sembrava cercare in ogni modo un qualcosa nel suo volto: un cenno che i suoi ragionamenti fossero errati.

Cenno che mai arrivò. Quando la Prince si rese conto che il suo ragionamento era corretto, non riuscì a trattenere un gemito e, per la prima volta nella sua vita, si mise a gridare contro l’altra. Era furiosa, furibonda… disperata. Le cominciò a gridare contro. Le diede della stupida e incosciente. Le lacrime tentavano di uscire ad ogni parola che diceva. Ad un certo punto, Heather le rispose a tono.

-Anche Voldemort ha creato degli Horcrux. Se voglio sconfiggerlo, devo combattere con le sue stesse armi. Devo liberarmi di ciò che mi rende debole. Abbandonare le debolezze e raggiungere il vero potere- Disse con voce neutra e fredda. Le sue parole avevano un significato ben più profondo. Significato che Caroline colse. La rabbia svanì dal suo volto, e divenne fredda come il ghiaccio.

-Quindi le emozioni, secondo te, sono un ostacolo? I sentimenti sono un ostacolo? IO sono un ostacolo?! Allora perché non agisci come farebbe Lui?! uccidimi, se secondo te sono solo un ostacolo!- Quasi ringhiò. Ormai non riusciva più a controllarsi: alternava un tono furioso a uno gelido. Heather rimase in silenzio per alcuni secondi. Lo sguardo impassibile.

Con lentezza esasperante, si avvicinò alla Prince. Le arrivò a pochi centimetri di distanza, alzò la testa (Caroline era più alta di lei) e la fissò dritta negli occhi. Per alcuni istanti il mondo intorno a loro si fermò. Nessuno disse nulla.  Poi d’improvviso, come se il tempo avesse ripreso a scorrere, Heather afferrò la bacchetta e la puntò davanti a se.

-AVADA KEDAVRA!- Gridò la Potter. Caroline vide il lampo di luce verde arrivarle davanti, superarla, e andare a colpire la figura che stava qualche metro dietro di lei. la figura in questione, però, eresse all’istante uno scudo d’argento che bloccò senza problemi la maledizione mortale della Potter. Caroline quasi ebbe un infarto quando riconobbe la figura nell’oscurità.

-Bene, bene. Che strano scherzo del destino. Aveva ordinato a Severus di trovarti, ma a quanto pare non c’è né più bisogno. Eccoti qua, questa è proprio una fortuna- Disse la voce serpentina di Voldemort. Caroline deglutì a vuoto e, dopo che Heather le fece un cenno con la mano, si fece da parte. Mantenne per la stretta sulla bacchetta: non voleva farsi cogliere impreparata.

-Credo che tu abbia già capito come mai sono qui, la maledizione con cui mi hai accolto non lascia alcun dubbio. Tu, uccidendo Albus Silente, sei diventata la proprietaria della bacchetta più forte del mondo, la bacchetta di Sanbuco: per impossessarmene, sono obbligato ad ucciderti, mi dispiace- Disse il mago oscuro, senza il minimo cenno di dispiacere, prima di lanciare una maledizione.

Caroline, con il cuore in gola, rimase immobile a guardare l’anatema sfiorare un fianco di Heather, prima di infrangersi contro gli alberi alle sue spalle. Di quegli arbusti non rimase che polvere. Heather rispose invece con una serie di maledizioni letali. Lo sguardo della ragazza era lo stesso che aveva mostrato poco fa, quando aveva lanciato l’anatema mortale.

In quel momento, per quanto potesse sembrare assurdo, Caroline non aveva provato la benché minima paura: non aveva pensato neanche per un attimo che l’anatema fosse indirizzato a lei. il duello continuò per alcuni minuti. Entrambi i contendenti si lanciarono una vasta gamma di incantesimi e maledizioni letali.

La Prince non era un ingenua. Aveva capito la situazione. Heather era una grande strega. Non aveva visto nessuna studentessa imparare incantesimi come faceva lei. Neanche streghe e maghi del calibro di Minerva McGranitt, Malocchio Moody e Bellatrix Lestrange erano in grado di competere con lei. Ciononostante, la ragazza era in svantaggio: di fronte a lei, in fondo, c’era il mago più forte al mondo.

-Sei veramente potente. Nessuno dei miei Mangiamorte può vantare una tale potenza, anzi, nessun altro mago, è davvero uno spreco doverti uccidere. Peccato che tu però conservi ancora quel fastidioso punto debole- Disse il signore oscuro. Heather rimase in silenzio, nascosta nell’ombra (non voleva che l’altro vedesse il suo aspetto, e lo ricollegasse agli Horcrux). Aveva affrontato già due volte questo strano discorso.

-Dove credi di andare?- Le gridò contro, Heather. Per poco un raggio di luce blu elettrico non la colpì al fianco, ma all’ultimo secondo riuscì a deviarlo con un sortilegio scudo di incredibile potenza. La Mangiamorte sghignazzò soddisfatta, mentre la Potter la fissò con uno sguardo a metà tra il glaciale e l’odio puro.

-Mi dispiace, ragazzina. Ci sai fare, ma i tuoi tentativi sono del tutto inutili: il tuo punto debole ti impedisce di poter tenere testa al Signore oscuro- Disse la Lestrange, con una risata folle, prima di sparire tra le fiamme verdi del cammino. Heather rimase per qualche secondo in silenzio.

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-Combatteremo ad armi pari. Quando ci troveremo veramente faccia a faccia, non avrai nessun tipo di vantaggio su di me- Disse lei con un ghigno. Ghigno che non scalfì minimamente la sicurezza dell’altro. Questo fece irritare non poco la Potter: come diavolo si permetteva quel sudicio bastardo?!

-Non combatteremo mai alla pari. Per quanto tu ti spinga nel cuore delle tenebre, quei due sciocchi che ti ostini a tenere nel tuo cuore ti impediranno sempre di trascendere e abbandonare queste tue spoglie mortali. Io ti avverto: saranno loro due, prima o poi, a portarti alla disfatta- Disse con una risata gelida e folle, prima di esplodere in mille pezzi.

Solo ripercorrendo quei momenti, Heather comprese ciò che il mago davanti a lei intendesse fare. Quando il mago alzò la bacchetta contro Caroline, la Potter era già pronta a scattare. Prima che l’ultima erede dei Prince potesse capire cosa stesse succedendo, si ritrovò tra le braccia di Heather e smaterializzata lontano, nello stesso istante in cui un’enorme esplosione investisse l’area.

-Le ho mancate?- Si chiese tra se e se il signore oscuro. In realtà, dell’altra non gli interessava minimamente: sapeva che con quel gesto, la Potter si sarebbe esposta. Dopotutto, si era dimostrata una sciocca come tutti gli altri.  Arrivato vicino al cratere provocato dal suo incantesimo, notò un particolare. Una delle due era rimasta ferita, pensò con un ghigno.

-Tutto bene, Caroline?- Domandò Heather, la sua voce sembrava sofferente. Caroline faticò ad aprire gli occhi. La testa sembrava che stesse per esploderle. Aveva mancato di poco la maledizione del signore oscuro. Aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi davanti Heather. Fece per risponderle, ma la voce le morì in gola. Il suo volto sbiancò, mentre guardò la ragazza davanti a se.

-He… Heather… ch… che fine ha fatto il tuo… braccio sinistro?- Balbettò, tremante, notando l’assenza dell’arto sinistro di Heather. 

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Capitolo 30
*** Libro 2: verso il proprio destino ***


-Tutto bene, Caroline?- Domandò Heather, la sua voce sembrava sofferente. Caroline faticò ad aprire gli occhi. la testa sembrava che stesse per esploderle. Aveva mancato di poco la maledizione del signore oscuro. Aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi davanti Heather. Fece per risponderle, ma la voce le morì in gola. Il suo volto sbiancò, mentre guardò la ragazza davanti a se.

-He… Heather… ch… che fine ha fatto il tuo… braccio sinistro?- Balbettò, tremante, notando l’assenza dell’arto sinistro di Heather.

Draco Malfoy era immobile da alcuni minuti. In silenzio, osservava la folla intorno a lui. Mancava ancora mezz’ora allo scadere del tempo concesso da Voldemort. Nella sala grande, tutti i combattenti cercavano di guarire i feriti e raggruppare i corpi dei morti. In mezzo a quell’inferno, il giovane mago Purosangue non si accorse di una figura alle sue spalle.

-Sono felice che tu abbia fatto questa scelta- Disse la persona alle sue spalle. Draco si voltò, preso di sorpresa, ritrovandosi davanti Hermione. Fece un piccolo sorriso in risposta al commento della ragazza. Per alcuni istanti, cadde il silenzio tra i due. Era la prima volta, da quando si erano rivisti una volta arrivati ad Hogwarts, che rimanevano soli.

-Te l’ho già spiegato il motivo: non voglio essere un assassino- Rispose semplicemente il biondo, cercando di nascondere il rossore sulle sue guance. Entrambi i ragazzi sapevano che non era quello il solo motivo. I due vennero distratti dall’arrivo di Ron e Astoria. Se il primo aveva un’espressione preoccupata, la seconda era proprio sconvolta.

-Avete visto Harry?! Dovevamo incontrarci qui, ma è da mezz’ora che è scomparso- Disse Ron, mentre si guardava intorno, forse sperando di veder saltar fuori l’amico. Hermione scosse la testa. Neanche lei vedeva Harry da un po’ di tempo. In effetti, la cosa la impensieriva non poco: che fine aveva fatto il suo migliore amico?

-Non è che per caso, quello stupido di Potter ha deciso di consegnarsi?- Domandò Malfoy, guardando in faccia gli altri. Hermione e Ron impallidirono di colpo, mentre Astoria, che aveva già dei sospetti, svenne quasi. Harry si sarebbe mai consegnato a quel pazzo omicida del signore oscuro, pur di non far morire altre persone? La risposta era semplice… si.

Intanto Heather stava in silenzio ad osservare il cielo stellato. Sembrava perfettamente tranquilla, quasi non le fosse appena stato tagliato di netto il braccio sinistro. Caroline, in preda alle lacrime e alla disperazione, aveva cercato di prestarle soccorso come meglio poteva. Non per nulla, desiderava diventare Medimaga.

Era riuscita, con estrema fatica, a fermare la fuoriuscita di sangue. Ma non aveva potuto fare nulla per salvarle il braccio: era stata colpita da una maledizione di Lord Voldemort in persona, dopotutto. Ciononostante, non si era arresa e, dopo averle assicurato che sarebbe tornata subito, era corsa verso Hogwarts, sperando di trovare qualche pozione in grado di aiutarla.

-Heather- Una voce, che lei conosceva molto bene, la chiamò, cogliendola di sorpresa. La Serpeverde alzò la testa di scatto, ritrovandosi davanti il volto sconvolto del gemello. Il volto del ragazzo era bianco. Se per il braccio assente, o il suo aspetto mutato (sicuramente aveva capito da cosa fosse dovuto), Heather non seppe dirlo.

Harry, intanto, non sapeva come aprire il discorso. Cosa dirle? Scosse la testa, e decise semplicemente di dirle ciò che aveva appena scoperto: le spiegò del voltafaccia di Piton, dei ricordi che gli aveva lasciato (di Piton e di Heather) e ciò che contenevano. Heather rimase per tutto il tempo in silenzio ad ascoltare.

La situazione era a dir poco paradossale: i due gemelli stavano chiacchierando normalmente, dopo aver tentato più volte di uccidersi a vicenda (o almeno Harry aveva tentato di uccidere Heather più volte). Dopo aver finito di parlare, Harry tornò a guardare negli occhi la sorella. Sembrava cercasse di ignorare il colore cremisi dei suoi occhi.

-Sei stata te, non è vero? Sei stata te ad aiutare Ron a ritrovarci, a salvarci da villa Malfoy, e a consegnarci l’Horcrux all’interno della coppa d’oro, giusto?- Le domandò Harry, tutto d’un tratto. Heather, in un primo momento, parve sorpresa dalla perspicacia del fratello, ma recuperò subito la sua maschera di indifferenza.

-Si… e aggiungo anche che ho salvato la vita a Moody e alla tua civetta Edvige- Rispose la Serpeverde, con naturalezza. Harry, a differenza della sorella, non riuscì a mantenere un’espressione indifferente, di fronte a tale notizia: la sua cara Edvige era viva? Fece per chiederle spiegazioni, ma poi desistette: non era il momento opportuno.

-Heather, cosa ti è successo al braccio? E i tuoi occhi? ti prego, dimmi che non hai creato degli H…- Cominciò a dire il Grifondoro, l’argomento non poteva essere rimandato, la sorella aveva creato degli Horcrux? Sembrava stesse cercando disperatamente una smentita da parte della sorella. Smentita che non sarebbe mai arrivata.

-Harry, ho bisogno assolutamente che tu mi faccia un favore- Lo interruppe di scatto la Serpeverde, ricordandosi all’improvviso una cosa. Harry sospirò deluso. Il messaggio era chiaro: l’argomento era chiuso. Nonostante ciò, continuò a fissare insistentemente il braccio sinistro della gemella. Era preoccupato per lei. Un incantesimo sarebbe stato in grado di riattaccargliela?

-Tieni questo- Disse la strega, prendendo un oggetto dalla tasca e passandolo al giovane Grifondoro. Il ragazzo cercò di scacciare dalla sua mente la preoccupazione per lo stato in cui riversava la sorella (cosa non facile), e guardò l’oggetto che teneva in mano: era un boccino, constatò il ragazzo. La mente di Heather volò al momento in cui lo aveva ricevuto.

All’improvviso, proprio al centro della tavola, divampò una lucente palla di fuoco. Caroline sobbalzò per la sorpresa, e quasi cadde dalla sedia. Heather invece mantenne la sua solita aria fredda e impassibile: aveva capito subito cosa fosse, e non c’era nulla da temere. Infatti, quando le fiamme si dissolsero, comparve una leggiadra e maestosa fenice. Stretta nel becco teneva una lettera, con su scritto: testamento di Albus Percival Wulfric Brian Silente.

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La fenice posò sul tavolo la busta con su scritto “testamento di Albus Percival Wulfric Brian Silente”, e si andò a depositare su uno dei mobili al lato della stanza. Caroline continuò a guardare la creatura, mentre Heather si avvicinò alla lettera e la prese in mano. Appena la sfiorò, iniziò a cambiare forma e diventare un piccolo pacchetto quadrato.

-Cos’è?- Le domandò Caroline, che ripresasi dallo spettacolo del particolare animale, si era concentrata sul piccolo pacco che l’altra aveva preso. Heather, senza rispondere alla domanda, aprì la piccola scatolina e tirò fuori l’oggetto che conteneva: un piccolo e vecchio boccino d’oro. La Prince si avvicinò per poterlo osservare meglio.  

-Boccino d’oro della partita Serpeverde – Grifondoro 1991. Cercatore: Harry Potter- Lesse ad alta voce ciò che c’era scritto su di un foglietto lì accanto. Quel boccino era lo stesso che era stato usato durante la prima partita del loro primo anno. Quella volta lei non assistette. Perse il match di Quidditch, ma non le interessò affatto.

-Che diavolo è?!- Esclamò Harry, guardando la piccola pietra nera stretta tra le sue mani. Appena preso il boccino d’oro, l’oggetto si era aperto, rivelando una piccola pietra nera custodita al suo interno. Heather ci aveva visto giusto: l’oggetto aveva una memoria tattile. Però, seppur del loro primo anno, non era della partita Grifondoro – Serpeverde (dato che in quell’occasione lo aveva preso con i denti).

-Fammi vedere- Disse la ragazza, allungando la mano per afferrare l’oggetto. Nello stesso momento, però, anche Harry fece per afferrare l’oggetto. nel momento in cui le loro mani lo toccarono, l’ambiente intorno a loro venne avvolto da una nebbia argentea e quattro figure comparvero di fronte a loro.

Harry iniziò a tremare, appena ebbe riconosciuto quelle figure. Persino Heather, sempre così fredda e composta, impallidì leggermente: di fronte a loro erano comparsi gli spiriti di Sirius, di Remus… e dei loro genitori. Heather non riusciva a mantenere uno sguardo neutro. Neanche due anni prima, quando il fratello le aveva rivelato di aver visto i loro spiriti, era riuscita a trattenere le lacrime.

-Li ho visti, Heather. Quando la mia bacchetta e quella di Voldemort sono entrate in contatto, siamo stati circondati da una cupola di energia…- Affermò il ragazzo. A quelle parole Heather ricordò quando nello scontro con il ricordo di Tom Riddle le successe la stessa cosa.

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-… Li ho visti, i nostri genitori: le ombre di mamma e papà sono uscite dalla bacchetta di Voldemort- Disse con voce rotta dall’emozione.  A quelle parole, neanche Heather riuscì a mantenere la sua maschera priva di emozione. E seppur non fosse nessun testimone, il volto della ragazza si aprì in un espressione incredula, e i suoi occhi divennero improvvisamente lucidi.

-Siamo fieri di voi. Saremo sempre fieri di voi, qualunque strada deciderete di intraprendere- Dissero con un sorriso i due signori Potter ai figli. La pietra che tenevano in mano era l’oggetto magico di Cadmus Peverell, la pietra della resurrezione. Harry non riuscì più a trattenere le lacrime, mentre Heather non potè fare a meno di fare una smorfia amara.

Chissà se diceva sul serio: come avrebbe potuto amare una figlia come lei? un dubbio balenò nella mente della Serpeverde: possibile che fossero ripensamenti? Sensi di colpa? Scosse la testa, cercando di scacciare via quei pensieri: non poteva tornare più indietro. Doveva uccidere Voldemort ad ogni costo. Appena mise la pietra in tasca, le figure davanti a loro scomparvero.

-Tra poco ci riuniremo- Bisbigliò Harry, pensando forse di non essere sentito. Heather si voltò verso di lui, ma la sua espressione era già tornata fredda e impassibile: aveva capito benissimo cosa intendesse con quelle parole. Da quando aveva iniziato a studiare gli Horcrux, aveva iniziato a capire la vera natura delle loro cicatrici.

-Anche noi due siamo degli Horcrux, vero? Le nostre cicatrici- Domandò Heather, anche se la sua sembrava più un’affermazione. Harry, in un primo momento, parve sorpreso, ma poi annuì con amarezza. Dopo aver visto le memorie della gemella, si era immerso in quelle del professor Piton e aveva scoperto tutto.

Piton, per amore verso la loro madre, era passato anni prima dalla parte dell’Ordine della Fenice. La parte più scioccante venne però dopo: quando Voldemort, 16 anni prima, li aveva colpiti con l’anatema mortale, li aveva resi degli Horcrux accidentali. Al Grifondoro era caduto il mondo addosso. Lui e sua sorella sarebbero morti. O almeno lui: a quel punto, Heather non sarebbe più potuta morire, giusto? ragionò il ragazzo, un po’ amaramente.

-Allora sarà meglio andare incontro al  nostro destino, non trovi?- Sospirò Heather. Probabilmente avrebbe perso solamente il corpo, divenendo puro spiriti, ma Harry non avrebbe avuto scampo. Possibile che il suo destino fosse già segnato, e, dopo tutta la sua fatica, Silente non le avesse detto niente? Vecchio bastardo, pensò la Potter. 

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Capitolo 31
*** Libro 2: mezzo e mezzo ***


-Allora sarà meglio andare incontro al nostro destino, non trovi?- Sospirò Heather. Probabilmente avrebbe perso solamente il corpo, divenendo puro spirito, ma Harry non avrebbe avuto scampo. Possibile che il suo destino fosse già segnato e, dopo tutta la sua fatica, Silente non le avesse detto niente? Vecchio bastardo, pensò la Potter.

Lord Voldemort era in silenzio e immobile, guardando davanti a se, nella buia foresta. Stretta nella mano, teneva la sua nuova e potente bacchetta. A breve sarebbe diventato a tutti gli effetti il suo nuovo padrone, pensò il signore Oscuro, sicuro di se. Dopo aver assassinato il moccioso che da anni osava sfidarlo, avrebbe ucciso anche la gemella.

