Come little children (21° edizione degli hunger games)

di FlameWolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: un giardino di ombre ***
Capitolo 2: *** Mietitura, prima parte ***
Capitolo 3: *** Mietitura, seconda parte ***
Capitolo 4: *** Mietitura, terza parte ***
Capitolo 5: *** Prometto che tornerò ***
Capitolo 6: *** Strategie ad alta velocità ***
Capitolo 7: *** Al Centro del mondo ***
Capitolo 8: *** La tua fiducia sarà la tua tomba ***
Capitolo 9: *** Principio dello scambio equivalente ***
Capitolo 10: *** La preghiera della madre ***
Capitolo 11: *** Zero ***
Capitolo 12: *** Un piano per la vita ***
Capitolo 13: *** Chiudi gli occhi ***
Capitolo 14: *** Una ragione per vivere ***
Capitolo 15: *** Umanità ***
Capitolo 16: *** Notte senza stelle ***
Capitolo 17: *** Cruda realtà ***
Capitolo 18: *** Inferno ***
Capitolo 19: *** Ognuno per sé ***
Capitolo 20: *** Ira ***
Capitolo 21: *** Odore di casa ***
Capitolo 22: *** Epilogo: quel che resta ***



Capitolo 1
*** Prologo: un giardino di ombre ***


Julia Horner, Capitol City

Spingo la pesante porta bianca e finalmente entro. Non vedo il mio amore da quasi una settimana e il mio cuore si sta spezzando per via della nostalgia. Sta bevendo del té, sicuramente aromatizzato alla rosa, il suo preferito. Mi guarda con i suoi occhi azzurri glaciali come solo lui sa fare. Sa solo il cielo quanto mi attizza quel suo sguardo. Vorrei gettare via tutte quelle cartacce dalla scrivania e farmi prendere lì ma mi devo trattenere. So che non ha bisogno della mia lussuria ora come ora.
“Julia, mio splendida rosa, hai avuto problemi a venire qui?” mi chiede galantemente. La sua voce è calda, magnetica ed ipnotica. Ha la voce di un vincitore, di un leader.

“Uno dei tuoi scimmioni mi ha fatto delle storie ma gli ho fatto capire che non era il caso”. Nessuno può mettersi contro di me. Io sono Julia Horner, proveniente da una delle famiglia più potenti di Capitol city. Mio padre e mio fratello sono morti per questo Paese. Sono degli eroi.

“Sei uno splendore Julia, ma avrei compreso che non ti ho chiamato qui solo per bearmi della tua bellezza e della tua forza d' animo”. Ovviamente l' avevo capito. Conosco il mio uomo come le mie tasche. So che Coriolanus Snow è l' uomo più ambizioso e intelligente che sia mai esistito. Non ha bisogno di parlare con me. Mi è sufficiente un suo solo sguardo per capire l' uragano di idee presenti dentro la sua testa.

“Parli forse dell' amicizia di una certa famiglia?”. L' accenno è vago ma non posso spingermi oltre. Anche i muri hanno le orecchie e Coriolanus ha troppi nemici. Lui mi sorride garbatamente accarezzandosi la sua barba bionda. “Non preoccuparti Julia, siamo fra amici puoi parlare liberamente”. Il che significa che ha controllato che non ci fossero microspie e che farà in seguito assassinare quei due stupidi scimmioni fuori dalla porta per sicurezza.

“Gli Horner, i Sanderson e i Parker sono pronti ad appoggiarti per una tua presa di potere nonostante la tua giovane età. Ho spiegato loro come tu sia l' unica speranza per questo Paese”. E' lo è davvero. Alcuni credono che Coriolanus sia un viscido ambizioso senza pietà, in grado di uccidere la propria madre per ottenere il potere; ma questa è solo l' opinione di gente ignorante che non capisce la bellezza delle sue azioni dettate solo dalla pace e dal buon senso. Lui è la giustizia e la determinazione fatta in persona. E' stato lui a scovare tutti quei figli di puttana che avevano trucidato mio padre e mio fratello e li ha fatti condannare a morte, uno ad uno. Prima di lui nessuno si era preoccupato troppo di questa barbaria. Avevano impiccato solo il leader di quei miserabili. Il mio Coriolanus era andato oltre, solo e solamente per me.

“Se ottengo l' appoggio degli Howl è fatta. Avremo abbastanza amici per poter ottenere tutto ciò che vogliamo, mio cara, e chi è contro di noi... bhe potrà assaggiare la nostra speciale medicina”. Accenno un sorrido; so che sta parlando di quei veleni che abbiamo sviluppato insieme negli ultimi anni. Loro sono i nostri amati bambini.

Mi siedo sulle sue gambe donandogli un bacio che fa presagire ben altro. Sento le sue mani che si intrufolano sotto la mia gonna accarezzando avidamente le mie cosce. “ Approfitteremo degli Hunger game per passare inosservati all' opinione pubblica e dopo che avrò preso il potere....tu diventerai ufficialmente la mia regina”.

Il presidente Snow e sua moglie Julia. Cavolo se suona bene.

 

Fabius Lincon, Capitol city

Ho sonno ma gli Hunger games incominceranno fra pochissimo. Domani ci saranno le mietiture, poi la sfilata, gli allenamenti, le interviste e infine si arriverà al cuore pulsante dell' evento: l' arena. È il mio primo incarico da stratega; non posso fallire. Ho studiato tutto nei minimi particolati, ma devo approfittare del tempo che mi rimane per ricontrollare che tutti i calcoli siano esatti.

“Papà!” Mi giro; mia figlia Cornelia, di soli 6 anni, mi guarda assonata con i capelli rossi completamente spettinati. Non che solitamente sia messa meglio, la mia bambina è una selvaggia.
“Perchè sei ancora sveglia tigrotta? Va' a dormire”. Cerco di essere il più gentile possibile. Lo stress delle ultime settimane mi ha reso molto scorbutico e mia figlia e mia moglie ne hanno risentito.
“Cosa stai facendo?” mi chiede incuriosita. “ Sto lavorando, domani iniziano gli Hunger game”. Il suo sguardo è ancora perplesso. Forse è abbastanza grande per farsi spiegare che lavoro fa il papà.
“ E' un evento che si tiene ogni anno e ci partecipano 24 ragazzi provenienti dai distretti”
“E quelli di Capitol?” Odio essere interrotto, ma per la mia bambina posso chiudere un occhio. “Quelli di Capitol no, solo quelli dei distretti. E' una gara tigrotta, dove solo uno ne esce vivo”. Mi guarda confusa non riuscendo a comprendere appieno le mie parole.
“ Li vestiamo, li nutriamo e li applaudiamo come se fossero re e regine e chi vince vedrà realizzarsi ogni suo sogno”.
“ E tu cosa centri con tutto questo?”
“Io organizzo il tutto! Sono il primo stratega” Cornelia ripensa alle parole sentite cercando di assimilarne il contenuto. Non credo abbia compreso appieno ma ha solo 6 anni va bene così. Non può capire quanto questo evento sia importante per tutti noi. Non conosce la crudeltà dei giorni bui, il dolore della perdita e l' odore della guerra. Se faccio quel che faccio lo faccio anche per te tigrotta.
“Per me è un grande onore fare questo lavoro”. Mi sorride con quella sua adorabile bocca sdentata.
“Volevi fare il primo stratega anche da bambino?” chiede. Ultimamente la faccenda dei mestieri la incuriosisce parecchio. Magari la prossima settimana la porto con me a lavoro, le faccio conoscere qualche stilista e qualche accompagnatrice così lo capisce meglio.
“ Non esisteva questo mestiere allora. Tu cosa vuoi fare da grande?” le domando a bruciapelo accarezzandole i capelli.
“La tigre!” mi risponde lei ruggendo. Mi metto a ridere. Spero che Cornelia conservi la sua innocenza per sempre. Il mio lavoro condannerà anche l' anima ma il mio sacrificio permetterà ai bambini come Cornelia di vivere sereni, senza doversi preoccupare di eventuali attacchi nucleari.

 

Malva Bell, Distretto 7

Un urlo agghiacciante mi sveglia nel cuore della notte. Guardo l' ora attraverso l' orologio-sveglia sul mio comò: sono le 4:15. L' incubo di Silene è arrivato leggermente in ritardo rispetto al solito.

Mi alzo e mi metto una vestaglia raggiungendo con passo svelto la camera della mia bambina. La trovo seduta nel letto mentre mi guarda con puro terrore mentre il suo volto è molto pallido.
Mi avvicino lentamente cercando di fermarle le braccia che in preda al panico cercano di colpirmi. So che vuole solo difendersi per via di quegli orribili flashback, ma mi fa ancora male vederla così a distanza di quasi un anno. La stringo forte a me mentre mia figlia incomincia a piangere disperata.

“Cosa hai sognato stanotte?” Le chiedo accarezzandole i capelli corti. Li ha sempre avuti lunghi fino a quel maledetto giorno. Era così fiera dei suoi bei ricci color del miele.
“Adria, il tributo femminile del distretto 2 mi aveva afferrato i capelli e mi puntava il coltello alla gola”. Me lo ricordo. Avevo urlato temendo il peggio ma la mia Silene se l' era cavata all' ultimo grazie all' aiuto del suo alleato Dick, anche lui del nostro distretto.
“ E' finita Silene, non ci andrai più in quella maledetta arena”. Si discosta da me guardandomi con i suoi grandi occhi arrossati per il pianto. “No mamma, non finirà mai”.

Vorrei controbattere, ma non so cosa dire. So che ha ragione. So che questi incubi la tormenteranno per tutta la vita, so che dovrà salire su quel dannato treno anno dopo anno per svolgere il suo lavoro da mentore.
“Puoi cantare per me mamma?” mi chiede. Ha 17 anni compiuti e non mi è mai sembrata così piccola.

Come little children, I'll take thee away,
Into a land of enchantment.
Come little children, The time's come to play,
Here in my garden of shadows.

Mi chiedo cosa direbbe mio padre se fosse qui, lui che aveva combattuto in prima linea durante la ribellione e che era stato uno degli ultimi a cadere. Probabilmente direbbe a Silene di non piangersi addosso e di combattere, di ribellarsi e di far cadere Capitol e sgriderebbe me per aver permesso che la trascinassero in quell' inferno. Avrebbe ragione anche lui. Ma come avrei potuto impedirlo? Ogni volta che mi sale la rabbia mi torna in mente la sua fustigazione pubblica e la sua decapitazione, il suo sangue scorrere e mia madre svenire bianca come un cencio.

Follow sweet children, I'll show thee the way,
Through all the pain and the sorrows.
Weep not poor children, For life is this way,
Murdering beauty and passions.

Ho combattuto in passato: sono sopravvissuta ai giorni bui e alle due uniche mietiture della mia vita, sono stata abbandonata da quello che considerato l' amore della mia vita, ho cresciuto una figlia completamente da sola e me la sono vista strappare via mentre con gli occhi gridava il mio nome.
Ho combattuto ma adesso sono stanca, troppo stanca.
Siamo stati annientati papà, nel corpo e nell' anima.

 

Hush now dear children, It must be this way,
To weary of life and deceptions.
Rest now my children, For soon we'll away,
Into the calm and the quiet.

 




 

 

Buonasera! Pure io ho deciso di immergermi in una interattiva! Siamo nei 21° Hunger game dove Snow non è ancora presidente ma poco ci manca. Ho deciso di scrivere questa introduzione da 3 punti di vista in cui ho inserito qualche chicca.

1) Silene è il nome di una pianta piuttosto comune che vuole dire “afflizione” nel linguaggio dei fiori. La malva invece (anch' essa piuttosto diffusa), simboleggia l' amore materno.

2) il canto di Malva non è altro che una cover di “Come little Children” del film Hocus Pocus (link canzone----> https://www.youtube.com/watch?v=H97iD0o4VlM). Ci sono altre citazione del film nella prima parte: James Horner è il compositore della canzone, Sarah Sanderson il personaggio che canta la canzone originale e Sarah Jessica Parker, l' attrice che canta la canzone nel film. Ho scelto la cover perché ha un tema un po' più dark ma cambia pochissimo dall' originale.

3) Julia rimanda alla famosa famiglia romana Iulia ed è la variante inglese del mio nome. Allo stesso modo, Fabius indica un' altra famiglia romana ed il nome di mio fratello maggiore. (Che megalomane che sono...).

4) Avete indovinato chi è la figlia del primo stratega? XD Ho scelto di darle il nome di battessimo di Cornelia, che è di origine romane e rispetta dunque le tradizioni capitoline.

 

Dunque ora un paio di regole: ognuno può prendere al massimo due tributi e le relative schede vanno consegnate tramite messaggio privato entro lunedì 11 sera ore 20:30. Quella sera pubblicherò un eventuale capitolo di sollecito e in caso di scarsa partecipazione darò il permesso di prenotare un terzo tributo. Il 17 pubblicherò il primo capitolo e spero di aggiornare ogni week end. In totale quasi due settimane per inviarmi le schede (non aspettate l' ultimo!).

I primi 4 tributi che mi arrivano saranno salvati dal bagno di sangue. A quest' ultimo evento pensavo di far morire fra i 6 e gli 8 tributi. Avranno ovviamente un posto in prima fila i personaggi non prenotati e quelli che non mi portano le schede in tempo. Per le sponsorizzazioni ne parleremo più avanti.

Le schede devono contenere (mi raccomando personaggi realistici):

Nome
Cognome
Età
Distretto di provenienza
Aspetto fisico
Carattere
Storia personale
Volontario?
Famiglia e qualità del legame
Amici ed eventuali nemici al distretto
Interesse romantico se presente
Orientamento sessuale
Disponibilità ad alleanze
Punti di forza
Punti di debolezza
Cosa ama/cosa odia
Cosa dice durante l' intervista
Altro

Tributi Disponibili:

                              

Distretto 1 entrambi presi
Distretto 2 entrambi presi
Distretto 3 prenotata la ragazza
Distretto 4 prenotato il ragazzo
Distretto 5 prenotato il ragazzo
Distretto 6 prenotato il ragazzo
Distretto 7
Distretto 8
Distretto 9 prenotata la ragazza
Distretto 10
Distretto 11
Distretto 12 entrambi presi

 

I 4 tributi automaticamente salvi:

1)Lawrence Timberwole, distretto 1
2)Killian Connors distretto 12
3)Emma Stone distretto 1
4)Riley Devries distretto 2

Che la fortuna possa essere sempre a vostro favore!

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Capitolo 2
*** Mietitura, prima parte ***


Lawrence Timberwole, distretto 1

Gli Hunger games: uno spettacolo di morte, sangue e budella. A meno che tu non vinca, in quel caso significano solo soldi, bella casa, soldi, fama, soldi, onore, soldi e tanta, tanta, tantissima figa.
Un brivido mi sale lungo la spina dorsale. Mi volto istintivamente verso le colonne delle ragazze dove intravedo Garnet, la mia fidanzata, guardarmi malissimo. A volte temo seriamente che sia in grado di leggermi nel pensiero. Forse è normale se ci si conosce da così tanto tempo.
Mimo un bacio con le labbra nel tentativo di farla sorridere ma lei si volta verso il palco con aria infastidita se non addirittura disgustata. Credo sia ancora arrabbiata con me. Posso comprenderla, ma deve capire che questa è la mia via. No, non la mia via, ma quella della mia famiglia.
Guardo James posizionato in maniera composta sopra al palco che aspetta che quella svampita dell'accompagnatrice finisca di truccarsi da dietro le quinte. E' così simile a me: biondo e con gli occhi azzurro chiaro. Si, insomma siamo dei gran fusti.
Mi lancia un occhiolino e un sorriso che ricambio alzando il pollice. Lui ha già percorso quella strada che mio padre ha tanto voluto che noi seguissimo ed è tornato vincitore, portando con sé fama e gloria per sé e per la famiglia.
Non me ne frega molto dell'opinione dei miei, ma non voglio deludere James. Voglio essere alla sua altezza, voglio che gridi con orgoglio “quello è il mio fratellino”.
Devo vincere, devo assolutamente vincere.
Mentre sono assorto dai miei pensieri sento una mano posarsi sulla mia spalla. Mi giro: è il mio miglior amico Micheal con il suo faccione preoccupato. Mi tocca alzare leggermente la testa: è perfino più alto di me.
“Che c'è?” Gli domando, facendo finta di non capire cosa lo tormenti.
“ Sei sicuro?”. Mi fissa con lo sguardo più serio possibile. Micheal è un bravo ragazzo ma a volte è un po' troppo pessimista. Insomma, sembra che io debba morire da un momento all' altro. Accenno vigorosamente un sì con la testa.
Micheal sospira in maniera teatrale. “Perchè devi per forza fare sempre il coglione?”.
“Non sono mai stato più serio di così” rispondo un po' scocciato.
“Secondo me, non hai idea a cosa stai andando incontro”
“Smettila Micheal, lo so benissimo invece! Mio fratello è stato là dentro ricordi? Non ho scelta!”. Questa volta mi ha fatto arrabbiare sul serio. Sono un Timberwole, un vincitore, un guerriero. La mia vita ha ruotato intorno a questo momento fin dal mio primo vagito.
“Sei un incoerente” insiste lui “Dici sempre che non ti importa nulla di tuo padre, eppure stai andando al macello per lui lo stesso”. Non può capire. La famiglia di Micheal non ha mai preteso nulla da lui. Era contenta se lo era anche lui e basta.
“Bel modo per mostrarmi la tua fiducia” ribatto cercando di virare il discorso rispetto la brutta piega che stava prendendo. Micheal rimane in silenzio. Ha finalmente capito che non è il caso di insistere. Sa che non cambierò idea.
“Garnet non l' ha presa bene vero?”. Vorrei rispondergli che in realtà l' ha presa meglio di quanto mi aspettassi: mi ha soltanto urlato addosso senza tentare di castrarmi. Insomma, poteva andare molto peggio.
Non faccio in tempo ad aprire bocca che l'accompagnatrice, Candy Pink (assegnata al nostro distretto da un paio di anni) si presenta con un gran sorriso facendo il solito e palloso discorso di presentazione. Non seguo neanche mezza parola: sono troppo distratto dal suo abito ampio e brillante assemblato con delle... caramelle? Trattengo a stento una risata di scherno. Benedetti siano gli abitanti di Capitol e le loro stravaganze!
“ Adesso, come tradizione, pesco il nome dei tributi incominciando dalla signorine. La fortunata è.....”. Non penso neanche per mezzo secondo che tocchi a Garnet. Sicuramente qualche mestruata con manie di grandezze si farà avanti. Adesso che ci penso anch'io sarò volontario... mi sorge spontaneo domandarmi come starei con una gonna.
“ Jade Miller”. Una sedicenne sorride imbarazzata guardandosi intorno freneticamente aspettando una sostituta che non tarda ad arrivare.
“Mi offro volontaria come tributo”. Come volevasi dimostrare. Dicevamo sulle mestruate? La ragazza che ha parlato è Emma Stone, una ragazza dalla carnagione color cioccolato che con grazia raggiunge il palco. Non mi sta propriamente antipatica ,non la conosco bene, ma a parer mio è una che se la tira: frequenta solo gente adulta, è una ballerina professionista molto acclamata, è inoltre educata e di classe. Una scopa nel culo insomma.
“Ora tocca ai ragazzi... il fortunato è...”
“Mi offro volontario!” Esordisco impedendo a Candy di leggere il nome del ragazzo. C' è rimasta male e si vede. Un po' mi dispiace ma non ce la facevo più ad aspettare.
“E' bello vedere così tanto entusiasmo anche quest'anno, qui al distretto uno. Vieni pure sul palco.” La raggiungo velocemente facendo gli scalini a due a due. James ha un sorriso che gli arriva fino alle orecchie. Credo che abbia una voglia immensa di abbracciarmi. Mi devo trattenere anch'io però: faremo i finocchi più tardi.
“Che emozione! Questi Hunger games iniziano benissimo! Lawrence Timberwole, fratello di James Timberwole, vincitore dei 14° Hunger games ed Emma Stone, figlia adottiva della vincitrice dei sesti. Mi ricordo benissimo di voi due. Sono veramente commossa”. Mi ero dimenticato questo particolare, dannazione. Emma ha il mio stesso vantaggio.
La mia compagna di giochi fa un inchino elegante rivolto verso il pubblico e le telecamere. Inizia già a leccare i culi.
Un grande applauso parte dalla piazza in onore di me ed Emma. Stringo la mano alla mia avversaria che mi sorride gentilmente.

Ok, va bene, forse non sei proprio una strega. Ho detto forse!

 

Riley Devries, distretto 2

Ispiro e respiro con calma. Cerco di mantenere il battito del mio cuore calmo, come al solito. La mietitura avviene ogni anno e la probabilità di essere pescata è molto bassa. E' il penultimo anno che mi presto a un evento del genere. Dovrò in seguito preoccuparmi solo per l'anno seguente, l'ultimo di Celyn, e poi potrò concentrarmi sul mio futuro. Fra due anni avrò chiuso per sempre con questa storia. Non mi sposerò, non avrò mai figli. Nessuno mi abbandonerò o spezzerà di nuovo quel che rimane del mio cuore. Vedo già la mia futura vita: sola di fronte a un caminetto caldo a leggere qualche libro di fisica con della musica melodica di sottofondo, senza bugiardi, falsi o ficcanaso fra le scatole. Compirò 18 anni prima o poi....
L'ochetta di Capitol si presenta davanti a noi con un vestitino dorato svolazzante e una parrucca bionda altrettanto assurda. Ha dei tacchi vertiginosi davvero poco pratici. Per un momento mi chiedo se indossa scarpe così tutti giorni. Il suo baricentro sarà completamente spostato, i suoi muscoli lombari ne soffriranno parecchio. Scuoto la testa, non sono fatti miei. Che gli idioti con le loro mode si ammazzino come preferiscono. Ascolto il discorso superficialmente, tanto lo conosco a memoria. L'accompagnatrice recita a fatica, in maniera pessima. Sono certa che riuscirei a fare un lavoro migliore al posto suo.
“E come sempre iniziamo dalle signore”. Vedo la ragazza di fronte a me incrociare le dite dietro alla schiena. Che cosa assurda, come se servisse a qualcosa. Solo una mente inferiore può credere alle superstizioni.
“Riley Devries”. Per un singolo e minimo istante sento la terra sotto di me crollare. Probabilità basse ma pur sempre esistenti.
Mi incammino con espressione seria cercando di non far trasparire la benché minima emozione. Ignoro completamente il ragazzo della colonna degli uomini che fa un commento volgare verso il mio seno. Decido che non merita neppure uno dei miei sguardi fulminanti. Quando tornerò qui sarò talmente ricca che potrò pagare chiunque per riempire di botte gente del genere. Lo farei io stessa, ma non voglio essere contaminata da gente di merda di questo calibro.
Vedo da lontano Celyn che mi guarda preoccupata. Ammetto di essere offesa dalla sua scarsa fiducia nei miei confronti, ma la perdono: Celyn è l'unica cosa pura a questo mondo, l'unica cosa salvabile fra questo branco di miserabili. So che durante le interviste fatte ai distretti mi elogerà con la sua infinita dolcezza attirando su di me gli sponsors. Si renderà utile anche da un punto di vista pratico.
Spero solo che durante la visita della partenza non si comporti in modo strano. Non abbiamo mai vissuto una situazione del genere, non so come potrebbe reagire. Il non sapere mi genera malessere.
“ Il tributo maschile che accompagnerà Riley sarà.... Marius Flint”.
Un timidissimo ragazzino che avrà al massimo quattordici anni impallidisce talmente tanto da diventare più bianco di me. L'osservo meglio: ha il gesso sulla gamba sinistra, pessimo momento per rompersi qualcosa. Probabilità di sopravvivenza= 0%.
“Mi offro volontario come tributo” Un energumeno dalla pelle scura si avvicina sul palco, senza aspettare la replica dalla nostra accompagnatrice. Me lo ricordo: abbiamo, ovviamente, un divario di forza fisica ma abbiamo gli stessi gusti in fatto di armi. Il che significa che dovrò correre più veloce di lui per prenderle.
Tremo dall' eccitazione, io e Achille siamo stati quasi sempre alla pari durante gli allenamenti all' accademia, finalmente avrò l'occasione di dimostrare quanto gli sono superiore.
Mi rendo conto che essere stata scelta non è poi una cosa così negativa. Sconfiggerò un mio rivale, farò capire a tutti quanto sono forte, sarò ammirata e invidiata per intelligenza e bellezza e soprattutto lascerò un ricordo indelebile in ogni abitante di Panem. Dovrò solo sopportare un po' di fame e la compagnia di qualche imbecille.
Vincerò e tutti mi ameranno.

 

Harriet Dates, distretto 3

Saltello da un piede all'altro spostando il mio peso di volta in volta. Devo andare in bagno ma i pacificatori non mi permettono di muovermi. Non ci posso fare nulla: sono agitata e la vescica mi tradisce sempre in queste occasioni. Sento alcune ragazze più grandi ridere per la mia strana danza ma poco mi importa. Anzi, forse è anche meglio, le distraggo da un giorno così infausto. Anche Kate sta ridendo, ma a lei rispondo con una linguaccia che la diverte ancora di più. E' graziosa nel suo abito viola scuro senza scollatura. Forse avrei dovuto vestirmi bene anch'io, all'orfanotrofio ci offrono dei belli abiti per questa occasione, ma mi trovavo meglio nella mia salopette verde a quadri con... una macchia? L'annuso: sono le zucchine trifolate di ieri sera. Pazienza, figuriamoci se qualcuno ci darà così tanta importanza. Almeno l' abito si abbina a uno dei miei occhi. A questo punto sarebbe stato meglio se mi fossi macchiata di vernice azzurra per fare giustizia fra i due occhi.
Eterocromia. Colpisce solo l'1% della popolazione è ovviamente sono capitati a me. I numeri non giocano mai a mio favore, spero di non essere sorteggiata.
Osservo l'ambiente intorno a me con aria curiosa. Il nostro distretto ci insegna che ogni occasione può essere fonte di apprendimento: abbiamo la fortuna di essere nati con un cervello funzionante e dobbiamo usarlo. Ad esempio: il numero di pacificatori è diminuito rispetto l'anno scorso. Forse il timore di una nuova ribellione sta finalmente scemando a Capitol, oppure hanno introdotto qualche tecnologia che ci attacchi in caso di tumulto... No, troppo fantascientifico. Forse i pacificatori servono semplicemente altrove. Che sia successo qualcosa da qualche parte? O forse deve accadere?
Mentre la mia mente vaga altrove, l'accompagnatrice nuova di quest'anno (mannaggia non ho sentito il nome! Si chiama Ginny? Gilly? Milly?) ha finito il discorso introduttivo. Fantastico, me lo sono perso. Dico sul serio, sono felice di non aver ascoltato una sola parola.
“Il tributo femminile del distretto 3 è....” mi fermo immobile aspettando il fatidico momento “Kate DiMaggio”.

Porca troia.

Mi mordo il labbro a sangue cercando di ragionare il più velocemente possibile. Kate non ce la può fare, è una brava ragazza, non farebbe del male a nessuno. Non sa mentire, non sa ingannare, non è forte. Morirebbe alla prima occasione. Non può andare, non può, non può, non può!
“Mi offro volontaria” squittisco spostando l'attenzione su di me. Sento la folla che mi guarda a bocca aperta. Per il nervoso ho parlato velocemente e forse non mi hanno capito.
“Mi offro volontaria come tributo” ripeto schiarendomi la voce. Questa deve essere l'idea più stupida che io abbia mai partorito, ma non potevo abbandonare la mia unica vera amica.
So che può essere un vero e proprio suicidio, ma non posso stare ferma, impassibile mentre la mia amica viene condannata a morte. Io almeno sono intelligente e la mia parlantina spesso confonde gli avversari. Come se non bastasse sono anche agile. Potrei anche farcela se gioco bene le mie carte. Devo solo aprire il cervello e stare attenta ad ogni minimo dettaglio, non mi deve sfuggire niente, neppure quello che mi sembra futile sul momento. Non posso farmi distrarre dall'agitazione. Devo essere concentrata come non lo sono mai stata.
Mi osservo le mani: stanno tremando.
Mi avvicino al palco mentre Kate mi guarda ancora incredula, con la bocca spalancata.
Adesso si che tutti noteranno la macchia sull'abito.
“Come ti chiami tesoro?”
“ Mi chiamo Harriet Dates, Ginny”
“Veramente mi chiamo Billie” mi corregge lei. Sento la folla ridacchiare e riprendersi dalla tristezza. Meno male, non li reggevo più quelli sguardi di commiserazione. Mi piacciono le risate degli altri, mi fanno sentire bene. La risata è una medicina potente: cancella la tristezza e la paura, allevia la sofferenza e il dolore.
“ Sei emozionata?” mi chiede. Il modello di microfono è po' datato. Che vergogna, il distretto dell'elettricità e della tecnologia con un gelato del genere. Quelli nuovi erano tutti rotti?
“Alquanto, me la sto facendo sotto. Letteralmente”. L'intero distretto sta ridendo, perfino Kate, che ha finalmente smesso di piangere. “Non ti senti a disagio a girare con un microfono così vecchio Billie?” Le domando a bruciapelo. “Quelli giravano quando ero piccolo io” grida un signore di mezza età dal pubblico in mio sostegno.
“Noi del 3, costruiamo cose molto più belle di quelle!” ne grida un altro pochi posti più in là.
L'accompagnatrice arrossisce e si scusa per l'inconveniente dell'ultimo minuto che l'ha spinta ad utilizzare quell'aggeggio primitivo. Mia cara Billie, non so se ci sarò l' anno prossimo ma sono sicura che tu non ci sarai più come accompagnatrice. In ogni caso più tardi ci daremo l' addio.
La donna si avvicina alla boccia di vetro per pescare il nome del tributo maschile.
“Thomas Biggs”. Un ragazzino dalla pelle olivastra sale esce dalla propria colonna e, preso dal panico, cerca di fuggire fuori dalla piazza. Un chiacchiericcio si diffonde, mentre un paio di pacificatori prendono il povero Thomas e lo trascinano di peso sul palco.
“Questo è piuttosto imbarazzante” commenta Billie mentre il ragazzino vomita in un angolo. Lo faranno fuori il primo giorno. Scuoto la testa provando compassione per quel piccolo essere. Gli stringo la mano come vuole tradizione. Sta ancora tremando.

 

Killian Connors, distretto 12

Sbadiglio rumorosamente, mettendo la mano davanti alla bocca. Non ho chiuso occhio stanotte, così come quasi tutti qui al distretto. Per fortuna c' era Dylan; neppure lui è riuscito a dormire, troppo preoccupato per me. Ha fatto di tutto per distrarmi, mi ha offerto perfino delle fragole che avevamo raccolto qualche ora prima al bosco e che dovevamo vendere oggi all'erborista: “Fanculo ai soldi, si vive una volta sola” ha detto.
Mi sistemo una ciocca scura dietro all' orecchio, ormai sono lunghi, dovrei tagliarli.
“Non hai dormito stanotte?” mi chiede Jack.
“Ma non mi dire!!! Come ci sei arrivato , eh Jack? Ti prego illuminami”. Mi rendo conto che ho esagerato con il sarcasmo. “Mi dispiace, è che non ce la faccio più a stare qui, anno dopo anno”. Mi dà una pacca comprensiva sulla spalla.
“Fa niente, sono abituato. Piuttosto ho una buona notizia”. Lo guardo in maniera interrogativa, cercando di capire cosa nasconda il suo sorriso enigmatico.
“Ho parlato con mia sorella ieri sera... e sono quasi sicuro che anche lei è interessata a te”. Ci metto quindici secondi buoni prima di accorgermi che sto sorridendo come un idiota. Senza pensarci abbraccio Jack, aggrappandomi come una scimmia.
“Dateci un taglio, finocchi” un pacificatore mi strattona via dal mio amico bruscamente. Serro la mano in un pugno pronto a colpirlo, ma Jack mi ferma in tempo. “Sarà difficile per te dichiararti se passi la notte in gattabuia o frustato al palo. Datti una calmata Connors”. Mi graffio il dorso della mano sperando che tramite il dolore fisico la rabbia diminuisca. Odio i pacificatori, non li sopporto.
Vedo sbucare sul palco l' accompagnatore del nostro distretto: Cosmo Clint. Indossa un completo da uomo bianco, con una cravatta azzurra che ricorda tanto gli occhi della gente del villaggio. Ha i capelli neri completamente ingellati con la riga da una parte. E' un uomo schietto, presuntuoso, viziato ed egocentrico. Ma questi non sono niente: il difetto peggiore è che ci fa anche da mentore.
Il nostro distretto, così come pochi altri (il quinto, il sesto e il nono, credo), non ha mai avuto un vincitore e dunque come mentore dobbiamo avere un capitolino. Ovviamente a noi dovevano rifilare quello più viscido. Neppure si impegna a salvare i nostri all' arena.
Erica Bix, 3 anni fa, fu ferita da un favorito. Si salvò, ma ebbe un' infezione. Cosmo non fece nulla per farle arrivare dei medicinali.
Keith Jones, 2 anni fa, morì di sete nonostante avesse catturato la simpatia di qualche capitolino durante l' intervista dove fece schiattare l' intero pubblico dalle risate.
Aloe Green, l'anno scorso, catturata e uccisa dai favoriti dopo giorni di torture gratuite. Avrebbe potuto salvarsi se avesse ricevuto un'arma.
Potrei continuare fino alla prima edizione. Nessun tributo delle nostre parti vincerà finché Cosmo sarà qui. Parte il filmato e il discorso di Cosmo. Solo una diva come lui avrebbe potuto convincere gli strateghi a far di lui mentore ed accompagnatore contemporaneamente.
“È ora di pescare i tributi! Iniziamo dalle donzelle, ovviamente”. La sua mano viscida entra nell' ampolla, estraendo un fogliettino. “Green Rose”. Un brusio si leva dall'intera piazza e si sente una donna urlare da dietro. Sputo per terra disgustato e vedo con la coda dell' occhio Jack soffocare il proprio dolore mordendosi il labbro.
Non è giusto, la famiglia Green ha già dato. L'anno scorso Capitol si era presa una delle due gemelline... perché anche lei adesso? Vorrei urlare perché so la risposta: fare spettacolo. Quei bastardi amano queste cose.
Rose si avvicina al palco lentamente guardando con gli occhi lucidi la sua famiglia. Ha solo tredicenni anni e sta andando al patibolo. Magra e piccola com' è, sembra addirittura più giovane.
Cosmo non chiede neanche se ci sono volontari: non esistono al distretto 12.
“Ora è il turno dei signori.... Killian Connors”. Mi metto a ridere istericamente. Non sta accadendo veramente a me. È solamente un altro dei miei incubi notturni. A breve Dylan mi butterà a calci giù dal letto dicendo che sono in ritardo per la scuola. Sento una voce famigliare chiamarmi, ma faccio fatica ad associarla ad un nome
“Connors!!!” Jack mi scuote violentemente e mi spinge verso il palco notando come i pacificatori si erano già mossi nella mia direzione. Mi do uno schiaffo per riprendermi e mi incammino verso il palco con il passo più sicuro che possiedo.
Sono nei giochi adesso, devo dimostrarmi un avversario temibile. La scena di poco fa può essere ignorata dai mie avversari, la sorpresa è normale. Guardo Jane, che ha gli occhi carichi di lacrime. Occhi grigi, da giacimento, come i miei.
Sto vivendo troppe emozioni contrastanti in una sola giornata. Non so se reggerò.
Stringo la gracile mano di Rose in segno di lealtà e sportività. Mi dispiace piccola. Anch'io trattengo a stento le lacrime, ma siamo stati scelti e non saranno i nostri capricci a riportarci a casa; lo capisci? Dobbiamo combattere per tornare a casa dalle nostre famiglie; sarà necessario trasformarci in guerrieri privi di scrupoli, pronti ad uccidere senza pensarci due volte, ed andremo avanti anche se sporchi di sangue.
Mi rendo conto che sia io che lei siamo già morti, anche se uno di noi due tornasse a casa.

Non saremo mai più gli stessi.

 

 

 

 

 

 

Vi sarete accorti che ho pubblicato in anticipo. Il fatto è che le vostre schede mi sono arrivate prestissimo e ne ho approfittato. Ci sono altri tributi liberi (il 3, anche se non è preso da nessuno, non è più prenotabile).

In particolare sono liberi:

  • femmina del 4

  • femmina del 6

  • maschio del 9

  • entrambi dell' 11

In tutto sono 5. Invito inoltre So I could be lovely di inviarmi la sua scheda.

Chi ha già prenotato ne può prendere un altro (tranne tu Yoyo, un signorino dei tuoi alla volta per favore XD).

 

Le solite chicche:

1) Garnet è il granato, una pietra associata alla forza di volontà, la fiducia in se stessi e alla voglia di vivere. Lawrence, insomma. Il nome rispetta inoltre la tradizione del primo distretto di dare nomi legati ad oggetti di lusso.
2) Non so se è voluto dall' autrice o è casuale, ma Lawrence vuole dire “colui che è cinto d'alloro”. Fin dal suo concepimento il padre lo spingeva per farsi volontario in pratica.
3) Spero di aver non offeso nessuno con il linguaggio di Lawrence, gli piace far ridere, neppure lui vuole offendere. Il pacificatore invece voleva offendere.
4) il nome Cosmo è legato al concetto di eleganza, anche se non in maniera diretta.
5) Aloe vuol dire "dolore" nel linguaggio dei fiori. Erica è la solitudine.

Spero di aver rispettato i vostri personaggi.

Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Mietitura, seconda parte ***


Charlie Jones, distretto 5

Gemma mi afferra la mano con forza come non accadeva da quasi cinque anni. Ha il capo chino, le labbra serrate e studia con attenzione i lacci delle proprie scarpe. Credo di averla vista così triste solamente quando era morto Lucciolo, il nostro gatto domestico. Eppure questa non è la prima mietitura a cui assiste.
“Gemma va tutto bene?” le domando gentilmente. Gemma è una bambina sempre allegra e mi fa strano vederla così. Mia sorella fa cenno di sì con la testa e continua a camminare senza distogliere lo sguardo dalla strada. Stavo meditando di lasciarla in pace quando improvvisamente, decide di confessare il suo tormento.
“Ho fatto un brutto sogno stanotte: c'eri tu in mezzo a un bosco, di notte, eri solo e ferito”. Sogni ricorrenti che precedono sempre la mietitura. Ho fatto anch'io un sacco di incubi del genere in vita mia e ogni volta morivo in maniera diversa.
“Gemma ascoltami”. Mi chino leggermente in modo tale da guardarla negli occhi; mia sorella è abbastanza alta per la sua età, mentre io sono un nanerottolo. La genetica a volte è crudele.
“Andrà tutto bene, ok? Non ho molte schede grazie al cielo, e le probabilità di essere preso sono veramente bassissime. Anche questo giorno finirà.” Gemma annuisce ma non sembra stare molto meglio di prima. Riprendiamo la nostra marcia verso la piazza quando uno piuttosto robusto mi da una spinta da dietro, talmente forte da farmi cadere.
“Non stare in mezzo alla strada, sfigato” mi grida questo continuando a correre.
“Sfigato sarai tu e la tua famiglia!” risponde Gemma al posto mio facendogli una linguaccia.
“Charlie, devi rispondere quando qualcuno fa il bullo con te!” E' umiliante che una bambina di dieci anni mi dia lezioni di vita. Vorrei davvero essere in grado di rispondere, ma ogni volta che ci provo, farfuglio qualcosa, incrocio le parole e viene fuori una frase senza senso detta a voce bassa.
Mi sento un tale inetto....
“Esattamente Charlie, la prossima volta che qualcuno ti fa così devi gridargli: muori figlio di puttana!” No, non può aver visto l' ennesima figuraccia. Mi volto a malincuore dove vedo Louis con il solito sorriso spavaldo porgermi la mano. Louis è tutto ciò che io non sono, ma che vorrei essere: sicuro di sé, estroverso ed incredibilmente bello. Non credo di aver mai visto qualcuno di così perfetto. I suoi capelli biondi perennemente spettinati gli procurano un aria ribelle, i suoi occhi verdi ricordano un prato primaverile mentre il sorriso è luminoso come il sole. Afferro la sua mano sentendo una piccola scarica attraversarmi il corpo.
“Come mai sei già qua?”. Louis ha appena compiuto diciannove anni e dunque è finalmente salvo dalla mietitura. Gli adulti arrivano leggermente dopo gli adolescenti e si sistemano fuori dalla piazza, oppure sulle scalinate metalliche inserite appositamente per l' evento.
“Ero preoccupato per te, ovviamente” Arrossisco violentemente. Come fa a dire cose del genere con così tanta naturalezza? Parliamo del più e del meno per ingannare il tempo, qualunque argomento ci distragga dalla mietitura va bene. Il tempo scorre e dobbiamo salutarci. Gemma andrà con Louis per ricongiungersi ai miei. La compagnia del mio amico l'ha un po' risollevata e sono contento che non sia più triste come prima.
Mi colloco al mio posto e rimango in silenzio durante l' ingresso dell'accompagnatrice, il suo discorso introduttivo e il solito video. Ho tanta paura ma cerco di rimanere positivo. Mi ripeto mentalmente le rassicurazioni che avevo fatto a Gemma. Ci devo credere con tutto me stesso. Andrà bene, andrà tutto bene.
“Come impongono le buone maniere iniziamo dalle ragazze.” La capitolina si avvicina elegantemente alla boccetta estraendo velocemente un foglietto sulla cima.
“Sidney Baxter”. Una ragazza rachitica che avrà si o no la mia età, farfuglia qualcosa fra sé e sé alzando gli occhi al cielo, per poi raggiungere il palco scura in volto. Sento un ragazzo vicino a me commentare con un “le sta bene”. Mi sembra una cosa molto cattiva da dire. Non conosco questa Sidney, non so se è una brava o una cattiva persona, ma certe cose non le merita nessuno.
“Adesso tocca ai ragazzi”. Diversamente da prima, l'accompagnatrice ci mette un po' a pescare il foglietto.
“Charlie Jones”.
Mi sento mancare l' aria. La testa mi gira e miei occhi bruciano. Credo di aver dimenticato come si respira. Inizio ad iperventilare e un medico mi viene incontro per assicurarsi che stia bene.
Perchè a me? Cosa ho fatto di male? Sono sempre stato gentile con tutti, anche con chi non se lo meritava. Per cosa poi? Morirò in una dannata arena. Non ho speranze, morirò, morirò.
Il soccorritore mi suggerisce di respirare nel sacchetto di carta che mi ha appena passato spiegandomi che il mio è un attacco di panico, ed è una reazione comune di fronte a un evento del genere. Mi invita inoltre a recuperare la calma e di mostrarmi forte al mondo intero. La fa sembrare una cosa facile.
Continuo ad inspirare ed espirare finché non riesco a calarmi un pochino. Raggiungo il palco con passo titubante, posizionandomi accanto a Sidney che non mi degna neppure di uno sguardo. L'accompagnatrice si colloca in mezzo mettendo le braccia sopra le nostre spalle. Sidney si libera dal gesto con aria disgustata e si posiziona a cinque passi di distanza, come se uno non fosse sufficiente.
Osservo il cielo, azzurro e luminoso come gli occhi di mia madre. Sarà l'ultima volta che la vedrò o che l'abbraccerò. È finita, sono un uomo morto.

 

Warwick Abe Reed, distretto 10

Un fastidioso piccione svolazza a bassa quota alla ricerca di cibo andando per poco a sbattere contro Emilie.
“Merda, odio i piccioni!” sbotta lei aggrappandosi a Kylian.

“Tutti odiano i piccioni” replico io, seccato. Il foraggio non è ancora arrivato, è una delle settimane primaverili più calde che abbia mai vissuto ed il giorno della mietitura. Sono già abbastanza nervoso di mio senza che qualche fottuto piccione suicida mi venga a sbattere addosso. Mi massaggio le tempie cercando di placare il mal di testa che mi tormenta da ieri pomeriggio.
“Dovresti provare con della balsamina o della lavanda” mi suggerisce Emilie, attenta come al solito ad ogni minimo particolare.
“Ho già provato quella merda, non funziona su di me. Avrei bisogni di medicinali di Capitol, ma quelli stronzi li vogliono tutti per loro”. La vita sarebbe incredibilmente più semplice se potessi avere tutto ciò di cui avrei bisogno. Se fossi ricco, non dovrei preoccuparmi di cose banali come queste.
“Credo di averne visti al municipio” s' intromette Kylian. Mi piace la sua compagnia: sveglio e silenzioso; parla solo quando ha veramente qualcosa da dire.
“Un medicinale è qualcosa di un po' più serio da rubare rispetto a un po' di cioccolata. Ci serve un buon piano” osserva Emilie, sempre pronta a seguire l' innamorato ovunque vada. Il suo intervento mi infastidisce parecchio: sono io l' addetto ai piani e se non fosse per me, questi due sarebbero dentro da un pezzo. La maggior parte delle volte rubacchiamo roba piccola, inutile, ma comunque importante per farci dimenticare che siamo dei miserabili provenienti da uno dei distretti più poveri.
“Stai dicendo che non elaboro buoni piani?”
“Sto dicendo che l' ultima volta siamo riusciti a farla franca per miracolo!”
“Sempre grazie a me, per quanto mi ricordi! L' idea di....” non riesco a concludere la frase che Kylian ci fa segno di fare silenzio. Pacificatori ovunque. Siamo arrivati alla piazza e non è il momento di parlare d' affari. A breve inizierà l'evento dell'anno e tocca separarci.
“Ci vediamo dopo.” Emilie ha lo sguardo serio da pre-mietitura che non riesco proprio a sopportare. È una delle poche persone che tollero, ma a volte fa davvero delle uscite pesanti.
“Non renderla più difficile di quello che è” la rassicura Kylian dandole una limonata in piena regola.
“Cazzo, non davanti a me perlomeno!” mi lamento.
Emilie mi si fionda fra le braccia stringendomi forte. Conto fino a tre prima di darle due pacche sulla schiena, segnale universale del “ti prego allontanati che è troppo imbarazzante”. La ragazza percepisce il messaggio all' istante, ci guarda stringendo gli occhi come se volesse studiare un ultima volta i dettagli dei nostri volti e si allontana senza dire una parola.
“A dopo, Abe” mi saluta Kylian allontanandosi con le mani in tasca. Vorrei rispondere che forse non ci vedremo subito perché ho un'idea che mi tormenta da mesi, ma il mio amico si è già confuso fra la folla. Mi colloco al mio posto, in mezzo ai diciottenni, e aspetto il momento sudando per via del caldo. Magnifico, mi ero fatto il bagno solo un paio di ore fa.
Mellory entra nel palco accompagnata da un forzato applauso da parte del pubblico. Mi ritrovo costretto ad applaudire anch'io alzando gli occhi al cielo.
Capitol non capisce nulla di bellezza o di moda: Mellory ha una gonna a palloncino arancione, un top striminzito, abbinato con molte pailettes e un guanto senza dita al braccio destro che supera il gomito. Abbinato al tutto, un parrucca lunga color verde acceso. Assolutamente ridicola.
“Benvenuti ai 21° Hunger games. E' sempre un piacere per me tornare al distretto 10”. Bugiarda come pochi: lo sanno tutti che non fa altro che lamentarsi della puzza di merda estesa per tutto il distretto.
Mellory è la peggior accompagnatrice che abbiamo mai avuto: è un pelino più intelligente delle sue colleghe è vero, ma è anche più prolissa e soprattutto la più noiosa. Al terzo minuto di monologo (dove non ha ancora introdotto gli anni bui e continua a inventare balle su quanto sia bella la vita da allevatore) inizio a imitarla compiendo quei gesti esagerati e teatrali che ho visto fare solo a lei in tutta la mia vita. Un paio di ragazzi accanto a me iniziano a trattenere a stento le risate, per poi scoppiare definitivamente quando inizio ad imitare anche la sua vocetta stridula.
Mellory si ferma improvvisamente guardando verso la mia direzione.
“C' è qualche problema?” chiede, incrociando le braccia, i denti digrignati.

Cazzo, cazzo.

“Mi trovava noiosa?” mi chiede lei.
E' inutile mentire ormai. “Si, sei terribilmente noiosa”
Mellory diventa ancor più paonazza, ma, anziché urlarmi addosso i peggiori insulti, sorride con aria di sfida.
“Primo, razza di maleducato, mi dia del lei perché noi non ci conosciamo” immagino le vecchiette di Capitol esultare ed acclamare l'accompagnatrice per aver messo a posto un poveraccio insolente.
“Secondo” continua lei “se sa fare di meglio venga sul palco, forza, andiamo”. Vorrei urlare un forte “fottiti”, ma non voglio peggiorare la mia situazione.
Faccio ciò che mi è stato ordinato e vedo con la cosa dell'occhio Emilie sbattersi violentemente il palmo in faccia esasperata. Non è stata una mossa intelligente l'ammetto, ma a mio discapito, non pensavo di essere beccato. Inimicarsi un'accompagnatrice, significa catturare le antipatie di Capitol. Non è una cosa buona, soprattutto se trovo davvero le palle per fare quello che voglio fare.
Arrivo sul palco e mi sistemo accanto a Mellory.
“Come si chiama giovanotto?”
“Abe Reed” rispondo controvoglia. Mellory mi invita a parlare degli Hunger games di fronte all' intera Panem di spiegare perché sono così importanti. Non ho scelta a meno che non voglia essere ucciso seduta stante. Sento i mirini dei cecchini già posizionati su di me.
“Anni fa, ci fu una terribile guerra qui a Panem dove noi tutti rischiammo di lasciarci le penne. I distretti si ribellarono contro Capitol, ma persero, e il 13 pagò il prezzo più alto attraverso la sua totale distruzione, come tutti noi abbiamo visto almeno una volta in televisione”. Mi asciugo il sudore sulla fronte. La vena sulla tempia destra continua a martellarmi. “Da allora Capitol city organizza gli Hunger games per ricordare a noi tutti la crudeltà di quella guerra, e come sia fondamentale agire insieme per garantire la pace e la nostra stessa sopravvivenza. Gli Hunger games possono sembrare una barbaria, ma è l' unico modo che abbiamo per evitare il ritorno degli anni bui. Ogni anno moriranno ventitrè ragazzi, ma se ne salvano migliaia grazie al loro sacrificio”.
Ripasso il microfono a Mellory, quasi lanciandoglielo. Mi sento sporco. Capitol ha controllato ogni minimo aspetto delle nostre esistenze: l'educazione, le attività, il lavoro arrivando perfino all'alimentazione. Quello che ho appena subito va ben oltre però: la capitale è entrata dentro la mia testa facendomi ripetere parole che mai avrei detto in vita mia. Mi sento imbrattato, usato e nauseato. Mi strofino la mano sull' altro braccio, in forte disagio. Una parte di me vorrebbe solamente piangere. Sento di capire come si possa sentire una vittima di stupro.
Se fossi nato capitolino non mi sarebbe mai successo. Mi avrebbero rispettato, trattandomi come un fottuto essere umano, per una volta! Al diavolo il freddo, la fame, quella misera cioccolata di scarsa qualità presa dopo settimane di studio e di fatica, gli insulti e la sporcizia! Se fossi nato capitolino, se fossi ricco, forse perfino i miei genitori sarebbero ancora vivi....
“Ora che il nostro Abe ha fatto un discorso così appassionato, possiamo anche estrarre il nome del tributo femminile.” Mellory ci avvicina alla prima boccia di vetro, dove pesca un bigliettino con la mano con il guanto.
“Bezzy Peacock”.
Una ragazzina dai capelli rossi raccolti in un piccola treccia sviene nel momento stesso in cui sente il suo nome. Viene fortunatamente presa dalla giovane accanto a lei, prima che cada rovinosamente a terra.
“Una mietitura così non l'avevo mai vista” commenta Mellory spietatamente. Uno dei medici si avvicina di corsa alla ragazzina controllandole il polso e le pupille. E' carne da macello quella ragazza, ne sono sicuro. Potrebbe toccare a me ucciderla...
“Mi offro volontario”. Lo dico con una voce meccanica che a malapena riconosco. Se vincessi ogni mio sogno si tramuterebbe in realtà e potrò dire addio a questa vita di merda.
Quella puttana di Mellory mi guarda maligna immaginandosi il mio corpo martoriato in centomila modi diversi.
Vedremo chi riderà per ultimo.

Anemone "Ane" Katz, distretto 11

Questa è la prima mietitura in cui Clè è al sicuro in quanto diciannovenne. Osservo il mio ciondolo, uno dei miei pochi tesori, che porto sempre e comunque. Clè era arrossito così tanto quando gli avevo baciato la guancia in segno di gratitudine... spero che stia bene. Chissà dov'è, magari è con gli altri adulti dietro alla grande piazza, oppure è a lavoro, come al solito. Non si è neppure fatto vivo quando sono stata scelta alla pre-mietitura... Non ci si comporta così fra fratelli.
Scuote la testa energicamente. Devo piantarla: i cattivi pensieri chiamano solamente brutti ricordi in una spirale senza fine. Questa giornata è già abbastanza difficile così com'è senza che mi ci metta anch'io.

Lungo il cammino incontro colleghi e compagni di scuola. Saluto tutti con affetto augurando loro buona fortuna per la giornata. In lontananza vedo tre mie coetanee che ho conosciuto giusto giusto una settimana fa. Sono un po' pettegole, ma sono simpatiche dopotutto. Sto per muovermi in loro direzione quando sento una mano picchiettarmi sulla spalla sinistra. Sorrido: conosco sola una persona che continua a ripropormi questo giochino infantile, tant'è che mi viene naturale voltarmi a destra anziché a sinistra.
Mark è ancora sporco di farina: probabilmente gli hanno concesso una breve pausa per assistere alla mietitura. Devo dire che quest'anno sono stati gentili ai piani alti: solitamente non permettono a chi non ha superato la selezione di assistente alla mietuta vera e propria. Magari alla fine hanno finalmente capito che nessun lavoratore con amici o parenti in piazza poteva concentrarsi. Forse anche Clè sarà qui allora.
“Sei sporco di farina, messere. Non ci presenta così di fronte a una signorina”. Lo prendo un po' in giro, come al solito. Mark si strofina gli abiti in maniera grossolana per poi concentrarsi di nuovo su di me.
“Almeno la farina va via facilmente, non posso dire la stessa cosa per quella macchia di sangue dietro la tua gonna”. Arrossisco fino alla punta delle orecchie prima di girarmi di scatto nel vano tentativo di controllarmi dietro. Non è possibile! Proprio oggi? Eppure ero sicura di aver messo bene il panno nelle mutande!
“Ci sei cascata scemina! 43 a 41 per me!” Apro la bocca sbigottita. Se me la paga questa, se me la paga.... Alzo le mani dandogli dei leggeri pugni.
“Mark! Non è divertente! Stavo morendo dall' imbarazzo!”. Sbatto il piede a terra e mi fanno male le guance per quanto sorrido.
“Sì che è divertente, stai ridendo anche tu”. Mi giro dall' altra parte fingendomi offesa. Non so chi ha incominciato questa piccola guerra, ma nessuno dei due ha intenzione di smettere.
Mark mi abbraccia da dietro, improvvisamente serio. Gli capitano spesso questi repentini cambi di umore e mi fanno sentire sempre un po' a disagio.
“Andrà tutto bene”. La sua affermazione sa molto di preghiera.
“Andrà tutto bene” ripeto io nel tentativo di rassicurarlo. Mi giro e l' abbraccio forte, beandomi di quell'odore di farina e di sudore che sa tanto di casa. Vorrei rimane ancora ma sul palco una giovane capitolina ci richiama all' ordine.
“Stasera devi finire di raccontare quella storia a Chris.” Dirà anche questo, ma io sento solo “non potrei mai accettare una tua mietitura, tu sarai salva”. Annuisco e gli do un buffetto sulla fronte prima di abbracciarlo un'ultima volta e cercare il mio posto. Spreco un po' di tempo per farlo: quest'anno hanno deciso di selezionare una trentina di ragazzini in più del solito. Quando finalmente lo trovo (colonna centrale, fila numero 9 fra Camille e Amely) l' accompagnatrice ha appena iniziato il discorso iniziale.
Alla mia sesta mietitura posso dire ormai che conosco il discorso a memoria perciò decido tranquillamente di ignorare le parole della capitolina. Il tempo passo e il mio nervosismo cresce. Fra poco estrarrà i nomi e potrei essere scelta. In vent'anni, solo uno del nostro distretto è tornato vivo. Senza neanche accorgermene mi ritrovo a canticchiare a bassa voce un' antica ninnananna le quali parole mi sono oscure.
“...E ora estraiamo il nome della fortuna damigella”. Il mio cuore batte all' impazzata. Credo non si senta altro in tutta la piazza.
“Anemone Katz”. Sento il sangue gelarmi nelle vene. Alzo gli occhi al cielo per ricacciare indietro le lacrime per poi poi cercare dentro di me la forza per ordinare alle mie gambe di muoversi. Il mondo si muove al rallentatore: vedo da lontano Mark congelato in un' espressione di puro dolore e mi sembra perfino di vedere Cleophus. Forse però è solo un' illusione: potrei essere morta da qui a un mese e vorrei tanto rivederlo.
La capitolina mi accoglie a braccia aperte, con fin troppo entusiasmo.
“Ma che bella ragazza che abbiamo qui! Sembri proprio una delle nostre modelle!”. I capitolini hanno una vera ossessione per l'aspetto estetico. Non ho mai capito questa loro passione, ma mi diventerà utile.
“E ora, largo ai messeri! Oggi, il fortunato è... Manuel Smith”. E' la benda nera sull' occhio destro che mi permette di riconoscerlo: ha un anno in meno di me e ha perso l' occhio in un incidente qualche anno fa. Ci siamo parlati poche volte, ma è sempre stato carino con me.... Ora invece siamo nemici e forse potremo essere costretti ad ucciderci.
Le mani mi stanno sudando e sento l'istinto di tornare a canticchiare la melodia di mia madre.
Sarò forte, devo esserlo.

Alexander Armstrong, stagista-schiavetto, distretto 4

So che la mia è una fortuna che capita a pochi, che molti venderebbero la propria anima per stare al mio posto e che dunque non dovrei lamentarmi; ma preferisco condire questo caffè con il mio sputo lo stesso. Vi avvicino con cautela a Tiffany, stando attento a non andare sbattere contro i tecnici del suono che stanno finendo gli ultimi preparativi.
“Sei in ritardo Alex! Ho ordinato questo caffè quaranta minuti fa!”. Il che è vero. Peccato che nel frattempo ho dovuto anche dare da mangiare al suo barboncino, controllare se le rose che le avevano inviato erano precisamente 48 e trovare un vaso in cui metterle, aiutare il sindaco a infilare la nuova camicia senza che nessun bottone saltasse, sedare un litigio che stava degenerando in una rissa fra due operatori e controllare da parte di Asdrit che fosse ormai tutto pronto.

“Spero almeno che sia caldo!” sbotta lei parecchio irritata. Annuisco distrattamente sperando di incontrare da un momento all'altro chi mi interessa veramente.
“'Giorno”. Mi giro: Lars Seven, con la sua faccia da bravo ragazzo, si presenta con una cravatta blu e un gilet grigio, abbinato ai suoi pantaloni eleganti.
Fa sempre strano conoscere un vincitore: ho seguito gli Hunger games in cui ha vinto senza staccargli gli occhi di dosso per un singolo istante e ho tifato per lui fin dal momento in cui si era fatto volontario, salvando un ragazzino che puzzava già di cadavere. Ho visto il suo dolore, la sua forza, il suo peggio e il suo meglio. L' ho visto uccidere e sopravvivere in quell'inferno che era la diciannovesima arena. L' ho visto trionfare e riemergere dalle ceneri.
“Signor Seven, per me è un onore! Ho tifato per lei fin dal primo istante”. Gli stringo la mano in quel turbinio di emozioni che mi sta travolgendo. Lars ricambia ma c' è qualcosa di strano nel suo sorriso. Più l'osservo e meno riesco a capire. Ho sempre immaginato questo incontro in maniera diversa, eppure sembra tutto perfetto: lui che mi sorride cordialmente e che mi stringe la mano, che mi chiede interessato qual è il mio ruolo qui alla mietitura e che ascolta attentamente la mia risposta. Eppure...
“Il nostro Alex, si è rivelato uno stagista molto importante” si intromette Tiffany, offesa per non essere al centro dell'attenzione. Falsa e ipocrita. Odio l'alta classe di Capitol: sono tutte così, non se ne salva neanche una. Questo breve dialogo venne interrotto dalla mia collega stagista, la quale ci invita a prendere i nostri posti per poter incominciare.
Tiffany fa il suo ingresso sul palco, salutando gli abitanti del distretto con un gran sorriso e, nonostante le mie preghiere, non inciampa su quei tacchi vertiginosi neri che ha scelto di indossare per l' occasione. Confesso che per essere la sua prima volta d'accompagnatrice è piuttosto bravina: è bella, si ricorda il copione senza nessun suggerimento da parte del gobbo, cerca di fare la spiritosa, ma rimane seria nei momenti clou. Se non la conoscessi potrei perfino dire che è una ragazza adorabile.
Niente male per essere una raccomandata.
“Adesso, come vuole la tradizione e le buone maniere, estraiamo il nome della ragazza che parteciperà a questa edizione degli Hunger games”. Tiffany si avvicina alla boccetta di vetro, estraendo il nome di una certa Marinette Ward, una ragazza riccia piuttosto carina. Sale sul palco con grazia posizionandosi vicino a Tiffany che le fa qualche semplice domanda sulla sua vita. Sembra una candidata temibile, con quello sguardo sicuro di sé. Come al solito il distretto 4, offre a Capitol solamente i suoi gioielli migliori.
“Ora tocca al turno degli uomini.... Brian Seven”. Un classico, dovevo aspettarmelo. Asdrit ordina subito di puntare una delle telecamere su Lars in modo tale da non perdere neppure un singolo movimento dei muscoli facciali. Il giovane sembra sorpreso ma neanche più di tanto: è intelligente e sa come funzionano queste cose. Va così in questi casi di solito: il fratello arriverà sul palco e l'abbraccerà, si augureranno buona fortuna e dimostreranno al mondo quanto è forte il loro amore fraterno. L'altra variante (in realtà poco frequente) vede come protagonista Lars asciugarsi un accenno di lacrime con un fazzoletto per fare un sorriso dispiaciuto verso il parente. Eppure nessuno dei due scenari avviene: il mentore si avvicina a Tiffany e le prende il microfono con facilità.
“Panem ho un annuncio da farvi”. Tutti gli occhi sono puntati su di lui, perfino Asdrit, che è sempre impassibile, sembra incuriosita.
“ Ecco io... mi vergogno molto a dirlo. Spero vivamente che possiate perdonarmi”. Il suo volto è effettivamente rosso, la sua voce tremante e gli occhi lucidi. Cosa sarà successo?
“Il ragazzo che si sta avvicinando sul palco non è Brian Seven.” Un forte brusio si espande per tutta la piazza e la confusione che ci accomuna in questo momento non fa altro che aumentare. Solo Asdrit riesce a pensare al suo lavoro e, tutta eccitata, sussurra ordini a destra e manca.
“Quel ragazzo è il mio gemello, Lars Seven. Sono io il vero Brian”. Ecco cosa c'era che non mi tornava: quello a cui avevo stretto la mano non era il mio idolo. Sono assolutamente sbalordito e anche l' intera Panem lo sarà: non era mai successa una cosa del genere. Il regolamento lo permette?
“Non è vero! Sta mentendo!” Il vero Lars cerca di catturare l'attenzione in un eroico tentativo di salvare il fratello. E' effettivamente fisicamente identico: stessa altezza, stessi occhi, perfino stesso taglio. Se Brian non avesse confessato la sua furbata nessuno avrebbe capito il trucco.
“Lars, piantiamola per favore. Ti ringrazierò per tutta la mia vita per quello che hai voluto fare per me. Grazie fratello mio, per aver sopportato la mia vigliaccheria ed aver accettato questo scambio di persona. Grazie sul serio”. Brian si asciuga le lacrime che avevano fatto capolino sul suo volto. “Non posso andare avanti con questa recita: non posso vederti morire. Non riesco a sopportarlo. Scusami”. Tiffany sta piangendo come una fontana e sono sicuro che gran parte dei telespettatori sia ridotto allo stesso stato.
“Io....! No, non l'accetto! Cosa stai facendo? Ti sei... dimenticato dell' orrore che hai vissuto?” La recitazione di Lars diventa sempre meno convincente: sta iniziando a farfugliare e a mangiarsi le parole.
“Ho detto basta. Ho intenzione di assumermi le mie responsabilità. Non starò qui al distretto a vederti morire”.
“Non farlo! Ti prego”. Lars vuole continuare a combattere con tutte le sue forze, esattamente come il guerriero che abbiamo conosciuto in arena. Quello è il mio eroe.
Tiffany riprende il microfono in mano, dopo aver dato un lungo abbraccio a Brian.
“Facciamo un applauso a questa bellissima storia d'amore fraterno. Possiamo imparare tantissimo da loro. Questi sono gli Hunger Games: fratellanza, sacrificio e unione”. Anch' io mi metto ad applaudire, sinceramente commosso. Nessun gioco ha offerto uno spettacolo del genere e Tiffany ha gestito benissimo la situazione. Dovrei scusarmi con lei per tutte le cattiverie che le ho fatto.
Lars si guarda intorno, scuro in volto, accettando finalmente che la recita sia finita. Crolla a terra tirando un pugno verso il terreno. Distolgo lo sguardo, infastidito. Neppure io solo il perché.
Asdrit da il segnale di fine trasmissione. Mi avvicino a lei, aspettando un ordine, quando si avvicina il capo dei pacificatori del distretto.
“Asdrit Mars? Ho bisogno di parlarle”.

 

 

 

 

 

 

 

Regola numero 1: mai fare incazzare la vostra accompagnatrice. Soprattutto se è rancorosa come la nostra Mellory.

Chicca:

1) Anemone nel linguaggio dei fiori vuol dire: “mi trascuri, torna da me”. Non so se è voluto dall' autore (o autrice?) ma rimanda di certo al rapporto con il fratello.

 

Ho quasi finito con le presentazioni. Con il prossimo capitolo concludiamo la mietitura. Nella prossima incontreremo il distretto 6,7,8 e 9. Abbiamo ancora dei tributi disponibili, ovvero tutte le ragazze dei suddetti distretti e il ragazzo dell' otto. Chi vuole partecipare mi deve inviare la scheda entro 3 giorni dalla prenotazione, altrimenti nisba. Si vede che sarà un Hunger Games con molti tributi maschili.

Spero di aver rispettato i vostri personaggi!

Alla prossima.

 

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Capitolo 4
*** Mietitura, terza parte ***


Spencer Triangle, distretto 6

C'era una volta un piccolo bambino
che sognava di diventare un eroe,
e di portare, ovunque andasse, pace e giustizia.

Procediamo insieme compatti nell'inutile tentativo di darci coraggio. È la prima volta per tutti quanti e non abbiamo mai avuto così tanta paura. Lisa è aggrappata a Mary Ann e ha già incominciato a piangere, Kyle è chiuso nel suo piccolo mondo e anche Marcus non riesce a dire una sola parola. Del gruppo manca solo Francis che verrà accompagnato dal fratello maggiore. Lo invidio tantissimo, vorrei avere anch'io qualcuno che mi rassicuri in questo momento. So che i miei amici stanno cercando di dare il loro meglio, ma la tensione è veramente troppa.
Secondo il fratello di Francis la prima mietitura è la peggiore, dopo ti abitui a questo preliminare perverso e vai avanti. La maggior parte riprende la propria vita, mentre una minoranza muore nell'arena. Nessuno di noi è mai tornato, nessuno. Il distretto 6, specializzato nella velocità, non ha mai dato vita a un vincitore. I tributi estratti non hanno nessuna guida famigliare, nessun amico. Sono soli e perduti.

“Ho sentito che ci prenderanno una goccia di sangue”. Inaspettatamente è proprio Lisa a spezzare il silenzio.
“Se hai paura di un piccolo ago, buona morte nell'arena” interviene bruscamente Kyle. So che non è una cattiva persona, ma quanto non è di buon umore è insopportabile.
“Ho sentito che sarà una cosa breve, un lampo e avranno fatto” cerco di rassicurarla. Lisa mi sorride in segno di gratitudine, per poi ripiombare nella depressione più nera. Il silenzio crolla di nuovo sul gruppo. Di sottofondo sentiamo solamente i brusii proveniente dagli altri ragazzi. Guardo Marcus sperando di avere il suo sostegno. Posso sempre contare su di lui, sa tutto di me e io so tutto di lui. Nessuno mi ha mai compreso così a fondo. Di sicuro non mio padre.
“Ci siamo”. Ci fermiamo tutti di colpo. Da anni sappiamo che questo momento deve venire, eppure siamo completamente impreparati. Ma come si può prepararsi a una cosa del genere?
Ci mettiamo in fila insieme agli altri dodicenni. Lisa è in ansia, la sua paura degli aghi è molto più grande ti quanto immaginassi. Le stringo la mano, per farmi sentire vicino.
“Lisa, guardami. Andrà tutto bene”. Lei annuisce un timido sì con la testa e riprende a piangere, questa volta in maniera silenziosa. La prestazione è fortunatamente rapida quanto ci avevano raccontato. Non avrei sopportato l'idea di averle dato false speranze.
“Abbraccio di gruppo?” propone Marcus. L'idea viene accettata da buon grado da tutti, perfino da Kyle. In seguito ci separiamo e ognuno si dirige al suo posto, così come ci era stato spiegato. Fortunatamente, io e Marcus abbiamo postazioni una accanto all'altra.
“Scusa se non sono molto di compagnia oggi, Spencer”. Il volto di Marcus è ricoperto di polvere e sudore. Non ha messo panni puliti od eleganti per la giornata. Probabilmente nessuno si è raccomandato a casa per farlo. A mala pena l'ha fatto mio padre.
Vorrei dirgli qualcosa ma lo spettacolo sta iniziando e ci è imposto l' assoluto e religioso silenzio. È la seconda mietitura in assoluto a cui assisto: non ho parenti o amici più grandi, non avevo motivi per essere nei spalti gli anni scorsi. Solo una volta ero venuto: facevo compagnia a Francis che doveva assistere alla prima mietitura a cui partecipava il fratello. Ascolto il discorso del sindaco, dell'accompagnatrice e quello del video; ogni parola è falsa e vuota. Si parla di onore, di fratellanza e di sacrificio necessario per il bene supremo.
Bugie, bugie. Non si può imporre un massacro per mantenere la pace. Panem non ha bisogno di questo. Esiste un'altra soluzione, che non impone vittime e violenze, ma è una strada lunga e difficile e i capitolini sono troppo pigri e corrotti per volerla. A volte mi domando se c'era un modo per evitare tutto questo. Stiamo inevitabilmente pagando le colpe dei nostri genitori.
L' accompagnatrice si dirige verso le bocce di vetro, cercando di ondeggiare i fianchi il più possibile.
“Estraiamo il nome della fanciulla che avrà l'onore di combattere in questa 21° edizione.... Stacey Drapeau”. Quel cognome.... dove l' ho già sentito? Mi sembra in una nottata senza stelle, il vento soffiava forte e faceva molto freddo.
“Rimani concentrato Spencer, a breve tocca a noi”. Marcus mi richiama all'ordine. Ha ragione, non posso distrarmi ora. Mi sento male, ho paura per me e per i miei amici. Mi mordo il labbro cercando di scaricare la tensione. L'attesa mi sta uccidendo.
Estrai quel cazzo di nome.
“Reese Granberry”. Chiudo gli occhi incassando il colpo. È il fratello di Francis, il suo unico parente in grado di lavorare. Se morisse nell'arena, Francis sarà spedito all'orfanotrofio. Si raccontano storie orribili su quel posto.
Tutto si muove al rallentatore: vedo Reese andare incerto verso il palco, Francis correre cercando di raggiungerlo, i pacificatori armati che si preparano a sederlo e Marcus che mi afferra il polso destro con forza. Le sue mani sono sudate ed è facile per me svincolarmi. Sono pronto.
“Mi offro volontario come tributo”. Marcus mi spintona con rabbia facendomi per poco cadere.
“Che cazzo combini! Ti sei bevuto il cervello?” È la prima volta che gli sento dire una parolaccia in vita mia e ne rimango sorpreso. Posso capire il suo dolore, ma non potrei mai vivere sapendo di non essermi fatto avanti per il bene di un amico.
“Ho preso la mia decisione, non interferire”. Lo lascio di stucco, in mezzo alla folla. Sento gli occhi di tutti puntati su di me. È raro vedere un dodicenne volontario, perfino nei distretti favoriti, figuriamoci qui al sei, dove nessuno ha mai vinto. Poco importa ciò che gli altri penseranno del mio gesto: ho agito nel giusto, è l' unica cosa che conta.

Per realizzare il suo sogno, il piccolo bambino partì
verso una terra ignota e sconosciuta,
nonostante il parere contrario degli adulti.
Che senso aveva una vita da vigliacchi ipocriti?” si chiese.
Avrebbe realizzato il suo sogno?

Connor MacLeod, distretto 7

Che bello, piove! Questo sì che darà qualche problema alla regia: le immagini saranno disturbate, l'abito dell'accompagnatrice zuppo e il suo trucco irrimediabilmente rovinato. Me l'immagino a frignare dentro il municipio. Che splendida giornata.
“Che giornata del cazzo!” sbotta Jessica buttando l'ombrello giallo ormai distrutto a terra.

“Ti sembra il modo di parlare di una signorina?” le domando con l' unico scopo di innervosirla ancora; le uscite maschiliste la mandano fuori dai gangheri.
“Ridi, stronzo, ridi che adesso prendo l' accetta e ti trasforma in donna”.
“Pensavo che Jill ti fosse sufficiente come sorella”. La mia adorata sorellina mi guarda con odio. Credo che se potesse mi incenerirebbe.
“Sei solo invidioso del fatto che io a differenza tua ho i capelli”. Per tutta risposta le scompiglio l'acconciatura facendola innervosire ancora di più. Così impara a prendere in giro il mio splendido taglio. Quando ho iniziato a prendere i capelli mi sono disperato, temevo di apparire brutto agli occhi delle ragazze e di non rimediare più figa, ma in realtà questa calvizia mi ha donato un certo fascino agli occhi di alcune. Sembro più adulto, più forte. Non molti vivono abbastanza per poter assistere allo spettacolo della caduta dei propri capelli. Devo ritenermi fortunato.
Lungo la strada incontro alcuni miei colleghi ed ex compagni di scuola, con un umore simile a quello di Jessica o disperato come quello che aveva Jill quando era ancora in età da mietitura. Incrocio lo sguardo anche con qualche pacificatore. Credo che quest'anno tocchi a me essere mietuto. Ho catturato troppe inimicizie negli ultimi tempi, e Capitol riesce sempre a farla pagare ai propri nemici. Non mi pento delle mie azioni, se la sono cercata.
Intanto però, ho già avvisato i ragazzi che potrei essere assente nel prossimo periodo.
“Jessica....”
“Lo so, non fare figure di merda, se vieni presa non mostrarti debole, e soprattutto non fidarti dei favoriti. Lo so, lo so” mi interrompe lei annoiata. Volevo augurarle buone fortuna, ma fa niente. Meglio così, quegli della mia famiglia non sono abituati alle sdolcinerie.
“Veramente volevo dirti che se venissi presa, di non ammazzare tutti nel giro di quattro minuti. Capitol vuole lo spettacolo e non la prenderebbe bene”. Jessica finge una risata ironica. I suoi bellissimi capelli castani sono un disastro.
“Molto divertente Connor” si strizza i capelli senza degnarmi di uno sguardo. Rimaniamo in silenzio per qualche secondo. Un errore da novellini: parlare, parlare e parlare. Non bisogna pensare a quello che sta per avvenire o non riuscirai più a fare altro. Il volto di Jessica infatti si inscurisce e mi guarda intensamente con i suoi occhi scuri “Non fare cazzate”.
“Non faccio mai promesse” le rispondo allontanandomi senza aspettare una replica. Odio gli addii.
Mi sistemo al mio posto, in mezzo ai maschi. Mi rendo conto che non parlo con molti di loro da molto tempo: da quando ho lasciato la scuola non ho molte occasioni per parlare con gente più piccola di me. Passo quasi tutto il mio tempo con gente leggermente più grande se non addirittura con padri di famiglia. Devo dire che mi ci trovo bene: il lavoro a tempo pieno mi ha fatto crescere facendomi diventare un uomo.
“Silenzio quaggiù” sbraita improvvisamente un pacificatore con evidenti problemi di udito, visto che il caos proviene da tre file più in fondo. Mi rifiuto di credere che sia il caso: non è possibile che i pacificatori più idioti li mandino tutti proprio qui da noi. Se solo avessi un nichelino per ogni stronzata che combinano....
L'attempata Paula appare nel palco con un impermeabile rosa caramella a cui ha abbinato degli stivali bassi adatti al maltempo. Paula è assegnata al nostro distretto fin dalla prima edizione: Capitol è talmente affezionata a lei da non volerci rinunciare, nonostante il suo culo assomigli ormai a una prugna secca. Voglio dire: perfino Jill è più carina di lei.
“Benvenuti ai 21° Hunger games, miei cari!” squittisce lei salutando con ampio gesto l'intera piazza. È adorabile quando crede che anche noi l'amiamo.
“Direi di passare la parola subito al nostro sindaco”. Alzo gli occhi esasperato. Se penso che il peggio della giornata deve ancora arrivare... Cerco di distrarmi concentrandomi su altro: l'odore del pino, il lavoro da fare domani, le tette di Amanda (è proprio carina tutta bagnata)... ogni cosa va bene.
“Bene, bene, miei cari amici, direi che è il momento di iniziare”. Paula si avvicina alla boccia di vetro saltando sulle pozzanghere come se fosse una bambina. Quanto si diverte questa sadica puttana?
“Norma Chase”. Egoisticamente tiro un sospiro di sollievo. Mi dispiace per Norma, è una brava ragazza, ma meglio lei che Jessica o Amanda. Mi sento un po' in colpa per questi pensieri, magari passerò a salutarla e le regalerò qualcosa, a meno che non venga estratto come sospetto. In questo caso avrò più tempo per scusarmi.
“Ora tocca ai ragazzi”. Ho il cuore il gola, è il mio momento, me lo sento.
“Jason Manson”. Questo è un vero e proprio pugno nello stomaco. Sento l'urlo agghiacciante di Joseph dagli spalti. Pover'uomo: non può perdere l'ennesimo membro della sua famiglia nel giro di così poco tempo. Ha già perso la moglie e il fratello, non basta? Perché le disgrazie vengono sempre una dietro all'altra? Il piccolo Manson non potrà mai sopravvivere: non hai preso in mano un'ascia, è malaticcio e psicologicamente ancora debole per la morte prematura della madre.
Devo fare la cosa giusta. Io ho più possibilità di farcela.
Alzo la mano con fatica, come se i miei muscoli lottassero contro la mia decisione.
“Mi offro volontario come tributo”. Ok, la frittata è fatta. Non posso più tornare indietro. Respira Connor, respira. Fai entrare l'aria pulita dei boschi dentro di te che non avrai molte occasioni per farlo nel prossimo periodo. Siamo pronti? Ok, andiamo.
Mi muovo verso il palco con la schiena dritta e oscillando le mie braccia muscolose per metterle bene in vista. I miei avversari devono capire che sono un avversario temibile, anche se non sono uno spocchioso proveniente dai distretti più ricchi. Devo dimostrarmi freddo ed impassibile, per questo ignoro gli insulti gridati da Jessica, a qualche colonna di distanza.
Sono dentro adesso, nessuno mi impedirà di tornare a casa.

Carlie Marty Hamilton, distretto 9.

Giro e rigiro il filo d'erba dentro la bocca. Non so cosa darei per essere sdraiato sul bel prato proprio in questo momento.
“Bel fustacchione a ore due, Carlie”. Gail indica in maniera rumorosa e vistosa un ragazzo moro con il culo di marmo. Le abbasso il braccio velocemente accertandomi contemporaneamente che nessuno ci abbia sentiti o visti.

“Sei impazzita Gail? Ti ho detto che...”
“Sì, sì, che è una cosa che deve rimanere in gran segreto fra te e me”. Mi interrompe lei annoiata. Quando fa così mi chiedo se abbia fatto la scelta giusta a confessarle il mio segreto. Per carità: Gail non mi ha mai preso in giro circa la mia natura, l'ha accettata senza sbattere ciglio, ma la considera una cosa troppo normale. Insiste che dovrei dirlo a tutti, soprattutto i miei genitori, ma non me la sento e non so se mai me la sentirò davvero. Sento l' urgenza di cambiare discorso.
“Sei riuscita ad addormentarti ieri sera?”. Tecnicamente l'argomento mietitura è l' unico tabù fra noi, ma oggi, e soltanto oggi, facciamo un'eccezione. Gail inizia un lungo monologo sulla sua nottata e sulle disavventure che ha avuto: l'incessante mal di pancia causato dall'ansia, sua madre che per poco non bruciava la cucina per riscaldare un po' di latte caldo, il fratellino che si sveglia e non ne vuole sapere di andare a dormire, e infine la litigata con i vicini che erano stufi marci per la confusione. È per questo che l'adoro: ha sempre qualcosa da dire, non esistono silenzi imbarazzanti con lei. Nella sua mente ogni cosa ha la sua importanza e la sua dignità. Lei è la tolleranza e l'allegria.
“Tu invece?”
“Abbastanza. Ero in ansia anch' io, ma al lavoro mi aveva distrutto. Sono crollato senza neanche accorgermene”. Sento effettivamente la giornata di ieri ancora addosso: i muscoli delle braccia e delle gamba sono indolenziti; sono abituato al duro lavoro ma ieri è stato veramente tremendo. E' come se si volesse aumentare improvvisamente la produzione...
“Carlie? Ci sei ancora?” mi domanda Gail distraendomi dai miei pensieri. Accenno un sì con la testa sorridendole. Non voglio farla preoccupare più del dovuto.
“Va bene. Ci vediamo dopo.” Gail mi abbraccia dandomi un piccolo bacio sulla guancia. “Sputa quel filo d'erba”. Mi ordina poi prima di farmi un ultimo accenno di saluto con la mano. Eseguo i suoi ordini e cerco il mio posto. Essendo fra i più grandi, il mio posto si colloca fra le ultime file; dietro di me ci solo solo i diciottenni. I più piccoli qui al nove si collocano davanti perché sono solitamente più bassi e dunque difficilmente visibili con altre soluzioni.
La mietitura è preceduta, da sei anni a questa parte, da dei balli locali danzati da alcune ragazze. Non lo sopporto, è veramente dissacrante: ventitré ragazzi moriranno anche quest' anno e questi festeggiamenti rendono ancora più disgustosi gli Hunger games. Non ce l'ho con le ragazze, so che lo fanno per i soldi, ma ce l'ho con Capitol. Non contiamo niente per loro, siamo solamente delle scimmie ammaestrate.
Il copione si ripete con la stessa precisione degli anni passati, perfino i movimenti e i vestiti dell'accompagnatore mi sembrano sempre gli stessi. Come possono davvero emozionarsi i capitolini per una cosa del genere? Non riescono a vederne l'orrore? Perché almeno loro non distolgono lo sguardo? Noi non possiamo, ci sono troppe cose importanti su quell'arena per guardare altrove. Loro che scuse hanno?
Una nausea prepotente mi imprigiona. Voglio scappare e non tornare mai più.
“Donna Sanchez”. Una diciottenne dai capelli lunghi e mori, attraversa tutta la piazza guardandosi intorno freneticamente nell'assurda speranza di una volontaria. Credo di averla vista a scuola, insieme alle ragazze più popolari: un'ape minore sempre al seguito della sua regina.
Donna sale sul palco guardando insistentemente il suo vecchio gruppo di amiche, ma loro ignorano la sua presenza facendo finta di non conoscerla. Sono sicuro che rimpiangeranno questo loro comportamento per tutta la vita.
Il turno degli uomini è prossimo e io riesco a pensare solamente a una cosa: non me, ti prego, non me.
“Carlie Marty Hamilton”. Devo sentire il mio nome due volte per realizzare cosa sta succedendo. Mi sembra tutto così surreale: sapevo che c'erano delle possibilità, ma speri sempre che non tocchi a te. Io non so sinceramente cosa fare. Una parte di me cerca ogni qualsiasi via di fuga, ma so che sarebbe tutto inutile. Sono fregato, non posso più sfuggire.
Carlie, Carlie!” Sento Gail che urla da lontano, che cerca di venirmi incontro, ma che non ci riesce perché trattenuta da due pacificatori. Lei non è solo la tolleranza e l'allegria, lei è il coraggio. Sono il suo migliore amico, non posso essere da meno.
Ricaccio indietro una lacrima e sorrido amareggiato prima di muovermi con calma verso il palco. Il mio sguardo è alto, in segno di sfida. Cerco di mostrarmi sicuro e senza paura. Devo dimenticare tutto ciò che sono stato: Carlie l'omosessuale che vive in un armadio, Carlie il contadino, Carlie lo studente pigro. Adesso sono Carlie il tributo e non sarò niente di meno o di più di questo.
Stringo la mano alla povera Donna con forza.
Volete lo spettacolo maledetti stronzi? Vi accontenterò.

Alexander Armstrong, stagista-schiavetto, distretto 4

Asdrit accompagna lentamente il cucchiaio alla bocca. Credo di non aver mai visto nessuno mangiare con così tanto gusto un budino alla vaniglia. Capitol è famosa anche per le sue prelibatezze, e il budino è uno dei dolci più semplici che ci si può trovare. Ho sempre pensato che Asdrit fosse una signora da alta pasticceria, ma evidentemente mi sbagliavo.
È stimolante parlare con lei, è molto più affascinante ed intelligente di quello che mi immaginavo. È una sorta di genio nel suo settore e ho intenzione di sfruttare questo incontro per assimilare più trucchi possibili.

“Alex, sai perché ti ho chiesto di rimanere con me?” mi chiede lei all' improvviso. Non mi piacciono i diminutivi, ho sempre avuto l'impressione che sminuissero la persona.
“Mi chiami Alexander, per favore”. Asdrit sorride educatamente, accettando la mia richiesta.
“Allora, lo sai... Alexander?” sottolinea il mio nome con forza, guardandomi dritto negli occhi. Non avrei mai pensato di sentirmi attratto da una donna così matura, con quasi il triplo dei miei anni. Da giovane doveva essere uno spettacolo, una delle donne più belle mai esistite. Non ho alcun dubbio a riguardo.
“No, signorina Mars” rispondo sinceramente. Dopo che che il capo dei pacificatori si era congedato, mi aveva invitato a pranzare con lei. Non potevo assolutamente perdere un'occasione del genere, così ho accettato.
“Forse il mio è il discorso nostalgico di una vecchia signora, ma trovo incredibilmente interessante la tua generazione”.
“Non dica così, non mica così anz..” Asdrit mi fulmina facendomi arrossire completamente.
Una volta ottenuto il mio silenzio lei riprende “Siete nati dopo una terribile guerra, ma siete cresciuti nella sua ombra. Quante storie avrai mai sentito a proposito agli anni bui?”. Tante, le vorrei rispondere. Mio padre ha perso una gamba in un assalto e mia madre ha rischiato di essere stuprata da un gruppo di ribelli. Non mi raccontano direttamente le loro vicende molto spesso, ma lo fanno i loro occhi. Una parte di loro è rimasta lì, imprigionata in quell'incubo. Sono stati i loro silenzi a spingermi a studiare il cinema e la regia. Voglio raccontare quelle storie di cui tutti hanno troppa paura per parlarne.
“Voi siete fra gli ultimi” riprende lei “Gli ultimi che possono capire. Fra qualche generazione, la guerra sarà solo un ricordo, una fiaba lontana che ha visto come protagonisti quasi un'altra specie”. Asdrit volge lo sguardo verso la finestra, verso un paesaggio lontano ed indefinito. “La razza umana è... incredibilmente ottusa. Dimentica subito le lezione imparate, continua a rivivere le stesse sconfitte ancora ed ancora”. Si rivolge di nuovo a me, e ho la sensazione di essere penetrato dal suo sguardo. “Per questo quelli con me e te sono importanti. Noi siamo la memoria”. Mi afferra la mano con forza. Inizio a sentire molto caldo. “Ho visto i tuoi lavori scolastici, Alexander. Sono grezzi, ma hai talento”. Abbasso gli occhi imbarazzato. Nessuno mi ha mai fatto dei complimenti così sinceri e meravigliosi. Asdrit continua a fissarmi. Credo di avere di nuovo il permesso di parlare.
“Quindi vuole che rafforzi il mio talento. E chi meglio di lei potrebbe migliorarmi?”. Asdrit sorride compiaciuta, sistemandosi un ricciolo d' oro dietro l'orecchio.
Quattro bussate arroganti interrompono il nostro dialogo.
“Asdrit Mars, ho atteso abbastanza. Le devo parlare adesso!”. Il capo dei pacificatori del distretto 4 entra prepotentemente nel salone senza aspettare risposta.
“Che maleducazione Colonnello! Si sieda con calma”. Il colonnello rifiuta di eseguire la richiesta e digrigna i denti per il nervoso.
“Come posso essere calmo quando quei due mocciosi ci hanno preso per il culo di fronte all'intera Panem?”. Ah, i gemelli Seven. Dovevo immaginarlo che non tutti avrebbe reagito al loro spettacolo con un fazzoletto alla mano.
“Perché ci avrebbero presi in giro? Ci hanno fatto un regalo stupendo invece. Quale raro gesto di amore...” Il colonnello sbatte furiosamente il pugno sul tavolo, facendo rovesciare un bicchiere di vino rosso. Un gesto troppo teatrale per i miei gusti. In un film sarebbe piuttosto scontato.
“Stavano per fregarci” parla lentamente, come si stesse rivolgendo a un bambino piuttosto tardo. Mi chiedo come faccia a non capire. “Ha idea del macello che potrebbe succedere adesso? Quello era un atto di pura ribelli....
“Adesso la smetta!” Asdrit si alza dalla sedia in uno scatto, alzando la voce e recuperando il rispetto che le è dovuto.
“Questa donna sa cosa sta facendo, signor colonnello. Dovrebbe avere più fiducia in noi capitolini” prendo la parola senza che nessuno mi abbia chiesto niente. Sento il bisogno di dimostrare ad Asdrit che non si è sbagliata nei miei confronti. “C'è un gesto di ribellione se siamo noi i primi a vederlo in quanto tale. Quello dei fratelli Seven è stato sola una bravata dettata dall'amore. Inoltre Brian ha chiesto scusa a tutti. La questione per quanto ci riguarda si chiude qui”. Asdrit mi guarda compiaciuta e orgogliosa. Con questa mia uscita sono diventato ufficialmente il suo pupillo.
“Ma loro, loro...”
“Ha sentito il ragazzo. Per noi la storia si conclude qui. Non saremo certo noi ad ingrandirla e a renderla più pericolosa di quello che è”. Il colonnello sembra essersi calmato, ma non è ancora del tutto convinto.
“E se Panem vede questo gesto come qualcos'altro? Non voglio più perdere uomini come successe durante la guerra”. Asdrit chiude gli occhi, riflettendo per un piccolo momento sull'eventualità.
“Non succederà, non lo permetteremo”.
“Non può rimanere impunito!” insiste lui.
“Sta andando in un'arena, cosa può capitargli di peggio?” La domanda è rivolta a me. È un altro test che non intenzione di fallire.
“Andare incontro all'ira degli strateghi”.

