One last journey to Neverland.

di Euthymia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Farewell, Peter Pan. ***
Capitolo 2: *** The lost thimble. ***
Capitolo 3: *** One last time. ***
Capitolo 4: *** We all have our own battles to fight. ***
Capitolo 5: *** Lost friends' stories. ***
Capitolo 6: *** All that glitters is not gold. ***
Capitolo 7: *** The seeds of doubt. ***
Capitolo 8: *** Secrets and revelations. ***



Capitolo 1
*** Farewell, Peter Pan. ***


 
Capitolo I: Farewell, Peter Pan.




It started out as a feeling
which then grew into a hope...







 

Finì di pettinarsi i lucenti capelli biondi, posò la spazzola, e rimirò un'ultima volta il proprio riflesso allo specchio. Ciò che vide fu una fanciulla dai grandi occhi azzurri – una fanciulla che, di lì a poche ore, sarebbe diventata una giovane donna. Era la vigilia del suo diciottesimo compleanno, e Wendy aveva la testa straripante di emozioni e pensieri. Perché proprio quella sera? Perché proprio adesso, che era davvero sulla soglia della sua vita da adulta, le era tornato in mente lui? Lui che era il simbolo di tutto ciò che lei era stata, di tutto ciò che non era più. Di tutto ciò che stava per lasciarsi alle spalle. La verità era che, prima di quel momento, non aveva pensato a Peter per molto, molto tempo. Anni.

Ora, con gli occhi assorti a fissare nello specchio una Wendy che lui non avrebbe riconosciuto, nella sua testa vorticavano tre parole, tre semplici parole, che avevano accompagnato le sue notti di ragazzina per lunghi mesi.

«Io? Dimenticarti? Mai!»

Erano state le ultime parole che Peter Pan le aveva rivolto, prima di voltarsi e volare via, lontano, verso la seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino. E lei gli aveva creduto. L'aveva aspettato. Pronta a narrarne ancora le avventure incredibili, a raccontare le gesta di quel ragazzo eccezionale e dei Bimbi Sperduti. L'aveva aspettato. Ricordando quel bacio nascosto di cui gli aveva fatto dono, quel bacio prezioso, unico, tanto potente da permettergli di sconfiggere Uncino. L'aveva aspettato. Anche quando il signor Darling l'aveva obbligata, irremovibile, a trasferirsi in una stanza tutta per lei. L'aveva aspettato. Ogni notte, per un anno intero, seduta davanti al davanzale a guardare il cielo, con la fiducia di chi crede davvero. L'aveva aspettato.

Ma Peter non era più tornato. L'aveva dimenticata.

E così “ogni notte” era diventato “una notte ogni tanto”. Pian piano la sua fiducia si era affievolita. Pian piano smise di tenere la finestra aperta la notte, e il giorno e la luce del sole l'avevano chiamata a loro. Allora Wendy aveva cominciato a vivere la vita, e aveva smesso di sperare nei sogni.

E adesso, alla vigilia di un salto dal quale non si fa mai ritorno, lui le era tornato in mente. Stupido, stupido Peter Pan! Eppure… eppure non riusciva a odiarlo. Dopotutto, lui era solo un ragazzo. Wendy sorrise, pensando all'indimenticabile sorriso di Peter. Chissà quali e quante avventure l'avevano catturato e impegnato, una volta tornato all'Isola che non c'è! Naturale che non fosse mai tornato da lei. Lei, che aveva deciso di crescere. Lei che aveva deciso di lasciarlo. Non era certo lui quello da biasimare, pensò con amarezza.

Wendy sorrise. Si alzò e camminò fino al davanzale, lasciando vagare lo sguardo nel blu della notte, tra la miriade di stelle che celavano ai suoi occhi, oramai incapaci di distinguerla, la stella più importante di tutte. Senza un attimo di esitazione allungò una mano e fece scattare il chiavistello, aprendo la finestra. Una leggera brezza estiva scivolò dentro la sua stanza, portando con sé una pace che Wendy fece propria, mentre si incamminava assorta verso il letto. Si infilò sotto le lenzuola leggere, dimenticando di legare i lunghi capelli in una treccia com'era solita fare, e in pochi minuti una quieta dormiveglia s'impadronì di lei.

«Addio, Peter Pan…»

Fu con queste parole sulle labbra che Wendy si addormentò. Il suo respiro si fece profondo e silenzioso, e mentre sulle sue labbra giaceva ancora l'ombra di un sorriso, un'altra ombra si avvicinava, guardinga e silenziosa, ai tetti di casa Darling.

 

...which then turned into a quiet thought
which then turned into a quiet word.


 

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Ciaaaao! :D Questa è la mia prima, primissima, primissimissima storia. Ho sempre scritto per i fatti miei, senza mai davvero pensare di pubblicare qualcosa. Men che meno su Peter Pan! E invece stamattina qualcosa mi è scattato nel cervello, e invece che studiare ho aperto EFP. Non so bene che piega prenderà questa storia e come vedete il capitolo è brevissimo, perché è stata l'ispirazione di un momento… Direi che lo scoprirò strada facendo! Le parole in inglese sono tratte dalla canzone The Call di Regina Spektor. Un bacio a chiunque abbia voglia di leggere! :*

 

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Capitolo 2
*** The lost thimble. ***



Capitolo II: The lost thimble.

 

 

And then that word grew louder and louder
'til it was a battle cry…




 

 




«Wendy!»

Si svegliò di soprassalto, gli occhi sgranati, la mente invasa da un viso che non vedeva da quella che gli sembrava una vita intera. Un viso che era precisamente come lo ricordava, come l'aveva lasciato, ormai… quanto tempo era passato? Difficile a dirsi. Difficile anche solo a pensarsi, quando si trascorrono i propri giorni in un luogo in cui il tempo non è nulla. In cui il sole nasce e muore ogni giorno, sempre uguale a se stesso, e i cui abitanti non cambiano mai neppure di un singolo particolare.

Ma quel viso, il suo viso, non l'avrebbe dimenticato mai, per nessun motivo al mondo. Il viso di Wendy.

Senza neppure rendersi conto del mezzo sorriso che gli stava spuntando tra le labbra, Peter lasciò l'amaca su cui era disteso con un balzo improvviso. Incrociò le gambe, seduto a mezz'aria, e prese a massaggiarsi il mento, meditabondo. Certo, Wendy avrebbe sempre avuto un posto speciale nei ricordi e nei cuori degli abitanti dell'Isola che non c'è – figuriamoci in Peter stesso, poi! – ma c'era qualcosa di strano, in atto, quella notte. Perché mai si era svegliato col suo nome in bocca?

Aveva forse sognato qualcosa, di cui si era subitaneamente dimenticato? Ma a cosa servono i sogni nel sonno a qualcuno che li vive ogni giorno, ogni attimo della propria vita? I bambini di tutto il mondo andavano a fargli visita tutte le notti, da sempre, e avrebbero continuato a farlo in ogni avvenire immaginabile. Ma Peter Pan non ha bisogno di far sogni. Lui è un sogno. Il sogno per eccellenza! Quale poteva esser stata la causa di un così brusco risveglio?

«Maledizione!»

Peter sferrò un pugno all'aria, frustrato, e galleggiò fino a ritrovarsi nuovamente disteso sulla sua amaca. Qualcosa gli stava sfuggendo. Ma cosa?

Prese a camminare su e giù per la stanza, senza toccare terra. Non pensava a Wendy da molto tempo. Molte cose accadono sull'Isola che non c'è, molte avventure prendono il sopravvento. E Peter aveva avuto buoni, anzi ottimi motivi per cercare distrazioni e diversivi in tutto ciò.

Quella notte, tanto tempo prima, aveva fatto una promessa. Una promessa che, lo sapeva anche in quel momento, mentre guardava in quei suoi occhi così azzurri, avrebbe mantenuto solo per metà. Non sarebbe mai più tornato alla finestra di casa Darling. Non avrebbe mai più ascoltato le risate di Michael, il buffo parlottare di John, e soprattutto, sopra ogni cosa, le mirabolanti storie di Wendy. Ma dimenticarla? Mai. Non avrebbe mai potuto dimenticare. Né dimenticare lei, né il suo prezioso dono, che…

…Fermò di colpo quel flusso di pensieri in cui si era aggrovigliato. Cos'era? Che cos'era? Qual era il tanto prezioso oggetto che Wendy gli aveva donato, quel qualcosa, tanto unico che aveva giurato a se stesso di custodirlo gelosamente per sempre? Era qualcosa di… ce l'aveva sulla punta della lingua, ne era sicuro. Qualcosa di nascosto, forse? Peter rimase muto, a bocca aperta, nella penombra di una notte non ancora matura.

L'aveva dimenticato. Aveva dimenticato quale fosse il dono di Wendy. E se fosse stato solo l'inizio? E se pian piano avesse cominciato a dimenticare anche lei?

«Mai!»

Esclamò, colto da un impeto di orgoglio e di rabbia. Il suo primo impulso fu di svegliare ogni singolo Bimbo Sperduto che ancora russava nel Nascondiglio, deciso a interrogarli senza sosta finché uno di loro non l'avesse aiutato a ricordare. Forse qualcuno di loro ricordava ancora. Forse qualcuno di loro non aveva dimenticato perché Wendy era stata così fondamentale per Peter. Con un altro balzo fu in piedi, le mani chiuse a pugno appoggiate sui fianchi. Ma la sua determinazione durò pochi attimi, e una tristezza agghiacciante s'impadronì di lui. La sua ombra, riflessa nella parete legnosa davanti a lui, si mise le mani tra i capelli e si sedette mogiamente per terra.

Chi voleva prendere in giro? Come poteva sperare che i Bimbi Sperduti ricordassero, custodissero qualcosa che lui stesso, che ne era stato e avrebbe dovuto esserne ancora il depositario privilegiato, aveva dimenticato? C'era una sola cosa da fare. Un solo posto in cui andare.

«Trilli… Trilli!»

Peter si avvicinò furtivo al giaciglio della piccola fata, che dormiva beatamente esibendo un lieve tremolio delle ali sottili a ogni respiro.

«Trilli, svegliati! Dobbiamo andare!»

Al suono allarmato della sua voce, Trilli si svegliò in un tintinnìo vivace, rifilandogli un'occhiata inviperita. Come osava Pan svegliarla così, nel cuore della notte, senza neppure mostrare un minimo di gentilezza? Con un trillo sostenuto, gli domandò dove mai dovessero andare, di così importante, da non poter aspettare neppure il mattino.

Sul viso di Peter fece la sua apparizione un sorriso inconfondibile, quel sorriso che, in un posto molto, molto lontano, una fanciulla in procinto di crescere aveva da poco ricordato con malinconico affetto.

«Dobbiamo andare a ritrovare il mio dono nascosto. Dobbiamo andare a Londra.»

 

I'll come back when you call me,
no need to say goodbye…

 

 

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So che anche questo capitolo è molto breve, ma siamo agli inizi, e voglio procedere con calma. :D
E niente... mi sembra sia chiaro cosa abbia dimenticato Peter. Qualcosa che Wendy, invece, ricorda ancora bene nonostante il tempo trascorso. Forse diventare grandi non è sempre il peggiore dei mali. Sarà tutto come sembra? Un bacio a tutti. 

P.S. La canzone è sempre The Call di Regina Spektor. :)

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Capitolo 3
*** One last time. ***




Capitolo III: One last time.

 




I'm a reflection in the glass
'cause I can't keep from looking back
and though the pages that I lack
are stuck inside a broken past…

(*)




 

 




Accadde quando il Big Ben, dall'alto della sua privilegiata visuale sul londinese ancora pieno di vita, scoccò l'ultimo rintocco delle dieci. Un'ombra oscurò la luce della luna, sul suo davanzale, e un trillo delicato infranse il silenzio. Wendy si svegliò all'improvviso. Senza soprassalto, senza agitazione. Aprì gli occhi nella penombra della sua camera da letto, e istintivamente si alzò sui gomiti, volgendo lo sguardo alla finestra. I capelli sciolti le ricaddero soffici sulle spalle e sul seno morbido, coperto da nient'altro che la leggera e candida camicia da notte.

Ora era completamente sveglia. I grandi occhi celesti spalancati, puntati sui vetri della finestra semiaperta, scrutavano attentamente l'oscurità rischiarata della Londra notturna, senza davvero vederla. Perché lì, appena dietro quei vetri, l'ombra aveva preso forma: la forma scura di un ragazzo, stagliato sul blu, con le mani chiuse a pugno inchiodate sui fianchi, le braccia a formare due triangoli sicuri, fieri.

Le labbra di Wendy si mossero a formare una parola, ma la voce sembrava averla abbandonata. Tutto ciò che ne uscì fu un sussurro appena accennato, un soffio lieve, un alito di stupore e battiti accelerati.

«Peter…»

Peter Pan fu dentro in un balzo, mentre lei ancora non era riuscita a muovere un muscolo. Le si avvicinò con la cautela che si riserva a qualcosa di sconosciuto e imprevedibile, dalle reazioni potenzialmente pericolose, e ne scrutò i tratti del viso con quella sua aria attenta che Wendy mai avrebbe potuto dimenticare.

Era Peter Pan, nientemeno. Ed era davanti al suo letto. Improvvisamente, sentì un tepore pungente salirle alle guance, e stupidamente sperò che l'oscurità gli impedisse di accorgersene. Guardalo, si disse mentalmente, è solo un ragazzo… si vede proprio che sei cresciuta, mia cara. Com'era mai possibile? Perché proprio quella notte? Poteva davvero averla sentita, poteva davvero il suo addio sussurrato nella sera aver raggiunto l'Isola che non c'è e scosso il suo abitante più impenetrabile?

Questa cascata di pensieri le fu addosso in un battibaleno, e lei ne fu preda giusto il tempo che bastò a Peter per sfoderare un sorriso sbilenco che le provocò una stretta allo stomaco. Wendy, ritorna in te, continuò il suo monologo interiore, lui è Peter, ancora lo stesso Peter di allora. Ed era vero, ammise a se stessa: di anni ne erano passati soltanto quattro o cinque, ma a lei sembrava trascorsa un'eternità: si sentiva strana, davanti a quel fanciullo ancora relativamente innocente, davanti a quell'emblema di una giovinezza che lei, in questi anni, era andata lasciandosi alle spalle senza pensarci neanche troppo su. Fu come se per la prima volta avesse preso consapevolezza del proprio corpo, delle sensazioni che quel corpo le dava… D'improvviso si vergognò. Desiderò di tornare ad avere un corpo magro e privo di forme, così da potersi spacciare, forse un'ultima volta, per quella che non era più.

Un trillo vivace la riscosse dai suoi pensieri sconnessi, in tempo per cogliere la replica di Peter alla fatina che ne imitava la posa spavalda posata sulla sua spalla.

«Sì, anche io la ricordavo più sveglia.»

Peter stava ancora sorridendo, e Wendy non poté fare a meno di imitarlo.

 

§

 

Honey, when you feel worn out,
when the mirror lies and turns on you,
when the choruses of doubt are singing way too loud…
Honey, I will chase them down,
Honey, that's what love's about.

(**)

«Peter! Ma che cosa ci fai qui? Incredibile, proprio stasera! Hai sentito il mio saluto? Che co…»

Se fino a un attimo prima era sembrata un pesce lesso privo di parola, ora Wendy pareva essere tornata la stessa di sempre, anche se all'inizio aveva faticato a riconoscerla, dentro quelle sembianze così adulte. Le prime parole le sgusciarono dalle labbra a una velocità stratosferica, in perfetta sintonia con l'espressione ora a metà fra lo sbalordito, l'eccitato, e qualcosa che Peter non riusciva a identificare. Preso com'era dai tentativi di decifrazione delle espressioni della giovane, ci mise un attimo prima di cogliere il senso delle sue parole.

«Saluto? Quale saluto?» le chiese, accigliandosi, prima di sedersi ai piedi del letto trapuntato di bianco.

Ma non riusciva a concentrarsi su quella faccenda, per quanto fosse strana. In realtà, Peter era decisamente stranito. Scrutò il viso di Wendy a lungo, cercando di carpirne ogni dettaglio. Certo, era senza dubbio Wendy, la sua Wendy, ma c'era qualcosa di profondamente sbagliato in lei. Aveva i lineamenti meno rotondi, più sottili e delicati. I suoi occhi avevano un'espressione strana, diversa, che non riusciva a identificare. E le sue labbra… era sul punto di ricordare qualcosa di fondamentale a proposito delle labbra di Wendy, ma quel qualcosa gli scivolò via dalla mente quando la giovane gli rispose, distraendolo.

«Beh, sai, Peter… questa non è una sera qualsiasi. È la vigilia di un giorno importante.»

Sembrava quasi in imbarazzo, mentre parlava, e Peter fra sé e sé si domando come mai. Ma la risposta non tardò ad arrivare.

«Domani compirò diciotto anni, sai. Sarò ufficialmente un'adulta.»

«DICIOT-»

«Shhh, Peter, non urlare! Sveglierai mio padre!»

Trilli, dal canto suo, si stava scompisciando dalle risate, tenendosi la pancia a mezz'aria. Provocava scampanellii allegri di qua e di là, e pizzichi di polvere fatata le sprizzavano da tutti i pori.