Dietro di lui, il suo esercito oscuro era immobile, aspettando istruzioni. Aveva subito della perdite, durante la battaglia ad Hogwarts, ma niente di troppo grave. Aveva perso 150 dei 500 Mangiamorte, 40 dei 50 Ghermidoni, 2 dei 5 giganti erano stramazzati al suolo, insieme a 8 dei 20 licantropi, inoltre 350 dissennatori dei 500 totali erano stati distrutti, insieme a 300 Inferius su 600.

Nonostante le perdite, non era un grosso problema: i Dissennatori e gli Inferius si potevano ricreare senza problemi, inoltre gli avversari avevano subito perdite ancora più devastanti. Proprio in quel momento, dalla fitta boscaglia, saltarono fuori Dolohov e Greyback. Aveva mandato i suoi due Mangiamorte alla ricerca di Potter, ma le ricerche sembravano infruttuose.

-Nessuna traccia del ragazzo? Ero convinto sarebbe venuto… a quanto pare mi sbagliavo- Disse con voce rammaricata, sembrava quasi un bambino a cui avevano detto che babbo natale non sarebbe venuto quell’anno. Nonostante il tono infantile, la schiera dei suoi seguaci tremò dal terrore. Il mago oscuro si voltò verso le sue schiere, ma proprio in quel momento, due figure uscirono fuori dalla foresta.

-Siamo qui…- Disse, con voce irosa, la figura maschile. Harry Potter, pallido in volto, ma con sguardo deciso, si avvicinò all’esercito oscuro. Era conscio di quale fosse il suo destino, e non avrebbe esitato ad affrontarlo. Accanto a lui, Heather, con sguardo freddo e duro, si avvicinò a Voldemort. A differenza del fratello, sembrava non provare alcuna paura.

Non sarebbe morta. Grazie ai tre Horcrux che aveva creato, avrebbe solo perso il corpo, conservando il suo spirito. Magari la setta della serpe l’avrebbe aiutata a riottenerlo, come tre anni prima Codaliscia aveva fatto con Voldemort. Ma come avrebbe salvato Harry? Intanto Voldemort si era nuovamente voltato verso di loro, guardandoli con un ghigno diabolico.

Passò a fianco del suo enorme serpente Nagini, l’ultimo Horcrux rimastogli (almeno secondo lui), protetto da una potentissima barriera, naturalmente, e si piazzò proprio di fronte ai due gemelli sopravvissuti. Aveva davanti a se le due ultime minacce rimaste: il ragazzo che intendeva fermarlo distruggendo i suoi Horcrux, e la proprietaria legittima della bacchetta più potente al mondo.

-Harry e Heather Potter, i ragazzi sopravvissuti… venuti a morire- Sussurrò il mago dai tratti serpenteschi. Il silenzio calò nella buia radura. I Mangiamorte rimasero a fissare i due ragazzi, chi con espressione angosciata (come Narcissa Malfoy), chi con un sorriso trionfante e folle (come Bellatrix Lestrange). Senza aggiungere altro, Voldemort alzò la bacchetta e  la puntò davanti a se.

-AVADA KEDAVRA!- Gridò il mago oscuro. Dalla punta della sua bacchetta fuoriuscì un lampo di luce verde… e poi l’oblio.

-Chi sei?- Domandò Harry Potter. Intorno a lui vi era il nulla totale. Non riusciva a distinguere nulla di ben definito. Si sentiva sospeso in un mondo privo di forma. I colori intorno a lui erano accesi, ma vari. Nulla che gli potesse permettere di capire dove si trovasse. La situazione stava diventando snervante. 

-Harry Potter- Disse improvvisamente una voce. Di nuovo. Erano già alcune voce che la sentiva, ma ogni volta che cercava di capire chi fosse e da dove provenisse, non ci riusciva. Urlò nuovamente, sperando di ricevere una risposta, ma di nuovo il silenzio risuonò intorno a lui. ad un certo punto, l’ambiente intorno a lui iniziò a delinearsi leggermente. 

Nonostante continuasse a non capire dove fosse, notò l’ambiente intorno a lui assumere un forte e intenso colore rosso. Dove diavolo era? Ma quando tentò di guardarsi meglio attorno, tutto venne invaso dal buio.

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-Harry Potter, finalmente la conosco. Devo dire che ero proprio impaziente di incontrarla- Disse una voce calda e profonda. Harry aprì di scatto gli occhi, ritrovandosi in un enorme sala decorata di rosso e oro. Era lo stesso luogo che  sognava da mesi, ma adesso appariva chiaro ai suoi occhi. Non capiva che luogo potesse essere, in realtà.

Il ragazzo sopravvissuto puntò gli occhi davanti a se, incontrando quelli dell’uomo che aveva appena parlato. Era robusto, fiero, con una tunica rossa, una spada d’oro stretta in vita e una lunga barba marrone. Inoltre aveva qualcosa di famigliare… i suoi occhi. Quegli occhi, nonostante fossero di diverso colore, erano simili a quelli di Silente: avevano lo stesso misterioso luccichio.

-Emh… Mi scusi, ma lei chi è?- Domandò Harry, con tono lievemente esitante. Gli sembrava tutto così assurdo. Dove si trovava? L’ultima cosa che ricordava era l’anatema che uccide di Voldemort. Doveva essere morto, giusto? allora perché si trovava lì? E dov’era Heather? L’uomo lo guardò per alcuni istanti poi, quasi gli avesse letto la mente, rispose

-*Non sei morto, ti trovi in una dimensione particolare, si potrebbe definire l’interno della tua coscienza. Credo che tu abbia già sentito parlare di me: mi chiamo Godric Grifondoro, e  sono ricordato per essere uno dei quattro fondatori della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts- Disse con voce gentile ma potente. Harry lo guardò confuso.

-Sei un fantasma?- Gli domandò. La cosa non lo convinceva molto: questo sarebbe stata una prova che fosse realmente morto, ma gli aveva appena detto che non era ancora morto, inoltre i fantasmi erano incorporei e trasparenti. Ma allora coma mai Godric Grifondoro si trovava dentro la sua “coscienza”?

-Non sono un fantasma, anche se ci sei andato vicino. Noi quattro, prima di morire, effettuammo un rito che permise alla nostra magia di trasmigrare nel corso dei secoli. E prima che tu  me lo chieda, la risposta è “si”: sono un Legilimens, per questo so cosa stai pensando- Gli spiegò l’uomo, lasciando Harry di stucco. Cosa stava dicendo? E perché aveva parlato al plurale?

-Per “noi quattro”, mi riferivo a noi fondatori. Il potente rito che abbiamo fatto, ha permesso alla nostra magia di attraversare i secoli e trasmigrare nei maghi che hanno ereditato di più il nostro credo. Io sono comparso in te perché nel tuo cuore alberga il coraggio e la lealtà d’animo, più che in chiunque altro al mondo…- Continuò a spiegare il ricordo.

-… L’ultima volta che affidai le mie capacità a qualcuno fu esattamente un secolo fa; anche lui era un giovane e coraggioso mago. Corinna e Tosca sono secoli che non trovano qualcuno a cui affidare la propria volontà. Salazar invece l’ultima volta trasmigrò una cinquantina d’anni fa. In effetti questa notte è successa una cosa curiosa…- Aggiunse con un mezzo sorriso. Quando vide la faccia curiosa di Harry, continuò.

-È raro trovare contemporaneamente dei maghi in cui reincarnarci. In realtà è successo solo due volte: la mia ultima “reincarnazione” era coetanea della penultima di Salazar… e sembra che adesso la cosa si stia ripetendo- Gli disse, fissandolo negli occhi. questa volta, però, Harry non fu ne confuso ne sorpreso. Aveva capito benissimo cosa intendesse.

-Quindi c’è qualcun altro che, in questo momento, come me, sta per ricevere la volontà di uno dei quattro fondatori, giusto?- Domandò all’uomo davanti a se, anche se la sua, più che una domanda, era una conferma. Godric annuì, continuando a guardarlo negli occhi: il ragazzo era sveglio, probabilmente aveva già capito chi fosse l’altra persona.

Heather stava in silenzio ad ascoltare il mago di fronte a se: Salazar Serpeverde, nei suoi abiti verdi e regali, le aveva appena spiegato ciò che Godric Grifondoro aveva detto ad Harry. La “stanza” dove risiedeva la strega era adornata con decorazioni verde e argento, anche se logore e decadenti: probabilmente era dovuto al fatto che Heather aveva mutilato più volte la sua “coscienza”.

-Quindi, se ho capito bene, io e mio fratello riceveremo la tua eredità e quella di Godric Grifondoro. Ma a quale scopo?- Domandò lei, senza sottrarsi allo sguardo del mago più anziano. Aveva capito benissimo che  stesse cercando di  leggerle il pensiero, ma non sarebbe mai riuscito a superare le sue barriere mentali.

-La mia richiesta è solo che tu continui a percorrere la strada che ti sei prefissata. Tu agisci nel mio stesso modo. Desidero che tu possa coronare i sogni che io non sono stato in grado di realizzare, affidandoti tutti i miei poteri e le mie magie- Spiegò lui, lasciando per un istante sorpresa Heather. I suoi poteri? Quelli si che le sarebbero tornati utili.

-Accetti tu di seguire i tuoi ideali, nonostante le possibili avversità, in cambio di tutti i miei poteri?- Dissero i due maghi adulti ai due gemelli Potter. I due ragazzi annuirono in risposta e alzarono in sincronia le loro braccia. avvicinarono le mani ai due fondatori e subito un forte calore attraversò il loro corpo.

-Ecco a te il mio potere. Fanne buon uso- Dissero nuovamente in coro i due. A quel punto, Harry e Heather sentirono una forte energia scorrere nel loro corpo. Il luogo intorno a loro divenne sempre più evanescente, fino a scomparire: il vuoto li aveva circondati nuovamente. Quando riaprirono gli occhi, si ritrovarono nuovamente insieme.

I due ragazzi si guardarono a vicenda (gemme verdi si scontrarono con due pupille color sangue), prima di concentrare la loro attenzione nel luogo dove erano finiti quella volta: sembrava la versione bianca e pura della stazione di King Cross. I due ragazzi si rialzarono da terra (erano sdraiati) e cercarono di capire che luogo fosse quello.

Erano ancora nella loro “coscienza”? Oppure questa volta erano morti sul serio? A interrompere le loro riflessioni fu una voce dolce e molto famigliare. I gemelli Potter si voltarono in sincronia verso l’origine del  suono. A pochi passi  da loro, identico a come lo avevano visto l’ultima volta, con il solito sorriso sulle labbra, li osservava il mago più potente dell’ultimo secolo: Albus Silente.

-Harry… Heather… Miei cari ragazzi- Disse con voce gentile.   
          

N.d.A.
*L’incontro con i due fondatori di Hogwarts e la loro “eredità” è preso dal manga e anime di Naruto J. Se la cosa non fosse chiara: il predecessore di Harry è Silente, mentre i due predecessori di Heather sono Voldemort e Grindelward.
Al prossimo capitolo. Bye-Bye  

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Capitolo 32
*** Libro 2: resa ***


Erano ancora nella loro “coscienza”? oppure questa volta erano morti sul serio? A interrompere le loro riflessioni fu una voce dolce e molto famigliare. I gemelli Potter si voltarono in sincronia verso l’origine del suono. A pochi passi da loro, identico a come lo avevano visto l’ultima volta, con il solito sorriso sulle labbra, li osservava il mago più potente dell’ultimo secolo: Albus Silente.  
-Harry… Heather… Miei cari ragazzi- Disse con voce gentile.  

Harry rimase allibito di fronte alla sua comparsa, si sentiva ogni secondo più confuso (prima la proiezione di Godric Grifondoro e poi quella dell’amato preside). Heather invece, come di consueto, non batté ciglio. Non aveva mai sopportato quel vecchio impiccione manipolatore, e sinceramente sperava di non doverlo più vedere: neanche da morto.  

Silente iniziò a spiegare loro che non erano morti, neanche allora, ma si trovavano in una dimensione a metà tra il mondo reale e l’altro mondo. Entrambi si erano salvati nuovamente dall’anatema che uccide grazie al sangue della loro madre presente nelle vene di Voldemort, e non per altri motivi.  

Silente, a quelle parole, sembrò lanciare uno sguardo penetrante ad Heather, sguardo penetrante che la ragazza ignorò completamente. Il vecchio mago continuò con lo spiegare che sia la giovane strega che Piton erano entrambi contro Voldemort, e avevano agito sotto richiesta del preside quella notte di un anno prima. Dato che ormai lui sarebbe morto comunque.  
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Ormai era calata la notte intorno all’antico castello di Hogwarts. Il professor Piton ci aveva messo delle ore  a fare tutti i contro incantesimi possibili sulla maledizione che aveva colpito Silente. Il vecchio preside, infine riuscì finalmente a riprendersi. Per la prima volta nella sua vita, sembrò confuso.  

Per un attimo, pensò di essersi sognato tutto. La ricerca. Il viaggio. Little Hangleton. La baracca. Lo scrigno. L’anello… e la maledizione. Ma poi, quando vide la sua mano destra totalmente annerita, proprio nel punto in cui era stato colpito, comprese di averlo fatto davvero. Scioccamente aveva infilato al dito l’anello, e adesso ne pagava le conseguenze.  

Intanto Severus Piton, ansimando per la fatica, aveva appena finito di prestare le sue cure al preside. Aveva fatto tutto ciò che era in suo potere, ma quell’incantesimo oscuro era davvero troppo potente. L’inevitabile lo aveva solo rimandato, ma per quanto? Massimo un anno, forse.

-Sono spacciato, non è vero?- Domandò a fatica Albus, ma senza alcuna traccia di paura nella voce. Sembrava parlare del tempo atmosferico. Non era uno sciocco, lo avrebbe capito comunque. Così Severus annuì semplicemente, rispondendo alla domanda dell’altro.  

-Quanto tempo mi resta?- Domandò ancora, il vecchio uomo. Piton sbuffò appena ed esaminò la ferita riportata dalla maledizione. Ad occhio e croce doveva trattarsi di un sortilegio molto potente. Qualsiasi mago normale sarebbe morto nel giro di pochi minuti, ma Silente non era un mago qualunque. Inoltre con le giuste cure si poteva rimandare l’inevitabile.  

-Un anno, se tutto va bene- Gli rispose. Era inutile mentire o cercare di addolcire la pillola. Aveva preferito  essere onesto, e dirgli tutto senza giri di parole. Tanto, in fondo, Silente doveva averlo capito meglio di lui. Il vecchio preside annuì semplicemente. Ora avevano altre cose da discutere, forse persino più importanti.   
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-Professore, anche se siamo sopravvissuti in questa occasione, non è cambiato nulla: noi abbiamo più alcuna protezione, e lui ha la bacchetta di Sanbuco e ancora un Horcrux- Disse Harry, non appena Silente smise di parlare. Heather scosse la testa: anche se non era morta, era stata comunque sconfitta, ormai Voldemort era a tutti gli effetti il proprietario della bacchetta.  

-È vero, Harry. Ma devi tener conto che anche tu ed Heather avete ricevuto nuovi poteri, inoltre ricorda sempre che Hogwarts darà sempre il suo aiuto a chi se lo merita- Disse con un sorrisetto da vecchio nonno. A quelle parole, Heather sbuffò piano: i soliti discorsi irritanti del preside. Secondo lui, l’amore era sempre la risposta a tutto.

-Perché mi ha consegnato il libro sugli Horcrux? Sapeva bene cosa sarebbe successo, non è vero?- Domandò Heather di getto. Harry sobbalzò appena, voltandosi verso di lei. Era raro vederla parlare con Silente: sapeva bene cosa pensava di lui. il vecchio, invece che essere turbato, le rivolse uno dei suoi sorrisi gentili.

-Nella mia vita ho molti rimpianti, commisi molti errori in passato. Tra di questi vi è la presunzione di sapere sempre quale fosse la cosa migliore per tutti: prima con la mia cecità e poi con il mio tentativo di manipolare gli eventi futuri, ho accidentalmente creato due dei maghi oscuri più potenti della storia. Non volevo essere il responsabile di aver in qualche modo manipolato anche te- Disse il vecchio dalla lunga barba.

-Non cercherò di manipolare in alcun modo che mi stanno intorno, forse è stato proprio questo la causa scatenante di tutto. E poi, a volte, per portare su una determinata via, basta avere i giusti suggerimenti- Ad Harry parve per un secondo che Silente, dicendo quest’ultima frase, stesse guardando proprio lui.

-Ho incontrato Gellert Grindelward, proprio poche settimane prima che venisse ucciso da Tom. Anche lui mi ha detto qualcosa del genere. da come parlava, sembrava cosciente della sua imminente fine- Disse la ragazza. Il sorriso sul volto del mago più potente del secolo vacillò, di fronte alla nomina del suo vecchio amico.

-Quindi adesso dipenderà da noi, giusto? Possiamo scegliere se tornare indietro oppure proseguire avanti- Chiese Harry. Silente annuì con il capo, mentre il suo solito sorriso scomparve definitivamente dal suo volto. I due gemelli si guardarono negli occhi (un acceso verde incontro nuovamente l’inquietante tonalità di rosso sangue): la decisione era la stessa per entrambi.

Narcissa si avvicinò lentamente ai corpi dei due ragazzi. Dietro di lei, Voldemort stava esultando per la vittoria e per aver ottenuto finalmente i pieni poteri della stecca della morte. aveva appena ordinato alla signora Malfoy di controllare se i due fossero morti sul serio. La donna traboccava di rabbia e di paura.

Sentiva chiaramente i cuori dei due ragazzi. Non sapeva come, ma si erano salvati nuovamente. Non era questo però ad agitarla. Dopo la loro fuga dal Malfoy Manor, Draco aveva lasciato una lettera a lei e al marito, prima di tornare ad Hogwarts. Il suo unico figlio stava portando avanti una relazione con una sangue sporco. E non una qualunque: con Hermione Granger.

-Sono morti, mio signore- Fece la donna, rivolta al mago dagli occhi rossi dietro di lei. la schiera oscura scoppiò in un boato ancora più assordante. Narcissa aveva capito che per poter aiutare il figlio, quello era l’unico modo: se Voldemort avesse vinto, e avesse scoperto ciò che aveva fatto, lo avrebbe sicuramente punito con la morte. Doveva proteggerlo assolutamente.

-Molto bene! Mostriamo a quegli sciocchi rivoltosi ciò che resta del loro eroe. La sorella lasciatela pure qui, non ci è più di alcuna utilità- Disse il signore Oscuro, mettendosi alla testa del gruppo. Puntò la sua bacchetta contro il corpo di Harry e lo fece levitare accanto a se, lasciando indietro quello di Heather.

Il folto gruppo di uomini, giganti e mostri oscuri vari, si diresse fuori dalla foresta oscura, verso le porte di Hogwarts. Appena arrivati di fronte alle mura del vecchio castello, una folta schiera fuoriuscì dall’interno. Probabilmente la resistenza era preparata ad un secondo attacco nemico. In fondo, l’ora pattuita era già passata.

-Harry Potter è morto! Anche l’ultimo ostacolo che mi rimaneva prima della vittoria finale è stato cancellato! Arrendetevi, oppure morirete- Disse il signore oscuro, in una risata forte e raggelante. Tra le schiere della resistenza Harry, con gli occhi socchiusi, potè notare diverse espressioni sconvolte e orripilate nel volto dei presenti.

Il volto di Ron sbiancò, quasi avesse visto un fantasma, Hermione scoppiò a piangere e nascose il suo volto nel petto di Draco, il quale divenne granitico a quella vista. La reazione che gli fece stringere di più il cuore fu quella di Astoria: la ragazza divenne pallida e cominciò a fare degli strani lamenti, quasi stesse cercando di trattenere un pianto disperato.

Fu quasi tentato di smettere di fingere di essere morto, rialzarsi, e correre da lei. A qualche metro di distanza dal gruppetto, immobile e rigida, c’era Caroline Prince. La giovane strega purosangue sembrava aver capito cosa intendesse con la frase “Anche l’ultimo ostacolo”, tanto che il suo sguardo divenne carico di rabbia e dolore.