 

 

 

 

 

Finite le mietiture! Mi dispiace che ce ne siano un sacco che non appartengono a nessuno, ma me la caverò lo stesso. Mi avete dato personaggi interessante e voglio ricavare qualcosa di buono da ognuno di loro. Riepilogando (in verde quelli non occupati):

 

 

Donne

Uomini

Distretto 1

Emma Stone

Lawrence Timberwole

Distretto 2

Riley Devries

Achille Pelide

Distretto 3

Harriet Dates

Thomas Biggs

Distretto 4

Marinette Ward

Brian Seven

Distretto 5

Sidney Baxter

Charlie Jones

Distretto 6

Stacey Drapeau

Spencer Triangle

Distretto 7

Norma Chase

Connor MacLeod

Distretto 8

Silk Hone

Daniel Noble

Distretto 9

Donna Sanchez

Carlie Marty Hamilton

Distretto 10

Bezzy Peacock

Warwick Abe Reed

Distretto 11

Anemone Katz

Manuel smith

Distretto 12

Rose Green

Killian Connors

 

Come potete vedere 8 tributi non sono stati occupati e moriranno quasi tutti nel bagno di sangue.
D'ora in poi non presenterò in ogni singolo evento, ogni punto di vista ma ci saranno degli eletti. Comunque ho intenzione di dare spazio a tutti.

Ci vediamo al prossimo capitolo, fatemi sapere se vi piace come tratto i vostri pg.

Alla prossima.

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Capitolo 5
*** Prometto che tornerò ***


Achille Pelide, tributo del distretto 2
Seguo Tiberius all'interno del municipio in una sezione che mi è sconosciuta. L'arredamento è raffinato, così come si conviene a uno dei distretti più ricchi: ovunque poso lo sguardo ci sono stoffe preziose, mobili antichi e quadri che raccontano gesta di gloria. Uno in particolare cattura la mia attenzione: raffigura Eracle, muscoloso e possente, sconfiggere l'idra di Lerna. Mi ricordo di quel mito, mio padre me lo leggeva spesso da bambino.
“Signor Pelide da questa parte, prego”. Tiberius mi fa entrare in una stanza ampia, con un camino spento, una libreria ben fornita e delle poltrone comode.
“Attenda qui mentre chiamo i suoi famigliari”. Il pacificatore se ne va, lasciandomi solo. Grazie al cielo Tiberius appartiene alla categoria “persone che mi ignorano”, non avrei sopportato sguardi di disprezzo anche oggi. Ho venti minuti da dedicare esclusivamente ai miei genitori, so di certo che nessun altro verrà a trovarmi: in fondo io sono il diverso, il trovatello che nessuno voleva, l'estraneo. Perlomeno ho l'amore dei miei genitori e mi basta.
La porta si apre e come immaginavo entrano solo mamma e papà. Con i loro capelli rossi e i loro occhi chiari sono il mio esatto opposto: dovunque capirebbero che mi hanno adottato. La cosa mi fece molto soffrire da bambino, talmente tanto che una volta presi della farina e praticamente mi ci immersi dentro. La mamma quando mi scoprì inizialmente mi sgridò, ma dopo aver realizzato le motivazioni del mio gesto, mi abbracciò forte e mi disse che mi amava con tutta sè stessa. Ancora oggi, quello è uno dei miei ricordi più cari. Esattamente con la stessa foga di allora, mamma si butta fra le mie braccia.
“Il mio bambino!” piagnucola lei accarezzandomi la guancia. Mi godo questo gesto d'affetto, sapendo che non ne riceverò per un bel po'.
“Vincerò mamma, sarete orgogliosi di me”. Mi sono fatto volontario anche per loro: i miei genitori sono la mia unica ragione di vita, e non riuscirò mai a dimostrare appieno la mia gratitudine nei loro confronti.
“Noi siamo già orgogliosi di te, Achille!” papà interviene appoggiando una mano sulla mia spalla, cercando di farsi sentire vicino.  
La mamma annuisce, confermando per l'ennesima volta il suo amore “Come potremmo non esserlo? Sei meraviglioso, hai salvato la vita a quel ragazzino con la gamba rotta. Ormai il distretto avrà finalmente capito quanto tu sia fantastico”. Mia madre è sempre stata una donna squisitamente positiva.
“Ne dubito mamma”. Non sarà un'azione plateale come quella che ho compiuto a far cambiare opinione alla gente. Ho smesso di sperare molto tempo fa.
“Achille” il tono di papà è diventato più duro, come succede ogni volta che mi deve dire una cosa importante. Mi viene naturale in questi casi rizzare la schiena. “Cosa pensano gli altri di te non ti deve toccare, ciò che conta è quello che tu pensi di te stesso”.
“Lo so” rispondo. Questa lezione mi è stata ripetuta molto spesso in passato.
“Molti vincitori tornano psicologicamente e fisicamente distrutti, con i loro ideali rinnegati. Sono irriconoscibili. Achille...” sento lo sguardo di entrambi puntato su di me “Non diventare uno di loro, rimani il bravo ragazzo che abbiamo amato”. Ho seriamente intenzione di rispettare questa loro richiesta: mi è stata data un'educazione ben precisa, con valori chiari e definiti.
“Onore e gloria”. È il motto della nostra famiglia, anche se piuttosto recente.
“Onore e gloria” ripetono i miei, solenni.
“Volete darmi altri consigli?” chiedo. Fino all'arena sarò avaro di suggerimenti validi provenienti da ogni dove.
“Stai alla larga dagli archi” suggerisce mia madre sorridendo. Mi limito a replicare con un'espressione contrariata ed infastidita: non ci credo che mi sta ancora prendendo in giro per quella tremenda figuraccia fatta due anni fa. Proprio oggi, poi.
“Ho imparato la lezione, starò alla larga da quello strumento del demonio”. Mio padre continua a ridacchiare: deve essere buffo per lui, il pacificatore dalla mira perfetta, avere adottato un figlio senza alcun talento in quest'ambito. Il clima sereno è destinato però a durare ben poco: il ticchettio dell'orologio ci ricorda a noi tutti che il tempo sta passando.
“L'altro tributo è Riley Devries” afferma lui all'improvviso. Sapevo che prima o poi avremmo dovuto affrontare questo argomento. Quella ragazza appartiene a una delle categorie di persone che non riesco proprio a soffrire. Scuoto la testa: non posso assolutamente farmela alleata: rischieremo di ucciderci già al bagno di sangue.
“Poco importa: sappiamo tutti e tre che era altamente improbabile che usassi la solita strategia”.
“È un azzardo Achille, ne sei sicuro?” Annuisco con convinzione: non posso fare altrimenti. Non posso assolutamente collaborare con gente del genere. Le ho viste le altre edizioni: i tributi volontari dei distretti favoriti sono soltanto dei boriosi, bugiardi, sadici, traditori figli di papà. Non voglio avere niente a che fare con gente del genere. Non voglio diventare uno di loro.
“Troverò altri alleati”. O andrò avanti da solo. Non specifico a voce alta quest'ultima parte però: non voglio preoccupare la mamma prima del dovuto. Inizio a domandarmi se riusciranno a dormire nelle settimane che seguiranno. L'ansia e la paura tenteranno di dominarci tutti quanti: colui che riuscirà a sconfiggerle vincerà anche gli Hunger games.  
Il tempo è concluso e Tiberius torna a prendermi per scortarmi fino al treno: sono pronto, sono assolutamente pronto.

Riley Devries, tributo del distretto 2
Mi infilo la punta del dito in bocca, ma ormai non ho praticamente più nulla da mangiucchiare: le mie unghie sono cortissime, quasi inesistenti. All'orfanotrofio mi sgridavano sempre per questo mio vizio, ma non sono mai riusciti a farmi smettere. Non che avessero qualche speranza: neppure mia madre c'era riuscita. Temo proprio però di dover fare un nuovo tentativo: questa pratica è poco igienica e può aumentare il rischio d'infezioni. Non credo però che ciò scatenerebbe qualche problema all'interno dell'arena: sono bella, forte ed intelligente, otterrò sicuramente le simpatie degli sponsors e dunque possibili medicinali. Ho studiato con attenzione le precedenti edizioni e so cosa piace sentirsi dire ai capitolini. Ho due strade: mostrarmi umile, educata e femminile oppure mostrarmi arrogante e sprezzante. Temo di apparire debole con la prima strada, opterò per la seconda. Per sicurezza comunque, è il caso di chiudere con questa dipendenza.
Osservo l'orologio: tre minuti sono già passati. Voglio vedere Celyb per rassicurarmi su ciò che dirà quando sarà intervistata. Dove si sarà cacciata?
In un'incredibile coincidenza, la mia amica entra nello stesso istante in cui la stavo pensando. Ha il viso in fiamme ed appare nervosa. Non faccio in tempo a chiederle cosa sia successo, che prende subito la parola.
“Ho brutte notizie, ma non posso dirtele adesso, altrimenti non ascolteresti una singola parola”. Lo dice come se non mi conoscesse: nulla a questo mondo più lasciarmi infastidita o sconvolta, eccetto una mietitura che va contro le leggi basilari della probabilità.
“Riley...” Proprio come temevo: i grandi occhi di Celyb sono lucidi e continua a mordersi insistentemente il labbro, esattamente come quando sentiva i bambini dell'orfanotrofio venire picchiati dalle educatrici. Non voglio che guardi con pietà anche me, non riuscirei a sopportarlo.
“Non osare” le sibilo contro mettendola in guardia.
“Non lo farò, tranquilla”. Celyb si siede su una vecchia poltrona accavallando le gambe. Osserva un attimo il soffitto, come se volesse recuperare la calma, per poi rivolgersi nuovamente a me “Volevo portarti un libro, ma me l'hanno impedito”. È un pensiero carino il suo: mi annoierò parecchio fra un allenamento e l'altro. Un libro mi avrebbe aiutata a prendere sonno.
“Quale libro?” le chiedo incuriosita.
“L'ultimo del professor Bowers”. Già letto, ma apprezzo il pensiero. Immagino che se vincessi potrei anche incontrarlo di persona. Sarà interessante approfondire dal vivo la sua ultima teoria.
“Celyb, studia bene cosa dire all'intervista, tanto li spediranno da te. Evita di raccontarle quanto ti manco”.
“Dipende da che immagine riuscirai a dare. Magari ti farebbe bene se ti attribuissi un po' di dolcezza”. Non ha tutti i torti: a quel punto della gara dovrei aver già fatto capire a tutti quanto sono forte, Celyb potrebbe aiutarmi a sembrare un po' più umana. Potrebbe fornire una falsa immagine di me che catturerebbe le simpatie di qualche riccona dal cuore fragile. Un aiuto a me ne comporta uno in meno ai miei avversari, in fondo. Dovrei lasciarle campo libero, se la caverà. Non che abbia molta scelta perlomeno.
“Va bene, posso fidarmi del tuo cervello. Decidi la strategia migliore”.
“Cercherò di non fargli incontrare tuo padre”. Ottima mossa: il nostro rapporto è pessimo, non riuscirebbe a dire nulla di buono su di me. Neppure niente di malvagio a dir del vero, non mi conosce neanche un po'. “A proposito di tuo padre...”
“Non ho nulla da dirgli” la interrompo bruscamente. Non voglio vederlo, i miei saluti al distretto possono concludersi anche qui.
“È quello che ho detto io” concorda Celyb “Ho cercato di convincere il pacificatore a non farlo entrare, per questo sono entrata in ritardo, ma non c'è stato nulla da fare”. Le credo: sono tecnicamente ancora minorenne, e lui ha ancora il potere su di me. Inoltre è un importante guaritore, nessuno gli negherebbe un favore. Non capisco cosa voglia però: abbiamo convissuto quest' ultimi due anni come perfetti estranei sotto lo stesso tetto. Ci siamo cercati solamente per soldi o commissioni, nulla di più.
“Grazie per avermi avvisato, Celyb. L' apprezzo. Fai la brava in mia assenza e non cacciarti nei guai”. La mia amica sorride e mi saluta silenziosamente evitando inutili sdolcinature. Celyb è una delle poche persone che stimo davvero, l'unica a cui tengo davvero e che mi capisce. Il fatto che non mi abbia dato nessun portafortuna lo dimostra in pieno.
Sposto la poltrona davanti alla porta aspettando l'ingresso di mio padre. Osservo l'orologio: saranno dieci minuti veramente noiosi.
Martin Moore entra dalla porta salutandomi in maniera impacciata. È un uomo giovane, basso, pallido e dai lineamenti marcati. È da quando l'ho visto per la prima volta che mi sono chiesta che cosa la mamma ci avesse trovato in lui.
“Martin...”
“Riley...” Risponde lui. Patetico, tutto questo è solo una perdita di tempo.
“Perché sei venuto?” spero in una sua risposta diretta e invece mi arrivano dei gran fronzoli.
“Come perché? Sei mia figlia”. Alzo gli occhi al cielo esasperata. La stessa balla che mi aveva raccontato quando è venuto a prendermi all'orfanotrofio.
“Sono tua figlia da diciassette anni, eppure stranamente te ne sei ricordato soltanto due anni fa”. Fu un giorno strano quello: era Marzo e nevicava ancora. Stavo scendendo le scale per andare in bagno, quando quest'omuncolo, accompagnato dalla signora May, mi annunciava di essere mio padre. Così, di punto in bianco.
“Riley, ero molto giovane”. Lo era anche la mamma, eppure lei si è rimboccata le maniche e mi ha tirata su, finché non è morta quella dannata serata. Neppure allora si è presentato e ha preferito lasciarmi all'orfanotrofio per ben quattro anni. Non mi ha fatto neppure le condoglianze, non ha nemmeno portato un mazzo di fiori alla tomba della mamma. Per un anno sono stata completamente sola, finché Celyb non ha iniziato ad entrare lentamente nella mia vita.
“La verità, Martin” lo esorto.
“Avevo dei sensi di colpa”.
“Balle, la verità”. Mi ha mentito ne sono sicura, altrimenti si sarebbe impegnato in questi anni. A malapena mi salutava. Non ha mai chiesto nulla di me, su come stavo, su cosa piacesse. Ironicamente non mi sono mai sentita così sola come quest'ultimi due anni.
“Non potevo continuare ad ignorarti” insiste lui.
“Potrebbe essere l'ultima volta che mi vedi, giusto? Dimmi la verità”. Dubito che questa sarà l'ultima volta che vedrò lo spiacevole volto di Martin Moore, ma facendo leva su questo punto dovrà confessare per forza.
“Ecco io...” Martin è sul punto di cedere.
“Devi dirmelo, non farmi morire nella menzogna”. È il colpo di grazie: incrocia le braccia, evitando il mio sguardo. Sembra meditare su come dirmi quello che voglio sapere.
“Ho pensato molto a te da quando ti ho....”
“Abbandonata?” gli suggerisco sprezzante.
“Sì” ammette lui “Non ho trovato mai il coraggio per bussare alla vostra porta. Ma vedi...” prende una pausa incominciando a tormentarsi l'orlo della camicia “Mi avevano offerto un importante contratto di collaborazione con l'arma dei pacificatori, ma il progetto era in bilico. Sai... loro... avevano scoperto di te...” Dovevo immaginarlo. Distolgo lo sguardo disgustata. “I pacificatori devono essere un modello per l'intera Panem, un vigliacco che abbandona la propria figlia non fa una bella figura nell'arma e dunque...”
“Sparisci” lo interrompo senza neanche permettergli di chiudere il discorso.
“Ho provato legare con te! Ma tu sei così fredda e scontrosa!”
“Sparisci” ripeto alzando il tono della voce. Mi sento ribollire.
“Riley, dannazione, ascoltami!”
“Sparisci!” gli urlo tirandogli addosso il fermacarte di vetro che era appoggiato lì vicino. In una sola parola gli vomito una rabbia che non pensavo neppure di essere in grado di provare. Mi giro dall'altra parte, sconvolta dalla mia stessa reazione. Questa non sono io. Non ho la più pallida idea su chi sia la creatura che è esplosa in quel modo così selvaggio. Devo essere stanca. Sì, non c' è altra spiegazione.
Mi giro di nuovo verso la porta, ma Martin se n'è già andato. Per terra ci sono ancora i cocci. Senza neanche accorgermene, la punta dell'indice è di nuovo in bocca.

Sidney Baxter, tributo del distretto 5
Infilo il candelabro d'argento dentro la manica, approfittando del fatto che nessun pacificatore sarà qua dentro durante i saluti. Grosso errore: l'ambiente è ben decorato e pieno di cianfrusaglie più o meno di valore, chiunque potrebbe approfittarne.
Non so ancora cosa farmi degli oggetti che ho preso, immagino che li metterò accanto agli altri quando tornerò al distretto. Sarà incredibilmente soddisfacente la mia vita, una volta tornata: soldi e... basta credo. Cosa vuoi che serva per essere felici? L' unica cosa che renderebbe una probabile vittoria ancora più dolce sarebbe la possibilità di trasferirsi all'uno o al due, ma mi rendo conto che è improbabile, se non impossibile: come vincitrice sarei per sempre ancorata qui.
Gli addii sono inutili: ho bisogno di iniziare l'addestramento e di rafforzare il mio fisico, altro che perdere tempo qui ad aspettare nessuno che verrà. Sono consapevole che non riceverò visite: mi odiano tutti. Sono sicura che quegli stronzi dell'orfanotrofio avranno tirato un sospiro di sollievo quando il mio nome è stato estratto. Mi sembrato addirittura di aver visto quelli più grandi applaudire in fondo alla piazza. Ride bene chi ride ultimo: sbatterò il mio premio sulle loro facce malaticce e luride. Non donerò a loro neanche un singolo centesimo.
Ripensandoci quel sempliciotto di Clifford potrebbe farsi vivo. Scuoto la testa: si farà sicuramente vivo. È troppo buono per ignorare la sorellina che rischia di morire. A volte mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere fino ad oggi: la sua genuinità, delicatezza e stupidità lo rendono più adatto alla vita del distretto 10 o 11, non di certo al nostro.
Inoltre, non ho mai capito questo suo attaccamento nei miei confronti, meglio così, però. La sua lealtà mi è stata utile in questi anni.
Come volevasi dimostrare mio fratello entra nella stanza con il suo fisico robusto e i suoi capelli biondi. A una seconda occhiata noto qualcosa di strano: sotto la sua felpa c'è qualcosa che si muove.
“Clifford che cos'hai là dentro?”. Silenziosamente apre la cerniera ed Iv appare con la lingua a penzoli. Non so come reagire la cosa: sono felice di vederlo, ma odio le sorprese.
“Come sei riuscito a portare Iv qui?” gli domando lentamente, voglio essere sicura che mi capisca.
“Ho chiesto che possa essere il tuo portafortuna.” mi metto a ridere: non pensavo che Clifford avesse un tale senso dell'umorismo. L'osservo meglio: il suo faccione non è illuminato da nessun sorriso.
“Sei serio” constato, alzando gli occhi al cielo “Non pensavo che potessi raggiungere un nuovo livello di genialità” aggiungo ironica. Clifford ci pensa su, per poi ringraziarmi del complimento. Devo trattenere la rabbia: almeno lui ha una scusa valida per essere un idiota. Mi limito a contare fino a dieci prima di rivolgergli la parola
“Clifford” dico con un tono di voce leggermente più alto: ho bisogno assolutamente di tutta la sua attenzione “Non posso portare un cane in arena”.
“L' ho chiesto! Devono fare degli accertamenti per verificare se può essere un'arma a tuo vantaggio, ma se va tutto bene, viene anche lui” replica. Spelacchiato e magro com'è, il mio Iv non può essere di certo considerato pericoloso. Lo prendo in braccio, ignorando la sua tipica puzza da cane bagnato. Iv tenta di leccarmi il volto ma lo faccio scendere a terra in fretta, allontanandolo di botto.
“Regola numero tre, cane: non si lecca” Iv ruota la testa a destra per evitare un possibile conflitto. Bravo cane.
“A chi hai chiesto il permesso?” gli domando, squadrandolo.
“Al signore che dava gli ordini a tutti quei tipi con le telecamere, perché?” Fanculo. È ovvio che per il registra la cosa va più che bene: Capitol adorerebbe la drammatica storia di una padrona e del suo cane, anche se piccolo e sporco come Iv. Non è la sua opinione quella che conta però. Clifford si è dimostrato il solito ritardato. Mi sono affezionata all'idea di portare Iv con me, non voglio rinunciarci. Mentre penso a come potrei convincere il sindaco e i pacificatori a portarlo con me, Clifford si è avvicinato a me con il suo passo grossolano cercando di afferrare il candelabro nascosto nella manica.
“Come luccica, Sidney!”. Mi conosce da sedici anni, dovrebbe aver capito che le mie cose non si toccano. Cerco di colpirlo con forza mirando alla testa, ma Clifford riesce a pararsi giusto il tempo con l'avambraccio. Iv inizia ad abbaiare, come se ci chiedesse di smetterla di litigare. Il rumore cattura l'attenzione dei due pacificatori fuori dalla porta e tanti cari saluti al mio bottino.
“Cosa succede qui? Di chi è quel cane?” domanda uno dei due, mentre l'altro si avvicina verso Iv che inizia ad abbaiargli contro, spaventato.
“È il mio cane. Osate toccarlo, maledetti figli di puttana, e giuro che vi farò patire le pene dell'inferno, a voi e a tutto ciò che avete amato nella vostra penosa vita!” Entrambi tirano fuori il manganello, allertati dalla mia rabbia. Non so cosa sia più patetico: due uomini che si spaventano per delle minacce fatte da una ragazzina alta 1.57 m con degli occhiali molto spessi, oppure il loro assurdo tentativo di volermi dare una lezione.
“Sidney, fai la brava per favore” mi sussurra Clifford, evidentemente intimorito per la violenza che potrebbe scatenarsi.
“Fottiti anche tu Clifford, non stare in mezzo”. Se sapesse ragionare, si sarebbe accorto che il loro è solo un bluff, non oseranno davvero attaccarmi: fino ai giochi sono intoccabile. Dubito seriamente che vogliano perdere il loro amatissimo lavoro. Come volevasi dimostrare, entrambi abbassano l'arma. I loro occhi dimostrano tutto il loro disprezzo nei miei confronti. Uno in più o uno in meno, non fa alcuna differenza.
“Spero tu muoia”. Mi comunica il più alto dei due. La cosa buffa è che non è sicuramente il primo ad averlo pensato, oggi.
“Scommetto che tua moglie ti dice la stessa cosa tutte le volte che esci per andare al lavoro.”. Si muove per colpirmi ma il suo collega lo trattiene, evitando così che diventi disoccupato. In pochi secondi, a loro se ne aggiunge un terzo, ha il fiatone.
“Ordini del sindaco: fate partire i due tributi ora. Il destino del cane verrà stabilito a Capitol”. Il regista si sarà già mosso per realizzare quello che sicuramente avrà concepito come il proprio capolavoro. Sono sicura che sta già lavorando sulle future interviste e per la creazione della tragica storia di Iv e della sua brusca padroncina.
Prendo in braccio Iv e sto per seguirli quando Clifford ci ferma brontolando “Ho ancora un minuto da passare con lei! È mia sorella”.
I tre si guardano velocemente come a stabilire un contatto mentale. La decisione viene comunicata da quello che ha fermato il pacificatore alto. “Un rapido saluto e poi si va”.
Clifford si avvicina allargando le braccia, ma lo fermo all'istante: “Regola numero due, niente abbracci”. Lo lascio così, senza alcuna soddisfazione.
So che se la caverà. Tess si prenderà cura di lui.
 
Killian Connors, tributo del distretto 12
Mi chiedo come sia possibile salutare tutto e tutti in così poco tempo. In soli venti minuti dobbiamo dire addio a tutto ciò che per noi ha significato. Non possono assolutamente bastare.
Mi siedo sulla poltrona, incrociando le caviglie. Stringo i braccioli cercando in qualche modo di diminuire la tensione. In poco tempo al ticchettio dell'orologio si accompagnano dei passi provenienti dal corridoio. Sono entrambi passi pesanti di cui uno incredibilmente famigliare: Dylan.
Mio fratello non fa in tempo ad entrare che mi sono già fiondato fra le sue braccia. In passato non andavamo molto d'accordo: troppo simili, troppo irruenti ed impulsivi per non litigare ogni quattro secondi. Il nostro rapporto si è profondamente modificato dopo la morte dei nostri genitori alla miniera: da fratello pestifero, Dylan si è trasformato in un uomo, l'unica persona su cui potevo realmente contare. Per cinque anni si è preso cura di me senza mai lamentarsi, facendo di tutto per nutrirmi, vestirmi e per non farmi morire di freddo.
Sarei potuto essere un fratello migliore per lui.
“Mi dispiace, mi dispiace”. Dylan ricambia rapidamente l'abbraccio per poi guardarmi dritto negli occhi.
“Scusa di cosa, Killian?”. Mi accorgo solo ora che il suo sorriso è identico a quello che aveva papà: le labbra sono serrate e incurvate verso l'alto, i denti non si intravedono neppure. Perfino le sensazioni che lascia sono le stesse: calore, affetto e malinconia. Vorrei confessargli i miei sentimenti ma mi trovo troppo a disagio per farlo. Non sono pronto per tutto questo.
“Killian, ascoltami”. Concentro tutta la mia attenzione su Dylan. Qualsiasi cosa voglia dirmi so già che per me sarà preziosissimo. “Ce la puoi fare. Sei venuto con me nei boschi, qualcosa hai imparato. Sei scaltro, veloce e silenzioso. Ricordati solo di non cercare l'incontro ravvicinato e di mangiare molto a Capitol. Hai bisogno di mettere su peso”. Annuisco: ha perfettamente ragione. Sono troppo magro e nell'arena quasi sicuramente soffrirò la fame, necessito di scorte di energia nella maniera più assoluta. Non dovrebbe essere troppo difficile: quasi tutti i tributi arrivano all'arena leggermente più in carne.
“Spero di riuscire a ricordarmi tutto. Se torno a casa sarà solo merito tuo”. Lo dico sinceramente lasciando Dylan un po' sorpreso, non gli ho mai fatto molti complimenti in vita mia. Sono troppo orgoglioso per dirgli direttamente che gli voglio bene, spero interpreti questa frase come una dichiarazione.
“E tuo, anche. Ricordati di mirare ai punti vitali”. Sento un brivido lungo tutta la spina dorsale. Dovrò uccidere. Faccio ancora fatica ad accettare l'idea. Cosa si prova ad uccidere? Non ho mai messo fine ad una vita, neppure a quella delle prede di mio fratello. Ho visto i loro occhi però. Conigli, uccelli, scoiattoli: hanno tutti lo stesso sguardo di puro terrore tipico di chi ha capito di essere al capolinea. Anche i miei avversari mi guarderanno così?
Il pacificatore apre la porta ordinando a mio fratello di uscire.
“Sii forte, Killian. Ci vediamo al tuo ritorno”. Vedendolo uscire capisco che qualsiasi cosa rimanesse della mia infanzia è ormai morta. Affronterò il mio destino con coraggio, lo giuro.
“Killian?” La voce delicata di Jane mi riporta di nuovo a quella stanzina blu. È bellissima: i suoi lunghi capelli neri sono raccolti in una coda alta, le sue guance sono rosa per l'imbarazzo, le sue labbra carnose sono screpolate per il freddo patito negli ultimissimi tempi. Probabilmente è il pensiero che non ho più niente da perdere che mi spinge ad agire. Le accarezzo il volto per poi donarle un bacio. Jack aveva ragione, Jane contraccambia i miei sentimenti e ricambia il mio gesto con altrettanta dolcezza. Sento il cuore esplodermi dalla gioia: potrei morire qui, in questo preciso istante. Non so quanto tempo rimaniamo incollati. Vorremo stare qui per sempre, dimenticandomi di ogni cosa. Ci stacchiamo per recuperare fiato, continuando a guardarci negli occhi, grigio su grigio.
“Da quanto tempo?” le chiedo a bruciapelo.
“Da sempre, credo”. Che tardo che sono. L'amore della mia vita mi ha aspettato per anni prima che io mi accorgessi di lei. Per sei mesi mi sono tormentato se era il caso o meno di dichiararmi e di rischiare di buttare così un'amicizia, mentre Jane era già lì, che aspettava solo me. La stringo forte a me.
“Tornerò Jane, e raggiunta la maggiore età ti sposerò. È una promessa”. Sono serio, ma Jane evidentemente non la pensa ugualmente,  e si mette a ridere.
“Non è presto per fare promesse del genere? Abbiamo solo sedici anni”.
“Voi donne vi lamentate di continuo che noi uomini fuggiamo sempre dagli impegni e poi...” Jane mi impedisce di terminare la frase, dandomi un altro bacio a stampo.
“Tu torna a casa, e poi ne riparliamo”. Appoggio la mia fronte sulla sua.
“Ti amo Jane”. Ce ne ho messo di tempo per dirlo, ma alla fine ce l'ho fatta. Meglio tardi che mai.
“Ti amo anch'io e vedrai che se sarai te stesso a Capitol ti adoreranno”.
“Certo che sarò me stesso: io sono io e nessun altro”. Jane ha ragione: Capitol dovrà amarmi per quello che sono, con i miei pregi e miei difetti. Ho fatto fatica a costruire la persona che sono e non voglio essere distrutto facilmente. Al momento dell'estrazione ho pensato con dolore a una mia eventuale trasformazione, ma non voglio. Non permetterò che mi accada. Posso evolvermi in un guerriero, perfino in un assassino, ma voglio rimanere fedele a me stesso. Non leccherò nessun culo capitolino. Se sconvolgessi la mia natura morirei nell'arena in ogni caso.
Che senso avrebbe allora?

Warwick Abe Reed, tributo del distretto 10
Sento tutte le cinque dita di Emilie ancora sulla guancia destra. È entrata nel salotto come una furia e mi ha colpito prima che riuscissi a realizzare le sue intenzioni.  Probabilmente avrebbe tentato di colpirmi di nuovo, se Kylian non l'avesse fermata.
“Sacco di merda”. Mi sibila lei ancora in preda alla rabbia. “Testa di cazzo maledetta”.
“Fottiti Emilie, nessuno ha chiesto la tua opinione.” le rispondo parecchio irritato. Quella di farmi volontario è stata una mia decisione, so quello che faccio. È la mia vita, decido io.
“Quello che Emilie sta cercando di dire è che siamo rimasti sorpresi dal tuo gesto”. Kylian cerca di mediare, come al suo solito, ma non so se questa volta avrà successo: io ed Emilie abbiamo spesso battibeccato, ma non siamo mai arrivati alle mani.
“È stata una decisione dell'ultimo momento, ma posso vincere. Fidatevi”. Emilie si porta entrambi i palmi delle mani sulla fronte, cominciando a ridere istericamente.
“Davvero non capisci, Abe? Davvero?” Questa storia mi sta realmente stancando: non hanno diritto di mettere bocca nella mia vita. Sto per risponderle a tono quando lei riprende “Come puoi essere così egoista? Non pensi a noi? Cosa faremo senza di te? Siamo una dannata squadra!” Emilie parla velocemente, senza neanche riprendere fiato. Nel suo sfogo sento finalmente una nota di disperazione. Ammetto di non aver pensato a come sarebbe stata la loro vita senza di me: male che vada io muoio, abbandonando in ogni caso questo buco dimenticato che è il decimo distretto.  Emilie e Kylian invece saranno soli, con il mio ricordo da portarsi dietro. Spero vivamente che non chiameranno un loro ipotetico figlio come me. Povero bambino, altrimenti!
Mi gratto la testa, a disagio: non so come gestire questa situazione. L'unica è tentare di rassicurarli: “Tornerò” cerco di dire con il mio tono più sicuro. Sono una merda a consolare.
“Kylian, lasciaci soli per favore” Kylian esegue gli ordini della fidanzata ma non prima di avermi dato un'ultima pacca sulla spalla, pregandomi di non abbassare mai la guardia dentro l'arena.
Io ed Emilie rimaniamo soli, non so quanto tempo abbiamo. C'è un silenzio pesante nell'aria e ho urgenza di spezzarlo.
“Emilie, senti...”
“No, senti tu!” mi interrompe bruscamente “Sono stata per anni indecisa fra te e Kylian” spalanco gli occhi dalla sorpresa: questa mi è veramente nuova; solitamente riesco a cogliere queste cose. “Grazie al cielo ho scelto Kylian e non te”.
“Non c'è bisogno di offendere Emilie” non mi piace dove sta andando a parare questo discorso.
“Io ne ho bisogno” sottolinea lei con voga “Sei un bel ragazzo, intelligente, schietto e sai anche essere gentile quando vuoi e poi....” si ferma cercando le parole giuste. La sua voce è roca, temo stia per piangere. “... poi combini cazzate come queste, dimostrando tutto il tuo egoismo e la tua superficialità! Perché sei così autodistruttivo? Ti stai uccidendo!” ora piange a dirotto, vorrei avvicinarmi per consolarla, ma mi respinge dandomi una leggera spinta. “Non te ne frega nulla dei cuori infranti che lasci dietro di te?” Emilie mi lascia con questa domanda retorica, senza darmi alcun modo per replicare. Mi siedo sulla poltrona cercando di rielaborare l'accaduto. Mi sento una merda, ma non posso sprecare il mio tempo a rimpiangerli. Vorrà dire che troverò un modo per farmi perdonare quando tornerò.
“Wadrick Reed, c'è un' altra visita” mi annuncia il pacificatore. Sapevo che avrei avuto quest'altro incontro difficile, ma farei davvero di tutto per evitarlo.
Lo zio Harrison entra zoppicando più o meno come al solito. La sua espressione è quella di sempre: quella di un vecchio rompicoglioni che ha sempre qualcosa di negativo da dire.
“Ehilà, vecchio stronzo!” Lo saluto sapendo benissimo quanto questo linguaggio lo disturbi: tanto è sempre incazzato per qualcosa, cosa vuoi che cambi?
“Sciacquati la bocca, disgraziato! Non ti ho insegnato davvero niente?” e adesso partirà la solita noiosa manfrina “Sei come tuo padre: insolente, cattivo e frivolo”. Esattamente come volevasi dimostrare.
“Mentre tu, zio, sei un santo, non è vero?” E' sempre la stessa storia da ormai undici anni: neppure al funerale di mamma e papà si è risparmiato. Lo odio con tutto il cuore.
“Magari fossi un santo, almeno non starei qui con te”. Harrison sputa per terra in un teatrale gesto di disprezzo. “È  successo alla fine, dunque? L'ingordigia ti ucciderà come ha ucciso i tuoi?”
“Non farlo”. Non può aver davvero tirato fuori questo discorso. Non voglio ricordare! È così difficile da capire? Le urla dei miei non infestano già abbastanza le mie notti? Perché devono essere presenti anche di giorno? L'accenno ai miei modifica bruscamente il mio umore: se prima potevo sforzarmi nello stare qua dentro, ora non posso più tollerarlo.
“Cosa? Non vuoi parlare di quei criminali dei tuoi? La mela non è caduta lontano dall'albero, e lo sai”. Ne ho abbastanza di queste stronzate e mi alzo per andarmene quando mio zio mi ferma, afferrandomi per il braccio.
“Non pensare di andartene così facilmente, ingrato!” sbotta lui, rosso in volto.
“Si può sapere che cazzo vuoi da me, vecchio di merda?” Harrison alza la mano per colpirmi, ma a differenza di Emilie sono pronto e lo blocco.
“Non parlarmi in questo modo! Te l'ho detto un centinaio di volte!” Lo zio si libera dalla mia stretta continuando a sbuffare “ Sono qui per rimproverarti, mi sembra ovvio! Speravo davvero che diventassi un bravo ragazzo, volevo un buon futuro per te! Invece sei qui, volontario per farti ammazzare”. Sono al limite, non lo reggo più.
“Ho visto come ti sei impegnato nel prenderti cura di me! Se non mi fossi arrangiato, sarei morto di fame!” Crede sul serio che abbia dimenticato i crampi allo stomaco e i lunghi digiuni?  Ho passato il mio ottavo compleanno ad imparare a costruire trappole per topi! Sono andato avanti quasi due anni con quelle piccole prede!
“Chi ti ha dato un tetto sulla testa? Chi ti ha dato dei panni puliti? Chi ti...” non ascolto più una sola parola. Mi avvicino alla porta, bussando nella speranza di catturare l'attenzione del pacificatore di guardia.
“C'è qualcosa che non va?” mi chiede la guardia, incuriosita. Non deve capitare spesso che il tributo fugga dai saluti.
“Mi porti via, qui ho finito”. Il pacificatore mi fa cenno di seguirlo, grazie al cielo senza fare domande. Adoro le persone che sanno farsi i cazzi propri.
Finalmente le urla di Harrison sono lontane, e mai più mi raggiungeranno.







Capitolo tostino. Abbiamo due nuovi PoV: Achille e Sidney. I saluti sono più brevi rispetto a quelli del libro, ma ho pensato che in 50 anni le regole possono anche modificarsi un pochino.
Con il prossimo capitolo, tutti i personaggi avranno avuto un loro approfondimento. Ringrazio tutti coloro che dedicano il tempo a seguire questa storia.
Alla prossima.

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Capitolo 6
*** Strategie ad alta velocità ***


Emma Stone, tributo del distretto 1, in viaggio verso Capitol City

Mamma e James ci hanno concesso giusto una mezz'oretta per noi; ne ho approfittato subito per farmi una doccia. Sono quasi volata via, dovrò scusarmi con tutti per l'irruenza che ho avuto. Spero capiranno, ne sentivo l'urgenza.
Prima di uscire mi osservo allo specchio, sembra tutto in ordine: i miei lunghi capelli neri sono raccolti in uno chignon perfetto, anche il trucco è encomiabile. Indosso la collana di perle, regalo di mia madre, e sono pronta. Esco dalla stanza camminando con un passo elegante che ho fatto fatica a fare mio. Sono quasi arrivata al vagone designato per l'appuntamento con i mentori, quando sento una strana canzone in sottofondo.

 

Uno e due, mucca e bue,

tre e quattro, cane e gatto,

cinque e sei, sono miei,

sette, otto, c'è un tigrotto,

a quanti siamo? Ricominciamo!”

Lawrence è stravaccato sul divano e, agitando le mani come un direttore d'orchestra, intona la melodia. Il ragazzo si accorge in pochi secondi della mia presenza e mi fa un cenno di saluto grossolano con le mani. Non posso non notare che indossa ancora le scarpe, sporche di polvere e chissà cos'altro.
“Emma! Canta con me!” Mi invita lui. Non conosco la cantilena, ma anche se la sapessi non credo che mi unirei lo stesso, mi sembra inadatta a questo ambiente. Senza contare che questa canzone mi sembra incredibilmente infantile.
“Sono spiacente signor Timberwole, non conosco il testo”.
Di fronte alle mie scuse, Lawrence inizia a ridere. “Santo cielo, ma da dove sbuchi fuori?”
“Ho altri gusti musicali” mi limito a rispondergli. Mi sento a disagio e la cosa non mi piace, non sono abituata a parlare con miei coetanei. Lawrence spegne finalmente lo stereo.
“Non intendevo questo” mi corregge lui continuando a gesticolare. “Voglio dire... quanti anni hai?”
“Diciotto, appena compiuti” Mi siedo sulla poltrona accanto al divano, mantenendo la schiena dritta e accavalcando le gambe.
“Appunto ,comportati come tale! Voglio dire: signore? Sono un anno più piccolo di te!”.
“Mi dispiace, non volevo offenderla” Lawrence mormora esasperato una parolaccia a voce bassa, ma non riesco a captarla.
Non è la prima volta che qualcuno mi dice qualcosa del genere, ma sono stata educata così, non posso farci nulla.
“Dammi del tu, ti prego”. Annuisco in silenzio. È sempre così: quando parlo con i giovani sembro irrimediabilmente goffa e maldestra. Odio sentirmi in questo modo ed è per questo che non ho contatti con loro. Lawrence si siede in maniera scomposta, con le gambe aperte, e fa un sonoro sbadiglio.
Preferirei aspettare i mentori in questa quiete, ma Lawrence continua a punzecchiarmi per chissà quale motivo.
“Così sei una ballerina, eh?”. Tiro un sospiro di sollievo: finalmente un argomento con cui mi sento a casa.
“Sì, è un'arte che mi appassiona molto. Stare sul palco e un'emozione indescrivibile: mi fa sentire così viva! Lei... tu sai ballare?” gli chiedo correggendomi all'ultimo. Io e Lawrence saremo fianco a fianco durante buona parte dei giochi, è importante instaurare un legame di fiducia. È fondamentale che superi i miei limiti.
“Non credo che quello che so fare si possa definire ballo” mi spiega lui “Se vuoi ti faccio vedere, però”. Stavo per rispondergli che non ce n'era bisogno, ma Lawrence riaccende lo stereo, mettendo la stessa canzonetta che c'era poco fa. I suoi movimenti sono buffi, scoordinati, a tratti volgari, ma ci mette una tale passione che è quasi da ammirare. Credo sia quello che la mia insegnate di ballo definiva “ballare come se nessuno ti stesse guardando”.
“Ah, ah!” Lawrence smette di colpo, puntandomi l'indice contro. Nessuno gli ha mai insegnato che indicare è maleducazione? “È dunque questo il tuo vero sorriso”.
“Come prego?” chiedo incrociando le braccia e sollevando le sopracciglia.
“Il sorriso che fai di solito, ha un non so ché di falso. Dovresti sorridere in maniera spontanea: il tuo sorriso naturale è bellissimo”. Abbasso lo sguardo cercando di mascherare l'imbarazzo. Ringrazio di aver la pelle scura, altrimenti sarei rossa fino alla punta delle orecchie.
“Sono già partiti i corteggiamenti qui?” James e mamma entrano improvvisamente all'interno del vagone. Mi sento sprofondare dalla vergogna. Osservo il volto della mamma, temendo ombre di rimprovero o d'insoddisfazione, ma sembra tutto nella norma.
“Sono un fidanzato fedele” replica Lawrence mettendo la mano destra sul cuore “Non tradirei mai la mia Garnet, anche se non sono sicuro sul fatto che lei non lo farà con me. Durante i saluti era ancora furiosa”. Sento una strana morsa al cuore: delusione?
“Direi di finire con le bambinate, e di parlare di cose serie, questa non è una scampagnata”. Mia madre cattura l'attenzione e il silenzio di tutti in una sola frase. È una donna seria, determinata, alcuni direbbero rigida, ma solo pochi eletti sanno che in realtà ha un cuore caldo e grande.
“Sono d'accordo” James si posiziona davanti a me e Lawrence. Ha dei tratti del volto più maturi rispetto al fratello, e anche di carattere mi sembra più serio. “Penso che sappiate entrambi cosa significhi giocare da favoriti”. Certo che sì: è la strategia dei distretti più ricchi, nata con gli stessi Hunger Games: la sua nascita fu spontanea e ha quasi avuto sempre successo. “Forse però, non sapete che ha dei costi”. Mia madre annuisce e prende la parola.
“Giocare da favoriti, aumenta le vostra possibilità di sopravvivenza, piochè vi spingerà ad unire le forze. Tuttavia...”
“...tuttavia serve che vi fidiate, almeno per i primi tempi. Eventuali conflitti possono giocarvi caro”. Conclude James. È possibile che loro due abbiano ripetuto questo discorso per anni ed anni, e ciò spiegherebbe la loro coordinazione.
Giocare da favoriti è la carta vincente dei distretti ricchi. Se voglio uscirne viva, devo assolutamente fare gioco di squadra con i miei avversari. Dovrò dormire, mangiare e anche uccidere con loro, finché la cerchia non inizierà a restringersi.
“L'alleanza prima o poi si spezza, però” commento io cupa ad alta voce. Guardo Lawrence, che è del mio stesso identico umore, credo stia pensando allo stesso scenario che ha attraversato la mia testa. Forse non è una buona idea fare amicizia, è meglio instaurare un rapporto professionale. Un legame renderebbe più difficile un conflitto finale.
“Anche. Starà a voi trovare il momento giusto per darvela a gambe. Non dovrebbe essere invece un problema capire quando la festa sta per finire”. Mi sento addosso la tensione che proverò allora, per la prima volta inizio a dubitare della scelta di farmi volontaria. Guardo mia madre che mi sta sorridendo, cercando di infondermi tutto il suo coraggio.
“Il viaggio per raggiungere Capitol è corto, approfondiremo le strategie quando saremo arrivati. È importante conoscere anche gli altri favoriti e i loro mentori. Nell'allenamento dovrete stare insieme il più possibile: vi serve sintonia”. Sintonia, sintonia... a sentire questa parola la mia mente vaga, torna sul palco, indossa le punte e mette Čajkovskij in sottofondo.
“Emma, tesoro, va tutto bene?” La voce di mia madre spezza quell'oasi di pace che la mia mente aveva creato per proteggermi.
“Va tutto bene, madre, è stato solo un momento di stanchezza”. Mi guarda con apprensione. Sono una stupida, non devo farla preoccupare.
“Direi di mettere qualcosa sotto i denti, dovete mettervi in forze. Un po' di zuccheri non ci faranno male” suggerisce James. Intravedo Lawrence che agita le braccia in senso orario, improvvisando un balletto.
“Siamo di fronte a due signore, Lawrence, comportati educatamente!” Lo rimprovera James. I due si allontano, continuando a parlare del più e del meno. Rimaniamo solo io e mia madre.
“Emma, serve che rimani concentrata, lo capisci vero?” Annuisco, sono talmente imbarazzata che non riesco a guardarla negli occhi. “ Hai tanto talento, sono sicura che vincerai. Per questo ti ho chiesto di farti volontaria. Se non credevo in te, a quest'ora non saremmo qui”.
“Hai ragione madre, e chiedo venia. È stato un piccolo errore che non capiterà più”. Le rispondo solenne. Sono una donna forte, devo comportarmi come tale. Faccio un piccolo inchino in segno di rispetto e mi dirigo verso il vagone ristorante: James ha ragione: un po' di zuccheri non guasteranno.

Bezzy Peacock, tributo del distretto 10, in viaggio verso Capitol City

Osservo il paesaggio dal finestrino, a breve saremo fuori dal decimo distretto. Cerco di imprimere nella mia mente ogni campagna, ogni sprizzo di verde che si intravede oltre la recinzione elettrificata. Sono convinta che morirò con queste immagini nella testa: non ho alcuna possibilità di tornare a casa, neppure la mia famiglia ha cercato di rassicurarmi a proposito. Noi del dieci siamo gente sincera, non forniamo false speranze.
Mi chiedo come stiano tutti quanti, in particolare Sheepisy che era prossima al parto. Per fortuna mia sorella Ethel è la migliore veterinaria in circolazione al dieci, di sicuro andrà tutto bene. Chissà se chiameranno il cucciolo in mio onore: sto per morire, sarebbe un gesto gentile.
Stiamo per entrare in una galleria, credo che sia la montagna che segnala il confine fra il nostro distretto e il sei. Mi alzo dal sedile e corro disperatamente verso la coda del treno. So che è schiocco, ma vorrei stare il più possibile a casa. L'agitazione mi fa mettere i piedi in fallo, e come una cretina, inciampo da sola.
Mi rannicchio in me stessa, in posizione fetale, e incomincio a piangere di nuovo. Non riesco ad accettarlo, mi risulta impossibile. Voglio tornare a casa, voglio coccolare i miei cani, giuro che mi impegnerò di più nella fattoria e che non sarò più un peso per nessuno.
Non so per quanto tempo rimango lì, ma quando riapro gli occhi, mi fa male la schiena e sento freddo. Senza neanche accorgermene devo essermi addormentata. Devo aver dormito per molto, dato che il sole è tramontato già da un po'.
Il mio stomaco brontola dalla fame e mi sforzo di raggiungere il vagone-ristorante. Temo che rigetterò tutto, ma devo assolutamente mettere qualcosa sotto i denti.
Apro il portellone con fatica, e trovo l'altro tributo e il mentore seduti a tavola: stanno mangiando uno strano dolce con la crema che non avevo mai visto prima.
“Volevamo chiamarti, ma stavi ancora crogiolandoti nel tuo dolore e non volevamo disturbarti” si giustifica il mentore educatamente “È rimasto qualcosa per te, comunque”. Vorrei mangiare da sola, la loro presenza mi ricorda solamente lo scadere del tempo.
“Se posso darti un consiglio, ti conviene ingozzarti finché puoi”. Mi suggerisce l'altro tributo. È quello che aveva fatto arrabbiare l'accompagnatrice. Mi sfugge il suo nome, ma deve essere perfino più sfortunato di me, per essere qui dopo quello che è successo. Non so neppure se si è fatto volontario: quando Mellory ha pronunciato il mio nome, sono semplicemente svenuta. Nella mia testa rimbomba ancora la sua voce. Spero di non rincontrarla durante tutto il viaggio.
“Non ho molta fame” ed è vero: il mio stomaco rantola, ma è come se fosse chiuso. La nausea è prepotente e riesco a stare a malapena in piedi. L'altro tributo sbuffa, mentre il mentore (un uomo che avrà superato la trentina) mi passa una caciotta di formaggio.
“È di produzione del 10, ti farà sentire a casa”. Lo prendo e l'annuso con le lacrime agli occhi: mi ricorda lo scorso Settembre, quando ancora avevo undic'anni e la mietitura non era un mio problema. Era la festa di fine estate e il nonno me ne aveva offerto un pezzo.
“La ringrazio, signore”. Phil mi passa la mano affettuosamente fra i capelli e mi invita a sedermi.
“Allora Phil, me lo racconti o no come hai vinto?” domanda il moretto, mentre si prende una seconda porzione del dolce.
Il mentore si rivolge nuovamente al mio compagno di sventura “Fu relativamente semplice per me: l'arena era un paesaggio glaciale, senza flora e con molta fauna. Chi non morì ucciso, morì dal freddo, finché non rimasi solo io”.
“Devono essere stati una noia!” commenta l'altro, incurante del fatto che ha di fronte a sé l'unico sopravvissuto a quella strage.
“Sì, assolutamente. Per questo non ebbero molto successo. Mi dispiace, ma è altamente improbabile che vi troviate di fronte a uno scenario simile”. Questo spiegherebbe perché non ho mai visto le repliche dei giochi di Phil alla tv. “Non pensate però che fu un'esperienza piacevole” aggiunge Phil “Ho perso delle dita dei piedi e anche un orecchio”. Il mentore sposta una grossa e lunga ciocca castana, facendoci vedere il lato sfigurato. Sento di dover vomitare.
“Bezzy, va tutto bene?” mi chiede lui. Scuoto la testa e cerco di concentrarmi su altro. Noto che l'altro tributo fa di tutto per evitare di osservami, probabilmente si sta trattenendo qualche acidità sul mio conto.
“Direi di accedere la TV, a breve partirà l'epilogo delle mietiture. Studiate bene i vostri avversari, la loro reazione dà grosse informazioni sul loro conto”. La depressione torna a fare da padrona: io sono svenuta, che immagine avrò dato?
Il programma inizia e vedo passare i tributi dei vari distretti, me compresa. Vedo ragazzi giovani e giovanissimi, donne e uomini, bassi e alti. Ce ne sono alcuni che catturano la mia attenzione però: la giovane graziosa dell'uno, la ragazza pimpante del tre e il volontario del sei. Sono contenta inoltre di non essere stata l'unica ad aver fatto una brutta figura: il tentativo di fuga del ragazzo del distretto 3 è più grave del mio svenimento.
“Non hanno fatto vedere l'estrazione del quattro” commenta l'altro tributo (che ora so che si chiama Abe). “No, eccola qui”. Quello a cui assistiamo ha qualcosa di incredibile. Il tentativo di scambio di persona fra i gemelli Seven non si era mai visto. Rimaniamo tutti e tre in silenzio solenne.
È Abe a rompere l'atmosfera “È possibile fare una cosa del genere? Senza alcuna conseguenza?”
“Perché ci dovrebbero essere delle conseguenze? È stata una cosa molto bella quella che ha fatto”. Abe mi fissa aggrottando le labbra.
“Hai mai visto una cosa del genere?” mi domanda.
“No” rispondo io all'istante.
“Perché, secondo te?”. Ci penso su e capisco finalmente l'insinuazione di Abe, ma non sono d'accordo. Dubito che abbiamo organizzato questa sceneggiata per minacciare Capitol City, sono sicura che sia stato un puro atto d'amore. Invidio molto i fratelli Seven, le mie sorelle non avrebbero mai fatto una cosa del genere per me.
“Abe, sei troppo malizioso. Sono d'accordo con Bezzy”. Abe sta per replicare, quando Phil lo blocca “Non ha importanza. Concentriamoci sui nostri giochi, ok?” Abe tentenna, ma finisce per arrendersi. Mi raggomitolo abbracciandomi le ginocchia. Che senso ha per me concentrarmi sui miei giochi? In così poco tempo, neppure il migliore dei mentori potrebbe fare miracoli con me. Tanto vale andare nel mio piccolo appartamentino e tentare di dormire, con un po' di fortuna non mi sveglierò più.
Osservo il paesaggio fuori dal finestrino: niente pascoli o fattorie. Il distretto 10 è soltanto un ricordo.

Anemone “Ane” Katz, tributo del distretto 11, in viaggio verso Capitol City

Nelle ultime tre ore, io e Manuel non abbia fatto altro che ascoltare le chiacchiere dell'accompagnatrice su come dovremo comportarci una volta arrivati a Capitol. I consigli validi sono arrivati solamente la prima ora ed erano relativi sopratutto all'intervista, a come salutare la folla alla stazione e cose del genere. Poi sono arrivati quelli scontati o che ci sono inutili. Ci ha spiegato, ad esempio, come dovremmo approcciarci all'altro sesso, o come si utilizzano tutte le forchette a tavola. È stato divertente però, quando ha ripreso Manuel per aver utilizzato quella della fonduta per grattarsi la schiena.
“Questa roba non ci serve nell'arena” brontola Manuel, esteriorizzando le mie stesse perplessità.
“Eccome, invece” replica Missy “Dovete fare buona figura con tutti, la gente spettegola molto a Capitol. State tranquilli che se vi scaccolate a tavola, nel giro dieci minuti lo sapranno tutti”.
È assurdo come Capitol trovi più vergognoso delle dita nel naso piuttosto che un piatto quasi vuoto tutti i giorni! Non dovrei criticarla però, almeno lei è stata gentile a volerci aiutare, Derek non si è visto per niente invece. Dicono che dalla sua vittoria si sia chiuso in se stesso e che non parli più con nessuno, neppure con la madre. Non so cosa gli sia successo però, non guardo le repliche delle edizioni passate, mi sembra una cosa di cattivo gusto. Me ne pento però, probabilmente se l'avessi fatto mi sentirei più preparata.
“Siamo parecchio stanchi Missy, possiamo riprendere stasera, per favore?” le domando. La nostra accompagnatrice ci pensa un po' e finisce per accettare la nostra richiesta. Manuel si alza dal sedile per sgranchirsi le gambe.
“Manuel, aspetta! Devo parlarti”. Lui mi guarda con il suo unico occhio sano dal basso verso l'alto.
“Va bene, ti va però di cambiare carrozza?”
“Sicuro”. Non ho voglia di chiedergli di formare un' alleanza davanti a Missy. Come ha detto lei, qualsiasi cosa che ci riguarda fa notizia molto in fretta. Seguo il mio compagno nella carrozza successiva e mi siedo vicino a lui su un divanetto morbido color rosso fuoco.
“Cosa volevi chiedermi?” mi domanda lui con espressione annoiata. Non è una buona premessa.
“Volevo chiederti di formare un'alleanza. Se c'è una cosa che i favoriti ci hanno insegnato è che....”
“No” mi interrompe lui bruscamente. La sua reazione mi lascia senza parole. Ero convinta che avrebbe accettato: guardarci le spalle a vicenda sarebbe stato utile ad entrambi ed inoltre nutriamo un minimo di fiducia verso l'altro. Senza contare che sicuramente, se morissimo, desidereremo sicuramente che la vittoria rimanga all'undici.
“Perché?” mi limito a chiedergli. Per quanto ci rifletta non riesco proprio a trovare una risposta.
“Non voglio affezionarmi a te. Ho avuto molti lutti in vita mia e non voglio vedere un'altra persona che amo morire”. Sospiro, non avevo pensato a un'opzione del genere. Tuttavia non riesco ad accettarla, non voglio rimanere sola là dentro.
“Aumenterebbe le nostre possibilità di farcela! Ci aiuteremo a vicenda, e quando sarà ora ci separeremo. Dai pensaci: Ane e Manuel, i gloriosi tributi del distretto 11”. Cerco di buttarla sul leggero, in un disperato tentativo di convincerlo. Non ho successo, Manuel continua ad evitare il mio sguardo.
“Preferisci Manuel ed Ane?” È il mio ultimo tentativo.
“No, mi dispiace. Non è nulla di personale, spero che tu lo capisca”. Manuel si alza lasciandomi di nuovo sola. Mi rannicchio sul divano stringendo il ciondolo di Clè. Vorrei tanto essere lì con lui. È venuto a salutarmi prima, mi ha abbracciato forte e si è scusato per essersi fatto vedere poco nell'ultimo anno. È stato fantastico rivederlo, mi chiedo solo perché abbiamo dovuto aspettare un evento così nefasto. Dopo sono venuti tutti gli altri: Mark, Diantha, Talia, Zarah, Camille... sono stati venti minuti zeppi di chiacchierare, affetto, auguri ed abbracci.
E adesso nulla, non c' è nessuno con me.
Contavo seriamente sull'alleanza con Manuel: non so gestire la solitudine, ho sempre trovato qualcuno a farmi compagnia. Non so se riuscirò a trovare qualcuno fra gli altri tributi: sono di un distretto diverso, potrebbero non fidarsi.
Inizio spontaneamente a cantare l'antica ninna nanna della mamma, non so cosa darei per ricordarmi le parole, o il suo volto. Ero così piccola quando è morta. La tubercolosi mi portato via sia lei che il mio patrigno.
Un'idea bizzarra mi attraversa la mente. Che sia possibile....? No, non può essere qui, sarebbe una coincidenza troppo strana. Del mio padre biologico so solo che è del distretto 6, che è un macchinista e che ha gli occhi azzurri come i miei.
Mi alzo in fretta dal divano, e cammino a passo svelto verso la testa del treno. Potrebbe esserci mio padre, il mio vero padre, su questo treno. Supero i camerieri, gli ausiliari, ignoro Derek e Missy e vado oltre. Raggiungo finalmente l'ultimo vagone. Ad attendermi c'è un uomo sulla cinquantina, magro come un chiodo e con i capelli brizzolati. Cerco i suoi occhi sperando di trovare l'azzurro, ma trovo solamente il nocciola.
“Piccola, tutto a posto?” mi domanda lui. La delusione è tanta, quest'uomo non può essere assolutamente mio padre. Non dovevo caricarmi di così tante aspettative, ma forse non è finita: forse sono colleghi, potrei ottenere delle informazioni utili lo stesso.
“Mi scusi, speravo di incontrare una persona: un macchinista dagli occhi azzurri” dico speranzosa.
Il signore brizzolato ci pensa su qualche secondo, prima di rispondermi “Ce ne sono parecchi giù al sei con gli occhi così, hai altre informazioni?” Non voglio farmi scoraggiare.
“Ha avuto una brevissima storia con mia madre”.
“Ah” si limita a replicare lui. Aspetto in silenzio le informazioni che desidero. Non voglio assolutamente arrendermi. Sapere qualcosa su di lui me lo farebbe sentire vicino. “Immagino che sia relativamente giovane allora, e un farfallone anche... Potrebbe essere Gared, ha sempre avuto un debole per le donne dell'undici”.
Un nome. Sento il mio cuore accelerare, che sia davvero lui? “Che tipo è?”
“Un gran chiacchierone che adora darsi delle gran arie. È uno spasso uscire con lui, racconta sempre delle storie assurde”. Se prima era in dubbio ora ne sono certa: è lui, deve essere lui. Io e questo Gared abbiamo molte cose in comune. Sento di avere un enorme sorriso stampato in stampa. “Bambina...” riprende il macchinista “Non ne sono certo, non farti troppe aspettative”.
“Non importa, potrei morire, potrei non sapere mai la verità. Sapere che forse so il suo nome è meraviglioso”. Il mio interlocutore arriccia le labbra preoccupato. Deve essere senz'altro un uomo buono. Non deve essere facile per lui svolgere questo incarico.
“Hai sangue del sei a quanto pare... avrei una proposta da farti, ma devi promettermi di non fare disastri”. Annuisco con vigore, baciandomi l'indice, esattamente come è usanza all'undici. “Dunque... ti va di guidar
e questo treno?”.

Charlie Jones, tributo del distretto 5, in viaggio verso Capitol city

Quando mi risveglio il sole è ormai sorto da un pezzo. Mi gira la testa, ma è normale visto che ho passato la notte da schifo. Ho impiegato una vita a prendere sonno, non facevo altro che rimuginare sulla figuraccia che ho fatto ieri alla mietitura. I miei avversari staranno sicuramente ancora ridendo di me.
Ieri Louis mi ha detto che devo smetterla di pensare a cosa pensano gli altri e di paragonarmi a loro, ma le cattive abitudine sono dure a morire. Ha anche promesso che si sarebbe preso cura della mia famiglia, in caso morissi. Cercava di essere ottimista, di dirmi che avevo delle speranze, ma neppure lui ci crede in realtà. Ha sempre detto che sono una persona buona, e che i buoni non riescono a sopravvivere agli Hunger Games.
Mi sto di nuovo piangendo addosso; mi sembra quasi di sentire Gemma rimproverarmi.
Ha ragione, hanno tutti ragione. Devo cambiare mentalità, devo pensare che questa può essere un'occasione per diventare una persona migliore, il ragazzo forte che ho sempre desiderato di essere. Basta drammi, devo sforzarmi a trovare cose positive, motivi per vivere.
Inizierò indossando i miei vestiti preferiti: pantaloni chiari e una maglietta viola di cotone a maniche lunghe. Adoro questo colore, credo che mi rappresenti perfettamente. Mi guardo allo specchio e ripeto come un mantra: “Oggi andrà meglio di ieri, oggi andrà meglio di ieri”.
Potrebbe essere una buona idea andare a fare una buona colazione (o pranzo vista l'ora). Su questo treno ci sono leccornie che non ho mai visto in tutta la mia vita: maree di pasticcini, torte salate, bistecche ricoperte di pasta frolla, cigni di frutta e perfino del tonno. Noi del cinque non siamo completamente nuovi al pesce, ma non ci affacciamo sul mare e molte specie ci sono completamente sconosciute.
Ormai con l'acquolina in bocca, appoggio la mano sulla maniglia, ma niente da fare: provo e riprovo ma non riesco ad aprire la porta. Do dei pugni alla porta per catturare l'attenzione di qualcuno, ma niente. Sta iniziando a salirmi l'ansia, non voglio rimanere qui.
“Sono qui! Sono bloccato, aiuto!”grido. Dopo un paio di minuti, un ragazzo con una camicia bianca e un grembiulino verde scuro mi libera finalmente.
“Qualcuno ti ha bloccato l'uscita, c'era una cassapanca qua davanti” mi spiega.
“Non capisco, chi può essere stato?”
“La ragazza che è venuta con te, ovviamente. Davvero non hai sentito nulla questa notte? Deve aver fatto un po' di rumore”. Osservo il mobile, pensando alle ragioni dietro questo gesto. Deve essere soltanto uno scherzo di pessimo gusto, non è la prima volta che mi capita. Ho incontrato tantissimi bulli in vita mia, e a quanto pare Sidney è un'altra che si aggiunge a una lunga lista.
Ringrazio il ragazzo e mi dirigo verso il vagone ristorante: la mia rivale si sta ingozzando di meringhe al limone, mentre il suo cagnolino Iv mangia una bistecca più grossa della mia faccia, talmente voracemente che temo si strozzi da un momento all'altro.
Sidney non ha l'aspetto tipico del bullo: bassa, labbra sottili e screpolate, occhi sporgenti e colorito pallido, ma ciò non cambia la sua natura. Ne ho incontrati tanti come lei, sono solo esseri spocchiosi, che vogliono stare al centro dell'attenzione a qualunque costo, fregandosene di chi hanno di fronte. Gente del genere deve essere solo ignorata.
“Dormi con la bocca aperta, frocetto” dice fra un boccone e l'altro, senza degnarmi neanche di uno sguardo. Il sangue mi si gela nelle vene: mi è entrata in camera e neppure me sono accorto. Nella mia testa si forma l'immagine di lei che scivola nella notte nella mia stanza, con un ghigno malefico ad illuminare il suo volto.
No, questa non è un classico bullo, questa è la mia aspirante assassina, che viaggia con me, dentro lo stesso treno! Se fossimo stati dentro l'arena, la mia gola sarebbe già squarciata. Non posso far finta di niente, qui non c'è in gioco la mia vita, devo farmi valere, o almeno provarci. Come posso spaventarla?
“Anche tu, anche tu lo fai” Di fronte al mio bluff, Sidney inizia a ridere.
“Sì certo, sei talmente furtivo che neppure Iv si è accorto di te”. Maledizione, dovevo pensare a qualcosa di meglio. “Sei un pessimo bugiardo, frocetto”.
“Non sono gay” le rispondo in fretta, forse troppo. Non sono sicuro neppure io del mio orientamento, non voglio che le persone mi giudichino per qualcosa che forse non ha nulla a che fare con me. Come si può essere sicuri su cosa ti attrae, se non hai neanche mai baciato qualcuno?
“Non devi mica giustificarti con me, sai? Cosa vuoi che me ne freghi di cosa combini con il tuo pisellino?”
“Smettila o.....” mi interrompo: non so come continuare la mia minaccia. Non ho mai alzato la voce con nessuno, non ho idea di come si faccia.
“....O....?” continua lei divertita. Abbasso lo sguardo, completamente rosso in volto. Perché sono così? Perché non ho la forza di Gemma, o la fierezza di Louis? Perché devo essere sempre così pateticamente debole? Perché i miei buoni propositi vanno sempre a farsi friggere?
Sidney nel frattempo si è alzata, e mi è talmente vicina da sentire il suo alito che sa di limone.
“Ci vediamo in arena” mi sussurra letale, prima di andarsene, con Iv sempre dietro di lei.
Mi siedo sul sedile lì vicino, completamente sudato. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma non così tanto, non fin dall'inizio perlomeno! Io non voglio morire, voglio tornare a casa dalla mia famiglia, da Louis!
Sento che sta per tornare, sento le lacrime che iniziano a scendermi sulle guance, il battito del mio cuore che accelera, il mio respiro che si accorcia...
“Concentrati sul respiro: ispira ed espira” mi consiglia una voce femminile. Mi volto: è Helia, il nostro mentore. Non mi ero neppure accorto della sua presenza.
Mi piace molto, anche se è capitolina: è professionale ed analitica, si impegna sul serio nell'aiutarci. Ieri ci ha aiutato a studiare i nostri avversari, ipotizzando il loro carattere dalla reazione all'estrazione. Ci ha detto chi tenere d'occhio, ma di non commettere però l'errore di sottovalutare gli altri.
Seguo le parole di Helia alla lettera e in meno di dieci minuti mi sento già meglio. Il mentore mi passa un fazzoletto di stoffa bianco con cui asciugarmi le lacrime. Helia sta per tutto il tempo in silenzio, a studiare il mio volto. Aspetta solo che prenda il coraggio di parlare.
“Sono spacciato, non ho speranze” le confesso. Non so se è una mossa intelligente, ma credo di potermi fidare di lei.
“Sei spacciato in quanto sei il primo a non credere in te stesso” Credere in me stesso...la mia famiglia mi ha consigliato qualcosa del genere.
“Non sono forte come gli altri”. Protesto io. Come potrei mai vincere? Mi sembra impossibile.
“È vero” concorda lei “Ma potresti avere altre abilità. Non pensare alle tue mancanze, ma a quello che hai”. Ci rifletto con calma: ci sarà pur qualcosa che sono in grado di fare...
“So correre”. Mi tornano in mente i pomeriggi primaverili passati con Louis, dopo la scuola. Il ricordo è così prepotente che mi sembra di sentire ancora l'odore dell'erba, il sole che riscalda la mia pelle e la risata del mio amico.
“Sai anche nasconderti?” mi chiede Helia riportandomi alla dura realtà. Ho capito dove voglia arrivare, è una strategia un po' vigliacca, ma non riuscirei a vincere in altro modo. Vedere i giochi come un pericolosissimo nascondino, anziché come un mattatoio senza regole, è più confortante. “Non ti garantirà la vittoria, ma questa scelta aumenterebbe le tue chances. Ti avverto che è improbabile che avrai sponsors dalla tua, sarai completamente solo”. Annuisco, continuando a non alzare lo sguardo. Devo solo fuggire dal bagno di sangue e trovare un buon nascondiglio.
Non sembra difficile, potrei farcela... forse. In fondo cosa ho da perdere ormai?

Rose Green, tributo del distretto 12, in viaggio verso Capitol City

Il vento mi scompiglia i capelli e mi viene quasi da ridere. Queste carezze sono incredibilmente piacevoli.
Non credevo che i treni viaggiassero così veloci, è stupendo. Sono praticamente attaccata a questo finestrino da quando siamo partiti e mi sono allontanata solamente per mangiare e dormire. Se fosse possibile starei qui per sempre, visitando Panem in lungo e in largo.
Mi domando che cosa avesse provato Aloe durante il viaggio, se anche lei si fosse gustata il vento o se avesse pianto in preda alla disperazione. Ha fatto una fine orrenda, spero vivamente di non avere il suo stesso epilogo. Le immagini della sua tortura mi tornano in mente sia di giorno che di notte, e sono stata anche fortunata! I miei hanno impedito a me e ai miei fratelli di vedere la scena per intero. Mamma invece l'ha vista tutta: da allora non dorme, non mangia, parla poco e perlopiù piange. Il giorno che ho perso Aloe ho perso anche lei. Per fortuna c'è ancora papà: spero che continuerà a prendersi cura di tutti, anche se io non ci sarò più.
Sono talmente assorta nei miei pensieri che non mi accorgo che Killian mi ha affiancata. Andava a scuola con mio fratello, credo che una volta abbia pranzato con noi.
“Hai per caso visto passare Cosmo?” mi domanda. Rispondo di non averlo visto dalla sera precedente, al che, sbatte il pugno contro il vetro.
“Merda, quello ci sta ignorando completamente!” La fama di Cosmo è famosa al distretto 12, e tutti lo odiano. Non so se è vero se abbandona i propri tributi al loro destino, o semplicemente non riesce a convincere gli sponsors: Aloe avrebbe potuto salvarsi con un'arma, è vero, ma raramente vengono concessi regali così stupefacenti. Non mi piace giudicare persone che non conosco.
“Magari è impegnato” provo a suggerire.
“Oh, sicuro. Immagino che su un treno che ci conduce alla morte ci sia molto da fare!” sbotta lui “Sveglia Rose, quello ci odia”. Non so come replicare, forse ha ragione papà quando dice che sono troppo buona e che mi fido troppo degli altri. Killian si volta dall'altra parte e rimaniamo in silenzio per qualche minuto, finché non riprende la parola.
“Scusa, non volevo essere brusco”. Gli dico che non fa nulla, che è normale essere nervosi. Mi piace Killian, è una persona sincera e buona. In gamba, insomma. Sono sicura che non mi farebbe mai del male dentro l'arena.
“Dovremo allearci” esordisco all'improvviso. Il mio compagno di sventura spalanca gli occhi della sorpresa, forse non ci aveva neppure pensato, oppure mi aveva escluso a priori. Posso capirlo: sono magra come un chiodo e perfino più minuta rispetto ai miei coetanei. Devo fargli capire, però, che non sono un peso “Sono agile e mio padre gestisce l'erboristeria al villaggio, mi ha insegnato tutto sulle piante. Posso essere la tua personale guaritrice”. Ho sempre pensato che in tutte le mie vite precedenti sia stata in qualche modo legata alle piante, le sento quasi parlarmi, suggerirmi il loro uso e il loro nome. Non per vantarmi, ma credo di avere un vero e proprio talento.
Killian mi guarda compiaciuto e mi accarezza la testa “Si può fare, non riuscirei a farmi più vedere al villaggio se non facessi di tutto per proteggerti”. Grandioso, la certezza di avere un alleato diminuisce la mia ansia. Aloe non fu in grado di stringere amicizia e fu per questo che nessuno andò a salvarla. È importante stabilire una strategia adesso.
“Killian...” mi interrompo, notando come l'attenzione del mio nuovo amico si sia spostata verso la porta del vagone, da dove è appena entrato in nostro mentore. Cosmo indossa un abito simile a quello indossato alla mietitura, ma adesso i colori dominanti sono il grigio e il rosso.
“Dov'eri finito? Ci devi preparare, bastardo!” sbraita Killian puntandogli un dito addosso.
“Non te l'ha mai detto la mamma che è maleducazione dire le parolacce? Fa' il bravo bimbo”. Cosmo ci lancia un occhialino e tenta di andare al vagone successivo ma Killian lo ferma afferrandolo per la giacca.
“Sono quasi due giorni che viaggiamo, e non ci hai ancora detto nulla”. Cosmo si gira di scatto liberandosi. Il gesto di Killian lo deve aver infastidito parecchio: ha le narici dilatate e le labbra serrare. Il suo sguardo mi ricorda quello di un toro fuori controllo.
“Ti dirò due cose, allora: non toccarmi e stammi alla larga” I due continuano a guardarsi con odio. Temo che potrebbe accadere qualcosa di brutto.
“Sei il nostro mentore!” Cosmo alza gli occhi al cielo annoiato.

“Stammi a sentire, pasticcino” dice posando il suo sguardo su di me “La vedi quella bambina? Ne ho viste tantissime come lei, una delle quali identica come una goccia d'acqua” lo spirito di mia sorella è sempre stato con me, ma dal giorno della mietitura lo sento pesante come un macigno. “Guardati allo specchio, piccolo spocchioso. Di irruenti maleducati come te ne ho visti altri venti. Non avete nulla di diverso dai vostri predecessori”.
“Lo siamo, invece!” Di fronte alla rabbia di Killian, Cosmo inizia a sorridere deliziato “Quante volte vi ho sentiti dire questa frase! Siete patetici”.
“Signor Cosmo” esordisco. Abbiamo bisogno di lui, è la nostra ancora di salvezza “ Saremo degli ottimi allievi, vedrà, non ci lamenteremo e faremo tutto quello che vuole”. Il suo sorriso si trasforma in un ghigno crudele, e una forte risata esce fuori dalla sua bocca.
“Forse non sono stato chiaro: voi due siete già morti, qualunque cosa io dica o faccia, non cambierà la vostra sorte. Perché dovrei sudare per voi?”
“Perché è il suo lavoro? Noi stiamo rischiando di morire! Il minimo che possa fare...” Cosmo zittisce brutalmente Killian mettendogli la mano sinistra sopra la bocca.
“Voi ragazzi del giacimento siete i peggiori. Siete rozzi, sporchi, inutili come insetti. Non ho ancora capito cosa se ne faccia di voi il presidente Dreeg, se fosse per me non esistereste neanche più. Vi ammazzerei uno ad uno. Siete la peggior...”. Copro istintivamente la bocca con le mani per trattenere un urlo. Sono bastati tre pugni per trasformare il volto del mentore in una maschera di sangue e di dolore. Anche Killian, ormai in preda alla collera più cieca, è irriconoscibile: ormai mi ricorda più un ibrido dell'arena che il ragazzo simpatico che era venuto a casa nostra.
La scena dura poco: allertati dalle grida alcuni camerieri irrompono nella stanza e li separano. In tutto questo non sono riuscita a muovermi neanche di un millimetro. Semplicemente non sapevo cosa fare. Non va bene, non posso reagire così anche nell'arena.
“Figlio di puttana, mi hai rotto il naso!” Killian sembra essersi calmato e guarda il mentore con puro disprezzo. “State tranquilli che farò di tutto affinché voi moriate là dentro”. Ci urla addosso Cosmo prima di lasciare il vagone in cerca di un infermiere.
D'un tratto, sento il mio corpo pesantissimo e mi siedo con il cuore che batte a mille. Osservo la mano del mio amico: è rossa e gonfia. Deve essersi ferito. Dovrebbe lavarla e disinfettarla: dell'erba di San Lorenzo dovrebbe essere sufficiente.
“Non ci avrebbe aiutato in ogni caso, Rose” sussurra Killian, in parte dispiaciuto per l'accaduto. Non ce l'ho con lui, so che ha perso la testa e che probabilmente il suo corpo si è mosso da solo. Tuttavia non riesco a non pensare a come riusciremo a cavarcela d'ora in poi. Cosmo non voleva aiutarci, è vero, ma non voleva neppure ostacolarci, adesso invece....
“Rose, la nostra alleanza finisce qui”. Questa volta sono io a guardarlo ad occhi spalancati: perché mi vuole abbandonare? “Non guardarmi così e rifletti: se stiamo insieme non avremo alcun aiuto, separati potremo avere una mano dagli altri mentori. Se un nostro alleato riceve del cibo....”
“...Automaticamente lo riceviamo anche noi”. Concludo io. So che ha ragione, ma sono triste lo stesso. Mi piaceva Killian e mi fidavo di lui.
“Se ci incroceremo, faremo finta di non vederci, finché non rimarremo io e te”.
Apprezzo la sua fiducia, ma dubito di arrivare fino in fondo.
Aloe, come sei riuscita a sopportare tutto questo? Dammi la forza, ti prego.

 

 

 

Adoro le accoppiate dei distretti, senza volerlo sono spesso opposti fra di loro!
1)La canzone che canta Lawrence non è mia, ma proviene dai Simpson: https://www.youtube.com/watch?v=vDJAiQAGIW0.
2) Il presidente Dreeg è un semplice anagramma di greed: avidità. Evviva l'originalità XD

Al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 7
*** Al Centro del mondo ***


Fabius Lincon, primo stratega, Capitol City

Cornelia mi tira la manica tutta eccitata, commentando ogni singola cosa che ci accade attorno. Per una bambina della sua età tutto questo deve sembrare un concentrato di colori, energie e stoffe, mentre per un adulto come me è solo agitazione, confusione e caos.
Stasera ci sarà la sfilata sui carri e deve essere tutto perfetto. Appena arriveranno gli ultimi tributi, si attueranno gli ultimi preparativi e poi tutto sarà pronto. Mi rendo conto che il tempo è scarso, ma dobbiamo farcela.

“Papà, guarda quel vestito!” Cornelia indica un abito con un'ampia gonna muccata e un corpetto di pelle con dei lacci intrecciati. Dovrebbe essere destinato a Bezzy Peacock, la timida dodicenne del dieci. Il lavoro di Elenia le farà guadagnare sicuramente dei punti, con quell'abito sarà bellissima.
“Fabius, che onore!” Elenia si avvicina e mi da due baci per guancia. “Ciao, Cornelia, è bello rivederti!” Mia figlia accenna un timido sorriso, per poi concentrarsi sui particolari del vestito.
“Ti sta bene questa nuova tinta”. Elenia fa una piroetta su se stessa, mostrando con orgoglio il suo nuovo look. La conosco da tantissimi anni ormai, e ogni volta che la vedo è sempre diversa. Immagino che sia inevitabile quando vivi in un mondo come questo.
Cornelia continua a guardare l'abito con occhi e bocca spalancati, non sapevo che la moda le piacesse così tanto.
“L'adori, vero piccola?” le chiede Elenia inchinandosi leggermente. La mia tigrotta annuisce con forza, per poi toccare la stoffa della gonna.
“Cornelia, non toccare, potresti rovinarlo”. La piccola si allontana all'istante, ma continua a fissarlo come se non avesse mai visto altro.
Elenia ride, compiaciuta dalla scena “Vedo che qualcuno qui è fan della fantasia animalier!”
“Si chiama così?” chiede Cornelia. Ha decisamente trovato il suo mondo. Potrei lasciarla con Elenia, mentre vado in riunione. Sicuramente si divertirà più qui, che nel mio studio insieme alla mia segretaria.
“Posso lasciarla con te? Ho una riunione urgente” Elenia accetta senza neanche pensarci. Non che è la cosa mi stupisca: ha sempre avuto un debole per i bambini. Cornelia non dovrebbe darle problemi, è vivace, è vero, ma è anche educata. “Tigrotta, fai la brava. Passo a prenderti dopo”.
“Va bene, ciao papà”
Do un piccolo bacio sulle labbra alla mia piccola, e ringrazio la stilista prima di fiondarmi in sala riunioni. Sono in perfetto orario, ma mi piace arrivare in anticipo.
Quando arrivo la sala è ancora vuota. Ne approfitto per rileggermi la scaletta dell'ordine del giorno. Avevo previsto che sarebbe potuto accadere qualcosa di inatteso, ma non pensavo a questo livello. Odio quando mi rovinano i piani. Spero che la riunione di oggi sia sufficiente per riaggiustare il tutto.
Nel giro di un quarto d'ora, tutti i miei sottoposti sono arrivati. Sono tutti eleganti, con la barba ben tagliata o con un nuovo taglio di capelli. Siamo al centro del mondo, dobbiamo essere perfetti.
“Dunque, direi di ignorare i convenevoli e di andare subito al sodo. Abbiamo due ordini del giorno da affrontare: Brian Seven e Sidney Baxter. Direi di partire dalla seconda, visto che è un problema minore”.
Penelope Dawn si alza, ha in mano alcuni riferenti veterinari. “Dal suo arrivo a Capitol, il meticcio Iv è stato sottoposto ad esami clinici e comportamentali da parte dei migliori veterinari ed addestratori del Paese. Il responso non lascia dubbi: non ha ricevuto alcuna forma di addestramento. Sul tavolo ci sono copie delle relazioni per tutti”. Afferro la mia copia e la sfoglio in fretta. A quanto pare Iv non sa attaccare a comando e neppure cacciare. Non sarebbe di alcun aiuto nell'arena.
La parola passa a Fulvio, seduto alla destra di Penelope “Ho parlato con i pacificatori che l'hanno scoperta mentre cercava di portare con sè il cane. Mi hanno pregato di far si che venisse con lei”
“Un gesto gentile da parte loro” commenta Ben, il più giovane fra noi.
“Non direi proprio” Fulvio si accarezza la lunga barba “Dicono che il cane sarà solo un peso per lei e che dunque aumenterebbe le sue possibilità di morire là dentro”. Posso capire perché abbiano preso in antipatia la ragazza: ho avuto modo di parlare con lei appena arrivata e... non posso di certo dire che sia amabile.
“Non possiamo fare entrare il cane là dentro!” obietta Feather “Non è addestrato d'accordo, ma agirebbe lo stesso se Sidney fosse in pericolo!”
“Quel cane è uno scricciolo, non farebbe del male neanche se volesse!” commenta Fulvio “Pensate piuttosto a quanto Panem adorerà quel cagnolino!”. Molte persone seguiranno con ansia la storia di Sidney ed Iv ed è probabile che tiferanno per loro una volta esclusi i tributi dei loro distretti. I miei giochi devono avere successo, devono essere ricordati o non avrebbero alcun senso. Iv può rivelarsi una risorsa, non solo per Sidney, ma anche per noi.
Prima di pronunciarmi però, ascolto l'opinione di tutti, come si conviene a un buon leader.
Una volta che tutti e venti gli strateghi hanno espressione il loro pensiero, effettuo il mio annuncio: “Iv parteciperà ai giochi”.
Gli strateghi mi sorridono, ad eccezione di Ferather che dimostra insoddisfazione e continua a brontolare a voce bassa.
“Il cane sarà presente anche durante la parata, ma non alla cornucopia. Sarà introdotto nell'arena un paio di ore prima. Starà a Sidney trovarlo”. La mia proposta sembra piacere a tutti. Mi dispiace per i poveri pacificatori che dovranno separare quei due, ma ne farà la pena. Non solo ci sarà questa tenera storia d'amicizia, ma anche una disperata ricerca prima che sia troppo tardi.
E il primo problema è risolto.
“Per quanto riguarda Brian?” chiede Ben. Bella domanda, la questione è piuttosto spinosa e neppure io so come comportarmi. Non potevo immaginare che la questione si sarebbe complicata così tanto. Ci venne naturale l'idea di manovrare la mietitura per creare il solito drammone famigliare; l'abbiamo fatto qui, così come l'abbiamo fatto al dodici. Solo che le cose non sono andate come previsto. Lo scambio di persona... quei due sono così identici...
“Ho un dubbio che mi tormenta da giorni ormai” confessa Jupiter, che fino a quel momento era rimasta in silenzio “Credete veramente che quello che stiamo mandando in arena, sia davvero Brian? Se lo scambio di persona fosse stato organizzato all'ultimo, davanti ai nostri occhi? Forse ci hanno preso in giro molto più gravemente di quanto pensassimo”. Un pesante silenzio cala su tutti noi. Confesso che anch'io temo questo scenario. Lars ha vinto i giochi due anni fa e fu un tributo fenomenale, come difficilmente se ne vedono in giro. Non era solo forte ed agile, oh no. Era furbo, intelligente, manipolativo. Sarebbe in grado di compiere un'azione del genere. Forse stiamo rimandando in arena il vincitore, anziché il fratello.
“Non stiamo viaggiando troppo con la fantasia?” commenta Fulvio “Non abbiamo prove!”
“Quelle sono facili da ottenere, potremo costringere uno dei due a confessare, o fare più semplicemente un test del DNA” suggerisce Penelope.
“È possibile? Sono gemelli omozigoti” chiede Pompea.
“Sì, è possibile. Il DNA non è mai perfettamente identico”.
Si potrebbe fare, certo, ma cosa cambierebbe in fondo? Ormai la frittata è fatta. Non possiamo di certo svelare al mondo che forse ci siamo fatti fregare non una, ma ben due volte. In un caso o nell'altro, il tributo che andrà in arena sarà quello che abbiamo mietuto, che sia Brian, o per la seconda Lars, non mi importa.
“Fatelo, ma non dite niente a nessuno” i miei uomini annuiscono all'unisono. Neanche il presidente Dreeg dovrà saperlo. Ho intenzione piuttosto di confessare i nostri dubbi a Snow. Sono sicuro che saprà meglio cosa fare, mi fido di lui.
“La pagheranno, che il tributo sia veramente Brian o Lars, devono pagarla”. La nostra vendetta dovrà essere sottile, e colpirà entrambi. Non dobbiamo avere fretta però: i gemelli Seven sono popolari ed amati, non possiamo attaccarli all'improvviso rischiando di scatenare l'ira di tutti. Aspetteremo il momento opportuno, quando si sentiranno sicuri, vicini alla vittoria e li sembrerà quasi di sentire l'odore di salsedine in lontananza.