«Diciotto anni, Wendy?!» chiese Peter, la voce strozzata nello sforzo di tenerla bassa. «Ma sei vecchia

Disse queste parole con un'espressione mista fra il divertimento e un ostentato disgusto, pregustando invece la reazione della sua vecchia… amica. Del tutto prevedibilmente, Wendy sgranò gli occhi e si mise seduta, incrociando le braccia al petto. Il seno si gonfiò appena, sopra quel sostegno, e quando Peter se ne accorse una sensazione strana gli attorcigliò le budella. Di questo avvenimento diede un'interpretazione piuttosto sbrigativa: si trattava senz'altro di disgusto per ciò che avviene quando si cresce, qualcosa che aveva passato tutta la vita a rifiutare. Il corpo cambia, il cervello anche, insomma, tutto si sconvolge e mai in meglio. Razionalmente, si poté ritenere soddisfatto di quella sbilenca giustificazione, ma la sensazione alle budella ci mise qualche altro attimo ad affievolirsi.

«Vecchia io?!» sibilò Wendy, e forse Peter non si accorse del rossore che le aveva tinto le guance quando lui le aveva osservato il petto. «Ma se avrò sì e no quattro anni più di te! E poi, mettiamo che io sia vecchia, che cosa ci fai tu nella stanza da letto di una vecchia

Aveva enfatizzato a bella posta ogni ripetizione di quell'offesa madornale, e traendo sicurezza dalle proprie parole pian piano aveva relegato in un angolo il momento di poco prima. Il rossore si fece tenue sul suo viso.

«E soprattutto, cosa ci sei venuto a fare adesso?» Ora il suo tono di voce si era fatto più basso, più cupo, e Peter ci mise un istante a capire che non era affatto un buon segno. Cercò gli occhi di Wendy, e quando li trovò fece una fatica incredibile a non distogliere lo sguardo. Se non era rancore, quello che emanavano, allora era qualcosa di davvero simile.

«Wendy, io…»

«No, niente “Wendy, io”, Peter. Io domani compirò diciotto anni. Sarò adulta. Ormai lo sono già, è solo questione di un'ora o due», mormorò in una mezza risata amara, indicando l'orologio che segnava le dieci e sedici minuti. «Hai avuto il tuo tempo. Hai avuto tanto tempo per tornare, per venire a salutarmi… perché proprio stasera?»

Peter si trovò disarmato. Per qualche istante, non fu capace di dir nulla. Anche Trilli si fece seria, e andò ad appollaiarsi su uno dei pomelli di bronzo del letto di Wendy, in silenzio. La verità era che lei aveva ragione. Non era più tornato a casa Darling, anzi, non era più tornato nemmeno a Londra, per essere sicuro di non esserne tentato. Ma come poteva? Come sarebbe potuto tornare da lei, dopo la maniera in cui si erano… sferrò un pugno all'aria, frustrato, e si sedette a mezz'aria, proprio come quando sull'Isola si era reso conto di aver dimenticato quel nodo fondamentale di tutta la faccenda. Sapeva che c'era, era consapevole dell'enorme importanza che aveva avuto, e che aveva tutt'ora visto che lui era lì, da lei, ma non riusciva proprio a venirne a capo.

Rialzò lo sguardo, e trovò gli occhi di Wendy appena più addolciti rispetto a pochi attimi prima, che lo guardavano. Si lasciò andare a un sospiro avvilito, e pian piano ricadde a gambe incrociate sul letto.

«Questa sera io ti ho detto addio, Peter. Proprio mentre stavo per andare a dormire, mi sei ritornato in mente, e come poteva essere altrimenti – ora me ne rendo conto – ? Ti ho detto addio, perché domani sarò cresciuta e non potrò mai più ripensare alle nostre avventure se non come a sogni lontani… e all'improvviso ti trovo qui.»

«Io… ti ho sentita, Wendy. Cioè, non so se ti ho proprio sentita, ma mi sono svegliato, a un tratto, e ho visto il tuo viso. Sapevo che in qualche modo c'entravi tu. Quindi… niente, quindi sono venuto.»

Si vergognava. Non si azzardò a dirle che in realtà era venuto perché sperava di ricordare quel pezzo mancante della loro storia, quel pezzo nascosto, per paura di farla arrabbiare. Di renderla triste. Se c'era una cosa di cui Peter era sicuro, era che non avrebbe mai, mai voluto vedere un goccio di tristezza sul viso di Wendy, anche ora che era un viso così diverso da quello che ricordava. Pensò che era bella, come la ricordava, e di questo no, non si vergognò. L'aveva pensato anche allora, quando erano sull'Isola… l'aveva pensato in molti momenti.

 

§

 

Wendy sentiva il disagio di Peter. Lo coglieva, palpabile, come se fosse lì a frapporsi tra loro. Nell'aria. E così, Peter l'aveva sentita, soltanto poche ore prima, pronunciare il suo tenero e semisveglio addio… era la verità? Non poté fare a meno di chiederselo, ma in fondo, dentro di sé, sapeva benissimo la risposta. Nonostante il risentimento degli anni passati, sbocciato di nuovo nel trovarselo lì davanti. Nonostante la tristezza la portasse a macinare pensieri illogicamente rabbiosi, anche dopo tutto quel tempo. Nonostante tutto ciò, sapeva che qualcosa era davvero accaduto, quella sera.

Peter difficilmente mentiva, e di certo questo non era uno di quei momenti. In effetti, una qualche logica c'era. Aveva passato così tanto tempo sull'Isola che non c'è, che adesso, proprio quando era venuta a trovarsi sulla soglia del punto di non ritorno, il punto in cui avrebbe detto addio a tutto ciò che la legava all'infanzia… qualcosa era scattato.

Che fosse partito da lei, cui lui era venuto in mente, o da lui che l'aveva vista, o dall'Isola stessa, che reclamava a gran voce l'intensità di quel qualcosa chiamato “Peter e Wendy”, poco importava. Peter era lì, adesso. È carino come lo ricordavo… si diede della sciocca, nello stesso istante in cui nella sua mente risuonarono queste parole. Quello era davvero un pensiero da sciocca, ma non poteva fare a meno di notarlo. Aveva gli stessi capelli biondi, tutti scompigliati, gli stessi occhi di quel verde intenso come gli alberi, e le stesse labbra… le stesse labbra che avevano ricevuto in dono il suo prezioso tesoro di bambina, il suo bacio nascosto.

«Wendy?»

La voce di Peter la riscosse dai suoi pensieri. Si scambiarono uno sguardo, e ciò che passò in quello scambio di sguardi non poté davvero esser colto, quantomeno non in maniera razionale, da nessuno dei due – il ragazzo mai cresciuto e la giovane che fu bambina.

«Sì, Peter?»

Lo guardò a lungo, un misto di tristezza e dolcezza nei suoi occhi così consapevoli da un lato, e così smarriti dall'altro.

«Wendy, ritorna sull'Isola che non c'è. Con me. Un'ultima volta.»

 

I'm aware what the rules are
but you know that I will run,
you know that I will follow you
over silbury hill,
through the solar field,
you know that I will follow you.

(***)

 

_____________________________________________________________
Rieccomi qui. Ho visto una marea di visite ai primi due capitoli, G R A Z I E !
Vista la mancanza di recensioni, non mi resta che incrociare le dita per i prossimi, sperando di stare dando una piega positiva alla mia storia. Baci :*

(*) Parole tratte da Feather in the wind di Mindy Gledhill.
(**) Parole tratte da Honey di Mindy Gledhill.
(***) Parole tratte da 1000 oceans di Tori Amos.

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Capitolo 4
*** We all have our own battles to fight. ***


Capitolo IV: We all have our own battles to fight.





 

Please don't see just a boy caught up in dreams and fantasies,
please see me reaching out for someone I can't see.
Take my hand let's see where we wake up tomorrow…

(*)


 




 

 

«Su… sull'Isola che…»

Più che una risposta, quella di Wendy fu una specie di rantolo soffocato. Le parole di Peter l'avevano colpita come un pugno dritto dritto nello stomaco. Come uno schiaffo al cuore. Come se una bomba le fosse scoppiata nelle viscere. Come se un sogno di tanto tempo prima, ormai dimenticato in un cassetto abbandonato della sua memoria, le fosse ripiombato davanti all'improvviso nelle vesti di un ragazzo mai diventato grande. Ritornare sull'Isola che non c'è? Le sembrava un'idea folle, completamente fuori da ogni grazia divina. Tempo mezz'ora e sarebbe ufficialmente entrata a far parte del mondo degli adulti, della vita vera, quella reale. Non aveva più l'età per queste cose, erano passati secoli dall'ultima fiaba che aveva raccontato a John e Michael.

Eppure… Eppure una parte di lei, così piccola ma altrettanto combattiva, provò un senso di frenesia all'idea di volare ancora. Un'ultima volta. Verso la seconda stella a destra e poi dritto, dritto fino al mattino, fino a scorgere da lontano quel luogo di magia e le sue acque cristalline, solcate da velieri pirata, abitate da volubili sirene e altre innumerevoli, fantastiche creature. Rivedere i Bimbi Sperduti… Si sarebbero ricordati di lei? L'avrebbero riconosciuta, nonostante quei cambiamenti così ovvi e al contempo così strambi che comporta diventare grandi?

Mentre rifletteva, e già nella mente volava solitaria verso l'Isola che non c'è, Wendy guardava il vuoto con occhi grandi, finestre spalancate sul cielo più azzurro che Peter avesse mai visto. Persino più azzurro dei cieli perfetti del regno che milioni di volte, padrone e re, aveva sorvolato. Per la seconda volta, quella sera, il suo stomaco si era accartocciato su se stesso, ma questa volta la sensazione che lo accompagnava era diversa: era desiderio, un desiderio viscerale e terrorizzato all'idea di cadere nel nulla, all'idea che lei rifiutasse il suo invito. Che rifiutasse lui. Distolse gli occhi dai suoi, così intensi, e dileguò lo sguardo verso la finestra.

Trilli, ancora appollaiata sul pomello di bronzo del letto, alternava occhiate perplesse fra l'uno e l'altra, e per lunghi attimi si limitò a fare da muta spettatrice a quegli eterni minuti di silenzio pesante che gravavano sulla stanza come un velo di fumo. A un tratto si stancò, e con uno sbuffo scocciato fece trillare le ali delicate, spandendo nell'aria un vivace tintinnio che riscosse Wendy. La ragazza sospirò, congiungendo le mani, e intrecciò le dita fra loro con aria solenne.

«Peter.»

La sua voce trovò vita all'improvviso, e suonò talmente perentoria alle orecchie del diretto interessato che il giovane, ancora nella stessa posizione di pochi attimi prima, non fece altro che chiudere gli occhi e serrare i pugni, mentre un insopportabile senso di sconfitta si faceva strada dentro di lui. Il suo cuore sembrava diventato un campo di battaglia, in cui si fronteggiavano senza pietà due eserciti rivali. Da un lato la delusione per il rifiuto di Wendy, quando così ciecamente aveva creduto, solo pochi attimi prima, che l'avrebbe seguito senza batter ciglio. Dall'altro una rabbia infastidita: come era potuto arrivare a questo? Come era potuto accadere che lui, Peter Pan, si lasciasse condizionare in maniera così profonda dai capricci insensati di una femmina? Come aveva potuto relegare in un angolo il ricordo di Wendy a tal punto da dimenticare ciò che era stato così importante, così vitale…

«Un'ultima volta.»

Peter, furiosamente impegnato nella propria lotta interiore contro i suoi altrettanto guerriglieri sentimenti contrastanti, faticò a registrare le parole di Wendy, tanto stonavano con il vortice di tristezza in cui si era lanciato. Ma quando riuscì a coglierne appieno il significato e alzò lo sguardo su di lei, la vide esibire uno dei più radiosi sorrisi che avesse mai incontrato. E allora, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, quel sorriso si rifletté sulle sue labbra, e nel suo cuore le riottose emozioni si dichiararono un'allegra tregua dando inizio a una festa piena di musica, danze e risate.

Per Peter niente di tutto ciò era strano o insolito: lui, l'eterno fanciullo, era l'emblema dell'incostanza e degli impulsi vitali, i sensi sempre all'erta e l'umore più ballerino che si fosse mai visto in tutto l'universo. La tristezza che fino a pochi attimi prima gli attanagliava le viscere svanì com'era arrivata, lasciando posto a un'euforia tutta nuova costellata di un enorme numero di progetti e idee per quando lui e Wendy fossero finalmente tornati sull'Isola.

 

§

 

Maybe if you wanna go home
tell me if I'm back on my own
giving back a heart that's on loan,
just tell me if you wanna go home.

(**)

Doveva essere impazzita. Doveva aver perduto completamente il lume della ragione. Questo pensava Wendy, una volta pronunciate quelle parole folli e ormai impossibili da ritirare. Eppure ci aveva ragionato su, aveva valutato la situazione e si era resa conto che ormai non avrebbe più avuto senso tornare indietro, ormai era grande, aveva responsabilità cui fare fronte. L'Isola che non c'è non aveva più nulla da darle, e lei non aveva più nulla da dare all'Isola. Non era reale.

Allora perché le pareva quasi di sentire ancora addosso il profumo di salsedine misto a resina che permeava tanti dei luoghi che più aveva amato durante i suoi viaggi laggiù? Perché quando alzando lo sguardo sul viso di Peter, già pronta a spiegargli le irremovibili ragioni per cui non sarebbe andata con lui, le era sembrato tutto così sbagliato davanti all'indescrivibile tristezza che emanava? Perché non era stata capace di relegare in un angolo la vocina che, nella sua testa, la incitava ad andare con lui, e a lasciarsi alle spalle il peso di tutte quelle responsabilità e tutti quei doveri che l'aspettavano con l'alba della mattina dopo? Sarebbe stata completamente fuori luogo sull'Isola che non c'è, lei, così grande, cresciuta, così sbagliata. La sua condizione di quasi adulta le era sembrata un tangibile, terrificante motivo di vergogna. Cos'avrebbero detto vedendola i piccoli abitanti dell'Isola? Avrebbero riso di lei, l'avrebbero additata, l'avrebbero cacciata via urlandole di andarsene dai Pirati, perché gli adulti solo quello possono fare.

Ma quando si ritrovò sull'orlo del dirupo, quando non ci fu più spazio per i tentennamenti, Wendy scoprì che tutte le sue paure – sia quelle sensate che quelle completamente irragionevoli – non avrebbero avuto alcuna possibilità di sconfiggere ciò che il cuore cercava di urlarle con tutta la sua forza: doveva andare.

«…assolutamente vedere la nostra nuova tana, questa volta quegli stoccafissi di pirati non ci troverebbero neanche con una mappa segnata. Poi dovremo andare a salutare Giglio Tigrato, sarà sicuramente felicissima di sapere che sei tornata!…»

«Sicuramente!» replicò Wendy, forse un po' più sarcastica che ironica, con le sopracciglia inarcate.

Se c'era qualcosa di cui certamente poteva dubitare, era senz'altro la felicità di quella smorfiosa pellerossa piena di sé nello scoprire del suo ritorno. Se possibile, questo la rese quasi più impaziente di partire, ma c'erano un milione di preparativi da fare, e il continuo chiacchiericcio di Peter riguardo visite, giochi, avventure e pirati la distraeva. Si domandò fra sé e sé chi fosse a capitanare quella tremenda ciurma di fuorilegge, da quando Pan aveva definitivamente sconfitto Uncino, ma la questione fu presto dimenticata. C'erano troppe cose da fare.

«Ci sono troppe cose da fare!» esclamò infatti, dando voce ai propri pensieri, e balzò giù dal letto con tanta foga da spaventare Trilli, che fece uno scampanellante salto in aria e ricadde malamente sul pomello, rifilandole un'occhiataccia assassina da far morire d'invidia qualsiasi pirata. La totale noncuranza con cui Wendy ignorò l'accaduto fece inviperire ancora di più la piccola fata, che profondamente offesa andò a rintanarsi sul davanzale della finestra ancora aperta con la schiena appoggiata al muro, le braccia incrociate sul petto e il viso ostentatamente rivolto verso la quieta notte londinese.

Wendy, dal canto suo, non si accorse minimamente della minuscola, enorme catastrofe provocata. Se ne stava in piedi davanti all'armadio, sotto lo sguardo allibito di Peter, e mentre con una mano si sosteneva un gomito, con l'altra si picchiettava indecisa le labbra. Che vestiti avrebbe dovuto portarsi? Non poteva mica affrontare il suo ultimo viaggio sull'Isola in camicia da notte! Rimase a fissare gli abiti ordinatamente appesi davanti a lei per svariati minuti, borbottando frasi sconnesse in merito a cappelli da passeggio e ombrelli per il sole, quando un'esclamazione improvvisa e piuttosto scocciata la indusse a fermarsi.

«Wendy!»

«Che c'è?!» chiese sbrigativa, pronta ad accatastare una motivazione valida sull'altra davanti all'espressione imbronciata di Peter, ma nel voltarsi l'occhio le cadde sull'orologio a pendolo appeso accanto alla porta. Segnava le undici meno sei minuti.