-Noi ci uniremo a te, solo quando l’inferno gelerà, dannato bastardo!- Una voce rabbiosa risuonò in mezzo alla folla. Neville Paciock, il più convinto dei rivoltosi del regime dei Carrow, si fece avanti, armato solo della sua bacchetta e di una cocente furia. Dopo il primo attimo di sbigottimento, anche Caroline lo seguì a ruota.  

Il giovane Grifondoro si scagliò contro il potente mago oscuro, ma quest’ultimo lo paralizzò con un semplice e annoiato movimento della mano.  A quel punto, Nagini (ormai libera dalla sua gabbia magica) si avvicinò a lui, pronta ad attaccare. Caroline fece uno scatto, nel tentativo di difendere il compagno, ma venne colpita ad una  gamba da una maledizione di un Mangiamorte in mezzo alla mischia.  

Impossibilitata a rialzarsi, la ragazza afferrò l’impugnatura della spada di Grifondoro, che teneva stretta in vita, e la lanciò a Neville. Il ragazzo, che intanto (seppur con estrema fatica) si era liberato dall’incantesimo della pastoia, riuscì ad afferrare la spada e a puntarla contro il serpente, il quale però gli fu subito addosso.  

-PIETRIFICUS TOTALUS!- Gridò Caroline, colpendo in pieno il grosso pitone. Nagini, in quanto prezioso contenitore di un frammento dell’anima di Voldemort, era stata munita di numerosi incantesimi di difesa, perciò il colpo di Caroline non la bloccò per molto. Ma abbastanza per permettere a Neville di impugnare bene la spada e decapitare la testa dell’odiato rettile. C’erano finalmente riusciti: il signore oscuro era tornato mortale.  

    
N.d.A.  
Caroline sa solo superficialmente cosa siano gli Horcrux e quali siano i loro effetti. Per questo motivo è sbiancata: da quel che ne sa, Voldemort poteva essere in grado di annullarne e ucciderla. Questo l’ha fatta sprofondare nella disperazione. Alla prossima. Bye-Bye     

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Capitolo 33
*** Libro 2: battaglia violenta in sala grande ***


Impossibilitata a rialzarsi, la ragazza afferrò l’impugnatura della spada di Grifondoro, che teneva stretta in vita, e la lanciò contro Neville. Il ragazzo, che intanto (seppur con estrema fatica) si era liberato dall’incantesimo della pastoia, riuscì ad afferrare la spada e a puntarla contro il serpente, il quale però gli fu subito addosso.  

-PIETRIFICUS TOTALUS!- Gridò Caroline, colpendo in pieno il grosso serpente. Nagini, in quanto prezioso contenitore di un frammento dell’anima di Voldemort, era stata munita di numerosi incantesimi di difesa, perciò il colpo di Caroline non la bloccò per molto. Ma abbastanza per permettere a Neville di impugnare bene la spada e decapitare la testa dell’odiato rettile. C’erano finalmente riusciti: il signore oscuro era tornato mortale.

L’urlo di rabbia e paura di Voldemort risuonò per tutta l’area. Il corpo senza vita della sua adorata Nagini giaceva davanti a lui. Aveva appena perso il suo ultimo Horcrux. Era appena riuscito ad uccidere i gemelli Potter e divenire il proprietario della stecca della morte. Aveva appena fatto in tempo a tirare un sospiro di sollievo, prima di sprofondare nella paura più nera.

Il mago oscuro più potente al mondo alzò la bacchetta e lanciò una maledizione contro i due ragazzi di fronte a lui. Harry fece quasi per far saltare la sua copertura e difendere i due, ma venne preceduto. Un PROTEGO color smeraldo si frappose fra i due e la maledizione dell’oscuro signore. Nessuno fece in tempo a capire da dove fosse partito l’incantesimo, perché in quel momento scoppiò l’inferno.

Da entrambi i lati, fino a quel momento ben nascosti nella foresta oscura, caricarono a tutta potenza i rinforzi, guidati da un lato dal professor Lumacorno, e dall’altra da Grop, il fratellastro di Hagrid. Il giovane gigante si era messo alla testa del gruppo di mostri pericolosi di Hagrid. Dietro di lui si potevano notare diverse acromantule,  Therstral e centauri, venuti per difendere il proprio territorio.

Lumacorno, vestito con un lungo mantello verde sgargiante,  si era messo alla guida dei parenti della resistenza di Hogwarts. Aveva incontrato poco prima un suo ex allievo, il quale gli aveva dato una dritta: nel momento in cui il pitone sarebbe stati ucciso, prendendo così Voldemort nel momento di maggior vulnerabilità.

Seppur reticente, il vecchio professore di pozioni, aveva deciso di ascoltare il consiglio. In mezzo a tutta quella confusione, Harry, accortosi che nessuno pareva badare più a lui, si rialzò e, in tutta fretta, si nascose sotto il suo mantello dell’invisibilità, continuando ad osservare l’evolversi della situazione.

Il gruppo dei rinforzi, unitosi alla resistenza, si gettò a tutta forza contro i Mangiamorte, i quali, presi di sorpresa, furono obbligati a ripiegare. Dall’altro lato, Grop si gettò contro uno dei giganti, tempestandolo di colpi, mentre i Therstral cercavano di cavargli gli occhi con gli artigli acuminati. Centauri e acromantule erano invece intente a tenere a distanza i dissennatori.

Proprio in quel momento, la terra iniziò a tremare. Harry alzò lo sguardo verso il punto più ad ovest della foresta, e per poco non gli occhi non gli uscirono dalle orbite per lo stupore: cinque enormi basilischi stavano venendo verso di loro. Tutti i presenti rimasero di sasso, terrorizzati da quella visione.

Fortunatamente, i serpenti erano giovani, perciò non possedevano ancora la vista-assassina. Due dei cinque enormi mostri si gettarono contro i giganti rimanenti, mentre gli altri tre iniziarono a far strage di Inferius. Dietro di loro, il ragazzo sopravvissuto distinse le figure di due strani bambini che aizzavano i grossi rettili: chi diavolo erano?

-Stupefacente, non è vero? L’idea dell’esercito di basilischi è stata mia, anche se ho affidato il comando a quei due ragazzini. Per la cronaca: quei due mocciosetti, sono Edvige e Samuel trasformati- Disse una voce alle sue spalle. Harry non ebbe bisogno nemmeno di voltarsi, per riconoscere il tono di voce della gemella.

Heather, dopo essere stata lasciata apparentemente morta nel folto della foresta, si era rialzata e aveva seguito il gruppo sotto un incantesimo di disillusione. Tramite quello, aveva assistito a tutta la scena: aveva visto con parecchia soddisfazione Caroline aiutare Paciock contro Tom, supportandolo nell’uccisione  di Nagini.

Aveva reagito poi d’istinto, quando il signore oscuro aveva lanciato l’incantesimo contro Caroline, proteggendola a distanza con uno scudo verde. Una volta scoppiata la seconda grande battaglia, con l’utilizzo dei suoi poteri sensoriali, aveva trovato il gemello sotto il mantello dell’invisibilità del padre. Lo aveva raggiunto, per poi annullare l’incantesimo di disillusione.

-Il tuo braccio! Com’è possibile?! Come diavolo hai fatto?!- esclamò Harry. Infatti il ragazzo, dopo essersi voltato verso la sorella, aveva notato che il suo braccio sinistro, fino a poco prima amputato, era “ricresciuto” all’improvviso. Heather lanciò un occhiata distratta al suo arto sinistro, quasi fosse una cosa di poco conto.

-Dopo aver ottenuto le capacità magiche di Serpeverde, ho acquisito diverse nuove magie che prima non conoscevo: tra di queste, vi è la capacità di rigenerare velocemente qualsiasi tipo di ferita, compreso far ricrescere parti del corpo amputate- Spiegò la giovane strega al Grifondoro, senza scomporsi minimamente.

Per evitare di essere colpiti per errore dai giganti e dai basilischi, entrambe le fazioni di maghi ripiegarono verso l’interno del castello. Passando vicino ai grossi rettili, Harry notò che non era più in grado di capire la loro lingua: probabilmente, in seguito alla distruzione dell’Horcrux aveva perso la capacità di parlare il Serpentese.

Stessa cosa non si poteva dire per Heather, la quale riusciva chiaramente a capire le divertenti e poco garbate imprecazioni che i giovani serpenti gridavano contro i loro avversari. Appena uscita da sotto il mantello del fratello, e aver riattivato l’incantesimo di disillusione, Heather iniziò a lanciare Avada Kedavra a tutti i Mangiamorte che le capitavano a tiro.

Harry lanciò invece dei potentissimi schiantesimi. Il risultato fu comunque lo stesso, dato che una volta a terra, i corpi dei mangiamorte vennero schiacciati dalla calca di persone che correva verso la sala grande del castello. Prima di entrare anche lui ad Hogwarts, con un ultimo colpo,  gettò un gruppo di Mangiamorte nel lago nero, proprio tra i tentacoli della piovra gigante.

Nella sala grande si scatenò in un attimo l’inferno: ovunque si vedevano Mangiamorte che duellavano contro i membri della resistenza. Travers, con uno sguardo folle in viso, era intento a combattere contro Pansy Parkinson e Tracey Davis. Le due Serpeverde, nonostante la giovane età riuscivano a tenere testa al mago oscuro: merito degli allenamenti di Heather.

-Perché due Purosangue Serpeverde come voi due si stanno opponendo al signore oscuro? È per una specie di fedeltà nei confronti della Potter?! Siete delle stupide quella stupida caricatura di una strega oscura è stata uccisa poco fa dal nostro Signore, l’ho visto con i miei occhi!- sghignazzò il Mangiamorte, disarmando Tracey.

Pieno di arroganza, si accorse però solo all’ultimo momento di uno schiantesimo che lo stava per colpire alle spalle. Il Mangiamorte riuscì all’ultimo secondo ad erigere una barriera che lo protesse dall’incantesimo lanciatogli alle spalle da Daphne Greengrass. Non potè fare nulla però per prevenire l’EXPELLIARMUS di Pansy. In un attimo, Travers si ritrovò disarmato e circondato.

-A differenza tua, e dei vermi come te, noi siamo libere. Heather ci ha semplicemente liberate dal giogo delle nostre famiglie. Lei ci ha aiutato ad ottenere la libertà, e noi, in cambio, ci libereremo di quel mostro del tuo padrone- Ringhiò la maggiore delle Greengrass, lanciando uno schiantesimo, seguita da Pansy.  

Travers non fece in tempo a ringhiare l’insulto che gli stava nascendo dalla gola, che si ritrovò colpito contemporaneamente da due STUPEFICIUM. Il corpo dell’uomo venne scosso da potenti convulsioni, per poi venire sollevato da terra e ricadere al suolo privo di sensi. Un luogotenente in meno.  

A pochi metri di distanza, due ragazzi completamente uguali (salvo per la mancanza di un orecchio di uno dei due) erano intenti a lottare contro un secondo Mangiamorte: Jugson. I due gemelli Weasley, Fred e George, gli stavano lanciando contro tutto il loro arsenale di incantesimi, facendolo arretrare sempre di più.  

Così preso dal duello, non si accorse subito della consistenza non più tanto solida che aveva assunto il pavimento intorno a lui. I due gemelli, non per nulla denominati i geni della burla, avevano spinto il loro nemico proprio dentro la palude portatile di loro invenzione. Jugson, resosi conto di dove fosse finito, iniziò a dimenarsi nel disperato tentativo di liberarsi.  

-Cosa ne dici, fratello? Lo aiutiamo?... Nah, PIETRIFICUS TOTALUS!- Dissero in coro i due Weasley, bloccando all’istante gli inutili tentativi del Mangiamorte di liberarsi. Jugson venne colpito in pieno dall’incantesimo della pastoia e, ormai ridotto a un blocco di marmo, rimase immobile e imprigionato al centro della melma.
 

Nel punto dove fino a poche ore prima era collocato il tavolo della casa Corvonero, un furioso Antonin Dolohov era intento a colpire tutti coloro che gli capitavano a tiro. Quando tre studenti gli furono addosso, con l’intento di disarmarlo, il Mangiamorte evocò la sua maledizione a forma di frusta e li colpì mortalmente tutti nello stesso momento.  

Fece per dar loro il colpo di grazia, con un secondo colpo di frusta, ma venne bloccato da un ARRESTO MOMENTUM  Lanciato dalla folla. Dopo essersi liberato dall’incantesimo, Dolohov guardò intorno a se, nel tentativo di capire l’origine dell’attacco. Dalla mischia vide venire verso di lui, il piccolo professore di incantesimi, Filius Vitious, con la bacchetta sguainata.  

-Ma guarda qui chi c’è! Un mezzo mago. Vuoi essere il prossimo a morire, così da poter raggiungere i tuoi studenti?!- Sghignazzò crudele, scatenando la sua maledizione a forma di frusta contro il nuovo avversario. Vitious, nonostante la sua stazza parecchio ridotta, si rivelò un avversario scaltro e agile, tanto che riuscì ad evitare diversi colpi.  

-Non ti permetterò di far del male ai miei studenti. In quanto professore, è mio dovere educarli, ma soprattutto proteggerli- Ringhiò il piccolo professore di incantesimi. Con una potente magia riuscì a bloccare nuovamente la frusta dell’avversario, il tempo sufficiente per colpire il mangiamorte con un potentissimo schiantesimo.  

Dolohov volò a diversi metri di distanza, cadendo a terra privo di sensi. Vitious usò la sua stessa maledizione per legarlo  e appenderlo a testa in giù sul soffitto della sala grande. Un altro luogotenente dei Mangiamorte era stato appena sconfitto: nonostante tutte le perdite subite, la vittoria non era più un utopia.  

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Capitolo 34
*** Libro 2: Caroline Prince contro Bellatrix Lestrange ***


-Non ti permetterò di far del male ai miei studenti. In quanto professore, è mio dovere educarli, ma soprattutto proteggerli- Ringhiò il piccolo professore di incantesimi. Con una potente magia riuscì a bloccare nuovamente la frusta dell’avversario, il tempo sufficiente per colpire il Mangiamorte con un potentissimo schiantesimo.

Dolohov volò a diversi metri di distanza,  cadendo a terra privo di sensi. Vitious usò la sua stessa maledizione per legarlo e appenderlo a testa in giù sul soffitto della sala grande. Un altro luogotenente dei Mangiamorte era stato appena sconfitto: nonostante tutte le perdite subite, la vittoria non era più un utopia.

Walden Macnair, ansimante e terrorizzato, arretrò fino a ritrovarsi con le spalle al muro. Era riuscito a farsi strada tra la folla di stupidi mocciosi, fino a ritrovarsi davanti un avversario troppo forte per un mago mediocre come lui. Quel mezzo gigante del guardiacaccia, Rubeus Hagrid, lo aveva messo letteralmente con le spalle al muro.

-Non mi avrai mica dimenticato? Io sono quello che ci hai tentato di uccidere l’ippogrifo quattro anni fa, brutto mostro! Povero Beccuccio. Fortuna che si è salvato!- Ruggì il mezzo gigante, nel suo solito inglese sgrammaticato. Le sue ferite si facevano sempre più evidenti, la corporatura da gigante gli permetteva di resistere agli incantesimi, ma non li bloccava del tutto.

Con uno scatto, impressionante vista la sua mole, Hagrid fu addosso all’ex boia del ministero della magia. Con una facilità disarmante sollevò il mangiamorte da terra, dovette trattene un gemito quando mosse le braccia, le ferite si facevano sentire, e lo lanciò con forza contro la parete opposta della sala. Macnair cadde a terra come un burattino a cui avevano appena tagliato i fili. Era svenuto.

A poco distanza da lì, due ragazzi erano impegnati in un combattimento, sotto gli occhi vigili di due maghi adulti. Lucius e Narcissa Malfoy, vigili e con la bacchetta stretta tra le mani, assistevano alla battaglia che il loro unico figlio aveva ingaggiato, supportato dal sestogenito di quei poveracci dei Weasley, una feroce battaglia con il più pericoloso licantropo del paese: Fenrir Greyback.

-Ascoltami attentamente, Weasley: io non piaccio a te e tu non piaci, ma se volgiamo mettere fuori gioco quel botolo pulcioso, dovremo mettere da parte le nostre divergenze e combattere insieme- Disse il platinato al più giovane dei maschi Weasley. Ron annuì con un grugnito, e si voltò verso il licantropo, iniziando a lanciargli contro tutto il suo arsenale di incantesimi.

Ron gli rispose con un grugnito, se fosse stato un cenno affermativo o un semplice sbuffo, Draco non seppe dirlo, ciononostante, l’ultimo erede della famiglia Malfoy alzò nuovamente la bacchetta e lanciò un incantesimo contro il mezzo lupo, il quale si stava preparando ad attaccare nuovamente. Il licantropo guardò i suoi avversari, con le fauci spalancate.

Greyback aveva sempre odiato i maghi. Sempre pronti a guardare dall’alto in basso le creature oscure come lui. Si era alleato con i Mangiamorte solo per poter mordere più persone possibili: se lui era stato maledetto, allora anche gli altri avrebbero dovuto portare sulle spalle questo peso. Paradossalmente però erano proprio i maghi Purosangue che detestava di più.

-Spero che la vita dannata sarà di vostro gradimento- Ringhiò il licantropo, con uno sguardo folle in volto, prima di saltare addosso a Ron. Draco, con una prontezza di riflessi che scioccò persino lui, puntò la bacchetta contro il “compagno” ed eresse un potentissimo scudo d’argento che bloccò il feroce mezzo uomo. Greyback rimase per un attimo frastornato, giusto il tempo per permettere ai due di contrattaccare.

-STUPEFICIUM!- Gridarono in coro i due ragazzi. Il lupo mannaro ebbe appena il tempo di percepire una potentissima pressione all’altezza dello stomaco, prima di ritrovarsi sparato a diverse decine di metri di distanza. Ce l’avevano fatta, pensò allegro Ron, mentre guardava il loro avversario letteralmente incastrato nel muro: peccato che avesse dovuto collaborare col “furetto”.

I signori Malfoy non fecero neanche in tempo a rimanere sbalorditi per le capacità del figlio, che dovettero abbassarsi per evitare di venire colpiti in pieno da un corpo vagante: O’Tusoe, il ministro marionetta dei Mangiamorte, era appena stato scaraventato via da Arthur e Percy Weasley. Lucius Malfoy fece una smorfia: le generazioni potevano cambiare, ma il fastidio tra le due famiglie rimaneva sempre uguale.

La situazione sembrava iniziare a ribaltarsi: i Mangiamorte stavano perdendo uno ad uno tutti i loro migliori membri. Proprio in quel momento, Aberforth Silente, riuscì a sconfiggere Augustus Rookwood, defenestrandolo con un potente incantesimo. Nonostante avesse passato tutta la sua vita all’ombra del fratello, si era dimostrato un mago davvero capace.

Dall’altro lato della sala grande, altri due potenti maghi erano nel pieno di un feroce scontro: Alastor era impegnato in un duello all’ultimo sangue con Rodolphus Lestrange. Il vecchio auror, nonostante la sua grande esperienza, era ancora leggermente provato dalle numerose e profonde ferite infertegli mesi prima, e ciò lo metteva in una posizione di svantaggio nei confronti del Mangiamorte.

-Arrenditi, Malocchio! Ormai sei troppo vecchio per certe cose! SECTUSEMPRA!- Rise sguaiatamente il mago oscuro, prima di lanciare la maledizione contro il suo avversario. Moody cercò di evitarla, ma a causa della sua gamba di legno, non ebbe i riflessi sufficienti per farlo. la maledizione colpì la mano destra, tranciandogliela di netto.

-Stai perdendo sempre più pezzi, vecchio! Non hai più neanche la bacchetta! È tempo di morire!- Esclamò Lestrange, con aria trionfante. Peccato che la sua spavalderia fu anche la sua rovina.  Così sicuro di se, non si accorse che Moody aveva preso, con la mano sinistra la bacchetta di riserva e, cercando di ignorare il dolore, l’aveva puntata contro di lui.

-AVADA KEDAVRA!- Furono queste le ultime parole che Rodolphus Lestrange sentì, prima di essere raggiunto da un lampo di luce verde… e perdersi nell’oblio. Ancora una volta, Alastor “Malocchio” Moody aveva dimostrato chi fosse il miglior Auror dell’ultimo secolo. Dopo aver arginato la ferita alla mano, si concesse, per la prima volta, di tirare un sospiro di sollievo.