Sarà allora che la nostra sciabola calerà sul loro collo.

 

Spencer Triangle, tributo del distretto 6, Capitol City

Il treno inizia a rallentare. Capitol è qualcosa di indescrivibile, nessun documentario o notiziario è mai riuscito a renderle giustizia. Gli edifici sono alti come il cielo, la gente è variopinta e allegra, e le pance sono piene. Perfino i cani sono sani e hanno colori inusuali: ne ho intravisto uno rosa confetto e un altro con un capottino di pelo di volpe.
Tutto sembra più grande, più lussuoso, più largo, più veloce e colorato. È completamente diverso dal sei, eppure noi non siamo completamente sprovvisti di tecnologia.

Non devo farmi ingannare però: Capitol City è un covo di assassini che non ci pensa neanche mezzo secondo prima di mandare al macello ventitrè ragazzi ogni anno. È una città che si riempie di belle parole, che si crede migliore di tutto e di tutti.
Ci dirigiamo tutti quanti verso un'unica uscita, per creare un maggiore effetto al nostro arrivo.
“Ricordatevi, sorridete e salutate. Mostratevi amabili”. Ci ricorda l'accompagnatrice. Cerco di mettere il mio sorriso migliore: devo mostrarmi affascinante, sicuro di me, forte. D'ora in poi inizia la caccia agli sponsors e alle alleanze, non posso fallire.
Osservo Stacey: mi ha evitato durante tutto il viaggio. Non so dire se sia un bene o un male. Non saprei neanche cosa dirle. Ciò che mi ha detto ai saluti mio padre è stato sconvolgente, ha ribaltato molte cose a cui credevo. È stato bello però parlare con lui così profondamente, ci capita così di rado. Ho occupato quasi tutto il tempo dei saluti con lui, riducendo l'addio ai miei amici a una manciata di minuti. Spero mi perdonino, ma quel confronto è stato fondamentale per me. Per anni ho passato a criticarlo per la sua assenza e per il suo silenzio, non mi rendevo conto di quanto in realtà l'amassi e di quanto lui amasse me. Non posso lasciarlo completamente solo, devo tornare.
Il treno si ferma, così come il tempo stesso. Sento il cuore battermi forte per l'emozione.
Il portellone si apre e numerose luci accecanti ci investono. Troppe persone ci riempono di domande, non riesco a sentirne neanche una in quanto si accavallano fra di loro.
Cerco di seguire i consigli della nostra accompagnatrice e rivolgo un saluto a tutti, sorridendo e augurando una buona giornata. In teoria avrei dovuto augurare “buon spettacolo” o “spero di farvi emozionare”, ma non ce la faccio, ogni parte di me si ribella.
Scortati dai pacificatori, proseguiamo verso il Centro immagine dove dovranno renderci bellissimi. Per la strada la folla continua ad indicarci, a parlare di noi; una giovane donna addirittura piange dalla commozione appena mi vede. Il mio offrirmi volontario deve aver commosso qualcuno. In una situazione diversa sarei andato a consolarla, ma penso che sia anche colpa sua se siamo qui.
“Niente piagnistei là dentro, siete guerrieri, non potete farvi spaventare da un po' di ceretta, ci siamo capiti?”. Si raccomanda l'accompagnatrice davanti all'ingresso. Sia io che Stacey annuiamo ed entriamo.
La hall è spaziosa ed alta, i suoi muri sono color celeste, mentre il balcone (presidiato da una giovane da un buffo taglio viola) è decorato con pietre dai colori freddi. L'atmosfera è calma e l'aria profumata.
“Siete già arrivati! Che disastro!” brontola la segretaria vedendoci. “Mi dispiace le équipe di entrambi sono imbottigliate nel traffico, arriveranno al massimo fra una mezz'ora. Potete accomodarvi nel frattempo”. Ci sediamo su delle poltrone morbide ed aspettiamo. Sia io che l'accompagnatrice tentiamo a turno di aprire un dialogo, ma non c'è niente da fare: Stacey è come immersa in un altro mondo, mentre il nostro mentore, Stan, è troppo preso dalla scollatura della segretaria.
Ne approfitto per studiare la mia avversaria: sorride raramente, è molto cupa, passa la maggior parte del suo tempo ad esaminarsi le doppie punte. Mi chiedo che tipo di infanzia abbia avuto, che tipo di valori le abbiano trasmesso i suoi. Non molto positivi credo, so cosa ha fatto suo padre, so perché quel cognome mi è rimasto così impresso.
“Devi osservarmi ancora a lungo?” mi chiede Stacey all'improvviso “Vuoi scattare una foto, già che ci sei?” Il suo malumore mi colpisce in pieno senza alcun preavviso.
“Non volevo offenderti, scusa”. Stacey sbuffa e si gira dall'altra parte. È stato maleducato da parte mia, è vero, ma la realtà è che provavo ad immaginarmi suo padre osservandola. Anche lui ha le orecchie a sventola? Anche lui ha i capelli castani e gli occhi azzurri? Soprattutto però, mi chiedo se anche lei sia una vigliacca traditrice. Per colpa di suo padre, sono cresciuto da orfano.
È tutto nuovo per me, quest'emozione mi è sconosciuta, non so neanche darle un nome. Non è rabbia, non è delusione. So solo che Stacey Drapeau non mi piace e che non voglio averci niente a che fare con lei.
Le colpe di padri non possono ricadere sui figli, ma quando l'osservo non riesco a non pensare a mio padre, alla sua confessione in relazione alla scomparsa della mamma. Per quanto io sia orgoglioso di lei, fa male pensare di non averla più con me a causa del signor Drapeau. A causa sua e di Capitol, ovviamente.
Lei lo saprà? Oppure è ancora all'oscuro di tutto?
“Ti ho detto di smetterla di fissarmi! Mi ascolti quando parlo?” Stacey si è alzata di scatto, facendomi cadere dalla poltrona. Non mi ero neppure reso conto che la stavo ancora osservando.
“Calmatevi voi due” Stan, si volta con una calma quasi innaturale “Avrete tutta l'arena per farvi fuori, godetevi la poca tranquillità che vi rimane”.
Sarebbe strano se fossimo costretti ad affrontarci. Qualcuno direbbe il destino. È ancora presto però, non voglio pensare a questa eventualità. Devo concentrarmi su altro, ad esempio su come muovermi d'ora in poi. L'ideale sarebbe quello di entrare nell'alleanza dei favoriti, ma non so come. Appena mi troverò da solo con Stan gli chiederò qualche consiglio.
Cinque persone, quattro donne e un uomo, entrano paonazzi dentro il centro. L'unico uomo del gruppo si rivolge proprio a me “Scusa il ritardo, sono il tuo estetista. Ho visto il tuo abito, è favoloso: pantaloni aderenti, stivali di pelle, camicia in stile XVIII secolo, cilindro e occhialoni da aviatore. Una FA-VO-LA. Se avessi qualche anno di più, faresti stragi di cuori ovunque. Basta perdere tempo però, andiamo”. Non faccio in tempo neppure a chiedergli il nome, che questo mi prende per l'avambraccio e mi trascina verso il corridoio di sinistra, con una delle donne al seguito. Intravedo con la coda dell'occhio Stan alzare il pollice in segno di incoraggiamento, mentre Stacey precede a passo spedito dalla parte opposta del centro insieme alle tre donne rimanenti.
Ormai è certo: sarà una lunghissima mattinata.

L'inizio del viaggio del piccolo bambino non fu affatto facile:

fin dall'inizio dovette affrontare alcuni ostacoli:

bugie, imbrogli ed inganni sembravano ovunque.

Il peggio però doveva ancora arrivare.

 

Harriet Dates, tributo del distretto 3, Capitol City

Belias tira di nuovo con forza la striscia di tessuto dalla mia gamba, portando con sé i miei peli. Sono quasi due ore che sono qui, meno male che hanno detto che non sono pelosa!
Non faccio in tempo a tirare un sospiro di sollievo, che una delle mie torturatrici mi sta spalmando altra cera calda.

“Aspetta, aspetta! Ne possiamo discutere civilmente, non....” non riesco a finire la frase che quella ha strappato di nuovo la striscia rudemente. Secondo me ci godono nel farlo. Ma che dico! Sono sicuramente delle sadiche, o non sarebbero nello staff degli Hunger Games.
“Mi hai distratto, Harriet! Di cosa stavamo parlando?” chiede Zalera. Le due si guardano intensamente; nessuna delle due si ricorda il punto. È la seconda volta che succede: si distraggono piuttosto facilmente.
Stanno spettegolando su una loro amica, che a quanto pare viene cornificata a giorni dispari dal fidanzato. Queste chiacchiere leggere sono di gran voga a Capitol a quanto pare: non sono le prime che sento, senza contare che durante la nostra marcia verso il centro, ho visto un negozio che vendeva giornali che discutevano solamente di cose del genere. Chissà se posso utilizzare una cosa del genere a mio vantaggio...
“Di Jason, è stato beccato a letto con una nuova gallinella” suggerisco io. Le due mi guardano, come a chiedersi se posso unirmi nelle loro chiacchiere.
“Ah si, giusto! Povera Cassy, che tragedia! A pensare che lui le aveva promesso che avrebbe messo la testa a posto” Belias scuote la testa in segno di disapprovazione.
“E tu, Harriet, cosa ne pensi?” mi domandano. Devo pensare a una risposta intelligente. Asyan ha ribadito almeno cinque volte che occorre fare buona figura con il team di preparazione.
“Dovrebbe lasciarlo, non cambierà mai. È come una stampante che va in malora ogni volta che ne hai bisogno”. Le due ridono, quasi sicuramente di me.
“Sei buffa sai?” commenta Zalera tirando via un'altra striscia.
“Anche se non credo che batti il tuo mentore. Quella è strana forte”. Tutti sarebbero strani se si dormisse solamente quando il proprio corpo non regge più e sviene. Da quando ha vinto, Asyan ha paura della notte e del buio. Il tramonto per lei, è un incubo che ritorna.
“Non voglio parlare male di lei, cambiate argomento, per favore” chiedo guardando Belias negli occhi. Credo che abbiano apprezzato la mia onestà.
“Come si chiama il ragazzo che è venuto con te?” chiede Zalera, mettendomi addosso altra cera. Mi trattengo dall'alzare gli occhi al cielo. Pensavo fosse chiaro che non voglio parlare dei miei compagni di sventura. Non voglio e non posso rispondere male, però. In fondo dal loro punto vi vista, stanno facendo una carineria.
“Thomas”
“Che pulcino che è! Ho visto che era aggrappato a te tutto il tempo prima”. Dalla sua estrazione Thomas non ha fatto altro che urlare, piangere, maledire e insultare. Durante il viaggio ci siamo dovuti fermare per un piccolo guasto e ne ha approfittato per provare una nuova fuga. I pacificatori non sono stati gentili questa volta però. Il poverino ha sul corpo ancora i segni delle percosse.
“Si sente solo, ha bisogno di un'amica” Ed è vero: ho provato a parlargli il secondo pomeriggio e da allora mi sta sempre addosso. Non si fa avvicinare da nessun altro. Ho fatto di tutto per distarlo, ma sembra quasi impossibile.
Stringo i denti, Belias tira via un'altra striscia.
“Ti prego, dimmi che ti prenderai cura di lui”. Sospiro. Questa è veramente una domanda troppo difficile. Non voglio abbandonarlo al suo destino, ma è anche vero che riuscirò a malapena a prendermi cura di me stessa. Dovrò fare qualcosa di tremendo e la sola idea mi spezza il cuore.
“Non farle richieste inutili, Zalera! Ti ricordo che ne sopravvive solo uno!” commenta Belias seria mentre mi strappa un'altra striscia.
“Ci proverò, ma non posso promettere miracoli”. È una promessa blanda, ma Zalera sembra apprezzarla lo stesso. Forse ha un figlio dell'età di Thomas, magari è per questo che l'ha preso a cuore.
Mi siedo sul lettino, completamente dolorante e rossastra. Le due donne mi spalmano addosso un unguento profumato per poi accompagnarmi verso la postazione dedicata alla manicure e alla capigliatura.
Sul posto mi aspetta un'eccentrica ragazza dai capelli blu elettrico con le punte arancioni, raccolti in due codini alti. Il suo volto è pieno di piercings e sul suo collo è tatuato un dragone rosso. È veramente stupenda, sono sicura che perfino nel tre riceverebbe molti apprezzamenti.
“Harriet giusto? Sono Nate, la tua parrucchiera. Dunque... come posso sistemarti?” mi chiede lei toccandomi il caschetto biondo.
“Come i tuoi, ti scongiuro!” imploro io. La mia uscita le fa ridere tutte e tre.
“Sapevo io che eri diversa da tutti gli altri!” commenta Zalera “Solitamente voi dei distretti criticate le nostre stravaganze”.
Non sono questi i comportamenti che disprezziamo. Noi dei distretti odiamo i loro sprechi, la loro superficialità e la loro sete di sangue. Tutti gli altri costumi semplicemente non li capiamo o l'invidiamo, anche se ciò capita di raro. Riconosciamo che non tutto in Capitol è da buttare e quel taglio, per la miseria, è una delle cose migliori che abbia mai visto qui. Questo e quella splendida zuppa con il curcuma. E anche quella torta al cioccolato a tre strati.
“Non posso farteli blu, Harriet” mi spiega Nate “Richiedono cura, e nell'arena ti si rovinerebbero in fretta. Senza contare che dubito che il tuo stilista accetterebbe”. È possibile che se mi vedessero con dei capelli bizzarri, i capitolini penserebbero che li stia scimmiottando. Pazienza, vuol dire che me li tingerò per il tour della vittoria. Sempre che esca viva dall'arena.
Belias mi osserva corrugando la fronte “Avrai bisogno di molti prodotti, sembrano paglia”
“Non abbiamo parrucchieri che si prendano cura dei capelli al tre” mi giustifico un po' infastidita. Diversamente da quanto prevedessi, le tre si commuovono.
“E se li tagliassimo? Ti darebbero un look sbarazzino e starebbe bene con il vestito per la sfilata. L' ho visto, sai? Assomiglia a un completo da uomo, ma è senza maniche e completamente argentato. Avrai perfino una cravatta azzurra e degli occhiali futuristici azzurri abbinati” mi spiega continuando a toccarmi i capelli, come se stesse cercando in essi la sua ispirazione “Un taglio androgino ci starebbe benissimo”.
Accetto la proposta. Spero che il lavoro del mio staff mi renda un tributo temibile agli occhi degli avversari. Le mie possibilità di vittoria dipendono anche da questo.

 

Sidney Baxter, tributo del distretto 5, Capitol City

Sono un sogno, uno spettacolo che cammina. Non riesco a distogliere lo sguardo dallo specchio. La donna che ho di fronte non sembro neppure io.
Lo staff ha allungato i miei capelli castani e li ha raccolti in un concio laterale elegante che mi fa sembrare una diva. La mia pelle è stata resa più luminosa e il corpo è avvolto da questo vestito a sirena stupendo fatto con le paillettes. Ai piedi indosso un paio di scarpe bianche con tacchi alti. Non sono abituata a scarpe del genere e traballo quando cammino, ma se sto ferma sembro una raffinata signora di Capitol. Mi dispiace che non siano riusciti a togliermi questi maledetti occhiali, ma le lenti a contatto non riesco proprio a sopportarle.

Gary ha fatto comunque un lavoro più che divino con me, e anche con Iv che porta un collare ampio ispirato ai girasoli.
Ho sempre sperato di vestirmi così un giorno. Gli abiti che ho avuto finora sono sempre stati di seconda o, più solitamente, di terza mano. Mi ricordo che osservavo dalla finestra i bambini più ricchi, ed ero talmente invidiosa delle loro pance piene, dei loro vestiti nuovi o del loro nuovi giocattoli, che gli tiravo addosso di tutto. Quante punizioni mi sono presa per colpa di quei figli di papà.
Sento Charlie brontolare nella stanza affianco: il suo stilista, Scott, l'ha ridotto a un lampione che sa muoversi a malapena. Non credevo potesse diventare ancora più ridicolo di quello che è, devo fare le mie congratulazioni al suo staff.
Mi chiedo come siano vestiti gli altri, se siano divini come me, o ridicoli come Charlie. Me li immagino mentre si vantano davanti allo specchio del loro nuovo aspetto, che fantasticano sugli applausi. Che immagine vomitevole, non riesco a sopportarla.
Ripensandoci l'attenzione di tutti sarà puntata su di noi e ,in base ai nostri vestiti, gli sponsors si faranno anche un'idea della nostra forza. Devo sfruttare questa occasione a mio vantaggio per colpire qualcuno.
Una bella umiliazione pubblica è quello che ci vuole. Chi potrei colpire? E come?
La mente mi suggerisce all'istante il nome di Charlie, ma sarebbe completamente inutile per almeno tre ragioni:
primo, un'umiliazione peggiore dell'abito di Scott non esiste,
secondo, ha già paura di me, non vale la pena perdere tempo con lui,
terzo, potrei sfruttare l'occasione per demolire un altro avversario.
In ogni caso, ho intenzione di far vivere alla mia vittima una figura di merda talmente colossale che gli farà perdere di sicuro ogni credibilità. È meglio dunque ignorare i pesci piccoli per questo giro, sono i favoriti quelli che mi interessano.
Sarebbe fantastico se mettessero “a nudo” le loro debolezze in diretta. Potrei boicottare l'abito e far si che si distrugga nel bel mezzo della sfilata. Non ho idea di come riuscirci, ma posso pur sempre provarci. Se proprio non ci riesco potrei macchiarlo o strapparlo.
Ignoro all'istante la possibilità di rendere Riley la vittima del mio scherzo, con quei meloni che si ritrova, se si ritrovasse nuda di fronte a tutti raccatterebbe solo nuovi sponsors. Per una ragione simile mi tocca scartare anche Achille, si sa cosa si dice degli uomini di colore....
Anche il tributo dell'uno è da scartare, secondo l'analisi di Helia ha molta autostima, difficilmente si farebbe distruggere da un evento del genere.
Mi mancano all' appello i due tributi del quattro e la ballerina dell'uno. Marina, Marine o come cavolo si chiama, non riesco ad inquadrarla, non so se potrei avere successo, è meglio scartarla.
Sul ragazzo del quattro ho dei seri dubbi su chi dice di essere, e forse non sono neppure la sola a pensarlo. Se fosse veramente Brian Seven, potrei anche provarci, non mi sembra pericoloso, ma se fosse Lars... è pur sempre un vincitore. Non vorrei inimicarmi una persona del genere fin da subito. Non voglio rischiare.
Mi rimane la ragazza dell'uno. Provo a ripensare alla sua mietitura, a quel suo sorriso odioso, alle parole di Helia. È una ballerina famosa, abituata a essere vezzeggiata ed applaudita. Per le coetanee è un modello da seguire, un idolo. Cosa succederebbe se spezzassi la sua bella maschera?
Ho un'ora di tempo, tanto vale provarci.
Mi tolgo le scarpe e le appoggio con cura vicino allo specchio, rimanendo così a piedi scalzi. Mi muovo furtiva verso il primo piano, dove sono temporaneamente alloggiati i tributi del primo distretto. Se ho un po' di fortuna, l'abito sarà incustodito. In fondo sono fra i primi ad arrivare e la prova abito l'avranno già fatta tre o quattro volte. Non hanno fretta. È probabile che si stiano risistemando il trucco, o che stanno discutendo la strategia da usare durante gli allenamenti.
Durante il mio tragitto sono costretta a nascondermi un paio di volte: una volta dalla stilista della ragazza dell'undici, che ha in mano un abito ispirato alle usanze contadine, un'altra volta da un pacificatore di guardia e infine mi sono dovuta nascondere anche dalla ragazza del quattro. Anche lei è vestita bene: ha dei collant neri, un abito acquamarina corto ma vaporoso e per concludere un mantello fatto con delle reti da pesca. Nessuno di loro però riesce a notarmi.
Arrivo verso quella che è la stanza della mia vittima: ne sono sicura, qualche organizzatore ha scritto il nome di Emma fuori dalla porta.
Mi osservo attorno: non c' è anima viva. È l'occasione perfetta.
Entro nella stanza e la prima cosa che mi colpisce è l'odore di rose. Effettivamente la stanza ne è piena: Helia non scherzava quando diceva che questa aveva molti ammiratori.
L'abito di Emma è al centro della stanza: è un abito lungo di satin, senza spalline e con lo scollo a cuore tempestato di diamanti ed altre pietre preziose. Dietro all'abito, sulla scrivania, è appoggiata una corona altrettanto sfarzosa. Mi chiedo quanto ci ricaverei se la vendessi, potrei navigare nell'oro per un bel pezzo. Vorrei portarla via con me, ma noi tributi saremo sicuramente fra i primi sospettati e temo di essere beccata. Non conosco molto bene il posto e non ho ancora individuato un buon nascondiglio.
Mi avvicino all'abito e ne sfioro la stoffa liscia e morbida. Chiunque sia lo stilista non ha commesso nessun errore, è curato in ogni minimo dettaglio. Mi dispiace rovinarlo, preferirei portarlo via insieme alla corona. Sento dei passi avvicinarmi e delle voci in lontananza: sono chiaramente un maschio e una femmina. Non posso nascondermi, o rischio di arrivare tardi alla sfilata, fuggire sarebbe inutile: il corridoio è lungo e stretto e mi vedrebbero sicuro. Tanto vale uscire allo scoperto.
Esco in tutta tranquillità e vedo gli occhi dei due tributi dell'uno spalancarsi per la sorpresa.
“Tu cosa ci fai qui?” domanda il maschio.
“Ero curiosa di vedere il camerino di una vera stella. Tutto qui” dico incamminandomi verso le scale.
“Ehi, aspetta!” mi ferma il biondino afferrandomi per l'abito. Mi giro di scatto, cercando di tirargli un ceffone, ma riesce a schivarmi in tempo. “Datti una calmata!” mi urla addosso.
“Mi hai aggredita tu” Sibilo guardandolo con odio.
“Lawrence lasciala, ho controllato qui è tutto a posto, la signorina sarà anche entrata senza permesso, ma non ha creato confusione”. Emma si avvicina con un odioso sorriso addosso “La prego di non farsi rivedere da queste parti”. Fantastico, una minaccia da parte di una vecchia in corpo da ragazza.
“Fottiti, vado dove voglio”.
“Non usi un linguaggio del genere, non ce n'è bisogno”. Mi intima lei. Mi è talmente vicina, che riesco a vedere le sfumature di marrone dei suoi occhi. Se sta cercando di spaventarmi, sta fallendo in pieno. Sorrido, divertita da questo patetico tentativo.
Mi tolgo gli orecchini, sono pronta a tutto.
“L'avverto signorina, non ho la consuetudine di infrangere le norme, ma sappia che non esiste colpo che non venga restituito”.
Lawrence affianca Emma incrociando le braccia. Non si rende neppure conto che questa sua mossa non ha fatto altro che aumentare la mia fiducia? Ha davvero così tanta paura di me, che la deve affiancare? Che schifo sono i favoriti di quest'anno?
“Ehi! Cosa state facendo?” Mi giro: riconosco quel volto: è Mags Flanagan, ha vinto i giochi dieci anni fa. I suoi sono i primi giochi che ricordo. È una dei mentori del distretto 4, cosa ci fa qui?
“Mi dispiace, è stato solo un piccolo diverbio” spiega Emma. Mags ci guarda tutti e tre con apprensione.
“Litigare ora è controproducente. Se vi avesse beccato qualcun altro, avreste avuto tutti e tre una penalizzazione durante i giochi”. Dovrei forse ringraziarla per questo? Ne ho abbastanza.
“Allora, se non vi dispiace, torno di sopra, Charlie's angel” comunico voltandoli le spalle e ignorando le minacce a vuoto di Lawrence.

Ricordatevi che Mags non ci sarà in arena.

 

Achille Pelide, tributo del distretto 2, Capitol City

“Non puoi farmi questo!” mi urla addosso Claire con le lacrime agli occhi mentre mi aiuta a indossare l'ultima parte del mio vestito. Non fa altro che piagnucolare da quando ha saputo che non ho alcuna intenzione di aggiungermi ai favoriti.
“Hai idea di quanta fatica ho fatto a confezionarti l'abito? Io contavo su di te! Dopo anni di sacrifici, ho finalmente la possibilità di fare un costume per un tributo del secondo distretto e mi capita proprio un aspirante suicida!” L'egoismo dei capitolini è fuori misura esattamente come mi sono sempre immaginato: io sto per entrare in un'arena dove rischio di morire, ma la vittima è lei che a causa dei miei principi, non riuscirà a farsi pubblicità. Sapevo che la mia scelta non sarebbe stata approvata, ma non immaginavo neppure una reazione del genere. Pazienza però, sono abituato al disprezzo.

“Ho fatto una scelta, non ho intenzione di cambiare idea”. Claire getta a terra il gigantesco scudo di legno per il nervoso, per poi pentirsi all'istante e controllare che non si sia scheggiato.
“Va bene, va bene” continua lei asciugandosi le lacrime “Vedi però di non crepare subito e di uccidere qualcuno là dentro, fa' l'eroe o che ne so!”. La sua reazione è stata sicuramente la peggiore. Gli altri tributi e i mentori si sono limitati ad insultarmi, o a convincermi in maniera più o meno razionale ad allearmi. Riley invece si è limitata a fare le spallucce, ma credo che dentro di lei facesse i salti di gioia. Nessuno però ha fatto scenate isteriche come questa.
Claire mi accompagna di sotto continuando a tirare su con il naso. Mi fa sentire un po' il colpa però: quando ci siamo conosciuti ha cercato di essere gentile, facendomi complimenti per i miei muscoli e dicendo di essere fiera di essere finalmente la stilista del distretto 2. Forse ha passato buona parte della sua vita sperando di arrivare qui . Deve vedere la mia scelta come un vero e proprio attentato ai suoi sogni.
“Vincerò anche senza di loro, sarai fiera di me”. Claire mi sorride e finalmente smette di piangere.
“Scusa per la scenata di prima, devo esserti sembrata un'insensibile” parecchio in realtà, ma non voglio iniziare una nuova discussione e dunque rimango in silenzio.
Al piano di sotto stanno preparando il carro con i cavalli, quelli del nostro distretto sono quattro fieri Mustang. Riley sta studiando le bestie con attenzione; è vestita con abito bianco di seta, lungo dietro e corto davanti, con una generosa scollatura. In testa ha una corona di allora e ai piedi dei raffinati sandali dorati. Riley sembra una divinità greca-romana, mentre io assomiglio a un guerriero oplitico.
“Devries” la saluto.
“Pelide” contraccambia lei lanciandomi una breve occhiata. Un pesante silenzio crolla di nuovo fra noi, Riley sembra essere assorta in qualche pensiero che solo lei può comprendere.
Fra noi le cose sono state pessime fin dall'inizio, ma abbiamo fatto un muto patto di non belligeranza, questo almeno fino allo scadere dello zero. In fondo sa essere una persona ragionevole.
Mi guardo intorno, quasi tutti i tributi sono arrivati, ad occhio mancano solo la ragazza del quattro e i due del cinque. Devo dire che quest'anno gli abiti non sono esagerati come gli anni scorsi, anche se ci sono comunque delle eccezioni. Il ragazzo del nove per esempio: indossa un gonnellino di paglia intrecciato, ha il petto e i piedi nudi e in testa ha una corona fatta con spighe di grano. Il nudo sembra andare anche nel distretto 4: Brian Lars indossa solo un paio di pantaloni attillati che sembrano fatti di squame di colore blu intenso e ha in mano un tridente dorato.
Teatrali sono invece i costumi del distretto 12: il ragazzo indosserà anche un semplice abito nero con un casco da minatore rosso fuoco, ma la ragazza ha un abito giallo circondato da una sorta di gabbietta per uccelli. L'osservo meglio: ha un caschetto castano chiaro curato e un fisico talmente minuto che ho paura che se la stringessi si spezzerebbe in due. È molto simile alla sorella. Le torture che quella poveretta ha subito l'anno scorso, hanno contribuito a far nascere in me il desiderio di ribellarmi al sistema dei favoriti.
In quanto appartenente ai distretti ricchi, mi sento in colpa nei suoi confronti, credo di doverle chiedere scusa a nome di tutti. Mi avvicino con calma, c'è tempo ancora, la ragazza del quattro sembra non farsi viva. Forse avrà avuto uno dei suoi capricci. Non invidio il suo staff che la starà cercando ovunque.
Quando la raggiungo sta coccolando una delle cavalle nere, sembra una ragazzina molto dolce, mi dispiace che sia stata estratta. Non riuscirà mai ad uscire viva dai giochi.
“Rose Green?” la piccola si volta e mi guarda. Differentemente da tutti gli altri però, mi guarda subito negli occhi anziché concentrarsi come prima cosa sulla mia pelle o sul mio fisico robusto.
“Sei il tributo del distretto 12 giusto?” mi chiede. Annuisco.
“Vorrei chiederti scusa per quello che è successo l'anno scorso. La morte di tua sorella è stato uno dei punti più bassi degli Hunger Games”. Rose abbassa lo sguardo, chissà quali oscuri e tormentati pensieri stanno attraversando la sua mente. È stato una del mio distretto ad avere l'idea della tortura, si stavano annoiando e quel bocconcino del dodici poteva fare al caso loro. L'hanno picchiata, insultata nel peggiore dei modi, tagliato i capelli quasi a zero e poi mutilata, pezzo dopo pezzo. Mi auguro che non abbia visto l'intera scena.
“Grazie, l'apprezzo molto” commenta lei sorridendomi sinceramente. “Non ricordo il tuo nome”
“Achille Pelide”. Lei ci pensa un attimo e mi allunga la mano.
“Piacere di conoscerti” le stringo quella minuta mano così fragile e calda. Non sembra essere spaventata o impaurita, mi dà più l'idea di essere rassegnata al suo destino. Mi chiedo se abbia qualche asso nella manica che le fa ancora sperare in un futuro lontano da qui. Mi ispira un naturale senso di protezione, non voglio che muoia dentro l'arena.
“Hai già degli alleati?” le chiedo a bruciapelo, senza neanche pensarci troppo. Rose spalanca la bocca per la sorpresa. Sono stato troppo impulsivo, questo non è il luogo, né il momento per fare proposte del genere. Senza contare che non ci conosciamo, non so le sue abilità, e potrebbe benissimo pensare che sia in realtà io sia io il pazzo sadico bugiardo. Rose però sorride deliziata.
“Ne parleremo più tardi. Grazie per l'offerta, comunque. Ci penserò”. Sto per risponderle, quando un ragazzo moro dagli occhi grigi si avvicina a noi con aria gradassa.
“Cerchi rogne, favorito? Torna al tuo carro” mi ringhia lui.
“No, Killian! Va tutto bene, lui è...”
“Ci sentiremo più tardi” la interrompo. Non ho bisogno di essere giustificato. Non servirebbe, Killian si è già fatto una sua idea su di me da tempo, non la cambierà solo perché una ragazzina gli chiede di farlo. Saluto sbrigativamente Rose, per tornare alla mia postazione. Riley è già sopra al carro che mi sta aspettando.
“Sei in ritardo” commenta guardandomi dall'alto verso il basso.
Salgo sul palco ignorandola. La musica d'apertura ha inizio, è talmente alta da farmi male alle orecchie. Partiamo subito dopo il carro del distretto 1.
Veniamo accolti da applausi e ruggiti di gioia. Mi chiedo se continueranno a guardarmi così anche quando scopriranno che non sono nell'alleanza dei favoriti. Sia io che Riley ci limitiamo a freddi saluti verso la folla. Reazione più che naturale: vogliamo entrambi apparire come implacabili e perfetti guerrieri.
È soprattutto la mia compagna però ad attirare le attenzioni, complice il suo bell'aspetto. Sono sicuro che dietro a quella maschera di cui è tanto fiera, si senta orgogliosa. La conosco meglio di quanto lei pensi, so che dietro a tutta quella superbia, freddezza e furbizia, si nasconde una persona essenzialmente invidiosa e insicura. Non sarebbe così ossessionata da me altrimenti.
Anch'io come Riley nascondo però dentro di me un' incontenibile euforia: le acclamazioni, le ammirazioni, la gioia primitiva del pubblico, mi danno alla testa e mai come adesso mi sono sentito invincibile, indistruttibile come un dio pagano. Nessuno riuscirà a placarmi dentro l'arena, tornerò a casa da vincitore. Mi viene da cantare un canto di guerra, ad ogni metro che avanzo pronuncio le parole in maniera sempre più chiara. Poco importa degli sguardi di giudizio di Riley.

Sono io la morte e porto corona
io son di tutti voi
signora e padrona
e davanti alla mia falce
il capo tu dovrai chinare

Arriviamo davanti alla residenza del presidente Dreeg, un uomo grasso e anziano, che ci dà il benvenuto e il suo personale buona fortuna. Parte l'inno e finalmente possiamo raggiungere il centro d'addestramento. L'adrenalina scorre ancora dentro di me, sono pronto a tutto.

Vincerò.

 

 

 

 

 

 

 

Chi è in realtà il tributo del distretto 4? E' Lars Seven, vincitore dei 19° giochi, o il mio è solo un depistaggio?
Comunque sia...abbiamo avuto una nuova guest star questa volta! Anche se è apparsa pochissimo. Precisiamo:


1)Gli abiti non sono tutti una mia invenzione, ma alcuni sono stati suggeriti dagli autori delle schede.
In particolare: gli occhiali che indosserà Harriet alla sflilata sono questi: http://us.123rf.com/450wm/dolgachov/dolgachov1302/dolgachov130201076/18161091-foto-di-donna-bella-con-gli-occhiali-futuristici.jpg?ver=6.
Per Spencer mi sono ampiamente ispirata alla moda steam punk.

2) la battuta di Sidney: Se non vi dispiace, torno di sopra, Charlie's angel è dovuta al fatto che Mags ha i capelli rossi, Lawrence è biondo ed Emma è mora. Tutto qui. Chissà se c'è un remake del genere a Panem XD

3)La canzone presentata, mi è stata richiesta dall'autore del personaggio di Achille e si intitola “Sono io la morte”

 

Ci vediamo agli allenamenti.

Alla prossima

 

 

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Capitolo 8
*** La tua fiducia sarà la tua tomba ***


Carlie Marty Hamilton, tributo del distretto 9, Capitol City

Le timide luci dell'alba irrompono nella mia camera, illuminandola poco alla volta.
Adoro questo letto, è morbido e grande, non vorrei mai scendere da qui. Soprattutto ripensando a ciò che devo fare oggi.

Mi alzo a fatica ed entro nella doccia, trafficando a caso con i numerosi bottoni che si trovano al suo interno. È la prima volta che mi lavo in questo modo, solitamente mi devo accontentare della vasca da bagno. Devo dire che mi piace però, il gettito è caldo e piacevole. Mi lavo con foga, cercando di cancellare il sudore di ieri. La sfilata è stata peggiore di quanto pensassi, mi sentivo a disagio con quel vestito che lasciava così tante parti di me nude, così come ho odiato essere al centro di tutte quelle attenzioni. Per questo ho tirato un sospiro di sollievo quando sono entrato nell'appartamento: finalmente ero da solo e in pace.
Anche se oggi sarà più tranquillo, non sarà lo stesso una passeggiata; incominciano infatti gli allenamenti. Sarà una buona occasione per studiare gli avversari, ma anche per trovare degli alleati. Spero di riuscirci, non sono molto bravo a stringere amicizia con gli altri.
Indosso gli abiti che mi hanno lasciato per l'occasione: pantaloni neri della mia misura, maglia color verde speranza, con cerniera e cappuccio. Faccio una colazione veloce, nonostante la vastità dei piatti che sono presenti sul tavolo: la mattina non ho mai molta fame. Mi accontento dunque di una tazza di latte con cereali e una spremuta d'arancia, una colazione leggermente più abbondante di quella che faccio a casa. Chissà se la mia famiglia sta mangiando; era così triste durante i saluti... mio padre ha inseguito il treno per un po' alla partenza, almeno finché le gambe gliel'hanno permesso. Non so cosa darei per riabbracciarli e per risentire il loro odore, o per ascoltare le interminabili storie di Gail, che sono sicuro che ieri avrà riso un bel po' vedendomi vestito in quel modo.
Donna entra poco dopo, e si riempie il piatto di frutta fresca. Sembra essere serena: ieri alla parata con il suo vestitino corto fatto di paglia era assolutamente raggiante. Beata lei, io volevo solamente sotterrarmi.
“Lucil è in ritardo come al suo solito. Credo che ieri sera... si insomma hai capito” allude lei. Quanto mi manca Gail, era in grado di parlare per ore senza dire niente di male su nessuno. Non mi interessano le abitudini sessuali della nostra mentore, è ben altro che mi preoccupa.
Lucil entra in evidente stato di confusione. Ha la maglia alla rovescia e si è dimenticata di indossare i pantaloni, i suoi occhi sono rossi ed è completamente sfatta. È così quasi tutto il tempo, raramente è lucida. Più che una saggia guida, è solo un peso.
Di fronte a questo triste spettacolo, Donna incomincia a ridere sotto i baffi, guadagnandosi le mie occhiatacce e l'odio della mentore.
“Cosa avrai da ridere?” borbotta Lucil avvicinandosi al buffet. Osserva i piatti uno ad uno, prima di buttarne per terra una buona parte. “Maledizione!” sbotta lei, in preda a un'incomprensibile rabbia. Dopo questa scena, si allontana cercando la propria camera.
“Aspetta!” le urlo cercando di fermarla “Oggi iniziano gli allenamenti, qualche consiglio?”
Lucil si volta, grattandosi il sedere “Crepa in fretta” borbotta per poi scomparire un'altra volta. Io e Donna rimaniamo di nuovo soli, con me alzato e immobile come un ebete.
“Non te la prendere, è il crack che parla” mi consola Donna.
“Perché hai riso prima?” le chiedo
“Perché non è ovvio?” No, non lo è affatto. Non sarebbe divertente in nessun caso, soprattutto in questo, dove la nostra vita dipendente da quella drogata. Mi chiedo come riusciremo a cavarcela. La nostra ultima speranza è Cheryl, la nostra accompagnatrice, che sembra essere ben inserita nella Capitol per bene.
Finisco la mia colazione e decido di fare un giro nel giardino del retro che ho scoperto ieri sera. Un po' di aria fresca mi farà bene.
Entro nell'ascensore e pigio il primo bottone, godendomi nel frattempo il paesaggio dall'alto. Prima di ieri non ero mai salito su un ascensore, non così silenzioso per lo meno.
Attraverso la hall in fretta e finalmente raggiungo il giardino. È assolutamente una meraviglia: ogni piccolo fiore è stato piantato secondo una logica ben precisa; probabilmente insieme compongono un disegno che si può comprendere con chiarezza solo se si sta in alto. L'aria è una sinfonia di profumi e le fontane sembrano suggerirti di riposarti, che è sufficiente una pennichella in questo angolo di paradiso per dimenticare ogni tuo problema.
Mi getto sull'erba, all'ombra di un faggio, e mi godo il sole ormai sveglio, le margherite che mi solleticano la pelle e il ronzio delle api. Sarebbe bello se nell'arena ci fosse un posto nel genere, se così fosse, spero, se proprio devo, di morire lì.
Un rumore confuso sopra di me mi distrae dal mio riposo: una ragazza mulatta si sta spostando da un ramo all'altro, nel tentativo di avvicinarsi a un nido. Devo dire che è molto carina: ha dei lunghi capelli neri raccolti in una crocchia e ha una corporatura media. Se fossi etero potrei perfino dire che è attraente.
D'un tratto la sua arrampicata si blocca a causa di un'enorme ape che le compare di fronte spaventandola e facendole perdere l'equilibrio. Cade dall'albero, ma fortunatamente riesco ad afferrarla in tempo.
“Grazie, principe” squittisce lei dandomi un bacio sulla guancia. La faccio scendere dalle mie braccia, completamente rosso in volto. Non sono abituato ad approcci del genere “Se non fosse stato per te, mi sarei potuta anche rompere qualcosa” aggiunge. Vero, il suo gesto è stato da irresponsabili.
Adesso che è vicina, riesco a riconoscerla: è Anemone, il tributo donna del distretto 11. La ragazza si stiracchia la schiena e si rivolge di nuovo a me “Da me dormivano tutti, non ce la facevo più a stare bloccata lì, quindi sono uscita e ho intravisto quei passerotti: non sono adorabili?” mi chiede lei indicando il nido che stava cercando di raggiungere “Mi chiamo Ane, comunque” mi spiega allungandomi la mano che stringo timidamente.
“Mi chiamo Marty, no cioè, mi chiamo Carlie, ma puoi chiamarmi anche Marty, o Carlie se preferisci, io non lo so...” Meraviglioso, che figura di cacca.
Ane ride, divertita dalla mia goffaggine. C'è qualcosa del suo modo di fare che mi ricorda tantissimo Gail.
“Credo che ti chiamerò principe, sai per il salvataggio di prima”. Annuisco vagamente a disagio: odio conoscere persone nuove. “Sei il tributo del distretto 9?” mi chiede, al che accenno con la testa un sì, nuovamente. Ane mi osserva spazientita appoggiando i pugni sul fianco “Un ibrido ti ha mangiato la lingua?”
“No, no, scusa, mi dispiace. Devo sembrarti un cretino” Questa volta è Ane ad annuire in silenzio “Ehi!” mi lamento io alzando la voce. La ragazza riprende a ridere.
“Sei simpatico, sai?” Le sorrido, sono felice di aver trovato un'amica in questo luogo arido. Mi chiedo quanto durerà però: le amicizie fra tributi sono impossibili o incredibilmente brevi.
“So, che è una domanda un po' gettata così... ma... vorresti diventare mio alleato? Non dirmi di no, ti scongiuro, saresti il terzo altrimenti!” Trattengo a stento un “wow”. Deve essere proprio disperata per chiederlo a chiunque.
“Io... non saprei, non ti conosco neppure”.
Ane mi afferra le mani supplicandomi “Non voglio stare da sola! Ci aiuteremo a vicenda! Vedrai sarà un vantaggio per tutti e due!” La fisso nei suoi occhi azzurri: sembra essere una brava ragazza, ma lo sarà anche dentro l'arena? Potrò dormire sogni tranquilli mentre farà la sentinella? Mi aiuterà davvero se avrò bisogno, o mi abbandonerà alla prima?
Ane sembra comprendere i miei dubbi, e dunque rincara la dose “Sono veloce, e come hai potuto vedere so anche arrampicarmi! Inoltre....” La ragazza si blocca guardandosi intorno “.... inoltre so utilizzare molto bene un'arma, ma non ti dico quale se non accetti” mi sussurra facendomi l'occhiolino.
È riuscita a catturare la mia attenzione: non ho la più pallida idea di come si maneggi un'arma e inoltre la sua solarità compensa la mia incapacità sociale. Forse non è una cattiva idea.
“Va bene, ma...” le annuncio. Il volto di Ane si illumina di un grande sorriso, per poi mi abbracciarmi, grata.
“Grazie, grazie, principe! Prometto che non te ne pentirai!”
“Aspetta! Se vediamo che non funzioniamo o che diventiamo paranoici, ci separiamo subito, ok?” Lei annuisce, baciandosi l'indice. Che gesto strano. Forse è un'usanza dell'undici. In segno della nostra nuova alleanza, decido di imitarla e mi bacio il dito anch'io.
“Riveleremo la nostra alleanza solo alla cornucopia, l'effetto sorpresa potrebbe aiutarci” suggerisco.
“Buona idea. Fino ad allora staremo separati, allora” conferma lei.
In un modo o nell'altro, Ane sarà fondamentale per il mio futuro.
 

Emma Stone, tributo del distretto 1, Capitol City

“.. Vi invito a non trascurare nessuna postazione, non potete sapere cosa si può rivelare utile nell'arena. Posso comunque consigliarvi di seguire le indicazioni del vostro mentore. Vi suggerisco anche di seguire le regole, e di non attaccar briga fra di voi. Se pesco qualcuno che punta un coltello, una spada, un arco contro chicchessia, passerà i prossimi tre giorni dentro il suo appartamento e riceverà uno zero agli allenamenti individuali. Ci siamo chiariti?” Tutti i ventiquattro tributi rispondono con un “sì, signore”. “Bene, potete iniziare”.
Rilasso la schiena e riprendo a respirare in maniera più naturale. Lawrence mi da una pacca sulla spalla e si avvicina alla postazioni delle lance, le sue armi preferite. Mamma e James sono stati piuttosto chiari: dovremo passare buona parte dei prossimi tre giorni ad allenarci con le armi, soprattutto con quelle che sappiamo utilizzare bene, con lo scopo di intimorire i nostri avversari. Secondo la mamma infatti, noi favoriti non dovremo preoccuparci troppo su come ci procureremo del cibo o come potremo costruire delle trappole: la nostra strategia è quella di conquistare la cornucopia e di ottenere tutte le risorse che contiene al suo interno. Il bagno di sangue sarà costellato di incontri ravvicinati, un minimo timore da parte dell'avversario può portarlo in fallo durante la lotta, regalandoci così la vittoria. Dunque dovrò fare vanto delle mie abilità atletiche o del mio talento con la frusta.

Mi avvicino alla postazione designata, dove una signora dai capelli argentati mi passa la mia arma preferita.
Chiudo gli occhi per un solo secondo, allo scopo di cercare la concentrazione. È come ballare, la frusta è solamente un prolungamento del mio corpo. Usarla è naturale come respirare. Esistiamo solo io e lei.
Inizio a muoverla, mostrando al mio pubblico due fendenti che vanno verso direzioni opposte, per poi colpire in pieno il manichino con tutta la mia forza. Il secondo colpo lo colpisce sul collo, se fosse una persona sarebbe già morta. Non soddisfatta, piroetto per caricare il mio attacco e afferro con la coda della frusta la gamba del tavolo delle spade. Sento un applauso alle mie spalle e mi giro. Lawrence è rimasto entusiasta della mia performance e anche il ragazzo del quattro sembra esserne compiaciuto. Il signor Seven è un tipo un po' strano: un po' cinico, un po' solitario. Ma non solitario come lo è Riley, lui sembra quasi triste, perfino quando scherza. È affascinate a modo suo.
“Signorina Stone!” mi riprende Lawrence “Mi tradisce così!? Pensavo di aver fatto breccia nel suo cuore! E invece la ritrovo a fissare il culo di Brian! Me tapino, sto perdendo il mio fascino”
“Non stavo osservando il fondoschiena di Brian e inoltre non ho alcun interesse a instaurare una relazione...”
“Stavo scherzando, Emma!” mi riprende lui, esasperato. Per quanto tempo abbiamo passato insieme ultimamente, faccio ancora fatica a comprendere quando scherza e quando no. “Tornando seri...” dice lui guardando verso Brian “Ho origliato tua madre e James parlare di lui ieri sera”.
“Non si origlia e non si spettegola” lo rimprovero in tono serio incrociando le braccia.
“Sì, sì, comunque sia” riprende lui “Ci sono sospetti circa la sua effettiva identità, secondo tua madre in realtà potrebbe essere Lars Seven, e non Brian”. Questa teoria mi lascia di stucco. Non avrei mai immaginato una cosa del genere. Brian non sembra pericoloso, tutt'altro: l'ho sempre visto come un ragazzo pacato, educato e piacevole.
“Cosa ne pensi?” domando a Lawrence
“Guarda! Ha preso l'arco, diamo un'occhiata”. Capisco a cosa allude: Lars Seven, vincitore dei 19° giochi, era un vero e proprio genio nell'utilizzo di quell'arma. Vederlo all'opera era qualcosa di incantevole, potevi anche stare ore a guardarlo tirare tutte quelle frecce in maniera così innovativa. Penso che un talento del genere si sia visto soltanto nei campi di battaglia medievale: Lars riusciva a colpire bersagli in movimento mentre lui stesso correva. Era inoltre in grado di sparare in rapida successione, uccidendo più persone alla volta. Sono sicura che sia anche capace di prendere una freccia che viene tirata verso di lui e ritirarla indietro in un unico rapido movimento. È stato una vera fonte di ispirazione per me: mi ha insegnato che con la fatica e gli allenamenti quotidiani si possono raggiungere grandi risultati.
Sia io che Lawrence osserviamo il tributo del distretto 4 mentre tende l'arco lentamente e scocca una freccia verso il bersaglio, va vicino al centro ma non lo colpisce.
“Non male, ma sono sicura di riuscire a fare di meglio” commenta Riley a qualche passo da noi. Anche lei ha osservato l'intera scena. Mi ritrovo ad essere d'accordo, forse non saprò tirare così bene come ha fatto Brian, ma in accademia ho incontrato molte persone più brave di lui. Potrei definirlo perfino mediocre.
“Guarda te chi ci onora della sua presenza!” commenta Lawrence sarcastico. Non riesco a capire bene il motivo, ma lui e Riley non sembrano andare molto d'accordo, a dire il vero la ragazza del due sembra non andare d'accordo quasi con nessuno. Ho tentato più volte di ricordare a Lawrence che è importante andare d'accordo in queste prime fasi, ma sembra essersi imputato.
L'uscita del mio compagno non sortisce comunque alcun effetto: Riley continua ad ignorarlo.
“Sono venuta qui per ricordarvi che dovete fare la vostra parte e non perdervi in chiacchiere”. Ha perfettamente ragione, non stiamo seguendo gli ordini. Sto per tornare alla postazione della frusta quando il tributo del distretto 6 richiama la nostra attenzione con un colpo di tosse.
“Scusate, ho notato che avete un alleato in meno del solito” borbotta lui rosso in volto. L'assenza di Achille Pelide nel gruppo sta iniziando a notarsi e a sortire i suoi effetti. Non riesco ad intuire la sua strategia, questa sua battaglia in solitaria lo porterà a morte certa.
“Non per questo siamo più deboli, signorino Triangle”.
“No, non avete capito. Io voglio unirvi a voi”. A questa uscita Lawrence inizia crudelmente a ridere. Un po' posso capirlo: Spencer ha solo dodici anni, è mal nutrito e probabilmente senza alcun talento. La sua presenza non solo sarebbe di peso, ma sarebbe anche dannosa alla nostra immagine. Lo sguardo di Riley esprime una sola emozione: odio.
“Quali sono le tue abilità?” chiede. Perché non gli dà un secco no e basta? Sembra così tanto nel suo stile...
“Ho una buona mira, sono anche veloce. Se volete potete anche osservarmi alle varie postazioni. E... ah! Posso essere un alleato fedele” suggerisce lui. Riley sembra soffermarsi sulle sue parole. Che cosa starà confabulando?
“Un ragazzino così piccolo come te non ha nulla da offrire. Nella tua mietitura hai giocato con la carta dell'eroe, ma scommetto che là dentro te la faresti sotto, abbandonando tutto e tutti alla prima occasione”. Il commento sprezzante di Riley accende una scintilla di rabbia all'interno del povero Spencer.
“Non è vero! Io sono coraggioso e te lo dimostrerò! Vedrai!” risponde con tono alto.
“Vedremo nell'arena allora. Si dice che quel posto tiri fuori la vera essenza di ognuno” Spencer la guarda con aria di sfida, per poi allontanarsi verso la postazione delle piante.
Sul volto di Riley è apparso un ghigno. Solo adesso ho capito le sue intenzioni: vuole spingere quel giovanotto testardo a fare l'eroe anche nell'arena, morendo in chissà quale eroico sacrificio, magari salvando la vita proprio alla donna che dubitava di lui. Questa ragazza è veramente tremenda, non pensavo che avrei avuto avversari del genere in arena, ho sottovalutato la questione.
In preda a un'ansia saliente, mi allontano da Riley e da Lawrence cercando di perfezionare la mia tecnica con la frusta.
Non posso arrendermi, devo vincere, per la mamma.

 

Bezzy Peacock, tributo del distretto 10, Capitol City

Cerco di sollevare la pesante ascia, ma non la smuovo di un solo centimetro. Phil ha detto che devo cercare di esercitarmi in tutte le postazioni, perché tutto può essere utile, ma inizio a pensare che sia solo tempo perso. Non vincerò mai in uno scontro corpo a corpo, è inutile stare qui a cercare di imparare un qualcosa che mi sarà completamente inutile.
“Permesso” chiede il tributo del distretto 7 prima di prendermi in mano l'ascia con una facilità disarmante. Quanto vorrei essere così forte... È umiliante stare qui, sembrano tutti più bravi di me.

Abbandono la postazione e inizio a vagare per i sotterranei, guardando di tanto in tanto il lavoro degli altri. La mia attenzione viene catturata dai favoriti: si muovono in maniera fulminea, sicura, letale. Sono spaventosi. Sono sicura che sarà uno di loro a mettere fine alla mia vita. La ragazza del distretto 4 nel guardarmi si lecca l'arma, un lungo brivido mi percorre lungo tutta la spina dorsale.
Tutto ciò è disumano, insensato e crudele. Cosa ci faccio qui? Io non sono una macchina da guerra, sono una semplice ragazza! Neppure una settimana fa ero sul prato con qualche amica e fare corone con le margherite!
Vorrei scappare, tornare nell'appartamento del decimo piano, chiudermi in camera mia, e con un po' di fortuna, morire nel sonno.
“Ehi, ragazzina, vuoi venire qui anche tu?” mi domanda uno degli allenatori a soli quattro passi da me. È un uomo sulla cinquantina, con dei baffi lunghi e ben curati; sono proprio belli. Anche mio zio aveva tentato di farseli crescere in quel modo, sperando così di trovare moglie, ma erano venuti fuori tre pelucchi ridicoli che li avevano fatto guadagnare il soprannome di “Steven, l'eterno preadolescente”.
Mi avvicino alla postazione, tanto non ho niente di meglio da fare. Su un tavolo di medie dimensioni sono appoggiati numerosi pennelli, foglie, sacchetti pieni di ghiaia e di argilla, vaschette con fango, bastoncini e altro ancora. Deve essere la postazione della mimetizzazione.
Il tributo maschile del distretto 2 in particolare, sembra essere impegnato con del succo di bacca e dei rampicanti. È talmente alto e grosso che potrebbe uccidermi con un solo dito.
È strano trovarlo qui: secondo Phil i favoriti ignorano sempre questo posto per concentrarsi quasi esclusivamente sulle armi.
Cerco di concentrarmi sulle istruzioni impartite e sui consigli dell'allenatore, ma faccio fatica a seguirlo: mi sento osservata, sento il respiro di Achille dietro al collo. D'altronde lo sanno tutti che i tributi più letali provengono dal distretto 2. Proprio mentre elaboro questo pensiero, si volta e mi osserva con i suoi penetranti occhi neri. Inizio a tremare aspettandomi il peggio, ma se ne va semplicemente, lasciandomi sola con l'allenatore.
Rimango in quest'angolo un'altra oretta, ma non riesco ad ottenere grossi risultati, ogni volta mi dimentico di coprire una parte del mio corpo, o sistemo il materiale in maniera non abbastanza naturale. Scoraggiata, decido di allontanarmi nonostante gli inviti dell'istruttore a rimanere.
Non so dove andare, tre giorni sono veramente troppo pochi per imparare così tante cose. Decido dunque di ignorare la postazione delle piante commestibili e dei nodi. Tanto non sono abile e neppure riesco a memorizzare i particolari.
Per il resto della mattinata vago come un fantasma, senza riuscire a fare qualcosa di buono. Con la coda dell'occhio vedo gli strateghi indicarmi e scuotere la testa in segno di disapprovazione.
Ormai completamente avvilita, salto il pranzo e mi chiudo in bagno per un'ora per piangere in silenzio. Voglio la mamma, ho paura. Ogni istante che passo qui mi sembra di impazzire. L'odore del sangue e di morte, la competizione, l'attenzione morbosa, i sospetti, l'attesa... non posso farcela, semplicemente non posso.
Sarei uscita da qui solamente al tramonto, ma una voce di donna mi invita ad uscire gentilmente. Al terzo richiamo decido di farmi vedere. Fuori mi attende una ragazza giovanissima, dai capelli corti e castani. Penso sia la prima capitolina che vedo a non avere una parrucca, una tinta assurda o un tatuaggio.
“Grazie per essere uscita” mi dice. Mi asciugo le lacrime e la fisso nei suoi occhi verdi. Non so perché, ma mi trasmette un senso di pace. “Mi chiamo Meggy, mi occupo della postazione del primo soccorso. Ti va di venire con me?” mi chiede.
“Non saprei, io...”
“Posso darti un consiglio?” annuisco. “Non saranno le tue lacrime a riportarti a casa. Saranno la tua forza di volontà e la fortuna. Non sarai forse forte o furba come altri, ma non si sa mai. Gli altri ti sottovalutano e non baderanno a te. Sfrutta questo a tuo vantaggio”. Apprezzo lo sforzo di Meggy, ma sono stata sorteggiata alla mia prima mietitura, non sono affatto fortunata. Il suo discorso non mi incoraggia, ma apprezzo il suo tentativo. Decido comunque di seguirla, tanto non ho più nulla da perdere.
Passo quasi tutto il tempo che resta con lei ed imparo tante cose: mi insegna a valutare lo stato di una ferita, a pulirla, a bloccare l'emorragia, come agire in caso di ustione o di puntura di insetto. Ad ogni nozione imparata, sento la fiducia in me alzarsi. Meggy è favolosa: paziente e materna, è disponibile a spiegare i vari passaggi più e più volte, finché non li ho finalmente appresi. Non pensavo che esistesse qualcosa che mi appassionasse così tanto, oltre agli animali.
Dopo ore passate sulla postazione, alzo lo sguardo per osservare come se la cavano gli altri. Sono tutti sudati, stanchi o depressi, mentre io sono rilassata e di ottimo umore.
La mia attenzione viene infine catturata dalla postazione dei veleni. Brian Seven sta parlando con l'allenatore e non so neppure io il perché, finisco per origliare, vinta dalla curiosità. Faccio comunque attenzione a non farmi vedere e fingo di continuare ad esaminare delle garze.
“Cosa succede se ne ingerisco l'antidoto?” chiede lui agitando una boccetta di vetro contenente un liquido trasparente. L'allenatore ci riflette mettendosi l'indice fra i denti.
“Assolutamente nulla” Brian scrolla le spalle e manda giù la pozione come se bevesse un bicchiere d'acqua.
“Si riesce anche ad applicare il veleno su una freccia?”
“Sicuro! É sufficiente bagnarla e aspettare che si asciughi. Questo veleno ha una presa molto rapida” Veleno. Un'arma subdola, micidiale, da vigliacchi. Devo stare alla larga da Brian.
“Sapeva che l'oleandro non è originario di Panem?” commenta lui. Non ho mai sentito il nome di questa pianta.
“Davvero?” chiede lui sbalordito appoggiandosi l'indice in bocca. Inizio a pensare che abbia una sorta di tic.
“Oh no! È grazie al distretto 4 che è giunta qui! Vede, secoli fa, la nostra gente compiva viaggi molto più lunghi di quelli di adesso. In particolare un certo Nelson Pieces...” Ascolto a malapena il racconto di Brian; storia è una materia che mi fa sempre fatto schifo. Sono le sue mani però ad interessarmi: furtivamente tira fuori un pennellino e sporca di veleno la boccetta dell'antidoto che teneva ancora in mano. Non capisco dove voglia arrivare.
“... e così nacque il primo hovercraft” conclude Brian. Gli occhi dell'allenatore brillano dall'entusiasmo
“Non credevo fossi un ragazzo così intelligente! Che storia appassionante!”.
Il tributo del quattro sorride mentre cerca di allungarsi per prendere la freccia, ma ha le mani occupate e non ci riesce.
“Puoi tenere un attimo?” chiede Brian passando il flacone dell'antidoto. L'allenatore afferra la boccetta, toccando con l'indice proprio il punto avvelenato. Un orrido sospetto si insinua nella mia mente. Come paralizzata, osservo il capitolino ripetere la sua azione abituale, ingerendo così parte del veleno.
Vorrei urlare, ma la voce mi si blocca in gola, incapace di trovare un'uscita. Le mie mani sono sudaticce, così come la mia fronte. Mi giro di scatto, per non farmi vedere, e rimango immobile, con le mani irrigidite sul tavolo.
Cerco di calmarmi, ma mi risulta impossibile. Sentendo i passi di Brian verso la mia direzione, il terrore non fa altro che aumentare. Credo che il mio cuore scoppierà da un momento all'altro.
Sento una mano appoggiarsi sulla mia spalle destra e mi volto a scatti.
Brian mi sorride in maniera ambigua con l'indice appoggiato sulle labbra, come a suggerire che quello che ho visto deve rimanere fra di noi.
Annuisco, tremando ed evitando di guardarlo negli occhi.

Quella sensazione di puro terrore mi accompagna anche la notte.

 

Connor MacLeod, tributo del distretto 7, Capitol City

Mi sgranchisco la schiena e sbadiglio rumorosamente. Anche questa nottata sono stato svegliato più volte dagli incubi di Silene. Quella ragazza dovrebbe prendere qualche sonnifero, per il bene di tutti.
Mi strofino gli occhi mentre entro nella sala mensa. Un bel piattone è quello che ci vuole dopo quest'ultima mattinata di duro allenamento.

L'ambiente è abbastanza grande, con sei tavolini sparsi in maniera ordinata. Una decina di tributi stanno scegliendo cosa prendere dal buffet. Personalmente opto per delle salcicce con fagioli, uovo sodo con salsa tartara, peperonata e una valanga di cipolline borettane brasate. Visto che adesso dormo da solo, posso anche permettermi di mangiare così; non ho più Jessica che tenta di cacciarmi fuori dalla camera a pedate. Com'era divertente vedere il suo volto contratto per il disgusto!
Chissà se è ancora arrabbiata con me, mi dispiace averla fatta piangere. So che questa sua tristezza non durerà a lungo: è forte, come lo sono tutti a casa. Riusciranno ad andare avanti anche se io morissi.
Mi siedo su un tavolo vuoto, dove poco dopo mi raggiunge la mia compagna di distretto.
“Come fai a mangiare tutta quella roba?” mi domanda Norma, osservando il mio piattone.
“Come fai tu a mangiare quella!” le rispondo osservando il suo misero pranzo a base di verdure bollite, riso e con una banana come dessert.
“È necessario prepararsi anche da un punto di vista dietetico, Connor” mi spiega lei, con la sua solita aria da prima della classe. Certe abitudini non cambiano proprio mai: anche se estratta, anche se vicina ai giochi e alla sua probabile morte, Norma continua a rimanere fedele a se stessa, alle sue nozioni e al suo senso del dovere.
“Quando ci ricapiterà di mangiare tutto ciò che desideriamo? Goditi il presente, non stare sempre a pianificare tutto”. Norma mi osserva di traverso, per nulla convinta dal mio consiglio.
“Ma ti ascolti quando parli? La pianificazione è tutto!” Non sono d'accordo, credo che la cosa più importante ora sia di mettere su ciccia e muscoli, cercare di godersi gli ultimi giorni tranquilli e far vedere a quei figli di puttana dei favoriti con chi hanno a che fare. Per questo negli ultimi tre giorni mi sono esercitato principalmente nelle postazioni in cui ho qualcosa da mostrare: arrampicata, orientamento e soprattutto tanta e tanta ascia; poco importa dei rimproveri di Silene che si era invece raccomandata di non mettermi in mostra. L'arena verrà dopo, una cosa alla volta.
Norma divora il suo piatto piuttosto in fretta, controllando di tanto in tanto l'ora.
“Ok, ora vado. Fra un oretta inizieranno a chiamarci per le prove individuali e io non ho ancora imparato ad avvelenare l'ascia. L'istruttore doveva ammalarsi proprio in questo periodo?”
“Veramente è proprio morto” Norma mi fissa imbarazzata. Strano per una come lei non sapere questa novità
“Davvero? È morto?”
“Non si è capito bene, sembra che abbia avuto un forte mal di pancia, seguito da vomito e altro ancora. Perlomeno così mi hanno detto”. Norma annuisce poco convinta.
“Ecco perché non è più venuto. Certo che presentare un sostituto con un giorno di ritardo... dannati strateghi. Vabbè ci vediamo dopo”.
“Almeno digerisci! Norma!” Non è neppure riuscita sentirmi, indaffarata com'era è corsa dritta dritta verso il salone. Se non impara a controllare la sua ansia, sarà veramente dura per lei l'arena. A pensare che avrebbe anche le carte in regola per vincere.
Mi alzo per prendere il dolce, avevo puntato uno con gli amaretti, sperando che sia buono come quello che fa mia madre per il mio compleanno.
Proprio mentre mi sto servendo, entrano dalla porta il tributo del distretto 2 e la ragazzina del dodici. Che strana accoppiata, quello fisicamente più forte insieme a una bambina gracile, che forse non riuscirà a superare i 35 kg. Gli ho intravisti un paio di volte interagire in quest'ultimi giorni ma, diversamente da quanto mi aspettavo, non ci sono state litigate o minacce più o meno velate. Sembrano perfino andare d'accordo. Sembra una scena proveniente da uno dei libri di fantascienza che Jill adora tanto. È capitato in passato che un tributo dei distretti più ricchi non giocasse seguendo la solita strategia, ma solitamente avveniva perché avevano un ego troppo grande. Meglio per me: una falla nel loro sistema, comporta un enorme vantaggio per noi tutti. Silene l'anno scorso era riuscita a vincere proprio in questo modo.
I due si siedono allo stesso tavolo, esattamente dietro al mio, con diversi piatti ripieni di pasta, patatine fritte, budino al cioccolato e carne cotta ai ferri sul momento.
“Cosa ne pensa il tuo mentore della nostra alleanza?” Per poco non soffoco con l'acqua. Abbandonare i favoriti per allearsi con una ragazzina? Cazzo.
“Bhe ecco... lasciamo perdere. Non ci sarà di alcun aiuto” risponde la piccola. Devo cercare di essere assolutamente immobile, non voglio farmi scoprire mentre li ascolto. Mi dispiace non riuscire a vedere i loro volti, chissà quante informazioni mi sto perdendo.
“Credi che sarebbe disponibile a venire stasera dopo le prove individuali?” Rose rimane in silenzio, non mi è chiaro se annuisce o nega. Fanno davvero allora. Che questa piccina abbia delle armi segrete? Perché un uomo grande e grosso come Achille vuole allearsi con lei?
“Ci vediamo dopo le prove individuali, allora? Da me o da te?” chiede Rose.
“Meglio da te. C'è gente che rischia di origliare al mio piano”. Questa alleanza potrebbe essere una buona idea, però devo trovare un modo per unirmi a loro.
“Voi del distretto 12 alloggiate al dodicesimo piano, giusto?” chiedo, intromettendomi. È di fronte allo sguardo perplesso dei due, che mi rendo conto che forse ho fatto una cazzata. “Le iscrizioni sono chiuse?” chiedo cercando di catturare le loro simpatie con il migliore dei miei sorrisi. Rose inizia a sorridere, mentre Achille continua a studiarmi.
“Ce la fai a reggere i nostri ritmi, pelatino?” mi chiede lui
“Temi la concorrenza, cioccolatino?” Ci guardiamo con aria di sfida, per poi finire a ridere contemporaneamente.
“Vengo da te dopo la prova individuale... attueremo una sorta di... colloquio”. Annuisco, credo che la sua sia una richiesta ragionevole.
“Può unirsi anche la ragazza del sette che è venuta con me?” Non me la sento di abbandonare Norma. Noi esiste formalmente un alleanza fra noi, ma negli ultimi cinque giorni abbiamo condiviso tutto.
“Perchè no” risponde Rose.
Una squadra, nuovamente una famiglia, anche se per poco tempo. Per i prossimi giorni, se non settimane, dovremo essere una sola cosa finché non inizieremo a cadere come mosche uno dopo l'altro. In questo momento sto già parlando con dei fantasmi.
Forse, però, lo sono anch'io, che muoia o sopravviva all'arena.

 

Rose Green, tributo del distretto 12, Capitol City

Nell'anticamera regna una tensione che si potrebbe spezzare con un coltello. Rimaniamo solo io e Killian, ognuno troppo assorto dai suoi pensieri per riuscire ad aprire bocca. Dal treno non abbiamo avuto un vero e proprio dialogo, e un po' mi dispiace. La sera ci siamo solo noi due, con Cosmo che esce a festeggiare, chissà dove. Le nostre cene sono silenziose e gravose. Non sappiamo di cosa parlare, ognuno fugge dal presente, ma anche dal passato e dal futuro.
Almeno io, però, sono riuscita a trovare qualcuno, Killian invece no. Non l'ho visto con nessuno durante l'allenamento, è sempre rimasto solo ad esercitarsi con i coltelli da lancio, ad imparare nozioni di pronto soccorso e di sopravvivenza. Quando gli ho chiesto se stava facendo progressi, si è limitato a dirmi che se la sarebbe cavata lo stesso. Volevo proporgli di unirsi con me ed Achille, ma dato il loro piccolo diverbio alla sfilata, temo sia impossibile.

Scuoto la testa, sto esagerando. Non posso salvarlo, in realtà non posso salvare nessuno, nemmeno me stessa. Le alleanze sono fallaci, forse potrebbero essere i miei stessi amici a causare la mia morte.
No, devo allontanare questi pensieri, non devo cadere nella paranoia. Ci siamo promessi che ci separeremo quando rimarremo in cinque, forse in otto se i due tributi del sette si uniscono a noi.
“Killian Connors è pregato di entrate” annuncia una giovane donna vestita di scuro.
“Buona fortuna” gli sussurro. Killian sembra apprezzare, e con un sorriso dolce ricambia gli auguri.
Rimango sola e mi abbraccio cercando di confortarmi. Ripasso mentalmente il nome delle piante che conoscono, ma ben presto il volto di papà si introduce nella mia testa. Penso ai suoi occhi chiari, al sorriso accogliente, alle sue braccia forti e rassicuranti. Sopravviverà anche alla mia morte? È un uomo forte, ma due lutti così importanti nel giro di così poco tempo devasterebbero chiunque. Spero che regga, deve reggere, a casa contano tutti su di lui.
“Rose Green, tocca a lei”. Mi alzo con il cuore in gola, spero di non fare una pessima figura. Per la mia prova mi sono dovuta accordare con l'istruttore: mostrerà sullo schermo una serie di piante e io dovrò riconoscerle tutte, senza alcuna esitazione. Mi rendo conto che sarà noioso da osservare, ma quello delle piante è il mio unico talento.
Dietro un balconcino al piano superiore, una ventina di persone fra uomini e donne stanno conversando fra di loro in maniera rumorosa. Solamente uno dai capelli rossi e le lentiggini sembra essere veramente interessato a me.
Osservo l'allenatore, che ha già preparato lo schermo e il computer con le immagini.
Gli faccio cenno con la testa: sono pronta.
La prima pianta ha le foglie verde vivace ed un fiore giallo simile alla margherita. È facilissimo. “Tarassaco, meglio come conosciuto come dente di leone. È usato per depurare fegato e reni. Il latice che fuoriesce quando si tagliano le foglie o gli steli può essere tossico, se ingerito”.
E la prima è andata. La seconda immagine presenta anch'essa dei fiori gialli ma la forma è completamente diversa, in quanto i petali sono disposti in spighe terminali. Anche questa volta rispondo senza esitare “Agrimonia, conosciuta anche come erba vettonica, è utilizzata per combattere emorragie, diarrea, infiammazioni della gola, reumatismi, disturbi epatici ed altro ancora. Può essere utilizzata per prepararsi del tè”.
L'immagine successiva mostra invece una pianta con fusto angolare ricoperto di peli, con foglie lanceolate, vellutate con margini lievemente ondulati. Anche se l'immagine non mostra i fiori della pianta, so già la risposta
“Calendula, utilizzata come antinfiammatorio, disinfettante, cicatrizzante e per alleviare i dolori mestruali”
Bene, ora tocca all'ultima. L'immagine è un colpo crudele che colpisce dritto al cuore. Foglie semplici e lunghe, disposte a ciuffo con spine lungo ai lati. Perché proprio questa pianta?
“Aloe” rispondo con voce tremante “Depura l'organismo, stimola il sistema immunitario ed è di aiuto ai problemi ossei e articolari. Inoltre è utile nei casi di gastrite ed ulcere. Infine ha delle eccellenti capacità cicatrizzanti”.
Aloe, mia sorella... è un modo forse per dirmi che è qui con me? Quanto mi manca...
L'uomo dai capelli rossi si alza ringraziandomi per la performance, affermando che i voti verranno resi pubblici fra un paio di ore.
Mi allontano, ancora sconvolta per la pianta. Nelle testa risuonano ancora le urla di Aloe, rivedo il suo sangue che schizza ovunque. Posso solo immaginare che cosa le abbiano fatto. Non smetterò mai abbastanza di ringraziare i miei per avermi impedito di guardare tutta la tortura.

Entro nell'appartamento del dodicesimo piano che sembra essere completamente vuoto.
Ne approfitto per farmi una doccia, cambiarmi con degli abiti leggeri e puliti, e per sdraiarmi sul divano. Accendo la TV, cambiando freneticamente canale nell'attesa delle votazioni. Ho bisogno di rilassarmi e di distendermi, dimenticando tutto ciò che è successo.
Proprio mentre stavo iniziando ad appassionarmi ad una soap opera, sento bussare alla porta.
Mi alzo senza infilare le ciabattine bianche che Capitol ci ha prestato, e apro.

“Siamo in anticipo; è un problema?” chiede Connor, proprio dietro ad Achille ed affiancato da Norma.
“Assolutamente” Immagino che i due tributi del sette abbiano passato il test di Achille. Il nostro è ormai un gruppo ampio, che potrebbe rappresentare una minaccia perfino per i favoriti.
“Cosa avete fatto alle vostre prove?” chiede Connor spezzando il ghiaccio.
“È meglio non parlarne, in fondo siamo tutti rivali” risponde Norma fredda. Achille incrocia le braccia e inizia a squadrarla “Non ho intenzione di tradirvi, ma guardiamo in faccia la realtà! Questo gruppo ha l'unico scopo di garantirci la sopravvivenza per una prima fase. Non vinciamo insieme, non siamo una famiglia”. È la stessa cosa a cui pensavo a pranzo, so che ha ragione, ma tenerlo a mente è veramente doloroso.
“Non ci uccideremo fra di noi” annuncia Achille solenne.
“Ti credo, ma saremo costretti a farlo prima o poi se arriviamo noi quattro alla fine. Non è cattiveria, credetemi, ma questo clima così informale non ci fa bene. Dovremo comportarci da colleghi”. Nessuno di noi sa come replicare, ma sono contenta che Norma si sia unita a noi: abbiamo bisogno di qualcuno che ci rimetta con i piedi per terra. Io sono troppo buona, Connor troppo impulsivo ed Achille troppo sicuro di sé.
Rimaniamo qualche frammento d'infinito senza dire nulla. Quella miccia di serenità che avevo riconquistato si è spenta del tutto.
Da un po', Connor inizia a schioccare la lingua in maniera piuttosto fastidiosa.
“La pianti?” chiede Achille.
“Guastafeste” borbotta Connor, cambiando posizione.
“Meno male che avevo parlato dell'importanza di rimanere seri...idee sulle tattiche da adottare?” chiede Norma, mostrando ancora una volta la sua diligenza.
“Semplice, io faccio da capo, Connor sarà il mio braccio destro, Rose addetta alle cure mediche”.
“E io?” chiede Norma
“Cibo di scorta” commenta Achille mostrando un falso ghigno. Norma accenna un sorriso, prestandosi al gioco.
“Aspetta! Perché fai tu il capo?” si lamenta Connor.
“Alzi la mano chi mi vuole come leader” ordina Achille. Io e Norma l'alziamo immediatamente, bofonchiando delle mezze scuse a Connor.
“Al sette guido un gruppo di taglialegna! Sono in...” Non è che non ci fidiamo di lui, ma Achille ha avuto un addestramento, a differenza nostra. Lui è quello meglio preparato ai giochi.
Anche Connor alla fine realizza e interrompe il suo monologo, leggermente offeso. “Va bene, va bene. Immagino che abbiate ragione! Piuttosto, sono curioso di una cosa da quando ho visto Achille dalla prima volta: come mai sei nero?” Chiede Connor, prendendosi una gomitata in pieno stomaco da Norma. “Si, insomma, non ho mai visto nessuno del due di colore, non in maniera così intesa, per lo meno. Non so se mi spiego”. La sua compagna di distretto si copre il volto per l'imbarazzo. Ad ogni minuto che passa, Norma mi piace sempre di più.
“Sono stato adottato” spiega Achille con nonchalance.
“I tuoi sono morti o qualcosa del genere?”
“Connor! Ti sembrano domande da fare? Proprio ora, poi?” sbotta Norma.
“Meglio qui che all'arena, no?” Touchè.
“Non lo so, mi hanno trovato e preso. Tutto qui, è stata una grande fortuna” risponde Achille in fretta, quasi come se non volesse parlare del suo passato. Sono contenta che abbia trovato qualcuno, ma non posso pensare che i suoi genitori, così come i miei e quelli di tutti gli altri, rischiano di perdere un figlio. Non è giusto...
“Sta iniziando” annuncia Norma, che ha appena messo sul canale con le votazioni delle prove individuali. Molti rimangono sulla soglia del cinque o del sei, alcuni hanno voti perfino più bassi (il ragazzo del tre prende addirittura un due!) mentre altri ne ottengono piuttosto generosi (la ragazza del cinque perfino un nove, che è rarissimo fuori dai favoriti). Anche Connor e Norma se la cavano bene, con rispettivamente un otto e un sette. Achille ovviamente brilla con uno dei voti più alti, mentre a me viene attribuito un misero cinque. Immagino che la mia interrogazione non sia stata poi così spettacolare... Molte persone hanno avuto un voto più alto del mio...
“I nostri mentori hanno detto che non occorre preoccuparsi dei voti: sono solo indicativi, non rispecchiano la realtà: molti non mostrano le loro vere abilità allo scopo di farsi sottovalutare” commenta Norma.
“Giusto Rose, magari qualcuno penserà che anche tu abbia fatto così”. Suggerisce Connor, cercando di consolarmi inutilmente; Cosmo non avrebbe chiuso in ogni caso contratti a mio vantaggio. Per fortuna ho la mia squadra anche se mi viene naturale chiedermi cosa mi succederà una volta che ci saremo separati.

Abbasso lo sguardo affranta: sono già cibo per vermi.

 

 

 

 

Stiamo decisamente approfondendo alcuni lati dei nostri tributi! All'arena mancano ancora due o tre capitoli, tutto dipende da come gestisco il prossimo, ovvero quello delle interviste.
chicche:

1)L'oleandro (Nerium oleander) è ritenuto una delle piante più velenose del mondo. L'ingestione provoca tachicardia, disturbi gastrici, disturbi del sistema nervoso centrale. La pianta contiene oleandrina e diversi alcaloidi tossici. L'ingestione di una sola foglia potrebbe causare la morte di un bambino. Di solito gli animali lo evitano per istinto.

2) tutte le nozioni sulle piante derivano da internet, in particolare dal sito http://www.elicriso.it/it/

3) non ho specificato il voto di ciascuno nel capitolo, o veniva fuori una cosa troppo lunga e noiosa. Quindi ecco qui i voti nello specifico (in verde quelli non prenotati). Credo sia di aiuto per farvi un'ulteriore idea:

 

 

Donna

Uomo

Distretto 1

Emma Stone: 11 su 12

Lawrence Timberwole: 10 su 12

Distretto 2

Riley Devres: 7su 12

Achille Pelide: 11su 12

Distretto 3

Harriet Dates: 6su 12

Thomas Biggs: 2su 12

Distretto 4

Marinette Ward: 10 su 12

Brian Seven: 7 su 12

Distretto 5

Sidney Baxter: 9su 12

Charlie Jones 5 su 12

Distretto 6

Stacey Drapeau: 7 su 12

Spencer Triangle: 5 su 12

Distretto 7

Norma Chase 7su 12

Connor McLeod: 8su 12

Distretto 8

Silk Hone: 5 su 12

Daniel Noble: 5 su 12

Distretto 9

Donna Sanchez: 4su 12

Carlie Marty Hamilton: 5 su 12

Distretto 10

Bezzy Peacock: 3 su 12

Warwick Abe Reed: 8 su 12

Distretto 11

Anemone Katz: 7 su 12

Manuel smith: 5su 12

Distretto 12

Rose Green: 5 su 12

Killian Connors: 6 su 12

 

 

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Capitolo 9
*** Principio dello scambio equivalente ***


Per ottenere qualcosa è necessario dare in cambio qualcos'altro che abbia il medesimo valore.
In alchimia è chiamato "il principio dello scambio equivalente".

A quel tempo, noi eravamo sicuri che fosse anche la verità della vita.

Full Metal Alchemist

 

 

Lawrence Timberwole, tributo del distretto 1, Capitol City

Uno stupido uccello mi sta trapanando le orecchie con il suo dannato canto del cazzo. Tento di nascondere la testa sotto il cuscino, ma non c'è niente da fare.
Questo è solo uno dei tanti motivi per cui odio la primavera: non sai mai cosa metterti, a scuola non ti concentri perché pensi già alle vacanze, pulizie accurate imposte da mia madre... preferisco di gran lunga l'estate: sole, giornate lunghe, vestiti scollati, vacanze...

Conobbi Garnet proprio durante uno dei mesi caldi. Era fantastica con i suoi lunghi capelli neri e quegli occhi che ti ordinavano di starle alla larga. Impiegai tre mesi per ottenere un appuntamento, ad ogni suo rifiuto mi innamoravo sempre di più. Potevo avere qualunque altra, ma ormai avevo in testa solo lei.
Riuscì a baciarla (senza ottenere in cambio uno schiaffo) solo al quarto appuntamento e ci impiegai altri cinque mesi per convincerla a venire a letto con me. Era bellissima con il viso in fiamme, per la prima volta insicura e senza difesa. Si era affidata completamente a me, lasciando che fossi io a condurre i giochi, per una volta.
Giuro che appena torno, la tromberò così forte che la sentiranno urlare fino al dodici.
La mia mano scende, mentre la mia testa continua a riempirsi di immagini di Garnet, dei suoi sospiri, delle sue tette, di quelle espressioni così intense... Non sono neppure a metà quando mi accorgo che gli ansimi non sono solo dentro la mia immaginazione. Tendo le orecchie e capisco che quei rumori inconfondibili provengono dalla camera accanto, quella di mio fratello.
Cazzo, che schifo.
Esco dal letto e mi vesto in fretta con un paio di jeans e con la prima t-shirt che becco. Apro la porta quel tanto che basta per riuscire a vedere la tipa quando uscirà. Merda, se penso a quello che stanno facendo nell'altra stanza... che brividi.
Dopo un quarto d'ora appare una vecchia vestita di rosa, con un sorriso talmente ampio che potrebbe arrivarle alle tempie. Che razza di cesso. Come ha potuto James scoparsi una tipa del genere?
Aspetto che esca dalla porta d'ingresso prima di fiondarmi da James per ottenere informazioni.
“Che cazzo combinavi? È una vecchia, per Diana!” mio fratello mi osserva con aria stanca, prima di sistemarsi una ciocca ribelle dietro alle orecchie. Lo stronzo deve essere stato sotto.
“Lawrence, non urlare per favore” mi sussurra lui prima di infilarsi una maglietta bianca. Entro nella camera chiudendo la porta.
“Cosa ci faceva qui?” James abbassa lo sguardo imbarazzato.
“Lawrence, torna a dormire, dai! Non rompere!” mi ordina lui, ma insisto. Non può averlo fatto per piacere. Per carità, magari la vecchia ha molta esperienza, ma da qui a volersela trombare...“Ti ho detto di tornartene in camera tua!” ripete lui serrando gli occhi. Continuo a rimanere immobile, con le braccia conserte. Devo saperlo.
“Chi era?”
“Era una sponsor, va bene adesso?” Rimango completamente ammutolito, non me l'aspettavo. Il compito di James come mentore è quello di prepararmi ai giochi, ma anche di convincere gli sponsors a finanziarmi. Sapevo che mio fratello è un tipo insistente, ma non sapevo che fosse veramente pronto a tutto per raggiungere i suoi obiettivi.
Non riesco a crederci che si sia prostituito per me. Mi sento tremendamente a disagio, non so se sentirmi onorato per il suo sacrificio oppure offeso per la sua mancanza di fiducia nei miei confronti. Perché arrivare a un gesto così estremo?
“Ho preso un dieci alle votazioni individuali, non bastava?” gli chiedo confuso. James mi guarda e per la prima volta vedo nel suo volto un uomo terribilmente stanco.
“Stai bene?” gli chiedo sedendomi accanto a lui. James piega la testa indietro, osservando il soffitto.
“Questa città tira fuori brutti ricordi in me, odio stare qui” confessa. Mi rendo conto solo adesso di quanto sia stato egoista con lui. Abbiamo spesso parlato dei giochi, ma ci siamo sempre concentrati sulle sfide, le interviste, i bagni di folla, i duelli, ma non gli ho mai chiesto cosa provasse oggi, a distanza di tempo. Sento l'urgenza di scoprirlo: ora ci sono dentro anch'io.
“Non sembri molto felice” commento.
“Lontano da qui lo sono, Lawrence, lo sono davvero. Con te, con i miei amici, con la gente dell'uno... Tutto sembra lontano”.
Ripenso al suo ritorno, ai suoi nervi a fior di pelle che scattavano per un nonnulla. Una volta entrai in camera sua di soppiatto, volevo svegliarlo urlandogli nelle orecchie per scherzo. Che idea di merda, dovevo essere proprio un moccioso insopportabile. Mi ricordo che James si spaventò così tanto da afferrami per il collo e tentare di strangolarmi. Ci mise un po' a realizzare chi ero. Con il passare dei mesi tornò quello di sempre; una versione più pacata e responsabile per lo meno.
“Ti sei mai pentito di esserti offerto volontario?” gli domando e la sua risposta mi lascia stupito.
“No, altrimenti non ti avrei mai permesso di venire qui” James mi scompiglia i capelli in un fare fraterno a lui non abituale. “Tutto ha un prezzo Lawrence. Gli Hunger Games mi hanno dato tanto, ma si sono presi tante altre cose”. Rimango in silenzio, in segno di completo rispetto verso l'unico famigliare che amo veramente.
“Qual è il prezzo?”
“La tua vita, Lawrence” sollevo le sopracciglia perplesso “Vedi, per noi vincitori esiste un prima e un dopo l'arena, completamente diversi fra loro, ma non necessariamente migliori o peggiori. Diversi, semplicemente”. James si volta verso la finestra, osservando un merlo che zampetta sul cornicione dell'edificio. “La vittoria mi ha riportato alla vita, facendomi finalmente crescere e diventare l'uomo che ho sempre desiderato essere. Ho dimostrato al mondo di essere un combattente; chi se ne frega se in cambio ho dovuto rinunciare a parte della mia serenità e a delle notti tranquille”.
“Perché non me l'hai detto prima?” gli domando.
“Saresti venuto qui se l'avessi saputo?” Sorrido beffardo, sappiamo entrambi la risposta.
“Appunto. Questa è la nostra strada Lawrence, siamo nati per questo”. Ha ragione, potrei dire che i miei mi hanno concepito quasi con lo scopo di vedermi qui. “Vincerai, esattamente come ho fatto io” aggiunge.
Annuisco sorridendo, non mi sono mai sentito così tanto vicino a lui in tutta la mia vita.
Questa scenetta strappa-budella però dura poco, perché mi ricordo all'improvviso perché sono qui.
“Aspetta, cosa c'entra tutto questo con la vecchia succhia-cazzi?” James inizia a ridere divertito.
“Fanculo, perché mi ci devi far pensare? Te l'ho detto, è una sponsor”
“E il mio dieci?” piagnucolo.
“Ottenere sponsor è il mio lavoro. Fatti i cazzi tuoi, Lawrence!” indispettito, gli do una leggera spinta che gli fa perdere l'equilibrio sdraiandolo nel letto.
“Balle, a te piacciono le nonne. Se il culo non è una prugna neanche ti viene duro” sdrammatizzo. Non sono abituato a rimanere serio a lungo con lui. La mia uscita innervosisce James che mi spintona e si siede sul mio fianco
“È ora di ristabilire le gerarchie, nanerottolo” annuncia prima di infilarmi un dito bagnato di saliva nell'orecchio. Mi agito per liberarmi, ma James è più forte di me, e rimango così in trappola. “Dovrai fare di meglio nell'arena!” Con un colpo di reni riesco finalmente a liberarmi, non dopo aver dato una gomitata al mio avversario. Non soddisfatto, mi siedo sulla sua schiena incrociando le gambe.
“Ok, ok, hai vinto tu” mi alzo, aiutandolo a sedersi nel letto. James si sgranchisce un attimo prima di tornare nuovamente serio. “Domani sera ci saranno le interviste, poi l'arena. Ti prego, rimani concentrato. Sempre. Non puoi abbassare la guardia, neppure adesso”.
“Sicuro” rispondo con lo scopo di tranquillizzarlo, ma il volto di James rimane cupo.
“Non fare cazzate, né adesso, né in arena”.
“Ti ho detto di stare tranquillo! Farò... James?” mio fratello mi abbraccia, forse per la prima volta in diciassette anni. Senza lamentarmi, ricambio il gesto. In fondo potrebbe essere anche uno dei miei ultimi ricordi con lui.
Giuro però, che appena rimango solo mi strizzerò un po' i maroni.