«Oh, cielo! È tardi! Peter, dobbiamo andare, o sarà troppo tardi!» esclamò, portandosi le mani sulle guance morbide e rosate.

Afferrò un abito a caso – o forse no – e corse a nascondersi dietro il paravento a tinte vellutate azzurre e lilla, cominciando a svestirsi.

Peter seguì in un silenzio attonito lo svolazzare della fanciulla di qua e di là, finché non la vide sparire dietro il paravento. Lì rimase come bloccato, e una nuova battaglia cominciò dentro di lui, un po' più in giù del cuore, tanto da provocargli un senso di nausea. Ma che accidenti gli stava succedendo quella sera? Possibile che avesse mangiato troppi lamponi prima di andare a dormire?

Fu quando la camicia da notte volò leggera fino a posarsi a cavallo del bordo in legno del paravento che il ragazzo si riscosse. Arrossì violentemente, e di questo imbarazzante e brevissimo momento fu unica testimone Trilli, che con una smorfia disgustata tornò a voltare le spalle alla stanza.

Peter fu davvero svelto a distogliere lo sguardo dalle stoffe che coprivano Wendy, prendendo a fissare ostentatamente un anonimo punto del muro. Che angoscia le femmine. Sempre piene di problemi, di chiacchiere, di capricci, e quando crescono diventano pure peggio. Per un attimo la sua sicurezza nel voler riportare Wendy sull'isola vacillò. Ne sarebbe stata in grado? Ora che ci pensava, non era neanche sicuro che sapesse ancora volare. Beh, affari suoi. Lui ci aveva provato in ogni caso. E se alla fine non fosse riuscito a ritrovare il suo… ricordo perduto, niente, tanto peggio per lui. Alla fine se lo sarebbe anche meritato, stupido che non era altro.

In quel frangente Wendy uscì finalmente da dietro il paravento, e l'umore di Peter fece un'ennesima capriola. Non era proprio la bambina che aveva combattuto i pirati di Uncino al suo fianco tanto tempo prima, ma finalmente riusciva a scorgere tra i fronzoli di quella figura così flessuosa ed estranea qualche stralcio della Wendy che ricordava. L'abito che indossava era di un grigio perla chiaro e le arrivava al ginocchio in una gonna non troppo ampia; aveva un corpetto abbastanza morbido, dietro cui il seno soffice e leggero di adolescente si adagiava senza far grande mostra di sé. In sostanza aveva già più l'aspetto di qualcuno che sta per volare verso un altro mondo, e Peter, ignorando deliberatamente l'ultimo dettaglio, decise di potersene ritenere soddisfatto.

«Forse così i Bimbi Sperduti riusciranno addirittura a riconoscerti!» esclamò, col suo inconfondibile sorriso sbilenco, e batté forte le mani alzandosi in piedi. «Forza, è ora di andare!»

«Ma non ho neanche…»

«Oh, basta, Wendy! Andiamo! Trilli, vieni qui, c'è bisogno di un po' di aiuto fatato.»

Trilli parve combattuta fra la totale mancanza di voglia di sprecare la sua preziosa polvere per lei e l'ardente desiderio di tornarsene a casa. Al termine di una profonda lotta interiore prevalse il secondo, e lei se ne volò altezzosa fino a sorvolare la testa bionda di Wendy. Scrollò un po' le ali e le spalle con fare disinteressato, e una nuvola di polvere dorata, luccicante, si sparse nella penombra fino a cospargere i capelli della fanciulla, che si arricchirono di riflessi d'oro. Peter sorrise.

«Sai cosa fare.»

E Wendy non ebbe neppure bisogno di pensarci. Le bastò guardare quel sorriso e avvertire ancora una volta una strana fitta allo stomaco per sentire i piedi sollevarsi da terra. Peter Pan esultò, allegro e giocoso, e si fiondò fuori dalla finestra regalando al cielo il suo inconfondibile canto di gallo.

 

§

 

Volavano, ridenti e leggeri, oltre i tetti di una Londra cui il vento freddo cantava la ninnananna. Ma loro non sentivano alcun freddo: col cammino illuminato dalle stelle, e guidati dalla scia dorata di una piccola fata permalosa, si lasciavano alle spalle un mondo fatto di verità scomode e problemi complicati, quel mondo cui fino a poco prima la giovane Wendy era tanto impaziente di cominciare a far parte. Fino a poco prima che un fanciullo volubile e contagioso in ogni sua sfaccettatura facesse il suo ingresso nella sua camera da letto e, per l'ennesima volta dopo tanto tempo, nella sua vita.

Mentre il Big Ben cominciava a scoccare le undici, Wendy lo guardò e sorrise. Sorrise uno di quei sorrisi vividi che si fanno in faccia agli errori migliori, nel momento in cui non si è neanche più così certi che siano errori sul serio. Un'ora. Aveva ancora un'ora prima che il taciturno, altero guardiano di Londra battesse gli ultimi rintocchi della mezzanotte, e Wendy sapeva benissimo che un'ora, nel luogo in cui stava andando, poteva durare un'eternità. Perché sull'Isola che non c'è il tempo non esiste, o esiste quando e come tu vuoi che lo faccia.

Il vento le sferzava i capelli biondi, morbidi e lunghi, e una risata di brio e libertà si librò oltre le sue labbra come una rondine alle prime avvisaglie della primavera. Peter non poté fare altro che unirsi a lei, e in quel momento tutto parve loro semplice e giusto. Erano Peter e Wendy, ancora una volta, e niente e nessuno avrebbero potuto spezzare la perfezione di quegli attimi notturni.

Quando la seconda stella a destra fu superata, e il mattino fu l'ultimo ostacolo a frapporsi tra loro e l'agognata meta, per la prima volta i due si scambiarono uno sguardo. La stella verso cui puntavano il loro volo da minuti che, dilatandosi sempre di più, avevano finito per bloccarsi del tutto – addormentandosi, quieti, in attesa che i loro giovani avventori fossero pronti a far ripartire il tempo e tutto ciò che in esso sopravvive e armoniosamente ondeggia in quella culla burrascosa che è l'esistenza – si faceva sempre più vicina, sfilandosi man mano di dosso quell'aria fulgida e brillante di astro lucente per assumere pian piano le sembianze di un piccolo, lontano lembo di terra accarezzato da acque cristalline.

In quello sguardo che passò fra i loro occhi, tra le migliaia di parole non dette e certamente non necessarie, sbocciò il virgulto di un nuovo sorriso. Sorrisero, sì, ma se sul volto di Peter vivevano ancora la spensieratezza folle del viaggio e l'entusiasmo tipico di chi instancabile rinasce a ogni più imprevedibile svolta della vita, il viso di Wendy questa volta si tinse di un colore meno incosciente e più reale, venato di una sorta di malinconica consapevolezza. Per un istante il pensiero dei suoi fratelli la trafisse: non li aveva neppure salutati. Non li aveva neppure invitati ad andare con lei... No, non questa volta. Questa volta era soltanto sua. Perché in quel sorriso prendeva vita l'aurora di quella che, lei lo sapeva, sarebbe stata la sua ultima avventura sull'Isola che non c'è.

 

 

Now we're back to the beginning,
it's just a feeling and no one knows yet.
But just because they can't feel it too

doesn't mean that we have to forget.
(***)

 

_______________________________________________________________________________________

Diciamo che la vita si è un po' presa gioco di me nell'ultimo anno, e mio malgrado mi sono trovata ad abbandonare questo piccolo progetto appena nato senza neppure dargli una possibilità. Ho visto centinaia di visualizzazioni ai primi, solitari tre capitoli, e di questo vi ringrazio sinceramente. <3
Grazie a una spintarella inaspettata di una di voi, a cui rinnovo la mia gratitudine, oggi cerco di ridar vita alla mia fantasia, nella speranza di poter condividere con voi le emozioni che già ora mi sta regalando. Baci :*

(*) Parole tratte da Lost stars di Adam Levine.
(**) Parole tratte da Tell me if you wanna go home, cantata da Keira Knightley.
(***) Parole tratte da The call di Regina Spektor.

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Capitolo 5
*** Lost friends' stories. ***


Capitolo V: Lost friends' stories.
 

 

It's more than a dream,
I need you to see.
A place where no one seems to sleep
y
ou know it's more than a dream.
I need you to see,

hold my hand and come with me.
(*)

 





 

Volavano da ore, o forse da pochi istanti, quando a un tratto si trovarono a ridacchiare sommessamente, finendo ben presto per ridere a crepapelle: candidi lembi di nuvole soffici e dalle forme più disparate solleticavano dispettose i loro piedi scalzi, celando a tratti la vista dell'ormai vicina costa dell'Isola. Era l'alba, e i colori cangianti del cielo mutavano e si scambiavano in una danza silenziosa d'inaudita bellezza.

Proprio quando ebbero superato una grossa nuvola a forma di teiera, Peter cercò la mano di Wendy e la intrecciò alla propria, mentre con l'altra si portava un dito alle labbra facendole allegramente segno di rimanere in silenzio. Tutto ciò a cui Wendy riuscì a pensare era la sensazione che le dava il contatto con la sua pelle, tiepida e liscia. Era come se dall'istante in cui l'aveva rivisto poche ore prima quei cinque anni trascorsi senza vederlo, senza pensare a lui, si fossero volatilizzati nel nulla, e lei fosse tornata a essere la Wendy quattordicenne che a Peter aveva donato, di sé, più di quanto lui potesse anche solo lontanamente immaginare. Stupida, la rimbeccò una vocina dentro la sua testa.

Mentre cercava con scarso successo di riprendere il controllo dei propri pensieri, si accorse che si erano fermati. Erano nascosti dietro un grosso cumulo bianco panna, e il protagonista dei suoi tormenti guardava assorto in basso, giù, verso l'acqua brillante di sole.

Lì, fiero e imponente, ancorato a poca distanza dalla baia, si ergeva un veliero. Aveva tre alti alberi e numerose vele ammainate e in cima all'albero più alto, oltre la coffa, ampia e pigra nel suo sventolare all'aria tiepida una bandiera nera si stagliava inconfondibile sull'indaco aranciato del cielo. Al centro spiccava l'immagine di un teschio accompagnato da due sciabole incrociate. Il cuore di Wendy perse un battito, e istintivamente serrò la stretta nella mano di Peter.

«Uncino!» sussurrò d'impulso, gli occhi sgranati per la paura.

Trilli, sospesa a pochi centimetri dalla sua testa, scosse il capo con l'aria di chi la sa lunga.

«Nossignora» rispose Peter con un misto di amarezza ed eccitazione nella voce, senza distogliere lo sguardo dalle piccole sagome che si muovevano tranquille a bordo della Jolly Roger. «Chi adesso comanda quella marmaglia di zotici bucanieri è dieci volte più meschino e malvagio di Capitan Giacomo Uncino. Vieni.»

Senza lasciarle la mano Peter la condusse oltre la nuvola, riprendendo il volo in direzione opposta rispetto al punto in cui ormeggiava la nave. Doveva tenere Wendy al sicuro, ora che era tornata. Doveva accertarsi che non le capitasse nulla di male, e ciò significava tenerla il più possibile lontana da lui. Un moto di collera gli salì alla gola a quel pensiero, ma svanì in pochi istanti. Non doveva dimenticare il punto fondamentale della faccenda, la ragione per cui era andato fino a Londra e per cui ora, assurdamente, si trovava ancora una volta a volare sull'Isola che non c'è mano nella mano con Wendy.

Uno strano senso di disagio si fece strada dentro di lui, e all'improvviso tutto ciò che lo circondava fu risucchiato magicamente dalla sensazione di tepore e morbidezza sprigionata dal contatto con la mano della fanciulla. Anche il pensiero del dono perduto svanì com'era apparso, di fronte all'enormità di queste sensazioni così concrete, e Peter si limitò a volare in silenzio, combattendo senza alcun successo fra l'impulso di lasciare immediatamente la sua mano e volare il più lontano possibile da lei e la più totale incapacità di muovere le dita.

Wendy, dal canto suo, si lasciò trascinare via – non senza gettare alla Jolly Roger un'ultima occhiata di timore e curiosità. Si diressero verso l'entroterra dell'Isola, abbassandosi sempre di più, e man mano che scendevano l'aria si faceva più calda e profumata di tutti i fiori e le piante che abitavano quei luoghi. Trilli li distanziò ben presto, desiderosa come non mai di fare ritorno a casa, e si lasciò dietro una scia dorata e luccicante di polvere fatata.

Mentre rallentavano, ormai prossimi a sfiorare le fronde degli alberi più alti, la mente di Wendy riprese a vagabondare. L'aveva fatto davvero. Era davvero tornata sull'Isola che non c'è, e adesso poteva sentire l'Isola gridarle il suo bentornata in tutte le maniere possibili: attraverso il canto degli uccelli, nei colori della foresta che sembravano farsi d'improvviso più sgargianti e vivi che mai, nel vento che svegliava le foglie e i fiori col suo sussurro di salsedine… Era tornata ed era felice, e in quell'istante scoprì che forse non aveva tutta questa voglia di compiere gli anni, di diventare adulta, di partecipare a eleganti balli e debutti in società. Forse si meritava davvero di rivivere ancora una volta le emozioni della fanciullezza, e forse, in fondo, non c'era tutta questa fretta di lasciarsele alle spalle per mai più ritrovarle.
 

§

 

Si erano inoltrati nella foresta a tal punto che Wendy non riusciva più a orientarsi. Continuava a guardarsi intorno, confusa ma al tempo stesso elettrizzata, mentre il cielo sopra di loro andava schiarendosi sempre di più. Ora una luce pallida e quieta si faceva strada tra le sporadiche nubi e l'aria fresca che tipicamente segue l'aurora, andando a velare di riflessi di un dorato color pesca ogni roccia, albero, spiaggia dell'Isola.

Una volta raggiunta una strana roccia a forma di chiocciola a lato di una radura, Peter si fermò. Wendy era talmente persa nella contemplazione di tutto ciò che la circondava che non se ne accorse affatto, e gli finì rovinosamente addosso.

«Ahia!»

«Guarda dove metti i piedi, o finiremo per attirare l'attenzione!»

«Ma non l'ho mica fatto apposta, sono…»

«Wendy, shh!»

Lei stava giusto per ribattere, le labbra serrate per lo sdegno, ma l'espressione di Peter la convinse a tacere. Stava scrutando con aria guardinga l'ambiente circostante, e intorno a loro – Wendy se ne accorse soltanto in quel momento – regnava un silenzio quasi surreale. Peter prese a camminare in cerchio, lentamente, e a guardarsi intorno mentre uno strano cipiglio cadde ad adombrargli il viso fanciullesco. A un tratto si bloccò, assunse la sua tipica posa da sbruffone con le mani sui fianchi, ed emise una sorta di basso fischio. Ci fu qualche istante di completo silenzio, e poi fu il caos.

Un'ondata di grida infranse il silenzio, e da sei diversi punti della piccola radura in cui si erano fermati sbucarono altrettante sagome rotolanti e rumorose, che nel modo meno composto possibile si catapultarono verso Peter e Wendy senza nessuna esitazione.

«Peter, sei tornato!»

«Ma dove accidenti ti eri cacciato? Ti abbiamo cercato dappertutto!»

«Dov'eri, Peter?»

«Abbiamo ricevuto un messaggio dagli indiani Peter, è importante!»

«Ma lei chi è?»

«Non ci hai neanche avvisati che te ne andavi!»

«Ma chi hai portato, Peter?»

«SILENZIO!»

La voce di Peter Pan, tonante, mise a tacere tutte le altre, che avevano gridato contemporaneamente cercando invano di imporsi le une sulle altre. Wendy era rimasta dietro di lui, anche se in realtà lo superava in altezza di qualche centimetro, e cercava di trattenere un sorriso che spontaneo le era salito alle labbra. Anche Peter sorrideva, ma era un sorriso tutto fatto d'occhi, perché le sue labbra erano ancora intente a imbastire un'espressione di credibile severità. Trilli spuntò fuori dal nulla, e si librò nell'aria fino a posarsi tintinnando sulla sua spalla.

«Numero uno: siete dei pessimi soldati, signori miei!» esclamò con ostentata indignazione, minacciandoli con l'indice alzato. Il suo sguardo di un verde acceso scrutò i volti sporchi e tutto sommato allegri dei Bimbi Sperduti uno a uno. «Non vi ho insegnato niente?!»

«Ma Peter, lei…?» provò a inserirsi Tootles, timidamente, indicando Wendy con una mano paffuta.

«Numero due!» lo interruppe Pan, scoccandogli un'occhiataccia. «Non è affatto questo il modo di presentarsi a una signora. E voi dovreste saperlo, o sbaglio… Wendy?» chiese, voltandosi verso la ragazza, e qui non si preoccupò più di nascondere il sorriso divertito che ormai gli aveva invaso tutta la faccia.

Il silenzio calò nella radura, e tutti gli sguardi furono su Wendy. Lei prese un gran respiro e fece un passo avanti, dedicando ai suoi amici di un tempo un sorriso dolce. Imitando la tipica posa di Peter si portò le mani ai fianchi, osservandoli con attenzione.

«Ebbene, quindi nessuno si ricorda di me?»

Fece a malapena in tempo a finire la frase che tutti le furono addosso.

«Wendy, sei proprio tu!»