Ma i due scontri principali erano quelli al centro della  sala grande. Voldemort stava combattendo con Minerva McGranitt, Horace Lumacorno, e Kingsley Shacklebolt contemporaneamente. Nonostante le indubbie abilità dei tre avversari, però, il signore oscuro, riusciva a tenergli testa senza alcuna difficoltà. Merito sia della nuova bacchetta che delle sue capacità.  

A dieci metri di distanza, era in corso un’altra furiosa battaglia. Anche Bellatrix Lestrange stava lottando contro più avversari insieme. Hermione Granger, Astoria Greengrass, Ginny Weasley e Luna Lovegood cercavano di fermare la strega oscura, ma senza successo. La donna era molto più forte di loro.  

Un anatema che uccide sfiorò di poco la testa di Astoria. La situazione era critica: non potevano competere con la Mangiamorte più potente. Molly Weasley fece per intervenire, in fondo li in mezzo c’era sua figlia, ma prima che potesse avvicinarsi, fu preceduta da una giovane Serpeverde altrettanto grintosa. Caroline Prince si posizionò di fronte a Bellatrix, con uno sguardo di fuoco.  

-Levatevi di torno! Che nessuno intervenga! Lei è mia!- Esclamò la Prince, con un tono carico d’odio e di furia omicida. Tutti poterono giurare di non averla mai vista in quello stato. La strega più giovane non si era dimenticata che l’altra era l’assassina di suo padre. Aveva trattenuto il suo odio per due anni. era giunto il momento di sfogarsi, finalmente.  

Quell’incompetente di Caramell cercava di nascondere la verità. La settimana precedente c’era stata un evasione di massa di Mangiamorte da Azkaban, ed il ministero non aveva ancora rivelato la notizia. Erano dei veri e propri incoscienti: tra gli evasi vi erano Bellatrix, Rodolphus, e Rebastan Lestrange, Anthony Dolohov. Alcuni dei mangiamorte più pericolosi.  

Nel più assoluto silenzio, l’uomo uscì dal ministero e si diresse verso la casa di un suo vecchio amico: lì avrebbe potuto utilizzare la metropolvere e arrivare finalmente a casa. I suoi della strada si acquietarono lentamente, mentre l’uomo entrava dentro un vicolo buio e solitario. Se non fosse stata la strada più breve, avrebbe evitato di percorrerla.  

All’improvviso un flebile rumore di passi alle sue spalle attirò la sua attenzione. Lentamente, prese la bacchetta che teneva in tasca e si girò. Nel buio non riusciva a distinguere niente, ma era sicuro che ci fosse qualcuno. Intento a scrutare nel buio, non si rese conto che qualcuno si stava avvicinando anche dall’altra parte del cunicolo.  
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-… il nostro carissimo amico mi ha spiegato come si può prendere quella cosa. Ormai questo interrogatorio è diventato completamente inutile- Disse il signore oscuro, prima di uscire in tutta tranquillità dalle segrete. Furono quelle parole a far capire a Anthony Prince di essere spacciato. I Mangiamorte presenti nella stanza, imitarono il loro padrone ed uscirono nel più completo silenzio. Solo la Lestrange era rimasta dentro la cella insieme a lui. il suo era uno sguardo folle: lo sguardo di una pazza.  

-È un vero peccato: ormai di purosangue ne sono rimasti veramente pochi- L’uomo era incatenato al muro, da un incantesimo: non avrebbe potuto fare nulla per difendersi. La Mangiamorte alzò la bacchetta e pronunciò, con voce incolore (come se nulla fosse), l’incantesimo che l’uomo temeva di più.  

In un attimo passò davanti ai suoi occhi tutti i momenti più importanti della sua vita: quando arrivò per la prima volta ad Hogwarts, quando venne smistato in Serpeverde, il giorno che prese i suoi M.A.G.O., la prima volta che vide la donna che sarebbe diventata sua moglie, il suo matrimonio… quando Caroline aprì per la prima volta i suoi bellissimi occhi viola.

L’ultima fu la visione che lo fece più emozionare. Intorno a lui il viola degli occhi di Caroline aveva ricoperto tutto. Per pochi secondi non vide altro che quel colore… finchè un raggio di verde smeraldo non lo investì in pieno.  

Il signor Prince avvertì la terza persona, solo quando uno schiantesimo lo investì in pieno e lo mandò a sbattere contro un muro. prima di perdere i sensi, l’uomo vide davanti a se un uomo piuttosto imponente ed una donna con dei folti capelli neri… e poi il buio più totale.  

-Guarda un po’. Il cagnolino di quella Mezzosangue della Potter. Come mai non la raggiungi fedelmente?- La derise con un folle e cattivo ghigno. La sua intenzione era farla arrabbiare ancora di più e farle perdere la concentrazione. Intanto le sue precedenti sfidanti si erano posizionate dietro Caroline, e la stavano supportando come meglio potevano.  

-Guarda un po’. La puttana di Voldemort. Perché non precedi quel Mezzosangue del tuo padrone nel regno dei morti?- A sorpresa, domandò di rimando, con pesante sarcasmo, Caroline. Le sue intenzioni le si erano rivoltate contro: adesso era Bellatrix ad essere furiosa. Con una risata folle, che non riusciva a nascondere l’ira, le lanciò contro un anatema che uccide.  

-AVADA KEDAVRA!- Esclamò Caroline di rimando. I due fasci di luce verde si incontrarono a metà percorso, per poi dirigersi ognuno verso il proprio bersaglio. Caroline, con alle spalle mesi di addestramento, si abbassò un attimo prima di essere colpita. Bellatrix invece, così piena di se, non fece in tempo ad evitare la maledizione,  e venne colpita in pieno.  

Con ancora il volto dipinto da un sorriso folle, la donna cadde a terra, priva di vita. La sala cadde in un silenzio improvviso. Persino Caroline pareva stupita da ciò che aveva appena fatto: il dolore e l’odio per la morte di Heather le avevano fatto perdere il lume della ragione. Solo vedendo il corpo senza vita dell’altra, si era resa finalmente conto di ciò che aveva fatto.  

Ma per quanto la cosa la faceva vergognare, non si sentiva in colpa: quella donna aveva fatto la fine che meritava. Un urlo disumano ruppe il silenzio che si era venuto a creare nella sala grande. Lord Voldemort, pieno di rabbia per la morte della sua miglior mangiamorte, aveva scaraventato via i suoi avversari con un colpo di bacchetta, e si era avventato sulla giovane Prince.  

Caroline si mise la braccia davanti al volto, nel disperato tentativo di ripararsi dalla maledizione che le aveva scagliato contro, e chiuse gli occhi in attesa del colpo fatale. Non arrivò nulla. Due scudi, uno di colore rosso e l’altro di colore verde, perfettamente incastonati tra loro, si pararono davanti la strega, respingendo la maledizione.
 

Per l’ennesima volta, scese il silenzio. Chi era stato a salvarla? A pochi metri da lei, uscendo fuori da un mantello dell’invisibilità, Harry Potter si mostrò ad una sconvolta folla. All’altro lato della Prince, una volta sciolto l’incantesimo di disillusione, anche Heather Potter sbucò fuori. Sotto la luce della sala, si poteva ammirare la pietra nera incastonata nel suo anello.
  

I due gemelli, in religioso silenzio, si posizionarono di fronte al loro nemico mortale. Nemico mortale che, con ancora stretta in mano la bacchetta di Sanbuco, rimase a bocca aperta, vedendo davanti a se i due ragazzi che credeva finalmente morti.   

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Capitolo 35
*** Libro 2: rosso e verde ***


Per l’ennesima volta, scese il silenzio. chi era stato a salvarla? A pochi metri da lei, uscendo fuori da un mantello dell’invisibilità, Harry Potter si mostrò ad una sconvolta folla. All’altro lato della Prince, una volta sciolto l’incantesimo di disillusione, anche Heather Potter sbucò fuori. Sotto la luce della sala, si poteva ammirare la pietra nera incastonata nel suo anello.   

I due gemelli, in religioso silenzio, si posizionarono di fronte al loro nemico mortale. Nemico mortale che, con ancora stretta in mano la bacchetta di Sanbuco, rimase a bocca aperta, vedendo davanti a se i due ragazzi che credeva finalmente morti.    

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Un Harry Potter, di neanche sette anni, stava coricato in un grande sprazzo erboso. I suoi occhiali erano rotti in più punti, dal naso gli scendeva un rivolo di sangue, e il suo labbro era spaccato. Era appena stato picchiato da quell’ippopotamo del cugino Dursley. In ogni caso, lì sarebbe stato al sicuro: oltre a lui, solo un’altra persona conosceva quel piccolo giardino.  

-Sei stato picchiato da quel maiale, non è vero? Prima o poi avrà ciò che si merita. Lo sai anche tu. Noi abbiamo qualcosa di speciale, che lui non potrà mai avere- Disse una voce armoniosa, ma fredda, alle sue spalle. Harry non ebbe bisogno neanche di alzare gli occhi per capire chi fosse. Solo una persona aveva quel tono così infantile, e allo stesso tempo, inquietante.  

Heather Potter si avvicinò al gemello, con la sua solita aria di superiorità innata. Nonostante fosse ancora una bambina, aveva un atteggiamento freddo e maturo: in molti, nel quartiere, bambini ma anche adulti, avevano timore di lei. Harry  annuì in direzione della sorella. Concordava con lei, ma non nel modo in cui credeva.  

-Hai perfettamente ragione, noi siamo superiori e abbiamo qualcosa che lui non possiede. Ma non mi sto riferendo alle strane cose che riusciamo a fare solo noi, di tanto in tanto. Ma qualcosa di molto più forte- Rispose Harry, alzando lo sguardo da terra e puntandolo sulla sorella. Due paia di gemme di smeraldo si scontrarono per alcuni istanti.   

Due gemme di colore verde e due di colore rosso fissavano intensamente il nemico di fronte a loro. Harry teneva la bacchetta stretta nella mano destra, mentre nella sinistra (anche per via della luce fioca della sala) si poteva leggere benissimo la scritta “Non devo dire bugie”. Accanto a lui, anche lei con la bacchetta in pugno, Heather osservava impassibile Voldemort.  

Anche, lei come il fratello, aveva più di una cicatrice che brillava sotto la luce fioca: la cicatrice lasciatale dalla spada sulla mano cinque anni prima, il segno circolare sul braccio sinistro scoperto, causatole da Voldemort solo poche ore prima (nonostante fosse ricresciuto, il segno del braccio amputato era rimasto) e, anche se i capelli la rendevano invisibile, aveva un’ultima cicatrice (la più importante) all’altezza del collo.  

Tutta le persone presenti nella sala, tanto concentrate sui due gemelli, riuscirono a notare il più piccolo particolare, nonostante fossero di spalle. Una grande fortuna, in realtà: così non poterono vedere il volto bianco di Heather e i suoi occhi rossi e serpenteschi. Ron e Hermione spalancarono la bocca, allibiti ma euforici.  

Draco cercò di mantenere un po’ di contegno, ma lo stupore era evidente nei suoi occhi. Ma quelle più sorprese, positivamente, erano Astoria e Caroline: entrambe non riuscivano a trattenere le lacrime di gioia. Caroline rimase immobile a fissare la schiena di Heather: era viva! Non riusciva a crederci.  

Il resto dei presenti nella sala , però, ebbero delle reazioni differenti: se da una parte, parvero sollevati e felici alla vista di Harry, quando i loro occhi furono su Heather, le loro espressioni furono di sospetto e odio. Cosa faceva lì quella traditrice? Non avevano scordato che Silente fosse morto per mano sua. Che fosse lì per spalleggiare Voldemort?  

-Uscite tutti dalla sala Grande, presto! Gli scoppi degli incantesimi stanno danneggiando seriamente le colonne portanti del castello!- Gridò Harry ai presenti. Come a voler dar prova delle parole del fratello, Heather lasciò fluire la sua piena potenza magica. Subito un potente terremoto scosse le fondamenta di Hogwarts, facendo scoppiare il panico in molti dei presenti.  

La folla cominciò a correre velocemente fuori dal castello. I duelli con i Mangiamorte non accennavano però a cessare, continuando a lanciare loro maledizioni anche in corsa. Solo un gruppo di persone, le più vicine ai due Potter ebbero bisogno di un secondo richiamo prima di convincersi  ad uscire da lì.  

Caroline e Astoria lanciarono un’ultima occhiata ai loro amati, si fidavano ciecamente di loro, per poi raggiungere gli altri fuori dalla scuola: avrebbero atteso la vittoria dei due Potter. Perché le due, in cuor loro, erano certe dell’esito. In breve, nella sala, rimasero solo in quattro: Lord Voldemort, i due gemelli prescelti… e il vecchio cappello parlante.  

Il copricapo di uno dei quattro fondatori di Hogwarts, Godric Grifondoro, impolverato e abbandonato ad un angolo, fissava in silenzio i due ragazzi presenti nella sala. Sembrava quasi avesse un ghigno malinconico, se solo fosse munito di un vero viso. Quella scena gli aveva riportato alla mente ricordi vecchi diversi secoli.  

I due maghi più potenti della loro epoca. Anche loro avevano combattuto fianco a fianco contro i loro nemici, per proteggere i primi giovani studenti della prestigiosa scuola di Hogwarts. Con il trascorrere degli anni, a causa di diversi fattori, coloro che un tempo erano stati migliori amici, entrarono in conflitto.
 

Anche in questo, i due gemelli glieli ricordavano. Però, nonostante tutto, era convinto, che alla fine il loro destino sarebbe stato diverso. A poco a poco, quando Heather riuscì a stabilizzare la fonte magica, le scosse si assestarono. Harry, accanto a lei, non fece una piega, mentre Voldemort cercò di nascondere lo stupore che lo aveva colto da quando li aveva visti davanti a se.  

-Siete ancora vivi. Come avete fatto? O meglio, non fatico a capire come Heather abbia fatto, ma tu, Harry?- Domandò, con un tono di voce tra il sarcastico e l’irritato, Voldemort. Gli era bastata una singola occhiata ai tratti della strega, per riconoscere la fisionomia di chi si era guadagnato l’immortalità con la creazione di più Horcrux.  

Questo spiegava il perché la ragazza fosse in piedi davanti a lui, ma perché anche quella spina nel fianco del fratello era ancora vivo? Possibile che fosse sopravvissuto nuovamente all’anatema che uccide? Ma ormai non aveva molta importanza: non aveva più Horcrux, ma era il proprietario della bacchetta invincibile! Il mondo sarebbe stato suo.  

-Perché siete qui? anche se siete sopravvissuti, cosa sperate di ottenere? Ormai non avete più nessuno che vi possa aiutare! Ne altre persone e neanche il legame tra le nostre bacchette. Sarà solo una questione di abilità. Per quanto forti siate, o almeno per quanto forte sia Heather, non potrete mai tenere testa al sottoscritto!-  Esclamò Voldemort, con una luce negli occhi.  

-Ti sbagli, mio caro nemico. Tu sarai anche il proprietario della bacchetta di Sanbuco e il mago più potente del mondo, ma noi abbiamo qualcosa che tu non avrai mai- Rispose Harry. Voldemort, dopo un attimo di stupore, scoppiò a ridere, convinto che il suo fosse solo un patetico bluff. Cosa potevano mai avere più di lui?  

-Davvero? E quale sarebbe questa vostra capacità segreta? Sono proprio curioso- Disse Voldemort, con un finto tono paterno. Heather, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, fece un piccolo sorriso. Un ghigno freddo e crudele. Questa volta entrambi i gemelli fecero affluire la magia per tutto il loro corpo.  

La sala riprese a tremare, e i corpi dei gemelli Potter vennero avvolti da una forte e intensa luce. Un energia di colore rosso rubino avvolse Harry, facendolo brillare come una torcia umana. Il corpo di Heather, invece, fu avvolto da una fioca e lugubre, ma per questo non meno intensa, luce verde. Anche se in misura minore, le era già successa una cosa del genere.  

Intorno a lei si fece tutto sfuocato. Delle immagini e dei suoni le arrivavano distorti e sfuocati. Poi a un certo punto una voce, a lei famigliare, si fece più nitida: era Marge Dursley, la zia di Vernon. Cominciò a parlar male e sputar sentenza sulla madre di Heather, Lily Potter.  
 
Il sonno della ragazza si fece improvvisamente agitato. Tutto il suo corpo venne avvolto da una furia omicida: come si permetteva quella feccia babbana a parlar male di sua madre?! Poi iniziò a sputare sentenze anche sul padre e a quel punto la furia di Heather giunse all’apice. Solo in quel momento si accorse che nel sogno si trovava nel corpo di Harry.  La donna cominciò a gonfiarsi e  volò sul soffitto.   
Il corpo di Heather, mentre si agitava tra le coperte, venne avvolto da un’inquietante luce verde.  
 
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-Black tradì i suoi migliori amici consegnandoli a Voldemort e poi uccise il padrino della giovane Potter: Peter Minus, un altro amico dei Potter- Spiegò infine Hagrid. Il ministro annuì. Harry aveva sentito abbastanza, uscì a passo di carica dal pub e si diresse verso il bosco: voleva rimanere da solo a riflettere.  

Anche Heather era rimasta colpita dalla notizia, cosa molto rara, e si diresse fuori dai sotterranei. Usò l’incantesimo di disillusione per poter superare le difese del castello e si diresse nel parco. Non si era allontanata molto, ma aveva bisogno di rimanere un attimo a prendere aria da sola. Non aveva mai provato una sensazione simile: sentiva un odio incontrollabile avvolgerla completamente.  

Quell’uomo aveva ucciso i suoi genitori. Doveva pagarla cara. Lo avrebbe ucciso. Non avrebbe avuto alcuna pietà. Lo avrebbe prima torturato fino a fargli implorare la morte e solo dopo lo avrebbe brutalmente ucciso.  

La ragazza cercò di trattenere la furia omicida che la stava accecando e di incanalarla dentro di se. Per pochi istanti il suo corpo venne avvolto da una luce di un verde intenso.   

-Sei pronto?- Domandarono in coro i due gemelli, alzando le bacchette contro il loro nemico mortale. Voldemort, ancora sconvolto da ciò che aveva appena assistito, cercò  di ricomporsi in fretta. Con un gesto fluido e veloce del braccio, alzò anche lui la bacchetta e la puntò contro i due Potter. Con un veloce gesto, due AVADA KEDAVRA Vennero lanciati contro  i due prescelti.   

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Capitolo 36
*** Libro 2: qualcosa che tu non avrai mai ***


-Sei pronto?- Domandarono in coro i due gemelli, alzando le bacchette contro il loro nemico mortale. Voldemort, ancora sconvolto da ciò che aveva appena assistito, cercò di ricomporsi in fretta. Con un gesto fluido e veloce del braccio, alzò anche lui la bacchetta e la puntò contro i due Potter. Con un veloce gesto, due AVADA KEDAVRA vennero lanciati contro i due prescelti.    

Nonostante fosse decisamente una mossa a sorpresa, i due ragazzi non si fecero trovare impreparati. Come per difendere Caroline poco prima, eressero due potenti barriere (di colore rubino e smeraldo) sul quale cozzarono i due anatemi mortali. Il rumore dei colpi risuonò per tutto la sala, per diversi secondi, prima di scomparire.   

In risposta, i due ragazzi alzarono le proprie armi e lanciarono due maledizioni in direzione di Voldemort. Quello di Harry era un semplice schiantesimo, mentre Heather aveva usato niente di meno che un anatema mortale. Ironia della sorte: ancora una volta, l’incantesimo di Harry era rosso, mentre quello di Heather era di un verde vivo.   

Questa volta fu il turno del signore oscuro di erigere una barriera difensiva. Lo scudo magico, di un intenso colore argento, venne preso in pieno dai due sortilegi. Rimase leggermente inclinato, ma riuscì a resistere. Erano più forti di quanto credesse. Com’era possibile? In ogni caso, non si sarebbe fatto sconfiggere da due mocciosi.   