 

Charlie Jones, tributo del distretto 5, Capitol City

“È bello essere qui, cioè, gli H-Hunger Games sono... Capitol è fantastica, non immaginavo fosse così.... grande e bella”
“Non ci siamo” mi interrompe Helia seduta composta su una sedia di legno. Sono quasi quattro ore che siamo qui a provare e non ho ottenuto ancora rinforzi positivi. “Se farai così al massimo riuscirai a conquistare qualche mamma; peccato che noi puntiamo agli sponsors. Devi essere temibile, non devi balbettare”. Mi accascio sul divano in preda allo sconforto, io ci provo, giuro che lo faccio, ma non ci riesco. Ogni volta che provo a reagire le cose peggiorano e non sono neppure dentro l'arena. Come sul treno, ad esempio, che nonostante i miei sforzi nel rimanere positivo, mi sono fatto spaventare da Sidney, o come alle prove individuali, dove nonostante non sia stato fermo neanche per mezzo secondo durante gli allenamenti, sono riuscito ad ottenere un misero cinque.

“Mi dispiace Helia, sono un pessimo allievo”. Helia si alza e si avvicina a me con le braccia conserte. Sento addosso il suo sguardo inquisitore. È il suo primo incarico da mentore e le sto sicuramente facendo pentire di aver accettato questo lavoro. L'unica cosa che mi tira su di morale è che in questo momento non sono il tributo che da più a pensare: Cissy non ha smesso di urlare addosso a Sidney neanche per mezzo secondo. Immagino che non sia così facile insegnarle le buone maniere e a non rivolgersi a chiunque come se parlasse con dei bambini di tre anni.
“Ascoltami” la mentore si inchina e mi afferra le mani “Posso solo immaginare quanta paura ti porti dentro. È meschino da parte mia chiederti questo sforzo, ma non lo devi fare per me, quanto per te”. Distolgo lo sguardo imbarazzato. Helia è la cosa migliore che mi sia capitata dall'estrazione. Non la ringrazierò mai abbastanza. Sento che posso parlarle e confidarle tutto.
“Helia, io non ho solo paura, io sono terrorizzato” specifico toccandomi con il polso la fronte “Non è solo del confronto che ho paura, ma anche della morte in sé... Io...” faccio fatica ad esprimere un concetto del genere, spero riesca a seguirmi “Cosa si prova quando si muore? Sentirò dolore? Freddo? Oppure niente?”
“Pensare a queste cose non ti aiuta, concentrati su...”
“E cosa proverei se vedessi gli altri morire sotto i miei occhi?” Helia apre la bocca per rispondere, ma si blocca, rendendosi conto che non esiste nulla che possa rassicurarmi in merito. “Sono miei coetanei, alcuni sono poco più grandi di mia sorella! Come potrei spezzare delle vite? Non ci riuscirei neanche se volessi”.
“Non hai scelta, o tu o loro” mi dice lei con calma, cercando di non apparire più dura del necessario. Cosa ne può sapere lei?
“Hai mai ucciso?” le chiedo a bruciapelo. Helia abbassa la testa e lo sguardo. Ho appena intravisto della vergogna?
“Charlie...” sussurra lei. Temo di aver scatenato dei brutti ricordi, ma ho bisogno di un confronto. I miei non ci sono, e neppure Gemma e Louis.... ho solo lei.
“Ti prego” Helia si alza e guarda in alto, come per raccogliere i suoi sentimenti.
“Avevo quattordici anni, era la prima volta che facevo tardi. Ero andata ad una festa. Assaggiai l'alcool per la prima volta e mi diverti un sacco, finché non giunse il momento di rincasare”. La mentore si siede accanto a me e mi guarda negli occhi, affranta. “Abitavo lì vicino, il cielo era sereno, e decisi di non chiamare un taxi. Lungo il ritorno però, venni aggredita da un uomo”.
“T-ti ha...” balbetto imbarazzato.
“Non fece in tempo. Avevo dietro il taser di mio padre e lo colpì al petto. Non avevo intenzione di ucciderlo, ma solo di stordirlo per darmi il tempo di fuggire. Però qualcosa andò storto e ci lascio le penne”. Rimango in silenzio, soppesando questa sua confessione. “Ora dimmi Charlie: agì bene o male?”
“Non l'attaccasti con l'intenzione di ucciderlo!” contesto io.
“Ma di fatto è quello che è successo!” replica lei “Ho sentito lo stesso i rimorsi!”
“E vivi serena dopo quello che è successo?” le domando. Helia si gratta la nuca per poi riconcentrarsi su di me.
“Non è una questione di serenità. Come ti ho detto, o io o lui. Se tornassi indietro probabilmente lo rifarei, anche se sapessi che il colpo gli sarebbe fatale”. Mi alzo dal divano, provando un forte disagio. “I tuoi avversari non avranno la premura di pensare alla morale nell'arena. Neppure tu dovrai farlo. Vedrai che in caso il tuo istinto di autoconservazione prevarrà, così come è successo a me”. Helia si alza, mi raggiunge, e si china leggermente, guardandomi di nuovo nei miei grandi occhi.
“Charlie... io mi fido di te, sei più forte di quello che pensi”. Sto per replicare, ma il suo sguardo impone il mio silenzio “Non è da tutti ammettere di avere paura, non è da tutti continuare ad essere buoni in questo mondo. In questa settimana ho conosciuto un ragazzo che ha vissuto dei momenti orribili, ma che nonostante questo ha seriamente provato a cambiare, più e più volte”.
“Non ho avuto molto successo, però” Non so quante volte mi sono ripromesso che sarei diventato migliore, che un giorno avrei meritato le persone che amo.
“Nessuno ha mai detto che crescere è facile. Anche gli altri tributi hanno i tuoi stessi dubbi ed insicurezze, solo che sono troppo orgogliosi ed arroganti per ammetterlo a se stessi, figuriamoci agli altri”. Mi viene un po' da ridere a pensare a Sidney, mentre si rigira nel letto pensando a cosa sta sbagliando nella vita, ma il messaggio che sta cercando di lanciarmi è chiaro.
“Grazie Helia” le sussurro, commosso. Anche se ci conosciamo a malapena, si è presa la briga di farmi un discorso che non mi aveva mai fatto nessuno.
“Figurati. Non sei il primo adolescente al mondo, Charlie! Ci siamo passati tutti, siamo stati tutti così insicuri di noi stessi. Poi si cresce e ci si rimbocca le maniche. Tu lo stai facendo, ti ho visto. Per questo sono sicura che sotto questa tua fragilità si nasconde un guerriero. Per quanto mi riguarda, io sono fiera di te”. Helia mi bacia la fronte e sento il mio volto diventare di fuoco.
Durante tutta la serata ripenso alle sue parole. Davvero sono più forte di quello che penso? Ripenso agli incoraggiamenti di Louis, ai rimproveri di Gemma, alle raccomandazioni dei miei. Tutti concordano su una cosa: devo smetterla di piangere e farmi forza, non solo negli Hunger Games, ma anche nella vita in generale. Per tutta la vita ho sperato di diventare più forte, ora è giunto il giorno di diventarlo sul serio. O affogo, o imparo a nuotare.
Durante la notte sogno il caldo sole del cinque, la sua gente e la sua energia. Per la prima volta dall'estrazione, riesco a fare sogni tranquilli.

 

Riley Devries, tributo del distretto 2, Capitol City

Mentre Cristal continua a pettinarmi i capelli, provo a riepilogare la strategia scelta insieme alla mentore. Sono sicura di potermela cavare facilmente; devo mostrarmi sicura, forte, temibile e un filo arrogante. In pratica devo essere me stessa, nulla di più facile.
“Beata te che hai dei capelli così lisci!” commenta Cristal incantata dalla mia chioma. Fa bene ad ammirarla: i miei capelli sono lunghi, lisci, color del caramello e soprattutto sono naturali, al contrario dei suoi.

“Posso farti una domanda?” le chiedo osservandola mentre inizia a spostarmi le ciocche per preparare chissà quale acconciatura elaborata.
“Certo, dimmi pure”.
“Chi ha fatto colpo su Capitol?”. Cristal mi sembra una ragazza abbastanza sciocca da passare buona parte della sue giornate a parlare di frivolezze. Sicuramente il suo cervello da usignolo mi tornerà utile.
“Si spettegola sul ragazzo del quattro. Secondo te, chi è in realtà?” squittisce lei tutta eccitata. Questa sceneggiata dei fratelli Seven ha mandato Capitol in brodo di giuggiole, e rincretinito buona parte dei tributi. Li odio entrambi, mi stanno rubando la scena. Ho bisogno dell'amore incondizionato di Capitol per poter vincere.
“Ho alcune teorie, ma ho bisogno di altre prove” commento vaga. In realtà non mi interessa granchè, chiunque sia lo ucciderò con le miei mani. “Altro?”
“Beh, ho sentito molte persone parlare della bellezza di Anemone” ingoio il boccone controvoglia. Pensavo che il mio aspetto avesse conquistato i capitolini più superficiali. Cristal deve aver capito il mio malumore e infatti aggiunge in fretta: “Sì, ma parlano anche di te. Un mio amico ha litigato con un tale proprio l'altra sera perché sosteneva tu fossi molto più figa”. Annuisco poco convinta, questa storia non mi piace affatto. Possibile che ai capitolini sia rimasto impresso solo il mio aspetto? Ho molto di più da offrire! Senza contare che credo di essere molto più bella della ragazza dell'undici. Devo assolutamente sfruttare come si deve quest'occasione dell'intervista. “Per quanto mi riguarda, io penso che...”
“I pettegolezzi sono già finiti?” la interrompo; non mi interessa la sua opinione. Cristal sembra pensarci un po' su, per poi raccontarmi aneddoti inutili sui vestiti e sulle preferenze dei suoi amici più intimi. Nulla di utile insomma. Questo scambio ha solo aumentato il mio nervosismo.
Dieci minuti dopo ho cambiato postazione e sono sotto le mani esperte e sapienti del truccatore. Lou dipinge i miei occhi con un ombretto dorato contornato con un eyeliner nero che fa risaltare i miei occhi. Le labbra e le guance sono truccate in maniera leggera in modo tale da non assomigliare a una baffuta bambina in salute. Lou riesce a combinare anche una sorta di miracolo con le mie unghie, a cui riesce ad applicare dei surrogati di plastica dorati decorati con intriganti fantasie geometriche nere.
A questo punto entra il mio stilista che mi aiuta ad indossare un abito finalmente scuro. Ricordo con orrore il vestito della sfilata, così bianco e lucente. Non porto mai quel colore, mai. Il mio armadio varia solamente da tonalità che variano dal blu al nero. Prima di allora non avevo mai indossato nulla di così candido. Mi ero lamentata con lo stilista, dicendo che non mi sentivo rappresentata da un abito del genere e ho fatto bene: quello nuovo ha un taglio elegante, raffinato, senza spalline con un piccolo fiocco dorato a farmi da cintura. Ringrazio lo stilista per non aver dato all'abito nessuna scollatura esagerata; non voglio che il mio seno distragga troppo il pubblico dalle mie parole.
Incontro il resto del team del distretto 2 all'ascensore. Achille è silenzioso e altezzoso come al solito, il suo completo bianco latte con la cravatta dorata, è in pieno contrasto con il mio splendido abito.
Nessuno proferisce parola, il tradimento di Achille ha profondamente deluso i nostri mentori che l'aiutano più per senso del dovere che per piacere. Sylvie mi ha confessato che ha stretto alleanza con la patetica ragazzina del dodici. Se Achille ha così tanta fretta di morire, doveva solo chiederlo.
Arriviamo nell'anfiteatro, luminoso e vivo come ad ogni occasione del genere. Vedendoci, il pubblico entra in visibilio e inizia ad urlare i nostri nomi e, sentendo anche il mio, mi riempio di orgoglio.
Phoebus Sullivan, un uomo sulla cinquantina, con i capelli brizzolati e un sorriso accattivante, entra nel palco facendo impazzire ancor di più il pubblico. Phoebus è l'unico intervistatore che gli Hunger Games abbiano mai avuto, il pubblico è molto affezionato a lui.
Dopo una breve introduzione iniziano le interviste e ognuna di essa dura solamente una manciata di minuti. La prima è Emma, elegantissima nel suo abito bianco e i suoi gioielli di diamante. Esattamente come avevo immaginato, esegue un passo di danza prima di passare il turno a quel lazzarone di Lawrence che si dimostra perfettamente a suo agio sul palco, e risponde con disinvoltura alle domande arrivando a paragonare il suo distretto alla capitale.
“Riley Devries” annuncia Phoebus.
Mi alzo, stando attenta a non inciampare nella gonna. Mi muovo con sicurezza, sguardo alto ed altezzoso. Non sono una bambolona, io sono una stratega, una guerriera da temere.
“Ma che bella signorina che abbiamo qui! Perché non le facciamo un applauso Capitol?” chiede Phoebus. Il pubblico risponde con entusiasmo alla sua richiesta, il che mi fa sentire benissimo. Per la prima volta, mi sento completamente felice della mia estrazione.
“Come ci si sente a stare sul grande palco?” mi chiede lui, sorridendo.
“Meravigliosamente, ma starò ancora meglio quando mi intervisterai come vincitrice”. La mia risposta esalta ancora di più l'intervistatore.
“E così che ci piacete voi tributi, sicuri di voi stessi e senza paura!”
“Non vedo cosa dovrei temere, ho tutte le carte per vincere” aggiungo senza esitare. Osservo il pubblico, tutta l'attenzione è concentrata su di me. Devono parlare di me, esclusivamente di me. Dovranno sognarmi, desiderarmi e volermi.
“Cosa hai provato durante l'estrazione? Non eri una volontaria”. La mia mente torna indietro di una settimana, a quella sensazione di smarrimento che avevo provato.
“Confesso che non me l'aspettavo, ma va bene lo stesso. Significa che diventerò molto famosa.”
“Mi sa che lo sei già signorina, sei una dei favoriti!” Sorrido deliziata, godendomi il momento, la mia strada è solo in salita.
“Tuo padre come l'ha presa? Ci risulta che sei la sua unica parente”. Al sentire nominare il mio procreatore, mi sfugge una risata beffarda.
“Mio padre sta sperando di liberarsi per la seconda volta di un peso, direi che dunque l'ha presa bene”. Dal pubblico si leva un “oh” compassionevole. Stringo la mano destra a pugno per trattenere una rabbia improvvisa. “Mi dispiace per lui, ma tornerò a casa presto'” aggiungo in fretta, cercando di recuperare il clima di poco fa.
“Sei un'ospite stupenda, ma il tempo è finito. Un applauso a Riley Devries, tributo del distretto 2!”
Mi risiedo al mio posto, con il cuore ancora il gola. Non dimenticherò mai questa serata, non fatelo neppure voi.

 

Warwick Abe Reed, tributo del distretto 10, Capitol City

Questa storia dell'intervista si sta rivelando perfino più noiosa di quanto pensassi. Quelli di fronte a me sono ventitrè marionette che stanno recitando un'impietoso spettacolo dove ognuno recita una parte specifica: abbiamo la signorina buone maniere dell'uno, la spaccona del due, la giullare del tre (che credo che abbia qualche rotella fuori posto), a cui segue un patetico ragazzino che dichiara di aver fatto finta di aver avuto paura fino a quel momento. Idiota, hai tentato di fuggire alla tua mietitura e anche adesso stai tremando, credi che qualcuno creda davvero alla tua recita? Meno male che il distretto 3 è quello dei cervelloni...
Appoggio entrambe le mani sulle cosce, cercando di trattenermi dalla voglia di alzarmi e di smontarlo pezzo dopo pezzo. Non posso farci niente, gli ingenui non riesco proprio a digerirli.

Il ragazzo del quattro saluta il pubblico affettuosamente, giocando la carta del bravo ragazzo che tutti amano. Se la cava meglio dei suoi predecessori, arrivando perfino a scherzare sullo scambio d'identità, prendendo in giro in maniera bonaria i capitolini. Agisce sul palco con una naturalezza innata, quasi come ci fosse nato al suo interno. Questo tributo è molto pericoloso, riesce a catturare simpatie con la stessa facilità con cui riesco a far incazzare Emilie. Temo che sarà pieno di sponsors.
Osservo la ragazza dell'undici accanto a me, perfino lei sembra essere completamente presa. Brian è sicuramente il mio obiettivo primario, devo trovare un modo per metterlo fuori gioco. Il fatto che probabilmente gli strateghi l'hanno preso di mira dopo la sua uscita alla mietitura, potrebbe aiutarmi. Qualcosa troverò, ne sono certo. Devo solo rimanere concentrato e, come mi ha raccomandato Kylian, non abbassare mai la guardia.
Alla fine dell'intervista Brian offre la mano all'intervistatore, in un gesto di eleganza che sembra attirare maggiori approvazioni.
“Auguro a tutti una splendida serata!” afferma Brian, rivolto verso il pubblico “Con le premesse che abbiamo” fa un cenno verso noi tributi” “Temo sarà estremamente interessante”.
Mi mordo forte il labbro per non urlargli addosso un “testa di merda”. L'esperienza con Mellory mi ha insegnato che a volte è meglio trattenersi, soprattutto quando hai decine di telecamere che ti riprendono. Giuro, però, che sarà un piacere tagliargli la gola.
Segue Sidney, il ragazzo del cinque che finisce per arrossire per gran parte del tempo, i tributi del sei e del sette. L'intervista di Connor si rivela un po' interessante in quanto racconta aneddoti sugli alberi. A quanto pare, molti alberi sono legati alla simbologia della vita e della morte. In seguito paragona il tributo del due all'acacia (simbolo di forza e vigore), il maschio del sei all'agrifoglio (simbolo di speranza e voglia di combattere), la ragazzina del dodici al dattero (simbolo di dolcezza) e infine la ragazza del cinque al gelso (simbolo del male). A questo collegamento, il pubblico scoppia a ridere e anche noi tributi sghignazziamo. Sidney non sembra interessarsi molto a questo attacco personale e continua a studiare i dettagli del suo abito. Magari sta solo fingendo di fregarsene, forse Connor è appena entrato nella sua lista nera.
Il mio turno, purtroppo, arriva prima di quanto pensassi. L'impressione che mi ha dato Phoebus è di un uomo che ha inspiegabilmente successo: le domande che rivolge solo al limite dello scontato, le sue osservazioni sono banali, e le sue barzellette talmente vecchie che perfino mio zio Harrison ne conosce di più innovative. Credo che sia ancora qui più per una questione d'affetto che altro. In più da un paio di minuti ha iniziato a tossire in maniera fastidiosa.
Mi siedo di fronte all'intervistatore, appoggiando il ginocchio sull'altra gamba.
“Allora Warwick” iniziamo bene, nessuno mi chiama con il mio primo nome, neppure i miei lo facevano.
“Domani iniziano i giochi. Sei emozionato?” mi chiede lui dopo aver tossito l'ennesima volta.
“Wow, sul serio con tutte le domande che potresti farmi, inizi proprio da questa?”. Mi mordo la lingua, è più forte di me, non ci riesco. Lottare contro la propria natura è come nuotare controcorrente: scomodo, faticoso ed innaturale; alla fine vieni sempre sconfitto. Fanculo alle mie buone intenzione, facciamo vanto della mio carattere.
“Qualcuno ha mangiato dello yogurt stamattina” commenta Phoebus verso il pubblico, strappando qualche risata.
“I latticini fanno bene alle ossa” rispondo freddo, già stufo di questa pagliacciata. L'intervistatore scoppia a ridere, solo lui sa il perché.
“Da chi hai ereditato quella lingua biforcuta?” mi chiede. Non mi piace dove sta andando questo discorso. Non sono affari suoi, né dell'intera Panem.
“Tu dove hai imparato che farsi i cazzi degli altri sia il modo più semplice per guadagnare?” Phoebus mi lancia un'occhiataccia di rimprovero.
“Warwick! Il programma.. coff coff... è guardato anche da bambini!Non usare questo linguaggio!” Sì, sicuro! La cosa peggiore che i bambini possono imparare guardando gli Hunger Games sono le parolacce! Vorrei mandarlo apertamente a quel paese, ma mi rendo conto che ho dei limiti che non possono essere assolutamente valicati.
“Mi dispiace. Bambini! Le parolacce sono da maleducati!” borbotto maledicendo mentalmente tutti i capitolini.
“Ti perdoniamo” dice Phoebus con voce sincera “In fondo i tuoi genitori sono morti giovanissimi, non avranno avuto il tempo per insegnarti certe cose”.

Abe!

 

Per un momento mi è sembrato di risentire la voce strozzata di mia madre, angosciata come non mai. Mi sembra sempre di risentirla ogni volta che qualcuno la nomina.
“Non voglio parlare di questo” rispondo glaciale.

“Dai, Warwick, siamo fra amici, puoi aprirti con noi!” mi incoraggia quel figlio di puttana.
Mi guardo intorno: il pubblico è numeroso e mi appare improvvisamente minaccioso. Nella mia mente iniziano ad armarsi di forconi e pale. Mia madre è dietro alle quinte, sporca di sangue e di lacrime.
“Dai coraggio!” ripete l'intervistatore appoggiandomi una mano sulla spalla. La sua voce mi suona sadica come quella dell'uomo che ha aveva infilzato mio padre.

 

Questo è per avermi ridotto sul lastrico, bastardo!”

 

Scuoto la testa, cercando di fuggire dai miei incubi. Mi sembra di risentire le urla, le suppliche, di rivedere mia madre linciata. Non ce la faccio, non riesco a reggere. Mi alzo di scatto e abbandono il palco, con in sottofondo numerosi bisbigli. Non me ne frega un cazzo della loro opinione, che vadano tutti a farsi fottere!
Dietro le quinte spintono chiunque mi capiti a tiro, nel disperato tentativo di trovare aria fresca, ma vengo fermato da Phil.

“Aspetta, aspetta!” l'osservo e il suo volto rotondo e sfigurato mi riporta al presente. Mi siedo per terra, vicino a un'uscita d'emergenza, coprendomi il volto con le mani. Non posso credere che sia realmente successo. Questo mi costerà caro. Phil mi porta un bicchiere d'acqua, per poi sedersi accanto a me.
“Mi dispiace per come sia andata. Avrei dovuto pensarci; non ti ho preparato a dovere”. Bevo un sorso, senza riuscire a dare una replica. Mi chiedo quanto questa uscita inciderà negativamente con gli sponsors. “Consolati però, la tosse di Phoebus continua a peggiorare”. Alzo lo sguardo verso un piccolo televisore collocato in un angolo in alto. Phoebus sta intervistando il maschio dell'undici, tossisce talmente tanto da far fatica a formulare le domande. Un assistente gli porta un bicchiere d'acqua che non riesce però a migliorare la situazione. L'intervistatore si vede costretto ad alzarsi, cerca di dire qualcosa al pubblico, ma non ci riesce. Il suo volto inizia a diventare completamente paonazzo mentre, sempre più agitato, inizia a graffiarsi il collo.
Non ci credo, sta veramente soffocando. Oh, karma! Allora esisti!
Incredulo, osservo dei soccorritori entrare nel palco, mentre gli altri tributi guardano l'intera scena, paralizzati. Phoebus inizia a rigurgitare sangue, per poi cadere a terra in preda agli spasmi. Nessuno commenta, ma è chiaro che sta morendo e che i soccorritori non riescono a far nulla per evitarlo.
Neanche un minuto dopo, uno di loro fa segno verso la regia di spegnere tutto.
I riflettori spenti e gli urletti isterici dei capitoli, accompagnano Phoebus Sullivan nell'oltretomba.

 

Juliet Horner, ereditiera della famiglia Horner, Capitol City

Il coprifuoco imposto tre quarti d'ora fa da Dreeg ha reso la capitale silenziosa in una maniera innaturale.
Adoro la tranquillità e la pace, ma la l'assenza di rumore la ricollego immediatamente al funerale di mio padre e di mio fratello. La piazza era piena, ma tutti scelsero di non proferire parola per rispettare quelle persone amorevoli che erano. Ho ringraziato tutti personalmente per questo loro gesto.

Lo scalpiccio dei miei tacchi mi accompagna fino all'edificio in costruzione collocato in periferia. Prima di entrare mi osservo intorno: non c'è nessuno, non sono stata inseguita. Perfetto.
Mi faccio strada con una torcia elettrica, stando attenta a non cadere in nessun filo o attrezzo lasciato per terra da qualche senza voce scansafatiche.
Coriolanus e il dottor Rogers stanno amichevolmente conversando. Sono stata io a farli incontrare tre anni fa, durante i festeggiamenti a villa Dreeg per il tour della vittoria di Sylvie Harris. Allora non immaginavo che quell'incontro avrebbe avuto questi riscontri. Rogers era solo un vecchio amico di famiglia che ci era stato vicino dopo la morte di papà e di Daniel, nulla di più. Il mio Coriolanus però è riuscito ad andare oltre, come sempre, e a vedere in lui delle potenzialità.
“Juliet!” mi saluta lui, venendomi incontro e dandomi un casto bacio sulle labbra “Hai avuto problemi a venire qui?” Scuoto la testa, ringraziandolo per l'ennesima volta per tutte le premure che mi dimostra.
Stringo la mano a Rogers, dimostrando anche a lui la mia gratitudine; qualunque persona aiuterà Coriolanus a prendere il potere, sarà automaticamente degna di stima da parte mia.
“Sono felice di rivederti, ma non posso non pensare a quanti rischi hai corso per venire qui” dice Rogers sistemandosi gli occhiali tondi.
“La ringrazio, ma ci siamo dentro tutti” rispondo. Dove c'è Coriolanus, ci sono io, non importa quanto sia pericoloso. Rogers mi sorride per poi voltarsi alla sua sinistra, oltre lo stipite di una porta non ancora montata.
“Vieni avanti, zuccherino”. Una donna dai capelli rossi e mossi entra nella stanza leggera come un fantasma. I suoi occhi vitrei ci osservano, senza far trasparire alcuna emozione. Ha dei tratti alti e raffinati, con le guance costellate di piccole lentiggini. Potrei definirla bella, ma la sua eccessiva magrezza la rende troppo simile a un tributo dei distretti poveri.
“Mi aspettavo di meglio” confesso, continuando a studiarla: le sue unghie sono ben curate, ma le dita sono ossute, le sue gambe sono lunghe e sensuali, ma il sedere è piccolo e poco formoso.
“Sicuramente non è bella come te, ma è utile al nostro scopo” replica Coriolanus sorridendo alla giovane senza voce.
“Avresti potuto nutrirla di più, Rogers”
“A Dreeg piacciono così magre, non preoccuparti”.
“Possiamo fidarci di lei?” domando cauta. Difficilmente rivelerebbe le nostre identità, ma potrebbe benissimo non andare fino in fondo. Le nostre vite dipendono da questa schiava anarchica, non mi piace affatto. Avrei voluto agire come al solito, ma Dreeg non è un completo scemo ed evita come la peste sia Coriolanus che me.
“Dreeg sentenziò personalmente la condanna che la rese una senza voce. È stata accusata d'insurrezione e condannata senza prove. L'opinione pubblica premeva per un colpevole e così...” Ora ricordo: cinque anni fa, fu trovato un pacco-bomba in uno degli uffici degli strateghi. Capitol non riuscì a parlare d'altro per settimane. Proprio mentre stava salendo l'indignazione per la mancanza di un indiziato, ecco che spunta una giovane donna accusata del crimine. Probabilmente non c'entrava niente.
A risentire la sua storia, la senza voce stringe i pugni con forza, trattenendo una rabbia aldilà di ogni immaginazione.
“Ti credevo una semplice anarchica, ho sbagliato a giudicarti”. L'odio di questa ragazza ci condurrà molto in alto.
A detta di Rogers, ha accettato subito la proposta di diventare l'assassina di Dreeg. Si può dire che è stato il presidente stesso a firmare la sua condanna a morte; non si può pensare che i propri errori non vengano mai pagati. Gli stiamo facendo fare però, una fine fin troppo dolce; quel bastardo meriterebbe anche di peggio. Il modo pessimo in cui ha gestito la ribellione e l'insubordinazione del tredici, ha allungato fin troppo gli anni bui. Se non fosse per lui forse....
“Chiama si chiama?” domanda Coriolanus afferrando fra le dita una coccia della ragazza.
Rogers ci pensa su, tirando fuori dalla bocca la punta della lingua rivolta verso l'alto. Da ragazzina trovavo questo suo modo di fare estremamente buffo. “Non ricordo” risponde semplicemente.
“Poco importa” commento io “D'ora in avanti si chiamerà Eos, come la dea greca dell'aurora, in quanto allontanerà il buio del governo di Dreeg per portare la luce di Coriolanus”. Il mio amore mi osserva con i suoi occhi azzurri che mi fanno tanto tanto impazzire. Coriolanus è la luce di Panem, colui che porterà maggiore sicurezza a tutti noi. Solo lui riuscirebbe a tenere i distretti nel suo pugno, allontanando lo spettro di una nuova guerra.
“Il resto è tutto pronto?” domanda lui, rivolgendo a Rogers.
“Sì, è da anni che gli procuro morfamina. Come sapete ha effetti sedativi e difficilmente riuscirà a ribellarsi quando la nostra.... Eos... gli pianterà un cuscino in faccia. Ho fatto in modo che la nuova dose arrivasse con giorni di ritardo. Sarà talmente tanto in astinenza, che l'assumerà appena gliela darò”. Fantastico, è tutto pronto. Dobbiamo solo aspettare l'inizio dei giochi per agire. L'attenzione di tutti sarà rivolta verso gli schermi, pochi si faranno distrarre dalla morte, apparentemente naturale, del presidente. In fondo è un uomo anziano.
“Sarà ricompensato a dovere per il suo aiuto, dottor Rogers” commenta Coriolanus “Troverò qualcosa anche per te, Eos. Non posso restituirti la voce, ma vedrò che fare”. Eos sposta rapidamente il palmo della mano da sinistra verso destra con aria seria, come a dirci che l'assassinare Dreeg sarà una ricompensa più che sufficiente. Inizio a provare un po' di compassione per lei, una ragazza così umile e fedele sarebbe stata un ottimo esempio verso l'intera Panem, ma è ovvio che queste sue azioni dovranno passare nell'ombra. Nessuno saprà mai del suo nobile gesto.
“Piuttosto... ci siete voi dietro all'assassinio di Phoebus?” domanda Rogers. Io e Coriolanus scuotiamo la testa quasi contemporaneamente.
“La sua morte è stata una fortuita coincidenza sicuramente, ma noi non c'entriamo nulla” risponde Coriolanus.
“Beh, chiedo perché so che avete una certa esperienza con i veleni” commenta il dottore. Non mi piacciono queste sue insinuazioni. Inizio a temere che la nostra fiducia in Rogers sia mal posta, non vorrei che ci tradisse alla prima occasione. Osservo Coriolanus e sono sicura che stia pensando alle stesse cose. Non vorrei arrivare al punto che fosse necessario sbarazzarci di lui.
“Bacio di Lilith, effetto in quaranta minuti. Provoca morte per asfissia. L'avvelenamento avviene per via cutanea o digestiva. Antidoto esiste, ma è difficile da preparare” commenta Coriolanus “Conosco il veleno, certo, ma non posso averlo avvelenato io. Io e Juliet eravamo ospiti a cena, e come ho detto, il veleno agisce abbastanza in fretta” aggiunge con calma.
“Quindi deve essere stato avvelenato durante la trasmissione” riflette Rogers a voce alta. Chiunque sia stato ha la nostra gratitudine: Phoebus era un nostro avversario politico, amato dalla capitale e piuttosto influente. Sarebbe stato il bersaglio successivo dopo Dreeg. La sua morte ci ha liberato di un bel peso.
“Ci siamo detti tutto?” domanda Coriolanus.
“Sì... oh! No, aspetta!” Rogers estrae dal taschino interno della giacca un foglio spiegazzato alla meno peggio e lo consegna. “È una copia del responso del test del DNA del tributo del quattro. Ho pensato che volessi vedere il risultato prima del primo stratega”. Mi avvicino a Coriolanus e ne leggo il risultato.

 

Il campione 2 coincide al 100% con il campione 1 prelevato al vincitore Lars Seven due anni fa.
I due campioni appartengono alla stessa persona.

 

Trattengo un sorriso d'ammirazione a stento. Che gran bastardo. In una situazione diversa, la sua uscita mi avrebbe causato una certa eccitazione, ma con la morte di Dreeg dietro all'angolo e l'inevitabile confusione iniziale, il suo gesto da piccolo insolente potrebbe far alzare molte teste, perfino di più di quelle che aveva previsto quell'ansioso di Fabius Lincon.
“Al giovane Lars deve essergli piaciuta molto l'arena, per volerci ritornare con così tanta determinazione” commenta Coriolanus ripassando il foglio a Rogers. “Non posso che ammirare il suo coraggio” aggiunge osservandomi. So dove vuole arrivare, e la cosa mi sta eccitando di brutto.

“Dovremmo augurargli personalmente buona fortuna”.

 

 

 

 

 

 

 

Il nome del capitolo, e la citazione iniziale, provengono dal mio manga preferito. Se non lo conoscete cercate di rimediare. Non è un consiglio, ma un ordine. Se volete potete vederne l'anime. Guardate però la seconda seria, il botherhood. Credo che nessun altra opera mi abbia fatto piangere così tanto.
Detto questo, è ufficiale, il tributo del 4 non è Brian, ma in realtà Lars, vincitore dei 19° giochi che si accinge dunque a ritornare in arena per una seconda volta. Ho intenzione di dedicargli uno speciale in cui si ripercorrere la sua storia fino adesso visto che è l'unico tributo prenotato ad non aver ottenuto un Pov. Spero di riuscire ad aggiornare come al solito nelle prossime settimane, ma non posso promettere.

Alla prossima.

 

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Capitolo 10
*** La preghiera della madre ***


Dolce Madre, fonte di pietà,
risparmia i nostri figli dalla guerra, noi ti preghiamo,
ferma le spade e ferma le frecce,
lascia che abbiano giorni migliori.

Inno alla madre- le cronache del ghiaccio e del fuoco

 

Medea Pelide, pacificatrice, distretto 2

Lo scantinato è perfino più in disordine di quanto ricordassi. Lo metto in ordine in maniera regolare, ma gli imprevisti delle ultime settimane me l'hanno impedito. Incomincio dalle mie vecchie cose per poi passare a quelle di Peleo, lasciando da parte l'angolo più doloroso.
Guardo lo scaffale pieno di album fotografici, vestiti consumati, vecchi giocattoli e documenti. Mi stringo lo scialle ancora più stretto. Non posso farmi spaventare da un po' di disordine: ho combattuto contro i ribelli del distretto 3, arrestato la banda di Herman e contribuito a dimezzare il traffico di morfamina presente nel distretto 6. Presto servizio nell'arma da più di trent'anni: ho combattuto contro nemici molto peggiori di questi.

Mi avvicino con cautela, come se avessi paura di risvegliare qualcuno o qualcosa. Che sciocca che sono, forse sto davvero invecchiando come sostiene Peleo.
Per prima cosa decido di prendere un paio di vecchi scatoloni e di sistemarli sul tavolo della cucina. Sono completamente andati, necessitano di essere sostituiti. Rimuovo con cura gli abiti al loro interno e finisco per sorridere come una scema, esattamente come immaginavo.
È incredibile come sia cresciuto, solo ieri indossava queste scarpine minuscole. Era così carino quando zampettava verso di me guardandomi come se fossi la cosa più bella del mondo. Non pensavo che un bambino mi avrebbe resa così tanto felice, proprio io che ho sempre pensato di essere priva di qualsiasi istinto materno. L'idea di tenerlo con me sorse in maniera così spontanea e forte che non era possibile farmi cambiare idea. Lo adottai per egoismo, lo volevo con me, perché già sapevo che non sarei mai riuscita a vivere senza di lui.
Faccio fatica ad immaginarlo dentro l'arena, ma sono sicura che ce la può fare: è forte e coraggioso. Io e suo padre gli abbiamo insegnato personalmente a combattere. Devo fidarmi di lui.
Ogni abitino mi scatena un ricordo: i suoi primi passi, le sue prime parole, il primo giorno di scuola, il primo giorno d'accademia, la sua prima mietitura... Non posso liberarmi di tutta questa roba, poco importa se occupa un sacco di spazio.
Rimetto a posto gli scatoloni e prendo in mano i documenti relativi ad Achille: visite mediche, moduli d'iscrizione e il suo certificato d'adozione. Osservo la mia fede, è al mio dito esattamente da quel giorno. Io e Peleo eravamo di pattuglia, quando ci sembrò di sentire dei vagiti. Cercammo la fonte del rumore e vedemmo questo cosino infreddolito abbandonato in mezzo al nulla. A volte mi chiedo chi sia la sua vera madre e perché l'abbia lasciato lì. Forse non aveva i mezzi per mantenerlo, forse era frutto di un errore di gioventù... sta di fatto che non smetterò mai di ringraziarla per avermi reso madre.
Io e Peleo ci guardammo, e fummo attraversati dallo stesso pensiero. Ci sposammo il giorno stesso, per rendere legale l'adozione. Fu una decisione avventata, ma necessaria. Alla fin fine non andò poi così male: Peleo si è rivelato un uomo onesto, premuroso e leale. I miei sentimenti per lui sono cresciuti lentamente, in maniera quasi impercettibile, giorno dopo giorno. Non sono sicura se quello che provo per lui sia amore, ma è la mia famiglia, è parte di me ormai.
Achille ci ha uniti e ci ha permesso di scoprire che avevamo molte più cose in comune di quanto pensassimo. Siamo entrambi stati cresciuti in famiglie povere, costellate da storie di arresti, abusi, rapine e furti. Ci hanno insegnato che per vivere è necessario sfruttare gli altri, non provando empatia o pietà. Siamo stati segnati dalla crudeltà, dall'indifferenza e dalla disonestà e ne siamo fuggiti via a gambe levate alla prima occasione. Per me fu relativamente semplice, fui appoggiata da una cugina, pecora nera della famiglia. Fu lei ad aiutarmi ad emanciparmi, ad integrarmi e a trovare la mia via.
Quando entrai nell'accademia dei pacificatori, promisi a me stessa che mai e poi mai sarei tornata indietro. Ho giurato di difendere la mia patria ad ogni costo contro ladri, truffatori, anarchici ed assassini. Ho giurato che mi sarei riabilitata, che avrei portato onore e gloria nel mio futuro.
In serate come queste però, mi chiedo se io sia nel giusto o meno. Domani inizierà un nuovo massacro in cui il mio bambino ne sarà al centro. Ventitré ragazzi come lui periranno e per cosa, poi? Ci hanno raccontato che i giochi servono per unirci, per ricordarci che il sacrificio è necessario, che il prezzo per la pace è alto, però... io la rabbia del popolo l'avverto ancora.
Panem è ferita, umiliata, sofferente, ma nei suoi occhi c'è ancora lo stesso fuoco che c'era più di vent'anni fa. È solo una fiammella debole debole, che pare spegnersi da un momento all'altro, ma è pur sempre presente. L'ho vista soprattutto nelle nuove generazioni, cresciute lontane dalla guerra, senza quella rassegnazione che domina in maniera così opprimente i loro genitori. Temo che un giorno quella fiammella inizierà a crescere fino a divampare in un vero e proprio incendio. Forse Capitol riuscirà a placarla, anche per decenni magari, ma non potrà evitare il suo scoppio. Chissà, magari sarò ancora viva quando tutto ciò avverrà. Da che parte starò questa volta?
Fu naturale per me schierarmi la volta scorsa dalla parte di Capitol, sinonimo di quell'ordine e di quella disciplina a cui ho anelato da tutta una vita. Avrò fatto bene? Le mie azioni hanno contribuito a creare una nuova dittatura di cui gli Hunger Games ne sono i legittimi eredi. Forse ho condannato tutti quei giovani... forse sto condannando anche mio figlio...
Mi allontano dal tavolo, sommersa dai dubbi e dai sensi di colpa. Non dovrei sentirmi così, dovrei sentirmi fiera come mio marito, condividere l'entusiasmo di tutto il distretto. Eppure io provo solo paura, voglio il bambino, il mio Achille. È così buono e coraggioso! Non merita tutto questo.
Vorrei tanto riprovare quell'orgoglio del giorno della mietitura, quando mio figlio salvò quel ragazzino. Quella sensazione è durata fino alla sera, fino a quando ho rivisto le immagini alla televisione. Solo allora mi sono accorta di quanto questo fosse reale. La morte improvvisa ed inaspettata di Phoebus non ha fatto altro che peggiorare le cose. I miei ideali sono sbiaditi di fronte al terrore più nero, i dubbi sono avanzati, così come le notti insonne. Mi guardo allo specchio, ma non riesco a riconoscere affatto la donna con quelle occhiaie così nere e lo sguardo così spento.
Ieri ho addirittura mentalmente rimproverato mio figlio per il suo sacrificio, sputando su tutti quegli ideali che ho portato avanti per così tanto tempo!
Mi sento un mostro, chi sono io in realtà? La rigida pacificatrice con tanti sogni in testa, o la madre egoista che rivuole con sé il figlio?
So solo che domani inizieranno i giochi e la mia unica ragione di vita potrebbe morire.
Quando mi raggiunge mio marito ho ormai finito tutte le lacrime in corpo. Sento addosso il suo sguardo di rimprovero.
“Dovresti avere più fiducia in lui. Tornerà”. Mi asciugo le lacrime e torno a lavorare. Qualunque cosa pur di soffocare i dubbi e le paure.
Tornerà, deve tornare. Torna come sei sempre stato, come ti ho sempre amato e soprattutto: perdonami.

 

Anemone “Ane” Katz, tributo del distretto 11, Capitol City

Quando si spengono le luci veniamo circondati da urletti isterici e dal panico. Ci guardiamo intorno, confusi come non mai, finché non si accendono da dietro le quinte delle luci d'emergenza, mentre un signore panciuto ci segnala di venire oltre. Seguo le indicazioni, felice di lasciare finalmente il palco.
Inizialmente la tosse di Phoebus mi aveva ricordato la tubercolosi che ha portato via i miei genitori. Ho fatto molta fatica a non ricollegare i due avvenimenti, soprattutto quando ho realizzato che stesse morendo. È stato.. tremendo. Nessuno merita una morte del genere.

Ritrovo Manuel vicino agli ascensori, accompagnato da Missy, che per l'occasione aveva indossato un abito rosa fragola.
“Dov'è Derek?” domando. Mi era sembrato di vedere il nostro silenzioso mentore all'interno dell'anfiteatro, ma con tutta la confusione che c'era l'ho perso di vista.
“Lascia stare quel fallito!” squittisce la nostra accompagnatrice afferrandomi per il polso “Dobbiamo muoverci!”
“No, aspetta!” dico liberandomi dalla presa “Non possiamo lasciarlo qui!”
“Abbiamo il coprifuoco” spiega Manuel con calma “Dobbiamo raggiungere gli appartamenti alla svelta”.
“Appunto! Non possiamo lasciarlo qui!” Missy si afferra il gomito e digrigna i denti per la frustrazione.
“Va bene!” sbotta alla fine “Andrò a cercarlo io! Voi due andate immediatamente al piano!” si raccomanda lei prima di tornare indietro a passo svelto. Prendiamo l'ascensore insieme ad un paio di tributi, tutti ancora senza fiato per l'accaduto.
Nell'appartamento la tavola è già imbandita con tante pietanze. Intravedo carré d'agnello accompagnato con della salsa rossa, vellutata di zucca, polpo decorato con qualche viola mammola ed anatra bagnata nel miele. Alla sola vista di queste meraviglie, il mio stomaco inizia a brontolare e sono ben lieta di dargli la possibilità di soddisfarsi. Il mio compagno di sventura non sembra pensarla come me, e si dirige verso la sua stanza ignorando questo piccolo assaggio di paradiso.
“Aspetta, aspetta!” gli dico inseguendolo “Ceniamo insieme!”. Di fronte alla mia proposta, Manuel si irrigidisce e si volta guardandomi con il suo unico occhio.
“Non capisco a cosa tu stia giocando”. Cosa c'è da capire? Gli ho chiesto di passare un po' di tempo insieme, possiamo farlo anche se non siamo alleati. “Questo tuo modo di comportarti mi manda ai matti! Fingi di essere amica di tutti, sorridi e saluti e poi...” si interrompe arricciando il naso “...e poi domani cercherai di ammazzarci tutti! Sei solo una bugiarda, Anemone!” ascolto l'accusa senza fiatare, non mi era passata neppure per l'anticamera del cervello l'dea che potessi essere così tanto fraintesa.
“Volevo solo godermi la cena prima dei giochi, potrebbe anche essere l'ultima” mi difendo. Manuel continua a guardarmi dall'alto verso il basso.
“Ti credi così superiore a noi?” insiste lui “Il sette che hai ricevuto alle prove ti fa sentire così sicura di te da comportarti come nulla fosse? Ti credevo migliore di così!”
“Io non sono sicura di niente” rispondo in fretta passandomi fra le dita l'abito corto indossato per l'intervista. “È per questo che mi comporto così. Ho paura di perdere tutto. Ho paura che questo sia il mio addio alla vita e io non voglio morire!”. Se devo morire voglio assaporare tutto, ogni sorriso, ogni raggio di sole, ogni colore, ogni sapore. Voglio che tutto entri in me e che non mi lasci più. “Mi dispiace che tu mi abbia fraintesa, ma preferisco fare così piuttosto che piangermi addosso” concludo.
Manuel rimane in silenzio evitando il mio sguardo “Scusa, sono nervoso, non volevo attaccarti” dice grattandosi la nuca.
“Rimani con me, allora?” chiedo speranzosa.
“No, non me la sento. Mi dispiace. Addio” Manuel si congeda così, in una maniera teatrale che tanto gli s'addice. Rimango sola per l'ennesima volta e la mia cena avviene in completo silenzio. Il litigio con Manuel ha rotto l'atmosfera, purtroppo.
Ormai sconsolata, mi ritiro nella mia stanza, togliendomi con calma il vestito. La stilista ci ha impiegato un sacco di ore per farlo, sarebbe un peccato rovinarlo. Con addosso solo la biancheria, mi butto sopra le coperte. È così morbido questo letto, mi mancherà parecchio in arena. Con il polso tocco un pezzo di carta. Mi volto e noto una busta bianca. Senza esitare l'apro e ne leggo il contenuto.

Cara Anemone,

è la quinta lettera che provo a scriverti, spero sia finalmente la volta buona. Mi chiamo Gared Flint, credo che Trevor ti abbia parlato di me.

Ho bisogno di rileggere le prime due righe più di una volta prima di realizzare. Non ci credo, non può essere.

Non ti dico che fatica ho fatto per farti raggiungere questa lettera, tecnicamente la corrispondenza con i tributi è vietata, ti chiedo dunque di bruciarla dopo averla letta.
Quando Trevor mi ha detto di te sono rimasto sconvolto. Una figlia? Proprio io che ho vissuto da donnaiolo fino ad oggi? Ho provato paura all'inizio, sembrava tutto così surreale, ma poi è cresciuta la curiosità, l'interesse, è nata in me la voglia di incontrarti. Che sia questo l'istinto paterno?

La mia paternità è molto probabile, sembri un mix perfetto fra me e tua madre. Me l'hai ricordata tantissimo alla mietitura, sei bella quanto lei. Mi aveva folgorato al primo sguardo, la nostra è stata una passione bruciante, come poche capitano nella vita. Per lei ho provato qualcosa di molto simile all'amore. Avrei tanto voluto scappare insieme a lei, ma dove? Non esiste nulla al di fuori di Panem, bambina mia. Quella relazione non mi avrebbe portato da nessuna parte, se non al dolore. Sono fuggito via all'alba senza salutarla, come un vigliacco. Ho saputo solo sette anni fa della sua morte e nonostante fosse passato così tanto tempo, ne ho sofferto parecchio. Lei era un angelo, con quella sua voce melodiosa. Credo tu lo sappia meglio di me ,però. Ti cantava anche a te “Theme of Love”? Adoravo e tutt'ora adoro quella canzone.
Se penso che probabilmente sei nata da tutto questo...
Voglio conoscerti Anemone, voglio scoprire se sei veramente mia figlia. Voglio sentirti cantare e scoprire se sei brava come lo era lei. Spero che ci sarà la possibilità di farlo.
Mi dispiace per la tua estrazione, mi auguro con tutto il cuore che tu ne esca viva. Farò il tifo per te in ogni singolo istante.
Ti auguro ogni bene e della vera fortuna.

Gared.

Quando smetto di leggere mi accorgo di star tremando. Mio padre, mio padre, è una lettera di mio padre! Non potevo ricevere regalo più bello! Vuole conoscermi, non ci credo! Stringo il documento al petto, solo una minuscola vocina mi dice di bruciare la lettera prima che sia troppo tardi. Lo farò domani, però, c'è tempo.
Rileggo la lettera fino a memorizzarla in ogni virgola. Dice che la mamma gli cantava “Theme of Love”. Si intitola così la ninna nanna della mia infanzia? Il tema dell'amore.... quanto vorrei saperne il testo!

Mi infilo sotto le coperte, continuando ad abbracciare la lettera di mio padre. Al collo indosso la collana di Cleo e nella testa risuona la nostra canzone.
Sono con me, sono tutti con me.

 

Rose Green, tributo del distretto 12, Capitol City

Mi chiudo la porta dietro di me. Ho il cuore ancora in gola, non mi aspettavo di certo di assistere di già alla morte di una persona! Se penso che domani sarà perfino peggio...
Mi tolgo le scarpe nere, i pantaloni marroni, la camicia verde e il berretto azzurro che rappresentano rispettivamente il carbone, le montagne, il prato e il cielo del mio distretto. La stilista pensava che fosse un'idea simpatica, che mi facesse sentire a casa per una sola serata. Non ha funzionato granché, ma sempre meglio questo che qualche abito scollato che tentasse di darmi una sensualità che assolutamente non possiedo. Mi guardo allo specchio del bagno ed osservo le mie costole sporgenti, le mie braccia minute e le mie gambe secche. Ho i miei alleati per ora, ma poi? Cosa ne sarà di me?

Sotto la doccia mi levo gli strati di trucco e mi sembra di recuperare un po' di serenità. Il gettito è piacevole e profumato e la mia pelle odora ora della stessa rosa da cui ho preso il nome. Mi infilo un pigiama blu e bianco e mi metto a tavola,dove trovo Killian che sta spiluccando un brodino caldo.
“Dovresti mangiare un po' di più” gli consiglio caldamente mentre mi servo una coscia di pollo e del purè di patate. Killian fa una smorfia indecifrabile.
“Lo so, ma ho lo stomaco proprio chiuso. Mi sto sforzando di mangiare perfino questa roba!” dice indicando il suo piatto “È solo che... nulla lascia stare” conclude lui scuotendo la testa e riconcentrandosi sulla propria cena. Vorrei replicare, ma non so come consolarlo. Siamo nella stessa barca, e lui si trova probabilmente in una posizione peggiore della mia.
“Mi dispiace” mi limito a dire a bassa voce. Mi ritrovo a pensare dove saremmo entrambi se non fossimo stati estratti. Chissà quale futuro avremmo avuto davanti a noi... forse avrei ereditato l'erboristeria di papà insieme ai miei fratelli, forse mi sarei perfino sposata. Non ho mai avuto sogni complessi, ma ora come non mai mi sembrano irraggiungibili.
Cosmo entra nell'appartamento poco dopo, visibilmente alticcio. Senza neppure salutarci, si serve un bicchiere di vino e lo alza rivolgendolo verso Killian in un sarcastico brindisi in suo onore.Alla provocazione, il mio compagno di distretto si alza in un battibaleno e se ne va in camera sbattendo la porta. Tento di ignorare Cosmo, ma mi risulta quasi impossibile dato che si è seduto rumorosamente di fronte a me.
“Si dice che l'ultima cena sia la più buona” commenta lui.
“I cuochi qui a Capitol sono molto bravi” rispondo educatamente. Non gli darò soddisfazione, non cederò alle sue provocazioni. Finirò la mia cena come avevo deciso e poi cercherò di andare a dormire.
Cosmo appoggia il mento sopra il palmo destro in un'aria deliziata “Oh, piccola Green! Ti sei fatta crescere un po' di coraggio giusto giusto per l'arena?” mi canzona. I suoi attacchi non mi toccano, so di non essere una codarda. Non sono una spericolata, sono consapevole dei miei limiti e provo paura come tutti; ma non sono mai fuggita. Non ho intenzione di incominciare con un arrogante insicuro.
“Devi essere una persona molto triste per attaccare una tredicenne pur di sentirti meglio” rispondo per poi pentirmene subito. Non volevo mostrarmi debole, ma neppure iniziare una guerra! Il sorriso di Cosmo sparisce lasciando spazio a un'espressione dura di rabbia e di odio.
“Stai giocando con il fuoco” commenta lui velenoso. Ispiro profondamente, devo trovare una scappatoia. L'altra volta ha risposto Killian alle sue prepotenza, ma ora sono sola. Devo imparare a cavarmela anche senza gli altri. All'improvviso mi appare una strada che non avevo mai considerato.
“Tu stai giocato con il fuoco, Cosmo. Potrei tranquillamente denunciarti in arena per il tuo pessimo comportamento nei nostri confronti” replico con apparente calma. Una parte di me grida di chiedere scusa per il diverbio, ma non posso, non questa volta.
“Sarebbero solo chiacchiere”
“Forse, ma a Capitol contano più di ogni cosa, giusto?” domando retorica “Ho degli alleati in gamba, diventerei popolare in fretta. Se voglio posso distruggerti”. Questo è un gioco che si può fare in più persone e sono pronta a reagire. Probabilmente morirò in arena, ma almeno posso salvare i futuri tributi del dodici da un pessimo mentore.
“Maledetta puttana” dice digrignando i denti e stringendo la tovaglia fra le dita. Le sue narici sono larghe e temo che mi salterà addosso da un momento all'altro. Nascondo entrambe le mani sotto il tavolo, per non farmi tradire dalle mie emozioni.
“Te l'avevo avevo detto che non ero una bambina come tutte le altre”concludo. Cosmo si alza e per un momento temo davvero che stia per tirarmi uno schiaffo, invece si limita a dirigersi in camera sua senza degnarmi di una risposta. Tiro un sospiro di sollievo, ce l' ho fatta. Le mie mani tremano ancora, sono di nuovo sudata, ma ho vinto.
Sono così presa, che a malapena mi accorgo che stanno bussando alla porta. Mi dirigo in fretta e trovo sull'uscio Achille.
“Posso entrare?” mi chiede lui. Accenno un sì distratto con la testa. Achille si guarda intono, studiando l'arredamento della stanza. “Sono venuto per augurarti buona fortuna per domani, visto che è improbabile che ci vediamo prima del bagno di sangue” mi spiega lui.
“Grazie e buona fortuna anche a te” replico con un timido sorriso.
“Beh, allora ci si vede domani. Attieniti al piano” si raccomanda prima di dirigersi alla porta. Ancora prima di capirne il perché però, mi aggrappo al suo braccio. Non me la sento di rimanere sola, non questa notte. Ho combattuto abbastanza per oggi.
“Puoi dormire con me?” gli domando con voce esitante. Achille mi guarda sgranando gli occhi.
“Sicura?” mi chiede. Rispondo di sì, Achille mi trasmette un senso di protezione a cui non voglio rinunciare.
“Va bene, ma dormo per terra”. Arrossisco furiosamente, non ci avevo neppure pensato al livello di intimità che avrebbe comportato la mia richiesta.
Parliamo di praticamente qualunque argomento finché non crolliamo esausti. Durante la notte sogno il profumo delle erbe di casa, mamma, papà e perfino Aloe che, per la prima volta da tanto tempo, non è coperta dal sangue.

 

Emma Stone, tributo del distretto 1, Capitol City

Mi sveglio di soprassalto, in preda a un nuovo incubo. Ero dentro a una foresta con degli alberi talmente alti e fitti che non permettevano di vedere il cielo. Ero sola ed affaticata. Gridavo e gridavo, ma nessuno veniva a salvarmi. Poi all'improvviso sono comparsi dei giganteschi lupi con fauci mostruose che mi hanno accerchiato e poi... e poi mi sono svegliata. Ero tutto così vivido, pensavo veramente di essere là dentro. Non posso rimanere qui, ho bisogno di aria.
Mi metto una vestaglia bianca e mi dirigo fuori dall'appartamento, illuminato solamente dalla luce lunare.

Mi dirigo verso l'ascensore e premo il tasto più in alto, quello che conduce verso il tetto. Spero sia permesso andarci. Durante il tragitto non faccio altro che pensare a come sarà l'arena domani. Deserto? Ghiaccio? Foresta? Savana? Steppa? Cosa ci sarà là dentro? Quali saranno gli ostacoli?
Appena le porte si aprono, mi fiondo di fuori prendendo un respiro a pieni polmoni. L'aria è piacevole, fa piuttosto caldo per questo periodo dell'anno. Il cielo è sereno ed è illuminato da tante stelle.
“Chi va là?” domanda una voce maschile. Lawrence. Ultimamente dovunque vada, c'è sempre lui. Confesso che la cosa non mi dispiace. In questa settimana mi sono abituata alle sue chiacchiere, ai suoi modi grezzi che sfociano talvolta perfino nella maleducazione. Potrei perfino dire che adesso mi sento bene quando sto con lui.
“Buonasera, Lawrence” lo saluto con un sorriso, esattamente come si conviene.
“Ah, sei tu” si limita a rispondere lui. Mi osserva per un po' e poi aggiunge “Stai bene con i capelli sciolti, dovresti tenerli così più spesso” mi sento arrossire, eppure non sono nuova ai complimenti.
“Ti ringrazio, ma sarebbe meglio di no”. I miei capelli sono abbastanza lunghi, troppo scomodi da portare sempre sciolti. Preferisco il solito concio, che porto ormai quotidianamente da quando avevo sei anni. Mi posiziono accanto a lui e guardo in basso, verso il giardino del piano terra. I fiori e i cespugli sono posizionati in maniera ben studiata in modo tale da formare l'immagine di un aquila, simbolo della nostra nazione.
“Sembra che sia stato fatto apposta per non farci dimenticare dove siamo” osserva Lawrence, che evidentemente stava guardando il giardino come me. “Dovrebbero saperlo che l'Alzheimer non si sviluppa a questa età”
“È solo simbologia” mi limito a dire. Secondo me è naturale una decorazione del genere in un posto come questo. Lawrence sorride e scuote la testa energicamente
“Oh, Emma! Quanto ti adoro!” Lo guardo un po' offesa, non mi piace quando gli altri mi fanno sentire goffa. Lawrence deve avvertire il mio malumore e infatti si scusa subito, a modo suo purtroppo “Non fare quella faccia! Guarda che era un complimento!”
“Scuse accettate” Lawrence mi sorride, per poi rivolgersi verso il panorama.
“Non riuscivi a dormire neppure tu?” gli chiedo. Il mio compagno di squadra scuote la testa. L'immaginavo, questa nottata sarà dura per tutti.
“Continuavo a pensare. Credi che abbiamo fatto la scelta giusta nell'offrirci volontari?”
“È stata una scelta difficile la nostra, ma non credo avessimo scelta. Penso tu sappia di cosa parlo” alludo. Proveniamo entrambi da famiglie di vincitori, la nostra partecipazione ai giochi era quasi obbligatoria.
“Non esattamente” risponde. Lo fisso interrogativa, chiedendogli maggiori delucidazioni. Ho sempre pensato che fossimo qui per la stessa ragione. “Vedi, i miei sono tipi anaffettivi, molto criticoni, mai contenti di nulla”
“Mi dispiace” sussurro seria. Lawrence mi lancia uno sguardo di rimprovero.
“Ma come? Proprio tu interrompi la mia tragica storia?” Arrossisco per la seconda volta, e porgo le mie scuse in almeno tre modi diversi. Lawrence sorride e riprende il suo racconto “Secondo loro io e James non eravamo nulla di speciale, né particolarmente intelligenti, né particolarmente talentuosi. Non eravamo nessuna fonte di orgoglio. Così ci iscrissero in accademia quasi imponendoci di farci volontari, un giorno. Per avere qualcosa di cui vantarsi”. Deve essere terribile essere cresciuti da genitori che non hanno alcuna reale fiducia nelle tue capacità. Si può dire che sia cresciuta in un'atmosfera completamente diversa, dove mia madre ha incoraggiato ogni mia passione, anche troppo forse.
“Sei qui per loro?” gli domando.
“In parte, credo. Forse spero di piacergli all'improvviso se vincessi. In realtà però credo che lo faccia più per me stesso. Sto cercando la mia strada, è questa è l'unica che mi è stata mostrata” Lawrence sospira continuando a guardare davanti a sé. Non l'ho mai visto così serio “Per tutta la vita mi hanno detto che dovevo farmi volontario, non riesco ad immaginare nessuna vita aldilà di questa. Sento di potermi realizzare solamente in questo modo, ma tu Emma?” mi domanda, guardandomi dritto negli occhi “Tu sei una ballerina di fama nazionale! Tu ce l'hai già la tua strada!”
“Anch'io non ho avuto scelta” contesto io. “Non sai niente di me!”. Che ne sa lui della fame, della disperazione più pura, della solitudine e della morte? Cosa sa della gratitudine più cieca e profonda?
“Aiutami a capire, allora!” replica lui. Mi aggrappo alla ringhiera. Non parlo quasi mai del mio passato, non ho mai visto il motivo di farlo con degli estranei. Eppure Lawrence ha aperto il suo cuore, sarebbe scortese non fare altrettanto.
“Sono un'orfana del distretto undici, in realtà” rivelo. “Mia madre era lì per il suo tour della vittoria ed ebbe pietà di me. Di solito non permettono adozioni fra distretti diversi, ma era all'apice della sua popolarità e chiusero un occhio”. Da allora mia madre è stata la mia personale eroina, il mio angelo, la mia salvatrice. Nulla potrà mai ricambiare il suo gesto.
“Per gratitudine dunque? Tutto qui?” mi chiede Lawrence.
“In che senso "tutto qui"?” Mi avrà compresa?
“Mi sembra un motivo un po' blando. Mi salvi la vita e per questo vado in un'arena dove rischio di morire? Perché?” insiste lui. Sto per rispondergli, ma rimango bloccata. Maturai la decisione di offrirmi volontaria fin da bambina, dietro l'insistenza di mia madre e dei miei allenatori. Dicevano che avevo talento e che non potevo sprecarlo. Era il mio destino. “Sembra quasi che tua madre abbia adottato una bambolina più che una bambina: ti ha reso una signorina tutta educata, senza vizi e difetti, ballerina professionista e adesso anche tributo”
“Non è vero! Le ho volute anch'io queste cose!” dico con un tono più alto di quanto desiderassi.
“A me non sembra...” insiste Lawrence. Mi aggrappo forte alla ringhiera. Non capisce, non può capire.
“Buona notte e sogni notte. Ci vediamo domani” lo saluto bruscamente prima di tornare in tutta fretta in camera mia.
Mi stendo sul mio letto e inizio a piangere senza freni. Mia madre mi vuole bene, si fida di me e vuole solo il mio meglio, per questo mi ha fatto fare così tante cose. Se non fosse così, mi avrebbe lasciata all'undici a morire di fame. Le sei ore di allenamento quotidiano, le feste chic, i corsi di galateo avevano tutti perfettamente senso nella sua visione.
Eppure a volte desidero solo essere una ragazza normale. Uscire la sera con i miei coetanei, mangiare cibo spazzatura, flirtare con i ragazzi... è tutto un sogno lontano che mai e poi mai potrò raggiungere. Il mio debito non sarà mai pagato, mia madre merita di essere fiera di sua figlia.

 

Lars Seven, tributo del distretto 4, Capitol City

Il suono della sveglia mi strappa via dall'ennesimo incubo. Ho il fiato corto e il corpo madido di sudore. Ero al mio primo bagno di sangue; intorno a noi c'erano solamente alberi alti e minacciosi, al centro la cornucopia argentata. Mi ero mosso come un razzo per raggiungere il mio amato arco e poi tre tributi caddero uno dopo l'altro nel giro di una manciata di secondi. Mi muovevo senza esitare, con gesti sicuri e precisi, nessuna incertezza negli occhi. Mi aspettavo di rifare questo sogno stanotte.
Mi alzo controvoglia e faccio una doccia. Mi mancherà tantissimo, lo so già. In arena raramente ci sono grandi corsi d'acqua per potersi lavare bene. Verso la fine mi ero aggrappato anche questo semplice desiderio. Volevo solamente andarmene, rimanere vivo, per poter tornare a casa un giorno e finalmente togliermi tutti quegli strati di fuliggine. Spero che questa volta l'arena sia meno soffocante.

Spengo il gettito e mi metto finalmente degli abiti comodi. A breve fingerò di essere ciò che non sono, e potrò finalmente agire come voglio. Potrò dire finalmente basta alle stupide domande, ai dannati squittii e alle chiacchiere frivole e vuote. Devo solamente mettere mano su un arco e sono a cavallo. Il mio obiettivo è solo uno adesso: tornare a casa.
Quando ritorno in camera mi accorgo che sono in ritardo sulla tabella di marcia. Perplesso, sollevo un sopracciglio. Perché Tiffany non è ancora venuta a bussare alla porta dicendo di muovermi? Cosa sta succedendo?
In preda ad una brutta sensazione, afferro cautamente la piccola lampada suol comodino. Devo sembrare veramente ridicolo, ma è l'unico oggetto vagamente assomigliante ad un'arma che ho trovato qua dentro. In punta di piedi mi avvicino alla porta e mi preparo ad aggredire eventuali aggressori. Lo spettacolo che trovo mi lascia di stucco: una donna dai capelli ramato scuro sta puntando una pistola alla tempia di mio fratello che, immobile, ispira ed espira lentamente cercando di mantenere la calma. Accanto a loro si trova seduto su una sedia un uomo biondo dall'aria compiaciuta e familiare, che mi fissa con i suoi occhi glaciali e serpentini.
“Signor Seven!” esclama lui “Ha dormito bene questa notte?”
“Preferisco svegliarmi con il sole già alto” rispondo cercando di mostrarmi sicuro di me. Chi sono questi due? Cosa vogliono da noi? Osservo Brian, i suoi occhi azzurri gridano aiuto.
“Il suono della sveglia di prima mattina è un rumore veramente fastidioso” osserva l'uomo misterioso.
“Decisamente, ma credo sia stato mio fratello quello ad avere il risveglio peggiore” dico indicando con un gesto il mio gemello. Devono avermi scoperto, non c'è altra opzione. Devo cercare di rassicurarli, o faranno saltare in aria il cervello di Brian.
“Il signor Brian, intende? Spero ci perdonerà la nostra irruenza, ma avevamo paura che non ci avrebbe ascoltato in nessun altro modo. E poi Juliet adora così tanto sentirsi potente ed intoccabile! Ho voluto accontentarla.” spiega lui, accennando alla donna elegante.
“Lars, non sono stato io, non ho detto nulla!” mi grida addosso mio fratello. La donna elegante punta con più forza la canna contro la sua tempia, intimandogli così di fare silenzio. Fantastico, se avevano qualche dubbio, seppure minimo, ora sono certi delle nostre identità. Ho troppi pochi elementi a disposizione, non so come agire.
“Vedo che sapete chi siamo, ma noi non sappiamo chi siete voi” dico sorridendo.
“Giusto! Che razza di maleducati. Io sono Coriolanus Snow, questa meravigliosa creatura al mio fianco...” fa cenno alla donna elegante“... è Juliet, la mia fidanzata”. I nomi non mi sono nuovi, forse li ho incontrati entrambi durante il tour della vittoria.
“Mi sembra un po' esagerato da parte dei fan irrompere così violentemente nel mio appartamento”. Snow inchina da una parte la testa, appoggiando la caviglia destra sul ginocchio sinistro, chiaro segnale di disapprovazione. Le cose si stanno mettendo male.
“Forse non le è chiara la sua posizione” annuncia Snow “Sta giocando a un gioco molto pericoloso, che non ci piace affatto”. Trattengo a stento una risata. Patetici, non è lo spettacolo quello che vogliono? Cosa c'è di meglio di un vincitore che torna in arena? Mi vedono davvero come un sovversivo? Non pensavo di essere così tanto importante.
“A me sembrava di sì” commento “Voi capitolini avete il gusto del tragico”. A questa mia osservazione Snow fa un sorrido enigmatico.
“È proprio un adorabile piccolo bastardo” commenta Juliet, senza allentare la morsa su Brian “Se fossi nato altrove saresti stato un buon sottoposto” digrigno i denti e sputo per terra per il disgusto. Juliet carica il grilletto in preda alla rabbia, mentre Brian si aggrappa con forza al suo braccio in preda al panico.
“Calma Juliet” alle parole di Snow, la donna si calma all'istante.
“Arriviamo al punto” annuncia l'uomo “In un momento diverso avrei anche amato la sua uscita, anche perché avrebbe infangato il buon nome del presidente, ma in un momento delicato come questo finirei io stesso per sporcarmi e la cosa non mi piace affatto” spiega lui arricciando le labbra carnose “Vede signor Seven, mi mette in una posizione scomoda, perché vorrei lasciarla andare per la sua strada, ma proprio non posso. Occorre rimediare dove possibile” Snow fa un cenno a Juliet che avanza di un paio di passi trascinandosi dietro Brian “Tuo fratello mi dà l'impressione di essere un bravo ragazzo, sarebbe un peccato se gli succedesse qualcosa”. Devo chiamare all'appello tutto il mio autocontrollo per tenere a bada la mia rabbia. Maledetti figli di puttana, me la pagherete anche per questo “No, non guardarmi con odio. Sono qui per offrirle un affare!”
“Di che genere?” chiedo sospettoso.
“Nulla di che, cercherai di sopravvivere e di dare spettacolo. Perfino più grandioso di quello di due anni fa” incrocio le braccia al petto. Che richiesta strana. Cosa c'è sotto?
“Tanto rumore per nulla, dunque?” chiedo. Snow sospira alzando gli occhi al cielo
“Quasi. Quando sarà ovvio al pubblico chi tu sia in realtà, lo affermerai pubblicamente anche agli altri tributi, dicendo che è stato un gentile regalo che noi capitolini ti abbiamo fatto. Volevi dimostrare ancora una volta il tuo valore e salvare tuo fratello con tutto te stesso. Ora basta a giocare al tuo gioco, ora iniziano i nostri”
“Altrimenti aprirete un buco per l'aria a mio fratello, esatto?” Non è una richiesta assurda, piuttosto facile da eseguire, mi aspettavo di peggio. Rimango però sotto di loro ancora una volta.
Snow annuisce con aria seria “Vedo che è un ragazzo intelligente, sono sicuro che se la caverà”
“Come faccio a sapere che nel frattempo non gli farete niente?
“Ti invieremo giornalmente delle foto per dimostrarti che è ancora vivo e vegeto” Snow fa un cenno a Juliet che spinge Brian per terra e si allontana silenziosamente verso la porta. Anche Snow si alza e si dirige con passo sicuro verso l'uscita.
“E che la fortuna possa essere sempre a tuo favore” conclude lui viscidamente prima di scomparire di nuovo dalla mia vista. Deglutisco a fatica e mi dirigo verso Brian, ancora inginocchiato a terra, scuro in volto.
“Lascia che ti aiuti” gli dico allungandogli il braccio. Brian si gira di scatto e allontana bruscamente la mia mano. Le sue labbra sono pressate e le sue palpebre tese. “Capisco la tua rabbia, ma poteva andare peggio. Abbiamo ancora delle possibilità per tornare in casa insieme. Devi sono essere paziente”
“Tu capisci?” sottolinea lui con odio “Tu non capisci un cazzo, Lars!”. Si alza di botto puntandomi l'indice contro il petto “Sempre facile per te! Entro in accademia, mi faccio volontario, vinco, prendo il posto di mio fratello, vinco ancora! Ma sai una cosa?” mi chiede “Ci sono sempre io dall'altra parte! Non dirmi di aspettare dunque, perché non faccio altro da due anni a questa parte!” mi mitraglia contro, senza neppure prendere fiato.
“Lo dici come se fosse colpa mia! Non ho avuto scelta! Se non prendevo il tuo posto ti avrebbero ammazzato in arena!” mi giustifico. Posso capire il suo dispiacere, ma non può accusarmi per una cosa del genere.
“Avevi una scelta, invece!” insiste lui “Potevi parlarne con me! Invece no, sei andato avanti come chi se ne sbatte per l'ennesima volta!”
“Ti saresti opposto! Non me l'avresti permesso”. Non mi piace litigare con Brian, non capita quasi mai. Soprattutto non voglio farlo adesso ad un passo dall'arena.
“Certo che mi sarei opposto!” Brian si morde il labbro con forza, fino a perdere sangue “Tu non hai pensato a me, o alla mamma o al babbo. Avrai anche sofferto in arena, ma sai una cosa? Anche noi! Tu non sai cosa significhi temere tutti i giorni che la persona che ami di più al mondo muoia da un momento all'altro. Non sai cosa abbiamo provato quando sei stato accoltellato dalla tipa dell'uno, o come ci siamo tormentati vedendoti così diverso al tuo ritorno!”
“Brian, finirà a breve, un paio di settimane e...”
“No, lasciami finire. Abbiamo pregato per te, ora dopo ora, e ora sei di nuovo qui, per colpa mia!” Brian si siede sulla sedia occupata da Snow fino a poco tempo fa, nascondendosi il volto fra le mani. “Non hai minimamente pensato a cosa avrei provato, vero?” mi chiede lui. Meglio rammaricato che morto. Non mi importa più di tanto quanto stia soffrendo. So solo che è vivo e che lo rimarrà ancora a lungo. Gli passerà, gli passa sempre. Si fa sempre prendere dalle proprie emozioni, si sfoga, e poi torna come prima. Accadrà anche questa volta, anche se la ferita è più profonda.
“Non me ne pento, se è quello che vuoi sapere. L'ho fatto per te” gli spiego pacato.
“Per me, o per saziare la tua sete di sangue? So cosa hai fatto Lars, so che li hai uccisi tu”. Mi accusa lui crudele.
“Sei tu che non capisci questa volta” gli dico, ed è vero. Non sa nulla della crudeltà, della rabbia, dell'odio, del dolore e della vendetta. Non sa di quell'inferno che continuo a portarmi dietro e che a malapena trattengo.
“Ti perdono lo stesso, però” mi annuncia guardandomi dritto negli occhi “Altrimenti non potrei più vivere”. Rimaniamo in silenzio, guardandoci l'un l'altro. Siamo stati quasi come una cosa sola per anni, solo ora mi rendo conto di quanto i miei primi giochi ci abbiano separati.
“È meglio che vada prima che qualcuno venga a cercarci” dico prima di aprire la porta che va verso l'esterno.

“Addio fratello”
“Addio”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi dispiace per ritardo: dovevo mettere su uno speciale, ma all'ultimo ci ho ripensato.

Tosta, soprattutto la prima parte. Ho avuto paura di snaturare Medea, ma spero di non aver fatto casini. In fondo Achille ci aveva presentato una donna premurosa, un po' ansiosa, fiera e orgogliosa. Ho voluto provare a spezzare un pochino questa sua corazza, indossata come guida contro le incertezze del mondo. Stesso discorso con Lars, che è un personaggio molto complesso e difficile da gestire.

Alla prossima (saremo finalmente in arena)!

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Capitolo 11
*** Zero ***


Giorno 1, mattina

 

Bezzy Peacock, tributo del distretto 10, Capitol City

Mi nascondo sotto le lenzuola, cercando di farmi piccola piccola. Mi ricordo di una favola, raccontata dalla nonna Meggy, dove una bambina espresse talmente forte il desiderio di sparire altrove che si realizzò. Per quanto speri e preghi però, non riesco a muovermi da questo letto. Per me non esiste alcuna via di fuga, sono intrappolata fino alla morte in questo gioco di sangue e terrore.
La cosa peggiore è che non sono riuscita a lasciare nessuna impronta in questo mondo. A breve tutti si dimenticheranno di cosa sono stata, perfino la mia famiglia. Non ho toccato nel profondo nessuna vita, non vivrò neppure sotto forma di ricordo. La mia esistenza non ha avuto alcun senso, se non il dolore.

Sento la porta aprirsi e mi chiudo ancora di più. Non può essere già l'ora. Non sono pronta, è troppo presto! Non voglio morire! Vi supplico, risparmiatemi!
“Bezzy? Bezzy!” mi chiama Elenia, la mia stilista. È sempre stata gentile con me, forse potrà fare qualcosa! Esco fuori dalle coperte e mi aggrappo a lei con tutte le mie forze. Ispiro il suo profumo primaverile e godo della morbidezza del suo corpo, così diverso da quello ossuto di mia madre.
“Salvami, ti prego, salvami” la imploro piangendo sul suo abito firmato. Elenia si avvicina a me, spostandosi una ciocca viola dalla fronte.
“Piccola, così mi fai star male!” si lamenta lei asciugandomi una lacrima con il pollice “Lo sai che non sopporto i bambini in lacrime”
“Allora portami via! Ti scongiuro, salvami!” insisto stringendola ancora più forte. Diversamente dalle altre volte però, Elenia non mi abbraccia cercando di consolarmi, ma si allontana guardandomi freddamente negli occhi.
“Non dire sciocchezze, tesoro. Lo sai che non puoi scappare dal tuo destino” scuoto la testa incredula, per poi affondare la testa nuovamente sul cuscino. Non posso accertarlo, come si può farlo? Sento l'impellenza di vomitare. “Su, non fare così. Non puoi arrenderti senza combattere” mi incita lei. Combattere? Come? Ha visto gli altri tributi? Ha visto me? Non ho nessuna possibilità di farcela, lo sanno tutti! Ho perfino preso un tre alle prove individuali!
La mia stilista mi prende per il polso, costringendomi a rialzarmi lentamente “Sei un disastro, fatti una doccia e mettiti i primi panni che trovi, tanto in arena te ne daranno degli altri”. Perché fa così? Come può prendere sotto gamba la situazione? C'è la mia vita in gioco, davvero conto così poco? “Vuoi una mano per lavarti?” mi chiede esitante.
“No, puoi andare” rispondo raccogliendo la poca dignità che mi rimane. Sono completamente sola, lo sono sempre stata, fin dalla mietitura. Non saranno false premure a farmi sentire meglio. Mi soffio il naso e mi getto sotto la doccia, ricordandomi a malapena di spogliarmi. Sarà la penultima cosa piacevole della mia vita e dura troppo poco.
Nel giro di mezz'ora sono sul tetto con una canotta bianca e dei pantaloni marroni piene di tasche. I miei capelli rossi sono raccolti in una treccia corta. Avrei voluto farli crescere, nella speranza di diventare bella come Ethel. I ragazzi vanno pazzi per i suoi capelli e la sua malizia, è corteggiata praticamente da tutti nel distretto. Il mio corpo invece non ammalierà mai nessuno, le mie labbra non saranno mai baciate, il mio anulare non porterà mai una fede. Si può dire che non abbia mai vissuto. Non ho nulla di eclatante da ricordare, ho solo sogni infranti e tante lacrime versate.
L' hovecraft sbuca dal nulla, silenzioso e letale come l'ho sempre immaginato.
“Hai smesso finalmente di piangere!” nota Elenia con un gran sorriso “Meno male, credevo che non la smettessi più”. Osservo il veicolo davanti a me, senza replicare. Non so più cosa dirle, tanto fra qualche ora non rimarrà più nulla di me, se non le ossa. Metto i piedi sulla scaletta e mi faccio trasportare fino all'interno. Il veicolo decolla quasi subito, senza darmi il tempo di guardare l'edificio per un ultima volta. Nell'aria c'è un odore strano, molto artificiale, così lontano dalle campagne che hanno popolato la mia infanzia. Era così bello l'odore del fieno!
“Bezzy, devo inserirti il localizzatore, non muoverti” mi ordina un uomo con un tatuaggio tribale sulla guancia. Allungo il braccio in maniera quasi meccanica e il dolore fisico dell'ago mi riporta per un momento al presente. Sento ogni singolo secondo di felicità che abbia vissuto in vita mia scivolarmi fra le dita. È tutto finito, non rimane più nulla.
Poco dopo un senza voce passa con un vassoio con succo d'arancia, pane, pasticcini, caffè e croissants salate. L'aspetto è invitante, ma mangiare sarebbe inutile, se non dannoso. Ho sentito dire che prima di morire le viscere si svuotano; sarebbe terribile fare una figuraccia del genere di fronte alla nazione intera. Mi sembra che un paio di anni fa, un tributo se la fece addosso quando capii di essere spacciato. Non voglio finire così.
“Mangia qualcosa, tesoro” mi incita Elenia. Riosservo le pietanze, e diniego ferocemente “Ti prego non fare così” mi supplica lei. Osservo fuori dal finestrino, se fossi fortunata potremmo passare sopra le praterie del dieci. Ma è inutile, non sarà così. “Bezzy? Ci sei ancora?” insiste il mio ultimo volto gentile.
“Posso chiederti una cosa?” le chiedo. Elenia mi guarda con i suoi occhi di un verde indefinito. Ci vedo dentro la curiosità, l'interesse, ma non la pietà. Sono solo una marionetta per fare spettacolo per lei, nulla di più. Ci tiene a me come ci si tiene a un giocattolo. “Lascia stare”. Sarebbe inutile affidarle un messaggio d'addio verso la mia famiglia. Sono sicura che non lo riferirà mai.
I finestrini si oscurano, lasciandomi spaesata. Fatemi vedere il sole ancora una volta, ve ne prego.
“Finalmente stiamo arrivando!” squittisce la stilista “Buona fortuna, bambina”.
Il momento è giunto dunque, addio a tutti.

 

Abe Warwick Reed, tributo del distretto 10, catacombe dell'arena

Io e Tito scendiamo dall' hovercraft e atterriamo nelle catacombe. Veniamo accolti dall'odore inconfondibile di detersivo al limone. Tutto è lindo e pulito, solamente per noi. Che onore!
L'olezzo è talmente prepotente da farmi starnutire.

“Salute” risponde educatamente Tito. Devo dire che è mi è andata piuttosto bene da questo punto di vista. Mi avrà pure fatto mettere delle corna da toro e un ridicolo gilet muccato durante la sfilata, ma Tito non è uno stronzo. Diversamente dagli altri capitolini che ho incontrato non è un prepotente e non ha la sensibilità di un cumulo di calcinacci (e neppure lo stesso acume). È un tipo tranquillo, onesto, non fa domande, è sempre lì a masticare il suo bastoncino di liquirizia in silenzio e basta.
“Per la camera di lancio da questa parte” ci segnala una signorina tutta lentiggini facendoci strada. Vorrà dire “per il recinto del bestiame da questa parte”. Non capisco perché i capitolini non chiamano le cose con il loro nome.
“Per curiosità, tu su chi hai scommesso?” le chiedo a bruciapelo. La ragazza si irrigidisce tutta e si volta di scatto fulminandomi con lo sguardo.
“Non mi è permesso dare queste informazioni” squittisce lei con stizza. Non credo che abbia puntato su di me. “Qua dentro”.
La stanza per la preparazione ha una puzza ancora peggiore, l'odore di disinfettante mi dà alla testa. Arriccio il naso per il disgusto mentre cerco gli abiti che dovrò indossare per tutta l'arena. Mi daranno un sacco di indizi sul posto in cui dovrò andare, sono fondamentali.
“Sei uno che si turba troppo di fronte agli odori forti per essere cresciuto in quel letamaio che è il decimo distretto” osserva Tito afferrando il pacco che stavo cercando.
“Ehi! Solo io posso offendere il decimo distretto!” controbatto. Tito sorride amaro da un solo lato del volto.
“Lavati!” mi ordina. Mi dirigo stizzito verso la doccia dove mi sfrego con forza la pelle, nel tentativo di togliermi di dosso quegli assurdi brillanti che mi hanno applicato prima dell'intervista. “Vedrai che sarai bello come il sole!” aveva detto Yvonne. Fanculo. Lo sapevo che dovevo oppormi subito, a essere gentili non si guadagna nulla.
Tiro fuori i panni dalla sacca e trovo: un paio di scarponi resistenti neri, dei calzini blu aderenti e caldi, dei pantaloni color verde scuro, una t-shirt con una scollatura a V e per finire una felpa rosso fuoco molto spessa che grida “Ehi, sono qui! Colpitemi!”. Immagino che gli strateghi si siano fatti due risate quando hanno scelto il colore della maglia. Spero che il loro dannato vino costoso gli vada di traverso. Dovrò sicuramente trovare un modo per spegnere questo colore o mi beccheranno subito. Spero ci sia qualcosa di naturale per favorire il camufaggio. Immediatamente mi pento per non aver seguito il corso di mimetizzazione.
“Farà freschino là fuori.Cercati rifugi preparati, ma non accendere mai il fuoco” mi suggerisce Tito.
“Ovvio che no, non sono mica un cretino” rispondo. Tito annuisce con aria seria, rigirandosi in bocca il bastoncino di liquirizia.
“Immagino allora che non ci sia bisogno di ricordarti che la tua priorità è l'acqua, là dentro”. Annuisco annoiato, odio le raccomandazioni, le ho sempre trovate pallose. Inizio a girare avanti e indietro per la stanza per i quaranta minuti rimanenti. Su e giù, su e giù. Il tempo scorre contemporaneamente troppo lentamente e troppo velocemente. Mi sento l'incarnazione dell'ansia in questo momento.
In tutto questo Tito non si muove di mezzo centimetro, limitandosi a lanciarmi qualche occhiata preoccupata di tanto in tanto.
“I tributi sono pregati di posizionarsi nella piattaforma metallica. Ripeto: i tributi sono pregati di posizionarsi nella piattaforma metallica” annuncia una voce femminile dall'altoparlante. Ci siamo.
“Stai in guardia” si raccomanda Tito per l'ultima volta. Annuisco prima che il cilindro di vetro cada su di me. La salita mi provoca un vuoto dentro lo stomaco, il panico si impossessa di me, giuro di non aver mai avuto così tanta paura in vita mia.
In superficie vengo accolto da un'intesa luce. Intorno a me ci sono edifici distrutti che si reggono a malapena in piedi. Davanti a me c'è la cornucopia argentata in tutto il suo splendore.
“Signori e signore, che i ventunesimi Hunger Games abbiano inizio!” annuncia Cladius Templesmith, l'annunciatore introdotto l'anno scorso.

60...

Davanti a me ci sono numerosi zainetti grigi, devo assolutamente afferrarne uno.
Non ho favoriti accanto a me, solamente il robusto ragazzo del sette e la ragazzina del tre. Il maschio potrebbe rivelarsi un problema, devo stare attento.

Meglio lasciar perdere la cornucopia, o mi faranno fuori praticamente subito. Vincerò i giochi con altre armi.

...30...

Devo solamente correre, sono veloce, ce la posso fare. Devo solo correre. Vedo in lontananza dei pini, potrei nascondermi lì. Magari troverò anche del materiale utile. Fantastico. Poteva andare decisamente peggio.

...10...

Mi preparo per lo sprint, devo scattare come un fulmine, come quando dovevo fuggire dai pacificatori con Emilie e Kylian.

...0.

Il mio corpo si muove in automatico, l'adrenalina mi permette di essere perfino più veloce del solito. Mi concentro su dove metto i piedi, il terreno è talmente irregolare che potrei cadere molto facilmente.
I muscoli che si tendono, il vento fra i capelli: non mi ero reso conto che correre mi fosse mancato così tanto. Intravedo un gruppo di tributi correre verso la cornucopia, anche se la maggior parte mira agli zaini esattamente come me. In pochi scappano all'istante senza voltarsi indietro.

Mi piego ed afferro lo zaino poco prima del ragazzo del tre. La sua espressione d'insoddisfazione è l'ultima che riesce a formulare: una freccia gli attraverso la carotide dandogli una morte pressoché istantanea. Dalla sua ferita fiotta un forte gettito di sangue che mi bagna. Avverto sulla pelle una sensazione calda di appiccicume che mi fa rivoltare lo stomaco. Sento la colazione risalirmi lungo l'esofago. Non è il momento però, devo riprendermi o morirò qui.
Intravedo una ventina di metri più in là il tributo del quattro caricare rapidamente un'altra freccia. Istintivamente, sollevo il cadavere del ragazzo quel poco che basta per coprirmi. Due frecce colpiscono il corpo martoriato del ragazzo. Vedo che sta per caricare dei nuovi colpi, ma avvenimenti da tutt'altra parte catturano la sua attenzione e si gira incuriosito. Ne approfitto per indossare lo zaino grigio e per fiondarmi verso il bosco a Sud.
Sono in arena da meno di cinque minuti, sono sporco di sangue e sudore, ho usato il corpo di un povero ragazzo come scudo umano e sono già sfuggito alla morte. La verità è che sono finito all'inferno e ci sono andato volontariamente.