«Sei tornata!»

«Sarai ancora la nostra mamma?»

«Ma non puoi essere Wendy, sei grande

«Bentornata Wendy!»

«Dove sono John e Michael?»

«Calma, bambini, parlate uno alla volta!» fece Wendy. Sommersa dall'infinità di domande e dalle piccole mani sporche con cui i Bimbi Sperduti continuavano ad aggrapparsi al suo vestito, a prenderle le mani, a toccarle il viso per osservarla meglio, non poté fare altro che scoppiare a ridere, di una risata di pura felicità, di liberazione e libertà. Erano tutti lì, tutti quanti. Tootles, Piumino, Curly, i Gemelli e il piccolo Nibs. Per l'ennesima volta da quando aveva messo piede sull'Isola – o sulle sue nuvole – si ritrovò a pensare un solo, forte, intenso pensiero. Un vero pensiero felice. Sono tornata.

Quando tutti si furono calmati, chi più e chi meno, Wendy si sedette a terra con le gambe incrociate. Peter fu il primo a imitarla, prendendo posto accanto a lei – molto accanto a lei, notò la ragazza, ma cercò di scacciare quel pensiero e di concentrarsi sui bambini che si sistemarono davanti a loro formando una specie di semicerchio scomposto.

«Dunque», esordì Wendy, «purtroppo John e Michael non sono potuti venire con me questa volta…»

Le sue parole furono accolte da un'accozzaglia di “Nooo!” e “Aaaah!” e “Ma daaai!” pieni di disappunto, e lei attese pazientemente che si acquietassero prima di riprendere. Parlarono a lungo. Wendy raccontò loro dei suoi fratelli e della vita londinese, ma soprattutto ascoltò le migliaia di avventure che Peter e i Bimbi Sperduti avevano vissuto durante gli anni in cui erano stati separati. Ascoltò degli indiani e dei guai con le sirene, sebbene fossero le vicende riguardanti gli scontri con i pirati a rapire di più Wendy. Ciascuna di esse era accompagnata da brividi di paura e occhi grandi d'adrenalina, e lei cominciò a nutrire una curiosità quasi ossessiva nei confronti di questo nuovo Capitano.

«…e lo chiamano LamaNera, ma fidati, non vuoi sapere perché!» aveva appena concluso uno dei Gemelli scuotendo il capo con fare ambiguo.

«Vuoi saperlo?» aggiunse il secondo Gemello, ammiccante, e si avvicinò ancora un po' strisciando il sedere per terra.

Wendy annuì velocemente, e con la sua testa si mossero soffici e liberi i lunghi capelli color miele. Peter era rimasto in silenzio fino a quel momento, ma ora tutti i Bimbi Sperduti stavano guardando lui. Certe cose non possono essere dette da chiunque. Tirò su col naso, fintamente indifferente, e poi si voltò a guardare Wendy seduta al suo fianco.

«LamaNera possiede una lunga spada che affila ogni sera con cura. È una spada completamente nera, del nero più nero che tu possa immaginare… ed è nera per una ragione.» Peter fece una pausa ad effetto e alzò il dito indice, puntando gli occhi verde smeraldo in quelli azzurrissimi di Wendy. Lei, col fiato sospeso, non si azzardò a distogliere lo sguardo.

«Diglielo Peter!»

«Dille perché è così nera!»

Le voci dei Bimbi Sperduti erano adesso soffocate, basse, e sei paia d'occhi sgranati fissavano il viso enigmatico di Pan, pendendo dalle sue labbra nonostante avessero non soltanto sentito, ma anche fatto esperienza delle conseguenze di questa storia un milione di volte.

«Un giorno, rendendosi conto che per quanto si sforzasse non sarebbe riuscito a diventare più forte e crudele di quanto già non fosse, LamaNera prese la sua spada, si sedette sul suo sporco trono pirata, e si recise di netto l'ombra! Zac!» esclamò Peter, seguito da sei “Ah!” spaventati e uno affascinato, mentre con il braccio mimava una lama che affetta. Le ombre dei Bimbi Sperduti rabbrividirono dietro di loro, e si guardarono intorno con circospezione. Peter continuò il suo racconto, con voce misteriosa e gesticolando ampiamente.

«Poi imprigionò l'ombra dentro la spada, così da liberarsi delle sue emozioni – perché sapete, la nostra ombra contiene tutta la nostra capacità di provare emozioni, insomma, di essere ciò che siamo! – e da allora la sua lama fu più nera della notte, e divenne più letale di qualsiasi arma si sia mai vista sull'Isola che non c'è. Ecco chi è il Capitano Ezra Morgan», concluse Peter, la voce carica di disprezzo. «Ecco chi è LamaNera.»

 

§

 

Quella notte Wendy non riusciva a prendere sonno. Era stata adibita per lei una specie di stanza, nel Nascondiglio di Pan, separata dal resto dell'ambiente da una parete formata da un gran numero di lenzuola verdi e marroni, per “lasciarle i suoi spazi da femmina”, avevano detto i ragazzi. Distesa sulla sua amaca, ancora vestita con lo stesso abito grigio con cui era partita – già meno lindo e stirato – ascoltava i loro respiri più o meno silenziosi, ma la sua mente non riusciva a darsi pace.

Chissà se la mamma si era accorta della sua assenza, si chiedeva. Chissà se aveva trovato il suo biglietto. Se tutto fosse andato come doveva, allora quel biglietto l'avrebbe trovato lei stessa una volta tornata a casa, e tutto sarebbe andato per il meglio. L'aveva scritto solo per precauzione, perché era una ragazza prudente e non si poteva mai sapere. Ma se si fosse svegliata e avesse deciso di andare a controllare le stanze? L'ultima cosa che Wendy desiderava era far impensierire sua madre. La sua dolce mamma, che quando tanti anni prima era tornata entrando dalla finestra l'aveva stretta così forte, così tanto forte che in quella stretta Wendy aveva colto tutto l'amore che una madre può nutrire nei confronti dei suoi figli.

Si ostinava a chiedersi come le fosse mai venuto in mente di andarsene così, proprio quella sera, ma in realtà Wendy conosceva benissimo la risposta. Peter. Una volta incrociato lo sguardo con quegli occhi di foresta le era stato impossibile pensare ragionevolmente, da persona adulta, perché niente di adulto può sopravvivere a contatto con Peter Pan. Cercava di non pensare alle sensazioni che le dava stare in sua presenza, continuava a ripetersi che lui era sempre lo stesso, non era cresciuto come lei. Ma non poteva dimenticare ciò che era successo tanto tempo prima, quando il suo bacio nascosto aveva salvato Peter da morte certa e gli aveva permesso di sconfiggere Uncino una volta per tutte. Avrà pur voluto dire qualcosa… E intanto, a intervalli brevi e regolari, un nome continuava a saltarle in mente senza lasciarle tregua: Ezra Morgan. Faceva fatica a immaginarsi un Capitano troppo diverso da Uncino, coi suoi lunghi capelli neri, elegante e malvagio, di un fascino impossibile da accettare. Non poteva negare di esserne incuriosita fino all'eccesso, doveva vederlo. L'indomani avrebbe proposto a Peter di portarla in perlustrazione, e se avesse avuto fortuna forse si sarebbero imbattuti nella Jolly Roger.

 

§

 

«E così Pan è tornato stamattina.»

La voce che aveva parlato era profonda e fredda, graffiante. Una mano piena di anelli e strani simboli faceva roteare una moneta su un tavolo di legno rovinato, continuamente, producendo un rumore vibrante che andava a infrangersi sul quieto accarezzarsi delle onde contro lo scafo della nave.

«E non era solo, Capitano.» rispose un'altra voce, più bassa, in tono ossequioso e riverente.

«Molto bene, Spugna. Avvisa gli uomini, domani si va in perlustrazione.»


____________________________________________________________________________________________________

Stavolta sono più di una le persone che dovrei ringraziare, e lo farò con ciascuna di loro. Eccomi qui con un nuovo capitolo, pian piano la storia comincia a farsi più viva. :)
Ci tenevo anche a informarvi che come le fate si salvano credendo nella loro esistenza, gli autori si salvano recensendo le loro storie. In parole povere, se mi lasciate una recensione mi fate più che felice! Un bacio a tutti :*

(*) Parole tratte da Neverland dei VanLadyLove.

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Capitolo 6
*** All that glitters is not gold. ***


Capitolo VI: All that glitters is not gold.

 

There's a lady who's sure
all that glitters is gold

and she's buying the stairway to heaven.
When she gets there she knows
if the stores are all closed,
with a word she can get what she came for.

 






 



 

Dicono che la notte porti consiglio. A Wendy, quella notte non aveva portato altro che un'insonnia interrotta da pause discontinue di bieco dormiveglia, e tanti, troppi pensieri ingarbugliati e contorti. Pensieri che senza curarsi della sua stanchezza e del suo bisogno di pace giocavano a nascondino tra loro, a turno, uno che si nascondeva e gli altri che correvano a cercarlo gridando fastidiose banalità. Quando finalmente decise di non poterne più si alzò dall'amaca con un sospiro rassegnato, raccolse le scarpe da terra e sbirciò oltre il tendaggio che chiudeva la sua stanza personale. Sparsi un po' dappertutto, i Bimbi Sperduti dormivano profondamente. Che fosse ancora notte fonda? L'ampio stanzone principale del Nascondiglio era ricolmo di strani oggetti appoggiati o appesi nei posti più impensabili, e sulle pareti di roccia e legno figuravano disegni strambi che probabilmente rappresentavano episodi delle innumerevoli avventure vissute dai piccoli abitanti di quel posto.

Il giaciglio di Peter era celato a sua volta da un tendaggio sfilacciato, fatto di liane e corde imperlate di sassolini e bambù. Wendy fu colta dall'impulso irrefrenabile di avvicinarsi e spiare il sonno del ragazzo. Cercando di fare il minor rumore possibile in punta di piedi attraversò la stanza, come mossa da un qualche istinto con cui non aveva voglia di misurarsi, e con le scarpe ancora ben strette in mano avvicinò il viso alla tenda. Il suo sguardo s'infilò nello spazio fra due liane, e individuò subito l'oggetto dei suoi pensieri.

Peter sembrava immerso in un sonno profondo. Vestito di tutto punto, quasi si fosse appena steso per un pisolino, giaceva sull'amaca in una posizione scomposta, con le gambe incrociate, un braccio sul ventre e uno che penzolava quietamente a mezz'aria. Il suo viso era pervaso dalla pace inconsapevole di chi dorme sonni sereni, notò Wendy con una punta d'invidia, e aveva le labbra leggermente schiuse. Gli occhi celesti della fanciulla indugiarono per istanti interminabili su quel dettaglio, figurandosi il respiro che lento entrava e usciva, entrava e usciva dalla bocca di Peter… qualcosa dentro di lei si mosse, e per un attimo pensò di avvicinarsi ancora e ancora, fino a regalare a quelle labbra così innocenti un dono che in verità esse avevano già ricevuto, molti anni prima, in una circostanza molto diversa. Solo per quell'attimo, pensò, avrebbe potuto fingere di essere ancora una volta la bambina di un tempo, ancora una volta ingenua e traboccante di sogni irrealizzabili. Ma non lo sei più, canticchiò maligna la vocina dentro di lei, e la sensazione di calore che dal cuore era scesa ad avvolgerle il ventre le diede ragione. Fu come uno schiaffo in pieno volto.

Wendy si riscosse all'improvviso e sussultò; fu un rumore minimo, quasi inconsistente, ma fu sufficiente. Le palpebre di Peter si spalancarono, figlie di uno spirito vigile e battagliero, e svelarono il loro tesoro: le gemme di smeraldo e di giada che erano i suoi occhi. Così innocenti e pieni di stupore, proprio come la sua bocca. Così attenti e sorpresi. Wendy si morse il labbro inferiore, combattuta, e scosse il capo mentre con lo sguardo supplicava Peter di non dire nulla. Peter, dal canto suo, sembrava essersi bloccato in una specie di paralisi attonita che gli impediva di fare o dire alcunché. In un istante Wendy fu arretrata di diversi passi, e l'istante successivo si stava già arrampicando verso l'uscita del Nascondiglio, pregando ogni dio e perfino l'Isola stessa che lui non la seguisse.

Una volta fuori, fece cadere a terra le scarpe e si lasciò andare a un profondo respiro liberatorio. Che cosa le era venuto in mente? Era forse volata fin sull'Isola che non c'è per rovinare tutto entro le prime ventiquattr'ore? Incapace di riflettere oltre sul proprio assurdo comportamento, o forse troppo arrabbiata per provarci, s'incamminò tra gli alberi, i piedi scalzi silenziosi sul soffice manto erboso della foresta, mentre l'alba si alzava stancamente a dare inizio a una nuova giornata.

 

§

 

Nonostante i primi raggi avessero a malapena cominciato a far capolino oltre la cima delle morbide colline alle sue spalle, a Wendy pareva trascorsa un'eternità da quando era fuggita dal Nascondiglio di Pan. Aveva camminato senza meta nella foresta, e aveva finito per rifugiarsi in cima a una scogliera che si gettava a strapiombo sul mare. Minuscoli riflessi di sole scintillavano sull'acqua calma sotto di lei, cangianti e quieti, infranti solamente dalla caccia saltellante di piccoli, lontani pesci volanti. Wendy era seduta a meno di mezzo metro dal filo del dirupo, con le braccia a circondarsi le gambe e il mento appoggiato sulle ginocchia. I suoi occhi azzurri avevano abbandonato lo sguardo sul panorama, e quello sguardo ora si era perduto in chissà quale angolo di orizzonte – assorto e vacuo. La sua mente viaggiava, caotica, talmente veloce e fuori controllo da impedirle di seguirla, talmente immersa in immagini traballanti da renderla incapace di afferrare un pensiero per volta e analizzarlo, soppesandolo a dovere.

Il viso di Peter.

Non riusciva a capacitarsi della propria stupidità.

Gli occhi di Peter.

Si era comportata in maniera folle, completamente folle e irrazionale.

Il respiro di Peter.

Non sarebbe proprio dovuta tornare sull'Isola, era stato un errore fin dall'inizio.

La bocca di Peter.

Basta, decise. Avrebbe fatto ritorno a casa.

Era sul punto di risolversi ad alzarsi in piedi e tornare al Nascondiglio per avvisare gli altri e tanti saluti, quando un'ombra coprì il sole ormai sorto alle sue spalle, gettando una macchia d'oscurità sul breve tratto d'erba e pietre davanti a lei. Wendy trasalì e si voltò di scatto, alzando gli occhi smarriti e allarmati. Quella che si trovò davanti – anzi, dietro, a una distanza spaventosamente irrisoria – era una sagoma scura, molto alta e magra, completamente in controluce. Per un istante dentro di sé sentì solo un silenzio pesante, che sapeva di tensione e sprovvedutezza. Poi lo straniero si chinò su di lei, rivelando occhi di pece e una faccia butterata e scarna, per metà ricoperta da una lunga barba rosso fuoco; distese la bocca in un sorriso ampio, maligno, esibendo tra gli altri un dente d'oro e uno che brillava solo per assenza.

«I miei ossequi, madamigella.»

Esordì, e Wendy non poté fare a meno di notare che il suo alito puzzava di alcool e di marciume, prima che una consapevolezza assordante si facesse strada nelle sue viscere. LamaNera. Per l'ennesima volta da quando si era alzata, si maledisse in silenzio. Come aveva potuto essere così stupida? Senz'altro LamaNera doveva aver saputo che Peter era tornato, senz'altro era come al solito alla ricerca del suo Nascondiglio, e lei da brava sciocca se ne andava in giro per la foresta da sola, senza che nessuno dei suoi amici sapesse dove si trovava. Sei geniale, Wendy. Aveva i secondi contati. Doveva cercare di liberarsi da quella situazione prima che il pirata si accorgesse che stava per tentare la fuga, e non aveva tempo per elaborare un piano. Così improvvisò.

Prese un respiro ampio e profondo, piantò lo sguardo in faccia al becero che si trovava davanti… e urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, e lui, preso alla sprovvista, sgranò gli occhi facendo un passo indietro. Quel mezzo metro di distanza fu sufficiente a Wendy per prendere coraggio e assestargli uno spintone a due mani che lo fece barcollare all'indietro, e qui – se fu un colpo di fortuna o l'intenso e vivo volere dell'Isola lei non lo seppe mai – qualcosa venne in suo aiuto: l'uomo inciampò e cadde all'indietro, battendo la nuca contro una pietra che sporgeva dal terreno. Perse i sensi e rimase sdraiato lì, in una posizione scomposta, immobile.

 

§

 

Your head is humming and it won't go,
in case you don't know
the piper's calling you to join him.
Dear lady, can you hear the wind blow,
and did you know
your stairway lies on the whispering wind?

 

Wendy, inorridita, ci mise qualche secondo a realizzare l'accaduto. Poi si voltò e corse. Corse senza sapere dove stava andando, senza mai voltarsi indietro, ferendosi le piante dei piedi e rischiando più volte di inciampare sulle radici degli alberi o di andare a sbattere contro qualche arbusto. Corse finché non sentì il rumore dell'acqua che si infrange contro gli scogli, e allora, nel timore di finire per farsi male sul serio, rallentò. Intorno a lei la vegetazione si era fatta più rada e al contempo più verde, e Wendy avanzò, assecondando lo scroscio del mare, fino a trovarsi davanti a una sorta di piccola insenatura. Sentì il terreno umido farsi roccia sotto i suoi piedi doloranti, sporchi e macchiati del sangue di alcune piccole ferite che si era provocata nella foga.