-ARDEMONIO!- Dalla punta della stecca della morte fuoriuscì una forte vampata di fuoco. Le fiamme si gonfiarono sempre di più, per poi aggrovigliarsi tra loro: dopo pochi secondi, al centro della sala, era comparso un enorme e feroce serpente di fuoco. Harry impallidì leggermente, mentre Heather rimase all’erta, con la sua maschera di freddezza al suo posto.   

Urlando un ordine in Serpentese, il lord oscuro aizzò il grosso rettile contro Harry. Prima che le fauci del rettile si chiudessero sul corpo del ragazzo sopravvissuto, il ragazzo in questione sollevò le braccia e, senza pronunciare nessuna formula, riuscì a paralizzare il mostro di fronte a se. La cosa lasciò di stucco Voldemort, ma non Heather.    

Avevano entrambi ereditato parecchi poteri dai due fondatori di Hogwarts: tra di essi vi era il  controllo degli elementi del fuoco  e dell’acqua. Godric era famoso per riuscire a manipolare le magie del fuoco, mentre la capacità di Salazar di manipolare l’acqua era leggendaria. Appena il serpente fu del tutto immobilizzato, Heather alzò la bacchetta.    

-TSUNAMI!- Un onda di proporzioni enormi apparve di fronte alla Serpeverde. La marea prese la forma di un idra a due teste. La prima assalì il serpente di Ardemonio, spegnendolo, mentre la seconda si avventò sul signore oscuro. Voldemort, con un rapido gesto della bacchetta, trasfigurò i tavoli intorno a lui in una solida e alta parete di marmo.    

La difesa venne distrutta dalla violenta forza dell’acqua, ma riuscì a proteggere il suo creatore. L’unico risultato fu l’allagarsi della sala grande. A quel punto, Voldemort decise di cambiare strategia: avrebbe dovuto far abbassare loro la guardia, prima di colpirli. Con un potente incantesimo oscuro, evocò davanti a se una ventina di Dissennatori.    

-CRUCIO!- Gridò in contemporanea la maledizione senza perdono contro entrambi. I Potter riuscirono ad erigere per una seconda volta uno scudo, ma era proprio questo che il loro avversario voleva. Appena i loro scudi si scontrarono con le Cruciatus, Voldemort ordinò ai dissennatori di attaccare. Non avrebbero potuto evocare in tempo dei PATRONUM, dato che erano ancora concentrati sui PROTEGO.    
I due ragazzi, prima di poter muovere le proprie bacchette, furono circondati da una massa nera. Era la fine? I dissennatori li avrebbero paralizzati con il loro potere, per poi divorare loro l’anima. Per alcuni istanti, le oscure creature continuarono a muoversi in circolo intorno al punto dove stavano i due ragazzi, poi, all’improvviso, qualcosa le fece allontanare.   

Un enorme serpente, un basilisco, per l’esattezza, stava attorcigliato su se stesso, proprio nel punto dove poco prima stavano i due ragazzi. Heather, conscia di non fare in tempo ad utilizzare la bacchetta, si era trasformata nella sua forma animagus (che per merito dell’esperienza di Sirius, sapeva resistere alle creature oscure).   

Mettendosi in posizione spirale, aveva permesso anche al fratello di proteggersi dagli attacchi dei mostri succhia anima. Harry, ripresosi dalla sorpresa per l’attacco imprevisto, decise di contrattaccare anche lui. Attraverso uno varco delle spire della sorella, alzò la bacchetta e la puntò sulla massa ombrosa davanti a lui.   

-EXPECTO PATRONUM!- Esclamò il ragazzo sopravvissuto. Dalla punta della sua bacchetta fuoriuscì un fortissimo fascio di luce argentea seguito da un maestoso cervo. Le figure nere vennero respinte dal potente fascio di energia, per poi venire disintegrate al passaggio dell’animale argentato.     

Solo un dissennatore, più  distante dal resto del gruppo, riuscì a sopravvivere al potente colpo magico del ragazzo sopravvissuto. Con un veloce scatto, fece per contrattaccare, ma Harry, uscito dalla barricata creata dal corpo della sorella, si trasformò anche lui nella sua forma Animagus: all’istante, di fronte alla creatura oscura, comparve un enorme Grifone.   

Il dissennatore fece per aggredirlo, ma l’enorme animale mitologico di fronte a lui, con un enorme zampata, squarciò il mantello dell’essere. Fece per arretrare, nel tentativo di allontanarsi dal potente avversario, ma in questo modo commise un grosso errore: si avvicinò al basilisco dietro di lui.  

La creatura fece appena in tempo a rendersi conto che un ombra lo stava sovrastando, prima di essere letteralmente schiacciato dall’enorme coda di Heather in versione basilisco. Il dissennatore scomparve in una nuvola di fumo. A quel punto, Harry abbandonò la modalità Animagus e si voltò nuovamente verso il suo avversario. Voldemort divenne livido di collera.   

-Come… Come possono due ragazzini appena maggiorenni tenere testa a me?! Il più potente mago di tutti i tempi! Ora che possiedo la bacchetta di Sanbuco, non dovrei avere più alcun rivale! Nessun potere dovrebbe essere in grado di contrastarmi!- esclamò il mago più vecchio, completamente fuori di se. Harry e Heather lo guardarono in silenzio per alcuni secondi.    

-Sarai anche il mago più potente al mondo, ma non potrai mai sconfiggerci! Lo sai perché? Perché noi abbiamo qualcosa… qualcosa che tu non avrai mai!- Esclamò Harry con sicurezza. Heather lo fissò a lungo. Quelle sue parole le avevano riportato alla mente, seppur in maniera frammentata, dei vecchi ricordi di tanti anni prima.
    

Un Harry Potter, di neanche sette anni, stava coricato in un grande sprazzo erboso. I suoi occhiali erano rotti in più punti, dal naso gli scendeva un rivolo di sangue, e il suo labbro era spaccato. Era appena stato picchiato da quell’ippopotamo del cugino Dursley. In ogni caso, lì sarebbe stato al sicuro: oltre a lui, solo un’altra persona conosceva quel piccolo giardino.    
  
-Sei stato picchiato da quel maiale, non è vero? Prima o poi avrà ciò che si merita. Lo sai anche tu. Noi abbiamo qualcosa di speciale, che lui non potrà mai avere- Disse una voce armoniosa, ma fredda, alle sue spalle. Harry non ebbe bisogno neanche di alzare gli occhi per capire chi fosse. Solo una persona aveva quel tono così infantile, e allo stesso tempo, inquietante.     
 
Heather Potter si avvicinò al gemello, con la sua solita aria di superiorità innata. Nonostante fosse ancora una bambina, aveva un atteggiamento freddo e maturo: in molti, nel quartiere, bambini ma anche adulti, avevano timore di lei. Harry  annuì in direzione della sorella. Concordava con lei, ma non nel modo in cui credeva.      

-Hai perfettamente ragione, noi siamo superiori e abbiamo qualcosa che lui non possiede. Ma non mi sto riferendo alle strane cose che riusciamo a fare solo noi, di tanto in tanto. Ma qualcosa di molto più forte- Rispose Harry, alzando lo sguardo da terra e puntandolo sulla sorella. Due paia di gemme di smeraldo si scontrarono per alcuni istanti.       

-L’affetto. È a quello che mi riferisco. Noi possiamo contare l’uno sull’altro. Questo è qualcosa che quel ciccione di Dudley non avrà mai- Le disse Harry, voltandosi nuovamente verso il piccolo prato. Heather lo fissò per alcuni secondi, poi sbuffò con esasperazione. Suo fratello, a volte, era proprio un ingenuo: come poteva credere a certe cose?    

-I legami ti rendono debole e ti feriscono soltanto. Quante volte te lo devo dire? Sono solo un ostacolo- Rispose Heather, sedendosi anche lei a terra e posizionandosi proprio di fronte al fratello, il quale la fissò per alcuni istanti in silenzio.    

Heather scosse la testa, scacciando via quei pensieri: non era certamente il momento per perdersi in ricordi del passato. Voldemort teneva lo sguardo basso, puntato verso il gemello. Voleva evitare di incontrare il suo sguardo assassino. Mantenere quella forma era ormai inutile. Abbandonò la sua forma serpentesca e si accostò nuovamente al fratello.    

-Ti rimane ancora una possibilità. Puoi ancora fare ammenda per i tuoi orrendi crimini- Disse Harry, guardando l’assassino dei suoi genitori. Il suo tono nascondeva una profonda amarezza: stava parlando davvero con lui? Oppure, in realtà, era rivolto a qualcun altro? Riddle rimase spiazzato per  un istante, ma poi scoppiò a ridere.    

-Tu osi darmi dei consigli?! Sei solo un ragazzino! Siete solo due ragazzini che credono di avere il mondo ai loro piedi! Ma adesso avete sfidato un avversario troppo forte per voi! Vi farò capire l’errore che avete fatto nello sfidare il signore Oscuro, Voldemort… AVADA KEDAVRA!- Gridò il mago, puntando la bacchetta contro Heather.   

La giovane strega oscura rispose con la stessa imperdonabile, mentre il gemello (pronto ad appoggiarla) rispose con uno schiantesimo. I due potenti incantesimi si incontrarono e si fusero tra loro, trasformandosi in un unico getto di luce di colore ramato. La fusione dei raggi andò a scontrarsi con la maledizione lanciata da Voldemort, creando un potente boato per tutta la sala.   

Un bagliore accecante illuminò tutta la sala per alcuni istanti. Gli incantesimi  si annullarono, mentre il corpo del signore oscuro (colpito in pieno dal rimbalzo della sua stessa maledizione) venne sbalzato all’indietro. Rigido come una statua di marmo. La bacchetta gli scivolò dalla mano e volò via.     

I due gemelli, neanche fossero un’unica entità, con un veloce scatto, corsero verso la bacchetta che, eseguendo dei cerchi perfetti nell’aria, stava andando nella loro direzione. Con un rapido balzo, i due Potter alzarono le mani e, nello stesso identico istante, afferrarono  la stecca della morte appartenuta un tempo ad Antioch Peverell.       

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Capitolo 37
*** Libro 2: l'ultimo nemico ***


Un bagliore accecante illuminò tutta la sala per alcuni istanti. Gli incantesimi si annullarono, mentre il corpo del signore oscuro (colpito in pieno dal rimbalzo della sua stessa maledizione) venne sbalzato all’indietro. Rigido come una statua di marmo. La bacchetta gli scivolò dalla mano  e volò via.   
    
I due gemelli, neanche fossero un’unica entità, con un veloce scatto, corsero verso la bacchetta che, eseguendo dei cerchi perfetti nell’aria, stava andando nella loro direzione. Con un rapido balzo, i due Potter alzarono le mani e, nello stesso identico istante, afferrarono la stecca della morte appartenuta un tempo ad Antioch Peverell.    

Il corpo del mago oscuro più potente dell’ultimo secolo cadde a terra con un tonfo sordo. Harry e Heather rimasero a fissare il corpo senza vita del loro arci nemico: era davvero finita? Harry si rigirò la bacchetta tra le mani (quella che avevano appena vinto) per poi fissare la sorella. Entrambi sapevano la risposta: la situazione non era ancora conclusa.    

Le energie magiche intorno ai due ragazzi si dissolsero, ormai potevano prendersi un attimo di pausa. Harry si allontanò dal centro della sala, per andare a posare la bacchetta di Sanbuco. Ora non era il momento per pensare ad essa. Una cosa ben più importante aveva la precedenza. Appena poggiò la bacchetta a terra, sentì un boato alle sue spalle.  
 

-REDUCTO! BOMBARDA! BOMBARDA MAXIMA! CONFRIGO!- Heather continuò ad infierire sul corpo privo di vita di Voldemort con sempre più violenza. Sembrava completamente in preda ad una irrefrenabile carica omicida. Quando il corpo del mago fu seriamente danneggiato, Harry afferrò il polso della sorella.    

-Falla finita!- Sibilò Harry con tono freddo. Freddo come raramente era stato con lei. heather fece una smorfia e, dopo essersi liberata dalla presa del fratello, si voltò di nuovo verso la sua “vittima”. Adesso avrebbe potuto, se lo desiderava, creare il suo quarto Horcrux. Lo disse ad alta voce, in modo da farsi sentire dal fratello.   

-Non dire sciocchezze! Non ti basta ciò che hai fatto?! Vuoi spingerti ancora più in là?! Ma allora non hai imparato proprio niente?!- Gridò Harry. Sembrava stesse per mettersi  a ringhiare. Heather lo guardò con uno sguardo di sufficienza. Ciò lo fece arrabbiare ancora di più:  Dovevano chiudere la questione una volta per tutte.   

-Perché non riesci a capirlo, Harry? I sentimenti e la moralità sono sole delle debolezze. Sono un ostacolo per il raggiungimento dei propri obbiettivi- Disse la Potter, fissando il fratello con i suoi occhi serpenteschi.  Harry fece un passo indietro, come fosse appena stato colpito da uno schiaffo. Il suo volto era diventato pallido di colpo.   

-Non puoi dire sul serio… Non lo puoi pensare davvero! Non ci credo!- Esclamò Harry con veemenza. Non le credeva affatto. Non poteva credere a quelle ciniche parole. Se fossero state vere, avrebbe dovuto significare che, in tutti quegli anni, non avesse mai conosciuto veramente la gemella. Heather, senza scomporsi, rispose.   

-È stato proprio l’amore ad aver ucciso i nostri genitori. È stato l’amore, la tanto famigerata  protezione presente nel nostro sangue, ad averci obbligato ad un’infanzia orribile in mezzo a quei sudici babbani dei Dursley. Ed è sempre stato l’amore ad aver portato alla morte tutte le persone care intorno a noi: prendi ad esempio Sirius. Oppure Teddy: adesso è un orfano anche lui-  Disse lei, con un tono gelido.  

Per un solo istante, tanto breve che ad Harry parve solo un illusione, sembrò veder passare un lampo di dolore negli occhi della sorella. Ma non potè dirlo con certezza: oltretutto, era troppo occupato ad assimilare le parole della sorella. Erano vere? Le sue parole erano giuste? Aveva il terrore di ottenere una risposta.   

-Perciò io sarei solo un peso per te? Allora perché, in tutti questi anni, hai fatto di tutto per tenermi al sicuro? Anche rischiare la vita e infiltrarti in mezzo ai seguaci del mostro che ci ha reso orfani?! Quindi come chiameresti il rapporto che hai con la Prince?!- Ringhiò in risposta. Non avrebbe mai creduto alle sue parole. Nonostante tutto, la conosceva meglio di chiunque altro.   

-È stato un errore, lo ammetto. Una serie di errori. Creare e mantenere dei legami non ha fatto altro che crearmi dei problemi. Ultimo di questi è stato neanche due ore fa: quando, per salvare Caroline, ho perso un braccio- Disse lei. Con sua grande sorpresa, Harry reagì lasciandosi scappare una lieve risata.   

Il ragazzo sopravvissuto aveva temuto il peggio. Per un attimo aveva temuto che la sorella avesse tenuto la sua maschera da regina delle serpi tanto a lungo da non riuscire più a togliersela. Ma lui la conosceva troppo bene: Poteva non essere abbastanza astuto da essere smistato in Corvonero o Serpeverde, ma sapeva il modo di ragionare di Heather.  

-Avere dei legami non è un peso, tutt’altro. Sono stati proprio loro a permettermi di arrivare fino a dove sono ora. Se non avessi avuto delle persone care, delle persone che mi sostenevano, mi sarei arreso da tempo. Mi sarei arreso un anno fa- Disse Harry, sussurrando l’ultima parte. Heather rimase in silenzio ad ascoltarlo.   

-Vuoi dirmi che l’affetto dei tuoi amici ti ha reso più forte? Ti ha permesso di raggiungere un potere superiore al mio?- Domandò lei mantenendo un’intonazione fredda, anche se il suo sguardo si fece beffardo. Harry non aprì bocca, limitandosi a fare un cenno affermativo con il capo. A quel punto, Heather fece una smorfia beffarda.   

-Dimostramelo allora. Voglio proprio vedere se sei finalmente cresciuto, oppure se sei ancora lo stesso bambino che correva da me in cerca di protezione- Sibilò la ragazza. Con uno scatto, talmente veloce che Harry riuscì a malapena a percepire, la gemella lo afferrò e si smaterializzò via con lui.   

Harry sentì il classico strappo all’ombelico (avveniva ogni volta che ti smaterializzavi o usavi una passaporta), prima di ritrovarsi in una buia radura. Il ragazzo sopravvissuto ci mise pochi secondi per riconoscere il posto: il loro posto speciale, la radura dove si rifugiavano quando erano bambini. Tanto concentrato a guardarsi intorno, non si accorse subito di una terza figura che era appena comparsa.   

-Grazie, Kreacher. Posa gli oggetti a terra e sparisci- Disse la Potter al vecchio elfo che aveva appena richiamato. Kreacher, terrorizzato dallo sguardo della sua giovane padrona, non se lo fece ripetere due volte, e scomparve. Harry rimase ad osservare i tre oggetti che l’elfo aveva portato: una spada d’oro, un medaglione e uno scettro d’argento.   

-Questi sono gli Horcrux che fin’ora ho creato. L’unico modo per farmi tornare mortale è distruggerli (ma tu non ne hai modo al momento), oppure convincermi a rendere di nuovo integra la mia anima. Ovviamente, per convincermi dovrai dimostrare che mi sto sbagliando su tutta la faccenda- Disse lei, sfoderando la bacchetta.    

-Quindi dovrò dimostrarti che non mi sbaglio sul valore dell’affetto? Molto bene. Preparati. Intendo strapparti via a forza quella maschera che tieni sul viso- Rispose il ragazzo sopravvissuto, estraendo anche lui la bacchetta. I due gemelli Potter si fissarono intensamente negli occhi (rosso contro verde), per poi puntare le bacchette una contro l’altro.    

-STUPEFICIUM!- Gridò Harry, nello stesso istante in cui la sorella pronunciò la formula dell’anatema che uccide. I loro corpi vennero avvolti nuovamente da energie di colore verde e rosso, mentre dalla punta delle loro bacchette uscirono getti di luce del medesimo colore. I raggi si incontrarono a metà percorso, creando un esplosione tanto abbagliante che illuminò la radura.     

Intanto, di fronte al castello di Hogwarts, la battaglia imperversava. L’esercito della resistenza era riuscito a capovolgere la situazione. i Ghermidoni erano stati completamente annientati, così come i giganti (a terra, a causa del veleno dei basilischi) e i dissennatori. Dopo la sconfitta di Greyback, tutti i licantropi rimasti si erano arresi.    

A combattere erano rimasti solamente gli Inferi e i Mangiamorte veri e propri. Dei primi non rimaneva che poche decine. Ormai, a breve, sarebbero stati sterminati tutti. Dei Mangiamorte, invece, ne rimanevano un centinaio circa. Tutti gli altri o erano morti, oppure si erano arresi (capendo che la situazione si era completamente ribaltata).   

Anche nelle file della resistenza c’erano state delle perdite. Numerose persone erano morte, compreso uno dei basilischi sguinzagliati da Samuel e Edvige. I due ex animali stavano nelle retrovie, mandando ordini ai grossi rettili. Al centro della battaglia, intanto, si stavano consumando gli incontri più cruenti.    

La famiglia Weasley era interamente riunita per far fronte ad un gruppo di Mangiamorte agguerriti; a pochi metri da loro, fianco a fianco, stavano duellando Hermione Granger e Draco Malfoy. Si guardavano le spalle a vicenda, mentre intanto contrattaccavano. Intanto, a distanza dalla battaglia, due streghe avevano momentaneamente abbandonato la loro postazione.    

Astoria Greengrass era stata ferita al fianco da una maledizione vagante, e Caroline Prince la stava medicando al meglio delle sue capacità. Entrambe gettarono un rapido sguardo al grande castello di fronte a loro. Entrambe preoccupate per i due ragazzi Potter. Astoria decise di rompere il silenzio che si era creato, facendo una domanda che da parecchio la tormentava.   
 

-Heather sta affrontando Voldemort insieme ad Harry, ma lo sta facendo per noi, oppure solo per i suoi scopi? Cosa farà una volta che la situazione sarà risolta? Qual è il suo scopo?- Domandò l’erede dei Greengrass all’altra ragazza. Non era una sciocca: anche se non l’aveva mai vista (gli unici ad averlo fatto erano il gemello e Caroline), conosceva la vera natura della regina.    