 

Lawrence Timberwole, tributo del distretto 1, arena

È tutta la vita che aspetto questo momento. Finalmente diventerò l'uomo che ho sempre desiderato essere. Io e l'arena. Le mie gambe fremono per l'attesa, sono già fradicio di sudore ancor prima di iniziare. Puzzo peggio di un maiale, ma tanto sapevo che non sarebbe stato un bagno alle rose.
Guardo alla mia destra, Marinette si è già messa in posa per la corsa verso la cornucopia, Emma (alla mia sinistra) guarda invece dritto davanti a sé, con determinazione. Per un momento ripenso a ieri sera, al suo sfogo, alle sue preoccupazioni, alla sua futura insensata morte. Scuoto la testa, non è il momento di pensarci, il tempo sta per finire, devo essere pronto.

...0.

Mi fiondo come una furia verso la cornucopia, non devo permettere a nessuno di rubarmi la lancia. Deve essere assolutamente mia. Maledico mentalmente il terreno disconnesso, che per poco non mi fa fare un ruzzolone tremendo. Riesco ad evitarlo solo grazie alla mia agilità, ma l'episodio mi ha fatto perdere del tempo preziosissimo. Il tributo del distretto otto, di cui non mi ricordo neppure il nome, è già in possesso della mia arma preferita. Fra quelle sudaticce mani si trova infatti un roncone doppio, la più perfetta fra le armi in asta: leggera, versatile e letale. Perfetta per strappare budella e per perforare. È la Lawrence Timberwole del medioevo in pratica, e quello stronzo me l'ha appena fregata! Devo recuperarla.
Entro nella cornucopia e metto le mani sulla prima arma che mi capita intorno: una daga a rondelle. Arma carina, ma perfettamente inutile contro una lancia. Non ho tempo per cercare altro, il tributo dell'otto si sta già preparando ad attaccarmi. Con il cuore in gola, alzo istintivamente la lama per parare il colpo che però non arriva. Il braccio destro del ragazzo è infatti intrappolato da un spesso laccio nero. Il tributo si volta per comprendere quello che è successo, ma la distrazione gli è fatale: approfitto di questo breve lasso di tempo per infilzarlo con la daga all'addome. Dalla bocca esce del sangue mentre dai suoi occhi spalancati urlanti dal terrore, esce una lacrime solitaria. Cade così, con un minimo lamento.

“È morto?” mi chiedo quasi incredulo. È completamente diverso da come l'avessi mai immaginato.Uno leggero schiaffo mi porta via dai miei pensieri.
“Lawrence, rimani concentrato” mi incita Emma.
“Io sono sempre concentrato” rispondo, difendendomi. Prendo il roncone e vedo apparire la fanciulla dell'otto con in mano un pugnale. Sarà qui per vendicare il compagno? È magra da far paura, quasi affonda all'interno della sua felpa rossa. Sembra uno scheletro e a breve lo diventerà sul serio. Non ha speranze.
“Piegati” ordino ad Emma che immediatamente esegue. Tendo il braccio e carico il colpo. La colpisco alla spalla sinistra. La tipa indietreggia per il colpo e per il dolore, mentre l'arma vola oltre. Ho sbagliato mira, avrei voluto colpirla al petto, dannazione. Non sono neppure riuscito a centrarle l'osso! Come ho fatto a fallire così clamorosamente lo so solo io! La ragazza mi guarda con odio, prima di girarsi e fuggire via mentre il sangue scende copiosamente dal braccio. Raggiunge la lancia e l'afferra con il braccio sano. Quella puttana sta fuggendo con la mia arma!
Sto per lanciarmi al suo inseguimento, ma uno strillo disumano di rabbia estremamente famigliare cattura la mia attenzione. Io ed Emma ci guardiamo in faccia prima di lanciarci insieme verso la fonte del suono. Fanculo alla lancia, la recupererò prima o poi e inoltre so cavarmela anche con altri strumenti.
Nell'area della cornucopia non rimane quasi più nessuno, se non i cadaveri. Vicino ad una delle postazioni c'è Riley sdraiata per terra, pallida in volto, che si muove senza pace da una parte all'altra. Sulla coscia c' è uno squarcio profondo, ma è ancora viva. Da lontano vedo quell'energumeno del due allontanarsi in tutta fretta. Decido di inseguirlo in solitaria, nonostante i richiami di Emma che sono però già irraggiungibili.
I macigni circondano l'area ancora per un bel pezzo, finché non appare in maniera graduale un prato. Correre sull'erba è decisamente più piacevole, dovrei riuscire a raggiungerlo prima che lo perda di vista nel bosco.
Non mi importa quanto sia grosso o forte, non avrà scampo con me. Ho avuto un ottimo addestramento, sono in grado di utilizzare in maniera buona qualsiasi arma, soprattutto la mia... la mia... cazzo!
Rallento di colpo, dove cavolo pensavo di andare disarmato? Torno indietro all'istante, sperando che Achille non sia accorto della mia presenza. Cerco addirittura di correre più velocemente di prima, nonostante il dolore lancinante sempre più forte alla milza.
Mi ricongiungo nuovamente ai miei compagni: Riley è ancora sdraiata per terra, che si morde le labbra cercando di trattenere la sua ira, Emma le sta applicando chissà quale pomata, mentre Brian/Lars o chi cazzo sia, mi dedica un ironico applauso. Non c'è nessun altro.
“Com'è andata la corsetta mattutina?” mi chiede lui.
“Fottiti” rispondo sibilando.
“Lawrence ti sei comportato in maniera riprovevole! Non puoi essere così impulsivo! E se ti avesse ucciso? Scommetto che non ci avevi neanche pensato!” interviene Emma, parecchio arrabbiata. Buffo, quando è arrabbiata muove il dito esattamente come Garnet.
“Che senso ha parlarne? Sono vivo, no? Sono o non sono un favorito? Non posso crepare subito” ribatto. Emma sospira frustata, mentre Brian tamburella le dita sull'arco.
“Ti conviene guardarti meglio intorno, “favorito”” mi consiglia quest'ultimo. Lo noto solo ora, ma vicino a Riley ci sono i corpi di due donne: il primo appartiene alla ragazza atletica del sette, mentre il secondo a Marinette. Il suo volto è raggelato in un'espressione di eterno dolore. Nel suo addome è aperto un profondo taglio dal quale fuoriescono le budella.
Della nostra alleanza rimangono solo quattro persone, una delle quali è ferita.
“Come è potuto succedere?” chiedo incredulo. I tributi favoriti se la sono sempre cavata al bagno di sangue, sono rare le nostre morti al suo interno. Abbiamo vinto tredici edizioni su venti, voglio dire!
“È successo perché anziché aiutarmi, voi due stavate flirtando sotto la cornucopia!” risponde Riley digrignando i denti.
“Ti girano solo perché Achille ti ha fatto il culo. Mi sembra che avessimo deciso di ignorarlo al bagno di sangue, per cercare di fare più morti possibili.” Riley mi guarda con odio, ma faccia ciò che vuole, non sono qui per fare amicizia.
“Ha ragione lei, perdonateci” dichiara Emma. Sospiro, incredulo! Non abbiamo nulla di cui scusarci! “Poteva andarci molto peggio. La ferita è meno grave di quanto pensassimo all'inizio, e con questa pomata dovrebbe riprendersi abbastanza in fretta” constata, riprendendo il discorso.
“Piangerci addosso è inutile. L'arena è imprevedibile e se pensate di farcela solamente perché siete stati addestrati, allora siete solo degli idioti” commenta Brian, freddo, continuando a tamburellare sull'arco. Non mi piace questo tipo, credo che ci tradirà alla prima occasione, mi chiedo perché non l'abbia ancora fatto.
Io e Brian decidiamo di muoverci per tutta l'area in cerca dei feriti da terminare, mentre Emma rimane a proteggere Riley da eventuali attacchi. Cinque, solamente cinque cadaveri. Rimaniamo in diciannove ancora, sono troppi, abbiamo davvero fatto schifo.
Sopra la postazione metallica, trovo la timida ragazzina del dieci inginocchiata in lacrime. Non si è mossa neppure di mezzo millimetro per tutto il tempo. La paura deve averla letteralmente paralizzata. I giochi non sono fatti per tutti.
L'osservo per un attimo nei suoi grandi occhi vitrei prima che cada a terra senza emettere suono, colpita al cuore da una freccia di Brian.

Diciotto.

 

Carlie Marty “Principe” Hamilton, tributo del distretto 9, arena

Di fronte a me intravedo solo macerie. Lo spettacolo è famigliare, eppure non riesco a ricordare dove l'abbia visto. Sento da lontano l'odore rassicurante e familiare dell'erba.
Ho le mani sudatissime, spero che gli zaini non mi scivolino via durante la fuga, sempre sperando che riesca ad afferrarli. Io prendo gli zaini, Ane si occupa di recuperare la falce. Ha detto che è velocissima e che ha concrete possibilità di raggiungere la cornucopia. La cerco con lo sguardo: non è molto lontana da me e siamo entrambi quasi dalla parte opposta dei favoriti; c'è speranza. Devo avere fiducia, devo avere fede; sopravviverò, sopravviverò. Devo aggrapparmi a questo pensiero con tutto me stesso, devo farcela.

Non devo avere paura, sono forte, non devo avere paura.
Adocchio due zainetti grigi vicini fra loro, sono il mio obiettivo.
Il tempo sta per scadere, piego le ginocchia per lo sprint di partenza, esattamente come mi hanno insegnato a scuola.

...0.

Mi fiondo in avanti con il cuore il gola, terrorizzato come non mai. Posso morire da un momento all'altro... no! Non devo pensarci! Gli zaini, solo gli zaini, non esiste nient altro.
Mi muovo, stando attento a non inciampare, questa pavimentazione è tremenda, sono sicuro che molti sono fuggiti senza provare a prendere qualcosa proprio perché ne sono rimasti spaventati.

Mi fiondo sugli zaini con troppa foga, e finisco per farmi male al ginocchio.
Perdo istanti preziosi per riprendermi dal dolore, per poi rialzarmi con entrambi gli zaini alle spalle e cercare Ane. Dobbiamo fuggire nella stessa direzione o rischiamo di non incontrarci più.
Dov'è? Non ha ancora preso l'arma?
Per un attimo mi passa nella mente l'immagine di lei che corre verso il bosco con in mano la falce. Da sola. Che mi abbia abbandonato? No, non posso essere. Non mi sembra il tipo.
E se fosse morta, invece?
Mentre sto pensando a qualsiasi ragione che abbia spinto Ane a non essere ancora qui, vengo spinto per terra. L'urto è improvviso ed inaspettato, e perdo l'equilibrio facilmente finendo miseramente sul terreno duro. Sono un povero idiota, non dovevo abbassare la guardia.
Mi volto e vedo Donna afferrare un grosso sasso fra le mani. I suoi occhi sono fermi e decisi, i suoi muscoli tesi, non c'è traccia della ragazza pettegola che voleva emergere dall'invisibilità. Sgrano gli occhi più per l'incredulità che per il terrore. Solo una domanda riempie la mia testa: perché? Siamo dello stesso distretto, uccidermi adesso sarebbe controproducente non solo per gli sponsors ma anche per un eventuale ritorno a casa. Nelle edizioni precedenti chiunque abbia ucciso un suo compagno di distretto è stato ricoperto di infamia e di insulti e la sua memoria è rimasta infangata.
“Do-Donna...” balbetto in preda al panico. Non so cosa fare, non ho mai vissuto niente del genere!
“Scusami Carlie, ma prima o poi tocca a tutti” mi spiega lei senza alcuna esitazione. Cerco un sasso per difendermi, ma quelli intorno a me sono tutti o troppo grandi o troppo piccoli. È tardi: lei mi già addosso con il braccio alzato, pronta a colpire.
La mia vita mi passa davanti in un secondo: la gita al fiume con mio padre, mia madre che mi regala quella palla fatta con avanzi di stoffa che avevo tanto amato, il primo giorno di scuola, Gail, quella cotta per il mio vicino di casa che mi fece capire la mia natura, il lavoro ai campi, la mietitura... Sta veramente finendo?
La mia bocca è secca, i miei occhi sono lucidi e sto tremando. Chiudo gli occhi e mi giro dall'altra parte aspettando la fine, ma non arriva.
Quando li riapro il corpo di Donna è per terra, senza vita. Sul collo ha un enorme taglio e la testa è mozzata a metà. Giuro di non aver mai visto niente di così raccapricciante. Mi accorgo che anche parte dei miei abiti e sporca del suo sangue. Davanti a me c'è Ane, con gli occhi spalancati dallo stupore e tremante dall'orrore.
“Ane!” la richiamo con dolcezza. Lei sembra non sentirmi e indietreggia, sconvolta, mentre scuote la testa da una parte all'altra, come a negare a se stessa di aver compiuto un atto del genere. Mi alzo in fretta, devo portarla via di qui prima che abbia chissà quale crisi.
L'afferro per il gomito e incomincio a correre, trascinandomela dietro. Sfortunatamente mi tocca rinunciare ad uno zaino, o non mi sarebbe possibile questo sforzo. Siamo quasi fuori dall'area della cornucopia quando non vado quasi a sbattere contro il ragazzo del dodici. Ha in spalla un piccolo zainetto ed è terrorizzato almeno quanto me. Ci guardiamo, indecisi sul da farsi, per poi andare ognuno per la sua strada. Alla fine siamo tutte vittime qua dentro, Donna compresa.
Quando entro dentro il bosco, Ane si libera dalla presa e crolla per terra in lacrime.
Mi si stringe il cuore a vederla così. L'ho sempre vista sorridente, entusiasta della vita, forte.
Mi avvicino a lei con cautela, non voglio spaventarla più di quanto lo sia adesso.
“Gail... Ane, dobbiamo andare. Non possiamo ancora fermarci” le dico mordendomi la lingua per il lapsus.
“L'ho uccisa, l'ho uccisa, l' ho uccisa, l'ho uccisa...” ripete continuando a singhiozzare. Mi piego fino ad arrivare all'altezza dei suoi occhi.
“Ane, mi hai salvato la vita. Se non fosse per te a quest'ora sarei morto” le confesso, sincero. Non voglio che si senta male per quanto accaduto.
“L'ho uccisa, io ho ucciso qualcuno!” ripete lei, ancora incredula per l'accaduto.
“Era necessario! Sarei morto, altrimenti!” puntualizzo, ma lei non sembra del tutto convinta e dunque aggiungo: “Per quanto mi riguarda, sei e sarai sempre una brava persona, Ane. La mia eroina” . La mia uscita ha effetto e smette finalmente di piangere.
“Grazie, principe” mi sussurra titubante rialzandosi in piedi.
“Hai bisogno di una mano?” le chiedo. Lei scuote la testa, stringendo forte la falce. Meno male che non l'abbiamo persa! Sono un idiota, mi ero dimenticato della sua presenza. Ci è andata bene, in quello stato avrebbe potuto smarrirla con estrema facilità, rendendo i nostri sforzi del tutto inutili.
“No, grazie, sei un vero cavaliere” mi risponde mostrandomi un piccolo sorriso d'incoraggiamento che è più per lei che per me.
Riprendiamo la nostra corsa, non è ora delle chiacchiere. Quella falce avrà anche contribuito a salvarmi la vita, ma rende i nostri movimenti decisamente più lenti.
Mi auguro con tutto il cuore di sopravvivere almeno un altro giorno.

 

Connor MacLeod, tributo del distretto 7, arena

Sento un peso non troppo pesante cadermi sulla testa. Riapro gli occhi controvoglia e vengo accolto dalla luce accecante di fine Aprile. Mi stiracchio rumorosamente, mentre i miei compagni di classe mi guardano con rimprovero.
McLeod, sei con noi?” mi chiede John spazientito. Accenno un sì pigro con la testa, semplicemente annoiato da quello che sta succedendo. Finiremo per fare tutti i taglialegna, i più fortunati di noi i negozianti, non capisco perché dovrei impegnarmi.

L'avete finita questa ricerca su Shakspere?”chiedo con la bocca ancora impastata dal sonno. Il mio gruppo di ricerca inizia a ridere, divertito.
Riprova” suggerisce Amanda, bella come il sole, come al solito.
Skikspeare... Shespeare... Schickspeares...”
Shakespeare” mi suggerisce Norma, sconsolata. È la nuova studentessa di quest'anno, non riesco a vederla. Ha la perenne aria da prima delle classe, saccente come poche.
Sì, sì come vuoi” sbotto, spazientito. Odio la letteratura, non fanno altro che farci leggere cose smielate, pallose e antiche. Secondo Jill la letteratura comprende in realtà molti più testi di quelli che crediamo, libri e poesie che parlano di rivoluzioni, di ideali, di libertà; tutta roba che Capitol ha messo all'indice.
No, Connor, stiamo lavorando. Ti serve un voto alto più di chiunque altro qua dentro” commenta lei, seria. Alzo le spalle, non mi importa se verrò bocciato, ho una mezza idea di mollare tutto e di lavorare. La scuola non serve a nulla.
La scadenza è a breve, siamo indietrissimo” commenta David, sconsolato. Norma sorride, in una maniera così gentile da intenerirmi il cuore.
Lasciate fare a me, non ho l'abitudine di lasciare nei guai i miei amici”.

 

Mi guardo intorno, confuso. Non vedo i miei alleati da nessuna parte. Avevamo deciso che Achille avrebbe preso le armi, mentre io e Norma avremmo preso degli zainetti. Rose avrebbe avuto il semplice compito di raggiungere uno di noi due e rimanere sotto la nostra tutela, fino alla fuga finale. Eppure io non vedo nessuno, né Norma, né Rose e sto incominciando a preoccuparmi.
Indosso uno degli zaini e vado alla ricerca delle mie compagne.

Le ritrovo facilmente, alla fine non erano così lontane, ma il caos rende tutto più difficile. C'è odore di morte dell'aria, siamo tutti presi dai nostri istinti più primordiali: c'è chi fugge e c'è chi combatte e in testa abbiamo un solo pensiero: sopravvivere.
Le mie stesse compagne sono prigioniere della paura: il corpo di Rose è riverso a terra, sembra non dare segni di vita, mentre Norma è davanti a lei e sta combattendo a mani nude contro Marinette, armata di tridente.
Il tutto avviene al rallentatore: vedo la ragazza del quattro trapassare l'addome della mia amica con la sua arma, Norma che si piega in avanti per il dolore e che a cade a terra.
Dalla mia bocca esce un urlo involontario di orrore, che cattura l'attenzione della favorita. Marinette muove l'arma fra le mani e si dirige a grandi passi verso di me, nello sguardo la pura essenza dell'arroganza. L'adrenalina cancella momentaneamente il dolore della perdita. Combattere o fuggire, anch' io ho solo due scelte.
Sento i battiti del cuore accelerare, il mio respiro diventare affannoso e la testa inizia a girarmi. Non posso fuggire, non senza Achille. Devo schivare i suoi colpi finché non arriva il mio alleato. Evito il primo colpo spostandomi a destra all'ultimo momento, facendo in modo che il suo colpo mi procuri solo una piccola ferita sul fianco, poco più profonda di un taglio.
Marinette carica un secondo colpo spazientita e anche questo riesco a evitarlo, più facilmente rispetto al primo. Credo sia quel genere di persona che si fa dominare dalle emozioni, incapace di mantenere il sangue freddo. Buono a sapersi. La scoperta abbassa la tensione che mi dominava fino a poco fa.
“Sei cieca, bella? Io sono qui!” Marinette digrigna i denti per la frustrazione e cerca di colpirmi per la terza volta, fallendo miseramente. Avevo ragione, allora.
Approfittando della sua attenzione calata le do una spallata con tutte le mie forze che le fa perdere l'equilibrio e mi dirigo poi verso Rose. Forse è ancora viva, forse è solo ferita. Non posso abbandonarla qui, devo verificare prima il suo stato.
Il suo volto è pallido, la sua pelle è fredda e umida. Non intravedo ferite, né sangue. Credo sia semplicemente svenuta.
“Connor!” mi grida Achille. È la prima volta che lo vedo agitato, e confesso che la cosa mi spaventa. “Portala via! Vi raggiungerò”. Mi volto: Marinette ci sta raggiungendo e temo che non rimarà sola a lungo.
Prendo in braccio Rose e fuggo a gambe levate, dando un'ultima occhiata al corpo senza vita di Norma e ad Achille. Spero vivamente di rivederlo, non sopporterei di perdere qualcun altro, oggi.
Corro più veloce che posso, stando attento a non inciampare, stringendo a me Rose. Non so quanto tempo passa, ma mi sembra un eternità. Nella mia testa ci sono solo gli ultimi istanti della mia compagna.
Mi fermo solamente quando sento i colpi dei cannoni... uno...tre..quattro...sei. Sei morti, compresa Norma. Appoggio Rose per terra e recupero fiato. È dura, è veramente molto dura. È perfino peggio di quanto credessi.
Sento dei passi avvicinarsi. Fanculo mi sono fermato troppo presto. Strappo un ramo da un basso albero, pronto a utilizzarlo come arma, ma mi accorgo che è solamente Achille. Tiro un sospiro di sollievo e butto giù l'arma.
“Ti credevo cibo per vermi” ironizzo, cercando di distendere i nervi.
“E' troppo presto” commenta serio Achille, inchinandosi su Rose e verificando i suoi parametri vitali.
“Sta bene, è solo svenuta” lo rassicuro. Quei due hanno legato un sacco, sono sicuro che non si faranno mai del male fra di loro, costi quel che costi.
Mi siedo per terra, facendo entrare dentro di me l'aria del bosco. Se chiudo gli occhi posso perfino fingere di essere a casa. Una casa che Norma non rivedrà mai più. “Che cosa è successo?”
Achille guarda me e poi Rose, ancora priva di sensi. “Lei è svenuta, Norma le è andata incontro per soccorrerla, ma è stata aggredita da Marinette”.
“È morta da eroina, dunque” rifletto ad alta voce. Ironico, la notte delle prove individuali aveva detto che ognuno era per sé, ci univamo solo temporaneamente. Che abbia cambiato idea all'ultimo? Ha finito per affezionarsi a Rose, nonostante i suoi propositi? Oppure sperava di essere soccorsa? Non potrà mai dircelo, non lo scoprirò mai.
Osservo Rose, quella ragazzina che ha rubato così tanti cuori. È così fragile e delicata, eppure è il nostro medico, il nostro asso nella manica. Il sacrificio di Norma potrebbe aver allungato la vita a tutti noi.
Rose si riprende dopo un po', è ancora debole e fa fatica a reggersi in piedi, ma sembra stare bene.
“Stai bene?” le chiede Achille. Rose annuisce timidamente, completamente affranta.
“Scusatemi.. io...” la piccola inizia a singhiozzare agitata, lasciando senza parole sia me che Achille.
“Che succede?” le chiedo incuriosito. Non ha neppure visto Norma morire, cosa avrà da piangere?
“Ho visto il sangue e...e.. ho avuto... il sangue e...Aloe, Aloe” Continua a balbettare lei. Non capisco.
Guardo Achille che sta studiando intensamente Rose. Poi, prende la spada e si taglia il dito davanti a lei. Rose impallidisce e inizia a sudore a freddo.
No, non è possibile.
“Emofobia” dichiara Achille, senza tradire le sue emozioni. Mi porgo entrambi le mani alla bocca, completamente incredulo.
Emofobica. Emofobica! La nostra guaritrice ha paura del sangue! E Norma è morta per questo?
“Quando avevi intenzione di dircelo?” sibilo, fuori di me. Ci ha ingannati, ci siamo fidati di lei perché è dolce ed indifesa, e lei, per tutta risposta, ce l'ha messo in quel posto!
Rose scuote la testa, con il labbro tremante, recitando forse per l'ennesima volta. “Rispondi!” le intimo afferrandola per la felpa.
“Non.. non lo sapevo! Io..io..” Achille mi spinge via da Rose.
“Non è colpa sua” mi ripete con calma, quasi comprensivo. Distolgo lo sguardo, non riuscendo a reggere il confronto. Una parte di me sa che ha ragione, Norma è morta per colpa di Capitol, non per colpa di Rose, però...
“Però...”
“Però non è colpa sua” ripete Achille, con maggiore enfasi. Appoggio la fronte sul palmo della mano, cercando di recuperare la calma. Anch'io devo essere comprensivo, non è facile per nessuno. Nessuno ha obbligato Norma a fare quello che ha fatto!
“Perché, cosa è successo?” chiede Rose
“Norma è morta” replico freddo. Di fronte alla notizia, Rose inizia a piangere, profondamente dispiaciuta e devo appellarmi a tutto il mio autocontrollo per non unirmi a lei. Nel vederla così mi sento una vera merda. L'abbraccio forte mentre cerchiamo di consolarci a vicenda.
Per la prima volta ho paura di non riuscire più a tornare.

 

 

 

 

 

 

Sponsorizzazione!!!

Dunque ci siamo tocca a voi! Si aprono le sponsorizzazioni!

Ogni commentatore ha 10 monete, ad ogni recensione (da qui in avanti) il budget aumenterà di una moneta alla volta. Attraverso le monete potete comprare ciò che volete per i vostri pg, ma anche per quelli degli altri, ma attenzione! Le monete non sono restituibili. Dunque mettiamo che 4 di voi comprano un farmaco per il tributo x. Anche se è sufficiente un solo farmaco, i soldi per gli altri 3 farmaci comprati non verranno restituiti. Inoltre si può comprare un oggetto alla volta, per un solo tributo. Non si può comprare lo stesso oggetto più di una volta.

Gli oggetti comprati mi devono essere riferiti solo e solamente via pm. Nella lista troviamo:

 

bottiglietta da mezzo litro: 1 moneta

Bottiglia da un litro: 2 moneta

Panino o spuntino leggero (specificare): 1 moneta

Un primo o un secondo: 2 monete

pasto completo per una persona (a testa): 3 monete

 

corda: 2 monete

accendino: 1 moneta

lente d'ingrandimento: 1 moneta

ago e filo: 3 monete

Compresse purificanti: 2 monete

occhiali infrarossi: 4 monete

Canna da pesca: 6 monete

 

pomata per le ferita da taglio: 5 monete

pomata per le ustioni: 6 monete

Antidoto (contro qualunque cosa): 6 monete

Bende: 2 monete

Cerotti: 1 moneta

antipiretici: 3 monete

disinfettante: 1 moneta

antidolorifico (generale): 3 monete

 

Armi improprie (specificate) : 6 monete

Armi contundenti (Ovvero Mazze Ferrate, Bastoni Ferrati, Tirapugni: 8 monete

Armi da punta e taglio (pugnali, coltelli ecc… ): 7 monete

Arco e frecce: 8 monete

Armi bianche pesanti (Tridente, spade, lancie...): 10 monete


 

Morti:

24° Daniel Noble, tributo maschio del distretto 8, ucciso da Lawrence

23° Thomas Biggs, tributo del distretto 3, ucciso da Lars

22° Donna Sachez, tributo del distretto 9, uccisa da Ane

21° Norma Chase, tributo del distretto 7,uccisa da Marinette

20° Marinette Ward,tributo del distretto 4, uccisa da Achille

19° Bezzy Peacock, tributo del distretto 10 (3 pov), uccisa da Lars

 

 

Feriti ecc... noti

Riley, ferita alla gamba (in via di guarigione)

Connor, un paio di graffi

Achille, un paio di graffi

Abe, fortemente bisognoso di una doccia XD

Rose Green, scoinvolta

Anemone Katz, scoinvolta

 

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Capitolo 12
*** Un piano per la vita ***


Giorno 1, pomeriggio

 

Spencer Triangle, tributo del distretto 6, arena

Crollo a terra, completamente esausto. Le gambe mi tremano dal dolore e perfino respirare è difficile. La gola è in fiamme, e il cuore mi batte talmente forte che temo mi uscirà dal petto. Mi tolgo la felpa e la t-shirt, rimanendo così a petto nudo. Ho talmente caldo che temo di sciogliermi da un momento all'altro.
Mentre recupero fiato, osservo il cielo cupo sopra di me. Era così anche prima? Ricordo solo un'intesa luce, le macerie e l'argento della cornucopia. Lo scenario era familiare, ma non ricordo dove l'ho visto. Rintraccio con la mente i profili dei palazzi in rovina, dall'aspetto così fragile e desolante. Mi ricordo che ce n'era uno più alto degli altri, dalla forma tondeggiante, con numerosi buchi sparsi qua e là. In alto aveva una striscia gialla, decorata con motivi geometrici. Non so bene il perché, ma ricollego quella decorazione a mio padre. Eravamo in cucina, lui si era alzato tardissimo, come ogni domenica, e si stava preparando il pranzo. La tv era accesa e c'era un servizio sul distretto 13... ma certo! Quest'arena deve essere una riproduzione del distretto 13!
Cosa so di questo posto? Che è stato bombardato, che è circondato da una foresta e che è ricco di radiazioni... Mi copro istintivamente la bocca con la mano, anche se so che una cosa inutile. Che anche questo posto ne sia pieno? No, aspetta, non credo. Anche gli operai che l'hanno costruito vi sarebbero stati esposti... che stupido che sono, questo posto è stato sicuramente costruito dai senza voce, al massimo potrebbero non esserci allo scopo di non intossicare il futuro vincitore...
Noto con la coda dell'occhio uno scintillio su un albero. Mi arrampico con cautela e noto all'interno di una cavità una telecamera. Nel vederla mi monta una gran rabbia. Dall'altra parte stanno guardando tutto, divertendosi di fronte al nostro dolore e alla nostra morte. Con quale diritto giocano con le nostre vite? Mi chiedo cosa succederebbe se la rompessi. Vorrei tanto poterlo fare, ma temo che finirei nei guai e sinceramente sono in una situazione già abbastanza brutta di per sé.
Scendo dall'albero e bevo un po' d'acqua dalla piccola bottiglietta che ho rimediato al bagno di sangue. È l'unico oggetto che sono riuscito a prendere. L'acqua al suo interno non durerà a lungo e il contenitore mi sembra fragile, potrebbe essere inutilizzabile già fra qualche giorno. Temo di essermela giocata male, avrei potuto far di meglio. Avrei potuto cercare di prendere almeno uno degli zaini, per poi fuggire via come tutti gli altri. In fondo sono veloce nella corsa, avrei anche potuto farcela. Purtroppo mi sono fatto prendere dalla paura, e ho cercato la fuga il prima possibile. Ho agito d'istinto, senza pensare, esattamente come durante la mietitura. Me la sono cavata finora però, troverò una soluzione anche questa volta.
Stan, il mio mentore, aveva detto che erano fondamentali un paio di cose: acqua, cibo, rifugio sicuro per la notte e (testuali parole) evitare che te lo mettano in culo. Per la notte è ancora presto per pensarci, posso rimanere senza cibo anche per giorni, ma l'acqua è di vitale importanza. Ma dove posso trovarla? Da quel che mi ricordo nel distretto 13 passa un fiume, ma vai a capire dove! L'unica sarebbe cercare di tornare alla cornucopia e rubare delle bottiglie o delle borracce, stando attento a prendere solo quelle piene d'acqua. Grazie alle rovine potrei avvicinarmi facilmente senza farmi beccare; il problema sorgerebbe nel momento in cui finiscono gli edifici e inizia la parte delle macerie che si estende fino alla cornucopia. È possibile che i favoriti abbiano lasciato qualcuno di guardia, oppure no. In fondo ne sono rimasti solo quattro, forse sono andati tutti a caccia degli altri tributi da uccidere. Potrei provarci, se vedo che la zona è ben difesa posso sempre ritirarmi.
Credo sia inutile starci a pensare ancora, tanto vale incamminarsi già da adesso. Prima lo faccio e meglio è. Mi rinfilo la t-shirt e mi lego la felpa intorno alla vita e vado oltre.
Cammino per quasi un ora, prima di rendermi conto di essermi perso. Gli alberi mi sembrano tutti uguali, è impossibile orientarsi qua dentro! Niente panico, se proprio non riesco a trovare la cornucopia, posso pur sempre trovare il fiume. Non voglio morire qui, troverò una soluzione. Devo. A casa ho i miei amici che mi aspettano e c'è anche mio padre che ora è completamente solo... non voglio perderlo proprio ora che l'ho ritrovato!
Mi devo calmare, l'agitazione non mi aiuterà affatto. Devo rimanere concentrato, gli altri tributi sono pur sempre dentro l'arena, non posso rischiare di abbassare la guardia. Sono disarmato, in caso di attacco posso solo scappare.
Nonostante le mie intenzioni, però, ci sono cose che non si possono prevedere, come questo grosso insetto che mi passa all'improvviso davanti agli occhi. Indietreggio spaventato, cercando di scacciarlo via furiosamente con le braccia. Proprio mentre sto guardando se l'insetto sia fuggito via, un rumore meccanico proveniente dal basso cattura la mia attenzione: a un passo da me si è aperta all'improvviso una voragine con degli spuntoni affilati e metallici dall'aria incredibilmente minacciosa. Il terreno su cui ero appoggiato fino a poco fa, si è inclinato mostruosamente, favorendo la caduta verso la trappola. Mi vedo con il corpo trapassato e sanguinante, lo sguardo vitreo e senza vita. Un solo passo mi ha separato dalla morte.
La voragine si richiude con la stessa velocità con cui si è aperta. Assisto alla scena ad occhi spalancati, passandomi una mano nei capelli. Ispiro e respiro, cercando di recuperare la calma e di rallentare il battito cardiaco. Mi rialzo in piedi, appoggiando un solo piede nella trappola, cercando di scoprire come funziona. Non succede nulla, però. Forse si attiva dietro istruzioni dirette degli strateghi, oppure si attiva solo quando sente un certo peso sopra di sé, dovrei risalire completamente per verificarlo, ma non me la sento. Non voglio rischiare di lasciarci le penne. Se funzionasse veramente così, sono vivo solamente grazie a quell'insetto. Per la prima volta in vita mia sento l'esigenza di baciarne uno, per poi pentirmi subito dopo del pensiero. Ora che lo noto, vedo delle linee intorno alla trappola ben camuffate con il terreno. Se fossi stato più attento le avrei viste ed avrei evitato la trappola. Decido di renderle maggiormente visibili attraverso l'ausilio di alcuni bastoncini, ma alla terza riga mi chiedo che diavolo sto facendo. Il mio scopo non è forse quello di essere l'unico sopravvissuto ai giochi? Eppure mi sembra così crudele non agire in aiuto degli altri, rei di essere nati solamente nel posto sbagliato. Tuttavia non possiamo uscire tutti vivi da qui. Decido di fare un compromesso e tolgo molti dei bastoncini, ma non tutti. Quelli più attenti noteranno che c'è qualcosa che non quadra e l'eviteranno.
Mi è chiaro ormai che non posso agire a casaccio, muovermi senza alcun piano o senza prestare sufficiente attenzione a ciò che mi circonda. Devo pianificare le mie azioni, seguire una strategia, o non vivrò ancora a lungo.
Mi siedo sotto un albero e mentre inizio a pensare a come agire in futuro, inizio a tossire.

 

Killian Connors, tributo del distretto 12, arena

Apro la credenza per l'ennesima volta, ma non c'è ancora nulla all'interno. Non so, forse ho la mera illusione che si riempia da sola. I soldi che ci hanno dato dopo la morte di mamma e papà stanno finendo, e con essi anche il nostro cibo. Dylan ci sta provando a trovare lavoro, ma attualmente non hanno bisogno di nessuno. Ci stiamo arrangiando con qualche lavoretto qua e là, ma non è sufficiente. Mi sono perfino iscritto per prendere più tessere, con sommo rammarico di entrambi. Non si può continuare in questo modo, non si può vivere così.
Mi trascino in camera mia con le poche forze che ancora possiedo, il mio stomaco vuoto mi permette di fare solamente piccoli spostamenti. Non sto neanche più andando a scuola. Meglio così, non vorrei che qualcuno si allarmasse e chiamasse le autorità. Sono ancora un minorenne in fondo, potrebbero anche strapparmi via da Dylan perché non mi nutre. Non capisco, non sarebbe più semplice se ci aiutassero dandoci del cibo? Dylan è tutto ciò che mi rimane, non voglio separarmi da lui.

Come è potuto succedere tutto questo? Perché a noi poi? I miei erano gente semplice, onesta, non hanno mai fatto del male a nessuno. Perché dovevano morire proprio loro? Perché nello stesso incidente? Perché ci hanno lasciati soli? Abbiamo bisogni di loro, dannazione!
Do un pugno per la frustrazione alla testiera, ma il colpo è molto più debole di quel che desiderassi. Sto perdendo le forze, sto morendo! Io... io.. non ce la faccio più.
La porta si apre poco dopo ed entra mio fratello, anche lui magrissimo, ma con un volto meno spento del mio. Alzo la testa dal cuscino e l'osservo. Mamma diceva sempre che se non fosse più grande di me di cinque anni, tutti avrebbero creduto che fossimo gemelli. In effetti siamo uguali: stessi capelli neri, stessi occhi, stessi lineamenti. Entrambi così simili a papà. Diceva sempre che eravamo i suoi mini-me.
Come si vive senza la mamma e il babbo?” gli chiedo incominciando a singhiozzare. Dylan mi abbraccia, baciandomi fra i capelli.
Ci sono ancora io, non ti lascerò mai” mi rassicura. Scoppio in lacrime per l'ennesima volta.
Gli uomini non piangono, Killian” mi riprova bonariamente “Finirà anche questo e andremo avanti. Non abbiamo scelta”. Come si fa andare avanti? È finito tutto! La nostra famiglia, le nostre infanzie, la nostra serenità... io ho solo lui, e lui ha solo me. Sarà davvero sufficiente per ricostruirsi una vita? “Sopravviveremo” continua Dylan “Contro ogni previsione ed avversità. So che ce la faremo. Vedrai, Killian, domani saremo più forti di oggi”.


Mi sveglio di colpo, ho le guance bagnate dalle lacrime. Mi asciugo in gran fretta con la manica, rimettendomi in piedi. Ascolto alla mia destra e alla mia sinistra, non sembra esserci nessuno. Che culo.
Non so come ho potuto addormentarmi in un momento del genere, e fare questo sogno poi! Occorre rimanere vigili, il sonno è un lusso che non mi appartiene più. Eppure ero così stanco... è da giorni che non dormo e la fuga dalla cornucopia mi ha steso ancora di più. Mi ero seduto sotto questa quercia per recuperare il fiato, ma ho finito per addormentarmi. Dannazione, non posso muovermi così, devo stare più attento.
Apro lo zaino che ho sgraffignato alla cornucopia: un filo di metallo lungo parecchi metri, un taglierino, qualche pacchetto di crackers (uno spuntino salato.... che meraviglia), un flacone di tintura di iodio (alla cui vista mi sono dovuto trattenere per non urlare di gioia) e infine una borraccia. Ero preoccupato che questo zaino si rivelasse misero per via delle sue dimensioni, invece sembra essere fatto apposta per me. Certo, avrà solo cinque oggetti, ma quattro di questi sono una benedizione dal cielo. Non potrò utilizzare il taglierino come arma, è vero, ma è utile a qualcosa per cui sono molto competente: trappole. Considerando che questi saranno gli unici cinque oggetti che avrò con me per tutti i giochi, mi è andata decisamente grassa. Finalmente un po' di fortuna. Mi volto verso una delle telecamere e alzo il dito medio.
“Questo è per te, Cosmo” commento sprezzante.
Ora passiamo alle mie esigenze primarie: per quanto mi ricordi si può mangiare la carne cruda basta che sia di una giovane mucca, o di cavallo o di anatra. Dubito di incontrare i primi due, ma sull'altra ci sono qualche speranze.
Scuoto la testa: meglio evitare, la carne cruda è troppo insidiosa. Mi tocca trovare dei metodi alternativi per la cottura. Potrei approfittare delle ceneri di un falò che si sta spegnendo, oppure bollire la carne grazie alla luce solare. Peccato che mi manchi un contenitore adatto, però. Se proprio non so come fare posso pur sempre accendere un fuoco in pieno giorno, magari con un tempo simile a quello di oggi per farmi notare il meno possibile, e poi fuggire via appena è pronta.
Un' altra urgenza è l'acqua; grazie alla tintura di iodio, qualsiasi fonte può andare bene, anche una pozzanghera. Con questo cielo cupo, potrebbe anche darsi che piova. Mi sento ottimista oggi.
Prima di lanciarmi alla ricerca dell'acqua, decido di costruire una piccola trappola a molla. Mi servono nove bastoni: due gli pianto a poli opposti e li lego fra loro con il filo di ferro; quattro li pianto vicini fra loro, legandoli per bene e posizionando un lungo quinto bastone in mezzo. All'estremità di quest'ultimo ci saranno altri due bastoni ben affilati grazie al taglierino. Il funzionamento è semplice: l'animale attiva il meccanismo e verrà infilzato dall'oggetto appuntito. Con un po' di fortuna morirà subito, o lo troverò morto dissanguato al mio ritorno. È una delle prime trappole che Dylan mi ha insegnato, so che giù al dodici è fiero di me. Osservo il mio lavoro soddisfatto, dopo aver trovato l'acqua ne costruirò altre, compresa.... deglutisco un po' di saliva a fatica. Il solo pensarci mi fa salire la nausea, non so se ci riuscirò... mi tornano i mente i volti dei conigli che hanno capito che per loro è giunta la fine, l'urlo di dolore di un daino ferito, lo sguardo impaurito del ragazzo del distretto 9... No, non ho diritto ai “se”. In arena non si hanno scelte, si ha a disposizione un'unica strada per sopravvivere. Contro ogni previsione ed avversità ce la farò, lo giuro.

 

Achille Pelide, tributo del distretto 2, arena

Continuo a sfregare la felpa contro l'erba, sperando così di smorzare un po' il colore. Sarebbe più utile del fango, ma nonostante camminiamo da ore non abbiamo ancora trovato nulla del genere. Nello zaino avevamo trovato un po' di tela di iuta, ma sia io che Connor abbiamo concordato nel cederla a Rose. La scelta si è rivelata corretta, dato che la stoffa è riuscita a coprire a grosse linee solo la sua maglia. All'interno dello zaino abbiamo trovato inoltre anche delle bende, tre pagnotte di pane (che dovremo consumare necessariamente nel giro di un paio di giorni), un fischietto, uno strano tubicino di plastica azzurro (mai visto prim),, una lente d'ingrandimento, una torcia e degli elastici gialli di varie dimensioni contenuti dentro una piccola sacchetta trasparente. Il contenuto è stato deludente, speravamo di trovarci qualcosa di più nutriente o almeno una borraccia d'acqua, anche vuota. Senza infatti, saremo costretti a rimanere nei pareggi di una fonte d'acqua, rendendoci facile bersaglio dei favoriti. Ho ucciso una di loro e ferito Riley, siamo senza alcun dubbio il loro bersaglio principale. Per questo cercare di camuffarci è per noi così importante. Ho seguito il corso durante l'addestramento, ma sfortunatamente ci mancano tutti gli oggetti necessari.
Riesamino il contenuto della borsa per l'ennesima volta, dovrà pur esserci qualcosa di utile! Non riesco a capire la funzione del tubicino azzurro, dovrà pur avercela, altrimenti non l'avrebbero messo qua dentro. La mia attenzione viene anche catturata dagli elastici e un'idea mi balena in mente.

“Connor strappa un po' d'erba, ce la legheremo intorno”. Io e Connor passiamo la mezz'ora successiva a cercare di trovare il modo migliore per posizionarla. Il travestimento non sta venendo benissimo, ma è sempre meglio di niente. Di tanto in tanto lancio qualche occhiata a Rose, è ancora pallida in volto.
Il bagno di sangue è stato peggiore del previsto per lei. Ci ha raccontato che dopo la violenta morte di Aloe, aveva iniziato a provare fastidio alla vista del sangue, ma nulla di preoccupante dato che riusciva lo stesso ad aiutare suo padre. L'aver assistito alla morte della ragazza del nove ha riportato però a galla tutto il dolore della perdita della sorella, il ricordo della sua tortura e del suo dolore. È come se questa mattina, tutte le cuciture che Rose aveva difficilmente applicato nel suo cuore e nella sua mente fossero saltate via, lasciandola vulnerabile come non mai. Non so come funziona la psiche umana, so solo che è incredibilmente complessa. Non biasimo Rose per la sua reazione, posso solo immaginare quanto stia soffrendo e quanto si stia sentendo inutile. Non sarebbe mai dovuta venire qui, non se lo meritava. Cercherò di proteggerla e di riportarla a casa a qualunque costo, anche se ciò potrebbe comportare...
“Trovati!” gongola Connor piegato per terra vicino a un albero. Mi avvicino a lui, ma non vedo niente se non una fila di formiche marroncine.
“Dunque?” gli chiedo alzando il sopracciglio.
“Queste sono formiche tagliafoglie. Si mangiano!” mi spiega canticchiando. Prendo un lungo respiro, mentre cerco il modo migliore per replicare. So che non dovrei fare lo schizzinoso, non fa parte del mio carattere fra l'altro, ma credo che tutti noi abbiamo dei limiti.
“Cosa c'è?” chiede Rose avvicinandosi di soppianto.
“Connor ci offre il pranzo” le spiego piuttosto contrariato. Anche Rose alla vista degli insetti storce un pochino il naso.
“Dovreste ringraziarmi! Sono ricche di proteine e neanche il gusto non è così tanto malaccio” ci spiega lui leggermente offeso.
“Le hai mai mangiate?” chiede Rose.
“È capitato. A volte si ha fame giù nel bosco, e i pacificatori non ti permettono di certo di tornare a casa per fare uno spuntino! Se dimentichi il pranzo a casa ti devi arrangiare con ciò che trovi”. Rose annuisce seria per poi allungare la mano ed afferrare uno degli esseri.
“Fai sul serio?” le chiedo squadrandola.
“Sono più buone tostate, ma si mangiano anche così” ci spiega il nostro alleato mentre mastica.
“Evita almeno di parlare con la bocca piena!” rimprovero Connor, mentre Rose infila la formica coraggiosamente in bocca. L'osservo finché non vedo deglutirla.
“È strano: sa di pancetta, ma anche di pistacchio” commenta lei, cercando di prenderne un'altra manciata.
“Non fare il pollo, Achille! Mangiane anche tu!” mi incoraggia Connor. Non posso permettermi il lusso di rifiutare del cibo, sono migliore dei ragazzi viziati del mio distretto. Conto fino a tre, e poi mi metto un paio di formiche in bocca. Rose ha ragione, non sono malissimo, devo solo sforzarmi di pensare che siano altro. Per un momento mi immagino le capitoline chiudere gli occhi spaventate pur di non vedere la scena. Confesso che l'immagine mentale mi rincuora parecchio.
“Vado a vedere se c'è qualche pianta nutriente o con proprietà dissetanti” suggerisce Rose.
“Vengo con te”. Ci alziamo ed iniziamo ad esplorare l'area, senza però allontanarci troppo: Connor potrebbe sempre aver bisogno di aiuto.
“Rose, va tutto bene?” le chiedo, sinceramente preoccupato. Non voglio più vederla nello stato in cui era questa mattina, voglio vederla come alla sfilata o come ieri sera, in quello strano miscuglio di determinazione e delicatezza che sono lei possiede.
Sta per replicare quando qualcosa cattura la sua attenzione: un paracadute argentato con un pacco di grandi dimensioni! Sponsors! Afferro il pesante pacco al volo e lo apro. Nel vedere l'arma mi viene da sorridere: Turandot, sei perfino più bella di quanto ti ricordassi. Lancio qualche fendente per riprendere mano, in fondo è quasi una settimana che non ci vediamo. È la mia bambina, forgiata con le mie stesse mani, usando come cuore due capelli dei miei genitori. Ora il mio braccio è finalmente completo. Come sarà arrivata fin qui? Credo ci sia lo zampino dei miei genitori...
Adesso dunque abbiamo due spade, spero che Connor la sappia usare bene. Se così fosse saremo a cavallo: una squadra da tre con due persone armate. Non dobbiamo temere più i favoriti.
“C'è dell'altro” osserva Rose recuperando dal pacco un fiore piccolo e rosa.
“Un fiore di ciliegio?” le chiedo. Rose scuote la testa, ridendo in una maniera delicata e leggera.
“No, è un fiore di pesco. Nel linguaggio dei fiori significa “Sono tuo prigioniero”, chissà chi te l'ha mandato”
“Non credo sia per me, non saprei cosa farmene. Deve essere per te”. Rose mi guarda con la bocca spalancata, per poi osservare il fiore con estrema curiosità. Sto per chiederle cosa c'è che non va, quando un urlo disumano cattura la nostra attenzione, distogliendoci dal nostro momento di trionfo. Connor!
Io e Rose torniamo indietro veloci come dei razzi, e troviamo Connor sdraiato per terra che si dimena come un pazzo, mentre con la mano destra stringe talmente forte il polso sinistro da avere le nocche bianche. È solo.
“Connor! Connor!” lo richiama Rose scuotendolo, ma il nostro amico non la sente nemmeno e continua ad urlare indemoniato. Non va bene, segnalerà a tutti la nostra postazione. Decido di afferralo, mettendogli la mano davanti alla bocca per placare le sue urla, mentre Rose si avvicina per osservare il suo polso. Il suo volto diventa pallidissimo, facendomi presagire nulla di buono.
“Passami le bende di costrizione. Subito!” mi ordina Rose mentre implora a Connor di rimanere calmo. Prendo lo zaino e lo svuoto velocemente, passando a Rose l'oggetto che desiderava. I suoi gesti sono sicuri e precisi, non l'ho mai vista così, sembra quasi un'altra persona. Davanti a me non c'è la dolce ragazzina del dodici, ma una guaritrice. Con la coda dell'occhio intravedo sul braccio di Connor una chiazza violacea e gonfia, attraversata da due linee bluastre. Per me è come un colpo al cuore. Me ne aveva parlato mio padre: il serpente forbice, uno degli ibridi di Capitol City. È un serpente con un veleno mortale che ti uccide nel giro di un giorno, condannandoti a una morte estremamente lenta e dolorosa. Ora capisco perché Rose si è spaventata così tanto. L'unica nostra fortuna è che esiste un antidoto e che il veleno si diffonde molto lentamente, soprattutto grazie al bendaggio. Paralizza inizialmente la parte morsa, dando un forte dolore che attraverso tutto il corpo. Il tessuto inizia ad andare in necrosi e la maledizione si espande lentamente per tutto il corpo fino ad ucciderti. Prodotto apposta con il solo scopo di torturare e spaventare i ribelli.
“Ho bisogno del tuo aiuto, Achille. Devi recidere la ferita con la spada, io... non posso farlo” mi supplica Rose dopo essersi tolta la cintura ed averla messa in bocca a Connor. Senza esitazione seguo le istruzioni di Rose, che si è girata dall'altra parte per non vedere il sangue. Spero di non peggiorare la situazione: non ho la manualità, la spada non è di certo lo strumento più adatto e non è neppure sterilizzato... il veleno, però, ha la priorità. Su un'infezione Rose può cavarsela, ma non con il veleno.
“I-il pol..polso... do-vete... dovete ampu...tarmelo” sussurra con tutte le sue forze Connor. Osservo Rose, scura in volto. Sono sicuro che sta prendendo in considerazione l'eventualità.
“Forse ci invieranno un antidoto, dobbiamo avere fede”. Fede... sarà sufficiente? Avremo davvero degli sponsors interessati a noi?

 

Anemone “Ane” Katz, tributo del distretto 11, arena

Osservo le mie mani; apparentemente sembrano le stesse di ieri. Le dita sono ancora lunghe e piene di calli, intorno alle unghie ci sono le solite pellicine e la pelle è ruvida e rovinata. Ma io ho ucciso, non sono e non saranno più quelle di ieri. Queste non sono più le mani di una lavoratrice, sono di un'assassina. Ho spezzato una vita, ho messo la parola fine. Donna non c'è più per colpa mia. Non so nulla di lei, a parte il fatto che era del nono distretto. Forse ha qualcuno a casa che sta piangendo la sua morte, magari una mamma, un fratello, forse perfino un fidanzato! Tutta gente che non la rivedrà più per colpa mia.
“Ane, va tutto bene?” mi domanda Carlie, il mio principe, squadrandomi. Annuisco mostrandogli un sorriso. Cerco di scacciare via i brutti pensieri, non voglio turbarlo ancora. Carlie è un bravo ragazzo, merita un'alleata affidabile. “Ricordati cosa ti ho detto” aggiunge lui, serio. So che è sincero, ma è difficile sentirsi brave persone qua dentro. I sensi di colpa sono pesanti, ma non posso rimuginare sui miei errori.

“Ci siamo! Penso che siamo abbastanza lontani” afferma Carlie, inginocchiato davanti allo zaino “Credo che possiamo anche scoprire cosa c'è dentro”. Per ore abbiamo alternato la corsa con la camminata, troppo spaventati per poterci fermare prima. Lo raggiungo e mi inchino accanto a lui.
Carlie apre lentamente la cerniera e troviamo: una bottiglia di plastica (ahimè vuota), un contenitore dello stesso materiale (vuoto anch'esso), una confezione di banane essiccate, un paio di calzini puliti, un capello con visiera, una scatolina di fiammiferi, quattro spille da balia di varie dimensioni e una piccola coperta di plaid che a malapena riuscirà a coprire una persona sola.
“Poteva andarci peggio” commento. Carlie non sembra pensarla allo stesso modo e guarda con delusione gli oggetti.
“Insomma: i fiammiferi non possiamo usarli, la bottiglia è vuota, e non capisco l'utilità delle spille da balia” commenta lui, scoraggiato. Osservo gli oggetti disposti l'uno accanto all'altro. Neppure io ne vedo il potenziale, ma piangerci addosso è inutile.
“La bottiglia possiamo sempre riempirla” Sì, ma ci serve una fonte d'acqua. Appena finisce la pausa la cercheremo.
“In fondo abbiamo anche uno spuntino” aggiunge Carlie, osservando le banane essiccate. “Inoltre, noi due proveniamo dai distretti del cibo, forse troveremo qualcosa di commestibile”
“Bravo, principe! Questo è lo spirito giusto!” esclamo con un po' troppo vigore, ma occorre attaccarsi agli aspetti positivi con tutti noi stessi.
“E le spille da balia?” mi chiede. Le spille da balia... traffico con quest'ultime, cercando di capire come potrebbero rivelarsi utili “... magari dovremo aggiustarci i vestiti. Diventeremo il nuovo duo di stilisti più in di tutta Panem!” Carlie inizia a ridere, divertito.
“Non credo che abbiamo la stoffa per farlo. E poi non sembra il caso di scherzare in un momento come questo” afferma, scuotendo la testa imbarazzato.
“Non credo avremo molte altre occasioni per farlo e poi...abbi più fiducia nelle nostre capacità!” Carlie sta per replicare, ma richiude subito la bocca, rimangiandosi il pensiero che stava per esprimere. “Cosa stavi per dire?” gli chiedo. Il mio alleato scuote la testa, sorridendo per chissà quale arcana ragione. “Eddai, dillo!” insisto incuriosita.
“Nulla... stavo solo pensando al mio vestito della sfilata” Me lo ricordo: era composto solamente da quel gonnellino di paglia e nient altro. Era arrossito per tutto il tempo e mi aveva fatto una tenerezza assurda, fu così che capii che era una brava persona. Volevo un alleato a tutti i costi e dopo il rifiuto di Manuel e di Silk, sapevo che lui era la persona giusta. Per questo fui felice quando me lo ritrovai in giardino la mattina seguente. Ne approfittai subito, lo volevo accanto a me a tutti costi, non poteva essere altrimenti. Secondo Mark io sono una persona forte, esuberante, in grado sempre di rialzarsi in piedi, ma in realtà lo sono solo quando qualcuno è qui con me. Sono gli altri a dare senso alla vita, ad aiutarti a capire quanto è bello vivere. Senza i miei amici non sono nulla. Carlie è l'ennesima conferma. Per questo, quando riprendiamo a camminare, gli afferro la mano. Voglio averlo vicino per non sentirmi sola. Carlie ricambia il gesto timidamente, stringendo debolmente la mia mano. Non credo sia abituato a contatti del genere.
“Sei single al nove?” gli chiedo a bruciapelo. Il volto del mio alleato diventa completamente paonazzo, e ci impiega del tempo prima di darmi un secco no. C'è qualcosa sotto, magari ho fatto colpo.
Per le otto ore successive cerchiamo dell'acqua, fermandoci di tanto in tanto per rifornirci di cibo. Carlie è fenomenale: sembra riconoscere praticamente ogni pianta dei dintorni, sapendo distinguere c'è che è velenoso da ciò che non lo è.
Riempiamo la scatola di plastica di qualche di mora sanguigna e di susine acerbe che ho trovato su un albero. Non saranno il massimo, ma potremmo mangiarle lo stesso, se proprio ci va male.
Un problema sarà risolto, ma ne rimangono altri cento: non abbiamo ancora trovato l'acqua e non abbiamo idea di dove dormire stanotte. Senza contare che la temperatura sta iniziando a calare, la sete sta iniziando ad aumentare e le more non riescono a soddisfarla completamente. Inoltre non possiamo trasportarle un'infinita e i loro cespugli non sono dovunque... Non credo ci permetterebbero di passare il resto dei giochi in un unica postazione.
Proprio quando il sole sta per calare del tutto, io e Carlie sentiamo un rumore rincuorante che ci fa sorridere il cuore. Senza neanche consultarci, ci dirigiamo verso la fonte. Acqua che scorre, finalmente. Un fiume.
Il fiume è vasto, vitale, gorgoglioso e rumoroso! Sto per lanciarmi dentro il corso, ma Carlie mi ferma afferrandomi per il braccio.
“Cosa?” gli domando.
“Non possiamo berla direttamente, occorre purificarla prima” sospiro frustata, non ci voleva. Provo a pensare a come potremo fare: bollirla è fuori questione, dovremmo accendere un fuoco e non abbiamo un contenitore adatto, così come non abbiamo prodotti chimici o un depuratore. Abbiamo un solo metodo, anche se non completamente sicuro.
“Ci serve della betulla” constato. Al corso avevano detto qualcosa a riguardo, dovremo costruire un cono con il suo legno e riempirlo di alcuni materiali come la ghiaia e.. cielo, spero di riuscire a ricordarli. Mi guardo intorno, ma non vedo nessuna betulla. Il tramonto non incoraggia le cose.
“Mi sa che siamo costretti a rimandare” commenta Carlie.
Osservo il sole mentre dà gli ultimi saluti al giorno. A breve inizierà la nostra prima notte nell'arena. Prego per una nuova alba e che Donna non venga a farmi visita nei miei sogni, sempre se dormirò.

 

Lars Seven, tributo del distretto 4, arena

Prendo con la forchetta di plastica un altro po' di tonno e la metto in bocca. Mi viene quasi da ridere se ci penso: un programma composto da squartamenti, tradimenti biechi e sporcizia galoppante, e gli strateghi si preoccupano di mettere le posate dentro uno degli zainetti. Stanno veramente male, a volte mi domando sul serio cosa ci sia dentro quelle teste. Pazienza però, intanto io non mi sporco per mangiare. Un punto per me.
Riley si avvicina zoppicando e prende un po' di carne secca e una bottiglietta d'acqua per dissetarsi. Si sta riprendendo in fretta. Sostiene che è merito della miracolosa pomata, una delle migliori esistenti nell'intera Panem, tuttavia penso che è grazie al suo orgoglio se ora sta meglio. L'ho osservata bene in questa settimana. Ho studiato tutti. Riley mi dà tanto l'impressione di essere una debole che si finge forte per non soccombere. No... non l'impressione, la certezza. Tutto di lei grida la sua fragilità: le sue parole, le sue reazioni, i suoi gesti. Non è la sola, però, che nasconde le sue insicurezze: stranamente non sono i tributi favoriti a rappresentare una minaccia. In particolare Emma: mai fidarsi di una persona che sorride sempre. Se la mia squadra volesse tradirmi potrei occuparmene facilmente. Allo stesso modo, posso sbarazzarmi di loro senza troppe difficoltà, esattamente come potevo farlo al bagno di sangue. Peccato che mi è stato ordinato di dare spettacolo e, se avessi fatto fuori troppe persone già stamattina, i giochi non sarebbero durati a lungo. Ho intenzione di non continuare per molto tempo con questa messinscena: devo solo aspettare il momento giusto per confessare la mia identità. Poi sarà sufficiente trovare un momento in cui la loro guardia sarà abbassata. È meglio non fare casini prima di allora, ne va della vita di Brian.

“Sarebbe bello mangiare qualcosa di caldo” esordisce Lawrence, guardando sconsolato la sua lattina di mais.
“E anche avere un letto caldo per stanotte” aggiunge Emma, che si sta scaldando le mani davanti al falò. Non so se sia stata una buona idea accenderlo, ma dubito che gli altri tributi ci attaccheranno. L'unica eccezione è costituita dal gruppo di Achille, ma la ragazzina del dodici è svenuta stamattina, è più probabile che vorranno recuperare le energie. Quello che mi preoccupa seriamente però è la tranquillità. Le giornate tranquille annoiano, è probabile che capiterà qualcosa a breve, esattamente come quella volta in cui io e Ryanna... scuoto la testa, non voglio pensare alla mia precedente alleata. Sarebbe tempo perso, tanto è morta.
Riley alza gli occhi al cielo, esasperata. Ci sto quasi sperando nel vederla sbroccare da un momento all'altro “Non vi entra in testa che non siamo in campeggio vero?” accusa stringendo gli occhi sprezzante ed invidiosa.
Emma arrossisce di botto, mentre Lawrence si alza in piedi parecchio seccato “Ci stavamo solo rilassando! Si può sapere che problemi hai?” Riley si volta dall'altra parte con l'intenzione di chiudere il discorso, ma Lawrence non demorde “Sì, certo, voltati pure! Rimarrai sempre sola, se fai così”.
“Chi se ne frega” risponde lei freddamente mandando su tutte le furie il biondo.
“Siete uno spettacolo, voi due” mi intrometto lasciandoli di stucco “Dovrebbero proprio filmarvi.. ops! Lo stanno già facendo!” concludo mostrando il migliore dei miei sorrisi. La mia osservazione placa entrambi che si siedono da parti opposte continuando a guardarsi in cagnesco. Con la coda dell'occhio noto Emma cercare di trattenere a tutti i costi una risata.
Sto per prendere una nuova lattina, quando un verso gutturale e mostruoso cattura l'attenzione di tutti.
Prendiamo tutti istintivamente un'arma, compresa Riley che si arma di fionda.
“Cosa è stato?” domanda Emma.
“Nulla di buono” risponde Lawrence. Tendo le orecchie, cercando di capire da dove provenga la fonte, quando davanti a noi atterra rumorosamente un enorme mostro alato, alto circa un metro e sessanta. Assomiglia vagamente a un pipistrello, ma è decisamente più grosso, con artigli più affilati e il petto più ampio. Mi ricorda, per certi aspetti, l'arpia della mia precedente arena. Senza alcuna esitazione, carico due frecce contemporaneamente e lo colpisco al collo, uccidendolo.
“Ma che cacchio.... ne arrivano altri” urla Lawrence indicando il cielo.
Questa volta sono tre e stanno planando con gli artigli aperti, pronti ad afferraci.
Mi sposto di scatto alla mia sinistra e scaglio rapidamente un altro paio di frecce contro uno degli ibridi, colpendolo questa volta alla testa.
Intravedo con la coda dell'occhio Lawrence difendere Riley, giustamente in difficoltà, mentre Emma evita un affondo con una piroetta. Decido di agire in suo soccorso, colpendo il mostro alla schiena. L'ibrido pipistrello cade dopo un lamento di dolore ed Emma riesce ad evitarlo giusto in tempo.
Per fortuna ero armato di arco e frecce, o non ce la saremo cavati così facilmente. Il braccio graffiato in profondità di Lawrence lo dimostra in pieno.
Proprio mentre mi sto chiedendo se ce li abbiano inviati apposta, o se sono stati attirati da qualcosa, Riley spegne il falò con una coperta, anticipandomi.
“Perchè?” chiede Lawrence.
“Potrebbe averli attirati il fuoco, dobbiamo andarcene prima che ne arrivino altri”. Prendiamo armi e bagagli (comprese le freccie che ho lanciato) e ci spostiamo un po' in modo da rimanere comunque nei pareggi della cornucopia. Ne approfittiamo anche per bendare la ferita di Lawrence.
“Riappariranno ancora?” chiede Emma sotto voce.
“Possibile, è meglio organizzare dei turni di guardia”. Emma e Lawrence annuiscono all'unisono, mentre Riley mi guarda di sottecchi, estremamente sospettosa. “C'è qualcosa che non va?” sento che è finalmente arrivato il momento della confessione. Devo giocarmela molto bene. Snow ha detto che devo far capire che l'idea non è stata mia. Devo soltanto recitare, nulla di più facile.
“Sei sospettoso”
“Perchè?” chiedo, fingendomi innocente.
“Di fronte agli ibridi hai agito con un sangue freddo innaturale. Per essere la tua prima volta, intendo” afferma Riley. Sì, fantastico, sta andando come volevo.
“Sono un'appassionato dell'orrore” confesso con naturalezza. L'accusa aperta di Riley ha attirato l'attenzione anche di Emma e Lawrence.
“Hai tirato quelle frecce in una maniera sorprendente” osserva Emma.
“Quella tecnica l'ho vista usare a una sola persona” rincara Lawrence. Devo fingermi combattuto, se mi arrendo subito attirerei troppi sospetti.
“Ah sì, ho usato la tecnica di mio fratello, me l'ha insegnata lui stesso” mi difendo, stando attento a rispettare bene le pause e grattandomi un lato della bocca. Il linguaggio del corpo è fondamentale, devo far capire che sto nascondendo qualcosa.
“Ci credi così scemi?” sbotta Lawrence “Tutti sospettano che tu in realtà sia Lars”.
Mi fingo imbarazzato e mi accarezzo gli avambracci per dimostrare disagio “Vi state sbagliando, mio fratello è a Capitol in questo momento”
“La verità” mi ordina Riley senza far trasparire le sue emozioni. Mi guardo intorno fingendomi dilaniato da un dubbio feroce. Ispiro profondamente e poi confesso.
“Ebbene sì: sono Lars Seven, vincitore dei 19° Hunger Games”. Lawrence batte il pugno sul palmo mormorando un: “lo sapevo”, Emma sgrana gli occhi, incredula, mentre Riley inizia a mangiucchiarsi l'unghia del pollice pensierosa.
“Non è possibile! È contro le regole!” obietta Emma.
“Non questa volta, hanno fatto uno strappo” dichiaro cercando di dimostrarmi dispiaciuto “Temevo che mio fratello fosse mietuto, dunque ho supplicato di poter andare io se fosse successo e...” prendo una lunga pausa in cui indosso un sorriso amareggiato “...ed è successo”. Mi gratto la nuca, cercando di evitare lo sguardo dei miei interlocutori “È mio fratello, dovevo farlo, non potevo lasciarlo morire!” aggiungo facendomi venire le lacrime agli occhi.
La mia scenetta cattura immediatamente le simpatie di Lawrence, che mi appoggia comprensivo una mano sulla spalla“Ti capisco. Mio fratello è stato nei giochi, è stato terribile quel periodo. Temevo di continuo che mi lasciasse”.
“Si sono fatti convincere così facilmente?” mi chiede Riley, ancora perplessa. Una parte di me vorrebbe rispondergli che hanno accettato per puro interesse, ma far apparire gli strateghi come degli avidi calcolatori non giocherebbe a mio favore. Decido dunque di trattenere l'istinto.
“Ho supplicato. Ho promesso che avrei fatto qualsiasi cosa. In fondo non ho chiesto di toglierlo dall'elenco dei sorteggiabili, ho chiesto solo di poterlo sostituire” mi giustifico. Potrei ringraziarli pubblicamente, ma forse risulterei falso, meglio evitare.
“La famiglia è la cosa più preziosa che esista, e lei ha un cuore nobile signor Lars. Per quanto mi riguarda sono felice di essere sua alleata” afferma Emma.
“Già, senza contare che qualcuno che ha esperienza ci è davvero utile!” conferma Lawrence. Così non va bene, non miravo a farmeli amici. L'arena non è il luogo adatto per stringere legami. Non voglio la vostra comprensione e il vostro affetto! Siamo nemici, non dimenticatevelo! Per questo ringrazio metalmente Riley che non dice nulla, intuendo che sono un'arma a doppio taglio.
Alzo gli occhi ed osservo le stelle artificiali dell'arena. Sarà notte anche là fuori? Spero solo che la mia recita abbia funzionato.

 

 


 

 

Eccoci qui con un capitolo di transizione, dove i nostri tributi iniziano a scoprire le prime insidie nell'arena.

Abbiamo già avuto un acquisto da parte di uno sponsor, in maniera un po' troppo affretta forse, dato che adesso non ha più i soldi per comprare un antidoto. C'è qualcuno che si offre volontario per il povero Connor? Speditemi un pm!

Dimenticavo di dirvi che Rose, grazie alla sua uscita la sera prima dei giochi, è riuscita a smuovere qualcosa (ne parlerò nel prossimo capitolo) e ad avere diritto agli sponsor. Killian rimane attaccato invece. Ci dispiace. Ho deciso però di farmi perdonare con un buon zaino, giusto per compensare questo handicap.

 

p.s. giuro che la scena del veleno l'ho scritta prima della pubblicazione dello scorso capitolo! Non volevo incasinarti Sesshu!

 

p.s.s. non sarà più possibile fare aggiornamenti settimanali, perché devo aspettare gli sponsor. Senza contare che il mio pc sta impazzendo e sta sparendo tutto nel nulla çà#@ù!!

 

 

 

Morti del capitolo:

Nessuno!

 

 

Feriti ecc...

Connor (avvelenato)

Riley (ancora ferita)

Lawrence (ferito al braccio)

Ane, Achille, Rose, Connor, Killian, Carlie (leggermente assetati)

Spencer (tosse? Raffredore? Influenza?)

 

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Capitolo 13
*** Chiudi gli occhi ***


Giorno 2, mattina

 

Emma Stone, tributo del distretto 1, arena

Mi risveglio che non è ancora sorto il sole. In una settimana normale mi dirigerei adesso in cucina, preparerei la colazione per me e per mia madre, e inizierei i miei allenamenti di ballo. Non potrei essere più lontana da quella rassicurante quotidianità: questa notte l'ho passata al freddo, sdraiata su delle rovine, riscaldata solamente da coperte leggere e dal corpo dei miei alleati, con il costante timore che accadesse qualcosa di brutto. Da bambina sognavo di fare un pigiama party, ma l'esperienza di ieri non era compatibile con quel desiderio infantile. Abbiamo dovuto fare turni di guardia, cercare di stare in silenzio per non catturare l'attenzione di eventuali ibridi notturni, essere scortati perfino quando si voleva andare alla toilette (sempre se si può chiamare così quel cumulo di macerie). Mi sono vergognata tantissimo, ho urinato di fronte all'intera Panem, mi veniva da piangere. Perfino Riley sembrava a disagio in quella situazione. Sono abituata alle telecamere e al pubblico, ma non a una violenza così forzata alla mia privacy. Mai mi è mancata così tanto casa mia, rivoglio mia madre e la mia sala prove. Rivoglio il mio mondo ovattato fatto di musica, galanteria, spettacoli e premi.
Mi giro dall'altra parte, cercando di pensare ad altro, quando sento una mano tamburellarmi la spalla. Mi volto: è Lawrence nel suo turno di sentinella. Evidentemente ha voglia di parlare, ma io non sono dello stesso avviso, dopo quel dialogo sul tetto non mi va molto di stare con lui. Ha detto delle cose molto cattive su mia madre e mi brucia ancora. Ogni volta che lo guardo ritorna tutto a galla e non va bene. Non dovrei pensare a queste cose, non qui.

“Già sveglia?” mi chiede premuroso.
“Sì. Vuoi fare cambio?” Lawrence scuote la testa
“Lascia stare, tanto a breve saremo tutti svegli” replica. Rimaniamo un po' in silenzio, prima che prenda il coraggio di prendere la parola.
“Non sono qui solo per mia madre” Non so neppure io perché sto ritirando fuori questo discorso. Le parole mi sono uscite da sole. Sentivo solo di doverlo fare. Forse voglio solo concludere questa storia, prima di sprecare altro tempo a rimuginarci sopra.
“Ho capito” replica usando un tono acconsentivo.
“Non usare quel tono, per favore”
“Quale tono?” mi chiede lui fissandomi con aria seria, terribilmente stanca “Senti.. lascia stare ne abbiamo già parlato, no? Chiudiamola qui” Lawrence si alza e inizia un piccolo giro d'ispezione per tutto il perimetro, senza aggiungere altro. Ho ancora addosso quella sensazione di disagio che mi accompagna dalla sera del tetto. Mi trovo a realizzare che si è rotto qualcosa fra noi. Siamo sempre stati due mondi a parte, ma mi piaceva stare con lui. Mi trasmetteva sensazioni positive, piacevoli e anche un po' di invidia. Lawrence è estroverso, divertente, amichevole... tutto ciò che io non sono e che mai sarò. Poco importa se per un momento mi ha fatto credere di aver stretto un legame con un qualcuno che non fosse mia madre; siamo troppo diversi e in nessun caso potrei rimanergli vicina. Quest' Emma che ha tirato fuori non può esistere, mi farebbe solo del male sia dentro che fuori l'arena. Devo assolutamente tornare in me: io sono Emma Stone, fiera figlia di Cassandra Stone. Sono una ragazza d'altri tempi, che non ha nulla in comune con i suoi coetanei. Sono una ballerina e soprattutto la futura vincitrice dei 21° Hunger Games. Basta con i dubbi, i ripensamenti e le perdite di tempo, devo agire come una favorita. Devo farmi strada spietatamente, devo essere pronta ad uccidere. Ora che ci penso non ho ancora assassinato nessuno. Mamma sostiene che nessun vincitore torna a casa con le mani pulite, occorre farsi strada con le unghie e con i denti, sconfiggendo chiunque ti pari la strada per il ritorno. Qua dentro siamo tutti rivali, nessuno mi è realmente amico, neppure Lawrence. Ho commesso un grave errore nell'aprirmi con lui.
“Emma, mi aiuti a svegliare gli altri? Ormai è ora” mi chiede.
“Come desidera, signore” replico seria, lasciandolo a bocca aperta
“Signore? Mi stai prendendo in giro?” mi chiede incredulo. Per un momento sento l'impulso di scusarmi, di avvicinarmi e... di abbracciarlo. Mi pianto le unghie sul braccio in modo da placare qualsiasi istinto, devo essere forte.
“Siamo in arena, è meglio riprendere le distanze. Chiudiamola qui” gli spiego solenne.
Lawrence mi guarda indignato “E cosa ti avrebbe fatto cambiare idea? Non mi sembravi di questo avviso due sere fa”. Arrossisco ferocemente: perché l'ha detto in maniera così ambigua? Vuole forse che gli sponsors pensino male di me?
“È stato un errore. Spero che possiamo andare oltre” Lawrence alza gli occhi al cielo esasperato
“È per quello che ti ho detto? Sai benissimo che ho ragione. O forse è per quello che vuoi chiudere? Emma, non puoi cambiare le cose in questo modo” rimango in silenzio, cercando di sostenere il suo sguardo. Non posso cedere, o avrò perso. Nei suoi occhi leggo una profonda delusione che mi ferisce nel profondo “Non avevo torto allora quando credevo che fossi soltanto una strega mestruata con manie di grandezza”. Sto per rispondergli, quando mi accorgo che i nostri compagni sono già svegli e hanno assistito all'intero spettacolo. Che vergogna, vorrei sprofondare.
“Che cosa succede?” chiede Riley con la voce ancora impiastrata dal sonno.
“Credo si siano appena lasciati” risponde Lars “Vorrei dirvi che il mare è pieno di pesci, ragazzi miei, ma credo che le vostre avventure romantiche termineranno qui”
“Io e Lawrence non abbiamo una tresca!” mi difendo parecchio irritata. Lawrence non aggiunge altro, ma si limita a ripiegare la copertina che ha utilizzato stanotte. Prima o poi capirà che questa è la scelta più giusta.
Usiamo la mezz'ora successiva per prepararci alla caccia. Facciamo anche una colazione leggera, usando parte del cibo trovato nella cornucopia. Vorrei mangiare di più, ma dobbiamo giustamente rispettare le scorte. È difficile fare basta con così pochi bocconi, soprattutto quando per tutta la vita hai mangiato finché non ti sentivi sazio.
“Rimango qui” esordisce Riley “La gamba non è ancora del tutto guarita e qualcuno deve pur rimanere di guardia”. Non mi piace molto l'idea di lasciarla qui, ma ha ragione, là fuori sarebbe solamente un peso. Non so quanto riuscirebbe a combinare se fosse attaccata, ma è tutto il tempo che si vanta di sapere usare quella fionda alla perfezione. Forse potrebbe anche difendersi contro uno di quelli deboli, ma se fosse attaccata dal gruppo di Achille? Forse è quello che vuole... la sua competitività è troppo pericolosa e temo che potrebbe metterci tutti nei guai. Le scorte che abbiamo sono vitali, non possiamo perderle assolutamente.
“Va bene. Non credo che abbiamo altra scelta” dichiara Lars, ormai emerso come leader naturale dell'alleanza dei favoriti.
Iniziamo a incamminarci, facendo attenzione ad appoggiare i piedi con leggerezza, per non farci sentire. Abbiamo combinato un gran macello al bagno di sangue, dobbiamo rimediare. Se penso che abbiamo fallito per la nostra cattiva organizzazione e per la nostra emotività, mi viene voglia di mangiarmi le mani. Passiamo le due ore successive a cercare tracce, finché Lawrence non trova quello che sembrano i resti di un rifugio improvvisato con foglie e rami secchi.
“Deve essere ancora vicino” sentenzia lui e sia io che Lars annuiamo. Prima di riprendere il cammino però, li fermo entrambi.
“Aspettate, voglio chiedervi un favore: voglio essere io ad ucciderlo”. L'ora per iniziare a trasformarmi in una vincitrice sta per scoccare. Sono sicura che l'assassinio è tutto ciò che mi separa dalla sicurezza, dalla forza e dalla freddezza. Ucciderò anche un tributo, ma quello a cui voglio mettere fine in realtà, è solo la vecchia me stessa.

 

Charlie Jones, tributo del distretto 5, arena

Le ultime venti ore sono state un incubo che si è avverato. Il mio corpo mi sta già supplicando pietà: il mio stomaco brontola dalla fame, la mia bocca è secca, le gambe sono tutto un dolore e sono stanco morto. Sono però soprattutto le mie mani a gridare aiuto: sono rosse, gonfie e martoriate. Sotto alcune unghie si sono formate delle bolle e temo che anche i miei piedi siano nelle stesse condizioni, ho paura di verificarlo. Non sono riuscito ad afferrare niente durante il bagno di sangue e questi sono i risultati: niente cibo, niente acqua, niente con cui coprirsi in queste notti freddissime e niente con cui difendersi.
Ho sbagliato, dovevo fiondarmi sugli zaini anziché fuggire via senza guardarmi indietro. Forse sarei anche morto là in mezzo, ma almeno sarebbe stata una morte veloce. Qui invece sto rischiando di morire di freddo, di sete e di fame! Questa notte ho toccato il fondo, avevo talmente tanto freddo che sono rimasto sveglio tutto il tempo: avevo paura che se mi fossi addormentato non mi sarei risvegliato mai più. È stato un sacrificio pesante per me, ma forse ne è valsa la pena. Il mondo dell'arena si sta illuminando con una nuova alba, e io sono ancora vivo. Inizialmente non credevo di poter arrivare così tanto in là.

Decido di scendere dall'albero e di fare qualche passo, nonostante il dolore lancinante. Devo scaldarmi, devo almeno provarci a sopravvivere, me l'ero ripromesso. Nessuna lacrima o lamento, solo sforzi e tentavi, senza più chiedere aiuto a nessuno. Lo devo ad Helia, ai miei genitori, a Gemma, a Louise e a me. Devo trovare un modo per farcela, ma come?
Di tornare alla cornucopia non se ne parla, sperare negli sponsors potrebbe essere inutile. Mi tocca arrangiarmi con ciò che trovo, spero di cavarmela: non so cacciare, né sono un asso nel riconoscimento delle piante. Ma che scelta ho?
Mi piego di fronte a un albero e noto subito dei funghi, ma li scarto all'istante. Non esiste nulla di più pericoloso. L'aspetto di quelle bacche invece sembra invitante, ma l'esperta di botanica ha detto di evitare ciò che non conosciamo e quelle non le ho mai viste in tutta la mia vita.
Non ci siamo, devo accettare di correre dei pericoli, o morirò di sicuro. Sto scuotendo la testa sconsolato, quando mi torna in mente qualcosa di utile: la corteggia interna del pino. È un albero che conosco, sono sicuro di non confondermi. Lo cerco per una mezz'oretta finché non ne vedo un esemplare. Non avendo coltelli con me mi tocca arrangiarmi con le unghie e con utensili naturali come sassolini e bastoncini. Alla fine ho il mio pezzo in mano, anche se ho dite insanguinate. Mangio la corteggia interna con avidità anche se il sapore non è dei migliori. Questa colazione selvaggia ha un po' placato il mio stomaco, ma non basta. Soprattutto poi non risolve il mio problema principale: la sete.
Deve esserci una fonte d'acqua, non possono farci morire di sete tutti quanti. Mi muovo per tutta la zona nella speranza di qualsiasi cosa, sono disposto a bere di tutto, anche se non posso purificarla. Non mi importa, devo bere.
Il sole è ormai quasi sorto del tutto quando sento dei passi in lontananza. Ho come l'impressione che il cuore smetta di battere per un minuto intero per via della cieca paura che mi assale. Mi guardo intorno freneticamente e decido per l'unica soluzione esistente: l'arrampicata. Raggiungo in fretta un punto in alto e mi appiatto sul ramo, sperando con tutto me stesso che chiunque sia non mi senta respirare, o che il cuore non mi tradisca.
Vedo il ragazzo dell'undici, quello con un occhio solo, arrancare dalla mia parte. Ha il fiato corto e una freccia conficcata nella spalla. Digrigna i denti dal dolore, ed è completamente sudato. Manuel inciampa sui suoi stessi piedi, sbattendo per terra. Solleva la testa, guardandosi intorno, in cerca di una via di fuga, prima di realizzare che non riuscirebbe in ogni caso ad andare molto lontano in quello stato.
Sento il rumore confuso di altri passi che si avvicinano, credo che siano almeno di tre persone, faccio fatica però a comprenderlo. Manuel si gira dall'altra parte, con la pancia all'aria ed osserva sopra di sé il cielo, aspettando l'arrivo di quelli che suppongo siano i favoriti.
Mi appiattisco ancora di più, sperando con tutto il cuore che non mi veda, ma credo sia troppo tardi. Sento l'occhio sano di Manuel puntato addosso a me. Mi metto l'indice davanti alla bocca, pregandolo di non rivelare la mia posizione.
I favoriti si avvicinano, e Manuel si rialza in piedi con estrema fatica. Più guardo la scena e più non capisco: perché l'ha fatto? Tanto è spacciato. Perché non l'hanno ancora fatto fuori? Cosa aspettano?
L'aria è tesa e le due fazioni si guardano senza dire nulla.
“Emma, fallo fuori subito. Non ha senso continuare” dichiara il tributo del quattro senza distogliere lo sguardo da Manuel.
“Grazie per la comprensione, signor Lars, avevo bisogno di..” Lars? Cosa? Allora quelle voci di corridoio erano vere? Il tributo del distretto 4 è veramente Lars Seven, il vincitore dei 19° Hunger Games? Questo complica le cose terribilmente, non solo per me, ma anche per tutti gli altri.
“Solo... fallo”. Emma piega la testa imbarazzata e si avvicina elegantemente a Manuel, armata di frusta.
Rimango quasi incantato dal suo modo di muoversi: sembra un gatto e Manuel è il suo topo. No, non un gatto, una pantera. Si muove sinuosamente, come se fosse all'inizio di un'esibizione artistica. Sta ballando perfino adesso. Deve essere uno sforzo per catturare le simpatie degli sponsors. Capitol adora l'eleganza e la grazia, ed Emma incarna sia l'una che l'altra.
La ragazza sta per caricare un colpo, quando il ragazzo dell'undici, in un gesto disperato, cerca di caricarla, appellandosi a tutte le sue forze. I suoi tentativi si rivelano inutili come mi aspettavo: la favorita lo colpisce al petto, facendolo crollare. Poi si avvicina, con passo più incerto, guardandolo dritto negli occhi.
“È stato bravo, signore, ma finisce qui” sentenzia lei. Chiudo gli occhi e mi volto dall'altra parte, mordendomi forte il labbro. È terribile, non riesco neppure ad assistere a una cosa del genere. Sento rumori confusi, lo schiocco della frusta, le urla del tipo. Ad ogni colpo mi aggrappo sempre più forte, come se stesse colpendo me anziché lui. Riapro gli occhi solo quando sento il boom del cannone, chiaro segnale della sua morte.
Vedo il suo cadavere, rivolto verso il basso e mi sfugge un mugolio. Il ragazzo del quattro si gira di scatto e tira all'istante una freccia che mi manca per pochi centimetri. Mi metto le mani davanti alla bocca, cercando di trattenere il respiro e le lacrime. Non ho mai avuto così tanta paura: sto tremando.
“Che c'è?” chiede l'altro maschio del gruppo.
“Mi era sembrato di sentire qualcosa, forse era un uccello” risponde Lars “Mannaggia, ho perso una freccia”.
Assisto alla loro partenza dalla mia postazione e, dopo una decina di minuti scendo. L'hovercraft non verrà se sto nei dintorni, capiranno che qualcun altro è qui se non fuggo in fretta. La mancanza di mezzi e l'avidità hanno però la meglio su di me e, come uno sciacallo, mi precipito sul cadavere di Manuel alla ricerca di oggetti utili da rubare. Devo fare in fretta, non ho tempo da perdere.
Traffico mentre il mio respiro diventa sempre più affannato, finché non trovo un semplice paio di guanti neri nelle tasche. Li prendo e scappo via, prima di essere scoperto.
Mi dispiace Manuel, ma questi sono più utili a me che a te. Non ho potuto far nulla per aiutarti, ma tu hai reso le mie notti meno infernali.

 

Riley Devries, tributo del distretto 2, arena

Continuo a guardare quelle maledette macerie davanti a me, testimoni del mio fallimento. Essere stata sconfitta da Achille in quel modo, all'inizio dei giochi... faccio fatica a credere che sia realmente successo. Venire agli Hunger Games non era l'ambizione della mia vita, certo, ma ero addestrata. All'accademia avevo voti alti, avrei potuto fare qualcosa di meglio al bagno di sangue. Avevo calcolato tutto, sapevo già come muovermi e chi colpire, ma poi ho visto Achille e ho perso la testa. Mi ero mossa in automatico, sicura che avrei vinto e che mi sarei sbarazzata fin da subito di uno dei rivali più temuti. Aveva tutto senso: prima i pesci grossi e poi quelli piccoli. Volevo approfittarne subito, dato che ero nel pieno delle mie energie. Poi è crollato tutto e la mia gamba ne sta ancora pagando le conseguenze. Il bagno di sangue è stato confuso, inaccettabile.
È tutta colpa sua, me la pagherà. La prossima volta che lo incontrerò lo terminerò con infinita gioia. Fremo dall'eccitazione al suo pensiero che quel giorno arriverà.