Inspirò a fondo, e in un modo o nell'altro l'odore di salsedine che impregnava l'aria ebbe il potere di calmarla. Avanzò di qualche passo ancora e abbassò lo sguardo sul riflesso, ammaccato da volubili increspature, che l'acqua le restituiva. I capelli sembravano un cespuglio di rovi, pensò, giusto un istante prima di insultarsi mentalmente: era appena miracolosamente riuscita a fuggire da un temibile e minaccioso pirata, che probabilmente entro breve si sarebbe svegliato e avrebbe cominciato a cercarla, e tutto ciò a cui riusciva a pensare erano i capelli in disordine?!

Scosse la testa, mentre un sorriso tirato cercava di farsi strada tra le sue labbra rosate. Era persa in questi e altri pensieri, cercando di decidersi sul da farsi – era il caso di tornare al Nascondiglio di Pan, avvisarlo dell'accaduto, scusarsi, dirgli addio… – quando un rumore di rami spezzati alle sue spalle la fece trasalire, e da lì fu tutta una questione di attimi. Wendy si voltò rapidamente, terrorizzata all'idea di essere stata raggiunta, ma fece male i conti. Non era neanche ancora riuscita a rimettersi diritta che un piede scalzo le finì su un piccolo sasso, tormentando la ferita ancora fresca e provocandole una fitta lancinante che dalla pianta si diramò lungo tutto il polpaccio. La ragazza sussultò di dolore, perse l'equilibrio e si sbilanciò all'indietro, la testa destinata inequivocabilmente a colpire gli scogli umidi e acuminati dietro di lei. Istintivamente allargò le braccia, inspiegabilmente incapace di emettere alcun suono, e tutto ciò che fu in grado di pensare fu: Questa giornata non può essere vera. Un pensiero piuttosto scialbo, in effetti.

Ma non fece in tempo a razionalizzare anche quest'ultima considerazione. In una frazione di secondo, una presa ferrea si strinse attorno al suo polso sinistro. Si sentì strattonare, e finì per cadere in avanti invece che all'indietro, andando a picchiare contro qualcosa di solido.

«Gr–grazie…» fu tutto ciò che seppe dire, intontita dall'intensità degli avvenimenti, quando si rese conto di aver sbattuto contro un torace ampio e robusto.

E mentre alzava lo sguardo per cercare quello del suo ignoto salvatore, una voce profonda e graffiante si schiantò contro il suo udito, pregna di un'ironia pungente e di qualcos'altro, un non so che di profumato e attraente che non si seppe spiegare e che arrivò inspiegabilmente a colpire qualcosa dentro di lei.

«In genere le damigelle tendono a pregarmi più che a ringraziarmi… ma per questa volta mi accontenterò.»

A tali parole Wendy si staccò con impeto da quella figura, e girando su se stessa riuscì con grande sollievo a trovarsi con le spalle alla foresta, e non agli scogli. Quando finalmente poté osservare il suo soccorritore, ciò che vide la colpì ancor più violentemente di ciò che aveva udito. Era un uomo – no, era un giovane, verosimilmente di qualche anno e numerosi centimetri più grande di lei. Aveva una pelle olivastra e un fisico asciutto, messo in risalto dall'abbigliamento che ne copriva le fattezze: portava una camicia candida, larga di maniche e stretta ai polsi, che teneva parzialmente sbottonata a scoprire un petto quasi completamente glabro; un paio di aderenti pantaloni neri di tessuto grezzo, sdrucito in certi punti, e ai piedi bassi stivali di pelle altrettanto nera e consunta. Aveva mani irruvidite e abbronzate, dalle dita piuttosto affusolate, ricolme di anelli dalle forme più singolari. Uno in particolare catturò la sua attenzione: era di un qualche metallo annerito e sciupato, e aveva la forma di un serpente arrotolato con tanto di scaglie, le fauci aperte a mostrare i denti affilati.

Wendy percepì una strana sensazione di pericolo all'altezza dello stomaco, mentre il ventre, poco più in basso, parlava di sensazioni completamente diverse. Le parve di aver perduto completamente l'uso della voce. Tutto ciò che riusciva a guardare era quel serpente, mentre qualcosa le diceva che alzare gli occhi e sostenere i suoi, chiunque lui fosse, sarebbe stata un'impresa impervia.

«Finalmente ci incontriamo, Wendy Moira Angela Darling.» parlò di nuovo il giovane. Aveva pronunciato il suo nome lentamente, accarezzandone ogni sfumatura con quella sua voce tagliente, assaporando ogni sillaba come fosse una prelibata pietanza esotica.

Fu allora che la fanciulla trovò il coraggio necessario ad alzare lo sguardo sul suo viso – fu un momento che Wendy, anche se allora non ne aveva ancora idea, avrebbe ricordato per tutta la vita – e caricò quello sguardo di tutta l'audacia e tutta l'insolenza di cui era capace. Come primo momento di gloria, in realtà, si rivelò un tentativo abbastanza breve e senz'altro fallimentare. Quando i suoi occhi incontrarono il volto di lui, si spalancarono improvvisamente, rendendola più bambina di quanto non fosse in realtà da molto tempo.

Aveva la testa completamente rasata, adombrata da un riflesso scuro di capelli tagliati di recente, all'infuori di una sottile, lunga treccina che da dietro l'orecchio sinistro scendeva fino a sfiorargli il petto quasi completamente glabro. Un complicato intreccio di tatuaggi, talmente attorcigliati e contorti da poter essere scambiati per una sorta di maschera, si diramava, come fanno i rami di vite, da una tempia all'altra – passando per la linea delle sopracciglia e circondando, in una fascia d'inchiostro ad arte, i suoi occhi. E ciò che più di tutto il resto impedì per lunghi attimi a Wendy di distogliere lo sguardo da quello di lui, una volta che l'ebbe incrociato, furono proprio quegli occhi. Erano due laghi d'oro liquido, luminosi e roventi, incastonati in palpebre dal taglio lievemente allungato. La ragazza cadde in quello sguardo come una lepre cade in una trappola ben congegnata, il celeste intenso dei suoi occhi si tuffò in quell'oro come fosse l'unica fonte di vita possibile, e le ci vollero parecchi istanti per ricordarsi che, in effetti, lei non aveva la benché minima idea di chi fosse quell'uomo – anzi, considerato che aveva appena pronunciato il suo intero nome di battesimo un'idea ce l'aveva, e non la trovò affatto rassicurante.

Si riscosse, assumendo un'espressione diffidente e distaccata.

«Spiacente, signore, ma temo di non sapere chi siate.» replicò finalmente, con lo stesso contegno che avrebbe riservato a uno dei giovani galantuomini che suo padre regolarmente le presentava, e con suo grande sollievo la voce le uscì molto più sicura e ferma di quanto non si sentisse in realtà.

Lo sconosciuto sfilò le labbra in un sorriso leggero, quasi amichevole, e Wendy risentì la stessa morsa di poco prima; fu come se una mano invisibile le avesse compresso lo stomaco senza riguardo, lasciandola senza fiato e confusa, combattuta fra il terrore e l'attrazione che quegli occhi d'oro erano capaci di provocarle.

«Ma davvero?» chiese, con una luce divertita negli occhi. «E io che speravo che la mia fama mi precedesse ovunque vada…»

Queste parole fecero suonare un campanello d'allarme nel mezzo del turbine emotivo in cui era rimasta intrappolata Wendy. I suoi occhi scattarono a squadrare la guaina di cuoio appesa alla cintura del giovane, indugiandovi svariati istanti. Nella sua testa ebbe inizio un dibattito in merito al colore della lama che riposava al suo interno, e la cruda verità era che non sapeva neanche bene, nel caos indecifrabile che albergava dentro di lei, in quale risposta sperare. Poteva davvero quel giovane così avvenente, e addirittura solare in una qualche maniera contorta, essere il temibile e temuto Capitan Ezra Morgan?

Wendy decise di tenere per sé il dubbio. Nonostante i piedi sporchi di terra e sangue e il vestito strappato in più punti, drizzò le spalle nel tentativo di assumere un certo contegno, e per un attimo fu certa che lo sguardo del pirata – meglio essere pessimisti e pensare al peggio, rifletté – fosse saettato all'altezza del suo seno. Fu poi altrettanto certa di essere arrossita, perché una vampata di calore le proruppe in viso mentre sosteneva lo sguardo d'oro che la fissava, imperturbabile, da quella che le sembrava un'eternità.

«Mi sembra evidente che non è così» obiettò senza scomporsi. «Pare invece che la mia fama mi preceda, o sbaglio?» continuò, e fu lei questa volta a esibirsi in un sorriso ad hoc, pacato e squisito al tempo stesso. La sua bellezza di bocciolo in fiore, ben lungi dall'essere avvilita da sporcizia e disordine, sembrava trarne vita nuova: i suoi occhi erano accesi di una luce intensa e pulsante, e le guance, arrossate un po' per la tensione e un po' per l'imbarazzo, donavano alla sua pelle diafana una frizzante vitalità. Proprio come aveva notato poco prima, i capelli avevano perduto ogni traccia di quel decoro che Wendy si stava sforzando con tutte le sue forze di mantenere, e ondeggiavano liberi e ribelli ai leggeri soffi di vento marino. Il giovane uomo annuì brevemente e avanzò di un passo, sciolto e fiero.

«E non vi rende minimamente onore, miss Darling.» le rispose, la voce graffiante costretta in un tono più basso, mentre ancora non le staccava gli occhi di dosso. Tra loro c'erano ancora quasi due metri di divario, ma Wendy arretrò comunque di un passo.

«Potreste cominciare a dare forma alla vostra fama comportandovi da gentiluomo» disse, alzando il mento in un'espressione altera. «Rivelatemi il vostro nome, così saremo pari.»

Il giovane sembrò soppesare qualche secondo quella possibilità, osservando il viso di Wendy quasi fosse intenzionato a carpirne ogni minimo dettaglio, e avanzò ancora – questa volta più veloce, e silenzioso come un felino – fino a trovarsi a meno di un passo di distanza da lei, gli occhi di topazio inchiodati all'acquamarina dei suoi. Sembrava davvero un felino. Un felino a caccia.

«Non credo che lo farò.» le sussurrò a un soffio dal viso, suadente, e una fragranza di mare e muschio selvatico invase i sensi della ragazza lasciandola stordita. Il suo sguardo ambrato era serio ora, quasi cupo, e lei si sentì esattamente come una preda nelle grinfie mortali di un predatore: terrorizzata e ammaliata in pari misura, completamente incapace di muoversi. Poi, a un tratto, si riscosse. Che cosa le prendeva? Lei era Wendy Darling, aveva combattuto contro una temibile ciurma di bucanieri e li aveva sconfitti quando era solo una bambina! Ora era quasi una donna, e poteva fare anche di più.

«Maleducato, oltre che senza fama.» I suoi occhi si tinsero di un cipiglio fiero, e alzò il viso piantando quella nuova consapevolezza dritta negli occhi del giovane uomo che le stava davanti – più alto di lei di almeno venti centimetri. Tra i loro volti aleggiavano una distanza irrisoria e una tensione palpabile, e Wendy si scoprì capace di governare quelle circostanze con inaspettata fermezza.

«Se non c'è altro…» continuò, tingendo di un velato sarcasmo le proprie parole. Accennò un breve inchino con la testa e fece per voltare le spalle al giovane, ma ancora una volta lui le artigliò il braccio – con forza, ma non abbastanza da farle male – e la fermò. Wendy si limitò a fermarsi, restando girata verso la foresta che tanto agognava di raggiungere, e la voce di lui le giunse all'orecchio pericolosamente vicina, inequivocabilmente minacciosa.

«Oh, c'è altro eccome, miss Darling. Ogni cosa a suo tempo.»

E detto questo allentò la stretta sul suo avambraccio, sfiorandone la pelle morbida in una carezza prima di lasciarla andare. Wendy non si voltò a guardarlo. Strinse le labbra in una linea dura e fece per incamminarsi, ma un pensiero le attraversò la mente, fulminante. Peter. Anche se non conosceva l'identità del giovane uomo dietro di lei, non era certo una stupida: la possibilità che fosse un pirata era elevata. Se ora si fosse avventurata fino a raggiungere il Nascondiglio di Pan, era probabile che lui l'avrebbe seguita, e non poteva permetterlo. Non poteva permettere che i pirati facessero del male ai Bimbi Sperduti. Dopo qualche istante di tormento interiore finalmente si voltò, pronta a improvvisare una soluzione alternativa, ma i suoi piani caddero elegantemente nel vuoto. Era sola nei pressi degli scogli. Non c'era traccia di lui. Wendy si guardò intorno, all'erta, ma gli unici suoni a farle compagnia erano le onde che si infrangevano contro la roccia, il vento che accarezzava gli alberi e il cinguettare mattutino degli uccelli. Si lasciò andare a un respiro intenso, profondo.

Se il suo primo giorno sull'Isola che non c'è era cominciato così, e non era neanche metà mattina, si prospettava senz'altro una permanenza impegnativa. Perché adesso, complici due occhi d'oro e un fresco aroma di muschio e salsedine, Wendy aveva già dimenticato che soltanto poche ore prima era decisa a fare ritorno a Londra il prima possibile. Un guizzo luccicante catturò la sua attenzione, ma non fece in tempo a capire da dove provenisse che era già sparito. Probabilmente l'aveva soltanto immaginato.

 

§

 

Trilli volava a tutta velocità nel cuore della foresta, spargendo guizzi di polvere fatata che a un certo punto, cadendo su un malaugurato topolino, gli fecero prendere il volo, terrorizzandolo. Il viso della piccola fata era contratto in un cipiglio rabbioso e spaventato. Quando aveva sentito la voce di Wendy nei pressi di una piccola insenatura rocciosa aveva deciso di avvicinarsi, incuriosita. Che cosa ci faceva quella smorfiosetta in giro per l'Isola di prima mattina? Si era appena nascosta dietro una grossa foglia di fico, pronta a spiarla e magari giocarle qualche brutto tiro, quando un'altra voce, ben nota, spezzò il suo buonumore. Il Capitano Morgan era lì. Trilli sbirciò oltre la foglia, e la scena che vide le fece accapponare le ali. Lui e Wendy erano vicini, molto vicini. La fatina fece per spiccare di nuovo il volo e fiondarsi da Peter per avvisarlo, ma qualcosa le disse che era meglio rimanere lì. Per quanto l'Uccello Wendy fosse insopportabile, Peter e i Bimbi Sperduti le volevano bene. Non poteva lasciarla in balia di LamaNera. Quindi rimase dov'era, immobile, carpendo ogni dettaglio.

Perché Wendy non sembrava spaventata? Perché se ne stava lì tutta tranquilla a fraternizzare col nemico? Il fastidio di Trilli si trasformò presto in rabbia quando lui le prese il braccio, ma aspettò che se ne andasse. Lo seguì per un tratto di strada, finché non si riunì ai suoi uomini – che ne trasportavano a braccia uno privo di sensi – e si allontanò in direzione della baia. La fata si fermò a mezz'aria, cercando di mettere insieme tutte le informazioni accumulate, e poi sfrecciò via, volando più veloce che poté. Doveva trovare Peter il prima possibile.



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È stata dura, ma ce l'ho fatta! Scrivere questo capitolo ha richiesto più tempo di quanto immaginassi, e infatti è un po' più lungo dei precedenti. Che dire? Ezra è felicissimo di conoscervi! Spero che lo stesso valga per voi.
Vorrei ringraziare di cuore tutti voi che leggete la mia storia (siete silenziosi ma vi vedo, e questo mi fa comunque tanto piacere), ma soprattutto HP_giada12 che l'ha messa tra le preferite, krystal86 ed Estel_ben_Hun che l'hanno messa tra le seguite e la dolce Martufello che ha fatto entrambe le cose <3 vi sono tanto tanto grata.
Come al solito, le recensioni sono non solo ben accette, ma desiderabilissime! Baci :*

P.S. La canzone da cui ho tratto i versi è ovviamente Stairway to heaven dei Led Zeppelin.

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Capitolo 7
*** The seeds of doubt. ***


Capitolo VII: The seeds of doubt.

 

 

It's like forgetting
the words of your favourite song.

You can't believe it,

you were always singing along.
It was so easy,
and the words so sweet…

(*)

 

 

Il sole, sull'Isola che non c'è, brillava solo per assenza. Nuvole dense riempivano il cielo di un'aria cupa, umida, che neppure un alito di vento osava smuovere. Piatte come lastre di vetro, le acque riflettevano il grigiore del cielo, gli insetti sembravano insolitamente calmi e nessun uccello azzardava il minimo fischiettio. Peter Pan era arrabbiato.