-Non lo so- Rispose Caroline in tutta onestà. Il suo sguardo, freddo e determinato come non mai, era puntato sul grande castello diroccato.      

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Capitolo 38
*** Libro 2: il vero potere ***


-Heather sta affrontando Voldemort insieme ad Harry, ma lo sta facendo per noi, oppure solo per i suoi scopi? Cosa farà una volta che la situazione sarà risolta? Qual è il suo scopo?- Domandò l’erede dei Greengrass all’altra ragazza. Non era una sciocca: anche se non l’aveva mai vista (gli unici ad averlo fatto erano il gemello e Caroline), conosceva la vera natura della regina.  
   
-Non lo so- Rispose Caroline in tutta onestà. Il suo sguardo, freddo e determinato come non mai, era puntato sul grande castello diroccato. Non aveva la più pallida idea di che cosa avesse in mente Heather. Ma, in fondo, non le importava. Qualsiasi cosa avrebbe fatto, le sarebbe rimasta accanto. Lo avevano già affrontato questo discorso.     
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-Tutto bene, Caroline?- Domandò Heather, la sua voce sembrava sofferente. Caroline faticò ad aprire gli occhi. La testa sembrava che stesse per esploderle. Aveva mancato di poco la maledizione del signore oscuro. Aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi davanti Heather. Fece per risponderle, ma la voce le morì in gola. Il suo volto sbiancò, mentre guardò la ragazza davanti a se.
    
-He… Heather… ch… che fine ha fatto il tuo… braccio sinistro?- Balbettò, tremante, notando l’assenza dell’arto sinistro di Heather. Stava per crollare. Quella vista era orribile: la sua Heather ferita. Inghiottì a vuoto e si riscosse da quei pensieri: doveva rimanere lucida, se voleva aiutarla in qualche modo.    

-Heather, resisti ti prego! Correrò ad Hogwarts per recuperare qualche pozione curativa, però te devi resistere!-  Esclamò senza riuscire più a trattenere le lacrime. Doveva assolutamente sbrigarsi. Heather non le disse nulla, ma annuì con il capo, facendole cenno che aveva capito. Era estremamente pallida, quasi un fantasma.    

-Grazie, Carol. Posso sempre contare su di te- Disse la Potter, ansimando a fatica. Caroline esitò un secondo, non aspettandosi quelle parole. Esitò ancora un secondo, giusto il tempo di concedersi un lieve sorriso, per poi dirigersi velocemente verso la scuola. Aveva una missione importante da compiere.   

-Non saprei proprio dirti cosa Heather abbia intenzione di fare, mi dispiace. So una cosa, però: qualunque cosa deciderà di fare, rimarrò al suo fianco- Disse con voce sicura, senza neanche una traccia di esitazione. Astoria la guardò con un’espressione che si poteva definire di consapevolezza, ed annuì. Ora era tutto in mano ai due Potter.    

Intanto, mentre le due Serpeverde dialogavano, il duello tra i gemelli sopravvissuti continuava. Quella che un tempo era una radura fiorita, si era trasformato in un arido inferno di fiamme. I due ragazzi avevano lanciato i più pericolosi  incantesimi e maledizioni del loro repertorio. Si erano scontrati anche con le loro forme animagus. Era dal duello nel ministero tra Silente e Voldemort, che non si assisteva ad un potere simile.     

Con i corpi ricoperti di ferite ed ustioni, i due ragazzi si fissarono negli occhi a vicenda. Le loro energie magiche, che fino a poco prima circondava i loro corpi, si erano dissolte per il troppo sforzo. Ormai erano giunti entrambi al limite. Concentrarono il loro ultimo incantesimo sulla punta della bacchetta e li lanciarono nello stesso istante.  
  

Lo schiantesimo di Harry e l’anatema che uccide di Heather cozzarono nuovamente a metà strada. L’esplosione generata dal colpo scaraventò i due gemelli a diversi metri di distanza, facendo perdere loro le bacchette. Nessuno dei due riusciva a  lanciare nuovamente un incantesimo. Il loro duello si era concluso in parità.   

-Com’è possibile? Non sei mai riuscito a tenermi testa. Sin da quando eravamo bambini, non sei mai riuscito a rivaleggiare con me. Come mai adesso sei stato in grado di concludere di pareggiare? Senza neanche liberarti degli intralci che porti con te?- Disse Heather ansimando, mentre tentava di rialzarsi.   

-Sono stati proprio ciò che te chiami “intralci” ad avermi dato questa forza. I legami non ti rendono debole, Heather. E tu dovresti ricordarlo, dato che tra tutti i posti possibili, hai deciso di combattere proprio qui- Rispose Harry, anche lui finito dal duello. Heather rimase a fissarlo in silenzio, comprendendo il senso delle sue parole.    

Un Harry Potter, di neanche sette anni, stava coricato in un grande sprazzo erboso. I suoi occhiali erano rotti in più punti, dal naso gli scendeva un rivolo di sangue, e il suo labbro era spaccato. Era appena stato picchiato da quell’ippopotamo del cugino Dudley. In ogni caso, lì sarebbe stato al sicuro: oltre a lui, solo un’altra persona conosceva quel piccolo giardino.  
   
-Sei stato picchiato da quel maiale, non è vero? Prima o poi avrà ciò che si merita. Lo sai anche tu. Noi abbiamo qualcosa di speciale, che lui non potrà mai avere- Disse una voce armoniosa, ma fredda, alle sue spalle. Harry non ebbe bisogno neanche di alzare gli occhi per capire chi fosse. Solo una persona aveva quel tono così infantile, e allo stesso tempo, inquietante.   

Heather Potter si avvicinò al gemello, con la sua solita aria di superiorità innata. Nonostante fosse ancora una bambina, aveva un atteggiamento freddo e maturo: in molti, nel quartiere, bambini ma anche adulti, avevano timore di lei. Harry  annuì in direzione della sorella. Concordava con lei, ma non nel modo in cui credeva.   

-Hai perfettamente ragione, noi siamo superiori e abbiamo qualcosa che lui non possiede. Ma non mi sto riferendo alle strane cose che riusciamo a fare solo noi, di tanto in tanto. Ma qualcosa di molto più forte- Rispose Harry, alzando lo sguardo da terra e puntandolo sulla sorella. Due paia di gemme di smeraldo si scontrarono per alcuni istanti.   

-L’affetto. È a quello che mi riferisco. Noi possiamo contare l’uno sull’altro. Questo è qualcosa che quel ciccione di Dudley non avrà mai- Le disse Harry, voltandosi nuovamente verso il piccolo prato.  Heather lo fissò per alcuni secondi, poi sbuffò con esasperazione. Suo fratello, a volte, era proprio un ingenuo: come poteva credere a certe cose?   

-I legami ti rendono debole e ti feriscono soltanto. Quante volte te lo devo dire? Sono solo un ostacolo- Rispose Heather, sedendosi anche lei a terra e posizionandosi proprio di fronte al fratello, il quale la fissò per alcuni istanti in silenzio.    

-Ti sbagli, Heather. Sono proprio questi legami che ci rendono forti. È solo grazie all’affetto che provo per te, se riesco ogni giorno ad andare avanti- Disse Harry con espressione seria. Heather lo fissò in silenzio, come se stesse valutando le sue parole, poi, senza alcun preavviso, gli diede uno schiaffo sulla testa.   

-Non fare certi discorsi, fratello. Sei ancora un poppante. Solo quando sarai veramente cresciuto, potrai dirmi certe cose- Fece lei con tono di superiorità, mentre Harry la lanciò uno sguardo carico di irritazione, sia per lo schiaffo che per la ramanzina. Prima o poi gliel’avrebbe fatta vedere lui, quel giorno sarebbe arrivato.   

-Non credo ci sia bisogno che ti faccia certi discorsi: tu lo sai meglio di me. Sei arrivata dove sei ora non perché hai rotto tutti i tuoi legami, ma perché hai lottato per me e per Caroline- Disse Harry, riferendosi a tutte le volte che era intervenuta per salvarlo. Heather lo fissò nuovamente, mentre una smorfia si formò sul suo viso.   

-Sei cresciuto, Harry. Sei finalmente diventato un uomo- Disse la potente strega Serpeverde. Harry si rimise finalmente in piedi, non sicuro di come prendere quest’affermazione. Era un’offesa o un complimento? Ma quando fece per ribattere, rimase spiazzato. Cosa stava succedendo al volto della sorella?    

Una strana smorfia le si era formata sulla faccia precedentemente neutra e fredda. Gli ci vollero diversi secondi per capire che cosa fosse: Heather stava sorridendo. Non uno dei suoi soliti ghigni gelidi e derisori, ma un vero e proprio sorriso. Quando era stata l’ultima volta che ne aveva visto uno? Harry dovette ammettere quella fosse la prima volta, probabilmente.   

-Basta, non ho più voglia di combattere. Tutte le mie motivazioni non mi ispirano più. Concludiamo il combattimento qui: mi dichiaro sconfitta… su tutti i fronti- Ammise lei, in tutta tranquillità. Harry non seppe se essere più confuso dal comportamento della sorella o dalla sua resa. Da quel che ricordava, non aveva mai cambiato opinione su nulla.   

-Non mi guardare in quel modo. Sei riuscito a dimostrarmi che, per una volta, avevo torto. Non sono obbligata a recidere tutti i miei legami per raggiungere i miei obbiettivi- Spiegò lei in tutta tranquillità, sotto lo sguardo allibito del fratello. Non l’avrebbe mai capita, pensò il ragazzo sopravvissuto. Ma non poteva importargli di meno: aveva appena ritrovato sua sorella e, per la prima volta in assoluto, era riuscito a vedere uno scorcio nel suo animo.   

I due gemelli si rialzarono, ancora parecchio doloranti per il duello appena concluso. Dopo aver richiamato i propri Horcrux con un incantesimo di appello, Heather si avvicinò al fratello, pronti per smaterializzarsi via da lì. Dovevano recuperare il corpo di lord Voldemort per mostrarlo ai Mangiamorte superstiti e mettere fine a quell’inutile conflitto.   

-Non avrei mai immaginato di poter combattere alla pari con te. Nonostante il potenziamento concessoci, non credevo sarebbe mai successa una cosa simile- Disse il Grifondoro con un sorriso. La sorella sbuffò. Se invece della metà, avessi usato la mia piena potenza, il risultato sarebbe stato diverso* pensò la Potter, prima di smaterializzarsi via con il gemello sopravvissuto.   

Fuori dalle mura di Hogwarts, la battaglia continuava. Ormai dei Mangiamorte ne erano solo poche decine (non più di trentacinque), ciononostante non sembravano accennare ad arrendersi. Forse convinti che il loro Signore stesse vincendo. In mezzo alla confusione, solo in pochi si accorsero del rumore di una smaterializzazione.   

I due gemelli sopravvissuti riapparvero proprio di fronte al cadavere martoriato (opera di Heather) di Voldemort. il corpo di Heather era in preda a degli spasmi lancinanti: aver ricompattato la propria anima era parecchio doloroso, ma almeno aveva riottenuto nuovamente i suoi splendidi occhi verdi. Dopo aver fatto levitare insieme il loro nemico mortale, si avvicinarono alla bacchetta di Sanbuco che in precedenza avevano lasciato lì.   

I due gemelli, neanche fossero un’unica entità, con un veloce scatto, corsero verso la bacchetta che, eseguendo dei cerchi perfetti nell’aria, stava andando nella loro direzione. Con un rapido balzo, i due Potter alzarono le mani e, nello stesso identico istante, afferrarono  la stecca della morte appartenuta un tempo ad Antioch Peverell.     

Ora erano a tutti gli effetti i padroni della morte: Harry aveva con se il mantello dell’invisibilità lasciatogli dal loro defunto padre, Heather era entrata in possesso della pietra della resurrezione incastonata sull’anello della famiglia Peverell, e infine, entrambi erano diventati i proprietari della bacchetta più potente al mondo, la bacchetta di Sanbuco.   

Appena le porte del castello venero spalancate, la battaglia all’esterno si acquietò per un attimo: tutti quanti puntarono i loro sguardi sui nuovi arrivati. I gemelli Potter, entrambi malconci, uno con un sorriso sulle labbra, mentre l’altra con la sua solita maschera di ghiaccio (appena ripristinata), comparvero davanti a loro, mostrando il cadavere galleggiante del signore oscuro.    

Dopo un secondo di shock, scoppiò il caos. Gli ultimi Mangiamorte rimasti, convinti che il loro padrone li avrebbe salvati, si diedero rapidamente alla fuga. Il gruppo della resistenza scoppiò invece in grida di giubilo. L’inferno era finalmente finito? Il gruppo degli amici più stretti fece per correre verso i due gemelli, ma proprio allora avvenne l’imprevisto.     
 

Dieci figure avvolte in lunghi e sgualciti mantelli rossi  circondarono in un istante la Potter. Heather, ancora provata dai vari duelli e dal processo di recupero dei frammenti della sua anima, non ebbe il tempo di reagire, prima che dieci maledizioni la colpirono in pieno petto. Poi fu il buoi più totale.     


*Oltre ad essersi trattenuta volutamente, Heather aveva anche un arresto al nucleo magico. La creazione di troppi Horcrux in un breve lasso di tempo l’aveva parecchio indebolita. Quindi, arrivata al confronto finale col fratello, non era riuscita ad utilizzare tutto il suo potere.

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Capitolo 39
*** Libro 2: verso il proprio destino... con a fianco la persona amata ***


Dieci figure avvolte in lunghi e sgualciti mantelli rossi circondarono in un istante la Potter. Heather, ancora provata dai vari duelli e dal processo di recupero dei frammenti della sua anima, non ebbe il tempo di reagire, prima che dieci maledizioni la colpirono in pieno petto. Poi fu il buio più totale.    

Heather, in tutta tranquillità e per nulla turbata, era intenta a leggere l’edizione del giorno della gazzetta del profeta. Era stato Harry, quando le aveva fatto visita pochi minuti prima, a portarglielo. Intorno a lei si sentivano i lamenti e le grida, ma la ragazza non se ne curò: era tutta concentrata sull’articolo in prima pagina.  

La guerra era finita soltanto da una settimana, e il mondo stava lentamente cercando di tornare alla normalità. In quel momento, centinaia di maghi, accusati di essere Mangiamorte, aspettavano la propria sentenza: lei era una di essi. Dopo la conclusione della battaglia di Hogwarts, era stata schiantata da quei maghi vestiti di rosso (auror) e portata ad Azkaban.

Era durato un’intera settimana il suo processo, a breve (entro pochi minuti) sarebbe stata chiamata e portata al ministero per il verdetto. A differenza di tutti gli altri maghi rinchiusi nella zona più buia e protetta della prigione, lei non subiva minimamente i poteri negativi dei dissennatori. Grazie ai suoi scudi di occlumanzia, riusciva a respingerli senza problemi.

Il rumore metallico del chiavistello attirò la sua attenzione, facendole posare il giornale: due auror erano venuti per scortarla in tribunale. In quella settimana aveva ricevuto le visite di solo due persone. Suo fratello era venuto  a trovarla (accompagnato da Samuel, ancora in forma umana) tre volte. Le aveva detto che l’avrebbe aiutata ad uscirne pulita. In realtà, era fiduciosa su questo punto.

La seconda persona che era venuta a trovarla era, ovviamente, Caroline. Avevano parlato a lungo, anche se la Potter avrebbe preferito fare altro… pazienza, avrebbe avuto tutto il tempo una volta assolta. Una volta fuori dalle mura della prigione, con sua grande sorpresa (anche se non lo diede a vedere) c’era ad aspettarla Harry.

-Il ministro mi ha permesso di accompagnarti e di starti accanto durante il verdetto- Le spiegò, prima di smaterializzarsi tutti insieme al ministero. Una volta dentro, Heather si guardò intorno: c’erano più persone dell’ultima volta, ma l’unica di cui le importasse era in prima fila. Caroline la stava fissando con preoccupazione e amore.

Dopo aver fatto un cenno di saluto al fratello, andò a sedersi sulla sedia (la stessa utilizzata da Harry due anni prima), e aspettò l’arrivo del giudice “supremo”. Harry si mise al suo fianco per farle sentire il suo appoggio. Quando vide la sua guancia, però non potè trattenere una smorfia. Il suo zigomo aveva ancora la cicatrice lasciatale dal suo SECTUSEMPRA dell’anno precedente.

I due si diressero per il cortile del castello, ma quando furono ad una decina di metri dall’esterno delle barriere anti materializzazione (proprio accanto alla capanna di Hagrid) un Sectusempra sfiorò la guancia sinistra di Heather. Un lieve fiotto di sangue fuoriuscì dal taglio e andò a macchiare la sua divisa. La ragazza non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi fosse.

Solo fino a poco tempo prima aveva tentato di uccidere la propria gemella. La persona che (insieme ad Astoria) amava di più al mondo. Non se lo sarebbe mai perdonato. Nonostante tutto ciò che aveva fatto, non se lo sarebbe mai perdonato. Mise da parte i suoi pensieri, all’arrivo del giudice per il verdetto finale.

-Heather Potter. Sei stata chiamata a processo, per l’accusa di omicidio, uso di maledizione imperdonabile e incantesimi oscuri, affiliazione ai Mangiamorte e tradimento…- Cominciò a dire l’uomo, tenendo in mano il suo martelletto. Heather non fece una piega: era tranquilla riguardo l’esito del giudice.

-Valutando i ricordi di Albus Silente, portatici da Harry Potter, l’assenza del marchio nero sul suo braccio, l’indubbio aiuto offertoci in questa guerra e la decisione del signor Potter di farle da garante… la corte la assolve da tutte le imputazioni- Detto questo, batté il martelletto e dichiarò concluso il processo.

Heather, seppur, ovviamente, non lo diede a vedere, rimase sbalordita. Non tanto per essere stata assolta (la maggior parte dei suoi crimini erano rimasti nell’ombra, mentre gli altri erano tutti “giustificati”), ma per il fatto che Harry si fosse offerto di farle da garante. Quell’incosciente. Gli lanciò un occhiata omicida, prima di allontanarsi in mezzo alla folla di curiosi.

Nello stesso momento, a diversi chilometri di distanza, più precisamente nella villa dei Malfoy, una concentrata Hermione Granger stava ascoltando cosa Ronald Weasley le diceva attraverso le fiamme verdi del cammino.  Dopo aver concluso la conversazione, il ragazzo scomparve tra le fiamme verdi, lasciando Hermione ai suoi pensieri.

La giovane strega aveva trascorso l’ultima settimana in una delle ville di Draco, uscendo soltanto ogni tanto per andare ad Hogwarts a controllare Grattastinchi, il suo gatto. A quanto pare il felino (mentre era stato lasciato alle cure di Ginny), aveva avuto una cucciolata con Mrs. Purr, una mezza Kneazle come lui. Fu una fatica indescrivibile scendere a patti con mastro Gazza per il “mantenimento”.

-Era Ron, mi ha appena informato che Heather è stata assolta da tutte le accuse. Ne sono felice, sul serio. Harry non merita di perdere l’unico membro della sua famiglia che ancora gli rimane- Affermò la strega nata babbana. Non provava alcuna forma di affetto verso la Potter, le stava anche abbastanza antipatica, ma sapeva benissimo che il suo migliore amico non avrebbe mai sopportato se le fosse successo qualcosa.

-Mi fa piacere- Rispose Draco. Per alcuni istanti cadde il silenzio. I due si guardavano negli occhi, senza sapere come affrontare il discorso che tenevano in sospeso da tempo. Entrambi si amavano, e gli avvenimenti della guerra avevano dimostrato quanto il sentimento fosse ampiamente ricambiato. Ma c’erano ancora molte incognite di cui tener conto.

Probabilmente i genitori di Draco non sarebbero stati un grande problema, si sarebbero lamentati un po’ di avere un figlio legato ad una natababbana. Ma entrambi, persino il gelido e calcolatore Lucius Malfoy, avrebbero messo la felicità del figlio davanti a tutto. Il problema era il resto della società magica: non avrebbero visto di buon occhio la loro unione.