Non è il mio solo bersaglio: anche Lars è un grosso problema. Quegli idioti di Emma e Lawrence si saranno anche fatti infinocchiare, ma non io. Non ci sono cascata nella sua recita, potrà anche fingersi un bravo ragazzo, ma non lo è. Conosco i vincitori, il mio distretto ne ha addirittura sei, e so benissimo che nessuno di loro è un essere caritatevole volto al sacrificio. I vincitori sono tutti egocentrici, con una forza di volontà e di determinazione tendente all'infinito. Sono speciali, forti, migliore degli altri, come me. Per questo tornerò a casa a differenza degli altri. Prima però, è necessario sbarazzarsi dei miei veri rivali, a incominciare da Lars che è quello più vicino. Uno scontro diretto con lui non mi porterebbe a granché, data la sua abilità con l'arco. Dovrei invece attaccarlo all'improvviso, magari nel cuore della notte, mentre dorme. È pericolosa anche questa strategia però: è possibile che tenga sempre un occhio aperto per sicurezza e finirei probabilmente per svegliare gli altri due scemi. Potrei anche vincere contro loro due, ma le variabili da considerare sono troppe per avere una certezza del mio successo. Senza contare che è ancora presto, preferirei averli con me ancora un altro po', e manipolarli per facilitarmi la vittoria. Non sarà difficile convincerli che il gruppo di Achille ha la priorità sugli altri. Mi serve un altro piano, più subdolo e sicuro.
Ho una certa esperienza di veleni, potrei utilizzare quelli. Devo stare attenta però: mi sembra che anche Lars li conosca e potrebbe capire in fretta se ho avvelenato il suo pasto. Devo cercare qualcosa che si confonda bene con il sapore e l'odore del cibo. Inoltre non deve essere cucinato da me: sa che la gentilezza non mi appartiene e potrebbe giustamente fiutare la trappola. La cosa più sensata è quella di avvelenare più scorte possibili sperando che Lars becchi quella giusta. Nelle peggiore delle ipotesi ci impiegherei dei giorni per vedere dei risultati, nella migliore faccio fuori solo lui. Se faccio secchi anche gli altri due posso lo stesso trovare un modo per far fuori gli altri tributi, ne ho le capacità. Mi chiedo cosa succederebbe se morisse uno dei due idioti anziché Lars. Temo che intuirebbe abbastanza velocemente chi sia il colpevole. Sarebbe la fine dell'alleanza e forse anche della mia vita. Non posso non rischiare però: devo provarci. Spero solo che i numeri siano dalla mia parte.
Mi alzo in piedi e mi dirigo lentamente verso il boschetto, sono sicura di trovare qualche pianta velenosa. La gamba sta meglio e dà segni di ripresa, ma fa ancora molto male. Faccio di tutto per non farlo vedere alle telecamere o, peggio ancora, ai miei avversari, ma è veramente difficile. Purtroppo non ho mai avuto una grande resistenza.
Sono ormai nella radura da un'oretta quando trovo qualcosa che potrebbe essere utile ai miei scopi: è un'actea, una pianta perenne tossica. Non lo ucciderà, ma lo indebolirà incredibilmente: il suo veleno provoca infatti mal di testa, vertigini, vampate di calore, nausea e crampi. La riconosco perché so che una volta veniva usata come medicinale, prima che si scoprisse la sua tossicità. L'ho letto in uno dei libri di Martin. Non ha un gusto pesante, potrei anche confonderlo. Il problema adesso è cercare di prenderla senza avere un contatto diretto con la pelle.
Opto di togliermi un calzino e di afferrarla in questo modo. Torno in seguito al campo base, mentre continuo a pensare a come posso inquinargli il cibo o l'acqua.
Seduta alla base della cornucopia, trovo una ragazza biondo platino, con i capelli corti e la carnagione candida che mi saluta da lontano in modo teatrale.
In una situazione diversa, avrei caricato la fionda con una delle biglie di metallo (sfortunatamente non sono ancora in grado di usare la spada), ma la sfacciataggine della ragazza mi lascia completamente a bocca aperta. Che cosa vuole questa? Avvicinandomi noto il numero tre stampato sulla felpa rossa. Ma certo, è la squilibrata del terzo distretto. Credo abbia preso sei alle prove individuali.
“Vengo in pace!” esordisce alzando le mani in alto, mostrando di non avere nessuna arma con sé.
“Non so se sei più stupida o coraggiosa, per venire direttamente nella bocca del leone. Probabilmente sei entrambe le cose” considero se vale la pena prendere in mano una delle biglie, ma non mi sembra pericolosa. Tanto vale ascoltare ciò che vuole dirmi. Se proprio è un peso posso sempre colpirla in testa, o aspettare il ritorno degli altri e passare il lavoro sporco a loro.
“Voglio diventare vostra alleata” spiega estremamente diretta. Per poco non le rido in faccia. “Ho pensato che foste a corto dei membri dopo il bagno di sangue. E... bella pianta!” si interrompe indicando l'actea. La nascondo istintivamente dietro la schiena, anche se so che ormai è troppo tardi “Fammi indovinare: è velenosa” osserva lei senza scomporsi.
“Non sono affari che ti riguardano”
“Sicura? Sembra quel genere di lavoro per cui serve una spalla” con questo è riuscita sicuramente a guadagnare la mia attenzione. Sarebbe bello avere degli alleati fedeli a me, anziché a Lars, per una volta. Inoltre sembra sufficientemente buona da renderla manipolabile. Mi sarà veramente utile però? Ho sempre creduto che fosse una bonacciona incapace di fare del male a qualcuno. Che abbia solo recitato? Oppure la sua aspirazione ad unirsi a noi è così alta, da spingerla ad andare contro la sua stessa natura? Illusa, non la difenderemo in eterno in nessun caso.
“Continua” la incito
“Sono vegetariana, ho una certa padronanza con le piante in cucina. Sono sicura di trovare un modo per camuffare il sapore di quella signorina. A proposito: chi è la vitt... no aspetta, non voglio saperlo”. Sento i miei muscoli tirare nel formare un sorriso di pura perfidia: non solo farò fuori Lars, ma mi sono trovata un'alleata. Un'alleata che consuma poco, per giunta.
“Come ti chiami?”
“Harriet”
“Benvenuta in squadra, Harriet” le dico mostrandole un sorriso amabile.

 

Rose Green, tributo del distretto 12, arena

Riapro gli occhi di scatto, non devo dormire, non finché Achille non torna. Fare da sentinella è mille volte più difficile di quanto mi aspettassi, ma devo resistere. Non ho nessuno a proteggermi ora come ora, posso contare solo su me stessa. Il che è tutto un dire: se apparisse qualcuno non potrei far nulla a parte il tentare di scappare. Non vorrei mai farlo però, Connor è completamente indifeso, ha solo me. Dobbiamo resistere fino al ritorno di Achille, tutto qui. Vorrei davvero poter aggiungere “e di un paracadute”, ma ogni minuto che passa le mie speranze diventano sempre più fiocche. Ormai sono quasi inesistenti... io ed Achille ci siamo accordati di amputargli il braccio appena sarebbe tornato. Non possiamo più aspettare: il braccio sinistro è quasi completamente andato, a breve la necrosi colpirà anche il petto e gli organi al suo interno, uccidendolo fra atroci dolori. Nello stesso tempo però, mi chiedo se riuscirà a sopravvivere a qualcosa del genere: è una persona forte, è vero, ma il luogo non è il più indicato, perderà molto sangue, non abbiamo tutti i mezzi per farvi fronte, ed è molto debole. Forse è meno crudele tagliargli direttamente la gola, sicuramente soffrirebbe meno.
Mi tiro uno schiaffo con forza: Rose, sei una guaritrice, si lotta per la vita sempre, anche quando sembra che non ci siano speranze.

Osservo Connor, continua a respirare male e a soffrire nonostante il sonno. Temo che la sua mente sia annebbiata da terribili incubi e il non poter far nulla per aiutarlo come vorrei mi fa spezzare il cuore. Se solo ci avessero inviato quell'antidoto... Come si fa a rimanere insensibili di fronte a così tanta sofferenza? Credevo che Connor avesse catturato le simpatie dei capitolini con le sue uscite! Non è giusto! È una brava persona, ha una famiglia, un futuro davanti a sé! Perché gli stanno strappando via tutto questo? Non è giusto, non è giusto!
Nascondo il volto fra le ginocchia e incomincio a piangere. Voglio tornare a casa dalla mia famiglia, vorrei che tutto questo non fosse reale e che gli Hunger Games non fossero mai stati creati.
“Il tubicino... io so... il tubicino” mi volto verso il mio alleato, nuovamente sveglio anche se non del tutto vigile.
“Torna a dormire, Connor” lo prego. Preferisco stia lontano da questo mondo. Il suo universo onirico sarà terribile, ma mai quanto l'arena.
“No... il tubicino...” Di che tubicino sta parlando? Sta forse delirando? Gli tocco la fronte, la febbre è aumentata. Spero che Achille trovi l'acqua, devo necessariamente fargli una tisana.
“Achille tornerà a breve, resisti”. Una parte di me vorrebbe aggiungere “andrà tutto bene”, ma una bugia del genere sarebbe troppo crudele. Papà mi ha sempre detto di evitare di dirlo ai pazienti, anche se l'istinto me lo suggerisce.
“Io ricordo... il tubicino...” insiste lui prima perde nuovamente i sensi, lasciandomi di nuovo sola. Forse era meglio andare con Achille, ma abbandonarlo qui mi avrebbe fatto sentire peggio.
Nell'attesa tiro fuori dalla tasca il piccolo fiore di pesco, ormai completamente schiacciato, e ne osservo i particolari. “Sono tuo prigioniero”, per me significa solo una cosa: Cosmo sta cercando di comprarmi. Sento quasi la sua voce dirmi: “Tu non farmi perdere il lavoro e io ti darò tutti gli sponsors di cui hai bisogno. Tranne quelli per i tuoi alleati, ovviamente”. Non riesco a perdonarlo però, è troppo tardi per chiedere scusa. Se penso a come abbia abbandonato tutti quei ragazzi che avevano disperatamente bisogno di lui... Certa gente non cambia mai, è inutile sperarci.
Sento qualcuno avvicinarsi e mi alzo di scatto, per poi risedermi di nuovo: è Achille, ormai ho memorizzato il suono dei suoi passi.
È sudato, stanco ed assetato. Come me ha l'aria di aver visto giorni migliori.
“Ho trovato una sorta di stagno, nulla di più” annuncia con aria grave.
“È già qualcosa” replico accennando un debole sorriso. Dobbiamo solo trasferirci di massa là e trovare un modo per purificare l'acqua. Prima però, c'è un'altra cosa da fare.
“Non abbiamo scelta, vero?” mi chiede Achille esitante. Scuoto la testa, incapace di pronunciare un no secco. Stiamo per fare qualcosa di terribile, ma non esistono alternative.
Mettiamo il braccio sinistro di Connor ad angolo retto e gli metto la cintura in bocca, per evitare che si morda la lingua durante l'operazione. In seguito, grazie alla cintura di Achille, gli blocchiamo la circolazione appena sotto la spalla, cercando di stringere con tutte le nostre forze. Le bende sono già pronte, così come le piante per la medicazione. Mi dispiace di non poter agire personalmente, spero che le miei indicazioni siano chiare e che Achille agisca con quella mano ferma che ormai ho perso. Vorrei inoltre avere ago e filo per chiudergli il moncherino, ma non abbiamo niente di utile a proposito.
Di fronte ai nostri sforzi, Connor stringe gli occhi con forza e serra le labbra evidentemente infastidito. Mi chiedo se sia abbastanza cosciente per capire cosa stiamo per fare.
Achille alza Turadot, pronto per sferrare il primo colpo, ma lo blocco all'improvviso.
“Cosa? Non abbiamo tempo da perdere, Rose!” mi ricorda spazientito. Mi avvicino a Connor e gli bacio la fronte
“Non posso prometterti di salvarti, ma una cosa posso fare: giuro che non ti lasceremo solo. Ti vogliamo bene” Connor mi risponde con un sorriso sognate, non sono sicura se sia rivolto veramente a me. Probabilmente è troppo tardi, stiamo semplicemente allungando la sua sofferenza per niente. Ma come si fa a lasciare morire un amico senza aver tentato il tutto per tutto? Mi siedo sul braccio sano di Connor, sperando così di tenerlo fermo durante l'operazione. Faccio cenno ad Achille, che alza la spada pronto a colpire. Mi volto dall'altra parte per non guardare.

 

Sidney Baxter, tributo del distretto 5, arena

Io non so più cosa fare con te” mi comunica Shine, una delle educatrici dell'orfanotrofio “Ci provo sul serio con te, ma sembra che le cose ti entrino da un orecchio e ti escono dall'altro! Anzi no, che dico! Non ti entrano affatto!” Non è che non mi entrino, e che non voglio farle entrare. È diverso. Shine è solamente nuova, inesperta, non ha ancora capito con chi ha a che fare. Nulla ha funzionato su di me:privazione della ricreazione, a letto senza cena, perfino le punizione corporali. Prima o poi anche lei lo capirà e mi ignorerà esattamente come fanno tutte le altre. “Guarda! Neppure adesso mi ascolti!” afferma esasperata. L'educatrice tamburella impaziente le dita sulla scrivania, vicino a un disegno che le ha regalato uno dei bambini più piccoli. È poco più di uno scarabocchio, ma posso trovare lo stesso uno spazio a lui dedicato nella mia collezione.
Posso andare adesso? Oppure vogliamo perdere altro tempo prezioso?” chiedo parecchio annoiata. Shine sospira pesantemente, piegando la testa all'indietro.

Un giorno diventerai maggiorenne... ho molta paura”. Sì, sì, vecchia storia. Quella mi vede come ladra, quella come truffatrice, quella come assassina e quell'altra come puttana. Nulla di nuovo.
Mi alzo dalla sedia e in un momento di distrazione di Shine, le prendo il disegno. Ora è mio.
All'uscita vengo circondata da cinque ragazzi poco più grandi di me, vigliacchi che hanno troppa paura per affrontarmi in solitudine.
Siamo costretti a fare le pulizia per tutto l'edificio per colpa tua!” mi accusa uno degli invertebrati
Sappiamo che sei stata tu a rubare gli orecchini della preside!” rincara un altro
Dove solo le prove?” chiedo alzando leggermente il tono della voce “Non avete niente contro di me. Con le vostre supposizioni non potete far nulla. E, tanto per la cronaca, supposizione significa ipotesi fatta sulla base di indizi o di probabilità” spiego cercando di far arrivare il messaggio ai loro cervellini. La mia uscita li fa infuriare ancora di più e mi costringono a seguirli nel bagno degli uomini. Odio le loro mani addosso al mio corpo, ma odio ancor di più non riuscire a difendermi. Smuovo le gambe cercando di tirare dei calci, provo perfino a morderli, ma è tutto inutile. Lo scherzo della doccia è ormai un classico, nulla di originale. L' acqua gelata della doccia mi scivola addosso, come il loro odio. Mi dispiace solo che il mio bottino sia andato.
Entro nella stanza che condivido con un paio di mie coetanee e mi cambio in fretta i vestiti, finché non sente qualcuno bussare alla porta. Siccome sono appena sfuggita a una delle educatrice, non può essere che quel sempliciotto di mio fratello.
Sidney! Sidney! Vieni! Ho trovato qualcosa di bellissimo!” trilla lui dall'altra parte della porta. Mi fiondo da lui, tappandogli quella dannata bocca con la mano.
Vuoi che ci sentano?” gli sobillo contro. L'intero orfanotrofio è un arraffa-raffa, se c'è qualcosa di buono, non può cadere nelle mani degli altri. Qualunque cosa sia, deve essere mia.
Seguo Clifford fuori dall'orfanotrofio, passando per un passaggio poi non così tanto segreto, dato che è conosciuto da buona parte degli orfani. Dopo quasi cinque minuti entriamo in un piccolo vicolo pieno di vetri rotti che puzza di muffa. Sto per arrabbiarmi con Clifford per avermi portata in questo buco, quando sento un cosino guaire. È un piccolo bastardello, con il pelo corto e arruffato. Appena mi vede inizia a scodinzolare e a farmi le feste.
È bellissimo vero?” mi domanda Clifford con occhi pieni d'amore”Ho notato che girava all'orfanotrofio da qualche mese e non ho resistito”. Osservo il cosetto nei suoi occhi color caramello, prima di allungare la mano e provare ad accarezzarlo. Il cane sembra impazzire di gioia a quel contatto, e inizia a dimenare la coda come una furia mentre cerca di leccarmi.
Via la lingua”gli ordino ritirando la mano in fretta. L'essere mi osserva e si mette seduto all'istante, come se avesse capito cosa volessi dirgli. Non sembra impaurito però, neanche infastidito. Sembra volermi addirittura bene. Che sensazione strana... questo cane è già mio, ma per averlo non ho dovuto rubarlo o prenderlo con l'inganno. Si è semplicemente consegnato, come se non aspettasse altro da tutta una vita. Come se avesse pregato per essere mio.
Credo che tu gli piaccia” mi spiega mio fratello, come se non l'avessi già capito da sola.
Si chiamerà Iv. Vivrà con noi” sentenzio. Clifford sgrana i suoi occhi blu, sembrano perfino più scemo del solito
Non possiamo! È contro il regolamento!” obietta
Anche rubare lo è, ma lo facciamo lo stesso” gli faccio notare “Lo metteremo nella camera dei neonati, tanto è inutilizzata. Ce ne occuperemo noi. Sarà il nostro segreto. Sei con me, Clifford?”. Il suo sì squillante arriva subito dopo.

 

 

Sposto lo zaino mettendolo nuovamente sulla schiena. Non è pesantissimo, ma me lo trascino da ieri mattina e sta incominciando a darmi fastidio. Il suo contenuto però è decisamente utile: gallette di riso, un ananas, un giubbotto imbottito (che è stato utilissimo stanotte), una t-shirt di riserva, dei sacchetti di plastica neri, un pacchetto di cerotti, del disinfettante e infine un pacchetto di gomme da masticare. Non so bene come usare tutti gli oggetti, ma un modo lo troverò. Confesso che avrei preferito trovare degli occhiali di scarto: durante il bagno di sangue ho avuto una colluttazione con la ragazza del distretto 6 e ho finito per scheggiare gli occhiali in più punti. Sapevo che era pericoloso, ma non potevo tirarmi indietro, non mi sono mai fatta spaventare da nessuno, figuriamoci da ventitrè ragazzi smarriti. Riuscire a fuggire è stato ancor più difficile, ma sono ancora viva, è questo quello che conta. Forse gli sponsors possono inviarmi degli occhiali nuovi perfettamente funzionanti, posso sperarci.
Quello che mi preoccupa ora è trovare Iv, quello scioccone di un cane non durerà a lungo senza di me. Non volevo che ci separassimo, ma non ho potuto nulla contro i pacificatori. Né i miei insulti, né i miei calci hanno potuto far qualcosa.

Mi auguro che sia ancora vivo. Dopo il ritrovamento ci penserò io a lui, come sempre. Deve solo aver resistito ventiquattro ore, è l'unico sforzo che gli abbia mai chiesto. Sono stata talmente preoccupata che stanotte non ho chiuso occhio. Conoscendolo potrebbe aver anche cercato di fare amicizia con qualche ibrido. Spero sia ancora del tutto intero.
Per un momento mi sembra di sentire il suo guaito. Mi fermo un attimo, tendendo le orecchie. Mi devo essere sbagliata, sono solo stanca. Dopo un paio di passi, mi sembra di sentire di nuovo quel rumore. È qui, non ho più dubbi.
Mi metto alla ricerca frenetica del mio animale, finché finalmente non lo trovo. Avrei preferito non farlo.
Iv è sdraiato per terra, coperto di sangue, i suoi occhi illuminati da una debole scintilla di vita. Nel vedermi la sua coda inizia a muoversi debolmente in su e in giù, mentre si lecca il labbro superiore felice. Mi piego per osservarlo meglio: ha degli evidenti segni di morso sul fianco. Ha perso del sangue e respira con fatica.
“Stupido cane, dovevi resistere solo ventiquattro ore” lo sgrido ingoiando le lacrime. Vorrei stringerlo a me, ma ho paura di peggiorare la situazione. Decido dunque di sdraiarmi accanto a lui, ignorando per un momento gli altri tributi, gli ibridi o qualsiasi diavoleria ci sia qua dentro.
Accarezzo il suo pelo rovinato aspettando il momento di svolta, un farmaco o la sua morte.
“Sono qui, scemo”.

 

 

 

 

 

 

Dunque, non è arrivato nessun antidoto per il povero Connor e sentitevi in colpa, anche perché avete catturato le antipatie di Rose XD Avete una nuova possibilità però: è Iv questa volta a essere in pericolo di vita e solo voi potete salvarla. Vi ricordo di mandarmi un pm con lo sponsor e di non annunciare la vostra intenzione di farlo con i messaggi pubblici, pena mi prendo le monete e non faccio arrivare nulla.
Sono stata troppo buona ultimamente con queste morti, nel prossimo mi rifaccio. Conto di farne fuori almeno due XD E no: non saranno due tributi in verde (ne sono rimasti solo due fra l'altro!)

Alla prossima (Sono stra indietro con il prossimo capitolo! Non so quando aggiornerò)!

 

Morti:

18 ° Manuel, tributo del distretto 11, ucciso da Emma

 

Feriti (del capitolo):

Charlie (assetato, affamato e con ferite da congelamento di secondo grado)

Lawrence e Riley (feriti ad arti diversi, in guarigione)

Connor (più in là che in qua e con un braccio in meno)

Sidney (occhiali scheggiati)

Rose e Achille (assetati)

Iv (ferita, indebolita)

 

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Capitolo 14
*** Una ragione per vivere ***


Giorno 2, pomeriggio

Connor MacLeod, tributo del distretto 7

“Ehi, Connor!” mi volto e mi ritrovo davanti quella meraviglia che è Amanda. Non ho mai conosciuto una ragazza con un sorriso così bello; quando ride le si illumina il viso. Già il sole: tutto di lei me lo ricorda: i suoi capelli biondi, la sua pelle calda, il suo carattere. È semplicemente fantastica, sfido chiunque a negarlo.
“Ciao!” le rispondo cercando di non mostrare quanto sia profondamente felice nel rivederla. Penso che siano passate ben tre settimane. Troppo. L'abbandono degli studi doveva pur avere qualche difetto in fondo. Era così divertente scherzare con lei in ultima fila, prendere per il culo l'insegnante e suggerirci a vicenda durante le interrogazioni con risultati disastrosi.

“Non ci si vede da un po'” mi fa notare toccandomi il braccio sinistro. Avverto un lungo brivido per tutto il corpo. Nessuna mi ha mai fatto questo effetto. È quella giusta, ne sono certo. È inutile tergiversare. L'ho fatto per troppo tempo.
“Sono d'accordo, dovremo uscire insieme. Da soli. Io e te” la sgancio così, sperando di non fare troppi danni. Amanda sgrana gli occhi sorpresa, non se l'aspettava. Per un momento me ne pento, forse sono stato troppo diretto. Cazzo, me la sono giocata. Non mi ride però in faccia come credevo, anzi, il suo sorriso si allarga e apre la bocca per rispondermi...

 

Non può essere”

Faccio fatica a crederlo, ma è così”

 

“Figli di puttana” mormora Becky a bassa voce, cercando di non farsi sentire dal pacificatore.
“Branco di incompetenti” rincara Joseph. Non posso che essere d'accordo con entrambi: abbiamo fatto di tutto per far capire a quei cretini che tagliare quest'albero è estremamente pericoloso, ma non vogliono darci retta. Non so con quale diritto possono dire a noi come trattare i nostri alberi. Solo noi li conosciamo, solo noi sappiamo come gestirli. Ma che ne sanno questi finocchi della dura vita nel bosco? Perché questi dementi sono capitati proprio a noi?

Mi scaccio delle mosche che si sono posate sul braccio e ripenso a mio nonno che adorava raccontarmi di un passato lontano, dove noi lavoratori non eravamo così tanto schiavizzati. Un mondo in cui potevamo far sentire la nostra voce e cercare di imporre i nostri diritti. Un posto sicuramente migliore di questo presente.
Tornerà mai una situazione del genere? È davvero finita così?

 

Non può finire così! Mi rifiuto!”

Non è colpa tua Rose, hai fatto di tutto. Non sei tu la responsabile”

 

“Sei in ritardo” mi accusa Jessica con il volto corrucciato e le braccia conserte.
“Calmati, sono qui” le rispondo togliendomi il giubbotto. Fa un freddo tremendo là fuori, credo che pioverà da un momento all'altro. Mia sorella continua a guardarmi in cagnesco, senza darmi un attimo di tregua. Le avevo fatto una promessa in fondo “Dai, se fai la brava stasera ti racconto una storia dell'orrore”. Jessica si volta dall'altra parte nascondendo il volto, evidentemente ancora offesa. Uffa, pensavo che la fase dei capricci l'avessimo superata da un pezzo!

Mi avvicino e le appoggio la mano sinistra sulla spalla. “Non fare così, dai”
“Avevi promesso che saresti tornato” mi sibilla contro, senza accennare la benché minima intenzione a voltarsi.
“Bhe, sono qui,no?” le chiedo sorridendo. Jessica si gira di scatto, e la scena mi fa gelare il sangue nelle vene. Nel suo volto non ci sono più gli occhi, né il naso, né la bocca. È una tela rosa con nulla di umano
“Dov'è il tuo braccio Connor?”

 

Ci avevano inviato ago e filo!”

Non era abbastanza”

 

Mi ritrovo sotto la pioggia in un bosco. So la specie di ogni albero che mi circonda, ma nessuno di loro odora di casa. Noto qualcosa di rosso per terra e dopo averlo esaminato mi rendo conto che è una delle maniche della felpa rossa che ci hanno dato per l'arena. Provo ad inchinarmi per afferrala, ma noto subito che c'è qualcosa di sbagliato: mi sento sbilanciato, e per poco non perdo l'equilibrio. Solo allora mi rendo conto di non avere nulla sul lato sinistro. Mi tocco con orrore la spalla, per costatare di persona che non è un'illusione: il mio braccio non c'è più. Il panico mi assale, e inizio a gridare a squarciagola. Non capisco, cosa è successo? Ero nell'arena, stavo cercando del cibo e poi.. e poi.. quel dolore lancinante ed insopportabile... il morso! Il veleno! Mi hanno forse amputato il braccio per salvarmi? Sono ancora vivo dunque? Allora perché ho freddo e tanta paura? Sento come se tutto mi stesse scivolando via, come i particolari del volto di Jessica, il calore del sole, il sapore delle torte di mia madre. Di che colore erano gli occhi di Amanda? Sto forse... morendo? Chiamo i miei compagni ad alta voce, ma nessuno mi risponde.

Sono solo.

 

Mi ritrovo all'improvviso in un ambiente sterile bianco latte. Non c'è pavimento, né soffitto, c'è solo un tavolo candido a pochi passi da me. Mi avvicino titubante e trovo Norma seduta dall'altra parte. Indossa ancora gli abiti dell'arena, ma nel suo volto non c'è quel dolore che traspariva l'ultima volta che l'ho vista, né la tensione della sua ultima settimana. È serena come lo era al sette.
“Ciao Connor” mi saluta lei come se nulla fosse.

Le faccio esitante l'unica domanda che ha ormai senso: “Sono...morto?”.
Norma scuote la testa lentamente “Non ancora, ma a breve sì”. Il respiro mi si blocca a metà, mentre incomincio a piangere singhiozzando. È veramente finita allora.
“Tu cosa ci fai qui?” le chiedo
“E tu invece?” replica lei enigmatica “Sono un prodotto della tua mente, Connor. Me lo devi dire tu”. Dire che sono confuso è un eufemismo, non ci sto capendo più un cazzo! Sento solo che ho davvero sonno. “Sono felice che tu mi abbia rievocata, però. Ci tenevi a me alla fin fine. Ho sempre temuto che ti stessi sulle scatole”
“Tu non mi stavi sulle scatole!” mi difendo “Anzi! Ti ammiravo proprio perché eri determinata come me, anche se avevamo visioni della vita così diverse”. La mia uscita mi lascia l'amaro in bocca: non l'ho mai detto alla vera Norma. Avremmo potuto essere amici e invece... Quasi mi mancano le sue uscite da secchiona, la sua testardaggine, la sua... “So perché sei qui”

Apro gli occhi, ma vedo incredibilmente sfocato. Il dolore arriva subito dopo come un tuono. Sento come se il mio corpo stesse bruciando. Devo fare uno sforzo però, l'ultimo, e poi sarò libero.
“Il tubicino...” dico con il tono più alto che mi è permesso.

“Non parlare, Connor” mi supplica Rose con gli occhi pieni di lacrime
“..purifica...il tubicino... depura...il tubicino...”

Boom.

 

Harriet Dates, tributo del distretto 3, arena

Nella foresta riesco a trovare qualche pianta utile allo scopo come il prezzemolo e il cappero (probabilmente entrambe rafforzate geneticamente). Sono sicura che riusciranno a nascondere il sapore della cattivona. Vorrei solo che fossero anche in grado di far scomparire Riley. Cavolo, com'è pesante! Difficilmente mi sono trovata così a disagio con qualcuno! Da quando sono qui non ha fatto altro che guardarmi con sufficienza, dall'alto verso il basso. Spero che non vinca, chiunque tranne lei. Cioè, vorrei vincere io, ma se proprio devo morire...
Devo sopportarla però, questa alleanza è solo momentanea. Per ora devo attenermi al piano: fingermi sua alleata, guadagnare la fiducia anche degli altri favoriti e farmi proteggere finché è possibile. Quando sarà ora attuerò qualcosa di veramente pericoloso, ma non ho molta scelta. In tutte le precedenti edizioni i favoriti hanno perso solamente quando non avevano più le scorte. Esattamente come è successo nella settima edizione dove Asyan, la mia mentore, trovò un modo per farle polverizzare dalla lava.

Ruberò qualche scorta prima, e mi arrangerò fino alla fine dei giochi con ciò che trovo. Mi serve solamente qualcosa con cui fare un esplosivo e un diversivo per permettermi la fuga. Certo, mi serviranno parecchi oggetti, ma dove potrei trovarli se non alla cornucopia? Se proprio non trovo niente di utile posso godere della loro forza finché il cerchio non si restringe. E poi fuga di nuovo. L'ideale sarebbe riuscire a manomettere le loro armi ma... è meglio volare basso. Non sono così brava.
Il vero problema è Riley: mi avrà anche fatto aggiungere al gruppo, ma il suo piano ha troppe incognite. Ho paura che combinerà un casino e che io ci finirò in mezzo. Non posso neanche farglielo notare, perché temo (anzi ne sono certa) che sia il tipo di persona che non accetta le critiche. Se capissero che il malessere della vittima è collegato a un veleno, potrebbero collegarla facilmente all'omicidio dato che credo che sappiano che il padre è un medico. Finirebbero per linciarla probabilmente e io con lei in quanto sua complice. Forse l'unica cosa da fare è confessarlo a Lars, sperando che sia un alleato più affidabile di Riley. In effetti la cosa è piuttosto sensata dato che nella precedente edizione non tradì nessuno.
“Hai trovato qualcosa?” mi chiede Riley affiancandomi. Per tutta risposta le mostro le piante. La mia alleata annuisce esaminando da vicino il prezzemolo.
“Ok, è veramente prezzemolo. Avevo paura che avessi colto della cicuta minore”
“Tanto il tuo intendo non era avvelenare qualcuno?” Riley mi lancia addosso un'altra occhiataccia e si allontana di nuovo in cerca di chissà cosa. Un altro punto per me.
Mi ricorda talvolta Bell-vecchio-broncio, uno degli ausiliari dell'orfanotrofio. I bambini si divertivano tantissimo a fargli i dispetti, e perfino io un giorno gli disegnai un sorriso sul volto con un indelebile. Kate rise così tanto...
Al ricordo del suo sorriso innocente, il mio stomaco si stringe in una morsa. Cosa sto diventando? La mietitura è avvenuta solamente la settimana scorsa, eppure io mi sento un'altra persona. Mai e poi mai avrei pensato di poter mentire a così tante persone, a fare così tanti doppi giochi. Ho sempre cercato di essere sincera con gli altri perché mi hanno insegnato che mentire è sbagliato. Eppure non ci ho pensato due volte ad unirmi a Riley e ad ideare il mio piano. A dire il vero non mi sono neppure lanciata in soccorso di Thomas durante il bagno di sangue. Avrei potuto salvarlo se mi fossi messa d'impegno, avrei potuto raggiungerlo e spingerlo fuori da quel massacro. Invece l'ho visto lanciarsi addosso a quello zainetto e... non ho fatto nulla, anche se sapevo che probabilmente sarebbe morto. La verità è che l'ho sempre visto come un peso, temevo di sprofondare insieme a lui se l'avessi preso con me, e io non voglio morire. Eppure lui si fidava di me, come probabilmente lo sta facendo anche Riley... mi sento un mostro. Lo sono davvero? Io desidero solamente tornare a casa e riabbracciare Kate, le ho promesso che sarei tornata. Voglio solamente costruirmi un futuro ed essere felice. È così sbagliato? La mia è una richiesta così disumana?
Ritorno alla cornucopia insieme a Riley, cercando recuperare la sfacciataggine di questa mattina, perché ne avrò realmente bisogno. Usiamo l'ora seguente per manomettere le confezioni di cibo non sigillate che dovranno essere necessariamente consumate nei prossimi giorni.
I tre favoriti rimasti arrivano poco dopo, sudati e indolenziti.
Lawrence è il primo che si accorge di me, e mi guarda con sguardo interrogativo.
“Che cosa significa questo?” mi indica rudemente
“Ehi! Io ho un nome!” mi lamento mettendo su un broncio infantile
“Sai, credo sia una di quelle cose per cui serve una riunione di gruppo prima di decidere” precisa Lars più diplomatico.
“Questa volta ho deciso io. Se proprio non ci va più la possiamo sempre uccidere”
“Ehi! Io sono qui” sottolineo con forza, piuttosto infastidita. Intravedo Lawrence ridacchiare sotto i baffi, mentre la sua compagna di distretto sembra piuttosto distratta e neppure mi considera. Brutta giornata?
Lars mi studia con attenzione ed inizio a sudare freddo. Ho come l'impressione che la mia vita dipenda solamente da un cenno della sua testa. Magari se mi concentro mi leggerà dentro e capirà che posso offrirgli una grossa mano. Fammientrarefammientrarefammientrare...
Il ragazzo continua ad essere in dubbio e dunque decido di buttarmi fra le sue braccia sotto gli occhi increduli degli altri “Ti prego!” lo supplico piagnucolando per poi aggiungere a bassa voce “Siete in pericolo”

 

Carlie Hamilton, tributo del distretto 9, arena

Infilo una delle compresse purificanti dentro la bottiglia piena d'acqua ed aspetto il tempo necessario affinché si sciolga. Sono arrivate giusto in tempo: né io ed Ane ci ricordavamo il metodo alternativo naturale per purificare l'acqua. Anche se fosse inoltre, non era un metodo completamente sicuro.
Abbiamo finalmente un altro problema in meno: le mie conoscenze sulle piante (unite a quelle di Ane) ci permettono di nutrirci in maniera sufficiente e la coperta ci ripara dal freddo. Il problema è tutto il resto: gli altri tributi, i pericoli dietro ogni angolo, l'ansia perenne. Dall'attacco di Donna non ho mai abbassato la guardia, perfino la notte rimango con un occhio aperto. La stanchezza sta iniziando a pesarmi e ho davvero tanta paura.

“Quanto ci impiega?” mi domanda Ane
“Una mezz'oretta all'incirca” le rispondo osservando la pastiglia che lentamente si scioglie. Il sapore dell'acqua sarà diverso in seguito, decisamente poco appetibile, ma dobbiamo sforzarci di fare buon viso a cattivo gioco. L'importante è che ci disseti, no?
Una goccia mi cade sul naso. Alzo la testa, ma non arriva nient'altro. Il cielo è ancora cupo come ieri. Qualche minuto dopo ne sento un'altra e un'altra ancora.
Mi volto verso Ane che sta ridendo istericamente “Ma ci pensi? Dopo un giorno e mezzo arriva il materiale per depurare l'acqua ed inizia a piovere. Che roba!”. Sorrido amaro, immaginando quale nuova trappola può nascondersi dietro questo apparente scherzo. Gli strateghi non sono stati assunti per assecondare il loro umorismo perverso, né per mandarci delle speranze. Sono qui per ucciderci.
Ane nel frattempo è a bocca aperta verso il cielo, facendo entrare dentro di sé le rade gocce.
“Ane! Può essere pericoloso!” la rimprovero.
Lei mi guarda sorridendo:” È solo acqua, principe”. La tentazione è effettivamente molto forte, ma devo resistere, non manca tanto alla nostra acqua depurata.
“È meglio se ci spostiamo” le consiglio riparandomi sotto un albero. Passano i minuti, ma non sembra emergere nulla di preoccupante. La pioggia non peggiora, continua a essere rada e poco minacciosa. Eppure sento che c'è qualcosa che non va, i miei sensi continuano a rimanere in allerta. Forse sono solo stressato.
“Mi ricorda il distretto 11” esordisce Ane “Mio fratello mi portava sempre fuori a giocare quando faceva questo tempo. Diceva che la pioggia cancellava la tristezza e che portava sempre tempi migliori”. È una prospettiva molto diversa da quella della mia famiglia: per noi la pioggia significa solo un giorno di paga in meno e mio padre in forte malumore.
“Hai un fratello?” le chiedo. Ane annuisce, mostrandomi il suo pendolo, il suo portafortuna.
“Me l'ha regalato lui” mi spiega, aggiungendo altri dettagli su questo Clè. Ascolto i suoi aneddoti, senza smettere per un solo secondo di pensare ai miei genitori. Quanto mi mancano... Chissà se mi stanno guardando anche adesso.
Dopo una mezz'oretta la bottiglia è finalmente pronta e bevo avidamente il contenuto, dividendolo con la mia amica. La finiamo in fretta, ma le nostre bocche non sono affatto sazie, tutt'altro: bramano ancora e ancora il contatto con l'umido.
Una decina di minuti dopo la pioggia inizia a diventare più insistente, e anche le gocce sono più grosse e fastidiose. L'albero non è più un riparo sufficiente, i nostri vestiti stanno incominciando a bagnarsi e iniziamo anche a sentire freddo. I brividi mi percorrono per tutto il corpo e finalmente capisco il loro piano. Non possiamo stare qui, non possiamo bagnarci oltre, o stanotte rischieremo grosso. Ma dove andare? Gli unici ripari che ho in mente sono le macerie intorno alla cornucopia, ma è fuori discussione: sono troppo lontani e ci sono i favoriti da quelle parti.
Non abbiamo tempo da perdere però, lasciamo il nostro debole rifugio per cercarne uno più serio e sicuro. La pioggia nel frattempo diventa sempre più fitta, e ci ritroviamo entrambi bagnati come dei pulcini. Anche i nostri movimenti ne risentono: diventiamo più lenti ed impacciati e, ad ogni nostro passo, rischiamo di inciampare. Continuo a guardarmi intorno freneticamente, finché non intravedo finalmente quello che sembra l'ingresso per una grotta.
“Da questa parte!” grido ad Ane.
Lo spazio è buio, angusto ed umido, ma sembra riparato. Recuperiamo il fiato, mentre ci strizziamo via di dosso l'acqua.
“Stai bene?” mi chiede Ane. Scuoto la testa parecchio sconsolato, mentre cerco di far attrito con le mani. Non va affatto bene. Dobbiamo assolutamente trovare una soluzione, e in fretta. Fra qualche ora calerà il sole e noi non siamo preparati. Non possiamo accendere alcun fuoco e i nostri vestiti non asciugheranno mai in tempo e la coperta... la coperta! Mi dirigo di fretta verso lo zaino e ne svuoto il contenuto. Tiro un sospiro di sollievo: è tutto asciutto al suo interno, probabilmente è fatto di un materiale impermeabile. Almeno abbiamo la coperta e un paio di calzini asciutti. Li sollevo, facendoli vedere ad Ane.
“Facciamo uno a testa?” mi chiede. È un pensiero carino il suo, ma completamente inutile. Un piede coperto a testa non migliorerebbe di certo la situazione. La verità è che può averli solo uno di noi due. Non me la sento di prenderli, mi sentirei troppo in colpa.
“Così staremo entrambi al freddo. No, lascia stare prendili tu”. Ane li guarda un po' titubante, ma poi accetta. La tentazione deve essere troppo forte. Ci sediamo l'uno accanto all'altro, stringendoci forte, per scaldarci, ma non aiuta tantissimo, ho i peli dritti perfino dietro al collo.
“Dovremo spogliarci” le annuncio serio. Ho letto alcuni libri dove due persone facevamo così per sopravvivere al freddo. Spero sia effettivamente utile. Di nuovo mezzo nudo davanti alle telecamere, non ci credo. Mi mordo il labbro cercando di uccidere l'imbarazzo. Non ho scelta in fondo. Questa strategia potrebbe salvarci entrambi.
Mi spoglio con lentezza, stendendo i panni per terra ed augurandomi che domani mattina siano già asciutti. Mi avvicino ad Ane e l'abbraccio nuovamente, cercando di soffocare il disagio e le lacrime. Mi sento perfino più vulnerabile rispetto alla sfilata, vorrei sparire nel nulla. Non sono come Ane, non mi piace espormi. Ogni mia imperfezione, ogni mio difetto è di fronte a tutti. Mi sento così sbagliato... tutto in me lo è. Insomma! Sto abbracciando una bellissima ragazza e non ne sono minimamente attratto, l'assenza di un'erezione sta urlando al mondo quanto io sia difettoso. Voglio solo scomparire...
“Principe!” mi chiama Ane cercando i miei occhi. Mi volto di scatto, ma riesce ad intravedere le lacrime. Mi dispiace così tanto, non voglio farla preoccupare... “Principe..” mi richiama più delicata, ma continuo a non rispondere. Non sono come difendermi in altri modi. Ane mi stringe ancora più forte, cercandomi di farmi capire che è vicina “Preferisci che ci rivestiamo?”. Scuoto la testa, questa strategia serve per sopravvivere, se ci fosse stata un'alternativa l'avrei presa in considerazione. “Cosa c'è che non va?” mi chiede. “Tutto”, vorrei risponderle, ma non voglio parlare dei miei casini di fronti a tutti. Voglio proteggere la mia intimità per quel minimo che posso. Non mi importa se una mia confessione catturerebbe maggiori sponsors.
Ane decide di accettare infine il mio silenzio ed inizia a raccontarmi altre storie del suo distretto per distrarmi. Mi parla di mitici paesaggi, di eroi scomparsi e di fanciulle da salvare. L'ascolto per tutta la notte, ogni sua parola mi rincuora e mi riscalda. Non la ringrazierò mai abbastanza. Per quel che mi riguarda lei è la mia eroina.

 

Charlie Jones, tributo del distretto 5, arena

Crollo a terra esausto vicino a delle rovine. Sono quasi due giorni che non chiudo occhio e la cosa sta iniziando a pesarmi. La testa mi gira e le gambe sono molli. Nella testa risuonano ancora le urla di Manuel e il suono della frusta. Farò anch'io quella fine? Preferirei di gran lunga essere preso da una delle frecce di Lars.
Chiudo gli occhi e prendo un profondo respiro. Se mi sforzo un attimo pozzo anche fingere di essere altrove. È calmo da queste parti, non vola una mosca. Mi ricordo quando Louis mi portava ai confini della città, dopo la scuola, in primavera. Rimanevamo là a sonnecchiare e a volte mi perdevo nell'osservare il suo profilo, soffermandomi sulle sue labbra. C'era la pace nel suo volto. Ero così sereno, quanto vorrei di nuovo sentirmi così.
Mi asciugo le lacrime e noto un coleottero che zampetta lì accanto. Mi fiondo su di lui come una furia e lo catturo. Sono sicuro che può essere mangiato: Gemma da bambina ne ingoiò uno per sbaglio, ma la guaritrice ci disse che non dovevamo preoccuparci di nulla e che ciò che non strozza ingrassa. Mi mordo il labbro cercando di cacciare via il disgusto e poi lo infilo in bocca intero. Sento le sue zampe che si muovono per la bocca e non reggo. Lo sputo all'istante, rigurgitando parte dei pochi liquidi che mi rimanevano. L'insetto prova a scappare, ma anche questa volta lo acchiappo. Non voglio arrendermi, non lo farò. Gli stacco la testa con le mani e lo rimetto in bocca. Mastico con fatica, finché non è andato tutto giù. Vorrei completare il mio pasto con una pianta lì vicino che mi ricorda il prezzemolo, ma decido di evitare. Non mi fido delle piante. Nel distretto 5 non ce ne sono tantissime, e non le riconosco. Decido dunque di masticare un filo d'erba. Helia mi aveva consigliato di farlo per attenuare la sensazione di sete.
Neanche un secondo dopo sento una goccia cadermi sulla mano. Mi rialzo incredulo, aspettando di nuovo il miracolo. Arriva la seconda goccia e la terza, e sento i miei occhi riempirsi di lacrime di gioia. L'euforia dura poco, perché mi rendo conto di non aver nulla con cui raccogliere questi frutti, né qualcosa con cui purificare le future pozzanghere. Mi rimane solamente dell'acqua destinata a bagnarmi e a farmi patire le nuove pene dell'inferno questa notte. La mia mente ritorna velocemente alla sofferenza, alla paura di non farcela, alle bolle e al dolore. Non posso sopravvivere di nuovo a una cosa del genere. Devo trovare riparo subito.
Corro verso le rovine, cercando al loro interno un rifugio sicuro. Mi appiatto contro una parete e tiro un sospiro di sollievo: lo scarso tetto è sufficiente per ripararmi. Quest'attimo di pace dura troppo poco. Non faccio in tempo ad accorgermi della polvere che mi cade sulla felpa che parte dell'edificio mi crolla addosso. Sono ancora vivo, ma quasi tutto il mio corpo è rimasto qua sotto. Per quanto provi a muovermi non riesco assolutamente a sgusciare fuori di qui. Mi faccio prendere dal panico e mi agito ancora di più, finendo solamente per farmi del male. Sono finito, morirò qui. Lentamente ed inevitabilmente.
Sbatto la testa ripetutamente per la frustrazione finché non sento qualcuno avvicinarsi. Sento i miei muscoli irrigidirsi, non so cosa aspettarmi. Un alleato? Un nemico? Trattengo il respiro finché non vedo il tributo in questione. Un nemico.
Sidney si avvicina con la sua corporatura quasi rachitica messa in maggiore evidenza dal fatto che indossa solamente la biancheria intima e gli scarponi neri. Perché fra tutti proprio lei? E poi perché è mezza nuda?
“Ah, sei tu” mi saluta delusa
“Sidney” ricambio
“Iv ti aveva sentito e ho deciso di osservarti finché non è crollato tutto” La cosa è decisamente sospetta, soprattutto per il fatto che mi stia parlando. Nella scorsa settimana mi ha rivolto parola poche volte. Cosa vuole?
“Come mai sei senza vestiti?” le chiedo incuriosito
“Non volevo bagnarli, tutto qui”
“Hai accettato di bagnarti per venire qui? Perché?” Qualcosa non mi quadra. Non può averlo fatto per uccidermi, morirei in ogni caso qui. Non ne valeva la pena.
“Per liberarti ovviamente, schiocchino” mi risponde lei sorridendo. Sgrano gli occhi incredulo. È veramente Sidney quella ragazza? “Non guardarmi così, voglio davvero liberarti”. Sorrido felice, credo di aver sbagliato a giudicarla per tutto questo tempo. Chi l'avrebbe mai detto che Sidney mi avrebbe salvato la vita?
“Grazie” le dico cercando di farle capire tutta la mia gratitudine
“Perchè?” mi risponde glaciale. Il mio cuore smette di battere per un secondo e l'osservo impaurito “Ho detto che ti liberavo, non che ti salvavo”. Provo a divincolarmi con maggiore forza, ma è tutto inutile, sono alla sua mercé. “Mi serve la tua felpa per coprire Iv questa notte e i tuoi pantaloni per asciugarmi” aggiunge mentre cerca un masso “Vedrai sarà una cosa rapida” No, no, no, no, no, no, non può finire così! Non voglio morire! Non voglio! Aiuto! Aiutatemi!
“Pietà! Pietà” urlo a squarciagola. Le mie suppliche però sembrano che abbiano il solo effetto di divertirla ancora di più. Sidney si avvicina a me armata. Mi sorride sadica, mentre la mia mente ritorna fra le braccia di mia madre, alle risate di Gemma e da Louis. Il masso si abbatte su di me due volte.

 

Eos, senza-voce/prostituta, Capitol City

Guardo la porta nera davanti a me. Osservo i suoi dettagli cercando di memorizzarne il più possibile: la maniglia economica piena di ditate unte, il legno scheggiato e rovinato, gli insettini che si arrampicano sull'anta... Una porta marcia e peccaminosa come l'uomo che si trova dietro di essa! Stringo forte i pugni, cercando di scaricare la furia cieca che monta dentro di me da anni ormai. A breve avrò finalmente il modo per sfogarmi, devo solo resistere fino a quel momento. Guardo la luna piena sopra di me e prego affinché tutto vada come deve andare. Non mi importa cosa ne sarà di me, Dreeg deve morire, basta. Macchierò anche la mia anima, ma riuscirò a salvare quelle degli altri con il mio sacrificio. Ha ragione Juliet: io sono l'aurora che porterà lontano questa notte senza luce. Che la dea abbia pietà di me.
Conto fino a dieci ed indosso la mia solita maschera, quella della senza-voce priva di emozioni. L'automa ubbidiente in cui hanno voluto trasformarmi.

Osservo se ci sia qualcuno intorno a me, poi busso alla porta composta, aspettando che qualcuno mi apra. Pochi secondi dopo mi appare un uomo incredibilmente alto e massiccio, con giacca e cravatta. Mi squadra dall'alto verso il basso, con quell'aria di superiorità che ho così tanto spesso incontrato negli ultimi cinque anni. Come se fosse una persona migliore di me. Forse si è dimenticato che si guadagna da vivere proteggendo un mostro.
“Entra” mi ordina lui. L'arrendamento è in linea con la porta d'ingresso: squallido, sporco ed abbandonato. Il rifugio segreto ideale per un verme.
“È arrivata la troia?” esordisce quel porco di Dreeg apparendo da chissà dove, dandomi una pesante manata nel sedere. Mi stringo forte le mani per resistere alla tentazione di tirargli un ceffone. C'è tempo per tutto. Il presidente mi sorride con quel suo sorriso viscido e falso, ma in realtà non mi vede. Non riconosce i miei occhi occhi, né questi capelli, figuriamoci queste labbra. Sono solo una delle tante senza-voce per lui. Non ricorda di avermi rovinato la vita. Io si però, io non dimentico.
Accenno con la testa un sì, incapace di rispondere con le parole. “Puoi andare” dice accennando alla sua guardia del corpo.
“Ma, signore!” obietta lui.
“Non vorrai mica stare qui a guardare! Vattene!” replica Dreeg allungando il braccio come se cercasse di scacciare una mosca fastidiosa. Senza neanche aspettare che esca di fuori, il presidente mi prende per il polso e mi trascina facilmente nella stanza accanto. Sopra ad un tavolo c'è una ventiquattrore aperta e al suo interno intravedo siringhe e flaconi trasparenti. Morfamina. Il piano di Snow sta procedendo alla perfezione dunque.
“Ne vuoi un po'? Per questa volta è gratis” mi dice indicando una delle dosi. Scuoto la testa, sedendomi sopra a una delle scomode sedie.
“Bel posto vero?” mi chiede lui mentre rompe la custodia di plastica della siringa “Ci pensi che una volta era un posto di ritrovo per quelle pazze?” Serro gli occhi inclinando la testa. Di cosa sta parlando? “Sì, dai, quelle pazze fanatiche che lodavano la luna”. Batto la punta del piede velocemente a terra, cercando di scaricare così la rabbia. Ricordo ogni articolo di quella legge che mise al bando il nostro innocuo credo. Ci accusarono di voler riportare in vita la religione, da sempre fonte di guerra e di dolore. Nulla di più falso: volevamo solamente ricordare l'importanza della vita, della natura, della pace, della meditazione e della procreazione! Avevamo intenti nobili, ma dopo l'emanazione ci disperdemmo. Rimanemmo in pochissime, ma ai loro occhi eravamo pur sempre pericolose. Per loro eravamo sovversive anarchiche. Volevamo solamente raggiungere la pace con la preghiera anziché con le bombe.
Quando fu trovato il pacco-bomba, Dreeg colse due piccioni con un fava e mi condannò, anche se non c'entravo assolutamente nulla con quella storia. Prese una a caso delle adepte, con il solo scopo di terrorizzare le altre. Non ho mai fatto del male a nessuno, mai alzato la voce, mai cercato di allargare il numero dei fedeli. Ero solo una semplice sacerdotessa. Volevo solo servire in libertà.
Ora sono una schiava che non ha neppure più il suo corpo, senza famiglia, senza amici, senza casa. Sola, ma con una nuova ragione di vita.
“Sei timida, eh?” scherza facendo finta di non sapere che non posso parlare “Pazienza, tanto non mi serve il tuo cervello” aggiunge viscido accarezzandomi una coscia.
Neppure si è accorto della mia tensione, troppo ossessionato dalla sua droga. Ha ragione Rogers: quella è la sua unica ragione di vita, non riesce più a pensare ad altro. Un leader che non è in grado di pensare alla sua gente è un leader finito. Non so se Snow sarà meglio di lui, ma sono sicura per lo meno di affidare la nazione a un uomo più scaltro e determinato. Niente può essere peggio di un uomo che disintegra un distretto.
Osservo mentre Dreeg si infila il grosso ago dentro la vena. La dose che ha preso è molto alta, come ci si aspetta da un frequentatore abituale della sostanza. Sul suo volto appare un sorrido beato, poi si alza in piedi e mi trascina nella camera. Dopo di che mi getta con forza nel letto euforico.
Mi faccio spogliare senza oppormi, pensando solamente al mio futuro obiettivo. Fisso il soffitto cercando di ignorare le sue mani, i suoi gemiti, le sue spinte e le sue parole. Continuo a concentrarmi sul cuscino che premerò sulla sua faccia, sull'immagine di lui morto, sulla mia ira che finalmente sarà soddisfatta dopo tutti questi anni. La mia vendetta finalmente. Questo è solo un sacrificio necessario. Una tortura veloce imparagonabile a ciò che mi hanno già fatto.
Una volta concluso il lavoro Dreeg si accascia al mio fianco, con il fiato corto e il volto stanco. Si addormenta poco dopo, sopraffatto dalla stanchezza e dalla morfamina. L'effetto eccitante si è decisamente concluso.
Osservo il suo volto che è apparentemente quello di uomo anziano e solo. Non mi faccio ingannare però, so bene cosa si nasconde là dietro: la crudeltà, il sadismo, l'egoismo e il menefreghismo. Dreeg è il male, incarna tutto ciò che è contrario alla mia fede. È l'uomo che mi ha tolto tutto, perfino il mio nome! Mi ha ridotto a un niente e non posso non contraccambiare spezzandogli la vita.
Prendo il cuscino in mano e lo pigio con forza sul suo volto. Dreeg prova ad opporsi, ma non ci riesce, è troppo indebolito. Continuo a premere anche dopo, quando ha smesso di lottare.
È morto finalmente, ma non sono soddisfatta. Avrei voluto ucciderlo in maniera diversa, con centinaia di coltellate. Avrei voluto sacrificarlo alla dea, anche se il nostro culto non accetta sacrifici umani. Sono sicura però che per lui la dea avrebbe fatto un'eccezione. Faccio fatica perfino a trattenermi dallo sputargli addosso. I patti erano chiari, loro mi facevano questo regalo, e io dovevo attenermi al piano. Nulla di più.
Mi rivesto in fretta e lascio la stanza, senza voltarmi indietro.

 

 

 

 

 

Il presidente è morto, lunga vita al presidente!

Non c'è stato ancora il grande scontro fra i favoriti! Non volevo mettere troppa carne al fuoco, spero mi capiate, ma non tarderà comunque ad arrivare state tranquilli (due capitoli?). Abbiamo avuto i nostri due morti. A Connor è andata male, con gli sponsors avevo intenzione di farlo crepare molto più in là, mentre Charlie gli è andata grassa visto che nei piani originali doveva morire il capitolo scorso XD

Per la parte sulla morfamina ho ipotizzato che agisse similmente (ma non uguale) all'eroina.

Non so quando arriverà il prossimo capitolo, ho bisogno di una pausa perché scrivere sta diventando un lavoro, e non dovrebbe esserlo.

Alla prossima (con nuove morti e quando mi va)!

 

p.s. vi voglio con l'hastang #fuoriRileydentroHarriet

 

p.s.s. lodate la luna!

 

 

 

Lista dei vivi (15):

Emma, Lawrence (distretto1), Riley, Achille (distretto 2), Harriet (distretto 3), Lars (distretto 4), Sidney (distretto 5), Spencer, Stacey (distretto 6), Silk (distretto 8), Carlie (distretto 9), Abe (distretto 10), Ane (distretto 11), Rose e Killian (distretto 12)

 

 

Morti:

17° Connor Macleod, tributo del distretto 7, morto in seguito all'operazione (4 pov)

16° Charlie Jones, tributo del distretto 5, ucciso da Sidney (5 pov)

 

Feriti (del capitolo):

Tutti i tributi (più o meno bagnati)

Lawrence, Riley (feriti, in guarigione)

Iv (ferita, in via di guarigione)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Umanità ***


Giorno 4, mattina

Alexander Armstrong, aiuto registra, Capitol City

Ho finito di vestirmi, ma qualcosa non mi convince. Forse dovrei puntare su un look più maturo, magari dovrei cambiare camicia o cravatta. Ho paura che non mi prenderanno sul serio. In fondo sono molto giovane ed oggi incontrerò persone molto influenti.
“Sei nervoso?” mi chiede Astrid posandosi dietro di me “Stai benissimo Alexander, farai un figurone” aggiunge con un sorriso ammaliante. È bellissima come sempre, con il suo completo blu. I suoi occhi sono contornati con una matita nera, mentre i suoi riccioli dorati sono in perfetto ordine. Insieme alla sua eleganza, la sua caparbietà e il suo talento, Astrid è sicuramente la ragione per cui ogni mia relazione è naufragata. Sono stufo delle ragazzine, al mio fianco voglio una donna come lei.

“Un pochino, signorina” confesso. Non voglio fare brutte figure di fronte al leader della futura nazione. La mia carriera dipende anche da questo.
“Non ce n'è bisogno, andrai benissimo” sentenzia lei dandomi una leggera carezza sul volto, quasi materna. Non conoscevo questo suo lato dolce, e ciò non fa altro che aumentare la mia adorazione nei suoi confronti.
Usciamo insieme dall'appartamento e ci dirigiamo dentro la macchina nera che già ci aspetta. Il viaggio è più corto del previsto grazie alla corsia preferenziale riservata ai vips. Tutto merito di Astrid, altrimenti ci avremmo impiegato anche delle ore, troppe per un percorso così breve. Il traffico a Capitol è davvero insopportabile. Devo confessare che un po' mi dispiace però: un viaggio più lungo avrebbe comportato del tempo in più da passare insieme alla mia mentore, ma nello stesso tempo avrei dovuto frenare più a lungo il mio istinto di assaltarla e baciarla. Iniziare una relazione con lei sarebbe troppo pericoloso. Non posso rischiare di perdere tutto per la mia lussuria.
Raggiungiamo la villa presidenziale e non posso che fermarmi ad osservarla in tutto il suo splendore. Dicono in giro che Snow voglia allargare i giardini e ristrutturare gli interni, in modo tale che diventi un vero e proprio capolavoro dell'arredamento.
Saranno duri per lui i primi tempi: deve stabilizzare il proprio potere, confermare le proprie amicizie ed eliminare politicamente gli avversari rimasti. Nello stesso tempo dovrà conquistare il cuore di Capitol e mostrare il pugno duro ai distretti. Ho letto molto su di lui, è escluso che voglia cercare un maggiore dialogo con il resto di Panem. Oggi ci sarà l'instaurazione ufficiale del suo regime, solo i posteri potranno dire se oggi sia stata una buona o una cattiva giornata per la nazione. Intanto però posso solo constatare il presente: buona parte di Capitol lo appoggia: molti pensano che sia stata la debolezza di Dreeg a far nascere gli anni scuri. La gente prega per una maggiore sicurezza e un maggior controllo, poco importa del prezzo. Snow sembra essere l'uomo adatto per rispondere a questa esigenza.
L'abitazione è circondata da pacificatori, chiaro segnale dell'instabilità del momento. Gli altri invitati però non sembrano essere preoccupati per questo, ma anzi, continuano a commentare deliziati i primissimi cambiamenti esterni apportati, a spettegolare sull'imbarazzante morte del presidente o a criticare gli abiti indossati dagli altri per la giornata. Quando vedo scene del genere inizio a pensare che gli stereotipi che hanno i distretti su di noi non sono poi così del tutto errati, ma grazie al cielo esistono persone con il cervello anche da queste parti.
Astrid mi chiede di accompagnarla verso un uomo dai capelli rossi dall'aria famigliare, ma certo è Fabius, il primo stratega. Sembra molto teso, ma sinceramente l'ho sempre visto con quella espressione in televisione. Normale direi, siamo nel cuore dei giochi. È circondato da uomini e donne di ogni età che gli chiedono maggiori informazioni rispetto a quello che è successo o capiterà in arena. Sento gente chiedergli se è vero che Lars ha chiesto personalmente di rientrare in arena, che fine farebbe Iv se Sidney morisse o quale sarà la prossima sorpresa. Altri ancora invece comunicano il loro favorito. Sento spesso i nomi di Lars, Abe, Sidney e Harriet. Capitol ha come ogni anno dei nuovi eroi.
Fabius ascolta tutti e cerca di rispondere in maniera educata, senza rivelare troppi dettagli per il futuro od esternare le sue personali preferenze. Il gruppo rimane lì attorno per una mezz'oretta. Solamente in seguito Fabius si accorge della nostra presenza e saluta Asdrit con calore.
“Non ci si vede da un po'” commenta lui con un sorriso pacato
“Siamo stati entrambi sommersi dal lavoro”
Fabius sospira sconsolato “E tu pensa che con tutto quel che ho da fare, devo anche perdere tempo qui. Sarà una mattinata tranquilla temo. Mi rifarò oggi pomeriggio, o domani, lo giuro” aggiunge nervoso, celando una certa rabbia.
Astrid gli mette una mano sulla spalle per rincuorarlo “Rilassati, goditi la festa. Stai andando benissimo. Gli hai sentiti i commenti?” Fabius annuisce distrattamente, per poi concentrarsi su di me “Ah, lui è il mio assistente, Alexander, un giovane molto talentuoso” Fabius mi stringe la mano con fermezza
“Devi essere bravo per aver catturato l'attenzione di Astrid” dice con un sorriso cordiale.
Sorrido, un po' imbarazzato di fronte al complimento “La ringrazio tanto, apprezzo molto il lavoro che sta facendo. L'idea di fare l'arena ispirata al distretto 13 è geniale. La signorina Mars mi ha spiegato i suoi intenti e sono molto nobili”.
Fabius sorride amaro “A volte mi chiedo se non ci siano altre vie per evitare un conflitto”. Strano pensiero per un primo stratega, a volte dimentico che dietro a loro ruolo di organizzatori si nasconde un essere umano. Se non sbaglio ha anche una figlia.
“Sta funzionando, però” gli faccio notare “Le insurrezioni sono praticamente estinte dall'instaurazione dei giochi” E Capitol non si fa troppe domande su quello che sta accadendo intorno a sé, vorrei aggiungere, ma dato il luogo è meglio che tenga questo pensiero per me.
“Sono d'accordo” aggiunge Astrid “Siamo promemoria viventi, Fabius”
“Lo so. Solo che vorrei che il male non fosse necessario. Scusatemi, devo andare” Fabius si allontana nervosamente. Lo osservo andarsene, prima di voltarmi dubbioso verso Astrid
“Non cambia mai” commenta sconsolata “È fatto così Alexander, non preoccuparti. Si fa tante paranoie, ma fa sempre il suo dovere. Sa l'importanza del suo lavoro e non si farà schiacciare da niente” Annuisco, senza smettere di fissarla “Anche noi abbiamo il nostro lavoro. Dobbiamo ricordare alla nazione perché Snow ci serve. Qualche idea?” mi chiede.
“Evitiamo documentari in senso stretto” esordisco “Potremo metterci i soli elementi coinvolgenti”
“Sesso, sangue e soldi, eh?” commenta Astrid “Potrebbe funzionare. Cercheremo testimoni con storie che rispettano questi standard, o ce le inventeremo al limite. Mi stanno già frullando delle idee. Bravo Alexander! Di questo passo potresti essere tu il prossimo primo stratega!”

 

Achille Pelide, tributo del distretto 2, arena

Continuo a fissare il cielo nello stesso punto in cui ho visto il volto di Connor per l'ultima volta. Non posso ancora credere che sia morto. Sebbene non sia il responsabile della sua morte, non posso non sentirmi in colpa. Mi sono proposto io come leader di questa alleanza, e in soli due giorni ci siamo dimezzati. Prima Norma e poi lui, mi chiedo chi sia il prossimo.
Osservo Rose, pigramente seduta per terra che mastica lentamente delle noci. È forte la mia piccola, ma mi chiedo quanto riuscirà a resistere ancora. Ha preso molto male la scomparsa del nostro amico. Era assolutamente inconsolabile, quasi non sentiva i miei abbracci o le mie rassicurazioni. Colpa mia, era poco convincente. Continuavo a pensare a Connor, al suo dolore, al mio fallimento come leader. Un altro dubbio poi mi ha attraversato la mente: se Rose ne uscisse viva, riuscirebbe a rialzarsi in piedi? Ogni giorno che rimaniamo qui si spegne sempre di più, schiacciata dalla paura, dall'ansia, dalla perdita, dai ricordi della sorella e dalla sua impotenza. Si è lamentata per giorni del fatto che avrebbe potuto fare di più. Nulla è valso il mio tentativo di farle capire che è stata fin troppo brava. Solo questa mattina pare essersi calmata. La mia piccola guerriera... se solo fosse nata altrove o almeno in un'altra epoca.

Mi tolgo la t-shirt non riuscendo più a reggere il caldo. Questi sbalzi termici ci uccideranno. Ricordo quasi con nostalgia l'acquazzone di un giorno e mezzo fa. Le temperature bollenti partite ieri mattina hanno prosciugato ogni pozzanghera della zona e dunque fatto sparire nel nulla ogni nostra fonte d'acqua nelle immediate vicinanze. Il che significa che siamo costretti a trasferirci presso quella sorta di stagno trovato il secondo giorno. Almeno abbiamo una speranza. I primi giorni sono stati tremendi, non solo per il serpente forbice, ma anche per quella opprimente sensazione di sete che non riuscivamo assolutamente a soddisfare. La pioggia e le pozzanghere ci hanno dato nuova vita. Non sarebbe mai accaduto se Connor non avesse avuto quell'intuizione e non ce l'avesse comunicata prima di spirare. “Il tubicino purifica”... non potrò mai ringraziarlo abbastanza. Ci abbiamo messo ore a capire che parlava del tubicino misterioso dentro lo zaino. Ci stavamo dannando per l'acqua e avevamo già la soluzione.
Il colpo del cannone mi distrae dai miei pensieri. I miei muscoli si irrigidiscono e vedo con la coda dell'occhio Rose che si alza di scatto, nervosa. Ci guardiamo intorno freneticamente, ma non vediamo niente, né sentiamo qualcosa. Forse è accaduto da tutt'altra parte, forse non c'è alcun reale pericolo nei dintorni. C'è stato solamente un altro morto, qualcun altro che è tornato nella polvere. Solamente stasera riusciremo a scoprire chi è. E quattordici rimasero.
Sento Rose accasciarsi al suolo stanca morta.
“Va tutto bene?” le chiedo gentilmente.
“Non molto... il cerchio si sta restringendo Achille” e la sensazione di morte si fa sempre più opprimente, la capisco benissimo. All'accademia dedicavano uno spazio anche per imparare a gestire lo stress psicologico dato dall'arena ma... è veramente dura. Non so neppure io in cosa sperare. Da un lato voglio vincere, ma se penso che la mia vita comporterebbe la morte di Rose... non voglio. La sola idea di lei insanguinata e senza vita mi fa piegare in due dal dolore. No... è inutile pensarci, siamo ancora in troppi per arrovellarmi su questi pensieri. Devo solo pensare a farcela e a proteggere Rose per ora, nulla di più.
Apro lo zaino, cercando un oggetto preciso. Lo trovo con facilità dato che molto del materiale che ci è rimasto occupa poco spazio. Osservo il fischietto alla luce del sole, beandomi del suo scintillio metallico. Non sarà mai bella come Turadot però.
“Tieni” dico a Rose lanciandoglielo. L'afferra al volo, esaminando l'oggetto con curiosità
“Cosa ci dovrei fare?” mi chiede ingenuamente
“Siamo rimasti solo io e te. Le possibilità di separarci aumentano. Se sei in pericolo suona, e io correrò da te” Rose osserva il fischietto distratta, accennando con la testa un timido ringraziamento “Cosa?” le chiedo incuriosito. Faccio fatica a riconoscerla. Non sembra quasi lei con quelle occhiaie.
“Non voglio separarmi. L'ultima volta che è successo Connor è morto”
“Sarebbe stato morso anche se fossimo stati là, anzi, stando con lui magari saremmo stati morsi tutti e tre” Rose scuote la testa sconsolata. Nei suoi occhi intravedo delle lacrime
“Non ci riesco. Pensavo di aver accettato l'arena e tutto ciò che porta con sé... ma...” sul suo volto appare un sorriso amarissimo “... non è umano tutto questo, Achille!”
“Lo è” le rispondo cinico. Questa è soltanto l'ennesima bassezza che il genere umano è riuscito a raggiungere. Non esiste un limite al peggio. Come ci si può fidare di una specie che se la prende con un bambino solamente perché è diverso? Isolato, deriso ed umiliato. La mia infanzia è ricca di ricordi del genere. Poche persone si salvano da questo macello come i miei genitori, Connor, Norma e Rose. Non posso perdere tutti loro, ho bisogno di sapere che non è tutto da buttare, che esiste ancora un motivo per lottare in questo mondo malato.
La cosa peggiore, però è che ho davvero l'impressione di aver visto solamente l'inizio dell'inferno.
La mia alleata mi abbraccia in cerca di conforto e io l'accolgo senza battere ciglio.
“Dobbiamo andare” le annuncio solenne. Rose annuisce e raccoglie lo zaino, preparandosi a uno nuovo duro giorno.

 

Warwick Abe Reed, tributo del distretto 10, arena

Piano, piano. Piano, piano. Fermati. Controlla. I favoriti sembrano essere coinvolti in un'accesa discussione, giornata fortunata. Buon per me per due principali motivi: le tensioni rendono più debole la loro alleanza, e inoltre, li distraggono da minacce silenziose come me e le mie abilità furtive.
Entro nella cornucopia di soppianto stando attento a non farmi vedere. Afferro due lattine di piselli in scatola, una bottiglietta d'acqua e un po' di riso liofilizzato sfuso dentro a uno dei badili di legno. L'ho mangiato anche la prima serata in arena, è buono anche se non eccellente. Mi basterà tornare al fiume e riempire la piccola pentola di rame d'acqua, posizionare la mia lente d'ingrandimento al sole e voilà, pranzo pronto. Certo ci metterò un po', ma ne varrà la pena. Stupido Abe, ora smetti di sbavare e finisci di sgraffignare. Arraffo ciò che posso e me la svigno in fretta, prima che qualcuno si accorga della mia presenza. Non ricordavo che i furti fossero così emozionanti, ma sarebbe stato meglio avere Kylian e Emilie accanto a me, o forse no, almeno non sento le lamentele della mia amica... Va bene, l'ammetto, mi mancano anche le sue lagne. È un vizio molto brutto quello di mentire a se stessi e non voglio iniziare. Non voglio però neppure farmi trascinare dalla nostalgia di casa e decido dunque di concentrami sul mio percorso per evitare di andare a sbattere contro qualche albero.

Ci impiego due ore a raggiungere il mio nascondiglio e ne approfitto subito per posizionare la pentola piena d'acqua sotto il sole (dannatamente) cocente. Più difficile invece è trovare un modo per posizionare la lente senza farla cadere nell'acqua, ma con un po' di corda e di bastoncini trovo il rimedio anche per questo. Posiziono una trappola intorno al mio futuro pasto (tanto per essere sicuri) e vado finalmente a riposarmi sotto l'ombra. Tiro un sospiro di sollievo mentre osservo il cielo sopra di me. E' di un azzurro splendido. Anche oggi riuscirò a mangiare. Devo dire che fino ad ora gli Hunger Games non mi hanno riservato sorprese troppo brutte, le uniche eccezioni sono date da quell'assalto di orsi e dall'acquazzone dell'altro giorno. Nel primo caso me la sono cavata arrampicandomi come una furia su un albero, riportando solamente qualche graffio, mentre nel secondo caso devo ringraziare l'impermeabile che era dentro lo zaino. Si è rivelato decisamente utile: al suo interno ho anche trovato una bottiglia d'acqua (vuota, ma pur sempre un contenitore) e delle mutande pulite. È stata una gioia scoprire che avevo un ricambio. Sono uscito dal bagno di sangue completamente imbrattato, ero disgustoso. Ero fuori di me quando ho trovato il fiume: non solo avevo finalmente dell'acqua, ma anche l'occasione giusta per lavarsi. Circa.
Dal cielo cade un piccolo paracadute argentato che mi riempie il cuore di speranza. Apro avidamente il contenuto per ritrovarci al suo interno... che diavolo è? Osservo bene l'oggetto violaceo a forma di pecora e l'avvicino al naso per sentirne l'odore. Lavanda. Al tatto è compatto e mi accorgo che si scioglie leggermente al contatto con la mia pelle sudata.
Getto l'oggetto per terra con rabbia. Ma stiamo scherzando? Chi è lo sponsor testa di cazzo che me l'ha inviato? Fra tutti gli oggetti che potrebbero servirmi mi regalano una saponetta per lavarmi? Capisco di essere uno straccio, ma... Raccolgo la saponetta. Devo dire che ha una forma simpatica e che ha una sua utilità, in fondo. Chissà se è possibile utilizzarlo come parte di una trappola: la vittima scivola sulla saponetta e... trattengo a stento un sorriso, troppo demenziale.
Torno dalla mia pentola di rame, il riso dovrebbe essere pronto. Cerco di scolare il contenuto stando attento a non rovesciare la parte nutriente. Risotto ai porcini con prezzemolo. A capitol ne ho mangiato parecchio e sono felice di rivedere questo piatto anche qui.
Utilizzo come cucchiaio un piccolo pezzo di corteggia ed infilo in bocca il caldo contenuto. Divoro il piatto con gusto, per poi sdraiarmi sopra un ramo a schiacciare un riposino. Ne ho bisogno davvero data le nottate che sto facendo, senza contare che lo stupido caldo mi manda sempre in catalessi.
Mi risveglio con forti dolori addominali. Mi porto la mano destra all'altezza della pancia ma noto delle divertenti strisce di luce colorate attaccate alle dita. L'incanto mi distrae dal dolore, e provo ad agitarla e... ahahahahah.... i colori! Sono un arcobaleno. Che bello, lo vedrà anche il pubblico a casa? E mio zio che diceva che non avrei mai combinato nulla di buono nella vita!
“Guardami, vecchio stronzo! Sono un arcobaleno!” urlo a pieni polmoni verso il cielo.
Nella caduta i colori diventano più sgargianti e il mio corpo più leggero. Che sensazione meravigliosa. Lo zucchero filato su cui mi sono appoggiato è duro, ma poco importa.
“Sono un arcobaleno!” urlo a voce alta per essere sicuro che tutti mi sentano, poi scoppio nuovamente a ridere. Sento dei picchi sorridenti avvicinarsi alle tempie e inizia a tamburellare un ritmo famigliare che chissà per quale motivo odiavo tantissimo. Provo a sforzarmi a ricordare, quando improvvisamente il cielo diventa nero. Intravedo vicino a me delle minacciose formiche giganti avvicinarsi a passo di guerra. Mi guardo intorno ma noto che sono dovunque. Ibridi! Devo fuggire!
Urlo dal terrore e mi alzo in piedi cercando di scappare via, ma finisco per inciampare sui miei stessi piedi. Crollo nuovamente a terra e vomito l'anima. Dove sono finiti i colori di poco fa?
Cerco di rialzarmi da per terra, ma non ci riesco. La testa mi gira come una trottola, ho paura di cadere di nuovo. Inizio a respirare affannosamente in preda al panico. Cosa mi sta succedendo? Provo ad urlare aiuto, ma nessuno mi risponde. Stavo così bene, mentre ora... Noto enormi chiazze di sangue vicino a me, e sento il rumore della folla rabbiosa avvicinarsi. Mi tappo le orecchie con forza per non sentire. Stanno tornando di nuovo, dopo tutti questi anni. Sono qui per me, lo so.
Prima di perdere i sensi intravedo una figura maschile avvinarsi. Papà?

 

Spencer Triangle, tributo del distretto 6, arena

Mi muovo da una parte all'altra della stanza agitato. Fra una quarantina di minuti sarò sul treno e dirò forse addio per sempre al distretto 6. L'aver agito nel giusto è l'unica cosa che mi rincuora, ne sarà valsa sicuramente la pena. Francis continuerà a vivere insieme al fratello e non conoscerà gli orrori dell'istituto. Chissà, magari riuscirò anche a cavarmela e a tornare a casa. Non è ancora tutto perduto.
Signorino Triangle, ci sono visite per lei” mi annuncia il pacificatore. Subito dopo entra mio padre. L'osservo nei suoi occhi verdi e noto subito una nuova sfumatura. Papà ha sempre avuto l'aria triste in ogni mio ricordo, ma adesso sembra perfino peggio di prima. Sarà anche giovane, ma i suoi occhi sono quelli di un anziano che ha sofferto troppo per una vita sola. Quando mi sono offerto volontario non ho pensato a lui e ora me ne vergogno. Non volevo fargli altro male, davvero.

Continuiamo ad osservarci per un po' senza dire nulla, incapaci di trovare le parole per dirci addio. Non possiamo però stare così, qualcuno deve pur prendere il coraggio!
Papà..” biascico cercando di aprire un discorso. Lui sospira incrociando le braccia.
Avrei dovuto immaginarlo... sei come Janet”. Il sentire il nome di mia madre mi fa fermare il cuore: non parliamo praticamente mai di lei. La sua morte ha lasciato un vuoto troppo grande e nessuno di noi due è mai riuscito a colmarlo. È l'occasione giusta questa, sento che posso fargli tutte quelle domande che mi hanno attraversato la mente in quasi dodici anni di esistenza.
In che senso, papà?” gli chiedo. Sul suo volto appare un sorriso devastato
Il vostro idealismo, il vostro senso del sacrificio, la vostra testardaggine... Sono tutte caratteristiche che vi hanno reso unici, e nello stesso tempo, non fanno altro che mettervi nei guai. Lei è morta per questo e se penso che anche tu farai questa fine...” La scomparsa della mamma. Un mistero che mi ha impedito di dormire per troppe notti. Mi avvicino a mio padre e gli prendo la mano. Posso solo immaginare quanto sia difficile per lui, so che l'amava con tutto se stesso. Tutta la rabbia che ho accumulato nei suoi confronti sembra svanita nel nulla. Di fronte a me non c'è più un uomo solitario e taciturno, ma un uomo depresso che ha perso tutto. Me compreso.
Come morì? Voglio saperlo” Papà sospira lentamente, evitando di guardarmi. Il suo sguardo invece indugia verso il basso, come se stesse raccogliendo dalle ceneri dolorosi ricordi.
Lavorava come operaia dietro alla macelleria di Ceds. Faceva turni massacranti e guadagnava pochissimo. Rischiava il licenziamento in continuazione. Tutti là dentro rischiavano di tornare a casa da un momento all'altro. Ogni scusa era valida per cacciarli via per prendere al loro posto personale più giovane e meno qualificato e per questo meno costoso. Tu sai quanto sia importante avere un lavoro” Eccome. Ricordo quando i genitori di Lisa si ritrovarono a casa da un momento all'altro. Ridotti sul lastrico, senza cibo ed acqua. Riuscirono a cavarsela solo grazie a una colletta. “Tua madre diceva che non poteva starsene con le mani in mano, doveva agire. Non era il tipo da voltare le spalle alle sofferenze degli altri. Ed agì: iniziò a formare in gran segreto un sindacato”. La rivelazione mi lascia piacevolmente sorpreso: non pensavo che la mamma fosse così figa.
Come ci riuscì?” Difficilmente riesco ad immaginarmi il distretto 6 organizzarsi in questo modo.
Era molto persuasiva” mi spiega con un sorriso. Non l'ho mai visto così, la mamma doveva essere proprio fantastica. “Inutile dirti che il suo era un progetto molto pericoloso. I ricordi del fallimento della ribellione erano ancora molto vivi e uno dei suoi decise perciò di venderla a Capitol in cambio del perdono”
Drapeau” annuncio senza neanche pensarci, come se la mia mente avesse capito in automatico il collegamento fra le nostre due famiglie. “Vigliacco” è il secondo pensiero che attraversa la mia mente. Come ha potuto fare una cosa del genere? Mia madre voleva costruire un mondo migliore, senza per questo mettere mano alle armi o spezzare vite. Forse ce l'avrebbe anche fatta. Si tende troppo a sottovalutare la potenza di un'unione e Capitol continua a fare lo stesso errore anche dopo gli anni bui. Arriverà il giorno della rivalsa prima o poi. La gente come il signor Drapeau lo deve solo realizzare.
Mio padre annuisce in silenzio “E ora te e la figlia di quel traditore sarete rivali dentro l'arena. Ironico vero?”

 

Mi accascio a terra senza fiato, continuando a tossire senza freno. Ho decisamente sottovalutato la questione, era meglio rimanere sotto quella grande quercia e sperare negli sponsors anziché continuare a cercare la cornucopia nella ricerca di un medicinale. Il fatto è che non sentivo così male all'inizio, ma dopo la pioggia di due giorni fa ho iniziato a peggiorare fino a ridurmi in questo stato. Mi sento caldissimo, devo avere la febbre molto alta. Sono uno schifo, faccio fatica a fare qualsiasi cosa. Ho bisogno di aiuto o morirò sicuramente qui, ho resistito anche troppo. Cerco di fare dei respiri profondi, ma mi è quasi impossibile; il dolore al petto è troppo forte. L'unica consolazione che ho avuto in questi giorni sono stati una bottiglietta d'acqua e una lattina di stufato con le prugne che ho apprezzato tantissimo. Adoro la frutta, non esiste niente di meglio in questo mondo. Per il resto... solo dolori e ricordi... tanti ricordi.
Sento addosso gli occhi di mio padre, mi chiedo se riuscirà a sopportare anche questo. Sento la presenza di mia madre, che mi incoraggia a non arrendermi. Resisterò finché posso, combatterò finché mi è possibile, aspirerò alla vita con ogni mia cellula. Sarò forte come la mamma.

 

Lars Seven, tributo del distretto 4, arena

Harriet si passa una mano fra i capelli, mentre si morde nervosa le labbra. Riesco a capire perfettamente la sua tensione, la sua strategia può costarle caro. Ha fatto scelte rischiose, ma difficilmente in arena non se ne fanno. Anch'io adesso devo prendere una decisione importante: cosa ne faccio di lei? Ha tradito Riley, non può essere un'alleata affidabile, ma nello stesso tempo ci ha salvato tutti quanti...
Non aveva altra scelta” ribadisce Lawrence, un cuore troppo buono per uccidere a sangue freddo una potenziale alleata.

Harriet annuisce vigorosamente “Allearsi con voi era la mia prima scelta, ma ho trovato Riley questa mattina e ho agito come meglio credevi. Non ho intenzione di uccidervi” aggiunge con un tono della voce squillante
Dovrai farlo prima o poi, ne esce vivo solo uno” le faccio notare serio
A questo punto nessuna alleanza ha senso, non trovi? Stiamo insieme finché possiamo, poi ci separiamo come avviene di solito” Sopprimo un sorriso con forza: sì, come no. Si dice così e poi ti ritrovi un coltello piantato alla gola. Giuro che non capiterà anche questa volta. Non mi trascinerò in eterno degli alleati, appena rimarremo in dieci o dodici...
Io sono d'accordo, dentro Harriet, fuori Riley” sentenzia Lawrence senza alcuna sorta di dubbio. Forse inconsciamente ho già preso la mia decisione. Se avessi voluto davvero la morte di Harriet (rigorosamente dopo quella di Riley) avrei portato con me Emma, anziché mandarla in avanscoperta con Riley da tutt'altra parte. Lei si sarebbe educatamente posta sotto i miei comandi, accettando qualsiasi mia decisione. Lawrence no.
D'accordo, ma...” Harriet inizia a saltellare di gioia interrompendomi “...ma...” ribadisco con maggiore forza “...niente casini, non ti aspettare salvataggi in extremis e obbedirai ai nostri ordini. Sempre” Harriet mi afferra il volto fra le mani e mi stampa un bacio sulle labbra, riprendendo poi i suoi festeggiamenti come se nulla fosse. Sono sconvolto, non me l'aspettavo. Devo avere un'espressione da ebete, perché Lawrence inizia a ridere di gusto.
Meno male che avevi detto che le nostre avventure romantiche si erano già concluse” mi prende in giro bonariamente.
Oh, sta' zitto” gli rispondo ricomponendomi. “Harriet, mi raccomando. Non devi dare alcuna ragione a Riley di dubitare di te. Se ti senti a disagio a guardarla negli occhi, guardala nelle sopracciglie. Solitamente funziona” le suggerisco svelandole uno dei miei trucchi.
E questa è fatta, ora tocca trovare un modo per sbarazzarci di Riley. Non faccio tempo ad aprire bocca che dall'alto cade un piccolo paracadute argentato.

 

Osservo la foto con attenzione. Brian si morde le labbra per il disagio, mentre guarda con rabbia l'obbiettivo. Dietro di lui c'è un televisore di ultima generazione che mostra in maniera nitida me che bevo l'antidoto di nascosto, dietro alla cornucopia. L'immagine è di ieri sera, e la foto è arrivata in ritardo. Meno male, stavo incominciando a preoccuparmi. Che sia successo qualcosa a Capitol che abbia ritardato le cose? È inutile pensarci, il mio mondo si limita a questi chilometri quadrati ora. Il presente mi porta a un altro problema: Riley. Finora ce la siamo cavata mangiando solamente dai barattoli o bevendo l'antidoto inviato dallo sponsor (in caso avesse avvelenato più porzioni di quelle di cui era a conoscenza Harriet), ma ora che sta per finire non possiamo più tergiversare. Finora era possibile farlo perché finché aveva un suo piano, non si sarebbe di certo concentrata sulla formulazione di un altro e inoltre nel frattempo poteva farci da sentinella. Senza contare che sarebbe stato veramente offensivo verso lo sponsor non usare quel bel regalo che ci aveva dato! Avrà speso tanti di quei soldi... tanto vale usarlo. Inoltre tutta questa attesa non avrà fatto altro che far aumentare la tensione a casa. Snow voleva dei gran giochi, no?
Emma si avvicina a passo sicuro, senza mostrare la benché minima emozione. Dalla morte del ragazzo dell'undici tengo sotto controllo anche lei. Sta cercando di sfuggire al gruppo, ma non le riesce ancora. Troppo legata a Lawrence per tagliare del tutto cordone, ma è solo una questione di tempo. Ci stiamo restringendo e a breve partirà un macello. Una parte perfino più amata del bagno di sangue.

“Ci siamo” mi annuncia solenne passandomi il flaconcino, dove rimane una sola dose. Actea, che stronza. Avrebbe potuto farla passare anche per un virus intestinale se le allucinazioni non fossero state troppo vivide. Bevo il contenuto insapore e metto su il migliore dei miei sorrisi. Inizia lo spettacolo.
Il gruppo è in cerchio davanti al fuoco, troppo caldo per averlo in mezzo. Riley sta mangiando come al solito il contenuto di una lattina, così come Harriet che non deve dare alcun sospetto. Mi unisco a loro, sedendomi fra Harriet ed Emma.
Osservo Riley, seduta di fronte a me, tranquilla di fronte al suo ultimo pasto. Non sa ancora che a breve sarà l'ennesima vittima di Capitol.
“Il risotto è pronto!” squilla Lawrence con troppo entusiasmo. Un orecchio più attento riuscirebbe bene a scorgerne la falsità. Riley non batte ciglio, è brava a nascondere le sue emozioni quando si concentra. Prendo una porzione del pranzo e noto che mi sta seguendo i miei movimenti con la coda dell'occhio. Infilo il contenuto in bocca senza alcuna esitazione per poi rivolgermi verso Harriet
“Non ne prendi un po'?” le chiedo amichevole “Avrai sicuramente sofferto la fame prima di unirti a noi, è meglio se ti rifocilli”. Harriet scuote la testa imbarazzata affermando che i funghi non li digerisce “Non è il posto per fare gli schizzinosi” insisto, allungandole il piatto. Harriet ci pensa un po' su, per poi afferrare il piatto e ingoiare un boccone sotto gli occhi increduli di Riley.
Il suo cervello agisce molto più velocemente di quanto pensassi, estrae da sotto la t-shirt un coltello da lancio che riesco a schivare per pochissimo. Sento parte della guancia bruciarmi e del sangue caldo che fuoriesce dalla ferita. È un momento però: Riley scatta come una furia verso la mia direzione, puntando alla gola. Me la ritrovo addosso e le afferro le braccia per immobilizzarla, ma non per questo si arrende, anzi, continua a lottare con maggiore foga. I suoi occhi sono iniettati di sangue e digrigna i denti come un cane. Non c'è nulla della ragazza fredda che ha voluto far conoscere al mondo. Di fronte a me c'è una ragazza disperata che non riesce a realizzare di essere arrivata al capolinea. Una ragazza piena solo di rabbia e di odio.
La sua lotta termina all'improvviso con un colpo di daga da parte di Lawrence. Avrebbe potuto infilzare anche me, ma non l'ha fatto. Dalla bocca di Riley fuoriesce del sangue, mentre una lacrime solitaria scende dal suo occhio destro. Mi crolla addosso, lasciandomi un peso sul cuore fin troppo familiare.
Solamente il botto del cannone interrompe il silenzio calato alla cornucopia. Harriet è letteralmente paralizzata, forse per la prima volta realmente consapevole delle conseguenze delle sue azioni, Lawrence pone per terra l'arma, mentre Emma guarda il corpo con quella pietà che non ha riservato di certo a Manuel.
Li guardo ad uno ad uno “I principi dentro l'arena sono inutili. O noi o lei. Allontaniamoci, deve arrivare l'hovercraft”.