Sedeva sul tronco reciso di un vecchio albero come fosse uno sgabello, con i gomiti appoggiati a ginocchia nervose e palpitanti. Trilli, evidentemente consumata dall'apprensione, lo guardava di sottecchi dal ramo di un basso cespuglio di pungitopo lì accanto, con l'aria di chi è indeciso se intervenire o fuggire. Erano in questa posizione da svariati minuti ormai, più o meno lo stesso lasso di tempo che era servito al clima dell'Isola per ridursi in quello stato. Peter aveva spedito i Bimbi Sperduti in “missione diplomatica” dal grande capo Toro in Piedi, più per racimolare un po' di pace e solitudine che per un vero e proprio bisogno di notizie. A dire il vero, non si era neanche preoccupato di chieder loro quali fossero le ultime novità giunte dal villaggio degli indiani durante il suo viaggio a Londra.

Londra.

Per quale accidenti di motivo era dovuto andare a Londra? Fosse rimasto dov'era si sarebbe risparmiato un sacco di guai. Ma si sa, i ragazzi fanno spesso scelte avventate per poi pentirsene, fa parte della loro natura. E Peter Pan è quella natura. Aveva passato gli ultimi due o tre minuti a ripensare al regalodiWendy, come ormai l'aveva ribattezzato nelle sue contorte elucubrazioni. Il maledetto continuava irrimediabilmente a sfuggirgli, e visti gli ultimi avvenimenti qualcosa gli diceva che era di fondamentale importanza ricordarsene. Ci sono parole che hanno un certo potere, sull'Isola che non c'è, e gesti che ne hanno anche di più. Peter lanciò un'occhiata a Trilli, e rivide un passato in cui la fatina giaceva riversa a terra, in fin di vita, e lui gridava la sua fede al cielo e alla terra, alla pioggia e alla foresta, pregando l'Isola di non privarlo della sua amica più cara. Rivide tutto questo e gli salì un groppo in gola. Trilli, come intuendo quali dolorosi pensieri stessero attraversando la sua mente, fece vibrare le ali in un dolce scampanellio e sorrise, incerta. Pan ricambiò il sorriso, ma la sua mente era altrove. Doveva fare qualcosa. Non poteva permettersi di rischiare ancora una volta di perdere qualcuno a cui voleva bene, soprattutto non poteva permettersi di perdere lei.

Quando Trilli era arrivata da lui, trafelata, e gli aveva raccontato ciò che aveva visto, un miscuglio di rabbia e paura gli aveva attanagliato le viscere. Avrebbe dovuto immaginarlo, non avrebbe dovuto sottovalutarlo. LamaNera era arrivato a Wendy prima che lui potesse anche solo pensare a come proteggerla, e se quanto aveva detto la fata era vero, l'unica ragione per cui ora Wendy era al sicuro al Nascondiglio era che lui aveva voluto così. L'aveva lasciata andare. La domanda era: perché? Forse non era altrettanto consapevole di Uncino dell'importanza che la fanciulla aveva per lui? Improbabile. Visto come quel lombrico di Spugna gli trotterellava dietro a ogni passo, sicuro come l'oro gli aveva anche raccontato tutto ciò che sapeva su di lui e su chi lo circondava. O lo aveva circondato in passato… fatto sta che l'ipotesi più probabile era anche la più temibile. Il Capitano stava giocando al gatto col topo, e qualcosa negli occhi di Wendy gli aveva fatto pensare che la trappola era stata piazzata a dovere.

Peter era frustrato. Non aveva avuto neanche il tempo di capire che cosa fosse successo quella mattina, quando aprendo gli occhi il suo sguardo era stato calamitato in maniera indomabile dal mare celeste degli occhi di Wendy, e in quel mare aveva visto una tempesta. Ma non una tempesta qualsiasi. Una di quelle tempeste talmente potenti, talmente violente, che l'animo umano per quanto terrorizzato non può fare a meno di ammirare e desiderare con tutte le sue forze. Questo è ciò che Peter aveva provato, mentre gli occhi di Wendy bruciavano la distanza fra i loro corpi. Ma ancora non era riuscito a comprenderlo pienamente. Certi sentimenti non sono facili da riconoscere. Glielo avrebbe chiesto, forse, e invece lei l'aveva implicitamente pregato di non farlo. Era fuggita via, mentre dentro di lui erano le già vaghe consapevolezze che aveva a essere fuggite.

Da quando era tornato a Londra, strane impressioni avevano preso possesso del suo stomaco, sensazioni con cui la sua mente non pareva ancora in grado di rimanere al passo. Erano sensazioni che Peter aveva già provato, in un passato lontano, in un passato di carezze incerte e guance arrossate, ma si sa: una vita piena non dà tempo per pensare, e dopo qualche mese – o una manciata di secondi – dopo che i fratelli Darling ebbero salutato l'Isola che non c'è, Peter aveva smesso di pensare. Aveva cercato di mettere più distanza possibile fra sé e quelle strane emozioni che lo facevano sentire troppo grande, quando erano esse stesse più grandi di lui. Aveva cacciato il viso di Wendy in un angolino remoto della sua mente, dove non poteva nuocergli, e aveva rinchiuso nuovamente il suo cuore alle prime armi dentro uno scrigno di ostinata fanciullezza.

Ma ora tutto era diverso. Wendy era tornata. Anche lei diversa, strana, adulta, talmente cambiata che in certi momenti sostenere il suo sguardo così blu gli metteva una certa soggezione e, al contempo, talmente uguale alla bambina di un tempo che a Peter sembrava non essere mutata di una virgola. Eppure i cambiamenti erano avvenuti, ed erano evidenti. Non solo in quelle imbarazzanti insenature che avevano preso possesso del suo corpo, ma anche nei suoi desideri e nei suoi pensieri. Ed era per questa ragione che aveva ceduto all'attrazione per quel becero criminale di Ezra Morgan. Lui era un adulto. A Peter sembrava impossibile che Wendy potesse aver visto qualcosa, in quel verme, che lui era invece incapace di offrirle. La sola idea gli faceva attorcigliare le budella provocandogli un fastidioso senso di nausea. Eppure… eppure doveva essere così. L'aveva visto nei suoi occhi assenti quella mattina, quando, tornando al Nascondiglio, aveva aspettato invano che lei gli raccontasse ciò che era accaduto. Ma niente. Si era dovuto accontentare del resoconto di Trilli, e non era neppure riuscito ad arrabbiarsi con lei o spiattellarle in faccia che lui sapeva la verità. Perché il fatto era che lui non sapeva proprio un bel niente. Non riusciva a capire Wendy, non riusciva a capire quella variopinta farfalla che era adesso la sua amica di un tempo.

Un senso di profonda tristezza invase il cuore di Peter, ma durò soltanto pochi attimi. Improvvisamente fu spazzato via da una nuova emozione, più viscerale, più intensa, qualcosa che gli serrò lo stomaco in una morsa cruda e glaciale. Un'emozione che lo spinse ad alzarsi in piedi e a incamminarsi verso una direzione ben precisa, negli occhi una determinazione ardente. Trilli si riscosse dal torpore che l'aveva colta durante le silenziose elucubrazioni di Pan, strabuzzò gli occhi e si affrettò a volargli dietro, decisa a non lasciarlo solo neanche un istante in quelle condizioni di evidente instabilità. Peter camminava spedito verso la costa, e quella che gli stava mangiando lo stomaco era una compagna nuova, che per il momento si limitava a dirigere i suoi passi senza rivelare la propria natura. Si chiamava gelosia.

 

§

 

«Capitano!»

La vocetta servizievole di Spugna si avvicinava, ansante e affaticata, assieme al suo grassoccio proprietario. Si teneva la pancia mentre ballonzolava scompostamente per il ponte, quasi avesse paura di poterla perdere per strada. Non c'è pericolo, pensò con sarcasmo, dissimulando il proprio annoiato disgusto con'occhiata al cielo dal trono su cui sedeva elegantemente a gambe incrociate, al centro del cassero di poppa. Era ricoperto di nubi dense e scure, e troneggiava minaccioso su ogni angolo dell'Isola.

«Capitano!…»

«Chiudi quella fogna, Spugna, non sono sordo.»

Lo interruppe con una calma perentoria, strascicando le parole con aria stanca. Nessuno, tra i membri dell'equipaggio, si sarebbe mai lasciato ingannare dalla quiete apparente che traspariva dal suo tono di voce. E Spugna non faceva eccezione. Si fermò davanti a lui, ansimando rumorosamente come un grasso maiale – notò, con una punta di fastidio – e rimase a guardarlo in attesa di un suo cenno. Lui teneva lo sguardo basso, incatenato ad arte al movimento circolare che le proprie dita disegnavano sul pomo della spada. Idiota. Secondo quale criterio Uncino si era tenuto per così tanti anni alle calcagna un individuo simile? Per quanto riguardava lui, l'unica ragione per cui quel flaccido lombrico non era ancora finito in pasto agli squali era la sua profonda conoscenza dell'Isola e dei suoi abitanti. Era quindi soltanto questione di tempo.

«Parla.»

«Capitano, sta venendo qui.»

La sua mano smise di giocherellare con il pomo della spada, ed Ezra Morgan inarcò le sopracciglia, senza tuttavia alzare gli occhi d'oro scuro.

«Pan?»

«Pan, signor Capitano, signore. Avvistato dalla seconda sentinella di terra. Ed è solo.»

Riferito il suo prezioso messaggio, Spugna parve nuovamente in grado di respirare normalmente. Non smise però di tenersi stretta la grossa pancia, il che avrebbe infastidito ancor di più il Capitano, se la notizia che portava non fosse stata così interessante da distrarlo da tali inezie. L'ombra di un sorriso ridipinse vagamente la linea delle sue labbra.

«Ci ha messo meno di quanto immaginassi», mormorò a mezza voce. Poi finalmente alzò lo sguardo sull'amorfo nostromo. «Di' agli uomini di sloggiare. Che se ne vadano a dormire sottocoperta, che si facciano mangiare dai coccodrilli, come ti pare… poi sparisci anche tu. Voglio incontrare Pan da solo.»

Spugna annuì frettolosamente, e se ne andò con la stessa camminata traballante con cui era venuto, cominciando a gridare ordini rauchi che in un modo o nell'altro, gradualmente, furono ascoltati ed eseguiti dai membri dell'equipaggio. Rimasto solo, lo sguardo adagiato pigramente sul formicolare degli uomini che un po' alla volta lasciavano il ponte, prese a riflettere. Se Peter Pan stava venendo da lui, considerati gli eventi di quella mattina, la ragione poteva essere soltanto una: la fiorente Wendy Darling. Il Capitano ripensò agli occhi insolenti della fanciulla e ai suoi indisciplinati capelli biondi, e si concesse un fugace sorriso. La sua giovanile bellezza e il suo caratterino avrebbero reso i giochi decisamente stuzzicanti, e la vittoria avrebbe avuto un sapore ancora più delizioso. Finalmente avrebbe avuto ciò che meritava, ciò a cui aveva dedicato con costanza gli anni della sua vita. E se avversari temibili ed esperti non erano riusciti ad abbatterlo, di certo non ci sarebbe riuscito un ragazzino pezzente vestito da folletto. Proprio mentre era raccolto in questi pensieri, una voce ruppe il silenzio che si era venuto a creare quando anche l'ultimo dei suoi uomini aveva lasciato il ponte della Jolly Roger, cogliendolo di sorpresa alle spalle.

«Morgan!»

Peter Pan fece il suo ingresso dall'alto, posandosi lentamente sul parapetto di poppa, ma il pirata non si scompose. Sorrise di nuovo, limitandosi a sedere più comodamente sul suo scranno imbottito di velluto nero, lasciando che il ragazzo alle sue spalle ne cogliesse l'evidente significato. Non si sarebbe voltato.

«Oh, ma che visita assolutamente inaspettata… è proprio Peter Pan, disceso dalle nuvole per mescolarsi con i comuni mortali.(**)»

«Non avvicinarti mai più a lei.»

Il Capitano sorrise a quelle parole, sorrise di un sorriso freddo e appagato. Abbassò le palpebre, e in quel momento i suoi occhi furono nulla, immersi nell'ambiguo intreccio di linee e segni formato dal tatuaggio che gli ricopriva buona parte del viso scuro. Lasciò passare qualche istante, e quando riaprì gli occhi Peter Pan era davanti a lui, immobile, con i pugni serrati lungo i fianchi e un'espressione impassibile sul volto poco più che puerile.

«Peter, Peter… ti sembra il caso di venire qui a sbandierare la tua comica gelosia come un animale infuriato? Non hai la minima capacità di controllo su te stesso?»

La voce di Ezra Morgan era calma, quasi cantilenante, mentre con ammirabile noncuranza si volgeva a instillare il seme del dubbio nella mente del suo giovane avversario. Peter strinse ancora di più i pugni e non rispose, limitandosi a fissarlo col disprezzo dipinto in faccia.

«Non lo vedi, lampante davanti a te, il rischio di ottenere il risultato opposto a quello che speravi, presentandoti davanti a me con i tuoi ridicoli avvertimenti?»

Pan inclinò lievemente il capo da un lato, e sollevò un angolo di labbra in quello che voleva essere forse un mezzo sorriso, o forse una smorfia di disgusto. Gelosia? Se ci pensava, Peter non era in grado neanche di definire in maniera sensata la parola gelosia. Era davvero di questo che si trattava? Era gelosia che provava, nel pensare a una Wendy caduta nella trappola di quel ragno infame? Per un istante temette che fosse possibile, ma poi si ricordò della paura. La paura che gli aveva attanagliato il cuore all'idea che lei potesse essere ferita, o peggio, quando Trilli gli aveva rivelato ciò che aveva visto. Non era gelosia, si disse, per quanto una minuscola vocina dentro di lui si permise di dissentire almeno in parte. Era qualcos'altro. Si avvicinò di un passo, lento ma deciso, e per un istante al Capitano parve più alto di quanto ricordasse.

«Capisco che l'età avanzi, ma mi dispiace vederti ridotto così, incapace di comprendere concetti tanto semplici, ancora così giovane…» sibilò con il ragazzo con la sua tipica ironia, fissandolo, per quanto da seduto Ezra Morgan fosse davvero di poco più basso di lui in piedi. «Non azzardarti a farle del male, o com'è vero che io sono Peter Pan, te ne pentirai».

C'era qualcosa nella voce di Pan che risultò inconsueto alle orecchie del Capitano. Qualcosa di nuovo, di diverso, che per quanto ci provasse non riusciva a identificare. Ovviamente, si guardò bene dal lasciar trapelare qualsiasi ombra di dubbio dal proprio volto, e dalla propria voce. Si limitò a fissare Peter di rimando, imbastendo ad arte un'espressione di scherno; dal silenzio, gradualmente, confezionò con cura e consegnò all'avversario una risata roca e vibrante, gelida e vuota.

«Devo ammettere…» cominciò, mentre quella risata velenosa sfumava nuovamente in una quiete pregna di tensione, «…che le cose si fanno sempre più interessanti. Chi avrebbe immaginato un così veloce ribaltamento della situazione, eh, Peter? Perché, lascia che te lo dica, sembra averti davvero scosso l'arrivo della tua dolce amichetta. E questo, senza dubbio… cambia le cose. Non pretenderai certo che io ignori l'ascendente che questa damigella ha su di te, non è vero? Purtroppo mi trovo, come dire, costretto… a tenerlo in considerazione.»

Un sentore di godimento trapelò dalla facciata di sarcastico rammarico che le parole del Capitano avevano messo in piedi, e Peter fu lì lì per scattare nuovamente, ma qualcosa riuscì a fermarlo. Non seppe dargli un nome, ma quel qualcosa gli permise di analizzare la situazione con razionalità. Il pirata non stava facendo altro che provocarlo, e in realtà, così facendo, gli aveva appena rivelato che i suoi piani per l'immediato futuro avevano momentaneamente cambiato obiettivo. Difficilmente si sarebbe dovuto aspettare un attacco diretto a sé o ai Bimbi Sperduti, o alla piccola Trilli, com'era accaduto in passato – perché ora l'attenzione del giovane e crudele uomo che gli stava davanti era stata catturata da una nuova variabile: Wendy. Non si poteva certo definire una bella notizia, ma gli dava quantomeno la possibilità di provare a prevedere alcune delle sue mosse. Per mantenere quel microscopico briciolo di vantaggio che gli pareva di aver ottenuto, però, Peter sapeva di non potersi permettere nessuna leggerezza. Avrebbe giocato la partita fino in fondo, assumendosi i rischi che avrebbe comportato.

«Non puoi sconfiggermi, Morgan. Sei un illuso se pensi di poterlo fare», disse, lanciando un'occhiata cupa alla spada che il pirata portava in cintura; era inserita nel suo fodero, ma Peter sapeva che la lama guainata celava un nero oscuro e malvagio come l'ombra che vi era intrappolata.

«Sai cosa rimase del grande, temibile Uncino?» continuò, e alzò una mano piegando il dito indice, il quale assunse una forma inequivocabile. «Il caro Spugna te l'ha raccontato? Nient'altro che l'uncino, ecco cosa rimase. Nient'altro che quell'uncino che aveva sostituito la mano che io gli avevo portato via.»

«Oh, suvvia, Peter, non prenderti meriti che non sono tuoi! È di cattivo gusto, e inoltre…» lo interruppe la voce graffiante di LamaNera, accompagnata da un ghigno sfacciato. «…il coccodrillo potrebbe offendersi.»