-Ti amo- Dissero in coro i due, rompendo così il silenzio. Dopo un attimo di stupore, i due scoppiarono a ridere, per poi scambiarsi un tenero ma intenso bacio. Forse non sarebbe stato facile affrontare le sfide future, ma entrambi erano sicuri che ne sarebbero usciti sempre vincitori: l’importante era che le avrebbero affrontate insieme.

A diversi chilometri di  distanza, più precisamente sulla strada di Grimmauld Place, due figure comparvero all’improvviso in uno dei vicoli più bui. Harry Potter e Astoria Greengrass, senza farsi notare dai pochi babbani che giravano li intorno, raggiunsero il punto tra l’abitazione numero 11 e l’abitazione numero 13.

-Prego, Milady, prima le signore- Disse Harry, in un goffo tentativo di imitare un gentiluomo. La giovane Greengrass rise, divertita dalle sue buffonate,  per poi fare un passo avanti e concentrarsi sul punto di fronte a lei. In pochi secondi, davanti a lei comparve un buio corridoio con in fondo l’accesso all’appartamento numero dodici: l’ex casa della famiglia Black.

-Meno male che questi processi sono finiti. Sono felice che la regi… cioè, tua sorella  sia stata assolta- Disse la strega al ragazzo. Mentre parlavano, i due iniziarono a percorrere il lungo e polveroso corridoio. Nonostante i lavori effettuati dai membri dell’Ordine, il posto era ancora ben lontano dal suo vecchio splendore andato.

-Anche io. Sarò troppo soggettivo, ma in fondo Heather ha contribuito più di tutti, seppur nell’ombra, a far concludere questa guerra. Spero che chi se lo merita veramente finisca ad Azkaban- Disse il ragazzo sopravvissuto. Astoria annuì appena. Non poteva fare a meno che pensare ai suoi genitori e a ciò che le avevano fatto.

-Tu sposerai il figlio di Lucius, Draco Malfoy. Questa è la mia decisione- Disse con un tono che non permetteva repliche, sicuro che la figlia non si sarebbe azzardata a controbattere. Daphne probabilmente no, ma Astoria era tutta un’altra cosa. Infatti, senza la minima traccia di paura, rispose al tono.

-Mi rifiuto di sposare Draco Malfoy, dato che sono già impegnata con un altro ragazzo. Questa è la MIA decisione- Disse lei, calcando bene sulla parola “mia”. Astoria non era una sciocca Grifondoro. Sapeva benissimo cosa sarebbe successo di lì a poco. Suo padre l’avrebbe torturata con la maledizione Cruciatus.

Ma in quel momento non le interessava. Non aveva alcuna intenzione di sposare Draco, e non intendeva separarsi da Harry (scacciò dalla sua mente il fatto che tecnicamente i due non stessero più insieme). E avrebbe fatto di tutto pur di non chinare il capo. Le sue previsioni purtroppo non furono errate.

Il padre, preso dalla fredda ira per essere stato contraddetto, la torturò con la maledizione Cruciatus per quasi un’ora. Se fosse stato abile quanto Bellatrix Lestrange, probabilmente  Astoria avrebbe rischiato di passare il resto della sua vita insieme ai coniugi Paciock: nell’ospedale Sanbuco, nel reparto psichiatrico.

Una volta che la più piccola della famiglia fu a terra agonizzante, l’uomo spalancò la porta e chiamò a gran voce la sua primogenita. Daphne corse velocemente, appena sentito il  richiamo paterno, rimanendo apparentemente impassibile quando, una volta entrata nel salotto, vide lo stato in cui riversava la sorella.

Harry strinse forte il proprio pugno, bloccando a malapena le contrazioni scaturite dalla rabbia: anche lui ricordava quella terribile situazione. Cercò con tutte le sue forze di scacciare via quel pensiero. Dopo pochi secondi, i due ragazzi arrivarono di fronte alla casa numero 12 di Grimmauld Place.

-Eccoci arrivati a casa- Disse Harry, una volta entrato in casa. Cercò di tenere un tono basso, nel tentativo di non svegliare il quadro della signora Black. Astoria esitò davanti all’affermazione del suo compagno: aveva capito ci fosse un senso più profondo nella sua affermazione. Ricordava ancora perfettamente la conversazione che avevano avuto sulla questione mesi prima.

-Mi piace particolarmente questa casa. un giorno potremmo venirci a vivere- Disse lei con aria distratta, come se avesse aperto quell’argomento casualmente. Harry spalancò un secondo gli occhi, preso in contropiede: non aveva affatto pensato  a quel particolare, lui amava la ragazza, e la cosa sembrava pienamente corrisposta. 

Il pensiero che avrebbero potuto, in un prossimo futuro, vivere insieme, non lo preoccupava affatto. Anzi, era un pensiero bellissimo. Con un piccolo sorriso, poggiò il capo sul letto, seguito a ruota dalla ragazza. Ne era sicuro: se fosse uscito vivo da questa guerra, sarebbe venuto a vivere con lei a Grimmauld Place. 

-Chissà se i colori verde e rosso, e oro e argento si intonano? In fondo sono i colori degli alberi di natale- Constatò Harry, mentre Astoria sorrideva compiaciuta dall’idea. Non sarebbe stato affatto male. Ma una domanda le sorse nella mente: cos’era un albero di natale? Dopo pochi minuti, i due ragazzi so addormentarono, stretti l’uno all’altro. Per la prima volta, dopo tanti mesi, il sonno di Harry fu tranquillo e privo di incubi. 

-La nostra casa- Puntualizzò Astoria, facendo nascere un piccolo sorriso sulle labbra del ragazzo sopravvissuto. Quella sarebbe stata la loro futura casa. il loro inizio… Certo che però, i colori rosso e verde non si intonavano proprio tra di loro… magari verde e oro?... Si, perché no?

Caroline Prince era la personificazione della felicità. Dopo giorni, anzi, mesi passati lontano dalla sua amata, finalmente erano di nuovo insieme. Niente guerra e nessun Signore Oscuro tra le scatole. Solo lei e la sua amata Heather, insieme per sempre. Eppure, nonostante la gioia di aver appena passato una magnifica notte insieme, negli occhi di Heather persisteva una traccia di dubbio.

-Qualcosa non va?- Domandò la Prince, districandosi tra le coperte. Questo suo mutismo la stava agitando non poco: questa situazione le era troppo famigliare per non preoccuparsi. Era successa la stessa identica cosa diversi mesi prima. Non poteva dimenticare quel suo risveglio al Prince Manor. Così bello, ma allo stesso tempo così nuovo e imprevedibile.

Caroline si svegliò di soprassalto. Aveva avuto un incubo. Aveva sognato Heather allontanarsi per sempre da lei. Poteva sembrare una cosa stupida, ma il suo cuore ancora batteva per lo spavento. Sicuramente quello sarebbe stato il suo incubo peggiore. Ormai aveva superato persino la sua fobia per i cani.

Si guardò lentamente intorno: dove diavolo era? Ma quando vide i suoi vestiti sparsi per terra e un grosso succhiotto all’altezza del collo, ricordò tutto. Il colore del suo viso assunse un colore da far invidia allo stemma dei Grifondoro. Ricordava tutto ciò che era successo con Heather… ed era stata una sensazione a dir poco favolosa.

La preoccupazione non fece che aumentare, quando scorse nei suoi occhi un lampo di esitazione. Se c’era una cosa che la Prince sapeva, era che Heather non esitava mai. Mai. Neanche di fronte a figure come Albus Silente o il Signore Oscuro. Dopo alcuni secondi di silenzio, la regina si decise a risponderle.

-Tu lo sai, vero, che io sono fatta così? Nonostante mi sia prodigata nella sconfitta di Tom, io non sono diversa. Sono sempre una strega fredda e oscura. Sei davvero disposta a passare tu, così solare e positiva, il resto della tua vita con me?- Le domandò, Heather. Caroline non esitò neanche un attimo, prima di mettersi a cavalcioni sulla ragazza e darle un bacio tutt’altro che casto.

-Questo dovrebbe bastare come risposta, giusto? Non mi importa. Ho sempre saputo come fossi, ed proprio per questo che mi sono innamorata di te. Rimarrò con te per sempre, se tu lo vorrai- Le disse. Non ci fu bisogno neanche di rispondere. Heather ricambiò il bacio senza esitazione. Il loro si prospettava un futuro veramente radioso. 

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Capitolo 40
*** Libro 2 - capitolo finale: 15 anni dopo ***


-Tu lo sai, vero, che io sono fatta così? Nonostante mi sia prodigata nella sconfitta di Tom, io non sono diversa. Sono sempre una strega fredda e oscura. Sei davvero disposta a passare tu, così solare e positiva, il resto della tua vita con me?- Le domandò, Heather. Caroline non esitò neanche un attimo, prima di mettersi a cavalcioni sulla ragazza e darle un bacio tutt’altro che casto. 

-Questo dovrebbe bastare come risposta, giusto? Non mi importa. Ho sempre saputo come fossi, ed proprio per questo che mi sono innamorata di te. Rimarrò con te per sempre, se tu lo vorrai- Le disse. Non ci fu bisogno neanche di rispondere. Heather ricambiò il bacio senza esitazione. Il loro si prospettava un futuro veramente radioso.

Quella mattina di primo settembre, la stazione di King Cross era ancora più affollata del solito. Oltre a coloro intenti a prendere il treno per andare al lavoro, o di ritorno dalle vacanze estive, un gruppo di individui, vestiti con abiti a dir poco stravaganti, si stavano radunando intorno al muro tra il binario 9 e 10.

Questi individui erano i giovani studenti, accompagnati dai propri parenti, pronti a prendere l’espresso per la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Un gruppo per volta, stavano attraversando il varco nel muro che li avrebbe condotti al binario 9 ¾. In mezzo alla folla di maghi e streghe, una famiglia, composta da cinque membri, svettava sulle altre.

Il primo del gruppo era un bell’uomo, di età poco superiore ai 30 anni. i suoi capelli erano castani e mossi, la frangia sulla fronte che copriva una vecchia cicatrice dalla bizzarra forma. I suoi occhi verdi erano nascosti da degli occhiali tondi. Harry Potter, noto per il suo ruolo di distruttore di Voldemort, mago più forte del mondo (esclusa una certa strega) e capo della sezione Auror, si posizionò davanti il muro. a fianco a lui, vi erano la moglie e i suoi tre figli.

Astoria Potter, un tempo conosciuta come Astoria Greengrass, era a fianco del marito. La bella donna, di circa trent’anni, era alta pressappoco quanto il marito. I lunghi capelli neri le ricadevano sulla schiena in morbidi boccoli. Con a fianco i propri figli, si preparò, assieme al marito, ad attraversare il varco per il binario magico.

-Sembra solo ieri, quando attraversai per la prima volta questo muro- Sussurrò la signora Potter tra se e se. Nonostante il tono di voce basso, Harry, che le era proprio a fianco, la sentì chiaramente, non potendo trattenere un piccolo sorriso. Il ragazzo sopravvissuto non potè fare a meno di sorridere. Ricordava con affetto quel giorno di tanti anni prima.

-Heather, ma dov’è questo binario?- Harry domandò alla sorella. Non sapeva che esistesse il binario 9 ¾. Intanto lei aveva preso due carrelli, per poter portare i bagagli e le gabbie dei loro animali.
-Non lo so, proviamo a chiedere in giro- Tentarono con tutti coloro che gli capitavano a tiro, ma nessuno sembrava saperlo, anzi alcuni credevano che li stessero prendendo in giro. Fecero quasi per gettare la spugna, quando la voce di una donna richiamò la loro attenzione.

-Ogni anno la stessa storia! Sempre pieno zeppo di babbani, forza! Il binario 9 ¾ è di qua!- Fece lei a cinque ragazzi con i capelli rossi, identici ai suoi. Avevano già sentito il termine “babbano”: Hagrid aveva spiegato loro che venivano chiamati così coloro che non avevano poteri magici, perciò quella donna era una strega.

Senza dare troppo nell’occhio, i due fratelli cominciarono a seguire l’allegra comitiva, fino a che non si fermarono di fronte ad un muro, quello che divideva il binario 9 dal binario 10. Rimasero a guardare la donna con i ragazzi, probabilmente i figli, mentre uno alla volta cominciavano a correre contro il muro. Ogni volta, invece che finirci contro… lo attraversavano.

Quante cose erano successe da allora. Tutti e cinque i Potter attraversarono di corsa il muro del binario, ritrovandosi nel binario 9 ¾. Intorno a loro, una grande folla di maghi e streghe si accalcava per darsi gli ultimi saluti o per salire in fretta sul treno (in modo da trovare gli scompartimenti migliori).

-Mamma! Papà! Vi saluto. Sugar e Trevor mi stanno aspettando ad uno dei vagoni di testa- Disse James Sirius Potter. E senza aspettare risposta, si precipitò verso il treno, scomparendo tra la folla. James Sirius era il primogenito della coppia. Aveva preso l’aspetto del padre, tranne per gli occhi identici a quelli di Astoria.

Il carattere era invece uguale a quello del suo omonimo: il nonno James. Non per nulla, l’anno prima era stato smistato in Grifondoro. I suoi migliori amici, Trevor e Sugar, erano invece i figli di Ronald Weasley. Trevor avrebbe iniziato quell’anno, mentre Sugar era coetanea di James (anche lei Grifondoro). Entrambi erano copie sputate del padre.

I restanti membri della famiglia Potter si misero da parte, per evitare di perdersi nella folla, e attesero l’ora della partenza. Ad un certo punto, la signora Potter scorse sua sorella Daphne, accompagnata da suo marito Blaise. Le due sorelle erano rimaste legate anche dopo la conclusione della guerra, a differenza dei loro genitori. Specialmente dopo quel particolare episodio.

Daphne aveva riportato Astoria nelle sue stanze. Aveva poi recuperato una pozione che teneva nel suo piccolo studio. Quella avrebbe aiutato la sorella.

Tremava di rabbia. Giù nel salotto, era riuscita a controllare la sua rabbia, per fortuna. Come aveva potuto loro padre trattarla in quel modo? Così presa dai suoi pensieri, quasi non si accorse che Astoria aveva ripreso i sensi. La più piccola della famiglia aveva un dolore lancinante alla testa. Le ci sarebbero voluti giorni prima di guarire da quella brutta esperienza.

-Stai bene?- Le chiese la maggiore, con sguardo preoccupato. L’altra annuì, cercando di mettersi in piedi, anche se con estrema fatica. Non solo la testa, ma anche ogni singolo muscolo del corpo le faceva male. La sorella l’aiutò a rialzarsi e le passò un bicchiere d’acqua. Il saporaccio della pozione era veramente terribile.

-Devi andartene, Astoria. Devi lasciare questa casa, prima che i nostri genitori decidano di rinchiuderti qua dentro- Disse la bionda, lasciando l’altra senza parole. Perché le stava dicendo quelle cose? Cosa volevano fare quei due individui che osavano considerarsi i loro genitori? La sua mente volò inevitabilmente ad Harry. Li volevano separare in qualche modo?

-Sai benissimo anche tu, che per loro nulla è più importante dei guadagni che potrebbe ricevere la famiglia. Molto più importante di noi due. Cercherò di farti guadagnare del tempo. Intanto tu trova il modo di lasciare questa casa- Le disse Daphne, prima di uscire dalle sue stanze. Astoria rimase per qualche secondo senza parole.

Sua sorella non aveva mai preso le sue difese così apertamente. Sapeva che le volesse bene. In fondo, l’anno scorso aveva cercato di dissuaderla da una strada che avrebbe potuto farla soffrire. Ma non lo aveva mai dimostrato apertamente. A volte le persone, anche quelle che credevamo di conoscere come le nostre tasche, riescono a sorprenderci.

Astoria salutò il marito con un bacio e i figli con una carezza, per poi raggiungere la sorella: era da un po’ di tempo che non la vedeva, e voleva approfittare di questo momento per recuperare il tempo perduto. Vedendo in lontananza la moglie e la cognata, Harry si guardò intorno per vedere se riusciva a trovare suo cugino Dudley.

I due non si erano parlati per anni, fino a che, l’anno prima, lo aveva rincontrato di fronte al binario. Immaginate la sorpresa, quando Harry scoprì che Dudley aveva una figlia (Petunia Dursley) nata babbana. La piccola era timida, ma intelligente (era infatti finita a Corvonero), l’esatto contrario del padre. Perso nei suoi pensieri, venne distratto dalla voce del suo secondogenito.

-Papà… cosa succederà, se io dovessi… essere smistato in Serpeverde?- disse il giovane Albus Severus Potter. I nomi erano stati dati in onore dei due presidi di Hogwarts del periodo scolastico del padre. Il primo era morto da eroe, mentre il secondo, seppur sopravvissuto, aveva preferito passare per traditore, e combattere i nemici dall’interno.

Dopo la fine della guerra, Harry aveva testimoniato in favore di Piton, spiegando l’aiuto che aveva dato alla causa. Non che fosse servito a molto, in realtà: l’uomo (dopo aver aiutato Horace Lumacorno, ad organizzare il contrattacco) era infatti scomparso dalla circolazione, facendo perdere le sue tracce. Attualmente, la carica di preside la occupava Minerva McGranitt.

Il capo auror si voltò verso Albus. Il ragazzo lo stava guardando con i suoi imploranti occhioni verdi. Il ragazzo era una replica esatta del padre. Sia fisicamente, che caratterialmente. Le uniche differenze visibili erano l’assenza della cicatrice e degli occhiali. Harry non potè fare a meno di sorridere: ricordava bene la tensione che provò durante il suo smistamento.

-Harry Potter…- Il giovane Harry deglutì a fatica e, dopo aver scambiato uno sguardo veloce con la sorella, si diresse verso il cappello. Appena sentito il suo nome, tutti i ragazzi erano caduti in un religioso silenzio. Il cappello si posò sul suo capo, e subito sentì una voce nella sua testa

-Mhm… difficile, molto difficile: hai coraggio da vendere e desiderio di metterti alla prova… ma dove ti colloco?- Parve pensarci per qualche secondo.

-Ci sono… GRIFONDORO!- Questa volta, il tavolo di Grifondoro esplose in un vero e proprio grido di giubilo.

-Abbiamo Harry Potter! Abbiamo Harry Potter!- Iniziarono a gridare in coro. Adesso era il turno di Heather.

Anche lui, in quel momento era agitato e preoccupato all’idea di essere smistato in Serpeverde. Paura molto stupida e infantile, scoprì negli anni a venire. In fondo, molte delle persone a lui care erano state smistate in quella casa. Si chinò all’altezza dell’undicenne, ma prima che potesse dire qualcosa, venne preceduto da una vocina famigliare e altezzosa alle loro spalle.

-Quanto sei stupido, Albus. Dovresti essere fiero di finire nella nobile casa di Serpeverde: è risaputo che sia la migliore. Inoltre, nostra madre, nostro cugino Teddy, la zia Caroline, e soprattutto la grande zia Heather sono stati smistati in quella casa. non lo sapevi?- Disse la terzogenita della famiglia: Lily Heather Potter.

La più giovane della “cucciolata” era la più coccolata e viziata. Fisicamente era la replica esatta della madre, esclusi gli occhi color dell’Avada Kedavra, presi dal ramo paterno della famiglia. Caratterialmente, invece, nonostante fosse simile ad Astoria, era anche la replica esatta di sua zia Heather. La giovane Potter adorava la donna. Praticamente la idolatrava. Era il suo modello da seguire.

-Ciao papà, ciao Albus. Vado a cercare Virgo, dovrebbe stare da queste parti- E senza aspettare la risposta del padre, proprio come fece suo fratello James, scomparve tra la folla. Nonostante avesse solo 10 anni, Harry non fu preoccupato, vedendo già in lontananza la famiglia Malfoy. Con in testa la giovane Virgo. La secondogenita di Draco e Hermione Malfoy.

Hermione Granger – Malfoy, la migliore amica del salvatore del mondo magico, aveva sposato lo spocchioso erede Purosangue pochi anni dopo la fine della guerra. I suoi genitori, Lucius e Narcissa, scampati entrambi ad Azkaban, faticarono un po’ a mandar giù la notizia, ma alla fine, riuscirono ad accettare la scelta di Draco.