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti! Dunque che dire? Mi dispiace in primo luogo per la brevità del capitolo. Ho anticipato lo scontro “dell'anno” e ho ripreso a scrivere dopo una breve pausa, complice anche la leggere influenza che ho avuto. Gli effetti dell'actea sono forse un po' esagerati, ma le allucinazione e i deliri dipendono anche dalle psiche di ciascuno e data l'infanzia di Abe...
Vi avverto che forse questo è il penultimo (se non l'ultimo!) capitolo dove ci saranno cinque pov, anche perché il cerchio sta incominciando a restringersi... voglio dire: siamo rimasti in 13! 13! (questo sì che allungherà i capitoli sigh) Dovrei arrivare circa a 23 capitoli (forse)

 

 

Lista dei vivi (presentati in base alle alleanze)

Favoriti: Lawrence (distretto 1), Emma (distretto 1), Harriet (distretto 3) e Lars (distretto 4)

Foglie d'autunno (o sfavoriti): Achille (distretto 2) e Rose (distretto 12)

Squadra Rosa (nome non ufficiale, solo perché il rosa è tanto ghei): Ane (distretto 11) e Carlie (distretto 9)

Solitari: Sidney (distretto 5), Stacey (distretto 6), Spencer (distretto 6), Abe (distretto 10) e Killian (distretto 12)

 

 

 

Morti

15°-Silk Hone (tributo del distretto 8)-setticemia

14°-Riley Devries (tributo del distretto 2- 4 pov)- uccisa da Lawrence

feriti

Spencer (polmonite)

Lars (graffio)

Abe (intossicato con l'actea e in preda ad allucinazioni)

 

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Capitolo 16
*** Notte senza stelle ***


Noi viviamo per dire sempre addio.
(Rainer Marie Rilke)

 

Giorno 4, crepuscolo/sera

Celyb Lyd, studentessa, Distretto 2

Avrebbe dovuto amarla, difenderla e proteggerla. Se solo lui ci fosse stato, Riley sarebbe stata una persona diversa, forse migliore, più forte. Se le cose fossero andate diversamente, oggi sarebbe ancora qui con me. Invece tutto ciò che mi rimane sono solo la rabbia, il dolore e la consapevolezza di essere la sola a provare questi sentimenti. La sua morte è passata attraverso l'indifferenza di tutti, perfino del suo stesso padre. Il fatto che la piazza sia mezza vuota e composta solo da curiosi lo dimostra in pieno. So che non era una persona facile da amare, ma non si meritava di certo questo. Ma che ne sanno loro dei suoi silenzi, della sua fragilità e del suo dolore? Rimango solo io come testimone della sua vera essenza. La mia Riley, incompresa da tutti.
Continuo ad osservare Martin mentre riceve la medaglia all'onore della figlia, eroina di Panem in quanto vittima dei giochi. Premiata per essersi sacrificata in nome della pace e del buon senso. Come se a lei fosse mai fregato qualcosa di questo mondo. Voleva solo starsene in pace per i fatti suoi, senza disturbare nessuno, senza farsi disturbare da nessuno. Desiderava chiudere con un mondo che l'aveva solo ferita e ora definitivamente distrutta. In questa realtà marcia nulla di buono può sopravvivere e Riley ne è un esempio. Non credo sia sempre stata la stronza che tutti conoscevano, sono sicura che fosse una bambina dolce prima che la madre morisse, così come sono sicura che esistono altre migliaia di Riley solo a Panem.

Martin ritorna al suo posto con la medaglia stretta in mano, senza una ruga sul volto. Nessuna lacrima, nessuna commozione. Il sindaco riprende a parlare di lei, dell'onore che ha portato al distretto e di come sia sicuro che Achille completerà la sua opera. Continua a raccontare bugie su bugie su una ragazza che non hai mai conosciuto e che mai avrà l'onore di farlo. Non ce la faccio, è troppo. Mi dirigo verso il palco a passo svelto, venendo fermata all'ultimo da un pacificatore.
“Voglio dire qualcosa anch'io” Il sindaco guarda i suoi collaboratori indeciso “Voglio solo piangere un'amica” aggiungo. Non voglio fare discorsi rivoluzionari, voglio vivere. In fondo che rischio corre? Non ci sono telecamere qui. Qualsiasi cosa ambigua dicessi rimarrebbe qua dentro. Non avrei seguito, il distretto 2 è troppo fedele a Capitol. Finalmente il primo cittadino fa cenno di lasciarmi passare e mi dirigo con calma verso il microfono. Osservo il pubblico, soffermandomi sui loro volti, soprattutto su quello ipocrita di Martin.
“Deve essere una giornata molto noiosa questa per avervi portato qui. Non ho mai visto nessuno di voi parlare con Riley per più di un minuto, lei compreso signor Martin. Usciti da qui le vostre vite saranno sempre le stesse, peccato che Riley non potrà dire la stessa cosa. Non c'è nulla che possa consolarmi, neanche l'idea che si sia ricongiunta all'amata madre, perché non credo che esista un aldilà. L'inferno è qui in terra e Riley l'ha conosciuto ben prima dell'arena. Non importa però: io la ricorderò per tutti voi. La amerò finché continuerò a respirare. Sapete una cosa? L'amore era l'unica cosa che voleva davvero e nessuno di voi è stato in grado di darglielo. È morta con questa consapevolezza, l'ho vista piangere poco prima di spirare. Voi l'avete notato? Io sì. Ma a voi interessa solo l'eroe, il vincitore, non la persona. C'è qualcosa di veramente sbagliato nel genere umano, forse Riley non aveva poi così tanto torto quando cercava a tutti i costi di distaccarsi da esso. Lo spettacolo è finito, tornatevene a casa”. Mi allontano dal microfono, non completamente soddisfatta dal mio intervento. Avrei voluto aggiungere altro, ma temo di scivolare su temi proibiti e di pagare caro il prezzo. Riley non lo vorrebbe, direbbe che sarebbe una morte sciocca e priva di senso. Un giorno questo mondo malato pagherà il prezzo per la sua follia, spero tanto di essere ancora viva per quel giorno.

 

Killian Connors, tributo del distretto 12, arena

Il crepuscolo non è ancora iniziato, eppure la temperatura ha già iniziato a calare di molto. Mi rimetto la felpa, pronto ad affrontare l'ennesima nottata di merda. Temo che la prossima sarà particolarmente pesante a causa dell'ingombrante ospite che mi sono portato nel mio rifugio. Ancora mi domando cosa mi sia passato nella testa quando l'ho visto in quello stato confusionale questa mattina. Avrei dovuto ucciderlo senza pensarci due volte, ma mi sembrava troppo scorretto farlo. È solo che mi sembrava così indifeso in quello stato, sarebbe stata una vera vigliaccata terminarlo. Mi sono sempre reputato una persona onesta, non volevo compiere un atto così bieco, così come non potevo lasciarlo alla mercè degli altri tributi o degli ibridi. So che altri avrebbero fatti i salti di gioia di fronte a una preda così facile, ma non io. Me sono pentito però, adesso non so cosa farmene di lui. Noto che sta migliorando, vomita meno spesso e i suoi vaneggiamenti sembrano essere sempre meno fantasiosi e più realistici. Cosa farò quando si sarà ripreso del tutto? Allearmi con lui? Ucciderlo? Perché sono così impulsivo? Non so praticamente nulla di lui a parte che proviene dal distretto 10, che ha avuto un voto più alto del mio alle prove individuali e che ha un passato difficile alle spalle. Ah, so anche che ha un bello zaino, con una curiosa saponetta all'interno. Mi sono mangiato una delle sue lattine di piselli. Spero che non gli dispiaccia. In fondo mi sono fatto il culo per trascinarlo fino a qui.
Gli bagno le labbra con la poca acqua che mi rimane, domani devo assolutamente tornare al fiume e anche a cacciare possibilmente. Ho visto che Abe ha un pentolino, potrei cucinare qualche coniglio e farlo lesso. Il solo pensiero mi fa venire l'acquolina in bocca: finora mi è stato impossibile cuocere la carne e mi sono dovuto accontentare di larve e vegetali. Però un bel pasto caldo sarebbe possibile solo se diventassimo alleati... non mi piace molto questa prospettiva. Non voglio passare tutto il tempo a guardami le spalle.

E se non gli piacesse il mio piano? La mia trappola è pronta finalmente (la pioggia e le esigenze di base hanno ritardato tutto purtroppo), devo solo aspettare che qualcuno ci caschi dentro e poi... “e poi ti toccherà compiere un gesto da vigliacco” mi suggerisce una voce dentro la testa. Scuoto la testa scacciando via questa orribile sensazioni. Se compirò un omicidio sarà solo per garantire la mia sopravvivenza, solo uno ne esce vivo, non ho scelta. Abe è diverso, lui era indifeso e solo e... malato e...
“Merda!” sbraito dando un calcio allo zaino vicino ai miei piedi. Che cosa sto facendo? Dove credo di andare con tutti questi tentennamenti? Devo uccidere, il prossimo lo ucciderò, lo giuro. Devo farlo se voglio tornare a casa. Non è debolezza la mia, è solo che non voglio trasformarmi in un mostro.
Un mugolio mi distrae dai miei pensieri. La confusione che ho fatto deve aver fatto svegliare Abe. Si muove lentamente e per prima cosa appoggia la mano sullo stomaco dolorante. Stringe gli occhi per un attimo, per poi aprirli di fronte a un nuovo giorno che muore.
“Dove sono?” mormora stanco
“A casa, a breve pane caldo e marmellata” mi do un pizzicotto sulla mano per punirmi: non dovrei infierire su un malato “In arena, fine del quarto giorno”.
Abe cerca di sollevarsi da per terra, ma una nuova fitta lo costringe nuovamente a sdraiarsi “Cosa è successo?” mi chiede confuso
“Urlavi qualche stronzata come una scimmia, e ti ho trovato. Tutto qui” mi limito a dirgli, omettendo ovviamente tutta la parte del trascinarlo al sicuro e su i miei sensi di colpa.
“Perché?” Già perché? Non me la sento di confessargli già da subito i miei tormenti, in fondo non so neppure cosa farmene di lui. Che casino...
“È complicato” rispondo cercando di tagliare corto.
Il mio interlocutore inizia a ridacchiare, ma se ne pente subito dopo dato che è costretto a piegarsi per il dolore “Troppo vigliacco per uccidermi?” sussurra velenosa.
La sua provocazione mi colpisce dritto in faccia. Tiro fuori dallo scarponcino il taglierino e glielo punto adesso. “Se vuoi rimedio”.
Abe accenna a un sorriso “Datti una calmata, perdi la testa troppo facilmente. Stavo scherzando. Piuttosto... che mi sono perso?”
“È morto qualcun altro. Scopriremo chi a breve”
Abe annuisce distratto “Non me l'aspettavo che avvelenassero il proprio cibo”
“Chi?” gli chiedo
“I favoriti” mi spiega lui con stizza, come se fosse una cosa abbastanza ovvia. Un po' acidello il tipo, non so quanto convenga farmelo alleato, avrei di continuo la tentazione di strozzarlo da un momento all'altro. Non posso neppure ucciderlo ora come ora, non dopo essermi preso cura di lui per un giorno interno. Perché non penso mai alle conseguenze? Perché? Perché?
“Siamo in tredici quindi” osserva “Ci siamo dimezzati”
“A quanto pare”
“Killian? Ti chiami Killian, vero?” annuisco nuovamente “Hai intenzione di continuare a tergiversale o vuoi propormi un'alleanza?” Come si permette? 'Sto stronzo!
“Fottiti, non sei il mio capo” ribatto contrariato
“È per il bene di entrambi. Dobbiamo sbarazzarci dei favoriti, non possiamo farcela da soli. Occorre unire le forze” non ha tutti i torti. Potremo separarci subito dopo, in fondo. Non ho molta scelta: l'ho salvato e devo assumerne la responsabilità. Forse non sarà così male. O almeno spero.
“Hai un piano?” gli domando sospettoso
“Non ancora. Ma qualcosa troverò”
“Bhe” replico sornione “Forse io ho già pronto qualcosina”

 

Anemone “Ane” Katz, tributo del distretto 11, arena

Nel cielo non c'è neppure una stella. Mi mancano. Da quando sono qui non le ho viste neppure una volta. So che ognuna di loro ha un nome legato a una storia o a un mito. La nonna di Mark conosceva l'origine del nome di molte di loro, e nelle sere invernali adorava raccontare le storie delle stelle. La mia preferita era quella di Susanne la sguattera, dove una bambina orfana trovava confronto solo nelle stelle sue amiche. Sosteneva che nessuno è davvero solo in presenza della luce.
Mi stringo a Carlie in cerca di calore ed affetto. Mi piace sentirlo vicino, mi fa sentire al sicuro. Forse perché è alto e pacato o forse perché odora d'erba e di grano, come l'undici. Ci staranno guardano anche adesso le nostre famiglie? So che solitamente le famiglie dei tributi si organizzano in turni di guardia durante la notte, per essere sicuri di non perdersi nulla. Clè è solo però... magari si sta organizzando con Mark. Mi piace l'idea di loro due che passano del tempo insieme. Sono le due persone che amo di più al mondo, e vorrei che diventassero amici. Spero che stiano bene, vorrei tanto riabbracciarli.
“Ane” bisbiglia il principe con la bocca ancora impastata dal sonno.
“Torna a dormire” gli consiglio con gentilezza. Carlie sorride come se nascondesse qualcosa, per poi chiudere nuovamente gli occhi “Che c'è?” gli chiedo un po' infastidita. Non mi piace granché questa sua abitudine di non dire le cose come stanno. Gli capita molto spesso e alla lunga la cosa sta iniziando a spazientirmi. Non ho una pazienza illimitata
“Nulla, Ane davvero”
“Principe! Devi dire cosa ti frulla nella testa! Non puoi sempre tenerti tutto per te!” lo rimprovero cautamente, il mio ultimo intento è di certo quello di offenderlo.
“È solo che mi hanno svegliato” di fronte alla mia espressione interrogativa, Carlie si esplicita “Stavi canticchiando”.
Cerco di nascondere l'imbarazzo dietro un gran sorriso “Scusa, a volte mi viene naturale. Sai, mia madre...” non faccio in tempo a venire il discorso che Carlie mi zittisce posandomi l'indice sulle labbra. “Che c'è?” domando, ma lui mi zittisce con maggiore voga. Noto solo adesso che è rigido come un sasso, impossessato dal nervosismo e dalla paura. Nel vederlo in questo stato inizio a spaventarmi anch'io e tendo le orecchie per capire cosa abbia catturato la sua attenzione.
Inizialmente non mi sembra di captare niente, quando inizio finalmente a sentire qualcosa. Il rumore è confuso, sembrano delle fusa. La cosa peggiore è che con il passare del tempo il suono si fa sempre più nitido. I passi dell'essere sono pesanti e schiacciano senza ritegno i bastoncini sparsi lungo tutta la foresta. Qualunque cosa sia non ha paura di farsi beccare.
“Dobbiamo andarcene” mi ordina Carlie afferrandomi la mano. Iniziamo a correre, neppure noi sappiamo dove. In pochi minuti ho già il fiatone e stringo con maggiore forza la mano sudata del mio principe. Il cuore mi batte forte, mentre la mia gola brucia per la fatica dello sforzo che sto compiendo. In poco tempo sento dolore anche alla milza, ma continuo a correre: se mi fermo sono perduta. L'essere ci sta braccando, le sue fusa di piacere si sono trasformate in un ruggito di guerra. Vuole il suo pasto e non si arrenderà finché non l'avrà avuto. Per un momento mi domando se sia il caso di affrontarlo, ma mi rendo conto solo ora che a causa della fretta abbiamo abbandonato la falce e lo zaino al nascondiglio. Il pensiero di essere ora privi di mezzi mi fa gelare il sangue delle vene, ma il mio corpo continua ad ordinarmi di correre. Riprenderemo tutto in mano dopo, ora dobbiamo solo pensare a sopravvivere.
La curiosità ha alla fine la meglio. Mi volto per vedere il nostro cacciatore ed urlo dal terrore. È un enorme felino alto quasi quanto me, robusto e del color del fango. La sua testa è grossa quanto un'incudine e i suoi denti sono bianchi ed affilati come coltelli. I suoi occhi sono due pozzi neri senza anima, un portale verso l'oltretomba. In nessun modo avrei potuto sconfiggerlo. Nessuno. Niente del suo aspetto però fa paura quanto il fatto che è sempre più vicino.
Mi volto verso Carlie ed osservo i suoi occhi nocciola spalancati dalla paura e lucidi dalle lacrime. È un momento, ma sembra che duri un'intera eternità. La mia mente memorizza ogni sfumatura del suo volto, ogni minimo cambiamento della sua espressione. Ho l'orrenda sensazione che questa sarà l'ultima volta che incrocerò il suo sguardo. Guardo le sue labbra muoversi come se volesse dirmi qualcosa anche se la sua voce è rintanata dal terrore. Improvvisamente lascia la presa dalla mia mano e cambia direzione, una completamente opposta alla mia e a quella dell'ibrido. Una parte di me vorrebbe urlargli contro, vorrebbe dirgli di non lasciarmi e di rimanere uniti come abbiamo sempre fatto fino ad ora. La paura e l'istinto hanno però la meglio e continuo a correre, correre come non ho mai corso. Aldilà del dolore e della sofferenza, aldilà del timore e del rimorso.
Mi fermo solamente quando le mie gambe non sono più in grado di reggere lo sforzo ed allora cado verso una discesa. Ruzzolo giù schiacciando con il mio peso tutto ciò che incontro: sassi, bastoni, foglie. Quando finalmente mi fermo, mi piego e vomito la mia scarsa cena. Provo a rialzarmi, ma il corpo non risponde ai miei comandi: ogni parte di me grida dolore. Anche il mio cuore, la mia mente e la mia voce si uniscono all'urlo quando sento il colpo del cannone.

 

Emma Stone, tributo del distretto 1, arena

Mi stringo addosso la coperta cercando maggiore calore. I giorni caldi, le notti freddissime. Il fuoco ci è quasi proibito. I brividi mi percorrono per tutto il corpo e prego che l'alba arrivi presto. Come rimpiango le caldi estati del distretto...
Mi mordo il labbro screpolato ed osservo il volto dei miei alleati uno ad uno. Sono tutti profondamente addormentati dopo l'ennesima giornata estenuante. La morte di Riley è stata più pesante di quello che avevo previsto. Abbiamo giocato con lei come fosse un topo, per farle capire che non eravamo degli idioti come aveva sempre sostenuto. La sua faccia quando capì di essere in trappola... non la dimenticherò mai. Mi ero abituata alla sua presenza e alla sua freddezza. Le avevo affidato la mia vita durante i suoi turni da sentinella, e lei aveva fatto lo stesso con me. Non avremmo mai stretto amicizia in nessuna realtà alternativa ma... eravamo nella stessa barca. Come tutti gli altri qua dentro. Anche Manuel lo era, ma ciò non mi ha fermata dall'ucciderlo. Ero sicura.. ero convinta... Nella mia testa risuonano le schioccate, il sangue, il suo dolore, le urla soffocate ed espresse. Mi copro le orecchie istintivamente cercando di coprire tutti quei suoni, ma non se ne vanno, così come il sangue dalle mie mani. Cosa sono diventata? Volevo diventare più forte, invece mi sono indebolita ancor di più. Volevo diventare una guerriera, un'assassina, ma è chiaro che io sono e sarò sempre una ballerina, la bambina orfana dell'undici che sperava in un miracolo. Non riuscirò mai a raggiungere l'ideale voluto da mia madre, non sarò mai la perfetta figlia che ha sempre voluto. Che stupida sperare che un giorno potessi davvero diventarlo.

Mi asciugo le lacrime che stavano per fare capolino sul mio volto con il polso. Forse Lawrence ha ragione su di me... e forse anche su mia madre. Sembra così sereno adesso, spero tanto che la sua mente gli abbia regalato un sogno felice che lo distragga da questo inferno. Chissà cosa starà sognando... suo fratello? La sua amata? Chissà com'è... faccio fatica ad immaginare quale sia la sua ragazza ideale. Di sicuro è bellissima, ne sono certa. Scuoto la testa, non è momento di pensare a cose del genere. Non sono affari miei, non ci devo pensare, anche se avessi tutto il tempo e la pace del mondo per farlo. Lawrence non mi riguarda più, l'ho perso per sempre. Io stessa ho messo fine a questo legame, rovinando tutto come al solito. Non sarò mai capace a gestire i rapporti umani, è inutile. Non sono fatta per stare in mezzo agli altri, mi muovo meglio come solista, al centro di un palco con i riflettori puntati solamente su di me. Niente di cui preoccuparsi a parte la musica e la precisione della propria tecnica. Sarebbe stato meglio se non mi fossi mai unita a loro. Se non posso evolvermi, se non posso diventare la spietata guerriera, preferisco tornare indietro nel mio guscio. Solo io e nessun altro. Sola, ma libera. Sola, ma serena.
La presenza di Lawrence è troppo dolorosa, è un enorme cartello che non fa altro che mostrarmi in continuazione tutti i miei fallimenti, ciò che non ho mai avuto e che mai avrò. Questa convivenza forzata mi sta stretta e non posso più resistere, devo andarmene. Questa è l'occasione perfetta: tutti dormono. Devo solo alzarmi, voltarmi e andarmene. Li osservo per l'ultima volta, così indifesi e tranquilli, a breve tutti morti. Io stessa potrei mettere la parola fine alle loro vite, ma non ci riesco, la mia mano si rifiuta di stringere il coltello.
Mi alzo in piedi afferrando lo zaino delle escursioni accanto a me e mi trascino fuori dall'area. Ad ogni passo mi ritorna in mente un momento condiviso con Lawrence: la volta in cui gli avevo stretto la mano alla mietitura, il suo canto infantile dentro il treno, gli allenamenti, il tetto, il suo modo di farmi sentire accettata per quello che ero anziché per quello che sarei diventata.
Il mio volto è ormai rigato dalle lacrime. Solo adesso mi rendo conto che sto gli dando l'addio definitivo. Sono una stupida, mi sarei dovuta rendere conto che questa era l'inevitabile fine. Ero stata avvisata in fondo.
“Emma”
Il mio nome viene scandito con limpidezza e dolcezza, ma il panico si impossessa di me lo stesso. Mi giro e vedo Lawrence in piedi, tremante per il freddo. Mi porto entrambe le mani alla bocca, mentre sento le lacrime scendere giù copiosamente. Non farmi questo ti prego, non posso più sopportarlo. Lasciami andare e basta, ti supplico.
Lawrence fa un passo in avanti per avvicinarsi ed istintivamente ne faccio uno indietro per allontanarmi da lui.
“Torna qui” dice allungando la mano, come se volesse afferrami
“È troppo tardi” gli spiego fra un singhiozzo e l'altro
“No! Restiamo insieme fino alla fine. Siamo una squadra, ricordi?” insiste mentre cerca di avvinarsi lentamente a me, come se temesse che potessi fuggire da un momento all'altro. Davvero non capisce? O forse ha solo paura di realizzarlo?
“Siamo già soli, Lawrence” sottolineo con frustrazione
“Andiamo, Emma! I pericoli sono là fuori, non qua dentro! Lo sai che sono un buon alleato, non ti farei mai del male! Perciò.. resta.. ti prego” continua avvicinandosi sempre di più a me. Per un momento esito, sarebbe così bello tuffarsi fra quelle braccia, è da così tanto tempo che desidero farlo. I suoi occhi sono limpidi ed onesti come un cielo primaverile, non ci sono traccie di tempeste e di rancori. Sarebbe così facile abbandonarsi a lui... ma non posso. Estraggo il pugnale dai pantaloni e lo punto verso Lawrence che si blocca di scatto, ferito come non mai. Mi osserva a lungo, incapace di prendere una decisione in merito, mentre la mia mano trema nonostante i miei comandi. Non è giusto, se solo ci fossimo incontrati in circostanze diverse! Forse noi...
“Bene, bene” esordisce Lars mentre punta una delle sue frecce verso di me “Deve essere la giornata nazionale del “uccidi la traditrice”. È la mia preferita dopo quella del gatto” aggiunge con un ghigno.

 

Lawrence Timberwole, tributo del distretto 1, arena

Fanculo.
Non ci voleva, l'apparizione improvvisa di Lars ha rovinato tutto. Se non ci avesse inseguito, probabilmente io ed Emma saremmo già tornati al campo base. Mi sono allarmato quando ho sentito che si allontanava e l'ho inseguita. Merda, so che sta vivendo un periodo di merda, ma lo stiamo vivendo tutti qua dentro! Non si affrontano così i problemi!

Non so cosa c'è che non va in lei, ma non potevo di certo guardarla affogare senza far niente. In fondo è mia amica. Anche se mi fa incazzare.
La vedevo nel dubbio nonostante il suo patetico tentativo di difesa con il pugnale. Sapevo che stavo per farcela ma poi è arrivata quella testa di merda a rovinare tutto. Grazie mille, Lars.
Devo fare un ultimo disperato tentativo. Forse posso ancora salvare capra e cavoli. Mi metto in mezzo alla traiettoria di tiro, esattamente fra Emma e Lars. So che è pericoloso, ma è troppo presto per sciogliere questa alleanza. Devo salvarla da questi imbecilli. E poi... non voglio che venga fatto del male ad Emma. È una tipa strana, ma mi piace. Non ho mai abbandonato degli amici in difficoltà e non voglio incominciare. I vincitori sono eroi, modelli da seguire per intere generazioni nell'intera Panem. Non voglio diventare quel genere di persona che pugnala alle spalle.
“Togliti, Lawrence” mi ordina lui pacato ed immobile, come se fossi un semplice sbuffo di fumo che infastidisce la sua mira.
“Abbassa l'arma” replico cercando di utilizzare il suo stesso tono di voce. Sento dietro il respiro pensante di Emma, ferma e straziata dalle sue insicurezze.
“Se preferisci posso uccidere prima te e poi lei. Non sei nella situazione di porre condizioni” mi fa notare lui senza abbassare di un misero millimetro l'arma. Devo fare qualcosa, ma cosa?
“È solo un momento di smarrimento, sta tornando, vero Emma?” le chiedo in cerca di complicità. Non ottengo però risposta: guarda verso il basso, ormai rassegnata. Neppure in questo momento torni a parlarmi? Non so cosa fare, devo agire. Se solo Emma uscisse dal suo mondo dei mammoli potremo anche tentare di attaccare Lars e di farlo fuori, ma mi sembra quasi impossibile raggiungerla.
Mi volto di nuovo verso il nostro vecchio alleato, ma il suo sguardo è cambiato, è quasi compassionevole. Impiega qualche secondo per rispondermi, come se volesse soppesare le sue parole prima.
“Lawrence, lei ha già scelto. Mi dispiace”. Mi volto verso Emma, ha finalmente smesso di piangere. Sembra una ragazza qualsiasi così scomposta e fragile. L'ho sempre vista con la schiena dritta, fiera della propria bizzarra natura, ma ora è irriconoscibile. Che cosa ci ha fatto questo posto?
“Non farlo” mi sussurra a fatica senza aggiungere altro.
Osservo prima l'uno alla mia destra, poi l'altra alla mia sinistra. Il dubbio mi divora, non mi sono mai trovato di fronte a una scelta così difficile in vita mia. Perfino l'offrirmi volontario è stata una passeggiata in confronto. Da un lato c'è una ragazza meravigliosa con cui ho condiviso il periodo peggiore della mia vita, una amica. Dall'altra un alleato affidabile e stabile che non mi abbandonerebbe al primo cenno di difficoltà. Chiudo gli occhi cercando dentro me la forza per prendere una decisione, quando avverto un pesante odore di fumo.
Mi guardo intorno per cercare di capire e noto con la coda dell'occhio che anche Emma e Lars si sono fatti distrarre dall'odore. Intravedo infine un bagliore proveniente da poco lontano nella direzione delle cornucopia. Spalanco la bocca come un idiota, non può essere un semplice falò, è un vero e proprio incendio! Tutte le nostre cose sono lì...
Avverto qualcuno muoversi verso il bosco, mi giro di stacco ed intravedo Emma correre come una furia verso il bosco. Lars se ne accorge troppo tardi: le tira addosso due frecce, ma non riesce nemmeno a sfiorarla. Lo vedo imprecare a mezza voce, per poi dirigersi verso la cornucopia. Non mi calcola neppure, lasciando a me la libertà di decidere cosa fare della mia vita. Le parole di Lars continuano a girarmi in testa “Lei ha già scelto”. Decido di scattare anch'io verso la cornucopia nel tentativo di cercare di salvare il salvabile. Non ci voleva, i mezzi che erano là dentro erano vitali per tutti noi. Non conosco le piante commestibili e sono un disastro con i lavori manuali. Senza cornucopia ed alleati sono fregato, letteralmente.
Al nostro arrivo l'incendio è già divampato ed avvolge con le sue fiamme buona parte della cornucopia. Noto per terra frammenti di vetro e la totale assenza di Harriet. Quella puttana...
Mi dirigo al suo interno dove vengo accolto dalla pesante cappa di fumo e da un calore insopportabile. Mi copro la bocca e il naso con la manica della felpa cercando di individuare qualcosa che non sia stato ancora avvolto dal fuoco. Non pensavo che la situazione fosse così tanto tragica, soprattutto considerando che le fiamme hanno quasi raggiunto la sezione con i medicinali e i disinfettanti. Raggiungo Lars che si sta mordendo il labbro a forza.
“Che facciamo?” gli urlo addosso.
Lars scuote la testa con rabbia “Dobbiamo andarcene. Ora! Prima che arrivino gli ibrido pipistrello!”. Eseguo i suoi ordini e lo seguo di fuori con le mani vuote. Penseremo domani a trovare un modo per sopravvivere, ciò che conta ora è scappare da qui.
Ci nascondiamo verso la fine delle rovine, dentro una casa senza tetto e con una parete di meno. Non è il massimo come postazione, ma tanto gli ibridi saranno attirati dal fuoco, non verranno a cercarci. Abbiamo perso tutto. Il nostro cibo, la nostra acqua, buona parte delle armi, le nostre alleate. Dentro di me avverto una grande sensazioni di amarezza.
“Pensavo che l'avresti inseguita” dichiara all'improvviso Lars. Abbasso lo sguardo pieno di rimorsi. Più mi sforzo e più non la capisco. Forse siamo davvero troppo diversi, il mio affetto non poteva colmare questa lacuna. Forse non ha neppure tutti i torti: prima o poi ci saremo detti in ogni caso “addio”. È doloroso pensare a una sua dipartita, ma non voglio farmi frenare per questo. Voglio vincere, non mi farò fermare da nessuno. Nemmeno da lei. Nemmeno da Lars.
“L'avevo già persa” mi limito a rispondere “ Ti dispiace se rimango con te un altro po' di tempo?”

 

 

 

 

Ciao! Nuovo capitolo, siamo ufficialmente dimezzati! La storia della stella Susanne è inventata, non esiste. Alla prossima!

 

 

Classifica:

 

24 Daniel Ucciso da Lawrence

23 Thomas ucciso da Lars

22 Donna uccisa da Ane

21 Norma uccisa da Marinette

20 Marinette uccisa da Achille

19 Bezzy uccisa da Lars

 

18 Manuel ucciso da Emma

17 Connor, morto avvelenato

16 Charlie, ucciso da Sidney

 

15 Silk Hone, morta per setticemia

14 Riley, uccisa da Lawrence

13 Carlie, sbranato da un ibrido

 

Feriti:

Ane (tutta pesta e psicologicamente fragile)

Abe (intossicato, in ripresa)

 

 

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Capitolo 17
*** Cruda realtà ***


Giorno 5,mattina

Rose Green, tributo del distretto 12, arena

Apro gli occhi a fatica, ma vengo subito accolta da un intenso dolore all'altezza dello zigomo destro. La testa mi gira e sento l'impellenza di vomitare. Anche la schiena è tutta un dolore. Provo a muovermi, ma non ci riesco. Sento come se qualcosa mi stringesse tutto il corpo. Abbasso lo sguardo e capisco di essere completamente legata. Sono confusa, non capisco. Era tutto tranquillo ieri notte, avevo lasciato Achille di guardia e... Achille! Dov'è? Provo ad urlare il suo nome, ma ricevo come risposta solamente delle risate crudeli. Di fronte a me ci sono quattro persone: tre ragazzi e una ragazza magra molto familiare. Ho già visto quegli occhi azzurri come il ghiaccio, quei capelli rossi e corti e quel tic che la porta a leccarsi di frequente il lato destro della bocca. Esattamente come è famigliare questa sensazione di puro orrore unita all'impotenza.
Vorrei gridare, ma dalla mia bocca esce solo un timido: “Dov'è Achille?”
E' uno dei ragazzi a rispondermi beffardo “Adria, l'hai colpita troppo forte!” No, non può essere! Lei è morta! È stata uccisa l'anno scorso! Cosa ci fa qui? Mi agito ancora di più nel tentativo di liberarmi, ma finisco solamente per cadere per terra scatenando maggiore ilarità fra i miei aguzzini.
“Non credevo che fossi uno spasso di tale portata Aloe!” Aloe? Mia sorella! Io sono Rose! Cosa volete da noi? Lasciatemi, lasciatemi! Non voglio morire! Vi siete già presi lei, non basta?
“Credo voglia dirci qualcosa” osserva il ragazzo moro dell'uno, forse quello più acuto del gruppo. Gli altri tre si zittiscono all'istante, ma il loro silenzio è solamente provocatorio. Lo vedo dai loro occhi e dai loro sorrisi. Vogliono solo giocare e io sono il loro topo. Vorrei mandarli a quel Paese, ma non posso. La mia voce è scomparsa nel nulla. Il mio corpo non risponde più ai miei comandi, sono doppiamente prigioniera.
“Qualcuno ti ha mangiato la lingua, mocciosetta? Oh, oh! Adria potremo iniziare da quella!” propone saltellando uno di loro, quello con una cicatrice sul mento, con un'insana euforia. Dalla mia bocca sfugge un singhiozzo, mentre avverto il mio cuore iniziare a battere più velocemente. Anche il mio respiro inizia a velocizzarsi e in breve in ritrovo ad iperventilare. Inizio a piangere, ma non voglio supplicarli, sarebbe inutile. Esseri senza cuore come questi non mi ascolterebbero. Non devo urlare, non devo darli questa soddisfazione. Devo resistere, ti prego resisti.
“Dobbiamo proprio farlo? Ammazziamola e basta” propone il moro come da copione
“E quando ci capiterò di nuovo di giocare all'allegro chirurgo con un vero corpo?” risponde sadica Adria, passando lentamente la lama del machete su dito “Sono d'accordo con Chester, inizierò dalla lingua: così almeno avrai una valida ragione per non rispondere. Ragazzi aiutatemi ad aprirle la bocca”. I quattro si avvicinano a me con aria più o meno eccitata. Nonostante i miei buoni propositi finisco per urlare con tutte le mie forze.

“Rose! Rose!”

Mi sveglio di scatto, coprendomi istintivamente il volto con le braccia. Di nuovo quell'incubo, di nuovo Aloe. Mi sveglio sempre nello stesso punto, ovvero quello in cui mio padre obbliga me e mio fratello ad andarcene dalla stanza. Quella volta però commissi un grave errore: mi voltai nell'assurda speranza che arrivasse qualcuno a salvarla, ma invece vedetti solamente il machete calare sul suo volto. Ancora non riesco a capacitarmi che qualcuno abbia potuto ucciderla in quel modo così barbaro. Era così buona... e mi manca così tanto. Quell'immagine mi tormenta ancora oggi insieme alla decapitazione di Donna, alle grida di Connor, al sacrificio di Norma... a quanti altri dovrò dire addio ancora? Quanto dolore dovrà ancora affrontare? Quante altre volte dovrò sentirmi così debole ed incapace?
“Ancora tua sorella?” mi chiede Achille preoccupato. Annuisco con calma, stringendomi fra le mie stesse braccia. “Non ti permetterò di fare una fine del genere, stai tranquilla” Accenno un breve sorriso come ringraziamento. Non so cosa farei senza di lui. Achille c'è sempre stato per me, è l'unico di cui mi possa fidare. È la sola ragione per la quale non sono ancora del tutto impazzita. Il mio solo supporto. Non posso di certo dire la stessa cosa di Cosmo. Per me lui è un'incognita. Ho passato gli ultimi quattro giorni ad osservare il suo fiore (ormai quasi completamente distrutto), senza venirne mai a capo. Lo tiro fuori dalla tasca e l'osservo di nuovo in maniera quasi ossessiva. Mi ero ripromessa di sbugiardarlo davanti a tutti, per impedire che qualcun altro vivesse le stesse esperienze di Aloe od Erica o di qualunque altro tributo che abbia avuto la sfortuna di incontrarlo, ma nello stesso tempo se lo facessi perderei di sicuro la possibilità di ottenere aiuti dagli sponsors. Potrei denunciarlo in punto di morte, ma non sono sicura che mi sarà data questa possibilità. Non posso sapere se la mia morte sarà lenta come quella di mia sorella. “La vedi quella bambina? Ne ho viste tantissime come lei, una delle quali identica come una goccia d'acqua” La voce di Cosmo mi ritorna in testa all'improvviso. Il nostro primo incontro, quello in cui ebbi la conferma che tutte le voci che giravano su di lui erano vere. Cosa avrà provato mentre guardava morire tutte quelle persone? Avrà mai provato un minimo di rimorso? No... che sciocchezza vado a pensare, a lui interessa solo mantenere il suo lavoro.
La consapevolezza mi colpisce in pieno come uno schiaffo. Se sopravvivessi, quel posto lo prenderei io. Se diventassi veramente la vincitrice dei 21° giochi, sarei io la prossima mentore del distretto 12. Non uscirò mai viva di qui, non me lo permetterà. Non ha mai avuto intenzione di aiutarmi e io ci sono cascata in pieno, come una scema. Come ho potuto essere così stupida? A pensare che stavo perfino rinunciando alla mia missione per salvarlo! Stringo forte le mani a pugno, cercando di trattenere una rabbia che non avevo mai provato prima. No.... non è rabbia, è odio! È un fiume in piena che mi travolge e mi toglie in fiato. Non ho mai provato nulla del genere, non pensavo neppure di esserne capace! Cosmo non è diverso dalle varie Adria, è un mostro, e solo io ho il coraggio di fare quello che deve essere fatto. Sono stata troppo gentile finora. Anche Aloe lo era, e ciò non l'ha risparmiata da quell'orrenda fine.
“Rose, che hai? Stai tremando” mi dice Achille, ma lo sento a malapena. Cerco con lo sguardo la prima telecamera e mi rivolgo ad essa, cercando di mostrami forte e determinata.
“Ho un pettegolezzo che amerete molto, Capitol. Riguarda il mio mentore, perché deve proprio capirlo che non sono una bambina come tutte le altre”.

 

Spencer Triangle, tributo del distretto 6, arena

Introduco con gioia l'aria dentro i polmoni. Che bello tornare a respirare come sempre! Il mondo odora d'erba, di funghi e di pioggia, e io sono ancora vivo. Ho resistito, mi sono aggrappato alla vita con tutte le mie forze e ne è valsa la pena: ieri mattina è arrivato il medicinale. Avevo intravisto all'ultimo il piccolo paracadute argentato e mi ero trascinato a fatica per raggiungerlo. Al suo interno una piccola siringa con un contenuto trasparente, la vita stessa. Me la sono infilata nel braccio senza esitare, sperando che funzionasse in quel modo perché non ne avevo la più pallida idea. In qualche modo la fortuna mi ha sorriso e ho potuto assistere all'alba di un nuovo giorno.
Rispetto a ieri la temperatura è nuovamente calata ed è un bene. Mi auguro che piova, queste nuvole promettono bene. Ne ho un disperato bisogno, ho finito le scorte d'acqua e la sete sta iniziando a farsi prepotente. La bocca è secca, la gola mi brucia parecchio e sono senza liquidi da nemmeno ventiquattr'ore. Deve essere stato per colpa delle febbre, ne sono certo.

Deve esserci una fonte d'acqua da qualche parte, o a questo punto nell'arena ci sarebbero molti più morti... a meno che non siano tutti amati dagli sponsors quanto me. Non avrei mai pensato di ricevere tanti doni. Inizio a pensare di avere sul serio qualche possibilità di tornare a casa.
Decido di procedere verso Sud perché il terreno sia in pendenza. Mi sembra di ricordare che al corso di sopravvivenza ci hanno detto di guardare anche l'inclinazione del terreno per trovare dell'acqua. Spero di trovare un fiume, così potrò trovare anche del cibo. Ho visto in un film che si possono catturare i pesci anche a mani nude, magari con un po' di esercizio posso anche riuscirci. Forse potrei anche mangiarlo crudo: ho visto a Capitol alcuni stuzzichini a base di pesce crudo che erano deliziosi. Stan ne andava letteralmente pazzo. Era sempre lì a mangiarli, se non stava a sbavare sul davanzale di qualche giovane accompagnatrice. Forse è meglio di no però, mangiare cose crude è pericoloso, soprattutto in un posto come questo. Osservo il cielo cupo e minaccioso, se accedessi un fuoco potrebbero anche non notarlo. Potrei rischiare... in fondo la temperatura sta calando e non mi dispiacerebbe scaldarmi un po'.
Dopo un ora di cammino non ho ancora trovato la fonte d'acqua, ma gli incontri sempre più frequenti con scoiattoli ed altri piccoli roditori mi consola, sono sicuro di starmi avvicinando alla mia meta.
Un urlo di dolore proveniente da poco lontano mi distrae però dalla mia missione. La voce è femminile e famigliare e ci impiego un po' di tempo per collegarla a quella di Stacey. Mi blocco non sapendo bene cosa fare. Non sento alcun suono di cannone, qualsiasi cosa sia successa deve essere ancora viva. Forse è ferita e bisognosa d'aiuto. Cosa mi ferma allora? Non ha senso quest'astio che provo nei suoi confronti, Stacey non è suo padre, non c'entra nulla con la morte di mia madre, all'epoca era solo una bambina. Non sono nemmeno sicuro che sappia cosa sia successo anni fa. E' innocente, non ho diritto di avercela con lei o non sarei diverso da quei capitoli che ci hanno condannati tutti a morte per azioni compiuti dai nostri genitori e dai nostri nonni.
Decido dunque di dirigermi verso di lei. La trovo poco dopo, sdraiata per terra, madida di sudore e tremante. I suoi capelli castani sono sporchi e pieni di nodi e puzza terribilmente. Non posso di certo criticarla però, non credo di essere messo molto meglio.
"Spencer..." borbotta lei a fatica, mordendosi talmente forte il labbro da farlo sanguinare. L'osservo meglio e finalmente capisco la causa della sua sofferenza. Il suo piede destro è chiuso dentro una tagliola, con spuntoni metallici infilati dentro la sua caviglia.
"Cavolo" mi limito a commentare vedendo la complessità della sua situazione
"Finiscimi, muoviti" mi ordina trattenendo un nuovo urlo di dolore. La sua richiesta mi lascia spiazzato, non ci avevo neppure pensato a questa possibilità: ho realizzato che aveva bisogno di aiuto e sono corso da lei, tutto qui. E' stato così illogico il mio pensiero? Non è naturale cercare di aiutare un tuo simile in difficoltà? Io non capisco.
Decido di cercare nella zona un bastone abbastanza robusto che riesca a fare leva sulla trappola, in modo da liberarla. Ne trovo uno utile ai piedi di una quercia e ritorno da lei a grandi passi. Nel vedermi armato, Stacey chiude gli occhi aspettando il peggio, ma rimane sorpresa, quasi scoinvolta, nel vedere che ho deciso di aiutarla.
"Perché?" mormora incredula con gli occhi spalancati
"Non esistono motivi per voler aiutare qualcuno. Ho deciso di salvarti e lo farò, sono stato chiaro?" replico facendo leva con tutte le mie forze sul bastone finchè non si rompe. Cazzo, devo prenderne un altro. Mi alzo e cerco in tutta fretta una nuova leva,sperando che Stacey possa resistere nel frattempo. Sento addosso il suo sguardo, non mi molla neanche per un istante. Non credo che si aspettasse un atto del genere in un posto come questo. Posso capirla in parte, ma non posso tradire i miei ideali, gli stessi che aveva mia madre. Sono loro che fanno di me la persona che sono, non volterò loro le spalle.
Al terzo tentativo riesco finalmente ad ottenere qualche risultato e la trappola si muove abbastanza per permetterle di trascinare fuori la caviglia. Quando il piede è completamente fuori, lascio la presa e cado a terra per il contraccolpo. Sono di nuovo completamente sudato, ma Stacey è salva, anche se ferita. Mi trascino pigramente verso di lei per osservare meglio il danno, quando sento una fitta improvvisa al fianco sinistro. Il dolore è talmente forte da bloccarmi il respiro. Mi giro e intravedo il pugnale di Stacey piantato sulla mia carne. I suoi occhi serrati e rabbiosi potrebbero tranquillamente uccidermi da soli. La mia testa è attraversata da una sola parola:tradimento. Cerco di afferrale il braccio e di allontanarla, ma è più veloce di me: toglie il pugnale e mi colpisce nuovamente, questa volta al petto. Crollo a terra privo di forze, mentre la mia bocca si riempie del sapore metallico del sangue. Stacey mi sovrasta e mi colpisce una terza e una quarta volta.
"Tu ti credi migliore di tutti noi, vero?" una quinta volta "Chissà se ti sentirai così fiero di te anche da morto. Noi siamo nemici, non dovevi dimenticarlo, stronzo. Hai avuto la tua possibilità, ora tocca a me". Non riesco a realizzarlo, anche se sono consapevole che tutto questo ha una sua logica, eppure... Ad ogni colpo il senso di tutto questo sfugge via sempre più lontano, diventa meno vivido, sempre più... più... com'era quella parola? Io non ho più... mamma, ti sei sentita come me?

 

Harriet Dates, tributo del distretto 3, arena

Mi aggrappo con forza al ramo, salvandomi così da una rovinosa caduta. Mi sono fatta male al braccio, ma almeno sono tutta intera. Non dovevo probabilmente arrampicarmi così in alto, ma temevo di essere scoperta. Sono sicura che i favoriti mi stiano dando appositamente la caccia, mi vogliono di certo fare secca alla prima occasione. Posso capirli, anch'io nella loro situazione sarei imbufalita come un toro. Cioè, credo, non ho mai visto un toro.
Poteva essere la mia unica possibilità e l'ho sfruttata. Gli sponsors sono dalla mia parte, quelle bombe molotov facevano proprio al caso mio. Chissà quanto avranno speso per farmele avere. Le ho usate tutte per far esplodere la cornucopia, in fondo non potrei mai usarle qui nella foresta, sarebbe troppo pericoloso. Non posso di certo farmi coinvolgere in un incendio. Inoltre erano di un materiale fragile, con grosse probabilità si sarebbero infrante durante il cammino. E poi erano solo tre... no, ho fatto bene. Se ne utilizzavo di meno rischiavo di fallire la missione e di rinunciare a quella preziosa alleanza per nulla.
Cosa farò adesso però? Ci sono ancora dieci persone davanti a me, quasi tutte più forti e veloci. Devo trovare un modo per sfuggire a loro e per nutrirmi. Sul secondo punto non dovrei avere grossi problemi, me la sono cavata prima di entrare nell'alleanza e inoltre ho un po' di scorte nello zaino: una bottiglia d'acqua, qualche galletta di riso, della frutta secca, due mele verdi, una confezione di zuppa e anche una coperta. Ho preso anche un coltello a serramanico, più per darmi un po' di sicurezza che per altro. Non so utilizzare delle armi, ma non volevo pentirmene in caso si rivelassero fondamentali in futuro.
La cosa più intelligente da fare ora è trovare il famoso fiume. Dovrebbe essere a Sud della cornucopia. So che i favoriti bazzicano da quelle parti, ma è l'unica fonte d'acqua che conosca qua dentro, non durerò a lungo se non riempio la mia bottiglia. Posso al massimo cercare un corso più lungo per raggiungere la meta, sperando di non incappare in nessuno. In seguito dovrò trovare un rifugio, temo che possa piovere di nuovo. Questa volta non avrà la possibilità di accendere un fuoco in pieno giorno per scaldarmi. Sarebbe bello se trovassi qualcosa come una grotta, anche perché non so se sono in grado di costruirmi un rifugio rudimentale, nè se avrò abbastanza tempo per farlo.
Scendo con cautela dall'albero, stando attenta a dove mettere i piedi. Mi sento un po' goffa, non sono fatta per cose del genere, sono sicura che Kate se la stia ridendo a casa. Il fatto che sia viva e vegeta mi rincuora parecchio, spero tanto di poterla riabbracciare, siamo come sorelle io e lei. Mi manca tanto... dannazione! Mi fermo e sbatto il piede a terra con forza. Non devo farmi distrarre in questo modo, devo rimanere concentrata. Occhi aperti e vigili, sempre, così come ci hanno insegnato al distretto 3. Il mio cervello è la mia unica arma, non posso commettere errori così stupidi.
Mi guardo intorno per cercare di recuperare la concentrazione, quando noto un laccio mobile per terra, in bella vista. Male, decisamente male. Sono dentro il territorio di caccia di qualcuno. Tendo le orecchie cercando di sentire se ci sia qualcuno nei pareggi, ma non avverto niente. Mi muovo di soppiatto stando attenta a non calpestare nulla o a fare rumore. Proprio quando credo di essermi allontanata abbastanza noto una nuova trappola a terra. Rispetto alla precedente è nascosta meglio ed è anch'essa riservata per piccoli animali. Al centro c'è un'esca, un cracker per la precisione, e sembra molto più complessa della precedente. Chiunque l'abbia fatta se ne intende parecchio. Devo assolutamente uscire da questa zona. Provo a tornare indietro, ma neanche quindici minuti dopo sono costretta ad abbandonare l'dea: mi sembra di sentire il lontanaza l'eco della voce profonda di Lawrence. Mi sembra di capire che l'unica strada percorribile sia quella ad Est. Inghiotto della saliva e cerco di calmarmi, ma è piuttosto inutile: le mie mani continuano a sudare ho i nervi a fior di pelle. Sto iniziando a diventare paranoica, ho seriamente paura di incontrare qualcuno. Nel giro di mezz'ora avverto anche l'orribile sensazione di essere osservata. Inizio a sudare ancor più di prima e a guardarmi intorno freneticamente. Non mi piace per niente questa situazione. Vorrei tornare indietro, ma ho paura di essere beccata da Lars e i suoi. Mi sento in trappola, ma non so come uscirne. Decido di tirare fuori il coltello per prepararmi al peggio.
Inizio a correre verso l'unica strada possibile, quando la mia attenzione è catturata da un buffo oggetto a forma di pecora. Sto per avvicinarmi per osservarlo meglio, ma mi blocco all'improvviso pensando che sia l'ennesimo tranello. Senza perderlo di vista, come se temessi che si potesse trasformare in un ibrido da un momento all'altro, faccio due passi alla mia destra finché non sento la terra mancarmi da sotto i piedi. Ruzzolo giù per una buca profonda un paio di metri, finché non avverto un dolore accecante sotto il ginocchio. Il mio urlo si blocca poco sopra ai polmoni. Osservo tremante la gamba e noto che è trafitta da un palo acuminato, sporco di quello che sembrano feci. Dalla mia bocca esce un grido strozzato e lotto con tutte le forze per non svenire. Mi allungo verso la ferita, ma ogni movimento mi procura una nuova agonia. Mi aggrappo al palo, e provo a smuoverlo, nonostante il dolore. Devo provarci però, non posso rimanere bloccata qui. Stringo i denti, ma niente. Sono troppo debole, non ce la faccio. Il dolore è troppo forte... io... mi sento mancare. Il mondo intorno a me diventa improvvisamente nero. L'ultima cosa che riesco a vedere è un passerotto che vola via dal suo ramo.

 

Sidney Baxter, tributo del distretto 5, arena

Apro gli occhi controvoglia e vengo accolta da una luce smorzata. Quando è albeggiato il sole? Non ricordo neppure di essermi sdraiata. Fanculo, sto iniziando a perdere il controllo sul mio corpo e non va affatto bene. Non ricordo neppure quando è stata l'ultima volta che ho dormito come si deve. Il mio corpo ne sta risentendo pesantemente: sono stanca, faccio fatica a mantenermi concentrata, gli occhi mi si chiudono senza che io lo voglia e mi sento la testa pesante. Per fortuna ho Iv con me che funge da sveglia. Niente o nessuno potrebbe cogliermi di sorpresa. L'averlo con me si sta rivelando più positivo di quanto pensassi: anche se non sa cacciare ed è uno stupidotto, funge da sentinella ed attira gli sponsor come le api al miele. Come se avesse capito che stavo pensando a lui, Iv mi viene incontro scondizionante in cerca di attenzioni e di cibo. Non ho niente con me, però. Potrei resistere anche un altro giorno senza cibo, ma non Iv. L'ho viziato troppo e devo pagarne le conseguenze. Mi alzo in piedi a fatica pensando a un modo per potermi procurare del cibo: le piante sono fuori discussione, non ne conosco neanche mezza. Semplicemente al cinque non ce ne sono tantissime e non ho mai dovuto impararle. Potrei sempre usare Iv come cavia per testare la loro velenosità, ma preferirei di no. Non voglio privarmene. Lui è mio. Mi resta la caccia a questo punto. Proprio ieri ho creato una trappola sfruttando i bastoni, i sassi e la gomma da masticare che avevo trovato dentro lo zaino. Non so quanto possa essere efficace, ma valeva la pena provare. Finora non c' è cascato nessuno dentro, ma tanto non ho nulla di meglio da fare. Non avevo mai costruito trappole prima, mi sono dovuta basare solamente su ciò che avevo letto distrattamente da qualche parte e sulle mie nozioni di fisica.
Decido di avviarmi verso la trappola con Iv al seguito. Mi ricordo perfettamente dove l'avevo posizionata: terzo cipresso a sinistra dopo la roccia trapezoide, posizionato fra quell'albero altissimo ricoperto di licheni e quel grosso ramo caduto a causa della pioggia dell'altro giorno. Impossibile perdersi, solo un idiota a livello di Clifford ce la farebbe.

La trappola è scattata, e al suo interno ci trovo un topo grassottello. Tiro un sospiro di sollievo, va ben oltre alle mie aspettative. Temevo di rimanere senza niente data l'improbabilità della trappola. Se avessi avuto materiale migliore forse me la sarei cavata meglio. Ora devo trovare un modo per cuocerlo senza segnalare al resto dei tributi la mia postazione. Un vento freddo inizia a soffiare verso la mia direzione portando con sè un inteso odore di bruciato. Tutto ciò mi riporta a ieri sera, quando avevo intravisto un forte bagliore provenire dalla zona della cornucopia. Potrei giurare che c'è stato un incendio da quella parte. Mi domando cosa sia successo, qualcosa mi dice che i tributi abbiano litigato parecchio fra di loro, sia che l'incendio sia stato doloso o meno. Potrebbe anche darsi che si siano separati. Se non sbaglio esiste un metodo di cottura utilizzando il resto di un falò, potrei approfittarne. Se ci sono favoriti nei dintorni posso sempre darmela a gambe. L'importante è muoversi con cautela, silenziosa come un gatto. Sarebbe bello se Iv fosse in grado di andare in avanscoperta da solo, ma sono sicura che di fronte a un mio possibile ordine starebbe tutto il tempo a guardami immobile, con quei suoi grandi occhioni da schiocco.
“Se fai il bravo oggi si mangia, mi hai capito?” Per tutta risposta Iv inizia ad abbaiare contento. Mi piego su di lui in tutta fretta e gli tappo il muso con la mano. “Vedo che non hai capito nulla come al solito. Non dobbiamo farci individuare” Sillabo l'ultima parte con forza, in una vana illusione di farmi capire dal mio personale ammasso di pulci. Che sciocca che sono a sprecare il mio tempo così.
“Andiamo, Iv” gli ordino mentre mi addentro verso Sud.
Un quarto d'ora prima di arrivare prendo Iv in braccio in modo da prevenire qualche sua folle idea. Conoscendolo sarebbe in grado di fare la festa a gente come Lars o all'energumeno del due. Procedo con calma, stando attenta a non farmi sentire. I miei passi sono leggeri e sto bene attenta a non calpestare nulla.
Al mio arrivo non intravedo o sento nessuno. La cornucopia argentata è macchiata di nero e non ha nulla dello splendore che avevo intravisto durante il bagno di sangue. Al suo interno ci sono solo ceneri ed oggetti carbonizzati. In una sola nottata è andato perso un pezzo di paradiso. Appoggio a terra Iv e cerco all'interno qualcosa di utile, ma non c'è veramente nulla. Le fiamme hanno divorato senza pietà qualsiasi cosa. Immergo il topo nelle ceneri ancora calde, vicino a una cassa che sta ancora finendo di bruciare. Iv si avvicina ad annusare la preda e mi vedo costretta a riprenderlo in braccio, nonostante i suoi tentativi di ribellione. In fondo Iv è pur sempre un animale, l'istinto di sopravvivenza la starà facendo andare in matti. Occorre resistere però, mangiarlo crudo potrebbe essere troppo pericoloso. E' tutto sotto controllo: cercare cibo, mettersi al riparo, evitare contatti e non avere pietà. L'arena ha poche regole e bisogna rispettarle se si vuole uscire vivi. Direi che la sto cavando piuttosto bene, non vedo l'ora di godermi i soldi della vittoria. Nell'attesa mi accorgo che la temperatura sta iniziando a precipitare. Mi infilo la felpa che ho preso a Charlie e mi avvicino di più braci per scaldarmi meglio. Non soffro particolarmente il freddo, anzi, ma il vestiario si sta rivelando insufficiente per il clima. Dalla mia bocca fuoriesce del vapore e mi stringo addosso Iv per non farle patire il gelo improvviso.
Proprio allora mi rendo conto che sta precipitando qualcosa dal cielo. Mi scorgo fuori dal tettuccio della cornucopia ed intravedo dei pezzi di ghiaccio cadere copiosamente a terra facendo un gran rumore: grandine. Per un momento mi dimentico come si respira. Il ghiaccio precipita inesorabilmente senza che io possa far nulla in proposito.
"Smettila! Smettila" grido verso il cielo con rabbia. I chicchi iniziano a farsi più violenti e il vento li porta in parte dentro. Trattengo a stento un urlo e mi rifiugio in fondo alla cornucopia coprendomi le orecchie con le mani. Per quanto mi sforzi però, avverto lo stesso il fragore della caduta, il freddo pungente e la paura. La odio, la odio! Smettila! Smettila!
Iv si colloca preuccopato accanto a me, forse anche per cercare calore, e si acciambella sul mio grembo. Lo stringo a me con forza, sperando con tutte le forze che questa tortura finisca.

 

 

 

 

 

'Sera! E siamo a -11! Ci siamo lasciati Spencer che non poteva fare una fine diversa da questa. Appena letto la sua scheda aveva già immaginato un finale del genere. Harriet è invece è ancora viva anche se dentro alla “bocca del lupo”, durerà? Non durerà? Rose non può più ufficialmente ricevere Sponsors. Per aiutarla però si può sempre sfruttare Achille, quindi non è male così profondo. Sono stata gentile in questi due ultimi capitoli, dal prossimo si procedere di in due in due. Fino ad esaurimento scorte.

Alla prossima!

 

 

Alleanze:

Favoriti: Lawrence (distretto 1) e Lars (distretto 4)

Foglie d'autunno (o sfavoriti): Rose (distretto 12) ed Achille (distretto 2)

Gli improbabili: Killian (distretto 12) ed Abe (distretto 10)

Solitari: Emma (distretto 1), Harriet (distretto 3), Sidney (distretto 5), Stacey (distretto 6) ed Ane (distretto 11)

 

 

Morti

12° Spencer, tributo del distretto 6 (5 pov), ucciso da Stacey

 

Feriti

Harriet (trafitta alla gamba, svenuta)

Tutti (più o meno infreddoliti)

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Capitolo 18
*** Inferno ***


Giorno 5, pomeriggio

Killian Connors, tributo del distretto 12, arena

Mi osservo intorno, ma non c'è alcuna traccia di grandine da nessuna parte. Eppure io ed Abe abbiamo trovato riparo non troppo lontano da qui. È incredibile quanto gli strateghi riescano a fare il bello e il cattivo tempo. Le nostre vite sono prigioniere dei loro stessi capricci, basterebbe un cenno del primo stratega e potremmo morire da un momento all'altro, poco importa di quanto possiamo essere furbi, forti o belli. L'unica cosa che conta è la popolarità. Su questo temo di essere veramente svantaggio: non sono quel tipo di tributo che piace tanto a Capitol, ma ciò non vuol dire che voglia arrendermi.
Osservo il terreno e noto delle impronta. Faccio cenno ad Abe di fermarsi, e le osservo meglio. È l'impronta di un piede piccolo, probabilmente di una ragazza.

“Abbiamo un topo?” mi domanda. Annuisco, molto probabilmente qualcuno è caduto nella nostra trappola. Non mi piace definirla nostra, dato che io ho fatto la gran parte del lavoro, ma il contributo di Abe è stato comunque importante. Mi ha raccontato che è un autodidatta, in quanto le trappole sono state il suo unico mezzo per procurarsi cibo per anni. Rabbrividisco alla sola idea di un famigliare che se ne infischia talmente tanto di te da farti morire di fame. Se penso ai sacrifici che Dylan ha fatto per me...
Arriviamo infine verso la trappola. Il fatto che la copertura non ci sia più è un segnale inequivocabile del nostro successo.
“Cazzo, sì!” esclama Abe “Speriamo sia un favorito” Annuisco, ma il realtà spero che chiunque sia, sia già morto. So che è inevitabile stando qua dentro, ma non voglio dare spettacolo. Mi disgusta la sola idea che qualcuno aldilà dello schermo stia pregando per un atto sanguinario contro natura.
Ci affacciamo alla buca ed intravediamo una ragazzina bionda con la gamba infilzata. È ferma ed immobile, non dà segno di vita. Eppure di fianco a lei c'è un piccolo paracadute argentato. Che senso avrebbe sponsorizzare un morto? A meno che...
“Merda!” sbraitiamo io ed Abe quasi contemporaneamente. Dobbiamo scendere, non abbiamo scelta. Non possiamo di certo lasciarla qui agonizzante e farla morire fra mille patimenti, sarebbe perfino peggio. Decidiamo dunque di legare la corda in nostro possesso intorno a un grosso masso nei paraggi.
“Vai tu?” domando infine.
La mia uscita irrita parecchio Abe il quale inizia a sbuffare come una locomotiva “Sì, o ci metteremo una vita”
“Come prego?” Cosa cazzo vuole insinuare? Non sono un fifone, so comportarmi come un uomo!
“Hai capito benissimo” L'istinto mi urla di colpirlo dritto dritto al naso, ma mi devo trattenere, Abe può essermi ancora prezioso come alleato. Non so dove trovo la forza per non tirare il colpo. Lo fisso con uno sguardo di fuoco, mentre mi avvicino alla corda dandogli una spinta con la spalla.
“Vado io, signor arcobaleno”. Mi calo giù per la corda e raggiungo la ragazza. Ora che l'osservo da vicino la riconosco come il tributo donna del distretto 3. Nel vederla mi si stringe il cuore, non tanto perché speravo nell'aver intrappolato qualcuno di più temibile, ma perché mi sembra una brava ragazza, una di quelle che non si merita di stare qui.
“Ha qualcosa di utile con sè?” mi chiede Abe. Mi avvicino e controllo il contenuto dello zaino e del paracadute. Nel primo trovo soprattutto scorte alimentari, mentre nel secondo un disinfettante.
“Disinfettante e cibo” Abe mormora un “buono” e torna a studiare la scena in silenzio. Prendo un sasso grosso quanto un pugno (sperando che sia sufficiente per ucciderla) e mi avvino con passo esitante.
La ragazza improvvisamente riapre gli occhi facendomi venire un colpo. Cazzo, cazzo, cazzo! Rimani giù, rimani giù! Perché devi rendere le cose più difficili? La tipa mi guarda confusa, poi osserva la gamba ferita, per poi tornare su di me e sul sasso, guardandomi con quel maledetto sguardo che tanto temevo. Ti prego, non farlo. Non farò quello che devo fare per puro sadismo, lo farò perché voglio vivere. È meglio anche per te vedrai, la ferita è messa male. Neppure con il disinfettante andrai lontano.
“Ho....” mormora con estrema fatica “ho... un coltello a serramanico in tasca, usa quello... anziché un masso. Non renderlo più doloroso del necessario” mi prega con un incredibile sforzo. La sua richiesta mi blocca del tutto. Come posso fare una cosa del genere? Anche lei avrà una famiglia. Eppure, devo.
“Vuoi che faccia io?” mi chiede Abe dall'alto. È troppo, non lo sopporto più. Crede davvero che sia così facile?
“Vieni qui se credi di saper far di meglio! Facile giudicare da lassù!” gli sbraito addosso con tutte le mie forze.
Abe sbuffa di nuovo “Sei proprio una testa di cazzo” Dopodiché scivola giù nella buca “Non prendere tutto come se fosse un attacco personale! Volevo solo aiutarti. So che sei un bravo ragazzo Killian, faccio io se non te la senti, dico sul serio”
“E tu te la senti?” gli domando. Abe abbassa leggermente lo sguardo e sorride amareggiato “Sei un bravo ragazzo anche tu” costato alla fine
“Forse, in fondo in fondo” replica mostrando un sorriso da furbetto
“Fate in fretta, vi prego. Se è difficile per voi, figuriamoci per me. Io... non sono così coraggiosa” s'intromette la ragazza, seppellendo a fatica la propria voglia di piangere. Io ed Abe agiamo in silenzio, senza dirci nulla. Sappiamo per la prima volta esattamente cosa fare e come farlo. Mentre io cerco il coltello, Abe si toglie la felpa e l'appoggia sul volto della ragazza. Nessun spettacolo, nessun dolore più del necessario. Nessuno sguardo agonizzante.
Infilo il coltello sotto la stoffa e incido nella carne finché non sento il cannone suonare.

 

Anemone Katz, tributo del distretto 11, arena

Provo a chiudere gli occhi, ma non ci riesco. Il mondo è perfettamente immobile intorno a me e io non ho la più pallida idea da quanto tempo sia sdraiata qui per terra. Ricordo solo il rumore del cannone, le lacrime e un dolore talmente potente da togliermi il respiro. Dalla mia bocca fuoriesce l'ennesimo singhiozzo. Dovrei alzarmi e cercare da mangiare o da bere, o per lo meno cercare di recuperare lo zaino, ma ogni volta che ci provo finisco semplicemente per girarmi dall'altra parte. È come se avessi perso ogni forza. Se non fossi così debole starei lottando per la mia vita, ma non ci riesco. Vorrei solo dormire. Sono stanca, tanto stanca. Vorrei essere lontana da qui, con le persone che amo. Rivoglio Mark, rivoglio mio fratello e questa volta sul serio. Non sono più disposta a tollerare la sua assenza. Ho bisogno di lui, non sono così forte! Perché ci siamo allontanati così tanto? Da bambini eravamo inseparabili...
Mi stringo ancora di più in posizione fetale e canticchio come al solito la Theme of Love. Devo alzarmi, devo farcela, devo alzarmi. Non posso rimanere qui o mi uccideranno sicuro, è già un miracolo se sono ancora viva. Devo tornare a casa dai miei amici, devo farlo anche per il principe. Devo ringraziare i suoi per averlo messo al mondo. Devo lottare, devo. Provo ad alzarmi, ma nella mia testa ritornano gli occhi nocciola di Carlie, la sua espressione spaventata, la sua fuga verso l'ignoto con l'ibrido ai calcagni. Nella mia testa risuona per l'ennesima volta il colpo del cannone. Mi copro le orecchie con forza, cercando con tutta me stessa di fuggire da quell'orrore. L'ibrido avrebbe dovuto prendere me, Carlie non meritava quella fine. L'avranno manovrato gli strateghi? Perché lui e non me?

No, no! Ci sono cascata di nuovo! Ci riprovo di nuovo, ma questa volta c'è Clè al posto di Carlie, poi Mark, Diantha, Talia, Zarah, Camille... tutti mi lasciano, tutti mi abbandonano. Mi ritrovo sola per l'ennesima volta. Devo essere maledetta, tutti coloro che incontro e che amo prima o poi mi lasciano. Sono tutti turisti, nessuno si ferma permanentemente. Neppure mio fratello...
Cambio posizione di nuovo e la mia attenzione viene catturata da una strana pianta. Non me la ricordo. È sempre stata lì? È strano che non la riconosca, con il lavoro che faccio ho a che fare con le piante tutto il giorno. Quasi sicuramente non è commestibile. Forse è utile per altri scopi. Ha delle foglie a dir poco gigantesche e delle radici sporgenti altrettanto grandi, si potrebbe costruire un buon rifugio con quel materiale. Per un solo istante mi sembra che si sia mossa. Sbatto le palpebre e torno ad osservarla; è ferma. Deve essere stata una mia impressione, forse sono troppo stanca. Non ho dormito questa notte ed è da diverse ore che non mi nutro.
Un rumore lieve e vicino manda un segnale d'allarme a tutte le cellule del mio corpo. Mi volto di scatto e riesco ad evitare per un soffio una coltellata al fianco. Guardo il volto del mio aggressore: è la ragazza del sei. Deve aver pensato che fossi una preda facile, così depressa come sono, e non ha tutti i torti. Sul suo volto c'è una nota di insoddisfazione mista a rabbia, e mi carica nuovamente con il coltello. Riesco ad afferrale il braccio e lotto per non farmi colpire. Non sono fisicamente molto forte, ma neppure lei lo è.
Spingo via Stacey che cade a terra senza alcuna grazia. Noto solo ora che ha una grossa ferita alla caviglia, fasciata in bende sanguinanti. Potrei prenderle il pugnale facilmente ed ucciderla senza troppi sforzi. Sto per attaccarla, ma il suo volto si confonde con quello di Donna, poi con quello di Carlie. Mi ritorna in mente il sangue, le urla, il dolore, le grida. Il momento di smarrimento mi costa caro: Stacey è nuovamente sopra di me con il pugnale che cerca di raggiungere il mio collo. Riesco anche questa volta a fermarla, ma la mia presa è meno sicura, più debole. Lotto contro di lei, contro i ricordi, contro la mia stessa mente che mi si sta ritorcendo contro. Sento di impazzire, mi sto spezzando in mille pezzi.
La guardo negli occhi e solo ora mi accorgo che ce li ha azzurri come me, come quegli di mio padre. Mi ha promesso che ci saremo incontrati se fossi uscita viva da qui. C'è ancora qualcosa per me là fuori, che stupida. Non solo mio padre, ma anche Mark e Clè... e tutti gli altri. Mi sento improvvisamente carica, il cuore mi batte a mille e sento un energia scorrermi dentro che temevo fosse scomparsa.
Colpisco Stacey all'altezza dello stomaco con il ginocchio. Il colpo ha effetto e la ragazza si allontana. Mi rialzo e prima che possa fare un nuovo assalto, la spintono con la spalla in modo da recuperare la distanza e dunque un po' di fiato. Stacey cade per terra e succede l'immaginabile. La pianta che aveva catturato la mia attenzione neppure cinque minuti fa, muove una delle sue radice e afferra Stacey per la caviglia sana e la trascina verso di sé. Le enormi foglie si spostano rivelando una sorta di bocca rossastra con denti acuminati. La ragazza si aggrappa al terreno con le unghie, ma i suoi tentativi sono più che vani.
Non commetto l'errore di stare a guardare. Mi volto dall'altra parte e incomincio a correre per salvarmi, per non fare la sua stessa fine. Non mi fermo neppure di fronte al suono del cannone, neppure di fronte a un cespuglio con invitanti more succose. Corro facendomi passare il vento fra i capelli spettinati e composti, ispirando ed espirando senza sosta. Corro finché le gambe non mi cedono. Cado nuovamente a terra e ricomincio di nuovo a piangere. Le lacrime questa volta hanno un sapore diverso e ben presto inizio a ridere istericamente. Sono viva. Guardami Carlie, sono viva.

 

Lars Seven, tributo del distretto 4, arena

Ma certo!” annuncio con un tono di voce un po' troppo alto. Ryanna, ormai mia storica alleata, mi guarda alzando un solo sopracciglio. È sporca di fuliggine e di sudore dalla testa ai piedi, la sua canotta gialla è strappata in più punti. Siamo da giorni dentro l'arena, abbiamo bisogno entrambi di un bel bagno.“La Divina Commedia!”
La cosa?”

La Divina Commedia. È un libro di epoca medioevale, che narra le vicende di un uomo in viaggio dall'inferno fino al paradiso. Gli strateghi devono essersi ispirati a quello per creare l'arena”. Ogni cosa qua dentro sembra ricollegarsi a quell'opera: cani con più teste, ibridi che ricordano delle donne con ali e zampe di uccello, l'enorme toro bipede con corna dorate, lo zolfo, il caldo insopportabile e il fuoco. Tanto, tanto fuoco. Mio padre mi aveva parlato di questo libro e me l'avevo anche prestato, dicendo però di stare attento, perché le copie erano rarissime. Il linguaggio era troppo antico, feci molta fatica a seguirlo, ma mi ricordo gli aspetti salienti. Bryan va matto per quell'opera, sa perfino alcune parti a memoria.
Dici sul serio? Non te lo stai inventando?” mi chiede lei sospettosa.
Perché dovrei?”
Prima della sfilata ti ho visto raccontare un sacco di frottole alla tua accompagnatrice. Andiamo: civiltà di cannibali oltre l'oceano che non conoscono l'arte del truccarsi?” Finisco per sorridere al solo ricordo. Oh Bernie! Ascoltava con entusiasmo ogni mia storia. Non si rendeva minimamente conto che la stavo prendendo in giro. Sciocca e stupida Bernie.
Guarda che esistono davvero” replico, beccandomi uno schiaffetto amichevole sulla fronte.
Sai dunque che cosa ci aspetta” costata Ryanna tornando seria.
Molto ghiaccio” La mia alleata alla notizia sorride.
Ti giuro che ci stavo sperando”. La capisco, il clima è diventato man mano sempre più insopportabile.
Il giorno prima della mietitura, avevo paragonato gli Hunger Games all'inferno e qualcuno deve avermi preso alla lettera” commento osservando il cielo cupo e grigio.
Sul serio? Non eri volontario?” mi chiede curiosa. Mi incupisco senza volerlo. Dovevo farlo, nessuno si sarebbe offerto volontario al posto di quel ragazzo cencioso. Questi erano i miei giochi, tutti lo sapevano. Tutti si aspettavano la mia mano alzata. Non volevo diventare una testa di cazzo vigliacca agli occhi di tutti, compresi ai miei. Le parole di Dylan continuano a frullarmi in testa.
È complicato” mi limito a rispondere. Ryanna ha la cortesia di non indagare oltre. Mi piace come persona: intelligente, piuttosto furba, anche se un po' cupa. È un po' diversa dalle gente che frequento di solito, ma va bene lo stesso. Sarebbe bello se ci fossimo conosciuti altrove, in altre circostanze, fuori da questo macello.
Verso il paradiso,allora”.
Verso il paradiso” Rispondo prima di cadere addormentato. Ci sarà davvero il paradiso fuori di qui?

 

“Sei proprio sicuro che non possiamo accendere un fuoco?” mi domanda Lawrence per l'ennesima volta. Vorrei che Emma fosse qui con noi, almeno Lawrence importunerebbe lei anziché me. Almeno a differenza sua è una persona leale... per adesso. Il tradimento qua dentro è la più grande tentazione e tutti ci cascano prima o poi. Perfino Harriet che sembrava una svampita di proporzioni gigantesche ha finito per mettercelo in quel posto a tutti quanti. Perfino Ryanna che... no, non devo pensare a lei o finirò per sognarla anche stanotte. Ho già abbastanza problemi senza che gli spettri dei miei scorsi giochi vengano a bussarmi alla porta. Devo resistere, non posso farmi schiacciare.
“Siamo completamente fradici! Anche se ci venissero incontro potremo farli fuori facilmente!” insiste
“Ho detto di no” ripeto scocciato “Ti sei goduto il falò di Harriet? Bene, ora sopporteremo un po' il freddo”.
“Ma se gelasse?” replica non del tutto convinto.
“Impossibile. Siamo con enormi probabilità tutti nelle stesse condizioni, non possono rischiare di uccidere nove persone in un colpo solo, non in questa fase del gioco”. Lawrence ci pensa su per poi sospirare rassegnato, arrendendosi al fatto che è improbabile che gli altri ci temano come prima. Possiamo definire la parte fino ad oggi come uno scherzo. È quando ci si avvicina alla fine che tutto inizia ad andare a rotoli.
“Quindi dormiremo vicini vicini come due innamorati?” scherza Lawrence stranamente di buon umore dopo l'addio di Emma.
“Sì, ma il cucchiaio grande lo faccio io, se non ti dispiace” rispondo a tono facendomi trascinare nel suo gioco
“Guarda che ci guadagneresti e basta e stare con uno come me. Dicono che sia molto bravo a letto”
“Interessante. Chissà cosa ne pensa la tua fidanzata del fatto che tu sia andato a letto con altri uomini in passato”. Lawrence arriccia il labbro indispettito, mormorando un “Bastardo, hai vinto tu questa volta” mentre inizia la sua arrampicata verso uno dei rami più alti con alle spalle uno dei scarsi zaini in nostro possesso. Sto per raggiungerlo quando noto su un albero un corvo nero come il carbone che mi fissa con il suo unico occhio. Non so bene per quale ragione, ma avverto un lungo brivido per tutto il corpo.

 

Juliet Horner, ereditiera della famiglia Horner, Capitol City

L'attrice si asciuga una lacrima evitando per un momento di incrociare gli occhi con il telespettatore. Appare sconvolta, tremante nella sua pelliccia di volpe “Mi fidavo di lui, credevo che mi amasse, che volesse un futuro per noi! Invece mi ha abbandonata alla prima occasione”. L'immagine cambia e questa volta viene mostrato un signore di mezza età, anche lui amareggiato “Nessuno mi restituirà mio figlio”. Appare infine un terzo uomo, orribilmente sfigurato al volto “Non importa quanto è buia la notte, il mattino arriva sempre il giorno dopo”. Lo schermo diventa nero ed appare il titolo del programma “Anni bui, prossimamente nelle vostre TV”. Il trailer finisce e la pubblicità riprende con il solito ritmo. Deve essere il programma sul quale sta lavorando la signorina Mars. Sembra abbastanza banale, ma è quel genere di programmi che piace tanto alla gente di Capitol. In fondo è un suo programma sono sicura che riuscirà a gestirlo bene. L'importante è che riesca raggiungere l'obiettivo di propaganda, del resto non me frega niente.
Spengo la TV e giro annoiata all'interno della villa. Sono praticamente sola ad eccezione delle solite guardie del corpo. Coriolanus è uscito in gran segreto per eliminare personalmente ogni prova che possa collegarci alla morte di Dreeg. Mi dispiace per Eos, mi piaceva quella ragazza.
Coriolanus non mi ha ancora chiesto ufficialmente la mano, dice che i tempi non sono ancora politicamente pronti, ma mi sono praticamente già trasferita qui. Tanto la stampa si aspetta il nostro fidanzamento da un momento all'altro e il mio stazionamento qui non farà altro che far aumentare l'attesa. La gente ama le storie d'amore tormentate e se li daremo qualcosa per cui fare il tifo, aumenterà la loro adorazione nei nostri confronti.
Decido di dirigermi verso lo studio, per vedere se sono pronti i documenti che permetteranno la promozione di mio cugino Keith all'interno del consiglio personale. In fondo è un ragazzo fedele e senza grilli per la testa, non darebbe mai fastidio al mio uomo, non vedo perché non possa dare una mano. Abbiamo bisogno di rinforzare il potere della nostra famiglia, alla faccia di chi ci dava perduti dopo la morte di mio padre. Lo studio è chiuso a chiave, ma posseggo una delle due uniche copie esistenti, dunque non ci sono problemi di sorta.
Cerco il documento, ma non lo trovo. Strano dovrebbe essere qui, da qualche parte. Apro il cassetto per controllare meglio, ma trovo invece un fascicolo che non avevo mai visto prima. Le pagine sono ingiallite, sembra vecchio di un paio di decenni. Inizio a leggerlo, ma il contenuto è talmente surreale da sembrarmi uno scherzo. No, deve esserlo. Inizio a ridere da sola, chiudendolo in gran fretta. Il distretto 13 ancora in piedi, ben nascosto, con il consenso del presidente Dreeg. Un patto di non aggressione, canali di comunicazioni segreti! No, è uno scherzo. Mio padre e mio fratello non possono essere morti per niente! Noi abbiamo distrutto il distretto 13! Non ne rimane nulla, è solo un ammasso di rovine! Quei porci schifosi stanno marciando all'inferno patendo per tutto il dolore che hanno causato. Questo documento è una farsa, deve esserlo.
Mi alzo di scatto dalla sedia e inizio a stracciare in più parti quella tremenda bugia.
“Grazie Juliet, volevo distruggere anch'io quel documento, ma oggi non ne ho trovato ancora il tempo”. Coriolanus è in piedi appoggiato allo stipite della porta, vestito di bianco, con una luce negli occhi che conosco molto bene, ma che mai avevo visto rivolta verso di me.
“Che cos'è questa storia? Il tredici ancora in piedi?” Sono fuori di me, finisco per urlargli addosso, cosa che non avevo mai fatto prima. Io e lui non abbiamo mai avuto segreti e questo è grosso come una casa. Non posso crederci, non voglio crederci. Mi avvicino a lui, allontanandomi dallo schifo che si nasconde in quella scrivania e per tutta la stanza.
“Sì, l'ho saputo anch'io solo di recente. Avrei voluto che tu non avessi ficcanasato, ma le cose sono andate diversamente e devo agire di conseguenza” mi risponde quasi glaciale. Come fa a rimanere così calmo?
“Perché non me l'hai detto?” replico incredula. Sto impazzendo, deve essere un incubo questo
“Proprio perché volevo evitare questa reazione da pazza”. La rabbia e il tradimento mi bruciano dentro talmente tanto da farmi alzare le mani contro di lui, il mio uomo, quello che amavo con tutta me stessa, quello a cui avrei, ho, affidato la mia stessa vita. Snow para il mio colpo con estrema facilità “Sapevo che non avresti mai appoggiato”
“Stai scherzando? Hanno ucciso la nostra gente! Hanno ucciso mio padre, mio fratello! Come puoi rimanere così impassibile di fronte a tutto questo?” Perché non capisce? È così chiaro! Loro sono il nemico, devono essere annientati, non deve rimanere nulla di loro, neanche le ossa.
“Hanno l'atomica” mi risponde con lo stesso tono che si potrebbe utilizzare con una bambina di sei. È un incubo, non ci credo. Chi ho servito fino adesso? Io pensavo, pensavo...
Mi accascio a terra, incredula per l'enorme svolta che ha subito la mia vita. Chi ho servito fino adesso, cosa ne ho fatto della mia vita? Credevo che avrebbe portato gloria a Capitol, messo fine ad ogni conflitto anche se per farlo avrebbe utilizzato il pugno di ferro. Non mi importava, volevo solo la luce dopo così tanta oscurità. Ero sicura, ero convinta...
“Dobbiamo distruggerli. Non c' è vita con loro ancora qui. Dobbiamo dirlo a tutti. Vedrai che Capitol la penserà come me” Mi alzo, ma Snow mi blocca imprigionandomi fra lui e la porta.
“È proprio questo che temevo. Sei troppo rancorosa, la tua sete di sangue è insaziabile. Ti ho amato anche per questo. La tua passione brucia come il fuoco e ti ho utilizzata per alimentarmi. Mi hai appoggiato su tutto, tranne che su questo, dovevo aspettarmelo in fondo. Sei stata preziosa, ma ora sei solo un peso”
Come osa farmi questo affronto? È grazie a me che è arrivato fino a qui! Provo a liberarmi dalla sua stretta, ma è troppo forte, non ci riesco.
“Ti sbarazzerai di me come hai fatto con Eos? Non andrai da nessuna parte senza di me!” gli urlo addosso senza smettere di lottare
“Come sei ingenua. Ti ricordo che c'è sempre la mia mente dietro ai piano. Tu mi sei stata utile per i tuoi soldi e per il tuo nome. Ma sai una cosa? Non sei l'unica ricca ereditiera carina a Capitol. Ne esistono altre, anche più giovani di te e soprattutto più docili”. Gli sputo in pieno volto, ma il mio affronto non sembra nemmeno scalfirlo. Sorride semplicemente, divertito dalla mia disperazione. Le guardie ci hanno raggiunto e mi prelevano con la forza.
“Ha tentato di uccidermi. Portatela via e fate in modo che non posso più parlare”

 

 

 

Ciao! Siamo a meno nove! L'arena dei 19° giochi non è di mia invenzione, ma di yoyo. Ci vediamo al prossimo capitolo, con le prossime morti. A proposito! Ve lo dico già adesso, mi serve (tramite pm) il nome dell'oggetto che il vostro tributo desidera più di ogni altra cosa. Perché? Suggerimento: festino. Ovviamente non tutti i nove sopravvissuti ci arriveranno.

 

Morti

11° Harriet (tributo del distretto 3, 4 pov) uccisa da Killian

10° Stacey (tributo del distretto 6), divorata da una pianta ibrido

 

Feriti:

Ane (psicologicamente fragile)

Tutti (all'incirca) bagnati ed infreddoliti

 

Vivi:

Distretto 1: Lawrence ed Emma

Distretto 2: Achille

Distretto 4: Lars

Distretto 5: Sidney

Distretto 10: Abe

Distretto 11 : Ane

Distretto 12: Rose e Killian

 

 

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Capitolo 19
*** Ognuno per sé ***


Siamo già soli, Lawrence!

Emma, capitolo 16

 

Giorno 6, mattina

Lars Seven, tributo del distretto 4, arena

“Va' a dormire” mi ordina Lawrence. So che ha ragione; il mio turno di guardia è finito almeno un'ora fa, ma tanto non riuscirei a chiudere occhio. Ho finito per raffreddarmi durante la nottata e ho il naso completamente chiuso. Faccio fatica a respirare e mi gira la testa. Devo provarci però, non manca troppo all'alba. In fondo è stata una giornata molto lunga e faticosa, potrei anche riuscirci. Gli passo gli occhiali infrarossi, regalo degli sponsors, e mi sdraio con addosso la coperta.
“Lars” mi chiama Lawrence prima che io possa chiudere gli occhi. C'è qualcosa di strano in lui a partire dal suo sguardo, fino alle mani nascoste dentro le tasche. Sta nascondendo qualcosa.
“Dimmi” lo incoraggio
“Lascia stare, ne parleremo domani mattina” Non so bene per quale ragione, forse per la stanchezza, forse per la debolezza, ma il mio corpo finisce per accettare la sua richiesta.

 

All'accademia ci hanno insegnato di non preoccuparci troppo dei pericoli notturni perché il nostro cervello è impostato sull'allerta in questi casi, e uno dei due emisferi rimane sempre sveglio come nei cervelli dei delfini e delle balene. Non ero sicuro che questa nozione fosse vera, ma avevo deciso lo stesso di affidarmi a Ryanna perché credevo in lei, non avevo ragione per dubitare della sua lealtà. Abbiamo affrontato tante cose insieme e ci siamo salvati la vita a vicenda.
Perché allora c'è questa lama fredda attaccata al mio collo?

È colpa mia, ho abbassato la guardia. Ho commesso l'errore di considerarla un'amica, dimenticando per un momento quanto fosse importante la mia morte per lei.
La sua mano trema e i suoi occhi esprimono esitazione. Non occorre pensare troppo; le spingo via il braccio con forza, mentre con l'altra mano afferro una freccia nella faretra al mio fianco e le infilzo lo stomaco. Ryanna cade e l'afferro giusto in tempo. È pallida e continua a tremare, solamente che adesso non lo fa per la tensione. Le sue labbra sono screpolate per il freddo e i suoi occhi sono lucidi. Non mi è mai sembrata così indifesa come adesso. Ai miei occhi ha riassunto l'aspetto di una sedicenne andata incontro ad un destino crudele.
Non l’avrei mai fatto” confessa “Pensavo di riuscirci. Ora so che non l’avrei mai fatto”
“Ti credo” le sussurro. La stringo forte a me, accarezzandole il braccio di tanto in tanto. Vorrei dirle che mi dispiace, che non avevo scelta, ma lo sa già in fondo.