Peter Pan, questa volta, non nascose il proprio sorriso. Lo esibì come un trofeo, provocando un fugace attimo d'incertezza negli occhi ambrati del suo avversario – un barlume d'esitazione che, pur svanito immediatamente, non sfuggì agli occhi attenti del prediletto figlio dell'Isola che non c'è.

«Mi farò perdonare.» replicò semplicemente, e la sua voce suonò quasi amichevole mentre, con agilità, si rialzava in volo. E con un «Capitano avvisato, mezzo salvato!» sgusciato allegramente fuori dal suo animo bambinesco, Peter Pan volò via, lasciando il pirata solo con i propri pensieri.

 

§

 

Quando Peter toccò il suolo di foresta sovrastante il Nascondiglio, in qualche modo Wendy lo seppe. Fu come se un aroma di resina ed erba fresca le fosse penetrato nelle narici, impedendole di pensare ad altro.

«Ahi!» esclamò mordendosi le labbra quando, nel dare l'ultimo punto a uno dei tanti calzini bucati che aveva rammendato in quelle ore di primo pomeriggio, si punse l'estremità dell'indice con l'ago. Sedeva su un vecchio pouf logoro di un colore indistinguibile tra il grigio e il verde. Istintivamente premette sulla parte lesa col pollice, e una bollicina rosso carminio fece la sua trionfante apparizione sulla sua pelle candida. Al pensiero che sarebbe bastato un piccolo oggetto di metallo, a lei ben noto, per evitarsi quei piccoli incidenti di percorso, non seppe se ridere o piangere. Purtroppo pareva che il Nascondiglio di Pan fosse completamente sprovvisto di ditali da cucito. Tornò con la mente alla sera in cui, tanti anni prima, aveva donato il proprio a un Peter Pan appena conosciuto, e appena rientrato in possesso dell' ombra che la dolce Nana gli aveva rubato.

Era persa a fantasticare su quei tempi lontani, talmente lontani da sembrare quasi un sogno dimenticato, quando un rumore catturò la sua attenzione. Alzò lo sguardo, e nell'attimo in cui vide Peter Pan immobile davanti a lei, una fitta di senso di colpa le scivolò giù per la gola, bloccandole il respiro. Peter… dolce Peter, premuroso e avventato Peter. Come aveva potuto non raccontargli ciò che era successo quella mattina? Come aveva potuto trascorrere le intere ore successive a pensare e ripensare agli occhi gelidi e al tocco fermo di quel… pirata, di quell'uomo raccapricciante e terribilmente affascinante, quando le probabilità che fosse il temuto Capitano Morgan erano più che elevate? Wendy non lo sapeva. Non sapeva cosa l'avesse trattenuta dal rivelare tutto quanto al suo amico di un tempo, ma era come se ci fosse una linea di confine, una linea invisibile, che separava la Wendy di Peter dalla Wendy che soltanto alcune ore prima aveva affrontato quel pirata. Era come se raccontare a Peter ciò che era accaduto potesse spezzare l'incantesimo di cui era stata preda, credendo di vedere negli occhi di quell'uomo qualcosa di diverso dalla crudeltà che non era sembrato troppo preoccupato di nascondere. Ma non era giusto. Non doveva andare così. Non doveva dimenticare chi fossero gli amici e chi invece i nemici, e se Peter si era tanto impegnato per metterla in guardia, allora c'era sicuramente una ragione più che valida.

«Peter…»

«Wendy…»

Le loro voci s'incrociarono in un groviglio improvviso. Wendy sorrise piano, Peter sospirò. Mentre lo guardava, a Wendy parve che ci fosse qualcosa di diverso in lui, rispetto a quella mattina. Non riusciva a capire cosa fosse, ma era come se i suoi occhi fossero illuminati da un bagliore nuovo, non più luminoso del solito ma differente: quella differenza sottile eppure abissale che c'è tra la luce della foresta all'alba e la sua luce al tramonto. Esiste un preciso istante in cui possono sembrare la stessa luce, ma in realtà c'è un divario incolmabile a separarle. Ecco, proprio quel divario incolmabile Wendy stava cogliendo mentre guardava gli occhi verdi di Peter. Ma non fece in tempo a comprendere la sensazione, che questa svanì nel nulla com'era apparsa, e lei si ritrovò incapace di riafferrarla. A cosa stavo pensando, si chiese, mentre riprendeva coscienza di ciò che la circondava. Scoprì che Peter la stava guardando con aria di aspettativa, e si rese conto che aveva anche parlato.

«Scusa, Peter, puoi ripetere?» chiese fiocamente, scuotendo il capo. «Sono un po' stanca, ho dormito male questa notte.»

Peter soppesò le sue parole e il suo sguardo, poi sospirò di nuovo. «Senti, Wendy, io non so perché tu abbia deciso di non dirmi ciò che è successo stamattina – sì, certo che lo so, ti aspettavi forse che non mi sarebbe arrivata la voce? – ma devi capire che…»

«Peter, mi dispiace», lo interruppe lei. «Lo so, avrei dovuto dirtelo, è che è successo tutto così in fretta, e avevo molto a cui pensare…»

«Devi stare attenta, Wendy!» esclamò Peter, allargando le mani in un gesto esasperato e lasciandole ricadere lungo i fianchi. «Ti sei comportata da incosciente stamattina, potevi farti ammazzare! Non si tratta di una persona comune. Ezra Morgan è un farabutto e un assassino, e per quanto possa fingere il contrario, non sarà mai nient'altro.»

Wendy era sul punto di ribattere ancora una volta, ma le ultime parole di Peter ebbero un effetto strano su di lei. Strinse gli occhi in un'espressione seria e dura, torturando con le mani il calzino che ancora teneva in grembo. Le parole di Peter l'avevano punta sul vivo. Sapeva di essersi comportata da sciocca, andandosene in giro da sola per l'Isola e finendo dritta nella tana del lupo. Si sentiva umiliata, neanche fosse una bambina che aveva rubato una caramella. E chi era a farle la predica, poi? Quello che aveva scelto di rimanere bambino per sempre, con tutte le conseguenze che ne derivavano, che agli altri piacessero o meno.

«E tu che ne sai di cosa potrà o non potrà essere? Le persone cambiano, Peter! Solo tu rimani sempre uguale a te stesso.»

Wendy si pentì di queste parole ancor prima di averle pronunciate. Quando ancora non era apparsa quella sfumatura di dolore che ora troneggiava evidente sul viso di Peter. Oh, ma cosa le prendeva? Non sapeva cosa stesse dicendo, né tantomeno perché lo stesse dicendo.

«No, scusa, Peter, io…» tentò, con voce flebile.

Ma non fece in tempo a dire nient'altro. Peter Pan alzò il mento inumidendosi le labbra, poi annuì e le voltò le spalle. Non disse niente. Si limitò a ignorare le richieste di Wendy di aspettare, le preghiere di ascoltarla, e lasciò la stanza. Wendy non fu neppure capace di rincorrerlo. Fuori al cielo sfuggì un lampo, e un tuono lo inseguì. Piovve.

 

Just because everything is changing
doesn't mean it's never been this way before.

All you can do is try to know who your friends are
as you head off to the war…
(***)


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«Sono in ritardo! In arciritardissimo!» disse il Bianconiglio. E lo dico anche io. SCUSATE, è stato un periodaccio pieno di impegni e non sono riuscita a trovare la calma e l'ispirazione per scrivere decentemente. Ma eccomi qui, con importantissimi ringraziamenti da fare. In primis grazie a Misaki37, che ha recensito ogni capitolo da quando ho ripreso in mano la storia: ti ho già detto quanto vale per me. <3 Grazie anche a livefromsansiro, come vedi eccomi qui con il nuovo capitolo! Infine ringrazio Allison_Jaris e Greta Stonem per aver messo la mia storia tra le preferite e tutti i lettori silenziosi.
Come al solito, incrocio le dita nella speranza di ricevere altre opinioni, belle e brutte! Baci :*

(*) Parole tratte da Eet di Regina Spektor.
(**) Citazione rubata di getto all'ineguagliabile Scar, da Il re leone.
(***) Parole tratte da The call di Regina Spektor.

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Capitolo 8
*** Secrets and revelations. ***


Capitolo VIII: Secrets and revelations.

 

 

Catch me as I fall,
say you're here and it's all over now.
Speaking to the atmosphere,
no one's here and I fall into myself.
This truth drives me into madness.
(*)

 

 

Materna, l'Isola che non c'è accoglie e culla i suoi figli con indulgenza. Peter Pan, così diverso da se stesso e al contempo così uguale, sedeva solo sotto un cielo grigio fumo in cima a una scogliera che, anche se lui non ne aveva idea, aveva ospitato non molto tempo prima la tempesta emotiva di qualcun altro.

E tu che ne sai?

Le persone cambiano.

Un gorgo, un vortice.

Le persone cambiano, Peter.

Solo tu rimani sempre uguale a te stesso.

Un mantra, una litania conturbante.

Sempre uguale a te stesso.

Non riusciva a liberarsene. Le parole di Wendy gli roteavano nella mente come lame gelide – solo tu rimani, taglienti – sempre uguale, affilate – a te stesso. Invincibili. Ogni parola un colpo, ogni frammento di voce una ferita aperta. Sanguinante. Come potevano poche semplici parole provocare un dolore così grande, una frustrazione così intensa, una rabbia così cieca? Peter Pan non ne aveva idea. Una volta soltanto, in passato, le parole di qualcuno l'avevano colpito tanto a fondo.

Ti stava lasciando, Peter Pan. La tua Wendy… ti stava lasciando. Perché avrebbe dovuto rimanere? Tu cos'hai da offrire? Sei… incompleto. Piuttosto che stare con te preferisce diventare adulta.

Una volta soltanto, quella volta, il peso schiacciante delle parole l'aveva privato della sua leggerezza, facendolo precipitare a terra. Disarmato, rotto. In balia dell'ultima voce dalla quale avrebbe mai pensato di udire una verità di tale portata, per quanto cruda e abietta. Uncino aveva capito di lui molto più di quanto avesse capito Pan stesso, Uncino lo conosceva, sapeva dove colpire e come fare male davvero. L'ultima volta che Wendy aveva messo piede sull'Isola che non c'è, se aveva deciso di andarsene e diventare grande era stato a causa sua, a causa della sua incapacità di…

Wendy, è tutto solo facciamo finta, vero? Che tu e io…

Improvvisamente Peter Pan si rese conto di quanto grande e profondo fosse, in realtà, il potere delle parole.

Peter… quali sono i tuoi veri sentimenti?

Sentimenti?

Che cosa provi? Felicità? Tristezza? Gelosia?

Gelosia? Trilli!

Rabbia?

Rabbia… Uncino.

Amore?

Amore?…”

Amore.

Non ne ho mai sentito parlare.

Io penso di sì, Peter. Oserei dire che l'hai provato di persona, per qualcosa… per qualcuno.

Mai. Basta solo il suono a offendermi.

Era stato cieco, era stato sciocco. Non c'era nessun facciamo finta, non c'era mai stato, almeno non per lei. Non per Wendy, che nell'ingenua malizia della fanciullezza gli aveva donato ciò che aveva di più caro. Gli aveva donato…

Questo ti appartiene, Peter. E ti apparterrà per sempre.

La consapevolezza si fece strada dentro di lui nel silenzio più assordante. Improvvisamente, una calma innaturale lo colse, mentre una vertiginosa sensazione di vuoto s'impadroniva di tutti i suoi organi interni, nessuno escluso.

Il suo bacio nascosto.

Ecco cosa Wendy gli aveva donato. Ecco come l'aveva salvato da morte certa, quando ormai Uncino l'aveva lasciato orfano di qualsiasi speranza. Come aveva potuto dimenticare? D'improvviso lo assalirono le sensazioni e le emozioni di quell'istante, e si sentì libero e felice, così felice… ma quelle sensazioni si scontrarono ben presto con un sentimento diverso, un sentimento che Peter non aveva mai provato – e negli ultimi giorni queste prime volte emotive parevano capitargli spesso – prima di allora. Rimorso. Lei gli aveva salvato la vita, e lui l'aveva lasciata andare, aveva preferito rimanere così com'era, ragazzino, principe del divertimento senza eguali. Solo tu rimani sempre uguale a te stesso. Aveva ragione lei. Aveva sempre avuto ragione lei. Nonostante la sua mente e il suo cuore non riuscissero ancora a mettersi d'accordo sul nome da dare a questa nuova consapevolezza, a questa nuova luce, Peter aveva capito.

È il tuo 'facciamo finta' più grosso.

E lo era davvero. Un facciamo finta talmente grosso che era riuscito a ingannare anche lui. Un facciamo finta che lo aveva salvato da molte responsabilità troppo impegnative, prima fra tutte quella di scegliere. Peter era rimasto a bocca aperta a fissare il vuoto, cercando di fare i conti con l'entità delle sue nuove scoperte, ed era ancora così quando un discreto scampanellio chiese il permesso di invadere la sua solitudine. Si voltò, incrociando lo sguardo di una Trilli incerta e preoccupata, e sorrise facendole cenno di avvicinarsi. La fata, rincuorata da quel breve ma incoraggiante sorriso, svolazzò fino a lui posandosi con grazia sul palmo della sua mano. Rimasero così, a guardarsi, per istanti interminabili. Istanti durante i quali, improvvisamente consapevole della fragilità del momento, la piccola Trilli rivisse l'eternità trascorsa con il suo compagno d'avventure, a guardarsi le spalle e proteggersi a vicenda, a litigare e ridere, a salvarsi la vita…

«Sono davvero un idiota, Trilli.»

Lei imbastì un sorriso furbo e annuì tintinnando con ironia, riuscendo come sempre a farlo sorridere di nuovo. UccelloWendy non le era mai piaciuta, non poteva certo fingere il contrario. Ma in fondo, molto in fondo, sapeva che era una brava ragazza, lo vedeva nel bagliore dei suoi occhi proprio come ora vedeva, negli occhi di Peter, una luce completamente nuova. Una luce diversa, strana, che non aveva mai visto – e che tuttavia non la spaventò. Scampanellò con dolcezza, un suono leggero e soave che sembrava dire 'io sono con te e ci sarò sempre, qualunque cosa accada'. E Peter, come sempre, capì senza indugio. Annuì.

«Devo fare qualcosa. Non possiamo permettere che Wendy cada nella trappola di quel viscido Capitano dei miei stivali. L'unica soluzione è… Devo andare da Lei, Trilli.»

La fatina sgranò le palpebre, sorpresa, e fece un salto che la portò di nuovo per aria in un tripudio di scampanellii. Gettò un'occhiata quasi timorosa verso la foresta poco distante. Poi, con una punta di concitazione negli occhi vispi, tornò a squadrare il suo giovane amico. Ma lui non la stava guardando.

«Sì, è un rischio, ma cos'altro posso fare? Il bacio nascosto… sono davvero un idiota» ripeté quasi fra sé e sé, alzando gli occhi al cielo. Lì i suoi occhi si arenarono, a fissare il vuoto. Lentamente si portò una mano alle labbra e le sfiorò piano, quasi potesse percepire tra le dita quel dono lontano e potente, quasi potesse sentire ancora una volta il tocco delle labbra di Wendy.

«E se fosse troppo tardi?» sussurrò, gli occhi verdi sbarrati a guardare il cielo plumbeo. Poi scosse il capo con risolutezza, e prese un gran sospiro. «No, ci devo provare.»

Peter si alzò di scatto, e quando Trilli lo guardò le parve quasi di vederlo più alto del solito. Una sensazione, un'impressione. Quando il ragazzo abbassò lo sguardo su di lei, quello che la fata vide fu un miscuglio di paura, fermezza e concentrazione.

«Ma è una cosa che devo fare da solo.»

E su queste parole Peter si allontanò, incamminandosi verso il ciglio della foresta oltre la quale, ben presto, scomparve. Trilli rimase lì dov'era, sospesa a mezz'aria.

 

§

 

Wendy camminava tra l'erba alta e gli arboscelli multicolori della foresta. I suoi piedi sembravano indecisi tra la determinazione e la titubanza, ma in un modo o nell'altro camminava. In cerchio. Un cerchio quasi perfetto che ormai, dopo quasi mezz'ora di passi, cominciava a distinguersi chiaramente sul terreno rigoglioso. In una mano teneva saldamente un foglio di carta, e le parole che vi erano elegantemente vergate in inchiostro nero ormai erano impresse a fuoco nella sua memoria.

 

Amabile Miss Darling,
Consideratevi ufficialmente invitata a cenare col
sottoscritto, questa sera, a bordo della Jolly Roger.
Certo che siate impaziente quanto me di riprendere
la deliziosa conversazione iniziata ieri pomeriggio,
vi aspetto alle otto.