-Era Ron, mi ha appena informato che Heather è stata assolta da tutte le accuse. Ne sono felice, sul serio. Harry non merita di perdere l’unico membro della sua famiglia che ancora gli rimane- Affermò la strega nata babbana. Non provava alcuna forma di affetto verso la Potter, le stava anche abbastanza antipatica, ma sapeva benissimo che il suo migliore amico non avrebbe mai sopportato se le fosse successo qualcosa.

-Mi fa piacere- Rispose Draco. Per alcuni istanti cadde il silenzio. I due si guardavano negli occhi, senza sapere come affrontare il discorso che tenevano in sospeso da tempo. Entrambi si amavano, e gli avvenimenti della guerra avevano dimostrato quanto il sentimento fosse ampiamente ricambiato. Ma c’erano ancora molte incognite di cui tener conto.

Probabilmente i genitori di Draco non sarebbero stati un grande problema, si sarebbero lamentati un po’ di avere un figlio legato ad una natababbana. Ma entrambi, persino il gelido e calcolatore Lucius Malfoy, avrebbero messo la felicità del figlio davanti a tutto. Il problema era il resto della società magica: non avrebbero visto di buon occhio la loro unione.

-Ti amo- Dissero in coro i due, rompendo così il silenzio. Dopo un attimo di stupore, i due scoppiarono a ridere, per poi scambiarsi un tenero ma intenso bacio. Forse non sarebbe stato facile affrontare le sfide future, ma entrambi erano sicuri che ne sarebbero usciti sempre vincitori: l’importante era che le avrebbero affrontate insieme.

La bella Nata Babbana era stata eletta da poco ministro della Magia, mentre Draco aveva preso in mano le redini degli affari del padre. Tra di loro, camminavano i loro figli. Totalmente diversi l’uno dall’altro. Il primogenito, Scorpius, era fisicamente simile al padre, con alcune piccole differenze. La sua pelle non era bianco pallida quanto quella di Malfoy Senior, e i suoi occhi, a differenza di quelli argentei di Draco, erano d’orati.

Anche lui, come Albus, avrebbe cominciato quell’anno ad andare ad Hogwarts. Hermione era convinta sarebbe andato a Grifondoro: di carattere era troppo simile a lei. Stessa cosa non si poteva dire per la secondogenita: Virgo Malfoy. La ragazza, coetanea della sua amica Lily, era l’esatto opposto del fratello.

Il viso impallidito della madre con due occhi argentei e un ghigno marchio Malfoy che le incoronava il viso. La ragazzina, proprio come l’ultimogenita dei Potter, sarebbe sicuramente finita a Serpeverde. Entrambe condividevano, oltre una forma di venerazione verso Heather, un carattere subdolo e astuto, che raramente si vedeva in ragazze così giovani.

Harry fece per raggiungere e salutare l’amica (in fondo, nonostante lavorassero entrambi al ministero, era da un po’ che non si vedevano), ma venne nuovamente fermato da una figura che si fece strada tra la folla. Di circa 17 anni, divisa da Serpeverde, viso pallido e, soprattutto, degli inconfondibili capelli azzurri. Teddy Lupin-Potter, suo figlioccio e nipote.

-Zio Harry, Ciao! Da quanto tempo è che non ci vediamo?- Domandò il ragazzo, mentre abbracciava l’uomo più grande. Teddy, dopo la morte dei suoi genitori, aveva mantenuto uno stretto contatto con i Potter, anche se non allo stesso livello del rapporto che aveva con sua sorella gemella Heather.

Remus, che ancora singhiozzava dalla gioia. Si voltò verso Heather ed Harry, e li richiamò un secondo fuori da lì. Non prima di aver baciato la moglie e il loro bellissimo bambino. Una volta fuori dalla porta, si rivolse ai figli del suo migliore amico.

-Teddy è davvero un bambino bellissimo- Disse Harry, bloccando sul nascere le parole dell’altro. Remus gli sorrise e lo ringraziò. Preferiva non pensare al lato negativo della faccenda: suo figlio aveva ereditato parte dei suoi geni. Sarebbe potuto diventare un licantropo. Scacciò via quei pensieri e si rivolse ai due ragazzi.

-Grazie ragazzi. Adesso Teddy è la cosa più preziosa che ho. Sareste disposti a fargli da padrino e madrina?- Domandò il lupo mannaro, senza troppi giri di parole. I due ragazzi rimasero spiazzati. Persino Heather. Non si aspettavano proprio una richiesta del genere. Però questo non significava che fosse sgradita.

-Ne sarei onorato- Disse Harry, con tono sicuro. E Heather, nonostante rimase in silenzio, annuì sicura. Non si sarebbe certo tirata indietro di fronte a quella responsabilità. Nonostante una vocina le martellasse il cervello, dicendole che non avrebbe mai potuto essere presente nella vita del piccolo Teddy.

Il piccolo gruppo rientrò in salotto e si mise intorno al capezzale di Tonks. Il bambino era sveglio, e mugugnava delle frasi senza senso. La mamma lo passò tra le braccia del padrino. Il bambino iniziò a lamentarsi e a dimenarsi tra le sue braccia. Heather scosse la testa: non riusciva neanche a tenere in braccio un bambino. Ma come doveva fare con lui?

-Dallo a me- Gli disse, con tono secco. Appena il bambino fu tra le sue braccia, smise improvvisamente di piangere. Sembrava sentirsi al sicuro con lei. Si voltò a guardarla e le sorrise. Un sorriso che solo un bambino poteva vantare di possedere. La Potter ricambiò con un impercettibile movimento delle labbra.

Dopo la morte di Remus e Tonks (Ninfadora), i genitori biologici di Teddy, Heather e Caroline avevano adottato il piccolo Metamorfomagus. In un primo momento, la giovane regina delle Serpi era stata riluttante all’idea di essere madre, ma poi, anche con l’aiuto di Caroline, era entrata pienamente nel suo nuovo ruolo. Parlando del diavolo.

Due donne, molto famigliari ad Harry, si fecero strada tra la folla e si avvicinarono a lui e Teddy. Heather e Caroline. Non passavano inosservate, soprattutto la prima. Entrambe le loro bellezze eteree attiravano gli sguardi vogliosi degli uomini presenti, e quelli gelosi delle donne. Peccato che a nessuna delle due interessava: entrambe (anche Heather) non avevano occhi che per l’altra.

-Tu lo sai, vero, che io sono fatta così? Nonostante mi sia prodigata nella sconfitta di Tom, io non sono diversa. Sono sempre una strega fredda e oscura. Sei davvero disposta a passare tu, così solare e positiva, il resto della tua vita con me?- Le domandò, Heather. Caroline non esitò neanche un attimo, prima di mettersi a cavalcioni sulla ragazza e darle un bacio tutt’altro che casto.

-Questo dovrebbe bastare come risposta, giusto? Non mi importa. Ho sempre saputo come fossi, ed proprio per questo che mi sono innamorata di te. Rimarrò con te per sempre, se tu lo vorrai- Le disse. Non ci fu bisogno neanche di rispondere. Heather ricambiò il bacio senza esitazione. Il loro si prospettava un futuro veramente radioso.

Caroline, dopo la morte del padre e la fine della guerra, aveva preso possesso del seggio del Wizengamot della famiglia Prince. Questo non le però impedito di coltivare le sue ambizioni e diventare una guaritrice. Ora era il primario dell’ospedale Sambuco. Una delle più talentuose dell’ultimo secolo.

-Ciao, Harry! Sono felice di rivederti. I bambini come stanno?- Domandò Caroline, il ritratto della dolcezza. La bella donna dagli occhi viola abbracciò il cognato, mentre Teddy si fece da parte in silenzio. Il momento venne però presto interrotto da un ultimo arrivo. Una bellezza eterea dai freddi occhi verdi. Se Lily non fosse distratta con Virgo, adesso starebbe saltellando intorno a lei.

-Heather. È bello rivederti- Le disse Harry con un sorriso. La ragazza gli riservò uno dei suoi soliti sorrisi freddi (certe cose non cambiano mai), per poi baciare Caroline sulla guancia. Le due si erano sposate pochi anni dopo la fine della guerra. Il mondo magico non sembrava avere pregiudizi in quel particolare campo.

Per quanto riguardava il sangue, era tutta un’altra questione. Harry non potè fare a meno di accentuare il suo sorriso: nonostante avessero passato dei brutti momenti nel corso degli anni, rimaneva sua sorella e le voleva bene incondizionatamente. E, nonostante tutto, Harry sapeva che l’affetto era ampiamente ricambiato.

-Non credo ci sia bisogno che ti faccia certi discorsi: tu lo sai meglio di me. Sei arrivata dove sei ora non perché hai rotto tutti i tuoi legami, ma perché hai lottato per me e per Caroline- Disse Harry, riferendosi a tutte le volte che era intervenuta per salvarlo. Heather lo fissò nuovamente, mentre una smorfia si formò sul suo viso.

-Sei cresciuto, Harry. Sei finalmente diventato un uomo- Disse la potente strega Serpeverde. Harry si rimise finalmente in piedi, non sicuro di come prendere quest’affermazione. Era un’offesa o un complimento? Ma quando fece per ribattere, rimase spiazzato. Cosa stava succedendo al volto della sorella?

Una strana smorfia le si era formata sulla faccia precedentemente neutra e fredda. Gli ci vollero diversi secondi per capire che cosa fosse: Heather stava sorridendo. Non uno dei suoi soliti ghigni gelidi e derisori, ma un vero e proprio sorriso. Quando era stata l’ultima volta che ne aveva visto uno? Harry dovette ammettere quella fosse la prima volta, probabilmente.

-Basta, non ho più voglia di combattere. Tutte le mie motivazioni non mi ispirano più. Concludiamo il combattimento qui: mi dichiaro sconfitta… su tutti i fronti- Ammise lei, in tutta tranquillità. Harry non seppe se essere più confuso dal comportamento della sorella o dalla sua resa. Da quel che ricordava, non aveva mai cambiato opinione su nulla.

-Non mi guardare in quel modo. Sei riuscito a dimostrarmi che, per una volta, avevo torto. Non sono obbligata a recidere tutti i miei legami per raggiungere i miei obbiettivi- Spiegò lei in tutta tranquillità, sotto lo sguardo allibito del fratello. Non l’avrebbe mai capita, pensò il ragazzo sopravvissuto. Ma non poteva importargli di meno: aveva appena ritrovato sua sorella e, per la prima volta in assoluto, era riuscito a vedere uno scorcio nel suo animo.

Heather era diventata una donna stupenda. Già da adolescente la sua bellezza faceva perdere la testa agli uomini che la vedevano. Il suo potente nucleo magico e lo stato di padrona della morte, e un altro paio di trucchi, le permetteva inoltre di conservarsi nel tempo. Ma non era, certamente, solo per quello che era famosa nel mondo magico. Dopo aver sconfitto il Signore Oscuro Lord Voldemort, con l’aiuto di suo fratello Harry, avevano preso possesso dei seggi della famiglia Potter e della famiglia Black.

Negli ultimi anni, come Hermione era diventata il nuovo ministro e Harry il capo Auror, Heather aveva ottenuto il ruolo di capo stregone (strega) al Wizengamot. Ruolo precedente di Albus Silente. Inoltre aveva aperto varie attività commerciali, grazie all’assistenza dei suoi basilischi. Era stato fastidioso ottenere dei permessi per quelle creature, ma alla fine ne era valsa la pena.

Dopo aver creato un area protetta per i “suoi piccoli”, gestita da Samuel (ancora in forma umana), aveva deciso di sfruttare le varie risorse che essi le conferivano. Con il veleno, oltre che permetterle di creare un gran numero di nuove e vecchie pozioni, ebbe grandi guadagni, essendo terribilmente. Anche la pelle era preziosa, persino lo sterco.

Per finire, la sua fama derivava dal fatto che fosse considerata, a buona ragione, la strega più potente conosciuta al mondo. Grazie ad un congegno magico sviluppato secoli prima, e conservato nell’ufficio misteri del ministero della magia, si poteva calcolare il nucleo magico di un mago e valutarne così la potenza.

Solitamente i maghi (sia quelli potenti, che quelli scarsi) avevano un livello magico che andava da 28 (un livello magico posseduto da gente del calibro della preside Minerva McGranitt e dalla defunta Mangiamorte Bellatrix Lestrange) a un misero 1 (scarso livello posseduto da Mundungus Fletcher e un tempo da Peter Minus).

Questi ultimi quasi non potevano considerarsi dei maghi, dato che chi possedeva un nucleo di energia 0,25 era un ragazzo ancora giovane o un Magonò. Però, in mezzo alle migliaia di maghi che rientravano in questa categoria, vi erano alcuni (massimo una decina ogni secolo) che svettava sugli altri. Come ad esempio i fondatori di Hogwarts, i fratelli Peverell, ma anche più vicini.

Harry Potter, Capo Auror, Bambino Sopravvissuto, colui che con l’aiuto della sorella aveva sconfitto il signore Oscuro, aveva un nucleo di 60. Un livello molto grande, ma non il più grande. Infatti, Voldemort ne possedeva uno di 91, mentre Silente un 93 (anche se nel suo pieno potenziale, durante la battaglia contro Grindelward, era di livello 97).

Tutti questi livelli, però, non erano confrontabili con quello del nucleo magico di Heather. 154. Il livello più grande registrato da quando l’apparecchio venne costruito e posizionato nell’ufficio misteri. Senza contare che i due gemelli avevano calcolato il loro livello una decina di anni prima: ormai avranno un nucleo ancora maggiore. Adesso, i due gemelli Potter, erano dei potentissimi maghi. Sembrava ieri quando avevano scoperto l’esistenza della magia.

-Noi siamo dei maghi?! Ma è impossibile!- Harry sembrava il più sconvolto dei due. Non poteva credere che fossero dei maghi. Lui non si sentiva affatto speciale anzi, come ogni volta gli zii gli ricordavano, lui valeva meno perfino della gente normale. La sorella invece sembrava più predisposta ad accettare la versione del gigante.

Era sempre stata parecchio ambiziosa ed aveva sempre saputo, dentro di se, che era destinata a fare grandi cose.

-I vostri genitori lo erano… non ditemi che questi babbani non vi hanno informato di nulla!- Ringhiò contro i padroni di casa, i quali decisero di rifugiarsi al piano superiore, insieme al loro caro Diddino.

-I nostri genitori erano dei maghi?- Domandò ancora Harry, ma anche Heather era interessata alla risposta. Entrambi volevano sapere di più su di loro. Entrambi ne sentivano la mancanza, nonostante non li avessero mai visti.

-Due dei più coraggiosi Grifondoro della loro generazione. Due dei pochi che hanno avuto il coraggio di schierarsi apertamente contro il signore oscuro- Spiegò loro, con una punta di orgoglio nella voce.
-James e Lily Potter, combatterono la guerra nel mondo magico e morirono per mano di… Voldemort- L’ultima parola la disse sottovoce, quasi ne avesse paura.

Harry rimase sbalordito da tale rivelazione. A differenza di Heather, la quale aveva capito che i genitori non potevano essere morti in un incidente d’auto.

-Quindi è così che sono morti?- Domandò il bambino. Hagrid rimase spiazzato dal fatto che non sapesse la causa della morte dei suoi genitori. Pensava che fossero al corrente almeno di questo. A quel punto non era sicuro di poter continuare  a parlarne.

-Si… fu in quell’occasione che voi due vi faceste quelle cicatrici a forma di saetta- Spiegò loro. Convincerli che fossero dei maghi non fu poi così difficile. Harry fu il più scettico, mentre Heather ne era addirittura soddisfatta.

Proprio in quel momento, quando Harry abbracciò una scontenta Heather (Alla ex regina non piacevano le manifestazioni di affetto, specialmente in pubblico), il suono proveniente dal treno li avvisò che tra poco sarebbe partito. Dovevano sbrigarsi. Stava per cominciare un nuovo anno ad Hogwarts… per la nuova generazione.

Lily, Virgo e Dakota (la figlia secondogenita di Blaise e Daphne) cominciarono a saltellare intorno ad Heather, nel momento stesso in cui i ragazzi in età da Hogwarts presero a salire sul treno. Loro sarebbero stati la nuova generazione dei maghi. Dovevano ancora lavorare molto per uscire dalle tenebre scaturite dal bigottismo e i pregiudizi presenti nel mondo magico.

Heather scosse la testa, scacciando via quei pensieri: non era certamente il momento per perdersi in ricordi del passato. Voldemort teneva lo sguardo basso, puntato verso il gemello. Voleva evitare di incontrare il suo sguardo assassino. Mantenere quella forma era ormai inutile. Abbandonò la sua forma serpentesca e si accostò nuovamente al fratello.     

-Ti rimane ancora una possibilità. Puoi ancora fare ammenda per i tuoi orrendi crimini- Disse Harry, guardando l’assassino dei suoi genitori. Il suo tono nascondeva una profonda amarezza: stava parlando davvero con lui? Oppure, in realtà, era rivolto a qualcun altro? Riddle rimase spiazzato per  un istante, ma poi scoppiò a ridere.   
  
-Tu osi darmi dei consigli?! Sei solo un ragazzino! Siete solo due ragazzini che credono di avere il mondo ai loro piedi! Ma adesso avete sfidato un avversario troppo forte per voi! Vi farò capire l’errore che avete fatto nello sfidare il signore Oscuro, Voldemort… AVADA KEDAVRA!- Gridò il mago, puntando la bacchetta contro Heather.  

La giovane strega oscura rispose con la stessa imperdonabile, mentre il gemello (pronto ad appoggiarla) rispose con uno schiantesimo. I due potenti incantesimi si incontrarono e si fusero tra loro, trasformandosi in un unico getto di luce di colore ramato. La fusione dei raggi andò a scontrarsi con la maledizione lanciata da Voldemort, creando un potente boato per tutta la sala.

Un bagliore accecante illuminò tutta la sala per alcuni istanti. Gli incantesimi  si annullarono, mentre il corpo del signore oscuro (colpito in pieno dal rimbalzo della sua stessa maledizione) venne sbalzato all’indietro. Rigido come una statua di marmo. La bacchetta gli scivolò dalla mano e volò via.

I due gemelli, neanche fossero un’unica entità, con un veloce scatto, corsero verso la bacchetta che, eseguendo dei cerchi perfetti nell’aria, stava andando nella loro direzione. Con un rapido balzo, i due Potter alzarono le mani e, nello stesso identico istante, afferrarono  la stecca della morte appartenuta un tempo ad Antioch Peverell.

-Questa scena mi riporta alla mente tanti vecchi momenti. A voi no?- Domandò Heather a Caroline e Harry, mentre gettava uno sguardo apatico alla locomotiva in movimento. Harry e Caroline non poterono far altro che annuire: speravano solamente che loro avrebbero avuto solo delle avventure positive. Erano per questo che avevano lavorato e faticato tanto.

Mentre tutti i genitori (anche Dudley si era fatto strada tra la folla e si era messo a salutare la figlia) si appostarono sul bordo della piattaforma per vedere la partenza dei loro bambini, Harry non potè fare a meno che riflettere. Lui, sua sorella, i suoi amici… e tutte le persone che avevano perso la vita durante il conflitto avevano lottato per permettere alle generazioni successive un futuro più luminoso.

E così sarebbe stato. I loro discendenti non avrebbero più dovuto passare l’adolescenza a lottare contro Voldemort o contro i pregiudizi. La cicatrice non faceva male da ben 15 anni. Le cose adesso sarebbero andate per il meglio… probabilmente. Non potè fare a meno che aggiungere, appena vide la sorella Heather. Il ragazzo sopravvissuto tirò un sospiro mentale: quando Heather era presente nulla era improbabile. Forse anche quell’anno avrebbero avuto delle sorprese.

FINE. 

N.d.A. Eccoci giunti alla fine di questa lunga serie. Ringrazio calorosamente tutti coloro che mi hanno seguito in questo lungo percorso. In particolar modo kelly95, cody020701, thranduil_laufeyson e Anonymous_1592. Informo gli appassionati, però, che le avventure della famiglia Potter non finiscono qui. Chi è interessato potrà rivederli nella prossima serie che a breve posterò: "meeting points". Ancora un saluto a tutti. Bye-Bye
 

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