Lars, raccontami una storia” mi supplica lei per l'ultima volta.
Inizio a raccontarle una storia di marinari, bugie, inganni ed incredibili scoperte. Ad ogni mia frase, la mia voce diventa più debole e rauca e prima che me ne accorga, ho le guance bagnate dalle lacrime. Non faccio in tempo a raccontarle la fine che lei è già morta.

 

Mi sveglio d'un tratto, cercando di scacciare via l'incubo e la sua bugia. Ryanna voleva uccidermi, aveva tutte le intenzioni di farlo. Non era una pazza suicida che si era offerta volontaria, lei era capitata là dentro, contro la sua volontà. Non sognava la gloria, né l'onore. Voleva solo tornare a casa dai suoi genitori per condurre una vita normale senza né alti, né bassi. Io ero solo un ostacolo lungo il suo percorso. Un alleato più forte che era riuscita a manipolare a proprio vantaggio, nulla di più. Voleva solo sopravvivere, per questo scappo via con me quella notte. Era debole, scarsamente allenata, se fosse rimasta con gli altri favoriti l'avrebbero freddata in breve tempo. Se non mi fossi svegliato in tempo, l'avrebbe fatto, mi avrebbe ucciso, ne sono sicuro. Sì... sarebbe andata sicuramente così.
Mi guardo intorno ed intravedo Lawrence con il suo misero zaino in spalla. Ha in mano la sua daga e se ne sta semplicemente andando, senza neppure voltarsi. Provo una sensazione diversa rispetto a quella volta con Ryanna. Quella volta il tradimento fu improvviso, inaspettato, in questa invece sapevo che era solo una questione di tempo. Conosco meglio la natura umana rispetto a due anni fa, so che l'uomo finisce sempre per cedere alle sue tentazioni. Lawrence però ha commesso un errore fatale: non mi ha ucciso. Troppo leale, troppo buono, troppo scemo. I meritevoli non escono vivi da qui, l'arena li prende con sé per sempre. Solo i mostri trionfano; nessun vincitore è una brava persona. È questo che fa Capitol alle persone. Avrei dovuto ucciderne di più, avrei dovuto ucciderli tutti.

Lawrence nota finalmente che sono sveglio, prova a dirmi qualcosa, ma ormai è troppo tardi. Ho già preso una freccia, quella che tenevo nascosta nei vestiti in caso di necessità, e miro dritto al collo, senza alcuna esitazione. Il tuono del cannone raggiunge la freccia subito dopo. Controllo la faretra poco lontano, in modo da prendere una nuova freccia d'emergenza, ma sono tutte spezzate in due. Sorrido amaro, era più furbo di quanto pensassi, ma avrebbe dovuto spezzarmi l'arco, anche a costo di svegliarmi, e soprattutto non avrebbe dovuto sottovalutarmi. Mi alzo in piedi e recupero la freccia dal corpo esanime del ragazzo, avvolto in una pozza di sangue. Capitol ha ucciso un'altra persona.

 

Achille Pelide, tributo del distretto 2, arena

Ricontrollo lo zaino per l'ennesima volta, ma è inutile. Al suo interno ci sono solamente il tubicino per purificare l'acqua, l'ago, il filo e la lente d'ingrandimento. Non abbiamo più cibo. Per ora ce la siamo cavati con le conoscenze di Rose e i suggerimenti di Connor, ma non basta più. Ho bisogno di un pasto serio, di proteine, di carne. Bramo un piatto di bistecca, delle costolette di maiale, alette di pollo, arrosti e chi più ne ha, più ne metta! Il mio fisico sta risentendo di questa dieta povera: sto dimagrendo a vista d'occhio e mi sento parecchio debole. Non so come faccia Rose, lei sembra essere abituata a tutto questo. Deve essere tremendo crescere nei distretti poveri, più di quanto immaginassi. Cacciare sta per diventare una priorità assoluta e porca puttana, questa volta ho intenzione di accendere un fuoco. Finora non l'ho fatto per via delle suppliche di Rose, che mi chiedeva di rimanere nell'ombra, al sicuro. Non ce la faccio più a nascondermi però, io sono un guerriero, voglio far vedere al mondo quanto valgo. Non ho paura di loro, so che di abili in combattimento non ne rimangono tanti. Ho solo sei nemici davanti a me.
Prendo Turadot in mano, sotto lo sguardo vigile di Rose “Vado a caccia” le annuncio semplicemente, senza troppi preamboli.
Lei mi guarda confusa “Con la spada?” La sua uscita un po' mi offende: Turadot è bellissima, è capace di tutto. Abbiamo bisogno di un pasto, di uno serio, lo sa anche lei. Rose deve aver notato il mio malumore, tant'è che aggiunge subito dopo: “Scusa è che credevo fossero necessarie armi da lancio per una cosa del genere, non me intendo molto”. Non ha tutti i torti, ma le lance e gli archi non fanno parte di me. Li odio dal più profondo, soprattutto gli archi. Una volta mi sono quasi strozzato nell'utilizzarli, senza contare che ho finito per conficcarmi una freccia nel piede.
“Vedrai che ci riuscirò lo stesso” la rassicuro. Il volto delle mia alleata si incupisce e mi si stringe il cuore nel vederla in quello stato “Tornerò subito” le annuncio sincero. Ho intenzione di mantenere questa promessa, anche a costo di rimanere a mani vuote, non mi piace l'idea di lasciarla senza difese. Portarla con me però sarebbe controproducente: non ha un passo felpato e potrebbe reagire male di fronte all'assassinio di un animale. So che è in gamba e che non è da sottovalutare, ma non riesco a togliermi dalla testa il suo volto pallido e privo di senso di sensi nel bagno di sangue.
“Va bene” mi dice dopo averci pensato un po' su.
“Rimani in cima ad un albero e non scendere per nessuna ragione al mondo e... sei hai bisogno di me fischia” aggiungo indicando la sua tasca “Sarò nei pareggi, ti sentirò e verrò da te all'istante. Mi hai capito?” Rose annuisce diligente come sempre. Spero sia la decisione più giusta, non ci siamo mai separati fino ad ora. La carne ci serve però, non possiamo andare avanti solo di fiori e di formiche. Come faremo così denutriti ad affrontare le prove finali? Se la portassi con me inoltre potrei esporla a maggiori pericoli: non abbiamo la distanza dell'arco, la caccia avverrà da vicino dopo una strenua lotta. No... non è posto per Rose e non posso rimanere qui con lei. Separarci è la cosa migliore da fare. Starà bene, al sicuro sopra un albero, lontano dagli occhi di tutti gli altri tributi.
“Voglio mangiare a sazietà!” annuncia Rose con voce squillante “Voglio che al dodici provino invidia per il pasto che faremo” aggiunge. Strano, non è un'uscita da lei. Ci metto un po' a capire che il suo non è altro che un incoraggiamento. Deve aver capito che sono anch'io in ansia. La mia Rose, piccola e coraggiosa, una vera guerriera. Sono così fiero di lei.
“Ci puoi giurare, vedrai che alla fine avremo perfino mal di pancia!” replico cercando di soffocare tutte le mie paure.
Rose inizia a ridacchiare deliziata “Dovremo muoverci rotolando!” Annuisco, gonfiando le guance facendole vedere quanto ho intenzione di diventare tondo. “Facevi molti pasti del genere nel tuo distretto?” mi chiede incuriosita.
“A volte, nei giorni speciali. La mamma cucinava un sacco di cose, tutti i piatti preferiti da me e mio padre. Primo, secondo, contorno e alla fine sempre della frutta. In questo periodo faceva sempre le fragole con la panna” L'ultimo pasto del genere ce l'ho avuto la sera prima della mietitura. Mamma ci aveva chiesto di vestirci eleganti, perché sapevo che forse sarebbe stata la nostra ultima cena insieme. Aveva indossato un abito giallo, si era raccolta i capelli e aveva indossato i suoi unici gioielli. Aveva fatto di tutto per rendere la serata speciale. È inutile, è lei la mamma migliore del mondo.
“Scusa non volevo rattristarti”
“Un po' di nostalgia è normale, non preoccuparti” la rassicuro abbracciandola. In seguito l'aiuto ad arrampicarsi su un albero ed aspetto che abbia raggiunto un punto in alto poco visibile dal basso.
Andrà bene, andrà tutto bene.

 

Sidney Baxter, tributo del distretto 5, arena

Do un altro morso al mio coniglio arrostito, riempiendomi la bocca con il sapore favoloso. Non pensavo che mi sarebbe mancato così tanto un vero pasto, me la sono sempre cavata con poco. Non che all'orfanotrofio non ci dessero cibo, anzi, solo che non potevano permettersi di darci porzioni troppo abbondanti. Inoltre ho sempre dovuto rinunciarne a una sua parte per darla a Iv. È molto dimagrito nell'ultima settimana, ma non ci posso fare nulla. Sto facendo del meglio e si deve accontentare.
Lo scioccone mi guarda e scodinzola, felice per l'ennesima giornata d'escursione passata insieme. A volte credo davvero che sia la versione canina di mio fratello.

D'un tratto Iv si blocca ed inizia ad annusare l'aria. Mi irrigidisco e mi guardo intorno freneticamente. Non vedo niente, ma voglio fidarmi dell'istinto di Iv. Lo prendo in braccio e mi nascondo dentro la prima rovina che intravedo. Rimango ferma immobile ed avverto Iv iniziare a latrare minaccioso. Sono piuttosto stupita, è sempre stato amichevole con gli estranei. Che la palla di pelo avverta la mia tensione ed agisca di conseguenza? Gli serro il muso con forza e mi sporgo oltre. Riesco finalmente ad intravedere il “grande pericolo”: è un tributo donna meticcia, dall'aria parecchio persa e spaventata. Dovrebbe essere Anemone Katz, del distretto 11. Votazione alle prove individuali: 7 su 12. Un voto piuttosto alto per non essere una favorita. Deve avere qualche talento nascosto. Mi concentro per ricordarmi i suoi allenamenti, dov'era, cosa faceva, ma l'unica cosa che mi torna in mente è la canzonetta del cazzo e la sua dannata intervista. “È l'unico ricordo che ho di mia madre” aveva detto.
La mamma... che cosa stupida.

 

Iv sta inseguendo la propria coda nel ridicolo tentativo di acchiapparla. C'è qualcosa di affascinante nelle menti semplici, più sono stupidi e più sembrano felici. Clifford ne un esempio lampante. Mi volto verso di lui, ma non ha stampato in faccia il solito sorriso da ebete, anzi, sembra addirittura preoccupato. Mi volto dall'altra parte prima che si accorga che gli ho prestato attenzione, o dovrò subirmi un suo sfogo. Evidentemente però, sono troppo lenta
Domani c'è la mietitura” osserva lui mogio mogio

Ah, ah” mi limito a replicare. Allora? Dove vuole arrivare? Ha 21 anni, è fuori dalle estrazioni.
Non ti offrirai volontaria vero?” mi chiede. Gli scoppio a ridere in faccia senza ritegno.
Ma fai sul serio?” gli domando, quasi retorica. Non può essere così scemo da pensare a una eventualità del genere. Clifford rimane però serio e continua ad attendere la propria rassicurazione. “Non sono un'idiota” mi limito a dirgli a disagio. Mi giro nuovamente verso Iv sperando che il discorso sia chiuso, mentre invece prende una piega perfino peggiore.
Credi che la mamma sarà in piazza domani?” Metto entrambi le mani davanti alla faccia, imprecando a mezza voce. Perché cadiamo due o tre volte all'anno su questo argomento?
Cliff, sul serio? Dobbiamo parlarne davvero di nuovo?” sobillo esasperata
Tornerà” si limita a replicare.
Ci ha abbandonati anni ed anni fa. Non tornerà” gli dico fredda, senza neppure guardarlo. Avrei dovuto aspettarmelo. Cliff si alza in piedi di scatto, stringendo le mani a pugno, rosso in volto
Tornerà! Ho detto che tornerà! Tornerà” urla arrabbiato. Dannazione, devo calmarlo in fretta. Non voglio che abbia uno dei suoi scatti da matto qua dentro, o scopriranno Iv.
Hai ragione tu. Scusa” gli dico cercando un tono dolce, qualsiasi cosa significhi. Il volto di Clifford torna di un colorito naturale e si risiede per terra accanto a me. Mi chiedo se arriverà il giorno in cui riuscirà finalmente ad accettare l'ingiustizia che abbiamo subito in fasce. Dovrà capirlo prima o poi che possiamo contare solo e solamente sulle nostre forze, perché a nessuno importa davvero di te. Chi si interessa è solo perché vuole usarti per ottenere qualcosa o per mettersi in pace con la coscienza. Tanto vale adottare la stessa mentalità e cercare di guadagnarci il più possibile. Ognuno per sé Clifford, non fidarti di nessuno, nemmeno di me.

 

Osservo Anemone cercando di concentrarmi sui particolari: non vedo alcun zaino, nessuna arma. Sembra stanca ed assetata, indebolita, sola. Per un momento valuto l'idea di attaccarla, ma abbandono subito il progetto. È meglio non sottovalutarla, soprattutto considerando il fatto che non so nulla di lei. Magari è fisicamente più forte di quel che sembra. Senza contare che sono debole, in uno scontro corpo a corpo mi farebbe quasi sicuramente a pezzi. No... devo agire diversamente, devo usare il cervello.
Osservo la coscia di coniglio ancora fra le mani. Trappole, ecco cosa mi serve.

 

Emma Stone, tributo del distretto 1, arena

L'ennesimo brivido attraversa il mio corpo. Per quanti sforzi compi, per quanto mi copra, per quanto mi esponga al sole, non riesco assolutamente a far uscire il freddo dalle mie ossa. Mi tocco la fronte, è calda, probabilmente ho la febbre. Tutto questo non sarebbe avvenuto se avessi avuto il coraggio di accendere il fuoco ieri sera. In realtà però ho paura di catturare l'attenzione degli ibridi, degli altri tributi e di Lawrence. Ho guardato il cielo con ansia ieri, ma la sua immagine non è spuntata in mezzo a quella degli altri morti. Per un primo momento ho provato sollievo, ma poi sono stata accolta dal panico: le probabilità di un nostro nuovo incontro aumentano e io non sono pronta. Non saprei cosa dirgli, né cosa fare. Non sono neppure sicura di poterlo colpire. Mi sono proprio cacciata in un bel guaio. In fondo al cuore però rimane l'ingenuo desiderio di rivederlo ancora, un'ultima volta. Sono proprio una stupida, non imparo mai.
Mi siedo per terra sotto un faggio cercando sollievo, mentre i raggi solari cercano di asciugare i miei vestiti, ancora umidicci dopo la grandine di ieri mattina. Tiro fuori dal mio zaino la mia ultima scorta alimentare: una mela. Avevo portato con me molta più roba, ma lo zaino si è rotto durante la fuga da un ibrido e mi è rimasto ben poco: la sopracitata mela e una coperta. Non rimane nient'altro. Nemmeno un goccio d'acqua. La fame e la sete non sono ancora un problema, ma ben presto dovrò affrontarli. Non ho mai cacciato in vita mia, ma posso provare. In fondo so muovermi silenziosamente e ho due armi con me: la frusta e il coltello, qualcosa posso combinare. Per l'acqua posso sempre andare al fiume. Non ho niente da depurare, ma non vedo alcuna alternativa. Gli sponsors non mi hanno mai inviato nulla, non posso contare su di loro. In tutta onestà speravo di avere più popolarità. Nell'uno ero amata ed ammirata. Mi esibivo di fronte al pubblico in maniera regolare ed applaudivano sempre alla fine. Il mio camerino era sempre pieno di fiori e di lettera di ammiratori. La sera partecipavano quasi sempre a delle gran feste, dove parlavo con gente più grande di me di moda, cultura e libri. Tutti dicevano che ero incredibilmente matura per la mia età e non solo: dicevano che ero bellissima, intelligente, talentuosa e perfetta.

Mi faceva sentire felice tutta quell'attenzione e quella approvazione.

 

Tu sei una ballerina di fama nazionale! Tu ce l'hai già la tua strada!”

 

Le parole di Lawrence mi ritornano all'improvviso, crudeli ma veritiere come sempre. Cosa ci faccio qui? Cosa ne rimane di me? Il mio corpo e la mia mente sono indeboliti, le mie mani e miei preziosi piedi rovinati per il freddo, la mia visione delle vita completamente sconvolta, ma sono ancora viva. Mi chiedo solo per quanto tempo. Non posso fare miracoli, non posso trascinarmi aldilà delle mie forze. La mia unica speranza è che i giochi termino in breve. Forse ho abbastanza forze per durare un giorno o due. Mi faccio cullare dal sogno di un ritorno a casa per darmi le energie per rialzarmi. Forse le cose potrebbe assomigliare a quelle di prima: la medicina di Capitol e mesi di allenamenti potrebbero restituirmi la danza e forse con il tempo potrò anche perdonare mia madre per tutto il male involontario che mi ha fatto. So che mi ama sopra ogni cosa nonostante tutto, posso sempre considerarlo un inizio.
Mi alzo in piedi e sistemo meglio la frusta e il coltello nella cintura. Non faccio in tempo a decidere una strategia di caccia che la mia attenzione viene catturata dal rumore di rami di cespuglio smossi. Afferro immediatamente il coltello preparandomi al peggio, mentre il cuore mi sale fino il gola. Di fronte a me appare una ragazzina minuta che riconosco immediatamente come il tributo donna del distretto 12. Il panico mi assale, se lei è qui, probabilmente anche il suo alleato, Achille, è nei pareggi. È un tributo allenato, forte ed armato, mentre io ho la febbre e per quanto ben addestrata, sono quasi sicuramente più debole di lui. Subito dopo però, noto qualcosa di interessante: negli occhi di Rose c'è il mio stesso identico sguardo. Avverto la sua paura, la sua incertezza, il suo senso di smarrimento: è sola, esattamente come me. Di fronte a me c'è un bersaglio facile, uno degli ultimi sette frammenti del biglietto che mi riporterà a casa. Dentro di me si fa strada prepotentemente la tentazione di ucciderla. È solo un altro lasciapassare per il distretto 1, un pezzo del sentiero che mi riporterà sulla mia vera strada, quella che ho impudentemente abbandonato per nulla.

Proprio mentre la mia mente è attraversata da questi pensieri, mi accorgo in ritardo che Rose ha estratto dalla tasca un oggetto metallico di piccole dimensioni. Un fischietto. In un frammento di secondo realizzo il suo piano e mi avvento su di lei come una furia. Non può suonarlo, o sarò finita. Non ho speranze contro Achille, se lo chiamasse sarebbe veramente la fine per me. La mia intera esistenza si basa su questa manciata di secondi. In meno di un lampo mi ritrovo addosso a lei nel tentativo di prenderle il fischietto. Rose lotta con tutte le sue forze e cerca di liberarsi dalla mia presa mentre urla a squarciagola, ma in preda alla lotta finiamo per cadere entrambe per terra. La piccola riesce a liberarsi dalla presa e ne approfitta subito per portarsi il fischietto alla bocca. Il panico si impossessa di me, e pronta a tutto pur di evitare l'inevitabile, la colpisco all'addome con il pugnale. Vengo accolta dal suo sangue caldo, mentre sul suo volto innocente appare la stessa espressione di Riley, quella che ha tormentato le mie ultime notti. Avverto il mio battito accelerare e cerco di annullare la sensazione di disgusto che mi attanaglia lo stomaco.
Sto per colpirla un'altra volta, quando avverto dei passi rumorosi e veloci dietro di me.

 

 

 

Ebbene sì. Ne ho fatti fuori solo uno, ma recupererò nel prossimo, state tranquilli. Invito chi non mi ha inviato il messaggio a mandarmelo perché fra tre morti ci sarà il festino!

 

 

Morti:

Lawrence (4 pov, tributo del distretto 1) ucciso da Lars

 

Classifica:

24 Daniel Ucciso da Lawrence

23 Thomas ucciso da Lars

22 Donna uccisa da Ane

21 Norma uccisa da Marinette

20 Marinette uccisa da Achille

19 Bezzy uccisa da Lars

 

18 Manuel ucciso da Emma

17 Connor, morto avvelenato

16 Charlie, ucciso da Sidney

 

15 Silk Hone, morta per setticemia

14 Riley Devries, uccisa da Lawrence

13 Carlie, sbranato da un ibrido

 

12 Spencer, ucciso da Stacey

11 Harriet, uccisa da Killian

10 Stacey uccisa da una pianta ibrido

9 Lawrence, ucciso da Lars

 

 

Feriti:

Emma (febbre, freddo)

Rose (Ferita all'addome, fame)

Achille (Fame)

Lars (sindrome da raffreddamento)

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Capitolo 20
*** Ira ***


Giorno 6, pomeriggio

Achille Pelide, tributo del distretto 2, arena

Il fuoco mi avvolge distruggendo ogni traccia di razionalità o di compassione dentro di me. Riesco solo a vedere Rose ferita con sopra quella puttana della favorita. Le sue mani sono sporche del sangue della mia piccola e so solo una cosa: la voglio morta. Voglio il suo scalpo, la sua sofferenza e le sue grida di pietà. Voglio che la sua famiglia osservi l'intera scena e che implori perdono per le sue azioni.
Ad ogni passo che compio, la mia ira non fa altro che crescere e crescere. Voglio il sangue che scorre, voglio che viva il poco tempo che le rimane nel dolore e nella paura. Impugno Turadot con tutta la mia forza e la carico, mentre i suoi occhi si spalancano per il terrore. Emma riesce ad evitare il mio colpo, gettandosi di lato, ma ciò non mi destabilizza minimamente. Nella voga ha perso il coltello, ma spero che non sia così stupida da pensare che avrebbe potuto avere qualche speranza contro di me.
Carico un nuovo colpo, ma riesce ad evitarlo nuovamente. Si trascina indietro, come il verme che è, guardandosi intorno freneticamente, in cerca di un miracolo. Non mi faccio commuovere dal suo bel faccino, né dalla sua ben visibile paura, figuriamoci dai suoi pantaloni bagnati di piscio. Alzo Turadot e le infilzo il petto. Emma spalanca la bocca cercando disperatamente l'aria. Dalle sue labbra esce in maniera strozzata il nome di un ragazzo, un certo Lawrence. Non mi importa, può invocare chiunque voglia, morirà lo stesso. Giro la spada nel suo petto ed avverto la sua vita scivolarle via.
Osservo il suo involucro, ma non mi sento sazio. Nella mia testa risuonano le urla di Rose e il suo sangue. Scommetto che non ha esitato neanche un attimo per saltarle addosso. È ricca, famosa, ammirata. Una figlia di papà che ha sempre avuto il mondo ai suoi piedi, un cenno e tutto era suo. Cosa contava per lei la vita di Rose? Sicuramente per lei era l'ennesimo insetto. Solo ora mi accorgo che il cannone non ha ancora suonato, la puttana è ancora viva.

Achille....

 

Mi piego su di lei e decido di divertirmi un po'. Le incido le braccia, le gambe, le taglio via un dito, poi la mano, poi il braccio.

Achille...

 

Come ha potuto fare una cosa del genere a Rose? Lei era pura, innocente! Rappresentava ciò che rimaneva di buono in questo mondo! Cosa ne rimane ora, eh? Niente! Assolutamente niente!
“Achille!”un urlo strozzato e famigliare cattura la mia attenzione. Il suono entra direttamente nel mio cuore, placando per un attimo quel fuoco che mi stava divorando. Rose! È ancora viva! Mi lancio vicino a lei, dimenticandomi per un momento di Emma.

Ha uno squarcio all'altezza dello stomaco e il suo corpicino sta tremando. Non ho niente per aiutarla e anche se ce l'avessi, non sono sicuro di poter far qualcosa. Sono completamente impotente, nonostante i miei studi e i miei allenamenti. Non posso far nulla contro la morte. A ferirmi ulteriormente è il suo sguardo... mi guarda come se fossi io il mostro della situazione.
“Era già morta... perché continuavi a...” cerca di domandarmi con fatica. Come faccio a spiegarle il dolore che sto provando? Lei era una delle ultime scintille. Senza di lei rimane solo l'abisso. Forse neppure i miei genitori si salvano. In fondo, hanno combattuto per creare questo mondo che non alcuna pietà per le bambine carine come lei. Mi sento così vuoto...
“Perché sei scesa?” le domando cercando a tutti i costi di cambiare argomento. Non doveva vedermi in questo stato, non dovevo inquinarla.
“Le fragole” risponde a fatica senza aggiungere altro. Non capisco. Mi guardo intorno e noto con orrore un cespuglio di fragole, poco lontano dall'albero da cui l'avevo lasciata. Non è possibile. Che l'abbia condannata io stesso confessandole quella stupida tradizione famigliare?
“Non dirmi che...”
“No!” mi interrompe lei mostrandomi un timido sorriso “Mi ero sporta per vederle meglio. Non volevo confonderle con i sospiri invernali. Peccato che sono caduta” aggiunge accennando una risata che è costretta a reprimere subito “Non volevo farti fare la fine di Connor” Sorrido amaro e le accarezzo il volto “Non farlo Achille, non trasformarti. Rimani il bravo ragazzo che ho amato” Detto questo chiude gli occhi come addormentata. Inizio a scuoterla, rifiutando il tuono del cannone in lontananza. La stringo forte, cercando di far entrare dentro di me per l'ultima volta il suo odore.
Non so quanto rimango così, ma deve esserne passato tanto, perché l'aria sta incominciando a farsi più fredda. La lascio andare, guardando per l'ultima volta il suo volto delicato. Ovunque tu sia Rose, è sicuramente un posto migliore di questo.
Mi volto, ed intravedo il corpo esanime di Emma che aspetta ancora di essere prelevato. Rose mi ha supplicato di non trasformarmi in un mostro, anche i miei genitori mi hanno chiesto qualcosa del genere prima di andarmene. Il vecchio me avrebbe rispettato questa loro richiesta, ma dopo quello che ho fatto e quello che ho visto, mi risulta quasi impossibile. Rose è morta, non rimane più nulla, a parte me. Rimangono in vita solo gli assassini, i superbi, i ladri, i disonesti, i bugiardi e gli indifferenti. Non esistono più rose, solo immondizia. Sputo sul cadavere della favorita e riprendo la ricerca del cibo che avevo lasciato in sospeso.
Fanculo la gloria, fanculo l'onore! Li voglio morti, tutti quanti. Diventerò il mostro che hanno sempre temuto che io fossi.

 

Warwick Abe Reed, tributo del distretto 10, arena

L'inno inizia a suonare per tutta l'arena e alziamo entrambi gli occhi al cielo per scoprire chi è morto durante la giornata. Appaiono i volti dei due tributi del distretto 1 e della ragazzina del distretto 12. Tiro un sospiro di sollievo, ben due favoriti se ne sono andati. Le uniche vere minacce rimaste sono il gigante del due e il tributo misterioso del quattro. Mi volto verso Killian per festeggiare, ma sta ancora osservando il cielo, cupo in volto. Già, giusto.
“La conoscevi?” gli chiedo accennando alla sua compagna di distretto

“Non tanto, ma era una brava persona” risponde un po' commosso. Decido di lasciarlo riflettere in pace per un po', e di tornare a concentrarmi sulla trappola. Sono in dubbio però su come procedere. Qual è il nodo migliore da fare? Come possiamo camuffare il tutto? Ho bisogno di un confronto, ma Killian sta ancora imbambolato ad osservare il cielo. Va bene il lutto, ma non possiamo dimenticarci che le nostre vite sono ancora in gioco!
“Hai intenzione di aiutarmi o no?”gli sbraito addosso, forse in maniera più acida di quanto volessi.
Killian mi osserva abilito, quasi offeso “Ho appena scoperto che è morta una mia conoscente. Aveva solo tredicenni” sottolinea con rabbia.
“Ehm... non vorrei dire ma sono morte un sacco di persone qua dentro, anche più giovani. Scommetto che questa Rose era davvero una brava persona, ma non era la sola. Con me è venuta una dodicenne, con i capelli rosso fuoco, molto insicura. Non penso che tu abbia pianto per lei” replico un po' scocciato. Non è il momento di farsi prendere dalla malinconia e dalla paura
“Non è la stessa cosa. Io la conoscevo”
“Cosa avresti fatto se foste rimasti solo voi due? Ti saresti ucciso per permetterle di tornare a casa?
“Io.. non...” balbetta in imbarazzo
“Non facciamo ipocrisie, Killian. Noi gioiamo ad ogni cazzo di morte, ci portano sempre più vicino a casa. Rose è morta, come tanti altri. Piuttosto preditela con Capitol che...” Killian mi zittisce all'istante, mettendomi una mano sopra la bocca. Le telecamere. Per un momento mi ero dimenticato della loro presenza. Ha fatto bene a fermarmi, perché altrimenti quante ne avrei dette! Capitol ha ridotto alla fame i nostri quartieri, le nostre famiglie. Ci ha spinti all'estremo e se non fosse mai esistita, forse i miei genitori....

 

Sei hai idee migliori, dille pure!”
Mi fermo all'istante, nascondendomi dietro all'angolo. Papà non alza mai la voce, preferisce chiudersi in camera sua e non parlare con nessuno quando è arrabbiato. Mamma dice che è un po' orso. Fino a qualche anno fa la cosa mi faceva un po' ridere.

Non alzare la voce! C'è Abe che dorme!” lo sgrida la mamma altrettanto nervosa. È strano, non capisco. Sento il cuore battermi forte, una parte di me vorrebbe scappare in camera , eppure rimango fermo immobile. Sento che sto facendo qualcosa che non dovrei fare, però voglio capire. Non parlano mai con me, temono che non comprenda. Ma io sono intelligente! Posso aiutarli! Perché mi respingono?
Forse dovremmo farlo a breve Tanya! Ti rendi conto che potremmo dover scappare da un momento all'altro?” Scappare? Dove? Perché? Non voglio! Non voglio lasciare casa!
Non farti prendere dal panico Ed! Non è ancora finita!” replica la mamma sulla difensiva
Non è finita? Non è finita?!”Papà si alza di scatto facendo cadere la sedia a terra “Tanya hanno quasi tutte le prove per incastrarci! Ti rendi conto cosa ci farebbe il distretto se scoprissero della nostra truffa? Ci massacrerebbero! Sarebbe la fine! Dobbiamo scappare!”
Ti ho detto di non urlare!” grida la mamma a pieni polmoni. Mi copro le orecchie con entrambe le mani e cerco di farmi piccolo piccolo. Smettetela! Perché state litigando? Basta, vi prego, basta!
Abe è solo un bambino! Non può stare nei boschi!” aggiunge la mamma con un tono di voce più basso, ma non per questo meno acuto
Può sempre stare da tuo fratello” suggerisce papà. No... questo è troppo. Esco fuori dal mio nascondiglio in lacrime, gettandomi fra le braccia della mamma, parecchio sorpresa dalla mia presenza
Non lo zio Harrison, ti prego! È cattivo. E puzza! Non voglio, non voglio! Voglio stare con voi! Mamma, ti prego!” la supplico strattonandole i vestiti. Non replica però; si limita ad abbassarsi ed abbracciarmi
Da quanto tempo origliavi?” mi chiede papà. Sto per balbettargli una risposta, quando avvertiamo rumori confusi provenire fuori dalla porta d'ingresso. In pochi secondi riusciamo a sentire i passi, il vociare, la rabbia. Entrambi i miei genitori si irrigidiscono e mia madre mi stringe talmente forte da togliermi il fiato.
Reed! Figli della merda, venite fuori!” sbraita un omone fuori dalla porta. D'un tratto realizzo cosa sta succedendo, e mi sento talmente male che potrei vomitare.
Mia madre però mi stringe forte, guardandomi dritto dritto negli occhi “Nasconditi, non uscirne fuori per nessun motivo. Non urlare, non piangere, non chiedere pietà per noi. Stai in silenzio, aspetta la fine. Sii forte. Ti ameremo per sempre. Promesso. Ora va'... va'!”

 

Fu l'unica volta che assistetti alla rabbia popolare. Non ho mai visto la stessa ira cieca e sanguinaria rivolta verso i veri colpevoli. Furono le tasse e le imposizioni di Capitol a mandare sul lastrico i miei e a spingerli a fare quello che hanno fatto. O così, o morivamo di fame, non c'erano vie di mezzo. Per questo mi è impossibile avercela con loro. È con il mio distretto che ce l'ho. Se gli avessero aiutati... se si fossero rivoltati contro Capitol... se avessero lottato con maggiore forza vent'anni fa...
Ah! È inutile rimuginare sul passato, ciò che è stato, è stato. I miei non torneranno di certo in vita. Piuttosto è meglio occupare le mie energie fisiche e mentali per cercare di uscirne vivo da qui. Quindi....

“Nodo Savoia o Francescano? Che ne pensi Killian?”

 

Lars Seven, tributo del distretto 4, arena

Ifrit mi porta in regalo un topo appena fatto secco. L'esserino è ricoperto di morsi e di sangue esattamente come lo era il tributo del cinque dopo l'attacco del cerbero. Per un momento mi congelo per il ribrezzo, ma poi accarezzo il gatto tigrato sulla testa, so che il suo è solo un gesto di profondo affetto.
Riprendo l'arco in mano ed osservo di nuovo il bersaglio, lo stesso che mio padre aveva costruito più di dieci anni fa per insegnarmi a tirare. Ricordo che la prima volta che feci centro, ero talmente felice da fare i salti di gioia. Allora, era solo un gioco. Ora invece quest'arma mi riporta solo e solamente in arena, come se non ci fosse mai stato nulla prima. Mi hanno portato via perfino la mia infanzia.

Decido di dedicarmi ad altro: afferro l'accetta e inizio a spaccare un po' di legna. Manca ancora un po' all'inverno, ma non mi piace stare qui a non far nulla.
Pensavo potessi permetterti uno schiavetto che lo facesse al tuo posto”. Mi giro, dal sentiero intravedo Chris, Joshua e Hannan. Nell'ultimo anno non ci siamo visti spessissimo come una volta, ma sono felice che siano ancora nella mia vita.
Non penso che qualcuno massacrerebbe questo pezzo di legno come me” rispondo gettando un leggero gelo nel gruppo. Peccato, non apprezzano l'umorismo nero.
Ti abbiamo cercato in casa, ma non c'eri. Ci siamo fermati un pochino a mangiare una crostata” afferma Chris cercando di recuperare un po' di serenità.
Te ne abbiamo lasciato una fetta” aggiunge in fretta Joshua. Dubito lo stesso che sia rimasto qualcosa con mio fratello nei pareggi, ma li ringrazio comunque. “Tua madre ha detto che eri qui e ti abbiamo raggiunto”.
Non avevo ancora visto la tua nuova casa, è bellissima!” afferma Hannan che osserva per un attimo il fidanzato con un punta di malizia, per poi aggiungere “È ereditabile? No, perché altrimenti potrei sempre mollare Josh e mettermi con te”.
Non lo è, peccato. Ma è mia finché campo, se ci vuoi fare lo stesso un pensierino...” rispondo alludente. In realtà non sono mai stato interessato a lei da quel punto di vista, e dubito seriamente di poterla mai guardare in quel modo, soprattutto dopo l'arena, ma prendere per i fondelli Joshua è sempre piacevole. Hannan sogghigna divertita, e si volta verso il fidanzato per scoprirne la reazione.
Joshua, incrocia le braccia e mette su un broncio che nasconde in realtà un gran sorriso “Vai pure, chi ti trattiene. Ma sappi che ti stai perdendo tutto questo” afferma muovendosi con la stessa sensualità di un tonno. Chris inizia a ridere di gusto, mentre Hannan scuote la testa sconsolata.
Stai solo peggiorando la tua posizione” osservo.
Ehi, almeno io non ho mega cicatrici sul fianco!” dice accennando alla ferita che mi hanno fatto poco prima della vittoria
E' qui che ti sbagli!” replico io sollevandomi la t-shirt. Dopo la vittoria sono stato ricoverato per giorni e l'equipe dei medici di Capitol ha cancellato dal mio corpo ogni traccia dell'arena, senza chiedermi nulla, approfittando del mio stato di semi-incoscienza. Non che la cosa mi sorprenda, è sempre stato il loro modo di agire. Avrei decisamente preferito tenerla però, per non dimenticare quello che ho vissuto, anche se preferirei decisamente farlo. I ricordi vengono a bussarmi prevalentemente di notte, quando sono più indifeso. Nei miei sogni rivivo la paura, la tensione, la puzza, il sudore, l'orrore. Rivedo il sangue, la morte, il dolore, il tradimento. Avverto la mia pelle lacerarsi, il mio cuore spezzarsi, il mio cervello bruciare. Tutto ciò che ero è rimasto congelato nella Giudecca.
I tre osservano il mio fianco da vicino, con Chris che arriva anche a toccare la mia pelle.
È più liscia del culo di un neonato” costata. I miei amici si allontanano e riabbasso nuovamente la maglietta.
Tutta invidia”
A proposito di neonati, hai saputo chi è diventato padre?” Annuisco, ho saputo, ma non mi interessa granché. La vita di Dylan può proseguire dovunque lui voglia, basta che non tocchi più la mia. Non avrebbe dovuto cercare di convincermi ad entrare. Non posso più considerarlo un amico.
Joshua osserva l'orologio distratto “Hannan, è ora, mia madre ci aspetta”. Hannan sbuffa, ma non prova neppure a ribellarsi. Ha un pessimo rapporto con la futura suocera che, per qualche arcana ragione, non è mai riuscita ad accettarla.
Ci vediamo, Lars. Non sparire”. Si raccomanda lei prima di imboccare il sentiero.
Io e Chris rimaniamo da soli, come non accadeva da un sacco di tempo. Il sorriso che c'era nel suo volto sembra essere scomparso d'un tratto, le labbra sono incurvate verso il basso, i suoi occhi mi fissano seri e il suo corpo è rigido come un sasso. Non è un buon segno.
Dillo” gli ordino.
Ho sentito mio padre parlare con alcuni insegnanti dell'accademia. Non hanno intenzione di spingere qualcuno a farsi volontario”. Digrigno i denti in preda alla rabbia. Avrei dovuto immaginarlo. “Mi dispiace Lars”.
Prendo un lungo respiro, e placo i miei demoni interiori. Devo pensare a come agire. So come funziona all'accademia: ogni anno incoraggiano il loro studente migliore a farsi volontario, a meno che Capitol non abbia dato delle direttive diverse. Fratelli, sorelle, cugini e fidanzati hanno seguito in arena il loro amato nelle edizioni immediatamente successive. Nessuno di loro è mai tornato.
L'anno scorso ho fatto faville, i capitolini sono andati pazzi per me. Niente catturerebbe le loro attenzioni quanto l'estrazione di mio fratello. È anche il suo ultimo anno...
Non posso neppure immaginarmelo là dentro, così passionale ed onesto. La sola idea mi fa venire i conati di vomito. Brian in mezzo a quell'inferno? No... non può essere, mi rifiuto! Hanno già avuto me, cosa vogliano da lui!? Lasciatelo in pace! È mio fratello! Maledetti parassiti... io....
Ho pensato che fosse giusto dirtelo, anche se credo l'avessi già immaginato” riprende Chris “Sai meglio di me quanto sappiano essere figli di puttana”.
Anche troppo”. Ricordi della mia arena tornano a vorticare velocemente nella mia mente: il sangue, l'odio, gli squittii dei capitolini e la loro superficialità, le domande idiote, le scommesse sulla tua stessa vita... “Grazie per l'informazione, Chris”.
Il mio amico se ne va poco dopo, credendo che dopo una notizia del genere abbia bisogno di stare da solo. In realtà questo silenzio mi sta snervando. Stare qui in solitudine mi sta facendo sentire inutile e con le mani legate, ma non voglio. Non starò qui a guardare, non sarò passivo. Difenderò mio fratello ad ogni costo.
Un'idea mi balena in testa e per poco non mi fa eccitare: prendere il suo posto alla mietitura. Da bambino ho finto un paio di volte di essere lui; riuscivo a fregare tutti, tranne mamma e papà ovviamente. Potrei riuscirci anche stavolta. Meglio non dire niente a Brian però: sicuramente cercherebbe di vietarmelo.
Potrei anche tornare vivo, ne sono uscito una volta, forse potrei farcela anche una seconda. Con un po' di fortuna potrei anche strappare qualche vita a qualche capitolino.
Dolce, dolcissima vendetta. Non mi importa se quelle morti non mi riporteranno alla vita di prima, voglio solo distruggerli.
In un lampo, afferro l'arco e tirò due frecce contemporaneamente, facendo un perfetto centro.

Sto tornando.

 

Mi tolgo dalle mani i calzini, finalmente il veleno a base di napello è pronto. Devo solo intingervi le frecce e ho finito. La morte sarà lenta, ma inesorabile, sempre che qualche sponsors non si metta in mezzo. Ma chi scommetterebbe su un cavallo malato vicino alla fine? Domani in fondo ci sarà già il festino.
È buffo che conti di vincere proprio su questa pianta, dato che secondo gli antichi greci fu seminata da cerbero stesso. Non buffo. Divertente, ironico. Come se fossi diventato io stesso uno dei guardiani dell'inferno.

Lo adoreranno tutti a casa, tranne i parenti delle persone che sarò costretto ad uccidere, ovviamente.

 

Brian Seven, studente/mentore suo mal grado, Capitol City

Lui non lo sa, e continua a non saperlo, ma ogni volta che si guarda intorno con ansia, io fisso ogni millimetro dello schermo, pollice per pollice. Avverto la sua fame, la sua sete, la sua stanchezza, la sua rabbia, il suo dolore. Forse avverto le cose perfino meglio di lui che si starà sicuramente raccontando un sacco di bugie per andare avanti. Da quando sono iniziati i giochi ho cercato di perderlo di vista il meno possibile. Mangio poco, dormo poco, non mi lavo, non mi cambio. Continuo a pensare che se non si fosse fatto volontario la prima volta non saremmo qui. Probabilmente a quest'ora staremmo a casa, con i nostri gatti appollaiati su di noi, a parlare di cose senza senso, oppure in giardino con lui che si diverte con l'arco e io a leggere un buon libro. Mi sarei accontentato anche di stare io stesso in arena, tutto pur di non sentirmi così di merda. Come farò a vivere se tu morissi laggiù, eh Lars? Non ti è passato neanche per l'anticamera del cervello, ci scommetto, ti conosco troppo bene. Maledetto, stupido idiota.
È peggio dell'altra volta, e sono sicuro che sia così anche per lui in fondo. Certo ha una maggiore esperienza e si fa cogliere meno impreparato di fronte agli imprevisti, ma quello che mi preoccupa è la sua salute mentale. È tornato a vivere nel suo incubo personale e si vede: è più paranoico e più immerso nell'odio. L'ho visto uccidere senza esitazione, di nuovo. Mi fa paura vederlo in quello stato, non ha niente del ragazzo chiacchierone e corretto che ho conosciuto ed amato; a volte mi sembra perfino di non riconoscerlo. Tiro su con il naso, cercando di ricacciare indietro tutta l'angoscia e il dolore che mi sto portando dietro da due anni a questa parte. Ridatemi mio fratello! Lo rivoglio, ridatemelo!

“Brian” una voce femminile gentile mi raggiunge, distogliendomi per un momento dalla mia tortura. Sono sicuro che sarei impazzito se Mags non fosse stata con me per quasi tutto il tempo. Non solo si è occupata di me, ma anche di mio fratello. Faccio schifo come mentore e ci ha pensato lei a dare a mio fratello tutto ciò di cui aveva bisogno, non ultime delle nuove frecce.
“Va' a riposare, stai uno schifo” mi consiglia. È carina tutto sommato, non bellissima, ma almeno carina. Fa strano saperla non sposata e senza figli. Ho sentito dire che rifiuti ogni spasimante. Non le do torto: con tutta la merda che avrà visto, non avrà di certo voglia di mettere al mondo nuovi esseri umani. Anche Lars ha smesso di interessarsi alle ragazze dopo i giochi. Mi domando se durerà per sempre o se un giorno si innamorerà e si sposerà, sempre che torni. I tributi stanno finendo, le mie speranze dovrebbero aumentare e invece....
“Non so cosa provare” le confesso all'improvviso “ Sono talmente arrabbiato che sento quasi di odiarlo, ma il suo pensiero che non possa più tornare...”
Mags mi zittisce e mi accarezza la guancia con dolcezza “Farò ciò che posso per portartelo indietro. Rimani concentrato sull'oggi. Tuo fratello è in gamba, ha concrete possibilità di farcela anche questa volta”
“Ma ai piani alti...”
“Chi se ne frega se sono indispettiti. I giochi servono per distrarre i capitolini e per infondere terrore ai distretti. Lars sta contribuendo a far distrarre il popolo dai veri problemi ed è ciò che vogliono, giusto?” Annuisco, non l'avevo vista da questo punto di vista. Sta facendo un buon lavoro, forse potrebbero anche perdonarlo e limitarsi ad aggiungere una regola che specifici che i vincitori non possono tornare in arena. Eppure il magone al cuore non accenna a diminuire.
“Per quanto mi sforzi continuo non capirlo. Una parte di me non riesce a perdonarlo”
Mags sospira e guarda verso il basso, come se raccogliesse da terra le forze per contrastare alcuni ricordi dolorosi “Sono una mentore da nove anni ormai. Ho visto passare sfilze e sfilze di volontari: alti, forzuti, geni, talenti nati, sadici. Ti giuro che sto ancora cercando di capire. Perdonalo Brian, non per lui, ma quanto per te” Annuisco riconoscente, ma Mags non può capirmi fino in fondo. Lei non sa degli omicidi e dell'angoscia di essere scoperto. Ho paura di non farcela.
Sposto l'attenzione verso la televisione dove sono già iniziate le interviste. Cazzo! Cazzo, cazzo,cazzo! Non posso essermele perse!
Sullo schermo ci sono due adulti con i capelli rossi, dall'aria piuttosto preoccupata, che si identificano come i genitori di Achille. Dicono che hanno paura della trasformazione che sta subendo il figlio, lo pregano di tornare a casa e cose del genere. Più o meno ciò che viene detto all'interno di ogni intervista.
Tiro un sospiro di sollievo, i miei non si sono ancora visti. Non li vedo da due settimane, ci terrei a vederli, anche se solo in video. La scena si sposta verso i miei genitori, appaiono invecchiati di una decina d'anni. Nel solo vederli mi si stringe il cuore, chissà come come stanno, con entrambi i figli lontani. Come mi mancano. Vorrei tanto essere con loro, per piangere insieme. Vorrei i discorsi rassicuranti e filosofici di papà, le energie e la forza della mamma.
È la mamma a guidare quasi tutta l'intervista in quanto più abituata alle telecamere. Papà interviene dalla sua sedia a rotelle solo quando le domande iniziano a diventare spinose e subdole. Entrambi affermano che non sapevano nulla dell'iniziativa del figlio, e che gli organizzatori hanno spiegato loro la messinscena solo un oretta prima della mietitura, specificando che sarebbe avvenuta solo se “per caso” fosse stato estratto il mio nome. Sono entrambi incredibilmente convincenti, soprattutto la mamma, non so dove abbiano tirato fuori queste doti recitative. Adesso capisco da chi abbia preso Lars. La loro intervista termina prima di quanto aspettassi e la scena si sposta verso il distretto 5. Chiudo gli occhi, cercando di rivedere nella mia testa i loro volti ancora una volta, ignorando le altre interviste. Mamma, papà, Lars... cercherò di essere forte come voi.

 

 

Ok ci siamo, a breve festino! Sto ancora aspettando i messaggi per il festino :p Su, muovetevi.

Ah! Per la cronaca gli altri gatti di Lars si chiamano: Ondine, Gelone, Asura e Baffo. Nel prossimo capitolo solo 3 pov. Alla prossima!

 

 

Morti:

8° Emma (tributo del distretto 1, 6 pov) uccisa da Achille

7° Rose (tributo del distretto 12, 5 pov), uccisa da Emma

 

Feriti:

Achille (mentalmente instabile)

 

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Capitolo 21
*** Odore di casa ***


Giorno 7, mattina

Sidney Baxter, tributo del distretto 5, arena

Mi lecco le labbra screpolate cercando di resistere alla tentazione di bere un altro goccio d'acqua. Ho quasi completamente finito le scorte che avevo, e ciò non va bene. Mi auguro di trovarne un po' al festino o perlomeno qualcosa di utile per costruire delle trappole. Non posso di certo fare una strage con le ultime due gomme da masticare che mi rimangono o dei sacchi dell'immondizia. Ho mostrato al mondo di sapermela cavare, ma non esageriamo. È per questo che ci devo assolutamente provare, anche se sono disarmata. Devo necessariamente andare al festino, in fondo su uno di quei zaini c'è il mio nome. Non mi farò uccidere, devo tornare a casa, per poter vivere una vita migliore finalmente. Con i soldi della vittoria diventerò schifosamente ricca e potrò ridere in faccia a tutti i poveracci del mio distretto.
Chiudo bene lo zaino e mi guardo intorno. Il festino è collocato alla cornucopia, non troppo lontano da qui, in un paio d'ore dovrei raggiungerlo. Devo solo sperare di non essere intercettata nel frattempo da qualche bastardo. Sulla strategia adotterò ci penserò là. Sono priva di mezzi, non ho altre speranze che nell'improvvisazione.
Inizio ad incamminarmi quando l'abbaiare di Iv verso un merlo troppo chiassosa mi ferma di colpo. Non è un animale da caccia, non sa quanto sia prezioso il silenzio in questo momento. Per lui è soltanto un'altra giornata nei boschi. È stato preziosissimo fino ad ora con il suo fiuto, il suo istinto e il suo udito. È sempre riuscito ad avvertirmi quando si avvicinava il pericolo. Ma ora che ci stiamo gettando dentro la bocca del lupo? Cosa può fare per me debole com'è? Oggi è inutile, può mettermi nei guai e anche lui rischia di farsi del male. Starà più al sicuro qui, gli strateghi non lo uccideranno, non a questo punto dei giochi soprattutto. Il pubblico avrà sicuramente imparato ad amare la sua ottusità e la sua fedeltà senza limiti. Sono sicura che scoppierebbe una mezza rivolta se morisse qua dentro. Che branco di scimmie senza cervello. Non battono ciglio per un branco di adolescenti, e spaccherebbero il mondo per un cagnolino. L'umanità non sa decisamente stabilire le proprie priorità.
“Iv, resta qui” gli intimo minacciosa. Il cagnaccio mi guarda inclinando un po' il viso, per poi riprendere a trotterellare verso di me. Digrigno i denti cercando di ignorare la frustrazione. Stupido testardo di un cane. Idiota quanto mio fratello. “Ho detto che devi rimanere qui!” ripeto quasi urlandoglielo addosso. Nulla, non capisce, è tardo. Devo passare alle cattive. Raccolgo da per terra un paio di sassi e glieli tiro addosso, ripetendogli nel frattempo di andarsene. Per un primo momento abbassa la coda confuso, per poi indietreggiare amareggiato e distrutto. Non ho mai visto nel suo musetto quell'espressione. È al sesto sasso che finalmente reagisce mostrandomi i denti. Non basta, raccolgo il settimo sasso e lo colpisco ad una zampa. Iv piagnucola per il dolore e scappa via come una lepre. Sento una strana morsa dentro lo stomaco nel vederlo in quello stato, ma non mi so spiegare bene. Probabilmente la mancanza di sonno si fa sentire. Cazzo, cazzo, cazzo! Riprenditi stupida!
Prendo un respiro profondo e poi un altro. Ecco sono pronta.
Mi incammino nell'erba alta e piena di rugiada, attraverso i cespugli e scavalco tronchi caduti. Mi muovo velocemente, ma anche in perfetto silenzio. L'unico problema è che non riesco a togliermi di dosso questa sensazione di nudità. Mi sento scoperta, senza difese. In passato ho già provato questa sensazione, ma questa volta è diverso, è peggio. È difficile rimanere concentrata in questo stato, e sono costretta a tirarmi uno schiaffo per riprendermi. Devo rimanere vigile, o è sicuro che morirò.
Dopo due ore sono finalmente giunta all'area della cornucopia. Saranno venuti tutti? Di sicuro sono qui gli ultimi due favoriti rimasti. Dubito della ragazza dell' undici e del ragazzino del dodici, mentre sono sicura che la testa calda del dieci è qui. Me lo sento, anche lui è un ladro in fondo, non perderà l'occasione per guadagnare qualcosa.
Dal terreno spunta finalmente il banchetto. Sopra di esso ci sono cinque zaini rossi, anziché sei come i sopravvissuti. Stringo gli occhi per vedere meglio e riesco a leggere un “10/12” sopra al secondo più grosso. Ciò significa che esiste ancora un'alleanza, ma poco importa: la mia attenzione è stata catturata dallo zaino più grosso con un enorme cinque nero stampato sopra. Il mio. Sento l'eccitazione salirmi. Mio. Mio. Mio. Mio!
Mi mordo forte le labbra per placare la mia agitazione. Non posso gettarmi come nulla fosse. Se il ragazzo del 4 è veramente Lars (e ne sono praticamente certa), allora è un genio dell'arco. È quasi sicuramente armato e avrà abbastanza frecce per vincere. Tutti noi lo sappiamo ed è per questo che nessuno si muove. C' è un silenzio e una calma innaturale. L'atmosfera è pesante, non c'è un filo di vento e si sente l'odore della paura dovunque. Se non accadrà qualcosa a breve ci penseranno gli strateghi a smuovere le acque, e non sarà piacevole.
Devo pensare ad un piano, ma non trovo appigli. L'unica è aspettare che tutti abbiano preso il loro zaino e poi agire, per quanto mi dispiaccia. Avrei voluto davvero mettere le mani anche sugli altri zaini. Ce la posso fare: Lars non rimarrà in postazione da cecchino per sempre, è pericoloso rimanere troppo a lungo nella stessa posizione.
Mi avvicino più che posso alla cornucopia, quando intravedo un qualcosa che non so se definirlo assurdo o geniale. Un ragazzo, ad intuito direi uno dell'ultima alleanza rimasta, si avvicina al festino più velocemente che può indossando una rozza armatura di legno e corda. In mano ha una sorta di scudo con il quale si protegge le parti scoperte e in testa ha una pentola di rame. Ha un aspetto ridicolo, ma forse può anche funzionare. Mi domando come mai Lars non abbia ancora provato a colpirlo. Troppo confuso? Oppure non si è presentato perché spaventato o infortunato? Meglio. In ogni caso sono stati bravi.
Sto per congratularmi mentalmente con loro per l'intuizione, ma tutto sparisce nel nulla quando mi accorgo che quello stronzo ha preso anche il mio zaino per proteggersi ulteriormente. Figlio di puttana, come osi? Quello zaino è mio! Mio!
Sento montarmi dentro una furia incontrollabile. Devo fermarlo, costi quel che costi. Esco fuori dal mio nascondiglio, lo raggiungo di corsa e mi getto addosso a lui, facendolo cadere. Nella caduta perdo gli occhiali, ma non me può fregare. So solo che lo voglio morto, che rivoglio indietro il mio materiale. Inizio una lotta furiosa accovacciata sopra il tributo. Sarà anche fisicamente forte, ma l'armatura lo rende impacciato e la mia ira mi rende più caparbia e crudele. Gli graffio la faccia, mentre cerco attorno a me un sasso abbastanza grosso per spappolargli il cranio, esattamente come avevo fatto con Charlie.
Improvvisamente sento un forte dolore all'altezza dei reni. Mi volto lentamente ed intravedo una freccia conficcata nella mia carne. Dunque... lui è qui?
Il mio avversario mi sposta, usandomi come scudo per pararsi da una seconda freccia. Un secondo dolore lancinante mi colpisce più in alto. Sento l'aria mancarmi, mentre la vista inizia ad annebbiarsi. Le ultime cose che avverto sono il mio corpo trascinato via dalla cornucopia e un ululato di dolore in lontananza.

 

Lars Seven, tributo del distretto 4, arena

Immagino che avendo già vinto i giochi due anni fa, sia normale farmi partecipare questa volta in modalità ultra difficile. In tutta onestà però, anche se non sembrerebbe, non mi piace complicarmi la vita. Per questo ho avvelenato le frecce, per questo non ho dato una seconda possibilità a Lawrence. Non è difficile da capire, allora perché mi hanno mandato addosso quest'ibrido? Questo è evidentemente un grosso handicap, soprattutto considerando che il festino inizierà a brevissimo. Mi sembra strano che nessun capitolino sia insorto di fronte a questo chiara slealtà da parte degli strateghi. Forse credono che sia una sorta di malato di adrenalina che quasi sperava in quest'ostacolo. Senza contare che questo stupido raffreddore non accenna a diminuire.
Mi affaccio fuori dal mio nascondino ed intravedo la bestia: una figura leonina grossa due metri, con corna da toro e bava alla bocca. Da manuale. Gli ho tirato una freccia, ancora conficcata nel suo fianco, ma non sembra avergli dato molto fastidio. L'ha solo fatto incazzare ancora di più. L'aconito ha effetti rapidi, a breve sarà abbastanza debole per poterlo terminare. Ho ancora sette frecce a disposizione, spero siamo sufficienti per uscire vivo da qui.
Il sole è ormai quasi completamente sorto, e io non ho tempo. Il festino è il modo più rapido per vincere, non posso stare qui.
Finalmente inizio a notare segni di cedimento: l'ibrido sembra respirare con maggiore fatica rispetto a prima. È il momento: esco fuori e lancio contemporaneamente due frecce verso gli occhi del mostro. Centro.
L'essere ruggisce dal dolore, mentre impazzito cerca di colpire tutto ciò che lo circonda. È il momento adatto per scappare.
Riprendo più veloce che mai la mia corsa verso la cornucopia. Non ho intenzione di arrendermi, voglio il mio bottino. Mags mi conosce, sa che ho bisogno di un antidolorifico ad effetto immediato. Ignorare temporaneamente ogni ferita sarebbe meraviglioso. Anche se un farmaco per il raffreddore non mi farebbe male, ad ogni sforzo fisico eccessivo la testa inizia a girarmi.
Quando arrivo il festino è già iniziato. Un ragazzo dalla buffa armatura si sta dirigendo già via con due grossi zaini. Ingegnoso, sono quasi onorato da questo sforzo dato che è quasi sicuramente fatto per proteggersi da me, ma non credo che basti. La costruzione è grossolana e lascia alcuni punti scoperti. Deve aver fatto del suo meglio però. Quasi lo vedo mentre lega due pezzi tagliati a fatica, mentre la testa sta già volando verso casa.
Carico l'arco con una sola freccia e mi preparo a colpire verso il collo rimasto scoperto, quando il tributo del cinque gli si getta addosso con un'enorme ferocia.
Non ho tempo per queste pagliacciate. Scocco la freccia e colpisco in pieno la ragazza. Sbaglio il bersaglio di pochi centimetri, ma non importa, è spacciata comunque. Tiro una seconda freccia verso il ragazzo, ma questi usa l'altro tributo come scudo e finisco nuovamente per colpire la ragazza, ormai definitivamente morta. Merda, non volevo infierire su di lei. Il nervosismo mi fa perdere la concentrazione e sbaglio anche il colpo successivo. Non va bene, devo calmarmi e riflettere.
Dunque rimangono quattro avversari, di cui uno è in fuga. Dove sono gli altri tre? Non posso lasciarli fuggire per inseguirne uno. Mi guardo intorno freneticamente, finché la mia attenzione non viene catturata da dei pesanti passi. Mi giro di scatto con l'arco già pronto ed intravedo il tributo del distretto 2. Ha le narici dilatate, i denti digrignati e lo sguardo da pazzo. Non sembra più lo stesso ragazzo che ho incontrato una settimana fa, questo è un animale ferito in cerca di sangue. Il mio.
Sento i battiti del cuore accelerare e le mie mani bagnarsi per il sudore. Mi mordo il labbro e scocco una freccia. Lo manco di poco, pochissimo, ma riesco comunque a graffiarlo. Quello non si arresta però, continua a correre imperterrito verso di me come se nulla fosse. Il panico mi assale, sto finendo le frecce. Prendo la mia ultima freccia in mano, ma è ormai troppo vicino. Achille mi carica facendomi cadere a terra. Sbatto con violenza il gomito sulle rovine, avvertendo un dolore allucinante. Non faccio in tempo a reagire che le sue mani sono già intorno al mio collo.
Cerco di liberarmi dalla sua presa, ma è più forte di me. Non mi arrendo però, continuo a graffiarlo e a dimenarmi con tutte le mie forze, anche quando inizio a sentirmi più debole.
Ripenso alle lezioni di tiro con l'arco con papà, alla mamma che canta, al volto rigato di lacrime di Brian, l'ultima volta che l'ho visto. L'ultima. L'ho perso. No... l'avevo già perso.

 

Secondo te i gemelli sono veramente legati fra di loro? Un sacco di storie antiche ne parlano”

Brian, voglio dormire, ti prego, sono le tre!”

Credo di sì, dubito di incontrare un giorno qualcuno che amerò più di te”

 

Killian Connors, tributo del distretto 12, arena

Continuo ad indietreggiare senza fermarmi per mezzo secondo. Ho il fiato corto, questa armatura è troppo pesante e neppure Sidney scherza. Quello che ho fatto è stato profondamente irrispettoso, ma mi ha salvato la vita. Abe mi ha confessato di aver utilizzato lo stesso trucco durante il bagno di sangue e quelle parole mi erano tornate in mente proprio in quel preciso frangente. Spero che a casa non mi considerino un mostro...
“Killian!”Mi volto di scatto, pronto ad attaccare, ma c'è solo Abe. Mi metto una mano al petto, ho il cuore che va a mille. “Dobbiamo scappare” mi dice senza troppi preamboli, mentre con il taglierino mi taglia le corde che sostengono l'armatura.
“Ci insegue?” domando con voce acuta. Mi sento come uno degli animali braccati da Dylan: spaurito, impotente ed insicuro. Per poco non avrebbe ucciso me! Se sono salvo è solo grazie a Sidney. Se non fosse per lei a quest'ora sarei morto, morto!
“Riprenditi!” mi urla addosso Abe prima di tirarmi addosso un ceffone. Mi alzo in fretta, togliendomi le ultime parti dell'armatura e la coperta ripiegata sotto la maglia.
“Lars è armato di arco! Dobbiamo nasconderci, non fuggire!”
“Non è Lars il problema! Non hai sentito il cannone?” La replica mi lascia senza parole. Ero talmente agitato da non accorgermene. É morto? Allora....
Abe mi prende per la manica e mi trascina via, faccio in tempo a guardare per l'ultima volta il corpo di Sidney, con le frecce ancora conficcate nel suo corpo.
Corriamo per un bel po', finché non siamo assolutamente certi che non ci insegue nessuno. Ci accasciamo al suolo esausti, godendo dell'aria fresca e dei raggi solari come se fosse la prima volta.
“Tutta quella fatica per nulla” borbotta Abe. Sorrido ironico, ha perfettamente ragione. Abbiamo passato gli ultimi giorni a costruire una grandiosa trappola per uccidere Lars, e tutti i nostri sforzi sono andati in fumo. Non che me ne lamenti, ma...
“Come è morto?” gli domando. In base al piano io dovevo recuperare la roba, mentre Abe avrebbe osservato il tutto dall'alto per individuare il momento giusto in cui agire. Aveva promesso che non sarebbe intervenuto in nessun caso. Avrebbe preso in mano la situazione solamente in caso della mia dipartita. Non avrebbe avuto senso rischiare entrambi la vita per degli zaini. È vero, ho avuto il ruolo più pericoloso, ma abbiamo chiamato in causa la sorte per decidere. Con il senno del poi non avrei dovuto accettare, è chiaro che fra i due quello perseguitato dalla sfortuna sono io.
“Achille. Dovevi vederlo, sembrava una furia, mi ha fatto paura” confessa. Doveva esserlo per agitarlo così tanto. Avevo ragione a giudicarlo pericoloso. Povera Rose, spero che non le abbia fatto del male, o peggio ancora uccisa “Secondo te perché non ci ha inseguiti?” Apro bocca per per rispondergli, ma mi rendo conto che non ne ho idea. Non avrebbe senso se avesse deciso semplicemente di risparmiarci. Siamo rimasti in quattro, non ci sono ancora in giro molti tributi da uccidere.
“Forse ha avuto paura di noi” suggerisco. Sarà anche grande, grosso ed addestrato, ma noi siamo in due.
“Certo, come no. Non aveva paura di Lars ti ricordo”
“Che ne pensi, allora?”
Abe rimane un po' in silenzio prima di replicare “Qualcuno deve averlo trattenuto, ma non credo sia stata la ragazza dell'undici, non mi sa di kamikaze suicida. Forse un ibrido, ma...”
“... ma non avrebbe senso. Non ora” concludo io. Rimane un'unica alternativa. Lars ha usato il veleno anche la scorsa volta in fondo.
“Sei d'accordo con me dunque?” mi chiede. Annuisco “Bene, allora dovremmo separarci” Avrei dovuto aspettarmelo, non saremmo rimasti insieme per sempre, ma fa male comunque. Questa alleanza è nata per caso, neppure la volevo all'inizio, ma Abe mi faceva sentire più sicuro di me, meno solo. Certo, non era come stare con Dylan, ma... niente ma, ha ragione. Se stiamo insieme saremo costretti ad ucciderci l'un con l'altro, magari proprio adesso. Se ci separiamo invece, questa probabilità diminuisce.
“Controlliamo gli zaini prima però. In fondo sono il frutto della nostra collaborazione”. Li apriamo immediatamente e troviamo nel nostro scorte alimentari ed acqua, mentre in quello di Sidney trappole e altro materiale utile per la loro costruzione. Sul mio volto appare un sorriso amaro, a saperlo avremmo potuto allearci anche con lei.
Cerchiamo di dividere il tutto in parti uguali, anche se facciamo abbastanza fatica per quanto riguarda le trappole. Decidiamo di optare per una suddivisione in base a letalità, peso e difficoltà nell'attivazione.
Ora tutto è pronto. Guardo Abe direttamente negli occhi, cercando dentro di me le parole per dirgli addio. Inutile non sono fatto per queste cose.
“Addio” mi limito a dirgli voltandomi dall'altra parte
“Speriamo” replica Abe, ma è già lontano.

 

Anemone “Ane” Katz, tributo del distretto 11, arena

Non so bene neppure io perché sono qui. È rischioso, ma nello stesso tempo è l'unico posto in cui sono quasi certa che non troverò nessuno. Saranno andati tutti a nascondersi insieme ai loro bei bottini, lasciando dietro di sé solamente i due cadaveri. Ne sono sicura, i colpi erano solamente due. Mi sento terribilmente egoista nell'essere felice di queste nuove morti. Sono sempre più vicina a casa, ma ho calpestato due nuovi corpi per arrivare fin qui. Ho decido di vivere e di lottare, ma non posso per questo non sentirmi stanca e nauseata. Quando tornerò a casa voglio prendermi una lunga vacanza e recuperare tutto il tempo perso. Vivrò anche per Carlie.
Mi guardo intorno tendendo bene le orecchie, ma non sento nulla, assolutamente nulla. Davanti alla cornucopia non c'è alcun banco, la mia opportunità è stata persa. Alzo le spalle, poco importa. Qualunque cosa fosse non voleva la pena rischiare così tanto.

Esploro l'area nella speranza che gli altri tributi abbiano perso qualcosa durante la loro fuga da qui. Cerco principalmente acqua, ne ho veramente bisogno. Me la sono cavata ultimamente con la rugiada e la pioggia, ma ciò non toglie dalla mia mente il costante pensiero di una bella bottiglia ghiacciata.
È allora che lo trovo. È sdraiato per terra, madido di sudore, completamente immobile. Achille deve essere caduto nella sua ultima battaglia. Sto per andarmene, quando noto con la coda dell'occhio un impercettibile movimento. Mi avvicino per controllarlo meglio, è ancora vivo. Vengo assalita dal panico e ci vuole un po' per ricordami che di fronte a me c'è solamente un moribondo.
Achille apre gli occhi, ha le pupille incredibilmente dilatate e fa una tremenda fatica a respirare.
“Sei qui per uccidimi?” mi chiede affannando. Lo fisso immobile come un'idiota, non so cosa dirgli. Volevo solo un po' d'acqua, non mi aspettavo di certo di terminare il lavoro sporco di qualcun altro. Mi sento veramente a disagio. Achille mi fissa con quei suoi occhi vuoti prima di fare un cenno con la testa verso una spada “Si chiama Turadot, fallo con quella e solo con lei”. Non ho mai utilizzato una spada. Forse è un segno però, forse mi sta indicando la strada per casa.
Raccolgo l'arma e l'osservo nei suoi dettagli “È molto bella, ma... non posso” concludo “Forse possono ancora salvarti”
Achille sorride in una maniera così disturbata da farmi male. Deve aver capito di essere al capolinea “Non farmi morire così. Io... io volevo solo portare onore e gloria alla mia famiglia” prende un profondo respiro “Volevo farli sentire fieri di me, invece sono qui per terra a morire avvelenato! Ho combinato un gran casino” sorride in un vano tentativo di cacciare indietro le lacrime “Non posso crederci che mi abbiano visto in quello stato”. I suoi sentimenti mi arrivano dritti al cuore. Mi torna in mente Carlie umiliato dentro la grotta, io spezzata nella foresta dopo la sua morte, la morte lenta e dolorosa di Stacey, quella rapida e sanguinolenta di Donna. Questo posto ha visto fin troppo dolore. Se posso risparmiarne un po', credo sia mio dovere agire.
Recupero la spada e mi inchino all'altezza del suo collo. Achille non dice più una parola, troppo affaticato per farlo, ma leggo la gratitudine.
Chiudo gli occhi ed incido.

 

 

 

 

Rieccomi, scusate l'attesa, ma non trovavo proprio la voglia di scrivere, spero di non aver fatto un'altra schifezza. Rimangono solo 3 persone, le alleanze sono definitivamente andate. Alla fine ho fatto 4 pov, anche se l'ultimo mostruosamente corto! Il prossimo è l'ultimo.

Alla prossima.

 

Morti:

6° Sidney (tributo del distretto 5, 5 pov), uccisa da Lars

5° Lars (tributo del distretto 4, 6 pov) ucciso da Achille

4° Achille (tributo del distretto 2, 6 pov) ucciso da Ane

 

 

Feriti:

Killian (graffiato, con qualche livido)

Ane (sete)

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Capitolo 22
*** Epilogo: quel che resta ***


Giorno 8, mattina

Warwick Abe Reed, tributo del distretto 10, arena

Correre, devo correre.
Una voce dentro la mia testa non fa altro che ripeterlo da non so quanto tempo. Inizialmente era un suggerimento flebile che si confondeva con strane immagini dentro la mia testa, ma con il passare del tempo è diventato più forte. Nel frattempo ho visto papà litigare con lo zio, mia madre sporca di sangue chiacchierare amabilmente con i miei amici. Ho discusso con Emilie e sentito la voce di Kylian.

Cerco di muovermi, ma non avverto il mio corpo. Sento però la testa pesante e la gola secca. Provo a parlare, ma dalla mia bocca escono solamente dei suoni indistinti. Ho un sonno tremendo che schiaccia qualsiasi altra sensazione.
“Corri, corri” ripete la voce.
Tossisco, apro gli occhi a fatica ed avverto quasi subito una luce rossastra. Il cielo sembra sanguinare e c'è puzza di fumo e di zolfo nell'aria. L'atmosfera è calda, quasi infernale. Tolgo a fatica il maglione e cerco di orientarmi. Sono sdraiato per terra, in un contesto decisamente poco sicuro per fare un riposino. Ho sempre cercato di dormire sopra gli alberi, cosa ci faccio qui? Sono svenuto? Ricordo solamente che stavo camminando verso il fiume quando mi ero sentito improvvisamente debole e stanco. Sono sicuro di non aver mangiato cibo avvelenato questa volta, devono essere stati per forza gli strateghi, non trovo altra spiegazione. Forse anche gli altri si stanno svegliando adesso, credo sia per questo che sono ancora vivo. Tossisco nuovamente, la gola mi fa male, l'istinto mi dice che non è un banale mal di gola. Mi chiedo se ci sia il loro zampino anche in questo.
Cerco lo zaino per poter bere un po' d'acqua e trovo accanto ad esso una maschera antigas. Ci metto un secondo per realizzare, e mi ci getto sopra più velocemente che posso. Con quella addosso inizio a respirare normalmente, ma la mia ansia non diminuisce affatto. Che cazzo ho respirato? Avrà fatto dei danni? Gli altri si saranno accorti delle maschere? Tendo l'orecchio, niente. Sono ancora tutti e due vivi. Come se facessero davvero loro il lavoro sporco... che idiota a sperarci.
Deve essere il momento però. Ci hanno lasciato quasi tutta la giornata di ieri per recuperare, non possono permettersi di lasciarci a lungo questa tregua. A breve ci spingeranno l'uno nelle braccia dell'altro, ne sono certo. Non voglio farmi trovare impreparato. Dissemino nell'area alcune delle trappole che c'erano dentro lo zaino di Sidney. Non so cosa mi verrà incontro, ma tanto vale usarle.
Sto sistemando l'ultima trappola quando sento in lontananza il suono acuto di una sirena. Avverto il cuore accelerare i suoi battiti, mentre mi guardo intorno con ansia. Sta per accadere qualcosa, ma cosa? Sento che un pericolo si sta per abbattere, ma non avere idea su cosa sia mi sta uccidendo. Non so come comportarmi, come mettermi al sicuro e neppure dove correre.
No, aspetta un momento... so dove.
Mi muovo in tutta fretta verso la cornucopia giusto in tempo. Dietro di me, a qualche passo, scoppia qualcosa situato sotto terra che per poco non mi investe. Perdo per un momento l'equilibrio, ma riesco a non cadere. Intorno a me sento esplosioni provenire da tutte le parti, per tutta l'arena. Sento che ci stanno spingendo verso la cornucopia per il duello finale. Il pubblico lo sta aspettando fin dall'inizio e gli strateghi avranno preparato il tutto fin dal minimo dettaglio. Contano su di noi per fare audience, che onore. Allora corro e corro, ignorando il fumo sempre più fitto e il caldo sempre più insopportabile.
Dopo un po' l'arena ritorna nel silenzio. Non si sente niente, né il vento, né il canto degli uccelli. Deve essere successo qualcosa, o deve succedere. Cambi così repentini sono troppo sospettosi. Mi guardo intorno cercando di scovare i miei avversari o delle trappole ed è allora che intravedo qualcosa per terra. Non qualcosa, qualcuno. Non ci sono molte alternative su chi sia. So che è stupido, ma non posso non avvicinarmi. Mi muovo con cautela, pregando di non cadere in una sue trappole, ma più mi avvicino e più capisco che il mio amico è semplicemente arrivato al capolinea prima di me. Ha delle ustioni sul lato destro del corpo che vanno a coprire il suo fianco, la sua spalla e il suo volto. La maschera antigas che era riuscito ad indossare si è rotto a causa dell'esplosione e il suo volto, di un innaturale color porpora, è contratto in una smorfia di dolore. Killian si graffia debolmente la gola già martoriata continuando a lottare disperatamente per trovare aria fresca e pulita. Una parte di lui sa che è inutile, ma non vuole ammetterlo. Non è mai stato in grado di accettare la sconfitta. Fa male vederlo in questo stato, ma un vero uomo non lo lascerebbe morire da solo. Almeno questa volta non voglio scappare.
Mi piego su di lui e gli stringo forte la mano tremando, mentre i miei occhi si riempiono di lacrime. Killian si volta verso di me, guardandomi per l'ultima volta.
“Mi dispiace” gli sussurro mentre tuona per la penultima volta il cannone. Mi sento impotente come quella volta, ancora una volta non ho potuto far nulla per salvare chi amavo. Ma cosa potevo fare? O io o lui, e io voglio davvero tornare a casa. “Noi gioiamo ad ogni cazzo di morte, ci portano sempre più vicino a casa”. Le parole che avevo pronunciato quella volta mi risuonano in mente come un martello. Come posso essere anche adesso così cinico dopo tutte queste morti? Ce l'ho davvero un cuore? Sono davvero migliore di mio zio?
“Scusa, scusa” ripeto con la voce spezzata mentre mi rialzo a fatica. Non posso fermarmi, non ora che ce l'ho quasi fatta. Uno, solo uno e poi casa. Mi manca perfino l'odore del dieci. Perdonami Killian, scusa davvero. Ti piangerò più avanti, fuori di qui.
Riprendo la mia corsa verso la cornucopia prima che gli strateghi ci invino contro altre diavolerie. Ho l'impressione che ad ogni mio passo il cielo si faccia più scuro, più inquietante e minaccioso. La luce diminuisce, faccio fatica a vedere cosa c'è davanti a me. Giusto giusto per ricordarci di nuovo che Capitol fa il bello e il cattivo tempo e non solo qui, ma dovunque.
Anemone mi sta aspettando davanti alla cornucopia, armata di spada e con al volto quella maschera che sfigura la sua bellezza.
I nostri sguardi si incrociano per un attimo, prima di essere entrambi distratti da una cacofonia distante che si va sempre più forte. Avverto delle persone piangere, urlare terrorizzate o in preda al dolore. Avverto Bezzy, Killian e Harriet ed altri tributi. Anche Anemone riconosce qualcuno e la vedo tremare da lontano. Gli strateghi ci ricordano che rischiamo di unirci a loro per sempre, congelati qui, in questo inferno. Non voglio morire, e neppure lei lo vuole. Mi dispiace, giuro che non è nulla di personale, lo capisci vero?
La mia avversaria appare incerta nella sua immobilità, potrebbe già attaccarmi, ma non lo fa. Forse ha paura, o forse è ancora rapita da quelle voci di morte. Non posso commettere quell'errore: devo concentrarmi sull'arma, devo trovare un modo per togliergliela. Raccolgo dei sassi da per terra, mentre lei, d'un tratto vigile ed attenta, inizia a caricarmi con la spada in mano. Non sono un esperto, ma sono sicuro che non sia il modo migliore per tenerla, non deve essere abituata. Tiro dei colpi cercando di colpirla alla mano, o almeno al volto, ma fallisco. Confesso di aver ideato piani più geniali. Riesco ad evitarla giusto in tempo spostandomi rapidamente a sinistra.
Anemone non demorde e mi carica nuovamente. È chiaramente in difficoltà con quell'arma. I suoi movimenti sono imprecisi, scoordinati, fa fatica a tenere l'equilibrio. Devo sfruttare questa sua debolezza. Anziché fuggirle, decido di caricarla allo scopo di toglierle l'arma. La tributa la alza di nuovo cercando di ruotarla. Troppo lenta. Le do una spallata che la fa cadere a terra. È il momento, è sufficiente che le tolga la maschera per ucciderla. I gas faranno il lavoro al mio posto. Lei però è più veloce e mi punta la spada addosso, ma fatalmente esita.
Da un lato la capisco: sa perfettamente che fuori di qui non le torcerei un capello, sa che ci hanno costretti a diventare assassini. No... lei è stata costretta, io ho scelto di venire qui. Credevo di essere furbo, mentre invece sono soltanto un povero idiota. Sono un mostro, per un po' di denaro ho scelto di macchiarmi per sempre. La mela non cade lontano dall'albero, giusto?
Le afferro l'arma e iniziamo una lotta per il suo controllo. Lei è in gamba, ma non è forte quanto me. Le tiro un cazzotto sullo stomaco e poi un altro sul petto. Il dolore indebolisce la sua presa, le prendo la spada e vigliaccamente chiudo gli occhi, come se il non vedere mi impedisse di sentire. Affondo l'arma volgendo la testa altrove, ma nulla può diminuire il senso di disgusto e di odio che provo in questo preciso momento. Pensavo che mi sarei sentito libero e leggero in questo momento, invece è l'esatto opposto.
“Dì a mio fratello...” sussurra a fatica, ma non riesco a capire il resto della frase, il suono delle campane è troppo prepotente, eppure io la sento ancora gemere.

 

Signori e signore, il vincitore dei 21° Hunger Game, Warwick Abe Reed”

 

 

 

 

Tempo dopo

 

Mi alzo a fatica, ho male a tutte le ossa. Ha ragione Ann a dirmi che sono vecchio. Merda, se ha ragione. Mi guardo allo specchio vicino al letto e noto con disgusto di assomigliare fin troppo allo zio Harrison. Che brutta fine che ho fatto, invecchiando dovevo proprio prendere la sua brutta faccia. Non che me ne lamenti però, poteva andare peggio, molto molto peggio. Avrei potuto invecchiare male quanto lui anche nel carattere. O non invecchiare affatto.

 

La morte di Lawrence causò una ferita troppo profonda nel fratello che si sentì responsabile della sua fine. Dopo anni e anni di rimorsi, decise di farla finita tagliandosi le vene.

Garnet riuscì a superare la morte di quel fidanzato che amava così tanto farla ridere, ma quando vent'anni dopo figlio le confesso di volersi fare volontario nei giochi, gliene diede talmente tante da non accennare mai più a una cosa del genere.

 

“Zio Abe, zio Abe!” mi chiama una vocina acuta proveniente dal cortile. Deve essere Ann, durante i giochi viene a visitarmi spesso.
“Ciao, mostriciattolo, che vuoi?” la saluto pigramente. Sa che scherzo, che il mio è solo un nomignolo affettuoso. Non potrei mai trattare male né lei, né nessun membro della sua famiglia. Se sono sopravvissuto ai post giochi è solo grazie a loro. Mi ero spento dopo la vittoria, mi sentivo un mostro, in colpa per aver partecipato, in colpa per aver vinto. Emilie e Kylian avrebbero potuto farmi rotolare nella mia merda, ma hanno deciso di restarmi vicino, anche se è stato difficilissimo per tutti.

 

Emma Stone fu pianta per un breve periodo dai suoi fans, ma per tutta la vita dalla madre che cambiò radicalmente il proprio stile da mentore. Ora sconsiglia sempre e comunque l'offrirsi volontario e cerca di non fare troppe pressioni agli studenti dell'accademia.

 

Avrei potuto averla se solo avessi voluto. Emilie intendo. Non mi ha mai dimenticato del tutto.

 

Dopo la morte di Achille, i coniugi Pelide si separarono non riuscendo a superare il lutto insieme. Turadot fu seppellita insieme al figlio.

 

Cosa avrei potuto offrirle però? Non volevo avere figli, non volevo vedere altri famigliari morire per colpa mia. Non volevo donarle i miei incubi. Inoltre non potevo fare questa scorrettezza a Kylian. Rinunciare a quello che probabilmente era l'amore della mia vita è un'espiazione abbastanza potente. No?

 

Nel distretto 2 il nome di Riley Devries è rimasto impresso solo grazie di Celyn che fondò una scuola privata in memoria dell'amica. Al suo interno si insegnano soprattutto le scienze.

 

Forse mi illudo e basta. La notte li rivedo ancora, e talvolta anche di giorno. A volte mi domando dove sarebbero se non avessero incrociato la mia strada o più semplicemente se fossero nati altrove. Non riesco a dimenticare il fatto che eravamo solo ragazzi.

 

La vecchia guardia del distretto 3 non ha dimenticato il sorriso di Harriet e ognuno di loro conserva gelosamente un suo ricordo dentro il cuore. Non ebbe la stessa fortuna Thomas Biggs.

 

Per anni e anni ho sperato che tutto finisse, per anni e anni ho accompagnato ragazzi e ragazze al patibolo. Scuoto la testa, sono diventato proprio un vecchio malinconico.

 

La famiglia Seven fu sorvegliata per il resto dei propri giorni, pronta ad essere uccisa se avesse rivelato il segreto di Lars. Brian divenne paranoico, ma ciò non gli impedì comunque di sposarsi e di generare un maschietto di nome Lars che fu estratto ai 49° giochi. Vinse e dedicò la vittoria a quello zio mai conosciuto, ma di cui aveva sentito parlare così tanto.

 

“Guarda i giochi” mi urla lei. Grugnisco sprezzante, come se mi interessassero. Da quando Jeremy ha vinto i 53° Hunger Games, diventando un mentore che non fosse pazzo o depresso, ho chiuso con quel mondo “Questa volta è diverso!” insiste.

 

Charlie ebbe un funerale intimo in cui parteciparono tutte le persone che lo amarono. Partecipò anche Helia, la sua mentore. I genitori la ringraziarono per aver insegnato il figlio a combattere.

 

“Cosa ci sarebbe di diverso?” le chiedo più scontroso di quanto volessi.
“C'è una ragazza che è davvero tosta”

“Non è la prima, e non sarà l'ultima”
“Hanno promesso due vincitori questa volta”

 

Iv fu restituito a Clifford che se ne prese cura finché non morì. Fu seppellito vicino alla padroncina.

 

Ho capito di chi parla ora, è sulla bocca di tutti. Che cazzata. Promessa inutile, si rimangeranno tutto all'ultimo, li conosco, so come agiscono. Se funzionasse davvero mi sarei limonato Killian, giuro. Nonostante i miei rifiuti, Ann continua ad insistere. È inutile continuare a combattere, è testarda come la nonna ed esattamente come lei ha sempre ragione. Magari questo tributo ha qualcosa di davvero diverso rispetto agli altri.

 

Si temeva che la 21° edizione facesse scoppiare una vera e propria faida famigliare all'interno del distretto 6, date le tensione fra i Drapeau e i Triangle. Ci fu effettivamente uno scontro fisico che termino con le lacrime amare di due padri che avevano appena perso i figli.

 

Faccio accenno ad Ann di aspettarmi, mentre mi vesto. Spero di riuscirci da solo ancora a lungo, non ho voglia di prendere una badante. Esco dalla camera, passando davanti a quello che Emilie chiama “il santuario”.

 

I Macleod sono guerrieri per natura e riuscirono ad andare avanti. Trent'anni dopo Jessica, con grande sorpresa di tutti, divenne sindaco del distretto.

 

Fu un idea di Kylian sperando che riuscisse in qualche modo a placare i miei sensi di colpa. Differentemente da quanto pensava Emilie, funzionò. Il santuario, composto da ventiquattro fiocchi rossi, mi ricorda che la mia vita non è spezzata in un prima e in un dopo ma è un continuum. Quel dolore fa parte di me nel bene e nel male, posso solo accettarlo, per quanto difficile.

 

Gail non rivelò mai la natura del figlio ai coniugi Hamilton. Che senso aveva? Carlie era morto e niente al mondo glielo avrebbe restituito.

 

Ann trotterella tutta eccitata per tutto il percorso e nel frattempo incrocio lo sguardo con molti volti, li ho quasi tutti visti crescere. Sono fra i più vecchi di questo distretto, sono in pochi ad avere la mia età. Intravedo anche qualche discendente Peacock. Assomigliano molto a Bezzy, ma dubito che qualcuno di loro conosco il nome della loro prozia.

 

Durante il tour della vittoria Mark cercò di assaltare e di uccidere Abe, considerandolo l'unico responsabile della morte dell'amata amica. Per tale ragione fu processato e condannato.

Garett non ebbe mai l'occasione di conoscere la figlia, e non gli fu permesso di partecipare al suo funerale. Ha cantato quella canzone per il resto dei suoi giorni.

 

La piazza è gremita di persone e la cosa mi lascia di stucco. Va bene che è domenica, ma i tributi del nostro distretto sono morti da un pezzo. Deve esserci veramente qualcosa di diverso. Alzo lo sguardo verso lo schermo e la vedo.

 

Jane superò a fatica la morte di Killian, così come Dylan. Nessuno dei due mise su famiglia.

La morte di Rose non fu vana: Cosmo fu licenziato e sostituito da un mentore più competente che riuscì in un paio di anni a far vincere al distretto 12 i suoi primi giochi.

 

Capelli scuri raccolti in una treccia, carnagione olivastra così simile a quella di Killian, ed occhi grigi che promettono cambiamento. Quella ragazza è in fiamme.

 

 

 

 

 

 

 

 

Buono, ci siamo. È finita. Soddisfatti? È durato molto più a lungo di quanto credessi e molti piani originali sono cambiati nel frattempo. Io sono abbastanza soddisfatta, quindi non mi lamento :p Avrei potuto gestire certe cose meglio, ma pazienza. Grazie a tutti per avermi seguito.

 

Morti:

3° Killian (tributo del distretto 12, 6 pov) ucciso dai gas mortali

2° Anemone (tributo del distretto 11, 7 pov) uccisa da Abe

 

Classifica:

24° Daniel Ucciso da Lawrence

23° Thomas ucciso da Lars

22° Donna uccisa da Ane

21° Norma uccisa da Marinette

20° Marinette uccisa da Achille

19° Bezzy uccisa da Lars

18° Manuel ucciso da Emma

17° Connor, morto avvelenato

16° Charlie, ucciso da Sidney

15° Silk Hone, morta per setticemia

14° Riley Devries, uccisa da Lawrence

13° Carlie, sbranato da un ibrido

12° Spencer, ucciso da Stacey

11° Harriet, uccisa da Killian

10° Stacey uccisa da una pianta ibrido

9° Lawrence, ucciso da Lars

8° Emma, uccisa da Achille

7° Rose, uccisa da Emma

6° Sidney, uccisa da Lars

5° Lars, ucciso da Achille

4° Achille, ucciso da Ane

3° Killian, ucciso dai gas mortali

2° Anemone, uccisa da Abe

1° Abe

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