E. M.

 

Cafone, presuntuoso e pure ignaro delle più semplici regole di buona educazione. Wendy strinse il pugno, accartocciando sgraziatamente l'invito. A cena. Come si permetteva di invitare lei a cena? Come poteva essere tanto arrogante da pensare di poter invitare a cena chicchessia solamente due ore prima dell'ora prestabilita? E non meno importante, amabile a chi? Era furiosa. Furiosa con LamaNera, che fin dal loro primo incontro era stato capace di innervosirla fino all'inverosimile. Furiosa con il cielo, che minacciava pioggia da ore interminabili senza degnarsi di mantenere le proprie promesse. Furiosa con Peter, che non si faceva vivo dalla sera precedente, allarmando i Bimbi Sperduti che proprio adesso erano in giro per l'Isola a cercarlo. Furiosa con se stessa, per ciò che gli aveva detto. E furiosa perché, nonostante tutti i suoi buoni propositi, in fondo sapeva che poche ore dopo si sarebbe presentata all'appuntamento. Non avrebbe saputo spiegarsi il motivo, ma qualcosa dentro di lei – difficile capire se fosse la testa o qualcos'altro – le diceva che era necessario.

Scivolò dentro il Nascondiglio di Pan, vuoto e silenzioso, e si diresse verso la sua stanza che, doveva ammetterlo, i ragazzi si erano davvero impegnati ad allestire. Sorrise. In un angolo faceva bella mostra di sé una specie di specchio sgangherato e crepato in più punti, recuperato chissà dove, che distorceva leggermente la sua immagine riflessa. Wendy si osservò qualche minuto, poi, congratulandosi mentalmente con se stessa per non averla lasciata a Londra, afferrò la spazzola e prese a districare dagli innumerevoli nodi i vaporosi capelli biondi.

Pochi istanti più tardi si ritrovò nuovamente immersa in una marea di pensieri fastidiosi. Dove si era cacciato Peter? Stava bene? E se LamaNera fosse riuscito a catturarlo? Wendy sussultò. Forse l'invito di quel farabutto era dovuto proprio a questo! Forse aveva rapito Peter, e stava architettando una qualche sorta di trappola… No, pensò scuotendo il capo, Peter non si farebbe catturare così. Cercò di tirar fuori un mezzo sorriso, nel disperato tentativo di tirarsi su il morale da sola. Tornò a guardarsi allo specchio, passandosi le mani fra i capelli.

«Devo trovare qualcosa per legarli.»

Del resto, si sa, la capacità delle ragazze di affiancare riflessioni tragiche a pensieri frivoli senza batter ciglio, con la consapevolezza che entrambi rivestono un'importanza da non sottovalutare, è ineguagliabile. Wendy si guardò intorno per un po', alla ricerca di una soluzione, e l'occhio le cadde sulle ghirlande di corde e conchiglie appese a mo' di decorazioni sopra il suo giaciglio. Ne staccò delicatamente una, facendo attenzione a non romperla, se la passò dietro la nuca e l'alzò, raccogliendo la morbida massa dorata dei suoi capelli in una semplice coda di cavallo. Rimirò il risultato del proprio lavoro allo specchio, e ne ottenne una figura accettabile, per quanto incrinata.

Si sporse oltre la tenda-lenzuolo che separava la sua stanza dal resto del Nascondiglio e gettò un'occhiata all'orologio a muro – un dolce ricordo del passato di cui Peter non aveva mai voluto privarsi, come spesso diceva sbellicandosi dalle risate. Erano le sette e mezza. Ora di andare. Trasse un respiro profondo, e cominciò a elencare dentro di sé tutte le ragioni per cui non avrebbe assolutamente dovuto fare ciò che stava per fare. Ezra Morgan era un criminale. Un criminale incallito, nemico dei suoi amici più cari, i quali aveva peraltro minacciato di morte innumerevoli volte. Aveva ucciso delle persone. Era insopportabile. Si pavoneggiava in maniera irritante, e lei lo odiava. Giunta con soddisfazione a quest'ultima considerazione, Wendy era già uscita dal Nascondiglio e si dirigeva a passo sicuro verso la baia dove ormeggiava la Jolly Roger.

 

§

 

Il Capitano osservava il sole avviarsi pigramente verso l'orizzonte marino. La luce aranciata del tramonto rifletteva contro la sua pelle olivastra, donando al suo viso affilato linee ed ombre che finivano per intrecciarsi al complesso intrico di tatuaggi che gli decorava gli zigomi, le tempie, il naso, gli occhi. Persino l'oro dei suoi occhi aveva assunto una tonalità particolare, simile a una goccia di miele in controluce. Erano occhi di un'eloquenza disarmante, per chi sapeva capirli. Il fatto è che nessuno, sull'Isola che non c'è, era in grado di parlare quella lingua fatta di sfumature cangianti ed espressioni ermetiche. Il Capitano in un sospiro se ne rammaricò, ma neanche così tanto. Fu un suono stonato nella quiete della sera a distoglierlo dai suoi pensieri. Si mise all'erta, ma non si mosse. Sapeva esattamente quale fosse l'origine di quel rumore.

Wendy, una volta giunta a riva, era stata accolta da una scialuppa di salvataggio governata nientemeno che dal nostromo della Jolly Roger. Aveva osservato Spugna con un misto di disprezzo e indecisione negli occhi, ma al suo «Il Capitano vi sta aspettando, signorina» si era infine decisa a salire a bordo. Il breve tragitto dalla costa alla nave, Wendy l'aveva trascorso maledicendosi per la propria completa stupidità. Non solo aveva accettato un invito a cena da parte del cattivo – perché in ogni fiaba degna di chiamarsi tale, quell'individuo avrebbe certo interpretato il ruolo del cattivo – ma si stava lasciando accompagnare in barca dal suo leccapiedi, un soggetto talmente onorevole che non appena Uncino era morto non aveva lasciato passare mezzo secondo prima di attaccarsi alle gambe di un nuovo padrone, incurante della possibilità di essere rapita, uccisa, insomma, conciata per le feste.

Fatto sta che niente di tutto ciò era finora accaduto: Spugna era sembrato più volte sul punto di parlarle, ma forse per l'estrema benevolenza e l'agio abilmente scorti negli occhi di Wendy, era rimasto prudentemente in silenzio. L'aveva lasciata proprio ai piedi di una delle scalette che portavano a bordo, e una volta assicuratosi che fosse in grado di arrampicarsi senza arrecare danno a se stessa o ad altro, se n'era andato. Una volta salita a bordo si lisciò l'abito con le mani e si strinse la coda di cavallo. Poi alzò lo sguardo, e proprio davanti a lei, dall'altra parte del ponte, lo vide. Alto e asciutto, indossava un paio di pantaloni neri molto stretti infilati in stivali di cuoio scuro, e quella che da dietro sembrava una semplice camicia bianca. La sua scura testa rasata creava un netto contrasto con l'orizzonte color pesca. Lo stomaco di Wendy si accartocciò su se stesso e il suo cuore perse un battito, senza che lei avesse alcuna voce in capitolo. Irritata dalla propria reazione incontrollata alla vista del giovane, la ragazza non seppe trattenersi.

«Complimenti per l'accoglienza.»

La voce delicata di Wendy arrivò alle orecchie del Capitano prima ancora che egli si voltasse. Sorrise vagamente, e si concesse svariati secondi di silenzio prima di risponderle.

«Adorabile come ricordavo, miss Darling.»

Wendy era già sul punto di replicare, irritata, quando lui si voltò. Lei rimase rigida sul posto, ancora prossima al parapetto da cui era salita. Mentre rifletteva su cosa sarebbe stato opportuno dire, cercando di ostentare un'espressione di neutrale indifferenza, il Capitano si voltò e le si fece incontro con studiata lentezza, fermandosi a poco meno di due metri da lei. Con una mano ingioiellata, fatta di dita affusolate e venature in rilievo, indicò la porta che conduceva sottocoperta.

«Nella mia cabina troverete il vostro abito da cena.»

«Prego?»

Lui la guardò ironico, e una punta di labbra gli s'inarcò in un sorriso lieve.

«Nella mia cabina troverete il vostro abito da cena» ripeté, scandendo maggiormente le parole.

Wendy era sul punto di esplodere.

«Non ho nessuna intenzione di indossare alcunché, soprattutto se siete voi a chiedermelo» replicò, in un malcelato tentativo di mostrarsi insensibile alle sue provocazioni.

Il Capitano rimase immobile a osservarla per qualche breve istante, poi avanzò di un passo, un altro e un altro ancora, fino a che per guardare la giovane in faccia dovette abbassare gli occhi allungati. Wendy sembrava incapace di muovere un muscolo. Lui alzò una mano, l'avvicinò al suo viso e con due dita le scostò una ciocca di capelli dalla fronte, portandogliela dietro le orecchie.

«Temo che la mia non fosse una richiesta, miss Darling» sussurrò, la bocca a un palmo dal suo naso.

Dentro Wendy infuriava una guerra feroce di istinti contrastanti. Provò un'ondata di disprezzo verso quell'uomo, tale da farle desiderare di avere un'arma a portata di mano. Al contempo, però, al tocco delle sue dita le si era creato tra il ventre e lo stomaco un nodo che le impediva di ragionare lucidamente. Alla fine il primo istinto ebbe la meglio, e la giovane alzò fulminea una mano nel tentativo, vista la mancanza di armi, di tirargli un sonoro ceffone. Ovviamente non fece neanche lontanamente in tempo: la sua mano non aveva neanche raggiunto l'altezza necessaria quando quella di lui la bloccò afferrandola per il polso – una stretta incredibilmente delicata, ma di una fermezza tale da farle paura. Trattenne il respiro e alzò gli occhi, lasciandoseli invadere dalla colata d'oro che era il suo sguardo.

«Non siate sciocca, miss Darling. Posso aver deciso di essere gentile con voi perché ammiro il vostro temperamento e apprezzo il vostro aspetto, ma se non iniziate a ricambiare la mia gentilezza finirò per… rimanerci male.»

Aveva parlato a voce bassa, piuttosto lentamente, e nei suoi occhi Wendy vide qualcosa che la fece temere, per la prima volta in maniera concreta, per la propria vita. Erano occhi animati da un'intensità forte, febbrile, ma si trattava di un'intensità vuota e fredda, priva di qualsiasi traccia di emozione. Annuì piano.

«Molto bene… Capitano Morgan» rispose, con voce pacata e forzatamente serena. «Se mi fate la cortesia di lasciare la mia mano, andrò a indossare il vestito che siete stato così gentile da prepararmi.»

Lui inclinò il viso di lato, e i muscoli del suo collo si tesero sotto la pelle. Molto lentamente staccò le dita dal polso di Wendy, accarezzandolo mentre abbassava la mano.

«Mi sembra che così vada molto meglio, non credi anche tu, Wendy?» chiese ancora a voce piuttosto bassa, arretrando di un passo senza smettere di guardarla. «Posso chiamarti Wendy? Personalmente, sarei lieto se volessi chiamarmi Ezra.»

Wendy, che aveva abbassato lo sguardo nell'impulso di controllarsi il polso – il quale sembrava rovente al tocco, nonostante l'uomo non avesse fatto alcuna forza nell'afferrarglielo – ricambiò la sua occhiata, e cercò di riempirla di tutto il gelo che trovò dentro di sé.

«Ma certo. Ezra.»

«Meraviglioso» fece lui, sfoderando un sorriso radioso che, maledetta stupida che non sono altro ma che razza di problemi ho, le fece tremare leggermente le gambe. «Scese le scale, seconda porta a sinistra. Sono sicuro che lo troverai senza problemi.»

Wendy non rispose. Si limitò a incamminarsi verso la porta e, senza guardarsi indietro, la oltrepassò.

 

§

 

Il villaggio del capo Toro in Piedi pullulava di vita. Il falò nella piazza principale scoppiettava allegro fin dalle prime avvisaglie di tramonto, costantemente alimentato, e fuocherelli più piccoli cominciavano a spuntare qua e là tra le tende. Ormai da diverse ore Peter Pan sedeva in mite silenzio ai margini della vita sociale degli indiani, a gambe incrociate e con gli occhi chiusi. Peter non poteva certo definirsi un ragazzo paziente, ma ci sono momenti la cui serietà deve avere la precedenza sul nostro temperamento – se l'era ripetuto svariate volte, da quando Toro in Piedi l'aveva spedito in attesa proprio lì dove stava adesso: a ridosso di una foresta di pini, seduto davanti a una grossa pietra dalla singolare forma a stella.

«Se di te vedere lei decide, lì essere dovrai» gli aveva detto, con il suo vocione baritonale.

E Peter aveva obbedito senza replicare. Del resto, era certo che se lei non avesse voluto vederlo non l'avrebbero lasciato avvicinare così facilmente a Wicapi wakan*. Aprì una fessura d'occhio e sbirciò la pietra poco distante, ma la richiuse immediatamente. Poi soffiò una folata di vento, e Peter ci riprovò. Quando schiuse nuovamente le palpebre, invece della pietra si trovò davanti una donna minuscola e decrepita. Reprimendo a fatica un sussulto, spalancò gli occhi e guardò l'anziana, che in piedi era alta circa quanto lui seduto per terra.

«Bambino» esordì senza preamboli, scrutando il viso di Peter con occhi neri come la notte circondati da una miriade di rughe. «Non pochi problemi potresti causare, se in fondo al pozzo vuoi davvero andare.»

Vestiva una tunica grigia, lunga fino ai piedi scalzi, e i suoi capelli erano completamente intrappolati in innumerevoli treccine che, a loro volta, sfioravano il suolo provocando suoni secchi con gli svariati gingilli di cui erano ricolme. Guardava Peter con aria impassibile, le mani rugose giunte al ventre.

«Lo so, maiara shimasani wakanda*» replicò lui chinando il capo, prima di tornare a guardarla con aria risoluta. «Ma non posso fare altro. Devo tentare. Se avete consultato il fuoco sapete, sapete che devo tentare. Lei rischia di perdersi. Rischia la vita. Io… Io le devo la vita.»

La vecchia rimase qualche secondo in silenzio, soppesando la figura del ragazzo con occhi attenti e pensosi. Poi allungò le mani segnate da tempo inestimabile e gli posò delicatamente le dita sulle tempie. Chiuse gli occhi e prese a muovere le labbra in silenzio, come se stesse parlando una lingua muta e inaccessibile. A Peter parvero trascorrere ore intere, durante le quali il sole tramontò e non tramontò, la notte venne e non venne e, quando finalmente l'anziana terminò il suo strano rituale e staccò le mani dal suo viso, lui si accorse che la luce era la stessa di prima e il villaggio, non lontano, vociava ancora la sua allegria.

La donna gli voltò le spalle e oltre la sua schiena, talmente minuta da non crederci, Peter vide la sua mano posarsi sulla pietra a forma di stella. Vi restò solo qualche secondo, poi lei annuì, e senza guardarlo parlò un'ultima volta.

«Wicapi wakan ascolterà.»

Nel giro di pochi attimi era già lontana, sempre più piccola, e Peter fece a malapena in tempo a gridarle un «Grazie, shimasani!».

Solo quando ormai la vecchia fu scomparsa alla sua vista, nelle orecchie di Pan risuonarono poche parole, pronunciate dalla sua inconfondibile voce gracchiante: «Buona fortuna, bambino».

Peter rimase immobile qualche secondo. Prese un profondo respiro, si avvicinò alla stella di pietra e vi posò entrambe le mani, i palmi volti verso l'alto. Era fresca e liscia. Per interi minuti non accadde nulla. Poi, impercettibilmente, i rumori intorno a lui presero a farsi più ovattati, le voci più sottili, finché fu circondato soltanto da un silenzio sordo, quasi insopportabile. Fu quando le orecchie di Peter cominciarono a tapparsi che accadde. La pietra divenne prima tiepida e poi calda, e ad un tratto lui poté distintamente percepire un battito, lento ma costante. Come un cuore pulsante di vita, forte e regolare, la stella di pietra pareva aver preso vita, e stava svelando quella vita a Peter Pan. Lui sorrise piano, un sorriso intimo e dolce.

«È da molto tempo che non parliamo, mia Isola.»

 

When you reach for the stars
don't forget who you are,
and please don't turn around
and grow up way too fast. (…)
Story's read, prayer is said.
(**)


 

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Il caldo, l'afa, gli esami, il lavoro... insomma, spero mi perdonerete, faccio quel che posso! Comunque, fedele alla parola data, eccomi qui con il nuovo capitolo: è un capitolo un po' di transizione, lascia molti interrogativi e molte situazioni in sospeso... ma era necessario! Passiamo alle cose serie: i ringraziamenti! Come al solito, grazie a Misaki37 per la sua immancabile recensione. Grazie per i tuoi pareri, per me preziosissimi, e per la tua presenza costante. <3 Poi grazie a Jessica akunoklaroline01Kyuube e aly7 per aver inserito la mia storia tra le seguite, e grazie a tutti i lettori silenziosi: prima di cimentarmi in questa folle impresa ero una di voi, vi capisco, ma se qualcuno volesse uscire dal silenzio mi farebbe davvero felice! Baci :*

Wicapi wakan significa "stella sacra" in lingua Sioux.
** Maiara shimasani wakanda significa "saggia nonna dai poteri magici" in un mix tra le lingue Sioux, Tupi e Navajo (insomma, mi sono divertita).

(*) Parole tratte da Whisper degli Evanescence.
(**) Parole tratte da Hourglass di Mindy Gledhill.

N.B. Le frasi scritte "così", tra virgolette e in corsivo, sono tratte dal film Peter Pan (2003) parola per parola.

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